L'Arcobaleno e il Lupo

di xDelilah_Morgan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Il Canto del Lupo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno - Addii ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due - Partenze ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre - Imprevisti ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro - Lutto ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque - Sotto Attacco ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei - Tre vite ***



Capitolo 1
*** Prologo - Il Canto del Lupo ***


Prologo – il Canto del Lupo

 

Una volta ero felice e spensierato... vivevo in un piccolo paesino sulle sponde del Trasimeno e conducevo una vita tranquilla mentre ora, di quella vita, non è rimasto più nulla. Nemmeno io. Non sono rimasto lo stesso di prima: ho un nuovo nome, una nuova casa e una nuova, strana e malassortita ma splendida famiglia. Com'è successo tutto questo? Con l'arrivo inaspettato ed improvviso di Bianca Marchesi. Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui finimmo in classe assieme...

La prima campanella suonò e tutti i miei nuovi compagni stavano lentamente entrando dalla porta semi distrutta. Le loro non erano facce allegre o riposate, la ripresa dopo le vacanze estive era sempre la più dura, ma sembravano comunque tipi interessanti. Quattro ragazze si sistemarono sulla colonna di banchi a destra assieme a due ragazzotti dall'aria sveglia, tipici secchioni che tentavano di abbordare senza successo ogni essere di sesso femminile. I “Forever Friendzoned” per intenderci. Poi arrivarono in massa sette ragazzi che subito identificai come “i Ribelli”, già mi piacevano. Io ero uno di loro: la scuola non m'importava, era un passatempo divertente in attesa dei diciotto anni. Era per questo motivo che ripetevo la seconda superiore per la terza volta. Tra il gruppetto notai una tipa davvero singolare, entrò per ultima parlottando con un ragazzo e lanciò lo zaino blu su uno dei banchi nella mia colonna. Era nella nostra scuola già dall'anno prima, veniva da un liceo che odiava dove era stata bocciata per un misero cinque. Sapevo benissimo come si chiamava, la vedevo sempre uscire in cortile a fumare una sigaretta o passeggiare per i corridoi, sapevo benissimo che non era come le altre ragazze. Era una ribelle pure lei e questo mi affascinava. Ormai tutte le femmine erano fissate con i tacchi e i vestiti mentre lei aveva sempre ai piedi le sue adorate e malconce Converse e un paio di jeans. L'entrata della prof di Diritto mi distolse dai miei pensieri, iniziò la lezione di presentazione e i ragazzi iniziarono a sfoggiare le loro abilità di casinari. Risposero all'appello con dei versi di animali ed io mi unii al coretto. Come inizio dell'anno non era per niente male.

Fin qui tutto bene, chiacchieravamo e scherzavamo sempre insieme noi otto e tutti i prof ci rimproveravano ma poco c'importava delle loro minacce. Collezionavamo note di classe come fossero francobolli ma comunque prendevamo sempre la sufficienza, cosa senza precedenti nel mio curriculum scolastico. E tutto grazie ai pomeriggi di studio in loro compagnia. Bianca era un po' la “Mamma dei ribelli”, rideva e scherzava molto volentieri ma sapeva quando era ora di tornare seri e mettersi al lavoro. Sembrava nutrire un leggero interesse per me, mi guardava sempre di sfuggita e alla prima occasione mi si sedeva vicino. Sembrava interesse romantico ma scoprii che non lo era affatto quando ad Halloween fui protagonista di un episodio alquanto singolare.

La luna splendeva alta nel cielo e formava un cerchio perfetto sullo sfondo nero puntellato di stelle. Eravamo a San Feliciano, Bianca e il suo migliore amico Gabriele abitavano lì e ci avevano invitati a festeggiare con una “caccia al fantasma” nel boschetto attorno al paese quel 31 ottobre. Gli altri si avventurarono tra gli alberi vicino al cimitero mentere io rimasi di guardia seduto su un sasso assieme alla ragazza. Aveva già finito il giro da sola all'interno del giardino con le lapidi famoso per le innumerevoli leggende (senza alcun fondamento) che parlavano di misteriose apparizioni durante la notte di Halloween. Ovviamente non aveva trovato nulla di sovrannaturale e quindi era uscita e si era accesa una sigaretta. Io intanto fissavo la luna, rapito dalla sua bellezza. Tutto intorno sembrava essere svanito, c'era solo lei al centro del nulla. Ero talmente preso da quella visione che non mi accorsi della strana creatura che sbucò all'improvviso dal terreno, solo la mano di Bianca che mi trascinava di peso lontano da lì mi fece rinsavire. Guardai il mostro correre appesantito dalla sua imponente mole verso di noi.
– Ma che cos'è quello? – balbettai mentre tentavo di sostenere il suo passo, era davvero veloce.
– Un golem di fango... nasconditi qui dietro, a lui ci penso io. – rispose con naturalezza mentre mi indicava un cipresso dal tronco sufficientemente largo da occludermi alla vista di quel... coso. Lei gli corse incontro ed io tentai di fermarla ma non mi diede retta. Ero troppo spaventato da quel gigantesco essere per andarle dietro. E anche maledettamente confuso. Da dov'era arrivato un golem? E come mai appena lei toccò terra delle imponenti radici sbucarono dal terreno e lo avvolsero come un salame?
– Che ci fai qui? – urlò Bianca per farsi sentire dal bestione che si stava dimenando nel castigo impostogli dalla ragazza. Quello mugugnò parole incomprensibili simili ad insulti e poi aprì la sua enorme bocca di fango e parlò, mandandomi ancor più in confusione.
– I miei padroni hanno sentito il Figlio della Notte e mi hanno mandato a catturarlo. E non sarà un'insulsa Figlia della Natura ad impedirmi di portare a termine la mia missione. – la sua voce era bassa e spettrale, come se provenisse da una caverna. Ma non diedi molto peso al tono, mi concentrai sulle parole. Cos'era un Figlio della Notte?
– Mi dispiace per te e i tuoi mandanti ma non lo avrete mai. – gli rispose lei e strinse ancor di più le radici attorno al corpo del Golem. – Nicola, corri ad aprire il rubinetto! – mi guardò di sfuggita ed io obbedii; visto quello che aveva fatto al bestione, averla come nemica non era nelle mie priorità. Corsi su per la salitina e presi il tubo verde che si collegava un ugello arrugginito e glielo lanciai, poi aprii l'acqua che schizzò fuori con più impeto e forza del normale. Lei lo punto versò il mostro e lo fece dissolvere lentamente.
– Hai sconfitto me, Figlia della Natura ma non potrai nulla contro di loro! – l'essere pronunciò le sue ultime parole e l'acqua si smorzo, tornando a fluire regolarmente. Chiusi il rubinetto mentre Bianca risaliva le scalette riavvolgendo il tubo come se niente fosse.
– Che diamine è appena successo? – chiesi con tono disperato ma lei non riuscì a darmi una risposta, era pallida come un cencio e le sue gambe tremavano. Si sedette sul sasso di prima e sfilò dalla tasca dei jeans il telefono. Riprese fiato e mi guardò dritto negli occhi. Era allarmata e molto più seria del normale.
– Nicola, sei in pericolo. Quel golem è venuto a cercare te, i Sussurratori sanno dove sei e ne arriveranno altri se non scappiamo al più presto. – disse alla svelta e compose un numero sul telefono. Stavo metabolizzando ancora la notizia quando lei iniziò a parlare. – È arrivato il momento. Siamo al cimitero. – era stata chiara e sintetica, segno che il pericolo era più grave del previsto.
– Come hai fatto a... fare quelle cose? Che vuol dire che sei una Figlia della Natura? – continuai passandomi le mani tra i capelli scuri.
– Non sono come mi vedi... sono una Figlia della Natura, un'Elementale. Controllo gli elementi e gli ordino di agire perché è questo il mio potere. Vengo da Aridia, una città sconosciuta agli umani dove vivono esseri con poteri sovrannaturali. Anche tu sei originario di lì ma la tua specie è stata sterminata, per questo a soli pochi mesi sei stato mandato qui. Sei l'unico sopravvissuto dei Figli della Notte e finora i Sussurratori non ti hanno mai trovato perché seguono la scia dei tuoi poteri, rimasti sopiti fino ad oggi. Io sono la tua Guardiana, nata per proteggerti fino alla morte assieme agli altri del Cerchio di Ginepro. Spero di essere stata abbastanza esauriente, ti spiegherà meglio Maestra Ginepro una volta arrivati a casa sua. Vieni... – spense a terra la sigaretta che si era accesa e si avviò verso la strada dove arrivò un SUV nero. La seguii perché, viste le circostanze, le credevo. Insomma la mia compagna di classe sapeva muovere le radici e comandare l'acqua; non sapevo se esserne più divertito o spaventato. Dal finestrino del guidatore comparve il volto di un ragazzo sulla ventina con una cresta bruna e gli occhi gialli. Sembrava familiare... sentivo di conoscerlo ma non riuscivo a ricollegarlo ad un nome.
– Presto, salite. – ordinò e noi eseguimmo alla svelta. Lei gli si accomodò vicino e io salii nei sedili posteriori; li guardai sorridersi dolcemente e capii che non erano “solo amici”. Ecco perché Bianca non cedeva alle avances del belloccio della classe vicino alla nostra, era già impegnata... – Ciao, Bia... sarà una vita che non ci si vede, eh? – scherzò dandole un buffetto sulla spalla.
– Che scemo che sei, è dalla passata luna piena che non ti rivedo... mica è tanto tempo un misero mese. Gli altri sono già da Maestra Ginepro? – gli chiese con un mezzo sorriso scompigliandogli i capelli.
– Sì, Andy e Cloe ti stanno aspettando con ansia... manchi un po' a tutti nel Cerchio ma Maestra Ginepro ci porta sempre i tuoi saluti e tue notizie. – continuarono a fare conversazione e all'improvviso mi ricordai dove l'avevo già visto. Era il massaggiatore della mia squadra di calcio! Solo che aveva gli occhi marroni quando veniva alle partite. E così anche il massaggiatore era una creatura e stava con la mia compagna di classe. Wow.
– Sei silenzioso, Nicola... non dirmi che un golem ti ha spaventato così... aspetta di vedere un'arpia. Quelle sì che sono terrificanti. Soprattutto quando sfoderano gli artigli e... – la voce di Bianca lo interruppe scherzosamente irritata.
– Smettila di spaventarlo, Giacomo... oddio, che bambino che sei. – scoppiò a ridere sistemandosi i capelli bruni dietro l'orecchio. Battibeccavano proprio come una coppietta quei due.
– Non sono spaventato, solo non volevo rovinare il vostro quadretto. Comunque anche tu sei un Figlio della Natura o come cavolo si chiamano? – gli chiesi ma in risposta loro due risero di cuore.
– Oddio, hai frainteso... non sono il suo ragazzo ma suo cugino. E sono un Figlio del Cielo, so trasformarmi in un falco. – mormorò tra le risate svoltando bruscamente per un viottolo sterrato.
– Oh... capisco. Scusate per il malinteso. Ed io cosa saprei fare di tanto figo? – continuai e questa volta fu lei a rispondermi, ritrovando il suo solito contegno.
– Sei un Mutaforma anche tu solo che, invece del falco, il tuo animale è il lupo. Imparerai col tempo a trasformarti grazie alla guida di Maestra Ginepro. Siamo arrivati. – indicò una bellissima villa al centro di un giardino con tanto di laghetto zen e piscina interna. Giacomo parcheggiò il SUV accanto ad una Punto nera terribilmente familiare e ad altre due auto, una Porsche grigio scuro e un Range Rover bianco. Mi chiesi di chi fossero quando una voce conosciuta ci chiamò.
– Finalmente siete arrivati. Come stai, piccola Arcobaleno? – chiese la mia prof di diritto uscendo dall'ingresso pieno di piante e fiori di tutti i tipi. Che ci faceva Greta Cariddi insieme a quelle creature? Ma certo, era anche lei una di loro... stavo per andare a sbattere la testa sul muro quando la vidi abbracciare Bianca. Questo spiegava il perché dell'affetto quasi materno della donna nei confronti della studentessa.
– Bene, prof... ehm, Maestra Ginepro. Scusi la svista, ormai l'abitudine ha preso la meglio sulle buone maniere. – le due donne si avviarono all'interno dell'abitazione e Giacomo mi si avvicinò.
– Non sei il primo Risvegliato in preda alla confusione che vedo per questo sono solito dare un consiglio a tutti quelli come te che incontro: aspettati le cose più strane. Dentro ci sono altri tre componenti del Cerchio e di sicuro li avrai già visti da qualche parte, viviamo da anni a stretto contatto con te anche se non te ne sei mai accorto. Non spaventarti, siamo qui per aiutarti. Ora chiama i tuoi amici e trova una scusa per la tua assenza, ti aspetto dentro. – mi batté una pacca sulla spalla e seguì le due. Io scrissi un veloce messaggio ai ragazzi e ripensai alle sue parole. Quante altre persone della mia vita erano creature magiche? Trovai la risposta appena varcai la soglia di casa. Nel soggiorno due ragazze stavano abbracciando Bianca e la tempestavano di domande. Una era l'apprendista parrucchiera che stava sotto casa mia, una ragazza di più o meno la mia età con dei capelli bianchissimi e gli occhi celesti. Era lei la Cloe di cui parlavano in auto e l'altra era Andrea, la figlia del proprietario del bar dove andavo sempre, l'avevo incontrata anche in discoteca un paio di volte. Solo che la vedevo sempre con dei corti capelli neri a caschetto mentre ora li aveva lunghi e... viola. E poi, in fondo alla stanza, c'era un biondino che conoscevo fin troppo bene: era Stefano, il figlio del compagno di mamma. Mi salutò con un timido sorriso ed io ricambiai stupito. La prof Cariddi ci richiamò tutti all'attenzione e ci fece accomodare sui divani disposti a formare un quadrato, poi si alzò al centro di questo ed iniziò a parlare.
– Benvenuti miei cari alla Riunione del Cerchio di Ginepro. Prima di iniziare, presentatevi come si deve al nostro caro Nicola. – allargò le braccia con il suo solito sorriso rassicurante e Bianca prese la parola alzandosi in piedi.
– Io sono Arcobaleno, Figlia della Natura. Nata per essere la tua guardiana. Non guardarmi con quella faccia, mi chiamo davvero così... ognuno di noi ha un nome umano per non destare sospetti. – i suoi occhi verdi sembrarono acquistare sfumature dorate quando li riaprì sorridendo. Poi si rimise a sedere e fu il turno di Giacomo.
– Io invece sono Falco, Figlio del Cielo. Da più di settant'anni anni assisto i risvegliati. – anche lui tornò a sedere accanto alla cugina. Intanto mi stavo ripetendo mentalmente quei nomi... erano così singolari ma non mi azzardai a ridere.
– Io sono Orizzonte, Figlio del Sole. Assisto alle missioni in quanto guaritore. – Stefano guardò a terra lievemente in imbarazzo. Non eravamo mai stati in ottimi rapporti, ero sempre piuttosto freddo con lui ma, visto il perché della sua entrata nella mia vita, me ne stavo pentendo.
– Crysalide, Figlia del Tempo. Detto predizioni e viaggio nel tempo... insomma, sono un misto tra l'Oracolo di Delfi e Doctor Who. – spezzò la tensione la ragazza dai capelli viola e mi sorrise a trentadue denti. Nel bar di quello che forse era suo padre, la vedevo sempre allegra e solare, parlava con tutti ed era un piacere incontrarla. Io, invece, non avevo mai avuto modo di rivolgerle parola negli ultimi due anni, ero sempre impegnato a starmene seduto nel mio angolino con la compagnia di un tempo. Anche l'ultima ragazza si alzò in piedi facendo scoppiare un palloncino di chewing gum.
– Io sono Ruscello e sono una Ninfa... sono una delle ultime arrivate nel Cerchio, mi hanno mandato qui in “punizione” perché ho infranto la legge della città di Cristallo e mi hanno messa a fare la Stratega durante le missioni. Credimi, ti troverai bene con noi. – esplose un altro palloncino e si buttò di nuovo sul divano ma i cuscini non sembrarono spostarsi. Quella ragazza sembrava fatta d'aria tanto era pallida la sua pelle e fini i suoi capelli.
– Bene. Ora Nicola dovrai ascoltarmi bene perché, da questo momento in poi, la tua vita cambierà. Prima del completo Risveglio passeranno più o meno quattro mesi nei quali noi ti insegneremo ad usare i tuoi poteri. Avrai un'assistente fissa, la piccola Arcobaleno, e tutti gli altri faranno da tutori. Partirete per la vostra missione fra due giorni e intanto dovrete cercare di spezzare tutti i ponti creati con gli umani. Non dovrete lasciare traccia del vostro passaggio nelle loro vite. Orizzonte ha messo a punto la pozione, vi basterà offrirgli da bere e loro si addormenteranno per un po'. Al risveglio vi avranno completamente cancellati. So che sarà dura per voi ma il Destino in questo mondo ci è avverso, non possiamo viverci per più di un breve lasso di tempo o la gente inizierà a sospettare della nostra longevità. – spiegò Maestra Ginepro e nella stanza tutti pendevano dalle sue labbra. Si poteva vedere chiaramente quanto davvero i presenti ammirassero la donna. Soprattutto Bianca... o forse dovevo chiamarla “Arcobaleno”? Era tutto così complicato ma dovevo accettarlo ed abituarmici al più presto. La donna continuò a parlare ai ragazzi dell'itinerario verso Aridia, la città dove avrei passato il resto della vita. Che poi, quanto mai poteva durare il resto della mia vita? Tenendo conto del fatto che avevo degli assassini alle costole che mi mandavano Golem di fango sotto casa per catturarmi od uccidermi e che di lì a poco sarebbero arrivati esseri peggiori di un omino di terra, la mia prospettiva di vita non mi sembrava tanto lunga e rosea... fortuna che avevo Bianca al mio fianco, con un solo tubo mi aveva salvato la pelle quindi potevo dirmi al sicuro. E poi c'erano gli altri ragazzi a guardarmi le spalle... insomma, le probabilità stavano aumentando. Ma il mio pessimismo secondo solo a quello del Leopardi non le considerava. Le probabilità erano buone ma non erano abbastanza, insomma...
Scacciai quei pensieri ed ascoltai le ultime parole della prof dato che erano rivolte esclusivamente a me. I suoi occhi blu simili a due zaffiri incastonati nelle iridi si puntarono nei miei e capii che stava per chiedermi l'unica cosa a cui non avrei mai davvero saputo rispondere. O almeno così credevo.
– Allora, Canto del Lupo... sei pronto ad abbandonare tutto e tutti? A lasciare la tua vita qui a San Feliciano ed unirti al Cerchio di Ginepro? Sei pronto a correre tutti i rischi che comporta il tuo risveglio e la tua vera identità? – mi chiamò persino con il mio vero nome. Lo capii perché, al solo sentirlo pronunciare, un brivido mi corse lungo la schiena, infondendomi una nuova energia. Sorrisi scacciando ogni dubbio ed incertezza. Sentendomi in grado di affrontare qualsiasi cosa, anche la perdita della mia vita normale e tremendamente noiosa... dopotutto stavo per cominciarne una all'insegna dell'avventura e non potevo chiedere di meglio. Sentendo il mio vero nome compresi appieno chi ero Io. Ero una creatura magica. Ero un lupo, ero Canto del Lupo. Ed ero pronto. Mi alzai, quindi, in piedi e guardai prima la mia amica e poi la donna davanti a me. Schiusi le labbra e sussurrai una sola parola.

