Kindred Spirits

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inchiostro ***
Capitolo 2: *** Cellulare ***
Capitolo 3: *** Stelle ***
Capitolo 4: *** Computer ***
Capitolo 5: *** Buio ***
Capitolo 6: *** Lavagna ***



Capitolo 1
*** Inchiostro ***


INCHIOSTRO
 


L’inchiostro può ferire.
Scrive sulla carta ma penetra anche nella pelle, lasciando segni indelebili che si cancellano solo con altri segni indelebili.
Nami lo sapeva bene. 
Sdraiata a pancia in giù sul lettino del dottore, lì a Coconut Village, a questo pensava la giovane cartografa.
La mano esperta del medico tracciava con l’inchiostro blu, sicura e senza timore, le linee sinuose del nuovo tatuaggio, mimetizzando la cicatrice, scotto da pagare per eliminare quello vecchio.
Sapeva che il segno biancastro, che indicava dove la lama del coltello aveva lacerato e trafitto la carne più e più volte, sarebbe rimasto lì per sempre a ricordarle, suo malgrado, tutti quegli anni di buio, soprusi e dolore.
Sospirò, stanca e malinconica, spostando gli occhi sul dorso delle sue mani.
Socchiuse gli occhi nel notare un segno biancastro anche lì, simile a quello che le marchiava la spalla.
Anche quello se lo era procurato da sola, anche quello con un coltello.
Ma lo aveva fatto per salvare un amico.
Un amico che aveva rischiato la vita per salvare lei.
Sorrise, mentre si riaccomodava meglio sulla branda, mentre, insieme all’inchiostro, anche una nuova serenità si insinuava sotto la sua pelle.
Non sarebbe mai più stata sola, ora lo sapeva.
Ora, l’inchiostro non le faceva più paura. 

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Capitolo 2
*** Cellulare ***


CELLULARE
 


Sollevò un sopracciglio, perplesso nel vedere il nome che lampeggiava insistente sullo schermo ad alta risoluzione.
Era strano davvero che Nami gli telefonasse anziché mandargli un SMS.
Aveva una tariffa che prevedeva messaggi illimitati ma chiamate a pagamento e Nami non era il tipo da spendere più dello stretto indispensabile per qualcosa che non fossero scarpe e vestiti.
Un brivido freddo lo percorse lungo la schiena, al pensiero che doveva trattarsi di qualcosa di grave.
-Pronto?!- rispose titubante.
-Usop! Ciao, come stai?!-
La voce solare e allegra della sua migliore amica esplose nel suo orecchio facendolo accigliare ancora di più.
Non sembrava la voce di una che stava per riferire qualcosa di grave.
Tutta quella faccenda era molto strana.
-Io bene, e tu?!-
-Bene, bene, grazie!- disse, facendo un piccola pausa prima di ricominciare a parlare -Ah ma lo sai cosa mi hanno regalato i miei per il mio compleanno?!-
Usop non sapeva davvero più che pensare.
Non era proprio da lei fare così, spendere soldi per una conversazione che sembrava priva di senso.
Tuttavia, se voleva arrivare in fondo alla questione, poteva solo assecondarla.
-No, mi avevi solo detto che il regalo sarebbe arrivato nel giro di una settimana!- rispose il ragazzo, fingendo interesse e celando la sua perplessità.
-Beh è arrivato oggi ed è uno splendido Den Den Mushi S23! Cellulare di ultima generazione!- esclamò, trionfante.
Usop assunse un’espressione che era tutto un programma, condita da un sorrisetto divertito.
Alle orecchie di chi non la conosceva bene come lui, ed erano davvero in pochi a conoscerla così bene, quella di Nami sarebbe sembrata una telefonata fatta apposta per vantarsi.
Ma il suo migliore amico sapeva che le cose erano un po’ più complicate di come apparivano.
-Pensavo… oggi pomeriggio sei libero così te lo faccio vedere!- proseguì la rossa, sempre frizzante, confermando con quell’invito l’ipotesi del nasone.
Usop si concesse un secondo di riflessione nel quale pensò se valesse la pena togliersi del tutto il dubbio oppure no.
-Nami…- la richiamò sentendosi un po’ perfido ma non riuscendo a non sogghignare -…Come mai non mi hai mandato un messaggio?!- domandò con tono noncurante.
-Come… come hai detto scusa?! – chiese titubante Nami, dopo qualche istante di silenzio -Per un attimo è andata via la voce!-
Il ragazzo dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Era una pessima bugiarda, almeno lo era per lui che riconosceva una menzogna a chilometri di distanza, essendone un indiscusso esperto.
Era proprio come aveva sospettato. Quel cellulare era troppo complicato per lei, come lo era per la maggior parte delle persone che non avessero un’inclinazione verso le scienze tecnologiche. Era il tipico esempio di prodotto per cui era necessaria una laurea in informatica per poterlo usare.
Oppure essere semplicemente come lui o Franky.
E così, Nami non era riuscita a capire nemmeno come inviare gli SMS e aveva un disperato bisogno del suo aiuto ma era troppo orgogliosa per ammettere tutto quanto e chiederglielo in modo diretto.
Avrebbe anche potuto farla penare un po’, giusto per vedere se riusciva a farle ammettere la verità.
Ma Usop non era tipo da fare certe cose e poi anche Nami era sempre pronta ad aiutarlo, ignorando con sacra pazienza le frottole che raccontava per giustificarsi.
Sorrise, divertito dall’immagine che si era formata nella sua testa della rossa che sbraitava contro il cellulare con gli occhi bianche e i denti a squalino.
-Oggi pomeriggio sono libero come l’aria! A che ore facciamo?!- 

