Ombra scarlatta

di FiammaBlu
(/viewuser.php?uid=731933)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1 ***
Capitolo 2: *** Giorno 2 ***
Capitolo 3: *** Giorno 3 ***
Capitolo 4: *** Giorno 4 ***
Capitolo 5: *** Giorno 5 ***
Capitolo 6: *** Giorno 6 - Bonus track ***



Capitolo 1
*** Giorno 1 ***


Giorno 1



Le catene dell’altalena cigolavano nel silenzio della sera. Il parco era deserto, non c’erano più le risa gioiose dei bambini che lo affollavano nel pomeriggio né i borbottii accennati degli studenti che facevano finta di studiare. Le piaceva quel posto, ci si era sempre rifugiata nel passato quando era disperata o affranta e lui l’aveva trovata anche lì.

Sorrise nelle tenebre spingendo pigramente l’altalena. Era un destino davvero incredibile quello che li aveva coinvolti. Più ci ripensava e più si convinceva che era stato anche crudele. Non era mai stata una ragazza esigente, né di cose spirituali né di cose terrene, ma in quel caso si sentiva davvero derubata.

Erano trascorsi dodici giorni. Ancora non ci credeva. Lo spettacolo dimostrativo della Dea Scarlatta era terminato e la signora Tsukikage, il giorno seguente, l’aveva scelta come sua erede. Tutta la gioia, lo stupore, la fatica, la spossatezza si erano concentrati in quei pochi attimi snervanti. Poi il suo nome era riecheggiato nella sala seguito da applausi e flash.

Sette anni interminabili, in cui aveva vinto una battaglia dopo l’altra con la signora e con se stessa, raggiungendo il traguardo senza rendersi conto di aver perduto quella più importante.

Signor Hayami…

Chinò la testa fermando il dondolio e lacrime sommesse scesero implacabili. Sapeva che piangere era inutile, non avrebbe cambiato il passato né il presente né il futuro.

Il passato la vedeva erede della signora Tsukikage e dei diritti di produzione della Dea Scarlatta, goffa, imbranata, completamente dedita al teatro e alla sua sfida con Ayumi Himekawa, in perenne conflitto con Masumi Hayami della Daito Art Production e sostenuta dall’affetto continuo dell’ammiratore delle rose scarlatte.

Il presente era qualcosa a cui non voleva pensare. L’inverno sembrava aver calato una coltre di freddo sul suo animo oltre che sulla città. Quella mattina aveva presieduto l’ennesima conferenza stampa e anche se l’emozione di essere stata scelta come nuova Dea Scarlatta le infiammava ancora il cuore, una parte di lei era definitivamente morta sei giorni prima.

Già… sei giorni…

Si asciugò le lacrime rendendosi conto di averli contati. Il signor Hayami aveva mantenuto la promessa e l’aveva davvero invitata a Izu, ma ciò che era avvenuto aveva radicalmente cambiato la sua vita e distrutto tutti i suoi sogni. Qualche giorno prima di quell’incontro lo aveva visto stanco e non le aveva rivolto la parola neanche per prenderla in giro come era solito fare. Era giovane, ma non stupida e aveva intuito che c’era qualcosa che non andava, ora che lo guardava con altri occhi. Avrebbe voluto parlargli lei per una volta, istigarlo a trattarla male per far sparire quell’ombra dal suo volto, ma alla fine aveva desistito. Il ricordo di quella notte le lacerò di nuovo il cuore. Quando lo aveva incontrato a Izu, in quella bellissima villa sulla scogliera, le era parso un sogno. Avevano parlato a lungo, lui era malinconico, serio, e neanche una volta aveva fatto qualcuna delle sue battute né l’aveva chiamata “ragazzina”.

Le aveva rivelato di essere il suo ammiratore, di amarla da molto tempo e si era scusato nuovamente per il suo comportamento improvviso sull’Astoria. Aveva parlato praticamente solo lui, come se stesse facendo una confessione che gli ardeva dentro, facendogli male. Maya non aveva compreso quel soliloquio finché lui, sul terrazzo, con la volta di stelle a coprire ogni cosa, si era voltato e fissandola serio le aveva detto che non avrebbe potuto più essere il suo ammiratore né provare alcun tipo di sentimento per lei diverso da un rapporto professionale fra produttore e attrice. Aveva allungato una mano a sfiorarle una guancia e lei aveva ascoltato ogni parola passando da una iniziale meraviglia e calore nel cuore ad un freddo improvviso che da allora era solo aumentato. Avrebbe voluto dirgli che anche lei lo amava, che nonostante le loro differenze lei si sentiva attratta come una calamita, che cercava sempre il suo sguardo, che lo amava anche quando la derideva. Invece era rimasta in silenzio. Aveva abbassato la testa e gli aveva detto - Capisco, signor Hayami -.

Invece non aveva capito perché era stata costretta a rinunciare a quella battaglia né perché lui l’avesse fatto per entrambi. Si era dimostrato gentile e si era congratulato ancora per la sua Dea Scarlatta mantenendo sempre quel distacco che associava al Masumi Hayami di qualche anno prima, lontano da quello nella valle dei susini e dell’Astoria, ma senza la solita acredine, più rassegnato. Eppure era sicura che anche lui provasse davvero dell’amore profondo per lei e che la sua confessione non fossero state solo parole, ma le aveva detto che non avrebbero potuto mostrare a nessuno ciò che provavano, anzi, le aveva confermato il suo matrimonio nove giorni dopo.

Ed ecco il futuro. Fra tre giorni si sarebbe sposato e ancora non riusciva a darsi pace. Invidiava ogni attimo che la signorina Shiori poteva trascorrere con lui ed era arrivata a provare la stessa cosa anche per la signorina Mizuki che lo vedeva ogni giorno in ufficio. Questo suo atteggiamento malinconico e scontroso aveva allontanato i suoi amici che inizialmente avevano cercato di capire cosa ci fosse che non andava e poi avevano desistito. Tranne Rei. Lei non demordeva. La istigava ogni volta che poteva un po’ come faceva lui prima, spingendola a dare terribili risposte che però non sortivano l’effetto di allontanarla. Non aveva confidato a nessuno ciò che la lacerava e non aveva alcuna intenzione di farlo.

Avrebbe cambiato qualcosa del suo passato? No. E del suo presente? No. E non parliamo del futuro. Masumi Hayami aveva undici anni più di lei e probabilmente si era reso conto che non era possibile che lui si fosse innamorato davvero di un’attrice come lei quando poteva avere una donna, una donna vera, come Shiori Takamiya. E l’età era solo l’ultima delle cose che li separavano: estrazione sociale, cultura, il nome importante di suo padre.

Eisuke Hayami…

Le avevano detto che aveva assistito alla sua Dea Scarlatta, ma non l’aveva incontrato, se ne era andato subito dopo. Aveva ricevuto un bellissimo mazzo di rose scarlatte, le ultime. Quell’uomo la terrorizzava, molto più di quanto non l’avesse mai impaurita suo figlio. E con quella sua altezza e gli occhi di ghiaccio lui l’aveva sempre spaventata… eppure suo padre le faceva ancor più paura, le sembrava un fantasma, un’ombra rosso sangue che copriva ogni cosa che toccava. Sapeva della sua caccia spietata alla signora Tsukikage e ai diritti della Dea Scarlatta, di come si fosse detto pazzamente innamorato di lei tanto da spingere il maestro Ichiren Ozaki al suicidio pur di averla tutta per sé.

Ma i diritti alla fine li aveva ottenuti lei e per nulla al mondo avrebbe permesso alla Daito Art Production di metterci le mani sopra!

Sollevò di scatto la testa, gli occhi duri e brillanti per le recenti lacrime. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto fare adesso. Non sapeva niente di quel mondo, di affari, di contratti, se le cose fossero andate diversamente avrebbe potuto affidarsi a…

Ma era inutile pensare a qualcosa che non si sarebbe mai avverato. Avrebbe trovato un buon manager che l’avrebbe aiutata a sfruttare al meglio quei diritti e a destreggiarsi in quel mondo terribile.

Si alzò dall’altalena, il cigolio riprese insistente, e si diresse decisa verso casa sapendo perfettamente che tutta quella baldanza sarebbe svanita una volta poggiata la testa sul futon. La notte i suoi sogni erano incubi, le parole di lui sull’Astoria si fondevano a quelle offensive in cui le aveva detto di essere stata solo un passatempo, a quelle piene di orgoglio la sera della Dea Scarlatta, a quelle ancora senza senso che le aveva confessato a Izu. Non era riuscita in alcun modo ad arginare quegli incubi né a sostituirli con altri.

La cosa che la stupiva più di tutte era che, nonostante le parole di lui, lei ci pensasse ogni attimo.

Sei proprio una stupida, Maya… non esiste un futuro per te, non ti vuole… smettila di pensarci...

Svoltò l’angolo e vide l’ingresso della casa che divideva ancora con Rei. Alla sinistra del lampione, nel cono d’ombra, c’era un’alta figura avvolta in un impermeabile. Il suo cuore perse un battito e si portò una mano al petto fermandosi.

L’uomo avanzò nelle tenebre della strada e quando le fu davanti allargò le braccia. Lei scoppiò a piangere e vi si rifugiò senza poter arginare il dolore che le lacerava il petto.



Mancavano tre giorni. Solo tre. Ma da quando l’aveva incontrata a Izu non gli importava più di niente. Era stato bravo, aveva fatto appello a tutto il suo autocontrollo, in realtà a tutto quello che aveva imparato negli anni, perché con lei le sue maschere normali non reggevano più. Aveva quasi ceduto dal dirle tutta la verità quando aveva visto la luce spengersi nei suoi occhi sostituita da una profonda tristezza. Aveva abbassato lo sguardo, ma non aveva pianto, come se avesse immaginato ciò che le stava dicendo. Avrebbe voluto abbracciarla, ma sapeva che se l’avesse fatto sarebbe stato perduto. E lui non poteva, non dopo quello che gli aveva detto suo padre quando era andato da lui per dirgli che avrebbe rinunciato al suo nome pur di annullare il matrimonio. Pensava di avere una carta vincente, invece suo padre ne aveva una migliore e l’aveva giocata immediatamente, senza neanche dargli tempo di ribattere: Maya Kitajima. Lui sapeva ogni cosa. Il braccio di ferro che avrebbe voluto intrattenere con lui era cessato immediatamente. L’avrebbe uccisa, come Ichiren Ozaki, i diritti sarebbero rimasti alla signora Tsukikage, sapeva che il contratto sarebbe stato attivo solo alla morte della signora, e allora lei, senza un’erede, sconfitta, avrebbe venduto i diritti ed era sicuro di potersene impossessare.

Quando quelle parole atone e fredde erano uscite dalla sua bocca lui era rimasto congelato per la prima volta nella sua vita. Quella minaccia verso una ragazzina di vent’anni aveva riassunto in un attimo tutti gli errori della sua vita e la caparbietà con cui li aveva messi in atto. Sapeva che non avrebbe esitato.

Aveva replicato con altre minacce verso suo padre, aveva delle armi a disposizione con cui poterlo fermare, ma Eisuke Hayami aveva alzato lo sguardo freddo e calcolatore: Maya Kitajima sarebbe morta lo stesso. La fusione delle due famiglie era necessaria, quindi il matrimonio non poteva essere rimandato ulteriormente. Shiori Takamiya stava sensibilmente meglio e non ricordava quasi niente di ciò che era accaduto e a nulla erano valse le sue rimostranze circa l’inutilità del matrimonio stesso, che avrebbe potuto raggiungere gli stessi risultati con contratti vantaggiosi: Eisuke Hayami non aveva ceduto di un millimetro. Suo padre non si era accontentato di questo, gli aveva chiesto di ricucire i rapporti con Maya Kitajima, di essere gentile con lei e magari in futuro sarebbe riuscito a prenderle i diritti della Dea Scarlatta in modo ragionevole.

- Falla diventare la tua amante se ti piace tanto - gli aveva detto alla fine.

A stento era riuscito a mantenere il suo autocontrollo, non gli era sfuggito il lampo folle nei suoi occhi così, con il cuore come piombo, aveva acconsentito a ogni cosa.

A Izu era stato difficile, ce l’aveva fatta ed era convinto che avrebbe potuto farcela anche nel futuro, ma non sarebbe mai diventata la sua amante. Mai. Eisuke Hayami si era mosso molto meglio di lui, aveva costruito un progetto perfetto e quando lui aveva tentato di mandare ogni cosa all’aria aveva tirato le fila della rete riprendendo in mano la situazione.

Sorrise svuotato di ogni energia sollevando lo sguardo al cielo stellato e chiedendosi se Maya in quel momento lo stesse guardando. Immediatamente una morsa gelata gli serrò il cuore e fu costretto  ad abbassare la testa e afferrare la balaustra stringendo gli occhi per la rabbia.



- Perché? - Maya si strinse a lui piangendo.

- Mi dispiace, Maya, non riesco a trasmetterle quanto - l’avvolse fra le sue braccia e la sentì scossa da tremiti incontrollabili. Piangeva incessantemente e singhiozzava, era più magra dell’ultima volta che l’aveva abbracciata e le mani, che sentiva attraverso la camicia, erano gelate.

- Non sarebbe dovuta rimanere fuori, fa troppo freddo - le mormorò in un orecchio sentendola calmarsi.

-  Io non capisco niente, signor Hijiri! - gli disse disperata affondando la testa appoggiata al suo torace - Ho frainteso ogni cosa, ma io… io… - non riuscì a finire la frase e scoppiò a piangere di nuovo.

- Non è stata lei, Maya, la situazione è molto più complessa di come sembra - sussurrò appoggiando una guancia ai suoi capelli morbidi.

- Signor Hijiri, perché è qui? - gli chiese allora lei sospettosa sollevando la testa.

- Perché non mi piace vederla piangere e per aiutarla - le confidò con un sorriso dolce spostandole i capelli dietro la schiena in un gesto pieno d’affetto.

E le raccontò tutto quello che Masumi Hayami non aveva avuto il coraggio di dirle a Izu.

Mi sta proteggendo come un’ombra scarlatta…



Quella notte non dormì. Ripensò a ogni parola di quell’uomo discreto che le aveva sempre consegnato le rose del suo ammiratore e che era così leale verso il suo datore di lavoro da non volerlo vedere soffrire.

Eisuke Hayami… è stato lui… come può un padre trattare così un figlio?

Si rigirò nel letto abbracciando il cuscino. Si era staccato da lei e aveva accettato il matrimonio solo per proteggerla… forse… allora… lui magari avrebbe anche pensato di poter… stare con lei… Migliaia di immagini si rincorsero nella sua mente confusa mentre il cuore manteneva i battiti accelerati. Pensare a quella possibilità, anche se remota, la destabilizzava completamente. Si sentiva le guance in fiamme e con la sensazione delle sue braccia intorno al corpo si addormentò quando il sole spuntava in un’alba rosata.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Giorno 2 ***


Giorno 2



Quando Maya si svegliò, quattro ore dopo, aveva un feroce mal di testa e una fame che la meravigliò. Probabilmente le parole del signor Hijiri avevano fatto più breccia nel suo animo di quanto lei credesse realmente. Non le aveva solo raccontato ogni cosa, ma le aveva proposto un piano per provare a sistemare la situazione una volta per tutte. L’aveva guardato stralunata come se parlasse una lingua a lei sconosciuta. Era un’idea pazzesca.

Era stato chiaro, non aveva usato parole di riguardo: Eisuke Hayami si serviva di alcuni assassini che lavoravano per lui da molto tempo. Aveva visto i suoi begli occhi grigi oscurarsi mentre la metteva al corrente di quell’informazione e lei era rimasta congelata e terrorizzata. Inoltre aveva una grande quantità di denaro da elargire per corrompere e centinaia di fascicoli con informazioni sulla vita privata di molte delle persone che gravitavano intorno a suo figlio e a lei.

L’idea che i suoi amici potessero essere in pericolo l’aveva messa subito in agitazione, ma lui l’aveva rassicurata che niente di ciò che aveva in mente avrebbe leso i suoi amici né altra persona. Era un’idea folle, ma aveva aperto una flebile speranza: aveva la possibilità di ricambiare tutto ciò che Masumi Hayami aveva fatto per lei come Presidente della Daito e come ammiratore delle rose scarlatte. Questa volta l’ombra sarebbe stata lei.

Non le importava che lui l’amasse o meno né che la ringraziasse in alcun modo, ma se un suo intervento avrebbe potuto cambiare la sua vita evitandogli sofferenza inutile, lei era ben felice di poterlo aiutare. L’unico problema era che le serviva Rei per realizzare l’idea del signor Hijiri e questo avrebbe significato raccontarle ciò che nascondeva nel cuore.

E non c’era tempo.



