A fairy love

di Penguy
(/viewuser.php?uid=148450)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


Estate 2014-Tokyo

“L’incendio nei pressi della costa orientale di Tokyo continua a divamparsi mettendo a dura prova i soccorsi giunti prontamente sul posto. Le fiamme altissime hanno già obbligato all’immediata evacuazione degli abitanti limitrofi per garantirne l’incolumità. Le alte temperature di quest’Estate ,dovute al ciclone abbattutosi sulla regione,preannunciavano l’avvenire di simili eventi. Si prega quindi prudenza e attenzione. Si attendono nuovi aggiornamenti sullo svolgersi degli eventi.”

Questo era ciò che un cronista di un telegiornale spiegava alla televisione. Un’ incendio doloso, come non se n’erano mai visti prima,che inghiottiva tra le sue fauci tutto ciò che incontrava sul suo percorso:vegetazione,abitazioni,colline sparivano sotto gli occhi increduli dei presenti in modo quasi surreale. Numerosi i soccorsi che accorrevano,numerosi gli sforzi di placare quella distruzione.

Nel frattempo,con occhi innocenti,una sagoma ben nascosta e riparata tra gli scogli osservava la scena da lontano. Un tritone dai corvini capelli, profondi occhi zaffiro e squame di un azzurro cristallo. In Giappone vi erano numerose leggende a riguardo. “Gli uomini per metà pesce” erano stati definiti da coloro che presumevano di averne visto uno; esseri mitologici timorosi degli esseri umani  che avevano come dimora fissa le fredde acque dell’oceano. Ma Haruka,questo era il suo nome,era differente dai suoi simili. Desiderava scoprire di più ciò che lo circondava e di conseguenza giaceva spesso su scogli vicino le coste. Quel giorno la sua attenzione era catturata da quell’espandersi continuo di fiamme sulla collina vicina. Vi era gran trambusto e agitazione. Rapito da quello strano evento, rimase a scrutare attentamente ciò che accadeva con grande curiosità.

«Sbrigatevi con quelle pompe! Dobbiamo spegnere le fiamme all’interno delle abitazioni! Presto! »Urlava impaziente  il caposquadra dei pompieri
Le pompe erano ben presto collegate agli idranti nelle vicinanze e messe all’opera per domare l’incendio.
«Così non va! L’incendio continua ad andare avanti! Presto,prelevate acqua dal mare formando una catena umana! » dirigeva il coordinatore delle azioni
«Ci sono delle persone intrappolate in quella abitazione! Voi tre venite con me! » disse poi rivolgendosi ad alcuni vigili intenti a preparare i serbatoi
«Arriviamo subito!» risposero gli interpellati
Il caposquadra continuava a tentare di prendere in pugno la situazione,si rivolse poi ad un giovane pompiere che da qualche anno era entrato a far parte della squadra.
«Tachibana! Dirigi l’operazione giù sulla costa! »
«Ci vado subito signore! »
Tachibana Makoto. Giovane pompiere qualificato. Aveva due occhi di un color smeraldo e dei castani capelli. La sua possente corporatura inoltre gli permetteva di svolgere al meglio le quotidiane mansioni.

Il giovane scese a valle di tutta fretta ed iniziò a prelevare l’acqua del mare con l’aiuto di una pompa. Mentre era intento a fare ciò, un movimento repentino delle acque attirò il suo sguardo. Rimase ad osservare attentamente l’ambiente,cercando d’individuare la fonte di quel rumore. Tornato poi alla realtà,corse nuovamente alla collina per prestare ausilio.

“Perché mai privano il mare della propria acqua?” pensò Haruka scorgendo la pompa.

Dopo alcune ore d’intervento,finalmente le fiamme furono spente,i feriti furono soccorsi in modo appropriato e gli sfollati furono condotti in dei centri appositi. Era oramai notte e la quiete aveva fatto ritorno sulla collina come se nulla fosse successo.
Il tritone,come ogni sera,era solito sdraiarsi su di uno scoglio per ammirare la luna e godersi la tranquillità delle acque che lo accarezzavano dolcemente. La sua mente lo riportava indietro a ciò che aveva visto sulla spiaggia: non aveva mai visto un umano da così vicino. Ne era rimasto affascinato poiché era così diverso da lui.Avrebbe voluto studiarlo meglio;ogni suo singolo particolare.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti da un rumore di passi nelle vicinanze che lo costrinsero a rigettarsi in mare al riparo da sguardi indiscreti. Sulla spiaggia due sagome sfocate si dirigevano verso la pompa.

“Forse sono venuti a riprendersela”

L’intento dei due era proprio questo. Una volta risolto il problema, avevano fatto ritorno per controllare la situazione e riprendere l’attrezzatura.
«Dai Makoto,aiutami a riavvolgere la pompa»
«Arrivo Kaito! »

“Makoto…questo è il suo nome?”

Il ragazzo si voltò nella sua direzione,facendolo nascondere velocemente dietro uno scoglio.
«Makoto che ti prende?Ti vedo pensieroso…c’è qualcosa che ti preoccupa? » chiese perplesso l’amico
«Ma no..è solo che sono un po’ stanco.. » rispose il castano accennando un sorriso e portandosi una mano dietro la nuca
«Oh…capisco.Dovresti riposarti ogni tanto!Io inizio ad andare, ci vediamo domattina alla centrale! » lo salutò imboccando la via del ritorno

Seguì con lo sguardo l’amico risalire la valle finché poté. Le parole di quest’ultimo echeggiavano e spiccavano tra i pensieri nella sua testa.In effetti da troppo tempo non aveva avuto l’occasione di rilassarsi veramente. La vita di un pompiere,spesso, è più dura di quel che può sembrare. Turni estenuanti che t’impediscono di avere la libertà di “fare programmi”,frequenti visite presso ospedali a causa di ustioni o arti slogati,il dovere di lasciare la propria abitazione e i propri cari con il rischio di non far ritorno. Tutto ciò per salvare vite altrui.

“Perché ho scelto di fare questo mestiere?” si chiedeva ogni tanto,ma la sua risposta rimaneva tale ogni volta.Sin dalla tenera età,Makoto aveva sempre ammirato il lavoro di un vigile del fuoco. Ricorda di averli sempre guardati con una strana luce negli occhi. Era solito definirli eroi ed il suo sogno era sempre stato divenire come questi ultimi.
Purtroppo la realtà è ben diversa. Noi pompieri abbandoniamo tutto ciò che ci circonda per accorrere nel momento del bisogno,ma quando si tratta di concretizzare non siamo altro che “semplici persone comuni”.

“Inutile continuare a tartassare la testa in questo modo” pensò.

Quella sera era terribilmente afosa,così opprimente da non lasciare quasi respirare. Il castano,dopo essersi tolto le scarpe,passeggiò lentamente sulla fresca sabbia marina,fino a fermarsi sul bagnasciuga. Guardava ora il mare calmo e limpido.
Si tolse la maglietta e s’immerse con solo i calzoni alla ricerca di un po’ di refrigerio.

Che sensazione piacevole. Socchiuse gli occhi. L’unica cosa che sentiva era il tenue suono delle onde che s’insinuavano fra gli scogli e il forte odore di salsedine intorno a sé.

Haruka osservava la scena da lontano,provando una forte attrazione senza un’apparente motivo. Permase ad ammirarlo,ma la tentazione fu così forte che il tritone decise di avvicinarsi ulteriormente.
Si mosse con estrema cautela,fino ad arrivare a rintanarsi dietro uno scoglio a poca distanza dal castano.
Makoto ,completamente assorto,non si accorse della sua presenza e continuò a galleggiare beatamente mentre osservava il cielo stellato sopra di lui.
« Che spettacolo…» disse tra sé e sé.
Non vi era alcuna nuvola quella sera e ciò permetteva di ammirare le stelle in tutta la loro bellezza.
Il tempo trascorse velocemente nel silenzio e il momento di rincasare era giunto.
Il ragazzo riemerse dalle acque,portandosi le mani alla testa e scostandosi i capelli dal volto all’indietro.
Il tritone non riuscì a distogliere lo sguardo da quella figura che riaffiorava, illuminata dalla luce della luna.
Era splendido. Sembrava un qualcosa fatto della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.

Makoto si voltò verso gli scogli,ma l’unica cosa che riuscì a vedere fu una coda di pesce cristallina scomparire nelle profondità marine.
Si stropicciò gli occhi e guardandosi intorno,si convinse,alla fine,che fosse stato solo un miraggio.
Dopo essersi asciugato a dovere,indossò nuovamente la sua maglia e si diresse verso la propria auto per far ritorno a casa.

Percorse velocemente la strada,impaziente di arrivare a destinazione e riposarsi il dovuto.

Una volta rincasato,si tolse le scarpe e le posò ordinatamente sull’entrata e dopo aver mangiato un boccone e aver fatto una doccia veloce,si diresse finalmente verso l’ambito letto.
Posò la testa sul cuscino e scostò leggermente le tendine della finestra accanto per permettere l’entrata di un po’ d’aria fresca.
Diede un’occhiata veloce all’orologio sveglia posta sul comodino che segnava le 22:42.
Tale era la stanchezza che non ebbe neanche il tempo di sistemarsi nuovamente sul cuscino,che cadde in un sonno profondo.






*Angolino autrice*
Ringrazio a chi sia arrivato a leggere fin qui.
Chiedo scusa per il cap un po' corto e confusionario,ma prometto di rifarmi nei prossimi.
Questa storia,originariamente,era nata come una "fiaba" per i miei cuginetti e visto il successo(?),ho deciso di trasformarla in una storia più approfondita.
Spero di aver allietato la vostra giornata e di non avervi fatto sentir male con questa fic poco credibile...
Baci dalla vostra Penguy <3
See you next cap.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Dopo tante ore di buio,ecco, da dietro l’orizzonte,spuntare il primo raggio di sole che con la sua luce e il suo calore risveglia la natura. Si riesce a cogliere il dolce profumo di rugiada estiva e il fresco calore mattutino,accompagnati,a loro volta, dal canto delle cicale. Rosati petali di ciliegio danzano nell’aria trasportati dalla brezza percettibile,posandosi leggiadri sui tetti e sui davanzali,mentre tutto il quartiere prende lentamente vita.