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Capitolo 3
*** Stelle ***


STELLE
 


-Ehi!-
Usop sollevò la testa quando la voce della navigatrice raggiunse le sue orecchie, spostando uno sguardo sconsolato dalle sue gambe incrociate nell’erba alla Nakama. 
Con la schiena appoggiata all’albero con l’altalena, non sapeva nemmeno lui quanto tempo avesse trascorso in quella posizione una volta uscito sul ponte, dopo che si era rassegnato a non riuscire a dormire.
-Ehi- rispose, non riuscendo a nascondere la vena di malinconia nella sua voce.
Nami si accigliò nel sentire il tono del Nakama e, studiandolo con più attenzione, notò la sua espressione abbacchiata.
Si avvicinò a lui, sedendosi lì accanto, spalla contro spalla.
-Che fai in giro a quest’ora?!- domandò il cecchino, seguendo i suoi movimenti.
-Ho portato un asciugamano e un mandarino a Zoro!- mormorò, inspirando a pieni polmoni e sfregando le mani sulle cosce, mentre si sistemava meglio con la schiena contro il tronco, le gambe piegate al petto -E tu?!-
-Non riesco a dormire- rispose laconico, puntando lo sguardo sul mare.
Nami lo osservò qualche istante, in paziente attesa, mentre l’amico sospirava nella notte prima di riprendere la parola.
-Nami tu pensi mai ai tuoi genitori?! Quelli veri intendo!- domandò, cogliendola di sorpresa -E soprattutto… credi che loro pensino mai a te?!-
La navigatrice si ritrovò a fissare il Nakama, intenerita da quell’espressione che lo faceva sembrare un bambino, proprio ora che era diventato finalmente un uomo anche nell’aspetto.
-Sdraiati, Usop!- gli disse, staccandosi dall’albero e ricevendo un’occhiata stranita dal Nakama.
-Come?!- domandò, perplesso, sollevando un sopracciglio.
-Sdraiati!- ripeté, sorridendogli solare.
Sorriso che si spense quando Usop continuò a fissarla senza accennare a muoversi.
-Allora ti vuoi sdraiare oppure no?!- sbraitò, mostrando una fila di denti appuntiti.
-Okay, okay!- reagì finalmente il ragazzo, terrorizzato dall’improvvisa reazione della rossa, sbrigandosi a posare la schiena sull’erba del ponte.
-Allora- cominciò la cartografa posizionandosi accanto lui e accostando le loro teste, in modo da solleticare una guancia del cecchino coi sui crini ramati –Quella…- disse stendendo il braccio e indicando un gruppo di stelle sopra di loro -… è Cassiopea-
-Quella a forma di doppia vu?!- domandò Usop, seguendo con attenzione il dito dell’amica.
-M-mh!- annuì decisa spostando poi il braccio un po’ all’indietro –E laggiù c’è la costellazione del Cigno… Perseo…-
Usop ascoltava con attenzione le spiegazioni della cartografa, colpito dalla sua vasta conoscenza.
-Vedi Usop…- gli disse poi, quando ebbe finito con la sua piccola lezione di astronomia -… questo cielo è lo stesso che brilla sopra alla testa di tuo padre… Non siete poi così lontani, dopotutto, se lui vede le stesse stelle che vedi tu, giusto?!- gli domandò, sorridendo incoraggiante.
Usop si voltò a guardarla a occhi sgranati, rischiando di accecarla con il naso, prima di rispondere al sorriso, lo sguardo finalmente più sereno.
-Sono certa che pensa a te ogni giorno, a te e al grande pirata che sei diventato! Non può non esserne fiero!-
Usop sentì gli angoli degli occhi pizzicare, non tanto per le parole di Nami ma per il tono con cui le aveva dette, dimostrando di essere lei la prima a sentirsi orgogliosa di lui e a credere nelle sue capacità.
Si sporse per darle un bacio sulla fronte, mentre lei si girava sul fianco.
Si sistemò in modo da circondarle la schiena con un braccio, permettendole di cingerlo per la vita e posare il capo sulla sua spalla.
-Ti voglio bene Nami- mormorò tornando a guardare il cielo.
-Anche io, baka che non sei altro!- rispose, divertita.
Non si resero nemmeno conto di essere scivolati in un sonno profondo.
Si svegliarono al mattino ancora abbracciati sul ponte, coperti da uno yukata verde scuro, mentre Sanji ululava disperato per la sua povera sirena che era stata costretta a dormire tra le braccia del nasone. 

