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di elasticmind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Mente elastica. Quante volte mi sono sentita dire che ho una mente perfettamente adattabile a tutto o meglio: “Hai proprio una mente elastica”. In quanti possano anche pensare che sia un pregio, beh vi sbagliate di grosso. È una gran rottura di coglioni. Essere adatti a tutto ti fa sentire adatto a niente. Ti fa sentire lontano, ti fa sentire estraneo, ti fa sentire niente. Ed è così che io mi sento: “Niente”.
Quello che è sempre stato considerato come uno dei migliori pregi che possa capitare ad una persona, mi ha invece trasformato in una perfettamente inadatta. Perché abituarsi a tutto è così. Ti trasforma in una persona senza carattere. È allora che inizia il soffrire passivamente la vita. La vita che diviene monotona, noiosa, innocua. Una vita senza carattere. Un esistenza senza vita. Una nullità.

E ora mi ritrovo qui, immersa in una città non mia a cui mi sono subito adattata per svolgere il mio secondo anno di Erasmus. Ho 20 anni, tanti conoscenti, pochi amici e un numero considerevole di scarpe. Quando si è trattato di scegliere il mio percorso universitario mi sono affidata a uno di quei test sulla personalità che una volta trovavi nei vecchi giornaletti per ragazzine e che ora riempiono le pagine dei social network. Inutile dirvi la risposta. “Avete un elasticità mentale che vi porta ad essere adatti a qualsieasi tipo di facoltà. A voi la scelta”. E non avendo effettivamente mai pensato a cosa fare della mia vita futura, mi sono gettata in quella che viene definita un delle migliori facoltà con sbocchi lavorativi: Economia (anche se non ho mai avuto un bel rapporto con numeri e calcoli). Dopo un anno di ottimi risultati, avevo aderito al progetto Erasmus e già da un anno e tre mesi vivevo a Londra, divisa tra l’università e il lavoro in una piccola biblioteca della zona, dove occasionalmente davo anche qualche lezione di italiano.

Ho vissuto 19 anni della mia vita in un innocuo paesino italiano, di quelli tra il rurale e il moderno, dove la mentalità giovanile si contrasta con quella dei vecchi abitanti, rimasti con la mente al dopo guerra. Sono cresciuta tra sole, mare e vecchi valori. A Londra mi sono adattata all’incessante pioggia, al mio costante dimenticare l’ombrello e al ritrovarmi sempre zuppa da capo a piedi. Alla fresca brezza estiva si è sostituita l’umidità penetrante e i miei capelli, trasformati dalla stessa, in una bionda massa in forme. Il fatto di avere una carnagione estremamente chiara, a tratti pallida mi ha permesso di potermi facilmente nascondere tra i nordici inglesi, passando inosservata. E proprio per non dare nell’occhio che ho iniziato fin da subito a studiare il loro dialetto, a cercare di imitare almeno in parte il loro accento. Durante questo nuovo anno lontano da casa chiedo solo di riuscire ad ottenere buoni voti, di dare il maggior numero di esami, ma soprattutto di riuscire a mantenere l’anonimato che mi distingue. Non potevo immaginare che tutti i miei propositi sarebbero andati all’aria.

 

 

Angolo autore.

Non avevo intenzione di pubblicare una nuova storia, anche perchè l'ultima è stata per me un completo disastro, anzi un "incompleto" disastro. Ma questi personaggi mi tormentavano la mente, allora mi sono detta lo faccio, la scrivo ma la pubblicherò solo quando sarà completa. E completa lo è, o almeno credo, diciamo che il finale è ancora in fase di costruzione, un working progress quasi completo. Credo di esserci molto affezionata, un po' perchè alla fine Emma è un po' tutte noi, o forse, soltanto un po' troppo me. Non so cosa effettivamente ne sia uscito fuori, se un'idea fantastica o una marea di s****te, mi aspetto allora un commento da parte di chiunque voglia lasciarlo, positivo o negativo che sia, sarà un modo per crescere e migliorare. Spero di essere riuscita in parte ad esprimere tutto quello che io ho provato immaginando prima e scrivendo poi. Un bacio. V.

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Capitolo 2
*** 1 ***


Dividere l’appartamento con una finlandese non era sicuramente nei miei piani, e la sua conoscenza in certi casi stentata dell’inglese aveva reso a tratti la conversazione incomprensibile. Sarah era una ragazza simpatica, ma fin troppo espansiva. Il fatto che avesse un fisico da mozzare il fiato e che qualunque cosa avesse intenzione di tirarsi addosso le stava d’incanto, mi aveva reso una persona invidiosa. Invidiosa innanzitutto del suo metro e quasi ottanta di altezza che cozzava col mio essere un tappo di un metro e cinquanta e poco più. Ma Sarah aveva anche lunghi e bei capelli biondi, un pancia bella piatta, delle gambe chilometriche e degli ammalianti occhi neri ereditati dal padre spagnolo, mai conosciuto. Ciò che di lei però ti catturava era la sua personalità. Era una di quelle persone che si poneva degli obiettivi e che avrebbe fatto di tutto pur di raggiungerli. Generalmente viene definita come “una forte”, “una con le palle”.

Le uniche palle che io, Emma, avessi mai conosciuto erano quelle di Natale che da piccola mi affaticavo ad appendere sull’albero di famiglia, pur consapevole che di lì a poco mia madre le avrebbe riordinate in tutt’altro modo, perché: “Emma cara i tuoi gusti sono fin troppo banali. Tesoro dovresti avere più inventiva. Non pensare troppo alle cose. Falle e basta.”

E intanto la sveglia di Sarah suonava ritmicamente già da dieci minuti buoni, mentre io nel mio pigiamino rosa, molto stile Peppa Pig consumavo la mia colazione all’italiana. Latte e biscotti integrali. Avevo iniziato una delle mie nuove diete nella speranza di riuscire a perdere qualche chiletto e di riuscire magari ad eleminare alcuni tratti del mio corpo che mi facevano quasi ribrezzo. Di lì a poco sarei andata a correre. Avevo un urgente bisogno di attività fisica. Come tutte le ventenni poco in forma, molto pigre e molto stressate il mio sedere e le mie cosce avevano iniziato ad avere i primi approcci con la cellulite e il metodo della doccia fredda tanto adorato dalle star americane non aveva funzionato per niente. Per questo munita di trainer e tuta mi apprestavo ad iniziare il mio primo allenamento mattutino che si sarebbe trasformato, già sapevo, in cinque minuti di corsetta, e in altri cinquantacinque a cercare di recuperare fiato.

All’ennesimo trillo di sveglia pensai che magari toccava a me cercare di buttare dal letto quella pigra finlandese. La sera prima era stata ad una festa e stamattina aveva lezione.
Mi avviai verso la sua stanza, la prima del piccolo appartamento che dividevamo, e divisa dalla mia soltanto dal bagno. Entrai evitando di bussare, ma la scena che mi si parò davanti fu del tutto inaspettata. Un ragazzo mezzo nudo cercava di rivestirsi mentre la bella addormentata risvegliata in parte dal frastuono della sveglia si rotolava tra le lenzuola.
“Sc- scusate, io non sapevo avessi compagnia.”
E mentre parlavo un grugnito uscì dalle lenzuola. Continuai quindi con: “Volevo solo avvisarti che è tardi, la colazione è pronta e hai lezione tra un’ora e che stavo per uscire.”
Mi richiusi la porta alle spalle e mi avviai verso l’uscita quando una voce mi richiamò dal corridoio.

“Ehy tu, scusa” il ragazzo che fin a quel momento aveva assistiti alla scena in silenzio, mentre continuava a vestirsi mia aveva richiamato.
“Emma, mi chiamo Emma” e per la prima volta lo guardai, era davvero un bel ragazzo. Alto muscoloso, moro e con due penetranti occhi neri, molto simili a quelli di Sarah, ma che incorniciati da quel viso, riuscivano ad emanare più calore. E perché no anche più sensualità.
“Io sono Nick. Mi dispiace per stamattina, Sarah non mi aveva detto di avere una coinquilina. Comunque anche io devo andare.”

Ci avviammo insieme quindi fuori dalla porta e all’uscita del palazzo, dopo un imbarazzante silenzio in ascensore, mi congedò:
“Spero di incontrati ancora, ho lasciato il mio numero a Sarah. È una tipa simpatica.”

Già. Ci salutammo con un cenno di capo. E mente mi avviavo verso il parco pensavo che Nick mi sembrava un tipo apposto e che forse Sarah aveva appena incontrato il suo principe azzurro. Mi abbandonai a penare alla vita amorosa di Sarah. In due mesi avevano varcato la soglia di casa nostra innumerevoli ragazzi, l’uno diverso dall’altro e tutti di una bellezza sconvolgente. Non a caso la maggior parte di loro faceva il modello. Ma nessuno prima di allora si era fermato a scambiare una parola con me. L’insignificante coinquilina. Tranne Nick. Era stato gentile, e aveva sicuramente acquistato un punto in più. Immersa in questi pensieri non mi ero nemmeno accorta di aver corso per ben 7 minuti. Un nuovo record.

Ritornata dall’allenamento mattutino che mi aveva più sfiancato che rimesto in sesto, mi ero dedicata allo studio. Avrei avuto un esame il prossimo mese. Non c’erano corsi e avevo la mattina libera per studiare e il pomeriggio impegnato nella biblioteca della signora Watson. Era una vecchina di quasi ottant’anni la quale cercava da tempo una commessa per il suo negozietto impolverato nel vicolo più nascosto della città. Ero capitata lì per caso nei miei primi giorni di permanenza a Londra, e il fatto che io cercassi lavoro e lei poteva offrimene uno mi sembrò davvero un gioco del destino. Mi assunse subito e poi capii perché. Erano entrati in quel posto da due mesi a questa parte si e no 20 persone compresi rappresentanti di libri. Era un posto dimenticato dal mondo, ma io l’adoravo. C’erano tutti i libri che avessi mai potuto desiderare e non poche volte mi sono ritrovata immersa nella lettura, nell’aspettativa che un possibile cliente varcasse la porta. Quel giorno di inizio ottobre, tra la pioggia incessante e i dolori della mia corsa mattutina, Nick e Sarah, le impresi di Alessandro magno e i primi dolori premestruali, qualcuno entrò. E tutto cambiò.

Immersa com’ero nella lettura non avevo sentito quel frastuono che avrebbe dovuto in parte darmi i primi accorgimenti. Un ragazzo coperto dal cappello di una felpa nera e con tanto di occhiale da sole, era appena entrato in negozio. Il sua aspetto mi insospettii e per un attimo pensai ad una rapina. Ma poi mi ricordai che nulla in quel negozio aveva effettivamente valore e che come era noto a tutti la cassa era costantemente vuota.

“Buongiorno. Posso fare qualcosa per lei?”
il ragazzo si voltò verso di me quasi sconvolto dalla mia presenza, come se avesse avuto la certezza che in quel posto non ci fosse nessuno, restò un momento a studiarmi per poi scuotere il capo in segno di negazione. Si avviò verso la sezione ragazzi e rimasi lì, a guardare il suo fondoschiena allontanarsi. Dopo alcuni minuti lo vidi ritornare. A capo scoperto e senza occhiali. Aveva una folta chioma di ricci, delle spalle belle larghe e delle gambe lunghe e magre. Era indubbiamente un bel ragazzo. E ne ebbi la conferma quando poggiò il suo sguardo direttamente nel mio. Due occhioni verdi mi fissavano senza alcun ombra d’imbarazzo. Ci studiammo per alcuni secondi, che mi parvero interminabili. E rimasi affascinata da quel viso. Non era la prima volta che mi incantavo davanti ad un volto, era un’abitudine. Ogni tratto raccontava una storia. E quel viso sembrava raccontarne molte. I tratti spigolosi del mento, i pori che si allargavano verso il naso puntato all’insù, i piccoli buchetti sulle guance che anticipavano le “fossette del sorriso”. E mi venne voglia di vederlo sorridere. Mi venne voglia di vederlo in tutte le sue sfumature: al mattino col viso fresco d’acqua, nel primo pomeriggio quando il sole è caldo ed entra lento tra le persiane, oppure la sera quando la luce lunare rende tutto più sensuale. In un attimo così breve ero riuscita a catturare nella mia mente tutti i tratti essenziali di quel ragazzo. Sentivo che se avessi chiuso gli occhi mi sarebbe riapparso così, proprio com’era.

Dopo esserci osservati per un po’ rivolse lo sguardo verso la porta, come se cercasse la conferma se ciò da cui sembrava stesse scappando fosse ancora lì. E doveva esserci, perché tirò da dietro il banco uno dei due sgabelli e si sedette, proprio di fronte a me. Mi allungò la mano e con voce roca si presentò.

“Sono Harry.”
“Emma”
ed ecco che non sapevo più che dire. Non sono mai stata un’ottima interlocutrice. In realtà parlare mi riesce bene, ma quando non mi sento osservata, quando sono a mio agio. E Harry non mi faceva di certo sentire a mio agio. Ma mi sembrava alla disperata ricerca di una conversazione, come se fosse costretto ad essere rinchiuso in negozio e come se fosse costretto anche a passarci molto tempo.

“Cosa leggi Emma?” nel frattempo ero ritornata alla mia lettura, ma Harry sembrava essere un tipo molto esuberante. Il tono della sua voce non faceva trasparire alcuna nota di nervosismo, segno che la mia presenza gli era alquanto indifferente.

“Alexandros. Racconta le imprese di Alessandro il Grande.”
E dal suo sguardo allusivo capii che quel nome non gli era del tutto indifferente.

“Perché?” mi chiese.
“Perché cosa?” chiesi a mia volta, riposando lo sguardo nuovamente sui suoi occhi.

“Perché proprio Alessandro? Perché leggi la sua biografia?” ero sconvolta.
Di tutte le persone che mi conoscevano, di tutte quelle che mi avevano visto girare con quel mattone per casa, in spiaggia, in campeggio, nessuno mi aveva mai chiesto perché Alessandro. Di solito la domanda era: “Ma non ti annoi?”. Quello strano ragazzo tanto bello e tanto sicuro di sé invece mi aveva chiesto perché Alessandro? Perché no qualcun altro. Aveva colpito il bersaglio. Harry con solo due proposizioni era riuscito a capire.

“Non so. È Alessandro. Alla mia età aveva già vinto una guerra, era diventato re e si apprestava a conquistare tutto il mondo allora conosciuto. E contemporaneamente studiava e conciliava i popoli che conquistava.”
Harry sembrò riflettere su quello che avevo detto e un attimo di silenzio, sorrise. E avevo ragione. Harry aveva uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
“Hai ragione. Non ci avevo mai pensato. In realtà credo di aver smesso di pensare a lui al liceo.”
E la conversazione iniziava mano a mano a sciogliersi. E io e Harry parlavamo come due vecchi amici, parlavamo del più e del meno, di Alessandro, di storia, di musica. E Harry rideva, rideva spesso e io con lui. Era uno di quei giorni che non avrei più dimenticato.

 

Angolo autore.

Salve. sono ritronata presto con un nuovo capitolo (inizialmente erano due separati, ma ho preferito dare più movimento alla storia unendoli). Mi ha fatto molto piacere riscontrare un lieve succeso tra di voi. Una recensione non è molta, ma è stata sicuramente confortante. Ringrazio quindi anticipatamente chi recensierà questo capitolo e mando un bacio a tutti coloro che seguono e leggono questa storia in slenzio. 

Spero di non deludervi e di pubblicare il prima possibile anche gli altri capitoli. 
Un bacio 
V

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Capitolo 3
*** 2 ***


 

Harry era ritornato anche altre volte durante la settimana. Sempre con cappello e occhiali da sole. E come la prima volta c’eravamo abbandonati a lunghe chiacchierate. Non avevo parlato di lui con nessuno. Nessuno sapeva del mio amico in biblioteca, di quel bel ragazzo dagli occhi verdi che mi teneva compagnia durante i pomeriggi uggiosi di lavoro. La sua personalità aveva numerose sfaccettature. E mi piaceva scoprirne ogni giorno una. Anche se restavamo lì ore ed ore, a leggere e discutere, io di Harry non sapevo niente, lo stesso lui di me. E la cosa in parte mi infastidiva. Avrei voluto sapere altro, avrei voluto andare oltre. Ma temevo Harry, temevo i suoi bellissimi occhi verdi, temevo di conoscere l’Harry arrabbiato, l’Harry confuso, l’Harry nervoso. Mentre dall’altro lato volevo conoscere anche quella parte.

“Voglio sapere di te.”

Harry mi chiese per la prima volta di me, quando ci avvicinavamo a Natale, i miei esami erano sempre eccellenti, e leggevamo insieme il “Ritratto di Dorian Gray”.

“Non c’è molto da spere. Sono una persona normale”
“Ma io non so niente. Quanti anni hai? Cosa fai nella vita? Da dove vieni? Studi? Ci sono tante cose che vorrei sapere”
“Beh, ho 20 anni, sono al secondo anno di economia, studio al mattino e lavoro qui nel pomeriggio, sono italiana e divido un piccolo appartamentino con una ragazza finlandese. Ho pochi amici, molti conoscenti e… ah si ho una mente elastica. Tu invece? Chi sei tu Harry?”
“Beh ho 21 anni, vengo da un paesino inglese e mi sono trasferito a Londra perché voglio fare l’artista, ma per ora canto.”

