Soulmates never die.

di Elbereth_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It happened that night ***
Capitolo 2: *** A second chance ***
Capitolo 3: *** Home ***



Capitolo 1
*** It happened that night ***


Soulmates never die

Capitolo 1

It happened that night

 

Ad Emma non era mai piaciuto litigare con Mary Margaret: da quando aveva spezzato il sortilegio, non aveva mai davvero accettato il fatto che Biancaneve fosse sua madre. Le sembrava tutto così assurdo. Per questo voleva ritornare a New York con Henry: tutto ciò che voleva era una vita normale, e tra Peter Pan, la Perfida Strega, scimmie volanti, sortilegi da spezzare, la normalità era un lusso che non poteva permettersi. Ma adesso era tutto finito: all'orizzonte non c'era nulla di preoccupante, e quello era il momento giusto per iniziare una nuova vita.

Mary Margaret aveva fatto di tutto per dissuadere Emma, ma quando le due iniziarono ad urlarsi contro, Emma girò sui tacchi, lasciandosi la madre alle spalle.

Ora era seduta nel suo maggiolino giallo, guidando alla ricerca di una sola persona: Uncino. Il loro rapporto era sempre stato strano: lui era stato chiaro, era innamorato di lei, ma Emma non era mai stata brava nelle relazioni, o nel capire alla svelta i propri sentimenti. Nonostante ciò, Killian era l'unico con cui Emma volesse parlare in quel momento.

Si diresse al porto, sicura di trovarlo sulla sua Jolly Roger. Chiuse un secondo gli occhi, cercando di tranquillizzarsi un po', poi ci fu il caos. Un uomo apparve sulla strada, Emma sterzò velocemente per evitare di investirlo, ma fu inutile: l'auto lo prese in pieno, l'uomo volò al di là dell'auto, mentre lei frenò di botto, battendo la testa sul volante. Tutto ciò che udì, fu un nome, il suo nome, pronunciato da qualcuno che conosceva molto bene. Uncino.

 

Mentre Emma cercava di svegliarsi completamente, si rese conto di non essere sola, ovunque lei fosse. Sentiva, infatti, David e Mary Margaret bisbigliare.

“E' tutta colpa mia” disse la donna. “Se non avessi cercato di convincerla a restare non avremmo litigato e lei non sarebbe scappata”

“Non è assolutamente colpa tua” affermò lui, baciando la testa di sua moglie.

“Credi che si riprenderà?” chiese lei.

“Ma certo! Secondo i medici non ha subito ferite gravi” rispose suo padre. Poi, dopo una pausa, riprese. “Almeno lei”

“David, come faremo a dirglielo?”

“Dirmi cosa?” chiese Emma, ora sveglia completamente.

Ovviamente i suoi genitori subito si fiondarono su di lei, abbracciandola, baciandola, felici che stesse bene. Anche lei era davvero felice di vederli, e di essere viva, sopratutto, ma non potette evitare di pensare a lui.

Una volta che i suoi genitori si staccarono da lei, chiese di nuovo: “Cosa dovete dirmi?”

Subito Mary Margaret chinò il capo, incapace di spiccicare parola, e lasciò che fosse suo marito a parlare.

“Tesoro” si rivolse ad Emma, “cosa ricordi dell'incidente?”

La ragazza cercò di scavare nella propria mente, cercando di trovare qualche riferimento alla notte precedente.

“Stavo guidando verso il porto e all'improvviso mi sono ritrovata un uomo davanti. Poi ricordo di aver battuto la testa sul volante mentre qualcuno mi chiamava”

“Chi?” chiese David.

“Uncino. Ma è impossibile che sia lui, giusto?” chiese Emma, aspettandosi che i genitori le dicessero che andava tutto bene e che aveva solo immaginato la voce del capitano.

Ma non lo fecero, anzi: anche suo padre chinò il capo, e a quel punto la ragazza fu in preda al panico.

“Cos'è successo ad Uncino?” chiese lei, senza ottenere alcuna risposta. Allora parlò più forte. “Ditemi cos'è successo a Killian.”

