una nuova storia: la mia

di irispaper29
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un passato davvero stravagante ***
Capitolo 2: *** faccio una figura di merda davanti al mio idolo ***
Capitolo 3: *** Appuntamento con Josh ***
Capitolo 4: *** Diventiamo quasi la cena di una cavalla ***
Capitolo 5: *** arriviamo al campo su un taxi malmesso ***
Capitolo 6: *** abbraccio il Signor D ***
Capitolo 7: *** io e Josh al campo ***
Capitolo 8: *** i miei fratelli ed io ***
Capitolo 9: *** Il mio amico Testa d'Alghe ***
Capitolo 10: *** Cavolo alla faccia da cucciolo! ***
Capitolo 11: *** Ma come faccio a perdonarlo sempre? ***
Capitolo 12: *** Viaggio in treno. ***
Capitolo 13: *** Incubo sul treno. ***
Capitolo 14: *** risveglio e racconto. ***
Capitolo 15: *** Battuta di caccia alla dracena. ***
Capitolo 16: *** Ricevo un consiglio dalle colombelle. ***
Capitolo 17: *** oh, il Kentucky. ***
Capitolo 18: *** Passato nel presente. ***
Capitolo 19: *** Scopro la magia dei pancake. ***
Capitolo 20: *** Disarmo il migliore tra gli spadaccini. ***
Capitolo 21: *** Una vecchia paternale. ***
Capitolo 22: *** Allarme rosso. ***
Capitolo 23: *** Litigata con Luke. ***
Capitolo 24: *** Arrivo a Poenix. ***
Capitolo 25: *** Mangio biscotti bruciacchiati da May. ***
Capitolo 26: *** L'ultimo treno. ***
Capitolo 27: *** Labbra alla nocciola. ***
Capitolo 28: *** Un bell'inizio e un orribile baratro. ***
Capitolo 29: *** Ringhio nell'oblio. ***
Capitolo 30: *** La ora so cosa devo fare. ***
Capitolo 31: *** L'inganno di Ade. ***
Capitolo 32: *** La pace in famiglia. ***
Capitolo 33: *** Ciao, Josh. ***
Capitolo 34: *** Hospital. ***
Capitolo 35: *** Uscita. ***
Capitolo 36: *** Flash sull'autobus. ***
Capitolo 37: *** Il ritorno di Talia. ***
Capitolo 38: *** Lite familiare. ***
Capitolo 39: *** Ladra di cuori. ***
Capitolo 40: *** Visita e gelosia. ***
Capitolo 41: *** Viaggio dal notaio. ***
Capitolo 42: *** Ricordi del mio soggiorno all'orfanatrofio. ***
Capitolo 43: *** All'orfanatrofio. ***
Capitolo 44: *** Piano B ***
Capitolo 45: *** Casa dolce casa. ***
Capitolo 46: *** Cena a casa Quimby ***
Capitolo 47: *** Un litigio per una rivista. ***
Capitolo 48: *** Litigio e perdono. ***
Capitolo 49: *** Imbarazzo immotivato. ***
Capitolo 50: *** Raggio di cento metri. ***
Capitolo 51: *** Addio Cacciatrici. ***
Capitolo 52: *** Incubo nell'incubo. ***
Capitolo 53: *** Danner's studies. ***
Capitolo 54: *** Il piano prende vita. ***
Capitolo 55: *** Dichiarazioni alla festa. ***
Capitolo 56: *** Battaglia di gelosia. ***
Capitolo 57: *** Azione e reazione. ***
Capitolo 58: *** Chiarimento. ***
Capitolo 59: *** La perdita della memoria. ***
Capitolo 60: *** La profezia della viandante ***
Capitolo 61: *** I due nuovi soli della Profezia. ***
Capitolo 62: *** Addio, Josh. ***
Capitolo 63: *** Fuga a cavallo di pegaso. ***
Capitolo 64: *** Fuoco di Basilisco. ***
Capitolo 65: *** Il potere della vista. ***
Capitolo 66: *** La prima notte d'amore. ***
Capitolo 67: *** La scomparsa. ***
Capitolo 68: *** L'attacco degli uccelli. ***
Capitolo 69: *** La ricerca della grotta. ***
Capitolo 70: *** Il confine della grotta. ***
Capitolo 71: *** Lo spirito del fuoco ***
Capitolo 72: *** Un cane mostruoso si innamora del nostro Neeks. ***
Capitolo 73: *** Il figlio di Ade. ***
Capitolo 74: *** Un salto nel passato. ***
Capitolo 75: *** Il sapore dei ricordi. ***
Capitolo 76: *** Le porte del confine. ***
Capitolo 77: *** La funzione della figlia di Atena ***
Capitolo 78: *** La grotta ***
Capitolo 79: *** Mnemosine ***
Capitolo 80: *** Gemelli diversi ***
Capitolo 81: *** La dea scomparsa. ***
Capitolo 82: *** Il piano ***
Capitolo 83: *** Che lo spettacolo abbia inizio ***



Capitolo 1
*** un passato davvero stravagante ***



Sento la sveglia trillare rumorosamente. “Ok” penso “È  ora di alzarsi .Comincia una nuova grande giornata”. Mi alzo e corro in bagno per darmi una lavata. Mi guardo allo specchio. Mi piacerebbe poter dire di essere bella, ma non posso proprio. Non sono ne bella ne brutta. Distolgo lo sguardo per pettinarmi i capelli, che non sono proprio perfetti, ma accettabili. Sono lisci, castani. Dopo essermi pettinata mi lavo i denti, che almeno quelli, sono a posto. Di dimensioni normali e bianchi.
Dopo essermi lavata torno in camera mia. Non ci si può aspettare niente di grandioso da quella, ne dal resto dell’appartamento, ma è l’unico che mi posso permettere. Le mura sono bianche, un po’ sporche di grigio verso il soffitto, ma non sono male. Almeno non hanno perdite come il mio ultimo monolocale, dove, quando pioveva, giravo con l’ombrello. Il letto è un po’ duro, ma comunque comodo, e i sostegni sono un po’ arrugginiti, ma io non me ne faccio un problema, tanto ho fatto l’antitetanica. Ho persino un armadio vero, anche se mezzo vuoto. Insomma, non posso permettermi troppi vestiti, anche se, visto che sono orfana, sono “agevolata” con le tasse e l’istruzione, ma devo comunque pagare l’affitto, il cibo, l’acqua, la corrente e altra roba simile. Certo con l’eredità avrei potuto farmi una casa vera e propria, avere qualche agio in più, ma non ho mai nemmeno pensato di toccare quei soldi, anche se mi avrebbero reso ricca. Non volevo il denaro che mia madre mi ha lasciato in eredità. Lei era una studiosa contemporanea, si occupava soprattutto di mitologia greca e romana. Poi si mise a scrivere come hobby e divenne una scrittrice famosa americana, i suoi libri avevano avuto un gran successo, quindi era ricchissima. Poi però era morta in un incidente d’auto. Ma fu previdente, in vita. Non appena venni registrata all’anagrafe, provvide a fare un testamento, in cui mi lasciava tutto, compresa la sua villa, tutto il suo denaro, perfino i suoi vestiti. Pur non volendo, fui costretta ad accettarli, ma non toccai mai nemmeno un soldo. Misi tutto in banca e lasciai quella casa, per me piena di ricordi troppo dolorosi, e, pur avendo solo sette anni, fui costretta a cavarmela da sola, più o meno. All’inizio tentarono di rinchiudermi in un orfanatrofio, dove rimasi per due anni. cercando di darmi in adozione. Però fu inutile: già non mi presentavo bene, con la mia dislessia, l’iperattività e un disturbo di deficit dell’attenzione, nessuno mi voleva, visto che ero anche troppo sfortunata. Quando facevano un periodo di prova, mi riportavano sempre indietro, spaventati. Tipo, una volta, al mare, venni tirata giù da qualcosa. Mi riportarono indietro, dicendo che ero troppo indisciplinata, che mi ero allontanata troppo. E altra roba simile. Così fuggii dall’orfanatrofio, e mi diressi ovunque mi portasse l’istinto. Fu un periodo di paura per me, spesso venivo attaccata da strani esseri, tipo un gigante con un solo occhio, o una cheerleader con i capelli infuocati e le gambe spaiate, una di asino e l’altra di metallo. Riuscivo solo a chiamarli “mostri”. Un giorno, mentre ero nascosta dietro un cassonetto della spazzatura, sentii delle voci, di un ragazzo e una ragazza. Li spiai, parlavano velocemente, riguardo a cose assurde, ma capii che erano in fuga, come me. Vidi che la ragazza aveva l’aspetto da punk, con i capelli neri dritti e l’eyeliner che dava risalto ai suoi occhi blu elettrico. Al braccio aveva uno strano braccialetto. Dietro di lei c’era una bambina, di circa sette anni, dai capelli biondi e gli occhi grigi. Nonostante la sua età e il fatto che stava indossando una maglietta di dieci taglie più grossa di lei, sembrava intelligente. Accanto a lei c’era un ragazzo alto, biondo anche lui, con gli occhi azzurri e un magnifico sorriso. Poi quel suo sorriso scomparve, si voltò, capii subito che mi avevano scoperta. Ma rimasi ferma, non feci nulla. Poi, all’improvviso, mi ritrovai la ragazza davanti, con una lancia in mano e uno scudo su cui era incisa una testa spaventosa, con i capelli di serpente. Compresi subito chi era: Medusa. Indietreggiai, terrorizzata, come un insetto disorientato, guardandola come per pregarla di non farmi del male. Probabilmente avevo paura che la testa incisa sullo scudo mi trasformasse in pietra, perché i miei occhi, all’inizio, rifiutavano di aprirsi. Il ragazzo era proprio accanto a lei, e stringeva in mano una spada di bronzo, ma aveva l’aria meno combattiva. La bambina invece era dietro di lui, stringeva un piccolo coltello di bronzo, mi guardava fisso. Capii immediatamente di non avere scampo, erano più di me, più forti, a parte forse la bambina, e io ero armata solo di un paio di coltelli che, anche se affilati, davanti alla loro roba sembravano piuttosto scemi. Vedendomi indietreggiare il ragazzo si rivolse alla ragazza:- Ehi, Talia, ritira lo scudo, la stai spaventando.
Seguendo il suo consiglio, la ragazza di nome Talia ritirò lo scudo, che tornò ad essere il suo particolare braccialetto. Il ragazzo mi guardava, e mi chiese:- Chi sei?
Ignorando la sua domanda, chiesi a mia volta, tremando:- Non mi farete del male vero? Non siete come quei…quei “cosi”, quelle creature orribili?
Vidi il ragazzo rivolgere uno sguardo d’intesa a Talia, poi mi chiese:- Sei dislessica?
Io annuii, poi Talia mi chiese se ero iperattiva e se avevo un disturbo da deficit dell’attenzione. Io annuii di nuovo, poi mi chiesero di nuovo chi fossi. Io, sentendo la mia paura, balbettai:- Io sono Alexandra, detta Alex.
:-Ciao Alex-mi disse il ragazzo- io sono Luke. Lei è Talia, mentre questa piccolina è Annabeth.
Strinsi la mano a Luke e Talia, poi mi chinai un pochino con la schiena e strinsi la mano di Annabeth, dicendo:- Ciao. Sai che hai un nome bellissimo? E scommetto che sei molto intelligente. Non è così?
La bambina annuii e , cosa che mi sorprese un po’, mi abbracciò stretta. Poi, quando si sciolse, mi alzai. Luke e Talia mi guardavano in un modo strano. Luke non riusciva a parlare, così fu Talia a chiedermi:- Ehi, Alex, perché non vieni con noi?
:-Davvero? Volete che venga con voi?
:-Certo, insieme saremo più rintracciabili, ma anche più forti, non è il caso di separarci.
:-Rintracciabili? Che significa, e perché volete tanto che venga con voi?-chiesi.
Luke e Talia si scambiarono uno sguardo complice, poi Luke disse, di fretta:- Non qui. Vieni-.
Mi prese per un braccio e mi trascinò in un altro vicolo, seguito da Talia e Annabeth. Si assicurò che non fossimo seguiti, poi mi chiese:- Beh, ecco, chi sono i tuoi genitori?
:-Sono orfana di entrambi, mia madre è morta alcuni anni fa. Mio padre non l’ho mai conosciuto.
:-Beh, allora è probabile che tu sia una mezzosangue.
:- Mezzosangue? Che significa?- chiesi, sconcertata.
:-Mezzosangue-mi spiegò Talia, paziente- significa che sei figlia di una mortale e di un dio della mitologia greca. Anche se noi preferiamo il termine “semidei”.
:-Un dio? Stai scherzando, vero?-esclamai, pensando che mi stessero prendendo in giro.
:-Ti pare che stiamo scherzando?-mi chiese Talia, guardandomi con serietà.
:-Ok, non prendetela male, ma non riesco proprio a crederci!- esclamai di nuovo.
:-Beh, qui tutti lo siamo!-affermò Luke, ridendo. La piccola Annabeth annuii, sincera.
:- Ma non è possibile, insomma, cos’è che avrei di tanto speciale, per essere la figlia di un dio della Grecia? Li conosco tutti a memoria, mia madre li studiava, diceva che avevano capacità particolari. Tipo, Poseidone il potere sul mare, e Elio quello sui venti, Apollo sul sole. Ma non ho nulla di simile, sono perfettamente normale!
:-So che è difficile da capire-mi disse Luke con tranquillità- ma è vero. Ora vivono a New York, sull’Empire State Building, tranne Ade, che vive negl’ Inferi, a Los Angeles. Tu sei la figlia di uno degli dei, maschi, ovviamente, visto che avevi una madre. Magari siamo persino fratelli, tu e io!
:-Fratelli?- chiesi, incuriosita. Avevo sempre desiderato un fratello o una sorella.
:-Si, fratelli-ripeté Luke.
:-Chi è tuo padre, o tua madre?- chiesi. Non sapevo perché, ero curiosa.
All’improvviso la sua espressione si riempì di rabbia.
:-Ok, non c’è bisogno di arrabbiarsi, se non vuoi dirlo, amen!
:-Oh, scusa- disse- io non volevo. Comunque, sono figlio di Ermes.
:-Ermes-ripetei- si, me lo aspettavo.
:-Te lo aspettavi?- mi chiese Luke, sconcertato.
:-Si, per i lineamenti elfici, le sopracciglia, il fisico atletico, il sorriso furbetto-spiegai.
:-Ah. Si, in effetti. Sai, probabilmente non siamo fratelli. Tu non ce li hai, i lineamenti atletici o il sorriso furbetto. Il tuo è troppo dolce, sai, tipo acqua e sapone-. Ovviamente non poteva sapere che avrei sviluppato il fisico atletico alcuni anni dopo e che anche io avevo un sorriso furbetto.
:-Spera piuttosto di non essere mia sorella-sbotto Talia, nervosa.
:-Perché?-chiesi.
:-Sono figlia di Zeus, sono maledetta.
:-Maledetta?
:-Si. Dopo la seconda guerra mondiale, per tutti i casini combinati dai semidei figli di Zeus, Ade e Poseidone, questi decisero di giurare sullo Stige di non fare più figli con le mortali. Ma io sono nata, e, visto che Zeus è immortale, sono stata maledetta al suo posto.
:-Oh, mi dispiace un sacco Talia-dissi, veramente triste per lei.
Lei mi fece un cenno, come per dire che non le importava. Poi mi chinai accanto alla piccola Annabeth e le chiesi:- E i tuoi, di genitori?
:-Il mio papà non mi vuole. E la mia mamma è intelligentissima. Lei è la dea Atena.
:-Atena-ripetei, poi mi diedi uno schiaffo in testa, fingendomi disperata- oh, cavolo, avrei dovuto capirlo, una bambina così intelligente, e io non l’ho capito. Sono proprio una scema.
Lei rise e mi strinse la mano con la sua, così piccola rispetto alla mia, anche se avevo solo tre anni in più di lei.
:-Beh, i bambini sono la bocca della verità, giusto? Ora posso solo credervi.
:-Ok. Non pensavo fosse così facile convincerti…comunque ora dobbiamo proprio andare.
:-Andare? E dove?- chiesi.
:-In un posto più sicuro per noi semidei. Un posto che cerchiamo da tempo, tanto tempo.
 
Viaggiammo a lungo, alla ricerca di un posto sicuro, seguiti da orde di mostri. Un giorno, disperati, tornammo a casa di Luke, per prendere dei medicamenti e un po’ di cibo. Ma Luke, nonostante fosse il figlio del dio dei ladri, venne scoperto, così facemmo tutti la conoscenza dei suoi genitori. Solo allora capii perché era scappato. In pratica era orfano, come me. Il padre, ovviamente, lo vedeva una volta o due nella vita se era fortunato, la madre sembrava un po’, ecco, matta insomma. Ma non mi importava, volevo solo che Luke ed Ermes la smettessero di litigare, non mi è mai piaciuta la lite in famiglia.
Ma questo è il più insignificante episodio della mia vita. Della mia però, non della sua.
Comunque, continuammo il nostro viaggio, catturati persino da un ciclope e poi raggiunti da un satiro, Grover. Ci portò fino al Campo Mezzosangue, ma, quando arrivammo, non fui felice. Perché, per farci arrivare sani e salvi, Talia era morta.
In seguito, venni stipata nella casa di Ermes, sembrava molto vecchia, abbandonata. E si stava piuttosto stretti. Insomma, era pieno di gente non riconosciuta, come me, e un sacco di figli di Ermes. Ma non ci badai troppo. Talia era morta, sentivo solo un enorme vuoto nel cuore.
Ma da allora, decisi di andare avanti, visto che non potevo tornare indietro, più o meno. Rimasi al campo ad allenarmi fino alla maggiore età, poi tornai a New York, con la promessa di tornare al campo d’estate. Mi fu consigliato di rimanere, visto che non avevo nessuno da cui tornare, ma non sarebbe mai più stato lo stesso al campo, non potevo restare. Non senza Luke.
Così d’estate faccio la spola tra il campo e questo appartamento, e lavoro molto, oltre a studiare. Ma c’è di peggio, di questa normalissima vita da semidea.

 

 Nota dell'autrice: Carissimi lettori, volevo solo informarvi che questa è la mia prima fantfiction, quindi non sono esperta. Per cui, se ci sono recensioni positive o critiche, mi raccomando, scrivetemi, senza esitare. E se c'è qualche problema, sorry! Mi scuso anticipatamente. E vi avverto che Josh sarà presente dal prossimo capitolo, giuro.




 

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Capitolo 2
*** faccio una figura di merda davanti al mio idolo ***


Guardo l’orologio. Sono le sette e dieci, se mi sbrigo, forse riesco ad arrivare in tempo. Indosso in tutta fretta la divisa del bar in cui lavoro, una camicia bianca di lino, una gonna jeans di media lunghezza, e converse in tinta, e, ovviamente, l’immancabile grembiule giallo.
 Prima che possa dimenticarmene, prendo la collana del campo, che ora ha ben dodici perle, tra cui una con un labirinto e un’altra con un centauro in abito da sera. Prendo anche uno zainetto, in cui metto il mio taccuino azzurro e delle penne. Poi mi dirigo verso il bagno e mi metto la matita nera per far risaltare i miei occhi azzurri e corro fino alla fermata dell’autobus.
 Mi siedo e aspetto per circa mezzora, quando l’autobus, finalmente arriva. Sono poche fermate, ma c’è talmente tanto traffico che, nonostante il fatto che sia arrivata alla fermata alle sette e venticinque, scendo alle otto meno tre minuti. Inizio a correre come una matta verso il bar, ben conoscendo Mike e il suo caratteraccio. Probabilmente mi ucciderà. Anzi, no: prima mi scuoierà viva, farà un sedile per la macchina con la ma pelle e poi mi ammazzerà, o peggio. Già mi immagino il mio necrologio al campo: Alexandra Miller, semidea, vent'anni anni, uccisa da Mike Brown. Riesco a vedere nella mia immaginazione persino il drappo funebre, bianco e verde. Bene, così raggiungerò Luke e riusciremo di nuovo a rivolgerci la parola, dopo tanto tempo. Sto proprio pensando a quanto mi sia mancato, mentre entro dentro il bar, correndo verso la cucina, quando scivolo sul pavimento bagnato. Chiudo gli occhi e metto le mani davanti a me, spiazzata, e, improvvisamente, mi sento afferrare per la vita.
Mi giro, convinta di ritrovarmi dietro Mike, ma invece non è lui. Balbetto un “grazie”, nervosa. Perché tanta insicurezza? Beh, insomma, davanti a me c’è un bellissimo ragazzo robusto, insomma, ha degli addominali che farebbero invidia persino ad un paio di ragazzi del campo, il che compensa la sua altezza, sarà sul metro e settanta. Ha in mano un berretto rosso e un paio di occhiali da sole. I capelli sono castani scuri, e ha dei magnifici occhi verdi che cambiano a seconda della luce. La mascella, beh, come si dice, un po’ evidente, ma rimane stupendo. E, soprattutto, ha uno splendido sorriso, di quelli che potrebbero illuminare un’intera stanza, di quelli che potrebbero farti sentire un po’ di allegria anche se avessi appena perso delle persone importanti per te, di quelli che ti avrebbero volentieri dato l’impressione di aver vissuto un’esistenza fortunata e felice anche se avessi avuto una vita piena di sventure. Sorrisi così belli dovrebbero vietarli, perché mi sto sciogliendo come burro. Faccio persino fatica a rendermi conto di chi ho davanti, finché non dice:- Non c’è di che-.
Mi accorgo solo ora di star tremando come una foglia. Forse perché è il mio idolo da, più o meno, da quando andavo alle elementari. So cosa si può pensare: che in realtà lo adori solo perché ha fatto il film Hunger Games. Ma non è così, lo conoscevo da ben prima, quando ha recitato in “Innamorarsi a Manhattan”, ho visto tutti i suoi film, tra cui” Un ponte per Terabithia” e “Winged Creatures”, e, devo ammettere, ho pianto da morire durante la proiezione di entrambi i film. Mi sono costretta perfino a vedere “Detention”, in cui, anche se ho vissuto sulla mia pelle roba ben peggiore, ho rischiato di morire per il terrore. Si, lo so che è stupida questa mia irrazionale paura per gli assassini armati di ascia che girano con una maschera di un film horror, (di cui hanno fatto pure vedere gli spezzoni), considerando che rischio fin troppo spesso di morire ammazzata o da Mike o da un mostro, ma l’idea di decedere con la testa mozzata come Medusa mi terrorizza, insomma, ho dei piani futuri per la mia morte, tipo, per vecchiaia o in un modo veloce, che so, tipo sbattere la testa e rimanerci secca. Comunque, tornado al film e alle mie scioccanti rivelazioni, devo dire che ho quasi pianto quando l’hanno fatto ballare. Non riuscivo a capacitarmi che fosse così sexy quando ballava, anche se da vicino lo sembra ancora di più. So che si potrebbe pensare che io sia una di quelle fan sfegatate che muore dalla voglia di saltargli addosso e di avere tanti bei bambini con il suo cognome, ma non è così. Non sbavo mica ogni volta che lo vedo in tv, non tenterei mai di sposarlo solo perché è famoso. È il mio idolo perché, come me, non era mai stato molto popolare a scuola, e, come me, nonostante tutto, è riuscito sia a realizzare il suo sogno sia non perdere se stesso, cosa assai difficile.
Lo sto ancora fissando, quando mi aiuta ad alzarmi. Mi guarda, poi mi chiede:- Ti sei fatta male?
:-N-no, grazie. Sono a posto-balbetto, incantata dai suoi occhi. Probabilmente sverrò, insomma, non è cosa da tutti i giorni, nemmeno per me, fare una figura di merda davanti a Josh.
Mi porge la mano, sorridente:-Ciao, io sono Josh. Josh Hutcherson.
Oh, cavolo, devo stringergli la mano! E si è anche presentato, anche se io, in realtà, so già come si chiama. È un comportamento che mi va a genio, il suo. Mi sarei un po’ arrabbiata se avesse detto qualcosa tipo” Ciao, sono Josh, ma ovviamente sai già chi sono, insomma, sono famoso in tutto il mondo!”.
Gli stringo la mano, imbarazzata:- Piacere, io sono Alexandra, ma mi puoi chiamare Alex-. Probabilmente sono arrossita, perché si mette a ridere di gusto. Quanto è bella la sua risata, fa sembrare tutto più allegro, l’ambiente circostante si illumina di una luce positiva.
 Poi mi guarda di nuovo e mi dice:- Il piacere è tutto mio, Alex.
Devo essere arrossita di nuovo, perché continua a sorridermi. Sembra tutto così magico, insomma, c’è l’ho davanti.
 Ma una voce roca ed assai sgradevole mi riporta dolorosamente alla realtà:- Alex, ti rendi conto di quanto tu sia in ritardo, sono le otto e venti!
 Mi giro verso la voce e mi ritrovo davanti un uomo sulla cinquantina un po’ cicciottello, con la faccia burbera, la testa pelata. Gli mancherebbero solo gli occhiali, e così potrei chiamarlo “talpa”. Purtroppo, però, ci vede benissimo, e parla anche troppo.
Cerco di scusarmi, imbarazzata:- Senti, Mike, mi dispiace, ok? Ma non passava l’autobus, e mi sono fatta una corsa per arrivare in tempo.
:-Non è un mio problema, ragazzina. Avresti dovuto cominciare il tuo turno ben venti minuti fa.
:-Si, lo so…ma ti giuro che è stato un incidente…- dico, sento l’ angoscia pervadermi.
:-Non è la prima volta che arrivi in ritardo-dice, con un tono che non ammette discussioni-sei licenziata.
:-No, non puoi licenziarmi, sai di quanto ho bisogno di soldi. Ti prego-dico, in tono supplichevole.
 Non so cosa mi aspetto, ma rimango sorpresa quando Josh viene in mio aiuto, come un principe con il suo cavallo bianco, anche se non è un principe e non ha il cavallo, e dice:- Scusi, la mia amica ha fatto tardi per farmi un favore che le avevo chiesto, sono mortificato…mi permetta di scusarmi personalmente per l’accaduto…ovviamente, non la licenzierà per un inezia del genere, vero?
Mike annuisce frettolosamente, come se non riuscisse a credere che Josh Hutcherson gli stesse chiedendo di non licenziarmi, e balbetta:- Ma certo che no, la signorina deve aver capito male…lei continuerà a lavorare, anzi, avrà persino un aumento sullo stipendio. E ora torna al lavoro, Alex.
Poi si allontana lentamente verso la cucina, lasciandoci di nuovo soli. Poi Josh si diede al bancone e ordina un cappuccino. Mentre glielo preparo, penso a quanto la faccenda sia assurda. Probabilmente questo è un sogno, un fantastico sogno, ma solo frutto della mia fantasia. Insomma, in quale realtà Josh Hutcherson mi salva da una scivolata, mi stringe la mano e mi chiede il nome, poi mi salva dal licenziamento. Ma la stessa cosa la pensavo quando avevo scoperto di essere una mezzosangue. E alla fine era tutto vero, io sono una mezzosangue. Quindi deve essere vero, cerco di abituarmi all’idea di aver fatto una figuraccia davanti al mio idolo.
:-Grazie, ancora, per avermi aiutata. Senza di te, mi avrebbe licenziata e avrei dovuto trovarmi un altro lavoro per pagare l’affitto.
 :-Non c’è problema-dice-ma non hai comunque nessuno che ti aiuta con l’affitto?
:-Si, il governo mi agevola con le tasse.
:-E i tuoi genitori?
:-Mia madre invece è morta quando ero piccola, avevo circa sette anni. Così tentarono di darmi in adozione, ma nessuno mi ha mai voluta. Sono praticamente orfana. Mio padre l’ho visto così poche volte che potrei contarle sulle dita.
:-Mi dispiace. Ma perché lui non si è preso cura di te? Perché non è rimasto con tua madre?
Se non fosse che mi fido di lui, gli darei una sberla. Ma mi fido e, mentre continuo a servire gli altri tre clienti, decido di aprirmi un po’:- So cosa pensi. Che io sia un errore, il risultato di una gravidanza indesiderata. Credi mio padre mi odi, che ci abbia abbandonato al nostro destino. Ma non è così-dico. Riprendo fiato, all’improvviso attraversata da un moto incontrollato di rabbia:- Non parlare mai male di lui in mia presenza, o giuro che, Josh Hutcherson o meno, ti ammazzo.
:-Ok-dice-perché tanta rabbia?
 :-Perché non è come credi tu. Ha fatto solo la scelta migliore. Di lasciarci sole. Lui è conosciuto in tutto il mondo, ha delle grandi responsabilità, non poteva prendersi cura di me, ne permettersi di abbandonare i suoi obblighi. Ci ha persino provato, ma mia madre non glielo ha permesso, e, se fossi stata presente, gli avrei detto di farlo. Di lasciarci marcire, se fosse stato necessario. Ogni tanto però, tipo una volta all’anno, se sono fortunata, lo vedo. Lo incontro ogni solstizio d’inverno, anche se solo per pochi minuti a volta. Ma mi vuole bene, mi aiuta, in un certo senso. Mia madre diceva che ho i suoi occhi, e, onestamente, è vero. Sono furba quanto lui. Ci somigliamo abbastanza da capirci. E non posso permetterti di dire cose disdicevoli nei suoi confronti.
 :-Ok, non c’è bisogno di arrabbiarsi. Comunque, come fai a sapere che ti vuole così bene come dici?
Ora a letteralmente superato il limite, non riesco a trattenere le lacrime, inizio a piangere silenziosamente e mi allontano dal balcone.
Lui deve avermi vista, perché si alza e viene verso di me, mi dice:-Scusa, non volevo. Mi dispiace.
Mi sembra un gesto carino da parte sua, ma non riesco a smettere. Capisce che non ci riesco, mi abbraccia. E strano, visto che, in teoria, non siamo neanche amici. Ma mi piace, mi fa sentire, stranamente, al sicuro. Decido di aprirmi totalmente, così sussurro:-Io sono la sua figlia prediletta.
Mi guarda, poi mi chiede:- Perché, hai fratelli?
Mi sciolgo dall’abbraccio, sorridendo:-Beh, si, sono fratellastri, più che altro. Ma preferisco chiamarli fratelli, insomma, “ fratellastri” sembra offensivo.
:-Quindi hai dei fratelli?
:-Non sai quanti. Come minimo saremo una cinquantina, nemmeno io li conosco tutti. Sono sparsi in tutto il mondo, li riconosci subito. Ci somigliamo un po’ tutti. Io sono tra le poche femmine, la maggior parte di questa mia famiglia allargata è composta da maschi.
:-E siete tutti figli di madri diverse? Insomma, tuo padre mi sembra un po’…scatenato, ecco.
:-Oh, si, un po’. Ma vuole bene a tutti i suoi figli, si prende cura di noi quando può. Avevo un fratello, qualche anno fa. La madre non stava, beh, bene, di testa. Lui, quando poteva, andava a trovarla, l’aiutava, si prendeva cura di lei. La stessa cosa ha fatto con me, mi ha guidata verso la strada giusta.
Sorride, e io invece, sono un po’ imbarazzata:- Beh, che vuoi, è la mia famiglia. Anche tu hai un fratello, no?
:-Si, Connor. Ma come lo sai?
Ok, sono veramente una scema. Gli ho praticamente confessato di essere una sua fan che sa tutto su di lui. E, in effetti, è vero. Gli faccio mentalmente gli auguri ogni suo compleanno, il dodici ottobre. So che adora il basket, che ha una moto. Ha dei cani, a cui a dato nomi riguardanti i motori: Diesel, Nixon e Driver. Quando esce, proprio come oggi, indossa un berretto e degli occhiali da sole per evitare di essere seguito dai paparazzi, cosa che, di solito, non funziona, perché lo beccano sempre. Ma non voglio che lo venga a sapere, così mento:- Beh, che ne so, insomma, ho solo fatto una domanda.
Mi guarda di nuovo, per niente convinto, ma lascia cadere il discorso:- Va bene.
Nessuno di noi due dice nulla. Io sto cercando di trattenermi, ma alla fine non ce la faccio più, così gli porgo il mio taccuino azzurro e gli chiedo:- Ehi, Josh! Me lo fai un autografo?
Lui sorride e mi autografa il taccuino. Poi mi chiede il cellulare e si mette vicino a me per scattare una foto, la stessa cosa fa anche con il suo, di cellulare. Poi finisce il suo cappuccino ed esce. Mi rendo conto solo ora di ciò che è successo. Ho incontrato Josh Hutcherson, c’ho parlato, mi ha salvato da una scivolata e dal licenziamento. Mi ha chiesto della mia famiglia, si è preoccupato per me, mi ha abbracciata. Mi ha fatto persino l’autografo, e ha insistito per fare una foto anche con il suo cellulare, sebbene non ce ne fosse bisogno. Prendo il mio cellulare e imposto la foto come schermo. So che non dovrei avere un cellulare, ma ce l’ho comunque, mi è stato fornito dal governo, e lo uso solo in caso di emergenza, anche perché un singolo messaggio significherebbe sbandierare ai mostri la mia posizione. Di solito preferisco usare I-phone (la I sta per Iride).
Apro il mio taccuino per annotare tutto ciò che è successo, quando apro la pagina con l’autografo di Josh. C’è perfino la dedica: “Alla carissima Alex, una dolcissima ragazza”. Ma c’è anche qualcos’altro. Il suo numero di telefono.
 

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Capitolo 3
*** Appuntamento con Josh ***


Ho cavolo! Josh Hutcherson mi ha lasciato il suo numero!! È fantastico. Si, è quello che penso da più o meno cinque giorni. Sono indecisa se chiamarlo o meno. Alla fine non ci bado e compongo il numero. Josh risponde quasi subito:- Pronto?
:-Ehi Josh! Sono Alex, quella che hai salvato dal licenziamento qualche giorno fa, in un bar.
:-Oh, ciao Alex! Vedo che hai visto l’autografo.
:-Si, direi di si. Ma facciamo in fretta, ok? Sto rischiando un sacco, ora sono in una cabina telefonica, ma non so se…beh, lasciamo stare. Perché mi hai dato il tuo numero?
:-Beh, mi sei sembrata, ecco…simpatica.
Simpatica. Bene, simpatica è almeno accettabile. Non dico nulla, aspettando che sia lui a parlare. Improvvisamente mi chiede:- Senti, ti va se ci vediamo, magari a cena?
Arrossisco. Questo è una delle poche volte in cui non parlo in faccia a qualcuno che adoro.
:-Si, per me va bene. Ma quando?
:-Facciamo stasera, alle otto? Ci incontriamo al bar?
:-Ok. Ma…come…?
Sento una sua risata, poi dice:- Come ti devi vestire?
Annuisco, poi però ricordo che siamo al telefono, e dico:- Si.
:-Beh, vestiti come vuoi!-esclama, divertito.
:-Ok, a stasera.
:-A stasera-dice, poi attacca.
“Wow” penso. “Josh mi ha invitata ad uscire!”. È veramente fantastico. Cosa ci troverà in me? Non sono bella, e molto, molto pericolosa, per lui. Con la mia presenza e il mio odore di mezzosangue, lo metterei in pericolo. Ma, per una volta, voglio godermi intensamente un’uscita. Giro un po’ per i negozi, passando davanti alle vetrine con fantastici completi, a vuoto, anche perché non posso permettermi nulla di tutto ciò. Ma mi diverte, anche se mi ricorda spesso le giornate di shopping che non ho mai avuto veramente con mia madre.
Dopo circa un’ora decido di tornare a casa, sono le sei. Mi butto sotto la doccia e mi lavo ad una velocità supersonica, esco dopo quindici minuti. So che è strano, ma al campo impari in fretta a farti la doccia in pochi minuti. Mi asciugo i capelli con un panno e li pettino con la mia spazzola. Poi apro il mio armadio, alla ricerca di qualcosa di normale ma comunque carino da mettermi. Sconvolgo tutta la stanza, i vestiti ovunque, sparsi sul letto e il pavimento. Alla fine opto per dei jeans  blu attillati, un top azzurro a pois bianchi e le mie uniche scarpe con il tacco, non troppo alto, ma comunque sono carine, blu, con un fiocchetto bianco. Prendo la mia trousse e mi trucco gli occhi con una tinta argentea e il mascara. Infine passo sulle labbra un lucidalabbra trasparente. Visto che sono solo le sette, rimetto in ordine la stanza. Poi prendo la mia unica borsa, bianca, e ci metto dentro il portafogli, uno specchietto, il mio inutile cellulare e, ovviamente, la mia indimenticabile “ἐπιβολή” (significa Protezione), la mia protettrice. La mia splendida matita per gli occhi che, all’occorrenza, quando si toglie il tappo, si trasforma nella mia bellissima spada di bronzo celeste, Protezione. La porto sempre con me, nel caso  di un attacco da parte di un mostro, o dovessi rifarmi il trucco.
Alle sette e venti scendo, e prendo l’autobus fino al bar, dove mi siedo e aspetto silenziosamente. Alle otto in punto entra Josh, bellissimo, indossa dei jeans neri e una maglietta bianca, e, sopra, una giacca di jeans. Mi sorride e mi porge la mano, ancora sorridente. Poi, improvvisamente, scoppia a ridere:- Oh mamma mia, sei la prima ragazza che incontro ad essere puntuale!
:-Beh, che c’è di male? Insomma, non è che in quanto a vestiario avessi molta scelta…
Scoppia a ridere di nuovo e dice:- Forza, andiamo.
Non so cosa mi aspettassi, ma quando esco e vedo ciò che mi aspetta non posso fare altro che sorridere. Mi conduce verso una splendida moto, credo che sia un modello H6, e mi porge un casco nero. Lo indosso, ancora sorridendo, e salgo sulla moto. Però sono perplessa, non so proprio cosa fare. Ma, grazie agli dei, lui mi dice:- Tieniti stretta a me, potresti cadere-. È dolce da parte sua, ma non credo abbia capito che ho vissuto cose ben più pericolose di queste. Comunque, mi stringo a lui, ancora sorridente, desiderando che quel momento non finisca mai.
Quando mi fa scendere, mi ritrovo in un ristorantino piuttosto carino. Si avvicina ad un cameriere e chiede del nostro tavolo. Poi mi prende per mano e mi accompagna fino al tavolo, e mi fa anche sedere. Poi arriva il cameriere, che ci porta due lattine di Coca Cola e ci chiede cosa vogliamo ordinare. Io prendo un piatto di risotto ai funghi, mentre lui i ravioli.
Iniziamo a mangiare, poi mi chiede:-Hai degli amici?
:-Si, alcuni amici del campo. Altri sono andati perduti, qualche tempo fa. Come il povero Beckendorf. Oh Silena. Anche Ethan Nakamura.Michael Yew e Lee Fletcher, due fratelli.  Sono…
:-Mi dispiace-dice- scusami.
:-Non devi scusarti. Non è colpa tua, in fondo. Beckendorf è morto per aiutare tutti noi al campo. Silena è morta per gli stupidi capricci di Clarisse, che non faceva altro che parlare di onore, ma, morendo, ci ha salvati. Michael e Lee sono morti un anno di seguito all’altro, morì prima Lee. In realtà, Michael ci ha salvati tutti. Ha salvato…troppo, per una persona sola. È stato ritrovato solo il suo arco. Anche Ethan il traditore, è morto per noi. Tutti ci hanno aiutati, e rimarranno per sempre nei nostri cuori.
:-Davvero, mi dispiace. Ma, comunque, qual è questo campo di cui parli tanto?
Faccio un respiro profondo ed ingoio un altro cucchiaio di risotto, poi inizio a parlare, spedita:- Il Campo Mezzosangue. Puoi considerarlo un…campo estivo, ecco. Ma alcuni di noi decidono rimanere tutto l’anno, per stare, beh, al sicuro.
:-Al sicuro? Da cosa?
:-Al sicuro da…tante cose. Spera di non saperlo mai.
Mi guarda in modo strano, ha una faccia assurda, come se avesse paura di me. Cerco di rimediare.
:- Credimi, non vorresti mai essere presente durante un pericolosissimo litigio tra Clarisse e sua madre!-dico, ridendo.
:-Ah, ok, cominciavo a spaventarmi-dice, ridendo anche lui.
“Non sai quanta paura dovresti avere, anche adesso” penso. Ma mi limito a continuare tutte le spiegazioni possibili sul campo, cercando di “adattarle” ad un mortale:- Comunque, li, per quelli come me, è fantastico, dico davvero. Dormiamo in diverse case, tutte diverse, veniamo assegnati a quella che rappresenta nostro padre. Prima erano solo dodici, due delle quali perennemente vuote, perché una ha fatto voto di castità, mentre l’altra onora il matrimonio. E altre due erano vuote perché i “proprietari” avevano fatto voto di non avere più figli.
:-Ma perché fecero questo voto?-mi chiese, incuriosito, ingollando un altro raviolo.
:-Noi siamo tutti cugini lì-spiego- ma io vivo con i miei fratelli, li vedo ogni estate. Pur essendo molto diversi, abbiamo alcune cose in comune. Siamo tutti dislessici, per noi è più difficile leggere le lingue normali, eppure siamo dei maghi nel latino e nel greco antico. Tutti abbiamo il disturbo da deficit dell’attenzione. Almeno secondo i medici. In realtà è perché abbiamo i sensi più sviluppati, rispetto ai vostri- senza offesa-, insomma ci vediamo meglio, sentiamo meglio…
Mi interrompe, dicendomi:- Non sembrava proprio, l’altra mattina.
:-Non sempre i nostri sensi ci aiutano nella vita normale, ma in una battaglia vera, ti salvano la vita, fidati. E, ultima cosa, noi siamo iperattivi. Anche questo ci salverebbe, in una battaglia vera. Ma è per questo che venne fatto il giuramento. Siamo troppo impulsivi, pericolosi. Venne fatto quel giuramento dopo la seconda guerra mondiale, dopo che un nostro cugino, Hitler, compì un vero genocidio.
:-Ah, quindi era tuo cugino…
:-Io non ero nemmeno nata, figurati. Non avrei potuto fermarlo. E i nostri cugini americani ci diedero una mano.
:-C’è qualcosa che non mi hai detto. Il nome di tuo padre, ad esempio, o perché siete tutti parenti, o perché avete queste particolari capacità.
:-Senti, non te lo posso dire. Ho promesso di non dirlo mai a nessuno, mi dispiace.
Dopo questo, continuiamo a mangiare in silenzio per un po’, quando, alla fine, esclamo, scoppiando in una grossa risata:-Che razza di primo appuntamento!
Lo vedo nascondere un sorriso divertito, così dice:- Hai proprio ragione!
:-Ma la cosa più incredibile di tutte è che non mi hai detto nulla sulla tua, di famiglia!
:-Vuoi sapere qualcosa sulla mia famiglia?
Annuisco silenziosamente, e lui inizia a parlare:- Che vuoi che ti dica…mio padre si chiama Chris, mia madre Michelle, e mio fratello si chiama Connor. Li adoro tutti, mio padre è simpaticissimo, mia madre è un po’ protettiva, ma dolce, e Connor è una di quelle persone intelligenti.
:-E della tua vita, che so, a scuola?- chiedo, curiosa.
:-Beh, non è che fossi tanto popolare a scuola, ma me la cavavo. Poi, nel 2002, ho cominciato la mia carriera di attore. E tu invece, come te la cavavi, a scuola?
:-Non troppo bene, direi, considerando dove lavoro. Certo, ho una laurea in giuridica, ma, alla fine, non so cosa fare della mia vita. Come te, non sono mai stata popolare a scuola, non avevo amici, venivo espulsa spesso. Non ho mai finito veramente la scuola. Dato che sono rimasta per molto tempo al campo, quando raggiunsi i sedici anni mi resi conto che non andavo a scuola da quando avevo dieci anni. Non sai quanta fatica abbia fatto per rimettermi in pari.
Si mette a ridere, poi ingolla un altro raviolo. Rido anche io, quando si sente un’esplosione. Mi giro verso il suono e la mia faccia diventa una maschera di terrore.
:-Cosa succede?- mi chiede Josh, spaventato quasi quanto me.
:-Mi hanno trovata, Josh. Mi hanno trovata.
 

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Capitolo 4
*** Diventiamo quasi la cena di una cavalla ***


Cosa può aver provocato l’esplosione? Un mostro, ovviamente. Ma quale? Vorrei tanto saperlo. Ma c’è solo una cosa che possa fare: scappare. Correre lontano, via, verso una nuova meta.
Mi volto di nuovo verso Josh, che mi fissa, sconcertato. Il suo viso è pallido per la preoccupazione:- Come? Alex, chi ti ha trovata?
:-Non lo so, Josh-dico, in preda al panico- non lo so.
Un’altra esplosione. Il mostro si sta avvicinando. Deve essere veramente forte, se riesce a causare tutte queste esplosioni. La gente, nel terrore, corre ovunque, si accalca verso le uscite più vicine.
:-Josh, dobbiamo andarcene.
Lui mi fissa ancora, pallido. Mi alzo e dico:-Josh. Forza. Dobbiamo scappare-. Lo scuoto per le spalle, quasi urlando:-Josh, forza. Josh!
Finalmente si è deciso a uscire dal suo stato di shock, mi chiede:- Cosa?
:-Dobbiamo andarcene. Subito.
Si alza immediatamente, e, dopo aver afferrato la mia borsa, gli prendo la mano e comincio a trascinarlo verso un uscita. C’è troppa gente, ma, con fatica, riusciamo a raggiungere la porta. Sto proprio per uscire, quando si ode un verso mostruoso, non so dire a che essere appartenga, finche non la vedo. È semplicemente splendida, una cavalla dal manto nero quanto la sua lunga criniera, una magnifica bestia, possente e atletica. O almeno lo sarebbe se non fosse un mostro. I suoi occhi rossi luccicano di rabbia e i suoi denti non sono proprio come quelli di un cavallo, bensì più affilati e pericolosi.
Josh la fissa incostantemente, e mi chiede, terrorizzato:- E quella cos’è?
:-Una Cavalla di Diomede!-urlo. –Scappiamo,  Josh! Mangia carne!
:-Una Cavalla di Diomede?-ripete- Cosa sarebbe?
:-Un mostro della mitologia greca! Andiamocene, è qui per me, vuole divorarmi!
Sto cercando di uscire, ma qualcosa mi blocca: un bambino sui sette anni le sta proprio davanti. Vorrei gridargli di spostarsi, ma sarebbe inutile, diventerebbe comunque uno spuntino per la Cavalla.
Non posso permettere che qualcuno si ferisca o muoia a causa mia. Non posso proprio permetterlo.
:-Josh, tu esci! – grido.
:-Cosa stai dicendo?-chiede lui.
:-Josh, scappa, io rimango qui!
:-Tu sei matta- urla lui di rimando- Io non ti lascio qui!
Lo afferro per la maglietta e lo spingo violentemente verso la porta :- Vattene Josh! Sono addestrata, è per questo che esisto!
Tenta di ribattere, ma viene sopraffatto dalla folla. Mi guardo in torno, la Cavalla si sta avvicinando pericolosamente al bambino biondo. Non posso permettere che lo divori. Lo prendo per mano e lo tiro via, verso l’uscita.
:-Ehi piccolo, stai bene?-chiedo, preoccupata.
:-Si, credo-risponde.
:-Io sono Alex, e tu?
:-Quigley.
:-Ascoltami bene, Quigley. Voglio che tu ti nasconda in quell’angolo e rimanga al sicuro.
Fa come gli ho chiesto, mentre io afferro la borsa alla ricerca di ἐπιβολή. Quando la trovo, tolgo il tappo dalla matita e la punta cresce fino a diventare la mia spada protettrice, di bronzo celeste.
Scruto la Cavalla di Diomede. Non so perché ma me l’aspettavo meno calma, invece è abbastanza tranquilla rispetto a quello che immaginavo io. Stringo l’elsa con forza mentre mi avvicino. Ma, quando sono troppo vicina, questa mi fiuta e comincia a dimenarsi, pronta a mangiarmi.
Sento dei passi, e mi giro, temendo sia Quigley. Invece è Josh.
:-Josh, che ci fai qui? Ti avevo esplicitamente chiesto di fuggire!-esclamo, furiosa.
:-Non ti avrei mai potuta abbandonare così!- ribatte.
:-Josh, non ti rendi conto che stai rischiando la vita? E che, probabilmente, così metti a rischio anche la mia? Mi saresti solo d’intralcio. Senza offesa, ma questo non è un film, quella ti mangia davvero!
:-Forse, ma se muori tu, muoio anch’io!- dice. Credo che ora sia più arrabbiato che terrorizzato.
:-Josh, spostati!-urlo. La Cavalla lo sta per azzannare con le sue fauci possenti. Lo tiro via con uno strattone, giusto in tempo. La Cavalla invece di azzannare lui, ficca i denti nel tavolo dietro e una zanna si stacca.
:-Visto? Non mi sei di alcun aiuto!
:-Davvero?-dice, strappando un bracciolo da una sedia. –Ehi, Cavalla!-urla, lanciandolo in un occhio del mostro.
:-Josh, che hai fatto! Ora ci ammazza!
:-Si-dice- ma almeno così si concentrerà solo su di noi e lascerà in pace la gente!
:-Ok, è stata una buona mossa, lo ammetto. Tu distraila, mentre la colpisco!
:-Ok!-ribatte.
Mentre lui la distrae da me, facendosi attaccare, io mi preparo a colpire. Ma lui viene ferito, vedo il sangue sul suo petto. Vorrei urlare, tuttavia attirerei l’attenzione del mostro. Invece ne approfitto per trafiggerlo. Subito la Cavalla di Diomede si scompone in migliaia di granelli di sabbia dall’orribile odore di zolfo. Sempre tenendo la spada con me, corro verso Josh.
:-Josh-urlo, sedendomi accanto al suo corpo ferito- Josh!
:-Tranquilla-dice lui, con voce roca- è solo un graffio.
:-Si, per me, ma non per un mortale come te! Josh, tranquillo, se rimani ancora tranquillo ce la facciamo.
Lui cerca di annuire, la sua faccia sta diventando rossa.
:-Ok, vado a prendere Quigley e ce ne andiamo. Continua a rimanere calmo, ci metto un attimo.
Rimetto il tappo a ἐπιβολή e mi dirigo verso l’angolo e trovo il bambino, rannicchiato.
:-Ok, Quigley. Non è che per caso riconosci la tua mamma?- domando.
:-Si, forse-dice. Si guarda intorno, poi, ad un certo punto, esclama:- Eccola, guarda!
Sta indicando una donna bionda come lui, intenta a cercarlo, immagino, perché scruta la sala. Prendo Quigley per mano e lo conduco verso la donna. Lui urla:- Mamma, mamma!
Lei si volta, seguendo la voce, e sorride, venendoci incontro:- Quigley!
Lui l’abbraccia, mentre io sorrido. Sono veramente felice per quel bambino. Lei mi guarda:-L’hai trovato tu?
Annuisco silenziosamente. Lei abbraccia anche me:- Oh mio Dio, grazie! Grazie infinite! Cosa potrei fare per sdebitarmi?
:-Nulla, davvero!-dico-Non  ho bisogno di nulla…
:-Va bene. Guarda, questo è il mio numero-dice, dandomi un biglietto con un numero scritto sopra- se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa.
:-Ok. Me lo ricorderò. Ora devo andare-dico. Do un bacio sulla guancia al piccolo Quigley e li saluto. Poi corro verso Josh e me lo carico sulle spalle, più o meno. Grazie agli dei, un po’ di forza ce l’ho. Chiamo il Cocchio della Dannazione, che somiglia molto ad un taxi grigio, ma alla guida ci sono tre vecchie con un solo occhio e un solo dente che dividono in tre. Gli do due dracme d’oro e gli spiego dove devo andare, ma quando vedono Josh, si rifiutano di farmi salire, finche non prometto loro una dracma in più all’arrivo. Saliamo sul taxi e, mentre sbanda dappertutto, cerco di bendare la ferita di Josh. Non è tanto grave, un taglio che gli percorre il petto, mi aspettavo di peggio. Strappo un pezzo della mia maglietta, che ora mi arriva fin sopra l’ombelico. Gli fascio il petto con questo mio bendaggio di fortuna, cercando di non farmi distrarre dai suoi muscoli. Ogni tanto sussulta ma, più che altro, non fa che guardarmi, come se ci fosse motivo per contemplarmi.
:-Ehi Josh-sussurro.
:-Si, Alex?
:-Ti senti meglio?
:-Un po’-dice- ma credo che sia tu la migliore medicina.
:-Non è vero. Non so quello che sto facendo.
:-Mi vuoi raccontare quello che è successo? Credo di meritare delle spiegazioni.
Annuisco:- Si, è ora che tu sappia.
:-Beh, comincia- mi esorta lui.
:-Io non vedo mio padre da molto tempo. Tu questo già lo sai. E ho tantissimi fratelli e cugini sparsi per il mondo. È difficile da spiegare. Beh, ecco, hai presente gli dei greci?
Annuisce, così continuo:- Beh , ecco, loro esistono davvero, si spostano con la civiltà occidentale, ovvero, in parole più semplici, con il progresso. Prima la Grecia, Roma…e ora New York. Beh, gli dei amano spesso, ecco, fare passeggiatine tra i mortali e, spesso…rimorchiano qualche mortale. Così mio padre ha conosciuto mia madre…anche se ti può far ridere, beh, io sono la figlia di Ermes, dio dei ladri, dei mendicanti, dei medici delle strade. E dio dei postini.
Si mette a ridere, così lo sgrido:-Non deriderlo mai, Josh. Anche lui è pericoloso. E poi, senza di lui, non avremmo Internet!
:-Internet l’ha creato tuo padre?-domanda. Sembra stupito.
:-Si-rispondo-e un sacco di altre cose ci ha lasciato. Come il caduceo. Comunque, tornando al punto, è così che nascono i mezzosangue, anche se preferiamo di gran lunga essere chiamati semidei.
:-No, aspetta! Questo è sicuramente uno scherzo! Ok, ce l’avevi quasi fatta, ma ti ho beccata!-dice, incerto.
:-Sarebbe uno scherzo se non ti fossi ferito, ma è tutto vero-dico.
:-No, non è possibile!
:-Forse, eppure io ne sono la prova vivente-dico, ridendo. La mia voce è calma e paziente–Senti, lo so che è difficile da credere, ma io non ti sto mentendo.
:-E allora, perché nessuno vede quei mostri?
:-Come, tu l’hai visto?
:-Si, era una cavalla con le zanne! Insomma, come facevo a non vederlo?
:-Credevo che avessi visto un cavallo impazzito, o roba simile.
:-Beh, invece ho visto un mostro pronto a divorarci!-esclama.
:-Oh cavolo…e, dimmi, cosa avevo in mano?-chiedo. Se è davvero come credo, non avrà certo visto un fucile.
:-Avevi in mano una spada di bronzo, con l’elsa tempestata di diamanti che formavano la parola “ἐπιβολή”, in greco. La conosco perché una delle fidanzate di mio fratello studiava greco in Italia-.
“Bene, ora siamo davvero nei guai” penso. Dopotutto, avere qualità speciali nel campo Mitologia da me è sempre un guaio.


Angolo Autrice: Ecco, questo è il mio nuovo capitolo, spero vi piaccia. E sappiate che mi farebbe piacere ricevere delle recenzioni, critiche comprese! :)

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Capitolo 5
*** arriviamo al campo su un taxi malmesso ***


Josh mi guarda, preoccupato, anche se non quanto me. Mi fissa per un paio di minuti e mi chiede:-Che c’è?
Ovvio, non può capire quanto sia in pericolo. Probabilmente crede che sia preoccupata solo per la sua lieve ferita. Non gli rispondo, sto letteralmente guardando il vuoto. Non ho mai avuto tanta paura per qualcuno.
:-Josh-sussurro lentamente, con la voce roca, la gola corrosa dalla paura.
Mi guarda per un po’, in attesa, poi mi chiede, seccato:-Beh?
:-Josh-ripeto, in un sussurro- non avresti dovuto.
:-Non avrei dovuto cosa?
:-Non avresti dovuto vederli. Avresti dovuto vedere un cavallo impazzito e un fucile.
Veniamo interrotti dalle Sorelle Grigie, che stanno litigando per il possesso del loro dente e dell’occhio.
:-Che stanno facendo?-chiede Josh.
:-Stanno litigando per il possesso degli organi-dico. Poi mi metto ad urlare:- Vespa, tu l’hai tenuto l’altra volta l’occhio, dallo a Tempesta che sta guidando. E tu, Tempesta, dai il dente all’ultima sorella, visto che l’ultima dracma l’hai morsa tu!
Mi volto di nuovo verso Josh, che mi chiede:- Cosa hai detto, prima? Quando hai chiamato…questo?
:-Oh, si. Ho detto “Stêthi! Ô hárma diabolês!”, è latino. Significa “ Fermati, o cocchio della dannazione”.
Comunque, non provare a cambiare discorso.
:-E come non avrei potuto vederli? Insomma, quel mostro a provocato una marea di esplosioni e la spada luccica in continuazione!-ribatte.
:-Josh, è a questo che serve la Foschia!-esclamo.
:-La foschia-ripete, perplesso-quella specie di nebbiolina intorno alle vette delle montagne?
:-No, Josh, la Foschia! Quella con la lettera maiuscola. È come una nebbiolina che offusca i cervelli mortali, così che non vedano mai nulla di anormale.
:-Cioè la Foschia non permette ai mortali di vedere ciò che io ho visto?
Annuisco prima di chiedere:-Sei dislessico, Josh? E hai qualche disturbo di deficit dell’attenzione o soffri di iperattività?
:-Nessuna di queste, perché?
:-Niente, così-mento. In realtà dovevo controllare che non fosse un mezzosangue, non si sa mai…
:-Senti, ma perché dici la parola “mortale” come se tu non lo fossi?-mi chiede.
:-Perché io non lo sono, Josh. Io sono mortale solo per metà. Ecco, vedi?-spiego, afferrando Protezione e trafiggendolo sulla pancia.- Josh, se tu non fossi stato mortale, ti avrei ucciso. Questa spada è di bronzo celeste, quindi distrugge solo i mostri e altre creature non mortali-.
Mi guarda ancora come se non mi credesse, così mi provoco un piccolo taglio sul pollice, quasi per niente profondo, lungo si e no un centimetro, e dico:- Vedi Josh? Io, essendo una mezzosangue, posso essere ferita sia da un’arma mortale che da una di bronzo celeste.
:-Davvero, non mi prendi in giro?
Scuoto la testa e continuo con il mio discorso:-Josh, non avresti dovuto vederli. Se ci riesci, hai una dote speciale. Tu vedi attraverso la Foschia.
:-E allora?
:-E allora?-ripeto io, con rabbia –E allora? Josh, tu non ti rendi proprio conto vero? Non capisci quanto questo sia pericoloso per te?
:-Pericoloso?-chiede, sbigottito.
:-Si, Josh! Pericoloso-affermo, urlando di rabbia. Perché non capisce quanto io sia preoccupata? Prende tutto troppo alla leggera, credo che viva perennemente nel suo mondo del cinema, dove tutto, in realtà, non è altro che una finzione.
:-Perché dovrebbe esserlo?
Le sue parole mi riportano immediatamente nel mondo dei ricordi. Per un minuto, mi ritrovo nel buio.
Mi passano in mente, sfrecciando, tutti i flashback possibili. Mi ricordo fin troppo bene. Rachel. La povera May…
Mi spunta una lacrima, comincia a scendere sul mio viso, lenta e calda. Comincio a balbettare, sussurrando:-Josh, non ora. Fidati è pericoloso. Ti spiegherò tutto più tardi, ma non ora. Ti prego.
Mi guarda, ma nei suoi occhi non c’è compassione. Mi sorride di nuovo. Oh cavolo, solo gli dei sanno quanto mi piacciono i suoi sorrisi, così belli, luminosi, e, soprattutto, vivi. Mi escono delle altre lacrime dagli occhi, non riesco proprio a fermarle. Josh mi abbraccia, non so perché lo faccia, ma mi piace. È caldo, e ha un buon odore, non so come descriverlo, ma è dolce, eppure non punge le narici. Odora di tutto ciò che è buono, ecco! E le sue braccia sono forti e vigorose, eppure la sua stretta è dolce e confortante. Quando vede che ricambio l’abbraccio, tuffa il viso tra i miei capelli castani. Quasi sobbalzo, sentendo qualcosa dentro. All’inizio penso sia il mio cuore che non vuole rallentare il battito. Invece non è solo questo. È uno strano calore, mi prende completamente, mi sconvolge. Mai provata una roba simile.
Quando sciogliamo l’abbraccio, non so perché, sento una strana voragine dentro, ma mi trattengo il più possibile per non abbracciarlo di nuovo.
Le Sorelle Grigie si fermano bruscamente e ci fanno scendere. Come promesso, pago il mio piccolo extra e conduco Josh fino ai confini del campo. Il drago a protezione del Vello d’Oro dorme ai piedi dell’albero, in attesa di qualche ladruncolo.
:-Ehi, ma quello è un drago?-mi chiede, stupito.
:-Josh, fermati qui-gli dico.
:-No, non ti lascio andare da sola-ribatte.
Alzo le spalle:- Come vuoi tu.
Supero facilmente il confine segnato da quello che prima era il pino di Talia, attenta  a non svegliare il drago. Ma Josh, ovviamente, essendo mortale, rimane bloccato. Cerca in tutti i modi di penetrare l’invisibile confine che lo separa da me come un muro, ma capisce che non può fare niente.
:-Te lo avevo detto, di aspettarmi!-dico con una sonora risata.
:-Potevi anche dirmelo-dice Josh, cercando di mantenere una faccia indignata. Ma si vede fin troppo bene che se la sta ridendo sotto i baffi.
:-Non volevo rovinarti la sorpresa-mi giustifico, sorridendo. Non so perché, ma in questo periodo mi riesce piuttosto semplice sorridere. Prima mi sentivo come se stessi facendo un’orribile smorfia, ed ero spesso a disagio. Ma non qui. Qui mai. Questa è casa mia, dopotutto. Ne con lui, soprattutto con lui sorridere mi fa piacere, mi riesce meglio.
:-Io, Alexandra, ti do il permesso di entrare nel campo!-esclamo con vigore.
Subito Josh prova ad entrare e rimane un po’ sorpreso quando riesce a passare il confine.
:-Beh, che ti aspettavi?-chiedo, sempre ridendo. –Una formula magica, forse? O, magari, un bel sacrificio?
:-Più che altro, pensavo che mi avresti lasciato lì a marcire.
:-E allora perché ti avrei portato con me sul Cocchio della Dannazione?
:-E che ne so! Voi donne siete tutte uguali: cambiate idea con la stessa velocità in cui un colibrì batte le ali.
:-Fa parte dei cromosomi X, voi maschi avete perso questa caratteristica con quello Y.
:-Ah ah, divertente! Ora che si fa?-mi chiede.
:-Vieni con me-dico, facendogli un cenno con la mano.
Lui mi segue a trotta fino alla Casa Grande: non è cambiata di una virgola, a parte il fatto che ora la soffitta non è più abitata dall’ospite mummificato dell’Oracolo di Delfi. Ora c’è una nuova Pizia.
:-Chi ci abita, lì?- mi chiede Josh.
:-Chirone e il Signor D. Ti prego, non chiedermi il suo nome, non pronunciare mai i nomi, sono potenti. E non fissare troppo la parte sotto il busto di Chirone.
:-Ok-risponde.
Appena arriviamo davanti alla porta, busso e mi viene concesso di entrare.
:-Rimani qui un attimo-ordino a Josh.
:-No, vengo con te!
:-Josh, per favore. Al Signor D non piacerà sapere che sei qui…devo spiegargli meglio la situazione. Rimani qui. Farò presto. Lo prometto-.
Intravedo Grover che corre verso di me:- Alex, ciao! Come…e che ci fa qui un mortale?
Sorrido:- Il tuo fiuto è impareggiabile. Senti, ti spiegherò più tardi. Non è che potresti curare la sua ferita, per favore?
:-Si, nessun problema!-esclama.
:-Oh, grazie-dico. –A proposito, belle corna!-gli dico, sempre sorridendo, facendogli l’occhiolino.
Mi dirigo dentro la Casa Grande, pronta a beccarmi una sgridata dal Signor D.
 

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Capitolo 6
*** abbraccio il Signor D ***


Avverto la tensione farsi strada nel mio cervello, paralizzando quasi il mio corpo. Come reagiranno il Signor D e Chirone? Credo che quest’ultimo avrà una reazione almeno dieci volte più pacata dell’altro. Entro immediatamente, cercando di non badare troppo al mio cuore terrorizzato che minaccia di esplodere. Il Signor D, come al solito, è intento a giocare a burraco con Chirone. Come al solito, indossa una camicia tigrata e le scarpe da ginnastica, anche se, secondo me, non ha mai fatto un po’ di moto. Anche Chirone è sempre lo stesso: il solito centauro con l’aspetto millenario.
:-Salve, Chirone. Signor D-saluto cortesemente con un cenno.
:-Salve, signorina Abel-ripete il Signor D, annoiato.
:-Sarebbe Alex, signore-lo correggo. Lo odio quando cerca di sbagliare il mio nome.
:- Bentornata, cara-dice Chirone. Lo adoro, è sempre gentile.
:-Si, si, siamo molto contenti di riaverti con noi, Adele.
:-Alex, signore. E anche io sono contenta di rivederla. Come ha passato questi ultimi mesi?-chiedo cordiale, anche se, in realtà, non me ne frega assolutamente niente.
:-Bene, benissimo, allenandomi a burraco con Chirone. E tu come li hai passati, Alba?-chiede, svogliato.
:-Bene, signore-dico. Solo gli altri dei sanno quanto lo odio.
:-E lei, Chirone? Nuovi aggiornamenti?
Annuisce:-Questa è stata n’estate parecchio intensa. Abbiamo dovuto costruire tutte le nuove case…fino ad ora abbiamo finito quelle di Nemesi, di Meti, di Eolo e di Eos. Quella di Eos è particolarmente…appariscente.
:-Immagino-affermo con un sorriso. Non voler bene a quel vecchio centauro è impossibile, letteralmente. Ha qualcosa nella sua espressione che ti spinge a volergli bene.
:-È un piacere rivederti, Alex. Davvero-dice Chirone.
:-Si, si, siamo felicissimi, Ariel-lo segue Dioniso, indifferente.
Lo ignoro e cerco di rimanere gentile:-Alex, signore. Anche per me è un piacere. Mi dispiace solo di essere venuta senza alcun preavviso…
:-…con un mortale come zavorra!-esclama il Signor D.
:-Josh non è una zavorra!-ribatto, infuriata. –Josh è un mortale che mi ha aiutata molto. E ha una…caratteristica particolare. È speciale.
:-Che caratteristica?-mi chiede Chirone, curioso.
:-La stessa di Rachel, e della madre di Percy. E della povera May-dico, cercando di sembrare forte, ma la mia voce si spezza sull’ultimo nome, poi continuo- Vede attraverso la Foschia.
:-Si, ci sono alcuni mortali che posseggono questa qualità.
:-Cosa può significare, Chirone?
:-Non lo so, cara. Ma sono sicuro che non sarà la nuova Pizia dell’Oracolo di Delfi. Il posto l’ha già occupato Rachel-afferma, pescando una carta, senza distogliere lo sguardo da me.
:-E lui certo non è vergine-borbotto tra me e me, a voce bassa.
:-Ah ah! Ho vinto, Chirone!-esclama il Signor D, posando le sue carte sul tavolo.
C’è un minuto di imbarazzante silenzio, poi il Signor D si giustifica, imbarazzato:-Scusate, un riflesso incondizionato-. Cerco di nascondere un sorriso divertito mordendomi il labbro inferiore: non capita tutti i giorni di assistere a delle scuse da parte del Signor D. “Quanto lo odio”, penso.
:-Chirone, sono preoccupata per Josh. Di solito i mortali con il suo dono non finiscono tanto bene.
:-Beh, non tutti Alex. Ricorda Rachel: lei ora è la nuova Pizia. E la madre di Percy, Sally, è viva e vegeta.
:-Si. Ma dimentichi forse la povera May Castellan? O Arianna?
:-Beh, ad Arianna non è andata poi così male-interviene il Signor D.
“Si, infatti le andava talmente bene tutto  che Teseo, l’uomo che amava, l’ha mollata su un’isola. Poi è caduta dalla padella nella brace quando quella poveretta ha incontrato il Signor D e l’ha sposato. Quella povera donna non sapeva certo a cosa andava incontro” vorrei dire. Ma mi limito solo a pensarlo.
:-Alex, ci vuoi spiegare cos’è successo veramente?-chiede cortesemente Chirone.
Annuisco e comincio il mio “rapporto”. Gli racconto tutto, dall’attacco della Cavalla di Diomede all’intervento di Josh, tralasciando il fatto che quello era un appuntamento. È un dettagli abbastanza irrilevante, per lui. Non per me. Il nostro primo appuntamento era finito da schifo.
:-Una Cavalla di Diomede…non se ne vedevano in giro da tanto tempo.
:-Chirone, Josh può restare? Ormai è coinvolto, non posso mandarlo via così.
:-Per me va bene. Ma non conta solo il mio parere-dice Chirone, accennando, ovviamente, al direttore del campo Mezzosangue, il Signor D.
:-Infatti conta anche il mio!-esclama il Signor D-E non ho alcuna intenzione di far rimanere qui un mortale! Creerebbe soltanto guai!
:-Signor D, la prego-dico.
:-No! La mia risposta è no!
:-La prego, Signor D! La sto supplicando!-esclamo, disperata.
:-No! Sarebbe solo un peso morto per noi!
:-Mi assumerò tutte le responsabilità, ma la prego, lo lasci rimanere!-dico, ormai in ginocchio.
Si sente un tuono in lontananza, e il Signor D urla, anche se non sembra stia parlando con me:- No, no e no! Non voglio altre zavorre in questo campo!
Un altro fulmine squarcia il cielo della sera. Il Signor D, alla fine, sbuffa, infastidito:-E va bene! Che vuoi che ti dica. Per qualche oscuro motivo, mio padre, l’onorevole Zeus, è dalla tua parte oggi. Il mortale potrà rimanere, purché tu mi faccia un favore.
Annuisco, facendogli segno di continuare. Lui sospira e dice:-Il tuo fidanzatino mortale rimarrà se tu in cambio partirai domani stesso per portare al sicuro uno dei miei figli.
:-Accetto.
:-E allora sia come tu hai chiesto!-esclama.
:-Grazie, Signor D-esclamo a mia volta, abbracciandolo. –A proposito, Josh non è il mio fidanzatino!
Detto questo, saluto cordialmente Chirone ed esco per dare a Josh la splendida notizia.
 

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Capitolo 7
*** io e Josh al campo ***


Esco e mi dirigo verso l’infermeria della Casa Grande per dare la notizia a Josh. Lo trovo seduto su una sedia, mentre Grover gli fascia la ferita. 

:-Allora, vi siete divertiti in mia assenza?-chiedo, ridendo.

:-Un po’-dice Grover, ridendo anche lui.- Credo che il tuo amico qui non si sia ancora tranquillizzato!-esclama.

Vedendo che arrossisce, lo prendo un po’ in giro:-Beh, Josh, che c’è? Insomma, non dirmi che in tutta la tua carriera non hai mai visto un satiro!

Grover scoppia in una risata fragorosa, e io lo seguo a trotto. 

:-Dai, Josh, davvero?-chiedo, ora sono seria. -Sei spaventato da Grover? Guarda che non devi averne paura, insomma, ha paura persino dei conigli!

:-Ehi! Guardala dal nostro punto di vista! Quei conigli maledetti continuano a rubare il sedano a noi poveri satiri!-esclama Grover, indignato.

Finalmente Josh si rilassa e ride di gusto, io lo seguo. Poi dice:-Guarda che non ho paura!

:-Ma davvero?-chiedo, scherzosa.

:-No, ero solo un po’ stupito-spiega. In effetti ha ragione, di solito i mortali hanno poche possibilità di incontrare un satiro. Rabbrividisco, pensando che io, probabilmente, avevo la stessa espressione scema sul volto quando è capitato a me. Ma eravamo solo io, Grover, Luke, Talia e la piccola Annabeth.

:-Beh, come è andata?-mi chiede il satiro, curioso.

:-Bene, lui rimane. Però io devo partire.

:-Come sarebbe a dire?-mi chiede Josh.

:-Beh, quanti sensi può...-cerco di dire, ma non mi fa nemmeno finire la frase.

:-Ti hanno cacciata!-esclama Josh, preoccupato. Anche Grover lo sembra, ma non dice nulla.

:-Josh...-cerco di dire.

:-Ti ha cacciata! No, tu non vai da nessuna parte...-dice.

:-Josh...-ripeto, anche se so che ormai è inutile. Ormai è partito, e chi lo ferma più!

:-No, ma stiamo scherzando? Insomma, tu qui sei più al sicuro...-dice. Stavolta non mi sforzo nemmeno più di provare a interromperlo.

:-No, tu non vai da nessuna parte...piuttosto me ne vado io...si, ecco, tu rimani, io me ne vado...-continua, spedito, e, ancora preoccupato.

:-Josh-urlo. -Josh, tranquillo, non mi ha cacciata. Te lo giuro, non mi ha cacciata. Devo solo partire per fargli un favore.

:-Ah-dice. Poi tira un sospiro di sollievo:-Beh, meno male. Non avrei mai potuto sopportare che ti cacciassero per colpa mia. Fuori non sei al sicuro quanto qui.

:-Ma come hai fatto a convincere il Signor D?-mi chiede Grover, stupito.

:-Non chiedermi perché, ma, a quanto pare, suo padre è dalla mia parte.

:-Vuoi dire...almeno questo spiega i fulmini a ciel sereno-dice.

:-Aspettate un momento! Di che state parlando? Chi sono questo Signor D e... suo padre?-chiede Josh, confuso.

:-Josh, conosci un po’ di mitologia greca?-chiedo, cercando di essere comprensiva.

Lui annuisce, così continuo:-Josh, chi è il dio del vino?

Lo vedo pensare un po’, non gli dico altro e lo lascio fare due più due. Ad un certo punto esclama:-Il signor D è Dioniso! E suo padre Zeus!

:-Si, ma non dire quei nomi. I nomi sono potenti. Se tu, ad esempio, pronunciassi il nome del figlio di Paesifae, correremmo il rischio di trovarcelo contro.

:-Ah, ok-dice.

:-Quando parti?-mi chiede Grover.

:-Domani stesso, per andare a prendere un suo figlio e portarlo qui, dove sarà al sicuro. 

:-Almeno è un padre premuroso-commenta il satiro.

:-Non abbastanza di preoccuparsene personalmente-sbuffo.

:-Alex, sai che va così per tutti-mi rimprovera Grover.

:-Questo lo so, solo che, insomma, il Signor D non fa nulla tutto il giorno, a parte giocare a burraco!-sbotto, infastidita.

:-Calmati, Alex. Non pensare come lui.

:-Sembra una caratteristica comune per noi, quella di odiare gli dei-sbuffo di nuovo.

:-Già-afferma Grover, ridendo.

:-Sei proprio un cretino-borbotto.

:-Me lo hanno detto in tanti-dice, ancora ridendo.

:-E nessuno si è mai sbagliato-sussurro.

:-Beh, dove sistemiamo il mort...Josh?-mi chiede. Ha fatto bene, a chiamarlo per nome, sa fin troppo bene che non mi piace che trattino i mortali come esseri sconosciuti e fuori dal mondo.

:-All’inizio avevo pensato alla Casa Grande, ma non mi sembra il caso, darebbe fastidio al Signor D. Non c’è nulla che non lo infastidisca. E non ci sono case per lui. L’unica alternativa è la casa undici.

:-A quanto pare non abbiamo molta scelta, per cui la casa undici sia!-esclama, finendo di bendare la ferita di Josh.

:-Vieni, Josh-dico, prendendolo per mano e conducendolo fuori come un bambino.

Attraversiamo tutto il campo fino alle case. Non credevo che le cose fossero cambiate tanto. La casa uno era sempre la stessa, di bronzo, con dei simboli dei fulmini. La casa due, decorata con le immagini di pavoni, è sempre vuota, la sua patrona è la dea del matrimonio, per cui non va in giro a far figli con i mortali. La casa tre sembra venuta dal mare, le mura costituite da pietre intrise di coralli e conchiglie varie. La casa quattro, quella di Demetra, è sempre ricoperta da erba è tralci di piante. La casa cinque, quella di Ares, è rossa come il sangue, sembra che qualcuno l’abbia dipinta a secchiate. La casa sei è quella di Atena. La casa sette è quella di Apollo è completamente dorata, abbagliante. La casa otto è sempre vuota, la sua patrona, Artemide, ha fatto voto di castità. Quella di Efesto, la casa nove, somiglia più ad una fucina che ad un’abitazione.La casa dieci è sempre piena, a differenza di quelle di Artemide ed Era. Insomma, la patrona è Afrodite, come potrebbe non esserlo? Lei è la dea dell’amore. Da lontano si vedono le case successive. Quella di Iride è una macchia di colore, essendo tinta dei colori dell’arcobaleno. La casa di Eolo è completamente tinta in colori pastello, con il simbolo di un soffio di vento sulla bandiera. Quella di Meti è piena di allarmi e lucchetti vari. La casa di Ade è costituita da pareti di ossidiana e come simbolo ha un teschio. La casa di Nemesi è rossa e nera, come simbolo ha una bilancia, ma comunque piuttosto semplice. Invece quella di Eos è semplicemente...stupefacente. Le luci dell’aurora emergono dalle lampade, mentre le pareti sono a specchio e con la luce si riflette in colori differenti. 

Cerco di distogliere lo sguardo e mi rivolgo a Josh:-Josh, su andiamo. La casa undici è quella.

:-Quale?-mi chiede.

:-Quella laggiù-dico, indicandogli la capanna fatiscente. Lo riprendo per mano e lo trascino dentro. 

:-Be, non è tanto male-dico. -Guarda, tu puoi dormire lì-gli dico, indicandogli un letto.

Lo faccio sedere e poi scoppio a ridere:-Sai, sei fin troppo fortunato. Se fossi arrivato qualche anno fa, lotteresti per respirare. Prima non c’erano tutte le altre case, e molti ragazzi non venivano riconosciuti dai genitori, perciò dormivano qui. E, credimi, erano davvero tanti. 

:-Riconosciuti?-chiede, confuso.

:-Ah, si scusa, tu non ne sai niente. Beh, hai presente mio padre?

:-Si, credo-risponde.

:-Beh, ecco, si sa che io sono sua figlia no?
:-Si, direi di si.

:-Ecco, quindi mi ha riconosciuta come sua figlia. Non tutti prima erano così fortunati.

:-Quindi alcuni non sapevano chi fossero i loro genitori?-mi chiede.

:-Si-dico, triste. Cerco di riprendermi un po’:-Si, ma ora è diverso, grazie a un mio amico, Percy. E a mio fratello...

:-Tuo fratello?-mi chiede.

Annuisco:-Si chiamava Luke. Luke Castellan. Era un fratello dolcissimo. Me lo ricordo. Fu lui a trovarmi, avevo bisogno di aiuto, ero appena fuggita da un orfanotrofio. Avevo bisogno di una famiglia, e lui me l’ha data. Lui, Annabeth, Talia...per me sono stati come una vera famiglia. Dopo tanto tempo, mi rifecero vivere quel calore nel cuore che non sentivo da tanto tempo. Ovunque andassimo, se c’erano loro, io mi consideravo a casa.

:-La stessa cosa che provo io con Connor.

Annuisco, pensierosa. Mi siedo sul letto accanto a lui, persa nei miei ricordi:-Mi ricordo il giorno in cui scoprimmo di essere fratelli. Me lo ricordo fin troppo bene. Mi abbracciò, felice, e, al tempo stesso, sorpreso. Sorpreso perché non ci somigliavamo per niente. Io bruna, lui biondo. Io normale, lui bellissimo. Lui era scaltro, più di me. I miei lineamenti non sono elfici come quelli dei miei fratelli, e diceva che non possedevo un sorriso furbetto come il suo. Diceva che sono troppo onesta per essere la figlia del dio dei ladri, non ci poteva credere quando mio padre mi riconobbe come sua figlia. 

Faccio una breve pausa per riprendere fiato:-Puoi solo immaginare quanto fossi contenta, Josh. Per me lui era un esempio di seguire, lo consideravo il fratello maggiore perfetto. E lo era, finché...

:-Finché?-mi chiese, incitandomi a continuare.

:-Finché il destino non ha deciso di separarci, Josh. Un giorno succederà anche a te e Connor. Non sto parlando del classico destino felice, in cui vi separate per seguire la vostra strada, vivete in case separate e conducete la vostra vita, incontrandovi a cena la domenica. No, io parlo di quello che strappa gli esseri umani dagli altri. Parlo di quel destino che separa le anime dai corpi, mandandoli negl’Inferi. 

:-Oh, mi dispiace, davvero-dice. Vedo nei suoi occhi il luccichio della tristezza.

:-No, non c’è problema. Il destino ci ha solo separati troppo presto.Tutti muoiono, prima o poi. Anche gli dei. Prendi Pan, ad esempio. Ora Grover sta cercando di convincere gli altri spiriti della natura della sua morte.

Per un paio di minuti, nessuno dice più nulla. Poi lui si decide a cambiare argomento, scherzando:-Beh, questa sarebbe la casa dei figli di un dio? Mi aspettavo qualcosa di meglio!

:-Che ti aspettavi? Le case rappresentano il potere del proprio dio. Il padre di Percy, ad esempio, ha la capanna ricoperta di coralli. Mio padre è il dio di chiunque usi le strade, tipo i vecchi medici, i viandanti, i ladri. Per questo la casa è fatiscente.

:-Beh, in effetti è un po’...vecchiotta, ma non è tanto male. Ma è comunque vecchiotta.

Scoppio in una fragorosa risata:-Beh, dovrai abituartici.

:-Almeno ci dormirò solo una notte...

:-Come sarebbe a dire?-chiedo, sospettosa.- Vuoi dormire per terra, di fuori, così che le arpie possano divorarti?

:-Io domani vengo con te, no?

:-No-rispondo secca.- Tu rimani qui, al sicuro.

:-Invece vengo con te!-ribatte.

:-NO!-urlo. -Tu rimani qui, non ci sono discussioni. Ti metteresti in pericolo da solo.

:-Ma ci vedo, no? Potrei esserti utile!

:-Sei proprio un bambino, Josh.

:-E dai! Sai benissimo che ho ragione.

Credo che sia proprio questo quello che mi da fastidio. Ha ragione, potrebbe essermi utile. I mortali che posseggono la vista vedono meglio di noi semidei attraverso la foschia.

:-Sdraiati-gli ordino. Lui ubbidisce immediatamente. 

:-Dormi, che è tardi. Dormi-gli dico. Non so perché, ma l’istinto mi sta pregando di accarezzargli i capelli.

:-Ci penserai?-mi chiede, assonnato.

:-Dormi-rispondo.- Ci penserò, ma dormi, ora-dico, lasciandomi prendere dall’impulsività e accarezzandogli i capelli scuri. Dopo poco, si addormenta, e io fatico per staccarmi da lui.

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Capitolo 8
*** i miei fratelli ed io ***


Mi trovavo in armeria, stavo cercando una spada adatta a me, ma erano tutte sbilanciate. Erano tutte sbagliate: troppo piccole, troppo grandi, troppo leggere o troppo pesanti. Nulla andava bene.
Ne stavo provando una piuttosto grande, quando qualcuno sentoii dei passi. Mi voltai, e vidi Luke.
:-Che stai facendo?-mi chiese.
:-Stavo cercando una spada abbastanza bilanciata, ma non ce n’è neanche una adatta. Già la mia armatura è grossa di due taglie e mezzo…che cavolo potrò fare sabato, alla partita di Caccia alla Bandiera, se non a combinare guai?-chiesi.
:-Oh, stai tranquilla. Forse però è meglio se ne provi una più leggera, non credi?
:-Forse-dissi, sorridendo.
:-Vieni, su, accompagnami, che mi devo allenare-mi disse.
Annuii. Presto ci ritrovammo alla radura con il fiume che avrebbe fatto da linea di confine nella partita di sabato. Ogni tanto sentivi il verso di qualche mostro fuori dal campo, ma, per il resto, era uno dei miei posti preferiti.
:-Ti piacerebbe allenarti con me, a scherma?-mi chiese.
:-Non lo so…magari no, eh?
:-Perché?-mi chiese, incuriosito.
:-Beh, tu, ecco…non ti sai controllare tanto con la spada…e…girano voci…non…non vorrei che mi facessi  a pezzetti, o roba simile-farfugliai.
:-Ah, davvero? È questo quello che dicono di me?-mi chiese.
Annui, poi Luke mi innaffiò con l’acqua del fiume, ridendo.
:-Smettila!-esclamai, ridendo anch’io, tra gli schizzi. Mi abbassai e lo schizzai anch’io.
Lo sentivo ridere, mi piaceva la sua risata, così naturale, spontanea…mentre ridevo, mi arrivarono altri schizzi. Allora gli diedi una spinta scherzosa e cadde di botto nell’acqua. Non credo si fosse sforzato di rimanere in piedi, insomma, ho solo dieci anni, lui dodici, ed è più forte di me. Ridevo, mentre lui cercava di fingersi indignato, cosa che non gli riusciva tanto bene. Mi voltai per nascondere la mia risata. Fu quello il mio errore. Mi sentii improvvisamente afferrare per i fianchi e capii le intenzioni di Luke: mi stava trascinando giù. Mi sentii cadere nell’acqua del torrente con un tonfo. Vedendolo ridere di gusto, lo seguii. Continuammo a scherzare per un po’ nell’acqua, poi ci alzammo, completamente fradici e andammo ad allenarci. Sinceramente, dovetti ammetterlo, aveva ragione, in due era molto più divertente.
Ci allenammo fino al tramonto. Il resto della giornata passò in fretta, e, ovviamente, come tutti i giorni. Come tutte le sere, ci sedemmo al tavolo strettissimo della casa undici, sempre affollata, e, come tutte le sere, dormii sul pavimento con solo un sacco a pelo.
 
Il giorno dopo mi svegliai con i raggi del sole che mi illuminavano il volto, giocando a rincorrersi sui miei zigomi imperfetti. Guardai l’orario, erano le nove e mezza. Questa per me era una delle più importanti giornate dell’anno, ma, secondo me, avevano un po’ esagerato. Erano stati gentili, mi avevano lasciata dormire un’ora in più rispetto al dovuto.
Ringraziandoli mentalmente per quell’ora di sonno, mi diressi verso il bagno delle ragazze per farmi una doccia e tornai alla casa undici per darmi una vestita. Niente di diverso, una maglietta verde chiaro e un paio di jeans blu. L’unica novità fu l’elastico verde ( di solito non mi legavo mai i capelli) con cui legai i capelli lunghi in un’alta coda, per evitare che mi dessero troppo fastidio durante la giornata.
Mi diressi all’armeria per prendere la spada leggera che avevo usato il giorno prima e mi allenai, da sola, visto che avevo perso gli allenamenti di gruppo con gli altri. Mi concessi un paio d’ore, poi mi diressi alla postazione di corsa, come da programma di tutti i giorni. E lì tutto cambiò.
:-Ehi, Alex!-mi salutarono Luke e gli altri della casa undici. Mi sorrisero e mi fecero gli auguri.
Poi tornarono a correre con le ninfe, fin troppo veloci. Mentre mi preparavo a correre, pensai a quanto desiderassi, per almeno una volta, superarne una, almeno una. Cominciai a correre, le ninfe fecero altrettanto. “Però almeno due secondi di vantaggio me li potevano anche dare!” pensai. Corsi fino allo sfiatamento, arrivando al faggio con il drappo viola che segnava il traguardo. Quando lo raggiunsi, mi fermai, desiderando solamente cacciare la nausea che mi era presa, e rivolsi con fatica lo sguardo verso i miei amici della casa undici, che mi fissavano, ammirati.
Li sentii urlare:-Non ci si può credere! Ha superato tutte le ninfe!
:-Mai visto nessuno correre così veloce-mi disse Bree, una delle ninfe con cui avevo corso, rivolgendomi un sorriso elfico.
Vidi che stava anche per dire qualcos’altro, ma si limitò a fissarmi. Mi rivolsi di nuovo verso i ragazzi della casa undici, ma non stavano fissando me, stavolta. Stavano fissando qualcosa sulla mia testa. Alzai gli occhi e vidi una specie di ologramma, mi sentii girare la testa alla vista di quell’enorme caduceo rotante sulla mia testa.
Guardai di nuovo Bree, che mormorò:-Determinata.
Avvicinai ai ragazzi della casa undici, che mi sorrisero, Travis e Connor Stole mi diedero qualche pacca sulla spalla, soddisfatti. Ma la reazione che non mi sarei mai aspettata fu quella di Luke, colui che, fin dal primo momento, l’aveva negato. Mi rivolse il più bello dei sorrisi e mi abbracciò, forte.
:-Benvenuta in famiglia, sorellina-sussurrò al mio orecchio, il suo fiato mi faceva  il solletico sul collo.
Quando sciolsi l’abbraccio, tutti mi si avvicinarono e mi accompagnarono fino alla Casa Grande, per dirlo a Chirone. Non appena glielo dissi, mi sorrise anche lui, e mi disse:-Determinata. Bene.
Il Signor D si limitò a sbuffare, ma mi andava benissimo così.
Quella sera, al tavolo undici, fu tutto, come dire, più festoso. Tutti erano contenti, persino le ninfe. Mi alzai subito e mi diressi verso il braciere per fare omaggio a mio padre con una bistecca al sangue. Dopo cena restammo tutti alzati a cantare vecchie canzoni del campo accanto al fuoco. Stavamo cantando, quando sobbalzai, sentendo un abbraccio tenero. Abbassai lo sguardo e vidi la piccola Annabeth che mi abbracciava.
:-Sei contenta?-le chiesi. – Ora ho un sacco di fratelli!
:-Si-rispose, timida. Poi aggiunse qualcosa:-Sai, mi sarebbe piaciuto, averti come sorella.
:-Anche a me sarebbe piaciuto, cuginetta-ribattei con un sorriso.
:-Auguri-mi disse, porgendomi un fagottino. Lo aprii e ci trovai una bambolina intagliata nel legno.
:-Oh Annabeth-dissi, dandole un bacio sul capo- Grazie. È veramente bellissima.
Lei sorrise e tornò dai suoi fratelli e dalle sue sorelle, tutti figli di Atena.
Quando finimmo di cantare, andammo a dormire alla casa undici. Io tornai un po’ prima, per stare sola una decina di minuti. Trovai una scatola verde sul mio angolo di pavimento, con un biglietto. Sopra c’era scritto “ Auguri, con affetto” e un PS: “ Per difenderti, ora che sei grande”. Aprii la scatola e ci trovai dentro una matita per gli occhi con una scritta greca, dorata. C’era scritto “ἐπιβολή”. Le tolsi il tappo e subito si trasformò nella mia spada. Era perfettamente bilanciata, e bellissima. Guardai chi me l’ aveva mandata. Il mittente era “ Ermes”. Un regalo di mio padre. Lo ringraziai ad alta voce e mi sdraiai immediatamente sul mio sacco a pelo. Passò circa un’ora, quando sentii una voce che mi chiamava.
:-Luke-sussurrai.
:-Credevo stessi dormendo. Non volevo svegliarti. Comunque, scusami. Oggi mi sono proprio dimenticato. Auguri. So di non avere un regalo, ma a farti gli auguri ci tenevo…
Lo abbracciai, mettendolo a tacere, e dissi:- Non voglio nessun altro regalo da te, Luke. Me lo hai già fatto. Ho finalmente un bellissimo fratello. Ho finalmente una famiglia. Questo è il regalo migliore che potrei mai desiderare.
E, sinceramente, non mentivo. Strinsi la bambolina di legno, pensando solo a quanto fossi fortunata.
 

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Capitolo 9
*** Il mio amico Testa d'Alghe ***


Mi sveglio con i primi raggi del sole che penetrano dall’unica finestra della casa undici. Sarà l’alba, più o meno. I flashback di ieri sera mi assalgono, neanche fossi ubriaca. Mi sento stranamente pesante, poi mi rendo conto di cosa è successo.
Mi sono addormentata subito dopo Josh e non mi sono neanche alzata per dirigermi al letto accanto. I miei fratelli stanno ancora dormendo nei loro letti. Chissà che avranno pensato, vedendoci abbracciati? Divento subito rossa come un pomodoro, ma decido comunque di alzarmi, decidendo che preferisco rimanere all’oscuro. Mi dirigo verso quello che sarebbe dovuto essere il mio letto e mi ci infilo per un paio di minuti, mi rigiro nelle coperte per dare l’impressione che abbia dormito li ed esco di nuovo.
Vado a farmi una doccia veloce e mi cambio, mettendo dei pantaloncini corti, visto che siamo in piena estate e si muore di caldo, e una canotta nera, oltre che le immancabili Converse verdi. Poi mi lego i capelli castani in una coda, afferro un asciugamano e mi dirigo all’arena per allenarmi con la spada.
Prima che possa fare qualunque cosa, però, vedo una macchia scura, enorme, venirmi addosso.
Niente da fare, sono spacciata. Una scodinzolante Signora O’Leary mi viene addosso, inzuppandomi di bava di segugio infernale.
:-Basta, bella. Cuccia, signora O’Leary, cuccia!-esclamo, mentre continua a leccarmi la faccia, oltre che il resto del mio corpo. Ma poi si ferma subito e si mette seduta, scodinzolante. Le accarezzo dolcemente, pensierosa, quando sento una voce che mi distrae.
:-È incredibile! Per quanto sia il mio segugio infernale da compagnia, lei continua a preferire te!
:-Percy!-esclamo con un sorriso a trentadue denti. Gli corro incontro, abbracciandolo.
:-Come stai?-mi chiede, quando ci sciogliamo da quell’abbraccio. Abbiamo passato tanti guai insieme…
:-Abbastanza bene-rispondo, ancora sorridente. –E tu? Vedo che hai ancora una buona pellaccia, dopotutto.
:-Sono sopravvissuto al Titano del tempo! Insomma, nessun mostro può farmi la festa!-esclama, fingendo un’aria di superiorità. Io, invece, mi rabbuio. Il suo sorriso scompare vedendo la mia espressione.
:-Ehi, scusa. Questa era davvero brutta-si scusa.
:-No, non fa niente. Non è stata colpa tua…e sarebbe morto anche se tu…Lui è morto da eroe, almeno.
:-Mi dispiace tanto-sussurra.
:-Ho sempre gli altri-dico, facendo le spallucce. In realtà, non sarà mai tutto come prima. Mai. Lui non c’è più. Nessuno potrà mai sostituirlo, punto e basta. Ma non voglio sembrare patetica, così aggiungo:-Basta, basta! Stop alle cose tristi!
:-Sei sempre la stessa!-esclama, ridendo ancora.- Non sei cambiata di una virgola!
:-Neanche tu, Percy. A parte forse…-mi interrompo.
:-A parte cosa?-mi chiede, incuriosito.
:-…sei un po’ più…arrogante. E sei alto ben due centimetri e mezzo dall’ultima volta. E ti sono cresciuti di mezzo millimetro i capelli-rispondo, cercando di mantenere il mio debole sorriso.
:-Ah, così sarei arrogante?-esclama, prima che mi attacchi. Non riesco proprio a evitarlo, non oggi. Presto mi ritrovo piegata in due, mentre lui mi fa il solletico alla pancia, bloccandomi le gambe sedendoci sopra, mentre stringe i miei polsi con una mano.
:-Basta! Basta! Smettila-urlo tra una risata e l’altra. Il solletico è il mio punto debole.- Perseus Jackson, smettila immediatamente!
:-No! Ritira quello che hai detto-mi ordina ridendo, probabilmente divertito dal mio vano tentativo di liberarmi.
:-Mai!-urlo, continuando a ridere come una matta e a scalciare. Cerco anche di morderlo, ma schiva il mio attacco prontamente.
Un passo pesante mi fa intuire che la Signora O’Leary si stia avvicinando.
:-No, Signora O’Leary!-la ammonisce Percy.- Non la devi aiutare!
Lei subito si allontana, uggiolando. Ma io rifletto, mentre rido a crepapelle, su quello che ha detto prima. Se è vero, forse…
:-Signora O’Leary!-chiamo.- Signora O’Leary, liberami!
Subito lei torna e scansa Percy con una zampata delicata, per poi sedersi con la delicatezza di un elefante, avvicinandosi per darmi un’altra leccata.
:-Brava!-le dico, accarezzandole il muso, ancora stesa per terra, mentre mi massaggio la pancia dolorante.
:-Accidenti!-esclama Percy, ridendo.- È davvero assurdo! Il padrone sono io, e lei preferisce obbedire a te piuttosto che a me!
:-Non si vede mai abbastanza, Percy-sussurro, non mi sono ancora ripresa.
Lui mi aiuta ad alzarmi, mentre io mormoro:-Cretino.
:-Vieni con me al fiume?-mi chiede.
:-Dipende da cosa devi farci, al fiume-rispondo.
:-Una chiacchierata tra vecchi amici che non si vedono da quasi un anno.
Sorrido:-Allora, ok.
Ci dirigiamo al fiume e ci sediamo lungo la riva.
:-Allora, lavori ancora in quel bar?-mi chiede, all’improvviso.
Annuisco:-Si. Ma qualche giorno fa ho rischiato grosso, davvero. Se non fosse stato per Josh…
:-Josh?-mi chiede, incuriosito.
:-Ah, si, dopo te lo presento-rispondo.
:-Chi è?-mi chiede.- Il tuo fidanzato?
Non dico nulla. Solo il silenzio che lui prende per un si.
:-Com’è?
:-A te cosa te ne frega?-chiedo, sospettosa.
:-Vorrei che stessi attenta a…insomma, vorrei che stessi in guardia. Che tu scegliessi la persona giusta. Non so se mi piacerebbe vedere la mia migliore amica piangere come una fontana-dice, sincero.- Allora, com’è?
Sorrido:- Lui è carino. È paziente, molto paziente. È dolce, e gentile. E sensibile, ma anche coraggioso. Non credo abbia mai avuto paura per qualcosa. È buono. Crede nell’amore, glielo si legge in faccia. È sincero. Non gli piace alzarsi presto la mattina. È affettuoso e molto protettivo con le persone a cui vuole bene.
:-Ti picchia?-mi chiede, serio, fissando un livido sulla mia spalla.
:-Perché mi fai questa domanda?-chiedo, a mia volta.
:-Sai che ho un problema personale, con chi picchia o maltratta le donne.
:-No, tranquillo-rispondo immediatamente. – No, questo livido me lo sono procurato in una battaglia. Ieri sera siamo stati attaccati da una Cavalla di Diomede, Percy. Non mi picchia. Non è una persona violenta, non lo farebbe mai.
:-Beh, allora sembra che ti sia trovata il fidanzato giusto…ma se ti fa soffrire, tu me lo dici e io a quello gli spacco il naso, come minimo-dice, ancora serio.
:-Non è il mio ragazzo, Percy. Sono ancora una single.
:-Ancora?!-mi dice, strabiliato.- Ma dai, persino mi sono fidanzato prima di te!
:-Non mi importa. Io ho tutta l’intenzione di rimanere sola come un cane.
:-Come ti pare-dice.- Ma, da come lo descrivi, sembra che questo Josh ti piaccia molto, sai?
:-E allora? È una brava persona, tutto qui. E, anche se fosse? Non potremmo mai stare insieme Percy. Lui è un mortale. Lo metterei in pericolo. Anzi, lo è già così.
:-Come, in pericolo?-mi chiede.
:-Senti, cambiamo discorso, va bene?
:-Ok. E allora dimmi, Alex…come mai così mattiniera oggi?
:-Parto fra un paio d’ore, e speravo di farlo prima che Josh e i miei fratelli si svegliassero…sai quanto odi gli addii.
:-Come? L’hai portato qui?-mi chiede, preoccupato.
Annuisco.
:-Perché?-mi chiede.
:-Siamo stati attaccati dalla Cavalla. E lui…ha la vista, Percy. Sono preoccupata, volevo parlarne con Chirone.
:-Hai fatto bene. Ma secondo me, c’è un altro motivo per cui ti sei alzata presto. Insomma, tu odi svegliarti a quest’ora del mattino.
Purtroppo ha ragione. Solo Luke e mia madre mi conoscevano bene quanto lui.
:-Si-annuisco. –Io devo partire fra un paio d’ore in una missione di recupero per conto del Signor D. Ma lui vuole…Josh vuole venire con me. Speravo di partire il prima possibile e di mollarlo qui.
:-Hai fatto benissimo. Si sarebbe ritrovato in pericolo. Ma di motivo ce n’è un altro, vero?-mi chiede.
:-Come fai a capirlo?-gli chiedo, ridendo.
:-Beh, non sei mai stata brava a mantenere i segreti. Cominci a sudare.
:-Oh, miei dei, hai ragione!-esclamo, asciugandomi la fronte con il mio asciugamano.
:-Allora?-mi invita a continuare.
:-Non volevo essere vista dai mei fratelli. Ecco, ieri sera, mentre parlavamo, ci siamo addormentati insieme e non volevo che cominciassero a sparare cazzate come fanno di solito. Tu li conosci, Percy. Mi avrebbero presa in giro anche nell’Ade.
Sorride:-Bene, hai appena finito di sudare.
Sorrido anche io, quando, alla fine, gli chiedo:-Percy?
:-Si?-mi dice, incoraggiandomi a continuare.
:-Annabeth?-domando.
:-Se vuoi vederla, dovrai aspettare qui che si svegli.
Vorrei andarmene, ma Annabeth è come una sorella per me, e mi manca davvero tanto.
:-Va bene-dico. Vorrei tanto sapere come fa a convincermi sempre.
 

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Capitolo 10
*** Cavolo alla faccia da cucciolo! ***


Aspetto fino alle otto del mattino, passando il tempo ad allenarmi nella scherma con Percy. Devo ammetterlo, è migliorato molto, e l’invulnerabilità gli da molta più sicurezza. Ma io sono la sorella di Luke, il miglior spadaccino. Anche se mi fa sudare, alla fine, lo disarmo, com’è giusto che sia.
:-AH! Battuto da una…ragazza! Che schifo devo essere!
:-Come se fosse la prima volta che ti batto!-dico, ridendo. Percy è fantastico. Una delle poche persone che riescono a riportare ogni giorno un sorriso nell’incubo buio che è la mia vita di merda.
Continuiamo ad allenarci per un po’. Annabeth, appena sveglia, sapendo che Percy avrebbe passato la mattinata ad allenarsi, ci raggiunge li.
:-Ciao, Alex!-esclama, abbracciandomi.
:-Ciao, Annabeth-la saluto con lo stesso entusiasmo, ricambiando l’abbraccio.
:-Stai bene?-mi chiede, sorridendo.
:-Si-rispondo, ricambiando il sorriso.
:-E per…insomma, come…-cerca di dire, farfugliando. Ma io so a cosa si riferisce. A Luke, ovviamente. Cos’è, tutto ad un tratto è diventato l’argomento principale della giornata?
:-Sto bene-rispondo. In realtà non proprio, ma molto meglio rispetto a qualche mese fa, quando non facevo altro che piangere. Credo che lei se ne sia accorta, ma non mi chiede altro al riguardo. Per questo Annabeth è mia amica. Più o meno, lei condivide il mio stesso dolore. E siamo abbastanza simili. Lei mi capisce. Sa quando deve evitare certi argomenti, quando parlare e quando tenere chiusa la bocca. È molto intelligente.
:-Allora, ci siamo divertite ieri sera, eh?-dico, cercando di cambiare discorso, osservando il livido sul suo collo: un succhiotto.
:-Ehm, non è niente-balbetta, coprendosi il collo con i capelli biondi. Le sue gote si fanno rosse.
:-Com’è? Bravo?-chiedo, facendole l’occhiolino.
:-Ehm, boh…si…no…cioè, ecco…-farfuglia, arrossendo ancora di più.
:-Ti sei dato da fare, Percy-mi rivolgo a lui con un sorriso enorme, anche se il discorso precedente ancora mi brucia le budella.- Quel succhiotto le rimarrà per almeno una settimana.
:-Ehm…-balbetta, arrossendo anche lui. Solo gli dei sanno quanto ami metterli in imbarazzo. Non fanno altro che farfugliare, il che fa perdere loro sicurezza. È una specie di sollievo vederli privi di quella loro costante. Ti sembrano...più “umani”, in un certo senso. Rido di gusto.
Ci incamminiamo verso la Casa Grande, devo parlare con Chirone, ovviamente.
Quando entriamo, trovo una persona che credevo dormisse beatamente nel proprio letto.
:-Josh, che vuoi? Torna a dormire-dico, secca.
:-No-ribatte lui. –E se cercassi di svignartela senza di me?
:-È assai probabile -rispondo. È dieci volte più furbo di quanto sembri. Il che, ovviamente, guasta tutti i mei piani.
:-Ho già preparato i nostri zaini-dice.- Allora, ci hai pensato?
:-Si, ci ho pensato. E tu Josh, rimani qua-rispondo, secca.
:-No-ribatte, infuriato.- Io vengo con te.
:-No, è pericoloso-gli dico. –Già avrò la responsabilità di un altro mezzosangue. Non ti ci mettere anche tu.
:-Ma potrei esserti utile…-cerca di dire.
:-Fossi in te le darei retta-interviene gentilmente Chirone. -Potresti morire.
:-Josh, potresti mettermi in intralcio, venendo con me. E saresti in pericolo.
:-Ma…
:-Non la dovresti mettere di intralcio-si intromette il Signor D, intento a leggere un so che articolo sui vini.
:-Probabilmente, se andrai, morirai. Probabilmente divorato dai mostri-aggiunge Percy, seccato.
:-Che porti sfiga, moro?-chiede Josh, contrariato.
:- Io, sinceramente, incrocio le dita. Non ti uccido io solo perché ammazzerei anche lei-ribatte duramente Percy.- La metteresti in pericolo, non lo capisci?
:-Non morirà nessuno, fine della storia-mi intrometto, lanciando un’occhiata fulminante a Percy. Che ha oggi?
:-Oh, stai tranquillo-dice Annabeth. –Dalle del cioccolato e vedi che ti ci porta.
:-Cioccolato?-chiede Josh, interessato.
:-Annabeth, non incoraggiarlo!-le ordino.
:-Ne va pazza!-risponde Annabeth, facendogli un segno di intesa. Cosa gli sta consigliando? Di corrompermi con la cioccolata? Nemmeno per tutta la cioccolata del mondo, anche se lui potrebbe permettersela senza problemi. Con tutti i sogni che guadagna…
:-Non ci pensare, Hutcherson-sibilo.
:-Ok…allora, mi porti con te in questa missione di recupero o no?-chiede.
:-No-rispondo.
:-E dai! Tipregotipregotipregotiprego!-mi chiede, facendo una dolcissima faccia da cucciolo.
:-N…no, non puoi-rispondo, cercando di mantenere la mia posizione.
:-Ti prego!-mi supplica di nuovo, facendo ancora quella stupida, bellissima, adorabile e dolcissima faccia da cucciolo.
:-E va bene!-esclamo, esasperata. -Ma le condizioni le detto io!
:-Va bene-dice, entusiasta.
:-Cretino-borbotto, inviperita.
:-Quindi chi porti con te, oltre a lui?-chiede Chirone.
:-Porto Annabeth-dico, con un sorriso, mentre Percy si intristisce.- Sempre che voglia venire con me.
:-Spero che tu sia scherzando! Ovvio, che vengo con te!-risponde lei, sorridendo quanto me. I suoi occhi grigi come una tempesta brillano di quella che credo sia gioia.
:-E Percy-aggiungo.
:-Non si può, massimo in tre, lo sai bene-mi rimprovera gentilmente Chirone.
:-Non è la prima volta  che accade. E senza Percy, non vado da nessuna parte!-esclamo, contrariata, ma rispettosa.
:-Come vuoi-dice Chirone. –Buona fortuna.
Lo ringrazio ed esco, dopo essermi fatta dare, più o meno, l’indirizzo dal Signor D.
:-Alla fine ce l’hai fatta!-esclama Annabeth, contenta!
:-Alla faccia da cucciolo non resiste mai nessuno!-esclama con un sorriso.
“Bene, Hutcherson” penso. “ Un giorno ci resisterò io! Lo giuro su tutto ciò che ho. Che i giochi abbiano inizio”.


 Nota dell'autore: ok, sono molto contenta, perchè il primo capitolo ha raggiunto le 129 visite! Ma se mi arrivassero delle recensioni? Anche piccole? Anche negative o neutre?
Insomma, mi servono le vostre recensioni! Oltre ad aiutarmi a capire se commetto quanche errore, mi farebbe piacere conoscere i vostri pareri riguardo la mia fanfiction!
Cmq, spero che vi piaccia questo mio capitolo! Un bacio, buona lettura, e, mi raccomando, scrivetemi! :)

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Capitolo 11
*** Ma come faccio a perdonarlo sempre? ***


Io e Josh aspettiamo Percy e Annabeth ai piedi del furgoncino del campo, mentre loro due preparano gli zaini. Il silenzio invade tutto, in questo momento.
:-Alex?-mi chiama con un sussurro.
L’ho sentito benissimo, ma non rispondo. Guardo sempre il furgoncino del campo, interdetta e ben decisa a non rivolgergli la parola per un bel po’.
:-Sei arrabbiata con me?-mi chiede timidamente.
Per un attimo sono indecisa. Non so se optare la prima opzione, ovvero stare zitta, la seconda, cioè rispondergli o la terza,  ossia prenderlo a schiaffi. Alla fine, dopo un momento che mi è sembrato eterno, mi decido. “Vada per la due”, penso.
:-Non ti puoi rispondere da solo?-rispondo, sprezzante e, ovviamente, infuriata.
Sposta velocemente lo sguardo altrove. Che cavolo vuole? Insomma, è solo colpa sua! Fine del discorso.
:-Non capisco proprio perché non vuoi che venga con te-dice.
:-Te l’ho già spiegato! Saresti fonte di rallentamento e preoccupazione, per me e i miei amici! Probabilmente moriresti per uno scontro con qualche mostro! E avrò già un mezzosangue inesperto tra le mani! Non ho bisogno di preoccupazioni in più!
:-Ma potrei esservi utile! Tu dici che io possiedo il dono della vista, che riesco a vedere attraverso la Foschia! E allora, perché non approfittarne? Potrei vedere cose che voi non vedreste, accorgermi subito dei mostri. E ti ricordi ieri sera? Insomma, sono uscito vivo da una battaglia con una Cavalla di Diomede! Come minimo ce l’avrò, un’utilità! Potrei fare, che so, da guida nel mondo mortale. Insomma, ho anche abbastanza soldi. Potrei darvi ciò di cui avete bisogno. Un tetto dove dormire, o i pasti. E dei viaggi sicuri e comodi.
Mi interrompo per un attimo. Certo ha ragione. I suoi soldi ci sarebbero utili per tutto ciò che ha detto. Lui sarebbe utile per vedere ciò che noi non possiamo osservare.
Ma non mi importa dei suoi soldi. Non mi importa quanto potrebbe essere utile.
Non capisce quanto sia preoccupata per lui? Non voglio vederlo morire. Ho già perso troppo, per essere una persona sola, e sono troppo giovane per perdere altre persone. Non voglio che scompaia dalla mia vita. Prima l’ha fatto mia madre, poi i miei amici del campo. Ethan Nakamura, Michel Yew, Lee Fletcher, Silena Beauregard, Charles Beckendorf. Tutti i miei amici.
 E poi il più importante di tutti, dei miei amici del campo. Luke, il mio fratellone preferito. Lo amavo come qualsiasi sorella amava il fratello. Mai un attimo di gelosia fra noi. Ma in realtà, è stato esattamente il primo che ho perso, del campo. Si era schierato con Crono. Mi ricordo ancora quanto ho pianto, il giorno in cui Percy ci diede la notizia.
Ho ancora gli incubi, quando ho visto il corpo di Luke nella bara di Crono. Incubi, solo incubi, da allora. Ma è normale, penso. È ovvio, noi semidei non possiamo mai fare sogni decenti. Nell’unico sogno buffo che abbia mai fatto, dalla morte di mia madre, io ballavo il tip-tap, la samba e il tango con una formica gigante di quelle dei cartoni animati, di nome Terry.
Il sogno più normale che abbia mai avuto è stato quello in cui andavo a scuola e tutti mi tiravano le uova marce addosso, ma poi tornavo a casa e mia madre mi aiutava a pulirmi, mi abbracciava e consolava.
Mentre ci penso, una lacrima silenziosa attraversa il mio viso.
:-Ehi, che succede?-mi chiede Josh dolcemente. Una sola lacrima, cazzo, insomma, una sola unica, silenziosa lacrima, e, con tutte le cose che avrebbe potuto vedere in quel momento, lui vede la mia lacrima solitaria! Ma vaff’…
:-Josh-mormoro. –Non capisci?
:-Capire?-chiede, confuso. Non capisce davvero di cosa sto parlando? Oppure sta giocando sporco? Accidenti, quando mi viene da piangere mi si annebbia la vista e non riesco a capire nulla, ne a vedere la sua espressione.
:-Josh, non capisci quanto io sia preoccupata per te? Ho perso troppo nella mia vita. Non voglio vederti morire! Io…non voglio perderti come ho perso Luke e i miei amici. Sei un mio amico-dico, mentre altre lacrime mi solcano il viso.
:-Non mi perderai mai-dice.
:-Non è così. Se non sarà il primo mostro che incontreremo, sarà il secondo, o il terzo. E se io non potessi difenderti? Tu…moriresti. Raggiungeresti l’Ade. E mia madre. E i miei amici. E Luke.
:-Non lo farò. Non ti lascerò sola come loro-dice, abbracciandomi.- Te lo prometto.
:-Non prometterlo. Non fare promesse che non potresti mantenere. Io, Annabeth e Percy faremo il possibile, ormai te l’ho promesso. Ma se tu…se non riuscissimo…
Mi blocca le labbra con un dito:- Smettila. Sei troppo pessimista.
Tiro un sospiro lungo:-Forse, ma…
:-Stai tranquilla, se la caverà-afferma Percy, mentre si avvicina. Annabeth e con lui, sono mano nella mano.
Cerco di fare un sorriso, ma il tentativo è debole e patetico. Nonostante l’angoscia che mi è presa, cerco di scherzare:-Benvenute, colombelle!
Annabeth sorride, gentile, e mi si avvicina, asciugandomi le lacrime con un fazzoletto.
:-Tranquilla-dice, stringendomi il polso in una stretta di solidarietà.- Josh è grande, forte e vaccinato! Se la caverà.
:-Ma se noi non…-cerco di dire, ma lei mi interrompe.
:-Niente “ma”, ne “se” e nemmeno “però”. Ce la faremo, insomma, è solo una missione di recupero. Il pericolo è direttamente proporzionale alla difficoltà della missione. Questa è una bazzecola. Ce la siamo cavata benissimo anche in missioni peggiori. Come nel Labirinto di Dedalo. O la battaglia epocale tra noi semidei e il…nonno di Percy. Ce la faremo tutti e quattro. È matematico, no?
Annuisco:-Hai ragione-. In realtà ho ancora dei seri dubbi, ma, se lo dice lei…insomma, Annabeth è Annabeth, no? Figlia di Atena, dea della saggezza e della strategia militare. Se non lo sa lei, non lo sa proprio nessuno.
:-Forza, andiamo-mi incita quella che ora è una bellissima ragazza. Ricordo ancora quando era solo una bambina con i capelli biondi e gli occhi grigi.
Entriamo nel furgoncino dove Argo, il guardiano della sicurezza, ci aspetta. Ci saluta con un cenno. Non l’ho mai visto parlare. Si crede che, come il resto del suo corpo da surfista, anche la lingua abbia degl’occhi. Bleah!
Annabeth e Percy, i due piccioncini, si siedono vicini, mentre a me tocca stare vicino a Josh.
In un certo senso non mi dispiace, la parte fan del mio cuore è felice. Insomma, lui è sempre stato il mio idolo, e, in questo periodo, me lo ritrovo sempre vicino. E un’altra parte è sempre felice, forse molto di più della prima. Ma un’altra ancora, che sia maledetta, è arrabbiata, furiosa, e, soprattutto, tristemente preoccupata. Mentre le prime due fanno a gara di battiti e pulsazioni, questa è raggrinzita, ferma. Non batte.
:-Ehi, va meglio?-mi chiede, accarezzandomi la guancia con la mano. Il suo gesto, dolce e gentile, mi rassicura e, al tempo stesso, mi fa rabbrividire.
:-Un po’-mormoro, mentre la gola è ancora corrosa dai singhiozzi, mentre cerco di mantenere un sorriso, anche piccolo.
:-Ecco, lo hai fatto di nuovo. Perché cerchi sempre di sorridere, sebbene si veda benissimo che sei triste? Perché ti sforzi di fare in modo che la tua bocca dica una cosa, mentre i tuoi occhi ne rivelano una completamente diversa e dieci volte più sincera?
Lo guardo, confusa. Lui mi guarda e dice:-Davvero, dico sul serio! È veramente…esasperante! Perché cerchi sempre di sorridere?
Stavolta sorrido davvero, divertita, e dico:-Perché sono i sorrisi ad illuminare il mondo, Josh. Quando sorride, la gente è più felice, i malati guariscono prima. Un sorriso può voler dire qualunque cosa. I sorrisi sono la vita.
:-Solo quelli sinceri, però-aggiunge. –Quello di prima di sicuro non lo era.
Un attimo di silenzio, prima che mi sussurri, dopo avermi guardato intensamente:-Potrai mai perdonarmi?
Ci penso su per un attimo, ma alla fine mi decido. Dopotutto, era nella lista delle cose che gli avrei voluto chiedere se lo avessi incontrato, cosa che, ovviamente, è successa.
:-Solo ad una condizione-dico.
:-Quale condizione?-mi chiede, con un sorriso speranzoso.
:-Ti prego, non recitare mai più in un film horror! Vedendo Detention, due anni fa, ho rischiato di farmela nei jeans!
Ride di gusto, e rido anche io, mentre mi fa l’occhiolino e dice:-Si, si può fare.
Rido di nuovo. Poi mi chiede:-Scusa, ma non dicevi di aver vissuto roba peggiore?
:-Si, ma questo non vuol dire certo che io non abbia paura di nulla, Josh-dico, sorridendo. -Significa che, quando vedo i film horror, se proprio me li devo vedere, è meglio che mi porti i pannolini ed un sacchetto per il vomito!
Lui ride nuovamente, prima di chiedermi:-Ma di che cosa avevi paura, mentre guardavi quel film?
:-Beh…in un sacco di scene, tipo quando i protagonisti, te compreso, vanno al cinema a vedere il film e Cenerantola ammazza quella donna, dopo averla costretta ad aprirsi la pancia e a cercare un’ipotetica scarpetta fra le sue budella…anche se non ha avuto molto senso, perché lei, alla fine, muore comunque…quella in cui quel maniaco travestito da Cenerantola ammazza quella ragazza nella prima scena, anche se non c’era bisogno di darle tutte quelle coltellate…e quando taglia il braccio all’uomo mosca, quando si prendono a botte perché cerca di ucciderlo…e quando tenta di ammazzare la ragazza…sai, io non ho mai capito perché ammazza tutta quella gente…non è che me lo spiegheresti?
:-Beh, è semplice, perché lui è ancora vergine e gli altri no-mi spiega.
:-Ok, grazie. E il resto…tipo l’astronave a cui l’orso va incontro? O l’uomo mosca? E la ragazza che si è scambiata con la madre? Che senso avevano?
:-Questa si che è una bella domanda. Non lo so. Non è che avesse proprio senso, quel film-ammette, prima di aggiungere:-Senti, ma sapevi che era un horror?
Annuisco, così mi chiede:-E allora perché sei andata a vederlo?
Gli rispondo, coprendo le parole con un finto colpo di tosse.
:-Come?-mi chiede.
:-Perché mi hanno detto che ballavi-sussurro, imbarazzata.- E non mi sono mai persa nemmeno uno dei tuoi film, Hutcherson.
Penso che stia per fare una faccia del tipo “Oh cavolo, è una di quelle mie fan matte e incallite”, invece ride di nuovo.
:-Sei strana, Alex. Davvero. Io non so se sarei andato.
:-Per forza, che motivo avresti avuto? Ci hai recitato, conoscevi già la trama.
:-Si, in effetti. Comunque, dimmi un po’…come ballo?-mi chiede, curioso.
Faccio un enorme sorriso, prima di rispondergli:-Bene è dire poco.
:-Davvero lo credi? E a pensare che il regista mi sgridava sempre, dicendo che sbagliavo i passi…
:-Dico davvero, sei bravissimo.
:-Qual è il pezzo che ti è piaciuto di più, nella coreografia?-mi chiede ancora, curioso.
:-Quello iniziale, quando giri e finisci per terra e poi inarchi il bacino in quel modo strano…è figo-rispondo, trattenendomi dal rivelargli quanto sia sexy quando arriccia le labbra, in quel pezzo.
:-Quindi sei una mia fan incallita?-mi chiede, quasi deluso.
:-No-rispondo, ridendo, imbarazzata. –Tu eri il mio idolo, tutto qui. Mi è sempre piaciuto il tuo…modo di recitare, credo. Sembravi sempre tu, qualunque ruolo avessi. Come Steve e Peeta. Due personaggi completamente diversi. Eppure mi sei sempre sembrato te stesso. Solo te stesso. Quando ancora vedevo tutti i tuoi film, fino a poco tempo fa, la mia era solo ammirazione, tranquillo. Non sono mai stata una di quelle matte che ti sbava dietro.
 Ma ora…non ti considero più il mio idolo. Sei molto di più. Sei mio amico. Non per la tua fama o i soldi. Della fama non me ne faccio proprio nulla, e ho sempre avuto più soldi di quanti ne abbia mai spesi. Tu sei…speciale, come persona. Insomma, non so come dirlo, ma…ti voglio bene. Sei buono. E sembra che tu la pensi più o meno come me. Nel mondo mortale non avevo alcun amico. Tu sei stato…una svolta, per così dire. Sei un buon amico, Josh-.
Lui mi sorride e dice, osservandomi:-Mi fa piacere. Anche tu sei una buona amica.
Sorrido, veramente felice per quello che ha appena detto.
:-Ecco, questo è un tuo sorriso vero, di quello che piace a me-mi dice.
E io mi addormento pensando a quello che ha detto, felice.
 
