High School Games

di MM_White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 C'è un nuovo Preside all'High School ***
Capitolo 2: *** 2 Un grandioso progetto annuale ***
Capitolo 3: *** 3 Il Club degli Sfigati ***
Capitolo 4: *** 4 Cinna ed io siamo solo cugini ***
Capitolo 5: *** 5 La sfigata di fuoco ***
Capitolo 6: *** 6 Forse Peeta mi ama ***
Capitolo 7: *** 7. Bello, piacevole, ma strano. ***
Capitolo 8: *** 8. Mente batte cuore - Sulla roccia che sporge nel vuoto ***
Capitolo 9: *** 9 Lei non lo sa ancora. ***
Capitolo 10: *** 10 I baci sono piccoli disastri ***
Capitolo 11: *** 11 Il tempo che è passato ***



Capitolo 1
*** 1 C'è un nuovo Preside all'High School ***


Prima FF in questa sezione. Ci entro in punta di piedi...
Mi sono innamorata della trilogia (che ho letto in quattro giorni), della trasposizione cinematografica, degli attori che interpretano i personaggi...
Spero quindi di non deludere le vostre aspettative e soprattutto le mie.
- emmEmme


 
 

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Capitolo 1
C'è un nuovo Preside all'High School



 


Quando mi sveglio, l'altro lato del letto è freddo. Oggi è il primo giorno di scuole medie di Prim. Di solito dormiamo insieme, si sta un pò stretti ma adoro il calore del suo corpo e il profumo di shampoo dei suoi capelli biondi. Adoro mia sorella in generale. La terrei stretta a me l'intera giornata, l'intera vita se fosse possibile e il fatto che oggi inizi il liceo mi fa un pò paura. Certo, frequentando lo stesso istituto* potrei tenerla sotto controllo per quasi tutta la giornata, ma il liceo per me ha un non so chè di spaventoso. E se venisse picchiata da dei bulli? Se venisse umiliata da stupide ragazze ossigenate e interamente incerettate? Se i professori la prendessero di mira? I bulli se la vedrebbero con me, per le ragazze ci dovrei pensare ma è l'ultima ipotesi quella che mi terrorizza più di tutte. Diciamo che non posso essere classicifata tra le alunne più diligenti e studiose della scuola e non voglio che le diano addosso solo perchè abbiamo lo stesso cognome. E poi non potrei sopportare che Prim si vergognasse di me.
Entro in camera da letto con gli occhi ancora assonati e la vedo lì, rannicchiata contro nostra madre. Sorrido alla vista di Ranuncolo appollaiato sui piedi nudi di mia sorella. Il gatto alza di scatto lo sguardo verso di me e mi fissa con quegli occhi grandi e allunati. Non mi sopporta, e io non sopporto lui. Gli rivolgo una smorfia - Brutto, orribile gatto. - Sussurro e poi scendo in cucina per preparare la colazione.

 

- Quant'è grande la palestra? - Mi chiede Prim.
- Non lo so, - Le rispondo, - Credo sia abbastanza grande.
- Più grande della palestra della mia scuola elementare?
- Non mi ricordo la grandezza della palestra della tua scuola elementare, Prim. - Le dico con un sorriso. Quasi saltella per l'eccitazione.
- E la medicheria è ben fornita? Hanno il paracetemolo?
- Prim...- Le dico dolcemente, cercando di interrompere il torrente di dubbi che le sgorga dalla mente. Mi fa domande sui professori, sulle aule, vuole sapere particolari a cui io non avevo mai fatto caso nonostante frequentassi l'istituto da ormai cinque anni. A proposito, ce l'hanno il paracetemolo in medicheria?
- Allora Katniss?
Quante altre domande mi aveva rivolto?
- Avrai tutto il tempo che vuoi per esplorare la scuola e conoscere i professori, Prim. - Le rispondo pazientemente. Intanto siamo arrivati davanti ai cancelli dell'edificio scolastico. Il cortile pullula di ragazzi dagli 11 ai 19 anni. Alcuni ne hanno adirittura 20 o 21. Gli alunni delle medie entrano prima dei liceali così le faccio segno di affrettarsi. Noto che trema per l'agitazione e la stringo forte a me.
- Tieni dentro la coda, paperella! – Le grido mentre si allontana.
Prim si sistema per bene la camicia nella gonna. Si volta con un sorriso e mi risponde con un «Quack!»

 

Durante l'annuale «Ricevimento di Benvenuto» in auditorium, scopro con mia grande sorpresa che quest'anno avremo un nuovo preside. Si presenta come Preside Snow, sta parlando da un'ora buona con un microfono davanti al naso e già non mi piace. E' un uomo abbastanza anziano, barba e folti capelli bianchi e statura media. Assolutamente anonimo e privo di austerità, secondo me. Ma dal modo in cui i docenti lo guardano, dal modo in cui riesce a far tremare gli alunni con una sola occhiata, capisco che in realtà negli altri incute un certo timore. Il mio presentimento che non avrò un buon rapporto con il nuovo preside viene confermato nell'arco di poche ore, quando durante la lezione di fisica mi viene riferito da Mags, la bidella, che sono desiderata in presidenza.
Mi guardano tutti con aria curiosa. Che diamine, è solo il primo giorno di scuola, datemi almeno il tempo di fare qualcosa!
In pochi minuti mi ritrovo faccia a faccia con il preside Snow che mi fa cenno di accomodarmi. Da vicino sembra ancora più vecchio. Mi siedo con la schiena dritta e le mani appoggiate sulle ginocchia, da brava scolaretta. Voglio fare bella figura, quest'anno nella mia stessa scuola c'è anche Prim. Okei in realtà voglio solo fare bella figura davanti a mia sorella. Non voglio che sappia quanto in realtà sia indisciplinata. Un giorno mi disse: «Kat, da grande voglio diventare esattamente come te» e per questo voglio che continui a vedermi forte, bella e delicata. E io voglio proprio che lei diventi esattemente così, anche se per me lo è già. Prim è migliore di me. Prim è un fiore aggraziato.
La presidenza è cambiata. Il nuovo preside l'ha fatta arredare con costosi mobili in legno di ciliegio e nell'aria si respira un profumo di rose, così forte e intenso da risultare soffocante. Le rose sono dappertutto, sugli scaffali, sulla scrivania, sulle mensole della biblioteca stracolma di voluminosi tomi.
- Signorina Everdeen...- Dice l'uomo fissandomi per alcuni secondi. Io sostengo lo sguardo e così lui, con un soppracciglio sollevato, lo abbassa per leggere distrettamente alcune righe di un fascicolo. Nella stanza si sente solo il fruscio delle pagine che vengono lentamente sfogliate.
- Mi chiedo con quale coraggio l'abbiano promossa al terzo anno. Assenze ingiustificate, ritardi, ammonimenti, risse... Da ciò che si legge qui mi ero immaginato una tipetta punk tutta piercing e tatuaggi e invece mi ritrovo davanti una bellissima ragazza dal viso dolce e genuino. Quasi non ci credo che questa cartelletta piena di annotazioni negative appartenga a lei.
Da quando un preside esterna pregiudizi sui punk? Lo lascio continuare per capire dove vuole andare a parare e mi preparo all'ennesima ramanzina sulla mia condotta. Lo vedo sollevare di nuovo il capo.
- Ma è questo sguardo truce e quasi di sfida a tradirla, signorina Everdeen. E più la guardo e più mi convinco che è esattamente lei la persona che viene descritta qui. - Dice sollevando il fascicolo. Non mi ha rivolto nessuna domanda e io non ho niente da dire. Non sono brava con le parole, per cui rimango in silenzio.
Snow si volta verso un'alta pila di fascicoli e ci appoggia in cima il mio. Dopodichè appoggia i gomiti sulla scrivania e intreccia le dita, porgendosi verso di me.
- Le dirò in breve ciò che ho detto agli altri. - Con altri si riferiva forse agli altri ragazzi come me? Quelli che hanno un fascicolo personale in cui sono state annotate tutte le bravate, i comportamenti indisciplinati, i danni alle suppellettili dell'edificio scolastico? - Io migliorerò questo posto e lo farò migliorando gli alunni peggiori. E sai perchè lo farò?
- Perchè vuole una promozione? - Azzardo con aria ironica.
- Esattamente. - Il suo tono si è inacidito e la sua onestà mi sconvolge. - E non l'avrò mai se la mia scuola è nel primato delle scuole peggiori del Nord America. Perciò da domani siete tutti controllati. Dal momento in cui mettete piede in cortile la mattina fino al suono dell'ultima campanella. Non voglio leggere neanche un'ammonizione, non una nota negativa o anche solo sentire una flebile lamentela da parte di un docente altrimenti scatta la sospensione. E subito dopo la sospensione sa cosa arriva?
- La bocciatura? - Chiedo seccata. Sta incominciando a stancarmi, forse sarrebbe stata meglio la classica ramanzina.
- No, arriva l'inferno. Non avrete neanche il tempo per respirare, vi sospenderò ogni volta che aprirete bocca e non sarà per dire: «Sì preside Snow». E poi sì, dopo potrò anche bocciarvi tutti.
- Non può farlo. - Ribatto stizzita.
- Certo che posso e dovreste incominciare ad abituarvici. Siamo intesi?
- Sì, preside Snow. - Rispondo con un sorriso di scherno. Non reagisce, sa che mi fermerò solo al tono canzonatorio e sa di avere comunque il coltello dalla parte del manico. Cerco di alzarmi ma vengo fermata da un sonoro «no».
- Non è tutto, - Continua. - Dovrà iscriversi ad un club scolastico. Quello di canto, scacchi, teatro, scelga lei quale. Per quanto mi riguarda potrebbe frequentare anche il corso di tip-tap, l'importante è che fra tre giorni lei ritorni qui e mi mostri la tessera d'iscrizione.
Sulla sua fronte rugosa riesco a leggere una scritta chiara e a caratteri cubitali «GUAI SE VIENI CACCIATA DA OGNI CLUB».
- Sì, preside Snow. - Ridico irritata.
- Adesso può andare.
- Bene – penso. Trascino rumorosamente indietro la sedia e mi dirigo verso l'uscita.
- Ah signorina Everdeen un'ultima cosa.
Mi volto con la mano ancora appoggiata sulla maniglia e con l'aria più seccata che mai.
- È per caso sua sorella Primrose Everdeen del primo anno di medie?
- Sì. - Rispondo cercando di nascondere una certa ansia. Non può vendicarsi con Prim per la mia condotta, non può.
- Come mai non è stata inserita nella sua stessa sezione?
- L'ho iscritta io ad una sezione diversa. - Ho cercato di controllare la mia voce il più possibile perchè non tremasse, perchè non scoprisse il mio unico punto debole. Ma evidentemente lo ha già scoperto perchè sta annuendo con un ghigno.
- Guarda caso proprio nella sezione in cui non insegna nessuno dei suoi docenti, signorina Everdeen. Non voleva che parlassero male della sorella maggiore proprio davanti a lei?
- Sì è così – Rispondo schietta. - Starò buona buona, così potrà avere l'ambita promozione, glielo prometto, ma lasci in pace mia sorella.
Apro la porta senza aspettare una risposta e la sbatto alle mie spalle. Mentre scivolo lentamente per terra, con la schiena aderente al muro bianco, mi ricordo perchè odio tanto il liceo.

 

*Nota: La stragrande maggioranza delle scuole statunitensi comprende nello stesso istitito sia le scuole medie inferiori che quelle superiori. Ecco la tabella di Wikipedia sui vari gradi scolastici e le età, così, giusto per curiosità. :)

Middle school

 Età

6th grade

11-12

7th grade

12-13

8th grade

13-14

High school

 

9th grade

14-15

10th grade

15-16

11th grade

16-17

12th grade

17-18

 

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Capitolo 2
*** 2 Un grandioso progetto annuale ***


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Capitolo 2
Un grandioso progetto annuale


 


 

Esco dalla doccia e mi infilo l'accappatoio. Quando mi guardo allo specchio noto che le lentiggini sembrano ancora più evidenti, con il viso arrossato per il calore dell'acqua bollente. Mi trucco un pò per nasconderle? Tanto è il primo giorno di scuola, saranno tutte truccate non andranno di certo a notare che mi sono incipriata un pò il naso... Il pensiero mi passa quando mi accorgo di essere in ritardo. Per il «Ricevimento di Benvenuto» bisogna presentarsi qualche minuto prima che suoni la campanella, per prendere posto nell'auditorium. Mi infilo i primi jeans che trovo nell'armadio, sistemo per l'ultima volta la coda rossa come il fuoco e addento un toast al formaggio. - Ciao mà, ciao pà. – Saluto di sfuggita prima di uscire.
- Ciao Finch. – Rispondono loro in coro. Mia madre di schiena alle prese con i fornelli e mio padre con la faccia tra le pagine di un grosso giornale.
In cortile, appoggiato con la schiena vicino alla staccionata di legno che separa le nostre abitazioni, c'è lui: il mio migliore amico o meglio, il ragazzo che cerco di convincermi essere solo un amico perchè in realtà lo amo. Lo amo con tutta me stessa, ma non voglio che lo sappia perchè un pò mi imbarazza e poi perchè credo che i sottili nastri che ci legano si spezzerebbero, se glielo dicessi.
Al rumore dei miei passi sulla ghiaia lui si accorge di me, si gira e mi regala un sorriso così splendente da far impallidire il caldo sole che si sta levando lentamente.
- Peeta. – Dico in un sussurro.
- Buongiorno. – Mi dice per poi incamminarsi verso il liceo.
Il suo buongiorno è più caloroso di quello dei miei genitori. E a me basta questo per iniziare una splendida giornata. Non mi importa che non mi chiami amore, non mi importa che non ci teniamo per mano, a me basta sentirlo augurarmi il buon giorno e camminare vicini. Durante il tragitto parliamo tanto e di tutto. Sono timida, ma ci conosciamo da così tanto tempo che con lui non provo nessuna vergogna a toccare qualsiasi argomento. I nostri corpi tuttavia si sfiorano raramente. Quelle poche volte in cui Peeta appoggia il braccio sulle mie spalle sento dei crampi intensi all'altezza dello stomaco. Io vivo solo per provare queste piccole sensazioni.
In auditorium ci separiamo con un cenno del capo e prendo posto tra le mie compagne di classe. Un paio di loro si stanno rifacendo il trucco, una si sta passando il lucido sulle unghie e un altro rumoroso gruppetto si scambia pettegolezzi sui nuovi ragazzi arrivati da chissà dove. Non mi degnano di uno sguardo e io sono contenta. In questo modo potrò ascoltare in santa pace i discorsi di benvenuto. Sono contenta anche perchè è iniziato un nuovo anno scolastico e io potrò camminare al fianco di Peeta ogni mattina.


- Non ho idee per il progetto del mio club, quest'anno. - Dico pensierosa con un Mikado tra le labbra e la confezione tra le gambe incrociate sul letto. Per quanto mi abbuffi di dolci la mia taglia non supera mai la 40.
- Cosa? - Mi chiede Peeta mentre si volta e lascia cadere le grosse cuffie intorno al collo.
Guardo il computer accesso alle sue spalle con un'espressione indignata.
- Dovresti studiare.
Lui alza le spalle, - bhè anche tu dovresti. - Dice e poi si rigira con le cuffie alle orecchie.
E' inutile stare qui se Peeta non ha voglia di parlare. Mi rimetto gli stivali e mi avvicino alla porta. - Ciao scemo! - Urlo prima di uscire.
Mentre scendo le scale sento la porta aprirsi e le sue mani fiondarsi intorno alla mia vita. I capelli biondi di Peeta mi solleticano il collo nudo e io sento che le gambe non riusciranno a reggere il peso di entrambi ancora a lungo. Mi ha abbracciata.
- Scusa sto lavorando anch'io per il club di musica. - Mi dice, - Vieni in camera che parliamo del tuo.
Allora mi aveva sentito. A volte mi fa davvero infuriare ma dopo quell'abbraccio non posso che dirgli di sì. Mi chiedo se lo sappia già quanto mi piace. Magari se ne è accorto e ci gioca su per farmi fare tutto ciò che desidera. Ma subito dopo mi do della stupida. Peeta non è un doppiogiochista e non sa assolutamente mentire. Per me è come un libro aperto.
Dal primo anno di liceo gestisco un club. Ogni club deve avere un fine preciso e un progetto da ultimare ogni anno. Il mio non ha nessuno di tutti e due e così mi ritrovo spesso a combattere con quei rappresentanti che minacciano di farmelo chiudere, sostenendo che occupiamo una stanza che potrebbe invece essere utile ad altri. A dire la verità il mio club ce l'ha uno scopo: riunire tutti gli sfigati della scuola. Ma non posso appendere alla porta la targhetta con scritto: «CLUB DEGLI SFIGATI. ISCRIVITI E RICEVERAI LA NOSTRA SPILLA!» come fanno gli altri club. La maggior parte degli studenti però l'ha capito e molti di questi se ne tengono alla larga. Nessuno vorrebbe aggregarsi ad un gruppo di sfigati. Ma la realtà è che, se sei davvero uno sfigato, se i bulli non fanno altro che renderti la vita un inferno e perfino i professori a volte sbagliano e ti chiamano «pallaciccia», «peldicarota» e chi più ne ha più ne metta, bhè allora avresti davvero il bisogno di sentirti meno solo, di poter condividere i propri pensieri con compagni che ti capiscono.
- Che ne dici se faceste crescere un albero? - Mi propone Peeta. Adesso è difronte a me, entrambi con le gambe incrociate sul letto.
- E' il prgetto annuale del club di botanica, - dico mentre afferro di nuovo la confezione di Mikado. - Quest'anno hanno optato per un melo.
- Ah, - dice lui pensieroso, quasi dispiaciuto di non essermi d'aiuto.
Mi propone altri progetti ma io li escludo tutti. «Troppo difficile», «assolutamente impossibile da realizzare», «troppo costoso», «Peeta ma è illegale!»
Alla fine glielo confesso. No, non che mi piace ma che ho già un progetto in mente, un progetto fantastico.
- Sarebbe? - Mi chiede imbrociato. È offeso perchè non ho preso in considerazione le sue brillanti proposte.
- È qualcosa di molto personale, non so se ne avrei il coraggio...
- Ti potrei aiutare?
- Sì, potresti.
- Di che si tratta Finch? - Mi guarda serio. Di sicuro pensa che potrei cacciarmi nei guai e ha ragione. Io mi caccio spesso nei guai. Cerco di non farmi mai notare, sono schiva e silenziosa ma quando vengo punzecchiata salto come una molla impazzita. Sono stata richiamata perfino dal nuovo preside. Non sapevo esistesse un fascicoletto con il mio nome ben in vista sulla copertina e delle annotazioni sulla mia condotta all'interno. Pensavo che ottenere il massimo dei punteggi ai test bastasse per far chiudere un occhio ai professori su qualche piccolo incidente.
- Peeta, io voglio far saltare il sistema.
Peeta strabuzza gli occhi incredulo. Lo sapevo, adesso mi crede pazza! Ecco perchè non volevo dirlo.
- Quale sistema? - Mi chiede con una certa irrequietezza.
- Quello scolastico.
- E come ci riuscirest... Anzi, no, no, no, prima voglio sapere: perchè?
Sorrido, quasi sicuramente il mio assomiglia più ad un ghigno rabbioso ma in verità sono solo eccitata e fiera di quello che sto per dire. Del mio grandioso progetto per quest'anno.
- Perchè è sbagliato, perchè è fallibile. Perchè sono stanca. - Tiro un lungo sospiro. - Ci sono troppe ingiustizie in questo sistema, Peeta. Corruzioni, ranghi sottointesi, violenze fisiche e psicologiche. Perchè la capo cheerleader deve essere bella da mozzare il fiato? Deve solo saltare cristo santo! E il quarterback deve essere scelto in base alla sua bravura in campo non in camera da letto! Perchè tutti ambiscono a sedersi al tavolo dei più popolari e Friedrich mangia da solo soltanto perchè è un NERD tedesco e nessuno lo capisce? Voglio distruggere le loro sicurezze, portargli via ciò che hanno di più caro. Io voglio invertire la situazione, voglio portare ai miei ragazzi un momento di gloria, farli sentire accettati.
Peeta mi osserva mentre gesticolo calorosamente. Non è d'accordo con me. Lo vedo nella sua espressione di rimprovero e biasimo che davvero non sopporto. Riesco perfino a capire la frase che gli frulla nel cervello: «Sei invidiosa Finch, sei arrabbiata perchè non sei come loro.»
No, io sono infuriata perchè non mi capisce neanche lui. Oh, al diavolo Peeta, al diavolo tutti! Mi alzo e lui non cerca di fermarmi. Mi volto verso Peeta con una mano appoggiata ancora sullo stipite della porta aperta.
- La scuola non dovrebbe denigrare i perdenti e innalzare chi ha la fortuna di essere attraente e brillante. Non tutti nascono con capelli biondi e occhi azzurri, non tutti riescono a portare una 38 o a parlare con disinvoltura. Ricordati che anche tu, prima di dimostrare a tutti quanto fossi forte e socievole, venivi deriso perchè ti aggiravi per i corridoi con «peldicarota».- Mi allontano lentamente sotto il suo sguardo attonito.
- Non siamo tutti coraggiosi come te.- Sussurro prima di entrare in casa mia, guardando in alto, verso la finestra chiusa del ragazzo che amo.

