Castle of glass (Show me how to be whole again)

di Rota
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Prologo* – 'Cause I'm only a crack in this castle of glass ***
Capitolo 2: *** *Capitolo uno* – Take me down to the river bend ***
Capitolo 3: *** *Capitolo due* – Fly me up on a silver wing ***
Capitolo 4: *** *Capitolo tre* – Bring me home in blinding dream ***
Capitolo 5: *** *Epilogo* – 'Cause I'm only a crack in this castle of glass ***



Capitolo 1
*** *Prologo* – 'Cause I'm only a crack in this castle of glass ***


*Nickname sul forum di EFP: Rota23
*Nickname sul sito di EFP: Rota
*Titolo storia: Castle of glass (Show me how to be whole again)
*Fandom/OTP: Kuroko no Basket/KagaKuro
*Personaggi: Kagami Taiga, Kuroko Tetsuya, Kiyoshi Teppei, (citati) Un po' tutti
*Rating: Arancione
*Avvertimenti: AU, Yaoi, Mpreg, What if...?, Tematiche delicate
*Generi: Romantico, Fluff, Introspettivo
*Credits: “Castle of glass”; Linking Park
*Breve introduzione alla storia/trama della storia: Kuroko intravede disordine, lungo la strada, persino un uomo disteso a terra dietro un bidone della spazzatura ancora pieno, e una puzza di marcio che si nasconde e si mescola a quello asettico della perfezione di plastica; neanche lo smog delle fabbriche sempre produttive riesce a intaccarlo. Capisce di aver raggiunto il limite che separa il centro dalla periferia, le case bianche dei nobili e quelle nere degli operai: la vicinanza con la parvenza del mondo libero lo inebria, come il dolore e come la sensazione di gelo della notte. Il cuore ha un tumulto che lui, per la prima volta dopo troppo tempo, riconosce come gioia.
-Senti, senti! Stammi a sentire! Moglie, incubatore, uomo, qualsiasi cosa tu sia in questo momento! Ascoltami un attimo! Non mi interessa, chiaro? Non osare darti la colpa di tutto ciò! Tu non hai colpe! Io sono il solo responsabile! Quando ti ho salvato dalla strada, l'ho fatto per me! Quando ti ho morso e ti ho legato a me, l'ho fatto perché io ti desideravo! Tu non hai colpe, hai capito?
*Note dell'autore/autrice: Io adoro le distopie futuristiche, ma davvero tanto. Così come ho adorato anche “Il racconto dell'ancella”, di Margaret Eleanor Atwood, da cui prendo spunto per la mia fiction. Per farla in maniera semplice, una società governata dal principio di fertilità dove solo pochi esseri hanno mantenuto la capacità di procreare – nel libro, sono le cosiddette “ancelle” - e questo ha portato all'origine di una teocrazia totalitaria che pone gli individui, specialmente le donne, sotto un fortissimo controllo, sia ideologico che prettamente fisico.
Nella mia fiction, le ancelle sono rimpiazzate dagli Omega, e gli sviluppi seguiranno.
Le parti in corsive del secondo capitolo sono frasi dette in un tempo diverso rispetto a quello della narrazione, giusto per essere chiari :D
 

 





 

 

*Prima classificata al "Di Omega!Verse, fluff e OTP - Multifandom contest" indetto sul forum di EFP da ContessadeWinter e valutato da graceavery

 



 

 

*Castle of glass*

-

Show me how to be whole again

 

 

 

 

*Prologo*

'Cause I'm only a crack in this castle of glass

 

 

 

I piedi non sono abituati né allo sforzo né tanto alle lunghe corse, gli rimandano la sensazione del freddo che si arrampica lungo le caviglie e della durezza della strada che scorre veloce sotto la loro pianta piatta; cozza, a ogni passo, contro la base del tallone. Non badano alle pozzanghere di sporco e agli schizzi alti, che impregnano i bordi del lungo vestito ormai lercio, e neppure ai sassi e altre piccole imperfezioni di quella via secondaria non pulita da alcun robot.
L'acido dell'inquinamento è nell'aria, nell'acqua e nel gelo stesso: lo corrode sempre più velocemente.
Kuroko intravede disordine, lungo la strada, persino un uomo disteso a terra dietro un bidone della spazzatura ancora pieno, e una puzza di marcio che si nasconde e si mescola a quello asettico della perfezione di plastica; neanche lo smog delle fabbriche sempre produttive riesce a intaccarlo. Capisce di aver raggiunto il limite che separa il centro dalla periferia, le case bianche dei nobili e quelle nere degli operai: la vicinanza con la parvenza del mondo libero lo inebria, come il dolore e come la sensazione di gelo della notte. Il cuore ha un tumulto che lui, per la prima volta dopo troppo tempo, riconosce come gioia.
Folata di vento da sud, rabbrividisce sulle spalle e si accovaccia a terra, un oggetto contro il piede e un inciampo goffo, il cedimento immediato delle ginocchia. Una sciarpa, ancora attorno alle sue spalle, si apre in avanti, srotolandosi sulla strada sporca. L'omega sente, all'improvviso, un odore familiare – troppo, per lasciarlo solo con il fiato corto e la pelle tremante di sudore.
Non osa girare il capo per vedere se i passi che sente siano davvero quelli dei suoi custodi: una Fabbrica di Mogli che non vanti di un buon sistema di recupero e repressione non può certo chiamarsi la Migliore, all'interno della città di Teiko, e questo a mente fredda lo ha previsto e accettato nel momento stesso della pianificazione.
Tunnel sotterraneo, dei buoni alleati, soppressori che sanno reprimere ogni scia odorosa. E dei vestiti che non siano rossi, sfavillanti e vistosi.
Kuroko si alza di nuovo, con le gambe che tremano. Potrebbe piangere, se ce ne fosse il tempo e se potesse sprecare energia a quel modo, contro la crudeltà di chi strappa l'anima appena convertita alla gioia per relegarla nelle consuete catene.
Qualcosa si avvicina, mentre la puzza di vita nera si fa sempre più presente, nel suo naso e nella sua essenza. Si concentra sul rumore dei passi, mentre inghiotte aria sporca e avanza nei metri; si rende conto dopo poco di non riuscire a distinguere i suoni, e questo accelera il battito del suo cuore.
Alla realtà, non è preparato – eppure, vi si vuole immergere, piuttosto che nella sua gabbia dorata.
Inciampa ancora, cade a terra di schianto. Atterra su gomiti e ginocchia, geme piano a denti stretti: vede alla propria sinistra un vicolo stretto e buio. Quasi striscia, verso quell'ombra totale, divenendo nulla assieme a quel niente.
I passi si avvicinano, veloci, e lui si acquatta fermo contro il muro di un'abitazione sperando solo di non aver più addosso odori particolari. La paura arriva a fermare ogni tremito.
I passi avanzano, del movimento gli conferma che nessuno si è arrestato per dargli attenzione o altro, che per quel minuto la sua vita è salva e ancora libera. Non osa respirare.
I passi allora si fermano, e sembrano di nuovo avvicinarsi. Sgrana gli occhi nella notte, e si ritrova a strisciare con i palmi contro il cemento grezzo.
Una porta si apre all'improvviso, piena di luce: lo acceca, in pochi attimi, e lo obbliga a stringersi come se volesse davvero sparire in un istante. Anche la persona che ha davanti trae un lungo respiro, come se lo stesse percependo attraverso l'odore.
Kuroko sa che l'altro è consapevole che è un omega quando le sue dita lo afferrano e lo trascinano dentro a forza.