La sveglia orologio segnava ora le 05:35  ed ecco che, prontamente, una suoneria ,abbastanza fastidiosa,destava il castano dal suo sonno.

Si sollevò dal proprio cuscino,si mise seduto sul letto e con i capelli lievemente arruffati,si passò una mano sulla bocca sbadigliando pigramente. Indossò le sue pantofole per poi alzarsi ancora barcollante mentre intorno a lui poteva avvertire un’afa insopportabile propagandarsi nell’aria. Si toccò la fronte sudata,socchiudendo gli occhi per via del fastidio provocato dalla luce che oltrepassava il vetro della finestra.

Si avvicinò all’attaccapanni,prese i propri abiti quotidiani e si apprestò a dirigersi verso il bagno per una doccia fredda.

Era quasi erotico percepire il getto d’acqua gelata percorrere sensualmente il corpo e le sue curve. Abbassò il capo in avanti per permettergli di avvolgergli interamente la schiena fino a fluire lungo tutto le gambe e giungere ai piedi; la bianca schiuma scivolava delicata sulla pelle liscia accompagnata lentamente dalle grandi mani del ragazzo. Gli parve spontaneo,una volta soddisfatto,tirare un sospiro di sollievo.

Si cinse la vita con un asciugamano e dando un’occhiata veloce all’orologio da muro nell’atrio,si affrettò ad asciugarsi la chioma con l’aiuto di un phon.
Una volta pronto,indossò i propri indumenti,calzò le scarpe poste accuratamente accanto all’entrata la sera prima e abbandonò la propria abitazione.

Makoto si svegliava quasi ogni mattina allo stesso orario per recarsi poi in caserma in attesa di una chiamata d’emergenza.

I pompieri lavorano con turni di 12 ore, giorno e notte 24h su 24 per 365 giorni l’anno.

Prima di giungere alla centrale,tuttavia,si concedeva sempre un caffè che sorseggiava con tranquillità al solito bar sotto casa sua. Quella mattina,all’interno del locale,due signori di mezz’età continuavano a sbraitare contro il barista che rideva a più non posso. Era una scena tanto buffa quanto insolita da attirare l’attenzione di tutti i presenti.

Il castano s’intromise chiedendo «Qual è il motivo di tale agitazione? »
Il barista riprese fiato,per poi rivolgersi sorridente al ragazzo .
« Questi due matti sostengono di aver visto una “sirena” vicino la riva mentre pescavano…assurdo! » esclamò scoppiando nuovamente a ridere rumorosamente.
« E’ la verità! Era una sirena,se non qualcosa di più grosso! »continuavano a ripetere i due con insistenza
Makoto,all’udire di quelle affermazioni,non poté fare a mano di mostrare un solare sorriso.
L’inconsueto dibattito proseguì ,ancora,per circa due quarti d’ora,fino a quando i due pescatori non decisero di lasciare il bar irritati.
Non appena il castano finì di bere il suo quotidiano bicchiere di caffè caldo e porse i soldi al barista,si apprestò a dirigersi verso la porta d’uscita.

« Tachibana! » lo chiamò l’uomo dietro il bancone.
« Sì,mi dica…» rispose Makoto sull’uscio voltandosi nella sua direzione.
« Buona giornata! E faccia attenzione mentre salva il mondo! » scherzò alzando la mano in segno di saluto.
Makoto gli sorrise a sua volta con fare amichevole. « Lo farò,grazie! Buona giornata anche a lei! »

Scambiate le ultime parole con il proprietario del bar,imboccò la strada per la caserma.
Durante il tragitto che,data la vicinanza,affrontava a piedi,gli tornarono in mente le parole di quel buffo discorso.
“Narravano a proposito di un avvistamento di una sirena…….e se quella notte,quella figura non fosse stata soltanto un miraggio?” pensò continuando a camminare.
Si fermò un istante e ripensando a ciò che aveva ipotizzato rise tra sé e sé. Era un pensiero talmente assurdo che fece in fretta a toglierselo dalla mente,proseguendo sulla via.

Giunse alla sede e salutando i colleghi,diede inizio ad una nuova ed impegnativa giornata.
Si affrettò ad indossare l’occorrente: elmo protettivo,sottocasco e maglietta ignifughi,completo antifiamma,pantaloni e giacca con rifrangenti,cintura,anfibi antinfortunistici e guanti da intervento.
Anche quella mattina le chiamate d’emergenza non tardarono ad arrivare. Piccoli incendi e qualche incidente stradale che impegnarono tutta la squadra.

Makoto,una volta concluso il suo turno giornaliero,solitamente rincasava per godersi un po’ di meritata tranquillità,ma quel pomeriggio decise di recarsi nuovamente alla spiaggia.

Neanche lui sapeva il motivo di quella forte attrazione verso il mare,ultimamente. Probabilmente,perché lo rilassava.
Si sedette sulla riva,permettendo alle onde di accarezzarlo fino alle caviglie regolarmente.

Un ricordo fulmineo si fece strada nella sua mente.

“Quando ero solo un bambino,ricordo che spesso sedevo in riva al mare e rimanevo,anche per lungo tempo,a fissare l’orizzonte. In un certo senso,quell’enorme distesa di acqua salata,m’inquietava. Ho sempre avuto timore di ciò che non conoscevo ed una di queste cose era proprio l’oceano. Una parte di me lo ha sempre visto come una specie di mostro pronto ad inghiottire qualsiasi cosa,senza lasciarne traccia alcuna. Non saprei spiegare la ragione di quelle convinzioni. Era così e basta.”

Era difficile essere d’accordo con quei pensieri,ora che le acque erano così calme e cristalline.

Si sdraiò sulla sabbia che,nonostante il pomeriggio inoltrato,era ancora bollente. Sentì quel calore pervadere il suo corpo. Era una sensazione piacevole ed in completa armonia con il regolare rumore del moto ondoso.
Tentava di mantenere la propria schiena inarcata,in modo da consentire il passaggio di quel fresco soffio d’aria,mentre avvisava un leggero formicolio arrecato dalla rena.
Fece scorrere alcuni granelli di sabbia fra le dita,stingendola e tastandola con la mano.

Chiuse gli occhi per amplificare i sensi,addormentandosi lentamente come cullato dall’ambiente stesso.

Non passò troppo tempo che qualcuno,dapprima ben nascosto,notasse la sua presenza.
Tra le acque,infatti,nuotava silenziosamente e con leggiadria Haruka,che lo osservava con grande interesse. Con i suoi occhi colmi di curiosità contemplava il corpo disteso del giovine. Si avvicinò alla riva dopo essersi accertato che non ci fosse pericolo ed aiutandosi con le proprie braccia,si trascinò sulla sabbia bagnata accanto al castano.

 Era così vicino da sentirne il respiro.

Aveva timore che si potesse svegliare da un momento all’altro,che si potesse accorgere della sua presenza e che ne sarebbe rimasto spaventato a sua volta.
Aveva paura che tutto potesse svanire in un istante a causa sua e del suo desiderio di conoscere e scoprire di più.

Sì. Era spaventato,non poteva né nasconderlo né negarlo. Ma sapeva fin troppo bene che quell’occasione avrebbe potuto non ripresentarsi nuovamente.

Prese tutto il coraggio che aveva in corpo,accorciando le distanze ulteriormente.
Osservò attentamente il suo corpo,esaminandone le forme. Era differente. Non disponeva di una coda,né di  squame,né di branchie. Possedevano un’anatomia del tutto disuguale.
Il corvino ne studiò accuratamente i lineamenti delicati del volto per poi posare lo sguardo sulle labbra di carnagione chiara,leggermente secche per via dell’esposizione diretta ai raggi solari. Ne rimase insolitamente affascinato;sembravano quasi parlargli. Quasi come d’istinto,avvicinò il proprio volto verso quelle labbra così invitanti,per permettere a quest’ultime di congiungersi con le sue in un bacio casto e puro,lasciando su di esse un pungente odore di salsedine. Si ritrasse dolcemente per poter ammirare ancora un po’ quel viso rilassato,accarezzandone con cautela le soffici gote imporporate.

Percorse con la mano i lineamenti del collo,fino a soffermarsi sul petto. Si chinò,poggiando parzialmente l’orecchio per sentirne il cuore palpitare. Poggiò poi la mano sul proprio torace.
I loro cuori sembravano quasi battere all’unisono,come se fossero plasmati in un’unica entità.
Si sentiva accomunato da qualcosa che non li rendeva poi così dissimili. Si sentiva vicino a lui più di quanto potesse sembrare.
Avrebbe voluto rimanere così in eterno,sdraiatogli accanto, se solo avesse potuto.
 
 
 
 
 
*Angolino autrice*
Salve di nuovo!
Colgo l’occasione per ringraziare tutti coloro che stanno seguendo e commentando la storia. Davvero,grazie ç_ç
Spero vivamente che abbiate apprezzato questo capitolo e di non aver deluso le vostre aspettative.
Cercherò di aggiornare più in fretta la prossima volta.^^
Grazie se lascerete una recensione <3
Bacioni,Penguy.
See you next cap.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Sulla costa,debolmente,iniziava a levarsi un lento vento estivo che si odeva tra le foglie a stento e che rinfrescava l’atmosfera,rendendo il suo tocco gradevole.

Makoto dischiuse gli occhi con lungaggine,portandosi una mano al viso e spostando alcune ciocche di capelli che intralciavano la vista.

“D-dove mi trovo…”

Spalancò gli occhi sussultando,dopo aver realizzato di essere, senza una spiegazione apparente,circondato da un’enorme vastità di acqua,paragonabile alle profondità oceaniche. Poteva avvertire il suo corpo schiacciato dalla pressione, come fosse intrappolato in una morsa; una stretta senza via di salvezza. Con enorme terrore,concretizzò che stava accadendo ciò che fin da bambino aveva costantemente costituito una delle sue peggiori paure: stava annegando.

