The Art of Survive

di darknesraven
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitoli 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** capitoli 1 ***


Premetto che i personaggi di questa storia non mi appartengono e nulla di quello qui descritto è mai accaduto. 
 

CHILDREN STILL PLAY IN THE GARDEN 


Mi chiamo Shane Haner Sullivan (e no, questa non è una JimmyxBrian) ho 16 anni e sono nella merda fino al collo. Devo dire di non essere mai stato una persona molto fortunata. Non ho mai conosciuto mio padre (mia madre era all'ottavo mese quando lui è morto) e mia madre è morta quando io aveo poco più di un anno lasciandomi in mezzo a dei rokkettari psicopatici e circondato da bionde (sottolineo il fatto che ero terrorizzato dalle bionde, Michelle ha dovuto tingersi i capelli per farmi smettere di piangere). Ma non è finita qui! Sono stato adottato da un super ultra mega iper psicopatico (quasi quanto l'uomo che ancora prima di nascere mi ha imposto 6 nomi) convinto che avrei suonato la chitarra (ma quando mai?? Io ho la batteria nel sangue!). Per non parlare poi di River-sono figo- Sanders, mi tocca uscire con lui perchè a 14 anni fa ancora i capricci. La prossima volta uso la sua testa come piatto. 
Tornando a noi, io sono Shane James Brian Jhonatan Zachary Matthew Haner Sullivan, figlio di James "The Rev" Owen Sullivan e Leana Macfadden. Ora avrete capito che il super ultra mega iper pscicopatico è Brian Elwin Haner Jr conosciuto come Synyster Gates. ( mai chiamarlo Elwin potreste ritrovarvi senza denti). Per quanto riguarda la merda fino al collo.. Beh.. Appena entrato mia madre ( Michelle, che vi credete?) mia ha lanciato un' occhiata degna di Annibal Lechter alla "Se mi passi per le mani ti eviscero, ti spello e ti mangio vivo" vi auguro di non vederla mai, quella donna fa paura. Ora devo soli sperare che non mi chiamino altrimenti sono davvero fottuto. 
«Sane!» Ma cazzo! Dio perchè mi odi? Deglutisco e mi passo una mano tra i capelli. Bhe ..la casa è grande potrei non averlo sentito e poi è solo il nome potrebbe essere qualsiasi cosa. Vedete,  io ho la mia teoria per misurare l'incazzatura dei miei. Se chiamano solo il nome ho solo due possibilità: se lo segue un diminutivo sono salvo se chiamano anche il secondo nome posso iniziare a tremare. Con la mia (s)fortuna di avere 6 nomi spesso si fermano al terzo ma se vanno avanti sono seriamente fottuto . Sperando in un diminutivo continuo a cazzeggiare su facebook (sapevate che River-sono figo- Sanders ha la ragazza?) 
«Shane James» Merda! deve aver trovato le bacchette in giro per casa. Se ne farà una ragione. 
Continuo a stalkerare River, è  troppo divertente. Due minuti di silenzio finalment...
«Shane James Brian» ok, posso iniziare a tremare. Deve aver trovato la pagella ma tanto lui non può farmi il cazziatone, a scuola andava peggio di me! Forse posso ancora salvarm...
«Shane James Brian Jhonatan! Rispondi quando ti chiamo! Cazzo!» okay, forse ha scoperto della rissa della scorsa settimana. Lui però non può dire nulla, lui ne ha fatte un casino! Di sicuro più di me.
«Shane James Brian Jhonatan Zachary» okay , forse ha scoperto che ho scatenato una rissa da ubriaco....
«Shane James Brian Jhonatan Zachary Matthew» 
... A scuola...
 «Shane James Brian Jhonatan Zachary Matthew Haner!» 
... Davanti a tutti i professori ed il preside...
«Shane James Brian Jhonatan Zachary Matthew Haner Sullivan!» 
... E che sono stato espulso dalla quarta scuola consecutiva. Sono completamente ed irrimediabilmente fottuto. La porta si splanca facendomi sobbalzare. Papà è qui, furioso e con una lettera della scuola in mano.
Per caso ho già detto di essere fottuto? 






Se siete arrivati fino a qui vi faccio i miei complimenti. Ammetto che per essere un primo capitolo è abbastanza contorto e palloso ma spero che qualcuno di voi abbia capito qualcosa (chiedo venia) e che a qualcuno sia piaciuto.
Siccome è la mia prima Fanficition mi farebbe molto piacere sapere i vostri pareri in merito siano essi positivi o negativi, poichè mi aiutereste moltissimo nel migliorare la qualità della storia. 
Grazie per la pazienza e spero di rivedervi al prossimo capitolo.
Darkness Raven 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


L’urlo di mio padre riempie la stanza facendomi sobbalzare. In questi momenti ringrazio il cielo di non essere stato affidato a zio Matt.
«Che cazzo hai fatto? Ti sei fatto espellere un’altra volta, ti rendi conto che non andrai da nessuna parte comportandoti in questo modo? Ubriaco! Ubriaco a scuola, ma ti rendi conto delle minchiate che fai?» Mi alzo di scatto dalla sedia e mi avvicino a lui. Sono più alto di Brian e questa cosa mi diverte sempre, in altre situazioni.
«Hai mai pensato di chiedermi il motivo di quello che faccio?» Brian scuote il capo e scoppia a ridere.
«Motivi? Tu fai solo un mucchio di minchiate! La mia occupazione è tirarti fuori dai casini! Sei un fottuto idiota!» io scuoto il capo ed alzo la voce. Odio litigare con lui ma quando ci vuole ci vuole.
«Minchiate che faccio? Sono tutte cose che tu  mio padre facevate! Perché io non posso cazzo? Ho il tuo stesso diritto di fare quello che mi pare!» Brian mi si avvicina e mi picchia l’indice sul petto mente urla.
«Quattro scuole. Ti sei fatto espellere da quattro fottutissime scuole! Non diventerai nessuno di questo passo. Sei e rimarrai un fallito!» io boccheggio e faccio un passo indietro. Un fallito. È questo quello che pensa di me? Ma che cazzo gli prende? Abbasso lo sguardo e prendo il borsone della scrivania e mi avvicino all’armadio. Se proprio mi ritiene un fallito allora è meglio che io me ne vada da qui. Apro l’armadio e comincio a riempire il borsone.
«Che cazzo stai facendo ora?!» mi volto di colpo e lo guardo con odio.
«Ti libero dalla presenza di un fallito.» Brian scuote il capo e mi posa la mano sulla spalla, senza smettere di urlare. Cazzo l’avrà sentito tutto il vicinato!
«Che cazzo stai facendo, Shane?!» scuoto via la mano dalla mi spalla e mi giro di colpo e lo guardo negli occhi. Dio quanto lo sto odiando.
«Primo non toccarmi. Potresti infettarti e diventare un fallito pure tu. Secondo tu non hai potere su di me. Ho sedici cazzo di fottutissimi anni e posso decidere e fare ciò che voglio cazzo!» Brian mi prende il braccio e mi fa girare. Questa è la volta buona che le prendo.
«Non dire minchiate. Io sono tuo padre e tu fai quello che dico io!» ancora! È convintissimo che io dica solo minchiate, ma non gli è mai passato per l’anticamera del cervello che ho dei cazzo di motivi? E poi la minchiata più grande l’ha detta lui. Scoppio a ridere mentre scuoto la testa. Ti odio.
«Tu non sei mio padre. Se solo un fottutissimo amico del mio padre del cazzo! Tu non hai poteri su di me! Tu non sei un cazzo di nessuno per me!» se io sono un fallito tu non sei un cazzo di nessuno Brian, mi dispiace. Lui rimane fermo con il dito a mezz’aria. Finisco di preparare il borsone e raccolgo le bacchette. Do un ultimo sguardo alla mia stanza e poi esco sbattendo la porta. Appena alzo gli occhi mi trovo davanti mia madre con gli occhi lucidi. Deve avere sentito tutto. Scusa mamma.
«Dove vai, Shane?» cazzo era sull’orlo delle lacrime, per colpa mia, di nuovo. Alzai le spalle. Non avrebbe più pianto per me. Non mi avrebbe più visto in quella casa.
«Da zio Zacky.» Lei annuisce e mi sfiora il volto.
«Non voleva dirlo Shane.» scuoto il capo. Quanto adoro questa donna. Ma suo marito è un vero coglione.
«Eppure lo ha fatto. Non è la prima volta che me lo dice. Ormai credo che sia quello che pensa.»
«Shane!» L’urlo di Brian riempie la casa. «Se ti azzardi ad uscire da quella fottutissima porta col cazzo che poi torni a casa!» io alzo le spalle ed esco di casa sbattendo la porta. io quell’uomo lo odio. Comicnio a camminare per la periferia di Huntington Beach diretto verso casa di zio Zacky ma appena arrivo vedo la casa chiusa. Ottimo. Ora dove cazzo vado? Da zio Matt non se ne parla. Quello se mi urla addosso mi fa volare. L’unico è rimasto zio Jhonny. Forse lui e zia Lacey posso ospitarmi per un po’. Alzo le spalle. Vedrò sta sera. Ricomincio a camminare pensando alla sfuriata di Brian. Forse il mio comportamento non è dei migliori. Okay, lo ammetto ho un comportamento pessimo. Ma cosa pretende dal figlio di un uomo che ha ucciso un piccione con una mazza da baseball? Sbuffo. Però non sono un fallito. I miei voti sono ottimi. Non è colpa mia se mi annoio. Devo pure far qualcosa, no? Forse non avrei dovuto rispondergli in quel modo ma non sono riuscito a controllarmi. Mi fermo ed alzo gli occhi. Sorrido. Sono davanti al cancello arrugginito di Huntington Beach, era un po’ che non ci venivo  da solo. Entro e raggiungo la tomba di mio padre dove mi lascio cadere. Sfioro il nome sulla lapide in marmo e sorrido. Una lacrima mi scende sul viso e me l’asciugo stizzito. Cazzo, io non piango mai.
«Io non sono un fallito.» sussurro. Poi scoppio a piangere definitivamente. Alzo gli occhi e vedo poco più avanti la tomba di Micael. Alcune volte in questa settimana ho pensato di raggiungerlo ma mi sono distratto stolkerando River. Micael. Il mio cazzo di migliore amico settimana scora è morto. Un fottutissimo ubriaco in macchina lo ha investito, di prima cazzo di mattina. Che cazzo ci faceva ubriaco nei pressi di una scuola? Beh, ora sono fottutamente solo. L’unica persona che mi era amica non per i nomi che porto e non per i soldi è morta e mia ha lasciato fottutamente solo. Non è giusto. Ora capisco come si è sentito Brian quando è morto mio padre. La cosa carina è che non l’ho detto ne a Brian ne a mamma Mich. Sono un cretino. Potevano aiutarmi. Anche se a Brian non fotte un cazzo di me. Guardo ancora la lapide di mio padre ed  i singhiozzi mi lacerano.
«Ho sbagliato tutto. Non dovevo dire quelle cose a papà Bri. Mamma Mich credo abbia capito che non lo penso ma non ho pensato a quello che dicevo. Sono stanco di sentirmi dare del fallito. Io non voglio esserlo.» continuo a piangere fino a quando qualcuno si siede vicino a me  e mi abbraccia. Riconosco subito il profumo di mia madre. Quella donna mi conosce. Sapeva di trovarmi qui. Mi bacia un tempia e mi accarezza il capo prima di farmi una domanda con voce dura.
«Perchè hai bevuto Shane?» alzo le spalle ma non rispondo. Dirglielo non riporterà indietro Micael.
«Shane..» ha addolcito la voce ed io non posso fare a meno di lasciare cadere altre lacrime.
«Ti ricordi Micael, il mio amico che papà non sopporta perché dice che mi somiglia troppo come comportamento? Io mio amico epocale?» Mamma Mich annuisce ed io continuo scosso dai singhiozzi. «Settimana scorsa un fottuto bastardo è passato ubriaco davanti a scuola e lo ha investito. Mi è crollato il mondo addosso. Micael è morto.» mamma Mich mi stringe ancora di più e mi lascia sfogare sul suo petto.
«Perché non ce lo hai detto? Tuo padre avrebbe capito.» scuoto il capo. Brian mi odia.
«Brian è occupato a darmi del fallito, se ne fotte dei motivi per cui faccio le cose.» mamma Mich mi sorride e mi bacia ancora un tempia.
«Perché hai scatenato una rissa?» alzo ancora le spalle. Tanto vale raccontarle la verità.
«Steven stava insultando Micael. Diceva che la sua morte era stata un liberazione. Quando gli ho detto di stare zitto ha cominciato ad insultarmi ma come al solito non gli ho dato corda. Poi ha cominciato a sfottere papà.» Mich mi guarda con un sopracciglio alzato.
«Papà..» io sorrido. Mi sono dimenticato di specificare.
«Papà James. Poi anche Brian e te. Non ci ho più visto.» Mich mi carezza la testa e mi sorride. Chi avrebbe  mai pensato che Synyster Fukin Gates fosse la persona severa della famiglia?
«Ho chiamato Zacky, Shane. Sarà fuori casa fino alla fine del mese. Ti prego, torna a casa.» scuoto il capo.
«Andrò da zio Jhonny.» mamma Mich annuì e si alza lasciandomi solo in quel cimitero. Sa benissimo che ho bisogno di questo per calmarmi. Mi alzo soltanto quando il tramonto comincia ad arrossare il cielo. Ho sempre pensato al tramonto come l’inizio di un nuovo giorno, anche se dovrebbe esserne la fine. Saluto i miei genitori e Miacel, per poi incamminarmi verso casa di zio Jhonny. Appena arrivato busso la porta e zia Lacey mi apre facendomi cenno di andare in camera mia sorridendomi. A quanto pare in questa famiglia allargata mi conoscono tutti tranne Brian. Mi chiudo nella mia camera, ne ho una in ogni casa, sono il figlio di the Rev, e quindi un figlio per tutti loro. Mi sdraio sul letto e mi infilo gli auricolari. Non ho intenzione di uscire di qui per le prossime tre settimana. Dopo un paio d’ore che sono sdraiato il mio cellulare comincia a suonare. È mamma.
«Shane, ho parlato con il preside. Ha detto che può chiudere un occhio solo se eviterai le risse e andrai bene a scuola.» annuisco al vuoto. Mi aspettano altri due anni di noia mortale. Odio la scuola. Insegnano cose troppo facili. Sorrido, forse posso saltare un anno.
«Solo se mi sposterà all’ultimo anno.» Mamma tossì stupita.
«Perché dovrebbero?» alzo le spalle.
«Perché mi annoio e quindi mi comporto male. Se mi spostano sarò un alunno modello.» non è vero, mi comporterò comunque male ma tanto vale provare, no?
«Parlerai tu domani con il preside. Ti prego Shane, comportati bene.» sospiro ed annuisco. Che palle. Farò come vuole. Brian deve capire che io non sono un fallito. Chiudo gli occhi e ricomincio ad ascoltare la musica. Prendo le bacchetto e le muovo nell’aria come se stessi suonando una batteria invisibile. Non dovrò rispondere alle provocazioni di Stevens. Che palle, da qui alla fine dell’anno niente risse. Sarà impossibile. Ce la farò mai?
 
