Tutto cambia, tutto resta uguale

di La Fe_10
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL PASSATO NON DA TREGUA: LASCIARE IL VILLAGGIO ***
Capitolo 2: *** SEGUIRE IL CUORE: NUOVI TEAM E VECCHIE CONOSCENZE ***



Capitolo 1
*** IL PASSATO NON DA TREGUA: LASCIARE IL VILLAGGIO ***


Capitolo 1
IL PASSATO NON DA TREGUA: LASCIARE IL VILLAGGIO
 
Negli affari di cuore, credo che preferirei sopportare i lutti emotivi, le ferite e le frecciate della sconfitta, l'autocommiserazione, la solitudine e l'insoddisfazione che deriva dal fatto di non sapere cosa accadrà in futuro, piuttosto che la noia e il letargo di una casa felice, sicura, in cui si sa già cosa porterà la prossima frase, la prossima ora e il prossimo giorno.

Chuck Barris

Naruto, 17 anni


Seduto lì, al tramonto, il ragazzo biondo pensava, mentre guardava Konoha che si estendeva ai suoi piedi. 
Be, quello che ne rimaneva: dopo la fine della guerra non c'era stato quel granché di tempo per ricostruire il tutto, ma erano ad un buon punto, soprattutto grazie a quella gran despote di Tsunade. 

Dalla testa scolpita nella roccia del quarto Hokage, il ragazzo dagli occhi azzurri osservava il villaggio nascosto della Foglia rinascere dalle sue ceneri e riprendere lentamente forma e vita, ritornando alla sua antica perfezione, con tutti i maggiori clan al loro posto. 

Gli Hyuga. 

Gli Yamanaka. 

Gli Haruno. 

Gli Aburame. 

Gli Inuzuka. 

Gli Amikichi. 

I Nara.

Quella linea sottile che molti avrebbero scambiato per un sorriso nascente gli morì sulle labbra.

Tra tutti un clan, uno sarebbe continuato a mancare l'appello. 

Gli Uchiha.

Una lieve fitta colpì al cuore il giovane eroe di Konoha. 

Sasuke se n'era andato. Di nuovo. 

Non era stato capace di riportarlo indietro, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto. 

Lo aveva rincorso fino in capo al mondo, ignorando tutto il dolore che ogni volta gli attanagliava il petto, togliendogli il fiato. 

Non importava quanto male gli aveva fatto vederlo seguire Orochimaru. 
Non importava neanche quello che aveva provato dopo aver saputo che si era unito all'Akatsuki. Già si immaginava il ragazzo indossare quella lugubre cappa nera ornata dalle nuvole rosse che anni prima aveva vestito Itachi. 
E, ancora, aveva sorvolato sul suo tentativo di catturare Killer Bee, sapendo bene, forse fin troppo, che se fosse riuscito nel suo intento, lui sarebbe stato il prossimo della lista. 

L'unica cosa che contava era riportare indietro quel ragazzo dall'aria algida che si ostinava a voler fare tutto da solo, a contare solo sulle sue forze, perché sapeva che lì, da qualche parte, seppellito in profondità ma non ancora morto, giaceva QUEL Sasuke.

Il suo nemico. 
Il suo compagno del team 7.
Il suo amico. 
Il ragazzo che per lui aveva risvegliato il secondo tomoe dello Sharingan. 
Il ragazzo che per la prima volta aveva incrinato il sigillo pentastico. 
Il ragazzo che aveva stretto disperato mentre osservava gli innumerevoli spiedi che, infilzati nel suo corpo, sembravano condurlo alla morte.
Spiedi che avrebbero dovuto colpire lui, non il moro.

Lo shinobi dagli occhi azzurri sapeva che quel Sasuke esisteva ancora da qualche parte e ne aveva avuto una prova quando era tornato sul campo di battaglia. Se l'era visto comparire davanti con quel suo sorrisetto da Teme. O era stato lui a sorridere? Non se lo ricordava, anzi forse non gli importava: era lì, con quella sua faccia di bronzo, come se tutto quello che era successo non fosse altro che un sogno dettato dall'ennesima arte illusoria da quattro soldi nella quale cadeva quasi sistematicamente. E poi quella dichiarazione. 

Diventare Hokage. 

E così erano ancora loro. Naruto Uzumaki e Sasuke Uchiha.

Nemici.

Rivali. 