Nota dell’autore: allora, prima di tutto voglio ringraziare Tortella per la sua splendida recensione, grazie, mi fa piacere, dico davvero.
Mi fa anche piacere il fatto che il primo capitolo ha raggiunto le 137 visualizzazzioni? Ma le recenzioni? Solo quella di Tortella? Aspetto ancora delle vostre recensioni, lo ribadisco. Davvero, mi è utile sapere quello che ne pensate dei miei capitoli! Spero che questo vi piaccia! Un bacione. :)
 

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Capitolo 12
*** Viaggio in treno. ***


:-Sei sveglia-sussurra una dolcissima, bellissima voce, riportandomi di colpo alla magnifica, quanto orrenda e terrorizzante realtà.
:-A quanto pare-mormoro, strofinandomi gli occhi con le mani, assonnata. Quando metto a fuoco ciò che mi circonda, arrossisco. Mi sono addormentata sulla sua spalla. È incredibile! Anche se la cosa più incredibile credo sia che non solo non ha spostato la mia testa, ma mi ha persino sistemata per mettermi più comoda, anche se, probabilmente, non lo era per lui.
:-Buongiorno!-esclama con un sorriso.
:-Buongiorno? È giorno?-chiedo, confusa.
:-Beh, controlla tu stessa, no?
Esco dal furgoncino e la luce mi assale.
:-Dove siamo?-chiedo.
:-In Pennsylvania-dice.
:-Allora ci tocca scendere-constato. -Il campo fa spedizioni solo fino a qui. Dovremmo arrangiarci.
:-Bene-dice Percy, scendendo anche lui, con Annabeth, mano nella mano. –Era ora di un po’ di avventura, non credi?
:-Sei il solito scemo, Percy!-esclamo. –Per una volta a me, invece, piacerebbe una bella missione tranquilla. Sai, tanto per cambiare!
:-Sei cambiata dall’estate scorsa!-esclama, fingendosi stupito. –Prima ti saresti buttata a braccia aperte nel mondo mortale alla ricerca di avventure.
:-Cretino-affermo. Prendo il mio zaino e saluto Argo, che, alla fine, è costretto ad andarsene. Mi guardo intorno, alla ricerca di, che so, una stazione.
:-Allora, come ci arriviamo a Phoenix?-mi chiede Percy. –Non vedo stazioni, nelle vicinanze.
:-Beh, qui non ce ne sono, ma possiamo prendere un aereo-si offre Josh. –I soldi da spendere di certo non mi mancano.
 Scuoto la testa, seria:-No, Josh. È meglio il treno…anche se non è proprio il più veloce.
:-Perché?-mi chiede, confuso.
:-Io non volo-gli spiega Percy, semplicemente. Se spera che Josh si accontenti di questa misera frase, si sbaglia di grosso. Lui ci guarda, confuso.
:-Suo padre, il dio del mare…-gli spiego-beh, è sempre in lite con il fratello, il padre del Signor D. Così, ecco, per lui è meglio non volare. Lui potrebbe, come minimo,…venire fulminato, ecco.
:-Non sai quanto ci spero!-sussurra Josh al mio orecchio, ma è ovvio che l’hanno sentito. Ridacchio, mormorandogli in risposta:-Deficiente.
:-Una volta ci ho provato. Ti ricordi, Alex? Quando siamo dovuti andare di corsa sull’Olimpo per riconsegnare la folgore? Avevo sperato che ci desse una tregua. Magari! È stato orribile, puoi credermi sulla parola!-racconta Percy, rabbrividendo al ricordo.
:-Beh, qui di stazioni non ce ne sono. Potremmo andare più avanti e chiedere indicazioni-propongo.
:-Ok-dice Percy, stancamente-Però fermiamoci a mangiare-. Annabeth annuisce, ancora più seria di me.
Camminiamo per un’oretta buona e, alla fine, entriamo in un bar. Ordiniamo dei cappuccini e dei cornetti e, mentre mangiamo,  chiediamo indicazioni al barista, un tizio con i capelli lunghi e untuosi.
Dopo averlo ringraziato ci dirigiamo alla Penn Station e prenotiamo i biglietti per il primo treno per il Kentucky, patria di Josh, che si è impuntato per pagarceli.
Dopo mezzora circa, arriva il treno e noi prendiamo posto. Quando il treno parte, mi rilasso.
Oh, quanto adoro viaggiare in treno! Con le immagini del paesaggio urbano che slittano l’una sull’altra, l’impercepibile velocità che mi culla.
Sorrido e appoggio la testa sullo schienale, sospirando.
:-Che c’è?-mi chiede Josh, divertito.
:-Niente-dico. -È solo che io adoro viaggiare in treno. Mi rilassa.
:-Non è male-ammette lui, con un sorriso a trentadue denti. Quel magnifico sorriso fa sembrare tutto perfetto.
:-Beh, che facciamo, vogliamo annoiarci fino a domani?-chiede Percy.
:-No, direi che abbiamo roba vantaggiosa!-dice Annabeth, facendomi l’occhiolino ed aprendo lo zaino.
:-Beh, si…avanzava un sacco di spazio negli zaini…così ho portato le carte-farfuglio.- Possiamo giocare, che so, a briscola, o a sette e mezzo…
:-In più noi abbiamo portato due libri per noi…ma se volete li potete leggere.
:-Previdenti, le signore!-esclama Percy.
Giochiamo a briscola e a sette e mezzo per un po’, fino a quando arriva la sera. Tutti cenano, tranne me. Io non ho fame, e il mio stomaco è talmente piccolo che ha le dimensioni precise di una castagna. Un pezzo di pane rubacchiato per me è sempre stato più di un pranzo completo.
Alla fine tutti dormono, tranne me. Io non riesco a dormire, sono nervosa.
:-Che c’è? Non riesci a dormire?-mi chiede qualcuno.
Sobbalzo. –Josh, credevo stessi dormendo!-sussurro.
:-Sono un attore, so fingere di dormire, grazie!-esclama.
:-Abbassa la voce, cretino! Li svegli!-mormoro, inviperita. Poi il mio tono si addolcisce:-Che vuoi?
:-Ti volevo chiedere una cosa. Ecco, senti…tu mi hai detto, al ristorante, ieri sera, che sei nata per fare quello che fai. Cosa intendevi?
:-Quello che ho detto, Josh. Ne di più ne di meno. È per questo che esistiamo, noi semidei. Siamo nati per proteggere l’umanità, “servire” gli dei e sconfiggere i mostri. La Cavalla di Diomede che ho ucciso ieri sera non rimarrà morta per sempre. Un giorno tornerà. Sono…archetipi, dice Chirone. Si rigenerano con il tempo. Noi moriamo. Loro no. Non muoiono mai veramente. Tranne in alcuni casi, come per le sorelle della Gorgone Medusa. Loro, dimenticate, scomparvero. Ma loro, di solito, tornano. E noi mezzosangue combattiamo nei secoli, impedendo loro di fare stragi. Siamo la speranza umana-gli spiego, atona.
Faccio un lungo respiro prima di continuare:-È il nostro compito, il nostro più grande dovere, e ne sono fiera, ma è anche la nostra routine. Non sai quanto abbia io stessa desiderato almeno di riuscire a fingere di essere normale. Forse è questo che mi manca davvero. La normalità. Sentire l’ansia nel giorno degli esami. Ridere con le amiche sotto una veranda, dopo aver scherzato per ore, chiacchierando e spettegolando sul ragazzo più carino della scuola durante un pigiama-party. Mangiare un’intera confezione di gelato al cioccolato dopo la prima rottura. Fare un collage con le foto fatte con il cellulare che, in teoria, al momento non dovrei possedere. Accarezzare un cane senza che si spaventi per il mio odore di mezzosangue. Avere solo una possibilità su un milione di vedere un tuo amico o un tuo familiare morire. È questo che mi manca. La normalità della vita mortale. Perché, se lo fossi, non sarei qui. No, sarei a casa mia, con mia madre, a ridere mentre prepariamo la torta di mele, festeggiando insieme il mio nuovo lavoro con il mio ragazzo, nell’enorme villa che un tempo era la mia casa. Mia madre non sarebbe morta, e non avrei mai conosciuto Luke-scuoto la testa-fidati, essere mortali è molto meglio.
:-Beh, tutto quello che hai detto, a parte forse l’affermazione su Luke. Non so, magari tua madre sarebbe morta per un qualche altro motivo. E tu potresti benissimo essere, mortale o meno, sotto una veranda, a spettegolare con delle amiche in un pigiama-party. Beh, non so cosa tu abbia contro i cellulari, ma il collage si può fare. E chi dice che non puoi avere un ragazzo? In più, fidati, le rotture avvengono più di quanto immagini, non dovrebbe essere difficile finire una confezione di gelato dopo una rottura. Conosco ragazze che vengono mollate almeno quattro o cinque volte al mese, e, fidati, pur di non rinunciare al gelato, fanno sport tutto il giorno. Persino io una volta…beh, è stato dopo che io e…Vanessa ci siamo lasciati…-dice, deglutendo con fatica-ho finito non una, ma due confezioni di gelato alla vaniglia. E perché non dovresti avere un lavoro?
Sorrido. Come si fa a non volergli bene? Nonostante tutto è sempre così ottimista e da speranza agli altri, anche se gli fa male. E riesce a farmi tornare sempre il sorriso, anche se fino ad un attimo prima ci si sente uno schifo. Come adesso.
:-Sono un’asinella che non ha finito la scuola-dico, ridendo.
:-Non hai finito la scuola?-mi chiede, stupito. –Come mai?
:-Beh, ho una laurea in giuridica, ma non ho mai finito le elementari ne fatto le medie e quattro anni delle superiori li ho saltati. Spesso mi chiedo anche io come abbia fatto a laurearmi. Quando ho cercato lavoro, ma non è andata tanto bene. Mi hanno riso in faccia.
:-Beh, sono dei veri imbecilli, allora!-esclama, sorridendo. Miei dei, solo voi sapete quanto è bello quando sorride. –Io ti avrei assunta subito.
Sorrido anche io, e poi mi chiede:-E perché non potresti avere un ragazzo?
:-Sono brutta-rispondo, secca.
:-Balle-commenta, ridacchiando.
:-Hai ragione!-dico, e per un attimo il suo sguardo si illumina di compiacimento, e quasi mi dispiace togliergli quella soddisfazione, aggiungendo-Sono solo diversamente bella.
:-Ma che fai, mi prendi in giro?-mi chiede.- Non sei tu la brutta, sono gli altri ad essere ciechi.
Sorrido:-E tu, sei cieco?
:-Scherzi? Io che ho la vista pura?-ridacchia di nuovo.
:-Sarei pericolosa per il mio ragazzo. Metterei a repentaglio la sua vita. E io non potrei mai perdonarmelo.
:-Smettila di sparare cazzate, per piacere.
:-Sei tu che mi prendi in giro. E tanto, anche se non sono brutta, sono comunque piena di difetti. Sono una musona, di quelle che si autocommiserano alla morte, una fifona che scappa davanti ad un film, e sono impulsiva, e decisamente la mia intelligenza equivale a meno ottomila. Sono avara. Mi arrabbio facilmente. Non la do mai vinta a nessuno, in una discussione. Ah, già, sono anche una bastarda. E aggiungiamo anche stronza all’elenco.
Lui ride di gusto e dice con sorriso:-Cos’è? Una frase con i significati contrari? Perché, altrimenti, hai proprio sbagliato. Insomma, non so se l’hai notato, ma al ristorante l’altra sera hai fatto sbavare più o meno la metà degli uomini presenti nella stanza, compresi quelli sposati. E non sei stronza, ne bastarda. Sei solo…un incrocio, come tutti, alla fine. Un incrocio genetico, se è quello che intendevi. E non sei avara. Sei parsimoniosa, tutto qui, non ti piace sprecare i soldi che guadagni con fatica.
E sei molto intelligente, riesci ad associare le cose alle altre e ad elaborare nel giro di pochi secondi. Sei dolce, e anche un po’ timida o spavalda, a seconda della situazione. Sei vittima della solitudine, ma riesci a trovare sempre il modo di non farlo capire agli altri, non vuoi che soffrano a causa tua. E sei generosa quanto amichevole. È vero, sei un po’ irascibile, musona e  impulsiva, ma coraggiosa. Ci vuole ardimento per ammettere i propri difetti-.
Sorrido. Insomma, mi ha appena descritto in una luce così positiva che vorrei crederci fino alla morte.



 Nota dell'autore: Ecco il nuovo capitolo! Allora, in primis, vorrei ringraziare:
_Josephina Jonas_ per la sua bellissima, e dico bellissima, recensione! E anche _Verooo e Katniss590, in più mi voglio scusare x nn avervi citate prima! Salve, salve! Allora, nuovo aggiornamento: primo capitolo, 146 visite! L'ultimo, 15.
Bene, bene, bene! Ora vorrei invitarvi nuovamente a recensire i miei capitoli! Mi raccomando! E un bacio grandegrandegrande! :)

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Capitolo 13
*** Incubo sul treno. ***


Alla fine, non so come, mi addormento. Capperi zozzi dei miei stivali, avrei preferito mille volte non farlo mai. Noi semidei non dormiamo mai bene, durante una missione. I nostri sogni devono per forza essere incubi premonitori, ricorrenti o comunque brutti. I ricordi orrendi, spaventosi e tristi sono compresi nel pacchetto.
Come vorrei non dormire mai. Rimanere sveglia in eterno. Si soffre di meno, da svegli, nella cruda realtà, dove non ci sono false speranze. Dove non ci sono illusioni. Dove non mi perseguitano gli incubi. Ne i ricordi che, da sveglia, riesco ad allontanare. Cosa che qui non riesco a fare.
 
:-Luke, smettila!-urlai, mentre mi faceva il solletico ai piedi con filo d’erba. E a pensare che fino a poco tempo prima stavamo discutendo dell’ultima partita di Caccia alla Bandiera. Ora invece si era distratto.
:-Ti prego, per favore, smettila! Ti supplico!-esclamai tra le risate.
Un raggio di luce che filtrava tra le foglie raggiunse il mio viso. In lontananza i versi dei mostri che girano attorno ai confini giungevano deboli alle nostre orecchie. Gli alberi della foresta nei confini del campo ci facevano da ombra, schermandoci dal calore sovrumano. Nessun essere vivente che non vivi nella lava bollente avrebbe avuto uno straccio di possibilità contro quel caldo afoso e umidiccio.
Eravamo sdraiati su una coperta da picnic. Avevamo portato un’intera confezione di lattine di Coca Cola e un paio di fette di pizza, sgraffignate al bar più vicino.
È una cosa che facciamo noi figli di Ermes. Rubiamo qualcosa, poca roba, di solito, in modo che nessuno ci scopri, e le forniamo ai nostri amici al campo. È una specie di mercato nero, immagino. In cambio di dollari o dracme, forniamo sottobanco bibite, cibo e carte da gioco, riviste, e roba simile.
Lo so cosa si potrebbe pensare, roba tipo : “ Guarda te che irresponsabile, insomma, tanto onesta, ma alla fine si mette a rubare, e bla bla bla”. Ma almeno noi siamo corretti, più o meno. C’è chi uccide per rubare di peggio! Noi invece rubacchiamo solo roba da poco conto, in piccole quantità, non facciamo male a nessuno, e, ogni tanto, se guadagniamo più del previsto, lasciamo loro un paio di dollari. E, in più, facciamo una specie…di servizio ai nostri amici. Insomma, è praticamente impossibile al campo trovare una lattina di Coca Cola. Ed è…mio dovere, in un certo senso. Rubare. Io sono la figlia del dio dei ladri. Ma io almeno rubo senza fare del male a nessuno e non tengo la roba che sgraffigno per me, il che mi fa sentire una specie di Robin Hood, e, in quel periodo, avevo davvero bisogno di soldi per prendere una casa in affitto non appena compiuti i sedici anni.
:-Perché dovrei? Sei carina di tuo, ma molto più carina quando sorridi, sorellina!-esclamò, continuando a solleticarmi la pianta dei piedi, mentre io, d’altro canto, continuavo ad urlargli di piantarla, di smetterla. Ma lui non lo fece.
:-Sei proprio…-cercai di dire, ma non ci riuscivo. Non potevo dirgli “sei uno stronzo”. Come potrei mai? Gli voglio tuttora un bene dell’anima e sento che per lui mi prenderei una pallottola al cuore. È Luke, dopotutto. Era Luke. Il mio fratellone…
:-Vaffanculo!-esclamai, strappandogli dalle mani quel maledetto filo d’erba del cavolo e riducendolo in minuscoli pezzettini. Con uno sbuffo infastidito mi sdraiai di nuovo sulla coperta.
:-Mamma mia, se diventi brutta quando dici le parolacce!-esclamò, assumendo un’espressione di finto disgusto e fingendo stupore, cosa che mi fece ridere e indignare al tempo stesso.
:-Ma anche tu le dici, e tu sei sempre bello, Luke!-esclamai, mentre la mia voce da bambina risuonava tra gli alberi. Come vorrei aver mentito, quel giorno. Purtroppo, è la verità. Lui è bellissimo. Il ragazzo biondo più bello che abbia mai visto. E io non sopportavo i capelli biondi. Non ho nulla contro di loro, è che fanno troppo “principe azzurro delle fiabe”. Tutti prima o poi lo capiscono. Noi per primi però.  Che le favole sono prese in giro, intendo. E i mezzosangue la prima cosa che imparano è che le fiabe sono tutte cazzate. Non esistono. Insomma, tanto, in qualche modo, moriremo, anche tragicamente, quindi non sprechiamo tempo utile con le illusioni.
Ma lui è sempre stato bello. Bellissimo è dire poco. Per me è sempre stato tutto, da quando l’ho conosciuto. Come potrei vederlo come un mostro? Insomma, è mio fratello! Per me sarà sempre bello. Non proprio come lo era  per le altre ragazze, soprattutto quelle della sua età, ma mi ci avvicinavo parecchio. Non mi ci sarei mai voluta fidanzare, è ovvio. Ma era bello come il sole, se non di più. E quando sorrideva, illuminato dalla luce, mi ritrovavo spesso sorpresa dalla sua bellezza.
:-Si, ma io sono un ragazzo, quindi le parolacce le posso dire. Tu no-spiegò con un sorriso a trentadue denti, interrompendo il flusso dei miei pensieri. Sorrideva così tanto solo quando era con me. Come se io fossi speciale. Come se fossi importante. Nemmeno con Annabeth sorrideva in quel modo. Il che, ovviamente, mi rendeva fiera. Molto fiera. Se solo avessi saputo…
:-Cos’è questo? Maschilismo, forse?-chiesi con una punta di orgoglio ben visibile.
:-Diciamo di si-sussurrò, facendomi ridere. Sapevo fin troppo bene che non era maschilista. Se lo fosse stato, mi sarei buttata da un ponte.
Io li odio, i maschilisti. Li ho sempre considerati un mucchio di cretini. Come quelli che vogliono far portare a tutte le donne del mondo il burqa, un velo di lana pesante che copre tutto, meno che una finestrella per gli occhi. O in alcuni paesi dell’Africa, dove rapiscono le donne, comprese le bambine piccole, e le trattano come mogli, che per loro valgono meno di un sasso.
Li ho sempre creduti dei cretini. Mi sono sbagliata, ho appena fatto un errore. Non sono cretini: sono stronzi.
:-È da tanto che non ci vediamo-disse, interrompendo nuovamente i miei pensieri e i miei istinti assassini. Purtroppo era vero. Era appena tornato dalla sua prima missione. Era partito e…finalmente era tornato, dopo tanto tempo. Tempo che mi era sembrata un’eternità.
:-Non direi che è andata tanto bene, vista la cicatrice che ti ha lasciato il drago alla guardia-sussurro debolmente, osservando la cicatrice che ha sul viso.
Il suo viso si rabbuia immediatamente, e io immediatamente mi pento di quello che ho detto. Sono troppo impulsiva, troppo indelicata. Certo, per noi mezzosangue è una cosa normale, ma alcuni di noi riescono a trattenersi. Come Annabeth. Lei non sarebbe mai così scortese. Avrebbe tenuto i suoi pensieri per se.
:-Luke-dico, cercando di rimediare. –Te lo giuro. Io non sono mai stata più fiera di te come lo sono adesso-. E non sto mentendo. Qualcosa mi dice che sarei stata sempre fiera di lui. In un certo senso, era vero. In un altro, invece…
Lui sorrise, ma il suo pensiero era altrove. Se l’avessi saputo prima, avrei immediatamente capito a cosa pensava. A cosa quel viscido gli metteva nel cervello, confondendolo. Ma io, ovviamente, non lo sapevo, a quel tempo. Morivo solo di dolore quando si svegliava nella notte, credevo che fossero solo semplici incubi quelli che lo facevano sudare freddo. Lui cercava di essere forte per me. Non lasciava trapelare mai la sua paura ne la sua disperazione, per proteggermi. Se solo ne avesse parlato…
:-Luke?-lo chiamai.
:-Si?-disse, dandomi la parola, tornando finalmente alla realtà.
:-Perché ti svegli, la notte? Insomma, non credo siano solo incubi. So che cerchi di non darlo a vedere, e infatti nessuno lo nota, ma io si. Ti conosco, ci vivo con te. Cosa credevi, che non me ne fossi accorta? Che me ne sarei fregata? Perché? Cosa sogni di così brutto e spaventoso? Cosa ti fa sudare freddo in quel modo?-chiesi, alla fine, non riuscendo a trattenermi, difetto del classico semidio. Si, siamo super-impulsivi e non facciamo mai girare per bene le rotelle del cervello.
:-Nulla-mentì lui, secco. –Sono solo incubi.
:-Luke, sono più piccola, non una cretina!-esclamai. Sapevo che mentiva, quando lo faceva gli si piegava quasi impercettibilmente la fronte e le pupille dei suoi occhi si restringevano leggermente.–Ti sento. Mormori nel sonno. Dici : “No, no, cosa devo…no! Lasciami stare…no…forse…lasciami”. Cosa sogni? Dimmelo. Posso aiutarti. Possiamo aiutarti tutti, qui al campo. Anche il Signor D, forse. E Chirone, lui potrebbe…
:-Non c’è nulla-ribatté duramente. –Non c’è nulla. E smettila di impicciarti degli affari miei.
:-Ma…-cercai di dire. E lui mi bloccò la bocca con la mano, me la premette sulle labbra con forza, in modo violento e rabbioso. Ma ora si era scoperto. Non è mai stato un grande stratega. Non lui. Non ragionava mai prima di agire. Ma l’altro, invece, anche troppo…
:-Zitta!-urlò con rabbia. Poi mi afferrò per il braccio e mi disse con furia:-Smettila! Lasciami in pace!
Poi se ne andò, silenzioso ma feroce, sbattendo i rami caduti ovunque, e scansando quelli degli alberi che intralciavano il suo cammino con foga. E io invece mi accasciai accanto all’albero su cui mi aveva sbattuta. Dolore. Sentivo dolore. Ma non era fisico, si era trattenuto, non mi aveva fatto male. Era dentro, il dolore. Bruciava, mi toglie l’aria dai polmoni, mi formicolava la pelle. Lui mi aveva esclusa da se, mi aveva vietato di parlargli, anzi peggio. Mi odiava.
E io odiai me stessa, per le cazzate che ho detto. Perché avevo parlato? Certo, senza il suo comportamento non avrei avuto la conferma che nel suo sonno ci fosse qualcosa di peggiore di un qualsiasi incubo, ma, almeno, non avrei mai sofferto così tanto. O si?
L’unica cosa che sapevo era che mi odiava. “E continuerà ad odiarmi”, pensavo. “E io non mi perdonerò mai. Mai.”
Mi afferrai la testa fra le mani, mentre i singhiozzi mi assalivano e le lacrime percorrevano il mio viso.




 Nota dell'autore:Ciao! Prima di tutto, signore e signori, vorrei ringraziare di nuovo _Josephina Jonas_ e Tortella, che hanno nuovamente recensito la mia storia! E, Tortella, grazie mille x aver inserito la mia storia tra le ricordate e le seguite! E ringrazio calorosamente _Simmiu_Zoe_Jackson_, drewshomey e, ancora, _Josephina Jonas_, anche loro hanno inserito la mia fanfiction nelle seguite!
In più sono contenta di poter dire che il primo capitolo ha raggiunto le 154  visite!!! Davvero, sono commossa!!!
Bene, carissime e carissimi lettori di fanfiction, spero di non avervi deluso con questo nuovo capitolo! Mi raccomando, seguite il loro esempio e scrivetemi recensioni (che, come già detto, mi aiutano ad identificare eventuali errori, ma mi fa soprattutto piacere).
Un bacio! E buona lettura! E " sur sum corda", anche se domani c'è scuola! :)

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Capitolo 14
*** risveglio e racconto. ***


Mi sveglio immediatamente, di colpo, e mi ritrovo la bocca bloccata con la mano. Come nel mio sogno. Anzi, un ricordo. Un orribile ricordo. Sento un liquido caldo sul mio viso. Ho paura. Non voglio riviverlo di nuovo. E se…questo fosse ancora l’incubo? Se non fosse finito? Se questa non fosse la realtà?
Tiro un sospiro di sollievo quando sento la voce di Josh sussurrare:-Zitta, così li svegli! Cosa ti salta in mente, urlare!
Mi toglie la mano dalla bocca e io mormoro il suo nome, ancora spaventata. Piango senza ritegno. Lo so, sono una frignona! E amen! Ognuno è quel che è. Ma bisogna considerato ciò che ho vissuto. Ho perso troppo. Troppo per una persona sola. Troppo che le mie spalle possano reggere.
:-Ehi, stai bene?-mi chiede, preoccupato, osservando la mia espressione. Probabilmente faccio paura, lo so bene. Le mie pupille si sono addirittura dilatate per il terrore.
Scuoto la testa, incapace di parlare. Lui capisce che non ci riesco.
:-Tranquilla, era solo un sogno. Solo un incubo, un brutto incubo. Non era reale. Tranquilla-sussurra al mio orecchio, abbracciandomi, cullandomi come una bambina per farmi calmare.
:-Non era un sogno, Josh. Io ho ricordato-mormoro, quando mi torna la voce. -I ricordi non sono frutto della fantasia.
:-Che ricordo?-mi chiede, cullandomi ancora.
:-Luke-mormoro debolmente, e la mia voce si incrina. –Tanto tempo fa…
:-Ne vuoi parlare?-chiede dolcemente, attento a non ferire i miei sentimenti.
Scuoto la testa, poi aggiungo:-Non con gli altri. Loro non possono veramente capire. Percy, forse, lui ha un fratellastro, Tyson, dovresti conoscerlo, è un simpaticone. Ma non sono legati come lo…eravamo noi. Prima della guerra.
:-Che guerra?-mi chiede, spiazzato.
:-Oh, lascia perdere-dico. –Quella è davvero una lunghissima storia.
:-Mi piacciono le storie lunghe-dice, incitandomi a parlargliene.
:-Josh, non ne voglio parlare. Fa troppo male. Ma ti prometto, che quando potrò, sarai il primo con cui ne discuterò.
Un minuto di silenzio, poi mi chiede:-Cosa è successo, nel tuo…ricordo?
:-Stavamo litigando. Proprio come quel giorno. Io…non mi facevo i cavoli miei a quel tempo. Lui…non stava bene. Ero preoccupata, gli chiesi perché stesse così male. Non me lo voleva dire. Certo, grazie a quella conversazione, ottenni un’ottima informazione: Luke nascondeva qualcosa. Ma…non ne è valsa la pena.
:-I litigi sono normali, tra fratelli-dice Josh.
:-Non il nostro, però. Se solo, quel giorno, mi avesse risposto sinceramente, forse…forse non avrebbe commesso errori. Avremmo potuto evitare tutto. Lui sarebbe vivo adesso.
Mi guarda, ma nel suo sguardo non c’è compassione, e mi chiede:-Perché non cerchi di continuare veramente a vivere? Perché non provi a…riporlo nel tuo cuore e smettere di cercarlo in ciò che vivi? Non staresti meglio?
So a cosa allude. A Luke, hai ricordi che ho di lui. Crede che io non lo  voglia dimenticare. Ma si sbaglia. Non tutti hanno sempre ragione. E lui stavolta non ne ha. Non sa niente, non può permettersi di dire niente.
:-Perché, credi non ci abbia provato? Credi che non abbia provato a…cancellarlo dalla mia vita? Anche troppo. Ci ho provato molte volte, troppe. Ma mi sbagliavo, tu non puoi capire.
:-Mettimi alla prova-dice, convinto.
Faccio un sospiro e dico:- Immaginati di perdere Connor. Come ti sentiresti? Al mio posto, proprio come me, ci proveresti, a dimenticarlo, e, ad un certo punto, scopriresti che è impossibile. È impossibile dimenticare le persone a cui vuoi un bene dell’anima. Io volevo bene a mia madre, ma non così tanto. Non c’era un legame così unito tra noi come c’era tra me e  Luke. È morta. Ma non avrei potuto reggere una seconda volta, lo sapevano tutti. Purtroppo non avevamo scelta. O lui, o il mondo. La scelta era praticamente ovvia. Non potevamo…abbandonarvi.
:-Abbandonarci? Intendi, la guerra…?-mi chiede Josh, confuso.
:-L’unica cosa che posso dirti, Josh, è che quel giorno, a New York, fu un vero caos. Nulla era a posto. E non fu l’unico luogo della Terra a rischiare. Prima New York, poi l’America, e, infine, il resto dei continenti. O tutto insieme. Voi dovreste essere tutti grati a Luke. Ha reso un servizio mondiale. Ha salvato il mondo, e, per farlo, ha sacrificato se stesso. Era coraggioso. Morì da eroe.
:-Allora, come ti sentiresti, al mio posto?-chiedo ,cercando di riprendere il discorso.
:-Una pezza da piedi sarebbe un eufemismo-mormora.
:-Già. Una pezza da piedi è dire poco. Ci si sente vuoti. Completamente vuoti. Senza uno scopo. L’unica cosa che si desidera è urlare. Urlare fino allo sfinimento. Riportarli in vita. Ci si prova, tra noi semidei, ma finisce sempre male, alla fine, la morte. La morte, accolta come un sollievo, permette di raggiungere le persone care. Una volta ci ho provato anche io.
:-Come hai potuto? Hai provato a suicidarti? Come?
:-Provai a gettarmi giù da una scogliera. Ma lui mi fermò-dissi, indicando il moro seduto accanto al finestrino, con la testa appoggiata al bracciolo. –Percy. Mi disse di non farlo. Che non sarebbe migliorato nulla. Che avrei comunque sofferto. Che Luke non avrebbe voluto. Lo ascoltai, sospirai e cercai di tornare indietro, ma scivolai e caddi in mare con un tonfo.
Mi fermo un attimo, per riprendere fiato e cercare di riordinare le idee. Guardo Josh. Mi fissa, preoccupato.
Ignoro il suo sguardo  e continuo, sorridendo:-Me la cavai. Solo un paio di costole rotte e omero fratturato. Non male devo dire. Se non fosse stato per lui, me la sarei vista peggio, anzi, probabilmente sarei morta. Percy mi salvò, utilizzando il potere che ha sulle acque. Mi attutì la caduta del sessantacinque per cento, come minimo. Mi ha salvato la vita. Appena sentito il tonfo, svenni.
Lo guardo di nuovo, è dieci volte più preoccupato. Certo, non credo che nel suo mondo roba del genere sia da poco conto come nel mio. Continuo sorridendo il mio racconto:-Mi risvegliai nel palazzo di suo padre, perfettamente ricostruito. Mi sentivo acciaccata, e la testa mi girava, mi sentivo la mente vagante come se fosse appena stata frullata. Percy e il padre, con il fratello Tyson, mi tennero li per qualche tempo, perché mi riprendessi. Quando le mie costole guarirono, mi riportarono in superfice. Ricordo come tutto mi sembrasse strano, dopo quasi un mese. La luce mi faceva male agl’occhi, non riuscivo a camminare, traballavo, cadevo ed inciampavo in continuazione. Anche l’aria malsana dello smog mi faceva male. Mi dava la nausea, quasi gli vomitavo sui piedi, poveraccio-rido, al pensiero, e mi sembra quasi di vedere un’ombra di un sorriso sul suo volto.
:-Beh, cos’è successo, poi?-chiede, preoccupato, ma curioso.
 –Mi riportarono a casa mia, quella che avevo affittato. Pensai che avessero finalmente deciso di lasciarmi in pace, e che avrei potuto ammazzarmi per bene. Ma mi sbagliavo. Dopo qualche ora, massimo tre, in cui avevo pianificato ben centouno modi per suicidarmi, arrivò una simpatica e pimpante Annabeth, accompagnata dal fidanzatino. Lei cercava casa e, visto che, giustamente, Percy non si fidava a lasciarmi da sola, mi avrebbe fatto da balia-guardia del corpo-controllore. Ero davvero arrabbiata, gli ho detto così tanti insulti che gli dei ora mi impongono la censura.
Lei badò a me per circa sei o sette mesi, fino a che non tornai completamente alla ragione. Mi faceva uscire spesso, ma non mi lasciava mai sola, nemmeno per andare al bagno. Nemmeno ad un appuntamento. Non poteva, Percy, come minimo, l’avrebbe strangolata. E nemmeno lei voleva. Mi vuole bene. Non avrebbe avuto pace se per un attimo di distrazione fossi morta. Quando capii che voleva aiutarmi, fui più disponibile. E, alla fine, tornai in me, persi gli istinti suicidi. E tornai, piano piano, a vivere. Venivano comunque a trovarmi, tutti i santi giorni. E, dopo tanto tempo, fui finalmente felice, anche solo per poco.
Lui sorride, i suoi occhi luccicano. È felice, forse perché non ero morta, dopotutto. Forse era veramente contento per me. Che, almeno una volta, dopo la morte di mio fratello, ero riuscita a trovare un po’ di serenità.
Fisso per un paio di secondi lunghissimi il suo sorriso mozzafiato, poi però mi spavento, sentendo uno strano cigolio e un rumore molto più forte. Lui mi guarda, ammutolito. Nei suoi occhi c’è il terrore, ceduto presto alla sua preoccupazione.
 

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Capitolo 15
*** Battuta di caccia alla dracena. ***


Un altro colpo giunge alle nostre orecchie, un suono potente, distruttivo, agghiacciante.
:-Josh, dobbiamo svegliarli-sussurro. –Ma non urlare, e soprattutto, fa dei movimenti lenti, calmi, nessun movimento brusco, ok?
Lui annuisce, serio, poi si alza e scuote lentamente Percy, mentre io sveglio Annabeth.
:-Cosa c’è, siamo arrivati?-chiede, assonnata.
:-Svegliati, dobbiamo andarcene. I mostri ci hanno trovati…di nuovo. Dobbiamo andarcene, ci faranno a pezzi.
Lei si alza, barcollante, e, per svegliarla, alla fine, non avendo altra scelta, le getto addosso un bicchiere d’acqua, e, finalmente, si sveglia davvero.
Ognuno di noi prende il suo zaino, e facciamo per scendere dal treno, anche se è ancora in corsa, quando, all’improvviso, sento un sibilo.
Mi giro lentamente, prima di storcere la bocca in una smorfia per il raccapriccio. Davanti a noi c’è una donna, soltanto che non è del tutto umana, è per metà…serpente, credo. I suoi piedi sono di pelle di serpente, ha persino la coda. Che schifo! L’insieme è davvero raccapricciante. Almeno, però, lei non ci vede, è troppo occupata a staccare una porta dai cardini.
:-Una dracena-sussurro all’orecchio di Josh, che è proprio accanto a me, mentre ci allontaniamo, in silenzio. –Ma è da sola…strano, di solito non viaggiano mai da sole, sono…come dire…unite fra loro. Probabilmente le altre staranno saccheggiando il resto del treno.
:-Allora, che facciamo?-chiede Percy.
:-Questi sono mostri minori, per il momento. Ma sono tanti, di solito. Non abbiamo scelta, dobbiamo fuggire-suggerisce Annabeth, frustrata.
:-Non possiamo andarcene!-esclamo io. –Morirebbero tutti i passeggeri, se ce ne andassimo.
:-E credi che rimanendo, cambieremmo qualcosa? Li metteremmo in pericolo, se restassimo-mi spiega.
:-Bene. Voi mettetevi in salvo. Tu compreso, Josh-dico, intuendo i suoi pensieri. –Rimango io.
:-Non ti lasciamo sola-esclama Percy, cercando qualcosa nelle sue tasche.
:-Cerchi forse questa?-chiedo, stringendo in mano una penna a sfera.
:-Vortice!-esclama, riconoscendo la penna a sfera. –Ridammela.
:-Scusa, Percy, ma non bisogna mai lasciare in giro roba preziosa in presenza di un figlio di Ermes, dovresti saperlo bene.
:-Ridammela-ripete, cercando di afferrarla.
:-Oh, no, Percy. Proprio non posso-dico. –Questa è mia.
Mi guarda, allibito:-Sai bene che mi ritornerà in tasca!
:- Non penso proprio, imbecille! Questa non è la tua penna a sfera. Non è vortice. Questa è la mia matita! La tua è dentro il tuo zaino! Ieri l’ho trovata in mezzo alla spazzatura! C
:-Oh. Scusa-dice, riconoscendo finalmente la mia ἐπιβολή.
:-Sei un cretino, e pure cieco. Forza, prendila. Annabeth, prendi il tuo coltello-ordino. Poi le chiedo:-Non è che ce ne hai uno in più?
:-Si, ecco-dice, porgendomi il manico di uno stiletto di bronzo celeste.
:-Tieni, Josh. Almeno così ti potrai perlomeno difendere. Tanto, non rischieresti autolesioni.
:-Oh, grazie-dice, ammirando lo stiletto.
:-Usalo solo quando sei in pericolo. E sta comunque sempre vicino a me, sarà più facile proteggerti.
:-Signorsì, signora!-esclama, fingendo un saluto militare.
:-E smettila di fare il cretino, sii più serio.
:-Ok-dice.
:-Nascondilo finché non te lo dico io. I mostri odiano il bronzo celeste-mi raccomando.
Poi prendiamo tutti le nostre armi e ci dirigiamo lentamente verso una delle cabine, proprio quella da cui si è sentito il rumore. Vedo un paio di dracene che stanno annusando la cabina, in cerca di qualche mezzosangue da divorare, immagino. Per fortuna, è vuota.
Mi avvicino di soppiatto e ne trafiggo una con la mia bellissima spada di bronzo, e subito si trasforma in sabbia, e la puzza di zolfo riempie la cabina. Poi immobilizzo la seconda, in modo che Annabeth possa chiedere:-Quante siete?
:-Non te lo dirò mai!-sibila quella.
:-Bene-dice Annabeth, mettendosi a scrutarle il collo. Pochi sanno che, a seconda della grandezza del branco, hanno un certo numero di macchie grigie. È una figata, così sei sicura di quante ne devi ammazzare.
:-Cinque. Sono cinque. Prima erano sei, ma una è diventata nera. Vedi proprio quella-dice, indicando quella più grossa. –Cavolo, hai preso di soppiatto il capobranco!
:-Cose da niente, direi-dico. Poi Percy, visto che avevamo ottenuto tutte le informazioni che ci servivano, la trafigge con Vortice.
:-Meno due. Ne mancano quattro-dice, come se stesse contando i bersagli da colpire in un videogame.
:-Andiamo-ordino.
Ci mettiamo alla ricerca delle altre quattro, perlustrando ogni cabina. Non trovandole, torniamo nella nostra, dopo quella specie di battuta di caccia alla dracena.
E le troviamo proprio li, intente ad annusare i nostri posti.
:-Ah, eccoli! Ci avete fatto sudare sssette camicie!-sibila una, girandosi per aver avvertito il nostro odore.
:-Peccato che oggi non divorerete proprio nessuno!-esclamo, lanciandomi all’attacco. Percy fa la stessa cosa, mentre Annabeth protegge Josh, proprio come io le ho chiesto.
Ne trafiggo una, stupita. Ma, purtroppo, le altre tre sono più preparate, e si scansano subito. Poi odo un grido di dolore, e vedo Josh, intento a tagliare il braccio di una dracena con il suo stiletto.
:-Josh, che stai facendo! Dovresti essere al sicuro!-esclamo, preoccupata, mentre il mio cuore batte, senza volersi calmare, come se dovesse esplodere da un momento all’altro.
:-Non sarei utile, eh?-dice, mentre trafigge la dracena, proprio sul cuore, e la puzza di zolfo riempie la cabina.
:-Non ho detto questo! Scansati, Josh! Togliti da lì-urlo, impotente. Sono troppo lontana da lui. Non posso aiutarlo, mentre una dracena gli graffia il petto. Il sangue esce subito dalla sua ferita.
Annabeth, che sta lottando contro la dracena, la trafigge, mentre Percy ne distrugge un’altra. Io, mentre loro lottano, sono impotente, sto fissando da lontano la ferita di Josh. Mi viene letteralmente da piangere, i miei occhi sono lucidi. Sento un urlo di dolore, la voce è femminile, ma non ci bado più di tanto.
:-Josh!-grido, mentre lo raggiungo, correndo.
:-Josh-ripeto, sussurrando, mentre sono china, accanto a lui.
:-Non è niente-dice. –Sto bene.
Sento gli occhi bruciarmi, le lacrime cercano di uscire. Ma non posso. Devo essere forte. Devo esserlo per lui. Trattengo le lacrime a fatica, deglutisco, faccio un profondo respiro, qualunque cosa, purché mi tranquillizzi.
Una volta calma, gli tolgo la maglietta che indossa, per vedere la ferita. Niente di grave, mi aspettavo di peggio, si è solo riaperta la sua recente ferita. Prendo dal mio zaino il kit medico di emergenza che ho portato, prendo l’acqua ossigenata e comincio a pulirgli la ferita con dell’ovatta sterile.
:-Ne posso prendere un po’?-mi chiede Percy. Ha la mia stessa espressione.
:-Certo-rispondo, porgendogli dell’altra ovatta bagnata con l’acqua ossigenata. -Come sta Annabeth?
:-Non è messa tanto male, ha una ferita sul braccio-risponde, atono.
Mi giro, vedendo Annabeth, seduta, con il braccio sinistro percorso da un taglio, poco profondo, dalla spalla fino al gomito.
:-Mi dispiace, Percy. Non sono stata di aiuto, lo so bene. Non valgo niente. Perdonatemi, se potete-dico, triste.
:-Esagerata-sbuffa lui. –Non è stata colpa tua. Io avrei fatto lo stesso, al tuo posto.
:-Vuoi delle bende?-chiedo, porgendogliene una.
:-Si, non sarebbe male-dice, afferrandola.
:-Si vede che gli vuoi un bene dell’anima-aggiunge.
:-Cosa vuoi dire?-chiedo. Cioè, so cosa significa in generale, ma non ho capito dove vuole arrivare a parare.
:-Ti ricordi, ieri, quando ho detto che se l’avessi ammazzato, avrei ucciso anche te?
:-Certo che mi ricordo, come non potrei, non ho mica alzheimer!-rispondo.
:-Beh, intendevo proprio quello. Daresti qualunque cosa, pur di salvarlo. Se morisse, ti trascinerebbe con se-risponde lui.
:-Balle-dico. –Va da Annabeth, invece di parlare con me. Ne ha più bisogno lei.
:-Come vuoi-dice, alzando le spalle, e va da Annabeth. E io invece bendo con cura il petto di Josh, mentre lui mi guarda con una strana luce negl’occhi.



 Nota dell'autore:Salve, salve! Ecco il mio nuovo capitolo, spero che abbia un po' più successo rispetto a quello precedente, e spero di non di deludervi, carissimi lettori! Buona lettura!

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Capitolo 16
*** Ricevo un consiglio dalle colombelle. ***


:-Alex?-mi chiede Josh con voce roca, mentre gli bendo la ferita. È bravo direi. È l’introvabile, bravissimo paziente ubbidiente. Il sogno di ogni dottore. Nonostante la mia indelicatezza, nemmeno un lamento esce dalle sue perfettissime labbra.
:-Si, Josh?-gli do la parola, gentilmente.
:-Perché lo fai?-chiede.
:-Fare cosa?-chiedo a mia volta. Non capisco sul serio. Perché mi fa una domanda del genere?
:-Perché tutte queste preoccupazioni? Lo so che cerchi di non darlo a vedere, ma il tuo viso impallidito e la tua fronte corrugata tradiscono la tua preoccupazione.
:-Perché mi fai domande sceme?-chiedo, evitando accuratamente di rispondergli.
:-Perché non mi rispondi?-ribatte, utilizzando il mio stesso tono di voce.
:-Scemo-borbotto. –Perché dovrei lasciarti morire? Sei mio amico, Josh. Non lo farei mai. Non guarderei mai vederti morire senza fare niente. Nemmeno con uno sconosciuto. Non potrei. Mi sentirei un’assassina. Io non uccido e non lascio morire nessuno. Nemmeno gli insetti, quando li trovo, per quanto disgustosi o strani possano essere, prendo un pezzetto di carta, o una foglia, ce li faccio salire e li lascio fuori dalla porta. Perché dovrei lasciarti morire, dopo questo stile di vita?
:-Si. Ma non era questo che intendevo. Ti sto chiedendo di dirmi perché ti preoccupi tanto per me, anche adesso.
:-E io ti ho risposto. Come potrei non esserlo, dopo che mia madre ha instaurato nel mio cuore un amore incondizionato per gli  esseri viventi? Che diritto avrei avuto di stare a guardare mentre una dracena ti privava della vita?
:-Quindi è questo…no, tu mi nascondi qualcosa!-esclama.
:-Forse si, forse no-rispondo io, facendo un sorrisetto divertito.
:-Che cavolo ti costa dirmi la verità?
:-Io l’ho fatto-rispondo, innocente. Anche se in realtà, proprio innocente non lo sono.
:-Bugiarda. Guarda, ti cresce il naso!-esclama.
:-Per quanto famoso possa essere, Hutcherson, nessuno, io compresa, è tenuto a rispondere alle tue domande-ribatto, seccata, alzandomi, visto che ormai ho finito di fasciarlo.
:-Non capisci proprio quanto sia snervante?-chiede. –Non capisci quanto sia…straziante per me non sapere quello che pensi, non leggerti?
:-No-rispondo. Anche se in realtà quel “no” dovrebbe essere un “si”. So benissimo quanto consumi la curiosità, quanto bruci l’anima il non sapere le cose, non sapere i pensieri degli altri. L’ho vissuto con i miei amici. Con Luke. Se avessi avuto il potere di leggergli la mente avremmo salvato moltissime vite, compresa la sua. E con lui, anche adesso.
Mi metto a sedere. So che è sconcertante, soprattutto dopo l’attacco, ma mancano al massimo un paio d’ore all’arrivo, e il treno continua la sua corsa.  Mi metto a leggere per un po’. Mi rilassa molto, mi permette di non esplodere, di mantenere la calma in qualunque situazione. Un po’ come l’acqua per Percy, soprattutto quella marina.
:-Ehi-dice una voce femminile, attirando la mia attenzione.
:-Annabeth-dico, alzando lo sguardo. –Come stai?
:-Ah, tranquilla, ho avuto ferite peggiori, lo sai bene-dice con noncuranza. In effetti è  vero. Ricordo benissimo la nostra seconda missione, in cui si è rotta le costole. O nella grande battaglia all’Empire State Building, quando è stata ferita da Campe, il mostro carceriere di Alcatraz. Per infliggere le ferite utilizzava spade avvelenate.
:-Perdonami, è stata colpa mia, non vi sono stata di alcun aiuto.
:- Ci sei stata di grande aiuto. Insomma, hai ucciso il capobranco, Alex. Ci vuole coraggio. E poi, non è stata certo colpa tua. Anche io avrei fatto lo stesso, se Percy…fosse stato colpito come Josh.
Josh. Il suo nome mi scava di nuovo una piccola voragine che fino a poco fa tenevo chiusa leggendo. Ho il cuore in gola, mi bruciano gli occhi, lucidi.
:-Cos’è successo? Avete litigato? Ti ha trattata male? Perché, se ti ha trattato male, lo ammazzo dieci volte, e poi gli do fuoco. E chiederò ad Ade in persona di mandarlo al Tartaro!
:-No, Annabeth. Non mi a trattata male, semmai io sono stata ingiusta nei suoi confronti. È questo che mi fa male. Che lui ha ragione. E io gli ho risposto talmente male che…soffre, e se soffre, io sto male quanto lui.
:-Lo so, credimi. Lo so bene. L’ho provato anche io, un sacco di volte-dice, lanciandomi uno sguardo comprensivo.
:-Si, ma per te è diverso. Tu e Percy siete fidanzati, vi amate. Noi no. Siamo…solo amici.
:-Davvero? Solo amici?-chiede, ridendo. Cosa c’è di divertente, mi chiedo io.
Io annuisco, e lei ride di nuovo:-No, non è possibile, grande e vaccinata, sei ancora nella fase della negazione? A me è durata anni, a Percy il doppio, ma eravamo ragazzini! Insomma, tu dovresti uscirne in poco tempo da questa fase cretina!
:-Fase della negazione? Smettila!-dico. Non capisco. Che cos’è la fase della negazione?
:-Ma dai, insomma, è evidente! Vero Percy?-dice, ridendo.
:-Si-dice, sedendosi accanto a lei.
:-Idioti-borbotto.
:-Che hai fatto? Sembra che tu stia per scoppiare a piangere-mi chiede il moro.
:-Ha litigato con Josh. Ma non ho capito bene perché-gli spiega Annabeth, seria.
:-Ti ha fatto qualcosa?-chiede, preoccupato.
:-No. Anzi. Lui mi aveva posto una domanda e…gli ho risposto talmente male…
:-Ah, quindi è con te stessa che sei arrabbiata, non con lui!-esclama la ragazza bionda.
:-Altro che architetto, Annabeth, capperi, vai ha fare la psicologa e smettila con le tue ipotesi cretine!-esclamo, stizzita.
:-Come vuoi-dice lei-ma secondo me, la cosa migliore da fare è parlarci. Il dolore non va mai via da solo-. Percy conferma e poi si allontanano.
Sto per andare da Josh, ma, pensando che stia dormendo, decido di non disturbarlo e mi rimetto a leggere. Dopo un minuto sento una voce che dice:-Viaggio al centro della terra? Cavolo, che figata, io ho fatto il film!
Abbasso leggermente il libro, e dico, stizzita di nuovo:-Lo so, conosco a memoria ogni singola battuta di quel film. Che vuoi, Hutcherson?
:-Voglio chiederti scusa. Non avrei dovuto…immischiarmi. Chiederti questioni private. Mi dispiace-dice, assumendo un’espressione colpevole.
:-Hai parlato con le colombelle?-chiedo, stupita.
:-Con chi, Annabeth e Percy? No, direi di no. Perché, se posso chiederlo?-domanda, incuriosito.
:-Mah, così, niente di che-rispondo.
:-Perdona la mia scortesia, Alex-dice gentilmente.
:-Perdonami tu, Josh-dico. –Mi dispiace, non avrei dovuto prendermela con te. Non mi sarei dovuta arrabbiare in quel modo.
:-Tutto come prima?-mi chiede, porgendomi la mano.
:-Anche meglio Josh-dico, stringendogliela. Anche meglio.
Sento un calore dove pochi minuti fa c’era una voragine. E la voragine si chiude.

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Capitolo 17
*** oh, il Kentucky. ***


Si prega i passeggeri di scendere con calma e di non dimenticare i propri effetti personali” gracchia una voce al microfono. Ma che cavolo, penso che questa sia la cosa più fastidiosa dell’arrivo: la voce stronzissima che la maggior parte delle volte non capisci a causa del trambusto.
:-Ah, il Kentucky!-esclama Josh, sospirando. –A casa, dopo tanto tempo.
Vedendolo così felice non posso fare a meno di sorridere come lui. Mi piace, la sua felicità. È…contagiosa. Quando si torna nella propria casa, tutto sembra più luminoso, meno cupo. Un calore riempie il petto dei viaggiatori in ritorno. So perfettamente come si senta, in questo momento. Ricordo perfettamente il mio arrivo al campo. Anche con la morte di Talia…mi sentivo a casa. Sentivo quel calore nel petto che riscalda dolcemente il cuore, come un focolare.
:-Allora, Josh. Oggi ci guidi tu-decido, convinta.
:-Sul serio?-mi chiede, guardandomi, stupito.
:-Questa è casa tua, ci sei vissuto. Ti do carta bianca. Mi pare ovvio che conosci il Kentucky meglio di noi. Io, per esempio, non ci sono mai stata, qui. Mai avuta una missione in Kentucky. Come Annabeth e Percy, se è per questo.
:-Davvero?-dice.
:-Beh, non avevo molte occasioni, mentre fuggivo dai mostri per andare al campo, una questione di vita o di morte-dico, come se fosse ovvio.
:-Ah, già-dice. –Peccato, è bello, il Kentucky.
:-Conosci un posto dove potremmo passare il resto della notte? Prendere un altro treno a quest’ora attirerebbe l’attenzione-dico.
:-Beh, un posto ci sarebbe-afferma con un sorriso a trentadue denti. Un brivido mi percorre la schiena.
:-Bene, dove?-chiedo, curiosa.
:-È una sorpresa-ribatte, ben deciso a non dirmi nulla.
:-Certo, perché io le adoro, le sorprese-borbotto.
:-Smettila di mugugnare e cominciamo a camminare, non è lontano, ma nemmeno vicino-dice.
Ci porta in una casa non tanto male.  Il giardino è bello e ben curato. I fiori, soprattutto tulipani e garofani, sono molto colorati e freschi che fanno un bel contrasto con le pareti bianche della casa, trasmettono gioia. Sullo zerbino c’è scritto “Welcome”. Più accogliente di così!
:-Oh, cavolo, non ce l’ho, mi tocca suonare!-impreca sottovoce, cercando di non farsi sentire. Io lo ignoro, cerco piuttosto di leggere la targhetta con il cognome che Josh copre con il suo corpo.
Ci apre una donna bionda, con una vestaglia a fiori, che si strofina gli occhi, assonnata.
:-Chi cavolo…-dice, poi spalanca gli occhi. –Oh, Josh! Sei tornato! Perché non ci hai chiamato, ti saremmo venuti a prendere! Chris! Chris! Svegliati, c’è Josh!
:-Mamma, smettila di urlare!-esclama Josh.
Oh cavolo. Ci ha portati dai suoi genitori! Oh, mamma mia, sto sudando come una scrofa, anche se non ha molto senso. Insomma, io sudo solo quando sono nervosa, e non ha senso essere nervosa. Ma, allora, perché sudo?
:-Mamma, senti, mi dispiace di non avervi avvertito e di essere qui a quest’ora, ma è un’emergenza!
:-Emergenza?-chiede la madre confusa. Io però non ci faccio troppo caso, sono troppo occupata a scervellarmi.
:-Si. È…difficile da spiegare…beh, abbiamo bisogno di un posto dove stare fino a domattina.
:-Si, non c’è problema, penso…ma tu e chi altro?-chiede la signora Hutcherson.
:-Beh, loro, ecco-dice, indicandoci.
:-Oh, piacere, sono Michelle-dice, stringendo la mano ad Annabeth e a Percy. Poi passa a me:- Il tuo nome, cara.
:-Alex. È un piacere anche per me, signora Hutcherson-dico, ricambiando la stretta.
:-Oh, Alex, per carità, chiamami Michelle-dice, e mi viene spontaneo sorridere. Poi però fa una domanda, a cui non mi sento di rispondere, ovvero:- Josh, è la tua fidanzata?
:-No-diciamo entrambi, arrossendo.
:-Peccato-dice lei. –Sareste stati carini insieme.
Arrossiamo di nuovo, poi Josh rompe il ghiaccio che lentamente si sta formando:-Però la coppia di colombelle c’è lo stesso…-dice, guardando divertito Annabeth e Percy.
:-Va beh, su ragazzi, entrate, cosa ci fate ancora lì fuori, all’addiaccio?-ci esorta la donna.
:-Che c’è, Michelle?-chiede un uomo moro, con la mascella prominente, non proprio alto.
:-Oh, Chris. È tornato Josh! E ha portato dei suoi amici, dormono qui stanotte, dicono che è un’emergenza!
:-Bentornato, figliolo-dice, abbracciandolo. Oh, cavolo, mi sembra di essere tornata nel passato. Luke, a casa sua. Anche lì mi ero sentita fuori posto, fuori luogo. Mi sentivo a disagio, inutile.
:-E tu chi sei?-mi chiede l’uomo. –La sua fidanzata?
:-No, signor Hutcherson-dico. –Sono solo un’amica. Sono Alex, e loro sono Percy e Annabeth, ma se vuole può chiamarli “colombelle”.
:-Peccato-dice. Uffa, cos’è questa? La giornata del “ Sei la fidanzata di Josh? No? Peccato!”. Uffa, mi sento diecimila volte più a disagio.
:-Benvenuti, allora-esclama.
:-Josh, mostra la camera degli ospiti-dice la madre.
:-Si. Buonanotte. E perdonatemi per avervi svegliato a quest’ora.
La madre gli fa un cenno per dire che non le importa, e Josh ci accompagna su per le scale, fino ad una stanza dalle pareti gialle come il sole, e due letti. Beh, no problem, direi, Annabeth e Percy dormono insieme e io sul letto da sola.
:-Grazie. È carino, qui-dico, cercando di riscaldare un po’ la gelida situazione.
Lui annuisce, sorridente:-Beh, buonanotte.
:-Buonanotte-diciamo tutti e tre all’unisono.
Quando esce, Percy si siede su uno dei letti e cade a terra, spiazzato, con la gamba del letto piegata e inservibile.
:-Oh, Percy, stai bene?-chiede Annabeth, preoccupata.
:-Tranquilla, tutto bene-risponde lui. –Solo che uno ora dormirà per terra.
:-Tranquilli, ci dormo io-dico, prendendo il materasso e mettendomici sopra, coprendomi.
:-Sei sicura?-mi chiede Percy.
:-Va a dormire, colombella!-dico, ridendo. –E spegni la luce.
Subito mi addormento, candendo in uno dei miei orribili incubi.
 
Mi sveglio, sentendo un cigolio. Ringrazio mentalmente il divino Morfeo per avermi dato un sonno leggero, e mi giro, vedendo Josh.
:-Josh, che ci fai qui?
:-Volevo vedere come stavate-si giustifica. –Perché dormi per terra?
:-Il letto si è sfasciato non appena Percy ci si è seduto. Il legno era troppo secco-rispondo. –Come se fosse la prima volta che dormo sul pavimento.
:-Alzati-dice Josh.
:-Vattene e lasciami dormire, Hutcherson!-esclamo, rigirandomi sul materasso.
:-No-dice. –Su alzati.
:-E perché?-bofonchio. –Lasciami dormire, sono stanca, Hutcherson.
:-No-ripete, e mi sento afferrare.
:-Lasciami stare Hutcherson!-esclamo di nuovo, furiosa.
:-Chiudi la boccuccia di rosa, per favore-mi chiede.
:-Idiota-bofonchio di nuovo.
:-Mamma mia, quanto sei fastidiosa, smettila di borbottare-dice, mentre apre una porta con il gomito.
:-Dove mi hai portata, Josh mettimi giù!-esclamo, quasi urlando.
:-Eccovi accontentata, signorina-dice, lasciandomi cadere su qualcosa di morbido.
:-Uffa, ma non ti avevo chiesto di stare zitta?-chiede, esasperato.
:-Senti…-dico, ma mi blocco, osservando la stanza tinta di azzurro, come le lenzuola del letto su cui mi ha posata. Sento le guance roventi, probabilmente sono più rossa di un pomodoro.
:-Sdraiati e dormi-dice. –Tranquilla, se vuoi dormo per terra.
:-Josh, è carino da parte tua, ma…-cerco di dire.
:-Buonanotte-dice, mettendosi per terra ed utilizzando un braccio come cuscino.
:-Hutcherson, io me ne vado-dico, alzandomi.
:-Inutile, ho chiuso la porta a chiave-dice.
:-Peccato, sai, è inutile. Una figlia di Ermes impara a scassinare le porte con una misera forcina all’età di quattro anni.
:-Beh, allora vattene-dice.
:-No, è comodo, il letto…e non mi va, oggi di dormire per terra. Insomma, non capita mica tutti i giorni di dormire sul materasso di Josh Hutcherson!-dico, sdraiandomi.
:-Beh, buonanotte-ripete, girandosi per terra.
:-Vieni qua, imbecille-dico.
:-Ma…
:-Ma non capita tutti i giorni di dormire con il mitico Josh Hutcherson!-esclamo con un sorriso. –So quanto sia scomodo il pavimento.
Lui sorride e gli faccio spazio. E subito mi addormento, di nuovo. È…fantastico. Per una volta, i miei sogni sono vuoti.
 

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Capitolo 18
*** Passato nel presente. ***


Mi sveglio con la luce che entra dalle tende azzurre della finestra.
“È straordinario!” penso. “Per la prima volta in tutta la mia vita, dalla morte di Luke, il mio sonno non è stato assediato dagl’incubi o dai ricordi. Un sonno sereno, dopo tanto tempo.
:-Ah, chebellochebellochebello!-esclamo, stiracchiandomi.
:-Come mai così di buonumore oggi?-mi chiede sorridente Josh mentre si strofina gli occhi, assonnato.
:-Niente incubi!-spiego con un sorriso enorme.
:-Niente incubi?-ripete. –Ma…è meraviglioso!
:-Che mi hai fatto, Hutcherson?-chiedo, minacciosa.
:-Come?-mi domanda, confuso.
:-Che mi hai fatto, stanotte?-ripeto.
:-Cosa…io non ti ho fatto niente!-esclama. –Perché?
:-Bugiardo. Probabilmente mi hai fatto un incantesimo, o roba del genere. Che mi hai fatto? Non dormivo così bene da anni!
:-Nulla, te l’ho detto-risponde.
:-Ah, beh, allora…grazie-dico.
:-Di cosa?
:-Perdonami, perdona la mia scortesia, ma il ringraziamento non era diretto a te-dico. –Scusami, stavo ringraziando il divino Morfeo di nuovo. Per una volta, mi ha voluto graziare.
:-Ah, quindi, a seconda di come gli gira, gli dei vi aiutano o meno?
:-Si, Josh. Come noi, litigano e si innamorano, provano sentimenti, e agiscono a seconda di questi. Si…lasciano trasportare. Il che è un bene e un male insieme. Bene perché, altrimenti, non ci saremmo noi semidei, probabilmente. Male  perché litigano spesso, il che è un vero problema. L’ultima lite…non voglio nemmeno pensarci…
:-Cos’è successo?-mi chiede, curioso.
:-Josh, conosci il significato della frase “non voglio nemmeno pensarci”?-gli domando, esasperata.
:-Evidentemente no!-esclama, sogghignando.
:-Uffa-sbuffo. –No, non…non ne voglio parlare, va bene? Non…non voglio.
:-E dai, sono curioso!-dice, facendo di nuovo la sua faccia da cucciolo.
Cerco di non fissarlo negl’occhi, di concentrarmi su quello che voglio io, di ignorare la sua espressione. Ma è tutto inutile, non posso non guardare i suoi occhi così maledettamente belli che dovrebbero essere illegali,  e alla fine mi perdo. E addio all’essere forte. La determinazione che mi ha caratterizzata nella vita  va al cesso, direttamente, e tira pure lo sciacquone.
:-E va bene!-esclamo, sbuffando, stizzita.
:-Faccia da cucciolo-determinazione: 2 a 0-borbotta con un sorrisetto divertito.
:-Zitto, che se no non parlo-lo ammonisco, e subito smette di parlare.
:-Allora, Josh, è un po’ difficile da spiegare…immagina che tu sia il re molto ricco e che io sia la duchessa. Immagina che io ti tradisca per usurpare il tuo trono e che ti imprigioni, e che ti liberi solo se tu mi prometta di essere un sovrano migliore. Tu come ti sentiresti?
:-Beh, credo che mi arrabbierei un po’-risponde, sincero. –Ma forse, dopo un po’ di tempo, potrei smaltire la rabbia.
:-Esatto. Immaginati però che il tempo per passare oltre non ci sia, e che qualcuno rubi il tuo scettro. Cosa penseresti?
:-Che un ladro mi ha saccheggiato casa?-chiede, ironico.
Scuoto la testa:-Josh, coerenza, su, un po’ di serietà! Quale ladro comune ruberebbe solo uno scettro, considerando il resto dei tuoi tesori? Quale ladro comune si accontenterebbe di rubare solo il simbolo maggiore del tuo potere?
:-Nessuno…ma forse, credo proprio che penserei che qualcuno desidera nuovamente usurparmi il trono.
:-Esatto. Ma nessuno è sospetto, al momento. E se quindi chi riterresti responsabile del furto?
:-Qualcuno che ha già provato a spodestarmi in passato. Quindi…la duchessa?
:-Esatto. Tu mi accusi, e scoppia una lite tra le nostre due casate. Così il nostro regno si divide in due parti, più o meno. Alcuni, come Atena, stanno dalla tua parte. Altri invece, come Ares, stanno dalla mia, più o meno. E tu, infuriato, mi poni un ultimatum, una data precisa in cui restituirti lo scettro. Ma io, per quanto lo voglia, non posso. Non l’ho preso io.
:-Quindi c’è stato un complotto?-chiede.
Io annuisco, seria:-Si. Ovviamente Atena, nemica del dio del mare, si è schierata con quello dei fulmini, a cui era stata rubata una Folgore.
:-Ma allora è stato accusato Pos…il dio del mare del furto?-chiede, sconcertato.
:-No, gli dei non possono rubare il simbolo di potere di un altro dio. Hanno accusato qualcun altro, proprio quando è stato riconosciuto.
:-Percy? Hanno accusato Percy?-domanda, più stupito di prima.
:-Proprio così. Il padre, avendo bisogno del figlio per essere riscattato, l’ha riconosciuto durante una partita di Caccia alla bandiera, in cui aveva steso un sacco dei ragazzi di Ares. Ma, anche se non l’avesse fatto, si sarebbe capito. Insomma, ogni volta che si bagna, diventa più forte, le sue ferite si risanano.  Annabeth l’aveva capito. Infatti, non appena si è scoperto, è diventata più acida del latte scaduto. Ha tentato di portare avanti l’antica rivalità tra sua madre e il padre di Percy.
:-Non ha avuto molto successo-commenta lui, ridendo.
Decido di continuare, ignorandolo:-Quando è stato riconosciuto, Percy è stato attaccato da un segugio infernale e subito il dio dei fulmini gli diede la colpa, convinto che il padre avesse ordinato al figlio di rubargli la Folgore.
:-E poi, che è successo?-mi chiede, come un bambino che ascolta una favola e vuole sapere se il principe ucciderà il drago.
:-Beh, poi Chirone gli ha affidato una missione: trovare la Folgore rubata e restituirla al sovrano degli dei entro il solstizio d’estate. Percy partì con Annabeth e Grover. Io non venni scelta, me lo impedì mio fratello, non voleva che mi cacciassi nei guai. Ma loro mi volevano con se. Così tentai  perfino di fuggire, ma mi scoprì. Solo dopo capii il senso del suo comportamento. Quando Percy partì, io non ero molto felice, volevo uscire. E alla fine,  ce la feci, dopo tanti sforzi. Contattai con l’ I-phone Percy, Annabeth e Grover, erano ad un parco acquatico.
Raggiungemmo gli Inferi con molti sforzi e, quando fummo vicino al Tartaro, le scarpe di Grover impazzirono. Erano le scarpe alate, un dono di mio padre a Luke. Dono che lui ha dato a Percy. All’inizio non ci accorgemmo di nulla, ma solo dopo capimmo. Al cospetto del dio degli Inferi, scoprimmo che anche il suo elmo dell’oscurità era stato rubato, ed era quello che cercava, non Percy ne la Folgore. Ma li la scoprimmo. Ce l’avevamo noi, la Folgore, nello zaino che ci aveva dato un alleato del padre di Percy. E allora capimmo.  Il dio della guerra, alleato del padre di Percy, ci aveva traditi. Si era schierato dalla parte del ladro, allettato da una guerra tra familiari. Percy lo sconfisse, e recuperò così anche l’elmo dell’oscurità e lo consegnò alle Benevole del dio.
E, per riconsegnare in tempo la Folgore in tempo, prendemmo l’aereo. Miei dei, non l’avessimo mai fatto! Il dio dei fulmini ci tenne in vita solo perché avevamo il suo simbolo di potere.
Lo portammo al suo cospetto. Io conobbi mio padre, e Percy suo padre. Lo vedevamo entrambi per la prima volta.  Parlammo agli dei del tradimento del dio della guerra, e tornammo al campo, dove trascorremmo il resto dell’estate.
:-Ma, alla fine, il ladro chi era? Un figlio del dio della guerra.
:-No, Josh. Percy, l’ultimo giorno al campo, andò nel bosco nei confini del campo con Luke, e parlarono. Mio fratello gli offrì perfino la coca cola in lattina, una rarità, al campo. E poco dopo, lo trovarono. Percy, intendo. Le ninfe dei boschi lo trovarono li, mezzo svenuto, con una puntura di scorpione dell’abisso sulla mano. Lo scorpione era a pochi passi da lui, tagliato a metà come fosse sushi. Dopo tre giorni, si svegliò. E io persi tutto.
:-Ecco perché non me ne volevi parlare-mormorò Josh, afflitto.
Io annuisco:-Gliele aveva date lui, le scarpe maledette.
:-E lui aveva rubato la Folgore e l’elmo, vero?
Annuisco di nuovo, e mi sento gli occhi bruciare, mentre dico:- Era un traditore. Ecco perché non voleva che partissi. Credeva che sarei rimasta coinvolta nella guerra. All’inizio, pensavo che desiderasse che gli dei si distruggessero a vicenda. Ma non era così. Lui…stava male, faceva sogni strani. Lui…sognava il nonno di Percy, padre del dio del cielo, del mare e dei morti. C’era lui, nel Tartaro. Percy sarebbe dovuto cadere nel baratro, trascinato dalle scarpe maledette. Lui avrebbe avuto la Folgore e si sarebbe liberato.
:-Dicevi che era un eroe…-mormorò.
:-Oh, Josh, no, lui è morto da eroe. Non ho mai detto che lo sia stato, in vita, prima della sua morte. Ma lo era, alla fine. Era l’eroe della profezia che credevamo destinata a Percy. E il bello è che gli dei si sono cacciati nei guai da soli. Insomma, se Luke non si fosse sentito ignorato da nostro padre, non sarebbe successo nulla. Se i tre pezzi grossi non avessero fatto quel giuramento, il nonno di Percy avrebbe vinto.
:-Mi dispiace tanto-dice.
:-Non farlo. Io sono felice che sia andata così, lui è felice. Sarebbe successo comunque. Vedi…il nonno di Percy l’aveva costretto a bagnarsi nello Stige, proprio come Achille, perché si potesse impadronire del suo corpo, come se fosse un’incubatrice, per rigenerarsi. Presto Luke sarebbe morto, e il Titano avrebbe vinto. Ma Luke è riuscito a lottare contro di lui, ha implorato Percy, ha quasi ferito Annabeth. Fu quello a risvegliarlo. Lui stava rompendo una promessa che le aveva fatto: proteggerla. Così si è pugnalato, e ha salvato il mondo. Io sono fiera di lui. Ma ora non c’è più. Mi è stato detto che è nel Campo degli Elisi.
:-Perdonami, non avrei dovuto chiedertelo-dice, asciugandomi una lacrima dal viso.
:-No, Josh, tranquillo. Mi ha fatto bene, parlarne. Davvero.
Non dice niente, si limita ad abbracciarmi. E il suo profumo mi riempie nuovamente le narici. Profuma di tutto ciò che è buono.
E alla fine mormoro qualcosa che avrei dovuto dire tanto tempo fa.
Alla fine mormoro:-Grazie.
E per non so quanto tempo, rimango tra le sue braccia.


 Nota dell'autore: Salve, salve. Ecco il mio nuovo capitolo, spero che vi piaccia, e, sopratutto, recensite! Un bacio! :)

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Capitolo 19
*** Scopro la magia dei pancake. ***


Sobbalziamo entrambi, sentendo la porta aprirsi.
:-Ciao, Josh, mi hanno detto che sei…-dice un ragazzo che gli somiglia in modo impressionante, ma si blocca, vedendoci ancora abbracciati. –Oh, scusa, scusa, me ne vado subito, non sapevo che avessi compagnia…
:-No, rimani pure, Connor…-dice lui.
:-Certo però che potevi avvisare, cavolo…-dice quello che, a quanto pare, è Connor, suo fratello.
:-Smettila, guarda che non stavamo facendo niente!-esclama Josh.
:-No, ma davvero? Io non credo proprio-dice con una punta di malizia, fissando il livido che ho sulla spalla, molto vicino  al collo. Arrossisco violentemente, coprendomelo con la mano.
:-Non è quello che pensi tu-sbotto, nervosa.
:-Davvero? Io non ci credo, …come hai detto che ti chiami, bella?-mi chiede, sorridendo malizioso.
:-Smettila, Connor-lo sgrida con un’assurda calma il fratello.
:-Zitto Josh, devo proprio capire come si è fatta quel livido questa graziosa fanciulla che hai abbracciato sul tuo letto-dice, con un tono di sarcasmo che proprio non mi piace.
Aspetta alcuni secondi prima di chiedere al fratello:-Ehi, Josh, ma la ragazza è muta per caso?
E allora mi parte, proprio non riesco a trattenermi, il mio cervello è partito per la tangente, così inizio a parlare, cercando comunque di trattenere i graziosi epiteti che mi vagano per la mente chiedendomi “Rivelaci, su, rivelaci!”.
:-Mi chiamo Alex, e non sono muta-rispondo, indispettita.
:-Ah, bene, Alex. Allora, dimmi, com’è Josh? Bravo?-mi chiede con un luccichio malizioso negli occhi.
:-Non lo so e non mi interessa saperlo, mai-rispondo, secca.
:-Davvero, non avete…?-chiede di nuovo con malizia, ma un po’ confuso. Bene, sto facendo crollare un castello.
:-Per la tua informazione, Connor-sbotto, imitando il suo tono di voce, alzandomi-io sono single, ancora vergine, e intendo rimanere tale per il resto della mia vita!
Mi dirigo verso la porta, la apro e, prima di chiuderla, dico:-E anche dopo la morte!
Sento da fuori la voce di Josh mentre litiga, che non ha fatto nulla. Nulla di nulla. Ma non ce l’ho con lui, semmai con il fratello.
Torno nella stanza degli ospiti e trovo Annabeth e Percy che ancora dormono, così li scrollo.
:-Sveglia, colombelle!-esclamo, scuotendoli.
:-Che c’è, Alex?-mi chiede la mia amica, sbadigliando.
:-Su, è ora di alzarsi!-esclamo.
:-Ok-dice, strofinandosi gli occhi. Poi si alza e viene in bagno con me, dove ci laviamo nel giro di pochi minuti, in fretta e furia.
Quando torniamo, troviamo Percy che dorme ancora.
:-Percy, su, alzati!-esclamo. Sento un mugugnare come risposta.
:-Smettila di mugugnare e alzati!-ordino.
:-E va bene, l’hai voluto tu!-sbotta, alzandosi di colpo. E arrossisco.
:-Oh, cavolo-sussurro, girandomi dall’altra parte.
:-Si, oh cavolo!-esclama, furioso. Si, direi che, per una volta, aveva ragione. E io torto. Insomma, era…in mutande.
:-Beh, come mai quella faccia, mai visto un uomo in mutande?-mi chiede.
:-Solo i miei fratelli-rispondo, vestendomi con Annabeth, mentre nessuno si guarda a vicenda, grazie agli dei.
Dopo che mi sono legata i capelli in una comoda treccia, scendo giù con loro.
:-Buongiorno, Michelle-saluto cordialmente la donna.
:-Buongiorno, cara-ricambia lei il saluto con un dolce sorriso. –Allora, dimmi, ti piacciono i pancake? O preferisci qualcos’altro?
:-Pancake?-chiedo, confusa.
:-Si, pancake-risponde Josh, mentre aiuta la madre ad apparecchiare.
:-Pancake?-ripeto. –Cosa sono?
Lo vedo trattenere una risata, mentre Annabeth e Percy mi guardano, allibiti.
:-Non sai…non sai cos’è un pancake?-mi chiede.
:-Direi di no!-rispondo, nervosa.
:-Mai mangiato, Alex?-mi chiede Percy. –Non hai mai mangiato i pancake a colazione?
:-Se è per questo, non faccio colazione da quando avevo undici anni-constato.
:-Beh, provali-dice Michelle, porgendomi un piatto con quelli che sarebbero i “pancake”.
:-Su, assaggiali-mi incoraggia Josh. –Sono buoni.
Cerco un posto a sedere, ma l’unico libero, oltre a quello vicino a Michelle, è quello accanto a Josh e, non volendo privare Chris della sua compagnia, scelgo l’unica altra opzione.
Quando siamo tutti a tavola, ne mangio un boccone, prima di prenderne un altro, e un altro ancora, fino a finire la mia porzione.
:-Beh, direi che le sono piaciuti-constata Josh con un sorriso.
Annuisco di nuovo, sorridendo. Ho scoperto perché piacciono così tanto, questi pancake. Sono dolci, ma così dolci, da farti vedere il mondo più…zuccheroso. Tutto sembra più dolci.
:-Sono…magici, questi pancake-dico.
:-Dimmi, cara, di cosa ti occupi?-mi chiede Chris, con un tono molto gentile.
:-Lavoro in un bar, a New York-rispondo.
:-Hai degli interessi particolari?-mi chiede Michelle.
:-Si può considerare il servizio sociale alla mensa dei poveri e le lunghe, solite, noiose passeggiate?-chiedo, a disagio.
:-Come, non…nemmeno uno sport, o qualcos’altro?-mi chiede Connor.
:-Si può considerare il furto, tra le attività?-chiedo con un sussurro all’orecchio di Josh, che ride, divertito, e mi fa un lieve cenno con il capo. No.
:-Beh, nemmeno la caccia ai mostri?-chiedo di nuovo, mormorando. Lui scuote di nuovo la testa.
:-Si, la scherma. La praticavo fino all’anno scorso, con…mio fratello-rispondo, a disagio.
:-Ah, poi hai smesso?-mi chiede di nuovo Connor.
:-No-rispondo. -Ha smesso lui.
:-E come si chiama?-mi chiede.
:-Si chiamava Luke-rispondo, tristemente.
:-Oh, mi dispiace, cara-mi dice Michelle, e, dal suo sguardo, so che non mente. I suoi occhi sono lucidi. Ma io sono una bravissima attrice, tanto quanto Josh.
:-Me ne rimangono altri-rispondo, alzando le spalle.
:-Oh, è tardissimo, dobbiamo andare-dice Annabeth, guardando l’orologio, salvandomi. “Grazie, Annabeth!” mormoro. Poi chiedo agli dei di ricordarmi di darle un abbraccio molto stretto.
:-Si, dobbiamo proprio. Lo sai, Josh-dice Percy, reggendole il gioco.
:-Si, avete ragione. Perdonateci, ma dobbiamo proprio andare-dice Josh.
:-Non potete proprio restare?-chiede Michelle.
:-Mi dispiace molto, Michelle. Ma dobbiamo andare. Quel…povero orfanello a bisogno di noi, Josh.
:-Ah, beh, buona fortuna-dice Chris, accompagnandoci gentilmente alla stazione.
E prendiamo un altro treno. E il viaggio ricomincia.



Nota dell'autore: Salve, salve! Ecco il mio nuovo capitolo. Perdonatemi se lo trovate troppo corto, e scusate il mio ritardo, ma è andata via la corrente mentre scrivevo e l'ho dovuto riscrivere tutto da capo!
Comunque, spero di non deludervi, che vi piaccia, e, soprattutto, recensite!
E sur sum corda, che domani è domenica!

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Capitolo 20
*** Disarmo il migliore tra gli spadaccini. ***


Una mano leggera mi sfiorò il volto. Aprii gli occhi, confusa.
:-Luke-dissi. –Che c’è?
:-Svegliati, su-mi esortò, strappandomi di dosso il sacco a pelo.
:-No, dai, per favore, lasciami in pace-bofonchiai, girandomi verso la parete opposta.
:-Se non ti alzi da sola, prendo un secchio d’acqua gelata-mi minacciò, trattenendo una risata.
:-E va bene, va bene!-esclamai, esasperata. –Uffa, però!
:-Sursum corda, sorellina. Ci aspetta un’altra grande, grande giornata!-esclamò, ridendo.
:-Vai al Tartaro-sbuffai, alzandomi, per correre velocemente verso il bagno delle ragazze e tornare dieci minuti dopo.
:-Sei veloce-constatò Luke. –Un minuto in meno rispetto a ieri.
:-Sta zitto, per piacere-sbottai, infilando in fretta e furia una maglietta beige e i pantaloncini.
:-Miei dei, te la sei presa così tanto?-chiese, mentre il suo sorriso si spegneva.
:-Il contrario del monosillabo a cui sicuramente stai pensando-risposi, senza degnarlo di uno sguardo.
:-No?-chiese, speranzoso.
:-Ti sei appena risposto da solo-sbottai.
:-Ma allora perché…?-mi domandò, ancora molto confuso.
:-Non lo so. Ma…ho paura. Credo che ti arrabbierai, oggi-mormorai.
:-E perché dovrei?-mi chiese, sollevandomi gentilmente il mento.
:-E che ne so? È più una cosa che sento, dentro la pelle-risposi.
:-Smettila di sentire questa roba, allora!-esclamò, soffocando una risata.
:-Dobbiamo andare ad allenarci, chi li sveglia oggi?-chiesi, cercando di cambiare argomento, riferendomi agli altri nostri fratelli.
:-Dipende…oggi è un giorno speciale. Potresti farlo tu, so che ti diverte un sacco-propose.
:-Grazie, Luke-lo ringraziai, sorridendo.
Poi andai a svegliare tutti gli altri nostri fratelli. È una cosa genetica da parte di padre, credo. Abbiamo tutti il gene del classico dormiglione.
Quando si furono alzati, corremmo tutti ad allenarci, prima a scherma, dove, per la prima volta, mi spinsi a fare qualcosa che non avevo mai fatto prima.
:-Battiti con me, Luke!-esclamai, facendomi avanti con la mia spada di bronzo celeste.
:-No, meglio di no, Alex-disse.
:-Che c’è? Hai paura?-chiesi, ridendo. –Il bamboccio ha paura! Non si vuole battere con la sorellina, se la fa addosso! Senti, ricordami di comprarti i Pampers per Natale, ok?
:-Come vuoi, ma poi non lamentarti se ti fai male-sbottò, mentre i suoi occhi si illuminavano di uno strano luccichio. E così capii di aver raggiunto il mio scopo.
:-Bene, cominciamo-disse, portandosi davanti a me, impugnando la spada. Mi fu offerto anche uno scudo, ma lo rifiutai. Lui era veloce, e lo scudo mi avrebbe rallentata troppo.
Cominciammo subito. Parò con velocità ogni mia mossa, ogni mia stoccata. Il suo sguardo era pieno di orgoglio. Ma anche io non fui da meno. Non commisi nemmeno un errore.
Ma, ad un certo punto, lo misi troppo in difficoltà. Usai quella mossa che ogni tanto mi faceva vedere. E lo disarmai, di punto in bianco. E mi sentii subito male. Tutti mi fissavano con gli occhi sbarrati. E  io avevo ferito l’orgoglio di mio fratello.
:-Luke, scusami-farfugliai, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi. –Non volevo che succedesse questo, volevo solo divertirmi e…
:-Scusarti di che?-chiese, sorridendo, mentre accettava gentilmente il mio aiuto.
:-Non…non sei arrabbiato?-chiedo, felice.
:- Il contrario del monosillabo a cui sicuramente stai pensando-rispose con sorriso.
:-No? Davvero?-chiesi.
:-E perché dovrei esserlo? Io sono molto orgoglioso di te, sorellina!-esclama.
:-Grazie-mormorai.
E poi una presenza mandò tutto all’aria. Un essere che non sarebbe dovuto essere li. Che fece arrabbiare Luke.
Nostro padre ci aspettava alla Casa Grande.

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Capitolo 21
*** Una vecchia paternale. ***


:-Padre-dissi, inchinandomi. Purtroppo, Luke non fece come me. Anzi, rimase in piedi, sprezzante, con lo sguardo carico di odio.
:-Alzati, Alexandra-mi ordinò, sorridendo. E subito, obbedii, rabbrividendo: pochi mi chiamavano con il mio nome completo.
:-Sono felice di vederti-farfugliai, nervosa, sapendo a cosa poteva comportare la usa presenza.
:-Anche io. Sono felice di vedere anche te, Luke. Come di voi. Sono contento di trovarvi entrambi in ottima salute-disse, sorridendo. Alla vista di quel sorriso, mi si illuminò lo sguardo. Mi sentivo felice, fiera di me stessa.
:-A cosa dobbiamo una tua visita?-chiese nervosamente Luke, irritato.
:-I vostri fratelli?-chiese gentilmente, ignorando apparentemente la domanda di mio fratello.
:-Sono ancora ad allenarsi-risposi con la stessa gentilezza. –Noi ci siamo allontanati per parlare con Chirone di una cosa…
:-Smettila di esitare, Alex-mi ordinò duramente Luke. –Diglielo quanto sei diventata brava nella corsa e nella scherma.
:-Potrei parlarti per un momento, da soli?-mi chiese Ermes. –Non per fare un torto a Luke, ma…te ne vorrei parlare in privato.
Cercai una risposta nel volto di Luke, ma, alla fine, annuii.
Entrammo in una stanza, e fummo soli. Osservai bene il corpo di mio padre. Chissà quando l’avrei rivisto di nuovo! Osservai attentamente il suo corpo atletico coperto da una comoda tuta estiva. .Riuscii a leggere la preoccupazione nel volto di mio padre.
:-Arrabbiato?-chiese il dio, evidentemente in ansia.
Io scossi la testa:-No, solo che la sconfitta brucia per tutti, immagino. Ma, quando è successo, non mi sembrava arrabbiato, anzi. Era felice, rideva. Ha detto di essere fiero di me.
:-Ne sono sicuro-rispose con gentilezza. –Ma tu sei intelligente, avrai capito che qualcosa non va.
Annuii, sincera:-Sono preoccupata. Si sveglia spesso di notte, in un bagno di sudore. E parla nel sonno, padre. Dice roba tipo “No, no, cosa devo…no! Lasciami stare…no…forse…lasciami”. E, quando ho provato a parlargli…-rabbrividii, mentre i miei occhi diventano lucidi al ricordo-non è andata tanto bene.
:-Si, ne ero certo-disse.
:-Cosa possiamo fare, padre? Cosa sogna di così terribile?-chiesi, in preda all’ansia.
:-Io nulla. Ma tu puoi-rispose. –Io sono un dio, ci è proibito fare favori, lo sai bene. Ma tu potresti fare qualcosa.
:-Cosa?-chiesi, disperata.
:-Stagli vicino, con il cuore, con l’anima se puoi. Rimanigli accanto anche per me, vuoi?
Annuii di nuovo e, prima di andarsene, mi sfiorò il braccio con un qualcosa di lontano, ma molto simile all’affetto.
:-Buon quindicesimo compleanno, Alexandra-mi disse, sorridendo come non mai. I suoi denti bianchi erano stupendi.
:-Grazie padre-balbettai, imbarazzata.
:-Oggi saresti maggiorenne, a Sparta-disse, con un pizzico di quello che mi sembrava orgoglio. Nei suoi occhi riuscii a scorgere un po’ di qualcosa che somigliava molto alla commozione.
:-Purtroppo non è così anche nel mondo reale-borbottai.
:-Sono a conoscenza del tuo desiderio-disse. –So quanto ti piacerebbe poter fuggire da qui, almeno dopo l’estate. Ma non vuoi, hai paura di tornare in orfanatrofio, vero?
Annuii, silenziosa. Aveva ragione. Non ci volevo tornare. Era un posto orribile. Mi picchiavano spesso, là. Ricordavo perfettamente tutto. Non ero più che un parassita, per le suore del mio orfanatrofio.
:-Vedrai, un  giorno rimpiangerai il tempo passato. Un giorno rimpiangerai tutto questo-disse.
:-Lo so, padre. Ma sono solo un’adolescente. Se non ora, quando potrò mai commettere le scelte sbagliate?-ribattei.
:-Non lo so, non puoi parlare con me di tempo, ormai non lo conto più-disse, alzando le spalle.
:-Padre?-chiesi, timidamente.
:-Si, Alexandra?-mi concesse la parola.
:-Pensate che un giorno mi sentirò davvero me stessa, da qualche parte? Pensate che, un giorno, sarò mai davvero felice?-domandai.
:-Chiedilo allo zio Apollo-disse con un sorriso, facendomi l’occhiolino come segno d’intesa.
:-Buon compleanno, Alexandra-disse di nuovo, prima che mi girassi perché potesse scomparire senza tramutarmi in cenere.
Dopo andai da Luke che, imbronciato, mi chiese:-Cosa voleva?
:-Voleva sapere come stavi-risposi. –Davvero, però.
:-E cosa gli hai detto?
:-Che eri super-geloso e che rosicavi perché ti ho battuto a scherma-sogghignai.
:-Vieni qui, furbetta-disse, chiudendo le braccia conserte. –Non me la racconti giusta.
:-Mi ha chiesto solo questo-risposi, un po’ sincera, un po’ bugiarda.
:-Va bene-disse. –Andiamo da Chirone.
Mi accarezzai il braccio, felice. Felice perché l’avevo visto. Avevo visto mio padre. Perché, in un certo senso, era fiero di me. Si preoccupava per Luke.
Non era come diceva Luke. Non era un cattivo padre. Non ci lasciava morire. In un certo senso, si preoccupava di noi. E, soprattutto, a modo suo, mi voleva bene.

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Capitolo 22
*** Allarme rosso. ***


:-Allora, quale treno copre più distanza, Josh?-chiedo, imbronciata. Ancora non mi è andata giù la “conversazione” con quel deficiente di suo fratello, Connor. Anche a colazione, l’unica cosa che volevo era sbatterlo al muro e trasformarlo in mangime per corvi. Anche se credo che, poverini, avrebbero avuto un orribile mal di pancia.
:-Il 15-D. Arriva fino in Nebraska-mi risponde, con un tono quasi meccanico.
:-Bene, allora prendiamo il 15-D-dico con convinzione del tutto falsa.
Prendiamo i biglietti e saliamo sul treno, sedendoci ai posti che ci sono stati assegnati.
:-Allora, Josh…-dice Annabeth, nel tentativo vano di fare conversazione. –A proposito di sport…tu ne pratichi?
Sbuffo, e, prima che risponda, mi butto, non riuscendo proprio a trattenermi:-Basket.
:-Come?-mi chiede Percy, confuso.
:-Basket, pratica il basket-rispondo, irritata. Ma è scemo?
:-Si, l’avevo capito. È solo che…non sembra un giocatore di basket…è troppo basso!-afferma, stupito.
:-Ehi!-esclama Josh, un po’ offeso.
:-Che c’è, nanetto?-chiede Percy, ridendo.
:-Non sono basso!-esclama di nuovo.
:-Hai ragione, nano! Sei diversamente alto!-lo deride il moro.
:-Beh, Josh, che vuoi? È vero, sei bassino. Accettalo e basta!-dico. –E tu, Percy, smettila di prenderlo in giro.
:-Come ti pare…ma secondo me, non è vero che fa basket!-borbotta.
:-Tu continua a non crederci, Percy, tanto persino io so meglio dell’interessato che sport fa-sbotto, irritata.
:-Come lo sai, a proposito?-chiede. –Insomma, è un po’ strano.
Divento rossa come un pomodoro maturo. Accidenti, e ora che cavolo dico? Mi sono praticamente data la zappa sui piedi!
:-Perché sei arrossita?-chiede Annabeth, trattenendo una risata.
:-Me lo hai detto tu, Josh. Alla cena, ricordi?-borbotto come scusa, cercando di rimediare alla gaffe appena commessa. Non voglio che sappia che io so.
:-No, veramente no-dice.
:-Beh, che vuoi, io me lo ricordo. Insomma, per me non era nulla di che, ma per te l’arrivo della Cavalla sarà stata la cosa più importante e spaventosa della serata-sbotto.
:-Ah, beh…no, proprio non ricordo-ribadisce, con una faccia da “finto tonto”, che, lo ammetto, per ora è giustificata.
:-Senti, Josh, dimmi un po’, che tipo di moto era la tua? Mi è sembrata figa-dico, cercando di cambiare discorso.
Lui abbocca come un pesce all’amo, e spiega:-La mia Christine un modello H6. Figo, eh?
:-Christine? Le hai dato pure un nome?-rido, sorpresa.
:-Beh, che c’è di male?-interviene Percy. –Insomma, io ho l’auto, l’ho chiamata Annie. E il mio patrigno ha cambiato la sua, dopo la guerra. Insomma, era conciata male. Quella nuova l’ha chiamata Sally.
:-Roba da ragazzi, lascia perdere Alex. Roba da cromosoma Y, del tutto assurda e impossibile da capire-mi consiglia Annabeth, un po’ annoiata.
:-Non proprio impossibile, Annabeth. Io, se avessi una moto, forse un nome glielo darei. Ma, al momento, l’unico mezzo che possiedo non è ancora stato progettato, non è ancora mai esistito. Si chiama L-JH29. È una figata-ribatto, alzando lo sguardo “al cielo”.
:-Come sarebbe a dire, scusa?-chiede Percy, confuso.
:-L’abbiamo progettato io e Luke al campo-rispondo con orgoglio assai evidente. –La moto più veloce, figa, bella e fantastica che non sia mai esistita.
:-Ti piacciono le moto?-chiede Josh, incuriosito e contento, direi.
Annuisco, sorridente:-Le adoro!
Io e Luke, durante i nostri giri di shopping illegale da mercato nero, ci fermavamo sempre davanti alle vetrine delle moto in vendita. Io ne sognavo una dai cinque anni. La velocità è sempre stata una cosa che mi ha fatta impazzire.
:-Non potevi dirmelo, l’altra volta?-chiese.
:-Me ne sono dimenticata. Ma io adoro le moto, questo è sicuro. Sono belle, super-veloci, e comode per viaggiare nel traffico.
:-Lo so!-esclama con enfasi. –Sono fantastiche.
Credo che nessuno si sia accorto che sto mettendo in pratica un pratico insegnamento del manuale della perfetta rimorchiatrice, regola principale: mettiti nei panni di un ragazzo, interessati alle cose che a loro interessano, come le auto e le moto, il calcio, basket, e così via, entra nel loro mondo, o, almeno, fai finta, e cadranno ai tuoi piedi.
In realtà, però, tutto ciò che so è sulle moto, forse un po’ con i videogiochi, Percy e Luke, insieme a tutti i miei fratelli, qualcosina me l’hanno insegnata, nei videogiochi.
E non sto usando questo trucchetto per rimorchiare, bensì per sviare la conversazione. Si, lo so, sono una furbissima manipolatrice, ho preso tutto da papà. Un vero talento di famiglia.
Poi, però, mentre parliamo sui vantaggi dei vari motori, ad un certo punto mi sento male, avverto troppo calore, troppa viscosità. Mi sento stranamente…umidiccia e appiccicosa.
:-Oh, oh-mormoro. –Josh, che giorno è oggi?
:-3 Gigno-risponde.
:-Cavolo!-esclamo, stavolta ad alta voce. Non ho tenuto il conto del tempo.–Annabeth, che li hai portati?
:-Portati cosa?-mi chiede, cadendo dal mondo delle nuvole.
:-Gli assorbenti, Annabeth! Allora, li hai portati?-chiedo con enfasi.
:-Alex-sussurra. –Non dovresti sbandierarle così, certe cose.
:-Beh, che c’è? È per loro?-dico, alludendo a Josh e Percy, che sono diventati due peperoni, ovviamente imbarazzati.
:-Beh, un po’, direi-sussurra di nuovo.
:-Smettila di fare la bambina, Annabeth! Sono adulti e vaccinati, anzi, credo che se non sapessero che ho il ciclo da un bel pezzo, li porterei da un medico per fargli controllare il cervello! Allora, ce li hai o no?
:-Si, si-dice, porgendomene uno.
:-Era ora, cazzo!-esclamo, un po’ arrabbiata, correndo verso il bagno. –Che ci voleva?
Ma, prima di andare, li sento dire qualcosa.
:-Oh, Josh, amico mio, sei fortunato, sai?-dice Percy.
:-Perché?-chiede.
:-Oggi era solo un po’ arrabbiata-risponde.
:-Un po’? Sei sicuro di non aver sbagliato i calcoli?-chiede.
:-Spesso…cede agli ormoni, è praticamente intrattabile. Ti taglierebbe la testa senza pensarci due volte. È vittima della sindrome mestruale-spiega Annabeth,
:-Di solito non le puoi parlare prima, dopo e durante le mestruazioni-spiega, come se fosse ovvio.
E io entro in bagno, non volendo più sentire quello che dicono.

Nota dell'autore: Salve, ecco il mio nuovo capitolo, spero che vi piaccia. Cmq, vi invito nuovamente a recensire, xkè da un po di tempo nn ne vedo nemmeno una, che sia una! E senza, un po' triste ci divento. E mi cola a picco l'ispirazione, peggio del Titanic.
Cmq, un grazie a tutti i lettori, e buonanotte! :)

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Capitolo 23
*** Litigata con Luke. ***


 
Quando torno dal bagno, dopo aver pianto a singhiozzi ed essermi lavata il viso dai segni delle lacrime, torno al mio posto.
Probabilmente ho una faccia da schifo. Succede sempre, quando ho il ciclo. E ho fame, sempre. Tantissima fame, talmente tanta che, se non trovassi mai del cibo nel giro di pochi secondi, potrei veramente mangiare qualcuno. Non sto scherzando. Ci ho provato, una volta, ho tentato di mangiare il braccio di un turista, una bellissima figurina di merda per la mia collezione.
E, soprattutto, sono stanca. Costantemente. Potrei benissimo dormire ventitré ore su ventiquattro, senza alcun problema, per svegliarmi tipo un’ora, e poi tornare a dormire per altre ventitré ore di fila.
Ma, probabilmente, la cosa peggiore è il mio caratteraccio. So benissimo che i miei amici hanno perfettamente ragione, non c’era alcun motivo per piangere. Eppure mi sono sentita infastidita. Anzi, peggio: delusa. Mi sono sentita delusa. Per quanta ragione abbiano, mi ha spezzato il cuore sentirli parlare di me alle mie spalle.
:-Ehi, stai bene?-mi chiede Josh, osservandomi. Probabilmente ho ancora gli occhi sono rossi, spiritati magari, e sono sicuramente pallida.
:-Certo che si-mento, decisa. Anche se, quando ho le mestruazioni, non sono mai brava a mentire come al solito. Ma, grazie agli dei, lascia cadere l’argomento.
:-Allora, questo è il penultimo treno?-chiede Percy.
:-Si, prima del ritorno, quantomeno-annuisce Annabeth.
:-Non vedo l’ora che tutto questo finisca-sbotto, stanchissima.
:-Cosa? Il viaggio o le mestruazioni?-chiede Annabeth, sfogliando una rivista.
:-Entrambe-rispondo, accasciandomi sul sedile.
:-Sei stanca?-mi chiede Josh, affettuoso. Forse anche un po’ troppo.
:-Si-rispondo, stropicciandomi gli occhi. Piangere non è stato di molto aiuto. Sono ancora più stanca, quando piango. –E mi fa male la pancia.
:-I signori desiderano qualcosa?-mi chiede una donna dagli occhi chiari e i capelli lunghi, biondo ramato dal sorriso gentile.
:-No, grazie-rispondono tutti, tranne me.
:-Io vorrei qualcosa da mangiare-rispondo.
:-Va bene. Ha richieste particolari?-chiede, gentile.
:-No. Qualunque cosa va bene, purché sia dolce, per favore-aggiunsi, temendo di essere scortese, ricordandomi che durante le mestruazioni è buona cosa mangiare dei dolci, non troppi, ma almeno un cubetto di cioccolato: aumenta la produzione di serotonina, l’ormone della felicità.
:-Arriva subito-risponde, allontanandosi.
:-Non è ancora ora di pranzo, come mai hai fame?-chiede Josh, confuso.
Prima che possa rispondere, Annabeth interviene:- Alcune donne con il ciclo consumano di più, per cui è normalissimo che abbia fame. E ha fatto benissimo a scegliere qualcosa di dolce: aumenterà la produzione di serotonina.
:-Serotonina?-chiede Josh.
:-L’ormone della felicità-spiega, continuando a leggere la sua rivista. –Tu Alex, però, ti fai un bel sonnellino subito dopo mangiato.
Annuisco:-Non vedo l’ora.
:-Ecco qui la sua ordinazione-dice la donna di poco fa, portando con se un vassoio con una camomilla e dei biscotti al cioccolato.
:-Grazie-dico, iniziando a mangiare, molto affamata.
Dopo due secondi, ho già finito. E, in modo egoistico, non ho lasciato mangiare nessuno, a parte me.
:-Wow, che velocità!-esclama Josh.
:-Di solito ci mette di meno-constata Percy, continuando a leggere.
:-Non c’era poi molto da mangiare-rispondo, alzando le spalle.
:-Non c’era poi molto?-ribadisce Josh. –Ti sei sbafata un intero vassoio di biscotti.
:-Di solito mangia di più-constata annoiatamente Annabeth.
E non sento altro. Mi sono addormentata come una bambina.
 
:-Ehi, Luke-lo chiamai con un filo di voce.
:-Che c’è, Alex?-mi chiese, girandosi.
:-Devi proprio…?-domandai, triste.
:-Si. Lo sai, è la mia occasione-mi rispose.
:-Lo so. Ma…non posso venire con te?-chiesi di nuovo. Glielo chiedevo da quasi una settimana, ormai. Però rispondeva sempre allo stesso modo: no. Ma provai lo stesso. Insomma, che avevo da perdere?
:-No, lo sai bene. Non voglio assolutamente che tu venga con me, è fuori discussione-rispose, come al solito.
:-Ti prego…non voglio rimanere sola! Non di nuovo-lo implorai.
:-Non rimarrai sola. Ci sono Chris, Travis e Connor, e tutti gli altri. Sono nostri fratelli. Ci penseranno loro a te, in mia assenza-cercò inutilmente di rassicurarmi.
:-Non è la stessa cosa. Non se non ci sei tu-mormorai.
:-Smettila di fare la ragazzina -mi sgridò.
:-Cosa pretendi, Luke? Io, dopotutto, ho solo dodici anni. Sono una ragazzina-dissi, offesa.
:-Sii più matura, almeno per una volta!-mi rimbrottò.
:-Matura come chi? Come te, Luke? Certo, perché tu sei perfetto, super bellissimo, fico, furbo, un ladro di prim’ordine! Matura come te, Luke, che non riesci ad estraniare da te l’odio per nostro padre, cosa che io, invece, ho saputo fare?
:-Non intendevo questo, lo sai bene!-esclama, infuriato.
:-Smettila di fare il perfetto fratello maggiore, che non sei capace!-gli gridai. –Smettila di cercare di proteggermi! Sono stufa della tua ossessione! Non voglio rimanere qui! Non senza di te! Voglio venire!
:-No, non vieni, punto e basta!-esclama di nuovo, furioso, girandosi e lasciandomi sola nella nostra radura.
E io stavolta non piansi. Ero talmente arrabbiata che mi feci sedici giri del confine del campo, mentre la velocità mi estraniava da ogni altro pensiero, cancellando anche quella.



Nota dell'autore: Salve, buonasera a tutti! Allora, ecco il mio nuovo capitolo, spero che vi piaccia, sto cercando anche di aggiungerci una foto della nostra Alex! Ditemi che ne pensate! Buona lettura! :)

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Capitolo 24
*** Arrivo a Poenix. ***


Quando mi sveglio, saranno le sette del mattino. Il treno è quasi arrivato, mancano pochi minuti.
:-Buongiorno-dico, stiracchiandomi.
:-Hai fatto proprio un bel sonnellino-constata Percy. –Ho dovuto controllare un paio di volte che non fossi morta.
:-Beh, che c’è, ero stanca!-esclamo, indispettita.
:-Tranquilla, non c’è bisogno di agitarsi, piuttosto prepariamoci a scendere-dice Annabeth.
Così scendiamo e prendiamo un altro treno, che ci porta fino a Phoenix, in Arizona. Poi andiamo in taxi fino a 22 West Washington Street, dove abita la madre del mezzosangue inesperto che dobbiamo prendere.
Busso alla porta dell’appartamento, e una donna sui trentatré, con i capelli castani, tagliati a caschetto, e due profondi occhi marroni.
:-Salve-dico. –Io sono Alex, e loro sono Annabeth, Percy e  Josh.
:-Si, conosco il ragazzo di fama-dice, osservando Josh. –E quell’altro moro non è quello che ha combinato un sacco di casini, qualche anno fa?
Annuisco, prima che ci guardi di nuovo confusa e chieda:-Cosa volete?
:-Siamo qui per suo figlio-rispondo.
Lei ci guarda torva, prima di chiudere la porta, che io blocco, dicendo:-Noi sappiamo tutto. Ci ha inviati il padre di suo figlio.
:-Oh. Entrate-dice, cambiando lo sguardo.
Entriamo in piccolo salotto con un divanetto nero, e il tavolo marrone. Molto accogliente, direi. Si sente odore di caffe. Su una credenza ci sono moltissime foto, ritraenti la donna con in braccio un fagottino, e delle altre in cui il bambino sarà sui cinque o sei anni.
:-Volete qualcosa da bere?-chiede, cordiale. –Una fetta di torta?
:-No, grazie-rispondo a nome di tutti.
:-Come mai siete qui?-chiede. –Anche voi…?
:-Si, anche noi siamo semidei, tranne Josh, signora…-dico.
:-Honey. Caren Honey-risponde.
:-Signora Honey…-dico, ma lei mi interrompe.
:-Diamoci del tu a vicenda, ok? Mi fa sentire troppo vecchia-dice, sorridendo.
:-Va bene, Caren. Come stavo dicendo, siamo qui per tuo figlio. Il padre mi ha chiesto di portarlo al Campo Mezzosangue, sono sicura che tu lo conosca-le spiego.
:-Si, una volta me ne ha parlato-constata. –So che sarebbe per la sua sicurezza. È a New York, vero?
Annuisco di nuovo:-Si, lo so. Io stessa ci vivo, e anche Annabeth e Percy. Comunque, lo dobbiamo portare lì. Ma abbiamo bisogno del tuo consenso.
:-Non so se…-rimugina la donna.
:-È solo provvisorio, Caren. Solo per l’estate, come un campo estivo-mi affretto a dire. –Potrà scrivergli, e tornerà non appena finita l’estate.
:-Se è per la sua sicurezza, per me va anche bene-si rassegna. –Lo vado a chiamare.
Torna poco dopo con un ragazzo di dodici o tredici anni. Altro che il ragazzino di sette o otto anni che mi aspettavo di vedere nelle foto, che, direi, vanno aggiornate. Ha i capelli scuri, ricci, come quelli del padre, e ha un bel viso. I suoi occhi sono profondi, marroni, come quelli di Caren.
:-Ciao-dico, porgendogli la mano. –Io sono Alex, e loro sono Annabeth, Josh e Percy.
Lui mi stringe la mano, esitante:-Io sono Nate.
:-Piacere, Nate-dice Percy, dandogli una pacca sulla spalla. –Sei pronto ad andare?
:-Andare dove?-chiede, confuso.
:-Al Campo Mezzosangue, amore-gli spiega la madre. –DA tuo padre…ti verrà spiegato tutto li…è come un campo estivo. Ci rivedremo alla fine dell’estate.
:-Oh, va bene-dice.
:-Percy, Josh, aiutatelo a preparare le valige-ordino. –L’essenziale.
Io ed Annabeth aspettiamo mezzora sul divano, quando tornano:-L’essenziale è pronto.
:-Pronto a partire?-chiedo.
Lui annuisce, così chiedo:-Sai già chi è tuo padre?
La madre, Caren, annuisce, così li faccio salutare e tutti insieme ci dirigiamo sul treno per il Tennessee. Ci sediamo ai nostri posti, e chiedo:-Allora, Nate, tu sai che il Campo Mezzosangue è il posto migliore per la tua sicurezza?
:-Si-risponde.
:-Bene, mi risparmi molta fatica. Sei sconvolto?
:-No-risponde.
:-Bene-sorrido. –Che l’avventura cominci.

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Capitolo 25
*** Mangio biscotti bruciacchiati da May. ***


È tardo pomeriggio, ormai. Dopo l’arrivo, compriamo i biglietti per il treno diretto in Connecticut.
:-Josh, sei proprio sicuro che non ci siano altri treni per New York o che si fermino prima?-chiede Percy. –Il Connecticut è subito dopo New York.
:-Lo so, ma non c’è un altro treno, sono tutti partiti, tranne uno, che è in manutenzione. E quelli prima sono tutti prenotati. Arrivati lì, dovremmo prendere un altro treno o un pulmino.
:-Forse, magari…e se aspettassimo domani?-chiede Annabeth, guardandomi comprensiva.
:-Non c’è problema-mento, disinvolta. In realtà, non ci vorrei mettere piede in Connecticut. Farebbe troppo male, e Percy e Annabeth lo sanno. Soprattutto lei sa cosa vuol dire per me, e per lei.
:-Oh, va bene allora- dice Percy. –Forza, Nate ci siamo quasi!
Il ragazzo non risponde, si limita a guardarci, evidentemente  a disagio.
:-Vieni-dico, facendogli strada e poco dopo siamo sul penultimo treno di questa missione.
Annabeth tira fuori il suo libro scritto unicamente in greco, la Medea di Euripide, e lo comincia a leggere. Io invece, mi limito a guardare malinconica il finestrino. Percy non si preoccupa per niente, e gioca a carte con Nate. Sa benissimo perché ci stiamo isolando: cerchiamo di nascondere il dolore. Potrebbe cercare di consolarci, ma non lo fa. Sa fin troppo bene che ci farebbe piacere, ma che ci farebbe ancora più piacere essere ignorate, in questo momento. Perché entrambe stiamo provando qualcosa che lui non può nemmeno lontanamente immaginare.
Dopo aver cenato, momento in cui ho divorato due piatti di pasta e una bistecca, cominciano tutti a ronfare, tranne me. Non riesco a dormire. Siamo troppo vicini al Connecticut. E io non dormo mai lì. Troppo dolore. Troppe fitte ai polmoni. E in più, le mestruazioni, che non aiutano per niente: sono troppo sensibile.
Guardo il cielo dal finestrino. È veramente bello, stasera, del tutto privo di nuvole, con tutte quelle stelle che lo illuminano, con la luna, grande e luminosa, intaccata solo dalla falsa trasparenza del vetro del finestrino.
:-Ehi, perché non dormi?-chiede una voce bellissima, che mi fa battere il cuore come un colibrì. Che mi fa venire le farfalle nello stomaco. Che mi fa venire il groppo alla gola.
:-Perché non ti fai gli affari tuoi?-chiedo a mia volta, imitando il tono, irritata.
:-Perché non dormi?-ripete la voce che mi riscalda il petto con la sua profondità.
:-Perché 2 non fa tre?-mormoro, stizzita.
:-La smetti di sfottermi?-sbotta la voce.
:-Oh, Hutcherson, mi stupisci! Dovresti sapere che non la smetterò mai di sfotterti-rispondo, con l’ombra di un piccolo sorriso.
:-Perché non dormi?-chiede di nuovo.
:-Oh, Hutcherson, se ti rispondo, mi lascerai in pace?-chiedo, cercando un segno di assenso nel suo viso bellissimo. Ma trovo solo un sorriso furbetto.
:-Oh, Miller, mi stupisci! Dovresti sapere che non ti lascerò mai in pace!-esclama, prendendomi in giro.
Sbuffo, prima di rispondere:-Non è un buon posto per me ed Annabeth, il Connecticut.
:-Perché?-chiede.
:-Te l’ho mai detto che sei assillante?-butto lì, cercando di cambiare discorso.
:-Si-risponde, prima di chiedermi di nuovo-Perché non è un buon posto?
:-Te lo dirò quando siamo la, ok?-dico. –Promesso. Giuro sullo Stige che, appena potrò, te lo dirò.
Sta per dire qualcos’altro, ma lo blocco:-Dormi, o ti taglio la lingua.
Lui annuisce, e io aggiungo:-Sai, sbavi quando dormi.
Lui  nasconde un sorriso e torna a dormire, mentre io torno a guardare le stelle, a contemplarle, ad ammirarle. Sento qualcosa stringermi il polso. Mi giro e vedo che la mano di Josh me lo stringe, forte. Scosto dolcemente la mia mano per stringerla alla sua. Preferisco quella, al polso. Lo guardo di nuovo e gli sistemo la testa con cura, che ha appoggiato sulla mia spalla, accarezzandogli un attimo i capelli.
Poi torno alle mie stelle, a contarle, una per una, senza nascondere più la confusione e quell’improvviso moto di calore che mi attanagliano il cuore.
 
La mattina presto arriviamo in Connecticut. Scendiamo tutti silenziosamente, ancora insonnoliti.
:-Allora, hai fame, Nate?-chiede Josh al ragazzo, ancora insonnolito.
:-Un po’-ammette il ragazzo, sbadigliando.
:-Andiamo a fare colazione, anche io ho fame-dico, indicando un bar lì vicino.
Entriamo e ci sediamo a bere caffè e a mangiare cornetti, anche se io, in realtà, non bevo il caffè ma il latte caldo, perché il caffè, a noi semidei, non fa poi così bene, visto che siamo già iperattivi, e, in più, non mi piace per niente.
:-Ancora non bevi il caffè?-mi chiede Percy, sbalordito.
:-Non dovreste berlo neanche voi-dico. –Noi semidei siamo già iperattivi da soli. E poi non mi piace.
:-Ma l’hai mai assaggiato?-chiede Annabeth.
:-Si. Undici anni fa-rispondo.
:-Provalo adesso. Magari avrai un risultato diverso da quel che ricordi-dice, porgendomi la sua tazza di caffè. Lo so che qualcuno potrebbe essere schizzinoso, ma lei sa che io non lo sono, come non lo è lei. Abbiamo passato la vita  a condividere le bottigliette d’acqua.
:-Va bene-dico, prendendone un sorso e ingoiandolo, di mala voglia e facendo una smorfia per il sapore amaro.
:-Bleah, miei dei, che schifo! Ma è amarissimo! La mia memoria funziona bene-esclamo, bevendo il latte per cancellare il sapore.
:-No, non è possibile-dice, esasperata, bevendo il suo e facendo la mia stessa smorfia. –Oh, dei, avevi ragione, scusa! Non ci ho messo lo zucchero!
Ridiamo tutti e, dopo aver finito, paghiamo il conto e ci dirigiamo alla biglietteria.
Pochi minuti dopo, Josh torna con i biglietti del treno.
:-Allora, quando parte?-chiedo.
:-Tra quattro ore e  mezza-risponde.
:-Allora, che facciamo, nell’attesa?-chiede Percy.
:-Prima di partire, vorrei fare una cosa. Sono sicura che voi due colombelle mi comprendiate, Percy. Ma se non volete venire con me, non c’è problema.
:-Scherzi, noi veniamo con te!-esclama, offeso per la mia risposta. –Non pensare che ti lasceremmo mai!
Sorrisi un po’:-Grazie, Percy.
 Prendiamo un taxi fino all’indirizzo da me indicato, e scendiamo davanti ad un’enorme villa che puzza di bruciato, dall’aria strana, quasi abbandonata. Nessuno ha più estirpato le erbacce e curato i fiori. Nessuno ha più tolto quei pupazzetti di Medusa e  del Minotauro. Nessuno ha più reciso l’edera e i rampicanti che hanno intriso la porta e le finestre.
:-Venite-li esorto, andando verso la porta, dopo aver visto la faccia stupita di Josh, che mi guardava come fossi matta. Proprio come il giovane Nate, che ha il volto segnato dalla preoccupazione. Percy e Annabeth, invece, non sono assolutamente sorpresi. Ci sono già stati qua. Annabeth era con me. Me lo ricordo perfettamente, quel giorno.
Suono il campanello, cercando di prepararmi mentalmente a quello che mi aspetta. Non avrei mai voluto venire qui, ma non potevo non farlo. Non potevo lasciarla così.
Ci apre una donna dai capelli biondi, quasi bianchi, con gli occhi annebbiati, che indossa un vestito a fiori blu, dall’aria vecchia.
:-Oh, Luke, sapevo che saresti tornato!-esclama, sorridendo, abbracciandomi stretta.
:-May-mormoro. –Non sono Luke. Ti ricordi di me? Sono Alex.
:-Oh, Luke, vieni, ti ho preparato il pranzo. Sai, Luke adora i panini al formaggio, i biscotti al cioccolato e i succhi di frutta!
:-Oh, May. Certo che entriamo-dico, mentre i miei occhi mesti non si staccano dalla donna.
:-Sai, sono passate tante ore dalla tua uscita, Luke-dice, scompigliando affettuosamente i capelli ricci già scompigliati di Nate. –Lui diceva che non saresti mai tornato, ma io lo sapevo, che saresti tornato! Gliel’avevo detto. Sai, lui, ogni tanto, viene a trovarmi!
:-Lo so, May, davvero-dico. –Come stai?
:-Oh, il mio Luke si preoccupa per la sua mamma!-esclama la donna, con gli occhi inumiditi per le lacrime di commozione. Se sapesse che io non sono Luke…
:-Vieni May-dico, invitandola a sedersi con me sul divanetto ammuffito. –Non devi stancarti.
:-No, tesoro, tranquillo, sto bene-dice, andando in cucina, e tornando subito dopo.
:-Un biscotto? So benissimo che ti piacciono tanto, amore-dice, guardandomi adorante.
Prendo uno dei biscotti bruciacchiati e lo mangio senza pensarci, proprio come con tutti gli altri, finendo così la teglia, per risparmiare a Josh e a gli altri una simile esperienza.
:-Vuoi anche dei sandwich, tesoro?-chiede, porgendone uno particolarmente vecchio e stantio a Josh, che lo afferra, guardandomi, come per dire “Possiamo andare, ora?”, proprio come fecero Percy ed Annabeth, alcuni anni fa.
:-Lo mangio io-dico, prendendolo, mentre Josh mi ringrazia con lo sguardo, evidentemente sollevato.
Si sente uno strano rumore di sopra, e May si gira, così ne approfitto per nascondere il panino sotto il tappeto.
La donna dai capelli aggrovigliati ignora il suono, e si gira verso Percy ed Annabeth, dando loro dei succhi scaduti, che, intelligentemente, buttano nel secchio, senza farsi vedere.
E succede di nuovo. Quello che succede a lei. Mentre sta per porgere un succo di pesca dell’età preistorica a Josh, si piega in due, forse dal dolore, e  i suoi occhi diventano annebbiati lampi di vapore verde.
:-No…no, mio…mio figlio…no…-urla, in preda alla paura, tenendosi lo stomaco con le mani, incrociate fra loro, mentre guarda fisso Josh, che la guarda, impaurito, e, giustamente, abbastanza sconvolto.
:-Tranquilla, May-dico, alzandomi e cominciando a darle dei colpetti affettuosi e delle carezze rassicuranti sulla schiena. –Non gli succederà nulla. Luke starà bene.
Qualcuno scende le scale, e mi preoccupo appena di capire chi sia, noto solo che tutti, compresi Josh e Nate, lo fissano in modo strano.
L’uomo l’abbraccia, la rassicura, come ho fatto io. Presto, May si calma, e torna in cucina a bruciare biscotti e a prendere succhi tossici.
Alzo lo sguardo, e mi ritrovo davanti un uomo dall’aspetto atletico, con gli occhi azzurri, come i miei, e i capelli scompigliati.
Mi inchino, intimidita, e, senza guardare, lo saluto.
:-Salve, padre.
:-Alexandra-dice, facendomi di nuovo rabbrividire. –Cosa ci fai qui?


Nota dell'autore: Hello, hello! Salve! Allora, prima di tutto, carissimi lettori, mi volevo scusare x questo abnorme ritardo, ma ero in punizione, x cui, niente computer...
Cmq, ecco il mio nuovo capitolo, e ringrazio Tortella e _niky_00_nutella per le loro recensioni. Seguiamo tutti il loro esempio, mi raccomando!!
Un bacio, e spero che questo nuovo capitolo vi piaccia.

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Capitolo 26
*** L'ultimo treno. ***


:-Alexandra, che ci fai qui?
Queste sue parole mi colpiscono come uno schiaffo, perché, in effetti, ha ragione. Non dovrei essere qui.
:-Sono venuta a fare quello che fai tu, padre-rispondo con cortesia. –Sono venuta a trovare May.
:-Lo sai che non sempre le fa bene. A me, ormai, mi riconosce, ma a te…
:-Lo so. Non è affatto giusto che io sia qui. Ma…non potevo non venirla a trovare, lo sai-mi spiego.
:-Va bene-si rassegna.
:-Quante volte vieni?-chiedo.
:-Ogni volta che posso, ma, per il momento, non più di due o tre volte al mese. Purtroppo, come ben sai, mi inviano roba da spedire di continuo. Soprattutto Ares alla sua amante, e pretende che sia tutto segreto…
:-Oh, ne so qualcosa…borbottò Percy, stringendo la mano di Annabeth.
:-Credo che si approfitti un po’ troppo della situazione, Afrodite. Insomma, prima o poi, Efesto si arrabbierà sul serio, anche se, per il momento, cerca di contenersi.
:-Perché, non lo sa, quest’Efesto, che lei lo tradisce?-mi chiede Josh, sussurrando.
:-Si, mortale-dice serio mio padre, che, ovviamente, aveva sentito. –Efesto sa benissimo che la moglie lo tradisce, ma loro approfittano della sua pazienza. E, un giorno, si infurierà davvero, e se la vedranno davvero brutta.
:-Padre-dico, cercando di conciliare il suo evidente sguardo assassino che sta lanciando a Josh. –Lui è Josh, un mio amico. È…come May.
:-Come May?-mi chiede, confuso. –Nel senso che ha le…
:-No, non in quel senso-lo rassicuro. –Ha la vista pura. E, grazie a questa, mi ha praticamente salvato la vita.
:-Quando?-mi chiede.
:-Qualche giorno fa, in un ristorante, siamo stati attaccati da una Cavalla di Diomede. E lui ci vedeva. Ha visto anche la mia ἐπιβολή.
:-Non mi piace, questa storia-dice. –Sai cosa fare, Alex.
:-Lo sto già facendo. Non lo permetterò.
:-Bene-dice. –Ti spiace se parlo un attimo con Josh?
:-Non c’è problema-rispondo, e si dirigono in un’altra stanza.
 
***Josh***
Il padre di Alex mi porta in un’altra stanza, sembra quasi abbandonata.
:-Allora, Josh. Hai la vista, eh?-chiede, sarcastico.
:-A quanto pare si, signore-rispondo, un po’ a disagio.
:-Hai delle visioni, ragazzo?-mi chiede, serio.
:-No, signore-rispondo, confuso. –Dovrei?
:-Alcuni mortali, effettivamente, possiedono la vista pura. Ma, alcuni di questi, vedono sprazzi di futuro. Augurati solo di non averne mai.
:-Farò il possibile, signore-dico, rispettoso e ancora più confuso. Cosa vuole da me?
:-Non lo dico per te, mortale-aggiunge, freddo e distaccato. –Ma per mia figlia. Per May. Per tutti. Sarebbe meglio che non succedesse di nuovo.
:-Cosa, signore, se posso chiederlo?-chiedo.
:-Alexandra lo sa. Chiedilo a lei-mi risponde.
:-Una cosa sola, mortale. Tu non mi piaci. Per niente. Ma un avvertimento va a tutti: stalle lontano, per quanto puoi. Falle del male, e pregherai di non essere mai venuto al mondo-mi minaccia.
Dopo quanto detto, esce solo per salutare la figlia, perché di me, ovviamente e giustamente, se ne frega.
 
***Alex***
Mio padre scende le scale, molto velocemente.
:-Padre?-lo chiamo, preoccupata. –Come…?
:-Tutto bene-mi risponde. –Io e Josh-sottolinea di nuovo in quel modo che non mi piace per niente il suo nome- abbiamo fatto una chiacchieratina.
:-Perdonami, Alex, ma dovremmo andare, rischiamo di perdere il treno-mi fa notare timidamente Annabeth.
:-Oh, hai ragione. Sarà meglio andare-dico, prima di inchinarmi di nuovo, senza guardare il volto di mio padre. –Arrivederci, padre.
:-Arrivederci, Alexandra-dice, facendomi alzare. –E buon ritorno al Campo.
:-Arrivederla, Ermes-lo saluta rispettosamente Percy.
:-Arrivederci, ragazzi-dice, facendo un cenno alle colombelle e a Nate.
Poi usciamo, per prendere l’ultimo treno.E poi il Campo. Tiro un respiro di sollievo non appena saliamo sul vagone. Finalmente posso salutare il Connecticut.
Nessuno, grazie agli dei, sembra prestarmi troppa attenzione. Annabeth legge un suo libro, Percy legge una rivista di sport e Nate fa lo stesso. Josh no, ma mi ignora comunque. Bene: non ho voglia di parlare.
Ad un certo punto, dopo più di un’ora di viaggio in cui tutti si sono addormentati nella noia, sobbalzo quando Josh mi chiede:-Di cosa parlava tuo padre, prima?
:-Nulla di importante-dico, declinando la domanda.
:-Penso che se mi riguarda ho tutto il diritto di saperlo, no?-dice.
:-Odio quando hai ragione, Josh-dico. –E poi, non mi va di stare zitta, magari mi farà anche bene.
:-Tuo padre mi ha detto qualcosa a proposito di visioni…che intendeva?-mi chiede, confuso.
:-Josh…sai chi era la donna che sono andata a trovare?-gli chiedo.
:-Quella che faceva biscotti bruciati? Da quanto ho capito, si chiama May, no?-dice.
:-Si. May Castellan, per la precisione. Ma sai perché fa quei biscotti, ogni giorno?-chiedo.
:-No, perché?-chiede, ancora più confuso.
:-A Luke piacevano i biscotti al cioccolato, i panini e i succhi di frutta-rispondo, semplicemente.
Lui fa una faccia strana, cosa che mi fa intuire che non ha capito niente.
:-Josh, ti ho mai parlato di mio fratello? Si chiamava Luke Castellan-dico, cercando di farlo ragionare.
:-Oh-dice, a mo’ di scusa.
:-Si, oh. Lei è sua madre, Josh. Fa quei biscotti da quando Luke era scappato di casa. Aveva nove anni.
:-Comincio a capire perché è scappato di casa-borbotta a bassa voce.
:-Si. A nove anni ormai aveva capito che May non stava bene. Ma non è colpa sua. Prima che lei facesse una stupidaggine, stava bene. Lei aveva le visioni, vedeva il futuro. Così, nonostante l’arrivo di Luke al mondo, lei provò a diventare l’oracolo di Delfi. Ma non poteva sapere della maledizione di Ade. Divenne pazza, vedendo il futuro di Luke. Lei lo sapeva. E divenne matta. E, in più, una parte dell’oracolo risiede tuttora in lei. È una parte infinitesimale, ma basta a farle avere quegli scatti.
:-Mi dispiace…
:-Josh, tu non capisci, sei un idiota. Non capisci? È per questo che sono preoccupata. E se tu…se avessi le…se vedessi qualcosa che non dovresti vedere? Perderesti il cervello, come minimo-dico, quasi in lacrime.
:-Smettila. Dammi un motivo di diventare un oracolo-dice.
:-Non potresti, grazie agli dei. Dovresti essere una femmina. E vergine-gli spiego. –Ma potresti impazzire lo stesso.
:-Smettila-dice, abbracciandomi, stringendomi a lui, con le sue mani calde.
Dopo un po’, quando ormai abbiamo lasciato perdere la conversazione, inizia a dire cretinate su cretinate, barzellette di tutti i tipi, facendomi ridere in continuazione.
:-Sai, mi piace tanto farti ridere-dice. –Mi sento…perfetto. Soddisfatto. Contento. E mi piaci, quando ridi. Ti si illuminano gli occhi.
:-E fammi ridere ancora-lo incito. Ridere mi piace, mi fa bene, mi solleva da tutte le preoccupazioni.
:-Non posso-dice.
:-Perché?-chiedo, un po’ delusa.
Non dice niente, sorride e basta. E poi accade l’inevitabile. Quello che avrei dovuto evitare. Mi bacia. E perdo tutto il controllo di me stessa. Perchè mi sento soddisfatta. Sono contenta. Mi sento completa. Mi sento perfetta. Sono felice, sentendo quel calore sulle mie labbra.
 

