Saint Seiya Αlfa

di DamnedLuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il tempio del Grande Mu ***
Capitolo 2: *** Nuova Luxor ***
Capitolo 3: *** Il Cavaliere di Sagitter ***
Capitolo 4: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 5: *** Gli obblighi di un prescelto ***
Capitolo 6: *** Appelli e rinunce ***



Capitolo 1
*** Il tempio del Grande Mu ***


Tra le solfitare montagne tibetane, il tempio del Grande Mu dell'Ariete, ormai defunto, si stagliava dinanzi a Shun di Andromeda, divenuto cavaliere d'Oro da poco tempo.
Dopo essere atterrato in prossimità della regione del Jamir grazie ad un piccolo velivolo offerto da Saori Kido, e aver superato facilmente le prove e le illusioni create dagli spettri dei cavalieri morti nel tentativo di attraversare la zona tetra e desolata che anticipava il tempio, il Cavaliere sospirò profondamente.
Era stato così facile per lui arrivare al tempio, contrariamente lo fu per il suo compagno Shiryu quand'egli portò dinanzi al Grande Mu la sua armatura di bronzo e quella del compagno Seiya, per dare loro nuova vita.
Shun si era recato nel Jamir per portare a termine una missione assegnatagli dalla signorina Saori Kido, nonché reincarnazione della dea Athena: egli doveva portare a Nuova Luxor la giovane sacerdotessa che si occupava di custodire e proteggere il tempio del Grande Mu.
Il giovane si guardava intorno, silenzioso, aspettando che il suo potente Cosmo venisse percepito dalla fanciulla, ma contrariamente alle aspettative, non avvertì nessun segnale, dunque proseguì imperterrito e con cautela.
Sembrava che il tempio di Mu fosse protetto da qualcosa di mistico, come se fosse isolato da ogni cosa grazie ad un'aura protettiva potente, ma non impenetrabile, ne pericolosa.
Difatti, Shun non lo riusciva neppure a vedere, eppure lo sentiva, che era dinanzi a lui, ne sentiva l'energia.
Prima d'ora, egli non era mai stato nel Jamir, poiché la sua armatura, allora di bronzo, subì una riparazione solo all'inizio della battaglia contro Arles e gli allora cavalieri d'oro soggiogati dal suo potere.
Poi, finalmente, tempio del Grande Mu apparve imperioso agli occhi del giovane, e con grande stupore e attenzione, Shun ne osservò ogni particolare, prima di avvicinarsi.
L'edificio non aveva porte, ma solo piccole finestre. Egli si avvicinò ad una di esse, e vi guardò dentro, ma non poté vedere niente, se non un immenso pavimento luminoso, di pietra lucente.
La stanza che riusciva a intravedere pareva una gigantesca sala di accoglienza, ampia e illuminata, priva di qualsiasi sorta di arredamento.
 
All'interno del palazzo, la sacerdotessa di Mu, di nome Kalliope, svolgeva i suoi consueti doveri di ordine e pulizia del tempio.
Aveva già pregato per lo spirito del suo maestro Mu, e del maestro di quest'ultimo, Shion.
Aveva anche pregato per Kiki, fratello del Grande Mu ed erede all'armatura d'oro dell'Ariete, il quale nel frattempo si trovava a Nuova Luxor per completare il faticoso addestramento al fine di poter diventare un Cavaliere.
Kalliope, dopo la partenza di Kiki, era rimasta sola, e da sola proteggeva il tempio, grazie alle tecniche che Mu le aveva insegnato prima di scomparire.
Mentre piegava i tappeti su cui era solita pregare, Kalliope avvertì un Cosmo molto potente, e il luminoso palazzo si rabbuiò di colpo.
Un intruso stava tentando di addentrarsi all'interno del tempio, e l'allarme di difesa creato dal Grande Mu era scattato.
Kalliope corse subito al primo piano, nella sala principale d'ingresso, dove il buio era maggiore.
Nel mentre, la ragazza concentrò i suoi poteri al massimo, e creò una barriera molto simile ala tecnica del Muro di Cristallo, insegnatale dal suo maestro.
 
