It's just a fairytale

di Ayumi Yoshida
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** 18. A common passion for the lonely hour [ShikaIno] ***
Capitolo 3: *** 04. Making love in the temple [ShikaIno] ***
Capitolo 4: *** SPOILER! 25. A thousand sunsets in a box [Fugaku/Mikoto] ***
Capitolo 5: *** 07. Did you find your enlightenment, your paradise? [Gaara/Hinata] ***
Capitolo 6: *** 01. Let snow and silence mark the site of my unseemly appetite [Naruto centric] ***
Capitolo 7: *** 31. Il drago [NaruHinaSasu] ***
Capitolo 8: *** 8. Mare di zucchero [Obito/Rin] ***
Capitolo 9: *** 10. Espiazione [Jiraiya e Konan] ***
Capitolo 10: *** 11. In case [Neji, Neji/Hinata] ***
Capitolo 11: *** 19. Petali [Sasuke, Karin e... - KarinSasu] ***



Capitolo 1
*** Indice ***


index

It’s just a fairytale

by Ayumi Yoshida

[Raccolta basata sui temi del mese di Dicembre 2008 della comunità ‘31 Days’ su Livejornal]


Prima shot:
18. A common passion for the lonely hour [ShikaIno]
Lei lo guardò male, le mani sui fianchi. Poi gli si avvicinò e gli si sedette accanto.
“Voglio rilassarmi. E mi sentivo sola.” Rispose semplicemente la kunoichi, alzando gli occhi cristallini al cielo e cominciando ad osservare le nuvole.
Shikamaru dismise l’espressione ghignante per assumerne una sorpresa.
Non poteva credere che Ino Yamanaka, la kunoichi più popolare di tutta Konoha, si divertisse minimamente nell’osservare le nuvole.
Non era da lei.
[Auguri Sil! <3]
Genere: Sentimentale, Commedia, Comico
Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara, Altri


Seconda shot:
04. Making love in the temple [ShikaIno]
“Si dà il caso” riprese Ino a voce molto più alta, quasi strillando “che oggi sia il nostro anniversario e che il mio più grande desiderio per festeggiarlo fosse venire qui!”
“Ah, sì, ora ricordo!” sudando freddo, lo shinobi cominciò a fare mente locale, cercando di rammentare qualunque cosa, anche soltanto una parola per rendere più convincenti i suoi monosillabi di risposta.
“Si, certo!”
“Ah, ma davvero?”
[Auguri Luly! *_*]
Genere: Romantico, Commedia, Erotico
Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara, Altri


Terza shot: ( SPOILER! )
25. A thousand sunsets in a box [Fugaku/Mikoto]
Sotto la carta giallognola, la scatolina si presentava di un comunissimo color cartone.
Mikoto trattenne il respiro e ne tolse il coperchio.
Genere: Sentimentale, Commedia, Introspettivo
Personaggi: Fugaku e Mikoto Uchiha


Quarta shot:
Did you find your enlightenment, your paradise? [Gaara/Hinata] (Accenni NaruHina)
(07.
Did you find enlightenment in the Western Paradise?)
Era sembrato quasi buffo quanto velocemente fosse accaduto tutto: gli abitanti del villaggio non avevano avuto il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo che erano dovuti partire per recarsi presso il villaggio avversario, abbandonando amici e parenti. Lei si era salvata soltanto perché ormai era considerata da tutti una traditrice.
Nonostante tutto, però, Hinata si sentiva finalmente felice.

Aveva trovato la sua ragione, il suo paradiso. La sua libertà.
[Quarta classificata al contest "Pairing and word" di Kimly e vincitrice del premio "Migliore trattazione della coppia"]
Genere:
Angst, Sentimentale, Triste
Personaggi:
Gaara, Hinata Hyuga, Naruto Uzumaki, Temari, Jiraiya, Ino Yamanaka, Shikamaru Nara, Kiba Inuzuka, Altri


Quinta shot:
01. Let snow and silence mark the site of my unseemly appetite [Naruto centric]
“Ho fame.”
Il tuo solito grugnito. Qualcosa di semplice, che apparentemente non nasconde alcun desiderio in particolare.
Apparentemente.
Un desiderio, in realtà, c’è. Soprattutto oggi, quel desiderio è più forte che mai.
Muori dalla voglia mangiare.
Non hai mai sentito il tuo stomaco gorgogliare a quel modo.
[A Katia *_* - Buon Natale!]
Genere: Comico, Commedia, Introspettivo
Personaggi: Naruto Uzumaki, Shino Aburame

Sesta shot:
Il Drago [NaruHinaSasu] (Più NaruHina che HinaSasu)
(31. Here lies a Veritable Dragon
)
"Sei qui da sola?"
Non fu in grado di trattenersi dal cominciare a fare conversazione come al solito, ma lei non sembrò infastidita quando scosse la testa, piuttosto gli diede l'impressione di essere abbattuta.
"Sono qui con il mio fidanzato... Ma è come se fossi sola."

[Prima classificata al contest "AU power! *.*" indetto da Nejisfan *__*]
Genere:
Introspettivo, sentimentale, malinconico, AU
Personaggi:
Hinata Hyuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha

Settima shot:
Mare di zucchero [Obito/Rin]
(8. Why should our children learn about monsters)
All’improvviso si era sentito catapultato via dal quel luogo affollato, non più sudaticcio, ma con una rumorosa tachicardia e una grande voglia di afferrarle la mano. E di sfiorarle la guancia che diventava perfettamente tonda quando gli sorrideva.
[Seconda clssificata e vincitrice del premio "il dolce più buono" al contest "Dolci insoliti" di La procastinatrice]
Genere:
introspettivo, fluff, romantico
Personaggi: Altri, Obito Uchiha, Rin

Ottava shot:
Espiazione [Jiraiya e Konan]
(8. Here's the vengeance for you story-books)
Forse non stava riuscendo ad espiare per bene le colpe di quei padri.
[Fic scritta per il contest "Inferno, Purgatorio o Paradiso?" indetto da Giacopinzia17]
Genere:
introspettivo, angst
Personaggi: Jiraiya, Konan, Nagato, Yahiko

Nona shot:
In case [Neji, Neji/Hinata]
(11. Dying is what, to live, each has to do)
Hinata non pensava mai alla sua vita, sempre pronta a mettersi al servizio degli altri. Non aveva esitato un attimo a mettersi davanti a Naruto per proteggerlo con il suo corpo da quegli aculei di legno appuntiti.
[Fic scritta per il contest "I miei gusti, le vostre storie!" di Fefy07]
Genere: angst, introspettivo, sentimentale
Personaggi: Hinata, Neji, Naruto

Decima shot:
Petali [Sasuke, Karin e... - Karin/Sasuke]
(19. and he chants the hate of a million years)
“Finalmente… Finalmente domani sarà il giorno!” (…) L’aveva detto già almeno cinque volte, ed ogni volta la sfumatura nella sua voce non era cambiata. Karin sentiva uno strano fremito in quelle parole, una sensazione di attesa impossibile che non aveva mai udito nella voce di Sasuke, che pianificava sempre tutto, talmente tanto da non avere la possibilità di conoscere l'ansia dell'attesa.
[Teza classificata al contest "Che cosa vi assegnerà la sorte?" indetto da Mokochan!]
Genere: angst, introspettivo, sentimentale
Personaggi: Karin, Juugo, Suigetsu, Sasuke, sorpresa!



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Capitolo 2
*** 18. A common passion for the lonely hour [ShikaIno] ***




A Sil, perchè oggi compie gli anni. AUGURI! <3 (motivazione ufficiale)

A Sil, perchè è un'amica splendida, una scrittrice bravissima, una persona magnifica e mille altre cose belle che adesso non mi vengono XD (motivazione criptica)
A Sil, perchè le voglio un mondo di bene! (motivazione melensa...)
Perchè tu possa passare una gionata piena di felicità! Ancora auguri! *-*






A common passion for the lonely hour.






[31 Days – Theme XVIII – December]

A casa Nara si respirava un’insolita atmosfera tranquilla, in quel pomeriggio presto di Marzo.
Shikaku, comodamente spaparanzato sul divano, la bocca semiaperta, russava profondamente da qualche ora; suo figlio Shikamaru, invece, se ne stava seduto in un angolo della stanza a giocare a shogi da solo, muovendo contemporaneamente le pedine sue e del suo incorporeo avversario, l’espressione annoiata.
Ben presto il ragazzo sbuffò, colpendo una delle pedine con quella che aveva in mano e facendola cadere dal piano di gioco.
Sua madre non si vedeva dalla mattina. Si era preparata accampando mille frasi di circostanza ed era scomparsa velocemente, lasciando i due uomini sgomenti.
Non perché preoccupati da tutta quella fretta, ma disperati perché tutta quella faccenda significava solo una cosa: niente colazione.
Per la prima volta Shikamaru si ritrovava a fissare la scacchiera senza alcuna voglia di giocare e con lo stomaco terribilmente infuriato.
Non riusciva a ricordare di essere mai rimasto a digiuno per un intera giornata dall’inizio della sua vita, forse semplicemente perché non era mai successo.
Lanciò uno sguardo distratto fuori dalla finestra, sperando di scorgere sua madre: il cielo quel giorno sembrava come risplendere di piccoli cristalli di luce grazie ai caldi raggi del sole che si insinuavano tra le nuvole.
Si maledì mentalmente mentre si alzava: era possibile che proprio a lui fosse capitata una madre così snaturata?
Stiracchiandosi, raggiunse il divano dove era seduto Shikaku e cominciò a scuoterlo violentemente.
L’uomo, però, non sembrò risentire di quel brusco movimento: dapprima corrugò le sopracciglia come infastidito, poi la sua espressione ritornò perfettamente normale.
Shikamaru alzò gli occhi al soffitto.
“Papà.” Lo chiamò.
“Dimmi.” Rispose l’altro. La sua voce era impastata. Di sicuro era ancora nel dormiveglia.
“Comincio ad avere fame.”
“Dillo a tua madre” fu la semplice risposta dell’uomo, che poi si voltò dall’altro lato e riprese a russare.
Avrebbe dovuto immaginarlo.
Cominciò a misurare la cucina a grandi passi, le dita ghiacchiate sulle tempie, tentando di accelerare con la forza del pensiero lo scorrere delle lancette dell’orologio appeso alla parete sopra il divano, ma senza risultati visibili.
Era così concentrato sul suo obiettivo che non si accorse dei passi leggeri che risuonavano nel silenzio irreale dell’abitazione fino a che qualcuno non richiuse rumorosamente la porta.
“Shikamaru!” una voce baldanzosa e un tocco sulla spalla lo fecero ripiombare alla realtà in men che non si dica.
“Mamma.” Pronunciò neutro, voltandosi. Sapeva già che era lei, non c’era neanche bisogno di assicurarsene. La sua voce era inconfondibile.
“Shikamaru!” ripeté Yoshino “cosa stai combinando?”
Lo stava fissando accusatoria, le mani sui fianchi. La sua classica posizione prima di una sfuriata.
“Cerco di farmi passare la fame.” Le rispose sarcastico.
Gli occhi della donna scintillarono pericolosamente.
“Beh, scusami tanto se gli Yamanaka avevano bisogno di aiuto per sistemare il nuovo carico di fiori in negozio e tuo padre non è voluto andare!”
Gli puntò un dito addosso, agitandolo con violenza e continuò: “Non potevo rifiutarmi. E comunque, se proprio non potevi aspettare, poteva pensarci tuo padre a cucinare.”
“Sì, certo.”
Shikamaru indicò svogliatamente con un cenno della mano il divano: Shikaku era completamente steso e dormiva beatamente.
Poi si portò le mani alle orecchie per coprirle. Prevedeva una tempesta che, infatti, non sarebbe tardata ad arrivare.
SHI-KA-KU!” gridò Yoshino con tutto il fiato che aveva in gola. I suoi occhi danzavano pericolosamente.
L’uomo sobbalzò e spalancò gli occhi spaventato.
“Yoshino… cara, bentornata!” mormorò gentilmente non appena la vide “Come… come è andata?”
La donna si gonfiò per la rabbia, prima di ricominciare a strillare inviperita.
Com’è andata?! Com’è andata?! Pensavo di ritornare e trovare non dico tanto, ma un po’ di ordine, qualcosa da mangiare, invece torno e ti ritrovo a dormire. Come dovrebbe andare?!
Istintivamente Shikaku si portò la mani davanti al petto.
“Ma Yoshino, cara, noi… noi aspettavamo te perché cucinassi!”
Shikamaru si portò, allora, una mano alla testa, scuotendola sconvolto: quella era la goccia che faceva traboccare il vaso.
Inaspettatamente, sua madre fece soltanto una smorfia.
“Questa è l’ultima volta, lo giuro.” Disse solenne, regalando un occhiata piena di veleno al marito “E’ l’ultima volta che faccio finta di niente. La prossima volta ti faccio vedere io!”
Sbattendo rumorosamente i tacchi raggiunse il piano culinario, indossò il grembiule e cominciò a mettersi al lavoro.
L’uomo di casa batté le mani, soddisfatto.
“Così si fa! Altro che la prossima volta…” sussurrò sorridendo, convinto che lei non avesse sentito.
Lei, invece, aveva sentito tutto. Si voltò di scatto e in tre secondi netti gli fu davanti, un cucchiaio di legno in mano.
“Altro che la prossima volta? Altro che la prossima volta? ALTRO CHE LA PROSSIMA VOLTA?!” ripeté alzando sempre di più la voce. “Dovrei cucinare la tua testa per pranzo!”
E ricominciò ad urlare senza sosta.
Shikamaru sbuffò ancora. Vivere in quella casa si rivelava ogni giorno più impossibile.
“Io esco.” mormorò ad un tratto, neanche preoccupandosi di farsi notare, e si allontanò. Yoshino smise immediatamente di sbraitare, gli occhi sbarrati.
“Ma non avevi fame?” domandò dubbiosa.
“Mi è passata.” Rispose il ragazzo semplicemente, mentre si richiudeva la porta della cucina alle spalle.
In quel momento poté udire soltanto l’urlo inferocito di sua madre.


Ino si portò una mano alla fronte, asciugandola.
Grondava completamente di sudore per via del carico di tutti i fiori che aveva dovuto sistemare in negozio quel pomeriggio.
Nonostante il volenteroso aiuto della madre di Shikamaru, la parte maggiore del lavoro era toccata a lei. Solo lei sapeva dove porre i fiori, le quantità giuste di terra, di acqua, di luce…
Era stata davvero una giornata stancante, ma finalmente, dopo che l’ultimo vaso era stato messo al proprio posto, poteva rilassarsi un po’.
Si sedette dietro al bancone, le gambe accavallate, e cominciò a sciogliersi i capelli e a pettinarli con l’aiuto delle dita. L’elastico ancora una volta non aveva retto e la coda era scesa.
Era la terza volta che accadeva durante la settimana.
Sbuffò.
Odiava avere i capelli in disordine. Era questo il motivo principale per cui li portava sempre legati. In quelle condizioni, però, sicuramente era inguardabile.
Cominciò a tamburellare le dita sul bancone, innervosita.
Stava vedendo tutto il suo relax volare via all’improvviso per colpa dei suoi capelli.
Certamente non era il massimo.
Si alzò di scatto facendo forza sul bancone con le mani e buttò indietro la testa, combattiva.
Per quella volta avrebbe vinto lei.
“Mamma, papà, io esco! Ci vediamo dopo!” esclamò a voce così alta in modo che fosse impossibile non sentirla, anche nella stanza attigua.
“Ma Ino… non avevi detto che staresti stata tu in negozio?”
Sua madre giunse a grandi passi dal retro, guardandosi intorno in cerca della figlia, mentre proferiva quella parole, ma fu tutto inutile: Ino era già sparita.


Non appena fu fuori dal negozio, Ino respirò profondamente, lasciando che l’aria le inondasse ogni centimetro quadrato del petto. Poi espirò lentamente.
Si sentiva già molto meglio, ma non ancora benissimo.
Si guardò intorno: per strada non c’era nessuno.
Era naturale, dato che erano le tre di pomeriggio. Sospirò sconsolata.
“Dove potrei andare?” cominciò a pensare mentre camminava per una Konoha stranamente deserta e tranquilla. “Come potrei rilassarmi? Non c’è neanche qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere…”
Magari parlare con qualcuno le avrebbe risollevato il morale e l’avrebbe fatta sentire meno sola.
Peccato che praticamente fosse sola.
Non le sembrava neanche una buona idea andare da Sakura. Di sicuro avrebbero finito per litigare e lei non aveva bisogno di incorporare altro stress, dopo tutto quel lavoro.
Aveva bisogno di calma, quiete e silenzio per poter riflettere, per perdersi nei suoi pensieri e non uscirne più… almeno fino a quando ne avesse avuto voglia!
Un posto così, se fosse davvero esistito, sarebbe stato splendido.
All’improvviso una sensazione la folgorò, facendole spalancare gli occhi.
Lei un posto del genere lo conosceva!
“La collina…” sussurrò, dandosi un colpetto sul capo e scoppiando a ridere.
Come aveva fatto a non pensarci?
Immediatamente cominciò a correre verso la foresta, mentre il suo sorriso si allargava sempre di più ad ogni passo.


Shikamaru si sistemò meglio sull’erba, facendo aderire perfettamente la schiena al suolo umido di rugiada.
Quello era davvero il paradiso. Altro che un bel pasto sul tavolo mentre il tuo corpo da sempre più segni di voler cedere per la fame!
Certo, il suo stomaco non mancava di farsi sentire, emettendo gorgoglii e borbottii, ma quei rumori così sgradevoli sembravano scomparire di fronte all’azzurro limpido che lo sovrastava.

Il cielo era particolarmente luminoso, quel giorno. Formava reticolati di luce con i raggi del sole proiettati verso l’erba. Soltanto poche nuvole soffici e bianche lo solcavano leggere, dando vita alle forme più strane e diverse.
Shikamaru si concentrò su quella apparentemente più vicina, praticamente in corrispondenza del suo viso. Alzò la testa, sorridendo.
Amava osservare le nuvole.
Quella silenziosa solitudine lo faceva stare bene, gli provocava una magnifica sensazione di tranquillità. Gli avrebbe di sicuro anche fatto dimenticare tutti i suoi problemi, semmai ne avesse avuti, ovviamente.
“Choji.” Disse poi piano, continuando a sorridere.
Quella nuvola assomigliava terribilmente al suo compagno di squadra. In essa riusciva a distinguere i suoi capelli castani, il suo coprifronte, la sua lunga sciarpa e, naturalmente, il fedelissimo pacchetto di patatine.
Come sarebbe mai potuto mancare?
Gli scappò una risata. Non ricordava di aver mai visto Choji senza le sue patatine in mano.
Si portò le mani dietro la nuca, sbadigliando leggermente, e continuò la sua osservazione.
Un’altra nuvola molto diversa dalla prima attirò la sua attenzione.
Era più sottile, labile, quasi un elegante velo bianco disteso nel cielo.
“Ino.”
Shikamaru pronunciò sicuro il suo nome. Quelle nuvola poteva rappresentare solo lei.
Così forte, così combattiva, ma così fragile. E così bella.
Peccato non potesse ammetterlo, altrimenti lei l’avrebbe preso in giro a vita.
Sospirò.
“Shikamaru!”
Una voce baldanzosa interruppe il districato filo dei suoi pensieri e lo fece voltare verso il piccolo sentiero battuto che conduceva fin sopra la collina. C’era proprio Ino di fronte a lui, apparentemente felice, ma leggermente trafelata.
“Ino!” lo shinobi pronunciò il suo nome sogghignando “Cosa ti porta qui?”
Lei lo guardò male, le mani sui fianchi. Poi gli si avvicinò e gli si sedette accanto.
“Voglio rilassarmi. E mi sentivo sola.” Rispose semplicemente la kunoichi, alzando gli occhi cristallini al cielo e cominciando ad osservare le nuvole.
Shikamaru dismise l’espressione ghignante per assumerne una sorpresa.
Non poteva credere che Ino Yamanaka, la kunoichi più popolare di tutta Konoha, si divertisse minimamente nell’osservare le nuvole. Non era da lei.
“Anche… anche tu?” domandò allibito.
“Certo. Perché?”
Continuava a tenere gli occhi al cielo mentre parlava con lui.
“Beh… ecco… perché non pensavo ti piacesse guardare le nuvole, tutto qui.” Ammise con difficoltà, sperando che lei non staccasse mai più gli occhi dal cielo.
Non credeva sarebbe stato più in grado di sostenere il suo sguardo.
Sempre se fosse sopravvissuto.
Accadde, però, tutto l’opposto di ciò che aveva sperato.
Gli occhi di Ino smisero di fissare il cielo e si posarono su di lui. Un sorriso le illuminava il viso.
“Infatti non credevo che l’avrei mai fatto. Ma ho imparato da te che può essere una cosa piacevole, a volte.”
La semplicità delle sue parole lo disarmò letteralmente. Shikamaru spalancò la bocca, ma la richiuse immediatamente non appena si accorse di ciò che aveva fatto.