 

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Capitolo 3
*** 3 Il Club degli Sfigati ***


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Capitolo 3
Il Club degli Sfigati




Trovare un club entro tre giorni? Impossibile! Io non sono fatta per i club. Nei club ci si parla, ci si diverte condividendo la propria passione con altre persone. Do uno sguardo rapido ai volantini dei club appesi in bacheca. Non credevo ce ne fossero così tanti: teatro, pittura, informatica, lettura, fotografia, c'è perfino quello di tip-tap di cui parlava il preside Snow. - Credevo stesse scherzando. - Sussurro divertita. Il club di canto è categoricamente escluso. Non canto dalla morte di mio padre. Lui aveva una voce meravigliosa. Il club di botanica invece sarebbe perfetto per me, che amo le piante e trascorrere il tempo in giardino, se non fosse per il fatto che sia già al completo. Al suono della campanella mi arrendo e passo oltre, dirigendomi verso l'aula di fisica.
Entro e il professor Latier mi saluta con un breve cenno del capo. È un pò stempiato e porta un paio di occhiali tondi e neri. Tra alunni lo chiamiamo «lampadina» perchè a volte sorprende tutti con la sua genialità. Non ha l'atteggiamento altezzoso degli altri professori e per questo motivo a me sta simpatico.

Inizia a scrivere qualcosa sulla lavagna e poi interroga Mellark, seduto dietro di me. La sua voce è calda e fluente mentre risponde correttamente. A differenza di me, Mellark ci sa proprio fare con le parole. Mentre io mi tengo in disparte e parlo il meno possibile, lui è sempre al centro dell'attenzione, accerchiato da ragazzi e ragazze che ridono alle sue battute e ascoltano le sue storie. Credo sia abbastanza conosciuto qui a scuola, anche se a mensa non l'ho mai visto seduto al tavolo della gente popolare. In due anni non ci siamo mai rivolti la parola ma molto spesso mi sento osservata da lui e quando mi volto per verificare se mi stia sbagliando, lui prontamente gira lo sguardo. Per me Peeta Mellark è sempre stato un grande mistero.

 

Terminata l'ultima lezione mi dirigo di nuovo alla bacheca. Infilo una mano nella cartella ed estraggo il primo quaderno che mi capita. Stilo così una breve lista dei club che mi interessano e annoto i numeri di telefono caso mai avessi bisogno di informazioni. Nel giro di pochi minuti il corridoio è deserto e c'è un silenzio tombale. Anche in cortile non c'è più nessuno. Per quanto tempo sono rimasta davanti a quella stupida bacheca?
Prim oggi tornava a casa prima. Mi volto verso l'edificio in cui studia adesso. E' quasi interamente separato dal Liceo, in quanto si tratta di una struttura più vecchia, ma condivide alcune aree comuni come la palestra coperta, il campo da basket e la biblioteca. Proprio mentre sto guardando la facciata esterna della biblioteca, noto un gruppetto di ragazzini muoversi freneticamente in cerchio. Sento delle grida. Una rissa.

- Oh, no. - Dico quasi in un sussurro. Stanno pestando un ragazzino. - Devo tenermi lontana dalle risse. - Stanno pestando un ragazzino. - Kat, devi starne lontana. - Quando parlo in terza persona di solito il mio io interiore mi sta a sentire, ma oggi non succede. Non succede perchè tutto ciò a cui riesco a pensare è che stanno facendo del male ad un ragazzo indifeso, ad un ragazzo che quasi sicuramente ha la stessa età di mia sorella. Incomincio a correre verso il gruppetto, il respiro affannato.
- Ehi! - Gli urlo contro. - Ehi, voi finitela!
Più mi avvicino e più riesco a vedere meglio i componenti della banda di bulli. Sono tutti maschi e stanno calciando davanti a loro con violenza. Si incitano a vicenda e ridono come matti. Quando sono quasi arrivata gli urlo contro con tutto il fiato che ho in corpo. Uno di loro si gira verso di me alza un soppracciglio e poi ritorna a calciare. Quando guardo la loro vittima mi vengono le lacrime agli occhi. E' una bambina, e sta pregando loro di fermarsi. Cosa provo esattamente in questo momento? Disappunto? No. Rabbia? No, neanche. È odio. Mi fiondo sul ragazzo che mi aveva ignorato e gli assesto un pugno dietro la schiena. La mia intenzione non era fargli del male ma attirare la loro attenzione. A quanto pare ci sono riuscita, perchè quando il ragazzo si volta nuovamente verso di me, tutti gli altri si fermano.
- E tu cosa vuoi? - Mi ringhia contro minacciosamente.
- Credi di fare paura? - La mia domanda causa una fragorosa risata. - Lasciatela stare altrimenti...
- Altrimenti cosa? - Chiede muovendo un passo nella mia direzione. - Ci denunci al preside? Oh sì il nuovo preside è uno tosto, ci sospenderà sicuramente! Peccato che la nostra sospensione ci è già arrivata grazie alla ruffianata di questa qua.
Si sta riferendo alla bambina. È ancora stesa per terra con le gambe rannicchiate verso il petto e sta tremando. Quasi sicuramente avrà chiesto l'aiuto di qualcuno per qualcosa che le avevano fatto. Le avevano rubato i soldi della merenda?
- Bastardi...
- Cosa? - Chiede uno di loro. - Avete sentito tutti come ci ha chiamati?
- Per chi non avesse sentito vi ho chiamati bastardi!
Qualcuno ride. - Sei coraggiosa sai? Peccato che il coraggio non serva a far guarire le ossa fratturate. - Alza un braccio. È il doppio di me e difendermi servirà a poco. Mi preparo a ricevere un sonoro pugno. Che non arriva. Al posto del pugno sento due braccia che mi afferrano con decisione. Che cosa è successo?
- Mellark non ti intromettere! - Sento dire.
Mellark? Cosa centra Mellark? Intravedo i capelli biondi del ragazzo che mi sta abbracciando.
- No! - Dice mentre si stacca da me. I nostri occhi, vicinissimi, si osservano per un attimo. Non mi ero mai accorta che fossero azzurri. Quando si volta cerca di convincere il gruppetto a lasciarci in pace. La sua parlantina si rivela utile, perchè i ragazzi si allontano.
- Solo per questa volta Mellark. - Avvisa uno.
- E solo perchè sei il fratello di un nostro compagno. - Sbraita un altro.
Il mio primo pensiero è rivolto alla bambina. Le siedo vicino, chiedendole se stesse bene. Non riesce a parlare, ha dei lividi è qualche graffio. Mi sconvolge quanto sia piccina. La prendo tra le braccia. - È tutto okei, piccola. È tutto okei.
Mellark è in piedi davanti a noi. - Vado a chiamare qualcuno.
- Mellark! - Lo chiamo mentre si allontana. - Grazie.
Lui si gira con un sorriso – chiamami Peeta.

 

Si chiama Rue e quando la guardo rivedo mia sorella. Solo che Rue non ha fratelli o sorelle maggiori pronti a difenderla.
Quando accompagno Prim lei mi corre incontro contenta. Qualche livido è già scomparso ma ce n'è uno che non guarirà facilmente. Si trova in profondità perchè non le è stato fatto sulla pelle. Mi abbraccia e io ricambio con un sorriso. È una bambina dolcissima. I bambini dolci non dovrebbero conoscere il dolore, nessun bambino dovrebbe.

Dal giorno in cui Peeta mi ha difesa ne sono passati altri due e questo significa che è scaduto il tempo per trovare un club.
Terminata l'ora di educazione fisica mi lascio andare sotto una lunga doccia calda. Se mi è possibile aspetto che escano tutte per rimanere da sola. Che male c'è a non voler mostrare il proprio corpo nudo?
Mi prende un sussulto quando mentre afferro un asciugamano vedo una ragazza appoggiata alla parete di fronte. Mi sta osservando. Mi sta osservando nuda!
- Chi sei?
- Mi interessi.
Chiudo per bene l'asciugamano intorno al corpo, diffidente. Lei mi sorride.
- Tranquilla, posso assicurarti che le tue nudità non mi eccitano affatto. Ti stavo solo guardando come farebbe un maccellaio davanti ad un massiccio manzo.
Alzo un soppracciglio. Mi sta forse dando della grassa? Va bene, okei, non porto la 40, ma è tutta colpa dei fianchi larghi! Mi dirigo verso lo spogliatoio e la ragazza mi segue. Non l'ho mai vista prima in vita mia, che diavolo vuole da me?
- Voglio reclutarti, Katniss.
- Come sai il mio nome? - Dico mentre mi infilo velocemente slip e jeans da sotto l'asciugamano. Lei solleva le spalle con il solito sorriso.
- Sono brava con le ricerche. - Dice. Intanto mi volto e cerco di agganciarmi il reggiseno. Devo essere svelta, non c'è nessuno apparte noi qui dentro e la ragazza non mi ispira fiducia. Ma perchè il gancetto non va? Sento delle mani afferrare i lembi del reggiseno.
- E ho scoperto anche... - «click!» – Che sei alla disperata ricerca di un club. Ecco adesso è apposto.
Non mi va di ringraziarla. Per avermi agganciato il reggiseno senza permesso, tra l'altro! E poi parla in maniera troppo vaga per i miei gusti. Finisco di vestirmi ed esco alla svelta.
- Lo sai vero? Che i tempi di iscrizione possono variare dai due ai quattro giorni negli altri club...
Rallento il passo dandole il tempo di continuare. - Test di idoneità delle competenze, colloqui con il presidente del club e a trovarlo alcune volte il presidente! Specie se il club ha molti iscritti e pochi segretari. Ci vogliono ore, se non adiruttura giorni, perchè tu possa avere un tesserino riconoscitivo o anche solo uno straccetto di foglio che attesti che tu ne faccia parte, e a me non risulta che tu abbia tutto questo tempo...
Come fa questa ragazza a sapere tutte queste cose sul mio conto?
- Ma nel mio club non esistono pratiche di iscrizione perchè sono io a reclutarne i membri...
- Perchè ti interessa tanto reclutarmi?
- Perchè sei il massiccio manzo che stavo cercando per il mio grandioso progetto annuale.

 

Cammino dietro la ragazza e osservo la sua coda rossa sballonzollare da una parte all'altra. Ha una corporatura minuta, ma lo sguardo intelligente le conferisce una certa austerità. Mentre la guardo spostarsi svelta tra i corridoi mi fa venire in mente una volpe furba e dagli enormi occhioni verdi. Credo di non essermi mai avventurata in questa parte dell'istituto perchè quando ci fermiamo davanti ad una porta chiusa, sono quasi sicura di non sapere cosa ci sia all'interno. La ragazza dà quattro colpi con il pugno e la porta ci viene aperta.
La stanza è arredata sobriamente e non ci sono finestre. Niente poster attaccati qua e là o striscioni goliardici. I banchi sono stati messsi in un'unica fila vicino alla parete più lunga e le sedie ingombrano quasi completamente lo spazio centrale. A occuparle, una decina di ragazzi e ragazze. Come ci si diverte qui?

- Te li presento. - Indica il ragazzo robusto in prima fila. - Klaus.
Il ragazzo si alza goffamente. - Cicciabomba. - Dice e poi si risiede.
Poi indica una ragazza dalla pelle olivastra e i capelli scuri e ricci. - Eve.
Si alza anche la ragazza. - Fogna.
La presentazione continua così, vengono indicati, si alzano, dicono qualcosa e poi si risiedono. «Sgorbio» lo dice Jay, con un paio di occhiali rossi e l'apparecchio ai denti. «Nazzinerd» invece lo dice Friedrich, biondo, alto e con l'accento straniero. «Pignatolada» lo grida trionfante Larai, provocando una risatina generale. Abigail sussurra timidamente un «abbymorbo» a testa china e l'ultimo, Gad, si afferra un bracio con l'altra mano dicendo «gagagay».
- E poi ci sono io, Finch. Con me si sono proprio divertiti in questi anni tra «puzzadiruggine», «peldicarota» e «figliadistana». Ma il mio preferito rimane «facciadivolpe».
Mi guarda con un sorriso mentre io, sbalordita, osservo i ragazzi alle sue spalle.
- Mi dispiace, - dico scettica mentre cerco di congedarmi – ma io non ho un soprannome.
- Oh, - Dice Finch, - in questa scuola non è difficile farsene affibbiare uno. Benvenuta nel Club degli Sfigati!
Poi si gira verso gli altri membri del club e indicandomi annuncia: - Vi ho portato la nostra candidata a reginetta, ragazzi!

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Capitolo 4
*** 4 Cinna ed io siamo solo cugini ***


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Capitolo 4

Cinna ed io siamo solo cugini

 

 

Peeta non conosce ancora i dettagli ma ha accettato di aiutarmi per il mio progetto. Sono con lui quando sento suonare il campanello di casa. Và ad aprire mia madre e accoglie gli ospiti con inaspettato calore. Non ho idea di chi possano essere finchè non compaiono sulla soglia del salotto. Dietro la figura snella di mia madre c'è un uomo alto, di carnagione scura. Quando si sposta si possono scorgere altre due figure: una donna dai lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo e il loro figlio. Alto quanto il padre e con lo stesso fascino della madre.
- Guarda chi c'è qui, Finch! - Annuncia mia madre entusiasta. - Cinna!

Non riesco a parlare. Il mondo sembra essersi fermato mentre la mia mente ritorna indietro nel tempo, all'ultima volta in cui vidi Cinna. Sono passati giorni, mesi, anni. E io sono ancora Finch ma con i capelli raccolti in due treccine e tante lentiggini sul naso. Quando rido mostro tutti i denti e me ne vado in giro con una salopette di jeans, un pò consumata all'altezza delle ginocchia. Sono felice perchè ho undici anni e mi aspetta una vita piena di divertimenti, e non vedo l'ora di diventare adulta per partire da sola verso mete esotiche e lontanissime da casa. In questo ricordo c'è un ragazzo con me, un ragazzo bellissimo. E' molto più grande di me ma non mi tratta mai con aria di superiorità. Questo ragazzo è gentile e premuroso. Ci conosciamo da quando ho memoria in quanto lui è il figlio di amici di famiglia. Abbiamo condiviso cenoni di Natale e numerosi Compleanni e non so di preciso quando, ma un bel giorno io e Cinna diventammo «cugini». Mi imbarazza ammetterlo ma io sono un pò infastidita da questo legame di parentela, seppur fittizio, in quanto ne sono perdutamente infatuata e sono gelosa quando lo vedo girare per i cortili della scuola con quelle ochette delle sue compagne di classe. Quando mi avvicino però, lui le allontana tutte con un gesto, mi rivolge un sorriso e mi accompagna a casa. So che non è attratto da una ragazzina delle medie, che non uso abbastanza trucco e non ho abbastanza seno per poter attirare la sua attenzione. Incidono parecchio gli anni, in quanto anche questi non sono «abbastanza», ma mi piace fingere che provi qualcosa per me, che rimpianga di non avere la mia stessa età. Sono questi i pensieri romantici che torturano la mente di una undicenne quando una mattina, l'oggetto dei suoi desideri, si sistemò sul sedile di un'aereo e sorvolò l'Oceano. Allora non conoscevo quel lato ambizioso di Cinna. Non sapevo che dietro i suoi modi gentili si celasse un intero mondo da scoprire. Rimpiansi di non aver colto il suo vero essere, i suoi reali pensieri per fantasticare invece su pensieri sciocchi e frivoli. E adesso Cinna è di nuovo qui, nel salotto di casa mia che mi guarda con quegli occhi profondi. Scopro con piacere che non hanno perso la loro naturale gentilezza.
Quando il mondo torna a girare mi accorgo di essere diventata rossa come un peperone. Per un attimo dimentico quasi di avere accanto una persona da presentare. Da come mi fissano i genitori di Cinna e mia madre penso che forse si aspettavamo da me una reazione diversa. Che corressi tra le braccia di Cinna gridando il suo nome. Ma non ho più le treccine e una logora salopette e anche Cinna, con dieci centimetri in più di altezza e i muscoli che si intravedono da sotto la camicia nera di seta, è molto, molto più attraente di quanto ricordassi. Così mi limito a dire solo: - Peeta ti presento Cinna e i suoi genitori. - E poi, prima ancora che riuscissi a fermarmi dico anche: - Cinna e io siamo solo cugini.
Perchè? Perchè l'ho detto? Per paura che Peeta pensasse che tra me e Cinna ci possa essere qualcosa di più che un semplice legame di parentela? Non dovevo sottolinearlo. E poi non è vero, io e Cinna non siamo cugini. Peeta si presenta e Cinna lo guarda in silenzio, quasi ferito per la mia precisazione. Penserà che Peeta sia il mio ragazzo? Odio quando non ho la situazione sotto controllo, quando inzio a pormi mille domande, attanagliata dai dubbi.
Mi madre offre a tutti thè e biscotti e i genitori di Cinna rompono il ghiaccio. Loro hanno continuato a frequentare i miei genitori, ma senza Cinna le cene e le gite per me non erano più le stesse. Mia madre adesso gli chiede come ci si sente a ritornare a casa. Cinna è partito per l'Europa subito dopo il diploma per frequentare i corsi di Belle Arti a Torino, subito dopo la laurea ha iniziato a lavorare come assistente sarto per numerose aziende di moda italiane. Tutto questo per inseguire il suo sogno: diventare uno stilista affermato. Ma il rientro in America mi suggerisce che non ci sia riuscito.
Mi imbarazza non riuscire più a parlare con lui come facevamo un tempo e così per tutto il pomeriggio mi limito ad annuire con un sorriso e a distogliere lo sguardo da Cinna ogni volta che lui si gira verso di me. Mi rivolge la parola solo per accennare un breve «Ciao, Finch». E sbaglio oppure no, se penso che queste che sento nello stomaco sono delle stupide farfalle?