– Sì. – 


**Angoletto dell'Autrice**
Salve, gente! Questo è il mio primissimo tentativo di Fantasy/Sovrannaturale quindi se è qualcosa di pietoso non esitate a dirmelo... Accetto critiche e consigli per migliorare e regalo biscotti a chi recensisce, giuro u.u
Ma tornando alla storia... ho tentato di dare un'idea più o meno vaga dei personaggi ed in seguito, appena troverò un'anima pia che sa fare i banners, metterò anche le foto. Ovviamente ancora è solo il prologo quindi non si sa praticamente niente di loro ma andando avanti conto di mettere qualche capitolo o parte di capitolo con POV diverso da quello del protagonista. Dipende, poi, dalla Dea dell'ispirazione che ultimamente mi è avversa... 
Ringrazio particolarmente la mia Crysalide che sta aspettando questo prologo da giorni, ha odiato i miei biscotti per il ritardo nella pubblicazione e mi ispira ogni volta che sono in crisi con i personaggi. Ringrazio anche la mia Ruscello, la mia F perché lei c'entra sempre qualcosa.
Aspetto vostre notizie con ansia.
Dede♥

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno - Addii ***


Capitolo Uno – Addii

POV Nicola

Il giorno dopo mi alzai di buon'ora e trovai tutti nell'enorme cucina della prof a fare colazione. Era un quadretto familiare talmente tenero che, per un momento, mi sentii di troppo. Bianca stava bevendo una tazza di caffè accanto ad Andrea che le parlava di una qualche serie tv, Stefano parlottava con Giacomo e Cloe masticava rumorosamente un chewing gum mentre leggeva una rivista di moda. Non avevo mai notato il piercing della Ninfa prima d'ora ed era abbastanza vistoso quell'anello al centro del naso... aveva uno stile molto particolare, non c'era che dire. Gli occhi di Bianca si fissarono nei miei e il suo volto si aprì in un sorriso. Ma non riuscii a ricambiarlo perché ero rimasto davvero a bocca aperta. I suoi occhi erano diventati color dell'oro. La sera prima mi era sembrata solo un'impressione data dalla stanchezza mentre ora erano lì e non erano più verdi come li avevo sempre visti. 
– Ehy, Nico... hai fame? – la sua voce mi riportò alla realtà; mi riscossi dai miei pensieri e scesi gli ultimi scalini. 
– Sì... c'è del caffè? – chiesi sedendomi accanto a Cloe che sfogliava le pagine con una certa nonchalance, fregandosene di tutto e tutti. La ragazza dai capelli viola si alzò e mi riempì una mug con un po' di caffè.
– Sai Nico... imparerai presto che la domanda “c'è del caffè?” in casa nostra è quasi stupida. Con Bianca in giro non manca davvero mai... – ridacchiò posando la tazza davanti a me assieme alla zuccheriera. Sapevo che la bruna era patita di caffè, a scuola ne prendeva sempre quattro e ogni volta che andavamo a casa sua nell'aria c'era un vago sentore di moka. Ringraziai Andrea ed aggiunsi i soliti due cucchiaini di zucchero alla mia colazione. 
– Quando andiamo dagli umani, Bia? – chiese Stefano smettendo per un attimo di parlare con Giacomo. La ragazza strinse convulsamente le mani attorno alla tazza. Non sembrava piacerle molto l'idea... forse anche lei avrebbe dovuto dire addio a qualcuno di molto importante. 
– Fra un'ora circa. Chi c'è nella vostra lista? – chiese pescando un foglietto dalla tasca. Era una scheda piena di nomi e, a quanto pare, ne avevano tutti una. 
– Io ho i compagni d'Università e i coinquilini... – mormorò il biondo scorrendo la sua. Non sembrava triste, forse ci aveva fatto l'abitudine. 
– I colleghi, la squadra e un paio di altre persone. – questa volta fu il bruno a parlare e sembrava abbastanza tranquillo anche lui. Andrea e Cloe non avevano una lista, loro sparivano dalle vite della gente con la scusa di andare a vivere all'estero. 
– E tu? – chiese Giacomo alla cugina. Lei guardò il foglio e rispose con voce tremante. 
– C'è scritto solo “Compagni di Classe” e “Gabriele”... scusatemi. – la vidi alzarsi da tavola e correre al piano superiore. Doveva essere davvero seria come cosa... la tazza era ancora piena a metà! Feci per alzarmi e rincorrerla ma Andy mi fermò.
– Lascia... vado io. – mormorò e si avviò verso le scale. Tutti sembravano aver capito il perché della sua reazione tranne me. 


POV Bianca 

Entrai nella camera che condividevo con le altre due ragazze sbattendo la porta. Non potevo dire addio a Gabriele. Era la mia ancora, l'unico con cui avevo legato davvero tanto e che mi aveva fatto sentire amata come mai prima nelle tre vite passate. Perché noi Elementali rinasciamo come i fiori quando il nostro tempo finisce o viene interrotto. Mi ricordavo chi ero prima di essere Bianca, una cosa senza precedenti tra quelli della mia specie. E per questo sapevo di non aver mai avuto un ragazzo in ben 73 anni. E perdere l'unico che avevo sarebbe stata dura. Andrea entrò e mi trovò in lacrime, abbracciata al cuscino. 
– Sono proprio patetica, eh? – tentai di ridacchiare e mi alzai. Si era seduta accanto a me come faceva sempre quando ero giù. Io e lei avevamo passato tante cose insieme, l'avevo incontrata nel Cerchio nella mia prima vita e da lì siamo diventate inseparabili. Io finivo sempre con Ginepro ed Andy ormai era la sua figlioccia magica, i Saggi non potevano avere figli quindi prendevano uno dei Guardiani e lo accudivano come se fosse davvero parte della loro progenie. Mi passò un braccio attorno alle spalle stringendomi a sé. Lei era la mia famiglia, più dei Protettori con cui vivevo e la mia vera famiglia giù ad Aridia. 
– Bianca, ti conosco da ben tre vite e non ti ho mai vista così a terra. È per l'umano? – mi chiese guardando la mia lista. Era il solito foglietto viola con i soliti dieci nomi. Perché potevamo permetterci solo dieci amicizie nel mondo umano. 
– Sì... sarà molto più difficile del solito questa volta. Dovrò dirgli addio e non voglio. Non posso farlo. È così che ti senti ogni volta? – appoggiai la testa sulla sua spalla e fissai dritto davanti a me. Quella era la mia stanza fissa quando rimanevo per le riunioni del Cerchio o per le vacanze quindi sapeva di me in ogni angolo. C'erano le mie vecchie foto dove ero un'altra ragazza. Nella mia prima vita ero Marisol della Catalogna, nella seconda ero Clémence di Lione e nella terza Nadja di Stoccolma. E c'era sempre lei con i suoi capelli viola e il suo sorriso. 
– Parli di ogni volta che assisto al tuo funerale? Sì, è davvero brutto abbandonare chi ami, indipendentemente dal tipo di amore che provi nei suoi confronti. Ma devi farlo, nel tuo futuro ho visto un nuovo inizio quindi stringi i denti e spera nel meglio. Nicola non è poi tanto male, no? – scherzò allentando la tensione. Ogni volta che morivo lei c'era sempre ai funerali ad Aridia, doveva patire il dolore della mia perdita ogni volta ed aspettare la mia rinascita. Se lei riusciva a sopportare questo ce la dovevo fare anche io. 
– Sai che ti voglio un bene dell'anima, Crysalide? – mi strinse ancora più forte, se possibile, e mi schioccò un bacio tra i capelli. 
– Lo so, Arcobaleno... e te ne voglio anch'io. Ora alzati e preparati, ci aspetta una lunga giornata. – si alzò dal letto e riordinò il suo, posto dall'altro lato della stanza. Adoravo sentirle pronunciare il mio nome vero... mio cugino, Stefano e Cloe mi chiamavano sempre "Bianca" e mi stava bene, tutti mi chiamavano così, ma Crysalide non aveva mai cambiato. Per lei ero Arcobaleno e lo sarei sempre stata. 
– E comunque Nicola non è male per niente... solo che non mi piace. È il tipico bulletto e non è il mio tipo. Dovresti provarci tu! – le consigliai e in tutta risposta, mi arrivò un cuscino in piena faccia. 

POV Giacomo 

Con una scusa davvero poco credibile, io e Stefano riuscimmo ad allontanarci. Non volevamo dare nell'occhio, soprattutto con Cloe e Nicola. Una volta arrivati al laghetto zen, il biondo si mise a cercare di acciuffare la carpa con la pinna rovinata. La trovò bloccata sotto la cascata e la chiamò con un nomignolo affettuoso mentre schioccava le labbra. 
– Ste, non è un gatto... prendila e basta. – ridacchiai sedendomi sulla panchina in ferro battuto elegantemente lavorato. Ginepro teneva tantissimo ai dettagli e ogni casa che comprava doveva essere arredata impeccabilmente. Ormai la conoscevo da circa 90 anni, sapevo cosa la interessava, cosa le piaceva e potevo immaginare ogni sua mossa. Guardai il ragazzo prendere la povera carpa e sfiorarle gentilmente la pinna malconcia con le mani. Mi stupivo ogni volta che lo vedevo fare cose del genere, i Guaritori all'opera erano uno spettacolo. 
– Vai, Fufi. - sussurrò al pesce rimettendolo in acqua. Poi si voltò verso di me e sfoderò il solito mezzo sorriso che precedeva sempre una tempesta nel mio stomaco. 
– Hai chiamato un pesce Fufi...? – la mia era un misto tra un'affermazione stupita ed una domanda retorica. Ma era questo l'effetto che i suoi occhi nocciola avevano sulla mia capacità logica. Io ero un Guardiano, un combattente... non un sentimentale tutto sorrisi e cuoricini. Ma poi Stefano è entrato come un fulmine a ciel sereno nella mia vita e ha cambiato tutto. Io che non avevo mai guardato una persona diversamente da come si può guardare un amico, un superiore o un subordinato, una bestia da macello o un parente. Io che non avevo mai nemmeno sentito parlare d'amore, mi ero trovato a desiderare Stefano con tutto me stesso a piccoli passi. Era partito da un “ciao” e passato ad un sorriso poi ad un lieve contatto e a degli sguardi troppo intensi per sembrare solo delle occhiate scambiate tra amici. 
– Sì, perché? Non gli si addice? – soffiò una risata mentre si sedeva sulla panchina. Volevo dirglielo, confessargli quello che sentivo perché sapevo che lo stavo per perdere. I Guaritori sono rari e molto richiesti nei Cerchi. Dopo la missione volta a riportare Nicola ad Aridia ed educarlo, Stefano se ne sarebbe dovuto andare, per volere del Cerchio Supremo o di sua spontanea volontà. Volevo dargli un motivo per rimanere con noi, con me. 
– Beh... hai ragione, gli si addice. Ha proprio la faccia da Fufi... ma, a parte gli improponibili nomi da dare alle carpe, possiamo spostare l'argomento su qualcosa di più importante? Devo dirti una cosa... – iniziai sentendo il mio stomaco stringersi. Lui alzò i suoi splendidi occhi nocciola e li intrecciò ai miei. Deglutii un paio di volte e strinsi i pugni, potevo farcela. 
– Io ho capito una cosa durante la nostra ultima missione... non è semplice da spiegare ma, in parole povere, ho bisogno di te qui con me. Potrei sembrarti idiota ma... – mi bloccò alzando la mano. 
– Giacomo, non me ne andrò. Non potrei mai dividermi da te e dal nostro Cerchio. Siete la mia famiglia quindi il solo pensiero di essere ricollocato mi disturba. Se è questo che volevi dirmi, è facile da spiegare... – mi lasciò spiazzato. Sarebbe rimasto e non potevo chiedere di meglio... le sue parole fecero partire un terremoto nel mio stomaco ed un sorriso a trentadue denti mi si stampò in volto. Se era un sogno, non volevo essere svegliato. Mi posò il braccio dietro alle spalle e ce ne tornammo in casa. Non ero riuscito a dirgli tutto quello che avevo in mente, certo, ma potevo ritenermi soddisfatto. 

Pov Bianca 

Era il momento. Gabriele era lì, in piedi davanti a me e mi stava sorridendo. I suoi occhi di un verde chiaro quasi ipnotico mi guardavano e dentro ci potevo leggere tutto l'affetto che provava nei miei confronti. Questo rese le cose ancor più difficili. Avevo la mia personale tecnica per somministrare il liquido che avrebbe cancellato la mia esistenza dalla memoria di chi la beveva e di tutti quelli che, in un certo modo, erano collegati ad entrambi. Non avevo mai capito perché bastava una sola persona per far scordare ad almeno venti altre uno di noi... accadeva e basta. Che gran cosa la magia dei Guaritori, eh? Comunque versai il contenuto della mia boccetta nella sua aranciata e sentii una morsa che mi attanagliava lo stomaco. 
– Gabe, ti ho chiesto di uscire per rivelarti una cosa... prometti però di non spaventarti, ok? – iniziai sentendo la voce farsi roca. Non dovevo piangere. 
– Dimmi pure, amore...– ma doveva per forza chiamarmi in quel modo? Rendeva le cose ancor più difficili, se possibile. 
– Io non sono di qui, Gabe... – con un moto di coraggio iniziai a parlare. Avevo provato quel discorso almeno una ventina di volte ma non ero ancora pronta. Non lo sarei mai stata. Come potevo esserlo? Mi guardò confuso e sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso. Era adorabile quando metteva su quel broncetto da bambino. Ma la frase che seguì spense subito la mia allegria. 
– Io sono originaria di una città che voi non conoscete e non avete mai trovato. Si chiama Aridia, lì vivono quelli come me ed è il posto in cui sto per tornare. – stavo andando contro non so quante regole ma non volevo lasciarlo senza avergli prima dato una spiegazione. Anche se l'avrebbe dimenticata nel giro di una bevuta, la mia coscienza non mi avrebbe tormentata.
– Bia, non ti seguo... "Noi" chi? Che vuol dire "quelli come te"? – inarcò un sopracciglio e i suoi occhi cercarono i miei. Ma questi erano fissi a terra. 
– Voi umani... noi due non siamo della stessa specie. Io sono un'Elementale: una creatura capace di controllare aria, acqua, fuoco e terra. – in quel momento pregai mentalmente che quest'ultima mi inghiottisse. – Sono stata mandata qui per portare a termine una missione e ora devo tornare lì. Il mio tempo qui si è esaurito.– non sembrava incredulo o spaventato. Solo triste... 
– Bianca, se è uno scherzo è davvero di pessimo gusto. Se vuoi lasciarmi ci sono modi meno complicati per farlo. Dimmi che ti sei stancata di me o che non senti più le stesse cose; ma smetti di dirmi che sto per perderti per sempre se non è la pura verità. – sentirgli dire quelle cose fu come una stilettata al cuore. Teneva davvero tanto a me? 
– Non voglio lasciarti, Gabriele. Sono costretta a farlo... non ti sto mentendo, non scherzerei mai su una cosa così. È la verità... – per dimostrarglielo poggiai una mano a terra e feci spuntare un fiore. Una gerbera arancione, il nostro simbolo. Gli occhi bruciavano ancora ma mi sforzai di apparire forte. Ero una guerriera, in tutte le mie vite avevo ucciso abbastanza persone a sangue freddo e combattuto contro creauture di ogni genere... non ero il tipo che non sa dire addio. L'amore trasforma le persone irrimediabilmente.
– Non è possibile... – bisbigliò accovacciandosi accanto a me. Mi aspettai di sentirlo pronunciare la solita frase "sei un mostro" ma la sua reazione mi stupì ancor di più. – Quindi devi davvero andartene... ma è per sempre-sempre? – chiese ed io non riuscii più a trattenermi. Scoppiai a piangere silenziosamente. Continuava ad amarmi anche dopo aver visto chi ero in realtà e non stava scappando. Aveva paura di perdermi, non di me. 
– Sì. E sarà davvero per sempre. Ma la nostra legge ci obbliga a cancellare la vostra memoria prima della partenza quindi non ti accorgerai nemmeno della mia assenza... – spiegai ormai rassegnata davanti alla realtà dei fatti. Non avrebbe sentito la mia mancanza mentre per me si prospettavano giorni infernali. Ma era meglio così... non meritava di soffrire a causa mia. 
– Ma non si può evitare tutto questo? Non puoi infrangere le regole? Non posso venire con te? – iniziò a piangere pure lui. Ecco perché lo amavo: era diverso, sapeva piangere e non si vergognava di mostrare chi era davvero e quello che provava. 
– Vorrei portarti con me ma non posso. La legge è molto severa... se non spezzo tutti i ponti con gli umani verrò uccisa e non potrò rinascere mai più. – mi prese le mani tra le sue e mi baciò la fronte. Era il suo modo per farmi capire che si stava rassegnando. Lo faceva quando discutevamo e finiva per darmi ragione pur di non vedermi imbronciata, quando prendevo una decisione sbagliata e mi dava il suo supporto anche se non era d'accordo. 
– Ok, facciamolo... farà male? – mi chiese con voce rauca. La sua mano corse tra i miei capelli che si tinsero di un rosso acceso... si stupì ma era troppo preso dalla situazione per fare domande. A volte non riuscivo a controllare le mutazioni e maledivo quel potere per avere un tempismo così pessimo... 
– No, ti addormenterai e domani tu e tutti quelli che conosciamo si scorderanno di me. Devi farlo tu perché sei il più importante tra gli umani che conosco. Con te ho il legame più forte di tutti... – continuò a giocare con i miei capelli, lo rilassava e mi divertiva. Ottimo modo per allentare un po' la tensione. Lo guardai negli occhi, volevo memorizzare ogni dettaglio del suo volto per non dimenticarmi di lui. Come se fosse possibile scordarsi qualcuno di così importante...
– Ma la legge vieta anche di far tornare la memoria agli umani? Ti vieta di tornare qui? – continua lasciando perdere i miei capelli ed afferrando il bicchiere. Io scaccio via le lacrime dalle guance con il dorso della mano ed afferro la sua non impegnata a reggere la cosa che ci separerà.
– L'incantesimo è irreversibile ma tornerò a trovarti... finito il lavoro mi farò riassegnare qui e mi rivedrai. Non saprai chi sono ma mi sincererò della tua situazione. Sarò la turista che ti chiede indicazioni, la tipa che urta il tuo carrello al supermercato, una ragazza anonima in biblioteca... ci sarò sempre, te lo prometto. – intreccia le nostre dita aumentando la stretta ed avvicina il bicchiere alle labbra.
– Ti amo. Sembra stupido da dire a diciassette anni ma è così... se non te ne dovessi andare e non dovessi cancellarti dalla mia vita ti direi che mi mancherai ogni minuto di ogni giorno... – i suoi occhi saettano dal liquido giallastro ai miei occhi ormai grigio scuro. Con il pollice disegnai dei cerchietti sul dorso della sua mano e, di nuovo, ricacciai le lacrime.
– Se non me ne dovessi andare e tu non ti dovessi dimenticare di me non avremmo motivo di dirci questo. E ti amo anche io, per quanto stupido possa essere. – ridacchiai lievemente guardando il bicchiere appoggiarsi sul suo labbro inferiore.
– Allora, arrivederci Bianca... – sorrise e bevve in pochi secondi l'aranciata. La sua presa sulla mia mano si allentò, le palpebre lottavano per non chiudersi su quegli stupendi occhi verdi e il suo sorrise si spense. Stava per addormentarsi. Stavo per perderlo. E quell'addio, seppure bellissimo, era stato troppo breve. Appena il suo respiro si fece regolare, qualcosa in me si spezzò.  
– Arrivederci, Gabriele. – mormorai posandogli un ultimo bacio sulla fronte e sperando vivamente di finire al più presto quella missione. Anche se l'idea di tornare nella sua vita come un'estranea non mi allettava affatto.