Non poteva crederci. Non si era infuriata.
“Quindi… noi due cominciamo ad avere una passione comune?” le chiese ancora sottolineando l’ultima parola, indeciso se essere disgustato o sorpreso. Dopotutto, anche se le faceva compagnia nella sua attività preferita, lei era pur sempre una donna!
Ino si morse un labbro.
“Ehm a questo punto… direi di sì!”
Sorrise vivacemente. Finalmente lei e Shikamaru cominciavano ad andare d’accordo, anche se soltanto un poco.
“Allora, cosa aspetti a raccontarmi cosa vedi tu in quella nuvola?” chiese indicandogliene una con il dito. “Io ci vedo…”


Shikamaru si sistemò meglio sull’erba, sorridendo.
Finalmente lui e Ino cominciavano ad andare d’accordo, anche se soltanto un poco.
Nonostante questo, era certo che sarebbe potuto rimanere ore ad ascoltarla.
Ma ancor di più, era certo che sarebbe rimasto ore a condividere quella loro passione delle ore solitarie.


[“Posso… posso sdraiarmi affianco a te?” azzardò Ino, imbarazzata.
“Eh?!” Shikamaru la fissò sconvolto, convinto che lei lo stesse prendendo in giro.
“Non si vedono meglio le nuvole, da lì?”
“Sì sì, certo.”
Ancora leggermente turbato lo shinobi si spostò leggermente, per permetterle di sedersi. Immediatamente Ino prese posto accanto a lui e si abbracciò le ginocchia. Poi alzò gli occhi al cielo, sorridente.
“Le nuvole sono… straordinarie.” Mormorò in un soffio.
“Si.”
Shikamaru sorrise ancora, mentre rialzava gli occhi al cielo.

Ino Yamanaka, alla fine, non era poi così male.]







Tanti auguri a Sil! Tanti auguri a Sil! *_* *canta*
Ebbene sì. Con questa raccolta sono ritornata definitivamente nel fandom. ^^
Era un pò che avevo intenzione di cominciarla, ma ho preferito aspettare fino al compleanno di Sil per inaugurarla!
Il titolo della raccolta è preso dalla canzone omonima di Anastacia. Anche se in questa raccolta di Dicembre si parlerà molto poco, comunque. XD
Spero proprio che questa shot vi sia piaciuta! E' stata una ShikaIno davvero sofferta. Era da tanto che non ne scrivevo una! Spero che i personaggi siano IC. *_*
Mi farebbe molto piacere avere un vostro parere! ^^
Un grazie speciale va a Silvia che me l'ha betata (non so come avrei fatto senza di te! *_*) e alle mie splendide amiche, che mi sopportano sempre (e dico sempre!) durante la progettazione e la stesura di tutte le storie. Vi voglio bene! <3
Non so se riuscirò a scrivere tutte e trentuno le shot, ma spero davvero di farcela. E' il mio sogno! *_*
Bene, mi dileguo. ^^
Alla prossima e fate gli auguri a Sil, mi raccomando! ;D

Vostra Ayumi


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Capitolo 3
*** 04. Making love in the temple [ShikaIno] ***



 Alla mia neechan Luly, sperando che possa farti tornare il sorriso.
Questa è per te, per ringraziarti di tutto quello che fai per me e per tutte le volte che sei stata tu a tirarmi su di morale.
Ti voglio bene e ti adoro! Buon compleanno! <3











Making love in the temple

[31 Days – Theme IV - December]

 

Ino si guardò attorno con circospezione, allungando cauta il collo oltre la poderosa cinta muraria. Non c’era nessuno o, almeno, così pareva.
“Strada libera!” sussurrò al suo interlocutore che stava sbuffando sonoramente dietro di lei “Vuoi seguirmi?”
Non era una richiesta. La kunoichi bionda lo afferrò per un braccio e se lo trascinò dietro senza alcuna delicatezza.
“Potresti essere più gentile, e che cavolo!” imprecò quello continuando a sbuffare.
Lei si voltò e lo fissò per un attimo, un sorriso fintamente disteso sul volto.
“Certo, magari ti porto in braccio! Ti ricordo che sarebbe il tuo compito, se è per questo.”
“Che seccatura!” Shikamaru –perché era lui che Ino stava trascinando a forza da circa una mezz’ora attraverso i più impensabili sentieri infangati della foresta e poi nei luoghi più nascosti dell’intero universo- si fermò di scatto e appoggiò la schiena al primo albero che riuscì a scorgere dietro quell’ ammasso di scuri mattoni.
“Cosa fai adesso? Ti fermi!?”
Come aveva immaginato, Ino non aveva gradito la sua sosta senza un motivo apparentemente convincente.
Era impressionante quanto potesse essere fastidiosa.
A volte Shikamaru arrivava addirittura a chiedersi sotto l’effetto di quale maledizione le avesse chiesto di diventare la sua ragazza.
La ragazza Continuava a gridare, a gesticolare infervorata, a buttare indietro la testa facendo ondeggiare i capelli.
Lo faceva da sempre. E allora perché mai le aveva chiesto di mettersi con lui?
Shikamaru cominciò a fissare un punto imprecisato davanti a lui: in quel modo sarebbe apparso interessato, mentre in verità qualunque parola gli sarebbe scivolata addosso.
“Non possiamo fermarci! Andiamo!”
Riuscì a captare solo l’ultima parte dei suoi monologhi appassionati, ma quando capì a che conclusione era giunta Ino era ormai troppo tardi: la kunoichi l’aveva di nuovo afferrato per un braccio e aveva ricominciato a trascinarlo.
“Ma si può sapere dove cavolo mi stai portando? E perché tutta questa fretta?”
Il ninja col codino poté giurare di averla vista arrossire un pochino dopo alla sua domanda.
“Vedrai.”
Di certo non era il massimo nel dare spiegazioni. Continuava semplicemente a trascinarlo in luoghi sconosciuti senza neanche dirgli dove stessero andando.
Tutto ciò non prometteva nulla di buono.
“Eccoci arrivati!”
Ino batté le mani, soddisfatta. Davanti a loro si apriva la vista di un immenso tempio nero, al quale si poteva accedere da una lunga scalinata di legno. Due tetti spioventi sempre di colore scuro ricoprivano ciascuno dei due piani, scanditi da finestre completamente coperte da delicate tendine bianche di lino.
Era il classico luogo che sarebbe potuto piacere a Ino, questo era certo, ma Shikamaru non riusciva ancora a comprendere perché l’avesse portato proprio lì.
“Allora?”
“Allora cosa?”
Ino strabuzzò gli occhi.
“Vuol dire che non ti ricordi nulla?!” La ragazza si trattenne a stento dall’urlare, ma solo perché quello era un luogo sacro e perché non voleva farsi scoprire.
Lui sorrise sarcasticamente.
“Cosa dovrei ricordare?”
La kunoichi alzò gli occhi al cielo, sospirando.
“Seguimi!”
Senza neanche aspettarlo si avviò a passo felpato ma svelto verso l’immenso portico coperto che girava tutto intorno al tempio. Per fortuna il legno del tatami non cigolava.
Ino Si voltò soltanto un attimo per controllare che Shikamaru la stesse seguendo e poi ricominciò a camminare.
Giunta ad un angolo nascosto del portico, si fermò. Si guardò ancora intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno e, quando ne fu sicura, tirò un sospiro di sollievo.
“Che cos’è tutta questa segretezza?” domandò Shikamaru interessato. Si era accorto immediatamente che c’era qualcosa di strano, in tutta quella situazione.
Lei sbuffò, innervosita. “Dovresti saperlo. E se, per caso, questo posto non dovesse ancora ricordarti nulla, vedi di non farmelo più presente.”
Si era offesa. Ma Shikamaru non riusciva a capire per colpa di che cosa.
Le donne era proprio impossibile capirle.
Si mise le mani in tasca e la seguì, mentre lei apriva una piccola porta di legno che sembrava occupare il suo stipite da millenni.
Ino trattenne il respiro.
All’interno l’atmosfera era soffusa. Una sola candela illuminava una piccola stanza con le pareti completamente affrescate.
Shikamaru si avvicinò al muro per osservarlo meglio.
I dipinti su di esso ritraevano animali, uomini, divinità e una grande, coloratissima farfalla che stava per spiccare il volo.
Ino cominciò a fissarlo trepidante, incrociando le braccia.
“Allora?”
“Di nuovo? Stai diventando noiosa, sai…”
Il ninja col codino sbadigliò di gusto. “Questi affreschi sono molto belli, ma non riesco a capire perché tu mi abbia trascinato fino a qui per poterli vedere. Non bastava una cartolina?”
Fiamme bluastre cominciarono a danzare pericolosamente negli occhi della kunoichi bionda.
“Una cartolina, certo! Magari con anche su scritta una bella frase d’amore…”
Ormai i loro volti erano a due centimetri di distanza: teso e contratto quello di Ino, rilassato quello di Shikamaru.
Tutta quella situazione era non poco strana.
“Andiamo, Ino!” domandò lo shinobi annoiato “Cos’è che devi dirmi? Cosa dovrei ricordarmi?”
Lei gli strinse le mani, stritolandole.
Caro Shikamaru” cominciò a dire con fare falsamente amichevole “credo di averti raccontato, qualche volta, di quale fosse il mio più grande desiderio, nel giorno del nostro anniversario.”
“Può darsi.” Rispose lui per niente convinto “Ma cosa c’entra con ‘il tuo più grande desiderio’ e con ‘il giorno del nostro anniversario’?”
“Si dà il caso” riprese Ino a voce molto più alta, quasi strillando “che oggi sia il nostro anniversario e che il mio più grande desiderio per festeggiarlo fosse venire qui!”
“Ah, sì, ora ricordo!” sudando freddo, lo shinobi cominciò a fare mente locale, cercando di rammentare qualunque cosa, anche soltanto una parola per rendere più convincenti i suoi monosillabi di risposta. “Si, certo!”
“Ah, ma davvero?” Neanche la kunoichi ne sembrava convinta. “E sentiamo, questa farfalla? Ti ricorda qualcosa?”
Indicò le larghe ali multicolore dipinte sul muro e attese.
Dallo sguardo di Shikamaru comprese immediatamente che in quel momento non poteva ricordare neanche il suo nome.
“Ehm..”
“Te ne avrò parlato un milione di volte mentre guardavi le nuvole! Questa è la farfalla degli innamorati! Porta felicità e prosperità a chiunque dimostri di amare davanti a lei! Non ti ricordi?” Nei suoi occhi, oltre alla rabbia, c’era anche un po’ di sconvolgimento. 
“Direi di no. Se me ne hai parlato mentre guardavo le nuvole…”
Ovvia risposta che puoi aspettarti da Shikamaru.
Dispiaciuta, Ino si sedette a terra, strofinandosi forte gli occhi.
Che delusione che aveva avuto! Aveva fatto tutta quella strada per niente. Il suo sogno era andato in frantumi ancora prima di realizzarsi.
Sospirò.
“Ehm, cosa bisogna fare davanti alla farfalla per avere la felicità eterna?”
Shikamaru aveva parlato in tono ironico, inginocchiandosi al suo fianco e stringendola appena.
“Non ci credi, eh?” Lo rimproverò Ino, voltando la testa dal lato opposto. “Bisogna dimostrare di amarsi, semplicemente. Ma se non ci credi è inutile.”
“Pensi che fare l’amore qui andrà bene?”
“Cosa?!” gridò immediatamente la kunoichi, rivoltandosi verso di lui e arrossendo appena “Ma sei impazzito? Guarda che basta un bacio…”
Aveva già dischiuso le labbra, ma la risata di Shikamaru la bloccò.
“Secondo te, dopo tutta questa strada, io mi accontento solo di un bacio? Mi deludi, Yamanaka.”
Lei ridusse gli occhi a fessure.
“Non è colpa mia se sei un porco, Nara.”
“Sono solo un uomo.” Precisò Shikamaru facendo spallucce come se la cosa non lo riguardasse. “Allora, onoriamo o no questa benedetta farfalla?”
“Beh… ok. Ho sempre amato il rischio.” La kunoichi sorrise, senza esitazioni. “A questo tempio, allora!”
“A questo splendido tempio.” sottolineò lo shinobi malizioso, cominciandole a baciare il collo.
 
Da quel giorno in poi avrebbe apprezzato di più le gite di piacere in un tempio.













Ancora una ShikaIno. Oh, sì. Per Luly questo e altro. ù_ù
Quanto mi piacerebbe riuscire a sfornare una ShikaIno al giono! *_*
Comunque... Auguri neechan! *_* *stritola* Spero possa esserti piaciuta almeno un pochino, anche se non è bella come le tue! *_*
Spero davvero che questa sia piaciuta più della prima. A quanto pare l'altra faceva un pò schifo, visto che nessuno l'ha letta. E vabbè. XD
Ringrazio tantissimo Sil, che ha avuto la pazienza di betarmela e di sorbirsi tutti gli orrori in anteprima. Grazie mille! *_*
Il tempio descritto si rifà a questa immagine. (Tempio Todaiji) Il tempio si trova a Nara... che coincidenza, eh? XD
Che dite, vogliamo lasciarla una recensione? XD Anche per dire che fa schifo, non problem. L'importante che sia costruttiva. ^^
Chiedo scusa a Sil e a Ryanforever se non rispondo alle recensioni, ma purtroppo sono di fretta.
Grazie, grazie mille, davvero! Non potrò mai ringraziarvi abbastanza! *_*
Rimedierò nel prossimo capitolo, lo prometto. ^^

Bene, è tutto.
Ancora auguri a Luly! *_*

Un bacio,
Ayumi

 

 


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Capitolo 4
*** SPOILER! 25. A thousand sunsets in a box [Fugaku/Mikoto] ***



Alla mia Ele e ai suoi sedici.

Perché oggi la giornata deve essere tutta tua.

Perché un compleanno è sempre una giornata speciale.

Perché il tuo pensiero allieta le mie, di giornate.

Ti voglio bene, tesoro.

Tanti auguri! <3





A thousand sunsets in a box

 

Spoiler ! [31 Days – Theme XXV - December]

 


“Questo… questo è davvero per me?”
Il giorno del suo diciottesimo compleanno, Mikoto contemplava con gli occhi scintillanti una piccola scatola incartata con una foglio ruvido e giallognolo che le era appena stata posta da un annoiato Fugaku.
Il ragazzo incrociò le braccia e rispose sbuffando: “se la sto dando a te!”
Lei lo guardò male per un attimo e tornò a concentrarsi sulla scatolina che aveva in mano.
Era davvero piccola e non sembrava neanche tanto invitante per essere un regalo di compleanno, doveva ammetterlo, ma per lei quella scatolina in quel momento rappresentava tutto.
Era il primo compleanno che trascorreva con Fugaku da quando stavano insieme e quello era il primo regalo che riceveva da lui. Mikoto era emozionatissima.
Il ragazzo l’aveva persino trasportata nel bosco, lontano da tutti, per consegnarle il suo regalo, quindi doveva essere sicuramente qualcosa di importante.
La ragazza lanciò ancora una sguardo divertito a Fugaku, che poggiato contro il tronco di un albero si guardava intorno privo di interesse, e, tremante, si apprestò a rompere l’incarto della scatola.
Sotto la carta giallognola, la scatolina si presentava di un comunissimo color cartone.
Mikoto trattenne il respiro e ne tolse il coperchio.
“E’… vuota?!” esclamò incredula quando l’ebbe aperta. Lanciò il coperchio lontano. “Vuota!”
Effettivamente la scatola era vuota. La kunoichi la voltò e la rigirò, la agitò come se si aspettasse di vederne uscire qualcosa all’improvviso, ma non accadde nulla.
Fugaku le aveva regalato proprio una scatola vuota.
“Beh, grazie” sussurrò lei schiumante di rabbia “Bel modo per farmi ricordare il mio primo compleanno da fidanzata!”
Già sentiva che gli occhi stavano diventando lucidi. Si voltò e fece per andarsene, ma la voce di Fugaku la fermò.
“Mikoto” disse lui piano.
Lei si voltò e lo fissò con rabbia.
“Sì?”
“Lasciami spiegare.”
La kunoichi si portò le mani sui fianchi e disse con violenza: “Spiegati!”
Moriva dalla voglia di sapere cosa mai gli fosse passato per la testa per decidere di rovinarle il compleanno in quel modo.
Così poi avrebbe potuto ucciderlo senza avere alcun rimpianto.
“Scusa per il regalo. Purtroppo…” cominciò a dire Fugaku spostando lo sguardo, leggermente imbarazzato “… non ho soldi, in questo momento, e non ho potuto comprarti nulla. Considera quella scatola come un pegno. Il tuo regalo arriverà non appena tornerò dalla missione, dopo che l’Hokage mi avrà pagato. Te lo prometto.”
E rialzò lo sguardo, restituendogli il solito cipiglio fiero, e cominciò a fissarla, penetrante.
Mikoto era immobile e aveva gli occhi vacui, stupiti. Strinse forte i pugni.
Come aveva potuto pensare che il ragazzo volesse rovinarle la sua giornata?
Sì, lui era fiero, silenzioso, a volte poteva sembrare anche un po’ egoista, ma non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. La kunoichi sorrise.
“Butta pure la scatola, se vuoi, non c’è problema.” aggiunse poi Fugaku, sempre guardandola. Stava aspettando impazientemente una sua qualunque reazione: non era da Mikoto, infatti, non reagire ad un avvenimento del genere. Tuttavia non aveva notato che lei stava sorridendo.
“Io… io non butterò niente.” Disse lei piano.
La sua voce era marcata da una strana calma che fece quasi rabbrividire Fugaku.
“Credo… credo che la terrò.”
Il ragazzo la fissò alquanto stupito. Non si era neanche arrabbiata.
Che fortuna.
“Se vuoi…” propose.
Mikoto sorrise.
“Certo.”
Poi gli si avvicinò e lo abbracciò, facendolo arrossire lievemente.
“Grazie mille.”
Fugaku si portò una mano alla nuca, imbarazzato, e annunciò: “Allora vado. Ci vediamo presto.”
La kunoichi annui.
“Quando sarai di ritorno?”
“Non so il giorno preciso, ma di sicuro dopo il tramonto. Ti farò sapere appena posso.”
“Benissimo.”
Lei sorrise e sciolse l’abbraccio.
“Ci vediamo” esclamò Fugaku, accarezzandole velocemente la guancia con la mano. Poi corse via in direzione del villaggio.
Mikoto lo guardò svanire in lontananza, accompagnato da una leggera e calda brezza che muoveva pigramente le foglie, e strinse forte tra le mani la scatola piccola e scura che lui le aveva regalato.
Non le importava della sua piccolezza, non le importava se era vuota.
Quella scatolina sapeva di lui, della sua fierezza, del suo amore silenzioso per lei, della sua vita devota al villaggio e in essa avrebbe potuto ammirare gli splendidi e dorati tramonti che ogni sera avrebbe ammirato e contato nell’attesa del suo ritorno.
Se sarebbero stati venticinque, cinquanta o cento non lo sapeva, ma li avrebbe contemplati tutti, fino all’ultimo, nella scatolina che aveva in mano, pensando a lui.
E in quel modo sarebbe riuscita a sentirlo sempre vicino a sé.






*^*^*


Auguri Elena! *_* Spero che questo minuscolo pensiero ti piaccia, anche se fa schifo ç_ç

Credo che questa shot necessiti di una spiegazione. XD
Era tanto tempo che desideravo scrivere una Mikoto/Fugaku, ma non ne trovavo mai tempo/voglia/idee ecc., ma, per il compleanno del mio tesoro, ho sentito che era il momento giusto per mettermi all'opera. All'inizio, infatti, avrei voluto scrivere una storia su dei personaggi che lei adora (Sasuke e Itachi), ma, come tutti ormai sapranno, Sasuke lo odio XD, Itachi non ho voluto rovinarlo con i miei pastrocchi. Alla fine, poi, ho avuto l'idea: perché non scrivere una storia sui genitori di questi due? XDSpero di essere riuscita a tenere i personaggi IC. E' questo il mio cruccio più grande. I pareri sono ovviamente graditi. ^^
Ringrazio ryanforver (grazie *_*) e Luly (oh! *_*) che hanno avuto il coraggio di recensire la scorsa shot, qualche anno fa. XD Grazie mille! 
Alla prossima (non oso neanche promettere quando, tanto sono sempre in ritardo XD),

Ayumi

PS: come avrete sicuramente notato ho cambiato il titolo della raccolta, quello di prima non mi piaceva più. Non che questo mi soddisfi tanto, comunque. XD Semmai lo cambierò nuovamente in futuro.

PPS (XD): ho aggiunto una specie di indice per le shot al primo capitolo, sperando possa essere utile a chi legge. ^^


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Capitolo 5
*** 07. Did you find your enlightenment, your paradise? [Gaara/Hinata] ***



Did you find your enlightenment, your paradise?