n.d.a.
Hola gente, spero che il capitolo vi piaccia. Non sono bravissima a scrivere in prima persona diciamo che questa fan fiction è un esperimento, spero che sia comunque leggibile.
Vi prego fatemi sapere quello che ne pensate.
 
Darkness raven 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



La fottuta sveglia suona spaccandomi i timpani. Che palle, inizia la mia tortura. Apro il borsone e prendo la  maglia dei Sevenfold e un paio di pantaloni neri. Mi infilo gli anfibi ed il chiodo ormai a pezzi ed esco dalla camera. Zia Lacey mi viene incontro e mi sorride. Ha la mia tracolla tra le braccia.
«Tua madre ti ha portato i libri.» le sorrido ed infilo la tracolla.
«Scappo, sono in ritardo.»corro fuori di casa e prendo lo scuolabus per un pelo. Mi siede nel primo sedile che trovo e metto gli auricolari. Che palle. Stevens sale e si siede davanti a me. Che palle. Ha proprio una faccia da culo però. Sospiro. Spero che non mi abbia visto. Non ho voglia di affrontarlo ne di evitare una rissa. Devo ancora spiegarmi perché ho dato retta a mia madre. Lo scuolabus si ferma ed io scendo sbuffando. Odio questo posto. Mi accendo una Marlboro e fumo in silenzio. Di solito la mattina aspettavo Micael, ma ora in questa scuola non c’è nessuno che attiri la mia attenzione. Certo c’è River-sono figo-Sanders ma è piccolo ed è intento a limonare con una tipa. Sbuffo e prendo un’altra sigaretta. Prima di accenderla il preside esce e mi chiama.
«Haner Sullivan, nel mio ufficio.» rimetto a posto la sigaretta e lo seguo nell’edificio. Non devo insultarlo, non devo insultarlo. Cazzo sta diventando un mantra. Mi fa cenno di sedermi e fa lo stesso. Appoggio la tracolla e mi siedo.
«Ammetto che mi ha stupito la chiamata di sua madre. Non immaginavo fosse questo il motivo del suo comportamento e me ne dispiaccio. Non sapevo lei fosse così attaccato a Micael» alzo le spalle. Quell’uomo ha le fette di salame sugli occhi. Cazzo andavamo in giro solo io e lui a fare casini.
«Sua madre mi ha detto che ha una richieste particolare da farmi.»annuisco.
«Mi farebbe piacere passare al quarto anno» il preside scoppia ridere ed io aggrotto la fronte. Cazzo ha da ridere?
«Perché dovrei?» alzo le spalle.
«I miei voti sono ottimi, non vedo perché non dovrebbe.» si avvicina alla scrivania e appoggia i gomiti sul tavolo.
«Ottimi voti? Che media hai?» Alzo le spalle.
«A+ in tutte le materie.» mi guarda basito e controlla sul computer. Sorride ed annuisce. Stampa qualcosa e mi porge un foglio.
«Questi sono i tuoi nuovi orari. Buona fortuna Haner Sullivan. Sai qual è il patto che ho fatto con tua madre?» annuisco.
«Niente risse.» il preside sorride.
«Se mantieni questa media potrei anche chiudere un occhio sul pessimo comportamento scolastico.» mi strizza l’occhio ed io sorrido. Adoro quest’uomo. Mi alzo e prendo la tracolla distrutta, spero non mi lasci, era  di mio padre.
«La ringrazio.» il preside annuisce e mi fa cenno di andare. Sono in ritardo per la prima ora. Guardo l’orario e sorrido. Matematica. Sarà divertente. Raggiungo l’aula e busso. Mi stupisco di me stesso, non ho mai bussato ad una porta in vita mia. La voce di Smith mi invita ad entrare. Appena mi vede apparire sulla soglia con la tracolla sbuffa.
«Che cosa vuole Signor. Haner Sullivan?» entro e gli porgo il foglio datomi dal preside. Annuisce e mi sorride ridandomi l’orario.
«Ragazzi avete un nuovo compagno nel corso di matematica.» si volta e verso di me. «Presentati e per il cielo usa solo un nome.» rido ed annuisco. Il professor Smith è l’unico che mi abbia mai capito. Saluto i miei nuovi compagni. Che cosa inutile, mi conoscono tutti.
«Sono Shane Haner Sullivan e sono stato spostato in questo anno.» mi volto verso Smith che mi fa cenno di andare a sedermi. Raggiungo l’unico posto libero, mi siedo e comincio a guardare fuori dalla finestra.  Smith si avvicina e mi mette un foglio sotto il naso.
«Oggi è il giorno del compito. Quando hai finito puoi uscire.» annuisco e guardo le espressioni sul foglio, prendo la matita e comincio a risolverle. Nulla di più facile. Dopo mezz’ora ho finito poggio la matita e mi guardo intorno. Sono tutti intenti a scrivere febbrilmente. Alzo le spalle e mi avvicino a Smith. Poggio il mio foglio sulla cattedra e lui sorride.
«Già finito Haner?» io annuisco e torno al posto. «Puoi uscire ma al suono della campana ti voglio in classe.» annuisco ed esco, dalla porta vedo Smith correggere il mio compito sorridendo. Chiudo la porta e mi lascio scivolare lungo il muro.  Metto gli auricolari e chiudo gli occhi facendomi cullare dalle note di Starway to Heaven. il suono della campanella mi sveglia e rientro in classe. Non ho voglia di farlo incazzare oggi. I miei compagni sono in piedi a parlare del compito attendendo la correzione. Siamo solo dieci in classe e Smith sta correggendo l’ultimo compito. Sogghigno e mi siedo al mio nuovo banco. Il mio vicino mi sorride. Sorriso palesemente finto.
«Non sapevi un cazzo. Hai consegnato subito. L’ultimo anno è il più difficile. Non te la caverai facilmente.» io sorrido ed annuisco. Odio la gente come lui.
«Vedremo.» Smith consegna i compiti si avvicina al nostro banco e sorride al mio compagno.
«Bravo Rogers, ottimo come sempre.» il compito viene poggiato sul banco. Una B+ in rosso è scritta sul foglio. Smith mi sorride.
«Haner a volte mi stupisco della tua genialità. Hai risolto anche l’ultima. Era una lavoro da college. Ottimo.» poggia il mio compito sul banco e sogghigno alla mia ennesima A+. Rogers sgrana gli occhi e io rido silenziosamente.
«Sarà più facile di quanto credi, Rogers.» mi svacco sulla sedia e mi metto gli auricolari. Mi sto annoiando ma non voglio insultare Smith. Lui mi lascia fare quello che voglio. Sa che le sue lezioni non mi servono.
Il suono della campanella mi sveglia e guardo l’orario. Ora ho l’ora di chimica. Raccolgo la tracolla ed esco dalla classe facendo un cenno di saluto a Smith. Attraverso il corridoio ed entro nella classe di chimica. Apro la porta e sbuffo. È libero solo il posto davanti di fianco ad un tipo occhialuto. Che palle. Beh almeno posso vedere la faccia sconvolta di Nankel. Si parla del diavolo, il prof entra in classe e sbianca.
«Haner, che ci fai qui?» alzo le spalle e sorrido.
«Mi hanno spostato all’ultimo anno, non farò casino, promesso» la classe scoppia a ridere e Nankel scuote il capo.
«Spero per te Haner.» sorrido ed ascolto svogliato la lezione. È bella la chimica ma queste sono solo le basi. Passata l’ora finalmente c’è l’intervallo. Stavo pensando di allagare il bagno, purtroppo non posso più scatenare risse. Poco fuori dal bagno Stevens mi raggiunge e scoppia a ridere.
«Che fai Haner, mi eviti?» io non rispondo e stringo i denti. Devo trattenermi, non devo tirargli un pugno.
«Haner-emo perché non rispondi? Che fai in bagno?» io alzo gli occhi al cielo.
«Devo pisciare Stevens. Non riesci proprio a starmi lontano.» Stevens digrigna i denti.
«Haner fottiti. Non hai imparato nulla dall’ultima volta allora.» scuoto il capo.
«Quello col naso rotto sei tu. Non io.» Stevens scuote il capo.
«Haner sei solo una checca. Come tuo padre.» io alzo le spalle. Quanto lo odio.
«Beh vergognati. Ti sei fatto pestare da un checca figlio di una checca.» Stevens ringhia. Ecco cosa sembra. Un carlino.
«Smettila di ringhiare Stevens. Sembri un Carlino.» Stevens sogghigna e sento un forte dolore allo zigomo destro. Cado a terra. Mi porto una mano al viso e sento il sangue scorrere. Il bastardo ha usato un tirapugni. Mi rialzo e faccio finta di nulla. Non devo rispondere. Stevens scoppia a ridere.
«Sei solo un fallito Haner. Come tuo padre. Quale uomo si suicida sapendo che sta per avere un figlio?» chiudo gli occhi e continuo a camminare. Non sono un fallito ma lo  devo dimostrare a papà Bri, non a lui. Stevens mi tira un altro pugno e le game mi cedono. Altro colpo col tirapugni. Cado a terra e Stevens si siede sul mio stomaco e comincia colpirmi con forza. Sono fottuto. Ancora una volta.