Nota dell'autore: Salve, buonasera a tutti! Allora, prima di tutto: perchè non vedo nessuna nuova recensione? Buah, mi viene da piangere!!! No, non è vero, siamo a posto, ora la smetto di dire cavolate, e passiamo alle cose serie!
Come vedete, ho inserito una breve parte in cui Alex, la nostra eroina, lascia un po' di spazio al nostro Joshua!! Non so dire se ce ne saranno molti, ma sicuramente almeno un altro. E, in più, finalmente, sono riuscita a creare il momento più atteso! Un bacio!!!! Evvai, ora si sposano!
Ok, ma perchè stasera sparo cavolate? Sorry. 
Volete sapere cosa succederà dopo? Leggete e lo scoprirete!!
Cmq, buona lettura, e, mi raccomando, recensioni a gogò!

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Capitolo 27
*** Labbra alla nocciola. ***


***Josh***
Lo so, non avrei dovuto farlo. L’ha ferita, quella mia domanda. E i suoi occhi tristi e preoccupati mi uccidono.
Cerco di rimediare al mio stupido e cretinissimo errore.
:-Sai, credo che, forse, prima o poi, lo ucciderò!-dico.
:-Chi?-mi chiede, guardandomi con quei suoi dolci e occhi azzurri, perplessa.
:-Quello li-gli spiego, indicando fuori dalla finestra.
:-Come? Non c’è nessuno, fuori-dice, dopo aver sbirciato dal finestrino.
:-Ma come? Non l’hai visto? Era enorme!-dico, fingendomi stupito, cosa che, ormai, dopo tutti i miei anni di carriera nel cinema, so fare.
:-Cosa, Josh?-chiede di nuovo.
:-Proprio non l’hai visto? Credo che mi perseguiti! Insomma, quanti piccioni con un occhio solo e una zampa mozzata, con le chiazze nere, chredi che esistano?
Lei mi guarda, strana, e poi scoppia a ridere, coprendosi la bocca con la mano.
:-Beh, che c’è di divertente?-le chiedo.
Lei continua a ridere, mentre io la guardo. Quanto mi piace la sua risata. È molto bella, una melodia allegra improvvisata. Ha un tono un po’ infantile, come se avesse ancora dodici anni…ma è bellissima. Soprattutto perché è sua. Perché ride per qualcosa che ho detto io. E non posso fare a meno di sentirmi fiero, vedendola così bella mentre ride, con gli occhi che si illuminano e le gote rosse. Mentre sembra dimenticare il dolore che la vita passata le ha accantonato sulle spalle, come per schiacciarla.
:-Che c’è da ridere?-chiedo di nuovo.
:-La smetti di fare lo scemo?-dice.
:-Ho una richiesta farti-dico io.
:-Un’altra?-sospira, esasperata
:-Facciamo una gara-dico. –Una di barzellette, ok?
:-Non ne conosco molte. Anzi, nessuna-sbotta, girandosi. Ma, in realtà, sta nascondendo un sorrisetto, lo vedo bene.
:-Allora, sai come si chiama il cane di Dracula?-le chiedo, con un sorriso.
:-Questa è vecchia-sbotta.
:-Canino. E cosa fanno otto cani al mare?-dico.
:-Vecchia pure questa-dice, ridacchiando.
:-Proviamone un’altra, allora-dico, per nulla scoraggiato. –Pierino viene interrogato dalla maestra che le chiede "Pierino, ascoltami bene: io studio, tu studi, egli studia, noi studiamo, voi studiate, essi studiano. Che tempo è?" e Pierino le risponde…
:-"…tempo sprecato signora maestra"- dice, continuando la mia frase, mentre continua a ridacchiare. –Ma conosci solo quelle vecchie?
:-Vedi che le conosci anche tu?-dico, sogghignando. E lei ride di nuovo.
:-Perché ridi?-dico, stavolta non sono io che la fa ridere.
:-Scommetto che ti batto-dice, all’improvviso, fermando le sue risate.
:-Davvero? Ne conosci meglio delle mie?-dico, stupito. –Non ci credo!
:- Pierino va dalla mamma e le fa "Mamma mamma ho una notizia buona e una cattiva..." "Inizia da quella buona, caro!" "Allora quella buona è che ho preso dieci in classe!" "Bravissimo!!! E quella cattiva?" "Quella cattiva è che non è vero!!!"
Si ferma un secondo, prima di dirne un’altra:- Pierino dice alla mamma: - mamma ho una notizia bella e un cattiva dice Pierino alla mamma e la mamma risponde: -Dimmi prima quella bella. sono stato promosso. E quella cattiva?  e Pierino risponde “non è vero!”
E io rido a crepapelle, mentre ne dice altre, ma mi sento un po’ deluso. Beh, un po’ di più, credo. Insomma, volevo essere io a farla ridere, e ora lei fa ridere me. Quella riesce sempre a sviare da tutti i miei attacchi…
:-Ho vinto!- dice, trionfante. Ma io approfitto della sua distrazione e opto il piano B: solletico, tanto solletico. Alla fine quasi la uccido per le risate.
:-Sai, mi piace tanto farti ridere-dico, sincero. –Mi sento…perfetto. Soddisfatto. Contento. E mi piaci, quando ridi. Ti si illuminano gli occhi.
:-E fammi ridere ancora-mi incita.
:-Non posso-dico. Oh, non dovrei proprio. Insomma, il padre in persona me lo ha proibito. Cavolo, è Ermes, quello! Mi trucida, come minimo!
:-Perché?-chiede, un po’ delusa.
Penso per un millisecondo, e me ne esco fuori con l’unica soluzione possibile: fregarmene di suo padre. Poi mi arrendo, non posso non cedere, rischio di morire, lo so. Se lo faccio, mi uccide suo padre. Se non lo faccio, muoio da solo.
Se è quello il prezzo per ciò che sto per fare, sono pronto a morire! Ma prima, devo farlo, o morirò con i rimorsi…
Mi perdo un attimo nei suoi bellissimi e dolcissimi occhi azzurri come il cielo, accarezzo con un gesto quasi impercettibile i suoi lucenti capelli castani.
Poi prendo il suo  viso tra le mie mani, attento, quasi fosse di porcellana, e poso le mie labbra sulle sue, cercando di essere il più dolce possibile, per non violarla troppo, per non farla star male, nel caso lei non…
Poi mi perdo. Cavolo, è fantastica! Solo le sue labbra sanno di nocciole. Ora si. Ora sono pronto a morire.

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Capitolo 28
*** Un bell'inizio e un orribile baratro. ***


***Alex***
Ci stacchiamo dopo quasi un minuto. Mi aspettavo foga e forza, in quel semplice bacio a stampo. Invece è stato dolce. Solo dolce. Molto dolce. Altro che cioccolato!
:-Josh-dico, guardandolo negli occhi, furiosa.–Perché…
:-Credevo di avertelo fatto capire, così-mi risponde, interrompendomi, mentre abbassa lo sguardo, cancellando quel bellissimo sorriso che gli era comparso prima sul volto. –Non ero certo di fartelo capire con le parole…
:-Perché hai smesso di baciarmi?-finisco tutto d’un fiato, in modo che non possa interrompermi di nuovo.
:-Vuoi dire che…-dice, mentre gli rinasce lentamente quel sorriso.
:-Smettila di parlare e baciami, Hutcherson-sbotto, cercando di sembrare irritata. Forse un po’ lo sono, sono troppo desiderosa di quella dolcezza.
E riprende a baciarmi, sempre dolcemente, ma con più foga. E rispondo al bacio, dischiudendo le labbra e accogliendo le sue, dal sapore dolce di vaniglia. Di solito, io non sopporto la vaniglia. Eppure, non smetterei mai di baciarlo. Sono desiderosa del suo sapore di vaniglia.
Mai. Non smetterei mai. Ma ci interrompiamo, ansimanti, solo per riprendere fiato. Lo guardo, sta sorridendo, non solo con le labbra, ma anche con gli occhi. E anche io sto sorridendo, lo sento, e, ne sono sicura, sono arrossita.  Ricominciamo, quando, all’improvviso, sento uno scatto sospetto e mi tiro indietro, pronta ad uccidere.
:-Annabeth!-la fulmino con lo sguardo.
:-Ah! Finalmente riesco a beccarvi, piccioncini!-esclama vittoriosa, stringendo in mano il cellulare e mostrandomi la foto, per deridermi.
:-Brava, amore-dice Percy, dandole un bacio sulla guancia. –Era ora, cavolo!
Li guardo ancora con un’occhiata assassina. Se solo si potesse uccidere con lo sguardo…
:-Come sarebbe a dire, scusa? Come “era ora”?-chiedo, arrabbiata e confusa.
:-Beh, si vedeva lontano un kilometro che gli sbavi dietro-interviene Nate, annoiato. –E lui per poco non baciava la terra su cui cammini. Si vedeva benissimo che vi morite dietro.
:-Si vedeva?-chiede Josh, sorpreso. –E io che credevo di essere un discreto attore…
:-Davvero avresti baciato la terra su cui cammino?-chiedo, stupita.
:-Si-risponde, sincero. –L’avrei fatto dal primo giorno. Insomma, secondo te perché ti ho dato il mio numero? Mi piacevi un sacco. Quasi non ti saltavo addosso, al ristorante, ma cercavo di mantenere un po’ di controllo. Non sarebbe stato carino stuprarti sul tavolo.
Lo guardo, allibita. Insomma, se ne sono accorti tutti…tranne me? E che cavolo!
Poi la mia mente sfarfallante si concentra su un altro dettaglio, che mi fa quasi morire.
:-Piacevi?-ripeto, quasi nell’Ade, ormai.
:-Si-dice, annuendo. –Ora però mi piaci molto di più.
Subito torno dagl’Inferi, mi sembra quasi di sentire Ade strepitare, furioso. E torna anche il mio sorriso da cretina-deficiente-spastica.
:-Piantatela, ok? Io non vi ho mai fatto foto a tradimento, mi sembra!-esclamo, indignata, incrociando le braccia, tornando al vecchio discorso.
:-Ah, davvero? Ti devo ricordare tutte le volte che ci hai presi in giro, Alex?-dice Percy.
:-Questo è…-provo a dire, prima che Annabeth mi interrompi.
:-Prova a dirlo, forza! Prova a dire che è diverso, che ti spenno!-sbotta.
:-In realtà-dico, abbassando lo sguardo –stavo per dire che è giusto. Solo ora capisco quanto sia…fastidioso! Insomma, come avete fatto a sopportarmi per tutti questi anni?
:-Perché ti vogliamo bene-dice Annabeth, cambiando poi discorso. –Allora, a quando le nozze?
:-Smettila, Annabeth-la ammonisco. –Ora basta.
:-Va bene-dice, facendomi l’occhiolino. –Fate quello che vi pare, nel limite del decente. Noi non vi sentiamo ne vi vediamo.
Mi do una pizza in faccia, sbuffando, esasperata. Loro tornano alle loro cosette.
:-Mi volevi stuprare, Josh?-chiedo, allibita.
:-No, se no non avrei mantenuto il controllo. Ma credo che non avrei retto a lungo, un’altra mezzoretta e sarei partito per la tangente. Insomma, stavi fin troppo bene con quella maglietta!
:-Com’ero?-chiedo, non più tanto scioccata. So bene che non l’avrebbe mai fatto.
:-Bellissima. Divina. Stupenda. Dolce. Perfetta. Sexy. Nessuno di questi aggettivi è abbastanza-dice, scuotendo la testa. –Sei talmente “tanto” che non riesco a descriverti.
:-Sexy-ripeto. –Quindi, per te, è solo sesso, Josh?
:-No-dice. –Se fosse solo sesso, sentirei il mio cuore battere a mille come adesso? Credo di no. E credo nell’amore. Non voglio il sesso, se non c’è l’amore prima. Credo che certe cose vadano fatte con chi si ama. Lo so, credimi. Credevo di amare Vanessa, invece non era amore. Quella era un’infatuazione. Ma io voglio l’amore, quello vero. Voglio sentire il  cuore che batte, le farfalle nella pancia, l’incertezza, la confusione. Sarò pure all’antica, ma…
:-Josh, io non credo che tu sia all’antica. Credo che tu sia solo umano-dico, sorridendo come non ho mai fatto prima. Nemmeno con Luke. Era lo stesso sorriso che Percy riserva ad Annabeth. Lo stesso. –E a me piacciono gli umani.
Sorride anche lui, prima di chiedermi:- E tu cosa vuoi?
Sospiro, prima di rispondere:-Josh, mi piacerebbe saperlo. Non…non lo so. Sono…confusa. Un po’. Insomma, non ci ho mai pensato davvero. Ma…ho paura di non essere pronta.
:-Beh, aspetterò che tu lo sappia, allora, prima di avanzare di grado, ok?-dice, dandomi un bacio sulla guancia, mentre mi abbraccia da dietro.
:-Grazie, Josh-dico, stringendo forte la sua mano.
***Josh***
Ho pensato che non mi volesse, all’inizio. La consapevolezza si era strada nella mia mente e nel mio cuore. Mi sentivo a pezzi, come un castello che crolla. Anzi, peggio.
Ma quando mi ha chiesto di baciarla ancora, il mio cuore è tornato a battere, all’improvviso.
E l’ho fatto, anche dopo che mi ha detto di essere confusa, cercando, come prima, di non violarla troppo, di essere dolce e delicato, mentre assaporavo il suo sapore. Cioccolata: assai prevedibile. Ma dovevo essere comunque delicato. Insomma, poverina, l’ho stravolta, oggi.
Ora è sera, e dormono tutti, io sono ancora sveglio, ma  per poco, sono un po’ euforico, devo darmi una calmata.
Per calmarmi la guardo dormire. Alex, stamane, aveva due occhiaie da far paura ai vampiri. Credo che non dorma, nei pressi del Connecticut. E forse, un po’, la capisco. Deve far davvero male, vedere una persona a cui vuoi bene in quello stato. Ma era talmente stanca che si è addormentata subito, sulla mia spalla.
La guardo dormire per un po’. È serena, quando dorme. Allo stesso tempo, però, non mi piace vederla mentre dorme. Non dice niente, tiene la boccuccia di rose chiusa, per cui sta zitta. Mi sembra, vedendola in silenzio, morta. Praticamente morta. E fa male. Ma la sua espressione serena, il suo respiro calmo, è come una cura per quel dolore. Un farmaco vero e proprio, cancella tutto il dolore, poco a poco, come fosse morfina.
Ad un certo punto, però, sobbalza, e io mi spavento, mentre lei si agita nel sonno, come per fuggire da qualcosa da cui io, purtroppo, non la posso difendere.
 
***Alex***
Luke…non ci potevo credere.
:-Percy, piantala, non è divertente!-esclamai, quasi in lacrime.
:-Non sto scherzando, Alex. Luke…mi dispiace, ma non è più dalla nostra parte-mi rispose, nel letto su cui aveva dormito la sera prima, alla Casa Grande, mentre qualcuno esperto di medicina lo guariva dal veleno di Scorpione dell’Abisso.
“Non è possibile” pensai. “Ci deve essere un errore, o che so io…”.
Ma, in realtà, lo sapevo anche io. Non stava bene da troppo tempo, era cambiato.
 E, schierandosi con Crono, mi aveva spezzato il  cuore.
***Josh***
Si sente un tonfo orribile, provenire dalla sala macchine. Sveglio Alex, in preda al panico. Come può mettersi in salvo mentre dorme?
:-Che c’è?-mi chiede.
:-Non lo so. E mi preoccupa-rispondo.
 
***Alex***
Josh mi sveglia, dopo aver sentito un rumore terribile.
Poco dopo svegliamo anche Percy ed Annabeth, per fare qualcosa, qualunque cosa sia possibile.
Appena li svegliamo, si sente un’altra esplosione. E li vedo.
Sono semplicemente…freddi. Tre giganti con la pelle…blu. Blu come il ghiaccio.
:-Sono Iperborei! Dobbiamo andarcene!-urla Annabeth, precedendoci.
E così, cerchiamo di scappare, senza tirare fuori le nostre armi, li irriterebbero. Almeno non ci vedono. Sono ciechi, grazie agli dei.
Ma, ad un certo punto, Nate inciampa, e questi ci notano, sentendo il rumore.
:-Josh, attento, questi ci congelano!-gli dico, spingendolo dietro ad Annabeth. Lei lo proteggerà, proprio come le ho chiesto. E proteggerà anche Nate.
:-Josh, stai indietro!-urlo.
:-Alex, tu sei matta!- mi risponde, prendendo il suo stiletto.
Sguaino velocemente la mia ἐπιβολή, pronta a colpire. Un Iperboreo cerca di congelarmi, ma riesco a decapitarlo in tempo, spostandomi prima di finire sotto il suo sedere grassoccio e blu.
Ma sono troppo forti, io e Percy siamo solo due, dopotutto.
Alla fine, rischio la vita. Ormai è certo, sono morta. Perché un Iperboreo ha fatto crollare il portabagagli di ferro del treno, ormai sto per morire, sepolta da tutto quel metallo.
Quando, però, Josh si mette in mezzo. Mi spinge via, correndo, in silenzio, proprio come era stato durante tutta la battaglia. Ma lui non riesce a spostarsi, non in tempo.
:-Josh!-urlo, disperata. –Josh!
Corro con una velocità assurda da lui, ma Annabeth mi afferra per il braccio.
:-Alex, non possiamo fare nulla per lui! Dobbiamo andarcene!-dice, spingendomi verso l’uscita di emergenza, mentre il treno, assurdamente, è ancora in corsa.
Ma io faccio resistenza, mi aggrappo alle sporgenze, ottusa e irremovibile. Quando interviene anche Percy, trascinandomi per il polso, gli rivolgo un ringhio gutturale.
Alla fine, riescono a trascinarmi giù da quel treno, mentre urlo maldicenze e impreco.
:-Josh-mormoro, sentendomi una schifezza. Peggio. Mi sento vuota, senza senso. Totalmente.
:-Mi dispiace, Alex-dice Nate, dandomi una pacca di “solidarietà dodicenne” sulle spalle.
Annabeth mi abbraccia, quasi in lacrime. Io, invece, ormai, ho cominciato a piangere da un pezzo. Le lacrime calde ma amare scorrono sul mio viso.
Lancio un urlo agghiacciante, sentendo una stretta orribile al cuore. Perché provo cose orribili. Perché Josh non c’è più. Ed è colpa mia. Mi ha salvata.
Ma non è importante. Niente è più importante. Perché Josh non c’è più.



 Nota dell'autore: Salve, salve! Ok, direi che siamo ad un punto importante della storia. Anche a me spezza il cuore. Povero Josh!!!  Ma non è finita! Continuate a leggere, non mancheranno mai le sorprese!
Un bacio, e, assolutamente, recensite!
Un altro bacio e buonanotte!

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Capitolo 29
*** Ringhio nell'oblio. ***


***Josh***
Non avevo scelta. Mentre dormiva, avevo sentito quel botto agghiacciante. Cos’altro potevo fare, se non svegliarla? Erano sicuramente mostri, dovevamo andarcene.
Ricordo come ansimava, in disperata ricerca di aria, quando l’avevo svegliata. Le avevo fatto prendere un colpo, poveretta. A volte so essere davvero crudele, lo so bene.
Ricordo la battaglia con gli Iperborei. Sembravano piuttosto scemi, a dire il vero, con quella stupida espressione impressa sul volto blu.
Lei mi spinse dietro Annabeth, e mi disse di stare indietro. Cominciai davvero a pensare che fosse matta. Solo un matto avrebbe potuto pensare che l’avrei lasciata da sola. Sfoderai immediatamente il mio stiletto di bronzo celeste, pronto a sfilettare gli Iperborei.
Ma accadde tutto troppo in fretta. Vidi ad una velocità assurda ciò che succedeva intorno a me. Con uno scatto imprevedibilmente rapido, vidi a malapena Alex che trafiggeva un Iperboreo nella pancia.
Lei e Percy continuano ad attaccarli, mentre Annabeth tiene la difesa vicino a me e a Nate, impedendomi di avanzare.
“Gli Iperborei sono grossi, e Alex e Percy sono in difficoltà. Cosa posso fare?” pensai.
Alla fine accadde l’inevitabile. Un Iperboreo congelò con un soffio i piedi di Alex, che tentò in tutti i modi di scansarsi mentre quello le faceva cadere addosso il portabagagli del treno. Sapevo che non sarebbe mai riuscita a scansarsi, aveva i piedi congelati al suolo. Per quanto fosse assurdamente veloce, non avrebbe mai fatto in tempo a spostarsi.
Non ci pensai nemmeno. Seguii immediatamente il mio istinto, senza pensarci. Travolsi Annabeth con una corsa, raggiunsi Alex e la spinsi via. Ma non feci in tempo a spostarmi. Perché, invece di spingerla, non la tirai semplicemente via? Sarebbe stato più intelligente. Ma non mi importava granché. Lei era salva. Era questo l’importante.
Sono morto, ora? Non lo so. Probabilmente mi trovo in Paradiso, anzi, dovrei dire negl’Inferi. La botta che ho preso è stata forte. Ma, forse, non sono morto. Lo spero, un pochino.
Ma brancolo nel buio, alla ricerca di una qualche uscita. Ma non ci provo più di tanto. Lei è salva. È questo l’importante.
Lei sta bene. È viva. È questo l’importante.
 
***Alex***
Ora sono al Campo. Percy, Annabeth e Nate mi ci avevano trascinata, mentre guardavo il vuoto. Non ero molto cosciente, credo, mi persi un bel po’ di roba. Percy dice di aver affittato una macchina. Che idiota. Io l’avrei rubata, la macchina. Sarebbe stato più semplice. Invece, ha fatto l’onesto. Così è dovuto partire per riportare l’automobile, ed è tornato in bus.
Ora, però, è tornato, dopo un giorno e mezzo. È passata una settimana, da…tutto. Io sono sempre chiusa dentro la casa 11, seduta sul letto, a guardare il vuoto. Ho anche perso l’appetito. E la mia velocità: mi muovo con la lentezza di una lumaca. Durante l’assenza di Percy, Annabeth ha passato molto tempo con me. Più che altro, credo per controllare che non mi suicidassi.
Una volta tornato, Percy aveva chiesto un rapporto completo del mio comportamento. Li ho sentiti, anche se non credo se ne siano accorti. Sono la figlia del dio dei ladri, è ovvio che io sappia origliare.
“Annabeth, come sta?” domandò Percy.
“Peggio. Perfino dopo morte di Luke stava meglio. Non riusciamo a farle fare niente. Non ha istinti suicidi, almeno, non visibili. Ma sta male. Non dorme mai. Non esce nemmeno per mangiare o bere” rispose la mia amica. “È debolissima”.
“In pratica, è diventata anoressica?” chiese il suo compagno. Ma io non sono anoressica, lo so bene. Non mi sento grassa, non voglio dimagrire. È che semplicemente non voglio fare niente. E non ho fame. Ne sete. Ne sonno. Non sento più il bisogno nemmeno di andare in bagno.
“Si sta suicidando inconsciamente” rispose Annabeth. “Sono preoccupata. Guarda il vuoto da giorni. Cosa possiamo fare? Non si può costringerla a combattere, se non vuole”.
“Non lo so proprio” disse. “Però, da come dici, penso tu abbia ragione. Sta peggio”.
Ma si sbagliava, lo so. Non capiscono che non faccio nulla perché ormai non sento più il bisogno di fare nulla? Che razza di idioti.
Percy entra nella casa undici. Probabilmente, prima avrei sobbalzato. Ora, però, sono una statua. Non mi rendo conto della sua presenza finché non si siede accanto a me e mi posa una mano sulla spalla.
:-Alex-mi chiama ad alta voce. Non rispondo, così mi chiama di nuovo.
:-Alexandra!-mi chiama. –Svegliati, cavolo! Guardami!
Mi gira lentamente la faccia, ed incontro i suoi occhi verdi, ma non ci faccio caso.
:-Hai bisogno di uscire-dichiara. –Annabeth, vieni!
La sua ragazza entra e mi prende per il braccio, trascinandomi fino al bagno, dove mi infila sotto la doccia. Non si aspetta che io collabori. E non faccio resistenza. Sono totalmente passiva.
Dopo avermi asciugato i capelli, mi lava i denti da non si sa cosa, visto che non mangio da una settimana, mentre io rimango rifugiata nel mio angolo mentale di solitudine, un luogo protetto, dove, sicuramente, non può entrare nessuno, a parte me.
Poi mi veste con una maglietta e dei pantaloncini, credo, mi infila le scarpe e mi pettina i capelli.
Poi mi trascina da Percy, che a sua volta mi trascina fino alla radura nel bosco, quella poco lontana da quella mia e di Luke. Non mi oppongo, sono come una bambola nelle sue mani. Annabeth, però, non mi trascina con lui. Cerca di essere invisibile, si sente in colpa. Vorrei dirle di smetterla, che non è colpa sua, ma non mi va.
Percy mi fa sedere sul telo a quadri rossi e bianchi che ha steso per terra, e prende qualcosa dal suo cestino di vimini. Non mi sforzo nemmeno di sentirne l’odore: non riesco più a sentirli. E faccio molta fatica a vedere. E sicuramente non percepisco più i gusti. Non riesco a distinguere il ruvido dal liscio. E faccio sempre troppa fatica a pensare, a respirare. L’unica cosa che funziona bene, quando voglio, è l’udito.
:-Tieni-dice Percy, porgendomi una fetta di quella che credo sia pizza.
Ma non l’afferro. Continuo a guardarlo, persa. Totalmente.
:-Se non mangi, ti ci costringo, lo sai-dice. Una volta ci ha provato, me lo ricordo, non era bello. Ma non dico niente, non afferro quella fetta di pizza.
:-Va bene, come vuoi-dice, prendendo un frullato di frutta e un imbuto. Mi apre la bocca, mi ci ficca l’imbuto e versa il frullato, mentre non faccio resistenza. Avevo ragione, comunque. Non sento quasi più i sapori, riesco a percepire solo lievemente il gusto dei lamponi.
Continua a ficcarmi cibo in bocca e a costringermi ad ingoiarlo.
:-Bene, almeno abbiamo la prova che non sei anoressica!-esclama, più o meno soddisfatto. Che dicevo io? Non sono anoressica. È solo che non ho voglia di mangiare.
:-Senti, mi dispiace, ok? Ma devi andare avanti-dice, all’improvviso, facendomi abbandonare il mio caldo angolino. –So cosa vuol dire, ma bisogna andare avanti. Continuare a vivere.
E all’ora scoppio sul serio e comincio ad urlargli contro, furiosa, con la voce roca a causa del mio lungo silenzio:-Non è vero, non lo sai! A te non è morto nessuno, Percy. Tua madre, Tyson, il tuo nuovo patrigno, tuo padre, Annabeth! Loro non sono morti. Lui invece si. E anche Luke. E la mia mamma! Come pensi che io stia, eh?
:-Alex…-prova a dire, ma io lo interrompo con un ringhio furioso e gutturale.
:-Smettila di parlare, stronzo!-dico. –Lasciami in pace!
E mi alzo, pronta ad andarmene, più o meno. Ma barcollo, non sono più abituata  a camminare, credo di aver dimenticato come si fa.
:-Aspetta, ti aiuto-dice Percy, affranto, alzandosi per aiutarmi.
:-Non mi toccare!-sibilo. Ma lui cerca di aiutarmi lo stesso, così gli ringhio contro di nuovo.
:-Lasciami stare, Percy!-urlo, andandomene, barcollando come un ubriaca.
E svenendo poco dopo in mezzo alla boscaglia.

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Capitolo 30
*** La ora so cosa devo fare. ***


Mi sveglio con i primi raggi del sole. Mi ritrovo in un letto che non è il mio, con degli strani tubicini trasparenti attaccati al braccio. Mi guardo intorno, riconoscendo solo poco dopo la Casa Grande.
Davanti a me c’è un vecchio e stanco centauro, alto e fiero, dai crini bianchi, dall’aria saggia,
:-Chirone-mormoro debolmente.
:-Ben sveglia, cara-dice. –Hai proprio avuto una brutta giornata, eh?
:-Cos’è una brutta giornata?-sussurro con voce roca e affaticata. –Conosco solo il vuoto.
:-Ho saputo del tuo amico-dice, mesto. –Sono davvero addolorato.
:-Perché, cosa c’è nella vita, oltre al dolore?-dico, affaticata.
:-La felicità-risponde, paziente.
:-Felicità?-ripeto, pensandoci su per qualche secondo, al quanto confusa. –Credo di aver dimenticato cosa sia.
Mi guarda ancora, paziente, prima che io domandi:-Perché questi tubi?
:-Sei svenuta, Alexandra-mi spiega. –Per la carenza di zuccheri nel sangue, credo. Dovresti mangiare un po’.
:-Come si fa a mangiare, se non si ha fame, Chirone?-domando.
:-Come non hai fame?-chiede, confuso.
:-Non ho fame. Ne sete, sonno o quant’altro-rispondo, sincera. –Non ho voglia più di nulla. E ormai non sento più nulla. Faccio fatica a vedere, a sentire gli odori, i gusti, la consistenza degli oggetti e respirare. Mi sembra tutto…inutile e superfluo, anche se so di averne bisogno.
:-Fa male, vero? Vedere chi ami morire?-mi chiede.
:-Tanto-rispondo. –Mi sento schifosamente vuota.
:-Mi hanno risposto in tanti la stessa cosa-ripete, prima di uscire. –Se hai bisogno di qualcosa, c’è una tua amica, che ti vorrebbe salutare.
La vedo a fatica entrare nella stanza. Ha gli occhi verdi e i capelli rossi e scompigliati sono tirati indietro in un’alta coda. Indossa un paio di jeans bucherellati e macchiati da vari colori, e una maglietta bianca, anch’essa piena di macchie.
:-Rachel-la chiamo.
Lei si avvicina accanto a me, sedendosi su uno sgabello.
:-Hai proprio una brutta cera, Alex-constata.
:-Ma va?-dico, sarcastica. –Pensavo di essere super-bellissima e in perfetta forma.
:-Come ti sei ridotta così?-mi chiede.
:-Non mangio da una settimana-rispondo.
:-E perché, scusa? Ti sei ammattita?-chiede, sorridendo, sarcastica pure lei. –C’è, lo so che sei matta da legare, ma fino a questo punto non pensavo!
:-Josh-rispondo, triste, mentre il suo nome mi si strozza in gola.
:-Chi è Josh?-chiede, curiosa. –Il tuo ragazzo?
:-Non mi va di parlarne, ok?-dico.
:-Scommetto che ti ha lasciato, perché non gli dai piacere. Zero orgasmi, sicuro-sbotta, beffarda.
:-Ma tu non dovresti essere una Pizia? Io credevo che dovessero essere caste, pure e vergini!-sbotto, irritata.
:-Il fatto che io sia vergine non vuol dire che non conosca certe cose-mi risponde, ghignando.
:-Io e Josh non l’abbiamo fatto, Rachy-rispondo, usando il soprannome che le avevo dato alcuni anni fa. –Sono più vergine di te, al momento.
:-Come sarebbe a dire, che insinui?-chiede, sospettosa.
:-Dico che io non ci penso nemmeno al piacere e agli orgasmi, Rachy-rispondo.
:-Divertente, si. Ma allora è per questo, vero? Tu non gliela volevi dare, eh? Vergine fino al matrimonio e anche oltre, eh?-dice, cominciando a fare assurde ipotesi.
:-Rachy, smettila di fare la stronza, per piacere-sbotto. –Non è per questo.
:-Ok, allora che cosa?-chiede.
:-Josh è morto, cazzo! Lui è morto. Proprio quando…mi aveva appena baciato, una mattina della settimana scorsa. Avevamo avuto il nostro primo bacio! Ma sono arrivati gli Iperborei e lui…per salvarmi, mi ha scansato senza che lui potesse avere via di scampo. Ed è morto! Lui…non c’è più.
:-Oh-dice, arrossendo per la vergogna.
:-Stronza-sibilo. –Lo sei sempre stata, Rachy.
:-Oh, io ci sono nata così-dice, prima di chiedere- Quindi è per questo che ti stai lasciando morire? Ti senti in colpa?
:-Non mi sto lasciando morire! E si, mi sento in colpa, ma non è quello, capisci?
:-E allora perché?-chiede, confusa.
:-Io…mi sento vuota. Come un bicchiere senza l’acqua. Come una rosa senza le spine. Come una pioggia senza nuvole. O un mare senza il sale. Come se ci fosse solo il mio corpo. Come se la mia anima fosse volata via-rispondo, rabbrividendo e cacciando indietro le lacrime.
:-Parlami di lui-dice, stringendomi la mano in un segno di sostegno.
:-Lui era magnifico-dico, sorridendo al suo ricordo. –Si chiamava Josh Hutcherson. Il suo nome completo era Joshua Ryan Hutcherson, ma non lo usa mai, lo ritiene troppo lungo. Era moro, e aveva gli occhi verdi. Un po’ basso, anche se non riusciva ad accettarlo. Ma era muscoloso, in compenso. E aveva la mascella prominente, eppure il suo viso rimaneva bellissimo.
Mi interrompo un secondo per riprendere fiato, affaticata, e continuo:-Era bello, faceva l’attore, era anche famoso. Chi potrebbe dire mai il contrario? Stupendo. Ma a me non importava se aveva gli occhi verdi o se era basso, non mi importava nulla dei suoi muscoli, dei suoi soldi, della sua fama. Che me ne sarei fatta? Quello che tutt’ora amo di più di lui è il suo sorriso. Così bello, sincero, luminoso e contagioso. Mi avrebbe fatto comodo dopo la morte di mia madre e Luke. Mi farebbe comodo anche adesso.
Lei mi guarda, curiosa e comprensiva, e io continuo a parlare:-Sai, era come te, lui. Aveva la vista pura, perfetta. Era molto generoso. Una volta ha organizzato una colletta per una ragazza che aveva bisogno di un intervento che non poteva permettersi. E ha dato la sua vita, per me. Era affettuoso e molto protettivo con le persone a cui vuole bene. Lui era carino e paziente, molto paziente. Era dolce, e gentile. E sensibile e timido, ma anche coraggioso. Non credo abbia mai avuto paura per qualcosa. Era buono. Credeva nell’amore, glielo si leggeva in faccia. Era sincero. Non gli piaceva alzarsi presto la mattina. E amava gli abbracci.
:-Da come mi parli di lui, credo che tu sia innamorata-dice. –Mamma mia, se sei caduta in basso!
:-Smettila-ribatto. –Non sono innamorata.
:-E io sono la sorella di Belen! Ma per piacere!-dice. –Comunque, non ti capisco. Innamorarsi è stupido. E non capisco perché ti ostini a non volerlo dimenticare. Sarebbe meglio, no? E poi, prima o poi, vi sareste lasciati. Niente dura per sempre.
Niente dura per sempre.Lo, so, è vero. Niente dura per sempre, ma mi da fastidio questa sua frase.
:-Vai via, Rachel-sbotto.
:-Smettila di dire cavolate, io rimango…-prova a dire, ma io le ringhio contro.
:-Vai via, Rachel!-urlai con un sibilo talmente gelido da far gelare il sangue di chiunque.
 
***Josh***
Accidenti, dove sono? Non vedo nulla. Non ricordo quasi più nulla, del mio passato.
Solo il suo viso, il suo bellissimo viso. Il viso della mia Alexandra. Con i suoi occhi azzurri come il cielo e i suoi capelli morbidi e setosi, castani. Con il suo sorriso dolce e a volte furbetto.
Oh, Alex, sono proprio contento di sapere che stai bene, che sei viva. Non sopporterei di averti qui con me. Non nelle mie condizioni, mai.
Qualcosa si illumina. C’è una voce, che mi chiama. Una voce angelica. E c’è una luce bianca in fondo al buio e stretto corridoio in cui mi trovo.
Sono le porte del Paradiso, quelle? O degl’Inferi?
 
***Alex***
Sono passati tre giorni, e ormai Chirone mi ha dimesso, ma solo dopo aver incaricato Percy ed Annabeth, oltre che tutti gli altri semidei del Campo, di farmi mangiare, bere, vestire e lavare.
Ora sono in bagno, davanti allo specchio. Io non cerco ancora di collaborare, non mi riesce. Mi sento molliccia come pongo e assurdamente malleabile. Sono vulnerabile, chiunque ora potrebbe farmi del male.
Ricordo le parole di Travis e Connor, mentre mi dicevano “Non puoi continuare a non fare niente”.
La stessa cosa mi ripetevano tutti gli altri.
Mi giro, guardando la figura allo specchio. Ma la ragazza nello specchio non sono io. È una fanciulla pallida e smagrita, con gli occhi di un azzurro acquoso, lucidi e rossi, le occhiaie enormi sotto di essi, i capelli castani ma schiariti, mosci, le unghie rovinate.
Tocco lievemente lo specchio, prima di capire che la fanciulla smagrita sono io.
Cosa mi è successo? Quella non sono io. È una volgare imitazione di me, si vede. Ma non è l’unica cosa che mi preoccupa. Manca qualcosa. Manca l’ombra della ragazza. Mancano la sua mente, il suo animo, il suo cuore.
Presa dal dolore, do un pugno allo specchio, che cade in pezzi, mentre le mie calde lacrime mi scorrono il viso.
Ma sono lacrime di speranza. Ora so cosa devo fare. Devo ritrovare la mia ombra. Devo ritrovare il mio animo e la mia mente.
Devo ritrovare il mio cuore.



Nota dell'autore:- Salve, buonasera a tutti! Allora, in primis, ecco il mio nuovo capitolo, un po' violento, forse.
Questa qua sotto è Rachel, spero che vi piaccia un pochino...
E poi, volevo dirvi, recensite! Che mi odiate? Insomma, dai, una recensione piccola piccola...!
Vabbé...pace. Allora, spero che vi piaccia. Un bacio e buonanotte. 



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Capitolo 31
*** L'inganno di Ade. ***


Prendo tutte le dracme d’oro che possiedo e una sacca e mi dirigo nell’arena dove di solito ci alleniamo, con un disegno preciso in testa.
Una Signora O’Leary, tutta scodinzolante, mi viene incontro, inzuppandomi di bava dalla testa ai piedi.
:-Ciao, bella!-esclamo, dandole una grattatina all’enorme orecchio.
:-Senti, dovresti fare una cosa per me, bella-dico. –Potresti portarmi a Hollywood, in Los Angeles? Sai bene dove. Allora, mi ci porti?
In tutta risposta si accuccia, scodinzolando, per farmi salire. Io mi aggrappo al collare prima che cominci il viaggio nell’ombra.
Quando scendo, tutta spettinata, barcollo per un po’, sicura di vomitare a poco, mentre la Signora O’Leary si stende sotto un albero, cadendo in un sonno profondo.
Mi appresto ad entrare nell’edificio dove mi ha portata. Come sempre, ci sono anime sparse ovunque. Come al solito, ho pena per loro. Poi vedo l’anima di due bambini, e quasi scoppio a piangere. Nessuno ha dato loro dei soldi. Non andranno mai nelle Praterie degli Asfodeli, o da qualche altra parte.
Mi dirigo verso la Reception dove c’è una specie di bodyguard, vestito con un completo giallo sole.
:-Salve, Caronte-lo saluto con finta cortesia. Quello lì non mi va proprio a genio.
:-Salve, ragazzina-dice, scrutandomi con sospetto. –Allora, dimmi, come sei morta?
Subito al punto, eh? L’altra volta era stato molto più gentile. Me lo ricordo bene. Anche se l’avevamo dovuto corrompere, per passare.
:-Non sono morta-chiarisco immediatamente. –Ma posso passare comunque.
:-Come, scusa?-chiede, sarcastico.
:-Ho il permesso-dico, mostrandogli la tesserina rossa con scritte nere che mi aveva dato Nico alcuni anni fa, quando vennero premiati tutti i semidei. Io chiesi la vita di Luke, ma Zeus non ne fu contento, non voleva rischiare un altro tradimento da parte del mio ragazzo. Così, nonostantegli dei mi debbano ancora un desiderio, che loro non hanno esaudito, Nico mi diede questa tessera. Disse che mi avrebbe permesso di venire a trovare Luke, ma non l’avevo mai usata, prima d’ora. Non volevo rivivere i ricordi.
:-Oh, hai ragione-dice, dopo aver controllato. –Allora partiamo subito.
Saliamo sull’ascensore/traghetto dei morti e davanti alle file vedo un enorme cagnone nero, simile ad un rottweiler, che mi ringhia contro. Lo vedo più o meno bene, il che significa che sono vicina alla morte. Bene! Così non mi prenderei il disturbo di andare a casa di Ade. Sarei io a raggiungere lui.
Ma non posso essere così egoista da morire senza averci provato. Per fortuna, o sfortuna, mi sono attrezzata. Tiro fuori dalla mia sacca una pallina di gomma rossa, e faccio come fece Annabeth alcuni anni fa: lo faccio sedere e lo premio, per poi correre veloce e ritrovarmi nella coda Morte Facile. Poi arrivo senza problemi a casa di Ade, passando davanti al Tartaro, che supero con velocità, volendo solo cancellare quel brivido alla schiena.
Quando entro, lo trovo seduto sul suo trono, con un'altra tunica di anime. Mi chiedo cosa potessero aver fatto in vita quelle povere anime per meritare uno schifo del genere.
:-Salve, signorina. Che ci fa, qui?-chiede, noncurante.
:-Sono venuta a parlarle, Ade-dico, inchinandomi al suo cospetto, senza alzare lo sguardo per nascondere l’odio che provo per lui. Insomma, ha tentato di uccidere me e il mio migliore amico, si è preso Luke, e la mia mamma! Ho tutti i motivi per odiarlo.
:-E di cosa, ragazzina?-mi chiede, quasi ignorandomi.
:-Volevo chiederle un favore-spiego. –In cambio farei qualunque cosa.
:-Qualunque cosa? Parla, cosa vuoi?-chiede, dopo che ho finalmente catturato il suo interesse.
:-Joshua Ryan Hutcherson-spiego, usando il suo nome completo per evitare disguidi. –Desidero che torni a vivere. Farei qualunque cosa, in cambio. Darei la mia vita, se lo desidera.
:-Non me ne faccio nulla della tua vita, figlia di Ermes. Perché volere qualcosa che un giorno sarà comunque mia? Anzi, non ti avrei dovuta ascoltare! Ma sei la figlia di un mio ”amico”, dopotutto. Per cui, ti farò una proposta: questo Joshua tornerà a vivere, ma, in cambio, tu rimarrai qui anche dopo la tua morte, a lavorare per me, dirigendo la coda Morte Facile, gratis, ovviamente. Allora, che ne pensi?
Rimango basita. È peggio di quanto pensassi. Vuole costringermi perfino dopo la morte. Ma se significa la vita di Josh…
Sto per rispondere, quando una voce familiare mi chiama, così mi giro.
:-Alex!-mi chiama Nico di Angelo, figlio di Ade. Dietro di lui c’erano Travis e Connor, i miei fratelli. E le colombelle, seguite a rotta di collo da Rachel.
:-Ragazzi-dico. –Che ci fate qui?
:-Ti ha spiato Travis!-urla Rachel. –Gli abbiamo chiesto di tenerti d’occhio.
:-Non accettare!-urla Nico, correndo verso di me. Noto che non è cambiato molto, anche se, ormai, è cresciuto. Ma è praticamente lo stesso. I capelli sono sempre neri e scompigliati, da punk. Sembra sempre troppo grande, per l’età che ha. Mi ricorda molto sua sorella, Bianca. Mi sembra che sia passato solo un giorno dalla sua morte, dal giorno in cui li ho incontrati. Lui giocava a carte, a Mitomagia, e lei si nascondeva in un ampio cappello verde. Lei era morta, lui è cresciuto. Se Bianca fosse qui, ne sarebbe fiera come me, se non di più, ne sono sicura.
:-Non ascoltarlo, Alexandra. Mio figlio tiene più alla tua vita che quella di Joshua-dice Ade, mellifluo.
:-Non lo fare! Ascoltami!-urla di nuovo. Qualcosa dentro di me mi dice di dargli retta. Non so, cosa. Magari noi semidei abbiamo pure un sesto senso che ci dice “Ascolta questo tizio qui”, o roba simile. Magari, se Josh l’avesse avuto, non avrebbe fatto di testa sua, mi avrebbe ascoltata. E ora sarebbe vivo.
:-Alex-dice, con il respiro affannato per la corsa. –Lui non è qui.
:-Come, scusa?-chiedo, confusa.
:-Josh non è qui! Lo vedrei, altrimenti. Ma non è morto-spiega, poggiandomi le mani sulle spalle.
:-Sei sicuro?-chiedo, guardandolo dritto negl’occhi.
:-Si-afferma, convinto. Sorrido, mentre sento le lacrime salirmi agl’occhi.
Dopo avergli offerto uno sguardo di ringraziamento, mi giro, furiosa verso Ade:-Lei mi ha ingannata! Voleva prendermi in giro!
:-Grazie, Nico!-sbotta Ade, irritato. –Che razza di figlio spione e ficcanaso!
:-Io ero venuta qui per…e lei mi prende in giro? Ma come…come può? Non ce l’ha un cuore?-chiedo, in preda  alla rabbia.
:-No-dice sottovoce Nico. –Direi di no.
:-Avevo bisogno di dipendenti, e tu capitavi a fagiolo, ragazzina-spiega, annoiato.
:-Andiamo, Alex-dice Annabeth, prendendomi per il braccio, trattenendo la mia voglia di picchiarlo in faccia.
:-Aspetta. Voglio usare almeno per una volta il mio pass a vita-dico, staccandomi dalla sua presa.
:-Che pass?-chiede Rachel, curiosa.
:-Ok-dice Nico. –Devi andare negli Elisi.
:-Va bene-dico, annuendo. –Mi accompagni, Nico?
Lui sorride:-Ma certo.
:-Annabeth, vuoi…?-chiedo.
Lei capisce e scuote la testa:-No. È tuo fratello. Io non centro niente. Era un grande amico…ma non sono io quella che si deve mettere in pace il cuore, Alex.
:-Va bene-dico, seguendo Nico, che mi conduce lentamente fino al Campo Elisio.
 
***Josh***
Continuo a correre, ancora e ancora, devo raggiungere la luce, me lo sento nelle vene. Ma mi sembra impossibile: più corro e più la luce si allontana. Come potrò mai raggiungerla?
Se fosse per me, mollerei tutto. La smetterei di correre. Ma è per lei, che corro. Lei mi da speranza, mi da la voglia di continuare a correre come un pazzo, mi sprona con il suo sorriso impresso nella mia mente.




Nota dell'autore: Salve, salve! Buonasera! Allora, prima di tutto, ecco il nuovo capitolo! 
In basso ho aggiunto una foto di Nico come me lo immagino io, spero che vi piaccia.
In più, vorrei ringraziare Tortella per le sue due ultime e splendide recensioni! Un super applauso a Tortella.
Ultima cosa: recensite!!!!
Un bacio e buonanotte. :)

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Capitolo 32
*** La pace in famiglia. ***


***Alex***
Nico mi lascia nel Campo degli Elisi, dove verrà a prendermi quando avrò concluso “la visita”.
Mi piace, questo posto. Profuma di fiori, di erba e qualcuno, al momento, sta facendo un barbecue.
Poi lo vedo. Indossa l’armatura strappata con cui è morto. Ha ancora i capelli biondi e  gli occhi azzurri, ma ha l’aria meno…consistente. Ma sorride come non faceva da tanto tempo, felice. Poi però, quando mi vede, sbianca.
:-Ciao, Luke-dico, con un sorriso malinconico.
:-Alex, Alexandra, non sei morta, vero?-chiede, preoccupato, scuotendomi con forza le spalle, più o meno. In realtà, non riesce a toccarle, le mie spalle. –Ti prego, dimmi che non sei morta!
:-No, no, tranquillo-dico. –Sono venuta…a salutarti. Ma non sono morta. Non ancora.
:-Ah, avrei dovuto saperlo, che hai la pellaccia, tu!-esclama, ridendo.
:-Come…stai?-chiedo, titubante.
:-Oh, tutto bene, a parte il fatto che sono morto, perfetta salute!-esclama, sarcastico.
:-Smettila, Luke. Così mi fai star male-gli ordino, mesta.
:-Non fare quella faccetta del cavolo!-esclama, improvvisamente serio. –Sei troppo bella quando sorridi. E non so e, devo dire, spero che non ci rivedremo dopo molto, sai, se tu ti stabilissi fissa, saresti morta. Ma non so se ci vedremo, e voglio godermi la tua momentanea permanenza.
:-Ok-dico, abbozzando un sorriso. –Ma, seriamente, come stai? Emotivamente, intendo.
:-Mi sento stranamente…bene, in pace. Te lo giuro sullo Stige, sorellina, non sono mai stato meglio di così negli ultimi anni, sai, dall’inizio…
:-Si, quando avevi gli incubi. Ora so cosa sognavi, Luke. Perché non me lo hai detto?-chiedo, con le lacrime agl’occhi.  –Se lo avessimo saputo, avremmo potuto evitare tutto. La guerra. E tu non saresti morto.
:-Lo so. Ma…ero preoccupato. Non volevo coinvolgerti. Avevo paura…per te-dice, abbassando lo sguardo per la vergogna.
:-Sai Luke?-dico, con un sorriso crudele, anche se non è da me. Ma so perché: so ansiosa di fargli sentire tutto il dolore che ho provato io. Di infondergli il rimorso. Di farlo straziare dal dolore come lui ha fatto con me.
Mi guarda, perplesso ma ancora imbarazzato, quando io, per la prima volta, non abbasso lo sguardo, davanti a lui. Alta e fiera, ecco come mi sento adesso.
:-Luke-continuo. –Ti sei sempre sbagliato. Nostro padre si fregava di te, gli importava di te, ti voleva bene. Quando tu eri a scuola, ogni tanto, andava da May, la aiutava. Sai perché è pazza? Perché a visto il tuo futuro. Per cui, in un certo senso, è anche colpa tua. Hai idea di cosa stia facendo, in questo momento? La stessa cosa dell’ultima volta, quando hai chiesto la sua benedizione. Cucina biscotti che poi brucia, prepara sandwich con roba andata a male, tiene da parte vecchi succhi di frutta scaduti, per te! Ti sta aspettando, Luke. Non si è mai ripresa, ed è peggiorata, quando tu l’hai abbandonata. Non sa che sei morto.
Lo vedo abbassare ancora più il viso, ha l’espressione di chi sta per scoppiare a piangere, se potesse.
Ma sono io a scoppiare a piangere sono io, per la rabbia, la tristezza, il dolore che ho tenuto troppo a lungo dentro, come quelle parole.
:-Sei uno stronzo!-esclamo, rabbiosa, cercando di dare pugni al suo corpo, cosa impossibile, ma cerco comunque di picchiarlo con i miei pugni sul petto. –Come hai potuto cedere a Crono? Come hai potuto abbandonarmi? E morire? Ti rendi conto di come mi sia sentita? Tradita, abbandonata! Mi sentivo sola! Ho cercato di raggiungerti! Di morire! Mi sono gettata da una scogliera! Se non fosse stato per Percy, il ragazzo che tanto hai odiato e invidiato, ora io sarei morta! Mi ha curata, mi ha ospitata! Quando tu mancavi, quando io avevo più bisogno di te, lui c’era! E tu, dov’eri? Qui, a godertela, razza di brutto coglione!
:-Mi dispiace-dice solo. Ma a  me basta. –Perdonami.
Poi prova senza successo ad abbracciarmi, e mi torna il calore umano nel cuore.
:-Luke, mi dispiace, non volevo dirti quelle cose-dico, tramortendo un singhiozzo.
:-Voglio farti un regalo, per farmi perdonare-dice, e mi guida nella nostra specie di abbraccio fino ad una delle ville enormi dell’Elisio, mentre io mi stupisco di quanta poca gente sia stata buona nella vita. Ma intravedo appena il signor Washington, che mi saluta con la mano. George Washington, intendo, figlio di Atena. E quel tizio che avevano fatto vedere alla TV qualche anno fa, morto per salvare una balena dai bracconieri.
E un ragazzo italiano. Si chiamava Andrea, in vita. Si era suicidato, perché era gay e tutti lo prendevano in giro, non sapendo ad esempio che nell’antica Grecia  e a Roma era perfettamente normale per qualcuno essere omosessuale.
Mi fermo un attimo:-Ciao Andrea.
:-Hello-mi risponde, cercando di rispondermi in inglese, credendo che io non parli l’italiano.
:-Tranquillo, parlo italiano-dico, sorridendo, ma parlando comunque lentamente. Sebbene con il latino e il greco, abbia imparato anche l’italiano, sono ancora un po’ titubante. –Però, per favore, parla lentamente.
:-Ok-dice. –Chi sei?
:-Sono una persona che non conosci, ma che conosce te-rispondo. –So bene cosa hai passato, credimi. La disperazione ci ha raggiunti entrambi. Entrambi ci siamo suicidati. Beh, quasi. A me mi è stato impedito dal mio migliore amico. Mi sono buttata da una scogliera per raggiungere quest’aitante biondo dal cervello bacato che è mio fratello. Ma non stiamo parlando di me, bensì di te. Volevo solo dirti che…sono fiera di te. Non hai ceduto alle critiche per tanto tempo, pur di rimanere te stesso, hai lottato tanto. E i tuoi genitori ti vogliono bene, ti piangono ogni giorno, pregano per te. Solo questo-dico.
Lui mi sorride, un po’, e aggiungo:-Quando sarò morta mi aiuterai a scegliere lo smalto, ok?
Il suo sorriso si allarga, e io mi allontano.
Luke mi conduce in una villa enorme, dove una donna dai lunghi capelli castani, che, non appena mi vede, sbianca, stava fino a pochi secondi fa curando le rose del suo giardino.
:-Ciao mamma-dico, con la voce che trema e, aggiungo, per non farla preoccupare-Non sono morta, sono in visita.
Lei mi si lancia contro e mi abbraccia stretta.
:-Ciao, Alexandra.
:-Mamma-dico, stringendola a me. –Mi sei mancata tanto.
:-Ma io ho vegliato su di te, amore-dice. –Non sai quanto sono stata contenta di vedere Percy mentre ti impediva di suicidarti.
:-Mamma, ho tante cose da dirti…-provo a dire, ma lei mi interrompe.
:-Perché  vivi in quel modo?-mi chiede all’improvviso, spiazzandomi.
:-Come, mamma?-chiedo, confusa.
:-Sai benissimo di cosa sto parlandoa. Perché non vivi nella nostra casa e non usi i miei soldi per avere una vita più comoda di quella?
:-Mamma-dico, con le lacrime agl’occhi. Il suo primo pensiero e stato per me. Mi sta rimproverando perché non vivo bene. Si sta preoccupando per me.
:-Tesoro, non devi sentirti in colpa, va bene? Io ti ho lasciato quelle cose perché ti spettano. E voglio che le usi. Voglio vederti nella nostra vecchia casa, mentre usi la tua eredità per vivere negl’agi, con i miei nipotini che girano per casa! Perché voglio vederti indossare quei vestiti che ti piacevano tanto, del mio armadio.
:-Va bene mamma, lo farò-dico. Non voglio deluderla ancora.
:-Alex, il tempo per oggi è scaduto-dice Nico, che ci è arrivato alle spalle, anche se non me ne sono accorta.
:-Ciao-dico, abbracciandoli.
Poi esco dagl’Inferi, e la Signora O’Leary mi riporta al campo.
Ma non ho più rimorsi ne rimpianti, ora. Mi sono messa il cuore in pace. Ora so davvero cosa fare.
Cercarlo. Perché lui è vivo.
 
Una volta tornata al Campo, Percy mi mostra un giornale.
:-Dovresti leggerlo-dice. –Pagina venticinque.
Apro quella pagina e sorrido.
Incidente spaventoso sul treno Connecticut-New York.
Grazie al cielo, non ci sono stati morti, e quasi nessun ferito. Solo uno, ferito grave.
Il famoso Josh Hutcherson, comparso da poco nel film Hunger Games, ora in cura al ”New York Doctors UrgentCare”, è in stato di coma.
I medici sono poco propensi, viste le sue condizioni e nutrono poche speranze.
So che è in perenne stato vegetativo. Ma almeno è vivo. È una speranza, dopotutto.
Esco dai confini del Campo per prendere il primo taxi per il New York Doctors Urgent Care.

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Capitolo 33
*** Ciao, Josh. ***


Pago il tassista e corro come un razzo verso la porta dell’ospedale, mentre Percy, Annabeth, Rachel e i miei due fratelli preferiti dopo Luke, Travis e Connor, mi guardano nuovamente basiti dalla mia velocità. Sinceramente, non volevo che venissero con me. Ma non ho avuto scelta, mi avrebbero legata, altrimenti.
Entro immediatamente nel New York Doctors Urgent Care, precipitandomi al banco informazioni, dove una donna dai capelli biondi, acconciati in una stretta crocchia, e gli occhi marroni contornati dagli occhiali.
:-Salve-dico, con il respiro affannato per la corsa.
:-Salve-dice lei, scrutandomi con sospetto. –Come posso esserle utile?
:-Siamo nell’orario di visita?-chiedo.
Lei annuisce:-Si. Chi deve visitare?
:-Josh-dico. –Il suo nome completo è Joshua Ryan Hutcherson.
:-Lei è una parente?-chiede.
:-Purtroppo no-dico. –Ma volevo solo…almeno sapere come sta.
:-Il suo nome?-chiede.
:-Alexandra Miller-rispondo con un tono di speranza. Magari me lo faranno vedere. O almeno mi diranno come sta.
:-Oh, si, c’è il suo nome sulla lista-constata, scorrendola velocemente. Non appena lo dice, i miei occhi si illuminano ancora di più di speranza.
:-Che lista?-chiedo.
:-Quella di chi va buttato fuori-dice, premendo un pulsantino rosso e chiamando la sicurezza.
:-Come, scusi? Perché?-chiedo, confusa.
:-La signora Hutcherson ci ha informati, signorina. Ci ha detto di tenervi alla larga-spiega. –Sono sicura che lei sia una di quelle fan sfegatate.
:-No, aspetti!-dico, mentre la sicurezza mi porta via. –La prego!
Ma nessuno mi ascolta. E io rimango fuori.
 
:-Ehi, che è successo? Lasciatela subito!-esclama Percy.
:-Questa ragazza era sulla lista degl’indesiderati-spiega il buttafuori.
:-Da quando hanno una lista degl’indesiderati e un buttafuori negli ospedali?-chiede Annabeth. –A nessuno dovrebbe essere proibita la permanenza in ospedale.
:-A consegnare la lista è stata la signora Hutcherson-spiego. –Non vuole che veda Josh, così mi ha messo nella lista delle fan sfegatate ben conosciute.
:-Ma è stata così gentile con noi…-dice Percy, sorpreso. –Sei sicura?
:-Così mi hanno detto-rispondo, alzando le spalle. –Ma non mi importa.
:-Come sarebbe a dire? Quelli mica ti lasciano entrare!-esclama Travis.
:-Beh, è a quello che servi tu-spiego con un sorriso furbetto.
:-Hai un piano?-chiede, stupito.
:-Non io-dico. –Ma Annabeth si. Ti ha guardato in modo pensieroso. Il che significa che ha un piano. Lei ha sempre un piano.
:-Si, è vero-dice. –Ma non è proprio sicuro. Probabilmente è anche una pazzia.
:-Spara, ci piacciono le cose rischiose. E se è pazzo, deve funzionare per forza!-esclamo con un sorriso. Lo sapevo, lei non mi avrebbe mai abbandonata.
Comincia a frugare pensosamente nella sua sacca nera, e alla fine ci mostra un foglio, che comincia ad aprire.
:-Hai una pianta dell’ospedale?-esclamo, contenta  e stupita. Insomma, è più di quanto si potesse sperare.
:-Ho la pianta di ogni singolo ospedale di New York-spiega, compiaciuta.- E di tutte le carceri. E anche della città e del passaggio nelle fogne.
:-Sei grande, Annabeth!-esclamo.
:- Travis, tu sei capace a recitare e ad imitare le voci, no?
Vedendolo annuire, continua, spedita:-Ecco, tu dovrai arrivare qui e mandarci un messaggio per dirci che sei pronto, utilizzando questo-dice, dandogli un cercapersone. -È il modo più pratico e veloce per mandare brevi messaggi e, in più, non permette ai mostri di rintracciarci anche se, devo dire, non so perché.
:-Ok, cosa devo fare?-chiede, prendendo il cercapersone e mettendoselo in tasca.
:-Devi trovare il modo di entrare in questa stanza-dice, indicandogliene una-e dovrai trovare il modo di utilizzare il microfono dell’ospedale per chiamare la signora che ha chiamato il buttafuori. Non so come, trova una scusa, ma cerca di mandarla il più lontano possibile.
:-Ok, ho capito. Insomma, devo fare in modo che non ci stia tra i piedi.
:-Esatto. Invece Alex, tu ti dovrai travestire, in modo che, se torna troppo presto, tu sia comunque irriconoscibile. Potresti farti passare per medico.
:-Va bene Annabeth, ma con cosa mi travesto? Non ho nulla-le faccio notare.
:-Ecco, tieni-dice, dandomi dei soldi. –Li all’angolo ho visto un negozio che vende questa roba. Cerca una parrucca, degli occhiali e un camice, con tanto di targa, se possibile. Noi ti aspettiamo qui.
:-Ma…Annabeth…sono tuoi questi, non posso…
:-Smettila, me li restituirai più tardi.
:-Ok-dico. Poi schizzo con una velocità impressionante fino al negozio di cui mi ha parlato.
È pieno di travestimenti di ogni genere. Scelgo con cura un camice bianco da infermiera, una parrucca bionda e gli occhiali.
Dopo aver pagato, indosso tutto e torno in pochi secondi da i miei amici.
:-Scusa, Annabeth, la targhetta con il nome non c’era-mi scuso.
:-Non c’è problema. Persino noi abbiamo quasi fatto fatica  a riconoscerti. Pensa quella cavolo di donna. Comunque, una volta entrata dovrai cercare la stanza di Josh sul computer. Probabilmente ci sarà una password. Per cui, se c’è, prova sui registri. Poi vai da Josh. Semplice, no? Nel caso venga qualcuno, io e Percy cercheremmo di distrarli, mentre Connor fa il palo.
:-Si, sembra semplice-dico. –Andiamo.
Ci appostiamo davanti all’entrata dell’ospedale, e dopo qualche minuto ci arriva il messaggio di Travis.
Connor ci fa segno di entrare, così entriamo. Provo subito con il computer, ma, ovviamente c’è la password. Provo a cercare nei documenti.
:-Ecco, stanza 206-esclamo.
Subito mi dirigo nella stanza 206 ma, davanti alla porta, qualcuno è seduto sulla panca, di fuori.
La signora Hutcherson mi scruta, sospettosa, prima di rendersi conto che sono io.
:-Tu! Che ci fai qui, Alexandra?-chiede.
:-Non mi chiamo Alexandra, signora-mento. Mentire sempre, in queste circostanze, negare sempre.
:-Alexandra, cosa pensavi di fare?-chiede, strappandomi gli occhiali dal naso.
:-Perché mi hai messo su quella cavolo di lista, Michelle?-chiedo a mia volta, rinunciando al mio piano. Ormai mi ha riconosciuta.
:-Tu eri con lui, ne sono certa! E hai lasciato che si riducesse in quel modo! Hai approfittato di lui per tutto il tempo, vero?-dice, furiosa.
Adesso ho le lacrime agl’occhi:-Non è vero. Non sa quanto l’abbia cercato. Quanto io gli deva. Sta così male per avermi salvata, lo so bene. Ma non ho mai fatto nulla per interesse, nella mia vita. Non ho mai avuto bisogno dei suoi soldi, ho già i miei, e più di quanti me ne servano. Sono già ricca, cosa me ne sarei fatta? Io non ho mai fatto nulla per interesse. Io gli voglio bene, e lei lo sa.
:-La lasci entrare, la prego!-esclama Percy. –Lei non sa…quanto sia stata male.
:-Percy, non è necessario-intervengo.
:-Oh, si che lo è, invece. Michelle non ha visto la sua migliore amica svenire per la fame, praticamente vittima di anoressia! Guardare il vuoto per giorni, spegnersi totalmente! Io si! Ti ho vista in quel terribile stato! Ti ho vista cercarlo…nonostante la falsa consapevolezza che fosse morto!
:-Percy, smettila…-dico.
:-Non è vero, ne sono sicura!-esclama Michelle.
:-Vi sembriamo due bugiardi, Michelle?-chiede Percy. –Mostraielo, Alex.
:-Percy, no…-provo a dire, ma mi interrompe.
:-Mostraielo!-ordina.
Mestamente, mi tolgo il camice e mi tiro su la maglietta, facendo vedere il mio corpo ormai ossuto e smagrito.
:-Oh, mio Dio!-esclama la donna. –Alex, perdonami.
:-La prego, mi permetta di entrare, Michelle-dico.
:-Entra-dice.
E io apro la porta. E lo vedo. È sdraiato sul letto d’ospedale, ancora in coma, con un sacco di tubicini legati al corpo.
:-Oh, Josh-mormoro, vedendolo in quello stato. Mi accuccio accanto al letto dell’ospedale e gli stringo la mano.
:-Josh, torna da me-sono le uniche parole che mi escono dalla bocca.
 
***Josh***
Sento di nuovo quella bellissima voce. Dopo un attimo di smarrimento, riesco di nuovo a vedere il suo viso. E riesco a sentire la sua voce.
Continuo a correre senza sosta, fino a che, alla fine, posso solo dire “Ce l’ho fatta”.
 
***Alex***
:-Alex…-mormora con voce roca. Mormora il mio nome. Non so come, ma le lacrime cominciano  a rigarmi il viso.
:-Oh, Josh…-dico, baciandogli la mano e portandomela al viso. Sono qui da due ore.
:-Stai bene?-mi chiede. Ecco, ora si preoccupa per me, ora?
:-Josh, guarda che il malato sei tu, non io-dico.
:-Lo so. Ma non mi importa tanto-dice, tossendo.
:-Riposa. Io rimango qui-dico.
:-Davvero?-chiede.
:-La mia è una promessa, Josh-dico, sorridendo dolcemente.
E torna nel suo limbo di sonno, ma so almeno che è vivo.

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Capitolo 34
*** Hospital. ***


:-In queste ultime ore è davvero migliorato-dice il medico che l’ha visitato. –Una cosa impressionante. Mai visto miglioramenti così tanto istantanei. Di solito ci vogliono giorni…invece ci ha messo solo due ore per risvegliarsi e uscire dal coma. Ora l’unica cosa di cui ha bisogno è di riposo e delle giuste medicine. Non appena gli sarà passata la commozione cerebrale e la febbre e si saranno ricostruite le ossa del braccio destro e della gamba sinistra potremo dimetterlo.
Sia i miei occhi che quelli dei genitori di Josh si riempiono di speranza.
:-Senta, vorrei chiederle un favore-dice Michelle.
:-Mi dica, signora Hutcherson-dice medico.
:-Potrebbe dare un’occhiata anche a lei?-mi dice, indicandomi. Certo, un po’ a ragione, sto meglio, ma non sono guarita del tutto dalla mia malattia psicologica. Ancora non mi fido del sonno e del cibo. L’unica cosa che riesco a ingurgitare è l’acqua.
:-Non c’è bisogno, davvero-dico comunque. –Sto bene. Non ho bisogno di niente.
:-Che cos’ha?-chiede il medico.
:-Sviene spesso, non si muove molto e non mangia ne dorme da molto tempo-interviene Percy. –Più di una settimana.
:-Venga con me, signorina-dice il medico.
:-Va bene-dico, rassegnandomi, dopo aver rivolto a Percy uno sguardo assassino accompagnato dal mio solito ringhio gutturale.
Il medico mi conduce fino ad una stanza, dove una donna dal sorriso gentile, con i ricci biondi e gli occhiali.
:-Salve-dice gentilmente, sorridendo. –Cosa ti senti, cara?
:-Io niente-rispondo. –Ma i miei amici e la signora Hutcherson vogliono che faccia un controllo.
:-Il suo amico dice che non mangia ne dorme da più di una settimana-chiarisce il medico. –Occupatene tu, Christine.
Una volta uscito il medico, la donna di nome Christine mi chiede:-Comi ti chiami?
:-Alexandra Miller-rispondo, sapendo che in questi casi bisogna usare il nome completo.
:-Bene, Alexandra, fammi vedere il busto, per piacere-dice.
E faccio come ha detto, sebbene non mi vada a genio. Mi tiro su la maglietta, e lei rabbrividisce vedendo il mio corpo scheletrico.
:-Da quanto non mangi, precisamente?-mi chiede.
:-Da quasi due settimane-dico. –E non dormo da quasi due settimane. Fino alla settimana scorsa, nemmeno bevevo.
:-Come mai?-chiede, annotando tutto sulla sua cartellina.
:-Dopo l’incidente, mi sentivo vuota, non avevo voglia di fare niente. Guardavo il nulla, non mi alzavo, non mangiavo ne bevevo. E non dormivo. Ma questo, più che altro, perché avevo…paura, di sprofondare negl’incubi.
:-Ah, quindi un trauma psicologico legato all’incidente…-dice, continuando a scrivere.
:-Lei è una psicologa?-chiedo. Mi è venuto il sospetto quando ha parlato di trauma psicologico.
:-Non è stato l’incidente-dico. In effetti, non c’è stato nessun incidente. –Josh mi ha salvata.
Per questo sta così male.
:-AH, quindi ti senti in colpa…-dice.
:-No. Non mi sento in colpa, cioè si, mi sento in colpa, ma io non ho bisogno di una visita da uno psicologo. So già qual è il mio problema-dico.
:-E quale sarebbe?-chiede, curiosa di sapere cosa mi potrei inventare.
:-Josh-rispondo. –Non so cosa mi succeda, quando c’è lui. Mi sento molto più che felice, ho una strana sensazione allo stomaco e mi si crea uno strano calore qui-dico, indicando il mio petto. –Quando lui non c’è…mi sento assolutamente persa.
:-Mal d’amore, insomma-dice,  sorridendo.
:-Non mal d’amore…io non sono innamorata!-esclamo. Ma mi sento all’improvviso una schifezza.
:-Non mentire a te stessa, e torna sono quando questo Josh non ti vorrà, o qualcos’altro, va bene? Tu non hai niente, piuttosto vai a mangiare.
:-Ok-dico, sorridendo. –Comunque l’avevo detto di non essere anoressica.
:-Si vedeva, saresti stata peggio-dice. –Per me tu non hai nessun problema.
:-Va bene-dico. –Arrivederci.
:-Arrivederci, cara-dice con un sorriso, prima che io chiuda la porta.
Torno davanti alla stanza di Josh, quando Chris, il padre di Josh, mi ferma.
:-Chris-dico, ansiosa. Che cosa può essere successo? –Che succede? Ci sono delle complicazioni?
:-Nulla, tranquilla. Solo…si è svegliato di nuovo. E ha chiesto esplicitamente di te.
:-Davvero?-chiedo.
:-Si. E, prima che tu vada, ti volevo dire che…mi dispiace per come ti ha trattata Michelle.
:-Non c’è problema, Chris. Non mi voleva del male, voleva solo proteggerlo. E a me va a genio chiunque voglia solo il suo bene. Non c’è problema, dico sul serio-dico, rassicurandolo.
:-Vado-dico, dirigendomi nella stanza di Josh.
:-Ciao, Josh-dico, sedendomi accanto al letto d’ospedale, dove alcuni cavetti sono stati tolti.
:-Alex-dice, ansioso, ma ancora con la voce roca. –Mi dispiace.
:-Ma tu non hai una commozione cerebrale?-chiedo. Come fa a parlare così precisamente?
:-Percy mi ha detto tutto, prima. E mi ha anche ricoperto di insulti. Ma lo capisco. Comunque, sei impazzita? Non mangiare e dormire per due settimane? Ma cosa ti è passato per la testa?
:-Non lo so, non avevo nulla nella testa-dico. –Non ci pensare, ok?
:-Giura sullo Stige che non farai mai più una cosa del genere-dice, guardandomi serio, per quanto lo permetta la sua commozione.
:-Josh, non posso promettertelo, questo. Ma ti posso promettere una cosa: io non morirò prima del tempo. Questo te lo posso promettere.
:-Ok. Ora, però, non chiudere la boccuccia di rose-dice, facendo il fantasma di un sorriso ironico.
:-Cosa vuoi che dica?-chiedo, affettuosamente.
:-Raccontami una storia-propone.
:-Josh, io non ho storie. Non sono Katniss-dico, ridendo.
:-Raccontami qualunque cosa ti venga in mente-dice.
:-Beh, una fiaba la conosco, e scommetto che tu non la conosci-dico. –Si chiama “L’orso e il lupo”, è di origine greca.
:-Raccontamela-ordina.
:-Va bene-dico, cominciando poi a raccontare la storia di un lupo che rapisce una pecora e si nasconde nella cava di un orso, che gliela ruba, prendendolo in giro, poiché anche il primo l’aveva rubata.
:-Insomma, la morale sarebbe “Attenti al portafogli”?-chiede.
:-No, Josh. La morale è “mai considerare qualcuno di tua proprietà e cercare di possederla”. A quei tempi, Josh, c’erano gli schiavi.
:-Ah-dice. –Racconta qualcos’altro, per favore.
:-Va bene-dico, sospirando. Poi comincio a raccontare tutto quello che so, mentre, piano piano, si addormenta di nuovo.


Nota dell'autore: Salve, salve!
Prima di tutto, ringraziamo Tortella e MinguzXD per recensione e breve commento!
Cmq, tornando a noi, solo io penso che quei due cretini di Alex e Joshua si muoiano dietro? E che siano super-teneroni?
Io si. Cmq, recensite, mi raccomando!
Un bacio, e buona lettura!

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Capitolo 35
*** Uscita. ***


Entro di nuovo nell’ospedale, ormai è diventata quasi un’abitudine, per quanto non ci speri.
Vedo una ragazzetta sui quindici anni guardare da lontano la porta della stanza di Josh. La ragazza ha i capelli color nocciola legati in una specie di chignon sfatto, fatto di fretta, e gli occhi castani lievemente socchiusi dal sonno, come qualcuno che non ha dormito tutta la notte. O ha fatto un lungo viaggio.
Lo capisco subito. Immediatamente, insomma, il suo tatuaggio che ha sulla spalla, rappresenta una  ghiandaia libera, come quella della copertina di Mockingjay, con una piccola JH sotto. Più ovvio di così! Mi stupirei se non fosse una Hutchers. Se è come penso, è  matta. Insomma, chissà da dove viene, farsi un viaggio tanto lungo solo per lui…Però l’ammiro. Ha avuto coraggio, insomma, io forse non so se l’avrei fatto, al posto suo. Mi sarei limitata  a piangere, se non l’avessi mai conosciuto. Beh, se non l’avessi mai conosciuto, ora non sarebbe in ospedale.
La ragazza si strofina gli occhi, emettendo uno sbadiglio che copre con una mano.
Mi avvicino:- Ciao.
:-Ciao-dice, strofinandosi nuovamente gli occhi con la mano chiusa in un pugno.
:-Sono Alex-dico, porgendole la mano.
:-Audrey-dice, stringendola.
:-Sei una Hutchers, vero-le chiedo, gentilmente.
:-Come fai a saperlo?-chiede, sbarrando gli occhi.
:-Il tatuaggio-rispondo con un sorriso cortese.
:-Oh-dice, imbarazzata. –Quello.
Sorrido e con fare sospetto le chiedo:-Sai mantenere un segreto, Audrey?
Lei annuisce, così la trascino in un corridoio deserto dell’ospedale e abbasso lievemente la manica della mia maglietta, rivelando il mio tatuaggio fatto con l’henné, rappresentante una ghiandaia imitatrice avvolta da fiamme che partono dal basso per dirigersi verso l'alto, coprendo solo un quarto della figura, su cui sono sempre disegnate le iniziali di Josh.
:-Ne hai uno anche tu!-esclama, sorridendo per la sorpresa.
:-Shh!-la rimbrotto, coprendole la bocca con la mano.
:-Sei qui per Josh?-le chiedo.
Lei annuisce nuovamente, così la trascino nel corridoio davanti alla sua stanza.
:-Sei pronta?-le chiedo.
:-Non è il caso-dice. -E poi non mi lascerebbero mai entrare.
:-Se ci sono io, ti faranno entrare, fidati-sbotto, liquidando la faccenda con un gesto della mano.
:-Perché?-chiede, confusa.
:-Sono la ragazza per cui è la dentro-spiego, trattenendo un brivido. -Mi ha salvata e ci ha rimesso lui. Le Parche sanno essere crudeli.
:-Perchè?-chiede, ancora più confusa.
:-Non so se sono la sua ragazza-spiego. -Nella mattina dell'incidente avevamo appena avuto il nostro primo bacio.
:-Oh, mi dispiace...-dice. 
:-Entra, per piacere-dico.
:-Ok-dice, aprendo la porta.
:-Josh, sei sveglio-constato.
:-Evidentemente-dice, alzando le spalle, annoiato e stanco.
:-Ho qui una persona che ti vorrebbe conoscere-dico, trascinandomi dietro Audrey, che in tanto era quasi fuggita.
:-Chi?-chiede.
:-Audrey, Hutchers di prim'ordine!-esclamo, nascondendo un sorrisetto.
:-Hutchers?-chiede, confuso.
:-Le Hutchers sono le tue fans, salame!-esclamo, ridendo.
:-Tu, lo eri, insomma-afferma.
:-Yes, baby-dico, facendogli l'occhiolino. -Audrey, se non entri ti faccio a cubi!!
La ragazza entra timidamente e Josh non ha più quell'aria stanca di prima, sembra sveglissimo.
:-Ciao, Audrey-dice. -Vuoi un autografo?
Lei rabbrividisce prima di annuire, incapace di parlare.
Lui contiunua a sorridere, e le firma un quaderno, poi le parla un po' e si fanno una foto con il cellulare.
Prima di uscire, Audrey mi ringrazia.
:-Dovere tra coetanee-dico, sorridendo. -Goditi l'autografo.
Quando io e Josh siamo soli, lo rimprovero:-Sei davvero un salame! Come hai potuto far male a quella ragazza?
:-Non capisco, Alex-dice, confuso.
:-Le stavi sorridendo- spiego. -L'avrai uccisa, i tuoi sorrisi sono troppo belli!
:-Smettila-dice.
:-Che vuoi, è vero!!-esclamo, incrociando le braccia.
:-Ti fanno davvero morire i miei sorrisi?-chiede.
:-Mi sciolgo come gelato-dico. -Soprattutto io.
Mi da un lieve bacio sulla guancia, mentre io gli accarezzo ancora i capelli.

È passato un mese dal ricovero di Josh, ormai. Finalmente, dopo tanto tempo, il medico decide di dimettere Josh, dicendoci che ormai è a posto.
:-Ehi, Josh!-dico, sorridendo. –Sei contento? Oggi ti dimettono!
Mi fa un sorriso:-Non vedevo l’ora!
:-Bene, perché voglio che ti diverta-dico, ricambiando il sorriso. –Torneremo al Campo, purtroppo, ma penso che sia meglio di questo ospedale.
-Andiamo, dai!-dice a sua volta, continuando a sorridere. –Voglio assolutamente salutare Chirone!
:-Ok, allora andiamo subito! 
Usciamo dall’ospedale, lui di corsa, mentre io chiamo un taxi. E rido. Perché lui è felice, di poter camminare, correre come prima, se non meglio. Perché è vitale. Perché lui è felice.

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Capitolo 36
*** Flash sull'autobus. ***


:-Josh, aspettami!-esclamo, correndogli dietro.
:-Facciamo una gara-dice, sovraeccitato dalla sua nuova libertà acquisita.
:-Josh, non se è il caso-spiego, preoccupata. –Sei appena stato dimesso e hai avuto una commozione cerebrale, non voglio che tu ti senta di nuovo male.
:-Ti prego!-esclama. –Voglio correre.
:-Smettila di comportarti da bambino!-ribatto. –Se dico di no è no!
:-Hai paura che io ti batta-dice, incrociando le braccia.
:-Semmai ho paura che tu perda-sbotto.
:-Per favore!-dice, facendo la super-cucciolosa, dolcissima faccia da cucciolo, la sua arma segreta.
:-No-dico, guardando da un’altra parte.
:-E dai!-esclama, piazzando la sua faccia davanti alla mia, in modo che non posso fuggire.
:-N…No…senti…è meglio che…non…-balbetto, ormai in trappola.
:-Tipregotipregotipregotiprego!-mi supplica con quella stupida e amorevole faccia cucciolosa.
:-E va bene!-esclamo, esasperata. –Però non ti lamentare se ti batto, pappamolla!
:-Il traguardo è la stazione degli autobus-dice. -Chi vince ha diritto a un bacio.
:-Sei così sicuro di vincere, Hutcherson?-chiedo, mettendomi in posizione di corsa, come un ghepardo, pronto a scattare.
:-Voglio proprio vedere la tua faccia alla fine-sogghigna.
:-Pronti…via!-dice, e io scatto con velocità, muovendo le gambe in sincronia, mantenendo una corsa regolare per non stancarmi troppo.
Lo supero immediatamente, non c’è storia, ma non ci faccio troppo caso. I miei occhi, migliorati dal mio sangue da semidio, vedono solo il mio traguardo, concentrati. Dopo poco, sono alla stazione degli autobus, con il fiato mozzo e il battito irregolare, mentre cerco di scacciare la momentanea nausea da corsa che mi è presa, e osservo Josh, il quale è ancora a metà strada.
:-Ehi!-esclama affannato Josh, una volta arrivato, dall’aria sorpresa.
:-Lumaca-lo prendo in giro, rivolgendogli un piccolo sorriso scherzoso. –Te l’avevo detto, Hutcherson, che avresti perso.
:-Come…come hai fatto?-chiede, con il respiro mozzato. –Insomma, io mi alleno tipo tutti i giorni per un sacco di ore di fila…e tu…!
:-Josh, io mi alleno dai dieci anni-rispondo, con un sorriso furbetto. –Le tue probabilità di vittoria sono sempre state meno di zero.
:-Ti allenavi da sola?-chiede.
:-No. Ci allenavamo tutti insieme, noi della casa undici. Una mattina per me fu particolarmente importante. Era la mattina del mio dodicesimo compleanno. Andammo ad allenarci nella corsa, con le ninfe, che, a furia di scappare da tutti i loro spasimanti, sono le corritrici più veloci che esistano, a parte me. Quella mattina volevo davvero superarne almeno una. Una sola, mi sarebbe bastata. Io, invece, arrivai per prima al drappo viola del traguardo, superandole tutte. E così, probabilmente, divenni la corritrice più veloce, e, a parere di molti, persino la più veloce della Terra. Quella mattina, subito dopo la corsa, vidi sulla mia testa un caduceo rotante. Mio padre mi aveva riconosciuta. Quel compleanno fu uno dei più importanti e belli che abbia mai trascorso.
:-Oh-dice, sorridendo. –Fico!
:-Già-dico, alzando le spalle.
:-A proposito, quand’è il tuo compleanno?-chiede, curioso.
:-Il 14 Agosto-rispondo. –Poco prima della festività in onore della dea della bellezza, per gli antichi romani.
:-Oh, non lo sapevo-dice, sorridendo. –Me ne ricorderò. Il mio in…
:-Non c’è bisogno che me lo dici, so benissimo che sei nato il 12 Ottobre, Josh-lo anticipo, arrossendo per la gaffe involontaria.
:-Come…-prova a dire, ma lo interrompo di nuovo.
:-Josh, una Hutchers non si può definire tale se non conosce la data del tuo compleanno!-lo anticipo nuovamente, ridendo.
:-Sei una Hutchers anche tu?-chiede.
In tutta risposta, stranamente, non più imbarazzata, abbasso la manica della maglietta per scoprire il mio tatuaggio.
:-Quindi è vero che sei una Hutchers!-esclama, a metà tra il sorpreso e il divertito.
:-Oh, Josh, sono stanca di mentire. Si, certo che sono una Hutchers. So perfino dove abiti!-dice.
:-E sei pure una stal…-prova a dire, ora assolutamente divertito.
:-No, Josh, non sono una stalker, mi ci hai portato tu a casa tua!-dico, ridendo. –Hai fatto tutto da solo. Prima, l’unica cosa che sapevo è che tu sei nato in Kentucky, anche se credo che tu abbia una casa a Los Angeles-spiego.
:-Quindi stai con me solo perché sei una mia fan?-chiede, un po’ deluso.
:-Oh, Hutcherson, pensavo di avertelo già spiegato. Tu, prima del giorno in cui ci siamo conosciuti, eri un idolo. Ma niente di più, non sono mai stata una di quelle che ti sbava dietro e che cerca casa tua costantemente. Tu eri un modello da seguire, punto e basta. Poi sei diventato mio amico. E ora questo-dico, indicandolo. –Lo giuro sullo Stige.
Sorride, sapendo benissimo che, se l’ho giurato sullo Stige, deve essere vero per forza. Altrimenti sarei morta.
Arriva l’autobus, e io gli porgo il suo cappellino con gli occhiali da sole.
:-Grazie-dice, indossandoseli.
:-Sai, Josh, dovresti cambiare travestimento. Ti si riconosce subito-dico. –Prova con una parrucca.
:-Ok-dice.
:-Cosa si prova? Ad essere una fan, dico-mi chiede dopo un lungo periodo di silenzio.
:-Oh, Josh, è difficile da spiegare-dico. –Però…per una fan, il proprio idolo è appena un gradino sotto Dio, o, nel mio caso, gli dei. È tutto. Un esempio, una persona da seguire ed imitare, una consolazione, un sogno. Può essere tutto. Mi ricordo che, all’inizio, non capivo tutte quelle fan matte. Invece, con la conversione, ho cominciato a capirle meglio. È una cosa che si sente dentro. Ricordo ancora l’emozione che provai, il giorno in cui sentii la tua voce per la prima volta. Qualcosa di bello, indescrivibile. Ero…più che felice, o serena. Ricordo che, dopo un litigio con uno dei miei fratelli, mi rinchiudevo nella cantina della Casa Grande, dove c’erano un vecchio televisore a colori, dove mi vedevo un tuo film, che sceglievo sempre con molta cura. Ricordo anche, che, ci andavo spesso la sera, quando non riuscivo a dormire, e mi vedevo un tuo film, preferendo spesso Viaggio al centro della Terra, e mi sentivo talmente bene, che mi addormentavo li, con il suono della tua voce nelle orecchie. Te lo ripeto, è una cosa che si sente dentro.
:-Sembra molto…
:-Strano?-chiedo, arrossendo.
:-No. Sembra molto…profondo-dice, chiudendo gli occhi. –E assolutamente…umano. Anche il mio amico Avan, ad esempio, mi ha risposto qualcosa di simile, il suo idolo era Britney Spears. E mi ha risposto una cosa del genere.
:-Josh, cosa si prova ad avere dei fan?-chiedo. –Qualcuno che ti adori e idolatri incondizionatamente?
:-Ci si sente…soddisfatti. Anche felici-risponde. –Ma anche sempre osservati, in debito con loro. Io lo sono, e cerco di essere sempre gentile e disponibile.
Oh, lo so, è verissimo. Ricordo perfettamente come si è comportato con Audrey, con me, anche.
:-Perché mi hai risposto?-chiede. –Io non so se l’avrei fatto.
:-Perché io di te mi fido, Josh. Proprio come mi sono fidata quel giorno al bar-rispondo. –E non perché sei stato il mio idolo.
Lui sorride, così dico:-Josh, ma tu non mi devi un bacio?
:-Hai ragione-dice. –Sei sicura di volerlo? Non vorrei farti svenire.
:-Joshua Ryan Hutcherson-dico. –Smettila di trattarmi come una delle tue fan e baciami.
Non dice niente, mi sorride, semplicemente, e mi bacia una volta. E un’altra, e un’altra ancora, finché non perdo il conto e non so quasi più nemmeno dove siamo.
Ma veniamo interrotti. Io non mi giro, ma Josh si stacca, incuriosito dal rumore, si toglie la felpa che ha sopra la maglietta e mi ci copre, facendo in modo che il mio viso rimanga nascosto.
Alla fine però, capisco il perché delle sue silenziose azioni.
Perché il rumore che avevamo sentito era il flash di una macchina fotografica.





Nota dell'autore: Salve, salve! Ecco il mio nuovo capitolo, signore e signori! Spero proprio che vi piaccia. Ho anche aggiunto una foto di Audrey! Spero che abbia una faccia simpatica!!
Ma, soprattutto, ho un annuncio: il primo capitolo ha ricevuto ben 410 visite!!
Ma le recensioni? Non ne vedo!! Perchè? Recensite, ragazzi, insomma, mi fa piacere e mi è molto utile!!
Cmq, avete visto? C'è un flash! Che sia un paparazzo?
Boh!! Se volete saperlo, aspettate e leggete il prossimo capitolo, e, soprattutto, recensite!!
Un bacio, e buonanotte!

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Capitolo 37
*** Il ritorno di Talia. ***


:-Dobbiamo scendere alla prossima-dice Josh con un sussurro.
:-Paparazzi?-chiedo, come conferma.
:-Si. Anche io, come vedi, scappo da alcune specie di mostri-dice, con una punta di ironia. –Anche se lo fanno solo per lavoro.
L’autobus si ferma, e noi scendiamo. Josh mi trascina nel primo negozio che ha davanti.
:-Scegli qualcosa a caso, sbrigati-mi ordina, cercando anche lui maglietta, pantaloni e cappello.
Prendo qualcosa a caso dallo scaffale, senza badarci, in preda alla fretta.
:-Vanno bene?-chiedo, porgendogli un cappello nero, una maglietta bianca, camicetta nera e jeans, anch’essi neri che mi sono ritrovata in mano. –Li ho presi a casaccio.
:-Perfetti-dice, prendendo a caso una maglietta. –Il look casual è sempre il migliore, in questi casi.
Andiamo di corsa a pagare e ci dirigiamo nei camerini, per poi uscire con i nostri nuovi vestiti.
Chiama con fretta un taxi, facendomici salire con una leggera spinta.
:-Josh-dico. –Non immaginavo che la tua vita fosse così faticosa.
:-Effetti collaterali-dice, alzando le spalle. –La soddisfazione li batte tutti.
:-Dove siamo diretti, signore-chiede il tassista.
:-Ci porti sulla costa settentrionale di Long Island, per favore.
:-Ce li ha i soldi per pagare?-chiede. –Sarà un viaggio lungo…
:-Si-lo zittisce Josh.
:-Bene-dice. –Partiamo subito.
Per un po’, l’unica cosa che sento è il taxi che corre sulla strada.
:-Josh-dico, pensierosa. –Come avranno fatto a trovarti?
:-Beh, forse perché su tutti i giornali c’era scritto il nome dell’ospedale in cui sono stato ricoverato-dice, sarcastico.
:-No, dico…come avranno fatto a beccare l’autobus dove proprio tu saresti salito?-chiedo.
:-Sono cose che fanno, Alex-risponde, alzando nuovamente le spalle. –Ti pedinano.
:-A quanto pare…-borbotto. –Come mai prima mi hai dato la tua felpa?
:-Non volevo che ti si vedesse in viso-spiega, guardandomi negl’occhi.
:-Perché?-chiedo, sentendo una strana sensazione proprio nel petto. –Ti vergogni di me?
:-No, cosa dici, io non mi vergogno di te-dice, guardandomi negl’occhi. –Non pensarlo mai.
:-E perché, allora?-chiedo, confusa.
:-Non sono il tipo di persona che vende perle ai contrabbandieri-dice, onesto. –Non voglio che ti trasformino in qualcosa che non sei. Sparerebbero cavolate, e, probabilmente, ti farebbero apparire come una persona squallida. E io non voglio. Io desidero che tutti ti conoscano come quella che sei: dolce, gentile, impulsiva e bellissima. Non come un frutto della loro fantasia, nato solo per infangarti e farti apparire a tutti come una persona che non sei, per farti odiare dalla gente.
:-Bene-dico, sorridendo. –Grazie Josh.
:-Non c’è di che-dice.
:-Josh-dico, all’improvviso, dopo quasi un’ora di silenzio. –Siamo arrivati.
:-Ok-dice il tassista. –Fuori i soldi.
:-Va bene-dice, consegnandogli il denaro. –Ma lei è davvero scortese, se posso dirglielo.
Scendiamo, e attraverso con una corsa il confine del Campo, inspirando a pieni polmoni l’aria del Campo, sentendo quel profumo che mi è mancato tanto, quello di una casa allargata.
Sento all’improvviso un BIIIP insistente, provenire dal mio cercapersone.
Sbrigati a tornare! Le cacciatrici sono tornate” dice il messaggio di Percy.
“Oh, miei dei!” penso nella mia mente. Finalmente la rivedrò, dopo così tanto tempo. Lei è quasi come Annabeth, per me, quasi come una sorella.
Mi metto in posizione di corsa e mi dirigo a tutta velocità verso la casa otto.
:-Ehi, dove vai?-mi chiede Josh.
Mi fermo, ricordandomi che lui non è veloce come me, e, soprattutto, non ho voglia di mollarlo la.
:-Oh, si, scusa-dico, correndogli incontro, per poi fermarmi accanto a lui. –Seguimi, dobbiamo andare alla casa otto.
:-Perché?-chiede, confuso, e al tempo stesso ancora sorridente.
:-Lei è tornata-dico, sorridendo.
:-Chi?-chiede.
:-Lo scoprirai li, ti ho già parlato tanto di lei-dico, semplicemente.
Arriviamo davanti alla casa otto, interamente costruita in legno chiaro, decorata da felci e piante che ricordano le foreste, mentre sulla bandiera è rappresentato un arco con una luna piena dietro.
Busso alla porta, e mi apre una ragazza dai capelli corvini, da punk, su cui è posato una specie di cerchietto d’argento, e gli occhi di un intenso blu elettrico. Indossa un paio di jeans, maglietta e anfibi neri, e una giacchetta argentata.
:-Talia!-esclamo, abbracciandola.
:-Alex!-dice lei, ricambiando il mio abbraccio. –Come stai?
:-Io bene, e tu?-le chiedo.
:-Noi stiamo tutte bene-dice. –E le file delle Cacciatrici si sono ampliate di ben tre membri.
:-Oh, è fantastico!-esclamo. –Sono molto contenta. Allora, come se la cavano?
:-Bene, bene, per essere delle novelline-dice, soddisfatta.
Un lieve tossire mi ricorda chi ho dietro.
:-Chi è l’aitante giovanotto dietro di te?-chiede, imitando la sua antecedente, Zoe, uccisa dal padre durante una missione.
:-Oh, lui è Josh, Talia- spiego.
:-Perché mi sembra di averlo già visto?-chiede.
:-Oh, è un attore-spiego. –Ricordo a memoria ogni suo film.
:-Oh, si quel…Josh…Hurch…Hutchin…Hutcherson!-balbetta.
Annuisco, così Josh chiede:-E lei è Talia? La ragazza di cui mi hai parlato?
Annuisco di nuovo:-Figlia di Zeus, a capo delle Cacciatrici della divina Artemide.
:-Si-dice Talia, ancora soddisfatta, facendo poi un’espressione particolare, come se avesse voluto ricordare qualcosa.
:-Che c’è, Talia?-chiedo, ansiosa di sapere cosa la turba tanto.
:-Oh, me ne sono proprio dimenticata!-dice. –Percy ti voleva parlare, in privato, mi ha detto che era importante-
:-Oh, non c’è problema, ci vado subito-dico. –Me lo tieni tu il bimbo, finché non torno?
:-Certo. Con me Josh sarà al sicuro-dice, sorridendo. –Sbrigati, però.
E mi allontano velocemente, senza dire altro.
 
***Josh***
Io e Talia rimaniamo soli. All’improvviso, la ragazza dagli occhi blu elettrico, che, devo dire, fanno un po’ paura, mi trascina per il polso fino a dietro un albero, poco lontano.
:-Scommetto che ti starai chiedendo perché ti ho trascinato qui-dice, lasciandomi il polso.
:-Scommetto che quella di Percy che le voleva parlare era una balla per farla allontanare-dico, per poi aggiungere, ironico –Cosa mi vuoi fare? Mi vuoi stuprare?
:-Sei un idiota, Josh. Mi chiedo cosa ci trovi Alex in un cretino come te-dice la ragazza, sbuffando.
:-Era sarcasmo-spiego, sorridendo. –Alex mi ha parlato molto di te, ti descrive come una persona…praticamente perfetta. Come se tu fossi un esempio da seguire, per lei.
:-Oh, lo so-dice Talia. –Ma passiamo alle cose serie, abbiamo poco tempo.
:-Ok, spara-dico, annoiato.
:-Sai chi sono io?-chiede.
:-Una Cacciatrice di Artemide-rispondo.
:-Esatto. Ma sai anche cosa facciamo, noi Cacciatrici?-mi chiede.
:-No-dico, secco. Ma che vuole questa psicopatica?
:-Noi protette di Artemide, spesso, passiamo questi-spiega, porgendomi un volantino su cui sono elencati tutti i vantaggi che si traggono dal diventare una protetta della dea. –Ho cercato nella sua stanza, l’altro giorno. Ero li perché la volevo salutare, ma lei non c’era. E ho intravisto uno di questi sotto il materasso. Sai cosa significa?
:-Che vuole diventare anche lei una Cacciatrice?-chiedo, confuso. E, dalla faccia di Talia, la cosa non sembra positiva.
:-Si-dice, annuendo con la testa.
:-E…-chiedo, ancora confuso.
:-Tu l’ami, vero?-chiede. –Si vede. Da come la guardi. Tu ami Alex.
:-Mi sono lasciato incastrare-ammetto, sorridendo. –Ma non capisco dove vuoi andare a parare.
:-Sai, vero, che se accettasse, diverrebbe immortale? E che non potrebbe mai più frequentare un uomo, innamorarsi?
Improvvisamente, capisco dove vuole andare a parare, e sbianco di colpo.
:-Quindi…-dico.
:-Si. Non la vedresti mai più-dice. –Per questo, Josh, ti ho trascinato qui. Per avvertirti. Perché tu mi aiuti a convincerla, perché le vuoi bene. Perché io non voglio che lo diventi. Lei non è nata per essere una Cacciatrice. Non so chi le abbia dato quel volantino, ma se l’ha tenuto, deve avere qualche dubbio, immagino. E i dubbi, Josh, sono molto peggio rispetto alla certezza, credimi.
:-Che devo fare?-chiedo.
:-Non lo so. Cerca solo…di farle presente che non ne a bisogno. Che non c’è bisogno di diventare Cacciatrice per ottenere la felicità. Che non agirà come una gomma da cancellare. Falle sentire che ci sei.
:-Farò il possibile-dico, immaginandomela come lei, avvolta da una specie di alone dovuto all’immortalità, e sentendomi piangere il cuore. Cosa sarei io ora, senza di lei? Un cadavere.
:-Sbrigati, dobbiamo andare, probabilmente si sarà accorta dell’inganno-dice Talia.
E torniamo indietro, alla casa otto, sentendo il mio cuore spezzarsi.
 
***Alex***
Torno alla casa otto, e trovo Talia e Josh ancora la, ad aspettarmi.
:-Hai parlato con Percy?-mi chiede Talia.
:-Si-rispondo. –Dice che io e Josh dovremmo andare alla Casa Grande, Chirone ci vuole parlare.
:-Oh, andate allora-dice Talia, incoraggiandoci.
Io e Josh ci allontaniamo dalla casa otto per dirigerci alla Casa Grande, in silenzio, mentre noto che Josh è troppo taciturno.
Entriamo dentro e vedo Chirone sulla sua sedia a rotelle, per non sfondare il soffitto, con il Signor D accanto, e un uomo dall’aspetto atletico, con i capelli biondi scompigliati, come se avesse corso, e gli occhi azzurri, illuminati dalla furia impressa sul suo volto.
:-Padre-dico, inchinandomi.
:-Josh!-grida lui, neanche degnandomi di uno sguardo, lanciandolo verso il muro.
 


Nota dell'autore: Salve, buonasera! Ecco a voi il mio nuovo capitolo! Mi scuso, lo so che è un po' lungo, ma...non ho potuto accorciarlo. I'm sorry. Però ho aggiunto una foto di Talia. Immaginatevela così, ma senza i piercings.
Comunque, tornando alla storia. Secondo voi, perchè Talia è così buona da voler avvertire Josh? E perchè il padre di Alex, il rispettabilissimo Ermes, ha sbattuto così malamente il nostro Joshua al muro? Mi farebbe piacere sentire i vostri pareri.
Un bacio, spero che vi piaccia. 

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Capitolo 38
*** Lite familiare. ***


:-Oh miei dei-è tutto quello che riesco a dire, con un flebile sussurro.
Ma cercate di capirmi. Insomma, cos’altro potrei dire alla vista di mio padre che picchia Josh come una zampogna, riempiendogli la faccia di pugni?
:-Padre, smettila!-urlo, fiondandomi su di lui, cercando inutilmente di aiutare Josh, ma non mi ascolta. Non mi ascolta mai.
:-Mi pareva di averti avvertito, Joshua!-sibila, dandogli un pugno. –L’hai fatta star male per settimane!
Detto questo, si ferma per un attimo e vedo un livido enorme sulla faccia di Josh. Non è il massimo, ma ora terranno una conversazione civile.
:-Lo so, signore-dice, massaggiandosi il volto. –Non era mia intenzione, gliel’assicuro.
:-E ti avevo detto anche di lasciarla stare, mi sembra-disse, guardandolo di sbieco.
:-Ed è così, signore-risponde Josh, ancora rispettoso.
:-E, allora, perché non sei a cento metri di distanza da lei?-chiede Ermes furioso.
:-Perché sarei morto in ogni caso, per mano sua o mia-spiega lui, mentre Chirone mi trattiene per il braccio, per evitarmi guai, immagino, o di intromettermi.
:-E così hai deciso di rischiare, ben sapendo che da May io ti avevo avvertito di non farla soffrire?-sbotta mio padre. E così, era di quello che avevano parlato, a casa di May.
:-Evidentemente, signore-risponde educatamente Josh. –Ma da quel momento, giuro, non ho fatto altro che rispettare anche le volontà di Alex.
:-Ah si?-dice, fiondandosi di nuovo su di lui, ma non ci arriverà, io lo so.
:-Padre, ora basta!-esclamo, mettendomi davanti a Josh, bloccandogli la strada, dopo essermi divincolata dalla presa di Chirone.
:-Alexandra, spostati!-mi ordina, freddamente. Quasi sobbalzo, sentendo il suo distacco, più gelido che mai.
:-No!-esclamo, guardandolo, per la prima volta, negl’occhi, in segno di sfida. Bene, sono morta. Spero nell’Elisio, sinceramente.
:-Non osare sfidarmi, Alexandra!-dice, furioso, mio padre, con gli occhi azzurri lampeggianti per la rabbia.
:-Posso sapere perché ce l’hai con lui e non te la prendi con me?-chiedo, quasi sull’orlo delle lacrime. –Se è successo tutto ciò è per colpa mia, non sua!
:-Alexandra…-dice, con un tono di avvertimento, che, onestamente, non mi piace. Non mi piace per niente. Ma io, invece di spostarmi, rimango ferma li, e gli rivolgo uno dei miei ringhi gutturali.
:-Non mi ha mai fatto del male, padre-dico, mentre ormai una rabbiosa lacrima solitaria mi riga il volto. –Lui è la mia medicina. Mi ha aiutata molto, in questi mesi. Se sono stata male, è perché credevo fosse morto! E ha rischiato di morire, per salvarmi la vita! E mi è stato vicino, quando tu non c’eri. Quando avevo bisogno di te! Perché nessun altro, a parte te, mi avrebbe capita! Ma tu non c’eri! Lui si! Si è preso cura di me! E, invece, vieni qui, e lo picchi! Giusto, perché i mortali non possono praticamente reagire, approfittiamo della nostra forza divina! Come puoi anche solo pensare di prenderlo a pugni? Tuttalpiù che non si può difendere ed è appena uscito dall’ospedale?
Non dice niente, e abbassa lo sguardo mestamente.
:-Non ti facevo così vile-dico. –Non mi sono mai vergognata di te. Mai, tranne ora. Mi hai veramente delusa, Ermes.
:-Alexandra…-mormora, con un tono diverso, triste.
:-Perché sei qui?-chiedo, fissandolo, spietata. –Per prenderlo a pugni? Solo per questo?
:-Sono qui per te…-sussurra.
:-A me è sembrato che fossi qui per fale del male a Josh-dico, fissandolo ancora.
:-Ero…preoccupato-spiega.
:-Padre, io sapevo che gli dei non potessero fare favoritismi, tuttalpiù con i loro figli-constato.
:-Ho chiesto un permesso speciale-spiega. –Me ne concede uno ogni mezzo secolo.
:-Beh, hai fatto male-ribatto. –Perché, così, mi viene voglia anche a me di mettermi contro gli dei, padre. Perché approfittate della vostra forza. Ma la vita non è fatta di punizioni per chi sbaglia. E si sta parlando della mia vita! Perciò, se Josh non ti piace, bene, lo capisco, non è per tutti. Ma non è a te che deve piacere. Deve piacere me! Se non ti sta bene, però, non puoi farci nulla.
:-Perdonami, Joshua, non sapevo come stessero le cose-si scusa lui, guardandolo negl’occhi, e porgendogli un tubetto bianco e verde acqua.
:-Cos’è, signore?-chiede Josh, curioso.
:-Una pomata-spiega mio padre. –Ti farà passare il livido. Me l’ha prestata l’altra settimana Apollo.
Poi si rivolge a me:-Potrei parlarti in privato, Alexandra?
:-Diamoci una mossa-dico, uscendo dalla Casa Grande.
:-Padre, cosa provavi per mia madre?-chiedo.
:-Amore-spiega lui, sorridendo. –Mi sentivo felice. Solo quello. E la mia età, la mia natura…non mi importava più nulla-. Poi, però, mi chiede:-Lui è così importante per te?
:-Io mi sento esattamente così-dico. –E se lo amo, lotterò per lui. E non ci saranno profezie, destini vari, dei e genitori, chiunque, nessuno mi impedirà di stare con lui, tranne lui stesso. Se non mi vorrà, potrò solo sopportarlo.
:-Cos’è successo veramente?-chiede.
:-Il giorno in cui ci siamo baciati-comincio a spiegare-siamo stati attaccati dagli Iperborei. Uno mi ha congelato i piedi, e un altro ha distrutto il portabagagli. Sarei morta schiacciata, se lui non mi avesse spinta via.
:-Gli devo molto, allora-dice. –Ma, poi?
:-Lo credevo morto. Così ho smesso anche di mangiare, bere e dormire. Non mi importava più nulla. Tutti pensavano che non avrei potuto sopportare un’altra perdita. Ma io li ho mandati tutti nel bagno e ho pure tirato la catena. Ho cercato di riportarlo in vita. Ma lui era già vivo, in ospedale, e non lo sapevo.
:-Guarda che in mia presenza puoi comunque dire cesso, o che li “hai mandati a puttane”, se vuoi, lo dico pure io-dice, ridendo.
:-Non voglio essere volgare, padre-dico.
:-Alex-mi chiama, dopo un breve momento di silenzio, abbastanza imbarazzante.
:-Si?-lo incoraggio.
:-Da quando sai ringhiare?-chiede, sorridendo.
:-La Signora O’Leary mi ha insegnato-dico, ridendo. –No, in realtà, mi è venuto spontaneo, contro Percy. Lui…cercava di costringermi a uscire, a mangiare  e bere, mi dava fastidio. Così, prima di andarmene, gli ho ringhiato contro.
:-Oh, si è spaventato?-chiede, ridendo.
:-No. Però gli è rimasto nel cervello-dico.
:-Mi dispiace, Alex-dice.
:-Anche a me-mormoro. –Non avrei dovuto dire quelle cose.
:-Sono cose che dicono gli innamorati-constata.
:-Già-dico.
:-Devo andare, ora-dice, osservando il cielo, il cui silenzio viene rotto da un tuono a ciel sereno. –Avete il mio appoggio.
:-Arrivederci, padre-dico.
E mi giro, perché possa andarsene senza che io bruci viva.
 
Torno nella Casa Grande, dove tutti mi fissano, allibiti.
:-Allora?-chiede Josh, impaziente. –Che ti ha detto?
:-Ci da il suo appoggio!-esclamo, sorridendo alla vista del suo sorriso a 360 gradi, bellissimo, luminoso e praticamente perfetto.
Si avvicina a me, e mi chiede:-Ti posso baciare?
:-E da quando si chiede il permesso?-ribatto, premendo le mie labbra sulle sue.

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Capitolo 39
*** Ladra di cuori. ***


Note dell'autore: Salve, ecco il mio nuovo capitolo! Chiedo perdono se è un po' corto, ma non ho trovato modo di allungarlo senza sconvolgere questo finale bellissimo che, secondo me, ci sta benissimo.
Però sono un po' giù di corda, sono sicura che l'avrete notato. Insomma, nemmeno una recensione, in otto nuovi capitoli postati!! Comincio a farmi pena da sola!! :(
Una recensione, piccola piccola, sarebbe gradita! :)
Cmq, spero che vi piaccia questo capitolo!! 

Ladra di cuori.


:-Josh, ti fa ancora male il livido?-chiedo apprensiva.
:-Solo un po’, non ti preoccupare-dice. Ma io so che in realtà gli fa molto, ma molto, male.
Non gli ho voluto far mettere la pomata che gli ha dato mio padre, per paura che gli potesse far male. Mio padre…non si regola, con queste cose, cioè…non capisce che è un mortale e che le medicine divine potrebbero provocargli l’autocombustione.
:-Tranquillo-dico, sedendomi vicino a lui e dandogli un bacio sulla guancia, proprio sul livido. –Adesso passa tutto.
:-Guarda che sto bene, sul serio-dice, cercando di non farmi preoccupare.
:-Josh, smettila-dico. –Ti si legge in faccia che ti fa male. Sarebbe strano il contrario. Josh, questo potrebbe non essere semplicemente un livido. Insomma, mio padre è un dio. Io spero che sia un semplice livido. Avrebbe potuto sbriciolarti la mascella.
:-Non me lo ricordare-dice, sbuffando.
:-Shh, tranquillo-dico, tentando di dargli un po’ di conforto. Scompigliandogli i capelli affettuosamente. –Dopo pranzo, andremo da Will, e gli chiederò una medicina che non ti faccia male. Magari ti curerà subito, se sei fortunato.
:-Per così poco-dice. –Non è necessario far preoccupare tutti.
:-Josh, devo farti controllare anche la mascella, lo sai-lo ammonisco. –Non voglio che tu stia male, per mio padre poi, figurati!
:-Dobbiamo proprio?-chiede.
:-Dobbiamo-dico, annuendo. –Entrambi.
:-Devi farti controllare il busto, vero?-chiede, triste. Miei dei, come si fa a non piangere vedendolo con uno sguardo simile a quello di un cucciolo piangente?
:-Oh, Josh, non essere triste, ti prego-dico.  
:-Come posso non esserlo, vedendo quello che ti ho fatto?-chiede, guardandomi negl’occhi. –Sono un mostro.
:-Josh, smettila-lo ammonisco in modo affettuoso. –Non è stata colpa tua. Ti assicuro che è stata colpa mia. Non ho mai sentito stanchezza, fame, o dolore. È stata una specie di pigrizia. Tutto qui. Non è colpa tua.
:-Davvero?-dice, guardandomi negl’occhi.
Io annuisco:-Lo giuro sullo Stige, io non ho mai sentito dolore fisico per causa tua.
:-Quindi, sei stata male emotivamente?-mi chiede, guardan
Buona cena a tutte! ^-^domi con i suoi occhi lucidi, come se stesse per piangere.
:-Si-dico. –Ma solo perché ti credevo morto. Ma è tutto qui. Solo un ricordo. E, se c’è una cosa che ho imparato da questa storia, è che bisogna lasciarsi il passato alle spalle, e non rifugiarsi nei ricordi e soffrirne perennemente come ho fatto io in tutta la mia vita.
Un attimo di silenzio, piuttosto freddo. Poi però, alla fine la sua voce bellissima rompe il ghiaccio freddo.
:-Alex?-mi chiama.
:-Si?-dico.
:-Chi è Will?-mi chiede, curioso.
:-Will è un mio amico della casa di Apollo, successore di Michel. Sai, quel mio amico, che è morto in battaglia. Te ne ho parlato, no?
:-Si-conferma. –Ma lui che centra con le medicine?
:-Apollo è anche la divinità della medicina-spiego, sorridendo. –Ci sono  figli di Ermes, come me, nati per essere ladruncoli o bravi attori-mentiamo che è una favola, siamo bravissimi-, chi invece, come i figli di Afrodite, che si specchiano tutto i giorno o chi, come i figli di Apollo, intenti nel ruolo di medici e infermiere.
:-Quindi, la mia ragazza sarebbe una ladruncola?-chiede, sorridendo.
:-Si, ma almeno non sono cleptomane, come alcuni di noi-dico, sospirando, mentre mi spunta sulla faccia un sorriso, credo sia quasi da ebete, il che, direi, è probabile. –Anche se alcuni l’hanno pensato spesso. Le suore dell’orfanatrofio mi portavano spesso da uno psicologo, per capire se fossi cleptomane o no. Ma io non lo sono, perché rubo solo ciò di cui ho veramente bisogno.
:-Avrei dovuto capirlo prima, sai?-dice, sorridendo, beffardo. –Che sei una ladra sfacciata.
–Non trovi il portafogli? Guarda che io non centro niente!-balbetto, confusa dal fatto che credo che stia pensando una cosa del genere.
:-No, ce l’ho ancora il portafogli. Io parlavo d’altro-dice.
:-Davvero?-dico, guardandolo negl’occhi.
:-Solo una ladra di prima categoria avrebbe potuto rubarmi il cuore così-dice, sorridendo.
Sorrido e lo bacio dolcemente, per poi sussurrargli all’orecchio:- Non mi sono mai resa conto prima d’ora di avertelo preso.
Sorrido di nuovo. Mi sento bella. Mi sento importante. Mi sento…felice, come non mai. Ora capisco il mio sorriso da ebete. Perché ha detto che gli ho rubato il cuore. Ha appena detto di amarmi. Ha detto che sono la sua ragazza.


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Capitolo 40
*** Visita e gelosia. ***


***Josh***
Mi massaggio il livido che il padre di Alex mi ha stampato sulla mascella, dolorante, ma, un po’, sorrido. Perché ne è valsa davvero la pena.
:-Josh, smettila-dice lei, apprensiva. –Ti si legge in faccia che ti fa male. Sarebbe strano il contrario. Josh, questo potrebbe non essere semplicemente un livido. Insomma, mio padre è un dio. Io spero che sia un semplice livido. Avrebbe potuto sbriciolarti la mascella.
:-Non me lo ricordare-sbuffo. –Ma stai tranquilla. Sto bene.
:-Shh, tranquillo. Dopo pranzo, andremo da Will, e gli chiederò una medicina che non ti faccia male. Magari ti curerà subito, se sei fortunato -dice, con un sussurro, come si fa con un bambino che sta piangendo, cosa che io non sto facendo.
:-Per così poco, non è necessario far preoccupare tutti-borbotto.
:-Josh, devo farti controllare anche la mascella, lo sai-dice.
:-Ma dobbiamo proprio?-chiedo, fregandomene del fatto che potrei sembrare un marmocchio capriccioso.
:-Entrambi-risponde lei.
:-Devi farti controllare il busto, vero?-chiedo con tristezza, mi viene da piangere. Lei mi guarda, come se stesse male per me. Ma non dovrebbe, non me lo merito. Sono un mostro. Lei è stata male per colpa mia.
:-Non essere triste-dice lei, con un tono mesto. Le luccicano gl’occhi.
:-Come non potrei esserlo? Tu sei stata male per colpa mia! Ti ho fatto del male! Sono un mostro!-esclamo, stringendomi la testa fra le mani. Ho ragione, purtroppo. È tutta colpa mia, e non potrò mai perdonarmelo. Certo, è migliorata, ma la maglietta le sta ancora larga sui fianchi, i jeans le calano troppo, le stanno larghi.
:-Josh, non è colpa tua-dice Alex, tentando di rassicurarmi. –Io non ho mai sentito dolore fisico, solamente non avevo ne sete, ne fame, ne sonno, per me è stata come una specie di pigrizia.
:-Fisicamente? Allora hai sofferto emotivamente?-chiedo, con una lacrima silenziosa che sgorga dai miei occhi, ormai lucidi.
:-Si-ammette lei con rammarico. –Ma è stato solo per che ti credevo morto. Ma ora è passato. È solo un ricordo. E, se c’è una cosa che ho imparato da questa storia, è che bisogna lasciarsi il passato alle spalle, e non rifugiarsi nei ricordi e soffrirne perennemente come ho fatto io in tutta la mia vita.
Mi rassicuro un po’, e poi chiedo, cambiando discorso, chi sia Will. Lei mi risponde che è un figlio di Apollo, per cui una specie di ragazzo con le doti mediche.
Alla fine mi abbraccia, dandomi un bacio sulla testa, per rassicurarmi ancora, e rimaniamo così, abbracciati, fino all’arrivo della sera.
***Alex***
Prendo Josh per mano e lo conduco, come fosse un bambino, fino alla casa sette. Quasi ci perdiamo gli occhi, soprattutto lui, poverino, non è ancora abituato al bagliore assurdo di quella casa fatta d’oro puro. Busso alla porta, ma non mi apre nessuno. Busso con più insistenza, ma ancora niente.
:-Alex, credo che sia vuota-dice Josh.
:-Hai ragione. È quasi ora di cena, saranno scesi-butto li. –Proveremo dopo aver mangiato, prima di andare a dormire.
Sto per girarmi ed andarmene, quando una voce maschile ansimante mi interrompe:-Alex, aspetta!
Mi giro con un sorriso sulle labbra, e saluto Will con un gesto della mano.
:-Alex, scusa, eravamo tutti giù-dice, ancora ansimante. –Avevo dimenticato di spengere le luci.
:-Come se fosse possibile-dico, ridendo, con sarcasmo.
:-Ah proprio ragione, signorina Miller. Credo che sia impossibile per un figlio di Apollo spengere le luci senza far morire la Terra-dice con sarcasmo.
Alzo le spalle, ridendo con il mio vecchio amico, che si china e mi fa il baciamano, dicendo:-È davvero un piacere per me rivederla, signorina Miller. Non si è fatta sentire per molto tempo.
:-Ho avuto molti affari da risolvere, signor Solance, perdoni la mia mancanza –dico, sempre con il solito sarcasmo, e poi torniamo a ridere. Perché è questo il nostro modo di comunicare, in un certo senso. Ci permette una certa complicità. Lui mi capisce e io capisco lui. Abbiamo perso entrambi uno dei nostri fratelli. Lui Michael e Lee, io Luke.
Sento un lieve tossire, e avverto lo sguardo di qualcuno.
:-Will, lui è Josh, il…mio ragazzo-dico, esitante, arrossendo fino alla punta dei capelli. Guardo Josh e vedo sul suo volto la soddisfazione che prova per il fatto che l’ho definito “il mio ragazzo”. Beh, un po’ come ha fatto lui. È successo e basta, ci siamo evitati quella parte imbarazzante in cui mi chiede di mettersi con me, o viceversa.
:-Piacere, Josh-dice, stringendogli la mano. –Io sono Will Solance, vecchio amico di Alex.
Josh sorride amichevolmente, come sempre, ma, sebbene pensi che Will non se ne sia accorto, gli lancia uno sguardo che proprio non mi piace, lievemente truce, e, credo, anche piena di qualcos’altro. I suoi occhi sembrano solo a me più scuri e le pupille ristrette?
:-Will, avremo bisogno di te-dico, interrompendoli, un po’ nervosa.
:-Allora, come potrei aiutarla, signorina?-chiede il mio amico, con lo stesso tono scherzoso di poco fa.
:-Puoi controllargli la mascella, per favore?-gli chiedo, di fretta. –Sai, ha avuto…un diverbio, con mio padre, e non è andata tanto bene.
:-Oh, ho sentito-dice, sorridendo. –Ma…è stato così grave? O era solo un esagerazione?
Stringo i denti, prima di dire:-È già tanto che non l’abbia sbriciolato.
:-Oh-dice, serio. –Entriamo, che controllo.
Entriamo nella casa undici, e noto che è un po’ cambiata, dall’ultima volta. Le pareti sono state ritinteggiate di giallo, e i letti a castello anno le coperte dello stesso colore, prima erano arancioni. E ci sono molte più lampade di quanto ricordassi. Ci sono spartiti musicali ovunque.
:-Siediti-dice a Josh, facendogli segno di sedersi su uno dei letti.
Will comincia a mormorare discorsi in greco e latino, mentre esamina la mascella di Josh, che mi lancia degli sguardi interrogativi. Ad un certo punto, si ferma e afferma la sua diagnosi.
:-Non è rotta, fortunatamente-dice Will, con la fronte sudata per la concentrazione. –Ma è fortemente contusa.
:-Non è che avresti qualche rimedio?-chiedo, apprensiva.
:-Oh, forse-dice, dirigendosi verso un vecchio armadietto di legno scuro, e aprendo le ante, cerca nei cassetti.
:-Ecco!-esclama con un tono vittorioso, porgendomi un tubetto di crema bianco con le righe verticali blu di lato. –Anche per i mortali, deve essere spalmata sulla lesione subito dopo mangiato, la mattina e la sera. Nel suo caso, direi, visto che è solo contusa, direi che bastano due applicazioni, è molto potente.
:-Ok, grazie Will-dico, prendendo il tubetto.
:-Potresti controllare anche me, per favore?-chiedo, di mala voglia. Stranamente, un luccichio strano e nervoso brilla negl’occhi di Josh. –Sai, il busto. Sono ancora troppo magra, questo è sicuro.
:-Si, nessun problema-dice. Mi alzo la maglietta fino a su, appena sotto il reggiseno a fascia. Riprende a mormorare incantesimi in greco e latino, per poi aggiungere, quasi ansimante:- Non hai problemi, sei solo un po’ magra. Un po’ d’ambrosia e tornerai come nuova, due o tre cubetti dovrebbero bastare.
:-Ok, li mangerò dopo cena-dico.
Will i siede sul letto, con l’aria stremata, e gli chiedo:-Ehi, stai bene, Will?
:-Si, sono solo…stanco-dice, mentre i suoi occhi quasi si chiudono.
:-Prendi un po’ di ambrosia-dico, dandogli un cubetto di quella che mi porto sempre dietro. –Ti farà bene.
Lui lo mangia, e subito le sue palpebre perdono quell’aria stanca.
Poi ci alziamo e andiamo a mangiare.
 
Dopo cena, io e Josh andiamo subito alla casa undici, in modo che si possa spalmare la crema, e poi, in realtà, per me è anche una scusa, perché non ho proprio voglia di andare al falò, stasera.
Ingollo un paio di cubetti d’ambrosia, e mi sento subito piena. Josh, invece, ha qualche problema, non riesce a sfiorarsi il mento senza rabbrividire dal dolore. Purtroppo, con se stesso non sa essere delicato.
:-Dai qua-dico affettuosamente, prendendo il tubetto e cominciando a spalmargli la crema sulla mascella gonfia.
:-Sei più delicata di me-ammette.
:-Lo so-dico, sorridendo. –Non so cosa ti aspettassi da una ragazza.
All’improvviso, ricordando gli sguardi di Josh, diretti a Will, e quello strano luccichio quando mi sono tirata su la maglia per farmi visitare, mi sorge una domanda, così gli chiedo:-Senti, ma come mai quello sguardo truce a Will?
:-Che sguardo truce?-chiede, facendo una faccia innocente che mi piace chiamare “faccia da finto tonto”.
:-Quello che gli hai riservato-dico. –Smettila di fare il finto tonto, Josh. Sono figlia del dio dei ladri, so riconoscere quando qualcuno mente.
:-Beh, non mi è piaciuta la storia del baciamano e, sinceramente, mi sta antipatico-ammette, a malincuore.
:-Josh, guarda che era solo un modo per scherzare, totalmente ironico-dice. –Prendevamo in giro il galateo. Rachel è stata costretta a studiarlo, e così, ogni tanto, prendiamo in giro le maniere che riserva quando è a casa, sorvegliata dal padre.
:-Sarà, ma mi sta antipatico-dice, incrociando le braccia.
:-Josh-dico, quasi ridendo, solo che la situazione non mi sembra più così divertente come prima. –Sei geloso?
:-No-dice, convinto. –Non son geloso, assolutamente!
:-Bugiardo-dico, guardando le pieghe della sua fronte.
:-No! Ti giuro che non sono geloso! Perché dovrei esserlo?-dice lui.
Oh, bene, è geloso. E adesso che faccio? Insomma, non sono mai stata brava a gestire queste cose!
Una vocina, piccola piccola, mi dice “segui l’istinto”. Così, mollo i freni inibitori quanto serve e gli do un bacio.
:-Josh, non hai alcun motivo per essere geloso-sussurro.
:-Non sono…-prova a dire, ma lo blocco con un altro bacio. Poi gli do un bacio sulla fronte e lui poggia la testa sulle mie gambe, mentre io gli accarezzo affettuosamente i capelli.
:-Josh, lo sai che non hai motivo. Lo sai che ti amo-sussurro, prima che entrambi ci addormentiamo, così, insieme.