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Capitolo 4
*** Computer ***


COMPUTER
 



-Merda!-
L’imprecazione lo raggiunse attraverso l’etere.
Usop si portò rapido una mano all’orecchio premendo l’auricolare con il medio.
-Nami, che succede?!- domandò preoccupato.
-Io… Cazzo… Usop credo che sia una bomba!-
-Cosa?!?!-
-Appena ho inserito la chiave USB per copiare i dati è scattato il timer!-
-Vattene da lì! Subito!!!-
Dannazione!
Se lo sentiva che non avrebbe dovuto lasciarla andare da sola.
Era vero che era un lavoro per lei, intrufolarsi di soppiatto e rubare i dati dal computer di quella grande multinazionale, sospettata di frode e altre malefatte.
Ma qualcosa, a livello viscerale, gli aveva detto che non sarebbe stata una missione come tutte le altre.
Si era impuntato a chiedere il supporto di Zoro ma Violet era stata irremovibile.
Purtroppo si rendeva conto della pericolosità della missione ma dai piani alti non aveva avuto il permesso di togliere l’ex sicario dalle calcagna del boss mafioso, che teneva d’occhio ormai da quattro mesi.
Sanji e Rufy erano via in missione e quelle informazioni servivano alla Galley L.A. subito.
-Eddai Usop! Che problema c’è?! Se ci sei tu a coordinarmi posso fare qualunque cosa!- gli aveva detto, facendogli l’occhiolino e tirandogli la lingua e l’informatico si era lasciato convincere.
Stupido!
Sempre seguire l’istinto! Sempre!
-Non posso andarmene!-
La voce di Nami risuonò nuovamente dopo alcuni istanti di intollerabile silenzio.
Usop sgranò gli occhi, mentre il panico  prendeva a scorrergli nelle vene.
-Come sarebbe a dire che non puoi andartene?!-
-Le porte si sono bloccate! L’intera stanza è controllata dal computer!-
-Anche la bomba?!-
-Il computer è la bomba!-
Cazzo!
Questa era davvero la peggiore delle notizie.
Se anche Ace, ancora impegnato qualche piano più giù, fosse riuscito a raggiungerla, per quanto esperto fosse non avrebbe potuto fare niente contro un ordigno del genere.
Si trattava di un meccanismo che non si poteva disinnescare a mano.
-Usop…- lo chiamò Nami, con voce improvvisamente flebile e malferma -Puoi registrare un messaggio, per favore?-
L’informartico sgranò gli occhi a quella richiesta.
No!
Assolutamente no!
-Nami, non ci pensare nemmeno! Vedrai che ti tireremo fuori di lì!-
Un’amara risata raggiunse le orecchie del nasone.
-Lo sai meglio di me che non c’è niente da fare… Sono blindata dentro e resterà tutto bloccato fino all’esplosione… Ormai è tardi…-
Usop digrignò i denti furibondo, le dita saldamente ancorate alla tastiera del suo pc.
Non era possibile!
Doveva esserci una soluzione!
Doveva!
Un’idea gli balenò nella testa.
-Nami!- la richiamò per poi fare una pausa, titubante -Posso provare a disinnescarla da qui!- affermò, con una sicurezza che non gli apparteneva.
La sentì trattenere il fiato.
Forse c’era ancora speranza?!
-Dici sul serio?!-
-Posso provarci! Posso provare a crackare il sistema, inserirmi nel data base e prendere il controllo del computer! L’ho fatta centinaia di volte quando ero ancora un Hacker! C’è solo un problema…-
-Quale?!- domandò subito la ragazza.
-Se sbaglio qualcosa… Se… Se si accorgono del mio tentativo o se si attiva qualche sistema di sicurezza, potrei accelerare la detonazione…-
Nami rimase zitta alcuni secondi, nei quali la sentì prendere un profondo respiro.
Poi parlò e dal suo tono Usop capì che stava sorridendo.
-So che mi tirerai fuori di qui!- mormorò convinta.
Usop sorrise.
Lui e Nami si erano conosciuti cinque anni prima, quando erano entrati a fare parte dei Mugiwara per scampare il carcere.
Da allora lei era diventata un punto di riferimento per lui.
Era la sua più cara amica, sincera sostenitrice e fedele alleata.
Non avrebbe permesso a uno stupido ammasso di cavi e schede ram di portarsela via.
Ghignò, mentre le dita prendevano a muoversi rapide e sicure sui tasti, provocando un ticchettio di sottofondo alla loro comunicazione.
-Puoi giurarci!- 