Cantava, e doveva avere anche una bellissima voce.
Harry parlava raucamente, aveva una voce cadenzata e gradevole, e negli incontri occasionali di quei mesi avevo imparato a capire dal suo tono quando scherzava e quando invece diceva sul serio.
Avevo anche imparato che ad Harry dovevano piacere molto le felpe e i maglioni larghi e che le Ray-Ban gli stavano proprio bene.
La conversazione era finita lì e avevamo continuato con la nostra lettura, felici della nostra nuova conquista.
Non parlavo facilmente di me, e Harry lo aveva capito, sembrava capire tutto.
L’appartamento, invece, giorno dopo giorno assumeva sempre di più le fattezze di un campo di guerra. L’ordine non era uno dei miei pregi. Per nulla uno dei miei pregi. E Sarah non era da meno. Ma quella nostra confusione aveva un senso. Decisi che prima che Nick e Sarah rientrassero per concludere la loro serata avrei dovuto chiamare i miei che non sentivo da alcuni giorni. Sapere che stavano bene mi faceva sentire bene. La nostalgia si faceva sentire. Non avevo mai amato il paese in cui ero cresciuta, mi era sempre stato troppo stretto. Mi ero abituata nei miei viaggi studio alla grandezza della città, alla loro diversità. Mi ero adattata troppo in fretta a qualcosa che non mi apparteneva e ritornata a casa, restavo delusa da quello che mi si riparava davanti.

Quella sera il campanello suonò più volte, ripetutamente e una volta aperta la porta trovai sulla soglia una Sarah piuttosto eccentrica ed un Nick piuttosto sorridente, quei due stavano iniziando a piacersi più del dovuto. Li sentivo la mattina dopo aver fatto l’amore coccolarsi. Sentivo Nick alzarsi e prepararle un thè caldo, mentre Sarah si rivestiva ed apriva la finestra di camera sua. Nick rientrava e mentre lei beveva sentivo il fumo della sigaretta di Nick invadere la casa, perché il vento qui è quasi sempre contrario. Erano un quadro di instancabile dolcezza. Desideravo per me qualcosa di dolce come la loro relazione. Sarah aveva avuto molti ragazzi prima di Nick, poi era arrivato lui e nessun era più entrato in casa nostra. Nessuno se non Nick.

Io non avevo mai avuto un ragazzo. Avevo 20 anni e non avevo nemmeno mai baciato qualcuno. Ero sempre rimasta in disparte. Avevo guardato da lontano gli altri vivere la propria vita, mentre cercavo di mettere ordine nella mia. Quando tutti pensavano al sole, al mare e alle vacanze, io non facevo che cercare di capire come darmi un senso. E mi incolpavo. Incolpavo me stessa per non essere abbastanza, per non riuscire ad essere qualcosa. Allora cercavo di compiacere i miei genitori, ho concentrato i miei interessi negli studi, finendo col diplomarmi col massimo dei voti e collezionando una serie di lunghe insufficienze in campo amoroso. Durante l’adolescenza, impegnata com’ero sui libri, non avevo risentito molto di questa mia “inesperienza”. Effettivamente mi importava poco. Ora invece ne ho quasi vergogna. Mi viene da pensare: “Se mai dovessi avere un ragazzo, come dovrò comportarmi?”.
E non è una domanda del tutto insensata. Questa cosa non mi fa sentire a mio agio e allontana ancora di più quella che potrebbe essere la possibilità di una futura relazione. E ho timore. Ho il timore di non poter mai amare. E mentre guardo Nick e Sarah amarsi come non mai, un magone di tristezza mi assale per aver mandato al diavolo gli anni più belli della mia vita, e per star continuando a buttare nel cesso anche questi che mi rimangono. Finirò col svegliarmi un giorno vecchia e sola, con una bella casa, un cane, un focolare caldo e nessuno con qui dividerlo.

È sabato pomeriggio e dalle strade limitrofe alla vecchia biblioteca provengono voci allegre.
Sono le 17 h e in strada a quest’ora si ammassano sia signore pronte per spettegolare con le amiche davanti ad un the caldo sia i ragazzi del liceo che iniziano ora la loro uscita del week-end. Io invece mi limito a stare qui. E oggi non ho la forza nemmeno di leggere. Perché tutto mi sa d’amore. E tutto mi sa di qualcosa che non ho. E vorrei distrarmi. E vorrei mandare tutto all’aria per un attimo. E vorrei poter ritornare indietro. E vorrei che un ragazzo entrasse da quella porta e mi baciasse. E vorrei tante cose. Ma da quella porta entra “solo” Harry.

“Salve!” ed oggi è più felice. Ha le fossette ben visibili e gli occhi lucidi.

“Ehi” rispondo di mio malgrado, mentre Harry prende posto proprio di fronte a me e una strana idea mi balza per la mente.
“Harry posso chiederti una cosa?” lui alza distrattamente il capo dal libro che stava leggendo, mentre non credo di riuscire ad avere il coraggio di dire quello che sto pensando. Lui annuisce col capo e rimanendo in silenzio lascia che sia io a parlare per prima.
“Harry.. tu.. si insomma tu.. mitroviattraente?” e gli occhi di Harry si dilatano leggermente, mentre un nuovo sorriso gli apre il volto.
“Sei molto carina. Perché?”
“Perché sono carina Harry? Se mi incontrasti in strada così, per caso, mi noteresti? Non voglio sembrarti isterica ma è perché nessuno mi ha mai notato finora. E allora non capisco. Forse ho qualcosa che non va nel mio viso, o forse le mie cosce sono veramente troppo grosse, eppure sono a dieta. Ho perso 2 kg sai? E continuo ad andare a correre al mattino. Vado anche molto bene all’università, mi reputo una persona intelligente ma allora perché nessuno mi nota Harry? Perché nessuno lo fa? Perché nessuno si interessa mai ad Emma? È il mio accento forse? Sono italiana che ci posso fare. Ma il problema è che neanche in Italia nessuno mi guardava Harry. Perché nessuno mi guarda? Harry? Eh tu lo sai? Se lo sai devi dirmelo..”

Le lacrime ormai mi solcavano le guance e le frasi a tratti venivano spezzati dai singhiozzi, e mi odiavo perché mi ero abbandonata in uno sfogo così banale e vergognoso davanti ad uno dei ragazzi più carini che avessi mai incontrato e soprattutto davanti ad un ragazzo che conoscevo ben poco. E mi vergognavo maledettamente di quello che Harry avrebbe allora potuto pensare di me. E cercavo di asciugarmi le lacrime con la manica del maglioncino. Il mascara era sicuramente colato, e dovevo aver assunto le sembianze di un panda.

Ma Harry doveva essere un tipo coraggioso, perché alzatosi girò il bancone e puntando gli occhi diritti nei miei iniziò silenziosamente ad asciugarmi le lacrime coi pollici. Le mandava via una ad una. E sentivo che non mi stava giudicando, in quel momento mi stava capendo e mi stava consolando. E gli ero grata. D’un tratto iniziò a cantare. E quello fu il colpo decisivo. La sua voce era straordinaria. Se fossi stato un agente avrei puntato tutto su di lui. Leggermente roca, ma forte la sua voce mi cullava. E quelle parole, sembravano scritte per me.

“I know you’ve never loved the sound of your voice on tape
You naver want to know how much you weight
You still have to squeeze into your jeans
But you’re perfect to me”

E avrei voluto baciarlo.
Avrei voluto avvicinarmi al suo viso e poggiare le mie labbra sulle sue. Avrei voluto toccare i suoi capelli, infilarli tra le mie dita. Avrei voluto sentire il suo profumo addosso e il suo respiro sul collo. Invece rimasi lì a guardarlo mentre cantava. A desiderare che restasse ancora lì a lungo. Ma non lo fece. Risvegliati dalla suoneria del suo cellulare Harry scappò via. Lasciandomi lì con una marea di pensieri nuovi. Non ero stupida e sapevo che Harry non aveva nessun interesse nei miei confronti. Nelle sue visite ormai regolari alla biblioteca avevamo parlato poco di noi. E oltre a lunghi sguardi non eravamo mai andati oltre. Questa era stata la prima volta, per me in assoluto, che ci eravamo spinti oltre. Oltre quel confine di convenzionalità che si era istaurato nel nostro starno rapporto tra una pseudo biblotecaia e il suo pseudo cliente. Harry non aveva mai portato via un libro. Ogni volta leggeva quel che doveva leggere lì, sullo sgabello difronte il mio banco. Quello che era ormai divenuto il suo posto.

E proprio l’insufficienza di parole scambiateci mi rendeva impossibile decifrare la sua personalità. All’inizio quando si era presentato due mesi prima, mi era parso come un ragazzo molto sicuro di sé. Come uno di quelli dalla personalità spinta, forte. Uno con pochi peli sulla lingua. Insomma il contrario di me. Col passare del tempo e l’aumentare delle sue visite le cose erano cambiate. Harry parlava molto meno, e leggeva molto di più. A volte invece semplicemente entrava si sedeva e stava in silenzio a meditare. Sentivo che per lui quelle quattro mura impolverate erano divenute ormai un rifugio. Ma da cosa? Da cosa scappi Harry? Fatto sta che per le tre settimane a venire, Harry non si presentò nemmeno una volta. E la cosa mi fece male.

POV Harry

Essere impegnato con il mini tour natalizio comportava un dispendio di energie che ogni volta mi sorprendeva sempre più. Non riuscivo mai ad abituarmi al Natale fuori casa. Non ero mai stato un tipo legato alle tradizioni, e si vedeva. Ma la lontananza da casa, da mia madre e da mia sorella mi facevano sentire la voglia di riavere quegli attimi della mia infanzia. Ora che non potevo più.

I libri di Emma mi avevano fatto ritornare indietro almeno in parte. Ero entrato per caso in quel negozio dimenticato dal mondo, fuggendo da uno stormo di fan che mi avevano riconosciuto durante una delle mie uscite in incognito. Lo facevo da un po’ di tempo oramai. Uscivo per le strade di Londra, cercando di non farmi riconoscere per essere per un attimo Harry e non Harry Styles dei One Direction. E mi riusciva. O almeno mi era riuscito fin a quel giorno.

Quando entrai, studiai dapprima il luogo desolato e quando dietro al banco trovai una ragazza che poteva avere più o meno la mia età, temetti. Avevo paura che potesse riconoscermi. Ma non lo fece, restò lì a guardarmi per qualche secondo, ma credo che il tutto fosse semplicemente dovuto alla mia presenza e non di certo alla mia persona.

Emma non era riuscita a suscitarmi niente. Era indubbiamente una bella ragazza, ma nel complesso si rendeva anonima. I grandi occhi azzurri si perdevano nel viso ovale dalla larga fonte. Le labbra grosse e carnose erano ricoperte da un rossetto nude che le faceva mimetizzare col suo colorito pallido. Aveva un bel seno. Proprio un bel paio di tette, ma tutto scompariva nel suo metro e cinquanta, fatto di tante curve. Aveva bei particolari, ma se non stavi lì a guardarla e a fissarla, Emma diventava invisibile.

Le lacrime dell’ultima volta mi avevano fatto male.
Perché Emma sapeva. Aveva capito che anche per me lei era trasparente.
E piangeva. Piangeva per non essere abbastanza. Piangeva per se stessa.
Emma piangeva e io cantavo.
La scena tragica di un film tragico. Invece non eravamo altro che due pseudo sconosciuti che si facevano compagnia. Io leggevo, lei leggeva. Ed era ok. Ora invece temevo che volesse di più e pensai che forse era meglio non tornare in quel mondo di libri.
Forse era meglio non rivedere Emma.

Angolo autore
Salve.. sono tornata il prima possibile. volevo dedicare questo capitolo a ccristina_98 perchè mi segue con un assiduità così affettuosa da commuovere. E' un piacere sapere del suo interessamento e di anche tutti coloro che seguono in silenzio. Non siete in molti, ma ci siete comunque. E vi ringrazio anche per questo.
Spero di pubblicare nuovamente quanto prima.
Grazie mille
V

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Capitolo 4
*** 3 ***


Era la viglia di Natale e avrei voluto tremendamente tornare a casa, ma avrei avuto una sessione nel prossimo mese e dovevo studiare e molto. Sarah era tornata in Finlandia e Nick in vacanza con i suoi. Paradossalmente erano le uniche persone che conoscevo a Londra.
In realtà c’era anche Harry, ma non lo rivedevo dal giorno del mio pianto isterico. Ed era colpa mia. Mi ero spinta oltre e lui era scappato. Ora avrei trascorso il mio primo Natale da sola.
Decisi quindi di uscire, indossare il più pesante dei miei cappotti e girare per le strade innevate della città. Sarei riuscita ad esorcizzare almeno in parte il tempo. Magari avrei preso un caffè. E perché no, mi sarei fatta anche un regalo.
Il lavoro alla biblioteca era ben retribuito. Grazie allo sconto universitario che avevamo ottenuto, i costi dell’appartamento erano molto bassi.
Non che avessi mai avuto bisogno di soldi, ma avere un gruzzoletto da parte e qualcosa di tutto mio mi faceva sentire, anche solo per un attimo, indipendente. Ero cosciente di non esserlo. I miei genitori continuavano a pagarmi l’università e a mandare soldi tutti i mesi.
Inizialmente li avevo rifiutati, ma erano stati irremovibili. Avevo finto per accumularli sul mio conto in banca. Glieli avrei restituiti sicuramente. I soldi del mio lavoro bastavano ed avanzavano per mantenermi, soprattutto quando davo anche, occasionalmente, lezioni di italiano a qualche abitante della zona.
Non avevo una vita sociale qui in Inghilterra e poche volte ero uscita con Sarah quindi non avevo neanche come spenderli.
Natale mi era sembrata un’ottima occasione. Percorrendo i vicoli della città, mi avvicinai sempre di più ad una zona periferica e vi trovai una piccola caffetteria di quelle attraversate e corrose dagli anni e di fronte un parchetto, tutto imbiancato e privo di visitatori. Ordinai un caffè d’asporto e pensai che il modo migliore sarebbe stata consumarlo all’aperto. Su una di quelle belle altalene, col gelo a graffiarmi le guance e l’umidità ad impregnarmi le ossa. Ma in prossimità delle altalene, un passo sbagliato su un tratto di strada ghiacciato mi fece capitolare in terra.
Avevo il sedere dolorante e bagnato e il mio maglione imbrattato di caffè nero bollente.

“Signorina tutto bene?” avevo riconosciuto quella voce e mi sembrava impossibile.
Non c’eravamo rivisti da allora eppure le mie orecchie si erano da subito abituate alla voce di Harry.

“Emma? Che ci fai da queste parti?” a quanto pare non si era dimenticato di me.
 
“Harry. Io stavo passeggiando. Tu invece sei della zona?”
“Io, beh, non proprio. Come stai? Insomma da quella volta come stai?” a quanto pare Harry ricordava bene l’ultima volta che c’eravamo visti anche se avevo sperato con tutto il cuore che se ne fosse dimenticato. O meglio ancora che quel momento non fosse mai esistito.

Nel frattempo mi ero rialzata e col viso accaldato cercavo di rimuovere il ghiaccio dal sedere e il caffè caldo dal maglione. Un’impresa impossibile. Dallo sguardo divertito che Harry mi aveva lanciato, doveva essere anche una scena molto buffa.

“Per quella volta, mi dispiace. Non avrei dovuto incasinarti la testa con i miei problemi. Inoltre non sono riuscita nemmeno a ringraziarti.”
“Non è stato niente”.

Eravamo seduti fianco a fianco sulle due altalene, dondolavamo con lo stesso ritmo cadenzato. Avanti e indietro con leggerezza e malinconia. Cullati dalla brezza e dai canti natalizi in lontananza.

“Cosa fai stasera?” la domanda improvvisa di Harry mi colse di sorpresa.
“Io credo che andrò a dormire… non sono potuta rientrare a casa e la mia coinquilina e via… quindi si andrò sicuramente a dormire… “ 
"Vieni da me. Passa con me il Natale. I miei coinquilini sono via e i miei sono in vacanza. Vieni da me. Saremo soli insieme.”
E quella richiesta non mi dispiacque. Avrei trascorso volentieri il mio Natale da sola insieme con lui. Accettai con una cenno del capo e lui sorrise. Come la prima volta che ci eravamo visti. Mentre camminavamo tra la gente, il suo cappuccio era alzato sul viso e le nostre mani a tratto si sfioravano. Il tragitto verso casa sua fu silenzioso e illuminato dalla luce lunare.
Harry abitava in bel quartiere e in una casa bella grande, mi chiesi come fosse possibile mantenerla col suo stipendio d’artista emergente. Harry armeggiava con le chiavi di casa, quando alzai il volto verso la luna, che splendeva: bella tutta tonda nel cielo di Londra.
Quanti notte di lune storte avevo sopportato fino ad allora. E ora era arrivato Harry e mi piaceva. Dovevo ammettere che questo ragazzo che conoscevo appena mi piaceva e molto.
La casa aveva uno stile moderno. E c’erano strumenti musicali ovunque.

“Non sei il solo ad avere la passione per la musica?”
“Si nota eh? In realtà ci piace fare musica, a me e ai miei coinquilini intendo… Ora se vuoi farti una doccia, puoi usare il bagno di Liam. È il più pulito. Insomma è quello che più di tutti ha l’aspetto di un bagno. Ti faccio trovare un ricambio in camera. Nel frattempo anche io mi do una sciacquata”.

Chiunque fosse questo Liam doveva essere una persona ordinata e puntuale. Tutti gli oggetti erano ordinati in scale di colore o di altezza. E pensai che non mi sarebbe dispiaciuto fare lo stesso con la mia di camera, consapevole però che di lì a due giorni sarebbe ritornato il mio caos.
Uscita dalla doccia, con la pelle ancora umida iniziai ad indossare il ricambio portatomi prima da Harry. Dovevano essere suoi perché riuscivo a sentirvi addosso il suo profumo di fresco, d’estate. La T-shirt era enorme e mi arrivava fin sotto le ginocchia, mente i pantaloni da basket calzavano come un pinocchietto. Difficilmente riuscivo a farli stare su. Privata delle mie scarpe alte, tutte zuppe d’acqua mi sentivo impotente. Il mio aspetto non era certamente dei migliori. Uscita da quella stanza mi avviai verso il salotto dove prima Harry mi aveva lasciato, ma nel corridoio incontrai proprio lui.