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Capitolo 41
*** Viaggio dal notaio. ***


Lentamente, per non svegliare Josh, mi alzo e corro verso il bagno delle ragazze con la mia solita velocità da maratona, buttandomi in tutta fretta sotto la doccia, per rendermi almeno presentabile, per poi lavarmi accuratamente i denti e asciugarmi i capelli. Osservo il mio corpo, ben felice di vedere di aver ripreso i miei chili e le mie forme normali, umane e genuine.
Mi guardo allo specchio, e il mio sorriso si allarga più che mai. La ragazza allo specchio non è più quella pallida, scheletrica e smunta che ricordavo. Ora la ragazza ha nuovamente un viso pieno, gli occhi vivi, lucenti, e i capelli hanno ripreso colore.
Mi acconcio i capelli con cura, optando per uno chignon basso, ma stretto, anche se non troppo rigido, e mi dirigo verso la casa sei, quella di Annabeth, e sgattaiolo dentro, non per rubare, ma, semplicemente, per non svegliarle, anche se so che entrare così in casa altrui è maleducazione, e, tanto per capirlo, è vietato anche dalla legge, ma non voglio svegliare ne Annabeth, ne i suoi fratelli e le sue sorelle.
Apro con un movimento silenzioso l’armadio di una delle sorelle di Annabeth, Lauren, avvocato come me. La conosco bene, è una mia amica, certo, non stretta, ma amica, e sa benissimo che, quando le scompare qualcosa dall’armadio, è colpa mia. Ogni tanto prendo qualcosa in prestito, ma non è rubare, perché gli restituisco sempre tutto, e lei ne è totalmente consapevole, e la conosco, non è il tipo che se la prende, per queste cose.
Prendo dall’armadio un tailleur nero dall’aria sofisticata ma non esagerata, con una camicetta bianca, e delle scarpe nere con la punta, il tacco non troppo alto, dall’aria piuttosto scomoda, ma consona.
Torno al bagno delle ragazze e indosso il tailleur, per quanto io li odi, e le scarpe, per poi uscire dai confini del campo. Ma, prima di andarmene, passo alla casa undici, e lascio un biglietto sul mio cuscino.
“Sono fuori dal Campo, per un incontro con un formale, torno presto”.
Josh dorme ancora, oh miei dei, solo voi sapete quanto mi piaccia mentre dorme. Sembra sereno, e tranquillo e, cosa ancora migliore, sorride, mentre dorme.
Lo sposto delicatamente, sdraiandolo sul letto, gli do un leggero buffetto sulla guancia ed esco dal campo.
Una volta fuori, ordino:-Stheti! O harma diaboles!
Subito compare uno strano taxi grigio, e ci salgo sopra, dichiarando con sicurezza l’indirizzo.
:-Manhattan, 234^ strada, per favore.
So che non è il modo più sicuro per viaggiare, ne il più veloce, ma è quello che mi costa di meno. Ucciderei il mio portafogli chiamando un normalissimo taxi.
Dopo un lungo viaggio di sballottamenti e scontri vari, arriviamo a destinazione e pago la mia dracma alle Sorelle.
Poi mi guardo intorno, entrando in un palazzo a dir poco enorme, e prendendo l’ascensore fino al quinto piano, e busso alla porta dell’ufficio del notaio, il signor Novery Montgomery.
Mi apre la segretaria del notaio, una donna sui trenta, con i capelli scuri legati in una rigida crocchia e gli occhi grigi.
:-Desidera?-chiede, cortese.
:-Sono Alexandra Miller, avrei un appuntamento con il signor Montgomery.
Lei controlla sull’agenda, e poi mi da segno di entrare. Busso e, dopo un sordo “avanti”, entro.
Il notaio, un uomo con gli occhi marroni e i capelli scuri, mi fa segno di sedermi.
:-Sono felice di rivederla dopo tanti anni, signorina Miller. È davvero un piacere, se mi è concesso dirlo. Allora, mi dica, come potrei esserle utile?
:-Dovrei riscuotere la mia eredità-rispondo, semplicemente.
:-Oh, giusto-dice, mettendosi gli occhiali e porgendomi delle carte.
:-Il testamento?-chiedo.
:-Si, signorina Miller-risponde lui. –Come può ben vedere, a lei spettano la sua vecchia casa, il denaro e qualunque altra cosa sia appartenuta a sua madre. Ma ci sono delle complicazioni, per quanto io mi fidi di lei e sappia benissimo che lei è la signorina Miller.
:-Quali complicazioni?-chiedo.
:-Signorina Miller, mi dispiace informarla che lei, al momento, risulta dispersa-risponde. –Non dal governo, ma in senso giuridico. Ovvero, essendosi perse per alcuni anni le sue tracce, dopo aver abbandonato l’orfanatrofio, dovrà presentare delle prove.
:-Quindi dovrei cercare delle prove per assicurare che io sono me stessa?-chiedo, incredula.
:-Si-risponde il notaio, annuendo. –Ma lei è fortunata, signorina Miller, alcune persone ci mettono anni per uscire da questo tipo di situazione. Invece lei ci metterà al massimo una settimana. Le dovrebbe bastare tornare all’orfanatrofio e provare che lei è stata davvero li, con i documenti di registrazione.
:-Certo-dico, ancora incredula. –Ma, non c’è proprio altro modo per…?
:-Non se vuole uscirne prima del prossimo decennio, signorina Miller-dice, scuotendo la testa.
:-Bene, le porterò quei documenti-dico, alzandomi con rispetto. –Arrivederci, signor notaio.
:-Arrivederci, signorina Miller-dice l’uomo, con un sorriso.
Esco di fretta, richiamando il Cocchio della Dannazione, e tornando al Campo, con il terrore che mi luccica negl’occhi.
Quando arrivo, è ormai l’ora di pranzo, e, ovviamente, Josh è sveglio.
:-Alex!-dice, correndomi incontro. Poi, però, mi chiede, vedendo il terrore nei miei occhi–Ma come sei conciata? Che ti è successo?
:-Sono andata dal notaio-dico, semplicemente.
:-E quindi? Perché sei spaventata?-chiede, preoccupato.
:-Nulla-mento. –Non è paura. È che…mi sono svegliata presto, sono solo stanca.
:-Va bene-dice, per niente convinto.
Ok, so cosa ci si può chiedere. “Perché mentirgli?
Bene, lo spiego io, il perché. Insomma, già io sto male. Non voglio far star male anche lui. È una questione mia. Non so perché, ma non voglio che stia male.
Così, per nascondermi, provo a buttarmi nel sonno.


Nota dell'autore: Salve, ecco il mio nuovo capitolo! Mi scuso se è un po' corto, ma rimedierò!

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Capitolo 42
*** Ricordi del mio soggiorno all'orfanatrofio. ***


Ero seduta sul bitorzoluto materasso mangiucchiato dai topi e puzzolente che le due direttrici dell’istituto, la signora Marxbell, una donna con i capelli scuri chiusi in una crocchia rigida e la faccia cavallina, e la signora Farwell, una donna sui quaranta, con il volto inespressivo, i capelli biondi ma spenti e gli occhi praticamente privi di emozione, avevano il coraggio di chiamare letto.
Stavo piangendo. Avevo appena assistito ad una cosa orribile. Eravamo appena tornate dalla gita al mare. Stavamo attraversando la strada, eravamo a due passi da casa, era verde.  Eppure, un uomo al volante, probabilmente ubriaco, premette il piede sull’acceleratore. E urlai dallo spavento. Lei mi spinse via.
La mia mamma. Era appena…non avevo nemmeno il coraggio per dire quell’odiata parola.
Una signora con i capelli scuri e gli occhi marroni mi aveva portato li, indossava una divisa blu, era una poliziotta. Mi aveva portata li per non doversi fare carico di me. Certo, chi vuole una ragazzina senza padre, ora anche orfana, sfortunata, dislessica, iperattiva e con disturbo da deficit dell’attenzione?
:-Tranquilla, piccola, qui si prenderanno cura di te-mi aveva detto, prima di abbandonarmi, asciugandomi le lacrime con una mano.
:-Io non voglio rimanere qui-mormorai. –Gli altri bambini che vedo qui non sono felici.
:-Lo so-disse lei. –Ma non sappiamo dove mandarti, e sei minorenne.
:-Non mi lasci qui, signora-sussurrai, mentre piangevo ancora. –La prego.
:-Mi dispiace-disse, prima di uscire.
:-Per favore-mormorai, ma la donna mi ignorò totalmente, prima di andarsene.
 
Caccio un urlo in preda alle fauci del sonno, e mi sveglio con le mani tra i capelli, mentre mormoro ancora:-Per favore, no…per favore-. Mentre prego ancora la poliziotta di non lasciarmi li, da sola.
:-Shh-mormora una voce maschile al mio orecchio, mentre le calde lacrime scendono veloci  sul mio volto, segnandolo. La riconosco subito.
:-Non mi lasci qui-sussurro. –La prego…
:-Shh-dice Josh affettuoso, abbracciandomi e cullandomi, come si fa con una bambina. –Era solo un incubo. Solo un incubo.
Guardo fuori dalla finestra, le stelle nel cielo brillano proprio come la luna crescente.
:-Josh-mormoro, mentre una strana morsa mi stringe la gola. –Ho paura. Io non ci voglio tornare.
:-Dove?-mi chiede, comprensivo e paziente.
:-L’orfanatrofio…-mormoro. –L’ho sognato di nuovo…ho paura…
:-Beh, penso che tu sia troppo grande per finire in un orfanatrofio, non credi?-mormora come risposta.
:-Josh-sussurro. –Ho paura…la…non era bello…e non ci voglio tornare…
:-Perché ci dovresti tornare?-chiede.
:-Josh, se voglio riprendermi la casa, ci devo tornare-spiego con un bisbiglio. –Dovrò tornare li, per certificare che sono effettivamente figlia di mia madre. Oh non mi crederanno.
:-Perché non dovrebbero?-chiede, confuso.
:-Josh, io sono fuggita. Tecnicamente, per quanto ne sanno, io potrei non essere figlia di mia madre. Potrei mentire-sussurro. –Sicuramente.
:-Hai così tanta paura di quel posto?-chiede.
Annuisco, tremante:-Josh, la…non trattano bene i bambini. Spesso li rinchiudevano nelle loro stanze per punizione, e li sentivi piangere, spaventati. O non li facevano mangiare, anche per settimane. E li picchiavano, molto spesso. Soprattutto me, ero il loro bersaglio preferito. Ero famosa in tutto l’orfanatrofio per la mia “cattiva condotta”. Ricordo quanto fossi magra. Quanto patissi la fame, peggio che quando sono fuggita. E mi rinchiudevano, dopo avermi picchiata, anche con le bacchette. Molto spesso. E io piangevo. Ero sola, e io, Josh, non ho mai sopportato di rimanere in una stanza chiusa a chiave.
Mi guarda, e dice, stupito:-Ma non li denuncia nessuno? Insomma, è vietato, fare delle cose del genere…
:-Josh, la paura è una delle armi più efficaci-spiego, tremando. –Se qualcuno ha paura e non ha coraggio, non può che star zitto.
Mi guarda ancora, e mi chiede:-Devi proprio andarci, li?
:-Si-annuisco, prima di chiedergli –Josh, vieni con me?
:-Certo che ti accompagno-dice, baciandomi la fronte. Poi cadiamo nuovamente nel limbo del sonno, insieme, nonostante la mia paura del sonno.
 
Apro gli occhi mentre i raggi del Sole si divertono a rincorrersi e a giocare sul mio viso, illuminandolo totalmente.
Vedo che sono ancora abbracciata a Josh, e ne sono felice. Lui è così…buono. Cosa farei io, senza di lui? Cosa sarei?
C’è sempre, quando ho bisogno di lui, sempre. Non mi ha mai abbandonata, mai delusa.
Come posso non essere fiera di quel ragazzo stupendo che dorme accoccolato a me, con la testa appoggiata al mio braccio?
Poi però, noto che il mio braccio è un po’, stranamente…bagnato.
:-Miei dei, Josh, sbavi!-borbotto tra me e me, un po’ schifata, ma, considerando quanto io abbia assaggiato le sue labbra, non ha alcun  senso, me ne rendo conto. È solo…che il fatto che mi sbavi addosso fa un po’…schifo, si.
Lentamente, cercando di non svegliarlo, mi alzo e corro verso il bagno femminile per farmi una doccia.
Mentre mi insapono il corpo, mi tornano ancora in mente i vecchi ricordi, sotto l’acqua scrosciante, dove più volte mi strofino la pelle con forza, con la mia spugna gialla, cercando di levarmi quella sensazione di terrore che mi è rimasta appiccicata addosso.
 
Era un giorno come un altro, li, all’orfanatrofio.
Come tutte le mattine, avevo fatto colazione con quel poco che ci davano. Mezzo uovo strapazzato, spesso bruciacchiato, e un po’ di pane.
Ma qualcosa mi fece preoccupare, moltissimo. La mia unica amica, li dentro, in quell’inferno mortale. Bea, una bambina della mia stessa età, trovata in un cassonetto da un passante. Aveva gli occhi dolcissimi, marrone cioccolato, e i capelli biondi come il grano, legati sempre in una treccina, il viso reso simpatico dalle lentiggini marroncine, e, il suo più grande segreto, una piccola voglia a forma di tazza di te sul collo del piede.
Stava vomitando, quella poveretta, si era presa un’influenza intestinale. E, una delle donne che badava a noi, sicuramente pazza, le diede uno schiaffo.
La bambina pianse, ovviamente, e quella strega prese un cucchiaio e le fece ingoiare a forza tutto il vomito. Quasi non rimettevo anch’io.
Poi, quando non ci fu più vomito, la rinchiusero, come se non averla costretta a ingurgitare il vomito non fosse abbastanza.
E mi ricordo le sue lacrime di dolore e sofferenza, a cui si unirono presto le mie.


Nota dell'autore: Salve! Allora, due capitoli in un'ora, spero di essermi fatta perdonare! ^-^
Allora, che ne pensate, di quest'orfanatrofio?
Ditemi tutto, recensite!! E spero che apprezzerete questo capitolo!
Un bacio e buonanotte!

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Capitolo 43
*** All'orfanatrofio. ***


Esco dalla doccia, ma solo per ributtarmici dentro, cercando ancora di staccarmi di dosso quella sensazione di terrore che mi è rimasta appiccicata al corpo, formicolante per l’acqua fredda.
Ricordo le sue lacrime. La mia unica amica dell’orfanatrofio, Bea, stava piangendo. L’avevano picchiata a sangue con la bacchetta. E io la guardavo, impotente. Alla fine, vedendola piangere, feci una pazzia. Presi la rincorsa e mi misi tra lei e la bacchetta di legno che le stava facendo sanguinare le braccia.
E il mio viso divenne formicolante per il dolore, segnato da un grande livido viola. Le lacrime, silenziose, però, all’inizio, rimasero dov’erano. Non volevo dar soddisfazione a quella mostruosa donna, se così si poteva chiamarla.
Così mi rinchiuse con Bea, ma non mi importava troppo. Lei non si era ferita ancora. L’avevo protetta. Avevo protetto la mia unica compagna di sventure, l’unico altro membro del mio “branco”. Perché è così che si fa in un branco. Ci si aiuta a vicenda, si muore insieme, ma non si abbandona nessuno. E io lo sapevo.
:-Perché l’hai fatto?-mi chiese Bea, piangendo. –Ti sei messa nei guai, così.
:-Perché ci si aiuta a vicenda, tra amiche-risposi, stringendole la mano in una stretta di innocente solidarietà, nonostante tutta la mia paura. Non ho mai amato essere rinchiusa. Mi fa sentire come se mi avessero tagliato le ali, privata della mia libertà. È sempre stato così.
E piangemmo per ore, in silenzio, chiuse in quella stanza, ma, almeno, non eravamo sole.
 
:-Pronta ad andare?-mi chiede Josh, dandomi un bacio sulla tempia. Oh miei dei, come sta bene lui con le camicie solo voi lo sapete.
Avremmo preferito entrambi un look casual, come al solito, ma, dato che si tratta comunque di un incontro formale, e io sono un avvocato, non abbiamo scelta. Due tailleur. Ed entrambi li odiamo. E poi, per le donne, cosa che trovo piuttosto maschilista, il sedere è fin troppo in bella vista e sono sicura che, senza la camicetta che me lo copre un po’, scoppierei in una crisi isterica.
Ma, senza scelta, indosso di malavoglia il tailleur nero di Lauren, e lui fa lo stesso, solo che, ovviamente, il suo è da uomo.
Però devo ammetterlo, mi sta benissimo oggi, questo look. Voglio far capire che senza di loro ho una vita fantastica. Che non mi sono mai pentita di lasciare quel posto orribile. Che sono viva, che sono sopravvissuta. Che ce l’ho fatta. Che, per una volta, ho vinto, anche se, in realtà, lavoro in un bar. Ma voglio che capiscono che ho una vita bellissima.
:-No-dico, sincera, sospirando.
:-Tranquilla-dice lui, cercando di rassicurarmi. –Sarà veloce. Andare e tornare, voleremo, se necessario.
:-Josh…-mormoro. –Ho paura. E se…troveranno sicuramente il modo di farmela pagare, quelle streghe delle direttrici.
:-Non possono farti nulla-dice, prendendo la mia mano. –Ci sono io.
:-E come faresti?-chiedo, guardandolo negl’occhi.
:-So proteggerti-dice.
:-Josh, perdonami, io ti voglio un bene dell’anima, ti amo un sacco, ma, a dirla tutta, non è che sei il principe azzurro sul cavallo bianco, pronto ad uccidere il drago con la sua spada.
:-Forse non sarò un principe azzurro con un cavallo bianco, ma non sarebbe la prima volta che ti salvo-mi fa notare, con una punta di ironia. –So proteggerti meglio di quanto credi.
:-Josh, questo non è un film-dico. –Questa è la vita reale. E non puoi proteggermi. Josh…nessuno può proteggermi da me stessa-mormoro. –Nemmeno tu.
:-Shh-dice. –Tranquilla. Non c’è da aver paura.
Sospiro, prima di salire sul Cocchio della Dannazione, di nuovo. Ormai sto diventando la principale cliente delle Sorelle Grigie.
Non parlo molto durante il viaggio, un po’ perché non ne ho voglia, un po’ perché sono occupata a reggermi allo sportello, per non finire sbandata.
Quando arriviamo, mi ritrovo davanti l’orribile edificio dei miei ricordi, forse più malridotto di prima. I mattoni quasi sgretolati, di un marrone spento, con un’insegna gialla ormai quasi del tutto rovinata, anche se con una nota ironica. “Orfanatrofio dei bambini felici”. Questa si che è ironia pura. Non ho mai visto nessuno minimamente sereno e nutrito li dentro, figurarsi felice!
Entriamo e osservo l’interno dell’edificio, ed è esattamente come lo ricordavo. Le pareti sono talmente grigie che sembra che qualcuno ci abbia vomitato sopra, i mobili graffiati, e, sopra ad un tavolino, l’odiata bacchetta di legno, sempre la stessa. Quasi scoppio vedendo quell’arma che ha portato dolore a me, a Bea, e a tantissimi altri bambini.
:-Vieni-dico a Josh, che mi segue. Purtroppo, non mi ricordo molto bene dov’è l’ufficio delle direttrici, e così cominciamo a vagare.
:-Sei sicura di sapere la strada?-chiede. –Insomma, secondo me, non te la ricordi.
:-Sbagliato-dico, sorridendo compiaciuta, mentre, per puro caso, mi ritrovo davanti all’ufficio.
Entriamo e una signora dalla faccia cavallina e i capelli ingrigiti ci fa un cenno di saluto dalla sua scrivania, poco cortese, però. La conosco bene, fin troppo bene. Vorrei gettarmi su di lei e sbatterle la testa contro il muro decadente, ma mi trattengo, rimanendo aggrappata alla mano di Josh.
:-Signora Marxbell-dico , lanciando uno sguardo pieno di odio misto a terrore alla donna, tenendomi stretta alla mano di Josh per non compiere cose di cui mi potrei pentire.
:-Ci conosciamo?-chiede la donna, spiazzata e confusa.
:-Non si ricorda di me?-chiedo, guardandola ancora con odio. –Sono Alexandra Miller.
:-Oh, tu…-dice. –Ma non eri…?
:-Scappata? Si-dico, sorridendo, ma non c’è traccia di gioia nel mio volto. Il mio sorriso in questo momento è fin troppo simile a quello di un assassino.
:-Che ci fai qui?-mi chiede.
:-Ho bisogno dei miei vecchi documenti di certificazione, li devo dare al mio notaio-rispondo, cercando di essere il più possibile educata, stringendo di più la presa alla mano di Josh. –Ovviamente, dopo le saranno restituiti.
Ci pensa un po’ su, prima di chiamare la sua collega. Entra stizzita e la osservo. È sempre lei, la signora Farwell. La stessa donna con i capelli spenti, gli stessi occhi privi di emozione e vivacità.
:-Che c’è, April?-chiede quella, seccata.
:-Ti ricordi di Alexandra Miller, quella ragazzina stramba ed indisciplinata, Margaret?-dice la signora Maxwell. –Beh, ora vuole il suo documento di certificazione. Che facciamo? Glielo diamo?
:-Non saprei…-dice quella. –Ma preferirei evitare…ti ricordi della sua indisciplinatezza. Probabilmente non tornerebbe mai indietro.
:-Beh, mettetela alla prova-interviene Josh. –Insomma, che cosa vi costa?
Lo fermo con un gesto della mano, le conosco bene. So come prenderle.
:-Cosa volete in cambio?-chiedo, serissima. –Potrei fare tutto quello che volete. Lavorare, accudire i bambini. O potrei darvi il cinque per cento della mia eredità.
Ci pensano un momento, discutendo animatamente, poi mi rispondono.
:-Non vogliamo nulla-dicono in coro. –Non ti daremo quei documenti, ragazzina. Oh avremmo debiti con te.
Detto questo, ci sbattono letteralmente fuori, praticamente a calci.
:-E adesso che facciamo?-chiede Josh, guardandomi negl’occhi. –Ora dovremo andarcene.
Mi guarda di nuovo negl’occhi, e dice, notando il mio scintillio scaltro:-Oh, ma tu l’avevi previsto, vero?
:-Certo-rispondo, sorridendo furbetta. –Le conosco bene, quelle streghe. All’inizio, ho pensato di far loro una proposta, ma, come hai potuto vedere, non ha attecchito. Quindi, si passa al piano B.
:-Quindi, è per questo che mi hai chiesto di venire con te?-chiede, guardandomi ancora con i suoi bellissimi occhi verdi, più chiari ora, mesti. –Per mettere in atto il tuo piano B?
:-No-rispondo. –Come puoi solo pensarlo, Josh? Io non mi approfitterei mai di te-dico, seria e sincera.
:-Davvero?-chiede, guardandomi negl’occhi ancora. Sembra un cucciolo, adesso. Ma lui è il mio cucciolo. Ed è questo l’importante. Che, sebbene senta che manchi qualcosa, so per certo che non riguarda lui. E che, sinceramente, il mio cuore batte. Veloce, e libero. Non più come una ragazzina, ne come una donna, ne come una ladra. Batte allo stesso ritmo del suo.
:-Josh, hai visto tutta quella forza che ho sfoggiato, poco fa? Tutto il mio autocontrollo?-chiedo. –Quella è finzione. Nella mia vita, ho imparato a fare alcune cose. A correre veloce, più veloce delle ninfe. A riconoscere i pericoli, a combatterli. E, lo ammetto, anche a rubare. Ma, se c’è una cosa veramente importante che ho imparato, Josh, è a digrignare i denti in silenzio davanti al dolore. Quando mi picchiavano, io facevo di tutto per non piangere davanti a loro. E lo faccio anche adesso. Questo, perché io non voglio dar loro soddisfazione. Per non farmi mettere i piedi in testa da nessuno. Ho nascosto tutta la mia paura, la mia tristezza, la disperazione chiusa nei miei ricordi.
Mi fermo un secondo, per riprendere fiato:- Ma io non ho motivo per mentirti, ne per nasconderti qualcosa. Stanotte, ti ho chiesto di accompagnarmi qui, perché sentivo il bisogno di qualcuno al mio fianco, che mi aiutasse a trovare la forza. Che non mi lasciasse sola, che mi facesse sentire sicura. Perché avevo paura di cadere, da sola, senza di te. E questo, per un motivo solo, Josh. Lo so, forse potrai credermi, forse no, ma io non ce la faccio più a tenermelo dentro, voglio mollare il periodo della negazione. E lo giuro sullo Stige.
:-Cosa vuoi dire?-mi chiede, confuso.
:-Josh, ti ricordi quando mi hai chiesto cosa volessi?-gli chiedo, e, vedendo che annuisce, continuo. –Lo so, potrei sembrarti egoista, e credo di esserlo, ma io credo di sapere cosa voglio. Voglio te. Voglio che tu non mi lasci mai. Ed è egoista, lo so, ti chiedo trop…
Non riesco a finire la frase, che mi bacia, e dice, sorridente:-Io non credo che tu sia egoista.
Sorrido anche io, e cerco di ricomporre le idee.
:-Allora, mi spieghi il piano B?-chiede, sorridendo.


Nota dell'autrice: Salve, buonasera!! Ecco il mio nuovo capitolo, spero che vi piaccia! Mi scuso per il ritardo, ma nn avevo più la connessione! Cercherò di rimediare. 
Un bacio e, sopratutto, recensite!!

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Capitolo 44
*** Piano B ***


Io rido, mentre mi stacco, sentendo il solletico provocato dal contatto con la punta del naso, mentre cerco di rimanere concentrata sul piano. “Forza, Alex, respira. Uno, due. Uno, due” penso, facendo profondi e lunghi respiri.
:-Beh, quale sarebbe, questo famoso piano B?-chiede, ridendo anche lui.
:-Oh, tranquillo, tu non dovrai fare niente-dico, dandogli un buffetto affettuoso sulla guancia. –Solo il palo.
:-Che cos’hai in mente, Alex?-mi chiede, scrutandomi, sospettoso. –Non avrai mica intenzione di…
Alzo le spalle:-Ho fatto di peggio, in vita. Sarà una cosa da niente.
:-È illegale-mi ammonisce Josh.
:-Ma va?-chiedo. –Certo che è illegale il furto, Josh. Ma io non ho intenzione di rubare niente. Questo si chiama “prendere in prestito”.
:-No, si chiama “rubare”- dice.
:-Chiamalo come vuoi-dico, liquidando la cosa con un gesto della mano. –Io vado. Fai il palo, Josh.
Mi avvicino  alla parete marroncina dell’orfanatrofio, alla ricerca di una porta di servizio, e la trovo, ma è bloccata. Alzo lo sguardo, un po’ scoraggiata, ma non demordo. Alla fine, dopo un attenta osservazione, e due interi giri esterni della struttura, intravedo una finestra, semiaperta.
:-Fai il palo-mi raccomando con Josh, fissando la finestra. –Avvertimi con il cercapersone se ci sono problemi. Ma non ti muovere.
Poggio le mani sulla parete di mattoni, alla ricerca di un punto di appoggio per le mani e i piedi. C’è un mattone sporgente che fa proprio al caso mio. Ci poggio il piede, e mi giro.
:-Ehi, che stai facendo?-chiede Josh, preoccupato.
:-Beh, mi arrampico, non è evidente, forse?-dico, ironica. Poi torno alla mia scalata,  stando attenta a dove metto i piedi.
:-Ehi, lo sai che qui c’è davvero una bella vista?-chiede Josh da sotto, sorridendo.
Chiudo le gambe, di scatto, e mi giro, senza guardare giù, e gli grido:-Sei un porco! Non guardare!
Lui ride, e io torno alla mia arrampicata, e, finalmente, arrivo alla finestra, che apro con un colpo secco. Entro con cautela, scrutando per vedere se ho la via libera, e mi addentro nello studio, apro i cassetti e li svuoto, alla ricerca dei vecchi documenti. Poi però, sento un rumore, e sobbalzo.
:-Josh!-mormoro. –Avresti dovuto fare il palo!
:-Smettila, ti do una mano-dice con un sussurro. –Ma quante sono?
:-Tante, Josh-dico, continuando a frugare tra i documenti.–Tutti bambini orfani. Che cosa orribile. Rinchiuderli qui dentro. Non li fanno mai uscire. Quando io sono scappata, non ricordavo quasi più il sole.
Dopo qualche minuto, lui esclama :-Eccolo!
:-Fammi vedere-dico, prendendolo. È un foglio con la foto di una ragazzina dai capelli castani e gli occhi azzurri, che porta il mio nome. –Si, hai ragione, è proprio questo. Bravissimo.
Mi zittisco, sentendo dei passi provenire dal corridoio. Sono passi veloci, tra poco saranno qui.
:-Sta arrivando qualcuno, rimettiamo dentro i fogli!-sussurro, prendendo i fogli che, grazie agli dei, erano già in disordine prima che arrivassi io, e li metto a caso nei cassetti, mentre Josh mi segue a ruota.
Usciamo dalla finestra e ci caliamo giù, mentre io ringrazio gli dei per un altezza non mortale, e scendiamo. Ci concediamo un minuto per prendere fiato, rossi in viso.
:-Ce l’abbiamo fatta-dico, ansimante, con la fronte umida di sudore, contemplando il foglio.
:-Già-ansima Josh.
:-Ehi, Hutcherson-sbotto, sorridendo, furbetta. –Ma non eri contro il crimine?
:-Non ricordo-dice, facendo il finto tonto.
:-Davvero? “È illegale”. “Si chiama rubare”- lo copio, sbeffeggiandolo.
:-Come fai a ricordare esattamente quello che dico?-chiede lui, ridendo.
:-Non lo so, Hutcherson. Ma credo che sia merito della mia memoria da mezzosangue.
:-Memoria di mezzosangue?-chiede, confuso.
:-Si, il mio sangue per metà divino aiuta-dico.
:-Non sapevo che ti sapessi arrampicare-dice lui.
:-Io ho imparato al Campo. Piuttosto, com’è che ci sei riuscito anche tu?
:-Ho dovuto imparare-ammette, senza però dirmi il perché. Ma non insisto, qualcosa mi dice che non ne abbia voglia. Se vorrà, me ne parlerà, un giorno, ma non ora. Non lo voglio forzare.
:-Andiamo?-chiede lui.
Annuisco, sorridendo:-Andiamo.
 
:-Vedo con piacere, signorina Miller, che è riuscita a procurarsi i documenti necessari-constata allegramente il mio notaio.
:-Si-annuisco, gentile. –Ci è voluto…molto, però.
:-Devo saperlo?-chiede il notaio, alzando un sopracciglio.
:-Non necessariamente-dico, solamente. –Ma ne è valsa la pena?
:-Si, anche se non vi è proprio il migliore dei giudizi-ammette, mesto, per poi riprendere la sua parlantina allegra e cortese. –Ma è perfetta. Ora dovremo solo riaprire il suo caso, signorina Miller e, tra meno di un mese, avremo concluso questa faccenda.
Sorride, congedandoci. Io e Josh usciamo dall’ufficio, mano nella mano.
:-Ehi, Josh?-chiedo, fermandomi davanti ad un chioschetto –Ti va un gelato?
:-Si, con questo caldo-ammette.
:-Meno male-dico, ridendo. –Perché voglio festeggiare.
:-Festeggiare cosa?-chiede.
:-Tutto. La fine sicura e vicina di questa faccenda. Il mio prossimo ritorno a casa, la mia casa, quella che non vedo dai sette anni.
:-Ok, allora-dice, sorridendo, e dandomi un bacio. –Si festeggia.
E passiamo il tempo così, con un gelato, cioccolato per me, vaniglia per lui, e i nostri sapori, che si incontrano nella danza del bacio.


Nota dell'autore: Salve, salve, buonasera (anzi, buonanotte)! Allora, è il momento delle comunicazioni!! Felici? Io si!
Allora, prima di tutto, volevo annunciare che il primo capitolo ha raggiunto le 515 visite! E, in più, mi scuso per non averlo fatto prima, voglio ringraziare ehjhutch_ per le sue recensioni! 
Grazie, sei gentilissima!
Allora, finite le comunicazioni. Leggete e recensite! Anche perchè sto valutando la mia situazione penosa, e, se continua così, sarò costretta a prendere misure drastiche (niente capitoli fino ad almeno due recensioni)!! E non voglio costringere nessuno, perciò, avanti con commenti e recensioni, anche negativi.
 

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Capitolo 45
*** Casa dolce casa. ***


:-Oggi è il grande giorno!-esclama Josh. –Finalmente uscirai da questa maledetta inchiesta!
:-Mi immagino già il sollievo-sospiro. È passata una settimana precisa dal mio ultimo incontro con il notaio. Oggi dovrò solo firmare delle carte in cui dichiaro il pieno possesso delle mie facoltà, comprese quelle mentali, e di aver acquisito la mia eredità. Poi potrò vedere di nuovo la mia casa.
:-Vuoi andarci da sola o…?-chiede Josh, con un’aria comprensiva. –Se non vuoi, lo capisco.
:-No, vorrei che mi accompagnassi-rispondo, un po’ sovrappensiero. –Non voglio essere sola.
:-Ok, allora vengo-dice. –Dobbiamo metterci di nuovo quella roba? Insomma, è un incontro formale, no?
Non rispondo, la mia mente è tornata al passato. Un bel ricordo, felice, in cui avevo quattro anni, e giocavo a nascondino in giardino con Searel e Ben, i due gemelli, con i capelli corti, castani, e gli occhi marroni come il cioccolato, figli della mia vicina di casa, la signora Quimby, una donna dal viso gioviale e le lentiggini in faccia.
Per la merenda la mia mamma ci aveva preparato una fetta di pane e marmellata di more ciascuno. Poi avevamo esplorato la mia enorme casa, immaginando di essere in una giungla. Ed era molto divertente, me lo ricordo bene. Alex, mi chiamò qualcuno. Aspetta, non è una voce del passato, mi rimbomba nelle orecchie.
:-Alex, ci sei?-chiede Josh, sventolandomi davanti una mano.
:-Si, si, ci sono!-esclamo, irritata. –Smettila di farmi passare le mani davanti.
:-Scusa, ma sono cinque minuti buoni che fissi quel comodino-si giustifica lui.
:-Stavo pensando alla mia casa-rispondo, molto più cortese. –Era un ricordo felice. Giocavo a nascondino con i miei amici, e mangiavamo fette di pane con la marmellata di more.
:-È un bel ricordo-ammette lui.
:-Sono preoccupata-butto li. –Se riavrò la mia casa, non ci potrò entrare per molto tempo. Insomma, è inutilizzata e disabitata da anni, ormai, e ci saranno termiti, scarafaggi, ratti, o che so io. Probabilmente cade a pezzi.
:-Ecco, questo non è positivo-dice lui. –Ma si può sistemare.
:-Ho paura, Josh-dico. –Ho paura di non riuscire a ricordarla. Se non ricordassi più la mia casa?
:-Ti fai troppi problemi, Alex-dice lui, poggiandomi una mano sulla spalla. –Prova a guardare le cose in modo positivo, e a non vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto.
:-E tu dovresti smetterla con queste metafore del cavolo-dico, arrabbiata. –Non è vero che vedo le cose in modo negativo!
:-Bugiarda-soffoca Percy con un falso colpo di tosse.
:-Hai presente il film Yes Man?-chiede Josh.
Annuisco, ma non ho ben capito dove vuole andare a parare, così lo lascio continuare, anche perché non ho mai visto Yes Man. Quando è uscito, ero in missione.
:-Nel film un uomo di nome Carl Allen cade in una profonda depressione, dopo aver divorziato dalla moglie dopo solo sei mesi di matrimonio. Dopo tre anni, comincia a concentrarsi unicamente sul lavoro e la promozione, dando spesso buca agli amici. Un amico lo spinge a partecipare ad un convegno sull’autostima, la cui chiave consiste nel “dire si alla vita”. Carl, finito il convegno, incontra un barbone, che gli chiede un passaggio, e, in macchina, gli presta il cellulare, scaricandoglielo, e gli da una notevole somma di denaro, quando glielo chiede. Al parco, dopo aver accompagnato il barbone, incontra Allison, una ragazza ribelle che fa parte di un gruppo musicale. Così Carl si comincia a dire solo di “si”, qualunque cosa gli venga chiesta, imparando così il coreano, a suonare la chitarra, a pilotare un aeroplano, riceve una promozione al lavoro e diventa amico del suo capo. A Los Angeles, Carl viene trattenuto dai federali perché sospettato di terrorismo, dato che parla coreano, ha acconsentito la produzione di concimi biologici da parte di un contadino e ha involontariamente sposato una donna straniera di nome Faranoosh. Il suo amico avvocato, Peter, spiega loro, e quindi anche ad Allison, del seminario sul sì di Carl. La ragazza crede abbia deciso di avere una relazione con lei solo per questo motivo e lo lascia. Alla fine, dopo un incidente in macchina con Terrence -il seminarista del sì-, Carl capisce realmente cosa significa dire di sì e fa pace con Allison, tornando a vivere una vita normale.
:-E la morale sarebbe…?-chiedo, confusa.
:-Che se lui non avesse sempre detto di si non avrebbe mai incontrato Allison. È questa la morale: vedere le cose sotto una luce positiva. A lui è andata bene, alla fine. Che ti costa provarci anche tu?
Ci penso un attimo, e capisco che, in fondo, ha ragione. Ho sempre pensato il peggio, non mi sono mai rilassata, in qualunque situazione, forse per natura, forse per le cose che ho passato.
:-Ti odio quando hai ragione-sbuffo. –Sul serio, Hutcherson. Ma so quando mi devo arrendere.
Intravedo con la coda dell’occhio Percy che ridacchia e, presa da un vero impeto di rabbia, stile “Oh-miei-dei-questa-è-pazza”, prendo uno degli stiletti di bronzo celeste che tengo sotto la rete del letto e glielo lancio, non in faccia, ma proprio accanto, in modo che si conficchi per bene nel legno, solo per spaventarlo. Io non lo ucciderei mai, e lo sa meglio di me.
:-Ok, ok, sto zitto, ho capito l’antifona-dice lui, alzando le mani in segno di resa.
Gli lancio un’occhiata truce, prima di dirigermi verso il bagno delle ragazze.
 
Sbuffo mentre mi acconcio i capelli in una rigida crocchia che, assolutamente, non è da me. Se c’è una cosa che non sopporto, è andare in giro conciata come una rigida bacchettona stile Mcgranitt.
E non sopporto i tailleur, mai amati. Credo che se non fosse per il fatto che la camicia mi copre un minimo il sedere, scoppierei in una crisi isterica.
:-Pronta?-chiede Josh.
:-Anche troppo-sbotto. –Insomma, guardami, sono ridicola! Sembro una frigida bacchettona.
:-Meno male che a me piacciono le frigide bacchettone, allora-dice, stringendomi la mano. –Su, non sei così male.
:-Davvero, Alex-mi rassicura Annabeth. –Sursum corda!
:-Ti senti molto cristiana, oggi, Annabeth?-chiedo, ironica. –Quella frase la usa il Papa.
:-Lo so meglio di te-dice lei. –Il fatto che la usi il Pontefice non significa che abbia i diritti d’autore, no?
Josh ridacchia, e io, un po’ imbronciata, sbuffo nuovamente, prima di entrare nel taxi delle Sorelle Grigie.
 
:-Allora, signorina Miller, una firma qui e avremo finito-dice il notaio.
Sospiro, leggendo per bene il foglio, in modo che non rischi una truffa, o che so io. Certo, mia madre si fidava di lui, ma è meglio essere prudenti. Comunque, non trovando problemi, firmo senza più esitazioni.
:-Bene, il suo denaro è ancora in banca, se vuole…-dice lui.
:-Al momento sta bene dove sta-dico, sicura. –Non ho bisogno di quei soldi, e, se mai mi serviranno, li preleverò io stessa.
:-Come desidera, signorina Miller. La sua casa, comunque, potrà abitarla subito, ricorda l’indirizzo?
Annuisco, così dice:-Bene, allora abbiamo finito.
Mi alzo e stringo sorridente la mano al notaio, prima di uscire.
 
Abbiamo preso di nuovo il taxi, diretti in una delle vie di New York, la mia città. Quella che amo ora e sempre.
Quando scendiamo, mi aspetto una specie di rudere, ma quello che vedo è aldilà della mia immaginazione. La mia casa, in perfette condizioni, uguale a come l’ho lasciata.
Non capisco, sono confusa, com’è possibile?
Una signora con il viso gioviale spruzzato di lentiggini ci apre la porta, e sorride.
:-Signora Quimby!-esclamo, sorpresa. Lei mi abbraccia.
:-Oh, cara, quanto tempo è passato-dice lei. –Come stai?
:-Bene, grazie. Ma lei…che ci fa qui?-chiedo, ancora un po’ confusa.
:-Il notaio mi ha avvertito del tuo arrivo. Tua madre mi aveva chiesto di occuparmi della sua casa nel caso di una morte prematura, cosa che, purtroppo, è successa. Hai tutto il mio rammarico e la mia comprensione.
:-Grazie-mormoro. Cos’altro dovrei dire? Boh! Non sono mai stata brava con le parole. A mentire si, ma essere sincera non sempre mi riesce bene, quando si tratta di sentimenti, per cui le parole non le trovo mai. Io sono romana, insomma, una tipa che va al sodo, non come i greci, che tergiversavano.
Prendo Josh per mano, come una bambina che trascina con se un amichetto per fargli vedere la casa.
Entro con la mia copia delle chiavi, e la trovo come prima anche all’interno. Gli stessi mobili di legno chiaro, il divanetto bianco, le tende azzurro chiaro alle finestre, gli stessi quadri e le stesse foto appese alle pareti. Anche la cucina è uguale, graziosa, profuma di cannella, e i miei disegni sono ancora sul frigorifero. Sorrido, vedendo una specie di ritratto schifoso di mio pugno raffigurante me e mia madre, in un parco.
Poi trascino Josh al piano di sopra, correndo per le scale, e torno in quella che un tempo era la mia camera, tutta verde, come il mio colore preferito. Perché mia madre conosceva fin troppo bene il mio rifiuto naturale per il rosa, troppo zuccheroso e da femminuccia. Io, da piccola, ero una specie di maschiaccio che, invece di giocare con le bambole, giocava alla caccia nella giungla, o a nascondino, con i miei vicini.
Sorrido, alla marea di ricordi che mi attraversano la mente con velocità, e, per la prima volta, sono solo belli.
 
***Josh***
Alex, davanti alla porta bianca di una villa enorme con un giardino fiorito ancora più grande, sorride, i suoi occhi si illuminano di gioia. Mi prende per mano, come un bambino, e la seguo, ridendo con lei, sebbene fino a poco prima fossi un po’ pensieroso, perché, alla fine, io di eredità e scartoffie non ci capisco niente.
La seguo, sorridendo, lasciandomi guidare. Ad ogni stanza urla qualcosa, tipo eccitata, o contenta, comunque, tipo davanti al divanetto bianco, ha urlato qualcosa tipo “Qui mia madre amava leggere la sera, mentre io sonnecchiavo!”, oppure, davanti al frigorifero “Guarda, qui avevo quattro anni, ed ero talmente annoiata che mi misi a fare disegni scemi!”, o roba simile.
Ma non prestavo troppa attenzione, ero troppo occupato a contemplare la sua ritrovata felicità.
 
Nota dell’autore: Salve, allora, ringraziamo prima di tutto Tortella e ehjhutch_ per le loro splendide recensioni, continuate così, ragazze, siete le mie preferite! Un bacio!
Comunque, ora Alex ha riottenuto la sua casa, ed è abbastanza felice. Ma cosa succede? La storia non è ancora finita? No, mi diverto troppo a torturarvi! ;)
Comunque, spero vi sia piaciuto questo capitolo. Recensite, mi raccomando (come ho già detto, non voglio prendere misure drastiche, tipo un capitolo postato solo dopo almeno due recensioni, anche se, devo dire, che sta funzionando Hehe!!).
Un bacio!
 

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Capitolo 46
*** Cena a casa Quimby ***


Nel mio mare di ricordi, distinguo due bambini con i capelli castani e gli occhi marroni.
I figli della signora Quimby! “Quanto mi mancano. Magari sono a casa”, penso. Vado dalla signora Quimby e chiedo di loro, spinta dal desiderio di rivederli, di riabbracciarli, dopo tanto tempo, speranzosa.
:-Oh, tranquilla, Alex, saranno qui tra poco. Erano usciti, ma torneranno sicuramente in tempo per la cena. Anzi, perché tu e il tuo amico non cenate con noi, questa sera? Ci farebbe molto piacere.
:-Ecco, io…-balbettai. Come ho già detto, non sono brava in questo genere di cose, mi impappino subito.
:-Ci saremo-afferma con sicurezza Josh, sorridente, mentre mi circonda affettuosamente le spalle con il braccio.
:-Oh, benissimo, allora-dice la signora Quimby, pimpante e allegra. –Ci vediamo dopo.
Torniamo nella mia villa, e ci sediamo sul divano, io rannicchiata contro il suo petto, lui con il braccio ancora intorno alle mie spalle, mentre leggo un libro preso a caso dalla libreria di mia madre, che non ho mai letto prima d’ora, “Le indie nere”, di Jules Verne.
:-Che fai, ti prepari per il nuovo Journey?-chiede, ironico, ridendo.
:-Non doveva essere “Dalla Terra alla Luna”?-chiedo.
:-It is exactly, baby!-dice, con fare ironico.
:-E allora che cavolo centra la Scozia?-sbuffo.
:-Beh, prima o poi si inventeranno un modo per trarre un film anche da quello, fidati-dice lui, sicuro di se.
:-Vabbé-borbotto, tra me e me. Quel ragazzo è una specie di mistero. Potrei scrivere un libro su di lui, si chiamerebbe “Come capire Josh Hutcherson”, e, probabilmente, sarebbe in bianco. Con questa sua frase e il famoso twit “the pencil is red”, dubito che lo possa veramente capire a qualcuno, in questi casi.
:-Simpatica, la tua vicina-dice, così, tanto per parlare. –Molto cordiale.
:-Smettila-dico, chiudendo il libro, ormai è chiaro che non continuerò a leggere. –Ce ne saranno anche a Union, di vicine gentili, no? O sbaglio?
:-Che c’è? Sei arrabbiata?-chiede lui, guardandomi, a mo’ di scusa. –Non ti fa piacere andare a cena da loro, stasera?
:-Non è questo, Josh-dico, stringendomi contro il suo petto. –Io ci sto provando, a vedere le cose in una luce più positiva. Ma è più forte di me, non ci riesco. E ora ho paura di non sapere cosa dire. Mi sento sempre così…imbarazzata.
:-Perché? Insomma, con me, Annabeth e Percy, non lo sei-dice lui. –Sei molto spontanea.
:-Non vedo la signora Quimby e i suoi figli da ben più di sette anni. È diverso. Ho paura di non sapere cosa fare, di essere a disagio. Io sono cambiata, e potrebbero esserlo anche loro. Insomma, e se fossimo troppo diversi? Se il mio istinto li considerasse a malapena conoscenti, o addirittura estranei?
:-Smettila-dice, piazzandomi un bacio sul capo. –Ti fai troppi problemi. Secondo me, dovresti essere semplicemente te stessa. Se ci riesco io, ad amarti così, per loro sarà un gioco da ragazzi. Spontanea.
Gli do un pugnetto sulla spalla, fingendomi offesa, e poi chiedo:-Come si fa, ad essere spontanei?
:-Oh, io lo so. –dice lui, serio, e un po’ divertito dalla situazione che, secondo me, non ha assolutamente nulla di divertente. -So di cosa avresti bisogno.
:-Di cosa?-chiedo, curiosa, prima di arrivarci con il cervello.
:-Lascia perdere-dice lui, improvvisamente serio. –Non è il caso di parlarne.
:-Va bene-dico, chiudendo il discorso. Perché ha ragione: non è il caso di parlarne, non ora. Non sono pronta per parlarne, lui nemmeno, credo. Ma credo sia più per me che per lui.
:-Vado a farmi una doccia-dico, alzandomi. In realtà, lo fatta stamattina, ma ho bisogno di sentire l’acqua sul mio corpo. E, in più, sento una strana sensazione. Come imbarazzo ma…completamente differente. È molto strana, non so bene come definirla, so solo che punge come un cactus.
:-Va bene-dice lui. –Ti aspetto qui.
Corro al bagno del piano di sopra e mi butto velocemente sotto la doccia, sfregandomi il corpo e i capelli con forza, cercando di cancellare quella strana sensazione fastidiosa dal mio corpo. Esco, con i capelli gocciolanti, e mi guardo allo specchio. Si, mi ha fatto bene, la doccia. Non che la sensazione se ne sia andata, ma l’ha almeno alleviata. Adesso la pungente sensazione è solo fastidiosa, e comunque sopportabile.
Mi asciugo i capelli con un asciugamano e corro nella mia vecchia camera, per poi ricordarmi che io qui non ho vestiti adatti al mio corpo, visto che sono per bambine di sette anni.
Così ricorro ad una cosa estrema: armadio di mamma. Normalmente non lo farei, ma ho avuto il suo consenso nella mia passeggiata nell’Elisio, per cui sono assicurata.
Ci sono tutti i suoi vestiti, quelli che io adoravo, da bambina. Un ricordo mi attraversa la mente, celere: di nascosto avevo aperto l’armadio e ammirato più volte ogni singolo indumento.
Prendo uno dei jeans neri, ringraziando il fatto che mi entrino, abbastanza aderenti, considerata la provenienza temporale, e una maglia lunga, verde scuro.
Scendo e trovo Josh ancora seduto sul divano, e lo guardo. Non ha più il completo formale grigio di stamane, ma si è cambiato, è in jeans, come me, e la maglietta blu.
:-Da dove arriva la nuova tenuta?-chiedo.
:-Mi sono portato il cambio-dice, alzando le spalle. Mi guarda per un attimo, mi sta praticamente passando con lo scanner.
:-Wow, sei…bellissima, con quella maglietta-dice, stupito. –Ti donano le maglie vintage.
:-Grazie-dico, sorridendo. –Poi questa è particolarmente bella. Era di mia madre.
Si sente il rintocco dell’orologio a pendolo del salotto, il che significa che sono le otto.
:-Andiamo?-chiede Josh.
Annuisco e, prendendolo per mano, andiamo alla casa dei vicini e suoniamo il campanello. La signora Quimby, sempre sorridente e pimpante, ci apre e ci invita con cortesia ad entrare.
:-Ehi, mamma!-esclama una voce femminile da di sopra, e si sentono dei passi dalle scale. –Hai apert…
:-Alex!-si fionda su di me una ragazza dai capelli castani e gli occhi marroni, di media altezza, con alcune lentiggini sul viso, stringendomi.
Ricambio l’abbraccio, un po’ commossa:- Searel!
:-Come stai?-chiede lei, quasi piangente. –Sei sparita per anni.
:-Sto bene, Sear-rispondo, utilizzando il suo vecchio soprannome. –E tu come te la passi?
:-Dopo ti racconto-risponde lei, pensierosa, per poi lanciare un’occhiata confusa e sospettosa a Josh, come…una specie di avvertimento, credo. O d’intesa. Cosa significa?
Poi si avvicina alle scale, e urla a gran voce:-Ben! Scendi subito! C’è Alex!
:-Alex!-esclama un ragazzo dai capelli scuri come gli occhi, alto, con un principio di barba sul mento, ma talmente corta e sottile, che si nota solo da vicino. E lo so perché mi ha stretto in un abbraccio ancora più stretto di quello di Searel.
:-Ciao, Ben-sussurro, stretta in quella specie di trappola umana, ma con le lacrime agl’occhi. Per me sono come due fratelli, quasi come con i miei amici al Campo. Sono una parte della mia vita, io sono cresciuta con loro.
:-Alex, ti rendi conto di quanto siamo preoccupati! Sei sparita per dieci anni! Ti rendi conto! Non una settimana o due, dieci anni! Ma cosa hai fatto, ti è saltato il cervello?
:-Lo so, Ben-rispondo. –Sono stata in orfanatrofio fino alla maggiore età e poi ho cercato di sopravvivere senza un lavoro qualificabile, finché non ho trovato lavoro in un bar.
:-Oddio-dice lui. –E tu…hai preferito fare da sola piuttosto che chiamarci e chiederci aiuto?
:-Cos’altro avrei potuto fare?-chiedo.
:-Sono contento che tu sia tornata-dice, non sciogliendomi dall’abbraccio.
Si sente un leggero colpetto di tosse, e Josh dice:-Alex, non mi presenti il tuoi amici?
:-Oh, certo-dico, imbarazzata, riuscendo finalmente a staccarmi di dosso Ben. –Loro sono Searel e Benjamin, i figli della signora Quimby, miei amici d’infanzia.
:-Piacere-disse, stringendo la mano prima a Searel e poi a Benjamin.
:-Anche per me è un piacere, signor...-chiede Ben, e, mi accorgo, ha una strana luce negl’occhi. La stessa di Josh. E fa abbastanza paura. Sembrano scintille di puro fuoco.
:-Josh-spiego. –Il m…
:-Il suo ragazzo-ribatte lui, anticipandomi, e cingendomi la vita con un braccio e avvicinandomi a lui, mentre arrossisco.
:-Ben felice di averti qui-dice sorridente Searel, lanciando uno sguardo truce al fratello.
:-Venite, è pronto!-ci chiama la signora Quimby, così mi siedo vicino a Josh, e, mentre mangiamo, chiacchieriamo del più e del meno, anche se sembra molto una conversazione a senso unico. In più, sia Ben che Josh hanno ancora quell’assurda espressione, mentre invece Searel ha un’aria un po’…preoccupata.
Quando abbiamo finito di mangiare le ottime lasagne della signora Quimby, saliamo al piano di sopra, e ci mettiamo a parlare per un po’ di cavolate.
:-Come vi siete conosciuti?-chiede Ben, un po’ troppo impiccione, per i miei gusti.
:-Beh, ecco…-comincio a balbettare, arrossendo di nuovo. Come ho già specificato, non sono brava in queste cose.
Ma Josh si, infatti risponde per me:-Eravamo nel bar in cui lavorava, era in ritardo di venti minuti, io ero entrato solo per un caffe. Comunque, scivolò sul bagnato e la sorressi. Così cominciammo a parlare, cominciammo a conoscerci. Le feci un autografo, dove lasciai il mio numero. Poi abbiamo avuto il nostro primo appuntamento, cinque giorni dopo.
:-Come fai a ricordarti così bene tutte queste cose e a dirle così, senza problemi?-chiedo con un sussurro a Josh, che sorride, un po’ divertito. Mi guardo la mano: non l’ha lasciata per tutto il tempo.
:-E quando vi siete messi insieme?-chiede Ben, sempre con quella luce terribile negl’occhi, che non mi piace per niente. –Prima o dopo l’incidente?
Quindi lo sa, dell’”incidente” in treno. Che sciocca che sono, certo che lo sa, lo sa tutta la nazione! Anzi, forse tutto il mondo. Di solito gli incidenti creano molto scompiglio. Poi Josh Hutcherson ferito…lo sanno per forza.
:-Ci siamo dati il nostro primo bacio prima-risponde Josh, avvicinandomi a lui per i fianchi. –Ma ci siamo messi insieme dopo l’incidente in treno. Io ero in ospedale, incosciente, e lei quasi moriva di fame.
Searel, seduta sul suo letto, sbarra gli occhi, e dice:- Dio, stavi per morire di fame?
Imbarazzata, annuisco:-Non esattamente, non sarei mai morta, troppa gente mi costringeva a rimanere in vita. Ma non avevo voglia di fare nulla, ne di mangiare, bere o dormire, e i miei sensi erano offuscati. È probabile che sia colpa dell’incidente, sai il trauma, e tutto il resto…
Bene, ho usato la mia copertura. Non posso permettere loro di scoprire cos’è successo, anche se sono miei amici dall’infanzia. Non solo mi prenderebbero per matta, ma metterei a rischio tutti i mezzosangue. Io e Josh sappiamo com’è andata, e tanto basta.
:-Poi mi hai raggiunto in ospedale, una volta scoperto che non ero morto. Mia madre le ha proibito di vedermi, perché credeva che non le importasse nulla di me, che le interessassero solo la mia fama e i miei soldi. Ma poi sei arrivata e…
:-…tu ti sei svegliato non appena sono arrivata-concludo, ancora più rossa, sembro un peperone.
:-Già-dice, guardandomi negl’occhi, come se ci fossimo solo noi due, e nessun altro. –E poi, quando sei tornata da una visita medica, mio padre ti ha detto che…
:-…tu hai chiesto esplicitamente di me-finisco, arrossendo ancora, le guance in fiamme.
:-Già-ripete, continuando a guardarmi negl’occhi, come se fossimo soli, in un mondo lontano. E le sue labbra toccano le mie.
Così ne ho piena conferma. Il che giustificherebbe lo sguardo truce di Searel al fratello, i cui occhi fiammeggiano di fronte al mio ragazzo. Che, a sua volta, ha lo stesso fuoco negl’occhi. Giustificherebbe le domande puntigliose di Ben e il comportamento possessivo di Josh. Darebbe significato alle sue risposte. Perché non ha cambiato nulla, ha detto la verità, ma l’ha detto con un tono di voce così tanto suadente, sincero e convinto, che sembrava tutto fin troppo speciale.
Ora ho capito. Devo ammetterlo, che non me lo sarei aspettata di nuovo da lui. Non dopo tutti i miei discorsi.
Josh è geloso.

      
 
Nota dell’autore: Salve, salve! Ecco a voi il mio nuovo capitolo. Ho aggiunto anche le foto di Searell e Ben!
Allora, Tortella, grazie per la tua recensione, continua così! E grazie anche a te, ehjhutch_ ! Seguiamo tutti l’esempio di Tortella ed ehjutch_ , per piacere!
E dopo il ringraziamento, torniamo alla nostra storia. Allora, Josh è geloso dell’amico d’infanzia, e ci sta pure. Ma perché anche Ben ha quel luccichio negl’occhi? Cosa farà Alex, di fronte a questo “problema”, che non si sente in grado di gestire? Cosa intendeva dire Searel con quel “ti spiego dopo”? Cosa significa quello sguardo strano che Searel ha rivolto a Josh?
Lo scoprirete leggendo i prossimi capitoli! 
Comunque, Tortella e ehjhutch_ avevate ragione, tramavo qualcosa! Brave! Bravissime! Good!
Un bacio e buona lettura.

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Capitolo 47
*** Un litigio per una rivista. ***


:-Alex, mi accompagni in bagno, per piacere?-mi chiede Searel, prendendomi per un braccio e trascinandomi prima che possa dire o fare qualcosa. Però sento chiaramente Ben che dice:-Donne, vanno al bagno insieme…
Ma, invece di trascinarmi in bagno, cosa assai prevedibile, mi trascina nella sua stanza. La osservo con attenzione, è diversa da come la ricordavo. Ora è di un bellissimo giallo sole, con un letto a una piazza al centro di un lato della stanza, una scrivania di legno chiaro, e le tende gialle alle finestre.
:-Perché mi hai portato qui, Searel? Che cosa nascondi?-chiedo, confusa.
:-Alex, c’è una cosa che devi vedere-dice lei, mentre rovista tra i cassetti della scrivania con velocità. –Abbiamo si e no cinque minuti.
:-Quattro minuti e ventisette secondi, per la precisione-ribatto. –Sear, cosa stai cercando?
Finalmente, dopo trentadue secondi precisi, si gira verso di me, tenendo in mano quella che sembra una rivista, mentre ne poggia altre due sulla scrivania.
:-Guarda-dice, voltando la copertina verso di me, e impallidisco. È “People”, una delle riviste più famose dell’ America. C’è una foto in copertina, dove Josh Hutcherson e una ragazza con i capelli castani, sull’autobus. Il viso di lei non si vede, è girato verso l’attore. Sotto ci sono delle scritte in corsivo, che leggo subito.
“Josh Hutcherson, famosissimo attore che ha recitato in Hunger Games, viene riconosciuto sull’autobus da alcune fan anonime, che ci hanno poi spedito la foto. Sorge una domanda: Chi è la ragazza nella foto, che lo guarda? Chi è questa sconosciuta che l’attore guarda con uno sguardo luccicante? [L’articolo continua a pag. 9]”.
:-Cavolo-mormoro, correndo alla pagina indicata con un movimento veloce delle mani, e continuo a leggere.
“Dopo la sua rottura con la celebre attrice Vanessa Hudgens, entrato in uno stato di depressione, lo rivediamo finalmente innamorato! Nessuno però conosce l’identità di questa ragazza sconosciuta, che l’attore guarda con tenerezza in tutte le foto scattate. Purtroppo non è stata vista in viso, ma si pensa sia americana. All’inizio, si pensava fosse una prostituta, visti i pantaloncini cortissimi e la canotta succinta, già avvistata nei pressi della Green Line, Boston, di ma si è giunti alla conclusione che sia una cantante jazz in un pub, secondo alcune voci.  Secondo altre, invece, la ragazza lavorerebbe in un’associazione pro lesbiche, secondo altre ancora è un membro importante di una setta. Ma sono solo voci. Qual è l’identità di questa misteriosa ragazza? Sarà davvero una prostituta, o una cantante di un pub? ”.
È l’unica cosa che riesco a leggere, su cui si fermano i miei occhi, nonostante tutte le altre chilometriche frasi. Josh. Sono sicura che lui ne fosse al corrente. Avrebbe potuto benissimo nascondermele, considerando il fatto che io non ho mai aperto in vita mia una rivista di gossip.
:-Ma sono impazziti? Prostituta? Cantante jazz in un pub? Associazione pro lesbiche? Setta? Ma dove le prendono queste cazzate?-sbotto, stupita e frustrata, oltre che arrabbiata.
:-Lo so-dice lei. –Hanno sparato delle cavolate assurde! E non è solo questo.
Prende le altre due riviste, e me le mostra:- Articoli simili sono sulle prime pagine di US Magazine e TopNew, oltre che su moltissimi blog.
:-Miei dei, e hanno detto tutti queste schifezze?-chiedo, disgustata. –Insomma, io non sono una prostituta!
Annuisce, prima di aggiungere:- Sai, ti ho riconosciuta subito, nella foto. Sai, per…
:-Per la voglia-dice lei. –Quella piccolissima che ho sulla schiena. Quella a forma di spicchio di luna. Non pensavo te ne ricordassi.
:-Sia io che Ben ricordiamo ogni singola cosa di te-dice lei, in risposta. –Soprattutto Ben.
:-Cos’ha in testa, quello?-chiedo. –Insomma, sei sua sorella.
:-Non lo so proprio-dice lei, scuotendo la testa.
:-Ce l’ha con Josh-dico. –Invece lui è geloso. Cosa faccio?
:-Non lo so-dice lei, rammaricata. –Prova a parlargliene. Sai, le solite chiacchierate tra ragazzo e ragazza…accidenti, non sono brava a dare consigli.
:-Proverò-ripeto, lasciando cadere il discorso, anche se non sono del tutto convinta che lei non sappia nulla, forse mi nasconde qualcosa. –A proposito di parlare…
Guardo le riviste, e chiedo:-Posso prenderle?
Lei annuisce e così me le ficco nella borsa. Mi alzo, camminando spedita per quei corridoi impressi vivi nei miei ricordi, e torno nella stanza di Ben, mentre Searel mi segue a trotto.
:-Josh, dobbiamo andare, è tardi-dico, aprendo la porta.
:-Guarda che non è…-prova a dire, ma lo blocco.
:-Hai visto l’ora? È tardissimo-dico,  con un tono gentile, ma con uno sguardo che non ammette obiezioni.
:-Ok-dice lui.
:-Alex, guarda che se è per noi, non c’è problema-dice Ben, cercando di rassicurarmi, convinto.
:-No, non è per voi, è davvero tardi, e noi domani mattina dovremo partire presto-dico, mettendo fine alla discussione. –Dovremo essere al Campo alle sette.
:-Ah, ok-dice Ben, un po’ confuso. Do velocemente un bacio sulla guancia a Ben e Sear, prima di  prendere Josh per mano e trascinarlo nella mia casa, prima di farlo sedere sul divano con una spinta.
:-Ehi, sei arrabbiata?-chiede Josh, osservando il furore dei miei occhi fiammeggianti.
:-Perché non me lo hai detto?-domando, furiosa.
:-Detto cosa?-mi chiede, confuso.
:-Non mentirmi Josh!-dico, mostrandogli le riviste che mi ha prestato Searel. –Cosa significa questo?
Mi guarda negl’occhi, prima di balbettare:-Senti, ecco, io…
:-Ecco cosa?-esclamo, esasperata. –Ecco cosa?
:-Sapevo che…non ti avrebbe fatto piacere-bofonchia.
:-Ma va?-dico, sarcastica. –Ma davvero? Non mi sarebbe piaciuto? E per forza, cazzo! Mi hanno dato della puttana su tre riviste differenti e più di sei blog! Ti rendi conto! Io non sono una prostituta!
:-Lo so che non lo sei Alex, ma…-prova a dire.
:-Ma? Ma cosa? MA COSA?-urlo, furente.
:-Alex, questo succede a tutti. Non devi dargli retta, è quello che vogliono. È il loro lavoro, ma sono falsità, sempre-dice, tentando di calmarmi un po’.
Ma non ci riesco, sono davvero arrabbiata. Arrabbiata con lui, con le riviste, con le cazzate, con Ben e Searel, con tutti. Soprattutto con Josh.
Presa da una furia omicida, cerco di fare due respiri profondi, ma non riesco ancora a tranquillizzarmi. Devo uscire, se non voglio uccidere nessuno.
:-Hai un quarto d’ora per pensare, quindici minuti precisi. Quando torno, se sarò abbastanza calma, vedrò di ascoltarti senza sbatterti la testa al muro.
Apro la porta di casa, mi tiro su i jeans e la maglietta, mi infilo le scarpe da ginnastica e, prima di uscire, gli rammento:- Un quarto d’ora.
Poi esco, e comincio a fare l’unica cosa che è capace di calmare la mia furia assassina: correre. Correre a perdifiato, senza quasi contare i giri, i minuti e i secondi. Senza pensare ad altro che non sia cercare di non sbattere addosso a qualcuno. E, soprattutto, di non urlare per la rabbia che scorre nelle mie vene come il fuoco.
 
Nota dell’autore: Salve, buonasera! Ecco il mio nuovo capitolo! Sono stata brava, eh? Vi ho fatto aspettare pochissimo! Anche se è un po' corto rispetto all'altro, lo ammetto. Ma dove la mettevo, altrimenti, la suspance?
Comunque, prima di tutto, ringrazio nuovamente ehjhutch_ per la sua ottima recensione, un bacio! Qualcuno le lanci un fiore, per favore! Dove sono i gridi di ammirazione per questa ragazza? Seguiamo il suo esempio, ok?
Comunque, tornando alla storia…Alex è molto, molto arrabbiata con Josh. Siete stupiti dal suo repentino cambio di unore e dal suo scatto di rabbia? Ma perché, esattamente? È solo perché le ha nascosto quella cosa delle riviste, considerando il fatto che, tecnicamente, la nostra Alex sa a malapena dove stanno di casa, le riviste di gossip? O c’è altro? Cosa nascondono Searel e Ben? Cosa dirà Josh, in sua difesa?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo, gioie! Un bacio e buonanotte!

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Capitolo 48
*** Litigio e perdono. ***


Apro la porta non appena sono passati i quindici minuti, ed entro. Josh è ancora seduto sul divano, io sono grondante di sudore.
:-Precisa come un orologio svizzero-constata.
:-Dote da semidio-rispondo, secca, mentre mi siedo sul divano, ma lontano da lui, non si sa mai che mi prenda il matto.
:-Dove sei stata?-chiede, vedendomi tutta sudata.
:-A correre, mi fa bene-rispondo con uno sbuffo. -Allora, che hai da dire in tua discolpa? Sono abbastanza lucida da non ammazzarti, Hutcherson.
:-So che sei arrabbiata-dice lui, calmo. –Ma ti posso assicurare che se non te l’ho detto, è per non darti preoccupazioni o fastidi.
:-Allora non hai capito-dico, fredda come il ghiaccio. –Sei un vero idiota, Hutcherson. Un vero idiota. Non è quello che mi aspettavo che dicessi, dopo quindici minuti.
:-Beh, tu sei una semidea, che ti aspettavi? Che arrivassi a conclusioni filosofiche in un quarto d’ora?-chiede lui.
:-No. Mi aspettavo che facessi arrivare un po’ di ossigeno a quel cervello bacato che ti ritrovi. Perché è quello che hai, un cervello corroso dalla tua stupidità-dico, semplicemente, sempre fredda. –Io, da semidea, riesco a pensare tre volte più veloce di te. Se io ci metto cinque minuti, tu dovresti avere un quarto d’ora. È matematica.
:-Dimmi un po’ quello che il mio cervello bacato non ha capito-dice, un po’ offeso.
:-Mi hai mentito-rispondo. –Come posso fidarmi di te, così?
:-Allora è per questo…senti, mi dispiace-dice lui.
:-Già, come a me dispiace di averti dato dell’idiota-ammetto. –Ma non cambia nulla. Josh, così non mi dai modo di fidarmi di te. La fiducia te la devi guadagnare. E tu mi hai mentito, presa praticamente per i fondelli. Cosa ti aspetti che faccia, ora?
:-Mi aspetto che mi cacci fuori da casa tua  a calci-risponde.
:-Esatto. Non so perché non lo stia facendo-dico.
:-Già, perché non lo fai?
:-Ti rendi conto che non mi hai detto che delle fan anonime mi hanno sputtanata difronte a tutta l’America?-chiedo, con una punta d’ironia.
:-Si-ammette, dispiaciuto. –Mi dispiace, Alex. È che non volevo farti preoccupare, davvero. Mi dispiace tantissimo.
:-Insomma, da dove le prendono queste cazzate? Prostituta? Con una maglietta succinta che succinta non era? Associazione pro lesbiche, setta, pub? Dove le prendono queste cose?
:-Se le inventano. È uno degli effetti collaterali della mia carriera.
:-Lo so-rispondo. –E ti credo. Ma non so se mi posso ancora fidare di te, Josh.
:-Certo che puoi-afferma, sicuro, prendendomi la mano. –E te lo dimostrerò.
Faccio un respiro profondo, prima che le lacrime, silenziose, mi scorrano sul viso.
:-Ehi, ehi-dice, prendendomi il viso tra le mani. –Se è per quello che hanno detto…lo sappiamo tutti che sono cazzate. E poi, nessuno ti ha riconosciuta. Oppure è perché non ti fidi più di me?
:-È questo il punto-singhiozzo. –Io non riesco a buttarti fuori dalla porta a calci. Perché ho ancora fiducia in te? Perché? Perché fa sempre così male essere arrabbiata con te?
:-Ti prometto che non ti nasconderò più nulla-dice, con un’aria sincera. E io gli credo.
:-Non so se potrò perdonarti-dico. –Non presto almeno.
Mi abbraccia, nel tentativo di farmi smettere di piangere. E so che, come una cretina, l’ho già perdonato.
 
***Josh***
Quando siamo entrati nella casa della signora Quimby, una ragazza ha sceso le scale e ha abbracciato Alex. E fino a quel momento non ci ho visto niente di male, anzi, ho sorriso. Mi faceva  piacere vederla così felice, sorridente.
Poi però è sceso un altro ragazzo, Bejamin,  praticamente la fotocopia della ragazza che, da quanto ho capito, si chiama Searel, e l’ha abbracciata, stringendola. E allora i miei pensieri hanno preso fuoco come se ci avessi gettato la benzina.
Per tutto il tempo, ho cercato di fargli capire che è mia e che non si deve avvicinare nel senso amoroso. Eppure lei sembra non accorgersi che il suo amichetto d’infanzia sbava quando la vede.
Comunque, il tizio è rimasto abbastanza sconvolto quando l’ho baciata. Meglio così, spero che abbia capito che non ci deve nemmeno pensare a lei.
Poi però, quando siamo tornati in casa sua, Alex era parecchio arrabbiata. Mi ha mostrato le riviste è ho capito. So benissimo che non avrei dovuto nasconderle nulla, ma non potevo sopportare di vederla star male per delle cazzate e delle invenzioni su di lei  di quei cavolo di blog e riviste.
Ora è passata un settimana, e non mi parla. Le ho promesso che non le avrei mai più mentito, ma non mi è sembrata convinta, nonostante la mia sincerità. Le donne sono parecchio strane.
Ora però non mi parla, nemmeno mi guarda. E fa abbastanza male, perché so che è ancora arrabbiata con me. E questo, da quanto mi ha detto, la fa star male.
Poi, mentre mangiamo, mi viene un vero e proprio lampo di genio. So come riconquistare la sua fiducia, ma il problema e che non le piacerebbe. Non all’inizio. Avevo pensato, in un primo momento, di andare a spiattellare tutto hai giornali, ma non avrei  risolto il problema, anche se, almeno, nessuno le avrebbe più dato della prostituta.
Guadagnarmi nuovamente la sua fiducia sarà difficile, ma sono certo che ne varrà la pena.
 
***Alex***
Il giorno dopo, torniamo al Campo, e, sebbene l’abbia perdonato, faccio fatica a rivolgergli la parola, tutta colpa del mio orgoglio.
Abbiamo passato così una settimana, senza praticamente parlarci, e sempre per colpa del mio orgoglio. Quasi non lo guardo nemmeno negl’occhi.
:-Come mai tu e Josh siete così distaccati?-mi chiede Annabeth.
:-Mi ha mentito-dico, per poi spiegargli tutta la cosa dei giornali.
:-Ha fatto uno sbaglio-dice. –Però devi parlarci. Altrimenti le cose non le risolvi. Non puoi mantenere il tuo orgoglio per sempre. E siete entrambi nel torto.
:-Come posso, mi ha mentito-dico, esasperata.
:-L’hai perdonato, no? Parlaci, a questo punto. L’ho visto. Ci sta malissimo.
:-Cazzi suoi-sbuffo, andandomene da un’altra parte. Non sopporto questa cosa.
Ma sarebbe stato un sogno troppo bello, sperare che non mi seguisse era troppo.
:-Parlaci-propone lei. –Bisogna essere aperti al dialogo. Poi, se lo vedrai cambiato, bene. Altrimenti, ti darò ragione, ok?
:-Va bene-sbuffo, nel tentativo di farla contenta, così poi mi lascerà in pace.
Così corro verso la casa undici, dove, appunto, trovo Josh, sdraiato sul letto, a non fare niente.
:-Ciao-dico, semplicemente.
:-Ciao, Alex-dice lui.
:-Sono venuta a parlarti-dico, subito, mentre lui si mette a sedere. Non mi piace girarci intorno alle cose. Solo che ora, però, è più difficile, visto che non ci parliamo da una settimana.
:-Io sono disposta a fidarmi di te-sputo fuori. La sua risposta mi rivelerà la verità.
Vedo uno strano luccichio nei suoi occhi, riprendono colore, passando da scuri a chiari, riprendono quella che credo sia felicità.
:-Davvero?-chiede, speranzoso, guardandomi.
:-Si-dico, e, vedendolo sorridere, il mio cuore riprende i suoi battiti, tutti insieme. –Anche perché anche io ti ho mentito.
:-Davvero?-ripete.
:-Quella sera ti ho detto che non sapevo se avrei potuto perdonarti, quando l’avevo già fatto.
Lui sorride, e fa per baciarmi, ma lo fermo:- Josh, tu mi ami?
:-Non ho idea di come sia veramente l’amore-risponde. –Ma questo probabilmente lo è, e, se non lo è, ci si avvicina parecchio. Io per amore ho un’idea tutta mia. E corrisponde a questa.
Ora lo bacio io, perché so che non mente. Perché lo conosco, solo lui poteva darmi una risposta del genere. È sincero, ora. E so di potermi fidare di lui. E mai più ne dubiterò.
 

Nota dell’autore: Salve, ecco il mio nuovo capitolo, gioie!
Abbiamo finalmente scoperto perché Alex era così tanto arrabbiata. E sappiamo che Josh è riuscito, sebbene non sapesse della domanda rivelatrice di Alex, ha riguadagnarsi la sua fiducia. Questi tizi si perdonano subito!!! Hanno un super-feeling!
Io mi sto divertendo un mondo, soprattutto nel sapere che, probabilmente, state morendo di curiosità! Anche io lo sono! Comunque, come si può vedere, la storia non è ancora conclusa…cosa succederà dopo? Sto tramando qualcosa? Forse si, forse no, hehe! Per saperlo, leggete il prossimo capitolo.
Un bacio e, mi raccomando, recensite!!

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Capitolo 49
*** Imbarazzo immotivato. ***


***Josh***
Mi sdraio sul mio letto, annoiatissimo e, soprattutto, tristissimo. Lei non mi parla ancora, da una settimana, e non so proprio come risolvere questa situazione. Cosa potrei mai fare?
Poi però la porta si apre, e lei entra, il viso concentrato in un’espressione serissima. Mi sta guardando negl’occhi, per la prima volta dopo sette lunghi giorni.
:-Sono venuta a parlarti-dice, schietta. Sorrido. È da tanto che non mi rivolge la parola.
:-Io sono disposta a fidarmi di te-dice, tutto d’un fiato. Sento qualcosa, uno strano calore, credo sia felicità. Non so come altro modo chiamarla.
:-Davvero?-chiedo, sorpreso e felice, soprattutto quando dice di si, per poi sbiancare, incredulo, quando dice di avermi mentito.
:-Quella sera ti ho detto che non sapevo se avrei potuto perdonarti, quando l’avevo già fatto.
Sorrido, e provo a darle un bacio, felice. Per farle capire quanto…quanto vive in me. Quanto mi rende felice anche solo sentire la sua voce.
:-Mi ami?-mi chiede, fermandomi con la mano.
Ci penso per un secondo. Non posso dire che l’amo, perché non voglio mentirle. Non so cosa sia l’amore, non so riconoscerlo. Ma tutte quelle sensazioni che mi coinvolgono quando lei è con me, quando parla, sorride, quando è felice. Quelle ondate di tristezza che mi raggiungono ogni qualvolta lei sta male o soffre. Quella felicità che provo nel vederla ridere, scherzare, sorridere. E all’improvviso so qual è la risposta, quella vera, priva di menzogne.
:-Non so se ti amo-ammetto, un po’ titubante, la verità è sempre difficile da dire. –Non so come sia veramente l’amore. Ma questo probabilmente lo è, e, se non lo è, ci si avvicina parecchio. Io per amore ho un’idea tutta mia. E corrisponde a questa.
Ed è lei stavolta, a baciarmi. E non la fermo, mentre il mio cuore batte frenetico come le ali di una farfalla.
 
***Alex***
Quando ci stacchiamo e noto che siamo strettamente avvinghiati, arrossisco, imbarazzata. Perché non mi sento pronta.
:-Scusa-dice lui, vedendo le mie guance colorate di un bel rosso vivo.
:-Dobbiamo andare a cena-dico, cercando di mantenere un tono serio e controllato, mentre faccio respiri profondi, sperando cancellare il rossore, inutilmente.
Cominciamo a camminare nell’aria fresca della sera, fino al padiglione dove, ogni giorno, si tengono i nostri pasti, e ci sediamo in silenzio al tavolo da picnic della casa undici.
Tutti i miei fratelli hanno la piena possibilità di vedere la mia faccia sempre più simile ad un pomodoro, insomma. Vedo moltissimi di loro ridacchiare, ma liquido la cosa con uno sbuffo.
Mi alzo in piedi, diretta verso il braciere, per donare a mio padre un po’ d’uva, so che gli piace. Poi, quando torno a sedermi, proprio mentre sto per addentare un pezzo di salciccia, una specie di pacca mi costringe a girarmi.
:-Annabeth!-esclamo, sorpresa. –Che ci fai qui?
Lei si siede accanto a me, sotto lo sguardo di tutti. Non è buona cosa, di solito, infrangere queste regole. Perché noi, per regolamento, possiamo stare solo al tavolo della casa che ci rappresenta.
:-Perché sei rossa?-mi chiede. –Davvero, sei imbarazzata? Cos’è successo?
:-Niente-mento, guardandola con un occhiata significativa, che vuol dire “te ne parlo dopo”. Vorrei un minimo di privacy.
:-Ok-dice, alzandomi, facendomi segno di aver capito con una mossa veloce dello sguardo,  puntandolo dritto nei miei occhi azzurri.
Tutti tornano a mangiare, tutto torna come prima, è finita la stranezza. Non c’è più nulla da vedere.
Quando abbiamo finito di cenare, ci alziamo, andando intorno al fuoco, per cantare le vecchie canzoni del Campo, come quasi ogni sera. È un falò speciale, cambia intensità, grandezza e colore a seconda delle emozioni di noi semidei. È arancione, stasera, abbastanza alto, quasi un metro e sessanta, e la punta è rosso fuoco, credo per colpa mia.
:-Allora, che è successo?-mi chiede Annabeth con un sussurro.
:-Abbiamo fatto pace-dico, semplicemente.
:-Ma perché sei ancora rossa in faccia?-chiede confusa, pochi secondi prima che le leve e le pulegge del suo cervello le abbiano inviato velocemente la risposta, più o meno. –Voi…l’avete fatto?
Scuto la testa, imbarazzata e, se possibile, ancora più rossa.
:-Ti ha rifiutata?-chiede, quasi gentilmente. –Se si, lo strozzo.
Scuoto di nuovo la testa, così mi chiede:- L’hai rifiutato tu?
Vedendomi scuotere nuovamente la testa, imbarazzata, chiede, esasperata:-Allora si può sapere che cos’è successo?
:-Ecco…noi…hem…ecco…abbiamo….ci siamo…trovati…hem-balbetto, impicciata.
:-Fai un respiro profondo-mi consiglia, vedendomi in difficoltà.
Faccio un respiro profondissimo, prima di rigettare le parole, tutto d’un fiato:-Mentre ci baciavamo ci siamo ritrovati avvinghiati.
Sul viso della mia amica bionda compare un sorrisetto malizioso, che non avevo mai visto, non su di lei, e dice:-Beh, che c’è da imbarazzarsi? Avete limonato.
:-Modera i termini!-esclamo in un sussurro. –E non abbiamo limonato.
:-Si, e io sono la regina d’Inghilterra! Certo che avete limonato-dice, convinta. –Non devi essere imbarazzata. Succede quando ci si lascia coinvolgere dalla passione e dall’amore, è perfettamente normale.
:-Non per me. Non so se voglio lasciarmi coinvolgere dalle emozioni-sbotto.
:-Beh, allora sbagli. A volte è necessario. Non puoi rinchiuderti per sempre-dice lei, rimproverandomi.
:-Forse-dico. –Ma è il mio primo ragazzo. Non voglio…correre. E trovarmi male. Capisci?
:-Più o meno, si-ammette lei. –Però non devi  temere, insomma, avete solo limonato. Io pensavo fosse successo di peggio…anzi, di meglio.
:-Smettila-dico, ridendo, divertita dal fatto che lei non sappia quanto ci siamo stati vicini, a superare quel confine.
 
Nota dell’autrice: Salve, salve, buonasera! Ecco il mio nuovo capitolo, signore e signori!
Spero che vi piaccia, anche se è un po’ corto, ma, tranquilli, mi farò perdonare. E voglio ringraziare Tortella e ehjhutch_ per le loro splendide recensioni.
Allora, Josh e Alex hanno limonato, e lei ci trova qualcosa di male. E ammette che Josh è il suo primo ragazzo. Il suo primo ragazzo, a vent’anni!! Che sia così brutta? O c’è qualche cosa sotto? Boh! Lo scoprirete leggendo.

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Capitolo 50
*** Raggio di cento metri. ***


***Josh***
All’improvviso, sento il bisogno di approfondire il bacio, ma penso che non sia il caso. Eppure il mio corpo si muove da solo. Sento le sue mani sul mio collo, sento il suo respiro, il suo sapore di cioccolato e nocciole. Mi rendo conto di cos’è veramente successo solo quando ci stacchiamo per respirare, e ci troviamo avvinghiati.
:-Scusa-mormoro, staccandomi, vedendo il suo rossore, mentre cerco di trattenere il mio bisogno di lei.  Non volevo farla imbarazzare. Anzi, non mi sono praticamente accorto di cosa abbia fatto finché non ci siamo staccati.
:-Dobbiamo andare a cena-dice, semplicemente, mentre osservo ancora il suo viso, arrossito fino alla punta delle orecchie, e quasi mi viene da ridere, un pochino, a vederla così, tutta rossa come un peperone. Perché è abbastanza divertente, oltre che molto più carina, quando arrossisce. Ma non lo faccio, temendo di urtare i suoi sentimenti.
Quasi non ci parliamo, a cena, e io mi limito a non imbarazzarla ancora, piluccando il mio petto di pollo, per nulla affamato, senza notare troppo quello che mi succede intorno. Però sarebbe impossibile non notare Annabeth che si alza dal suo tavolo, lasciando i suoi fratelli di stucco, e che si dirige qui, verso il tavolino da picnic della casa undici. La vedo sedersi vicino ad Alex, parlarci per un minuto, rialzarsi, e tornare al proprio posto come se fosse stato perfettamente in norma. Io ho sempre pensato che spostarsi di tavolo in tavolo fosse vietato. Questo spiegherebbe lo sguardo stupito della maggior parte dei semidei presenti.
Quando abbiamo finito di mangiare, ci sediamo davanti ad un falò, cantando le canzoni del Campo Mezzosangue, anche se io, in realtà, seguo a malapena le parole, e sono troppo occupato ad osservare il fuoco che in poco tempo raggiunge il metro e cinquanta, si tinge di arancione e rosso. Percy, vicino a me, mi spiega che il falò cambia per intensità, altezza e colore a seconda delle emozioni dei semidei, o di chiunque stia cantando. Scommetto che è anche rosso per l’imbarazzo di Alex.
Vedo con la coda dell’occhio che sta ancora confabulando con Annabeth, ma faccio finta di non essermene accorto, anche se, purtroppo, non posso fare a meno di chiedermi di cosa stiano parlando.
 
***Alex***
Vado in bagno per lavarmi i denti e vedo che la mia faccia è ancora rossa, così la sciacquo con l’acqua fredda per calmare l’afflusso di sangue nei miei capillari, e, effettivamente, dopo sto un po’ meglio, mi sento anche meno accaldata.
Torno nella mia amatissima casa undici, crollando letteralmente sul letto per la spossatezza, più mentale che fisica. Ripenso a tutto quello che mi aveva detto Annabeth nel falò.
:-Lo so che è difficile-dice Annabeth, con un’aria comprensiva. –Ma non puoi rinchiuderti per sempre. Sapevi anche tu che ci sarebbe stato un primo, solo che ora non lo vuoi ammettere.
:-Smettila di sparare cazzate, Annabeth-sbuffai, irritata.
:-Lo so che è il primo ragazzo-disse la ragazza bionda, posandole una mano sul braccio, in segno di comprensione. -Lo so che ora sei confusa, ma ti posso assicurare che presto cambierà tutto.
:-Io non lo voglio un ragazzo, Annabeth-brontolai, malinconica. –Non l’ho mai voluto. E lo sai.
Era questo che ci eravamo dette, e non c’era nemmeno l’ombra di una menzogna nelle mie parole. Non ho mai voluto un ragazzo, fin da bambina. Non so perché, so solo che la paura di qualcosa mi blocca e terrorizza, imbarazzandomi e paralizzandomi. Forse è perché non so mai come comportarmi.
Certo, qualche ragazzo ci ha provato con me, ma ho sempre rifiutato. Io non sono fatta per amare. Tutte le persone che amo muoiono, in genere. Non voglio che accada. Sarebbe veramente troppo.
Ora sto con Josh, certo, e lo voglio. Ma, al tempo stesso, non si può dire che l’abbia voluto, anzi. Ho provato in tutti i modi ad allontanarlo da me, inutilmente. Sono pericolosa per lui, e io non voglio soffrire. È sempre stato così, e sono sempre stata bene così. Perché cambiare?
Non so veramente più cosa voglia davvero.
 
***Josh***
Vedo Annabeth che si dirige verso la casa sei, dai suoi fratelli, ma la blocco, tirandola per un polso e trascinandola fuori portata d’orecchie indiscrete.
:-Si può sapere di cosa stavate parlando prima, tu e Alex?-chiedo, con tutta la calma possibile. –Cosa confabulavate?
:-Non sono affari tuoi-dice, liberandosi dalla mia presa con uno strattone.
:-Oh, si che sono affari miei-dico. –Spara.
Lei sospira, e dice:-Hai ragione.
:-Certo che ho ragione-dico, convintissimo. –Su, parla!
:-Mi sono fatta spiegare il motivo di quel rossore-dice. –Avete limonato, eh?
:-Si dice amoreggiato, per cortesia, o pomiciato-la correggo, un po’ impicciato.
:-Però lei era imbarazzata-dice lei. –Il che vuol dire che si vergogna.
:-Come sarebbe a dire che si vergogna, scusa?-chiedo, furioso, punto sul vivo. Perché mai dovrebbe vergognarsi di una cosa del genere.
:-Non è di te che si vergogna, ma di lei. Si vergogna ed è arrabbiata con se stessa, perché non riesce a mantenere la sua promessa.
:-Che promessa?-chiedo, confuso.
:-Fin da piccola, lei odiava l’idea dell’amore-spiega. –Così si è ripromessa di allontanarlo dalla sua vita. Di non amare, non in quel senso, almeno. Certo, ama. Ma non ha mai voluto l’amore che si prova tra fidanzati.
:-Ma è da pazzi!-esclamo. –Insomma, è impossibile vivere senza l’amore!
:-Lo so-dice lei, condividendo la mia affermazione. –Ma lei non la pensa così, e non ha nemmeno tutti i torti. Insomma, i suoi genitori si sono visti per un po’ di tempo, e poi puf! Non si parlano più, a malapena si ricordano l’uno dell’altro, e lei è morta. E io e Percy non siamo l’esatto esempio dell’amore perfetto.
:-Mmm-dico, poco convinto. –Cosa è successo, dunque? Insomma, non credo che nessuno le facesse il filo.
:-Infatti-ribatte Annabeth. –Ogni tanto spuntava qualche ragazzo che le chiedeva di uscire, e non accettava mai. In più, alcuni non ne uscivano sempre interi. Un ragazzo, una volta, ha tentato di circondarle le spalle con il braccio, e lei glielo ha spezzato.
:-Oh cavolo-dico. –Per così poco?
:-Josh, lei non voleva nemmeno che un essere umano di sesso maschile le si avvicinasse, fulminava con lo sguardo chiunque si avvicinasse al raggio di quindici centimetri, a parte forse noi del Campo e i bambini-dice. –Non voleva farsi coinvolgere.
:-E allora perché a me l’ha permesso?-chiedo, ancora più confuso.
:-Tu sei il suo idolo dalle elementari, Josh-dice lei, come se fosse ovvio. –Tu avevi già aperto un varco nel suo cuore ancora prima che tu sapessi della sua esistenza. Poi, conoscendola, sei riuscito a passare nel varco, e ti sei chiuso li dentro. È amore, Josh. Una cosa che lei, che possa accettare o meno, non può e mai potrà controllare.
:-Quindi io sarei il suo primo ragazzo?-chiedo, cercando una conferma, e l’ottengo, quando lei fa un gesto a mo’ di assenso.
:-Perché non me l’hai detto-chiedo. –Perché non me l’ha detto? Insomma, se l’avessi saputo prima…avrei cercato di…non so…di non correre…andarci piano…
:-No, Josh, va bene-dice lei. –Lei è prontissima per ricevere e dare amore, solo che non lo vuole ammettere. Non vuole che si possa trasformare come quello dei suoi genitori. Però è giusto così. So che si è aperta con te, parlandoti dei suoi sentimenti, me lo ha detto. Non dandole il tempo di pensare, le stai aprendo il cuore, e lei lo sente, ma ha paura. L’unico modo per aiutarla è farle capire quanto sia bello l’amore, Josh. E questo puoi farlo solo comportandoti come hai fatto fino ad ora.
Ora capisco tutto, la sua faccia arrossata, la sua reazione. Per lei è tutto nuovo. E io, come un imbecille, perché questo sono, non l’ho capito.
Però, ora, almeno, so di essere speciale per lei. E questo mi fa sorridere.


 
Nota dell’autore: Buonasera, ecco a voi il mio nuovo capitolo! Ho anche aggiunto una foto di Annabeth, spero vi piaccia, io l'ho immaginata più o meno così.
Allora, prima di tutto, ringrazio di nuovo ehjhutch_ per la sua recensione! Grazie!!
Tornando alla storia, finalmente si è capito perché una ragazza in gamba come Alex, che fa battere frenetico il cuore di Josh, oltre che di qualcun altro (e qui spoilero un po’), sia rimasta single fino ai vent’anni, e, ammettiamolo, non ha mai vissuto in un ambiente che potesse favorire l’amore.
Ora cosa succederà? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! E recensite, mi raccomando!
Un bacio.

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Capitolo 51
*** Addio Cacciatrici. ***


Anche se sono stanca, ho voglia di leggere un po’, prima di addormentarmi. Sento la necessità di fuggire dal mondo, isolarmi un pochino, estraniarmi dalla realtà, anche solo per poco. Ho bisogno di sentirmi al sicuro, nel mio angolino di fantasia, che si scatena, pagina dopo pagina. Una soluzione migliore dell’alcol.
Così rovisto tra le mie cose, alla ricerca di un libro da leggere, quando un foglietto attira la mia attenzione, così lo prendo. È uno di quei volantini delle Cacciatrici. È bianco, con le scritte d’argento, roba tipo “Vivi una vita immortale senza ragazzi!”, oppure “Tutti i vantaggi dell’immortalità, senza ragazzi”. 
L’aveva lasciato qui Zoe, qualche anno fa. Insisteva sempre, con me, sicurissima che sarei stata un’ottima Cacciatrice. Le andavo a genio, andavamo molto d’accordo, soprattutto perché mantenevo una certa distanza con il sesso maschile. Non so perché non abbia mai accettato. Insomma, i vantaggi ci sono tutti. Immortalità, prima di tutto. Non dovrei mai preoccuparmi delle mie rughe. Nulla da perdere, in più. Insomma, io non ho mai voluto un ragazzo, non sarebbe una poi così grande rinuncia, dopotutto.
Ci ho pensato spesso, e molto seriamente, ma non ho mai accettato, e sempre per lo stesso motivo: i miei amici. Avrei abbandonato il Campo,  e non avrei più rivisto Annabeth, Percy, Talia, Rachel, Will, Beckendorf, Silena, Clarisse, Michel, Lee, Castore, Polluce, Nico, Chris, Travis e Connor, e…Luke. Non avrei mai potuto. Mai lasciarlo. Era tutto ciò che avevo, ciò che rimaneva della mia famiglia.
Ma ora non so cosa mi blocchi dal pronunciare il giuramento, insomma, la maggior parte della gente che conoscevo è morta. Silena, Beckendorf, Castore, Michel, Lee, e la sorella di Nico, Bianca, Luke…sono tutti morti. Non torneranno mai indietro.
Allora è per questo, forse è perché sono tutti morti, e io, da Cacciatrice, non potrei mai raggiungerli. Ma non credo sia questo, perché, sebbene immortali, Le Cacciatrici di Artemide possono morire, in battaglia. Quindi basterebbe aspettare o farmi ammazzare.
Provo a dire quel giuramento. È quello che voglio. Non ho più nulla da perdere in fondo. Ma non ci riesco, le parole mi si bloccano in gola, in un singhiozzo. Riprovo, ma fallisco ancora. Perché non ci riesco?
Una luce brilla come una lampadina nel mio cervello, facendo chiarezza nella nebbia della mia confusione. Esce fuori un nome: Josh. Perché salta sempre fuori lui? Perché il suo pensiero mi blocca? Perché l’idea di lasciarlo mi brucia le budella? E perché l’idea che lui muoia prima di me, e che io sia ancora viva mi distrugge il cuore?
“Si chiama “amore”, Alex”. È quello che mi ha detto Annabeth, e una volta anche Percy. È quello che direbbe mia madre. È quello che mi hanno detto Silena e Charlie, prima che morissero, quando non capivo i loro sguardi accesi e pieni. Loro sono stati i più fortunati, perché non sono rimasti separati dalla morte a lungo.
Mi maledico, una volta, due volte, altre mille volte, per aver tentato di pronunciare il maledetto giuramento. Per aver solo osato pensare di abbandonare Josh. Ormai in lacrime, tra i singhiozzi, prendo il volantino e lo faccio a pezzi, e facendo la stessa identica cosa con gli altri, singhiozzando. Per il dolore che provo. Perché sono stupida. Perché non voglio accettare le cose. Perché Annabeth ha ragione. E io odio quando ha ragione.
 
***Josh***
Sto per entrare nella casa undici, quando vedo una ragazza con i capelli neri da punk nascosta dietro un albero, dall’aria soddisfatta. “Che ci fa li?” mi chiedo. Insomma, la sua casa è la uno, e, dall’aria che ha, sembra aver avuto una splendida sorpresa. Mi chiedo chi stia osservando, perché è abbastanza evidente, che non si vuol far vedere.
Mi avvicino di soppiatto, o almeno ci provo, ma lei, pronta, mi afferra per un braccio,  girandosi, mentre si tocca il braccialetto che diventa subito uno scudo con una faccia orribile impressa sopra, con i capelli di serpente e la bocca spalancata come in un grido: Medusa. Indietreggio, spaventato. La faccia impressa sullo scudo è talmente orribile che non posso guardarla senza provare terrore.
Mi lascia, accorgendosi che sono solo io:-Scusa. Non sono abituata più a essere colta di sorpresa.
:-Figurati-dico, disinvolto. –Ma ritira quel coso orripilante, per favore.
:-Josh, che ci fai qui?-chiede lei, sussurrando, mentre ritira lo scudo.
:-Io ci dormo, nella casa undici-le ricordo. –Sei tu che non dovresti essere qui. Chi stai spiando?
:-Alex-dice, mantenendo quell’aria soddisfatta.
:-Perché?-chiedo, confuso. –Insomma, non avevi motivo.
:-Si, invece. Ora non ne ho più, ma prima si. E se non l’avessi controllata, non potrei darti un’importantissima notizia.
:-Davvero?-dico, sarcastico. –E cosa sta facendo di così importante da essere spiata? Sta leggendo un libro? Russa?
:-Ha ha, molto divertente, si, come no-dice lei, incrociando le braccia. –Ti ricordi della nostra ultima conversazione?
Quella in cui mi ha detto di aver trovato un volantino di arruolamento delle Cacciatrici di Artemide, e che, probabilmente, stava valutando se era il caso di entrarci, cosa che, probabilmente, avrebbe potuto fare? Certo che mi ricordo.
All’improvviso mi sento terrorizzato, così tanto terrorizzato che la testa impressa sullo scudo di Talia era un’amabile immagine, al confronto.
:-Cosa vuoi dire? Ha pronunciato il giuramento? Ha deciso di entrare tra le Cacciatrici?-chiedo, spaventatissimo e preoccupato.
:-No-dice Talia, sorridendo. –Al contrario. Devo dire che non me l’aspettavo da lei. Ha strappato tutti i volantini.
Sospiro, rassicurato, e ringrazio Talia, dicendole di andare a dormire. Poi entro nella casa undici. E la trovo li, bellissima, intenta a raccogliere tutti i pezzetti di carta in un mucchietto.
:-Ehi, che fai?-chiedo, cercando di mantenere un tono normale. Meno male che sono un attore, o sarebbe praticamente impossibile.
Lei raccoglie tutti i pezzettini da terra nel palmo della sua mano, e si dirige verso un piccolo fuoco sacrificale all’angolo della stanza che, per qualunque ragione, non ho mai visto prima d’ora. Lei li getta nel fuoco, pulendosi le mani, e dicendo:-Butto la spazzatura.
:-E voi semidei buttate la spazzatura nel fuoco?-chiedo, cercando di sembrare in vena di battute, limitando un po’ la mia allegria, quando, in realtà, sono al settimo cielo.
:-No, di solito no-dice lei. –Però oggi si. Voglio essere sicura di non vedere mai più quella roba.
:-Ok-dico. –Hai un’aria stanca. Perché non andiamo a dormire, che è tardi?
Lei annuisce, e si avvicina:-Mi dispiace.
:-Per cosa, scusa?-chiedo, confuso. –Non hai motivo, sul serio.
:-Per oggi-dico. –So di non essere stata il massimo della compagnia. E poi…con quel…
So a cosa si riferisce, ma la trascino verso il suo letto, e le dico:-Zitta, chiacchierona. Si parla domani.
:-Josh…-prova  a dire, ma la blocco con la mano e la faccio sdraiare, rincalzandole le coperte.
:-Buonanotte-dico, dandole un bacio sul capo, per poi rialzarmi e andare a dormire.
Sento subito un respiro lieve nella stanza, e so che si è addormentata.
 
***Alex***
Ben decisa a non commettere errori e a non voler più rivedere quei volantini, li butto nel fuoco sacrificale, lasciandoli bruciare. Poi mi avvicino a Josh. Mi sento in colpa, per tutto quello che è successo oggi. Io non voglio un ragazzo, certo, eppure sento che vorrei dargli tutto quello che non riesco a dargli.
Mi fa sdraiare sul letto e mi rincalza, come se fossi una bambina, e mi da la buonanotte, dandomi un bacio sulla fronte. Lo guardo per un secondo, mentre si corica. E, prima di addormentarmi, provo il desiderio di essere colei che lui meriterebbe. Per la prima volta, desidero essere perfetta.
 


Nota dell’autore: Salve, salve! Ecco il mio nuovo capitolo, ci ho lavorato un po’, spero che vi piaccia.
Voglio ringraziare Tortella e ehjuthch_ che hanno nuovamente recensito, e Persaneisuoiocchi per il suo messaggio. Grazie!
Allora, Alex si sta facendo un esamino di coscienza. E, sebbene non sappia perché, non vuole più nemmeno pensare di poter diventare una Cacciatrice. E grazie a Talia, Josh scopre anche questo.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Lo scoprirete leggendo!
Un bacio, e, mi raccomando, recensite. E sur sum corda, che fra un po’ è finita scuola!

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Capitolo 52
*** Incubo nell'incubo. ***


Mi trovo in un luogo buio, talmente buio e privo di luce che perfino con i miei occhi da semidea rischio di inciampare continuamente.
Mi guardo intorno, confusa, tastando anche le superfici con le mani. L’aria è umida, c’è un forte odore di chiuso, il pavimento è parecchio scivoloso. Per caso muovo un sassolino con il piede, camminando, e si sente un forte rimbombo. Probabilmente è l’interno di una caverna, visto che c’è l’eco.
Sento un rumore strano, e così mi blocco, cercando di fare il meno rumore possibile, anche respirando. Tendo le orecchie e riconosco il rumore, una porta metallica che viene sbattuta. Quella di una cella.
 
Apro lentamente gli occhi, per abituarli alla  luce del sole che splende alto nel cielo. Dalla luce, saranno le nove passate. Controllo l’orologio, per essere sicura, ed, effettivamente, sono le nove e ventidue.
Mi guardo intorno, confusa e assonnata, faccio sempre molta fatica a svegliarmi, per quanto odi i sogni, e, soprattutto, ad orientarmi, appena sveglia. Mi stropiccio gli occhi e mi stiracchio come un gatto, insonnolita e dolorante. Evidentemente, stanotte ho dormito come un sasso, nonostante lo strano sogno che ho fatto. Mi fermo un attimo a rifletterci: è davvero uno strano sogno, senza dubbio. Ma, quello che m’interessa, è il senso. Che senso potrà avere un sogno del genere?
Accantono l’idea e mi faccio una doccia, come tutte le mattine, e mi accorgo dello strano silenzio che mi circonda, anche se, all’inizio, non ci faccio troppo caso. Ma, quando esco, in jeans e maglietta, con le mie converse rosse ai piedi, non posso fare a meno di non sentirmi a disagio. Insomma, nel Campo, non c’è mai il silenzio, il che è abbastanza strano.
Decido di correre ad una velocità supersonica fino alla Casa Grande, magari per parlarne con Chirone, ma mi accorgo, con mio remore, che non c’è nemmeno il signor D. Così provo alla dimora di Rachel, ma nemmeno lei è li.
Sento un po’ di paura salirmi nel petto, ho paura che centri con lo strano sogno che ho fatto, che sia successo loro qualcosa, perché, ormai, è evidente. Ma la vera domanda è: Cosa può essere successo?
Sto per riavviarmi alla casa undici, per prendere la mia Protezione e, magari, elaborare un piano, quando trovo, per puro caso, un foglietto svolazzante. È una foto, una foto di un bellissimo ed enorme parco che conosco fin troppo bene: Central Park. Ed è sporca, sul retro, ha una macchietta dorata. Lascio quasi cadere la foto per l’orrore: l’icore. Quindi, forse, centra qualche mostro. C’è un'altra scritta, ma non riconosco la mano: “Vieni a Central Park”. Probabilmente qualcuno avrà radunato un esercito di mostri, per portarsi via tutti. O forse sono stati costretti? Ma perché lasciarmi la? C’è una risposta, ne sono sicura, ma c’è una strana sensazione di nebbiolina che mi offusca il cervello e…costa stavo dicendo? Ah, si, dove sto andando.
Corro a prendere la mia spada protettrice, e chiamo un taxi, facendomi portare proprio lì davanti, mentre intanto io rifletto.
Perché quella foto svolazzante? È forse una trappola? Probabile. Ma se c’è una cosa da tagliare fuori direttamente, è l’idea di un esercito. Me ne sarei accorta sicuramente. Quindi sono stati costretti, magari da un qualche mostro con dei poteri psichici, o roba simile, tipo i ciclopi, che riescono a ricopiare le voci altrui. Ma, se è così, perché su di me non ha fatto effetto?
La risposta mi viene in mente da sola: stavo dormendo. Ero l’unica che dormiva, forse è per questo. Vorrei rifletterci un altro po’, ma mi sento così stanca…voglio solo rilassarmi un po’ e basta.
Il tassista interrompe le mie riflessioni e lo pago, per poi scendere proprio davanti Central Park. Comincio a passeggiare con disinvoltura in quel luogo immenso, e, dopo mezzora di ricerche, distratta, mi siedo su una panchina, su cui, stranamente, non siede nessuno, per cercare di cacciare via quella strana sensazione che ho addosso. Prendo un pezzo di pane e lo tiro ai piccioni, che se lo litigano avidamente. Poi un verso strano, acutissimo, attira la mia attenzione.
Alzo lentamente lo sguardo e mi ritrovo davanti degli strani uccelli, che sembrano piccioni, ma, stranamente, hanno gli occhi rossi. Se non fosse per quello, potrebbero benissimo passare per piccioni, agl’occhi mortali, e con l’aiuto della Foschia, sicuramente i mortali vedono dei normalissimi uccelli grigi.
Oh, no, non di nuovo. Non di nuovo gli uccelli di Stinfalo, per amore del cielo, per favore, no! Sono tra i mostri peggiori! Non ricordo nemmeno come li abbiamo sconfitti, ho uno strano senso di confusione…
Provo a fare quello che si fa con un mostro: nessun movimento azzardato e, anzitutto, non sguainare il bronzo celeste. Ma, ovviamente è inutile.
Mi viene di nuovo da piangere, quando si avventano su di me con i loro becchi, squarciando i miei jeans, perforando la maglietta, e strappandomi quasi la carne e un urlo di dolore. Ma, nonostante mi senti intontita, riesco ad alzarmi, cercando di non cedere al dolore acuto che quasi mi provoca un altro urlo.
Non ricordo ancora come ucciderli, ricordo solo che, ammazzandone uno, ne arriva un altro. Ma non mi arrendo, trafiggo uno con lo stiletto che ho nella borsa, uno di quelli che avevo sotto il letto, e questo si trasforma in polvere, andando al Tartaro, ma, immediatamente, ne arriva un altro, e un altro ancora, uno per ogni che ammazzo.
E così faccio l’unica cosa intelligente: fuggo, il più lontano possibile.
Dopo una lunga corsa, mi ritrovo al sicuro, e, anche se sono ormai lontanissima, si nota benissimo lo stormo di uccelli di Stinfalo che vola nel cielo, andandosene, per mia fortuna, da qualche altra parte. Così, stremata, dopo una corsa di ben due ore, riprendo la mia ricerca, ma, alla fine, non posso fare a meno di addormentarmi di nuovo. Ma prima di addormentarmi, il mio occhio sinistro nota qualcosa. Una sagoma, un corpo, coperto di sangue, la carne lacerata, graffiato in faccia, i vestiti coperti di sangue secco stracciati, beccato anche lui probabilmente da quei maledetti uccelli. Lo guardo con più attenzione, e lancio un urlo. Perché, prima di svenire, scopro che il corpo in quel lago di sangue è quello esangue di Josh.
 
Mi sveglio quasi urlando, ma non per la paura, bensì per il sollievo, perché mi sono svegliata. Scoppio immediatamente a piangere come una bambina, singhiozzando. “Tranquilla, è solo un sogno, tranquilla” mi ripeto. “ Era solo un sogno. Josh è vivo, non è morto”. “Ora ti alzi e guardi che ore sono”. È così che ho imparato a fare, ormai, con gli incubi strani di questo tipo: darmi dei semplici comandi da eseguire in modo meccanico, se necessario. Così mi alzo, prendo il telefono, e guardo che ore sono, e quasi mi prende un colpo: sono le undici meno un quarto. Cavolo, ho dormito fino alle undici!
Mi alzo in tutta fretta, lanciando insulti mentali a chiunque mi abbia disattivato la sveglia, e, con ìrapidità, indosso un paio di jeans e una maglietta.
Poi corro celere fino alla Casa Grande, e tiro un sospiro di sollievo, vedendo che ci sono tutti, compreso l’odioso Signor D.
“Era solo un sogno” mi ripeto. “Solo un maledettissimo sogno del cavolo”.
“Ma che giorno è oggi?” mi viene da chiedermi, all’improvviso. Guardo di nuovo il cellulare: 14 agosto. Bene, oggi è il 14 agosto, il mio compleanno, il che spiega il motivo per cui sono ancora qui, quando, normalmente, mi dovrei allenare.
Mi alzo, sorridente, perché oggi è il mio compleanno. Oggi è il giorno che attendo con pazienza ogni singolo anno, perché, in questo giorno, non mi vieto mai nulla. Se voglio abbuffarmi di cioccolata, lo faccio, punto e basta. Mi concedo ogni cosa umanamente possibile che mi passi per la mente. E il festeggiare ogni singolo anno con i miei amici, i miei fratelli, i miei cugini, Chirone…mi fa sentire a casa. Mi fa sentire parte di una famiglia.
E Josh…questo è il primo compleanno che passo con lui. E voglio che sia…il migliore. Questo è il compleanno che voglio potermi godere di più.
Il pensiero di lui, che mi fa sentire così apprezzata, speciale, amata mi fa sorridere.
Decido di andare da lui, per tranquillizzarmi un po’, anche perché non credo di essermi davvero calmata. Lo trovo intento a parlare al telefono, di nuovo.
Mi nota con un occhiata e chiude velocemente la telefonata, frettoloso, con l’aria di chi nasconde qualcosa.
:-Buongiorno-dice, dandomi un bacio a stampo. –Dormito bene?
:-Anche troppo-dico, mettendomi le mani sui fianchi, con aria un po’ severa. –Qualcuno ha disattivato la mia sveglia. Ne sai qualcosa, Josh?
:-No-mente lui. –Davvero, non ha suonato?
:-No, infatti mi sono svegliata adesso-dico, alzando un sopracciglio. –Sei sicuro di non saperne nulla?
:-Sicuro-mente di nuovo, ma credo ci sia il suo zampino. Lo capisco dalle rughe della fronte.
:-Con chi stavi parlando, se posso chiederlo?-chiedo, curiosa. –Di nuovo con Avan?
:-Si-dice, sorridendo.
:-Devo essere gelosa?-chiedo, ridendo. –Va avanti da più di una settimana.
:-No, tranquilla-dice, ridendo anche lui, e cingendomi le spalle con un braccio. –Non è male, ma non è il mio tipo.
:-Beh, che vuoi fare?-chiede. –Senti, mi insegneresti…la scherma, o qualcos’altro? Anche Chirone mi ha consigliato di…
:-Credo si possa fare-dico, sorridendo.
Ci dirigiamo all’armeria, per prendere una spada adatta a Josh, ma ha il mio stesso identico problema: qualunque spada è inadatta. Sono tutte troppo pesanti o troppo leggere, troppo lunghe o troppo corte.
:-Siamo due sfigati-borbotto. –Dovrai prenderne per forza una leggera.
Gliene do una non troppo pesante e andiamo ad allenarci, e la cosa mi pare subito evidente: è negato. Provo a insegnargli un paio di affondi facili, ma non ce la fa, glieli mostro anche dieci o undici volte, ma non riesce ad eseguirli. È negato, totalmente. Proprio come alcuni semidei come Percy, che non potrebbe mai scagliare una freccia senza ammazzare qualcuno, anche delle sue file,  per caso. È come chiedere ad un pesce di camminare fuori dall’acqua o ad un elefante di imparare a volare. Impossibile.
:-Lasciamo perdere-dico, constatando che è mezzoggiorno, ormai. –Sul serio, Josh. Non è per ferirti o altro ma…sei proprio…ecco…
:-Lo so, sono negato, eh?-chiede, sorridendo. –Pazienza.
:-Non sei…arrabbiato?-chiedo, timidamente.
Lui scuote la testa:-Non si può essere bravi in tutto, no?
:-Vuoi provare con qualcos’altro?-chiedo. –Ch’esso, magari con una lancia, o un arco?
:-Si-dice, sorridendo. –Magari con la lancia, sembra figa.
:-Ok, vieni-dico.
Torniamo all’armeria, e, almeno, riesco a trovargli una lancia quasi adatta a lui, e lo porto da Clarisse, figlia di Ares. Non è cambiata molto, fisicamente. Ha sempre quegli occhi piccoli da cinghiale e i capelli lunghi come spaghetti.
:-Alex-constata lei. –Che ti serve?
:-Ciao anche a te, Clarisse-dico, sorridendo, sarcastica.
:-Si, si, ciao-dice lei. –Sbrigati, che ho da fare.
:-Clarisse, smettila di fare la bulletta, sappiamo tutti che hai un cuore di burro-dico, sorridendo. –Qua nessuno ti giudica, puoi essere te stessa.
Lei tira un sospiro di sollievo:-Meno male, sai, devo pur mantenere un po’ di superiorità, sai, sennò sarebbe un casino.
:-Si, si, lo so-dico. –Senti, Clarisse, Josh vorrebbe imparare, ma io di lance non so molto. Potresti vedere se è negato o no?
:-Certo, non c’è problema-dice lei.
:-E questa sarebbe la pericolosa Clarisse di cui mi ha parlato Percy?-chiedo. –Me l’aspettavo più…
:-Lo so, ma è cambiata parecchio dalla morte di Silena. Ora è molto più gentile-dico.
Clarisse e Josh provano per un’altra ora, fino a l’una, ma, anche in questo, Josh è negato.
:-Lascia perdere, ragazzo-dice Clarisse. –Tanto varrebbe buttarti direttamente in un vulcano, fidati.
:-Beh, non era tanto male-dico, tentando di sollevargli il morale. –Vuoi provare con l’arco?
:-Non lo so, Alex…-dice lui, ancora un po’ giù di corda.
:-Dai, sarà divertente-dico, trascinandolo fino alla casa di Apollo, da Will, chiedendogli di insegnargli, ma non dura nemmeno un’ora, è ancor più negato che con la spada.
:-Sono un fallimento…-dice lui, ancora triste.
:-Non tutti sono portati per la guerra, Josh-dico, tentando di rincuorarlo. –Tu non sei fatto per uccidere.
Mi blocco, perché ho appena detto una balla. Lui è perfettamente in grado di uccidere. Ha ucciso una Dracena, un Iperboreo. E sempre con uno stiletto di bronzo.
:-Vieni, forse so cosa fa per te-dico, prendendolo per mano e trascinandolo di nuovo nell’armeria, per poi porgergli uno stiletto. Il suo stiletto.
:-Questo è quello che hai usato nella missione, ricordi?-chiedo. –Tu sei perfettamente capace di usarlo.
:-Non è vero-dice.
:-Oh, si che lo è. Ora vieni con me, andiamo da Annabeth, e gli mostri come lo usi, e lei ci dirà, ok?
Lui annuisce come un bambino poco speranzoso, e, finalmente, Annabeth ci da una buona notizia.
:-Lo usa come se lo facesse da sempre-dice, sorridendo. –Non ha bisogno di lezioni, segue l’istinto.
:-Bene, così si potrà difendere-dico.
Josh è abbastanza contento, gli ha sollevato su il morale per bene. E così lo vedo mangiare, contentissimo e sorridente.
:-Grazie, Alex-dice, dandomi un bacio sulla fronte. –Tu hai creduto in me quando nessuno, io compreso, ce la facevo. Senza di te, avrei mollato. Sei stata la mia speranza.
:-Smettila e mangia-dico, arruffandogli i capelli, ma, in realtà, sono un po’ contenta. Perché Josh mi ha appena paragonata alla sua speranza.
 
***Josh***
:-Pronto, Avan?-dico. –Sono sempre io. È tutto pronto?
:-Si, Josh-dice. –Hai fatto davvero le cose in grande.
:-Voglio che questo giorno per lei sia speciale-mi giustifico. –Oggi compirà vent’anni.
:-Ok-dice lui. –Voi, invece, siete pronti?
:-Si-confermo. –Dopo pranzo metteremo in atto il piano.
:-Ok-dice. –Ci vediamo qua.
:-Ora devo andare, sta arrivando-dico. –La intratterrò con qualche scusa fino alle due.
:-Ciao, Josh-dice. –Ci vediamo dopo.
Propongo ad Alex, dopo che mi ha messo in crisi con un po’ di domande, giusto per tentare di rovinare i miei piani, di insegnarmi la scherma, inventandomi una scusa, tanto per tenerla occupata.
Ma sono negato per moltissime cose: tiro con l’arco, scherma, lancia…e a pensare che ho fatto l’addestramento militare!
Però mi sollevo un po’ quando mi porge lo stiletto che ho usato in missione. È molto bello, semplice, con un’incisione sull’elsa, a mo’ di ghirigoro.
Dopo il verdetto di Annabeth, non posso fare a meno di sentirmi contento, probabilmente, se fossi un cane, scodinzolerei come un matto. Credo sia per il fatto che così lei non si dovrà più preoccupare, insomma, mi so difendere!
E la vedo sorridere, contenta quasi quanto me. E mi fa sentire ancor più felice. Lei è la persona migliore del pianeta. Ha creduto in me quando nemmeno io credevo più in me stesso. E questo dimostra che lei è quella giusta.
 
Nota dell’autore: Salve, ecco un nuovo capitolo.
Voglio scusarmi per l’inconveniente, ma ho dovuto cancellare tre capitoli, in quanto la presenza di persone idiote che fingono di conoscere Percy Jackson e mi confondono le idee (i miei cugini) ho sbagliato la data del compleanno di Percy, che è nato dopo Alex, e non prima. Non potevo cambiare la data di Alex, in quanto l’ho scelta per un motivo preciso. Mi scuso nuovamente.
Ma ci tengo a specificare che quello che avete letto nei capitoli precedenti è comunque valido, solo è posticipato di qualche capitolo, per rispettare di un minimo l’ordine cronologico dei fatti presenti, nonostante i continui flashback e i sogni, e verrà quindi ripubblicato.
Allora, Josh ha un piano preciso, a quanto abbiamo potuto constatare. Cosa succederà dopo pranzo? Cosa significa lo strano sogno di Alex? Ha davvero un significato o è solo un sogno comune?Lo scoprirete leggendo.
Beh, spero che vi piaccia. Un bacio, e recensite.

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Capitolo 53
*** Danner's studies. ***


Dopo un pranzo a base di salsicce grigliate e formaggio, Josh mi chiede di seguirlo, così mi alzo. Chiama un taxi e così passiamo ben più di un ora sul sedile di una macchina gialla.
:-Josh, dove stiamo andando?-chiedo, nervosa. Non ho avvertito Chirone, credo che quando torneremo, sarò nei pasticci. Non può trattenermi, in quanto maggiorenne, ma immagino che non gli faccia piacere il mio viavai.
:-Stiamo andando a trovare un mio amico-dice lui semplicemente. –Te lo voglio presentare.
:-Chi?-chiedo, curiosa. –Avan?
:-No-dice lui, sogghignando. –Ma ti farà impazzire.
E non diciamo altro, fino a che, dopo cinque minuti, dico:-Dimmelo.
:-No-dice lui, secco.
:-Per favore-lo supplico
:-No-ripete, con lo stesso identico tono secco.
:-Devo fare la faccia da cucciolo, Josh?-lo minaccio scherzosamente.
:-Non la sai fare, la faccia da cucciolo, Alex-dice lui.
:-Oh, si invece-dico, addolcendo il mio sguardo e facendo la sua stessa, identica faccia da cucciolo.
:-La risposta è…no-dice, illudendomi per qualche misero secondo. –Come vedi, io so resistere alle facce da cucciolo. Dovresti imparare anche tu.
:-Uffa!-sbuffo, facendo così svolazzare una ciocca di capelli.
:-Devi avere pazienza-dice lui, sogghignando.
:-Sono pragmatica ed iperattiva, non ho pazienza-dico. –Non più, almeno. Ho aspettato dolorosamente ben sedici anni per poter uscire dal Campo, sai? Un attesa straziante.
:-Beh, aspettare un’altra oretta al massimo male non ti farà-dice, ridendo.
:-Già, come no…-dico.
:-Non devi prendertela-dice, stringendomi la mano. –È che non ti voglio rovinare la sorpresa.
:-Va bene-dico, semplicemente, troppo stanca e annoiata per discutere, anche perché io sono quel tipo di persona che si addormenta sempre, in macchina. Un motivo in più per non permettermi di guidare, immagino.
Stiamo zitti per un po’, mentre io mi lego le mani con un elastico per capelli nel tentativo di tenermi occupata, per non addormentarmi, e anche per la mia iperattività, e, all’arrivo, Josh paga il taxi, per poi mettersi il cappellino da baseball e gli occhiali da sole.
Scendo anche io dal taxi, e mi ritrovo davanti un edificio di dimensioni sorprendenti, l’insegna bianca, in corsivo, con la scritta per me poco leggibile. Nonostante la mia passione per la lettura, e il mio esercizio, sono pur sempre una semidea con un problema deficit dell’attenzione, iperattività, e soprattutto, dislessia. Il problema persiste soprattutto nelle insegne e in quelle al neon, oltre che per le scritte in corsivo.
:-Josh, che c’è scritto?-chiedo, cercando di decifrare l’insegna, anche se, al momento, riesco a leggere solo: “Ranned's tedutis”. Cosa mai potrà significare davvero?
:-Lo scoprirai dopo-dice lui, e così mi pare evidente. Ha preparato tutto per bene, ben a conoscenza della mia fastidiosa dislessia.
Mi fa entrare, e saliamo con l’ascensore, che ci porta fino al trentesimo piano di quest’enorme grattacielo. La segretaria, una donna con i capelli biondi corti e gli occhi azzurri, che indossa dei pantaloni neri, delle scarpe a punta grigie e una camicia a righe verticali nere.
:-Salve, in cosa posso esservi utile?-ci chiede, sorridendo, gentile.
:-Abbiamo un appuntamento con il signor Danner-dice Josh.
:-Il suo nome?-chiede la donna, cortese.
:-Josh Hutcherson-risponde lui, serenamente.
:-Si, lei è in lista.  Entri pure, signor Hutcherson-dice lei sorridendo, dopo aver smanettato un po’ su quel suo computer.
Entriamo così nello studio di quello che credo sia il signor Danner, un uomo con la pelle abbronzata, i capelli scuri, e la barba corta.
:-Buongiorno-ci saluta cortesemente l’uomo, e all’improvviso lo riconosco.
:-Oh dei del cielo…-mormoro, stupita. –Josh, mi hai portato da Michael Danner? Il fam…
:-…il famoso stilista che ha creato anche alcuni abiti per Jennifer?-continua la mia domanda, divertito dalla mia faccia, incredula. –Si, direi proprio di si. Io e lui ci conosciamo da un po’.
:-Chi è la tua amica, Josh?-chiede lo stilista, curioso.
:-Oh, lei è Alex, la mia ragazza-dice lui, e io quasi arrossisco.
:-Mi creda, è davvero un piacere incontrarla, signor Danner-dico, sorridente, stringendogli la mano.
:-Via, via, basta con queste formalità, per cortesia-dice lui, sorridente. –Mi fanno sentire vecchio, e io ho solo trent’anni. Comunque, se mi posso permettere, sei davvero ancor più bella di quanto immaginassi, Alex, nonostante Josh mi abbia parlato così bene di te.
Sorrido, perché è molto gentile, e perché, lo ammetto, mi piacciono un pochino i complimenti, e decido così che mi andrà a genio, ora e anche in futuro.
 