Compagni. 

Amici. 

Fratelli. 

.... o forse di più? 

Perché quella ricerca spasmodica, Naruto l'aveva capito da tempo ormai, non era dettata solo dall'amicizia che li legava, almeno non per il biondo. 
E chi l'avrebbe mai detto che da quel bacio dato per sbaglio, tra i banchi di scuola, ci sarebbero stati degli sviluppi così interessanti?

Ma sapeva che non sarebbe mai stato ricambiato. No, non pretendeva tanto. Voleva solo riportarlo indietro, riportarlo a casa, a Konoha, al posto a cui apparteneva. 

Voleva che ritornassero ad essere i due ninja del team sette. Solo Teme e usaratonkachi. Solo Sasuke e Naruto. 
Ok, magari un po' più forti, ma solo e sempre loro. 
Voleva quegli sguardi di sfida, le gare per il controllo del chakra tra gli alberi, le abbuffate di cibo con conseguente indigestione. 

Solo loro.

Niente guerre, niente clan, niente Obito e Madara, niente Sharingan e Itachi, niente Susano'o e modalità Kiuuby.

Solo Sasuke e Naruto.

E quando aveva rivisto quella occhiata sul campo di battaglia, mentre Sakura lo curava, come a dire "Senza di me non ce la fai proprio, vero? Usaratonkachi" pensava che quei momenti sarebbero tornati. Va bene, non uguali, ma c'era un possibilità.
Ma lui lo aveva sorpreso. 


Se n'era andato. Di nuovo. 


Gli aveva girato lo spalle, ma questa volta non aveva avuto la forza di rincorrerlo e farlo desistere. Perché gli Uchiha non desistono per definizione e, anche se aveva il potere di farlo rimanere, non avrebbe resistito ad un altro tentativo di abbandono. La sua psiche non avrebbe retto nel vedere ancora una volta il ragazzo andarsene, non sarebbe stato in grado di inseguirlo ancora, sopportare tutto quel dolore, così denso, così accecante.

Così lo aveva lasciato fare. Sapeva che sarebbe andato via, glielo aveva letto nel cuore per loro era sempre stato così: una sola occhiata bastava.
E quel pomeriggio, Naruto l'aveva capito, era l'ultimo. 
Erano passati solo cinque miseri giorni dalla fine di tutto, e tutti pensavano  che non fosse solo la fine della guerra, ma anche la fine della sua carriera da nukenin, ma sapeva che non era così. Glielo aveva letto negli occhi, sperando che si fosse sbagliato. Ma quel pomeriggio, quel fottuto pomeriggio Naruto aveva capito che il moro avrebbe lasciato nuovamente Konoha, quella sera stessa probabilmente.  Sapevano entrambi. 
Ora come ora, se quel ragazzo fosse stato al posto del suo io di due mesi prima forse ci avrebbe provato, ma all'epoca non ne era stato in grado. Aveva pensato di piangere, di implorarlo, di umiliarsi nuovamente e stavolta non per lui, ma davanti a lui. 

Ma si sentiva stanco.

La guerra lo aveva consumato: tutte quelle morti, tutto quel dolore, non era pronto a fronteggiarne ancora, a combattere ancora. 

Sasuke era come un magnifico e maestoso falco: non si sarebbe fatto ingabbiare senza lottare. 

E Naruto, in quel momento, sentiva che non sarebbe riuscito a combatterlo. 

Perciò in quel pomeriggio, in quel tramonto, lui sorrise. Si dipinse sul viso la sua espressione più serena e pacifica, salutandolo con un flebile "Ci vediamo domani". Niente nomignoli, niente frecciatine, niente di niente. Sperava che lui avrebbe capito. Sperava che gli avrebbe risposto, che gli avrebbe detto qualcosa. Anche solo un sorriso gli sarebbe andato bene, come quando erano piccoli. 
Lui aveva fatto un cenno con la testa e se n'era andato. 
«E non fare tardi» gli urlò ancora dietro. 