Un Harry mezzo nudo, mezzo bagnato e con solo un asciugamano a coprirgli la vita. E non potei non notare i numerosi tatuaggi che percorrevano il suo corpo, soffermandomi sulle due grandi rondini che gli sovrastavano il petto e la farfalla che aveva proprio sullo stomaco in prossimità del ventre. Oltre agli addominali.
Harry aveva un corpo stupendo. I fianchi erano leggermente arrotondati. Sembravano fatti per essere stretti tra le mani. Solo una mano dal cielo mi permise di distogliere lo sguardo e di non mostrarmi, quindi, ai suoi occhi come una ninfomane.

“Ehi dammi il tempo di rivestirmi e sono da te, ma inizia pure ad andare in cucina. Fai come se fossi a casa tua, anzi cerca di preparare qualcosa con qualunque cosa trovi, sto morendo di fame e non sono neanche un grande cuoco.”
“Allora sei stato fortunato, perché so cucinare molto bene” ed era vero, avevo imparato da piccola e mi rilassava stare dietro ai fornelli. La cucina era uno spazio della casa molto piccolo in proporzione al resto, segno che era una zona poco usata. E non c’era di che meravigliarsi se in quella casa vi abitassero solo ragazzi. Harry era ritornato una decina di minuti dopo, con un maglioncino a mezza manica e dei pantaloni di tuta grigi. Io avevo già cominciato ad armeggiare con dei pomodori. Avevo avuto la fortuna di trovare della pasta.

“Spero ti piaccia il cibo italiano, perché altro non so cucinare.”
“Mmm… stai bene vestita così?” mi voltai e nella sua voce c’era dell’ironia bella e buona.

“Non arrabbiarti, non volevo mica offenderti sai. È che sei molto minuta e ti sta enorme. Mi dispiace non avere nulla di più piccolo.”
“Ti perdono Harry solo perché sai essere gentile e perché è Natale”
“Natale. Non mi è mai piaciuto il Natale.”
“Oh io adoro il Natale invece. Da piccola aspettavo tutto l’anno che arrivasse Natale. Le cene in famiglia, gli addobbi sull’albero, i giochi da tavolo. A Natale si respira un’aria tutta diversa. Come fai a non amare il Natale?”
“Sono figlio di divorziati, a Natale mio padre non c’era. Mia madre cercava di presentarci uno dei suoi nuovi compagni con la scusa che a Natale si è tutti più buoni, mentre mia sorella tornava solo all’alba di Santo Stefano, ricordandosi allora di avere una famiglia. Ecco perché odio il Natale. Anche se negli ultimi anni le cose un po’ sono cambiate. Mia madre ha spostato il suo ex-compagno e nuovo marito mentre mia sorella si è data alla cucina e ora il tavolo è sempre imbandito. Ma io non posso tornare. Sono impegnato qui a Londra e allora il Natale mi fa schifo due volte”

Aveva tirato fuori quel suo sfogo in un attimo. Erano state parole che si erano seguite a raffica. Mentre io cercavo di distrarre il mio sguardo continuando a cucinare.

“Dovresti essere felice per loro, pensa a quanto è bello il loro Natale e lo apprezzerai anche se non ci sei. Io penso alla mia famiglia tutta riunita e sono felice. È il mio primo Natale lontano da loro. Avevo pensato che lo avrei dovuto trascorre da sola, eppure sono qui con te. Quindi non farà proprio schifo.”
“Ma tu pensi sempre positivo?”
“Quando posso, si.”

Harry preparava il piccolo tavolo in salotto e io scolavo la pasta. Seduti a tavola conversavamo del più e del meno.

“Questa pasta è straordinaria. Il mio coinquilino Naill l’adorerebbe. Devi cucinarla per lui quando torna dall’Irlanda.”
“In quanti siete in casa?”
“In tutto cinque ragazzi… viviamo bene, facciamo un po’ di confusione, ma alla fine troviamo sempre il modo di mettere ordine.”

Più parlava e più sfumature di Harry carpivo. Era un ragazzo allegro, esuberante, sfacciato e con pochi peli sulla lingua, ma mi aveva anche dimostrato di essere timoroso e una parte di me era convinta di sapere ancora ben poco di lui. Mentre per quanto riguarda me gli avevo già mostrato la mia parte più debole. Sparecchiammo in fretta, mentre il cielo di Londra si colorava di splendidi fuochi d’artificio. Seduti sul divano a bere spumante io e Harry c’eravamo scambiati i nostri auguri.

“Che ne dici di fare un gioco?” proposi.
“Accetto”
“Visto che nessuno di noi ha un regalo da dare all’altro, esprimiamo un desiderio io per te e tu per me. Che ne dici?”
“Ci sto” Harry chiuse gli occhi e strinse la mia mano fra le sue, facendo intrecciare le nostre dita. Tutto comincia sempre con le mani. E quel contatto così intimo mi fece balzare il cuore. Provavo qualcosa per quel ragazzo premuroso. Un amore senza amore, un amore ancora da far sbocciare. E presi la decisione più assurda che avessi mai potuto prendere.

Mi alzai di scatto e fissai le mie labbra sulle sue.

Inizialmente Harry dovette essere sorpreso, ma poi si lasciò andare.

Stavo dando il mio primo bacio e mi ero fatta avanti io.
Io avevo baciato Harry e ora lui stava baciando me. E venne tutto così naturale.
La mia bocca che cercava la sua, il nostro respiro che si scontrava, le lingue che si toccavano.
E cominciai a pensare che quel Natale avevo proprio fatto bene a restarmene a Londra.
Avevo avuto così fortuna ad incontrare Harry, il mio primo bacio.
Harry.
Le sue mani, dietro la mia nuca, mi spingevano verso il suo viso. Le mie invece, poggiate sul suo petto, mettevano una leggere distanza tra i nostri corpi, ma le cosce si sfioravano e il caldo cresceva.

All’improvviso Harry si staccò bruscamente e mi allontanò.

“Non doveva accadere. Emma mi dispiace, tu devi aver frainteso, ma io non posso darti quello che cerchi.”
“E cosa starei cercando Harry?” i toni iniziavano ad alzarsi. Harry mi stava dando per scontata.

“Dai… Hai capito. Era il tuo primo bacio e una che bacia a 20 anni vuole qualcosa di serio e io non posso.”
“Chi ti dice che io non cerchi qualcuno con cui divertirmi soltanto?” la mia sfrontatezza inaspettata e le mie parole, molto poco mie, gli fecero sbarrare gli occhi e anche a me.

“Ems non hai mai avuto un approccio con un ragazzo, è normale che ora ti senti confusa, ma non sono interessato a te. Non sei il mio tipo. Sei una brava ragazza, ma per me sarebbe troppo. Ora dai ritorniamo ai nost..” non aspettai che terminasse di parlare.

“Che significa che sarebbe troppo Harry? Io non ti ho chiesto niente. Volevo baciarti e l’ho fatto e tu hai risposto. Chi cerca sensi nascosti qui mi sembri tu.”
“Io non sto cercando alcun senso nascosto, ora ti prego chiudiamo con questa storia. Questo Natale stava per piacermi.”
“Ma io no. Io non ti piaccio” mi alzai dal divano e mi avviai verso la porta di ingesso. Indossando il mio cappotto e armeggiando con le mie scarpe.

“Non ti chiederò di restare. Non aspettarti che lo faccia. Quando vai via chiudi fuori e non preoccuparti di restituirmi i vestiti” Harry mi stava cacciando fuori dalla sua vita.

“Lo stesso vale per te.” Ci guardammo.

E quegli occhi mi facevano male. Chiusi con forza la porta alle mie spalle, mente le lacrime mi inondavano il viso. E piansi tutta la notte. Pensavo al mio primo bacio, al mio due di picche. Pensavo alle parole dure di Harry, al suo “sei troppo per me”, e al suo “non preoccuparti di riportarmi i vestiti”, un modo gentile per dire sparisci dalla mia vita. Ma era lui ad esserci entrato. Lui era entrato da quella porta, lui aveva asciugato le mie lacrime e sempre lui mi aveva salvato da un Natale disastroso. Aveva cantato per me e come poteva pretendere che io me ne stessi lì inerme?

Sdraiata nel mio letto, con ancora addosso il profumo di Harry, pensavo alla suo tono di voce, sempre più alto e nervoso, ai suoi occhi dilatati e alle sue nocche bianche, al suo sapore, alla morbidezza delle sue labbra, ma anche ai suoi tatuaggi, ai suoi muscoli contratti dal nervoso. Pensavo ad Harry, al mio cuore che pulsava all’impazzata e al Natale peggiore della mia vita.

POV Harry

Quel bacio era stato troppo. Inizialmente non mi era dispiaciuto e le avevo risposto. Avevo approfondito io quel bacio che non doveva nemmeno esserci. Poi la mente era tornata lucida. Avevo ricordato le sue lacrime e mi ero reso conto che non potevo.
Emma era troppo per me. Troppo incasinata con se stessa, troppo fragile, troppo inesperta. Emma era l’esatto opposto di quello che cercavo. Avevo bisogno di qualcuno che mi capisse e mi consolasse. Qualcuno che non avesse problemi a stare al centro dell’attenzione, qualcuno in grado di soddisfarmi in tutti i sensi. Emma non poteva. Non ci sarebbe mai riuscita. Si sarebbe abituata ai riflettori ma poi? Quando i giornali avrebbero iniziato a sottolineare i suoi difetti? Quando le fan avrebbero iniziato a darle contro? Come avrebbe reagito Emma? Poi sarebbe stato difficile in tutto. Io non ero mai stato la prima volta di nessuno, figurati il primo bacio, il primo ragazzo. Emma portava con sé un carico enorme di responsabilità che io non potevo prendermi. Emma era veramente troppo.
Eppure sentivo di aver sbagliato. Mi sentivo in colpa. Perché un po’ forse Emma mi piaceva. Mi piacevano i suoi occhi azzurri e il suo modo di sorridere, reclinando sempre un po’ la testa verso sinistra. Mi era piaciuta anche la morbidezza delle sue labbra e il suo sapore. E il suo corpo era caldo. Tanto caldo. E la sua mano così piccola, era scomparsa tra le mie. Avevo sbagliato a mandarla via in modo così brusco, ma era stato un bene per lei. Senza di me. Stare senza di me è un bene.


“Mi sei mancata da morire… e mi sento tremendamente in colpa per averti lasciato sola a Natale. Potrai perdonami?”
“Magari se mi lasciassi respirare, potrei anche farlo…”

Sarah era appena rientrata dalla Finlandia e mi stava stritolando in un mega abbraccio. Erano passate due settimane dalla viglia di Natale. Sarah era tornata col suo carico di vestiti e di notizie dal suo vecchio paese. E ogni volta mi stupivo come in una nazione fredda e gelida della Finlandia accadessero più cose interessanti che nella mia bell’Italia. Sua madre stava per sposarsi col suo nuovo compagno e lei era felice. Felice perché, a sua detta, entrambe avevano trovato il vero amore. E non potetti che annuire. Nick era di quanto più adatto vi fosse per Sarah e insieme si completavano. Io e Harry invece non conoscevamo nemmeno i caselli vuoti da completare. Eravamo troppo estranei l’uno dall’altro e non mi sarei mai dovuta aspettare nient’altro. Ero stata stupida ed ero cascata nelle mie stupide illusioni. Infondo Harry non mi aveva mai promesso niente, Harry non aveva fatto mai nulla che potesse veramente insospettirmi. Io avevo frainteso. E magari l’avrei anche perdonato se dopo quel bacio non mia avesse trattato come un appestata. Inutile dire che non si era più nemmeno lontanamente presentato in libreria. E non mi aspettavo nulla di diverso. Lo speravo ma non era accaduto. Avevo quindi deciso di lasciar correre. Non l’avrei rivisto più in vita mia. Me ne sarei fatta una ragione. Quel musicista, tanto bello, sarebbe stato solo il ricordo della mia seconda cotta. La prima l’avevo avuta in seconda liceo, quando avevo ancora qualche chilo in più, molti più brufoli e poca maturità. Si chiamava Andrea ed era per certi aspetti fisici molto simile ad Harry. Aveva anche lui i capelli ricci ma li teneva sempre legati in una piccola coda. Gli occhi verdi non avevano nulla in comune con quelli dell’inglese se non per la determinazione. Erano più chiari e freddi e molto più piccoli. Non era molto alto, ma aveva spalle possenti e larghe e un sorriso sempre per tutti. Non ero mai riuscita a farmi avanti, pur avendone avuto la possibilità un paio di volte. Andrea si diplomò quello stesso anno e d’allora non l’avevo più rivisto.

In occasione del ritorno di Sarah avevamo deciso di cenare quella sera in un bel ristorantino italiano della zona, che lei stessa aveva scelto per farsi perdonare.
Non mi ero abbellita più di tanto. E poi sarebbe stato sempre difficile tenere il passo della mia bellissima amica.
Entrate nel locale, caldo ed accogliente, ci accomodammo in un tavolo riservato apposta per noi due. Pochi minuti dopo mentre eravamo ancora attente a leggere i menù, cominciai col sentirmi osservata. Ma in quella sala tutto filava tranquillo.
Quando il cameriere venne a prendere le nostre ordinazioni, mi sembrò impossibile. Proprio oggi avevo parlato di lui e ora me lo ritrovavo avanti.
Andrea. La mia prima cotta.

“Signorine, pronte per… ma io ti conosco? Sei italiana vero?”
“Si, andavamo a scuola insieme. Eravamo nello stesso istituto.”
“Certo, ora ricordo. Tu sei Emma. Eri in 2 A. Mi ricordo di te… lasciati salutare”

E proprio mente io e Andrea ci scambiavamo due teneri baci sulle guance, sentimmo il fragore di un qualcosa che si era riversato al suolo, e i cocci schizzare da tutte le parti.
Dietro ad un tenda che delimitava la parte in fondo della piccola sala, due occhi verdi ci spiavano, a metà tra lo sbalordito e l’infastidito.
Ma stavolta non mi sarei lasciata andare. Stavolta non avrei frainteso.
Quegli occhi non erano per me. Eppure durante l’intera serata mi senti osservata, soprattutto quando ad avvicinarsi al nostro tavolo era Andrea.

Sarah aveva voluto sapere tutto sul suo conto e soprattutto sul come facessi a conoscere un ragazzo così carino e non avergliene neanche mai parlato. Era stata dura falle capire che la mia cotta per Andrea era passata anni fa. Lei invece era sempre più convinta che mi sarei dovuta fare avanti e non farmi scappare “un pezzo” del genere. Ma non era Andrea che volevo. Il mio pezzo lo avevo già fatto scappare. E mi tremavano le braccia al solo pensarci e le gambe non mi avrebbero più retto se continuavo a pensare a lui, lì così vicino a me.
Da dove si trovava provenivano grandi schiamazzi, segno che si stessero divertendo molto.
Mentre io cercavo di restare concentrata sulle attenzioni che Andrea mi stava regalando. Andrea mi aveva notata. Non gli ero stata indifferente.
Era lì a sorridermi ogni volta che passava vicino al nostro tavolo o quando i nostri occhi si incontravano.
A fine serata, prima di andare via, sentii un urgente bisogno del bagno.
Ma fu una mossa sbagliata ed azzardata.
Non ebbi nemmeno il tempo di entrare che due labbra si erano fiondate sulle mie. Incuranti di tutto.




Angolo autore.
Salve! Volevo ringraziarvi per l'affetto crescente che dimostrate nei confronti di questa storia. Sono ritornata il prima possibile con un capitolo leggeremte più lungo. Siamo nel pieno della storia, manca ancora un po' alla fine. Ancora tanti avvenimenti e cambiamenti. Abbiamo ritovato la bella Sarah e abbiamo incontrato Andrea.
Inutile dire che ogni vostro commento e consiglio è sempre bene accetto. Soprattutto rigurado la storia Harry/Emma.
Fatemi sapere.
Un bacio
 
P.S spero di pubblicare il prima possibile

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Capitolo 5
*** 4 ***


Le sue grandi mani percorrevano la mia schiena, mentre con il suo corpo mi sospingeva sempre di più in direzione del muro, bloccandomi.
Harry in quel momento mi sembrava una maledizione.
Mi aveva mandato via. Mi aveva letteralmente “cacciato” neanche poche settimane prima, ora invece mi baciava. E lo faceva come se ne dipendesse.
Non ero riuscita a resistere, presa dalla voglia di risentire il contatto con lui, ma mano a mano che la mia parte razionale tornava a galla, capii quanto tutto fosse sbagliato. E ripendendo quella poca lucidità rimastami, lo spinsi via, facendo forza sul suo petto.

“Non farlo mai più. Quello che hai appena fatto. Non rifarlo. Non te lo permetto.”
Stava lì in silenzio, proprio ora che chiedevo delle risposte, Harry se ne stava in silenzio. Con gli occhi fissi nei miei.

“Non ne hai il diritto Harry. Non puoi venire qui e baciarmi e poi andartene. Non con me.”
“Lui può?”
“Lui chi?” chiesi sbalordita.
“Il cameriere.”
“Sei geloso?”
“Io non sono geloso. Puoi fare quello che vuoi.”
“Io non ti capisco.”
“Non ti sto chiedendo di capire. È semplice. Volevo baciarti e l’ho fatto. Anche tu l’hai fatto. Ricordi?” i toni iniziavano ad alzarsi.

Avevo capito un’altra cosa di Harry.
Non era una persona calma. Quando perdeva la pazienza, iniziava a sbraitare prima tra sé e sé, poi la voce si alzava e iniziava a gesticolare, si passava nervosamente le mani tra i capelli, si toccava la bocca con l’indice e stringeva le nocche.

“Beh non farti più venire la voglia.”

E detto questo cercai di andarmene, ma lui mi trattenne per un braccio. La sua presa sul mio polso era forte, arrogante. A tratti faceva male, ma non riuscivo a capire se facesse più male al mio corpo o al mio cuore. Sentire il suo calore sulla mia pelle mi faceva bene, ma la mia testa continuava a ripetermi che era sbagliato. Avrei finito per illudermi di nuovo.