A quel punto fu sua madre a parlare. “L'altra sera hai sentito la voce di Uncino perché quell'uomo era Uncino.”

Fu come se una spada avesse trafitto il cuore di Emma: la sua testa iniziò a girare ed un senso di nausea la avvolse.

“Ditemi che sta bene, vi prego.” disse lei, con gli occhi pieni di lascrime. Fissava i suoi genitori, posando lo sguardo prima su uno, poi sull'altro. Dopo un po', tutto ciò che dissero fu: “Mi dispiace, tesoro.”

“No.”

Emma non era sicura di averlo detto, ma quella parola risuonò nella sua testa come un sussurro. Immediatamente raffiorarono tutti i ricordi legati a lui: il loro primo incontro, la loro avventura con il gigante e la pianta di fagioli magici, i loro scontri, il bacio sull'Isola che Non C'è, il loro addio dopo aver sconfitto Peter Pan, il ritrovarselo davanti non avendo idea di chi fosse quel tipo strambo, per poi ricordare tutto alla perfezione, come lei avesse piano piano iniziato a fidarsi di lui e ad amarlo, anche se non era mai stata pronta ad ammetterlo a se stessa o a chiunque altro. E adesso era troppo tardi.

“Voglio vederlo.” disse.

“Tesoro, non credo sia...” iniziò Mary Margaret, ma Emma la interrupe subito: “Voglio vederlo.”

David annuì impercettibilmente alla moglie, ed entrambi aiutarono la figlia ad alzarsi, per poi condurla nella stanza dell'ospedale dov'era Uncino. Di fronte la stanza, seduti su delle poltroncine, c'erano Regina ed Henry. Non appena il bambino vide la madre, corse ad abbracciarla.

“Sono felice che tu stia bene.” disse.

“Lo so, ragazzino.” rispose lei.

Non appena i due sciolsero l'abbraccio, Emma si diresse verso la porta e, lentamente, la aprì, entrò, e se la richiuse alle spalle. In quella piccola stanza bianca, sdraiato sul letto, c'era Killian. La ragazza si avvicinò piano, come se avesse paura di svegliarlo, anche se sapeva quanto questo fosse inutile. Una volta arrivata accanto al letto, lo guardò in viso ed iniziò a piangere; gli sfiorò i capelli e poi una guancia. Ad un certo punto, qualcuno entrò nella stanza: Emma si aspettava fosse Mary Margaret o David, ma con sua grande sorpresa notò che Regina si stava avvicinando a lei.

La ragazza si voltò di nuovo a guardare Killian, mentre l'altra piano piano le si avvicinava.

Non appena le fu vicina, Emma parlò.

“Non sembra avere neanche un graffio.” disse, mentre continuava ad accarezzargli la guancia. “Sei stata tu, non è vero?” e si girò verso la donna.

“Si.” rispose lei. “Volevo che, se avessi voluto vederlo un'ultima volta, l'avresti visto così come è sempre stato.”

“Grazie” sussurò l'altra.

Regina allora la prese per mano, ed insieme si diressero dagli altri. Non era ancora pronta a dirgli addio, ma da qualche parte doveva pur cominciare.

 

Era passata una settimana dalla notte dell'incidente.

Emma adesso era ancora più intenzionata a trasferirsi a New York, ma i suoi genitori avevano insistito affinché stesse con loro un altro po', almeno finché non avesse superato la morte di Killian.

Quella mattina, Emma decise di uscire, per la prima volta dopo l'accaduto: si svegliò di buon'ora, indossò i suoi soliti jeans e la giacca rossa di pelle, e andò a fare una passeggiata. Decise di recarsi da Granny per un caffé; nessuno sembrò darle molto peso: insomma, nessuno che veniva al suo tavolo per vari ed inutili (secondo lei) convenevoli, nessune occhiate tristi. Era tutto come sempre. Perciò, ordinò un cappuccino e una ciambella, e fece colazione mentre era intenta a leggere il giornale.

Una volta finito, pagò e rigraziò Ruby, ed uscì dal locale.

