Fuoco ardente su acqua pura.

di Anthropophobia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1.Chissà se... ***
Capitolo 3: *** 2.Palestra?? ***
Capitolo 4: *** 3.Ricordi. ***
Capitolo 5: *** 4.Sembrava quasi pericoloso. ***
Capitolo 6: *** 5.Io non voglio amici. ***
Capitolo 7: *** 6.Tutto quello che feci fu crollare. ***
Capitolo 8: *** 7.Tu non sai niente di me. ***
Capitolo 9: *** 8.Sono una bomba. ***
Capitolo 10: *** 9.Amici. ***
Capitolo 11: *** 10.E mai scontro fu più bello. ***



Capitolo 1
*** -Prologo. ***


                   Prologo.

-Jamie, no!- ringhiò sulle mie labbra.
Lo osservai meglio.
Schiusi le labbra e mi gettai a capofitto in quelle iridi verdi come l'erba di quei parchi su cui ho sempre voluto stendermi, affascinata dalla sensazione di avere quel soffice terriccio sotto la mia schiena e poi, solo il cielo, di fronte a me.
Non capivo. 
Non capivo perché si facesse tutti questi problemi.
Scrutavo la sua anima, in cerca di un appiglio.
Volevo capire.
Era tutto così insano, quasi illegale, per la mia sanità mentale, fisica, emotiva.
Ma io volevo.
La testa prese a girarmi.
Ormai ero abituata a tutto ciò. 
Molti mi avevano detto che, se avessi scelto in un determinato modo, avrei avuto più domande che risposte; mi sarei sentita come spaesata, anche oppressa forse.
Ho sentito perfino che tutto ciò mi avrebbe distrutto.
Dentro quel verde era tutto così anormalmente tranquillo. 
Era quasi terrificante, ciò infatti fece sì che la mia pelle venne pervarsa da brividi.
Se ne accorse. 
Lui si accorgeva sempre di tutto. 
Le sue calde mani, dai miei fianchi, si spostarono sulle mie braccia e cominciarono a salire e a scendere.
Era tutto così ritmico, rilassante, confortante.
Il calore cominciò a farsi spazio dentro di me, così chiusi leggermente gli occhi ma poi mi resi conto di ciò che stava facendo.
Era un maestro nel distrarre la gente.
Sbattei velocemente le palpebre riacquistando la lucidità persa qualche secondo prima.
Un angolo delle labbra si alzò leggermente e un sorriso divertito si fece largo sul suo volto ma, i suoi occhi, non trasmettevano emozioni.
Portai la mano destra, che tenevo poggiata sul suo petto, tra i suoi capelli corvini, più scompigliati del solito.
Glieli accarezzai fino a raggiungere l'attaccatura delle cortissime ciocche che gli ricadevano sulla nuca.
Ci giocai ancora un po', mentre io cercavo di leggere lui, senza risultati, e lui cercava di leggere me.
Feci pressione sulla sua nuca, avvicinandolo al mio viso.
I nostri nasi si sfioravano, i nostri occhi ardevano gli uni negli altri, i nostri respiri si mischiavano.
Mi inumidii le labbra, prendendo un lungo respiro.
-Ti salverò, te lo prometto.-
Prima che potesse ribattere con il suo solito monologo, azzerai le distanze.
Fuoco ardente su acqua pura.

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SPAZIO AUTRICE: Salve a tutti ragazzi. Come vedete ho cominciato un'altra storia. Questa non ho intenzione di abbandonarla perché sto cominciando a prendere tutto sul serio. Amo scrivere e voglio assolutamente impegnarmi nel raggiungere il mio obiettivo, ovvero, quello di scrivere la parola fine a questa storia e magari, in futuro, riprenderla e farne un LIBRO.
Ho sempre sognato di diventare una scrittrice. Non so se ne sarò capace ma spero che voi mi aiutiate a migliorare e mi supportiate fino alla fine.
Vorrei intraprendere con voi questo viaggio, quindi sarei felice di non deludere nessuno.

IN QUESTO CAPITOLO: Ecco a voi il prologo di questa storia che cresce, sempre di più, senza sosta, nella mia mente. Questa ragazza, Jamie, si ritrova con un ragazzo dagli occhi verdi e i capelli corvini. Dal bacio finale possiamo vedere che tra loro c'è qualcosa. Ovviamente la storia dal primo capitolo comincerà a schiarirvi meglio le idee. Questo prologo è stato fatto proprio per stuzzicare la vostra curiosità. 
Che ne pensate? Fatemi sapere via recensioni i vostri pensieri.
Accetto qualsiasi critica! Come ho già detto prima voglio migliorare e raggiungere il mio scopo quindi...lasciate più di undici paroline!
Grazie mille!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 2
*** 1.Chissà se... ***


1
Chissà se...

-Dannazione.- borbottai stringendomi nel mio cappotto.
Avevo appena chiuso  la porta di casa dietro le mie spalle e il vento gelido mattutino mi colpì dritto in faccia.
Presi un respiro profondo, preparandomi psicologicamente a sopportare tutto quel freddo fino ad arrivare al Caffè delle Rose.
Inalai l'aria fresca del primo pomeriggio ma fu come se mille e più pugnali si conficcassero su per il naso fino ai miei polmoni. 
Grande errore.
Arricciai il naso, mi aggiustai la calda sciarpa che mi avvolgeva il collo e il cappello in lana, che stavo maledicendo mentalmente perché mi avrebbe appiattito i capelli mossi, facendomi poi sembrare una specie di fungo sottosopra.
Portai lo sguardo sulla strada ricoperta di un velo bianco e finissimo e lo feci scorrere fino all'angolo del viale, dove si trovava il Caffè.
Saranno stati più o meno cinquanta metri? O forse di più?
Sbuffai infastidita e sbattei velocemente le palpebre, cominciando a camminare verso la mia meta.
I miei amatissimi ugg sprofondavano nella soffice neve a ogni passo, lasciando così un segnale. 
Io ero passata di lì. 
Sorrisi al pensiero. Mi piaceva lasciare qualcosa che ricordasse me, un segno del mio passaggio, anche se insignificante. 
Alzai il mio sguardo da terra e, mentre continuavo la mia passeggiata, mi guardai intorno.
Erano le tre meno qualcosa del pomeriggio e, ovviamente, il viale era deserto. 
Il cielo, di solito limpido, era coperto da nuvoloni bianchi. C'era del bianco ovunque.
Cielo, strade, alberi, tetti.
Aggrottai le sopracciglia, inclinando lateralmente la testa.
Un turista avrebbe trovato tutto questo meraviglioso, quasi unico.
Molte volte mi ero fermata ad osservarli-i turisti intendo.
Guardavano tutto con gli occhi pieni di stupore come i bambini piccoli quando  compiono i primi passi e cominciano ad esplorare la casa, sorprendendosi delle cose più sciocche che per loro, in realtà, sono come delle grandi scoperte. 
Pensate a Colombo e i suoi uomini, quando arrivarono in America e si ritrovarono davanti dei cavalli.
Per loro erano come delle bestie che in sé racchiudevano fascino, ma anche pericolo.
Ora invece, se si ha un cavallo davanti, ci limitiamo a soppesare lo sguardo su di lui per vedere che fa, a sorpassarlo per lo sgradevole odore e per evitare i moscerini che gli girano intorno, o semplicemente, neanche lo osserviamo.
Per me tutto quel bianco, stava diventando soffocante. 
Non dico che odio l'inverno o la neve, ma quando sei abituata a vedere sempre le stesse cose, cominci a stancarti di tutta quella magia, cominci a trovare monotono la qualsiasi e lo stupore si affievolisce sempre di più, trasformandosi in un "non vedo l'ora che tutto questo finisca, portandosi via il freddo."
Ero l'unica deficiente che, invece di stare a casa al calduccio tra le coperte con un bel libro in mano, era fuori al freddo per andare a lavorare.
Dannati turni pomeridiani.
Ero finalmente arrivata e il Caffè era già aperto.
Come un fulmine, mi precipitai al suo interno e mi beai di quel calore che mi avvolse completamente, poggiandomi con la schiena alla porta del bar.
Inspirai profondamente, socchiudendo gli occhi, e un buonissimo odore di croissants e caffè appena fatto mi fece aprire velocemente le palpebre, rivelando uno sguardo quasi avido.
Dall'altro lato della stanza c'era Robert, dietro il bancone, che mi guardava con un sorriso smagliante in volto. 
Aveva 20 anni, due in più di me, e lavorava lì da uno e mezzo.
Era il nipote del grande capo ed era la sua fotocopia, solo più giovane, ovviamente.
Aveva i capelli biondi, rasati ai lati e con un ciuffo che stava sempre alzato; gli occhi di un castano così scuro che sembrava quasi nero; un naso piccolo e all'insù e delle labbra carnose.
Era abbastanza alto e magro, ma anche muscoloso.
Tutte le ragazze gli andavano dietro e, ogni volta che avevamo i turni insieme, ci divertivamo a scommettere quanti numeri sarebbe riuscito ad ottenere.
Se fossero stati più di quindici, avrei dovuto offrirgli qualcosa di suo piacimento a fine giornata.
Se fossero stati meno di otto, sarebbe stato lui ad offrirmi qualcosa.
Sorrisi chiedendomi chi oggi avrebbe vinto.
Mi precipitai su uno degli alti sgabelli davanti a lui e, stavo per prendere uno dei croissants con ancora i guanti alle mani, quando mi ammonì con lo sguardo.
-Vai a cambiarti e poi potrai mangiare.-
disse con la sua solita voce leggermente acuta per la sua età. 
Scocciata mi alzai dallo sgabello, borbottando un: -Ok, capo.-
Passai dietro il bancone e, appena arrivata al suo fianco, mi alzai sulle punte dei piedi per dargli un bacio sulla guancia.
Ricevuto anche io il solito bacio, mi precipitai dentro lo stanzino riservato ai camerieri.
Posai la mia borsa nel mio armadietto e cominciai a spogliarmi.
La divisa comprendeva una camicetta bianca con in alto a destra il nome del caffè, un pantalone bordeaux aderente e un grembiulino nero da stringere attorno alla vita con una tasca per mettere il taccuino e la penna.
Mi sistemai i capelli, passandoci le mani per cercare di dargli qualche forma, ma poi mi arresi e mi feci una treccia disordinata che mi ricadeva sulla spalla destra.
Tornai da Rob e cominciammo a sistemare le ultime cose per aprire il locale.
-Che un'altra noiosa giornata abbia inizio!- borbottai, facendo spuntare un finto sorriso sulle mie labbra che a quanto pare somigliava più a una smorfia tanto da far ridere il mio amico.
-Oh Jamie, chissà da quella porta potrebbe entrare l'amore della tua vita e ti pentirai di aver definito questa giornata noiosa.- mi canzonò lui con sguardo sempre dolce andando a girare il cartello con su scritto "APERTO" per poi raggiungermi al bancone.
Avevo appena finito di sgranocchiare il mio cornetto e di bere il mio ormai non più fumante caffè, quando Rob aveva portato tutti i dolci e le treccine varie al loro posto sotto il bancone, per esporle agli occhi dei futuri clienti.
Ci guardammo e aprì bocca per dirmi qualcosa, ma un tintinnio lo bloccò.
Un cliente era sicuramente entrato nel bar. 
Eravamo di spalle e quindi non vedevamo chi avesse appena messo piede nel posto, ma il sorriso sornione di Rob fece crescere una grande ansia dentro di me. 
-Chissà se..- lasciò la frase in sospeso e contò da tre a uno con le dita.
Ci girammo di scatto e ci ritrovammo davanti una vecchietta alquanto spaventata, per averla presa così di sorpresa.
Il biondo accanto a me cominciò a ridere portandosi le braccia allo stomaco senza mantenere un minimo d contegno. 
Rideva così forte che addirittura era scosso da spasmi ed io ero lì, ferma, immobile.
Fissavo la vecchietta, ancora tesa come una corda di violino.
Mi ero fatta condizionare dalle parole del mio amico e un po' di tristezza cominciò a diffondersi nel mio animo, ma poi mi resi conto di quanto fosse stata esilarante tutta la situazione e, in ritardo, anche io mi aggiunsi a quella vera e fragorosa risata scossa da spasmi.
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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il primo capitolo della storia! Spero vi piaccia, certo non è chissà che cosa ma spero continuerete a leggere e seguirmi. Spero anche che lasciate piu di undici paroline nelle recensioni. Ve ne sarei davvero grandea. Grazie in anticipo per la vostra attenzione!