“Ma ti è piaciuto. Lo sentivo. L’ho visto. Non ti sono indifferente”
“Sai benissimo di non essermi indifferente. Non cambio idea così in fretta, ma non sono stupida. So quando qualcosa deve essere allontanato. E tu sei qualcosa che ho capito che deve essere tenuta ben lontana.”
Con forza mi liberai dalla sua presa e ritornai al mio tavolo, dove Sarah mi aspettava.

“Ehi ci hai messo molto… ma Emma va tutto bene?”
“Possiamo andare via? Ti prego Sarah, torniamo a casa.”
“Certo” volevo andarmene via.
Non volevo scoppiare a piangere davanti a lui, ne davanti ad Andrea. Sarebbe stata un’umiliazione troppo grande da sopportare.
Harry stava iniziando a farmi male seriamente. Mi stava prendendo troppo.
Salutai velocemente il mio connazionale. Ci scambiammo i numeri con la promessa di sentirci per un caffè prima o poi, o almeno appena uno dei due avesse avuto del tempo libero e magari nel mio caso anche la testa.
Fuori dal piccolo locale, una schiera di paparazzi aspettava, in attesa di qualche famosa star.
Il tragitto fino all’appartamento si svolse in un religioso silenzio.
Era la calma prima della tempesta.
Sarah mi avrebbe riempito di domande, e forse per una volta ero anche felice di risponderle. Avevo bisogno di parlarne con qualcuno. Sapevo cosa significava avere una cotta, pur non avendo mai avuto un ragazzo.
Andrea era stata la mia prima cotta, ma mi ero dimenticata in fretta di lui. Quando andavo al liceo, ero felice di incontrarlo per i corridoi, di ammirarlo da lontano, ma non lo desideravo, non sentivo la necessità di averlo. E poi mi bastava impegnare la testa in qualsieasi compito per obliviarmi da lui.
Harry non era così. Sentivo la necessità di Harry. Lo volevo. Volevo il suo respiro sul collo, volevo le sue mani sulle mie, volevo sentire la sua voce cantare per me di nuovo, la sua risata… Harry.
Proprio non riuscivo a dimenticarlo. Neppure quando studiavo. Il suo pensiero era fisso. Mi addormentavo pensando a lui e mi risvegliavo con il suo volto in mente. Harry stava diventando un’ossessione.
E più lo volevo e meno lo avevo. Eppure la mia mente continuava a ripetermi quanto tutto questo fosse sbagliato.
Harry per me non provava nulla. Nulla.
Il nostro rapporto non era neppure definibile.
Quando esternai tutti i miei pensieri a Sarah, raccontandole tutto, da quello che era appena successo al ristorante alla cena di Natale.

“Non credo proprio che tu gli sia indifferente. E se dovesse farsi avanti, beh buttati. Cosa aspetti? Emma tu sei una persona fantastica. Il fatto che tu non abbia mai avuto alcun tipo di rapporto con l’altro sesso, è perché tu non l’hai voluto. Hai visto come ti guardava quell’Andrea? Ti ha letteralmente spogliata con gli occhi. Sai che ti dico, se questo Harry non si decide, allora manda al diavolo questo stupido-freddo inglese e buttati nel braccia di quel bel pezzo di manzo. Italians do it better! Dovresti saperlo meglio di me”.
“Oddio. Sarah... perché finisci col parlare sempre di sesso?”
“Perché il mondo gira introno a tre cose: Amore, Sesso e Soldi. E se li hai tutti e tre, sei, a tutti gli effetti, la persona più fortunata della Terra.”
“Che ne dici di una cioccolata calda e di un filmino? Niente romanticismo però” proposi. 
“Ci sto. Tu scegli il film, io preparo la cioccolata”

La chiacchierata con Sarah mi aveva fatto stare bene. Avevo proprio bisogno di un’amica e lei era lì per me. Mi vennero in mente le mie amiche. Era un bel po’ ormai che non le sentivo. Mi mancavano. Mi mancava casa mia. Mi ero abituata all’Inghilterra, a Londra, ma casa mia, era casa mia.
Mi mancavano i miei genitori, mia sorella e per quanto qui vi fossero Sarah, l’università e ora anche Harry, a volte sentivo il bisogno di scendere in strada, di trovare il sole altro nel cielo e di poter parlare italiano. Proprio in quell’attimo il mio cellulare vibrò.
Era un messaggio. Per un attimo sperai che fosse Harry che pentito delle sue azioni mi mandasse chissà quale messaggio di scuse. Poi mi ricordai che Harry non aveva neanche il mio numero.
Era Andrea. Il messaggio diceva: è stato bello incontrati. Sentiamoci. Mi manca parlare italiano. Andrea.
Forse avrei dovuto veramente buttarmi con lui. Harry non mi dava certezza. Non sapevo mai cosa gli passava per la testa.
Non sapevo nulla di lui. Solo che si chiamava Harry, che aveva 21 anni, che faceva il musicista e che condivideva una bella casa con 4 ragazzi. Ma sapevo anche che Harry adorava stare in silenzio a riflettere quando aveva la mente confusa di idee. Sapevo che gli piaceva ridere e che la sua risata era uno dei suoni più belli che avessi mai sentito. Sapevo che era gentile, che sapeva consolare le persone. Sapevo che era un buon amico. Sapevo anche che era meglio non farlo arrabbiare, che odiava dare troppe spiegazioni, che era una persona impulsiva e che sapeva farmi del male, molto male. Aveva una lingua tagliente e non si faceva problemi ad usarla.

Andrea era l’esatto contrario. Lo avevo conosciuto un po’ durante gli anni del liceo e non a caso era uno dei ragazzi più corteggiati. Era sempre gentile con tutti, non perdeva mai le staffe, anche nelle situazioni più complicate. Ricordo come riusciva a coordinare con facilità e tranquillità le assemblee studentesche. E poi Andrea mi vedeva come una ragazza. Mi aveva notato. Mi aveva cercata.
Andrea era adatto a me. Io mi sarei adattata a lui.

Pov Harry

Avevo perso le staffe. L’avevo vista entrare in quel ristorantino con una bionda ossigenata ed immaginai che fosse la sua coinquilina finlandese di cui mi aveva parlato. Era una ragazza bellissima, ma i miei occhi erano concentrati su Emma.
Da quando era andata via quella sera, non avevo smesso di pensarla. Non l’avevo mai vista come la vedevo ora. Come se fosse sempre stata al buio e ora fosse illuminata da un fascio di luce. Avevo da subito notato i suoi bei dettagli, ma ora riuscivo ad apprezzarli tutti. E mi maledicevo per averla lasciata andare quella sera.
Avrei dovuto trattenerla. Le sue curve erano fasciate da un vestitino grigio, morbido e dal collo altro.
Dei leggins neri coprivano le gambe formose che tanto avrei voluto intrecciare con le mie. Avevo una maledetta voglia di lei.

“Harry cosa stai guardando? Mazza la bionda le darei proprio un colpettino”
“Niall… non era Harry il pervertito della situazione? E poi l’altra è più sexy. Io mi farei lei.”
“O magari pensi alla tua ragazza e ti fai i cavoli tuoi, che dici?”

Ok forse avevo leggermente esagerato con Zayn. Ma cavolo. A detta di Emma era stata insignificante per tutti questi anni. Ora invece sembrava che spruzzasse sesso da tutti i pori. Una calamita per gli uomini.
Non terminai neanche di formulare questo pensiero che il cameriere che ci aveva accolto all’entrata le stava baciando le guance.
Chi era ora?
Lasciai scivolare a terra il bicchiere che avevo in mano, e non mi scostai quando il suo sguardo si fissò nel mio.
Volevo che sapesse che ero lì. Che la stavo osservando e che non mi sarei tirato indietro.
Raggiunsi l’apice della stoltezza quando la seguii in bagno, quando la baciai.
Mi resi conto che mi era mancata. Le sue labbra mi erano mancate. Un solo bacio era stato capace di distruggermi la mente. Non mi sarei aspettato di essere respinto, ma l’aveva fatto. E quando mi accusò di essere geloso, avrei voluto rispondere “Si, certo che sono geloso”. La gelosia mi stava corrodendo le ossa. Mi stava facendo impazzire, relegato a quel tavolo. Se non avessi fatto qualcosa e subito, sarei stato capace di alzarmi e correre da lei, per allontanare quello sbruffone da lei. Ma ancora una volta però mi ero comportato da stronzo e l’avevo lasciata andare via.
C’erano troppe cose che Emma non sapeva, troppe cose che avrebbe potuto non accettare. Mentre io avevo paura. Perché non avevo mai provato nulla del genere per nessuno: gelosia, preoccupazione, eccitazione, necessità.
Necessitavo di Emma, ma lei avrebbe mai avuto bisogno di me. Mi avevo detto che non gli ero indifferente, ma anche che ero sbagliato. Prima mi sarei tolta Emma dalla testa prima avrei potuto ritornare alla mia vita di prima.


POV Emma

 Il giorno dopo mi recai a lavoro stanca ed assonnata. Avevo ripensato ad Harry per tutta la notte. Avevo cercato di decifrare quel bacio, ma non sembravo trovare una risposta. Seduta dietro il banco delle biblioteca, leggevo nervosamente e saltando a volte anche intere frasi o pagine, ma Orgoglio e Pregiudizio era un libro che avevo letto così tante volte. La dichiarazione d’amore di Darcy per Liz era sempre nuova e mai scontata.
Aveva fatto innamorare milioni di ragazze, di tutte le generazioni e di tutte l’età. Aveva fatto innamorare anche me.
Lo sbattere della porta mi aveva fatto sobbalzare, immersa com’ero ad immaginarmi abbracciata al bel Mr.Darcy mentre passeggiavamo per i campi di grano.
Qualcuno di spalle ormeggiava con la serranda che venne calata in un attimo e portò il buio quasi totale nella stanza.
Prima che la luce solare andasse via avevo però potuto riconoscere le sue spalle larghe.
Harry.
Ero ritornato dopo appena 10 ore dal nostro ultimo incontro. Ora come ora, non sapevo cosa potesse mai volere da me.

“Io.. Ho sbagliato. Ok? Mi dispiace. Non dovevo correre lì e baciarti senza il tuo consenso. Ma non ce l’ho fatta. Mi capisci?”

No, non lo capivo. Non riuscivo a capire. Non potevo capire. Il suo comportamento non coincideva con le parole che mi aveva detto. Diceva di non volermi, che ero “troppo”, che aveva bisogno d’altro e poi mi baciava. E poi non riuscivo a pensare con lucidità con le sue mani sulle mie spalle e il suo viso così vicino al mio. Sentivo il suo respiro sulle mie labbra.

“Emma io… io sono più complicato di quanto possa sembrare. Ci saranno cose di me che odierai. Emma probabilmente odierai anche me. Negli ultimi 3 anni ho dormito con così tante donne da perdere il conto. Tu non hai mai avuto un ragazzo, io invece non ho mai amato. Sono stato con tante, ma non sono riuscito a farmi neanche lontanamente attirare da qualcuna. Con te invece è tutto dannatamente diverso…”

Harry aveva parlato tutto d’un fiato ed io avevo ascoltato in silenzio. Con le grandi mani mi aveva spinto a terra. Eravamo seduti uno di fronte all’altro. Più vicini di quanto lo fossimo prima. Quando riprese a parlare, Harry aveva abbassato la voce di due o tre toni. Sussurrava.

“Ho bisogno di te. Ho un dannato stramaledetto bisogno di te. Mi dispiace e se potessi te lo ripeterei all’infinito. Ora di qualcosa, ti prego.”

Non sapevo cosa dire. Le parole di Harry mi erano entrate dentro.
Lui aveva bisogno di me. E io, beh io avevo sempre voluto lui. Avrei voluto così tante cose. Avrei voluto che Harry sapesse tutto quello che passava per la mia testa, tutto quello che aveva passato la mia testa in quei giorni, da quando per la prima volta era entrato nella mia vita. Ma non dissi nulla.
Mi allungai verso di lui e circondai le mie braccia intorno al suo torace. Harry aveva il cappotto infreddolito ancora dall’aria di gennaio.
Lui fece lo stesso con me, mi circondò col suo abbraccio e mi accoccolai su di lui. Quel momento era dannatamente perfetto.
Harry mi stringeva forte, come se da un momento all’altro potessi scomparire.
Con una mano mi alzò il viso. I miei occhi erano puntati nei suoi era il famoso momento prima di un bacio.
Lo stavo vivendo per la prima volta e solo ora riuscivo a capire perché fosse così apprezzato. In quell’attimo nulla aveva importanza. Il perché fossi lì, il perché lui fosse lì con me. Non mi importava.
Lui era lì con me e volevo solo le sue labbra sulle mie. Era un attimo di profondo desiderio. Harry accontentò presto le mie richieste. Fu tutto straordinariamente perfetto. Il mio primo vero bacio. Io baciavo lui e lui baciava me. Il suo profumo mi inebriava, le sue mani percorrevano lente la mia schiena mentre mi sospingeva di più verso il suo torace. Con il suo corpo mi sovrastava. Le mie mani si erano intrecciate ai suoi capelli. Era il mio momento perfetto. Restammo lì a lungo, così tanto da perdere la cognizione del tempo. Eravamo lì a respirarci sulle labbra. Non avevamo bisogno di parole. Questo ci bastava.

POV Harry

Non avevo dormito tutta la notte. Avevo pensato a lei. Pensavo a Emma. Ai suoi occhi azzurri, alle labbra carnose, al suo profumo di casa.
Emma era la mia casa qui a Londra e solo ora me ne rendevo conto. Prima quel cameriere, poi le parole di Zayn e avevo capito che chiunque poteva venire lì e portarmela via. Perché Emma era bella, ed ero stato uno stupido a non notarlo prima.
Ora che invece temevo di perderla, l’avevo vista veramente.
A Natale mi era sembrata una bellissima ragazza con una marea di problemi, ora era solo Emma. Ed io avevo bisogno di Emma. Avevo trascorso la notte vagando per la casa.
Aspettai con ansia il mattino. Avrei voluto correre sotto casa sua e gridarle quanto ero stato stronzo. Alla fine ero corso in libreria.
Per dirle tutto quello che mi era passato per la testa. Per dirle che lei era quel “troppo” sufficiente a colmare quel vuoto che prima c’era e che scompariva ogni volta che ero con lei.
Volevo viverla. Volevo vivermi quella ragazza italiana che mi aveva apprezzato per quel che ero. Senza indugi.
Emma voleva Harry e io ero bene sicuro di volere lei. In quella stanza buia che ci aveva visto insieme per la prima volta, mi stavo mettendo in gioco.
Le stavo rivelando i miei dubbi ed ero pronto ad impegnarmi, ad avere una relazione stabile.
Ero pronto a dedicarmi a lei, a conoscerla. Gli avrei presentato i miei amici, gli avrei tenuto la mano tra la gente, l’avrei stretta tra le mie braccia e baciata ogni volta che volevo e magari se tutto fosse andato bene le avrei presento anche mamma e Gemma. Ma ora non riuscivo che pensare a lei e al nostro bacio.
Le avrei raccontato di Styles e dei One Direction un’altra volta. Avevo paura di essere rifiutato. Per la prima volta il mio status di cantante di fama mondiale mi creava problemi con una ragazza.
Emma era diversa. Lei non apprezzava né i riflettori né lo stare al centro dell’attenzione.
Emma era proprio come la piccola libreria in cui lavorava: nascosta, isolata, impolverata, ma anche così ricca proprio come quei libri che leggevamo insieme. Il nostro primo vero bacio fu quello che avevo sempre desiderato. Ero uno di quei baci di cui non puoi parlare con i tuoi amici, perché ne sei geloso, perché vuoi che sia solo tuo, perché quando inizi a farti prendere da una persona desideri che i suoi occhi non incrocino mai quelli di nessun altro, perché potrebbero portartela via.
Questo bacio era quel genere di bacio che ti fa sentire felice. Quel genere di bacio che non avrei dimenticato facilmente. Quel genere di bacio che desideri non finisca mai. Quel genere di bacio che ripeti e ripeti ancora finché non hai le labbra arrossate, la mandibola stanca e il respiro corto ed affannato. Ecco Emma era quel genere di bacio.