Non appena fu in strada, un'auto le passò davanti, ed Emma rimase di sasso: al suo interno c'era Killian. In un primo momento, pensò di essere impazzita, ma non poteva certo essere diventata matta da un momento all'altro, perciò decise di seguire l'auto, ed iniziò a correre. Nonostante corresse più veloce di quanto non avesse mai fatto, l'auto era troppo veloce per lei, ma l'ultima strada che aveva imboccato prima che Emma la perdesse di vista, conduceva in un solo posto, perciò decise di proseguire.

Una volta arrivata al porto, Emma vide un uomo sul molo, intento a fissare il mare. Tutto ad un tratto, l'uomo si volto, e la donna rimase di stucco.

“Uncino.” disse.

“Ti sono mancato?” rispose lui.











L'angolo di Alex
Salve a tutti! Non so davvero cosa dire. Spero solo che questo primo capitolo vi sia piaciuto e vi aspetto al prossimo!
Mi raccomando, RECENSITE! Essendo questa la mia prima vera storia ho bisogno di tutti i vostri consigli! 

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Capitolo 2
*** A second chance ***


Capitolo 2

A second chance

 

“Killian.”

Emma rimase a fissarlo per vari minuti, mentre lui continuava a sorriderle: voleva chiedergli spiegazioni, capire cosa stesse succedendo, cercare di mantenere il controllo. Ma non ce la fece; corse verso di lui, gli cinse il collo con le braccia e lo baciò. In un primo momento, Uncino rispose al bacio con rigidità, prova del fatto che non si aspettasse quella reazione da Emma, ma poi si lasciò andare, e fu come se tutto intorno a loro fosse sparito, come se avessero iniziato a fluttuare nell'aria. Entrambi odiavano l'idea di dover interrompere un momento così, ma sapevano che era necessario. Alla fine si staccarono, ma rimasero ancora abbracciati – le braccia di lei che gli circondavano il collo, e le mani di lui che le circondavano i fianchi -, poi Emma parlò.

“Che ci fai qui, Killian?”

“Be', è una bella storia.” rispose lui, col suo solito sorriso, e poi iniziò a raccontare. “Non appena mi portarono all'ospedale, quella notte, non ero molto cosciente, ma ricordo che Walsh disse che non c'era quasi più nulla da fare, ma cercarono comunque di fare il possibile con tutti quei macchinari strani. Ad un certo punto ho sentito la voce di Regina, e da lì più nulla. Poi mi sono risvegliato, come se non fosse successo nulla e fossi solo andato a dormire.”

“Quindi ti sei risvegliato così, all'improvviso?”

“Esatto, tesoro.” disse lui, poi risprese. “Ovviamente sono subito andato da Regina per chiederle spiegazioni: sapevo di essere morto, com'era possibile che fossi magicamente ritornato in vita?”

“Regina è una strega molto potente, non poteva semplicemente averti fatto un incantesimo per riportarti indietro?” chiese Emma.

“La magia può tante cose, amore, ma riportare indietro i morti non è una di quelle.” affermò, e continuò il suo discorso. “Appena mi ha visto, è rimasta basita. Anche se, a dirla tutta, quello che avrebbe dovuto rimanere a bocca aperta ero io. Insomma, ero appena tornato dal regno dei morti! Così lei mi ha spiegato che, subito prima di morire, aveva provato un incantesimo su di me che mi avrebbe dato più tempo. Ovviamente quando tentatava di salvarmi ero ancora vivo, ma Regina sospettava che l'incantesimo non fosse riuscito perché era troppo tardi, invece ha solo agito un po' in ritardo. Perciò, eccomi qua!”

Uncino continuava a sorridere e a guardare Emma con gli occhi pieni d'amore, e tutto ciò che lei era in grado di fare era guardarlo con un'spressione di felicità mista a sorpresa e preoccupazione.

“Quanto tempo hai?” gli chiese.

“Non lo so.” rispose lui. “Regina mi ha detto che l'incantesimo svanirà quando non ci sarà più nulla da fare per me.”

“Cosa vuol dire?” domandandò pensierosa lei.