Per un attimo, il giovare Cavaliere rimase bloccato sul davanzale dell'angusta finestra che aveva tentato di sfruttate come entrata e, forzatamente immobile, rimase allerta.
Si guardava intorno con attenzione, provò a muoversi, ma ci riusciva lentamente e faticosamente.
Era come se un muro gigantesco gli stesse impedendo di entrare. una barriera trasparente, impercettibile, che lui conosceva benissimo: era il Muro di Cristallo.
Com'era possibile che quel muro si fosse eretto?
Kiki si trovava a Nuova Luxor con Seiya e gli altri eredi alle armature di bronzo e di argento, Mu era scomparso, e con lui Sion, suo maestro.
Pensò che si potesse trattare dello spirito protettore di Mu, o di quello di Sion, o di entrambe le presenze. Shun era confuso, e intimorito.
Poi ragionò bene, e si ricordò che il Muro di Cristallo era impenetrabile, mentre quella barriera, seppur limitando i suoi movimenti, gli consentiva di avanzare molto lentamente, finché non riuscì a scavalcare completamente la finestra.
"Chi è là?!" Gridò una voce femminile.
Shun non aprì bocca.
"Chi osa profanare il tempio del Grande Mu?!" continuò la voce, in tono intimidatorio.
Il giovane udì dei passi, rapidi e leggeri, avvicinarsi a lui.
Per prepararsi ad ogni tipo di inconveniente e intimorire a sua volta un eventuale avversario, Shun bruciò un poco del suo Cosmo, e, qualche secondo dopo, la stanza riprese lentamente a illuminarsi.
Era come se Shun non fosse più una minaccia. Difatti, il Cavaliere potè subito muoversi liberamente.
Scavalcò veloce la piccola finestra, e si trovò davanti una luce nitida e quasi innaturale, e, più avanti, una ragazzina dai capelli rosso vermiglio, vestita di un bianco più luminoso della luce nella stanza, gli veniva incontro a passo svelto.
Shun camminò con calma, e la fanciulla spalancò le braccia proprio come faceva Mu quando doveva erigere il suo muro impenetrabile.
E stavolta, un muro invisibile impedì del tutto a Shun di proseguire oltre.
"Chi siete voi?" Domandò la ragazza, ad alta voce. "Le vostre vesti dorate ricordano quelle di un Santo d'oro." Perchè siete qui?"
Il giovane si rilassò, e rispose prontamente alla ragazza: "Sono Shun di Andromeda, e vengo da Nuova Luxor, in Giappone, e sì, sono un Cavaliere d'Oro, al servizio di Saori Kido, attuale reincarnazione della dea Athena. E' lei che mi ha mandato qui."
Subito la fanciulla pensò che potesse essere capitato qualcosa a Kiki, suo adorato compagno, e pretese subito informazioni.
"Se l'allarme creato dal mio venerabile maestro ha smesso di funzionare, significa che voi avete un cuore puro e non volete fare del male. Ciò nonostante, io non posso permettermi di fidarmi di voi, quindi ditemi... Siete qui per conto di Kiki, fratello di Mu? So che egli si trova a Nuova Luxor per sostenere il duro addestramento che lo porterà a diventare Cavaliere d'Oro dell'Ariete."
"No" rispose Shun "Ti ripeto che sono qui per conto di Saori Kido."
"Se questa donna deve darmi notizie relative a Kiki , sarò lieta di accoglierti. Se sei venuto per riparare la tua armatura dorata, sappi che non potrò esserti d'aiuto. Se invece sei venuto per altri motivi, ti ascolterò, ma a debita distanza. Rinnoverò il mio Muro di Cristallo ogni volta, quindi non potrai avanzare, ne violare il tempio di cui sono custode."
Kalliope era stata più che esauriente, così Shun andò subito dritto al punto.
"Sono qui per te. Le stelle hanno parlato, conducendomi fin qui, perchè secondo loro potresti essere l'erede dell'armatura di argento dell'Altare, dunque Athena vuole al suo cospetto il suo aspirante cavaliere."
Lo stupore di Kalliope fu grande, ma venne ben nascosto dal suo viso serio.
Lei, un aspirante cavaliere? Chiunque fosse quella donna, doveva prepararsi a un rifiuto. Kalliope era nata per imparare e arti degli alchimisti del Jamir, non certo per indossare un'armatura e combattere per conto della dea che le aveva portato via il suo affezionato maestro, e il fratello di quest'ultimo.
Lei non poteva, e soprattutto non voleva fare parte dello stesso triste destino.
La risposta di Kalliope fu dunque più chiara delle sue precedenti affermazioni.

