Là dove tutto cambia, noi resteremo uguali?

di Chesy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** CoB~XII/XIII ***
Capitolo 3: *** CoB~E' il tuo primo bacio? ***
Capitolo 4: *** CoA~XII - XIV ***
Capitolo 5: *** CoA~XIX ***
Capitolo 6: *** CoB~La mia vita, la tua vita ***
Capitolo 7: *** CoG~X ***
Capitolo 8: *** CoG~XVIII ***
Capitolo 9: *** CoG~XXI/Before You ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Introduzione

 
La linea temporale è la stessa, gli eventi si susseguono come lo scoccare dei minuti e delle ore: tuttavia, nonostante resti tutto uguale, nonostante tutto si ripeta, qualcosa, in parte, cambierà.
Leggeremo di una Clary sempre speciale, in lei scorre il sangue di Nephilim e di Lupo: morsa quand’era piccola, cerca di vivere al meglio in un Branco il cui capo è la madre, Jocelyn, ripudiata da Valentine dopo essere stata morsa anche lei.
Di un Jace, anche lui oramai un Licantropo dalla pelliccia color miele, abile guerriero, ora membro dei Preator Lupis, allevato in una famiglia di Nascosti dopo l’abbandono del padre.
Sapremo che Valentine è sparito dopo l’attacco dei lupi alla sua famiglia, assieme al figlio, in cui ha iniettato sangue di Demone, trasformandolo in una bestia assetata di sangue, con la forza di un Cacciatore e l’eleganza di un Licantropo.
Ci sarà un Luke sempre innamorato di Jocelyn, sempre padre di Clary, deciso a stare con loro anche contro il parere del Conclave: sapremo di Robert e Maryse deceduti, per mano di Valentine, poco prima della sua scomparsa.
Simon scopre, nelle sue vene, il sangue degli Angeli, e che la sua migliore amica ha nascosto un grande segreto; che Raphael e Maia sono Figli di Raziel sin dalla nascita e che Camille ha tradito la loro razza, rivelando ad un Clan di Vampiri i segreti del Conclave.
Ma, in questo mondo, leggeremo anche di una bellissima Ifrit di nome Isabelle, di suo fratello Max, un piccolo e abile Stregone, e di Jordan, Cacciatore innamorato di Maia da molto tempo. La famiglia dei Penhallow ha conoscenze ovunque, e la sua magia è la più richiesta tra gli Istituti, così come i Blackthorn sono fate che hanno lasciato da tempo la Corte, preferendo una vita dissociata dalle insidie della Regina: Ragnor Fell è un Cacciatore indipendente e agisce come spia del Conclave, infiltrandosi nei lochi più insidiosi e viscidi dei sobborghi, alla ricerca d’informazioni.
Soprattutto, però, leggeremo di Alec e Magnus, uno il Sommo Stregone di Brooklyn, l’altro Shadowhunters Parabatai di Catarina.
Sullo sfondo di una New York mondana e piena di sotterfugi, di club segreti e demoni impazziti, omicidi e brutali lotte, ci saranno anche i sorrisi e gli amori, il dolore e le storie di questi due protagonisti, e di tutti coloro che li circondano.
Perché, nonostante i ruoli capovolti, la storia cambiata e la linea temporale simile, il loro amore sboccerà ugualmente. E loro resteranno esattamente come sono, perché il passato li ha formati e resi ciò che adesso smuove le fondamenta di New York, ribaltando le Leggi e trasgredendo sempre alle regole che, da tempo, mantengono l’equilibrio dei mondi.
Benvenuti nel Mondo capovolto degli Shadowhunters.
 
Lo Stregatto Parla.
Prima d’iniziare questa lunga avventura, vi avviso di due cose:
-La prima, è che tratterò delle scene Malec presenti in tutti i libri, lasciando sullo sfondo le altre o accennandole appena;
- La seconda è che, prima di ogni capitolo, mi metterò a lavoro e proverò a creare un riassunto per farvi capire cos’è accaduto nel mentre e cos’è cambiato nella trama, anche se, come ho detto, non vi saranno cambiamenti di sorta (per quanto mi è possibile) nella trama.
In quest’ultima nota, se notate incongruenze o qualcosa non vi torna, fatemelo sapere, sono secoli che non leggo un libro di TMI (tranne CoHF, ma lì sono ancora in alto mare).
Inoltre, vi spiego perché le scene Malec saranno le uniche che tratterò: non è che gli altri non m’interessino (Clary e Jace sono carini e coccolosi, ma sono come lo zucchero, dopo un po’ stufano; Izzy non la so interpretare bene, e prima di rovinarla, preferisco buttarmi da un ponte, idem vale con Simon T^T Gli altri idem con patate) solo che con Alec e Magnus mi trovo meglio, e mi piace scrivere di loro, data la storia complessa che li unisce.
Dopo questa breve introduzione, vi auguro buon divertimento =3

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Capitolo 2
*** CoB~XII/XIII ***


A Stella13, che mi supporta e placa le mie paranoie....grazie di cuore.

 
Clary e Simon ce l’hanno fatta: sono dentro Pandemonium Club, il locale più rinomato a New York. Cosa mai potrebbe andare storto, in una serata tanto perfetta? Simon, dopo aver perso di vista Clary, segue la figura misteriosa di una ragazza dai lunghi capelli blu: quando scorge le sagome di tre persone, con tatuaggi e lame di cristalli, crede di stare impazzendo.
Ma Clary, giovane Licantropo, sa perfettamente che non è così, e forse il suo amico non è egli stesso a conoscenza di qualcosa che lo riguarda da vicino. Già perché, nel Mondo Invisibile, chi possiede la Vista ha nelle sue vene il sangue di un Nascosto o di un Angelo: consultandosi con Jace, Lupo cresciuto con una famiglia di Stregoni e ora membro dei Preator Lupis, Clary pensa che l’unica cosa da fare sia portarlo dal Sommo Stregone di Brooklyn.
Tutto precipita, però, quando Simon viene attaccato da un Demone e salvato dagli stessi Cacciatori che avevano ucciso la ragazza dai capelli blu: Clary e Jace, così, si vedono costretti a collaborare con Magnus, Catarina e Raphael, Nephilim che, nel tentativo di curare Simon, confermano che, in lui, scorre sangue di Angelo.
Ma, forse, anche Jace e Clary ignorano di essere stati, anche loro, Figli degli Angeli prima di mutare in Nascosti…..
 
LA FESTA DEI MORTI – LA PERSISTENZA DELLA MEMORIA

 
Nonostante fossero abbastanza distanti, la musica era facilmente udibile da tutto il gruppo: le luci della città fendevano la notte come se fossero lance, e i marciapiedi, dove auto e moto erano parcheggiati in maniera improponibile, brillavano a causa dell’acqua che aveva appena smesso di scendere dal cielo, ora sì scuro, ma abbastanza libero da lasciar intravedere la luna, sottile spicchio rosso nella notte.
Clary si voltò a guardare il resto della compagnia: Simon le stava accanto, come se avesse paura di staccarsi troppo da lei; Magnus aveva lo sguardo rivolto verso l’alto, le orecchie tese e sorrideva debolmente, come se fosse contento della musica scelta. Catarina, con i capelli bianchi e gli occhi blu, si guardava attorno circospetta, torturando la collanina che le pendeva dal collo; Raphael sembrava annoiato, e sbuffava, di tanto in tanto, come se fosse una noia tremenda il solo pensare di andare a trovare lo Stregone che tutti cercavano e, allo stesso tempo, temevano.
Jace toccò la spalla di Clary, facendo segno agli altri di venirgli dietro: le figure nere dei Cacciatori, a differenza del terzetto, sembravano confondersi con le ombre, ma risaltavano da quest’ultime solo grazie alle lame scintillanti. Se non fosse stato per le armi, la ragazza li avrebbe persi di vista già da un pezzo.

-E’ qui, venite.-

-Come mai conosci tanto bene il Sommo Stregone di Brooklyn?- domandò Clary, forse per rompere il silenzio.- Si dice che sia pericoloso anche solo provare ad avvicinarlo….-

Jace le sorrise, prendendo un mazzo di chiavi dai jeans che portava: si voltò e prese ad armeggiare con la serratura. Quando un “click” diede conferma che era aperta, rispose, con la mano ancora attaccata alla maniglia.

-Perché è mio fratello, siamo cresciuti insieme.-

Il resto delle sue parole furono occultate dalla musica che uscì, come un getto d’acqua, dalla porta: la seconda strofa di “The Embrace” s’insinuò dentro alle orecchie dei presenti che, uno dopo l’altro, entrarono nel loft, passando dall’ingresso angusto e maleodorante.
Chiusa la porta, si avviarono verso una scalinata di marmo scuro, venature bianche e perlacee percorrevano il materiale come serpenti eleganti: a passarci sopra, Clary e Catarina si sentirono un po’ in colpa, imbrattando il tutto con gli stivali sporchi di fango.
Jace parve intuirlo e ghignò beffardo, divorando a due a due gli scalini.

-Tranquille, uno schiocco di dita, e torna tutto come nuovo.-

-Comodo avere uno Stregone che ti pulisce casa….- commentò Raphael, a malapena udibile a causa della musica.

Jace si voltò e lo fulminò per lo sguardo, arrivando in cima alla rampa e facendo cenno agli altri di non allontanarsi troppo da lui: una volta arrivati tutti, ebbero finalmente l’occasione di vedere il loco dei famosi parti dello Stregone Lightwood.
Il loft era enorme e stracolmo di gente: pilastri di marmo sorreggevano un soffitto ad arco, dalla quale scendevano luci colorate a grappoli, dando l’impressione di glicine multicolore e luminoso. Le finestre dovevano essere scomparse dietro alle pesanti tende di velluto che soffocavano la luce esterna, assorbendo anche la poca luminosità della stanza: sul fondo, un lungo bancone di legno scuro era ricoperto da bicchieri pieno di liquidi colorati, serviti da un uomo con la pelle lilla e un bustino metallico. Anche per gli standard di un barista, l’uomo lavorava con un’efficienza e una velocità affascinanti, aiutato dal fatto che aveva in altro paio di lunghe braccia oltre alle classiche due.
Il resto degli invitati era altrettanto strano. Almeno, lo era per Simon: per i Cacciatori e la coppia di Licantropi, rientrava nella quotidianità. Uomini dalla pelle pallida sorseggiavano un liquido rosso, ma che erano ben lontano dall’essere vino: soffiarono non appena videro i due Lupi, ma gli sguardi truci di Magnus e Catarina li calmarono all’istante, lasciandoli nell’angolo a borbottare. Figure di donne dai tratti singolari, come piedi di capra e denti di squalo, si aggiravano per il centro della stanza, ballando a ritmo della musica che andava finendo.

-Questa festa ha stile, devo ammetterlo.- ammise Magnus, accarezzandosi il mento con le lunghe dita. –Ottima scelta della musica….-

-La canzone è nello stile di mio fratello.- rispose Jace, cercando qualcuno tra la folla. –Ma sarà stata mia sorella a metterla, forse per convincerlo a uscire da quel…..-

-Oh, ce l’hai fatta finalmente.- una voce di donna interruppe la frase del biondo.

Si voltarono tutti all’unisono verso destra e Simon….sgranò gli occhi, proprio come il resto del gruppo: la figura slanciata di una ragazza dalla pelle candida e capelli scuri li osservava. Aveva profondi occhi neri, un vestito attillato di un rosso scuro che metteva in risalto il fisico, e un paio di scarpe borchiate il cui solo plateau misurava almeno sette centimetri. Un tatuaggio percorreva l’avambraccio sinistro, poco sotto la spalla: a Clary parve di riconoscere i tratti abbozzati di un fuoco* che ardeva.
Incrociò le braccia dinanzi al petto, mettendo in mostra bracciali che s’intrecciavano sui polsi: un movimento repentino verso il basso mise in mostra una lunga coda scura, con strane sfumature dorate, che sfiorava il pavimento, muovendosi a ritmo di musica.

-Tu sei….Lightwood, lo Stregone?- farfugliò Simon, mentre la ragazza lo contemplava.

-E se fosse?- ribadì, mordicchiandosi il labbro, mentre un sorriso malizioso si allargava sul viso.

-Izzy, lascialo stare…..- disse Jace, mettendosi in mezzo. –Dov’è Alec?-

La ragazza parve seccata, ma rispose solo dopo aver passato a rassegna il gruppo che Jace si era portato appresso: l’Ifrit inarcò un sopracciglio, soffermando gli occhi scuri su Magnus e i Cacciatori dietro di lui.

-Solito posto.- borbottò, senza staccare lo sguardo da quello dei Nephilim. –Cercate di non uccidere nessuno dei miei ospiti, Cacciatori.-
 
[….]
 
Lontano dal piano completamente invaso dalla musica, il silenzio della biblioteca risultava assordante: l’eco di quella che, ora, era “Demons” degli Imagine Dragons giungeva tra i libri solo ovattata, risultando quasi come un calmante.
Jace, Clary, Simon e Magnus si addentrarono in quella che sembrava la più grande biblioteca nel raggio di 20 km: pile e pile di libri riempivano in maniera ordinata ogni scaffale, senza un grammo di polvere ad opacizzare le copertine, vecchie o nuove che fossero.
C’erano diversi tavoli vicino all’entrata, ma uno solo possedeva la luce accesa: i raggi luminosi fendevano la linea scura che divideva le tavolate dai ripiani, mentre lampade più soffuse pendevano dal soffitto, tracciando i contorni del labirinto di carta, legno e inchiostro.

-Alec?- l’urlo di Jace ruppe il silenzio reverenziale che aleggiava nella stanza. –Alec? Non ti sarai perso di nuovo, vero?-

Magnus inarcò un sopracciglio, un misto di annoiato e curioso stampato sul viso: Clary tirò la manica della giacca di Jace, come se volesse rimproverarlo, mentre Simon si guardava attorno con aria assorta.

-Alec? Dove sei?-

-Per Lilith, Jace, quante volte ti ho detto di non urlare in biblioteca?-

La voce, mite e tranquilla, proveniva dalle loro spalle: vicino alla porta d’ingresso, dove uno scaffale occupava lo spazio inutilizzato. La figura slanciata di un ragazzo si fece avanti, entrando nel cono di luce: la pelle diafana, i capelli neri e gli occhi blu furono le prime cose che colpirono Magnus.
Il tono di voce, i tratti delicati e il suo modo impacciato di camminare, furono le seconde.
Indossava una felpa scura e slargata, jeans di almeno una taglia più grande, lisi e strappati: alla luce soffusa, si notò, sulla pelle, lo scintillio di scaglie perlacee, vicino alle tempie e su alcune zone delle braccia scoperte. Un marchio da Stregone.

-A quanto pare l’unico espediente per trovarti, è venirti a cercare qui e urlare il tuo nome.- affermò il biondo, sbuffando.

-Cosa vuoi, Jace?- Alec alzò lo sguardò, e incrociò due occhi unici nel loro genere.

Il tempo, il mondo, parvero fermarsi. Sentì un brivido correre lungo la schiena, il sangue scaldargli le guance: già, come si poteva non essere imbarazzati, mentre due iridi verdi-dorate ti fissavano? Soprattutto, se ti osservavano come se fossi qualcosa di bello ed emozionante.

Qualcosa di unico e raro.

E come si poteva ignorare la sua figura? Magnus lo vedeva chiaramente, quasi fosse l’unico essere a colori presente in stanza: i suoi tratti, i movimenti, il modo di porsi impacciato ma gentile. I suoi occhi scintillarono, le labbra coperte da un lucidalabbra trasparente s’incurvarono in un sorriso malizioso.
Alexander Gideon Lightwood, Sommo Stregone di Brooklyn.
Non l’avrebbe mai immaginato così….umile e semplice.
Una voce interruppe il flusso dei pensieri: i suoni, gli odori e il tempo tornarono prepotenti nelle loro vite. Ruppero il contatto visivo, il filo invisibile che li legava si spezzò: gli altri non parvero accorgersene, anche perché non doveva essere passato più di un secondo.

-Ci serve il tuo aiuto, fratello.- disse Jace, riportandolo alla realtà.

[….]

-Aspetta….aspetta un secondo.- Clary si era alzata dalla sedia, e ora contemplava Alec con gli occhi fuori dalle orbite. –Mi stai dicendo che….hai modificato anche la mia memoria, oltre a quella di Simon?-

-Tua madre mi ha chiesto di cancellarvi la memoria, a te e al tuo amico, per impedirvi di ricordare ciò che riguardava il mondo dei Nephilim. Avrebbe voluto proteggere entrambi dal Mondo Invisibile.- disse Alec, mantenendo un tono calmo. –Ma essendo tu stessa un Licantropo, non poteva fare altro che farti dimenticare, almeno, di essere stata una Nephilim in passato.-

Un silenzio tombale scese tra i presenti, seduti attorno al tavolo della biblioteca: Clary guardò sconvolta prima di Simon e poi gli altri, mettendosi le mani nei capelli.

-Per quanto riguarda te, Simon.- aggiunse. –Jocelyn mi ha solo detto che tua madre voleva che non vi fosse alcun collegamento con i Cacciatori, di più non so dirti.-

Il ragazzo lo contemplò, serrando le labbra, ma non spiccicò parola.

-Se ci levi di dosso quest’incantesimo, però, saremmo in grado di ricordare?- chiese ad un tratto la ragazza. – Ricordarci la nostra vita? Tutte le cose che abbiamo dimenticato?-

Alec si mosse a disagio sulla sedia, intrecciando le dita pallide davanti a se.

-Non….non posso farlo.- incassò ancor di più la testa tra le spalle, i capelli neri scivolarono davanti agli occhi.

-Cosa?- il tono di Jace era aspro, sembrava non volerci credere. –Perché no? Le Leggi del Conclave impongono…-

- Non serve che me lo ricordi, Jace.- ora sembrava lievemente seccato, il tono dello Stregone. –Ma comunque…io…-

Magnus intervenne, le dita inanellate s’intrecciarono dinanzi a se, sul tavolo di legno.

-Non sai come invertirlo?- chiese, ma il timbro di voce era ben lontano dal volerlo schernire.

-Non esattamente.- rispose Alec, scrutando il Cacciatore.- E’ solo molto complesso, se ci rimettessi la mano per scioglierlo potrebbe avere gravi effetti collaterali su entrambi: potrebbero perdere la memora.-

Un attimo di silenzio, e lo Stregone riprese a parlare.

-Ma gli effetti stanno già svanendo, e man mano che passeranno i giorni, i fili tessuti del mio incantesimo si dissolveranno.- aggiunse, quasi farfugliando.