 

Katniss non sembra minimamente intenzionata a sostenere la causa del nostro club. Le spiego che questa scuola ha bisogno di una svolta, che vorremmo far abbassare la cresta agli studenti che si credono migliori degli altri. Insomma, le espongo tutte le legittime ragioni che mi spingono a voler vincere, con lei come nostra portavoce, la nomina di re e regina al ballo studentesco. Le ribadisco perfino che questa rappresenta l'unica sua possibilità di trovare un club entro sera, ma niente, Katniss Everdeen si rifiuta categoricamente di farci da candidata a reginetta. Ma io ho scelto lei, non accetterei nessun altro, nonostante sia stupidamente ostinata e mi faccia saltare i nervi. - E va bene - penso, - non volevo ma mi hai costretta tu!
- Katniss! - La fermo mentre si allontana. Ho il cellulare dritto davanti a me, con lo schermo verso la sua direzione. Appena si volta, riesco a scorgere la sua reazione difronte al video riprodotto dal telefono. Non ho mai visto questa espressione sul suo viso sempre impassibile. Paura? Rimorso? Panico? O magari incredulità? Già, forse non si sarebbe mai aspettata che la stavo seguendo da un pò e che l'ho ripresa mentre si opponeva a dei bulli, l'altro pomeriggio.

- Si vede benissimo che cercavo di difendere la bambina.
- Giusto. - Rispondo, - Se viene guardato per intero però. Ma con qualche taglio strategico si noterà solo il tuo pugno scagliato dritto alla schiena del ragazzo più alto. Tentativo di rissa.
- Non puoi dimostrare che sia io, - ribatte Katniss con un viso ormai pallido. - Si vede a malapena il mio viso.
- Vero anche questo. Ma quante ragazze in questo liceo hanno avuto ammonimenti per rissa? Con l'altezza ci siamo, con la treccia nera portata su una spalla anche. Si dice che il preside Snow sia molto abile a far di conto...
Il volto di Katniss si contrare in una smorfia per poi apparire rassegnato.
- E va bene, - risponde in un sussurro. - Mi candiderò a reginetta come vostra rappresentante.
Trattengo un gridolino di soddisfazione per ascoltare le sue condizioni. La prima mi sembra ovvia, vuole che cancelli il video non appena si concluderà il ballo, la seconda condizione mi lascia invece perplessa.
- Sarò io a scegliere il ragazzo che mi accompagnerò al ballo.
Alzo un soppracciglio. - Per caso è Hawthorne dell'ultimo anno?
Il mio dubbio viene confermato dal suo viso che arrossisce visibilmente.
- Bhè Katniss, mi spiace ma qui sono io ad avere il coltello dalla parte del manico dato che non mi sembra tu abbia del materiale da poter usare contro di me. Detto questo, temo di non poter accettare questa tua ultima richiesta.
- Per quale motivo?
- Per il semplice fatto che non esercito nessuna influenza sul tuo caro amico d'infanzia.
Ma perchè è così dura di comprendonio? Per fortuna che nella lista delle qualità che dovrebbe avere la mia reginetta ho incluso la sfrontatezza e il coraggio ma non l'intelligenza.
- E sentiamo allora! - Esclama Katniss roteando gli occhi. - Chi sarà il mio cavaliere tra Cicciabomba, Pignatolada e Nazzinerd?
- Il ragazzo che ti salva al minuto 2.33 – rispondo sollevando leggermente il cellulare. - Peeta Mellark.

 

Quando suona la campanella e mi dirigo trionfante in aula, felice di aver fatto partire ufficialmente il mio progetto, scopro che con la nuova presidenza sono stati sostituiti anche parecchi professori. Farfuglio quello che doveva essere un saluto al nuovo docente di arte e mi dileguo tra i banchi per poi sedermi all'ultima fila. Imbarazzata come non mai, con la testa che sprofonda in un libro, sbircio di sottecchi Cinna che spiega appoggiato alla cattedra.

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Capitolo 5
*** 5 La sfigata di fuoco ***


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Capitolo 5

La sfigata di fuoco

 

 

Cercare di non attirare l'attenzione del nuovo preside risulta più complicato del previsto. Devo presentarmi in orario alle lezioni, seguirle diligentemente senza beccarmi neanche una nota e, cosa ancor più ardua, studiare tutte le discipline! Nel mio armadietto ho attaccato una foto di Prim con un balloon che mi incita: «Dai, Kat! Ce la puoi fare!» Sorrido ogni volta che la vedo, ripetendo a me stessa che resisterò a tutto solo per lei. Ripongo i libri dell'ultima lezione e chiudo l'anta di ferro. Solo adesso mi accorgo di Finch, appoggiata con la schiena contro gli armadietti e con le braccia conserte.
- Hai incominciato ad abituarti all'idea?

- All'idea... - La guardo con aria interrogativa. - Di cosa?
- Di diventare reginetta, Katniss!
- Sei così convinta che vincerò?
Finch si stacca dagli armadietti e mi rivolge un ghigno divertito.
- No, non sono convinta che vinca tu, Katniss. - Con un cenno del capo mi indica qualcuno dietro alle mie spalle. - Ma lui!
Mi volto e mi accorgo del gruppo di ragazzi che sta attraversando il corridoio e si dirige proprio verso di noi. Sono i ragazzi più belli e popolari della scuola: i giocatori della squadra di football, il quaterback, quel ragazzo del quarto anno che posa per un giornale di moda, il rappresentante d'istituto e poi c'è anche lui, Peeta Mellark, che ride e scherza senza però risultare altezzoso o vanitoso come gli altri.
- Bello eh? - Mi chiede Finch.
In effetti non ha tutti i torti. Fisico scolpito, chioma bionda e fluente, occhi color del cielo, quello che si direbbe un vero principe azzurro, insomma. Ma caratterialmente non lo conosco per niente ed io sono terribilmente timida per poter fare amicizia con lui.
Faccio un rapido cenno di assenso con il capo e chiudo l'armadietto con il lucchetto, per distogliere lo sguardo dai ragazzi. Ci passano davanti senza degnarci di uno sguardo, solo Peeta si volta con un sorriso e saluta Finch con la mano.
- Ci vediamo all'entrata, Finch!
- Daccordo! - Risponde la ragazza entusiasta. Quando lo guarda la sua faccia non sembra il muso di una volpe, ma rivolgendosi a me ecco che il viso tramuta nuovamente. Assottiglia lo sguardo e arriccia il naso.
- Peeta è nel gruppo dei ragazzi popolari ma non è come loro.
Sollevo un soppracciglio e mi dirigo verso l'uscita, prontamente seguita dalla ragazza. E così ci ritroviamo a camminare fianco a fianco per i corridoi come farebbero due amiche. Non mi era mai successo di camminare al fianco di qualcuno perchè nessuno ha mai voluto essere mio amico, tranne Gale.
Gale ed io ci conosciamo dai tempi delle elementari. Siamo entrambi orfani di padre e lavoriamo part-time nella stessa pizzeria, io come cassiera e Gale come ragazzo delle consegne. Anche i giorni in cui non lavoriamo – lunedì e mercoledì – se lui non è impegnato con gli allenamenti di football, trascorriamo molto tempo insieme. C'è stato un periodo in cui mi ha insegnato a pescare e io per ricambiare gli ho mostrato come ci si arrampica sugli alberi.
Gale è davvero un ragazzo fantastico. Modesto, affascinante, premuroso e conosce tutti i miei segreti tratte uno, profondo e inconfessabile: mi piace.
- Oggi è mercoledì. - Afferma Finch, con un tono allegro. -Te lo ricordi, vero Katniss, cosa c'è il mercoledì?
- Sì, Finch. - Dico con un sospiro. - L'incontro con il Club.
- Esatto. Noi però, il mercoledì lo chiamiamo «Fuck Day».
Mi volto verso di lei con aria interrogativa, senza smettere di camminare verso l'uscita.
- Finch e Klaus. - Mi spiega, ma io non ho ancora afferrato. - F iniziale di Finch e K finale di Klaus.
- Aaah. - Dico senza mostrare alcun interesse per l'argomento.
- Sì, lo so che mancano la «U» e la «C» ma sostanzialmente i fondatori del club siamo io e Cicciabomba e ci piaceva così. Se lo avessi fondato tu, con me, la K starebbe per Katniss.
- A saperlo prima...
- Ehi, non prendermi in giro!
- Non lo sto facendo, sul serio.
- E poi non è per niente male, un Fuck Day. - Finch abbassa il tono della voce. Mi fa tenerezza quando noto il rossore sul suo viso.
- Sai, - continua. - Un giorno alla settimana in cui mandare a fanculo tutto e tutti per pensare solo a se stessi. É così che è nato il Club. Un pomeriggio, dopo le lezioni, io e Klaus ci siamo trovati a parlare di quanto fosse ingiusto classificare la gente per il colore della pelle, per l'etnia o la massa corporea. Eravamo stanchi di essere derisi, beffeggiati, scherniti e così cercammo un posto che fosse solo nostro, un giorno che fosse dedicato solo a noi. Fanculo a tutti! Ogni mercoledì io e Klaus ci incontravamo nell'aula C e nel tempo libero incominciammo ad osservare ciò che accadeva davvero tra le mura scolastiche. Scherzi di poco gusto, spintoni, furti. Chi era più debole veniva confinato fino a diventare un reietto sociale e io non potevo stare a guardare. Proposi a questi ragazzi di formare un gruppo ma loro, per timore di atttirare ancora di più l'attenzione dei bulli, rifiutarono categoricamente la mia offerta. In fondo ero solo un'altra povera sfigata, come avrei mai potuto aiutarli? Ma volevo a tutti i costi difenderli e per difenderli dovevo agire. Iniziai a prender parte nelle risse e diventai io stessa oggetto di scherzi orribili. Divenni la sfigata più famosa della scuola, ma solo così riuscii a conquistare il loro rispetto ed era quello l'importante.
Non so perchè, ma mentre Finch parla, io non riesco a far altro che ascoltarla incantata. Ha lo spirito e il carisma di un leader, questa ragazza, ma non se ne rende conto.
Arrivate all'uscita lei mi fa un occhiolino e corre verso Peeta. Quando lo abbraccia, Peeta alza lo sguardo e mi saluta con la mano. Ricambio con un cenno del capo e non posso fare a meno di pensare a quanto batte veloce il mio cuore.

 

- Buon Fuck Day a tutti, sfigati!
Esordisce raggiante Finch mentre entra nell'angusta e fuorimano aula C.

- Buooooon Fuck Daaaaay!
Rispondono gli altri in coro.
- Bene, bene cosa abbiamo in programma oggi? - Chiede a Klaus mentre si avvicina alla lavagna. Poi si rivolge a me con un sorriso, - Oh, ciao Katniss ci sei anche tu!
Mi volto timidamente verso il gruppo e saluto con la mano.
Klaus inizia a leggere speditamente i punti del programma scritti sulla lavagna, mentre Finch ascolta muovendo leggermente il capo e con una mano sul mento.
- Lettura del quarto capitolo de «La fattoria degli animali»; Eleggere il tesoriere per il mese di Novembre; Concludere il nuovo articolo del blog; Mettere ai voti la proposta di reclutare Tiffany McBride detta «lustrino»; Preparare i manifesti per il ballo di fine anno; Saluto.
- Perfetto Klaus, esaustivo come sempre. - Interviene Finch prendendo il cancellino. - Tuttavia...
Depenna tutti i punti tranne l'ultimo, provocando tra i ragazzi un fragoroso dissenso. Con il gessetto e un sorriso divertito, inizia così a scrivere qualcosa occupando quasi tutto lo spazio sulla lavagna. Quando si volta, indica la frase ed esclama: - Oggi ci concentreremo solo su questo!
Friederich, il ragazzo tedesco, si sistema gli occhiali sul naso e con il suo accento straniero legge ad alta voce: «ISTRUIRE LA REGINETTA PER L'INTERVISTA DI DICEMBRE».
Si voltano tutti verso di me per ricevere spiegazioni ma io sono la prima a non sapere niente.
- Di quale intervista parli, Finch? - Chiedo, stupita quanto gli altri.
- A Dicembre, da tradizione, i candidati a re e regina vengono ripresi dalla TV scolastica per indirizzare a tutti gli studenti i più sinceri auguri e ringraziarli per i voti che riceveranno durante il ballo. - Mentre spiega, Finch enfatizza alcune parole con aria disgustata, facendo sorridere tutti. - L'intervista che segue è fondamentale se si vuole vincere. Larai?
- Sì, Finch?
- Dove sono le registrazioni che ti avevo chiesto?
- Pronte nel DVD, Finch!
- Ottimo, - dice la ragazza avvicinandosi al carrello con la TV e premendo il pulsante di accensione. Sullo schermo compaiono così vecchie registrazioni di interviste e successivi balli scolastici. In basso a destra, il logo dell' High School TV.
- Come potete ben constatare, i candidati che hanno sostenuto un'intervista brillante, hanno successivamente vinto il titolo.
- Sempre? - Chiede Abigail.
- Sempre. - Conferma Finch. - Quindi, se vogliamo che Katniss e Peeta vincano, dobbiamo far in modo che mettano in ombra gli altri intervistati.
- Posso fare una domanda? - Azzardo.
- Dimmi pure.
- Perchè Peeta non è qui?
- Perchè ho già provveduto io ad istruirlo, Katniss.
Istruirlo. Ripeto mentalmente. Finch ha istruito Peeta su come deve comportarsi con me. Non so perchè ma tutto questo mi irrita. Significa che il nostro rapporto è stato già impostato ancor prima di relazionarci sul serio. É finto, artificiale.
Inutile.
- Tutto questo mi sembra inefficace, Finch. - Sostiene Gad, il ragazzo che da quanto ho capito è l'unico gay dichiarato della scuola. - Anche se Katniss dovesse vincere, non verrebbe mai paragonata a noi. Insomma, guardatela! Ha un'aria da vera dura, è carina, forte, coraggiosa... Nessuno si permetterebbe di definirla una sfigata.
In aula si alza un brusio di assenso.
- Io non credo, Gad. - Dice Finch, assottigliando lo sguardo come è solita fare, - Le voci circolano e ben presto, prima di Dicembre spero, l'intera scuola saprà che Katniss è nel club degli sfigati. Basta questo a renderla sfigata agli occhi degli altri.
- Ah, perfetto! - Esclamo, - questo renderà sicuramente più stimolante la mia esperienza scolastica!
Mentre tutti ridono, mi chiedo come ho fatto a cacciarmi in un pasticcio simile.

 

A inizio Dicembre, i nomi dei candidati a re e reginetta sono ormai noti. Apparte me e Peeta, ad ambire al titolo ci sono i due fidanzatini del corso di chimica e, ovviamente, anche il quoterback e la capo cheerleader, i Favoriti. Siamo tutti motivati da ragioni diverse: c'è chi lo fa per incrementare la propria popolarità, chi per la borsa di studio e chi per farsi conoscere e cercare di vincere anche le elezioni d'istituto. Peeta non ho ancora capito perchè lo fa ma io, bhè io ho cambiato idea sulla mia motivazione. Inizialmente, siamo sinceri, sono stata letteralmente ricattata: o ti candidi oppure spiffero al Preside Snow che hai partecipato ad una rissa. Ma ora, abbattuti tutti i pregiudizi su una competizione che ritenevo solo frivola e superficiale, sono davvero motivata a vincere. Vincere, adesso, non significa solo riscattare l'orgoglio di un gruppo di ragazzi ma significa anche riabilitare la mia immagine agli occhi di Prim. Dimostrarle che posso essere femminile e aggraziata e che può prendermi come esempio. Ecco cosa voglio adesso.
Avendo in comune la maggiorparte dei corsi, io e Peeta ci incontriamo spesso, ma non parliamo mai. Niente, neanche un «Ciao, come stai». Tuttavia, quando il mercoledì io e Finch usciamo da scuola insieme e lei corre verso Peeta che è sempre lì ad attenderla, lui alcune volte mi fa un cenno con la mano. O mi sorride timidamente.

A volte ho l'impressione che Peeta e Finch stiano insieme. Non ne sono sicura ma una cosa è chiara come il sole: lei ne è follemente innamorata.
- Ehi, - mi sento chiamare da una voce maschile. - Sei tu Katniss Everdeen?
- Cosa... - Mi volto con aria perplessa, senza capire perchè nel corriodio si sia formata una piccola folla e soprattutto perchè ho una telecamera puntata sulla mia faccia.
- Allora, sei tu? - Mi chiede il ragazzo fissandomi. In mano ha un microfono e sul colletto della camicia una spilla che riporta il logo dell'HSTV.
- Ah? S-sì. - Rispondo ancora stordita per la confusione.
Il reporter si gira verso la telecamera e mostra un largo sorriso.
- Finalmente, direi! Ma quanto è stato difficile trovare questa candidata? - Si volta, rivolgendomi nuovamente il microfono. - Pensavi di poterti nascondere, eh futura reginetta?
- Io... - Ma cosa vuole questo ragazzo da me? - Io non penso di vincere...
Dico, provocando nel reporter una fragorosa risata.
- No, seriamente. Perchè ti sei candidata?
- Perchè sono stata ricattata.
- No certo che... - A questo punto il reporter incomincia a ridere senza freni. - No davvero, sei un gran bel tipo tu!
É per caso un complimento o mi sta sprendendo in giro? Nel dubbio ringrazio a voce così bassa che non credo mi abbia sentito. Il ragazzo così riprende, facendomi altre domande e cercando di controllare la travolgente risatina. Mi chiede se ho un buon rapporto con l'altro candidato, Peeta Mellark, e se sono pronta per l'imminente intervista in studio. Improvvisamente, nel momento in cui il ragazzo si rivolge alla telecamera per concludere il pezzo, avverto la temperatura alzarsi rapidamente. Calore. E poi fumo. Il reporter non si è ancora accorto di niente quando due ragazzi ci passano davanti correndo e gridando: - Ti voterà solo il club degli sfigati, sfigata!
Quando mi rivolge lo sguardo, i suoi occhi si spalancano impauriti e non posso fare a meno di guardarmi alle spalle. Avverto ancora più calore e sento un rumore strano. Mi volto ma non vedo nulla. Poi riconosco il rumore: è il crepitìo del fuoco. Sto bruciando. Apro la bocca per urlare ma non fuoriesce nessun suono. Sento solo un peso improvviso sulla mia schiena.