Non lo aveva mai richiamato, mai: il loro rapporto era ancora così incerto, fragile per certi versi. Erano due funamboli che camminavano su una fune sottile sospesi sul vuoto: se qualcuno dei due si fosse avvicinato troppo velocemente, l'altro sarebbe caduto nel vuoto. Così Naruto era stato attento a non fare passi affrettati, a non minare l'equilibrio dell'altro, sempre, ma con quella frase aveva appena fatto un balzò in avanti.
Sasuke si fermò. 
Se n'era accorto, la corda aveva tremato sotto i suoi piedi. Per come la vedeva Naruto per ristabilire l'equilibrio avrebbe potuto fare solo due cose. 
La prima era raggiungerlo, fare un balzo pari al suo. 
La seconda era rintanarsi sulla terraferma, sulla quale la fune era ancorata. 
Rimasero immobili per una manciata di secondi, ascoltando il vento e il rumore del respiro dell'altro. Naruto ancora sperava, incrociò le dita per quei battiti di ciglia che erano diventati l'attesa più interminabile di tutta la sua vita. E aveva ragione di dirlo: aveva aspettato quel momento per anni. 
Poi il tempo tornò a scorrere. E Sasuke aveva mosso un passo in avanti. 
Non si era nemmeno girato un secondo, per salutare, per dire che sarebbe tornato. O per dire addio. Verità o menzogna, che importava? Dopo tutto quello che aveva fatto non si meritava nemmeno una timida bugia? Niente rimpianti, niente ripensamenti, così lo aveva lasciato. 

E il suo mondo si era fermato in quel momento. Di nuovo.

Tutto sembrava andare avanti, come se la mancanza dell'Uchiha non importasse a nessuno, come se, dopo l'episodio della valle dell'Epilogo, tutti se ne fossero abituati e la sua assenza non li toccasse. Ma a Naruto sembrava di impazzire. Tutti erano andati avanti senza Sasuke, ma lui non poteva. Lui era "il" Teme, l'allievo di Kakashi, il ragazzo della quale tutti si innamoravano, dietro alla quale morivano Ino e Sakura. Come potevano non soffrire la sua mancanza? 

Tutti erano andati avanti.

Ino si era messa da poco con Kiba. Diceva che era simpatico, che la faceva ridere. Di certo lei ne aveva bisogno.

Sakura, dopo il suo rifiuto, qualche mese prima, aveva iniziato ad uscire con Sai. Se lo ricordava: l'aveva trovata davanti alla sua porta, il mattino dopo il fatidico pomeriggio, come era già successo, ma stavolta non era afflitta ne avvilita. Era furente. Li aveva abbandonati ancora e lei era corsa da Naruto. All'inizio non sapeva neanche bene perché. Semplicemente lui c'era sempre stato. Davanti a tutti quei sentimenti, quella rabbia, quella frustrazione, lui, contro ogni aspettativa, non aveva retto. Gli aveva urlato contro, l'aveva presa a male parole e le aveva chiuso la porta in faccia. Sapeva che aveva sbagliato, ma in quel momento, davanti all'evidenza, si era sentito crollare: non poteva caricarsi sulle spalle anche il suo livore. Probabilmente era stato allora che la relazione con Sai era cambiata. Non ne sapeva poi così tanto, non si erano parlati molto dopo quella mattina.

Hinata stava bene con Shino. 
Con lei era stato diverso. Quando era finita la guerra si erano chiariti subito: si erano parlati sulla tomba di Neji, quando, un giorno, lui l'aveva incrociata, mentre era andato a rendergli omaggio. Non era certo il posto, ma sentiva che era il momento. Così le aveva parlato. Lei non ne era certo felice, ma aveva capito e lo aveva abbracciato. Non ci era voluto molto perché il suo compagno di team, una volta appresa la notizia, aveva iniziato a mostrare qualche interesse. La dolce ragazza doveva ancora riprendersi dal sentimento che aveva covato per lui da anni, ma pensava che sarebbero stati felici.

Shikamaru era sempre e casualmente impegnato con la nuova ambasciatrice di Suna a Konoha, Temari, e si vedeva che le piaceva, nonostante passasse più di metà del suo tempo al suo seguito, apostrofandola come "seccatura".

Persino Choji e Rock Lee avevano qualche flirt con delle kunoichi di un altro villaggio, ne era sicuro. 

Anche sua "cugina" Karin si era rifatta una buona reputazione e stava ricostruendo la sua vita lasciandosi alle spalle la nomea di nukenin, insieme ai suoi due compagni del vecchio team Taka, Juugo e Suigetsu, con la quale ormai ipotizzava ci fosse qualcosa di più di una semplice conoscenza.