Angolo autore

Salve! Sono ritronata il prima possibile con un capitolo che come contenuto è uno dei miei preferiti, ma sento di non essere riuscita a dargli, formalmente, almeno una parte, di quello che avevo immaginato nella mia testa. Ogni volta è sempre un piacere vedere in quanti leggete la mia storia. Vi ringrazio di cuore. 
Prima di inizaire con l'università (sono entrata =D ) mi piacerebbe pubblicare un nuovo capitolo. Spero di fare il possibile.
Baci
V

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Capitolo 6
*** 5 ***


Da quando Harry era entrato a far parte della mia vita molte cose erano cambiate. Non andavo più a correre al mattino perché le mani di Harry sui miei fianchi non li facevano sembrare poi così grossi. Ci frequentavamo ormai da un bel po’. Harry veniva puntale ogni giorno in negozio e finivamo col parlare ancora di meno di quanto non avessimo fatto in precedenza. Le nostre bocche si cercavano da subito, per assopire l’esigenza che ognuno aveva dell’altro. Ogni giorno conoscevo qualcosa in più di lui e lui scopriva qualcosa in più di me. Ci tenevamo spesso le mani. Harry intrecciava le mie con le sue. Adoravo le mani di Harry. I suoi palmi larghi, le vene in rilievo, le dita affusolate, ma soprattutto il calore che emanavano. Non poche volte si divertiva a giocare con l’anello regalatomi da mio padre e me lo rubava per metterlo al suo mignolo. Poi mi guardava e sorrideva. E in quell’attimo pensavo proprio di stare per innamorarmi. I suoi occhi lucidi e verdi e le sue labbra puntate all’insù erano il mio spettacolo preferito. Meglio di qualsieasi Romeo. Più bello di qualsieasi Adone. Harry era lì e il suo sorriso era solo per me.
Il fatto che non fossimo mai usciti da quelle mura non mi era mai dispiaciuto. Non sono un tipo a cui piace mettersi in mostra, ma a volte la voglia di camminare, mano nella mano, per i viali colorati di luci di Londra, mi assaliva. Harry era una persona molto riservata e non mi aveva mai stupito il fatto che non fossimo mai usciti.
Ero ritornata altre volte a casa sua, ma i suoi coinquilini non erano mai presenti. Harry, invece, sapeva dove abitavo, ma non era mai venuto, né io lo avevo mai invitato.
Sarah era stata felice di questa mia relazione. Più che felice. Entusiasta direi. Mi ero ritrovata costretta ad ascoltare, con interesse ed imbarazzo, i suoi discorsi sulla mia futura vita sessuale.  
Eravamo a metà marzo. La primavera si avvicinava e io e Harry facevamo coppia fissa da ormai tre mesi. Sapevo così tante cose ora di lui che mi sembrava conoscerlo da una vita. Harry aveva poca pazienza e si arrabbiava spesso, ma non lo dava a vedere. Teneva sempre tutto dentro, ma i suoi occhi si facevano più opachi e quando parlava la sua voce rauca e cadenzata aumentava di un tono. Quando invece ero io ad arrabbiarmi, Harry premeva semplicemente le sue labbra sulle mie e quelle erano le sue scuse. Era a conoscenza dell’effetto che aveva su di me e se ne approfittava, sempre.
Harry era pieno di difetti. Era egocentrico da morire.  Ad esempio, sapeva che adoravo l’espresso amaro, di cui ero anche dipendente, e così tutte le volte che veniva in biblioteca ne prendeva una tazza da dividerci. Era sempre stramaledettamente dolce. Perché a lui piaceva così e mi costringeva, di conseguenza, ad adattarmi ai suoi gusti.
Di Harry odiavo anche i suoi cambiamenti di umore. Quando qualcosa andava storto, quando un semplice bacio non bastava, Harry si alzava mi voltava le spalle e andava via, senza dire nemmeno una parola.
Il giorno dopo c’era sempre una peonia e un biglietto di scuse ad aspettarmi. Perché Harry ormai mi conosceva bene e speravo che non si pentisse mai della sua scelta. Perché io non lo facevo. Quella sera lui mi aveva detto che si sarebbe messo in gioco. Io l’avevo già fatto, ero già scesa in campo per lui e non mi sarei tirata indietro.
Non avevamo ancora fatto il grande passo o come Sarah era solito definirlo “non avevamo ancora sancito l’accordo”. Ci eravamo dati il nostro tempo, o meglio, Harry mi stava dando il mio tempo. Lo sentivo. Sentivo che mi voleva. E la cosa era dannatamente eccitante. Sentivo le sue mani ogni volta sempre più esigenti. Se inizialmente si erano fermate ai miei fianchi, ora cercavano di intrufolarsi sotto la maglietta, mentre le nostre gambe si intrecciavano. Quando stava per perdere completamente il controllo, si fermava, rallentava e anche i suoi baci erano sempre meno passionali: più casti e lenti.
Se all’inizio questo suo fermarsi mi stava bene, ora mi ritrovavo a desiderarlo anche io, con una passionalità che non pensavo di avere. Pensavo a lui nudo e arrossivo, perché quei pensieri poco casti non mi mettevano soggezione, anzi non vedevo l’ora che diventassero realtà.
I consigli di Sarah mi stavano tornando veramente utili, così come i vari completi di intimo che ogni giorno mi regalava. Ormai il mio armadio ne era pieno. Da tre mesi a questa parte avevo accumulato pizzo su pizzo, di qualsieasi colore e trasparenza. “Ogni giorno – mi diceva – potrebbe essere quello giusto. Non bisogna mai farsi trovare impreparati”. E grazie a lei non lo sarei sicuramente stata. Anche se pensavo che Harry non si sarebbe limitato alle mie mutande di pizzo e la stessa cosa valeva per me. Avevo avuto occasione di vederlo mezzo nudo solo quella volta a casa sua ed ero rimasta sbalordita da quanto fosse bello e dalla marea di tatuaggi che gli ricoprivano il corpo. No, sicuramente non mi sarei limitata alle sue mutande.


Eravamo seduti difronte ad una tazza di the caldo, accoccolati sul divano di pelle scura, nel mezzo del salotto. Sarah era andata via con Nick per un week- end d’amore mentre ne avevo approfittato per far conoscere ad Harry il mio appartamento.

“è un posto veramente carino. Un po’ piccolo magari, ma è accogliente e sa di te…”                             
“Sa di me? E di cosa saprei io?”
“Di vaniglia e d’amore…”
“D’amore… che romanticone…”

Con lentezza, mi sedetti a cavalcioni su di lui, puntando gli occhi fissi nei suoi. Da quella distanza riuscivo ad osservare ogni piccola imperfezione della sua pelle, quel filo di barba che sottile spuntava da sotto al mento e sopra le labbra, le sfumature verdi dei suoi occhi li rendevano più luminosi, mente la forma sottile del naso dava una forma armoniosa al suo viso. Era bellissimo.
Questi erano i momenti in cui non desideravo nient’altro. Non c’eravamo ancora detti “I love you”, ma Harry aveva già imparato il nostro “ti amo” e avevo riso sentendo il suo strano accento. Perché “ti amo” è tutta un’altra cosa. I love you lo dici agli amici, ai parenti, a chi vuoi bene. “Ti amo” è diverso. Non lo dici così. Al “ti amo” ci pensi. Dopo un “ti amo” non si torna indietro. E con Harry non avevo alcun intenzione di tornare indietro.
Mentre eravamo intenti a baciarci, lì seduti sul divano del mio appartamento, con la consapevolezza che niente quella sera ci avrebbe fermato e che il mio competo di pizzo nero avrebbe fatto la sua figura, il mio cellulare prese a squillare. Un messaggio.
A mal in cuore ci staccammo. Il nome che lampeggiava a caratteri cubitali sullo schermo, non dovette far piacere ad Harry perché le su spalle si irrigidirono e la sua mascella si contrasse.

“Ehi Italy quand’è che ci prendiamo questo caffè?  Baci Andrea” il testo del messaggio recitava testuali parole.

“Chi è Andrea?” chiese impaziente. Il suo occhio lungo aveva puntato subito il displey del mio cellulare.
“Hai presente il cameriere del ristorante italiano? Ci conoscevamo già. Abbiamo frequentato lo stesso istituto”
“Ah, e che dice?”
“Che vuole vedermi per un caffè.”
“E tu andrai?”
“Non so. Non credo”
“Puoi andare… c’è io non ti obbligo a non andare”
“Harry io non ti sto chiedendo il permesso. Non lo farei mai. Ricordi quel discorso sulla libertà? Finché si tratta di amici sia io che tu siamo liberi di vedere chiunque vogliamo”
“Beh tu invece ricordi quel discorso sulla gelosia? Io non voglio che troppi ragazzi ti girino intorno”
“Nessun ragazzo mi gira intorno Harry. E poi Andrea è solo una vecchia conoscenza, non provo più..”
“Che cosa non provi più?” 

Ok, forse mi ero un po’ spinta oltre con le parole. Harry, per quanto cercasse di assumere la maschera della persona razionale, era invece il ragazzo più geloso che avessi mai conosciuto. Non eravamo ancora usciti in pubblico e non avevo ancora testato la cosa con le mie mani, ma già dai discorsi che avevamo era tutto più che chiaro.
Harry odiava anche il solo fatto che facessi degli apprezzamenti su qualche famosa star del cinema o della musica, ma il suo sguardo diventava truce anche quando indossavo una maglietta più scollata e si rendeva conto che nel tragitto che c’era da casa mia a casa sua non era stato l’unico a guardarmi. Harry era geloso e in quel momento lo era ancora di più.

“è una cosa vecchia, avevo 14 anni e una cotta per il rappresentante d’istituto come tutte le ragazzine. Sono passati 6 anni Harry. Mi ero anche dimenticata di lui. è stato la mia prima cotta adolescenziale, ma oltre qualche parola non ci siamo scambiati nulla di più”
“Lui non sembrava un tipo che volesse solo scambiare qualche parola con te!” pronunciò quelle parole con certezza.
“Non avevi detto che andava tutto bene per te?” ormai mi ero alzata e Harry anche. Con il suo metro e ottanta mi sovrastava e mi faceva sentire piccola e impotente.

“Ho detto che andava bene finché non ho saputo che è stato il tuo primo amore. “
“Primo amore? Harry stiamo parlando di cotta. Sai che significa? Che mi piaceva e basta. L’avrei baciato magari, ma non l’avrei mai amato. E poi tra me e lui effettivamente non c’è mai stato nulla.”
“Poteva essere un’ottima serata e invece guardaci. Io me ne vado”

Aveva pronunciato quelle parole facendo ricadere la colpa di quella discussione completamente su di me.

“Harry dove hai intenzione di andare… Harry” lo avevo rincorso per le scale, ma era stato più veloce di me e con le sue gambe lunghe, aveva raggiunto presto il portone d’uscita.
Stavolta Harry aveva veramente esagerato. Andrea non era niente, eppure aveva perso le staffe. Avrebbe avuto molto da farsi perdonare.
 
 
 
POV Harry
Una vecchia cotta adolescenziale? Cosa significa cotta adolescenziale? Hai ancora 20, sei ancora un’adolescente. E poi come l’aveva guardata! Non ero stato l’unico ad accorgermene. Lui l’aveva guardata come un trofeo da raggiungere. Peccato che fosse già il mio di trofeo. Roba mia. Mine. Off limits. Qualcosa che apparteneva solo a me. E si, vaffanculo tutto, sono geloso. Sono geloso da impazzire. Anche il solo pensare che qualcuno la guardi come la guardo io, mi fa perdere il controllo. Mi sono maledettamente innamorato di lei. Non ci sono altre spiegazioni. E anche ora che mi ritrovo a rigirare le chiavi nella toppa di casa penso che il mio posto questa sera non dovrebbe essere qui. Se non avessi fatto una delle mie sparate del cavolo, ora saremmo a letto abbracciati. Probabilmente non sarei tornato qui se non lunedì mattina. Invece mi preparavo a trascorrere il venerdì sera più deprimente della storia. Emma non avrebbe sicuramente risposto a telefono e ogni tentativo di parlarle sarebbe stato bandito fino a domenica pomeriggio. Aveva bisogno di sbollire, lei.

“Ehi Harry che ci fai qui? Non avevi un appuntamento?”
“Zayn? Tu che ci fai qui? Non dovresti essere fuori con la tua ragazza?”
“è dovuta ripartire. Hanno iniziato prima il tour. Non credo che ci rivedremo prima di settembre.”

 Il tour cazzo. Tra meno di un mese ci sarebbe stato il tour estivo, avrei girato il mondo per 4/5 mesi e Emma non sapeva nemmeno che facessi il cantante.

“Cazzo, cazzo, cazzo. Sono nella merda più profonda Zayn” mi ero lasciato andare sul divano del salotto.

Emma non l’avrebbe presa bene. Non sopportava chi gli mentiva e io l’avevo fatto. Ogni volta che cercava di organizzare un’uscita, inventavo sempre una scusa nuova, cercando di rimandare il tutto, così come l’incontro con la sua coinquilina Sarah. Il fatto che Emma fosse completamente isolata da questo mondo, non avrebbe significato per forza che anche la sua coinquilina lo fosse. Avrebbe potuto riconoscermi e il momento tanto temuto sarebbe arrivato.

“Hazza che succede?” mi ero completamente dimenticato della presenza di Zayn, che mi fissava a metà tra lo sbalordito e il preoccupato, con gli occhi sbarrati, ma che conservavano comunque quella tranquillità rilassata che li caratterizzavano.

“Hai presente la ragazza del ristorante italiano? Quella che volevi farti? – sentii un suono d’assenso provenire dalle labbra di Zayn, segno che ricordava e il fatto che ricordasse che voleva farsi proprio la mia ragazza non mi stava proprio a genio – Si chiama Emma.”

Zayn non sembrava essere interessato molto alla notizia, mentre al contempo un’aria interrogativa si impossessava del suo viso. Presi un respiro profondo e…

“Stiamo insieme”

Zayn sputò d’un getto tutta l’acqua che stava bevendo sul tavolino di cristallo ai nostri piedi.

“COSA??”
“Lo so, magari avrei dovuto presentarvela. Ci frequentiamo da un po’...  Tutto è venuto così spontaneo… Io… io credo di amarla Zayn. Nel senso che ci ho proprio perso la testa. Penso sempre a lei. Ogni momento sembra sia vissuto per lei. Ogni passo che ho fatto fino ad oggi sembra avermi portato a lei. Guarda come mi ha ridotto?” e sorrisi.

Perché pensare a Emma mi faceva stare dannatamente bene. E anche Zayn sorrise. Perché lui capiva. Capiva che ero innamorato, perché anche lui lo era.

“Ecco perché dopo le registrazioni scappavi sempre via. E bravo il nostro Harry. Hai messo finalmente la testa apposto.”
“Ma Zayn c’è un piccolo problemino. Lei non sa che lavoro faccio, o meglio, diciamo che gli ho nascosto che abbiamo avuto del successo”
“Cosa? Lei non sa che non fai parte degli One Direction? -  sembrò pensarci un attimo e con un tono di voce, se è possibile ancora più stupito continuò -  Lei non conosce i One Direction?”
“Già. Non è un tipo che segue molto le mode. Studia, lavora. Ha i suoi tempi, ecco.”
“Harry devi dirglielo. Tra meno di un mese ci sarà il tour e poi non credo che riusciresti a nascondergli tutto a lungo. Prima o poi vedrà una nostra foto. Se solo accendesse la tv e ci vedesse cantare in uno dei tanti show? Harry prima che lo sappia così infamemente, devi dirglielo tu e vedi che capirà.”
“Grazie. Lo so. Devo dirglielo.”

Avrei dovuto dirglielo il prima possibile. Zayn aveva ragione. Non potevo sapere Emma come l’avrebbe presa. Gli avevo mentito, ma non avrei permesso a nulla di separarci, non ora che stavo così bene. Non ora che l’amavo.
 

 Harry mi aveva chiamato quella domenica pomeriggio e il lunedì mattina al posto di una peonia, ce n’era un intero mazzo. Il sorriso che spuntò sulle mie labbra fu una chiaro segno di come stessi diventando accondiscendente con quel ragazzo. Si era presentato verso l’ora di chiusura, munito sempre di occhiali e cappuccio. Mi aveva baciato e chiesto scusa.
Quelle scuse sussurrate a fior di labbra, alternate a sospiri, col suo sapore che mi scendeva fin dentro ai polmoni, per arrivare al cuore erano meglio di qualsieasi peonia. Mi bastava lui per perdonarlo.  Aveva finito con l’invitarmi a cena il giorno seguente. Aveva qualcosa di cui parlarmi, qualcosa di molto importante.

“Devo preoccuparmi Harry?”
“Non so. Dipende” ma poi aveva sdrammatizzato tutto con un sorriso mi ero dimenticata di tutto, stretta com’ero tra le sue braccia.
Anche ora che camminavo sul vialetto di casa sua, non vedevo l’ora di vederlo.


La porta si aprì al primo suono di campanello. Harry mi stava aspettando. Aveva indossato una camicia nera lasciata volontariamente aperta sul davanti. Riuscivo così ad intravedere il becco delle due rondini tatuate sul petto e le antenne della farfalla che gli ricopriva lo sterno. Da un po’ di tempo non tagliava i capelli che avevano finito per allungarsi più del dovuto. Questo suo cambiamento di look, lo rendeva estremamente affascinante, oltre che dannatamente sexy. Riusciva a trasmettere uno charm indiscutibile e sapevo con certezza che non ero di certo l’unica che si lasciava abbindolare dai suoi modi di fare. I suoi occhi verdi riflettevano la luce a led del salotto, mitigando così quella vena di scontento che gli aveva indurito lo sguardo, sicuramente a causa del mio ritardo. Harry era spudoratamente perfetto per essere il mio ragazzo.
 
POV Harry
 
Indossava dei semplici jeans chiari e un maglioncino di filo grigio, ma per me era stupenda con il volto struccato e le guance arrossate dal freddo. Ero stato con molte ragazze prima di lei, molte modelle, ma nessuna e dico nessuno di loro era riuscita ad essere per me, bella quanto lei. Con i suoi occhi azzurri e il suo profumo di vaniglia che mi inebriava le narici. Emma era qualcosa di inspiegabile per me. Era come se fosse sempre stata lì ad aspettare che io arrivassi e io mi sentivo come un pellegrino giunto, finalmente, alla Terra Santa. Affianco a lei mi sentivo, finalmente, completo, come se tutto quello che avessi fatto fin ora non fosse stato fatto se non per lei.
Quella mattina avevo deciso che dopo cena le avrei parlato di me, del vero me e speravo con tutto il cuore che lei capisse. Sapevo quanto Emma odiasse le bugie, più volte mi aveva chiesto di non mentirle mai, perché lei non voleva essere presa in giro. Avevo finito col mentirle due volte, ma non volevo perderla, non avrei potuto perderla ora e soprattutto non così.
Mi ero fatto aiutare da mia sorella per la cena. Mi aveva descritto, in una chiamata di un’ora e mezza, tutti i passaggi per cucinare una pizza insieme a delle continue domande sul chi fosse la fortunata per cui la stavo preparando. Aveva creduto poco, se non per niente, alla scusa che la stessi cucinando per Niall così mi ero lasciato sfuggire che forse a settembre non sarei tornato solo a casa. Dopo aver scapato l’interrogatorio di Gemma, avevo dovuto faticare con acqua e farina per l’intera giornata ed ero stato in ansia per il tempo restante, nella speranza che quella pagnotta bianca lievitasse.

“Oh mio Dio, Harry. L’hai fatta per me?”
“Solo per te – le baciai le labbra – ora però sediamoci e dimmi com’è?”