***Josh***
Pazienza.Ecco di cosa mi sono armato prima di uscire. Tanta pazienza. Alex è una curiosona, lo so bene. Ed è anche troppo ansiosa, quindi mi pare sottointeso che mi farà delle domande. Ma io sono una persona determinata, e quando dico una cosa, la mantengo, sempre.
Mi viene da ridere quando, impaziente, mi chiede dove stiamo andando. Potrei essere davvero una specie di oracolo, tipo quello di Delfi. Ma, nonostante tutto, compresa la sua dolcissima faccia da cucciolo, a cui ho resistito con fatica, non le dico nulla.
Quando entriamo, la vedo stupita, a bocca aperta, letteralmente. Mi allontano un attimo, per rispondere al telefono, che sta squillando, lasciando Michael e Alex chiacchierare. E mi fa molto piacere.
:-Pronto, Avan?-chiedo.
:-Josh, qui è tutto pronto-dice lui. –Tu a che punto sei?
:-A buon punto, sono riuscito a sviarla-dico, un po’ orgoglioso. Non le voglio mentire, e questo non è mentire. È che, altrimenti, prevedrebbe troppo presto la sua sorpresa, e non voglio. Il mio piano è perfetto. Si è lasciata ingannare per bene dalla falsa pista che ho scelto per sviarla.
E, dopo, sarà talmente contenta che non potrà fare a meno di ammetterlo. E la vedrò sorridere talmente tanto che non si potrà mai scordare di questo giorno. Mai.


 
Nota dell’autore: Salve, ecco il nuovo capitolo. Mi scuso per il ritardo, vi prego, non zappatemi, ma ho avuto alcuni problemi con il computer, che mi ha cancellato tutto il capitolo e ho dovuto riscriverlo. E, lo so, è un po’ cortino, ma altrimenti dove la mettevo la suspance?
E vorrei ringraziare ehjhutch_ per questa sua altra bellissima recensione. Recensite anche voi, gioie!
Ho inoltre aggiunto una foto della segretaria e dello stilista Michael Danner (chiaramente inventato).
Comunque, cosa starà tramando Josh? Da quel che sto scrivendo, mi pare un ottimo stratega. Che sia un figlio di Atena? Haha, no, questa è una balla, lo ammetto.
Comunque, spero che vi piaccia. Un bacio, buonanotte, e, mi raccomando, divertitevi in queste vacanze, gioie!

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Capitolo 54
*** Il piano prende vita. ***


:-Vieni, Alex, vorrei mostrarti la struttura-mi invita Michael, cordiale.
:-Non so se è il caso…sarai sicuramente impegnato…-balbetto, nervosa. Non vorrei distrarlo dal suo lavoro, sarebbe scortese da parte mia, oltre che scorretto.
:-In realtà, oggi non avevo nulla da fare-ammette, con un sorriso. –Stavo morendo di noia.
:-Ok-dico, incerta. –Se è così, non c’è problema.
Mi guida per tutto l’edificio, finché, alla fine,  non mi mostra l’ultima stanza, piena di manichini con vestiti di tutti i tipi.
:-Cosa sono tutti questi abiti?-chiedo, confusa. Non li ho mai visti, prima.
:-Questa, Alex-dice, con un tocco d’enfasi-è la mia nuova collezione. Vorrei sapere che ne pensi.
Sto per rispondere, quando la suoneria di un cellulare rompe il silenzio. La suoneria del cellulare di Josh.
:-Oh, scusate, devo rispondere-dice Josh, uscendo dalla stanza.
:-Allora?-chiede Michael, un po’ impaziente.
:-Guarda, Michael, che io non ci capisco niente di moda, vestiti o quant’altro-dico, cercando di sviare il discorso. Non sono molto brava a parlare di vestiti, nella mia vita non ho mai avuto motivo per interessarmi alla moda.
:-Non importa, non mi serve un parere professionale, bensì un parere personale-mi spiega lui. –E inoltre è utile sapere che cosa pensa la gente della mia collezione.
:-Ah-dico. –Ok, allora.
:-Beh, che ne pensi?-chiede nuovamente lo stilista, mostrandomi un abito corto blu monospalla, e delle stelle di strass argentate, piccole, sulla cinta.
:-Beh…sembra…carino, si-dico, balbettando, incerta. –Davvero molto carino. Ti piacciono le stelle?
:-Si-mi risponde lo stilista. –Sono la mia firma. Ne metto almeno una in ogni mia creazione. Mio fratello, Mattew, invece, non usa un simbolo come firma.
:-Già-dico. –Molto bella, come idea.
:-Guardati intorno e dimmi se c’è qualcosa che ti piace particolarmente-mi consiglia Michael, invitandomi con un cesto gentile del braccio.
Vedendo outfit su outfit, dei colori più svariati, i miei occhi da semidea si posano su una maglietta di pizzo blu scuro, senza maniche, con due stelle argentate al lato destro delle spalle, e due dorate in basso a sinistra, molto più piccole, abbinate con un paio di pantaloncini con una delle gambe più lunga dell’altra di circa due o tre centimetri, con delle borchie a forma di stella.
:-Devo proprio dirtelo, Michael-dico, sorridendo, mentre con una mano accarezzo il tessuto blu della maglietta. –Questo completo è davvero…favoloso!
:-Sono molto contento che ti piaccia-dice Michael, con un sorriso a trentadue denti.
Rimaniamo a chiacchierare di vestiti così, mentre io continuo ad incespicare, facendo sorrisi e blandizie, per poi acquisire un po’ di sicurezza in più, quando Josh torna dentro la stanza.
:-Ciao-dice, stringendomi la  mano e dandomi un bacio sulla guancia. –Allora, come procede?
:-Tutto bene-dico. –Michael mi stava mostrando la sua nuova collezione. È fantastica.
:-Come mai ci hai messo mezzora, Josh?-chiede lo stilista.
Lui alza le spalle, noncurante:-Mi sono perso.
:-Ah, lo so bene, succede spesso anche a me-commenta Michael, quando il suo auricolare, perennemente collegato all’orecchio, emette uno strano suono, e una lucina verde comincia  a luccicare.
:-Oh, perdonatemi, devo rispondere-dice, allontanandosi un attimo. Lo vedo anche discutere animatamente, ma comunque con un tono controllato, prima che torni.
:-Oh cavolo, ragazzi, mi dispiace un sacco, ma devo, a quanto pare, spedire immediatamente un pacco con tutti i miei cataloghi per la mia sfilata di fine agosto.
:-Beh, che problema c’è?-chiede Josh. –Insomma, mi sembri seccato.
:-Non era previsto, e mi hanno avvisato solo oggi, e il pacco dovrà arrivare domani-spiega lui. –In più, non mi va di lasciarvi così.
:-Guarda che non c’è alcun problema, è il tuo lavoro, dopotutto-dice Josh. –Ti capiamo.
Lui ci ringrazia con lo sguardo, prima di lasciarci soli, nell’ufficio. Io e Josh rimaniamo per qualche minuto, circa sei e venticinque secondi, e, devo ammetterlo, comincio a sentire una strana sensazione di calore, in questa strana sensazione di quiete che, per assurdo, non ho mai provato. Cerco di reprimerla, perché, sebbene sia fastidiosa, è anche molto bella e, purtroppo, un po’ mi spaventa, perché non ho mai provato nulla di simile.
Non so cosa dire, o fare, ora. Vorrei che dicesse qualcosa lui, perché al momento non sono in grado di dire qualcosa.
:-Ehi, Alex?-mi chiama Josh, rompendo il silenzio. -Potresti dirmi che ore sono, per favore?
:-Sono le…dico, controllando l’orologio- …cinque e mezza. Perché?
:-Così…-dice lui, semplicemente. Dall’aria che ha, mi nasconde qualcosa. Ma, dopo un paio di minuti spesi a riflettere, decido di lasciar perdere. Sicuramente sarà stata solo una mia impressione. Oggi mi sembra tutto troppo strano, e, devo ammetterlo...distaccato. Non sono certo delusa ma...oggi lo vedo altrove, e troppo freddo, sembra un ghiacciolo e non posso fare a meno di chiedermi dove sia finita l’era dei nostri baci, delle sue parole, dei suoi sorrisi, soprattutto, così luminosi, che mi facevano sentire speciale, che mi facevano battere il cuore. Mi fa ancora battere il cuore, e, ormai lo so, sono cotta a puntino, sono al punto di non ritorno, ma, a questo punto, vorrei, che so, sapere cosa fare.
Caccio via questi pensieri stupidi, sicuramente frutto della mia mente, perché, anche se non si vede, sono fiacca e insonnolita. Ho passato una notte davvero brutta. Credo sia abbastanza assurda, come situazione. Insomma, sono una semidea, dovrei esserci abituata, a questo punto. Eppure, nonostante tutti i miei sogni, non sono mai stata più…sconcertata. Mi sono davvero spaventata, con quell’incubo. Non ho mai avuto tanta paura, in sogno.
Mentre rifletto, quasi non noto la porta della stanza che si chiude. Ne la strana sensazione di calma che mi avvolge. E, vicino a Josh, che continua a fingersi distratto, ma che mi tiene la mano, non posso fare a meno di addormentarmi di nuovo.
 
***Josh***
Non appena si addormenta, come da piano, mando un messaggio a Piper. Me l’ha presentata Annabeth, è stata lei a pianificare tutto. Io, all’inizio, ero contrario all’idea di farla addormentare, ma, alla fine, ho capito cosa intendeva. Non abbiamo utilizzato nessun tipo di droga, o roba simile, ed è un bene, non avrei sopportato una cosa del genere, farle del male mi è inconcepibile. Mi ha anche suggerito di fingermi distratto e distante, è stato difficile, contro tutte le mie volontà, e, lo vedo dai suoi occhi, se ne è accorta. Alex non è stupida, sa che c’è qualcosa, ma è confusa. Sono proprio contento che questa falsa distanza finisca proprio ora.
Annabeth h chiesto l’aiuto di Clovis, l’unico figlio di Ipno, dio del sonno, chiedendogli di stancare Alex, così il ragazzo biondo con l’aria assonnata ha reso le azioni di Alex molto più faticose. Ha detto che sarebbe durato fino alle cinque, per ben tre ore, e, visto che sono le cinque e mezza, direi che abbiamo sforato un po’, ma, come previsto, si è addormentata.
Piper, una ragazza con gli occhi di un colore totalmente infinito, dalle mille sfumature, e i capelli neri, carina, semplice, entra nella stanza, con uno zaino a tracolla. Non c’è da stupirsi se è carina, è la figlia di Afrodite, dopotutto, non lo si può negare. Però, non so per che, non la considero…più di una conoscente, amica al massimo. È bizzarro, considerando il tempo che abbiamo passato tutti insieme, segretamente, io, Annabeth, Percy, Michael, il figlio di Apollo, e Piper, e tutti gli altri…ma non ho mai pensato a lei in modo diverso. Credo che sia per il fatto che, a differenza di Alex, tutti i figli di Afrodite hanno troppa bellezza per sembrare umani, Piper compresa, anche se è la più semplice delle sue figlie.
:-Hai ritardato di mezzora-mi accusa Piper. –Per colpa tua, dovremo posticipare tutta la scaletta.
:-Non è colpa mia-mi giustifico. –Alex è molto più resistente di quanto pensasse Clovis.
Non dice niente, ma inizia a svuotare la sua sacca, in silenzio.
-Sai, da quel che mi ha detto Annabeth di te, credevo che non ti interessasse la moda-constato.
:-Si, infatti-ammette lei, a denti stretti. -Ma ho dovuto imparare.
:-Allora, si è addormentata?-chiede lei come conferma.
:-Si-dice. –Ma…siete sicuri che fosse l’unico modo per distrarla?
:-Si-dice lei, sorridendo. –La conosco bene, è più furba di noi, l’avrebbe capito, altrimenti.
:-Sospiro, rassegnato, e lei si schiarisce la tosse:- Vorresti…
:-Oh, si, certo-dico, imbarazzato, lasciando la ragazza con Alex, ancora addormentata.
***Alex***
Sono seduta su un divano bianco alla luce fioca di una rosea candela. Sto leggendo di nuovo Viaggio al centro della Terra, come se non lo conoscessi a memoria.
La finestra coperta da leggere tende nere si spalanca dolcemente, e una luce argentata, chiara e delicata, ma al tempo stesso forte e luminosa, illumina la stanza vuota, nera, a parte forse per il divano e un tavolino di vetro, dandomi un senso inaspettato di pace.
 
Sbatto le palpebre una volta, due, tre volte, prima di riprendere effettivamente conoscenza.
Devo essermi addormentata, quando Michael è andato a risolvere quel suo problema di lavoro.
Però non mi sembra affatto il suo studio, questa stanza in cui mi trovo, tinteggiata di bianco, con una poltrona di velluto rosso davanti a me e i mobili di legno scuro, probabilmente abete.
Mi metto lentamente a sedere, ancora un po’ insonnolita, e noto che, in fondo alla stanza, vicino alla porta, proviene uno strano luccichio. Mi alzo senza alcuna fretta, traballando, senza nemmeno guardarmi i piedi, per paura di cadere. Cosa mi può essere successo? Sono ammalata, o, che so io, ubriaca? Perché traballo?
Caccio via la domanda, troppo curiosa di scoprire cosa sia quel luccichio, e mi avvicino, aggrappandomi ai mobili, e, alla fine, scopro cos’è: un piccolo ciondolo, appoggiato alla maniglia, a mo’ di bracciale. Un caduceo.
Lo raccolgo, capendo che è un segno per me, per i figli di Ermes, e apro la porta, proseguendo per un corridoio che mi sembra infinito, senza più inciampare.
E, alla fine, apro l’unica porta che presenta lo stesso ciondolo, nello stesso posto. L’ultima.
E lo scenario che incontro mi stupisce. Non è proprio quello che mi aspettavo, proprio no.
Sono in un enorme sala dalle pareti bianche, le finestre aperte sulle luci della sera, coperte da delle tende chiare e leggere, palloncini ovunque, e quello che credo sia  un buffet.
Ma non è tutto questo a stupirmi, bensì tutta quella gente, tra cui intravedo Annabeth, Grover, Liam Hemsworth, Avan e Josh, che urla “sorpresa”, e i coriandoli che scendono dal soffitto.
 
Nota dell’autore: Salve, ecco il mio nuovo capitolo. Mi scuso per averci messo tanto, ma il vecchio Henry-il mio computer-non voleva saperne di partire, e così gli ho dato un paio di giorni di ferie.
Beh, che dire? Finalmente ce l’abbiamo fatta, siamo arrivati alla sorpresa!! Mi chiedo però perché Alex stesse traballando e cosa ci faccia là Liam.
Lo scoprirete in seguito, dolcezze! Dai, gioie, che siamo quasi-quasi alla fine, non mancano troppi capitoli!
Un bacio, e buonanotte.

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Capitolo 55
*** Dichiarazioni alla festa. ***


:-Wow-mormoro, sorpresa davvero, mentre sento tutti quegli auguri. Annabeth mi viene incontro, resa più alta dai tacchi delle sue scarpe rosse. Indossa un vestito grigio che le mette in risalto il colore della pelle, i suoi occhi grigi tinti da una delicata tinta grigia, gli orecchini con i gufi al lobo.
:-Buon ventunesimo compleanno, Alex-dice la mia amica, abbracciandomi. Ricambio la stretta, un po’ goffa, ma in realtà, ho la mente altrove.
:-Ehi-dice Percy, dandomi una pacca sulla spalla, quando si sciogliamo. Si è vestito in modo abbastanza elegante, non l’ho mai visto così. –Ventuno sono tanti.
:-Già-dico, quasi assente. –Annabeth, dove siamo?
Lei sorride, come se stesse per darmi una buona notizia:-Empire State Building, ventunesimo piano.
Capisco cosa vuol dire, qual è la notizia: potrò incontrare mio padre, se salgo al seicentesimo piano.
Si avvicina anche Josh, pure lui vestito in modo elegante, e mi scruta, per decifrare la mia espressione.
:-Sei bellissima- mi dice Josh, sorridendomi e prendendomi la mano.
:-Davvero?-chiedo, confusa.
:-Come, non ti sei ancora vista?-chiede, sorridendo. Annuisco, e mi conduce davanti a uno specchio sulla colonna di una parete che, poi, non so che ci faccia qui. Insomma, uno specchio in una stanza simile? Sembra molto strano.
Mi guardo allo specchio, e spalanco gli occhi per la sorpresa. Indosso un vestito color grigio perla, con dei ricami di fiori grigio scuro, e delle stelle d’oro e argento, probabilmente opera di Michael, e delle scarpe con il tacco, sempre color argento, aperte. Il viso è semplice, gli occhi abbelliti con un semplice ombretto color oro in tecnica smokey eyes, talmente chiaro da sembrare quasi marrone, che fa risaltare  il mio sguardo, reso pieno dalla matita nera e dall’eyeliner nero, le labbra rese piene dal lucidalabbra trasparente e un tenue blush color pesca mi illumina le guance. Da solo, l’insieme potrebbe sembrare pacchiano, ma, stranamente, sembra tutto molto semplice, a parte forse le stelle sull’abito e il colore delle scarpe. Il tutto mi conferisce un tenue bagliore argentato per nulla vistoso, talmente delicato ma al tempo stesso attraente da farmi sembrare davvero la figlia di un dio, e non una cameriera mezzosangue.
:-Wow-ripeto. –Sono davvero io?
:-Certo che sei tu-dice, dandomi un bacio sulla guancia.
:-Sei sicuro sicuro?-chiedo di nuovo. –Sei davvero sicuro che non sia stata sostituita da un alieno, o roba simile? Sembro un’Anima.
:-Si, lo sei-dice lui, ridendo. –Michael si è ispirato proprio a loro, per il vestito, sotto mio consiglio. Ti ho vista mentre leggevi il libro, l’altro giorno, e Annabeth mi ha confermato quanto tu abbia amato quel libro. Avrei voluto ispirarmi ad Hunger Games, sai, una cosa tipo “ a ognuno il distretto che lo rappresenta”, ma non era proprio il campo di Michael. Comunque, non mi pento della scelta, così sei la più speciale. Sei la più bella Anima che abbia mai visto.
:-Chi ha fatto un miracolo simile?-chiedo, toccandomi lievemente la guancia, incredula, cosciente di non essere mai stata così, prima d’ora.  –Non sono mai stata…bella.
:-Non sei mai stata così bella, per gli altri-mi corregge. –Comunque, puoi dare il merito a Piper.
:-Piper?-chiedo, incredula. –Ma lei…odia queste cose…
:-Si-conferma lui, annuendo. –Sono rimasto stupito quanto te.
:-Eravate d’accordo?-chiedo.
Lui annuisce:-Si, io, Annabeth, Percy, Piper, Clovis, Michael per il vestito e Avan.
:-Siete riusciti a ingannarmi-dico, un po’ orgogliosa di loro, un po’ indispettita. –Complimenti.
:-Che c’è?-chiede lui. –Non sei felice? Sei arrabbiata?
Quasi mi viene da piangere, per la commozione, quando dico, stampandogli un bacio sulle labbra:-Al contrario Josh. Io sono orgogliosa! Siete riusciti a farmela sotto il naso! Sono molto fiera di voi!
Lui sorride di nuovo, radioso, come sempre e borbotta:-Dovrei farti più spesso quella domanda.
Rido, e mi trascina di nuovo tra gli invitati. Ma, poco prima di avvinarci a un gruppo, decido di fargli una domanda.
:-Josh?-lo chiamo.
:-Si?-chiede lui, guardandomi negl’occhi.
:- Che Distretto sarei stata?-chiedo, abbassando lo sguardo, ma con un sorriso.
Il suo splendido sorriso contagioso si allarga, e dice:-Il 12, ovvio, perché, come Katniss, avresti violato le regole per far sopravvivere te e gli altri.
Alzo lo sguardo, e sorrido, stringendogli di più la mano, talmente tanto che comincio a preoccuparmi, è probabile che gliela stia stritolando, ma non sembra importargli, e mi conduce nel gruppo. Stringo la mano ad un ragazzo con i capelli scuri e la barba sul mento.
:-Avan, lei è Alex, la mia ragazza-mi presenta Josh.
:-Ciao, Alex, io sono Avan-dice, stringendomi la mano. –Sono contento di conoscerti, Josh mi ha parlato un bel po’ di te, come una specie di creatura eterea, ero proprio curioso…
:-Oh, si, mi ha appena spiegato il vostro piano malvagio degno dell’FBI-dico, sorridendo. –Anche lui mi ha parlato di te.
:-Allora, sei rimasta abbastanza sorpresa?-mi chiede. –Ci abbiamo messo un po’ di tempo, sai.
:-Oh, si-rispondo, sorridendo. –Non sono mai rimasta così sorpresa, te lo posso giurare. Non mi aspettavo proprio questa cosa, ma, devo ammetterlo, sono contenta. Nessuno ha mai fatto tanto per me.
:-Beh, ne sono proprio felice-dice.  Josh mi tira con se, conducendomi da tutta altra parte.
:-Vieni, ci sono alcune persone che ti vogliono proprio conoscere-dice, facendomi l’occhiolino. –Una in particolare.
Mi conduce davanti a un gruppo allegro di persone che chiacchierano, bevono il punch e ridono tra loro, come vecchi amici che si ritrovano. Conosco perfettamente ognuno di loro. Ho passato anni a vederli sorridere nelle foto, film e eventi trasmessi in tv. Ho passato anni ad ammirarli e idolatrarli.
Sento il cuore scoppiare quando Jennifer mi sorride, bellissima nel suo abito verde scuro, i tacchi neri, altissimi, i capelli raccolti sulla nuca. Mi trattengo dall’indicarla, ma non posso fare a meno di incespicare un “Oh miei dei, è Jennifer Lawrence!”.
Si avvicina, sorridendo, e mi porge la mano:-Ciao, io sono Jennifer.
La stringo, tremante, e balbetto:- Io s…so…no Alex.
:-Posso dirti che sono davvero felice di conoscerti?-dice. –Tutti parlano di te, in questo momento, soprattutto Josh, ero proprio curiosa, di conoscerti davvero, di sapere chi sei. Tutti ti considerano una specie di ragazza del mistero. Tra l’altro, penso che abbia fatto colpo su Peeta, sai?
Arrossisco, quando mi fa un segno di intesa, e dico, nascondendo l’imbarazzo, per alleggerire la tensione, sorridendo:-Beh, allora immagino che Katniss sarà un po’ gelosa.
Si mette a ridere, e mi fa conoscere tutti gli altri attori del cast, compresi Liam Hamswort, Willow Shields, Woody Harrelson, Alexander Ludwig, Sam Clafin e Amandla Stemberg. Alexander è particolarmente simpatico, e fa una battuta sul fatto che i nostri nomi si somiglino tanto. Liam è abbastanza amichevole, ma, per una pragmatica romana come me, è un po’ troppo serio, credo che dovrebbe allentare un po’ la sua tensione. Woody, per fortuna, non sembra essere un ubriacone come il personaggio che interpreta, Haymitch, perché, altrimenti, nessuno saprebbe come trattarlo, credo, ha l’aria di uno che ama fare battute. Sam è un po’ come Josh e Jennifer, un burlone che ama divertirsi, verte all’autoironia. Willow è dolcissima, proprio come ci si aspetta, ed è giovanissima, ha solo tredici anni. Guardando lei e Amandla, che ne ha quindici, mi viene da pensare che, soprattutto Willow, alcune persone sono talmente giovani da poter sembrare fuori posto, in un mondo tanto grande come quello del cinema. Loro due sembrano tanto fragili, e invece hanno una grinta spaventosa.
Sto per assaggiare del punch, per tenermi occupata, e, soprattutto, per trattenermi dal correre in giro alla ricerca disperata di una penna e un foglio, e, ancor di più, di urlare per la sala come una pazza.
Dopo aver bevuto di fretta il punch, nonostante non mi piacciano gli alcolici, mi guardo intorno, nella musica di sottofondo, credo sia Katy Perry. Josh sta parlando con Avan, Liam è al telefono, Willow e Amandla, le più vicine d’età, stanno facendo la conoscenza di Lacy, una delle più piccole delle figlie di Afrodite, per ora, e Jennifer è alla ricerca di  qualcosa da mangiare. La vedo afferrare un sandwich e mangiarlo come se fosse l’ultima cosa che vedrà mai, e sorrido. Molto spesso è stata criticata per la sua scarsa attenzione alla linea, ma sono tutti idioti. È semplicemente perfetta, esattamente così com’è.
Mentre tutti, in qualche modo, si ambientano, e si divertono, io sto ferma li, come una stupida. Ok, sono l’unica che non fa nulla, bene! Perfetto! Io sono abituata al combattimento con i mostri, non alle feste per VIPS. E i tacchi su cui barcollo di certo non aiutano.
Decido di farmi coraggio e mi butto nella mischia, più o meno. In realtà, mi sto andando a imbucare tra i miei cugini mezzosangue, dove Will fa battute simpatiche nel tentativo di sembrare un burlone.
:-Oh, ecco la nostra festeggiata!-esclama, vedendomi, con un sorriso abbagliante degno della casa sette.
Sorrido, avvicinandomi, traballante, al gruppo, dove ci sono Annabeth e Percy, ovviamente, Clarisse, avvolta in una specie di abito rosso bordeaux con un fiocco nero, la quale stringe la mano di Chris Rodriguez, l’ex traditore, Rachel, a disagio in un vestito viola, probabilmente ottenuto per frequentare la sua scuola per signore, Katie Gardner, figlia di Demetra,  che indossa un vestito verde mela tessuto talmente fitto da sembrare fatto di erba intrecciata, e quella spocchiosa e antipatica di Drew, figlia di Afrodite, che indossa un vestito fucsia, che, sinceramente, mi da la nausea, non tanto per il colore, ma per la sua appariscenza: a differenza del mio vestito che, sebbene sia argentato, non è tanto appariscente, lei, con quel vestito vistosissimo addosso e il trucco esagerato, le unghie laccate di rosa, sembra uscita da Candyland.
Mi fa un perfetto baciamano, e dice:-Sono molto onorato della sua presenza, signorina Miller. È sinceramente un onore poter essere qui, a celebrare questa data per lei così importante.
Rido, e ribatto:-Lei è un vero galantuomo, signor Solance, e sono lieta di sapere che si stia divertendo, in  quest’evento, che, devo ammettere, mi ha lasciato così meravigliata.
Rachel sbuffa, alzando una ciocca dei capelli ribelli, e io, Will e gli altri scoppiamo a ridere come pazzi.
:-Ah ah, molto divertente!-esclama, indispettita ma al tempo stesso divertita. –Ricordatevi però che sono finita in quella scuola per pararvi il culo.
:-Signorina Dare, sono davvero stupito dal suo tono! Si moderi, la prego, non è così che si conviene a una signora!-esclama Will, ridendo, così da aumentare le risate, e Rachel, per zittirlo gli da una gomitata.
:-Ok, ok-dice, reggendosi lo stomaco, mentre Rachel lo guarda, truce.
:-Non dovreste prenderla in giro-dice Drew, sorprendendomi davvero, così da farmi credere che volesse prendere le difese della Pizia, ma, subito, si smentisce. –Rachel è molto fortunata, io stessa vorrei far parte della sua prestigiosa scuola.
Tutti cominciano ad annuire, dicendo cose tipo “Si, è vero” oppure “Beh, in effetti…”, cose così. Ma io so che non ne sono davvero convinti, sono costretti dal potere di convinzione di Drew. Solo io,  Clarisse, Piper e pochissimi altri siamo in grado di resisterle.
:-Tutti meno che lei, però-constata Clarisse. –Anzi, nemmeno io vorrei una cosa simile, sai? Essere costretta a frequentare una scuola simile contro la propria volontà…
:-Tu non sei abbastanza ricca per frequentare una scuola del genere!-sibila Drew, cattiva, come sempre, per poi rivolgersi di nuovo a  Rachel in modo quasi adorante. –Sul serio, tu invece…
:-Tu, invece, Drew, sei una leccapiedi-dico, avvicinandomi al tavolo per prendere un paio di biscotti al cioccolato, mentre Rachel, Will e Clarisse annuiscono. –Per non dire altro.
:-Sarebbe “leccaculo”, Drew, se il tuo piccolo cervello non può comprenderlo-dice Piper, avvicinandosi a noi, splendida nel suo tubino color cipria e la giacca nera.
Lei, basita, si allontana, con un moto di stizza. Invece il nostro gruppo scoppia in una risata fragorosa. Poi tutti tornano a rivolgersi a me, mentre io sgranocchio con voracità un biscotto.
Mi rivolgo a Piper, per ringraziarla:-Ehi, Piper, grazie, per il vestito e tutto. Ti sono davvero grata per non avermi fatta sembrare appariscente come quella iena di Drew. Sul serio, che ha quella ragazza? Sembrava uscita direttamente da Candyfornia.
:-Ah, non lo chiedere a me-dice lei, alzando le mani in segno di resa.
:-Allora?-chiede Percy, cambiando argomento. –Ti stai divertendo?
:-Si-rispondo, sincera.
:-Beh, il divertimento deve ancora venire, dolcezza-dice, facendomi un segno d’intesa.
:-Cosa stai dicendo?-chiedo, confusa. Cosa altro potrebbe accadere?
:-Hai visto che sorpresa che abbiamo architettato ,eh?-dice Annabeth, pimpante e sorridente.
:–Cavolo, non so cosa dire, sul serio…ho anche appena incontrato i miei idoli, uno dei miei più grandi sogni, ma…mi sento a disagio. Come mi devo comportare?
:-Mi sono fatta la stessa domanda poco fa-dice Annabeth, pensierosa. –E sono giunta alla conclusione che pensarci è inutile e che bisogna buttarsi a pesce.
:-Bene-dico. –Se lo dici tu, sarà senz’altro la cosa giusta.
:-Questo è per te-dice Will, allargando le braccia in modo teatrale per indicare tutta la sala. –Non hai motivo per essere a disagio. Tutti vogliono che tu sia te stessa. Sono sicura che gli piacerai così come sono. E, se poi non piaci ai ricconi spocchiosi-mi fa l’occhiolino-, gli spacco il naso.
:-Se ci provi soltanto, provvederò o stessa a spegnere i la tua luce, Will-lo minaccio, scherzosa, ridendo. So che sembra strano, ma, quando vuoi minacciare un figlio di Apollo, la frase “Spengere la luce” è molto efficace. È un po’ come dire “Ti ammazzo”, più o meno.
Ridiamo tutti di nuovo, ma la nostra attenzione viene richiamata da una voce, probabilmente amplificata da un microfono.
:-Bene, ragazzi, vedo che ci siamo conosciuti! Bene, bene, sono molto soddisfatto. Ma ora è giunto il momento di divertirsi sul serio, visto che, purtroppo, questa è una festa, non un convegno-dice Josh, facendo un cenno a qualcuno, non so chi, e comincia a partire la musica.
Si sente qualcuno mormorare un “Era ora”, e altre cose simili, e cominciano a ballare. Io rimango basita, non avendo visto nulla di simile in vita mia.
Rimango seduta per un po’ di tempo, imbarazzata, a guardare tutti che ballano. Come vorrei unirmi a loro, in questo momento, ma non è proprio il caso. Dopo un po’, qualcuno si avvicina.
:-Ehi-mi chiama Josh. –Perché non balli.
:-Alex non balla-rispondo, semplicemente.
:-Come sarebbe a dire “Alex non balla”?-chiede lui, sedendosi vicino a me.
:-Non è il caso, fidati-ribatto, sicura, come se stessi parlando di una semplice addizione.
:-Smettila-dice, prendendomi la mano e trascinandomi in mezzo alla gente.
:-Josh, per favore…-mormoro. Non sa quanto stia rischiando, in questo momento. C’è un motivo se Alex non balla, lo sanno tutti.
Lui comincia  a ballare, non tanto, ma in modo normale, penso. Io invece, sto li, davanti a lui, a guardarlo, come un palo. Mi vergogno un po’.
:-Ehi-dice, vedendomi tanto a disagio, sfiorandomi la guancia con il dorso della mano. –Qual è il problema? Perché Alex non balla?
:-Io...nonsoballare-dico, tutto di un fiato, a disagio.
:-Eh?-chiede, confuso. -Ripeti, più lentamente.
:-Io non so ballare, Josh-ripeto, proprio come mi ha chiesto, abbassando lo sguardo, imbarazzata.
:-Tutto qui?-chiede, alzandomi il mento con gentilezza, e guardandomi negl’occhi, ride, divertito, ma non per prendermi in giro, bensì come se fosse sollevato da una preoccupazione. -Meno male. Io avevo pensato a chissà quale trauma legato alla danza!
:-Smettila-dico, dandogli una specie di gomitata, ma, in realtà, sto nascondendo un sorrisetto divertito. -Non è divertente.
:-Ma se stai sorridendo pure tu-dice. -Comunque, come mai non sai ballare?
:-Beh, considera che al Campo non c’erano tante occasioni per ballare-spiego. -Anzi, nessuna. E non ho mai partecipato a un ballo della scuola, o roba simile.
Annuisce, serio:-Oh, certo. Ma non c’è problema, ti insegno io.
:-Sei sicuro?-chiedo. -Potrei come minimo mandarti in ospedale per frattura dei piedi, sai?
Alza le spalle, come per dire che non gli importa, e dice:-Correrò il rischio.
:-Ok, te la senti di ballare questa?-chiede. -Questa è musica da discoteca, è un po’ più complicato, per certi versi.
Annuisco, e così dice:-Prova, che so, a muoverti a ritmo.
Annuisco nuovamente, e provo a fare come mi ha detto, ma non sono molto brava.
:-Ok, ok-mi ferma. -Tattica nuova. Chiudi gli occhi.
Obbedisco, e dice:-Cerca di estraniarti da tutto il resto. Senti la musica, il ritmo, seguilo. Sentilo.
Faccio come mi ha detto, tutto sparisce, a parte la musica, e comincio a muovere un piede, poi un altro. Aggiungo le braccia, ondeggio lentamente e impercettibilmente la testa.
:-Bravissima-si complimenta Josh. -Vedi? Non è difficile.
Apro gli occhi, e mi accorgo di star ballando. Continuo così per altre due canzoni, contentissima del mio successo. Poi Josh si allontana un attimo:-Aspetta qui, torno subito.
Faccio come mi ha chiesto, muovendo i muscoli solo quanto serve per respirare, tenermi in piedi e non andare a sbattere contro la gente. Poi la musica cambia in modo repentino. La conosco, questa canzone: è Wish you were here, di Avril Lavigne, e, per pura casualità, una delle mie preferite.
Poco dopo, verso il trentesimo secondo della canzone, Josh torna da me.
:-Ecco, avvicinati a me-dice, sorridendo, e fa un passo avanti, in modo da essere veramente faccia a faccia, anche se, in realtà, visti i tacchi, siamo più faccia a collo.
:-Ecco, così. Poi prendimi la mano. No, non così-dice. Me le afferra, e poggia quella sinistra sulla sua spalla, mentre tiene stretta l’altra, e fa lo stesso. Poi, lentamente, cominciamo a muoverci, molto lentamente, un passo alla volta, proprio quando inizia il ritornello.
:-Ecco, ora sai ballare-dice, sorridendo. -Ma ci sono anche altri modi, è una cosa soggettiva.
:-Penso la stessa cosa-mormoro, a denti stretti. Con i tacchi che mi rendono un po’ più alta di lui di quanto non lo sia già, mi vedo un po’ in difficoltà: l’altezza mi rende piuttosto goffa. Cercando di stare più comoda, porto entrambe le mani al suo collo, e lui mi stringe i fianchi.
:-Come mai hai scelto questa canzone?-chiedo. -Non è adatta per ballare.
:-Lo so-dice lui, sorridendo. -Ma volevo cominciare con qualcosa di semplice, e poi questa è una delle poche canzoni di Avril Lavigne che mi piacciono.
:-Qual’è l’altra?-chiedo, curiosa, mentre smetto di barcollare e comincio a prendere sicurezza.
:-”Smile”-risponde.
:-Si, quella è bellissima-rispondo, ricambiando il sorriso. -Ma Wish you were here è una delle mie canzoni preferite.
:-Allora ho scelto bene-dice, e il suo sorriso si allarga, smagliante e contagioso.
:-Josh?-lo chiamo, con timidezza.
:-Si, Alex?-risponde lui.
:-Io...volevo dirtelo da un po’, ma...io ecco...beh...credo...-mi interrompo, prima di riprendere fiato e avvampare. -Io credo di essere al punto di non ritorno.
:-Punto di non ritorno?-ripete.
:-Io...senti, lo so che può sembrare scontato, o falso, da parte mia, sopratutto oggi, ma...io...io credo di amarti, Josh-balbetto, diventando ancora più rossa, e abbassando lo sguardo.
:-Io non credo che sia scontato, ne falso-dice, sollevandomi con delicatezza il mento con il pollice e l’indice, per guardarmi negl’occhi. -E anche io credo di amarti.
Poggio la testa sulla sua spalla e continuiamo a volteggiare, mentre il mio sorriso si allarga, luminoso quasi quanto il suo, finché la musica finisce, e allora le nostre labbra, guidate dall’istinto, si incontrano nuovamente, insieme.


                   



Note dell’autore:
Salve, buonasera a tutti i miei carissimi lettori! Mi scuso per questo abnorme ritardo (quasi un mese), ma sono stata trascinata  a Sabaudia, in vacanza da mia zia, e non posso lamentarmi, si sta bene, li, ma non c’era connessione, quindi ho dovuto aspettare per postare questo capitolo, in cui ho inserito i vestiti che portano Alex, Annabeth (Non contate gli accessori, solo le scarpe e il vestito), Jennifer (per lei contate il vestito, le scarpe e i bracciali) e quell'antipatica di Drew (non badate al bracciale e alla collana), rispettivamente in quest'ordine. 
Allora, come si può vedere, questo capitolo è lungo nove pagine, e l’ho voluto dedicare interamente ad Alex. Comunque, il nostro Josh fa le cose in grande, eh? Lo so, all’inizio lei non lega troppo con il cast, ma vedrete nel prossimo capitolo, eh he.
Comunque, ho deciso di dividere la festa in due parti, per non fare venti pagine, e voglio avvisarvi che ho deciso di non fare una fine classica, per questa ff (e qui spoilero del 5%), ma una fine alla Rick Riordan prima dell’epilogo.
In più, vorrei avvisarvi che parto tra poco per la Puglia, e, probabilmente, non potrò aggiornare fino a Settembre. I'm sorry, ma appena torno mi metto a postare, ok?
Ma almeno vi consolate, che il 12 Settembre dovrebbe uscire Percy Jackson e il mare dei mostri (io lo voglio vedere x il mio compleanno con i miei amici Mezzosangue amanti della saga come me).
Come ultima cosa, voglio consigliarvi di ascoltare la canzone di Avril Lavigne "Wish you were here", perché mi ha toccato il cuore e ho scritto questo capitolo ascoltando proprio questa canzone.
Allora, spero che vi piaccia, e, soprattutto, recensite!
Un bacio, e buona lettura.

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Capitolo 56
*** Battaglia di gelosia. ***


:-Wow-dice Josh. –Dovremmo ascoltare di più questa canzone, non credi?
Annuisco, ridendo, e spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Continuiamo a ballare finché non finisce la canzone, quando poi ci stacchiamo, perché sento, come tutti gli esseri viventi, beh…il bisogno di andare in bagno. Josh mi indica una porta bianca dall’altra parte della stanza, che raggiungo, facendomi strada tra tutti gli invitati che continuano a ballare. 
Quando esco, dopo essermi lavata le mani, torno da Josh, che mi stringe la mano, possessivo, con uno sguardo strano, lo stesso che ha rivolto a Will e a Ben, lo ricordo bene. Come potrei non ricordare quegli occhi di fuoco e rabbia, verdi e non solo d’iride?
Mi lancio intorno occhiate frenetiche e veloci, alla ricerca del problema, e lo vedo: una ragazzo e una ragazza, vestiti in modo elegante, sono appena entrati dalla porta. La ragazza, che indossa un vestito giallo abbinato ad una pochette, delle ballerine bianche e ad un cinturino marrone, ha gli occhi e i capelli castani, raccolti in uno chignon da cui fuoriescono alcune ciocche ribelli, il viso cosparso di lentiggini, proprio come il fratello: Searel e Ben.
:-Ok-mormoro, non lasciando la sua mano. –Non è niente. Assolutamente niente. Ok? Niente. Ora li salutiamo, calmi come dopo una seduta di yoga o un tea inglese con i biscotti. Ok?
Lui annuisce, ma stringe la presa, sebbene per un attimo il fuoco dei suoi occhi si sia affievolito, ma solo per un attimo.
Searel, che  stava muovendo lo sguardo nella sala, nervosamente, mi vede e mi saluta con la mano, dando una gomitata a Ben, per fargli notare di avermi trovato. Mi fa un cenno di saluto, nervoso. Cambio idea, non è bene che Josh parli con lui, si innervosirebbero entrambi ancora di più.
:-Aspetta qui, va bene?-dico a Josh, che annuisce, mentre cerco di mantenere un tono calmo, come se dovessi calmare un animale ferito. –Torno subito. Il tempo di salutarli, presentarli agli altri, e torno.
Dopo avergli dato un bacio veloce, mi dirigo con passi veloci, per quanto me lo permettano queste scarpe, e subito Searel mi schiocca due baci sulle guance, abbracciandomi, senza lasciarmi neanche il tempo di dire “Hermes”.
:-Ciao, Alex!-esclama, contenta come una bambina nel giorno di pasqua. –Buon compleanno!
:-Ciao, Searel!-la saluto, contenta ma al tempo stesso preoccupata.
:-Sono proprio contenta che Percy ci abbia invitato, sai?-dice lei. Oh, sono sicura che questo non rientrasse nel piano dell’FBI di Josh. Era piuttosto sorpreso quando li ha visti. Ho paura che il mio amico passerà guai grossi. Più grossi dell’oceano.
:-Grazie, Sear-dico, contentissima di vederla. Ben mi fa un altro cenno con la mano, a mo’ di saluto. Non sembra molto a suo agio, in camicia.
:-Allora?-chiede lui. –Questi sono tutti amici tuoi?
:-Più o meno, si-rispondo, facendo a entrambi di seguirmi. Li conduco fino al nostro gruppetto di semidei. Ci sono proprio tutti, per cui siamo abbastanza da riempire anche metà sala, se ci gira. Sarà una cosa più lunga del previsto. Molto più lunga.
:-Annabeth!-la chiamo, e lei si gira, con in mano un bicchiere. –Loro sono Searel e Ben, erano i miei vicini di casa. Ho passato con loro  quasi tutta la mia vita prima dell’orfanatrofio.
Annabeth sorride e si presenta, facendo subito conoscenza con loro. Poi Percy ci raggiunge e, così, piano piano, tutti i miei amici del Campo conoscono Searel e Ben,  che, entusiasti, non fanno che chiacchierare con loro e ridere. Ben sembra aver legato molto con Will Solance, il figlio di Apollo, e Grover, che si è messo un berretto per nascondere le corna da satiro, mentre Searel ha fatto la conoscenza di Austin e Kayla, anche loro figli di Apollo. Ben, però, a differenza di Searel, sembra molto più distaccato e nervoso. Mi chiedo cos’abbia oggi.
Sto per girarmi e tornare da Josh, quando sento una mano sui fianchi e qualcuno che mi bacia da dietro, sulla guancia.
:-Ti stai divertendo?-mi chiede Josh, premuroso, come sempre, anzi, di più.
:-Non ti avevo detto di aspettarmi?-chiedo a mia volta. Oh, so benissimo a che gioco sta giocando, e non mi piace.
:-Lo so-dice lui. –Ma non riuscivo a starti lontano.
:-Josh, se giochi con il fuoco, ti bruci-lo avverto io. Non mi piace per niente questa storia.
:-Che fuoco?-chiede, falsamente ingenuo. Odio la sua faccia da finto tonto, so benissimo che ha capito.
:-Non mi piace per niente quello che stai facendo-lo redarguisco. –Proprio per niente, anzi! Mi fa venire l’orticaria.
:-E cos’è che starei facendo?-chiede lui, ancora falsamente innocente. Sono molto tentata dal dargli uno schiaffo.
:-Non fingere di non saperlo. Stai marchiando il territorio davanti a Ben!-dico io, girandomi verso di lui. –Non sei un cane.
:-Oh, lo so che non sono un cane, come puoi vedere, e, se davvero stessi marcando il territorio, penso che dovrei fare un bel po’ di pipi in giro-ribatte lui, sorride ancora, ma è un sorriso ben diverso da quello dolce e splendido che solitamente gli illumina il volto, bensì più furbo. E lui non è uno che sta bene con il sorriso furbo in faccia. Non sembra lui, così.
:-Non so come spiegarti che non ce n’è alcun bisogno, Josh-sospiro, esasperata. Cosa devo fare? Non sono pratica di queste cose. Non ho mai vissuto situazioni simili, prima di stare con Josh, cosa dovrei dire?
:-Bisogno di fare cosa?-chiede nuovamente. Affondo le unghie nel braccio sinistro, per trattenere il pugno che vorrei tanto assestargli.
:-Lo sai benissimo. E non so più come dirtelo che non ne hai motivo. Sono stufa di questa cosa della gelosia!
:-Guarda che non sono geloso-dice lui. –Non posso semplicemente essere carino con la mia ragazza?
:-Sei geloso-dico, mettendo le mani sui fianchi. –Hai perfino i capelli verdi, per la gelosia.
:-Smettila-dice lui. –Non sono geloso.
:-Si, e io non sono una mezzosangue!-esclamo ironicamente, sbuffando. –E magari sono allergica alla cioccolata. E sono un puffo! Si, come no.
:-Ok, forse un po’ lo sono-ammette lui. –Ma non mi piace come ti guarda.
:-Ma se non mi guarda nemmeno!-esclamo. –Non so se hai notato, ma è solo nervoso. Non conosce nessuno, e si sente a disagio. Credo che sia perfettamente normale e prevedibile.
:-Oh, Alex-dice lui, con un tono quasi dolce, il che, all’inizio, mi fa credere che forse, dico forse, abbia capito, ma il tono indisponente con cui conclude la frase mi fa ricredere–Sai cosa mi piacerebbe? Che ti comprassi un bel paio di occhiali! Sarebbe anche ora, così riusciresti a vedere quanto…
:-…quanto sia sciocco il tuo comportamento? Oh, credimi Josh, non ce n’è bisogno, lo vedo benissimo!-esclamo, offesa, e mi allontano velocemente, le braccia incrociate.
:-Alex!-mi chiama lui, ma io non mi volto, non ho la minima intenzione di farlo. Non so se mi sta seguendo, ma continuo a camminare, imperterrita. Non sopporto più la sua gelosia, che lo ha spinto anche ad offendermi. Non so perché, ma le sue parole mi feriscono quanto una coltellata.  Anzi, di più. Forse è per il fatto che per noi semidei è un insulto dirci che, con o senza occhiali, non notiamo le cose, perché abbiamo una vista migliore. O forse mi ha colpita solo perché ho la coda di paglia.
Ma non mi importa. Ora ho intenzione di dargli un motivo per sentirsi così e comportarsi da stupido. Ho cercato di spiegarglielo con le buone, fin troppe volte, ma è più cocciuto di un mulo, quindi, ora si fa a modo mio: azione. Ci invertiremo i ruoli: per una volta, l’attrice sarò io, e lui sarà lo spettatore. E non sarà nemmeno un’azione malvista, perché per noi semidei anche la vendetta è sacra, poco onorata, ma ha comunque una sua divinità, Nemesi, madre di Ethan Nakamura.
Mi avvicino con passi rapidi alla mia povera vittima, e, soprattutto, mio inconsapevole complice: Ben, che sta ancora parlando con Will. È perfetto! Insomma, come dargli una lezione se non per mezzo di ciò che odia? Spero solo che Ben capisca e non fraintenda. O che non faccia qualcosa di troppo stupido o irriparabile.
:-Ehi, Ben!-esclamo, sfoggiando un sorriso di quelli che Josh e Jennifer hanno mostrato nei loro film. Ora tocca a me, però.
:-Alex-dice, semplicemente, voltandosi verso di me. Solo io ho visto i suoi occhi più…felici? Con una luce diversa dal fuoco? Probabilmente è ancora nervoso per il fatto che, come me, non è per nulla abituato a queste cose.
:-Sei stupenda-dice, e le mie guance si colorano di rosso. Non sono ancora abituata ai complimenti, e, come se non bastasse, il fatto che i miei fratelli in vita non abbiano fatto altro che prendermi scherzosamente non aiuta di certo.
:-Grazie-dico, abbassando lo sguardo e portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Accidenti, non ho più un piano, l’ho subito dimenticato. Forse devo farmi controllare, magari ho una qualche malattia che danneggia la memoria. L’unica cosa che vorrei fare, ora, è andarmene, fuggire a gambe levate.
:-Allora-dico, cercando di smorzare la tensione. –Come va?
Mentre mi maledico per una domanda tanto banale, lui risponde un “bene” un po’ incerto. Di questo passo dirò solo “ciao ciao” al mio piano, cosa, che, ormai, ho già fatto.
:-Bella festa, eh?-dice lui, tanto per fare conversazione. Annuisco, ancora rossa in volto, quando mi chiede:-Ti va di ballare?
:-Beh…-dico, insicura, vista la mia poca abilità sia nel ballare che nel flirtare, ma mi interrompe.
:-Oh, si, giusto, avrei dovuto ricordarlo-dice lui, quasi con aria triste. –Alex non balla, fin da piccola.
Ha ragione. Ho sempre odiato la danza e il ballo, di ogni sorta. Mi chiedo come possa non averlo dimenticato.
:-No-dico, non solo per il mio piano, ma per il suo sguardo tristissimo, che mi fa male vedere su un amico. –Ho quasi imparato, e mi farebbe piacere ballare con te, Ben, sul serio.
Lo vedo riprendere il sorriso, e mi sento fiera per avergli tirato su il morale. Non mi piace che le persone a cui voglio bene siano tristi.
:-Ok-dice, trascinandomi fino al centro dell’enorme sala e facendo un cenno al DJ con la mano, che fa partire un lento, un lento vero e proprio. Mi mette le braccia alla vita, e io, imbarazzata, gli metto le mani sulle spalle, pentendomi della mia stupida idea. Ma perché ho dovuto fare una cosa simile? Cosa mi diceva il cervello, fino a pochi secondi fa? E ora non posso più tornare in dietro. Sono così stupida!
:-Allora, come te la passi, Alex?-chiede, mentre ci muoviamo lenti sulle note della canzone. Cose banali e normali, per ora perfette. –Ti piace la festa che ha organizzato il tuo…Josh?
:-Si-rispondo, esitante, sebbene mi sembri strano che abbia evitato accuratamente di pronunciare la parola “ragazzo”. –Anche se…
:-Anche se?-chiede lui, aggrottando il sopracciglio. La cosa positiva è che per parlargli, visto che ho i tacchi, non sono costretta ad abbassare lo sguardo, anche perché Ben è molto più alto di Josh e me.
:-Beh, non sono abituata a queste cose-rispondo, velocemente, sorridendo. –Come te. Noi due non siamo due tipi da feste per ricconi. Cioè, tutto questo è fantastico ma…mi sarei accontentata anche di un tortino al cioccolato con la candelina!
:-Allora non sei cambiata per niente-dice lui, ridendo.
Sorrido nervosamente, e, per la prima volta oggi, sono triste. Se solo sapesse quanto sono cambiata…non la penserebbe così.
:-Ricordo il tuo quinto compleanno. Tua madre voleva invitare tutti i tuoi amichetti e compagni di scuola…
:-…e invece le ho chiesto di invitare solo voi due e altre due mie amiche, Annie ed Emily-continuo io, sorridendo. –Come fai a ricordartelo?
Ricordo tutto di quel giorno. Era il mio compleanno, e, sebbene mia madre continuasse a insistere, io piangevo perché non volevo tutti i miei compagni di scuola alla mia festa, anche perché tutti mi prendevano in giro, erano pochi quelli che volevano giocare con me, perché io ero quella strana che creava guai ed aveva causato un incendio grave alla stazione di polizia, eravamo in gita. Certo, non ero stata io, bensì un mostro, ma nessuno da mai retta alle ragazzine, e, considerando che solo io potevo vederlo, davano tutti la colpa a me. Alcuni ragazzini che giocavano con me durante la ricreazione, come Molly e George, non poterono venire, i genitori non erano molto d’accordo. Gli unici che diedero consenso tra quei quattro gatti che avevo come amici erano proprio quelli di Annie ed Emily, gemelle anche loro, gli occhi azzurri e i capelli biondi, sembravano due piccole svedesi.
Andammo al parco, e giocammo tutto il pomeriggio, quando mia madre ci portò a casa per una cena speciale completa di torta al cioccolato e nocciole a forma di stella.
:-Io ricordo tutto di te-dice, e questo mi mette un po’ a disagio, e, notandolo, Ben cerca di rimediare un po’. –E, dopotutto, come avrei potuto dimenticare la tua passione per i gemelli?
Rido poco dopo, rendendomi conto della battuta, sebbene quello che abbia detto prima mi abbia stranita. Ridendo con me, fa per dire qualcosa, quando qualcuno ci urta, probabilmente mentre ballava, così ci giriamo, confusi.
:-Oh, ragazzi, mi dispiace!-dice una pimpante Drew proveniente da Candyland, rosa come una caramella gigante di quelle che ti procurano solo carie e mal di pancia, e che sembra tutto meno che dispiaciuta.
Ma non mi importa più di tanto di Drew, il nostro odio reciproco è ben conosciuto. Quello che veramente cattura la mia attenzione è il ragazzo con i capelli neri e gli occhi verdi, piuttosto bassino, dietro di lei.
:-Ehi, Drew, chi hai preso?-chiede Josh, cercando di metterci a fuoco.
:-Oh, Alex e Ben. Vieni, Drew, non vorremmo certo disturbarli ancora, no?-dice, piuttosto irritato, ma mellifluo, prima di prendere Drew per mano e trascinarla via, senza nemmeno voltarsi indietro, mentre lei mormora uno squillante “Certo, Joshy!”.
***Josh***
Ho visto entrare Searel e Ben dalla porta, piuttosto nervosi, e mi è salita una strana rabbia, rivolta tutta verso di lui, così, ovviamente, visto che quel tipo sbava dietro alla mia ragazza come un bulldog, ho cercato di fargli capire come stanno le cose, perché continuo a non fidarmi di lui, vorrei tanto appenderlo a un palo, o evirarlo, magari, cosa perfettamente normale. E cosa fa lei? Se la prende con me, ecco cosa! Ha sempre gli occhi chiusi, o vede solo ciò che vuol vedere? Appena l’ha vista, ha mutato lo sguardo in un modo tale che mi fa davvero infuriare. E ora ci va anche a ballare, dopo che abbiamo appena…litigato? Abbiamo avuto la nostra prima litigata? E tutto perché lei non vede ciò che è palesemente evidente? Non ci potrei quasi credere, se non l’avessi vissuto in prima persona.
Ma so cosa sta facendo: mi vuole fare ingelosire, cioè, ingelosire di più. Ma io non mi faccio incartare così, non da lei. Non voglio che cada nelle braccia sbagliate, e sicuramente quello li ne approfitterà di sicuro.
Sto per andare a parlarle, quando vado addosso a qualcuno. I miei occhi, alla ricerca del povero malcapitato, si puntano proprio su Drew, vestita come un enorme e nauseabondo confetto fucsia. Credo che non toccherò mai più in tutta la mia vita delle caramelle o lo zucchero filato. La conosco, e so benissimo che tutti, me compreso, la odiano. È davvero impossibile non odiarla.
All’inizio non mi importa niente di lei, cerco di aggirarla, ma comincia a parlare, mi chiede se la trovo carina, e sento l’improvvisa voglia di ballare con lei, di farle dei complimenti, di trovare una scusa per farli. E la scusa arriva subito, capita proprio a fagiolo. Una voce melliflua mi dice che posso ripagare Alex con la stessa moneta. All’improvviso è quello che voglio fare. E Alex sarà talmente occupata ad essere gelosa di Drew che vorrà solo farla a pezzi, completamente.
Le chiedo di ballare, e lei, tutta contenta, accetta con un sonoro squittio. La conduco fino al centro della sala, dove si trovano Alex e Ben-sono-un-viscido-verme-rubaragazze-Quimby, e cominciamo a ballare, quando perde l’equilibrio. Si scusa, ma non sembra affatto dispiaciuta, anzi. Ma non è un mistero la malvagità di quella serpe rosa.
:-Oh, Alex e Ben. Vieni, non vorremmo certo disturbarli ancora, no?-dico, arrabbiato, e si, lo ammetto, verde di gelosia.
 Ma mi pento subito di quello che ho fatto non appena vedo la lacrima argentea di Alex scorrere silenziosa e solitaria sul suo viso.
 
***Alex***
“Joshy?” Davvero? L’ha chiamato “Joshy”? E lui non ha detto una parola?
L’unica cosa che voglio fare è trovare Drew e dissezionarla, aprirle la pancia e vendere i suoi organi, mandarla al Tartaro! Vorrei ucciderla. E so benissimo di essere gelosa anch’io.
Ma non sono così cattiva, non sono il tipo che uccide per gelosia, non sono Otello, e la mia rabbia va in pochi secondi sempre più scemando, sostituita dalla tristezza, dalla…delusione.
Avrei dovuto saperlo di essere troppo poco per lui, che al primo problema saremmo stati divisi, che, prima o poi, avrebbe trovato una ragazza migliore di me, più bella di me, anche se Drew, nonostante la sua bellezza, non è una buona scelta per qualunque essere umano sul pianeta. Avrei dovuto capirlo.
Vengo colpita dal dolore della consapevolezza, e all’improvviso mi tremano le mani  come se avessi freddo, o stessi per scoppiare in una crisi isterica. Anzi, probabilmente è proprio quello che succederà. Una lacrima scende silenziosa e anonima dall’occhio sinistro. Questo è un colpo basso. Sanno tutti che Ben è un mio amico e che rimarrà tale, ma Drew…lei è una viscida serpe rosa! Se fosse una divinità, sarebbe quella dell’antipatia, o della cattiveria. Ballare con lei è davvero crudele da parte sua. Io mi sono pentita non appena mi sono avvicinata a Ben, ma non ho avuto modo di tornare indietro. Ma lui…loro…
Mi volto e mi faccio strada verso il bagno delle ragazze, e rimango li, da sola, cominciando a piangere silenziosamente. Mi sento così…orribile! Così brutta, meschina, stupida…
:-Ehi, Alex-dice Ben, dolcemente, posandomi una mano sulla spalla, facendomi sobbalzare: non l’ho sentito entrare. –Tutto bene?
Annuisco, asciugando le lacrime con la mano. Non voglio che mi veda debole. Nessuno può. Non più.
:-Smettila di dire bugie-dice lui, con il tono che si usa per rimproverare una bambina che fa i dispetti. –Come stai? Davvero, però.
:-Come vuoi che stia, Ben?-chiedo io, voltando lo sguardo verso i suoi occhi, marroni come il cioccolato, intensi. –Lui…era con Drew…quella viscida serpe…e lui…
:-Lo so-dice lui, con uno sguardo misto a pietà, e comprensione. –Anche io li ho visti.
:-Lo ha chiamato Joshy! E lui non ha…lui non ha detto niente!-esclamo, interrotta dai singhiozzi e ricominciando a piangere, ma più sonoramente. Ed ecco a voi la mia crisi isterica! Almeno non sono in diretta nel canale TV dell’Olimpo.
:-Lo so-ripete lui, dandomi delle leggere pacche sulla schiena, come per dire “va tutto bene”. Solo che non è così.
:-Il tono che ha usato…come se…mi disprezzasse-mugolo, stringendomi la testa tra le mani. Vorrei smettere di pensarci, ma la scena e le sue parole non vogliono lasciare la mia mente. E forse fa bene a disprezzarmi. Sono una persona orribile. La peggiore che esista sul pianeta. Si, fa bene a odiarmi.
:-Lo so-ripete una terza volta Ben, sempre con quel tono dolce. e mi abbraccia. Io non posso fare a meno di essere grata per l’amico che ho accanto. Essere grata per non essere sola.
:-Sai, forse fa bene-sussurro. –A odiarmi. È più sicuro per lui.
Ben mi guarda come se fossi pazza, e i suoi occhi si induriscono visibilmente.
:-Non dire più una cosa del genere!-mi sgrida. –Tu sei una ragazza fantastica, Alex. Se lui non lo capisce, è un suo problema, non tuo.
Abbasso lo sguardo, vergognandomi di ciò che ho detto, non perché sia sbagliato, ma perché Ben riesce sempre a farmi cambiare idea. Ma lui non capisce.  È meglio così.
:-Se lui ti tratta così, Alex, non ti merita-sussurra al mio orecchio. –Io saprei trattarti meglio di così. Con me staresti bene. Saresti più felice.
:-Smettila di fare lo scemo-mormoro, sperando in un’altra sua  battuta. Perché era sicuramente una battuta quella. O forse mi sbaglio. Forse Josh ha ragione. Probabilmente è così, e io sono particolarmente stupida e decerebrata.
È quello che penso quando si avvicina fin troppo, alle mie labbra.



Nota dell'autore: Salve, salve, buonasera! Allora, prima di fare qualunque cosa di cui potreste anche non pentirvi, come uccidermi, per favore, lasciatemi spiegare, via le torce e i forconi. So di aver detto che sarei ricomparsa a Settembre, ma l'inizio della scuola, del V Ginnasio, il mio cagnolino Lucky che ha fatto le visite dal veterinario per una possibile malattia al cuore ereditata dal padre (tranquilli, sta bene, alla fine ha solo la sintrome dello starnuto inverso, cioè starnutisce ma inspira l'aria invece di buttarla fuori)...insomma, è stato un mese pesante. Poi mi si è quasi fuso il modem, che si è resettato, e ho potuto reimpostarlo solo oggi. Ma, come vedete, ho provveduto subito.
Inoltre ho cercato di renderlo un po' più lungo e intenso, questo capitolo, per farmi perdonare. E ho aggiunto la foto del vestito di Searel.
Cmq, siete contente che a Roma ci sarà la premiere di catching fire? Io si, anche perchè vivo a Roma (ringrazio tutte le divinità della buona sorte, almeno la fortuna è stata con me, per una volta) e farò di tutto per esserci, dovessi contattare mio padre Hermes( io, sono una demigod, e Luke siamo fratelli, x cui, se ci sono in giro io, nascondete i portafogli" Haha, sto scherzando, tranquilli. Non rubo, non ancora, per lo meno).
Cmq, tornando al capitolo, vi piace? Cosa ne pensate? Sono crudele? Assolutamente!  Come reagiranno Josh e Alex? Romperanno? Io spero di no, perchè li shippo da matti! <3
Ora devo andare, un bacio veloce, e mi raccomando, recensite, con la R maiuscola.
Un bacio, e buona lettura. 

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Capitolo 57
*** Azione e reazione. ***


Si sta avvicinando. Si sta avvicinando troppo.
È questo ciò che penso mentre le labbra di Ben stanno per posarsi le mie. Ci sta mettendo un’eternità, credo, ma è anche colpa mia. Vedo tutto a rallentatore, come una mosca. Colpa del mio deficit dell’attenzione, penso. Devo fare qualcosa. Lui non è mio. Io non sono sua. Io non lo voglio. Non mi importa che sia mio amico. Si sta ficcando in un brutto guaio. E ora ne pagherà tutto lo scotto. Io non faccio alcuna eccezione per i ragazzi indesiderati che violano il mio spazio vitale, ho una regola per questo, una regola istintiva. E penso proprio che la rispetterò, a questo punto, purtroppo. Non vorrei farlo, ed è quello che mi impongo. Mi impongo di trattenere l’istinto e di non reagire.
Sta proprio per baciarmi, mentre io cerco di trattenermi, quando, sfuggendo al mio stesso controllo, con la mia classica velocità disumana gli afferro la mano sinistra, mentre porto l’altra verso il suo viso. Non so cosa si aspetti, ma da quanto sembra, credo che lo ritenga un cenno di assenso, o una qualche romanticheria. Ma io non sono una persona romantica. Se solo sapesse cosa sto per fare…
All’improvviso tutto diventa più veloce. Troppo, forse. Provo a fermarmi, ma non ci riesco, è troppo tardi per tornare indietro. Senza pensarci due volte, tralasciando che ci conosciamo da tantissimo tempo e che sia mio amico, conficco le mie unghie nella sua carne, cogliendolo di sorpresa, mentre fletto velocemente l’altra, e lo giro, premendo con tutta la mia forza sul punto in cui si dovrebbero trovare le articolazioni che legano l’omero alle altre ossa, con una forza e velocità tale che non si rende nemmeno conto di cosa stia facendo. Dopo un paio di secondi, in cui lui è troppo stupito per dire qualcosa, gli ho spezzato le ossa e deturpato la faccia. Fantastico, ora dovrò chiamare l’ambulanza.
:-Alex…che stai facendo?-chiede, sentendo il sonoro “crack” del suo povero gomito.
:-O miei dei, Ben, mi dispiace!-esclamo, isterica, stupita da me stessa, lasciando il suo braccio. –Perdonami, non volevo, è stata una cosa istintiva! Scusami, scusami!
:-Ti rendi conto di quello che hai fatto?-esclama, furioso e dolorante. –E tutto…
:-…per un quasi bacio, lo so-continuo in un mormorio. –Scusami, ti prego.
:-Si può sapere che ti è preso, Alex?-chiede lui, tenendosi il braccio sinistro, ormai inservibile.
:-Ha rispettato le regole. E sei stato fortunato. Se fossi arrivato alla conclusione, ti avrebbe morso le labbra a sangue, talmente tanto che avrebbero dovuto farti un intervento di chirurgia plastica. Anche se quello credo che ti servirà comunque-dice una voce femminile dalla porta. Annabeth, è lei.
:-Cosa vuol dire?-chiede lui, guardandomi, confuso.
:-Lo facevo…prima. Quando andavo al liceo-rispondo, sempre sussurrando, rossa per la vergogna. –Se qualcuno…si avvicinava troppo, gli spezzavo le ossa. Come ho fatto con te. Ma non volevo, te lo giuro, è stata una mossa istintiva.
:-Ok, dopo chiamerò l’ambulanza, forse, ma non credo che sia necessaria. Ti prego di non rovinare tutto nostro piano, per favore, Ben. Potresti andartene, per cortesia, senza destare sospetti? Grazie.
La guardiamo entrambi con uno sguardo furioso. Insomma, gli ho spezzato il braccio! Come fa a essere così fredda?
:-Te ne prego, Ben. Sarà furioso, lo sai. Non ce l’ho con te, è che non vogliamo guai. Lui ci farà a pezzi quando lo saprà-si giustifica.
E capisco che ha ragione. Ha perfettamente ragione. Josh andrà su tutte le furie. Se lo scoprirà, diventerà pazzo per la rabbia. Ci odierà. Anzi, mi odierà. Non vorrà più vedermi. E forse ha anche ragione. Ma al momento solo gli dei sanno quanto sarei disperata senza di lui, quanto ne uscirei distrutta. Io non voglio che mi odi.
Una lacrima lunga e calda scende dal mio occhio sinistro, al pensiero, e mormoro:-Per favore, Ben. Ti prego.
Lui mi guarda, indeciso, quando dice:-Per favore cosa?
:-Grazie-dico, annuendo e stando al gioco asciugandomi la lacrima.
Lui mi sorride, prima di uscire dal bagno, reggendosi il braccio:-E di cosa, dolcezza?
Sorrido, felice che abbia capito, che non mi abbia distrutta, anche dopo tutto quello che ho fatto. E non posso fare a meno di sentirmi tremendamente in colpa. Al pensiero di ciò che ho fatto, torno a piangere, è più forte di me.
:-Shh-dice Annabeth. –Adesso mi spieghi ciò che è successo, va bene?
Annuisco, e comincio a raccontare:- Josh era geloso, troppo, così ho pensato, per un attimo: “E se gli dessi un motivo per esserlo?”. Però me ne sono pentita subito, ma non potevo tornare più indietro. Stavo ballando con Ben, quando ci siamo scontrati con quella serpe di Drew. Ed era con Josh. Stava ballando con lui, e lo ha chiamato “Joshino”.
Torno a singhiozzare istericamente per quello che è successo, per tutto il ricordo, e Annabeth dice:-Non avresti dovuto farne conto, Drew è solo un’antipatica sadica, le piace il dolore altrui, ne gode. È solo una serpe.
:-Lo so. Ma non ho potuto non rimanerci male, al momento. E sono venuta qui, a piangere. E Ben mi ha seguita. Mi ha abbracciata, ha detto che non era un mio problema se Josh non vedeva la mia bellezza e preferiva Drew, ha detto che se fossi stata con lui, mi avrebbe trattata meglio. Ha tentato di baciarmi e gli ho spezzato il braccio, ma non volevo, lo giuro! È stato un gesto totalmente istintivo.
:-E così, se n’è approfittato, quel verme. Avrei dovuto farlo pestare da Percy!-esclama lei, furiosa. All’inizio mi chiedo perché farlo pestare da Percy, anziché farlo lei stessa, quando ricordo che lui ha fatto il bagno nello Stige, è praticamente immortale, quasi impossibile da uccidere e molto più forte. Come al solito, Annabeth si dimostra essere un’ottima stratega: grazie a Percy, si assicurerebbe la vittoria.
:-Avevi detto che non ce l’avevi con Ben-constato, asciugandomi il viso.
:-Non sono certo una figlia di Ermes, Alex-comincia lei, con il viso cupo-ma anche io so mentire, a volte. Soprattutto quando è necessario.
:-Cosa vorresti dire con questo?-chiedo, sospettosa, aggrottando le sopracciglia.
:-Alex, ma davvero vorresti farmi credere che non te sei accorta prima?-chiede lei, fissandomi, stupita, per poi cominciare a ridere, divertita.
:-Scusa, ma che c’è da ridere?-chiedo, irritata, incrociando le braccia.
:-Tu gli piacevi, parecchio, Alex, e chissà da quanto tempo!-esclama lei, scrutandomi, incredula. –Ora io non so se gli piacevi da quando vi siete rincontrati quest’anno, o quando eravate bambini, ma una cosa la so: ti guardava come un bambino fissa una torta in una vetrina.
Sbuffo, stizzita. È ovvio, a questo punto, che le parole che ha usato non sono a caso: Ben è il bambino, io la torta, e Josh è la vetrina. Fantastico! Ma solo io non mi accorgo delle cose? Comincio a pensare che Josh avesse ragione quando mi ha detto di comprare un paio di occhiali.
:-Insomma, solo io qui non mi accorgo mai di nulla!-esclamo.
:-A quanto pare, si-ammette lei. –Ed è abbastanza assurdo. Comunque, Josh mi aveva parlato di lui, ma pensavo esagerasse…e invece…
:-…è andato fino in fondo-continuo io. –Non si è lasciato intimidire e ha tentato di rompere la vetrina.
:-Si-risponde lei.  –Adesso, la cosa importante, però, non è riflettere su quello che è successo…
:-Ah, no?-chiedo, confusa. Di solito, riflettere su ciò che avviene è la cosa più importante, ma probabilmente mi sbaglio.
:-No-risponde lei, seria. –Ora la cosa importante è una sola: la tua scelta. Vuoi parlarne con Josh?
:-Non lo so-ammetto, a denti stretti. Ci sono tanti pro e tanti contro. Provo ad elencare tutti i pro. Se lo dico a Josh, una cosa da nulla come questa, rispetto a quello che sarebbe potuto succedere, eliminerebbe il problema, ed eviterei una situazione di stallo. Ma potrebbe anche non prenderla bene. Potrebbe arrabbiarsi, non credermi, o addirittura lasciarmi. Ma se non glielo dicessi, probabilmente non lo scoprirebbe. Ma io non potrei mai perdonarmelo. Non potrei stare con lui sapendo di nascondergli qualcosa. Lui non lo merita.
Come se avesse intuito i miei pensieri, Annabeth dice:-Ricorda Alex, che lui ti ama, e, se ti ama, ti crederà. Non potrà mai odiarti.
:-Come vorrei che fosse così-sospiro.
:-Ma può esserlo-ribatte lei.
:-Ah, davvero, Annabeth?-chiedo, esasperata. –Come posso dire a Josh che l’ho praticamente tradito?
Lei mi fissa, senza dire una parola, mentre sento il rumore di alcuni passi. Girandomi, mi rendo conto che non stava fissando me. C’è un ragazzo, nel bagno, qui, con noi. Qualcosa sbrilluccica sulla sua guancia.
Mi chiedo come mai non l’ho sentito arrivare, di solito ci riesco. Ma lui riesce sempre a prendermi di sorpresa.
Josh ha sentito tutto. E quella che ho visto sul suo volto era una lacrima.


Nota dell'autore: Salve, salve! Eccomi di nuovo, sono tornata dal limbo del V ginnasio! Non uccidetemi prego, altrimenti non saprete mai come finisce.
Allora, mi dispiace tanto che sia così corto, ma questo capitolo, almeno, è pieno di suspance. E, a causa di nuove idee che mi sono venute nel limbo, vorrei avvertirvi che la tirerò x le lunghe (chiedo scusa) con la fine, perché il mio metodo di tortura non cambia ed è puramente istinitvo quanto la difesa di Alex. I'm sorry.
Cmq, spero che vi piaccia, e Recensite, please! :)
Bacioni.

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Capitolo 58
*** Chiarimento. ***


:-Josh! Josh, aspetta!-lo chiamo, sotto lo sguardo di chiunque non sia assordato dalla musica, alzandomi immediatamente, e cercando disperatamente di rincorrerlo, le lacrime che mi rigano il volto, macchiano il capolavoro di Piper, e non ci bado, perché non mi importa. Ma non si gira, non aspetta, non fa nulla, se non continuare a camminare. Lo seguo, ma inciampo su queste trappole mortali che ho ai piedi. Senza pensarci nemmeno, mi tolgo quello schifo, gettandolo a terra, e ricomincio a correre, con la mia velocità sovraumana, e lo raggiungo.
:-Josh, aspetta!-urlo con tutte le mie forze, sentendo il mio cuore lacerato. –Ti prego!
Lui, finalmente, si gira, e subito mi pento di averlo rincorso. Ha uno sguardo triste che mai avevo visto sul suo volto, ogni traccia dei sorrisi era scomparsa. Al loro posto c’erano le guance bagnate per il pianto.
Sono un mostro. Gli ho fatto una cosa orribile. Sta soffrendo, ed è tutta colpa mia. Non l’ho mai meritato, questo l’ho sempre saputo. Ora però, la consapevolezza di quanto lui sia fragile e puro mi spezza in due, mi lacera.
Mi guarda, e questo mi fa disperare ancor di più. Perché è distrutto. E anche io lo sono.
:-Josh-dico, con il fiatone per la corsa. –Ti prego, ascoltami!
Non dice niente, ancora, ma da quel che so, sono sicura che l’unica cosa che voglia fare in questo momento sia andarsene. Fuggire. E non posso dargli torto. Ho pochi secondi. Devo parlare, o se ne andrà. E non voglio. Non voglio che se ne vada senza che gli abbia spiegato ciò che è successo. Non posso permetterlo.
:-Josh-comincio, continuando, pur involontariamente, a piangere. –Ti giuro, che mi dispiace, te lo giuro. Ma non sapevo cosa stesse succedendo, non sapevo…avevi ragione, avevi ragione su tutto. Avevi ragione! Ti prego, perdonami! Avrei dovuto stare zitta. Avevi ragione su di lui, e io mi sono arrabbiata con te. E ora questo. Scusami…
I suoi occhi diventano di fuoco, scoppia in loro una preoccupante scintilla, che mai, mai, avevo visto nel suo sguardo. La scintilla dell’ira. E so che, qualunque cosa io dica, o faccia, non basterà. Non mi crederà. È la mia parola contro la mia stessa parola. Una lotta contro me stessa.
:-Non…non ci posso credere! Perché dovrei ascoltarti?-dice, furibondo, girandosi. Per fortuna che la musica è ancora alta, e quindi solo noi sentiamo ciò che stiamo dicendo, anche se, probabilmente, un qualche curioso mi avrà vista correre a piedi scalzi.
:-Josh, io…-balbetto, afferrandogli il polso, per trattenerlo, con le lacrime calde ma amare che cominciano a scendere anche sulla mia gola, sulle mie labbra. –Lo so, ti chiedo troppo. Non pretendo che tu dimentichi, ne che mi perdoni, ma ti prego di ascoltarmi. Io…non volevo, te lo giuro. Ma non è successo niente…niente…
:-Non mi sembra quello che ho sentito nel bagno, Alex!-urla, ormai fuori di se. Non l’ho mai visto in questo stato. Mai.
:-Te lo giuro, non è successo…alla fine-spiego, cominciando anche a singhiozzare rumorosamente. –Non è successo niente! È stato solo…un quasi! Ma non volevo, te lo giuro. Non è successo.
:-E perché dovrei crederti, Alex?-chiede lui. –Sapevi benissimo che avrei accettato un tuo rifiuto, lo sai. Ma non un…non riesco nemmeno a pronunciarlo nemmeno!
:-Ma non è successo!-ribatto, disperata. –Io mi sento così. Perché non voglio farti soffrire, mai potrei, mai, di mia spontanea volontà, Josh. Ma non ci siamo…baciati, Josh! Non è successo! Io mi sono sentita così, perché non avrei mai voluto, mai, farti del male! Ma non è successo…
:-E chi mi dice che è così?-mi chiede Josh. –Io vorrei fidarmi, Alex! Ma così non me lo permetti! E poi, cosa ci facevi da sola con Ben?
:-Josh…-mormoro, affranta e mortificata. Come ho potuto fargli una cosa del genere?
:-Io ti credo, Alex-risponde. –Ma una parte di me dice che non devo farlo. Cosa posso fare allora?
:-Josh, io giuro sullo Stige che Ben non mi ha baciata-ribatto, cominciando di nuovo a piangere.
Josh mi fissa, boccheggiando, come se non riuscisse a credere che ho appena fatto un pericolosissimo giuramento che mette in ballo la mia vita, e mi chiede, balbettando:-Non…non c’è un modo per falsificare il giuramento?
Scuoto la testa. Ora dovrà credermi per forza. Josh mi fissa, ansima, non sa cosa dire. E nemmeno io, ora. Ma ho fatto la cosa giusta. Ho appena messo in ballo la mia vita. Lui è l’unico mortale presente che sa cosa significa la mia frase. Sa bene che se stessi mentendo, o se stessi violando il giuramento, prenderei fuoco, all’istante. Non può far altro che credermi ora. Anche perché, se non stessi dicendo il vero, avrei ceduto all’autocombustione da un pezzo.
E poi, cosa che non mi aspetto, si avvicina a me. Cioè, mi aspettavo che si avvicinasse, ma non per fare quello che sta facendo. Credevo che si sarebbe arrabbiato ancor di più. Invece sorride. Mi crede.
:-Dobbiamo parlare-dichiara. E ha ragione. Ne abbiamo davvero bisogno. Non possiamo lasciare irrisolto un problema così importante.
Annuisco, e ci allontaniamo da tutti, dirigendoci verso un angolino solitario. Qui nessuno potrà disturbarci.
:-Spiegati-dice. Non è felice, si vede. Ma io lo sono. Mi sta dando una chance per spiegarmi.
:-Ero nel bagno delle ragazze…stavo piangendo-gli racconto. –Per quello che ha detto Drew. Ed ero sola, all’inizio. Ma è entrato Ben. Mi ha abbracciata, e ha detto…tante cose. Ma non ho fatto in tempo ad evitare che le dicesse. Avrei dovuto capirlo, ma forse è vero che ho bisogno di un paio di occhiali. Avevi ragione, e io sono così…stupida? Sciocca? Cretina?-mi fermo un attimo, e annuisco, soddisfatta dei miei stessi insulti che sto rivolgendo contro me stessa. –Si, lo sono. Lui…si è avvicinato a me, lentamente. Ma non è successo. Nonostante questo, è stato…strano, alla fine. Vedevo tutto a rallentatore. Solo grazie a questo sono riuscito ad evitarlo.
Lui annuisce, e mi sorride. È contento, credo. Perché non era vero ciò che aveva sentito prima. Perché non gli ho messo le corna grandi quanto quelle di un cervo. Perché non ho mentito. È felice per tutto ciò che non è successo, e mai succederà.
 
***Josh***
Entro nel bagno. So che non dovrei mai farlo, ma sono sicuro che lei si trova li. Voglio scusarmi per il mio comportamento infantile, mi sono comportato da ragazzino. Che forse ha ragione, che sono un po’ paranoico. Non avrei mai dovuto anche solo pensare di parlare con Drew in quel modo, davanti a lei. Non avrei dovuto mai cedere alle voci nella mia testa che mi pregavano di ballare con lei.
Entro, e mi sento morire. Le parole pronunciate da Alex mi fanno raggelare, crollare. Ha fatto qualcosa, dice a quella che credo sia Annabeth. Che cosa? Dice che non si potrà mai perdonare per quello che mi ha fatto. Cosa vuol dire?
E mi viene in mente: Ben. Quel viscido se ne sarà sicuramente approfittato. Ed è tutta colpa mia. E ora lei non sa come dirmi che mi ha tradito.
Tradito. Questa parola riecheggia nella mia testa, come un urlo, come in una grotta, ma senza alcuna fine. E mi sento talmente, deluso, talmente…che scoppio a piangere, e comincio a camminare verso l’esterno.
Lei sta correndo, mi sta rincorrendo. Evidentemente mi ha sentito, o visto. Potrei darle un’occasione per spiegarsi, e vorrei farlo, ma il mio orgoglio mi ordina saldamente di non girarmi per alcun motivo. Credo che se mi volterò, non riuscirò mai a tornare indietro.
Quando però mi urla il suo giuramento sullo Stige, non posso fare a meno di fermarmi. Giuramento sullo Stige? È davvero pronta a sacrificare la sua vita così? Esiste forse un modo per falsificare il giuramento, come quello delle dita incrociate?
:- Non…non c’è un modo per falsificare il giuramento?-le chiedo, incespicando. Lei scuote la testa, asciugandosi una guancia con un gesto secco della mano. Non le piace farsi vedere debole, lo so bene. E non posso fare a meno di crederle.
:-Dobbiamo parlare-dico, avvicinandomi lentamente a lei. Mancanza di comunicazione: è questo che distrugge sempre tutto. Dobbiamo assolutamente evitarlo.
La faccio sedere in un angolino dove nessuno verrà a cercarci, e la incoraggio a spiegarmi quello che è successo.
Comincia a spiegare, singhiozzando ancora un po’. Già questo mi convince, anzi, costringe a crederle: non piangerebbe così se non le importasse nulla di me. E invece le importa.
Quello che mi dice mi sconcerta, ma non molto: lo sospettavo. Era ovvio che quel viscido orribile schifoso di Ben se ne sarebbe approfittato, che l’avrebbe consolata. È quello che fanno tutti: consolare una ragazza in un momento di fragilità e debolezza per attaccare, una cosa davvero disgustosa, a mio parere. È orribile approfittarsi delle debolezze di qualcuno che soffre.
Invece dello stupore, sale in me la rabbia: voglio farlo a pezzi. Pezzi talmente piccoli  che non si possano vedere nemmeno al microscopio. Spero che sia un mostro, così avrò il piacere di distruggerlo più e più volte, nella mia vita: lo spedirei nel Tartaro solo per ritrovarmelo davanti e storcergli nuovamente il collo.
Non è colpa di Alex. Come ho mai potuto pensare che lei avesse l’ardire di fare una tale empietà?
:-Mi dispiace-mormoro, mortificato. –Per Drew. Volevo solo farti…ingelosire, ma non con lei. Solo che…
:-…non ne hai potuto fare a meno-finisce lei. –Le sue capacità di convinzioni sono davvero buone, ma orribili: Drew ha la tendenza a manipolare la gente, Josh. Avrei dovuto saperlo. Ero troppo…sconvolta, per pensarci.
Sorrido. Non posso fare a meno di rassicurarla ora. Di farle capire che io ho capito.
:-Cosa vuoi fare, Alex?-le chiedo, timidamente, avvicinandomi a lei. –Andiamo avanti?
Lei sorride, asciugandosi il viso:-E perché non dovremmo? Non è successo nulla.
Mi viene uno strano pensiero. Annabeth mi ha detto che una volta ha spezzato il braccio ad un ragazzo perché aveva provato a cingerle le spalle. Cosa avrà fatto stavolta?
:-Ehi Alex-la chiamo. –Ma come hai fatto a…respingerlo?
Lei sorride, come imbarazzata, e arrossisce, per poi incupirsi, e volge lo sguardo alle sue mani, per non fissarmi negli occhi:- Ecco, io…non l’ho fatto a posta…te lo giuro…ho provato a spiegarglielo, per fortuna non se l’è presa…ecco…gli ho spezzato il braccio e deturpato la faccia con le unghie.
Non provo nemmeno a nascondere il mio sorrisetto di soddisfazione. La conosco come le mie tasche. Si è comportata nel perfetto stile di Alexandra Miller, mi sento assurdamente fiero di lei. Perfetta, così com’è. So che è sbagliato, ma sono molto contento per ciò che è successo a Ben, così ci pensa due volte la prossima volta prima di tentare di rubarmi la ragazza.
:-Oh, questa è la mia ragazza!-dico, sorridendo ancora.
Lei ridacchia, e mi da un pugnetto sulla spalla:-Smettila! Non è divertente. L’ho mandato all’ospedale.
Io sorrido comunque. Sono così felice di avere lei.

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Capitolo 59
*** La perdita della memoria. ***


Scendendo dalla macchina, io e Josh entriamo nei confini del campo. Siamo tornati un po’ più tardi rispetto agli altri. Ero indecisa se andare a trovare mio padre o no, ma alla fine ho deciso che non era il caso. È comunque un dio, e ha delle responsabilità: non posso stargli sempre tra i piedi. Ed è probabilmente in lite con il nonno Zeus: mi ha aiutata troppo, e questo lo rende imparziale.
Entriamo nella catapecchia che è la casa undici, e prendo il pigiama, correndo in bagno. È tardi, ma ho bisogno di stare un attimo da sola, per assimilare tutto ciò che è successo stasera.
Sono successe così tante cose, è stata una serata davvero molto movimentata. Il gesto di Josh è stato molto gentile, ma la prossima volta glielo vieterò drasticamente, anche a costo di legarlo. Ci siamo quasi lasciati, stasera. Non è poco.
Oltretutto, nonostante la festa gli sia costata una marea di denaro, mi ha anche fatto un regalo, insieme a Michael: il completo di maglietta e pantaloncini che mi aveva mostrato oggi. Josh ha detto che gli serve una “testimone”, qualcuno che indossi i suoi vestiti, e Michael dice che sono abbastanza carina. Josh mi ha detto anche che Michael ha insistito parecchio.
Anche gli altri invitati mi hanno fatto dei regali, che io non ritenevo assolutamente necessari. Annabeth e Percy mi hanno regalato un bracciale che Percy ha fatto con un filo di una corda e delle pietre colorate che ha raccolto dal fondo dell’Oceano Pacifico. Da quanto Annabeth mi ha detto, lei ha chiesto a qualcuno della casa nove di aggiungerci qualcosa che lo rendesse speciale, o forse a Tyson. Adesso se si preme il bottoncino minuscolo su una delle pietre, esce fuori una punta di bronzo celeste. Un regalo molto carino e anche utile. Invece Chris Rodriguez e Clarisse, invece, anche se proprio non me lo aspettavo, mi hanno regalato una fodera per pugnali. Will e gli altri della casa di Apollo invece mi hanno regalato una bellissima abat jour decorata con i disegni del sole alternati al caduceo di mio padre.
Anche Jenn e gli altri mi hanno regalato qualcosa, anche se probabilmente non sapevano che solo averli davanti per me sarebbe stato uno dei regali migliori. Jenn mi ha regalato una maglietta rossa  a pois bianchi, probabilmente sotto consiglio di Josh, e un autografo. Gli altri hanno fatto lo stesso: sono piena di fogli con le loro firme, ora.
Comunque, alla fine Ben non si è fatto più vedere, sia lui che Searel se ne sono andati. Da una parte sono contenta, perché così non ha combinato altri guai, e anche perché così Josh non lo ha riempito di pugni. Ma sono anche dispiaciuta, e non solo per il suo braccio, e la sua faccia. Mi è sembrato triste. Spero solo che non abbia preso questa cosa troppo sul serio.
Mi metto il pigiama e torno nella casa 11. Anche Josh ha messo un pigiama, è molto carino, blu, di flanella. Il classico pigiama, insomma. E sento un brivido che percorre la mia schiena. Scuoto la testa, cercando di ignorarlo, come se dovessi togliere via un pensiero dalla testa.
:-Che c’è?-mi chiede lui, che ha sicuramente notato il mio gesto, mentre si corica nel letto accanto alla parete, opposto al mio.
:-Nulla-rispondo, mettendomi sotto le coperte del mio letto. -Solo che  mi fa un effetto strano vederti in pigiama. Non l’avrei mai immaginato prima.
“E cosa farai allora quando lo vedrai completamente nu…”dice una voce sibilante nella mia testa, che metto subito a tacere. Probabilmente sono rossa per l’imbarazzo.
“Stai zitta! Smettila!”-sibilo alla voce. Non voglio che continui a parlare.
“Sai benissimo che accadrà, prima o poi” ribatte. “Se lui è rimasto con te, è solo perché prova compassione. Ha pena di te. Lo sappiamo entrambe, come entrambe sappiamo che scapperai a gambe levate. Non ce la farai”.
“E perché non dovrei?”-chiedo alla voce. “Sono perfettamente in grado di…
“Smettila di raccontare bugie a te stessa!” risponde lei, irritata. “Tu non vuoi, lo sai bene. Non ti senti pronta. Non ti senti all’altezza. E non lo sarai mai, lo sappiamo tutte e due. Eppure dovrai, prima o poi”.
Rimango basita. Non ha detto “vorrai”. Ha detto “dovrai”, come se fosse un mio dovere. E non mi piace. Ha ragione. Non sono ancora pronta. Eppure è molto che stiamo insieme. Prima o poi si stancherà di me. E non voglio che succeda.
Metto le mani sotto il cuscino, come mi piace fare per dormire, e trovo qualcosa, una scatola, piuttosto grande e piatta, che spiega il motivo per cui non me ne sono accorta prima. La guardo, è gialla, e ha un fiocco verde. La apro, e vi trovo dentro una maglietta verde larghissima da corsa e un biglietto, con scritto: Un dono per te, la mia unica figlia, finalmente maggiorenne a tutti gli effetti. Sono sicuro che ti sarà molto utile. Buon compleanno.
La firma è di Ermes. Mi viene da piangere per la commozione. Gli dei di solito sono sempre molto occupati, eppure lui è riuscito a trovare il tempo di consegnarmi questo. E ha scritto “l’unica figlia”, il che mi fa pensare che sono l’unica femmina di tutti i suoi eredi.
È questo il mio ultimo pensiero, prima di trovarmi nel mondo di Ipno.
 
:-Luke, non posso crederci!-dissi, quando mi ritrovai da sola, con lui. Era il giorno in cui io, Percy, Annabeth e Tyson siamo stati catturati sull’Andromeda. C’erano ancora delle persone, probabilmente ipnotizzate, e che credevano di essere su una nave da crociera per godersi le proprie vacanze facendo un bagno in piscina o continue partite a shuffleboard.
:-Non avrei mai potuto immaginarlo!-continuai io, implacabile, e, soprattutto, delusa. –Sei passato dalla parte del nemico! Vuoi distruggere nostro padre e tutto ciò in cui crediamo!
:-Smettila, Alex-disse lui, guardandomi con uno sguardo freddo che mai mi aveva rivolto. –Non sai  quello che stai dicendo. Questa è una grande opportunità per…
:-… per condannare il mondo e i mortali a delle morti atroci!-esclamai io, indignata dalla sua stupidità. –Per condannarci tutti ad essere trattati come schiavi o essere divorati dai Titani!
:-No-rispose lui, voltandosi. :-Questa è una grande occasione per cambiare il mondo, per renderlo migliore.
:-Sai, quando la gente parla di queste cose, di solito non finisce bene. Soprattutto per chi lo dice, Luke-ribattei io, cercando di riportarlo alla ragione. – Vai a prendere Hitler. O tutti gli imperatori o dittatori romani che sono stati assassinati perché qualcun altro prendesse il loro posto e  va sempre male.
:-Quello era il passato-disse lui. –Io invece guardo al futuro, Alex! Immagina, un mondo dove non c’è guerra, o differenze. Un mondo migliore-. Parlava come un pazzo.
:-Tu parli di un mondo migliore, senza dei, senza guerre-dissi io. –Eppure ne stai conducendo una proprio adesso. È una cosa ipocrita. E stupida. E noi stessi siamo parte degli dei. Ti prego, Luke, abbandona questo folle piano.
:-Non posso, Alex-disse lui. –Ho il dovere di farlo. Quando il mio padrone Crono si starà risvegliato e completamente ristabilito, sarà tutto diverso. Unisciti a noi. e vedrai che sarà la scelta giusta. Unisciti a me e sarai finalmente al sicuro, e il mondo potrà cambiare. Diverrà giusto, e migliore.
:-Tu sei pazzo se pensi che mi unirò a Crono e alle sue schiere, Luke-dissi io, mentre una lacrima solcava il mio viso. –Non lo farò mai!
:-Sei sicura della tua decisione?-mi chiese lui, sempre con il suo atteggiamento freddo. –Sappi che se non accetti, sarai data in pasto al drago della stiva come i tuoi amici.
:-Bene! Verrò divorata!-dissi io, seria come non mai. –Preferisco morire piuttosto che tradire il Campo e i miei amici!
Luke ordinò alle guardie di portarmi dal drago insieme ad Annabeth, Tyson e Percy. Ma, prima che mi portassero via, urlai furiosa, in lacrime:-Ti odio!
Vidi a malapena un cambiamento nella sua espressione, un lieve movimento degl’occhi mi fece capire che un po’ gli dispiaceva. Ma non bastava. E seppi così di aver perso un fratello.
 
Non vedo nulla. Il pavimento su cui sono sdraiata è freddo, e scivoloso. Mi alzo e sento immediatamente che c’è qualcosa non va. Non riesco ancora a vedere nulla, è troppo buio. Anche solo il fatto che non ci sia luce mi trasmette una sensazione di pericolo. Cerco la parete con le mani, per non cadere. È umida, fredda e liscia, forse anche fin troppo.
Si accende una luce, all’improvviso. È molto piccola, e sembra lontana, ma è l’unica soluzione. Non posso rimanere qui dentro per sempre. Continuando a tenere la mano sinistra sulla parete, comincio a camminare verso la luce. Più mi avvicino, più sento delle voci. una delle due sembra molto arrabbiata.
:-Ti avevo detto di chiuderla a chiave, razza di idiota!-urlava una voce femminile, furente. –Per fortuna che siamo riusciti a riprenderla prima che fuggisse!
:-Perdonami, mia signora-disse una voce maschile, che mi sembrava quasi…familiare.
:-Sparisci! Prima che decida di ucciderti!-urla la voce, ancora più furiosa.
Si sentono dei passi, che vengono proprio verso di me. Comincio ad andare nel panico, mi scoprirà sicuramente. E mi uccideranno.  Mi appiattisco il più silenziosamente possibile verso la parete, pregando gli dei perché non mi scoprano.
Stranamente, per fortuna, il servo passa davanti a me senza accorgersi della mia presenza. Avrei voluto poterlo vedere in faccia, ma è troppo buio.
:-Mia cara-disse la voce femminile. –Perché sei voluta scappare? Un tempo eravamo amiche, e dicevi che mi avresti sempre aiutato nel momento del bisogno.
:-Mai per questo!-disse lei.
:-Bene, figlia di Iperione-disse la voce, ridendo. –Lo farai, che ti piaccia o no.
 
Lancio un urlo strozzato non appena mi sveglio, mettendomi a sedere. Nonostante il mio sogno più recente fosse un altro, io mi svegliai con il sapore del primo. Un sapore terrificante.
Subito mi rendo conto di dove sono, e, soprattutto, che non sono sola. Non voglio svegliare i miei fratelli, sarebbe ingiusto. Mi copro la bocca con la mano, nel tentativo di soffocare i miei singhiozzi. Mi guardo intorno, per fortuna non ho svegliato nessuno. I miei fratelli sono dei veri dormiglioni, non li sveglierebbe nemmeno un cannone.
Solo una persona si è svegliata, e me ne rendo conto solo quando me la trovo davanti. Josh mi prende la mano e me la toglie dalla bocca, per poi sedersi accanto a me. Mi fa poggiare la testa nell’incavo del suo collo, e non dice nulla, aspetta solo che i miei singhiozzi  si fermino, che mi calmi.
Solo quando sono un po’ più tranquilla, mi pone la domanda che mi fa ogni volta:-Cosa hai sognato?
:-Luke-sussurro, senza abbandonare il suo abbraccio caldo e confortante quanto una coperta. –Di nuovo. Non mi lascerà mai libera.
:-Tu sei più forte, lo sai, vero?-mi chiede lui. –Sei molto più forte. Non permettergli di spezzarti.
:-Non ne ho intenzione-rispondo. –Solo che…vorrei potermene liberare, per sempre. Potermi aprire la testa e toglierci tutto ciò che è di troppo.
:-Lo so-dice. –Tu credi che non ti lasceranno mai, questi ricordi. Ed è così, non ti abbandoneranno mai. Sta a te lasciarteli alle spalle.
Annuisco, e lui mi chiede, sempre apprensivo:- Che cos’ha fatto stavolta?
:-Eravamo sull’Andromeda, la nave piena zeppa di mostri di Luke. Annabeth, Tyson e Percy erano stati portati nella stiva, io ero rimasta nella stanza di Luke, voleva parlarmi. Aveva un sarcofago dorato, che ospitava il Titano del tempo, ridotto a brandelli dal re degli dei. Luke mi chiese se volevo unirmi a lui, cercava di convincergli. Gli sputai addosso, dicendo che piuttosto che unirmi a Crono e alle sue schiere mi sarei fatta divorare dal drago della stiva?
:-E sei pentita di questa scelta?-chiede lui, accarezzandomi i capelli.
:-No, e mai lo sarò-rispondo, sicura. -È solo che…se non fosse per questo…lui sarebbe vivo. Avrei potuto convincerlo a tornare…e non l’ha fatto. Non l’ho fatto. È tutta colpa mia…
:-Dovresti smetterla di darti la colpa-ribatte Josh, senza smettere ne di abbracciarmi, ne di accarezzarmi i capelli. –Non è assolutamente colpa tua, non è mai stata una tua responsabilità.
:-Invece si-esclamo io, rischiando di nuovo di svegliare i miei fratelli, e ricominciando a piangere. –Non capisci? Se l’avessi convinto…non sarebbe successo nulla. Lui sarebbe vivo, io non avrei questi incubi. E sarebbero vivi anche Silena, e Charlie, e Michael, e Lee, ed Ethan, e Bianca, e tutti gli altri. Sarebbero vivi.
:-Smettila…-prova a dire Josh, ma io lo interrompo.
:-Ma non capisci!-esclamo di nuovo io, presa dalla consapevolezza. –Io li ho uccisi! Li ho uccisi tutti! Sono un’assassina!
Ed è vero. Ogni mia parola lo è. Sono un’assassina, una pluriomicida. Ho ucciso tutte quelle persone, tra l’altro miei parenti stretti. Ho ucciso tutti i miei cugini, e perfino mio fratello. Come potrebbe non essere mia la responsabilità di tutte le loro anime perdute.
:-Non so come farti capire che non è colpa tua, Alex-dice lui, ancora, stranamente, calmo.
:-Lo so-rispondo io, stringendomi di più a lui. –Ma è tutto…lo so, ti faccio pena, vero?
Lui mi guarda come se fossi una cretina, e dice, sicuro:-Non provo nemmeno un briciolo di compassione per te, Alex. Sei semplicemente umana, e hai vissuto cose che una vita umana di solito non prevede. Sei molto coraggiosa, e il fatto che tu sia qui, significa che sei una persona forte, sia nel corpo che ne nell’animo. Non si deve assolutamente aver pena di una ragazza così forte che è sopravvissuta ad una guerra. Mai.
Annuisco, e lui dice:- Non l’hai ancora accettato, vero?
Annuisco nuovamente, e lui mi dice:-Vai a vestirti, Alex. Noi ora usciamo.
 
***Josh***
Quando Alex torna, con addosso una felpa blu e i jeans strappati al ginocchio, ai piedi le scarpe da ginnastica, usciamo dalla casa undici, dirigendoci verso l’arena. Non c’è nessuno, è ancora l’alba.
Appena arriviamo, la Signora O’Leary, scodinzolante come sempre, ci viene incontro. Alex, mentre le accarezza il muso, mi guarda, chiedendomi con il suo muto sguardo del motivo per cui siamo qui. Facendo i grattini alle orecchie, chiedo alla Signora O’Leary di sedersi per farci salire sulla sua groppa. Alex sale, senza fare, stranamente, alcuna domanda. Sussurro alla Signora O’Leary la nostra destinazione, e subito parte. Sapevo che l’avrebbe fatto perché ho visto una volta farlo da Alex.
Non avevo mai provato un viaggio nell’ombra, ma so che devo tenermi stretto al collare della Signora O’Leary se non  voglio essere sbandato altrove. Comunque, è sempre meglio del Cocchio della Dannazione: almeno è certo che non moriremo.
Quando arriviamo, Alex capisce il motivo per cui l’ho portata qui, e non mi sembra affatto contenta.
:-Oh, no, no, no!-esclama lei, girandosi e cercando di tornare dalla Signora O’Leary. –Te lo scordi Hutcherson, io li non ci vado! Non voglio.
Alzo le spalle, fingendo di accettare la sua decisione:-E va bene, ci ho provato!
Quando si rigira, non le lascio il tempo di andarsene, e la prendo in braccio.
:-Lasciami andare!-esclama lei, cercando di scendere, ma sono fisicamente troppo forte. –Lasciami andare Hutcherson, o ti lancio una maledizione degna di Ecate!
:-Come se fossi capace-ghigno io, tenendola in braccio, e varcando la soglia dello studio che nasconde l’entrata degl’Inferi. –Mi dispiace Alex, ma devi accettare questa cosa, o non avrai mai pace.
Mentre lei continua a ribellarsi, io mi dirigo verso Caronte e tiro fuori dalla tasca il suo pass.
:-Dove l’hai preso quello?-chiede lei, parecchio arrabbiata. –Josh, l’hai rubato! È un atto deplorevole!
:-Senti chi parla di atti deplorevoli- dico io, mentre saliamo sulla barca di Caronte, che, all’inizio, sembra un ascensore. –Tu stessa rubi, e vai a parlare a me, che ho solo preso in prestito, e per la tua salute mentale?
:-Io devo farlo-risponde lei, continuando a ribellarsi. –Sono figlia del dio dei ladri, cosa pretendi che faccia? Da te non me lo sarei mai aspettato.
:-Non ho fatto tutta questa fatica, tieni tutta la tua roba in una scatola-ribatto io. –Mi stupisco che i tuoi fratelli non abbiano sgraffignato nulla.
:-Perché mi rispettano!-replica Alex. –E sanno che mi arrabbierei, anche se non c’è nulla di costoso o rimpiazzabile. Comunque, fammi scendere!
:-Io ti faccio scendere, solo se prometti di fare la brava e di andare a parlare con Luke, senza fare storie-le propongo, serio. –Allora, che ne dici?
:-Ok- dice lei, con lo stesso tono che usa una bambina che promette di fare la brava in cambio di qualche caramella. –Lo giuro sullo Stige, andrò a parlare con Luke.
La faccio scendere, e le dico:-Mi bastava anche un giuramento normale.
Lei mi fa la linguaccia e incrocia le braccia. Quando scendiamo, veniamo condotti fino al Campo degli Elisi, ma mi viene vietato di proseguire. Così lei va avanti da sola.
E io aspetto all’entrata, sperando che torni serena.
 
***Alex***
Comincio a camminare tra tutti quei morti che sono stati così meritevoli da essere premiati con l’Elisio. Le loro abitazioni, per la maggior parte vuote, sono delle villette bianche affiancate l’una all’altra. Un leggero profumo di fiori di campo mi stuzzica le narici.
Quando vedo una testa bionda a me fin troppo familiare, quasi scoppio a piangere. Sono io che ho ucciso quella persona, e tutte le altre che sono state coinvolte in quella maledetta guerra.
:-Ciao, Luke- gli chiedo. –Come stai?
:-Ciao-risponde lui, guardandomi solo per un attimo, per poi tornare a camminare.
È incredibile.  Vengo qui da così tanto tempo che ora non ci fa quasi più caso?
:-Come stai, meglio?-ripeto io, apprensiva. –Ti ricordi, ora?
:-Ricordare?-mi guarda, confuso. –Cosa dovrei ricordare?
:-Come si conta-elenco. –Tutto ciò che è successo. Non ricordi nulla?
:-Non capisco cosa dovrei ricordare, signorina.
Signorina. Mi ha chiamata signorina, non Alex.
:-Luke, smettila di scherzare e chiamami per nome-gli ordino, seria. –Non è affatto divertente.
:-Mi dispiace signorina, ma non ho mai avuto il piacere di conoscerti per poter rammentare il suo nome.
Perché parla così, adesso? Perché non ricorda più il mio nome?
:-Finiscila, Luke- ordino, severa. –Dovresti ricordartelo, lo sai.
:-Cosa?-chiede lui, ingenuamente.
:-Me!-urlo, esasperata. –Me! Dovresti ricordarti di me!
Scoppio nuovamente a piangere. È penoso, lo stesso fantasma che un tempo era mio fratello mi guarda con uno sguardo pieno di compassione.
:-Ho saputo solo ora del tuo arrivo-dice una voce maschile alle mie spalle. –Stavo proprio per partire, Alex. Dovevo dirtelo.
Nico di Angelo, con i capelli ancora lunghi e i vestiti da punk, si avvicina a me, e mi posa una mano sulla spalla, come per dire che è dispiaciuto.
:-Perdonami Alex- dice lui, con la voce mesta. –Ho provato di tutto, ne ho parlato anche con mio padre, ma non ho potuto onorare la mia promessa. Non si può fare nulla. Una volta che il processo è iniziato, è irreversibile.
:-Cosa posso fare adesso?-gli chiedo, disperata. –Ora Luke è morto, sul serio. Tenerlo vivo nei miei ricordi non è bastato. Ora non esiste più nemmeno il suo fantasma.  E se non fosse per me, non sarebbe successo. È tutta colpa mia…
:-No, non lo è- dice lui. –Non è tua responsabilità, era scritto nel destino. Anche se tu l’avessi convinto, sarebbe successo comunque, in un modo o nell’altro.
:-Tu dici?-gli chiedo, e lui annuisce.
:-Vieni, devi tornare al Campo, questo non è il tuo posto-dice, conducendomi fino alle porte.
:-E Josh?-chiedo.         
:-Lui è già al Campo, insieme alla Signora O’Leary-mi spiega, paziente. –Non arrabbiarti con lui, sono stato io a chiederglielo. Hai bisogno di stare sola per almeno un minuto.
:-Come faccio a tornare al Campo, allora?-gli chiedo.
:-Ti ci porto io-spiega lui, sorridendo. Continuo a guardarlo, confusa, e Nico, presa la sua spada di Ferro dello Stige, apre una fessura nel terreno.
La guardo, ed esclamo:-E io dovrei saltarci dentro?
Lui annuisce, mentre io arretro di un paio di passi:-Sei sicuro?
Lui annuisce nuovamente, e, chiudendo gli occhi, come se mi stessi tuffando, mi butto dentro la fossa.
E per me è come cadere in un tunnel.
 
Quando riapro gli occhi, sono davanti al confine del Campo Mezzosangue, e  Nico è proprio vicino a me.
:-Grazie, Nico-lo ringrazio, cominciando ad avviarmi verso quella che è effettivamente casa mia.
:-Aspetta, Alex-mi chiama,  indugiando, proprio quando sto per varcare il confine del Campo, e io mi volto verso di lui. –Ascolta. Mio padre non vorrebbe che te lo dicessi, ma…c’è un altro modo.
:-Dimmelo!-lo imploro. –Ti prego, dimmelo!
:-Devi cercare Mnemosine- risponde lui. –Lei è la Musa della memoria. Lei potrebbe aiutarti. Ma stai attenta. Non le piacciono molto i figli degli dei, ed è molto pericolosa.
:-Perché non le piacciamo?-chiedo, confusa. Non sapevo questa cosa, anche perché si parla poco di lei, sia nei miti che nella realtà.
:-Non lo so Alex- risponde nuovamente, scuotendo la testa. –Ma stai attenta. Nessuno sa nulla di lei, nemmeno sul suo aspetto. Potrebbe confonderti.
Annuisco, prima di entrare nel Campo, con un forte moto di gratitudine verso il mio amico tenebroso.

Note dell'autore: Salve, carissimi lettori! Perdonate la mia assenza, ma anche io sono disperata. Oggi ho fatto un funerale.
Eh, si. Il vecchio Henry ha capitolato. Ha letteralmente esalato l'ultimo respiro. Io non posso aggiustarlo, in quanto il danno è troppo grosso per me. Vi assicuro che trovare un altro mezzo provvisorio di pubblicazione in attesa della sua sostituzione è stata un'impresa. Ora vado avanti con un aggeggio babbano ancora più vecchio e lento di Henry.
Comunque, mi sono fatta perdonare abbastanza? Insomma, non per vantarmi, ma mi sono impegnata molto per aggiungere moltissimi dettagli importanti della storia. Su word di questo vecchio aggeggio babbano corrispondono a otto pagine di capitolo, sul mac a dodici (non chiedetemi niente, io riparo i computer, ma non so nulla su questo).
Prima di chiudere, voglio ringraziare daria13g e itsdebbys. Grazie, ragazze! Un bacio!!
 Beh, godetevi il capitolo, e recensite, che mi  fate fare i salti come le foche! Bacioni.
 

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Capitolo 60
*** La profezia della viandante ***


Corro verso la Casa Grande, cercando di essere il più veloce possibile. Quando entro, noto che, stranamente, sono in riunione, il consiglio è stato richiamato. E, cosa davvero strana e insolita, anche Rachel è presente.
:-Chirone-dico, ansimando per la lunga corsa.-Cosa succede?
:-Oh, Alex, giusto in tempo. Ti stavamo aspettando-dice lui, sorridendomi cordialmente, anche se non riesce a nascondere la sua preoccupazione.-Il consiglio non può deliberare senza il capo della casa undici.
:-Certo-dico, sedendomi al mio posto, riflettendo sul fatto che non è la fine del mese, e che quindi, a meno che questa sia un’emergenza, non ha senso quest’anticipo. -Cosa è successo Chirone?
:-Ahimè, cari ragazzi, purtroppo devo comunicarvi che Rachel, la Pizia dell’oracolo di Delfi, ha ricevuto dal dio una previsione. Potresti recitarla, mia cara?
Rachel annuisce, e inizia a recitare i versi con aria solenne:-
 
“Nella notte del mezzo che precede Vulcano nell’afrodisiaco mese
qualcun si ribellerà e gli eroi ne pagheranno tutti le spese
colei che è la regina dei manipolatori mossa dall’ira ritornerà
e così nessuno mai questa lotta per il potere fermerà.
Lei cancellerà ogni singolo momento
e ogni vano sforzo sarà presto spento,
ma la conoscenza dell’Eroe è vitale
poiché già un tempo ha fermato il male.
Solo i sei prescelti dalle Parche potranno attaccare battaglia
tra due nuovi del Sole, uno del mare dei quali una viandante sarà ammiraglia,
e solo se accompagnati dalla saggezza, seguita dalla brava morte e dalla vista potranno fermare
la rabbia di colei che a causa del passato il mondo farà tremare.
Così la vista trafiggerà con l’arma dell’amore
 il traditore che per un sacrificio morirà privo d’onore.
E sol in codesto modo si potrà cancellare senza paura alcuna
l’onta subita dalla sorella della Luna”.
 
:-Quindi, sarebbe questa la profezia?-chiedo io, stupita. -Niente segreti mistici? Niente significati nascosti?
:-Beh, in realtà...-prova a dire Chirone, ma nemmeno lui sa cosa dire. -Rachel, tu cosa ne pensi? Secondo te quando potrebbe avverarsi?
:-Probabilmente, Chirone, si riferisce a questo mese-risponde lei, pensierosa. -Dopotutto, Vulcano è la forma latina di Efesto, e il 23 Agosto vi è una ricorrenza in suo onore, come per Afrodite, che sarà onorata il 19, da qui “afrodisiaco”. E il mezzo di cui parla la profezia potrebbe riferirsi al 21 Agosto, il giorno della Consualia, festa in onore di Conso.
:-Già, hai perfettamente ragione, Rachel, tutto sembra combaciare alla perfezione-dice Chirone, con aria preoccupata e pensierosa. -Ma a chi potrebbe riferirsi?
:-Parla di sei eroi scelti dalle Parche, il destino, in questo caso. Forse si riferisce a qualcuno che ha già avuto a che fare con le profezie, forse non tutti. Si parla di un figlio del dio del mare, e qui entra in gioco Percy. Ovviamente i figli del Sole sono figli di Apollo, e per nuovi intende sicuramente quelli che sono stati riconosciuti per ultimi, sceglieremo più tardi chi mandare. La saggezza si riferisce sicuramente a una figlia di Atena, se l’oracolo avesse voluto intendere un uomo, avrebbe sicuramente usato un termine maschile. La vista...non so, mi lascia stranita. Forse intende la vista dei semidei, che possono vedere tutto ciò che i mortali non percepiscono. Probabilmente la profezia dice che si unirà un altro semidio, ma non dice chi. Ma su una cosa sono sicura: saranno guidati da un discendente di Ermes-dice, lanciandomi uno sguardo. Tutti la imitano, e io deglutisco, a disagio.
:-Beh, che avete da guardare?-chiedo, confusa, finché non capisco i loro pensieri. -Oh, no, no, no, no! Io ho chiuso con questa storia. Non ce la faccio con tutte queste missioni e profezie, piuttosto mi butto da una scogliera di nuovo.
:-La profezia dice “viandante”, Alexandra-mi spiega Chirone, pazientemente. -E tuo padre, Ermes, è il protettore dei viandanti, oltre che dei ladri. E ha detto “una”, non “uno”. Mi pare ovvio che si riferisca a te.
:-Perché proprio io?-chiedo, confusa, arrabbiata e totalmente disperata. -Io non voglio. Sicuramente ci saranno altre figlie di Ermes nel mondo.
:-Ci sono figli-risponde Chirone, sempre in modo paziente. -Non figlie.
:-Cioè, mi staresti dicendo che io sono l’unica figlia di Ermes in tutto il mondo?-chiedo confusa. Non è assolutamente possibile. Ma poi ripenso al biglietto di mio padre: “alla mia unica figlia”.
:-In realtà, Alexandra-comincia Chirone, con la sua aria saggia. -Tu sei l’unica figlia di Ermes che ci sia mai stata. Sei la prima.
:-No!-esclamo. -Non è possibile. Sicuramente ci sarà stata qualcun’altra prima di me. Sappiamo tutti che è impossibile non avere delle figlie femmine in mezzo a tutti i figli che Ermes ha avuto nei secoli!
:-Ma prima la tua nascita non era possibile, Amanda-interviene Signor D. -Prima Ermes non poteva avere figlie femmine.
:-E perché?-chiedo, rivolgendomi di nuovo all’anziano centauro.
:-Prima, Alexandra, avere una figlia ladra significava essere disonorati in uno dei peggiori modi possibili. Era praticamente impossibile trovare una ladra, ad Atene. Le donne erano rinchiuse in casa, e se uscivano senza il permesso del marito, venivano uccise. Le vedevi solo ai funerali e ai matrimoni. Tra l’altro, era possibile che ci fossero uomini ladri, ma donne...inconcepibile. Non era l’epoca giusta. E dato che non vi erano ladre donne, Ermes non poteva avere figlie femmine. Sei potuta nascere solo in questo secolo, dove la donna, almeno nei paesi d’Occidente, è trattata con rispetto pari a quello di un uomo, dove può uscire di casa. Ora le donne ladre sono molte, ma tu sei la prima di queste ad avere sangue divino.
:-Cioè mi state dicendo che io non sono nata nell’antica Grecia ma qui solo per motivi culturali.
:-Certo, Agata-interviene nuovamente il Signor D, annuendo.
:-Il Signor D ha ragione, Alexandra-dice Chirone. -Prima la cultura, in Grecia e anche a Roma, era tutto. Certo, per Roma era importante anche l’espansione territoriale, ma si è basata tutta sulla cultura della Grecia.
:-Oh, mi ricordo benissimo di come era Ermes allora-aggiunge il Signor D, bevendo un sorso della sua Diet Coke. -Era disperato. Diceva di voler crescere una figlia secondo i suoi dogmi. Diceva che sarebbe stata bella, intelligente, fiera, coraggiosa. Andava alla ricerca di donne molto spesso, ma nessuna riusciva mai a dargli una figlia. Ci ha provato anche con le dee, e le ninfe, ma niente. Solo maschi. Nostro padre gli aveva spiegato che avrebbe dovuto aspettare l’epoca in cui le donne avrebbero avuto i diritti massimi, ma lui non è che lo ascoltasse più di tanto. Così ha riempito il mondo di ladri.
Le parole del Signor D, anche se dure, mi entrano nel cuore. Mio padre mi voleva. Non sono un incidente. Sono ciò che ha cercato per tanto tempo.
:-Non sapevo questa cosa, Signor D-dice Chirone, sorprendendo tutti. Il fatto che lui non sappia qualcosa è gravissimo.
:-Oh, certo che non lo sapevi, centauro-dice il Signor D, bevendo un altro sorso della bevanda in lattina. -Zeus e gli altri dei hanno fatto il possibile per non spargere la voce. Oggi potremmo chiamare Ermes “femminista”. A quei tempi desiderare una figlia piuttosto che un figlio non era molto onorevole. I figli erano forti e possenti, aravano i campi, eccetera. Le donne venivano solo usate come espediente nella società, con i matrimoni combinati, e dovevano generare figli. Ermes sarebbe stato considerato troppo strano, e tutti avrebbero smesso di onorare gli dei.
:-Bene-intervengo io, mettendo fine alla discussione. -Mi dispiace solo che dovrete cercarvi un altro figlio di Ermes, perché non ho la minima intenzione di partecipare alla missione. Non sono una brava leader, e l’ultima volta che ho preso parte a una missione dettata da una profezia, ho perso mio fratello.
:-Lo sappiamo, Alexandra, ma non abbiamo scelta. E nemmeno tu-dice Chirone, guardandomi per farmi capire che è dispiaciuto per me.
:-Lo so-mormoro. -Almeno non mi toccherà essere sola.
:-Comunque, non capisco la parte in cui parla dell’eroe. Però sicuramente per traditore intende Luke...
:-Non era un traditore-sibilo, velenosa. -Era un eroe. E questo tu lo sai.
:-Si, ma prima era un traditore...a meno che...ma certo! La profezia parla di un eroe, di un traditore, e vi è anche il verbo “pugnalarsi”! E se non fosse solo una metafora, ma avesse un senso letterale? Luke è morto da eroe, pugnalandosi per impedire a Crono di tornare. Abbiamo bisogno di lui.
:-Non possiamo-rispondo, affranta. -Ha perso la memoria. Non si ricorda più nulla, nemmeno chi è...ne di me.
:-Beh, abbiamo bisogno di lui. Dobbiamo trovare un modo per fargli tornare la memoria-afferma lei, sicura.
:-Un modo ci sarebbe-spiego, un po’ incerta. -Mi è stato detto che Mnemosine potrebbe aiutarlo a ricordare ma...non ho idea di dove sia. Non so nemmeno se sarebbe disponibile ad aiutarci.
:-Effettivamente, perfino io so pochissimo di lei-rammenta Chirone. -Da quanto ne so, Mnemosine, figlia di Urano e Gea, era una delle titanidi, ed ebbe nove figlie da Zeus: le Muse. Secondo alcuni come Diodoro Siculo ella possedeva effettivamente la capacità di far rammentare le cose dimenticate. Negl’Inferi, infatti, scorrono sia il Lete, il fiume della dimenticanza, che il fiume Mnemosine, quello del ricordo. Ma non si sa altro. Ha sempre preferito rimanere nell’ombra, non si è quasi mai vista all’Olimpo, anche se non era contro il piano del fratello Crono.
:-Perfetto. Quindi non abbiamo la minima idea di dove sia!-esclama Rachel, frustrata.
:-Beh...forse-dico io.
:-Perché?-chiede lei.
:-Ecco, è da un po’ di tempo che faccio sempre lo stesso sogno. Sono in una grotta buia e scivolosa. E una voce femminile che parla con un suo...servo. Ma non ho comunque idea di dove sia.
:-Prova ad andare da Clovis, Alexandra, sicuramente lui ti saprà aiutare-mi consiglia saggiamente Chirone.  
:-Certo-annuisco. -Vado subito.
Comincio così a incamminarmi verso la casa di Ipno.
 
Appena entrata, trovo Clovis, come al solito, sul letto a dormire. Non c’è affatto da stupirsi.
:-Clovis!-urlo, e lui cade giù dal letto.
:-Pronto? Che anno è? Chi mi cerca?-chiede lui, confuso.
:-Spno sempre io, Clovis, Alex-rispondo. –Ho bisogno che interpreti un mio sogno.
:-Ok-dice il ragazzo, sbadigliando. –Sdraiati.
Faccio come mi dice, e, dopo qualche secondo, mi trovo subito nelle braccia dolci di Ipno.
 
Sono di nuovo in quella grotta fredda. Ora però sono quasi cosciente. Devo scoprire dove mi trovo, se voglio trovare Mnemosine.
Una voce fredda irrompe, è la stessa che ho sentito anche l’ultima volta.
:-Perché non collabori?-chiede la voce, frustrata. –Un tempo eravamo amiche. Non posso credere che tu non voglia aiutarmi!
:-Non ti aiuterò mai per questo!-ribatte un’altra voce, sempre femminile. –Sai benissimo che stai facendo la cosa sbagliata. E non ti permetterò mai di prendere possesso dell’Olimpo e del potere universale! Quello spetta a Zeus!
:-Quel giovane è ormai surclassato-ribatté la voce dura. –Ora è il mio momento!
Poi, dopo un breve attimo di interruzione, la voce riprende a parlare:-Beh, tu mi aiuterai, che tu lo voglia o no. E stai tranquilla, nessuno verrà a salvarti, nemmeno quello stupido dio che come uno sciocco s’innamorò del proprio  contrario. Questa grotta è talmente profonda da essere vicinissima agl’inferi, e sia i tuoi che i suoi poteri si annullano totalmente, spenti come il fuoco con l’acqua. Ed è perfino la più profonda d’America. Ed è così lontana dal vostro campo per semidei, che quei ragazzini non riusciranno nemmeno ad arrivare a metà strada prima che io abbia attuato il mio piano.
 
:-Allora, hai fatto proprio un sogno bizzarro, Alex-constata Clovis, non appena mi risveglio. –Ma credo di aver capito il luogo in cui è ambientato. Era una grotta molto scura, quindi possiamo escludere le grotte con cristalli luminosi. Sicuramente è profonda, si parla della più profonda dell’America, ma non chiedermi quale sia, mi addormento sempre, e la geografia per me è come un sonnifero. Però…non so dirti di chi siano le voci.
:-Ti ringrazio, Clovis-dico. –Buona dormita.
:-Anche a te, Alex. Ti auguro sogni meno turbolenti in futuro.
 
:-Allora, Alexandra, hai parlato con Clovis-mi chiede gentilmente Chitone al mio ritorno.
:-Si-rispondo. –A quanto pare, dovremo cercare una caverna, la più profonda d’America. Talmente profonda da essere quasi vicina agl’Inferi.
:-Beh, le più profonde sono entrambe in Messico. Sicuramente è quella del Sistema Cheve. I mortali credono che sia profonda all’incirca 1480 metri, ma è molto, molto più profonda, di almeno mille volte. Una spessa cortina di Foschia impedisce ai mortali di scendere di più, ed è un bene. Essendo così vicine agl’Inferi, potrebbero essere molto pericolose. E potrebbero contenere mostri di ogni genere. Nessuno sa cosa ci sia veramente, poiché nessuno le ha mai realmente esplorate.
:-Fantastico. Davvero fantastico.
:-Ora sceglieremo i figli di Apollo che verranno con te, Alexandra. Partirete domani stesso.
:-Certo Chitone-sospiro, desiderando solamente avere, per la prima volta, sorelle femmine.
 
:-Allora, com’è andato il consiglio?-chiede Josh, preoccupato.
:-Bene-rispondo. –Una nuova profezia. Dovrò partire per il Messico alla ricerca di Mnemosine.
:-Volevi dire “dovremo partire”, giusto?-chiede lui. Ma non posso permettere che venga, non stavolta. Se si facesse del male, ne morirei.
:-No-rispondo.-La profezia specifica la sola presenza di semidei, niente mortali. E la profezia è legge. Dura lex sed lex. Tu rimani qui.
:-No-ribatte lui, stringendo i pugni. –Non puoi impedirmi…
:-Oh, si che posso. Sono io il capo della spedizione, e io decido chi portarmi dietro.
:-Ma hai bisogno di protezione. E io ho bisogno di te.
:-Non ho bisogno di protezione. So difendermi, dare pugni, calci e trafiggere i nemici con la spada come se fossero fatti d’acqua. E, credimi, se ti dico che vorrei avere un’altra scelta, ma non c’è. Secondo la profezia, una figlia di Ermes porterà avanti la missione. E io sono l’unica figlia di Ermes che ci sia mai stata. Devo andare.
:-Ma…-prova a dire, ma lo interrompo.
:-No-dico, coricandomi. –Non ho voglia di litigare, oggi.
E detto questo, torno alla Casa Grande per sapere chi è stato scelto tra i figli di Apollo.
Quando entro e chiedo a Chirone una risposta, lui sta per parlare, quando entra Will.
:-Ehi, Alex-dice lui. –Credo che questi siano amici tuoi. Li ho trovati all’interno dei confini, dicono di essere arrivati qui per un pelo.
E fa entrare due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, per la precisione. I capelli castani sono tutti spettinati, i volti sporchi e i corpi coperti di graffi e ferite lievi ma rosse e brucianti.
:-Searel e Ben?-chiedo, confusa. –Che ci fate voi qui?