n.d.a.
chiedo venia per l'attesa (se qualcuno l'aspettava), ma ho avuto delle problematiche causa polso rotto. 
beeeeeeneeeeee... sinceramente non so ancora come andrà a finire, ma spero di scoprirlo insieme a qualcuno. :D beh, alla prossima:D
p.s. una mini relazioncina non sarebbe male :D

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Stevens continua a colpirmi. Ormai non sento più la faccia.

«Che sta succedendo qui?» la voce del preside Monrò riempie l’atrio ma Stevens non smette di prendermi a pugni.

«Ora non ridi Haner? Sei solo una fottuta checca, non hai nemmeno il diritto di stare qui.» scoppia ridere e continua a colpirmi.

«Signor Stevens!» Stevens si ferma ed io riesco finalmente ad aprire gli occhi. Mi fanno un male cane. Sento il sapore di sangue in bocca. Mi ha spaccato un labbro e lo zigomo destro. Fottuto stronzo.

«L’avevo avvertita signor Stevens, un’altra rissa e l’avrei espulsa. Fuori da questa scuola.» sento Stevens andarsene dopo avermi sputato in faccia. Ottimo, spero che la stupidità non si trasmetta in questo modo. Sospiro e mi alzo lasciandomi sfuggire un gemito di dolore. Il preside mi fulmina con lo sguardo.

«E in quanto a lei signor Haner Sullivan, mi ha molto deluso.» io sorrido tristemente e raccolgo la tracolla. Il preside mi fissa le mani. Che cazzo crede? Non sono come tutti credono, non ho nessuna intenzione di alzare le mani su di lui.

«Haner, mi faccia vedere le mani.» che cazzo? Lo guardo basito. Ma cosa si è fumato? Gli porgo le mani e lui aggrotta la fronte.

«Non hai risposto ai pugni Haner, sono stupito. Perché?» primo: o mio dio, sa come funziona una rissa, secondo: saranno pure cazzi miei, ed in qualsiasi caso l’ho promesso a mia madre. Alzo le spalle.

«Mi avrebbe espulso.» il preside sorride. Ma che cazzo?

«Non lo farò.» questo è di sicuro fumato. Va beh, meglio per me. Sorrido e faccio una smorfia allo stesso tempo. Non credevo facesse così male prenderle. Lecco il labbro e sento il sapore di sangue sulla lingua e lo zigomo pulsare. Ho la faccia tumefatta. Fottuto stronzo. Il preside mi fa cenno di seguirlo ed io scuoto il capo. Che cazzo vuole ora? Lo seguo e vedo River in un angolo attaccato al telefono. Ottimo. Ora lo sapranno tutti. Ora non posso nemmeno sognare di tornare a casa. Continuo a seguire il preside fino a vederlo fermarsi davanti all’infermeria. Mi fa entrare e sedere senza dire una parola. Prende del disinfettante e mi tampona il labbro ed io reprimo a stento un gemito.

«Spiegami perché non hai risposto ai pugni.» io alzo le spalle, saranno pure cazzi miei.

«Haner rispondimi.» passo la lingua sul labbro e faccio una smorfia al sapore del disinfettante. Ma non rispondo. Non voglio passare come il fallito che sono. Beh, in fondo papà Bri aveva ragione. L’unica cosa che so fare è creare casini e scatenare risse. Che bello, vero?

«Shane, non voglio farti domande che sono mesi che ho in testa. Rispondi almeno a questa.» sospiro. Temo di non avere altra scelta. Abbasso lo sguardo, almeno questo me lo deve concedere.

«Non voglio deludere mio padre ancora una volta.» il preside alza un sopracciglio, ma credo di averlo visto solo di sfuggita, ho lo sguardo troppo basso.

«Deluderlo, Shane? Ammetto che non hai un comportamento esemplare, ma ho visto le tue pagelle. Sono tutte esemplari.» io sorrido, che carine le piastrelle. Dio non mi sento cos’ triste da quando papà Bri mi urlò di non essere mio padre. Bello saperlo così, vero?

«Lo so, ma a lui non interessa. Mi ritiene un fallito da tempo. Ormai non guarda più nulla che mi riguarda.» sospiro ed abbasso ancora di più la testa. Ho le lacrime agli occhi. Non voglio che mi veda piangere. A, se non si era capito la mia vita è uno schifo.

«Non sa nemmeno che sono stato riammesso a scuola.» lui posa del ghiaccio sul mio zigomo ed io sobbalzo. Poteva avvertire cazzo!

«Dovresti dirglielo.» io scuoto il capo, facendomi un male cane, ma questo è secondario.

«Che cosa? Che sono stato pestato a scuola dopo essere stato riammesso?» il preside annuì.

«Sarebbe un’idea.» io scoppio a ridere, sto pure facendo la figura del pazzo.

«Lei conosce River Sanders?» dopo che lui ha annuito continuo. «Ha la bocca larga, non sta mai zitto quando deve e si diverte a mettermi nei casini con Brian.» sorrido. «è mio cugino e di sicuro ha già chiamato a casa per dire quello che è successo.» lui sorride.

«Magari non è come pensi.» alzo le spalle.

«Se fosse non vedo il motivo di dirglielo.» appoggia altro ghiaccio su un occhio e rabbrividisco. Cazzo se è freddo.

«In qualche modo lo scoprirà quando arriverai a casa.» io abbasso la testa di scatto, facendomi un male cane ancora. Io oggi non andrò a casa. Il silenzio cala sulla stanza.

«Sullivan, tu andrai a casa, vero?» io scuoto il capo leggermente.

«Vado da mio zio.» il preside sospira.

«Perché?» io abbasso ancora lo sguardo. Ma questa volta non ho intenzione di rispondere.

«Sullivan..» Non ho mai trovato così interessanti le mie scarpe prima d’ora e quella piccola formichina che cammina sul pavimento. Il preside sospira.

«Va a casa. Non tornare fino a quando il viso si sistema.» io annuisco e prendo la tracolla. Questa è stata una giornata di merda. Sospiro ed esco dalla scuola passandomi spesso la lingua sul labbro. Non vedo l’ora di arrivare a casa di zio Jhonny e sdraiarmi sul letto. Sono distrutto. Entro in un vicolo per accorciare la strada ma la risata di Stevens mi ferma. Beh, ora non sono a scuola, posso rispondere. Lascio la tracolla a terra e sorrido.

«Forza Stevens. Fatti sotto.» lui ride ancora e si scrocchia le dita.

«Con piacere Haner-emo.» faccio un passo verso di lui sorridendo. Questa gliela faccio pagare. Faccio ancora un passo e mi sento bloccare le braccia. Cazzo, non mi ero accorto dei suoi amici.

«Fai ancora tanto il gradasso Haner?» io rido e scuoto il capo. Se vuole le mie scuse se le scorda di sicuro.

«Davvero Stevens, che cosa vuoi fare?» Stevens ride ed io sento un dolore atroce al ginocchio e cado a terra. Volto di scatto il capo e vedo un quarto tizio che non ho mai visto. Ma che cazzo, che sta succedendo? Con orrore mi accorgo che ha una mazza da baseball in mano. Merda, il dolore al ginocchio non diminuisce. Abbasso lo sguardo ed inorridisco. È in una posizione assurda. Rotto. Alzo lo sguardo su Stevens e lo vedo mettersi il tirapugni. Che cazzo vuole fare? Per la prima volta nella mia vita ho veramente paura di morire. Stevens mi si avvicina e mi passa il tirapugni sul viso, sfiorandomi col metallo.