“Non ne ho idea.” affermò lui. “Ma, visto che potrei scomparire da un momento all'altro, che ne dici di impegare un po' meglio il nostro tempo, visto che finalmente sei caduta ai miei piedi?”

Ci fu un breve bacio, poi Emma parlò: “Ah, Capitano! Tu si che sai come stuzzicare una donna.”

A quel punto si diressero verso la Jolly Roger, in cerca di un po' di privacy.

 

Più tardi Emma tornò subito a casa, ma Uncino le promise che si sarebbero rivisti quella sera stessa.

Non appena aprì la porta di casa, trovò David e Mary Margaret seduti sul divano.

“Emma!” disse la donna. “Dov'eri? Sei stata via tutta la mattina!”

“E' vivo.” comunicò subito lei, con un sorriso a trentadue denti.

“Chi è vivo?” chiese suo padre, con un'espressione quasi preoccupata.

“Killian. Uncino.” rispose la ragazza.

I suoi genitori si fissarono, entrambi molto sorpresi.

“Co-come è possibile?” domandò sua madre.

A quel punto Emma spiegò anche a loro la situazione, e la loro reazione non fu moltò diversa da quella che la ragazza si sarebbe aspettata.

“Quindi potrebbe andarsene di nuovo da un momento all'altro?” chiese David.

“In sostanza, si.” confermò sua figlia.

“Emma, vieni qui.” iniziò Mary Margaret, facendo segno alla figlia di sedersi accanto a lei. La ragazza lo fece, poi sua madre continuò. “E' stata una settimana difficile per te. Non sei praticamente uscita di casa fino a stamattina. So che ora pensi di avere una seconda possibilità con Uncino, ma ricorda che questa storia ha un tempo molto limitato.”

In un primo momento Emma abbassò lo sguardo, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime: dopotutto, sua madre aveva ragione; non c'era un 'per sempre' che aspettasse lei e Killian. Aveva bruciato la sua prima ed ultima possibilità con l'uomo che le era sempre stato accanto dal primo momento che l'aveva vista, e l'universo aveva deciso di non concedergliene più di una. Per quanto ciò la affliggesse, sapeva che sarebbe stata di nuovo male.

Ma non le importava: Uncino era tornato, e lei avrebbe fatto tutto il possibile per recuperare il tempo perso. Perciò disse: “Lo so, ma devo stare con lui. Almeno finchè posso.”

“Se è questo che vuoi, Emma, sai che puoi sempre contare su di noi.” affermò suo padre, che aveva preso posto sul bracciolo del divano accanto a lei.

La ragazza sorrise, con gli occhi colmi di lacrime.

 

Per quella sera, Uncino aveva organizzato qualcosa di davvero speciale: la Jolly Roger era circondata di luci, e aveva sistemato un tavolo sul ponte della nave. Per l'occasione aveva chiesto a Ruby di procurargli un abito, e lei aveva volentieri accettato di aiutarlo. Ogni momento con Emma poteva essere l'ultimo, perciò voleva che quella sera fosse davvero speciale; quella notte, la notte in cui accadde tutto, non peteva fare a meno di sentirsi spaventato: non perché stesse per morire, ma perché non avrebbe più visto la sua amata Swan, non l'avrebbe più sentita ridere, vista piangere. Però aveva avuto una seconda occasione, e decise che avrebbe fatto tutto il possibile il più in fretta possibile. Ed ora era lì, sulla sua nave, a guardare casa sua, il mare, ciò che gli era più familiare al mondo, quando una voce a lui ben nota lo riportò sulla Terra.

“Non pensavo fossi in grado di organizzare tutto ciò.”

Eccola lì, Emma, più bella che mai: indossava un abito corto rosso, che metteva in risalto i suoi capelli biondi – che aveva deciso di lasciare sciolti – e i suoi occhi azzurri.

“Tu mi sottovaluti, dolcezza.” ammise lui, con un sorriso.

Si avvicino al tavolo imbandito, scostò la sedia e fece segno alla sua dama di sedersi.

“E sei anche un gentiluomo.” affermò lei, con un sorriso, sedendosi.

