Per amore di un umano.

di Heavensent
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il paradiso non mi basta più. ***
Capitolo 2: *** Camminare per la...come si dice? ***
Capitolo 3: *** Prima che il sole tramonti. ***



Capitolo 1
*** Il paradiso non mi basta più. ***


So che è una premessa lunga, ma è molto importante, leggete tutto!!
Ciao a tutti! Forse qualcuno mi conosce per "Like a phantom rider" e "Come il sole che sorge", che è ancora in fase di pubblicazione :3
Sono Heavensent e pubblico questa fan fiction che sarà una long abbastanza breve (tre, quattro capitoli al massimo) che in teoria ho già quasi finito, ma sono ferma da circa un mesetto nella scrittura (mi manca praticamente solo la conclusione) e siccome non mi decido a finirla ho pensato che magari iniziando a pubblicarla avrei avuto lo stimolo per farlo.

Dovete sapere che io sono una vecchietta nata negli anni '90 e questo significa che sono cresciuta a pane e Disney. So A MEMORIA quasi tutti i classici Disney e qualche tempo fa ho rivisto "La Sirenetta", uno dei miei preferiti. Mentre vedevo il film ho avuto un'illuminazione. Ariel era palesemente Castiel e Ursula...bè un altro personaggio, che non vi sto qui a dire altrimenti è spoiler!

Per chi non avesse visto "La Sirenetta" (in tal caso vi invito caldamente a farlo, è uno dei film migliori della Disney, a mio parere) vi consiglio di leggere la trama su Wikipedia a proposito del film, vi consiglio vivamente di leggerla, anche se la fan fiction si può leggere anche autonomamente.
La gerarchia degli angeli l’ho completamente inventata ai fini della trama, ispirandomi un po’ a come è rappresentato il paradiso in Supernatural, il resto inventandolo di sana pianta (esempio: dubito che esista un “angelo traghettatore” in Paradiso). Inoltre la forma degli angeli è un po’ indefinita, così come è stata descritta in alcune puntate.



Sopratutto nella prima parte l'ho impostata come una fiaba, quindi alcuni toni sono volutamente semplici e quasi come se fossero rivolti a un bambino.
Il raiting è giallo anche se non ci sarà nessuna scena oltre il verde perchè so che l'argomento omosessualità è (forse putroppo) ancora un tasto dolente per molti, e quindi per non prendermi nessuna responsabilità e non traumatizzare nessuno preferisco mettere raiting giallo.

I personaggi di Supernatural non mi appartengono, come non mi appartiene l'idea della fiaba "La sirenetta" di Hans Christian Andersen o la sua versione cinematografica della Disney del 1989.

Buona lettura e ditemi che ne pensate! A presto.

Capitolo 1- Il paradiso non mi basta più.

C’era una volta Castiel, un angelo del Signore.
Castiel era un angelo felice.
Dal momento dell’inizio della sua esistenza non aveva mai sentito il desiderio di avere qualcosa di più, perché il paradiso è il luogo della felicità.
Gli piaceva accompagnare le anime degli umani che arrivavano ai loro paradisi personali, ed erano i più diversi e disparati. Questo era il suo compito. Accoglieva le anime e le smistava nei loro paradisi. Per qualcuno era una bella casa in cui vivere per l’eternità con la famiglia. Per qualcuno era l’amore della sua vita, stretto in un abbraccio eterno. Ma c’erano anche i più superficiali, circondati di beni materiali che in realtà in paradiso non sussistevano davvero, erano solo la felicità di quell’anima, resa consistete per la sua gioia eterna.
Ma Castiel era diverso da tutti gli altri. Era un angelo curioso, forse a causa del suo compito. Aveva cominciato a studiare gli umani con vivo interesse, li trovava affascinanti, pur vedendo solo la loro versione di anime. Spesso i suoi fratelli lo canzonavano, per questo. Balthazar non faceva altro che ricordargli che :-Gli umani sono piccoli, insignificanti. Dio li ha creati pensando di creare qualcosa di migliore. Hanno deluso tutti le sue aspettative…forse Lucifero non aveva tutti i torti, a protestare.
-Balthazar! –lo aveva rimproverato lui, con la paura che fece vibrare tutta la sua essenza-non essere blasfemo. Lo sai che di lui non si parla.
Non gli interessava se i suoi fratelli e sorelle reputavano gli umani cosucce insignificanti. Per lui erano belli, interessanti, pieni di storie da raccontare. Ne aveva sentito tantissime nel suo ruolo da accompagnatore celeste. E forse Dio vide la sua curiosità, il suo buon operato con le anime, e decise di premiarlo. Un giorno, che ricadeva circa quasi 2000 anni dopo la resurrezione di Cristo, fu convocato da Joshua. Per lui fu un grande onore. Joshua era l’angelo più vicino a Dio, l’unico con cui Dio parlasse ancora. Era come essere convocati dal Padre stesso, ciò che si poteva avere più vicino a quel privilegio.
-Castiel, caro Castiel..-Joshua aprì le sue grandi ali color argento nell’accoglierlo, ma l’espressione del suo viso principale[1] non era felice. Castiel vi lesse una sorta di accondiscendenza, di pietà per lui, e se ne preoccupò.
-Castiel, Dio è profondamente adirato. E’ vero che sei sceso più volte sulla terra, per vedere gli umani da vicino?
Le piume delle ali bianche di Castiel tremarono leggermente per la paura, per essere stato scoperto. Era vero, spesso, sotto la forma di quella che gli umani inspiegabilmente potevano classificare come una meteora, una stella cadente che arrivava sulla terra sottoforma di luce bianca, era sceso sulla terra. Inizialmente lo fece per fare un favore alle anime che portava ai paradisi: volevano sapere come stavano i loro cari, se i loro figli stavano bene, se le mogli e i mariti piangevano per loro.
Osservava i visi e le lacrime, poi tornava in paradiso per raccontare tutto alle anime sofferenti, che a volte erano tristi per la sofferenza dei loro cari e altre, mosse da un senso di egoismo, erano quasi felici del fatto che qualcuno soffrisse per loro. Pensò che non ci fosse niente di male, che anche quello faceva parte del suo compito. Ma forse aveva cominciato a esagerare: scendeva sulla terra molto più spesso di quanto avrebbe dovuto. Aveva imparato ad aguzzare l’udito della sua terza testa, quella più alta, e riusciva a percepire parte delle preghiere rivolte al Padre. Non tutte, solo quelle che ai “piani alti” sembravano più insignificanti, e andava lui. Spesso non poteva esaudirle, lui non era un angelo adibito a questo, il suo compito non aveva a che fare con i vivi ma con i morti. Ma gli umani sulla terra erano così interessanti! Le vite ancora da vivere, tutto che poteva cambiare in un istante grazie a un gesto, a una parola, a un incontro. E poi, quante cose facevano, provavano e possedevano! Castiel recepiva quelle piccole preghiere e vegliava sull’umano che pregava. Spesso si faceva piccolo piccolo per posarsi su una spalla, o sul cuscino del letto ai piedi del quale una bambina pregava sotto indicazione dei genitori. Gli piaceva ascoltare e scrutare le preghiere di tutti. Per tutto il pianeta, dall’America, all’India, all’Europa. Conosceva tutte le lingue che dopo il crollo della torre di Babele si erano diffuse nell’umanità. Conosceva ogni inclinazione di voce, ogni sfumatura di linguaggio, e non gli sfuggiva nulla. Spesso si sentiva impotente davanti a tutto questo. Non poteva fare nulla, se non appollaiarsi lì nelle vicinanze dell’anima dell’umano e fargli sentire il proprio calore. A volte sembrava di essere recepito,leggendo una smorfia di sollievo sul viso. Altre volte era completamente inutile.
Joshua senza ricevere risposta da Castiel capì che era la verità, e lo rimproverò duramente:-Non dovrai più farlo Castiel. Gli umani non ci conoscono nella nostra vera natura, e potresti spaventarli. Ci sono gli angeli custodi a fare il loro compito, tu se un angelo traghettatore. Il tuo compito è stare qui. Promettimi che lo farai.
Castiel si inchinò dinanzi a Joshua in segno di rispetto verso Dio, e si allontanò. Sentiva una grande sofferenza, insolita lì nel paradiso, seppur esistente. Per giorni vagò per i vari paradisi, ma quegli umani non lo stimolavano più.
Non erano..vivi. Le loro vite erano terminate lì e una volta continuate c’era la staticità, non c’era più nulla da dire. E Castiel non era mai sazio, voleva saperne di più! E poi amava la loro forma, così semplice. Lui a volte si sentiva troppo grande, troppo immenso, composto per la maggior parte di luce, ali, e Grazia. Gli umani erano così semplici invece, camminavano, correvano, e se volevano volare avevano creato i mezzi appositi. Li ammirava tanto e non capiva perché Balthazar gli dicesse sempre di lasciarli perdere. Passò molto tempo da quando Joshua lo aveva convocato, non sapeva dire quanto. In paradiso il tempo non c’era, c’era solo la serenità. L’unico metro di paragone era la mancanza. La mancanza di fare quelle visite sulla Terra. E allora disobbedì, aveva assolutamente bisogno di farne un’altra, aveva bisogno di curiosare fra gli umani.
Divenne una lucente stella cadente, e scese sulla superficie, sperando che nessuno dei suoi fratelli lo vedesse. Cercò di captare qualche preghiera, mentre aveva scelto l’America come pista di atterraggio.

-Io non sono uno che prega spesso..anzi, non prego mai. Ma qui non si tratta di me..si tratta di Sammy.
Il ragazzo strinse le mani in una morsa quasi dolorosa fra loro, intrecciando le dita. Le nocche delle sue mani rovinate divennero bianche, strinse gli occhi fino a sentire che gli facevano male. I gomiti erano poggiati fra le coperte ai piedi del letto in cui suo fratello giaceva privo di sensi, il monitor accanto a lui segnava il battito del cuore regolare e il respiro nella norma, ma nessun nuovo miglioramento da giorni.
-Non posso perderlo, non ancora. Ha solo 26 anni..ascoltami almeno per stavolta e poi ti lascerò in pace per sempre.-mormorava a denti stretti il ragazzo, senza il coraggio di aprire gli occhi.