Nota dell'autore: vi prego non uccidetemi! Per favore! Ho delle ragioni più che valide per giustificarmi, leggetele prima di tagliarmi la testa.
Durante la prima metà di Gennaio, ho avuto un sacco da studiare. Poi ora sono anche senza computer. E ho avuto un'operazione, e mi sono ripresa da poco, e mia madre mi ha permesso di stare davanti al computer un'ora al giorno dalla settimana scorsa.
Comunque, ora, avviso: non ci saranno nuovi capitoli nel periodo dal 10 al 16 Marzo, perché me ne vado in Sicilia con la scuola.
E ora, altre cose: avete visto, eh? Trovo sempre il modo per inserirci Josh, Searel, Ben e tanti guai! La povera Alex dovrà affrontare enormi pericoli. Cosa succederà? Lo sapremo nel prossimo capitolo (he he).
Bacioni, buona lettura e recensite, please.


 

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Capitolo 61
*** I due nuovi soli della Profezia. ***


:-Allora, volete dirmi cosa è successo?-chiedo ai due gemelli, spazientita. So di stare un po’ esagerando, ma sono preoccupata e ansiosa. E, oltretutto, è più di mezzora che provo a chiederglielo senza molti risultati.

:-Siamo stati attaccati-risponde Searel. -A casa. Da quei cosi orribili...con quei becchi lunghissimi, quelle quattro...zampe, ad artiglio...che succhiavano il sangue del bambino che stavo accudendo per una delle vicine...

:-Non ho mai visto un mostro simile, prima d’ora-affermo, per poi guardare Annabeth. 

:-Io credo che si trattassero di Strigi-risponde lei. -Mostri di origine latina. Le loro prede preferite sono i bambini. Avevano l’aspetto di un gufo?

Lei annuisce, e io la fisso a lungo. Ora sta molto meglio. Dopo aver fatto fare a entrambi una doccia, Will è riuscito a metterli in sesto con qualche medicina mortale, ora sta sistemando Ben, che, al momento, a differenza di Searel, è stranamente taciturno. Ma è giusto che non voglia parlare con me, l’ultima volta gli ho spezzato un braccio. 

:-Allora erano proprio gli Strigi-risponde lei. -Si, tutto combacia. Però è bizzarro. Non si fanno vedere spesso. Si limitano a succhiare un po’ di sangue, come le zanzare, e se ne vanno, senza tornare nel luogo precedente per almeno un mese. 

:-E voi li avete visti-continuo io. -Questo può significare solo una cosa...

:-Mi spieghi come avremmo potuto non vederli?-sbotta Ben, parlando per la prima volta. -Erano enormi, grossi davvero quanto dei gufi. E stavano succhiando il sangue del piccolo George come dei vampiri, non delle zanzare.

Il mio sguardo corre veloce su di lui. Will gli sta disinfettando le ferite sulla spalla, ma, a differenza di Ben, che non da alcun segno di fastidio al contatto con l’acqua ossigenata sfrigolante al contatto con le sue ferite rosse per l’infezione, lui digrigna i denti, come a voler trattenere qualcosa. Credo che la sua presenza gli dia fastidio, e non ha tutti i torti. Quando Ben è nervoso, spaventato, o furioso, è veramente insopportabile. Eppure, anche io sono stupita: mai mi aveva parlato con un tono simile. Ma è giustificato: è arrabbiato con me. Un ragazzo, quando una ragazza che gli piace ti spezza il braccio, si ritrova con tre ferite inflitte sulla pelle, doloranti e brucianti: l’amore perduto, la delusione, e la perdita dell’onore. E queste pesano su tutti. Su di lui, e su di me. Il senso di colpa che provo vedendolo è talmente tanto da impedirmi di rispondergli a dovere.

:-Ecco, come posso spiegartelo...Searel, hai presente gli dei greci?-le chiedo, e, vedendola annuire nuovamente, continuo. -Ecco...devi considerarli veri, adesso. 

:-Veri?-chiede lei, confusa. -In che senso?

:-Beh...nel senso che sono veri. Come te, me, e tuo fratello. E...uno di loro è parte della tua famiglia.

:-Non è possibile!-esclama lei, scoppiando in una risata isterica. -E si, magari, a quel punto, potremo dire che esistono anche i folletti, e le fate, e le sirene...

:-Adesso non entriamo nel paranormale e atteniamoci alla realtà, per favore-ribatte Annabeth.

:-Cosa aspetti a risponderci, Alexandra?-chiede Ben, nervoso.

Lancio un sospiro, prima di iniziare a parlare:- Fate, folletti…quella roba non esiste, sono solo frutto della fantasia umana, anche se in tutte le leggende vi è un fondo di verità. Le sirene, le fate e i folletti, non sono altro che delle ninfe scambiate per personaggi fantastici. Anche nella mitologia greca e romana vi è della verità, anzi. Sono forse le storie più vere che ci siano mai state. Quella che i mortali chiamano mitologia è storia. Quelli che vi hanno attaccato non sono altro che mostri archetipi tornati dal Tartaro dopo un lungo periodo di sonno. Non possono essere uccisi, quindi tornano ogni volta che vogliono. Solo i mortali non possono vederli. 

:-Cosa vuoi dire?-mi chiede Searel, confusa. –Non capisco…

:-Perché parli di mortali come se tu non lo fossi?-sbotta il fratello, furioso.

:-Credo che tu glielo debba dire in modo diretto-mi suggerisce Annabeth. –Una botta e via. Un attacco diretto, così che capiscano subito.

:-Io non sono mortale-rispondo, decidendo di adottare la sua tattica. –Non completamente, almeno. E nemmeno voi lo siete. Siamo semidei, figli di una divinità greca o romana e un mortale. In noi scorre metà dell’icore di uno degli dei. Vostro padre era un dio.

Searel e Ben mi guardano, increduli, per poi scoppiare in una risata fragorosa. Io li fisso, stupita. Come possono ridere per una cosa del genere?

:-Credo che siano impazziti-dice Annabeth. –Meglio così. Will, credo sia il caso di terminarli per il loro stesso bene.

:-Annabeth!-la fulmino con lo sguardo. 

:-Scusa-dice lei. –Ma sai che non li sopporto. Soprattutto lui. È peggio di un uccello di stinfalo.

:-Esagerata-ribatto io, ma senza nascondere un sorrisetto divertito. –E voi due, che avete da ridere?

:-Che abbiamo da ridere?-ripete Ben, con gli occhi quasi fuori dalle orbite. –Che abbiamo da ridere? Voi siete pazzi! Siete tutti pazzi! Lo so che c’eravate voi dietro quel…coso, quello Strige, come lo chiamavate voi. Siete dei matti! Soprattutto tu, se ti aspetti che crediamo a una…

:-Adesso basta!-esclama Will, che, fino ad ora, digrignando i denti, aveva trattenuto ogni singolo commento. –Vedi di portare rispetto ad Alex, Annabeth, a me e a tutti gli altri. Non sei altro che un ragazzino viziato che non sa far altro che piagnucolare e lamentarsi se non ottiene ciò che vuole.

:-Basta, Will-lo fermo io. –Ti ringrazio per avermi difesa, ma non serve, è inutile. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E, dopotutto, ha ragione. Ricorda quando noi stessi lo abbiamo scoperto. Tu cosa avresti fatto?

:-Mai ti avrei insultato in quel modo orribile-risponde lui. -Non sei una ragazza che merita di sentirsi parlare in quel modo orribile.

:-Perché non ti ho mai ferito, Will-ribatto io. –Ma Ben non è stato così fortunato.

:-Che parti?-chiede lui, curioso.

:-Braccio e faccia. Parte dei segni che hai medicato sul viso sono miei. 

:-Beh, ti sei data da fare. Quei graffi gli rimarranno per almeno altre due settimane.

:-Hai appena detto una frase a doppio senso, Will-afferma Annabeth, seduta ancora sulla sua sedia. –Vedi di controllarti, se non vuoi che Alex ti spezzi tutte e due le gambe.

:-Annabeth!-la rimprovero, arrossendo come un pomodoro. –Adesso basta.

:-Alex, io mi fido di te, e vorrei crederti-dice Searel, riportandoci al nostro discorso precedente. –Ma come posso senza nemmeno uno straccio di prova?

:-L’avrai stasera, alla cerimonia del falò, quando tuo padre ti riconoscerà- risponde Annabeth. 

:-Riconoscerà?-chiede lei ancora più confusa. 

:-Farà comparire un segno su di te, per farci capire che sei figlia sua-rispondo io. –Mio padre, Ermes, mi riconobbe nel giorno del mio compleanno, dopo aver battuto le ninfe nella corsa. Fece comparire sulla mia testa un caduceo rotante. 

Mai, mai potrei dimenticare quel giorno. E uno dei ricordi che amo di più. Mai avevo visto Luke così contento, dopo gl’incubi.

:-Ok-dice lei, mentre guarda Will che finisce di tamponare la faccia di Ben. Nonostante tutto, credo che continuino ad odiarsi. Will con me a volte si comporta come un fratello protettivo. Spesso mi ricorda Luke. Lui era così felice quando scoprimmo di essere fratelli…

:-Come facciamo a sapere che non ci prendi in giro?-chiede Ben, cambiando totalmente atteggiamento. Credo che le parole di Will lo abbiano colpito, e forse ha un po’ paura che gli passi un tampone avvelenato sulle ferite. Will si alza, prende le sue cose, e se ne va, in silenzio, facendomi segno di chiamarlo nel caso ci fossero problemi. Come vorrei che Will fosse figlio di Ermes invece che solo mio cugino…

:-Annabeth, mi presteresti il tuo pugnale per favore?-le chiedo. Lei me lo passa rivolgendo il manico verso di me, e lo afferro. –Questo pugnale è fatto di bronzo celeste, arma divina. Se fossi un mortale, mi trapasserebbe come se fossi aria, lasciandomi totalmente illesa. Ma non lo sono.

Mi pungo un dito con la punta del pugnale, facendo loro vedere il sangue rosso che esce dal dito:-Solo chi ha sangue immortale nelle vene può essere ferito dal bronzo celeste. Purtroppo, qui al momento non sono presenti dei mortali. Rachel sta parlando con Chirone, e Josh è chiuso nella casa undici, ma vi assicuro che loro rimarrebbero illesi.

:-Quindi Josh è mortale?-chiede Ben, che ha, stranamente, abbandonato il suo tono strafottente. –E sa tutto?

:-Si-rispondo. –Lo è. Ma possiede, proprio come Rachel, il dono della Vista. Può vedere ogni cosa che i mortali normali non vedono. Vedono perfino meglio di noi semidei. La madre di Percy, la mia e  quella di mio fratello possedevano lo stesso dono, ma non…non è andata molto bene.

:-Perché?-chiede Searel, curiosa.

:-Lascia stare-dice Annabeth. –C’è da perderci il cervello. Letteralmente.

Searel deglutisce in silenzio, preoccupata. Annabeth nasconde un sorrisetto che potrebbe anche essere contagioso.

:-Bene. Il mio dovere l’ho fatto. Ora potete solo aspettare che vostro padre si decida  a riconoscervi, anche se…

:-Lo so-continua Annabeth. –Questa è una faccenda piuttosto strana. Dal patto di Percy, ora i figli degli dei vengono riconosciuti prima dei quattordici anni. Forse loro sono un’eccezione perché nati molto prima del patto. Come Nate.

Faccio per uscire, quando sento qualcuno afferrarmi la spalla. Mi giro, e vedo Ben, in piedi, dietro di me.

:-Possiamo parlare?-chiede lui. Che strano. Non è un ordine, ma una richiesta.

:-Si. Vieni con me, conosco un buon posto dove poter parlare-gli dico. Lui mi segue, mentre lo porto fino all’entrata della foresta intorno al confine, fino al torrente.

Appena arriviamo, ci sediamo accanto al piccolo corso d’acqua, io tolgo le scarpe e immergo i piedi nell’acqua.

:-Senti, se è per quello che è successo, ti ho già detto che mi dispiace, e…-provo a dire, ma lui mi blocca.

:-Non è per quello. Dopotutto, è stata colpa mia. Non ho veramente tenuto conto di ciò che sentivi tu…e mi dispiace. Mi sono meritato quella frattura.

:-Allora, se non è per quello, perché mi hai chiesto di parlarmi?-chiedo, confusa. Se non è per quello, non vedo altri motivi.

:-Per scusarmi con te. Per ciò che è successo l’altra volta e oggi, ti chiedo scusa. So di essere…intrattabile. E non voglio perderti. Nonostante ciò che è successo, vorrei che riuscissi ancora  a considerarmi un amico. 

:-Non ho mai smesso di farlo, Ben-rispondo io, ed è vero. Lui è stato uno dei ricordi che mi ha aiutata a superare il mio periodo difficile passato nell’orfanotrofio.
:-Sono contento. Ma mi dispiace di essermi comportato così male con te, prima, ma…è così difficile!

:-Lo so, ci sono passata anch’io-provo a consolarlo. –Ma ci farai l’abitudine presto.

:- C’è una cosa che Searel non sa-mi spiega lui, tenendo le mani incrociate e lo sguardo basso verso il fondale del torrente. –E che non deve mai sapere. Nostra madre…queste cose non le vedeva. Non ha subito l’attacco, ma era a conoscenza dell’esistenza di quelle creature. È stata lei a dirmi di venire qui, molti anni fa, in caso di attacco. Di fuggire, mentre lei sarebbe corsa lontano. Credo che conoscesse la natura di nostro padre.

:-In effetti, è probabile. Ma stai tranquillo, sta sicuramente bene. Tua madre è un tipo forte. Se vuoi, posso controllare. Siamo in presenza d’acqua e non dovrebbe essere difficile usare l’I-phone.

:-L’I-phone? Il cellulare?

:-No, L’Iride-phone-rispondo, sorridendo. –Cerca di fare degli schizzi d’acqua piuttosto grandi.
Lui ubbidisce, e io lancio una dracma in acqua:-Oh, Iride, accetta la mia offerta. Fammi vedere la signora Quimby.

Ben guarda stupito l’immagine di sua madre, addormentata in quello che sembra un letto di uno spizio, riflessa nell’acqua.

:-Te l’avevo detto che stava bene-dico, sorridendo. –Gli dei non scelgono a caso i loro amanti. Se tuo padre l’ha scelta, è perché ha delle qualità importanti. Probabilmente sono la tenacia, e…la sua bravura in cucina. Tuo padre potrebbe essere un goloso di lasagne.

:-Già-dice, scoppiando a ridere, e io lo seguo.

:-Credo però che tu non volevi parlarmi solo della preoccupazione per tua madre-affermo, sicura. Lo sento, c’è qualcosa che mi nasconde.

:-Infatti-risponde lui. –So di non star reagendo bene a questa cosa, ma…credo di aver sempre saputo la verità. Fin da bambino vedevo cose che gli altri non vedevano, ma stavo in silenzio, perché mi avrebbero preso in giro. Ho creduto fino a ieri di essere pazzo. Ora è un sollievo per me sapere che non è così.

:-Non sei pazzo, Ben. Sei solo diverso-ribatto io. –Non te ne devi certo vergognare. Il nostro compito è quello di proteggere i mortali dai mostri. Dovrebbero esserci grati, e, se potessero sapere, lo sarebbero.

:-Lo so, Alex-sussurra lui. –Lo so.

 

***Josh***

 

Non so perché Alex è sempre decisa a proteggermi come una chioccia. Io sono perfettamente in grado di difendermi e di difendere lei. Pensavo di averlo dimostrato nell’ultima missione, quando sono riuscito a salvarla senza morire. 

Perché non si fida di me? Io voglio venire, devo proteggerla, perché solo le Parche sanno in quali guai si caccerà. Ma non ha modo di impedirmi di venire.

Se c’è un’altra cosa che mi da fastidio, è l’arrivo di quei due. In realtà, Searel non mi da fastidio. È suo fratello, Ben-sono-un-viscido-verme-schifoso-rubaragazze, che odio.

Già ha provato a rubarmi Alex una volta, e sicuramente ci riproverà. Lo sento, e lo so. Ben è uno facile da prevedere. Sta solo aspettando un’altra occasione di stallo tra me e lei, così potrà mettersi in mezzo. Solo che ora farà doppia fatica, perché Alex non si fida più di lui. E si, lo ammetto, un po’ ci godo.

Mi chiedo di chi possano essere figli quei due. Escludiamo subito Zeus, Poseidone ed Ade. Sono rimasti Efesto, Dioniso, Apollo, Ermes, e Ares, senza poi contare tutte le altre divinità e i Titani. Beh, di sicuro non sono figli di Ares, ne di Dioniso. Sarebbe già stato qui, se si fosse trattato di un figlio suo. Inoltre, Ares è il dio della guerra, quindi molto scontroso. Ben potrebbe esserlo, ma Searel non perde mai la calma, e non è una ragazza violenta. Sono rimasti Apollo, Efesto ed Ermes. Non so cosa pensare, qui. Ma spero proprio che siano figli di Ermes, così lui dovrà abbandonare l’idea di rubarmi Alex. Effettivamente, è anche il maestro dell’inganno, potrebbe benissimo essere figlio di Ermes.

La realtà? Sono confuso, totalmente. Non so cosa pensare. Ma una cosa la so.

Alex mi sta evitando, e devo scoprire il perché.

 

***Alex***

Ormai è ora di cena, e tutti si stanno dirigendo verso il padiglione con i tavoli da picnic. L’aria della sera, fresca e leggera, è molto piacevole, e solletica la mia attenzione, dandomi un po’ di sollievo dopo una giornata piena di calura estiva.

Mi siedo al mio solito posto, al tavolo della casa undici. Josh, un po’ taciturno, si siede vicino a me. Spero solo che non mi chieda di partecipare alla missione, non saprei come Ben si mette alla mia destra, guardandosi intorno. Anche la sorella fa lo stesso, mentre si siede accanto a lui, timidamente. Si sentono ovviamente confusi, e fuori luogo. Ma faranno presto l’abitudine a tutto questo, e impareranno a considerarla una famiglia allargata, la migliore che ci sia al mondo.

:-Su, non fate quei musi lunghi-dico, sorridendo. –Vi divertirete un sacco qui. 

Searel annuisce, ma non ha il coraggio di alzare lo sguardo dal suo piatto. Lei è una delle persone più timide e meno pragmatiche del pianeta.

Le ninfe, come ogni sera, ci portano dei vassoi strapieni di formaggi, carne alla griglia, pizza e frutta fresca.

Rivolgo ai gemelli un sorriso radioso:-Servitevi, potete prendere tutto ciò che volete. Una volta riempito il piatto, alzatevi.

Vedo Ben riempirsi il piatto di salsicce senza fare troppi complimenti, mentre Searel prende una fetta di pizza e molta frutta. Io invece prendo una bistecca ben cotta, una fetta di formaggio, e della frutta, tra cui dell’uva. La prendo sempre, è uno dei frutti preferiti da mio padre. Lancio uno sguardo a Josh, che ha preso solo una fetta di pizza.

:-Josh, c’è qualche problema?-gli chiedo, apprensiva. Lo so che lo sto evitando perché non mi chieda di venire con me nel viaggio, ma non posso certo ignorarlo per sempre. E non mi piace vederlo infelice.

:-No, tranquilla-risponde lui.

:-Devi mangiare. Oltre al fatto che quella fetta di pizza è minuscola, sei anche un ragazzo, consumi parecchio, e hai bisogno di energie, e i ragazzi mangiano di più rispetto alle ragazze. Oltretutto, tu sei un nanetto in crescita, e come cresci senza mangiare?

Lui ridacchia, per la mia presa in giro, e mi rifila una gomitata leggera, facendo finta di essere offeso.

:-Su, prendi qualcos’altro-lo incito.

:-Non ho molta fame, Alex, sul serio-ribatte lui. 

:-Io non mi alzo finché non vedo riempirti il piatto delle cose che ti piacciono-sbotto io. –E le devi mangiare, tutte quante.

:-Devo proprio?-mi chiede, facendomi la faccia da cucciolo. Mai avrei pensato che l’avrebbe fatta per non essere costretto a mangiare.

:-Si, devi proprio. Non tutto, basta anche una fetta di formaggio o una mela-ribatto io, facendo un ghigno furbetto, decisa ad utilizzare la mia arma segreta, e comincio a sussurrargli all’orecchio. –Sennò ti mollo in tronco e mi sposo con Ben. E sai che lui accetterebbe senza problemi.

Vedo le sue orecchie farsi rosse per la rabbia, e comincia a riempirsi il piatto di cibo.

:-Bravissimo-gli dico, premiandolo con un bacio sulla guancia. –Se vuoi resta qui, noi tre andiamo a fare un sacrificio.

Ben e Searel impallidiscono, e lei mormora:-Non…umani, vero?

Scoppio in una risata:-No, solo di cibarie. Su, venite.

Li conduco fino al braciere del fuoco sacro, e, pensando intensamente a mio padre, getto nel fuoco un grappolo d’uva, una mela e una fetta di formaggio alle noci. Ben invece opta per tre salsicce, e Searel per della frutta.

Torniamo al tavolo, e Josh ha già quasi finito tutto. Le mie parole devono averlo convinto molto.

:-Josh, se non ti va più basta-gli dico. –Stavo solo scherzando, e tu lo sai. Sai che Ben non mi piace, e  che piuttosto andrei con un cactus. Mai mi sposerei con lui.

Lui mi guarda:-Smettila. Non sono un bambino.

:-Lo so che non lo sei-rispondo. –Sono solo preoccupata per te. Non è da te non mangiare, ne…abbuffarsi. Ne essere così taciturno. 

:-Beh, le giornate no non le hai solo tu!-esclama lui. Mi sento gli sguardi di tutti addosso, anche perché è vero. I miei fratelli ci stanno guardando. Ma non mi importa granché. L’importante è cosa sente Josh. E lui è arrabbiato con me.

Si alza, e se ne va, come fosse nulla. 

“Vedi, si è già stancato di te”dice la voce nella mia testa. “Ti odia. Si sta annoiando. Il suo passatempo preferito non è più così divertente. Il suo giocattolo nuovo si sta rompendo”.

“Sta zitta!” le sibilo, e la metto così a tacere.

Sto per alzarmi, quando, dall’altra parte, dal suo tavolo, Annabeth mi fa segno di no. Forse ha ragione, ha bisogno di stare un po’ da solo. Forse sono troppo apprensiva. 

Si, deve essere così.

Nonostante questo, non riesco a toccare il resto del cibo, così sacrifico il resto a mio padre. Spero gli piaccia la bistecca.

Andiamo al falò, e io vado vicino ad Annabeth. Ho bisogno di parlare con lei.

:-Cosa è successo?-mi chiede lei.

:-Non lo so. Mi ha detto che non devo trattarlo come un bambino, che ha i suoi problemi, e se ne è andato.

:-Forse sei troppo apprensiva nei suoi confronti, Alex-dice lei. –Dopotutto, Josh è un ragazzo, e, per quanto ti ami, ha bisogno dei suoi spazi.

:-Sei sicura che sia solo questo?-chiedo, triste. –Insomma, e…se si stesse stancando di me? Se non mi volesse più?

:-Non credo, ci tiene a te. E molto-ribatte lei. –Devi lasciarlo sbollire un po’. Credo che sia arrabbiato perché ti ritiene troppo protettiva. E poi lo stai evitando. Josh è un ragazzo, ma è abbastanza maturo da prendere le sue decisioni. E non credo che abbia digerito ne la tua battuta, ne il fatto che non vuoi integrarlo nella missione.

:-Come hai fatto a sentirla?-le chiedo.

:-L’hanno sentita tutti-dice lei. –Quella non è stata una buona mossa.

:-Volevo solo che mangiasse qualcosa. E che si tirasse su di morale.

:-Josh evidentemente l’ha presa sul serio-risponde lei. –So che tu lo consideri un amico, ma Ben è diventata la sua nemesi. Puoi fare tutto quello che vuoi, ma non cambierà mai. Si odieranno per sempre. E qualunque cosa dirai sul suo conto, anche per scherzo, lo ferirà come un coltello.

Mi rendo conto che ha ragione.
:-Lo so, Annabeth- rispondo. –Però…non so cosa fare.

:-Te l’ho già detto, ha bisogno di stare solo. Non può starti appiccicato per sempre. Evidentemente ha bisogno di un attimo per se stesso.

“Già, un attimo” sibila la voce.

All’improvviso, si sente un urlo di sorpresa, ma stranamente più melodioso. Mi giro verso il luogo da cui proviene la voce, e vedo Searel che, terrorizzata, si guarda la pelle, mentre Ben fa lo stesso, ma con un sorriso di soddisfazione. Entrambi brillano nell’oscurità della notte come lucciole al buio. La loro pelle risplende come la luce.

:-Determinati-mormora, stupita, Annabeth.

Searel, poco lontana da me, mi guarda con uno sguardo spaventato, confuso e interrogativo. Mi avvicino lentamente, ma tenendomi comunque a distanza, e senza parlare. Non è mio dovere ne responsabilità. Non è mio compito spiegare loro cosa è successo, ma del capo della casa di Apollo. 

Will si avvicina ai gemelli:-Sono felice, come capo della casa di Apollo, di darvi il benvenuto, figli del dio del Sole.

Searel deglutisce, e gli chiede, con una voce melodiosa, quasi stesse cantando:-Per quanto continueremo a brillare come dei fari, e a cantare per tutti gli affari? E a rimare come se non ci fosse un domani? Questi fatti sono piuttosto strani.

:-Non lo posso sapere, dipende, il tempo varia di persona in persona. Potreste anche smettere di cantare o parlare in rima, ma continuereste a brillare ancora per un po’, o viceversa. 

:-Ma non possiamo mica andare in giro così, già? Come potremo presentarci in pubblico qui e là?-dice Ben, facendomi quasi scoppiare a ridere. 

:-Dovrete farci l’abitudine, ci siamo passati tutti-dice lui, freddamente, guardandolo fisso negl’occhi, per poi addolcirsi quando rivolge la parola a Searel. -Non è così male. Durerà poco.

:-Will, dovresti dirglielo a questo punto-dice Percy, guardandomi negl’occhi. -Non possiamo nasconderglielo. La partenza è domani.

Will annuisce, per poi rivolgersi ai gemelli:-Mi dispiace che dobbiate andarvene così presto, ma domani stesso dovrete partire, per la Profezia della Viandante.

Ben lo guarda con uno sguardo interrogativo, e così, capisco che non potrà mai spiegarglielo. Non so perché, ma Will lo odia, è più che evidente. Ora sta cercando di mandar giù questo boccone amaro e accettarlo come suo fratello.

:-Dovrete venire con me, Percy e Annabeth, andiamo in Messico-rispondo io, per lui. -La profezia parla dei nuovi di Apollo, e voi siete gli ultimi arrivati. 

Searel mi guarda con uno sguardo pietoso, e scuote la testa. Ha capito, ma non vuole saperlo. Ma non ho scelta.

:-Voi siete i figli di Apollo della Profezia della Viandante.

Nota dell'autore: Salve, salve! Vi sono mancata? Come promesso, non appena sono tornata, mi sono messa al lavoro, subito subito, e, finalmente, un capitolo lungo lungo!!! Sette pagine non sono poche! Spero vi piaccia. Fatemelo sapere con una recenzione. Voglio ringraziare Grety01, una nuova lettrice, benvenuta in questa casa di Matti (hahaha, scherzo) e Kat_Everdeen. Grazie, un bacio! E seguiamo il loro esempio.
Comunque, tornando alla storia: finalmente sappiamo di chi sono figli quei due. Tramavo questa cosa da quando li ho inseriti? Si. Sono malvagia!
Però non mi fido di Ben. Voi che dite, ci riproverà? Quello li è più testardo di un mulo.
E ora Josh è arrabbiato con Alex, perché non lei gli proibisce di partecipare alla missione. Ho paura che stavolta al nostro Joshua non basterà fare la faccia da cucciolo. Alex, però, quella battuta era malvagia, e meschina. Why are you so mean?
Please, Josh, forgive her!!! Perdonala.
Ora vi saluto, buona lettura!
 

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Capitolo 62
*** Addio, Josh. ***


Searel mi guarda, sbigottita. Ben, invece, non sembra averla presa male, anzi: sembra quasi entusiasta di poter partecipare alla missione.
:-No, no!-dice Searel, scuotendo la testa. –Mai! Non voglio!
:-Lo so-risponde Will, comprensivo. –Ma non hai scelta.
:-Sono un faro umano che recita poesie! Come posso passare inosservata?
:-La Foschia, una nebbia speciale che si forma intorno alle creature non mortali, ti nasconderà ai loro occhi.
:-Ma come posso! Non sono addestrata come voi! Davanti ai mostri mi rannicchierei e mi metterei a strillare.
Su questo non so come darle torto. Non è affatto addestrata, e verrebbe uccisa, sicuramente. Ma non ha scelta, è la profezia che lo vuole.
:-Searel, basta-la fermo, fredda. –Mi dispiace, ma non si può dire di no a una Profezia. Domani ci seguirete entrambi, senza discussioni di alcun tipo. Ora andate a dormire, o domani sarete degli stracci per il pavimento del bagno.
E mi volto, andando verso la mia casa sgangherata. È ancora vuota, perché domani sono l’unica della casa undici che si sveglia presto, e quindi non posso andare a dormire tardi.
Solo una persona è li dentro. Josh. Non so se parlargli o no. Annabeth dice che ha bisogno dei suoi spazi…
Lo sai meglio di me che sta cominciando ad odiarti”dice la voce che popola la mia mente da ormai una settimana. “Non puoi farci nulla. L’unica cosa che puoi fare è fargliela pagare. Fargli sentire una freddezza ancora più grande”.
“No”urlo nella mia mente. “Stai zitta! Non ti voglio più sentire!”. E la voce tace, finalmente.
 
***Josh***
 
Non appena mi alzo, capisco di aver fatto un grosso errore. Ma non posso tornare indietro. Mi incammino verso la casa undici. So di aver sbagliato. Alex è davvero molto apprensiva, ma sono stato cattivo con lei, vuole solo il mio bene. Anche se quella battuta non mi è piaciuta per niente.
Mi ha fatto raggelare il sangue nelle vene.
So che lei vuole il mio bene, ma non posso fare a meno di essere arrabbiato. So che probabilmente morirò, ma non mi importa. Voglio solo che lei abbia la possibilità di restare in vita. Altrimenti la mia vita perderebbe il suo significato. Non ho molto per convincerla. Posso solo prometterle di seguire le regole, e fare una faccia da cucciolo bastonato, a cui non resiste mai. Non ho molta scelta. So che è scorretto, ma voglio proteggerla. Devo
 
***Alex***
Entro e prendo il pigiama, in silenzio, senza guardarlo. Non voglio essere indifferente, ma non posso nemmeno invadere i suoi spazi di nuovo. Così mi avvio verso il bagno. Mi faccio una doccia praticamente fredda, per cercare di far scorrere via quel sentore di tristezza e umiliazione che mi ritrovo addosso. Asciugo i capelli gocciolanti con un panno, mi metto il pigiama di flanella, e torno indietro.
E Josh è ancora la, seduto sul suo letto, e non mi parla. Io faccio la stessa cosa. Mi sdraio sotto le coperte con in mano uno dei miei libri preferiti. Dopo un po’, lo vedo lanciarmi uno sguardo incerto, e io rispondo.
:-Alex…-dice lui. –Scusa per il mio scatto di prima.
:-Non ti devi scusare-dico, chiudendo il libro. –Hai ragione, Josh. Non sono tua madre, e non devo costringerti a fare cose che non vuoi fare, ne per dirti cosa devi fare. Basta così.
:-Ma io ho esagerato-risponde lui.
:-Smettila-rispondo io. –Basta. Mi fai solo sentire troppo apprensiva. Sembro una chioccia in pena per il pulcino. Mi dispiace, è solo che tu sei così…innocente, Josh. Non voglio che il mio mondo ti cambi, non voglio dargli una possibilità di corrompere la tua purezza d’animo.
:-Quindi sarebbe per questo che non mi lasci venire con te nella missione?-chiede lui, sarcastico. –Per la mia purezza d’animo.
:-No-ribatto. –Per lo stesso motivo per cui tu insisti tanto a venire. Per proteggerti. Io sono addestrata, Josh, morire per l’Olimpo è mio dovere, non tuo. E questa non è una missione di recupero, c’è la profezia. La probabilità di ritorno è quasi del tutto inesistente. Una volta sono partiti in cinque, e sono tornati in due. Josh, è troppo pericoloso. Ci saranno maree di mostri sulle nostre tracce, chissà quanti pericoli…no, non puoi venire.
:-Sei sicura? Io sono, dopotutto, l’unico con la vista. L’uno per cento. L’hai detto tu.
:-Lo so, ma…-mi impappino. Perché non capisce che sto cercando di salvargli la vita?
:-Lo sai benissimo che posso chiedere ad Annabeth, a Chirone o…-prova a dire, ma lo fermo.
:-No, Josh, il capo della missione sono io, è stata affidata a me. La mia prima vera missione come leader. E decido io chi portarmi dietro.
:-Per favore!-dice, piazzandosi davanti ai miei occhi con una delle sue facce da cucciolo superadorabili.
Non so perché, ma, per una volta, resisto. Non ho alcuna intenzione di permettergli di seguirmi. Ma se continuo così, mi seguirà all’infinito. Non posso permetterglielo. Non ho scelta, devo mentirgli.
:-E va bene!-sbotto, irritata, fingendo di soccombere ai suoi occhi cucciolosi. –Ma farai tutto ciò che dirò io. La partenza è alle otto e mezza, di domani mattina.
Lui annuisce, contento. Lo invito con uno sguardo ad andare a dormire. Non pensavo che sarebbe stato così facile ingannarlo. Sono contenta, perché significa che si fida di me. Però dopo non lo farà più, lo so per certo. Aspetto l’arrivo dei miei fratelli, che si addormentano come sassi. Poi mi alzo, e, dopo essermi assicurata che Josh dorme sul serio, faccio ciò che devo fare. Prendo una delle corde da sotto il mio letto e comincio a legargli i polsi e le caviglie al letto con dei nodi più stretti possibili.
 
 
Sono di nuovo dentro quella grotta scivolosa e buia. Mi aggrappo alla parete umida e fredda con le mani, per non cadere, perché anche con la vista da semidea non riesco a vedere nemmeno il mio naso, solo il mio fiato caldo che si trasforma in una nuvoletta visibile di vapore a contatto con il gelo della grotta. Si sente, all’improvviso, il rumore di qualcosa di metallico che sbatte.
:-Sei una sciocca se speri che quei ragazzini mandino all’aria il mio piano, studiato per più di sei secoli-dice la voce fredda e femminile che mi scombussola anche la mente.
:-Sai che non smetterò mai di sperare. Sperare significa smettere di aver fede negli dei. E mai smetterò di aver fede-risponde con calma la voce melodiosa di una donna.
:-Perché no?-sbotta l’altra voce. –Guarda, nessuno, a parte quei piccoli bastardi, ti sta cercando. Gli dei ti hanno abbandonata. E il mio servo è riuscito a trovare un modo per spiarli! Presto dovrai soccombere!
:-Mai lo farò. Non smetterò mai di aver fiducia negli dei. E finché c’è speranza, c’è fede.
:-Abbi pure fede-risponde lei. –Ma presto verrà corrotta. Lo sai che questo posto corrompe gli animi. E presto la tua bianca purezza si trasformerà nel torbido liquido della confusione.
 
Mi sveglio di soprassalto. Controllo l’orario, sono quasi le sette. Sono in ritardo! E devo partire praticamente subito! I miei fratelli, stranamente, non ci sono. Si saranno svegliati presto per allenarsi in vista di questi tempi bui.
Prendo l’unico paio di jeans che non ho fatto mettere nella sacca da viaggio e la maglietta del Campo. Prendo di fretta il cellulare, messo appositamente in carica con il caricabatterie, e il mio portafogli contenente un po’ di dollari mortali e dracme.
Lancio uno sguardo a Josh. È come un gatto, potresti spostarlo dove ti pare, e continuerebbe a dormire. Non si è ancora accorto di essere legato e imbavagliato come un salame. Nemmeno i miei fratelli devono essersene accorti, perché l’ho coperto perfino in faccia con la coperta.
Mi avvicino, e gli poso le labbra sulla fronte, scompigliandogli i capelli con una mano.
:-Addio-è il sussurro che esce dalle mie labbra. Perché è giusto. Perché sicuramente non lo vedrò mai più.
 
***Josh***
Mi sveglio di soprassalto, sentendo il rumore della sveglia. Sono le otto e mezza. Mi guardo intorno, ma non c’è nessuno. Provo a dire qualcosa, e non ci riesco. Provo a muovermi, ma sono bloccato. Alex, sicuramente è stata lei a legarmi i polsi e le caviglie agli angoli del letto.
E il suo nome è quello che la mia mente urla, perché non potrò proteggerla.
 
***Alex***
 
Corro verso il punto d’incontro stabilito, dove Argo ci scorterà con il suo pullmino fino all’esterno del Campo.
:-Alex, sei in ritardo di ben tre minuti-mi fa notare Percy, scherzoso.
:-Lo so, mi dispiace-rispondo. –Ho avuto…problemi tecnici.
Già. Controllare che Josh fosse ben legato.
:-Bene-risponde lui. Gli altri sono già dentro. Andiamo?
Annuisco, pensando solo che se riuscirò nella missione, Josh e il resto del mondo potrebbero essere finalmente relativamente al sicuro.


Nota dell'autore: Salve, salve! Vi prego, non uccidetemi! So di essere in ritardo ma, ho avuto molto da fare. A scuola  i miei insegnanti stanno dando di matto e ci riempiono di compiti! Ho avuto un po' di tempo libero solo ieri e oggi, e ieri sono andata al Romics di Roma con un cartello con scritto "Free Hugs". Ho abbracciato anche lo Slenderman, e io ho paura di lui!! Abbiate pietà! 
Cmq, voglio ringraziare tutti i recensori, in particolare Ruki_Hachiko che è stata molto gentile e mi ha riscaldato il cuore con le sue parole. Ringrazio calorosamente anche Grety01 e daria13g.
Cmq, visto? Alex ha dei piani stravaganti, ma...ha sempre un piano. Cosa farà Josh? Chi è il nemico? Dov'è Mnemosine? Lo saprete presto, xò recensite. ;)
Baci, da irispaper29.

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Capitolo 63
*** Fuga a cavallo di pegaso. ***


***Josh***

 

Fantastico. La mia ragazza semidea dalla velocità sorprendente e dagl’occhi luminosi mi ha legato al letto con delle corde per evitare di seguirla in una missione suicida. Fantastico, una situazione proprio da tutti i giorni. Chi non viene ancorato al proprio letto dalla propria fidanzata almeno una volta nella vita?

Cavolo, sono nervoso. Solo quando sono nervoso faccio così tanto sarcasmo. Lo so che non dovrei, ma è più forte di me. Insomma, la mia ragazza ha perso la ragione. Dice che vuole proteggermi, ma non può incatenarmi!

Ok, Josh, calmati, calmati. Ora arriverà qualcuno e...e Alex potrebbe essere già morta. No, devo fare qualcosa. Ma cosa? Mi ha perfino imbavagliato. Almeno, però, posso girare la testa, anche se non è piacevole, poiché gli altri arti legati al letto sono troppo tesi dalle corde.

Giro la testa verso la finestra, intrisa dai luminosi raggi di sole. Non so cosa fare. Alex è un genio, purtroppo; è stata furba, troppo furba. Non ho la minima possibilità di slegarmi, e quando qualcuno verrà a cercarmi, sarà troppo tardi per poterla raggiungere, e lei potrebbe essere in pericolo già adesso.

Rigiro il viso verso il soffitto, e sento all’improvviso una fitta dolorosa alla mascella. Il bavaglio con cui Alex mi ha legato la bocca si è impigliato a uno dei bottoni della camicia del pigiama.

La mia salvezza. La mia unica possibilità, finalmente! Scommetto che questo Alex non lo aveva previsto.

Comincio a tirare verso il basso con il mento, per sfilare quel bavaglio che mi sta soffocando.

 

***Alex***

 

Percy mi fa un segno per farmi sapere che abbiamo superato definitivamente il confine, e fra poco dovremo scendere. Non mi sono accorta ne del tempo che passava ne dei luoghi che attraversavamo. Ero troppo presa da Josh. Sicuramente si è svegliato, ormai. E so per certo che non riuscirà a slegare i lacci, sono strettissimi. Oltretutto, l’ho anche imbavagliato. Se mai si libererà, da solo o con l’aiuto di qualcuno, sarà troppo tardi perché possa seguirmi. E non potrà certo slegarsi da solo, nemmeno con i denti, dato che l’ho imbavagliato. Spero solo di non averlo letteralmente soffocato, anche se, quando sono uscita, respirava ancora.

E spero che nel frattempo non gli sia successo nulla.

 

***Josh***

 

Dopo molti sforzi, un dolore immane al mento e molto tempo, riesco finalmente a sfilarmi di dosso quel bavaglio odioso. Poi giro la testa verso i legacci che mi incatenano a letto. Sono riuscito a togliermi il bavaglio, ma non so proprio come fare ora. C’è solo una soluzione, molto, molto scomoda. Mi sporgo il più possibile con la testa verso la mia mano destra e, dopo molti tentativi, riesco ad addentare la corda. La mia lingua brucia a contatto con il laccio, ma cerco di ignorare il dolore. Comincio a tirare con i denti verso il verso opposto.

Alex, se pensavi di mollarmi qui come un allocco ti sbagliavi di grosso. Non ti permetterò di morire senza far nulla.

 

***Alex***

 

:-Alex, dobbiamo scendere-dice Annabeth, risvegliandomi dal mio torpore.

:-Si, arrivo-dico, prendendo la sacca da viaggio e alzandomi.

Una volta arrivati a destinazione, abbiamo preso un treno fino in Virginia. Sono contenta di essermi portato Viaggio al Centro della Terra, il mio libro preferito in assoluto. Il viaggio verso Messico sarà lungo, e questa potrebbe essere l’ultimo della mia vita. Voglio leggerlo un’ultima volta. So di sembrare esagerata, ma, è così, che succede, con una profezia. Le profezie si portano dietro almeno un morto. E questo potrebbe essere uno di noi.

A volte desidero che Percy non tanti abbia problemi con il volo. Vorrei che accadesse più in fretta, perché so già che sarò io a morire. E raggiungerò Luke, finalmente. Percy e Annabeth non potranno fare niente.

Sono così contenta di aver impedito a Josh di seguirmi. E, anche se mi odierà a morte, lui vivrà.

 

***Josh***

 

Dopo tantissimi sforzi, riesco a slegarmi la mano. Mi brucia la lingua, ma ignoro il dolore.

Uso la mano libera per slacciare gli altri nodi. Una volta libero, mi massaggio il polso sinistro, più stretto degl’altri. Un segno rosso lo percorre.

Dopo un minuto concessomi per riprendermi, mi alzo. Devo trovare il modo per raggiungere Alex. Ho solo tre vantaggi: so per certo che con Percy non potranno prendere l’aereo. So dove sono diretti, quindi potrei precederli. E Alex non sa che mi sono liberato. Probabilmente mi crede ancora imbavagliato e incatenato al letto.

Solo una cosa: come supero i confini del Campo? Non ho mezzi di trasporto, e non posso chiamare un taxi, ci metterebbe troppo.

Poi ricordo di ciò che una volta mi è stato detto. Percy una volta mi ha mostrato Blackjack, uno dei suoi cavalli alati. Insomma, hanno le ali. Non so parlare con loro, ma potrei scroccare un passaggio.

Non ho altra scelta. Devo prendere un cavallo e anticipare Alex, e aspettarla alla grotta.

A meno che...

Alex una volta mi ha mostrato come evocare un arcobaleno e chiedere aiuto ad Iris, ma non so se funziona anche con i mortali.

Ho bisogno disperatamente di una sorgente d’acqua. La più vicina sarebbe il torrente, ma ci metterei troppo a raggiungerlo. Però Percy è figlio di Poseidone. Avrà sicuramente dell’acqua nella casa numero tre.

Corro di gran carriera verso la casa tre, portandomi dietro solo cellulare e portafogli.

Entro nella stupefacente costruzione che sembra essere stata fatta con rocce provenienti direttamente dal profondo dell’oceano.

Sono molto, molto fortunato. Effettivamente, c’è una fontanella qui dentro, adatta allo scopo. Ci lancio dentro una dracma che ho trovato e chiedo aiuto alla dea Iris, chiedendole di poter vedere Alex.

E, al contrario di come mi aspettavo, la vedo, accanto ad Annabeth, Percy, e ai due fratelli lanterna, nel vero senso della parola: splendono come lucciole al buio. Sono davanti a un treno, stanno scendendo. Loro non mi hanno notato, ma stanno parlando animatamente.

:-E ora che treno prendiamo?-chiede Searel ad Annabeth.

:-Un altro treno di questa stazione per l’Alabama ,e poi uno per il Texas e alla fine per il Messico.

 Socchiudo gli occhi, per cercare di leggere la scritta sul fianco: Norfolk, una delle più famose stazioni ferroviare della Virginia.

Esco immediatamente dalla casa e corro verso la stalla. Vorrei prendere Blackjack, ma non sono sicuro che sarebbe così disposto ad accompagnarmi. A meno che…

:-Ciao, Blackjack-dico, avvicinandomi a lui. È molto bello, con il manto nero.

Il cavallo nitrisce, ma non so se per rabbia o saluto. Probabilmente la prima.

:-Senti, Blackjack, io non parlo la tua lingua, e lo sai. Ma Percy sostiene che noi non possiamo capire voi ma voi potete capire noi. Hai presente Alex, l’amica di Annabeth e Percy? Se capisci, batti due volte lo zoccolo.

Blackjack batte lo zoccolo proprio come gli ho chiesto, segno che mi ha capito.

:-Lei è in pericolo, e devo salvarla. Non posso permettere che muoia. Ma ora è in Virginia, e sicuramente prenderà entro poco un altro treno. Potresti portar mici? Per favore!

Blackjack nitrisce nuovamente, spazientito. Poi mi si avvicina, battendo nuovamente gli zoccoli.

:-Grazie, amico-dico, montandogli in groppa.

E così comincia a prendere il volo.
Alex, sto arrivando. E tu non mi potrai certo fermare.

Note dell'autore: Ciao, salve a tutti! Allora, Grety01, 
Ruki_Hachiko e daria13, grazie per le vostre recensioni!!!! Un bacio. Cmq, ve lo avevo promesso che mi sarei messa subito al lavoro.
Alex, per la prima volta, ha meno punti di vista, e meno punti importanti, mi sono concentrata, per una volta, sul nostro amato Joshua, che è davvero un gran ribelle! I love you Josh! Marry me!!!! <3
Cmq, ora vado a nanna. Un bacio, buona lettura, buona notte, e continuate a recensire, please.

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Capitolo 64
*** Fuoco di Basilisco. ***


***Alex***

 

Sto leggendo nuovamente Viaggio al centro della terra. Stranamente, non si sono ancora verificati attacchi da parte di mostri. Il viaggio è stato stranamente rilassante.

Lancio uno sguardo veloce ad Annabeth e a Percy. Lei sta leggendo una rivista scientifica, lui i fumetti di Spiderman, ma solo una cosa li tiene uniti: le loro mani, unite, intrecciate fra loro, in un abbraccio d’amore.

Sento la nostalgia di Josh. Mi manca vederlo sorridere, con il suo sorriso smagliante  e la sua mascella enorme. Mi mancano i suoi occhi verdi, il suo odore di buono, di pulito. Il suo odore di innocenza. Il suo sguardo puro. Mi manca tutto di lui.

Però sono felice che non sia qui. Sono felice di averlo lasciato al Campo legato e imbavagliato come un salame. Anche se non siamo stati ancora attaccati, potrebbe succedere da un momento all’altro. E lui sarebbe in pericolo. E io morirei se si facesse del male, se gli succedesse qualcosa. Meglio io che lui.

All’improvviso, sento qualcosa di viscido serpeggiare sul mio braccio. Vi volgo lo sguardo, e trattengo a fatica un urlo. È un serpente, piuttosto piccolo in realtà. Non voglio guardarlo negl’occhi. Non devo guardarlo negl’occhi.

:-Annabeth, Percy-li chiamo, senza alzare di molto la voce.

:-Cosa c’è, Alex?-mi chiede Percy.

:-Il mio braccio…-gli dico, indicando con uno sguardo impaurito il serpente.

:-E allora?-dice lui. –Non è altro che un serpentello. Da quando hai paura di loro?

:-Da mai-rispondo io. –Ma questo non è un serpente, Percy. Non guardarlo negl’occhi.

Il suo sguardo si accende improvvisamente di terrore. Ed è un terrore ben giustificato. Il serpente che striscia sul mio braccio non è altri che un Basilisco, serpente piccolo ma pericolosissimo: il suo veleno, per cui non vi è cura, è letale e gli occhi ti uccidono con lo sguardo, facendoti diventare di pietra o bruciare come legna sul fuoco. Sono così fortunata: non mi ha ancora morsa. Sono contenta che Josh non sia qui: se l’avesse morso, cos’avrei fatto io?

Prende lentamente lo stiletto, e lo trancia in un attimo. Lancio un sospiro di sollievo, ma Annabeth mi blocca.

:-Non canterei vittoria, se fossi in te-dice lei, guardandomi con quel suo sguardo intelligente, e indica un punto sul pavimento, tracciato da una sostanza trasparente come acqua ma viscida come bava. –Chissà da dov’è venuto, e se ce ne sono altri. Dobbiamo trovarli e ucciderli, lo sai.

Già, lo so. Come vorrei avere nelle vene del sangue mortale.

Prendo la mia Protezione dallo zaino, mentre lei tira fuori il suo stiletto, e Percy Vortice. Sta per svegliare i due gemelli, che si sono addormentati, ma io glielo impedisco: sono inesperti, e si farebbero solo del male.

Cominciamo a seguire la scia, che ci porta fino al bagno del treno. Che schifo, quel serpente è salito su dallo scarico!

Magari fosse la notizia peggiore, ma invece è quella migliore: una scia di bava più grossa dell’altra porta direttamente nel magazzino dei bagagli più grandi.

Lo seguiamo, e quando Percy apre la porta, trattengo un urlo terrorizzato. I Basilischi possono apparire in due forme. La prima è quella di serpente dall’aria innocua, ma dal veleno letale. La seconda, invece, è molto bizzarra, per non dire assurda e disgustosa.

Secondo i miti, il Basilisco è frutto di un uovo di gallina covato da un rospo. Nulla di più vero, probabilmente. Il Basilisco che ho davanti a me è enorme, ha la metà inferiore di serpente, e la testa e le ali di un gallo. Un gallo sputafuoco.

:-Oh, miei dei, ora si che ci lasciamo le penne-dice Annabeth.

:-Annabeth, che stupido gioco di parole-sibilo. Non mi pare proprio il momento.
:-Non era mia intenzione-risponde lei.

Cerchiamo di non fare troppo rumore, e non prendiamo le nostre armi di bronzo celeste, che lo farebbero solo arrabbiare.

Ma è inutile, dopo poco ci vede. Ed è ora che comincia a sputare fuoco dal becco.

Percy prova a schivarlo, ma non ci riesce, e la fiammata lo prende sul braccio, ustionandolo. Lui lancia un urlo di dolore.

Annabeth volta lo sguardo verso di lui, abbassando la guardia. Fissa Percy, con gli occhi sgranati, sia per il terrore che per la paura di perderlo. Ed è allora che quel mostro tenta di attaccarla. Non in modo diretto. Vuole guardarla. Vuole pietrificarla. E so che non farà mai in tempo a chiudere gli occhi o a spostare lo sguardo, il Basilisco è troppo veloce.

Ed è così che, senza pensarci, mi metto davanti a lei, guardandola, in modo che il Basilisco non mi possa pietrificare. Però, purtroppo, non riesco ad evitare un’altra sua fiammata, che mi prende sulla schiena. Lancio anche io un urlo. Non è fuoco normale, brucia molto di più. La mia pelle cadrà nel giro di pochi secondi, morirò carbonizzata. Mi getto per terra e mi rotolo, per spegnerlo. Anche dopo averlo spento, però, il dolore e il bruciore persistono. Deve essere velenoso. Non guarirò. Morirò presto. Raggiungerò Luke.

Ormai è rimasta solo Annabeth, e lei non è in se. Percy è svenuto per terra per il dolore al braccio, e lei lo ha raggiunto. Le lancio uno sguardo: è disperata.

Sono così contenta che Josh sia al sicuro, al Campo.

Ormai nessuno di noi potrà fare nulla. Moriremo. Almeno Searel e Ben si salveranno. Josh vivrà. Io morirò, e finalmente rivedrò mio fratello, e mia madre, anche se Luke non ha più ricordi di me. E sarò serena.

All’improvviso si sente uno stridio, come il gesso sulla lavagna, graffiante.

Cerco con gli occhi la provenienza del suono che mi ha fatto salire i brividi alla schiena e il dolore alla testa.

Il Basilisco cade a terra, morto, con la testa mozzata. Ben ha in mano la spada che gli avevamo procurato al Campo, e Searel sta soccorrendo Percy è Annabeth.

Sono salvi, sono salvi anche loro.

Sono contenta. Il fuoco fa male, e brucia, ma presto finirà. Lo so. Presto sarà tutto finito. E non soffrirò più.

 

Sono di nuovo in quella caverna buia. Probabilmente il mio cervello sta avendo delle allucinazioni. Forse si vedono i propri ricordi quando si muore.

Mi alzo in piedi, e mi appoggio alla parete viscida e fredda della grotta gelida. Continuo a camminare, fino a che non mi fermo, terrorizzata dalla voce femminile che è nei miei incubi e mi confonde la mente, graffiante, fredda, calcolatrice.

:-Perché mi fai questo?-le chiede lei.

:-Potrei porti la stessa domanda-risponde una voce femminile, ma melodiosa.

:-Eravamo amiche un tempo. È anche grazie a me che hai avuto il tuo incarico!

:-Lo so-risponde la voce. –Ricordo bene le tue parole nella lettera che scrissi tu stessa a Zeus. Ma non posso segurti.

:-Ormai la tua fede è priva di senso. Lo sai, che nemmeno lui ti salverà. Seguimi! Sull’Olimpo nessuno ha notato la tua assenza. A nessuno a parte me importa di te. E lui non ti salverà!

:-Non mi importa. La vita dell’Olimpo è più importante della mia. Non mi importa se dovrò perdere la vita, per fermarti.

:-Davvero tu speravi di morire?-chiede la donna, ridendo, sprezzante. –No, non morirai. Soffrirai e patirai le pene degl’Inferi, ma rimarrai viva, privata della tua energia, che io userò contro gli dei. Pur non volendo, sarai fedele alla causa.

:-No! Non puoi farlo!-risponde la donna dalla voce angelica. –Non puoi! Come puoi voler distruggere la tua famiglia!

:-Ormai per te, figlia della Luna, è troppo tardi. Hai rifiutato un’offerta vantaggiosa, e ora soffrirai. E nessuno, nemmeno lui, verrà a salvarti.

 

Sento una luce fastidiosa che mi fa socchiudere gli occhi, di un bianco accecante. Sono finalmente negli Elisi?

Sento una voce che mi chiama. È una voce femminile, squillante. Non è quella di Annabeth. La gola mi va a fuoco. Tossisco nel tentativo di alleviare il bruciore.

:-Oh, grazie al cielo, sei viva!-esclama la voce femminile. –Ragazzi, è viva!

Cerco di aprire gli occhi, ma mi bruciano. Mi brucia tutto il corpo. Mi fa tremendamente male la schiena.

:-Si vede che sei figlia di Apollo-dice una voce maschile, quella di Percy. –Sei un ottima guaritrice.

:-Cosa…cosa è successo?-chiedo, con la voce roca, la gola dolorante.

:-Beh…il Basilisco ti ha preso con una fiammata, e…hai preso fuoco. Ma ora stai benone-risponde Searel, balbettando. –Sono riuscita anche a farti ricrescere tutti i capelli e le sopracciglia.

:-Perché…perché mi hai salvata?-gli chiedo, furiosa, interrotta da attacchi di tosse. –Non…non avresti…dovuto.

Cerco di aprire nuovamente gli occhi, e finalmente vedo qualcosa. Searel sta guardando Annabeth in modo interrogativo e confuso.

:-Lasciala perdere, ha le manie suicide-le dice Annabeth. –Passerà.

:-Riesce ad aprire gli occhi?-chiede una voce maschile. Quella di Josh. Josh! Cosa ci fa qui?

Apro ancora gli occhi, ignorando il dolore. Non è lui, è Ben. Eppure, per un momento, mi è sembrato che lui fosse qui. Sono pazza. Perfetto.

:-Grazie agli dei stai bene!-esclama lui. Sento le sue braccia che mi cingono, ma vorrei solo staccarmele di dosso: la pressione aumenta il bruciore.

:-Riesci a muoverti?-chiede lui, apprensivo.

Provo a sollevare la schiena, ma non ci riesco. Brucia in modo insopportabile.

:-Lasciala stare, Ben, le fa ancora male, non lo vedi?-lo rimprovera Searel, per poi rivolgersi di nuovo a me. –Tranquilla, tra poco dovrebbe finire di fare effetto l’ambrosia, e il dolore dovrebbe svanire.

:-Annabeth-la chiamo. –Dove siamo?

:-Ancora sul treno, nessuno ha notato nulla, grazie alla Foschia. Pensano solo che hai avuto un brutto calo di zuccheri. Tranquilla, tra pochi minuti dovremo scendere.

Cerco di annuire, ma la testa mi fa troppo male.

:-Noi tre andiamo a vedere se qualcuno ha notato qualcosa di strano, rimarrà Percy con te, e cerca di dormire-si raccomanda Ben.

:-Percy, come ha fatto Searel a guarirmi?-chiedo, curiosa. Searel è inesperta di ferite inflitte da mostri mitologici.

:-Annabeth ha usato l’I-phone per contattare Will e chiedergli istruzioni-risponde lui. –Era sconvolto. Continuava a dire che sei troppo spericolata, e che vai incontro a troppi pericoli con troppa leggerezza. Ci abbiamo messo una vita per calmarlo.

:-Ah, ecco…-mormoro. –Senti, ma è vero che…avevo perso i capelli?

:-Beh…si. E anche le sopracciglia, eri calva. Però Searel è stata formidabile, la tua pelle non ha quasi il minimo segno delle scottature. La pelle sta reagendo bene, e ora hai di nuovo tutti i capelli.

:-Oh…-sussurro. Non so cosa avrei fatto se avessi perso i capelli. Va bene la morte, ma i capelli…non li ho mai nemmeno tagliati.

:-Cerca di riposare-mi dice Percy, anche lui preoccupato –Il veleno del fuoco di Basilisco è bello tosto. Un altro po’ di tempo, e saresti morta bruciata.

:-E tu?-chiedo. Anche lui è stato colpito, ma mi sembra sano come un pesce. Ah, i giochi di parole!

:-Sono stato colpito solo di striscio, c’è voluto poco per guarirmi-risponde lui, stringendomi la mano. –Sto bene, tranquilla. E grazie, per Annabeth.

:-Non l’avrei mai lasciata morire-rispondo, ignorando ancora il dolore alla gola.

:-Tranquilla, non ti affaticare. Tra poco starai meglio-mi dice. Gli voglio un bene dell’anima. La sua preoccupazione mi fa salire le lacrime agl’occhi.

:-Shh-mi dice, spostandomi i capelli, un gesto affettivo da parte di quello che ormai è mio fratello. –Passerà presto, tra poco il dolore finirà.

:-Non  è il dolore-rispondo io. –Solo che…sono contenta che tu mi voglia bene.

:-E come non potrei, sorellina?-dice lui, in tono scherzoso.

:-Sai che faccio pensieri assurdi quando mi ammalo, fratellino-ribatto io. La gola mi fa ancora male, ma almeno non ho più attacchi di tosse.

:-Ora basta, devi riposare-mi rimprovera.

Chiudo gli occhi, e cerco di addormentami, ma non ci riesco. Così rimango appoggiata al sedile, con gli occhi chiusi, e, senza badare agli altri, appena tornati dalla loro perlustrazione, penso a cosa starà facendo in questo momento Josh. Sarà sicuramente furioso.

Dopo poco Percy mi avverte del fatto che dobbiamo scendere dal treno. Mi alzo con un po’ di fatica, ma sto molto meglio: il bruciore è diminuito parecchio.

Ci incamminiamo tutti insieme, in silenzio, fino all’uscita. Dobbiamo andare in un’altra stazione.

Ed è allora che lo vedo. Non ci posso credere. Mi bruciano gli occhi per le lacrime. Pensavo di avercela fatta. L’avevo legato! Come può essere qui? Proprio ora, dopo un pericolo simile? E come ha fatto a raggiungerci?

:-Josh-dico, guardandolo, stupita. –Cosa ci fai qui?

Note dell'autore: Salve, amori miei! Buone vacanze di Pasqua!!!!! Un bacio a tutti, mangiate tante uova di cioccolata!
Allora, questo è un capitolo di passaggio, e la nostra Alex si è già ferita. Ci tengo a precisare che ogni informazione che ottengo sul mondo greco è vera, frutto di molte ricerche. Però, viva le vacanze! Così posso scrivere!!!
Allora, prima che pensiate male di Percy e Will: sono dei "fratelli" di Alex. Percy è stracotto di Annabeth. Will non lo so, ma non è innamorato di Alex. Va bene che è bella, ma esagererei un po'!!!!
Ringrazio nuovamente Ruki_Hachiko, Grety01 e Daria13g, mie fedelissime lettrici, grazie per le vostre bellissime recensioni che mi scaldano il cuore e mi illuminano d'immenso anche nei giorni più bui e tristi.
Un bacio, e buona lettura!!!!

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Capitolo 65
*** Il potere della vista. ***


:-Josh, cosa ci fai qui?-gli chiedo, confusa. L’avevo legato, per Zeus! Legato e imbavagliato! Come ha fatto a raggiungerci?

:-Alex, cosa è successo?-chiede lui a sua volta, senza rispondermi, con tono preoccupato.

:-Basilisco-risponde Ben.

:-Basilisco?-ripete lui, confuso.

:-Si-ribatte Annabeth. –Alex è stata presa. Ma sei stato fortunato: Searel è riuscita a fargli ricrescere tutti i capelli e le sopracciglia.

:-Oh, smettetela!-esclamo. –Josh, rispondi alla mia domanda! Perché sei qui!

:-Ah, già…mi sono slegato-risponde lui, alzando le spalle.

:-E come hai…-provo a chiedere, ma Percy mi interrompe.

:-L’hai legato?-mi chiede, confuso e sorpreso.

:-Non avevo scelta-ribatto io, sentendomi colpevole. –Ci avrebbe seguiti. Non volevo che rischiasse la morte.

:-Beh, non ha funzionato granchè-nota Josh. –Davvero pensavi che avrei fatto il bravo prigioniero?

:- No-rispondo, ed è vero. –Speravo solo di avere più tempo…

:-Per cosa?-chiede lui. –Per abbandonarmi?

Ha lo sguardo di un cucciolo di labrador abbandonato per strada. Sono un mostro.

:-Scusami-rispondo. –L’ho fatto perché tu vivessi.
:-Beh, in ogni caso, è stato inutile-mi fa notare, nervoso. –Sono riuscito a liberarmi con i bottoni della camicia e i denti.

Ok, la parte dei denti la capisco, ma i bottoni…

:-Come sarebbe a dire i bottoni?-chiedo, incredula. –No, senti, lascia stare, che me ne frega del come! Avresti dovuto essere al Campo! Perché sei qui!

:-Non ti avrei mai permesso di morire, e lo sai-ribatte lui, furioso almeno quanto me.

:-Non capisci? È da questo da cui volevo tenerti lontano! Ho rischiato di morire-urlo, quasi. –Non capisci? Non voglio che tu sia in pericolo.

:-Beh, ormai sono qui, e no ha più senso-risponde  lui. –Io vengo con voi.
:-E invece no-ribatto io, arrabbiatissima, talmente arrabbiata che mi si sta arrossando la faccia. –Tu torni al Campo, non mi interessa come, ma ci torni, o rimani qui! Ma di sicuro Josh, stavolta con noi non vieni.

Se pensa che gli permetterò di farsi ammazzare, si sbaglia di grosso.

 

***Josh***

 

Passo quasi un’ora ad aspettarli, ma è più che normale, immagino. Passo il tempo pensando alle loro reazioni quando mi vedranno. Stupore, sicuro. Ben-sono-uno-schifoso-verme-rubaragazze sarà furioso. E non vedo l’ora.

La reazione che mi preoccupa di più è quella di Alex. Sarà arrabbiata, sicuramente. Non riesco a prevedere altro.

Prevedere. Alex e suo padre hanno parlato di questo, una volta. Lei era terrorizzata, il padre preoccupato. So che anche Rachel, la Pizia dell’oracolo di Delfi, possedeva la vista.

Non riesco a capire cosa ci sia di male nel prevedere il futuro. Si potrebbero evitare morti, guerre, e tante altre cose.

Smetto immediatamente di pensare non appena la vedo. Non è esattamente come mi aspettassi. Hanno tutti un’aria affaticata, e la faccia stanca, non solo per il viaggio. Percy ha la maglietta un bo’ bruciacchiata, Ben ha i capelli fumanti, Searel il viso provato, mentre quello di Annabeth è rigato dalle lacrime.

Ma Alex è quella che sta peggio. Anche il suo bel volto, arrossato e rigato dalle lacrime, è molto stanco. I capelli sembrano quasi…più scuri, come se le fossero nuovi. Riesce a malapena a camminare, si regge alla spalla di Percy. Le tremano le ginocchia, ha i vestiti bruciacchiati e anneriti.

Alla fine, fa la domanda che mi aspettavo, ma non sembra contenta, o arrabbiata. Semmai sembra confusa. Non si aspettava certo di vedermi.

Alla fine, però, per noi è inevitabile un altro litigio. Vuole che la lasci, e che torni al Campo. Ma è pazza, se crede che la lascerò così. Oltretutto, chi si crede di essere, mia madre? Posso fare quel che mi pare della mia inutile vita.

Ed è ora che lo capisca.

 

***Alex***

 

Alla fine, quando siamo arrivati all’altra stazione, non sono riuscita a resistere, e ho cercato un bagno in cui rinchiudermi. Avevo bisogno di un minuto di silenzio, per pensare. Per piangere.

Mentalmente, mi ha fatto bene sfogarmi. Fisicamente…beh, non proprio. Le lacrime sulle mie guance bruciavano ancora, e ora sono stanca e spossata. Se potessi, sverrei sul gabinetto.

Quando esco, Percy è ancora lì, ad aspettarmi. Anche lui ha l’aria spossata. Come me, è stato preso dal fuoco di quel Basilisco.

:-Allora?-mi chiede, gentile, porgendomi un fazzoletto–Va meglio?

:-Si, grazie-mento, accettando il fazzoletto e soffiandomi il naso rumorosamente.

:-Cosa pensi di fare?-domanda Percy.
:-Non lo so-rispondo. –So solo che non può venire con noi.

:-Però deve-ribatte lui. –Non possiamo abbandonarlo così, Alex. Potrebbe trovarsi in pericolo, e sarebbe da solo. Inoltre, è da un po’ che ci penso…

:-A cosa, Percy?-gli chiedo, confusa. A cosa sta pensando?

:-La profezia-risponde lui.

:-Cosa centra la profezia, ora?-domando ancor più confusa.

:-La vista. Si parla della vista. Noi siamo cinque, ma la profezia parla di sei, sei eroi per la missione. Io sono il figlio del mare, tu la viandante. I fratelli lanterna sono i nuovi di Apollo, Annabeth è la saggezza. Rimangono la morte e la vista. La morte indica sicuramente che uno di noi morirà, ed è inevitabile. Ma si parla anche della vista. E Josh la possiede. Si riferisce sicuramente a lui.

:-Come fai a sapere che è veramente lui la vista?-chiedo. Non voglio che sia vero, non può esserlo.

:-Ne ho parlato prima con Annabeth-risponde lui. –E lei è d’accordo con me. Deve venire con noi. Sai che non c’è scelta.

:-E va bene-rispondo.

Se è vero che non c’è scelta, non posso dire di no. E preferisco averlo vicino a me, e non solo perché mi è mancato. Ma potrò tenerlo d’occhio, se sarà vicino a me. Potrò proteggerlo.

Poco dopo, Annabeth ci chiama, per dirci che dobbiamo andare. Il treno è arrivato.

Saliamo in silenzio, e mi siedo, come al solito, accanto al finestrino, ignorando Josh. Sono troppo stanca per discutere. Non posso, non ora.

E il viaggio ricomincia, con Josh stavolta. Guardando il finestrino, riesco solo a pensare a quanto io sia delusa da me stessa. Non sono riuscita a proteggere Josh da tutto questo.

E mai, mai me lo potrò perdonare.

 

***Josh***

 

Vorrei esultare dalla gioia, quando Annabeth mi dice che devo rimanere. Ma non posso: Alex soffrirebbe ancora di più. So che sta cercando solo di proteggermi.

Quando si siede vicino al finestrino, mi siedo accanto a lei. Alex, vedendomi, volta la testa, fingendo di voler guardare il “paesaggio”.

È sicuramente arrabbiata con me. Anzi, è furiosa. Questa di certo non me la perdonerà.

Ma tanto, quando sarò morto, non riuscirà di certo ad odiarmi. Percy mi ha spiegato tutto, e mi ha avvertito dei rischi. So che sarò io a morire. Lei no di certo.

Sento un respiro lieve, e capisco che è crollata in un sonno profondo. Però, poi, comincia ad agitarsi. Vorrei poterla aiutare. Ma come posso io, semplice mortale, entrare nel mondo dei sogni e trasformare il suo incubo in qualcosa di buono? Come posso?

Cerco di starle vicino da qui, anche se lontano da lei. Le accarezzo i capelli, così soffici da sembrare appena ricresciuti. Le sistemo la testa sulla mia spalla. Le tengo la mano.

Non c’è altro che possa fare, per farle capire che l’appoggio, e che sono sempre con lei.

 

***Alex***

 

Sono ancora nella grotta buia e fredda che popola i miei sogni. Ho freddo. Mi stringo nei vestiti, alzandomi in piedi, e appoggiando la mano alla parete umidiccia per non scivolare sul pavimento viscido e scivoloso. Vedo una luce calda, in lontananza. Come quella di un’uscita.

Si sente una voce femminile, graffiante. La stessa che sogno ormai tutte le volte.

:-Allora?-chiede la voce. –Hai fatto ciò che ti ho chiesto.

:-Si, mia signora-risponde una voce maschile, che mi sembra quasi familiare.

:-Ti ha scoperto nessuno?-chiede la voce fredda.

:-No, mia signora-risponde la voce maschile- Nessuno, nemmeno gli dei. Neanche lui. E neanche lei. La viandante è cieca. Non si è accorta ancora del tuo inganno.

:-Perfetto-risponde lei. –Ora va. Non pensavo che l’avrei detto, ma sei stato un buon servo.

:-Ti ringrazio, mia signora-risponde la voce maschile. –Per me è un onore servirti.

:-Si-ribatte la voce gelida. –Ora va! Va.

La luce sparisce. Ed è allora che comincio a precipitare.

 

Mi ritrovo accanto ad una panchina di una chissà quale città. Ci sono dei piccioni, che cercano dei vecchietti per elemosinare il pane. Ma c’è uno di quegli uccelli che mi fissa, terrorizzandomi. Ha gli occhi rossi come il sangue, le piume nere come quelle di un corvo.

Comincio a indietreggiare, terrorizzata. Gli altri, un intero stormo di quei maledetti uccelli di Stinfalo, mi inseguono. Lancio un urlo. Non ricordo come sconfiggerli, non me lo ricordo! E sarebbe inutile ucciderne uno, perché subito viene sostituito da un altro.

Mentre scappo, mentre gli uccelli mi trafiggono la carne, strappando i miei vestiti con i loro becchi appuntiti, inciampo in qualcosa. Nel cadavere di un uomo, esangue, la pelle scorticata, e piena di forellini.

E lancio un urlo. Il corpo ai miei piedi è quello di Josh.

Nota dell'autore: Carissimi lettori, carissime lettrici! Visto quanto sono diventata brava! Un altro capitolo dopo un giorno. Spero che vi piaccia. E, nel caso ve lo foste chiesti, si, Alex è sempre stata terrorizzata dagl'uccelli di stinfalo. Mi ispirano molto, e presto saprete per che, la nostra Alexandra non fa sogni a caso.
Colgo l'occasione per ringraziare Grety01, Ruki_Hachiko, e daria13g, mie fedelissime lettrici, che continuano a recensire! Un bacio, siete le mie preferite!!! Sono contentissima che vi piaccia la mia ff.
Allora, un bacio e alla prossima!

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Capitolo 66
*** La prima notte d'amore. ***


Mi sveglio, urlando. Era solo un altro incubo. Solo un incubo. Ma era così reale…
:-Ehi, che succede?-mi chiede Josh, accanto a me. Non ricordavo di essermi addormentata sulla sua spalla.
:-Di nuovo, non di nuovo-piagnucolo. Gli Uccelli di Stinfalo erano di nuovo li. Era così vero, così reale, così...orribile.
:-Cosa?-mi chiede Josh, gentilmente.
:-Nulla-rispondo, accoccolandomi sulla sua spalla. Ora è tutto a posto, era solo un incubo. Josh è vivo, sta bene.
:-Hai avuto un altro incubo, vero?-mi chiede, stringendomi a se. Sono così felice quando lo fa, anche se non dovrebbe essere qui…
:-Si-rispondo, semplicemente. Non ne voglio parlare…
:-Di nuovo la grotta?-mi domanda. È sempre così gentile. Ma  non me la sento di parlarne, ne con lui, ne con nessun altro.
:-Si-mento. Non posso assolutamente raccontargli il sogno. Non voglio farlo preoccupare. Josh sta bene, è questo l’importante.
:-Tranquilla-dice, con tono calmo. –Ora è tutto passato. È finito.
:-Si-mento di nuovo. – Ora è finito.
Mi avvicino a lui. Solo per vedere se è vero, se questo non è un altro incubo. E avvicino le mie labbra alle sue, solo per poter capire se è vero e vivo.
Lui risponde al mio bacio. Devo averlo sorpreso parecchio, anche se era solo un bacio a stampo. Poso nuovamente la testa sulla sua spalla, in silenzio.
Oh Josh, vorrei potertene parlare. Ma l’importante è che tu sia vivo.
Sono una persona orribile. Non riesco a tenerti in vita. Quel sogno è sicuramente un segno.
Non voglio che sia tu a morire.
 
***Josh***
 
Quando Alex si sveglia urlando, mi viene quasi un infarto. Non sopporto di vederla soffrire così.
Una volta sveglia, provo a chiederle cosa è successo nel sogno. Mi pare chiaro che non ha voglia di parlarne, ma sono certo che mi nasconde qualcosa. Lei dice di aver sognato le voci nella grotta, però non ci credo neanche un po’. Non si sveglia mai così, da quei sogni.
Poi si avvina a me, e mi bacia. Nonostante il fatto che era un bacio a stampo, sento il suo sapore di cioccolato invadermi. Ma non è un bacio giusto: è un bacio triste, disperato.
Che razza di incubi può mai fare, per soffrire in tal modo?
 
***Alex***
 
Passo il resto del viaggio accoccolata sulla sua spalla. So che è sbagliato ciò che provo.
Non dovrei essere felice della sua presenza. Dovrei essere furiosa. Ma non riesco più ad esserlo. Dopotutto, presto la mia vita avrà fine. Che senso ha passare gli ultimi giorni in agonia?
Lo dico io: nessun senso. Mi sono rimasti pochi giorni, devo passarli al meglio.
:-Percy, che ore sono?-chiede Annabeth al suo ragazzo.
:-Sono quasi le sette e mezza-risponde lui, guardando l’ora sul suo orologio.
:-Fantastico-ribatte lei. –Tra circa mezzora saremo arrivati.
:-Non vedo l’ora di scendere-confesso. –Non ce la faccio più. Ho bisogno di sgranchirmi le gambe.
Ed è vero. Prima non riuscivo a muoverle a causa delle ferite. Ora non riesco a camminare, perché si sono addormentate.
:-Stai meglio?-mi chiede Percy, preoccupato. Me lo chiede ogni venti minuti.
:-Si, te l’ho già detto almeno sessanta volte-rispondo, esasperata. Si assilla troppo.
:-Mi spieghi cos’è successo in mia assenza?-mi chiede Josh, per la centesima volta.
:-Te l’ho detto-rispondo,semplicemente. –Siamo stati attaccati da un Basilisco.
:-Un Basilisco?-chiede lui, confuso. –Come quello di Harry Potter?
:-No-risponde Annabeth al posto mio. –Ci sono due forme. Quello di Harry Potter è totalmente uscito dalla fantasia dell’autrice. La prima forma è quella di un innoquo serpentello, piccolissimo, ma dal veleno mortale e gli occhi assassini. Mantiene le stesse caratteristiche anche nella seconda forma, solo che in quest’ultima, ha la testa e le ali di un gallo, ed è molto più grande.
:-Beh-dice lui, facendo una smorfia. –Ci credo che era arrabbiato.
:-Pensa che sputa anche fuoco-aggiunge lei.
:-Quindi mi stai dicendo che se Searel non mi avesse fatto riscrescere i capelli, mi avresti lasciata?-chiedo, un po’ stizzita.
:-No, certo che no-si affretta a dire Josh. –Dico solo che, perfino tra i mostri, appare insolito.
:-Bene-ribatto io.
:-Si, ma mi spieghi cos’è successo a te?-mi chiede di nuovo.
:-Si è messa davanti ad Annabeth, perché non guardasse negl’occhi la creatura-risponde per me Percy. –E si è presa una fiammata sulla schiena.
:-Già-aggiunge Annabeth. –Ha rischiato la morte per me. Grazie ancora, Alex.
:-Sei mia sorella-rispondo, semplicemente. –Mai potrei lasciarti morire.
:-Grazie-sussurra di nuovo lei, ma non credo parlasse della sua vita. –Anche tu lo sei.
Ed è vero. È mia cugina di sangue, e mia sorella nel cuore.
:-Quindi hai rischiato di prendere fuoco?-mi chiede Josh, ansioso.
:-Non è che ha rischiato-interviene Ben. –Lei ha preso fuoco. E senza Searel, non sarebbe qui ha raccontarlo.
Searel arrossisce. Però si merita i complimenti che le ha fatto Ben. È stata fantastica.
:-Già-ribatto. –Si vede che è figlia di Apollo, è portatissima per la medicina. E se non fosse stato anche per Ben, nessuno di noi sarebbe vivo. Ha ucciso il Basilisco. Il suo primo mostro.
Ben non arrossisce, ma si sente comunque imbarazzato, si vede. Ricordo anche io il primo mostro che ho ucciso: una dracena, piuttosto antipatica. L’ho uccisa tirandole un pugnale in fronte.
:-Ben-ammette Josh, con riluttanza. –Ti ringrazio per aver salvato la mia ragazza.
E ci risiamo, con questa storia della gelosia. Però stavolta sto zitta. L’ultima volta, aveva ragione. E io mi fido completamente di Josh. Spero solo che non esageri…
:-Bene-rispondo, cercando di interrompere fra loro il contatto. –Solo io ho fame qui?
Lo so, è banale, e stupido. Ma non mi veniva in mente altro.
:-Io, veramente-dice Searel. La ringrazio con lo sguardo. È molto perspicace, e ha capito la situazione.
:-Beh, io ho dei panini avanzati da pranzo-.dice Annabeth, prendendoli dalla sua sacca e contandoli. –Uno a testa. Sono tre al prociutto, due al salame e uno al formaggio.
Alla fine, quello al formaggio lo mangia Searel. Si comporta come se fosse sempre a dieta.
:-Sei sicura di non volerne uno al procitto, Searel?-le chiedo.
:-No, grazie-risponde lei, timidamente. –Sono vegetariana.
:-Oh, scusami-le dico. Non sapevo fosse vegetariana. Insomma, è sempre stata molto attaccata agl’animali, ma non pensavo…
:-Non farti tanti film, Alex-dice Ben, ridendo. –Lo è solo perché non le piace la carne.
Lo vedo poi strappare un pezzo di salame con forza. Mai vista una persona così vorace, nemmeno Jennifer.  –Io non so cosa farei, senza.
:-Siete l’esatto contrario, voi due-nota Percy. E, non so perché, ma credo che abbia ragione.
:-Già. A lei non piace la carne, mentre io la mangerei anche cruda. Lei odia il caffé, e preferisce il tea, io l’esatto contrario. Lei è una frana negli sport, io no.
:-Già, e dovremmo essere gemelli-dice Searel, scoppiando a ridere.
Che strano. Mai avrei pensato di dare loro ragione, ma non si somigliano per niente.
E qualcosa mi dice che questo potrebbe essere un male per loro.
 
***Josh***
 
Ok. Sapevo dell’attacco del Basilisco, ma nessuno mi aveva detto che Alex era diventata la ragazza di fuoco. Ne che stava per raggiungere il fratello nell’Elisio.
E ora spera che io me ne vada tranquillamente, mentre lei qui rischia la morte? Ma che ha nel cervello. Non posso e non voglio.
La cosa che più mi da fastidio è che è stato il viscido Ben a salvarle la vita. Ora come faccio? Non posso più litigare con lui…e Alex le sarà grata per sempre. Almeno, però, non sembra più così arrabbiata con me. E, purtroppo, anche io. Perché ha fatto ciò che io avrei dovuto fare.
 
***Alex***
 
Quando scendiamo dal treno, è notte fonda, sono quasi le dieci. Ormai il dolore è sparito, e cammino senza problemi. Stiamo andando alla ricerca di un posto dove passare la notte. È molto piacevole fare una passeggiata quando la città dorme, silenziosa, con il vento fresco della sera tra i capelli.
:-Ah-dico, lanciando un sospiro. –Era da tanto tempo che non facevo una camminata così piacevole.
:-Davvero?-mi chiede Josh. –Comunque, hai ragione. È bellissimo fare una passeggiata nel silenzio della sera.
:-Già-ammetto, sorridendo. –Una cosa impossibile da fare a New York.
:-Come mai?-mi chiede Josh, innocentemente. Scoppio a ridere. È così puro, ingenuo…
Lui mi guarda, confuso, così gli spiego:-Josh, a New York c’è un traffico impossibile venticinque ore su ventiquattro. È impossibile trovare il silenzio. Non si può uscire da soli dopo le otto, è molto pericoloso. A New York, tutti vanno di fretta. Se hai un appuntamento alle otto, e arrivi puntuale, in realtà sei in ritardo. Non si spreca tempo. Se vuoi arrivare in tempo, devi presentarti li almeno mezzora prima.
:-Wow-dice lui. –E io che pensavo di essere ansioso.
:-Già-ammetto. –L’America è fantastica, e New York anche, ma reggere il ritmo veloce è molto faticoso.
:-Sono contentissimo di essere nato a Union-dice. E scoppiamo entrambi a ridere.
Non so perché, ma ogni volta che sono con lui, ridere è molto facile.
“Perché lo ami” dice la voce graffiante nella mia testa. “E anche lui. Ma presto si stancherà di te”.
“Non è vero!”urlo nella mia mente. Non voglio sentire le sue cattiverie.
“Ti sbagli”dice lei. “Presto o tardi, ti lascerà. E stai anche per morire. Non vorrà piangere per una ragazza morta”.
E poi si zittisce. Ma mi lascia con i brividi sul collo. Brividi di terrore.
Continuiamo a camminare nel silenzio. Non riesco più a dire una parola, dopo aver ascoltato quella voce maledetta. Invece Percy e Annabeth non fanno altro che stringersi la mano e parlare con i gemelli. Searel è molto solare, letteralmente. Brilla ancora, proprio come suo fratello, che però a cominciato di nuovo a parlare in rima. Ogni tanto fa come le radio da sintonizzare: i salti tra discorso normale o cantato. Mi dispiace un po’ per lui, ma è molto divertente. Ora sta cantando un discorso sui draghi. Carino.
All’improvviso mi chiama. Non so se andare da lui o no. Guardo Josh con uno sguardo interrogativo, e lui, mestamente, annuisce. Per rassicurarlo, gli stringo il polso, per un momento.
:-Cosa c’è, Ben?-gli chiedo.
:-Nulla, ti vedevo solo molto silenziosa oggi-risponde lui. –Stai bene?
:-Si-rispondo. –Grazie.
:-Sicura?-chiede lui, troppo interessato. –Problemi con il l’innamorato sventurato?
:-No-rispondo. –E non è un innamorato sventurato. Smettila di chiamarlo così.
:-Scusami-dice lui. –Pensavo che ti sarebbe piaciuta questa citazione appropriata di Hunger Games.
:-Come sarebbe a dire appropriata?-chiedo, guardando anche le due colombelle. Sembrano confusi quanto me.
:-Beh, se la profezia dice il vero, presto uno di noi morirà-spiega lui, mentre Searel comincia a guardarlo, per fargli capire che deve chiudere la boccaccia. –E potrebbe benissimo essere lui, come potrei essere io. O Percy, o tu…
:-Ben, ora basta-lo sgrida Searel. –Devi piantarla, hai capito. O ti ammazzo.
:-Ma stavo dicendo solo la verità…
:-Non mi importa, stai zitto-ribatte lei.
Ma Ben ha ragione. Presto morirò.
 
***Josh***
 
Vedo Ben che la chiama. Lei mi chiede con lo sguardo se può. Da quando mi chiede il permesso?
Poi capisco. Non vuole che io soffra. E non vuole nemmeno che m’ingelosisca.
Le dico che può andare, se vuole. Io mi fido di lei, so che non mi tradirebbe mai, tantomeno con un viscido verme come Ben.
Li sento parlare. Quello schifoso mi ha chiamato “l’innamorato sventurato”. Dice che è una citazione di Hunger Games. Lo voglio picchiare. Devo resistere, devo resistere, per gli dei!
Aiutatemi a mantenere la calma. Ma sono troppo felice quando Alex lo sgrida, seguita subito da Searel. E poi mi sento male, quando dice che uno di noi morirà. Glielo leggo negl’occhi, pensa che sarò io a morire. Spera di poterla ingannare, così. Ma si sbaglia. Se morirò, avrò comunque vinto. Perché Alex sarà viva. Ed è questo l’importante.
 
***Alex***
 
Dopo poco, troviamo una vecchia pensione. Somiglia molto alla casa numero undici. Perfetta per una viandante.
:-Wow-dice Percy. –Sul serio, Alex, è uguale alla casa undici.
:-Sono a casa-rispondo con sussurro, sorridendo. Non sarà difficile ambientarmi.
Entriamo subito. Non è male, è un posto molto carino. Ci sono due divanetti dall’aria comoda, gialli, e un tavolino, che fa da sala d’aspetto. Sulle pareti di un dolce verde mela sono appese delle vecchie foto in bianco e nero. Al bancone c’è una signora dall’aria piuttosto anziana, i capelli ricci, biondi, corti, e gli occhi vispi, sormontati da un paio di occhiali. Indossa una camicetta gialla a fiori e una gonna rosa, con un grembiulino bianco.
:-Salve, giovanotti-dice lei sorridendomi. Poi comincia ad annusare l’aria.
:-C’è qualche problema signora?-le chiedo. Perché si comporta così?
:-Oh, nulla mia cara-risponde lei, cordiale. –Sentivo solo odore di icore,ma anche di sangue. Dimmi, sei forse una semidea? Figlia di Ermes, probabilmente. La prima che io abbia mai incontrato in tutti questi secoli.
:-Come lo sa?-le chiedo, stupita. Come fa a saperlo?
:-Odori di strada-risponde lei, cordialmente. –E di erba fresca, appena tagliata. Con un lieve accenno di carta bollata e colla per i francobolli. E la signorina bionda li dietro, che odora di libro nuovo e fogli di pergamena, è una delle figlie di Atena. E il giovanotto accanto a lei odora di alghe e di brezza marina, con un leggero tocco di pesce. È passato molto tempo dall’ultima volta che ho visto un figlio del caro Poseidone.
:-Come fa a sapere tutte queste cose, signora?-gli chiede Josh, diffidente.
:-Sono Xenia, mio caro-risponde lei, facendogli un sorriso tutto denti. –Ed era da tanto tempo che non vedevo un mortale con un dono come il tuo, circa due o tre secoli, più o meno. Ma stai attento, la vista può essere pericolosa.
Josh guarda Annabeth, con uno sguardo interrogativo.
:-Xenia è la personificazione greca dell’ospitalità-gli spiega lei, sorridendo, entusiasta. –Da lei si ottiene solo gentilezza.
:-Grazie per la spiegazione, mia cara, non avrei saputo farlo meglio-ribatte lei. –Ma ditemi, per favore, come posso esservi utile, miei cari eroi.
:-Abbiamo bisogno di un luogo dove passare la notte e riposare prima di riprendere il nostro viaggio verso il Messico-le spiego. –Se vuole, Xenia, possiamo assolutamente pagarl…
:-Ma certo mia cara-risponde lei, sempre sorridendo in quel modo cordiale che ti fa sciogliere il cuore, e che mi fa pensare a quanto vorrei una nonna così. –Non si nega mai l’ospitalità, soprattutto a dei così giovani eroi in missione. Non voglio nemmeno un centesimo. Purtroppo, però, non abbiamo delle stanze con più di due letti separati o uno matrimoniale. Le altre sono già state occupate da viandanti come voi. Ieri per esempio sono venuti due giovani, dicendo di essere diretti in Argentina…
:-La ringrazio, signora, per noi va benissimo-risponde Annabeth.
La guardo, e lei dice:-Ci divideremo per coppie. Io con Percy, Ben con la sorella, ovviamente, e Josh con Alex.
Annuisco. Non vorrei proprio finire in stanza con Ben. So che sembra infantile, e, anche so che non tenterebbe mai di abusare di me, sento che non è il caso.
:-Perfetto-dice Xenia, consegnandoci le chiavi. Poi però si sofferma sui fratelli lanterna, per poi ridere.
:-Oh, miei cari ragazzi, voi due odorate di luce-nota lei. –E di pergamena. Siete sicuramente figli di Apollo, solo lui aveva questa fragranza di sole…tu, mia cara, ne profumi particolarmente, con un forte accento di erbe medicinali…ma tu, mio caro ragazzo, hai un odore un po’ più diverso, eppure siete gemelli…
:-Siamo dei gemelli diversi, signora-risponde lui, frettolosamente. –Probabilmente è per questo.
:-Certo, ma certo-borbotta lei, ma non mi sembra convinta. Sono preoccupata. Da quando sarebbe un buon segno per dei gemelli essere diversi? Non ci ho mai fatto veramente caso, ma loro si somigliano quanto un coccodrillo e una coccinella.
.-Perfetto-ripete la donna. –Ditemi, cari, preferite il gelsomino, la lavanda o la vaniglia?
Che domanda strana. Ci penso su, e rispondo vaniglia, mentre Ben e Searel dicono di preferire la lavanda e Percy e Annabeth il gelsomino. Poi Xenia ci consegna le chiavi.
Annabeth mi da la chiave della stanza, la numero 102. Josh mi segue, ed entriamo nella nostra stanza. È davvero molto carina. Il letto è uno solo, matrimoniale, proprio come Xenia ci aveva annunciato, con le coperte di un arancione leggero come il tramonto che si intona perfettamente alle pareti verde mela, con una piccola finestra contornata da delle tende bianche. C’è anche un piccolo bagno, dalle mattonelle color pastello, proprio come la lampada sul soffitto.
:-Alla faccia dell’accoglienza-dice Josh, ironico. So cosa intende dire: questa è la stanza più accogliente del mondo. Mi fa sentire a casa…
:-Beh, io andrei un attimo in bagno, se non ti dispiace, devo lavarmi…-dico, posando la sacca sul letto.
Entro nel bagno, e rimango stupita. Da fuori sembrava molto più piccolo, eppure è abbastanza grande da contenere una piccola vasca di quelle stile retrò. Sul bordo ci sono appoggiati dei vestiti. Sono dei pigiami, uno da donna e uno da uomo. Beh, più che pigiama, quello da donna è una vestaglia bianca, in stile vintage…per fortuna non è rosa. Sul lavandino ci sono delle boccette, con delle scritte in greco. Le leggo in un attimo: vaniglia. C’è scritto vaniglia. Ecco perché ci ha chiesto di scegliere. Ci ha procurato persino shampoo, balsamo e sapone per il corpo. Penso che verrò qui a vivere. Di questo passo, non vorrò più andarmene.
Riempio d’acqua la vasca e mi ci immergo. È una bella sensazione, prima non avevo mai fatto il bagno nell’acqua calda. Facevo solo la doccia, o il bagno nell’acqua fredda del torrente del Campo. Ma fare il bagno nell’acqua calda e profumata piena di schiuma alla vaniglia è tutta un’altra cosa. Cerco di sbrigarmi, perché sicuramente anche Josh vorrà lavarsi. Mi strofino i capelli con lo shampoo, e poi li sciacquo, godendomi l’odore dolce e rilassante della vaniglia. Intanto, rifletto. Ciò che Ben ha detto mi ha turbata molto.
“Se la profezia dice il vero, presto uno di noi morirà”.
Presto morirò. Lo sento, sarò io a morire. È destino. Le Parche vogliono che raggiunga gli Inferi.
Ma se è così…non vedrò più Annabeth, Percy, Will, Piper, Clarisse, Chirone…perfino l’idea di abbandonarli mi strazia l’anima. Perfino l’idea di non sentire più il Signor D che cerca di sbagliare ogni volta il mio nome, chiamandomi Adele, Ariel, Abel, Annie, o con chissà quali altri nomi…
Una lacrima mi riga il volto. Presto non li vedrò più, dirò loro addio. Mi rimane poco tempo. Potrebbe benissimo essere un giorno, un’ora, o anche solo un minuto.
Una volta finito di lavarmi, mi asciugo con un asciugamano bianco e, dopo aver asciugando i capelli con un panno, indosso la vestaglia sopra il mio intimo sportivo.
Dopo essermi pettinata con la spazzola di legno trovata sul lavandino, esco dal bagno, ed entra Josh. Ci siamo praticamente dati il cambio. Mi siedo sul letto e affondo nel materasso morbido. Prendo il mio libro preferito, Viaggio al centro della Terra, e comincio a leggerlo. Sono arrivata al punto in cui il nipote del professore si separa distrattamente dagl’altri e si perde nel cunicolo del vulcano. Presto starà malissimo, ma raggiungerà il professore e il loro accompagnatore. Anche lui però sente che sta per morire, in questo preciso momento. Ha paura, ha paura di non tornare dalla sua amata, in Germania. È l’unica cosa che ci accomuna. Ma lui non morirà, non nello Sneffels, questo è sicuro. Io invece morirò, in questa missione. Mi resta poco tempo da vivere.
Ho quasi finito il capitolo, quando Josh entra, con il pigiama di flanella addosso. Si siede dall’altra parte del letto, e arrossisco come un peperone. Non è la prima volta che dormiamo insieme, eppure, non è la stessa cosa. Sto per sentirmi male. Qui siamo soli…
:-Cosa leggi?-mi chiede Josh, curioso, un po’ per allentare la tensione, credo. Non credo si sia accorto del mio imbarazzo, o forse si, ma non vuole farmelo notare. Se è la seconda, e sta facendo finta di niente, è davvero molto cortese da parte sua.
:-Viaggio al centro della Terra-rispondo.
:-Avrei dovuto immaginarlo, non ti ho mai visto leggere qualcosa che non fosse di Verne, a parte Harry Potter, Hunger Games o Shadowhunters…
:-Verne è il mio autore preferito-rispondo. –Tratta di cose molto più probabili. Beh, non so se ci sia davvero un’isola misteriosa, un cunicolo dello Sneffels che porta al centro della Terra, o una strada per la luna, ma alcune cose sono vere. Lidenbrock, per esempio, è esistito veramente, era figlio di Atena. E Nemo, invece, era figlio di Poseidone…
:-Ok, ho capito-mi ferma lui, ridendo. Quando sono nervosa, parlo come un treno, e ci vuole molto, per fermarmi…
:-Scusa…-rispondo. –Sono…
:-Nervosa?-continua lui. –E per cosa?
:-Nulla di mportante-mento, arrossendo. Non so perché io lo stia facendo. So solo che devo evitare di guardarlo, o morirò…
“Perché ti senti attratta da lui, sciocca ragazzina”mi informa la voce odiosa nel mio cervello. “Attratta come un’ape dal miele, o un vampiro dal sangue. O da un uomo dal il potere, se preferisci”.
“Zitta”sibilo nella mia mente. Non voglio sentirla. Non voglio che continui il suo discorso.
“Lo sai meglio di me. Presto cederai…”continua la voce. “Manca poco, ormai. Sarai talmente stordita da non riuscire più a controllarti, e lui ti avrà”.
Stupida voce del cavolo. Perché cavolo non se ne sta zitta, per Zeus!
:-Alex, ti vedo strana-mi fa notare Josh. –C’è qualche problema, forse?
:-No, no, stavo solo pensando-mento, velocemente. Non posso guardarlo, non devo e non voglio. O cederò. Odio quando quella voce odiosa ha maledettamente ragione.
E succede, all’improvviso. Non lo faccio a posta, in realtà. È lui che si è alzato, per sedersi accanto a me. Per guardarmi negl’occhi.
:-Perché mi menti?-mi chiede lui. –Non voglio giudicarti. Voglio aiutarti. So riconoscere quando non stai bene…
:-No, non è vero-mento nuovamente, senza guardarlo. –Sto benissimo...
:-Smettila di mentirmi-ribatte lui, serio. –Se davvero non stai mentendo, guardami negl’occhi e ripetilo.
 Cerco di tenere uno sguardo basso, ma è più forte di me, non ci riesco…
E alzo gli occhi su di lui, che incontrano presto i suoi, verdi come le foglie di un albero in primavera.
:-Mai stata meglio, Josh-rispondo. Ed è vero. Ora sto bene. Quando lo guardo, sto sempre bene. Ma è anche in parte una bugia: mi sento stranamente a disagio…
Mi solleva il mento, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi disarmanti.
:-Stai ancora mentendo, mia piccola bugiarda-ribatte. –Non ti ha insegnato nessun vecchio centauro che non si dicono le bugie?
Rido. Non che la battuta fosse poi così divertente, ma perché mi ha chiamata “mia”. Dice che io sono sua. E sono così felice per questo. Sento il bisogno di baciarlo, di sentire lo stesso sapore alla vaniglia delle bolle del bagnoschiuma. Ma presto, sarà tutto finito. E io non ti vedrò più…
:-Josh-gli dico, chiudendo gli occhi. –Baciami. Per favore…
Lui lo fa. È il bacio più puro e innocente che mi abbia mai dato, sempre con quel sapore alla vaniglia che adoro, e, ormai, riconosco. Saprei che è lui anche se fossi bendata e legata, priva del senso dell’udito o del tatto, oltre che della vista.
Poi, però, non so che succede. Mi sento attrarre da lui, come se stesse precipitando e io gli fossi legata con una corda. C’è una leggenda cinese, parla di un filo rosso del destino. Perché mi viene in mente adesso?
Non so che succede. So solo che ci ritroviamo avvinghiati. Stiamo amoreggiando in una pensione divina gestita dalla personificazione dell’ospitalità. Fantastico. Veramente fantastico.
Però, non riesco a smettere, mi lascio trascinare. Se fossi davvero su un burrone, penso che mi lascerei trascinare nello stesso modo, anche se in realtà proverei a cercare un modo per salvarlo. Ma ora non sono su un burrone: è molto, molto peggio. Non riesco a staccarmi da lui.
Lo sento. Sento le sue labbra sulle mie, il suo sapore di vaniglia, la sua mano destra che mi cinge il viso. Io, d’altra parte, non sono da meno. Gli cingo il collo con entrambe le braccia, come per impedirgli di andarsene, come per incatenarlo.
All’improvviso, so che fine ha fatto la sua mano sinistra. È scesa prima sul mio collo, poi sulla mia spalla, me l’accarezza lentamente. E mi piace. Mi fa sentire al sicuro. Mi fa sentire come fossi esattamente dove dovrei essere.
Non so come, ma ci ritroviamo ancora più avvinghiati. Le sue mani sono scese sulla mia vita, me la stringono, e mi fanno sentire ancora più al sicuro. Io sono sdraiata sulla schiena, lui è sopra di me. So cosa sta per succedere, anche se siamo ancora vestiti. È quello che ho cercato di evitare per tutti questi anni. Ho paura, ma ora, lo voglio. Non voglio scappare da ciò che temo. Da ciò che desidero.
:-Alex, non deve succedere, se non vuoi-mi dice lui, sulle mie labbra. –Non devi farlo solo perché pensi di morire, o che io morirò, e quindi devi assecondare una mia specie di ultimo desiderio, o chissà che cosa…
:-No-rispondo. –Io lo voglio. Non è l’ultimo desiderio di nessuno.

Note dell'autore: Scusatemi se ci ho messo tanto rispetto agl'altri capitoli, ma ho avuto un sacco di problemi...a scuola di musica ho provato per la prima volta, ieri, con tutto il gruppo, e mi sono sentita malissimo, perchè gli insegnanti, per prendermi in giro, mentre cantavo si mettevano a parlare con i microfoni per confondermi. Poi ho provato con il gruppo di mio "cugino" di 18 anni, mai visto prima di ieri. Non mi aveva detto che pezzi portare, e già stavo male, quindi ero così nervosa che mi è praticamente andata via la voce, mi sentivo sotto esame a causa dell'invadenza del padre, un bassista, e sono tornata a casa in lacrime. Per di più, prima di andare a lezione di musica, avevo litigato con il mio ragazzo. Ora abbiamo risolto, e mi ha chiesto scusa, e ho deciso di perdonarlo, non era colpa sua: una ragazza della nostra classe (nn faccio nomi per rispetto e censura), una Ben al femminile, gli ha detto che mi aveva visto baciare un suo amico, quando non era vero! Tra l'altro, ero dal dentista...insomma, sono stata troppo male, e, avendo pianto tutta la sera, non sono riuscita a scrivere nulla.
Cmq, tornando alla storia...finalmente ce l'hanno fatta! Non ce la facevo più. Programmavo questo capitolo dall'inizio della storia. Si! Sono malvagia.
E Ben? Come reagirà? E le colombelle? Già prevedo la reazionione di quella ficcanaso di Annabeth...
Scusate se vi sembra poco (o troppo?) descritto, ma questa storia ha un raiting giallo, quindi ho dovuto mantenermi tra le righe...e poi, diciamoci la verità, ho a malapena sedici anni, il mio ragazzo è MOLTO religioso, grazie agli dei, e non so nemmeno come si comincia...
Vi svelo un segreto: era previsto per il prossimo capitolo, ma, per farmi perdonare, ho allungato questo. Spero siate soddisfatte.
E voglio specificare che Xenia esiste davvero nella mitologia greca, e, vi dirò di più, presto incontrerete una vostra vecchia conoscenza...
Non vi dico altro, sennò spoilero. Aspetto vostri commenti e recensioni, e, ovviamente, ringrazio di cuore Daria13g, Grety01, e Asia_Mofos, la
nuova Ruky_Hachico, per le loro calorose recensioni. Buona lettura!
 

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Capitolo 67
*** La scomparsa. ***


Quando mi sveglio, sono abbracciata a Josh, la testa posata sul suo petto, i capelli scombinati, le sue braccia che mi avvolgono. Per lui non deve essere la posizione più comoda per un pisolino.

Lentamente, cerco di liberarmi da quelle braccia, con delicatezza, perché non voglio svegliarlo, anche se Josh è come un gatto: non lo sveglierebbe nulla.

Sono contenta di non essermi svegliata di soprassalto: non ho avuto incubi, stanotte. Non ho idea del perché. Ma mi sento felice.

Ho quasi finito di liberarmi. Prendo la sua mano e la poggio con delicatezza sul cuscino morbido. Sento un brivido sulla schiena, quando la lascio andare. Quella è la stessa mano che ieri notte mi ha stretta al suo corpo, su cui scorreva in una leggera carezza. La stessa che mi ha fatto sentire protetta.

Scuoto la testa, arrossendo violentemente, come per cacciare via un pensiero. Devo andare a lavarmi, assolutamente.

Riempio nuovamente d’acqua la piccola vasca, facendo avanti e indietro, per controllare che Josh non sia sveglio. Ho una mezza idea di legarlo di nuovo.

No. Non posso farlo ancora. Mi odierebbe ancor di più. Che razza di idee bislacche che ho.

Una volta riempitasi la vasca, piena di bolle alla vaniglia, entro. Prendo lo shampoo e comincio a sfregarmi con forza i capelli. Li sento intrecciati, e sporchi. Non sono abituata al non lavarli per meno di due volte al giorno. Ho questa mania dell’igiene personale che perfino Chirone ritiene esagerata.

Dopo essermi ben lavata, esco dalla vasca, mi asciugo con un asciugamano, sfrego i capelli con un panno per asciugarli, e me lo avvolgo intorno al corpo per andare a prendere i miei vestiti. Sto per uscire quando qualcuno bussa alla porta. La apro, e, ovviamente, Josh si è svegliato, vorrà lavarsi. Ed è in mutande.

Arrossendo, sposto lo sguardo verso il basso, correndo velocemente fuori, e lasciandolo solo. Non mi sono mai sentita così imbarazzata in tutta la mia vita.

“Te lo avevo detto che avresti ceduto” dice la voce graffiante nella mia mente. “Io non mento, Alexandra. Sapevo che non avresti resistito a lungo”.

La zittisco e cerco dei vestiti dentro la mia sacca da viaggio. Dopo aver indossato i jeans blu, mi rendo conto di quale maglietta ho preso. È quella verde che mi ha regalato mio padre per il mio compleanno.  La guardo per un attimo, in modo scrupoloso. Dovrei indossarla? Insomma, è più grande di almeno due taglie. Non posso credere che mio padre abbia sbagliato la mia taglia di vestiti.

Eppure, sento che dovrei farlo. Sento che oggi avrò l’occasione di provarla. E poi, ha l’aria aerodinamica, e oggi pomeriggio probabilmente arriveremo alla grotta.

La indosso, e mi guardo. È davvero molto grande, ma mi piace. Mi fa sentire stranamente bene, e in forma.

:-Stai bene così-dice Josh, uscendo dal bagno, coperto solo dall’asciugamano.

Arrossisco di nuovo. Non riesco più a controllare le mie emozioni. Cosa mi sta succedendo?

“L’amore rende deboli”risponde la voce, che, a quanto pare, non capisce cosa sia il silenzio. “Cambia gli uomini. Porta dolore, e anche pazzia, e, spesso, morte. E cosa non farebbe una donna innamorata per il suo amato?”.

“Smettila”le dico. Non mi piace quando parla, mi fa venire mal di testa.

“Guarda Giulietta. Lei ha dato tutto per Romeo, ha lasciato tutto. E come l’ha ripagata? Uccidendo Tebaldo, suo familiare. O anche Peeta. Lui ha dato tutto per Katniss, e cos’ha fatto lei? Lei ha badato solo a salvarsi la pelle. L’ha lasciato prima nelle mani dei favoriti, e poi in quelle di Capitol City. Amare significa distruggere. Sei sicura che sia questa la strada giusta?”.

“Lascia che sia io a deciderlo e chiudi la tua boccaccia”.

:-Sul serio-ripete Josh. –Non ti ho mai visto indossarla. È nuova?

:-Si-rispondo, ripiegando la vestaglia e lasciandola sul cuscino. –Me l’ha regalata mio padre per il mio compleanno, ma è troppo grande…

:-Cosa dici?-mi chiede lui, confuso. –Mi sembra sia perfetta, invece.

Mi guardo, e vedo che ha ragione. La maglietta si è…ristretta. Ora è della mia taglia.

:-Wow-dico. –Quindi è magica!

:-Beh, non penso che tuo padre te l’abbia regalata solo per stupirti con un trucco di magia-dice lui. –Chissà quali poteri ha.

:-Non ho idea del perché, ma credo che lo scopriremo presto-ribatto io, incerta. –Molto presto.

 

***Josh***


Quando mi sveglio, Alex non c’è più, e mi viene un colpo. Pensavo che fosse qui. Che fosse rimasta. Mi alzo e mi metto le mutande. Devo andare a cercarla.

Poi sento l’acqua che scorre, e mi rilasso. Si sta solo lavando. Che razza di problemi ho?

Devo stare tranquillo. Tranquillo e calmo. Rilassato.

Aspetto per un po’ che abbia finito, poi busso alla porta. Mi apre, e comincio a sentirmi male. Ha addosso solo un misero asciugamano che le copre a malapena le cosce.

Abbassa lo sguardo, le guancie tutte rosse. Mi sento come un maniaco che ha stuprato una verginella. Voglio solo morire, adesso. Non avrei dovuto farlo. Non avrei dovuto darle ascolto. Ora mi odia, e non mi parlerà più.

Mi lavo velocemente, assaporando l’odore della vaniglia del bagnoschiuma, ed esco. Alex, intanto, si è vestita. Indossa dei jeans blu e una maglietta da corsa verde che non avevo mai visto prima. Le chiedo se è nuova, e le dico che ci sta bene. Nessuna bugia in questo.

E spero che si rassicuri un po’. Non sono stupido, e mi rendo conto quando una persona mi evita.

Beh, se non me ne fossi comunque accorto prima, l’avrei capito vedendola raccogliere le sue cose in tutta fretta e uscire fuori a testa bassa.

 

***Alex***

 

Mi vergogno tantissimo. Non sono riuscita a resistere, ma è stato più forte di me. Non potevo rimanere li, con lui, un altro secondo. Ed era in mutande.

Non mi sono mai sentita così imbarazzata prima d’ora. Non so perché, ma so che non potrò mai più guardarlo negl’occhi.

Esco, e sbatto contro qualcosa. O qualcuno. Con talmente tanta forza che per il nostro peso cadiamo a terra. Le cui braccia mi stringono forti contro il suo petto, quando gli vengo incontro. Le riconosco subito, perché sono luminescenti come una lucciola nel buio.

:-Ehi, come mai corri così?-mi chiede Ben.

:-Scusami Ben, non volevo certo buttarti giù come un birillo-mi scuso, imbarazzata. Non volevo mica stenderlo. –Ti giuro, è stato un incidente.

:-Ehi, tranquilla-dice lui. –Non è un problema. Anzi, è stato divertente.

Piego la testa di lato, come alcuni gufi, confusa, e gli chiedo:-Cosa vuoi dire?

:-Beh, l’ultima persona che sia mai stata in grado di atterrarmi era Searel-mi spiega, rimettendosi in piedi.

:-Come sarebbe a dire “era”?-chiedo, ancor più confusa.

:-Non le fa bene non mangiare la carne-risponde lui, alzando le spalle. –Ora è molto più esile, e già prima non era una roccia. Anche se, non te lo nascondo, ogni tanto un fritto misto di pesce lo mangia anche lei. E ama il sushi.

Arriccio il naso:-Che schifo.

:-Lo so, disgusta anche me-dice lui. –Tutte quelle alghe intorno a quell’ottimo pesce crudo…

Ci metto un po’ a capire che sta facendo del sarcasmo, quindi rido un po’ in ritardo.

Almeno, spero stesse scherzando.

Si sente la porta di una stanza che si apre, ed esce Searel, con la sua sacca da viaggio sulla spalla. Ha indosso una maglietta bianca sui jeans neri.

:-Beh, che fate li come allocchi?-ci chiede, confusa. –Andiamo, forza!

:-Searel!-esclamo, stupita. –Hai smesso di brillare. È finita la benedizione di Apollo?

:-Si, finalmente-dice lei, sorridendo. –Non ne potevo più di leggere a luce spenta e di ritenermi un’aliena ogni volta che mi guardavo allo specchio.

Le sorrido di rimando e scendiamo le scale, per ritrovarci di fronte Annabeth e Percy. Entrambi indossano la maglietta del Campo, e lei ha i capelli legati in una coda alta. Mi viene da pensare a tutte le volte che li ho presi in giro. E ora prenderanno in giro me.

Annabeth mi vede, e mi sorride. Mi avvicino in silenzio, senza dire nulla. Non posso farlo.

:-Vieni con me-dice lei. –Lasciamo i ragazzi ai loro discorsi futili.
Mi trascina verso l’angolino e ci sediamo insieme sul divano. Mi guarda fisso negl’occhi, come se volesse carpirmi l’anima.

:-Beh?-dice, dopo un po’, spazientita.

:-Beh cosa?-chiedo, confusa. Non capisco che cosa vuole sapere.

:-Cosa è successo ieri sera?-chiede lei. –Su, dimmelo!

:-Cosa sarebbe dovuto succedere?-ribatto io, facendo la finta tonta.

:-Con Josh, scema!-esclama lei. –Insomma, l’avrai capito che ti ho fatto dormire con lui invece che con me per un motivo ben preciso. E non mentire, ho visto ciò che hai sul collo…

Arrossisco come un peperone, guardandomi il collo: c’è un segno di un violetto scuro. Josh, appena esci dalla stanza di uccido…

:-Annabeth…-dico, a denti stretti, mentre tento di coprirlo con i capelli. Non voglio che continui la conversazione.

:-Dai, dimmelo!-dice lei, saltellando sul posto come una bambina che mi prega di darle la cioccolata.

Scuoto la testa, per dirle di smetterla, ma non lo fa. Continua a saltellare sul posto con un sorriso a trecentosessanta gradi stampato in faccia.

:-E va bene-dico, esasperata, sussurrando. –Si, è quello che pensi.

:-Haha!-urla lei. –Lo sapevo io!

:-Abbassa la voce-sibilo, a denti stretti.

:-Scusa-sussurra lei. –Ma, precisamente, che è successo? Dettagli…

:-Penso che dovresti saperlo, non credi?-le dico. –Insomma, io solo una volta, tu chissà quante…

:-Si, ma dico, insomma…come è successo?-mi chiede di nuovo lei.

:-Cosa vuoi che ti dica, Annabeth? Ci siamo baciati, ed è successo…

:-Così? E basta? Niente frasi romantiche da prima volta?-domanda lei, un po’ delusa.

Non ci posso credere, mi sta chiedendo della nostra prestazione sessuale.

:-Guarda, se proprio vuoi saperlo, giusto per farti contenta, mi ha rassicurato che non doveva succedere per forza, se credevo che era una specie di suo ultimo desiderio, o qualcosa del genere-rispondo, secca.

:-Uffa!-ribatte lei. –Io volevo usare quelle frasi per prenderti in giro per il resto della mia vita.

:-Mi dispiace per te-sogghigno. Sono così contenta di essere figlia di Ermes. Si mente bene.

“Oh, io le frasi le ricordo tutte”dice la voce, ridendo.

E anche io le ricordo. Le ricordo bene. E non credo che le dimenticherò mai.

 

“-Giuro, farà male, ma solo un attimo, te lo giuro- disse lui. E lei ansimò in risposta” dice la voce, canzonandomi.

“Ti odio!”-sibilo come risposta. E si, la odio proprio tanto.

Perché non ricordo questo io. Ricordo solo la sua gentilezza, il suo amore. La sua compassione.

Una lacrima mi scese dal viso. Mi aveva avvertita, mi aveva detto di fermarlo se non voleva. Io non lo feci. Non volevo fermarlo. Tentai piuttosto di bloccare le altre lacrime. Ma non ci riuscii. Faceva male. Bruciava.

Non mi aspettavo nulla da lui. Fu invece dolce. Baciò via tutte le mie lacrime. Le portò via. E portò via con se anche il dolore.

 

***Josh***

 

Mi vesto in fretta, piego il pigiama e lo lascio sul cuscino, come ha fatto Alex, e corro fuori. Sono spaventosamente in ritardo. Mi sento un po’ come al primo giorno di liceo.

E la vedo. È seduta sul divanetto, e sta confabulando con Annabeth. Appena mi vede, arrossisce. Adoro vedere le reazioni del suo viso quando succede: diventa ancora più bella, cosa che ritenevo impossibile.

Sto per parlarle, quando entra di nuovo l’anziana signora, Xenia.

:-Dimmi mio caro, hai dormito bene?-mi chiede. –Spero che il letto fosse abbastanza comodo.

:-Si, certo-la ringrazio, cordialmente. Mi ricorda un po’ mia nonna.

Poi entra una ragazza, avrà si e no otto anni, ma, nonostante questo, tiene un portamento regale che non ho mai visto, sorridendo, con i capelli sciolti che le ricadono sulle spalle in una pioggia di boccoli castani.

Io non la conosco, ma, da come la guardano tutti, soprattutto Percy, sembra quasi che la conoscano molto bene.

 

***Alex***

 

:-Percy, lei è…-provo a dire, ma non riesco a finire la frase.

:-Si-continua lui, sbalordito come me. Annabeth però è talmente stupita che è rimasta letteralmente a bocca aperta.

:-Estia-continuo io. La ragazzina è Estia. E ha in mano un vassoio pieno di quelli che sembrano pancakes e una ciotola di biscotti.

:-Divina Estia!-esclamiamo tutti, chinando il capo a mo’ di inchino, anche Josh, che, evidentemente, non capisce chi sia. E giustamente, direi.

:-Alzate il capo, miei cari ragazzi-dice lei, sorridendo. Io adoro Estia. Ti fa sentire sempre a casa, ovunque tu sia. Con lei non perderai mai la strada, e non mangerai qualcosa di marcio. Lei è il “collante” dell’Olimpo: senza di lei, cadrebbe tutto a pezzi.

:-Devo parlarvi-dice, improvvisamente seria, per poi sorridere. –Sedetevi e servitevi. Xenia, portaci dei piatti e delle forchette. E, perché no, anche un po’ di latte.

Mi accorgo che ha fatto qualcosa di diverso per ognuno di noi. È strano essere serviti da una ragazzina di otto anni. Da ad Annabeth il pancake alla frutta, a Josh un pancake al miele, come quelli che fa Michelle, e a Percy uno strano pancake blu ai frutti di bosco.

A me, però, non da i pancake. Mi da la ciotola piena di biscotti alle gocce di cioccolato e nocciole, e un bicchiere di latte. Mi viene quasi da piangere. Mia madre mi faceva i biscotti tutte le domeniche. Ne assaggio uno: ha lo stesso sapore.

:-Dicci, oh divina Estia-continua Annabeth, mangiando il suo pancake. –Di cosa ci devi parlare?

:-Di una scomparsa-risponde lei, seria. –La scomparsa di una dea.

Nota dell'autore: Salve, carissimi e carissime! Sono tornata! Scusate se ci ho messo tanto a scrivere, ma sono andata a vedere Spiderman al cinema con il mio boy. Odia Spiderman ma sa che è il mio supereroe preferito, e per farsi perdonare della nostra litigata ha preso i biglietti e mi ha fatto una sorpresa. E poi ho provato con la band.
Cmq, ecco il capitolo! Vi avevo detto che ci sarebbe stata una nostra vecchia conoscenza. Ma di chi starà parlando Estia? Siamo vicini alla verità...
Cmq, cosa succederà? Lo saprete prossimamente. Ma prima voglio ringraziare immensamente Asia_Mofosdaria12g per le loro recensioni fantastiche! Un abbraccio a tutti! Oggi dispenso abbracci gratis (sto proprio male).
Un bacio e buona lettura.

 

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Capitolo 68
*** L'attacco degli uccelli. ***


:-La scomparsa di una dea?-dice Annabeth, stupita. –Non dovrebbe essere…

:-Questo non dovrebbe essere possibile. Non è possibile-dico.

:-Beh, ricorda Artemide. Lei è stata rapita da uno dei Titani-mi ricorda Percy.

:-Lo so, questo-ribatto io. –Ma non dovrebbe essere possibile. Insomma, cosa potrebbe aver rapito un essere praticamente onnipotente? Lei lo sa, Estia?

:-No, purtroppo questo non lo so-risponde lei, sedendosi di fronte a noi, sull’altro divano. –Non so nemmeno come sia scomparsa. Non so nemmeno chi è scomparsa. Sicuramente è una dea minore, o altrimenti lo saprebbero tutti e gli dei sarebbero alla sua ricerca da molto tempo. Ma, essendo una dea minore, è meno conosciuta.

:-Mi sta dicendo che gli dei non ne sono al corrente?-esclama Percy. –E quindi nessuno sta facendo nulla?

:-Porta più rispetto, Percy-lo sgrida Annabeth,  sussurrando.

:-No, non ne sono ancora al corrente. Però ho già inviato loro un messaggio, anche se non sono sicura se lo riceveranno, o se vorranno fare qualcosa.

:-Beh, divina Estia, io credo che sicuramente vorranno cercarla-interviene Josh.

Scuoto la testa, prima di rispondergli:-Josh, non è proprio così. Nessuno se ne accorto finora, a parte la divina Estia, perché è sicuramente una dea minore, non fa parte di quelli principali. E forse anche molto giovane. Gli dei potrebbero non voler correre dei rischi, per lei.

:-Alexandra ha ragione, Joshua-ribatte Estia, annuendo. –Purtroppo, gli altri dei potrebbero decidere di non perdere tempo a cercarla. Probabilmente ignoreranno la cosa, e la sostituiranno. O saranno spaventati e si rinchiuderanno nell’Olimpo. Lo hanno già fatto.

:-Però hanno cercato Artemide, quando è scomparsa-dice Percy.

:-Si, ma lei non era una dea minore-gli spiega gentilmente la dea. –Non sappiamo nemmeno chi sia scomparsa. Non penso che la cercheranno.

:-Nessuno?-chiede Josh. –Proprio nessuno? Non credo che non ci sia almeno qualcuno a cui importi di lei.

:-Se è colei che io credo, Joshua, potrebbe esserci qualcuno. Ma è molto improbabile che sia lei.

:-E come mai ce lo sta dicendo?-chiedo, confusa. –Non capisco cosa potremmo mai fare. Non sappiamo come, ne quale dea sia stata rapita. Non sappiamo dove dovremmo cercarla. Mi dica cosa possiamo fare per lei, Estia.

:-Al momento nulla, se non concludere il vostro viaggio-risponde lei. –Sono al corrente della Profezia della Viandante. Sento che i fatti sono strettamente legati fra loro. La sua scomparsa, proprio a pochi giorni dalla Consualia sta sconvolgendo l’equilibrio. Non so chi sia stato a rapirla, però so dove si trovano. Se i fatti sono davvero collegati…

:-…allora si trova nella grotta più profonda del Messico-continuo io. –Proprio dove noi siamo diretti. Proprio dove dovrebbe esserci Mnemosine. È lei, vero? La dea rapita.

:-Ma non è possibile-ribatte Annabeth. –Lei è praticamente inesistente. Insomma, non l’ha mai vista nessuno, prima d’ora. Ed è una titana, non una dea. Nessuno andrà a cercarla, se è davvero lei ad essere “scomparsa”. Anche se direi che è scomparsa da un bel po’.

:-No, non è lei-ribatte Estia, sempre mantenendo il suo sorriso. –Tuttavia ci sono molte probabilità che si nasconda nella grotta dove siete diretti. Forse lei sa qualcosa di tutto questo, e potrebbe aiutarvi.

Che strano. Tutto sembra girare intorno a Mnemosine. Anche Annabeth deve aver capito che è la titana la chiave di tutto.

:-Allora dobbiamo sbrigarci. Mancano si e no quattro giorni alla Consualia. Se ci sbrighiamo, saremo in tempo. E potremo chiederle di aiutarci-dico.

:-Lo spero. Prendete questo-dice, dandoci un cestino da picnic, guardandoci con i suoi occhi fiammeggianti. –Così avrete le provviste per il viaggio nella grotta. Dopo che sarete entrati, non potrete fermarvi. E avrete sicuramente fame. Il tempo li passa molto più velocemente.

Apro il cestino, per vedere cosa c’è dentro: pane fatto in casa, una scatola piena di pasta al forno, macedonia di frutta, panini al roast beef, insalata mista, del polpettone, uova sode, biscotti alle gocce di cioccolato, del ciambelline, due termos e una bustina contenente delle barrette simili a quelle di cioccolata. Le guardo, e mi rendo conto che sono delle barrette di ambrosia. Guardo con aria interrogativa i termos.

:-In quello rosso c’è del the, in quello grigio invece del nettare-mi spiega lei, con lo stesso sguardo che Sally Jackson riserva sempre Percy. –Vi sarà utile.

:-Grazie, Estia-la ringrazio. –Per tutto.

:-Spero che riusciate a tornare vivi-ribatte lei. –Sarebbe una grande perdita. Io continuerò ad alimentare il fuoco del Campo Mezzosangue anche per voi. Pregherò, per voi.