 

 

Nel corridoio è calato un silenzio tombale. Mi guardano tutti con la bocca spalancata. É successo tutto così in fretta e io mi sento ancora intontita. Pian piano, riesco a mettere a fuoco l'accaduto: i ragazzi che mi sono passati davanti insultandomi, avevano incendiato la mia cartella con un accendino. Poi ho sentito qualcuno avvolgermi la schiena con la giacca della divisa, spegnendo il fuoco con quell'abbraccio forte ed energico.
Rimango ancora un pò così, frastornata tra le sue braccia mentre tutti ci guardano stupiti.

 

Peeta Mellark mi ha protetta di nuovo.

O meglio, ha tentato di proteggermi, in quanto è stato proprio mentre placava il fuoco sulla mia schiena, che nel profondo della mia anima se ne appiccò un altro.

E questo mi sembrò ancora più pericoloso perchè, travolgente e impetuoso, prese rapidamente fiamme...



- Teery? - Pronuncia il reporter in un sussurro, voltandosi lentamente verso il telecameramen.
- Sì, Phil? - Risponde il ragazzo con la bocca ancora spalancata e gli occhi sbarrati.
- Dimmi che hai ripreso tutto...
- Sì, Phil...
Improvvisamente il reporter si desta e fa un balzo gridando: - In sala montaggio, presto!

 

Nota:

Non so come scusarmi con gli utenti che hanno inserito
la storia fra le seguite, fra le ricordate o adirittura fra le preferite.
Sono un caso perso, lo so...
e.e
Cooomunque, ho scritto questo capitolo un pezzettino alla volta.
Volevo tornare, ma volevo tornare alla grande!
Non che sia un capitolo chissà quanto straordinario,
ma vi posso assicurare che mi è risultato parecchio difficile da scrivere...
Certe scene o le si descivono bene oppure è meglio non scriverle proprio! Vero?
Vabbè, fatto sta che ho un paio di nuove serie da pubblicare
(centra una certa Jennifer Lawrence)
:3
e non voglio farlo finchè non ho terminato quelle già aperte...
Convenite con me?
Spero di non aver fatto perdere l'interesse per la storia dopo questa lunga attesa...
Aggiornerò più spesso.
Promesso.


MM

 

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Capitolo 6
*** 6 Forse Peeta mi ama ***


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Capitolo 6

Forse Peeta mi ama

 

 

Non sono mai stata brava nel disegno ma, nonostante le mani siano troppo piccole e il viso appena abbozzato, l'importante è che sia riuscita a delineare le linee essenziali del vestito. Allontano il foglio per osservarlo meglio e mi siedo al tavolo della cucina, mentre con la mano libera sorseggio un succo d'arancia freschissimo.
Quasi mi va di traverso quando sento la voce di Cinna alle mie spalle.

- Davvero molto carino. - Mi fa.
Volto leggermente lo sguardo nella sua direzione per poi ritornare a guardare il disegno.
- É orribile lo so...
Cinna ride e si avvicina allo schienale di una sedia.
- Posso?
Io faccio un rapido cenno del capo. Dopo anni di separazione, il clima tra di noi si è ovviamente raffreddato e mi sembra strano averlo di fronte a me. Averlo di nuovo qui, in casa mia. Potergli parlare. Osservarlo incantata mentre si siede, mentre parla con quella voce calda e sensuale, mentre con aria concentrata prende un colore a pastello e con poche linee rende il mio bozzetto un piccolo capolavoro.
- Ti sono mancata?
Nota per una certa Finch: quando si è sovrappensiero non bisogna parlare. Anzi non bisogna proprio aprire bocca. Come mi salta in mente di fare una simile domanda, e poi così a bruciapelo? Cinna solleva lo sguardo dal foglio e mi guarda con quegli occhi intensi che mi hanno sempre messo in soggezione.
- É stato per te Finch, se sono tornato.
Okei Finch, adesso potresti anche scioglierti che dici? Penso mentre sento il viso avvampare. Cinna in pratica ha detto che ha lasciato l'Europa e sorvolato l'Oceano solo per rivedere me. Ma lo ha detto con così tanta naturalezza e audacia, che incomincio a pensare che non mi abbia detto niente di importante. O adirittura che si stia prendendo gioco di me.
- Qualche anno fa non mi avresti mai preso in giro così. - Affermo, sperando di smentire la mia ipotesi.
- Non ti sto prendendo in giro. Non lo farei mai, Finch.
- E allora sentiamo! Che significa che sei tornato per me?
- Ho solo risposto alla tua domanda... - Cinna abbassa lo sguardo e inizia a puntellare il foglio con la matita.
- Un professore non dice una cosa del genere alle sue alunne. - Dico fingendomi indignata. Alla parola professore Cinna solleva lo sguardo.
- Strano, chissà perchè ricordavo di essere solo tuo cugino.
Colpito e affondato. Gli strappo di mano il foglio e mi alzo da tavola, dirigendomi in salotto.
- Grazie per la visita ma devo studiare. - Dico con aria offesa. Volto lo sguardo sulle spalle e con la coda dell'occhio continuo. - E grazie anche per la correzione del disegno, cugino.
Ma Cinna si alza e con uno scatto mi ruba il disegno, rigirandolo fra le mani.
- E sai cos'altro è strano? Che non ricordo di avervi assegnato compiti a casa...
- É per il progetto annuale del Club.
- Sei nel Club di moda? - Chiede incuriosito.
- No, e non credo ti farebbe piacere sapere a quale club appartengo. - Dico andando in salotto e gettandomi sul divano.
- C'è un club di sadomaso?
Rido. - Cinna! - Lo rimprovero.
- Ah-ah. Non ero forse il Professor Cinna?
- Supplente, vorrai dire.
- Così mi ferisci.
Inclino il capo e lo guardo divertita, mentre lui ricambia il sorriso. Mi piace aver ricreato tra di noi uno squarcio di quello che era il nostro rapporto.
- Siediti accanto a me.
Gli chiedo. Dopo averlo fatto, Cinna mi porge nuovamente il foglio ma io lo sorprendo con un abbraccio.
- Mi sei mancato. - Sussurro.
- Anche tu.
- L'hai già detto.
- Lo so. Ma temevo non l'avessi capito.
Mentre Cinna affonda il viso tra i miei capelli, chiudo gli occhi e respiro il suo profumo, rabbrividendo al pensiero di avere la testa appoggiata al suo petto caldo e sicuro. Quando li riapro, mi accorgo della presenza di Peeta sulla soglia della porta.

 

 

- Mi si incendieranno i capelli?
Rido mentre le sistemo le spalline.

- No Katniss, non brucerai. Ho chiesto a Cinn... Al professor Cinna di darmi una mano con il tuo abito.
- Ma non mi sembra tanto... Sicuro.
- Il tessuto è ignifugo e le fiamme si spegneranno presto. - La rassicuro. - Magnifico! Sarà impossibile non ricordarsi di te, ragazza in fiamme!
- Sfigata in fiamme, semmai!
- Visto? - Sorrido. - Finalmente adesso hai anche tu un soprannome.
Accompagno Katniss all'aula dove il club di giornalismo allestisce le riprese e le impartisco i suggerimenti dell'ultimo minuto. Ho in mente per lei un'intervista indimenticabile, un'intervista che la porterà direttamente a ricevere l'ambito titolo di reginetta.
- Tutto chiaro ragazza in fiamme?
Katniss rivolge una rapida occhiata alla porta che ci separa dalla studio e mi fa un cenno con il capo.
- Hai paura? - Le chiedo.
Muove ancora il capo nervosamente.
- Non preoccuparti. Sii te testa. - Le stringo le spalle con una presa decisa. - Al resto ci penserà Peeta. Ho già provveduto a tutto io.
Apro la porta e le faccio cenno di entrare.

Tutti e sei i candidati sono seduti su delle poltroncine disposte a semicerchio davanti alla telecamera. Philipp Flickerman conversa scioltamente con ognuno di loro, ponendo le domande nel momento giusto e confermando di possedere nelle vene le doti di famiglia. Egli è infatti il nipote del più celebre Caesar Flickerman, un amato presentatore nazionale.
- É arrivato il momento di parlare di te, Katniss. - Annuncia il ragazzo ad un certo punto. - Il video in cui prendi fuoco è diventato virale, ben 255.000 visualizzazioni!
Katniss abbassa lo sguardo timidamente.
- Vogliamo rivederlo? - Chiede Phil rivolgendosi alla telecamera. Sullo schermo dietro alle loro spalle appare il video registrato dal telecameramen durante l'atto di vandalismo, provocando negli altri candidati una fragorosa risata.
- Bhè adesso che lo rivedo, - dice Katniss dopo aver schiarito la voce, - viene da ridere anche a me.
- Però non è stato un bel gesto. - Afferma il ragazzo.
- Non, non lo è stato. - Conferma. - Mi è costato una cartella.
Phil ride per poi riprendere l'intervista.
- Un uccellino mi ha detto che prenderai fiamme anche oggi...
Senza dire una parola, Katniss si alza e inizia a roteare. I presenti iniziano a ridere beffardi alla vista di questa ragazza che fa piroette al centro della sala, ma quando il tessuto inizia a prendere fiamme, avvolgendola delicatamente in una spirale di fuoco, si nota come tutti trattengano il fiato, strabiliati.
- La ragazza in fiamme! - Grida entusiasta Phil quando Katniss torna a sedersi.
Esulto anch'io per l'intervista spettacolare tenuta da Katniss, ma quando Phil Flickerman si rivolge a Peeta, sono io questa volta a trattenere il fiato. Ho mentito quando ho detto a Katniss di aver istruito Peeta. Quando ha accettato di aiutarmi, mi sono subito fidata di lui e delle sue capacità dialettiche. Peeta è un trascinatore, sarebbe capace di capeggiare una folla intera di studenti, ammaliandoli con le sue parole, con il suo carisma.
- Peeta, come mai quest'anno hai deciso di candidarti?
- Bhè, ho pensato che manca poco al diploma, - inizia a spiegare. - E questa era una di quelle esperienze che non volevo farmi mancare.
- Certamente, ma perchè proprio quest'anno? Voglio dire, sono anni che folle impazzite di studentesse urlano il tuo nome consigliandoti di candidarti ma... - Phil si sistema meglio sulla sedia protraendosi verso Peeta. - Tu non hai mai accettato. Cosa ti ha fatto cambiare idea?
- Non so... - Sussurra Peeta abbassando gli occhi. Il suo imbarazzo mi sorprende.
- Dai, ci sarà pur stata una ragione... - Incalza Phil.
- Bhè si in effetti... - Lo conosco bene. Conosco troppo bene Peeta per non accorgermi che c'è qualcosa che ha paura di dire. O magari vergogna di dire. I miei dubbi sono confermati quando si fa coraggio e afferma: - L'ho fatto per Katniss.
- Per Katniss? - Chiede Phil, stranamente smarrito.
- Sì, ho sempre... Ho sempre avuto una cotta per lei.

Sento la voce di Katniss ma non riesco a capire più niente. Avverto i suoni ovattati e stralci di conversazione. Peeta spiega che non ha mai avuto il coraggio di dirglielo e che è stato felicissimo quando gli si è presentata l'occasione di starle vicino. E così sono stata io, ad avvicinarlo a lei. Peeta ha una cotta per Katniss e io l'ho spinto fra le sue braccia. Ma la cosa più grave è che non l'avevo mai capito. Da quanto tempo covava questo sentimento per lei? Io mi struggevo, mi avvelenavo ogni giorno con il mio amore per lui e lui amava silenziosamente un'altra. Che stupida sono stata. Che stupida volpe è questa Finch!

Mi volto cercando di frenare il torrente di lacrime ma non ci riesco. Corro lungo il corridoio fino ad uscire dal Liceo. E poi ad un tratto ripenso a quanto invece può essersi sentito ferito Peeta, quando mi ha vista tra le braccia di Cinna.
- Peeta... Io... Scusa. - Dissi spingendo leggermente Cinna da parte.

- Perchè ti scusi. Siete cugini, no?
Allora guardai Cinna e non potetti più mentire. - No. Non lo siamo.
- Lascia perdere, Finch. Non devi mica darmi spiegazioni...

 

L'avrà fatto per farmi un dispetto? Per farmi ingelosire? É impossibile che sia stato innamorato di Katniss per tutto questo tempo e che io non mi sia accorta mai di nulla. Il mio cuore inizia a riempirsi di speranza. Sì, sarà sicuramente così. Forse mi ama. Forse Peeta mi ama.

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Capitolo 7
*** 7. Bello, piacevole, ma strano. ***


- L'ho fatto per Katniss. - Dice Peeta quasi in un sussurro.

Il mio nome l'avevo sentito appena, talmente tanto piano che pensavo di essermelo immaginato. Ma deve averlo pronunciato per davvero perchè tutti si voltano verso di me. Phil, Teery, i fidanzatini del corso di chimica e i Favoriti, che dopo la mia scenetta tra le fiamme non fanno che guardarmi con odio. Credono che gli abbia rubato la scena. Mi vedono come un pericolo, adesso. Una rivale.
Non ricordo che il quoterback e la capo cheerleader abbiano mai avuto rivali veri e propri. Ammirati e ambiti, per loro è sempre stato tutto così semplice. Ogni anno. Ad ogni ballo. Si candidano, sbattono le ciglia e mostrano i pettorali in camera, salgono sul palco per farsi incoronare. Un rito semplice, sempre uguale. É quasi naturale, che sia così. Naturale sì, ma non giusto.

- Per Katniss? - Chiede Pihl, rivolgendomi uno sguardo stranito.

Già Phil, me lo sto chiedendo anch'io. Per me? E guardo di sbieco Peeta mentre abbassa lo sguardo e con il viso arrossato spiega: - Sì, ho sempre... Ho sempre avuto una cotta per lei.

 

 

 

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Capitolo 7

 

Bello, piacevole, ma strano.

 

 

 

 

- Sono 11 dollari, grazie.
Afferro le banconote e consegno il resto.

- Grazie a lei, buonasera! - Dice l'uomo con i baffi, avviandosi alla porta con i cartoni delle pizze in mano.
- Buonasera! - Ricambio il saluto.
- Buonasera! - Sento scimmiottare alle mie spalle quando si richiude la porta. Mi volto e lancio un'occhiataccia a Gale.
- Salutare denota educazione, Gale.
- Anche salutare i tuoi colleghi di lavoro, Kantip.
- Io vi ho salutati! - Sbotto irritata. - Vero Selenio?
É tardi. É quasi terminato l'orario di apertura e la Pizzeria è vuota. Forse l'uomo con i baffi era l'ultimo cliente di oggi.
- Io non ho sentito un bel niente... - Dice Selenio con un sorriso di scherno, continuando ad impastare la massa.
Gale gli rivolge un occhiolino e mi fa una smorfia, rimanendo appoggiato con un fianco alla parete bianca. Le braccia conserte che rendono visibili i muscoli sotto la divisa da ragazzo delle consegne.
- Sei solo una maleducata! - Dice fingendosi sdegnato e il mio volto si rilassa. Sorrido anch'io, mentre lo vedo ridere così forte e con le mani sulla pancia.
- E tu sei...
- Volete smetterla voi due? - Ci rimprovera Marcus, il proprietario del locale.
Così io e Gale rimaniamo in silenzio fino alla fine del turno, soffocando le risa ogni volta che i nostri sguardi si incrociano di sfuggita. Mentre Selenio, senza mai alzare gli occhi dall'impasto, scuote il capo con un sorriso divertito.

 

- Oggi non ti sopporto.
- Come prego?