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Capitolo 5
*** Buio ***


BUIO
 
 
Sapeva che non era niente di allarmante.
Era già capitato che qualche fusibile saltasse provocando un blackout in tutta la nave.
Sapeva che era sciocco ma non poteva farci niente.
Le altre volte si era trovata nella sala comune o nella sua stanza con Robin, in cucina o sul ponte.
Era sempre stata in compagnia di qualcuno quando era capitato.
Ma, ora, completamente sola nella coffa durante il turno di vedetta, il buio che la circondava le sembrava un mostro che tentava di inghiottirla a fauci spalancate.
Sì, aveva paura.
Per un attimo, si sentì trasportare indietro nel tempo e tornare bambina.
Per un attimo, si ritrovò nella stanza dove Arlong la rinchiudeva per punirla.
Uno sgabuzzino talmente stretto che la obbligava a rimanere immobile in piedi per ore, senza cibo né acqua.
In quei momenti i terribili ricordi della morte di Bellemere la assalivano puntuali e crudeli, così come la preoccupazione per le sorti di tutti gli abitanti di Coconut se non si fosse sbrigata a racimolare il denaro necessario.
Non sapeva perché si sentisse così terrorizzata.
Forse perché era stato improvviso, forse perché mancava la rassicurante presenza di Zoro, convalescente a letto anziché lì ad allenarsi e tenerle compagnia, forse semplicemente perché quella sera il suo cuore aveva deciso così.
Provò a muoversi, consapevole che lo spazio in quel luogo era tanto e non avrebbe sbattuto contro nessuna parete, come accadeva in quell’odioso ripostiglio, ma il corpo non rispondeva, immobile e pietrificato.
Un tonfo improvviso le fece trattenere il fiato, accrescendo il panico in lei.
Poi una voce che, nonostante l’agitazione che ne traspariva, ebbe il potere di calmarla all’istante.
-Nami?! Stai bene?!-
-U-Usop?!- domandò incerta, cercando di individuarlo nell’oscurità.
-È tutto a posto!- la rassicurò avvicinandosi -Franky ha toccato il cavo sbagliato!-  
Due mani si posarono decise sulle braccia nude della navigatrice, sfregandole come a volerla scaldare e rassicurandola.
-Tranquilla! Ci sono qui io!- le disse, abbracciandola.
Nami si lasciò stringere dall’amico, senza bisogno di chiedergli cosa lo avesse spinto a raggiungerla tanto in fretta.
Solo a lui aveva raccontato nel dettaglio degli anni trascorsi nella ciurma dell’uomo-pesce, una notte che si erano ritrovati insonni sul ponte.
Un pensiero la colpì, facendole riaprire gli occhi e staccarsi un po’ dal cecchino, per sollevare lo sguardo dove più o meno doveva trovarsi il suo viso.
-Usop ma eri nel laboratorio con Franky?!- domandò la cartografa perplessa.
-Sì, perché?!-
Ci aveva messo pochissimo a raggiungerla, un minuto o poco più.
Non sarebbe stato così strano se ci fosse stata almeno una fonte di luce ma, come se il blackout non bastasse, quella notte il cielo era coperto e l’oscurità densa come non mai.
-Ci hai messo pochissimo ad arrivare qui al buio! Come hai fatto?!-
Percepì che si stringeva nelle spalle.
-Non era così buio, c’era un po’ di luce qui in coffa! Una specie di riflesso!-
Nami aggrottò le sopracciglia, fissando alla cieca l’amico.
Poi un’idea si fece largo nella sua mente, facendole assumere un’espressione incredula che Usop non poté vedere.
Zoro le aveva spiegato come funzionava l’haki dell’osservazione.
Che tutte le creature viventi avevano una specie di aura che le circondava e chi sapeva usare quel tipo di ambizione era in grado di percepirle proprio come una specie di riflesso.
Si ritrovò a sorridere, orgogliosa e fiera del suo migliore amico che stava diventando sempre più un uomo e un grande guerriero.
-Ehi?! Tutto bene?!- domandò non sentendola rispondere.
La navigatrice rifletté rapidamente sul da farsi, valutando che non era il caso di illuderlo per ciò che era semplicemente un sospetto.
-Sì, sì! Tutto benone!- affermò convinta senza riuscire a smettere di sorridere.
Sospetto o meno, Usop aveva appena rivelato il proprio potenziale e ad averlo spinto era stata la necessità di correre da lei.
E questo la faceva sentire bene perché sapeva che, per quanto il suo migliore amico non fosse Zoro e fosse un fifone, finché Usop fosse stato su quella nave lei sarebbe stata al sicuro.
 