"Mi dispiace, Shun di Andromeda, ma io, Kalliope sacerdotessa di Mu, non diventerò mai e poi mai un cavaliere al servizio di nessun Dio. Io sono e resterò una sacerdotessa, e rivolgerò i miei servizi solamente al tempio del mio maestro Mu e del suo maestro Shion, e proteggerò ciò che resta della mia gente qualora ce ne sia bisogno. Il mio posto è qui."

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Capitolo 2
*** Nuova Luxor ***


La risposta della giovane sacerdotessa fu del tutto spiazzante, ma Shun  non poteva arrendersi a quelle parole, seppur giuste e cariche di significato e di grande e giusto peso morale. Saori era stata chiara con lui: nessun rifiuto poteva essere accettato. Se non sarebbe riuscito a mediare trovando un punto di incontro, il giovane Cavaliere era tenuto  a portare via la ragazza con la forza.
"Né la signorina Saori né io possiamo accentare un rifiuto" spiegò dunque Shun "Mi dispiace molto, ma devi venire con me. Athena ha richiamato un suo cavaliere, non puoi rifiutare l’appello della tua Dea."
"Ma io non sono un Cavaliere." Protestò la fanciulla.
"Non ancora." la rassicurò Shun.
"Né mai." Insistette Kalliope.
Shun sospirò. Doveva davvero usare la forza? tra l'altro, se il Muro di cristallo eretto dalla ragazza era potente quanto quello del Grande Mu, come faceva a portarla via? Non restava che provare, e così fece. Ma prima di azionare la sua catena dorata, Shun si scusò.
La ragazza non capì, ma poi il Muro di Cristallo da lei eretto venne infranto dalla punta dorata della catena di Andromeda,  e poi scomparve.
Il colpo lanciato da Shun aveva distrutto il suo debole Muro, per poi affermarle la gamba destra e il polso sinistro.
Kalliope capì che il suo muro era ancora troppo debole per fermare un Cavaliere d'oro, ma non si arrese.
Si divincolò con tutte le sue forze, gridando che non era giusto, che lei non sarebbe mai partita per Nuova Luxor, benché  Kiki si trovasse lì.
Per un istante, Kalliope bruciò il suo Cosmo, invano, in quanto la presa delle catene rimase salda.
Shun avvertì subito quella presenza di Cosmo e lo fece notare alla ragazza dicendole: “L’energia che hai emanato poco fa era il tuo Cosmo, come puoi ora dirmi che non puoi essere un Cavaliere se mi hai appena dato una prova?”
"Non mi interessa!” Urlò la ragazza. “Questa energia l’ho sempre avuta, come farei altrimenti a erigere il Muro di Cristallo? Lasciami, lasciami subito!" ordinò al cavaliere, che per tutta risposta, si scusò nuovamente.
Intuiva che le scuse del giovane erano sincere, e percepiva il suo dispiacere, ma darsi per vinta era fuori discussione, ella avrebbe resistito a costo di perire.
Quale cieca devozione costringeva quel ragazzo così puro di cuore da poter vedere il tempio di Mu e superarne le difese senza fatica a comportarsi così? Era colpa di quella Saori Kido? Era davvero il volere di Athena a spingere il Cavaliere d'Oro a portarla con sè?
La ragazza giurò vendetta invocò Mu e Shion. Perchè l'allarme non ripartiva? Perchè nulla poteva impedire a quel ragazzo di portarla via, dopo addirittura averla imprigionata?
Kalliope non riusciva a capacitarsi di come quell'individuo potesse essere ritenuto non minaccioso.
Era un cavaliere d'oro, dunque non aveva senso per lei misurarsi con lui, ma non poteva nemmeno lasciare il suo amato tempio. Non riusciva a liberarsi, continuava a divincolarsi, ma finiva solo col farsi del male.
Poi, il Cavaliere dorato balzò verso di lei, velocissimo, e Kalliope non vide più nulla.
Shun era stato costretto ad addormentare la ragazza con un colpo sulla nuca.
Ella si sarebbe ripresa in meno di due ore, dati i suoi poteri; doveva sbrigarsi a portarla a Nuova Luxor, dunque la prese in braccio con delicatezza e uscì dalla finestra da cui era entrato. La stanza si stava rabbuiando di nuovo, e, una volta lontano qualche metro dall'edificio, Shun si girò.
Il tempio era diventato di nuovo invisibile ai suoi occhi.
Con facilità e senza alcuna prova da superare, il giovane tornò al velivolo con cui era arrivato.
Il pilota che lo stava aspettando non disse nulla nel vedere la ragazza addormentata tra le braccia del Cavaliere, e una volta sistemati i suoi due passeggeri, partì subito.
Shun sapeva di aver fatto una brutta azione nei confronti della ragazza, ma era conscio di non poter fare altrimenti.
 