Castiel si gustò l’aria fresca della notte. Amava la notte sulla terra. In paradiso c’era troppa luce, a volte. Era bello un cambio di prospettiva.
“si tratta di Sammy..guarisci Sammy”..
Quel nome gli rimbombava nella testa, mentre volava sui tetti delle case. Qualcuno stava pregando più intensamente, per un certo Sammy. Non era una preghiera per sé, e questo attirò Castiel con una forza inaudita. Amore fraterno, potè giudicare dall’intensità.
Guidato dalle parole supplicanti, le sue ali invisibili all’occhio umano lo fecero calare attraverso le mura di un ospedale. E lo vide. Il viso era nascosto dalle mani giunte, e continuava la sua preghiera che era più una supplica. Un altro ragazzo giaceva sul letto, immobile, solo il regolare respiro faceva alzare il suo petto ampio.
Recepì subito che fra loro c’era un legame famigliare, che il ragazzo nel letto aveva subito una ferita al fianco che gli aveva fatto perdere molto sangue. E il ragazzo più grande pregava Dio di far guarire suo fratello.
Castiel sentì di nuovo quel senso di sofferenza invaderlo, le ali gli si abbassarono leggermente, con meno fierezza, provando pietà per quella situazione. Volò rimpicciolendosi ancora di più, fino al letto del ragazzo privo di sensi, poggiandosi sul suo petto. Lo scrutò, la sua essenza vitale c’era, non era irrecuperabile. Era solo molto debole e molto a fondo. Castiel si concentrò, ed espanse la sua energia sul corpo del ragazzo. Che improvvisamente aprì gli occhi, mormorando una parola e respirando con affanno:-Dean..
Castiel spaventato volò via allontanandosi. Aveva guarito una persona, ci era riuscito! Una volta aveva chiesto a Uriel come si facesse. Lui era un angelo custode, e gli aveva spiegato tutto, ma così, solo per curiosità. Mai Castiel avrebbe creduto di riuscirci.
Il ragazzo che pregava si alzò agitato, posando una mano sulla guancia del fratello.
-Sammy! Oh non ci credo…grazie Dio, grazie-lo sentì mormorare.
Castiel era indispettito, sicuramente suo Padre non l’aveva nemmeno sentito, eppure Dean, ne aveva recepito il nome, ringraziava Lui!
Arrivarono dei medici, che passando indifferenti sull’invisibilità di Castiel fecero sbatacchiare le sue ali in maniera scomposta. Guardò i due fratelli per un ultimo istante per poi spiccare nuovamente il volo verso l’alto. Aveva guarito un umano, aveva fatto una cosa buona! Aveva esaudito una preghiera. Solitamente era compito dei Santi, dei Patroni, a volte anche gli Arcangeli si prodigavano nell’ascoltarle. Ma lui era un semplice angelo traghettatore! La sua Grazia brillava di una felicità fuori dal normale mentre tornava in paradiso. E già gli mancava la Terra. Continuò a disobbedire. Certo, portava le anime ai loro paradisi, ma poi quando poteva tornava sulla terra. Solo che aveva cambiato rotta, non cercò più le preghiere più forti che raggiungevano il suo udito, no. Tornava da quei due fratelli.
Inizialmente fece solo una visita per constatare come andasse la guarigione di Sam, così si chiamava. E vide che stava bene, ma non ancora benissimo.
Tornò una terza volta, e poi una quarta.
Dean e Sam non avevano i genitori, vivevano da soli. Castiel un giorno in paradiso li aveva cercati. E vivevano insieme in una casa grande e spaziosa, con davanti un grande giardino. E il loro paradiso era vivere eternamente con un piccolo Sam di appena sei mesi e Dean di quattro anni. Li osservò da lontano, attraverso le finestre. Erano felici.
Lo stesso non si poteva dire per i veri Sam e Dean che lui aveva imparato abitualmente ad andare trovare.
Vivevano in una piccola casa del quartiere più isolato di Lawrence, in Kansas. Facevano piccoli lavori, Sam conservava i soldi per studiare. Ed erano fondamentalmente soli al mondo, non avevano che l’un l’altro.
Castiel passava delle bellissime e lunghe serate a osservarli.
Il suo momento preferito era la notte, poteva volare indisturbato mentre loro dormivano, a volte riusciva a poggiare un arto sulle loro tempie per placare gli incubi. Sognavano spesso i genitori, e un incendio che risaliva a quando erano piccoli. Ma le loro menti erano troppo complesse per scavare più a fondo e Castiel doveva sempre conservare le energie, per poter tornare in paradiso.
Una sera gli mancavano particolarmente, e decise di volare da loro presto, verso l’ora di cena. Ma Dean, stranamente, non c’era.
Dean era il suo preferito. Sentiva che lui aveva più bisogno di aiuto di Sam. Sì, Sam era stato male, ma ora era guarito anche grazie al suo intervento, ma Dean..Dean non stava male fisicamente. I suoi mali si trovavano nella testa, nel cuore, nel profondo. I suoi incubi erano più dolorosi, i suoi pensieri più fitti e preoccupati. Avendo perso i genitori da piccoli si era sovraccaricato i compiti non solo di fratello, ma di padre e madre per Sam.
Castiel lo paragonava un guerriero, gli ricordava l’Arcangelo Michele. Il volto fiero, l’aspetto forte di chi combatte per ciò in cui crede. Dean parlava sempre del padre con una fedeltà cieca, senza mai dimenticare i suoi insegnamenti e le sue parole. Per Castiel quel ragazzo era colmo di qualunque virtù, anche senza esserne consapevole.
Percepì che Sam era preoccupato dall’orario inconsueto di rientro di Dean. Non tornava e non rispondeva al telefono, quello strano aggeggio che permetteva loro di comunicare a distanza. Erano proprio capaci di imitarli in tutto, questi umani. Non si sarebbe stupito se avessero imparato ad usare le ali anche loro.
Castiel drizzò le orecchie, captando una preghiera. Per la prima volta era la seconda di una stessa persona. Dean.
“aiuto..aiuto per favore”
Spiccò il volo, e non dovette allontanarsi molto per trovare Dean. In un vialetto vicino casa era stato attaccato da tre uomini, forse per derubarlo.
Castiel sentiva sempre più rimbombante la voce del ragazzo che implorava aiuto. Agì d’istinto.
Si piazzò davanti a Dean, emanando la Grazia in maniera spaventosa davanti ai tre uomini che, spaventati e lanciando imprecazioni di ogni tipo, scapparono correndo.
Dean barcollò, stava per cadere a terra. Castiel non aveva le braccia come gli umani, ma solo vari arti adeguati ai tre tipi di teste che possedeva, di forma animale. Il viso centrale era di una forma quasi umana, con occhi simili a quelli umani. E gli angeli ce li avevano tutti azzurri, di un azzurro ghiaccio non presente nella sfera dei colori della terra. Non si sarebbe potuto trovare quell’azzurro in nessuna porzione di cielo o del mare, in nessun fiore o piuma di colibrì.
Mentre Castiel afferrava dolcemente il corpo di Dean con le ali per posarlo a terra, lui aprì leggermente gli occhi pesti e ricoperti dal sangue, a causa di una ferita sul sopracciglio. E vide quella luce immensa, e due occhi azzurri che gli fecero perdere il fiato. Castiel non si rese conto di essere stato notato, ma percepì l’arrivo di Sam. Velocemente spiegò le ali e volò via, diventando nuovamente invisibile all’occhio umano.
-Dean!! Oddio Dean, che è successo?
Castiel si era nascosto dietro una casa, svolazzando in modo instabile per le energie appena perse.
Dean si alzò a sedere aiutato dal fratello, che gli tastava le ferite sul viso.
-Te l’ho detto che questo non è un quartiere sicuro per tornare da lavoro a piedi, come devo fartelo capire?-lo sgridò Sam, prendendogli un braccio e mettendolo attorno alle proprie spalle, per aiutarlo a camminare.
-Mi ha salvato un angelo..-mormorò il maggiore mentre si lasciava pigramente trascinare dal fratello che nonostante fosse più piccolo di lui di quattro anni lo superava decisamente in altezza.
-Che? Che dici Dean..-rispose Sam senza ascoltarlo veramente, affaticato per il peso del fratello. Aveva una caviglia storta e questo lo rendeva molto più pesante.
-Ho visto un angelo Sam, le ali, e una luce, e degli occhi azzurri..
Sam rise di gusto, senza dare peso alle parole del fratello:-Ti hanno preso per bene a pugni la testa eh? E’ meglio se andiamo al pronto soccorso..
Castiel, spaventato, volò in paradiso in tutta fretta, timoroso di aver fatto qualche guaio.
Non ne fece parola con nessuno e si relegò al suo compito. Non poteva rischiare che Dean lo vedesse di nuovo.
La sua felicità in paradiso non era in più completa. Gli mancavano quei ragazzi, ma più di tutto avrebbe voluto sapere come stava Dean. Sapeva che gli umani erano capaci di curarsi, ma avrebbe preferito farlo lui. Ormai aveva una dipendenza da quei ragazzi, erano una piccola famiglia che aveva bisogno di aiuto e conforto. Balthazar aveva visto il suo disagio. Anche lui era un angelo dai compiti minori, a cui non era permesso interagire con gli umani, e non l’aveva mai fatto ma non perché amasse rispettare le regole; semplicemente gli umani non gli erano mai interessati veramente. E anche se non amava dimostrarlo, provava un affetto incondizionato per i suoi fratelli. E forse non poteva fare altrimenti. Fatto sta che quando vide Castiel così abbattuto e poco gioioso, quasi scoraggiato e non più incuriosito da tutte le anime che arrivavano in paradiso, capì che qualcosa non andava.
-Cosa ti rende triste, Castiel?
Il fratello aveva le ali meno bianche e la Grazia più opaca, si notava benissimo. Ma in paradiso c’era tanto da fare e poco tempo per accorgersene. Per questo rimase sorpreso dalla domanda di Baltazhar.
-Se te lo dicessi non saresti d’accordo con me. Come sempre.
-Puoi sempre mettermi alla prova…-disse mentre le piume delle sue ali si facevano più dritte e una delle sue teste era pronta all’ascolto.
Castiel arreso decise di dirglielo. Gli disse quanto fosse dipendente da quei due umani, ma per errore si era mostrato al maggiore, mentre credeva fosse svenuto, e così la paura gli aveva impedito di tornare da loro e soprattutto prendersi cura di Dean.
-Vorrei vedere quanto sono speciali questi due umani. Su, andiamo!-lo incitò mentre già cominciava a rimpiccolirsi per scendere sulla terra.
-No Balthazar, no! E’ pericoloso!-lo seguì titubante Castiel, ma non poi così deciso da impedirgli del tutto di andare a far visita ai Winchester.
Baltazhar ormai era deciso. Erano già fuori dal paradiso:-Staremo attenti stavolta.

Erano entrati nella casa senza farsi notare, invisibili e poggiati al bancone della cucina.
-Allora, qual è dei due?
Castiel gli indicò Dean con un cenno. Era seduto sul divano, la gamba ingessata, e mangiava delle patatine in modo famelico. Sam riordinava la stanza e ogni tanto Dean gli chiedeva qualcosa: una birra, dei fazzoletti, altro cibo, un cuscino in più per la gamba.
Balthazar sbuffò guardando incredulo:-Umani..sono così rozzi, e poco eleganti. Sporchi, imperfetti e complicati. Mortali. Una cosa destinata a morire non è una cosa buona.
-Non parlare così di loro, Balthazar! Sono stati creati da nostro Padre e se l’ha fatto ci deve essere un motivo…questi due ragazzi sono pieni di qualità positive, sono cresciuti da soli, e si vogliono molto bene. Dean poi è forte, spiritoso, un genitore per Sam..
-Si direbbe proprio che questo umano ti abbia folgorato, Castiel!
-E’ un umano esemplare, Balthazar…-rispose lui, risoluto- è la dimostrazione che Dio ha creato qualcosa di buono.
Certo, l’affermazione di Castiel faceva a pugni con l’attuale immagine di Dean: le sue labbra erano impiastricciate dall’olio delle patatine fritte, aveva una posa scomposta per via della gamba ingessata e un aspetto trasandato di chi non esce di casa da giorni. Ma Castiel non riusciva a vedere niente di negativo in lui.
-Ti piacerebbe parlargli?-gli chiese improvvisamente il fratello, e le ali di Castiel tremarono leggermente, tradendo il suo disagio a quella domanda.
-Sarebbe impossibile. Credo potrò farlo solo fra tanti anni, direttamente in paradiso.
-E che gusto ci sarebbe? C’è un modo, Castiel. Forse posso aiutarti..è un po’ pericoloso ma ormai hai già infranto tante regole, no?
Castiel non rispose. Guardava Dean. Avrebbe tanto voluto essere umano anche solo per un giorno. Per sedersi accanto a lui e semplicemente parlargli..
-Di cosa si tratta?-gli chiese, con titubanza.
Balthazar afferrò uno dei suoi arti e lo trascinò via da lì. Volavano verso il paradiso, e gli disse:-Dobbiamo andare a trovare l’arcangelo Gabriele.

Castiel non aveva mai visto uno degli arcangeli dal vivo. La loro Grazia era talmente potente da poter essere avvertita fino ai piani più bassi del paradiso, ma non c’era motivo perché incontrassero un umile angelo traghettatore come lui. Balthazar oltrepassò i confini che portavano al livello superiore, e a un grande cancello facevano guardia due angeli al loro stesso livello.
-Chiediamo udienza all’arcangelo Gabriele- disse Balthazar, con tutta la serietà possibile.
I due angeli si guardarono, impedendo poi l’ingresso. Ma si udì una voce dietro di loro, una voce più potente. La sua Grazia era talmente luminosa che Castiel avvertì una sensazione del tutto nuova impossessarsi di lui, non sapendo come definirla. Una sorta di calore. I cancelli si aprirono in un istante e un angelo molto più grande di loro, provvisto di ali d’oro tra cui si incastonavano piccole fiamme scoppiettanti, si avvicinò.
-Lasciateli, lasciateli pure entrare. Piccoli e teneri angeli traghettatori! Balthazar, è bello vederti.
L’arcangelo fece loro un cenno e gli altri lo seguirono. Lui si accomodò sul proprio trono, dorato come le sue ali.
-Non crediate che la mia sia pietà per voi. No, sono solo annoiato e molto curioso. Cosa volete?
Castiel era a dir poco intimorito. Le ali dell’arcangelo erano immense, più di quelle di Joshua, più grandi di quelle che avesse mai visto. Non osò immaginare come potessero essere quelle di Dio…sempre che le avesse.
-Gabriele, io e mio fratello vorremmo scendere sulla terra per…un motivo nobile.
La Grazia di Castiel si immobilizzò. Cosa voleva fare Balthazar, rendere pubblica la loro disubbidienza? Sarebbe stato pericoloso, non osava immaginare quale punizione avrebbero potuto subire per una cosa del genere.
Gabriel scosse le ali con interesse, i suoi occhi centrali azzurri si assottigliarono:-E quale sarebbe questo motivo nobile?
-Come sai noi siamo angeli traghettatori, e troppe anime arrivano qui sconfortate senza aver potuto dire le ultime parole ai loro cari..noi vogliamo dare quel conforto, e mischiarci agli umani. Anche se per poco.
Gabriele sogghignò, ingrandendosi ancora di più, se possibile:-Credete che se questo fosse possibile non sarebbe stato già fatto? La sofferenza fa parte della vita degli umani, e non possiamo fare niente noi, se non alleviare le loro pene se e quando arrivano qui. Non potete farmi una richiesta del genere…l’unico modo per esaudirla sarebbe un patto con il maligno, cosa che ovviamente non potete fare.
Balthazar annuì comprensivo, cercando poi di continuare a parlare:-Ma se noi..
-Basta!!-ringhiò l’arcangelo, facendo alzare le fiamme fra le sue piume dorate.
Castiel tremava, facendo affievolire la sua Grazia davanti a quella rabbia:-Ce ne andiamo subito…-ebbe il coraggio di dire, trascinando via Balthazar.
-Ma cosa fai..-lo sgridò il fratello, liberandosi dalla sua presa-ancora poco e avrei potuto convincerlo.
-Ti ringrazio fratello, ma non voglio infrangere ulteriormente le regole..
-Castiel, ho capito che per te è importante. E c’è un altro modo per poter parlare con lui…lo sapevo già, ma Gabriele mi ha dato conferma.
-Il maligno..-mormorò Castiel, arreso e poco convinto.
-Il maligno.- ripeté per lui Balthazar.- Devi arrivare alla porta dell’inferno e chiedere di Crowley.
Castiel si guardò intorno spaventato, sperando che altri fratelli non sentissero quel dialogo.
-Balthazar non puoi parlare di queste cose!
-Smettila di far finta di rispettare le regole di questo posto. Lo so che ti stanno strette, stanno strette a tutti. Se potessi però scegliere di passare il resto dell’esistenza con gli umani, con Dean, invece che qui..cosa sceglieresti?
Castiel se lo chiedeva da tempo. Aveva realizzato da poco che non gli interessava stare solo con gli umani, ma anche essere uno di loro. Essere un angelo è un lavoro infinito, eterno, uguale, perenne. Una felicità statica e che non cambia mai. Agli umani invidiava anche il dolore e la loro capacità di superarlo. Avrebbe preferito soffrire per metà della propria vita piuttosto che avere una felicità eterna fatta di regole, fatta di niente.
-Come sai tutte queste cose? Sulla porta dell’inferno…
-Anna. L’angelo Anna, te lo ricordi?
-Ah, sì. Uno degli angeli alle ali rosse..
-Ha fatto la stessa cosa. Ha fatto un patto con Crowley e ha ottenuto ciò che desiderava, stare con un umano, diventare umana. Hanno cercato di insabbiare la cosa, ma non ci sono riusciti del tutto e io son venuto a saperlo. E’ l’unico modo.
-Ma se sapevi che era l’unico modo, perché siamo andati a scatenare l’ira di Gabriele?
Balthazar ebbe un fremito nella voce, che poteva definirsi di scherno:-Volevo semplicemente conferma. Sapevo non l’avrebbe mai fatto. E ora vai, corri dal tuo umano. Ricordati..chiedi di Crowley.
Castiel avvolse le ali attorno a quelle del fratello, in un estremo gesto d’affetto. E poi volò verso l’inferno.