[31 Days – Theme VII - December]

 

Il vento, quella sera, soffiava particolarmente forte, insinuandosi tra i suoi capelli scuri e scompigliandoli.
Hinata rabbrividì sensibilmente, stringendosi nelle spalle, ma non accennò a lasciare la sua postazione preferita per ritornare al caldo della sua casetta acquistata da poco.
Da quando aveva lasciato l’immensa tenuta Hyuga aveva ripreso a respirare - soltanto un poco, ma almeno non viveva più di vuoto e sofferenza – e aveva deciso di adottare piacevoli abitudini per dimenticare la sua vecchia vita.
Una di queste era restare fino a tardi a fissare il cielo, anche quando non c’era la luna, anche quando non c’era una sola stella.
Se ne stava seduta su un fazzoletto di terra antistante casa sua, alzava gli occhi al cielo e pensava.
Rifletteva di ciò che era accaduto, di ciò che continuava a succedere attorno a lei, un vortice di decisioni soppesate e emozioni incontrollabili: finalmente aveva trovato il coraggio di abbandonare la sua famiglia, – sempre che così potesse essere chiamata, dopo tutto ciò che aveva dovuto sopportare – di andare a vivere insieme al suo uomo in una casetta che aveva acquistato con i suoi risparmi faticosamente accumulati, contro il volere di tutto e di tutti.
La situazione nel Paese non era, infatti, delle migliori: Konoha aveva intrapreso una difficile guerra di logoramento contro il villaggio di Suna già da un anno. L’alleanza così difficilmente costruita con il Paese della Sabbia si era sciolta come ghiaccio al sole in pochissimi minuti – Hinata stessa aveva assistito all’incontro tra i due Kage, lavorando al palazzo dell’Hokage – e la guerra era cominciata. Era sembrato quasi buffo quanto velocemente fosse accaduto tutto: gli abitanti del villaggio non avevano avuto il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo che erano dovuti partire per recarsi presso il villaggio avversario, abbandonando amici e parenti. Lei si era salvata soltanto perché ormai era considerata da tutti una traditrice.
Nonostante tutto, però, Hinata si sentiva finalmente felice.
Non le importava di ciò che credevano gli altri, dei pettegolezzi della gente, dei maltrattamenti e dalle frecciate che aveva dovuto sopportare da parte degli altri membri del suo clan, ormai sentiva di non aver più nulla a che fare con loro.
Viveva nel villaggio, ma non si sentiva più parte di esso. Aveva comprato una casetta quanto più lontana dagli altri abitanti per non assistere ai loro continui sguardi delusi o sgarbati.
Lavorava al palazzo dell’Hokage, ma soltanto perché l’Hokage stesso le faceva da garante. Suo padre e gli altri uomini del Consiglio avevano tentato di cacciarla, ma l’Hokage aveva ordinato di non avvicinarsi mai più a lei, per nessun motivo. Hinata ancora non capiva perché mai il capo del villaggio continuasse ancora a difenderla: ormai, a Konoha, tutti quanti la odiavano.
Era stata abbandonata dai parenti, dagli amici. Tutti la insultavano, la disprezzavano.
Era rimasta soltanto una persona, nell’intero villaggio, che la amasse e che la trattasse come una donna, non come un animale, ed era quell’uomo che, con passi cadenzati e silenziosi, le si stava avvicinando per pregarla di rientrare.
“Hinata, torniamo dentro?” La sua voce era profonda e ferma. “Fa molto freddo, stasera.”
La kunoichi non si voltò. Non ce n’era bisogno, avrebbe riconosciuto la sua voce tra mille. Ormai vivevano insieme da un anno.
“Vorrei restare qui un altro po’” mormorò piano “Ma grazie per essere venuto, Gaara.”
Lo shinobi dai capelli fulvi non rispose. Si inginocchiò silenziosamente dietro di lei, per poi sedersi, e le circondò le spalle con le braccia, affondando il viso nei suoi capelli.
Hinata piegò le gambe e si cinse le ginocchia con le braccia, arrossendo un poco.
“A cosa stai pensando, stasera?” le domandò l’uomo piano.
Ella non rispose immediatamente. Voleva trovare le parole giuste per spiegare ciò che stava provando, ciò che da qualche settimana continuava ad immaginare.
“Vorrei…andare via da qui” gli confidò, infine, continuando a guardare il cielo “Mi sento in trappola. Voglio trovare la libertà. Voglio essere libera di camminare per strada senza attirare l’attenzione, di vivere dove nessuno mi additi…”
Gaara annuì. “Ti capisco. Capisco quanto per te sia difficile. Io la mia libertà l’ho trovata qui, con te, ma se per te in questo posto non esiste libertà… io sono con te.”
La kunoichi sorrise tristemente.
Era un anno che Hinata sognava ad occhi aperti la libertà, un anno che vivevano insieme, un anno che erano cominciati tutti i loro problemi.
Più di dodici mesi prima, a Suna, con un colpo di stato, era stato posto a capo del villaggio un nuovo Kazekage e Gaara era dovuto fuggire. Si era recato a Konoha, dove aveva ritrovato Hinata, la kunoichi che qualche tempo prima aveva strappato dal suo petto il sentimento più profondo con il suo essere dolce e gentile, ormai donna e ospitalità grazie al Kage della Foglia.
Poi, però, era scoppiata la guerra, che era stata presentata a Konoha come qualcosa che lo stesso Gaara aveva voluto, ma in realtà era stata pianificata da coloro che l’avevano spodestato.
La vita di Gaara e Hinata, da quel momento, era diventata un inferno.
Insulti, odio, delusione e paura avevano marcato i luoghi in cui essi vivevano, le strade che percorrevano.
Il Consiglio del villaggio, anche spinto dalle continue proteste degli altri abitanti, aveva cercato di allontanare entrambi dal Paese, ma senza risultato, poiché l’Hokage, imperterrito, continuava a proteggerli.
Allontanarsi, però, era proprio ciò che Hinata desiderava più profondamente. Voleva finalmente essere libera dal suo stesso villaggio che, con disprezzo e terrore, la teneva prigioniera. Per questo aveva deciso che se non l’avessero allontana gli altri, l’avrebbe fatto lei stessa, spontaneamente.
E, in quel momento, sapere di poter anche contare sull’aiuto di Gaara le infondeva sempre più coraggio.
“Allora… sarà domani.” disse all’improvviso, rompendo il silenzio, animata da una strana determinazione che pian piano si stava facendo largo dentro di lei. “Grazie mille, Gaara. Grazie, davvero.”
Gaara posò il mento sulla sua spalla e cominciò a fissare lo spazio scuro e indistinto davanti a sé, lo sguardo pensieroso.
“Vuoi che venga con te, domani?” le domandò, poi, dopo qualche secondo di silenzio.
La kunoichi chiuse gli occhi, improvvisamente intristita e svuotata, e rispose con voce rotta, rivelando finalmente il timore che l’aveva bloccata per tutto quel tempo: “Credo che sia meglio andare da sola. L’Hokage potrebbe rimanere male se vede che tu, uno dei suoi migliori amici, hai deciso di rifiutare il suo aiuto. Gli dirò tutto io stessa.”
Lo shinobi sospirò a sua volta e la rassicurò: “Come desideri”; poi strinse di più l’abbraccio, avvicinando la guancia a quella della sua donna e annullando ogni distanza: in quel modo, almeno per quella sera, nulla avrebbe più potuto insinuarsi tra di loro.
 
Quella mattina, sebbene si sentisse spossata, Hinata si alzò di buon ora.
Il sole splendeva in tutta la sua magnificenza nel cielo e i suoi raggi caldi risultavano piacevolissimi, accarezzandole la pelle delicatamente mentre si recava a passo veloce verso il palazzo dell’Hokage.
Non si preoccupò neppure di deviare in stradine secondarie, come faceva ogni mattina, per non dare alla gente del villaggio occasioni di parlottare su di lei: la fretta dettava ogni suo movimento. Non incontro nessuno degli occhi – scuri o chiari che fossero – che per tutto il percorso la squadrarono invadenti e giudicatori, non sentì nessuna delle voci che la insultarono con parole pesanti.
Guardando fisso davanti a sé, la kunoichi vedeva scorrere nella mente migliaia di parole diverse che si intrecciavano in combinazioni e discorsi complessi.
Si stava recando dall’Hokage per dare le dimissioni e per informarlo che avrebbe lasciato il villaggio, ma non sapeva ancora cosa gli avrebbe detto.
Sapeva che sarebbe stato tutto molto difficile: l’Hokage aveva sempre protetto lei e Gaara, si era persino opposto quando il Consiglio aveva deciso di prendere provvedimenti e di sicuro l’avrebbe fatto anche dopo che Hinata gli avrebbe comunicato la sua decisione.
Per questo motivo sperava ardentemente che il loro incontro durasse poco, così poco da non sentire il senso di colpa balenarle dentro all’improvviso incontrando i suoi occhi limpidi.
Lo sentiva già, nascosto nel più profondo delle sue viscere, sbuffare impaziente in attesa del suo momento.
Giunta innanzi ad uno spesso portone di legno, fece un respiro profondo ed entrò.
Le guardie del palazzo evitarono prontamente il suo sguardo e lo stesso fecero tutti gli altri shinobi che incontrò lungo la scalinata che portava al piano superiore.
Hinata sentì gli occhi cominciare a pizzicare non appena si accorse che tra di essi vi era anche sua sorella Hanabi, - ella addirittura, quando l’aveva notata, aveva fatto qualche passo indietro ed era sparita in un corridoio per non incontrarla – ma cercò di trattenere le lacrime.
Non voleva mostrare agli altri che, dentro si sé, soffriva per il comportamento freddo che tutti le riservavano.
Questo era un altro dei motivi per cui desiderava lasciare il villaggio: voleva cercare di dimenticare che, oltre a Gaara, ormai non aveva più nessuno al mondo.
Neanche suo padre, neanche sua sorella. Neanche i suoi amici.
Si asciugò le palpebre prima di bussare all’ufficio dell’Hokage, perché era certa che le lacrime sfuggite al suo volere avrebbero reso tutto ancora più difficile,  e fece un altro respiro per prendere coraggio. Poi entrò.
“Ehi Hinata!” la salutò una voce, allegramente “Tutto bene?”
Un paio di occhi azzurri si alzarono repentini da un documento che stavano esaminando e la fissarono dolcemente.
La kunoichi li incontrò e cercò di ricacciare indietro le lacrime.
“S-sì…” balbettò, cercando di dimenticare i volti di tutte le persone che l’avevano evitata lungo le scale. Anche se accadeva ogni mattina, le faceva ancora molto male. “Va bene, grazie. Buongiorno, Hokage sama.”
Si chinò per un attimo in un goffo inchino davanti a Naruto, – il nuovo Hokage della Foglia da ormai due anni – ma subito lui la interruppe con un sorriso.
“Buongiorno a te! Hai bisogno di qualcosa?”
Hinata arrossì un poco e mormorò flebilmente: “Vorrei parlarle.”
Lo sguardo dell’Hokage si fermò, sospettoso, sui suoi occhi lucidi, poi si spostò sulla sedia posta di fronte a lui dall’altro lato della scrivania.
“Siediti, dai.”
La kunoichi scosse piano la testa.
“Non ce n’è bisogno, farò in fretta.” sussurrò, cercando di evitare i suoi occhi.
Era passato molto tempo da quando Naruto aveva cominciato a non significare più nulla per lei, ma i suoi occhi chiari le provocavano ancora soggezione, quando li fissava.
Sembrava che riuscissero a leggerle dentro, ad annullare la barriera che c’era tra di loro e che ella stessa aveva innalzato per cercare di provare meno imbarazzo possibile.
Per quel motivo, da quando lui era il capo del villaggio, gli dava del lei e non lo chiamava più per nome.
“Parla, Hinata” esclamò l’Hokage, incalzante, e guardandola fisso negli occhi.
La donna raccolse tutto il suo coraggio e disse lentamente: “Voglio lasciare il villaggio.”
Gli occhi azzurri che aveva di fronte divennero improvvisamente non infuriati, come lei aveva immaginato, ma sconvolti.
Naruto spalancò la bocca, arrabbiato, e gridò: “Perché?”
Hinata, intimorita dalla sua reazione, prese a balbettare sommessamente.
“Io…voglio trovare la mia libertà… voglio poter camminare tranquilla, senza aver paura che qualcuno mi faccia del male… senza che tutti mi evitino…”
L’uomo continuava a stringere i pugni tanto forte che la pelle, tesa e lucida, sembrava doversi strappare da un momento all’altro, mentre ascoltava la sua spiegazione a testa bassa.

“… non posso più a vivere in questa maniera… tutti mi odiano… nessuno mi guarda più negli occhi… nessuno mi vuole…”
La kunoichi s’interruppe, spaventata, perché aveva udito la poltrona dell’Hokage scricchiolare: Naruto si era alzato in piedi e la guardava amaramente, le unghie conficcate nel legno della scrivania.
Io ti voglio” disse semplicemente lui, chiudendo gli occhi. Hinata spalancò gli occhi, immobile. “Io ti amo. Mi sono sentito malissimo quando ti ho visto con Gaara per la prima volta,  ma ho continuato a sorridere per non darlo a vedere, perché lui è mio amico. Sono stato male ogni volta che ti guardavo negli occhi, perché sapevo che alla fine della giornata saresti corsa da lui, non da me. Ti ho offerto protezione e lavoro, affinché Gaara non ti portasse via dal villaggio, perché tu rimanessi qui, accanto a me…”

Il suo sorriso era ancora una smorfia amara quando i suoi occhi si riaprirono, fissando le guance pallide di Hinata, la sua voce febbrile.
“Perché vuoi abbandonarmi? Perché mi fai questo?” pronunciò con voce disperata quanto i suoi occhi “Resta, ti prego. Farò tutto ciò che desideri, tutto, ma, per favore, non andare via!”
Fissò la kunoichi supplice, affondando sempre di più i palmi sul piano della scrivania in attesa di una sua decisione e accarezzando, nel frattempo, teneramente con lo sguardo il suo profilo, i suoi capelli, di nuovo corti come la prima volta che l’aveva vista arrossire davanti a lui.
Hinata, però, non ricambiò il suo sguardo quando gli rispose.
“E’ tardi ormai, Hokage sama.” sussurrò dispiaciuta “E’ passato così tanto tempo da quando…” deglutì e continuò timidamente, arrossendo  “… da quando Lei per me è stato qualcosa di più di un semplice compagno; adesso è Gaara che…”
“Mi chiamavi Naruto kun” bisbigliò l’uomo interrompendola e continuando a fissarla tristemente, con gli occhi vuoti, perso in un pensiero lontano e impalpabile “Ti ricordi? Ti prego, non te ne andare!”
“Mi dispiace” ripeté Hinata cercando di trattenere le lacrime.
Il senso di colpa aveva preso a strisciarle dentro come un serpente silenzioso, cominciando a distruggerla. Ciò significava che quella conversazione era durata anche troppo.
“Adesso c’è Gaara nella mia vita” concluse la kunoichi con voce rotta “Io amo Gaara. Mi dispiace. Ero venuta a darle le dimissioni. La ringrazio per tutto quello che ha fatto per noi, grazie di cuore. Addio.”
Le lacrime scorrevano sulle guance ormai liberamente, offuscandole la vista, e Hinata non vide gli occhi di Naruto pieni di lacrime, proprio come i suoi, non vide la sua espressione disperata quando corse via dalla stanza.
Desiderava solo Gaara.
Accompagnata dal rimbombo continuo dei suoi tacchi sul pavimento, desiderava solo essere stretta dalle sue braccia, sentirsi al sicuro: voleva lasciarsi alle spalle tutto ciò che stava vivendo, voleva cancellare dalla sua mente l’ultimo sguardo disperato e pieno d’amore di Naruto, voleva dimenticare di aver fatto soffrire l’uomo che aveva amato tanto, voleva solo scappare.
Voleva solo la sua libertà.
 
“Hinata!”
La kunoichi, tutta spettinata e madida di lacrime, non ebbe la forza di rispondere all’esclamazione preoccupata di Gaara e si precipitò, terminando finalmente la sua corsa, tra le sue braccia.
Ancora faticava a respirare: aveva percorso tutto il tragitto dal palazzo dell’Hokage fino a casa correndo all’impazzata in una marcia disperata per cercare dimenticare il viso sconfortato e turbato di Naruto, ma senza successo.
I suoi occhi azzurri continuavano risalire imperterriti nella sua testa, sebbene travolti da mille altri pensieri.
“Cosa ti è successo?” chiese l’uomo nervosamente. La sua tensione, tenuta a bada come al solito nel il tempo in cui Hinata si era recata dall’Hokage, era scoppiata improvvisamente dentro di lui e strabordata violentemente al rumore straziante del pianto della sua donna e la sua voce si era fatta quasi ostile, mentre la stringeva forte a sé.
Hinata continuò a singhiozzare senza parlare, affondando la testa nel suo petto. Sentì le dita di Gaara stringersi attorno alla sua vita, tanto minacciose da mozzarle il respiro e da spaventarla.
Allora incontrò i suoi occhi: ardevano di un sentimento che non aveva mai conosciuto prima.
“Cosa ti è successo?” domandò nuovamente lo shinobi con voce rabbiosa.
La kunoichi sbatté le palpebre, spaventata, respirando sempre più lentamente.
“N-nulla, non è successo… nulla.” sussurrò ormai senza più aria nei polmoni.
L’uomo le rivolse un’occhiata non molto convinta, ma lei annuì, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Visto che non ci riusciva, prese a tamponarsi le guance con un fazzoletto candido che aveva in tasca, ancora intimorita.
“Io… mi sento in colpa per quello che ho fatto” spiegò rompendo un  piccolo singhiozzo nel fazzoletto “L’Hokage ci è rimasto molto male”
Gaara sospirò piano e, visibilmente sollevato, allentò la presa attorno alla vita della kunoichi, stringendola a sé.
“Scusami se sono stato duro,” le sussurrò all’orecchio “ma credevo che qualcuno…”
Non terminò la frase e con un battito di palpebre scacciò via dalla sua testa tutte le angustie che l’avevano affollata dopo aver visto Hinata piangere così disperatamente.
Per un attimo era tornato adolescente, pronto ad esplodere e a fare a pezzi chiunque avesse osato anche solo dirle una parola sgradita, ma avrebbe dovuto immaginare subito che la sua donna, quella mattina, non piangeva per quel motivo: l’umanità di Hinata era infinita e la sua coscienza avrebbe potuto anche infierire su di lei per tutta la vita.
“Non sentirti in colpa, non preoccuparti” la rassicurò, prendendo ad accarezzarle dolcemente la testa; la kunoichi aveva preso a singhiozzare di nuovo. “Naruto capirà. Anche a me dispiace: è mio amico, è stato l’unico che ci abbia aiutato, ma io seguirò te, ovunque. In questo momento si sentirà preso in giro, tradito, infuriato, ma passerà. Lui non vive la nostra situazione, non ha nessuno, non può capire.”
A quelle parole Hinata si sentì ancora più inaridita e i suoi singhiozzi silenziosi aumentarono.
Lo shinobi le posò un bacio sui capelli e  con un ultima carezza le ricordò: “Tutto è pronto. Vuoi ancora compiere questo passo?”
La donna alzò gli occhi, ancora pieni di lacrime, di dolore, ma carichi anche di determinazione e coraggio e annuì silenziosamente. Ormai non aveva più senso restare.
Le sue lacrime erano l’ultimo passo verso il dolore che stava per lasciarsi alle spalle; da quel momento avrebbe finalmente conquistato la felicità, la libertà di amare il suo uomo, di vivere la sua vita.
Quella libertà che, da qualche parte lungo la via, ella sentiva già attenderla.
 
Il cielo era limpido, quel giorno: non c’era la minima traccia di una nuvola e il sole splendeva caldissimo, bollente.
Hinata si sistemò con cura il mantello beige sulla testa, coprendosi i capelli, e alzò gli occhi verso l’azzurro sopra di lei: era tranquillo, sereno, proprio come tutto avrebbe dovuto essere quel giorno.
Sospirò piano, cercando di non farsi notare, ma subito sentì la mano di Gaara, in piedi accanto a lei, stringere forte la sua; imbarazzata, allora, spostò gli occhi al suolo, uno strato di sabbia fine e liscissima.
All’orizzonte, dove il sole sconfinava nella sabbia, non si vedeva ancora nessuna sagoma.
Si trovavano a Suna, appena fuori dal villaggio insieme ad una dozzina di shinobi, tra cui Temari, Kankuro e alcuni anziani del Consiglio, ad attendere l’arrivo di una delegazione della Foglia.
Qualche tempo prima Gaara era finalmente riuscito a sconfiggere coloro che lo avevano spodestato e aveva ripreso il suo posto di Kazekage al villaggio. Era ritornato a casa in trionfo, tra la festa e gli urli felici della gente di Suna, e con sé aveva condotto anche Hinata, che era stata accolta come una benedizione da tutti.
Come Temari le aveva spiegato una volta, con voce dura e sguardo lontano dal suo per stemperare l’imbarazzo, il popolo amava così tanto suo fratello che era molto triste nel saperlo solo; per questo, quando Hinata era arrivata, tutti erano stati così felici. La kunoichi della Foglia, allora, aveva sorriso con il cuore e, rompendo ogni regola, aveva abbracciato sua cognata, pietrificata da tanto purezza.
La loro vita trascorreva felicemente: vivevano nell’immenso palazzo del Kazekage e, sebbene Gaara fosse molto impegnato con i suoi compiti, non la lasciava mai sola. Hinata era trattata con rispetto da tutti, ogni persona non faceva che lodarne la gentilezza e la limpidezza d’animo, tutti le  volevano bene con il cuore. Finalmente la kunoichi, anche se ancora faticava a crederlo, aveva trovato la sua libertà e si stava lasciando alle spalle tutto ciò che di più terribile le era accaduto.
Quel giorno, però, il passato aveva deciso di ritrovare il presente e Hinata si sentiva un pochino ansiosa: presto avrebbe rivisto i suoi compagni, di cui non aveva più notizie da ormai due anni, anche a causa della guerra che continuava a protrarsi senza indugi.
Certo, non si aspettava che essi, di chiunque si trattasse, fossero felici di vederla, ma lei era realmente desiderosa di abbracciarli tutti, anche solo con lo sguardo, di poter sapere come stessero, di poter vedere quanto fossero cambiati.
Man mano che i minuti passavano, Hinata si scopriva sempre più impaziente di rivedere i suoi compagni, i suoi amici a cui, nonostante tutto, voleva ancora molto bene: continuava a scrutare lo spazio libero davanti a sé con attenzione, spingendo gli occhi sempre più in là fino all’orizzonte giallo e rossastro.
All’improvviso Temari fece un cenno col capo in avanti e tutti si misero sull’attenti, cominciando a guardare a loro volta nella direzione suggerita dalla kunoichi. Hinata, presa dall’emozione, sentì il cuore perdere un battito e finalmente spostò gli occhi più lontano sulla sabbia, dove, sbiadite da una tempesta di granelli minuscoli, cominciavano a comparire alcune figure coperte da mantelli e cappucci.
La delegazione era molto meno numerosa di quello che gli shinobi della Sabbia avevano immaginato: si trattava al massimo cinque o sei persone che incedevano a passo lento, ostacolate dalla sabbia e dai pesanti zaini che avevano sulle spalle.
Il cuore di Hinata continuava a battere sempre più forte a mano a mano che i suoi compagni di Konoha diventavano più grandi e dai contorni meno confusi e quei minuti che la separavano da loro sembravano ore, anni. Emozionata, continuava a fantasticare e ad immaginare quali visi si nascondessero dietro quei cappucci. Gaara continuava a stringere forte la sua mano.
 