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Capitolo 2
*** *Capitolo uno* – Take me down to the river bend ***


*Capitolo uno*

Take me down to the river bend



 

Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again

 

 

 

Guarda in alto, verso il cielo sempre torbido che copre la capitale, tra i suoi palazzi e i suoi grattacieli di vetro infrangibile. Il grigio scuro delle nuvole, che trattengono pioggia acida e tutto lo smog che l'insieme delle civiltà produce, rimane di quei tempi la sola cosa che si può definire davvero alta – superiore persino ai nobili, superiore a qualsiasi valore monetario.
Kagami non ha perso l'abitudine, pur in quasi venticinque anni di vita, di ridere per la miseria di quella condizione condivisa.
-Oh.
Un richiamo secco lo riconduce alla propria realtà del momento, facendolo uscire di forza da quel turbinio sconnesso di pensieri confusi. Dall'altro capo del tavolo della mensa, Kiyoshi Teppei lo guarda e non gli chiede nulla esplicitamente, aspettando che sia lui a cominciare da sé: non c'è niente di bello da vedere, oltre la cappa di materiale isolante che li protegge dalle perturbazioni meteorologiche, e lui non pretende avere un'intelligenza tale da capire cosa spinga una persona normale a volgere gli occhi in alto, oltre quel sorriso morbido che gli piega come sempre le labbra rosa.
Passati sono i tempi in cui gli esseri umani fantasticavano su sole, luna e spiriti che vi avevano dimora. Il cemento, dopotutto, riesce a donare abbastanza pensieri con cui occupare la mente.
Taiga, però, non gli da soddisfazione; torna a mangiare come se niente li avesse interrotti. Un pezzo grosso di carne sintetizzata e il brodo caldo condito con tutti gli integratori utili della giornata: il loro salario di dipendenti, Gestori della Quiete Pubblica di secondo grado, permette loro solo limitati lussi alimentari.
Sapere che c'è chi non ha mai sentito neppure il sapore della carne finta sulla lingua non rende più allegri, d'altra parte.
Comprendendo di non poter riuscire a ottenere risposta, anche l'altro ragazzo ricomincia a mangiare. Risulta pacato anche nelle movenze, una serenità immacolata che Kagami non ha visto in tante altre persone. Lo sfiora poco, di quella desolazione sentimentale che è il mondo, e non sembra accorgersi del peso della divisa che indossa.
Taiga riesce a mescolare l'invidia con un sincero e affettuoso senso di amicizia, il più delle volte, anche se è innegabile che negli ultimi tempi abbia cercato di tenerlo a distanza. L'altro lo ha sicuramente percepito, ma non ha intenzione di fargliene parola, non almeno finché non avrà giudicato adatto il momento in cui potergli parlare.
Rispettare la libertà altrui, all'interno di una società che pretende di regolare qualsiasi aspetto della vita intima, è considerata una dote – ed è uno dei motivi per cui Kagami non lo trova sgradevole come la maggior parte dei proprio colleghi, esseri troppo zelanti per riuscire a ricordare quale sia il significato della parola umanità.
Finisce per primo il proprio brodo caldo e recupera, con un gesto veloce della mano, il cappello bianco da vigilante. Preciso, lo posiziona sopra la propria testa, e non tarda ad alzarsi in mezzo alla mensa pubblica dei commensali del loro livello.
Con la stessa naturalezza, ha lasciato sul tavolo un sacchetto dall'interno color verde secco, incustodito come se non fosse per nulla pericoloso; Kagami si stira e lo prende, ma solo dopo aver visto il sorriso dell'altro tranquillo e sereno.
-Andiamo.
Niente di diverso dal solito.

 