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Capitolo 6
*** Lavagna ***


LAVAGNA
 



Nami fissava da alcuni minuti la lavagna con espressione accigliata.
Appena si era seduta al suo posto era stata attirata dalla scritta bianca che, enorme, campeggiava al centro del riquadro nero e ora non riusciva a smettere di analizzarla in un vano tentativo di darle una qualche interpretazione.
Vano tentativo perché ciò che c’era scritto non aveva proprio senso.
Assottigliò lo sguardo, rileggendo ancora una volta:
 

⁴ f(l) + K x 2 + 3b = aⁿ
 

No, non aveva senso!
A partire dall’integrale di funzione con quel pedice assurdo fino all’accozzaglia di numeri e lettere a seguire.
Chiunque avesse tracciato quella formula, se di formula si poteva parlare, lo aveva fatto a caso e soprattutto Nami si chiedeva perché.
Prima dell’intervallo la lavagna era pulita e intonsa.
Chi si era divertito a scrivere quella roba senza senso anziché approfittare di quei rivitalizzanti dieci minuti di libertà?!
-Cocoyashi?!-
La voce della professoressa Ivankov, che seduta sulla cattedra aveva attaccato subito a decantare le eroiche gesta di qualche nobile cavaliere insieme con i suoi di certo scolpiti pettorali, la riscosse, obbligandola a distogliere l’attenzione dal blocco di ardesia.
-Mi scusi prof. io… ero distratta!- ammise, facendo sorridere in modo inquietante la docente di letteratura.
-Me ne sono accorta, mio piccolo mikan!- le disse, facendole l’occhiolino, rischiando di rimanere con le ciglia incollate a causa delle tonnellate di mascara.
-Cosa mi ha chiesto?!- domandò la ragazza, sorridendo sollevata dall’indole comprensiva dell’insegnante.
-Volevo solo sapere che fine ha fatto Naso-boy!- disse, accavallando le gambe con fare suadente.
Nami la osservò stranita prima di girarsi verso il banco accanto al suo, mentre un brivido freddo percorreva la schiena di buona parte della componente maschile della classe al gesto dell’ambigua professoressa.
Sbatté le palpebre interdetta nel trovare il posto vuoto e il proprio compagno di banco, nonché migliore amico, assente.
Non se n’era neppure accorta, presa com’era a studiare la formula alla lavagna.
Che fine aveva fatto quel baka?!
L’ultima volta che lo aveva visto era stato al suono della campanella che sanciva l’inizio dell’intervallo, poi lui si era trattenuto in classe a fare qualcosa mentre lei aveva raggiunto gli altri in giardino, per godersi un po’ del primo sole primaverile e permettere a Sanji e Baby di fumare.
In effetti, se ne rese conto in quel momento, Usop non li aveva poi raggiunti ma non ci aveva dato troppo peso.
Pensava avesse da finire gli esercizi di letteratura e che avesse voluto approfittare di quei dieci minuti.
Poi, al rientro in classe, la scritta a gesso l’aveva completamente assorbita, isolandola da tutto e impedendole di realizzare la misteriosa assenza del compagno.
Riflettendo febbrile su dove diamine potesse essersi cacciato, fece per riportare gli occhi sull’insegnante e, ancora una volta, si ritrovò a fissare la strana formula.