«Vuoi davvero sapere cosa sto per fare, Haner?» lo stronzo ride e mi sputa in faccia.

«Non ti piacerebbe conoscere tuo padre Haner?» scoppia a ridere e mi sputa ancora in faccia. Se non fossi bloccato a terra glieli farei ringoiare tutti. E poi che cazzo centra mio padre?

«Ringraziami Haner. Ti sto per far fare un bel giretto nell’Afterlife.» io sbianco. Ma cosa cazzo ho fatto di male? Questo è pazzo! Un calcio nello stomaco mi fa sputare del sangue.

«Stevens, non fare minchiate.» lui ride ancora e mi colpisce nel basso ventre. Mi ha mancato di poco le palle ed io ho ancora più paura. Stevens è pazzo e questa è la conferma anche se avrei preferito scoprirlo in un altro modo.

«Minchiate Haner? Una checca in meno è la mia felicità.» sfiora ancora il mio viso e ride, una risata pazza.

«Buona notte Shane.» carica il pugno e mi colpisce in pieno viso. Sento la faccia in fiamme e delle lacrime fuggono al mio controllo. Bel modo di morire, davvero, grazie Dio. Stevens mi colpisce ancora e lo sento ridere. Ho chiuso gli occhi. Sento le loro risate e poi solo dolore. Dolore. Dolore. Dolore. Dolore e la voce di Brian in lontananza che mi chiama. Dolore. Dolore. Ancora dolore e poi il nulla.  

n.d.a. oookaaayyy, chiedo venia per il ritardo, spero continuate a seguire la storia. Ammetto che non è forse la migliore ma è la prima che scrivo e per questo vi chiedo clemenza, ed un piccolo commentino per capire se è leggibile, quantomeno. Grazie anche a chi solo legge. Darknesraven

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Quando mi sveglio non sono dove dovrei essere. Sono in una grande villa in una camera da letto. In piedi. Mi guardo intorno e sfioro le pareti intorno a me. Sono bianche ricoperte di greche nere. Un grande letto dalle coperte azzurre è davanti a me ma non riesco a vedere se c’è qualcuno sotto le coperte. Mi avvicino alla finestra, voglio aprire le tende per fare entrare un po’ di luce. Tendo la mano per prendere la tenda ma la mano la attraversa. Che cazzo sta succedendo?! Dove cazzo sono?! Una porta dietro di me si apre e una donna fa il suo ingresso. Aspetta io la conosco. Sgrano gli occhi. Non è possibile!

«Mamma..» lei continua a camminare verso il letto e scuote leggermente la spalla di un uomo. Dove sono? Che sia questo l’Afterlife? Mi avvicino e tendo una mano verso la donna.

«Mamma Lea..» Leana, mia madre, si alza e la mia mano l’attraversa come se fossi fatto di aria. Trattengo le lacrime. Lei è morta ma io non posso parlarle. Dove sono? Che cosa sono? Sento la risata di mia madre riempire la stanza. Non ce la faccio e comincio a piangere silenziosamente. Sono 13 anni che mia madre è morta, voglio godermi questo momento.

«Forza Jimbo, svegliati! Abbiamo l’ecografia!» un grugnito da sotto le coperte mi fa voltare la testa verso il letto sgranando gli occhi.

«Jimbo!» un uomo si tira a sedere di scatto sul letto urlando. Gli occhi sgranati. Occhi di un azzurro unico, come di cielo e mare che si mischiano assieme. Gli occhi di mio padre, i miei occhi.

«Papà..» è inutile che mi trattenga. Per la prima volta nella mia vita vedo mio padre.

«Cosa, come, perché?» mia madre si avvicina a lui e lo bacia. Jimmy la stringe a se e si ributta sul letto. Leana ride e si allontana.

«Non ora Jimmy. Dobbiamo andare. forse oggi scopriremo se dovrai uccidere qualche ragazzo nel tuo futuro.» Jimmy scoppia a ridere e finalmente si alza dal letto e mi passa attraverso.

«Forza Lea andiamo!!» Leana lo rincorrere con dei pantaloni in mano.

«Jimbo non ti azzardare ad uscire in boxer!!» le loro risate sono come una pugnalata nel petto. Questa è la mia famiglia. È questo che mi sono perso. Mi asciugo con stizza le lacrime e li seguo al piano inferiore. In cucina l’odore del caffè mi fa sorridere tristemente. Stanno ridendo seduti al tavolo facendo colazione.

«Smettila di scherzare Jimbo!»mamma sta ridendo e quasi si strozza col caffè. Papà smette di ridere e le sorride.

«Non sto scherzando, Lea» mamma smette di ridere ed alza un sopracciglio.

«Vuoi davvero chiamarlo Shane?» Jimmy annuisce.

«Se è femmina Shana.» mamma Lea scoppia ridere ancora ed anche io mi lascio scappare un sorriso. Papà sta cercando di mangiare una brioche ma la crema gli è finita tutta sul naso ed ora sta guardando il dolce con occhi incazzati.

«Jimbo è solo una brioche.» lui sbuffa e si alza.

«Forza! Dobbiamo vedere Shane!» mamma alza gli occhi al cielo e gli lancia la giacca.

«Perché tu sai che è un maschio.» Jimbo annuisce con forza. Poi colpisce il naso di Leana con l’indice.

«Ricordati donna. Io non sbaglio mai.» ridono ancora e io scuoto il capo. Non è giusto, perché mi è stato strappato tutto questo? Tendo ancora una mano verso di loro ma mi sento risucchiare da una specie di tornado. Li vedo allontanare e comincio a muovermi e ad urlare.

«Nooo!! Mamma, papà! Non voglio andare. Voglio rimanere qui!» ma nessuno mi sente e nessuno può aiutarmi. Sono solo. Ancora una volta. Tutto intorno a me si fa bianco ed io mi lascio cadere in ginocchio. Scoppio a piangere definitivamente. Ho sempre sognato di morire. Ho sempre sperato di raggiungere presto i miei genitori ma non volevo essere così. Nemmeno nella morte posso essere felice. Nemmeno nella morte la mia mente trova pace. Che cosa cambia, tra ora e quando ero vivo?

Tutto intorno a me comincia ad avere colore. Sono in un ospedale. Sul letto davanti a me la mamma sorride e papà James la tiene per mano, le lacrime agli occhi. Nella stanza si sente il rumore di un battito ed il medico sorride.

«Ha un battito forte. Vostro figlio ha tanta voglia di vivere.» io faccio una smorfia. Che bella battuta. Io non ho mai avuto voglia di vivere. Jimmy sorride e stringe ancora la mano di Leana.

«è mio figlio!» Leana ride ancora ma non stacca gli occhi dallo schermo. Il medico le sorride.

«Avete già qualche idea per il nome?» Jimmy scoppia a ridere ed annuisce sorridendo.

«Molte idee.» Leana scoppia a ridere ancora e guarda Jimmy ridendo.

«Nostro figlio ci odierà per tutti i nomi che gli daremo.» papà annuisce con forza.

«Si chiamerà Shane James Brian Zachary Jhonatan Matthew Sullivan.» il medico scoppia a ridere.

«Si. È possibile che vi odierà.» i miei genitori scoppiano ancora a ridere, felici. Papà sfiora il ventre della mamma e sorride. Si avvicina e sorride sul pancione.

«Già ti adoro,Shane.» sussurra. Spalanco gli occhi e vengo scosso dai brividi. Lacrime solcano ancora il mio viso. Mi voleva bene. Lui mi voleva bene, mi hanno mentito tutti. Non voglio tornare indietro. Non voglio tornare alla mia vita. Voglio rimanere qui. Con loro. Mi avvicino ma questa volta non voglio toccarli. Non avrebbe senso. Quando sono a pochi passi da loro un altro tornado mi risucchia ed io non posso fare altro che osservarli andarsene lentamente. Tutto diventa ancora bianco ed io mi siedo prendendo la testa fra le mani. Che cosa sta succedendo? Dove sono? Perché mi hanno mentito? Perché Brian ha detto che mio padre non mi voleva? Perché mi ha mentito? Non capisco. Forse mi odia troppo per poter dirmi la verità.

Tutto ricomincia ad avere colore. Sono ancora nella cucina della villa ma questa volte è notte. Papà entra ora dalla porta sul retro tenendosi lo stomaco. Che sta succedendo? Lo vedo avvicinarsi ad un mobile e prendere delle pillole.

«Fottuto mal di stomaco.. » sussurra. Prende della vodka e fa per ingollare le pillole. Io corro verso di lui e tento di prendere la bottiglia di vodka.

«No ti prego, non bere. Ti prego papà non prendere quelle pillole.» sto piangendo. Lui ingolla le pillole e si siede su una sedia sospirando.

«Papà chiama qualcuno, ti prego chiama qualcuno, fai qualcosa cazzo!» papà sbuffa e si alza tenendosi ancora lo stomaco. Non parla. Continua a sbattere gli occhi e si avvicina alle scale. Geme e si accascia per terra. Io sono di fianco a lui e sono scosso dai singhiozzi.

«Papà..» si porta una mano al petto e spalanca gli occhi.

«Papà..» lo sento sospirare e poi più nulla. Mi lascio cadere a terra e piango. Piango come non ho mai pianto nella mia vita. Sfioro il suo corpo e mi rendo conto di poterlo toccare. Lo abbraccio e inalo per la prima volta il suo profumo. Sto ancora piangendo e sto abbracciando un cadavere. Nemmeno nei miei sogni più assurdi. Il piccolo tornado a cui ormai ho fatto l’abitudine mi porta via dal corpo di mio padre lasciandomi un vuoto ancora più profondo nel cuore. Mi accascio a terra, nel bianco infinito e mi lascio avvolgere dal nulla. Non voglio più esistere. Le lacrime sono ormai le mie uniche compagne anche se credevo di averle finite anni fa. La mia vita è uno schifo. Non voglio più esistere. Non voglio rimanere qui. Urlo. Gli occhi chiusi.