IN QUESTO CAPITOLO: Con questo primo capitolo possiamo capire più o meno alcuni interessi di Jamie e come, in fondo, spera ancora all'arrivo del suo più grande amore, come ogni ragazza.
Entra in scena anche Rob, un ragazzo con cui ha una certa sintonia. 

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Capitolo 3
*** 2.Palestra?? ***


2
Palestra??

La giornata a lavoro era andata più che bene dopo che la vecchietta ci aveva sussurrato con faccia abbastanza sconvolta un: -Penso che andrò al bar che sta a due isolati da qui. Arrivederci.- 
Avevamo passato tutto il tempo a servire i clienti che, più il tempo passava, più aumentavano; e a scherzare con loro.
Addirittura mentre Robert ci provava spudoratamente con una ragazza che di ossigenato non aveva solo i capelli, ma sicuramente anche gran parte del cervello, feci finta di essere la sua fidanzata e misi in atto una bella scenata di gelosia. 
Quello che mi piaceva di Rob era che lui, in qualsiasi situazione, mi avrebbe sempre assecondato.
Quel giorno ci facemmo le migliori risate e a fine turno, verso le otto e mezza, contammo quante ragazze gli avessero dato il numero di telefono.
Erano quattordici. 
Volle contare i tovagliolini con su scritti i numeri almeno tre volte prima di accettare il fatto che aveva perso e, quindi, mi doveva offrire qualcosa.
Abbattuto e armato di broncio e sguardo basso, andammo nello stanzino riservato a noi camerieri per cambiarci.
Indossati il mio maglione panna, i jeans e il mio fidato paio di ugg, coprii il mio corpo con il cappotto; le mie mani con i guanti; il mio collo con la sciarpa e, mentre stavo per prendere il cappello, mi accorsi che quest'ultimo indumento mancava.
Mi misi a cercare nell'armadietto con le sopracciglia aggrottate.
-Hai visto per caso il mio cappello, Rob?- chiesi con la voce ovattata a causa delle strette pareti del mobiletto in acciaio.
-Dici questo?-
Mi voltai immediatamente, guardandolo.
Il suo corpo era già stretto al caldo dal suo giubbotto rosso, dai pantaloni neri e dalle vans rosse.
Tra le dita faceva roteare il mio cappello con un sorriso sornione dipinto sul viso.
Lo guardai male incrociando le braccia al petto e sbattendo il piede destro ripetutamente per terra.
-Dammelo, Rob.- obiettai con voce stanca.
Si avvicinò a me e me lo porse, ma quando stavo per allungare una mano per afferrarlo, lui tirò indietro la sua.
-Prima annulliamo la scommessa.- disse guardandomi con i suoi occhioni e sporgendo il labbro inferiore, facendolo sembrare un cucciolo.
-Scordatelo.- borbottai incupendomi.
Si avvicinò ancora di più a me, tanto vicino da potermi accorgere che sul suo viso stava nuovamente crescendo la barba. Poggiò le sue grandi mani sui miei fianchi, guardandomi sempre con quel suo sguardo dolce.
-Non ho un soldo con me, J. Pensavo di vincere oggi.- sussurrò colpevole.
Sbuffai e gli diedi un colpo sul petto, pensando di fargli male, ma in realtà, quella che si fece più male tra i due, fui io.
Mi massaggiai la mano mentre lui se la rideva e, con il broncio, afferrai il mio cappello togliendoglielo di mano e uscii dallo stanzino.
-Dovresti smetterla di andare in palestra.- borbottai.
Lui mi seguì e, dopo aver salutato i colleghi che avrebbero cominciato il turno successivo al nostro, si affrettò a superarmi e ad aprirmi la porta del bar per farmi uscire.
Roteai gli occhi e uscii dal locale, stringendomi nel mio cappotto e cercando di rilassarmi ed abituarmi al freddo invernale.
-Non usare la galanteria con me, sai che non funziona.- lo fissai con ancora il broncio sul viso.
Dopo essersi passato una mano tra i capelli, mi cinse la vita con un braccio e io poggiai la testa sulla sua spalla.
Cominciò a guidarmi verso sinistra, penso verso la sua auto.
-Facciamo così.- disse dopo qualche minuto di silenzio, fermandosi in mezzo al marciapiede, tra le persone che cercavano di passare senza andare a finire addosso alle altre.
Feci scorrere lo sguardo tra questa gente e presi per mano il biondo, avvicinandomi al palazzo alla nostra sinistra, così da non dare fastidio a nessuno.
-Sono tutta orecchie.- affermai enfatizzando la frase, spostandomi un ciuffo, sfuggito alla treccia, dietro l'orecchio. 
Un sorriso divertito gli apparì sul volto e poi si schiarì la voce, fissando i suoi occhioni nei miei.
-Io non smetterò di andare in palestra e..- sbuffai roteando gli occhi e massaggiandomi la mano al ricordo della fitta di dolore provata quando gli avevo dato un colpo sul petto.
-Lasciami finire di parlare, Jamie.- mi canzonò lui, prendendomi la mano e massaggiandola al posto mio.
-Dicevo. Io non smetterò di andare in palestra e, dato che tu ne hai davvero bisogno - ridacchiò alludendo alla mia mano e vedendomi alzare un sopracciglio - ci verrai con me. Ti pagherò il corso per un mese, per farti ottenere il premio della scommessa che hai vinto oggi.-
Inclinai il viso lateralmente mentre mi mordicchiavo la guancia interiore, pensando alla sua proposta.
In fondo non mi avrebbe fatto male andare in palestra. Sono sempre esperienze da fare e poi, non sarei sola. C'è Rob con me.
Mi morsi il labbro inferiore e portai il peso del corpo da un piede all'altro, mentre il mio amico, speranzoso, giocava con le mie dita.
-Va bene, ci sto.- accettai, accennando un sorriso imbarazzato.
Farò le peggio figure in quella palestra, me lo sento.
La mia coscienza stava già ridendo di me. 
E se non fossi fatta per quello?
E se Robert poi pensasse che sono una bambocciona?
Aggrottai le sopracciglia, mentre l'ansia si faceva largo dentro di me quando però, un calore più forte raggiunse velocemente ogni parte del mio corpo, e l'ansia, tanto in fretta come arrivò, scomparì.
Rob aveva avvolto le sue braccia intorno al mio corpo.
Ecco il calore da dove proveniva.
Sentivo le sue forti braccia sorreggermi, il suo mento poggiato sulla mia testa, il suo cuore battere contro il mio orecchio.
Quel dolce suono mi rilassò così tanto che uno sbadiglio uscì dalle mie labbra.
Una risata scosse il petto di Rob e la mia testa non poté far altro che muoversi con lui.
Accennai un sorriso, era divertente.
-Ti porto a casa, piccola.-

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi bellissime con un altro capitolo! Prima di cominciare vorrei ringraziare ImLimitedEdition per il suo supporto nelle recensioni! Vi vorrei invitare a leggere la sua storia perché davvero, ne vale la pena, anche se è solo agli inizi! 

IN QUESTO CAPITOLO: Jamie e Robert se la spassano a lavoro, come sempre. Purtroppo Robert non ha vinto la scommessa e, invece di offrire a J quel che più le piace, decide di pagarle un mese in palestra. 

DOMANDE: Cosa ne pensate di Rob? E di Jamie? Come vi sembrano i due ragazzi insieme? Fatemi sapere cosa ne pensate!