Non era stato semplice. Era riuscito ad arrivare incolume fino al paradiso terrestre, cominciando poi a scendere i gradoni del purgatorio. E il purgatorio oltre alle anime che lentamente stavano per arrivare in paradiso conteneva quanto di più mostruoso Dio avesse, erroneamente o no, creato. Perse qualche piuma, dovette distruggere alcuni mostri con l’emanazione della propria Grazia, indebolendosi. Ma alla fine arrivò alla porta dell’inferno. Titubante atterrò vicino ad essa, potendo finalmente rilassare le ali stanche. Su di essa facevano guarda due demoni, che lo guardavano con curiosità famelica. I demoni erano molto diversi dagli angeli. Essendo uomini crudeli che erano finiti all’inferno da quando il peccato originale era stato generato, avevano una forma molto simile a quella degli uomini: uomini segnati a fuoco dai propri peccati.
Uno di essi aveva una profonda ferita che gli segnava tutto il viso, come un taglio profondo fino all’interno della testa, il corpo longilineo e ricoperto di squame. L’altro era decisamente più basso, il corpo tozzo e bruciato, il viso più definito ma con un naso molto grande simile a un becco.
-Un angelo nel regno della perdizione? In cosa possiamo servirti?-disse quello più alto con una voce gracchiante, con una nota di sarcasmo che l’angelo non percepì, perché non esisteva nella sua natura.
-Sto cercando Crowley..-mormorò quest’ultimo. Le urla strazianti provenienti dalla porta dell’inferno ferivano la sua Grazia. Troppo dolore.
I due demoni si guardarono, spaventati. Il demone che gli aveva rivolto la domanda senza dirgli altro entrò nella porta, seguito subito dopo dall’altro.
Castiel aspettò per molto tempo, svolazzando su quel suolo che era ancora parte del purgatorio.
-Mi scuso per l’attesa..-sentì una voce che lo fece rabbrividire, e si voltò verso la porta. Crowley era molto alto, non quanto lui ma abbastanza grande da far rabbrividire chiunque. Il viso nero era incorniciato da due corna che si ripiegavano su se stesse, formando una cornice ai lati della sua testa. Le unghie delle mani erano lunghe e scure. Si muoveva con un’eleganza che intimoriva, e dal busto in giù il suo corpo era ricoperto di fiamme vive.
-Posso sapere con chi ho il piacere di parlare?-chiese il demone, mentre Castiel lo guardava dalla testa ai piedi, un misto di curiosità e terrore.
-C..Castiel..-mormorò l’angelo in un soffio.
-Castiel..ti inviterei entrare caro, ma so perfettamente che la tua Grazia subirebbe un colpo entrando all’inferno. Poi a quanto vedo dal colore delle tue semplici ali bianche, non sei un arcangelo o un qualche altro importate messaggero. Deduco che tu sia qui..per altri motivi.-sottolineò con particolare curiosità le ultime parole, facendo scorrere le sue lunghe unghie sulla superficie di una delle corna ripiegate su se stesse.
L’angelo sospirò impaurito:-Sì, sono qui per un patto.
-Sentiamo..
-Vorrei..diventare umano. E..e conquistare un uomo.
-Conquistare un uomo! Affascinante, molto affascinante! Non sei il primo uccellaccio spelacchiato che mi chiede questo, sai?
Il demone dei patti camminava avanti e indietro, mostrando un mostruoso sorriso dai denti affilatissimi, facendo scoppiettare le fiamme che gli ricoprivano metà del corpo.
Castiel non rispose, tremante, e lui continuò:-Posso farlo Castiel, ma tutti i patti hanno varie condizioni. Prima di tutto però sono curioso di sapere chi è il giovane in questione..
-D..Dean Wincester. Di Lowrence, Kansas.
-Dean Winchester...-mormorò il demone fra sè, agitando le lunghe dita nell’aria facendo un cerchio immaginario. Si materializzò una sorta di specchio, in cui si vedeva Dean, aiutato da Sam a alzarsi in piedi. Aveva tolto il gesso alla gamba.
Vedere Dean diede a Castiel una pace che per un momento gli fece dimenticare il dolore della anime che urlavano dell’inferno.
-Il capellone o lo zoppo?-chiese con disprezzo Crowley, e Castiel con la punta di un’ala indicò Dean.
-Bè, un bel bocconcino, non c’è che dire..-mormorò il demone, annuendo- bene, ci sono delle condizioni.-schioccò le dita e l’immagine di Dean e Sam sparì.
-Io ti trasformerò in umano, e tu avrai tre giorni per farlo innamorare di te, per farti baciare. Allo scadere del terzo giorno, se ci sarai riuscito potrai rimanere per tutta la vita con Dean, resterai umano e vivrete per sempre felici e contenti. Se lui dovesse ignorarti, allora saresti…uno dei miei piccoli animaletti. Riavresti tutto, le tue ali, la tua forma..solo all’inferno. Tra le fiamme, e senza grazia..un angelo caduto insomma. O quel che ne rimarrebbe. -terminò con un sogghigno.
-Cosa intendi?
-Bè, io ho la mia scorta personale di anime…patti non mantenuti o persi, contratti terminati…e cosettine simili.
-In ogni caso quindi…non posso più tornare in paradiso. E’ una scelta difficile…
-Oh piccolo angelo, la vita è piena di scelte difficili…non te l’hanno detto?[2]-gli chiese Crowley con fare canzonatorio- voglio solo una cosa in cambio…la tua Grazia.
-La mia…ma, senza la grazia come farò a sopravvivere?-chiese Castiel, improvvisamente spaventato.
-Come sarebbe…come umano, è ovvio!! Dovrai fare tutto ciò che fanno gli umani!
-E poi a te cosa serve la mia Grazia?
-Non è affar tuo a cosa serva la Grazia di un angelo a un demone…-dal nulla comparve una piccola fiaschetta:-allora, abbiamo un patto?
Sospeso in aria comparve un contratto in una lunga pergamena che sembrava fatta di fuoco. Castiel tremò, chiuse gli occhi e con la punta dell’ala firmò il documento, che scomparve in una fiammata.
Crowley sorrise soddisfatto:-Tre giorni Castiel…tre giorni.
Castiel si sentì improvvisamente debole. La sua essenza cominciò a indebolirsi, cominciando ad acquisire qualcosa di fisico. Si rimpicciolì, le due teste laterali sparirono, svanì il peso delle ali. Sentiva di perdere la coscienza, mentre una luce bianca lo abbandonava per riversarsi nella boccetta che Crowley teneva in mano. La sua Grazia lentamente lo lasciava, e Castiel osservandosi vide formarsi mani, piedi, gambe, si materializzarono dei vestiti. E poi il buio.

[1] Qualche volta è stato nelle puntate di Supernatural che gli angeli hanno più di una testa, nella loro forma reale. Ho immaginato che ce ne fosse una “predominante” e altre secondarie.
[2] La battuta è la stessa di Ursula in “La sirenetta”

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Capitolo 2
*** Camminare per la...come si dice? ***




Grazie  a tutti coloro che hanno recensito, che seguono o che hanno letto :) secondo capitolo!

 

Camminare per la..come si dice?