«Voglio morire…»

«Non credo tu voglia farlo davvero.» apro gli occhi di scatto e vedo degli anfibi davanti ai miei occhi. Conosco questa voce. Mi alzo a sedere e mi perdo in degli occhi uguali ai miei.


n.d.a.
Hola gente! ed eccoci qui! spero che continuiate a seguire la storia e spero vi piaccia (visto che nessuno mi dice niente) per cui, haloa! al prossimo capitolo
Darknessraven 
P.S ringrazio chiunque stia leggendo questo delirio venefico 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Occhi negli occhi. Azzurro nell’azzurro. Distolgo il mio sguardo e lo osservo. Porta dei pantaloni neri e la sua giacca di pelle sul torso nudo. In bella vista c’è il tatuaggio Fiction. Il suo tatuaggio. Non ho il coraggio di guardarlo in faccia. Lui si accovaccia davanti a me e mi prende il mento tra due dita.

«Shane, tu non vuoi veramente morire.» io abbasso lo sguardo.

«Shane..» tende le braccia e le avvolge attorno a me stringendomi al suo petto. Io scoppio ancora a piangere. E stringo la giacca tra le dita. Lui mi accarezza i capelli e mi sorride sulla fronte.

«Shane, hai ancora tanto tempo da vivere.» io scuoto il capo e mi stacco da lui con forza. Dopotutto io lo odio. Mi ha abbandonato. Lo guardo con rabbia e spingo via il braccio che tende verso di me. Mi asciugo con stizza le lacrime e mi allontano.

«Shane..» io mi volto di scatto.

«Shane un cazzo! Tu hai preferito andartene che vivere accanto a me e crescermi. Hai preferito morire piuttosto che stare con tuo figlio. Tu non sai quello che ho passato. La mia vita fa schifo. Ho passato 16 anni a sentirmi dire di non essere abbastanza. Ho passato 16 anni a sentirmi dire di non essere abbastanza per te, per il tuo fottutissimo fantasma. Ho passato la vita a sentirmi dare del fallito quando quello che volevo era solo un fottutissimo abbraccio. Ho passato la mia vita a sentirmi dire di essere un peso, di essere inutile. Tu non sai cosa vuol dire non avere nessuno a cui confidare ciò che provi, tu non sai cosa vuol dire essere solo. Non sai cosa vuol dire perdere il proprio migliore amico tra le tue braccia, le uniche persone che lo sanno mi ritengono un pazzo.» si avvicina a me e tenta di abbracciarmi ancora ma io mi allontano.

«Shane, so come ti senti.» io scoppio a ridere.

«Tu non sai un cazzo.» lui abbassa il capo.

«Fammelo vedere. Fammi vedere la tua vita. Fammi capire quello che senti.» io scuoto il capo.

«Se sapessi come fare, ti assicuro lo farei.» lui si avvicina ancora.

«Cosa desideravi nel profondo prima di arrivare qui?» alzo un sopracciglio.

«Morire?» lui scuote il capo.

«Non sto scherzando.» mi riprende.

«Nemmeno io.» la mia risposta lo sorprende.

«Non puoi dire sul serio, Shane.» io sorrido tristemente.

«Io non scherzo mai.» lui abbassa il capo.

«Ecco perché sei qui.» io sogghigno, ed apro le braccia.

«Qui dove? Non c’è nulla, tutto è bianco.» lui mi poggia una mano sulla spalla.

«Sei nel limbo.» io lo guardo basito.

«Sono morto?» lui scuote il capo.

«Non sei ne morto ne vivo. Sei nel mezzo. Non hai il coraggio di vivere, ma ti impedisci di morire.» scuoto il capo e sospiro.

«Tu sei morto, non fai parte del limbo. Che ci fai qui?» lui mi stringe una spalla.

«Devo farti accettare il passato per farti tornare a vivere.» alzo un sopracciglio.

«Non ci sono riusciti psichiatri super pagati, credi di riuscirci tu?» lui annuisce.

«Io ho un metodo particolare.» mi prende la spalla e tutto intorno a noi si fa colorato. Siamo nel giardino di un asilo, sta piovendo e tutti i bambini sono al caldo nelle loro aule. Sto per chiedere a James dove siamo quando una porta si apre ed una donna bionda esce trascinando un bambino sotto la pioggia. Tira uno schiaffo al piccolo e comincia ad urlargli contro.

«Ti ho detto un milione di volte di non piangere quando sei con il preside. Ti ho detto un milione di volte che tu non hai il diritto di fare niente in questo posto. Sei solo un bambino cattivo, ed i bambini cattivi devono stare col preside.» mi avvicino al bambino e con orrore mi riconosco nel suo viso rigato di lacrime. La donna bionda tira al piccolo me un altro schiaffo.

«Ora tu rimarrai qui fuori, fino a questo pomeriggio. Così imparerai a comportarti decentemente.» un altro schiaffo raggiunge la guancia del bambino che poi viene portato in mezzo al giardino, sotto la pioggia.

«Ora tu rimarrai qui, senza muoverti. Io ti controllo dalla finestra e se ti muovi andrai ancora dal preside.» il piccolo me non dice nulla e guarda il vuoto. La donna torna nell’asilo e chiude la porta sbattendola. Il piccolo me si asciuga gli occhi con stizza poi si mette le mani sotto le ascelle per scaldarsi e rimane immobile, come se fosse abituato a quella punizione. Mi avvicino al me del passato e mi accuccio davanti a lui. Avevo rimosso quelle punizioni. Avevo rimosso le punizioni col preside. Mio padre si avvicina e mi poggia una mano sulla spalla.

«Ti ricordi?» annuisco.

«I momenti peggiori erano quelli che passavo col preside.» Abbasso il capo. «Poi la gente si domanda perché odio le persone anziane.» lui mi stringe la spalla.

«Ricordi quello che faceva?» annuisco.

«Non credo tu voglia saperlo.» lui annuisce e sospira.

«Non voglio ma devo. Tu devi parlarne, altrimenti non le supererai mai.» io sospiro e chiudo gli occhi.

«Ogni giovedì il preside arrivava alla nostra scuola. La bionda di prima mi portava nel suo ufficio e lui ci chiudeva dentro. Lui mi faceva sedere sulle sue ginocchia e mi toccava. Se mi ribellavo mi picchiava e poi beh, faceva quello che doveva fare con le mie mani.» scuoto il capo e vedo il piccolo me strofinarsi le mani sotto la pioggia. «Quello che non ho mai capito è perché lo facesse solo con me in questo asilo.» mio padre mi poggia anche l’altra mano sulla spalla.

«Guardati. Riccioli biondi ed occhi di un azzurro indefinito. Avevi il fascino dell’angioletto.» un colpo ci fa sobbalzare ed il piccolo me punta gli occhi sul cancello sfondato. Dei poliziotti entrano nell’asilo ed uno di loro si avvicina a noi. Ha una coperta tra le mani e sorride. L’avvolge attorno alle spalle del piccolo me e lo porta verso la volante. Io lo seguo e vedo uscire dall’edificio il preside e la mia maestra in manette. Sorrido.

«Quindi li hanno arrestati.» James annuisce.

«Condannati all’ergastolo entrambi. Nessuno dei due ha più visto un bambino. Tra l’altro il preside è dovuto andare in isolamento, mai toccare un bambino. I pedofili sono spacciati in prigione.» io sorrido.

«Ben gli sta.» lui annuisce e mi sorride. Gli altri bambini erano usciti per vedere cosa fosse successo. Uno di loro si avvicina al piccolo me e lo spinge.

«La maestra ha detto che tu sei cattivo ed adesso la maestra va via. È colpa tua, sei cattivo, va via!» tutti gli altri bambini si fanno a cerchio contro il piccolo me e gli urlano contro. Avevo rimosso anche questo. Ora capisco perché odio i miei coetanei.

«Non me lo ricordavo.» James annuisce.

«I bambini sono crudeli a volte. Non pensano al fatto che quello che dicono possa ferire l’altro. Non hanno tatto e dicono quello che pensano.» io annuisco.

«Lo so, James. Ma allora è stato traumatico. Quell’asilo è sempre stato un posto di merda. Lasciatelo dire.» James annuisce.

«Questa è New York, Shane. Tra l’altro tua madre poteva scegliere un posto migliore dove scappare. Ha dovuto fare un viaggio immane per tornare a casa per trovare a chi affidarti.» io annuisco. Do un ultimo sguardo al piccolo me e seguo mio padre lasciando il dolore di quei tempi con il mio piccolo passato. Il paesaggio si sconvolge attorno a noi ed il sole torna a splendere . Siamo tornati ad Huntington Beach ed una donna con un bambino stanno giocando sulla spiaggia. In lontananza un gruppo di ragazzi li osserva sorpreso.  

n.d.a.
siccomo non so cosa ne pensate continuerò a postare questa storia, ormai è già tutta scritta, quindi aggiorneò più di frequente mettendo fine a questo esperimento. spero che comunque  vi piaccia e ringrazio moltissio chi sta leggendo. 
grazie infinite e al prossimo capitolo.
Darkness Raven

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ci avviciniamo a loro e io sorrido. Mi ricordo questo giorno. Stavo tranquillamente giocando con mia madre quando Brian ha cominciato ad insultarla.

«Leana!» mia madre si gira verso la voce ed abbassa il capo. Brian sta correndo verso di lei e Michelle sta cercando di trattenerlo. Quando raggiungono il piccolo me e mia madre, Brian la guarda con odio e io mi nascondo dietro mia madre.

«Guarda un po’ chi è tornata, la puttana.» mamma abbassa ancora di più lo sguardo ed il piccolo me si nasconde ancora di più dietro alla sua gamba.

«Non dici niente Leana?» Scoppia a ridere. «Puttana. È colpa tua se James è morto. Dove cazzo eri? Dove cazzo eri quando è morto? Puttana!» Michelle gli tira un braccio tentando di calmarlo e fa un passo verso il piccolo me, che scoppia a piangere vedendo i suoi capelli biondi. Cade a terra seduto e si mette le manine davanti al viso.

«No maestra, no dal preside.» piagnucola tra i singhiozzi. Mia madre si gira di scatto e lo prende in braccio, cullandolo.

«Shane, non c’è la maestra. Tesoro non devi andare da nessuna parte. Shane ci sono qui io, tesoro. Non vai da nessuna parte.» pian piano il bambino smette di piangere e nasconde il viso sul petto della donna. Brian sogghigna e poi scoppia a ridere.

«Puttana. Questa è la conferma che hai tradito Jimmy. Non mi ha mai detto che aspettava un figlio.» la mamma abbassa il capo e bacia il piccolo me sulla fronte.

«Tesoro. Ti va di conoscere un amico del tuo papà?» il piccolo me annuisce e la mamma gli toglie il cappellino lasciando liberi i riccioli biondi. Brian aggrotta le sopracciglia.