-E allora riavremo tutti i nostri ricordi? Tutte le memorie che ci hai rubato?- domandò Simon, guardandolo.

-Non lo so con precisione.- affermò il ragazzo, sospirando. –Potrebbero tornare tutti insieme o un po’ alla volta, oppure non potreste ricordare mai quello che avete dimenticato. L’incanto che vi ho fatto è unico nel suo genere, ragion per cui neanche io conosco con precisione gli effetti.-

-Ma…io non voglio aspettare.- s’impuntò decisa la ragazza, supportata dopo pochi attimi dall’amico.

-Neanch’io.- ribatté Simon. –Mi sono sempre sentito diverso, danneggiato, e adesso so che non sbagliavo. Io…noi…dobbiamo ricordare, ora che…..-

-Io non vi ho danneggiati.- interruppe Alec, il timbro di voce teso e rabbioso, quasi al limite della pazienza. –Voi adolescenti vi sentite sempre fuori posto, diversi dagli altri, nel posto sbagliato: nel vostro caso sì, è vero, entrambi siete dei Nephilim e l’avete dimenticato, e ora lo sapete. Ma essere diversi non vi rende migliori, nè è una passeggiata come può sembrare.- gli occhi diventarono di un blu più intenso, il tono di voce meno tentennante e pacato di prima. –Sapete come ci si sente quando si nasce e la vostra famiglia è normale, semplice ma tu….tu vieni al mondo con i Marchi del Diavolo? Sapete cosa si prova quando vostro padre vi guarda con disgusto e vostra madre si suicida davanti a voi? Quando le persone vi torturano per costringervi ad usare un potere che non avete chiesto, e massacrate donne e bambini solo per poter sopravvivere ancora un giorno?-

Il silenzio pervase la stanza, più assordante della musica, rendendo l’aria pesante e irrespirabile: Jace guardava il ragazzo come se lo vedesse per la prima volta, Clary e Simon non osarono ribattere e impallidirono entrambi.
Alec si alzò, andando verso una delle finestre che dava all’esterno, ove il tempo aveva deciso di far cadere sulla città ancora un po’ d’acqua e tuoni.

-Quando mi liberarono, ero oramai adulto.- sussurrò, la voce lievemente più calma. – Quando mi spiegarono cos’ero in realtà, mi odiai ancora di più, capendo come mai mio padre mi guardava con disgusto: mia sorella e mio fratello Max sono gli unici rifugi della mia vita.- gracchiò, voltandosi verso il gruppo ancora seduto al tavolo. –Ma, credetemi, qualsiasi cosa è meglio di questo.-

Con sorpresa di tutti, nel silenzio generale, Magnus si alzò dalla sedia, facendo due passi nella sua direzione: lo sguardo rivolto ad Alec non trasmetteva pietà, o rabbia, o diffidenza.
Lo guardava come se sentisse il bisogno di cancellare ogni dolore, parte integrante di una vita abbozzata con poche parole: i due sguardi s’incrociarono, e la voce del Cacciatore scivolò nel silenzio, rompendolo con una strana delicatezza.

-La colpa non è tua.- affermò. –Non si può decidere come nascere.-

Per un lungo e meraviglioso istante, Alec si sentì confortato da quelle parole.
 


*il simbolo sul braccio d’Isabelle richiama l’anello dei Lightwood (quando sono Shadowhunters).
 
Lo Stregatto Parla.
E ce l’abbiamo fatta….uff, volevo ruolare solo Magnus e Alec ma ho dovuto buttarmi anche con il resto dei personaggi: mica posso lasciarli stare, zitti e muti, tipo belle statuine, no?
Ho scritto con il primo volume sottomano, citando un sacco di roba del primo libro (non temete, il resto delle scene arriva nel secondo capitolo!): ho cambiato un po’ di cose, ma spero che comunque si sia capito tutto.
Credo di non dover aggiungere altro, spero che il primo capitolo vi sia piaciuto (sarebbero due capitoli fusi insieme, ma non stiamo a fare i pignoli, su!) e che vi siate divertite a leggerlo.
Sempre aperta a critiche e consigli, la vostra Stregatta vi saluta e vi abbraccia, sorseggiando un cappuccino rubato (con la magia, ovvio) da Buster <3

Ps. Grazie di cuore alle fanciulle che hanno recensito lo scorso capitolo, vi adoro :3 Ma il bello inizia ora!

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Capitolo 3
*** CoB~E' il tuo primo bacio? ***


Ad _Alien_, che scrive talmente bene da far pensare ai disegni di Cassandra Jean, quando leggo i suoi scritti.
 
Magnus si è ripreso dalla ferita provocata dal demone Abaddon, Clary e Jace hanno appena scoperto di essere fratello e sorella e, soprattutto, di avere sangue angelico nelle vene, oltre a quello dei Licantropi. Simon è confuso dalla situazione, ma mantiene la calma e accetta il suo destino di Cacciatore: Valentine è scappato, dopo aver messo zizzania ed essersi servito di Hodge, mondano dotato di Vista, al quale aveva promesso di trasformare in Cacciatore se avesse collaborato. Ora, il Mondo Invisibile sa per certo che la minaccia non è sventata, ma tutto ciò è solo la quiete che precede la tempesta.
In mezzo al caos, qualcuno non perde tempo. E, nella notte, un campanello echeggia in una grande casa elegante….
 
 
 
E’ IL TUO PRIMO BACIO?

 
Se doveva essere sincero, il cognome “Lightwood” calzava su Alec come un guanto: non sapeva per qualche strano motivo ma, ora che lo conosceva, era certo che non ci fosse altro che gli potesse stare bene. Il nome, poi, era una vera chicca: il significato che entrambe le parole celavano, ricreavano nella sua mente la figura oramai conosciuta del ragazzo.
Conosciuta, beh, era una grossa parola per qualcuno che aveva visto ad una festa e con cui aveva fatto poco meno di due parole: e, soprattutto, con un personaggio che gli aveva salvato la vita ma che era stato bravo a defilarsi, ancor prima di sentirsi dire “grazie”.
Premette il dito contro il citofono, aspettando. Ripensò a quando, tempo addietro, qualcuno aveva fatto il nome del Sommo Stregone: Magnus, allora, si era immaginato la figura imponente di un uomo che sprizzava scintille dalle dita, e che metteva in fuga anche i più coraggiosi tra i Cacciatori. Una figura dalle lunghe corna e dagli occhi scintillanti, vestito in abiti eleganti e dai modi freddi e distaccati, dati dai secoli che gli pesavano sulle spalle.
Invece, aveva avuto a che fare con un ragazzo che sembrava un incrocio tra un lupo e…. uno che era caduto dal letto in una pila di vestiti vecchi. Era decisamente bello, anche il Marchio gli si addiceva: tuttavia, sembrava volersi nascondere sotto i capelli neri malamente tagliati e abiti che doveva aver rubato in un negozio dell’usato. Se Magnus avesse avuto carta bianca per cinque minuti, gli avrebbe rivoluzionato il guardaroba mettendoci la metà del tempo a disposizione.

-Chi è?-

La voce proveniente dall’apparecchio interruppe il filo dei suoi pensieri.

-Sono Magnus Bane, il Cacciatore.- disse con enfasi, sorridendo, come se il ragazzo lo potesse vedere.

Ci fu un attimo silenzio, poi il cancello si aprì e l’uomo ci mise poco a raggiungere la porta socchiusa dove, qualche sera prima, era andato con gli altri per risolvere il mistero dei due non-più-Mondani: non fece caso alla cancellata di ferro battuto che aveva appena varcato, forse perché quella sera non l’aveva proprio notata.
Allargò lo spiraglio, deluso dal fatto che nessuno lo stesse attendendo dall’uscio: sbirciò all’interno, notando una figura più alta che sembrava intrattenere una discussione con una sagoma più minuta. Quest’ultima aveva il volto imbronciato, i grandi occhiali che scivolavano sulla punta del naso: Alec abbozzò un sorriso, sollecitando il bambino, simile ad un gatto dal pelo arruffato, con un buffetto sulla spalla.
Quando lo sguardo dorato di Magnus incrociò quello blu dello Stregone, la sagoma era già svanita in una delle stanze che animavano la casa dei Lightwood.
Alec lo raggiunse, impacciato, grattandosi la nuca con le lunghe dita pallide: aveva le guance lievemente arrossate, una maglia scolorita e slargata, su jeans scuri che evidenziavano le lunghe gambe. Era scalzo e, stranamente, fu qualcosa che piacque molto a Magnus.

-Scusa, mettevo a letto mio fratello.-

In effetti non era proprio l’ora ideale per una visita, essendo oramai sera tardi.

-Come mai qui?- domandò, alzando le sopracciglia. –Hai avuto una ricaduta? Qualche problema? Se…-

-Stai tranquillo, sto bene.- lo chetò Magnus, allargando i palmi delle mani. –Ero venuto per ringraziarti.-

-Oh.- rimase immobile, incredulo. Come se fosse stato colto di sorpresa. –Ah….ehm…. figurati, io…vuoi entrare?-

Magnus sorrise, uno di quei risi sottili e magnetici, quelli maliziosi ma anche gentili: insomma, qualcosa che Alec non era abituato a vedere, soprattutto su qualcuno che parlava con lui. Ancora doveva realizzare di aver chiesto al Cacciatore se voleva entrare.
Una volta all’interno dell’abitazione, Magnus poté finalmente realizzare quanto fosse elegante e bella, forse troppo poco eccentrica e singolare per i suoi gusti, ma comunque squisita: davanti a lui c’era la scalinata in marmo dove, al piano di sopra, Isabelle aveva organizzato la festa, a sinistra l’ingresso ad una stanza non meglio identificata, mentre a destra c’era un divano in pelle, con quadri e finestre ampie, quasi fosse una sala d’attesa. In effetti, i mobili sembravano animale quello che pareva un corridoio, pronto a condurre in altre stanze sul fondo.
Alec gli fece cenno di seguirlo, andando verso sinistra, appunto: entrarono in un soggiorno, dotato di cucina a isola verso il fondo. Ora poteva osservarla chiaramente, senza angolazioni che rendevano tutto un mistero: i ripiani e il mobilio erano eleganti e moderni, una perfetta combinazione di legno grezzo e ripiani laccati, miscelati alla tinteggiatura di un tenue color pesca.
Magnus si sedette su una delle sedie poste vicino al tavolo che, unito ad un lavandino e ad un forno, formava parte dell’”isola” della cucina, appunto: intrecciò le dita e vi posò sopra il mento, osservando Alec mentre armeggiava con pentole e tazze.

-Ti va qualcosa? Un thè? Caffè?-

-Un thè, se lo prendi anche tu.-

Alec annuì, aprendo il rubinetto e mettendo l’acqua nel bollitore lucente: accese il gas, poggiandovi sopra l’oggetto ricolmo di liquido. Prese due tazze, e tutto il necessario per zuccherare la bevanda: mentre faceva tutto questo, però, Magnus lo osservava, affascinato, lo sguardo attento ad ogni più piccolo movimento.
Quando lo Stregone posò davanti a lui la tazza vuota, si rese conto che Alec stava ricambiando il suo sguardo: osservava il Cacciatore con quei suoi grandi occhi blu, lasciando che scivolassero sulla maglia dotata di zip che indossava e sui jeans attillati, racchiusi i stivali borchiati. Osservava il velo di trucco che portava, anche se, quando si erano incontrati, era abbastanza sicuro che non ce l’avesse, a parte un velo di matita.
Ma, come stesso gli diceva sua sorella, mettere un velo di matita corrispondeva al minimo indispensabile se non si voleva apparire totalmente indecenti a chi t’incontrava: tuttavia, doveva ammette che gli donava. In entrambi i casi, i suoi occhi risaltavano sulla carnagione e sembravano animati da una luce tutta loro.
Si schiarii la voce, rompendo il silenzio.

-Allora…. Ehm….- le guance di Alec si animarono di rosso, visibile anche sotto le scaglie perlacee. – Di cosa volevi parlarmi?-

- Volevo ringraziarti.- disse l’uomo, alzando un sopracciglio. –Non te l’avevo detto sulla porta?-

Le guance di Alec diventarono ancora più rosse, gli occhi si spalancarono e distolse lo sguardo da quello dorato per posarlo da qualche parte sul pavimento: sembrava un bambino colto in fragrante mentre trafugava dei biscotti.

-Giusto, io….- ma venne interrotto da un fischio penetrante.

Imprecando a fior di labbra, il ragazzo si voltò e prese ad armeggiare con la teiera in cui il contenuto, bollente, sembrava essersi animato proprio per tirarlo fuori dai guai: aprì il coperchio e vi mise l’infuso, il cui aroma iniziò ad aleggiare per la stanza, seguendo il flusso del vapore che usciva dalla punta del bollitore.

-Avresti potuto usare la magia e prenderlo da qualche parte.- osservò Magnus, alludendo al thè. Alzò lo sguardo e fissò Alec. –L’ho sentito dire da altri Nascosti, che di solito voi Stregoni prendete “in prestito le cose”. Non ti avrei detto nulla.- balenò un accenno di sorriso, quando chiuse la frase, ovviamente riferito al “rubare ai mondani usando un incanto”.

Non erano le Leggi ad affermare che era sbagliato usare la magia per tali scopi?

-Perché dovrei farlo?- sembrava sinceramente confuso.

-Ti saresti evitato tante noie inutili.-

-Non direi.- versò il contenuto nella tazza di Magnus, con aria concentrata. –Non avrebbe lo stesso sapore.-

Il profumo che proveniva dalla tazza sapeva di frutti di bosco: il vapore che usciva dalla bevanda sembrava nebbia che si alzava da un lago nero. Il Cacciatore osservò Alec mentre gli aggiungeva un po’ di zucchero e gli porgeva la coppa di ceramica, facendogli cenno di bere: l’uomo non se lo fece ripetere e, guardingo, assaggiò.
Lo Stregone sogghignò, quando l’espressione di Magnus cambiò: appoggiò il mento a una mano, prendendo con l’altra la sua tazza e sorseggiando, con tutta calma, il suo thè.

-Visto?-

In effetti, dovette ammetterlo: c’era una differenza abissale, tra il classico thè che si trovava nei locali da portar via e qualcosa fatto con tutta calma in casa. Oltretutto, si chiese com’era riuscito Alec ad azzeccare un gusto che gli piacesse –non era un amante del thè in generale, ed erano pochi quelli che stuzzicavano il suo palato-.

-Avevi ragione.- Magnus socchiuse gli occhi. –Ora sono due i favori che ho nei tuoi riguardi. Devo trovare il modo di ricambiare.-

Alec si passò una mano tra i capelli, scoprendo la fronte e facendo sì che le scaglie brillassero sotto la luce artificiale: rigirò la tazza tra le dita lunghe per un attimo, prima di parlare.

-Sei diverso da ciò che mi aspettavo.-

-Da uno Shadowhunter?-

-Da un Bane.- ammise.- E sì, anche da uno Shadowhunters.-

-Hai avuto modo di conoscere la mia famiglia.- non sembrava sorpreso. Ma la seconda affermazione lo portò ad inarcare un sopracciglio.

-Conosco e ho conosciuto alcune famiglie di Cacciatori.- affermò. –Tu sei diverso da loro….. non sembra che t’importi di cosa pensa il Conclave se porti i glitter o se parli con uno Stregone.-

-Solo per questo mi differenzio dagli altri Nephilim?- era una sfumatura maliziosa, quella nella sua voce?

-No.- e poi fu semplicemente schietto. –Ma mi piaci.-

-Ti piaccio?-

-In realtà, è stata Izzy a dirmi che ti piacevo.- stava facendo del suo meglio per non far tremare la voce. –E anche Jace. Quando sei venuto a cercarmi e hai trovato lui…. Solitamente, nessuno ci rimane male quando mia fratello sta sul vano della porta.-

-Dovrebbero, invece.- sbuffò, ma non sembrava seccato. –Porta guai, e io lo so. Mentre tu….su di te non leggo alcuna bugia, sei completamente smaliziato. E schietto. Il che mi….-

-Esci con me?-

-Appunto.- si sporse in avanti, la tazza semi-vuota che giaceva tra le dita, tiepida. –Perché vuoi uscire con me?-

-Perché c’è qualcosa in te….- lo osservò per un istante. –Tu non mi guardi come se fossi un mostro. Il che è strano, perché ad avere a che fare con uno Stregone hanno tutti la stessa reazione.-

Da come si soffermò sulla parola “mostro”, per Magnus fu facile notale la spolverata di disprezzo che depose sulla parola.

- Sei più umano di tanti altri.- tra le ciglia socchiuse, gli occhi splendettero di oro e verde. –Avere dei Marchi non ti dovrebbero etichettare automaticamente come tale.-

-Come le rune non dovrebbero designarti come un tipico Cacciatore ligio alle regole?-

-Touché.- sorrise, i tratti felini addolciti, gli occhi scintillanti come quelli dei gatti. –Che si fa, Lightwood?-

-Non saprei.- le iridi blu si puntarono sulla tazza, come se fosse il suo vero interlocutore. –Non sono pratico di appuntamenti: non ho mai neanche baciato nessuno… -

-Dici sul serio?- sembrava realmente stupito.

Alec alzò le spalle e prese la tazza vuota di entrambi: i suoi capelli neri come inchiostro sul viso bianco, gli occhi blu circondati dalle ciglia scure, che sembravano un tratto di matita atto a cerchiarle. Si voltò e le mise nel lavandino: Magnus si soffermò a scrutare la curva delle spalle, sotto la maglia, i tratti asciutti che doveva occultare.
Non ci pensò.
Semplicemente, non lo fece.

Si alzò, silenzioso come un gatto e pose le mani sul lavello, ai lati del corpo di Alec: lo superava di pochi centimetri in altezza ma, per il Cacciatore, era bello incontrare qualcuno che spiccava in alto rispetto alle persone comuni. Sentendo una lieve pressione alle spalle, Alec si voltò: sembrava un poco stupito, ma non disse nulla e fissò il viso di Magnus, gli occhi dorati e cerchiati dal trucco, la pelle liscia e cosparsa di rune e cicatrici.