Tutti erano andati avanti. Tutti tranne lui, che era rimasto indietro, inesorabilmente intrappolato nella ragnatela di ricordi della sua preadolescenza. 

Come se non fosse abbastanza, la gente del villaggio aveva ricominciato a temerlo. In fondo era o non era colui che aveva tenuto testa da solo a sei Biuuju? 

Ok, non era esattamente da solo, c'era Kurama con lui, ma a chi sarebbe importato? 
Erano (apparentemente) un tutt'uno agli occhi di tutti da ben sedici anni.... solo un'altra forza portante avrebbe potuto capire il loro rapporto e l'unica che forse avrebbero ascoltato sarebbe stato Gaara, quanto meno per la sua carica di Kazekage, o semplicemente per l'aurea quasi demoniaca che ancora emanava, ma non è che avesse avuto un rapporto esattamente idilliaco con Shukaku, se non si contano gli ultimi cinque nanosecondi prima che il demone tasso venisse assorbito da Madara. Forse era meglio che Gaara tenesse la bocca chiusa. 
E Killer Bee... chi non aveva soggezione di lui in fondo? Ma uno che "reppa" tutto il tempo non era di per sé considerato attendibile. 

Ma anche se avessero capito, le cose non sarebbero cambiate, anzi forse sarebbero potute anche peggiorare: uno shinobi che ha non solo il controllo ma anche l'appoggio di un cercoterio? Anzi, di tutti e nove?

Tsunade baa-chan avrebbe potuto dire quello che voleva, ma la gente l'avrebbe sempre temuto, ora più che mai: non era più un imbranato dodicenne, era considerato come l'eroe della quarta guerra ninja, stimato sì, ma di certo non dalla gente che viveva nella sua stessa città, terrorizzato dall'idea che potesse "perdere il controllo". 
In fin dei conti a tanti grandi ninja di Konoha non era forse già successo?

Madara, di cui ora tutti ricordavano la storia, o forse solo parte di essa, e non certo quella che gli rendeva più onore. Orochimaru, che con tutte le sue pazzie ed esperimenti si era conquistato una fama che ad alcuni metteva ancora i brividi. Itachi, il ragazzino genio degli Uchiha che aveva trucidato i suo clan, ma la cui verità non era mai stata divulgata. 

E infine Sasuke. 

In poche parole agli occhi dei normali cittadini del villaggio, chi poteva assicurare che Naruto non fosse l'ennesima bomba ad orologeria? 
E il comportamento scontroso che gli era venuto naturale dopo che lui se n'era andato non aveva fatto altro che offrire loro un pretesto ancora più fondato per temerlo. E si sa: si quasi sempre si odio ciò che si teme.

Naruto sospirò. 

Non c'era più nulla per uno come lui a Konoha. Nemmeno gli amici.

Tutti erano troppo presi dalle loro nuove storie, dai loro nuovi amori, dalla ricostruzione, sia delle loro case che delle loro vite. 
Tutti erano troppo presi a lasciarsi alle spalle il loro passato e guardare al futuro, e se questo significava lasciarsi alle spalle davvero tutto, questo comprendeva anche lui, che il solo pensiero di lasciar andare i suoi ricordi gli mozzava il respiro. 

Non si sentiva di biasimarli, era felice per loro: avevano affrontato una guerra, avevano sofferto la perdita di persona care. Era giusto che fossero felici. 
Ma lui non lo era, e non ce la faceva più a fingere che tutto andava bene. 
L'unica persona che lo avesse mai capito fino in fondo lo aveva lasciato lì da solo, su una fune sospesa sopra un baratro nero, oscuro, misterioso, ed era impossibile non guardarlo spaventati, terrorizzati da tutte quelle incognite che quella caduta nascondeva. Prima era stato tutto così facile. C'era Sasuke da guardare. C'era Sasuke per non perdere l'equilibrio e sprofondare. Ma lui ora non c'era, così, per non cadere, o almeno, per rimandare l'inevitabile, Naruto vedeva una sola via.

Inalò un'ultima boccata di aria fresca prima di alzarsi in piedi dalla testa scolpita nella pietra raffigurante suo padre, il quarto Hokage, guardando per un'ultima volta il suo villaggio. Aveva pensato spesso alla prospettiva di andarsene, indeciso tra lo voglia di combattere la sofferenza nella quale si sentiva sprofondare e il desiderio di allontanarsi da quel posto che non sentiva più proprio. Non era il tipo che si arrendeva, non lo era mai stato: ma dopo due mesi di assoluto nulla, non sarebbe riuscito a definirlo altrimenti, non ce la faceva più.