«Dai Shane, girati.» il piccolo me si gira e punta gli occhi su Brian che sbianca.

«Ha gli occhi di Jimmy.» sussurra Michelle sorpresa. Il piccolo me punta gli occhi su di lei e subito i suoi occhi si riempiono di lacrime.

«Shane, non è la maestra.» ma il piccolo me imperterrito nasconde il viso sul petto della madre e scoppia piangere.

«Chi è questa maestra?» chiede Michelle. Si è subito interessata al piccolo me. Istinto materno, forse.

«Era una donna bionda che all’asilo..» la sua voce si incrina e Michelle annuisce. Sorride a mia madre e si allontana sulla spiaggia. Brian è ancora immobile mentre gli altri ragazzi ci hanno raggiunto. Matt sorride a Leana e scompiglia i capelli del piccolo me.

«Quindi lui è Shane. Mi sono sempre chiesto come fosse. È uguale a lui.» Leana annuisce e un paio di lacrime scendono dai suoi occhi. Zacky le si avvicina e la stringe a se.

«Come stai?» Abbassa il capo e non risponde.

«Lea..» sospira ed alza lo sguardo velato di lacrime.

«Qualcuno di voi deve adottare Shane.» Brian scoppia a ridere.

«Perché dovremmo?» Leana sospira.

«Perché è il figlio di James ed io sto morendo.»

«Bella battuta. Io non adotto un bastardo.» Matt sospira.

«James non ti ha detto nulla perché voleva farti una sorpresa. Dovevi essere il suo padrino.» lui aggrotta la fronte.

«Come fate a saperlo?» loro sorridono grattandosi il capo.

«Ricordi il suo compleanno quando noi tre siamo entrati senza bussare? Beh, aveva un test di gravidanza in mano.» Brian sospira.

«Perché non me lo ha detto?» Leana abbassa il capo.

«Perché ho il cancro, da quattro anni.» Brian la guarda basito.

«Avrei dovuto cominciare la chemioterapia ma abbiamo scelto di tenere il bambino. Non sapevamo se saremmo sopravvissuti. Volevamo essere sicuri.» i ragazzi abbassano il capo.

«Quanto hai?» Matt li fa tornare tutti alla realtà ed io mi rendo conto di stare piangendo. James mi poggia una mano sulla spalla.

«Un mese. Dovete decidere chi deve adottarlo.»

Tutto diventa bianco. James mi poggia ancora una mano sulla spalla.

«Shane, stai bene?» io annuisco.

«è ancora più brutto guardare le cose dall’esterno.» lui annuisce.

«Lo so, ma ora devo farti vedere altre cose.» io lo guardo e sospiro.

Tutto torna a colori ed io mi rendo conto di essere nel salotto di casa. Brian e Michelle sono seduti sul divano e Brian sta piangendo.

«Non lo voglio qui.» io sento una lama nel cuore. Mi ha sempre detto che voleva avermi in giro per casa, ma mi ha mentito. Per l’ennesima volta.

«Jimmy avrebbe voluto che lo adottassi tu.» Brian ride.

«Jimmy è morto. Non puoi sapere quello che avrebbe voluto.» Michelle si alza e scuote il capo.

«Smettila di fare il bambino. È suo figlio e tra poco meno di un mese sarà orfano. Vuoi lasciarlo da solo?»

«Ci sono gli altri.»

«Brian smettila! Hai sempre detto che Jimmy era tuo fratello ed ora non vuoi adottare tuo nipote?» Brian scuote il capo.

«è diverso.»

«No Brian. Non è diverso! Di che cosa hai paura?» Brian abbassa il capo.

«Io non ho paura. E di sicuro non è suo figlio. Leana è solo una puttana.» Michelle gli si avvicina e gli tira uno schiaffo.

«Li hai visti gli occhi del bambino. Sono gli occhi di James. Chiamami quando vorrai parlare con tua moglie di cosa hai paura.» Michelle raccoglie la sua borsa e fa per uscire quando Brian sussurra una frase che la ferma sulla porta e lascia di stucco me.

«è dei suoi occhi che ho paura. Ho paura degli occhi di James.» Mich appoggia la borsa a terra e si avvicina a lui.

«Brian, Jimmy non c’è più. Shane ha gli occhi di suo padre, è vero, ma dietro di essi c’è un bambino che ha solo bisogno di affetto.» Brian abbassa il capo.

«Non riuscirò ad essere un padre. Io non sono tagliato per fare il padre.»

«Che cosa ne sai? Non hai mai provato.» Michelle gli sorride ma Brian scuote il capo.

«Io lo odio già. Lui è uguale a Jimmy ma non è Jimmy. Non voglio vederlo crescere e assomigliare sempre di più a lui. Non voglio vederlo dietro ad una batteria a suonare le canzoni di Jimmy, perché mi illuderà di averlo ancora qui. Io non voglio vederlo più.» Michelle lo bacia e gli sfiora la fronte.

«Gli altri non vogliono tenerlo. Nessuno lo vuole prendere.» Brian storce il naso.

«è un bambino, non è un cane.» Michelle gli sorride e Brian sospira.

«Non voglio lasciare il ricordo di Jimmy.» Michelle gli sorride.

«Non lo lascerai andare. Racconterai di Jimmy a suo figlio.» lui sospira.

«Non ti assicuro nulla Mich.» lei sorride e lo bacia. Lui non mi voleva. Lui non mi voleva con loro. James fissa Brian prima che tutto torni bianco.

«Lui non mi voleva.» James sospira.

«Aveva paura.» io abbasso il capo.

«Avevo bisogno solo di qualcuno che mi amasse.» James annuisce.

«Lo so. Ma aspetta a giudicarlo.» io alzo un sopracciglio e tutto torna a colori.  

n.d.a.
Haloa gente!! ci si risente, oltre ai miei soliti saluti dementi sono veramente felice che voi continuate a leggere e mi sembra doveroso ringraziare chi ha messo questa storia tra le preferite e le seguite, grazie mille. soprattutto a chi ha recensito, mi ha fatto veramente piacere. alloooraaa... oltre al fatto che mi sento cattiva non ho altro da dire, spero che continui a piacervi e ci vediamo al prossimo capitolooo!!
Drakness Raven

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Siamo al cimitero di Huntington Beach. Michelle con i capelli neri mi tiene per mano e mi fa appoggiare delle rose nere sulle tombe dei miei genitori. Mi accarezza il capo e mi sorride.

«Andiamo a casa.» il piccolo me annuisce e guarda Michelle con gli occhi adoranti.

«Oggi zio Bri torna a casa?» mi ricordo questo giorno. Avevo da poco compiuto quattro anni e Brian non tornava a casa da giorni.

«Non lo so, Shane. Zio Bri non sta tanto bene.» il piccolo me annuisce e continua a camminare in silenzio al fianco di Michelle. Passano solo pochi istanti ed il piccolo me torna a parlare.

«Ma torna, vero?» Michelle sospira.

«Cosa vuoi dire?» il piccolo me abbassa lo sguardo.

«Non va da papà, vero?» Michelle si ferma e si inginocchia davanti a lui.

«Shane, che cosa te lo fa pensare?» il piccolo me abbassa ancora di più il capo e biascica qualcosa di incomprensibile.

«Shane, non ho capito.»

«Lui vuole tanto bene a papà, ma non voglio che mi lascia solo perché io voglio chiamarlo papà.» sta piangendo. Michelle gli sorride e lo stringe al petto.

«Puoi chiamarlo come vuoi, Shane.» il piccolo me annuisce e Michelle gli asciuga le lacrime, sorridendo.

 

I colori cambiano e ci ritroviamo nel salotto di casa Haner. Il piccolo me sta disegnando sul tappeto. La porta si apre e Brian appare sulla porta. il piccolo me si alza in piedi e stringe il disegno al petto. Michelle gli sorride ed il piccolo me si avvicina a Brian e gli tende il disegno. Brian gli sorride e lo prende sgranando gli occhi. Su un angolo del foglio ci sono due angeli e Brian deduce che siano James e Leana, mentre al centro del foglio ci sono loro. Brian e Michelle stanno sorridendo tenendo per mano uno Shane che sorride solare. In realtà Brian non lo ha mai visto sorridere così. Sorride al piccolo me e gli scompiglia i capelli.

«è un bel disegno.» il piccolo me annuisce e fa una piccola smorfia.

«Mi aiuti a finirlo?» Brian lo guarda sorpreso. Non lo aveva mai richiesto nei suoi giochi. Annuisce e si sdraia sul tappeto con lui. Il piccolo me gli porge un pennarello azzurro e gli indica il disegno.

«Scrivi mamma e papà.» Brian annuisce e di fianco ai due angeli scrive le parole richieste dal bambino. Il piccolo me scuote il capo e sorride.

«No, non quella mamma e quel papà.» Brian aggrotta la fronte ed il bambino si torce le mani in grembo. Sembra terrorizzato.

«Shane, cosa c’è?» il bambino abbassa il capo e prende un respiro enorme.

«Possochiamartipapà?perchèseicomeunpapàetivogliobenecomeaunpapà.» Brian spalanca gli occhi e prende le manine del piccolo me tra le sue. Questo non me lo ricordavo.

«Shane, prendi un respiro e ripeti da capo che non ho capito.» il bambino abbassa ancora di più lo sguardo e prende un respiro enorme.

«Posso chiamarti papà? Perché sei come un papà e ti voglio bene come a un papà.» abbassa ancora di più lo sguardo ed aspetta una risposta di Brian che lo guarda con la bocca spalancata. Si riprende solo dopo un paio di minuti ma il piccolo me ha già le lacrime agli occhi. Brian gli fa alzare il viso ed un lacrimone esce dagli occhi del bambino.

«Puoi chiamarmi come vuoi Shane.» lo tira in braccio e gli bacia la fronte. «E ti voglio bene anche io.» il piccolo me lo guarda adorante e gli stringe le braccia al collo facendo sprofondare la faccia nel suo petto. Brian culla il piccolo me con uno sguardo da ebete, sta sorridendo. Dopo molti minuti il piccolo me si stacca e corre a riprendere il disegno ed un pennarello. Si siede davanti a Brian e tira due frecce dalle parole mamma e papà verso i disegni che rappresentano la famiglia Haner. Brian gli accarezza la testa e gli sorride.

«Shane, però non devi dimenticare papà James e mamma Lea. Anche loro ti vogliono bene.» il piccolo me annuisce convinto ma poi si gira sorridendo verso Brian.