-Al bacio possiamo facilmente porre rimedio.-

Ma, con sua enorme sorpresa, fu Alec ad avvicinarsi, colmando la distanza: dapprima posò le labbra su quelle di Magnus, in un casto bacio leggero come una foglia che si posa sulla superficie dell’acqua. Poi fu il Cacciatore a prendere il controllo, a fargli dischiudere le labbra, a cercare la lingua: una danza nella bocca, un bacio controllato ma urgente, qualcosa che fece sentire Alec felice ma nello stesso modo inadeguato. Come se, nonostante la sua età –non li dimostrava proprio 4oo anni – fosse strano che uno Stregone fosse vergine in ogni senso.
Eppure, ora che le labbra morbide di Magnus sfioravano le sue, e le succhiavano, si sentiva stranamente completo e la scheggia gelida dell’inadeguatezza evaporò quando quest’ultimo gli accarezzò la guancia, con i polpastrelli ruvidi ma delicati al tempo stesso. Alec fece passare le dita nei passanti dei jeans, attirandolo a se e facendolo lievemente inciampare: le loro figure si adattavano perfettamente, combaciavano come due metà della stessa conchiglia. Il Cacciatore era muscoloso, ma non in maniera eccessiva: era sottile e atletico allo stesso tempo, mentre rune e cicatrici s'intrecciava sulla sua pelle come una seconda veste.
Per quanto riguardava Alec, l'uomo dovette ammettere che lo Stregone non era proprio privo di muscoli: da quel che la sua mano libera poteva sentire, aveva due braccia forti, il busto muscoloso con un accenno di addominali e un bel fondoschiena tonico sotto gli stracci che portava.
Magnus si scostò lievemente, mantenendo sempre la figura dello Stregone schiacciata contro il lavello e i vari mobili che facevano da scomodo schienale: le labbra scintillarono, e in quel momento Alec si rese conto che aveva un’ombra di lucidalabbra ora, in parte, spalmato sulle sue. In effetti, la sua bocca aveva uno sfondo di fragola.

-Ora sei stato baciato.- disse l’uomo. –Mi accompagni alla porta?-

Alec annuì, sorridendo, il rosso come pittura sulle sue guance: fece strada al Cacciatore sino al pesante portone in legno scuro, anche se quest’ultimo sapeva benissimo dov’era l’uscita. Quando abbassò la maniglia e aprì, dinanzi a entrambi la soglia sembrò catapultarli in un mondo diverso ed estraneo: come se, dopo quel bacio, fossero stati entrambi in qualche posto precluso e tutto loro.
Magnus si voltò verso il ragazzo, facendogli l’occhiolino.

-Ci vediamo….- ma non finì la frase.

Qualcosa gli passò rapido sugli stivali, schizzando dentro casa: un batuffolo di pelo bianco e grigio scrutò il Cacciatore, mentre passava a fare le fusa tra le lunghe gambe di Alec. Quest’ultimo abbassò lo sguardo verso il micio, che si sedette, emettendo un miagolio fine.

-Oh, sei tornato.- il suo tono era tra il felice e l’ironico.

Si voltò verso la scala, mantenendo sempre la mano sulla porta, per impedirgli di chiudersi: non sembrava importargli del vento che entrava, freddo, smuovendogli i capelli e i vestiti.

-Max, so che sei sveglio.- disse, alzando solo di poco la voce. -Chairman Meow è tornato, dagli da mangiare.-

Così dicendo, forse capendo che avrebbe finalmente ricevuto le dovute attenzioni da qualcuno su dalla scala, il micetto saltò gli scalini, ben più alti di lui, in maniera un po’ goffa per un gatto: e come si poteva biasimare? Eppure, proprio in quel modo scoordinato di muoversi, si poteva ancora leggere una particolare grazia felina.
Quando la voce felice di suo fratello echeggiò per la scalinata, Alec tornò – finalmente – a rivolgersi a Magnus.

-E’ un buon segno.-

-Il fatto che il gatto sia tornato?-

-Già.- inclinò lievemente la testa di lato. –Motivo in più per uscire venerdì sera.-

-Perfetto.- sogghignò, i denti che formavano una perfetta mezzaluna bianca.

Ma prima che potesse andare, Alec lo reclamò –nuovamente – per se: allungò una mano e, prendendolo alla sprovvista, lo attirò verso di lui, baciandolo con foga, in maniera impacciata. Tutto quello che era e che il suo carattere trasmetteva, si poteva tranquillamente riassumere in quel bacio: eppure, per quanto le sue labbra fossero screpolate e ruvide, e la sua mano fredda contro la maglia, a Magnus piacque molto essere baciato dallo Stregone. Anche così, perché ne leggeva il vero io, nascosto sotto gli abiti slargati e i capelli arruffati.

-Ora è perfetto.- sussurrò Magnus a fior di labbra, prima che Alec potesse dire altro. –A venerdì.-

Poi, a malincuore, si voltò e scese gli scalini, voltandosi verso la porta di casa solo quando raggiunse il cancello: fece l’occhiolino allo Stregone, che ancora attendeva sulla soglia. Fece un mezzo sorriso – ma, stranamente, le sue labbra sembravano sempre un po’ girate all’insù -, scoccandogli un occhiolino con il suo sguardo dolce e malizioso, e i suoi strani occhi da gatto.
Alec si adagiò allo stipite, passandosi le dita sulle labbra screpolate, ma rivestite da un leggero strato di lucidalabbra: sorrise debolmente, il sangue che gli cantava nelle vene come musica.
 


Lo Stregatto Parla.
E’ stato veramente, veramente, veramente difficile scrivere questo capitolo. Sembra facile invertire i ruoli in una storia già scritta, eppure c’è sempre da tenere in conto i caratteri originali dei personaggi e tutto, alla fine, si complica: ho trovato la traduzione del “Primo bacio” qualche mese fa su Shadowhunters.it e, visto che non ci sono altre scene Malec in CoB ho optato per questa. Ho dovuto modificarlo radicalmente, ma spero vi piaccia comunque ^^
Magari, tra gli extra alla fine del racconto, scrivo la scena della guarigione di Alec e della magia di Magnus, oltre che il loro primo appuntamento (per quest’ultimo c’è però da aspettare The Bane Chronicles).
Che altro dire? Dovrei essere quella che posta più in fretta, essendo sempre a casa e non avendo da studiare per l’uni/scuola: eppure mi faccio sempre attendere, forse perché mi dedico troppo ad altro. Al momento, devo anche mettermi sotto con il cosplay per Lucca e il ricamo della Geisha, oltre che lo spettacolo teatrale *sigh*.
Ma a voi non interessa *ride* :3
Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite/seguite e chi ha recensito lo scorso capitolo: v’invito a leggere “C/0” una storiella che ho scritto e che potete trovare sul mio profilo. Sono particolarmente legata a quella shot, forse perché ho dato sfogo al mio lato malinconico/erotico (anche se su quest’ultimo punto ci sarebbe da dubitare *ride*).
Okay, credo sia tutto. Ah, liberi di criticare, se qualcosa non vi torna: io non mi offendo :3
Al prossimo capitolo, con….CoA!

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Capitolo 4
*** CoA~XII - XIV ***


A Black_Rose, con i suoi scritti suscita emozioni anche nei  cuori più duri.

Maia e Luke sono stati feriti dai Drevak, mentre Jace e Clary sono in piena crisi, dopo aver scoperto di essere fratello e sorella. Il Conclave è in subbuglio, Valentine è tornato e con lui la sua progenie: o, almeno, secondo loro è così.
L’Inquisitore mette sotto torchio entrambi i ragazzi, Jace è il maggior indiziato, visto il suo coinvolgimento con il Nephilim fondatore del "Circolo": nonostante ora sia un Lupo, i Cacciatori sono restii a lasciarlo libero sino a quando la situazione non sarà chiarita. E, nel mentre, decidono di scacciare Raphael, in quanto ora è oramai diventato un Figlio della Notte.
In tutto questo caos, Magnus e Alec celano un grosso segreto….
 
L’OSTILITA’ DEI SOGNI – SENZA PAURA
 
-E’ ancora vivo?- Simon non poteva più trattenere la domanda. –Ne sei sicuro?-

Alec si lasciò cadere sul bracciolo della sedia più vicina: era madido di sudore, il volto teso e la pelle pallidissima, le squame sembravano tendere verso una sfumatura blu. Magnus, con una sola occhiata, non fece fatica a capire che era stremato dall’uso della magia.

-Sì, ne sono sicuro.- sembrava seccato. –Anche se non sembra, sono il Sommo Stregone di Brooklyn, so quello che faccio.-

Passò una mano tra i capelli neri, spostando lo sguardo su Catarina e Simon, e poi sul resto dei presenti, misto tra Nascosti e Cacciatori: aveva le palpebre socchiuse, il blu delle iridi praticamente invisibili sotto le ciglia nere. Si tirò su leggermente, intrecciando le dita, posandole poi sul mento, come se cercasse la forza per parlare.

-Sentite, non voglio fare il guastafeste ma….- sospirò. –…mi chiedo come mai mi chiamiate ogni volta che c’è un piccolo problema da gestire. Ho richieste, e tante, anche ben più importanti delle vostre e non posso mancare ai doveri che derivano dal mio titolo: posso consigliarvi infiniti Stregoni che….beh, hanno prezzi molto più modici del mio.-

Sembrava che parlare in quel modo gli costasse fatica, ma Clary non lo notò.

-Vuoi farci pagare? Ma Luke è un amico!-

Alec alzò lo sguardo e la fissò per un attimo, prima di rispondere: dalla tensione dei muscoli, Jace intuì che si stava trattenendo dall’urlarle addosso, considerando il tono che la ragazza aveva usato.

-Veramente, io l’ho conosciuto solo quando accompagnava tua madre per il lavoro sulla vostra memoria.- abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo dopo un secondo. –Non posso considerarlo un mio amico. E capisco che vi serva uno Stregone, ma non posso essere io: come ho detto, il titolo che mi sono guadagnato m’impone alcune restrizioni.-

Clary stava per replicare, ma Alec alzò la mano per fermarla: Jace non fu dello stesso avviso e non frenò la lingua in tempo, prima di dire la sua. A volte, era più forte di lui, non poteva farci nulla.
E Alec, questo, lo sapeva troppo bene.

-Oramai è tardi per tirarsi indietro.- incrociò le braccia dinanzi a sè. –Sei coinvolto, e stare con uno di loro non ti è d’aiuto.-

L’aria nella stanza sembrò gelarsi: Alec aveva perso ancora più colore, Magnus era sgomento, Clary e Simon sinceramente confusi. Fissarono tutti Jace, mentre il Nephilim dagli occhi di giada cercava di prendere parola, le palpebre calate tanto da lasciare solo due strisce ad osservarlo.

-Sentiamo, perché dici una cosa del genere?- la sua voce aveva una nota tesa, osservò Clary.

Il Licantropo inarcò le sopracciglia, l’aria interrogativa.

-E cioè?-

-Che io….che noi…..- balbettava, e sembrava straordinariamente giovane, nonostante portasse il peso di 400 anni. Il suo sguardo balzava da Jace al Nephilim rapido
come un lampo.

-Non ho inteso che stai con Magnus.- osservò con fermezza il fratello. –Ma è buffo che tu abbia capito cosa intendevo….lo stesso vale per te, Nephilim.-

-Non stiamo insieme, Jace.- si affrettò ad aggiungere Alec, paonazzo.

-Ah no?- ora era Magnus ad avere un tono lievemente irritato. –Dunque sei amico di tutti in quel modo, eh?-

-Magnus, per favore!- Clary lesse supplica nei suoi grandi occhi blu.

A volte stentava a credere che Alec fosse uno Stregone con quattro secoli sulle spalle: sembrava un’adolescente impacciato, incapace di svelare agli amici e al fratello una relazione clandestina. Come se ci fosse qualcosa di male in ciò che doveva legare Magnus e il ragazzo dai capelli neri che, in quel momento, stava rivolgendo occhiate al Nephilim, sistematosi invece come se fosse in procinto di contemplare un film al cinema.

-Io non….- cercò d’iniziare un discorso, ma ne sembrava del tutto incapace. –Voglio dire….come hai potuto pensare che io….-

-Non capisco perché cerchi di occultare la tua relazione con Magnus.- inarcò le sopracciglia. –Non sono affatto contrario ma…Alec….vorrei che tu me ne parlassi.-

Alec cambiò ancora colore, dal rosso passò al bianco pallido, sino ad un colore sinistro, simile al grigio: Clary si chiese se il suo secondo Marchio non fosse il cambiare tonalità come facevano i camaleonti. Con la coda dell’occhio osservò Jace, sicuro che le parole appena dette avrebbero suscitato un effetto rassicurante: invece, innescarono proprio la reazione opposta e Alec si chiuse a riccio.
Cercò allora gli occhi da gatto di Magnus, mandando quello che sembrava una specie di muto messaggio d’aiuto: per tutta risposta, l’uomo sbuffò, calmo e composto, come se la cosa non lo toccasse.

-Penso che sappia che non t’importa.- disse, osservando Alec. –E smettila di guardarmi così, per l’Angelo.-

-Allora non….-

Jace era confuso, non era difficile intuirlo: osservava Magnus, che sembrava sul punto di dire qualcosa, di rispondere ai dubbi che attanagliavano il fratello dello Stregone. Fu Clary a prendere la parola, forse cercando di rompere quel silenzio pesante e pieno di cose non dette, segreti dolori e ancora prematuri per uscire allo scoperto.

-Jace, basta. Lascia perdere.-

-Lascia perdere cosa?-

-Luke!- Clary si avvicinò, e la nuova presenza attirò lo sguardo dei presenti.

Tranne quelli di Alec e Magnus, che si contemplavano attraverso lo spazio che li separava: occhi di fuoco, sferzate di energia emanate da entrambe le figure. Alec aveva ancora quel colorito poco sano, in seguito allo shock provocato dalla scoperta del fratello: l’uomo dai tratti felini lo osservava, e nella sua mente mute domande vagavano senza trovare alcuna risposta.
Si ridestarono entrambi sono quando la voce di Luke arrivò ad una domanda che implicava anche loro.

-…..sentire cinque persone che urlavano. Di che si tratta?-

-Di niente.- un coro di voci, fuse in una sola.

Clary, Simon, Catarina, Jace, Alec e Magnus diedero vita ad un unisono che certamente non si sarebbe mai più ripetuto: era palese, tuttavia, che nascondessero qualcosa, ma Luke non si soffermò a pensarci più di tanto e un “capisco” mise fine alla cosa.
 

[…..]
 

Magnus alzò lo sguardo sui presenti: Catarina, la sua parabatai, lo osservava con una strana apprensione, come tutti i presenti, del resto.

-Allora?- domandò Clary.

-Allora cosa, biscottino?- alzò un sopracciglio, coprendo i muscoli dell’avambraccio.

-Come ti senti? Diverso?-

Alec lo guardava di sottecchi, da dietro le spesse ciocche nere: osservò i tratti tendersi per un istante, l’espressione pensierosa calare sul viso di Magnus. Quando riprese a parlare, il sorriso malizioso e i tratti felini tornarono al loro posto.

-Non esattamente.-

-Dunque non funziona.- Jace sembrava deluso.

-Non è detto.- la voce di Alec arrivava dalle spalle dei presenti.

-Giusto.- aggiunse Luke, strofinandosi il mento con le dita. –Probabilmente non c’è nulla, al momento, in grado di attivarla. Nulla di cui Magnus abbia paura.-

-Non hai nulla che ti spaventi?- chiese lo Stregone.

-A parte un pessimo abbinamento "maglia-pantaloni-scarpe"?- sembrava divertirsi un mondo. –Non saprei….-

-I ragni?- domandò improvvisamente Clary.- Luke, hai un ragno con te?-

Luke parve esasperato, il che era raro, per una persona mite come lui.

-Perché dovrei avere un ragno con me? Ho l’aria di qualcuno che colleziona ragni?-

-Senza offesa….ma direi proprio di sì.- Jace alzò le spalle.

-Forse è un esperimento stupido, questo.- alzò gli occhi al cielo. –Proviamo questa runa su qualcuno di meno sexy e coraggioso del sottoscritto.-

-E il buio?- suggerì Clary. –Potremmo chiuderti in cantina….-

-I Nephilim danno la caccia ai demoni.- il tono di Alec era calmo e paziente. –Non hanno timore del buio.-

-Beh, avrebbe potuto averla.-

-Ma sono sicuro che non ce l’ha.- Alec guardò Magnus, poi Clary, e alla fine incassò la testa tra le spalle, come se avesse parlato troppo.

Un campanello li distrasse, facendo voltare tutti verso l’eco del suono proveniente dalla porta principale: il mormorio del gruppo invase la stanza, mentre tre nuove figure facevano capolino nel salotto di Luke. La donna era veramente bella, lunghi capelli neri e tratti felini, la pelle abbronzata e due gemme scure piazzate nel viso: era fine, minuta, ma non bassa, il che le impediva di cozzare contro la figura allampanata di fianco a lei. Era un uomo dai capelli chiarissimi, la carnagione pallidissima e gli occhi blu, tanto da sembrare violacei: tra lui, la donna e la figura tetra dell’anziano membro dei Praetor Lupis, in un solo attimo, avevano dato l’impressione di aver occupato almeno metà della stanza con la loro energia*.

Per Clary ci vollero una manciata di minuti per capire chi fossero: pensò alla foto che aveva visto quand’era arrivata all’Istituto per recuperare Simon, e allora ricordò di averli visti accanto a suo padre, tra i membri di quello che veniva chiamato “Circolo”.
La donna era la madre di Magnus, mentre l’uomo era il padre di Catarina: peccato non ricordasse i loro nomi. Sapeva solo che, dopo la scomparsa dei rispettivi compagni, i due si erano avvicinati tanto da rappresentare per Magnus e Catarina un padre e una madre, nonostante lo fossero solo a metà.
Notò che Catarina si era fatta tesa, Isabelle sembrava agitata, Jace era stranamente silenzioso e Alec aveva serrato la mascella più del dovuto: gli occhi scuri della Licantropa osservavano gelidi i presenti, mentre la figura di Magnus, disinvolta come sempre, andava a sbarrare loro la strada, piazzandosi nel bel mezzo della stanza.
Il signor Loss inarcò un sopracciglio, la madre del Cacciatore si fece avanti: avevano entrambi un’aria sicura e determinata, tesa e anche un po’ irritata. Non fu difficile immaginare la causa, considerando tutto ciò che stava succedendo tra il ritorno di Valentine e le relative conseguenze da lui portate.

-Magnus, Catarina, che cosa ci fate qui? Vi avevamo detto di….- non si tratteneva affatto, per velare la rabbia che infettava la sua voce.