In cucina Rei stava trafficando con la colazione.

- Ben svegliata! Stanotte ti ho sentito agitata. Hai fatto dei brutti sogni? - le chiese con un sorriso e la solita allegria, ma si rese immediatamente conto che c’era qualcosa che non andava. Lasciò andare la spugna e la raggiunse.

- Maya, cosa succede? - le chiese subito apprensiva.

- Io credo che tu debba sederti, Rei… - balbettò lei portandosi le mani al volto per smorzare l’imbarazzo. Rei alzò un sopracciglio e lentamente si sedette con l’ansia che cresceva.



- Buongiorno, signor Masumi - lo salutò Mizuki con la professionalità consueta - Questi sono i bilanci che mi aveva chiesto, i giornali e il suo caffè - disse poggiando ogni cosa sulla scrivania. L’uomo, assorto, prese i quotidiani e cominciò a sfogliarli. Sulla pagina economica c’era un articolo che riguardava la fusione del gruppo Takatsu con la Daito Art Production e il giornalista che l’aveva redatto esplicava tutti i vantaggi che ne sarebbero derivati, di come le due aziende sarebbero sbocciate nel panorama giapponese e, grazie alla Takatsu, in quello mondiale. Masumi chiuse il giornale con una smorfia appena celata che non sfuggì a Mizuki e ne sfogliò rapidamente un altro chiudendolo immediatamente e allontanandolo appena vide un’immagine di Maya Kitajima che capeggiava nella sezione degli spettacoli e riportava l’intervista che aveva fatto il giorno prima.

- Questo pomeriggio le ricordo alle tre l’incontro con suo padre e i due investitori statunitensi - per fortuna lui non la guardò, così non si accorse dell’espressione turbata sul suo volto.

- Grazie, Mizuki, mi lasci lavorare adesso - le chiese senza alzare lo sguardo dai bilanci. La segretaria fece un lieve inchino, poi gli dette le spalle.

- Oggi se ne va senza battute sarcastiche? - aggiunse sempre con lo sguardo sui numeri. Mizuki si voltò e se il suo capo l’avesse guardata in faccia avrebbe visto i suoi occhi, solitamente calmi, infuocati e irritati.

- Posso rimediare, se vuole - rispose tagliente.

- No grazie, dato che oggi mi ha esentato, lasciamo le cose così - Masumi sollevò lo sguardo meravigliato quando sentì la porta sbattere per la prima volta da quando Mizuki aveva iniziato a lavorare per lui. Sorrise malinconico e tornò al suo lavoro, ma dopo un attimo riprese il giornale che aveva messo da parte e lesse l’articolo su Maya.



- Maya… non riesco ancora a crederci… - sussurrò Rei con la testa fra le braccia, appoggiata sul tavolo.

- Neanche io in realtà… - annuì lei imbarazzata, lo sguardo fisso su un chicco di riso rimasto sul tavolo.

- Quanto tempo ho per metabolizzare ogni cosa? - le chiese poco convinta.

- Fino alle tre di questo pomeriggio, poi andiamo in scena… - rispose piano Maya con la voce che le tremava. Rei sospirò e chiuse gli occhi.

- E va bene... - annuì esasperata. Maya si illuminò e Rei scoppiò a ridere - Temevi che non ti aiutassi? -

- No… è che io… non so se avrei creduto a qualcuno che mi avesse raccontato ciò che io ho detto a te… - arrossì e sprofondò sulla sedia.

- In effetti, Maya… lo sarebbe stato... se io non avessi già sospettato del signor Hayami - le confidò strizzandole un occhio. Maya trasalì e spalancò gli occhi.

- Lo… sospettavi? - balbettò incapace di formare una frase coerente.

- C’era sempre quando avevi bisogno, Puck ne è il caso più emblematico, e non come ammiratore, ma come Masumi Hayami… - le fece notare lei impietosa e Maya abbassò lo sguardo.

Dopo qualche attimo di silenzio Rei si decise a fare la domanda fatale.

- Cosa dovrei fare? - e la fissò senza sapere cosa aspettarsi. Chissà qual era il piano di quell’uomo chiamato Hijiri… Lo sguardo che ricambiò Maya la fece allarmare immediatamente.

- Il mio compagno investigatore… - sussurrò arrossendo e abbassando le mani per prendere qualcosa. Rei rimase con la bocca aperta mentre lei appoggiava sul tavolo un plico di fogli.

- E quelli cosa sono? - domandò mormorando sconcertata.

- Il nostro copione - sorrise Maya timidamente - Bilanci fiscali del gruppo Takatsu - sparpagliò le carte sul tavolo ripetendo le parole del signor Hijiri. Non c’erano solo bilanci, ma anche fotografie compromettenti di dirigenti che prendevano mazzette e altre istantanee di quelli che potevano essere solo conti bancari per il riciclo di denaro…

- Come hai avuto questa roba, Maya? - domandò con gli occhi spalancati.

- Mi ha dato tutto il signor Hijiri… - sussurrò lei sempre imbarazzata. Rei sollevò lo sguardo meravigliata.

- Ma chi è questo Hijiri? - mormorò sospettosa.

- Non lo so… mi consegnava sempre le rose… non so altro. È gentile e vuole aiutare il signor Hayami - spiegò risoluta più per convincere se stessa che Rei. L’amica continuò a sfogliare i documenti con aria stralunata.

- Esattamente cosa dobbiamo fare? - chiese all’improvviso disperata.

- Il signor Hijiri verrà qui e spiegherà tutto anche a te come l’ha spiegato a me ieri sera. Non so niente di tutte queste cose, ma sono brava a imparare un copione e sono sicura che anche tu non farai alcuna fatica - spiegò Maya - Inoltre non dovrebbe essere difficile impersonare due investigatori - aggiunse con un filo di voce. Almeno non dopo la Dea Scarlatta…

- Maya… - Rei fissò l’amica che aveva preso in mano una fotografia che ritraeva Masumi Hayami, l’imperatore Takamiya e Eisuke Hayami sulla terrazza di un ristorante. Ancora non riusciva davvero a capire come quella situazione fosse arrivata a quel limite così assurdo. Maya e Masumi Hayami… no, proprio non riusciva a crederci…

- Ah, c’è un’altra cosa… - aggiunse Maya sovrappensiero. Rei la fissò rassegnata - Abbiamo appuntamento da una truccatrice… -

- Oh, cielo… - espirò esasperata Rei cominciando a pensare che forse non era stata una buona idea acconsentire.



Mizuki era nervosa per la prima volta nella sua vita. Non lo era mai stata quando riguardava il lavoro: aveva sempre tutto sotto controllo ed era completamente padrona della situazione. Ma questa volta sapeva che qualcosa avrebbe potuto non andare per il verso giusto. Aver accettato quell’incontro quel pomeriggio metteva a repentaglio tutto ciò per cui aveva lavorato duramente: la sua integrità, professionalità e tutti gli anni dedicati allo studio.

Ma quell’uomo pacato, dai profondi occhi grigi, era stato convincente e lei alla fine aveva capitolato. Per lui, per Masumi Hayami. Esattamente non sapeva il perché di quella sua spiccata lealtà, all’inizio l’aveva trovato affascinante, ma ben presto si era accorta di quanto fosse spietato e freddo. E solo. Poi era arrivata quella ragazzina pelle e ossa che l’aveva completamente trasformato. Non le era occorso molto per rendersi conto di quale sentimento legasse il suo capo a quell’attrice esordiente e, quando aveva potuto, l’aveva aiutato. Aveva visto lo sguardo di Maya fuori dalla Daito il giorno in cui lo aveva visto insieme a Shiori Takamiya e non era stato fraintendibile. Per un motivo a lei sconosciuto quella ragazzina si era innamorata del suo capo.

Il rispetto che aveva per Masumi Hayami era cresciuto col tempo fino a diventare affetto e lealtà. Non le interessava che lui le riconoscesse dei meriti, le bastava sapere di aver concorso a qualcosa che gli avrebbe dato una possibilità di riemergere da quella prigione che suo padre aveva costruito per lui.

Le porte dell’ascensore si aprirono e ne uscirono un uomo e una donna. Mizuki rimase impietrita, ma non lasciò trasparire niente dalla sua espressione. Li accolse con la solita gentilezza e un sorriso smagliante e gli chiese di attendere gentilmente. Bussò alla porta dell’ufficio dove Hayami padre e figlio attendevano.

- I signori Brown e Williams sono arrivati - una voce rispose qualcosa e la segretaria li fece entrare.

- Prego, signori, potete accomodarvi - li invitò indicando l’interno dell’ufficio. Con passo deciso la coppia vestita di nero entrò e la porta si chiuse alle loro spalle.



- Benvenuti, il viaggio per Tokyo è stato gradevole? - Masumi uscì da dietro la scrivania e strinse la mano dell’uomo biondo, non troppo alto e magro, che gli sorrideva. Aveva brillanti occhi azzurro chiaro e vestiva con un completo nero, camicia azzurra e cravatta blu.

- Grazie, Mr. Hayami, è stato piacevole  - rispose in un buon giapponese con una simpatica sfumatura e Masumi alzò un sopracciglio sorpreso. L’uomo si avvicinò a Eisuke sulla sedia a rotelle e gli strinse la mano vigorosamente - Sono Liam Brown - si presentò.

Masumi strinse la mano alla donna in tailleur nero e camicia azzurra. Aveva lunghi capelli biondi e profondi occhi blu come il mare, la pelle chiara, le guance lievemente arrossate e un velo di rossetto rosa. Gli occhi occidentali lo avevano sempre affascinato e quelli erano particolarmente luminosi e grandi. La sua stretta era decisa e il sorriso caldo e disponibile.

Americani…

La donna si rivolse a Eisuke Hayami e dopo un attimo di esitazione si avvicinò.

- Sophia Williams, piacere - e gli strinse la mano.

- Volete accomodarvi, così possiamo iniziare a parlare? - offrì Masumi indicando due sedie davanti alla sua scrivania. I due presero posto sotto lo sguardo indagatore di Eisuke.

- Siete riusciti in un’impresa in cui falliscono tutti - esordì Masumi con un sorriso sornione e allo sguardo perplesso dei due americani proseguì - Avete riunito mio padre e me per discutere di affari… questo non avveniva da… da molto tempo - concluse sempre con un sorriso congiungendo le mani e poggiando i gomiti sulla scrivania.

- Sono contenta che abbiate accettato - annuì Sophia con un sorriso accondiscendente ed enigmatico.

- La mia solerte segretaria mi ha mostrato il vostro piano di investimenti, ma una domanda mi sorge spontanea - continuò Masumi fissando gli occhi su Liam Brown - Perché? -

Quale piano di investimenti??? Oh cielo!

- Perché abbiamo necessità che ora, entrambi, manteniate la calma - rispose Sophia precedendo Liam. Masumi si voltò verso la donna.

È lei che conduce il gioco quindi…

- La calma? - Masumi alzò un sopracciglio e si irrigidì, seguito da Eisuke.

- Avevamo necessità di parlarvi, ma sembravate inarrivabili, e io che ho sempre creduto gli americani dei fissati con la sicurezza… - spiegò Sophia con uno squisito giapponese dall’accento americano.

Eisuke guardò suo figlio che si alzò lentamente.

- Chi siete voi? - domandò assottigliando lo sguardo.

- Investigatori privati - e Liam appoggiò sulla scrivania, con un gesto lento e calcolato, un bigliettino da visita.

Masumi lo prese e lesse le poche righe: ISA - Investigative Services Agency - Illinois.

Quando rialzò lo sguardo era freddo e distante.

- Perché siete qui con l’inganno? - chiese appoggiando il bigliettino.

- Ciò che dobbiamo riferirvi è vitale e non possiamo più rimandare - spiegò Liam spostando lo sguardo su Sophia per un attimo.

- Abbiamo cercato di contattarvi inutilmente nei due mesi precedenti, ma il nostro cliente non è più disposto ad attendere - concluse Sophia alzandosi e raggiungendo la vetrata oltre Eisuke Hayami. L’anziano imprenditore seguì la donna con lo sguardo. Era molto carina, camminava sui tacchi alti alla perfezione e le gambe sottili sbucavano da sotto la gonna nera al ginocchio.

- Chi vi ha assunto? - chiese Masumi spostando lo sguardo su Liam. Che sta facendo quella donna?

Liam sorrise lievemente e congiunse le mani in grembo.

- Lei, Mr Hayami, comprenderà bene che questa è un’informazione che non ci è possibile rivelare - disse Sophia voltandosi verso di lui. Dalla vetrata si vedeva tutto lo skyline di Tokyo. L’immensa città sembrava giacere ai piedi di quel palazzo.

Masumi si irrigidì e si spostò vicino a lei.

- L’importante è che sappiate che il nostro cliente ha a cuore la vostra… salvezza - Liam sembrò cercare la parola adatta in giapponese ed entrambi gli Hayami si voltarono verso di lui. Appoggiò la cartellina nera che aveva con sé sulla scrivania e ne tirò fuori alcuni documenti e fotografie. Eisuke assottigliò lo sguardo e rimase immobile sulla sedia a rotelle.

- Qualcuno di misterioso assume due investigatori americani e ci tiene così tanto a noi da arrivare a mandarvi qui con l’inganno? - Masumi per poco scoppiò a ridere: non conosceva nessuno nell’universo capace di un’azione del genere!

Sophia si voltò tornando con lo sguardo nell’ufficio.

- Le sembra così strano che qualcuno si preoccupi per voi? Tutti hanno degli ammiratori - concluse la donna fissandolo e incredibilmente lui distolse lo sguardo, posandolo sulle fotografie.

- Cosa sono? - domandò a Liam, quella donna lo metteva a disagio. Era americana, lo guardava e lo sfidava senza alcun problema mentre in Giappone nessuno avrebbe osato tanto. Per lei le loro convenzioni erano inesistenti, in America le donne erano più dirette. Maya non si è mai fatta problemi a rispondermi per le rime e non mi ha mai temuto, proprio come questa donna…

- Queste, signori - riprese Liam con un lieve sorriso - Sono la chiave che vi permetterà di non commettere una follia -

Eisuke si avvicinò e prese qualche foglio e delle fotografie. Le osservò attentamente e lo stesso fece Masumi sotto lo sguardo attento dei due investigatori.

- Sono bilanci della Takatsu… - ringhiò Eisuke - Sono dei falsi! Conosco l’Imperatore Takamiya da anni e non avrebbe ridotto sul lastrico la sua azienda in questo modo! -

- Non è stato Takamiya in prima persona. Le fotografie e i documenti parlano da soli - insisté Liam mostrando una foto in cui veniva corrotto un dirigente dell’azienda logistica che faceva parte del gruppo.

- Abbiamo svolto quest’indagine per molto tempo, i risultati sono sicuri, se farete una fusione i vostri soldi serviranno a ripagare i loro debiti e il nostro cliente non desidera questo - spiegò lentamente Liam cercando di essere il più convincente possibile.

- Ditemi il nome di quest’uomo che osa interferire coi nostri affari! - gridò Eisuke e Masumi aggrottò la fronte.

- Non abbiamo mai detto che fosse un uomo - precisò Sophia tornando a sedere con calma. I due Hayami si irrigidirono.

- Come potete pensare che possiamo credere a due anonimi investigatori americani che piombano nel nostro ufficio ingannandoci, quando un’amicizia decennale mi lega alla famiglia Takamiya?! - Eisuke picchiò un pugno sul bracciolo della sedia.

- Non avete più tempo per verificare queste carte - asserì Liam - Se suo figlio sposerà la nipote di Takamiya fra due giorni voi sarete… fottuti - espose candidamente l’investigatore usando lo slang americano per quell’ultima parola.

Eisuke diventò rosso e stava per esplodere, ma Masumi lo prevenne. Incredibilmente quei due gli stavano fornendo un modo per uscire da quella situazione spinosa. Non avrebbe avuto Maya, ma forse avrebbe potuto proteggerla lo stesso e avrebbe evitato il matrimonio con Shiori.

- Da quanto tempo investigate? - chiese sedendosi di nuovo.

- Due anni - rispose Liam sicuro raggruppando tutti i documenti.

Masumi sembrò soppesare quelle parole. Quei due non ci guadagnavano niente, non erano loro il problema, lo era il cliente che li aveva assunti. Perché qualcuno avrebbe voluto salvare lui e suo padre? Non aveva senso! Conosceva almeno venti imprenditori che avrebbero fatto la festa se loro avessero chiuso i battenti e non conosceva nessuno che avrebbe voluto salvargli la pelle… E probabilmente suo padre avrebbe comunque mantenuto le minacce contro Maya.