«Però loro sono in cielo e non possono tornare, gli voglio bene, ma voglio tanto bene anche a voi. Vi voglio bene uguale.» Brian annuisce e sorride ancora.

«Sono felice di fare il tuo papà.» il piccolo me si arrampica sulle sue gambe e Brian è ancora più sorpreso, non era mai stato così espansivo con lui.

«Tu non fai il mio papà, tu sei il mio papà.» Michelle scoppia a ridere e Brian la segue.

 

Tutto torna bianco e James mi sorride ancora.

«Ti voleva bene e te ne vuole ancora. Aveva paura ma ora non ne ha più.» io lo guardo e sospiro.

«Allora che cosa ha cambiato le cose?» James mi guarda basito.

«Non te lo ricordi? Sei stato tu.» io spalanco gli occhi.

Tutto comincia a ruotare e torna a colori. È notte e sono nella mia camera. Nell’altra stanza sento Michelle e Brian urlare.

«Ha picchiato un bambino Michelle! Non puoi sempre difenderlo!»

«Lo so Brian, ma avrà avuto i suoi motivi, solo cerchiamo di capirli.»

«Potevo capire se quel bambino lo avesse insultato o cose del genere, ma gli ha solo detto che erano all’asilo insieme!»

«Brian, sai cosa gli è successo in quell’asilo di merda. È ovvio che abbia reagito.»

«Era un suo coetaneo, non la sua maestra!»

«Lo so, Bri. Forse glielo ha ricordato.»

«Forse quello che ha passato l’ha reso cattivo verso il suo passato.»

«Cattivo è una parola grossa Brian.» un urlo dalla stanza del piccolo me li fa sobbalzare e corrono entrambi nella sua stanza. Il piccolo me ha già 9 anni ma ha bagnato il letto ed è seduto con gli occhi spalancati.

«Shane, che è successo?» a sentire la voce maschile di Brian il piccolo me urla ancora di più, e si spinge verso la testiera del letto, allontanandosi dalle braccia di Brian.

«No, via, via. Va via.» gli occhi Brian si scuriscono, feriti. Sento distintamente il suo cuore perdere un battito ed una lama puntarsi dentro di lui. Michelle si avvicina al piccolo me e tende le braccia verso di lui ma anche questa volta si scansa.

«No maestra, no.» Michelle sospira e comincia cantare una ninna nanna. Lentamente il piccolo me si calma e Brian si tranquillizza. Tende una mano verso Shane sorridendo ma il bambino si sposta ancora.

«No, vai via.» Brian lascia cadere il braccio e si alza. La testa bassa ed un’altra lama conficcata nel petto. Esce dalla porta e scende in cucina dove prende una bottiglia di jack daniel’s e comincia a bere. Al piano di sopra il piccolo me sta ancora tremando ed è accucciato sul cuscino. Michelle sta ancora cantando ma gli occhi del bambino sono persi nel vuoto.

«Io non sono cattivo.» la donna scosse il capo.

«No, non lo sei.» tende le braccia verso di lui ed il piccolo me si rifugia tra le sue braccia. Michelle comincia ad accarezzargli i capelli e lentamente il bambino smette di tremare.

«Shane, perché hai picchiato quel bambino?» il piccolo me scuote il capo.

«Non lo so. Avevo paura di lui.»

«Perché?» il bambino alza le spalle.

«Non lo so.» Michelle continua ad accarezzargli il capo. «Che cosa hai sognato?» il bambino scuote la testa.

«Non me lo ricordo.» al piano di sotto un rumore di vetri infranti fece sobbalzare il bambino che coprì la macchia sul materasso col lenzuolo.

«Papà mi odia, vero?»  

n.d.a.
eccomi ancora qui a rompere gli zebedei. Mi eclisso subito sperando che il capitolo vi sia piaciuto. Spero di sapere che cosa ne pensate, ma forse non otterrò risposta. Vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo.
Drakness Raven
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Tutto torna bianco ed io scuoto la testa con forza.

«Che cosa avevi sognato?» io abbasso la testa.

«Il mio passato. Ho sognato le punizioni dell’asilo.» abbasso ancora di più il capo.

«L’ho allontanato solo per non fargli vedere la macchia sul materasso, per non farlo vergognare, ma ho solo fatto casini.» James annuisce.

«Ora guarda.» i colori tornano e ci ritroviamo in cucina. Brian è a terra e piange. La mano piena di schegge di vetro. Michelle lo raggiunge e lo guarda. Non è ubriaco ma non solo la bottiglia è in pezzi.

«Brian..»

«Ha paura di me.» Michelle gli si avvicina.

«Brian..» lui scuote il capo.

«Ha paura di me.» Michelle gli si avvicina.

«Non ha paura di te, ma del bambino che ha picchiato.» Brian aggrotta la fronte.

«Non si ricorda nulla di quello che è successo anni fa. Eppure la paura è rimasta viva. Stava sognando qualcosa di quei giorni e forse la tua voce è arrivata nel momento meno opportuno.» Brian sospira.

«Che cosa devo fare?» lei scuote il capo.

«Non lo so. Ha paura che tu lo odi. Ora sta dormendo.» Brian annuisce.

«Salutalo. Tra un paio d’ore parto.» Michelle scuote il capo.

«Devi farlo tu.» Brian scuote il capo.

«Non ce la faccio.» si alza e prende le valige.

«Brian..» lui scuote il capo e la bacia.

«Ti amo» Michelle sorride sulle sue labbra.

«Anche io.» lui sorride tristemente ed esce. La spaccatura tra me e Brian era appena stata aperta.

 

I colori cambiano. Il piccolo me si alza dal letto e scende in cucina correndo. Vuole salutare Brian prima che parta per il tour. Quando arriva in cucina, però, c’è solo Damon, suo fratello e Michelle che prepara la colazione. Il sorriso sul suo viso si spegne ed il suo piccolo cuore si spezza, nella mente un solo pensiero: Papà mi odia.

 

Quella sera Shane non salutò Brian al telefono e Brian i giorni seguenti non chiese di lui. Entrambi convinti che l’altro lo odiasse.

 

I colori cambiano e mi rendo conto di essere a scuola. Ho 14 ed ho appena scatenato una rissa. Ho una maglietta dei Sevenfold sporca di pittura e la faccia incazzata. Sono anni che io e Brian parliamo solo a monosillabi. Il preside ci raggiunge e ci fa entrare in presidenza. Non lo ascolto mentre mi sgrida. Sento la porta aprirsi e mio padre entrare. Lo sguardo deluso.

«Sono stanco signor Haner. Ho deciso di espellerlo.» Brian annuisce e fa cenno al giovane me di uscire. Arrivati a casa Brian scuote il capo.

«Mi hai deluso Shane. Credevo in te. Ora va in camera tua e restaci. Non voglio vederti per la prossima settimana.» il me del passato abbassa la testa e fa un passo verso di lui.

«Papà..» Brian scuote la mano.

«In camera tua ho detto. Non voglio essere il padre di un teppista.» il ragazzo abbassa di colpo lo sguardo e sale scale. Un sorriso triste sulle labbra. Se quello era l’unico modo per parlare con Brian lo avrebbe fatto più spesso.

 

«Hai esagerato Brian.» lui scuote il capo.

«Deve capire dove sbaglia.» Michelle sospira e culla Eclipse di quattro anni tra le braccia.

 

«Hai esagerato Shane. La seconda scuola che ti espelle in un solo anno. La decima rissa. Mi hai deluso, ragazzo. Va via. Non voglio vederti per un po’.» il ragazzo sale le scale, la testa bassa ed un triste sorriso sul volto.

 

Brian piange in bagno e Michelle lo abbraccia.

«Mich, che cosa è cambiato? Ti ricordi quando mi ha chiesto di chiamarmi papà? Era felice.. che cosa è cambiato?» un urlo li fa sobbalzare è Damon che entra di corsa in bagno.

«Papà, Shane è chiuso in bagno ed esce acqua rossa!» Brian alza di scatto la testa e corre fuori. Tenta di aprire la porta del bagno ma quella è chiusa a chiave. Comincia a prenderla a spallate fino a quando la serratura cede. Il bagno è inondato di acqua rossa e nella vasca da bagno ci sono io, svenuto. I polsi tagliati. Brian spalanca gli occhi e continua piangere. Mi tira fuori dall’acqua e mi stringe al petto. Michelle prende degli asciugamani e me li preme sui polsi. Lentamente il sangue si ferma ma non smettono di piangere. Sulla porta Damon ed Eclipse piangono anche loro. Non sapevo mi avessero visto. Mi volto verso il me del passato e lo vedo muovere le palpebre. Brian sospira e poggia la mano destra a terra dove si stringe su un foglio di carta.

«I want to leave how I’m arrive, so alive. I wouldn’t struggle on in a world so wrong, in a world so cold. I’m not running away been fighting it so long, such a price that we pay we got to be so strong, in a lie. Scusa se non sono abbastanza.» Brian stringe tra la mano il foglietto e passa una mano tra i miei capelli.

«Shane, tu sei più che abbastanza.» io abbasso il capo e James mi abbraccia. Sto piangendo. Se lo avessi saputo non avrei fatto quello che ho fatto dopo.

 

Il giorno dopo il me del passato si sveglia sul letto di camera sua e si passa una mano sui capelli. Sente i polsi che gli fanno male e li vede bendati. Non c’è riuscito. Scende per fare colazione e trova Brian che beve del caffè in silenzio e Michelle che piange. Brian alza lo sguardo verso di lui e vede gli occhi spenti di Brian.

«Siediti.» il ragazzo esegue in silenzio.

«Perché?» una semplice domanda che fa abbassare il volto del me del passato.

«Shane è una sola domanda, rispondi almeno a questa.» il ragazzo abbassa il capo ma non risponde.

Brian poggia di colpo la tazza sul tavolo facendolo sobbalzare

«Shane, cazzo! Sono tuo padre, ed esigo delle risposte!» Shane alza lo sguardo ferito.

«Tu non sei mio padre! I padri non odiano i figli!» si alza di scatto dalla sedia e corre in camera. Brian ha la bocca spalancata sconvolto.

«Ma io non lo odio..» Michelle continua a piangere.

 

Terza scuola, quindicesima rissa. Brian è a scuola e parla col preside ho 15 anni.

«Sembra strano che sia suo figlio signor Haner. Voi siete così educato.» lui alza le spalle.

«L’ho adottato.» ricordo quel giorno. Il mondo mi è crollato addosso. Preferiva dire che non ero suo figlio, preferiva non vergognarsi di me. Preferiva non parlarmi per giorni, da una rissa all’altra. E io che menavo la gente che lo insultava.