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 4
*** 3.Ricordi. ***


3
Ricordi.

Rob mi aveva accompagnato a casa da poco.
Aveva insistito per restare, cenare insieme e non lasciarmi sola ma con una scusa lo liquidai.
Non che non volessi passare altro tempo con lui, ma non avevo voglia di pensare a cosa dire, a cosa fare.
Non avevo voglia di pensare.
Volevo solo sistemare le ultime cose che stavano ancora negli scatoloni vicino la porta di casa e poi mettermi a letto.
Dopo essermi fatta una doccia calda e rilassante, indossai un pantalone di tuta e la felpa di mio fratello Daniel.
Quanto mi mancava. 
Sospirai, cercando di mandare via quel senso di nostalgia che ogni volta si impossessava di me, e mi avvicinai agli scatoloni.
Presi quello con scritto sopra "FOTO" e con fatica lo portai sul tavolo del soggiorno.
Avevo proprio bisogno di andare in palestra.
Corrugai la fronte e mi alzai le maniche, aprendo lo scatolone, dopo essermi guardata intorno.
Mi ero trasferita da York a Londra.
Avevo 18 anni, non facevo altro che litigare con mia mamma per tutto e, se non ero io a litigare con lei, c'era mio padre. Il motivo? Io.
Decisi che non poteva andare avanti così. Non potevano discutere per me.
Non volevo essere un problema.
Lasciai la scuola lì a York e mi trasferii nella Seven Kings High School, qua a Londra. 
Sarei potuta andare tranquillamente a vivere a casa di mio fratello, che frequentava il college nella stessa città, ma volevo farcela da sola.
Convincere i miei non fu molto facile, ma dopo settimane e settimane, ci riuscii.
Era una casa piccola la mia. 
Dalla porta d'ingresso si apriva un piccolo corridoio che dava su una grande stanza usata come soggiorno/salone.
C'era una grande finestra sulla destra che illuminava la grande stanza quando Londra ci regalava il sole.
Due divani disposti ad L davanti la parete attrezzata con la televisione, un tavolino al centro e un tavolo più grande dietro i divani, per quando si sarebbero fatti dei pranzi o delle cene con molti ospiti.
Alla sinistra c'era una porta che dava sulla cucina. 
Le camere da letto e i bagni invece si trovavano al piano di sopra.
Frequentavo l'ultimo anno di liceo e, nonostante la scuola mi tenesse impegnata, riuscivo a ritagliare del tempo per il lavoro. 
Era tutto troppo stancante ma dovevo farci l'abitudine.
In fondo, mancava solo un anno.
Mi massaggiai le tempie con l'indice e il medio di entrambe le mani e cominciai a disporre gli album fotografici, che stavano nello scatolone, nel cassettone piu basso della parete attrezzata.
Non mi soffermai a guardarli, avrei cominciato a torturarmi la mente nuovamente e sarebbe stato straziante.
Troppe persone a York, avevano tradito la mia fiducia, è anche questo uno dei motivi per cui volevo a tutti i costi andare via da lì.
Qualche foto di famiglia le poggiai sui mobili per renderli meno spogli.
Non mi importava molto, in realtà.
Frugai ancora nello scatolone.
Erano rimaste tre foto.
In una eravamo raffiugurati io e Daniel.
Era stata scattata in estate, al concerto dei The Killers. Io avevo più o meno 15 anni e lui 19. Odiavo quella band ma lui la amava, davvero tanto.
Lo accontentai ed andai con lui.
Nella foto ero sulle sue spalle, sorridevamo verso il palco con le braccia alzate verso i cantanti per dare enfasi alle parole che uscivano dalla nostra bocca.
Sorrisi ricordando la situazione e poggiai la cornice con la foto sul tavolo, l'avrei messa sul comodino in camera mia.
Un'altra foto raffigurava me, Charlotte e Sammy. 
Erano le mie migliori amiche.
Con mani tremanti accarezzai i loro visi e deglutii con fatica, cercando di mandare via quel nodo alla gola così fastidioso.
Non avevano accettato il fatto che mi trasferissi.
Dicevano che pensavo solo a me e che non mi importava di quel che avrei lasciato a York.
Non erano nemmeno d'accordo con quel che avevo deciso per Ashton.
Già, Ashton.
Presi l'ultima foto sul fondo dello scatolone.
Era stata scattata una settimana prima dell'incidente.
Eravamo io e lui distesi sul letto, ma nella foto eravamo inquadrati solo fino a metà petto.
I nostri visi erano in primo piano e il mio volto era girato verso il suo con le labbra poggiate sulla sua guancia.
Trattenevo a stento un sorriso mentre lo baciavo, si notava perché le labbra non erano del tutto arricciate.
Ashton invece sorrideva alla fotocamera.
Aveva quel sorriso che tanto amavo stampato sul volto, con due fossette, una per lato. 
Ridacchiai, ricordando quanto mi divertissi e quanto lo infastidisse quando infossavo il mio dito in quelle fossette.
Gli occhi nocciola nella foto sprizzavano felicità.
Aveva qualche ciuffo biondo, che sfuggiva dalla bandana blu che usava come fascia, che gli ricadeva sulla fronte.
Una lacrima rigò la mia guancia e un singhiozzo scosse il mio petto. Strinsi forte la foto a me.
Stetti in quella posizione per interminabili minuti, con le lacrime che copiose scendevano dai miei occhi chiusi.
Poggiai la foto sul tavolo, insieme a quella con mio fratello e quella con Sammy e Charlotte.
Mi asciugai le lacrime con le maniche della felpa di mio fratello, che ricoprivano del tutto le mie mani.
Presi le tre cornici con le foto e salii in camera mia.
Le sistemai sul mio comodino e mi distesi sul letto, completamente distrutta psicologicamente.
Sentii il mio stomaco brontolare.
-Dio, non ho neanche mangiato!- esclamai portandomi le mani sul viso esausta.
Sbuffai e presi il telefono poggiato sul comodino.
Avrei risposto a qualche messaggio, se ce ne fosse stato qualcuno, e poi mi sarei addormentata.
Sbloccai l'iphone ed entrai nei "Messaggi".
Ne trovai uno ed era di Rob. Roteai gli occhi al cielo. 
Effettivamente solo lui poteva scrivermi dato che era il mio unico amico qui. 
Speravo sempre di trovare un altro nome al posto del suo.
Sospirai e aprii il messaggio:
Da: Robbie.
 "Domani ti passo a prendere alle 10:30 per andare in palestra, piccola J. xx"
Un lamento uscì fuori dalle mie labbra.
10:30?! Scherza?! Domani è sabato!
Sbuffai e poggiai il telefono nuovamente sul comodino, sistemandomi meglio sotto il piumone.
Chiusi gli occhi e sprofondai in un sonno profondo con la speranza di ritrovarmi tra le braccia di Ashton almeno in sogno.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il terzo capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!

IN QUESTO CAPITOLO: Qui Jamie decide di mettere a posto le ultime cose rimaste dentro gli scatoloni. Si imbatte nelle foto raffiguranti lei insieme a persone molto importanti, quali suo fratello, le sue migliori amiche e Ashton. Ciò suscita emozioni contrastanti, che la sconvolgono psicologicamente.
Nostalgia, tristezza, amore, rimpianti.

DOMANDE: Cosa pensate di Jamie? Cosa sarà successo secondo voi ad Ashton? Qualche idea? Cosa pensate che succederà?

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 5
*** 4.Sembrava quasi pericoloso. ***


4
Sembrava quasi pericoloso.

Un rumore assordante mi trapanò le orecchie, svegliandomi.
Mi lamentai, prendendo il cuscino accanto a me e tenendolo sulla mia faccia.
Chi poteva mai disturbarmi a quest'ora? Di sabato?! 
Mi sporsi dal letto con ancora gli occhi chiusi e allungai il braccio sul comodino, cercando il telefono.
Appena lo trovai, lo portai davanti al mio viso e aprii leggermente gli occhi, notando che erano le undici meno venti.
Ma chi è questo pazzo che rompe?!
Vidi che avevo 5 chiamate senza risposta di Rob e mi ricordai della palestra.
-Dio santo! ROBERT!!- gridai con tutta la forza e la voce che avevo in corpo.
Il campanello finì di suonare. Possibile che mi abbia sentito?
Mi alzai dal letto e raggiunsi la porta della mia camera, guardando alla mia destra.
Avevo uno specchio intero sul muro e scrutai la mia immagine.
Mi spaventai e i miei occhi da addormentati e chiusi, si svegliarono tutt'in una volta, uscendo fuori dalle orbite.
Avevo i capelli rossi tutti scompigliati, le occhiaie, la felpa sgualcita e i pantaloni della tuta con un lato che si fermava sopra il ginocchio e l'altro che mi copriva addirittura il piede.
Passo una mano tra i miei capelli mossi per diminuire un po' il volume e penso che dovrei tornare dal parrucchiere un giorno di questi per rifarmi la tinta dato che il castano stava rispuntando. 
Andai in bagno e mi lavai la faccia e i denti.
Appena ebbi finito, sbuffai e mi precipitai alla porta d'ingresso, scendendo le scale a due a due.
Aprii e mi ritrovai davanti un Robert con uno sguardo accusatorio, anche se gli angoli delle labbra lottavano per rimanere fermi e non farlo sorridere.
Sembrava avesse un tic alla bocca.
Mi portai una mano alle labbra, trattenendo una risata mentre con grandi falcate entrava in casa mia.
Si girò di scatto verso di me con le lunghe braccia strette sui fianchi e le mani chiuse a pugno.
-Non sei ancora pronta.- disse duro.
Roteai gli occhi e mi gettai tra le sue braccia, costringendolo ad afferrarmi per le gambe, circondandogli la vita.
Poggiai il viso sulla sua spalla e lo guardai con occhi da cucciolo.
-Scusa.- sussurrai baciandolo sul collo.
Il suo sguardo si addolcì e i suoi muscoli si rilassarono.
-Sei perdonata ma ora andiamo.- disse e mi mise su una spalla, avanzando verso la porta e chiudendola dietro di sé.
-Robert devo lavarmi e vestirmi, non posso uscire così!- Sbottai, dimenandomi.
Mi diede uno schiaffo sul sedere e un urlo strozzato uscì dalle mie labbra.
-Scordatelo, sono già in ritardo quindi ora stai ferma. La palestra per tua fortuna è qui vicino.- affermò cominciando a camminare per il viale.
-Vicino quanto? Niente macchina, vero?- chiesi con difficoltà dato il modo in cui mi teneva sulla sua spalla.
-Niente macchina, piccola. È proprio dietro l'angolo.- 
Annuii, sospirando sollevata sentendo le sue parole.
Mi passai più volte le mani tra i capelli per cercare di pettinarli in qualche modo, mentre sentivo lui che tranquillo fischiettava per strada.
Dopo cinque minuti di camminata arrivammo in palestra. Tutto ciò che vedevo era il pavimento per terra e, cominciai a sentire degli schiamazzi, non appena varcammo una porta.
Mi passai una mano sul viso per l'imbarazzo mentre venivo sballottolata di qua e di là per le risate che scuotevano il corpo di Rob.
Mi appuntai mentalmente che l'avrei ucciso non appena mi avesse messo giù.
Entrammo in un'altra stanza e questa volta la porta, appena si richiuse, mi colpì sulla testa.
Gemetti massaggiandomi il punto dolente e, appena Rob mi mise giù, un giramento di testa mi colpì in pieno.
Pervarsa dalle vertigini, mi appoggiai al mio amico che cominciò ad accarezzarmi i capelli.
-Forse non avrei dovuto tenerti così per tutto il tragitto.- sussurrò accigliandosi.
-O forse è solo lei una pappamolle.- affermò la voce di uno sconosciuto.
Tenevo gli occhi chiusi, cercando di calmare le vertigini, quindi non avevo la piu pallida idea di chi avesse parlato.
-Chi è il menomato che usa ancora la parola pappamolle? Io sono sicuramente più forte di te.- ribattei con ancora gli occhi chiusi.
Una risata riecheggiò per tutta la stanza e un'infinità di brividi cominciarono a correre per tutto il mio corpo.
Aprii gli occhi e mi ritrovai di fronte un ragazzo abbastanza alto e muscoloso.
Aveva i capelli corvini tutti scompigliati, il sudore che gli imperlava la pelle nè troppo ambrata nè troppo chiara.
Aveva una pelle perfetta.
Sembrava così liscia.
Schiusi le labbra e scossi la testa. Non potevo imbambolarmi e dire tutte queste scemenze per della pelle.
Quello che mi colpì più di tutto furono i suoi occhi.
Erano così verdi. 
Avevano una luce così strana.
Mi fermai a fissarli.
Mi sentii quasi confortata ma allo stesso tempo provavo un po' di timore.
Mi strinsi tra le braccia di Rob mentre osservavo come sulla faccia del ragazzo dagli occhi verdi si stesse formando un sorriso sornione.
-Il menomato che usa ancora quella parola ti straccerà.- annuisce alle sue stesse parole e si avvicina alla panca lì vicino per prendere due guantoni.
-Allora piccola, oggi ti batterai con Cameron, per vedere a che livello sei.- mi informò Rob, prendendo anche lui dei guantoni e infilandoci dentro le mie mani.
-Spero tu stia scherzando!- lo guardai sconvolta sentendo il ragazzo, Cameron, ridere.
-Buona fortuna, tesoro.- sussurrò il mio amico, dandomi un bacio sulla guancia e uscendo poi dalla stanza.
Guardai la porta da dove era uscito ancora scioccata. 
-Io l'uccido.- sibilo piano facendo un passo avanti per precipitarmi da lui.
Purtroppo due mani mi afferrano i fianchi e mi sollevano da terra mentre io ancora cercavo di liberarmi.
-AVETE LA MANIA DI PRENDERMI IN BRACCIO?!- urlai irritata da tutto quello che mi stava accadendo.
-Zitta e combatti.- disse appena mi mise giù.
Mi guardai intorno ed eravamo su una piattaforma rettangolare sollevata di qualche centimetro rispetto al pavimento.
-Non ho intenzione di farti male.- affermai incrociando le braccia al petto e alzando un sopracciglio.
Sorrise e Dio solo sa quello che successe dentro di me.
Non avevo mai visto sorriso così bello e splendente.
-Oh, stai tranquilla che non mi farai male.- tratteneva le risate a stento e si mise in posizione di difesa portando davanti a lui le braccia.
Inclinai la testa lateralmente, mi inumidii le labbra e avanzai verso di lui caricando un pugno verso il suo stomaco.
Lui però mi anticipò bloccando il mio polso.
Sbattei le palpebre velocemente, rendendomi conto di quel che era appena successo.
Era stato fottutamente veloce.
Sorrise e si passò il guantone sulla spalla come per dire "modestamente".
Lo guardai in cagnesco e cominciai a tirare pugni a mai finire, anche calci di tanto in tanto e, quel che mi faceva infuriare sempre di più, era il fatto che ogni santissima volta riuscisse a bloccare o anticipare i miei colpi.
Ad un certo punto si fermò e cominciò ad osservarmi.
-Esci sempre di casa conciata così?- alzò un sopracciglio alzando un angolo delle labbra.
Sembrava quasi pericoloso con quel sorrisetto stampato sul viso.
Sbuffai e l'incenerii con lo sguardo.
-Oh si, non ti piace? La prossima volta ti chiamerò e provvederai tu al mio outfit.- dissi sarcasticamente facendo sorridere anche lui 
Mi fermai cercando di riprendere fiato tenendomi con i guantoni sulle mie ginocchia.
-Allora, per oggi abbiamo finito. Spero che Rob non mi faccia perdere altro tempo con te.- disse freddo togliendosi il guantone destro.
A quelle parole la mia testa si alzò e lo sguardo scattò immediatamente per incontrarsi con il suo.
Digrignai i denti e con grandi falcate mi avvicinai a lui, puntando un altro pugno verso la sua faccia.
Stava per afferrarmi il polso con un espressione abbastanza annoiata in volto, quando cambiai traiettoria, colpendolo dritto nello stomaco.
Si piegò immediatamente tenendo le mani sullo stomaco, gemendo per il dolore.
-Ora abbiamo finito.- dissi con voce tanto fredda quanto quella che aveva usato lui poco prima. 
Mi allontanai da lui puntando verso la porta della stanza, uscendo da lì e poi dall'intero edificio mentre l'adrenalina continuava a scorrere dentro di me come mai prima.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il quarto capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!