È notte ancora, la periferia di Teiko sta cominciando a spegnersi in linea con il coprifuoco regolamentare a cui è sottoposta. Gli unici suoni oltre il solito fruscio delle piogge sempre presenti, saranno le musiche stordenti del centro cittadino – le uniche luci che rimarranno saranno quelle variopinte della fantasia eccentrica e per nulla naturale di quei folli vestiti per distrazione: rosa acceso, blu elettrico, verde fosforescente, arancio luminoso e tanti altri su cui Taiga non si è mai soffermato. Lo irritano, e lui non è davvero bravo a mascherare i propri moti d'animo, o in un qualche modo giustificarli al prossimo. Non più, almeno.
L'istruzione che ha ricevuto gli ha impartito il giusto ordine a cui attenersi. C'è chi si può permettere il bianco sull'asfalto, un tetto che ripara dai danni ambientali prodotti dallo stesso benessere, acqua potabile e sempre disponibile, un amante che non sia un mero incubatore, e chi semplicemente non lo può fare. Vita in ogni sua forma legittima, dalla concezione stessa di giustizia alle regole complesse delle relazioni umane.
Per uno che vanta origini straniere come lui, e che sempre ha vissuto la condizione di essere considerato tale, il privilegio di poter pensare diversamente è una benedizione e un grave al medesimo tempo.
Discrete, piccole come finestrelle con le tapparelle piene di buchi, le lampade delle case popolari si illuminano fosche, senza dare troppo disturbo alle telecamere di sorveglianza notturne. Qualcuno lavora ancora: dalla cucina ancora profumata del signor Mitobe arriva il rumore di stoviglie lavate e grattate, inconfondibile; qualche casa più in là, appena a cinque minuti di distanza, l'ombra del giovane Koganei viene proiettata contro il muro, lunga e quasi grottesca, china sopra il tavolino basso da contabile di bassa classe.
Persone per bene, umili e rispettabili. Lavoratori come lui, con la semplice colpa di essere nati da un ventre non umano e dalla parte sbagliata della città.
Regole sociali come quelle basate sulla mera utilità sociale e collettiva assomigliano, per Taiga, più a una concezione da branco di lupi che a una vera e propria società di uomini. Bestiale, in tutto.
Alpha, beta e omega. Riducendosi tutto a questo, l'uomo non viene altro che svilito, nella forma di contingenza dell'essere e non del possibile volere – niente, oltre al proprio dovere.
Kagami scalcia un sacco della spazzatura, sovrappensiero, pieno di vera ira.
Si accorge in un secondo momento di essere giunto nel proprio quartiere, la seconda traversa del distretto 6C, denominato per un motivo a lui sconosciuto Seirin. Imbocca il vicolo che lo porta alla propria dimora, superando altre tre case.
Trova la porta, nel buio, e la serratura elettronica conosce l'impronta della sua mano; lo saluta fredda, prima di permettergli di entrare. Quasi d'improvviso, l'intera abitazione si illumina, rendendo visibile l'ingresso e tutto il resto.
Si spoglia in fretta, procedendo verso il corridoio con i piedi nudi. È sporco di giornata e di centro, puzza probabilmente molto, ma gli importa relativamente: sa che c'è qualcosa di più importante.
Arriva in camera da letto, lasciando che si accenda. C'è una figura più o meno rannicchiata sopra il materasso, che attende in silenzio.
Lo ha riconosciuto, dopo il primo attimo di paura.
-Buona sera, Kagami- kun.

 

Il sacchetto dal colore verde secco giace, assieme a due piatti ancora vuoti, sopra il piccolo tavolo basso che li divide, accanto a un bicchiere dal vetro opaco e un cucchiaio piccolo ma brillante. È meno vuoto di prima, privato di qualche foglia, e non sembra all'occhio più così gonfio da poter scoppiare.
Kuroko gira con un grande mestolo, per l'ultima volta, la minestra che è riuscito a preparare con le sue mani. Taiga non gli ha mai detto che è molto migliorato, rispetto alle prime volte, perché avrebbe implicato la confessione di un inizio disastroso per il suo stomaco e la sua persona tutta; tuttavia, a ogni occasione propizia, ha imparato a essere meno discreto per quanto riguarda elargire complimenti e lodi. Quella sera ha già potuto notare come le patate abbiano mantenuto un sano e appetitoso colorito giallastro.
Tetsuya rimane seduto in maniera perfetta, sopra il proprio grande cuscino, mentre serve la cena prima a Kagami e poi a se stesso. Non sorride, mostra per lo più un'espressione atona che non dimostra la minima espressione – più che imparare a sentire davvero, un'emozione, ha saggiato la libertà di farlo di propria spontanea volontà, senza sentire più alcun obbligo che lo leghi alla felicità o alla gioia. Questo, l'altro lo apprezza più di ogni falsa dolcezza.
Si parla poco, tra una cucchiaiata e l'altra. Tetsuya non ha molto interesse per l'ambiente esterno, o i continui resoconti di gente catturata mentre infrange una legge che non condivide e povertà talmente radicata da privare di qualsiasi morale chi la detiene; d'altra parte, Taiga non ha la forza né l'immaginazione di ascoltare i racconti fantastici racchiusi nei pochi libri che è riuscito a regalare al suo compagno, e non riuscirebbe a seguire discorsi su politica o etica.
Il mondo che condividono è fatto per lo più della concretezza di poter rimanere assieme, respirando la stessa aria e mangiando lo stesso cibo.
Anche se, a essere totalmente sincero, vedere Kuroko indossare uno dei propri vestiti, così larghi e scuri rispetto alla sua piccola figura pallida, riempie la mente di Taiga di un caldo e morbido senso di possessione. Oltre, naturalmente, il segno sul fianco che Tetsuya tiene nascosto.
Suona di nuovo, dall'esterno, la sirena dell'ultimo avviso di coprifuoco. La sola luce accesa in casa si spegne automaticamente, senza che nessuno dei due debba fare qualcosa. Kuroko, più lento dell'altro, finisce quel che gli rimane nel piatto con pochi gesti, raccogliendo poi le stoviglie dalla tavola. Si muove tranquillamente nel buio, conoscendo spazi e luoghi, come se fosse lui stesso un'ombra silenziosa e fedele che fa parte di quel tutto con naturale semplicità, abituato com'è a non fare rumore e non lasciare indietro la minima traccia di sé, pur in quell'ambiente circoscritto.
Quando lo ha salvato, Kagami non avrebbe immaginato che sarebbe riuscito a integrarsi così perfettamente con il solo luogo, in tutta Teiko, che può davvero e totalmente definire suo.
Anche Kuroko lo è.
-Andiamo a letto, Kagami- kun?

 