POV Andrea

Salutai di nuovo il mio “Papà di rimpiazzo” davanti a tutti gli avventori di quel pomeriggio al bar. Questo era l'addio per il pubblico, per i paesani stavo partendo per l'Università e non sarei tornata più. Con il signor Dantesco ci eravamo già salutati in privato. Era la seconda volta che lo salutavo: essendo il mio Protettore mi assegnavano sempre a lui. L'avevo visto nascere ed ero stata con lui per quasi sette anni nella scorsa missione; ora invece ha già cinquanta anni e una famiglia. Il suo vero figlio sta studiando all'università e, molto probabilmente, sarà lui il mio prossimo “papà”. Lo conosco bene, è molto simpatico e davvero sveglio: tutto suo padre e suo nonno. Il bello di questo lavoro, se così possiamo chiamarlo, è l'avere l'opportunità di conoscere sempre persone nuove e stupende. Il brutto è che li devi abbandonare dopo un po' di tempo per la tanto adorata Legge della Segregazione delle Creature. Stupida ed inutile. La nostra adorata città è stata fondata da un umano ed una Figlia delle Anime, o almeno così dice la Leggenda, ed erano marito e moglie quindi non dovrebbero esserci grandi problemi se ci uniamo a loro. Ma, a parte questo, vedo che è ora di andare quindi abbraccio di nuovo l'uomo davanti a me ed esco dal bar con le valigie in mano. Fuori mi aspetta Cloe con la sua adorata bandana da Pin Up in testa e la sua Porsche grigia. Sta appoggiata alla fiancata con nonchalance mentre si controlla le unghie con estremo interesse. 
– Cloe, hai finito il tuo giro? – le chiedo mentre carico la mia valigia nei sedili posteriori. Non avevo molto in quella casa, tutta la mia vita era alla villa di Maestra Ginepro. Nemmeno ad Aridia tenevo molte cose dato che ci stavo si e no sei mesi e poi ripartivo per almeno sei anni. La ragazza alzò gli occhi dalle mani e li puntò nei miei.
– Sì, non avevo molte persone da salutare... solo il mio capo e la proprietaria del mio appartamento. Ho solo voi del Cerchio. – le sue parole erano piene di tristezza, glielo si leggeva nelle iridi cerulee. Faceva tanto la “dura” ma essere banditi dalla propria casa era davvero brutto. E lei non aveva nessuno qui fuori, a parte il Cerchio. Faticava persino a farsi degli amici tra gli umani, odiava i momenti in cui doveva dire addio a tutto e tutti quelli che erano stati la sua famiglia per un po'... evidentemente doveva farci il callo come me e Bia. Salii nel sedile del passeggero, accesi la radio ed impostai la frequenza su qualche stazione radio umana che passava rock. Cloe era taciturna ed io non le feci pressioni: dovevo pazientare ed aspettare che fosse lei ad iniziare un discorso. Tornate a casa, Giacomo e Stefano erano in soggiorno e stavano ripassando le liste per le loro valigie assieme a Ginepro, ovviamente in lacrime, che borbottava cose come “i miei bambini non possono partire di nuovo” e “questa casa diventerà il solito mortorio senza di voi”. La abbracciai porgendole un fazzoletto, mi sarebbe mancata da morire come sempre, ma era più importante salvare il culo ad un'intera specie che fare la figlia.
– Noi abbiamo preso tutto quanto, Maestra. – disse il biondo chiudendo il suo zaino. Lo poggiò all'entrata assieme a quello di Giacomo mentre Bianca scendeva le scale. Aveva gli occhi gonfi e il trucco sfatto ma sorrideva, la sua valigia scura a tracolla oscillava ad ogni passo. Si unì a noi ed io la guardai: aveva i capelli neri e gli occhi marroni, segno che i suoi colori l'avevano “abbandonata” di nuovo. Le comunicai con un'occhiata che avremmo di sicuro parlato più tardi e lei la ricambiò con un cenno d'assenzo del capo.
– Io ho finito stamattina di fare fagotto. Il Figlio della Luna dov'è? – Cloe si decise ad aprir bocca mentre stava appollaiata su un bracciolo del divano e scoppiava un palloncino di chewing gum.
– È con sua madre in biblioteca... hanno parecchie cose da dirsi quindi vi pregherei di non disturbarli. – disse Ginepro con il suo solito tono calmo e pacato. La crisi le stava passando in fretta: ogni volta, anche per lei, diventava più facile. Annuimmo tutti ed io presi per un braccio Bianca, trascinandola in camera nostra. Gli altri tornarono alle loro mansioni pre-partenza e Ginepro si rinchiuse nella sua stanza per parlare con il Consiglio di Aridia, la burocrazia l'aiutava a non pensare. Ormai conoscevo quella donna come le mie tasche...


POV Nicola 

– Quando pensavi di dirmi che sono un fenomeno da circo? Quando pensavi di avvertirmi del fatto che sono un lupo mannaro? E, soprattutto, quando pensavi di dirmi che non sei mia madre? – esordii dopo la sua esauriente spiegazione in cui, in sintesi, diceva che aveva raccolto un orfano per aiutare dei tizi che conosceva a malapena, che gli aveva mentito e che ora lo stava abbandonando. Bene, addio convinzioni. Lei era seduta compostamente sulla sua sedia e fissava il tavolo con insistenza. 
– Nicola, pensavo di dirtelo proprio in questo contesto. Non è colpa mia se ti ho tenuto all'oscuro di tutto quanto, il Codice ce lo impone. Ora, puoi gentilmente calmarti così ne discutiamo da persone civili? Non mi pare d'averti cresciuto così. – mi indicò la sedia con il suo solito sguardo di rimprovero ed io obbedii, sbuffando sonoramente. – Ascolta, non sarò la tua madre biologica, certo, e non posso nemmeno dirti nulla su di lei perché è morta prima che tu entrassi nella mia vita ma di una cosa sono certa: anche se non ti ho partorito, sono la tua mamma. Io ti ho cresciuto, io ci sono stata sempre per te quindi non venirmi a dire che non lo sono. Cancellare diciotto anni di vita in pochi minuti non è semplice, giusto? E avevo una buona ragione per fare quello che ho fatto. – spiegò con voce incrinata dal dispiacere. Ero stato troppo duro con lei, non meritava quel trattamento dato che stava sicuramente passando un brutto momento anche lei. Corsi ad abbracciarla e lei ricambiò con un sospiro. 
– Lo so, mi dispiace... è che sta cambiando tutto e io non sono il tipo che si abitua a certe cose... – bisbigliai al suo orecchio e mi scostai per guardarla in viso. Mi sorrise come faceva sempre quando non ero felice e confermò ulteriormente le sue parole. 
– Vedrai che sarà più semplice del previsto. Quei ragazzi e Maestra Ginepro sono persone splendide, credimi, e sono certa che ti troverai benissimo con loro. Ora, torniamo di là così posso darti la valigia con le tue cose e augurarti una vita splendida in pieno stile “film strappalacrime e da diabete”. – ed ecco che tornava la donna che conoscevo, completamente allergica all'estrema dolcezza e ai momenti depressi. In salotto c'era solo Stefano che guardava da lontano Giacomo, seduto in veranda a fumare una sigaretta. Si alzò appena ci vide e sorrise lievemente alla donna, che ricambiò. – Ciao Stefano, è sempre un piacere rivederti. Quando pensate di partire? – chiese accomodandosi sul divano mentre io andai verso il mucchio di bagagli. Lì notai il mio borsone, fedele compagno d'avventure con i miei amici e sempre presente nelle mie gite scolastiche. Ed ora era con me nel viaggio più importante che potessi mai compiere: il cambiamento. Rimasi a fissarlo per un paio di minuti finché non vidi Bianca scendere e portare un altro bagaglio al piano inferiore. Sembrava in lutto tanto erano scuri i suoi occhi e i suoi capelli e aveva delle occhiaie degne di uno zombie. Era rimasta solo l'ombra della ragazza che conoscevo. Quando volse il suo sguardo spento verso di me, tentai di sorriderle ma provai solo un'immensa compassione nei suoi confronti e parve notarlo. 
– Non guardarmi in quel modo. Sbrigati con gli addii che domani sera dobbiamo partire. – mormorò lapidaria sistemando la borsa accanto alle altre. Le sfiorai il braccio perché era quello che faceva sempre lei quando perdevo le staffe in classe. 
– Bianca... so che non ne vuoi parlare e non so nemmeno perché stai così. Ma se vuoi fare qualcosa per tirarti su il morale sai dove trovarmi. – bisbigliai con espressione il più neutra possibile... mi dispiaceva davvero tanto vederla così spenta ma tentai di non darlo a vedere. Lei guardò prima la mia mano e poi me, si sforzò di sorridermi ma non le riuscì molto bene. 
– Se riesci ad organizzare per stasera, ne sarei più che felice. Ho bisogno di staccare un po' la spina prima di tornare ad Aridia... – spostai la mano e la lasciai ciondolare sul fianco. Forse, per una volta, avevo detto la cosa giusta. 
– Vedrò cosa posso inventarmi... dopo cena ti aspetto in giardino, okay? – il sorriso che mi rivolse poi era già più luminoso del precedente. 
– Okay, a dopo. – si congedò e risalì le scale, sicuramente stava ancora facendo i bagagli. 

Pov Bianca 

Una volta finito di lavare i piatti, presi una felpa in camera, faceva un freddo assurdo, e raggiunsi Nicola in giardino come da accordo. Era appoggiato all'auto di Falco, sicuramente gliel'aveva prestata per l'occasione, e mi guardò con un mezzo sorriso mentre camminavo verso di lui. Fortunatamente non aveva accennato ai miei occhi gonfi o ai nuovi colori che avevano preso i miei capelli. Questa maledetta mutazione stava diventando incontrollabile e la detestavo. Durante la scuola facevo uno sforzo tremendo per evitare cambi improvvisi di colore e, alla più brutta, usavo quelle odiose lenti a contatto di colori nemmeno lontanamente paragonabili a quelli che prendevano le mie iridi. Anche quel marrone scuro, per quanto cupo, era affascinante; lo notai guardandomi nello specchietto retrovisore, non riuscivo a concentrarmi su nient'altro che queste piccole cose. 
– Allora, dove mi porti? – chiesi con voce flebile e strascicata, lui mise in moto ed uscì dal vialetto. 
– A parlare, in privato. Qui ci sono troppe interruzioni. – la conversazione si concluse temporaneamente lì; Nicola guidò per un quarto d'ora lungo le stradine sterrate che contornavano la casa di Maestra Ginepro ed io fissai insistentemente i ciottoli che saltellavano ai lati dell'auto. Non sapevo cosa sentire, non sapevo a cosa pensare. La mia testa era contemporaneamente nel caos e nel nulla. Troppo piena di pensieri ma svuotata di ogni logica che potesse farmi concentrare su uno solo dei tanti. Nicola non emise un suono finché non parcheggiò a lato della strada. Scese e mi aprì la portiera da vero galantuomo, cosa che non gli si addiceva poi tanto ma con me era sempre stato diverso. Camminammo per un paio di minuti tra la boscaglia; la Luna, stranamente luminosa, gettava pallide chiazze di luce sulle fronde degli alberi, disagnando arabeschi chiari sull'erba bassa e umida per via della pioggia di un paio di giorni prima. Si fermò solo quando intravide uno spiazzo di prato circondato da olivi secolari; al centro v'erano alcuni massi sistemati in cerchio e i resti di un falò circondato da pietre scure che impedivano alle braci, ormai spente ed annerite, di bruciare il terreno. Mi fece cenno di sedermi accanto a lui, su una delle sedute rimediate ed io obbedii. Camminavo con passo strascicato, pesante come il vuoto caotico che sentivo. E lui parve accorgersene perché chiese con voce bassissima, avvicinando le ginocchia al petto. 
– Ti vedo strana, Bianca. Vuoi dirmi che ti è successo? – io sospirai sonoramente. Non sapevo da dove iniziare ma volevo metterlo al corrente di tutto. Glielo dovevo. 
– Vedi, io sono una creatura sovrannaturale, uno strano miscuglio di cromosomi, quasi un mostro. Ma prima di questo sono la ragazza che hai davanti. E come tutte le ragazze della mia età in questa vita,– sospirai insicura – mi è capitato di innamorarmi della persona sbagliata. Non perché mi trattasse male, non ricambiasse i miei sentimenti o altro, anzi: stavamo insieme ed eravamo felici. Ma...– e qui presi fiato. Trovai il coraggio di continuare solo dopo qualche secondo di pausa, e il tono con cui lo feci era flebile e traballante – lui è un umano, mentre io una Guardiana. Sapevo dall'inizio che non potevo legarmi a nessuno in quel modo, ho provato a stargli lontana, a rinchiudere in un angolo del mio cervello quello che provavo per lui. – Trattenni un singhiozzo, volevo tentare di mantenere un po' di compostezza ai suoi occhi, che già mi fissavano malinconici. – Però era inevitabile che finisse presto tutto ciò, il “per sempre” non è ammesso nel mio mondo. E oggi ho cancellato in maniera permanente ogni traccia di quello che eravamo. E non riesco a smettere di pensare a cosa sarebbe successo se solo avessimo avuto più tempo. Magari ci saremmo lasciati fra un paio di mesi, l'amore a quest'età è volubile e finisce dopo un po'; oppure saremmo rimasti insieme per sempre, o solo per alcuni anni. Magari all'università avrei trovato un altro, o lui avrebbe trovato un'altra, magari ci saremmo sposati. È rimasto un'incognita questo amore, una storia interrotta dopo pochi capitoli, un disegno finito a metà. E a me non piacciono le incognite, nella mia vita gli “e se?” e i dubbi non sono ammessi. – Ed era vero. Odiavo le incertezze e in quel momento odiavo il fatto che così tanti dubbi mi affollassero la mente. Presi fiato, socchiusi gli occhi mentre una brezza mi accarezzava la pelle. – Stavolta so che me ne andrò con questo dubbio. Non riguarda la mia missione, certo, ma è la mia vita, la prima vera vita in cui incontro una persona così importante ed ora non c'è più. Non si ricorda di me ed è come se tutto quello che abbiamo passato insieme non sia mai esistito. – Lui mi aveva cancellata, il suo cervello aveva sostituito i pezzi mancanti con pomeriggi di sonno o uscite con persone diverse. E, invece, il mio non ci sarebbe mai riuscito, sarebbe sempre rimasto fermo su quei ricordi, come un nastro che si ripete continuamente, infinito e impossibile da bloccare. Cercavo di non incrociare lo sguardo di Nicola mentre parlavo di ciò, ma sapevo che i suoi occhi cercavano i miei. Ma questi, semplicemente, erano rivolti a quel mucchio di rocce annerite dal fuoco. Un'altra cosa su cui mi ero fissata per non pensare, un'altra scappatoia da pensieri che, in un modo o nell'altro, sarebbero tornati ma che comunque avrei scacciato per un po'. 
– Sai Bia, in questi mesi sei sempre stata una ragazza forte, ti ho visto affrontare tante cose più faticose a livello mentale di un coso di fango quindi vedrai che ci riuscirai anche questa volta. Ora cerca di non pensarci per niente, ti ho portata qui apposta. – sorrise rinnovato da una luce divertita ed io lo guardai, lasciandomi contagiare da quell'allegria. – Allora, perché non mi parli dei ragazzi del Cerchio? Da quel che ho capito dovremo passare insieme un bel po' di tempo quindi è meglio se imparo qualcosa sul loro conto, no? – si avvicinò ancor di più a me, stava in bilico sul ciglio della sua pietra così la spostai con un gesto della mano, attaccandola alla mia. Lui mormorò un “Non mi abituerò mai a questo...” e poi mi lasciò parlare. 
– Beh, Chrysalide è la mia migliore amica, è più importante di una sorella per me e credo ti troverai bene con lei. È molto socievole e davvero buona... – il mio sorriso si allargò ulteriormente, accadeva sempre quando pensavo alla ragazza dai capelli viola. – Falco lo conosci già, è un po' ombroso ma ha un gran senso del dovere e cerca sempre di aiutare gli altri come può, un po' come Orizzonte solo che, lui, ad altruismo non riesce a batterlo nessuno. So che non gli hai mai dato molta confidenza, e posso capirti perché lui non è la tua vera famiglia, ma dovresti comunque provare a parlarci tenendo in considerazione chi è davvero. – vidi il suo volto contrarsi in una smorfia di dispiacere. – E poi c'è Ruscello, criptica e misteriosa come sempre. Non la capirai mai, non lo fa nessuno, ma quando sarà giù di morale, ricordati che devi sempre darle un abbraccio. Le Ninfe sono creature estremamente empatiche, sensibili e con le parole ci fanno ben poco: fortunatamente gli bastano i piccoli gesti. – tirai su il cappuccio, stava iniziando a rinfrescare e la felpa non mi teneva poi tanto caldo. Lui parve accorgersene perché mi porse il suo giubbotto. Rifiutai con un mezzo sorriso e allungai le mani sui carboni, accendendoli facilmente. Era un periodo abbastanza buono per il fuoco, l'umore nero aiutava molto. 
– Comunque ora dove si va? Siete tutti pronti per questo viaggio, tutti in fomento, correte da una parte all'altra dimenticandovi di accennarmi almeno una parte dell'itinerario. – sbuffò allungandosi verso il fuoco come me. 
– Partiamo in auto domattina presto, poi arriviamo alla nave giù a Napoli e poi si girano un paio di porti. È abbastanza lontana, Aridia è un'isola vicino a quella di Sant'Elena... Hai presente dov'è morto Napoleone? – spiegai e lui annuì, glielo avevo fatto studiare io con non poche difficoltà... Era un periodo nero per lui, uno dei tanti, e stargli vicino era complicato. Ma da Guardiana e, soprattutto, da amica ce l'avevo fatta. Anche se Gabe era geloso di questo mio attaccamento nei suoi confronti... Ma al tempo non potevo spiegarglielo. Non potevo nemmeno in quel momento, non avrei mai più potuto farlo. Lui non si ricordava di me. Mi rabbuiai di nuovo, non dovevo pensarci. La mattina seguente sarei partita e non l'avrei mai più rivisto. Avrei detto addio a quel posto e a quei ricordi. Avrei iniziato una nuova vita a casa mia con i ragazzi e Nicola, sarei morta da anziana, magari, e sarei rinata da un'altra parte. Il mio piano sembrava ottimo, sarei riuscita in pochissimo tempo a dimenticare. 
Io e Nicola passammo un'altra mezz'ora a chiacchierare di Aridia; gli raccontai com'era la mia parte di isola e com'era, prima della distruzione, la terra da cui veniva lui. Era rapito dalle mie parole e sembrava deciso a partire. Tornammo a casa ed io lo ringraziai, aveva fatto più di quanto pensasse per me. In camera trovai Crysalide e Ruscello già immerse nel sonno e mi unii a loro. 