IN QUESTO CAPITOLO: Ecco Jamie e Rob in palestra! Rob, quando aveva proposto l'idea della palestra a Jamie, non aveva accennato al fatto che non si sarebbe allenata con lui ma con un altro ragazzo, Cameron.
I due cominciano a scontrarsi, battibeccandosi durante l'incontro, e il ragazzo punzecchia così tanto Jamie che, con un pugno, lo lascia sbalordito e dolorante.

DOMANDE: Cosa pensate di questo nuovo personaggio? Cosa vi aspettate piu avanti?

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 6
*** 5.Io non voglio amici. ***


5
Io non voglio amici.

Uscii in fretta dalla palestra con Rob che mi rincorreva urlando il mio nome. 
Mi fermai non appena misi fuori i piedi dall'edificio.
Ero scalza e non potevo camminare per strada a piedi nudi.
Mi accigliai e mi girai verso Rob che mi fissava, aspettando una mia sfuriata.
Fortunatamente per lui, ero stanca, completamente sudata e puzzavo.
Non avevo nessuna intenzione di sprecare ancora energie.
-Devo tornare a casa e non posso scalza.- affermai fredda guardandolo dritto negli occhi.
-Jamie.- disse il mio nome con una smorfia sul volto.
-Non fare così, ti prego.- continuò passandosi le mani tra i capelli.
Lo incenerii con lo sguardo e incrociai le braccia al petto, aspettando che faccesse qualcosa.
Roteò gli occhi e borbottò un: -Ma chi me l'ha fatto fare?"
Rientrò in palestra e mi accigliai aspettando che tornasse.
Mi sedetti per terra, passandomi una mano sulla fronte.
Non l'avessi mai fatto! Adesso avevo tutta la mano appiccicosa per il sudore e me la strofinai sul pantalone della tuta emettendo un suono di disgusto.
Mi legai i capelli in una crocchia disordinata con un elastico che tenevo al polso quando sentii la voce di Rob avvicinarsi sempre di più.
Mi alzai in piedi e lo vidi tornare con Cameron accanto.
Feci una smorfia e portai lo sguardo sui ragazzi di fronte a me.
-Ti accompagnerà lui a casa, dato che io ancora non ho finito.- incenerii Rob con lo sguardo. 
-È inutile che lo guardi così, rossa. Neanche io ho tutta questa voglia di passare un altro minuto ancora con te.- contestò Cameron con la mano ferma sullo stomaco e sorrisi fiera di me per quel che gli avevo fatto.
-Ciao piccola tigre.- Rob si avvicinò a me e mi baciò la fronte anche se avevo provato ad allontanarmi e a sfuggire dalla sua presa.
Quando rientrò nell'edificio, incrociai le braccia al petto imbattendomi nel suo sguardo.
I suoi occhi alla luce del sole risultavano ancora più verdi di quanto non lo fossero in palestra.
Corrugai la fronte. Non avevo mai visto  nessuno con quello stesso colore di occhi.
In realtà, non pensavo fosse possibile averli di una tale tonalità di verde.
Ciò che mi metteva i brividi era che non esprimevano alcuna emozione.
Erano completamente vuoti.
Mi avvicinai a lui. 
Stava fermo davanti a me e studiava qualsiasi cosa facessi.
Faceva correre il suo sguardo alle mie gambe che si muovevano verso di lui, poi alla mia mano che si sollevava e mi grattava la guancia imbarazzata e infine le mie labbra, che venivano inumidite dalla lingua.
Tutto per poi ripuntarsi sui miei occhi.
Mi avvicinai così tanto che la vista di quel verde vitreo e vuoto sguardo mi fece quasi mancare il fiato.
-Sei stata brava.- fissai le sue labbra mentre modellavano le parole che stavo udendo. 
Deglutii rumorosamente e inspirai profondamente quando mi passò davanti.
One million, fumo e sudore.  
Sentii l’odore di lui farsi strada nella mente annebbiandomi il cervello da quanto era buono.
Sbattei velocemente le palpebre, scossi la testa per cacciare via il pensiero e mi girai a guardarlo.
Si era leggermente chinato in avanti, dandomi le spalle.
-Hai intenzione di salire, si o no?- chiese con quella sua voce roca che mi stava mandando in tilt.
Scossi la testa e restai sbalordita dei pensieri che facevo su quel ragazzo sconosciuto.
Dovevo pensare. Avevo bisogno di fare chiarezza. Tutto questo stress mi stava mandando al manicomio.
Salii sulle sue possenti spalle e strinsi le mie gambe attorno alla sua vita e le braccia attorno al suo collo.
-Devi andare..- 
-So già dove devo andare.- troncò sgarbatamente il mio discorso cominciando ad avviarsi verso la strada che avrebbe condotto a casa mia.
Gli fulminai la nuca con lo sguardo sperando che inciampasse in una pietra così da farlo cadere e da darmi la possibilità di schiacciarlo con il mio peso.
Presi un respiro profondo e cercai di ricominciare da zero.
-Comunque piacere, mi chiamo Jamie.- affermai mentre eravamo ormai arrivati a metà strada.
-Il piacere è tutto tuo e penso tu sappia già quale sia il mio nome anche se avrei preferito che non lo conoscessi.- sbottò lui, soffiando verso la sua fronte.
-Portami indietro i capelli, mi danno fastidio.- mi ordinò con quella sua voce bassa e roca.
Alzai gli occhi al cielo e mi trattenni dal passargli immediatamente una mano tra quei capelli corvini che sembravano così morbidi.
-Scordatelo. Esiste la parola per favore.- sbottai alla fine.
Dette queste parole mi spinse indietro facendomi mollare la presa dal suo collo e dal suo bacino, facendomi atterrare in piedi per miracolo.
Lo guardai sconvolta.
-Qual è il tuo fottuto problema?!- esclamai andandogli vicino e puntandogli un dito contro.
-Tu.- rispose. -Sei tu il mio problema.- annuì per dare più enfasi alla sua stessa frase facendo un passo verso di me, sovrastandomi con tutta la sua altezza e cercando di farmi sentire più piccola e debole con il suo sguardo puntato nel mio.
L'adrenalina cominciò nuovamente a scorrere e feci anche io un passo verso di lui, spingendolo via.
-No, il problema qui sei tu! Io non volevo conoscere nessuno, men che meno uno come te!- gli urlai contro mentre vedevo che un sorriso divertito spuntava sul suo volto.
-Uno come me?- una risata lo scosse e poi mi chiese: -Perché come sono quelli come me? E sta certa che anche io non volevo conoscere nessuno qui.-
-Tu sembri tanto il solito coglione che si sente dio sceso in terra con tutte le ragazze che gli sbavano dietro pronte a leccargli il cazzo. Ma sai la novità?Tu, in realtà, non sei proprio nessuno.- calcai la voce sull'ultima parola e vidi i suoi occhi spalancarsi.
Si avvicinò a me con un solo passo e mi prese per il braccio scuotendomi.
-Tu non sai niente.- ringhiò puntando i suoi occhi nei miei, abbassando tutte le mie barriere.
-Fammi sapere allora.- sussurrai ancor prima che il mio cervello potesse analizzare l'intera situazione.
La stretta sul mio braccio si allentò e prese ad accarezzarmi la zona afferrata un attimo prima mentre un angolo della sua bocca si sollevò.
-Noi non siamo amici.- sussurrò facendo un passo indietro.
-Io non voglio amici.- affermammo nello stesso momento, restando stupiti l'uno dell'altra.
Schiusi le labbra, sorpresa, e mi persi nuovamente nel verde dei suoi occhi.
C'era silenzio tra noi due.
Era però un silenzio confortante e non imbarazzante.
Ci guardavamo, eravamo bravi a farlo.
Mosse un piede verso destra, come se volesse andarsene ma prima, mi fece un cenno, regalandomi un altro dei suoi sorrisi.
-Ci vediamo in palestra, Jamie.- aggiunse il mio nome alla frase in maniera quasi dolce e mi diede le spalle, tornando dove ci eravamo incontrati, uscendo fuori dalle tasche dei pantaloni di tuta un pacchetto di sigarette e un accendino.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il quinto capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!