-Madre….- asserì, il tono fermo ma non strafottente come al solito. –Signor Loss, devo parlarvi.-

-Adesso, Magnus?- il padre di Catarina non sembrava per nulla dell’idea di conversare. –Non mi sembra il momento più adatto per….-

-No, mi dovete ascoltare.- trattenne il fiato. –Non mi rivolgete mai lo sguardo, non mi ascoltate, e tutto perché non sono come volete voi.-

In effetti, Magnus si distingueva bene dai suoi simili: a parte la divisa nera, e a volte i tratti un po’ strafottenti, era una persona eccentrica e che non si faceva problemi a esternare se stesso. Nel senso che, beh, non erano molti i Nephilim che si mettevano glitter e eyeliner, o che portava pantaloni leopardati e maglie viola, laccando le unghie con smalti colorati. Magnus era magico, in un certo senso: sembrava spiccare come un fiore rosso in mezzo al bianco del mazzo.
Motivo per cui, Clary pensò che la cosa non doveva andare a genio a nessuno del Conclave, di conseguenza ai genitori e a quelli che lo circondavano, tranne ovviamente la ristretta cerchia intima che lo conosceva e lo accettava in tutte le sue sfumature.

-Beh, io sono fatto così.- mise una mano sul petto. –Ed è ora che voi mi accettiate, che la smettiate di guardarmi all’alto in basso come se fossi qualcuno d’insignificante. E, sapete, mi vedo con qualcuno. Qualcuno che per me è molto importante, ma voi non potete saperlo, ovviamente.-

Si passò una mano tra i capelli ritti e induriti dal gel: il silenzio era calato sui presenti, le parole uscite dalla bocca di Magnus come un fiume in piena. Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, il ragazzo riprese il suo discorso: Catarina lo guardava stranita, come se non lo riconoscesse.

-E’ una persona che appartiene al Mondo Invisibile. E’ speciale, e non devo fingere con….-

Le parole gli morirono in gola, quando una mano pallida si posò sulle sue labbra: Alec era giunto alle spalle, rapido come una sferzata di vento, mormorando sillabe che fecero rovesciare gli occhi di Magnus all’indietro, portandolo a cadere come un albero abbattuto da un fulmine.

-Magnus!- la voce della madre echeggiò per la stanza.

Catarina era già al fianco del ragazzo, che si stava alzando senza bisogno di aiuti esterni: osservò il pavimento su cui era seduto, la figura di Alec accovacciata alle sue spalle e la sua parabatai inginocchiata accanto a lui. Gli occhi dorati saettarono per la stanza, e non si fermarono sino a quando non inarcò lievemente un sopracciglio.

-Cos’è successo?-

-Oh, per l’Angelo.- la mano della ragazza passò tra i capelli chiari. –Che diamine significava?-

Le ultime parole le aveva bisbigliate, come se temesse che qualcuno potesse udirle. Non che servisse a molto: il silenzio era un ottimo conduttore di suoni, e la stanza era tanto piccola da consentire un buon eco.

-Che cosa? Che è successo?- okay, era lievemente isterico.

I polpastrelli scivolarono sulla pelle del viso, massaggiandosi gli occhi: alzò lo sguardo dopo un attimo, come se fosse stato colpito da un’intuizione. Guardò prima lo Stregone alle sue spalle, poi fissò gli occhi in quelli dell’amica di fronte a lui, l’espressione turbata che ancora adombrava il viso.

-Ho detto qualcosa, prima di svenire?-

-Magnus.- fu Jace, questa volta, a farsi sentire. –Sai quella roba che abbiamo disegnato sul tuo braccio? Funziona eccome.-

Il corpo del Nephilim si tese di colpo, ma cercò di non mostrare il suo nervosismo: in parte, solo in parte riuscì a mascherarlo con l’atteggiamento sicuro che andava a caratterizzarlo.

-Che ho detto, biondino?-

-Hai parlato del fatto che non ti accettiamo.- fu il signor Loss a parlare.- E che ti vedi con qualcuno….-

-Oh.- alzò gli occhi al cielo. –Assurdo, non credevo che…insomma…-

Non aveva una scusante decente per spiegare tutto: forse poteva evitare la domanda sulla persona con la quale si vedeva, ma l’altra non aveva idea di come deviarla. Aprì la bocca, e inspirò una manciata d’aria, cercando le parole giuste.
Fu Alec a venire in suo soccorso, senza che vi fosse stata alcuna richiesta da parte del Nephilim dagli occhi di giada.

-Colpa delle tossine demoniache.- spiegò, alzandosi dalla posizione accovacciata. –A volte ci spingono a dire cose senza senso, motivo per cui non starei a prestare troppa attenzione alle parole che escono dalla sua bocca. Non per qualche tempo, almeno….-

Gli occhi di Magnus, allora, andarono a cercare quelli blu dello Stregone: ci fu un attimo in cui, nella stanza, ci furono solo loro. Niente Isabelle, o Clary, o Jace, Catarina e i suoi genitori, tantomeno il Praetor Lupis Imogen: per una frazione di secondo, il ragazzo non pensò ad altro a quanto avrebbe voluto alzarsi e dirgli grazie per aver cercato di coprirlo.
Perché, beh, lui non era stato altrettanto discreto: tutta colpa di quella maledetta runa.
 
 

*dopo averci pensato secoli e secoli, ho optato per introdurre due personaggi che non avremmo mai conosciuto: la mamma di Magnus e il papà di Catarina. Ovviamente, sono andata ad intuito, quindi perdonate se non sono ben caratterizzati, ma non sapendo come sono fatti, direi che ho lasciato il loro carattere molto abbozzato. Per altro, si mettono insieme in seguito alla perdita dei loro partener, ergo la mamma di Catarina e il papà di Magnus. Spero abbiate capito, non volevo dilungarmi in inutili e vacue spiegazioni.
Imogen è una licantropa. Lo so, non ha senso, ma se posso darò spiegazioni più in là, altrimenti ricordatemelo e vedrò di chiarire.

Lo Stregatto Parla.
E…..sono una cacca.
Una brutta, bruttissima cacca.
Potete insultarmi, avete il mio sacrosanto permesso di farlo =___=”
Dunque, non voglio mentirvi: mi sono allontanata dalla storia un po’ per mancanza d’ispirazione, un po’ perché aiuto a casa come posso (sfruttamento da parte di mamma), un po’ per il costume di Lucca, il corso d’inglese e il teatro, e anche perché non ero convinta di come stava andando avanti questo racconto.
Motivo per cui, vi chiedo una grossa cortesia: se qualcosa non vi torna, se vi sembra che non abbia senso, se i personaggi stanno andando OOC, se le situazioni non hanno una logica umana, ditemelo.
Grazie, molto gentili <3

Dunque, non so che altro aggiungere: spero di postare l’ultima parte di CoA entro breve, dedicandomi nel contempo ad altro, magari (oltre alla lettura).
Uh, credo di averlo già chiesto in “Semplicemente tu”, ma lo ri-domando qui: a vostro parere “C/0” andrebbe allungata come mini serie o la lascio come racconto solitario? Non so, mi sento ispirata ad andare avanti, ma temo di rovinare tutto >.<
Ringrazio di cuore chi recensisce, chi mi segue, chi mi scuote e chi m’ispira con i suoi racconti: siete fantastiche, non so come altro dirvelo.
Ora vado, “Memorie di una Geisha” mi attende sul comodino del letto (finito quello passo a “Pirati del cielo”).

Ps. Oggi è finita la serie TiVì di “Robin Hood” T__T
Ps.2. Non sono soddisfatta del capitolo, mi fa un pò schifo.

Chesy :3

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Capitolo 5
*** CoA~XIX ***


Ad Ari Youngstairs, perché oltre a scrivere bene, traccia dediche meravigliose.

 
Il dado è tratto: la battaglia sulla nave ha inizio.
Raphael fa la sua comparsa a fianco dei suoi ex-compagni, i Cacciatori: Jace e Clary sono pronti ad affrontare Valentine, con o senza i loro amici. Catarina e Isabelle combattono fianco a fianco, Simon si aggira per la nave alla ricerca di una via d’uscita: una spada gli brilla in mano, ha coraggio negli occhi, ma non è addestrato per combattere i demoni. Magnus si scaglia contro numerosi nemici, pur di raggiungere la propria parabatai: Imogen, dopo aver sacrificato la sua vita per Jace, giace immobile sul ponte, prima vittima di quella maledetta notte.
Ma quando un demone attacca i Cacciatori e i Nascosti finalmente riuniti, tutto diventa incerto e si tinge i sangue: Isabelle e Catarina saranno costrette a lottare assieme per sopravvivere, Clary dovrà scegliere da che parte stare, Magnus e Alec, invece….
 
 DIES IRAE
 
Si chiese quanto si poteva vivere senza respirare. Per un lungo, lunghissimo attimo, il suo cervello pose quella domanda insensata, benché oramai fosse il suo intero corpo a reclamare aria per potersi rimette in moto.
Il problema? Respirare aveva delle conseguenze.

Uno spaso lo costrinse a smettere di riflettere e a reagire, finalmente: come se qualcuno gli avesse dato la scossa, Magnus si mise a sedere e rigurgitò l’acqua che, come un peso opprimente, gl’impediva d’inalare l’aria sporca della città. Solo quando sentì i polmoni e la gola in fiamme, capì perché prima stava facendo quel malsano ragionamento.
Si guardò attorno spaesato, cercano di orientarsi in quell’oscurità densa e fangosa: sotto di se sentiva la consistenza del ferro, e il rumore dell’acqua scrosciava nelle orecchie, il che lo portò a dedurre di trovarsi sull’acqua, in equilibrio precario.

-Finalmente ti sei svegliato.-

Fu un sussurro roco, ma gentile, che lo costrinse a voltarsi per incrociare gli occhi blu di Alec: la sua figura muscolosa, zuppa d’acqua, stava tremando, e i denti bianchi battevano senza controllo.

-Alec.- sembrava che lo vedesse per la prima volta.- Che è successo…?-

Sputò ancora una manciata d’acqua, la lingua come carta vetrata.

-Sei caduto in acqua.- gracchiò.- Ti ho tirato fuori prima che potessi affogare. Come ti senti?-

-Io….-

Forse sarebbe stato meglio farla ad Alec la domanda: era così pallido che la sua pelle sembrava trasparente, e le occhiaie sotto i suoi occhi erano un miscuglio tra il nero e il viola scuro. I capelli, dello stesso colore della notte, erano appiccicati al viso e parevano assottigliarlo ancora di più: le palpebre cedettero e lo Stregone socchiuse gli occhi per un paio di secondi, riaprendoli poi di poco.

Magnus però non disse nulla, cercando freneticamente lo stilo: quando capì che doveva esserselo preso la corrente, provò a ricordare cos’era successo. Dapprima nulla, poi piccole schegge di memoria si ricongiunsero davanti ai suoi occhi, sino a formare un quadro più o meno completo della situazione.
Un’immagine delineava la sua caduta in acqua, i demoni che animavano la nave come spiriti inquieti, Raphael bloccato in quel relitto in procinto di affondare, Catarina che, dietro di lui, chiamava forte il suo nome,….

-E Catarina? Raphael?- si voltò per scrutare l’acqua salmastra alle sue spalle.

-Non lo so.- alzò la testa per guardarlo negli occhi. –Ma penso se la siano cavata. Voi Cacciatori…-

-Devo tornare.- sibilò. –Lei è là, non posso lasciarla.-

-Anche i miei fratelli sono lì, cosa credi?- si passò una mano tra i capelli. –Ma credo di non poter resistere ancora molto… Oltretutto, potresti avere una commozione celebrale e, per come sono messo adesso, non riuscirei a curarti.-

-Sapevo che era una pessima idea.- strinse le dita sulla divisa. –Maledizione….-

-Non è colpa tua, Magnus.- lo Stregone lo fissò da sotto le ciocche bagnate.

- Non ho detto questo.- soffiò lui, voltandosi nuovamente.

Alec sembrò ferito da quelle parole, e si strinse ancora di più alla ricerca di calore.

-Scusami.- gli occhi brillarono alla luce delle stelle. –Tu sei, probabilmente, l’unico che non centra nulla in tutto questo.-

-Ti sbagli, forse sono coinvolto anche più di te, per via di Jace….-

-Ovviamente.- tutto, nel suo atteggiamento, esprimeva un misto di rabbia e irritazione.

-Magnus, ne abbiamo già parlato….-

-Questo non è esatto.-

-Secondo te faccio tutto questo solo per lui?- ora la sua voce era chiara, decisa. –Davvero la pensi così?-

Ci fu un attimo di silenzio, in cui Magnus rimase a fissare Alec, immobile come una statua: avrebbe voluto rispondergli, ma qualcosa glielo impediva. Le iridi del Cacciatore si posarono sull’uomo che gli stava davanti, la voce immobile e poco collaborativa: sentiva come una….resistenza tra loro, soprattutto quando s’inoltravano in certi discorsi. C’era attrazione, c’era calore e, per l’Angelo, quello Stregone lo faceva sentire eccitato come un bambino la vigilia di Natale, ma….

….Magnus lo metteva sempre in difficoltà. Ogni volta che provava a parlare, restando calmo, in lui s’innescavano mille emozioni e non riusciva a controllarsi: quando quegli occhi di giada si posavano su di lui, i nervi prendevano fuoco e ogni pensiero negativo spariva nel nulla. Ma c’era quella bolla, quel peso triste e pieno di rammarico, che gli pesava sul cuore e che, ogni volta, sembrava impedirgli di dar vita a pensieri sinceri o significativi per entrambi.
Aveva 400 anni, maledizione. Come poteva comportarsi come un diciottenne impacciato?

-Devo tornare sulla nave.- disse in fine, forse più per orgoglio che per altro.

-Ti aiuterei volentieri.- non era ironico, solo tanto stanco. –Ma non ci riesco: eliminare gli incantesimi difensivi dalla nave ha portato via un sacco di energia. Oltretutto, quando ti ho trovato e ripescato dall’East River, ho fatto un incantesimo al pick-up per non farlo affondare qualora avessi perso i sensi….-

-Alexander..?- Magnus si avvicinò a lui, vedendo il corpo afflosciarsi ulteriormente.

-E’ tutto okay Magnus.- gli occhi blu dello Stregone si schiusero e si fissarono nei suoi. – Devo solo….recuperare le forze.-

Magnus guardò Alec, le scaglie perlacee che splendevano alla flebile luce delle stelle: era uno Nascosto con diversi secoli sulle spalle, eppure gli appariva come un normalissimi ragazzo di vent’anni, così sensibile e gentile, pronto a dare tutto per coloro che amava.
Si era buttato nel fiume e l’aveva tirato fuori: si era fatto in quattro solo per assecondare i capricci dei suoi fratelli, mettendo da parte la sua felicità per loro. Ora, sotto la luce e con gli abiti che gli aderivano, gelidi, alla pelle, Magnus capì quant’era, in realtà, fragile e, allo stesso tempo, determinato: cresceva, dentro al Cacciatore, la voglia di proteggerlo dai pericoli a cui, lui e tutti gli altri, lo avevano egoisticamente esposto.

Fu allora che si avvicinò ad Alec, allungando le mani verso di lui: il ragazzo osservò le dita brune e piene di cicatrici, le unghie smaltate di nero, alcune rovinate per via dell’acqua e la lotta. Stava per dire qualcosa, quando Magnus parlò.

-Prendi la mia energia, Alexander.-

- Non posso, tu devi tornare alla nave, e…- un gesto del Cacciatore gli bloccò le parole in gola.

Magnus scosse la testa, afferrando le mani pallide dello Stregone: le dita s’intrecciarono, un contrasto di colori e forme, di cicatrici e polpastrelli raggrinziti. Una scintilla rossa prese vita da quel tocco, innescando numerosi, piccoli fiocchi rossi, come se una manciata di brace fosse esplosa.

-In questo momento, il mio posto è accanto a te, Alexander.- disse, avvicinandosi ancora a lui. –Prendi la mia forza, prendi tutto ciò che ti serve, fiorellino.-
 



Lo Stregatto Parla.

L’ho detto (al mio bonsai Tobi) che le Long non fanno per me, e ora potete vederlo anche voi. Manco da….quando? Novembre? E, ora, dopo il mio “assestamento” sono riuscita solo a produrre una schifezza del genere =__=” Non posso essere chiamata “autrice”, ne sono pienamente indegna.
Ho pensato a mille cose da dirvi una volta finito il capitolo, ma ora è sparito tutto, e non so come delineare scuse e situazione attuale: fondamentalmente, resto dell’idea che io e le long con tanti personaggi, e situazioni complesse, non andiamo d’accordo.

Motivo per cui, per evitare di farvi penare, chiuderò questa storia con il terzo libro di TMI, “City of Glass” e la ragione è anche semplice da spiegare: quando la Clare ha pensato ad un quarto libro, io l’ho accettato e me lo sono sorbito pensando fosse quella la conclusione (anche se CoG mi aveva pienamente soddisfatta). Quando ha scritto anche il quinto e il sesto, io non sono riuscita a leggerli (solo Malec’s moments): nessuno dei due. Non perché mi faccia schifo la Clare, ma perché credo sia stato rovinato pienamente TMI: almeno, in TDA, è stata coerente e sensata, e tre libri sono stati perfetti per non rovinare l’intera storia.
Il tutto, per dirvi che, per me, andare a cercare e raccontarvi di CoFA, CoLS e CoHF sarebbe come torturarvi per le lunghe attese (e rischierei di farvi aspettare per poi non produrre nulla): indi per cui, ho deciso che terminerò con il terzo libro questo racconto. (già detto, LOL)
(Millanta parole per dire una cosa sola, diamine!)

MA, e lo sapete che quando dico “ma” c’è da aver paura, ho altro che posso proporvi, qualcosa che mi lascia più libera di gestire, come mi pare, i racconti, senza incastrare i personaggi a forza. Se volete, nel prossimo post vi lascio un piccolo spoiler <3 <3 <3
Quindi scusate se ancora vi ho fatto dannare tanto, ma sono fatta così.
Ah, e perdonate il post scarno, sono un po’ arrugginita.
Colpa del mio capo che, per altro, vorrei prendere amorevolmente a cazzotti <3

Ps. Ragazze/i, che mi seguite, grazie per non avermi abbandonata. E per la vostra immensa pazienza. Grazie Di Cuore.

Chesy :3

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Capitolo 6
*** CoB~La mia vita, la tua vita ***


A Class_13, che mi sprona sempre a dare il massimo.
 
Abbadon può non aver vinto, ma ha infettato Magnus con il suo veleno: e mentre Catarina lotta per non crollare, e Jace punta a risolvere la situazione a mente lucida, è chiaro a tutti che quello è solo il preludio di una battaglia.
Perché Valentine è pronto ad attuare il suo piano, con o senza il supporto dei suoi figli.
 