Castiel mosse le palpebre colpite dal sole, e le aprì titubante. La luce gli fece male agli occhi, e istintivamente si coprì il viso con una mano. Era sempre riuscito a guardare il sole senza problemi, ma ora gli provocava dolore. Era sdraiato su qualcosa di morbido. Voltò impercettibilmente la testa, era su un prato. Il prato di un parco, probabilmente. Si voltò di lato poggiando la mano sui soffici fili d’erba, e lasciandosi guidare dall’istinto del proprio nuovo corpo, provò ad alzarsi. Si mise a sedere, per poi alzarsi sulle gambe, ma perse quasi subito l’equilibrio finendo nuovamente a terra,sulle ginocchia. Provò a rialzarsi stavolta con più decisione, aggrappandosi a un albero lì vicino. I pantaloni neri che indossava avevano due macchie d’erba proprio in corrispondenza delle ginocchia. Vide un laghetto poco più lontano, e ci si avvicinò, chinandosi sullo specchio d’acqua. Aveva i capelli scuri e corti, spettinati sulla testa. Le labbra piene e regolari, e indossava camicia, giacca e una cravatta blu. L’unica traccia del suo stato di angelo erano gli occhi. Gli occhi d’azzurro intenso tipico degli angeli, solo con venature più umane e leggermente più spenti. Immerse la mano nell’acqua, la sensazione era fresca e piacevole. Si riavviò i capelli e poi passò la mano sul viso. Si alzò nuovamente, sempre più sicuro sulle proprie gambe, e cominciò a camminare alla cieca, verso la strada. Cercò di imitare gli umani in tutte le volte in cui li aveva visti, e guardandosi intorno imitando ciò che vedeva. Camminò per un tempo che gli parve infinito, il sole calava lentamente e il tramonto stava velando in cielo di un colore rosato; improvvisamente riconobbe la strada, era quella in cui aveva salvato Dean, quella volta contro i tre teppisti. Girò spaesato su se stesso, non sapendo bene dove andare, quando in quel momento un ragazzo sbatté contro di lui, venendo dalla parte opposta della strada.
-Ehi, scusa amico!
Castiel sbarrò gli occhi e cercò di balbettare qualcosa. In fondo non aveva ancora parlato con quel suo nuovo corpo umano e non era sicuro di sapere come funzionasse. Inoltre quel ragazzo era proprio Dean. Crowley l’aveva mandato nel parco parallelo alla strada in cui abitavano loro, e facendo tutta la strada dritta si era ritrovato proprio lì.
Lo sguardo del giovane si assottigliò, scrutando Castiel in modo preoccupato. Non aveva un bell’aspetto, era sudato, aveva i capelli scarmigliati e i vestiti sgualciti, e guardava Dean con occhi spalancati. Gli posò una mano sulla spalla, mentre con l’altra teneva saldamente il borsone sulla propria:-Stai bene?-gli chiese guardandolo in modo apprensivo.
-Io..non lo so.- Castiel si stupì di riuscire a formulare quelle parole nella lingua di Dean. Nella sua testa ce n’erano così tante! La sua voce da umano era profonda e roca.
-Non hai una bella cera. Hai bisogno di qualcosa?
Castiel non seppe che rispondere. Solo in quel momento realizzò che quella situazione era stata tutta una pessima idea. Non avrebbe potuto semplicemente accontentarsi di ciò che aveva? Doveva per forza fare un patto con il diavolo a causa di un umano? Ma guardando Dean per la prima volta da così vicino, da un punto di vista che era alla pari, si perse in quel verde incredibile dei suoi occhi. Solo per quel colore forse valeva la pena fare un patto con Lucifero in persona.
Il ragazzo non ricevette risposta perché Castiel era ormai del tutto preso dai suoi monologhi interni, allora prese l’iniziativa:-Sì, direi che ti ci vuole qualcosa da mangiare, e un bel caffè. Vieni,qui dietro c’è un posticino tranquillo.
Castiel si lasciò guidare docilmente da Dean, ogni tanto inciampando ancora nei propri piedi.
-Sei nuovo da queste parti? Non ti ho mai visto.
-Ehm, in un certo senso-rispose Castiel, mentre entravano in una piccola tavola calda. Un uomo dietro il bancone, più anziano di Dean e con un cappellino in testa, li salutò quando entrarono.
-Ehi Bobby! Prendo il solito tavolo. Due soliti hamburger e due solite fette di crostata, grazie! –gli fece l’occhiolino e l’uomo borbottò qualcosa andando verso la cucina, mentre Dean faceva accomodare Castiel a uno dei tavolo, sedendosi davanti a lui.
-Allora, iniziamo dalle presentazioni. Io sono Dean..-gli sorrise aspettando che si presentasse anche lui.
Castiel lo guardò spaventato, non capendo cosa dovesse fare.
-Che c’è, non ti ricordi come ti chiami? Mh, provo a indovinare io. Ti chiami..Jimmy? Hai la faccia da Jimmy.
Castiel scosse la testa, e rimase zitto.
Dean allora si portò una mano sotto il mento, pensando e guardando fuori dalla finestra. Poi si voltò nuovamente verso di lui:-Thomas. Sono sicuro che sia  Thomas.
Castiel scosse di nuovo la testa, e mentalmente pensò a come tradurre in lingua umana il suo nome:-Castiel- mormorò alla fine, e Dean rimase piuttosto affascinato, ripentendo quella parola fra sé e sé.
-Strano, mi piace però. E cosa ti porta qui per le strade di Lawrence?
Furono interrotti da Bobby, che posava sul tavolo due succulenti hamburger e due invitanti fette di crostata di mele.
Castiel rimase rapito dall’inebriante profumo del cibo, e guidato da un istinto che non seppe spiegarsi, appena il proprietario del locale si allontanò afferrò il panino e diede un primo morso lento e titubante. Subito quel sapore gli scaldò la bocca e i sensi, facendogli provare un piacere che non avrebbe potuto definire. Aveva spesso sentito parlare del peccato di gola, ma non pensava fosse così inebriante. Subito cominciò a mangiare con ingordigia, mentre Dean lo guardava stupito e con gli occhi sbarrati, incapace di credere che quell’uomo mingherlino potesse abbuffarsi in quel modo.
-Devi avere tanta fame..-commentò dando il secondo morso all’hamburger, nello stesso momento in cui Castiel stava già finendo. Poi con una mano prese il bicchiere d’acqua davanti a sé e lo svuotò in pochi secondi, bevendo a grandi sorsi.
-Ma da quand’è che non mangi e non bevi?-gli chiese l’altro, preoccupato di aver offerto la cena a un mezzo matto.
-Dall’eternità..-mormorò Castiel finendo l’hamburger e guardando incuriosito la fetta di crostata, forse chiedendosi se potesse mangiare anche quella.
Dean spinse il piatto verso di lui con fare incoraggiante e l’angelo cominciò a mangiare famelicamente anche quella, mentre Dean con sorpresa aveva quasi perso l’appetito.
-Un altro minuto in strada e ci saresti rimasto secco!-commentò guardandolo sorpreso, ma divertito allo stesso tempo. Inoltre era contento di aver fatto qualcosa di utile. Stava evidentemente morendo di fame, e si congratulò con se stesso per il gesto di generosità che aveva fatto. Solitamente non era così disponibile, né tantomeno con sconosciuti incontrava spaesati per strada, ma in lui c’era un qualcosa di familiare..
E capì cos’era quando Castiel alzò lo sguardo su di lui, dopo aver finito anche il dolce.
-Ma..sei tu! Sei tu quello che mi ha salvato?
Dean riconobbe quegli occhi, così azzurri di un azzurro che non aveva mai visto prima.
Castiel avrebbe voluto rispondere che sì, era lui. Ma forse sapere cosa fosse lo avrebbe spaventato, e preso dalla paura di non riuscire a farlo innamorare di sé non disse nulla , scosse solo la testa e alzò le spalle con un segno di indifferenza.
-N..no scusa-mormorò Dean, scuotendo una mano come se la cosa non fosse importante- è che mi ricordi qualcuno…
Dean fece per andarsene, si alzò posando i soldi sul tavolo:-Tu resta pure quanto vuoi, mangia pure anche il mio hamburger…io devo andare. Alloggi lontano da qui?
Castiel scosse la testa, e si grattò dubbioso una guancia.
-Io..-mormorò, non sapendo dove guardare per l’imbarazzo.
Dean inizialmente rise, e Castiel dovette trattenersi dal sorridere a sua volta. La risata di Dean, dal primo momento in cui aveva cominciato a osservarlo, gli aveva sempre dato una sensazione di felicità:-Non sei proprio un chiacchierone eh, vero Cas?- poi tornò serio, rendendosi conto della situazione:-O forse non hai nessun posto in cui stare…-rimase zitto per qualche istante, facendogli poi cenno di seguirlo:-Vieni con me.
 
-No dico Dean, sei matto? Potrebbe essere un ladro o uno psicopatico che ci uccide nel sonno.
Castiel era nella camera degli ospiti della casa di Sam e Dean, e attaccato alla porta poteva sentire il litigio che i due fratelli stavano avendo a causa sua, seppur a bassa voce. Dean lo aveva invitato a dormire lì, e lui non aveva potuto fare altro che accettare, prima di tutto perché ormai era calata la notte e non sapeva proprio dove sarebbe potuto andare, e poi perché il primo dei tre giorni datogli a disposizione da Crowley stava finendo e avrebbe dovuto sfruttare tutto il tempo che aveva a disposizione.
-Ma ti sembra uno psicopatico? Senti Sam, l’ho incontrato, era affamato e stanco, non potevo lasciarlo lì da solo sapendo che abbiamo una camera degli ospiti, mi sarei sentito uno stronzo! Forse ha sbattuto la testa e ha qualche problema di memoria, non so..domani cercheremo di riportarlo a casa sua o gli troveremo una sistemazione. Sei tu il fratello buono, per una volta che faccio qualcosa di buono anche io te la prendi con me?
Castiel non ascoltò il resto della discussione, dirigendosi verso il letto che i fratelli gli avevano dato a disposizione. Dean gli aveva fornito anche una sua vecchia maglia, indossando solo quella e i boxer. Si infilò fra le coperte, provando una sensazione piacevole e soffice. Il corpo era stanco e affaticato, sentiva le gambe doloranti e pesanti. Per gli umani doveva essere una fatica costante! Poggiò la testa al cuscino, addormentandosi quasi immediatamente, sorridendo al pensiero che il giorno dopo avrebbe parlato ancora con Dean.
 
Castiel si svegliò pigramente, sentendo un fastidioso prurito stuzzicargli il naso. Aprì lentamente gli occhi, e ciò che vide in un primo momento lo spaventò, ma poi si rese conto di cosa, o meglio di chi, vedeva.
-Ehi, fratellino!
Un Balthazar in miniatura era apparso accanto a lui sul cuscino, e quel fastidioso prurito non era dato da altro che le sue ali che sbatacchiavano sul viso di Castiel.
-Balthazar, cosa ci fai qui? Qualcuno potrebbe vederti!
-Ma no, tranquillo, sono visibile solo a te! Allora, come va l’innamoramento?
Castiel si stropicciò gli occhi, alzandosi a sedere:-Bè, non so se stia andando bene. Non sono esperto in queste cose…almeno sono riuscito a parlargli.
-Ma come, hai passato l’eternità a traghettare umani e non sai come fare?
In quel momento un lieve bussare alla porta li fece sobbalzare entrambi. Balthazar sparì con un piccolo “puf”.
Castiel si alzò, andando ad aprire la porta e lasciandola leggermente socchiusa. Dean si stava grattando la nuca distrattamente e quando lo vide gli sorrise:-Ehi, buongiorno! Mettiti qualcosa e vieni a fare colazione. Nell’armadio ci sono dei miei vecchi vestiti che dovrebbero starti bene.
Castiel notò che quella mattina gli occhi di Dean sembravano ancora più grandi e verdi di quanto li ricordasse. Aveva i capelli ancora scarmigliati e una camicia fresca di pulito, aperta su una maglietta scura. Gli annuì timido, per poi richiudere la porta.
Si presentò in cucina con addosso un paio di jeans e una felpa presi dall’armadio indicatogli da Dean.
Sam gli si avvicinò con un piccolo sorriso. Si era ripreso molto bene da quando Castiel in ospedale lo aveva guarito. Era alto, molto più alto di lui e Dean, con i capelli leggermente più lunghi dell’ultima volta in cui lo aveva visto, che gli ricadevano ai lati. Aveva un’aria gentile nonostante la sera prima non lo volesse in casa. Forse il fatto che durante la notte Castiel non avesse tentato di ucciderlo nel sonno gli aveva fatto cambiare idea sul suo conto. Gli porse la mano:-Io sono Sam. Il fratello di Dean.
Castiel accennò un sorriso e gli strinse la mano, mentre il minore dei Winchester gli indicava la tavola con un cenno:-Serviti pure!
Castiel si sentì onorato perché sapeva bene che i fratelli solitamente facevano una colazione frettolosa e scarna. Invece davanti a lui si presentava una tavola con varie leccornie, molto più di quelle che loro di concedevano di solito. Non era niente di che, marmellata, burro d’arachidi, pancakes con sciroppo d’acero e qualcosa di salato, per esempio bacon con uova.
-Non sapevamo i tuoi gusti allora abbiamo deciso di prendere un po’ di tutto- spiegò il minore, sedendosi accanto a lui, davanti a Dean.
Castiel sorrise a entrambi, leggermente in imbarazzo:-Non..non dovevate!
-Oh andiamo, sei nostro ospite. E poi con questa “scusa” posso mangiare anche io!-Dean sorrise e infilzò un pancake, facendolo penzolare dalla forchetta e dandogli un morso. Castiel lo guardò e lo imitò, facendo fatica a tenere la frittella in equilibrio. Cercò di assaggiare di tutto, e spesso i due dovettero indicargli l’uso delle posate o come dover mangiare alcune cose. Perché un conto è vedere ciò che gli umani facevano ogni giorno, un altro era metterle in pratica, soprattutto quando si ritrovava in un corpo così diverso da quello che era quello dell’angelo. Perché gli angeli non hanno un vero e proprio corpo, e soprattutto non devono fare nulla di concreto. Ancora non aveva ben coordinato i movimenti con la vista, gli ci sarebbe voluto ancora un po’ per abituarsi. Dean e Sam si guardavano un po’ preoccupati. Quel ragazzo doveva aver preso una gran bella botta in testa.
 
Dopo la colazione Dean lo portò alla stazione di polizia, in modo da diffondere la sua foto e cercare di capire se qualcuno lo stesse cercando. Castiel non aveva protestato, perché non avrebbe sicuramente saputo spiegargli che nessuno lo stava cercando. Lo aveva portato con la sua macchina. Era nera, lucida, e poi Castiel si ricordò dove l’aveva vista; nel giardino del paradiso dei genitori dei Winchester.
-Sai, me l’ha lasciata mio padre..-disse Dean, con una nota di amarezza nella voce- è..è morto circa quattro anni fa.
Castiel lo guardò con tristezza, abbassando poi la testa.
-Scusa, non so perché te lo sto dicendo..-mormorò subito dopo, accennando un piccolo sorriso- solitamente non parlo della morte dei miei genitori. Cavolo, lo sto facendo ancora..
Per uscire dall’imbarazzo accese la radio, e una musica rock subito si diffuse nell’abitacolo. Castiel inconsciamente muoveva la testa e i piedi a ritmo di musica, e questa cosa piacque decisamente a Dean:-Ti piace?
-E’ molto piacevole-disse Castiel in tono sommesso, continuando a muoversi a ritmo di musica.
Dean rise di gusto, mandando la testa all’indietro:-Cas, parli in un modo stranissimo. “E’ molto piacevole”..-gli fece il verso, cercando di imitare la sua voce grave.
Castiel non capì lo scherzo e rise leggermente in maniera finta. Gli umani erano davvero complessi.
 