A casa, Brian indica la stanza del ragazzo senza parlare. Il me del passato sale le scale e si chiude dentro. Apre un cassetto e prende delle pillole avvolte nella carta. Prende una bottiglietta d’acqua e le ingolla tutte insieme. Si siede a terra e aspetta. Dopo due ore è mezzo svenuto sul pavimento ed ha i conati di vomito ma non vuole vomitare. Brian bussa alla porta ma non risponde. Cerca di aprire la porta ma è chiusa a chiave. Brian sbianca. «Non ancora» sussurra.  

n.d.a.
Hola Gente! 
Stiamo arrivando alla fine, e vedo che continuate a leggere in tanti :) Sono felicissima che continui a piacervi. Mancano solo pochi capitoli e poi dovremo lasciare Shane al suo destino. ringrazio chi ha recensito fino ad ad ora, e please, mi fareste sapere cosa e pensate? Grazie mille anche solo se siete dei lettori silenziosi.
Alla prossima.
Darkness Raven

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Il me del passato comincia a gemere il mal di stomaco è insopportabile. Brian riesce a sfondare la porta e lo vede sdraiato a terra.

«Shane, che cosa hai preso?» ha già capito. Shane chiude gli occhi e scuote la testa stringendo la bocca. Brian lo tira su di peso e lo porta in bagno. Lo prende per le guance e lo fa sporgere sul gabinetto.

«Vomita.» Shane stringe gli occhi.

«Vomita.» Brian riesce ad aprirgli la bocca ed il ragazzo viene scosso dai conati di vomito. Dopo un paio di minuti il ragazzo non ha più nulla nello stomaco e scoppia a piangere.

«Perché non mi lasci morire? Mi odi fino a questo punto?» Brian lo stringe al petto.

«Shane io..» il ragazzo cerca di liberarsi.

«Lasciami andare! Voglio andare da mio padre non voglio rimanere qui! Mi odiano tutti! Meglio morire che rimanere in questo mondo di merda. Voglio morire..» Brian comincia a piangere e lo stringe più forte al petto.

«Io non sono abbastanza Shane?» il ragazzo riesce a liberarsi e barcolla fino in camera seguito da Brian

«Tu mi odi, perché dovrei tenere a te?» sospira e collassa sul letto. Brian chiama un medico e si siede accanto a lui.

«Io non ti odio Shane. Come posso fartelo capire?»

 

Tutto torna bianco e James mi si avvicina.

«Basta, ho capito.» lui scuote il capo.

«Non posso fermare tutto questo. Devi continuare a vedere.» i colori tornano e mi rendo conto di trovarmi in un vicolo. Abbasso il capo. Non voglio vedere. Sul selciato ci sono io, fatto come una mina. Micael arriva correndo e tenta di alzarmi. Mi prende a schiaffi ma io non mi sveglio. Prende il cellulare e chiama il 911.

«Pronto! Sono nel vicolo dietro alle superiori di Huntington Beach! Il mio amico è in overdose! Aiuto!» chiudo gli occhi. E comincio a piangere. I colori cambiano. Sono in ospedale sdraiato nel letto. Brian dorme con la testa sul materasso. Io mi sveglio e lo sveglio.

«Vattene, ti odio.»

 

Gli ultimi mesi mi passano velocemente davanti agli occhi fino all’ultima nostra litigata.

«Tu non sei mio padre! Tu non sei nessuno per me!» vedo il suo sguardo ferito ed ho una voglia matta di abbracciarlo, dirgli che gli voglio bene e che non lo odio. I colori diventano bianchi ma sembrano più vivi, James mi sorride ed annuisce. Ora siamo ancora in ospedale, nella stessa stanza. Il mio corpo è sdraiato sul letto e Brian dorme, con il capo appoggiato al letto, stringendo la mia mano. Gli sfioro il viso e mi accovaccio accanto a lui.

«Da quanto sono qui?» James sospira.

«Due settimane. Ti hanno conciato veramente male.» mi abbasso e guardo Brian. Ha un occhio leggermente gonfio ed il labbro spaccato.

«Che cosa si è fatto?» James mi stringe le spalle.

«Ha massacrato di botte Stevens ed i suoi amici insieme agli altri Sevenfold. River per una volta ha fatto la cosa giusta. Ha chiamato Bri dicendogli che eri stato riammesso e che ti stavano pestando e tu non rispondevi.» sorrido. Non pensavo che River potesse avere sale in zucca. La porta si apre e gli altri Sevenfold entrano nella stanza. Zacky stringe le spalle di Brian e lui alza la testa. Gli occhi bagnati di lacrime.

«Come sta?» Brian abbassa il capo e comincia a piangere.

«Bri..» lui alza le spalle e stringe la mia mano.

«I medici dicono che non ha voglia di vivere. Il suo cuore è troppo debole. Dicono che forse non supererà la notte.» i ragazzi spalancano la bocce e lo stesso faccio io. Sto morendo ma questa cosa ora non mi soddisfa. Voglio andare da Brian, abbracciarlo e dirgli che gli voglio bene. Ho tante cose da farmi perdonare.

«Papà, come faccio a tornare a vivere?» James mi sorride e mi stringe in un abbraccio.

«Non badare a quello che dicono gli altri, io sono sempre stato fiero di te. Lo sarò sempre.» lo sento lentamente svanire tra le mie braccio e trattengo le lacrime.

«Ti voglio bene, papà.» lui mi bacia la fronte e scompare mentre io mi sento risucchiare dal mio stesso corpo. Sento finalmente il mio corpo solido e sento la frequenza del battito aumentare. Brian mi stringe la mano e tento di aprire gli occhi. Devo dirgli tante di quelle cose.

«Brian, si sta svegliando!» la voce di zio Zacky è sorpresa, e mio padre mi stringe ancora di più la mano. Gliela stringo e lui comincia a chiamarmi.

«Shane, Shane apri gli occhi ti prego.» i colori tornano al loro posto e vedo mio padre con gli occhi lucidi davanti al mio viso. Nel profondo degli occhi la paura che lo allontanassi di nuovo. Sorrido.

«Ciao papà.» lui mi abbraccia ed io sorrido dolorante. Riesco ad abbracciarlo a mia volta stando ben attento ai miei movimenti.

«Scusa.» lui si allontana e mi guarda sorpreso. Mi passo la lingua sulle labbra per inumidirle, mi fanno male.

«Per cosa, Shane? Non è stata colpa tua questa volta.» annuisco.

«Per tutto quello che ho sbagliato, per quella volta che avevo nove anni, per tutte le volte che ho provato ad andarmene. Non credevo che ti sarebbe importato. Credevo tu mi odiassi.» lui mi scompiglia i capelli lentamente.

«Non pensiamoci più, okay?» annuisco e mi lascio stringere da lui. Finalmente siamo riusciti a fare un discorso senza insultarci.

«Comunque mi hai profondamente deluso.» abbasso di colpo la testa, che ho fatto adesso?

«Da quanto non suoni?» io alzo la testa di colpo. Ma che cazzo? «e tu saresti un batterista?» io rido e scuoto la testa.

«Senti vaffanculo.» lui scoppia a ridere ed io lo seguo. Finalmente siamo riusciti a parlare, dopo anni siamo tornati a parlarci.

n.d. 
Bene, ci avvicniamo sempre di più alla fine. Shane sta bene ed è finalmente riuscito a parlare con Brian.Non me la sentivo di dargli una brutta fine, non sono ancora così cattiva. Beh, non ho nient'altro da dire se  non grazie infinite per avermi seguito fin qui e ci vediamo al prossimo capitolo :)
 

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Capitolo 11
*** Epilogo ***


Sono passati anni da quel giorno. Sono passati anni ed io non sono diventato un figlio modello. Non lo sono mai stato e mai lo sarò. Sto muovendo le bacchette ad un ritmo immaginario per tranquillizzarmi. Sono arrivato al mio traguardo. River mi batte una mano sulla spalla sorridendomi. Siamo diventati sempre più uniti con il passare del tempo e con il passare degli anni abbiamo fondato una band i Children of Blood. Non avevamo mai raggiunto il successo fino all'anno scorso. Il produttore di un'etichetta poco famosa è passato nel locale dove suonavamo e ci propose un contratto. Accettammo senza pensarci e dopo un anno come band d'apertura avevamo il nostro primo, vero, concerto. Sono agitato. Suoneremo per la prima volta davanti ad un pubblico che aspetta soltanto noi. È un sogno che si realizza. Le luci si accendo ed io corro fuori, il chiodo di pelle di mio padre sul torso nudo. Sono uguale a lui, anche se ho deciso di non tingere i capelli di nero. Siedo alla batteria e do il ritmo per cominciare con la prima canzone.

Il concerto va a gonfie vele. Non sono mai stato così felice. Guarda papà, sono riuscito ad imparare a vivere. È il tempo dell'ultima canzone. Do il tempo ed il chitarrista comincia ad arpeggiare mentre River canta con la sua voce nasale, così simile al padre.

 

I tried to die

I tried with all my might

that was not my destiny

that was not what

you had in mind for me

 

I'm sorry

but I'm not enough

to match your ghost

your memory crushed me

I'm not a child model

but I'm your only son

 

a journey into the past

a ghost as guide

a father never know

as a presenter of the show

 

dark days, lighted by a smiled

the smile of my father died

the hurt of a death

that you have to live with

 

the truth came to me

like a kick to the knee

I've tried to died

but I wanted to live

 

a journey into the past

a ghost as guide

a father never know

as a presenter of the show

 

this journey was my revelation

mi life is just a competition

I have to run for end the race

and in the end for rest in pace

 

and I released that I loved you

and all that I want is only an hug

and when I was young I was so bored

a drum to match a god, that was the thing I ever wanted.

 

Alzo le bacchette e guardo dietro le quinte. Brian e gli altri Sevenfold stanno saltando felici. Brian mi sorride e alza un pollice. “Sono fiero di te”, leggo il suo labiale e sorrido. Alzo lo sguardo al cielo sorridendo felice.. Guardami papà, sono diventato ciò che ho sempre desiderato. Guardami e sii fiero. 

n.d.a.
Ebbe eccoci qui. Siamo giunti alla fine. Spero vi sia piaciuta e mi augurò che in qualche modo me lo facciate sapere. Ringrazio chi ha seguito e chi ha messo tra le preferite e sopratutto chi  ha recensito.Grazie mille!
Bhe, a questo punto ci vediamo alla prossima!! :)
Darkness Raven

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