LA TUA VITA, LA MIA VITA
 
Sospettava che sarebbe successo qualcosa.
E non ne aveva la certezza perché, come Stregone, aveva sognato una cosa del genere, ma perché i suoi fratelli avevano deciso di partire, promettendogli di contattarlo in caso di bisogno. Avrebbe voluto andare con loro, per proteggerli, ma non gli piaceva l’idea di lasciare Max da solo, in un momento, poi, che vedeva il Mondo Invisibile in balia di eventi inaspettati.
La sola idea di lasciarli soli, sia che Jace che Izzy che Max, lo faceva impazzire: avrebbe voluto sodoppiarsi, per seguirli, peccato non esserne capace.
E proprio mentre finiva di preparare alcune pozioni atte a supportare la guarigione, il messaggio apparve: una scrittura rapida, non elegante, di chi ha fretta di comunicare qualcosa.

"Vieni all’Istituto, Magnus Bane è stato infettato da un demone superiore."

La grafia era di Isabelle.
Il nome era del Cacciatore incontrato alla festa di sua sorella.


Magnus Bane.

Alec non seppe perché, ma leggere quel nome abbinato alla possibilità di morire, gli aveva scosso il cuore, facendogli tremare leggermente le mani: lui, che impazziva solo quando erano i suoi fratelli ad essere in pericolo, e che mai aveva preso a cuore altro che loro.
Prese la borsa e, senza tante cerimonie, aprì un Portale nel soggiorno: dall’altra parte, come oltre la soglia di una porta, vide l’Istituto immerso nel buio tetro della notte.
Non avvisò Max della sua partenza ma, non appena passato il varco, avrebbe trascinato e scaraventato sua sorella all’interno del Portale per farla arrivare a casa: anche lei sapeva quanto era pericoloso mollare un bambino tanto piccolo da solo, anche se Stregone.

Fece un profondo respiro e, senza esitare ancora, con un solo passo si porto a parecchi chilometri di distanza: ai mondani, la chiesa doveva apparire abbandonata e dimenticata da Dio ma lì, dinanzi ai suoi, di occhi, le luci erano accese e le rocce, seppur crepate, sembravano solide e trattenute al loro posto dai rampicanti.
Riconobbe la sagoma di sua sorella che gli correva in contro: slanciata e scura, la lunga coda che saettava a ritmo con i passi e il tocco dei tacchi. Vide subito che era sporca di sangue, secco e tirato sulla pelle: alle sue spalle, Simon appariva distrutto, i capelli arruffati e la maglia sporca.
Lo Stregone lo degnò appena di un’occhiata, ma non perché se ne fregasse interamente di lui: l’unica persona, in quei pochi metri, che catturava la sua attenzione era solo sua sorella Isabelle.

-Oh Alec…- lo abbracciò, ma alzò lo sguardo solo quando il fratello la tastò per capire se fosse ferita. –No, non è mio il sangue….Tranquillo.-

-Izzy, voglio che attraversi il Portale e vai da Max.- le prese il viso tra le mani, per fissare gli occhi nei suoi.

-Alec, non….-

-Per favore, Izzy.- lo sguardo preoccupato e determinato la trafisse come una spada. –Torna a casa, qui ci penso io. Fidati di me.-

Apparve indecisa, ma solo per un attimo: poi i suoi tratti si addolcirono e annuì.

-Mi fido sempre di te, fratello.-

Si vedeva che manteneva una certa riluttanza, ma non poteva neanche ignorare Max: e poi, la bella Ifrit sapeva perfettamente che suo fratello, quando lavorava, aveva bisogno di tranquillità, senza che nessuno gli stesse attorno per metterlo sotto pressione.
Solo quando vide la sua figura sparire, risucchiata dal Portale, Alec poté rilassarsi e tornare a pensare al motivo per cui era lì: Magnus Bane.

Non ci fu bisogno di chiedere a Simon, poiché il ragazzo capì al volo e, a grandi falcate, lo condusse all’interno della struttura, sino alla stanza in cui risiedeva il Nephilim: e mentre cercava di star dietro alle lunghe gambe dello Stregone, provò, ansimante, a spiegargli com’era andata.

-Si è distratto, per proteggerci.- spiegò. –Il demone lo ha morso: hanno provato ad applicargli delle rune, ma non ha funzionato …-

Arrivati dinanzi alla stanza, si accorsero che la parabatai di Magnus era inginocchiata davanti al letto, l’espressione tesa e preoccupata, lo stilo ancora stretto in mano: lasciava scivolare lo sguardo, velocemente, dall’amico sino alla soglia. Si bloccò a fissare Alec, pallida, quando si accorse della sua presenza.

-Il veleno è troppo potente per le rune.- affermò, senza scomporsi più di tanto.- Simon, mi serve che tu tenga fuori Catarina. Non entrate, qualunque cosa accada.-

Lo fissò, parole decise e che non ammettevano repliche: anche per Simon, che non conosceva a fondo lo Stregone, fu strano sentirlo così determinato e con la situazione sotto controllo. Da quando l’aveva visto, la prima volta, gli era parso soltanto come un ragazzo timido e impacciato, protettivo soprattutto nei riguardi dei fratelli.
Ora la sua figura…gli metteva quasi timore.
Catarina doveva aver udito le parole di Alec, perché abbandonò Magnus e si diresse verso di lui: aveva i capelli chiari scompigliati e sporchi di sangue, il volto teso per la preoccupazione, le braccia e le mani che tremavano, dipingendo una figura totalmente opposta, rispetto ai classici Nephilim forti e determinati.
Guardò prima Simon, poi nuovamente Alec: quando, finalmente, trovò le parole, la sua voce era stranamente calma.

-Io devo stare con lui, non posso abbandonarlo.- soffiò. –E’ il mio parabatai, deve trarre forza da me, ora più che mai….-

-Lo capisco.- disse il ragazzo dai capelli neri.- Ma il veleno sta soffocando il potere della runa, e devo estrarlo per ristabilirne il flusso. Lascia fare a me, Cacciatrice.-

Catarina esitò per un attimo: si vedeva che era combattuta, che non sapeva più a cosa credere. Ma poi, dopo aver ripreso possesso di un contegno e di una forza ripescata chissà da dove, guardò Alec dritto negli occhi, le parole che risuonarono chiare ed echeggiarono un poco, tra i corridoi freddi dell’istituto.

-Ti affido Magnus, Alexander Gideon Lightwood.-

E quelle parole, per il ragazzo dagli occhi blu, trasmettevano più cose, oltre al loro apparente significato: e, tra queste, Alec poté percepirne una molto rara.

Fiducia incondizionata.

Lo Stregone annuì, facendo scivolare le ciocche nere davanti agli occhi, le scaglie che scintillarono al debole chiarore delle luci: entrò nella stanza e, senza più guardarsi indietro, chiuse la porta dietro di se.
E, alla debole luce delle candele, notò quanto sudato e immobile fosse Magnus.

E quanto facesse freddo in quel posto, dannazione.

Ora capiva perché i Nephilim si aggirassero smanicati in pieno inverno: a forza di vivere tra le fredde mura di una chiesa, si faceva presto a diventare refrattari al gelo.
Agitò la mano, e il fuoco si animò attorno a lui: piccole fiamme circondarono le loro figure, riscaldando l’ambiente polare, donando la luce necessaria per constatare le condizioni di Magnus.
La sua carnagione ambrata aveva perso qualche nota di colore, occhiaie scure e livide sembravano un trucco scialbo e troppo pesante: con le dita, artigliava le lenzuola, trattenendole e rilasciandole a seconda di quanto veleno sentiva fluire nelle vene. Le labbra erano screpolate e morse a sangue, i capelli appicciati al viso: di tanto in tanto, da quelle stesse labbra, gli sfuggivano mugolii rochi e borbottii sommessi.
Alec venne colto da una marea di emozioni, una più difficile dell’altra, una più forte dell’altra: si sentiva strano, molto strano, e tremendamente preoccupato che le sue abilità mediche non bastassero a salvarlo.

Poi vide qualcosa brillare, sul viso del Cacciatore, tra le ciglia: occhi verdi e oro, velati dal dolore, come uno spicchio di luna in mezzo alle tenebre. Probabilmente fu solo una sensazione, ma Alec sentì il suo sguardo addosso, le iridi che si puntavano nei suoi occhi: gli sembrava che Magnus lo stesse guardando davvero quando, probabilmente, osservava i suoi incubi avvicinarsi.
Al ragazzo servì solo questo, per convincersi che quel Nephilim non sarebbe morto, che si sarebbe salvato, e che ancora avrebbe visto il suo sguardo illuminarsi e il sorriso aprirsi per dar voce ai suoi pensieri.

Boccette aperte invasero l’ambiente con il loro odore pungente e penetrante.
Bende varie si srotolarono lungo l’intera stanza, scivolando sulla pelle come piume d’angelo.
E poi nenie a non finire, che echeggiavano tra le mura: canzoni antiche, pronunce complesse, accompagnate da grida a stento trattenute e rochi sussurri; scintille prendevano vita al suono di quelle cantilene e si posavano sulla pelle, risanandola. Il veleno salì dalle ferite, danzò come un serpente sinuoso in un vortice scuro: e Alec lo guardava, le tempie sudate, i capelli appiccicati alle scaglie perlacee.

Si ritrovò ad odiarlo, quel veleno.

Perché apparteneva ad un Demone.
Perché aveva infettato Magnus.
Perché lui stesso era figlio di una simile tossina.
La spirale scura parve osservare lo Stregone di rimando, ma fu presto distrutta, in un solo battito di ciglia: evaporarono, le sue gocce, disintegrate da una magia gemella ma usata a fin di bene.
Le braccia tese di Alec si allargarono, i palmi posati ad un soffio dal corpo del Cacciatore: il respiro di entrambi era affannoso, ma ora Magnus non artigliava più le lenzuola con tanta foga e il sudore aveva smesso di colargli dalle tempie.

Le fiammelle ondeggiarono lievemente quando nuove scintile, delicate come fiocchi di neve, si posarono sulla pelle, ricongiungendo i lembi, risistemando le ossa: aprendo un occhio chiuso per la concentrazione, Alec si accorse che il colorito era tornato e che la pelle era meno tesa, quasi rilassata. Le occhiaie avevano lasciato il posto a lievi ombre, il respiro era più regolare e i denti avevano finito di torturare la carne del labbro.
Le pallide dita del ragazzo tremarono, ma non cedette: diede fondo ad ogni sua energia, a tutto ciò che aveva in corpo, facendo sì che la neve continuasse a risanare il corpo martoriato di quel ragazzo.
E, irrimediabilmente, si ritrovò a pensare a lui.

Al fatto che non lo chiamasse “Cacciatore” come faceva con altri.
E che, quando gli aveva parlato, sembrava che si fosse aperto uno spirale di luce, in tutta l’insicurezza che lo circondava: allo stesso modo, in quello stesso istante, l’alba fendeva il buio e lo scacciava. Era già passata la notte? Non se ne era reso conto, talmente era preso dagli incanti per tenere in vita Magnus.
Resistette ancora poco, poi crollò sulla sedia lì, vicino al letto.

Si sentiva stanco, e la sola prospettiva di aprire un Portale per tornare a casa lo demoralizzava ancora di più: si passò una mano tra i capelli, osservando il corpo dinanzi a lui, le fiamme che lo riscaldavano e giocavano sulla sua pelle con luci e ombre. Era più rilassato, e il respiro regolare rasserenò Alec come se fosse la ninnananna più bella del mondo: sospirò, sorridendo senza neanche rendersene conto.

Era salvo.

Non si accorse neanche di avere una mano di Magnus tra le sue: le guance si scaldarono, probabilmente arrossendo, ma non seppe dirlo, perché l’unico testimone di quell’atto giaceva incosciente nel letto.
Timidamente, contemplò i polpastrelli ruvidi, le unghie dipinte, le falangi lunghe e sottili: quelle mani erano adatte a creare magie, come un vero artista, e non a combattere.
L’anello della famiglia brillava tra il sangue e la pelle scura, svelando ad Alec una verità amara: lui era un Cacciatore, un figlio degli angeli, qualcosa di proibito.
Si alzò di scatto, come se Magnus scottasse: ma, in realtà, era stato quel pensiero a farlo allontanare.

Prese le sue cose, cercando di mantenere la concentrazione: si sentiva ancora spossato, ma non l’avrebbe dato a vedere, non davanti agli amici di Magnus almeno.
Aveva la mano sulla porta, quando un’idea s’insinuò nella sua pelle: era folle, stupida, incosciente, degna dei più grandi peccatori, ma lo eccitava da morire. Lo spaventava e lo attraeva allo stesso tempo come, appunto, qualcosa di proibito ma che brami di avere comunque.

Si avvicinò a Magnus, guardandolo dall’alto, gli occhi blu fissi su di lui: aveva un naso splendido, il viso spigoloso, la pelle come un quadro fatto di rune e cicatrici.
Sentì il cuore battere sempre più forte, Alec.
Temette che stesse per uscirgli dal petto.
E poi, senza più tentennare, trattenne il fiato e lo fece, spinto da un istinto antico, risvegliatosi solo in quel momento: come un fuoco sopito da tempo che si ritrova, improvvisamente, impregnato di benzina.

Lo baciò, sulla fronte, vicino a quei capelli pieni di gel e neri come la notte.
Lo baciò, inspirando il suo profumo di sandalo.
Lo baciò, desiderando che, al posto della fronte, ci fosse la bocca.

E mentre se ne andava, rassicurando Catarina e sperando che anche Jace e il resto dei suoi nuovi amici non avessero bisogno di cure, sentì il senso di colpa risalirgli lungo la gola, artigliandogli il cuore: qualcosa gli sussurrava che aveva fatto un errore, che era tremendamente sbagliato provare un sentimento per un uomo, per di più un figlio degli angeli.
Eppure, sino a quando non si risvegliò il giorno dopo, pensò che non gli importava.

E sognò di baciare ancora Magnus.



 
Lo Stregatto Parla.
Vi è piaciuto il capitolo? Scusate se ho tardato tanto.
Beh, come al solito, passo alle comunicazioni di servizio: vi starete chiedendo perché non recensisco più e perché non sono più attiva come prima. Le recensioni, giuro, le scriverò e risponderò a tutte, questo se volete lo prometto sui Malec, che mi fulminino se non lo faccio.
Comunque, il fatto è questo: quando sono entrata su Efp, la mia vita in gdr era drasticamente ridotta e avevo mooolto più tempo libero: ora, il forum di FFA è tornato attivo e su BSS si sono risvegliati dal letargo ed ambedue si contendono la mia presenza, anche perché tutti i membri dei forum sanno come rintracciarmi se mi vedono sparire nel nulla. E poi, beh, è il continuo ruolare che mi ha portata a scrivere racconti ed FF…. e sì, i miei pg sono stranamente fondamentali o__o Non l’avrei mai detto.
Indi per cui, sono meno attiva per causa loro, ma non temete, io non vi abbandono: diciamo solo che, beh, non ci sarò più come prima, ma non smetterò di scrivere, perché, voi non lo sapete, ma ci sono tantissimi nuovi progetti in cantiere, il tutto solo per voi!

Quindi vi ringrazio, voi che recensite e che, nel mentre, scrivete storie che mi fanno piangere e ridere, o rapidi sprazzi di racconti che mi emozionano più di un libro: grazie per non avermi lasciata sola e per il vostro continuo sostegno, senza non so proprio come farei.
Detto questo, se avete finito di leggere tutto ciò che ho scritto, nel vostro commento lasciate scritto anche “BAZINGA!” così so che avete letto le mie info del giorno.
Che altro? Ah, mentre scrivevo ho ascoltato il CD degli Imagine Dragons, quindi mi sono stata ispirata dalle loro canzoni.
Un abbraccio,
Chesy :3

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Capitolo 7
*** CoG~X ***


A Liquid_sun, le cui pillole sono peggio di una droga.
 
Niente è finito, anzi, ora è il momento per darsi una scrollata e iniziare la vera battaglia: mentre Alicante, l’inespugnabile città dei Cacciatori, viene investita da un’orda di Demoni assetati di sangue.
 
 
FUOCO E SPADA
 
Correva come una furia, Alec, come se fossero molteplici i demoni che gli stavano alle calcagna: forse, uno spettatore esterno, assistendo alla scena nel buio della notte, aiutato a malapena da una falce di luna, avrebbe potuto vedere qualcosa muoversi nel buio.
Ma poche erano le creature che cercavano di afferrare lo Stregone: in tutta la città, anime deformi e grottesche si aggiravano assetate di sangue, riducendo tutto ciò che incontravano in frammenti e ruderi spruzzati di sangue.
Le luci delle torri antidemone emanavano bagliori fiochi, opachi, quasi fossero del tutto scariche: illuminavano malamente ciò che le circondava, e lasciavano ben poco all’immaginazione di chiunque si aggirasse nei dintorni. No, non era un incubo.
Sì, i demoni avevano assaltato la città inespugnabile.

Quasi avrebbe riso, Alec, vista l’assurdità della cosa. Secoli e secoli di orgoglio per una città perfetta e del tutto immune agli attacchi demoniaci e, ora, ecco cosa restava della dimora degli Shadowhunters: miseria e macerie, ovunque si gettasse l’occhio.
Il sibilo di una freccia ruppe il silenzio, quasi uno sparo nella notte tinta di urla e lamenti: non si era neanche reso conto che il suo corpo aveva reagito d’istinto e che una freccia scintillante come acqua pura, era partita dalle sue dita per conficcarsi nella carne di una demone sotto di lui.
Là, in alto sui tetti, Alec si sentiva quasi estraneo alla cosa, ma ora sembrava realizzare di non esserlo del tutto: il mondo sotto di lui combatteva, si agitava e pulsava di battaglia e, nonostante non provasse un amore particolare per i Cacciatori, sua sorella e il fratellino era lì e doveva proteggerli, fare anche lui la sua parte, per quanto impegnativo fosse.
Ma, soprattutto, doveva trovare…..

Sentì un rumore, provenire da destra: tese le orecchie, zittendosi, scartando i gorgoglii e i grugniti che echeggiavano per le mura della città. Pensò di esserselo immaginato, e stava quasi per andarsene, quando lo udì nuovamente: uno schianto, il rumore di una spada che perforava la carne e si abbatteva sul terreno.
E poi un sibilo, certamente un’imprecazione soffocata.
Alec si guardò attorno, la figura slanciata fasciata da abiti stranamente aderenti: jeans e maglia dalle maniche lunghe lo riparavano dal freddo pungente, ma le scaglie che caratterizzavano la sua pelle scintillavano lievemente a contatto con i raggi lunari.
Strinse la presa sull’arco, una faretra sulla schiena ancora piena di tutte le sue frecce: nonostante fosse uno Stregone, la magia come sangue nelle vene, aveva sempre sentito il bisogni di avere un’arma alternativa, in caso di necessità.