IN QUESTO CAPITOLO: Jamie vuole tornare a casa ma Rob non può accompagnarla così chiede a Cameron di farle questo favore. Durante il tragitto per tornare a casa i due non fanno altro che battibeccare. 

DOMANDE: Cosa pensate del comportamento di Jamie e di come interagisce con Cameron?

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Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 7
*** 6.Tutto quello che feci fu crollare. ***


6
Tutto quello che feci fu crollare.

Giacevo sul divano da ore.
Fissavo il soffitto.
Mi sgretolavo.
Mi laceravo.
Mi abbandonavo a me stessa.
Attendevo che qualcosa scattasse in me, ma tutto quello che feci fu crollare.
Avevo passato tutto il giorno e tutta la notte così da quando Cameron mi portò a casa.
Non toccai cibo.
Semplicemente fissavo il soffitto del mio soggiorno, stesa sul divano.
Non diedi conto al telefono che non faceva altro che squillare e vibrare.
Non diedi conto al campanello di casa che trillava ininterrottamente.
Non diedi conto alla fame che mi fece venire i crampi allo stomaco.
Non diedi conto al dolore alla testa e alle tempie che martellavano.
Non diedi conto alle mie palpebre pesanti che volevano tanto chiudersi ma che io lottavo per farle tenere aperte.
Non diedi conto neanche alle lacrime che scivolavano copiose sul mio viso, bagnandomi non solo le guance ma anche tutto il collo.
Non diedi conto al sudore che mi incollava i capelli sciolti, al viso.
Non diedi conto a nulla, se non al mio cuore che piano cominciava a sgretolarsi insieme ai muri che avevo costruito.
Non sapevo perché mi sentivo in quel modo da quando varcai quella porta.
Sapevo solo che non ero pronta.
Robert mi aveva trascinato in qualcosa che io non ero ancora in grado di gestire.
Robert, con forza, mi aveva strattonata via dalla mia bolla d'acqua pura e mi aveva gettata in una grande distesa d'acqua salata piena di abitanti abituati a vivere lì e al fatto che non importava quanto amassi una persona, sarebbe sempre capitato qualcosa che te l'avrebbe portata via.
Tutto quello che successe la mattina prima in palestra mi aveva completamente sconvolta.
Sembrava fossi stata violentata psicologicamente. 
Essere lasciata da sola con qualcuno che non conoscevo, essere messa alla prova e stuzzicata da questo qualcuno, tutta l'adrenalina che andava e veniva, i continui battibecchi.
Quello che mi sconvolse più di tutto era non riuscire a leggerlo con uno sguardo, era il vuoto nei suoi occhi, erano le molteplici emozioni contrastanti che mi faceva nascere dentro, era il fatto di voler sapere di più sul suo conto, ma anche non voler avere più a che fare con lui, era il fatto di sentirsi al sicuro, ma allo stesso tempo avere un po' di timore.
Vicino a lui, il mio corpo e la mia mente erano completamente in allerta e allo stesso tempo si rilassavano, tutto questo mi sfiniva.
"Io non voglio amici." 
Lo dissimo insieme, con lo stesso tono di voce, con lo stesso sguardo vuoto, con lo stesso dolore dentro che ci dilaniava, in sincrono, come se fossimo una persona sola, come se in realtà esistesse una sola anima che, prima che nascessimo, si divise in due dando vita ad entrambi i corpi.
Mi avevano strappata così violentemente dal mio mondo che ora stavo crollando.
Avevo spento tutte queste emozioni e tutti questi pensieri, che da tanto non rimbalzavano più cosi freneticamente nella mia mente, e ora erano tornati colpendomi violentemente come se fossero uno tsunami.
Adesso stavo crollando. 
Sentivo che tutto dentro di me andava a pezzi.
Mi sembrò di essere tornata al giorno dell'incidente quando mi ritrovai schiacciata tra il sedile e il cruscotto.
Mi sentii così quando, mentre cercavo di liberarmi, gridavo il nome di Ashton con tutto il fiato che avevo in corpo senza ricevere risposta, crollando anche lì, non solo emotivamente ma anche fisicamente.
Mi sentii così quando scoprii che io era sveglia tra quelle mura bianche ed Ashton era in coma.
Mi sentii così quando scoprii che il ragazzo della mia vita aveva perso la memoria che non avrebbe mai più recuperato.
Mi sentii così quando decisi di uscire dalla vita del ragazzo che più amavo per non farlo soffrire ancora, per allontanarlo dal pericolo che io stessa ero.
Perse tutti i ricordi, TUTTI.
Nessuno era rimasto.
Quel che successe privò Ashton di quello che qualsiasi persona aveva di più caro, i ricordi.
Ero più che convinta che fosse stata tutta colpa mia.
Crollai e mi costruii un mondo tutto mio, allontanandomi da tutto e tutti.
Feci entrare solo una persona nella mia  vita.
Mi fidai di nuovo di me stessa, promettendomi che mai avrei fatto del male a Robert.
Purtroppo, mi aveva presa contro petto, mi aveva presa con forza e mi aveva trascinata in qualcosa di troppo grande.
Mi aveva presa alle spalle, ferendomi.
Mi sentii come tradita, sfinita.
Giacevo sul divano da ore.
Fissavo il soffitto.
Mi sgretolavo.
Mi laceravo.
Mi abbandonavo a me stessa.
Attendevo che qualcosa scattasse in me, ma tutto quello che feci fu crollare.
Poi sentii qualcosa.
Era il campanello, un'altra volta.
Non sapevo quanto tempo era passato dall'ultima volta in cui aveva suonato.
Mossa da non so quale forza di volontà e con il cuore che batteva come non mai, mi alzai.
Appena misi i piedi per terra e mi scollai dal divano, deglutii con fatica mentre un giramento di testa mi colpì in pieno.
Senza curarmi di come ero conciata, andai ad aprire la porta e mi imbambolai nel vedere chi avevo davanti, mentre un senso di vomito fece nascere sulla mia faccia una smorfia di disgusto.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il sesto capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!

IN QUESTO CAPITOLO: Jamie si sente sopraffatta da tutto quello che le è capitato e che cominciò a sentire nuovamente dentro di sé quando il campanello suonò un'ultima volta, lasciandola stupita di chi si trovò davanti.

DOMANDE: Cosa pensate dei sentimeti di Jamie? Chi vi aspettate che ci sia dietro quella porta?

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 8
*** 7.Tu non sai niente di me. ***


7
Tu non sai niente di me.

Senza curarmi di come ero conciata, andai ad aprire la porta e mi imbambolai nel vedere chi avevo davanti, mentre un senso di vomito fece nascere sulla mia faccia una smorfia di disgusto.
-Sono così orribile?- sussurrò con la sua solita voce roca.
Non aprii bocca, ma cominciai ad osservarlo come ero solita fare da quella mattina.
Portava un cappello grigio in lana che gli copriva i capelli corvini, lasciando però che qualche ciuffo ricadesse sulla sua fronte.
I suoi occhi sembravano dispiaciuti mentre mi scrutavano.
Era la prima volta che vedevo qualcosa in quei due pozzi verdi.
Schiusi le labbra sorpresa continuando ad osservarlo.
Aveva un anello sulla destra che gli circondava il labbro inferiore.
Lo faceva sembrare più...sexy?
Indossava inoltre un maglione, anch'esso grigio, con un cappotto sopra nero lasciato aperto e le magre gambe erano avvolte da un paio di jeans neri strappati sulle ginocchia mentre ai piedi portava un paio di vans nere.
Una mano la teneva dentro la tasca del cappotto e un'altra dietro la schiena.
Stanca abbassai lo sguardo.
Non avrei avuto la forza di sostenere il suo e tutto quello che avrebbe comportato il perdermi in quegli occhi smeraldo.
Sentii ancora il peso di tutto quello che analizzavo e provavo poco prima sulle spalle e ciò mi fece incurvare leggermente, facendomi sembrare ancora più bassa.
Vidi sotto il mio sguardo una rosa bianca e i miei occhi si spalancarono.
Portai una mano alle labbra per lo stupore e feci un passo indietro, come se volessi nascondermi nel buio della casa per l'imbarazzo. 
Sentii un sospiro e un'ombra farsi più vicina.
Trattenni il respiro e guardai l'ombra per terra avvicinarsi sempre di più, quando strinsi forte gli occhi.
Ti prego, non avvicinarti. Non voglio piangere ancora. Non di fronte a te, Cameron. 
Non sentii più il suono dei suoi passi e ancora non mi aveva toccata, così aprii un occhio e vidi la rosa bianca poggiata sul pavimento, proprio sotto il mio sguardo.
Deglutii faticosamente, non sapendo proprio cosa fare.
Dentro di me regnava l'inferno e non sapevo proprio cosa sarebbe successo se mi fossi mossa da quella posizione.
-Dio, Jamie.- sentii frustrazione nel suo tono di voce e potei immaginare che appena finito di pronunciare quelle parole, si sarebbe passato le mano sul viso.
Sbirciai senza farmi notare ed era proprio quello che stava facendo.
Presi un lungo respiro e trattenni le lacrime.
Feci un passo verso di lui, un altro e un altro ancora.
Mi guardava sbattendo velocemente le palpebre. Era sorpreso e lo fui anche io quando intrecciai la mia mano con la sua, mi calai a prendere la rosa e lo portai in soggiorno, dopo aver chiuso la porta di casa.
Facevo piccoli passi verso il divano e mi sedetti lì, poggiando la rosa sul tavolino davanti a me.
Avevo ancora la mia mano intrecciata alla sua e l'altra la tenevo sul ginocchio.
Lui era nella mia stessa posizione, con l'unica differenza che mentre le mie labbra erano strette in una linea retta, lui si torturava quello inferiore con i denti, facendo muovere il piercing.
Passarono minuti interminabili ricchi di tensione. Nessuno dei due faceva qualcosa, a parte stringere l'uno la mano dell'altra.
Quel contatto mi stava facendo impazzire.
La sua mano sembrava fuoco sulla mia.
Irradiava calore su per il braccio e poi dritto al cuore, affievolendo leggermente il dolore che non riusciva comunque ad abbandonarmi da quando ero tornata dalla palestra.
-Si.- risposi flebilmente, trovando il coraggio di guardarlo.
Anche lui si girò verso di me, corrugando la fronte confuso.
-Si, sei così orribile.- sospirai, fingendomi addolorata della terribile verità che gli stavo sbattendo in faccia.
Vidi spuntare un sorriso sul suo volto.
-Oh per fortuna, Jam pensavo non avresti più parlato.- disse sollevato portandosi la mano libera sul petto, come se si fosse tolto un peso.
-Jam?- chiesi disgustata, lasciandogli subito la mano e allontanandomi da lui, sedendomi più verso il bracciolo del divano mentre sentivo nuovamente il mio cuore sbriciolarsi e le lacrime velarmi gli occhi.
Perché doveva essere tutto così difficile? 
Sentii l'aria mancarmi e mi presi la testa tra le mani.
Mi guardò spaesato ma poi annuì come se si stesse dando ragione per chissà quale pensiero.
Si alzò dal divano e si mise in ginocchio davanti a me, guardandomi dritto negli occhi.
Nei suoi non trovavo compassione o pietà, ma il vuoto, come sempre d'altronde.
-È il tuo soprannome, pensavo fosse carino.- affermò allungando una mano verso il mio viso, sfiorando la mia guancia con le sue dita.
-Fa schifo. Non provare a darmi soprannomi.- dissi dura scacciando via la sua mano.
-Che ti prende adesso?!- chiese esasperato alzandosi in piedi e incenerendomi con lo sguardo.
-Non puoi chiamarmi in quel modo. Tu non sei nessuno!- gli urlai contro, alzandomi anche io e spingendolo verso la porta di casa.
Sgranò gli occhi e mi fissò per qualche secondo scuro in volto.
D'un tratto scoppiò a ridere.
Sbattei velocemente le palpebre confusa mentre la rabbia cresceva dentro di me.
-Stavo solo cercando di essere gentile perché, sai, Robert era preoccupato per te. Mi ha pregato per farmi venire qui ma a quanto pare ho solo fatto una cazzata accontentandolo.- affermò duro con voce fredda. 
Ecco che il mio cuore si sbriciolò del tutto e che le mie forze si prosciugarono, facendomi cadere giù, appoggiandomi al bracciolo del divano. 
-Va via, Cameron.- sussurrai, alzando lo sguardo verso di lui che aveva la mascella contratta in quel momento.
Stavo cercando di non crollare davanti a lui. Era troppo per essere affrontato tutto in un giorno. Avevo bisogno di riposo e, la sua visita qui, stava peggiorando ogni cosa.
Un singhiozzo mi scosse il petto e portai lì una mano, come se potesse tenere i pezzi del mio cuore in frantumi insieme.
Mi guardò sconvolto e vedendo che non andava via allora urlai più forte.
-VAI VIA!- sussultò sul posto e fece un passo indietro.
-Pensavo fossi più forte di così. Crolli solo per un battibecco con uno sconosciuto e perché sono venuto qui, costretto dal tuo amico.- sussurrò lui con espressione..delusa? 
Diceva sul serio? Io? Crollare solo per quello?
Lui non sapeva niente di me.
Lui non sapeva quel che avevo passato.
Lui non poteva parlare a me di crolli e di essere forti.
Lui non doveva parlare di me o con me e basta.
Mi passai una mano sul viso, scacciando le lacrime e precipitandomi da lui spingendolo verso la porta d'ingresso.
-Sparisci dalla mia vita. Tu non sai niente di me!- ringhiai tra i denti, sbattendolo fuori. 
Mi poggiai alla porta con la schiena e scivolai giù, scoppiando finalmente in un pianto liberatorio.
Tutto questo non sapendo che dall'altra parte della porta, nella stessa posizione, c'era Cameron con la testa tra le mani.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il settimo capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!
PER SCRIVERE QUESTO CAPITOLO HO SUDATO SETTE CAMICIE E ANCHE DI PIÙ. HO DAVVERO AVUTO DIFFICOLTÀ E SONO FELICE DI PUBBLICARLO COSÌ DA ANDARE AVANTI E NON TORTURARMI PIÙ PER TROVARE UNA SOLUZIONE A QUESTE RIGHE CHE SONO RIUSCITA A BUTTARE GIÙ.