-Buongiorno agente. Ho trovato questo ragazzo per strada e credo abbia qualche problema di memoria..non è che potrebbe confrontarlo con il database delle persone scompar..noo Castiel, cosa stai facendo?
Dean dovette interrompersi mentre parlava con un poliziotto perché Castiel si era avvicinato a un computer, cominciando a premere tasti a caso e aprendo una serie di finestre che non gli competevano. Lo afferrò per le spalle trascinandolo nuovamente vicino a sé:-Stai fermo qui, ok?-gli disse con tono autoritario, come si rivolgesse a un bambino.
-Lo scusi eh, non credo che abbia dimenticato solo chi è..ma anche come ci si comporta-disse abbassando la voce, rivolto all’agente che sembrava molto spazientito da tutta quella situazione.
-Va bene, andate pure alla stanza qui accanto. Facciamo una foto e prendiamo le impronte, diffonderemo poi tutto alle altre centrali. Mi serve che compili questo modulo-gli disse porgendogli un foglio e una penna.
Dean annuì cominciando a compilare il foglio, ma nel mentre Castiel era fuggito nuovamente alla sua custodia, avvicinandosi a due poliziotti che parlavano concitati.
-Era un gruppo enorme di persone che praticamente si stavano uccidendo l’un l’altro senza motivo! Come due schieramenti, ma persone normali di ogni nazionalità e età..non c’era un motivo logico.
-Erano sicuramente angeli e demoni- commentò Castiel con tono serio.[1]
Dean lo sentì appena in tempo da avvicinarsi, e rise spavaldo davanti ai due poliziotti:-Eh, sapete com’è..ognuno ha i suoi demoni!- e con il pollice fece cenno di alzare il gomito.
Lo portò via dai due poliziotti ancora straniti, conducendolo alla stanza in cui avrebbero dovuto fare la foto e prendere le impronte.
Mezz’ora dopo erano fuori dalla stazione di polizia:-Se qualcuno ti cerca, ti troverà ora..-gli disse Dean come a rassicurarlo, senza capire perché Castiel non fosse minimamente interessato alla cosa. Guardava fuori dal finestrino, scrutando in maniera curiosa tutto ciò che si presentava sulla loro strada.
-So che mi pentirò di questa domanda…-continuò Dean, alzando leggermente la voce per attirare la sua attenzione- ma di che stavi parlando con quei poliziotti?
-Non avresti dovuto sentire-mormorò l’angelo, guardandolo con gli occhi assottigliati- non ti preoccupare.
Dean scosse la testa, quel tipo era veramente strano. Eppure lo incuriosiva e divertiva allo stesso tempo, era come se avesse dovuto rieducare un adulto con l’ingenuità di un bambino. Lasciò cadere l’argomento:-Oggi ho preso un giorno di permesso, quindi passeremo la giornata insieme. Ti faccio vedere la città visto che forse dovrai stare con noi per qualche giorno, che ne dici?
Per la prima volta Castiel sembrò entusiasta dell’idea:-Oh sì, non vedo l’ora! Cammineremo per la..come si dice? Strada..[2]
Dean aggrottò le sopracciglia:- Già..strada…-rise e cercò di sorvolare sulla stranezza di quel suo nuovo amico, continuando a guidare.
Lo portò in città. Era una bella giornata, soleggiata ma non caldissima, il clima era piacevole e mite. Castiel si guardava intorno, spalancando i grandi occhi azzurri e osservando spaesato e curioso tutto ciò che si presentava sul loro cammino: negozi, un gruppo di ballerini di break dance all’angolo della strada, bambini spensierati che giocavano al parco accompagnati dalle mamme. Dean provò più volte a cercare di scavare nella sua memoria, riuscendo però a ricavarne solo discorsi vaghi, deliranti eppure nella loro assurdità, emozionanti:-Vivo in un regno molto grande- gli aveva detto Castiel, mentre camminavano per il parco in cui lui si era risvegliato subito dopo il patto con Crowley- dove il capo, se così si può chiamare, non si fa mai vedere. Ci sono delle gerarchie e io sono al gradino più basso..ma è un bel posto sai? Pacifico e immenso..solo che non mi bastava più.-
Solo alla fine di quello strano discorso aveva riportato gli occhi su Dean che lo guardava spaesato ma curioso. Castiel si fermava a raccogliere fiori, osservava incantato gli alberi o si fermava ad accarezzare un cane che gli faceva le feste. La natura sembrava non avere segreti per lui, come se la conoscesse perfettamente e ne fosse alleato e amico. Erano le cose di invenzione umana che gli creavano qualche problema; quando Dean lo aveva portato in un piccolo ristorante per il pranzo, lo trovò ancora impacciato e imbranato come se in vita sua non avesse mai mangiato a tavola; certo dalla colazione aveva preso confidenza, ma era ancora inesperto. Il buffo è che normalmente tutte queste cose avrebbero fatto spazientire Dean, ma ora no. Dean rideva di gusto, ma non erano risate di scherno. Era una felicità genuina, un divertimento innocente.
Dean gli raccontò inconsciamente della propria vita: la morte dei genitori, il prendersi cura di Sam, che a volte sentendosi ormai grande, ed essendolo veramente, non voleva tutte queste attenzioni e anzi più di una volta aveva manifestato il desiderio di allontanarsi dal fratello maggiore, che avrebbe invece voluto continuare a proteggerlo per sempre.
-Non faccio mai le scelte giuste..sono uno stupido- aveva mormorato alla fine del proprio discorso, pentendosi immediatamente. Era abituato ad auto commiserarsi, ma era sempre un pensiero strettamente personale e mai espresso ad alta voce, con nessuno. I suoi amici erano troppo dei “duri”per potersi preoccupare delle sue crisi sentimentali, e soprattutto lui stesso odiava essere un peso per gli altri, addossare loro i propri problemi…ma Castiel lo ascoltava davvero. Non era un ascoltare educato e magari finto, di quelli in cui chi ti ascolta in realtà probabilmente sta pensando ad altro, e dice ovvietà come “ma andrà meglio”, sposta l’argomento su altro o su di sé. Con Castiel niente di tutto ciò. Quello strano ragazzo spaesato lo ascoltava attentamente, e lo capiva.
-Dean, tu pensi di non dare mai abbastanza perché vuoi fare sempre la cosa giusta. E lo stai facendo davvero. Guarda come è cresciuto bene Sam grazie alle tue cure, mentre tuo padre lavorava per tutto il giorno. E se ora lui vuole prendersi i suoi spazi è normale. Vuole studiare, conoscere il mondo..ma lui ti vuole bene tanto quanto tu ne vuoi a lui, è cresciuto imitando il suo fratello più grande e questo non potrà mai cambiare.
Sentirsi dire quelle parole da un perfetto estraneo gli diede una gran sensazione di benessere:-Come fai a dirlo? Mi conosci solo da un giorno. Non puoi sapere se mi sto comportando bene oppure no.
Castiel inclinò la testa di lato e lo osservò assottigliando lo sguardo, senza rispondere direttamente a quella domanda. Disse soltanto:-Tu sei un guerriero Dean. Mi ricordi l’arcangelo Michele.
Lo aveva sempre pensato e in cuor suo aveva sempre sperato di poterglielo dire, un giorno.
-Scusami?-gli chiese Dean, volendo una spiegazione migliore.
-E’ l’arcangelo più forte, è quello che è rimasto sempre dalla parte di Dio, è colui che combatte per ciò che è giusto. Me lo ricordi.
Dean rise sommessamente, distogliendo lo sguardo.
-Non hai fede, Dean?
Alzò le spalle facendo una piccola smorfia con le labbra:-Dovrei avere fede in un Dio che mi ha portato via mia madre quando ero bambino e mio padre solo quattro anni fa? Che ci fa vivere alla giornata, che se ne frega di tutto il male che c’è in questo mondo? No..non ho fede. Mia madre ne aveva tanta. Diceva..ma no, era una cosa stupida.
Castiel gli si era avvicinato facendo scivolare la mano sul tavolo, sfiorandogli il braccio. Dean a quel tocco aveva alzato lo sguardo incontrando quello del suo nuovo amico, che lo incitava a continuare:-Dimmi.
Dean scosse le spalle come se non fosse importante, e continuò a parlare mangiandosi le parole:-Che un angelo vegliava su di me. Me lo diceva ogni notte, dopo la ninna nanna. Per questo lo ricordo.
Quelle parole scatenarono in Castiel una sensazione mai provata. Sentì un nodo alla gola ma non per la tristezza. Era forse..commozione?
-E sai qual è la cosa buffa? E’ che qualche tempo fa ero in una situazione di pericolo e..e mi è sembrato che un angelo mi avesse salvato. Ma sono cose stupide, che non esistono..no?- aggiunse subito frettolosamente, come rendendosi conto di aver detto una cosa assurda. Lasciò i soldi del pranzo sul tavolo, e distrattamente afferrò la mano a Castiel:-Andiamo. Ti porto a fare un altro giro.
Castiel lasciò che le proprie dita fossero cullate dal tocco di quelle di Dean, godendosi il contatto con la sua pelle mentre uscivano dal ristorante.
 