- Ci è impossibile recedere dal contratto che abbiamo stipulato con loro al momento del fidanzamento, ma potete riferire al vostro cliente che siamo disponibili ad incontrarlo e a chiarire questa spiacevole situazione - disse Masumi espirando, cercando di non far trasparire la sua angoscia. Eisuke sorrise soddisfatto e non sfuggì né a Liam né a Sophia.

- Se lei sposerà quella donna, la Daito Art Production non esisterà più! - Liam si sporse verso di lui sulla scrivania.

- Non è una questione che dipende solo da me - lo informò piatto Masumi e Liam rimase sconcertato da ciò che vide nei suoi occhi chiari. È rassegnato e spaventato! Allora è vero che suo padre ha minacciato Maya!

- Come vuole. Noi abbiamo fatto quanto ci ha chiesto il nostro cliente. Il nostro lavoro finisce qui - Liam si alzò seguito da Sophia.

- Siamo davvero spiacenti per il modo in cui ci siamo intromessi - si giustificò la donna che sembrava in imbarazzo - Di solito non agiamo così, ma voi eravate veramente irraggiungibili e il nostro cliente voleva avvisarvi ad ogni costo -

- Addio, Mr. Hayami - salutò Liam porgendo la mano che lui strinse dopo qualche attimo seguito da Sophia mentre Eisuke li snobbò voltando la sedia verso la vetrata.

Uscirono senza fretta e Masumi li seguì con lo sguardo finché lasciarono la stanza.

- Maledetti americani! - ringhiò Eisuke picchiando di nuovo il pugno.

- Chissà chi li ha assunti… - sussurrò Masumi pensieroso prendendo il biglietto da visita dei due investigatori.

- Non ha alcuna importanza! La fusione si farà! Takamiya è un uomo d’onore, non può avermi teso una trappola del genere! Ci conosciamo da anni! - esclamò irato Eisuke.

- Mantieni la calma, padre, o ti salirà la pressione - Masumi a stento mantenne la serietà.

- Masumi! Smettila subito! - ringhiò adirato il padre.

- Perché, altrimenti cosa farai? Minaccerai di morte la donna che amo? Di nuovo - gli chiese raffreddando lo sguardo. Si sistemò la giacca e si avvicinò alla porta.

- Ti faccio chiamare la macchina - gli comunicò chiudendo la porta e ignorando le sue lamentele. Devo bere…

- L’incontro è andato bene, signor Masumi? - gli chiese la fedele segretaria una volta fuori dal suo ufficio.

- Sì, Mizuki, tutto a posto. Cancelli i miei impegni del pomeriggio e faccia chiamare l’auto per mio padre - le disse senza neanche voltarsi.

- Sì, signor Masumi - lo osservò mentre cercava sigaretta e accendino dirigendosi all’ascensore. Perché si è rassegnato, signor Masumi?



- Ho il cuore che mi scoppia per la paura! - Maya si appoggiò allo schienale del taxi, le mani tremanti.

- A chi lo dici! Hai visto la faccia di Eisuke Hayami? - Rei la fissò coi suoi occhi occidentali. La truccatrice da cui le aveva mandate il signor Hijiri aveva modificato i loro occhi in modo così perfetto che sembravano davvero due occidentali! E le lenti a contatto poi! Le parrucche, i vestiti!

- Sei stata perfetta, Maya!!! Se la signora avesse potuto vederti! - le strinse le mani e le sorrise.

- Tu dici? Ancora non so come ho fatto a tenere quella maschera… tu sei stata davvero bravissima Rei, avresti dovuto vederti - balbettò insicura, completamente diversa dalla Sophia Williams che aveva interpretato fino a pochi minuti prima.

- Ma certo! Ti rendi conto che nessuno dei due ci ha riconosciuto? - Rei era eccitata e rideva.

- Forse la signorina Mizuki, sì… - mormorò lei, lo sguardo basso.

- Forse… ma sembra che abbia tenuto la bocca chiusa! - e Rei le strinse le mani.

- Comunque le cose non cambieranno, hai sentito cos’ha detto… - sussurrò Maya con la voce incrinata.

- Maya… - la chiamò Rei attirando la sua attenzione e la giovane tirò su lo sguardo - Io non so come quel signor Hijiri sia riuscito a organizzare tutto questo e… sinceramente non lo voglio sapere… ma sai che questa è solo metà del suo piano. Domani ci aspetta la parte più difficile -

- L’Imperatore Takamiya… - sussurrò portandosi le mani al volto.

Come posso affrontare quell’uomo? Non so niente di lui... E se dovesse capire chi siamo?


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Giorno 3 ***


Giorno 3


- Abbandona, te ne prego, il tuo passato… diventa solo mio, della tua Akoya! - la sua supplica intensa lo scosse e fu costretto a fare un passo indietro. Io! Arretrare di fronte ad una ragazzina!

Maya sollevò una mano facendo un passo avanti e lui rimase pietrificato. Bramava il suo tocco ma ne era anche impaurito. Cosa significavano quelle parole? Perché gliele stava rivolgendo? I suoi occhi brillavano pieni d’amore, le labbra tremavano come se a stento trattenessero il desiderio di unirsi alle sue. Come sono arrivato a questa situazione?

La mano toccò la sua guancia e fuoco liquido si sparse in tutto il suo corpo. Lui la coprì con la sua e Maya gli sorrise compiaciuta. Le sue labbra… come quella notte, dopo l’aggressione, erano protese verso di lui, possibile che lo volesse davvero? Si fece ancora più vicina, probabilmente non immaginava neanche cosa gli provocava, era spontanea, come sempre, agiva per quello che il cuore le diceva, non calcolava mai le sue mosse, era imprevedibile. L’attirò a sé fissandola, avvicinando il volto, dandole il tempo di tirarsi indietro se avesse voluto, mentre il sangue gli scorreva furioso nelle vene e la voglia di baciarla gli levava la ragione. Ma lei continuò a sorridergli fiduciosa, in attesa del suo bacio.

Strinse le braccia e lei chiuse gli occhi, abbandonandosi completamente. Non riesco più a trattenermi! Fece scorrere le mani sulla sua schiena possessivamente e catturò le labbra dolci come miele. Il cuore gli batteva in petto come se volesse uscire! Era morbida, profumata e rispondeva al suo bacio con altrettanta passione. Si meravigliò quando sentì la sua piccola mano scivolare lentamente verso l’inguine, quello proprio non se l’aspettava! Spalancò gli occhi interrompendo il bacio e si perse negli occhi azzurri dell’investigatrice americana che continuò a far scendere la mano fino a bloccarla d’improvviso.

- Tutti hanno degli ammiratori, Mr. Hayami - disse Sophia con il suo accento squisito. Fece riprendere il corso alla sua mano lieve e intrecciò l’altra ai suoi capelli. Era una situazione così assurda e quella donna sembrava saper esattamente dove toccare, era audace, passionale, e i suoi occhi… bellissimi occhi azzurri… erano pieni d’amore per lui. Questo è impossibile…

La strinse baciandola, incapace di resistere a quel fascino ammiccante e sensuale e stranamente familiare. Il corpo della donna si arrese immediatamente alla sua invasione e lui, accecato dal desiderio e dalla frustrazione, prese tutto ciò che voleva.


Si alzò di scatto, trovandosi seduto e madido di sudore nel letto. Gridò battendo i pugni e serrando gli occhi, la rabbia che gli lacerava l’anima.

Domani mi sposerò! Come posso fare questi sogni? Ma come sono ridotto?

Scese dal letto e si fece una doccia gelata lavando via ciò che restava del suo violento amplesso notturno, fisico e mentale. Sorrise mestamente appoggiando una mano alla parete fredda della doccia. Questa volta il sogno è stato diverso… è cambiato… perché quella donna? Cosa c’entra lei con me? Maya...

Controllò la sveglia sul comodino e decise di vestirsi e andare in ufficio, non sarebbe più riuscito a dormire comunque. Voleva scoprire se le credenziali dei due investigatori erano vere…


La truccatrice fece nuovamente la sua magia e le trasformò in due perfette occidentali. Quando uscirono c’era Hijiri ad aspettarle che spalancò gli occhi. Avevano parlato fino a un’ora prima e le due ragazze gli avevano fatto un resoconto completo del pomeriggio precedente. Sapeva che con Eisuke Hayami non avrebbero ottenuto nulla ma era un passo che dovevano tentare. Sospirò e aprì la portiera della macchina. Le avrebbe accompagnate a casa Takamiya. Quella prova sarebbe stata sicuramente più difficile dell’altra.

Aveva cercato di dare a entrambe il maggior numero di informazioni circa la famiglia Takamiya e l’imperatore e sia Rei che Maya avevano ascoltato attente e per un attimo aveva compreso cosa doveva significare per un regista dirigere delle attrici così talentuose. Avrebbe voluto essere nell’ufficio del signor Masumi e godersi la scena. Così abbigliate e con la maschera della recitazione erano irriconoscibili. Aveva sentito Rei fare alcune prove, la sua voce cambiava e sembrava davvero un uomo… Poi il portamento, i movimenti del corpo e del volto, si trasformava completamente. Maya era irriconoscibile, non aveva nulla della ragazza timida e dimessa che aveva sempre incontrato, sembrava un agente dell’FBI come quelli che si vedono nei telefilm americani. E soprattutto sembrava una donna con cinque o dieci anni di più.

- Ci siamo, siete sicure di voler tornare in taxi? - chiese voltandosi e appoggiandosi al sedile.

- Sì, non possiamo sapere quanto tempo ci tratterremo e non vogliamo che lei attenda qui, grazie signor Hijiri - gli sorrise imbarazzata Maya.

- Va bene, ma attendo un SMS da lei Rei, non fatemi stare in pensiero - aggiunse guardando l’orologio: erano le tre e mezzo.

Rei prese la valigetta nera e seguita da Maya raggiunse il portone esterno della villa.

Vennero accolte dal personale di servizio che le condusse in un’ampia e luminosa sala arredata in stile giapponese, con un grande tavolino basso e cuscini comodi. I mobili erano lussuosi, i quadri di valore, le suppellettili ricercate ed essenziali.

Questa è la casa di Shiori Takamiya… chissà se lei c’è? Devo restare concentrata o perderò la mia maschera…

Si accomodarono e qualche minuto dopo entrò l’imperatore Takamiya, vestito in abiti tradizionali. Maya lo aveva visto una volta sola, era un uomo austero, capelli grigi e baffi curati, occhi scuri e penetranti. Quell’uomo era amico del padre del signor Hayami. Non era certo un’esperta di contabilità ma i documenti del signor Hijiri parlavano chiaro: il gruppo Takatsu era sull’orlo della bancarotta. Una rabbia incomprensibile la pervase ma si costrinse alla calma. Ma che mi prende?

- Buongiorno, Mr. Takamiya - lo salutò Liam facendo un lieve cenno della testa. Per affrontare gli Hayami si erano messe d’accordo nell’essere il più americane possibile, niente convenzioni giapponesi, ma con quest’uomo la faccenda cambiava radicalmente.

- Lei parla giapponese, anche se non perfetto - gli fece notare l’anziano imprenditore.

- Ci deve scusare, la vostra lingua è difficile - ammise Liam con un sorriso accondiscendente - Lei è Sophia Williams e io sono Liam Brown, della ISA - e gli porse un bigliettino, ma lui rimase immobile e non lo prese, così Liam lo appoggiò sul tavolo.

- Quando la mia segretaria mi ha proposto questo incontro con voi ho rifiutato ma il mio avvocato mi ha convinto che sarebbe stato meglio incontrarvi, quindi ditemi cosa volete da me - li interrogò freddamente.

- Il nostro cliente ha particolarmente a cuore gli interessi della Daito Art Production essendone uno degli investitori principali - esordì Liam e immediatamente Takamiya aggrottò la fronte.

- Venite in casa mia a parlarmi di altri? - esplose picchiando un pugno.

Mamma mia quanto è irascibile… andiamo bene…

- La prego, Mr. Takamiya, lo lasci finire - la donna bionda, dai profondi occhi azzurri, venne in sostegno del suo compagno e lo fissò senza alcun timore negli occhi. Lui fece un cenno secco con la testa e Liam riprese la parola.

- Ha incaricato la nostra agenzia di fare luce sugli affari del gruppo Takatsu, a seguito del fidanzamento dell’erede degli Hayami con sua nipote... - l’anziano uomo picchiò entrambi i pugni sul tavolo facendole sobbalzare.

- Fuori immediatamente da casa mia! - gridò, il volto contratto dalla rabbia. I due investigatori lo fissarono in silenzio, poi Liam tentò l’ultimo approccio, quello più rischioso, come gli aveva detto il signor Hijiri. Tirò fuori dalla valigetta un plico di documenti e fotografie e li posò sul tavolo.

- Questi sono per lei. Il nostro cliente ci tiene a farle sapere che non esiterà a dare ogni cosa alla stampa questa sera stessa se lei non impedirà la fusione del gruppo Takatsu alla Daito Art Production - e si alzò seguito da Sophia che era rimasta in silenzio, facendo poi un lieve inchino. Takamiya non fece alcun movimento verso i documenti, sembrava completamente assorto e dimentico che loro fossero in quella stanza. Liam e Sophia si guardarono per un fugace momento, poi mossero un passo e lui picchiò di nuovo il pugno sul tavolo.

- Sedetevi! - urlò accalorandosi.

I due investigatori obbedirono in silenzio e attesero che l’uomo parlasse di nuovo.

- Non so chi sia il vostro cliente e non mi interessa, ma non mi piace ricevere delle minacce - sibilò con astio a stento represso - Domani mattina mia nipote Shiori sposerà Masumi Hayami e io lo renderò Presidente dell’intero gruppo. Le sue capacità e i loro capitali risolleveranno l’azienda! -

Non vuole solo i soldi della Daito!

- Perché li ha ingannati, Mr. Takamiya? - lo interrogò la donna sfrontata con quello strano accento.

- Non sono affari che la riguardano! - si ribellò lui trovando davvero anomala quella domanda così personale.

- Di sicuro non riguardano noi - fece notare Liam - Ma riguarderanno tutto il Giappone nel notiziario di questa sera… - puntualizzò con una nota di sarcasmo.

- I conti sono chiari, Mr. Takamiya... - insisté Sophia e Rei ebbe improvvisamente paura sotto la maschera di Liam - La vostra bancarotta è troppo avanzata, i conti malati, i dirigenti corrotti e lei ha permesso che tutto questo avvenisse. Non c’è uomo al mondo che possa risollevare una situazione del genere, neanche Masumi Hayami. Entrambe le aziende moriranno e centinaia di dipendenti perderanno il lavoro - indurì lo sguardo ignorando la faccia porpora dell’anziano imprenditore.

- Non avete alcun diritto di interferire nei miei affari! I vostri dati sono falsi e denuncerò la vostra agenzia, vi trascinerò in tribunale e non troverete più un lavoro per il resto della vostra vita! - urlò l’uomo abbandonando ogni contegno.

- Non lo farà. I suoi conti sono in rosso e i dati che le abbiamo portato sono veri e lei lo sa bene… - infierì Liam spietato con sguardo tagliente.

- Voi non avete idea di cosa io possa fare - sibilò minaccioso abbassando la voce fulminandoli con sguardo truce.

- Invece si sbaglia Mr. Takamiya, noi sappiamo esattamente ciò di cui è capace. Ci domandavamo se lo sapesse anche sua nipote… - aggiunse Sophia spostando verso di lui una fotografia che la ritraeva insieme a Masumi Hayami, lei lo guardava, rapita, lui invece aveva lo sguardo distante.

- Di cosa sta parlando, nonno? - la voce delicata e sottile fece voltare Takamiya e alzare lo sguardo ai due investigatori.

- Shiori… che ci fai qui? Torna in camera, non ti devi affaticare, domani ti aspetta un grande giorno - si alzò e la raggiunse con fare protettivo.

Maya sentì il cuore balzarle in gola. Concentrati!

- Nonno… - lo implorò lei - Cosa sta succedendo? Chi sono loro? Cosa dovrei sapere? - li indicò titubante. Entrò nella sala e si avvicinò al tavolo basso prendendo in mano la fotografia. Poi sollevò gli occhi sulla coppia con aria interrogativa.

- Non azzardatevi a parlare con lei! - ringhiò Takamiya alle sue spalle.

- Non trova giusto che sappia? - si intromise Liam e Sophia si voltò a guardarlo.

- Chi siete? - domandò Shiori e Maya notò che era notevolmente dimagrita e anche la sua bellezza non più radiosa come l’aveva vista qualche tempo prima.

- Investigatori privati - continuò Liam - Il nostro cliente preferirebbe che la fusione fra il gruppo Takatsu e la Daito Art Production non avvenisse - riassunse in modo non troppo drammatico fissando la donna.

- Perché? Io amo Masumi Hayami - rispose candidamente la donna con gli occhi che brillavano spostando lo sguardo dall’uomo alla donna.