**Angoletto dell'Autrice** 

Non aggiorno da un secolo quindi chiedo venia per il ritardo. Il capitolo è risultato davvero troppo lungo quindi per non annoiarvi con un mappazzone (Citando il mio beta: "Sono 37623 caratteri! Il capitolo più lungo di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban è di 33868!") l'ho diviso in due parti. La seconda la pubblicherò fra qualche giorno tanto per farmi desiderare di più e ba bla...
Ringrazio con tutto il cuore chi ha recensito e chi legge silenziosamente. Fidatevi, anche un "Ritirati a vita privata negli Appalachi e mettiti ad allevare capre." nelle recensioni mi farebbe piacere, mi basta sapere che non scrivo per il muro. (E poi vi regalo i biscotti :3 ♥) Ringrazio la mia Andy perché è stupenda ed essenziale ogni volta, il mio Stefano/Beta/Figlio perché senza di lui non ci sarebbe questo capitolo ma solo una me in crisi esistenziale e ringrazio la mia Cloe perché lei ha le coperte e la cioccolata calda dietetica sempre pronta. Vi amo ♥

Al prossimo capitolo babbani miei!
Baci, Dede♥

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Capitolo 3
*** Capitolo Due - Partenze ***


Capitolo Due – Partenze

POV Giacomo

Finii di caricare le valigie nel bagagliaio dell'auto insieme a Stefano, ancora troppo assonnato per intavolare un discorso. Era adorabile da appena sveglio, spettinato e con gli occhi dorati ancora immersi nel mondo dei sogni. Le ragazze scesero a preparare le provviste per il pranzo e ci portarono un caffè, Nicola stava con loro e chiacchierava con Andrea. Bianca era tornata bruna anche se ancora era parecchio scura; il sonno, forse, le aveva giovato. Stava caricando un thermos di caffè e vicino ne aveva altri due già pieni... lei e il caffè, un amore come pochi. Caricammo anche le provviste nell'auto di Cloe e ci decidemmo a partire. Maestra Ginepro ci aveva salutati di nuovo in lacrime ed aveva lasciato ad Andrea un sacchetto di pelle grande quanto un pugno, la ragazza dai capelli viola l'aveva nascosto in tasca e si era seduta accanto a Cloe nella Porsche argentata. 
– Mi raccomando, guidate piano e fate attenzione. Vi chiamerò al telefono ogni giorno per sentire come state ed avere notizie. Vedete di rispondermi. Bianca, a scuola nessuno si ricorda più di te... ho fatto in modo di eliminarti da tutto. Nicola, il tuo funerale è domani. Ci sarà tutta la scuola e sarà una bellissima cerimonia... è l'unica soluzione e terrà buoni i Sussurratori finché non rintracceranno il tuo odore. Stefano, Giacomo, Cloe... conto su di voi per la buona riuscita del viaggio: questa missione risolleverà le sorti del nostro Cerchio quindi è tutto nelle vostre mani, ragazzi. – noi tre annuimmo insieme e poi la donna si voltò verso la sua figlioccia. – Andy, mia piccola Andy... Io e te ci rivedremo molto presto. Aspetterò il tuo ritorno con ansia, questa casa senza di te è vuota. – abbracciò di nuovo la ragazza che si lasciò scappare un paio di lacrime. Loro due mi intenerivano: tutti noi avevamo una famiglia ad Aridia e Cloe se la cavava egregiamente anche senza la sua famiglia ma Andy e Ginepro erano sole. Si appartenevano e stare lontane per così tanto tempo non faceva molto bene alla loro solita giovialità... Ma una volta terminata l'iniziazione di Nicola tutto sarebbe tornato alla normalità. Misi in moto e vidi la donna salutarci con la mano ed asciugarsi il viso con un fazzolettino azzurro.
– Allora, ragazzi... siete pronti per tornare a casa? – chiesi e dal gruppo si levò un coro convinto e quasi entusiasta di “Certo”, avevamo tutti bisogno di rivedere i nostri parenti una volta ogni tanto. 
– Sì! – aggiunse infine Bianca quando tutti gli altri si zittirono e i suoi occhi tornarono di un verde scintillante. 

*-*-*-*

Il viaggio iniziò in maniera molto tranquilla, le ragazze ci seguivano a passo svelto con la Porsche e non avevamo avvistato nulla di sospetto. La cosa era positiva, al contrario delle previsioni di Andy. Aveva visto un ostacolo incombere sul cammino, anzi: più di uno. Ma volevo sperare per il meglio. Stefano stava dormendo appoggiato al finestrino... Non era sicuro distrarsi alla guida ma quel viso così tranquillo mi inteneriva troppo ed era una splendida visione da dov'ero io. Anche Bianca e Nicola stavano sonnecchiando, lei aveva le cuffiette alle orecchie e stava accoccolata al sedile mentre lui aveva la schiena appoggiata alla portiera e stava rivolto verso di lei. Nel dormiveglia la guardava e si sincerava che stesse comoda. Era stranamente affettuoso, il Nicola che conoscevo io non faceva che raccontare le sue avventure di una notte alla squadra mentre questo era un "micione innamorato". Io, comunque, ero l'ultimo ad avere il diritto di parlare: il guaritore accanto a me mi rendeva ben più zuccheroso di quanto non fosse Nicola con mia cugina. Svoltai ad un casello che indicava l'uscita per Roma, seguito a ruota da Cloe. Dallo specchietto vedevo Andy che mangiucchiava un muffin al cioccolato mentre parlava con la Ninfa. Almeno loro avevano intavolato una conversazione durante quelle due ore di viaggio, mentre io stavo guidando il "Vagone Narcolettici". Stefano si mosse lievemente ed io mi voltai di scatto per controllare se si era fatto male. Mi scontrai subito con le sue iridi dorate e il suo timido sorriso. 
– Mh, buongiorno...– biascicò stiracchiandosi la schiena ed allungando le braccia per quanto le dimensioni dell'abitacolo potessero permettergli. 
– Buongiorno a te, Principessa. Dormito bene?– gli chiesi e lui ridacchiò lievemente, sistemandosi la cintura di sicurezza. 
– Per niente... Fra quanto arriviamo al porto?– e poi mi persi per un paio di secondi nei suoi occhi. Mi ripresi solo quando notai la fila sul Raccordo Anulare e frenai appena in tempo. 
– Una mezz'oretta appena si sblocca qui. Sophia ci aspetta lì con tutto l'equipaggio della Thunderbird, partiremo subito.– dico e noto che i due ragazzi nei sedili posteriori sono ancora nel mondo dei sogni così posso parlare in privato con Stefano senza interruzioni od orecchie indiscrete. Mia cugina sarebbe comunque venuta a sapere di tutto l'accaduto ma era sempre meglio parlare da soli. 
– Perfetto...– mormorò lui ed io cercai un modo efficace per riprendere il discorso di pochi giorni prima ma non avevo idee. Volevo dirgli che il mio bisogno nei suoi confronti era diverso da quello che si ha tra due colleghi o due amici. I suoi occhi mi stavano distraendo. 
– Qualcosa non va, Gia'?– chiese preoccupato allungando la mano verso di me. La posò sull'avambraccio e lo strinse dolcemente. 
– Sì... Stavo solo pensando ad una cosa.– risposi mentre la fila avanzava ed io li seguii. Il contatto tra di noi venì a mancare e il discorso cadde. Di nuovo avevo fallito nel mio intento, non ero ancora riuscito a dichiararmi. La mia totale mancanza di sentimentalismo stava giocando a mio sfavore. O forse era un bene, l'amore era una distrazione troppo ingombrante in una missione di tale importanza... Anche se lo stare a così stretto contatto con lui mi distraeva già a sufficienza quindi ci avrei riprovato. Una volta sola, al momento giusto e con le parole giuste. La coda si sbloccò alla svelta e in tempo record arrivammo al porto. Lì Sophia e Alexey ci stavano già aspettando. Caricammo alla svelta le auto nel cassone della nave mentre Bianca ed Andrea salutavano l'amica. Non si rivedevano da tanto tempo, Sophia navigava notte e giorno per gli scambi del suo Cerchio quindi la vedevano molto di rado. La ragazza salì sul ponte di comando e ci lasciò con Alexey, il suo primo ufficiale. Il ragazzo ci mostrò le cabine e l'itinerario. Saremmo arrivati in Spagna entro il giorno seguente. Io mi catapultai nella mia stanza, che ovviamente dividevo con Stefano, e mi appisolai. Volevo evitare in tutti i modi il mio amico... Ancora non era il momento giusto. 

POV Cloe 

Non era la mia giornata. Avevo appena parcheggiato l'auto mentre gli altri stavano salendo al piano superiore della nave della Nereide e già volevo tornarmene a casa. Ma non da Ginepro, a casa mia dalle mie sorelle. Rimasi per un po' appoggiata al cofano della Porsche, sentivo sempre di più la nostalgia della mia gente. Sentii dei passi venire verso di me ma li ignorai, era sicuramente Falco che scendeva a controllare la sua auto. Incrociai le gambe lasciando cadere i miei stivaletti a terra e tentai di ignorare qualsiasi pensiero negativo. 
– Stai bene? – mi chiese una voce sconosciuta alle mie spalle. Drizzai la schiena e mi voltai si scatto verso un ragazzo biondo dagli occhi chiarissimi. 
– Chi sei? – risposi ignorando la sua domanda. Ero in pericolo? Probabilmente sì. 
– Sono il primo ufficiale di bordo, non ti voglio ammazzare. Sono venuto a cercarti perché mancava una persona all'appello...– disse avvicinandosi a me. Era molto alto ed aveva la pelle chiarissima. La sua voce sembrava venire dai fondali marini, bassa e cupa. 
– Mh... Sì, sto bene. Fra quanto si arriva?– chiesi facendogli spazio sul cofano. Sembrava un tipo a posto. Lui saltò a sedere e mi guardò con un mezzo sorriso. 
– Domani sera sul tardi, temo. È parecchia strada.– si stese poi sulla schiena ed incrociò le mani dietro la nuca, il suo viso assunse un'espressione di puro relax. 
– Bene. Sento odore d'alghe e non è il mare. Cosa sei, di grazia?– gli domandai stranita da quella puzza. Odiavo le alghe, io ero una ninfa d'acqua dolce e il mare mi disturbava. 
– Sono un tritone. E tu, vista la tua faccia disgustata, sei una ninfa. Forse di qualche laghetto deprimente alla Città di Cristallo.– sfacciato e saccente, odiavo le persone così. 
– Wow, ottimo intuito. E comunque non abito più lì, sono stata cacciata. Ma quando ero una cittadina, caro tritone puzzolente, ero la seconda in linea di successione al trono.– tentai di darmi un tono ma lui non parve impressionarsi più di tanto. 
– Beh, ma ora sei uno spiritello albino costretto a passare la sua vita a badare a dei poppanti. Bella fine per una principessa, eh?– sbuffai infastidita dalle sue parole, i miei amici non si toccavano. Se non era per Ginepro, sarei morta tre giorni dopo la mia esiliazione. 
– Punto primo: il mio Cerchio non è un "branco di poppanti", la più piccola di loro potrebbe mandarti ko in dieci secondi senza nemmeno sfiorarti quindi io non farei tanto il gradasso, caro. Punto secondo: sei la persona più irritante che io abbia mai avuto il dispiacere di conoscere.– lo guardai dall'alto con un sopracciglio alzato e la migliore espressione di sufficienza che sapevo fare. 
– Faccio del mio peggio per esserlo. Dopotutto, a voi ragazze, piace così.– rispose lui tirandosi su a sedere per portare il suo viso all'altezza del mio. 
– Oh, scommetto che sei pieno di pretendenti e fidanzate. "Una in ogni porto", giusto?– mi avvicinai ancor di più a lui, l'avrei preso a schiaffi molto volentieri in quel momento. Giusto per staccargli dalle labbra quel sorrisino. 
– Oddio, che stereotipo assurdo. Non ne ho nemmeno una, non ci fermiamo mai in un posto per tanto. Ma tu di sicuro avrai una vagonata di ragazzi, con questo caratterino dolce e affabile di sicuro si innamorano tutti al primo sguardo.– sarcasmo, altro fattore che odiavo. Ma che lo rendeva decisamente attraente... Cancellai quei pensieri sbattendo le palpebre un paio di volte e mi allontanai di scatto. 
– No, siete tutti dei grandissimi idioti con una zucchina al posto del cervello e il mio tempo è troppo prezioso per essere speso con voi.– saltai giù dal cofano ed afferrai la mia borsa da viaggio. Salii sul ponte delle cabine e cercai quella di Andy. Lei dormiva con me mentre Bianca doveva tenere d'occhio Nicola quindi dormiva con lui... Chissà cosa avrebbero combinato insieme quei due. Sembrava piacerle il mutaforma. Sistemai le mie cose nel letto lasciato libero dalla ragazza dai capelli viola e salii a fumare sul corridoio esterno. C'era poca gente nell'equipaggio, erano circa sette fra cuochi, camerieri e inservienti, c'erano tre addetti alle pulizie e due tizi che muovevano i macchinari dell'ancora e le corde. Bianca ed Andrea erano sparite con Sophia a parlare, loro la conoscevano da tantissimo tempo, io solo da quattro anni quindi mi sentivo un po' di troppo tra di loro. Mi sentivo quasi sempre di troppo. Così, una volta lanciato il mozzicone in mare, tornai a girare per la nave senza meta precisa, sperando di non rivedere quel tritone antipatico di poco prima. 