La serata era ancora lunga e i progetti che Dean aveva per Castiel erano tanti.
-Ti compro qualcosa di nuovo da mettere, non puoi venire in discoteca con questi addosso.-disse con una nota di fastidio mentre esaminava il trench beige di Castiel, che aveva indossato senza nessun criterio sopra la felpa che Dean gli aveva prestato. Non ci era voluto molto per lo shopping in realtà, perché Castiel molto docilmente si era lasciato guidare da Dean che aveva scelto per lui una camicia scura e un jeans, semplici ma che gli stavano perfettamente. Non aveva mosso nessuna obiezione e i primi cinque minuti uscito dal negozio continuava a lisciare le maniche con le mani, per poi continuare per gran parte della serata a guardarsi in tutte le superfici che ricordavano uno specchio; vetrine, finestrini delle macchine. E Dean lo guardava divertito:- Cas sembra che tu non abbia mai avuto nulla addosso se non quel maledetto trench!
Tutti i suoi “vecchi” vestiti erano stati riposti in una busta dentro l’Impala.
Aveva deciso di portarlo in..discoteca? Castiel non era ben sicuro di sapere di cosa si trattasse. Era ormai sera tardi, quando arrivarono. Subito Castiel fu infastidito dal volume alto della musica, che rimbombava in quello stanzone pieno di gente, con il buio contrastato da luci colorate e veloci. Dean gli teneva la mano, per non perderlo in mezzo a quella folla, arrivando fino al bancone. Gli si era avvicinato, parlandogli all’orecchio, alzando la voce per sovrastare la musica:-Io direi di iniziare con una birra, che ne dici?
Castiel non rispose, guardandosi intorno. Ragazze vestite in modo succinto ballavano su delle strutture più alte rispetto alla folla che si dimenava. Coppie varie e disparate ballavano insieme, vicine tra loro, i sensi inebriati dall’alcol. Senza preavviso si ritrovò un bicchiere di birra fra le mani. Si voltò verso Dean che ne teneva uno a sua volta, e cominciava a sorseggiarlo.
Castiel era decisamente spaurito, e aveva capito dove si trovasse;-Questo è un luogo di perdizione!!-gli disse, alzando la voce anche lui, seguendo l’esempio di quando Dean gli aveva parlato.
Dean aveva cominciato a ridere di gusto, posandogli una mano sulla spalla:-Sei un po’ fanatico della religione, Cas. Prima quelle storie sugli arcangeli, e ora la “perdizione”? Bevi. E rilassati.
Castiel si sentiva il cuore esplodere. L’agitazione e il senso di colpa si dibattevano in lui, facendo crollare tutte le sue certezze, certezze rese salde da un rigido comportamento che durava letteralmente dall’eternità. E il senso di colpa era dal fatto che nel profondo tutto quell’ambiente gli piaceva. Gli piaceva il fatto che gli uomini fossero capaci di creare cose bellissime e stupende, ma anche staccare per un po’ il cervello e semplicemente divertirsi. E se voleva essere umano, se voleva passare il resto della vita con Dean e ricevere un suo bacio entro il tramonto del giorno successivo, capì che avrebbe dovuto perdersi in quel luogo insieme a lui. Trangugiò la birra con grandi sorsi, forse un po’ troppo veloci, sperando che l’alcol gli facesse ottenere l’effetto desiderato. E dopo un po’ la sua testa divenne leggera, le gambe meno rigide, il senso di colpa meno opprimente. Dean lo aveva osservato sorpreso e compiaciuto, poggiando il proprio bicchiere sul bancone. Poi si era messo davanti a Cas e aveva preso il bicchiere dalle sue mani. Lo posò dietro di lui, dovendo così sporgersi verso il suo viso.
-Balliamo..-gli disse vicino all’orecchio, e afferrata la sua mano senza preavviso lo aveva trascinato sulla pista con sé. Non era proprio bravo nel ballare, ma la sua autostima gli permetteva di muoversi senza vergogna, senza che si sentisse bloccato. Castiel lo osservò per alcuni istanti completamente immobile, poi guardandosi intorno cercò di imitare vari modi di ballare, applicandoli tutti. Dopo un po’ si lasciò andare. Incrociò lo sguardo di Dean senza riuscire più a separarsene, muovendosi a ritmo di musica e lasciando che quelle luci gli annebbiassero i sensi. Posò le mani sulle spalle di Dean che prontamente gli aveva afferrato i fianchi, avvicinandolo di più a sé. Ballarono insieme per parecchio, senza dirsi una parola, sfiorandosi sempre di più. Solo dopo molto tempo uscirono dalla folla, incapaci di separarsi, poggiandosi a una delle pareti della sala. Castiel perse l’equilibrio poggiandosi al petto di Dean, che lo sorresse sorridendo. In quel momento si avvicinò una ragazza, una di quelle che Castiel aveva visto ballare su uno di quei cubi.
-Ciao ragazzi, uno di voi vuole un ballo privato?- i lunghi capelli biondi ricadevano su un corto vestitino bianco, che aveva abbinato a un paio di bianchissime..ali. “Bizzarro”, pensò Castiel fra sé.
-Io per stavolta passo..-le aveva detto Dean, comunque guardandola con interesse dalla testa ai piedi- però il mio amico forse sì..
Castiel ancora più spaventato di prima, sbarrò gli occhi guardando Dean, che con una lieve spintarella lo condusse verso la ragazza, lasciandogli alcune banconote in mano:-Limitati alle cose standard. Niente carte di credito. Vai tigre! [3]
Castiel seguì la ragazza, conscio di sapere cosa sarebbe dovuto succedere di lì a poco, ma anche sapendo che non sarebbe stato capace di fare un bel niente. Sapeva quanto la lussuria fosse poco contemplata in paradiso..ma era così preso dal voler assecondare Dean che seguì comunque quella ragazza.
Mentre Dean stava facendo conoscenza con un’altra avvenente fanciulla, sentì delle grida dal privè dove solitamente facevano i loro spettacoli privati le ragazze del locale.
-Vaffanculo, non ti voglio più vedere hai capito?- urlava una ragazza in preda alla disperazione.
Dean si era precipitato lì vicino, con la brutta sensazione che il suo ingenuo nuovo amico Castiel c’entrasse qualcosa. E infatti dal privè uscì lui, preceduto dalla ragazza, che ancora gli urlava contro.
-Che cosa hai combinato?
-Le ho detto solitamente che suo padre Jim non se n’è andato per abbandonare lei, ma perché odiava il suo lavoro all’ufficio postale! Me l’ha detto quando l’ho traghettato al suo paradiso..
Dean lo guardò senza aver capito metà della frase, e mentre vedeva che gli uomini di sicurezza si avvicinavano minacciosi per mandarli via, gli afferrò il braccio conducendolo fuori tramite una porta di servizio.
Il fresco della sera li accolse come un’onda violenta, e richiudendosi la porta alle spalle Dean si chinò sulle ginocchia, ridendo di gusto, con accanto un Castiel spaesato che inclinava la testa, guardandolo.
Dean si riprese leggermente dalla risata e alzò il busto, asciugandosi una lacrima a lato dell’occhio:-Castiel, mi sono divertito più con te nelle ultime ore che con Sam da anni…sei così..ingenuo! E credo anche un po’ ubriaco…una sola birra ti manda così su di giri? Non sembri molto abituato a bere..
-Mi dispiace..-mormorò Castiel pensando di aver fatto qualcosa di sbagliato, aprendo le braccia come a volersi scusare.
-Cas non devi dispiacerti, sul serio..-il ragazzo gli si avvicinò, posando distrattamente una mano sul colletto della sua camicia, spiegazzato. Anche qualche bottone era aperto disordinatamente, sicuramente dalle mani di quella ragazza che non aveva potuto finire il suo lavoro. Gli sistemò la camicia ma non si allontanò da lui.
-Sei imbranato, e smemorato, ma non è un male..-aveva continuato a sussurrare Dean, senza aumentare la distanza fra loro, ma anzi avvicinandosi di più, guardando quelle labbra spaesate e leggermente aperte, che aspettavano solo un suo gesto più deciso.
Castiel sentì il cuore perdere un battito quando capì che forse Dean lo stava veramente e finalmente baciando, ma qualcosa lo impedì.
Fu un attimo. Un tuono presagì l’arrivo di un temporale, che si manifestò subito in piccole ma piene gocce di pioggia che diventarono subito fitte. Un fulmine colpì un albero non troppo lontano da loro, facendo cadere un ramo a terra.
Dean si allontanò da Castiel, stringendosi istintivamente nel giaccone e guardandosi intorno:-Merda, sarà meglio tornare a casa…- e insieme a Castiel cominciarono a correre sotto la pioggia, verso l’Impala.
 
Dal buio di quella strada, un’ora dopo circa, una macchina scura si fermava a un distributore di benzina, mentre la pioggia cominciava a diradarsi lentamente.
Un assonnato benzinaio del turno di notte si avvicinò al finestrino abbassato:-Cosa posso fare per voi?
L’uomo al volante sorrise:-Oh, devo solo fare una chiamata.
L’altro non ebbe tempo di rispondere. Un fiotto di sangue uscì dalla sua gola, riversandosi in una ciotola che l’autista aveva subito posto sotto il taglio che aveva fatto. L’uomo ormai privo di vita cadde a terra, mentre il demone poneva la ciotola ricolma di sangue fra lui e il collega, che muovendo due dita sulla superficie del sangue pronunciò alcune parole per chiamare il capo.
-Signore, siamo Azazel e Alastair. L’umano stava per baciare l’angelo, ma siamo riusciti a impedirlo, scatenando una tempesta.
Crowley comunicava con loro dall’inferno, e da un ovale creato dalle sue stesse mani aveva visto perfettamente tutta la scena.
-Lo so, siete stati efficienti, almeno per una volta. Stanotte vi raggiungerò per completare l’opera…sperando che il mio vero obbiettivo cada nella trappola.
Si rigirò fra le dita la Grazia splendente di Castiel, sorridendo con i suoi denti affilatissimi.
 
 
Il corpo di Castiel non aveva fatto in tempo a raggiungere il letto. Si era ritrovato a sdraiarsi esausto sul divano. Non era poi così tardi ma quel giorno si sentiva veramente esausto. Dean lo lasciò fare, osservando sorridendo quel ragazzo ingenuo e impacciato che, con i capelli un po’ bagnati dalla pioggia, era appena crollato sul divano del suo soggiorno. Gli tolse le scarpe e la giacca, gli mise sopra una coperta. Castiel si accovacciò su se stesso stringendosi in essa. Aveva un viso sereno e il respiro pesante.
Sam entrò in quel momento vedendo Dean che accudiva Castiel e il maggiore, notando la sua presenza, gli fece cenno di fare silenzio. Spense la luce e insieme si allontanarono in cucina.
-Non sembra proprio un angioletto?-gli disse a bassa voce mentre chiudeva la porta, ridendo subito dopo.
-Cosa gli hai fatto fare per farlo stancare così tanto? –gli chiese il minore mentre arrivavano in cucina. Dean aprì il frigo e prese due birre, le aprì incastrando i tappi fra loro, e ne porse una al fratello. Per loro era una sorta di rito, facevano lunghe chiacchierate sorseggiando una birra. Dean aprì la finestra, osservando il cielo da cui le nuvole del precedente e improvviso temporale si stavano diradando lasciando lo spazio alle stelle. La strada davanti a loro era silenziosa buia e quasi deserta. Solo di tanto in tanto passava una macchina.
-L’ho portato in quel locale in centro che è un po’ una discoteca, un po’ un locale di streap-tease-gli rispose alzando le sopracciglia, ammiccando leggermente- poverino, è entrato in crisi e ha cominciato a farneticare..povero piccolo verginello.- rise dando il primo sorso alla birra, contraendo le labbra in una smorfia mentre deglutiva.
Sam rise, bevendo a sua volta. Era tipico del fratello trascinare la gente in queste situazioni.
-Prima abbiamo ballato, poi questa bella ragazza vestita da angelo si è avvicinata proponendo un ballo privato e io ho cercato di convincerlo..-rise appena ricordando la serata appena trascorsa, vagando con lo sguardo per la strada.
-Avete anche ballato?-chiese Sam sorpreso- ma guardalo, che arrossisce..direi quasi che questo fosse un appuntamento.
Dean si voltò a guardarlo sbarrando gli occhi, per poi abbassare lo sguardo sulla bottiglia di birra che aveva tra le mani:-Ma che dici Sammy..
Sam sorrise conoscendo fin troppo bene le espressioni del fratello, quel sorriso che si inclinava solo da una parte che voleva nascondere una gioia più grande, ed era esattamente l’espressione che si formava sul suo viso quando parlava di Castiel o quando guardava i suoi gesti impacciati. Il rossore che aveva fatto risaltare le sue lentiggini si diradò gradualmente, lasciando il posto a un’espressione che voleva ostentare durezza e sicurezza.
-Dean, senti..
Il maggiore roteò gli occhi, quando Sam iniziava così un discorso significava solo una cosa, che voleva costringerlo a parlare dei suoi sentimenti, ed era una cosa che lui non sopportava. Preferiva tenersi tutto dentro, sfogarsi in altro modo, ma certamente non confidando i propri segreti al suo fratellino. Si sentiva debole ed esposto. Ma non protestò e lo ascoltò comunque.
-..lo so che pensi spesso a quegli occhi che pensi di aver visto quella sera in cui sei stato aggredito. So benissimo che sei stato come folgorato da quegli occhi e da quel momento non hai più smesso di pensarci..
Dean evitava lo sguardo del fratello, concentrandosi sulle stelle. Ora che le nuvole erano sparite erano lucenti e limpide. Era tutto vero, da quella sera non aveva potuto fare a meno di pensare che qualcuno l’aveva salvato. Ma non si era più presentato nessuno nelle vicinanze, e cominciò a pensare di essersi sbagliato. Non pensava che però Sam potesse sapere tutte queste cose; forse non era così imperscrutabile come pensava di essere.
-..ma forse il destino ti ha portato una persona reale, una persona con cui vai d’accordo e in poco tempo hai avuto subito feeling. Non innamorarti di un ricordo, o di un’impressione…dedicati alle persone reali.
Sam gli diede una piccola pacca sulla spalla, e si allontanò lasciandolo solo. Sapeva che il fratello aveva bisogno di stare solo a pensare.
Dean sospirò l’aria fresca della sera. Finì la birra e stava quasi per voltarsi, pensando che sarebbe stato meglio prendere Castiel di peso per portarlo via da quel divano scomodo e metterlo a letto.
Ma una figura attirò la sua attenzione. Camminava in strada, aveva un lungo vestito bianco, la schiena coperta da una cascata di capelli tanto neri da confondersi nel buio della notte. Al collo splendeva una piccola bottiglietta di un colore fluorescente e che sembrava luce in movimento. E due occhi, quegli occhi, di un azzurro indescrivibile e inesistente in natura. Una luce si sprigionò da quella figura bellissima e femminile, investendo la mente di Dean in maniera violenta, vittima di uno spietato incantesimo.
 
[1] Riferimento alla 5x03, Free to Be You and Me
[2] Famosa frase della canzone “Come vorrei” cantata da Ariel in “La sirenetta”
[3] Altro fiferimento alla 5x03, Free to Be You and Me
 

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Capitolo 3
*** Prima che il sole tramonti. ***


Prima che il sole tramonti. 


La mattina successiva Castiel si svegliò, infastidito dal sole che gli colpiva il viso, ma non fu l’unica cosa a disturbarlo. Blathazar come la mattina precedente sbatacchiava le ali sulla sua guancia, e alzò la testa, sussurrando il suo nome per non farsi sentire da Dean o Sam. Aveva dormito sul divano e sentiva dolori in varie parti del corpo:-Balthazar! Ogni mattina mi fai prendere un colpo!
Il fratello lo ignorò, agitandosi nel volo:-Allora, te lo ha dato questo bacio o no?
-Non ancora..ma stava per farlo- gli rispose Castiel, sollevandosi a sedere  e facendo un lungo sbadiglio. Si passò una mano fra i capelli già disordinati, e sentì un gran fracasso provenire dall’entrata della casa. La porta aperta, Sam che sbraitava, e poi la voce di Dean calma e tranquilla in confronto a quella del fratello. Castiel socchiuse la porta del soggiorno che dava proprio sull’entrata, per capire cosa stesse succedendo: Dean era sulla porta, preso per mano con una ragazza. Sam era davanti a lui, il viso sconvolto di chi vuole una spiegazione ma non riesce a ottenerla:-Fammi capire bene, sparisci per tutta la notte senza preavviso, e poi arrivi qui con questa sconosciuta..senza offesa- aggiunse rivolgendosi alla ragazza in questione dai capelli lunghissimi e neri, con gli occhi di un azzurro tale che Castiel riconobbe come quello tipico degli angeli- e mi dici che vuoi addirittura sposarla?
Castiel per lo shock spalancò gli occhi, voltandosi poi per poggiare le spalle al muro accanto alla porta, sentendo il proprio respiro farsi pesante. Gli girava la testa, il cuore aveva cominciato a battergli in una maniera del tutto innaturale. Balthazar scosso quasi quanto lui volava avanti e indietro come un insetto impazzito, ma entrambi trattennero la calma per sentire il resto del discorso.
-Sì Sam, è lei, è la ragazza che mi ha salvato. E ho deciso che voglio sposarla immediatamente.
La sua voce aveva un tono piatto, e senza calore. Come se stesse recitando delle battute. Dean e la ragazza uscirono, senza che Sam potesse fare nulla per impedirgli quella pazzia.
Castiel sentì le forze mancargli, e si sedette  a terra, impotente, indeciso sul da farsi. Era tutto finito? Non avrebbe ricevuto il bacio da Dean? Sarebbe diventato un angelo caduto, e si sarebbe dovuto sottoporre alle torture eterne e infernali di Crowley? Aveva sentito tante storie sull’inferno, e gli faceva paura. Ma temeva ancora di più di perdere Dean per sempre. Si maledì per aver avuto quella malsana idea; avrebbe potuto continuare semplicemente a stargli accanto come un angelo custode invisibile, e magari accoglierlo con dolcezza quando sarebbe arrivato in paradiso. Invece aveva dovuto rovinare tutto, sapendo benissimo che i patti con i demoni quasi mai portano a qualcosa di buono.
-Risolveremo questa cosa, Castiel. Ci vediamo fuori fra qualche ora, preparati.-Balthazar sparì in un attimo, lasciando Castiel da solo, che sentiva Sam trafficare in cucina, sicuramente nervoso e agitato, a tal punto che forse si era dimenticato della presenza dell’ospite in casa.
L’angelo andò nella camera degli ospiti e aprì l’armadio, cercando fra i vecchi vestiti di Dean. Avrebbe cercato di ottenere quel bacio entro il tramonto, in un modo o nell’altro.
 