Kagami non sa se, nel buio, Kuroko sorrida. Sente la sua bocca posarsi sopra la pelle, quando più ne ha voglia, ma per stanchezza e spossatezza non riesce a indovinare la conformazione precisa della sua bocca. Lo immagina piuttosto bene, anche se alle volte non comprende se si tratti di un sogno o se lo fa in maniera cosciente; non riesce ad ammettere che gli piaccia, perché conserva quel pudore adolescenziale che mai lo ha abbandonato.
La società gli ha insegnato un ruolo, il dovere e la legge. Tetsuya, con le carezze dispensate sulla punta delle dita, quando neanche il cerchio pallido del sole li spia, prova a insegnargli cosa sia l'amore. Difficile dire, anche dopo tutto quel tempo, se ci sia riuscito o meno: Taiga ha un concetto romantico, di quel particolare sentimento, e ha paura di riempirsi la testa e la bocca di parole crudeli e non vere.
Però, quando gli prende la mano e la stringe al petto con la propria, sa bene di non volerla lasciare andare in alcun modo.
In quel letto piccolo, grande a malapena per loro due, si ritrovano costretti nello stesso abbraccio, con le gambe intrecciate e il naso di Tetsuya che gli sfiora, a ogni respiro, i muscoli. La costituzione esile lo aiuta a incastrarsi meglio tra il corpo di lui e il muro.
Gli bacia la fronte, oltre ai capelli chiari sparsi ovunque. Gli accarezza il fianco nudo, insistendo di tanto in tanto sul segno del morso che gli ha fatto egli stesso all'altezza dei reni – il tentativo quasi disperato di legarlo a sé, come vincolo di una salvezza che ha intenzione di dargli. Lo bacia ancora, e si sente bene.
Il suo profumo, per quanto ammorbidito dalla droga, riesce ancora ad assuefarlo, ma Kagami pretende una ragione un poco più nobile per il desiderio che prova, nei suoi confronti. Qualcosa, per esempio, che hanno deciso entrambi, e che è simile al piacere che li fa mangiare ogni sera allo stesso tavolo.
Kuroko blocca la sua mano sul proprio fianco all'altezza del morso, apre le gambe e senza che lui faccia resistenza, lo fa distendere di schiena; gli sale sopra il bacino, senza pesargli davvero.
Lo bacia sulla bocca chiamandolo piano. Contro il palmo della mano, la sua schiena trema ed è bellissima, piccola e fragile.
Percepire distintamente il suo odore non è che l'inizio. Sono cosce che tremano, poi, e corpi che diventano caldi e molli. Il nome sulle sue labbra, più e più volte.

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Capitolo 3
*** *Capitolo due* – Fly me up on a silver wing ***


*Capitolo due*

Fly me up on a silver wing


Fly me up on a silver wing
Past the black where the sirens sing
Warm me up in a nova's glow
And drop me down to the dream below

 

 

 

-Senti, senti! Stammi a sentire! Moglie, incubatore, uomo, qualsiasi cosa tu sia in questo momento! Ascoltami un attimo! Non mi interessa, chiaro? Non mi interessa niente come tu sia stato allevato! Non mi interessa cosa ti abbiano insegnato, quali comportamenti tu debba tenere in situazioni come questa! Sono stato chiaro? Non mi interessa! Non osare darti la colpa di tutto ciò! Non provarci nemmeno! Tu non hai colpe! Io sono il solo responsabile! Quando ti ho salvato dalla strada, l'ho fatto per me! Quando ti ho morso e ti ho legato a me, l'ho fatto perché io ti desideravo! Tu non hai colpe, hai capito? Tu non hai colpe!

 

Mani che lo prendono, dall'oscurità, e lo strascinano di forza. Anche nei suoi sogni, la mano che gli tappa la bocca sa di pelle consumata – la porta che, chiudendosi, gli ruba tutta la poca luce della notte, è la sola immagine davvero vivida. Un'ondata di odori diversi e di sensazioni tattili sconosciute alimentano il suo terrore, anche di fronte al rumore dei passi che si avvicina e martella sempre di più il suo cranio.
Eccoli.
Eccoli.
Eccoli!
-Se stai calmo ti salvi, razza di idiota!
È un sussurro, intriso di rabbia, irritazione e forse finamai anche paura, ma è ancora in grado di annullare qualsiasi suono e appianare il respiro troppo accelerato. Un ordine non per la vita, soltanto per la propria libertà. Quella è stata la prima volta che Kuroko ha aspettato l'alba contro il suo petto, registrando col proprio il ritmo del suo cuore.

 

Kagami gli ha detto che è stato perché ha sentito il suo odore, come un forte vento che gli è arrivato in faccia all'improvviso.
Kuroko non ha idea di cosa sia esattamente, il vento, e con ogni probabilità non lo sa bene neanche Taiga – conserva una discreta esperienza di cosa sia la brezza, quella carica di smog e sostanze inquinanti che arriva sulla gente, portata dai macchinari volanti e smossa dalle loro ali di ferro. Taiga ha detto che non è stato così, che non assomigliava a niente del genere. Profumava, tanto, è stato così forte da colorargli tutto il viso e da farlo sbandare per qualche attimo, con la testa e con il corpo. È stato il vento vero, l'ossigeno puro che l'umanità si è dimenticata da troppo tempo.
Dai polmoni, è arrivato attraverso il sangue in qualsiasi parte del corpo, e gli ha riempito il cervello totalizzante e assoluto.
Kagami gli ha detto che, qualsiasi cosa lui fosse stato, qualsiasi forma e qualsiasi sesso, in quel momento ha sentito la necessità di averlo per sé. Di possederlo, quasi, perché gli era necessario.
Quando le sue mani lo hanno stretto, gli è sembrato piccolo e fragile – la prima delle menzogne dettate soltanto dal corpo, perché ora sa quanto forte lui sia, quanto resistente e assoluto.
Quello è stato il primo abbraccio in attesa della fine della notte, con il suo capo contro il petto e i capelli contro il collo.

 