Disorientato e in preda all’agitazione,con tenacia tentava invano di risalire per riemergere in superficie,ma ad ogni movimento sembrava sprofondare negli abissi sempre più scuri,mentre la luce del sole diveniva meno chiara e distante.Il panico lo attanagliava, divorandolo avidamente e rendendogli difficile anche solo pensare. L’acqua che lo attorniava pareva aver assunto le sembianze di un essere in possesso di vita propria che non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla sua preda.
Provò inutilmente a mantenere la calma e a cercare un appiglio,una via di fuga,una speranza,qualsiasi cosa.Avvertiva  braccia e  gambe divenire dello stesso peso di un macigno impossibile da sollevare che lo trascinava verso il fondo con sè.Avvertì il respiro venir meno,come soffocato.
Esaurendo le forze,cessò di muoversi e strinse le mani intorno alla propria gola,contorcendosi su sé stesso freneticamente. A causa dell’ipercapnia non fu più in grado di impedire l’entrata di acqua,che di conseguenza penetrò all’interno dei polmoni e dello stomaco,implacabile,invadendo ogni parte di lui. I respiri divennero forzati e senza accorgersene iniziò a boccheggiare disperatamente,mentre perdeva gradualmente sensi e lucidità.

Allentò la presa sul proprio collo e distendendo il corpo,si abbandonò al proprio destino,ma qualcosa afferrò la sua mano per sottrarlo da ciò che dava l’impressione di essere ormai morte certa. Nel mentre, il castano si sforzò,con le ultime forze,di identificare colui che si era fiondato in suo soccorso. Dinanzi al suo sguardo,una creatura mistica,delle fattezze di una sirena,nuotava per ricondurlo a galla.

Si svegliò all’improvviso,dentro ad un bagno di sudore e con il respiro strozzato e affannoso .Soltanto notando di giacere incolume sulla spiaggia dove qualche ora prima si era beatamente addormentato,si tranquillizzò.Riprese fiato,passandosi nervosamente una mano fra la chioma bagnata,intuendo che si fosse trattato solo di un incubo.Rimase nella stessa posizione,seduto, a scrutare l’orizzonte e il cielo oramai scurito , notando le prime stelle che iniziavano insicure ad illuminare la sera.

Nonostante fosse ancora un po’ scosso,si sollevò,liberandosi dei granelli di sabbia presenti sugli abiti e si affrettò a rincasare,vista la tarda ora.

L’angoscioso sogno affollò i suoi pensieri in modo prepotente per tutta la notte,scatenando in lui un senso d’inquietudine e preoccupazione. Quella magnifica sirena che lo aveva afferrato per salvargli la vita…“sarà stata davvero solo il frutto di un sogno?”. Non poteva fare a meno di chiederselo in continuazione,rigirandosi tra le bianche lenzuola in cerca di una posizione comoda al fine di riuscire a rilassarsi. I secondi,i minuti e le ore trascorrevano solennemente ed inesorabili sull’orologio,ma alla fine,oltre ogni previsione,riuscì a cadere in un sonno profondo.

Il giorno seguente,lungo la via, in direzione della caserma,s’imbatté nei due pescatori che il giorno precedente avevano dato vita a quell’insolita discussione all’interno del bar.
«Tachibana! »  Lo chiamarono all’unisono per poi avvicinarsi con l’intento di intraprendere una conversazione amichevole «Come procede il lavoro? »
«Ah,buongiorno. Impegnativo come sempre.. » Rispose il castano sorridendo  «E a voi? »

I due incrociarono le braccia in segno di rassegnazione,affermando di non essere riusciti a portare un pesce a casa da giorni,sospettando fortemente dell’esistenza di una sorta di mostro marino che intralciava quotidianamente le loro battute di pesca,mandando in malora i loro sforzi.
Makoto,in segno di rispetto,trattene una spontanea risata all’udire di quelle affermazioni.Secondo lui era assurdo pensare all’esistenza di un essere simile;molto probabilmente si trattava solo di poca fortuna.Tutto qui.
I due,cogliendo un sorriso divertito dipingersi sul viso del ragazzo,inarcarono un sopracciglio evidenziando un segno di offesa sul loro volto che scaturì,quasi subito,una pronta reazione del castano che si ricompose scusandosi.
« Sappiamo che tutto ciò possa apparire folle,ma possediamo la prova che testimonia la certezza delle nostre teorie! »
« Se non sono troppo indiscreto,che genere di prova? »Chiese Makoto perplesso,non riuscendo a celare una chiara curiosità a riguardo.
Il più anziano si avvicinò al castano,mostrando un oggetto con fare vittorioso appena tirato fuori da una tasca del giacchino color beige.

Sul palmo della mano del pescatore era posata ciò che sembrava essere una squama di un azzurro brillante con sfumature di un blu marino.Si presentava abbastanza ruvida al tatto,esibendo dei riflessi abbaglianti al tocco dei raggi del sole.Avvicinandola al proprio volto si avvertiva l’odore di salsedine emanato inebriare le narici,come una sorta di afrodisiaco.Makoto la prese delicatamente fra le dita,mentre la sua mente aveva istintivamente fatto ritorno alla visione mostrategli dal sogno.Era una coincidenza talmente  disarmante da farlo arrivare a titubare delle sue stesse convinzioni sull’argomento.Tornando sui suoi passi e facendo appello al proprio scetticismo,espresse il proprio pensiero..

« Non potrebbe appartenere semplicemente ad un comune pesce? ».

I due uomini lo esortarono ad osservare più attentamente,sottolineando il fatto che squame di tali colori e dimensioni non si erano mai viste.Il castano si arrese a quelle opinioni che risultavano un po’ precarie.Continuò a rigirare l’oggetto misterioso fra le mani,scorgendo con la coda dell’occhio il quadrante del proprio orologio,deglutendo rendendosi conto del proprio ritardo.

Chiese perdono per dover troncare la discussione tutta d’un tratto e porgendo l’oggetto ai legittimi proprietari,dopo aver salutato, si diresse in tutta fretta verso il presidio.

I due signori ricambiarono il saluto,tornando poi a chiacchierare tra di loro.

Giunse alla sede con qualche minuto di ritardo e con il timore che questi ultimi potessero essere abbastanza per guadagnare un rimprovero da parte del superiore,che accorgendosi del suo arrivo,marciava nella sua direzione con fare irritato.
«Tachibana! Si puo’ sapere dov’eri finito? »  Lo sgridò l’uomo corrucciando lo sguardo.
« M-mi scusi..sono stato trattenuto… » Provò a giustificarsi.
« Lascia perdere..abbiamo problemi più seri. Ci è stato segnalato un condominio di due piani in fiamme a causa di un cortocircuito. Ci potrebbero essere persone ancora intrappolate all’interno.La prima squadra sta arrivando sul posto,tu li raggiungerai con la seconda. Forza,non perdiamo tempo! »
«Vado immediatamente! »  Rispose il castano prontamente.

Partì come gli era stato detto a bordo della seconda autovettura che schizzò a tutta velocità a sirene spietate. Già a distanza poteva essere avvistato il nero fumo propagandarsi verso l’alto.

Giunto di fronte l’abitazione,poté constatare con i suoi stessi occhi che la situazione era molto più grave e pericolosa di come gli era stata descritta. La residenza in questione apparteneva,infatti,ad una famiglia abbastanza numerosa che al momento dell’innescamento dell’incendio dormiva ancora beatamente nella propria camera,senza accorgersi di nulla. Grazie al repentino intervento della prima squadra buona parte dei residenti era stata evacuata senza troppi problemi. All’appello mancavano due anziani ed una bambina di soli 6 anni.

Il collega Kaito,squadrata la situazione,affermò con tono serio di voler penetrare all’interno dell’abitazione per condurre in salvo i restanti ,armandosi di maschera d’ossigeno e casco protettivo.Il castano insistette di voler collaborare offrendo aiuto e in un certo senso di rimediare al proprio ritardo.
« Prestate attenzione. L’edificio potrebbe venir giù da un momento all’altro! »   Gridò il caposquadra,dopo aver dato il consenso ad entrambi.
I due annuirono decisi e varcarono la porta d’entrata facendosi strada fra le fiamme. La temperatura era altissima; sembrava di aver appena oltrepassato i cancelli dell’inferno. Ogni cosa veniva divorata dalle fiamme e le travi del soffitto non esistevano quasi più. Con la divisa addosso poteva sentire il proprio sudore scivolare sulla pelle; il caldo oppressivo rallentava i movimenti e gli annebbiava la vista. Bisognava intervenire subito.
I due si divisero in cerca dei membri familiari mancanti,muovendosi accuratamente tra porte e corridoi.La situazione peggiorava ulteriormente di minuto in minuto e neanche con l’ausilio delle pompe l’incendio sembrava diminuire.Il piano inferiore era ormai divorato dalle lingue di fuoco che camminavano solennemente fra le stanze,lasciando dietro di loro cenere e distruzione.

D’un tratto l’attenzione di Makoto fu attirata da un lamento proveniente dal piano superiore. Salì velocemente le scale,ancora intatte nel mezzo,fino a giungere dinanzi ad una porta avvolta dalle fiamme decorata con dei fiori ormai rovinati.

« C’è qualcuno qui dentro?! »   Urlò da dietro la porta

L’unica cosa che le sue orecchie udirono fu il suono di un singhiozzare continuo,intuendo subito a chi potessero appartenere.

« Non avere paura,piccola! Adesso butto giù la porta,allontanati! » 

Sperando che la bambina lo avesse sentito,prese una ricorsa e riuscì facilmente a sfondare la porta già abbastanza danneggiata. La piccola era rintanata in un angolino sotto la finestra mentre piangeva spaventata.Il castano le si avvicinò prendendola in braccio e coprendole la bocca con un pezzo di stoffa per evitare che inalasse altro fumo.

« Adesso usciamo di qui e raggiungiamo la tua famiglia,sta’ tranquilla! »   La rassicurò Makoto lasciando la stanza.

Kaito aveva già raggiunto l’esterno in compagnia dei due anziani e la sua preoccupazione per l’amico che non era ancora uscito saliva sempre di più.