POV Bianca

L'incontro con Nisea dopo tanto tempo passato separate mi fece smettere definitivamente di pensare a quello che mi ero lasciata dietro. La ragazza ci stava raccontando della sua compagna Mayleen, una sirena che aveva conosciuto nel suo Cerchio. Noi due la ragguagliammo sulle ultime notizie "scottanti", Chrysalide era un po' il centro del gossip dei nostri Cerchi; trovavo davvero comico il fatto che la nostra veggente era una "gossippara" professionista. 
– E poi il principe dei Figli dell'Aria ha deciso di sposarsi una semplice contadina conosciuta per caso. Lui è una bellissima aquila dorata mentre lei una semplice colomba bianca... I suoi genitori lo disapprovano e vogliono diseredarlo ma dopo la morte di suo cugino non ci sono altri successori. Non sono riuscita a vedere molto, è nebuloso il suo futuro per via dell'indecisione della madre... Bah, mi hanno stremata con quelle visioni.– disse girando il cucchiaino nel the delle cinque. 
– Oh beh, fossi in lei sarei davvero indecisa... Insomma, è suo figlio! Non possono impedirle di volere sempre e solo la sua felicità.– conoscevamo tutti il principe Isidoro, Falco era uno dei suoi amici d'infanzia, e ci dispiaceva per lui se suo padre gli metteva i bastoni tra le ruote. Era da tanto tempo che non facevamo una riunione del genere con Sophia ma era come se non l'avessimo vista da dieci ore e non da quasi sei anni; con lei era sempre stato così. 
– Chrysalide, che altro ti hanno chiesto di vedere i reali? Temono ancora una rivolta da parte dei popolani?– domandò la Nereide preoccupata per la sua sorellastra, Elettra. L'avevo conosciuta quando Maestra Ginepro mi aveva portata da Maestro Salice, sapevo che il suo vero nome era Ianira e poco più ma dispiaceva lo stesso anche a me. Lei viveva con suo marito nelle Montagne Blu quindi era a rischio se partiva una rivolta. Rispettavano chi era al comando e gli piaceva la loro vita. Ma c'era sempre chi andava contro il potere, anche se ciò comportava danni permanenti a chi non la pensava come loro e non interveniva per fermarli se non in casi estremi. Non riuscivo proprio a capirli a volte... – Sì, stanno seriamente pensando di uccidere il Re e detronizzare il resto della famiglia reale. Hanno però un metodo per non farsi riconoscere: cambiano capo ogni tre giorni, buttando la Nebbia sulle mie visioni. Si vede che c'è un Figlio del Tempo tra di loro, o non saprebero come fare.– disse e Nisea annuì mestamente. 
– Spero solo che cambino idea. O che lei riesca a mettersi in salvo prima dello scoppio della guerra. Il mio Cerchio si sgretolerà di sicuro, abbiamo quattro Figli del Cielo con noi e partirebbero subito per andare a combattere, abbandonando tutto quanto e rischiando di morire per colpa delle idee di altri.– scosse la testa con un sorriso tirato e finì di spiegarci la reale gravità della situazione. – E senza di loro se ne andrebbero subito altri sei ragazzi e tutto il loro equipaggio. Così rimarremmo solo noi della mia flotta e un pilota d'aereo con le tre hostess, Cletus. Nel mio Cerchio ci occupiamo soprattutto di trasporti e se non abbiamo più il numero, il Consiglio sarà costretto a dimettere Maestro Salice e senza di lui parecchi Guardiani rimarrebbero senza un "passaggio" e quelli che sono qui in Europa rimarrebbero bloccati tra gli umani. C'è molto di più di un regime a rischio questa volta.– Nisea era davvero troppo sentimentale quindi scoppiò a piangere. La sua empatia era seconda solo a quella di Cloe e, come alla Ninfa, le bastava un abbraccio per riprendersi. Mentre io ed Andy la stringevamo, entrò Stefano in cabina. 
– Bia, ho bisogno di t- ehm, scusate l'interruzione. Passo dopo.– mormorò dispiaciuto per aver interrotto un momento così delicato e mosse qualche passo indietro. Andy mi assicurò che potevo andare e che ci avrebbe pensato lei così corsi dietro al ragazzo e lo bloccai. 
– Aspetta Ste, che hai?– appena si voltò, vidi che aveva gli occhi gonfi e ancora lucidi. Mi preoccupai subito per lui, odiavo vedere Orizzonte triste, sembrava un pulcino 
– Mi hanno chiamato...– 

**Angoletto dell'Autrice**

Questa volta mi sono fatta desiderare un po' di meno, sono stata brava u.u Ho pure cambiato la dimensione del carattere dato che parecchi(me compresa) entrano più dal telefono che dal Pc e così leggono più facilmente.
Ma passiamo alle note... In questo capitolo ci sono meno POV, finalmente partono ed entrano in scena nuovi personaggi, avranno un ruolo fondamentale nella storyline di alcuni di loro e più avanti saranno loro i protagonisti del sequel(sì, ho già in mente un sequel e sono solo alla terza pubblicazione lol) che uscirà molto più avanti, anche dopo gli Spin-off dedicati al prequel ma questo non vi interessa per ora(ma dopo sì, spero *faccia da cucciolo*). Comunque fatemi sapere se ne vale la pena tenerli qui e dargli un ruolo di rilievo o lasciarli stare dove sono, ci tengo.
Grazie come sempre ad Andy, Ste e Cloe e anche alla mia Sophia (che doveva arivare prima di subito, aveva fretta di comparire nella storia :'3) e a DarkViolet che ha recensito anche lo scorso capitolo, grazie mille ♥
Anche il prossimo arriverà presto. Per qualsiasi cosa(se volete scrivermi, seguire le mie scelrate eccetera) m
i trovate qua e anche qua qua. Pagina ufficiale: XDelilah_Morgan - Efp troverete tutti gli aggiornamenti e le foto che mi mandano i miei "fans" per questa storia, quelle dei personaggi e tutte le altre storie che ho pubblicato.
Al prossimo aggiornamento!
Baci, Dede♥

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre - Imprevisti ***


Capitolo tre – Inconvenienti

PoV Bianca

Uscimmo fuori sul ponte per parlare in privato e vidi subito che il ragazzo si stava torturando le mani.

– Per cosa?– chiesi lievemente preoccupata. Sapevo cosa intendeva, le chiamate erano sempre più frequenti per lui. Avevamo un Guaritore nel nostro Cerchio ma erano così rari quelli con una preparazione militare da essere richiesti dagli altri in continuazione.
– Una missione di salvataggio nelle Montagne Blu. Ne hanno già due ma più siamo meglio è. Non è un posto ospitale... e la guerra di cui parlavate sta già iniziando. C'è stata una rivolta in un villaggio, un'intera valle è stata rasa al suolo questa notte. Sono morte due persone.– mi spiegò ed io mi sentii mancare. Non poteva essere vero. Non volevo crederci. I miei zii abitavano lì e, anche se al loro tempo erano stati due militari eccellenti, con l'avanzare dell'età diventava difficile far fronte a cose di quella portata, per questo ero in pena per loro.
– Quando inizia questa spedizione?– mi sforzai di concentrarmi sul discorso principale: avevano richiesto il mio Guaritore.
– Tre giorni dopo il nostro arrivo ad Aridia. Non ci sarebbero problemi per la nostra spedizione e tornerei subito dopo. Alla fine ci pagano pure bene e sai che alla mia famiglia farebbero comodo un po' di soldi in più. Ma non voglio partire per via di una promessa...– la sua voce si affievolì di colpo e subito intuii qual era il problema principale. Conoscevo i miei amici come le mie tasche ormai.
– Ma non vuoi partire per la promessa che gli hai fatto e perché non vuoi lasciarlo.– affermai e lo vidi irrigidirsi di colpo. Forse lui non l'aveva notato e nemmeno mio cugino, ma c'era qualcosa tra di loro e non era il mio solito film mentale.
– Ma cos– no! Cioè, sì ma non solo per lui... io...– evitava il mio sguardo, preferendo di gran lunga fissare le sue scarpe che ammettere che avevo ragione.
– Non sono affari miei quindi non insiterò su questo punto e non mi immischierò. Ti dico solo che qualsiasi cosa tu scelga, avrai il mio appoggio ma non è con me che devi parlare: è con lui, saprà consigliarti meglio di me. E poi merita di sapere.– rigirai pigramente una ciocca di capelli tra le dita mentre Stefano continuava a guardare le assi di legno a terra.
– Okay, ci parlerò... grazie, Bia.– mi rivolse un mezzo sorriso ed io ricambiai, poi ci dividemmo.
Me ne tornai in cabina con le mie amiche mentre arrivava anche Cloe e riferii cosa mi aveva detto. Sophia scoppiò in lacrime e corse a chiamare Elettra per sentire come stava mentre io mi rivolsi alla mia amica dai capelli viola.
– Andy, riesci a vedere se c'entrano qualcosa i Sussurratori con tutto questo? Dopo quello che hanno fatto ai figli della Notte, c'è da aspettarselo.– le domandai sedendomi accanto a lei sul divanetto della sala Comandi. Si trattava bene la mia Soph... le poggiai la testa sulla spalla e lei mi diede un buffetto sulla guancia.
– Dopo controllo... ma credo sia così.– sbuffò lievemente e guardò la sua coinquilina. – Clo', ti hanno dato la chiave della cabina? Devo andare a prendere una cosa...– mormorò ed io mugolai in protesta. Stavo comoda in quel modo e lei era l'unica persona che con la sola sua presenza riusciva a non farmi prendere dall'ansia da missione. Avevo bisogno di starle vicino in quel momento più che mai.
– Sì, tieni.– la ninfa, leggermente imbronciata, le porse le chiavi e tornò a fissare fuori. Mi appuntai mentalmente di chiederle a quattr'occhi cosa la turbasse.
– Perfetto. Torno subito, donne.– mi lasciò cadere sul cuscino e ridacchiò del mio grugnito di protesta, ovattato dalla stoffa premuta sulla mia faccia.
– Sei malefica, donna.– borbottai mentre mi rialzavo ma lei non mi sentì, era già sparita. – Cloe, come mai sei così giù? È per via del mare?– mi tolsi il pensiero approfittando del momento. Lei arricciò il naso per sistemarsi il piercing e scosse la testa facendo ondeggiare i suoi sottilissimi capelli bianchi.
– È per via di un tipo scontroso che ho visto prima... mi ha infastidito e basta. Stranamente non mi ha fatto ancora nulla il mare...– terminò la frase con un lieve sospiro. Stavo per dirle qualcosa ma venni zittita da un fracasso proveniente da prua.

PoV Stefano

Stavo camminando avanti e indietro lungo il corridoio delle cabine da più di cinque minuti, indeciso se entrare o no in quella che dividevo con Giacomo per parlargli. Ma ero troppo nervoso. Gli avevo promesso che non me ne sarei mai andato ed ora stavo per infrangere quella promessa. Mi sentivo un verme ma mi servivano quei soldi... Dei passi veloci rimbombarono nel corridoio e mi riscossero dai miei pensieri: era Andrea e stava andando verso la sua cabina.
– Andy, che hai? – le chiesi fermando la sua corsa. I suoi occhi sgranati a l'espressione preoccupata che aveva risposero alla domanda prima di lei.
– Ho avuto un brutto presentimento. Sveglia Giacomo e prepara l'arco...– snocciolò e riprese a correre; le obbedii e spalancai la porta. Per svegliare il ragazzo ci misi qualche minuto... un po' perché dormiva come un sasso e un po' perché era stupendo da addormentato: aveva un broncetto adorabile. Si alzò di scatto e gli ordinai di prepararsi per un'eventuale battaglia, Andy non sbagliava mai un presagio. Sentimmo un rumore provenire dall'esterno, lui si alzò in piedi ed diede inizio alla sua mutazione: gli arti gli si contrassero fino a diventare due ali marroncine e il viso gli si affilò, trasformandosi in un becco affilato e i suoi capelli neri diventarono delle corte piume scure. Era circa tre volte più grande di un falco normale nella mutazione ma riuscì ugualmente a volare fuori dalla porta senza farsi male. Uscii dalla cabina dopo di lui e vidi Bianca correre verso di noi. Era già iniziato il panico generale?
– Ci stanno attaccando le Arpie, ora come ora non posso fare niente, devo andare da Nicola. Ci pensate voi?– chiese con un lieve affaticamento della voce. Annuii ed imbracciai la faretra.
– Tu difendilo, qui ci pensiamo noi.– mi rivolse un sorriso e sparì dietro l'angolo. Giacomo uscì sul ponte ed io lo seguii incoccando una freccia, Cloe ci affiancò estraendo i suoi Sai dagli anfibi. Ecco spiegato il perché dei numeri in più... ci teneva un'armeria lì dentro!
Le Arpie stavano fronteggiando due ufficiali di bordo, erano in sei e due di loro avevano preso uno dei ragazzi e lo stavano trascinando in aria. Urlava per il dolore provocato dagli artigli conficcati nella sua carne, usciva davvero tanto sangue. L'altro stava ferendo altri tre esseri con una lancia ma quelli gli avevano strappato via una notevole porzione di pelle dal polso, rendendogli impossibile agire. Beccai una di loro all'occhio, trafiggendoglielo con una freccia mentre Cloe correva in aiuto di quello armato. Lanciò uno dei Sai nel petto dell'arpia, trapassandola. Il suo viso piumato munito di becco e occhi iniettati di sangue, si contrasse in una smorfia di dolore e quella cadde in picchiata nel mare. Guardai Andy correre contro un'arpia che stava volando verso la cabina di pilotaggio dove Sophia tentava di cambiare rotta per portare in salvo la nave. Lanciò uno dei suoi coltelli alla creatura e la colpì al centro delle scapole, quella cadde a terra ma ancora non dava segno di voler cedere. Lei rincarò la dose aggiungendo al primo altri due pugnali e quando l'altra esalò l'ultimo respiro, la ragazza dai capelli viola la raggiunse e riprese le sue armi. Gettò l'arpia in mare e si irrigidì di colpo: ne stavano arrivando altre. Io abbattei con un paio di frecce una delle due che stava tenendo in ostaggio il ragazzo ma quella, prima di morire, gli squarciò la gola. Distolsi lo sguardo e poggiai una mano a pugno sul petto in segno di rispetto per la sua caduta da guerriero. Doveva avere non più di una cinquantina d'anni quel tritone... era relativamente giovane se si pensava che erano immortali. O quasi.
Incoccai un'altra freccia e fiancheggiai Giacomo nella sua lotta. Lui era in volo vicino alle teste delle arpie e tentava di accecarle con i suoi artigli, gli occhi erano il loro punto debole. Stavano aumentando a dismisura, ormai erano circa in venti e ci stavano circondando; l'intero equipaggio della nave accorse ad aiutarci ma ancora non riuscivamo ad ucciderle prima di fargli raggiungere uno di noi. Andy lanciava coltelli a destra e a manca, i tritoni mulinavano i loro tridenti e le loro lance, Cloe feriva con i Sai le ali delle creature e Falco artigliava loro gli occhi.
Eravamo tutti impegnati e quasi allo stremo delle forze così decisi di andare a chiamare Bia, il suo aiuto era essenziale. Corsi con l'arco teso davanti a me verso le scale del ponte e trovai tre arpie che si avvicinavano minacciose alla ragazza.
– Dacci il Figlio della Notte!– biascicò una di loro schioccando il becco. Lei era con le spalle poggiate sulla porta della sua cabina che contrastava con una fiammella evocata l'avanzata delle tre avversarie, bruciandogli le ali e spaventandole. Scoccai un colpo verso il collo di quella al centro che si voltò si scatto, lasciando in pace Bianca.
– Ste! Non sono mai stata così felice di vederti...– sorrise e con ritrovato vigore, evocò una sfera di fuoco e la schiantò sull'arpia poco prima che questa le strappasse un braccio con gli artigli. L'altra però le ferì un fianco. Urlò di dolore e si appoggiò alla parete, incapace di reggersi in piedi. Colpii l'arpia in fronte, conficcandole la freccia al centro degli occhi e la guardai cadere accanto alla mia amica. Corsi da lei e l'aiutai ad entrare in cabina dove un tremante Nicola le corse in contro.
– Che è successo?– domandò con un filo di voce mentre mi aiutava a stenderla sul letto.
– Arpie: ci stanno attaccando. L'hanno ferita. Tienila sveglia, ci penso io.– ordinai mentre spostavo i lembi stracciati della sua maglietta. Lui le prese la testa e se l'appoggiò sulle gambe; iniziò a parlarle mentre lei continuava a mugolare per il dolore.
– Bianca, sono qui. Rimani con me...– le disse stringendo la mano attorno alla spalla della ragazza. Io iniziai a rimarginare la sua ferita con un notevole sforzo. Pensare che Giacomo poteva essere nelle stesse condizioni se non peggio non aiutava a concentrarmi.
– Ehy, non dormire. Parlami.– lei scosse lievemente la testa e lui sospirò. La ferita si rimarginò e lei si sforzò per rimettersi in piedi.
– Va bene così, Ste. Risparmia le forze per gli altri.– mi ordinò ed io annuii: in momenti come quello era inutile contraddirla.
– Nicola, devo andare ad aiutarli. Ti prego: barricati nel bagno ed aspettami, okay?– il ragazzo annuì e fece come richiesto. Bianca uscì fuori di corsa, zoppicando un po' per via della ferita, e si unì alla battaglia. Tre ragazzi erano a terra, privi di sensi o peggio, alcune arpie stavano artigliando pezzi di lamiera dalla prua, forando la nave e lasciando entrare l'acqua nella stiva e Sophia lottava ancora con il timone per raggiungere l'isola che si stagliava davanti a noi. Appena impostò la rotta, estrasse da una cassapanca nella cabina un'enorme spada a due mani. Raggiunse le arpie e con espressione furente gli urlò contro.
– Nessuno tocca la mia bambina, chiaro? Stupide bestie.– staccò di netto un'ala alla prima creatura che incrociò e la fece cadere dalla banchina con un calcio, trapassò un'altra e decapitò l'ultima con una forza che non mi sarei mai aspettato di vedere in lei. Insomma, lei era la dolce Sophia che piangeva sempre per Elettra, la piccola biondina talmente minuta che ogni volta che tirava il vento, ti veniva istintivo ancorarla a terra per non farla volare via... non era la sanguinaria vendicatrice di navi che maneggiava una spada enorme con la facilità con cui io mangiavo un piatto di spaghetti. Fissò la sua nave mezza distrutta che immagazzinava acqua e tornò nella cabina per accelerare.
Giacomo aveva un'ala ferita, stava sanguinando e faticava a volare ma continuava comunque a tenere testa alle tre creature. Mi si strinse il cuore ma riuscii lo stesso ad abbatterne una, alle altre due ci pensò lui. Bianca continuava ad arrostire con le sue fiamme qualsiasi nemico le si parasse davanti e Andy riuscì a torcere a mani nude il collo di una di loro che si era avvicinata troppo alle cabine. Tre ragazzi dell'equipaggio stavano aiutando uno di loro con una gamba gravemente ferita, quello con il polso lacerato era in lacrime e gli altri due avevano dei graffi lungo al schiena e la pancia. Un altro lanciava ancora il suo tridente alle ultime arpie rimaste. Ne uccise due, lasciando le altre alle ragazze. Cloe stava per eliminare l'ultima quando questa la spinse giù dal ponte. Urlò durante la caduta e subito corsero ad aiutarla, Bianca ed Andrea finirono il lavoro mentre uno dei tritoni si buttò in mare per recuperarla. Doveva fare in fretta: per le ninfe d'acqua dolce, il mare era la cosa più vicina all'acido cloridrico esistente. Quando riemersero pochi minuti dopo, avevamo già buttato i cadaveri in mare e stavamo facendo la conta dei feriti e dei danni. Quattro ragazzi dell'equipaggio erano feriti, tre erano morti. Andy aveva solo un paio di graffi e troppe macchie di sangue di arpia sui vestiti, Bianca era corsa di nuovo da Nicola e Sophia era illesa e molto arrabbiata. Mi precipitai da Giacomo, che si stringeva una mano sulla spalla. Iniziai a curarlo mentre gli stringevo la mano. In un'altra occasione mi sarei sentito stupido ad espormi tanto, ma ero troppo in pena per non lasciarmi andare e concedermi un po' di libertà. Mi sorrise e provò ad alzarsi ma lo bloccai a terra finché non vidi il tessuto cicatrizzarsi.
– Aiuta gli altri, sto bene ora.– biascicò iniziando a camminare verso i corpi esanimi dell'equipaggio. I feriti li stavano disponendo con cura per le loro onoranze funebri, era un momento così profondo che mi sentii in colpa ad interromperli ma dovevano essere curati. Mi avvicinai ma Sophia, tornata la tranquilla ragazza di sempre, mi bloccò.
– Lascia stare... a loro basta l'acqua di mare per rigenerarsi. Vai da Cloe, è più grave del previsto.– fece un cenno verso il tritone che stava poggiando a terra la ragazza piena di escoriazioni sulla pelle nuda. Corsi verso di lei e condussi il ragazzo fino alla sua cabina. La poggiò sul letto e rimase in piedi nella cabina con me per assisterla. Sul polso non aveva più nulla, solo un segno rossastro. Presi un profondo respiro ed iniziai il mio lavoro. Non sarebbe stata una passeggiata.