Kuroko si sveglia dal proprio sonno solo dopo l'ennesimo bacio di Kagami; è nudo come lo ha lasciato, caldo di coperte e di notte, profuma di buono e dell'amore che ha posato sopra la sua pelle.
Non apre ancora le palpebre, lascia che la sensazione delle sue mani contro la schiena, sul finire di quel lungo e muscoloso braccio che gli cinge la vita, catalizzi la sua attenzione e lo accompagni dolce fino alla piena veglia.
Sente il suo naso infilarsi, intrepido, tra i suoi capelli spettinati, e il secondo dopo Taiga borbottare contrariato qualcosa a proposito dell'assurdo e dell'improbabile in generale, senza nominare in maniera precisa ciò che lo disturba così tanto – come, per esempio quel ciuffo chiaro che gli ha solleticato la narice.
La molle abitudine di un risveglio come quello lo ha sedotto e completamente conquistato, nel corso del tempo. Non ha più l'obbligo di mantenere il proprio corpo piacente, nei limiti delle proprie capacità, né assecondare abitudini artificiali che mantengono il corpo adatto a una sola attività.
Un prezioso manufatto della scienza come lui, d'altronde, non può che essere l'emblema del progresso e della pazzia umana, del suo genio e della sua repressione più accanita. In un mondo dove la procreazione è un altro modo per differenziare chi spera e chi può, gli uomini modificati come lui svolgono il ruolo di partorienti non solo nella componente biologica ma anche nel ruolo sociale, depositari di tutte le paure e dei timori dei potenti non in grado di gestire un mistero così grande come quello della vita, seppur artificiale.
Come bambole di porcellana, le Mogli asservono i desideri dei propri mariti, e non gli è richiesto proprio altro. L'umanità ha perso l'ennesima occasione di mostrarsi migliore, o quantomeno decente, inducendo uno svilimento di ogni possibile sentimento umano come base di ogni rapporto di coppia.
La fortuna di Kuroko è stata quella di aver potuto scegliere il proprio marito. Nel fango, tra gli acidi liquidi che gli hanno invalidato i piedi, tra lo sporco e la fame di un piatto di minestra per pasto, negli occhi scuri di chi è tacciato come estraneo alla società dominante – quando Kagami lo ha legato a sé, con il marchio di appartenenza, lui ha potuto sperimentare la vera felicità e il vero amore: dubita ancora nel profondo del proprio cuore, con immane tristezza, che molti dei suoi compagni possano anche solo immaginare cosa quel sentimento sia.
Finalmente Taiga trova la sua bocca. La accarezza lento con la punta della lingua, in una carezza dolce, giusto per raccogliere il suo sapore. Anima e corpo, si appartengono, e questo lo ricordano a ogni carezza e a ogni centimetro di pelle con cui si toccano.
Le luci dei lampioni, fuori, sono ancora spente, la giornata lavorativa non ancora cominciata. L'innaturale silenzio che si espande ovunque crea una cappa di protezione fasulla attorno a loro di cui riescono a godere in quei radi momenti della giornata in cui sono entrambi a casa.
E pur con l'odore affievolito dalla droga, Kuroko lo chiama. Non con le parole, perché dalla sua gola escono solo quelle necessarie, ma con il corpo, nel piccolo piede che si intrufola tra le sue caviglie.
Kagami impiega poco a rispondere e a prendere spazio, passionale e mattiniero come sempre è, tra le sue gambe morbide.
I lampioni si accendono dopo pochi minuti, ignari di ogni cosa.

 

*****

 

Occhi che lo guardano, un po' come se volessero strappargli l'anima di dosso e un po' come se cercassero quel brandello di umanità in essa capace di poter recepire il dolore immenso che provano. Senza sapere niente.
Quel giovane ragazzo, ancora per metà chino in avanti e con le ginocchia sporche di nero del cemento, si volta a fissarlo per un solo istante, prima di tornare a urlare tra le braccia dei suoi colleghi, così poco abituati a trattare quel genere di situazioni da reagire più forte del dovuto: la spalla di lui, stretta in una morsa, si piega all'indietro in maniera totalmente innaturale, e questo gli da solo un altro motivo per urlare più forte.
Kagami dubita che sia mai stato così vivo, durante il resto della sua esistenza.
Hyuuga lo vede scosso, immobile mentre quella voce isterica si allontana poco a poco. Gli rivolge tutta la propria severità, parole che sanno più di rimprovero che di empatia, ma tace subito quando lo vede piegarsi di lato e sostenersi con il muro di un edificio, bianco in volto.
Resta in quella posizione, a guardare nel vuoto, anche diverso tempo dopo che non sente più le voci della Moglie fuggiasca, mentre Hyuuga ancora gli chiede se sia morto o vivo.

 

Kuroko gli ha detto una volta, complice una situazione particolarmente intima e un bagno caldo che ancora li stava avvolgendo in acqua tiepida e profumata, di essere stato risvegliato dal suo fuoco, e per questo ha saputo sentirsi vivo davvero.
Kagami ride quando pensa a quelle parole, sempre, perché gli viene naturale associare quel particolare elemento alla distruzione. O alle fornaci sempre accese, voraci, delle fabbriche di carbone dove suo padre ha consumato la propria esistenza, o ai roghi dei senzatetto in cui si bruciava droga grezza, assuefante e annichilente.
Tetsuya, attraverso le proprie parole, ne ha dato un nuovo significato e una nuova espressione. Forse è anche merito dell'istruzione particolare che ha avuto – il suo intelletto non è assopito, e si nutre sempre di concetti nuovi che agitano l'animo e lo rendono fecondo. Più che calore, gli ha spiegato la seconda volta, del fuoco ricorda la passione espressa nel colore e nella vivacità, in quell'energia spesa a rimanere sempre acceso e a brillare, con tutte le proprie forze.
Non fa male, al tocco, e rende pago lo spirito.
Quando Kuroko gli ha permesso di toccarlo e di morderlo, ha sentito quel fuoco. Ha dimenticato nozioni scientifiche riguardo lo scatenarsi di reazioni chimiche, così come la voce del proprio istruttore che gli ripeteva come un mantra la straordinarietà di un evento simile, degno solo di un marito.
Lo ha vissuto, sulla pelle e nella carne. Il cervello completamente acceso, e la sua bocca ovunque.

 

Hyuuga insiste per accompagnarlo a casa, perché vede che non sta affatto bene. Gli ha tenuto compagnia per tutto il pomeriggio, non tanto perché fosse obbligato per questioni lavorative ma più per una questione di empatia umana. Pur non avendo che parole burbere e ruvide, intimandogli di fare il proprio lavoro come si doveva, non l'ha perso di vista un solo secondo, e questo Kagami lo ha sentito.
Non può permettersi un legame più ravvicinato di quello, per quanto gli sia grato. È costretto a mantenerlo a distanza, a dire di non preoccuparsi che sta bene, a rifiutare qualsiasi aiuto dando mostra di un orgoglio e di una testardaggine che gli sono propri, è vero, anche se non così tanto da risultare sgarbato. Junpei non può far altro che accettare la sua volontà e lasciarlo andare.
Kagami non può esplicitare il disagio di sentirsi solo, fuori da quella casa. Sarebbe crudele nei confronti di Kuroko, sarebbe vigliacco nei confronti di qualsiasi altra persona, e anche solo l'ammetterlo a se stesso, nei radi momenti in cui può permettersi di pensare, se ne vergogna. Ribolle, trattenendo tutto dentro, come un falò con poco spazio in cui stendere le proprie lingue.
Cammina lento sulla strada, in mezzo a un buio poco fitto, ma non riesce a godersi la vista di niente, né delle poche e discrete luci né del profumo di pulito che arriva da casa Mitobe. Un forte disagio gli fa tremare la pelle e il corpo tutto, rallenta la sua marcia e lo fa sbandare contro un palo; il casco sopra la sua testa, tipico dei giorni di pioggia, produce un rumore acuto di metallo a quello scontro, e la sua bocca una serie di insulti e borbottii a non finire.
Quando arriva davanti a casa, rimane fermo sulla soglia per qualche istante, domandandosi se sia giusto oppure no che si presenti di fronte a Kuroko.
Ogni giorno, il suo lavoro è quello di far rispettare una legge che opprime lui, che opprime Tetsuya e che rende clandestino il loro rapporto. Ogni giorno, incontra e si scontra con persone che sfiorano il limite del sistema e che provano per lui solo odio e astio, senza la minima empatia. Ogni giorno, la sua mano lavora per il governo della Fabbrica delle Mogli.
Fa male il cuore, ogni istante. Non tanto il dover vivere una doppia vita, quanto piuttosto rimanere fedele al proprio vero ideale.
E non è neanche una questione di anteporre la propria felicità a quella altrui, perché se fosse così semplice Taiga si aggrapperebbe all'idea di essere egoista e quindi giustificherebbe tutta la propria meschinità.
Sui suoi errori e sui suoi successi verte anche la vita di Kuroko, e con questo non può permettersi di giocare.
Varca la soglia di casa e vi entra, con addosso ancora la propria divisa.