Un’ espressione di sollievo si dipinse sul volto di tutti i presenti quando finalmente anche il castano uscì con la bambina fra le braccia.

Infine si diede il via all’uso delle pompe che domarono l’incendio dopo circa un’ora.La famiglia fu portata all’ospedale per eventuali medicazioni mentre le squadre dei vigili facevano ritorno in caserma.A bordo dell’autopompa,i feriti,tra cui anche il castano che aveva riportato una ferita al braccio,furono medicati in modo opportuno.

Il giovane pompiere concluse alla fine un’altra giornata impegnativa e imboccò la strada del ritorno lungo la quale incontrò nuovamente i due eccentrici pescatori,che al contrario di quella mattina,sembravano piuttosto irritati.
I due lo salutarono cordialmente,come erano soliti fare ogni giorno,notando subito la visibile stanchezza negli occhi di Makoto,che per poco si reggeva in piedi.
« Il lavoro di un pompiere è proprio faticoso. » Ammisero i due,con una punta di preoccupazione nei suoi confronti.

Makoto tentò di riprendersi,grattandosi la nuca e rassicurando i due.D’un tratto  la sua attenzione si focalizzò su ciò che uno dei due uomini stringeva nella mano.Il più giovane incontrò il suo sguardo e mostrò allora l’origine della loro irritazione: una rete da pesca,all’apparenza di grande resistenza, strappata in più punti e oramai completamente inutilizzabile.

«Solo un animale dalle dimensioni fuori dal comune,avrebbe potuta ridurla così. » Affermarono indicando alcune falle in vista.

Il castano osservava sbalordito la rete,cercando una spiegazione logica in modo da eliminare dalla sua mente l’immagine della mistica creatura,anche se con scarsi risultati.Senza volerlo sbadigliò abbastanza sonoramente,attirando lo sguardo dei due uomini su di sé.I due risero all’unisono,scusandosi con lui per averlo annoiato con simili chiacchiere e permettendogli così di procedere verso casa.

Makoto ringraziò per la comprensione e riprese a camminare pensieroso.

Almeno se ne era liberato.Erano due tizi davvero particolari,però riuscivano sempre a strappargli un sorriso.Si voltò verso il mare,ammirando uno splendido tramonto che dipingeva il cielo di un rosso e di un arancione vivi.Le rosee nuvole sembravano volteggiare,unirsi e dividersi in libertà nel cielo,creando un’atmosfera incantata.Il giorno sta per arrendersi alla notte con struggente malinconia;il sole lancia in ogni direzione  lame di luce che,per un istante,accecano la vista per poi spegnersi e morire nell’oscurità.Il tempo pare essersi arrestato come sospeso nel vuoto fra il giorno e la notte.Gli occhi di Makoto permasero ad ammirare ogni dettaglio e nonostante lo avesse visto un’infinità di volte,le stesse emozioni di sicurezza,di magia,di pace,di serenità s’impadronivano di lui come fosse la prima.

Il suo sguardo si abbassò e si posò sulla costa,scorgendo un’insolita figura sdraiata su di uno scoglio.Tentò di strizzare gli occhi,cercando di mettere a fuoco,ma non riuscendo a capire di cosa si trattasse,decise di scendere a controllare di persona.

Giunse velocemente sulla spiaggia,notando quello che sembrava essere un ragazzo aggrappato ad uno scoglio.Scambiandolo per qualcuno che tentava di non annegare,si precipitò per soccorrerlo,ma arrivato ad una vicinanza sufficiente,si bloccò di colpo. Quello non era affatto un ragazzo;non era neanche sicuro che fosse umano.Era dotato di una lunga coda color cristallo simile alla squama che i due uomini avevano con sé quella stessa mattina. Il sangue si gelò nelle vene ed inconsciamente iniziò a tremare nervosamente.
Si sentì crollare il mondo addosso,come fosse piombato in una realtà alternativa.Sentiva gli arti paralizzati,non riuscendo neanche a capire cosa stesse accadendo.Forse il destino si era accanito contro di lui condannandolo a rimanere imprigionato nelle sue paure?Non poteva essere…

Stava davvero succedendo tutto questo?

Ritrovando quel briciolo di forza,terrorizzato, scappò velocemente nella direzione opposta a quella della creatura,ma un senso di colpa lo portò a voltarsi per guardarlo un’ultima volta.Non era una sirena,ma bensì un tritone.Era in condizioni pessime: aveva avvolta intorno al proprio corpo una rete da pesca che gli lacerava la pelle e ne faceva fuoriuscire scarlatte gocce di sangue,impedendogli inoltre ogni movimento.Haruka incrociò il suo sguardo con occhi supplichevoli,come a lanciargli una disperata richiesta d’aiuto.
Faticosamente si ostinava a rimanere aggrappato allo scoglio mentre la marea s’infrangeva contro la sua schiena con la stessa violenza di una frusta. Era visibilmente esausto e disidratato.Tutto ciò che riuscì a fare fu emettere un quasi percettibile lamento rivolto al castano.

Makoto permase a riflettere sul da farsi,timoroso di avvicinarsi nuovamente ed affrontare i propri timori. Quegli occhi color zaffiro gli colpirono il cuore con una potenza inaudita. Il tritone tentava invano di liberarsi,ma più tentava più i fili si stringevano intorno alla sua carne,ferendolo.Era sul punto di perdere i sensi,ma non demordeva,continuando a lottare per la propria vita.

Il castano esitò dal voltargli le spalle,mentre un sentimento di afflizione verso il corvino si faceva strada nel suo cuore,portandolo a girarsi per incrociare il suo sguardo.

Un pensiero attraversò la sua mente,facendo svanire ogni traccia di turbamento e ansia.

“Quella povera creatura…deve soffrire molto in questo momento..”
 
 
 
 
*Angolino autrice*
Salve gente!^^
Ed anche il terzo capitolo,alla fine,è stato pubblicato.Perdonate lo spaventoso ritardo,ma per via di un blackout nel mio quartiere,avevo perso tutti i dati salvati D:
Ho dovuto riscrivere il tutto,salvando ad ogni rigo con il timore che potesse riaccadere nuovamente.E’ stato un incubo.
Anyway,ringrazio chiunque mi stia ancora seguendo! Vi voglio davvero bene *si commuove*
Cercherò di rimediare con il prossimo aggiornamento.
Salutoni,Penguy.
See you next cap.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Il sole aveva da poco ceduto il suo posto alla bianca luna che adesso brillava alta e incontrastata regalando al paesaggio un colore perlaceo,consentendo di ammirare l’incontaminata bellezza del vasto cielo notturno.La completa assenza di illuminazioni di grandi dimensioni,donava la possibilità di contemplare e rimirare la meravigliosa volta celeste che quella notte era testimone di un magico incontro……

“Quella povera creatura…deve soffrire molto in questo momento..”

Makoto deglutì nervosamente,per poi voltarsi in modo completo e riuscendo così a liberarsi dai pesi ,creati dal timore, che gli cingevano le gambe,tenendole saldamente inchiodate al terreno.
Iniziò ad avanzare sulla tiepida sabbia a passi sempre più ampi verso il bagnasciuga.Entrò in acqua,sussultando ogni qualvolta che la marea s’infrangeva contro il suo corpo come per bloccarlo dal commettere una follia.Giunse di fronte al tritone,esaminando con dispiacere le sue condizioni.Prese fra le dita un pezzo di spago ed iniziò a tagliarlo con l’ausilio di una pietra aguzza precedentemente raccolta sulla sponda.

Posò lo sguardo sul viso del corvino che,nonostante fosse spaventato,sembrava fidarsi ciecamente del suo soccorritore,lasciandosi quasi morire tra le sue braccia.Si lasciò sfiorare e voltare a seconda delle necessità,mentre il castano lo liberava da quella sorta di trappola mortale cautamente,facendo attenzione a non ferirlo ulteriormente.

Haruka incrociò lo sguardo del ragazzo che mostrava un espressione seria e decisa.Colui di cui si era invaghito,ora era lì per lui.Sfiorava il suo corpo come fosse il più fragile fra i bicchieri di cristallo,accarezzandolo,rassicurandolo.Proprio quel giovine che aveva da sempre provato sgomento verso l’oceano e ciò che occultava ,stava aiutando una sorta di scherzo della natura come lui.Sembrava soccombere sotto il suo contatto,che gli trasmetteva tranquillità ed emozioni indescrivibili.Per un attimo temette che il suo cuore potesse cessare di palpitare per i troppi battiti irregolari. Attimi,all’apparenza insignificanti, lo avevano scosso a quel modo.Inconsciamente si commosse,permettendo alle calde lacrime di rigargli il viso sotto sembianza di acqua.

Le forti sensazioni rendevano vani gli sforzi del castano di mantenere la concetrazione. “Per quale motivo sto facendo una cosa simile?”.Era naturale che questo pensiero imponesse il proprio dominio nella sua mente;se fosse stata una qualunque altra persona,al suo posto, sarebbe fuggita senza pensarci due volte,ma lui non lo aveva fatto.Era rimasto ed ora stava salvando lui la vita.Dopotutto era nel suo carattere l’inclinazione di prestare aiuto al prossimo.

Sfiorò i suoi capelli,constatandone la morbidezza ed avvertendo una lieve tensione da parte del corvino in risposta a quel contatto inaspettato.
Non era una creatura pericolosa;non somigliava neanche lontanamente al terribile mostro marino che gli anziani pescatori dipingevano con ostinazione.Faceva quasi pena. Pareva chiedere protezione.

Quando anche l’ultimo filo fu tagliato,Haruka si voltò nella sua direzione. Lo guardò intensamente,avvertendo il proprio cuore vacillare a causa dell’eccitazione .Makoto ricambiò quello sguardo pieno di gratitudine mista a incertezza e smarrimento.Annegò in quelle pupille lucide di un blu profondo che tremavano leggermente.Dimenticarono tutto ciò che era intorno a loro,permettendo al silenzio di parlare per entrambi.