IN QUESTO CAPITOLO: Jamie apre finalmente la porta di casa, trovando davanti a sé Cameron. Gli porta una rosa bianca e cerca di "risolvere" con lei ma quando tutto sembrava tranquillizzarsi, tocca un tasto dolente.
La chiama con un soprannome che nessuno le affibiava da un po' e che quindi l'ha sconvolta maggiormente.
Il ragazzo però peggiora la situazione dicendo che era andato lì solo per accontentare l'amico in comune e sembra essere deluso per la debolezza di Jamie, ma in realtà lui non sapeva che dietro queste piccolezze, la ragazza era crollata per qualcosa di più devastante. 

DOMANDE: Cosa pensate del comportamento di Jamie? E di quello di Cam? Cosa pensate del loro rapporto? 

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 9
*** 8.Sono una bomba. ***


8
Sono una bomba.

Dopo quel che era successo con Cameron e quel pianto che mi aveva stremata, mi alzai in piedi decisa a combattere ancora.
Ero un disastro, un problema per tutti.
Ero completamente sfinita, ma io volevo essere felice.
Non avrei più fatto male a nessuno.
Sarei stata solo io, me e me stessa.
Nella mia solitudire avrei trovato la felicità e, se proprio non potevo tenerla stretta tra le mie mani, avrei comunque cercato di ritrovare l'equilibrio con l'intero universo.
Così passai la restante domenica a farmi un bel bagno caldo rilassante, a mangiare la qualsiasi e ad addormentarmi tra le coperte, sul divano, mentre guardavo uno stupido programma in tv.
La mattina seguente era lunedì e sarei dovuta andare a scuola.
Mi svegliai con un mal di testa atroce e andai dritta in cucina a mangiare una merendina che tenevo in dispensa, per poter prendere poi una pillola che avrebbe alleviato il dolore.
Salii in bagno a farmi una doccia veloce. 
Asciugati i capelli, lavati i denti, e truccato gli occhi con un leggero eye-liner e del mascara, andai in camera mia e decisi di indossare un jeans attillato, un maglione beige leggermente corto di davanti e lungo dietro e le mie amatissime ugg.
Afferrai lo zaino e, preso anche il telefono, uscii di casa diretta verso la scuola.
Durante il tragitto, degli occhi nocciola mi tornarono in mente e cominciai a chiedermi come se la stesse passando il ragazzo che tempo fa mi aveva rubato il cuore.
Chissà se si sarà fatto dei nuovi amici o sarà rimasto in quella compagnia.
Chissà se si sarà innamorato di qualche altra ragazza.
Poi gli occhi nocciola cominciarono a screziarsi di verde fino a diventare completamente color del prato.
Mi morsi il labbro inferiore, ripensando a quel che era successo da quando avevo conosciuto Cam e scossi violentemente la testa, cercando di farlo andare via dalla mia mente.
Un trillo mi fece sobbalzare e mi accorsi di essere arrivata nel cortile della scuola.
Sospirai ed entrai in quell'edificio che piano piano si riempiva di studenti.
Le cinque ore passarono velocemente ed era arrivata l'ora di pranzo.
A scuola, da quando ero arrivata, mi limitavo a sorridere a chiunque mi salutasse e ad intrattenere piccole conversazioni nel corridoio, se proprio fosse stato necessario.
Non ero la più popolare, ma neanche completamente invisibile.
Ero semplicemente io e nessuno si comportava in maniera rude o superiore con me.
Mi facevo i fatti miei da quando avevo messo piede in quella scuola e questo penso sia stato gradito da tutti gli studenti.
Quel giorno non andai in mensa, così decisi di uscire in cortile, tra i tavoli e l'erba coperti di bianco.
Spostai la neve da una panca e mi ci sedetti.
Quel freddo era gelido e faceva proprio al caso mio.
Sentivo ancora l'ombra del calore che emanava Cameron ogni qual volta mi toccasse.
Presi il pacchetto di sigarette che tenevo sempre nella tasca più piccola dello zaino e lo aprii.
Tirai fuori una stecca e l'accendino.
Portai la sigaretta alle labbra e l'accesi prendendo un lungo tiro, aspirando e poi buttando fuori il fumo.
Chiusi gli occhi e fumai, rilassandomi completamente.
-Non pensavo fossi una tipa dalla sigaretta in bocca.- disse una voce roca alla mia destra. Aprii gli occhi e mi girai verso il ragazzo che aveva parlato.
Sapevo che era lui.
Lo guardai con il cuore che andava a mille, credevo sarebbe potuto uscire dal mio petto da un momento all'altro.
-Io credevo non fossi in grado di pensare completamente.- ribattei portandomi la sigaretta alle labbra, facendo un altro tiro. Mancava l'ultimo e Cameron mi tolse la sigaretta di mano, finendola lui.
Un sorriso si formò sul suo viso e mi prese per mano, facendomi alzare con lui.
Afferrai lo zaino e me lo misi in spalla, mentre mi trascinava fuori il cortile scolastico.
-Dove mi porti, Cameron?- chiesi con tono duro, cercando di lasciare la sua mano che scottava nella mia.
-Andiamo al parco, scricciolo.- rispose lui dolce, stringendo la mia mano, vedendo che volevo lasciare la sua presa.
Strattonai il braccio e poi mi farmai esausta.
Esausta dei suoi cambi di umore, dei suoi tira e molla.
-DIO, CAMERON! SCOTTI COME FUOCO ARDENTE. LASCIAMI LA MANO, FA MALE!- urlai diviconlandomi ancora, quando mi tirò a sè, permettendo ai nostri petti di scontrarsi.
-Io posso anche essere fuoco, ma tu sei gelata come acqua pura. Ogni volta che mi tocchi è come se mettessi il palmo della mia mano nuda sulla neve.- sussurrò lui guardandomi dritto negli occhi da dietro le lenti scure degli occhiali da sole.
Mi zittii e cominciai a camminare verso il parco affiancata da lui, che aveva un sorriso stampato in faccia.
Il bruciore alla mano si era affievolito, anche se Cam continuava a stringermela.
-È un appuntamento?- chiesi accigliata mentre posizionavo meglio lo zaino sulle spalle, dopo minuti di totale silenzio.
-Noi non siamo amici, Wilson.- rispose guardandomi da dietro i suoi occhiali da sole che, anche se lo facevano sexy, non mi permettevano di perdermi nei suoi pozzi verdi. Mi prese lo zaino dalla spalla e se lo mise sulla sua. Accennò un sorriso e giuro che in quel momento il mio cuore avesse perso un battito.
-Infatti, gli amici non vanno agli appuntamenti.- gli diedi ragione, mentre quel sorriso accennato gli si trasformò in un sorriso soddisfatto. 
-È una cosa ovvia, se no poi vengono friendzonati o distruggono la loro amicizia.- aggiunsi poi mentre la sua espressione da soddisfatta si trasformava in perplessa.
-Noi non siamo amici e questo, quindi, è un appuntamento. So di essere fantastica, ma Cam..- interruppe il mio discorso mettendomi una mano sulle labbra per farmi stare zitta.
-Non è un appuntamento e, in ogni caso, io non chiedo mai nulla alle ragazze. Sono loro a chiedermi di uscire e cazzate varie. Wilson, so di aver distrutto tutti i tuoi sogni romantici con me dicendo questo, ma puoi ancora fottermi mentalmente.- sussurrò ancora vicino a me con un sorrisetto da schiaffi stampato in faccia.
Gli leccai la mano e saltò, letteralmente, di un passo indietro con una smorfia di disgusto, mentre si fissava ancora la mano.
-Io non ti chiederò mai niente e non ti fotterei neanche se fossi l'ultimo ragazzo al mondo.- affermai puntandogli un dito contro.
Oh ma che sto dicendo?? Me lo farei anche ora, in mezzo alla strada. Potrei essere arrestata per atti osceni in pubblico, ma dio. Cos'è? Un angelo. Un fottuto angelo disgraziato che mi ha fottuto mente, cuore, fegato, milza e...
-Jamie che stai facendo?- mi chiese accigliato passandomi più volte la mano davanti la faccia.
-Opossum!- urlai presa di sorpresa girandomi verso di lui e sbattendo la faccia contro i suoi occhiali da sole.
Gememmo entrambi per il dolore portandoci le mani sulla faccia.
-Tu hai problemi, ragazza.- mi fulminò con lo sguardo togliendosi gli occhiali da sole.
Presi un respiro profondo per non urlargli contro, sapendo che poi avremmo litigato nuovamente e non ero pronta per un altro crollo.
-Andiamo al parco, dai.- lo afferrai per la mano e cominciai a correre per strada con lui dietro, ridendo.
Appena entrammo al parco deserto, mi guidò verso una quercia enorme. La guardai sorridendo. Era così bella, grande, possente e la neve, che la circondava e che poggiava sui suoi rami, la rendeva ancora più magnifica.
Mi sedetti per terra, incurante del freddo che mi avrebbe congelato il sedere e poggiai la schiena alla quercia. 
Cam mi guardava mentre nascondeva nuovamente i suoi occhi dietro gli occhiali da sole, con un sorriso sghembo sul volto, il mio zaino sulla spalla destra e le mani che giocavano con il piercing al labbro.
-Occhiali da sole a dicembre?- chiesi inarcando un sopracciglio.
-Sono alternativo, piccola Jamie.- rispose lui stendendosi accanto a me, per poggiare la testa sulle mie gambe.
-Si, certo.- risi io passando istintivamente una mano tra i suoi capelli morbidi.
Un silenzio tornò a regnare tra noi, ma non era imbarazzante, anzi era più che confortante e rilassante.
-Jamie, io non dicevo sul serio.- sussurrò, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie.
Lo guardai confusa per capire poco dopo. 
-Non è stato Rob a pregarmi di venire da te, ho fatto tutto di mia volontà.- aggiunse notando la mia espressione.
Sbattei velocemente le palpebre e arricciai il naso, smettendo di accarezzargli i capelli.
-Potresti mentire anche ora, Cam.- affermai senza distogliere lo sguardo da quel ragazzo che sembrava provenire dal paradiso.
Aprì gli occhi e si alzò da terra, avvicinandosi a me e prendendo le mie mani nelle sue. 
Il familiare calore proveniente dalle sue mani cominciò a diffondersi in tutto il mio corpo, facendomi rilassare.
-Fidati di me, dammi una possibilità.- sussurrò poggiando la sua fronte sulla mia.
-Non mi fido della gente, penso tu l'abbia capito.- borbottai puntando il mio sguardo nel suo, beandomi di quella magnifica e allo stesso tempo terrificante visione.
Si era tolto gli occhiali da sole e ora i suoi occhi, verdi più che mai, erano puntati nei miei.
-Anche io non mi fido della gente, ma con te è tutto diverso. Sento questo bisogno quasi soffocante di starti accanto, ma allo stesso tempo di starti lontano. Voglio sapere tutto di te, ma allo stesso tempo ho paura perché poi potrei esplodere se sommo il mio dolore al tuo. È come se tu mi potessi aggiustare ma anche distruggere.- disse ogni parola con una calma disarmante. Mi sembrava stessi annaspando quando finì il suo discorso. Cercavo disperatamente aria, prendendo lunghi respiri. Non poteva dirmi queste cose. 
Io non ero fatta per avere gente intorno a me.
-Sono una bomba, potrei esplodere da un momento all'altro. Non voglio ferire anche te, Cameron. Non voglio farti del male. Non voglio far del male a nessuno.- quasi singhiozzai nel pronunciare quelle parole.
Le sue mani dalle mie passarono ad accarezzarmi le guance e giuro, che stavo andando a fuoco.
Quel ragazzo era fuoco ardente su di me.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con l'ottavo capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!