 

Lo stringe così forte che quasi lo spezza.
Nel bacio, uno torna a respirare, uno torna a sentire la vita nelle vene.
-Kagami- kun, aspetto un bambino.

 

-Straniero, ti dai troppa importanza. Il tuo egocentrismo offusca il senso di giudizio e rende le tue capacità fallaci. Tu, come tutti gli altri, cadi nell'errore di credermi senza volontà e incapace di influire sul mio stesso destino. Riservami, te ne prego, il favore di non considerarmi un mero oggetto. Almeno tu. Perché, dal principio di questa storia, siamo in due. Siamo io e te. I fili dei nostri destini si sono intrecciati a vicenda, quando si sono incontrati per caso, ed è stata una cosa consapevole. Non essere così egoista: lascia un po' di colpa anche a me.

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Capitolo 4
*** *Capitolo tre* – Bring me home in blinding dream ***


*Capitolo tre*

Bring me home in blinding dream



Bring me home in blinding dream
Through the secrets that I have seen
Wash the sorrow from off my skin
And show me how to be whole again

 


 

 

Sguardo fisso nel vuoto. Postura rigida, non un solo muscolo fuori posto. Nelle orecchie, l'eco di una formula ripetuta non di rado, che ora lo tocca con terribile, atroce e concreta realtà.
L'esecuzione pubblica di una Moglie accusata di fornicazione è una dimostrazione come un'altra del mantenimento di un codice ferreo di legge, fatta rispettare con forte imposizione da ogni strato della gerarchia. E poco importa se il signor Akashi, dirigente della cosiddetta Fabbrica, è un uomo rispettato e potente: neanche lui può permettersi il privilegio della ribellione e proteggere uno dei suoi protetti.
Divise in fila, davanti al patibolo, ancora le Mogli recitano la lunga nenia funebre, la sentenza che con aspre parole descrive l'atto nefando di una volontà truffaldina, che mina le basi della società stessa. C'è un lungo cappio, appeso a una carrucola sospesa in aria per mezzo di una trama, che parte dal collo bianco del giovane ragazzo e finisce in mezzo a quelli che potevano essere chiamati suoi compagni. Sugli spalti, i mariti e gli aspiranti, tutt'attorno, come corvi o avvoltoi, gli Esecutori dell'Ordine divisi per grado e importanza.
Poi l'accusa finisce, e le Mogli si accalcano presso la fune del cappio – tirano, tutte assieme, finché l'accusato non pende in aria senza appoggio, e scalcia e si dimena solo per qualche secondo. Hanno avuto la decenza, prima, di coprirgli il volto con un sacco rosso, simbolo del peccato carnale.
Chi è fisicamente presente, applaude davanti al patibolo; gli altri, fanno lo stesso di fronte ai grandi schermi posizionati sulle fiancate dei grattacieli che danno sulle strade principali, per un pubblico più vasto. Entro qualche minuto e tornerà a scorrere, come sempre, la pubblicità di qualche ristorante appena aperto o il trailer dell'ultimo telefilm trasmesso dalla rete nazionale.
Kagami rimane fermo qualche secondo di più, con la pelle del viso ridotta allo stesso colore del cemento e alla stessa sua durezza, mentre solo Kiyoshi si accorge di quei secondi di troppo mentre gli rimane accanto.
Quello era il ragazzo che ha fermato egli stesso, non più che qualche giorno prima.

 

Si era dimenticato, per un attimo, di chi fosse davvero.
Non che non gli sia chiaro, in ogni istante della giornata, la sua identità di fuggiasco e clandestino, nella più pericolosa delle applicazione della discrezione: l'inedia in cui è costretto, nel silenzio assoluto dove rimbombano soltanto i pensieri nati nel cervello, gli lega non solo il fisico ma anche la mente tutta, ed è peggio che una gabbia stretta. Ma, pur in tutto quello, c'è sempre stato quell'anelito di libertà e vita che lo rende grato, ancora, di esistere, e non ritrovarsi a soddisfare le voglie di una delle tante persone facoltose che fanno da clienti alla Fabbrica in cui è nato e stato cresciuto.
Alpha, beta e omega.
Tutto si basa su questo e tutto da questo è nato: divisione dei ruoli per creare la società più funzionale possibile, nelle condizioni cui il mondo è stato costretto, a causa dell'industrializzazione selvaggia e del progresso estremizzato. Ed è paradossale come, in un insieme di regole solo artificiali, persista la più istintiva delle motivazioni irrazionali a legare due individui in un rapporto che, nonostante tutto, viene considerato inscindibile. Il privilegio del senso dell'olfatto, come ogni altra comunicazione sensoriale che viene sancita attraverso il morso e quindi alla prerogativa dell'avvenirsi delle reazioni chimiche riguardanti l'eros, sia nel beta che nell'alpha.
Non si può ignorare l'esistenza dei soppressori, come anche quella degli integratori: alterano la naturale recezione o la naturale emanazione, e questo in qualche modo può regolare qualcosa che avviene fuori dalla logica di freddi calcolatori. Ma non la può frenare totalmente.
Kuroko è a conoscenza di storie terribili, a riguardo, racconti che tra colleghi si tramandano da tempo immemore.
Di Mogli violentati da uomini schiavi della propria mania olfattiva, di Mogli sconsiderati che si consumavano d'amore per un uomo non in grado di comprarle, di uomini pronti a ogni tipo di follia per Mogli particolari. Per questo la libertà faceva paura a tutti loro: non si vedeva la ragione nel desiderio di lasciarsi andare completamente a istinti così brucianti e distruttivi, così corrosivi e totalizzanti.
Kagami affonda ogni mattina il naso tra i suoi capelli, perché è il momento della giornata in cui il suo odore non è ancora stato represso e lui lo può sentire davvero, con tutto il corpo. E Tetsuya percepisce la sua sensibilità farsi acuta, contro il proprio petto, nel cuore che cambia di ritmo e nei muscoli che fremono. Gli piace molto, e sembra quasi che il suo stesso sangue reagisca a quel richiamo così suadente. Braccia, gambe, busto, labbra: ogni particolare di lui è desiderato e desiderabile, per Kuroko.
Eppure in quel momento, mentre fissa il vuoto e con la mano si accarezza la pancia, non può che portare alla propria memoria quei lunghi giorni dedicati all'istruzione dell'arte dell'amore, alle fasi di crescita del nascituro e alle conseguenze fisiche di un parto per quelli come lui. Il bambino che è stato concepito nel suo ventre è di certo il frutto dell'amore che lui considera puro con Kagami, e non potrebbe desiderare per sé qualcosa di più prezioso. C'è sempre gioia sincera, nello sguardo di una Moglie diventato padre.
Ma l'incertezza sul loro avvenire assieme, dopo lo sgretolamento di ogni possibile nuova realtà, è un prezzo troppo caro da pagare. Lui non può più prendere integratori, per non danneggiare in qualche modo il proprio pargolo, e Kagami non può più proteggerlo.
Troppo, troppo alto.