Il tritone mise fine a quell’oblio che li aveva incatenati ed imprigionati servendosi di uno sguardo ipnotico e balzò dalla roccia al mare in un batter di ciglia,schizzando lievemente il castano che d’istinto chiuse gli occhi.Il corvino si allontanò nuotando più veloce che poté.Da sempre aveva desiderato e sognato quei momenti,ma non così.Non in quel modo.
Era troppo per lui.Probabilmente,ciò che l’aveva spinto a salvargli la vita non era stato altro che un sentimento di compassione,giusto?
Questo provocava in lui molta più sofferenza di quanto le lacerazione non facessero già.Avrebbe voluto perdersi e non ritrovare mai più la strada.Avrebbe voluto dimenticare.Avrebbe voluto non aver mai incrociato quegli smeraldi penetranti.

Non poteva certo immaginare che quell’incontro avesse destato molto più Makoto che lui stesso.

Il castano permase a guardare il punto esatto in cui la creatura era scomparsa,lasciandosi inghiottire dagli abissi.Stringeva ancora fra le dita i frammenti di spago impregnati parzialmente del sangue fuoriuscito dalla sua carne.

Risalì la costa a malincuore,sperando,in cuor suo,che le ferite provocate dalla rete si rimarginassero presto.

Rincasato,si spogliò dei propri abiti per una doccia fredda.Pregava che l’acqua facesse scivolare via tutti quei pensieri che fungevano da portatori di malessere.Notò i palmi delle mani ancora intrisi del sangue scarlatto che fluiva trasportato dal getto.Le sfregò ripetutamente tra di loro,con lo scopo di cancellare il suo ricordo.

Trascorse la notte di veglia,ripensando all’accaduto e alimentando la sua preoccupazione verso il tritone.
“E se non riuscisse a nuotare ancora in modo appropriato?”
“E se fosse caduto in un’altra trappola?”
“E se si fosse arenato su qualche costa?”
“E se il suo sangue avesse attirato un predatore?”
Continuava a rigirarsi nelle lenzuola,massaggiandosi le tempie per il malditesta imminente per via dell’apprensione e dal turbamento.Perchè la sua immagine non voleva abbandonare la sua memoria?

Aspettò con trepidazione il pomeriggio seguente per recarsi al centro di Tokyo tramite autobus e visitare la biblioteca più vicina.
Alla fermata,salì sul mezzo pubblico e prese posto accanto ad un finestrino.Trascorsero circa quindici minuti prima che giungesse alla meta prefissata.

Varcò la soglia d’ingresso,avvertendo un leggero brivido  provocato dall’aria fresca di un climatizzatore,percorrergli la schiena.Provò un leggero imbarazzo per non essere più entrato in luogo simile da molto tempo.Si guardò intorno,finché non scorse con lo sguardo una signora piuttosto anziana seduta dietro una cattedra.Il suo viso era ormai segnato dalle rughe,continuandosi però a mostrare affabile e buono. Indossava un comodo vestito rosa pesca con degli orecchini del medesimo colore e portava i bianchi capelli raccolti da un sottile fermaglio nero in una semplice coda.

«Buongiorno giovanotto,posso aiutarla in qualche modo? » chiese la signora con voce roca, indossando un paio di occhiali mentre maneggiava un catalogo.
Il castano annuì e dopo aver mostrato la propria tessera,domandò se fosse presente un libro che trattasse argomenti sui miti e sulla mitologia antica.
L’anziana donna diede uno sguardo veloce al computer posto accanto a lei sulla scrivania,per poi rispondere prontamente:
«Sezione fantascientifica,scaffale 3 »

Makoto ringraziò per l’informazione,chinando il capo leggermente.Si aggirò in cerca della sezione prestando attenzione a ciò che vi era scritto su i cartelli indicativi.

Finalmente su una mensola,saltò ai suoi occhi il titolo “Mitologia Greca-Miti degli dèi e degli eroi”. Pensando fosse proprio ciò che facesse al caso suo,prese il libro in questione per poi sedersi ad un tavolino ed iniziare a divorare capitolo dopo capitolo,sfamando la sua curiosità.Voleva sapere con cosa realmente aveva a che fare.

Lesse con interesse un pezzo che recitava:
“Le sirene: mitologiche creature leggendarie,che raffigurano,secondo alcuni,l’afa spossante dello scirocco,secondo altri l’apparenza seducente,ma ingannevole delle onde,e secondo altri ancora l’insidia degli scogli.Erano vergini bellissime,con il corpo destinato ad essere diviso fra due entità.Con i loro canti soavi ammaliavano i naviganti,trascinandoli nelle profondità degli abissi con lo scopo di affogarli.La loro isola mortifera era disseminata da cadaveri in putrefazione”

“Gli uomini per metà pesce prendevano il nome di tritone,come il figlio di Poseidone,dio del mare, e della nereide Anfitrite.”

Erano descritte come creature subdole e malvagie.Makoto fu costretto a fermarsi un paio di volte per riprendere fiato ed asciugarsi alcune gocce di sudore che cadevano dalla fronte.Non era certo molto rassicurante ciò che stava scoprendo,così decise di cambiare libro per ascoltare altri pareri.

“Secondo alcune ricerche scientifiche recenti da parte di numerosi biologi,grazie ad alcuni misteriosi ritrovamenti celati dalle profondità oceaniche,si arriva a sospettare dell’esistenza di una specie marina misteriosa,meglio conosciuta come ominide acquatico intelligente o sirena.Queste creature si nutrono,probabilmente, di molluschi e varietà di pesci di piccole dimensioni”

Il castano lesse quanti più libri possibili sull’argomento,prendendo appunti e confrontando le varie ipotesi tra di loro.Avrebbe continuato,se solo la proprietaria non fosse venuta ad avvisarlo dell’orario di chiusura.Chiese perdono per il ritardo dovuto alla distrazione e si affrettò a recarsi alla fermata per poter tornare a casa.

Nonostante fosse già calata la sera,si recò sulla spiaggia come spinto da una forte agitazione.Scrutò l’orizzonte e l’ambiente circostante in cerca del corvino,ma invano.Chissà se dopo il loro incontro riavvicinato,sarebbe tornato a nuotare vicino quel litorale .Su uno scoglio vicino la riva,pose del pesce appena comprato al negozio sopra la collina,sperando potesse sfamarlo.La sua attenzione  ricadde su alcuni rapaci appollaiati sui massi che bramavano il cibo fresco da poco esposto.Lanciò a questi ultimi uno sguardo ostile.Non era certo per loro che si stava dando tanto affanno.
 
“Desidero solo essere certo che si riprenda completamente e che sia di nuovo in grado di nutrirsi in modo autonomo.Poi dimenticherò sia lui che questa assurda faccenda” pensava ostinatamente,tentando di ricacciare il sentimento di riguardo nei confronti del corvino che gradualmente prendeva possesso della sua anima.

Si sedette in attesa del suo arrivo,mentre trascorrevano i secondi,i minuti,le ore…ma del maestoso essere,nessuna traccia.Attese quanto gli fu possibile,sperando di scorgere la sua figura inconfondibile.Il cielo iniziava ad imbrunirsi proprio come le speranze del castano smorzate sempre di più dal tempo.

Decise infine di rincasare,rassegnandosi all’idea che probabilmente non avrebbe più avuto occasione di  incrociare quei magnifici zaffiri.Quegli stessi zaffiri in cui si era perduto e che gli avevano catturato il cuore.Scosse la testa,tornando con i piedi per terra.Definiva quella sorta di attrazione insolita solo come un “desiderio di conoscenza”.

Per l’ennesima volta trascorse una notte insonne e popolata da incubi insoliti.Era vicino al limite della sopportazione.

Il mattino seguente,si trovò a far colazione presso il solito bar di fiducia,mostrando delle occhiaie degne d’invidia.

« Oh,Tachibana! Non la vedo granchè bene questa mattina.Dormito male? »  Si preoccupò il barista porgendogli il consueto caffè.

Il castano annuì lievemente,posando un gomito sul bancone e reggendosi la testa con una mano. Accettò la calda bevanda di buon grado.
L’uomo rimproverò Makoto,essendo preoccupato per le sue condizioni,e gli venne spontaneo chiedere se qualcosa lo turbasse.Non poteva certo presentarsi a lavoro in un tale stato.
Il ragazzo mentì,tentando di rassicurare il suo interlocutore.
L’uomo corrucciò lo sguardo,non credendo alle parole del giovane.Decise di non intromettersi ulteriormente e si limitò a porgere al castano il quotidiano del paese con l’invito di riposarsi un po’e di restare seduto all’interno del locale.

Makoto ringraziò cortesemente per poi soffermarsi a guardare meravigliato l’articolo di prima pagina.Si annunciava l’avvistamento di un pericoloso mostro marino che si aggirava indisturbato sulle coste,con tanto di foto allegata raffigurante una coda ricoperta di squame emersa dalle acque.S’invitava la popolazione ,ed in particolar modo pescatori e bagnanti, a prestare attenzione.Inoltre a fine pagina vi era indicata un’invitante somma di denaro per chiunque fosse riuscito a stanare “l’animale”.

« Ha letto?A quanto pare quei due pazzi avevano ragione! Fortunato chi riuscirà a catturarlo…» Commentò il barista,notando lo sguardo stupito del castano.

Makoto non proferì parola.Non ne comprendeva il motivo,ma leggendo ciò che vi era scritto e documentato su quel giornale,un dolore interiore si fece strada risalendo dalle viscere.

Non voleva che facessero del male a quella creatura….

All’improvviso un uomo spalancò la porta d’ingresso facendo attenzione a creare più rumore possibile ed attirare di conseguenza l’attenzione dei presenti.Portava sulle spalle enormi attrezzi da pesca.Incrociò le braccia ed esclamò con fare vittorioso:

« Placate le vostre preoccupazioni! Il sottoscritto ha appena catturato abilmente la bestia! A me soldi,donne e bella vita! »






*Spazio autrice*
So che il cap è un po' corto rispetto ai precedenti,ma l'ispirazione,impegni vari ed imprevisti mi hanno impedito di fare di più.
Perdono!
Grazie ancora per le recensioni e per continuare a seguirmi <3
Scusate il terribile ritardo,ma la puntualità non è il mio forte.
Bacioni da Penguy!