:-Grazie-ripeto. Lei vuole bene a tutti: è la casa. E la casa è un rifugio per i proprietari.

:-E troverete qualcuno alla grotta, ad aspettarvi. Potete fidarvi di lui. E credo che lo conosciate. Vi aiuterà nella caverna, vi farà da guida. E anche qui fuori, troverete qualcuno di vostra vecchia conoscenza, molto utile. Prendendo il treno non arrivereste in tempo.

:-Non potremo mai veramente ringraziarla per tutto ciò che sta facendo per noi, Estia-giungo alla conclusione. –La nostra vita mortale non è abbastanza lunga.

:-Si che potete-dice lei. –Ristabilendo l’equilibrio nell’Olimpo.

 

***Josh***

 

Prima di uscire, ci congediamo da Estia e Xenia. Sono davvero una coppia inseparabile, immagino: la casa e l’accoglienza dovrebbero sempre essere insieme.

Non so come abbia fatto, forse dipende dal fatto che è una dea, ma ha fatto gli stessi pancakes che mia madre mi preparava ogni mattina. Avevano perfino lo stesso sapore.

Quando usciamo, capisco cosa intendeva per “vecchia conoscenza”. Fuori dalla pensione c’è una scodinzolante Signora O’Leary che ci aspetta. Non so come facciano i mortali a non vederla. Forse pensano che sia un simpatico furgoncino dei gelati.

Appena vede Alex, l’aggredisce e la butta giù a suon di coccole.

:-E meno male che dovresti essere il mio segugio infernale, Signora O’Leary-si lamenta Percy, un po’ geloso, incrociando le braccia.

:-Scusa, Percy-si scusa lei. –Non lo faccio a posta.

:-Cos’è?-chiede Searel, confusa, e anche un po’ impaurita.

:-Lei è la Signora O’Leary-spiega Annabeth. –Il segugio infernale da compagnia di Percy. L’unico al mondo ad essere addomesticato, direi. Direttamente dagl’Inferi. Glielo ha affidato il suo primo padrone, Dedalo. È morto pochi anni fa.

:-Ma pensavo che vivesse nell’antica Grecia-dice Ben.

:-Si, però è riuscito a rimanere in vita creando degli automi in cui vivere, nel Dedalo, il suo Labirinto-gli spiega pazientemente Annabeth.

:-Credo che Estia l’abbia portata qui per permetterci di arrivare in tempo-constata Percy.-Viaggeremo nell’ombra. Signora O’Leary, ci porteresti in una grotta del Messico? La più profonda.

Lei si china per farci salire, e, anche se siamo stretti, ce la facciamo tutti, anche Searel, che sembra terrorizzata.

:-Se hai paura ora, Searel, vedrai quando comincerà il viaggio-scherza Alex. –Andiamo, Signora O’Leary.

E quando comincia a viaggiare nell’ombra, anche io provo un po’ di paura.

 

***Alex***

 

Quando arriviamo, ci troviamo in una valle del Messico. Non appena scendiamo dalla sua groppa, la Signora O’Leary sviene dal sonno in mezzo alla valle. Poverina, sarà stanca. Il viaggio è stato molto lungo. Ora potrà riposare. L’aria è abbastanza secca, qui, anche se piacevole rispetto alla sgradevole sensazione di vuoto allo stomaco che provavo fino a poco fa.

:-Ma questa non è la grotta-constata Ben.

:-Il viaggio era troppo lungo per la Signora O’Leary-spiego. –Ora è stanchissima, non si sveglierà per un bel po’. E non credo che ci avrebbe comunque potuti portare fino all’entrata. Anche quando le chiediamo di portarci all’entrata degl’Inferi, è sempre molto titubante. Sicuramente non poteva andare più avanti di così. Dovremo arrampicarci sul terreno roccioso. Annabeth, hai portato la tenuta d’arrampicata?

:-Si-dice, porgendomela.

:-Sei fortunato, Josh-dico. –Annabeth porta sempre uno in più di tutto. Se non fosse per lei, ti lasceremmo morire spiaccicato, saresti stato senza imbracatura.

:-Ok-dice lui. –Grazie, Annabeth.

:-Nessun problema-dice lei, mentre si mette l’imbracatura.

È difficile, ma dopo un po’, alla fine, riusciamo tutti ad indossarla. Che razza di aggeggi complicati. Anche se Josh, devo dire, se la cava bene. Forse è perché ha girato un sacco di scene pericolose, e quindi avrà imparato sui set.

:-Andiamo-dice Percy, titubante. Lui odia le grandi altezze. E, soprattutto, ha paura che Zeus lo faccia morire fulminato, o che gli crei comunque un po’ di problemi.

Cominciamo quindi a scalare. Nemmeno io sono molto tranquilla, non sono bravissima. Per fortuna, non è un tratto troppo lungo, e nemmeno troppo ripido. Searel, invece se la cava senza problemi. Riesce a scalare la parete di roccia come un satiro, saltellando sui massi. Credo che abbia fatto un po’ di arrampicata. Anche Annabeth non se la cava male. Lancio uno sguardo verso l’alto, vedendo qualcuno superarmi. È Ben, anche lui è sorprendentemente bravo. Mi chiedo come abbia imparato.

:-Ehi, pappamolla!-urla a Josh. –Vuoi che venga a prenderti?

Lancio uno sguardo a Josh, che è poco sotto di me. Sta armeggiando con una delle corde, deve essersi impigliata. Credo che gli stia gridando che è un bastardo, o qualcosa del genere. In ogni caso, cose poco carine.

:-Ben, se non la smetti di fare il cretino vengo li e ti butto di sotto! E senza imbracatura!-grido, furiosa. Come si permette di prenderlo in giro solo perché non è bravo a scalare una roccia praticamente piatta? Mi ricorda un po’ quella del Campo. Per fortuna, questo non è un vulcano traboccante di lava incandescente.

Lascio scorrere la corda, in modo di arrivare da Josh. Avevo ragione, si è impigliata.

:-Ehi, tutto bene?-gli chiedo. Lui annuisce, anche se, in realtà, lo vedo, è preso dal panico. Ha paura.

:-Tranquillo, è solo un piccolo nodo-gli dico, tentando di rassicurarlo. –Eccolo li. Scioglilo prendendo il pezzo a sinistra, e tira forte. Dovrebbe bastare.

Seguendo le mie istruzioni, alla fine, ci riesce. Ricominciamo ad arrampicare subito. Lo vedo, però, che è incerto. Per scalare una roccia devi essere più sicuro. Ha tutte le mani sudate.

Faccio un respiro profondo, e continuo a camminare sulla roccia, aggrappandomi alla corda, e rimanendo al suo passo. Non lo lascerò solo. Tutti hanno paura. E comprendo se ha più paura di scalare questa roccia che il palazzo dell’orfanotrofio.

Stiamo scalando tranquillamente, quando però lo vedo scivolare con la coda dell’occhio: ha le mani sudate. Per questo sta scivolando.

Sta cadendo, e urlando. Non riesce a riafferrare la corda, è come una tartaruga sulla schiena che tenta inutilmente di rigirarsi. Non riuscirà a riafferrarla. Devo fare qualcosa, o si sfracellerà al suolo.

Afferro la corda con entrambe le mani, sicura che l’imbracatura reggerà, e la stringo il più possibile. Fa male, e brucia, ma resisto. Fortunatamente, riesco a fermare la sua caduta. Aspetto che afferri la fune, e poi mi calo giù. Sta ansimando, è terrorizzato.

:-Tranquillo, Josh-gli dico, con un tono dolce, per farlo calmare un po’. –Non è successo nulla, capita a chiunque.

:-Stavo…precipitando…e non riuscivo a-ansima lui.

:-Lo so-dico, cercando di rassicurarlo. –Ma è passato adesso. Te la senti di riprendere a scalare?

Lui annuisce, ma ha ancora troppa paura. Devo tranquillizzarlo, o si sentirà troppo male, e perderà di nuovo la presa.

:-Josh!-lo chiamo. –Senti, qual è il personaggio che hai preferito interpretare?
:-Ti sembra il momento?-mi chiede lui, sconvolto, mentre continua a camminare verticalmente sulla roccia.

:-Si, direi proprio di si-ribatto.

:-Beh, non lo so, non ci ho mai pensato-dice lui. –Interpretare Steeve, ad esempio, è stato  come una specie di valvola di sfogo, perché avevo la possibilità di comportarmi come non avrei mai dovuto. Sean è molto ribelle, ma coraggioso. È stato divertente interpretarlo. Ma credo che Peeta sia quello che preferisco. È il più dolce. L’unica cosa che gli sta a cuore è l’amore per Katniss. Farebbe proprio qualunque cosa per lei.

:-Già-affermo. –E, dimmi Josh, qual è il tuo cibo preferito?

So che è una domanda stupida, ma non mi viene altro, in mente.

:-Popcorn per il salato, vaniglia per il dolce-risponde lui. –Si può sapere perché mi fai tutte queste domande?

:-Non importa-dico. –Guarda, siamo arrivati.
Percy e Annabeth ci aiutano a salire.

:-Grazie, ragazzi-li ringrazio, con il fiatone. Io odio scalare.

:-Laggiù c’è una piccola radura-dice Annabeth. –Propongo di accamparci e mangiare qualcosa. Ormai è ora di pranzo, è quasi l’una.  Abbiamo scalato per almeno un’ora e mezza.

Wow. Quel pendio sembrava più piccolo. Devo avere una brutta visione delle proporzioni.

Ci sediamo  tutti in silenzio su delle rocce, il più lontano possibile dal burrone. Decidiamo di spartire il cibo. Anche perché entro poco moriremo, e il cibo andrà sprecato.

Mangiamo tutti, sempre in silenzio, una piccola porzione di pasta al forno e di polpettone. Poi ci rimettiamo in piedi, per continuare il viaggio, quando lo vedo. È piccolo, e sembra un piccione. I suoi occhi però, sono rossi come il sangue.

Sto per lanciare un urlo, ma quel  maledetto uccello mi precede con un gracchio, e viene raggiunto dagl’altri. Quando urlo, è ormai troppo tardi. Sono arrivati.

:-Alex, che succede?-chiede Josh, preoccupato.

:-Gli uccelli!-urlo. –Scappate, sono gli uccelli di stinfalo!

È quello che urlo, quando questi cominciano ad attaccarci, tentando di strappare la carne dal nostro corpo con i loro becchi appuntiti. 

Nota dell'autore: Salve, salve! Ecco a voi il nuovo capitolo, pieno di emozioni! Vi avevo già detto che Alex non sogna a vuoto, non quando è in missione, ed...eccoli qua! Quei maledetti uccellacci! Li odio.
Cosa succederà? Si avvererà la visione di Alex? E chi è la dea scomparsa? 
Lo saprete prossimamente. Intanto io colgo l'occasione per una risata malvagia e per salutare le mie amiche Asia_Mofos e daria13g per le loro gradite recensioni. Un bacio e buona lettura!

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Capitolo 69
*** La ricerca della grotta. ***


Comincio a correre per fuggire da quei maledetti uccelli, dal lato opposto del burrone. Devo andarmene. Non mi posso fermare, o mi prenderanno. Non c’è modo di cacciarli, a parte il rumore. Vorrei aver portato Grover, così li avrebbe cacciati via con il Panico, un potere ereditato da Pan.

Poi mi ricordo di non essere sola. Urlo agl’altri di scappare, mentre gli uccelli di Stinfalo mi perforano la pelle con quei loro becchi appuntiti, e fanno molto, molto male. Nella corsa, inciampo in un sasso. Maledetto anche lui, quel dannato sasso. Cado sulle mani, e gli uccelli ne approfittano per strapparmi della carne da trangugiare. Lancio un urlo quando raggiungono la spalla. Quasi svengo quando vedo la carne rossa esposta. Volto lo sguardo e mi rialzo. Non posso farmi prendere dal panico, anche se ho paura. Non posso.

Non sono sola, e sono la leader della spedizione. È mio dovere controllare come stiano gli altri. Alzo gli occhi su Annabeth e Percy, che continuano a correre, mentre lui li trafigge con la spada. Però è inutile: quando un uccello muore, viene prontamente sostituito da un altro.

Ben e Searel stanno correndo proprio come noi. Lei è terrorizzata. Non so perché, ma Ben invece sembra tranquillo. Forse non mostra paura perché crede che ce la faremo. Ha pochissimi graffi.

Alla fine, il mio sguardo cade su Josh. Mi guarda, ma non ha paura. Ha uno sguardo convinto, come per dirmi di continuare a correre. E lo faccio. Ma vero di lui. Mi sento come un salmone che nuota controcorrente.

Poi, inciampa. Con questo terreno roccioso, cadere è molto facile. Lo vedo, non riesce ad alzarsi. Quasi lancia un urlo, quando un uccello del lago Stinfalo gli trafigge la schiena. Sono troppo lenta. Lo uccideranno, non farò mai in tempo. Cerco di concentrarmi, e sento dopo poco uno strappo all’ombelico. La mia velocità aumenta e, alla fine, riesco ad arrivare prima che lo scuoino vivo, e lo aiuto ad alzarsi.

:-Corri Josh, non fermarti-gli urlo. –Non c’è modo di sconfiggerli. Corri!
Continuiamo a correre. Alla fine, ci accerchiano. Non c’è modo di fuggire ora. Ho paura. Sono terrorizzata.

:-Sentite, gli uccelli di Stinfalo sono sensibili ai forti rumori-dice Annabeth. –Dobbiamo produrre un suono abbastanza forte da farli andar via.

Dobbiamo sbrigarci. Se aspetteremo, il sogno diverrà una previsione. E Josh morirà.

All’improvviso, so cosa fare. Ed è così semplice.

:-Ok, ho un’idea-dico, mentre il cerchio si stringe sempre di più. –Uno di noi da solo fa un rumore basso. Ma se gridassimo tutti insieme?

:-Una grande idea-risponde Annabeth. –E l’unica. Gridate!

E così facciamo, urliamo con tutto il fiato che abbiamo in corpo. Il rumore non è veramente così forte, siamo solo in sei. Eppure, stranamente, sembra funzionare. Gli uccelli di Stinfalo volano via. Come se fossimo diventati improvvisamente meno interessanti…o meno appetitosi.

 

***Josh***

 

Non so cosa siano. Alex li chiama uccelli di Stinfalo. Sembra terrorizzata. Ed ha ragione. Fanno paura anche a me. Ma non ho paura per me. Non è il terrore verso di me che mi spingere a correre. È per lei. Se non corro, e non sopravvivo, lei si bloccherà. E quegl’uccelli dannati la prenderanno. Non posso permetterlo.

Ad un certo punto, inciampo. Sono in troppi, non mi permettono di alzarmi. Mi stanno perforando la pelle con quei loro becchi appuntiti. Amano il sangue, e la carne. E pretendono la mia.

Arriva Alex in mio aiuto. Mi porge la mano e mi aiuta a rialzarmi. Poi ricominciamo a correre, ma è inutile.

Dopo poco, ci accerchiano. Non abbiamo via di scampo. Moriremo tutti. È ciò che penso, finché Alex non ci dice di urlare. E lo facciamo. Gridiamo con tutto il fiato che abbiamo nel corpo, e, finalmente, se ne vanno. Ma il rumore non era così forte. C’è qualcosa sotto, e lo scoprirò.

 

***Alex***

 

Ci sediamo tutti ai piedi di una roccia, sfiniti. Siamo feriti, non possiamo continuare, dobbiamo medicarci e riposare per almeno un minuto. Searel si arma in fretta del kit di pronto soccorso e corre da Josh. Lui è quello più grave. È pallido, e ha la maglietta sporca di sangue. Searel gli chiede di togliersi la maglietta. Ha un taglio profondo che gli percorre diagonalmente tutta la schiena, lasciando scoperti i muscoli. Mi viene da vomitare.

:-Niente da fare, è troppo profonda, non posso fasciarla. Servono dei punti. Josh, te la senti?

Lui annuisce:-Che altra scelta ho?

:-Benissimo. Annabeth, prepara ago e filo. Alex, cercagli qualcosa da mordere. Percy, potresti riscaldare dell’acqua?

Lui scuote la testa:-Vorrei poterlo fare, ma posso solo cercarla. Riesco a scaldare solo l’acqua di mare.

:-Ok, allora tu vai a cercare dell’acqua. Ben, prepara un tampone sterile e l’acqua ossigenata. Sbrigatevi!

Si alzano e corrono verso una piccola radura di alberi. È strano che si trovino in un terreno così roccioso, ma se ci sono delle piante, ci sarà anche dell’acqua. Io cerco intanto qualcosa che Josh possa mordere. Di sicuro, non posso dargli un ramo, sarebbe poco igenico. Le uniche cose che ho sono delle magliette, e la mia copia di Viaggio al centro della Terra. Non ho scelta. Amo questo libro, però Josh vale molto, molto di più.

Prendo il libro e glielo porgo. Lui mi guarda e mi chiede:- Sei sicura?

:-Si. Posso comprare un altro libro, ma un altro Josh dove cavolo lo trovo?-rispondo io, sorridendo. –Vado ad aiutare Percy, e poi torno. Ci metto un attimo.

Mi alzo, e corro verso la piccola radura. Dopo poco, intravedo Percy tra gli alberi. Sta scrutando l’aria, guidato come da una forza invisibile.

:-Ehi, trovata l’acqua?-gli chiedo.

:-Si, quasi-dice lui. –Ancora pochi passi.

Continuiamo a camminare, in silenzio, e poi lo troviamo. È il luogo in cui la vegetazione è un poco più fitta. Un piccolo ruscello scorre tranquillo e placido.

Percy si china e raccoglie l’acqua in una ciotola, dominandola con il suo dominio. A volte mi fa impressione. Io, intanto, raccolgo dei rametti per terra, per accendere un fuoco.

Torniamo al nostro accampamento improvvisato, e subito raduno i rametti per terra, mentre Searel continua a tamponare Josh per disinfettare la ferita. Lui non fa nemmeno un lamento. Prendo i fiammiferi e accendo un fuocherello. Percy ci mette la ciotola metallica, e, una volta calda, la raccolgo con una maglietta arrotolata, per non scottarmi. Intanto, Percy richiama dell’acqua dal fiume. Poco dopo arriva una grande bolla d’acqua che scoppia proprio sul fuocherello che avevamo acceso.

Porto immediatamente l’acqua a Searel. Lei butta via il tampone insanguinato e immerge un panno trovato nel kit dentro l’acqua bollente, per poi posarlo sulla schiena di Josh. Intanto io mi siedo vicino a lui. Non c’è nulla che io posso fare. Io non sono una figlia di Apollo. Non sono una guaritrice. Sono colei che provoca le ferite.

Dopo averle tolte, la pelle è tutta rossa, ma per il calore, non per l’infezione.

:-Annabeth, passami l’ago-dice Searel. –Ok, Josh, sto per cominciare. Sei pronto?

Lui annuisce, e lei, una volta afferrato l’ago sterile, lo infila nella pelle di Josh. Lui geme, ma non fa altro, se non stringere con i denti il mio libro. Io, invece, gli stringo la mano. La sua presa è quasi dolorosa, ma non la sciolgo.

Searel ignora il dolore di Josh e comincia a passarlo a destra e sinistra lungo la ferita, velocemente. So perché fa così: se si sbriga, potrà finire prima, e Josh soffrirà di meno. Come la ceretta. È meglio delle pinzette.

Josh stringe ancora di più la mia mano, ha le lacrime agl’occhi. La stringo di più, per fargli conforto. Non oso immaginare il dolore a cui si sta sottoponendo.

Dopo poco, Searel ha raggiunto il limite della ferita. Fa un nodo con il filo e lo taglia con i denti. Poi prende un altro tampone e comincia a disinfettarla di nuovo. Poi ripete lo stesso procedimento dell’acqua calda, e toglie la maglietta dalla ferita solo quando è sicura di averla ben pulita.

:-Ok, Josh, abbiamo finito-dice lei. –Mi dispiace, sul serio. Se solo avessi avuto del sangue divino, avrei potuto darti dell’ambrosia, e non avresti sentito molto dolore…

:-Non fa niente-dice lui, togliendosi il libro dalla bocca. –Grazie. Pensa agl’altri, ora.

Lei annuisce, e si occupa di Percy e Annabeth, che hanno due graffi profondi ma corti sulle braccia. Loro sono fortunati: possono assumere l’ambrosia, e non dovrà operarli d’urgenza.

:-Mi dispiace, per il libro-dice Josh, guardandomi. È ancora sdraiato, non riesce ad alzarsi.

:-Non esserlo-rispondo io. –Posso prenderne un altro. Tu sei più importante. Se vuoi, tienilo. Io non voglio saperne più niente. Ora è tuo.

:-Sicura?-mi chiede, sorridendo. –C’è tutta la mia bava. Potresti rivenderlo su ebay a chissà quanto.

:-Ok, ora smettila-dico, ridendo. –Non mi piace essere presa in giro. E ti dirò che non mi fa nessun effetto.

:-Quindi, se ti bacio non mi svieni?-chiede, falsamente deluso.

:-No-rispondo sicura. Lui sorride di nuovo.

:-Te la senti di provare a mangiare?-gli chiedo. –Hai perso molto sangue. Devi assumere zuccheri se non vuoi svenire.

Lui annuisce, e prendo dal cestino di Estia un panino fatto in casa, e glielo porgo. Mentre lui lo sbocconcella, riempio un bicchiere di plastica di acqua e zucchero, mescolandolo. Lui lo manda giù come una medicina amara e riprende a mangiare il pane per cancellarne il sapore.

Searel ci raggiunge e guarda contrariata la ferita sulla mia spalla. Non è profonda.

:-Non c’è bisogno di disinfettarla-dice lei. –Prendi un cubetto d’ambrosia o un sorso di nettare.

Annuisco, e prendo il termos con il nettare che ci è stato dato da Estia. Verso una goccia sulla ferita, e la sento sfrigolare. Ma è una bella sensazione. Poi bevo un solo, piccolo sorso. Ha così tanti sapori diversi, sapori di ricordi. Ha lo stesso sapore dei biscotti con le gocce di cioccolato che faceva mia madre. Il sapore della pizza mangiata con Luke, quella che rubavamo sempre nello stesso piccolo bar. I popcorn senza burro che gustavo guardando i film di Josh. La marmellata di more sulle fette di pane in cassetta che mia madre preparava per me, Ben e Searel come merenda. La limonata che bevo sempre d’estate con Percy e Annabeth. Il gelato al cioccolato e vaniglia che abbiamo mangiato io e Josh dopo essere stati all’orfanatrofio.

:-Di che sa?-mi chiede Josh, curioso.

:-Di tutto-rispondo, sorridendo. –Di tutti i ricordi più felici. Di tutto ciò che ami.

:-Tu cosa ami di più?-chiede lui. –Oltre alla cioccolata.

:-Ho sentito sapori diversi-rispondo. –Pizza, popcorn, biscotti, marmellata di more, limonata, gelato al cioccolato e  vaniglia.

:-E questo che centra con i ricordi?-chiede, confuso.

:-Mia madre preparava i biscotti al cioccolato, la domenica. E pane e marmellata per merenda, quando Searel e Ben giocavano da me. Bevo con Annabeth e Percy molta limonata, d’estate. E quando siamo usciti dal mio vecchio orfanotrofio abbiamo preso un gelato. Ricordi?

Lui annusce:-Sono contento di far parte dei tuoi ricordi.

:-E come potrebbe essere diversamente?-chiedo, sorridendo. –Ormai sei parte di me. E non voglio lasciarti andar via.

:-Bene-ci interrompe Percy. –Dobbiamo andare, piccioncini.

:-Mi dispiace-mi guarda Annabeth. –Ma abbiamo veramente poco tempo.

Annuisco. Siamo tutti stanchi, ma non possiamo fermarci. A quanto pare, da questa missione dipende qualcosa di perfino più grande di quanto immaginassi.

Ci rimettiamo alla ricerca della grotta. È praticamente impossibile da trovare. Passiamo più di un’ora a cercarla, ma nulla.

:-Non capisco-dice Annabeth. –Eppure il punto dovrebbe essere questo.

:-Forse abbiamo sbagliato punto.-dice Ben, indicando la sua destra-Proviamo a cercare di là.

:-Non credo-dice Josh. –Dovremmo andare a sinistra. Se andassimo a destra, come dici tu, torneremmo indietro.

:-Esatto-dice Ben, contrariato. –Forse non l’abbiamo vista.

:-Non si torna mai indietro-dice Annabeth, solidale. –Andiamo a sinistra.

Ben sembra arrabbiato, ma nessuno di noi ci fa caso. Dopo pochi passi, Percy da una botta a qualcosa.

:-Ahia-dice lui.

:-Percy, cos’è successo?-chiede Annabeth, apprensiva.

:-Sono andato a sbattere contro qualcosa-dice lui.

:-Però su cosa?-chiede lei. –Non c’è niente qui.

:-Ma come, non lo vedete?-chiede Josh, confuso. –C’è un cartello enorme. Come fate a non vederlo?

Non capisco. O Josh ha le traveggole, oppure…ma certo!
:-Ecco perché sei qui!-esclamo. –Ma certo. Se la profezia ti ha voluto con noi, è per la tua vista, Josh! Ecco perché! Tu vedi meglio di noi semidei. Evidentemente qui c’è molta Foschia, e solo tu puoi vedere cosa nasconde. Senza di te, non avremmo mai trovato questo cartello. Cosa c’è scritto?

Cerco di concentrarmi, ma non riesco comunque a vedere niente. Deve dirmelo lui. Sarà i miei occhi, adesso.

:-“Grotta del Sistema Cheve, duecento passi di dracena. Attenzione: vietato l’ingresso a mortali e semidei. A coloro che attraversano la volta delle Grotte Profonde non sarà concesso di tornare in superfice”.-legge. –Passi di dracena?

:-Dovrebbe essere la misurazione dei mostri-spiega Annabeth, prendendo la sua calcolatrice. –Dovrebbe corrispondere a seicentotredici metri.

:-Molto confortante, quell’avviso-commenta Searel.

:-Quanto un abbraccio-ribatto io. –Ma non abbiamo scelta.

Ci incamminiamo nella direzione da Josh indicata, portandoci dietro un Ben molto brontolante. E, presto, arriviamo alla grotta. È buia, e si intravedono dall’esterno le stalattiti pendenti pronte ad ucciderci.

Poi intravedo una figura nell’ombra. È un ragazzo, con i capelli neri, lunghi, gli occhi neri, la pelle chiara. Indossa una maglietta nera strappata, una giacca di pelle ed ha una spada nera al fianco.

:-Nico?-lo chiamo, confusa.

:-Beh, ce ne avete messo di tempo-dice lui, sbadigliando. –Siete così lenti, ragazzi!

Nota dell'autore: Perdono! Chiedo umilmente perdono! So di essere in ritardo, uno spaventoso ritardo, ma il mio computer ha dato di matto e ha cancellato tre volte il capitolo! Ma credo di aver risolto...incrocio le dita.
Ringrazio come sempre
Grety01, daria13g e Asia_Mofos. Grazie mille! Un bacio. 

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Capitolo 70
*** Il confine della grotta. ***


:-Come sarebbe a dire lenti?-chiede Josh. –Ti chiediamo scusa, ma non abbiamo potuto fare a meno di rimanere feriti dopo un attacco di uccelli di Stinfalo.

:-Si, si-dice lui, incurante. –Allora, siete pronti?

:-Per cosa?-chiedo, ingenuamente.

:-Beh, per scendere-dice lui, indicando a grotta con un cenno della testa.

:-Credo che sia il momento giusto per spiegarci perché sei qui, Nico-ordino, severa. Voglio sapere cos’è successo.

:-Ma come, non te l’ha detto?-chiede lui, confuso. –Estia non ti ha detto nulla?

“Troverete qualcuno alla grotta, ad aspettarvi. Potete fidarvi di lui. E credo che lo conosciate. Vi aiuterà nella caverna, vi farà da guida”.

:-Così è a te, che si riferiva-constata Annabeth. –Una scelta giusta. Essendo figlio di Ade, sicuramente ti troverai a tuo agio, sottoterra, e la caverna si avvicina molto agl’Inferi.

:-Esatto, quindi, se i signori vogliono cominciare il loro viaggio turistico…-dice lui.

:-Subito-conferma Percy. Nessuno di noi vorrebbe entrare in quella caverna dall’aria pericolosa, ma non abbiamo scelta.

:-Sicuri?-ci chiede Nico. –Ricordate, non potremo fermarci, forse nemmeno per le pause pipi, quindi fatela adesso.

:-Non abbiamo cinque anni-gli faccio notare.

:-Aspetta, Alex-mi ferma Annabeth. –Farà freddo. Dobbiamo coprirci.

Annuisco, e ci passa delle giacche a vento arancioni, con il simbolo del campo mezzosangue. La indosso in fretta, chiudendo la zip fin sopra il mento. Quando tutti sono pronti, entriamo nella grotta. All’inizio, non è poi così male. Il fresco proveniente dal centro ci rinfresca dalla calura estiva.

:-Attenti-ci avverte Nico, sussurrando. –Le stalagmiti e le stalattiti sono pericolose, potrebbero cadere all’improvviso, o potreste sbatterci. Una sola potrebbe portare al crollo della grotta.

Annuisco nuovamente, e cerco di fare attenzione a dove metto i piedi. Sono una viandante, e mio padre ha fatto molti viaggi di consegna negl’Inferi, ma non mi sento mai a mio agio sottoterra, dove non posso vedere ad un palmo del mio naso, dove le pareti scivolose diventano più strette e pericolose. Sono contenta che Annabeth mi abbia ricordato di indossare questa giacca. Più scendiamo, più fa freddo. Mi stringo nella giacca, grata per il suo calore.

Ma non vedo nulla, se non il buio. È pericoloso camminare in una grotta senza vedere dove si va, e nessuno di noi ha acceso una torcia. Sto per prenderne una delle mie, con tante batterie di ricambio. Non potevo certo farla mordere a Josh, o si sarebbe danneggiata,  e saremmo rimasti senza luce. Ma Nico mi ferma.

:-Stai attenta-dice lui. –Non sappiamo quanto dureranno le batterie, e potremmo rimanere senza luce. Hai delle batterie di ricambio?

:-Si, dovrebbero essere dieci paia-rispondo, sicura. –Forse nove. Però mi sono equipaggiata.

Lui annuisce, e accendo la torcia. Molto meglio, ora che sono sicura che non morirò infilzata o scivolerò sul pavimento umido e viscido della grotta. Alzo lo sguardo, e vedo le lunghe stalattiti che pendono dal soffitti, i cui colori variavano dal tenue beige ad un rosso porpora più forte. Se non fosse per il fatto che questa è una delle più pericolose grotte del mondo in cui sicuramente la mia vita avrà fine, potrei anche trovare affascinante questo spettacolo naturale.

Non so per quanto continuiamo a camminare, in silenzio, mentre i nostri passi risuonano nelle gallerie.

:-Nico, sai dove siamo?-gli chiedo. Non riesco a percepire il tempo, qui dentro, nemmeno i secondi.

:-Siamo a metà strada, e stiamo camminando da mezzora-dice lui. –Tra poco avremo superato il confine della zona valicabile. Tra poco, saremo i primi semidei ad averlo attraversato.

Josh, imbarazzato, si schiarisce la gola.

:-Oh, giusto, scusa-dice lui. –I primi semidei e mortali ad averlo attraversato. Meglio?

Lui annuisce, soddisfatto. Dopotutto, ha ragione. Escluderlo non sarebbe stato giusto, a questo punto.

:-Nico, tu hai idea di cosa troveremo, dopo il confine?-gli chiedo. Sarebbe meglio sapere cosa ci aspetta.

:-Purtroppo no-risponde lui, affranto, ma sincero. –Come ho già detto, siamo i primi. Nessuno ha mai tentato di attraversare quei confini, prima d’ora. Ma sicuramente, dovremo stare in guardia. Sarà pieno di mostri, e chissà quali trappole sconosciute. Perfino gli dei temono questo posto.

:-Se davvero è così pericoloso, perché Mnemosine dovrebbe trovarsi qui?-chiede Searel.

–A quanto sembra, dovrebbe essere un’eremita, che cerca di non farsi vedere da nessuno-risponde Annabeth. –E, anche se la trovassimo, non è detto che sia disposta ad aiutarci.

:-Lo so-ribatto. –Ma io lo spero con tutto il cuore.

 

***Josh***

 

Non so per quanto continuiamo a camminare nel silenzio più totale. Nessuno vuole parlare, ora. Tutti hanno paura. Sono ansiosi, non sanno cosa li aspetterà. E nemmeno io lo so. So solo che questa grotta è una specie di Tartaro, da come viene descritto. Dopo quel cartello, immagino che siano voci affidabili.

È strano, il fatto che solo io lo abbia visto. Sapevo di possedere la vista pura, ma così pura non pensavo di certo. Forse è questa la mia funzione, nella missione. Mostrare loro la via. Allora gli altri avevano ragione. La “vista” citata nella Profezia della Viandante si riferiva a me. Lo spero, perché, altrimenti, sarei solo d’intralcio ai miei amici. Lo so, sto diventando un peso, per colpa del mio essere “mortale”.

Dopo poco, Nico ci fa un cenno. Siamo arrivati al confine.

 

***Alex***

 

Siamo fermi, ora, di fronte ad una lastra di roccia, ferma, irremovibile. Cosa dovremmo  fare ora?

:-No!-dice Searel. –Cosa dovremmo fare, ora?

:-Una lastra…Josh, tu cosa vedi?-gli chiedo. Non può finire ora. Non così. Non ora che siamo così vicini…

:-Una lastra di roccia-ripete lui. –Cè una specie d’iscrizione. Però non sono in grado di decifrarla…credo sia greco.

:-Fantastico-dico io, provando a concentrarmi per leggerla, ma senza risultati. La Foschia è troppo densa..

:-Che facciamo ora?-chiede Searel.

:-Forse lo so io-dice Annabeth, porgendo un foglio di carta a Josh. –Tu mi indichi su quest’alfabeto le lettere che ci sono nell’iscrizione, io le scrivo, così poi potremo decifrare la frase.

Lui annuisce, e, dopo poco tempo, riescono ad ottenere la scritta: “ω εμπορος ανισταντες, υμεις δεονται του αιμος θανασιμοντος ως διαβαινωσι”.

:-“O emporos anistantes, umeis deontai tou aimos tanasimontos os diabainosi”-leggo, contrariata, per poi tradurre.-Oh viaggiatori che sostate, per passare avete bisogno di…no! Non possiamo Annabeth!
:-Lo so-dice lei. –Ma forse è solo un pedaggio. Forse non richiede di versarlo tutto.

:-Non possiamo correre rischi-dico. –Non posso chiederglielo.

:-Cosa?-chiede Ben, curioso. Ovviamente, non è capace di leggere il greco. Non ancora.

:-Sangue-rispondo io. –Sangue mortale.

 

 ***Josh***

 

:-Perfetto-dico lui, prendendo un coltellino multiuso, e puntandolo contro le mie vene.

:-No!-dice, afferrandolo e gettandolo a terra con un suono metallico. –Non puoi.

:-Non abbiamo scelta-dico. –Se davvero dipende tutto da questa missione, non possiamo arrenderci per un po’ di sangue.

:-Ascolta Alex, Josh-mi intima Ben. –Potrebbe essere troppo rischioso per te. Forse quell’iscrizione richiede la tua morte. Dovremmo tornare indietro. Non possiamo lasciarti morire.

:-Carino da parte tua preoccuparti di me, ma non è necessario. E non abbiamo scelta, se davvero tutto dipende da noi e dalla riuscita di questa missione-dico, sicuro. Non credo che a Ben interessi veramente la mia salute. Forse, vuole che ci allontaniamo. O ha solo paura. Non so cosa trama, ma non è il momento adatto per pensarci.

:-No-dice Alex, prendendo il coltellino da terra e tenendolo stretto tra le mani. –Ben ha ragione. Non posso permetterlo…non ancora.

:-Proviamo solo con una puntura-la rassicuro io, stringendole la mano. –Una volta sola, per una sola goccia. Se non basterà, cercheremo una soluzione alternativa.

In realtà, sto un po’ mentendo. Se non basterà, sarò costretto a morire. Sarò io a perdere la vita, e lei vivrà.

Così prendo dalle sue mani il coltellino, e lo conficco con forza nel pollice della mano sinistra, facendo uscire del sangue denso, caldo, e rosso. Alex stringe i denti, nel vederlo. È strano, di solito non le da la nausea.

Mi avvicino quindi alla lastra, e poggio il mio dito insanguinato sulla parete di roccia, strofinando in modo da spargere il mio sangue mortale.

 

***Alex***

 

Stringo i denti alla vista del sangue di Josh. Di solito, non mi da così tanto fastidio. Ma è sangue suo. E io mi ero ripromessa che non l’avrei mai più rivisto, che mai più si sarebbe versato il suo sangue. Poggia la mano sulla parete di pietra, e tutti tratteniamo il fiato. Lancio un sospiro quando si apre, proprio come tutti gli altri.

:-Stiamo per attraversare il confine, tutti attenti, e con gl’occhi ben aperti-ci avverte Nico. –Non potremo fermarci, mai, ne per dormire, mangiare o riposare, finché non avremo superato tutto il tratto. Poi, quando saremo arrivati alle Porte della Fine, potremo riposarci. Ma solo allora. Non ci saranno pause. Normalmente, il viaggio dovrebbe durare circa un giorno, se non due, ma dopo il confine il tempo scorrerà in modo differente. E, una volta attraversato il confine, non si può tornare indietro. Fate ciò che dovete fare ora, prima di attraversare le porte.

Annuiamo tutti, e ognuno, per la prima volta, pensa a se. Io prendo dell’acqua dalla mia borsa e ne trangugio tre piccoli sorsi. So che dovremmo risparmiarla, ma non posso aspettare. Dopo non so se potremo bere, e, comunque, i sorsi sono piuttosto piccoli. Poi prendo un biscotto di Estia e lo mangiucchio, mentre Josh beve un sorso del caffè che Estia ci ha regalato.

:-Dovresti berlo-dice lui. –Non potremo riposare, e questo ci permetterà di stare vigili per un po’.

Annuisco e mando giù con una smorfia un sorso di quel liquido scuro, dal forte gusto amaro. Non mi piace, ma ne bevo un altro. Josh ha ragione, dopo saremo a pezzi, e non potremo fermarci. Passiamo il caffè anche a Ben, Searel, Annabeth, Percy e Nico, che lo sorseggiano con un sorriso sulle labbra. Loro adorano il caffè, il problema è mio, perché odio quella bevanda amara. Ma, lo ammetto, dopo quel piccolo sorso, mi sento già meglio, più attiva. Di sicuro non cadrò per il sonno come un birillo tra una sola ora.

Poi  attraversiamo il confine segnato dalla parete di roccia. Ed è allora che capisco la vera pericolosità di questo posto. Camminiamo per chissà quanto tempo, senza sapere veramente per quanto, senza poter contare nemmeno i secondi. E si sente un forte rumore, molto forte. Ben mi guarda, incredulo; è inciampato su qualcosa, quello che sembra un sottile filo di bronzo celeste. Si sente un forte rumore metallico, e dall'alto viene calata una grande gabbia nera. Dall’oscurità impenetrabile esce uno spirito rosso, come le fiamme. Ha il volto di un uomo forte, e bello, la pelle color miele. gli occhi e i capelli dorati, il fisico formato. Ma i suoi occhi sono terribili, fiammeggianti. Come le sue mani che ci scagliano addosso delle palle di fuoco e che mi fanno desiderare di essere negl’Inferi.

Nota dell'autore: Scusatemi! So di essere in grave ritardo, ma ho avuto un'interrogazione al giorno, oggi ben tre, e un compito in classe. Vi chiedo perdono, anche perché questo capitolo di passaggio è piuttosto corto. Ringrazio nuovamente Asia_Mofos, daria13g e Grety01 per le loro recensioni che mi scaldano il cuore come un raggio di sole in una tempesta.
Comunque, ci stiamo avvicinando alle Porte della Fine. Come avrete letto, le prove e trappole che dovranno affrontare, sono estenuanti, e strazianti. Cosa succederà? Lo saprete leggendo il prossimo capitolo. Un bacio.

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Capitolo 71
*** Lo spirito del fuoco ***


Ok, la situazione si sta leggermente scaldando, letteralmente. La temperatura è aumentata. L’uomo si avvicina a noi, con quel suo sguardo pericoloso e il sorriso terrificante, seppur affascinante, in se. Lo so, dovrei avere paura, e ce l’ho. Ma sono più forte, dopo l’esperienza con il Basilisco. Devo esserlo. O i miei amici moriranno.

:-Umani, qui?-ghigna l’uomo, avvicinandosi sempre di più. –A disturbare la nostra quiete! Come osate, mortali!

:-Mi permetta, mio caro gentiluomo, di correggerla. Saremmo semidei-dico, facendo dell’ironia, per, lo ammetto, temporeggiare, e magari trovare il coraggio di affrontarlo, perché, al momento, sono a secco. –Eroi, per la precisione. La sua ignoranza è quasi offensiva.

:-Non importa-dice il mostro, scagliando una delle sue palle di fuoco, ma mancandomi, per fortuna. –Morirete. Ancora pochi secondi, e la catena si dissolverà.

Lancio uno sguardo ai suoi piedi, non sta mentendo. È incatenato al muro, ma presto si libererà: la catena sta già svanendo. Ho pochi secondi per trovare il coraggio che mi serve.

:-Che ne pensi, Percy? Non possiamo certo lasciar correre un errore di tale gravità, e sottolineo tale. Per non parlare della scortesia e della maleducazione che sta rivolgendo verso le nostre persone.

:-Penso che l’insolenza debba essere punita-risponde lui, reggendomi il gioco con un sorriso enorme, e prendendo la sua spada. –O perlomeno corretta.

:-Bene, credo proprio che il signore abbia bisogno di una lezione-dico, sfoderando la mia Protezione. –Una lezione molto dolorosa, ma istruttiva. Sei pronto, Percy?

Lui annuisce:-Sono nato pronto per questo.

Sorrido, prima di sferrare il mio attacco. Questo sarà un gioco di due. Due Parabathai. Lui non è di certo il mio, ma ora Percy è il più adatto: acqua contro fuoco. il mio era Luke, e ora è morto. Era il mio compagno guerriero. Non c’era una cerimonia ufficiale, ma ogni semidio può sceglierne uno, quello di cui più si fiderebbe, con cui sarebbe fiero di combattere. È un uso che abbiamo mantenuto dalla guerra di Troia, se non prima.

Il mio compito, ora, è quello di distrarlo, mentre Percy attacca. E lui questo lo sa. Abbiamo dei gesti. Uno, due e tre, che facciamo con la mano. Il primo significa attacco combinato, il secondo è proprio quello che ho fatto ora. E il terzo, è per la ritirata. È molto utile, così posso capire le intenzioni di Percy, e combattere senza intralciare i suoi piani. Così tento un affondo, mentre lui tenta di prenderlo di schiena. Il mostro intanto continua a scagliarmi addosso palle infuocate, e calde, che rischiano di bruciarmi. Nico, intanto, sfodera la sua spada, insieme a Ben. Sono contenta che ci vogliano dare una mano, questo tizio sembra pericoloso. E, si, mi fa un po’ paura. Non voglio bruciare viva di nuovo.

:-Nico, aiutaci! Formazione Anatra-dico, e lui sa cosa deve fare. Dobbiamo tenerlo occupato mentre Percy lo attacca da dietro. Una cosa a tre, tanto per cambiare. Come quelle delle anatre, a V. Solo che la punta della V è Percy, e sta dietro.

Annabeth e Josh fanno per tirare fuori i loro stiletti, ma è tutto inutile. Non possono. È un arma troppo corta, e quello lancia palle di fuoco a lunga distanza. Searel, invece, non ci prova nemmeno. Sa che un piccolo coltello come il suo non ci sarebbe d’aiuto.

:-No!-dico. –Annabeth, restate fuori. Sai benissimo che non potete. Nascondetevi!-dico, e lei annuisce, nascondendosi dietro una roccia insieme a Searel, mentre evito un altro degli attacchi del mostro, che, mancandomi, furioso, lancia un urlo.

:-Morirai!-dice, cercando di darmi fuoco, ancora una  volta. –Così riavrò indietro me stesso! Lei sarà contenta per la tua morte.

Mi fermo, confusa:-Chi? Chi mi vuole morta?

:-Io-urla, lanciandomi una palla di fuoco. Non posso evitarla, sono troppo lenta, lo so. Però, sento qualcosa che mi tira indietro per inerzia. È Josh, mi sta tirando via per il gomito.

:-Grazie-dico, ma lui mi interrompe subito.

:-A questo ci pensiamo dopo-dice lui, prendendo il suo stiletto, e lanciandolo contro il mostro. Vedo la lama colpire e lacerare dolorosamente la sua pelle dorata. Il mostro grida di dolore, e si ferma per un secondo, e, furioso, lanciando un urlo ancora più forte, gira su se stesso per svariate volte, con le braccia aperte, le mani brucianti, creando così un cerchio di fuoco. Lo evito proteggendomi con la mia spada, e la fiamma si riflette su di lei. La lascio cadere con un urlo: il metallo è caldo. Si sente un urlo di Annabeth, che deve essersi scottata, anche se era al sicuro, con Searel. Guardo Percy, disperata. Nonostante il numero, è troppo forte. Non so come sia possibile, ma è come se stessimo mano a mano perdendo la nostra energia, mentre il mostro sembra acquisirne. Siamo ancora vivi solo alla nostra capacità di schivare proiettili di fuoco, o deviare la loro traiettoria con le nostre spade. Ma non possiamo fuggire per sempre. Prima o poi, ci stancheremo. E lui ci ucciderà.

Guardo di nuovo negl’occhi Percy. È furioso, si vede. È talmente arrabbiato che le sue pupille si stanno restringendo. Con un urlo carico di rabbia, si getta sul mostro, trafiggendolo da parte a parte, ma non può evitare le fiamme, che lo avvolgono. Non appena la spada entra nel corpo del mostro, che, gridando, sparisce in una nuvola di sabbia allo zolfo, Percy la lascia, e corre via dal fuoco. Però la sua maglietta è distrutta, le punte dei capelli sono bruciate e ha moltissime bruciature, soprattutto sul viso e sulle spalle.

:-O miei dei-dice Annabeth. –Percy!

Lui cade a terra, senza dir nulla, stremato, ora che ha ottenuto la sua vendetta, e ucciso quel…quell’essere.

Searel si china vicino a lui, prende il kit di pronto soccorso, e gli disinfetta le bruciature.

:-Come sta?-gli chiede Annabeth, apprensiva.

:-Poteva stare peggio, molto peggio. Con un po’ di nettare si riprenderà, e fra poco sarà abbastanza forte da continuare la discesa-dice Searel, convinta, mentre fascia le braccia di Percy, piene di bruciature.

:-Beh, dobbiamo sbrigarci-dice Nico. –Non dobbiamo fermarci, o non riusciremo più a muoverci. E rimarremmo qui.

:-Sto facendo il possibile, ma ho bisogno di almeno cinque minuti-dice Searel, finendo di fasciare le braccia. –E anche lui. Ha rischiato grosso.

:-Si-dice Nico. –Però dobbiamo sbrigarci comunque.

:-Annabeth, cos’era?-gli chiedo, interrompendolo. Devo distrarla, ha le lacrime agl’occhi, sta per piangere.

:-Una Flogos. Una fiamma  umana. Ma…è strano. Sono molto, molto rari. Dovrebbero essere scomparsi da anni, a differenza dei Karpoi, o gli spiriti della tempesta. Nascono in un solo modo.

:-In che modo?-le chiedo. Deve distrarsi, o scoppierà. Intanto, Searel ha quasi finito. Sta cercando di far bere a Percy un goccio di nettare.

:-Beh…è complicato. Nemmeno io sono in grado di comprenderlo fino in fondo. Ma nascono dall’unione di una dea e…un certo titano. Percy lo ha conosciuto, il vecchio Prometeo. Ma non con quel tipo di unione. È un po’ come la mia, di nascita, o quella di mia madre, Atena. Io sono nata da un pensiero di mia madre. Gli spiriti del fuoco, i Flogos, sono molto più pericolosi degli spiriti della tempesta, e nascono dal contatto esterno, come le scottature. Però è raro incontrarne uno, perché il procedimento può avvenire solo nelle ore più calde dei mesi più caldi, e i luoghi stessi devono avere un clima caldo. Di solito si trovano nel deserto, dove l’aria è secca, ricca di ossigeno e calore. È, soprattutto, il contatto deve avvenire in modo doloroso.

:-Che tipo di contatto?-chiedo, curiosa.

:-Contatto…sanguineo. Di solito Prometeo usa le armi più raffinate, ma anche qualunque altra cosa va bene, come le unghie…Non so come si faccia a mescolare, ma succede. Il sangue della dea viene mischiato in un’ampolla contenente il sangue del titano, e poi…si riversa…a terra, in una spirale di fuoco. È complicato, nemmeno io capisco come possa essere possibile una cosa del genere o perché dovrebbe accadere, ma…succede. E basta.

:-Beh, Prometeo è un cretino. Avremmo dovuto aspettarcelo…-dice una voce maschile, e tossicchiante.

:-Percy!-esclama Annabeth, gettandosi su di lui. –Stai bene.

:-Più o meno…-dice lui, con un gemito di dolore.

:-Se ci riprovi, Testa d’Alghe, trovo il modo di tramutarti in un pesce rosso!-esclama lei, furiosa. –Mi hai fatto morire di paura!

:-Lo so-dice lui. –Scusami.

:-Dovresti imparare a badare a te stesso-dice Annabeth, più dolcemente. –Non posso farti da balia per sempre. Potrei essere altrove.

:-Posso affrontare mille eserciti-dice lui. –Ma solo se tu sei con me.

 

***Josh***

 

Non so cosa fare, all’inzio. Alex mi ordina di stare indietro, e, per la prima volta, faccio esattamente come mi ha detto. Quel mostro ha un ampio raggio di mira, mentre il mio, con un semplice stiletto, è piuttosto piccolo, e farei comunque pochi danni, anche se lo lanciassi. Mai quanti ne può fare una spada.

Però poi la vedo. Alex. Se la stava cavando bene, fino a pochi secondi fa. Avevo capito il suo piano: combattere il fuoco con l’acqua, il suo opposto naturale. Ma non sta funzionando: sta per essere colpita da una palla di fuoco. Corro subito verso di lei, ma non farò lo stesso errore di quella volta. Non la lascerò sola. Invece di mettermi davanti a lei, la tiro via, prima che la sfera possa colpirla. Mi ringrazia, e lancio il mio stiletto verso il mostro, che, furioso, crea intorno a lui un enorme cerchio di fuoco, che brucia Annabeth proprio sulla spalla destra. Percy, allora, furibondo, si avvicina al mostro fino a rimanere coinvolto nel cerchio, e lo impala con la spada. Subito dopo, la lascia cadere a terra, e fugge via, mentre il mostro si trasforma in sabbia. Si accascia sul pavimento prima ancora di poter dire qualunque cosa. Subito Annabeth si lo raggiunge, seguita da Searel con il suo kit di pronto soccorso. Disinfetta e fascia le ferite di Percy con disinvoltura e velocità, mentre Alex riempie Annabeth di domande, per distrarla, per non farla piangere, perché si vedono già le lacrime far capolino dagl’occhi.

Quando Percy si sveglia, Annabeth sorride, ma lo sgrida subito dopo. E lui gli dice una frase bellissima. E so che è sincera. Perché è proprio ciò che penso io.

 

***Alex***

 

Cerchiamo di dare a Percy il più tempo possibile, ma, in realtà, dopo si e no due minuti, Nico ci costringe a riprendere il cammino. Si comporta un po’ come una mamma apprensiva, ma ha ragione. Se rimarremo fermi per troppo tempo, moriremo. E questo lo sanno tutti.

Continuiamo a camminare per un tempo indefinito. Qua, non funzionano gli orologi, ne i cellulari. E mi scappa terribilmente la pipi, ma non lo dico. Non possiamo fermarci. E sarebbe davvero imbarazzante. Dove potrei fare la pipi?

Dopo poco, ai bisogni della natura che al momento non posso soddisfare, si aggiunge anche la fame. Non sono l’unica ad avere lo stesso brontolio sommesso allo stomaco. Tutti stanno morendo di fame, come me.

:-Su è sicuramente ora di pranzo-dice Nico, sovrappensiero.

:-Ma va’?-fa Josh, un po’ nervoso. –Dovremo pur mangiare. Siamo tutti umani, più o meno, alla fine.

Lui annuisce, così, senza smettere di camminare, prendo qualcosa dallo zaino e lo spartisco nel modo più equo. Alla fine divoriamo tutti una parte di pane fatto in casa e finiamo la pasta al forno, mentre camminiamo. Quando Percy mi offre un po’ d’acqua, la rifiuto.

:-Perché?-chiede lui, confuso. –Comincia a far caldo, dovresti reintegrare i liquidi.

:-Non dire quella parola-dico, nervosa. Ma davvero non se ne è ancora reso conto? Mi tremano le ginocchia, faccio fatica a tenermi in piedi e cammino con le gambe strette.

:-Quale, “liquidi”?-chiede confuso. –Oh, ma certo! Devi fare pipi.

:-Era necessario urlarlo?-gli chiedo a denti stretti, anche se sembra che nessuno abbia sentito. –O usare quella parola?

:-Beh, perché non la fai?-chiede, ancor più confuso, sussurrando.

:-Non sono un maschio, non posso farla in piedi-rispondo. –E sarebbe imbarazzante.

:-Ok, ci penso io al diversivo-dice, stringendomi l’occhiolino. Poi si getta in avanti, e lancia un urlo, cadendo di netto sul pavimento. Sono sicura che non si sia fatto nulla, ma tutti si girano. Annabeth, presa dal panico, tira fuori il coltellino e si guarda intorno. Searel e Ben lo guardano in modo scettico. Josh, invece sorride. Che abbia sentito?

Capisco che la risposta è affermativa quando mi nascondo dietro una roccia rossa, e lui si gira, per darmi un po’ di privacy. Non appena ho finito, ne esco dal mio nascondiglio e lui mi sorride ancora. Divento rossa come un peperone. Intanto, gli altri hanno stabilito che non c’è un attacco in vista. Perfetto. Ora tutti mi prenderanno in giro per la mia pipi?

No, per fortuna. Nessuno, a parte forse Josh, si è accorto di nulla. Percy mi fa di nuovo l’occhiolino. E io lo ricambio. Lui è il mio migliore amico. Ed è il mio ultimo pensiero, prima che senta un ringhio dietro la mia schiena.

Nota dell'autore: Salve! Chiedo umilmente perdono, vi prego, solo il perdono! Ho avuto 3 interrogazioni al giorno, e almeno 2 verifiche. Chiedo scusa!
Comunque, ecco qua! Il nuovo capitolo, sempre di passaggio. Che razza di caverna, eh? Ma tranquilli, ci siamo quasi. Un bacio e ringrazio tutti i miei recensori, vi adoro!

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Capitolo 72
*** Un cane mostruoso si innamora del nostro Neeks. ***


Ho paura, non vorrei voltarmi. Di solito è quando ti volti per guardare indietro che iniziano i problemi veri.

Ma devo, non ho scelta. O morirò senza sapere mai cosa mi ha uccisa.

Rabbrividisco, è davvero orribile. È enorme, sarà alto almeno una ventina di metri, per poco non raggiunge il soffitto della grotta. Ha il manto scuro, nero come le piume di un corvo, e la coda è un serpente sibilante che si attorciglia nel tentativo di muoversi e cerca di mordere sibilando l’aria stessa. Ma la cosa più spaventosa è sicuramente il numero di teste. Sono almeno una quindicina, e tutte ringhiano con la bava alla bocca, e credo che almeno cinque abbiano la rabbia.

:-Cavolo-dico, indietreggiando lentamente. Non devo farlo arrabbiare o mi divorerà di sicuro.

Lancio uno sguardo agl’altri. Non ho la minima idea di cosa fare, e lo stesso vale per gli altri. Sono preoccupati esattamente come me.

Alla fine, nonostante tutto, il mostro ci attacca. Mira a me, ma riesco ad evitarlo, saltando di lato. Purtroppo però, Annabeth non riesce a spostarsi abbastanza in fretta. Una delle teste la morde prendendola alla gamba e la solleva, scuotendola come un giocattolino. Lei lancia un urlo, e lui la lascia cadere a terra. Percy, per evitare che sbatta la testa, la prende al volo. Guardandola, rabbrividisco: ha un enorme segno di morso sulla gamba, la pelle scoperta, e tanto sangue. È stata fortunata, comunque, avrebbero potuto staccarle la gamba. Intanto Ben sta lottando con una delle teste. Sta per mozzarne una quando l’altra prende la spada e la getta lontano. Ben sta per essere divorato. Ed è allora che mi precipito verso di lui e lo tiro via con forza.

Sento una fitta dolorosa al braccio, lancio un piccolo urlo, e quasi svengo. I segni di un morso enorme mi marchiano la spalla, e il sangue scorre fuori, il muscolo è quasi scoperto. Cavolo, quanto brucia. Provo ad alzare la spada, ma non ci riesco, il dolore è troppo forte, e la spada troppo pesante.

Ci restringiamo tutti contro una parete, in trappola come topi. Comincio ad avere paura per davvero. Forse è giunto il momento di dire addio a tutto. La mia morte sta arrivando.

Le teste si avvicinano pericolosamente a noi, e una sta per mordere anche Nico. Poi, però, accade un avvenimento curioso: invece di tentare di staccargli le gambe, comincia ad annusarlo. Poi abbaia e si siede, scodinzolando con il serpente sibilante.

:-Cosa?-esclama Ben. –Cos’è, uno scherzo?

:-Credo che voglia giocare con te, Nico-dico, sorridendo. Si comporta come la Signora O’Leary quando vede Percy.

:-Come?-chiede lui, confuso. Ha ragione, dopotutto quel coso voleva divorarci fino a due secondi fa.

:-Ma certo!-esclama Annabeth all’improvviso. –Ora mi ricordo chi è! Questo è Ortro, fratello di Cerbero. Ecco perché è amichevole con Nico! Probabilmente gli sente addosso l’odore del fratello o lo riconosce come il padrone.

:-Beh…-dice Nico, confuso. –Cosa dovrei fare?

:-Non lo so-rispondo, ed è vero. Non ho un gioco per Ortro. –Prova a trattarlo come la Signora O’Leary.

Annuisce e, con un po’ di timore, avvicina lentamente la mano alla testa di Ortro.

:-Sotto il mento, non sulla testa-lo ammonisce Annabeth. –O lo aizzerai.

Nico subito porta la mano sotto il muso del mostro, e comincia a fargli lentamente dei grattini. Il mostro fa subito le fusa, contento, e le teste cominciano ad abbaiare.

:-Annabeth, non è che hai un’altra di quelle palline di gomma rossa?-gli chiede Percy.

:-No, però…-dice lei, cominciando a frugare nel suo zaino. –Ecco, trovato!

Tira fuori dalla sacca un biscotto per cani grosso quanto un’enciclopedia.

:-Perché ti porti dietro ossi per cani giganti?-le chiedo, confusa.

:-Era per la Signora O’Leary, o per qualunque altro segugio infernale-risponde lei. Prova a porgerlo ad Ortro, ma lui le ringhia pericolosamente.

:-Credo che vuole che glielo dia tu-dice a Nico, porgendogli il biscotto, che il ragazzo fissa per un attimo, confuso.

:-Su, Nico-lo incoraggia Percy, sorridendo. –Lancialo.

Nico annuisce, e lancia il biscotto gigante il più lontano possibile, mentre noi corriamo dalla parte opposta. tano possibile, mentre noi corriamo dalla parte opposta.

Quando siamo sicuri di essere abbastanza lontani, ci fermiamo. Avremo corso per almeno dieci minuti buoni, e ho corso con talmente tanta foga che mi fa quasi male la pancia. Non riesco a capire il senso del “quasi”.

Però non servì a molto, perché Ortro ritornò da Nico e lo atterrò, letteralmente.

:-Cavolo-dice Percy. –Che possiamo fare? Non fa altro che seguirti.

:-Dovremo portarcelo dietro, non abbiamo scelta-dice Annabeth, seria. –Nico, te la senti di tenerlo?

Il ragazzo annuisce di nuovo, silenziosamente, e da una grattatina alle orecchie di Ortro, il quale continua a scodinzolare.

:-Sei stato coraggioso-gli dice Percy, dandogli una pacca d’incoraggiamento e soddisfazione sulla spalla. –Io non so se avrei mai provato a fare i grattini ad un mostro del genere.

Nico sorride, ma si volta. Oh, cavolo. So cosa sta succedendo e non va bene per niente. Nico si è voltato fingendo di voler accarezzare una delle teste di Ortro, e questo non va bene, per niente. Già sospettavo qualcosa, ma pensavo che fosse per qualcun altro, o che fosse semplicemente timido. Ho anche sperato che si trattasse di Annabeth. Nico si è messo in un bel guaio.

Continuiamo a camminare in silenzio verso il basso, finché non sentiamo tutti un certo languorino e distribuisco in silenzio i panini al roast beef di Estia. So che sembrano passate si e no un paio d’ore dall’ultima volta che abbiamo mangiato, ma qui il tempo scorre in modo diverso.

Tutti mangiano in silenzio e ne approfitto per avvicinarmi a Nico, in testa al gruppo.

:-Ehi, Neeks, tutto bene?-gli chiedo. È ancora tutto rosso come un peperone. Se non fosse una cosa tanto tragica, potrei dire che è anche divertente.

:-Si-risponde lui, addentando un pezzo di panino.

:-Bugiardo-ribatto io, sicura. So riconoscere benissimo quando qualcuno mi mente, e lui non è proprio capace. –Speravo che stessi meglio.

:-Infatti è così, non vedi?-dice lui, cercando di non guardarmi negl’occhi.

:-Sei mio amico, so riconoscere quando stai male. Credi che non me ne fossi accorta?

:-Accorta di cosa?-chiede lui, fingendo di essere confuso.

:-Cavolo, Neeks-dico. –Percy? Sul serio?

Lui sospira, prima di sussurrare:-È  davvero così evidente?

:-Non tanto-rispondo. –Io me ne sono accorta, ma Percy non di sicuro, è troppo stupido. Annabeth potrebbe, ma non credo, è troppo concentrata su di lui o sulla missione. E dei fratelli lanterna non devi preoccuparti. E nemmeno di Josh.

:-Come hai fatto a capirlo?-mi chiede, sorpreso.

:-Beh, pensavo all’inizio che si trattasse di Annabeth, ma lo guardi nello stesso modo in cui io guardo Josh, e nello stesso modo in cui Annabeth guarda Percy. E poi, cavolo Nico, arrossisci per qualunque cosa, è impossibile non notarlo. Sei fortunato che Annabeth sia tanto impegnata e Percy così maledettamente idiota.

:-Lo so, ma non lo faccio apposta-risponde lui.

:-Ne sono sicura-dico, dolcemente, scompigliandogli i capelli. –Da quanto va avanti?

:-Dal Dedalo, immagino, se non da prima-risponde lui, cupo. –Non so cosa fare.

:-Non puoi dirglielo-rispondo. –Se ti fossi innamorato di Annabeth, avresti potuto. Lei sarebbe stata gentile, a Percy non sarebbe importato a meno che tu non avessi tentato di stuprarla. Ma non so se Annabeth sarà così leggera, potrebbe arrabbiarsi parecchio, pregare la madre di ucciderti, o cose simili.

:-Ne ero sicuro-risponde lui, a denti stretti. –E sono certo che Annabeth ha anche un pugno di ferro.

:-Non puoi dirglielo, non adesso-ripeto. –Se vuoi, devi aspettare la fine della missione. Ora sarebbe peggio.

:-Lo so-dice lui. –Ti giuro, sto facendo il possibile per dimenticarlo. Mi sto isolando, non parlo con nessuno, ma non funziona!

:-Forse isolarsi non è una giusta soluzione, Nico-dico. –Sei rimasto negl’Inferi per quanto? Tre anni? Quattro?

A questo punto, dovresti cambiare tattica. Prima di tutto, dovresti accettare te stesso.

:-Ma come posso?-chiede lui, disperato. –Guardami cavolo! Sono un ragazzo, proprio come lui.

:-Nico, credo che tu sappia poco dei greci, romani e soprattutto del 2000-constato. -Ti posso assicurare che per i greci l’omosessualità era una cosa perfettamente normale. Ed era pratica militare dei più anziani di andare con i più giovani finché non cresceva loro la barba. E i romani avevano la moglie, la schiava, l’amica, l’amante, la prostituta, e l’amichetto d’armi. Cavolo, non erano fermi un attimo, ma accettavano anche l’amico. E non siamo più negl’anni ’40, Nico. Nessuno ti getterà in un campo di concentramento per questo, il peggio che può capitarti è di essere chiamato “checca”.

:-Ok-dice lui. –Ma non mi chiamare così, ti prego.

:-Va bene, principessina-dico, scherzando, ma mi da subito un pugno sulla spalla. –Ok, ok, scherzavo, scherzavo.

Lui però non è dello stesso avviso, e incrocia le braccia. Mi dispiace per lui. Adoro Annabeth, e anche Percy, sono i miei migliori amici, ma, cavolo, anche Nico è mio amico. E lui soffre, per questo. Terrò l’acqua in bocca per sempre, ne sono sicura. Oltretutto, mi viene da pensare che Percy sia stupido. Insomma, alla fine Nico è un bel ragazzo.

:-Non so come faccia Percy a non amarti-dico, scompigliandogli di nuovo i capelli selvaggi. –Cavolo, Neeks, sei così carino quando metti il broncio.

Lui sbuffa, e dico:-Tranquillo, Neeks. Sei un ragazzo in gamba, e tutto si aggiusterà. Percy è un bravo ragazzo, ti vorrà bene comunque, e sono sicura che riusciremo a gestire Annabeth. Troveremo una soluzione a tutto questo.

“Ti giuro, Nico, farò il possibile per proteggerti. Non sono una sostituta di Bianca, ma farò il possibile”.

Nota dell'autore: Ciao. Prima di tutto, via forconi e torce, qualcuno potrebbe farsi male. Vi chiedo perdono, ma ho avuto molti problemi. Il mio computer è esploso! Sto usando quello della vicina. Non è che è esploso proprio lui, ma un qualche cavo interno. Ma oggi arriva il pezzo di ricambio così lo aggiusto!!!!
Cmq, ecco qua. Il nuovo capitolo. Prima che uccidiate, sappiate che, si, amo la Pernico, la shippo molto. Spero che non ci siano fan omofobi tra il mio pubblico. E vi starete chiedendo "ma che cappero centra la Pernico in questa storia?". Vedrete, vedrete, è fondamentale. Il mio cervello malvagio ha escogitato parecchi modi per torturarvi.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo, e ringrazio i miei fantastici recensori. Aspetto vostre notizie. Un bacio! 

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Capitolo 73
*** Il figlio di Ade. ***


***Josh***

 

Mentre mangiamo, Alex si avvicina a Nico, e i due iniziano una conversazione piuttosto bizzarra. Io intanto mi godo la scena di un’Alex molto allegra che scompiglia i capelli ad un ragazzino punk dall’aria sociopatica, mentre mangio il mio panino al roast beef. Quei due hanno un rapporto strano, e non ne ha uno simile con nessun’altro, nemmeno con me. Nemmeno con Percy ed Annabeth, che sono ormai la sua famiglia. Con loro si comporta come se fossero tre fratelli della stessa età. Con Nico si comporta in un modo completamente diverso. Cerca sempre di sorridere, quando c’è lui. Fa molti gesti affettuosi, gli scompiglia i capelli, gli tiene la mano, gli bacia la fronte. Ma non sono geloso, non ne sento il bisogno. Sono stranamente sereno. Nico non sembra una minaccia per nessuno. Sembra così insolito, così maturo, eppure al tempo stesso sembra un ragazzino giovane, puro. Innocente. Si, innocente è la parola giusta. Ma anche ferito, gravemente ferito. L’espressione provata e le occhiaie sotto gli occhi, le sopracciglia corrucciate, sono segno di sofferenza, e gli danno l’aria di qualcuno che ha subito troppo per la sua giovane età. Qualcosa di molto simile a ciò che attanaglia anche Alex, se non peggio. E sembra sempre aver bisogno di protezione. Forse, è per questo che non sono geloso. Alex lo ama, ma non in quel senso. Ama me, giusto?

Ne sono sicuro, come sono sicuro che ama anche Nico, ma non in quel senso. Si comporta con lui come farebbe con un fratellino piccolo che ha un bisogno disperato di essere protetto. Come farebbe con un figlio che ha un bisogno estenuante di essere amato.

Certo, è prestissimo per pensare ad una cosa del genere, che, tra l’altro, mi spaventa di più di un esercito di dracene. Ma di una cosa sono sicuro: Alex sarà la madre migliore del mondo.

 

***Alex***

 

Quando io e Nico abbiamo finito la nostra chiacchierata, torno indietro al fianco di Josh. Mi sento malissimo, e ho i sensi di colpa. Vorrei poterlo aiutare. Eppure, questo non ha senso. Non è certo colpa mia se Nico si è innamorato della persona sbagliata. Della persona sbagliata: è quello che tutti dicevano anche a me. Ogni giorno.

 

Uscii dalla casa numero undici come tutte le mattine. Cercavo di essere me stessa, di essere forte. Ma non era affatto facile. Qualunque cosa facessi, dicessi o pensassi me lo ricordava. Ogni volta che andavo ad allenarmi con il tiro con l’arco, e fallivo, o mi allenavo nella scherma, pensavo a lui. Ogni volta che facevo la doccia e tornavo nella capanna pensavo a come scherzava sulla mia velocità. Ogni volta che mangiavo, pensavo a come lui si riempiva golosamente il piatto di bistecca e pizza. Ogni volta che ero vicino al bosco, pensavo ai nostri incontri li, i nostri picnic, il suo sorriso quando mi faceva il solletico. Per me era impossibile non pensare a lui, ritrovarlo in ogni cosa io facessi.

Quel giorno stavo andando a pranzo come tutti i giorni, quando sentii all’improvviso una pacca sulla spalla. Una pacca di compassione.

Mi girai e vidi il volto di Charlie, figlio di Efesto. Era stato lui a darmi una pacca sulla spalla. Quella pacca che mi fece sentire malissimo.

:-Mi dispiace-disse lui. –Ti sei avvicinata alla persona sbagliata Alex, ma tutto passerà.

Cercai di ignorarlo, e cacciai via le lacrime. Poco dopo, però, sentii qualcuno abbracciarmi. Era Silena, la riconobbi per il profumo di rose.

:-Ehi, ho saputo-disse lei, al momento non sapevo che lei era a conoscenza del suo piano malvagio. –Mi dispiace, sul serio. Luke è…sbagliato, cattivo. Mi dispiace tantissimo.

Mi voltai, e incontrai i suoi bellissimi occhi pieni di compassione, pietà. E non ce la feci più. Erano passati solo due giorni, ma erano riusciti a farmi sentire inadeguata, sciocca, priva di senso. Mi girai e fuggii verso il bosco, in lacrime, fino alla radura dove io e Luke ci incontravamo.

Mi sedetti e appoggiai la schiena contro il tronco di un albero a piangere sommessamente. Lui mi aveva tradita nel modo peggiore che avesse potuto fare, ero sua sorella. Mi aveva abbandonata. Ero sola.

 

Sbatto gli occhi, per cancellare quel flashback improvviso. Sarà durato si e no due secondi, forse tre. Josh mi prende la mano.

:-Ho visto che parlavi con Di Angelo-dice lui, sorridendo. –Devo essere geloso?

:-Oh, no-rispondo io. –Nico è il mio fratellino.

:-Già, l’ho notato-dice lui, mettendo un finto broncio. –Però a me non mi baci mai.

:-Bugiardo-dico, dandogli un pugnetto amichevole sulla spalla. –Stiamo sempre con le labbra incollate a succhiarci la faccia.

:-Non adesso, però-dice lui, sorridendo, sarcastico.

Avvicino le mie labbra alle sue per un semplice bacio a stampo, poi dico:-Visto? Tutto risolto.

Lui sorride, prima di chiedermi:-Di cosa stavate parlando?

Mi irrigidisco. Non posso, non posso proprio dirglielo. Ho promesso. So che lui non avrebbe problemi, lui è a favore dell’amore, ma…non posso dirglielo.

:-Nulla di importante-rispondo, poco convinta.

:-Ok, non puoi dirmelo-dice lui, mettendo le mani in tasca. A volte dimentico di quanto egli sia perspicace, a tal punto da riconoscere ciò che davvero provo.

:-Scusami-dico, triste. –Vorrei potertelo dire, giuro. Ma ho promesso di non farne parola con nessuno.

:-Non fa niente-dice lui. –Avrei fatto la stessa cosa. Bisogna mantenere sempre le promesse.

Annuisco, felice che capisca che non posso dirgli nulla.

:-Posso farti una domanda?-mi chiede lui.

:-Tutte quelle che vuoi-rispondo, curiosa di sapere cosa vuole chiedermi.

:-Chi è quel ragazzino?-mi chiede, e quando sto per rispondere lui riprende a parlare.-Cioè, si, so che è Nico di Angelo, figlio di Ade e tutto il resto ma…non è davvero lui. Chi è realmente?

Bene, a questo posso rispondere. Non devo infrangere la promessa: posso parlargli di Nico senza rivelare quelle informazioni a lui poco necessarie.

:-Nico di Angelo è figlio di Ade. Come hai giustamente notato, lui è diverso da noi. Si comporta come se il mondo gli fosse nemico ed estraneo. E lo è. Lui non è…proprio di qui. È un ragazzo molto solo, Josh. Aveva una sorella, Bianca. A causa del giuramento dei tre pezzi grossi, ne lui ne sua sorella sarebbero dovuti esistere, ma nacquero prima che il giuramento venisse pronunciato. Così Zeus, furioso, scagliò un fulmine su di loro. Ade riuscì a creare un campo di forza, ma non era abbastanza forte da respingere il fulmine, e non riuscì a proteggerli tutti e tre. Maria di Angelo morì, a causa di quel fulmine. Ade però riuscì a proteggere i bambini, e, dopo aver maledetto l’Oracolo di Delfi di quel tempo, spedì i bambini in un hotel di Las Vegas, dicendogli che avrebbero passato li un paio di giorni. Quello, Josh, era l’Hotel Lotus. Un posto orribile, dove le persone rimangono intrappolate senza apparente via d’uscita, a giocare e divertirsi per sempre, senza mai rendersi conto del tempo ne crescere.

:-E tu come fai a sapere tutte queste cose?-mi interrompe.

:-Perché ci sono stata anche io, Josh. Siamo riusciti a fuggire solo grazie a Percy, ma quando siamo usciti il tempo era passato, e molto in fretta. Era il 21 giugno, il giorno del consiglio degli dei-rispondo.

:-Ok-dice lui, confuso. –E poi cos’è successo?

:-Non lo so-rispondo, sicura. –Quando conobbi Nico e Bianca, loro erano studenti di un istituto privato militare, Grover ci aveva chiesto aiuto, aveva capito che i due fratelli erano mezzosangue molto potenti. Ma non fu abbastanza: subimmo l’attacco di Mr Thorn, una manticora. E Annabeth fu rapita. Poi scomparve Artemide, e Zoe Nightshade, luogotenente delle Cacciatrici di Artemide, Bianca, diventata anch’essa Cacciatrice, Grover, Thalia, che a quel tempo non faceva parte delle protette della dea, e Percy, anche se all’inizio non era desiderato nella missione. E partirono, ma, quando finirono in una discarica divina, dove gli dei buttavano oggetti maledetti o difettosi. E li trovarono un automa di Efesto, anch’esso difettoso, a guardia della discarica. Qualcuno aveva preso qualcosa, era evidente, o non si sarebbe attivato. Qualcuno doveva fermarlo. Bianca trovò il modo, e lo fece. Si sacrificò per tutti loro.

:-Quindi…è morta?-mi chiede Josh, curioso, ma triste.

Annuisco:-Era stata lei a prendere un oggetto. Si sentiva in colpa.

:-Perché?-mi domanda il mio splendido ragazzo, che, miei dei, sembra un bambino sta ascoltando appassionatamente una storia. –Per aver preso un oggetto?

Scuoto la testa in segno di negazione:-Non solo, Josh. Lei era diventata una Cacciatrice, non appena scoperta la sua natura.

Lascio che ci ragioni un secondo, quando esclama:-L’ha abbandonato! Ha abbandonato Nico.
:-Esatto-dico, abbassando lo sguardo. –Nico non ricordava ormai nulla di sua madre, quando morì lui era ancora molto piccolo. Bianca era stata la sua ancora di salvezza, la sua vera madre, in un certo senso. Lo aveva protetto per tutta la vita. Immagina come si sia sentito quando Bianca si è unita alle protette di Artemide. Io ricordo com’era. Triste, si sentiva rifiutato, ripudiato e solo. Poi Bianca morì. Quando Percy glielo disse, quando gli disse che sua sorella era morta per prendere l’ultima statuina mancante del suo gioco preferito, Mitomagia, lui era furioso. Percy aveva promesso di proteggerla. Non era stata certamente colpa sua ma…non fu abbastanza per Nico. Si sentì stupido e solo, tradito dalla sorella che lo aveva abbandonato per sempre, lasciandolo orfano e solo, e tradito anche da lui. Percy, il suo più grande eroe. Colui che doveva proteggerlo lo aveva abbandonato, ingannato. Nico fuggì, e nessuno seppe più nulla di lui finché non fu ritrovato nel Labirinto di Dedalo. E poi si riscattò nella guerra contro i Titani. E perdonò Percy. Ma è ancora un ragazzino. È così solo…e io so cosa significa perdere le persone a cui tieni di più.

:-Ora capisco perché ha quella strana espressione-dice Josh, tutto d’un fiato. –Quello sguardo così rigido, maturo, eppure così…ferito. Innocente. Anche io avrei la stessa faccia se avessi subito ciò che lui ha dovuto sopportare.

:-Nico è solo un bambino, dopotutto-dico, affranta, sentendo uno strano dolore.

:-Lo so-dice Josh, dandomi una pacca sulla spalla, per farmi capire che lui comprende.

Ma non basta, non è abbastanza. La sua comprensione non aiuterà Nico. Non gli farà sparire quel dolore dal petto ogni volta che vede Percy e Annabeth insieme. Non farà mai sparire quel dolore al cuore per la morte di Bianca. Non cancellerà il suo dolore.

Una lacrima scorre lentamente sul mio viso. Perché, perché adesso? Stavo bene, fino a poco fa. Perché sta succedendo questo?

“Nessuno lo salverà dal suo destino”.

Ancora quella voce. Non mi lascerà mai in pace, mi perseguiterà per sempre.

“Nessuno lo salverà. Come nessuno salverà te”.

Le lacrime continuano a scorrere. Mi fa male, è doloroso.

:-Ehi, ehi-dice Josh, stringendomi la mano. –Che succede?

:-Io…io non…-balbetto, confusa e singhiozzante. –Io non …lo so. Io non lo so.

:-Va tutto bene, tranquilla-dice lui, accarezzando il dorso della mia mano. –Tranquilla, è tutto a posto.

“Non c’è via d’uscita in un destino senza scelte”.

Fa male, la voce nella mia testa è più dolorosa del solito. Mi sento come se la mia testa stesse per scoppiare, come se il mio cervello stesse per essere schiacciato, compresso.

:-Ok, ok, dimmi cosa senti-mi chiede Josh. Ha paura, come me. Ma io ne ho di più. Sono terrorizzata.

:-Non…lo so-balbetto di nuovo. –La…la testa…fa…fa male. Molto male.

:-Ragazzi, fermatevi-dice Josh agl’altri. –Alex sta male.

:-Cosa?-chiede Ben, apprensivo. –Che ha?

:-Non lo so, dice che le fa male la testa-spiega Josh.

:-Non possiamo fermarci per un po’ di mal di testa-dice Ben, contrariato.

:-Chiudi quella boccaccia-gli ordina Percy, dirigendosi verso di me. –Ehi, cosa succede? Tranquilla, è mal di testa, passerà presto.

:-Non è…mal di testa-dico, stringendomela tra le mani. Vorrei urlare, vorrei averne la forza. Ma non posso, sono stanca, e fa troppo male. È colpa loro, dei pensieri, della voce. Vogliono entrare, però non possono. Non posso permetterglielo. Non devo farli entrare.

Ma trattenerli fa male. È pericoloso, doloroso. Sento le gambe tremare come gelatina, mi stanno abbandonando.

 :-Allora cosa…-sta per chiedere, ma si sente un forte rumore, come quello di un peso che cade sul pavimento. Cerco di alzare lo sguardo da terra, ma è impossibile per me alzarlo anche di pochi centimetri. Mi trascino avanti di un paio di passi, e vedo qualcuno con i jeans neri strappati, inginocchiato, come me. Nico, solo lui indosserebbe pantaloni simili. Si stringe la testa con le mani, come faccio io.

Sento le gambe cedere, le ginocchia abbandonarmi totalmente, quando incontrano il freddo pavimento della grotta. Ed è il mio ultimo pensiero, prima che i ricordi infrangano la mia barriera. 

Nota dell'autore: Ciao! Sono stata abbastanza veloce? Spero di si.
Allora, ecco, siamo incappati in qualcosa di orribile. Che sia una malattia? L'attacco di un qualche mostro? Bella domanda. Al momento solo Nico e Alex ne sono stati colpiti. Stanno soffrendo. Mi odio, cavolo.
Vi starete chiedendo perché abbia inserito un racconto della storia di Nico. L'ho fatto per due ragioni: prima di tutto, non so se tutti voi abbiate letto Percy Jackson o no, quindi è mio dovere spiegare tutto per bene. Secondo motivo: la presenza di Nico è molto importante in questa missione, come la sua vicenda. Lo porterà a svolgere alcune azioni, come vedremo in seguito. 
Prima di andare, devo assolutamente ringraziare daria13g per i suoi commenti brevi alla mia storia e i messaggi, che mi hanno rallegrata assai. 
Ora vado a scrivere subito il prossimo capitolo (doloroso capitolo). Un bacio e buona lettura!
 

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Capitolo 74
*** Un salto nel passato. ***


“Arrivammo al Campo, grazie al passaggio offertoci da Apollo sul suo “carro del sole”, una Maserati Spyder rossa che aveva trasformato in un pullmino. Oh dei, aveva fatto guidare Thalia. Quel dio era proprio matto da legare, sul serio. Affidare la propria esistenza, o, per lo meno, quella dei tuoi ospiti, a Thalia, quando si è in aria, è come  buttarsi da un aereo senza paracadute. Tanto valeva che ci polverizzasse lui con il calore del Sole, avremmo fatto prima. Certo, Thalia era mia amica, e aveva bisogno di far pratica al volante, ma lei soffriva di vertigini, io lo sapevo questo. La figlia di Zeus che soffre di vertigini è un po’ una presa in giro.

 Appena scesa, ero andata a vomitare. Non fui la sola: anche Grover fece la stessa cosa. Davvero disgustoso.

Mi sciacquai la bocca per togliere il sapore amaro di ciò che sarebbe dovuto rimanere nel mio stomaco, e uscii. Nico era li, forse ad aspettare qualcuno, forse doveva andare in bagno. In ogni caso, anche lui era leggermente verdognolo.

:-Ehi, campione-dissi, cercando di risollevargli il morale. –Tutto bene?

:-No-disse lui. –Perché cavolo l’ha lasciata guidare, se soffre di vertigini?

:-Ah, io non lo so-rispondo sorridendo. –Tra un po’ la nausea passerà, vedrai.

:-Non è solo quello-ribattè lui. –Mi manca Bianca. Ora lei non parla più con me, sta sempre con quelle antipatiche delle Cacciatrici.

:-Sono sicura che non era sua intenzione farti sentire abbandonato, Nico-dissi io, triste per lui. –A volte, i fratelli fanno o dicono cose che ci feriscono, ma non lo fanno apposta. Cercano solo di fare la cosa migliore.

:-Per chi? Per me o per lei?-chiese lui, retoricamente, furioso. Sapevo cosa provava, lo capivo. Io avevo sentito la stessa cosa quando Luke si era unito a Crono e al nemico. La stessa rabbia, la stessa tristezza, la stessa solitudine. La stessa delusione.

Sospirai, prima di dire:-Ascoltami, Nico. A volte, essere i fratelli più piccoli è molto difficile. Ma immagino che essere i fratelli maggiori debba essere molto più difficile, Nico. Io non lo sono, sono l’unica figlia di Ermes qui, e la maggior parte dei miei fratelli sono più grandi di me, e non ho mai sentito il dovere di proteggerne uno come Bianca ha protetto te, o i miei fratelli me. Immagina di avere quel peso di responsabilità sulle tue spalle, per tutta la vita. Di dover sempre proteggere quacun’altro, di badare a questa persona, di dover essere responsabile delle sue azioni. Bianca, poi, ti ha fatto anche da madre. Io credo che sia stato duro per lei, l’essere sempre lì, per te, senza mai poter pensare a se stessa, avere amiche tutte sue. Quando le Cacciatrici le hanno dato l’opportunità di liberarsi del peso che aveva sulle spalle, ha scelto di farlo. Sono sicura che non voleva abbandonarti, Nico. Voleva solo…togliersi la responsabilità. Vivere in modo più sereno.

:-Ed è questo che sarei, io?-chiese lui, contrariato. –Un peso?

:-No, no, certo che no-mi affrettai a dire. –Non intendevo dire questo. Solo che, Nico, avere la piena responsabilità sulla vita di qualcun altro è dura, sul serio. Te lo dico per esperienza. Prima di arrivare al Campo, ero in mezzo alla strada, vivevo di piccoli furti, rubavo un paio di mele ai fruttivendoli o un tozzo di pane nei piccoli forni, dormivo sulle panchine o nei vicoli bui, solo poche ore, poi mi rimettevo in piedi. Ero in viaggio costante, armata di due coltelli da cucina, per fuggire ai mostri che mi inseguivano. Ero sola, impaurita. E un giorno incontrai Luke, Thalia ed Annabeth. Da quel giorno, divennero la mia famiglia. Annabeth è sempre stata come una sorella per me, ci proteggevamo tutti a vicenda. Tranne Annabeth, lei era troppo piccola, aveva solo sette anni. Faceva il possibile, ci ha aiutati moltissime volte, ma lei era quella che più di tutti aveva bisogno di una mano. Ed era anche mio dovere aiutarla. Era bellissimo, perché sentivo quel legame che non avevo mai avuto prima con altre persone. Ma era anche terribile. Mi svegliavo spesso durante il sonno, e la prima cosa che facevo era controllare che lei stesse bene.

Nico annuì, ma era poco convinto, e ancora molto, molto triste.

:-Ehi, campione, tranquillo-dissi, sorridendo, scompigliandogli i capelli. –Andrà tutto bene. E potrai vederla quando vuoi. Non è per sempre.

Lui annuì di nuovo, ma ancora mi sembrava davvero poco convinto”.

 

Esco dalla trance, ma non vedo ancora nulla, sebbene la scena si sia dissolta. Sento solo altre urla, altre grida di orrore, prima che il buio venga sostituito da qualcos’atro.

 

“Ci dirigemmo tutti insieme verso la zona dedicata all’allenamento di scherma, Nico compreso. Dato che non era stato riconosciuto, era stato sistemato nella casa numero undici. Ermes, dopotutto, non faceva il difficile nello scegliere i suoi protetti.

Dal tradimento di Luke, ero io il nuovo capo della casa undici. Secondo la “linea di successione”, avrebbe dovuto essere uno dei due fratelli Stoll, ma loro avevano rifiutato. E, a quanto pare, i miei fratelli credevano che io fossi la persona più adulta, responsabile, matura e adatta al ruolo. All’inizio non volevo, ero la più piccola, avevo solo sedici anni, loro almeno diciotto, o su di li. Ma ero di sicuro la più adulta: i miei fratelli erano tutti molto simpatici e li amavo, però erano dei bambini, talmente immaturi che, sono sicura, se gli si fosse presentato davanti Peter Pan avrebbero accettato ad occhi chiusi ad andare sull’ ”Isola che non c’è”.

Comunque, tutti si allenarono con le spade, in coppia. Nico era solo, ed essendo io il capo, era mio dovere aiutarlo. Quindi gli diedi una spada che fosse più leggera possibile, perché per lui erano tutte troppo pesanti e sbilanciate, e ci allenammo insieme. All’inizio non sembrava molto entusiasta, ma, alla fine, si divertì. Era parecchio inesperto, ma gli insegnai alcune mosse, soprattutto come disarmare e come resistere per più di venti secondi.

Quando fummo tutti stanchi e stremati, però, tornò a pensare. E quando c’è in gioco la vita di qualcuno che ami, non puoi permetterti di pensare.

Si sedette, tutto sudato, su un masso. Aveva uno sguardo triste, impaurito.

:-Ehi, che succede?-gli chiesi. Dovevo distrarlo.

:-Mi manca Bianca-rispose lui, mesto. –E ho paura. Ho chiesto a Percy di proteggerla ma…se non ce la…

:-Non pensarlo nemmeno-ordinai io, immediatamente e in modo secco. –Percy mantiene sempre le promesse. Se ha detto che farà tutto ciò che è in suo potere per salvarla, lo farà. Bianca tornerà. Capito?

Lui annuì, ma non sembrava ancora convinto, così dissi:-Ok, pensi troppo. Vorrei che non fossi così intelligente e che avessi due neuroni in testa come Travis, così non riusciresti a pensare neanche per scherzo.

:-Ehi!-esclamò Travis, offeso. Aveva sentito il commento.

:-Oh, smettila, sai benissimo che è vero!-urlai di rimando, ridendo, prima di rivolgermi di nuovo a lui. –Ok, aspetta un secondo, torno subito.

Tornai poco dopo con un pugnale, un pezzo di legno delle dimensioni di una brocca, un pezzo di corda e un libro di greco del liceo. Con questi, non potrà pensare.

:-Ok, eccomi qua-dissi, ficcandogli in mano gli oggetti. –Usa il coltello per intagliare il legno, e il pezzo di corda per imparare i nodi. E studia tutti i capitoli del libro a memoria.

:-Ma io non so intagliare-disse lui, furioso. –E detesto il greco.

:-Oh, imparerai anche quello, allora-dissi io, immediatamente. –E se non ti piace, non importa. È un ordine del capo della casa undici, e se non vuoi ritrovarti con le chiappe semidivine nella foresta esterna al Campo e in preda ai mostri, lo seguirai alla lettera. E stasera mi mostrerai un resoconto completo del tuo operato, mi ripeterai un capitolo, e sarà così ogni giorno. Sono stata chiara?

Lui annuì, imbronciato:-Sissignora.

:-Bravo soldatino-dissi, scompigliandogli i capelli. –Non penserai, così. E andrà tutto bene”.

 

Anche questo finisce. La testa sembra pronta a scoppiare, il dolore è troppo forte. Non riesco a mandarli via, non ci riesco. Sono troppo forti. Le lacrime scorrono troppo velocemente. Si sentono delle urla, forse sono quelle di Nico, o di Percy. O le mie.

 

“:-Quindi Bianca è…-ripetei io, scioccata e triste. Sapevo come avrebbe reagito Nico, avrebbe sofferto. Bianca era la sua famiglia. Percy mi aveva appena detto ciò che era successo nella loro missione.

:-Già-disse lui.

:-Devi dirglielo-dissi io, praticamente in lacrime. –O lo scoprirà da solo, e ti odierà.

:-Infatti-disse lui, annuendo. –Ma non so come dirglielo.
:-Non c’è un modo semplice-constatai. –Soffrirà, ma non c’è scelta. Cerca solo di…essere delicato. Parlaci, e dagli la statuina. Era l’ultima volontà di Bianca.

Percy annuì, così dissi:-Ora va’.

E così Percy andò da Nico per distruggere tutto ciò che quel ragazzo aveva nel cuore”.

 

Altre urla. Ora non so se sono le mie. Sono tutti a terra, c’è confusione. Non capisco cosa succede, non riesco a capirlo. Ne a fermarlo. Mi fa male la testa. Cerco di alzare una barriera, di cacciare via il prossimo ricordo. Ma è troppo tardi, è già entrato. E non so quanto mi distruggerà.

 

“Eravamo nel Labirinto. Loro non lo sapevano, ma li avevo seguiti. Non potevo rimanere da sola al Campo per un altro anno. Avevo bisogno di andarmene da li, e colsi l’occasione. Li seguii, e uscii allo scoperto solo quando uccisero Gerione e passarono li la notte. Rimasi io con Nico, mentre loro invece andavano da Efesto. Ci saremmo dovuti rincontrare, ma non successe.

Rimasi molto tempo a parlare con Nico. Certo, nel Labirinto il tempo scorreva più velocemente, ma un giorno è prezioso quanto un rubino.

:-Non posso credere che stai dalla parte di quel…quel…traditore!-esclamò Nico, furioso. Si aggirava nella stanza come un lupo in trappola, come un animale in gabbia.

:-Non è un traditore-dissi, non scomponendomi nemmeno per un secondo, e continuai a mangiare la mia bistecca.

:-Ha ucciso Bianca!-urlò lui, arrabbiatissimo. –Non l’ha protetta, non ha mantenuto la sua promessa!

:-La promessa di Percy era che lui avrebbe fatto il possibile per proteggerla, che ci avrebbe provato-gli rammentai, con calma.-Non che l’avrebbe protetta, bensì che avrebbe fatto ogni cosa possibile. Se Bianca è morta, è stato per sua libera scelta, e perché Percy non poteva far nulla per salvarla, sennò l’avrebbe fatto.

:-Non è vero!-esclamò lui, in lacrime.

:-Hai parlato con Bianca poco fa-dissi, cercando di ignorare il dolore che provavo quando lo vedevo piangere.-E sai benissimo di non essere arrabbiato con lui, ma con lei, perché credi che ti abbia abbandonato. Ma lei non ti abbandonato.

:-E tu come fai a saperlo?-mi chiese, aveva una lacrima che luccicava sulla sua guancia. Odiavo vederlo piangere.

:-Perché io sono stata abbandonata, non tu-dissi, cercando di nascondere il mio tormento interiore, la mia disperazione. –Quando la mia mamma è morta, lo ha fatto per proteggermi. Una sua libera scelta, come quella di Bianca, che è morta per il bene della missione. È stata investita da un ubriaco. Ho pensato spesso che mi avesse abbandonata, ma non era così, e lo sapevo bene. La morte non è abbandono. Finché una persona ti vuole bene, non ti lascia mai solo. Lei è sempre nel mio cuore. Luke mi ha abbandonata, invece. Mio fratello si è schierato con Crono, e ti posso assicurare che in battaglia, o anche in un qualunque momento, non esiterà ad uccidermi. Lui mi ha lasciata sola, mi ha distrutta. Ma Bianca è ancora nel tuo cuore, Nico, come tu sei nel suo. E finché sarà così, non sarai mai solo.

Lui annuì, non riuscendo più a trattenersi dal piangere. E scoppiò a piangere, sulla mia spalla.

:-Tranquillo, Nico-dissi, accarezzandogli i capelli. –Bianca sarà sempre li, e ti proteggerà per sempre. Ti amerà per sempre.

E in quel momento anch’io giurai di proteggerlo per sempre. Quel ragazzino non meritava di soffrire ancora”.

 

Altre urla. Da quanto dura, ormai? Minuti, ore, giorni? Non lo so più. Il tempo si è perso. Ho perso anche la vista. Non riesco più ad alzare lo sguardo dal pavimento per il dolore. Ormai non cerco più di innalzare le barriere, perché so che è inutile. I ricordi sono troppo forti, e troppo veloci.

 

“Eravamo stati catturati da Luke, nel Labirinto. Avevo raggiunto i miei amici quando Nico era fuggito, durante la notte. C’era anche quella matta di Rachel. Luke aveva costretto Percy a lottare contro Anteo, suo fratellastro, figlio di Gea, che dedicava ogni morte a Poseidone. Ma io, intanto, ero stata portata via. Da lui. Non sapevo cosa potesse volere ancora da me, però non avevo scelta, e fui trascinata da lui, sebbene urlassi e scalciassi come un bufalo.

:-Lasciatemi andare!-urlavo. Ero la vergogna della mia famiglia: i miei fratelli avrebbero urlato di più.

:-Oh, smettila con questa sceneggiata, Alex-disse Luke, aveva l’aria di qualcuno che si annoiava parecchio. –Non ti sto nemmeno torturando.
:-Perché, tu mi tortureresti?-chiesi io. –Sei solo un mostro, Luke.

:-Oh, no, Alex, mai, io mai farei del male a te-disse lui, avevo catturato la sua attenzione. E sembrava sincero. Notai che aveva i capelli molto più chiari rispetto all’ultima volta.

:-Hai ciocche di capelli bianchi-constatai. –Reggere il cielo ti è costato di uno sforzo immane. Cadere dal monte Tam avrebbe ucciso chiunque. Come fai ad essere vivo?

:-Trucchi del mestiere-disse, facendomi l’occhiolino, come ai vecchi tempi. –Perché, ti dispiace forse?

Avrei voluto dire di no, che ero contenta che fosse sopravvissuto, che stesse bene. Che mi era mancato più di qualunque altra cosa. Ma dissi solo:-Cosa vuoi da me?

:-Crono ha rivalutato la situazione, e ci servono nuove reclute-spiegò lui. –Tu saresti il candidato ideale, forte, determinata, leale e con il giusto spirito di sacrificio per la propria causa. Se ti aggiungi, il ritorno di Crono sarà concluso, sarà di nuovo integro. L’ultimo pezzo. Allora che ne dici?

:-La mia risposta non cambia, lo sai-dissi io. Avrei voluto sputargli in faccia ma mi mancava la saliva.

:-Sei sicura?-disse lui, aveva una strana luce maligna negl’occhi. –Perché Anteo al momento sta lottando contro Percy. Che lui sopravviva o meno, non è detto che io li lasci andare. Potrei farli uccidere. Farei uccidere Rachel, Tyson, Grover e…Annabeth.

Notai che sull’ultimo nome aveva esitato, così colsi l’occasione e dissi:-Non e vero. Non uccideresti mai Annabeth. Hai giurato di proteggerla, ricordi? Proprio davanti a me.

Lui si rabbuiò solo per un attimo, ma poi riprese la sua espressione fredda, sorridendo in modo indifferente. Il suo sorriso somigliava molto a quello di un rettile, un serpente pronto a mangiarsi la preda.

:-Ma non sono l’unico che ha fatto un giuramento sacro, vero?-disse lui, cambiando discorso, e io ormai avevo capito dove voleva andare a parare. –Il Sacro Giuramento è un giuramento strano, una promessa talmente sacra che non ha bisogno di essere fatta sul fiume Stige. Una promessa talmente importante che non può essere spezzata non perché un’infrazione porterebbe alla morte, ma per il semplice fatto che non si vuole spezzarla. Chi pronuncia il giuramento desidera portarlo a termine ad ogni costo. E tu, tu hai fatto quel giuramento poche ore fa, non è vero?

:-Sei un mostro!-esclamai, furiosa, con le lacrime agl’occhi. –Come puoi ricattarmi in un modo simile?

Lo so, avrei dovuto mentire. Dire che era una bugia, che non avevo mai pronunciato quelle parole. Ma lo avevo fatto, lui lo sapeva, non aveva senso. Il fatto che mi camminasse davanti come una pantera che sta per colpire mi suggerì quanto Luke fosse spietato, che io lo negassi o meno non si sarebbe mai fermato.

:-Chi è?-chiese lui. –Percy? Annabeth? Oh, ma certo! Quel ragazzino, come si chiama…Micio, Mino…

:-Nico, razza di brutto coglione!-esclamai, furiosa. Sapeva che era lui, perché girarci intorno?

Lui, finalmente, ebbe il coraggio di guardarmi negl’occhi, ma non era come volevo io. Era uno sguardo spavaldo, e divertito.

:-Coglione? Brutto coglione?-mi chiese, ridendo come uno psicopatico. –Mai mi avevi insultato prima d’ora. E questo è l’insulto migliore che riesci a trovare?

Rise di nuovo. Era una risata strana, malvagia. Sembrava un’altra persona. Era un’altra persona

:-Ehi, ragazzi, portatelo qua! Ben legato, mi raccomando-si rivolse a due guardie. Non sapevo se erano mortali mercenari o semidei.

I due sparirono e poco dopo tornarono con un ragazzino imbavagliato e legato, aveva i capelli neri, piuttosto lunghi, e sembrava più grande della sua età.

:-Eccolo qua, il nostro fortunato vincitore!-esclamò Luke con un tono derisorio. –O forse sfortunato. Mio caro, sappi che il tuo destino è in mano ad una ladra. Ad una viandante.

:-Razza di brutto bastardo, schifoso viscido orribile escremento di Cavalla di Diomede!-urlo, quando lo vedo. Sto per piangere, lo so, sentivo le lacrime che stavano per fare capolino dagl’occhi.-Lascialo stare! Lascialo immediatamente!

:-Come ho appena detto, Alex, il destino di questo ragazzino è in mano ad una viandante. A te-disse Luke, camminando con le mani giunte come un uomo d’affari. –Ecco l’accordo che ti propongo, Alex, semplice e facile.

Tu ti unisci a noi, e io risparmio la vita di questo tuo amico. Ci stai?

:-No, mai, mai mi unirò a te e a Crono, Luke!-esclamai, sicura, ignorando Nico che scuoteva la testa, e cercando di lottare per liberarmi delle guardie che ancora mi tenevano prigioniera, quasi non mi resi conto delle lacrime che avevano cominciato a scorrere.-Mai!

:-Sei sicura?-mi chiese lui, per poi rivolgersi al tizio che teneva Nico, facendogli un cenno con la testa. –Uccidilo.

Quello prese la spada. Di solito non bado al metallo di una spada quando si tratta di mezzosangue, perché possono essere uccisi da qualunque metallo. Ma quella era come Vipera, sia di bronzo celeste che di ferro. L’arma più vile mai creata.

Stava per tagliargli la gola, ma non potevo permetterlo. Io non volevo che morisse. Che soffrisse ancora. Dovevo proteggerlo.

:-No!-urlai, e lui mi stava ignorando stava per sgozzarlo. –Aspetta…

:-Fermo-ordinò freddamente Luke. –Sentiamo cosa deve dirci la signorina.
:-Io…-cercai di dire, ma le lacrime erano talmente tante da darmi fastidio e i singhiozzi mi bloccavano la gola. –Io…farò tutto ciò che vuoi, lo giuro. Mi unirò…mi unirò alle schiere di Crono. Ma ti prego, lascialo andare.

Lui sorrise, come un pitone che si  era appena pappato un bel procione:-Perfetto. Tu, slega il ragazzo.

La guardia slegò le corde e il bavaglio. Nico si sfregò i polsi segnati dal segno delle corde.

:-Non avresti dovuto, Alex-disse lui. –Non dovevi. Ritira tutto, per me non è un problema morire.

:-No-dissi. –Va. E di a Percy e gli altri che…era l’unica cosa che potevo fare. Digli che ho dovuto piegarmi alla forza di Crono. Di loro che…che saranno sempre nel mio cuore. Ma ora ho altri doveri.

:-Portatelo giù, con gli altri-ordinò Luke.

:-Cosa, ma avevi promesso che l’avresti lasciato salvo-dissi. Non potevo aver sacrificato tutto ciò in cui credevo per nulla, giusto?

:-Infatti-disse Luke. –Cerco di mantenere sempre le mie promesse. Cercheremo di arruolarli, e se non vorranno saremo costretti a ... ad ucciderli. Ma farò in modo che Nico rimanga in vita. È già qualcosa, non credi?

:-Ti ho dato quello che vuoi-dissi, piangendo. –Ora lascia…ora lascialo andare.

Lui annuì, e le due guardie portarono via Nico, che cercava in tutti i modi di liberarsi. Continuai a singhiozzare, terrorizzata. Non avrei mai più potuto guardare in faccia i miei amici.

:-Liberatela-ordinò mio fratello ai tizi che mi tenevano stretta per impedirmi di fuggire, e loro subito ubbidirono. E io feci l’unica cosa che mai avrei dovuto fare: finii tra le braccia di mio fratello, di nuovo. Stavo piangendo, e corsi verso di lui, che subito ricambiò l’abbraccio.
:-Tranquilla-disse lui, stringendomi a se. –Ora andrà tutto a bene. Ci sono io, adesso.

Poi si separò da me, ma, accidenti a me, fui felice in quel momento. Quando mi aveva abbracciata mi ero sentita come ai vecchi tempi. Era di nuovo mio fratello, nient’altro.

:-Andrà tutto bene. Hai fatto la cosa giusta. Quando avremo completato questa missione, andremo dal nostro nuovo padrone, e tu potrai fare il tuo giuramento. E lui guarirà.

Annui, sorridendo. Non perché fossi d’accordo, ma perché non mi avrebbe costretto a pronunciare subito il giuramento, avevo del tempo. Avrei potuto fuggire, ma non lo feci. Avrei potuto mettergli i bastoni tra le ruote. Sperai solo che Percy capisse cosa intendevo dire, che recepisse il messaggio.

:-Tranquilla, Alex. Hai fatto la cosa più giusta. Non sei felice?-mi chiese lui. –Sono così contento che tu abbia capito quanto gli dei siano malvagi. E noi ricostruiremo il mondo, insieme.

Annuii di nuovo:-Si, Luke. Insieme.

E capii che era veramente pazzo quando non vide il mio sorriso di scherno”.

 

Annaspo, alla ricerca d’aria. Mi sta andando via il respiro. Questa…cosa, mi sta uccidendo. Non riesco a respirare, mi stringe il cervello, mi stritola il cuore, la gabbia toracica sembra troppo stretta, per i miei polmoni.

Sento una voce, dice che andrà tutto bene. So di chi è: Josh. Lui è salvo. Va tutto bene.

Mi viene in mente il suo sorriso. Il suo è il più bel sorriso del pianeta, forse dell’universo. E poi mi viene da pensare a Luke. Mi manca. Avrà fatto tante cose brutte in vita, ma ne ha fatte anche molte belle. Molte belle azioni. Ha salvato il mondo. Mi ha salvato dalla strada. Mi ha protetta, è stato un buon fratello maggiore, dopotutto.

Sento che il dolore si allieva sempre di più. I miei polmoni si liberano, circola l’aria. Il mio cuore pulsa senza darmi delle fitte di dolore atroce. Il cerchio alla testa se ne va, tutta la sofferenza, come è venuta, va via. Mi lascia libera, sola.

Ansimo, stanca, e cado sdraiata sul pavimento. Le urla sono cessate, forse ero io ad urlare. Mi sento come se fossi stata calpestata da ottocento elefanti in corsa. Ma non sono sola. C’è qualcuno, seduto vicino a me. Josh, è lui, lo riconosco dal suo sorriso raggiante. Mi stringe la mano, anche il suo volto è rigato dalle lacrime.

:-Tranquilla, stai bene, ora-dice lui. –Andrà tutto bene, te lo prometto.
Sorrido, stringendo di più la sua mano e cercando di respirare ancora, di rimanere in vita. 


Note dell'autore: salve, salve. Visto che brava? Ci ho messo un giorno a scrivere sei pagine, sei intense pagine, miei cari lettori. Considerando che in tutto questo ho fatto due versioni di latino da terzo liceo (considerate che vado al quinto ginnasio, sto per iniziare il primo liceo, e faccio versioni che dovrei fare tra due anni) sono stata a vedere Maleficent al cinema con la mia migliore amica, di cui non metterò il nome, perché sennò a detto che mi picchia. E se la mia parabathai mi picchia per me è come se mi frustasse, quindi meglio di no.
Comunque, ditemi, vi è piaciuto il capitolo? Per farmelo sapere vi basta scrivermi o fare una bella recensione. Ringrazio enormemente daria13g e Grety01 per le loro recensioni. 
Comunque, tornando al capitolo, sembra che Alex non si renda veramente conto di cosa sia realmente successo. Non vi spoilero niente, irispaper29, trattieni la tua brutta linguaccia chiacchierona.
Bene, prima di andare volevo invitarvi a fare un salto su fanfiction.net, dove ho pubblicato una fanficiton ancora indedita in italiano, la mia prima in inglese. Così mi dite quanto fa schifo. Si chiama An impossible love, è sulla pernico (percy + nico) una mia malata fantasia. Il mio nickname è uguale a questo.
Un bacio!!! :)

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Capitolo 75
*** Il sapore dei ricordi. ***


***Josh***


Io e Alex stiamo parlando tranquillamente, più che altro della vita dolorosa di Nico, quando, ad un certo punto, Alex comincia a piangere, senza un motivo apparente. Le stringo la mano, accarezzandone il dorso per rassicurarla.

:-Ehi, ehi-dico, con un tono dolce. –Che succede?

:-Io…Io non…-balbetta lei, spaventata. –Io…non…non lo so.

:-Va tutto bene, tranquilla-dico, continuando ad accarezzarle la mano. –Tranquilla, è tutto a posto.

Lei annuisce, ma fa una smorfia di dolore, e si porta le mani alla testa. Non riesce a smettere di piangere, soffre, e ha paura.

:-Ok, ok, dimmi cosa senti-le dico dolcemente, cercando di rassicurarla. Non capisco cosa le sta succedendo.

:-Non…lo so-balbetta di nuovo lei, gemendo di dolore. –La…la testa…fa…fa male. Molto male.

:-Ragazzi, fermatevi-ordino agl’altri. –Alex sta male.

:-Cosa?-chiede Ben, apprensivo. –Che ha?

:-Non lo so, dice che le fa male la testa-spiego.

:-Non possiamo fermarci per un po’ di mal di testa-dice Ben, contrariato.

:-Chiudi quella boccaccia-gli ordina Percy, dirigendosi poi verso Alex. –Ehi, cosa succede? Tranquilla, è mal di testa, passerà presto.

:-Non è…mal di testa-dice lei, stringendosi la testa tra le mani, come se volesse evitare di farla fuggire. Come se volesse schiacciarla.

:-Allora cosa…-prova a chiedere Percy, ma lei cade sulle ginocchia, stremata, e stringendo ancora la testa. Sta soffrendo, non so cosa fare. Come posso aiutarla?

Si sente un altro rumore, molto forte. Mi giro e vedo che anche Nico è crollato a terra, nella stessa identica posizione di Alex, anche lui sta piangendo, gli occhi sembrano quasi fuori dalle orbite. E non è il solo. Anche Annabeth ha fatto lo stesso, proprio come Percy. Solo io, Searel e Ben siamo ancora in piedi.

Ed è ora che cominciano le urla. Sono tante, e forti. Stanno urlando come in preda alle torture più atroci. Non come: sono in preda alle torture più atroci.

:-Bianca!-urla Nico, e sembra un pazzo. –Bianca! Io non…torna in dietro! Percy…no, Percy, ti prego! Non puoi…salvala! Hazel, Hazel!No, Percy, non puoi essere morto! Non puoi. Forse l’acqua…l’acqua potrebbe…non puoi farmi questo! Farò qualunque…qualunque cosa…lo giuro…so che potete…vi prego…

Ok, non so perché Nico parli di Percy, ne cosa veda, ma non è importante forse al momento.

:-Tyson!-grida invece Percy, anche lui in lacrime, non l’avevo mai visto piangere prima d’ora. –Tyson! Non puoi essere…Ti troverò! Grover…non mollare! Non mollare. Annabeth! Non fidarti di lui! Non fidarti di lui!

Anche Annabeth urla come una forsennata il nome di Percy, di Silena, Charlie, e qualcun altro che io non conosco. Anche il nome di Percy e di Alex è compreso nel pacchetto.

Ma Alex è quella che urla di più, non credevo che avrebbe mai potuto raggiungere una simile soglia del suono, e non fa altro che gridare:-No, Nico…no…io ti…sempre.

:-Cosa facciamo?-mi chiede Searel, terrorizzata almeno quanto me.

:-Io…cerca di aiutare Nico-le ordino. –Ben, tu pensa a Percy e Annabeth. Io penso ad Alex. La loro è una battaglia interiore, non possiamo far nulla se non…se non stargli vicino.

Loro annuiscono, tranne Ben, che è praticamente verde d’invidia, e cercano in tutti i modi di calmarli. Gli dicono di stare calmi, che è solo un’illusione. Ma non basta.

:-Ok, Alex, tranquilla, andrà tutto bene-le dico, mettendomi vicino a lei, in ginocchio.

Lei mi guarda, ma non sembra presente, i suoi bellissimi occhi azzurri sono offuscati da una nebbiolina trasparente, ma fa paura. Lei adesso grida meno degl’altri, più che altro mormora qualcosa tipo:-No, no…non è vero! Lei lei…io sono…non tu! Nico…lei…lei ti vuole bene…e potrai…vederla…cerca solo di…Percy, lui…la proteggerà, lo giuro…

Le prendo le mani, lei si china, posando la testa sulle sue ginocchia, forse non si rende nemmeno conto di cosa stia succedendo. Non so come aiutarla, cosa potrei fare ancora? Le sussurro parole dolci all’orecchio, le dico che andrà tutto bene, che finirà presto. Non so che altro fare.

:-Non…no…non sei un…un peso…no-mormora lei, come in trance. Non capisce quello che sta realmente accadendo fuori dalla sua mente.

:-Non so di chi tu stia parlando, Alex-le dico, dolcemente, accarezzandole i capelli. Non so cos’altro fare. Forse è di questo che ha bisogno: di essere confortata. Perché, altrimenti, sarà tutto inutile.

Poi ad un certo punto, alza lo sguardo, mi si aggrappa alle spalle con le unghie e dice:-Tu non sei…io sono stata…lei mai ti ha…io sono stata…lui…lui mi ha abbandonata!

Le tolgo le mani dalle mie spalle e lei ficca le unghie nella carne delle mie mani, ma preferisco quelle alle spalle. Lei scoppia di nuovo a piangere, i suoi occhi sono rossi e ancora annebbiati.

Poi, il suo sguardo torna lucido, ma solo per un attimo, prima che la nebbia bianca torni ad offuscarle lo sguardo dei suoi bellissimi occhi azzurri. Ed è allora che accade.

 Si libera delle mie mani, e mi prende per le spalle, scuotendomi e urlando:-No, no…mai, mai! Lascialo stare! Lascialo andare! Ti prego…

:-Nessuno gli farà del male, lo lascerà andare-le dico, con la voce calma. -Te lo giuro.

:-No, no…sei…sei un mostro! Luke sei…uno schifoso…un mostro! Come puoi…minacciarmi! Lascialo andare! Nico, lascialo andare! Ti prego…farò…farò tutto quello che vuoi, ma…ti prego…non fargli…non fargli del male.

Il suo sguardo è folle, gli occhi quasi fuori dalle orbite, le lacrime le rigano il viso. È disperata. Farebbe qualunque cosa per quel ragazzino. Allora è questo che lei vede. Crede che Nico sia in pericolo.

:-Shh-dico, come si fa con i bambini, dolcemente, provando di nuovo a calmarla. –Nico sarà salvo, starà bene. Luke non gli farà del male.

:-No, no…io…io non…come puoi farmi questo? Luke, come puoi…io devo…devo proteggerlo…io…-urla di nuovo lei, con tutto il fiato che ha nei polmoni. Sta soffrendo, come posso aiutarla?

:-Ho fatto…ho fatto quello che…quello che mi hai chiesto. Ora…ora lascialo andare-grida Alex, terrorizzata. –Nico…di che…io…ho dovuto…per favore! Nico…

:-Shh-ripeto. È terrorizzata, e desidera proteggere quel ragazzino. Darebbe la vita per lui, ne sono certo. Alex riprende a strillare frasi sconnesse, o solo grida di dolore. Le lacrime sono talmente tante che le si sono bagnati i vestiti e i capelli. Cosa posso fare? Sta soffrendo, e io non so come aiutarla. Come posso fermare il suo dolore?

“Uccidila”dice una voce sibilante a me sconosciuta, nella mia mente. “Prendi la sua spada, e trafiggile il petto. Così finirà il suo tormento, non sentirà più dolore”.

“No”la zittisco io. “Stai zitta, maledetta”.

E quella sparisce. Credo di essere diventato pazzo anche io. Perfetto. Ma non posso farlo, l’ultima cosa che voglio è che muoia.

Mi viene da pensare a quello che mia madre mi diceva sempre. Ogni volta che mi succedeva qualcosa di brutto, lei mi diceva di pensare positivo, perché si sarebbe sempre aggiustato tutto. Mi abbracciava, e mi diceva che si sarebbe sistemata ogni cosa.

E io faccio lo stesso. Prendo Alex in braccio, che, intanto, continua ad urlare e scalcia, cerca di liberarsi. Me la metto sulle ginocchia, come una bambina, e lei si appallottola in una posizione fetale, stringendosi le ginocchia con le braccia. E io l’avvolgo con le mie, mentre lei continua a gridare. Intanto continuo a mormorare parole dolci per lei, continuo a rassicurarla. E mi rendo conto di star piangendo solo quando mie lacrime scendono fino al collo. Perché non so come aiutarla di più. Perché vorrei avere la possibilità, il potere di fermare tutto questo.

Ad un certo punto, smette di gridare, e non solo lei, anche Percy e Annabeth, sotto l’attenzione dei due gemelli, hanno smesso di urlare. Lei si stringe contro di me. Io non la lascio andare.

:-Tranquilla, è tutto a posto. Nico è salvo, starà bene-le sussurro all’orecchio. –Tutto si sistemerà, te lo giuro.

I suoi muscoli si rilassano lentamente, entrambi cadiamo sul pavimento duro, viscido e freddo della caverna. Lei comincia ad annaspare come un pesce fuor d’acqua, come se fosse in assenza d’aria. Come se non riuscisse a respirare. Poi ansima, stanca, e cerca di respirare normalmente. La guardo negl’occhi, e, vedendo che sono tornati azzurri come il cielo, senza più quella strana nebbia, non posso fare a meno di sorriderle.

:-Tranquilla, stai bene ora-le dico, stringendole la mano. –Andrà tutto bene, te lo prometto.

E lei sorride, stringendo di più la mia mano e cercando di respirare ancora, e di rimanere in vita.

Ma ora è salva, è tutto finito. O almeno spero. Non so se potrei vederla ancora in quello stato, soffrire in quel modo. E farò di tutto per proteggerla, qualunque cosa. Io lo giuro.

Note dell'autore: Ok, vi prego, non mi uccidete. Lo so, ieri non ho postato nulla di nuovo, e oggi ho pubblicato questo capitolo corto cortino, ma è per un buon motivo. Quello che è appena successo, sia dal punto di vista di Alex che di Josh, è fondamentale. 
Comunque, per farmi perdonare, come avete visto, ho messo un disegno fatto da me, a cui ho lavorato parecchio, spero vi piaccia. Sapete dirmi chi sono i personaggi? Per vederlo vi basta cliccare sopra la piccola icona che si trova appena prima di queste note: creerà un collegamento alla pagina. Scusatemi ma non sono riuscita a postarlo in altro modo, se qualcuno mi spiega...cmq, tornando a noi. Il premio per chi li indovina tutti, o almeno più degl'altri , è il disegno di un personaggio o di una coppia della ff a sua scelta. Provate ad indovinare e ditemelo nelle vostre recensioni! <3
Passando ad altro, ho dato un'occhiata alla tabella di "guarda chi segue le tue storie", e...oh miei dei, grazie! Vi amo, è ufficiale. Ringrazio quindi AliAliEfp, daria13g, ehihutch, ele10, Francescalol, Grety01, imatributebitch, joy99, loulouhazza1994, luciaventurini, Lyls, mekaor, Sasyarm, The_wolf, _SideEffect_,Simmiu_Zoe_Jackson che seguono le mie storie. Poi passiamo a Asia_Mofos, biglol, charlie99, daria13g, Grety01, loulouhazza1994, Marmeladeboyy, maty_maty, mekaor, percy_sofia_il mio mondo e pinguino canadese che hanno inserito la storia tra le preferite. E, ultimi ma non per importanza, abbiamo Aless_, daria13f, loulouhazza1994, luciaventurini, mashtonsconcert, Rossy_sleepingbeauty e Sasyarm poiché hanno inserito la mia storia tra le ricordate. E poi, abbiamo anche, rullo di tamburi..._Ash che mi ha inserita tra i suoi autori preferiti! Un bacio a tutti vi amo. Sposiamoci! 
Hahah, ok, qui scherzo. Non ditelo al mio ragazzo, o vi farò perseguitare dalla Signora O'Leary. 
Comunque, ringrazio infine daria13g e Grety01 per le loro recensioni! Seguiamo tutti il loro esempio.
Un bacio. :)

 

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Capitolo 76
*** Le porte del confine. ***


***Alex***

 

Mi massaggio le tempie doloranti, ad occhi chiusi, cercando di riempirmi i polmoni d’aria, quando poi mi ricordo cosa devo fare. Cosa voglio fare. Non importa se sono tutta un dolore, se mi sembra che qualcuno mi abbia infilzato la testa con mille aghi di bronzo celeste. Ha bisogno di me, ora. Non posso pensare a me stessa.

Cerco di alzarmi, ma mi fanno male tutte le ossa, mi tremano le ginocchia, così torno per terra con un tonfo. Bene, se non posso camminare, vuol dire che mi toccherà strisciare. Ed è quello che faccio. Striscio lentamente fino alla persona che in questo momento ha più bisogno di me, sotto lo sguardo un po’ stupito di Josh. Non mi preoccupo di lui, ora, lui sta bene. È qualcun altro ad avere bisogno di me.

Nonostante abbia smesso di urlare, Nico ha ancora uno sguardo folle, e non riesce a smettere di piangere. E mormora dei nomi, tra cui quello di Percy. Oh miei dei, non voglio sapere quali cose orribili si stiano facendo largo nella sua mente. Immagino il dolore a cui è sottoposto.

C’è Searel con lui, e sta cercando in tutti i modi di farlo calmare, di farlo smettere di piangere. Però non ha avuto molti risultati. Lei mi guarda, con uno sguardo disperato.

:-Vai ad aiutare tuo fratello-le dico, mormorando. –Qui ci penso io.

Lei annuisce, e corre da Ben, occupato anche lui nel vano tentativo di tranquillizzare Annabeth e Percy. Come Nico, anche loro due sono ancora in crisi, come me poco fa.

Mi avvicino a lui, che strizza gl’occhi, in preda ad una fitta dolorosa, la testa stretta nella morsa delle sue braccia.

:-Ehi, Neeks-sussurro, perché comincia a mancarmi la voce. –Sono solo incubi, qualunque cosa tu vedi non è vera.

Lui geme, stringendosi la testa ancora di più nelle braccia avvolte dal suo giubbotto da aviatore. Non voglio sapere cosa vede. Anche se credo di saperlo.

Sento un rumore, come un fruscio, e so che Josh è accanto a me. Ormai riconosco i suoi passi.

:-Shh-gli dico, accarezzandogli la zazzera di capelli esplosiva. –Tranquillo, Nico, è tutto a posto.

Cerco di calmarlo, provo in tutti i modi possibili. Intanto, sento le urla e i lamenti diminuire copiosamente. Mi giro per un momento, e vedo Annabeth e Percy, che ne sono appena usciti. Si baciano, prima di abbracciarsi, e non riesco a trattenere un sorriso. Poi cominciano a trascinarsi fino qui. Mi guardano tutti, ora. Di solito non mi piace essere al centro dell’attenzione, però non è importante. Cerco in tutti i modi di riportare Nico indietro, ma non basta. Gli racconto di Bianca, di Hazel, di quanto loro lo amassero, mi invento un piano per conquistare Percy, omettendo il suo nome e sostituendolo all’ultimo secondo con quello di “Penryn”, il nome di una città della California, nella Silicon Valley, dicendo che avrebbe funzionato, a costo di costringere Percy-Penryn.  Per fortuna, comunque Percy e Annabeth sono arrivati che avevo già finito di parlarne. Gli parlo di qualunque cosa potrebbe solleticare il suo inconscio. Ma non funziona, lui è ancora in trance. Anche Annabeth, Josh e Searel hanno fatto lo stesso, ma non torna indietro. Vorrei morire. Perché diamine non funziona?

:-Ehi, Neeks, svegliati-lo esorto, le lacrime pronte a fare capolino di nuovo, disperata. –Non è vero, tutto quello che vedi, non è reale! Capito, non è reale! Non lo è! Devi uscirne. Ci sono persone che vogliono solo poterti riabbracciare, Nico. Hazel, tua sorella, ti sta aspettando, vuole indietro suo fratello. Ed è forse così, morendo e lasciandoti sopraffare dal dolore del passato, che vorresti onorare Bianca, eh? E anche gli altri tuoi amici. Cosa pensi che farebbero Ortro e la Signora O’Leary, senza di te? E Annabeth, eh? E…e Percy? Anche lui è tuo amico, capito, Neeks? E poi, c’è quella cosa di cui abbiamo parlato. Ti vuole bene, lo sai. Devi dirglielo, ricordi? Come fai a dirglielo da morto, me lo spieghi? Non tutti possono andare negl’Inferi a proprio piacimento. E ti sta aspettando.

Lui continua a piangere, gemendo e rantolando per il dolore, trattenendo quasi delle altre urla. Cosa posso fare ancora?

:-Nico, razza di brutta e schifosa chiazza di vomito di dracena, lo so che mi senti, capito? Lo so! Smetti di giocare a nascondino e vieni fuori-gli ordino, in preda alla disperazione, scuotendolo per le spalle. –Non puoi farmi questo, Nico. Anche io ti amo, capito? Proprio come ti amava Bianca, proprio come ti ama Hazel! Ho fatto una promessa Nico, tu devi tornare indietro.