IN QUESTO CAPITOLO: Jamie si fa forza e decide di rialzarsi.
Come ogni lunedì va a scuola ma all'ora di pranzo incontra in cortile Cameron che decide di portarla al parco.
Lì Cam confessa che non era andato a casa sua sotto richiesta di Rob, ma di sua spontanea volontà e cerca di convincere la ragazza a farlo "entrare" nella sua vita, nonostante tutto.

DOMANDE: Cosa pensate del comportamento di Cameron e di ciò che confessa a Jamie? Cosa pensate che debba fare Jamie?

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 10
*** 9.Amici. ***


9
Amici.

-Sono una bomba, potrei esplodere da un momento all'altro. Non voglio ferire anche te, Cameron. Non voglio farti del male. Non voglio far del male a nessuno.- quasi singhiozzai nel pronunciare quelle parole.
Le sue mani dalle mie passarono ad accarezzarmi le guance e giuro, che stavo andando a fuoco.
Quel ragazzo era fuoco ardente su di me.
Si fece piu vicino e mi lasciò un bacio sulla fronte.
-Non ti lascio sola, Jamie. Sei una bomba? Ok, ti starò accanto finché non esploderai oppure ti starò accanto e farò di tutto pur di non farti esplodere. Mi farai del male? Impossibile, piccola. Quando sto con te mi sembra di stare più che tre metri sopra il cielo anche se ti conosco solo da due giorni e, per la maggior parte del tempo, sei stata una spina sul fianco con quel tuo fare insopportabile.- disse tutto ciò con una naturalezza quasi disarmante. Avevo trovato il discorso carino ma aveva rovinato tutto con la parte finale.
-Davvero?- sbottai, togliendo le sue mani dal mio viso fulminandolo con lo sguardo.
-Oddio, adesso che c'è?- chiese lui, facendosi cadere al mio fianco e appoggiando la schiena alla grande quercia.
-Sono stata una spina sul fianco con il mio fare insopportabile? Io non sono insopportabile.- obiettai battendo un pugno sulla neve fresca, accigliandomi. 
-Sei seria?! Io ti faccio un discorso da oscar e tu mi rispondi così? Sono stato così dolce che saresti dovuta saltarmi addosso, riempirmi di baci e solo Dio sa cos'altro.- quasi urlò esasperato alzando le mani al cielo teatralmente.
-Si, sono seria.- dissi dura, trattenendomi dal ridergli in faccia mentre con una mano , senza farmi vedere, appallottolavo un mucchio di neve.
Quando finalmente finii la mia opera d'arte, gli tolsi il cappello mettendomelo io in testa, ignorando le sue lamentele.
Presi la palla di neve che avevo affianco e gliela tirai dritta in faccia, alzandomi di colpo e correndo a nascondermi dietro l'albero vicino alla grande quercia.
Mi sporsi per vedere la sua espressione e stava ancora seduto con la neve in faccia mentre sbatteva velocemente le palpebre e si scrollava via quella che aveva tra i capelli. Fissato! Roteai gli occhi, accennando un sorriso.
Vidi che si alzò velocemente, togliendosi il resto della neve dalla faccia e cominciò a correre verso di me.
Non notai nient'altro troppo occupata a correre via, anche perché avevo un po' di paura su quel che avrebbe potuto farmi.
Purtroppo mi afferò per il polso e mi maledii mentalmente per essere una frana riguardo tutto quello che rientrasse nella categoria "attività fisica".
-Ti piace giocare, eh scricciolo?- sussurrò a un millimetro dalle mie labbra con un sorriso che partiva da un orecchio e arrivava all'altro.
-Io...veramente..- balbettai perdendomi in quella distesa d'erba verde che teneva intrappolata nei suoi occhi.
Stava per avvicinarsi ancora di più e, da buon bacio che si rispetti, chiusi gli occhi ancora prima che le sue labbra toccassero le mie, quando la mia faccia 
si gelò completamente e una risata mi arrivò alle orecchie, scaldandomi il cuore.
Feci due più due, riprendendomi dallo stato di shock, e scrollai la neve che avevo sul viso incenerendo il ragazzo che se la rideva di fronte a me.
Mi aggiustai il suo cappello in testa e mi chinai a raccogliere la neve.
Ne feci una palla perfetta e gliela tirai addosso, facendolo smettere di ridere.
Continuammo ad inseguirci ed a tirarci palle di neve addosso fin quando non sentii dietro di me un tonfo.
Mi girai di scatto e vidi Cameron steso per terra che si teneva una caviglia e gemeva di dolore, chiamando il mio nome.
Mi avvicinai di corsa a lui e mi inginocchiai al suo fianco.
-Oddio, Cam! Ti fa tanto male? Devo chiamare Rob, così ci aiuta e ti porta in ospedale? Prendo del ghiaccio da qualche parte? Oppure..- le mie domande piene di preoccupazione furono messe a tacere, quando mi tirò per terra e si spostò su di me.
-Potrei fare l'attore.- si vantò con un sorriso smagliante sul volto mentre io gli davo ripetuti colpi sul braccio.
-Sei un cretino! Ma ti sembra normale?!- gli urlai in faccia esasperata.
Trattenne una risata, annuendo.
Sorrisi anche io, trovandolo la situazione buffa e poi mi ricordai delle sue parole.
-Ti faccio davvero stare più di tre metri sopra il cielo?- sussurrai poggiando una mano sul suo petto e fissando il mio sguardo sul suo.
-Jamie Phyliss Wilson, non sono mai stato più serio.- affermò con voce roca al mio orecchio, strofinando il naso sulla mia guancia.
Strinsi la sua maglietta nella mano che avevo poggiato sul suo petto e mi morsi il labbro inferiore mentre la pelle d'oca si impossessava di me.
Mi inumidii le labbra passando l'altra mano tra i suoi capelli.
-Sai, più si è in alto, più è dolorosa la caduta.- scosse la testa sentendomi dire ciò e accorciò le distanze, poggiandosi completamente sul mio corpo.
Con le labbra ancora attaccate alla mia guancia sussurrò: -Non sarà mai dolorosa la caduta perché sono più che sicuro che a terra ci sarai sempre tu, pronta ad afferrarmi. Qualunque cosa succeda, so che tu ci sarai sempre per me. Non chiedermi il motivo per cui ne sono così sicuro e per cui io mi fida di te, perché non lo so. So solo che questo tuo fare da cretina e questi tuoi occhi castani sono la mia ancora di salvezza.- trattenni il respiro durante tutto il suo discorso e una lacrima solitaria abbandonò il mio occhi destro.
Cam, appena se ne accorse, la baciò e sembrò aver messo come un sigillo a tutte quelle parole dette poco prima.
-Se affonderò, verrai giù con me.- nel suo sguardo, per la prima volta, vidi dolcezza e, dato che rispecchiava il mio, mi accorsi che avevo tutta l'aria di un cucciolo terrorizzato.
Per dire la verità, ero più che terrorizzata anche se quel "fare da cretina" me lo ero legata al dito.
Avrei fatto i conti con lui per questo più tardi.
-Affonderò con te solo per poterti tenere stretta tra le mie braccia e riuscire a portarti nuovamente a galla.- un sorriso spuntò sul suo volto non appena finì di pronunciare ciò.
Sospirai e un silenzio calò tra di noi.
Tutto quello che si poteva udire erano gli schiocchi dei baci che mi lasciava sulla guancia e di un gruppo di bambini che giocava più in là.
Dovevo provarci. Non potevo stare perennemente ferma a guardare il mondo andare avanti. Era arrivato il momento che anch'io mi muovessi con lui.
-Amici?- sussurrai giocando con una ciocca dei suoi capelli.
I suoi denti si scontrarono con la mia pelle, dandomi così un dolce morso sulla guancia ormai arrossata.
-Amici.- 

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi qui con il nono capitolo di questa storia! Vorrei sempre ringraziare ImLimitedEdition che non fa altro che sostenermi (<3) e tutte le persone che leggono la mia storia.
Vi inviterei a passare a leggere la sua fanfiction "Who am I? My fan."
È davvero divertente e originale. Vi sorprenderà!