Improvvisamente, fu come se qualcuno avesse sostituito quella strana successione di lettere con un messaggio di senso compiuto.
Riuscì a contenere a malapena il suo stupore seguito da un certo senso di apprensione, mentre comunicava a Iva che non aveva idea di dove Usop fosse.
Poi tornò rapida sulla lavagna, rianalizzando rapida la scritta.
Non si chiese nemmeno come aveva fatto a interpretarla e come Usop avesse potuto fidarsi a tal punto della sua intelligenza da lasciarle un messaggio così contorto.
Non sarebbe stata in grado di rispondersi.
Sapeva solo che l’integrale serviva per calcolare le aree interne e quindi indicava che il suo amico era rinchiuso da qualche parte, al quarto piano.
 

⁴ f(l)oor
 

Che il “qualche parte” era il bagno conosciuto come numero 3, ovvero un ex sgabuzzino delle scope riconvertito in toilette, che nessuno usava mai a causa della puzza insopportabile che risaliva dalla turca.
 

3b
 

Che aveva urgente bisogno di aiuto, che qualcuno lo tirasse fuori.
 

aⁿ=aiuto all’ennesima potenza
 

E sapeva anche che a rinchiudercelo dentro erano stati Killer e Kidd.
 

K x 2
 

S’alzò di scatto, i palmi appoggiati al suo banco, strusciando la sedia a terra e facendo aggrottare le sopracciglia a Iva.
-Prof!- la chiamò, sorridendo eterea, celando la propria agitazione -Avrei una certa urgenza di andare alla toilette!-
-Ma certo, cara! Vai e torna presto! YYY-AHHH!!!-
-Grazie!- rispose precipitandosi fuori dall’aula e su per le scale.
Che imbecille che era!
Chissà cos’aveva combinato a quei due per farli arrabbiare così tanto!
Doveva avere combinato qualcosa già da tempo perché l’unica spiegazione era che, quando Killer e Kidd erano arrivati a prenderlo,  lui doveva già essere consapevole di cosa i due poco ortodossi compagni avessero intenzione di fargli per poter lasciare il messaggio.
E poi non poteva scrivere chiaramente cos’era successo anziché usare strane formule?!
Scosse la testa, maledicendo lo stupido orgoglio di quel fifone e bugiardo del suo amico che gli imponeva di salvaguardare le apparenze anche a costo di rischiare la morte per asfissia in quell’orrido bagno.
Non riuscì a non sorridere, però, al pensiero della furbizia di Usop e della fiducia che riponeva in lei.
Era certo che sarebbe riuscita a interpretare il messaggio e, per fortuna, non si era sbagliato.
Erano davvero una grande squadra loro due.
Potenzialmente imbattibili.
E, presto o tardi, lo sapeva, quell’intesa sarebbe servita a qualcosa di più che tirarsi fuori dai pasticci a vicenda. 
 
 



Angolo autrice: 
E un'altra raccolta si conclude! 
Ho amato scrivere di questi due, ho sempre pensato che il loro rapporto fosse splendido e ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno dato una possibilità a questa raccolta! 
Un ringraziamento particolare va a Emy, Star e Nami93 e, naturalmente, a Doc! 
Alla prossima raccolta! 
Piper. 

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