«E così ce ne andiamo moccioso?» chiese Kurama nella sua testa. Non si offendeva per i modi apparentemente bruschi e stizziti con la quale lo apostrofava la volpe, in fin dei conti era un demone: non poteva diventare tutto dolce e cuoricini, altrimenti sì che ci sarebbe stato da preoccuparsi. In qualche modo sapeva che dietro quel "moccioso" stizzito si nascondeva tutta la sua preoccupazione per il suo stato d'animo.

«Si Kurama. Ce ne andiamo» disse voltando le spalle a Konoha e iniziando a correre di ramo in ramo, addentrandosi nella foresta sempre più.

«E dove andiamo?» chiese la volpe, per una volta senza quel tono un po' strafottente e derisorio che accompagnata tutte le loro discussioni.

«Lontano» rispose sottovoce Naruto senza rallentare, anzi, forse velocizzando un po' il passo.

La volpe tacque. 

Desiderava lasciare al ragazzo un po' di spazio, anche se sapeva che, anche se gli avesse prestato tutto il chakra, Naruto non sarebbe mai potuto scappare da quello che lo perseguitava.

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Note dell'autrice:

Dopo molti dubbi ho deciso di postare finalmente questa fanfiction. Essa parte da in immagine che vidi tempo fa su internet per caso, in cui confusi un particolare per un altro, che non c'entrava assolutamente niente. Da quel disguido però partirono un serie di elucubrazione che infine hanno portato a questa storia. Di fatto, per quanto abbia provato a scriverne più di una prima d'ora, rimanendone insoddisfatta, non ho mai postato nulla, perciò questo parto si può definire senza dubbi la mia prima fanfiction, sperando che il risultato sia piacevole. So che non ho alcun titolo per chiederlo (dal momento che io stessa ho promesso varie recensione, CHE ARRIVERANNO, giuro), ma mi piacerebbe che voi lettori (sempre che ve ne siano)  mi diceste cosa ne pensate di questa mia piccola creatura, segnalando se vi va, anche errori e/o frasi troppo contorte. Anche un semplice mp con un 'carina' è più che apprezzato, ovviamente.
 

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Capitolo 2
*** SEGUIRE IL CUORE: NUOVI TEAM E VECCHIE CONOSCENZE ***


Capitolo 2
SEGUIRE IL CUORE: NUOVI TEAM E VECCHIE CONOSCENZE
 
È molto, molto difficile mettere d'accordo cuore e cervello. Pensa che, nel mio caso, non si rivolgono nemmeno la parola

Woody Allen


Konoha, oggi


Tsunade si sedette sulla sua poltrona in ufficio, stropicciandosi gli occhi stanchi con le dita, che poi andarono a chiudersi con forza alla radice del naso, nel tentativo di arginare il suo mal di testa. 

Aveva fatto la scelta giusta? Non ne era sicura: nascondere una cosa del genere al consiglio, fare tutto di nascosto... per cosa poi? Rischiare di inimicarsi tutti gli altri kage, Raikage in primis? In fondo era abbastanza sicura che avrebbe avuto il supporto del Kazegake, magari dopo che le avrebbe tenuto il broncio per un tempo che avrebbe ritenuto sufficiente, e alla fine anche della Mizukage, che non avrebbe voluto accollarsi un peso del genere, ma quanti grattacapi le avrebbe dato quella scelta?
In effetti, essendo Hokage, forse avrebbe dovuto scegliere più con la testa, ma decisione aveva potuto fare a meno di seguire il cuore. In fondo sapeva che era la scelta giusta, forse anche nei confronti degli errori che aveva compiuto in passato, sia quelli commessi in giovane età sia quelli commessi quattordici anni prima. 
Qualche volta avrebbe preferito che ci fosse Kakashi al suo posto, che fosse toccato a lui fronteggiare i problemi che la attanagliavano. L'uomo sarebbe stato un buon leader, lo sapeva, ma dopo quello che era successo non aveva voluto saperne. 