PoV Bianca

Bussai alla porta del bagno dove si era chiuso Nicola e, appena mi aprì, Mi ordinò di stendermi ed entrò in modalità “Mamma iperprotettiva”.
– Stai bene? Hai bisogno di qualcosa? Che è successo?– iniziò a tempestarmi di domande ed io alzai una mano per bloccarlo.
– Nicola, sto bene. Mi hanno fatto di peggio. È successo che le Arpie si sono alleate con i Sussurratori, volevano ucciderti per conto loro. Tutti vogliono ucciderti quindi prima arriviamo ad Aridia, prima impari a difenderti.– sospirai accomodandomi nei cuscini. Mi serviva un po' di riposo. Ma non arrivò perché Andy bussò alla mia porta e mi rapì per andare a fare due chiacchiere a quattr'occhi. Lasciai Nicola con Giacomo e seguii la sua testa viola fino alla cabina che condivideva con Cloe.
– Arcobaleno...– sussurrò con voce grave. Si sedette sul suo letto ed io le presi la mano tra le mie.
– Che c'è, tesoro?– appoggiai di nuovo la testa sulla spalla, sentendo che stava tremando ed aveva il respiro mozzato. Non riuscivo proprio a vederla in quello stato. Soprattutto se non potevo fare nulla per aiutarla.
– Non mi è passata la brutta sensazione. Questa volta è peggio di tutte le altre. E non riesco a vedere nulla. Io... io sono stanca di tutto questo.– scoppiò a piangere ed io la abbracciai, sentendo gli occhi pizzicare.
– Resisti per me. Finito l'addestramento partiremo insieme e addio mondo.– la strinsi lasciandola sfogare mentre la nave attraccava ad un porticciolo in una delle Isole Nascoste. Le arpie avevano causato seri danni alla prua e dovevano essere riparati, noi dovevamo riposarci e fare il punto della situazione. Era scoppiata una guerra, eravamo costantemente sotto attacco ed Andy aveva un presagio peggiore del solito. Per un minuto sentii che la speranza se ne stava andando ma poi mi ricordai della decisione di Nicola che con sguardo fiero aveva accettato il suo destino ed aveva capito chi era davvero, strinsi la mia migliore amica che aveva smesso di piangere e il suo viso determinato mi ricordò chi ero io. Io ero Arcobaleno: Guardiana dell'ultimo figlio della Notte e parte di un Cerchio con una missione da compiere. E l'avremmo portata a termine a qualsiasi costo.


**Angoletto dell'autrice**

Come avrete capito non ho un intervallo di tempo preciso per gli aggiornamenti, li pubblico quando li finisco sooo perdonatemi ♥

Well, che dire del capitolo? Io non so descrivere bene le battaglie e roba simile quindi perdonatemi anche questo. Spero si capisca già più o meno chi finirà con chi e che sto descrivendo bene i primi passi delle loro relazioni e bla bla bla... recensite çwç Sono disperata e se non fosse per la cara DarkViolet mi deprimerei ed ucciderei tutti quanti (lol) quindi ti ringraziamo tutti insieme ♥
Grazie anche ad Arya373, babykaix813 e Giughi10 per averla inserita tra le seguite *lancia amore*
E poi al solito grazie alla mia dolce metà perché non è sicura se ama o odia il capitolo ma è sicura di amare me(e la amo anch'io unconditionally ♥), al mio Beta/Figlio che l'ha corretta e non ha sclerato per i miei ritardi mentali e a Fra perché lei è la Cloe perfetta. 

Seguitemi nella mia pagina e nei miei vari profili, troverete i link nei capitoli precedenti.
Ve se ama, Dede♥

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro - Lutto ***


Capitolo quattro - Lutto

PoV Andrea

L'orribile sensazione non se n'era andata nemmeno dopo la notte passata in un Ostello gestito da un Cerchio affiliato a quello di Salice, Bianca era sempre vigile: aveva vegliato su di noi tutta la notte ed ora aveva due spaventose occhiaie violacee sotto agli occhi. Per sfizio li aveva mutati, cambiando il verde con un bel marrone scuro, diceva sempre che era un colore sottovalutato e che lei lo trovava bellissimo.
Si concedeva questi svaghi per non pensare a Gabriele e alla guerra. Non voleva ammetterlo ma ormai la conoscevo bene. Sophia tornò dal cantiere e ci disse che doveva andare al funerale dei tre ragazzi caduti durante la battaglia quindi non ci sarebbero stati per un po'... aveva pianto come gli altri dell'equipaggio, loro avevano le stesse occhiaie di Bia abbinate agli occhi gonfi. Stefano e Cloe dormivano ancora, le ferite di lei avevano richiesto al biondo uno sforzo estremo. Durante la notte l'aveva vegliata uno dei tritoni, Alexey. E Giacomo stava controllando ora il suo amico. Io scesi a mangiare con Bia che affogò i pensieri nel suo amato caffè. Nessuno parlava. Nessuno faceva niente. Era come se tutti stessero tentando di estraniarsi dalla realtà. Li capivo fin troppo bene.
Le fitte allo stomaco non diedero segno di diminuire nemmeno dopo che l'avevo riempito e la cosa stava diventando frustrante quindi provai ad evocare una visione ma non feci in tempo nemmeno a stendermi sul letto che Sophia, interamente vestita di rosso, il loro colore del lutto, tornò dal funerale con al seguito Maestro Salice. Corsi a salutarlo con ritrovato entusiasmo, dopotutto era il compagno di Ginepro quindi era in un certo senso il mio patrigno ed ero molto affezionata all'uomo. Ma l'espressione che aveva in volto e che mi rivolse una volta sciolto l'abbraccio mi gelò il sangue. Portava brutte notizie.
– Crysalide, posso parlare un attimo con il tuo Cerchio?– chiese togliendosi la giacca bordeaux. Io annuii ed andai a raccogliere i ragazzi nella nostra camera condivisa. L'uomo si sedette su un letto e tutti noi lo circondammo. Prese un fazzoletto dal taschino e si tamponò un paio di lacrime sfuggite alle lunghe ciglia bionde.
– Che è successo, Maestro?– chiesi non sopportando più l'ansia dell'attesa. Lui prese un profondo respiro e i suoi occhi si voltarono verso ognuno di noi.
– Torno ora dalla vostra base. C'è stato un attacco ieri notte, un'orda di arpie ha circondato la casa di Ginepro. Non sono arrivato in tempo per aiutarla... lei è...– non riuscì a terminare la frase perché scoppiò a piangere. Ma non ce ne fu bisogno. Era morta. La sensazione allo stomaco svanì. Tutto quanto attorno a me svanì. La vista mi si appannò, i rumori mi arrivavano ovattati, lontani.
Era morta.
Mi stesi nel letto e sentii Bianca ordinare a tutti di lasciarmi spazio. Cloe pianse tra le braccia di Stefano e Giacomo uscì di corsa dalla stanza.
Ginepro, la donna che mi aveva cresciuta. La persona con cui avevo passato tutta la mia vita, quella che mi aveva fatto conoscere Bianca e tutti gli altri. La donna a cui dovevo la mia esistenza, quella che dovevo ringraziare per tutto quello che mi aveva insegnato e donato. Ginepro, la professoressa a tempo perso, la Maestra del mio Cerchio, la potente Incantatrice, la mia mamma.
Ginepro con i suoi occhi così azzurri e i suoi capelli neri, le sue piccole rughe, il suo sorriso complice e dolce.
Ginepro era morta.
Questa volta, non l'avrei trovata al mio ritorno. Questa volta non mi avrebbe aspettato a casa. Non l'avevo nemmeno più una casa.
Lei non c'era più.
E per un momento, lì, non c'ero più nemmeno io.

PoV Nicola

Erano tutti in un lutto così profondo che io mi sentii ipocrita a piangere. Per me lei era solo la prof di diritto mentre per loro era una guida, un'amica, una madre. Avevano perso una persona importante mentre io avevo perso solo una delle tante vite che si erano incrociate con la mia. Anche se dopo le ultime rivelazioni, le dovevo molto. Cloe e Stefano erano usciti da poco. Lei aveva bisogno d'aria mentre lui era andato a cercare Giacomo che era fuggito via. Bianca era sparita dai radar ed io ero rimasto solo con Andrea. Lei era stesa sul letto con lo sguardo fisso nel vuoto e piangeva in silenzio. Mi avvicinai, sedendomi sul materasso e le parlai a bassa voce quasi avessi paura di spaventarla.
– Chiederti se ne vuoi parlare o dirti che mi dispiace sarebbe da idioti quindi mi limiterò a chiederti se hai bisogno di qualcosa...– le appoggiati una mano sulla spalla e lei sbatté le palpebre un paio di volte prima di riprendersi. Mi guardò con le labbra piegate all'ingiù e tirò su col naso.
– Ho un tremendo bisogno di un abbraccio... dov'è Bianca?– chiese puntellandosi su un gomito per guardarsi meglio intorno.
– Non lo so... è scomparsa. Ma spero che un mio abbraccio vada bene lo stesso.– mi sforzai di sorriderle il più dolcemente possibile e lei mi si lanciò addosso.
– Sì, va bene... scusami...– balbettò ed iniziò a singhiozzare. La strinsi ed attesi che la crisi diminuisse. Le carezzai perfino i capelli e la schiena per farla calmare e parve funzionare, perché dopo una decina di minuti si addormentò.
Era spossata. La sistemai sul letto ed andai a cercare gli altri. Vedere la ragazza in lacrime mi aveva stretto lo stomaco. Era così solare e allegra di solito mentre ora era solo il fantasma di se. L'avevo vista tante volte al bar sotto casa... solo in quel momento mi accorsi di come riusciva a catalizzare la mia attenzione quando entrava e a migliorare la mia giornata con i suoi sorrisi e racconti. Si era spenta e la capivo. Era un duro colpo per una ragazza come lei affrontare la morte di una persona così cara...

PoV Cloe

Lasciai andare Stefano da Giacomo e mi sedetti su un ramo basso di un albero. La donna che mi aveva salvato la vita era morta ed io non ero riuscita a sdebitarmi per il grande dono che mi aveva concesso. Forse non ci sarei mai riuscita, nemmeno se avessimo avuto più tempo. Aveva fatto molto per me, più di quanto immaginasse. Mi aveva dato fiducia, mi aveva accolta con sé e mi aveva protetta. Nessuno l'aveva mai fatto prima. Smisi di piangere, ma il dolore sordo che sentivo nello stomaco non se ne andò. Qualcuno si arrampicò sul ramo e mi si sedette accanto.
– Hey.– era Alexey. Mi voltai verso di lui e notai subito la sua felpa rosso fuoco. Il lutto lo elaboravamo così noi spiriti della natura.
– Hey... mi dispiace per i tuoi amici.– mormorai passandomi la manica della maglietta sotto gli occhi.
– E a me dispiace per la tua Maestra... e per averti detto quelle cose ieri.– si mordicchiò il labbro ed io riuscii a sorridere. Era carino da parte sua...
– Sei perdonato. Dopotutto mi hai salvata... Sai, non è da tutti tuffarsi per ripescare una ninfa inetta.– allungò verso di me un fazzoletto di stoffa azzurro ghiaccio ed io lo presi per asciugarmi il viso. Lo ringraziai, e fu lui a rivolgermi un sorriso.
– Beh, ormai per Joseph non c'erano speranze, quindi ho preferito aiutare te.– si strinse nelle spalle, assumendo un'espressione quasi adorabile, piena di innocenza.
– Joseph?– chiesi. Lui spostò lo sguardo verso il mare, tornando all'improvviso alla sua tristezza.
– Il ragazzo che l'arpia ha sgozzato. Era mio fratello... e ora che se n'è andato non mi rimane più nulla della mia famiglia...– sospirò, e la sua innocenza fu sopraffatta da qualcos'altro. Era rassegnazione all'idea di essere rimasto solo al mondo. Ed io la conoscevo bene. E sapevo che nulla poteva consolarlo. Così gli poggiai semplicemente una mano sulla sua e gli sorrisi.
– Ti va di fare una passeggiata?– sviai il discorso e al suo cenno d'assenso mi lasciai cadere a terra; ammortizzai la caduta con le ginocchia e lo aspettai. Iniziammo a camminare in silenzio per il parco, evitando la zona in cui stavano Giacomo e Stefano. Avevano bisogno anche loro della loro privacy... era un momento critico per tutti.

PoV Stefano

Trovai Giacomo seduto ai piedi di un albero. Si stava torturando le labbra coi denti per non piangere ma appena lo abbracciai, crollò. Era come sua cugina: scappava via per non mostrarsi debole. Ma ormai lo conoscevo troppo bene. Pianse silenziosamente sulla mia spalla ed io lo cullai come se fosse un bambino. Volevo baciargli la fronte, il naso, le guance... le labbra. Ma repressi quelle tentazioni e mi accontentai di poterlo stringere a me. Era sensibile, anche se non lo dava mai a vedere, e tutte quelle cattive notizie insieme lo stavano uccidendo. I suoi genitori erano in guerra, Ginepro era morta, uno dei suoi amici d'infanzia stava lottando per la sua libertà ed eravamo costantemente sotto attacco. Era tutto un casino. Nemmeno io ci raccapezzavo più niente. In quel momento, l'unica cosa certa nella mia vita era lui. E dovevo parlargli della mia possibile partenza ma non volevo aggiungere un altro fardello alle sue spalle, già provate dal peso di tutto quello. Io non riuscii a piangere, dovevo essere forte per tutti. Ma sentivo davvero freddo e non era il clima. Era l'assenza di Ginepro. Nonostante tutti i nostri battibecchi lei era come una mamma per me e per gli altri. Ci aveva augurato buona fortuna alla nostra partenza... non poteva sapere, non poteva neanche immaginare quanto bisogno ne avessimo in quel momento. Soprattutto da quando la consapevolezza che al nostro ritorno l'avremmo trovata davanti a sei tazze di the fumante e biscotti al cioccolato se n'era andata.

PoV Bianca

Avevo finito le lacrime. La reazione a quella notizia ne era stata la prova inconfutabile. E avevo terminato lo spazio disponibile per pensare. Anzi, avevo la testa completamente vuota. Tutti quei pensieri si erano autodistrutti lasciando spazio ad una lieve apatia opprimente. Mi sentivo in colpa per essermene andata così senza rimanere con Andy ma non ero riuscita a rimanere in quella stanza, era stato più forte di me l'impulso di scappare. Ma finita la passeggiata intorno al giardino, le mie gambe arrivarono da sole a lei. Era addormentata ma tremava ancora così mi stesi accanto a lei e l'abbracciai. Si mosse appena e i suoi occhi marroni s'intrecciarono ai miei.
– Scusa, non volevo svegliarti...– sussurrai mentre lei ricambiava l'abbraccio.
– Non ti preoccupare, non era un sonno tranquillo...– tirò un sospiro agitato e riprese a parlare. – Ginepro mi aveva lasciato un sacchetto dicendomi che dovevo aprirlo quando sarebbe stato il momento giusto e mostrarlo a Maestro Salice... Ti va di aprirlo con me?– io annuii e la lasciai andare a prendere il fagottino di pelle che teneva nella borsa. Ci sedemmo sul materasso cigolante e lei sfilò la stringa annodata che chiudeva l'involto. Conteneva una manciata di semi e una lettera spiegazzata. Lei tolse la ceralacca ed iniziò a leggerla.