Quando Castiel uscì fuori dalla casa dei Winchester, ignorando Sam che non aveva idea di cosa fare, non vide subito Balthazar.
Aveva recepito però da Sam, che aveva fatto una telefonata, quale sarebbe stata la chiesa adibita al matrimonio. Castiel chiese informazioni e la raggiunse, a piedi. Balthazar  non si faceva vedere e pensava lo avesse abbandonato, il sole calava nel cielo. Era solo. La chiesa vista dall’esterno era bella e imponente. Lo stupiva sempre come gli uomini creassero quei magnifici edifici, grandi e spaventosi, come a voler toccare il cielo con essi. Se avessero saputo che Dio non si faceva mai vedere nemmeno a loro, agli angeli, forse non si sarebbero sforzati così tanto.
L’edificio era quasi fuori città, circondato da un bellissimo prato e poco più lontano un fitto parco pieno di alberi. Castiel si arrampicò in un albero davanti all’entrata della chiesa, si sedette su un ramo robusto, protetto e nascosto dalle fronde. Non sapeva esattamente cosa avrebbe fatto, in realtà. Piombare in chiesa durante la cerimonia e dire a Dean che lo amava? Esigere un bacio da lui? Ma forse si era illuso, forse la sera prima era stato l’alcol a far sembrare che quel bacio si stesse realmente realizzando e probabilmente sarebbe solo sembrato pazzo.
Un fruscio di foglie lo distolse dai suoi pensieri e spaventato notò un uomo biondo, vestito abbastanza elegantemente, che si arrampicava all’albero sedendosi accanto a lui. Aveva gli occhi azzurri, come i suoi:-Sono io Castiel!- gli disse, avvicinandosi, e lui sbatté gli occhi dalla sorpresa:-Balthazar? Ma..ma come..
-Oh, questo?-chiese indicando con un dito il proprio petto- è solo un tramite.
-Un…un tramite? Ma allora..
-Certo Castiel, gli angeli usano davvero i tramiti. Non è solo una leggenda. A quanto pare quest’uomo biondo è molto devoto e mi ha detto di sì! Ho solo cambiato un po’ il suo abbigliamento..-spiegò mostrando la maglia con un esagerato scollo a V.
-Ma quindi io avrei potuto utilizzare un tramite, invece di diventare umano e fare un patto con Crowley?-chiese Castiel con lo sguardo aggrottato e la voce alterata.
-Avresti potuto, ma non sarebbe stato lo stesso..saresti stato immortale, non saresti stato umano. Ma solo un angelo nel corpo di un uomo..e tu invece cos’è che vuoi?
Castiel sentì una sensazione strana, un dolore forte alla gola, un tremore al petto, e dell’acqua, dell’acqua, sì riempirgli gli occhi e scendere giù per le guance. Stava…piangendo?
-Io voglio Dean, voglio vivere con lui. Per tutta la vita. Invecchiare..e tutto il resto-spiegò, la voce incrinata dal pianto, mentre guardava la chiesa, con sullo sfondo il cielo arancione per il sole che stava per tramontare.
-E allora dobbiamo muoverci, perché la giornata sta per finire. Tu vai dal fratello spilungone, ci servirà anche il suo aiuto..io intanto cerco di vedere la situazione dentro la chiesa.
Balthazar scese dall’albero, mentre Castiel scendeva a sua volta, dirigendosi nuovamente a casa di Sam e Dean. Incontrò Sam a metà strada, a piedi:-Oh Castiel, sei sparito da casa e non sapevo dove fossi!-commentò Sam quando lo vide, senza lasciargli il tempo di parlare- dobbiamo assolutamente fermare questa pazzia di Dean!
-Sam..-cominciò a parlare Castiel, senza saper bene cosa dire mentre con passo accelerato ripercorrevano la strada per la chiesa. Da dove avrebbe dovuto cominciare? “sono un angelo e ho fatto un patto con un demone per conoscere tuo fratello?”
Ma ci pensò Balthazar per lui a iniziare quel discorso assurdo e per certi versi imbarazzante.
Balthazar camminò loro incontro. Da lontano videro il portone della chiesa aperto, l’Impala parcheggiata fuori. Probabilmente il matrimonio stava per iniziare.
-Castiel, è peggio di quanto pensassimo. Stavo guardando dalla finestra per studiare la situazione, e la ragazza si è guardata allo specchio. E’ Crowley. Capisci, è Crowley! Ha al collo la tua Grazia e questo l’ha trasformato in una ragazza. Dean è sotto un incantesimo!
La prima reazione di Castiel fu di voltarsi verso Sam per vedere la sua espressione che, come immaginava, era sconvolta:-Incantesimo? E chi è Crowley..e soprattutto, chi sei tu?-chiese interdetto guardando Balthazar dalla testa ai piedi.
L’angelo roteò gli occhi.-Castiel, non gli hai detto nulla?
-Io..io non sapevo come dirglielo.
-Voi siete matti..-disse Sam alzando le mani e allontanandosi da loro, guardando poi Castiel- sapevo che non eri del tutto normale, infatti ero contrario ad ospitarti a casa…
-Sam, non è come credi! – lo implorò Castiel, avvicinandosi a lui- lo so che ora non capisci cosa stia succedendo, ma entrambi vogliamo il bene di Dean. Riesci a fidarti di me e a cercare di impedire questo matrimonio?
-Voi siete matti..- ripeté Sam, facendo per andarsene, quando Baalthazar sbuffò contrariato.
-E va bene. L’hai voluto tu…-un suono assordante riempì l’aria, simile a un fischio. Gli occhi azzurri di Balthzar si riempirono di luce emanando la loro Grazia, e l’ombra di due ali, che Sam con i suoi semplici sensi da umano non era capace di percepire, si sprigionò nel muro dietro di lui.
-Ma cosa..-Sam barcollò poggiandosi per la sorpresa a un muretto che si trovava dietro di lui, Castiel si avvicinò e lo sorresse.
-Sam, tuo fratello sta per sposarsi con un essere malvagio. Dopo ti spiegheremo tutto, ma ora devi aiutarci a impedirglielo!
Sam annuì, pallido in volto. Baltazhar ritornò alla forma normale da umano, ringraziando che nessuno fosse in quel momento presente in quella strada per vedere la manifestazione della sua Grazia.
-Io cerco di rallentare la cerimonia. Voi andate nel bosco qui di fronte e fate questo incantesimo. Diede un foglietto a Castiel, e poi sparì con un suono di sbatter d’ali.
Castiel obbedì e insieme a Sam che sembrava reggersi sulle gambe con fatica si diresse verso la distesa di alberi vicino alla chiesa.
-Quindi gli angeli esistono..-cominciò a chiedere Sam, titubante.
-Sì.
-E cos’altro esiste?
-Mh. L’aldilà. Dio. E i demoni, purtroppo.-rispose Castiel senza troppa enfasi mentre si infiltravano nel piccolo parco pieno d’alberi. Inquadrò un tronco abbastanza largo , poi si voltò verso Sam:-Per caso hai un coltello?
Sam estrasse dalla tasca un coltellino svizzero, glielo porse e Castiel con decisione fece un taglio sul palmo della propria mano.
-Ehi ehi ma che stai facendo!-chiese Sam in preda al panico mentre l’angelo senza ascoltarlo intingeva un dito nella ferita, per poi portarlo verso l’albero e tracciare degli strani simboli.
-Stai indietro..-gli disse poi posando sul suo braccio la mano, per farlo indietreggiare. Il ragazzo obbedì, osservando Castiel che pronunciava delle parole a lui sconosciute, che ovviamente non poteva sapere fosse enochiano.
Alla fine della formula le fronde degli alberi tremavano, si alzò un vento impetuoso che scosse i rami. Il cielo si oscurò leggermente, e una figura comparve in piedi davanti all’albero che Castiel aveva intinto con il suo sangue.
Un uomo leggermente più basso di loro, con i capelli castani e il sorriso sghembo, lo guardò in maniera sprezzante. Castiel si inginocchiò a terra con fare reverenziale e Sam senza sapere bene il perché, lo imitò:-Perché ci stiamo inchinando?-sussurrò poi verso Castiel, che non ebbe il tempo di rispondere perché l’uomo aveva cominciato a parlare, avvicinandosi a loro.
-Bene bene..chi mi ha evocato?
Avvicinò una mano alla testa di Sam:-Un umano e..oh.-si bloccò quando fu vicino a Castiel.
-Ma non mi dire. Un piccolo angelo traghettatore trasformato in umano…Castiel, se la memoria non mi inganna.
-Arcangelo Gabriele..-iniziò Castiel in modo solenne, ma Sam li aveva interrotti alzando la testa.
-Aspetta, quel Gabriele? Quello dell’annunciazione? Non ci credo…
I due angeli lo guardarono per un secondo, per poi ignorarlo. Castiel continuò:-Lo so che ho infranto le tue regole, e quindi..
-E quindi non dovresti chiedermi aiuto? Lo credo bene, dovrei lasciarti marcire all’inferno a causa di quel demone. Ma mio Padre me lo rinfaccerebbe per sempre. Non si abbandonano i fratelli, nemmeno quelli più piccoli. Allora, dimmi cosa hai fatto.
Castiel iniziò a spiegargli la situazione mentre si dirigevano verso la chiesa. Sam li seguiva, frastornato e confuso.
 