 

-Kagami- kun?
È strano che Taiga non trangugi il cibo nel proprio piatto, dopo una giornata lunga di lavoro, così come è insolito trovarlo a fissare il vuoto all'inseguimento di un pensiero sfuggevole. Kuroko nota la fatica nelle sue occhiaie, quando si decide di rispondere al suo sguardo.
Nonostante il tavolo che li divide, può sentire ogni sospiro affranto.
-Mi dispiace, sto pensando a una soluzione.
Come se tutta la colpa – se mai c'è davvero una colpa – possa ricadere sulle sue sole spalle.
Lascia definitivamente il cucchiaio nella ciotola e porta una mano a sorreggersi la testa, le unghie delle dita a grattare i pochi capelli rossi sulle tempie.
-Potrei chiedere a Kiyoshi dei soppressori diversi, non così invasivi come quelli che mi procura di solito.
Si ferma solo un istante, per considerare un piccolo dettaglio.
-Non vorrei poi che si incuriosisse e mi chiedesse qualcosa.
Alza un poco la voce, sbatte il palmo della mano sul tavolo e guarda in alto, in una posa chiaramente di esasperazione.
-Ah! Lui sa essere un vero impiccione!
Kuroko lo ferma con un sol soffio, fermo nella propria perfetta postura. Gambe unite e inginocchiate, schiena dritta, spalle rigide.
-Kagami- kun.
-Cosa c'è?
-Un bambino piange e urla. Non ci hai pensato?
Kagami sgrana gli occhi, preso in contropiede. C'è un principio di imbarazzo sulle sue guance.
-Non tutti i bambini lo fanno.
-Dovrai comprargli da mangiare.
Questa volta Taiga ha gli zigomi tutti rossi e nessuna parola tra le labbra.
-Kagami- kun. Ho pensato di abortire.
Ha gli occhi così sgranati, troppo: fanno male. Eppure riesce a vibrare appena di emozione quando gli parla ancora.
Si sta sforzando di non urlargli contro.
Sarebbe soltanto doloroso, per entrambi loro.
-Perché?
-Perché è l'unica soluzione vagamente logica per tutto questo.
Non ha niente con cui replicare, e questo lo ferisce nell'orgoglio e nell'animo assieme.

 

Guarda in basso, oltre la recinzione della terrazza, verso i tetti bassi delle abitazioni di periferia, tra i cortili vuoti di erba e le case appena più isolate dalla massa informe del medesimo colore e della medesima composizione. Serpeggia tra le strade un silenzio desolato, per quanto palpabile, e scorrono pigri anche le guardie meccaniche e gli spazzini robotici, con le loro ampie scope che raccolgono tutto: immondizia o cadaveri poco importa.
Il palazzo che ha dietro le spalle, dove ha luogo una delle sue sedi lavorative, appartiene al governo centrale, ed è così bianco da fare male. Può vedere una nuvola di passaggio, fuori dal vetro trasparente davanti al suo naso, che passa velocemente sospinta dal vento.
Teppei gli offre un pezzo di pane squadrato e lui non alza neppure gli occhi nella sua direzione.
-Non vederti reagire al cibo è davvero strano, Kagami.
Si appoggia con la schiena alla ringhiera, senza quindi guardarlo direttamente in faccia. Sta sorridendo come sempre.
-Sembra quasi che tu abbia qualche problema irrisolto.
Taiga non capisce mai se prenderlo sul serio oppure no. L'idea che assumi la droga che spaccia lo ha sempre frenato dal considerare davvero la sua personalità, come se si ritrovasse a interagire sempre con qualcosa che non è reale. Certe volte, però, considera non tanto la straordinarietà di quella persona – che di drogati e dipendenti, in quella società, ce ne sono fin troppi – quanto il rapporto con la realtà che Kiyoshi è riuscito a instaurare nonostante tutto.
Particolare, eppure integrato. Integrato, ma non stupido.
Decide di dargli fiducia.
-Non riesco a dormire.
L'altro non commenta, addenta un'altra volta il tocco di cibo artificiale che tiene tra le dita; quindi Kagami aggiunge qualche dettaglio.
-Continuo a sentire nelle orecchie la voce dei megafoni che ripetono gli slogan nazionali.
Sembra che fuori spiri ancora il vento: c'è un uccello nero che vira veloce, planando per un pezzo e poi riprendendo quota. Kagami lo segue con lo sguardo, distratto per qualche istante. Sente l'altro deglutire.
-Ah, dev'essere una vera tortura. Anche io alcune volte faccio fatica ad addormentarmi.
Kiyoshi si tocca la tempia con un dito, a indicare un ben preciso posto.
-È come se marcisse dentro il cervello.
-Pensavo fosse lo smog delle fabbriche a farlo, quello.
-Anche.
Strano, proprio strano.
Le voci dei loro colleghi non sono troppo distanti, ai tavoli bassi dove si consuma la solita zuppa calda, integrata di ogni qualità possibile e di tutti i requisiti per una nutrizione completa e sostanziosa. Il sapore, poi, è una cosa a cui non si presta molta attenzione.
Teppei sa bene che il proprio lavoro è rischioso e che comporta un certo tipo di cause e conseguenze. Dopotutto, però, ha piena consapevolezza di non vivere una vita normale.
Prende solo atto che, una volta che le mani sono sporche di un certo tipo di lerciume, non esiste acqua che le lavi davvero.
-Se però non dormi, non sei efficiente sul lavoro. Bisogna risolvere questa situazione.
Taiga non recepisce subito, e indica il vuoto davanti a loro.
-Se mi buttassi dal terrazzo, dormirei per sempre.
-Questo è sicuro. Ma temo non ti risveglieresti neanche.
La sola irritazione, per quel suo tono pratico che ancora svicola da ogni giudizio, gli fa alzare gli occhi al viso di lui, perfettamente in tempo.
-Potresti però trovarti un posto migliore per dormire. Ci hai mai pensato?
-E dove?
-Si dice che oltre il mar del Giappone ci siano posti tremendamente silenziosi.
Come la speranza che dal nulla viene e con un nulla attanaglia il cuore, sembra che per una volta le parole di Teppei Kiyoshi abbiano senso.
Assurdo. Terrificante. Rivoluzionario. Ma comunque un senso preciso.
Taiga è reticente, come ogni persona attaccata alla concreta realtà. C'è un istante in cui vuole intimargli di stare zitto, di non osare dire altro – è l'incertezza di quel secondo a segnare completamente e definitivamente il suo destino.
-Hai mai pensato di tornare a casa, Kagami?