«Mia piccola Crysalide,
Sapevo di non riuscire a vederti tornare questa volta già da molto tempo, quindi mi sono preparata. Pensavano di smembrare il mio Cerchio ma non hanno ben capito con chi hanno a che fare... Non mi coglieranno mai di sorpresa e non minacceranno mai la mia famiglia. Perché, come dicevo sempre, è questo che siamo.
Non essere triste per me, piccola mia, abbiamo passato abbastanza tempo insieme, c'è gente che pagherebbe oro per poter avere l'opportunità di costruire anche solo un decimo dei nostri ricordi. Li custodirò gelosamente con me fino alla fine. Soprattutto quello della prima volta che ti ho incontrata... eri davvero giovane al tempo e piena di entusiasmo. Eri uscita da poco dall'addestramento militare e stavi cercando un cerchio a cui affiliarti ed incontrasti me per caso. Io avevo appena avuto l'autorizzazione a diventare un Maestra e con te ho dato inizio a questo progetto, “arruolando” l'eroico Giacomo, la combattiva Bianca, accaparrandoci l'unico Guaritore sulla piazza e salvando una Ninfa da morte certa. E ora prendendoci il compito di salvare un'intera specie.
So che ce la farete, vi ho visto crescere e conosco le vostre capacità... sarà difficile, ma sotto la tua guida li porterai alla vittoria. So di aver fatto la scelta giusta quando ho deciso di adottarti, mi hai insegnato moltissime cose e spero di aver fatto altrettanto con te. Ed ora voglio che tu porti avanti il nostro progetto. Ti ho lasciato quei semi perché contengono la mia anima, noi Maestri ci reincarniamo così, e sono anche una specie di testimone. Donandoteli ti cedo il mio Cerchio perché so che tu saprai ricostruirlo e portarlo al massimo splendore finito questo incarico.
Cerca il tuo posto nel mondo, piccola mia, e lasciami lì. Sarà il punto di riferimento per tutti voi. Non potendo più esserlo io, ti lascio in dono una grande famiglia. Conservala con cura e con tutto l'amore che sono certa saprai dare loro. Spero tu possa perdonarmi se ti ho abbandonata così... Ma ti ho lasciato la mia eredità. Ho combattuto fino all'ultimo per poterlo fare: il Consiglio non era entusiasta della mia proposta ma alla fine li ho convinti con un po' della mia vecchia capacità di persuasione. Come potevo non insistere? E come potevano loro non capire che sei la persona più adatta? Poveri stolti...
Comunque ti auguro di trovare la felicità, te lo meriti. Io ci sarò, ci sono sempre con te anche se non mi vedi. E tu sei sempre nei miei pensieri. Buona fortuna, piccola mia. Ginepro.»
Ripose la lettera e fissò i semini con le lacrime agli occhi. Non sapevo davvero cosa dirle così, semplicemente, l'abbracciai di nuovo. Sarebbe stata la Maestra perfetta. Sarebbe stata la mia Maestra e la mia famiglia. Non lo dissi a voce alta perché ero più che sicura che lei sapesse già ogni cosa e la strinsi più forte. Ora eravamo io e lei contro tutti ma sapevo di essere al sicuro. Con Crysalide ne avevo superate tante, anche troppe, e l'avrei fatto anche quella volta.


**Angoletto dell'Autrice**
Sono molto produttiva questi giorni quindi preparatevi per una sfilza di aggiornamenti u.u
Vi consiglio di leggere il capitolo ascoltando All I want dei Kordaline perché è la canzone perfetta per la situazione :'3
Mi sento una persona orribile ad aver ucciso la mia amata Ginepro... davvero tanto orribile ma era necessario per la trama ç-ç Potete pure tirarmi qualsiasi cosa, me lo merito.
Ringrazio tutte le slendide personcine che l'hanno inserita tra le seguite e DarkViolet perché è davverop una gioia sapere che c'è qualcuno che spende un minuto per recensire *sparge amore e biscotti*
Ringrazio anche la mia Consorte che rotola felice con me nei momenti di isteria e autocommiserazione, il mio Beta/Figlio perchè continua a sopportarmi senza mandarmi un killer sotto casa e tute le altre Donne della mia vita. Amo anche voi immensamente.
Ci vediamo al prossimo capitolo! Dede♥

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque - Sotto Attacco ***


Capitolo 5 – Sotto attacco

P. o. V Bianca

Dopo la lettera, Andy era diventata scura e non rivolgeva parola a nessuno. Stavamo per ripartire, la nave ormai era riparata e avevamo ricaricato le provviste. In questo modo la prossima fermata si spostava in un'altra Isola Nascosta, dove c'era un delizioso mercato simile a quello di Barcellona: solo che vendeva armi e ingredienti per pozioni.
Sarebbe stato un ottimo modo per svagarci, vedere la mia migliore amica in quello stato mi uccideva e non poter fare nulla… peggiorava la situazione. Potevo solo abbracciarla quando si metteva a piangere o quando era particolarmente triste. Speravo con tutta me stessa che le bastasse come supporto morale, non potevo fare altro.
Ero come bloccata in un mondo gelatinoso, impermeabile ad ogni dolore o sentimento in generale. Mi perdevo a fissare il vuoto, le ginocchia raccolte al petto e la testa appoggiata sulle braccia. Avevo perso troppe cose e dovevo essere forte. Ogni tanto sentivo di non poter più andare avanti in quel modo, però andavo comunque avanti. Il tempo non aspettava me, non si fermava per lasciarmi metabolizzare.
Entrai nella mia cabina dove stava riposando Nicola e mi stesi sul mio letto. Lui mi si avvicinò e mi poggiò una mano sul braccio.
– Ehi... ne vuoi parlare?– mi chiese ed io annuii. Parlarne con qualcuno non coinvolto nei miei problemi avrebbe aiutato. O almeno me lo auguravo.
– Ho perso il mio ragazzo, la mia migliore amica sta soffrendo e la mia Maestra è morta. Ma io non sento nulla. È come se fossi implosa e ora ho un grande vuoto. Non so se sia positivo o no. Il nulla mi spaventa.– mormorai appoggiandomi un braccio sopra gli occhi. Lui lo spostò e mi prese il mento tra le dita, facendo incrociare i nostri sguardi.
– Bianca, non è da molto che ci conosciamo, ma sono certo di una cosa: sei una donna forte, nessuno può negarlo. Quindi se non senti nulla è solo perché non hai tempo per queste cose. Hai un senso del dovere molto grande e mette da parte l'autocommiserazione. Risparmi e concentri le tue energie in altro. Non hai il nulla, hai un obiettivo. Tornerà tutto quando saremo ad Aridia. Non devi pensarci, okay?– finì il suo discorso con un sorriso, ed io iniziai a piangere.
– In questo momento mi sento in colpa. Ho sottovalutato la tua intelligenza...– sussurrai, alzandomi a sedere. Eravamo uno di fronte all'altro, le mie gambe si allungavano dietro la sua schiena. Era un momento quasi perfetto. – Posso abbracciarti?– chiesi ridacchiando e lui mi strinse a sé.
– Ma certo che puoi... ora riprenditi, usciamo a fumare una sigaretta e non pensiamoci più.– mi trascinò via in giro per la nave e, per un po', smisi davvero di pensare a tutti.

P. o. V. Giacomo

Ero così stanco che andai direttamente in camera tuttavia non chiusi occhio.
Ero troppo scosso dalla morte di Ginepro e troppo distratto dal ragazzo che mi dormiva vicino. Riusciva a trasmettermi un senso di pace con il suono regolare dei suoi respiri ed il suo viso rilassato. Allungai una mano verso il suo viso e gli scostai un ciuffo di capelli dagli occhi chiusi. Gli sfiorai la guancia e sorrisi senza volerlo... era così bello. Ed io così codardo. Perché non riuscivo a dirgli che lo... amavo. Sì, lo amavo. E se andava avanti così, non l'avrebbe mai saputo. Mi allontanai dal lui di scatto, si stava muovendo. Tornai nel mio letto e mi addormentai. Ci sarebbe stato tempo dopo la fine della missione.

P. o. V. Cloe

Più tempo passavo con Alexey, più mi ricredevo sul suo conto. Ero in debito con lui perciò mi ero addolcita... e poi era davvero simpatico. Eravamo più simili di quanto pensassi e non solo per via della nostra natura. Eravamo soli al mondo ora e, in un modo sottile e complicato, ci stavamo consolando a vicenda.
– Raccontami di te...– chiese mentre stavamo stesi a poppa; il rumore ovattato dei motori faceva da sottofondo alla nostra conversazione. Il suo viso era pericolosamente vicino al mio ed il suo respiro mi solleticava una guancia.
– Beh, sono nata un'ottantina di anni fa nella Città di Cristallo, mia madre è la regina del mio popolo, quindi, io e mia sorella siamo una specie di principesse. La nostra vita era stupenda, passavamo le giornate nel ruscello vicino a casa mia in compagnia delle nostre cortigiane e amiche. Tutto andava per il verso giusto ma poi accadde il misfatto.– sospirai e sentii la voce incrinarsi. Non era facile ripensare a tutte quelle cose anche se erano passati più di trent'anni. – Per noi è proibito uscire dal nostro regno senza un'autorizzazione… ma io volevo vedere una mia amica che abitava la Città di Zaffiro, era la mia unica occasione di incontrarla... al mio ritorno, però, il confine era invalicabile. Mia madre, dall'altro lato, mi stava bandendo da casa mia. La mia amica mi ha accompagnata fino alla fine del suo regno, ma poi se n'è andata e alla Capitale sono dovuta arrivare da sola. È stato difficile entrare in Accademia ed uscirne con ottimi voti: alla fine ce l'ho fatta grazie al mio Cerchio, ho conosciuto allora Bianca ed Andrea ed insieme a Ginepro mi hanno salvata.– terminai stringendomi nelle spalle e voltando la testa per incontrare i suoi occhi. – Non è un granché come storia... la definirei più una tragedia da soap opera.– ridacchiai. Lui fece lo stesso.
– Nah, è una storia come tutte le altre. Nessuno può giudicarla in quanto nessuno ha passato la stessa cosa. Non trovi?–
Okay, era bello, simpatico e pure intelligente. Considerando la mia fortuna minimo era sposato, gay o vicino alla morte. Quindi non dovevo farmelo piacere. Alexey non doveva piacermi.
– Hai ragione... ma ora voglio sentire la tua.– proposi tornando a guardare il cielo ed evitando il suo sguardo.
– Io sono nato novantasei anni fa in una famiglia normale, con due genitori usuali e un fratello come tutti gli altri. La nostra vita era così normale da aver spinto i miei ad andare a combattere nella guerra contro i Sussurratori con una preparazione militare pari a zero, tanto per spezzare la routine. Siamo rimasti orfani e per guadagnarci da vivere ci siamo affiliati al Cerchio di Salice e alla flotta di Sophia. Andava tutto bene ma poi mio fratello è morto e ora pagherei oro per riavere la mia normalità. Come vedi, ognuno ha passato la sua tragedia.– incrociò le mani dietro la testa e lasciò che il ronzio delle macchine riempisse il silenzio finché non mi sostituii a questo.
– Beh, il bello delle tragedie è che si possono affrontare insieme...– mi pentii quasi subito di essermi scoperta così tanto, comunque lui non parve cogliere il vero senso delle mie parole.
– Già...– aggiunse ed il tranquillo silenzio di prima tornò. Era la prima volta in tutta la mia vita che non sentivo il bisogno di parlare ma solo quello di percepire una presenza così tanto rilassante vicino a me. Forse mi stava piacendo davvero la sua compagnia.

P. o. V. Andrea

Stavamo attraccando al porto dell'Isola di Javier, un Maestro a capo di un cerchio con più di trenta membri a cui era stata affidata dal Consiglio Supremo alla fine di una missione importantissima. Era famosa per questo immenso mercato dove la gente si fermava ad acquistare il necessario per le loro missioni, oppure semplici articoli da mercatino e souvenir. A me servivano dei nuovi bastoncini d'incenso per la Meditazione, li avevo terminati e senza di quelli le mie visioni arrivavano sfocate e senza un filo logico o cronologico.
Bianca e Sophia osservavano ogni mio gesto con fin troppo attenzione e la cosa mi angosciava.
Stavo male e mi stavo estraniando fin troppo spesso ma non avevo bisogno delle balie. Con gli acquisti in borsa me ne andai a cercare un posto più tranquillo... erano davvero esasperanti. Trovai una spiaggia deserta lì vicino e mi sedetti sulla sabbia tiepida. Nonostante fosse quasi inverno, lì la temperatura era mite e si stava bene anche senza due cappotti come a casa. Mi voltai di scatto quando la pace venne interrotta dal suono di passi strascicati. Avevo già una mano in borsa, stretta al manico del pugnale da lancio, ma la bloccai appena il volto di Nicola si fece più chiaro.
– Mi hai fatto prendere un colpo...- sussurrai lasciando l'arma e rimettendo la borsa a terra.
– Scusa... volevo parlarti.– disse avvicinandosi a me. – Hai un minuto?– annuii e lui si lasciò cadere accanto a me. Prese un respiro profondo e mi guardò dritto negli occhi. – Ascolta, Andy... so che è difficile per te. Non posso immaginarlo, però posso dirti che se accadesse a me una cosa simile ne morirei. Questo perché io sono un rammollito e ho una fifa nera. Ma tu non sei così...– io tentai di ribattere ma lui mi fermò alzando una mano. – Fidati, ti osservavo al bar di tuo padre quando ancora non ti conoscevo... hai superato a denti stretti e pugni chiusi la sua malattia, lo hai aiutato fino alla convalescenza e hai tenuto aperto il bar senza problemi. In pochi riuscirebbero a non avere una crisi isterica in quelle condizioni… tuttavia tu ce l'hai fatta. E so che ce la farai anche ora... credo in te. Non far stare in pena le tue amiche, okay? Bianca ci sta morendo.– mormorò ed io sentii gli occhi pizzicare. Le sue parole mi avevano colpita. Allora si era accorto di me... mi aveva notata. E si era fatto questa opinione di me. Mi sentivo davvero onorata e commossa.
– Sei davvero gentile... grazie. Proverò a riprendermi un po'... ma mi servirà altro tempo.– lui mi strinse una mano tra le sue e mi sorrise. Io arrossii un po' a quel contatto... in tutti quegli anni solo poche, pochissime persone, mi erano state così vicine e non solo a livello fisico.
– Prenditi tutto il tempo che serve ma rassicurale.– ricambiai il sorriso e rimanemmo in quel modo per un po'. Solo una forte vibrazione del terreno spezzò il nostro contatto. Dal mare emersero tre grossi golem di sale che iniziarono a camminare verso di noi. Mi alzai di scatto e mi parai davanti a Nicola.
– Che siete venuti a fare qui?– urlai per farmi sentire da quei bestioni che avanzavano lentamente per via del loro peso.
– Dacci il Figlio della Notte.– dissero in coro allungando le braccia nella nostra direzione.
– Nicola, scappa. Chiama qualcuno!– ordinai al ragazzo che si stava alzando in piedi. Corse verso il mercato ed io lanciai la borsa a lato, tenendo i miei coltelli tra le mani. Cercai un punto debole con gli occhi mentre quelli continuavano ad avvicinarsi. Quello al centro aveva una gamba più corta dell'altra e molto più sottile quindi lo colpii al ginocchio. Si sgretolò fino alla coscia e cadde a terra, ma strisciò accanto agli altri facendo leva sulle mani e riprese la marcia. Una freccia si infilzò sulla fronte del golem a sinistra e gli ruppe mezza testa ma non si fermò come l'altro. Stefano mi fiancheggiò nella lotta ed io lanciai un altro pugnale nel braccio di quello a sinistra. I golem di sale si distruggevano con l'acqua. Quindi servivano Bianca e gli spiriti della Natura.
Arrivarono tutti insieme e i tritoni con Sophia iniziarono a bagnarli mentre Bianca bloccava le gambe dei bestioni con delle radici. Ma questi non si scioglievano, anzi: stavano assorbendo il sale del mare e si stavano ingrandendo.
– Non funziona!– urlò Stefano che continuava a lanciare frecce a quei disgustosi esseri. – Cloe! Sophia! Dobbiamo depurare l'acqua!– esclamò Bianca cercando di sovrastare i versi grotteschi di dolore dei tre golem. Uno di loro colpì Alexey e un altro tritone, gettandoli in mare. Fortunatamente non subirono alcun danno. Bianca lasciò le radici e quelle iniziarono a cedere, i golem si stavano dimenando per buttare in acqua anche noi. Sophia, intanto, iniziò a guidare un rivolo d'acqua spesso circa un metro verso Bianca che stava accendendo un fuoco e Cloe che si preparava a guidare l'acqua dolce verso le creature. Iniziarono a sciogliersi tra le grida mentre io e Stefano continuavamo a lanciargli contro frecce e pugnali. Lui, però, si avvicinò troppo e uno dei golem, ridotto ad un macigno di sale, gli cadde addosso. Urlò di dolore mentre io correvo ad aiutarlo. Anche l'ultima traccia dei golem svanì tra i granelli di sabbia. Ce l'avevamo fatta anche questa volta.