Erano in cinque.
Si fermarono ad un passo da loro in silenzio, posando a terra gli zaini, poi si abbassarono i cappucci e Hinata s’immobilizzò, pietrificata: un paio di occhi azzurri l’aveva trafitta con sicurezza incrollabile.
La kunoichi vacillò per un solo momento e i suoi occhi si svuotarono, stringendo forte la mano del suo uomo, poi la sua mente tornò lucida: erano passati due anni, ormai, lui doveva averla dimenticata.
Naruto, in piedi innanzi a lei, invece, le sorrise, gioioso, e le accarezzò il viso con gli occhi luminosi, come se avesse visto il sole per la prima volta dopo anni di buio e Hinata desiderò sprofondare: per lui non era cambiato nulla. Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
Gaara le lasciò lentamente la mano e, con un sorriso in volto, colmò la distanza che lo separava dall’amico.
L’Hokage della Foglia ricambiò il suo sorriso e gli strinse energicamente la mano.
“Un bentornato da tutti noi!” esclamò con entusiasmo, continuando a sorridere. Nulla poteva rovinare quel momento: aveva rivisto la donna che amava più di ogni cosa al mondo, e neanche avere davanti a sé il suo rivale riusciva a fargli provare tristezza o frustrazione. “Sono felicissimo di essere qui!”
“Benvenuti nel nostro villaggio” li accolse Kazekage, guardando con gentilezza ciascuno degli shinobi della delegazione “Mi fa piacere che tu sia venuto prima possibile, Naruto. Mettere fine alla guerra è la cosa che desidero maggiormente, in questo momento.”
Il Kage della Foglia scosse la testa con foga.
“Nessun problema, Gaara. Desidero anche io porre fine a questa guerra.” Lanciò un’altra occhiata furtiva a Hinata e aggiunse: “Era anche molto tempo che non ci vedevamo! Come stai?”
Gaara rispose che stava bene, ma quella conversazione tra amici terminò lì perché gli anziani del villaggio erano molto impazienti di conoscere la delegazione e i suoi ninja in ogni dettaglio.
Solo allora Hinata, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi bassi per non incontrare quelli cristallini di Naruto, riconobbe gli altri membri del gruppo: Shikamaru, a sinistra di Naruto, sembrava molto nervoso, ma le rivolse comunque un sorriso, anche se tirato; l’espressione di Ino, invece, era stranamente piena di imbarazzo, mentre stringeva con forza il braccio dello shinobi e cercava di evitare gli occhi bianchi di Hinata. La kunoichi bionda, letteralmente agghiacciata dalla gioia che era esplosa sul viso di Hinata non appena li aveva rivisti, si sentiva in colpa per tutte le cattiverie che aveva detto su lei prima che andasse via dal villaggio, e non osava mostrare un’espressione acida e sfrontata di fronte al dolce sorriso della sua ex compagna.
Alla destra di Naruto c’era Jiraiya, per la prima volta con un’espressione seria in volto, che stringeva una spalla del suo allievo con tutta la forza che aveva nella mano. Il Sannin lanciò un’occhiata obliqua a Gaara e subito distolse lo sguardo senza, però, sorridere.
Solo Kiba, al fianco di Ino, sorrideva.
Sorrideva radioso, felicissimo di poter rivedere la sua compagna di squadra e di poterla riabbracciare più tardi. A Hinata, incredula, vennero le lacrime agli occhi quando capì che almeno qualcuno ancora la riconosceva come amica e Kiba, accortosi dei suoi occhi lucidi, annuì con la testa.
La loro amicizia, qualunque cosa fosse accaduta, sarebbe durata per sempre.
La kunoichi non ascoltò le presentazioni e le frasi di circostanza che seguirono, perché le lacrime ormai si erano impossessate dei sue occhi, nonostante lei continuasse ad asciugarle con il lembo del mantello che le ricadeva su una spalla.
Nessuno si accorse che piangeva. Ringraziò il cielo: non voleva mostrare ai suoi compagni lacrime; lei, in quel momento, provava solo felicità.
“Andiamo, seguitemi.” ordinò finalmente Gaara, mettendo fine al silenzioso oblio di Hinata, che sollevò la testa. La kunoichi vide gli occhi di Naruto vagare perplessi verso di lei e, in un attimo, abbassò di nuovo la testa; poi, più veloce che potesse, raggiunse il suo uomo e si mise a camminare al suo fianco.
Gli anziani del Consiglio seguirono il loro Kazekage immediatamente, uno dietro l’altro; lo stesso fecero i membri della delegazione Foglia dopo essersi rimessi in spalla gli zaini.
Naruto, però, non accennò a  muoversi di un solo passo. Quando Gaara ne fu avvertito, si voltò e lo fissò, interrogativo, ma lo shinobi biondo disse semplicemente: “Andate pure avanti, vorrei scambiare due chiacchiere con Hinata. Vi raggiungerò il prima possibile.”
Il Kazekage annuì e la kunoichi impallidì visibilmente.
In un attimo tutti gli shinobi scomparvero dietro la porta del villaggio, lasciando Hinata e Naruto da soli, uno di fronte all’altra.
Hinata accomodò meglio il suo mantello a testa bassa in un gesto di protezione, e Naruto scoppiò in un risolino ansioso.
“Allora,” esclamò con un fare gentile visibilmente costruito e contrario alla sua spontaneità che intimorì la kunoichi “da quanto tempo non ci vediamo! Come stai?”
Non attese neppure che ella potesse rispondere che continuò: “Hai trovato la tua libertà, il tuo paradiso?”
La kunoichi lo fissò, ferita: il suo tono di voce era fatto improvvisamente beffardo e il suo sorriso finto si era tramutato in un ghigno con una chiara intenzione canzonatoria. Annuì in silenzio.

Il volto strafottente dello shinobi, però, in un secondo cambiò nuovamente espressione e divenne pieno di frustrazione.
“Perché prima piangevi, allora?”
Allora Naruto se ne era accorto. Hinata abbassò lo sguardo e mormorò timidamente: “Io… non stavo piangendo…” sperando ardentemente che lui le credesse, ma era tutto inutile. L’uomo continuava a fissarla, l’ombra di una nuova ostinazione sul volto.
“Tu non sei felice qui.” disse lentamente, cercando in ogni modo gli occhi bianchi della kunoichi “Ti avevo detto di restare a Konoha con me.”
Ella alzò gli occhi, ansiosa di spiegare la verità.
“Io non… piangevo per quello.” confessò. “Sono felice, qui” sussurrò, poi, dispiaciuta. Dopo tanto tempo, con immenso terrore sentiva di nuovo il senso di colpa crescere dentro di lei e sperava in ogni modo di non scoppiare a piangere come era accaduto l’ultima volta. “Ho trovato la libertà di andare dove desidero, di amare Gaara senza opposizioni…”
“Ma io ti amo” affermò Naruto senza alcuna logica, all’improvviso “Ti amo più di tutta la mia vita.”
A quelle parole Hinata arrossì vistosamente e abbassò lo sguardo.
“Anche io ti voglio bene.” mormorò sommessamente, smettendo finalmente di dargli del lei “Però amo Gaara.”
Naruto emise un verso strozzato e la kunoichi, distrutta dal dolore, trovò finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi.
“Io amo Gaara.” ripeté addolorata fissando per l’ultima volta le sue iridi blu nella mente, consapevole di averlo pugnalato con tutta la violenza e l’odio del mondo “Tu sei mio amico.”
Hinata non fissò un secondo di più il volto dell’Hokage, temendo di poterlo vedere stravolto o disperato e di dover, così, cancellare l’ultima immagine che custodiva di lui, ma immediatamente, cercando di arginare le lacrime, si voltò e corse via.
L’uomo la fissò con occhi vacui, mentre correva al più non posso e raggiungeva il suo uomo, stringendogli forte la mano, bagnando la sabbia di caldi rivoli. Le sue ginocchia cedettero.
In quel momento camminavano sulla strada che conduceva al palazzo del Kazekage fianco a fianco, le mani intrecciate a dimostrazione del loro sentimento, tanto forte da sopravvivere alle difficoltà, tanto forte da non poter essere spezzato.
Alla fine, Hinata aveva trovato la sua ragione, il suo paradiso. La sua libertà.
E la sua libertà, tutta la sua libertà ormai era soltanto di Gaara.

 

 

***

Questa fan fiction si è classificata quarta a pari merito con quella di Yuri al contest “Pairing and word” indetto da Kimly sul forum e ha vinto il premio per la migliore trattazione della coppia.

Sono felicissima, perché era la mia prima GaaraHinata (e chi mi conosce sa bene perché XD), perché erano secoli che non scrivevo su Naruto e avevo paura di aver perso la mano e perché ho ricevuto un giudizio con punteggi davvero molto alti, che qui riporto.

4° classificata parimerito: Ayumi Yoshida "Did you find your enlightenment, your paradise?"
Grammatica: 9/10 Alcuni errori sparsi e in alcune frasi mancavano i punti fermi.
Originalità: 9.5/10 La storia è molto originale, a parte alcuni elementi già letti. L’idea di una guerra fra Suna e Konoha è stata una bella trovata!
IC:4.5/5 Hinata è IC, mentre Gaara e Naruto hanno alcuni attimi non proprio da loro, ovviamente secondo il mio punto di vista.
Attinenza al tema: 15/15 Perfetto sia per quanto riguarda la parola sia l’immagine data, brava!
Giudizio giudice:5/5 Veramente unica. Io sono pro NaruHina, ma hai reso la coppia GaaHina benissimo, dolce al punto giusto. Complimenti!
Stile:5/5 Che dire, mi piace molto il tuo stile. Ricco di descrizioni, soprattutto quelle emotive. Ancora bravissima!
Tot: 48/50

Grazie mille, quindi, a Kimly per la sua pazienza e velocità e a tutti gli altri concorrenti che mi hanno permesso, con la loro partecipazione, di continuare migliorare. Complimenti a tutti! *_*

Prima di chiudere, vi lascio ad alcune note, scritte appositamente per la giudice del contest, che comunque potranno farvi comprendere meglio la fic.

Vorrei spendere una parola (anche se sicuramente ne saranno molte di più) per la caratterizzazione dei personaggi che ho utilizzato: questa fic è ambientata dopo Shippuden e i personaggi hanno dai venticinque ai trent’anni, quindi ho avuto un po’ di problemi per la caratterizzazione.
Con Gaara è stato - diciamo - facile, dato che ho cercato di renderlo in modo simile a come viene dipinto da Kishimoto in Shippuden, ma con Hinata non molto.
Per la prima volta mi sono trovata ad operare con una Hinata che non è innamorata di Naruto, quindi ho dovuto – diciamo – “ricominciare da capo” con la sua caratterizzazione, estrapolando gli aspetti di lei che vengono fuori quando Naruto non è nei paraggi, come, per esempio, la sua forza di volontà, la sua gentilezza e la sua umanità. Quando, invece, ho dovuto farla interagire con Naruto, l’ho descritta sì imbarazzata e timida, ma molto meno di ciò che siamo abituati a vedere, perché l’Hinata che ho utilizzato è cresciuta e ormai per Naruto non prova più nulla.
Infine, per il personaggio di Naruto ho seguito ciò che mi suggeriva la mia intuizione: Naruto è già cresciuto molto nel manga e ancora di più nella mia fic, ha già sofferto parecchio per ciò che è accaduto, ma, nonostante questo, ho cercato di riprendere anche altri aspetti del suo carattere, come, ad esempio, la sua impulsività e la sua allegria e spontaneità.
Infine, come avrete notato, mi sono permessa di inserire un piccolo “what if” nella fic, “resuscitando” Jiraiya. Perché? Presto detto. E’ un personaggio che amo molto e volevo che in questa fic ci fosse a tutti i costi per assistere alla crescita morale di Naruto.

Il titolo della fic, infine, è il prompt # 7 (did you find enlightenment in the Western Paradise?) della community “31 Days” su livejournal, mese di Dicembre 2008, da me modificato ed ha un significato soprattutto simbolico. “Enlightenment” significa “illuminismo”, che io ho inteso come “ragione” in collegamento alla libertà che la protagonista femminile di questa fic ricerca continuamente, una libertà che, come si è visto, è una vera e propria ragione di vita.

Mi prendo, infine, due righe per ringraziare kry, che ha recensito la scorsa shot, e la mia Ele, a cui voglio un bene dall’anima, e per pregarvi di recensire.

Una recensione è l’unico modo per comunicare un parere, positivo o negativo che sia, perciò vi chiedo di voler perdere due minuti del vostro tempo per farmi sapere cosa ne pensate.

Grazie. Alla prossima.

Un bacio,

Ayumi 

B

Questo splendido bannerino è stato fatto da Shurei. Complimentissimi, è fantastico! *_*

 


BC

Questo splendido bannerino è stato fatto da Kimly. Grazie mille *_*

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Capitolo 6
*** 01. Let snow and silence mark the site of my unseemly appetite [Naruto centric] ***



Let snow and silence mark the site of my unseemly appetite

 

[31 Days – Theme I - December]

 

“Ho fame.”

Il tuo solito grugnito. Qualcosa di semplice, che apparentemente non nasconde alcun desiderio in particolare.
Apparentemente.
Un desiderio, in realtà, c’è. Soprattutto oggi, quel desiderio è più forte che mai.
Muori dalla voglia mangiare.
Non hai mai sentito il tuo stomaco gorgogliare a quel modo.

“Ho fame.”

Ti stringi di più nel cappotto più pesante che hai, mentre il vento gelido continua a spirarti sulle guance, ormai infiammate.
Cavolo, che giornata.
A Konoha non ha mai fatto tanto freddo; non che tu lo ricordi. E’ un freddo ghiacciato, pungente, capace di ghiacciarti le vene e bloccarti il sangue nonostante tu abbia addosso qualcosa come tre maglioni.
E’ terribile.
Da quel che hai sentito dire in giro, sembra che la temperatura debba abbassarsi ancora di qualche grado. Come se non facesse abbastanza freddo!
Dopotutto, potrebbero sempre essere soltanto voci. Lo speri vivamente.
Se vuoi davvero mangiare, devi farti coraggio e affrontare la realtà.
Finalmente riesci a staccarti dallo stipite della porta d’ingresso, che non ti era mai sembrato tanto accogliente, familiare e caldo come oggi.
Come cambiano le opinioni personali.
Fino a ieri avresti pagato tutto l’ora del mondo per poter uscire di casa, ma oggi non ti sei neanche allontanato e già non vedi l’ora di ritornarci.
Giusto il tempo di mangiare e poi sarai di nuovo al caldo. Questa è la missione della giornata.
Riponi le banconote sgualcite che hai in mano nella tasca del pantalone con non poca difficoltà –le tue mani sono ormai ghiacciate, a furia di indugiare sulla porta, e rifiutano di fare alcun movimento- e fai un respiro profondo.
Devi proprio andare.
Persino il tuo stomaco si è chiuso in un riottoso silenzio, tanto è offeso da questa situazione inconcepibile.
Infili le mani nelle tasche, sperando di trovare un po’ di sollievo, e cominci a camminare.
Ti muovi velocemente, a grandi passi, in mezzo alle strade completamente deserte.
Chissà come mai in giro non c’è anima viva.
Certo, è presto, ma comunque a Konoha sono solitamente tutti molto mattinieri.
Sarà per il freddo, allora. Il freddo potrà fermare gli altri, ma non te, anche se devi attraversare tutto il villaggio.
Semmai, arriverai alla tua meta con dei cubetti di ghiaccio nelle vene, ma poi ti riscalderai per bene, ne sei certo.
Ne vale di sicuro la pena.
Anche gli alberi sembrano soffrire per il freddo artico: appaiono rinsecchiti, spenti. Per non parlare poi dei cespugli, ormai completamente distrutti e sradicati dal terreno a causa di quel vento che soffia senza mai fermarsi da ieri sera.
Solo adesso stai cominciando a capire perché nessuno sia in giro.
Se nessuno è in giro, certo non farà eccezione Shikamaru.
Ti balena in testa questo pensiero non appena ti accorgi di aver superato casa sua.
Fai dietro front e, a piccoli passi -come se non volessi fare rumore-, la raggiungi.
Infatti.
Tutte le tende sono ancora tirate e la porta sarà di sicuro chiusa a tripla mandata.
Sospiri.
Lui non ha bisogno di uscire per mettere qualcosa sotto i denti.
Ecco il bello di avere una donna in casa. Saranno noiose, fastidiose –come non fa altro che ricordare-, ma almeno a qualcosa servono: ti preparano da mangiare.
Eh sì, di questi tempi conviene accasarsi il prima possibile.
Ricominci il tuo percorso ad ostacoli leggermente irritato.
Le fortune capitano sempre ad altri, naturalmente, e a te tocca gelare per poter accontentare il tuo stomaco.
Finalmente puoi scostare lo sguardo dai disastri ambientali di Konoha, puoi smettere di formulare pensieri intrisi di ostilità e di malizia e guardare davanti a te.
Il chiosco di Teuchi appare maestoso e splendente nel suo candore ai tuoi occhi stanchi.
Sei arrivato a destinazione!
Finalmente i tuoi arti intorpiditi –e il tuo stomaco- potranno trovare un po’ di ristoro.
All’improvviso ti senti rinvigorito: in un balzo sei davanti al chiosco, pronto a divorare chili su chili di ramen e già ti lecchi i baffi al pensiero della ciotola fumante che il proprietario porrà davanti a te sul bancone, ma vedi qualcosa che non avresti mai voluto vedere, nella tua intera vita.

IL-CHIOSCO-E’-CHIUSO.

In meno di un secondo tutte le tue speranze si sono infrante proprio come farebbe un oggetto di cristallo se cadesse sul tatami.
Ti ci vuole meno del solito per realizzare che tutto ciò significa ‘niente cibo’.
Anche il tuo stomaco l’ha capito immediatamente e ritorna a farsi sentire: tuona, più furioso che mai, facendo mostra di tutta la sua rabbia. Senti come qualcosa che cerca di distruggere con violenza la tua parete muscolare e venire fuori.
Ti accasci sul muro del chiosco, sconvolto, e pian piano scivoli verso terra.
Potrebbe aprirsi un buco nero e risucchiarti, risparmiandoti la morte per fame, oppure…
Oppure niente.
L’unica cosa che puoi fare è attendere e sperare che Teuchi arrivi presto ad aprire la sua bottega e magari che ti offra anche qualche ciotola di ramen gratuita, visto ciò che hai dovuto affrontare.
Anche il suolo è freddo, cinico, ma non hai neppure la forza di alzarti. Di fronte a te c’è una panchina, ma di sicuro sarà ghiacciata anche quella. Tanto vale restare in questa posizione e cercare di generare un po’ di calore, almeno quello necessario per sopravvivere durante una tempesta polare.
Ma non può restare tutto così, vero? Troppo tranquillo per essere vero.
Adesso ci si mette anche la neve.
Leggeri fiocchi lattei cominciano a scendere dal cielo, volteggiando in una strana ed elegante danza fino a posarsi a terra.
Ma non solo a terra. Ti inondano anche i vestiti, le scarpe, i capelli.
Nel giro di qualche minuto la quantità di fiocchi nivei aumenta sproporzionatamente e ti ritrovi i capelli ghiacciati e il corpo bianco abbagliante. Sicuramente sembrerai una torta decorata con ciuffi di panna.
Cosa può esserci di peggio?
Sbuffi sconfitto.
Tempo orribile, corpo a pezzi, neve in quantità sproporzionata, un silenzio di tomba che avvolge ogni cosa nel raggio di cento chilometri.
Per fortuna, però, almeno nessuno ti ha visto.
Ehm, ti aveva visto.
“Naruto?”
Riconosceresti questa voce tra mille. Passano gli anni, le persone cambiano, ma lui e il suo modo di parlare strano non cambiano mai.
“Shino, ciao…” Cerchi di sembrare allegro e convincente, ma sai benissimo che sarà un impresa fallita in partenza.
“Cosa ci fai qui?”
Lui ti fissa con aria di superiorità tramite i suoi onnipresenti occhiali scuri.
“Sono di ritorno da un allenamento.”
“Con questo freddo?!”
E’ sicuramente pazzo. Zero gradi centigradi e va ad allenarsi. Hai sempre pensato che fosse pazzo, ma finalmente ne hai avuto la conferma.
Esulti mentalmente.
“Il freddo non è un problema, per me.”
Sottolinea con più enfasi del dovuto le ultime due parole. Ecco perché lo odi.
“Tu piuttosto” continua serio “cosa ci fai qui?”
Bene, benissimo. E adesso?
“Io… beh… ecco…” cominci cincischiando, ma il tuo stomaco –più velocemente- spiega tutto, emettendo un rumore indecoroso. Arrossisci.
Shino sogghigna e all’improvviso ti viene voglia di spaccargli la faccia.
“Capisco… ma Ichiraku è chiuso.”
“L’ho notato.”
Gli rispondi freddamente, stringendo i pugni, cercando di dominare quell’istinto primordiale che ti urla nella testa ‘Saltagli addosso e ammazzalo, non perdere questa occasione!’.
“Aspetterò che apra.”
Vendetta compiuta senza sporcarsi le mani.
“Allora aspetterai per un po’. Oggi nessun negozio aprirà. Ieri un ordinanza di Godaime sama vietava ai negozianti di lavorare, perché si sapeva che prima o poi sarebbe nevicato. Tra un po’ il villaggio sarà sommerso dalla neve.”
Sì, lo odi proprio. Non solo ti porta brutte notizie, ma non si scompone neanche quando tu spalanchi la bocca e cominci a sibilare maledizioni velocissimamente nella sua direzione.
Lo odi con tutto te stesso.
“Allora vado. E sarebbe conveniente che anche tu andassi; la neve cade sempre più fitta. Ci si vede in giro.”
Non hai neanche il tempo di ribattere, di dirgli pensare ai suoi affari che è già sparito.
Questo è uno dei tanti motivi per cui lo odi: è troppo misterioso e evanescente.
Ma ora devi pensare a cose più importanti.
Ti porti le mani al ventre, per controllare se il tuo stomaco dia ancora segni di vita, ma non senti nulla. Si è nuovamente chiuso in un sordo mutismo.
Bene.
Non hai più la forza di reagire.
Ti seppellisci ancora di più nella neve, che ormai ti arriva a metà polpaccio, e tiri fin sotto il naso il collo del tuo giubbotto. Almeno così starai al caldo.
Stanco, chiudi gli occhi.
Aspetterai fino a quando il sole avrà sciolto la neve e i gorgoglii indecenti del tuo stomaco avranno annullato il silenzio irreale che avvolge l’Ichiraku ramen.
Perché accadrà, vero? 