IN QUESTO CAPITOLO: TROPPO ZUCCHEROSO PER FARE UN RIASSUNTO!!!!

DOMANDE: Cosa pensate del comportamento dell'atteggiamento dei due ragazzi? Che ne dite della decisione presa da Jamie?

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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Capitolo 11
*** 10.E mai scontro fu più bello. ***


10
E mai scontro fu più bello.

Passarono tre giorni da quando io e Cam decidemmo di essere amici.
Non ci eravamo più visti ma continuavamo a sentirci telefonicamente.
Eravamo entrambi troppo impegnati.
Io con la scuola e il lavoro e, anche lui, con la scuola e la palestra.
A quanto pare Rob lo metteva sotto con gli allenamenti.
Io avevo semplicemente abbandonato l'idea di continuare ad allenarmi. 
Non faceva proprio per me.
Un trillo mi destò dai miei pensieri e, con già un sorriso stampato in volto, cercai il telefono nella borsa.
Lo tirai fuori e il mio sorriso divenne ancora più raggiante non appena notai la notifica con il nome "Fuoco ardente".
Ok, sembrerà strano ma ho la mania di memorizzare i nomi delle persone nel telefono con una loro caratteristica.
L'unico che ha il suo nome è Rob, ma solo perché lui è lui.
Aprii il messaggio.

Da: Fuoco ardente.
"Dici che questo pomeriggio mi potrai servire tu un bel cappuccino?"

Sarebbe passato da me.
Sentii il cuore andarmi a mille e i brividi percorrermi tutto il corpo.
L'avrei rivisto e mai come ora ero stata più felice.
Decisi di rispondere.

A: Fuoco ardente.
"Chi ti dice che io voglia servirti? Lascerò il tuo tavolo a Rob."

Ridacchiai ed inviai il messaggio, riponendo il telefono nella tasca anteriore dei miei jeans, mentre mi accorsi di essere appena arrivata al bar.
Con una mano spinsi la porta ed entrai, salutando Robert con un caloroso abbraccio.
-Come stai oggi?- mi chiese cominciando a pulire il bancone. Stavo per rispondere ma quando mi gettò un'occhiata, scoppiò a ridere.
-A quanto vedo stai più che bene.- si beffò di me e gli tirai addosso il mio cappello, che afferrò al volo.
Rotei gli occhi per i suoi riflessi e, prima che potesse farmi altre domande, scappai nello stanzino a cambiarmi.
Dopo aver indossato la mia divisa, tornai dal mio amico che stava messaggiando con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
Poggiai il mio telefono sul bancone e mi avvicinai a lui di soppiatto.
Mi sporsi dalla sua spalla per leggere e scoppiai a ridere dopo aver letto solo tre parole: "era molto duro"
Rob si girò di scatto verso di me, mettondo il telefono nel taschino del grembiulino che tenevamo stretto in vita.
Continuai a ridere mentre lui diventava sempre più rosso in viso e mi sbraitava di smetterla.
Mi asciugai una lacrima, uscita per le troppe risate, e incrociai le braccia al petto poggiando la schiena al muro.
-Mi devi raccontare niente, Mr. Eratroppoduro?- chiesi divertita alzando ed abbassando le sopracciglia con enfasi.
Si passò una mano sul viso e poi sui capelli, alzando il ciuffo biondo.
Mi guardò e poi scoppiò a ridere anche lui.
Con uno sguardo lo incitai a parlare e cominciò a raccontarmi che aveva conosciuto una ragazza dopo essere uscito dalla palestra, il giorno in cui mi fece conoscere Cam.
Si sentiva triste ed era andato al nostro posto. Era la panchina dove ci eravamo conosciuti all'Hyde Park.
Kayla, la ragazza, si avvicinò a lui e gli chiese come mai stesse senza di me e con quello sguardo triste.
Me la descrisse. Era una ragazza abbastanza alta, con i capelli biondi ricci che le ricadevano sulle spalle e due occhi grigi che le illuminavano il volto, nonostante fossero di un colore quasi triste.
Me la ricordai. Più volte avevo beccato il suo sguardo che si poggiava sul mio amico.
Sorrisi mentre Rob continuava a parlarmi di lei e di piccoli dettagli che solo uno così preso avrebbe potuto notare. 
Ero felice per lui perché, nonostante quello che mi avesse fatto, meritava di essere amato.
Era una buona e brava persona.
Era riuscito a farmi rialzare, a sopportare il mio umore altalenante e tutte le mie crisi.
Ha cercato di farmi uscire dal guscio, in malo modo, ma ci ha provato.
Quello che io non avevo mai fatto.
Lui ha provato.
Ha provato a farmi rendere conto che c'era un mondo da scoprire, che c'erano persone che valeva la pena conoscere e vivere, con i casini e gli ostacoli di mezzo.
Sì, vivere. Ha provato a farmi vivere e ha provato a farmi capire che non è vita senza un pizzico di dolore che ci sprona ad essere sempre più forti e pronti per quel che il destino ha in serbo per noi.
Perché è questo che fa la vita.
Ci mette sempre alla prova.
Troviamo tanti ostacoli lungo il nostro cammino ma solo per prepararci, per renderci più forti, perché alla fine o anche a metà strada ci sarà qualcosa di più grande, magico, speciale, ad aspettarci.
Dovremo usare tutte le nostre forze e far tesoro di tutto ciò che abbiamo imparato fino a quel momento grazie a tutte le nostre piccole esperienze e poi, finalmente, potremo dire che ce l'abbiamo fatta, che siamo soddisfatti di noi stessi, che questa vita è stata vissuta a pieno. 
Ad ognuno di noi viene assegnato un percorso, come in un gioco.
Vincono tutte quelle persone che sono state in grado di VIVERE quel che è stato dato loro. Si sono meritate quella soddisfazione finale, quella pace che scalda il cuore, rilassa i muscoli e calma la mente.
Hanno vissuto. Hanno vinto.
Hanno dato un senso a tutto.
Hanno superato la prova e possono quindi tornare vincitori dal posto in cui prima abitavano prima di nascere sulla terra.
Lo abbracciai, stringendolo forte a me.
-Sono così felice per te, Robbie.- sussurrai al suo orecchio, mentre le sue braccia mi stritolavano contro il suo corpo.
Un paio di schiamazzi si sentì nel locale prima silenzioso.
Ci staccammo e il mio amico si avviò verso di loro per prendere le ordinazioni.
A metà strada si girò verso di me.
-Scusa, Jamie.- lo disse flebilmente, con gli occhi lucidi.
Scossi la testa, non doveva scusarsi di nulla. 
Gli sorrisi e più felice e riconoscente che mai dissi: -Grazie.-
Mi sorrise anche lui ed andò a fare il suo lavoro. Io gettai lo sguardo a telefono.
Ero così presa dall'ascoltare la storia di Rob che mi ero completamente dimenticata di star messaggiando con Cam. Trovai sei messaggi da parte sua. Strabuzzai gli occhi e li lessi velocemente.

Da: Fuoco ardente.

"Non puoi lasciarmi con lui, ancora! Ti prego, lo vedo troppo spesso. La gente potrebbe pensare che abbia una storia con lui!!! Non che abbia qualcosa contro i gay ma il mio cuore e qualcos'altro sono interessati a spazi più aperti che a qualcosa di solido, sai,?!"

"Jamie...non hai davvero intenzione di lasciarmi nelle grinfie di Rob, vero?!"

"Cristo, rispondimi! Mi sto preoccupando."

"Ah, giusto! Starai lavorando e quindi non mi potrai rispondere."

"Allora perché continuo a scriverti? Sono proprio ritardato perché continuo ancora."

"Resto comunque sexy, no?"

Trattenni le risate e scossi il capo divertita per il suo modo di fare, quando mi arrivò un altro messaggio, sempre da parte di Cam.

Da: Fuoco ardente.

"Ma allora non stai lavorando?!! Dovrebbero licenziarti, sai? E poi, con chi stai parlando?? Rispondi ai miei di messaggi invece di scrivere a qualche altro. Riempi di attenzioni il ragazzo più bello del mondo che sta aspettando che la sua cameriera preferita venga a prendere le sue ordinazioni."

A leggere quelle parole, mi accigliai confusa per poi alzare di scatto lo sguardo. I miei occhi vagarono per tutto il locale, nella speranza e l'impazienza di scontrarsi con quelli verdi del ragazzo che stava mandando tutta la mia sicurezza e calma a quel paese.
Finalmente li trovai e mai scontro fu più bello.

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SPAZIO AUTRICE: Eccomi bellissime con un altro capitolo! Prima di cominciare vorrei ringraziare ImLimitedEdition per il suo supporto nelle recensioni! Vi vorrei invitare a leggere la sua storia perché davvero, ne vale la pena, anche se è solo agli inizi! 
SCUSATE PER L'INCREDIBILE RITARDO MA HO AVUTO PROBLEMI PERSONALI!!!

IN QUESTO CAPITOLO: Jamie capisce che nulla accade senza motivo. Capisce che è arrivato il suo momento.
Perdona Rob, lo ringrazia e aspetta con ansia di rivedere Cam.

DOMANDE: Cosa ne pensate della fiamma di Rob, dei pensieri di Jamie, delle sue conclusioni e ringraziamenti? Come vi sembra Cam in questo capitolo anche se è poco presente? 

SAREI FELICE SE MI LASCIASTE PIÙ DI UNDICI PAROLINE NELLE RECENSIONI, GRAZIE!
Baci, 
Elena.❤️

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