See you next cap.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cap 5 ***


Cosa voleva significare che la “la bestia” era stata catturata?

Una semplice frase aveva appena trafitto il ragazzo alle spalle con la stessa accuratezza e freddezza di una lama acuminata.
Sia il cuore che la mente si arrestarono,come ghiacciati  al contatto quasi percepibile delle parole appena pronunciate.

Il castano si voltò con cautela,come se avesse timore di ciò che avrebbe potuto presentarsi dinanzi al suo sguardo e rivolse la vista ai piedi dell’uomo immobile di fronte l’ingresso,soffermandosi sul contenuto di un’ampia rete da pesca.
Fece persino fatica a mettere a fuoco,tale era la sua tensione.
Abbassò la vista,lentamente,fino a concretizzare ciò che aveva davanti: Un pesce spada dalle dimensioni straordinarie era intento a divincolarsi con foga sul pavimento del locale.

Sospirò rassicurato,portandosi una mano sul petto per via del batticuore incontrollabile.

« Quella non assomiglia affatto alla bestia del quotidiano! Mi dispiace,ma niente ricompensa.Adesso sbrigati a portarlo fuori di qui,c’è una puzza insopportabile! » Sbraitò il barista indicando l’acqua che fluiva dall’animale e che giaceva ora sul parquet.
« Tsk. »  si limitò a commentare il pescatore notando di aver suscitato l’ilarità dei clienti per via del clamoroso errore.Lasciò il bar irritato,ma comunque fiero di poter portare a casa un degno trofeo di pesca.

Makoto sembrò svegliarsi d’un tratto a causa di quello spavento.Non che non gli dispiacesse per quell’esemplare,ma per un istante,aveva creduto di essere nuovamente piombato nell’ennesimo incubo.

Bevve due tazze calde di caffè,tentando di porre rimedio alla stanchezza fisica a cui doveva sottostare.

Lasciò il bar quasi più distrutto di com’era arrivato e si accinse a dirigersi verso il consueto posto di lavoro,convinto che quella giornata sarebbe stata più dura del previsto.

Nel frattempo,nei pressi di un celebre negozietto ove si vendevano attrezzature varie,i due soliti eccentrici pescatori passeggiavano chiacchierando con fare sospetto.Entrambi,come era facile intuire,avevano messo gli occhi sull’invitante ricompensa offertagli se avessero scovato “la causa” dello sgomento fra i bagnanti.
Avevano da poco acquistato assurde trappole,considerate adirittura a prova di pescecane.
« Questa volta non riuscirà a cavarsela solo con qualche graffio »  Ridacchiavano sotto i baffi, mentre toccavano con una mano il materiale di cui erano costituiti gli strumenti nuovi di zecca.
Erano talmente sicuri di sé che già assaporavano il dolce gusto della vittoria.
Non si sarebbero fermati di fronte a nulla e questo Makoto lo sapeva fin troppo bene.Li aveva osservati in azione più volte e la crudeltà con cui strappavano i “figli” dell’oceano dalla loro dimora per farne solo un uso decorativo,lo faceva inorridire.

Decise di non pensare in negativo.
Liberò la mente e raggiunse la caserma,tentando di assumere un aspetto più presentabile possibile.

Quella mattina la squadra dei vigili del fuoco del paese era alle prese con l’ennesimo incendio boschivo scoppiato per via delle temperature vertiginose dovute alla stagione.Si trattava di un bosco di aghifoglie ove crescevano abeti,pini,aceri e faggi.Ettari su ettari di terreno,modeste baite appartenenti a semplici agricoltori,vegetazione e vecchie abitazioni erano sottomesse al volere delle fiamme.

Il fuoco.

Cosa possiamo noi contro di lui? Seppur così familiare,appare inafferrabile, poiché costituito da luce e calore sprigionati durante la combustione.Essere implacabile che rivendica la sua libertà,indomabile,risorgendo dalle ceneri.Incontrastato miete  vittime ogni anno,assumendo i comportamenti del più grande e temibile  predatore.

Makoto doveva fronteggiarlo quasi ogni giorno.Di fronte quella sorta di mostro insaziabile,era essenziale che mantenesse la calma e che agisse con prudenza dopo aver osservato e valutato accuratamente la situazione.Quel giorno,però,le cose non andarono come previsto per il ragazzo…

Nell’intento di arginare le fiamme con la consueta pompa,si addentrò ulteriormente fra di esse,venendo così imprigionato in un cerchio di fuoco.Le calde lingue si biforcavano intorno a lui,ingigantendosi fino a formare una muraglia impenetrabile.Solo allora si rese conto dello sbaglio imperdonabile.

Si guardò intorno,alla ricerca di una via di fuga apparentemente assente.

D’un tratto,alle sue spalle,un forte rumore lo destò dall’ansietà:Un albero di notevole altitudine,tipico delle montagne,divorato e mutato in una fiaccola ardente,si accingeva ad abbattersi al suolo.
Corse in avanti in maniera repentina,ma non fu sufficiente a sfuggire ad un robusto ramo che,anche se di striscio,lo bloccò contro il terreno con il suo peso.
Il castano non trattenne un lamento di dolore a causa dell’arto superiore rimastogli schiacciato sotto il tronco ardente.La divisa ignifuga ed il casco protettivo lo proteggevano dalle fiamme che tentavano di congiungerlo al loro pasto ed ingoiarlo voracemente.Ma quanto avrebbe potuto resistere in quelle condizioni?Senza pensarci due volte provò a raggiungere la pompa persa durante la corsa,ma invano.

I compagni iniziarono a chiamarlo a gran voce,correndo tra le vie sicure ,tra l’incendio, che lo permettevano,ma il castano era,sfortunatamente,ben nascosto tra le folte fronde sotto cui giaceva.

La sua voce era sovrastata dal “ruggito” del fuoco che avanzava a ritmi sorprendenti,arrampicandosi abilmente sui tronchi e balzando da una cima all’altra. Tentava di muovere il braccio, avvertendo una progressiva perdita di sensibilità.
L’aria si era quasi del tutto inquinata a causa del nero fumo ,che s’insediava nei polmoni,divenendo irrespirabile.Iniziò a tossire faticosamente,non riuscendo neanche più a proferir parola.
Ma finalmente una voce benevola si levò accanto a lui.

« Eccolo,è qui! »

Accorsero velocemente in gruppo riuscendo a far leva sull’arbusto e traendo così in salvo l’amico ferito.

Makoto fu trasportato e fatto stendere all’interno dell’autopompa.Il collega ,rimasto in sua compagnia per prestargli cura, aveva tolto lui l’elmetto per diminuire il disagio ed aperto la giacca per controllare la gravità del danno.Fortunatamente non presentava scottature,ma una lacerazione che partiva all’altezza della spalla si espandeva sull’arto indolenzito.Il castano accusava un malessere misto a bruciore propagandarsi sulla superficie della pelle.Il collega disinfettò il tutto per poi cingerlo con un tessuto pulito leggermente inumidito.

« Come va adesso? »   Domandò preoccupato,porgendogli una pezza per pulirsi il viso dalla fuliggine penetrata sotto il casco.

Makoto poteva ancora avvertire la sensazione di pressione esercitata su di lui,ma aldilà di questo stava decisamente meglio.

Spente le fiamme e terminato l’intervento,il superiore si recò da lui per verificarne le condizioni di salute,senza però risparmiargli un giusto rimprovero.
« Tachibana che ti è saltato in mente?! Cosa avevi intenzione di fare prendendo l’iniziativa da solo?! » Esclamò evidenziando una notevole preoccupazione.
« Io….io non lo so.Chiedo scusa,mi sono distratto un attimo e…»
« La distrazione non è ammessa in questo lavoro! »  Lo interruppe l’uomo irritato. « Se non sei in grado di mantenere la concentrazione questo non è il lavoro adatto a te! Potevi rimetterci la vita tu stesso e mettere a repentaglio quella degli altri! Desidero che non si ripeta mai più,chiaro? »
Il castano abbassò lo sguardo, mortificato per aver rischiato di mandare a monte l’intera operazione di soccorso e scusandosi umilmente con l’intera squadra.I colleghi gli sorrisero amichevolmente,contenti che sia andato,alla fine,tutto per il meglio.Il caposquadra gli si avvicinò, tastandogli i muscoli del braccio con le dita e notando un espressione di afflizione sul volto del giovane, consigliò lui di consultare il proprio medico di fiducia e di concedersi dei giorni feriali per malattia finché non si fosse rimesso.Era necessario che riposasse.Quella ferita non avrebbe fatto altro che rallentare i suoi riflessi e le prestazioni.

Il castano accettò di buon grado il consiglio e si ritirò a casa lo stesso pomeriggio,dopo che un compagno si offrì gentilmente di riaccompagnarlo a casa.

Una volta rientrato,telefonò il proprio medico aggiornandolo dell’accaduto e domandando consigli.Il dottore lo invitò a farsi una doccia,di cambiare nuovamente le fasciature ed ordinò assoluto riposo fino al giorno in cui avrebbe fissato una visita approfondita.Nel caso in cui il dolore avesse dovuto persistere,era autorizzato a fare uso di eventuali antidolorifici.

Seguì attentamente tutti i suggerimenti,o almeno la maggior parte…

Durante quelle calde giornate,Makoto non sopportava di starsene all’interno della sua abitazione solitaria.I suoi genitori con i fratelli minori vivevano ormai da tempo fuori città,chiamandolo ogni tanto per assicurarsi che stesse bene fisicamente ed economicamente.Erano spesso in continua apprensione per colui che consideravano ancora un bambino fragile e indifeso.
Avrebbe dovuto narrargli dell’incidente,ma farli stare in apprensione era l’ultima delle sue intenzioni.

Avvolse intorno alla ferita alcune garze per isolarla interamente onde evitare fastidiose infezioni prima della cicatrizzazione.
Indossò una giacca per ripararsi dal vento che iniziava ad imperversare e si recò,caparbio come non mai,alla spiaggia per posare il consueto pesce.
Il precedente era stato letteralmente divorato dai rapaci della costa che si erano,infatti,curati di lasciare solo una misera lisca.