A Katia! Buon Natale! *_* Ecco il mio ragalino per te! *balla*
Ebbene, come non avevo assolutamente previsto, un aggiornamento natalizio. Ma si sa, quando comincio a scrivere senza un'idea non so neanche io dove andrò a finire. E da questa stramba "magia" è uscita questa storia con protagonista il mio Naruto! *_* L'ambientazione non è specificatamente natalizia, ma a me piace immaginarla così, perché c'è la neve.
E' una shot un po' strana, comincia bene e termina non si sa come (XD), ma dopotutto ne sono molto soddisfatta. Spero soddisfi anche voi!
Che ne dite di lasciare un parere? Come regalo di Natale! *occhi dolci*

Buon Natale e buone feste a voi tutti!

Un bacione,

Ayumi


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Capitolo 7
*** 31. Il drago [NaruHinaSasu] ***



ficcy

Prima classificata al contest “AU power! *.*” di Nejisfan

(Tema # 31)

 

 

Il drago

 


Finalmente meritato riposo!

Naruto si stiracchiò il più possibile nel sacco a pelo e distese le gambe: gli bruciavano come non mai, ma almeno era quasi arrivato. Dopo quattro ore di cammino su sentieri stretti e tortuosi, aveva finalmente raggiunto il rifugio Goraikoukan e poteva godersi un po’ di riposo senza far nulla. Aveva bevuto una cioccolata calda con un po’ di panna, mangiato l’ultimo panino che gli era rimasto ed era corso nella camera dove avrebbe dovuto dormire. Quando gliel’avevano mostrata, l’aveva trovata stipata di sacchi a pelo e affollata di gente di tutte le età proprio come gli avevano raccontato e aveva capito perfettamente che dormire sarebbe stato impossibile.

Pensare che aveva sperato di essere fresco e riposato prima di raggiungere la cima del monte Fuji… Che illuso.

Aveva sistemato il sacco a pelo facendosi strada con difficoltà fino centro della stanza, guardando fuori dalla finestra la scarpata rocciosa del monte e finalmente si era disteso. Il sole stava tramontando e lui si sentiva stanco, ma felice. Il rifugio Goraikoukan era l’ultimo luogo dove si potesse sostare prima di raggiungere la cima del monte Fuji, il primo obiettivo che si era prefisso sin da quando aveva cominciato ad appassionarsi al trekking, e finalmente lo avrebbe raggiunto. Si sentiva come un generale dell’esercito che avesse appena conquistato la fortezza ribelle. Ce l’aveva fatta.

Chiuse gli occhi.

 

Sentiva il bisogno impellente di andare in bagno.

Si strofinò gli occhi con le mani, assonnato, e fece per alzarsi cercando di non schiacciarsi le dita nella zip del sacco a pelo. Una volta in piedi, allungò le braccia davanti a sé come avrebbe fatto un sonnambulo e fece un piccolo passo. Dove posò il piede, il pavimento era libero. Esultante, si disse che poteva farcela ad uscire dalla stanza senza calpestare o inciampare in un sacco a pelo altrui. Avanzò nuovamente verso la direzione in cui ricordava ci fosse la porta, ma sbatté contro qualcosa di morbido. Cavolo.

“Ahia.” si lamentò una voce in un mormorio.

Allarmato, Naruto guardò verso il basso: c’era proprio una persona davanti a lui, e stava scivolando lentamente fuori dal proprio sacco a pelo. I suoi occhi, che ormai si stavano abituando un poco al buio, gli confermarono che l’aveva colpita, dato che si teneva il fianco.

“Mi dispiace!” esclamò, e la voce replicò bassissima e dolce: “Non fa niente.”, e Naruto capì che si trattava di una ragazza. Ciò riuscì a farlo sentire ancora più in colpa.

“Mi dispiace!” sussurrò imitando, senza sapere il perché, il suo modo di fare silenzioso.

Lei ripeté: “Non fa nulla, davvero!”, ma continuò a massaggiarsi il fianco.

“Voglio offrirle qualcosa per scusarmi.” le disse, e, ai suoi rifiuti, insistette ostinatamente. Finalmente, lei annuì con la testa - forse soltanto per farlo smettere di assillarla, chissà - e, recuperato il proprio zaino, Naruto si avventurò fuori dalla stanza in silenzio, accompagnato da quella sconosciuta dagli occhi chiari e i capelli scuri e lunghi che aveva notato di sfuggita mentre si era voltato per controllare che lei lo stesse davvero seguendo.

Giunto nella stanza dove aveva mangiato non appena era arrivato, la trovò piuttosto illuminata, faticando ad abituarvisi. Alcuni uomini erano indaffarati dietro il bancone contenente il cibo. Spostò lo sguardo oltre le finestre coperte per metà da tendine bianche e vide che era ancora la luna a rischiarare il monte Fuji.

Doveva essere all’incirca mezzanotte. Il suo obiettivo era sempre più vicino.

Carico, si sedette su una panca e, posato lo zaino sul tavolo, cominciò a frugarvi alla ricerca di qualcosa da mangiare.

“Ho una barretta di cioccolato… Una merendina… Dei biscotti… Oppure potrei offrirle la colazione! Cosa preferisce?” propose tutto d’un fiato. Alzò lo sguardo e la ragazza lo ricambiò, leggermente a disagio.

“Non c’è bisogno che si preoccupi, non fa niente…” gli ripeté, ma Naruto le sorrise: “Ci tengo a scusarmi! Si sieda!”

Ella prese posto di fronte a lui e mormorò: “Il cioccolato va benissimo.”, prendendo a mangiarlo in silenzio, quasi ad occhi bassi, quando lui glielo porse. Approfittando della luce per scrutarla, Naruto notò che aveva la carnagione chiara, quasi trasparente in confronto alla sua. Non sembrava affatto adatta al trekking, sembrava troppo delicata.

“Sei qui da sola?”

Non fu in grado di trattenersi dal cominciare a fare conversazione come al solito, ma lei non sembrò infastidita quando scosse la testa, piuttosto gli diede l’impressione di essere abbattuta.

“Sono qui con il mio fidanzato… Ma è come se fossi sola.”

Si morse il labbro per un secondo, come se si fosse pentita di quelle parole, e tornò a mangiare la barretta di cioccolato tristemente, a testa bassa. Naruto si scoprì stranamente desideroso di conoscere quella vicenda.

“Perché dici questo?”

“Beh… Tra di noi le cose non vanno molto bene ultimamente.” replicò lei con voce piatta. “Credo… Credo che abbia un’altra.”

La sua voce si spense, affranta, e Naruto provò immediatamente pietà e simpatia nei confronti di quella ragazza sconosciuta. Quanto poteva essere fuori di testa una persona per tradire una ragazza dolce e composta come lei?

“Mi chiamo Naruto!” esclamò improvvisamente, porgendole la mano. Lei alzò gli occhi già lucidi e mormorò: “Io sono Hinata.” facendo un piccolo inchino con il capo. Voleva forse nascondergli le lacrime che voleva piangere?

“Scusami se mi intrometto, Hinata… Sei sicura che il tuo fidanzato sia normale? Intendo,” tentò di giustificarsi per non darle l’impressione di essere maleducato “sembri una ragazza tanto dolce… Perché il tuo fidanzato dovrebbe voler avere un’altra?”

Hinata gli lanciò un’occhiata fugace in silenzio, le mani giunte e le guance rosse, e sorrise dispiaciuta.

“Non so… Non so se essere felice o disperarmi per quello che mi hai detto…” confessò e spostò immediatamente lo sguardo verso la finestra, perdendosi nell’immagine della luna che dominava il cielo. La sua espressione era così triste, raccolta, che persino a Naruto, che non si fermava mai a riflettere, sembrò di riuscire a condividere il suo dolore. Era una sensazione stranissima. Per un momento, sentì un drago ruggirgli in petto, tentatore e malefico, e seppe immediatamente cosa fare.

“Se vuoi… Domani possiamo raggiungere la cima insieme.” azzardò, cercando di non dare a vedere che stava fremendo. La ragazza spostò nuovamente lo sguardo su di lui, stupita, e inclinò la testa da un lato, rendendolo certo per un attimo del fatto che avrebbe accettato la sua proposta, ma una voce baldanzosa impedì loro di guardarsi ancora negli occhi.

“Hinata!”

“Sasuke!” squittì la ragazza, allarmata. Il nuovo arrivato li raggiunse velocemente, rivolgendole uno sguardo severo senza neppure notare Naruto.

“Non ti ho più vista e mi sono preoccupato.”

“S-scusami.”

“Torniamo a dormire.” ordinò sbuffando, e la afferrò per un braccio costringendola a seguirlo verso il dormitorio. Hinata fece appena in tempo a voltarsi verso Naruto e a lanciargli un’occhiata di scuse, ma non disse nulla.

Così era lui il fidanzato fedifrago.

Non appena i due furono scomparsi dalla sua vista, Naruto si accorse di non avere più sonno. Non voleva più mettere piede in quella stanza e fare il terzo incomodo. Si sentiva infastidito se pensava che, probabilmente, i due avrebbero fatto l’amore per fare pace, così lui l’avrebbe ingannata ancora.

Incrociò le mani e vi posò sopra il mento, chiudendo gli occhi. Nella sua testa mille pensieri si rimescolavano come trasportati da uno tsunami. Poco a poco, con il passare delle ore, il suo fastidio si trasformò in determinazione di aiutare Hinata a liberarsi di quel fidanzato che la faceva soffrire in quel modo. Non si era affatto chiesto il perché, era accaduto in modo naturale: quel Sasuke gli era risultato antipatico sin dalla prima occhiata e si vedeva lontano un miglio che voleva soltanto approfittare della ragazza. Un bastardo patentato.

Indugiò ancora per qualche ora nella sala che si riempì e si svuotò più volte, ritmicamente, degli ospiti che mangiavano qualcosa prima di rimettersi in marcia. Poi, verso le cinque, Sasuke e Hinata ricomparvero mano nella mano, i volti segnati dalla stanchezza, e Naruto sentì nuovamente quel moto di fastidio che l’aveva accompagnato tutta la notte. Li guardò meglio e si rese conto che erano già attrezzati di tutto punto per cominciare la scalata della vetta, due zaini dall’aria pesantissima sulle spalle.

Corse verso di loro mentre stavano uscendo dal rifugio, fermandoli giusto in tempo sullo spiazzo antistante l’ingresso.

“Buongiorno!” esclamò parandosi davanti a loro. Hinata lo salutò con un sorriso timido. Sasuke sembrava ancora più accigliato della prima volta che l’aveva visto: lanciò un’occhiata impaziente a Hinata, che balbettò: “T-Ti presento Naruto, l’ho conosciuto ieri sera… Naruto, lui è Sasuke…”

Naruto allungò la mano verso il ragazzo con un sorriso tanto largo quanto falso, ma l’altro si limitò a bofonchiare: “Piacere.” senza neppure sforzarsi di dare l’impressione di pensarlo davvero. Immediatamente, fece per andarsene, invitando Hinata a seguirlo. La ragazza lo guardò, ansiosa, senza obbedirgli.

“Perché non facciamo la strada insieme?” esclamò allora Naruto, sogghignando alla vista dell’espressione turbata di Sasuke. “Come ti ho detto ieri, Hinata, volevo arrivare in cima con te.”

La ragazza abbassò lo sguardo imbarazzata, senza sapere cosa dire, e Naruto aggiunse in tono casuale, con un cenno del capo a Sasuke: “Non fa niente se c’è anche lui, eh.”

La guerra era ormai aperta. Dentro di lui, quel drago ruggiva e rideva prepotentemente, sentendosi fortissimo.

“Bene.” replicò Sasuke serrando le labbra, l’unico segno di fastidio per quella situazione che si concesse. Afferrò la mano di Hinata e imboccò il sentiero che portava alla cima.

 

Quando il percorso era diventato talmente stretto da risultare claustrofobico, non potendo camminare affiancati come avevano fatto fino a quel momento, avevano formato una fila guidata da Sasuke, che non li degnava neppure di uno sguardo. Dovevano attraversare quello che, secondo Naruto, era il tratto più difficile, camminando sapendo che la montagna finiva a due centimetri dal pezzetto di terra su cui stavano posando i piedi.  Il resto della scarpata non si vedeva, ma il ragazzo non si lasciò scoraggiare: continuò a raccontare storielle divertenti come aveva fatto dall’inizio del loro cammino facendo sorridere Hinata al più non posso. Quelle volte che era riuscito a scorgere per caso lo sguardo di Sasuke l’aveva visto sempre irritato a morte, ma fino a quel momento non aveva mai parlato.

Se non gli importava affatto che lui stesse flirtando spudoratamente con la sua fidanzata, aveva certamente la coscienza sporca. Tuttavia, non aveva mai lasciato la mano della ragazza, e quello stava cominciando ad irritarlo sul serio.

“C’è un segnale!” disse all’improvviso Hinata. “Manca ancora un’ora di cammino!”

Naruto le sorrise per ringraziarla. Avevano appena incontrato un bivio da cui il sentiero si divideva in due, una parte panoramica e un altro ripido e scosceso, ma più breve, e il ragazzo si sentiva sempre più determinato a dare una lezione a quel Sasuke. Egli sembrava sempre più spazientito, quindi forse quella notte le cose non erano andate come aveva pensato Naruto.

“Ma poi, come si fa a fare l’amore in un sacco a pelo?” si chiese, scoprendo che non gli interessava affatto, anzi, forse sì, a patto che la sua compagna fosse stata la ragazza che in quel momento stava bevendo da una bottiglietta di fronte a lui, approfittando del fatto che finalmente il suo fidanzato le avesse lasciato la mano.

Anche con il cappellino calcato sulla testa e il viso imperlato di sudore, Hinata riusciva a comunicargli comunque un senso di pace e di dolcezza a lui sconosciuti.

Il drago ruggì così forte da fargli tremare lo stomaco.

Hinata gli piaceva; non voleva mai più vedere la sua mano stretta in quella di Sasuke.

“Hinata, che ne dici se prendiamo il sentiero panoramico?” propose indicando con un dito la direzione opposta a quella da cui erano arrivati. “Non si viene sul monte Fuji tutti i giorni!”

La ragazza mormorò: “Mi piacerebbe.” annuendo con la testa, ma il suo sguardo cadde ancora una volta su Sasuke che indugiava all’imbocco del sentiero più breve.

“Se prendiamo il sentiero panoramico, dobbiamo camminare per altre due ore.” disse, spazientito “Prendiamo quello più corto e vediamo di raggiungere questa maledetta vetta una volta per tutte.”

Naruto sentì improvvisamente il sangue montargli alla testa. Aprì la bocca per insultarlo, ma si fermò non appena si rese conto che Hinata si era morsa un labbro guardando il suo fidanzato in modo strano.

“Non si scala il monte Fuji tutti i giorni.” sussurrò, ripetendo con voce piatta quello che aveva detto Naruto.

“In questo modo non arriveremo mai!” esclamò Sasuke, esasperato.

“Ti sei annoiato, non è vero?”

Finalmente, Hinata lo guardò dritto negli occhi. Si sfilò lo zaino dalle spalle e prese a frugarvi all’interno. “Non voglio più essere accompagnata da te...” Mentre qualche lacrima le sfuggiva dagli occhi, afferrò una busta di plastica e la allungò nella direzione del ragazzo. “So che non volevi neppure venire. Io speravo che il monte Fuji potesse aiutarci… Prendi il tuo pranzo, per favore…”

Sasuke la guardò, sconvolto, e spostò lo sguardo da lei a Naruto senza riuscire a capire cosa stesse succedendo.

“Cosa dici?” le chiese, incredulo “Prendi lo zaino e andiamo.”

La ragazza scosse la testa e replicò: “Non posso. So… So di non essere abbastanza per te, che hai un’altra. Torna pure a valle, io continuerò la salita…”

Furibondo, Sasuke fulminò Naruto con lo sguardo.

“Con lui, forse?”

All’improvviso, Naruto sentì che era finito il tempo di stare a guardare. Si scagliò contro il ragazzo, pieno di rabbia, ma Hinata gli tagliò la strada parandoglisi davanti. Lo guardò devastata, desiderosa di quiete e Naruto lasciò ricadere le braccia lungo il corpo, il respiro pesante. Non voleva causarle altri dispiaceri. Come se in quel luogo ci fossero stati soltanto loro due, le afferrò una mano senza dire una parola, la trascinò vicino allo zaino che era rimasto per terra, lo raccolse e prese a correre verso la cima del monte, più lontano possibile da Sasuke. Si accorse che Hinata aveva cominciato a piangere soltanto quando, dopo qualche metro di corsa, si fermò con il fiatone. Non riuscì a fare a meno di abbracciarla, mentre il drago nel suo stomaco si distendeva, guaendo soddisfatto, ma la ragazza spinse lievemente contro il suo petto per allontanarsi e lo guardò tristemente negli occhi.

“Ti prego, non consolarmi.” mormorò allontanandosi definitivamente da lui, spiazzandolo. “Non ne valgo la pena.”

Naruto boccheggiò, senza sapere cosa dire. “Tu mi piaci.” disse alla fine con sincerità. Per la prima volta, la sua parlantina non voleva saperne di andargli in aiuto e quello era l’unico modo in cui poteva farle capire che non stava scherzando. Hinata gli sorrise tra le lacrime dolcemente, bellissima nonostante tutto quello che le era accaduto quella mattinata.

“Grazie per tutto quello che hai fatto per me. Mi ha reso molto felice. Però… Non posso ricambiare i tuoi sentimenti.” Arrossì lievemente, un sorriso amaro sul volto. “Non sono pronta per stare con qualcuno. Non sono abbastanza.”

Ritrovata improvvisamente la voglia di parlare, il ragazzo si morse un labbro per restare in silenzio. Le parole di Hinata lo avevano impressionato talmente tanto da non voler dire più nulla: lei era talmente stupefacente, talmente incredibile nella sua umiltà da essere troppo per lui. Sapeva che, qualunque cosa le avesse detto, qualunque cosa avesse fatto, non sarebbe stato abbastanza per convincerla. Fu con quella consapevolezza che il drago che aveva nello stomaco, appena rialzatosi per continuare la sua lotta, si accucciò di nuovo, deluso. Aveva perso.

“Però…” La ragazza attirò la sua attenzione con un mormorio indistinto “Dovremmo continuare la salita. Non si scala il monte Fuji tutti i giorni.”

A quelle parole, Naruto annuì con la testa: in fondo era quello l’obiettivo per cui si era spinto in una regione tanto lontana dalla sua. Non contava il fatto che in quel giorno avesse visto svanire in una nuvola troppo vicina al cielo tutte le sue speranze. Quando aveva esternato per la prima volta la volontà di scalare il monte Fuji, uno shintoista gli aveva detto che, posati i piedi sul suo corpo roccioso, si sarebbe sentito completo, ma non era stato così.

Con Hinata era scomparso anche quel drago che si era impadronito del suo stomaco, lasciandogli un’immensa sensazione di vuoto.