- Non ti sopporto proprio, Katnip.
Alzo lo sguardo per guardare Gale che mi cammina accanto. Devo davvero sollevare il capo perchè mi supera in altezza di due spanne, forse anche di più. Ha i capelli scuri e gli occhi grigi, come me. Potremmo sembrare parenti, tanto ci assomigliamo.
- Ah davvero? E come mai, sentiamo! - Dico accellerando il passo. É notte, e se non fosse per la luce dei lampioni e della luna piena che brilla alta nel cielo, sarebbe buio pesto. Passando per il parco arriviamo a casa qualche minuto prima e così lo attraversiamo. In silenzio, perchè Gale ha smesso di parlarmi. Si è ammutolito di colpo e adesso si è fermato. Me ne accorgo quando l'ho superato già di una decina di passi. Mi volto e lo vedi lì, in piedi vicino all'altalena, con lo sguardo e le spalle basse.
- Gale... - Lo chiamo turbata. - Ti senti bene?
Lui alza lo sguardo e inizia a fissarmi. Ma non parla. Mi fa quasi paura. Ho paura. E me la sarei già data a gambe levate se non si stesse parlando di Gale.
- Gale? - Lo chiamo ancora, muovendo qualche passo incerto verso di lui.
- Katniss... - Tira un lungo sospiro. - Katniss, io...
Continuo a camminare e mi fermo solo quando mi trovo di nuovo di fronte a Gale. Al Gale che mi ha sempre difeso, che mi ha sempre protetta. Gli accarezzo un braccio con la mano e dopo un attimo di esitazione Gale mi afferra le spalle e mi bacia.
É stato improvviso, fugace, scioccante. Sento le sue labbra morbidi sulle mie e io non so cosa fare. Sento la sua lingua che cerca di aprirsi un varco. Socchiudo le labbra ma mi sento strana. Tutto questo è strano. Le sue mani forti e calde che scendono sulla mia schiena e la sua lingua che strofina la mia. É bello, piacevole, ma strano. Lo scosto con uno strattone e lui mi guarda con gli occhi sbarrati.
Sento il mondo girarmi vorticosamente attorno. Al centro di questo parco, circondati dalle panchine, dalle luci soffuse dei lampioni e dall'altalena e gli scivoli colorati. Sento che mi giri tutto attorno e cerco un appiglio ma Gale non mi sorregge perchè si allontana.
- Tu mi piaci, Katniss.
Rimaniamo in silenzio a lungo. Io non so cosa dire e lui attende che dica qualcosa. Benissimo, potremmo rimanere qui per sempre, allora.
- Cosa?
- Cosa? - Ripete. - É tutto quello che riesci a dirmi?
Sì, è tutto ciò che mi è venuto in mente e mi chiedo cosa pretenda da me. Okei, Gale mi piace, ma non ho mai detto che avrei voluto essere ricambiata. Sto vaneggiando? Ovvio, ovvio che stia vaneggiando. Da quando mi ha baciata credo che l'ossigeno non riesca più ad affluire al cervello come dovrebbe. Ma il vero problema sono io, non Gale. Sono io che non voglio relazioni stabili, sono io che non voglio sentirmi legata a nessuno.
Lo vedo grattarsi il mento.
- E va bene, scusa. - Mi dice. - Forse avrei dovuto fare il contrario. Forse avrei dovuto prima dirti che mi piaci e poi baciarti.
Mi guarda e non so cosa stia leggendo nei miei occhi, so solo che abbassa le braccia lungo i fianchi con fare rassegnato.
- O forse non avrei dovuto fare nessuna delle due cose!
- Gale...
- No, Katniss va bene così. É solo che... Quando... - Inizia a dire strofinandosi la nuca e abbassando lo sguardo. - Quando vi ho visti... Tu e quel... Quel Peeta...
- Peeta? - Cosa c'entra ora Peeta?
- Sì, Peeta. Si è dichiarato praticamente davanti a tutta la scuola. É stato davvero... - Arrossisce e mi guarda. - Coraggioso. Già, coraggioso, devo ammetterlo. Io non ce l'avrei mai fatta. Non così, davanti a tutti...
- No Gale, Peeta... - Cerco di dire. Cercando di spiegargli che è tutta una farsa. Che Peeta è stato istruito da Finch. Allora mi avrebbe chiesto chi sia Finch e io gli avrei raccontato tutto. Del progetto annuale, del Club, del ballo. Tutto. Non so perchè non l'abbia fatto prima ma è arrivato il momento. Gale però mi blocca mettendomi una mano sulla bocca.
- No Kat, ascoltami!
Annuisco e Gale sottrae il braccio per poi riprendere.
- Io non sapevo neanche che ti fossi candidata a reginetta. Non lo sapevo e all'improvviso alzo lo sguardo e ti vedo sugli schermi dei corridoi. Si sono fermati tutti, lo sai? Si sono fermati tutti per guardare te. Per guardarti mentre volteggiavi e sorridevi. E mi sei sembrata meravigliosa. Non ti avevo mai visto indossare un abito.
Arrossisco, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo.
- Ero stupefatto, non credevo ti avrei mai vista su quegli schermi. E sorridevo, sorridevo con una mano sulla bocca per non farmi vedere dai compagni. Sorridevo perchè ero fiero della mia Katniss.
Mia. Ha usato il termine mia. Il mondo ha cominciato a rigirarmi attorno proprio ora che si era fermato.
- E poi intervistano Peeta. Lo conosco di sfuggita. Ci siamo scambiati a malapena una decina di parole, durante gli allenamenti. É un bravo ragazzo, davvero. Potrei quasi stimarlo se non fosse per il fatto che si è dichiarato a te, e in quel modo tra l'altro!
- Ma non era una vera dichiaraz...
- Volevo invitarti al ballo! - Urla allora Gale. - Volevo invitarti al ballo, Katniss.
Stringo le mani in due pugni. Due pugni serrati così forte che sento le unghie ferirmi la carne.
- E volevo venirti a prendere con la mia auto, perchè sì, sto lavorando per comprarmi l'auto. E per affittare lo smoking. E volevo che mi stringessi il braccio, che mi appuntassi il corsage al bavero, che ballassimo al centro della sala. Non saremmo mai stati eletti re e reginetta, ma sarebbe stato perfetto proprio per questo. Perchè mi piaci, Katniss. Perchè mi piaci e mi sei sempre piaciuta. E pensavo di avere tutto il tempo di questo mondo per dirtelo. Ma mi sbagliavo...

Sto tremando. Non mi sarei immaginata Gale dire certe cose neanche nei miei sogni più fantasiosi. E adesso che le ha dette, che le ha detto per davvero, cosa dovrei fare? Cosa dovrei dire...
Chiudo gli occhi e appoggio la fronte sul suo petto, con un sospiro. Gale rimane immobile per qualche secondo, poi mi cinge il capo con entrambe le braccia e ci appoggia il mento.

- Sei pesante... - Dico con un tono troppo apatico. Ma non mi scosto perchè mi piace averlo addosso. E Gale rimane così ancora per un pò, aspettando che dica qualcosa a proposito del suo discorso, ma sapendo che farmi parlare è esattamente come cercare di cavare un ragno da un buco.
- Andiamo, - dice dopo un lungo sospiro, dandomi una pacca sulla testa.
- Andiamo... - Sussurro e lo seguo mentre esce dal parco.



 

Note dell'autrice:
E siamo arrivati ad una... "Svolta"?
Adesso tutti hanno dichiarato il proprio amore. Anzi, no. Non proprio tutti. C'è ancora Finch, ricordate?
Ed è stato proprio per questo che l'ho inserita nella storia.
Nella vita "reale" liceale, tutti i personaggi riperocorrono la loro storia.
Katniss partecipa controvoglia ad un "gioco", Peeta si dichiara davanti a tutti, Gale la bacia. Perchè doveva farlo, almeno una volta. Ma c'è Finch, Faccia di Volpe, che rimane astuta, furba e soprattutto viva e vegeta tenendosi ben lontana dalle bacche (ne è allergica u.u ). E allora che succede? Succede che questo piccolo particolare cambierà un pò la trama, gli avvenimenti. Quindi dal prossimo capitolo troverete qualcosa di nuovo, di diverso. Forse vi sembrerà strano. Bello, piacevole, ma strano! E spero che vi piacerà ugualmente. :3
Al prossimo aggiornamento,
MM

 

 

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Capitolo 8
*** 8. Mente batte cuore - Sulla roccia che sporge nel vuoto ***


 

C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo. Non lo comprendo ancora ma lo sento.


 

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Capitolo 8

 

Mente batte cuore

Sulla roccia che sporge nel vuoto

 

 

 

- Fiiinch!
- Sì, mà?

- C'è Peeta!
Peeta. C'è Peeta. Ci vediamo quasi tutti i pomeriggi ma oggi non aspettavo che venisse a trovarmi. Doveva essere agli allenamenti.
Mi alzo di scatto dalla sedia delle scrivania e mi tuffo in bagno. Mi sciacquo la faccia e sollevo il capo per guardarmi allo specchio. La pelle ancora bagnata, le mani ai lati della bocca spalancata. C'è Peeta. Giù, in salotto. Nel mio salotto. E io non so come dovrei comportarmi. Faccio l'indifferente? Gli chiedo spiegazioni? Sono impreparata e questo mi rende nervosa.
- Finch! - Urla ancora mia madre.
- Vengo, vengo! - Strillo mentre asciugo il viso e sistemo i capelli.
Prima di scendere mi avvolgo in una nuvola di profumo e corro verso la porta. La apro con forza e mi ritrovo Peeta davanti.
- Ehi... - Sussurra con un sorriso imbarazzato.
- Ehi. - Ripeto non sapendo cos'altro dire.
- Posso entrare o stai studiando?
- Entra.
- Pensavo saremmo tornati a casa insieme, dopo la registrazione dell'intervista... - Dice senza guardarmi negli occhi, sedendosi sul letto. - Ma te n'eri già andata.
Lo raggiungo e abbraccio un cuscino a forma di foglia.
- Avevo... Dovevo fare una cosa.
Peeta solleva lo sguardo e inizia a fissarmi con aria preoccupata.
- Che hai? - Mi chiede.
- Niente.
- Che hai, Finch?
- Niente, davvero.
- Finch. - Mi afferra un polso e io sprofondo la testa nel cuscino per l'imbarazzo. - Dimmi che hai.
Sollevo appena lo sguardo. La parte inferiore del viso ancora nascosta dal cuscino.
- É vero? - Domando con voce tremante, facendomi coraggio.
- Cosa?
Scendo dal letto, dandogli le spalle.
- Che ti piace Katniss.
Peeta non risponde e io non posso vederlo. Cerco di immaginare che espressione abbia sul volto. Di sorpresa, forse. E io non ho il coraggio di voltarmi per verificarlo. Il silenzio si fa sempre più grave e sento il cuore battere così forte che credo possa sentirlo perfino lui. Sento un sospiro.
- E io? - Dice piano. - Io ti piaccio?
- Non hai ancora risposto alla mia domanda.
- Finch... - Sospira, e poi per poco non sobbalzo, sentendomi stringere un braccio. É un tocco dolce e delicato, come Peeta. - Io ti piaccio? - Domanda ancora.
Mi volto. I suoi occhi mi guardano e io lo conosco bene, troppo bene per non leggerci dentro dispiacere. Dispiacere. Gli faccio forse pena? Fa forse pena una ragazza innamorata da tutta la vita di un ragazzo? Un amore silenzioso, devoto, costante... Fa pena tutto ciò? Vorrei quasi schiaffeggiarlo quando mi guarda così.
- No! - Rispondo con troppa enfasi.
Peeta fa un sorriso.
- Stai mentendo.
Sollevo un sopracciglio.
- Ti sbagli.
- Stai mentendo, Finch. Io ti piaccio.
- Ne sei sicuro?
- Sì. Così come sono sicuro che mi hai risposto di no perchè sei convinta mi facessi pena.
Abbasso lo sguardo irritata. Così anch'io sono per lui come un libro aperto. E vorrei riempirlo di ceffoni, raschiarlo e calpestarlo. Vorrei fargli provare dolore, anche se sarebbe solo un dolore fisico mentre quello che sto provando io è ben peggiore. Vorrei fargliela pagare. Fargli pagare questi anni di pene e di tormenti. Lui lo sapeva. Lui sapeva che mi piace da chissà quanto tempo. Forse lo sapeva ancor prima che me ne accorgessi io.
Quando i miei occhi si puntano nuovamente su di lui, Peeta indietreggia per la sorpresa. Non sto piangendo ma di sicuro mi fumano le orecchie.
- Allora Peeta! - Grido dandogli uno spintone che lo spinge contro il muro. - Visto che ne sei tanto sicuro perchè me lo chiedi?
Mi guarda con aria persa, mentre io cerco di riprendere fiato.
- E perchè hai sempre fatto finta di niente? - Adesso la mia voce è tremante. Mi mordo un labbro per non piangere ma sento gli occhi appannarsi senza controllo. - Io... Io ti trottorellavo accanto e tu ogni tanto mi davi qualche carezza, come si farebbe con un cagnolino... Ecco cosa facevi!
- No, Finch... - Cerca di giustificarsi Peeta.
- No! No lo dico io, Peeta. - Volto il capo. Mi tremano le labbra e io le mordo ancora più forte. - Basta prendermi in giro, te ne prego!
Il suo abbraccio mi sorprende. Mi stringe forte e piange. Sento i suoi sussulti.
- Perdonami, perdonami Finch! - Deglutisce. - Io... Io non voglio perderti. E sapevo che se ci fossimo messi insieme prima o poi ci saremmo persi. Sono un egoista lo so. Sono un egoista perchè volevo tenerti sempre con me, sempre per me. La mia amica, la mia migliore amica. La mia Finch. Finchè fossi rimasta tale non mi avresti mai lasciato.
- Ma io non ti lascio...
- No. Lo so che d'ora in poi cambierà qualcosa tra di noi. Non sarà più come prima.
- Lo so. - Dico in un sussurro. - Lo so.
Mi scosta per guardarmi negli occhi.
- Ma c'è un modo per sistemare le cose.
Mi asciugo una lacrima.
- Quale sarebbe...

- Mettiti con me.
Il tempo si è fermato. Anche il mio cuore, non lo sento più. Ho sentito bene? Mi ha chiesto di fidanzarci? Strabuzzo gli occhi.
- Sì, Finch. - Conferma quasi mi avesse letto nel pensiero. - Diventa la mia ragazza.

 

Ho sempre amato questa collina e ho sempre amato questa roccia che sporge nel vuoto. Mi siedo qui, con il mento sulle ginocchia piegate, e mi sento come questa roccia, che nasce dalla terra e che potrà protendersi quanto vuole, ma non riuscirà mai a raggiungere il cielo. Anche se lo desidera con tutta se stessa. Mi alzo e sollevo le braccia, lasciando che il vento mi sfiori i capelli. Da qui si può vedere tutta la cittadina ma io ho gli occhi chiusi. E sorrido.
- Sapevo che ti avrei trovata qui.

Sussulto, sentendo la voce di Peeta. Lo guardo da sopra le spalle.
- E io sapevo che saresti venuto a cercarmi, prima o poi.
Sorride e si mette a sedere vicino a me. Il suo viso è all'altezza delle mie ginocchia, per cui solleva lo sguardo quando mi chiede cosa ho deciso di fare. Diventare la sua ragazza. Rimanere amici. Tornare al punto di partenza: estranei. Ma io non gli rispondo. Alzo il capo e chiudo di nuovo gli occhi, beandomi del vento che mi accarezza il viso.
- Sappiamo tutto di noi... - Sussurro. - Quindi saprai anche qual'è la mia risposta.
Mi volto e gli sorrido.
- Vero Peeta? - Chiedo. Nella mia domanda non c'è alcun segno di rancore, nessuna traccia di tristezza o di rimorso. Ho aspettato che mi chiedesse di diventare la sua ragazza per tanto, troppo tempo. Ma non così. Non solo per non perdermi. Doveva chiedermelo per altri motivi, perchè mi amava per esempio.
Peeta muove in maniera quasi impercettibile il capo.
- Hai ragione... - Risponde con lo sguardo dritto davanti a sè.

Il vento smuove delicatamente i suoi riccioli biondi e io non posso far a meno di pensare che qualche tempo fa sarei arrossita soltanto guardandolo. Mi metto a sedere anch'io e rimaniamo così per un bel pò. Osservando lo stesso panorama, in silenzio, sulla roccia che sporge nel vuoto. Non so dire che tipo di legame ci abbia tenuti assieme fino ad oggi. Amicizia, sicuramente, forse adirittura fratellanza. Ma di certo non amore. E avrei voluto solo capirlo prima.

 

Goccioline di pioggia picchiettano sulla finestra della mia camera. Sembrerebbe una pioggia primaverile come tante altre. Come tante altre, infatti, questa ha rinfrescato l'aria e smetterà con la stessa rapidità con la quale è incominciata. Ma di diverso, questa pioggia qui, oltre ad un piacevole venticello, mi ha portato anche una persona. Mi ha portato Peeta.
Mi accorgo di lui solo quando poso lo sguardo al di là dei vetri chiusi e appena appannati. Con le mani in tasca e i capelli tutti bagnati, guarda esattamente nella mia direzione. Senza neanche un ombrello, incurante del freddo e della pioggia. Sarebbe potuto tornare indietro per prenderlo ma non l'ha fatto. Anzi, molto probabilmente è uscito di casa mentre già pioveva. E adesso è qui, nel cortile di casa mia, con lo sguardo sollevato verso la finestra della mia camera. Non mi ha avvisato con una chiamata nè con un messaggino. Non ha neanche suonato il campanello. É solo qui e c'è solo un motivo che giustifichi la sua presenza: è qui per me.

Lascio ricadere la tenda e scendo in fretta le scale. Prima di aprire la porta d'ingresso afferro un ombrello.
- Sei forse impazzito? - Chiedo stringendomi nel maglione e porgendogli l'ombrello. Non ho mica intenzione di raggiungerlo e bagnarmi tutta! Ma Peeta non risponde e rimane fermo lì, con le mani ancora in tasca. Adesso che è a due metri da me, noto come il suo corpo ogni tanto si irrigidisce a causa del freddo. Gli porgo ancora l'ombrello con un soppracciglio sollevato ma non ricevo nessuna reazione da parte sua.
- Vuoi entrare, per favore? Si gela qui...
Allora Peeta sorride e solleva una mano. Con l'indice mi fa cenno di avvicinarmi. Sollevo un sopracciglio e scuoto il capo.
- Okei, è impazzito... - Sussurro aprendo l'ombrello per camminare sotto la pioggia.
Sento le gocce picchiettare sul telo di plastica e un leggero stordimento, quando Peeta si allontana di di poco dal mio viso. Mi ha baciata. Sotto questo ombrello. La sua mano calda ancora stretta sulla mia che impugna il manico. Mi ha baciata e io non ne conosco il motivo. Sono fatta così, non posso farci nulla. Devo capire la situazione, comprendere le regole del momento, valutare cause ed effetti. Sempre, anche adesso che mi ha appena baciata il ragazzo per cui smanio dai tempi delle elementari.
- Causa ed effetto... - Bisbigliano le mie labbra a pochi millimetri dalle sue.
Lui mi guarda con aria interrogativa.
- Stai analizzando tutta la scena scomponendola in dettagli sempre più piccoli?
Mi domanda con un sorriso divertito. Io faccio cenno di sì, ancora un pò frastornata.
- Da te non ci si può aspettare altro.
- Cosa... Che vuoi dire?
- Che tu cerchi sempre di capire tutto. Ma non tutto può essere compreso.
Scuoto il capo. Peeta allora appoggia la sua fronte sulla mia.
- Mi hai baciata. - Sussurro.
- Sì, Finch, ti ho baciata. E allora?
- Perchè? - Chiedo alzando un pò la voce. Lui si scosta e mi guarda fisso negli occhi.
- Perchè dovevo. Perchè volevo che fossi sicura del tuo rifiuto. E poi cosa c'è di più semplice di un bacio?
- Tutto. - Lo guardo duramente.
- E sappi che io sono sempre sicura delle mie scelte, Peeta.
- Oh sì, questo lo so. - Dice con un sorriso nervoso. - Già ti immagino a stilare liste con i pro e i contro di ogni decisione, a compilare test valutativi e disegnare diagrammi e a...
- Peeta, smettila! - Grido spazientita.
- No Finch, smettila tu! - Ribatte afferandomi entrambe le spalle. - Smettila di voler sempre analizzare tutto, di voler sempre capire tutto...
La sua voce si smorza un pò, quando lascia la presa e rivolge lo sguardo verso il giardino.
- Ha smesso di piovere. - Afferma portando un palmo fuori dal raggio dell'ombrello. Lo chiudo guardandomi furtivamente intorno. I miei genitori non sono in casa ma torneranno entrambi per l'ora di cena. Che figura se fossero arrivati proprio mentre Peeta mi baciava!
- Sai, vorrei che vivessi sentendoti libera di seguire di più le tue emozioni e meno la ragione. - Sento dirgli quasi in un sussurro. I suoi occhi celesti mi guardano con un'intensità incredibile, resi ancora più belli dall'aria umida e la luce flebile dei lampioni che hanno cominciato ad accendersi.
- Come fai tu? - Chiedo.
Lui abbassa lo sguardo. So a cosa sta pensando. Anzi no, so a chi sta pensando. La mia ipotesi viene confermata quando Peeta scuote il capo. No, lui non segue le sue emozioni. Se lo avesse fatto adesso starebbe correndo da Katniss.
- Io non voglio perderti, Peeta. E so che l'unico modo per non perderti è rimanere amici. Anche se un giorno ci fidanzeremo. Questo lo capisci vero?