“Chissà se si sta nutrendo in modo adeguato…”

Aveva preso a cuore la vita di quella creatura che pareva così innocente e aggraziata.Il sol pensiero che la sua testa fosse bramata da centinaia di pescatori desiderosi di fama e di ricchezza,lo faceva rabbrividire.Era pur sempre un essere vivente in grado di provare le nostre stesse emozioni.Era convinto di ciò che pensava,poiché in quegli occhi aveva scorto un animo gentile ed era stato proprio  in quel preciso istante che si rese conto che non aveva alcun senso provare timore per qualcosa che ne ha più di te.

Per l’ennesima volta,fece ritorno tra le fredde mura che costituivano la sua dimora,mentre aspettava.Aspettava ansiosamente.Ma cosa aspettava in realtà?Una svolta?Un inizio?Un avventura?Una scoperta?

Sicuramente sarebbe stata una domanda destinata a non trovare soluzione.Perchè forse una soluzione non esisteva.

Il cuore dettava e lui,inevitabilmente,costantemente,obbediva.La verità è che il motivo non lo comprendeva neanche lui.

Approfittando dei giorni feriali,ogni mattina passeggiava sulla rena bollente,rinfrescandosi di tanto in tanto sul bagnasciuga.Osservava l’orizzonte come era solito fare da fanciullo.Rimembrava con nostalgia quella spensieratezza tipica dell’infanzia.A quel tempo possedeva tutto ciò che un bambino potesse desiderare: amicizia,serenità,divertimenti e l’amore di due genitori.
E adesso,poteva affermare lo stesso?Non del tutto...

Possedeva il mestiere dei suoi sogni,era circondato da amici e conoscenti,viveva una vita serena anche se monotona.Ripensandoci meglio,probabilmente, dire “monotona” per definire la vita di un pompiere non è proprio l’aggettivo adatto da utilizzare,eppure un senso di vuoto,oramai da anni,gli scuriva il cuore.

Che quell’incontro avesse smosso quella monotonia distruttrice,provocando in lui una qualche reazione?Era forse per questo che,interiormente,ricercava un appiglio di salvezza nella sua immagine?
Avrebbe davvero potuto colmare il vuoto profondo che lo attanagliava ogni notte?
Poteva davvero considerarlo un incontro del tutto casuale?
No.
A questo mondo nulla si verifica per caso.Ogni evento ha una causa precisa.
Il destino non sa cosa significhi il termine “casualità”.Come il sole tramonta,seguendo le leggi dell’Universo,così,a sua volta,il destino segue le leggi dell’ineluttabilità.
Nel frattempo,le settimane scorrevano rapide come granelli di sabbia fra le dita,come i ticchettii scanditi da un orologio.….,ma del mistico tritone non vi era più traccia.Scomparso nel nulla,forse per sempre.
Forse perduto nell’oceano,forse sdraiato su di uno scoglio distante,forse celato in qualche luogo sconosciuto.

E chi lo sa.Forse soggiogato da un tragico fato.
 
 
 
*Spazio autrice*
Vi prego di perdonarmi per il ritardo,ma non potete neanche immaginare a che pressione da parte della scuola sono soggetta.
Trascorro la mattina a scuola,per poi tornare e studiare almeno un’ora a materia,concedendomi un paio di minuti di pausa tra l’una e l’altra.
Successivamente,quando riesco a concludere in tempi accettabili,sono costretta ad anticiparmi qualcosa per i giorni successivi per evitare poi impedimenti quali insufficienza di tempo.
Poi ceno con la mia famiglia,mi lavo,mi metto il pigiama e vado a letto alle 21:00 per avere le forze di svegliarmi alle 6:00 del mattino.
Ebbene,quei pochi istanti di pausa li utilizzo per scrivere il cap.(E non sempre l’ispirazione mi assiste)
Basta per giustificare il ritardo?Come potete vedere,è un incubo.
Anyway,spero che questo “coso” vi sia piaciuto.

See you next cap.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Man mano che i giorni di riposo concessi per motivi infortunistici trascorrevano tranquilli,l’arto ferito sembrava migliorare gradualmente,non richiedendo neanche più l’uso di antidolorifici.

Le ultime settimane avevano donato un lieve calo delle temperature con l’arrivo delle prime piogge di fine stagione.Il cielo si presentava ora cupo e nuvoloso,costringendo gli abitanti a portare con sé un ombrello per non essere trovati alla sprovvista di fronte eventuali precipitazioni improvvise.

Makoto passeggiava per le strade,stringendo fra le dita la consueta busta di plastica contenente del pesce fresco.Ogni giorno faceva ritorno al luogo del fatidico incontro per controllare la situazione o a rimuovere,se necessario,il precedente pesce andato a male e sostituirlo con uno nuovo.
Ricordò con tenerezza che era solito avere tale abitudine anche con i mici del quartiere,per i quali stravedeva.Non sempre mostravano,però, gratitudine nei suoi confronti,permettendo di essere avvicinati o accarezzati,ma poco importava.La soddisfazione di vedere i loro musi allegri ,una volta sazi,era impagabile.Miagolavano in coro felici,giocando fra di loro.

Era rimasta ancora impressa nella sua mente  l’immagine di una gattina minuta dal pelo folto e bianco con la quale giocava spesso un paio d’anni fa.Dopo esser’entrato a far parte della squadra dei vigili del fuoco,non era stato più in grado di dedicarle un po’ del suo tempo,affidandone ,di conseguenza,le cure ad un’anziana dal carattere gentile.

Grazie a quei giorni piatti e beati,stava piacevolmente riscoprendo quella che era la sua vita prima che fosse trasformata in una lotta continua.
“In fondo…non è stato poi del tutto negativo  ricevere dei giorni di riposo..” pensò ironizzando la circostanza della disavventura.Probabilmente se avesse affermato qualcosa del genere in pubblico,sarebbe stato certamente rimproverato.E lo sapeva bene.
Tante persone,più di quanto immaginasse,si erano recate personalmente a fargli visita preoccupate per le sue condizioni.Alcune signore avevano portato lui persino delle pietanze pre-cotte per evitare che si sforzasse in modo eccessivo;altre ancora si erano offerte di dare una mano con le faccende domestiche o persino di ospitarlo momentaneamente presso le loro case.
Ovviamente Makoto,lusingato da tutte quelle attenzioni,aveva declinato cortesemente,rassicurandole sul proprio stato.

Anche i suoi genitori  avevano saputo dell’accaduto,dopo essere stati avvisati puntualmente dal superiore.Inutile parlare delle innumerevoli telefonate effettuate nell’arco della giornata.Chiedevano se avesse mangiato,se stesse bene,se avesse consultato il medico,se accusasse dolore e cose simili…

Era naturale che fossero preoccupati a quel modo e di questo se ne dispiaceva davvero molto.

Presto o tardi si sarebbe ripreso del tutto e la sua vita sarebbe tornata movimentata come sempre.Per questo aveva deciso di godersi a pieno queste giornate.

Posò la vista su ciò che stava trasportando con sé.
Neanche lui l’avrebbe creduto fattibile,ma quel semplice incontro ravvicinato aveva permesso che qualcosa dentro di lui mutasse radicalmente.Nonostante sapesse in che razza di faccenda si stesse addentrando,non si pentiva di nulla.Anzi.Era motivato a continuare.

Ancora immerso nei pensieri,scese lungo la valle,fino a giungere sulla costa,ove iniziava ad imperversare una leggere brezza marina,che scostava lui le ciocche cadenti sulla fronte.

Chiuse gli occhi ed inspirò lentamente quell’aria così fresca e genuina.

Pose ciò che portava sulla calda sabbia,ed iniziò pazientemente a liberarsi del nodo che ne cingeva le due estremità.

Levò lo sguardo al cielo,rivolto ai bianchi gabbiani che volavano liberi e in gruppo,volteggiando e nuotando nell’aria come fossero onde,planando e scendendo sulla battigia.Seguì con gli occhi la discesa di uno di loro che con grazia predisponeva le zampe all’atterraggio.

Atterrò pian piano,beccando sassolini e conchiglie qua e là,mentre saltellava verso il retro di una roccia.

Il castano,allungò il capo per tentare di spiare dove si stesse dirigendo il piccolo volatile dal piumaggio biancastro seguito poi dai suoi simili.

Sgranò gli occhi,premendo poi le dita sulle proprie labbra per evitare di emettere un gemito di stupore.

Il tritone era proprio lì.Dinnanzi a lui.

Mangiava il pesce con gusto,sottolineando un grande appetito e allontanando di tanto in tanto i gabbiani che lo beccavano insistenti con lo scopo di sottrarglielo.
Tale era la fame che non si era neanche preoccupato di celarsi in acqua,portando con sé il gustoso pranzetto.

Se non altro,le sue condizioni,fortunatamente,erano decisamente migliorate.

Sorrise alla vista del suo viso che delineava un pizzico di ingordigia verso gli altri predatori.

Permase a contemplarlo da lontano,finché non notò un espressione di delusione dipingersi sul volto del corvino dopo aver concluso il pasto prelibato.Forse aveva ancora fame?
Era suo desiderio porgergli le giuste cure per sfamarlo,ma non avrebbe sopportato di provocare nuovamente la sua scomparsa temporanea.
Notando con una nota di dispiacere il tritone rigirare la lisca in cerca di qualche rimanente,si fece coraggio,uscendo allo scoperto.Avanzò a passo felpato,serrando le labbra,sperando di fare il meno rumore possibile,mentre calpestava la rena con le scarpe pesanti.

Impacciato per com’era e con la leggerezza di un pachiderma ad ogni avanzamento,ovviamente così non fu.

Haruka scorse quasi subito la sua presenza,indietreggiando verso il mare,ad ogni suo passo avanti.

Makoto si arrestò a pochi metri da lui,sfoggiando l’asso nella manica ed attirando la sua attenzione su ciò che adesso si accingeva a posare sulla sabbia: Un merluzzo di un color grigiastro con lievi sfumature azzurre fresco di giornata.