Lo ama davvero! Ma cosa sto facendo? Lo ama… e probabilmente lui ama lei! Ecco perché mi ha detto tutte quelle cose a Izu! Il signor Hijiri deve aver frainteso! Masumi Hayami non può amare una come me! E’ impossibile! Come posso essere stata così stupida?

- Miss Takamiya… - iniziò Liam ma il nonno lo fermò bruscamente.

- La avviso, se proseguirà io… - ma si interruppe spalancando gli occhi verso Sophia.

Rei vide anche Shiori spostare meravigliata lo sguardo verso Maya e quando li seguì vide una lacrima scendere lenta sulla guancia di Maya dai suoi perfetti occhi occidentali.

Perde la maschera e non posso certo fare come in “Sorriso di pietra”! Maya!

- Perché piange? - le domandò Shiori assottigliando lo sguardo con aria interrogativa.

Maya sentì tutto il sangue defluire. Ho lasciato cadere la maschera! E ora cosa faccio?

- Scusatemi, è sicuramente qualcosa nell’aria che irrita i miei occhi - ebbe la prontezza di rispondere sorridendo e passandosi una mano sulla guancia per cancellare la lacrima. Ma Rei si rese conto che sia Shiori che Takamiya la fissavano ancora. Tossicchiò per attirare l’attenzione e entrambi si voltarono.

- Mr. Takamiya, lei è libero di agire come preferisce e non voglio continuare il discorso davanti a sua nipote. Le abbiamo già detto tutto ciò che il nostro cliente voleva farle sapere - scrisse un numero di telefono sul bigliettino che aveva lasciato sul tavolo insieme ai documenti - Chiami questo numero entro stasera o ogni cosa andrà alla stampa - Liam si alzò seguito da Sophia e fecero un lieve inchino.

- Siete due pazzi e lo è anche il vostro misterioso cliente se pensate che io mi faccia intimorire così! - urlò Takamiya facendo sobbalzare anche la nipote.

- I nostri affari non vi riguardano! - aggiunse dopo che nessuno dei due investigatori replicò.

- Perché il vostro cliente non vuole la fusione? Perché non dovrei sposare Masumi Hayami? - Shiori si fece avanti spinta da un’angoscia lacerante, sprazzi di ricordi che iniziavano a far breccia nella sua memoria.

I due investigatori spostarono lo sguardo da lei a Takamiya che li intimava, con la sola posizione e lo sguardo feroce, a tacere.

- Siamo spiacenti, Miss, sono argomenti che abbiamo già discusso con suo nonno, noi siamo solo degli emissari - spiegò Liam con sguardo sincero sperando di convincerla a non insistere.

- Perché volete impedire questo matrimonio? Chi è il vostro cliente? - Shiori fece un passo avanti, gli occhi mandavano lampi, completamente diversa da pochi attimi prima.

- Shiori! Questi non sono discorsi che ti devono preoccupare! Domani sposerai Masumi Hayami! - si impose lui prendendola per le spalle. La sentì irrigidirsi e Maya e Rei videro cambiare drasticamente il suo volto. Era immobile, gli occhi sbarrati, lo sguardo fisso nel nulla.

Astoria… il porto… ti parlerò un altro giorno Shiori, ora devo accompagnare Maya a casa…  Non posso sposarti… dolore… rabbia… sangue… sangue… sangue rosso… rose rosse… NO! ROSE SCARLATTE! Maya Kitajima… Masumi e Maya sull’Astoria… Masumi Hayami non mi vuole, vuole quella ragazzina scialba… E’ lui il suo donatore misterioso!... E’ lui… Masumi Hayami!

Shiori si portò le mani al viso e scoppiò a piangere, il fiume di ricordi invase la sua mente. Takamiya l’attirò verso di sé e fissò i due in cagnesco.

- Fuori da casa mia! - ordinò, e un domestico entrò discretamente nella sala scortandoli fuori in silenzio.

- Nonno! - Shiori lo abbracciò, tutti i ricordi erano dolorosamente riaffiorati. Non aveva sentito solo l’ultima frase della conversazione ma molto di più! Se quei due investigatori avessero dato alla stampa quei dati, il loro matrimonio sarebbe saltato e Maya Kitajima avrebbe avuto Masumi tutto per sé!

- Shiori calmati, sono andati via… - le accarezzò i capelli affranto.

- Non puoi lasciarli andare nonno! Faranno saltare il mio matrimonio e io amo Masumi così tanto! - gridò disperata afferrando il suo kimono. Quell’attricetta non l’avrà mai! MAI!

- Shiori… - Takamiya la guardò, gli occhi arrossati dal pianto disperato, la voce incrinata e tesa, le mani delicate che artigliavano il tessuto. In realtà la nipote gli aveva letto nel pensiero. Non era neanche sua intenzione lasciarli andare. Il matrimonio si sarebbe tenuto l’indomani mattina. Bastava trattenerli qualche ora…


Rei uscì da casa Takamiya e mandò immediatamente un SMS al signor Hijiri: può passare al prossimo atto. Maya non riuscì a chiamare il taxi. Ogni cosa si fece nera e sentì solo le grida di Rei.


Domani a quest’ora sarò sposato…

Masumi fissò il bicchiere vuoto davanti a sé. I due agenti facevano realmente parte dello staff dell’ISA, era tutto vero. I documenti avevano rivelato una situazione di grave deficit. Aveva visto conti in rosso, fornitori che dovevano essere pagati, riciclaggio, corruzione, prelievi fraudolenti, spese ingiustificate. Aveva fatto chiamare da Mizuki due dei loro analisti appena era arrivata in ufficio e avevano trascorso sette ore a trovare un modo per stabilizzare la situazione del gruppo Takatsu. Se Shiori aveva pensato di andare in luna di miele si sbagliava. Suo nonno scaricava sulle sue spalle un fardello molto più impegnativo di un matrimonio. Non era certo un impegno che avrebbe potuto affrontare fra due mesi, ma il giorno seguente il matrimonio, immediatamente. Aveva provato a parlarne anche con suo padre che riteneva la faccenda solo una macchinazione di qualche rivale per impedirgli di fare la fusione.

Si slacciò la cravatta e chiese al barman di riempire di nuovo il bicchiere. Il bar al settimo piano del palazzo Daito era deserto a quell’ora di pomeriggio. Chissà cosa sta facendo Maya adesso… Starà provando con la signora e gli altri della compagnia? Starà pronunciando frasi d’amore al suo Isshin? Come quell’alba fece con me… Le anime gemelle non esistono… e se lo fossimo davvero, è un destino crudele quello che ci ha unito se non può farci stare insieme!

Picchiò il bicchiere sul bancone e si sentì osservato. Mizuki.

- Signor Masumi, hanno portato questa per lei. Mi hanno chiesto di consegnargliela di persona. E’ urgente - la voce della segretaria gli giunse stranamente apprensiva costringendolo a voltarsi con la fronte corrugata. Da quando Mizuki si faceva prendere dalle emozioni?

Mizuki fissò il suo capo senza far trasparire in alcun modo la meraviglia nel vederlo con un aspetto così trasandato. L’uomo con gli occhi grigi l’aveva chiamata al centralino e le aveva chiesto di salire fino alla terrazza panoramica della Daito. Lei aveva esitato poi era andata.

Masumi spostò lo sguardo dalla segretaria a ciò che teneva in mano e non riuscì a reprimere un moto di stupore genuino.

- Chi gliel’ha consegnata? - domandò senza staccare lo sguardo.

- Un ragazzino - gli rispose lei porgendogliela.

Masumi prese la busta accompagnata da una rosa bianca. Una strana sensazione lo avvolse. Appoggiò la rosa sul bancone e sentì Mizuki allontanarsi.

Cosa dovrei pensare adesso? Qualcuno si sta prendendo gioco di me… qualcuno che sa ogni cosa… la rosa non può essere casuale...

Aprì la busta ed estrasse la lettera. Un delicato profumo femminile lo raggiunse, aveva qualcosa di familiare ma non riuscì a ricollegare dove lo avesse già sentito.


“Gentile signor Hayami,

Le chiedo di avere fiducia in me e di leggere le poche righe che seguiranno promettendomi fin da ora che non cercherà in alcun modo di scoprire la mia identità. Conosco le sue abilità ma il mio interesse nei suoi confronti è relativo al recente impegno preso con il gruppo Takatsu.

Speravo che i due investigatori da me inviati potessero far breccia nei vostri cuori e vi convincessero della bontà della mia indagine volta esclusivamente a salvare la sua azienda e tutti i vostri lavoratori.

Scrivo a Lei e non a suo padre perché sono convinta che nasconda un animo generoso dietro la sua maschera da gelido imprenditore. Il gruppo Takatsu è fortemente compromesso, nessuno è in grado di risollevare le sue sorti, nonostante l’Imperatore Takamiya la pensi diversamente. Quindi la esorto a riflettere attentamente sulla strada che Lei e suo padre state per intraprendere, sarebbe per me un dolore troppo grande sapervi in difficoltà tali da non potervi aiutare in alcun modo. Ciò che potevo fare è stato indagare ma agire troppo tardi e di questo mi rammarico immensamente. Se solo avessi preso prima la decisione di avvisarvi forse le cose sarebbero state diverse e Lei non sarebbe stato costretto ad un matrimonio che non desidera e ad un contratto disastroso.

Ho mandato i miei investigatori anche dal signor Takamiya ma purtroppo non ha voluto essere ricondotto alla ragione ed è questo il motivo della mia lettera. Non sono riuscita a convincere suo padre né il nonno della sua futura moglie e la avviso che questa sera la documentazione che ha già avuto modo di visionare verrà trasmessa alle testate giornalistiche più importanti. Sono davvero desolata da tutto ciò che questo scatenerà e non riesco a trasmetterLe quanto questa decisione abbia visto divisa la mia anima ma non ho altri mezzi per fermarvi. L’azienda che Lei ha sviluppato con tanta fatica scomparirebbe sotto le macerie del gruppo Takatsu e decine di persone perderebbero il lavoro, compresi gli attori della compagnia Ondine, e io non posso permetterlo.

Le lascio in queste poche righe tutta la mia ammirazione per il lavoro che ha fatto in questi anni alla Daito, gli spettacoli accuratamente prodotti, la sua dedizione al lavoro e il modo in cui si è prodigato per una certa persona. Non ha alcuna necessità di preoccuparsi del fatto che io sia a conoscenza di questo, perché esattamente come lei ha a cuore quella giovane attrice, io ho a cuore Lei.


Un’ammiratrice.”


Masumi sbatté le palpebre più volte, incapace di accettare pienamente il significato di quella lettera e della rosa bianca. Chi è questa donna? Come può sapere tutto di me e della Daito? Ha condotto indagini anche su di noi? E perché è uscita allo scoperto solo ora?

La rilesse nuovamente ma non riuscì a cogliere niente altro. La calligrafia era piccola, ordinata ed elegante e c’era sempre quel dolce profumo di sottofondo.

Apprezzo il gesto… non mi importa cosa accadrà quando i giornali riveleranno le condizioni del gruppo Takatsu… forse mio padre finalmente si lascerà convincere a non firmare quel maledetto accordo né ad obbligarmi a sposare Shiori ma, cara ammiratrice, lei non può sapere chi sia realmente mio padre né di cosa sia capace…

Sorrise malinconico, chiuse la lettera, la rinfilò nella busta, tirò fuori l’accendino dalla tasca e ne incendiò un angolo. La tenne, guardandola bruciare lentamente, poi vide comparire un grande posacenere sotto e la cenere ci cadde dentro svolazzando lieve.

Prese la rosa fra le dita, ringraziò il barman che annuì in silenzio e tornò in ufficio.

Chissà cosa fanno gli uomini normalmente la sera prima del matrimonio…

Prese il cellulare e scelse il solito numero.

- Hijiri, sono io, ci vediamo alle dieci al solito posto -


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Giorno 4 ***


Giorno 4


Hijiri non aveva dato ai giornali la documentazione per un semplice fatto: Maya Kitajima e Rei Aoki non erano mai tornate a casa dopo l’incontro a casa Takamiya così lui era andato alla villa e aveva scoperto che, per una ragione sconosciuta, Maya e Rei erano state chiuse in una delle stanze sul retro. Non lo avevano contattato quindi probabilmente gli avevano tolto i cellulari. Aveva già chiamato un altro collaboratore che in passato aveva lavorato con lui per Masumi Hayami, poi aveva ricevuto la chiamata dal capo. Per la prima volta avrebbe voluto mettergli giù ma aveva risposto.

Aveva lasciato Ikeda alla villa chiedendogli di fare anche delle foto e si era recato all’appuntamento con il cuore gonfio di sofferenza per le sorti di Maya e Rei e per il fatto che le avesse messe lui in quella condizione.

Quando aveva guardato Masumi Hayami negli occhi vi aveva letto una struggente rassegnazione e una scintilla di rabbia sotto le braci ardenti dei suoi occhi azzurri e si era sentito ancora più in colpa. Rigirava fra le dita una rosa bianca, quella che lui aveva consegnato alla segretaria insieme alla lettera scritta da Maya su sua indicazione. Quando la giovane candidamente lo aveva informato di sapere esattamente chi fosse l’ammiratore delle rose scarlatte lui era scoppiato a ridere e lei era arrossita.

Era stato indeciso se raccontargli o meno ciò che era accaduto ma ciò che gli aveva detto lo aveva convinto che sarebbe stato meglio tacere. Se si fosse sposato con la consapevolezza di dover prendere in mano la situazione disastrosa della Takatsu, avrebbe affrontato tutto in modo completamente diverso, come era solito fare, a testa bassa, gettandosi nel lavoro senza l’illusione di poter magari riuscire ad avere Maya. Così, per la prima volta, aveva mentito al suo capo quando gli aveva chiesto, come ogni volta, come stava Maya.

Non aveva accennato alla rosa né alla lettera e Hijiri si era congratulato per l’imminente matrimonio ma quando incrociò il suo sguardo si rese conto che appena avrebbe sposato Shiori Takamiya niente sarebbe più stato alla stessa maniera.

Appena lo aveva congedato, era tornato immediatamente alla villa e si trovava tutt’ora lì con Ikeda. Era notte fonda ma nella villa c’era ancora un andirivieni di gente per il matrimonio del giorno seguente ed entrambi giunsero alla conclusione che avrebbero potuto liberarle solo quando la villa si sarebbe svuotata l’indomani mattina.

Hijiri rifletté a lungo su ciò che era accaduto e decise di raggiungere la sede di un importante quotidiano dove lavorava un suo amico e che sapeva sarebbe stato alle rotative. Il quotidiano aveva anche una rete televisiva, forse non sarebbero riusciti a mettere la notizia nel giornale del mattino, ma il telegiornale l’avrebbe sicuramente trasmessa. Ne parlò con Ikeda e poi sparì rapido.


Le aveva sognate. Di nuovo. Entrambe, Maya e la donna americana. Mi domando cosa penserà Shiori quando mi sentirà gemere nel letto preso da questi sogni… Ridacchiò nervoso davanti allo specchio del bagno. Come avrebbe potuto impedirsi di sognare la notte? Sinceramente non ne aveva idea.

La villa di suo padre era sottosopra per l’organizzazione dei festeggiamenti che si sarebbero tenuti lì mentre la cerimonia era presso un tempio shintoista fuori Tokyo. Erano giorni che c’era una quantità di gente che andava e veniva ma lui non se ne era neanche accorto, si era lasciato trascinare dal lavoro come sempre disinteressandosene completamente.

- Dove vai, Masumi? - la voce fredda di suo padre lo raggiunse mentre usciva di casa.

Si voltò lentamente con un sorriso accennato.

- In ufficio. Lo so che pensi sia tutta una montatura, ma da domani ci sarò io dentro e voglio essere preparato. Non preoccuparti, sarò puntuale - lo prevenne uscendo e chiudendo la porta dietro di sé. Aveva atteso la notizia sul giornale come era scritto sulla lettera dell’ammiratrice misteriosa, ma non c’era, e neanche il telegiornale del mattino aveva riportato niente. Chissà cos’era successo.

Eisuke Hayami assottigliò lo sguardo, poi girò la sedia e tornò nel suo studio, lontano dal chiasso dei domestici che si affannavano nei preparativi.


Finalmente un po’ di gente stava lasciando villa Takamiya, alcuni sarebbero andati a villa Hayami in attesa degli sposi dove si sarebbero tenuti i festeggiamenti mentre i familiari, i parenti più stretti e i testimoni sarebbero andati al tempio seguendo la sposa.