“Hai dimenticato quello che ti dissi quando combattemmo contro quel gigante?” chiese lui, prendendo posto. “Io sono sempre un gentiluomo.”

“Ricordo che ti lasciai lì ammanettato a non so cosa.” ammise lei. “Me ne pentii un secondo dopo.”

“E facesti bene! Mi ci volle tutta l'abilità della mia unica mano per liberarmi!”

Iniziarono a mangiare, e la serata trascorse tra risate e qualche bacio, mentre rievocavano i bei vecchi tempi.

“Hai ancora intenzione di ritornare a New York?” chiese lui all'improvviso, e questo quasi fece soffocare Emma con il vino.

“Be', si. Ci sto pensando” ammise lei. “Ma sto pensando anche ad un'altra cosa.”

“Sarebbe?” lui chiese.

“Voglio che tu venga con me, Killian” disse. Lui rimase a bocca aperta. “Cosa?”

“Pensaci bene: non c'è più nessuno da salvare, nessun cattivo da sconfiggere, nessuna impresa eroica da compiere. Niente mi lega più a questo posto.”

“A parte i tuoi genitori.” affermò Uncino.

“Li verrei a trovare spesso.” dichiarò lei.

“E ad Henry non pensi? Non credo sarebbe contento di andare via da Storybrooke.” ammise lui.

“Verremo qui in vacanza, a Natale. E poi New York gli piaceva.”

Uncino ora la guardava con sguardo serio: non voleva che Emma lasciasse Storbrooke: sapeva come sarebbero stati i suoi genitori, come sarebbe stato Henry, come sarebbe stata Regina. Come sarebbe stata anche lei: conosceva la sua Swan, e sebbene adesso non fosse in grado di rendersene conto a causa di tutto quel che era successo, le sarebbe mancato tutto di quella piccola città nel Maine: aveva solo paura di ammetterlo; c'erano tanti ricordi legati a quel posto, ed il pensiero di riviverli la spaventava, Killian lo sapeva, ma era suo dovere convincerla a restare.

“Swan.” iniziò. “So che l'idea di rimanere qui ti spaventa, anche per tutto quello che è successo in questi giorni, ma credimi.” fece una breve pausa, poi riprese. “Se vai via, te ne pentirai e starai anche peggio.”

“No se vieni con me!” affermò Emma.

“Io non starò qui ancora per molto. Potrei andarmene tra qualche anno, qualche mese, domani o addirittura tra cinque minuti. E a New York non troverai nessuno a consolarti, quando tutte quelle emozioni ritorneranno. Ma qui a Storybrooke, si. Ci saranno i tuoi genitori, Henry, Ruby e pensino Regina. Tutti saranno disposti a darti una mano. A New York no.”

Emma lo guardava, fisso, poi disse: “Non voglio che tu te ne vada. Non di nuovo. Non per colpa mia.”

A quel punto Uncino si alzò, le andò vicino e le porse la mano, poi le chiese: “Vuoi ballare?”

Lei accettò la sua mano, ed insieme iniziarono a dondolare, abbracciati, sul ponte. Rimasero così per un bel po', senza dire nulla: con la testa di uno poggiata sulla spalla dell'altro.

Nessuno dei due voleva rovinare quel momento, perciò chiusero gli occhi e se lo godettero a pieno. Ad un certo punto si allontanarono, e Killian prese per mano Emma; la baciò dolcemente, e mano nella mano si diressero sotto coperta, nella stanza del capitano, per quella che sarebbe stata la loro ultima notte insieme.

 

Il mattino seguente Emma si svegliò tardi: era ancora un po' intontita dalla sera precedente, ma decise di non pensarci. Era stata davvero bene con Killian, e per un attimo le fece dimenticare tutto: c'erano solo loro due, ed il resto non contava nulla.

Subito si girò, sperando di trovare l'uomo al suo fianco, ma il posto era vuoto; c'era solo una pergamena sul cuscino, con un biglietto.

Per Emma.