La creatura spalancò gli occhi,senza celare una visibile contentezza paragonabile a quella mostrata da un bambino di fronte ad un gelato.

« Prendilo,è tuo. » lo esortò il castano tornando a sedersi in un punto distante.

Il corvino permase a guardarlo perplesso,indeciso sul da farsi.Rimembrando il male provocatogli da quei due uomini dall’aspetto minaccioso e quelle reti,era naturale che avesse timore. Ma adesso,in un certo senso era diverso.Davanti a lui vi era lo stesso ragazzo che qualche settimana prima aveva salvato lui la vita.Che motivo avrebbe avuto di trarlo in inganno?

Lo guardò con lieve sospetto : non mostrava più l’espressione spaventata o insicura di quella notte…ma sorrideva dolcemente come fosse la cosa più normale del mondo.

Fidarsi o non fidarsi?

Una cosa era certa: non avrebbe permesso che quei rumorosi uccelli si nutrissero per nessuna ragione.

Decise,allora, di concedergli il beneficio del dubbio e di avvicinarsi al “dono”,abbassando la guardia.
Lo assaggiò con fare titubante mentre,ogni tanto,lanciava sguardi al castano controllando che rimanesse seduto.
Un delizioso gusto,nonostante il pesce fosse crudo,invase le sue papille inducendolo a mangiare con appetito.Infatti,non ci volle troppo prima che lo concludesse.

Era incredibile la precisione con cui ripuliva quel salmone per evitare di ferirsi o ingerire una spina appartenente alla lisca.

« E’ stato di tuo gradimento? »  chiese Makoto rompendo il silenzio e facendolo sussultare lievemente.

Il corvino annuì timidamente,rivolgendogli uno sguardo di gratitudine.

Il castano si levò in piedi. « Domani te ne porterò un altro.Mi raccomando,aspettami qui…» sussurrò lui prima di voltarsi e di tornare a camminare verso casa.

Il corvino continuò a rigirare le dita fra i granelli,finché la sua figura non scomparve del tutto,oltre la valle.
Credo sia impossibile descrivere le emozioni che in quell’istante esplosero dentro al suo cuore.Emozioni di paura?No,di felicità.Una felicità immensa mai provata prima.La sua vita da sempre era stata colma di solitudine,diffidenza,inquietudine,amarezza…

Quel ragazzo dallo sguardo smeraldo,si stava prendendo cura di lui e ciò lo riempiva di gioia.Da sempre,inevitabilmente,dagli esseri umani aveva ricevuto solo cattiveria,conoscendo il loro lato peggiore.
Ma lui era diverso. Era certo che non avrebbe mai fatto lui del male;lo aveva capito guardandolo diritto negli occhi,scavando a fondo nello specchio dell’anima.

Si rituffò in acqua dopo svariati minuti,avvertendo i fievoli raggi di sole punzecchiargli fastidiosamente la pelle.Sorrise per la prima volta al pensiero che il giorno seguente lo avrebbe rivisto nuovamente.
Avrebbe rivisto il suo bel viso candido,il suo bel corpo….
Avrebbe sentito ancora la sua voce penetrargli con la stessa abilità all’interno del corpo, facendolo tremare….
Avrebbe avvertito di nuovo i suoi delicati occhi posarsi su di lui e annullare tutti i suoi pensieri di sgomento.
Attenderà per quel momento ,con trepidazione,per tutta la notte.
Aspetterà solo per lui.


Il cielo,nel frattempo,diveniva sempre più plumbeo e nuvoloso,tanto da oscurare le luminose stelle che spuntavano timidamente.Gli abitanti approfittavano del clima gradevole,nonostante il tempo incerto,per passeggiare lungo le strade tranquillamente o recarsi in qualche locale per conversare con conoscenti.
C’era chi leggeva un giornale…
Chi spazzava i marciapiedi..
Chi siedeva sulle panchine,scambiandosi effusioni d’amore..

Le lanterne dei negozi si accendevano illuminando le entrate e i bambini a bordo delle loro allegre biciclette, portavano dolci sorrisi in giro per le silenziose vie.
Era la solita semplice cittadella,popolata da persone semplici e che vivevano in modo altrettanto semplice.
Il ragazzo vi era cresciuto in quelle vie e poteva vantarsi di averle percorse quasi tutte.
Avrebbe voluto che anche il giovane tritone avesse potuto camminare in quelle stradine in pietra,proprio come lui.L’oceano è decisamente più vasto,ma chissà se può offrire spettacoli differenti fra loro.
Chissà se può offrire miriadi di cieli stellati..
Chissà cosa può celare nelle sue profondità..
Magari un giorno avrebbe potuto domandarlo proprio ad un suo abitante: il corvino il cui corpo è imprigionato in un limbo di vite completamenti divergenti tra loro.
Lo avrebbe fatto sicuramente.

Continuò a camminare,fermandosi poi al contatto di una pagina di giornale sotto la suola.
Sulla superficie poteva ancora leggersi: “Due pescatori della città si offrono volontari per la cattura della bestia marina! Acclamati eroi dai cittadini”
Eroi di cosa? Era assurdo il polverone che stava alzando questa faccenda.E quei due signori se ne approfittavano non poco.
Accartocciò l’articolo e lo gettò in un cestino di rifiuti più avanti.

Rincasò poco più tardi,accorgendosi di parecchie chiamate perse da “mamma e papà” sul display del telefono.Prima di cena li avrebbe richiamati sicuramente.
Si stese sul letto,passandosi una mano fra i capelli che davano l’idea di essere molto disordinati.
Guardò i soldi posti sul comodino da dare al pescivendolo l’indomani.Sorrise,chiudendo gli occhi.

“Mi prenderò cura di lui e lo proteggerò”.
 
 
Il giorno seguente si presentava,a dispetto delle previsioni,piacevolmente soleggiato e la quiete governava le azzurre acque marine.

Haruka celava la sua presenza fra le acque,mentre attendeva l’arrivo del bel giovine.Le proprie ferite bruciavano ancora un po’,rendendogli difficoltoso nuotare nelle correnti più avverse.Di conseguenza risultava lui difficile inseguire e catturare un pesce,se non si riusciva neanche a stargli dietro…e rubarne qualcuno ad un pescatore o ad un predatore era fuori discussione.
La mattina precedente,affamato e indebolito,era rimasto così stupito dal trovare del cibo accuratamente disteso sullo scoglio,che aveva creduto fosse una trappola e solo più tardi,divorato dai morsi della fame,si era lanciato su di esso.

Mosse inconsciamente la pinna caudale in segno di entusiasmo all’idea che presto sarebbe giunto per lui.Pareva felice come una Pasqua,nonostante si ostinasse a celarlo allo sguardo dell’interessato.
Guardava speranzoso ed impaziente prima a destra e poi a sinistra,poi di nuovo a destra e poi di nuovo a sinistra.
Lo stomaco iniziava a protestare,reclamando il nutrimento necessario.
Afferrò un ciottolo che giaceva sul fondale,iniziando a giocare con esso per ingannare il tempo.Non che in acqua avesse molta altra scelta,data la sua vita solitaria…
Continuava a lanciare il sassolino a mo’ di giocoliere,catalizzando l’attenzione solo su di quello.
D’un tratto un altro sassolino rimbalzò vicino al suo corpo,spaventandolo a tal punto da costringerlo ad immergersi in modo repentino.
Riemerse solo con il capo,curioso di scoprire chi fosse l’autore di quel gesto.
Ebbene.Il bel castano sorrideva mortificato mentre chiedeva perdono per averlo spaventato nel tentativo di attirarne l’attenzione su di sé.

Haruka,cautamente,si avvicinò al bagnasciuga,alzando poi lo sguardo verso Makoto che delineava sul viso un espressione di tenerezza.Permase immobile,lasciando intendere che non avrebbe fatto lui il primo passo.

Makoto comprese il suo cruccio e senza proferire parola alcuna,adagiò delicatamente il pasto di fronte alla creatura e si allontanò per ricoprire le consueta distanza.

Era decisamente troppo presto per pretendere la sua fiducia.Era del tutto normale.Avrebbe atteso,finchè non si sarebbe sentito sicuro.Costituiva,già di per se,un gran traguardo il fatto che permettesse che stesse lì,accanto a lui,senza cercare di fuggire.
Il tritone mangiava,infatti, tranquillamente,mentre il castano controllava che sguardi indiscreti non curiosassero troppo.

« Il tuo corpo è proprio affascinante,sai? » commentò Makoto percorrendo con lo sguardo le sue forme e scaturendo involontariamente una nota d’imbarazzo del corvino,che in risposta smise di mangiare momentaneamente.

Il ragazzo,notandolo,spiegò che le sue intenzioni non erano quelle di metterlo a disagio,ma bensì di esprimere un sorta d’interesse a riguardo,in seguito ai molteplici manuali consultati .
Visibilmente nel panico,il castano incatenò tra loro frasi di scuse e di giustificazioni che non facevano che peggiorare la situazione,confondendo il tritone che si chiese fosse il caso di preoccuparsi.
Frenò le parole e inspirò arreso,permettendo all’altro di continuare ad assaporare un delizioso spadino.

Mentre ammirava i suoi occhi e la sue squame che riflettevano il sole,colorandosi di luminose tonalità,un pensiero ,da sempre fisso nella sua mente,iniziava ora a mutare..
 

…“ Una parte di me ha sempre paragonato l’oceano ad una specie di mostro pronto ad inghiottire qualsiasi cosa,senza lasciarne traccia alcuna….ma mai avrei potuto immaginare che fosse capace di celare creature così meravigliose.."

 


*Spazio autrice*
Carissimi lettori,vi comunico che le scuse e i chiarimenti per il ritardo saranno presto presenti sul mio profilo.
Quindi qui sotto,a coloro che ancora mi seguono,(se ci sono ancora dopo due mesi),domando cosa ne pensate di questo cap.
Grazie ancora e tanti tanti bacini.

See you next cap.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2785184