Hijiri usò lo zoom della macchina fotografica per inquadrare la stanza al secondo piano dove erano rinchiuse. Maya e Rei stavano parlando, lei era agitata, piangeva. Il tempo correva e ne era cosciente anche lui. Non era più sicuro di riuscire nel loro intento ma finché non avessero officiato il rito e firmato contestualmente i documenti c’era sempre speranza e sapeva che Maya non avrebbe desistito, glielo aveva letto negli occhi, la stessa determinazione che aveva per il teatro l’aveva riversata in quella situazione, disposta a perdere tutto, anche lui, pur di aiutarlo. Mentre lei scriveva la lettera si era accorto di quanto, forse inconsciamente, si fosse realmente attaccata anche all’azienda di Masumi Hayami. Aveva voluto lei inserire la parte sulla compagnia Ondine, detestava davvero l’idea che potessero perdere il lavoro. Aveva raccontato di Sakurakoji e Ayumi e della volta in cui lui l’aveva aiutata nel giardino della compagnia ed era solo una bambina… E sempre lei aveva voluto inserire la parte finale, mentre gliene parlava a voce era evidente la sua sincera ammirazione per il lavoro di quell’uomo che aveva creduto di odiare per gran parte dei sette anni che li aveva visti rivali.

Lui aveva sperato sinceramente che quella lettera smuovesse il signor Masumi ma era troppo concentrato a salvare Maya dagli intenti di suo padre per pensare a qualsiasi altra soluzione. Maya, nella sua spontaneità e ingenuità, non aveva esitato un istante ad agire, anche quando aveva saputo delle minacce di Eisuke Hayami. Non temeva il figlio né il padre… Hijiri sorrise distogliendo l’occhio dalla macchina fotografica.

- Guarda - Ikeda attirò la sua attenzione su una fila di macchine scure e lucide fuori da villa Takamiya che attendavano familiari e parenti stretti.

- Ci siamo - annuì Hijiri - Non potremo entrare in casa, ci sono due uomini in giardino, due alla porta e sicuramente due fuori dalla loro camera -

- Dovranno collaborare anche loro - suggerì Ikeda fissando il giardino.

- Di questo non devi preoccuparti, sono due ragazze sveglie - lo informò Hijiri.

- Ragazze? Ma uno è un uomo - obiettò Ikeda prendendo la macchina fotografica.

- E’ una ragazza, si chiama Rei Aoki, sono entrambe attrici, sono giapponesi… - spiegò e Ikeda si voltò di scatto verso di lui sorpreso.

- Karato… non voglio sapere in che casini ti sei cacciato… tiriamo fuori quelle due e andiamocene da qui… - borbottò Ikeda scuotendo la testa sconsolato.

Hijiri annuì e sorrise convinto di aver fatto la scelta giusta chiamando lui. Era un ex militare, aveva abbandonato l’esercito e ora era un mercenario che si faceva pagare profumatamente per i suoi interventi. Masumi Hayami avrebbe avuto un conto inaspettato da pagare…

- Sei cosciente che dovremo rendere innocue le due guardie nel giardino? - Ikeda continuava a tenere gli occhi sui due uomini vestiti di nero.

- Spero che innocue non significhi morte… - Hijiri lo fissò e lo vide sorridere.

- Non preoccuparti - lo rassicurò.

Videro la sposa uscire, bellissima nel tradizionale abito bianco Shiromuku, in testa lo Tsunokakushi, riluceva come un fiocco di neve nel sole tiepido di fine ottobre. Ikeda gli dette di gomito rimettendo la macchina fotografica nello zaino nero che aveva con sé e Hijiri si riscosse.

Lentamente iniziarono a scendere verso il muro di cinta che isolava la villa ma che per loro non sarebbe stato un ostacolo. Avrebbero sfruttato un grande salice che li avrebbe riparati e si trovava a circa dieci metri nell’interno. Sentirono distintamente la colonna di auto mettersi in movimento e all’improvviso calò il silenzio. Hijiri incrociò le mani e Ikeda riuscì con un balzo agile ed incredibile a raggiungere la cima del muro. Saltò oltre e dopo pochi attimi Hijiri vide una corda cadere da sopra. Si arrampicò, raggiunge la cime a si lasciò andare giù. Ikeda era già sul salice e teneva fra le mani una cerbottana che Hijiri guardò alzando un sopracciglio: ecco come avrebbe reso innocue le due guardie…

Inserì un minuscolo dardo e soffiò. La prima guardia all’angolo della villa cadde, oscurata alla vista dell’altra da un rododendro. Era concentrato e Hijiri non lo disturbò. Inserì un secondo dardo, spostò la mira e soffiò di nuovo e la seconda guardia cadde a terra sull’erba morbida. Quando Hijiri spostò lo sguardo sull’amico, lui era già sceso a terra. Si affrettò a raggiungerlo e spostandosi rapidi dietro ad alberi e cespugli raggiunsero la finestra della camera.

Ikeda raccolse un sasso e con precisione quasi innaturale colpì il vetro. Non accadde niente e Ikeda ripeté il gesto e finalmente la finestra si aprì e videro il volto di Rei perfettamente truccata da uomo occidentale.

- Maya, guarda! - Rei soffocò una risata mettendosi la mano davanti alla bocca. Maya si affacciò insieme a lei e si illuminò.

- Il signor Hijiri! - sarebbe scoppiata a piangere se la felicità non avesse soverchiato ogni cosa.

- Cosa sta cercando di dirci? - le fece notare Rei indicando Ikeda.

- Forse… - Maya guardò i suoi gesti - Ma sì! Dai tiriamo giù queste tende! - disse guardandosi intorno frenetica. Per un attimo gioì della possibilità di strapparle… E’ la casa di quell’uomo odioso…

Si aggrapparono ai tendaggi che cedettero e li annodarono insieme. Poi Rei appoggiò a terra su un lato un tavolino quadrato mettendolo contro la finestra cercando di fare meno rumore possibile e legò un capo della tenda da un lato.

- Bene… ora mettiamo alla prova tutta la nostra agilità! - Rei si fregò le mani con sguardo inquietante.

- Io ho la gonna… - Maya si portò una mano alla bocca titubante guardando oltre la finestra.

- Dai Maya… non farti fermare! Vai prima tu, io ti seguirò! - la rassicurò Rei porgendole la mano galantemente, come se dovesse invitarla ad un ballo.

- Va bene… - borbottò per niente convinta. Guardò di nuovo giù e si meravigliò di sé stessa… Cosa era disposta a fare per lui? D’altronde lui era stato disposto a fare moltissime cose per lei negli anni… era il minimo che gli dovesse cercare di toglierlo da quell’impiccio…

Si tolse le scarpe coi tacchi, le buttò nel giardino, afferrò il tessuto verde scuro e aiutata da Rei si calò lentamente fino a terra dove trovò le braccia salde di Hijiri ad accoglierla. Si voltò e lo abbracciò stretto singhiozzando, tutta la tensione che aveva accumulato si liberò all’istante fra quelle braccia amiche.

- Va tutto bene Maya, siete state molto coraggiose, io non avrei saputo fare meglio - le sussurrò lentamente con un sorriso dolce.

- Signor Hijiri… è tutto finito vero? Non siamo riusciti ad aiutarlo! - disse fra le lacrime mentre Rei raggiungeva terra e veniva aiutata da Ikeda che la guardava in modo strano.

- Non pianga Maya, o il tuo trucco si rovinerà, invece potrebbe ancora servirle… - lei sollevò lo sguardo di scatto.

- Perché dice questo? Ormai… - ma non voleva pensare al seguito di quel pensiero. La Takatsu avrebbe distrutto la Daito… tutti i suoi amici alla Ondine… Sakurakoji… Ayumi… E’ vero che avrebbero avuto probabilmente altri contratti… ma quanti sarebbero rimasti senza lavoro? E poi lui… lui sarebbe stato per sempre vincolato alla signorina Shiori…

- Finché il rito non termina e non firmano c’è ancora speranza. Vuole fare un ultimo tentativo? - le sorrise tenendole le mani protettive sulle spalle.

Rei le porse le scarpe sorridendo e annuendo, lei le prese e quando sollevò gli occhi azzurri verso Hijiri era di nuovo determinata e piena di vita.

- Sì, signor Hijiri! - gli rispose convinta.

- Lui è Ikeda, ci aiuterà ad uscire di qui - lo presentò.

- Bene signore, questo non è posto per fare conversazione, andiamo via! -


Lentamente, i pensieri annebbiati dallo sconforto e dall’angoscia, lasciò che uno dei domestici chiudesse il suo kimono da cerimonia e ripensò a tutta la situazione. Ogni cosa era di sua responsabilità. Lui aveva permesso a suo padre di trasformarlo nella persona che era diventato negli anni. Lui gli aveva permesso di portare a morte sua madre, lui aveva perduto tempo covando una vendetta bruciante e attaccandosi alla Dea Scarlatta. Lui aveva permesso il fidanzamento perché non era stato abbastanza coraggioso da affrontare Maya per scoprire cosa, poi? Che lei lo ricambiava… Sghignazzò amaramente e i domestici lo fissarono meravigliati. Lui aveva permesso infine a suo padre di minacciare la donna che amava, che aveva protetto per anni.

Anche se accadesse un evento naturale che fermasse ogni cosa, con quale dignità potrei offrirmi a lei? Che razza d’uomo sono?

Chiuse gli occhi e lasciò andare le braccia lungo i fianchi. Indossava il kimono con cui avrebbe sposato Shiori e gli sembrava di avere addosso un’armatura di piombo.

Sono il solo responsabile, non posso che biasimare me stesso… Ora basta recriminazioni, farò ciò che devo, almeno per lei...

Uscì dalla camera con passo deciso e raggiunse suo padre nell’atrio.


Fuori dal tempio c’erano decine di fotografi e Masumi ne rimase infastidito.

Avvoltoi…

Si guardò intorno e scorse solo volti che non facevano che mentire, celati dietro maschere subdole e sarebbero stati quelli che avrebbe visto per il resto della sua vita.

Ragazzina… oggi metto definitivamente fine a tutto… ma mio padre ti lascerà in pace una volta che gli avrò dato ciò che vuole…

Entrò seguito da suo padre e dai parenti e raggiunse il sacerdote davanti all’altare. Sulla pietra erano esposte frutta, sale, riso e le tre tazze di differenti dimensioni da cui lui e Shiori avrebbero bevuto sorsi di sake. Qualcuno, invisibile nella grande sala, stava suonando una lieve musica tradizionale. Sospirò e attese paziente.


Hijiri guidava follemente, cercando di raggiungere il tempio mentre Maya e Rei, terrorizzate, si stringevano abbracciate sui sedili di dietro.

- Ci ammazzeremo… - sussurrò Rei.

- Non lo pensare nemmeno! - sibilò Maya visibilmente tesa.

- Cosa hai intenzione di fare una volta lì, Maya? - Rei se lo stava domandando da un po’.

- Non lo so, Rei… non lo so… - mormorò Maya abbassando lo sguardo - Qualcosa mi farò venire in mente… - aggiunse più decisa alla fine sorridendole.

Hijiri risalì una collina e frenò bruscamente e entrambe sbatterono contro i sedili davanti.

- Scusate… Ci siamo! - indicò il tempio in cima alla scalinata. C’erano decine di macchine e anche furgoni della stampa.

- Giornalisti… - sussurrò Maya rapita, gli occhi spalancati, mentre un’idea si formava nella sua mente.

- Andiamo Rei! Grazie signor Hijiri e Ikeda… grazie! - disse con sguardo luminoso e Hijiri le sorrise.

- E’ stato un piacere, Maya, qualsiasi cosa accada lei avrà sempre la mia amicizia più sincera - vide i suoi occhi farsi lucidi - Sa che non possiamo farci vedere, mi raccomando fate attenzione -

Maya annuì e insieme a Rei prese a salire freneticamente la scalinata di pietra, già si udivano nell’aria le note della musica tradizionale.

Fate che io sia ancora in tempo! Permettetemi di aiutarlo!

Quando raggiunsero la cima erano entrambe senza fiato. Alcuni giornalisti in attesa fuori si voltarono stupiti. Sono Sophia Williams...

- E voi chi siete? - domandò scortese uno di loro facendosi avanti e attirando l’attenzione di tutti gli altri.

- Da quanto è iniziata la cerimonia? - domandò Maya di rimando ergendosi sulla persona e rassettandosi il tailleur. Mi fanno male i piedi…

- Da circa mezz’ora - rispose un altro giornalista.

Maya e Rei avanzarono finendo in mezzo al gruppo che teneva in mano macchine fotografiche e telecamere.

- Volete fare uno scoop di quelli con la S maiuscola? - disse Maya con il suo accento americano voltando la testa intorno e guardandoli. Alcuni borbottii si levarono dalle persone intorno.

- Il gruppo Takatsu è in bancarotta e l’imperatore Takamiya ha pensato bene di far sposare la nipote all’erede della famiglia Hayami! - rivelò Maya spostando sicura lo sguardo intorno in una delle sue migliori e convincenti interpretazioni. Rei la osservava sbalordita. Dove trovasse ogni volta la forza per dar vita ai suoi personaggi era un vero mistero.

- Ma chi siete voi? - domandò un altro giornalista.

- Investigatori privati - si intromise Rei - Agenzia ISA, dagli Stati Uniti -

I giornalisti si guardarono fra loro.

- Sono fonti impossibili da verificare! - disse uno.

- Voi siete pazzi… non possiamo irrompere in un matrimonio di questa importanza! - aggiunse un altro, ma era quello che Maya aspettava, i giornalisti erano sempre degli avvoltoi.

- Avete la possibilità di fare uno scoop di dimensioni stellari e state qui a domandarvi se potete aprire o meno quelle porte? - li sfidò Maya indicando con foga le doppie porte della sala delle cerimonie.

- Ci licenzieranno tutti! - gridò uno da dietro aggiungendo un’imprecazione volgare.

Maya stava per ribattere quando un cellulare squillò. Il giornalista vicino a lei rispose.

- Che cosa?! - esclamò, e altri cellulari presero a suonare freneticamente. I giornalisti risposero e tutti gridavano frasi sconnesse e piene di meraviglia.

- Che succede? - sussurrò Rei avvicinandosi.

- Non lo so… - mormorò Maya guardandosi strabiliata intorno mentre tutti i giornalisti rispondevano concitatamente ai cellulari improvvisamente impazziti.

- E’ stata battuta la notizia! Il gruppo Takatsu è in bancarotta! - urlò uno, e tutti gli sguardi si voltarono ammutoliti verso di loro.

- Allora? Volete partecipare al più importante scoop dell’anno? - domandò Maya forzando la pronuncia americana del suo giapponese.

Si voltò decisa e sotto lo sguardo stupito di Rei si diresse verso le due grandi doppie porte.


Quando Shiori era entrata, il silenzio era calato in tutta la sala. Lui aveva osservato la scena impassibile, serio e composto, indossando la maschera che gli aveva insegnato suo padre. Dentro aveva raffreddato completamente il suo animo. Quel suo stato era progressivamente aumentato da quando aveva incontrato Maya a Izu e le aveva mentito su quasi ogni parola che le aveva detto. L’abito candido era meravigliosamente ricamato e lei era davvero bellissima. Non sollevò lo sguardo finché suo padre non l’aveva lasciata accanto a lui.

Il sacerdote shintoista con la veste bianca, l’eboshi di taffettà e lo shaku, aveva iniziato la cerimonia aiutato dalle due miko, vestite con giacca bianca e hakama rossa.

E ora era il momento. Appena avessero bevuto entrambi dalle tre tazze sarebbero stati sposati, il giuramento che si recitava alla fine era in più, contavano solo quelle tazze.

In ginocchio di fronte all’altare bevve dalla prima chiudendo gli occhi. E la rivide in quel teatro mentre cercava il posto. Sarai libera Maya, da me, dall’ammiratore, dalla Daito, da mio padre e potrai volare.

Il sacerdote disse altre frasi che lui non ascoltò. Poi bevve dalla seconda tazza. E la rivide nella valle dei susini. Io sono l’altra parte di te, tu sei l’altra parte di me… Ciò che sento per te non cambierà Maya anche se non potrò mai dirtelo…

Il sacerdote disse altre frasi ma lui rimase immobile, gli occhi chiusi, la mente rivolta a lei, a ciò che avrebbe perduto per sempre e che aveva intravisto sul ponte dell’Astoria per un fugace attimo. Troppo breve. Prese la terza tazza e le doppie porte della sala si spalancarono.

Si voltò di scatto, come tutti gli altri partecipanti. La figura dell’investigatrice americana si stagliava immobile in quella cornice illuminata, dietro di lei il suo collega. Poi, come due ali, una marea di giornalisti invase la sala. Gli occhi azzurri, vibranti, della donna lo fissarono senza alcun timore, sfidandolo ora a interrompere ciò che stava per avvenire, poi si girò e, seguita dal suo compagno, lasciò spazio agli uomini che si spintonavano.