Angolo di Alex
Eccoci qui al secondo, nonché penultimo, capitolo di questa storia! Spero davvero vi sia piaciuto.
Mi raccomando, aspetto le vostre RECENSIONI! E ci rivedremo al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Home ***


Capitolo 3

Home

 

Cara Swan,

dirti addio è la cosa più difficile che io abbia mai dovuto fare; purtroppo, però, è necessario.

Ci sono ancora tante cose che vorrei dirti e che vorrei fare con te ma, semplicemente, non ne abbiamo il tempo. Ieri sera ho capito che quella sarebbe stata la mia ultima sera con te – in realtà la mia ultima sera in generale -, ed ho capito anche il perché: sono ritornato indietro perché avevo uno scopo, cioè convincerti a rimanere qui. In realtà non sapevo se il mio discorso era stato abbastanza efficace per una testarda come te, ma visto che non sono più accanto a te immagino di si.

La vita è breve, Emma, e bisogna trascorrerla con chi si ama davvero. New York non è il posto per te, Storybrooke si. A New York non troverai casa tua, semplicemente perché 'casa' non è un posto, ma qualcuno. Casa tua sono i tuoi genitori, Emma. Tuo figlio. I tuoi amici. Forse anche io avrei potuto farne parte. Sarebbe stato bello.

Ma non importa, perché ora so che tu mi hai amato e mi ami con la stessa intensità con cui io ti ho amato e ti amerò sempre. E questo era il secondo motivo per cui sono tornato indietro:scoprire cosa tu realmente provassi per me.

Ed è stata una bella sorpresa sapere che neanche tu hai saputo resistere al mio essere così affascinante!

Ora che non c'è più nulla da fare per me qui, devo salutarti.

Goditi la vita, Emma. E riserva un posto a me per ogni tua avventura.

Ti amo,

Killian.

 

Emma lesse quella lettera più e più volte e, nonostante il suo amore era appena andato via, non le venne da piangere. In quei giorni aveva versato abbastanza lacrime per il resto della sua vita, ed aver avuto la possibilità di esprimere ad Uncino i suoi veri sentimenti, la facevano sentire grata. Perciò si portò la lettera al petto, chiuse gli occhi e disse: “Ti amo anch'io.”, sicura che il suo capitano stesse ascoltando.

 

 

Erano passati due anni da quando Killian Jones era morto, e da allora le cose erano cambiate, ma decisamente in meglio: il figlio di David e Mary Margaret era cresciuto parecchio e, nonostante fosse una piccola peste, i due adoravano trascorrere il tempo a giocare insieme a lui; la storia di Robin e Regina andava a gonfie male, ed erano addirittura promessi sposi e prossimi alle nozze; Henry aveva deciso di passare più tempo con il suo bisnonno, Tremotino, ed i due sembravano andare parecchio d'accordo; per quanto riguarda Emma, invece, lei aveva deciso di rimanere a Storybrooke.

Aveva finalmente trovato casa sua.

I suoi genitori le erano stati sempre vicini, in ogni suo momento di tristezza, specie dopo che Uncino se n'era andato di nuovo. A volte le mancava terribilmente, ma le bastava rileggere la sua lettera, che aveva conservato come fosse un gioiello inestimabile, per sentirsi subito meglio.

In quel momento era seduta su una delle panchine del molo, mentre la brezza marina le scompigliava i capelli.

Nonostante non potesse fare a meno di sentirsi ancora un po' triste riguardo Killian, non poteva neanche evitare che tutti i ricordi delle loro avventure insieme tornassero vividi nella sua mente.

Inoltre, sapeva che lui era proprio accanto a lei, e che non l'avrebbe mai lasciata sola.

Dopotutto, le anime gemelle non muoiono mai.







Angolo di Alex
Eccoci giunti alla fine di questa breve, ma intensa, storia! Nonostante questo capitolo sia molto breve, è il mio preferito.
Che dire, a me è piaciuto tantissimo scrivere questa storia, nonostante sia un po' triste. Sono sopratutto contenta che sia piaciuta anche a voi e, se vorrete continuare a seguirmi, ho in mente un'altra storia Captain Swan più allegra,  divertente e leggera (ed anche più lunga!).
Perciò, aspetto come sempre le vostre recensioni e alla prossima!

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