Gli occhi blu scrutarono i dintorni, palazzi come testimoni silenti non sembravano vogliosi di rivelargli alcun segreto: eppure lui si fidava del suo istinto, di quello che le sue orecchie avevano sentito, e si avviò nella direzione che gli suggeriva la testa. Agile, le lunghe gambe come ali saltavano di palazzo in palazzo, così veloci da confondersi con la notte stessa.
Si sporse dal palazzo che dava sulla Piazza del Pozzo: una figura solitaria combatteva armato di kukri contro diversi demoni Ibis, simili per aspetto agli esseri umani ma costituiti da fumo nero, gli occhi gialli che scintillavano come pietre nel buio.
Poteva distinguere chiaramente il corpo che arretrava verso il muro: magro e slanciato, i capelli come la notte, i movimenti fluidi delle armi. Il cuore di Alec perse un battito, mentre osservava Magnus arretrare sempre di più, sino a toccare il muro di un palazzo.
I demoni lo contemplavano con bramosia, ma quando uno di loro saltò sul Cacciatore, pensando di sopraffarlo perché oramai in trappola, venne tranciato in due dalle lame affilate dei kukri, scomparendo in un crepitare di scintile. Le altre creature chiusero il buco lasciato dal compagno, per nulla intimoriti: avanzando di un passo per attaccarlo meglio, Magnus non si era reso conto di aver lasciato un lieve spazio alle spalle.
Decisamente limitato per un essere umano, ma per il corpo di un Ibis era perfetto: così, una delle creature scomparve dal gruppo, ma si ripresentò, evanescente, alle spalle del Cacciatore, pronto a colpirlo di sorpresa.

Alec non si fermò a pensare. Tese la corda dell’arco, nessuna freccia incoccata, ma quando un borbottio sommesso sfuggì dalle sue labbra, lievi scintille presero vita dalle dita e crearono un dardo mutevole, come se fosse fatto d’acqua.
La magia era misteriosa, e poteva presentarsi nelle forme più insolite: ma quella freccia, che puntò dritta al petto del demone, non fallì nel suo intento.

E il demone esplose alle spalle di Magnus, senza alcun sibilo.

Sia il Cacciatore che le restanti creature, alzarono lo sguardo verso l’oscurità, distogliendo però gli occhi dalla loro reale preda: grave errore, perché il ragazzo dagli occhi di giada si scagliò su alcuni e prese a battersi all’ultimo respiro. Il suo corpo era un giungo smosso dal vento: letale e feroce, una danza di lame affilate che lampeggiavano sotto la luna. Così come, numerose frecce, provenienti da un punto impreciso, lo proteggevano e sembravano concentrate a vegliare su di lui, impendendogli di venire anche solo sfiorato dal fumo dei demoni.
Quando la piazza si svuotò della presenza malata e ripugnante di quelle creature, Magnus volse lo sguardo sul tetto, ove il suo “custode” si nascondeva, come un falco nel nido: non ci mise molto a comparire, la sua figura, saltando giù dal tetto e atterrando come un gatto, agile e vellutato.
Correndogli in contro, si trovarono a metà strada.

-Alec?- potendolo vedere da vicino, lo Stregone si accorse dell’espressione incredula dipinta sul suo viso. -Mi hai… mi hai appena salvato la vita?-

Alec sapeva che rispondere “certo che sì, è un mio dovere” l’avrebbe fatto apparire un vero e proprio eroe: tutti i protagonisti dei fumetti, o i poliziotti, lo facevano, e mantenevano costantemente quell’aria da duri che faceva tanto tremare le gambe alle persone comuni. Bastava anche solo voltarsi e ascoltare Jace: lui trovava sempre le parole giuste, per quei momenti.
Ma lui non era Jace, né uno degli eroi dei film o dei libri: di eroico, Alec, non aveva proprio nulla.                    
Fu così che optò per parole decisamente opposte, e la voce petulante gli fecero venir voglia di pendersi a schiaffi da solo.

-Ti ho chiamato.- disse. –Ti ho chiamato un sacco di volte, e tu non hai mai risposto. Né hai mai richiamato.-

Magnus inarcò un sopracciglio. –La mia città è sotto assedio, le difese sono state abbattute e un pazzo scatenato va in giro a reclamare gli Strumenti Mortali, liberando orde di demoni tra le vie, e tu mi chiedi perché non ti ho chiamato?-

Alec strinse le labbra: vista da quella prospettiva non aveva molto senso, ma ero troppo testardo per ammetterlo. E non riuscì ad impedire che nuove parole, originate dal suo orgoglio, uscissero dalla bocca.

-Io voglio sapere perché tu non mi hai richiamato. Che è una cosa ben diversa.-

Magnus alzò le braccia al cielo, il volto contratto in una smorfia esasperata. Alec notò le dita muoversi, in maniera quasi frenetica, come se volessero accarezzare il vento.

-E’ ufficiale, sei un idiota, Alexander.-

-Non mi hai richiamato perché sono un’idiota?- era sinceramente sorpreso.

-No.- Magnus si avvicinò di più, sino a sfiorare la mano di Alec. –Perché sono stanco di vederti correre da me solo perché ti servono le mie conoscenze e le abilità dei Nephilim: perché tuo fratello è per metà uno di noi, e ha costantemente bisogno di aiuto per capire come sbrogliare questo casino. E, per altro, sono stufo di vederti innamorato di uno che non ti ricambierà mai, non come me, per altro.-

Alec sentì quelle parole colpirlo dritto nello stomaco, una fitta dolorosa raggiunse il cuore.

-Tu….mi ami?-

-Stupido Stregone, non è evidente?- si allontanò, di poco, come se la pelle di Alec bruciasse.

Come se volesse mostrargli chi e cos’era davvero, quali erano i suoi sentimenti.

-Perché avrei accettato di aiutarvi, rischiando la vita della mia Parabatai e dei miei amici? Perché continuerei a sostenervi, nonostante il Conclave mi abbia già imposto di ignorarvi e prendere distanza da te e dalla tua famiglia? Io rischio tutto, Alec, e lo faccio solo per te. Se non ci fossi stato tu, avrei liquidato questa storia già da parecchio tempo.-

Il cuore di Alec mancò un battito, facendogli sentire l’egoismo che si tendeva sotto la pelle: era stato stupido, si era comportato da idiota con quel ragazzo dagli occhi mozzafiato, aveva bellamente ignorato i suoi sentimenti, concentrandosi solo sul bene dei suoi fratelli.
Come aveva sempre fatto, anteponendo i suoi bisogni e la sua felicità a quelli della sua famiglia, che per anni aveva occupato il primo posto: ma ora, dopo 400 anni, aveva trovato qualcuno disposto a rischiare tutto per lui e non aveva capito come avrebbe dovuto reagire.
Fossilizzato com’era sulla sua famiglia, non era riuscito ad alzare il capo dalla routine per guardarsi attorno e decidere, una volta per tutte, di guardare Magnus negli occhi e dirgli: “sì, scelgo te, scelgo noi, io ti voglio”.

-Non l’avevo mai vista in questo modo.- il tono di voce era così contrito, da far buttare la Magnus sua maschera di rabbia ed esasperazione.

-Tu non la vedi mai in nessun modo.- il volto era teso, ora, gli occhi brillavano. –Io non ho l’eternità, Alexander, e non ho mai trovato qualcuno come te. Ma se tu, a 400 anni, non vuoi ammettere che esisto e che mi desideri, allora è meglio chiuderla qui. Anche se non è quello che voglio.-

-E allora non farlo.-

-Il punto non è che voglio farlo, è che…..-

Ma Alec non poté scoprire il punto in questione, perché una nuova ondata di demoni Ibis si riversò nella piazza: fumo nero alla luce della luna, occhi ardenti come braci. Fissarono le loro iridi sulle uniche due creature non demoniache – beh, una lo era per metà, a dire il vero -, concedendo ad un gorgoglio ricco di rabbia e sete di vendetta di prorompere dalle loro labbra inesistenti.

Alec batté le palpebre, osservandoli mentre si avvicinavano: Magnus riprese in mano i suoi kukri senza distogliere lo sguardo dal gruppo che cercava di accerchiarli.

-Dannazione.- sibilò Alec, tendendo l’arco ancora privo di freccia.

-Bel modo di cambiare discorso, Lightwood.- borbottò il Cacciatore, ponendosi al suo fianco.

-Sai che ti dico?- disse, dopo un attimo di silenzio. –Se usciamo vivi di qui, ti presento ufficialmente alla mia famiglia. Ah, e farò lo stesso con la tua, stringendo la mano a tua madre.-

Magnus lo fissò con la coda dell’occhio: un lieve sorriso si era dipinto sul volto pallido di Alec, ma i suoi occhi scintillavano per l’emozione di quella promessa, il Cacciatore ne era certo.
Non poté evitare di sorridere anche lui, sicuro che, questa volta, lo Stregone non si sarebbe tirato indietro.

-Ci sto.-
 


*Kukri sono simili ai coltelli, con una lama ricurva. Non sono armi tipicamente indonesiane, ma restano comunque usate negli stati orientali (da quel poco che so). Per chi l’ha notato, sono una citazione di “C/0” una one-shot che ho scritto tempo fa, ispirata a “Gangsta”.
So che Magnus usa la magia, ma mi piace l’idea che maneggi questi due coltelli per lottare…..


Lo Stregatto Parla.
E ce l’ho fatta! Biscottino per me *sgranocchia*: no, veramente non me lo merito, non aggiorno da Febbraio e siamo MAGGIO! Beh, quasi giugno, a dire il vero. Spero di poter postare un nuovo capitolo per il giorno del mio compleanno, così vi faccio un regalo, splendori.
Non ho scusanti, diciamo che non sentivo ispirata: concluso il capitolo solo venendo a lavoro da mia madre, lontana da internet e dai Gdr (che venere di continuo). In compenso, sono stata brava a rimanere attiva con le recensioni, per quanto scialbe siano, no?
*le tirano addosso i pomodori*
Spero di non essere andata tanto OC, ma in caso ditemelo che cambio la storia e metto un’avvisaglia con su scritto “super-OOC”.
Beh, che dire, non sono come ringraziare le ragazze che recensiscono e che hanno una grande pazienza con me e il mio carattere capriccioso, nonché volubile: vi sto abbracciando, ovviamente perché vi adoro troppo <3
Grazie di cuore per tutte le parole e il tempo che mi dedicate. Siete fantastiche.
Senza di voi, i miei scritti non avrebbero senso.
Chesy :3

Ps. Non l’ho specificato ma, per qualsiasi critica o domanda, non fatevi scrupoli. Non si smette mai d’imparare e voi siete il modo migliore, attraverso le vostre critiche, per farmi migliorare <3

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Capitolo 8
*** CoG~XVIII ***


Si prega le gentili lettrici, finito il racconto, di leggere il punto "Fondamentale" posto alla fine del capitolo, grazie <3

A tutte/i coloro che hanno messo, o metteranno

La storia tra “preferite”. Grazie mille!
 
Eccoci, è giunto il momento finale: con Jace rapito da Valentine, e Clary che dimostra a tutti il suo dono come semi-Cacciatrice, Nascosti e Nephilim si ritrovano riuniti in una battaglia che li vedrà combattere fianco a fianco. E tra lo scetticismo generale o la ricerca di un partner, qualcuno sa già a chi chiedere di essere il suo compagno…..

AVE ATQUE VALE
 
» Like us…..
 
-Dici sul serio, Simon? E’ proprio vero? E’ fantastico, è meraviglioso!- Isabelle prese la mano di suo fratello.  –Alec, hai sentito cos’ha detto Simon? Jace non è figlio di Valentine. Non lo è mai stato!-

-E allora di chi è figlio?- chiese Alec.

Simon lo osservò per qualche istante, corrugando le sopracciglia: aveva l’impressione che stesse ascoltando solo in parte, visto che i suoi occhi blu saettavano da una parte dall’altra della sala. Sembrava cercare qualcuno con lo sguardo.

-Chi se ne importa!- Isabelle gettò le braccia in alto, tutta contenta, per poi riannuvolarsi un secondo dopo. –In realtà, è una bella domanda. Chi era suo padre? Che fosse davvero Michael Wayland?-

Simon scosse la testa. –Stephen Herondale.-

-Quindi Jace è nipote di Imogen.- osservò Alec. –Ecco perché l’ha….- ma s’interruppe bruscamente, bloccando l’incessante vagare dei suoi occhi.

-Ecco perché cosa?- lo spronò Isabelle.- Alec, non distrarti. O almeno dicci che stai cercando!-

-Non cosa.- sbuffò Alec. –Chi. Magnus. Volevo parlargli prima dell’inizio della battaglia, ma non ho idea di dove sia. Tu l’hai visto?- questa volta si rivolse a Simon.

Il Cacciatore scosse la testa. –Era sul podio con Clary, ma ora non c’è più. Probabilmente è in giro tra la folla.-

-Fratello, non è che vuoi chiedergli di essere il suo compagno di battaglia?*- inarcò le sottili sopracciglia nere, Isabelle, mentre la sua coda saettava da una parte all’altra.

– E’ come un ballo delle debuttanti, questa storia, solo che qui ci si accoppa.*-

-Appunto, proprio come in un ballo delle debuttanti.- scherzò Simon, sorridendo.

-Forse chiederò a te di essere il mio compagno di battaglia, Simon.*- ammise la bella Ifrit, sorridendo.

Alec aggrottò la fronte. Nonostante fosse uno Stregone, quindi più pratico di magia che ti combattimento con le armi, portava una faretra a tracolla, sopra gli abiti stranamente aderenti per uno come lui, e un arco le cui decorazioni si rivelavano, in realtà, simboli e scritte risalenti a lingue antiche. Simon non capiva la necessità delle armi, per un Nascosto: vampiri e licantropi erano predisposti per i corpo a corpo, vista la loro forza, ma gli Stregoni non avevano la magia proprio per evitare di finire in una mischia troppo ravvicinata?

-Isabelle, tu non hai bisogno di nessun compagno perché non combatti. Sei troppo giovane, e se ci provi, sai perfettamente di che cosa sono capace. -
come per inculcare quell’idea ancora più a fondo, scintille blu comparvero dalle dita che si flettevano in continuazione.- Uh? Un momento….quello è Magnus?-

Isabelle ridacchiò, per nulla intimorita dalla minaccia.

-E’ una Cacciatrice, Alec. Aspetta, com’è che si chiama, May?-

-Maia.- la corresse Simon.

La ragazza si stava avvicinando a loro: come tutti i Nephilim, era armata sino ai denti, con la tenuta che le aderiva al corpo come una seconda pelle, le rune che s’intrecciavano sulle membra. Le treccine erano tenute a bada da un elastico: quando incrociò gli sguardi dei ragazzi, sorrise lievemente.
Simon rise di rimando, ma trasformò la curvatura delle labbra in una linea piatta quando Isabelle lo guardò in cagnesco. Da quando la sua vita si era fatta tanto complicata?

Alec s’illuminò, drizzandosi di colpo: schizzò via come un fulmine, facendosi largo tra la folla dritto verso il suo obiettivo.
A Isabelle parve di aver sentito un “ecco Magnus” poco prima che fuggisse, ma non ci aveva fatto caso: ora, invece, osservava la reazione del Cacciatore, dal cui volto traspariva sorpresa, nel vedere lo Stregone avvicinarsi a lui.

-In un certo senso, è dolce.- ammise Isabelle, sorridendo nell’osservarli. – Più o meno….-

-Come mai più o meno?- la voce di Simon era prega di dubbi.

-Perché Alec sta cercando di farsi prendere sul serio da Magnus, considerando che il Cacciatore non l’ha mai detto ai suoi genitori: mio fratello non l’ha neanche confessato a noi che gli piacciono, beh…..-

-I Nephilim?- concluse il ragazzo.

-Molto divertente, Figlio di Raziel.- incrociò le braccia. –Sai perfettamente cosa intendo. Nonostante abbia quattrocento anni, mio fratello rimane molto chiuso in se stesso, non gli piace ammettere certe cose. Quello che sta succedendo è…..-

-Che cosa sta succedendo, esattamente?- chiese Maia, finalmente giunta dinanzi alla coppia. –Questa cosa dei compagni non l’ho capita bene….come dovrebbe funzionare?-

-Così.- Simon fece cenno verso Magnus e Alec, ora in un angolo, in disparte. Magnus era chino su Alec, il volto teso e concentrato, gli occhi che brillavano.

- Quindi dobbiamo disegnare una runa ad un Nascosto, scegliendolo come nostro compagno.- strizzò gli occhi. –Abbiamo molta scelta, già.-

-Solo se hai intenzione di combattere e vuoi avere un partner.- aggiunse Isabelle, la coda che si muoveva come un serpente. –Ma non mi sembri maggiorenne.-

-Mi tengo in forma.- sorrise, ma in maniera rigida. –Tu, piuttosto, sei un Ifrit. E non credo che tu abbia valide capacità di lotta.-

Isabelle si tese, per un attimo: la lunga coda continuò a scivolare da una parte all’altra e a Simon parve di vedere il suo tatuaggio, quello sulla spalla, muoversi e ardere come un fuoco vero.

-Non temere, sono stata addestrata a dovere.- concluse la ragazza. –Sarà meglio che ti cerchi un Nascosto, iniziano a scarseggiare.-

-Ma….- e s’interruppe, sgranando gli occhi verso il punto in cui si trovavano Magnus e Alec.

Simon si voltò nella sua direzione e….rimase a bocca aperta.

Alec aveva abbracciato Magnus e lo stava baciando, con evidente stato di shock di quest’ultimo, come pietrificato dal gesto: molti Cacciatori e Nascosti si erano fermati a fissarli, mormorando parole troppo basse perché si potessero sentire chiaramente.
Il ragazzo, allora, lanciò un’occhiata alla madre di Magnus e al padre di Catarina: entrambi guardavano il figlio con evidente sgomento, mentre la donna si faceva scivolare una mano sulle labbra.
Maia era perplessa, mentre li indicava con il dito.

-Aspetta un attimo.- disse. –Non ricordavo ci fosse anche questa parte, nel rituale.-
 

» Like Alec and Magnus….