 

-Ti fidi di me?
Kagami lo stringe al petto, tenendolo in posizione ritta con la sua sola presa. Quasi Kuroko non riesce a respirare, tra i suoi baci, e annaspa tra una parola e l'altra.
-Kagami- kun...
Kagami si ripete, come un mantra, perché ancora non ha ottenuto risposta. È di nuovo sera, c'è Kiyoshi che aspetta fuori dalla porta di casa in attesa di qualcosa.
Hanno entrambi il cuore che batte veloce.
-Ti fidi di me?
Kuroko ha capito che non ha la minima intenzione di lasciarlo andare. Come l'ha preso e l'ha salvato, ora lo trattiene a sé con tutte le proprie forze.
Gli stringe con le dita sottili la divisa sporca da lavoro.
-Sì, mi fido.

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Capitolo 5
*** *Epilogo* – 'Cause I'm only a crack in this castle of glass ***


*Epilogo*

'Cause I'm only a crack in this castle of glass

 



 

 

Kuroko apre gli occhi all'improvviso, ritrovandosi in un posto che non riconosce subito. Il dolore alla pancia, forte, lo immobilizza in quell'angolo della stanza, con le braccia che si tendono nel vuoto a cercare qualcosa e le gambe che si stirano ma non hanno forza – dai piedi fasciati pende una garza non più bianca, messa malamente.
Kagami gli è subito vicino e gli stringe la mano.
-Sono qui, Tetsuya!
L'altro sorride, e vorrebbe davvero dirgli che è fin troppo bello, il proprio nome sulle sue labbra. Il fiato accelerato però gli impedisce l'atto, quindi si limita a guardarlo con gli occhi lucidi di emozione e fatica.
Uno dei giovani infermieri, Furihata, si avvicina circospetto alla coppia, per vedere se tutto va bene. Il paziente è ancora parzialmente nudo, e il taglio a bordo del ventre è ancora rosso per la recente cucitura; tuttavia, è passato il gonfiore, e questo è un segno positivo. Sorride a Kuroko, prima di farsi da parte.
-Vi trovate da tanto su suolo continentale?
Tetsuya non tenta neppure di parlare. Kagami gira busto e testa per parlare al ragazzo.
È stata una fortuna per loro due trovare con quella velocità un dottore che parlasse la loro lingua, anche se Kagami è stato costretto a correre a perdifiato per metà di quel porto straniero urlando contro persone che non lo capivano e non lo comprendevano. Fukuda li ha salvati e raccolti dalla strada – e una volta viste le condizioni di Kuroko ha capito immediatamente quello che bisognava fare.
Ora Kagami è molto più tranquillo, e parla con voce rotta dalla stanchezza.
-Appena qualche giorno.
L'altro lo guarda con occhi sgranati, potendo solo immaginare i pericoli passati.
Perché lui non ha passato una settimana di puro terrore, tra vicoli sotterranei e navi a malapena galleggianti, tra clandestini di ogni tipo e mille storie d'oppressione.
-Avete fatto il viaggio mentre eravate in attesa?
Kagami non risponde, sente solo Kuroko che gli accarezza la mano con lentezza e lo trattiene a sé. E ancora prima che possa formulare nella propria mente una risposta che non sia piccata o irritata, il dottore di quel luogo, una piccola clinica puzzolente di medicinali casalinghi e di pentole borbottanti dove sterilizzare manualmente gli utensili, si fa avanti con un fagotto tra le braccia.
Izuki Shu ha perso la voglia di fare dello spirito.
-C'è un problema.
Kuroko accoglie ben più che volentieri la propria creatura tra le braccia, sembra assolutamente sordo a qualsivoglia problema del momento. La stringe appena al petto.
Al contrario, Kagami guarda il medico preoccupato. E quello indica la bambina.
-Non è un maschio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note finali

Sì, finale aperto. Decisamente aperto. Spero che nessuno me ne voglia per questo *coff*
Ho deciso di descrivere, alla fine, l'avventura di Kagami e Kuroko, ciò che sono e ciò che il loro amore comporta: certo rischi continui, ma anche un legame per il quale vale davvero la pena portare avanti decisioni serie.
Penso che tutto sia stato già spiegato, all'interno della fic, e ciò che non è stato spiegato è perché, nelle mie intenzioni, è stato giusto avvolgerlo in un alone di incomprensione di fondo. Probabilmente, a questa seguiranno altre, sempre dello stesso genere, e sempre all'interno di questa distopia particolare.
Spero solo sia stata di vostro gradimento (L)

 

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