Note: riesumo questa raccolta per postare questa storia che si è classificata prima al concorso “AU power” indetto da Nejisfan. *___*

Non nego che, in un impeto di “devo cancellare tuttoooo!” avevo pensato di far sparire anche questa raccolta (XD), dato che era tantissimo tempo che non la prendevo più in mano, poi, però, ho riletto le shot che la compongono e mi sono piaciute, nonostante siano molto vecchie, quindi ho deciso di continuare questa impresa pazza in cui mi ero imbarcata ormai più di quattro anni fa. Come passa veloce il tempo, eh? ;) Spero di essere più costante, per il futuro! Nel frattempo, il tema di oggi è il numero 31, quello dell'ultimo dell'anno, "here lies a veritable dragon". ^^

Sono felicissima per la posizione in classifica di questa storia e per il giudizio della giudicia! *__* Ne approfitto ancora una volta per ringraziarla delle correzioni che mi hanno permesso di pubblicare questa fic senza errori. Era tantissimo tempo che non scrivevo una AU in questo fandom e sono stata contentissima di replicare con l’ambientazione che mi è uscita. Dire che io adoro la montagna è un eufemismo, perché per me la montagna É il luogo per eccellenza, ma non avrei mai pensato di scriverci su. Finalmente posso dire di aver fatto anche questo! ^^

Questa fic era nata come una ambientata sulle Alpi italiane, ma non mi piaceva il fatto che i nomi dei personaggi non c’entrassero nulla con l’ambientazione, quindi ho modificato la trama parlando del monte Fuji. Su Google ho trovato un articolo molto utile che mi ha guidato e ha stimolato la mia fantasia (http://www.travelblog.it/post/11000/giappone-la-scalata-del-monte-fuji), poi mi sono servita anche di Wikipedia per le informazioni sullo shintoismo e il suo culto della natura, ma soprattutto sul drago, dai giapponesi considerato un simbolo maligno.

Sono stata in dubbio anche su chi mettere nei panni dell’antagonista: all’inizio avevo pensato a Kiba, poi, dato che mi dispiaceva fargli fare la figura del bastardo, ho ripiegato su Sasuke, che a mio parere si adatta al ruolo molto bene. XD

Questa fic doveva essere più fluff di così, perché all’inizio avevo pensato ad una commedia, ma come al solito se non faccio soffrire qualcuno non sono contenta. XD Ho cercato di affrontare la crescita interna di Naruto, come persona e come alpinista, narrando la vicenda dal suo punto di vista e usando un linguaggio piuttosto colloquiale. Poi, sono sincera, mi diverte da matti farlo soffrire da cani perché Hinata non lo considera/è già impegnata ecc. ecc. XD

Che altro dire? Spero davvero che questa fic vi sia piaciuta quanto è piaciuto a me scriverla. Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate. ^^

In ultimo, ma non meno importante, complimenti alle mie compagne di contest! Dai giudizi della giudicia, le vostre fic sembrano molto interessanti, non vedo l’ora di leggerle! *___*

Alla prossima!

Ayumi

 

 

Il drago, di Ayumi Yoshida:
Grammatica: 8,5/10
IC: 9/10
Originalità: 8/10
Gradimento personale: 5/5
Ambientazione: 5/5
Totale: 35,5/40

Yeah:
La Grammatica è buona, ho trovato tre errorini di numero: dopo "appassionarsi al trekking" manca una virgola, "un generale dell'esercito che aveva" non avesse, e, infine, manca un'altra virgola dopo "affiancati come avevano fatto fino a quel momento", fine.
L'IC è davvero favoloso, ti sei impegnata su questo punto e si vede.
Hinata è proprio lei, e anche Naruto; Sasuke, più marginale, è stronzo quanto è di solito. Ottimo lavoro.
E' originale la trama che hai scelto, il trekking e il monte Fuji (ti fa onore, tra l'altro, esserti documentata).
Ovviamente l'ambientazione è perfetta.
A me è piaciuta da morire, questa fic, l'ho trovata fresca (perdona il tristissimo gioco di parole con la montagna) e piacevole: mi ha stupita il finale, e lo stupore è sempre un buon segno, e mi è piaciuta un sacco la trovata del drago.
Brava, davvero.


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Capitolo 8
*** 8. Mare di zucchero [Obito/Rin] ***



Note: lascio qualche significato di alcune parole giapponesi che compaiono nel testo qui, il resto dopo la fic! ^_-

 

 

*Tanabata:  festa che cade il 7 luglio quando le stelle Vega e Altair si incrociano nel cielo. É legata a una leggenda secondo cui i due innamorati Hikoboshi e Orihime (rappresentanti la stella Altair e la stella Vega) vengono separati dalla Via Lattea, potendosi incontrare solo il settimo giorno del settimo mese lunare del calendario lunisolare, il giorno del Tanabata, appunto.

*Yukata: è il kimono femminile estivo.

*Tanzaku: sono i bigliettini da attaccare su ramoscelli di bambù che ospitano i desideri delle persone che li scrivono, che sono poi bruciati alla fine del Tanabata.

 

 

 

Mare di zucchero

Seconda classificata al contest “Dolci insoliti” di La procrastinatrice

 

Minato-sensei gli aveva detto che il Tanabata quell’anno sarebbe stato splendido, e non sapeva quanto avesse regione. Camminare così vicino a Rin, rischiando quasi di sfiorarla, era fantastico. Stava quasi dimenticando perché quell’anno i festeggiamenti fossero così esagerati e diversi dal solito, e forse dipendeva anche dal fatto che Kakashi non si era più visto da quando era stato promosso a jonin.

Con uno sbuffo, Obito si disse che era meglio così, attirando senza volerlo l’attenzione di Rin che si fermò per un momento e gli chiese: “Tutto bene?”

Lui annuì con un sorriso e ripresero a camminare. Non doveva sprecare quell’occasione per nessun motivo al mondo, doveva approfittare al meglio di quella inaspettata, ma utilissima assenza di Kakashi: avrebbe potuto passare tutta la giornata con Rin, parlarle, vederla sorridere come soltanto lei sapeva fare.

Le strade del villaggio si erano riempite di gente come non se ne vedeva da tempo: era splendido vedere tutti camminare senza fretta, rincontrarsi, salutarsi, parlare in quel giorno di festeggiamenti per i nuovi jonin. Obito avrebbe potuto essere più felice soltanto se fosse stato di grado superiore a Kakashi, ma purtroppo era una cosa impossibile.

“Non devi pensare a queste cose, cavolo! Sei con Rin!” si ordinò automaticamente, e si voltò a sinistra per controllare che lei fosse ancora accanto a lui. La sua spalla destra era quasi schiacciata contro la sua, mentre si faceva strada tra un gruppo di uomini che si erano fermati a parlare nel mezzo della strada. Rivoli di sudore cominciavano a colarle sulle guance come se stesse piangendo. Faceva proprio caldo, quel giorno, e lei doveva sentirne molto di più, avvolta tra le stoffe e i nastri del suo yukata* a fiori.

Era davvero bellissima. Rin si voltò di scatto, il volto pensoso, e lo sfiorò per caso con la mano.

“Minato-sensei non aveva detto che dovevamo incontrarci qui?”

Obito annuì con la testa, gli occhi spalancati e l’espressione poco convinta, incapace di mascherare il dolore che le sue viscere gli stavano causando torcendosi violentemente da quando lei lo aveva sfiorato. All’improvviso si era sentito catapultato via dal quel luogo affollato, non più sudaticcio, ma con una rumorosa tachicardia e una grande voglia di afferrarle la mano. E di sfiorarle la guancia che diventava perfettamente tonda quando gli sorrideva.

Allarmato, si pizzicò il fianco per tornare nel mondo reale, coscienzioso e padrone di sé, ma Rin che si sventolava con una mano, tutta sudata, non lo aiutò affatto.

“Ho bisogno di un bicchiere d’acqua.” si disse, vergognandosi profondamente nel riscoprirsi a fissare la ragazza con occhi famelici, speranzoso che lei si allentasse lo yukata all'altezza del petto.

“Sono preoccupata. Sarà successo qualcosa?”

“Assolutamente no!” esclamò Obito di rimando, convinto che, per chissà quale motivo, in realtà lei stesse parlando di lui. “E’ che… Vado a bere qualcosa!” aggiunse improvvisamente, afferrando al volo l’occasione di eclissarsi dietro le tendine di Ichiraku, il chiosco di ramen preferito del loro maestro, che si trovava di fronte al punto in cui si erano dati appuntamento con lui. “Torno subito!”

“Sono un mostro!” sussurrò non appena fu al sicuro, senza riuscire però a nascondersi da Teuchi, il proprietario, che esclamò: “Obito! Che piacere! Sei qui da solo? Cosa posso servirti?”

Tutto imparpagliato, il ragazzo balbettò: “No… Ecco, io… In realtà, volevo soltanto dell’acqua…”

“Fa molto caldo, oggi, non è vero?” gli chiese l’uomo per fare conversazione mentre riempiva un bicchiere di acqua gelida sul bancone davanti a lui. “Ecco a te! Offre la casa!”

“Grazie mille.”

Obito vuotò il bicchiere tutto d’un fiato. Non riusciva ancora a darsi una spiegazione per quello che aveva osato pensare pochi minuti prima, quando era stato talmente vicino a Rin da sentirsi male. Forse era stato il caldo, oppure era davvero lui ad essere maligno e spaventoso come quel drago mostruoso che aveva visto una volta su un arazzo al palazzo dell’Hokage.

“Devo scusarmi con Rin.” si disse, anche se lei non avesse mai capito che cosa era successo. “Le comprerò qualcosa da mangiare, e le offrirò i miei tanzaku*… Zucchero filato!”

Riusciva a sentirne l’odore perfettamente, anche se aveva superato quel chiosco molti metri prima di Ichiraku. Lanciò un’occhiata al lato opposto della strada per controllare che Rin fosse ancora dove l'aveva lasciata, ringraziò ancora una volta Teuchi e corse al chiosco dello zucchero filato, miracolosamente poco affollato. Si fece strada tra i bambini appiccicosi e urlanti e riuscì ad uscirne in poco tempo con due stecche di legno stracolme di zucchero filato bianco. Corse verso Rin con un sorriso larghissimo sul volto.

“Minato-sensei non è ancora arrivato.” lo informò lei, guardando con curiosità i due zuccheri filati che aveva nelle mani “E quelli per chi sono?”

Per te e per me.”

Obito non riuscì a non arrossire quando gliene porse uno, sentendosi di nuovo sottosopra al suo sorriso di ringraziamento. Fortunatamente il maestro non era con loro, altrimenti sarebbe certamente esploso per l'imbarazzo.

“Devo affogare il mostro nello zucchero.” pensò, spaventato, e staccò un grande morso dalla stecca di legno. Rin stava prendendo lo zucchero con una mano, mangiandolo poco per volta con le dita, e il ragazzo non riuscì a non osservarla, ipnotizzandosi al movimento delle sue labbra piene di sottili filamenti bianchi. Per un momento sentì che il suo cuore era su quella stecca, leggero come lo zucchero che stavano mangiando, poi, all’improvviso, lo vide sciogliersi, lasciandolo stranito e impaurito. Il suo cervello voleva assolutamente che il suo corpo allungasse una mano verso quella libera di Rin per stringerla, ma Obito sapeva perfettamente che obbedire avrebbe significato distruggere quello splendido Tanabata che voleva ricordare per tutta la vita. Sapeva perfettamente che lei amava Kakashi.

Improvvisamente abbattuto e perso tra i suoi pensieri, non si accorse neppure che Rin lo stava guardando con la stessa espressione preoccupata che riservava sempre a Kakashi quando le sembrava che avesse qualche problema.

“Obito, scusami se te lo chiedo ancora, ma c’è qualcosa che non va? Mi sembri… Triste.”

Alle quelle parole, il ragazzo si riscosse dal suo zucchero filato e la guardò, stupito e disorientato. Stava per caso cercando di salvarlo da quel vaporoso mare di zucchero in cui voleva affogarsi? Scoppiando di felicità, le sorrise con tutta la forza che aveva ed esclamò: “Che ne dici se scriviamo i tanzaku? Tanto Minato-sensei non arriva più!” e le depose nella mano le decine di biglietti colorati che aveva nelle tasche. Rin annuì con entusiasmo: non vedeva l’ora di leggere cosa vi avrebbe scritto. Lui sapeva già cosa richiedere per quell’anno: voleva che lo zucchero che adorava tanto sotto ogni forma conosciuta smettesse di deprimerlo e di farlo sentire un fallito. Era un Uchiha, ed era appena stato promosso chunin, non poteva permetterselo. Rin gli piaceva ogni giorno di più, e voleva mettercela tutta perché lei provasse lo stesso. Senza l’intercessione dei tanzaku.

 

 

Note:

Sono stata contentissima di partecipare a questo contest, perché mi ha permesso di scrivere la mia prima Obito/Rin, una coppia che mi piace molto, ma di cui non avevo avuto mai l'occasione di scrivere. Ho scoperto che scrivere di Obito mi sconvolge così tanto da impedirmi di dare un sad ending ad una fic, cosa che faccio sempre. XD Mi dispiaceva farlo soffrire di depressione anche nella mia fic, ed in occasione di una festa poi, quindi ho optato per un finale aperto che rispecchi tutta la sua determinazione. ^^

Ho dipinto i protagonisti quasi adolescenti (se i conti fatti sono giusti, dovrebbero avere all’incirca 13 - 14 anni) ed ho cercato proprio di dipingere gli ormoni in subbuglio di Obito (XD) con le sue annesse reazioni. In realtà, da quanto risulta dal flashback del capitolo 599, la promozione di Kakashi a jonin dovrebbe essere avvenuta in autunno, dato che si vedono foglie che volano dappertutto, ma io ho ambientato la vicenda il giorno del Tanabata per sfruttare il caldo per la trama. Perdonatemi la licenza. ;)

Ho inoltre immaginato che Obito amasse tanto i dolci, dato che al primo esame dei chunin che disputa non sputa neppure la caramella prima di cominciare (una scena che, lo confesso, mi ha fatto morire dal ridere XD).

Spero davvero che i personaggi siano IC, dato che adoro Obito e non vorrei rovinarlo per nulla al mondo, e che questa storia possa piacere almeno un po’ quanto ha soddisfatto me nello scriverla. Fatmi sapere, se vi va. ^^

Il tema usato, questa volta, è il numero 8, why should our children know about monsters + il prompt del contest, “zucchero filato”. ^^

Ne approfitto per fare i complimenti alle partecipanti e alla vincitrice, Minority, e per ringraziare la giudicia per la sua celerità e precisione nei giudizi. ^^

 

Alla prossima!

 

 

 

Mare di zucchero di Ayumi Yoshida

GRAMMATICA: 8,5/10
Brava, non ho notato errori particolari.
Ho una sola osservazione da fare:
In alcune frasi ti sei dimenticata di iniziare il discorso con la lettera maiuscola dopo il punto.
ES: “Ho bisogno di un bicchiere d’acqua.” si disse. (corretto: Si disse)
“Assolutamente no!” esclamò Obito. (corretto: Esclamò)
“È che…vado a bere qualcosa!” aggiunse. (corretto: Aggiunse)
A parte questo, come ho già detto, non ho notato nient’altro che non vada.

IC PERSONAGGI: 8,5/10
L’IC lo hai rispettato, senza ombra di dubbio.
Abbiamo un Obito insicuro, pasticcione, cotto di Rin e molto dolce.
Su di Rin invece non posso dire molto, dato che la storia è concentrata prevalentemente su Obito, mentre lei si presenta come una figura di contorno (come nell’opera originale, d’altra parte…)
Mi ha comunque dato l’idea di una ragazza calma e gentile, esattamente come nel manga.

ORIGINALITÀ: 4/5
La storia mi ha colpita, l’ho trovata fuori dall’ordinario.
Non tanto per l’ambientazione, quanto per il fatto che hai trattato una tematica particolare: quella della fine della fanciullezza e dell’inizio dell’adolescenza, con tutto il carico di nuovi sentimenti, nuove sensazioni e la confusione che ne consegue.

GRADIMENTO PERSONALE: 4/5
Mi è piaciuta molto questa one-shot.
Innanzitutto, ho apprezzato l’ambientazione e il fatto che ti sei informata sulla festa di Tanabata e sulle tradizioni legate a questa ricorrenza, prima di scrivere la storia.
Ma soprattutto mi è piaciuto come hai curato l’introspezione di Obito, i suoi sentimenti contrastanti e la sua confusione. Mi ha davvero fatto molta tenerezza.

GESTIONE COPPIA: 4/5
Anche per quanto riguarda quest’aspetto, sono davvero soddisfatta.
Ho trovato Obito e Rin molto dolci, ben caratterizzati e i sentimenti di Obito verso la compagna resi molto bene. Diciamo che, più che di “coppia”, qui parliamo principalmente dell’amore unilaterale di Obito. Ma credo proprio che se tu avessi inserito qualche input rilevante anche da parte di Rin, la storia avrebbe forse perso parte del suo fascino. Quindi meglio così!

RISPETTO COMPITO ASSEGNATO: 5/5
Il compito è stato rispettato alla perfezione.
Qui l’elemento del dolce assume davvero un ruolo rilevante, dato che viene utilizzato quasi come un simbolo per descrivere i sentimenti di Obito verso Rin.

PUNTEGGIO TOTALE: 34/40

 

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Capitolo 9
*** 10. Espiazione [Jiraiya e Konan] ***



Il mondo era orribile.

Jiraiya l’aveva capito immediatamente quando era stato rifiutato senza pietà da Tsunade per la prima volta, perché lei aveva creduto che stesse scherzando. Forse era perché non riusciva mai a togliersi quel sorrisetto fastidioso dalla faccia.

Il mondo era orribile: se ne era convinto quando, poco più che ventenne, aveva dovuto combattere una guerra che non gli apparteneva. Poi aveva incontrato quegli orfani, li aveva guardati negli occhi ed era stato finalmente certo che il mondo fosse ingiusto. Quale orrendo peccato avevano dovuto compiere quei genitori per permettere al destino di accanirsi in quel modo sui loro figli?

Ottenebrato dalla pena, aveva deciso di restare con loro. Sarebbe stato lontano da Tsunade, ma almeno avrebbe cercato di espiare le sue colpe per aver reso quel mondo un po’ peggiore, non riuscendo a consolarla quando il suo amato Dan era morto.

 

 

Espiazione

 

 

 

Forse non stava riuscendo ad espiare per bene le colpe di quei padri.

Cercò il proprio riflesso nel bicchiere di tè che era posato sul tavolo davanti a lui, ma era vuoto. Sospirò. Stava cercando di insegnare ai tre ragazzini le tecniche ninja, ma non vedeva risultati: Yahiko era troppo impaziente e non accettava mai di sbagliare, Nagato non parlava mai e se ne stava sempre chiuso in se stesso e Konan... Lei era troppo dolce e gentile per poter persino sembrare uno shinobi.

Non c'erano stati miglioramenti. Forse era anche un po' colpa sua, che non riusciva ad essere un buon maestro. O che non era una maestro e basta, gli suggerì, maligna, la sua coscienza.

"Sensei, vuoi un altro po' di tè?"

Konan, il vassoio con il bollitore tra le mani, lo guardò con un sorriso. Era cresciuta molto dalla prima volta in cui l'aveva vista; adesso che sapeva procurarsi il cibo da sola era più in carne e più fiduciosa nel futuro. I suoi occhi erano pieni di vita. Era qualcosa di splendido da osservare.  Con un sorriso stanco, Jiraiya annuì e la ragazza riempì nuovamente il suo bicchiere senza smettere di guardarlo.

"Cosa c'è?"

"A cosa stai pensando, sensei?"

Konan abbassò il vassoio all’altezza del ventre, le mani vicinissime tra di loro.

"Pensavo a quanto sei cresciuta. Sei così bella, ed è un peccato che tu debba vivere in una casa come questa con noi."

La ragazzina abbassò lo sguardo, imbarazzata, e mormorò con un sorriso sincero: "Ma io voglio vivere con voi!"

Pensi sempre e solo alle donne, si disse Jiraiya maledicendosi mentalmente, e il suo pensiero andò per l'ennesima volta a Tsunade. Chissà cosa stava facendo in quel momento. Non poteva ancora vederla, meglio non pensarci.

"Dove sono Yahiko e Nagato?" le chiese, allora, per cambiare argomento.

"Sono andati ad allenarsi." Konan abbassò nuovamente lo sguardo, sembrandogli improvvisamente triste. "Sensei?"

"Cosa c'è?"

"Yahiko... Yahiko non vuole più che io vada con lui e con Nagato. Dice che sono una ragazza, e che le ragazze devono essere protette." gli confessò in un lamento, come se stesse per piangere.

"Konan?" Jiraiya le tolse il vassoio dalle mani, costringendola ad alzare lo sguardo. "Ricordi la mia compagna di squadra, quella ragazza che era accanto a me quando ci siamo conosciuti?"

La ragazzina annuì compostamente.

"Lei è uno dei più dotati ninja medico di Konoha, ed è una donna."

Constatò con un sospiro che era finito di nuovo a parlare di Tsunade, ma almeno vide la sue allieva sorridere rassicurata. Se anche una parola proibita serviva a ridarle il sorriso, era una parola ben spesa.

"Grazie mille, sensei."

Jiraiya la guardò di nuovo e vide che la sua allieva aveva gli occhi pieni di lacrime, ma sorrideva. Forse non era poi un maestro così incapace.

 

"Sensei?"

Konan lo guardò senza riuscire a dissimulare la preoccupazione che la animava. Jiraiya le rivolse un sorriso: con il passare del tempo il suo viso si era scavato sulle guance, dandole un'aria più compunta, e il suo seno era cresciuto. Era diventata ancora più bella ed era ormai terribilmente brava a padroneggiare le tecniche ninja, come Yahiko e Nagato.