Guardo con gli occhi pieni di lacrime brucianti Josh, che è accanto a me. Dopotutto, lui era con me quando mi sono svegliata, forse sa cosa fare.

:-Perché non funziona?-gli chiedo, con la voce carica di paura. –Cosa posso fare ancora? Lui è…imprigionato. Non riesce ad uscirne, non riesce a fuggire da quei ricordi orribili.

Lui scuote la testa:-Non lo so, Alex. Forse…forse ha bisogno delle persone a cui voleva bene. Forse sente il bisogno di vedere che stanno bene.

Abbasso la testa, sconsolata. Ormai, a parte Hazel, chi gli è rimasto? La madre e la sorella sono morte, e io sono una delle sue amiche, e sono già qui. A meno che…

:-Percy-lo chiamo, lui è l’ultima possibilità. –Stai abbastanza bene da parlare?

Lui annuisce, così gli chiedo:-Vieni qui, per favore.

Lui si avvicina lentamente, sempre strisciando, e si siede vicino a me:-Cosa devo fare?

:-Tu sei suo amico, gli vuoi bene-rispondo io. –Per questo ho bisogno del tuo aiuto. Tu sei il primo amico che Nico abbia mai avuto, da quando si è ritrovato nel 2000, o forse anche da prima. Sicuramente tu sei una delle persone a cui vuole più bene, sei il suo migliore amico. Aiutami, aiutalo. È l’unica soluzione, credo.

Lui annuisce, e comincia a parlare, e le sue parole sono vere:-Ehi, Neeks. Vieni fuori, ci stai facendo prendere un colpo. Per favore. Sei uno dei miei migliori amici, non puoi farci questo, ok? Con chi potrò rifare un bagno nello Stige, o fare viaggi nell’ombra, eh? Tutti qui ti vogliono bene. Annabeth, Josh, Alex…io. Anche io ti voglio bene, Neeks, e non ti permetterò certo di mollarmi qui con questo branco di idioti che si sentono tanto intelligenti e che mi prendono sempre in giro e mi chiamano Testa d’Alghe. Tu sei l’unico che ha creduto in me, amico, che ha creduto che avessi un cervello. Lo so di averti deluso con Bianca, e mi dispiace. Ma ti giuro, te lo giuro sullo Stige, io ho fatto il possibile. Se avessi potuto, l’avrei salvata. E non devi credere a quello che vedi, ok? Non è reale. Non è reale.

Nico continua a piangere, ma i singhiozzi sono diminuiti un po’. Faccio un segno con la testa a Percy, che capisce subito e lo abbraccia. Io faccio lo stesso, anche Annabeth lo fa, proprio come Searel e Josh.

 Nico, intanto, tra le nostre braccia, continua a singhiozzare e mormorare frasi sconnesse, con gli occhi chiusi per le fitte di dolore, finché, piano piano, i suoi muscoli si rilassano e lo sguardo folle e la nebbia abbandonano i suoi occhi neri come la pece.

Comincia ad ansimare, come me, poco fa, alla disperata ricerca d’aria. So che effetto fa, rivedere gli episodi più brutti della propria vita. Ti toglie la vita, letteralmente. Ti prosciuga. Ci scansiamo, per permettergli di respirare.

Quando si è calmato totalmente, e ha ripreso a respirare, ci guarda, cercando di capire cos’è successo.

:-Cosa…come…?-chiede lui, ancora un po’ rantolante. Sta cercando qualcuno con lo sguardo. È Percy, lo so. Ormai sono sicura di quello che ha visto.

E fa quello che ormai è ovvio  che avrebbe fatto. Si tuffa tra le braccia di Percy come un abile pesciolino.

All’inizio Percy è un po’ stupito, come se si aspettasse che avesse fatto qualunque altra cosa, che avrebbe abbracciato qualcun altro, ma poi ricambia l’abbraccio.  Si sente un rumore a tutti noi ormai troppo familiare: Nico sta piangendo, sta singhiozzando.

:-Tranquillo, amico-dice lui, dandogli delle leggere pacche sulla schiena. –Ora è tutto a posto, andrà tutto bene. È tutto finito. Ci sono io, adesso. Erano solo…ricordi. Come gli incubi. È finita.

Dopo un paio di secondi Nico si stacca, si asciuga le lacrime con la manica del giubbotto e dice:-Grazie, ragazzi.

Poi gira lo sguardo. Ci credo, è tutto rosso come un pomodoro.

:-Branco di idioti, eh?-dico al figlio di Poseidone, fulminandolo con lo sguardo, per sdrammatizzare la situazione imbarazzante in cui Nico si era messo.

:-Ora che è tutto finito-dice Annabeth con il suo tono razionale-dovremmo assicurarci di star bene e ripartire. Siamo stati fermi per troppo tempo, e stare fermi qui non è bene, per niente. È male. Dobbiamo sbrigarci. Searel , puoi fare una breve diagnosi?

Lei ci scruta attentamente, prima di affermare:-Ad occhio e croce, direi che non avete troppi danni fisici, un po’ di ambrosia dovrebbe bastare a farvi riprendere il controllo motorio. Per quelli mentali, poi, è tutto un altro discorso.

Annabeth annuisce, e Searel distribuisce a tutti quelli colpiti dai ricordi un quadretto di ambrosia che trangugiamo con gusto. Non appena lo mordo, sento il sapore di popcorn invadermi, e riacquisto subito le forze.

Ci alziamo tutti in piedi, ancora un po’ traballanti. Josh mi da una mano ad alzarmi, e mi sostiene. E ricominciamo a camminare in silenzio. Josh poi mi lascia solo quando è sicuro che io mi regga in piedi da sola.

Il mio sguardo cade sul ragazzino dai capelli neri, che barcolla ancora un po’, ed è solo, ha l’aria abbattuta.

Dopo un attimo di silenzio imbarazzante mi chiede:-Che…che cos’era? Cos’hai visto?

Sapevo che l’avrebbe chiesto. Josh è un ficcanaso, un curiosone. Ma ha ragione, gli devo molte spiegazioni. Nico aspetterà, non è in pericolo di vita imminente al momento.

:-Ecco, Josh, io…ho visto molte cose che avevo dimenticato, sul serio. Io non le ricordavo quasi più, talmente erano sepolte nel mio cuore. Ho rivisto il primo giorno in cui ho conosciuto Nico, e quando in cui passai con lui un paio di giorni nel ranch di Gerione. Annabeth, Grover, Percy e suo fratello Tyson erano scesi nel Labirinto di Dedalo per una missione, e io li avevo seguiti. Percy aveva ucciso Gerione, un mostro con tre busti e tre cuori, e io ero rimasta lì con Nico per sorvegliarlo, nel caso facesse qualche pazzia. Nico era ancora molto arrabbiato con Percy perché non aveva protetto sua sorella, e con Bianca, perché era morta. Si sentiva, solo, e abbandonato. Io gli spiegai che Bianca non lo aveva abbandonato, perché gli voleva ancora bene. Ero io quella abbandonata, Luke mi aveva lasciata sola, e aveva tradito la mia fiducia. Il potere…il potere fa male alle persone, Josh. Male e bene non esistono. È il potere che corrompe gli animi, anche quelli dei più buoni, li porta a compiere cattive azioni. Perfino io ho ceduto alle sue spire potenti e ammalianti. Ho fatto delle cose orribili.

:-Davvero?-chiede lui, curioso. Mi viene da piangere solo al pensiero.

Annuisco:-Nico era fuggito alla ricerca di Dedalo, voleva scambiare la sua vita con quella di Bianca, credo. Così uscii a cercarlo, e lo trovai. Percy, Annabeth e gli altri erano stati catturati e Percy stava combattendo Anteo, un suo fratellastro, figlio di Gea. Era in una specie di arena, come quella dei gladiatori, costretto a lottare per la loro vita, compresa quella di Rachel, che si era unita al gruppo, aveva la vista proprio come te, li avrebbe guidati nel Labirinto. Era una cosa orribile, Josh. Percy ne rimase parecchio turbato, e anche io. Quel mostro uccideva le vittime per divertimento e dedicava ogni morte al padre Poseidone. Immaginati come si sia sentito Percy. Quando anch’io fui catturata, venni portata al cospetto di Luke, che aveva procurato molte vittime ad Anteo per convincerlo a farlo passare con un esercito in quella zona del labirinto. Lui…ha detto delle cose orribili, Josh, davvero terrificanti. E io credevo che fosse morto, quasi lo speravo. Era caduto dal monte Tam, a San Fransisco. Nessun essere umano sarebbe dovuto sopravvivere, ma quando lo vidi non aveva neanche un graffio. Scoprii solo più tardi che aveva fatto un bagno nello Stige. E mi propose…mi propose di unirmi a lui. Io negai, ma poi ordinò ad una guardia di portargli un prigioniero. Luke si approfittò della situazione, mi rinfacciò il mio giuramento, lo usò che arma per minacciarmi e…

:-Cosa?-chiede, confuso. –Quale giuramento?

:-Il Sacro Giuramento, Josh-rispondo, sicura.

:-Tipo il giuramento sullo Stige?-chiede lui, ancora più confuso.

:-No, è ancora più sacro e ancora più infrangibile, Josh. È un giuramento di protezione, come quello che io ho fatto verso di te.

:-C’è qualcosa di più infrangibile del Voto Infrangibile e del giuramento sul fiume Stige?-chiede lui, stupito. Almeno conosce Harry Potter.

Annuisco:-Si, Josh, perché è un giuramento che si fa con tutta l’anima e il cuore, non centra la carne, il fisico. Non è mai, mai stato infranto, mai. E non perché chi lo infrange muore, Josh, no. Perché  non si vuole infrangerlo. Si farebbe qualunque cosa, si darebbe la propria vita per mantenerlo. Tu prometti di proteggere una persona anche a costo della tua vita. E nulla ti sembra più importante, nulla lo è, a parte mantenerla.

:-Quindi…tu hai giurato di proteggermi?-chiede lui.

Annuisco:-Si, Josh, proprio come Luke aveva promesso di proteggere Annabeth. È stato grazie a quel giuramento che ha deciso di suicidarsi e ha sconfitto i Titani.

:-Tu daresti la tua vita per me?-chiede, sorpreso.

:-Si-rispondo, sicura e sincera. –Però tu mi rendi le cose difficili. Cavolo, ti ficchi in tutti i guai che ci sono al mondo, Josh.

Lui non dice nulla, sta riflettendo, poi esclama:-Era Nico! Era lui, vero? Il prigioniero, era lui il prigioniero. Tu…tu hai promesso di proteggerlo?

:-Si-rispondo di nuovo. –Devi capire, Josh, che Nico è una delle persone più bisognose di affetto e appoggio, lo è sempre stato. Non ha mai avuto una madre, in pratica, e così si era aggrappato a Bianca. Lei gli aveva fatto da madre, non aveva mai avuto una vita vera per stare con lui. Poi lei è morta, e lui…lui ha perso tutto. Si è sentito solo, abbandonato. Io capivo perfettamente come si sentisse, e mi faceva male vederlo in quello stato. Sai cosa significa essere soli, Josh? Io si. Significa non avere nessuno. Quando Nico non è negl’Inferi, vaga senza una meta precisa, e non ha una casa dove tornare. È solo al mondo. Ogni volta che lo guardo, vedo me stessa. E così promisi che mai più l’avrei lasciato alla deriva da solo.

Lui annuisce:-Si vede, sai? Daresti davvero qualunque cosa per vederlo sorridere.

:-Che c’è?-chiedo, ironica, per sdrammatizzare. –Non sarai mica geloso di lui, eh? Credimi, non c’è rischio che si innamori di me.

:-Non lo sono-dice lui, prendendomi la mano e dandomi un bacio sulla guancia, che mi fa arrossire e sorridere. –Allora, poi cos’è successo?

:-Lo aveva usato per minacciarmi, per costringermi, e stava per tagliargli la gola, non potevo…non potevo permetterlo. Così…accettai. E lo lasciò libero.

:-Aspetta, tu…tu ti sei unita alle schiere di Crono?-chiede, confuso e scioccato.

:-Si-rispondo, un po’ infastidita, per poi tornare al solito tono. –Per fortuna, Luke disse che mi avrebbe fatto fare il giuramento dopo la sua missione. E fui contenta. Quando Nico fu liberato, gli dissi di dire qualcosa a Percy, e lui lo fece. Era un messaggio, per fargli capire che avevo ceduto, ma che non mi sarei arresa. Sapevano tutti ormai che c’era una spia al Campo, e io feci lo stesso. Fui la spia dei mezzosangue tra le schiere di Crono. Luke si fidava di me, mi nominò subito luogotenente e suo secondo al comando, ma nonostante questo non riuscii a fare molto, purtroppo. Però riuscii ad informarli sui loro piani di attacco al Campo, anche se poi, con la morte di Dedalo, non fu utile come speravo. E fuggii il giorno stesso in cui avrei dovuto fare il mio giuramento di fedeltà a Crono.

:-Beh, sei stata molto utile invece-dice Josh, sorridendo. –Cavolo, Alex, nessuno avrebbe mai avuto il tuo coraggio. Sapevi che se fossi stata scoperta saresti stata uccisa, e non ti ha fermato. Sei la persona più coraggiosa che conosca.

:-Smettila-gli ordino, secca. –Josh, io ho fatto una cosa orribile. Non ho guardato in faccia i miei amici per settimane, e anche se sapevano che ero ancora dalla loro parte, non tutti si fidarono subito di me, ci misi molto a riconquistare la loro fiducia. Clarisse non mi voleva nemmeno al Campo, voleva che fossi giustiziata per alto tradimento.

:-Beh, ma lei è Clarisse-dice lui, serio. –Farebbe giustiziare chiunque. Sai che le piace.

:-Anche il Signor D era d’accordo. Se non fosse stato per la testimonianza di Nico, io non sarei viva-dico, alzando lo sguardo verso il ragazzino che ancora fatica a stare sulle ginocchia.

:-E ora lui ha bisogno di te, vero?-chiede lui, senza malizia. –Vai, io posso sopravvivere.

:-Grazie-dico, dandogli un bacio a stampo. –Sei la persona migliore che conosca. Torno subito, lo giuro.

Lui annuisce, e mi sorride. È davvero il ragazzo più dolce del mondo. Gli stringo la mano, prima di correre da Nico. Sta scivolando, e lo reggo per le braccia. Lui mi sorride e mi ringrazia.

:-Come stai?-gli chiedo, mentre lui si regge al mio braccio per cercare di recuperare il controllo motorio.

:-Bene-dice lui.

:-Bugiardo-dico. –Guarda che io so riconoscere le bugie, soprattutto quando le dici tu. Sei un pessimo bugiardo.

:-Odio quando hai ragione-ammette lui, mettendo le mani nelle tasche dei pantaloni, lo sguardo spento.

:-Hai ragione anche tu-dico, semplicemente, e resami conto della mia stupidità. –Ci credo che non mi rispondi sinceramente, se io faccio domande tanto idiote. È ovvio che…è ovvio che non stai bene, come non lo sono io.

Lui annuisce:-Le cose…le cose orribili che…che ho visto…

:-Cosa hai visto?-gli chiedo. -Non che io non lo sappia, ma voglio essere sicura.

:-Beh, hai ragione, contenta?-dice lui, esasperato. –Ho visto la morte di Bianca. Ho visto me stesso, mentre pregavo Percy di proteggerla. Ho visto la morte di mia sorella Hazel, la tua. E Percy, quando ero nel Tartaro, e vedevo la sua morte ogni volta che chiudevo gli occhi, il suo volto ogni singola volta. L’ho visto soffrire, e piangere. Ho visto anche lui, va bene?

:-Scusami, Nico, so che fa male-gli dico, dispiaciuta. –Sto solo cercando di aiutarti.

:-No, scusami tu-dice lui. –So che stai cercando di darmi una mano, mi dispiace. È che…non lo so. La disperazione nel vedere quei volti è stata…

:-…troppo grande per essere fermata o evitata-concludo io, sapendo benissimo cosa prova. –Lo so.

:-E tu, invece?-chiede lui, non c’è malizia nella sua voce, solo curiosità.

:-Il primo giorno in cui ci siamo conosciuti-rispondo, sorridendo per poi rabbuiarmi di nuovo. –Sai, era la prima volta che ti vidi, ma capii subito com’eri, e di quanto tu fossi…dolce, Nico. E solo, di quanto tu contassi su Bianca. E poi ho visto il…il Labirinto.

:-Oh-dice lui, stupito. –Sai che non avresti dovuto farlo, Alex. Avresti dovuto lasciarmi morire. Grazie a mio padre, poi, avrei avuto l’Elisio. Non è stata colpa ne tua ne di Luke, era solo un pazzo e cercava di proteggerti, se tu fossi passata dalla sua parte non avrebbe dovuto ucciderti.

:-Lo so, ma tu non capisci, Nico. Io ero felice. Ero di nuovo con mio fratello, e non appena te ne andasti lo abbracciai. Non avrei dovuto esserlo.

:-Non so più come dirtelo, Alex. Tu non hai nessuna colpa, è stato per causa mia, io diedi retta a Minosse e…è stata colpa mia. Non hai nulla da rimpiangere, capito? Se non fosse stato per te, io non sarei qui a parlarne.

 :- E per me è lo stesso-gli ricordo, alzando il sopracciglio. –Ricordi? Se tu non avessi testimoniato a mio favore, sarei morta, o peggio. Il Signor D avrebbe potuto trasformarmi in un delfino, o farmi impazzire. Ma tanto lo sono già, quindi…

:-Aspetta, cosa?-chiede lui, strabuzzando gli occhi, confuso.

:-Sento…sento le voci. Una sola, in realtà, femminile. E sibila-gli rivelo. –Ti prego, non…non dirlo a nessuno. Non hanno bisogno di altri pesi sulle spalle.

:-Non sei l’unica a sentirle, sai?-dice lui, facendo un sorriso amaro. –Le voci al suicidio, è così che le chiamo, ormai. Che ti spingono a fare la cosa sbagliata, per ferire gli altri…

:-…e te stesso-continuo io, terrorizzata.-Siamo messi male noi due, Nico. Dobbiamo trovare una soluzione. Questa voce sibilante…stiamo impazzendo sul serio.

:-Già-dice lui. –Ma chi dice che la vera pazzia non sia quella che vivono tutti e che noi ne stiamo uscendo? Io non so cosa significhi, ma dobbiamo stare all’erta.

Annuisco, e faccio per andarmene, quando dico:-Ehi, Nico. Mi dispiace per…Percy, e tutto il resto.

:-Non fa niente-dice lui, sorridendo tristemente. –Fa parte della mia pazzia, no?

 

***Josh***

 

Alex torna subito da Nico, penso anche per aiutarlo a camminare, gli fanno ancora male le ginocchia. Provo un poco di compassione per quel ragazzino, non lo nego, ma cerco di non darlo a vedere, non sembra il tipo che la gradirebbe. Io ho Alex, Percy ha Annabeth, Searel ha suo fratello Ben, ma lui…lui è solo.

Alex è una ragazza fantastica. Una persona fantastica. Ora lei non sta ancora benissimo, ma è corsa subito da quel ragazzino punk che ha bisogno più di tutti di un amico in questo pianeta. Anche prima, ha fatto la stessa cosa. Era appena uscita da un incubo, una tortura mentale, e la prima cosa che ha fatto è preoccuparsi di lui. Mi chiedo come si  faccia a non amare una ragazza del genere, che mette la sua vita in secondo piano, quando si tratta degl’altri. Darebbe la vita per chiunque, penso. Ed è questo che mi preoccupa.

Ora che c’è un attimo di calma, mi sto facendo delle domande, e ho tutto il tempo per riflettere. C’è qualcosa che Nico e Alex sanno, e che mi stanno nascondendo. Nico prima ha mormorato il nome di Bianca e Hazel, le sue sorelle, e lo capisco. Ma Percy? Non ha mai nominato Alex, o Annabeth, o qualcun altro. Il nome del figlio di Poseidone era sempre sulle sue labbra. Diceva che non poteva morire in quel modo, che non poteva fargli una cosa simile.

Oh, cavolo. Se è quel che penso, si è messo in un bel guaio. Non che io abbia qualcosa in contrario, ma…con tutte le persone del mondo…non può essere. Se fosse vero, significherebbe che Nico si è rovinato la vita.

 

 

***Alex***

 

Non appena ho finito di parlare con Nico, torno da Josh, la mia ancora. Sorrido, ma lui ha uno sguardo pensieroso.
:-Ti posso fare una domanda?-mi chiede, mettendomi il braccio intorno alle spalle.

:-Tutte quelle che vuoi-gli dico, sorridendo ancora. Che senso ha farlo preoccupare?

:-Nico è innamorato di Percy, vero?-mi domanda, ancora pensieroso e serio.

Impallidisco. Come diamine ha fatto a scoprirlo? Chi è, Sherlock Holmes?

:-È questo che non potevi dirmi, vero?-continua lui. –Hai  promesso di non dirlo a nessuno. Ma ti giuro che starò zitto.

Sospiro, prima di dire:- Come l’hai scoperto?

:-Beh, è abbastanza evidente-risponde lui, sincero. –Prima, quando era ancora…ancora in crisi, diciamo così, mormorava in continuazione il suo nome. Io non so cosa vedesse, ma sembrava disperato. Continuava a dire che non poteva abbandonarlo, che non poteva fargli una cosa del genere. Poi si è risvegliato, praticamente solo grazie a lui e a te. E non appena è uscito da quell’orribile tortura si è tuffato tra le braccia di Percy.

Sospiro di nuovo:-Questa cosa non va affatto bene. Sei troppo intelligente. Diventa un cretino come Testa d’Alghe, per favore. Lui non capisce nulla. Quando Nico si deciderà a dirglielo, avrà bisogno di un disegnino.

:-Lo so-dice Josh.-Più che stupido, direi che è molto ingenuo. Forse non vuole vederlo, no? Insomma, Nico…sembra un disperato.

:-Nico è un disperato-lo correggo. –Ed è proprio questo che mi preoccupa. Quando Nico è sceso nel Tartaro, era solo. Io non ci sono mai stata, grazie agli dei, ma Annabeth e Percy si. Dicono che sia orribile, e riesco solo ad immaginarlo. Ma loro, almeno, erano insieme. Nico era solo, anche li, nel luogo dove tutti gli incubi prendono vita. Immagina cosa può aver visto. Me, Annabeth, Hazel e Bianca morire. E Percy, solo gli dei sanno quante volte abbia visto il suo volto, la sua morte, magari dolorosa. Se facesse qualche sciocchezza, potrebbe…dei, perché tutti si mettono in guai tanto seri? Cosa ho fatto di male, Zeus, eh?

Si sente un rombo di tuono in lontananza:-Scusa, nonno, ma non parlo il tuonese. Dovresti essere più chiaro.

Si sente un altro tuono, così sbuffo:-No, nemmeno il fulminese. Lasciamo perdere.

 :-Già, è vero, Zeus è tuo nonno-constata Josh, pensieroso. –Faccio ancora un po’ di fatica a familiarizzare con queste cose. Perché tu sei figlia di Ermes, ed Ermes è figlio di Zeus, vero?

Annuisco, così mi chiede:-Che effetto fa essere la nipote del re degli dei?

:-Nessuno-dico. –Mio padre è troppo occupato per tutti noi, ma almeno ci vuole bene. E a Zeus non si interessa molto di noi, perché ha troppi doveri. È difficilissimo per Talia e Jason, figuriamoci per noi. È ovvio che non siamo nemmeno sulla lista dei tuoi pensieri.

:-Però ti ha risposto-dice, alludendo ai tuoni.

:-Solo perché se portiamo a termine questa missione gli pariamo le chiappe divine-rispondo, semplicemente.

:-Scusa, ma chi è Jason?-mi chiede poi, curioso.

:-Il fratello di Talia, in tutti i sensi. Jason è il fratello minore di Talia, condividono gli stessi genitori, sia la madre mortale che il padre immortale, più o meno. Certo, Jason è figlio di Giove, ma non c’è tutta questa differenza.

:-Ah-dice lui. –Non ci ho capito niente.

:-Nemmeno io-ammetto, a denti stretti. –La nostra grande famiglia è molto complicata.

Josh fa per ribattere, quando va quasi a sbattere contro Searel, che si è fermata.

Alzo lo sguardo, e capisco perché ci siamo fermati. Siamo davanti ad un enorme porta color oro e con quelle che sembrano gemme rosse. Ma non sono gemme: sono cuori. Cuori sicuramente umani.

Note dell'autore: Salve, salve. Scusate il ritardo, gente, ma ho avuto due concerti in questi due giorni, quindi ero anche un po' stanca e mi sono presa un giorno di ferie. Ho scritto tutto stamattina. Cmq, per vostra informazione, sono andati molto bene, soprattutto la canzone che ho scritto io.
Approfitto del momento per dirvi che il quiz dell'altro capitolo è ancora valido, perché nessuno, mannaggia, ha recensito o inviato una risposta. Vi lascio di nuovo il link, dovete dirmi chi sono. Se ci riuscite, disegno premio a vostra scelta. :)

https://twitter.com/irispaper29/status/482161579312832512/photo/1

Cmq...avete visto la mia fantasia malata? Cuori umani. Bleah, che schifo. Cosa farà Alex?
Lo saprete presto. Un bacio. :)

 

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Capitolo 77
*** La funzione della figlia di Atena ***


 

Sento la mano veloce di Josh salire sul mio viso, fino a coprirmi gli occhi, per proteggermi.
:-Alex, non guardare-mi urla la sua voce, ma è troppo tardi, ho già visto tutto. È troppo tardi.
Mi esce un gridolino stridulo e strozzato dalle labbra, alla vista di quella mostruosità, i miei occhi sono quasi fuori dalle orbite per il disgusto. La porta dorata potrebbe anche essere considerata elegante, fine, e semplice, per gli ghirigori dorati che si intrecciano fra loro. Ma in mezzo a quei ghirigori sono stati incastonati degl’oggetti simili a rubini, tanto sono rossi e splendenti, ma solo una cosa li tradisce: battono. Pulsano come se fossero ancora vivi, in un corpo vero, e non appesi ad una porta. E li riconosco solo grazie al mio istinto di sopravvivenza e a quel poco di anatomia che ho fatto nella mia vita: sono cuori, cuori umani che ancora battono, nonostante siano privi di corpo. Ed è disgustoso.
Sento un’improvvisa fitta allo stomaco, come se fossi stata presa a pugni proprio sulla pancia, e sento il sapore acido che sale nella mia gola, ma cerco di trattenerlo. Alex, non vomitare, non puoi permettertelo. Hai mangiato da poco e devi tenerti il cibo nello stomaco per avere energia.
Ma dopo pochi secondi, non riesco più a trattenere i conati di vomito, e mi chino, rigettando tutto il buon pasto preparato da Estia. Sento delle mani che mi allontanano i capelli dal viso, e ormai le riconosco: sono quelle di Josh.
Quando ho finito di rigettare anche l’anima, mi alzo, tossendo, e Josh mi porge la bottiglietta dell’acqua. Prendo un primo sorso senza attaccarmi, per togliermi il sapore acido dalla bocca, e poi lo sputo, per trangugiare un paio di sorsi veri, con talmente tanta fretta che quasi mi strozzo.
:-Ehi, ehi, vacci piano-mi dice lui, togliendomi la bottiglia di mano. –Va meglio?
Annuisco:-Tu come stai?
:-Ho visto abbastanza film horror-risponde lui, anche se ha uno strano colorito e l’espressione schifata, non sta avendo reazioni più forti. Alzo lo sguardo. Non sono l’unica che ha rigurgitato il pranzo. Anche Annabeth e Percy hanno avuto la mia stessa reazione. Searel ha la faccia un po’ verdognola, e continua a mormorare come una cantilena “atrii, ventricoli, coronarie, arterie, vene, capillari” e cose simili, probabilmente cerca di registrare l’immagine orripilante come quella di un libro di medicina, o forse immagino che con il suo spirito di medico sia abituata a sopportare la vista di organi vitali pulsanti. Guardo poi Nico, e anche lui, anche se non ha avuto una reazione forte come la mia, ha la faccia disgustata e nauseata, ma credo che con tutti i morti che ha visto, questo debba essere solo un bonus, un extra, o qualcosa del genere. Poi i miei occhi cadono su Ben, e non riesco a trattenere un’espressione schifata: la sua faccia è perfettamente normale, come se stesse guardando una parete vuota, o peggio. Io non so cosa provi, ma è un bravo attore, se riesce a mascherare l’orrore. Almeno spero che stia fingendo di non provare nulla.
:-Annabeth, tutto bene?-le chiedo, ora che ha smesso di vomitare.
Lei annuisce:-Si, ho solo…ho solo bisogno di un momento. Chiedi a Josh di controllare la porta, io non…non riesco a vedere altro che l’oro e…e quelli.
Annuisco, e Josh si avvicina subito alla porta, senza toccarla, disgustato come me. Nessuno vorrebbe toccare quegl’organi pulsanti.
Dopo una decina di minuti, riusciamo a decifrare il messaggio, io scrivo e Josh mi indica le lettere.
“ω εμπορος ανισταντες, υμεις δεονται του αιμος θανασιμοντος ως διαβαινωσι. Tὸ αιμα δίδοτε και διαβήσετε”scrivo, veloce. È di nuovo lo stesso messaggio dell’altra volta. Spero che funzioni anche come l’altra volta.
Tutti ci fissano, lo vedo. Sono ansiosi, ma hanno paura. Come me del resto. Possibile che…possibile che sia così facile?
Josh riprende il suo stiletto e se lo conficca nel pollice, riaprendo la vecchia ferita, e sparge il sangue sulla porta. Non succede nulla.
:-Cosa?-chiede Annabeth. –Sei sicura che la traduzione sia giusta, Alex?
:-Si, ne sono sicura-rispondo, giù di corda.
:-Allora, allora…-dice Annabeth. –Forse vuole più…
:-No!-ho capito cosa vuole dire, forse ci vuole più sangue, ma io non lo permetterò. –Josh, non ti azzardare, capito? Troveremo un altro modo e…
Ma non mi lascia parlare, che subito mi chiama:-Alex? Vieni qui, per favore, c’è altro da scrivere.
:-Altro da scrivere?-chiedo, confusa, ma felice.
:-Si-risponde lui, pensieroso. –Prima non c’era, ma adesso c’è.
Annuisco, e riprende a dettarmi le lettere, ed esce fuori una frase “τὸ αινιγμα λυετε ἥ τῃ καρδι τευξεσθε”.
:-Un enigma-sussurro. –Vieni Annabeth, questo è pane per i tuoi denti. Solo…solo non fare come con la Sfinge, non importa quanto fastidio ti dia. O…o credo che ci aggiungeremo alla collezione.
O almeno è questo che ho capito. “Kardi” è un dativo, e significa cuore. Teuxeste raggiungere, quindi…ora so cosa significa quello schifo.
:-Prometto di non fare i capricci-dice lei, serissima.
Si sente un rumore metallico, e ci giriamo. C’è una gabbia, piuttosto grande, di bronzo celeste. E dentro c’è un mostro che fa impallidire la mia amica e Percy.
:-Salve, mezzosangue-dice una Sfinge, dall’aria piuttosto pazza, sembra una bibliotecaria, i capelli marroni del viso di donna sono acconciati in una cipolla e tenuti insieme dalle matite, e ha due occhiali sul naso, e sarebbe anche un viso accettabile se non fosse per il fatto che è attaccato al corpo di una leonessa.
La Sfinge guarda Percy e Annabeth:-Oh, mi ricordo di voi! Mi avete uccisa, e avete distrutto la mia fantastica macchina per calcolare i risultati! Senza di essa, non riuscirò ad essere un mostro esemplare!
:-Scusa, ma tu ci volevi mangiare-disse Percy, alzando le spalle.
:-Ma avrò la mia vendetta!-esclama il mostro, furioso. –Tu, ragazza, leggi gli enigmi. E se fallirete, la gabbia si aprirà, e potrò vendicarmi!
 Annuisco di nuovo, terrorizzata, e le dico gli enigmi:-Sono parecchi, cominciamo con quelli facili.
Lei risponde subito, è perfettamente in grado di dirmi dieci capitali europee e tre province russe. Poi ci sono altri due quiz di matematica parecchio complicati, io non sarei riuscita a risolverli mai, seguiti da tre enigmi abbastanza famosi, quello della Sfinge, del coccodrillo e quello dello strumento musicale che non può essere ne visto, ne toccato, ma solo sentito. Ovviamente la risposta per il primo è l’uomo, perché cammina su quattro zampe quando gattona, due quando cammina e tre con il bastone da vecchio. Il secondo era un po’ più difficile, ma con tutti quelli che Annabeth ha risolto, non penso fosse un problema. Il vero vincitore non c’era, nessuno poteva vincere, perché se la donna avesse detto al coccodrillo che avrebbe mangiato il figlio avrebbe detto la verità, e le avrebbe reso il bambino, ma facendo questo avrebbe sbagliato. Il terzo era la voce, l’unico strumento musicale che può essere sentito ma non visto o toccato. Ad ogni risposta esatta, la Sfinge ringhia, furiosa.
Pensiamo di aver finito, così le chiedo:-Beh, perché non si apre?
:-Porta pazienza, ragazzina, non è ancora finito!-dice lei, molto, molto arrabbiata.
Josh mi indica le lettere sul foglio, e così riusciamo a decifrare l’indovinello. Non l’ho mai sentito prima d’ora, non è famoso.
:-Ok, questo dovrebbe essere…dovrebbe essere questo: Il cadavere di una sacerdotessa era stato lasciato in piazza, Zeus inviò Ermes, dio dei ladri, per capire chi avesse commesso il delitto, dato che lui sapeva riconoscere le bugie. Alle prime domande un pastore rispose di aver visto tre guerrieri, uno con una maglia dorata, uno con una maglia argentata e uno con la maglia di ferro, sul luogo del delitto, quindi uno dei due era l’assassino. Quello con la maglia dorata disse di non essere stato lui, mentre quello con la maglia argentata accusò quello con la maglia di ferro, dicendo di averlo visto usare il suo coltello, e quello con la maglia di ferro disse di aver visto quello con la maglia argentata di  averlo visto fuggire. Chi è il colpevole, se l’assassino è uno?
Lei ci riflette un secondo, la fronte aggrottata per la concentrazione, e dopo poco prova a rispondere, ma la fermo.
:-Questa è l’ultima possibilità-le ricordo. –Sei sicura della tua risposta?
Lei annuisce e risponde:-Ho fatto delle supposizioni. Se è uno solo a mentire, considerando che tutti si accusano a vicenda tranne il primo, è stato quello con la maglia nera, ipotizzando che il primo ha detto la verità e anche il secondo, perché il primo si è solo difeso, e il secondo ha accusato il terzo, che a sua volta ha accusato quello con la maglia di ferro.
Si sente un cigolio, e tutti ci giriamo verso la porta, sperando che si sia aperta, e, infatti, la troviamo aperta. Annabeth lancia un sospiro.
La Sfinge lancia un urlo rabbioso:-Ah, idioti! Speravo che avreste fallito, così avrei potuto divorarvi. Ma un patto è un patto.
Poi la gabbia con la Sfinge scompare sotto i nostri occhi.
:-Sei stata fantastica, Annabeth-le dico, sorridendo. –Ecco perché la profezia ti ha voluta con noi! Senza di te, saremmo tutti morti.
Lei sorride e dice:-Faremo meglio a sbrigarci. E comunque, erano semplici, credo che li avreste superati senza difficoltà.
Se fosse vero…vorrei dirglielo, ma tengo la bocca chiusa.  Lei si avvicina alla porta e fa per attraversarla, ma Nico la ferma.
:-Non sappiamo cosa ci aspetta dopo quella porta-spiega saggiamente, cosa piuttosto strana per un figlio di Ade. –Ma potremo non avere più occasioni, sicuramente incapperemo nei più grandi pericoli, e almeno uno di noi, secondo la Profezia della Viandante, morirà. Alcuni di noi hanno ferite gravi, anche a causa di Ortro-dice, accarezzando il muso del mostro. –Tranquillo amico, sappiamo tutti che sei dispiaciuto. Annabeth e Alex hanno morsi profondi, potrebbero non essere in grado di difendersi.
Annabeth annuisce:-Nico ha detto una cosa saggia. Alex, dimmi ti prego, sto forse sognando?
Scuoto la testa, ridendo:-No, direi di no, o sarebbe un’allucinazione collettiva.
Lei sorride, e si rivolge a Searel:-Searel, hai qualcosa per i morsi di mostro?
Lei prende subito il suo kit di pronto soccorso semidivino e si avvicina subito a lei, le disinfetta la ferita che ha sulla gamba, quella che le ha procurato il nuovo cucciolo di Nico quando l’ha scossa per la gamba come un cane rabbioso, poi ci versa sopra una goccia di nettare  e le fascia una ferita. Lei lancia un sospiro di sollievo, poi si avvicina a me, e fa lo stesso.
:-Sai, a te è andata peggio-dice lei, sovrappensiero, mentre versa una goccia di nettare sul morso, e sospiro, sentendo la ferita sfrigolare piacevolmente. –Ti avrebbe staccato tutto il braccio, ci è mancato poco.
Alzo le spalle:-Deve avermi preso per un giocattolo masticabile.
:-Probabilmente-concorda con me, mentre mi avvolge il braccio nelle bende. –Prova a muoverlo.
Lo faccio, e sospiro di nuovo:-Grazie, Searel. Ora riuscirò a combattere.
Lei annuisce:-Ora quello che ti serve è solo un buon pasto. Ci concederemo mezzora, prima di ripartire. Approfittane per mangiare qualcosa e per riposare.
:-Grazie,  Searel-le dico nuovamente. Merita tutti i miei ringraziamenti. –Sei un’ottima amica.
:-No, grazie a te-risponde lei, sorridendo. –Ed  è stato un piacere.
Poi si allontana, perché so cosa intendeva. Secondo la profezia, uno di noi morirà, attraversata quella porta. Potrei benissimo essere io, anzi, sicuramente sono io. Sono destinata a morire. Voglio passare questi ultimi momenti con Josh e i miei amici.
Ci sediamo tutti in cerchio, e ci spartiamo un po’ del cibo rimasto, decidendo di abbondare. Sicuramente, che sopravviviamo o no, non ci servirà a molto dopo, quindi ne mangiamo abbastanza senza rischiare di finire le scorte. Finiamo tutto il polpettone, le uova sode e l’insalata mista, e come dessert ci concediamo tre biscotti al cioccolato a testa, tutto innaffiato dall’aroma dolce del the.
Ma non è un pasto qualunque, questo è speciale. È caratterizzato dai nostri sguardi, ci guardiamo tutti negl’occhi, ogni tanto sento Percy che mi da delle pacche incoraggianti sulla spalla, o Annabeth che mi sposta i capelli dal viso, o Josh che mi stringe la mano, o Nico che promette con lo sguardo che nel caso della mia morte mi procurerà l’Elisio.
Faccio un cenno con il capo ad Annabeth, ho bisogno di parlare con la mia migliore amica. Lei capisce e si alza, giustificandosi con il ciclo. Una mossa imbarazzante ma efficace, perché nessuno fa più domande.
:-Sei pronta?-mi chiede lei. –Ad attraversare quella porta?
:-No-rispondo, sincera. –Hai…hai mai avuto paura?
Lei annuisce:-Ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo. È normale, e fa parte della vita di ogni semidio. Ma tu sei coraggiosa, Alex. E il vero coraggio non è di chi non ha paura, ma di chi l’affronta.
Le sorrido, per poi dirle:-Sai, vero, che probabilmente sarò io a morire?
Lei scuote la testa:-Alex, la probabilità che tu muoia è del 50%, ma lo è per tutti noi, insomma, potrei benissimo essere io, come potrebbe esserlo Searel o…
:-O Josh-l’anticipo io. –Annabeth, tu mi vuoi bene, vero?
Lei annuisce:-Certo che ti voglio bene, sei la mia migliore amica. Sei mia sorella. Certo che ti voglio bene.

:-Allora, fai in modo che sia io a morire, non lui-le rispondo, sicura. –Proteggi Josh e Nico, va bene? E se devi scegliere tra la vita di Josh e la mia…scegli la sua. La mia vita non è così importante.

:-Alex, non è assolutamente…-prova a dire lei, ma la interrompo.

:-Prometti-le ordino. –Ti prego.

Le trema la voce, ma alla fine dice:-Prometto che proteggerò Josh e Nico.

:-Grazie Annabeth-la ringrazio sinceramente, abbracciandola. –Sei la persona a cui voglio più bene in assoluto.

:-Solo, però, cerca di stare attenta-dice lei. –Promettimi che non cercherai di essere tu a morire. Potrai tentare di proteggere gli altri, ma non desidererai la tua morte. Ci stai?

Sospiro:-Va bene, Annabeth. Lo prometto. Vuoi che faccia un giuramento sullo Stige?

Lei scuote la testa:-No, mi fido della tua parola.

Le sorrido, e torniamo al nostro posto, ormai è passata mezzora. Mentre tutti si alzano, prendo Josh per il polso, e lui mi guarda con fare interrogativo.

:-Non so cosa ci sia, attraversata quella porta-gli dico, sicura come mai, e dico mai,  sono stata prima d’ora. –Ma voglio dirtelo prima che succeda qualcosa che mi impedisca di farlo. Tu sei la cosa più preziosa che ho, una delle persone più importanti della mia vita. Ti sembrerà sciocco, o banale Josh, ma mi fido di te quanto mi fiderei di Annabeth e Percy, se non di più, e sono felice. Tu mi fai sorridere ogni volta che sono avvolta dal buio. Non so se quello che sento è amore, ma credo che sia la parola giusta.Io…io ti amo, Josh.

Lui sorride:-Io provo la stessa cosa.

Solo gli dei sanno quanto io ami i suoi sorrisi che mi fanno sciogliere come un ghiacciolo al sole.

Sento le sue mani sul mio viso, e le sue labbra toccare le mie, e vengo subito invasa dal suo sapore alla vaniglia, mentre incrocio le mie mani dietro la sua nuca, sul collo, come per impedirgli di andarsene. Normalmente, Annabeth e Percy mi avrebbero presa in giro, ma credo che stiano facendo la stessa cosa. Non me ne preoccupo. Perché sicuramente ai miei amici questo sembra un bacio d’addio.

Nota dell'autore: Salve, ecco qui il sudato capitolo, un finale dolce e...incute paura, direi. Cosa succederà? Lo saprete presto, direi. Scusate, sono affetta da Sindrome all'Hermione Grenger, direi.
Allora, complimenti a katniss590 che ha individuato tutti quanti i personaggi del mio disegno, quindi ti ho lasciato il disegno premio su questo link, direi. :)

Nel caso non si aprisse lascio anche questo: 
https://twitter.com/irispaper29/status/483299916098596864/photo/1
Come potete vedere, questo è Nico, come richiesto da katniss590, ambientato nel capitolo 75-76, quando piange durante il periodo dei ricordi, direi. 
E ringrazio daria13g e grety01 per le loro recensioni, un bacio (direi).
Ora devo andare, direi. Scusate (direi). Al prossimo capitolo direi. ;)

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Capitolo 78
*** La grotta ***


***Josh***

Non riesco a non pensarci. Avevo ragione, purtroppo. Nico si è messo in un brutto guaio. Se non riuscirà a dimenticare Percy, non ne uscirà mai. Non riuscirà mai a trovare qualcosa di vero, solo per lui. Una vita sua. E vivrà di rimpianti.

Mentre ci penso, arriviamo davanti alla porta del confine. È enorme, tutta d’oro. E orribile. Se non avessi io stesso recitato in un film horror, avrei già rigettato tutto da un bel pezzo. Cerco di coprire gli occhi di Alex, lei non deve vedere una cosa del genere. È molto sensibile a queste cose.

Però non riesco ad evitarlo, ormai ha visto tutto. Odio vederla star male. Cerco di starle vicino, e le tengo i capelli mentre vomita.

Quando stiamo tutti un po’ meglio, cerchiamo subito di decifrare le incisioni sulla porta. Io non conosco il greco, quindi devo indicare le lettere che vedo su un foglio con l’alfabeto greco. Alla fine, scopriamo che è il messaggio dell’altra volta. Così prendo lo stiletto e lo premo contro il pollice, per poi spargere il mio sangue sulla porta. Non si apre. Subito riprendo lo stiletto, pronto ad usarlo e lo punto sulle mie vene. Alex mi guarda, terrorizzata. Sta per strapparmi l’arma di mano, quando compare un altro messaggio. E, una volta decifrato, compare una gabbia, contente un mostro piuttosto…insolito. Ha il viso di una donna con gli occhiali, i capelli raccolti con delle matite, e il viso potrebbe essere grazioso, se non fosse per il fatto che fa parte di un corpo di leonessa. È una Sfinge.
Alex dice che ci sono degli enigmi da risolvere, quindi lasciamo tutto ad Annabeth, è lei quella più portata. Ecco qual’era la sua funzione nella Profezia della Viandante.

Lancio un sospiro di sollievo, quando la porta si apre e la gabbia svanisce. Forse perché non siamo stati uccisi. Forse perché non vedrò mai il mio cuore o quello di Alex su quella parete.

Facciamo per attraversarla, ma Nico ci ferma. Ed ha ragione: non sappiamo cosa ci aspetta, siamo feriti e stanchi. Dobbiamo riposarci un po’, ora che possiamo. O crolleremo.

Ci sediamo in cerchio, come durante ai falò del Campo Mezzosangue, e ci spartiamo il cibo. Intanto tutti si guardano a vicenda, le parole sono poche, ma gli sguardi pieni di sentimenti. Ogni tanto, cerchiamo di farci coraggio a vicenda. Percy sposta i capelli di Annabeth e che da delle pacche sulla spalla ad Alex e Nico. Nello sguardo del figlio di Ade si legge la promessa dell’Elisio in caso di morte. Annabeth sistema i capelli di Alex dietro le orecchie, o scompiglia quelli di Percy, facendogli dei buffetti sulle guancie. Nico, però, non li guarda, cerca di guardare per terra. Mentre mangia Alex, è appoggiata su di me, e tiene la mano a Nico con quella libera. Cerca di fargli forza.

Sono contento di quest’attimo di pausa, prima della fine. Ed è piacevole avere la testa di Alex appoggiata sulla mia spalla. Mi fa sentire…felice. È questa la parola giusta.

Poi lei si alza  e va a parlare con Annabeth. Non so di cosa stiano parlando, ma credo di saperlo. Alex è piuttosto prevedibile, il suo schema logico è facilmente individuabile. Starà progettando di sacrificarsi o cose simili. Ma se pensa che glielo permetterò, si sbaglia di grosso.

***Alex***

Attraversiamo la porta con passi lenti, il loro eco risuona come quello di una marcia funebre. Il silenzio è riempito solo dal rumore dei nostri movimenti felpati. All’inizio è un corridoio largo, troppo largo, e questo permette un’eco molto forte ed inquietante. Poi, dopo molti minuti di cammino, forse anche un’ora, il tunnel si stringe. È talmente stretto che dovremo sicuramente attraversarlo da soli.

:-Il tunnel è troppo stretto per passarci tutti insieme-stabilisce infatti Annabeth. –Chi va avanti per primo?

Io non vorrei. È un luogo oscuro, e non ne so nulla, è un posto a me sconosciuto. Non so cosa mi aspetta. Ma sono io il capo della spedizione. Guidarli è il mio compito.

:-Vado io-dichiaro. Poi faccio un respiro profondo e mi infilo nel piccolo spazio. È così limitato e angusto che sono costretta a girarmi, così, più che camminare, striscio con in senso orizzontale, come se fossi su un burrone.

 Ed è buio, molto buio.  Non vedo nulla, nemmeno con la mia vista da semidio.  Non so per quanto camminiamo, ma è un posto angusto e chiuso. Io odio gli spazi chiusi, senza via d’uscita, mi fanno sentire in trappola. Se qualcuno mi chiudesse in una camera a chiave e io non ne avessi una copia, darei di matto. Io sento sempre il bisogno di poter uscire dai luoghi in cui entro.

Alla fine, per fortuna, ne usciamo, ed è un bene: non posso permettermi di buttar via un altro buon pasto.

Siamo in una grotta più ampia, ma è ancora buio. Provo ad accendere la torcia, ma non ci riesco, non si accende C’è odore di chiuso, come in una vecchia casa abbandonata, e di legno bruciato. Mi avvolgo nella mia giacca, grata per il suo calore, il gelo invade la sala. Non riesco a vedere nulla, così mi appoggio ad una parete della grotta con la mano, per non cadere. È gelida, e viscida al tatto. Ma ormai la riconosco. È la stessa caverna, quella che sogno ogni notte.

:-Ecco, ci siamo-annuncio ai miei amici. Siamo arrivati.

:-Se siamo davvero nella grotta giusta, dov’è Mnemosine?-chiede Annabeth, confusa almeno quanto me.

:-Io…io non lo so-dico, confusa. –Lei…lei dovrebbe essere qui, credo. Io…io non capisco.

:-Non temete, miei eroi-dice una voce femminile, che mi sembra stranamente familiare. –Il vostro non è stato un viaggio a vuoto.

Ci giriamo verso la voce, ma non si vede nulla. Poi, all’improvviso, delle torce sul soffitto si accendono, illuminando la grotta. Una donna di venticinque anni, è seduta su quello che sembra un trono di bronzo, i cui riflessi sembrano dare illusione di movimento. I suoi capelli scuri le ricadono lisci sulle spalle, contornati da un cerchietto di puro bronzo. Indossa un chitone greco bianco, e ha un bracciale di bronzo al polso. Mi guarda con i suoi occhi profondi occhi castani e mi sorride.

Mi tremano le braccia e le ginocchia, la mia Epibolé sotto forma di matita per gli occhi mi cade dalle mani. Deglutisco rumorosamente. Non può essere. Non dovrebbe essere possibile. È impossibile, eppure…lei è li. Davanti a me. E mi sta guardando. Mi sta sorridendo.

:-Mamma?

Nota dell'autore: lo so, lo so, mi volete sfilettare con la vostra spada di bronzo celeste. Mi dispiace per questo ritardo, ma ero a corto di ispirazione! Mai successo in vita mia prima d'ora. Poi, cercate di capirmi...fare la babysitter e la dogsitter non è una passeggiata!!!
Comunque, so che questo è un po' corto, ma mi piace il finale, quindi... a me il potere! Perché io può tutto!!!!!!!!!!!!!!!
Ringrazio Grety01 e daria13g per le sue splendide recensioni.
Ora vado, che è tardi. Un bacio a tutti e buona lettura. 

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Capitolo 79
*** Mnemosine ***


:-Mamma?-la chiamo, scioccata. Ho le lacrime agl’occhi. Eppure non ha senso, lei dovrebbe essere morta. –Cosa ci fai qui?

Lei non batte ciglio, come se non fosse stata stupita minimamente dalla mia reazione, e dice:-Tesoro! Sono così contenta di vederti.

:-Alex…-dice Josh, nervoso. –Quella è tua madre? Ma non era…

:-Si, lo era-rispondo io, perché è vero, lei dovrebbe essere morta.

:-Quella sarebbe tua madre, Alex?-chiede scioccato Percy, sembra quasi più stupito di me. –Cavolo, è…è molto…

:-È molto giovane-conclude Annabeth al suo posto.

:-Come è possibile?-chiede Percy, che ha ancora gli occhi fuori dalle orbite per lo stupore. –A parte il fatto che è morta, avrà si e no venticinque anni...quindi deve averti avuto a…ad diciotto anni. È prestissimo.

:-Ed è così, infatti-mormoro, con la voce flebile. –E dovrebbe essere morta.

Lei sorride ancora di più, e apre le braccia come per un abbraccio. Ma lei non è mia madre. Lei non…non è così. Non è lei. Se lo fosse stata, mi sarebbe venuta incontro.

:-Tu non sei mia madre-dico, tentennante. –Lei è morta.

:-Cosa dici, tesoro mio?-chiede lei, confusa. –Certo che lo sono.

:-No, non è vero-ribatto io. –L’ho vista, nell’Elisio. Lei non è tra i vivi. Tu non sei mia madre.

:-Vieni qui da me, amore-dice lei, aprendo ancora di più le braccia. Ma non ho alcuna intenzione di muovere nemmeno un singolo passo.

Si sentono dei passi riecheggiare nella sala, ma non sono i miei. Mi volto, e quello che vedo mi fa orrore. È Nico, che cammina verso di lei, come uno zombie.  Il suo sguardo è annebbiato.

:-No, Nico!-lo fermo, cercando di placcarlo, ma è tutto inutile, nemmeno prova a scansarmi. È come se non fosse più lui. Anche Annabeth e Percy provano a fermarlo, ma è come se ci fosse un campo di forza che lo protegge da noi.

E, una volta arrivato al suo cospetto, la guarda con uno sguardo vuoto, ma con  un sorriso sognante, realizzato, ma falso.

:-Bravo Nico-dice la donna che ha lo stesso aspetto di mia madre. –Non sarebbe molto meglio però se i miei  bambini facessero tutti il loro dovere e venissero ad abbracciarmi, tesoro? Perché non vai a prendere Alexandra?

Nico subito si gira, e mi guarda, con lo sguardo ancora annebbiato, fa paura. Io indietreggio, lanciando un’occhiata ad Annabeth. Non ho la minima idea di cosa fare. Poi i miei occhi cadono di nuovo sulla donna che siede sul trono, quella con le sembianze di mia madre. Se è mia madre, che cosa centra con Nico? A meno che…

:-Nico, ascoltami-gli dico, mentre lui continua a barcollare verso di me. –Ti prego, non so chi tu vedi. Ma lei non è tua madre. Lei…lei è morta, come la mia! Ricordi? Maria di Angelo è morta a causa degli dei, è morta per un fulmine di Zeus. Maria di Angelo è negl’Inferi, non qui!

Ormai è a due metri da me, ma non posso estrarre la mia spada. Dico con lo sguardo ad Annabeth e agl’altri di non sfoderare le loro armi. Non possiamo fargli del male, è parte della nostra squadra.

Mi afferra per il polso e comincia a trascinarmi verso la donna. Per essere tanto minuto, è piuttosto forte. Mi faccio forza e gli urlo con tutta la cattiveria possibile che sua madre non è li.

:-Nico, quella non è tua madre! Lei è morta!-gli dico, scuotendolo per le spalle. Lui si gira, e mi guarda, confuso. Sento il polso libero dalla sua presa.

:-Dei, Alex…ti giuro, mi dispiace…io… -dice, guardando il mio polso, mortificato, e trema, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.

:-Non è un problema-dico io, rassicurandolo. –Fammi passare, però.
Lui annuisce e si toglie dalla mia strada, e mi metto davanti a quella donna che sembrava essere mia madre ma che è invece più malvagia di quanto pensassi.

Ed è lì che lo noto. Credevo che il senso di movimento fosse dato dalla luce delle torce, ma mi sbagliavo. Sul trono sono incise delle figure che si muovono davvero, e cambiano continuamente. Alcune scene sono piuttosto conosciute, come Ercole e l’Idra di Lerna, altre no. Vedo sul trono Annabeth e Percy che si baciano nel lago del Campo. Un ragazzino che gioca a carte con una ragazza accanto che legge. Sono sicura che sono Nico e Bianca. E poi c’è una scena che mi gela il sangue: il mio primo incontro con Josh, al bar. È uno dei più bei ricordi della mia vita, ma il fatto che siano su un trono mi terrorizza. Ricordi…ma certo!

:-Alex, lei è…-prova ad avvertirmi Annabeth, ma ormai ci sono arrivata anch’io.
:-Sei tu Mnemosine-dico, sicura, guardandola negl’occhi.

:-Sei più intelligente di quanto pensassi-ammette la dea, sorridendo, ma è un sorriso talmente indifferente e falso da farmi contorcere lo stomaco. –Ed è esatto, mia cara. Sei molto sveglia.

:-Mostraci la tua vera forma-cerco, a questo punto, di essere il meno irrispettosa possibile. Se voglio che ci aiuti, devo trattenere gli insulti.

Lei annuisce, e subito le sue sembianze cominciano a mutare, come cera sciolta. E quella che ci si presenta davanti è totalmente diversa. I suoi lineamenti, prima dolci, diventano più affilati. Gli occhi, grandi e color cioccolato, vengono sostituiti da un paio di occhi più piccoli e sottili, d’oro zecchino. I suoi capelli diventano rossi come il fuoco, tirati su in una crocchia, e adornati dal un cerchietto di fili di bronzo. L’abito rimane lo stesso, ma ha una nuova collana.

:-Perdonate la mia ilarità, ma non ho saputo resistere-disse Mnemosine. Persino la sua voce è cambiata, anche se mi è molto familiare. È così fredda…

:-Ilarità?-domanda Annabeth, arrabbiata. –Tu la chiami ilarità? Era orribile! Fingere di essere qualcuno solo per far soffrire delle persone…

:-Lo so-disse la dea, sorridendo, ma il suo sorriso era vuoto. –Vi chiedo perdono. Purtroppo, non sempre riesco a gestire il mio corpo. È impostato per riprodurre i ricordi e le persone care. Non ha saputo controllarsi. Un po’ come te, mia cara Alexandra. E credo che Benjamin senta ancora il dolore dei graffi e del braccio rotto.

Arrossisco:- Non volevo certo fargli male. È stata una reazione di protezione istintiva.

:-Esatto-dice lei. –E anche il mutamento del mio corpo è totalmente istintivo. Ma lasciamo stare. Io so perché voi siete qui.

:-Davvero?-chiede come conferma Percy. È evidente che non va a genio a nessuno, qui.

:-Certamente-disse lei, appoggiando le spalle al trono di bronzo. –Siete stati inviati in missione dal Campo Mezzosangue, per la Profezia della Viandante. E avete incontrato Estia, per una certa dea scomparsa. Ma tu, Alexandra, sei qui più che altro per un motivo personale. Il ragazzo che servì Crono, l’eroe, ha perso la memoria di se stesso, non è vero? E tu vorresti che io lo guarissi.

Annuisco, e le chiedo:-Come fai a sapere tutto questo?

Stavolta è Annabeth a rispondermi:-I ricordi, Alex. Sta leggendo i nostri ricordi, uno per uno.

:-Beh, è il mio lavoro-dice Mnemosine, compiaciuta.

:-Divina Mnemosine-chiede Annabeth, confusa, ma sono sicura che il suo cervello sta cercando di mettere insieme tutti i pezzi del pluzzle. –Perché ti sei chiusa qui, in uno dei posti più pericolosi e lontani dal mondo?

:-Oh, sono così contenta che tu me l’abbia chiesto, mia cara Annabeth-risponde lei. -Come ben saprai, io non sono proprio una dea. Essendo una personificazione molto forte, sono molto più simile ad una titana. Non mi hanno mai accettata sull’Olimpo. Perfino le mie figlie non mi accettano in pieno. E il fatto che io sia rimasta neutra durante la battaglia contro Crono non ha migliorato la situazione.

:-Puoi aiutarci?-le chiedo. –Si tratta di una questione di vita o di morte.

:-Potrei, si-conferma la dea. –Potrei benissimo far tornare la memoria a tuo fratello con un semplice schiocco delle mie dita. Potrei spiegarvi la Profezia. E si, so chi è la dea rapita, e dove si trova. Ma, ahimé, non posso dirvelo. Manderebbe a monte tutto il mio piano, studiato per più di sei secoli.

:-Il tuo…il tuo piano?-chiede Annabeth, ma capisco dal suo sguardo che il suo cervello ha concluso il pluzzle. Non possiamo fidarci di Mnemosine. Anche io concludo il mio pluzzle. Finalmente ho capito a chi apparteneva la voce, perché mi era così familiare.

:-Tu!-esclamo. –Sei tu che hai perseguitato i miei sogni. La voce…era la tua. Tu hai rapito la dea. Tu hai creato tutto questo.

:-Si, mia cara-annuisce Mnemosine, ma usa l’aggettivo cara con un tono di disprezzo. –Ed è ora che cominci lo spettacolo. Servo, tu sai cosa fare!

Non capisco a chi l’abbia ordinato, non c’è nessuno oltre a noi qui, nella sala. Quando, però, una voce maschile irrompe. La stessa dei miei sogni.

:-Si, mia signora-e sento il metallo freddo di una spada di bronzo celeste sul mio collo. Oh no! Non può essere.

:-Ben?-chiedo, confusa. Perché è sua la voce. Ben ci ha traditi.

Nota dell'autore: Ecco qua! Visto che gran colpo di scena? A quanto pare, è Mnemosine ad aver creato tutto questo pasticcio! E Ben? Quel maledetto!!! Ma perché tutto questo? Cosa succederà?
Lo saprete presto. Intanto ringrazio Asia_Mofos per la sua recensione e vi invito a seguire il suo esempio. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. :)

 

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Capitolo 80
*** Gemelli diversi ***


:-Ben?-ripeto, mentre preme il metallo della spada sul mio collo. –Come…io non…

:-Non parlargli, Alex-dice Annabeth. –Non è altri che uno sporco traditore senza spina dorsale.

:-Io…io non…io non capisco-ripeto, confusa.

:-Zitta e muoviti-dice, spingendomi con la mano in avanti.

:-Portali nella cella-ordina Mnemosine, la voce più fredda del ghiaccio. –E chiudila a chiave, stavolta.

:-Si mia signora-risponde Ben, prendendomi per il braccio e strattonandomi senza togliere l’arma da sotto il mio collo, pronto a sgozzarmi. –Seguitemi e senza fare scherzi, o la uccido.

:-Non…non badate a me-dico, cercando di ribellarmi. –Combattete e fuggite. Lasciatemi qui!

Percy sfodera vortice, mentre Annabeth prende il suo coltello e Nico la sua spada di ferro dello Stige.

:-Lasciala andare, verme-gli intima Percy con tono minaccioso. –O ti sfiletto come un pesce.

Ben ghigna, per nulla intimorito. Cerco di mollargli un calcio, ma mi blocca prima che possa fare qualunque cosa. I miei amici fanno un passo avanti, e Mnemosine interviene.

:-Non vi conviene –ribatte la dea, schioccando le dita. La stanza diventa subito più calda e molto più luminosa. Dove prima non vi era nulla se non le pareti della grotta, sono comparsi dei mostri. Sono tutti degl’adoni con la pelle dorata e gli occhi color miele, il fisico possente e muscoloso, ma i loro occhi bruciano. Sono dei Flogoi, spiriti del fuoco. E sono sei, troppi per noi.

I miei amici abbassano saggiamente le armi. Sono troppi, non hanno speranza di farcela.
Poi mi viene un’idea. Percy ha sconfitto Ares una volta. So che dei e titani non possono attaccare direttamente i mortali senza essere sfidati. Ma se io li sfidassi, potrei distrarla. Potrei dare ai miei amici l’occasione di fuggire.

:-Invece di nascondere dietro i Flogoi potresti combattere-sbotto a voce abbastanza alta da permettere alla dea di sentirmi. –Dimostrami il tuo coraggio. Battiti con me.

:-Purtroppo, mia cara, non posso-dice lei, dicendo il “mia cara” come si direbbe “scarafaggio”. –Credimi, lo vorrei. Ma non sono stupida come Ares. Potrai fare tutte le domande che vuoi una volta rinchiusa. Muoviti, servo!

Ben annuisce, e riprende a trascinarmi verso un’ala della stanza, e Percy e gli altri ci seguono, sconsolati. Non sanno cosa, fare, e nemmeno io. Ho paura. Non di morire. Ho paura che loro seguano la mia stessa sorte, o peggio. Ci sono cose peggiori della morte. Lei potrebbe torturarci all’infinito.

All’inizio, il muro verso cui ci spinge è solo una parete liscia, ma poi scompare, rivelando due celle grandi quanto dei salotti. La prima è già occupata da una donna seduta in un angolo, rannicchiata su stessa, come se stesse dormendo.

Mnemosine fa un gesto con la mano e la porta della cella si apre con un cigolio. Ben, dopo averci costretti a consegnare le armi e gli zaini, fa entrare gli altri e mi ci spinge dentro, poi la chiude con una chiave dorata che restituisce alla dea. La guardo attentamente finché la dea non stringe in mano.

Lancio uno sguardo ad Annabeth che lei coglie subito. Devo tenere Ben occupato e distrarlo, mentre lei escogita un piano per cercare di fuggire.

:-Ben! Credo che tu ci debba almeno delle spiegazioni!-lo chiamo, furiosa e confusa. –Perché? Come hai potuto?

:-Semplice, Alex-dice lui, guardandomi con uno sguardo freddo come il ghiaccio nonostante le iridi color cioccolato fuso. –Potere. Mnemosine mi ha promesso un trono. Sarò io a comandare, per una volta. Nessun dio che mi dica cosa fare. Nessun dio che giochi a fare il capetto con le nostre vite o che ci usi come pedine. Saranno tutti distrutti.

:-Come fai a parlare di dei, se non li hai mai conosciuti?-gli chiedo, furiosa, stringendo le sbarre di ferro tra le dita.

:-Non ricordi, Alex?-dice Ben con la voce pericolosamente calma, come quella di una vipera. –Mi sembrava di averti detto di averlo sempre saputo.

All’improvviso il ricordo della nostra chiacchierata al fiume del Campo.

Credo di aver sempre saputo la verità. Fin da bambino vedevo cose che gli altri non vedevano, ma stavo in silenzio, perché mi avrebbero preso in giro. Ho creduto fino a ieri di essere pazzo. Ora è un sollievo per me sapere che non è così”.

:-Hai detto…hai detto di vedere sin da quando eri piccolo cose che altri non vedevano, ma non lo dicevi a nessuno, per paura di sembrare pazzo-rammento. –Ma…stavi mentendo. Lo sapevo, sapevo che mentivi in parte, però non riuscivo a capire riguardo a cosa…ora lo so. Tu hai già avuto a che fare con gli dei, vero? Hai sempre saputo la verità.

:-Certo che la sapevo-risponde lui, sempre con un tono molto calmo.

:-Come…come è possibile?-chiede stavolta Searel, che sta quasi tremando. –Se non lo sapevo io…

:-Io lo sapevo, invece-ripete Ben. –La mia vita non deve essere sempre e per forza uguale alla tua, Searel.

Lei lo guarda, stupita, gli occhi lucidi. Mai le si era rivolto così. Mai l’aveva trattata con quel tono di sufficienza e disprezzo.

:-Tu…sei stato…tu sei già stato riconosciuto, non è vero?-gli domando. Non so perché glielo abbia chiesto,  è una domanda stupida. È impossibile. L’abbiamo visto tutti, quella sera, illuminato dalla benedizione di Apollo.

:-Ma…è impossibile!-dice Annabeth, e ha ragione. –Sei stato riconosciuto davanti a noi poco tempo fa.

E nessuno ti ha mai visto al Campo prima d’ora.

:-Nulla è impossibile per la mia signora-dichiara lui, con un tono strafottente. –Avrete notato che la benedizione di Apollo non era fissa, anzi, spesso si interrompeva spesso, per poi riprendere. Questo perché era solo…

:-…era solo una riproduzione-continuo io. –Qualcosa che noi abbiamo visto perché volevamo vederlo. Tu…hai manipolato la Foschia.

:-La mia signora mi ha insegnato-risponde Ben. –Non è stato difficile. Quando Searel è stata riconosciuta, ho sfruttato i vostri desideri per costringere la Foschia a creare un’illusione realistica. Ho dovuto usare uno strato spesso di Foschia per confondere il mortale, ma è più forte di quanto pensassimo. Per evitare che lui scoprisse tutto è dovuta intervenire anche la mia signora che ha inserito nella sua memoria un falso ricordo. Così l’illusione è stata agevolata dai ricordi che lei ha sfruttato per ingannarvi.

:-Ci hai presi in giro-mormoro, mentre mi tornano in mente tutti i fatti accaduti. –Tutto il tempo, sin dall’inizio. Non sei mai stato con noi. Prima, quando non trovavamo la grotta, hai suggerito di tornare indietro. Sei stato tu ha far scattare la trappola del Flogos. E hai incitato Josh a non provare a leggere le iscrizioni sulle porte, di non sacrificarsi, perché era un sacrificio troppo grande. Io feci lo stesso ma…non ti importava nulla di lui, ovviamente. Tu non volevi che arrivassimo qui.

Lui sospira, appoggiandosi ad una delle pareti di pietra:-Ahimé, è vero, si. Però eravate troppo determinati. Per fortuna la mia signora ha sempre pronto un piano di riserva. All’inizio non voleva che voi vi recaste qui, ma ha trovato il modo per sfruttare la vostra determinazione.

:-Posso capire che tu desideri il potere-dico, fredda. –Ma tu non hai mai incontrato gli dei. Come potresti avere qualcosa contro di loro?

:-Non è come tu pensi. Tu credi che io sia solo un ragazzo capriccioso e viziato, desideroso di potere. Beh, ti sbagli-dice lui, giocherellando con le dita. –Io ho incontrato gli dei, svariate volte.

:-Provalo-sputo come un insulto, accecata dalla rabbia. Vorrei solo potergli stringere le braccia al collo e stritolarlo.

Lui mi lancia un’occhiata più tagliente di un coltello, ma invece di rispondere, porta le mani alla caviglia sinistra e tira su i pantaloni. E quello che vedo è spaventoso, non è naturale. Al posto della pelle rosea, come mi aspetto di vedere, la sua caviglia emana riflessi di bronzo. È una gamba meccanica.

Searel deglutisce rumorosamente e lo guarda con gli occhi lucidi:-La tua…la tua gamba…

:-Raccapricciante, non è vero?-dice lui, arrabbiato. –Vedi, Searel? È questo quello che succede a seguire il sentiero degli dei.

:-Come…come è successo?-gli chiede Searel, la voce tremante.

:-Un anno prima che Percy scomparisse dal Campo Mezzosangue. Non ero molto apprezzato, al tempo. Nessuno mi considerava, perché Apollo non era una divinità molto venerata, proprio come Minerva. In più, nonostante i miei sedici anni, ero piuttosto mingherlino. Più piccolo perfino dell’Ambasciatore di Plutone.

Nico, sentendo quell’appellativo, alza lo sguardo di scatto, stupito:-Nessuno mi chiama così da tanto tempo. Non sono più l’Ambasciatore di Plutone. Come…

:-Ero soltanto un ragazzino, all’epoca. E facevo parte della squadra peggiore, la Quinta, la maledetta. Nessuno mi voleva intorno. Ed ero uno dei pochi figli di Apollo, c’era soltanto un’altra ragazzina, si chiamava Kayla, ma aveva solo sei anni e mezzo, non poteva portare onore ad Apollo in alcun modo-lo interrompe Ben, non facendo nemmeno caso alle sue parole, anche se io le ho ascoltate tutte. –Durante la guerra contro i Titani, cercarono di mollarmi nella mia capanna, ma io li seguii, desideroso di rendere onore a mio padre. Quando arrivai, lottai contro mostri inimmaginabili, e mi ritrovai davanti al Titano Crio. Tutti pensano che io sia stato colpito da un’arma nemica mentre fuggivo, ma non era così. Mentre correvo verso il Titano per sfidarlo, qualcuno mi colpì con una spada, facendomi perdere i sensi. Fu così che mi procurai una bella cicatrice sul petto, e c’è ancora.

La voce di Searel trema, lei sembra sul punto di piangere:-Avevi…avevi detto che…che era successo in officina con Carl. Avevi…avevi detto che era stato un incidente.

Non so chi sia questo Carl, ma so che Ben lavorava in un officina nel tempo libero, ne avevamo parlato a casa sua. Però c’è qualcosa che non mi quadra nella storia. Se solo capissi cos’è…

:- Così mi fu assegnata un’impresa sotto l’ordine di Apollo. Il mio grado fu alzato, nonostante nessuno credesse in me-continua, ignorando la sorella, per poi assumere un tono di scherno.-Tutti che dicevano “Oh, Ben non ce la farà, è troppo piccolo”, “ Vedrai che non torna, ci scommetto sei denarii” o “Secondo me tornerà indietro dopo dieci minuti, terrorizzato, per nascondersi nelle gonne della mammina”. Idioti, ecco cos’erano.

Ok. Ben è pazzo. In un certo senso, lo capisco. Non è facile essere i più piccoli, quelli considerati più deboli, questo lo posso capire. Ma è matto da legare.

:-Così mi fu ordinato di uccidere il Leone di Nemea, e di riportare le sue pelli. Nessuno volle venire con me, ma io, ansioso qual’ero di portare onore ad Apollo, accettai comunque, nonostante il tipo di missione e la sua pericolosità. Quel maledetto di mio padre mi aveva assegnato un’impresa greca. Sapevo che mi odiava, ma non fino a quel punto.-continua Ben, digrignando i denti per la rabbia. –In ogni caso, direi che è evidente che ho fallito, per un soffio! Il Leone di Nemea mi divorò la gamba, riuscii a fuggire per miracolo. Mi portarono all’ospedale pubblico per chi non ha l’assicurazione, ma il mostro era arrivato fino all’osso. Aspettai tre giorni li, ed ero un caso urgente. Non so cosa videro i medici, credo pensassero che fossi un vagabondo mangiato vivo dai topi. Mi fecero una trasfusione di sangue e mi rigettarono in mezzo alla strada come fosse niente. Ero troppo debole, non potevo uccidere il mostro da solo. Per di più, non avevo la minima intenzione di onorare Apollo dopo avermi costretto ad un impresa simile da solo, senza nemmeno qualcuno su cui contare. Tornai alla legione con una stampella di fortuna ricavata dai rami di un albero. Il più grande errore della mia vita. Venni degradato, il mio marchio di appartenenza fu modificato con una striscia rossa alle tacche degl’anni per simboleggiare il mio fallimento, tornai ad essere un semplice soldato. Così fuggi, e non vi tornai più. Ma non fu quella la cosa peggiore, non fu l’essere degradato, ne l’essere deriso o trattato come un animale. Apollo si presentò davanti a me, dicendo che lo avevo deluso. Che quando mi era stata assegnata la missione aveva previsto che non avrei ucciso il mostro, che sarebbe successo tutto quanto. Lui lo sapeva, e mi ha mandato al macello.

Sto per dire qualcosa, quando stavolta è Annabeth a parlare.

:-Greca? Legione? Squadra?-chiede, confusa. –Da noi non c’è nessuna Kayla. Noi non abbiamo affrontato Crio, è stato…

:-…Jason-continuo io, sentendomi la bocca impastata. –Tu…tu non sei greco. Ecco perché nessuno sapeva che eri già stato riconosciuto. Tuo padre era l’altro Apollo, tu…tu sei romano.

:-Ecco come facevi a sapere che Nico era chiamato Ambasciatore di Plutone!-esclama Percy, che, a quanto pare, è un po’ lento, e sta facendo onore al suo soprannome. –Ecco perché in greco vai peggio di me! Tu sei un romano.

Ben annuisce:-Si, lo sono. Mio padre era l’Apollo di Roma.

:-Ma com’è possibile?-chiede Searel, confusa. –Noi siamo gemelli, quindi anche mio padre era romano. Però io non ricordo nulla del genere. Non sono mai stata in queste “legioni” e…

:-Certo che non lo ricordi-prosegue Ben, con un tono tranquillo, come se stesse sorseggiando il tea delle cinque. –Non ci sei mai stata. Tu sei greca.

Perché cavolo dice la parola “greca” come se fosse una parolaccia? Io mica mi rivolgo così ai romani.

:-Ma noi…noi siamo gemelli…

:-Siete gemelli diversi-interviene Annabeth, posandole una mano sulla spalla in segno di conforto. –Ecco cosa intendeva Xenia dicendo che avevate un odore diverso, probabilmente centra con il fatto che…beh, siete effettivamente diversi, anche se più di quanto pensassimo.

:-Siamo gemelli diversi, ma siamo comunque gemelli!-esclama Searel, ormai quasi in lacrime. –Siamo nati insieme.

:-Lo so-spiega Annabeth. –Ma Apollo è un dio. Può darsi che durante…beh, durante il concepimento, fosse in un momento di stallo. Oltretutto, Apollo non cambia molto, da greco a latino. Quindi è probabile che tu sia nata dalla parte greca e Ben dalla parte romana.

:-Ed è proprio quello che è successo-conferma il ragazzo.

:-Dei…-mormora Searel, confusa, rannicchiandosi nel suo angolo. È ovvio, per lei è ancora tutto piuttosto nuovo, non capisce. Nemmeno io capisco, se è per questo.

:-Lo so, sorellina-ribatte Ben, vedendola piangere, usando un tono di scherzo. –Ma che vuoi farci, se gli dei sono dei bastardi senza cuore? Siamo solo diversi, tutto qui. Pensa a quello che io ho subito per colpa loro, mentre tu te ne stavi a casa a  giocare. Quale padre lascerebbe i suoi figli morire? Quale padre li indirizzerebbe verso la morte senza fare niente?

Ora so per certo che è pazzo. Certo, mi dispiace che abbia perso la gamba, ma sta vaneggiando. È solo viziato. Non è l’unico ad aver sofferto, ad aver fallito. Lui ha una sorella e una madre fantastica. E sta distruggendo la prima. Luke aveva solo me, e io non sono fantastica. La madre di Luke è matta, lui era praticamente orfano. E il suo fallimento gli aveva procurato una cicatrice che gli deturpava il viso e la morte. Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato. Ben, a parte per la sua gamba, è stato soltanto preso in giro.

:-Tutti i nostri genitori-sibilo, più velenosa di un cobra. –Will e Josh hanno sempre avuto ragione. Sei solo un bamboccio viziato e capriccioso.

:-Come osi parlarmi così, Alexandra?-mi chiede lui, gli occhi ridotti a fessura. –Proprio tu, che hai tradito i tuoi amici schierandoti con Crono? Fu tuo fratello a dare inizio a tutto, lui risvegliò Crono, lui decise di distruggere gli dei, non ricordi? Dovresti capirmi meglio di chiunque altro. Non hai diritto di parlare.

:-Luke era un eroe-ribatto, stringendo le sbarre, furiosa. –Lui, a differenza di te, era praticamente orfano, sua madre è impazzita vedendo scorci del suo futuro. Credeva che mio padre lo odiasse, che lo avesse abbandonato insieme ad una donna pazza, aveva molto più diritto di te di essere arrabbiato. E nonostante tutto ha sempre cercato di proteggermi, ero sua sorella, mi voleva bene. Non ha mai cercato di farmi del male, come invece stai facendo tu con Searel. E alla fine ha capito cos’è veramente importante, a differenza di te.

Ben, furioso, si lancia verso la cella, e, prima che possa dire o fare qualcosa, una sua mano mi prende per il collo, e stringe. Cerco di togliermelo di dosso, fa male, ma non posso, è più forte di me ora.

:-Non è assurdo? Sto facendo tutto ciò che tuo fratello ha fatto prima di me, eppure tu non lo odi. Odi me-sibila, guardandomi negl’occhi. So che vuole che li chiuda, che mi arrenda a lui, che mi mostri debole, ma cerco di fissarlo ancora di più: non gli darò questa soddisfazione.

Stranamente, invece di essere ancora più arrabbiato, il suo sguardo si addolcisce e la sua presa si allenta, come se avesse appena visto un cucciolo di foca ferito.

:-Sai, Alex? Forse c’è ancora speranza per te-dice, spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre la sua presa si allenta ancora di più. –Devi solo dire che non ci fermerai. 

:-Non dovresti prometterlo a tua sorella?-gli chiedo, arrabbiata. –Io non sono niente. Searel è tua sorella. Dovresti cercare di salvare lei, non me.

Lui scuote la testa, serio:-Non mi importa niente di lei, non mi è mai importato. Ma mi importa di te. Devi solo prometterlo, Alex, non è difficile. Devi solo giurare sullo Stige che sosterrai la nostra causa, e tutto andrà bene. Potrai vivere, essere felice. Mi amerai e governeremo il nuovo mondo insieme.

:-Sei pazzo-gli dico, ed è vero. Non è la mia pazzia, nemmeno quella di Luke. È peggio, molto peggio. Non bastano un anno di sedute dallo psicologo, no, avrebbe bisogno di una bella lobotomia.

Il suo sguardo si fa più duro:-Direi che ci devi ancora pensare.

E, detto questo, chiude il passaggio e ci lascia soli. E Searel, distrutta, scoppia a piangere. 

Nota dell'autore: Salve, salve. Scusate il ritardo, ma ho avuto dei problemi, e, in più, ho tante ff da portare avanti. Anyway, quanto odio Ben. Maledetto!!! Come può fare una cosa del genere a Searel? Ora ti uccido!!!!!!!
Comunque, ringrazio Grety01 per la sua recensione. E devo avvisarvi che purtroppo la settimana prossima andrò al mare, e non c'è tanta recezione, quindi non so se potrò postare entro il mese di agosto. Ora scusatemi, ma devo scappare, sennò mia madre mi lincia. 
Buona lettura :)

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Capitolo 81
*** La dea scomparsa. ***


 

Non appena Ben chiude il passaggio, mi lascio cadere sul pavimento freddo della grotta, desolata. Non sono altro che una stupida. Perché non me ne sono accorta prima? Avrei dovuto capirlo. C’erano troppe coincidenze, troppe per passare in osservate. Perché allora la dea scomparsa avrebbe dovuto avere qualcosa a che fare con Mnemosine?

Si sente un singhiozzo riecheggiare nella stanza, ed è quello di Searel. Sono solo un’egoista, una stupida egoista. Finora non ho fatto altro che pensare a me, quando lei invece è appena stata abbandonata dal suo gemello.

Percy fa per avvicinarsi a lei, ma lo blocco prima che possa fare qualcosa. Lui non può capire, io si. In questo momento si sente come se il filo che la teneva ancorata al mondo fosse stato tagliato. E si vergogna, e si sente in colpa. Non vuole la nostra pietà. Vuole essere lasciata in pace.

:-Lasciala stare, Percy. Andrò io-gli dico, per poi raggiungere la mia amica e chinarmi vicino a lei. –Ehi, Searel.

Lei mi guarda, gli occhi gonfi per le lacrime. I miei cominciano a bruciare per la tristezza. Sta soffrendo, e non l’ho mai vista piangere in quel modo.

:-Noi due non ci siamo più riviste, dopo la morte di mia madre, lo sai, vero?-lei annuisce, così continuo. –Credo che sia il momento che tu sappia esattamente ciò che è successo dopo la sua morte-le dico, poggiandole una mano sulla spalla. –Quando mia madre morì, fui portata in un orfanatrofio. Era un posto orribili, dove le proprietarie non si curavano quasi dei bambini se non per dare loro punizioni crudeli.  Dopo tre anni, fuggii. Mi muovevo in continuazione, senza mai fermarmi a riposare per più di un paio di ore al giorno, se ero fortunata, ma di solito, dormivo per circa cinque o sei ore a settimana, per non farmi catturare dai mostri, e mi nutrivo di ciò che riuscivo a trovare. E fu in quel periodo che mi imbattei in una ragazza dall’aria punk, una bambina di sette anni e un ragazzo con i capelli biondi e il sorriso scaltro. Erano Talia, Annabeth e Luke. Fu grazie a loro che scoprii di essere una semidea, e con loro riuscii ad arrivare sana e salva al Campo. Però Talia diede la sua vita per noi, e cominciammo a sentirne il peso. Nonostante l’allenamento, sentivo ogni giorno i sensi di colpa e la sua mancanza. Non so cosa avrei fatto senza Annabeth e Luke. Nel giorno del mio compleanno, facemmo una gara di corsa contro le ninfe, e vinsi. Fu allora che comparve un caduceo rotante sulla mia testa, simbolo di mio padre. E fu così che trovai i miei fratelli. Travis, Connor, e…e Luke.

Lei lancia un altro singhiozzo:-Tu…tu avevi un fratello?

:-Si-annuisco, accarezzandole i capelli, come con una bambina, mentre lei mi guarda con i suoi enormi occhi marroni, mentre i nostri amici sono seduti intorno a noi. –Lo amavo più di chiunque altro, era dolce, e gentile, il fratello migliore che potessi desiderare. Finchè…lui si schierò dalla parte di Crono, un titano malvagio che ha tentato di distruggere l’Olimpo poco tempo fa.

:-Quindi…-balbetta lei tra le lacrime e tirando su col naso. –Ecco…ecco a cosa si…si riferiva Ben.

Annuisco di nuovo:-Si, è così. Luke…ha tradito il Campo. E mi ha abbandonata. Da allora ci siamo rivisti sempre in circostanze ben poco piacevoli, e alla fine divenni una spia dei mezzosangue tra le sue schiere. Ma, alla fine, Luke divenne un eroe, morì da eroe. Si sacrificò, suicidandosi per salvare tutti noi.

:-Tuo fratello era un eroe…-mormora lei, scoppiando nuovamente a piangere. –Il mio è un mostro!

:-No, no-dico, continuando ad accarezzare i suoi capelli castani. –So come ti senti, credimi. Ti vergogni, e ti chiedi come possa aver fatto una cosa del genere. Sei furiosa, perché ti ha ingannato. E sei triste e disperata, perché ti manca. Ti senti sola, abbandonata. Ma non è così. Farà male, ma poi, un giorno, un giorno starai meglio.

Lei mi guarda:-Davvero?

Annuisco una terza volta, e lei mi abbraccia, in lacrime. Ricambio l’abbraccio, e non riesco a fare a meno di sentirmi in colpa. E furiosa: se sarà Ben a morire, di sicuro sarà per mano mia.

Quando ci sciogliamo, rimaniamo tutti in silenzio, fino a che Percy non chiede:-Bene. Cosa facciamo ora?

:-Io…io non lo so-rispondo, insicura. –Annabeth?

:-Forse…forse potremmo…beh…tentare con un incantesimo. O forse potremmo usare una delle vostre spade e…

:-È tutto inutile-dice una voce femminile, dolce e melodiosa, talmente bella che sembra il tintinnio dell’argerto. Ma è anche una voce tirata e stanca.

Ci giriamo verso la voce, e ci ricordiamo all’improvviso della donna che è nell’altra cella, rannicchiata in un angolo. Riesco solo a vedere la pelle bianca dei suoi polsi, l’unico tratto scoperto dalla sua pelle. Il resto è nascosto da un enorme scialle lilla.

:-Lasciate stare-ripete la donna, diffondendo il tintinnio della sua voce argentina nella cella. –Non c’è nulla che possiate fare. Le sbarre di bronzo celeste assorbono la magia. E resiste a tutte le armi di bronzo celeste.

Percy, in ogni caso, decide di fare un tentativo. Prende la sua Anaklusmos e colpisce le sbarre con violenza, ma a vuoto. La durezza del colpo lo scaraventa dall’altra parte della prigione.

:-Ti avevo avvisato, Perseus-dice la donna, con un tono triste.

:-Perseus?-chiede lui, confuso. Pochi lo chiamano per il come completo, proprio come me. Di solito sono mostri o divinità, o comunque qualcuno per cui è importante usare i nomi completi.

:-Tu..tu chi sei?-le chiede Josh, curioso e confuso.

La donna si alza in piedi con fatica, reggendosi alle sbarre, e lo scialle le cade dal corpo, riversandosi a terra. Quella che credevamo una donna è in realtà una ragazza, avrà circa diciotto anni, ed ha l’aria stanca e avvilita. È molto magra, come se non mangiasse da giorni. I suoi capelli corvini le ricadono dolcemente in una chioma corta e ondulata, con i riflessi blu. Sarebbero perfetti se non fosse per una piccola ciocca bianca. La sua pelle bianca come la neve, più pallida e slavata di quella di un albino, e le sue labbra sono di un rosa color madreperla. Indossa una collana di diamanti e una veste strappata color argento. che, anche se le sta un po’ larga a causa della sua magrezza, si intona perfettamente agl’occhi color argento fuso, ma hanno uno sguardo stanco, provato e avvilito. Sulla sua testa è posato una specie di cerchietto del medesimo colore,  come quello di Talia, la nuova luogotenente di Artemide, e di colei che la precedette, Zoe Nightshade.

:-Io sono Selene-risponde lei, con un la voce tremolante. –Figlia di Teia e Iperione, la dea della Luna.

 

***Josh***

Quando Ben tira fuori la sua spada e si avvicina ad Alex, minacciandola, non riesco a trattenere un ringhio. Almeno ora sappiamo perché è quello che sta meglio, tra tutti noi. Mentre noi siamo a pezzi, lui sembra stare benissimo.

La cosa che più mi sconvolge è che ha distrutto il cuore di Searel senza pensarci due volte. Almeno Luke ci teneva ad Alex. Ben invece, a quanto ha detto, detesta la sorella, anzi, peggio: non gli importa nulla di lei.

Oh, ma stai certo, Ben, che te la faremo pagare cara. Dovesse essere l’ultima cosa che faccio.

 

***Alex***

 

:-Selene?-chiede Annabeth, confusa. –Quindi è lei la dea scomparsa?

:-Ahimé, purtroppo è così-sospira la dea, stringendo la presa alle sbarre. –Cara Annabeth, a questo punto, credo che tu possa darmi del tu. Siamo tutti nella stessa barca, non contano più le regole della società o della politica, sia mortali che divine.

:-Aspettate un secondo-dice Percy, guardandola, stranito. –Ma non era Artemide la dea della Luna?

:-No, ragazzo-negò la dea, scuotendo la testa. –In realtà, siamo tre. Artemide rappresenta la Luna crescente, ed Ecate la Luna calante, io sono, o almeno, ero la Luna piena. Un giorno Zeus mi chiese di sostituire Artemide, e da allora io sono la divinità della Luna vera e propria. Le altre due sono delle personificazioni.

:-Oh, si, certo, tutto chiaro adesso-borbotta Percy, irritato.

:-Non capisco, Selene-interviene Nico, anche lui molto confuso. –Perché è qui? Perché imprigionarla?

:-Capisco la tua domanda, figlio di Ade-dice lei, con gli occhi d’argento che brillano d’intelligenza. –Anche io, in realtà, mi chiesi lo stesso. Sono una dea minore, facilmente sostituibile, il che mi ha sempre protetta. Nessuno sarebbe interessato a rapirmi per ricatto. Ma Mnemosine non vuole certo ricattare gli dei, no, lei vuole distruggerli. Non ti sei chiesto perché sono in un’altra prigione, differente dalla vostra? La mia sta risucchiando lentamente tutti i miei poteri.

:-Perché tu ti sei rifiutata di tradire l’Olimpo-ricordo. –L’ho visto in sogno.

Lei annuisce, ma poi interviene Annabeth:-Perdonami, Selene, con tutto il rispetto, ma tu non sei la dea più potente.

:-Lo so, Annabeth, e tranquilla, non mi hai offesa. Non ho mai desiderato il potere-risponde lei, facendole un sorriso e mettendo in mostra i denti bianchi come la neve. –Io sono qui per attirare qualcun altro.

Per attirare qualcun altro? Ricordo vagamente che nei miei incubi Mnemosine parlava di qualcuno che la stava cercando, ma non so chi sia. A meno che…

:-Apollo-affermo, certa. –È lui, non è vero? Mnemosine vuole attrarre lui qui. Ma perché?

:-Non ne sono troppo sicura, ma…-comincia la dea, con aria pensierosa e affaticata. –Ma credo che voglia batterci uno alla volta. Di sicuro non sarà, il mio primo marito, Endimione, a venire, sta ancora dormendo. Con la scomparsa di Apollo interverrebbe sicuramente Artemide, e allora, con la scomparsa di due degli Olimpi, Zeus e gli altri dei potrebbero decidere di partire alla loro ricerca, o comunque Mnemosine troverebbe un modo per attirarli qui. E allora prosciugherebbe gli dei e i loro poteri. E sarebbe in grado di distruggere l’Olimpo.

:-Però non capisco-dice Percy. –Perché dovrebbe volere la distruzione dell’Occidente? Morirebbe anche lei, la sua vita è legata all’Olimpo proprio come quella degl’altri.

:-Non lo so, Perseus-

:-Dobbiamo impedirglielo-affermo, determinata. –Non possiamo lasciare che ci distrugga.

:-Beh, il primo passo è uscire da qui-afferma Annabeth. -Qui siamo inutili.

:-Selene, sei proprio sicura che non ci sia modo di uscire?-le chiedo, nervosa. Come ho già detto, io detesto gli spazi chiusi. Quando ero all’orfanatrofio, mi rinchiudevano spesso da qualche parte, per punirmi. E non è mai stato piacevole. Non sono tranquilla in una stanza se non posso entrare o uscire liberamente.

:-No, Alexandra-ripete Selene, distrutta. –Non c’è modo. Questa prigione è stata studiata appositamente per contenere gli dei.

Non è possibile. C’è sempre una soluzione. È una delle cose più importanti che ho imparato al Campo Mezzosangue. Pensa, Alex, pensa. Non è la prima volta che ti ritrovi imprigionata. Beh, l’ultima volta, in realtà, è stato quando sono stata catturata da Luke. E allora l’unica soluzione per me fu unirmi alle sue schiere.

Ed è a questo punto che mi viene in mente un’idea. Non è bella, anzi, è un’idea pazza. Ci ucciderà tutti. Ma non abbiamo scelta. Vorrei solo una sicurezza per essere in grado di salvare i miei amici. Non posso lasciarli qui a morire. Devo trovare un modo per aprire la cella. Selene ha detto che è una prigione per gli dei, quindi se è impossibile per loro uscire, figurarsi per dei semidei come noi. No, l’unica soluzione è che mi appropri di quella chiave.

:-Ehi, ragazzi-li chiamo, facendomi avanti. –Io…credo di avere un piano.

Nota dell'autore: salve, salve! Via spade di bronzo celeste e forconi, per favore. Vi prego, risparmiatemi. So di essere sparita, ma sono dovuta partire per un campeggio dove non c'era wifi. Ho  fatto l'animatrice tutto il tempo, ma ho trovato il tempo per scrivere questo capitolo almeno. Vi chiedo perdono. :)
Comunque...che piano contorto, eh? Che ne pensate? Ditemelo in una recensione.
Un bacio :)

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Capitolo 82
*** Il piano ***


Percy fa per dire qualcosa, ma un rumore forte lo interrompe. La parete di roccia si apre e Ben la oltrepassa. E non è solo. Sta spingendo in avanti un ragazzo ammanettato, dai capelli color oro e la pelle color miele. Indossa una maglietta bianca rovinata e dei jeans blu. Potrebbe essere scambiato per un normale diciottenne, ma è circondato da uno strano bagliore dorato. E non appena incontro lo sguardo dei suoi occhi azzurri, capisco immediatamente chi è.

Non appena lo vede, gli occhi della dea della Luna si sgranano, all'improvviso. E' preoccupata, e se è davvero chi penso io, capisco anche il perché.

Ben, vedendola sobbalzare, rivolge a Selene un gigno di scherno:-Ti avevo detto che avresti avuto presto compagnia, mia cara.

Lei non risponde, e mantiene uno sguardo regale. La mia ammirazione per questa dea cresce sempre di più.

Dopo aver gettato il ragazzo nella stessa prigione della dea, Ben mi rivolge il suo sguardo:-Hai pensato alla mia proposta?
Io non mi muovo di un millimetro, ma non oso abbasssare lo sguardo. Vorrei dirgli di no, ma non posso. Non ora.

:-Non sfidarmi, anche la mia pazienza ha un limite-dice nervosamente Ben, chiudendo porta della cella e uscendo.

Non appena se ne è andato, Selene si fionda sul ragazzo, anzi sul dio, con una forza e velocità tale da far cadere l'altro a terra.

:-Apollo, Apollo!-lo chiama lei, ansiosa. -Cosa ci fai qui?

:-Eri scomparsa, nessuno sapeva dove fossi. Sono venuto a cercarti-risponde Apollo, con un tono strascicato. E' stranamente debole, e in più questa cella sta risucchiando tutta la sua energia.

:-Ma così morirai, moriremo entrambi-dice lei, con le lacrime agl'occhi. -Non avresti dovuto. Avresti dovuto lasciarmi morire.

:-Ma come posso vivere io senza di te?-risponde Apollo, passandole una mano sul viso per asciugarle via le lacrime. -Non ti avrei mai lasciata sola.

Lei sorride e lo abbraccia di slancio, mentre noi tutti ci giriamo, per dar loro un po' di privacy. Si vede che si amano davvero, è limpido come l'acqua.

Josh, però, mi guarda confuso. Non capisce chi sia il nuovo prigioniero. Per lui è ancora tutto nuovo. Mi avvicino a lui e mi siedo sul pavimento freddo della prigione, stringendogli la mano. Lui mi sorride, il che è strano, visto la nostra situazione.

:-Alex...chi è?-mi chiede, confuso.

:-Apollo, il dio del sole-rispondo. -Lui e Selene hanno una storia clandestina.

:-Perché è clandestina?-chiede, ancora più confuso. Certo, lui non conosce tutta la storia.

:-Perché sono il Sole e la Luna, Josh-rispondo, affranta. -Loro non possono stare insieme, Zeus glielo proibisce. Devono definire il giorno e la notte, e non possono farlo insieme. Sono costretti a rimanere separati.

:-Ma la storia che conosco io è diversa-ribatte Josh, sicuro. -Secondo la mia, Zeus fu clemente con loro una volta scoperta la loro relazione.

:-E' vero, Zeus concesse loro di incontrarsi per alcune occasioni speciali-confermo. -E' così che sono nate le eclissi solari. Ma sono poco frequenti per natura, e con la guerra contro i Titani, non ce ne sono state. Non si incotrano da più di un decennio, Josh. Anche per un dio è davvero troppo tempo.

:-Non è giusto-afferma Josh, stringendo i pugni. -Non fanno nulla di male.

:-Infatti, non lo è, Josh, ma è così che vanno le cose. Cosa possiamo farci? E ora moriranno.

:-Nulla-ammette, a denti stretti. -Ma com'è possibile? Gli dei non sono immortali?

:-Si, lo sono-rispondo. -Ma non sempre basta. Pan è morto perché i mortali lo hanno dimenticato, io c'ero. E se gli dei perdono la loro energia, beh...è finita. Si spengono. Se vengono privati del loro potere, non c'è nulla a tenerli in vita.

Josh annuisce, e io invece lancio uno sguardo ai due. Lei ha poggiato la testa sul suo petto, e lui le accarezza i capelli. Il loro sguardo brilla. Luna e Sole finalmente insieme, per morire.

:-No!-esclamo all'improvviso, rompendo il silenzio. -Non possiamo arrenderci. Ci deve pur essere qualcosa che possiamo fare.

:-Cosa potremmo mai fare Alex?-chiede Nico, rassegnatosi. -Basta, è finita. Siamo stati catturati, e moriremo. Il fatto che io sia figlio di Ade non significa che io ami l'idea della morte, ma è così. Fattene una ragione.

:-Non si tratta di me, ma di portare a termine la missione-rispondo, velenosa. -Smettila, Nico. C'è sempre una soluzione. E io ho un piano, che non vi piacerà affatto, purtroppo.

-Che piano, Alex?-mi chiede Percy, curioso.

:-Un piano molto perioloso, ma prima di illustrarvelo ho bisogno di una sicurezza in più-rispondo, seria. -Annabeth, mi presti le tue forcine, per favore?

Lei annuisce e se le toglie dai capelli che le cadono in una pioggia di ricci sul viso, e mi chiede, confusa:-Cosa vuoi farci?

Mi guarda intensamente negl'occhi, prima di esclamare:-Alex, è inutile. Selene ha detto che è impossibile uscire da qui.

:-Tu guarda e basta-le ordino. -Presta molta attenzione.

Prendo le forcine e mi chino verso la serratura, pregando ogni divinità esistente che la mia supposizione sia giusta, e dopo aver piegato una forcina a mo' di chiave di tensione, comincio ad armeggiare con il lucchetto, inserendo una forcina da una parte e cominciando a premere con una seconda.

:-Selene ha detto che queste celle sono state progettate in modo di essere a prova di divinità e semidei, quindi a prova di magia-le spiego, allineando uno dei pistoncini interni che si assesta con un rumore secco e metallico. -Ma non ha mai detto che sono a prova di mortale.

Un unltimo suono mi dice che avevo ragione, e la porta della cella si apre con un cigolio. La blocco subito, prima che Ben o Mnemosine lo sentano. Non devono scoprirci, è essenziale.

:-Alex...-comincia Josh, stupito. -Come hai fatto?

:-Te l'avevo detto, ricordi?-rispondo,sorridendo. -Un figlio di Ermes impara a scassinare i lucchetti ancor prima di camminare.

:-Beh, che stiamo aspettando allora?-chiede Percy, ansioso di andarsene. Dei, quanto è stupido quel ragazzo.

:-No, Percy-ribatto, per poi rivolgermi ad Annabeth. -Annie, hai visto bene come si fa? Saresti in grado di rifarlo?

:-Si, so com'è fatta una serratura e so la teoria, non dovrebbe essere difficile-mi risponde lei, turbata. -Ma ancora non capisco quale sia il tuo piano, Miller.

:-Ora te lo spiego, anche se non ti piacerà-le dico. -Pecy, Searel, ascoltatemi. Siete o troppo sconvolti o troppo sinceri per poter dare una mano, dovrete restarne fuori, in silenzio. Ok?

:-Perché?-mi chiede Percy, offeso. Stupido, è solo uno stupido.

:-Percy, tu non sei capace a dire le bugie-rispondo, scompigliandogli i capelli. -Sei un bravo ragazzo.

:-Ok-dice lui, facendo il broncio.

:-Dei, Percy, smettila di comportarti come un bambino-sospiro, esasperata, per poi continuare. -Annabeth, Nico, voi siete più abituati. Nico ha nascosto la sua identità ai romani per molto tempo, e Annabeth è perfettamente in grado di mentire se glielo chiedo io. Ora vi spiegherò il mio piano, ma tutti voi dovete promettermi che farete qualunque cosa che io vi dirò per portarlo a termine. Giurate sullo Stige.

Tutti giurarono, così continuai:-Ecco cosa faremo: non possiamo battere Mnemosine e Ben con la forza, non possiamo. L'unica soluzione è usare l'astuzia.

:-Bene, la cosa sembra piacevole-dice Annabeth, contenta di poter usare il cervello. -Cosa dobbiamo fare?

:-Dovete farmi sentire una merda, farmi male, odiarmi-rispondo io, sicura. -E farmi piangere, è essenziale che io pianga.

:-Perché dovremmo odiarti, Alex?-mi chiede Percy, confuso. -Noi ti amiamo, non vorremmo mai vederti piangere.

:-Lo so, e anche io vi amo-rispondo, sincera, sorridendogli. -Ma dobbiamo ingannarli. Mi serve una scusa per uscire di qui, e l'unica è che voi mi abbiate ferita a morte. Devo essere offesa a tal punto da volervi mollare qui, abbandonarvi, tradirvi e uccidervi.

:-U...ucciderci?-balbetta Percy, timoroso.

:-Non per davvero-lo rassicuro. -Ma è quello che Ben deve credere.

:-Oh, so cos'hai in mente!-esclama Annabeth, furiosa. -E' una pazzia! Non ci provare nemmeno. Possiamo elaborare un altro piano o …

:-Lo sai che è l'unica soluzione-rispondo, tranquilla. Annabeth è una persona intelligente e perfettamente in grado di capire.

:-Scusatemi, ma cos'è che non può fare esattamente?-domanda il suo ragazzo, confuso. Dei, ma quanto è stupido? Non ce l'ha il cervello, la sua testa è intasata dalle alghe. Nico mi guarda con uo sguardo eloquente.

:-Vuole accettare la proposta di Ben-risponde la figlia di Atena. -Ecco cosa vuole fare.

:-Ok, non sono un genio come Annabeth, ma so che ha ragione-dice Percy. -Non puoi, è pericoloso. E se ti scoprissero?

:-Non è importante-rispondo sempre con un tono calmo e tranquillo. -Dobbiamo portare a termine la missione, e questo è l'unico modo. Devo fingermi loro amica se voglio avvicinarmi senza rischi.

:-Non è importante?-interviene Nico, con un tono acido. -Alex, ti uccideranno. Sono il figlio di Ade, ma non per questo ritengo la morte una cosa piacevole, o semplice.

:-Non è importante-ripeto, sicura. -La mia vita non ha valore in confronto a quella di tutti gli altri. Annabeth, tu dovresti capirmi più di tutti. Sei una ragazza saggia. E tua madre sarebbe d'accordo con me: una vita per altre vite. Vale la pena di sacrificarsi in nome di una causa più elevata. Non ricordi? Per questo motivo ha tentato più volte di convincere gli dei ad uccidere Percy.

:-Ed è una cosa orribile-sbotta lei, stringendogli la mano per rassicurarlo. Ma lui sa che lei non lo avrebbe mai permesso, non lo avrebbe mai lasciato morire.

:-Si, ma, secondo il cervello, non è sbagliato-ribatto. -Secondo la ragione e la matematica, uccidere Percy sarebbe stata la cosa più giusta.

:-Stai dicendo che mi avresti ucciso?-chiede Percy, con le lacrime agl'occhi. Per Zeus, quanto è sensibile.

:-No, certo che no-mi affretto a dire, scompigliandogli i capelli neri. -Ma dovete lasciarmi fare, è l'unica soluzione possibile.

:-Non possiamo fermarti, ma non ti aiuteremo-aggiunge Percy, duro.

:-Invece lo farete-ribatto con calma. -L'avete giurato sullo Stige, tutti.

Annabeth fa per ribattere, ma Josh la ferma, con la voce più fredda del ghiaccio:-Ha ragione. L'aiuteremo.

Il suo tono di voce mi fa gelare il sangue che mi scorre nelle vene, icore compreso. Mai aveva usato in vita sua un tono così freddo, e indifferente. Mi viene da piangere.

:-Ok, ecco il piano allora-dice Annabeth, sospirando. -Tu accetti la proposta di Ben, te li fai amici, prendi la chiave e scappiamo. Solo evita tutti i contatti con Mnemosine, lei è pericolosa. Potrebbe vedere il ricordo del piano.

:-A questo non avevo pensato-ammetto a denti stretti.

:-Ci ho pensato io-dice Selene, dietro le sbarre della sua cella. Il suo braccio è rivolto verso di noi, e stringe in mano una collana. È un semplice cordino nero, ma il pendente è davvero prezioso, una piccola luna d'argento.

:-Indossalo, svelta-mi ordina la dea. -Questo è il mio ultimo sprazzo di magia. La Luna può essere sia simbolo di stabilità che di malleabilità. Con questo al collo sarai non solo in grado di percepire, controllare te stessa e la tua mente. Avrai il tuo passato nelle tue mani.

:-Posso farti una domanda, Selene, se mi è concesso?-le chiedo, curiosa, indossando la collana e nascondendola sotto la maglia.-Perché il tuo potere è così legato a quello di Mnemosine?

La dea sospira:-Fu proprio lei a presentarmi a Zeus, nei secoli bui. Artemide si era ammalata e non era in grado di portare il Carro della Luna, così aveva bisogno di un sostituto. Un tempo eravamo amiche. Se non fosse per lei, io non sarei mai diventata la personificazione della Luna. Quindi una parte del mio potere deriva da lei. E, come hai potuto vedere con i tuoi stessi occhi, lei è in grado di privarmene. È grazie a me che ha creato questa cella, il cui metallo risucchia le energie divine.

:-Grazie per tutto, Selene-la ringrazio, commossa. -Ma come fai a sapere che funzionerà.

:-Sarai protetta-risponde lei, semplicemente. -Proprio come una dea.

:-Scriverò un haiku per te, ragazza-dice Apollo, che si è ripreso un po', ma si sta comunque indebolendo. -Ecco la viandante/Lei ci salverà/Quanto sono figo!

:-Quanto sono figo?-ripete Selene, stupita. -E questo cosa centra con la Profezia della Viandante?

:-La mia figaggine centra sempre!-protesta lui.

:-Solo Zeus sa come mi sia potuta innamorare di un tale egocentrico-sospira Selene, ma sta sorridendo. Ha la stessa espressione felice ed esasperata che ha Annabeth ogni volta che parla di Percy.

:-Bene-interviene freddamente Josh. -Ora che sei pronta, possiamo mettere in atto il piano.

Perché si sta comportando in questo modo? Che io abbia fatto qualcosa per irritarlo?

Poi all'improvviso capisco. È geloso, e preoccupato. E questa potrebbe essere la nostra ultima parola.

Mi avvicino a lui, e poggio una mano sulla spalla:-Ti va se parliamo un po'?

Lui non risponde, ma gli ricordo che potrebbe essere l'ultima volta che ci vediamo, e annuisce.

Così ci sediamo in un angolo della cella, sul pavimento, e comincio a parlare a bassa voce.

:-Ascolta, Josh. So che hai paura. Anche io ho paura e...-inizio, ma lui mi blocca.

:-Non ho paura per me!-esclama, indignato, come se gli avessi rivolto il peggiore degli insulti. -Ma per te. Hai idea di quanto sia pericoloso. Che ti scopra o no, Ben ti farà ammazzare.

:-Invece no, non mi scoprirà-ribatto io, con calma, accarezzandogli i capelli. -Sono lusingata dalle tue attenzioni, e ti ringrazio. Ma devo farlo. Sono l'unica che può sistemare le cose. Ho avuto modo di riflettere, Josh, in questi ultimi giorni. Mi sono spesso chiesta perché proprio io dovessi essere a capo della spedizione. Non possiamo usare la forza, ma solo l'astuzia, se vogliamo sconfiggerli. E qui si tratta di mentire, la cosa che so fare meglio. È quello che ho sempre fatto. Anche quando sono stata catturata da Luke, sono riuscita ad ingannarlo, e lui era mio fratello. Sono riuscita a fuggire grazie ad una bugia. Ed è per questo che devo farlo. Ecco perché ci vuole una viandante, Josh. Perché sono l'unica in grado di ingannarli a tal punto. Perché ho già vissuto questa situazione sulla pelle, e so come agire.

:-Non voglio che lui ti faccia del male-dice, la voce che gli trema. Ed è ora che la vedo. Quella piccola, minuscola, lacrima luccicante che scorre velocemente sul suo viso. Ben pagherà anche per questo.

:-Non glielo permetterò-lo rassicuro, asciugandogli la lacrima. -Hai capito? Non gli permetterò di farci questo, di nuovo. Avevi ragione, avevi ragione su tutto Josh, e mi dispiace. Ma ce la farò. Lo sento. Tu vivrai.

:-Uno di noi morirà-ribatte lui. -E non devi essere tu, Alex.

:-Non sarà nessuno di noi due-mento. -Ti amo.

:-Anche io-dice, e io mi avvicino alle sue labbra. Sarebbe strano, normalmente, dato che non siamo soli, ma non è importante. Questo potrebbe essere l'ultimo.

Quando ci stacchiamo, dico ad alta voce:-Bene. È ora di farmi piangere.

Nota dell'autore: Salve, ecco il mio nuovo capitolo, tragico assai. Mi dispiace per il ritardo, ma ho tre fanfiction più una in inglese da portare avanti, e ora che faccio il I liceo (al liceo classico si fa IV e V ginnasio, I, II e III liceo) sono un po' incasinata.
Normalmente ringrazierei tutti coloro che hanno recensito, ma visto che su 67 visite, e dico 67, nessuno ha avuto la grazia di recensire, non posso. E sono più furiosa di un bufalo. Posso capire che ognuno ha i suoi problemi, i suoi impegni, ma sono sicura che un minuto per scrivermi tre righette striminsite lo trovate.
Per favore, recensite, anche perché sennò io mi stanco e potrei metterci di più a scrivere. Un bacione a tutti i lettori silenziosi.

 

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Capitolo 83
*** Che lo spettacolo abbia inizio ***


Sospiro per l'ennesima volta. Ok, potrò sembrare esagerata e intollerante, ma ho le mie ragioni.

Le abbiamo provate tutte. Nico mi ha detto un mucchio di parolacce che non pensavo conoscesse, lo giuro, dovrò chiedere ad Annabeth di lavargli la bocca con il sapone quando saranno tornati a casa. Percy ha riempita di insulti, ma sembravano talmente incerti e falsi che sono scoppiata a ridere. Sono troppo buoni, non riuscirebbero mai a farmi del male, Percy in particolare. E' un pessimo bugiardo.

Annabeth, capendo di non avere alcuna chance sul fronte psicologico, ha preferito provare con metodi più...scientifici. Ma neanche quelli hanno funzionato. Nessuno riesce a farmi piangere.

-Scusa, Alex-dice Percy. -Non...non ci riusciamo, vero? Neanche una lacrima?

Scuoto la testa-Non è colpa tua Percy. E' che...semplicemente non ci riesco.

Guardo Josh, che, nonostante abbia accettato la mia decisione, non demorde. Non parla con me, non cerca di aiutarmi. Semplicemente non mi ostacola. Si vede che la mia idea non gli piace.

-Josh-lo chiamo. -Ti prego, provaci. Abbiamo bisogno di te se vogliamo portare a termine la tua missione.

Lui non dice nulla. Ma cos'è, un ragazzino? Quanti anni ha? Mi sta tenendo il broncio. A volte non posso fare a meno di chiedermi come ho fatto a innamorarmi di un ragazzino viziato e capriccioso.

-Ok, va bene, tu non mi aiuterai. Fai come ti pare-dico, infastidita, appoggiando la schiena alla fredda parete della cella.

Cerco di riflettere. Cos'altro posso fare? Josh non vuole seguire il mio piano, e io non riesco a piangere. Ho provato persino a tornare con la mente al periodo in cui Luke mi voleva bene, ma non ha funzionato. E' come se avessi pianto troppo per lui, e mi fossero finite le lacrime. Può succedere? Le lacrime possono finire?

-Ti odio.

Queste parole echeggiano nella grotta, interrompendo i miei vaghi pensieri e quell'atmosfera silenziosa che ci avvolgeva.

Un brivido freddo percorre la mia schiena mentre mi volto perso la fonte di quel terribile suono. Anche gli altri la fissano, sorpresi.

-Guardati-mi fa Searel, accucciata sul pavimento, le braccia intorno alle ginocchia, lo sguardo freddo e carico di odio. -Sei patetica. Così debole.

-Searel...che ti prende?-Percy è alquanto confuso, come tutti noi, del resto.

-Che mi prende?-ride lei, in modo sprezzante. -Che mi prende? Sai cos'ha fatto, Percy? Lo sai? Prima è sparita per anni, e poi è tornata, all'improvviso, sentendosi in diritto di stravolgere la mia intera esistenza. Come osi difenderla? Non aver pena di lei. Non lo merita.

-Searel-mormoro, avvilita. -Cosa...

- E tu, Alexandra, come osi stare li, a piagnucolare, dopo tutto quello che mi hai fatto? Prima che tu tornassi, la mia vita era semplice ma perfetta. Avevo tante cose. Un posto tutto mio all'università, una bella casa, un fratello che amavo e che soprattutto mi amava. Mi sarei laureata in medicina, Ben sarebbe stato fiero di me. E ora è tutto sparito, ed è colpa tua!

Le sue urla mi stanno facendo impazzire, credo. Ho un nodo alla gola. Perché lei ha ragione, e io lo so. Sono una persona orribile. Ho distrutto la sua vita, e non ne avevo il diritto.

-Searel, lo so-sussurro con voce roca. -Hai ragione, ma ti giuro che mi dispiace.

-Oh, non fare la vittima adesso-grida, alzandosi in piedi, gli occhi rossi. -Come hai potuto farmi questo?

Non riesco neanche a ribattere, ora. Non oso parlare, non ne ho il diritto. E poi, non potrei comunque. Non ci riesco, a parlare. Quel nodo è sempre più stretto.

-Cosa ti ho fatto?-continua, imperterrita. -Dimmi, cosa diavolo ti ho mai fatto per meritare tutto questo? Perché infliggermi questo dolore e condannarmi a un'esistenza vuota e misera come la tua? Perché togliermi tutto?

-Non ho mai voluto fare del male a nessuno...-dico con labbra tremolanti, e lo penso davvero.

-Smettila, la fai star male-ordina Annabeth, afferrandole il polso, ma la figlia di Apollo non le da ascolto e la scansa, liberandosi dalla stretta.

-Sta zitta, Annabeth-sibila. -Lo so che lo pensi anche tu. A te com'è andata? Cosa ti ha fatto, per distruggerti?

So a cosa si riferisce. Ho trascinato io Annabeth e Percy qui, ed è colpa mia se ora sono prigionieri. Un lamento esce dalla mia bocca, lieve e strozzato. Searel lo sente, e torna ad accanirsi su di me. Ma non la fermo, perché so che ha ragione.

-Cosa c'è, piccola Alexandra? Non sopportavi la tua, di vita? Per questo pensavi fosse necessario rovinare la mia? Poverina, povera piccola. La sua povera mamma è morta, il fratello l'ha abbandonata. Non volevi sentirti sola? Avevi bisogno qualcuno che soffrisse insieme a te?

-Searel, ti prego, basta...

-Oh, non starò zitta-le sue urla furiose mi travolgono la mente, il battito accelera, come se volesse sfondare la mia gabbia toracica. -Non starò mai più zitta. Perché non te lo meriti, Alexandra. Non te lo meriti. Non fai altro che distruggere le persone intorno a te. Non meriti il mio silenzio.

Si sente un singhiozzo, un rumore molto forte. Mi guardo intorno, cercando di capire da dove provenga. Ma nessuno è in lacrime. Mi guardo le ginocchia, e vedo che i pantaloni sono macchiati di lacrime. Sono io quella che ha singhiozzato. Sto piangendo. Il cuore batte così forte che non riesco quasi a respirare. Sto ansimando, non riesco a fermarmi. Non posso respirare.

Sento delle mani accarezzare lentamente la mia schiena in modo circolare, come a volermi tranquillizzare, e probabilmente è così. Forse sono quelle di Percy, o Josh magari. Ma l'effetto è opposto. Mi rannicchio a terra, piangendo più sonoramente.

-Searel, giuro che mi dispiace-sussurro, tra le lacrime. Ed è vero. Non so cosa farei per tornare indietro e cambiare le cose.

Ma la voce che si rivolge a me, ora, non è quella di Josh, e nemmeno di Percy. Appartiene alla persona che meno avrebbe potuto consolarmi. Solo una persona non è di fronte a me.

-Lo so-dice Searel, sorridendomi. -E non è stata colpa tua, Alex. Come potrebbe esserlo? Apollo si è dato a una sveltina, e Ben non mi ha mai voluto bene. Avrei dovuto capirlo prima. Mi ha detto solo bugie, in tutti questi anni. Se mi avesse amato, non mi avrebbe mai mentito. E non mi avrebbe detto tutte quelle orribili cose. E' pazzo, avrei dovuto vederlo, ma ero accecata dall'amore per il mio gemello.

-Searel?-singhiozzo, sorpresa. Cosa diavolo sta succedendo?

-Mi dispiace molto per quello che ho dovuto fare, Alex-dice lei, abbassando lo sguardo. -Sul serio. Ma era l'unico modo per portare a termine il nostro piano.

Ma certo, il piano! Ecco perché è esplosa così, all'improvviso. Lei non è mai stata una persona violenta. Avrei dovuto saperlo.

-Grazie, Searel-mi asciugo le lacrime e mi alzo in piedi. -Solo, come hai fatto? Credevo...credevo davvero che fosse tutto vero.

-Anche noi, se è per questo-aggiunge il figlio di Poseidone.

-Mi pare abbastanza ovvio-sospira Annabeth. -Avrei dovuto capirlo subito. Searel è figlia di Apollo, il quale è dio delle arti, compresa, anche se in parte assai minore rispetto a Ermes, la recitazione. Per questo è stata impeccabile.

-Fin troppo brava. Ma è il momento di passare alla seconda parte del piano.

-Ti senti pronta, Alex?-mi chiede la figlia di Atena, preoccupata. -Se hai bisogno di un attimo per...

-No, sto bene. E poi, devo sfruttare al meglio questo pianto, o tutti i nostri sforzi saranno vani. Ora sai come aprire la cella?

Annabeth annuisce, e allora le afferro le mani, mettendole in mano le forcine. Sono il nostro piano B, la loro unica vera possibilità di salvezza, se fallisco.

-Perfetto. Ascoltami bene, ora. Se vengo scoperta, sarà la fine per tutti. Dammi qualche ora. Se fallisco, fuggite. Aprite la cella e scappate, non voltatevi. Andate al Campo e avvertite Chirone, lasciatemi qui. E ricordati della promessa che mi hai fatto.

-Non ce ne sarà bisogno-mi corregge. -Credo nel tuo piano. Ma, se qualcosa dovesse andare storto, li porterò tutti in salvo. E rammenterò ciò che mi hai chiesto.

-Grazie Annabeth-le stringo il braccio, all'altezza del gomito, in segno di ringraziamento, e lei fa lo stesso. Poi mi stacco, e mi rivolgo agli altri.

-Ora chiamerò Ben, e attuerò il piano. Cercherò di liberarvi e recuperare le nostre armi. Se non ci rivedremo, questo è un addio. Ma c'è una cosa che devo assolutamente dirvi. Sono onorata di aver combattuto al vostro fianco, amici miei. Vi ringrazio, per avermi seguita fino a qui.

Poi mi avvicino a Percy, e lo abbraccio con forza. Lui inizialmente è un po' sorpreso, ma poi mi stringe forte a se.

-Grazie, Percy, per la tua amicizia. Sei un ottimo amico, cugino. Prenditi cura di Nico, se non torno, ok?

-Tornerai, Alex-dice lui. -Io ho fiducia in te, e so che ce la farai.

Annuisco, e interrompo l'abbraccio, rivolgendomi a Searel e le afferro la mano, in segno di solidarietà, mentre le accarezzo il volto con l'altra.

-Searel, mi dispiace molto per quello che ti è successo. Ma, credimi, con il tempo il dolore passerà. Troverai una ragione per andare avanti. Anche se non sembra, sei una ragazza molto forte.

Infine, giunge il turno di Nico. Lo sguardo che mi rivolge è totalmente diverso rispetto a quelli degli ultimi anni. E' come se, per un attimo, fosse tornato quel piccolo ragazzino innocente che giocava a Mitomagia e stravedeva per quelle statuine.

-Sii forte, Nico. Percy baderà a te, me l'ha promesso-gli scompiglio i capelli, già disordinati. -Ti voglio bene, fratellino. Ed è inutile che fai il duro, so che me ne vuoi anche tu, molto in fondo.

Gli do un bacio sulla fronte, e, voltatami, mi porto la mano destra al cuore, in segno di rispetto, e i miei compagni mi seguono. Quasi mi commuovo, vedendo quell'immagine. Il nostro ultimo addio.

Solo Josh non partecipa. Mi sta ancora tenendo il broncio, immagino. Mi avvicino a lui, e gli poso una mano sulla spalla, sotto gli occhi curiosi di tutti.

-Non mi importa cosa pensi ora-gli dico. -So cosa sto facendo, e lo sai anche tu. Sto solo cercando di salvarvi tutti, Josh. Di salvare te. E sai perché non mi importa? Perché ti amo, e sapere che rimarrai in vita mi da gioia. Capisco che tu non voglia salutarmi, non ti forzerò.

Faccio per andarmene, ma lui mi afferra la mano, e la stringe con forza.

-Anche io ti amo-sussurra. -Ti prego, torna da me.

Scuoto la testa, perché so che, alla fine di tutto, sarò io a morire. Ma lui non lo ha visto, perché è non si è ancora voltato verso di me, guarda nel verso opposto. Non gli rispondo, lascio andare la sua mano, e mi allontano. Il mio sguardo cade sui prigionieri della seconda cella. Apollo e Selene non hanno parlato nemmeno una volta. Sono rimasti in silenzio, nel loro abbraccio. Sono svegli ma non si muovono, come se fossero in pace. Spero di riuscire nel mio piano. Non meritano di morire, anche se sono dei, non sono così male. Certo, Apollo ha creato un sacco di problemi, e ha scuoiato vivo il povero Marsia. Ed è un dio un po' scapestrato, un po' come un teenager tormentato dalla vita sociale del liceo. Ma Selene è sempre stata benevola verso noi mortali, ed è sempre rimasta nell'ombra. Non è una che cerca guai, sono loro a cercarla. Almeno lei merita un po' di felicità. Spero che il mio piano abbia successo, e che, soprattutto, Mnemosine non ci stia spiando, anche se ne dubito. Dopotutto, è in grado di leggere i nostri ricordi come una rivista People. Perché mai dovrebbe sentire il bisogno di spiarci

Faccio un cenno e tutti si mettono in posizione. Io sono al centro, e loro mi accerchiano, le loro espressioni mutate dalla rabbia. O, almeno, è quella l'impressione che vogliono dare. ? Cerco di far tornare le lacrime, penso a tutto quello che Searel ha detto, e non faccio alcuna fatica. Subito scorrono veloci sul mio viso, le labbra mi tremano.

-Ora basta!-urlo, dando inizio a tutto. -Siete solo degli ingrati. Non meritate nulla. Ben! Vieni, presto.

Che lo spettacolo abbia inzio.

Nota dell'autore: Salveee...chiedo perdono. Scusatemi, lo so, non scrivo da tantissimo tempo. Ma ho avuto un blocco dello scrittore e un paio di gravi problemi familiari. Oltretutto ho un nuovo ragazzo e...insomma, tante cose. Vi chiedo scusa. Spero non accada mai più. Ma non temete, perché sono di nuovo in forma smagliante!!!!
Anyway, ringrazio tutti coloro che hanno recensito in mia assenza. Vi amo <3
Bene, godetevi il capitolo ;)

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