P. o. V. Giacomo

Mi ero allontanato di parecchio dagli altri, non volevo incrociare Stefano... avrei detto qualcosa di sconveniente in sua presenza, me lo sentivo. E in più stavo cercando un'arma lunga da portare con me in caso di attacco. Trasformarmi non era sempre utile quindi volevo premunirmi. Ero davanti ad un banco pieno di spade, sapevo maneggiare bene quelle ad una mano sola quindi optai per le Katane. Una con un manico nero e un nastro dorato mi colpì particolarmente così l'acquistai. Era leggera ed affilata, maneggevole e per nulla ingombrante. L'appesi dietro le spalle regolando la fascia che reggeva il fodero con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Ma questo si spense appena Nicola mi comunicò che eravamo sotto attacco. Di nuovo. Ma non andavano in ferie? Gli corsi dietro ed attraversammo l'intero mercato prima di raggiungere la spiaggia dove ormai era tutto finito. Controllai i miei compagni alla ricerca di Stefano. Aveva sempre la priorità sugli altri. E quando lo vidi steso a terra che respirava a fatica, mi sentii mancare la terra sotto ai piedi. Iniziai a correre verso di lui a perdifiato, superando perfino Andy che lo stava soccorrendo. Mi inginocchiai accanto a lui e gli carezzai la guancia.
– Stefano... mi senti?– chiesi cercando i suoi occhi nascosti dietro le palpebre contratte. – Stefano! Ti prego, apri gli occhi. Ti prego, rimani con me.– iniziai a piangere, poggiandogli la testa sulle mie ginocchia. La sabbia mi graffiava la pelle ma poco m'importava.
– Giacomo... sei qui...– sforzò un sorriso e finalmente le sue iridi dorate si incontrarono con le mie.
– Sì, sono qui... non me ne vado.– gli carezzai i capelli mentre cercavo la sua mano.
– Fa male.– biascicò e mi scappò un singhiozzo rumoroso. Non poteva essere vero... dovevo fare qualcosa. Da solo non poteva guarirsi.
– Lo so ma resisti... chiameremo un Guaritore e starai meglio. Non lasciarmi... guardami.– continuai a passare le dita sul suo volto, la sua pelle era pallida e fredda. Si erano avvicinati Bianca ed Andrea mentre gli altri guardavano in disparte. – Non c'è tempo, Gia'... dobbiamo inventarci qualcosa.– mormorò mia cugina misurandogli la pressione dal polso.
Lo guardai in lacrime, stava morendo. Il ragazzo che amavo stava morendo davanti ai miei occhi. Non l'avrei mai permesso. – Bia, Andy. Dobbiamo fare il rito delle tre vite.– dissi alle due ragazze che mi fissarono allibite per un attimo.
– No, è troppo pericoloso... starò bene.– tossicchiò Stefano allungando la mano verso di me. Io la strinsi e la poggiai sulla mia guancia.
– Non importa. Non puoi abbandonarmi, okay?– lui scrollò il capo ed io omisi l'ultima parte della frase, che mi rimase in gola, bloccandomi il respiro. – Iniziamo.–


**Angoletto dell'autrice**

Sono in ritardo madornale, lo so, ma ho cambiato beta e ho trovato un lavoro quindi sono stata abbastanza impegnata. Ma passiamo alle cose importanti: ho già pronti altri sei capitoli più o meno ma, prima di pubblicarli, devo sistemare quelli vecchi quindi fra due settimane avrete il capitolo sei e gli altri quattro corretti, giuro u.u
Ringrazio come sempre mia Moglie perché mi sopporta ogni volta che vado in crisi e si ascolta al telefono le mie idee malsane, la mia F perché ha promesso di portarmi a vedere TFIOS e il mio nuovo beta, IKilledSiriusBlack. E come nello scorso capitolo ringrazio chi l'ha inserita tra le seguite, preferite o ricordate e ringrazio DarkViolet92 che ha recensito ogni capitolo.
Al prossimo aggiornamento, Dede♥

P.s. Due minuti del tuo tempo possono rendere una scrittrice felice per mesi: recensisci anche tu ogni tanto e contribuisci allo sclero di un'autrice. Riceverai in omaggio un panda viola u.u

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei - Tre vite ***


Capitolo Sei – Tre vite

 

P. o. V. Giacomo

Avevo Stefano ancora appoggiato sulle ginocchia, il suo respiro si stava facendo sempre più flebile e lui non riusciva a parlare. Meglio, così non poteva impedirmi di salvarlo.
– Ne sei davvero sicuro?– chiese Andy con aria preoccupata e Bia mi guardò ansiosa. – Non me ne faccio nulla della mia immortalità senza di lui. Iniziamo.– ripetei di nuovo e poggiai entrambe le mani sul cuore del ragazzo. Il rito delle tre anime permetteva di regalare la propria immortalità a qualcuno in fin di vita e servivano due "tramiti" per recitare la formula. Bianca diede le mani all'altra e loro si scambiarono un'occhiata davvero preoccupata, ma poco mi importava. Dovevo salvare Stefano.
Ci si pararono davanti ed iniziarono a parlare insieme. Il rituale era in una strana lingua antica, simile al celtico e le due l'avevano studiata all'accademia ed erano le uniche del gruppo a poter iniziare il passaggio dell'immortalità.
In sintesi la formula chiedeva alle divinità di aprire le nostre anime e di congiungerle. Si usava per molte occasioni e, una volta unite le anime, si poteva chiedere di trasferire qualsiasi cosa da una creatura all'altra. Una luce azzurrina scaturì dalle loro mani e ci circondò. Si posò sulle mie mani appoggiate sul suo petto debole ed io richiesi di salvare la vita al ragazzo tra le mie braccia in cambio della mia vita eterna. Sentii un pizzico forte dietro allo stomaco e poi, velocemente, si acuì e corse lungo la mia spina dorsale. Sentivo come se mi stessero strappando via la pelle con un punteruolo... era un dolore sordo e sfiancante, però lo scopo che lo causava mi impedì di urlare. Non lo sentii nemmeno. E poi tutto divenne buio pesto.

P. o. V. Bianca

Staccai le mani da quelle di Andy appena la luce si spense, determinando la fine del rito, e corsi da mio cugino mentre la mia amica soccorreva Stefano e si accertava della buona riuscita dell'operazione. Respirava di nuovo e il battito cardiaco aveva ripreso il suo normale ritmo. Si addormentò lo stesso addosso a Giacomo. Anche lui stava bene, fortunatamente. Li portammo nella loro cabina e li lasciammo riposare. Avevamo tutti bisogno di una tregua.
Tuttavia prima avevo una cosa molto importante da fare. Chiusi Andy nella cabina che divideva con Cloe (dato che questa era tornata dal suo tritone per sincerarsi del suo stato di salute) e la costrinsi ad ascoltarmi.
– Crysalide, ora basta. So di essere indelicata ma non riesco più a vederti così. Mi fa male. Tu sei una ragazza speciale, combattiva... non lasciar vincere le tue ombre. Fallo per me. Fallo per Ginepro. Ti ha assegnato la guida del Cerchio per un motivo preciso, non puoi mandare tutto al diavolo. Non vorrebbe questo.– terminai incrociando le braccia al petto e smisi di camminare avanti e indietro per la cabina.
– Lo so... ci sto provando. Mi dispiace farti stare in pensiero... Proverò a riprendermi, te lo prometto. Ma mi ci vorranno ancora un paio di giorni... non è come nel tuo caso, Arcobaleno. Tu torni dopo un mese, lei non tornerà più.– mi inginocchiai davanti a lei e le presi il volto incorniciato da ciocche viola tra le mani.
– Non tornerà perché non se n'è mai andata davvero. Quando quel ginepro nascerà, lei sarà di nuovo accanto a te e ci rimarrà per sempre. Non si permetterebbe mai di abbandonarti, lei ti amava più della sua stessa vita. E lo faccio anche io.– mi abbracciò ed io rividi nei suoi occhi la Crysalide di sempre. La mia migliore amica era tornata finalmente... mi era mancata.

P. o. V. Stefano

Mi risvegliai nel mio letto e subito mi tastai le costole. Ero guarito. Non avevo più nulla di rotto, nemmeno un graffio o un'ecchimosi. E tutto grazie al ragazzo steso nel letto dall'altra parte della cabina. Gli corsi vicino per controllare il suo cuore e, nel farlo, lo svegliai. Il suo sguardo opaco mi procurò una fitta al cuore.
– Stai bene?– mormorò con voce roca. Io annuii e gli passai una mano sul volto. – Non dovevi. Ora sei a rischio... sei stato un pazzo!– esclamai, lui mi strinse la mano.
– No. Ho fatto la scelta giusta... senza di te la vita non avrebbe senso.– biascicò respirando a fatica. Era ancora spossato.
– Non dire così... me la sarei cavata!– ero furioso con lui. Ora era in serio pericolo a causa mia... era stato un incosciente.
– Non dire stronzate, Stefano. Stavi morendo ed io non lo potevo permettere. Smettila.– mi rimproverò ed io strinsi la sua mano.
– Se ti azzardi a fare una stupidaggine del genere un'altra volta, ti ammazzo io.– gli sorrisi stendendomi accanto a lui e stringendolo a me.
– Lo rifarei altre mille volte. Anche a costo di morire... io ti...– iniziò a dire ma un colpo di tosse lo bloccò prima che potesse finire la frase. Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata e mi ritrovai a trattenere il respiro. Cosa voleva dirmi?
– Tu... cosa?– lo invitai a proseguire. ma lui non rispose subito. Si limitò a stringere a sua volta la mia mano e a sorridere.
– Io ti considero una delle persone più importanti della mia vita. Dovevo farlo. Smettila di torturati con questi pensieri e riposati. Il viaggio è ancora lungo.– si mordicchiò il labbro inferiore, segnandolo con gli incisivi e sentii come un peso nell'aria... parole non dette e pensieri nascosti. Erano davvero fastidiosi dato che io e lui ci dicevamo sempre ogni cosa... sentii di nuovo il bisogno di baciarlo, sostituire le mie labbra ai suoi denti e la mia aria alla sua. Sentii il bisogno di dirgli che l'amavo, di confessare che avere la sua immortalità era troppo e poco insieme perché, da un lato, gli avevo tolto qualcosa di irrecuperabile e, dall'altro, perché io volevo le sue labbra, i suoi occhi, le sue mani... volevo lui e basta.
Lo abbracciai e lo guardai addormentarsi. In quel momento, con le nostre mani unite e i corpi e le anime così vicini presi la mia decisione: sarei rimasto con lui sempre e per sempre. L'altra missione poteva andare avanti anche senza di me. Io senza di lui, invece, no.

P. o. V. Giacomo

Appena mi svegliai, Stefano era ancora accanto a me. E stringeva ancora la mia mano... la sensazione di essere al posto giusto che mi trasmetteva era la riprova che avevo fatto la cosa giusta. La mia vita senza di lui non avrebbe avuto senso. Sapere che una parte di me era in lui accresceva, ancora di più, il mio amore, se possibile. Così era davvero mio... anche se non nel modo in cui avrei voluto. Lo coprii meglio con le coperte e gli sistemai il solito ciuffo di capelli a lato del volto.
– Quando la smetterete di ferirvi a vicenda?– sobbalzai appena la voce di mia cugina mi giunse alle orecchie.
– Che vuoi dire?– le domandai mentre lei si sedeva sul mio letto.
– Non fare il finto tonto, Gia'... guardati. Guardatevi. Nessuno fa una cosa del genere se non ci tiene davvero tantissimo. Hai rinunciato alla tua immortalità per lui... e ora non vuoi nemmeno rischiare di dirgli che lo ami?– alzò un sopracciglio ed incrociò le braccia al petto. Io tirai un lungo sospiro rassegnato e guardai il volto sereno di Stefano.
– Non è il momento giusto...– mi strinsi nelle spalle ripetendo per l'ennesima volta quel mantra.
– Ascoltami bene, perché te lo ripeterò solo una volta, cugino: rinunciando alla tua immortalità ora hai i giorni contati. Sei molto più a rischio di ferite gravi, ogni trasformazione ti richiederà maggiore sforzo fisico e probabilmente diminuirà la lunghezza della tua vita.– Bianca diventò all'improvviso mia madre. Stessa espressione e stesso tipo di discorso che mi avrebbe fatto lei. Sapevo già quelle cose, però sentirle da lei mi colpirono ancor di più. – Ora sei un mortale a tutti gli effetti, potresti andartene fra due giorni per quanto, ne sappiamo. Quindi vuoi continuare a soffrire e lasciarti macerare dentro questo segreto, e magari portartelo nella tomba, o vuoi guadagnarti la felicità che meriti?– mi puntò un indice al petto. Voleva alzare la voce, urlarmi la verità in faccia ma non voleva svegliare Stefano. Ormai potevo capire queste cose al volo da quanto la conoscevo. – Non puoi aver paura che non ricambi: ti guarda in modo così devoto e profondo da far impallidire ogni amore cantato dai poeti e musicisti. È il momento giusto perché è prima che sia troppo tardi per voi. Smettila di farti tanti problemi, chiaro?– terminò allontanandosi dal letto. Persi lo sguardo nei tratti del volto del ragazzo ed annuii, a sostegno delle sue parole. La guardai andarsene e mi stesi di nuovo sul letto.

P. o. V. Bianca

Lasciai i due alla loro intimità ed uscii dalla stanza. Mi affacciai alla banchina: l'acqua scorreva veloce sotto la nave, il tempo era scandito dalle onde ed io, in quel momento, realizzai che tutto il mio corpo, ormai, si preparava alla prossima battaglia. Si regolava in base alle necessità: mi richiedeva una riserva di energia maggiore, l'adrenalina scorreva nelle mie vene continuamente, i miei sensi erano costantemente all'erta e i miei poteri si manifestavano più in fretta. Ero in “assetto da guerra” perché eravamo in guerra. E perché non potevo permettere ad altre creature di far del male ai miei amici, anche a costo di rimetterci la vita.

P. o. V. Cloe

Alexey era diventato una costante nelle mie giornate. Passavamo la sera a parlare, scherzare... conoscerci. Lui rideva di gusto alle mie battute pessime, io sapevo ascoltarlo. Lui mi abbracciava se avevo bisogno di conforto, io ero sempre pronta a prendergli la mano per offrirgli coraggio. Lui era dolce con me ed io mi stavo inevitabilmente innamorando di lui.
Quella sera eravamo sul ponte a cenare insieme quando accadde l'inevitabile: mi scoprii troppo. Stavamo parlando di quanto fosse importante avere qualcuno al proprio fianco ed io avevo detto senza pensare, senza collegare bocca e cervello, che mi sarebbe piaciuto avere lui al mio fianco. E contro ogni previsione, che riguardava spesso un suo distacco o un insulto, lui sorrise. E disse che sarebbe stato un onore per lui avere l'opportunità di proteggermi. Uscimmo di corsa dal ristorante, spinti dal bisogno di un po' di privacy e lui mi prese tra le braccia, dolcemente e senza fretta. E sotto una luna particolarmente luminosa ed un cielo terso, mi baciò fino a bloccarmi il respiro. Sorrise, illuminato dai raggi argentei della nostra muta spettatrice ed io mi lasciai contagiare dalla sua felicità. Perché in quel momento, stretta a lui, ero felice.

P. o. V. Giacomo

La consapevolezza di avere i giorni contati aveva preso completo possesso della mia mente, eclissando ogni altra parola detta da mia cugina. Mi alzai a sedere sul letto, stringendo la mano di Stefano, ancora immerso nel mondo dei sogni. Potevo perderlo ora. Potevo perdere tutti loro. Non ci avevo riflettuto a lungo durante il rito. Non riuscivo a pentirmi della mia scelta comunque. Per amore si è disposti a tutto, perfino a fare i conti con lo sconforto che deriva dalle proprie azioni. L'avrei perso, li avrei persi. Ma in quello che mi aspettava dopo il congedo da questa vita, li avrei saputi al sicuro. Avrei impegnato ogni singolo giorno che mi restava ad alimentare quella convinzione.
Purtroppo, però, ero ancora indeciso su una cosa: avrei dovuto dire a Stefano cosa provavo per lui ora che il mio tempo aveva una data di scadenza, e quindi dovevo viverlo al meglio? O avrei dovuto impedirgli di affezionarsi ulteriormente a me per poi perdere il suo compagno e non il suo amico? Volevo davvero preferire, per una volta, la mia felicità alla sua? Dicono che soltanto i cretini non abbiano dubbi... ma averne così tanti si stava rivelando molto fastidioso. Per una volta desiderai essere come Bianca, che riusciva a dare priorità alle cose davvero necessarie e chiudere i suo sentimenti in una scatola fino a lavoro compiuto. Ero troppo indeciso, costantemente diviso tra la decisione giusta e quella semplice, bloccato in un bivio che non riuscivo ad attraversare. Procrastinavo nell'indecisione e lasciavo che le mie scelte si prendessero "da sole" con il passare del tempo quando ne avevo a disposizione. Ma in quel momento ne ero a corto, perciò mi serviva un modo per sbrogliare quei pensieri e giungere ad una soluzione che accontentasse tutti quanti. Stefano si mosse un po' ed aprì gli occhi. Mi sorrise in modo adorabile come al solito e mi carezzò il dorso della mano ancora intrecciata alla sua con il pollice. Quegli occhi erano una croce per il mio stomaco. Ogni volta che si intrecciavano ai miei, questo faceva un balzo e si avvitava su se stesso. E quel sorriso, se possibile, era ancora più letale per la mia ragione. Si sarebbe spento definitivamente alla mia morte. Ma nell'attesa me lo sarei goduto.
Dovevo fare qualcosa. Ma cosa? Strada semplice o strada giusta? Ma quale delle due era quale? Era più giusto lasciarmi amare da lui o preservargli un dolore più grande? Era giusto negarmi il suo amore e negargli il mio per paura di morire?
Mentre pensavo, la mia mano libera si strinse sul suo fianco, avvicinandolo al mio corpo.
Era più facile lasciare le cose in stallo com'erano o rincorrere i miei desideri?
Lui intrecciò le nostre gambe e i nostri occhi. Mi passò le punte delle dita sulla guancia. Un tremore mi scosse ma lo ignorai.
Valeva davvero la pena lasciarsi divorare dai dubbi in quel modo?
Le nostre fronti si toccarono leggermente e sentii il suo profumo davvero vicino.
– Fallo, ti prego.– sussurrò lui con la voce roca e le palpebre serrate. Ed io obbedii. Era un contatto così semplice, istintivo, naturale. Eppure riuscì a distruggere ogni mia difesa, ogni mia remora o inibizione. Azzerò la mia capacità di ragionamento, mi bloccò ogni pensiero che non riguardasse le sue labbra. Sottili e ruvide. Rosa e pronunciate. Posate sulle mie. E sulle sue mani intrecciate alle mie. Così strette da urlare al mondo che non si sarebbero più separate. Ero egoista, l'avrei fatto soffrire. Ma l'avevo fatto per lui. Se era quello che voleva, avrei messo a rischio qualsiasi cosa per poterglielo donare.


**Angoletto autrice**

Sto aggiustando i capitoli precedenti quindi fra un po' vi toccherà andare a rileggerli... non odiatemi ♥
Grazie come sempre al mio Beta, IKilledSiriusBlack e alle mie Andy, Cloe e Soph. Siete le mie persone preferite insieme al mio Stefano u.u Grazie anche a DarkViolet92 che mi lascia sempre una recensione e mi sprona a continuare questa pazzia iniziata per caso un anno fa.

I Recensori non verranno morsi e/o maltrattati. Giuro ♥

Alla prossima, Dede♥

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