Nel frattempo Balthazar, all’interno della chiesa, faceva di tutto per impedire il matrimonio. Fortunatamente anche lui era un angelo traghettatore e conosceva gli usi degli umani, anche quelli non esattamente consoni a un angelo. Per fortuna era riuscito a rallentare la messa del prete ma come altro risultato aveva ottenuto quello di traumatizzare le donne anziane che assistevano alla messa, dato che per il matrimonio iniziato di fretta non c’era nemmeno un invitato, ma le solite donne che ascoltavano una messa come un’altra, per niente disturbate dalla celebrazione di un matrimonio.
Aveva interrotto il prete quando aveva chiesto se qualcuno fosse contrario a quel matrimonio, dicendo che Dean era visibilmente omosessuale:-Ve lo giuro, stava con me prima! E abbiamo partecipato a un menage a…come si dice “dodici”, in francese?[1]
Dal canto suo Dean era completamente ipnotizzato dall’incantesimo, i suoi occhi erano vuoti e vitrei e guardavano il nulla. Crowley nascosto nel corpo di una ragazza invece, seppur infastidito, cercava di non reagire per non dare nell’occhio.
In quel momento la porta della Chiesa si spalancò, e comparve Castiel.
-Oh, ce ne hai messo di tempo!-commentò il fratello, vedendolo.
La ragazza sghignazzò, i suoi occhi azzurri diventarono gelidi:-Ormai è tardi, Castiel..-ma una forte presa non le fece finire la frase. Due braccia forti, quelle di Sam che era comparso dietro di lei, le avevano stretto la gola, e il ciondolo che conteneva la Grazia di Castiel cadde, frantumandosi. La luce di sprigionò, percorrendo la navata e arrivando fino a Castiel, che si illuminò di quella luce immensa, e i suoi occhi tornarono di quell’azzurro che gli spettava di diritto.
Dean respirò profondamente, tornando in sé. Gli occhi erano nuovamente vivi e vagarono per la chiesa, individuando quelli di Castiel.
-Cas!- gli corse incontro, percorrendo la navata, sotto lo sguardo sbigottito delle poche persone della chiesa.
-Dean!- Castiel sorrise lasciando che Dean si avvicinasse, prendendolo fra le braccia.
-I tuoi occhi..sei sempre stato tu!-sorrise, chinandosi per baciarlo. Ma nel momento in cui la luce del sole non entrò più dalle vetrate, perché tramontato, Castiel avvertì una forte fitta di dolore alla schiena, che lo portò ad accasciarsi a terra. La pelle si lacerò, facendo fuoriuscire le ali che gli umani presenti non potevano vedere. Ma il sangue sulla camicia fece spaventare Dean, che si chinò su di lui cercando di farlo sollevare.
-Cas, che succede??
Una risata diabolica si diffuse nella stanza, e la ragazza cominciò a trasformarsi, assumendo tratti spaventosi. Le corna attorcigliate, i denti affilati, le unghie lunghe. Schioccò le dita e le donne e il prete svennero tutti in un sol colpo, incapaci così di seguire ciò che succedeva. Poi con un lieve cenno del dito scaraventò Sam contro una colonna, che cadde a terra svenuto.
-Sam!!-urlò Dean in preda al panico, incapace e inutile davanti a tutta quella situazione.
-Oh il tuo piccolino non te l’ha detto? Avresti dovuto baciarlo prima, scoiattolo..- Crowley si avvicinò minaccioso, afferrando Castiel che lentamente stava perdendo la sua forma umana.
-Ora sei mio..-sussurrò in modo viscido all’orecchio di Castiel che quasi privo di sensi non riuscì a rispondere.
Il demone uscì dalla chiesa, sorridendo malvagio quando si ritrovò davanti chi si aspettava.
-Ma guarda, ciao Gabriele.
Balthazar si affiancò all’arcangelo, mentre Dean dentro la chiesa cercava di far risvegliare Sam che per fortuna sembrava non essersi fatto niente di male. Sostenendolo uscirono insieme dalla chiesa, trovandosi davanti a una scena che mai avrebbero creduto di vedere. Era buio e fortunatamente nessuno passava per quella strada. Impauriti si guardarono senza sapere cosa fare. Dean fece sedere Sam vicino al portone della chiesa, e fece per spostarsi ma Sam lo trattenne afferrandogli la giacca:-Dean no..è pericoloso.
-L’ho perso una volta Sam, non voglio perderlo di nuovo.
Lasciò il fratello da solo, avvicinandosi a quello che sembrava l’inizio di un sovrannaturale duello western.
Castiel era quasi completamente accasciato a terra, in preda ai dolori. Il suo corpo emanava una luce bluastra, il sangue continuava a uscire dalla sua schiena. Dean osservò quello strano essere che lo teneva vicino a sé, mentre lui per osservare si nascondeva dietro un albero. Cercò di ascoltare la conversazione. Il tutto era veramente assurdo.
-Per essere un arcangelo ultramillenario pensavo fossi più intelligente..-ghignò il demone, inclinando leggermente la testa.
-E io ti avevo sottovalutato perché sei solo il figlio di una strega da quattro soldi che ha venduto la sua anima solo per avere un pene più lungo[2]-commentò strafottente l’altro, facendo spegnere quell’inquietante sorriso dal viso di Crowley.
-Bè, in ogni caso sei caduto nella mia trappola. –Il demone posò una mano sulla testa di Castiel, assorbendo un po’ della sua Grazia lungo il bracco, per poi lanciarla contro l’arcangelo che, impreparato, sembrò indebolirsi. Balthazar provò a intervenire ma con uno schiocco di dita di Crowley anche lui cominciò a piegarsi su se stesso in preda alle sofferenze.
-Per ogni angelo che prendo l’inferno si rinforza, Gabriele- disse Crowley- dammi ciò che voglio, e sai cos’è, e straccerò via questo- il demone mostrò il contratto vincolante che aveva fatto firmare a Castiel. L’arcangelo si avvicinò, estraendo la sua spada angelica, che a giudicare dallo sguardo di Crowley era proprio ciò che voleva ottenere. Che la spada di un arcangelo fosse una sorta di strano e potente scettro magico? Dean non poteva saperlo per certo, ma lo immaginò.
Gabriele provò a piantarla nella carta della pergamena che si rivelò essere indistruttibile.
Il demone rise gelido per poi attaccare nuovamente l’arcangelo con altra Grazia di Castiel che sembrava accasciarsi sempre più per le sofferenze subite. La notte era illuminata da quella forte luce bianca e dalla fiamme che coprivano metà del corpo di Crowley. Uniche luci in una strada in cui tutti i lampadari erano esplosi poco prima, come in una intermittenza di massa. Dean si chiese se il tutto non fosse collegato.
Castiel aveva smesso di contorcesi. Giaceva immobile sull’erba mentre anche Gabriele subiva un cambiamento. Diventava sempre più piccolo, e meno visibile, Crowley stava assorbendo anche la sua di Grazia. La spada angelica era gettata a terra ai piedi del demone, inutile e impotente.
Ma la visione di Castiel senza forze portò Dean ad agire. Prese coraggio e si avvicinò , il demone troppo concentrato nel fare del male all’arcangelo. Afferrò quella lunga spada argentata e con tutta la forza che aveva la piantò nella schiena di Crowley. Un urlo disumano si sprigionò nell’aria, una luce accecante gli fece chiudere gli occhi, come Sam dietro di lui che ancora seduto, si coprì il viso con il braccio. Poi solo buio.
Quando Dean riaprì gli occhi, era rimasta solo la lama fra le sue mani, sporca di uno strano sangue, diverso da quello umano. Lasciò cadere a terra la spada, si inginocchiò sull’erba, dove prima c’era Castiel. Era sparito, erano spariti tutti. Sentì le forze abbandonarlo e svenne.
 
Castiel non era più un angelo traghettatore.
Non era più un angelo felice.
Avevano cambiato il suo compito all’interno del paradiso, il più lontano possibile dagli umani. Era una guardia al cancello dell’arcangelo Raffaele. L’idea di passare l’eternità immobile davanti a un cancello, insieme a un’altra guarda per niente loquace, lo rattristò come mai prima. Almeno un tempo aveva un contatto con gli umani, poteva girare per i loro paradisi. Ora più niente. Era tutto finito.
Aveva chiesto il favore a Gabriele di farlo diventare un angelo custode per raggiungere Dean, ma non era stato possibile.
-Ho fatto troppo per te, Castiel. Lo sai vero che avrei dovuto uccidere quegli umani perché ci hanno visto? Non l’ho fatto solo perché Dean ha ucciso Crowley. L’ho graziato. Ritorna al tuo lavoro: hai molto più di ciò che meriti.
Non passava un istante senza che Castiel pensasse a Dean. I momenti passati con lui, i pasti, l’uscita in discoteca, le loro chiacchierate. Le sue lentiggini, gli occhi verdi e le ciglia lunghe, quel sorriso.
Innamorarsi di un umano. Mai scelta fu più sbagliata.
Nel paradiso non c’è il tempo. Fatto sta che nonostante questo gli sembrava fossero passati anni dall’ultima volta in cui aveva visto Dean, e non ce la fece più. Pensò alle punizioni che avrebbero potuto dargli se fosse tornato da Dean. Ucciderlo? Non gli importava. Non ne valeva più la pena di vivere così.
Un battito d’ali e si catapultò giù, uscì dal paradiso, arrivò sulla terra, puntò al Kansas.
Quello che non sapeva è che Balthazar, come punizione, aveva il compito di controllarlo.
-C..Castiel è sceso di nuovo sulla terra- disse balbettante al cospetto di Gabriele.
 
Castiel svolazzò adagio sulla casa di Sam e Dean. Entrò attraverso la finestra socchiusa, attraversò il soggiorno. I due fratelli erano in cucina. Sam mangiava tranquillamente, in silenzio. Dean girava la forchetta nel cibo, guardando un punto indefinito davanti a sé. Era così..triste. Castiel per un momento pensò di avvicinarsi per infondergli un po’ di sollievo. Ma sapeva anche che se l’avesse fatto non se ne sarebbe andato più e proprio non poteva farlo stavolta. O forse sì? Per un momento l’idea di vegliare su di lui, seppur inconsistente dal punto di vista della materia, gli balenò in mente. Ma sapeva che l’avrebbero trovato, che sarebbero venuti a prenderlo, forse avrebbero anche fatto del male a Dean. E non voleva rischiare. Si poggiò sul davanzale della finestra, lasciando che le ali si agitassero al vento fresco della sera, e stava lì, lo sguardo puntato su Dean.
Dietro di lui, senza che li avesse notati, Balthazar e un po’ più imponente Gabriele osservavano la scena. Castiel stava lì a guardare Dean, la Grazia spenta e le ali leggermente inclinate verso il basso.
-Pensi che quest’umano abbia davvero qualcosa di speciale, Balthazar?-chiese Gabriele voltandosi verso il traghettatore.
-Non ho mai provato una grande simpatia per gli umani…so che è una blasfemia dirlo, ma è la verità. Però io ho visto come si sono comportati con Castiel. L’hanno accolto, gli hanno dato da mangiare…c’è del buono in loro, e Castiel se n’è accorto, ha capito ciò che nostro Padre ha trovato di bello in loro. E si è innamorato di uno di quelli più esemplari. Un fratello maggiore che combatte per le persone che ama. Mi sono ricreduto, già.
-E Castiel sarà infelice per l’eternità se non facciamo qualcosa, vero?
Si voltò guardando Balthazar con uno guardo eloquente, che in tutta risposta spalancò gli occhi:-Ma..ma se Dio..
-Oh, per favore Balthazar. Raffaele può trovare un’altra guardia da mettere davanti al suo sgangherato cancello e per quanto riguarda nostro Padre è troppo occupato per accorgersi che un angelo è andato a vivere fra gli umani. Se dovesse accorgersene me la prendo io la responsabilità.
Sam nel frattempo si era alzato dal tavolo per andare a dormire. Nella stanza, senza che Dean potesse saperlo, restavano solo lui e Castiel.
L’arcangelo sprigionò una luce dirompente da una delle sue ali, colpendo Castiel come un fulmine benevolo. L’angelo si vide investito da tutta quella luce e come dopo il patto fatto con Crowley, le braccia, le gambe, tutto si stava formando. Stava diventando umano. Si voltò vedendo Balthazar e Gabriele, sillabando un “grazie” con le labbra socchiuse.
 
Dean, che stava per uscire dalla cucina, sentì uno strano rumore. Si voltò.
Non si chiese come mai Castiel fosse comparso dal nulla davanti alla finestra. Non si chiese dove fosse finito per tutti quei mesi, dopo quella strana notte. L’unica cosa che pensò fu “sei qui”. E lo disse anche a voce alta mentre lentamente si avvicinava a lui.
Castiel annuì, sorrise. E si ritrovarono l’uno tra le braccia dell’altro come sarebbe dovuto essere fin dall’inizio.
Dean gli accarezzò il viso con una mano, e sollevandogli il mento sfiorò le sue labbra con le proprie. Un bacio lento e dolce, mentre con l’altro braccio gli avvolgeva i fianchi. Lo strinse forte a sé: non l’avrebbe lasciato volare via, mai più.
 
E vissero per sempre felici e contenti.


Fine.
 
[1] Battuta di Balthazar nella prima puntata di Supernatural in cui appare. Ho provato a cercarla ma non ho trovato il numero esatto. In ogni caso era la sesta stagione!
[2] Anche in questo caso, la cosa viene spiegata in una puntata. Ora non ricordo esattamente quale ma sì, Crowley ha venduto l’anima al diavolo per questo motivo! 




Ed eccoci arrivati alla fine di questa strana e breve fan fiction. E' stata più che altro un esperimento,la messa in pratica di un'idea che mi frullava per la testa e dovevo mettere su carta per forza! Che dire, la fine non mi ha soddisfatto particolarmente. L'unica parte che ritengo valida è il capitolo centrale, un po' perchè credo somigli veramente alla fiaba e un po' perchè c'è un po' di quel destiel che mi piace, quello delle puntate "vere" di supernatural che ci fa sognare un po'. Ma come tutti i miei "lavori", non sono particolarmente contenta.
Però spero che a voi sia piaciuta: a tratti vi sarà sembrata surreale e poco plausibile, ma insomma è ispirata a una fiaba e le fiabe non sono mai totalmete piene di logica! 
Non è uno dei miei lavori più impegnativi, nè uno di quelli per cui mi sono prodigata di più (insomma, non è come "Come il sole che sorge".Quella fan fiction mi farà impazzire!) 
E dopo questo inutile blaterare vi lascio in pace :D
Se la storia vi è piaciuta (ma anche se avete qualche critica) lasciate una recensione. Se avete qualche dubbio sulla trama, perchè magari non avete visto il film e non capite alcuni passaggi, potete dirmelo e vi spiegherò come sono arrivata a questa "trasposizione".


Grazie a tutti e alla prossima :)

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