- Signor Takamiya è vero che la sua azienda è fallita e che sta cercando di risollevarla coi capitali della daito? -

- Signor Hayami è era al corrente del fallimento? La lega una così grande amicizia con Takamiya da avergli addirittura ceduto il suo unico figlio e le sue aziende? -

- Signor Takamiya come è riuscito a dilapidare un patrimonio di quelle dimensioni? -

- Signor Takamiya era al corrente che alcuni suoi dirigenti prendevano ingenti mazzette per truccare gli appalti? -

- E’ vero che la signorina Shiori ha tentato il suicidio? -

- Signor Hayami, lei era al corrente della situazione che avrebbe affrontato sposando la nipote di Takamiya? -

Masumi fissò il giornalista che gli aveva rivolto la domanda. Poi sollevò lo sguardo intorno, freddo e glaciale, osservando con distacco la baraonda che si era scatenata. Sentiva Shiori aggrappata al suo braccio che piangeva, suo padre che a gran voce cercava di calmare i giornalisti e il presidente della Takatsu che urlava, la sua voce sovrastava tutto il resto.

- No, non ne ero al corrente - rispose pacatamente fissando il giornalista.

- Cosa farà adesso? Come può mantenere questa freddezza? - domandò ancora il giornalista mettendogli davanti il registratore.

- Tornerò in ufficio, domani mattina ho una riunione importante - gli rispose con voce pacata e rilassata mentre intorno a loro erano solo grida indignate e pianti isterici.


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Giorno 5 ***


Ed ecco giunti alla fine. Questo capitolo chiude questa FF :)

Spero che vi divertirà tanto quanto ha divertito me scriverlo!

Non dimenticatevi che c'è un Giorno 6 BONUS ^O^ 

Buona lettura!

 

Giorno 5


La scrivania era sommersa di giornali e riviste che gli aveva portato la sua solerte segretaria quella mattina. Gli articoli a tutta pagina, soprattutto nelle sezioni riservate allo spettacolo, riportavano la notizia del matrimonio andato a monte e del fallimento del gruppo Takatsu. Nessun giornalista accennava ai due investigatori.

Masumi ripensò alla mattina precedente, alle porte del tempio che si erano spalancate.

Sophia Williams… perché mi ha guardato con quell’aria di sfida? Cosa voleva da me? Quella donna non può sapere delle minacce di mio padre… lui l’avrebbe uccisa… non mi ha dato scampo! E tutt’ora non sono convinto che la lascerà in pace…

Strinse un pugno e calmò la rabbia che l’aveva pervaso. Dopo la marea di giornalisti impazziti era stato costretto, ancora con il kimono da cerimonia, a indire una conferenza stampa a cui aveva partecipato anche suo padre. Il matrimonio e gli accordi commerciali erano stati annullati, Shiori non si era sentita bene e l’avevano portata in una clinica per farla stare tranquilla e lui se ne era tornato a casa, aveva fatto una doccia e aveva trascorso tutto il pomeriggio in giardino, leggendo. Era la prima volta che dedicava del tempo a sé stesso da, probabilmente, vent’anni. Suo padre l’aveva lasciato in pace e anche in quel momento, in ufficio, godeva della sua lontananza anche se era cosciente che sarebbe tornato alla carica.

Bussarono alla porta e dopo il suo consenso Mizuki entrò, lo sguardo oscurato.

- Devo consegnarle questa, signor Masumi - gli disse titubante e quando lui alzò gli occhi corrugò la fronte vedendo la busta bianca accompagnata dalla rosa candida.

- Di nuovo… - sussurrò, il cuore in tumulto - Chi gliel’ha consegnata? -

- Una ragazzina… faccia attenzione, c’è del gelato sopra… - gli fece notare Mizuki sorridendo e lasciò la busta e la rosa sulla scrivania. Masumi le fissò un attimo.

- Non le sembra divertente? - esordì lei, incapace di restarsene zitta, la faccia del suo capo era davvero esilarante.

- Divertente, dice? - e alzò un sopracciglio perplesso. Si sentiva davvero strano. Sapeva che era una lettera di quella donna misteriosa che aveva indagato e che aveva costretto i due investigatori ad agire in quel modo il giorno prima, salvandogli la vita. Letteralmente.

Aveva le mani fredde, il cuore che batteva all’impazzata, avrebbe voluto che Mizuki uscisse per poterla aprire subito, chissà cosa diceva…

E’ questo che Maya prova per il suo ammiratore ogni volta che riceve le rose? Per questo si è innamorata di lui? Lo sto provando ora ed è solo la seconda volta che ricevo questa lettera... io con lei ho fatto la stessa cosa per sette anni… ora capisco…

- Sì, sembra che la situazione si sia nettamente ribaltata e che sia lei ad avere un’ammiratrice… - si voltò e se ne andò senza attendere né una sua risposta né il suo congedo.

Masumi fissò la schiena della segretaria sconvolto dal suo comportamento anomalo e da ciò che stava provando in quel momento. Appena la porta si chiuse afferrò la busta impaziente, poi si bloccò.

Ma che sto facendo?

Riacquistò la calma e la aprì. Lo stesso profumo delicato di gelsomino lo colpì, esattamente come la volta precedente. Eppure ho già sentito questo profumo…


“Gentile signor Hayami,

sono sinceramente desolata per il risultato delle mie decisioni di ieri. Non pretendo che Lei comprenda o mi perdoni per ciò che ho fatto. Ho visto che le azioni delle vostre aziende sono crollate ma il mio analista mi ha detto che entro la fine del prossimo mese tutto tornerà a posto. Posso immaginare come tutto questo abbia incrinato la possibile, iniziale fiducia che Lei potrebbe avermi concesso e ne sono rammaricata.

E’ accaduto un fatto molto grave che mi ha impedito di divulgare la notizia ai giornali quando avevo previsto, il ritardo ha generato una serie di problemi a catena che i miei due investigatori mi hanno aiutato a sciogliere anche se questo ha significato irrompere nella sala del tempio durante il suo matrimonio. Ma io proprio non potevo permettere che Lei contraesse quel contratto.

La prego quindi di concedermi, anche se non completamente, almeno una parte del suo perdono, sarei davvero dispiaciuta di sapere che Lei mi detesta. Non la disturberò oltre, queste saranno le ultime parole che Le scriverò.


Attendo con ansia l’allestimento della sua Dea Scarlatta.


Un’ammiratrice devota e affezionata”


Masumi trasalì, le mani che tremavano lievemente.

Chi diavolo è questa donna?! Si riferisce al contratto di matrimonio o a quello con la Takatsu? E come fa a sapere che sarò io ad allestire la Dea Scarlatta? Ancora nessuno può sapere che io… come può aver avuto questa informazione?!

Strinse la lettera, il cuore che batteva ancora incessante e gli rimbombava negli orecchi.

Devo chiedere a Hijiri di indagare… però… ha scritto non mi scriverà più…

Incredibilmente avvertì una spiacevole delusione e si meravigliò. Ripiegò la lettera e inalò ancora una volta quel delicato profumo. La chiuse nella busta ma questa volta non la bruciò. Guardò l’orologio e lasciò che tutte le emozioni che aveva represso in quei due giorni venissero fuori. C’era una sola cosa che voleva in quel momento. Vedere Maya.


Sapeva che l’avrebbe trovata ancora al Kid Studio, con Kuronuma e la compagnia che avrebbe messo in scena la Dea Scarlatta definitiva il due gennaio. Per ora avrebbero provato ancora in quelle sale ma a breve l’Associazione Nazionale avrebbe indicato il teatro di rappresentazione e allora… allora Maya avrebbe potuto esprimere tutto il suo potenziale in uno dei teatri più moderni del paese. Un suo teatro. SUO, di Masumi Hayami, non della Daito.

La voce di Kuronuma lo raggiunse perfino nel corridoio che stava percorrendo lentamente. Al suo passaggio la gente mormorava ma a lui non interessava, vedeva solo le due grandi porte in fondo, una volta aperte l’avrebbe vista.

Ne aprì una e entrò cercando di non disturbare. Era così tanto che non la vedeva recitare! All’interno era buio ma la scena centrale era illuminata. La battaglia era in corso, poi lei arrivò, la Dea Scarlatta. Tutti gli attori, alcuni dei quali conoscevano da poco Maya Kitajima, rimasero sopraffatti dalla forza della sua recitazione e dall’imponenza della sua entrata.

Maya… sarai una meravigliosa Dea Scarlatta, con Kuronuma, nel mio teatro, darai vita alla magia!

Fece qualche passo avanti e Kuronuma lo notò. Maya disse le sue battute e la voce, profonda e completamente diversa dalla sua, si adagiò su tutti i soldati.

- Buongiorno signor Hayami, qual buon vento? - gli sussurrò il regista incrociando le braccia al petto.

- Sono venuto a darle una notizia in anteprima - e catturò la sua attenzione.

- Devo preoccuparmi? - ridacchiò Kuronuma fissandolo.

- Non credo. Volevo dirle che il teatro in cui allestiremo la Dea Scarlatta sarà un mio teatro. La prego di tenersi questa informazione finché sarà fatto un comunicato stampa dall’Associazione Nazionale - aggiunse alla fine distogliendo lo sguardo da Maya e puntandolo su di lui.

Kuronuma spalancò gli occhi. Come aveva fatto a convincere l’Associazione Nazionale e la signora Tsukikage a scegliere la Daito?

- Non è un teatro Daito. E’ mio - aggiunse Masumi come se gli avesse letto nel pensiero.

- Capisco - annuì il regista - Non vedo l’ora di vederlo! - esclamò, e molti attori intorno si voltarono, compreso Sakurakoji.

- Basta! - urlò poi - Luci! - la sala si illuminò e Maya sbatté le palpebre uscendo d’improvviso dal personaggio della dea.

- Terufusa e Isshin! - gridò ancora, e gli attori scattarono, Maya invece rimase pietrificata, gli occhi fissi sull’uomo in cappotto accanto al regista.

- Kitajima! Ti devo spostare di forza? - la minacciò Kuronuma.

- N-No! - balbettò, e lasciò la parte centrale del palco.

- Ha sempre la testa fra le nuvole… ah questi ragazzi… - scosse la testa e si spostò in una posizione migliore per poter seguire la nuova scena.

Masumi seguì Maya con lo sguardo finché non si sedette su una delle sedie a lato. La raggiunse lentamente prendendo un asciugamano da una sedia.

- Ciao Maya. Prendi - le disse, erano le prime parole che le rivolgeva da Izu. Lei tenne lo sguardo a terra per qualche secondo poi sollevò il volto e gli sorrise. Mi ha sorriso...

- Buongiorno, signor Hayami. Grazie - lo prese e si asciugò il viso dal sudore.

- Vedo che ti risulta ancora faticoso - le disse sedendosi accanto a lei e sentendo il suo cuore battere freneticamente.

- La Dea è sempre un impegno enorme per me… io ancora non riesco a capire come la signora Tsukikage possa aver scelto me… - mormorò, lo sguardo basso e le guance in fiamme.

- Perché sei stata la migliore delle due - rispose candidamente lui.

- Signor Hayami… mi… mi dispiace per ciò che è accaduto al suo matrimonio… - ebbe la forza di dirgli. Si era sentita estremamente in colpa per ciò che aveva fatto, si era lasciata trascinare dal momento senza riflettere sulle conseguenze di ciò che sarebbe accaduto.

Lui scoppiò a ridere e lei sollevò lo sguardo irritata.

- Come mai così dimessa? Non mi hai ancora lanciato nessuna delle tue frecciatine! -

- Se vuole rimedio! - sibilò tirandosi su una manica con fare minaccioso.

- Kitajima! - la chiamo Kuronuma e lei schizzò in piedi facendo sorridere Masumi di nuovo.

- Scusi, devo andare - e gli fece un lieve inchino.

- Kitajimaaaa! - insisté il regista alzando la voce.

- Sì! - scattò sull’attenti e gettò l’asciugamano in braccio a Masumi senza neanche rendersene conto. Lui sorrise e la seguì con lo sguardo.

Lasciò l’asciugamano sulla sedia vicina e si alzò raggiungendo il regista. Si passò una mano fra i capelli e sentì di nuovo quel profumo di gelsomino!

Ma non è possibile!

Si guardò intorno tanto che perfino Kuronuma alzò un sopracciglio osservandolo.

- Cerca qualcuno? -

- Chi c’era qui vicino a lei? - gli domandò corrugando la fronte.

- Nessuno, ero solo… si sente bene? - gli domandò preoccupato.

Masumi lo fissò, poi lentamente la verità si fece strada dentro di lui. Sollevò la mano tremando e la portò al volto inspirando.

E’ sulle mie mani!

Si voltò di scatto verso la sedia e la raggiunse con passi veloci, il cuore che batteva all’impazzata, mille immagini che si sovrapponevano.

Fissò l’asciugamano per un po’, se quella era la verità… no... era impossibile. Lo afferrò e ne inspirò l’odore.

E’ sapone! Sapone! Ecco perché era così lieve! Ed è suo! Maya!

Rimase pietrificato voltandosi immediatamente verso di lei che stava recitando, completamente presa. Era così sconvolto che non riusciva a pensare lucidamente. I due investigatori… Liam Brown era Rei Aoki come ho fatto a non riconoscerla! L’ammiratrice e la rosa bianca… gli occhi… i loro incredibili occhi occidentali! Poi l’incontro in casa Takamiya di cui parlava nella lettera... deve essere accaduto qualcosa... e la sua figura fra le due porte della sala del tempio la mattina precedente… E tutte quelle informazioni… il modo in cui avevano recitato la parte, i dati sul gruppo Takatsu, il linguaggio! C’è una sola persona che può averle aiutate: Hijiri! Anzi… forse due… Mizuki… Ma cosa diavolo avete combinato? Perché?

Il cuore batteva così rapidamente che era sicuro gli sarebbe scoppiato. Prese lentamente il telefono, la bocca asciutta, il sangue che ribolliva in un misto di gioia immensa, terrore, angoscia, rabbia, gratitudine, e chiamò Hijiri. Non rispose.

Dove diavolo sei?!

Lasciò andare l’asciugamano e in modo inspiegabile gli tornarono in mente i suoi sogni.

Sophie Williams… ecco perché la sognavo…

Sorrise e si sedette cercando di calmarsi e di trovare una spiegazione a tutto. I suoi occhi andarono a lei, come ormai accadeva da sette anni.

Poi si rese conto che il modo migliore era chiedere direttamente alla fonte. E avrebbe organizzato tutto alla sua maniera.


Quando Maya rispose al citofono quella sera avrebbe immaginato di tutto tranne che trovarsi di fronte Masumi Hayami.

- Buonasera, Maya - la salutò inclinando leggermente la testa da un lato con un sorriso indecifrabile. Maya sbiancò, poi arrossì mentre il cuore le usciva dal petto.

- B-Buonasera, signor Hayami - balbettò facendo un passo indietro. Che ci fa qui? E perché è così alto?!

- Desidero invitarti a cena fuori. Vuoi uscire con me? - le chiese con un sorriso ammiccante per la prima volta.

Maya fece un altro passo indietro, gioia e terrore che riempivano la sua anima. Perché fa così? Che sarà accaduto? Mi sta davvero chiedendo di uscire? E’ impossibile…

- N-Niente invito a teatro da uno sconosciuto questa volta? - replicò, tremando lievemente. Lui abbassò lo sguardo e Maya giurò di non avergli mai, mai, mai visto quell’espressione. Era dolce. Ed era bellissimo.

- Lo sconosciuto è qui davanti a te. Allora? Vieni? - sorrise apertamente e le tese una mano avvolta in un elegante guanto di pelle nera.

- Io… non posso… - balbettò facendo un altro passo indietro.

- Giocherò pulito, Maya, lo prometto - le sorrise ancora. Gli risultava davvero difficile mantenere la calma. Era così tanto che voleva vederla e fino a poche ore prima aveva creduto di averla perduta per sempre. Ma quella sera le cose sarebbero radicalmente cambiate.

Maya si guardò addosso e abbassò lo sguardo imbarazzata.

- Se il problema è l’abito, hai tenuto quello della crociera? Andrà benissimo - suggerì lui in modo del tutto neutrale per non farla sentire a disagio.

- Ma io… - provò a replicare ancora ma quando incrociò i suoi occhi azzurri così pieni di sentimento non riuscì più a continuare. Ma da quando ha questo sguardo meraviglioso?

- Ti aspetto - scese lentamente le scale e si appoggiò alla berlina nera e lucida ferma davanti alla casa.

Avrebbe voluto farlo entrare in casa ma lui sembrava volerle lasciare dello spazio. Molto spazio, e lei aveva apprezzato. Rientrò e si appoggiò alla porta. E ora che faccio? Si sentiva le guance avvampare e non era sicura di riuscire a non tremare.