"Stai pensando di andare via, non è vero?"

Il sorriso di Jiraiya si schiacciò in labbra contratte e l'uomo sospirò. Non poteva negarlo: da qualche giorno a quella parte non faceva che pensare al proprio villaggio, a quello che vi aveva lasciato, a Tsunade, e i suoi allievi non lo aiutavano. Ormai erano perfettamente in grado di cavarsela da soli, non avevano più bisogno di lui. Non avrebbero più patito alcun dolore. Aveva insegnato bene, era riuscito a cancellare un pezzetto di dolore che qualcun altro aveva causato al mondo, ad espiare colpe di ninja sconosciuti e crudeli. Sorrise amaramente.

"Konan, farai qualunque cosa ti dirò?"

La ragazza annuì immediatamente, senza battere ciglio: era troppo ingenua per poter anche soltanto pensare che lui avrebbe potuto chiederle cose che neppure poteva immaginare. Rise apertamente, con l'angoscia nel cuore, e afferrò il vassoio che la sua allieva aveva in mano, spingendola a sedersi di fronte a lui. Guardandola, si accorse di ricordare perfettamente il momento in cui l'aveva incontrata per la prima volta: aveva visto la morte nei suoi occhi, la disperazione su un viso di bambina che avrebbe dovuto conoscere ben altri sentimenti. Era un sollievo grandissimo poter vedere un’espressione talmente trasformata.

"Ormai non avete più bisogno di me, siete in grado di vivere da soli. Io devo continuare a viaggiare."

"Perché?"

Konan lo guardò con la fronte corrugata, senza riuscire a capire. Anche se erano cresciuti, probabilmente sarebbero restati sempre bambini nel cuore, incapaci di abbandonare quei momenti in cui si erano sentiti felici e amati, non come lui, che riusciva sempre a vedere il male dappertutto e cercava continuamente la pace.

"Per cambiare le cose."

Per non far scoppiare più guerre, per tornare a casa come un uomo migliore.

La sua allieva aveva smesso di guardarlo già da un po' di tempo, persa nei suoi pensieri, l'espressione vuota. Anche Jiraiya distolse immediatamente lo sguardo: non voleva sapere a cosa stesse pensando, non voleva conoscere la sua tristezza, voleva andarsene convinto di aver fatto del bene. Si alzò in piedi e si stirò alzando le braccia al soffitto.

"Stasera ceniamo tutti insieme." propose, e la ragazza annuì meccanicamente con la testa, in silenzio. "Puoi andare a chiamare i ragazzi?"

Konan si alzò e si diresse verso la porta, ma essa si spalancò e Yahiko e Nagato entrarono nella stanza ricoperti di fango da capo a piedi trasportando un grosso animale morto sulle spalle.

"Sensei, oggi pesca grossa!" esclamò Yahiko con un sorriso larghissimo e fiero. Persino Nagato sembrava felice. Jiraiya fischiò, ammirato, sentendo una tristezza ostile stringergli il petto. Sperò che nessuno dei due si accorgesse di Konan, immobile in un angolo della stanza, già in procinto di piangere. Anche se aveva fatto del bene, non riusciva a sentirsi un uomo migliore: che senso aveva rimediare al male altrui se poi, per un motivo e per un altro, era sempre il primo a compierne, se non riusciva ad espiare per prima cosa i suoi peccati?

Per la prima volta nella sua vita si sentì un uomo orribile, ancora più di quel mondo che cercava a tutti costi di cambiare. Non riusciva mai ad ottenere quel che voleva, nessuno comprendeva le sue intenzioni, però quel desiderio di migliorare il mondo continuava a bruciare violentemente in lui e lo trasformava nel perfetto antieroe tormentato di cui si rifiutava ogni volta di scrivere. Ci sarebbe mai stata una fine a quella storia, una finale soddisfacente e che rendesse felice tutti? Forse no.

Nonostante tutto quello che aveva fatto, nonostante tutto quello che avrebbe voluto fare per cambiare il mondo, chi era intorno a lui, incapace di cogliere il significato della sua espiazione, continuava imperterrito a piangere.

 

 

 

 

 

Note:

Questa fic è stata scritta per partecipare al contest di Giacopinzia “Inferno, Purgatorio o Paradiso?” di ispirazione dantesca (*____*), ma purtroppo esso è stato annullato. Mi dispiace molto, perché era davvero interessante! T_T

Scrivere questa storia mi ha fatto davvero ingarbugliare, perché non trovavo mai il punto esatto per inserire le ragioni di Jiraiya, ma quando vi ho messo la parola "fine" mi sono sentita davvero soddisfatta, perché ho cercato di dare una visione particolare di Jiraiya, perché finalmente ho scritto anche di Konan, un personaggio che mi ha sempre attratta, perché ho potuto usare un prompt così particolare come la parola espiazione. La fic è tutta orientata su una serie di contrasti che fanno apparire Jiraiya "cattivo" all'esterno e nei suoi stessi pensieri, anche se ciò che fa è orientato al "bene", in bilico tra una ragione e un'altra, come se fosse in un purgatorio, insomma. Spero, in questo, di aver saputo riprendere per bene lo spirito delle anime dantesche in attesa di essere accettate al cielo, anche se forse la mia fic è più pessimistica da questo punto di vista. ^^
Spero, inoltre, che la caratterizzazione di Jiraiya sia credibile: sappiamo che è molto sensibile e attento ai problemi del mondo (ha lottato fino alla fine per la pace), ma che si trincera dietro l’indifferenza e il sarcasmo per proteggere le proprie debolezze, e spero di essere riuscita a dare di lui questa visione “doppia”. Konan è un personaggio che mi ha sempre ispirato malinconia nel manga, e su questa sensazione mi sono basata per caratterizzarla in questa fic.

Parlando della raccolta, il prompt per questa shot è il numero 10, here's vengeance for your story-books.
Che altro dire? So che si tratta di una storia pesante, pesantissima, tutta di inner action, ma spero possa piacere tanto quanto io ho cercato di dare nello scriverla.

 

Alla prossima! ^^








C'è mai stata una volta in cui avete pensato: "Ah, quanto vorrei leggere una fic che parlasse di X e Y, ecc."? Se la risposta è sì, questo è il contest giusto per voi!
Canvas contest - Scrivi e scegli un canovaccio per la tua fanfic! [Fandom: Naruto]
Le iscrizioni sono aperte fino al 18 agosto! ;)

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Capitolo 10
*** 11. In case [Neji, Neji/Hinata] ***



 

In case

 

Quando Hinata si era inchinata davanti a lui, la testa così bassa da sfiorare il pavimento per chiedergli di aiutarla ad affinare il Juken del clan, si era sentito stupito, incredulo. Nonostante tutto quello che le aveva fatto, lei non aveva pensato due volte a rivolgersi a lui, umilmente come al solito, senza tutte quelle pretese che avrebbe potuto avanzare come membro del clan più importante.
Quando era con Hinata, nonostante fosse inferiore, si sentiva un suo pari: lei aveva quella capacità, gli faceva dimenticare tutto quello che era accaduto in passato soltanto standogli vicino, senza parlare.
Quando aveva deciso di cambiare, si era imposto di cominciare da lei, per farsi perdonare di tutto quello che le aveva fatto, di tutto l’odio che le aveva riversato addosso soltanto perché era la figlia dell’uomo che aveva creduto per dodici anni l’assassino di suo padre. Essere buoni con Hinata era davvero semplice, veniva spontaneo, e spesso si era ritrovato a chiedersi perché non se ne fosse accorto prima. Il suo modo di fare gentile, così poco adatto alla loro vita, la sua volontà incrollabile, la sua forza nascosta gli suscitavano ogni volta una scossa al petto che lo privava di ogni sentimento malvagio, facendolo sentire in pace.
In quel modo aveva capito di amarla. Se n’era accorto all’improvviso, come una rivelazione piovuta per caso dal cielo che chiariva ogni cosa, ma non ne era rimasto sconvolto più di tanto: il suo cuore aveva smesso di cercare vendetta e finalmente si era fermato a riposare, rendendolo più sereno. Persino sopportare la sua condizione era diventato più facile, e dover obbedire a suo zio non gli sembrava più tanto umiliante.
Era felice. Anche se sapeva che Hinata non l’avrebbe mai compreso fino in fondo, perché il suo cuore era già occupato da quando aveva visto Naruto per la prima volta.
 
“Neji-niisan! Mi cercavi?”
Hinata gli sorrise timidamente e si sedette accanto a lui, lasciando penzolare i piedi fuori dal tatami della verandina. Aveva i capelli scompigliati e i vestiti zuppi, probabilmente aveva passato l’intera mattinata ad allenarsi.
“Scusami se ti ho disturbata, Hinata-sama. Vorrei parlarti.”
La kunoichi scosse la testa.
“Non preoccuparti.”
“Il maestro Gai mi ha comunicato questa mattina che il consiglio ha proposto di promuovermi a jonin.”
“Oh, congratulazioni!”
Hinata lo disse realmente contenta per lui, con gli occhi che le brillavano, ma Neji non lo sembrava affatto, come se qualcosa non lo convincesse fino in fondo.
“C’è… C’è qualcosa che non va?” gli chiese allora sommessamente. Neji incontrò i suoi occhi per un attimo, poi scosse la testa con un sospiro.
“No, è che…” Soppesò per un momento quello che desiderava dirle, temendo che sarebbe stato eccessivo aprirsi in quel modo con lei, ma l’occhiata davvero preoccupata che la kunoichi gli rivolse lo convinse a parlare. “Temo di non essere all’altezza dell’incarico.” confessò alzando gli occhi al cielo, quel giorno luminoso e libero dalle nuvole “Potrei dover avere degli allievi, un giorno…”
“Secondo me saresti un ottimo maestro.” replicò Hinata con un filo di voce. Neji abbassò gli occhi e la guardò sorpreso, facendola arrossire e balbettare: “Ecco… Tu… Tu mi hai insegnato bene! Se ora sono più forte… È grazie a te…”
Con un sorriso quasi invisibile, Neji spostò lo sguardo davanti a sé.
“Sono certa che saresti un ottimo jonin, non rinunciare!” ripeté Hinata stringendosi le mani all’altezza del petto. La sua voce era bassa, ma talmente sicura che lo stupì profondamente. Avrebbe voluto dirle che riponeva troppa fiducia in lui, che non la meritava, però non se la sentì di deluderla in quel modo.
“Posso provarci.” si disse allora, e annuì all’indirizzo di sua cugina con la stessa fiducia che lei riponeva in lui.
“Grazie, Hinata-sama.”
Lei gli sorrise, visibilmente più tranquilla, e il suo cuore spiccò il volo, certo, per la prima volta, che Hinata credeva fino in fondo in lui.
 
Hinata non pensava mai alla sua vita, sempre pronta a mettersi al servizio degli altri. Non aveva esitato un attimo a mettersi davanti a Naruto per proteggerlo con il suo corpo da quegli aculei di legno appuntiti. Non sapeva se sarebbe stata veloce abbastanza da respingerli tutti, ma si era lanciata comunque in quell’impresa. L’amore fa fare cose impensabili.
Non sarebbe riuscita ad evitare quell’aculeo, lo sentiva dentro. Vide Hinata già trapassata, cadere per terra grondante di sangue senza neppure una lacrima di Naruto, perché lui non era mai riuscito a capire, e si lanciò verso di lei con le ultime forze che gli restavano. Il legno lo trapassò in più punti del corpo, sentì la schiena andare a fuoco e non riuscì più a tenersi in piedi. Naruto lo afferrò; lesse il terrore nei suoi occhi. Guardò Hinata, immobile in ginocchio davanti a lui, e sorrise amaramente alle sue lacrime. Allora lo amava un po’ anche lei.
Si sentì felice, felice di averla salvata, di essersi sentito libero di disporre della propria vita per lei. C’era ancora una cosa che voleva fare prima di chiudere gli occhi per sempre.
“Naruto, Hinata-sama è pronta a morire per te.”
Lo disse senza staccare gli occhi dalla ragazza, cercando disperatamente di aprire quelli di Naruto a quell’amore senza fine che sua cugina provava per lui. La kunoichi continuò a piangere in silenzio, con gli occhi pieni di una preghiera che Neji osò credere fosse soltanto per lui. Qualunque cose lei stesse chiedendo, pregò a sua volta che fosse esaudita: desiderava con tutto se stesso che Hinata potesse essere finalmente felice, anche se lui non avrebbe mai potuto vederla. Anche se non con lui.
 
 
But I keep it just in case
Yeah, I keep it just in case
In case
You don't find what you're looking for
In case
You're missing what you had before
In case
You change your mind, I'll be waiting here
In case
You just want to come home
 
(Demi Lovato – In case)
 
 
 
 
 
Note:
 
Questa fic mi è stata ispirata da un commento di un utente del forum ItaSasu riguardante il capitolo 414. Il commento era più o meno questo: “Neji doveva amare Hinata davvero tanto per sacrificarsi in quel modo.” Beh, queste parole mi hanno stuzzicato per giorni e finalmente sono riuscita a mettere per iscritto quello che avevo in mente. Scrivere di un Neji innamorato, felice anche se non ricambiato è stato molto interessante e istruttivo. Ho amato l’evoluzione di questo personaggio e scrivere di lui, e mi dispiace di come Kishimoto l’abbia messo da parte per poi farlo uscire di scena in modo così frettoloso. Ma ormai quel che è fatto è fatto.
 
Note (31/07/2014):
Eccomi a pubblicare la fic, aggiungendo a ciò che ho già scritto che essa è ispirata al tema 11, dying is what, to live, each has to do; un tema che mi ha aveva dato molte idee e che all’inizio doveva essere una scena familiare con Minato, Kushina e Naruto, ma che dedico più che volentieri a Neji, il cui sacrificio non ha nulla da invidiare a quello dei genitori di Naruto.
Essendo ancora in attesa dei risultati, presto aggiungerò qualche altra nota, nel contempo sarei contentissima di ricevere pareri di ogni tipo.
Grazie anticipatamente! ^^
Pian piano questa raccolta continua… Ho scritto altri capitoli, ma non ne sono convinta e li lascerò a “maturare” ancora un po’, ma non escludo che nel contempo potrebbero nascere capitoli del tutto nuovi!
Mai disperare! Puoi farcela, Ayumi! ;)



EDIT del 19/08/2014: ieri sera la giudiciA Fefy, che ringrazio di cuore (<3) ha pubblicato le valutazioni del contest, che ho molto apprezzato e con cui concordo in tutto. La copio-incollo qui sotto e speriamo di fare meglio al prossimo contest! ;)



Ayumi Yoshida

La grammatica della tua storia è ben curata, non ho trovato errori di distrazione o di battitura, né di forma. In un paio di punti avrei utilizzato la punteggiatura in modo differente, aggiungendo delle virgole ed eliminandone altre, ma nel complesso è tutta una questione di gusto personale e non c’è niente che possa essere definito un errore. Complimenti.

Lo stile è semplice ma curato, però devo ammettere di non averlo trovato molto coinvolgente. Forse perché si tratta perlopiù di un flusso di pensieri in tutta la prima porzione della storia, che – secondo la mia opinione – ha appesantito un po’ il ritmo, rendendo l’inizio lento. La storia diventa più piacevole nello spezzone del ricordo e raggiunge il massimo nel finale, che è stato la mia parte preferita, in cui sei stata capace di mettere insieme sia i pensieri e sentimenti di Neji che l’azione, senza annoiare. Un’annotazione puramente formale che ti farei riguarda il passaggio in cui Neji pensa: hai utilizzato ancora le virgolette alte, che fino ad allora erano state usate nei dialoghi. Per una questione di coerenza nell’utilizzo della punteggiatura, penso che dovresti rimuoverle e utilizzare un altro stile di scrittura, magari il corsivo.

Il lessico mi sembra molto adeguato alla situazione descritta e non ho trovato niente fuori luogo da segnalare.

La caratterizzazione dei personaggi si è bilanciata, per così dire, su due poli opposti. Trovo interessante, ma non proprio credibile, l’amore di Neji per Hinata, anche se penso che fosse un amore più “fraterno” che quel sentimento profondo con cui li hai legati. Comunque, Neji in generale è ben caratterizzato, mi sono piaciuti in particolare i riferimenti al cuore in pace perché liberato dal desiderio di vendetta, dall’odio che provava nei confronti della cugina. Ho trovato un po’ meno IC i passaggi in cui descriveva quant’era facile essere gentile con lei e come si è aperto riguardo alle sue insicurezze. Anche se di Neji, dopo aver saputo la sua storia, ci è stato dato molto poco da conoscere, mi è sempre sembrato un po’ burbero nelle sue manifestazioni d’affetto e riservato al riguardo dei suoi sentimenti. Diciamo che un Neji che si prende cura di Hinata in maniera implicita l’avrei trovato molto più IC.

Hinata invece mi è piaciuta moltissimo e ho ritrovato negli atteggiamenti che le hai fatto assumere l’Hinata del manga che io tanto amo: determinata a migliorarsi, con una volontà ferma, altruista e un po’ timida. L’immagine di Hinata che arrossisce e balbetta dopo essersi complimentata con Neji la trovo centrata in pieno e assolutamente IC.

Come ti ho già spiegato, senza considerare l’inizio lento, la storia nel complesso mi è piaciuta, quindi il gradimento personale è medio. Non è una storia che salverei, ecco, però è stata una lettura piacevole e sicuramente originale, visto che un amore così di Neji per Hinata non l’avevo mai letto e mi ha lasciato sorpresa e intrigata.


Grazie alla giudicia per questo magnifico banner! *______*

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Capitolo 11
*** 19. Petali [Sasuke, Karin e... - KarinSasu] ***


 

 

 


 

Petali
Nei miei incubi di solito ho paura di perdere te.
La ragazza di fuoco – Suzanne Collins