La vidi sedersi dietro al tavolino e prendere in mano una fetta di pizza. Mi aveva detto che era il suo cibo preferito e che quando tornava in Italia ne mangiava così tanta: “perché la pizza a casa è un’altra cosa”.

“Allora?”
“Ottima, sa poco di sale, ma è ottima. È come essere a casa ora.”
 
POV autore

Dopo cena Harry avrebbe voluto parlare con tutto il cuore, avrebbe voluto rivelarle tutto, sul suo lavoro, sulla vita del tutto nuova e frenetica che conduceva da ormai un paio d’anni. Insomma dirle la verità riguardo tutto. Ma seduti su quel divano, i baci iniziarono a diventare esigenza, le mani cercavano ognuna il corpo dell’altro. Si amavano. Si erano amati forse dal primo giorno e in quel momento avevano la convinzione che si sarebbero amati per sempre. Si volevano. E così, lentamente, si erano alzati e spostati, passo dopo passo, verso la camera di Harry, coperta dal velo scuro della notte. Non c’erano parole tra di loro, in realtà non ce n’erano mai state molte e non ci furono, nemmeno, quando Harry, con estrema delicatezza, la spinse verso il letto. L’aria era piena di sospiri e assensi, dei loro profumi che si mescolavano fino a non distinguersi. Emma era felice di aver messo il suo completo preferito, di aver messo la sua crema corpo preferita, ma soprattutto era felice che lì con lei, per la sua prima volta, ci fosse Harry. Il suo Harry.

“Sei sicura? Se andiamo oltre non sono sicuro di potermi fermare.”

Emma non rispose alla sua domanda, semplicemente lo baciò. Quel bacio fu sufficiente a dire tutto quello che Emma pensava in quel momento. Era più che sicura, era dannatamente sicura della scelta che stava prendendo. Harry sarebbe rimasto impresso per sempre nella sua testa e nel suo cuore ed era più che sicura di volersi completamente donare a lui. Lo voleva così tanto da impazzire, lo voleva come non aveva mai desiderato nessuno prima d’ora, e sperava in cuor suo che per Harry fosse lo stesso. E lo era.
Entrambi per la prima volta si sentirono amati, legati indissolubilmente tra loro. Si sentirono potenti l’uno nelle braccia dell’altro. Emma aveva temuto molte volte di non essere abbastanza per Harry e anche ora che lo guardava nudo, in tutto il suo splendore, non riusciva a capacitarsi del come fosse riuscita a renderlo suo. Si sentiva impotente tra le sue mani, sotto il suo sguardo indagatore, con le sue labbra che lasciavano scie di fuoco sulla sua pelle, priva di ogni indumento. Con le guance rosse dal piacere e dalla vergona, Emma aveva puntato le sue iridi azzurre in quelle verdi di Harry, mentre lui con estrema delicatezza la penetrava, facendo di loro un corpo solo. Una perfetta combinazione di anime, ecco come si sarebbero potuti definire in quel momento. Lui con i suoi gesti attenti e il piacere a riempirgli la gola e lo stomaco, lei con suo amore infinito che le permetteva di sopportare quel dolore lancinante, procuratole dalla sua presenza. Oltre il dolore di Emma, c’era il piacere di Harry e poi il suo. E fu esattamente come entrambi se l’erano immaginato. Il dolore mano a mano era sparito, lasciando posto ad una sensazione tutta nuova, che le invadeva ogni fibra del corpo di Emma. Era Harry, e lo sentiva ovunque. Mentre per lui ogni spinta, ogni affondo nel corpo di lei, era come toccare il cielo con un dito, una scarica elettrica che si diramava in ogni muscolo del suo corpo, partendo dal basso ventre che si sentiva andare in fuoco.
Tutta l’atmosfera era spezzata solo dai loro gemiti e dai “ti amo”, detti in italiano. Perché I love you era troppo poco per loro.
Si erano poi abbracciati. Emma aveva percorso con lo sguardo, nella stanza illuminata ora dalla luce che proveniva dall’esterno, tutti i tatuaggi di Harry. E li aveva accarezzati uno ad uno. Harry l’aveva lasciata fare. Incantato dal suo tocco, mentre con le mani giocava con i suoi capelli e ogni tanto le diceva di amarla. Lo faceva così senza alcun motivo preciso. Quella notte glielo disse così tante volte da perderne il conto.
Emma pensava di aver raggiunto il massimo della felicità proprio in quel momento.
Non c’era la nostalgia di casa, né l’università, né i dubbi su se stessa, né le critiche della gente. C’erano solo lei ed Harry. E quello le bastava.
 
Al mattino seguente Harry si era svegliato con l’odore di vaniglia e un braccio intorpidito. Ora la stanza era completamente illuminata dalla luce del sole. Il grande letto era un groviglio di lenzuola e di corpi. Harry teneva il braccio a circondare le spalle nude di Emma e il viso di quest’ultima appoggiato sul proprio petto. Era la sensazione più bella che avesse mai provato. Svegliarsi con lei era, forse, anche meglio che dormire con lei. Provava un senso di pace profonda. E l’amava. Dio se l’amava. Harry amava quella ragazza più di ogni altra cosa al mondo. Era il suo spettacolo preferito. Era intento a baciarle le mani quando qualcosa, o meglio qualcuno lo riportò alla realtà.



Angolo auotre 
Salve! Perdonate il mio forte ritrado, avrei voluto pubblicare prima dell'inzio dei corsi, ma poi sono stata assalita dagli impegni, tra treni, lezioni e seminari. Sono felice di essere tornata con questo capitolo, che spero venga apprezzato almeno in parte.
Ho cercato in tutti i modi possibili di descrivere al meglio i sentimenti di Harry ed Emma lasciando il loro singolo punto di vista per aggiungerne uno "leggermente" più obiettivo.
Un bacio
V

 

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Capitolo 7
*** 6 ***


POV Louis

Sono soltanto le 10 del mattino e il nostro manager ha già iniziato a rompere i coglioni.
Erano solo le 10:00 a.m e io volevo dormire. Dormire fino a stancarmi di dormire. Ma il tizio in giacca e cravatta stava urlando di quanto fosse difficile gestire 5 ragazzini di 20 anni, di quanto le nostre maniere si avvicinassero ogni giorno di più a quelle di star super viziate (non tenendo conto del fatto che, in realtà, siamo stati sempre dei “ragazzini viziati”), che dovevamo avere già le valige pronte, che il tour era stato anticipato, che i programmi dovevano essere rispettati e blah blah blah… 
Se non ci fosse stato almeno Liam ad ascoltarlo credo che il suo fiato sarebbe andato sprecato. Semplicemente non gli diamo retta, perché da un po’ di tempo ormai tutto è diventato scontato.
Ci ripete ogni giorno che siamo ingestibili. Ogni volta che c’è un tour questo viene anticipato, ma le nostre valige sono sempre comunque pronte il giorno prima. Stare sei mesi o più fuori, comporta tantissimo stress, ma sembra che l’unico a soffrirne sia solo lui.
Siamo tutti riuniti nel salotto.
Tutti meno uno.
Harry.
E sembra che non sia l’unico ad averlo notato. Dopo poco infatti anche il “signor nonsonounbambinaio” inizia ad urlare il suo nome.
Harry mezzo nudo si affaccia dal corridoio. Ha il viso rilassato, i capelli scomposti e una vena d’insofferenza ha illuminargli gli occhi, ancora spenti dal sonno. Non sembra per niente felice di essere stato interrotto. Ha indosso solo i pantaloni di tuta e dagli evidenti graffi la sua è stata una nottata movimentata.

“Sing Styles quante volte le devo ricordare che lei viene pagato per cantare e che ne abbiamo piene le scatole dei suoi scandali amorosi?”

Non era la prima volta che Harry si sorbiva un discorso del genere. Aveva una vita sentimentale piuttosto movimentata e non poche volte era stato sulle copertine dei giornali. Ma nell’ultimo periodo le cose erano cambiate molto. Era diventato più riservato, più allegro. Usciva poco e lavorava meglio. Harry era cambiato molto.
Poi avevamo saputo di questa ragazza e tutto era stato più chiaro.
Il nostro Harry si era innamorato.
Ma non infatuato, innamorato nel vero senso della parola. Aveva parlato di Emma sorridendo, chinando il capo verso il basso per nascondere l’allegria che gli ridisegnava il viso. Questo suo amore lo rendeva ogni giorno una persona diversa e migliore, più simile all’Harry di 4 anni fa. Il mondo dello spettacolo non è semplice da gestire e lui ne era rimasto completamente travolto. Travolto tra donne e scandali, ma da quando questa Emma era entrata nella sua vita, il cambiamento era stato netto.
Nessuno di noi, a parte Zayn si ricorda di lei. E non riuscivo proprio a immaginarmela. Harry era un tipo esuberante e difficilmente gestibile, a tratti forse anche più di me. Aveva anche un carattere poco raccomandabile, una testa dura e molto orgoglio. Avevo pensato nella mia mente ad Emma come una donna alta, grossa, molto sexy e con la mania del controllo, ma quando da dietro le spalle di Harry era spuntata una testa arruffata, la mia idea era stata del tutto bannata.

“Harry che succede?” la voce, ancora assonnata, è un chiaro segno che si è appena alzata. O meglio che le urla del nostro manager l’hanno appena svegliata.

Ed Emma non è proprio quello che mi aspettavo. È minuta, indossa la camicia nera di Harry che le sta molto larga. I bottoni aperti sul davanti lasciano intravedere il seno prosperoso e gli occhioni azzurri sono puntati verso l’intera sala. Ha un volto dolce e insieme sofisticato, col naso sottile puntato all’insù e le labbra carnose le danno un tocco, se si può dire, ancora più femminile.
 Alla vista di noi tutti, le pupille le si dilatano mentre con una mano cerca di spingere verso il basso la camicia per coprirsi. Non sia aspettava che fossimo tutti lì.

“Anche in casa? Harry quante volte le è stato detto di non portarle in casa? Lasci le sue conquiste fuori da quest’abitazione. Quando capirà che lei è un cantante di fama mondiale e che deve mostrare una certa immagine?”

Avviene tutto in un secondo. A quelle parole Harry è completamente voltato verso la sua ragazza. Lei non cerca più di coprirsi. Ha fatto qualche passo avanti e punta i suoi occhi in quelli di Harry.

“Cantante di fama mondiale?” le parole le escono dalla bocca come in un sussurro.
“Emma posso spiegarti..”
“è per questo che non volevi che uscissimo insieme? È per questo che indossavi quello stupido cappello? È per questo che non hai voluto conoscere Sarah? Che stupida che sono stata. Che stupida.”
“Emma io davvero posso spiegarti”
“Mi hai mentito.”

E questa volta i toni di voce di sono alzati. Inutile dire che nessuno di noi ha osato mettersi in mezzo.
Zayn guarda la scena con consapevolezza. Io e Niall semplicemente stiamo a guardare impassibili, mentre Liam dondola sulle ginocchia come se volesse intervenire.
Pur essendo di molto più alto, Harry ora sembra piccolissimo dinanzi a Emma.

“Anche sta notte mi hai mentito.” E la sua non è una domanda.
“No, non l’ho fatto. Ti giuro. Emma ti prego. Ascoltami.”

Ma lei è già fuggita via verso la camera di Harry. Lui gli corre dietro. Non abbiamo neanche il tempo di metabolizzare la cosa che eccola riuscire. Ha il volto pieno di lacrime. Si è rivestita alla bell’è meglio. I jeans sono tutti arruffati, il maglione al contrario e le scarpe allacciate a metà. Harry cerca di trattenerla. Ha gli occhi lucidi e la voce prepotente.

“Emma. Cazzo. Ragiona.”
“Non voglio ascoltare nemmeno una solo delle tue stronzate” si avvia alla porta quando Harry esordisce
“Emma… Ti amo” restiamo tutti lì imbambolati.

Capisco subito quello che ha detto. Eleonore una volta aveva voluto che le dicessi I love you in tutte le lingue del mondo. Quello era italiano.
Harry aveva appena detto a quella ragazze che l’amava.
 Emma si bloccò all’istante. Ferma come una statua. Tirò su le lacrime.

“Non ti credo – poi si volta verso di noi – scusate. Non avrei mai voluto disturbarvi.”

E corre verso la porta. Le lacrime le inondano il viso e le abbagliano la vista. Armeggia per un po’ con la serratura, fin quando Liam non arriva in suo soccorso. Sento sussurrarle un timido grazie. Ma anche quando la porta è ormai chiusa dietro le sue spalle, il mio sguardo è rivolto ad Harry.
Rimasto lì. Immobile. Nessuno ha il coraggio di dirgli qualcosa. Nemmeno il nostro manager. Anche lui è sconvolto da tutta questa situazione.
L’Harry che abbiamo davanti è un Harry nuovo.
Inizia a passarsi nervosamente le mani tra i capelli. Poi un urlo squarcia il nostro silenzio. Ora invece sappiamo a cosa stiamo per andare in contro. All’Harry distruttivo.
Prima il vaso, poi un sopramobile, poi un calcio a una sedia. Sta sfogando la sua rabbia così.
Poi cade a terra. E piange.
E mi sembra un bimbo. Il mio migliore amico sembra un bimbo che piange. Un bimbo che ha paura di non poter rivedere più sua madre.
Vorrei fare il primo passo, ma Niall mi anticipa e forse è giusto così.
Perché ci sa fare e perché è l’unica persona a cui Harry lascia fare. Gli circonda le spalle in un caloroso abbraccio.

“Andrà tutto bene, Harry. Le cose si risolveranno. Lei capirà” ma qualcosa mi dice che non avrebbe capito.

Emma aveva dimostrato di essere una coraggiosa. Aveva avuto carattere e fermezza.
Se mai avesse capito, sarebbe passato del tempo e per Harry non sarebbe stata una passeggiata.
 
POV Emma
 
Non potevo crederci. Mi aveva mentito per tutto il tempo. Cos’ero stata io per lui?
Le lacrime non riuscivano a fermarsi. Gli avevo dato tutto. Gli avevo dato il mio cuore. Glielo avevo servito su d’un piatto d’argento e lui me lo aveva spappolato. Fatto in mille pezzi. Gli avevo donato la mia prima volta. Il suo volto, la sua voce, quella dannata notte, il mio ti amo, tutte quelle cose non le avrei dimenticate mai più.
Ma la colpa di tutto era mia. Perché ero stata una stupida. Un’ingenua. Una cretina. Un idiota colossale. Mi ero innamorata di un ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il cognome. Ero stata una perfetta imbecille. Era tutto così evidente. Non mi aveva mai chiesto di uscire in pubblico, ci eravamo sempre incontrati tra quattro mura. Non aveva voluto che conoscessi i suoi coinquilini né aveva voluto conoscere la mia migliore amica. Non aveva mai nemmeno voluto ascoltare la radio con me. Non mi aveva mai permesso di avere contatti con il mondo esterno quando eravamo insieme.
Che cretina! Ero stata veramente un imbecille a non accorgermi di niente.
Credo di non aver mai pianto tanto.
Mi sento illusa da me stessa.
Ho digitato su Google il nome Harry e la prima foto che m’appare è la sua.
Ha anche una pagina su wikipedia!
Sono stata con uno dei cantanti più famosi al mondo e non me ne sono neanche lontanamente accorta.

“Harry Styles. Lui sì che è sexy, amica mia.”

Sarah è comparsa all’improvviso alle mie spalle. Pensavo stesse ancora dormendo.

“Lo conosci?” le dico tra le lacrime.
“Si che lo conosco, ma… - le lacrime si erano fatte più folte, sentivo l’aria mancarmi nei polmoni – Emma che succede? Emma perché piangi così? Dimmi qualcosa?” non riuscivo a parlare.

Tutti sapevano chi fosse tranne io e lui mi aveva subdolamente ingannata.

“Perché tutti lo conoscevano tranne io? Eh? Perché Sarah? Perché sono così idiota? Dimmelo Sarah!”

Sarah mi guarda a metà tra lo sbalordito e l’apprensivo. È la prima volta che piango davanti a lei. E non deve essere una bella scena. Ho ancora il maglione al contrario e i capelli arruffati.

“Emma ti prego, parla chiaro. Amica mia voglio aiutarti, ma ho bisogno di sapere”

Si è seduta accanto a me e mi prende le mani. E sono contenta che ci sia lei, perché non avrei potuto sopportare tutto questo da sola.

“Sarah ci sono andata a letto. Ho fatto l’amore con Harry. Ha detto che mi ama. Ha detto tantissime altre cose, ma si è dimenticato di dirmi che è una star di fama mondiale, che mentre mi preoccupavo per lui quando non veniva in libreria lui era in giro per il mondo a sponsorizzare il suo nuovo cd. Si è dimenticato di dirmi che partirà per un tour mondiale tra meno di una settimana. Si è dimenticato di dirmi chi realmente fosse e nel frattempo mi ha riempito di palle. Tanto Emma crede a tutto no? Tanto Emma non ha mai avuto un ragazzo, che ne saprà mai di conflitti amorosi. E poi io ho una mente elastica no? Posso adattarmi benissimamente anche ad essere presa per il CULO” urlò l’ultima parola.

Sarah mi stringe più forte le mani. Nei suoi occhi riesco a leggere un sincero dispiacere. Riesco a percepire il mio dolore che in parte è diventato anche suo.

“Ma sai qual è la cosa che mi fa più arrabbiare? Che non riesco ad avercela con lui più di quanto non ce l’abbia con me stessa. Perché lui mi ha mentito, ma io non ho mai chiesto. Ogni giorno entrava in negozio vestito come un ladro e io non gli ho mai chiesto perché. Mi ha tenuto lontana da tutto e non gli ho mai detto nulla. L’ho lasciato fare, sempre. Sono stata in balia di Harry Styles per tutto questo tempo. E mi vergogno. Mi vergogno di averlo amato e di non riuscire a smettere di farlo neanche ora. Sono patetica…”

Le lacrime scorrono vigorose. Sarah mi abbraccia, ma non è abbastanza. Sta notte ho pensato di aver toccato il cielo con un dito, ho pensato di essere la ragazza più fortunata del mondo. Ho pensato di essere speciale, perché avevo Harry. Era una cosa mia ed io ero completamente sua. Ora, invece, mi sento vuota. Priva di significato. Mi sento come un fuoco freddo. Un bozzolo vuoto. Una scatola svuotata e gettata via. Ecco come mi sentivo. Come un rifiuto.