Alec si faceva largo, quasi a spallate, tra la folla: per una volta, avrebbe gradito di gran lunga possedere un minimo della forza dei licantropi o dei Nephilim, perché no. Era certo che, se nelle sue vene ci fosse stata una goccia di sangue angelico –il fatto di essere in parte demone, che una volta era angelo, non lo aiutava proprio-, non gli sarebbero giunte certe occhiatacce per la sua poca delicatezza: ma, al momento, non gli interessava.
Sembrava che il mondo fosse scomparso, e l’unica cosa da vedere fosse Magnus: alto e slanciato, bellissimo nella sua divisa da Cacciatore, le rune nere che s’intrecciavano sulla pelle ambrata. Aveva la testa china per controllare le armi allacciate alla cintura, qualche pugnale, un paio di spade: i suoi fidati kukri pendevano dietro alla schiena, opachi nella loro interezza, ma lucenti nella zona affilata della lama scura.

Quando alzò lo sguardo, Alec vide i suoi occhi: brillavano di sorpresa, nello scorgere la sua figura oramai a pochi passi da lui. Come se non si aspettasse che sarebbe venuto in quella direzione, o che fosse lì, in mezzo a tanti combattenti.

- Ti ho trovato, finalmente.* - e sorrise, debolmente, concentrando lo sguardo nel suo.

Magnus lo fissò, inarcando un sopracciglio: non pensava che Alec sarebbe stato così “pazzo” da unirsi ad una battaglia simile. Conoscendolo, credeva si sarebbe concentrato di più sul proteggere sua sorella, oramai l’unica rimasta, dopo la perdita del fratellino, e sul ritrovare Jace.
Invece, invece era lì, davanti a lui.

Magnus si domandò, per un attimo, se non se lo stesse immaginando: se il desiderio di averlo accanto non si fosse materializzando dinanzi a lui come un’allucinazione. Eppure, qualcosa non quadrava: se fosse stato un sogno, perché sentiva il suo profumo? Perché percepiva la sua presenza accanto a se? Perché gli batteva il cuore, solo nel sentire un lieve spostamento d’aria, che altri non era che il respiro di quel ragazzo?
Si contemplarono, e per un secondo nessuno dei due parlò: il Cacciatore osservava lo Stregone, l’arma che portava, i vestiti aderenti e comodi. Aveva davvero intenzione di combattere?
E se….

-Io, ecco….- iniziò, tentennante, quasi avesse paura di parlare. –Probabilmente, dopo tutto quello che ho combinato, non dovrei nemmeno chiedertelo, ma…-

Alzava e abbassava lo sguardo, i capelli che gli ricadevano sulla fronte, le iridi blu che scintillavano: nonostante avesse profonde occhiaie sotto gli occhi e la tensione, la stanchezza, che percorrevano i muscoli, Magnus lo trovava bellissimo.

-Posso essere…il tuo compagno di battaglia?-

Magnus lo fissò, per un lungo istante. Non aveva detto “vuoi essere il mio compagno” ma si era proposto lui stesso, tentennante, usando parole che lasciavano due possibilità a Magnus: rifiutare la proposta o accettare di buon grado.
Dal canto suo, Alec sapeva di aver dato a Magnus molto potere, con quelle parole: voleva, anzi, desiderava che il Cacciatore prendesse posto al suo fianco, che combattessero insieme come una sola entità. Ma era anche consapevole di averlo lasciato troppo tempo sulle spine: gli piaceva un mondo, Magnus, ma temeva ancora di uscire allo scoperto, di deludere le persone a lui care.

 Di deludere lui, prima di tutto.

Così, attese, sulle spine: vedeva il suo volto cambiare, soppesare le parole, gli occhi di giada dubbiosi. Stava per chiedergli di dirgli che cosa non gli tornava, che cosa lo metteva in crisi, quando questi dischiuse le labbra e parlò.

-Non dovevi neanche chiedermelo, Alexander.- disse l’uomo. –Non penso che vorrei nessun’altro, accanto a me, per questa battaglia. Beh, Catarina esclusa, ma lei è la mia Parabatai e….-

-Stai straparlando…- sussurrò Alec, avvicinandosi lievemente.

-E’ l’effetto che mi fai, non è colpa mia.- sogghignò, tirando fuori lo stilo.

Prese la mano di Alec nella sua e, delicatamente, vi premette sopra la punta: non ci fu bisogno di dire allo Stregone che non sarebbe stato piacevole, motivo per cui tracciò il disegno senza dire una parola, il ragazzo non si ritrasse o né si mosse di un solo millimetro. E mentre la runa prendeva forma, Magnus si perse a contemplare le dita allungate del compagno, la sua forza mentre scagliava incantesimi, e la gentilezza che dimostrava nelle carezze: non erano lisci, i polpastrelli, ma callosi per il frequente uso dell’arco.
Nonostante fosse difficile credere che uno Stregone girasse armato di arco e frecce, Magnus era particolarmente orgoglioso di quel tratto unico del suo Alexander: così come si sentiva felice, nell’averlo udito mentre gli faceva quella proposta.

-Ecco fatto.- disse, quando concluse il disegno.

Mentre Alec lo rimirava, Magnus procedeva a fare su se stesso una copia esatta dello schizzo: Alec lo osservò attraverso le dita della propria mano, stesa dinanzi a se, come se la stesse ancora osservando, decorata da quella runa. In realtà, si era perso a guardare il Cacciatore: forte e bello, così deciso e paziente, tanto da aspettarlo e perdonarlo ogni volta che sbagliava. Magnus era eccentrico, quasi irraggiungibile: era una persona unica, che mai avrebbe pensato d’incontrare lungo la sua infinita esistenza. Si era sempre detto, che legarsi a qualcuno gli avrebbe lacerato il cuore, e l’avrebbe fatto star male.

Ma poi si disse che ne sarebbe valsa la pena, per Magnus. Se avesse potuto averlo accanto, se si fosse concesso di amarlo, senza farsi mille problemi, per ciò che la gente avrebbe pensato, forse avrebbe sentito per intero il gusto della felicità, invece di concedersi solo dei piccoli assaggi, quando erano soli.
Così, quando incrociò lo sguardo dell’altro, si disse che non sarebbe più scappato, che da ora e in avanti non si sarebbe tirato indietro: aveva fatto soffrire Magnus per non soffrire lui stesso, ed era stata una mossa sbagliata. Il Cacciatore meritava più di qualche bacio rubato o bizzarre scuse: gli era sempre stato vicino, ad ogni passo, anche quando Max era morto. E lui, lui non aveva trovato la forza di dire al mondo ciò che provava.

Se davvero lo amava, come gli aveva detto, doveva trovare il modo di fargli capire che anche lui ci stava: e non trovò altri modi, al momento, se non fiondarsi su di lui, abbracciandolo.
E baciandolo, pensando solo a togliergli il fiato, a sorprenderlo, a fargli capire che il sentimento era reciproco: si era nascosto per quattrocento anni, ora basta.
Sentì le labbra di Magnus dischiudersi dopo un attimo di sorpresa, poi la sua lingua danzare con la sua, le sue mani che premevano sui muscoli e lo stringevano con delicatezza.

Un’onda di forza si propagò, nello stesso istante, nelle vene di entrambi: Magnus sentì la magia che pompava in lui, il fuoco blu di Alec che divampava nel petto. Così, allo stesso modo, lo Stregone percepì la potenza degli Figli degli Angeli, che bruciava e ardeva nei muscoli: tuttavia, entrambi sapevano che non era solo la runa, a fargli quell’effetto.
E quando si staccarono, il chiacchiericcio non esisteva: gli sguardi di tutti non erano altro che stelle nel buio, così come i problemi erano lontani anni luce.

-Ti amo, Magnus.- e questa volta fu Alec a dirlo, schietto come non lo era mai stato. –Non m’importa se la gente ci fissa: io scelgo di stare con te, e non fuggirò più. Basta scuse.-

-Ti ringrazio, Alexander.- gli sfiorò il naso con il proprio, la bocca con la propria. –Ora però ci converrà staccarci, abbiamo una battaglia da vincere.-

-Non allontanarti troppo da me.- sorrise, Alec, mentre si staccava da quell’abbraccio caldo e muoveva le dita ricoperte di piccole fiamme blu. –Ci siamo intesi?-

Si mosse, dirigendosi verso il resto della combriccola, a sua sorella che lo fissava da lontano, alzando i pollici, e a Simon, che le stava accanto, un’espressione inebetita dipinta sul volto: sentiva lo sguardo della gente puntato su di lui, le persone che borbottavano il suo nome e una serie di parole che respinse ancor prima di udirle.
Poi una mano scivolò nella sua e la strinse, forte, decisa: una lieve scossa percorse entrambi, l’elettricità visibile mentre percorreva le dita di ambedue, correndo lungo l’avambraccio.
L’alito caldo di Magnus gli accarezzò l’orecchio, improvvisamente sensibile alle sillabe che uscirono dalle labbra del Cacciatore.

-Questo dovrei dirlo io….-

Alec non poté impedirsi di sorridere.
 
 
 
*ho ritrasformato la frase, perché secondo me aveva più senso così. Alec, nei libri della Clare, è un Cacciatore e mi piaceva l’idea che fossero i Nephilim a prendere l’iniziativa con i Nascosti: visto che qui è l’opposto, ho ritrasformato la scena, adattandola ad un Alec Stregone.
Spero vi piaccia l’idea.
*scusate, ma amo troppo il verbo “accoppare” e l’ho sostituito ad “ammazzare”.
*in questo caso, la regola del primo punto non si applica a Izzy. Mi spiace.
*citazione (seppur poco intuibile) di “Shock” la FF di quel genio di Liquid_sun. Spero non me ne voglia >.<
 
Lo Stregatto Parla.
Ebbene people, scusate se ci ho messo secoli: l’intenzione era di postare al mio compleanno, ma una serie di eventi me l’hanno impedito (mi hanno trascinata ad un concerto Jazz in cui mi sono persa nella massa che pogava).
MA, prima di perderci in discorsi vari, parliamo di cose importanti: il prossimo capitolo concluderà la trilogia iniziare di TMI e, come ho detto, non ho intenzione di scrivere degli altri tre libri. Forse un giorno lo farò, ma adesso ancora mi rode per *blablabla*
La cosa FONDAMENTALE è questa: voglio scrivere un extra (se avete notato, ce n’è uno alla fine di ogni “libro”), tuttavia sono indecisa nella scelta. E voglio, anzi desidero, che siate voi a scegliere cosa preferite: desiderate un extra in cui si narra del primo appuntamento tra Magnus e Alec oppure qualcosa di più, ehm, “libero”, cioè la loro prima volta insieme? (sì, ho parlato di sesso, signore mie). Inoltre, vorreste uno spicchio del passato di Alec, oppure attendete un possibile seguito di questa FF per saperlo?
Mi piacerebbe che me lo diceste o con la solita recensione (ringrazio le sante donne che ne lasciano sempre una, impedendomi di deprimermi per il tempo che ci metto a scrivere i capitoli schifosi) oppure usando un messaggio privato, per coloro che non hanno voglia/tempo di recensire: seguite la storia e continuo a sperare che vi piaccia, motivo per cui, siete coinvolte anche voi.
In conclusione, fatemi sapere cosa vorreste e io esaudirò il vostro desiderio (almeno spero).
Detto questo, due minuti per le POV: non mi piacciono, se sono scritte male, e io in primis non mi sento in grado di narrarle al meglio, ma ho fatto un’eccezione, perché penso che la scena del bacio la meriti tutta l’attenzione del mondo (e la Clare ci fa rosicare perché non l’ha scritta, maledetta =__=”). Spero solo di averla scritta decentemente, anche se non ne sono convinta.
Come sempre, se qualcosa vi fa storcere il naso, fatevi avanti e ditemelo.
Ringrazio la mia schiera di recensori e le persone che continuano a mettere la storia tra preferite/seguite: siete fantastici!
Chesy :3

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Capitolo 9
*** CoG~XXI/Before You ***


Alle persone che mi hanno seguito sin qui, spero
continuerete a starmi dietro anche in futuro.
In ogni caso, grazie.

 
Tutto si è risolto per il meglio, beh, in apparenza: Max e Ragnor sono morti, lasciando un grande vuoto nel cuore di amici e famigliari, Valentine è sparito, Sebastian non ha lasciato tracce di se e i Nephilim ancora stentano ad accettare, del tutto, i Nascosti. Ma ci sono i lati positivi, anche in una guerra: Clary e Jace sono liberi di amarsi senza essere giudicati, Luke ha finalmente aperto il suo cuore a Jocelyn, Simon si gode il suo “essere sexy”, mentre Isabelle e Maia si contendono la sua attenzione.
Ma….Magnus e Alexander?
 
NEL CIELO, TRA LE STELLE – BEFORE YOU

 
[….] La piazza profumava di fiori bianchi, di fumo e di foglie. Tutto attorno, erano stati disposti tavoli e lunghe panche, e gruppi di cacciatori e di Nascosti vi si affollavano intorno, ridendo e bevendo e chiacchierando. E tuttavia, nonostante le risate, vi era un pizzico di mestizia mescolato all’aria di festa, un dolore che conviveva con la gioia.
I negozi che si affacciavano sulla piazza avevano le porte spalancate e la luce si riversava sui marciapiedi. I festanti passavano a frotte, portando piatti di cibo e calici dal lungo stelo colmi di vino e di altre bevande dai colori vivaci.

-Non è come alle feste di Magnus.- disse Isabelle, cercando di rassicurare Simon. –Tutto quello che c’è da bere qui dovrebbe essere sicuro.-

-Dovrebbe?- Aline sembrava preoccupata.

Magnus guardava la foresta in miniatura e le luci colorate si riflettevano nelle iridi verdi e dorate dei suoi occhi. C’era Alec, all’ombra di un albero, che parlava con un ragazzo vestito di chiaro, i capelli argentei sembravano brillare di luce propria.
Il ragazzo si girò, quando Alec li guardò, e Clary incrociò il suo sguardo per un momento: profondi occhi, sempre argentei la scrutarono, annullando la distanza che li separava. C’era qualcosa di familiare, in lui, ma Clary non riuscì a capire che cosa.

Alec incassò la testa tra le spalle, venendo verso di loro, mentre l’altro ragazzo scivolò tra le ombre degli alberi, sparendo in una manciata di secondi.
Lo Stregone era vestito praticamente come al solito: jeans scuri e una maglia che, almeno, non sembrava avere toppe o buchi. Accanto a Magnus, rappresentava il suo perfetto opposto: il Cacciatore aveva scelto con cura cosa indossare, senza però esagerare.
Aveva una camicia bianca dalle maniche corte, che evidenziavano le braccia magre ma muscolose, e ricoperte di rune: a delineare la sua figura magra e la vita, ci pensava un gilet di seta viola, con un fazzoletto ricamato con le iniziali M.B. che spuntavano dal taschino. Pantaloni aderenti e stivali borchiati completavano il tutto.

-Bel gilet.- commentò Alec, accennando un sorriso.

-Ne vorresti uno uguale?- chiese pronto l’altro. –Del colore che preferisci, naturalmente.-

-In realtà, i vestiti non m’interessano granché.- ammise lo Stregone. - Stanno meglio a te, che a me.-

-Questo non è vero.- Magnus si accigliò lievemente. –E poi, il fatto che non t’interessino i vestiti, è un dettaglio che adoro di te.-

Gli si avvicinò lievemente, soffiandogli nell’orecchio, quasi stesse per dire un segreto che nessuno avrebbe dovuto udire.

-Ma sai, ti confesso che ti adorerei lo stesso anche se tu avessi un be vestito griffato. Che dici? Dolce? Zegna? Armani?-

Nessuno poté vederlo, poiché fu una cosa piuttosto rapida, ma la lingua di Magnus sfiorò delicatamente il lobo di Alec: questi s’irrigidì lievemente, mentre il Cacciatore tornava a parlare.

-Sono sicuro che ti starebbero tutti magnificamente.-

Lo Stregone avvampò, farfugliando qualcosa e Isabelle scoppiò a ridere: Magnus colse l’occasione per avvicinarsi a Clary e sussurrarle qualcosa.

-I gradini della Sala degli Accordi. Vai.-

La piccola Licantropa avrebbe voluto chiedergli che cosa voleva dire, ma Magnus era già tornato a parlare con Alec e gli altri.
 
[….]

Qualche tempo dopo, scesero insieme la scalinata della Sala degli Accordi e tornarono nella piazza, dove la gente aveva iniziato a radunarsi in attesa dei fuochi d’artificio. Isabelle e gli altri avevano trovato un tavolo in un angolo e vi si erano assiepati, su panche e sedie. Quando Jace e Clary si avvicinarono al gruppo, la ragazza fece per sfilare la mano da quella di lui…..ma poi si fermò. Ora potevano tenersi per mano, se volevano. Non c’era niente di male. Il pensiero quasi le tolse il fiato.

-Siete qui!- esclamò Isabelle, danzando verso di loro con un’espressione deliziata.

L’abito dorato le fasciava il corpo, valorizzandole i capelli scuri: la lunga coda le vorticava attorno, tenendo stretto quello che sembrava un bicchiere ricolmo di una bevanda fucsia. La ragazza porse la bevanda a Clary.

-Assaggiane un po’, forza.-

-Mi trasformerà in un roditore?- arricciò il naso.

-Dov’è finita la tua fiducia? Credo che sia succo di fragola.- disse, sorridendo. –Comunque, è buonissimo. Jace?- offrì un altro bicchiere anche a lui.

-Io sono un maschio.- sbuffò il Licantropo. –E maschi non bevono bibite rosa. Vattene, donna, e portami qualcosa di marrone.-

-Marrone?- Izzy inarcò un sopracciglio.

-Il marrone è un colore da uomini, mi pare ovvio.- tirò uno dei riccio della sorella con la mano libera. -Infatti, guarda, lo sta indossando anche Alec.-

Lo Stregone guardò la maglia con aria funerea, sbuffando lievemente.

-Una volta era nera….-rivelò. –Ma poi si è sbiadita.-

-Potresti abbellirla con una bandana di lustrini.- mosse le dita come se volesse farla apparire dal nulla.

Alec gli scoccò un’occhiataccia: Magnus lo sguardò negli occhi, intrecciando le dita sotto al mento, un sorriso divertito sulle labbra.

–Era solo un’idea.- aggiunse, fingendo di scusarsi.

-Resisti alla tentazione, Alec.- Simon era seduto accanto a Maia ed Aline, impegnate a conversare tra loro.  –Sembrerai Olivia Newton John in Xanadu.-

-C’è di peggio.- bofonchiò Magnus.