- Chi era Maya? - la voce di Rei la raggiunse dal bagno e lei sussultò.

- Masumi Hayami… - sussurrò e Rei mise fuori la testa dal bagno esterrefatta ma appena vide la sua faccia scoppiò a ridere.

- Alla fine si è fatto vivo! - ridacchiò - Dov’è? -

Maya riuscì solo a indicare alle sue spalle.

- Lo hai lasciato fuori? - Rei si strozzò quasi ma Maya scosse la testa come ipnotizzata.

- No… mi aspetta… mi ha invitato… - spiegò lentamente, gli occhi sbarrati.

- Finalmente! - Rei picchiò un pugno nell’altra mano in un gesto di vittoria.

Maya si mosse come un automa raggiungendo la camera. Tirò fuori l’abito e le scarpe che le aveva regalato durante la crociera.

- Dai Maya! Un po’ di trucco leggero e sarai perfetta! Non facciamo aspettare il tuo principe! - e le strizzò l’occhio afferrandola per le spalle. Lei annuì imbambolata e la seguì.


Hijiri era irrintracciabile e l’iniziale irritazione era stata sostituita da reale preoccupazione. Era comunque deciso a invitarla a cena, non poteva più aspettare. Così invece di mandare Hijiri ci era andato di persona. Non gli interessava che il suo matrimonio fosse stato annullato solo il giorno prima, non gli interessava di suo padre né delle sue minacce. Aveva trascorso tre ore con il suo avvocato trovando un sistema per proteggerla da lui ed era soddisfatto del risultato.

Fece per accendersi una sigaretta, poi cambiò idea. Mille pensieri si erano accavallati in quelle ore, aveva rimesso insieme tutti i tasselli, mancava solo ciò che era accaduto quando erano andate a casa Takamiya e sapeva che doveva essere stato qualcosa di grave perché aveva impedito che la documentazione venisse portata ai giornali. Strinse un pugno e sollevò lo sguardo sulla porta di casa. Chissà di chi è stata l’idea… siete stati dei pazzi…

Poi la porta si aprì e fu costretto ad impedirsi di rimanere a bocca aperta. Esattamente come sull’Astoria lo lasciò senza fiato. Decisamente non è più una ragazzina…

Maya arrossì, chiuse il cappotto e scese le scale.

- Prego, signorina Kitajima, si accomodi - le disse suadente aprendole la porta della berlina. La sto corteggiando… eppure mi viene così facile…

- G-Grazie - balbettò lei incapace di guardarlo. Perché  è così gentile? E cosa fa? Mi corteggia??? Lui, il Presidente della Daito Art Production di undici anni più vecchio di me???

Si accomodò sul sedile, lui entrò dall’altro lato e fece un cenno all’autista che partì. Maya tenne lo sguardo in grembo e si accorse della sua mano poggiata sul sedile vicino a lei. E’ così vicino… Mi batte troppo forte il cuore… perché lui è sempre così complesso? Cosa vuole da me?

- Quel vestito ti sta molto bene, ma te l’ho già detto, vero? - le disse Masumi rompendo il silenzio.

- Dove stiamo andando, signor Hayami? - gli chiese apprensiva sollevando lo sguardo su di lui.

- Non hai fame? - le chiese sorridendo e fissandola.

- Non sa che è scortese rispondere ad una domanda con un’altra domanda? - lo punzecchiò Maya incapace di fermarsi. Masumi scoppiò a ridere e sollevò una mano per sistemarle una ciocca di capelli in un gesto spontaneo. Entrambi rimasero immobili e senza fiato, persi l’uno negli occhi dell’altra. In quell’esatto istante fu chiaro, anche se non detto, che c’era qualcosa di veramente potente che li univa e che nessuna convenzione, età, rango, posizione sociale, avrebbe potuto fermare ciò che si celava nei loro cuori.

- E’ solo un ristorante, ti importa dov’è? - Masumi ritirò la mano reprimendo la voglia insensata di accarezzarle la guancia.

- Se lei è con me, no - gli sorrise Maya arrossendo.

Si è illuminata come una stella… Le ho toccato i capelli senza neanche pensarci come se fosse stata una cosa che ho sempre fatto… mi sento così rilassato… con lei posso essere me stesso, senza catene, e so che lei non avrà problemi a capirmi…


Quando scesero dalla macchina Maya restò a bocca aperta. E’ lo Shiba Tofuya Ukai! E’ troppo per me… come farò?

Ma Masumi non le permise di proseguire i suoi pensieri. Le appoggiò una mano dietro la schiena e la sospinse gentilmente. Era uno dei pochi ristoranti tradizionali nel centro di Tokyo con un bellissimo giardino interno. Era famoso, tutti lo conoscevano, perfino lei.

Maya lasciò ogni cosa a lui, avvertendo tutto il peso del suo nome in quel frangente. Sembrava che le porte si aprissero magicamente se lui le guardava, che le persone eseguissero i suoi desideri senza che lui li esprimesse. C’era un tavolo riservato per loro, isolato e Maya si chiese ancora una volta cosa stesse facendo lì con lui. Non è il mio mondo questo…

- Maya, voglio che stasera ti rilassi - le disse e lei fu costretta a guardarlo. Lui era rilassato, a proprio agio, e quando Maya si rese conto che intorno a loro non c’era nessuno si sentì più tranquilla.

- Ma… questo ristorante… ci sono sempre tante persone famose… loro potrebbero… - abbassò lo sguardo e non si accorse neppure del cameriere immobile a poca distanza.

- Maya, guardami - le intimò lui - Non devi pensare al resto del mondo, a ciò che gli altri pensano. Mangeremo e passeggeremo nel giardino, se vorrai, il resto lasciamolo fuori, per ora. Vuoi? -

Maya restò sconvolta dal tono della sua voce e da ciò che le aveva appena detto ma più di tutto la stupirono i suoi occhi. Non mi ero mai accorta che potesse guardarmi così… potrei fissarlo per sempre se lo volesse… se mi volesse...

- Va… Va bene… - annuì lei, poi gli sorrise e iniziarono la cena.


Si meravigliò della facilità con cui trascorse il tempo con lui. Le chiese delle prove, dei suoi amici attori, del regista e lei rispose ad ogni domanda gentile che le fece. Sembrava genuinamente curioso e aveva perduto completamente quel modo di fare che l’aveva così irritata negli anni. Era piacevole, attento, rispondeva senza farsi problemi e lei di conseguenza fece altrettanto. Gli chiese molte cose della Daito, ma si frenò quando le venne in mente di chiedergli se aveva hobby dato che sapeva quanto si dedicava al lavoro, così parlarono di cinema, libri e alla fine Maya gli chiese della Dea Scarlatta.

Si rese conto di aver toccato un tasto sensibile perché lui si irrigidì.

- Mi… mi scusi, non volevo - cercò di recuperare lei, ma Masumi non si tirò indietro e le raccontò ogni cosa. Rimase sconvolta nell’apprendere la storia della sua vita, della morte di sua madre, di come l’aveva trattato Eisuke Hayami.

Quando la portò nel giardino, l’atmosfera era veramente suggestiva. Il cameriere chiuse tutte le porte e li lasciò da soli. Avrà richiesto l’uso esclusivo del giardino? E’ meraviglioso… che profumo…

- Mi è sempre piaciuto questo ristorante - mormorò Masumi guardandosi intorno.

- Viene spesso qui? - gli domandò lei cercando di non pensare a quanto le fosse vicino, alle sue braccia che la cingevano sul ponte dell’Astoria.

- Sì - rispose semplicemente lui voltandosi a guardarla. Quanto mi sei mancata, Maya…

- Ti ho raccontato alcune cose di me - disse poi facendo qualche passo avanti, le scarpe che scricchiolavano sul sentiero di sassolini bianchi - Cosa ne dici di raccontarmi qualcosa di te? - chiese voltandosi e porgendole una rosa bianca.

Maya spalancò gli occhi e arrossì. Sa tutto! Poi strinse i pugni, afferrò la rosa e lo fissò irata.

- E’ per questo allora che mi ha invitata! - sibilò irrigidendosi - Lei… Lei non si smentisce mai! - lo accusò alzando la voce.

- Chi ha avuto l’idea? - la incalzò lui avvicinandosi minaccioso.

- Il signor Hijiri ma sono stata io, IO! - esclamò con gli occhi che ardevano.

- Cos’è successo a casa Takamiya? - chiese lui mormorando, come se avesse paura della risposta. Maya s’immobilizzò e deglutì nervosamente al ricordo di quella notte e Masumi comprese che era davvero accaduto qualcosa e ne rimase scioccato.

- Ci hanno… trattenuto - rispose infine lei scegliendo accuratamente la parola. Lo vide irrigidirsi e i suoi occhi si fecero freddi e vuoti.

- Vi hanno fatto del male? - chiese meccanicamente, ma lei scosse la testa e lui si rasserenò. Maya sospirò e gli raccontò ogni cosa.

Masumi ascoltò, affascinato da tanta audacia e determinazione, indeciso se arrabbiarsi o sentirsi un perfetto incapace dato che la loro impresa andava oltre qualsiasi cosa lui avesse mai pensato di fare in quei sette anni per lei.

- Perché Maya? Perché avete fatto tutto ciò? - si decise infine a chiederle. Doveva saperlo!

La vide arrossire e arretrare, poi la sua espressione cambiò completamente. Lo raggiunse fino a fermarsi davanti a lui. Basta… non voglio più temerlo… non voglio che pensi che sono una ragazzina…

Masumi restò senza fiato nel vedere il suo sguardo ardente e fiero. Mi fronteggia senza paura come ha sempre fatto… Maya...

- Signor Hayami… lei ha fatto così tanto per me… quando il signor Hijiri mi ha detto della situazione del gruppo Takatsu e della sua idea per provare ad aiutarla io… io ho accettato! - gli disse accalorandosi e portando una mano chiusa a pugno al petto.

Lui allungò le dita a sfiorarle una guancia e Maya restò folgorata da quel tocco gentile. Com’è caldo...

- Senza dubbio la tua interpretazione migliore, Maya - sussurrò perduto nei suoi occhi - E no, non ti ho invitato per questo - aggiunse accostando la mano al suo volto. Maya tremò ma rimase immobile, catturata da quegli occhi intensi.

- Allora perché sono qui? - sussurrò lei poggiando delicatamente una mano sulla sua. Non so quanto potrò resistere… mi scoppia il cuore!

- Perché… - iniziò lui avvicinando il volto al suo - Non posso stare lontano da te… - mormorò sulle sue labbra, poi l’attirò a sé e la baciò.

Maya sentì la gioia invadere la sua anima, un calore intenso scaturì dalle sue labbra e si diffuse dovunque facendole accaponare la pelle. Il bacio si fece più intenso e lei ricambiò l’abbraccio mentre avvertiva il tremore di lui che si fondeva al suo.

- Ti amo Maya, non voglio più trascorrere un giorno senza la metà della mia anima - le sussurrò scostandosi appena. Lei riuscì a malapena ad aprire gli occhi e quando lo guardò seppe che stava davvero guardando la sua anima gemella.

- Mai più senza di te, Masumi, mai più - mormorò sporgendosi verso di lui e cercando le sue labbra.

Masumi esplose di gioia nel sentire quelle parole e si fuse di nuovo a lei, sicuro che niente al mondo li avrebbe più separati.


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Giorno 6 - Bonus track ***


Ciao a tutte!

Quando pubblicai per la prima volta questa FF su un forum, mi venne fatto notare che non si sapeva più cosa accadeva a Hijiri e perché non rispondeva più a Masumi.

Così, una notte, dopo aver giocato al PC, mi venne un'idea e la scrissi subito. Erano le 2:43.

Il risultato è il capitolo sotto. Non voletemene e spero vi diverta ^O^

Buona lettura!

 

Giorno 6 - Bonus track


Masumi si portò due dita alle labbra e un sorriso le tese al ricordo della sera precedente. A volte il destino era davvero impensabile. Aveva creduto irrealizzabile il suo desiderio, finché lei non lo aveva smentito sul ponte dell’Astoria dandogli una speranza e glielo aveva confermato solo qualche ora prima con un bacio indimenticabile.

- Signor Masumi… signor Masumi! - lo chiamò Mizuki alzando la voce. Lui si voltò di scatto, le guance lievemente arrossate e lo sguardo colpevole.

- Mi scusi… non l’avevo sentita… - mormorò sedendosi alla scrivania.

- No, direi di no… - rispose lei con una nota impertinente che a lui non sfuggì - Queste sono le proiezioni delle azioni della Daito per le prossime tre settimane - e gli porse i documenti.

- E questi i giornali - Mizuki trattenne il sorriso che le increspava le labbra. Quel rossore soffuso non era certo da lui! Chissà a cosa stava pensando…

- Grazie, può andare - e prese i documenti sfogliandoli pigramente, la mente totalmente occupata da altri pensieri, alcuni di sicuro non consoni all’ambiente in cui si trovava.

Mizuki fece un lieve inchino, gli voltò le spalle e uscì in silenzio.

Solo quando la porta si fu chiusa, Masumi sollevò lo sguardo.

Ora però voglio sapere tutta la verità…

Prese il cellulare e inviò il primo SMS che avrebbe dato vita al suo piccolo piano. Si meravigliò del sentimento che lo pervase quando posò il dito su ‘send’...

Questo atteggiamento non ha mai fatto parte di me…

Appoggiò il cellulare sulla scrivania ma cadde, fece per riprenderlo, ma picchiò il ginocchio nel lato della scrivania, cosa che gli strappò una breve imprecazione, la tazza si rovesciò e il cellulare scivolò a terra.

Masumi sbatté le palpebre massaggiandosi il ginocchio e, se fosse stato superstizioso, avrebbe detto che quell’SMS era maledetto…


Quando Hijiri Karato ricevette l’SMS del suo capo alzò un sopracciglio. Era forse il decimo che gli mandava, senza contare le telefonate. Non sapeva darsi una reale spiegazione del suo comportamento, ma dal giorno del matrimonio andato in fumo per l’intervento di Maya e Rei lui non aveva più risposto. Non era mai stato uomo da temere o fuggire le proprie responsabilità, se ne era sempre fatto carico in passato.

Quell’SMS però lo costrinse a riflettere. Era diverso da tutti gli altri precedenti, non lo minacciava, non parlava di Maya, e questa era la vera novità, e non gli chiedeva di raccogliere informazioni o rubare segreti industriali. Gli indicava un luogo e gli chiedeva di portare il suo Tachi, ovvero la sua katana.

Quando erano stati ragazzi insieme, a scuola, avevano avuto un maestro di spada e duellavano prima con lo shinai e in seguito con i tachi veri e propri. Si domandò cosa volesse significare quella richiesta ma con un movimento lento e pieno di rispetto la tolse dal suo involucro blu e ne rimirò la lama lucente. Fra i due era sicuramente lui il più bravo, a Masumi le armi non erano mai piaciute. Agile, veloce, aveva imparato l’arte della scherma senza alcun problema e in alcune occasioni l’aveva anche usata…

La richiuse nel fodero e uscì osservando il sole che si avviava al tramonto.


Mizuki si assicurò di aver messo tutti i documenti a posto prima di andare a casa e trovò un anonimo bigliettino vicino al telefono.

E’ dell’uomo con gli occhi grigi! Oh no! Di nuovo…

Si portò due dita al naso per l’emicrania in arrivo ed espirò…

“La prego di farsi trovare questa sera alle nove al piazzale Belvedere”

Cosa vorrà adesso?

La porta dell’ufficio si aprì e lei si voltò di scatto generando un piccolo trambusto: la cornetta del telefono cadde, alcuni fogli si sparpagliarono a terra e la sua borsa cadde dalla sedia spargendo tutto il contenuto sul pavimento lucido.

- Mizuki, va tutto bene? - le chiese Masumi alzando un sopracciglio perplesso. La donna appariva palesemente turbata e imbarazzata. Lui si chinò e l’aiutò a raccogliere tutto.

- Non importa, signor Masumi, la prego, lasci perdere - balbettò lei, e Masumi trattenne a stento un sorriso: finalmente la sua altezzosa segretaria perdeva il proverbiale controllo.

- L’aiuto volentieri, non si preoccupi - la rassicurò lui sorridendole dolcemente. Mizuki rimase sconvolta e balbettò qualcosa di incomprensibile.

- Ah, Mizuki - la chiamò rialzandosi - Se questa sera dovessi avere bisogno di lei per alcune informazioni, posso chiamarla, verso le nove magari? -

- No! - rispose di scatto lei arrossendo e lui corrugò la fronte - Mi-Mi scusi, stasera esco, non sono disponibile - abbassò lo sguardo e lui represse un sorriso aperto.

- Oh, non importa - le dette le spalle e andò agli ascensori.