“Emma non è assolutamente colpa tua. Non devi neanche lontanamente pensarlo. È normale che tu lo ami. Lo hai fatto fino a due ore fa, non puoi smettere così, a comando. Passerà tesoro. Passerà. Ti dimenticherai di questo stupido ragazzo e andrai avanti. Il destino ha scelto per te questo. Non rinnegarlo, solo aspetta. Ci penserà il tempo vedrai.”
“Grazie” e l’abbraccio.
L’abbraccio come quando tengo stretta mia sorella, l’abbraccio perché qui a Londra è la cosa più vera che abbia incontrato.
 
POV Harry

“Dannazione” esclamo insieme all’ennesimo calcio alla parete.
Non doveva andare così. Non dopo stanotte. Io avrei dovuto dirglielo. Non avrei dovuto permettere che venisse a saperlo così. Mi sento una merda. Una fottuta merda. Emma è la cosa più bella che ho. Non ho niente prima di lei, niente dopo di lei. E invece di proteggerla, l’ho ferita con le mie mani.
Stanotte si era completamente data a me. Senza alcun indugio, perché quando si ama, ci si fida. Emma si era fidata di me e me lo aveva mostrato nel modo migliore che potessi desiderare. Ero stato un cretino. Avrei dovuto fermarmi. Avrei dovuto parlare prima, com’era in programma, invece mi ero lasciato prendere dal suo profumo, da lei, e dalla maledetta voglia che avevo di lei.
Ora tutto era completamente rovinato. Avevo fatto del male all’unica persona a cui non avrei mai dovuto farlo. Le parole di Niall, quasi non le ascolto, quasi non hanno senso, perché non mi perdonerà, non lo farà. E il solo pensiero mi fa impazzire. Provo a chiamarla ripetutamente per tutto il girono. Ma niente. Nessuna risposta.
Non riesco a sopportare gli occhi dei ragazzi. Quelli compassionevoli di Niall e Liam, lo sguardo stupito di Louis. Louis che cerca di capire cose che non sa e dall’altro lato Zayn che di cose, invece, ne sapeva ben troppe. Gli si può ben leggere in faccia un “te l’avevo detto”.
E mi maledico per non averlo ascoltato. Per non aver tenuto a freno gli ormoni. Sapevo che per Emma il fatto che fossi una persona famosa non sarebbe stato un problema. Si sarebbe adattata. Ma le avevo mentito e da questa bugia ne erano nate tantissime altre. Le mentivo per coprire la mia identità anche più volte al giorno. Questo Emma non me l’avrebbe mai perdonato. Ma di una cosa ero sicuro. Non le avevo mai mentito riguardo i miei sentimenti. Quella notte aveva avuto difronte a sé il vero Harry. Quello che nessuno ha mai visto. Quello che è precluso solo al suo sguardo. 
Io continuavo a chiamarla, insistentemente, a maledirmi, ad odiarmi. 
All’ultima chiamata ebbi la certezza che Emma non avrebbe mai voluto neanche ascoltare il mio nome.

“Siamo spiacenti di comunicarle che il numero da lei selezionato non è più attivo”

Aveva chiuso tutti i ponti.
 


“Caro diario,
Sono passati sette mesi, 4 giorni e 6 ore da quando io e Harry ci siamo visti l’ultima volta.
Il tempo non aggiusta le ferite. Almeno non lo ha fatto con le mie.
Penso ad Harry ogni giorno.
Penso a come sarebbe andata la nostra storia se non fosse chi è realmente. Se Harry non mi avesse mai mentito, se fosse stato veramente chi diceva di essere, niente fan, niente tour, niente One Direction.
Solo Harry. Forse saremmo ancora insieme o forse non ci saremmo neanche mai incontrati.
Fatto sta che senza di lui in questi sette mesi sono successe un sacco di cose. Io e Sarah condividiamo ancora il nostro appartamentino, lei è ancora la mia migliore amica ed è ancora dolcemente fidanzata col bel Nick. Sono stata a casa per le vacanze estive per allontanarmi da tutto ciò che mi potesse ricordare lui. Mi sono isolata nel mio paesino di campagna tra parenti e amici.
Ho perso anche quei fantomatici 3 kg, in realtà credo di averne perso qualcuno in più, ma sto bene. Il mio corpo sembra stare bene.
Dalle 8 del mattino alle 10 di sera tutto sembra andare dannatamente bene, prima c’era la mia famiglia, casa, ora l’università, Sarah, il lavoro ed ho sempre poco tempo per pensare.
Poi viene sera e ogni volta che provo anche solo a chiudere gli occhi il suo viso mi si ripresenta davanti. Nitido come se fosse accanto a me. Nei primi giorni, non riuscivo ad accettarlo. Non dormivo. Vagavo per casa, studiavo. Poi la stanchezza ha cominciato a farsi sentire e così mi sono abbandonata al mio inconscio. Da sette mesi e quattro giorni sogno Harry Styles tutte le notti. Tutte.
Mi sembra di non avere via di scampo. Non sono mai stata amante della filosofia, ma in quel periodo ho riscoperto le teorie di Freud sui sogni. Secondo il filosofo tedesco ogni essere umano ogni notte formula un grandissimo numero di sogni. Quelli che non ricordiamo sono quelli che non vogliamo ricordare. Beh la mia mente voleva farmi male da sola, perché per quanto continuassi ad amarlo, io Harry proprio non lo volevo ricordare.
Ogni giorno da sette mesi sogno Harry, ogni mattina mi sveglio con Harry ancora presente, come se non fosse mai andato via. Ma poi quando mi avvento nel mondo reale, tutto mi ricorda quanto sono stata stupida. Ogni angolo della città è tappezzato da sue foto, le stazioni radio trasmettono le sue canzoni, quasi tutti i programmi televisivi hanno a che fare con lui e io non mi sono mai accorta di nulla. Stupida ancora una volta. E ritorno ad odiarlo, a desiderare di non averlo mai incontrato. Poi viene sera e tutto ricomincia.
In Italia mi sono rivista, per caso, con Andrea. Abbiamo chiacchierato, ma non deve essergli andato a genio la buca che gli avevo dato a Londra. Le sue sono state frasi di circostanza. Niente di più. Mi dispiaceva. Andrea è un bravo ragazzo. Mi era piaciuto da subito, la mia prima cotta, ma non è niente in confronto al primo amore. Andrea non potrà mai essere Harry, per quanto si sforzi, non ci riuscirebbe mai…"

“Cos’è che scrivi?”
Sarah mi prende di sorpresa. Sobbalzo per lo spavento.

“Sarah! Butto giù i miei pensieri” punto i miei occhi nei suoi e tutto è comprensibile, senza nemmeno parlare.
“Emma sono passati sette mesi. Dovresti dimenticarlo, Emma. È per il tuo bene.”
“Sarah non ci riesco” e rieccole le lacrime.

Da sette mesi quando sono sola e il mio pensiero torna ad Harry non faccio che piangere.
Mi manca. Mi manca da morire. Mi ha fatto così male e da quel dolore non riesco proprio a separarmi.

“è tornato. Ho letto dai giornali che da una settimana ormai sono rientrati in patria.”

Non do molto retta alle sue parole. Sapevo già che era tornato. Lo avevo sentito dire in tv due giorni prima. Avevo sentito anche se la passava bene, che erano bene accolti in qualunque paese andassero. Harry stava vivendo la sua vita. Infondo io non ero stata nulla. Dopo quella serie di chiamate non si era più fatto vivo. Dalla rabbia avevo disattivato la mia scheda telefonica, perché anche il solo pensiero che potesse rintracciarmi ancora mi faceva ribrezzo. Ora vorrei non averlo mai fatto.

“Se ti manca così tanto, va da lui Emma. Parlaci, cerca di capire. Non basarti solo sulle tue supposizioni. Magari anche Harry sta soffrendo come te, magari dietro tutto quello che ha fatto c’è un motivo valido.”

Si, magari.
 
POV Harry

Sette mesi, 4 giorni e ho perso il conto delle ore a causa dei continui cambiamenti d’orario. Mi manca. Cazzo se mi manca. Io non faccio che pensare a lei. Ogni momento della giornata è dedicato a lei. Appena chiudo gli occhi, mi riappare, nuda e bella, proprio come quella notte.
Mi manca ogni aspetto della sua personalità, ogni pezzo di pelle, il suo profumo. Sono completamente fuori controllo. Senza di lei, tutto mi sembra insulso. Ed tutta colpa mia. Questo pensiero mi tormenta. Ogni canzone, ogni gesto, ogni mia parola è rivolta verso lei. Non poche volte mi sono ritrovato come uno stupido a cercarla tra il pubblico. Immagino come sarebbe averla lì. Cantare di nuovo per lei. Dedicargli tutto me stesso e provo invidia per Zayn e Louis. Loro possono fare quello che io vorrei ma non posso.
Siamo da poco tornati a casa e sommando l’esperienza di questi sette mesi, o meglio di quest’anno in generale, tante cose sono cambiate. Io sono cambiato. A settembre dell’anno scorso ero un ragazzino egoista, eccentrico, arrabbiato col mondo e che per questo tentava di mettersi sempre in mostra. Avevo molte ragazze, tante amiche, tanto alcol poi era arrivata lei. Io l’avevo trovata in quel negozio e tutto era cambiato. Avevo scoperto di essere capace di amare. Avevo amato lei. L’amavo.
Non saperla più mia mi aveva fatto sviluppare una pressione costante alla bocca dello stomaco. Ero diventato maniacalmente geloso. Il solo pensiero che qualcuno potesse anche solo guardarla mi faceva venire i brividi, perché io, invece, non potevo. E la colpa era solo mia.
 
POV Zayn

Sono così felice di essere tornato a casa. Da una settimana mi godo il nostro divano e continuerò a farlo per il prossimo mese e mezzo. Siamo definitivamente in vacanza. Il tour estivo è finito e il lavoro potrà aspettare almeno per un po’.
Adoro tornare a casa. È la cosa più bella del partire. Ogni volta che mi metto su di un aereo, il mio pensiero va al ritorno. Mi immagino sempre come sarà rivarcare la porta di casa.
Londra non è proprio casa mia. C’ho messo un po’ ad abituarmi, ma mio nonno mi ripeteva sempre: “Casa è, dove metti radici” e pur non essendoci la mia famiglia, io le mie radici le avevo messe a Londra. E poi questo divano è il più comodo del mondo.
Sono quasi tutti fuori. Liam e Niall da una settimana cenano ogni volta in uno dei loro ristoranti preferiti, “per recuperare il tempo perduto dicono”. Louis è in giro con Eleonore e anche lui recupera il tempo perso. E se Perrie non fosse in tour starei facendo la stessa cosa.  Accanto a me, sdraiato sul divano c’è Harry.
Di solito era lui quello che visitava tutti i locali della città per recuperare un tempo che poi alla fine non aveva mai perso. Harry è sempre stato un donnaiolo e bisogna ammetterlo. Gli piace filtrare, abbindolare le donne. E poi ci sa anche fare. È una cosa che gli è sempre appartenuta.
Ma da sette mesi ad oggi, sono cambiate un sacco di cose e il fatto che Harry Styles sia qui di fronte a me di sabato sera a fissare, come fa già da due mesi, una stupida foto ne è la conferma assoluta.
Durante l’intero tour non è mai uscito oltre la soglia della sua camera di turno se non strettamente necessario. Ha vissuto da recluso. Mangia, dorme, canta e piange. Si, Harry piange. L’ho sentito non poche volte quando ci è capitato di condividere stanza. Si sveglia di notte, va in bagno, accende l’acqua e piange.
È una situazione straziante.

“Dovresti darci un taglio.”
“Scusa?”
“Ho detto che dovresti darci un taglio, Harry. Che dovresti smetterla. Non risolvi niente così. Ti ha mollato punto. Sapevi che sarebbe successo. Ora affronta le conseguenze e va avanti.”
“Cazzo ne sai tu Zayn? Eh? Cosa cazzo puoi mai saperne?” c’aveva messo poco a perdere le staffe. Il solo pensiero che Emma potesse non ritornare più lo rendeva peggio di un cane rabbioso.
“Harry non puoi alterarti. Io, noi, stiamo cercando tutti di aiutarti. Le cose con Emma non sono andate bene. Lei non è tornata. Mettici un punto e va avanti. Ci sono un miliardo di ragazze là fuori e la maggior parte di loro vorrebbe portarti a letto. Esci e vivi la tua vita.”
“Non c’è lei.”
“Cosa?”
“Tra quel miliardo di ragazze non c’è lei. E io amo lei. Voglio lei.”
“Harry, ti stai facendo del male.”
 “Non quanto ne ho fatto a lei. Zayn lei si è completamente fidata di me. Mi ha dato tutto, tutto. Il suo primo bacio, la sua prima volta, l’ha data a me. Non ha lasciato niente per sé. Niente. E io le ho mentito. Come pensi si sia sentita? Come pensi che mi senta io adesso?”
“Penso che tu ti senta una merda, ma ti sei fatto male abbastanza. Ora devi voltare pagina. Dimenticarti di lei”
“Non ci riesco. C’ho provato. È impossibile. Non posso dimenticarmi di qualcuno che continuo ad amare. La vedo ovunque Zayn. Ogni ragazza ha i suoi occhi, ogni profilo mi sembra il suo. Ho il suo odore ancora nelle narici e per quanto mi lavi la bocca sento ancora il suo sapore. Non posso dimenticarla quando ho il suo segno marcato addosso”

Già Harry non poteva e lo sapevamo tutti. Non era una semplice cotta, un’infatuazione. Harry era dannatamente innamorato di quella ragazza. 


Angolo autore
Devo essere sincera mi ci è voluta molto coraggio a continuare con la pubblicazione di quest'altri capitoli. Un po' perchè ormai siamo quasi agli sgoccioli un po' perchè ci sono comunque dei seguitori assidui. Ma i risultati dell'ultima pubblicazione sono stati non deludenti di più, Visualizzazioni pari a zero e morale sotto zero. Non mi aspettavo una delusione così cocente per un capitolo per me così importante. Forse c'è stato qualcosa di sbagliato di cui non mi sono resa conto, se così fosse vi prego di farmelo sapere.
Spero che questo nuovo capitolo abbia un successo migliore, o meglio che almeno venga letto,
Un bacio 
V

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Capitolo 8
*** 7 ***


Erano le 7:06 p.m e Emma sentiva di stare per fare la più grossa stronzata della sua vita.
Quella mattina era andata al negozio di dischi infondo alla strada e aveva comprato tutti gli album degli One Direction. Chiusa in libreria, li aveva ascoltati tutti, uno ad uno.
Aveva sorriso ogni volta che a cantare era Harry, mentre nella sua testa pensava che, ora come ora, avrebbe potuto riconoscere quella voce ovunque. Aveva poi guardato tutti i loro video clip.
Aveva desiderato sentire nuovamente le mani di lui sulla sua schiena nuda, le sue labbra che gli sfioravano il collo e il suo profumo a mandarla fuori di testa. Più lo guardava e più sentiva un bisogno vitale di averlo lì. Voleva sentirlo nuovamente fin dentro le ossa, fino a dimenticarsi di se stessa, fino a sentirsi parte integrante di Harry Styles. E tutto questo non era normale.
Aveva capito che Harry le mancava troppo.
Allora aveva preso la prima giacca che aveva trovato, le chiavi di casa ed era corsa via.
Sotto la pioggia. Continuava a correre, senza un ombrello, urtando la gente, scusandosi, riprendendo fiato a tratti, dimenticandosi ad altri come fosse respirare, perché in fondo senza Harry lei era stata in una sorta di apnea, senza respiro.
Con l’aria che nuovamente le tornava in circolo nel sangue, che sentiva per la prima volta dopo tanto tempo, riaffluire al cervello e col cuore che batteva all’impazzata, Emma correva vero la sua unica direzione.

I ragazzi quella sera avevano convinto Harry ad uscire, per prendere del cibo da asporto. Riluttante aveva indossato il suo giubbotto, si era passato una mano per i capelli, ormai fin troppo lunghi, e aveva seguito i suoi tre amici fuori dalla porta.
Louis era rimasto in casa ad apparecchiare. E quando una decina di minuti dopo aveva sentito il campanello suonare, non si sarebbe mai aspettato di trovarsela davanti.

“Harry è in casa?”

Emma, completamente zuppa d’acqua, con le guance arrossate e il fiato corto, era davanti la sua porta e cercava Harry. Il maglioncino era attaccato alla pelle così come i jeans e mettevano in evidenza le curve che Emma sembrava avere tutte al posto giusto, abbondanti, ma al posto giusto. I capelli le scivolavano sul viso e aveva gocce d’acqua impigliate nelle ciglia. Un sorriso gli spuntò sulle labbra mentre una nuova consapevolezza si faceva strada nella sua testa. Harry sarebbe stato felice di rivederla.

“No, ma sta per tornare. Entra pure. Sei Emma giusto?”

Louis l’aveva lasciata passare. Emma era entrata in quella casa e come un pugno in pieno stomaco gli erano tornati alla mente tutti i ricordi suoi e di Harry e soprattutto le immagini di quella mattina, ma non si sarebbe voltata indietro. Non questa volta. Harry le aveva mentito, ma gli doveva parlare. Aveva bisogno di parlare con lui.

“Io sono Louis.”

Emma aveva stretto la mano di Louis ed avrebbe voluto anche dirgli che ormai lo conosceva perché aveva letto di lui su parecchi giornali. Louis era un bel ragazzo, le piacevano i suoi occhi. Sembrava che sorridessero sempre. La stretta della sua mano era stata confortante e la sua presa solida le stava chiedendo di restare.