- Certo...
- Quindi... Quindi basta continuare con questo gioco. Io... - Tiro un lungo sospiro. - Io lo so che in verità non è me che vuoi. E ho capito finalmente che non ti amo.
Peeta solleva il capo di scatto mentre io continuo prima che dica qualcosa.
- Sì ti ho amato, in passato. Ma adesso non provo più questo sentimento. Forse non l'ho mai neanche provato. Forse scambiavo l'amore per qualcos'altro. Un sentimento molto forte, certamente, ma non amore.
- L'hai capito finalmente, - mi dice con un sorriso. - Ho sempre avuto paura di... di rovinare tutto.
- Lo so. Ma l'unica che stava rovinando la nostra amicizia ero solo io.
Amicizia. Tra me e Peeta c'è stato solo amicizia. É così dura ammetterlo. Fa quasi male.
Peeta si avvicina e mi abbraccia. Lo stringo forte, sempre più forte mentre le lacrime mi rigano il volto.

É appena terminata una pioggia primaverile. Come previsto, è finita con la stessa rapidità con la quale è incominciata. Ma le mie guancia, nonostante mi fossi riparata con un ombrello, sono ancora bagnate.

 




Note dell'autrice:

Okei, lo so. Questo capitolo è un pò ingarbugliato e mi dispiace D:
Ma cerchiamo di chiarire le cose: Peeta in pratica ha sempre saputo che Finch provasse qualcosa per lui (non era forse evidente? In pratica lo sapevano tutti!) ma non ha mai voluto "esporsi" o chiarire la questione proprio per non rovinare la loro amicizia. Però, messo alle strette, e vedendosi costretto a scegliere tra corteggiare Katniss (che non è neanche sicuro di poter avere) e rimane in buoni rapporti con Finch (seppur da fidanzati e non da amici) preferisce non rovinare le cose con Finch, che in fin dei conti è la sua migliore amica mentre Katniss è appena che una conoscente!
Ma allora, se Finch voleva Peeta, perchè ha rifiutato la sua proposta? Qui la questione mi sembra più semplice. Non ha accettato perchè non era così che avrebbe voluto mettersi con Peeta. Ora che sa della cotta di Peeta per Katniss, sa anche che a Peeta lei non piace. Dunque perchè mai avrebbe dovuto fidanzarsi con un ragazzo sapendo che non l'ama? Finch è calcolatrice, vero, ma non un'opportunista e tanto meno un'egoista. Anzi, ha sempre dimostrato di voler provvedere alle esigenze degli altri prima delle sue...
Spero quindi di aver chiarito qualche dubbio. La storia sta per terminare e vorrei che si comprendesse ogni futura scelta dei personaggi.
Alla prossima (che non sarà prestissimo dato che parto una settimana per Parigi con il mio Peeta personale *-* )
MM

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Capitolo 9
*** 9 Lei non lo sa ancora. ***


- Muovi quelle gambe, Hawthorne, muovi quelle gambe! - Grida il professor Abernathy.
- Coach! - Urla un ragazzo, - Marvel ha avuto uno strappo muscolare!
- Arrivo! - Annuncia il professore correndo verso un gruppo di alunni intenti ad eseguire gli esercizi di stretching. Prima di raggiungerli, si rivolge ai ragazzi in casacca rossa: - E voi finite il riscaldamento. Fra cinque minuti si disputa l'amichevole!

 

 

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Capitolo 9
 

Lei non lo sa ancora.

 


Quasi alla fine del primo tempo, Finch arriva porgendomi un bicchiere di carta.
- Cos'è? - Chiedo.
- Veleno. - Risponde roteando gli occhi. - Su bevi, scema!
Afferro il bicchiere, scoprendo con piacere che emana calore. Caffè. Ringrazio timidamente e lascio che il liquido scuro mi riscaldi le viscere.
Da quando mi ero seduta sugli spalti per vedere la partita, avevo quasi dimenticato quanto facesse freddo. Eravamo nel pieno della primavera ma le forti raffiche di vento e le brevi piogge degli ultimi giorni, avevano raffreddato notevolmente l'aria.
Dal campo arrivano gli urli di incitamento e le grida del coach. Si disputa l'amichevole fra gli alunni del terzo anno e gli alunni del quarto. Tra questi, ci sono anche Peeta Mellark e Gale Hawthorne. Il più altro fra i due indossa una casacca rossa, l'altro una gialla. Uno deve segnare ad una porta, l'altro in quella contraria. Avversari. Nel gioco, ma anche in amore. L'unico elemento che li accomuna, infatti, è l'essersi entrambi dichiarati alla stessa ragazza.
- Manca poco... - Sussurra Finch sedendosi accanto a me. - Sei pronta?
Chiede, lo sguardo assorto. É la stessa domanda, ogni giorno. Ma ogni volta che la pronuncia la data del ballo è davvero sempre più vicina. Sei pronta? Un interrogativo dettato più dall'abitudine che dall'affetto o dall'apprensione nei miei confronti. Risuona come un'invocazione, una preghiera, un rito da eseguire tutti i giorni per distendere i nervi e rilassarsi un pò. E man mano che il tempo passa, risulta evidente come la domanda la rivolga più a se stessa, che a me.
Sei pronta? Sei pronta, Finch?
Mi limito ad annuire e bevo un altro sorso di caffè.
- Sei qui per Gale, non è vero?
- Mi ha... - Guardo nel bicchiere che mantengo con entrambe le mani. - Mi ha invitata lui.
Finch muove leggermente il capo, senza distogliere gli occhi dalla partita.
- State insieme? - Dice appoggiandosi sulle ginocchia con i gomiti.
- Ah, noi... N-no, no, no!
Si volta verso di me. Sul volto un'espressione accigliata.
- Perfetto. - Dice ritornando a guardare i ragazzi in campo, con fare apatico. - Sarebbe una catastrofe per la nomina.
I candidati a re e reginetta, ogni anno, sono sempre stati delle coppie. Non importa di che tipo di coppia si stia parlando: ufficiale, di fatto, gay, con figli... L'essenziale è che formino una coppia. Quindi, se durante questo periodo in cui mi sono candidata con Peeta, io e Gale dovessimo fidanzarci, saranno in pochi a sostenerci ancora. Finzione è l'unico termine che mi viene in mente per descrivere in maniera appropriata questa assurda situazione. Mi sento ingabbiata, intrappolata. A questo punto ho paura perfino dei miei stessi sentimenti. Finch dice che è solo fino alla sera del ballo. Manca poco, riprendendo le sue parole. Ma quanto passano lentamente i giorni, quando ne attendi uno in particolare!
- Ehi, guarda! - Esclama la ragazza ridestandosi all'improvviso.
Allungo il collo in cerca di qualcosa da vedere. In campo i ragazzi corrono dietro un pallone. Tutto normale quindi, non mi sembra che ci sia qualcosa degno di attenzione.
- No, cosa c'entra la partita! - Mi canzona Finch, spontandomi il mento con una mano. - Il coach!
Punto gli occhi sul professor Abernathy. Sembra stia discutendo animatamente con la docente di educazione fisica, la professoressa Mason. Guardo Finch con aria interrogativa.
- Non lo sai? - Chiede con un sorriso malizioso.
- Sapere... Cosa?
- Del prof. Abernathy e della professoressa Mason.
Sollevo un soppraciglio. - Non mi dire che stanno insieme!?
Finche annuisce divertita e torna a guardare i docenti.
- A vederli così non sembrerebbe. - Dico. - Litigano sempre!
- Per questo è stato difficile, per me, scoprirlo...
- Senti, Finch... - Mi gratto una guancia, pensierosa. - Ma come diavolo fai a sapere sempre tutto?
La vedo fare spallucce, come se la risposta che sta per darmi fosse ovvia. - Te l'ho già detto. Sono solo brava con le ricerche.
Da bordo campo, ogni tanto il vento trascina stralci della loro animata conversazione. Li ascolto involontariamente finchè delle urla non attirano la mia attenzione. Una rissa. Al centro del campo. Casacche rosse che si scaraventano su delle casacche gialle. Casacche gialle che tirano cazzotti a destra e a manca. E poi mi accorgo di loro: Gale e Peeta che litigano violentemente senza risparmiarsi pugni e calci. Nessuno cerca di dividerli perchè sono tutti intenti a fare a botte.
- Ehi! - Grido in direzione dei docenti che non sembrano essersi accorti di nulla. - Coach! Coach!
La prima a notare la rissa è la professoressa Mason, che informa il coach tutta allarmata. Abernathy corre verso il centro del campo. Sembrano essere tutti impazziti mentre io, impotente, posso solo osservare l'orribile scena da dietro la rete che separa gli spalti dal manto verde del campo. Gale è alto e in forma, ma Peeta, molto più muscoloso di lui, sembra avere la meglio.
- Fermi! Fermi! - Strillo tra le lacrime.
Sento Finch tirarmi da un braccio.
- Vieni! Da quella parte si può passare!
Corro dietro Faccia di Volpe, gli occhi lucidi e il cuore carico di dolore. Abbasso la testa per oltrepassare la falla nella rete, poggiando le scarpe sull'erba sintetica. I piedi si muovono freneticamente, mentre i miei pensieri convergono attorno ad un'unica persona.
- Gale! - Urlo – Gale!
Quando lo raggiungo, Peeta indietreggia sorpreso. Dice qualcosa ma io non lo sento perchè sono seduta vicino a Gale. Lo abbraccio, pronunciando in silenzio il suo nome. Sorreggo la sua testa fra le mani, lo cullo. Lo amo.
- Katnip. - Sussurra lui ricambiando l'abbraccio.


- Qualche livido qua e là e un paio di punti vicino all'occhio sinistro. - Annuncia l'infermiera non appena varco la porta della medicheria. - Gli ho consigliato di riposare.
Annuisco sforzandomi di sorridere. Entrare in questa stanza, e in qualsiasi ospedale o infermeria in generale, mi causa sempre troppa tensione. Un'ansia profonda e inspiegabile che mi accompagna dall'infanzia. Raramente, infatti, ho visitato mia madre infermiera durante i suoi turni di lavoro.
- Devo raggiungere la medicheria del secondo piano. - Dice sistemandosi la targhetta sul camice. - Posso affidarlo a te?
- Sì.
- Perfetto, sono più che sicura di lasciarlo in buone mani.
Afferma la donna facendomi cenno col capo ad una tendina bianca posta alle sue spalle e prima di uscire, ricambia con un sorriso così candido e dolce da farmi arrossire.
Ormai sola, in questa stanza che mi fa letteralmente rabbrividire, mi dirigo verso la tenda. Quando la scosto sento che potrei scoppiare a piangere.
C'è Gale che riposa su un letto. I contorni del suo viso sono illuminati da una flebile luce. Intorno è tutto bianco. La tendina che ho richiuso silenziosamente dietro di me, le lenzuola, il cuscino, i piedi del letto e il muro su cui poggia la testata. Mi sembra di essere su un piano differente alla realtà, di guardare qualcosa di surreale. Anche l'aria che respiro sembra diversa.
- Gale... - Sussurro accasciandomi sullo sgabello e prendendogli una mano.
Gli accarezzo la mano, poi il braccio e infine il collo. Le mie dita ripercorrono i contorni del suo viso e lascio che si posino su una sua guancia. Osservo con apprensione il filo nero che gli esce dalla pelle, vicino al soppraciglio. Le parti violacee dove si sono formati i lividi. Le palpebre chiuse e le labbra dischiuse. Sembra una principessa delle favole e come accade nelle favole, lo bacio.
Sento il calore che emanano le sue labbra morbide. Questo non è finzione come la mia presunta relazione con Peeta. Questo è reale. Perchè Gale è mio ed io sono sua. E qualsiasi altra cosa è impensabile.
- Sei fredda, Katnip. - Lo sento sussurrare. Sulle labbra un sorriso. - Ma grazie al bacio mi sono riscaldato di nuovo.
Arrossisco, mentre la sua mano grande e calda afferra la mia con poca forza.
- Come ti senti?
- Meglio, adesso.
- E allora mi sai dire cosa diavolo combini, Gale? - Mi osserva, divertito. La mia momentanea e inaspettata dolcezza è svanita del tutto, sostituita dalla più consueta insensibilità, che devo ammettere mi si addice meglio. - Sei all'ultimo anno! E se non dovessi diplomarti?
- Per così poco...
- Con il nuovo preside non c'è da scherzare!
- Hai ragione. - Sussurra voltando lo sguardo verso la finestra aperta.
- Che c'è? Hai freddo?
Chiedo alzandomi, con l'intenzione di andare verso la finestra e chiuderla. Ma Gale mi ferma afferrandomi un braccio.
- Durante la partita ho detto a Peeta che tu sei mia. - Dice guardandomi intensamente negli occhi. Irrigidisco involontariamente i muscoli.
- E allora?
- Dopo la sua risposta non avevo più il controllo di me stesso. Gli ho sferrato un pungo. É così che ha avuto inizio la rissa.
- Quale... - Socchiudo gli occhi. - Quale risposta?
- «Ti sbagli Gale. Katniss è sempre stata mia, anche se lei non lo sa ancora.»


Appena entrato in Pizzeria, Gale viene letteralmente assalito dalle urla di Marcus.
- Che c'è? - Chiede Gale con aria innocente. - Devo solo consegnare delle pizze!
- Scherzi? - Ribatte spazientito Marcus. - Ai clienti verrà un colpo, quando apriranno la porta e si ritroveranno te davanti!
- Si tratta solo di qualche graffio...
- Sembra che ti abbiano cacciato dal set di un film dell'orrore, Gale!
- Embè? Fra poco è Halloween, siamo in tema!
- Ma se ad Halloween mancano quasi cinque mesi!
- Daiii Marcuuus! - Implora il ragazzo afferrando un braccio del titolare. - Lo sai che ho bisogno di lavorare...
- Allontanati da me che fai impressione! - Grida l'uomo scacciandolo. - E poi non mi interessa! Ci rivediamo quando non sembrerai più un parente prossimo di Frankenstein!
Gale solleva lo sguardo e si rivolge a me, con un sospiro.
- Ti mancherò, Katnip?
- Ogni volta che Marcus mi costringerà a lavorare al posto tuo!
- Stronza! - Dice sorridendomi. - Ci vediamo a scuola.
- A domani.
Lo seguo con lo sguardo mentre esce dal locale, trattenendo il respiro. É la prima volta che lo vedo fuori dalla medicheria. Cosa devo aspettarmi, adesso? Come devo comportarmi, cosa devo dire, cosa devo pensare... Cosa devo provare?
Sono assorta nei miei pensieri, quando Marcus mi ridesta svolazzandomi davanti agli occhi uno straccio.
- Vuoi lavorare o hai dimenticato dove ti trovi? - Dice con aria seccata. - Lava per terra e poi passa dalla panetteria...
- Dalla panetteria?
- Sì, Gale non c'è, ricordi? - Ribatte Marcus sbuffando. - Vicino al banco ti ho lasciato la lista. Vedi di non dimenticare niente, bella addormentata!


Rileggo velocemente la lista, aprendo l'ingresso della panetteria.
- Buonaser... - Sussurro. Le parole smorzate dalla sorpresa.
Dietro il bancone, in piedi e con un grembiule sporco di farina, Peeta mi guarda. Stupito forse quanto me, ricambia debolmente il saluto.
- Di cosa hai bisogno? - Chiede con fare gentile.
Io non riesco a parlare. Con imbarazzo, gli porgo la lista scritta da Marcus.
- Ah, - Dice Peeta grattandosi il mento. - Queste sono le cose che di solito compra il ragazzo delle consegne. Quindi lavorate insieme?
Ho un sussulto. Ma non ne comprendo chiaramente il motivo. Mi guarda per qualche secondo. Nel negozio ci siamo solo noi due e il mio mutismo rende tutto ancora più imbarazzante.
- Va bene, vado a prendere ciò che ti serve...
- Peeta... - Riesco finalmente a dire. Ma non credo di riuscire a continuare.
- Mi dispiace, Katniss. - Dice allora Peeta con impeto. - Mi dispiace per quello che ho fatto a Gale, ma soprattutto mi dispiace per te.
- Cosa intendi...
- Non sapevo che stavate insieme.
- Io... No! - La sua schiettezza è disarmante. - Non stiamo insieme...
Ma perchè tutti credono che io e Gale siamo fidanzati? E soprattutto: perchè me lo chiedono sempre con questo tono incurante?
- Ma la mia entrata in scena ha rovinato tutto, non è così? - Quella di Peeta è una voce suadente e il suo sguardo è a dir poco penetrante. Quando è davanti a te, senti cadere ogni difesa. Un sorriso timido compare sul suo volto. - Lascia perdere. Farò le mie scuse a Gale, anche se si sbaglia.
Sento un nodo in gola, ricordando ciò che mi aveva riferito Gale.
«Ti sbagli Gale.» Gli aveva detto Peeta.
Mi chiedo ancora una volta perchè voglia vincere la candidatura a re del ballo. Non è certo il tipo che ha bisogno di una corona di plastica per sentirsi soddisfatto. Ciò che più di tutto mi sconcerta è il fatto che voglia partecipare con me. Lo osservo, in piedi davanti a me. Non è alto quanto Gale ma ha un fisico prestante e un viso stupendo. Ha modi aggraziati che rispecchiano il suo essere buono e gentile e per andare al ballo potrebbe scegliere una ragazza altrettanto bella fra decine di pretendenti. Ma so che sta fingendo. Sta recitando e lo sta facendo alla grande. Le sue parole sono studiate, le sue azioni programmate chissà quanto tempo in anticipo. E allora mi chiedo quale sia il suo scopo, mi chiedo dove vuole arrivare. Anche se credo che una rissa non giovi di certo alla sua popolarità nè tantomeno alla sua condotta.
«Katniss è sempre stata mia, anche se lei non lo sa ancora.»
- Sono ventisette esatti. - Dice risalendo una scala e porgendomi una busta. Tra le sue mani sembrava leggera, ma non appena l'afferro mi sento inaspettatamente tirare verso il pavimento.
- Oh, che stupido! Hai ragione! - Si scusa riprendendola. - Te la porto io, se vuoi...
- Grazie, ma ce la faccio da sola! - Dico indispettita. Afferro la busta, questa volta consapevole del suo peso, e porgo a Peeta un biglietto da cinquanta.
Attendo mentre recupera il resto, chiedendomi perchè ci mette tanto.
- Ecco qui, - Annuncia dopo qualche minuto, porgendomi una bustina di carta. Lo guardo con aria interrogativa.
- Buon lavoro. - Mi augura.
- Anche a te.