Alec sorrise, spostando lo sguardo verso qualcuno che aveva attirato la sua attenzione: la madre di Magnus e il padre di Catarina si aggiravano tra gli invitati, addosso abiti semplici ma eleganti, a modo loro, giusto da far intendere che era un giorno di festa per tutti.
Quando incrociarono lo sguardo di Alec, quest’ultimo diede un colpo alla spalla del Cacciatore, portandolo a voltarsi nella direzione indicata dal ragazzo: entrambi si congedarono dai loro amici, dirigendosi verso la coppia.

Anche Catarina fece per andare con loro, ma Alec allungò una mano, facendole segno di restare: le guance erano arrossate, si vedeva la tensione che gli percorreva i muscoli, ma era dritto, il petto in fuori, pronto a mantenere la promessa fatta a Magnus.
Li seguì con lo sguardo, sino a quando la folla non li inghiottì.
Sentì le dita scivolare lungo i fianchi, e strinse la presa sui vestiti che portava quella sera: si voltò indietro, notando il gruppo compatto, del tutto indifferenti al fatto che lei e i due ragazzi si fossero allontanati.

Così, un passo dopo l’altro, si addentrò, controcorrente, tra Nascosti e Cacciatori: con la coda dell’occhio, riuscì a scorgere Magnus e Alec, i genitori che stringevano la mano della Stregone, la stretta della donna sul braccio del ragazzo allampanato.
Entrambi sorridevano, dimostrandosi un vero e proprio modello di decoro: tutto sommato, Catarina sapeva che tutto sarebbe andato per il meglio. Quei due erano fatti per stare insieme, e meritavano di essere felici.

Un debole sorriso le si allargò sul viso, ma la scena non frenò la sua avanzata.
Così, riprese il suo cammino, la speranza per il suo parabatai come una scintilla viva nel cuore.

[...]
Salem, anno 1690 circa

 
L’aria era satura di muffa e stantio, marcia anche a causa dei rivoli di liquame che scivolavano tra le pietre ricoperte da sporcizia: Alec non vedeva niente, a causa del buio, e delle finestre inesistenti.
Però sentiva, sentiva le ruote dei carri, il calpestare dei cavalli, le urla della gente, il rumore del giorno più forte e netto, rispetto a quello umido della notte: ma, nonostante lo spessore delle mura, e il fatto che si trovasse in uno scantinato, il ragazzino poteva chiaramente udire ogni cosa.
Strinse le ginocchia al petto, appoggiandovi sopra il mento: chiuse gli occhi, per scacciare le lacrime. Non avrebbe dato loro la soddisfazione di vederlo in quello stato, soprattutto per i suoi fratelli: se avessero capito che era debole, che si stava lasciando prendere dallo sconforto, avrebbero fatto loro del male.
Alec sapeva, soprattutto grazie alle voci che trapelavano dalle crepe nel muro: sapeva che era in corso una caccia a chi veniva ritenuto posseduto o, direttamente, discendente del demonio. E, per sua sfortuna, sia lui, che Isabelle, che Maxwell erano nati con Marchi sin troppo visibili agli occhi degli umani.
Se solo avesse potuto, avrebbe almeno camuffato i loro, ma non sapeva esattamente come fare: a malapena, aveva avuto il tempo di capire come funzionavano le sue abilità.

Ma com’era potuto finire lì? Cos’aveva fatto di male?

Tutto sembrava tranquillo, nella sua vita: una casa, genitori amorevoli – per quanto suo padre lo mettesse spesso in soggezione – un fratello e una sorella a cui badare, la terra da coltivare…avevano tutto ciò che si potesse desiderare. Ma poi, a nove anni Alec capì che qualcosa non andava, in lui.
 E il sogno si ruppe, come se non fosse stato altro che un’allucinazione fragile, e debole, un miraggio: quando aveva visto la sua pelle creparsi, aveva pensato di essersi sbucciato.

Quando aveva notato le pellicine staccarsi, la carnagione pallida fare la muta, come i serpenti, aveva pensato che fosse per via del troppo sole che prendeva.
Ma poi, poi aveva visto le squame, e non era scoppiato in lacrime soltanto perché avrebbe messo in allarme tutta la sua famiglia: e sapeva, sapeva bene che una cosa del genere non era normale.
Prese a fasciarsi le braccia, ogni giorno, indossando pantaloni e camice lunghe: ai suoi genitori diceva che era perché il sole gli dava fastidio e, fino a che avesse lavorato senza svenire sotto l’intensa luce, per loro sarebbe andata bene. Ogni giorno controllava sin dove si estendeva quella pelle nuova, estranea: passò l’estate, arrivò l’autunno, e ancora non faceva cenno di voler passare.

Quando si lavava, lo faceva sempre la sera tardi, senza che nessuno lo vedesse: se ne stava per conto proprio, come se anche il calore umano potesse provocargli dolore. Gli unici che lasciava avvicinare erano i suoi fratelli, forse perché loro non avevano ancora l’età per notare quei piccoli dettagli che, invece, avrebbe messo in allarme un occhio più attento.
Ma sapeva, sapeva che non sarebbe durato a lungo e, una sera, al calare dell’inverno, sua madre entrò in camera senza aver bussato, notando quelle macchie squamose e perlacee sulla schiena magra del figlio: Alec guardò con terrore la donna, supplicandola con lo sguardo di non gridare, pregando qualsiasi Dio di non farsi scoprire così, per uno stupido errore di distrazione.

Maryse non parlò, infatti: richiuse la porta dietro di se e andò dal figlio, lo abbracciò con forza, chiudendo gli occhi, quasi avesse paura di guardarlo.
In quel momento, con le braccia della madre stette attorno alle spalle, Alec si chiese cosa non andasse in lui: la sua famiglia era normale, non aveva nulla di strano, alcun segreto, neanche una piccola voglia. Era lui, quello diverso: era lui quello malato, quello sporco, un peccato vivente.
Quella sera, sua madre lo aiutò a vestirsi e lo mise a letto, come quando era piccolo: gli rimboccò le coperte sino al meno e lo baciò sulla fronte.
Da quel momento, Maryse prese a coprire il figlio, a dirgli come comportarsi, cosa fare, come nascondere quel difetto: in quel periodo, per altro, girava voce che ci fossero delle Streghe, in giro per le foreste, e di stare attenti alle loro infide maledizioni. E Alec, piccolo, dolce, Alec, lui dovette crescere in fretta ed acuire i sensi, procedendo sempre con il massimo riserbo, per nascondere il suo segreto, oramai sempre più ingombrante.

Poi, un giorno, si ritrovò nel fienile con i fratelli: stavano rimettendo in ordine, quando Izzy gridò, di colpo, piegandosi in due. Alec si era inginocchiato su di lei, non sapendo esattamente come fare per aiutarla: sapeva di avere delle abilità particolare, sapeva come muovere le dita per spostare piccoli oggetti….ma non sapeva come aiutare sua sorella, che ora si contorceva vicino alle sue ginocchia, con le lacrime agli occhi.
Anche Max si avvicinò a lei, protendendo le manine piccole e delicate: fu in quell’istante, in quella frazione di secondo, vista da Alec a rallentatore, che realizzò l’orrore di quella storia.

Tra i capelli arruffati del suo fratellino, appena accennate ma visibili, spuntavano due corna.

E dal vestito di sua sorella, ora, proprio tra le gambe, faceva capolino un frammento di quella che doveva essere una coda.


Alec restò pietrificato, la pelle gelida, il cuore che aveva smesso di battere: ricordava che, l’unica cosa alla quale aveva pensato, era che non potevano più restare. Mamma non avrebbe retto quell’orrore, il fatto di avere tre figli con i Marchi del Diavolo.
E il padre, Robert…..non avrebbe mai osato immaginare come avrebbe reagito lui.
Così, quando Izzy si riprese dal dolore – la coda non l’aveva turbata più di tanto, anzi, la trovava carina – le spiegò che quella notte dovevano andarsene, magari vivere nella foresta, nascosti: Alec si sarebbe preso cura di loro, avrebbe capito come aggiustare le cose e li avrebbe protetti dalle insidie e dalla cattiveria umana.
Max era troppo piccolo per capire, Izzy concordava con il fratello, nonostante le dispiacesse lasciare la sua casa, la sua mamma e il suo papà.

Così, quella notte, silenziosi come topi, sgraffignarono i vecchi ciondoli della nonna, pochi vestiti e qualche seme da poter coltivare nei boschi: la terra lì era buona, per la semenza, e la primavera sbocciata da poco avrebbe garantito loro la speranza di cui avevano bisogno per attuare il loro piano.
Ma non appena uscirono di casa, sentirono la voce del padre richiamarli indietro: Izzy teneva tra le braccia Max, come a volerlo proteggere, ed Alec si piazzò davanti a loro, facendogli da scudo.
E così suo padre scoprì, afferrando un braccio del figlio e strattonandolo, che quel bambino non era il suo: che il Diavolo si era impossessato di lui, che era un mostro, un abominio. Alec non capì bene cosa accadde dopo: sapeva solo che Robert aveva iniziato a urlare, facendo piangere Max, mettendo in allarme Izzy, indecisa se fuggire o proteggere il fratello maggiore.

Poi era comparso un coltello, o qualcosa di simile: i tre bambini avevano visto solo il debole brillare di un’arma, qualcosa di affilata, che era andata a conficcarsi nella carne della madre, facendole sfuggire un fiotto di sangue dalle labbra.
All’ultimo, Maryse si era frapposta tra il marito furibondo e i bambini, sacrificandosi per loro: ma Alec, ogni volta che ci ripensava, conosceva il motivo di tale gesto, cosa realmente l’aveva spinta a fargli da scudo.

E no, non era amore materno.

Era la vergogna, che ella non poteva più sopportare: il peso di aver concepito tre figli da un mostro.

Così, quando Robert scansò il corpo della donna, correndo dietro ai piccoli, Alec non capì più niente: nella sua mente, nel suo cuore, tutto il dolore accumulato, la paura, la voglia di proteggere i suoi fratelli, esplose in miriadi di fiamme blu, che avvolsero il padre, illuminando la notte.
Le urla dell’uomo si propagarono per il campo, lungo la foresta, forse sino alle case vicine: ma il bambino non aspettò che altri li raggiungessero per dar loro la caccia, e scappò via, con i fratelli, mentre, in fin di vita, il padre gli scoccava occhiate piene di odio e disgusto.

Ma il piano di vivere nella foresta non andò a buon fine: durante una battuta di caccia, un ricco mercante li notò, e li volle con se come animali da compagnia, aspettando il momento giusto per presentarli dinanzi al tribunale di Salem, godendoseli prima che le fiamme li portassero via, dopo la condanna.
Fu Alec a convincerlo del contrario, che non doveva per forza consegnare lui e i suoi fratelli nelle mani dei boia: gli disse che sapeva fare le magie, che avrebbe fatto tutto ciò che chiedeva, realizzando ogni suo desiderio, a patto che non facesse del male ai suoi fratelli.

L’uomo, la cui avidità non conosceva fine, accettò: giurò dinanzi al bambino che non avrebbe fatto del male a nessuno di loro. Avrebbe rotto la promessa poco dopo, ma quel piccolo Stregone non mentiva sui suoi poteri: e lui amava troppo la sua ricca vita, per vedersela portare via da una vendetta spietata.
Così, ora Alec era imprigionato, e vedeva i suoi fratelli di tanto in tanto, constatato che erano trattati con riguardo dai loro aguzzini: più i suoi poteri crescevano, più l’uomo si convinceva di aver fatto un affare, tenendo per se quei marmocchi.

Ma il prezzo che dovette pagare Alec fu alto, molto alto: uccise chiunque avesse fatto un torto all’uomo, maledisse la concorrenza che gli portava via la clientela, bruciò case di donne che l’avevano rifiutato, rendendo alcune di loro “false streghe” per il suo divertimento, durante i sanguinosi processi.
E più andava avanti, più Alec sentiva il dolore crescere, la colpa corroderlo, la mente vacillare: ogni giorno, si ripeteva che doveva andare avanti, per i suoi fratelli, per loro, solo per loro, per non vederli morire.
Passarono gli anni, e i proprietari si susseguirono: i figli dei figli di quell’uomo, continuarono a sfruttare le sue abilità per il loro tornaconto, per l’ingordigia e la lussuria, l’avarizia e l’ira che li caratterizzava. E anche Alec, cresceva, pari passo con le sue abilità e le sue conoscenze, iniziando a richiedere libri per migliorare le sue magie: aveva pensato di scappare, ma ogni volta temeva di mettere in pericolo Max e Izzy e, vederli morire, lo sapeva, l’avrebbe portato a trasformarsi in un mostro vero, di quelli che perdono il controllo sulle loro azioni, sui sentimenti e sulla ragione.

Così aveva rinunciato, accontentandosi dei brevi momenti passati con la sua famiglia: vedeva crescere Izzy giorno dopo giorno, e Max era intelligente, tanto da nascondere al meglio i suoi poteri. Ogni volta che si vedevano, la sorella gli chiedeva di scappare, ma Alec era tormentato, e diceva loro di aspettare ancora un po’, di avere pazienza, che un giorno sarebbero fuggiti.

E quel giorno arrivò, anni dopo, forse troppo tardi, e non per merito di Alec, ancora in dubbio su come agire.
Sentì i rumori provenienti dalle stanze di sopra, vetri rotti, vasi in frantumi, botte e grida che l’avevano fatto scattare in piedi, allungandosi verso la scala marcia che conduceva alla porta, che varcavano i suoi aguzzini quando necessitavano delle sue abilità: tirò forte le catene che lo intrappolavano, ferendosi i polsi, scivolando sul lerciume della cella. Urlava il nome dei suoi fratelli, sino a quando la gola non prese a bruciargli, sino a che la sua voce non si ridusse ad un sussurro: e quando aprirono la porta, nonostante la luce dorata, Alec vide il balenio dell’argento.....


-….ecco com’è andata.- disse, alla fine. –Sono stato troppo codardo per aiutare i miei fratelli, così sono intervenuti i Nephilim e Jem, lo Stregone, circa duecento anni dopo.-

Alec aveva le lacrime agli occhi ed era scosso da tremiti: Magnus lo osservava, senza sfiorarlo, lasciandolo parlare.

-Il tempo passava, ma io avevo così tanta paura di vederli morire per un mio errore.- incrociò lo sguardo del Cacciatore, il viso bagnato e sconvolto dal dolore, e dalla vergogna. –Devo apparirti debole e disgustoso, Magnus….Io…-

L’uomo lo strinse a se, abbracciandolo forte, quasi volesse tenere insieme i pezzi che componevano Alec: gli accarezzò i capelli, confortandolo con baci leggeri, cullandolo quasi fosse un bambino. E lo Stregone, lo Stregone che tutti avevano paura di guardare negli occhi, piangeva contro il suo petto, aggrappandosi a lui, lasciando che i ricordi e il dolore si riversassero sul Cacciatore che lo stringeva a se tanto da fargli male.

-Sei stato coraggioso, Alexander.- gli disse, all’orecchio. –Sei la persona più coraggiosa che conosca: non è colpa tua, non è stata colpa tua….-

Continuò così, per minuti interi, per ore, forse: era difficile dirlo.
Sapeva solo che Alec era troppo importante, per lasciarlo andare: che non voleva essere in nessun’altro posto al mondo, se non accanto a lui, che si aggrappava quasi fosse un’ancora solida e calda, l’unica persona al mondo a potergli impedire d’impazzire.
E, d’altro canto, allo Stregone non dispiaceva la sua presenza: si sentiva bene, confortato, libero di essere se stesso, tra le braccia dell’uomo, tra le sue parole piene di conforto, i baci dolci e gentili.

Per qualche ora, dimenticò ogni cosa: le prime magie, il dolore della perdita, gli sguardi di suo padre, il dolore della madre, la consapevolezza di non poter fare altro, per i suoi fratelli, e il terrore che ogni giorno gli rodeva il cuore.

Si abbandonò contro Magnus, e basta.
 


 
Lo Stregatto Parla.
La prima parte la conoscete, la seconda è solo un assaggio della storia di Alec, ma è la parte più importante, secondo me: non so se l’ho resa al meglio, diciamo che l’ho scritta molto di getto.
Ci pensavo giusto poco fa: ma Magnus, essendo nato nel XVI secolo (che si traduce in 1500) non dovrebbe contare ben 500 anni, invece che 400? Bah, non so se sono io la gnorra o han fatto qualche errore di calcolo.
Per Alec, mi sono documentata sul Processo delle Streghe di Salem: da piccola ero presa dall’Inquisizione e tutto ciò che riguarda la Stregoneria, e la tortura. Cose macabre, ma che mi hanno aperto gli occhi riguardo l’ignoranza umana e la persecuzione avvenuta a donne e uomini innocenti: diciamo che è un periodo storico che mi ha sempre interessato, tanto perché, secondo me, non ha avuto una decente considerazione. E poi, diciamocelo, non è forse, questo periodo particolare, la mamma dell’Olocausto?
Vabbè, questioni brutte a parte, parliamo d’altro.

Comunque sì, han tenuto Alec, Izzy e Max reclusi per duecento anni: ora, non so se gli Ifrit vivono per sempre come gli Stregoni, ma facciamo finta di sì. Ah, e Max rimane piccolo e bloccato a nove anni (potrebbe essere una pecca del secondo Marchio).
Vi faccio penare, e anche arrabbiare: visto che l’ispirazione è andata in vacanza, e io non voglio deludervi ancora, ho optato, nell’extra che voglio scrivervi per concludere la raccolta, per qualcosa di un po’ diverso che spero apprezzerete. Non è detto che appuntamento malec/prima volta malec debbano essere del tutto ignorati: magari un giorno li scriverò e allora avrò fatto tutte contente.
Ma, questa volta, per di fare qualcosa d’inaspettato (vi ringrazio tanto, comunque, per i vostri pareri a riguardo!!)
Ma visto che siam qui, io vi chiedo: volete uno snippet sulla prossima storia che ho in mente (e che spero di pubblicare a breve)? Vi piacerebbe?

*si alzano cartelli con su scritto “NON CE NE FREGA ASSOLUTAMENTE NIENTE”*
D: Vabbè, io ringrazio, come al solito, le mie bellissime donne, che recensiscono ogni volta i miei stupidi e inutili scritti: Strella 13, _Alien_ e Trislot. Grazie di cuore, ragazze!

Al prossimo (e ultimo) capitolo (o extra). Ah, se notate errori, fatemeli notare, perchè ho postate anche un pò di fretta >.<
*sorseggia del caffelatte nella tazza di VK* La vostra Stregatta vi spupazza!
Chesy :3

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