“Siediti. Harry tornerà a momenti – ma Emma esitava e poi Louis capì il perché. Fradicia com’era avrebbe bagnato tutto. O meglio stava già bagnando il pavimento – hai ragione scusami. Hai assolutamente bisogno di cambiarti. Là c’è la camera di Harry. Va pure, a lui non dispiacerà”

Emma si scusò con Louis e si avviò verso la stanza in cui per l’ultima volta era stata felice con Harry. Seguì sicura la direzione che la sua memoria le stava indicando. Quando aprì la porta si accorse di come nulla fosse cambiato. Sembrava tutto così uguale a quella mattina.
Le lenzuola arruffate, i vestiti ai piedi del letto e il profumo di Harry ovunque.
Non voleva restare troppo, soprattutto non voleva che Harry tornasse e la trovasse in camera sua. Non sapeva cosa poteva effettivamente aspettarsi. Aprì l’armadio e notò che con piacere che Harry aveva conservato i suoi vestiti. Quelli della notte di Natale.
Si spogliò velocemente e tanto velocemente si rivestì e con i capelli ancora zuppi raggiunse Louis dove lo aveva lasciato.

“Hai trovato qualcosa della tua misura vedo”
“Io… in realtà… non è la prima volta che… si insomma…”
“Ehi ehi Emma calma. Scherzavo. Ora siediti. Mi mette soggezione vederti in piedi.”

Emma si sedette proprio dove si era seduta l’ultima volta, solo che accanto a lei c’era Harry.

“Allora… Emma… ti ho già detto che Harry sta per tornare?”

Erano entrambi in evidente imbarazzo e per la prima volta Louis non riusciva a trovare le parole giuste. Quella di Emma ed Harry era un situazione molto delicata. E Louis non sapeva perché Emma era lì, che intenzioni avesse e soprattutto come Harry avrebbe reagito alla sua vista. Ma di una cosa era sicuro: non voleva che Emma andasse via. Harry in quei mesi aveva sofferto molto, aveva rinchiuso la sua anima in una gabbia, era stato lì ad accusarsi e a ripetersi di aver sciupato l’amore della sua vita, con la dannata consapevolezza di non poter tornare indietro.
Guardando Emma con le mani tremanti e gli occhi lucidi, Louis non riusciva a sentirsi più così sicuro riguardo la reazione di Harry, era stato troppo male per divenire così scontato.

Non dovette aspettare molto perché la porta di casa si aprì e un Niall tutto contento entrò saltellando con due buste di cartone.

“Louis non puoi capire quant..” le parole gli restarono in bocca quando si accorse che non era solo, che accanto a Louis c’era qualcun altro.
Subito dopo Liam e Zayn ebbero la stessa reazione di sorpresa. I loro occhi si dilatarono ed Emma si sentì così fuori luogo da impazzire. I capelli ancora bagnati gocciolavano sul suo maglioncino e pensò che forse stava sbagliando tutto. Davanti ai loro occhi, accanto a quella loro perfezione da star, Emma si sentiva così piccola ed inadeguata e sentiva addosso già la pesante sconfitta di essere rimandata indietro. Perché i suoi occhi e le sue mani, lo sentiva, non erano degne di Harry. Harry con i suoi occhi grandi, Harry con le sue fossette, Harry che l’aveva amata, Harry che le aveva mentito.
Quando Harry varcò la porta di casa, con le chiavi dell’auto ancora tra le mani, trovò i suoi amici tutti ancora in piedi e con gli occhi fissi verso un punto del salotto coperto alla sua vista.

“Harry hai visite” furono le parole che Zayn pronunciò appena sentì i suoi passi che si avvicinavano verso il punto d’interesse di tutti.
Quando giunse al fianco di Niall, Harry vide quello che non si sarebbe mai aspettato. E pensò che fosse un sogno, che stesse avendo una visone. Ma Emma era lì. Lei era lì. Davanti ai suoi occhi. Emma, la sua Emma, era in casa sua. E non potè fare a meno di fissarla, di ammirarla, di consumare con lo sguardo tutti quei particolari che gli erano mancati. E quando passò in rassegna i suoi occhi, lo sguardo che lei gli rivolse era carico di emozioni, un po’ come quello di Harry stesso. Si stavano parlando con gli occhi, e si stavano dicendo tanto.

“Che ne dite di metterci a tavola. Sto morendo dalla fame.”
Niall aveva rotto quel silenzio alquanto imbarazzante, almeno per loro spettatori, e tutti si erano avviati verso la cucina. Tutti tranne loro due.

“Harry io ho bisogno di parlarti.”

Risentire la sua voce fu per Harry come un toccasana. Riaverla lì era uno dei regali più belli che avesse mai potuto desiderare. Lo aveva sperato e sognato così tante volte che gli sembrava impossibile. Harry semplicemente annuì e la portò verso la sua stanza. Emma lo seguì in silenzio col cuore che andava a mille.
Avrebbe voluto saltargli al collo appena era entrato. Era cambiato in quei sette mesi, lo aveva già notato da alcune foto viste sui giornali. Aveva i capelli lunghi, molto più lunghi dell’ultima volta e il viso scavato dalla stanchezza. Gli occhi non avevano perso la lucentezza che li contraddistinguevano e Emma non riusciva a non pensare a quanto sarebbe stato bello perdersi di nuovo in quel mare verde.
Per la seconda volta quella sera entrava nella stanza di Harry, la stanza in cui per la prima volta lo aveva sentito completamente suo, in cui per la prima volta si era sentita di appartenere a qualcuno.
Si guardarono nuovamente negli occhi.
Si fissarono per un momento interminabile, sperando di poter dire tutto restando in silenzio.
Quando Emma aprì bocca, il suono che uscii dalle sue labbra fu flebile, quasi un sussurro. Pur essendosi ripromessa di essere forte e decisa, non ce l’aveva fatta. Aveva mostrato tutta la sua insicurezza e quelle parole farfugliate tra i propri respiri ne erano la prova.

“Harry ho bisogno di sapere una cosa. Quella notte, quella mattina, quando mi hai detto di amarmi mi hai mentito?”
“No. Io ti amo.” La risposta di Harry fu decisa ed arrivò senza alcuna esitazione. Lui continuava ad amarla. E ci credeva. Ora guardando i suoi occhi ci credeva. Pensava che fosse possibile, anzi era certa che fosse possibile, che Harry Styles potesse amare lei. E in un attimo tutto il dolore delle sue menzogne fu completamente cancellato, come se non ci fossero mai state lacrime, perché non si vive nel passato. E Emma aveva bisogno di vivere, vivere ora, soprattutto vivere con Harry al suo fianco.

“Sai come si dice, che quando il cuore mente il dolore dice la verità. E la mia verità è che ho sbagliato ad aspettare così a lungo, perché anche io ti amo e sono…”
“No, è stata solo colpa mia. Ascolta io volevo dirtelo. Io volevo dirti il perché del mio strano abbigliamento, perché non eravamo ancora usciti insieme. Io volevo dirtelo, ma poi quella sera mi hai baciato e lo sai quanto io ti desiderassi. Tutto si è fatto più complicato però...”

Emma non permise ad Harry di continuare perché le sue labbra si erano incollate a quelle del ragazzo. Per troppo tempo aveva aspettato quel momento. Per troppo tempo entrambi lo avevano desiderato. Ad un primo impatto Harry ne fu stupito perché non se lo sarebbe mai aspettato, non certo da lei. Finalmente Harry risentiva il suo respiro su di lui e le baciava le labbra, il viso. Le circondava con le mani il volto, la vita, ogni pezzo di lei. Perché le era mancata così tanto. E le sembrava così magico che lei fosse di nuovo lì, che l’avesse perdonato. Si gettarono sul letto. Le mani sempre più esigenti. I respiri che si confondevano. Si sentivano completi ora. Nelle braccia l’uno dell’altra erano completi. Emma sentiva il cuore consumarsi. Quel suo cuore che aveva donato ad Harry mesi prima, lo sentiva consumarsi a suon di baci, tocchi. E non le faceva male. La faceva sentire dannatamente bene. Harry invece non riusciva a non pensare ad altro che a lei. Tra le sue braccia ancora. Alla sua pelle a contatto con la sua. Sarebbe potuto scoppiare anche il mondo intero, ma lì c’erano solo loro. Harry non avrebbe lasciato quella stanza, quel letto per nulla al mondo. E poco importava che a due stanze di distanza c’erano i ragazzi a cenare, lì c’erano solo loro e il loro amore.
Quella sera furono una cosa sola così tante volte da sentire male. Si erano detti ti amo così tante volte da non ricordare altro.
Quella notte si sentirono come i conquistatori del mondo.
Quella notte tutto gli apparteneva.
Il tutto di Harry era Emma. Il tutto di Emma era Harry.
Si amavano.
Si bastavano.
E tutto aveva senso.
Di nuovo.

Nell’altra stanza, invece, i ragazzi stavano festeggiando l’avvenuta riconciliazione.

“Sapevo che sarebbe tornata” esclamò Niall con un pezzo di pizza ancora tra i denti.
“Spero che stavolta Harry non rimandi tutto a puttane. Si amano. Deve farsi bastare questo.”
Zayn non era proprio quella che poteva essere definita una persona ottimista, lui amava definirsi un “realista” e forse in parte un po’ lo era, ma i ragazzi preferivano comunque chiamarlo “iettatore”.
Il problema era che Zayn ci vedeva lungo e tutte le volte che prospettava qualcosa, questa di colpo accadeva.
Aveva messo in guardia Harry, lui non aveva seguito il suo consiglio e aveva passato sette mesi di merda. Ora però se la rideva tra sé e sé perché sapeva che Harry non avrebbe commesso più lo stesso errore, che non ci sarebbe stato bisogno di avvertirlo. I suoi consigli questa volta non sarebbero serviti.
Niall, invece, era semplicemente felice. Voleva molto bene ad Harry, erano amici, lui gli era stato vicino quando non si era sentito abbastanza.
In realtà Harry era sempre stato vicino a tutti, perché per quanto fosse egocentrico e esibizionista, era anche la persona più generosa che avesse mai conosciuto. O almeno lo era con le persone a cui voleva bene.
Per quanto un po’ tutti faticassero ad ammetterlo, Harry era l’anima del gruppo.
Certo Liam era quello che li metteva in riga, Louis li faceva divertire, Zayn dispensava consigli a destra e a manca, ma Harry era quello che li teneva uniti. Perché faceva un po’ tutto.
Harry aveva i suoi limiti, era bravo a dire basta quando si doveva smettere, ma era anche il compagno di giochi di Louis, il che la dice lunga.
Aveva un consiglio pronto per tutti e poi amava i bambini, sorridere.
Harry era in parte perfetto, peccato che delle volte emergeva quella che era la parte negativa della sua personalità.
Sapeva essere dannatamente egoista.
Con Emma, però, tutto doveva essere diverso, pensò Niall. Loro sapevano ben poco della loro relazione e in sette mesi questa era la seconda volta che rivedevano Emma. Non sapevano come fosse caratterialmente, ma aveva avuto il potere di attrarre Harry. Il potere di cambiarlo. Mai lo avevano visto soffrire per una ragazza, mai. Harry sembrava essere riuscito a mettere la testa a posto. Niall quella sera sperò che quello fosse l’inizio di una bella storia d’amore.

POV Emma

Quella mattina avevo avuto il timore di aprire gli occhi. Avevo paura che fosse tutto solamente un sogno. Quando li aprii, invece, un raggio di sole era entrato nella stanza e la teneva in leggera penombra. I mobili dall’aspetto moderno e anche costoso erano sicuramente un indizio. Quella in cui mi trovavo non era camera mia. Ma la parte più bella di quel risveglio era accoccolata sul mio petto nudo. Una massa di ricci mi solleticava fin sotto al collo. Riuscivo a sentire perfettamente il suo respiro caldo, il suo petto che si abbassava ed alzava ritmicamente, il suo profumo di muschio bianco che mi risaliva su per le narici e la sua pelle incandescente che combaciava con la mia.
Con un gesto del tutto istintivo cominciai a passare le dita tra i suoi capelli morbidi.
Quanto mi era mancato.
Dai capelli passai al suo viso. Con l’indice seguivo i contorni degli zigomi, della bocca, del naso fino a giungere alle ciglia.
Quando avevo rincontrato quegli occhi la sera precedente, tutto aveva avuto di nuovo senso.
Harry era lì per me. Harry mi aveva aspettato. Harry mi aveva amato ancora. E avrebbe continuato a farlo. Avrei voluto bloccare il tempo. Fermarlo e renderlo solo nostro. Un mugolio uscii dalle sue labbra.

“Sei già sveglia?”
“Già.”
“Buongiorno amore – e le sue labbra furono presto sulle mie – Ti amo.”

Quel ti amo sussurrato tra i baci mi faceva perdere il controllo. Quella scena di perfetta intimità mi faceva perdere il controllo. Anzi più che controllo, perdevo la cognizione. La cognizione di tutto. Del tempo, del dove mi trovassi. Ma la cosa non mi importava. Volevo perdere tutto, l’importante era avere lui. Averlo ritrovato.

“Ti amo. Ti amo anch’io” gli sussurrai a fior di labbra, prima che ci perdessimo ognuno di nuovo nelle braccia dell’altro.
“Non mi piacciono queste ossa sporgenti. Rivoglio i tuoi fianchi tondi”
“E io che pensavo di essere più attraente!”
“Tu sei attraente, ma lo devi essere solo per me. Sono un tipo geloso io!”

Mi venne da sorridere spontaneamente.

“Ma dai, Styles non me n’ero accorta”

Harry non aveva nemmeno lasciato che finissi di parlare che con la bocca si era addentrato sul mio collo, sulla mia pelle. Con le mani stringeva forte i fianchi e le passava possessivo sulle cosce.

“Che fai?”
“Marco il territorio non vedi?” un sorriso spontaneo mi uscii dalle labbra.

Harry era quella dose di serotonina che mancava nella mia vita. Riusciva a rendermi felice con poco. Non ero mai stata un tipo da grandi pretese, ma Harry sembrava capace di soddisfarle tutte. Non sentivo il desiderio d’altro quando ero con lui.
Lui mi bastava.
Bastare.
Non avrei mai pensato che questo verbo potesse assumere un significato così perfetto.
Di solito lo usiamo per indicare una quantità, un certo numero di oggetti che debbono bastare per qualcosa.
Harry era uno soltanto e mi riempiva tutta.
Non al punto da eccedere, ma bastava. Ero completa, non avevo eccessi da dover gettare via. Ogni piccola goccia di Harry era mia.
Ma in tutto questo bastarsi a vicenda, c’era una cosa che andava oltre l’infinito, qualcosa che non poteva essere contenuto in tutti i corpi del mondo, in tutti i cuori d’ogni tempo: il nostro amore.
Se singolarmente eravamo l’uno la metà perfetta dell’altro, insieme eccedevamo, andavamo oltre.
Quando i nostri occhi si incontravano, le nostre mani si sfioravano, io riuscivo a sentire crescere dentro di me l’amore. Ed ero felice. E ogni cosa aveva una visuale diversa e nulla riusciva a farmi paura. Nulla avrebbe potuto spaventarmi se il non averlo più accanto a me.

“Credo che dovrò proprio farti conoscere i ragazzi”
“Ok”
“Davvero solo ok? Emma… io voglio andare avanti con te. E dopo i ragazzi ci sarà mia madre, Gemma e le fans. La mia non è una vita facile, i miei ritmi sono insopportabili e poi ci sono le tourné, i mesi via..”

Così come avevo fatto quella notte posai le mie labbra sulle sue.

“Ok. Harry è ok. È ok la tua vita, è ok tutto quello che dovrò affrontare. Ti amo. L’importante che ci sia tu. E poi credo che anche io abbai qualcuno che voglia proprio conoscerti.”
“Andrea?” la sua domanda riuscii a lasciarmi completamente sbigottita.
“Harry, ci siamo appena ritrovati e tu pensi che io voglia presentarti Andrea? Stavo parlando di Sarah!”
“Beh se è Sarah la conoscerò volentieri, e anche Niall credo.”
“Ha il ragazzo. Quindi giù le manacce.”
“Le mie possono continuare a stare tra le tue?” mi sussurrò quelle parole, quasi soffiandole tra le labbra.

Harry riusciva a stupirmi attimo dopo attimo. Congiunsi il mio palmo con il suo. La mia piccola mano aderiva perfettamente, nella sua manona. Le mani di Harry erano forse anche più belle dei suoi occhi. Erano lunghe e affusolate. Le ossa erano sporgenti e la pelle di un rosato/ambrato faceva risaltare le piccole vene che partivano dal polso in su. E poi erano calde ed accoglienti proprio come lui. Intrecciai piano le mie dita con le sue.

“Per sempre. Possono restarci per sempre.”

Mi accoccolai tra le sue braccia e pensai che per sempre era il nostro tempo, non c’era passato né presente né futuro c’era solo il nostro per sempre.


Angolo autore

E siamo alla fine! Questo capitolo ha avuto un gestazione fin troppo lunga. L'ho scritto e riscritto milioni di volte, volevo cercare di darvi la perfezione, di dare ad Emma ed Harry le parole che meritavano, ma purtroppo non credo di essereci riuscita.
Mi dispiace abbandonare la storia, mi dispiace abbandonare Emma che mano a mano stava crescendo sempre di più, ma allungare il brodo penso che sarebbe stato fin troppo controproducente.
Non vedo l'ora di leggere le vostre reazioni, se vi aspettavate un finale del genere o se volevate qualcosa di diverso. Inoltre volevo sapere se l'idea di un sequel possa essere gradita o se è meglio lasciare le cose così.
Sto comunque progettando altre storie e se vi va di leggere tenetevi aggiornate sul mio profilo autore oppure basta dirmelo e appena pubblicherò qualcosa di nuovo vi farò sapere io stessa.
è stato un vero piacere conoscervi.
Grazie mille di tutto.
V

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