Cammino sul marciapiede, il sole che tramonta. Sta per iniziare un altro turno di lavoro come cassiera al Capitol Pizza. Mi manca un pò Gale, ma nel cuore sto assaporando una dolce novità, un sentimento caldo e delicato. Come la focaccina che ho ritrovato nella bustina del resto, accuratamente avvolta in un fazzoletto.
E sul fazzoletto, con una grafia sicura ed aggraziata, si può leggere:


Qual' è  il  tuo  colore  preferito,  Katniss ?

 

- Verde... - Dico in un sussurro che si perde nel vento.

 





 

Rieccomi quaaa!
Ho lasciato un pezzo del mio cuore nella città dell'amore e un giorno spero di tornare a riprendermelo!
Che dirvi, credo che Parigi abbia influenzato molto la stesura di questo capitolo
e sono certa che influenzerà anche le mie storie successive
(durante i viaggi in metro la mia mente ideava questa o quell'altra storia, sperando di riuscire a metterle per iscritto, un giorno).
Spero che il capitolo 9 sia stato di vostro gradimento e mi scuso per la lunga attesa, seppure l'abbia preannunciata.
Che dite, ne è valsa comunque la pena?
Un ringraziamento a chi continua a seguirmi e ai nuovi lettori!
Un abbraccio e un bacio,
emmEmme ^o^

 

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Capitolo 10
*** 10 I baci sono piccoli disastri ***


La sveglia suona prima del solito, questa mattina. Mi alzo, mi avvicino allo specchio.
- É arrivato, Finch. Il giorno del ballo. - Sussurro all'immagine riflessa. La pelle un pò meno luminosa del solito, accenni di occhiaie, i capelli scompigliati dalla notte insonne appena trascorsa.

- Sei pronta? - Chiedo a me stessa, muovendo lentamente il capo. - Sì, certo che lo sono.
Ovvio che lo sono.
- Sono pronta.

 

 

Capitolo 10

 

I baci sono piccoli disastri

 

 

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Tre giorni prima

 

Gli alunni sono tutti in uno stato di febbricitazione. Non tanto per le ultime lezioni che si apprestano a seguire per quest'anno (o per sempre se stanno per diplomarsi e non hanno intenzione di iscriversi al college) quanto per il ballo, previsto sabato, ovvero fra tre giorni. Per i ragazzi del terzo anno, tra l'altro, questo sarà il primo ballo in cui possono partecipare con i seniors.
Io non posso far a meno di camminare per i corridoi con un sorriso a trentadue denti. Sono ottimista. Ottimista per l'hanno che è passato, per la sicura vincita di Peeta e Katniss, per la sorte del mio Club. Ammetto di essere un pò agitata e di non aver chiuso occhio per tutta la notte. Ma ho scoperto che questo stato d'ansia, che credo di non aver mai provato in tutta la mia vita, mi permette di pensare meglio. Sento il cervello funzionare a pieno regime, gli ingranaggi ruotare senza difficoltà nei complicati meccanismi della mente. Osservo, analizzo, vengo a capo del problema. Sono tornata ad essere Finch. Sono tornata ad esserlo perchè sento di essere di nuovo pronta. Pronta ad affrontare le difficoltà e le situazioni intricate senza farmi condizionare dai sentimenti o dal cuore. Durante questa lenta e dettagliata analisi, ho capito finalmente che il periodo in cui mi sentivo insicura a causa di Peeta è stato solo una piccola, seppur devastante, défaillance. Tutto qui.

Entro nell'aula di discpline artistiche a lezione già cominciata e biascico uno straffottente – 'giorno – tra gli sguardi divertiti dei compagni.
Il professor Cinna accenna un sorriso.
- Si è svegliata con un diavolo per capello, signorina Emerson?
- Al contrario professore. - Mi dirigo verso il mio banco. Prima di sedermi guardo Cinna da sopra una spalla. - Anzi, sa cosa dice il diavolo quando la mattina scendo dal letto?
- Non ne ho idea.
- Oddio no! É già sveglia!
I compagni ridono mentre Cinna mi guarda piegando il capo.
- Bene, adesso che si è esibita nello sketch giornaliero posso continuare con la lezione?
- Perchè? É l'ultimo giorno di scuola! - Protesto.
- Ma non l'ultimo anno. Quindi, dicevo, per gli impressionisti...
- Io mi rifiuto! - Dico incrociando le braccia al petto.
Cinna mi rivolge di nuovo lo sguardo mentre tra gli alunni si solleva un mormorio e risa soffocate.
- Un'altra parola... - Mi ammonisce puntandomi il gessetto contro. - Un'altra parola, signorina Emerson, e dovrò prendere seri provvedimenti!
Assottiglio lo sguardo. Nell'aula cala il silenzio assoluto. Sollevo un soppracciglio e, con aria di sfida, mi infilo le cuffie nelle orecchie e accendo il mio iPod. Il professore rimane ad osservarmi per un pò ma non protesta, infatti ripende in mano il libro e continua con la lezione.
Io non lo ascolto perchè nella mia mente adesso ci sono solo le voci e le note dei Linkin Park. A cinque minuti dalla fine della lezione, incomincio a canticchiare Blame di Calvin Harris, spiegando alla classe che non possono dare la colpa a me, perchè la colpa è nella notte. E mentre i compagni ridacchiano e io urlo un «Don't blame it on me», Cinna chiude con un tonfo il pesante libro di arte e attraverso le note della musica lo sento annunciare: - Va bene, ragazzi, per quest'anno basta così! Potete uscire tutti ad eccezione della signorina Emerson.
Vedo i miei coetanei alzarsi euforici. Qualcuno mi lancia qualche occhiata divertita che io ricambio con un sorriso straffottente e un saluto della mano. Quando in aula non ci siamo che io e Cinna, spengo l'iPod e lo rimetto in cartella. Lui intanto mi si avvicina, prende una sedia, la gira e ci si siede a cavalcioni, con le braccia sullo schienale.
- Ti avevo detto di farti mettere in punizione ma potevi almeno seguire la lezione.
- Sei di una noia mortale quando spieghi, Cinna! - Dico divertita.
- Oh bhè ma gli argomenti sono interessanti. E poi i quadri impressionisti, così liberi, così fluenti, così...
- Oh, Cinna – lo interrompo bruscamente, - se avessi voluto sentirti parlare di arte non avrei alzato il volume del mio iPod al massimo, poco fa.
- Ma che hai contro l'arte? - Mi chiede lui con un sorriso per niente offeso.
- Niente, assolutamente. É solo lontano anni luce da come vedo io il mondo.
- Per te gli artisti sono troppo idealisti e scriteriati?
- Esattamente. - Rispondo schietta.
- Bhè ma loro non fanno altro che rappresentare la realtà così come la vedono. E se la realtà fosse fatta solo di numeri allora sarebbero diventati matematici.
- Vero. - Ammetto amaramente. - Ma ciò non toglie che una buona parte della realtà è effettivamente composta da numeri ed equazioni e...
- E sentimenti, - continua Cinna. - E pensieri astratti e cose che non riusciamo neanche a vedere figuriamoci se si potrebbero studiare e calcolare!
- Veniamo al dunque? - Chiedo solo per cambiare argomento, dato che non riesco a confutare la mia tesi senza che Cinna abbia già pronta la sua opinione contrastante.
- Vorrei invitarti al ballo, Finch. - Dice tutto d'un fiato. Mi guarda fisso negli occhi e forse legge sul mio volto un'espressione perplessa perchè continua. - Non è opportuno lo so, ma non sarebbe una cosa ufficiale, bhè ecco...
Ha un attimo di imbarazzo e abbassa lo sguardo ma non smette di parlare.
- Capisco se mi dirai di no. Perchè siamo diversi. Siamo così diversi da essere uno la negazione dell'altro. E so benissimo che siamo distanti, lo siamo sempre stati. Io ero il ragazzino con la testa fra le nuvole e tu la bambina che voleva capire sempre tutto. Se io coglievo un fiore per ammirarne la bellezza e mi mortificavo quando si appassiva, tu non solo lo strappavi dal prato, ma lo scomponevi in tanti piccoli pezzi per scoprire come era fatto e quando a Natale ti regalarono quel microscopio. Oddio! Qualsiasi cosa ti capitava sottomano doveva passare per forza da quei vetrini. E quando mi cadde una lente a contatto, ti ricordi?
Rido. - Sì, pensavi di averla persa e invece poi la ritrovasti sotto il microscopio e io, innocentemente, spiegai che pensavo fosse...
- Un residuo inorganico di qualche entità extraterrestre, sì. - Continua Cinna sorridendo. - Avevi sette anni e già utilizzavi termini come «residuo inorganico». Ma non è questo il punto, non erano solo i diversi modi di pensare a dividerci e non lo era nemmeno la differenza d'età. Non sarebbe un problema neanche adesso, se io... Se io non fossi il tuo professore... Ma io non sono soltanto il tuo professore giusto? E tu per me non sei solo un'alunna. No, non lo sei mai stata perchè tu sei la mia chimera e adesso vorrei ragionare razionalmente proprio come fai tu ma proprio non ci riesco, non ci riesco a...
- Cinna... - Sussurro accarezzandogli un braccio. - Cinna cosa...
- Io ti amo. - Confessa allora con impeto, rivolgendomi uno sguardo carico di emozione ma anche d paura. - Ecco l'ho detto. Ti amo, Finch. E volevo tornare in America per dirtelo, non ho pensato ad altro per tutto il tempo, ma avevo comunque bisogno di un lavoro e così ho avuto l'occasione di coprire il posto vacante del vecchio professore d'arte ma non avrei mai immaginato che tu studiassi qui e...
- Cinna calmati. - Lo rassicuro. - Calmati, non hai fatto nè detto nulla di male.
Forse il mio incoraggiamento non basta perchè lui abbassa lo sguardo con aria delusa. Quanto sembra piccolo e indifeso adesso, quest uomo che un tempo, neanche poi tanto lontano, era un ragazzino forte e carismatico. Ha ragione. Siamo diversi e, dopo questa confessione impetuosa, la differenza appare ancora più evidente. Lui instintivo, passionale. Io razionale, distaccata. Io non sarei mai partita verso l'Europa per inseguire i miei sogni e lui non avrebbe mai calcolato e pianificato per anni un piano di vendetta contro i più popolari della scuola. Io non sarei mai tornata a casa, non mi sarei mai innamorata di un ragazzo così diverso da me e, soprattutto, non gli avrei mai confessato il mio amore con tanta veemenza e semplicità. Ma qualcosa ci avvicina ugualmente. Qualcosa di inspiegabile ed invisibile. Qualcosa che, come direbbe Cinna non riusciamo neanche a vedere figuriamoci se si potrebbe studiare e calcolare. E allora dovrei rispondergli, dirgli qualcosa. Ma cosa? Pensa Finch. I secondi passano nel silenzio mentre mi prende le mani. Sarebbe scortese adesso prendere carta e penna e incominciare a ragionare. Abbozzare su un foglio da raccoglitore la Teoria triangolare dell'amore di Sternerg, valutando parametri ed eventi volti a giustificare il nostro grado di intimità, passione ed impegno. Peeta non sbagliava quando, prendendomi in giro, mi immaginava a stilare liste con i pro e i contro di ogni decisione, a compilare test valutativi e disegnare diagrammi. Oddio, quanto odio il disordine! Pensa, Finch. Cosa dovresti fare? Dovrei rifugiarmi nel mio buon senso, nella ragione, nell'esperienza. Dovrei, certo! O forse dovrei solo imparare qualcosa dall'uomo che mi sta di fronte. Lasciarmi andare e seguire i miei impulsi, ma non ce la faccio se Cinna continua a guardarmi con questi suoi occhi grandi e profondi e così chiudo i miei. Perfetto. Al buio riesco a sentire meglio i miei pensieri e il rumore delle tende mosse dalla brezza e il chiacchericcio dei pochi studenti che si aggirano ancora tra i corridoi e il respiro affannato di Cinna e le sue dita che mi accarezzano la mano e il suo corpo che spinge la sedia e si solleva e le sue labbra sulle mie. Sento un brivido scorrermi lungo la schiena. Mi sta baciando. Ci stiamo baciando. Non ho il coraggio di aprire gli occhi. Non ce l'ho neanche quando si stacca da me per appoggiarmi un bacio sulla fronte. E ho il viso tra le mani. Non posso guardarlo mentre si allontana ed esce da quella porta. Non posso tornare alla realtà. Non posso, adesso che ho capito quanto sia meraviglioso lasciarsi andare per dar vita ai sogni.

 

Sera del ballo

 

Non ho ballato con Cinna. Abbiamo chiaccherato, riso, bevuto insieme ma non abbiamo ballato. Lui si comportava come se non mi avesse mai baciata nè invitata, anche se non ufficialmente, al ballo di fine anno. E io ho mantenuto il suo gioco. A metà serata sembrava fosse sparito. Ho chiesto di lui in giro, nella maniera più discreta possibile, ma nessuno sembrava lo avesse visto uscire dalla palestra allestita con addobbi e decorazioni. Il tema del ballo di quest'anno sono i baci. Non ho ben capito che senso abbiano voluto dargli gli organizzatori ma l'effetto finale non è male. Le pareti sono state decorate con cartoncini rossi ritagliati a forma di bacio e gli stessi cartoncini, ma in scala ridotta, sono stati consegnati ai partecipanti all'inizio della serata. C'era chi lo aveva appuntato al bavero, chi all'altezza della spalla, alcune ragazze lo avevano inserito tra i capelli a mò di ferretto. Immancabili le gag del gruppo dei più buffoni che iniziarono ad attaccarsi il cartoncino a forma di bacio sulle labbra, sulle parti intime o sul sedere delle ragazze più serie e impettite delle ultime classi. Ho visto Friedrich «nazzinerd» appuntare il cartoncino rosso vicino alla bretellina dell'elegante vestito di Abigail «abbymorbo». Non mi ero mai accorta che fra i due ci fosse del tenero. Giunti quasi alla fine della serata, noto invece che «sgorbio», «pignatolada» e «gagagay» sono rimasti seduti in un angolo della palestra mentre il DJ continua a suonare nonostante i ballerini risultino un pò stanchi. Sui tavoli regna il caos, tra stuzzichini sparsi, dolci a metà e macchie arancioni di un punch «ufficialmente» analcolico. Da quando è iniziata la festa fino ad ora, qualche ragazza ha subìto un brusco cambiamento di altezza, alcune camicie non appaiono più bianche e immacolate e il numero dei partecipanti è palesemente diminuito. Si saranno appartati in qualche angolo buio della scuola, in cerca di pace ed intimità, ma sembra che ci siano proprio tutti quando, con aria concitata, il DJ annuncia al microfono:
- Il conteggio dei voti sta giungendo al termine! Siete pronti per incoronare il re e la reginetta di questa sera? Ma prima... - Dice sfumando il ritmo. E così, magicamente, una canzone pop diventa un ballo lento. - Diamo spazio agli innamorati e rendiamo onore al tema di questa sera... I baci!

Le coppie incominciano ad ondeggiare in pista mentre riempio un bicchiere con la vodka diluita abilmente nel punch. Con un’ubriacatura si perdono circa 100.000 neuroni, tanti quanti quelli di una giornata di vita e io, per non perdere i miei preziosi neuroni, non ho mai neanche provato cosa vuol dire essere «brilla». Non posso permettere al mio cervello di distrarsi. Quando malcapitatamente accade, insorge sempre qualche problema. Come il bacio di Cinna nell'aula di discipline artistiche. Perchè il bacio di Cinna è un problema. Un piccolo diasastro che finirà per farmi perdere la testa. Quindi resto ferma vicino al tavolo del catering, con il bicchiere in mano e lo sguardo verso la pista da ballo. All'inizio pensavo che i docenti avrebbero scoperto subito il trucchetto del punch «analcolico», ma dopo il secondo bicchiere, perfino la professoressa Trinket sembra essere più docile del solito. E poi ho il sospetto che centrino qualcosa il coach Abernathy e la professoressa Mason. Mi sembra di essere circondata da zombie. Vagano tutti in cerca di un pò di divertimento e di riposo nello stesso tempo. Euforici, scoordinati, senza freni inibitori.
Anche Katniss mi sembra strana. Sta ballando con Peeta. Sorride, gli accarezza la nuca. Sta forse flirtando con lui? Che razza di gioco sta giocando? Inconsciamente mi porto il bicchiere alle labbra e mando giù il contenuto tutto d'un sorso. La musica lenta continua, loro ondeggiano, io bevo altro punch, Peeta sembra al settimo cielo, le sussurra qualcosa in un orecchio, lei solleva la testa scoppiando a ridere, è brilla, io finisco tutto il punch contenuto nella scodella, l'addetto del catering la riempie di nuovo, io gli chiedo di riempire anche il mio bicchiere, Katniss inizia a sbattere le ciglia, lui le accarezza la treccia, io bevo, lei sorride, lui la bacia e prima ancora che la musica termini, sono ubriacata fradicia.