Chissà che avrà pensato… che uomo complicato! Ma cosa vorrà mai!


Maya sentì bussare alla porta e quando aprì si trovò di fronte un uomo impettito in abiti scuri e capelli brizzolati.

- La signorina Kitajima? - domandò serio e compassato.

- Sì - rispose Maya con un sorriso disponibile.

- Questa è per lei da parte del signor Hayami - e le porse una busta bianca. Lei la prese con mano tremante e ringraziò. L’uomo fece un lieve inchino e se ne andò.

Chiuse la porta e un intenso dolore all’indice la costrinse a distogliere l’attenzione da ciò che le aveva fatto battere il cuore all’impazzata.

- Chi era, Maya? - la voce dei Rei dall’altra stanza la raggiunse ovattata.

- Ohi… ohi… - mormorò entrando nella cucina - Una scheggia di legno della porta mi è entrata nel dito… - si lamentò.

Rei invece non fece una piega, prese un ago, lo bruciò sul gas e poi le prese il dito vedendola sbiancare.

- Su, non fare la bambina! - e ignorando le sue lamentele le tolse la spina dal dito.

- Visto? Più facile del previsto - poi notò la busta - Hayami? - domandò alzando un sopracciglio e Maya arrossì e annuì.

Con il cuore che batteva follemente si diresse in camera e l’aprì con mani tremanti. Che stupida sono! Perché mi batte il cuore in questo modo?!

“ Buonasera Maya, desidero invitarti questa sera insieme alla tua amica Rei in un ristorante informale, lontano da giornalisti e fotografi. Un’auto verrà a prendervi alle venti. M.”

Oh cielo!

Maya sbatté le palpebre e rilesse il biglietto.

- Reiiiiiiiiiiiii! - chiamò all’improvviso allarmata, sbiancando completamente. Inciampò nel baule vicino alla finestra e lanciò un’imprecazione soffocata ben poco femminile.


Karato raggiunse puntuale il luogo dell’incontro senza sapere esattamente cosa aspettarsi ma disposto ad affrontare a cuore aperto il suo capo e, ne era sicuro, migliore amico. Afferrò il Tenchi saldamente subito sotto l’elsa e uscì dalla macchina risalendo la rampa di pietra. Era tutto silenzioso, la luna splendeva alta e perfino il cielo chiaro mostrava le stelle.


Anche Mizuki fu puntuale, come sempre, ma sul grande spiazzo non vide nessuno. Qualche attimo dopo udì il rumore di una macchina e voltandosi vide una grande berlina nera fermarsi a qualche metro di distanza. Aveva i fari puntati addosso quindi non riusciva a vedere niente. Il suo cuore sobbalzò e prese a battere furiosamente.


Maya e Rei avevano chiacchierato sommessamente per tutto il viaggio domandandosi il perché di quell’improvvisa cena ma senza giungere ad alcuna conclusione. L’autista silenzioso guidò per circa un’ora, poi fermò l’auto su un grande spiazzo. Le due ragazze scesero e si accorsero che c’era un’altra persona.

- Maya guarda… - sussurrò Rei spalancando gli occhi.

- E’ la signorina Mizuki… - sussurrò Maya facendo un passo avanti.

- Maya?! - la segretaria per un attimo perse il suo autocontrollo.

- Che ci fa qui signorina Mizuki? - le domandò Maya avvicinandosi apprensiva. Era così tesa che inciampò e se Mizuki non avesse teso le braccia, sarebbe caduta. Invece si ritrovò fra le sue braccia protettive.

- Mi-mi scusi… - balbettò imbarazzata.

- Non preoccuparti Maya, stai bene? - le chiese sorridendo e lei annuì.

- Maya… guarda… - Rei indicò poco più avanti sulla destra.

La figura snella di un uomo vestito di nero si tagliava nitida.

- L’uomo con gli occhi grigi… - sussurrò Mizuki visibilmente sconvolta. Maya la fissò un attimo sbalordita, poi tornò sull’uomo.

- E’ il signor Hijiri… - mormorò riconoscendolo, ma c’era qualcosa di diverso.

- Lo conosci Maya? - domandò lentamente Mizuki senza smettere di guardarlo.

Hijiri avanzò lentamente e quando fu vicino al gruppo Maya si rese conto che era vestito con pantaloni neri, un maglione nero a collo alto e portava in mano… una spada??? Si portò una mano alla bocca per soffocare un’esclamazione.

- Credo che qualcuno si sia divertito alle nostre spalle… - sussurrò l’uomo guardandosi intorno.

- Sono felice che siate arrivati tutti, la vostra puntualità mi delizia, come al solito - la voce di Masumi Hayami li raggiunse dal parapetto di pietra del piazzale. L’uomo era appoggiato comodamente alla balaustra di pietra e anche lui teneva in mano una katana.

- Signor Masumi… - sussurrò Mizuki sbiancando.

Maya e Rei fecero un passo indietro mentre Hijiri restò fermo nella sua posizione.

Masumi Hayami si fece avanti, lentamente, fino a raggiungerli.

Il suo sguardo glaciale si posò prima su Hijiri, poi su Mizuki, su Rei e infine su Maya, che tremò e fece un passo indietro. Perché è così? Ieri lui… era completamente diverso!

- Allora Hijiri - iniziò con quella sua voce profonda e tenebrosa - Perché non mi dici cos’è successo realmente e il motivo per cui hai messo in pericolo la donna che amo da sette anni tenendomi nascosto ogni cosa? - se possibile, la sua voce nelle ultime parole si fece ancor più fredda e il suo sguardo era terrificante.

Mizuki rimase scioccata dalla sua aperta confessione e Rei, nonostante Maya le avesse raccontato tutto della sera precedente, spalancò la bocca di fronte a tanta freddezza. Maya sprofondò di vergogna, arrossendo completamente.

- Signore… la situazione era davvero al limite. Avevo tutte le informazioni della Takatsu… dovevo provare - spiegò Hijiri in breve senza abbassare lo sguardo.

- Perché hai coinvolto lei? - insisté lui.

- La sorvegliavo… lei piangeva, da ore… le ho detto che c’era una possibilità… - non riuscì a terminare perché Maya lo interruppe, era stanca di quella sceneggiata.

- E io ho accettato, come ho già raccontato! Cosa significa tutto questo, signor Hayami?! - lo affrontò lei facendo qualche passo avanti e mettendoglisi davanti con la solita grinta.

Masumi la guardò per un attimo cercando di mantenere un’espressione controllata e fredda. Passò la katana di mano e Maya poté vedere che il fodero era nero e argento ed era bellissima. Ma perché hanno delle spade??? Oh cielo… gli uomini...

- Non mi sembra di averti interpellato, ragazzina - replicò lui glaciale.

- Io parlo quando mi pare, signor Daito Art Production! - inveì Maya urlandogli contro - Perché tutto questo problema? In fondo non è successo niente, vero Rei? - gridò ancora infervorata - Anche dai Takamya, sì, ci hanno rinchiuso, ma ci siamo calate dalla finestra e il signor Hijiri e il suo amico ci hanno tirato fuori! -

Masumi assottigliò gli occhi che divennero due fessure.

- Ieri non mi hai detto che c’era un’altra persona… - e fissò lo sguardo su Karato.

- Era Ikeda, signor Masumi… - spiegò Hijiri come se quel nome giustificasse tutto.

Masumi rimase immobile, poi posò lo sguardo su Mizuki che deglutì.

- E lei che ruolo ha avuto in tutto questo? - chiese serio.

- Signor Hayami! Mi sta ignorando? - gridò Maya facendo un saltino per poter raggiungere la sua visuale. Quando atterrò sulle pietre sconnesse del piazzale cadde ma Masumi l’afferrò al volo.

- Stai attenta, ragazzina… - le sussurrò facendola rabbrividire.

- La signorina Mizuki non c’entra niente, sono stato io a portarle le lettere e a chiederle di consegnargliele - intervenne Hijiri mettendosi davanti a lei, come se volesse proteggerla.

Mizuki rimase meravigliata dal gesto, fece un passo avanti ma il tacco le rimase incastrato fra due pietre e si trovò ad abbracciare la schiena dell’uomo dagli occhi grigi che chiamavano Hijiri. Lui si girò di scatto posandole involontariamente una mano su un seno. Avvampò e si ritirò subito scusandosi. Anche Mizuki era imbarazzata ma era stata una casualità e entrambi distolsero lo sguardo.

Masumi osservò la scena e sembrava veramente che ci fosse una sorta di maledizione in atto da quando aveva mandato quell’SMS a Hijiri. Maya era ancora fra le sue braccia, la scena era davvero… insolita, ma lui non l’avrebbe lasciata.

- Signorina Mizuki, perché ha accettato di portarmi le lettere? - le domandò irrigidendosi. Si erano coalizzati tutti insieme… e l’avevano raggirato bellamente. Sentì la mano di Maya posarsi sulla schiena dietro la giacca. Le stava a fianco e non dava segno di volersi muovere.

- Io… lei signore, non mi sembrava affatto felice e quando il… il signor Hijiri è venuto da me e mi ha spiegato brevemente la situazione, ho pensato di poterle dare una mano… - si giustificò candidamente. Masumi espirò e guardò Karato mentre avvertì la manina di Maya sulla schiena che lo lisciava ritmicamente, deconcentrandolo.

- Non le ho detto del coinvolgimento di Maya - mentì, sperando che la donna stesse al gioco.

- L’appuntamento fasullo coi due americani, sempre opera sua, Mizuki? Sapeva tutto! - sibilò Masumi e la segretaria annuì afflitta. La mano delicata di Maya risalì lentamente lungo la schiena facendolo rabbrividire. Ma che stava facendo?

- Signorina Aoki… da lei mi aspettavo che la facesse desistere, non che l’aiutasse! - disse infine rivolgendosi a Rei che arrossì.

- Signor Hayami… mi scuso ma… lei sa com’è Maya… è un ciclone, non c’è modo di fermarla quando si mette in testa una cosa… - rispose disperata facendo un passo avanti.

Purtroppo Masumi era ben al corrente della situazione. Sussultò quando sentì Maya dargli un pizzicotto lieve sul fianco. Le strinse la spalla con la mano ma lei continuò e gliene dette un altro.

- L’unico modo che ho per sistemare la situazione - disse Masumi espirando - E’ sfidare Hijiri in un duello -

Maya sollevò lo sguardo spalancando gli occhi. Ma che dice? Ha perduto la testa forse?

- Sono pronto, signor Masumi - annuì Hijiri estraendo la spada con un gesto lento e fluido - Sarebbe così gentile da tenere questo, signorina Mizuki? - chiese porgendole il fodero blu.

- La prego, è una follia! - lo supplicò lei - Ma perché state facendo tutto questo? - domandò Mizuki sconvolta. Hijiri la fissò per un attimo.

- Lei è davvero bellissima, signorina Mizuki - sussurrò, e lo disse come fosse stata una confessione in punto di morte. Mizuki si portò una mano alla bocca e arrossì.

- Ma cosa state facendo! Signor Hijiri! Fermo! - gridò Maya mettendosi fra i due.

- Maya, fatti da parte, Hijiri mi ha mentito, non ho altro modo per risolvere la situazione - disse freddamente Masumi spostandola delicatamente.

- Non c’è un altro modo di un duello con le katane? Ma cosa dice? Vi prego, basta! - supplicò Maya - Basta Masumi! Lascialo stare, Hijiri non c’entra! - gridò mettendosi di nuovo in mezzo, gli occhi che ardevano fieri. Lui la fissò un istante e le sorrise.

- Mi hai chiamato per nome… - mormorò dolcemente. Maya arrossì e fece un passo indietro inciampando ma Karato l’afferrò. Che strana serata quella… era distratta ma non cadeva così spesso…

Masumi si fece avanti e con un sibilo sinistro estrasse la spada dal fodero. La lama luccicava in modo inquietante.

- Come vedi Maya, so recitare anche io - le disse mellifluo - Non fare mai più una cosa del genere, non usare il tuo talento per ingannarmi - la minacciò facendosi avanti ancora e sollevando la lama - Perché ti ripagherò con la stessa moneta -

Lei rimase congelata, le braccia di Hijiri che la sostenevano. Lo sentì irrigidirsi a quelle parole, poi ridacchiare. Quando realizzò il senso completo della frase si tirò in piedi furibonda.

- Era una messinscena! - gridò indignata, la braccia tese lungo i fianchi e i pugni chiusi.

- Anche voi mi avete ingannato - replicò serafico Masumi rinfoderando la spada.

- Ma… Ma era per un motivo valido! - si ribellò lei che non vedeva proprio il nesso fra le due situazioni.

Masumi sbuffò e tese la mano a Hijiri che gliela strinse.

- Mai più Hijiri, qualunque sia la situazione - gli disse seriamente.

- Mai più, signore, lo prometto - annuì lui espirando e sorridendo.

- Signorina Aoki, la sua interpretazione è stata eccellente, se non avesse ancora un contratto, si presenti alla Ondine, troverà una mia referenza - disse rivolgendosi alla giovane che arrossì.

- Gr-Grazie signor Hayami - balbettò ancora scossa per tutta quell’assurda situazione. Che Masumi Hayami fosse strano lo aveva appurato da un bel po’, ma quella sera sembrava folle…

- La accompagnerà a casa il mio autista - aggiunse poi facendo un cenno verso la berlina che le aveva accompagnate.

L’uomo scese dalla macchina - Signore, mi sono appena accorto che c’è una ruota bucata, la sostituisco subito, ma non si preoccupi, penso io alla signorina - disse scusandosi con un lieve inchino - Sempre che a lei non dispiaccia aspettare -

- No, va bene così, aspetto, anzi le do una mano - disse Rei con il solito fare pratico avvicinandosi. L’uomo le sorrise, un bellissimo sorriso schietto in un bel volto dove due profondi occhi nocciola la scrutavano attentamente, e si misero al lavoro.

- Signorina Mizuki - riprese Masumi ma Karato lo interruppe.

- Se non le dispiace, signore, accompagno io la signorina - si intromise gentilmente.

- No… se non dispiace a lei - sorrise Masumi fissando la segretaria.

- Grazie, sarebbe gentile - annuì Mizuki arrossendo lievemente.

Hijiri mise un braccio dietro la schiena di Mizuki e la sospinse dolcemente.

- Che strana giornata questa… oggi Maya, hai avuto… qualche problema? - le chiese soprappensiero.

- Eh? - sollevò lo sguardo verso di lui.

- Qualche inconveniente strano… - insisté ripensando al cellulare, la tazza del caffè, il quadro che si era staccato, il passante della cintura dell’impermeabile che si era strappato, la multa che aveva preso, lo specchietto sinistro che aveva trovato frantumato, e tutte le altre cose che aveva visto lì… Forse qualcuno mi sta dicendo che questa è stata un’idea stupida… Posso solo immaginarmi se ci fosse qualcuno a scrivere di questa giornata cosa ne direbbe…

[Caro Masumi… purtroppo c’è una che scrive… e direi che sono le 2:43 di notte e che ho dato via libera alla mia mente malata! Dai che adesso ti do un contentino! ^O^]

- Sì… sono scivolata nella vasca, ho perduto la mia penna preferita, sono inciampata un’infinità di volte, ho rovesciato un vaso di fiori, si è rotta una tazzina, mi si è infilata una scheggia nel dito… - elencò Maya contando con le dita.

Masumi la fissò sbalordito. Eppure io non sono superstizioso ma…

- Perché me lo chiedi? - gli domandò perdendosi nei suoi occhi blu come il mare.

- Oh… per curiosità… - dissimulò lui tenendo lo sguardo su Hijiri e Mizuki.

Credo proprio di essere stato io… quell’SMS a Hijiri sembra aver dato vita a tutto…

- E ora? - domandò Maya espirando, avrebbe voluto stare ancora un po ‘ con lui, senza la katana però...

Masumi la prese per mano e il suo cuore volò alto.

- Ora, signorina Kitajima, lei viene con me - le sussurrò in un orecchio facendola rabbrividire. Raggiunsero la sua auto, poco oltre il piazzale.

- Dove? - chiese più per l’abitudine di dovergli sempre rispondere che per reale necessità. Sarebbe andata dovunque con lui. Sentì le sue braccia intorno e le sue labbra sui capelli. Chiuse gli occhi godendo di quel bellissimo attimo sotto la luna.

- Pensi di stuzzicarmi e non pagarne le conseguenze? - mormorò suadente rendendo quella minaccia dolce come miele.

- Io… volevo solo distrarti… - mormorò lei completamente presa dalle sue mani che le lisciavano la schiena.

- Ti insegno io come si distrae un uomo come me… - sussurrò appena. Catturò le sue labbra in un bacio appassionato con la luna come unica testimone di quell’assurda giornata.


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2800743