«Non ho saputo gestire una squadra di genin» le aveva detto il giorno in cui glielo aveva proposto, stanca di tutto ciò che aveva passato, nella speranza che lui le avrebbe concesso di passare altri anni da sola per dimenticare, come dopo la morte di Dan.«Come potrei gestire uno intero paese?». 
Non lo biasimava, per niente: anche lei sentiva il peso del suo stesso fallimento, anche se, doveva ammetterlo, per lui doveva essere molto più doloroso. Non era neanche voluto rimanere alla fine: si era fatto affidare un incarico da ambasciatore a Kumogakure, così da essere il più lontano possibile da Konoha. E lei era rimasta lì, seduta su quella sedia scomoda, facendosi forza, pensando che lui non avrebbe voluto così. Anzi, loro.

«Tsunade sama, sono arrivate le nuove insegnanti» le annunciò Shizune attraverso la porta chiusa. 
«Si, grazie Shizune, falle entrare».

La porta si aprì facendo intravedere la figura di due donne che l'Hokage conosceva bene. La prima, dalla inconfondibile capigliatura rosa, era caratterizzata da una postura sicura, a testa alta, con il coprifronte della foglia legato come un nastro così che i capelli non oscurassero la vista del sigillo che sovrastava fiero la sua fronte.  La seconda un poco più bassa e molto dalle forme molto più accentuante, anche se nascoste da un giubbotto chiaro grande una o due taglie in più che ben si adattava alla sua carnagione candida e agli occhi quasi bianchi, mentre faceva risaltare i lunghi capelli neri. 
«Buongiorno Tsunade sama» dissero quasi in coro le nuove arrivate, anche se con toni decisamente diversi: uno rumoroso e gioioso, l'altro mite e pacato, ma non meno deciso.
«Sakura chan, Hinata chan» le salutò la donna, invitandole a prendere un posto a sedere con un cenno della testa.
«Contente della vostra nuova occupazione?»
Le due ragazze infatti, per dedicarsi meglio alle loro rispettive famiglie, si erano ritirate dalle loro missioni tempo fa e ora, trascinate dall'entusiasmo dei loro figli, appena usciti dall'accademia, avevano preso in considerazione l'idea di guidare dei nuovi team di genin. 
«Certo, non vedo l'ora» rispose Sakura gioiosa, quasi saltellando sulla sedia eccitata.
«Si, sarà sicuramente un'esperienza fantastica"» affermò invece Hinata con la sua tipica pacatezza. «Ho solo una perplessità Tsunade sama. Questo non doveva essere un meeting per tutti i jonin assegnati ad un team?»
Anche l'altra kunoichi iniziò a capire. «In effetti, se non mi sbaglio, dovrebbero esserci almeno altri due team: gli altri maestri?»

Tsunade guardò l'orologio, chiedendosi nuovamente se aveva fatto la scelta giusta nell'affidare loro un incarico di questo tipo. Certo, nemmeno volendo avrebbe potuto impiegare le loro capacità in un modo migliore e discreto, ma ora che la cosa stava diventando ufficiale mille dubbi la assaliva. In ogni caso era troppo tardi per fare un passo indietro.
«In effetti avete ragione. Avrete altri due nuovi colleghi, e, come voi, sono dei novellini nel campo. Come avrete potuto notare però, i vostri compagni di avventura sono in…»

«Siamo sempre in ritardo, tutto per colpa tua!» Urlò una voce decisamente inalberata interrompendo l'Hokage. 
«Mia? Quando ho controllato l'ultima volta eri tu quello che doveva essere sempre perfetto, manco andassimo ad una sfilata di moda» rispose piccata un'altra voce maschile mentre faceva letteralmente irruzione nell'ufficio di Tsunade a passo di carica, seguito a ruota da un uomo sulla trentina, evidentemente  il proprietario del primo urlo arrabbiato. 
«Si, si, tanto è inutile discutere con te, non capisci mai niente» continuò il secondo arrivato.
«Cosa vorresti insinu....»
«Chiudete immediatamente quella bocca!» Scattò Tsunade in piedi, facendo calare improvvisamente il silenzio nella sala. «E ora, seduti» comandò l'Hokage, già stufa di tutto quel caos di prima mattina. 
«Sakura chan, Hinata chan, questi sono gli altri due sensei dei team: Taichi kun e Namikaze kun. Le loro famiglie erano emigrate prima dell'inizio della grande guerra, ma visto le loro capacità ho deciso di affidare loro questo compito. Come voi sono al loro primo anno di insegnamento, quindi spero che possiate aiutarvi a vicenda.»