 

Mi trascino fuori dalla palestra. Il mondo gira verticosamente e non riesco a capire se per camminare devo portare in avanti la gamba sinistra o la destra. Magari tutte e due. Ci provo ma finisco quasi per cascare con il fondoschiena per terra. «Okei,» penso fermandomi un attimo e appoggiando una spalla al muro. «Pensa». Ma riesco solo a scoppiare in una fragorosa risata.
- Pensa di pensare! - Dico fra le risa. - Pensa, Finch!
Non riesco proprio a frenare la risata, mentre la schiena sobbalza, le risa diventano singhiozzi e i sorrisi lacrime.
- Finch!
Qualcuno mi sta chiamando. Mi guardo intorno ma mi gira la testa e sono costretta a tenerla dritta. Nel corridoio il silenzio viene interrotto saltuariamente quando qualcuno apre le porte della palestra. Allora si sente la musica provenire dalle casse del DJ ma io la sento sempre ovattata, distante. Forse mi sono allontanata molto dalla festa ma non mi ricordo per quanto tempo ho camminato per i corridoi.
- Finch, che succede? - Sento dire di nuovo, riconoscendone la voce.
- Cinna... - Sussurro sollevando il capo. - Cinna io, io...
- Quanto hai bevuto? - Mi chiede premuroso, accarezzandomi i capelli. - Ti donano sciolti, sai?
Senza neanche pensarci gli avvolgo il collo con le braccia nude. L'abito turchese che indosso è senza maniche nè spalline. Cinna per un primo momento sembra sconcertato, poi mi abbraccia forte. L'ultima volta che ci abbracciammo lui non era che un ragazzino. Adesso mi sorprende quanto siano diventati grandi le sue braccia e di come possa tranquillizzarmi la sua vicinanza e il calore del suo corpo. Tra le lacrime, le parole mi escono di bocca senza freni.
- Oh, Cinna. L'ho letteralmente spinta fra le sue braccia. Lui la ama, l'ha dichiarato davanti a tutta la scuola. Io l'ho sempre saputo ma facevo finta di niente. Gli sono stata sempre accanto, amandolo in silenzio per quattro anni. E poi... E poi ho pensato che il mio progetto annuale per il club doveva essere qualcosa di grandioso e sapevo che per farcela avevo bisogno dell'aiuto di Katniss. Lei è così bella e forte e coraggiosa e io sapevo che Peeta l'ammirava. Ho pensato tutto nei minimi dettagli. Le elezioni, l'intervista, il ballo. Sarebbero stati molto vicini e più Katniss si avvicina a Peeta, più Peeta si allontanava da me.
- Sei la solita stupida. - Mi dice Cinna, interrompendomi. - Perchè lo hai fatto?
- Perchè volevo che Katniss fregasse la corona a quegli sbruffoni pieni di sè!
- Sei davvero sicura che sia solo per questo?
Si stacca da me e mi passa una mano calda sulla guancia. L'alcol non ha atrofizzato i miei pensieri. Tutt'altro. Li ha amplificati. Vedo tutto nitidamente adesso così rispondo: - No, l'ho fatto anche perchè volevo che Peeta fosse felice. Felice per davvero.
- E adesso ti sembra che lo sia?
- Adesso è l'uomo più felice del mondo.
- No, non lo è.
Guardo Cinna con aria interrogativa. Lui si avvicina a me e mi bacia. O sono stata io a sollevarmi sulle punte per raggiungere le sue labbra? É tutto così confuso ma allo stesso tempo così chiaro. E ciò che i miei occhi non volevano vedere, le mie labbra adesso l'hanno reso evidente. Perchè le mie labbra parlano, parlano, parlano ma hanno sempre cercato un altro paio di labbra che frenassero l'impetuoso torrente di parole.
- Per quanto possa ritenerti furba e scaltra come una volpe... - Sussurra Cinna scostando la bocca per annusarmi i capelli, - continuo a sostenere che sul piano sentimentale tu non ci sai proprio fare...
Io lo stringo più forte.
- In amore sono un disastro, vero? - Chiedo alzando il capo per guardarlo negli occhi.
- Sei irrecuperabile - Mi risponde con un sorriso dolce per poi appoggiare il mento sul mio capo. - Come si fa a non accorgersi che sono io, l'uomo più felice del mondo?
La porta della palestra si apre e nei corridoi aleggiano ovattate le note di un altro lento.
- Balliamo? - Mi chiede porgendomi la mano. Iniziamo ad oscillare per i corridoi, con la musica che si sente solo se viene aperta la porta della palestra e quando ad un certo punto la musica si abbassa e il DJ dice: «E il re e la reginetta di quest'anno soonooo...» io sollevo lo sguardo e guardo Cinna con un sorriso.

 

 

 

 

Davvero, davvero, davvero tanto tempo è passato dall'ultimo aggiornamento e chiedo perdono a chi sta seguendo assiduamente la fiction. Il problema è che sono nell'occhio di un ciclone fatto di esami, lezioni e turni di lavoro! Quindi, anche se sono ingiustificabile, vi chiedo di comprendere un pò il motivo delle mie lunghe assenze!

Un altro motivo che mi ha spinto a ritardare l'aggiornamento è stato l'aver riscritto l'incipit di questo capitolo ben tre volte! Ispirazione zero per settimane e poi puf! Il capitolo lo scrivo e concludo in un pomeriggio solo! Ed è anche un pò più lungo degli altri. Vi è piaciuto? * v *

Ma parliamo del capitolo:

In questo capitolo Finch si lascia finalmente andare! Sia laudato l'alcol e i suoi effetti sui freni inibitori! Quindi al diavolo i ragionamenti logici e la teoria triangolare di Sternberg per dar spazio invece alle lacrime, ai baci rubati e alle parole dette con impeto. Voglio chiarire il punto Cinna: non so se sono riuscita a raccontare al meglio la relazione che c'è tra lui e Finch. In pratica Cinna è sempre stato attratto da lei ma non è mai riuscito a confessarglielo a causa della differenza d'età. Partito per l'Europa dopo il diploma, ritorna in America solo per rivederla e per non nascondere più i suoi sentimenti. Ovviamente non si sarebbe mai aspettato di ritrovare al suo ritorno una Finch innamorata di Peeta nè che il loro rapporto, dopo quattro anni di lontananza, si sarebbe raffreddato tanto. Ma perchè è successo? Voglio dire: perchè dopo solo quattro anni si trattano quasi da estranei? Bhè, Cinna lascia Finch che era una ragazzina delle medie con le trecce e al suo ritorno si ritrova davanti una bellissima donna e la stessa cosa vale per Finch. (Vi ricordate l'imbarazzante incontro nel capitolo «Cinna ed io siamo solo cugini»?) E poi Cinna si è ritrovato ad insegnare nella sua scuola... Okei, ma tutto sembra stia andando per il meglio dato che Finch ha capito finalmente che lo ama. Come vi sembra questa coppia? ^o^

Katniss invece, anche se compare solo a fine capitolo, è più incoerente che mai: le piace Gale ma accetta di andare al ballo accompagnata da Peeta (anche se sotto minaccia, chiariamolo!). Bacia Gale e questo bacio dovrebbe farle capire che lo ama ma si ritrova subito dopo a sciogliersi e ad intenerirsi davanti a un paio di focaccine calde e un bigliettino di Peeta. Allora forse prova qualcosa anche per Peeta ma non riesce ad ammetterlo neanche a se stessa. Ma sempre sia laudato l'alcol così eccola che al ballo si struscia e si contorce tra le braccia di Peeta fino a concedergli perfino un bacio!

Il capitolo termina con Finch e Cinna che ballano nei corridoi con la musica a tratti e ascoltano il DJ annunciare i vincitori del titolo a re e reginetta. Cosa accadrà ancora?

 

Alla prossima!

emmEmme

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Capitolo 11
*** 11 Il tempo che è passato ***


Un vestito rosso. Ecco cosa ha scelto di farmi indossare Finch per la sera del ballo. Un vestito rosso come la vittoria, come la passione, come i baci, come il coraggio, come il tramonto, come la follia, come l'amore. Un vestito rosso fuoco per la ragazza in fiamme. E quando Peeta mi chiede di ballare e mi fa fare una piroetta, l'orlo della gonna sembra prender fuoco per davvero.

 



 

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Capitolo 11

Il tempo che è passato

 

Sento le gambe farsi molli. Mi muovo ma non so esattamente cosa stia facendo. C'è Peeta che mi sorregge, quindi sono sicura di non cadere. Ma mentre balliamo Peeta mi fa volteggiare e mi sento la testa girare. Ad un certo punto incomincio a credere seriamente che non sia io a girare, ma il mondo.
- Peeta... - Sussurro. La musica è troppo alta e non credo che mi abbia sentito.

- Peeta! - Dico più forte e non so perchè ma incomincio a ridere.
- Sei brilla, Katniss! - Mi dice lui divertito. - Quanto hai bevuto?
- É impossibile, ho bevuto solo un pò di quel... - Biascico indicando il punch.
Peeta scuote la testa. - Sei la solita ingenua...
- Perchè?
- Perchè lì dentro c'è più vodka che altro!
- E perchè ridi?
- Sei tu che stai ridendo!
Iniziamo a ridere come sciocchi. Io continuo a sorreggermi a Peeta e lui non sembra volermi far cadere, perchè mi tiene stretta a sè. Appoggio la testa sul petto di Peeta e le note del lento si mischiano pian piano con i battiti del suo cuore. Sembra gli stia per venire un infarto per quanto batte veloce.
- Peeta, ti senti bene? - Chiedo scostandomi un pò e notando il rossore sul suo viso.
- S-sì, perchè?
- Perchè hai il viso rosso e il cuore ti batte forte. Pensavo fosse febbre...
- Febbre? - Chiede imbarazzato. Poi appoggia il mento sulla mia testa e sussurra: - Ripeto, sei la solita ingenua...
Okei, forse sono davvero brilla perchè non ci sto capendo più niente. La musica l'avverto ovattata e la pelle sembra ardere ad ogni contatto con Peeta. Prendo letterlamente fuoco quando all'improvviso mi stringe a sè e mi sussurra: - Ah, e ricordati che siamo perdutamente innamorati, quindi va bene se mi baci in qualunque momento tu ne abbia voglia.
Strabuzzo gli occhi incredula. Avevo quasi dimenticato che stavamo recitando una parte. La parte dei ragazzi innamorati che con la loro semplicità forse ruberanno la corona ai favoriti. Li vedo mentre danzano vicino a noi. Marvel, il quoterback, con la schiena dritta e i pettorali in fuori. Fiero della sua imponenza e dei suoi muscoli ma anche infuriato in quanto consapevole che a vincere, quest'anno, molto probabilmente sarà un esserino come Peeta. E poi Glimmer, la capo cheerleader. Bellissima, con quel vestito color oro aderente che ne fascia il corpo perfetto e quei lunghi e morbidi capelli della stessa tonalità dell'abito. Ogni tanto mi lancia un'occhiataccia.
Gale invece non è venuto. L'ultima volta che ci siamo visti si comportava in maniera strana. Era convinto che dopo questo ballo la nostra relazione sarebbe cambiata, che io, sarei cambiata. Mi ha dato un bacio. - Dovevo farlo. - Mi ha detto guardandomi intensamente negli occhi. - Almeno una volta.
Non ho ben capito cosa volesse dirmi realmente, ma il bacio è stato diverso da quello nel parco. É stato più intenso, più passionale. In quel bacio mi ha detto altre mille parole e tutte convergevano infine ad un'unica frase: «Ho paura di perderti.»
E anch'io ho paura di perdermi. Ho paura di guardarmi nello specchio e di vedere un'altra persona. Sempre Katniss, ma diversa. Anche stasera, costretta a recitare una parte, mi sento diversa. Ma è solo per oggi. Solo per oggi.
Ho confessato i miei timori a Gale ma lui ha scosso il capo e ha detto solo: - É inevitabile Katnip.
Peeta continua a farmi volteggiare. Tiro indietro la testa e incomincio a ridere, euforica. Rido perchè Gale ha ragione. Rido perchè invece io non capirò mai niente se non me lo si viene detto chiaramente. Rido perchè è notte ma fa lo stesso un pò caldo. Perchè il mio vestito sembra andare a fuoco e ho paura di rimanere solo con gli slip. Perchè Peeta mi accarezza la schiena e mi fa il solletico. Perchè mi sto facendo trascinare dall'alcol. Perchè ho lasciato che gli altri mi guidassero anche quando non ero brilla. Rido perchè sto vivendo, perchè mi sento coraggiosa, perchè sulle pareti ci sono mille baci e sulle mie labbra ce n'è solo uno. Quello di Peeta.
Si scosta piano da me e mi sorride. Sento gli occhi di tutti puntati addosso. Allora abbasso lo sguardo con un certo imbarazzo. Devo recitare la parte. Devo sembrare innamorata. Quando rialzo il capo, mi sollevo sulle punte e gli lascio un bacio veloce sulle labbra.
Ed ora sì che sono davvero confusa perchè le ipotesi sono due: o Peeta è davvero innamorato di me oppure è un bravissimo attore. Quasi da Oscar. Perchè mi guarda con questi occhi limpidi e sognanti che sembra quasi l'uomo più felice del mondo. Innamorato, come no. Credo infatti che abbia convinto tutti, in questa sala.
In quanti ci hanno votato? Dovrò aspettarmi che l'ira dei Favoriti si abbatti su di me? E il Preside Snow come la prenderà quando verrà a sapere che l'impetuosa Katniss Everdeen ha vinto un titolo tanto ambito? La reginetta spesso diventa un esempio, un modello da seguire e non credo di poter esserne all'altezza. Tante Katniss, tutte ribelli e spericolate, in giro per la scuola. Dovrei temere una situazione del genere ma invece non riesco a non pensare che sarebbe uno spettacolo!
Ancora mano nella mano, io e Peeta rivolgiamo lo sguardo verso il palco. Tutti gli alunni presenti al ballo guardano il DJ mentre annuncia: - Abbiamo il risultato, ragazzi! Siete pronti?
Si alza un coro carico di entusiasmo. Mi sento stringere la mano e io ricambio la stretta.
Il DJ ringrazia la ragazza che gli porge la busta e la apre lentamente.
- Wow che tensione si avverte nell'aria! - Il pubblico ride. - Sbaglio o la vittoria non è così scontata come sembra? E il re e la reginetta di quest'anno soonooo...
Trattengo il respiro. Sono sicura che lo stiano trattenendo tutti perchè c'è il silenzio più totale. Stringo la mano di Peeta con ancora più forza.
- Peeta Mellark e Katniss Everdeen! - Grida il DJ tra gli esulti generali.
Peeta mi abbraccia e io non riesco ancora a crederci. Sento delle mani che mi sfiorano, delle pacche sulla spalla, il brusio dei compagni di scuola che ci hanno accerchiato per farci i complimenti. Salgo i gradini che conducono al palco e se non cado è solo grazie a Peeta. É incredibile. Lui c'è sempre.
La ragazza che aveva portato la busta avvolge Peeta in un mantello rosso, gli porge lo scettro e gli chiede di abbassarsi un pò per permetterle di incoronarlo. La mia corona arriva subito dopo. Piccola, leggera, insignificante. Solo un simbolo che mi identifica come vincitrice.
Sotto il palco sono tutti con il naso in su. Marvel ha lasciato la plaestra in modo a dir poco teatrale e Glimmer piange disperata. Cerco tra la folla Finch. Eccola è in fondo alla sala, vicino al Professor Cinna. Le sorrido.
- A chi dedichi questa vincita, Katniss?
- A... - Mi volto lentamente verso il DJ, ancora un pò intontita. - A una ragazzina delle medie di nome Rue e a mia sorella. E poi anche ai ragazzi del Club degli Sfigati.
Il DJ non riesce a trattenere una risata.
- Il Club degli Sfigati?
- Sì, anche se io non li considero affatto degli sfigati. Sono ragazzi unici, coraggiosi e sono miei amici. - Sento le urla di Klaus, di Eve, di Jay e di Friedrich. La risata impertinente di Larai e quella più dolce di Gad. Perfino Abigail, di solito timida e taciturna, mi rivolge un gridolino di approvazione. Lentamente, sollevo dal capo la corona, provocando un certo dissenso.
- Allora... - Dico porgendola in direzione di Finch. - Vuoi venire a prenderla oppure hai cambiato idea?
Si voltano tutti verso Faccia di Volpe, le bocche aperte per la sorpresa. Lei ha lo sguardo fisso su di me. Sul volto un'espressione strafottente e vagamente divertita. Che spettacolo stasera! Finch si fa strada tra la folla e mi raggiunge sul palco. Le consegno la corona. L'afferra con estrema cura e devozione, quasi fosse una reliquia. Mi guarda e il suo viso mi lascia sconcertata. Adesso non sembra una volpe. Il suo sguardo non è indispettito e il suo sorriso non è un ghigno. Sembra serena. Come se avesse messo fine alle sue pene. E gli occhi lucidi la rendono bellissima.
- Grazie... - Dice con un filo di voce. É emozionata.
Mi aspetto di vederla piangere come una bambina. Si metterà in testa la corona e cercherà di ventilare l'aria con una mano, mentre con l'altra si asciugherà le lacrime senza rovinare troppo il trucco. Chissà da quanto tempo sognava di diventare reginetta e non mi dispiace affatto cederle la corona. Divertita, penso che in fondo Finch è pur sempre una ragazza. In fondo è come Glimmer. Ma non potrei sbagliarmi più di così perchè lo sguardo d'angelo che fino a qualche secondo fa l'aveva resa stupenda, si tramuta nella solita faccia di volpe. Stringe la corona con talmente tanta forza che potrebbe spezzarla e, per un attimo, è sembrato che accadesse per davvero.
- Tu! Glimmer Rambin! La vedi questa? - Grida indemoniata. Nel silenzio tombale si avverte il respiro ansimante e spaurito della Capo Cheerleader. - Te l'ho portata via!
- Finch, calmati. - Sussurro accarezzandole un braccio.
- No, Katniss fammi continuare! - Si rivolge di nuovo a Glimmer. - Ascoltami attentamente, Glimmer Rambin. Io conosco tua madre, Cashmere Rambin.
Glimmer incomincia a protestare ma Finch non batte ciglio continuando: - La conoscevo quando ancora si chiamava Cashmere Leigh Schlund.
- E allora? - Chiede la bionda.
- E allora voglio che quando stasera tornerai a casa in lacrime e lei ti chiederà chi ti ha fatto questo, chi è stato a toglierti la corona, la cosa più preziosa che tu possa avere da questa scuola... Voglio che quando te lo chiederà, tu le dirai che è stata Finch Emerson... - Fa una pausa per riprendere fiato, stremata. - La sorella di Angus Emerson!
- E chi sarebbe? - Chiede ancora Glimmer, spazientita.
- Il ragazzo che tua madre ha ucciso!

La folla si agita e diventa rumorosa mentre sconvolta, io mi rendo conto che dietro la vendetta di Finch, c'è ben altro.

 

 

Penultimo capitolo. Penultimo perchè il prossimo sarà l'ultimo e il tredicesimo un piccolo epilogo. Che coincidenza il fatto che siano tredici eh? :)

Parlando del capitolo, come già si sapeva Peeta bacia Katniss ma lei è bravissima a scrollarsi di dosso ogni responsabilità e dà tutta la colpa all'alcol. Conosciamo meglio anche i personaggi dei Favoriti, Marvel e Glimmer, che in questa versione «moderna e liceale» appaiono in veste di Quoterback e Capo Cheerleader. Finch ritorna in palestra al fianco di Cinna ma nessuno sospetta nulla quindi non dovrebbe averli scoperti nessuno!? Vi lascio ancora nel dubbio. E intanto, un capitolo che inizialmente poteva sembrare banale, in realtà si chiude con un colpo di scena e il mistero si infittisce. Finch ha pianificato tutto per vendicarsi contro una sola persona, la madre di Glimmer, ma perchè?

Aaaaah dimenticavo! Pubblico velocemente perchè devo andare a prepararmi indovinate per quale motivo? Vado finalmente a vedere Mockingjay parte unoooooo! Troppo emozionata! Quindi se vedete qualche errore non fateci caso perchè non l'ho rivisto o, ancora meglio, segnalatemelo così dimezzo il tempo di correzione!

Un abbraccio! Alla prossima,
MM

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