Camminavano da ore, ormai, e i suoi piedi non smettevano più di ricordarglielo dolendo.
Sasuke e Suigetsu, fianco a fianco davanti a lei, a capo della fila, non sembravano sentire fatica, e la loro marcia non aveva mai rallentato un attimo. Persino Juugo, che di solito chiudeva la fila, l’aveva superata.
Karin sbuffò assottigliando gli occhi, ben attenta a non farsi sentire da Suigetsu, altrimenti lui avrebbe cominciato a punzecchiarla tanto per passare il tempo. Il sole era basso sulla linea d’aria che stavano seguendo, avrebbero dovuto fermarsi presto. In ogni caso non sarebbero mai arrivati a Konoha prima di quattro giorni, avevano soltanto due giorni di cammino nelle gambe.
Se non fosse stata certa che Sasuke stesse morendo di impazienza, non sarebbe mai stata in grado di capire perché li stesse spingendo tanto lontano. Camminavano da due giorni, si erano fermati soltanto durante la mattinata per mangiare qualcosa; gli altri non avevano neppure dormito, a differenza sua che era crollata quando la luna era ormai alta da un po’. Non appena si era risvegliata, Suigetsu non aveva perso tempo a farle notare quanto fastidio avesse arrecato loro, dato che erano stati costretti a farla trasportare sulla schiena da Juugo.
Sasuke non vedeva l’ora di giungere a Konoha e di combinare un putiferio. Un’osservatrice attenta come lei l’aveva capito subito dal modo in cui avevano fremuto le sue labbra quando aveva detto: “Andiamo a Konoha.”, dalla foga con cui muoveva i suoi passi nel bosco. Doveva avere in mente un piano terrificante, quasi le dispiaceva per chi avrebbe assistito.
“Ci fermiamo.” ordinò la voce di Sasuke, più vicina di quello che avrebbe immaginato, e rialzando gli occhi dal suolo Karin si accorse che, fermo nel mezzo del sentiero, si era voltato per osservarla.
Il suo petto scoppiò improvvisamente e le sue labbra si allargarono in un sorriso.
“Bene! Proprio adesso ho sentito rumore di acqua…”
Entusiasta perché non faceva un bagno da giorni, quasi aveva dimenticato la fatica che le legava i piedi. Seguì con gli occhi il rumore che aveva sentito finché non scoprì una piccola pozza che raccoglieva l’acqua del ruscello che scorreva accanto a loro in lontananza tra gli alberi.
“Non riesco a crederci!”
Sorridendo apertamente, superò in un attimo Suigetsu che borbottava qualcosa di offensivo sulle donne bugiarde, ma non gli diede neppure retta, correndo al più non posso verso il laghetto. Di certo non avrebbe approfittato soltanto lei dell’acqua, ma anche Sasuke… Soltanto immaginarlo a torso nudo le causò un black out così potente nella testa che quasi inciampò nella ramaglia sparsa sul terreno.
“Calmati!” si disse cercando di riacquisire autorità “Ci vuole un piano…”
Mentre pensava cercando di trattenere il suo cervello da visioni celestiali, Suigetsu e Juugo sparirono nel bosco dopo scuse non molto realistiche. Dovevano di certo andare in bagno. Ridendo sotto i baffi per l’occasione che le si era presentata all’improvviso, decise di rischiare ancora un po’ e di lasciarsi guidare dall’istinto.
Chiamò Sasuke due o tre volte, ma lui non le rispose. Facendo attenzione a non fare rumore, allora, si avvicinò al laghetto con passo felpato: Sasuke vi era già immerso fino a metà del petto, completamente ricoperto d’acqua, gli occhi chiusi e il viso disteso. Delusa, si lasciò scappare un sospiro.
“Scusami, Sasuke-kun!” sussurrò concitata, senza riuscire a trattenere la delusione di non averlo visto nudo“Non pensavo che fossi già… Sasuke-kun? Sasuke-kun?”
Lo shinobi non rispondeva. Gli si avvicinò ancora, preoccupata, e, quando ormai era già in ginocchio sulla riva e si sporgeva con la testa sull’acqua per controllare che fosse vivo, sentì un rumore sordo di aria che veniva espirata. Stava dormendo. Sasuke stava dormendo. Emozionata, il suo cuore perse un battito e il suo sorriso si allargò ancora di più, persa nelle mille possibilità che lo comprendevano addormentato. Il ragazzo era a due centimetri da lei, non poteva vederla, e Suigetsu e Juugo…
Suigetsu e Juugo. Improvvisamente allarmata, come se avesse sentito il loro chakra fluttuare attorno a loro, si guardò intorno per cercarli, ma non vide nessuno. C’erano soltanto i vestiti di Sasuke, gettati alla rinfusa sotto ad un albero poco lontano, e scintillavano come illuminati dal sole. Il loro richiamo era magnetico. Dopo un’altra occhiata furtiva, corse verso l’albero e li raccolse. Li avvicinò al naso, inspirando l’odore di Sasuke più volte ad occhi chiusi, godendosi quella solitudine, pronta a tornare subito da lui per osservarlo dormire da vicino. Ma mentre si rigirava tra le mani i suoi pantaloni, una scatolina rotonda di legno cadde per terra. Con un balzo felino, temendo che il rumore avesse potuto svegliare Sasuke, la afferrò e se la portò al petto per nasconderla.
Si voltò verso Sasuke, intimorita, ma lui era ancora immobile nella stessa posizione. Senza riuscire a nascondere i battiti martellanti del suo cuore, rigirò la scatolina più volte tra le mani. Era un piccolo portagioie di legno scuro e piuttosto resistente, nonostante ciò era graffiato in più punti. Anch’esso doveva aver affrontato un lungo viaggio: da quanto tempo Sasuke lo portava con sé?
Il cuore di Karin prese a battere più forte quando si accorse che aprirlo era molto semplice. Senza neppure provare a resistere, lo voltò, diede un colpetto sul fondo e il coperchio che lo teneva chiuso ricadde nella sua mano, ma non fu così per i gioielli, perché non ne conteneva. C’era, invece, soltanto un petalo di un fiore ormai marcio ben saldo sul fondo. Il suo odore era terribile.
Disgustata, richiuse il portagioie. Perché mai Sasuke lo portava con sé? Perché portava con sé un oggetto tanto inutile, perché lo nascondeva? Nessuno l’aveva mai visto tenerlo in mano, lei era stata la prima a scoprirlo. Era forse il ricordo di un antico amore? Soltanto il pensarlo la fece imbronciare.
Sasuke non le era mai sembrato un ragazzo del genere, non avrebbe mai pensato che potesse conservare un fiore. Ma se quella ragazza fosse stata il suo primo amore, se avesse dovuto abbandonarla a forza, se fosse stato davvero innamorato di lei…
Strinse forte il portagioie nella mano, consapevole che non avrebbe mai potuto chiederglielo. Se l’avesse fatto, lui si sarebbe infuriato come non mai perché aveva azzardato spiare tra le sue cose. Di certo aveva lasciato i vestiti lontano sicuro del fatto che nessuno avrebbe osato avvicinarsi a lui per non fare una brutta fine, perché quando si arrabbiava il mondo poteva finire.
Non avrebbe mai potuto saperlo.
Infuriata, rigettò il portagioie tra gli abiti. Era l’unica spiegazione plausibile. Un vecchio amore, la promessa di amarsi per sempre, quella sua fredda convinzione che non vacillava mai. Per quel motivo Sasuke non la degnava mai di attenzione. Si proclamava un vendicatore, fingeva che nessun sentimento gli importasse, ma anche lui era umano, anche il suo cuore batteva per qualcuno e quel qualcuno non era lei.
Realizzarlo fu una pugnalata che le fece venire voglia di sputare fuori quell’odore che aveva respirato dai suoi vestiti.

Il giorno successivo sarebbero arrivati a Konoha, se non aveva sbagliato a calcolare i giorni di cammino. Dall’ultima pausa non si erano più fermati, camminando per tre giorni di fila. Dopo aver scoperto il portagioie non le era più importato di trattenere il dolore, di non riuscire ad avanzare con loro, perché non le importava più nulla di Sasuke e della sua missione. Si era accasciata a terra più volte e Juugo l’aveva trasportata; non sapeva cosa avesse detto Sasuke, ma Suigetsu era a metà tra l’irritato e il divertito, perché, sì, lei li ostacolava con la sua debolezza, ma in quel modo poteva provocarla liberamente.
Ormai non le importava più obbedire. Li seguiva soltanto perché non avrebbe saputo dove andare, se li avesse lasciati, e forse Sasuke l’avrebbe uccisa, se l’avesse fatto. Sapeva troppe cose che avrebbero potuto costare a tutti la vita.
“Oggi non cadi ancora per terra?” la attaccò Suigetsu all’improvviso, voltandosi verso di lei e ridendo sguaiatamente. La formazione non era cambiata, Karin era sempre l’ultima, ma la sua voglia di litigare era del tutto scomparsa: non urlò, non lo insultò, si limitò a guardalo male e a sibilare qualcosa che lui non avrebbe neppure potuto sentire.
Mentre un’insolita calma avvolgeva la loro squadra, il viso di Suigetsu diventava sempre più imbronciato perché Karin si comportava da giorni in modo insolito. Non raccoglieva più nessuna sua provocazione, non degnava nessuno di uno sguardo. Sembrava quasi svogliata. Mentre se ne domandava il perché, all’improvviso Sasuke ordinò di andare verso est.
“Perché dobbiamo cambiare strada?” si lamentò allora con una smorfia “Ad est è tutta foresta, ci toccherà saltare!”
“C’è un vecchio rifugio nella foresta.” spiegò Sasuke senza neppure fermarsi a guardarlo, volgendosi subito ad est “Lo sfrutteremo per la notte.”
Juugo lo seguì senza dire una parola, e così fece Karin. Suigetsu attese che lei fosse saltata sul primo albero e la seguì a stretta distanza.
“Nel caso dovessi addormentarti e cadere!” si lasciò scappare ridendo di gusto. Riusciva a divertirsi con poco, lui.
Raggiunsero il rifugio di cui aveva parlato Sasuke dopo pochi minuti di cammino. Era una casupola in legno quasi completamente marcito dal tempo, ma che stranamente si teneva ancora in piedi. Vi entrarono di controvoglia per via dell’odore di muffa che emanava e vi abbandonarono i mantelli. Suigetsu si accasciò sul pavimento con un sospiro di sollievo, ma immediatamente saltò di nuovo in piedi con un sorriso sarcastico, come mosso da un’idea improvvisa: “Devo andare a vedere se c’è qualcuno nelle vicinanze, vero?”
Senza neppure attendere una risposta da parte di Sasuke che di certo sarebbe stata positiva, perché facevano sempre così quando si fermavano, lui e Juugo lasciarono la casa e sparirono correndo nel bosco. Karin, seduta sul pavimento, la schiena contro il muro, si strinse di più sotto al mantello, intirizzita, e voltò la testa per non guardare Sasuke: si sentiva a disagio, adesso che erano rimasti solo loro due.
“Vai anche tu.” ordinò Sasuke con un tono che non ammetteva repliche. Per la prima volta, Karin fu felice che lui la stessa cacciando. A testa bassa, si sollevò a fatica da terra e uscì dalla casetta.
Ormai era scesa la sera, e tutto intorno era buio: non si vedevano neppure Suigetsu e Juugo in lontananza. Non sapendo cosa fare e non avendo voglia di camminare in un luogo sconosciuto come la foresta, fece il giro della casa e si inginocchiò contro la parete posteriore, avvolgendosi con cautela nel mantello.
Il giorno dopo tutto sarebbe finito, sarebbero arrivati a Konoha e Sasuke avrebbe avuto la sua agognata vendetta. Non sapeva per quale motivazione, non sapeva per chi, ma ormai se ne era quasi convinta. Era per lei. La ragazza che amava poteva essere contenta, Sasuke non avrebbe tradito la sua promessa, aveva camminato per giorni interi per mantenerla. Era fortunata; non come lei, che nessuno desiderava…
Si addormentò non appena quel pensiero le sfiorò la mente, piangendo in silenzio per non farsi scoprire, gli occhi rivolti alla luna.

“Finalmente… Finalmente domani sarà il giorno!”
La voce di Sasuke suonava stranamente emozionata e agitata attraverso le cellule del suo cervello.
Karin batté le palpebre, incredula, e si stropicciò gli occhi. La luna non si era quasi per nulla mossa dalla posizione in cui l’aveva vista prima di addormentarsi; si sentiva anche gli occhi ancora pieni di lacrime.
Quanto aveva dormito? Dieci minuti, un quarto d’ora? Suigetsu e Juugo erano tornati? Se era così, non c’era bisogno che lei restasse fuori a dormire, poteva rientrare. Si alzò lentamente, con le gambe che le formicolavano, e a tentoni fece il giro del rifugio. La porta d’ingresso era aperta, ma dentro non c’era nessuno. Eppure aveva sentito la voce di Sasuke…
Si accorse soltanto in quel momento che il ragazzo stava continuando a parlare, e che la sua voce proveniva da una porta che era socchiusa in fondo alla stanza. Cercando di non fare rumore, le si avvicinò e chinò il viso accanto alla serratura, accucciandosi sul pavimento. Attraverso di essa, vide un letto malandato, sopra cui Sasuke aveva lanciato il suo mantello; di fronte ad esso un mobile senza ante pieno di buchi. Su di esso, il portagioie aperto e vuoto. Sasuke aveva tra le mani il petalo rinsecchito e lo stava fissando come se fosse stata la reliquia più preziosa del mondo, senza curarsi del suo marciume e dell’odoraccio che emanava.
“Finalmente… Finalmente domani sarà il giorno!” ripeté ancora, senza riuscire a trattenere l’emozione. L’aveva detto già almeno cinque volte, ed ogni volta la sfumatura nella sua voce non era cambiata. Karin sentiva uno strano fremito in quelle parole, una sensazione di attesa impossibile che non aveva mai udito nella voce di Sasuke, che pianificava sempre tutto, talmente tanto da non avere la possibilità di conoscere l'ansia dell'attesa.
“Finalmente… Finalmente domani sarà il giorno! Domani avrai la tua vendetta!”
Sasuke aggiunse quelle parole come guardando il petalo in un paio di occhi immaginari. Lui lo amava. Amava la ragazza che quel petalo rappresentava con tutto se stesso. Il giorno dopo finiva l'attesa, l'avrebbe finalmente rivista, lei che non era mai riuscito a dimenticare. L'avrebbe portata con sé, magari avrebbero dovuto dividere la stessa aria che respiravano, oppure avrebbe abbandonato lei? Il pensiero le fece venire di nuovo le lacrime agli occhi, ma si coprì la bocca con le mani per non far sentire i singhiozzi: piangere non sarebbe servito, l’avrebbe solo fatta scoprire.
“Domani finirà tutto.” Il ragazzo scoppiò in una strana risata mentre il cuore della kunoichi si chiudeva di scatto come colpito da un pugno fortissimo. Sasuke continuava a parlare con quel fiore come se fosse la cosa più normale del mondo, acquistando pian piano un'umanità che Karin non aveva mai visto prima, gesticolando, modellando la voce, ridendo spesso, ma in modo cosi strano da terrorizzarla. “Ti ho portato con me così tanto tempo... Ma domani tutto sarà finito, te lo prometto. Avrai quel che meriti da così tanto tempo. Niente potrà fermarmi. Finalmente pagheranno la tua morte.”
Così, lei non c’era più. Saperlo non la consolò affatto, al contrario la rese ancora più avida di spiegazioni. Sasuke, però, fece silenzio, impegnato a passarsi il petalo da una mano all’altra e ad osservalo da tutte le angolazioni possibili come per denotarne i danni irreparabili del tempo.
“Sembra essere passato un secolo, invece sono solo otto anni…” sussurrò all’improvviso, come perso in un pensiero difficile. “Non credevo che questo iris sarebbe resistito così tanto, invece avevi ragione… È proprio il fiore della purezza, nulla può cancellarlo… Neanche la tua morte.”
Neanche la tua morte.” ripeté. Guardò il petalo un’ultima volta stringendo le labbra e lo richiuse con attenzione nel portagioie, saldo nel pugno. “Domani finirà tutto, mamma. Domani sarai vendicata.”
Karin saltò in piedi come attraversata da una scarica elettrica, gli occhi spalancati, e corse fuori dalla casa senza preoccuparsi di aver fatto rumore. Mamma, aveva detto mamma! Quel fiore, quell’iris era sua madre. Soltanto una madre avrebbe potuto restituire a Sasuke tutta la sua umanità.
Sentendosi all’improvviso nuovamente piena di vita, faticò a fermarsi nel bosco a poca distanza, perché il suo cuore non voleva smettere di battere fino a sfinirla. Quella donna era sua madre, solo sua madre, nulla era perduto. Respirando a fatica, schiacciò la schiena contro il tronco dell’albero presso cui si era fermata, mentre un sorriso cominciava a piegarle le labbra. Nulla era perduto, tutto sarebbe potuto accadere. E all’improvviso una voce conosciuta la fece sobbalzare e le riempì il petto di aria.
“Karin!” Si voltò lentamente, trovandosi faccia a faccia con Sasuke, spigoloso e duro come al solito: aveva già cancellato per sempre la sua umanità.
“Sì?”
“Ho sentito qualcuno uscire correndo dal rifugio… Eri tu?”
Karin lasciò che le occhiali le scivolassero sul naso per assumere un’aria provocante.
“Assolutamente no! Ero qui a controllare che-”
“Suigetsu e Juugo non sono ancora tornati.” la interruppe lo shinobi, irritato “Che si sbrighino, domani dobbiamo partire appena sorge il sole.”
“Già, domani finisce tutto.” annuì Karin con un largo sorriso, leggendo lo stupore nei suoi occhi: avrebbe fatto di tutto per supportarlo fino alla fine; sarebbe morta per lui, adesso che aveva sconfitto quel petalo.

“Perché mi hai portato dei fiori?”
Mikoto spostò lo sguardo da suo figlio maggiore, imbarazzato e ancora sulla porta, al bouquet che lui le aveva appena consegnato tra le mani, incuriosita. “Oggi non è il mio compleanno!”
Itachi si morse un labbro senza sapere cosa dire, massaggiandosi la nuca, ed azzardò: “Beh, passavo davanti al negozio di Inoichi Yamanaka, li ho visti e…”
“Grazie.” La donna gli sorrise dolcemente per interromperlo, consapevole di avergli fatto quasi raggiungere un punto di rottura: i suoi uomini erano tutti così, non riuscivano ad esprimersi quando si arrivava ai sentimenti. Si alzò per recuperare un vaso e vi mise dentro i fiori senza riuscire a smettere di guardarli.
“Che fiori sono?” chiese mentre riempiva il vaso d’acqua.
“Iris.”
“E perché bianchi? Qual è il loro significato?”
Forse aveva fatto ad Itachi la domanda sbagliata, perché il ragazzo s’incupì di colpo, ma fu un attimo, perché subito azzardò: “Purezza?”
“Allora doppi ringraziamenti, nessuno me l’aveva mai detto prima! Sono pura!”
Mikoto rise lievemente e ritornò ai fornelli, contenta.
“Oggi rientrerò tardi.” disse allora Itachi in tono casuale, guardando intensamente il colletto della propria maglia. La donna si voltò con l’espressione preoccupata, ancora con un mestolo in mano.
“Fai attenzione, stasera. Da quando Shisui è stato u-”
“Certo.” la interruppe il ragazzo con voce dura e si richiuse la porta d’ingresso alle spalle. Con un sospiro, Mikoto fece per tornare ai fornelli, ma i suoi occhi caddero di nuovo sul vaso ricolmo di fiori che aveva messo sul davanzale della finestra. In realtà, l’iris significava protezione. Con un sospiro, staccò un petalo da uno dei fiori e, stringendolo tra le dita, si recò nella sua camera. Il portagioie in cui la sera riponeva il bracciale che le aveva regalato Fukagu per il loro fidanzamento era ancora sul comodino. Lo aprì e vi ripose il petalo ancora bianco.
“Speriamo che ci aiuti davvero.” sussurrò, sconsolata: negli ultimi tempi le cose per gli Uchiha non stavano andando bene, e lo stesso era per loro. Non riusciva quasi più a riconoscere Itachi.
Mentre apriva la porta scorrevole per tornare in cucina, sentì due piedini scalpicciare velocemente nel corridoio. Sasuke si allontanò correndo da casa sbattendosi la porta alle spalle, intimamente colpito da quel gesto: mai aveva visto una persona riservare tanta tenerezza e cautela ad un fiore, sua madre era davvero speciale. Fiero di lei, con un largo sorriso sul volto, si mise alla ricerca di Itachi per raccontargli ogni cosa: aveva ancora del tempo prima dell’inizio delle lezioni all’Accademia.
Nei miei incubi di solito ho paura di perdere te. E sto bene quando mi accorgo che ci sei.
La ragazza di fuoco – Suzanne Collins




Note
Eccola qua, bella (?) e finita. All’inizio volevo scrivere una fic comica, con protagonista Kiba, ma poi la scena di Sasuke che parla ad un fiore come un invasato (XD) mi è venuta in testa dal nulla e ho sviluppato questa idea. È la storia di Karin, di Sasuke e di Mikoto e delle loro perdite. In questa fic ognuno perde qualcosa, ma solo Karin riesce a ritrovare quel che desidera, Mikoto no di certo, Sasuke non si sa (XD), ma nei miei pensieri no, anche se la fine sembra quasi speranzosa. Ma, ahimé, quella del flashback è la giornata del massacro degli Uchiha.
Leggendo Narutopedia, ho visto che il massacro degli Uchiha è accaduto quattro anni prima dell’inizio del manga, in cui i protagonisti hanno 12 anni. Nella seconda serie ne hanno 16, quindi sono trascorsi 8 anni. Speriamo che l’orizzonte temporale sia giusto! XD
Parlando della trama, mi è piaciuto immaginare questa sorta di “viaggio della speranza” e, soprattutto, riprendere questi personaggi che tanto mi affascinano, due cose di cui non avevo mai scritto prima. Spero di non aver fatto un casino con l’IC, soprattutto quando Karin “si lascia andare” dopo la “scoperta” che Sasuke ama qualcuno che non è lei. Spero di aver mantenuto viva la curiosità su chi questa donna possa essere fino alla fine ;) Chi poteva essere se non sua madre? Secondo me è l’unica donna che abbia davvero amato ed avuto la possibilità di amare nella sua vita.
Karin si lascia andare, è vero, ma l’ho resa comunque “egoista” come nel manga, nel senso che continua a pensare a se stessa anche dopo tutto quello che è successo, continuando a seguire il gruppo anche se non vuole per non rischiare la vita. Non voglio pensare, poi, alla parte fangirlante di lei che ho descritto all’inizio, mi sono sentita in colpa come se fossi io stessa al suo posto a spiare Sasuke! XD Insomma, spero che questa caratterizzazione sia azzeccata. Odio quando Karin viene dipinta solo come un’oca giuliva nel manga e nelle fic, perché ogni tanto anche lei mostra un lato umano e profondo ed è sempre così che vorrei pensare a questo personaggio. :)
Di Sasuke ho davvero paura, perché in questa fic letteralmente “scoppia”, ma ho pensato che da solo, senza che nessuno lo guardasse (secondo lui), la scena fosse possibile. In questa fic Sasuke diventa umano, o almeno spero che dia questa idea, e lo stesso accade per Mikoto, che abbandona per un attimo la maschera della madre perfetta e felice, anche se Sasuke è troppo piccolo ed ingenuo per accorgersene e per comprendere le sue preoccupazioni.
Per svelare i prompt del contest, essi erano "portagioie" e "iris" e la citazione di Hunger Games, vi dicono nulla? ;)
Parlando del tema della raccolta, invece, questa volta è
19) and he chants the hate of a million years, ovviamente rivolto a Sasuke che "scoppia" in particolare, ma a ciascuno dei personaggi che si mette a nudo in generale.
E così un altro capitolo è andato, e su dei personaggi che non credevo sarei mai riuscita ad affrontare. We're getting better! ;)
Come per lo scorso capitolo - in cui, ahimé, non sono stata ascoltata - vi chiedo, se avete apprezzato, ma anche se la fic non vi è piaciuta, di lasciare un parere. Qualunque parere va bene se è costruttivo e se può migliorare le cose. Grazie anticipatamente! :)

Alla prossima, allora!

Ayumi





PS: il portagioie è questo! Così può stare in tasca! ;) http://img.edilportale.com/product-thumbs/b_prodotti-52463-rel93849ed0-2101-2271-d3bb-2396102f705f.jpg




Note del 13/10/2014: dopo secoli ho finalmente potuto leggere i risultati del contest, e, con mia somma gioia, ho scoperto questa fic si è classificata terza vincendo anche i premi trama e originalità. Sono davvero felicissima, perché questa fic è nata come un'illuminazione e temevo che non sarei stata in grado di trasporla su carta.
Moko, che ringrazio di cuore (
) è stata così gentile da incollare il giudizio nei commenti come recensione, quindi riporto solo i banner fatti dalla bravissima MiZUUMi... Non sono bellissimi? *_____*

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