Le due ragazze si voltarono ad osservare i due uomini, decisamente strani sia per comportamento, troppo impulsivo per appartenere ad un ninja, sia per il loro abbigliamento. Indubbiamente era comodo e adatto alle arti marziali, ma non lo si poteva che definire che singolare.
Taichi era un uomo alto e ben piazzato, con un fisico sicuramente vigoroso, ma non troppo. Da quello che si poteva vedere doveva anche avere un bell'aspetto: i capelli scuri come la pece gli ricadevano lunghi fino alla curva mascella, incorniciandogli perfettamente il viso di una carnagione candida, quasi quanto quella di Hinata; gli occhi, invece, erano di un nero penetrante, quasi dovessero scavare l'anima della persona sulla quale si posavano. 
Istintivamente Sakura abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quei due pozzi d'onice. Del resto del viso si poteva dire poco: era infatti coperto da una maschera in modo del tutto simile a come la portava Kakashi, che gli copriva il volto fino alla radice del naso. Il coprifronte invece risiedeva allacciato lento sul collo, lasciando intravedere il luccichio di una collana.
Allacciato alla schiena del ragazzo, come fosse una faretra, facevano la loro comparsa una katana e, a coprire quest'ultima, uno shuriken del vento demoniaco. Oltre a questo il ninja indossava una specie di yukata scuro e sandali neri.
Namikaze invece aveva dei capelli color grano e la bocca tirata in un sorriso felice e gentile. Del suo viso non si poteva dire altro: infatti il suo coprifronte era allacciato stretto intorno agli occhi, impedendogli ogni possibile visuale: che fosse cieco? 
Il suo abbigliamento era molto semplice: un tipico giubbotto da jonin con dei pantaloni blu scuri, sulla quale spiccava l'astuccio che doveva contenere un kunai. Se colpiva l'arsenale che sfoggiava senza remore Taichi, di certo colpiva ancor di più la quasi totale mancanza di armi dell'altro. 
«Molto piacere, sono Namikaze» disse il biondo sensei tendendo la mano alla Hyuuga, sorprendentemente ad una distanza perfetta, né troppo vicino né troppo lontano. 
«Ehm, piacere Hinata» rispose la ragazza ricambiando la stretta. Stesso trattamento venne riservato ad Sakura che, impressionata domandò al nuovo collega: «Wow, ma come fai, se sei, si insomma...».
«Sakura....» la richiamò sottovoce Hinata. 
«Oh, nessun problema. Riesco a percepire esattamente il vostro chakra, i punti di fuga più usati e via dicendo: in questo modo riesco a pormi nel modo giusto di fronte alle persone. Per quanto riguarda l'ambiente, utilizzo invece il mio chakra per prenderne le misure. Una dote molto utile in uno scontro, se non si può vedere» rispose tranquillamente Namikaze alla domanda, abituato alla richiesta. 
«Avanti Taichi, sciogliti un po', quando ci ricapita di salutare due belle ragazze così?»
L'uomo appena nominato fece un leggero cenno con la testa in segno di saluto, senza però scomporsi più di tanto. 
«Eddai tutto qui?»
«Forse ti dimentichi perché siamo qui, casinista.» rispose con noncuranza il ninja, riferendosi all'Hokage, che guardava la scena con un lieve disappunto per essere stata ignorata così a lungo.
«Oh, si giusto!» rinsavì il biondo sensei, tornando al suo posto.
«Grazie mille Namikaze, ora, con la tua benedizione, possiamo smistare i genin di quest'anno.» commentò sarcastica l'ultima dei tre ninja leggendari rimasti in vita.
Detto ciò, riesumò una lista di nomi sepolta tra le mille scartoffie sulla sua scrivania. 
"«Bene, questa è la divisione in squadre.» disse porgendo il foglio ai quattro.


TEAM 14 

Capitano: Sakura Haruno

Haruki
Shinichi Aburame
Reiko Nara

TEAM 15

Capitano: Hinata Hyuuga

Kumiko
Hideki Hyuuga
Shin Haruno

TEAM 16 

Capitano: Taichi

Mito Haruno
Kai Inuzuka
Mai

TEAM 17

Capitano: Namikaze 

Hinami Hyuuga
Hangetsu Hozuki
Shika Nara

«Ehy, come mai mancano così tanti identificativi dei clan ai nuovi genin?»
«Vedi Sakura, molti dei genitori non fanno parte di un clan, come nel caso di Mai, figlio di Rock Lee»
«Capisco»
«Sono sicuro che sarà una squadra fantastica!» commentò Namikaze, entusiasta come quando aveva varcato la soglia dell'ufficio di Tsunade.
«E datti un contegno» lo riprese stizzito Taichi rifilandogli una gomitata nelle costole. «Dovresti essere un jonin, un maestro perdipiù».
«O, insomma, non sei elettrizzato di sapere chi saranno i tuoi allievi? Alle volte non ti capisco...» asserì acido l'uomo. A queste parole il freddo shinobi si riscosse dal suo torpore glaciale, mostrando al pubblico femminile la sua prima reazione del giorno, da quando si era seduto su quella sedia almeno.
«Certo che sono contento di sapere chi saranno i miei allievi e anche di essere un insegnante, scusa tanto se non sono un rompiscatole quanto te e non mi esalto come un poppante iperattivo intollerante a mezza zolletta di zucchero».
«Chi avresti chiamato poppant-»
Una penna si conficcò nel muro, esattamente ad un palmo dal viso di Namikaze, che, nonostante fosse incapace di vedere l'oggetto contundente, aveva perfettamente udito il minaccioso sibilo d'aria che l'aveva quasi sfiorato. Tutti si voltarono verso Tsunade, che con voce bassa sillabò minacciosa: «Non. sono. una. consulente. matrimoniale. Fuori di qui, subito!»

Così vennero tutti brutalmente scacciati da una Hokage che si era evidentemente alzata con il piede sbagliato.

«E così? cosa facciamo ora?» chiese Namikaze, mentre Sakura lo, o meglio, li stava fissando confusa.

«Consulente matrimoniale?» Rifletté ad alta voce la kunoichi, interrogandosi sul senso delle parole dell'Hokage. Poi un'illuminazione le illumino gli occhi. 
«Aspetta un secondo, ma qui voi due…» tentò di spiegarsi, accompagnando le parole e con dei gesti eloquenti delle mani.

«Si, problemi Haruno?» Sakura si girò incrociando lo sguardo freddo e inquisitore di Taichi che, a braccia conserte, sembrava più sul piede di guerra che pronto sostenere una conversazione amichevole.
«No, no, nessuno, figurati, nessunissimo!»
Non sapeva perché, ma quello sguardo, stranamente familiare, le faceva accapponare la pelle. 
«Lascialo perdere, è solo iperprotettivo. Può sembrare pericoloso, ma in realtà è molto dolce» asserì l'uomo dagli occhi bendati dando una leggera spinta sul petto a quello che era, ora senza dubbio alcuno, il suo compagno, e non solo d'armi. Taichi roteò gli occhi, scocciato, quando il compagno si era soffermato decisamente troppo a lungo sulla "o" di molto, allungandola in modo alquanto infantile, anche se era possibile intravedere un lieve sorrisetto dalla sua maschera scura, cosa che non scappò alla Hyuuga, inducendola a pensare che in fondo quella frase doveva essere vera.
«Comunque, dicevo, che....»
«Credo che dovremmo andare ad incontrare i nostri team, non credete?» s'intromise Hinata, dimostrando che le parole di Namikaze non si erano perse nel vento.
«Già» concordò Taichi
Anche Sakura diede un cenno di assenso.
«Bene, andiamo»

E i quattro si separarono.


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Angolo dell'autrice: 

Salve a tutti! Visto che non so quando potrò andare avanti ho deciso di pubblicare anche il secondo! Come potrete notare qui la narrazione si è spostata di un bel po'. Giusto per chiarire, anche se so che non avete bisogno di chiarimenti, la storia andrà avanti così, anche se non so se lo farà ad intervalli regolari: potrebbe darsi che mi soffermi per due o più capitoli di seguito sul prima o viceversa. 
Voglio ringraziare "ciaoarigatou iiii", "frangilois" e "ryanforever" per le recensioni che mi hanno lasciato, le persone che hanno messo la storia tra le seguite ( cinque!Datemi un pizzicotto, non ci credo) e altri eventuali lettori misteriosi ( che magari non ci sono, ma lasciate i sognare^^).

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