Una volta arrivato a nuova Luxor, Shun congedò il pilota e portò l'addormentata Kalliope a casa dell'amico Seiya, per evitare il contatto diretto tra lei e Saori.
Stese la fanciulla sul divano in salotto e le rimboccò le coperte, dopodichè soddisfò la curiosità impellente del suo amico.
"Allora, Shun, com'è stato il viaggio?" domandò subito Seiya, sorridendo. "Hai avuto problemi?"
"A parte la testardaggine giustificata di questa ragazza, nessuno." rispose Shun.
"Giustificata?" Seiya aggrottò un sopracciglio.
"Beh Seiya, non deve essere bello essere portati via dal luogo dove si è nati e dai propri doveri. Se lei è la sacerdotessa del tempio del Grande Mu e lo è sempre stata, non sarà un risveglio né piacevole né facile."
"Certo, capisco." annuì l'amico. "Jabu di Unicorno non a prenderà bene, ci pensi?" ridacchiò Seiya. "Arrivi tu e gli porti a ragazza che potrebbe ereditare l'armatura di Hakurei dell'Altare, rivaleggiando dunque col suo allievo... Quell'armatura non viene indossata da secoli. Nessuno è mai stato in grado di indossarla, così mi ha detto Saori. Hakurei è stato l'ultimo!"
Shun sorrise. "Dì la verità, avresti voluto essere tu il maestro di questa ragazza, solo per burlarti di Jabu!"
"Amico mio, ti confesso che non mi dispiacerebbe affatto. Mi accontento di aver ereditato l'armatura del grande Aiolos del Sagittario e di addestrare personalmente Kiki, lascio a te questo compito!"
I due risero assieme.
"Sai bene che non lo farò..." lo rimbeccò Shun.
"Sei sempre così gentile!" Ribattè Seiya. "Immagino che per te sia stato strano e complicato rapire questa fanciulla."
"Già." Confermò il cavaliere di Andromeda. "Vado a fare rapporto alla signorina Saori, tu per favore occupati di lei. Non dovrebbe svegliasi tra molto... Cerca di farla sentire a suo agio, poverina..."
Seiya annuì.
"Un'ultima cosa, Seiya"
"Sì?"
"Mio fratello è tornato?" domandò serio Shun.
"No, mi dispiace." rispose l'amico. Shun sospirò, e l’allegria dapprima comparsa sul suo volto svanì. Ringraziò  l’amico per la cortesia e lasciò la sua casa, dirigendosi al palazzo di Saori.

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Capitolo 3
*** Il Cavaliere di Sagitter ***


Kalliope aprì lentamente gli occhi. Era così stanca, così dolorante...
Poggiò una mano sulla nuca ed emise un verso di dolore.
Poi si alzò di scatto.
Un ragazzo dall'aria spavalda e molto tranquilla sorseggiava del caffè e la guardava con un'espressione curiosa. Indossava una canotta rossa aderente e dei blue jeans: un abbigliamento moderno, insomma.
Aveva lo sguardo sveglio e i capelli in disordine, ma i suoi occhi lasciavano intuire una saggezza fresca e giovane acquisita in breve tempo e grazie ad una grande forza d’animo.
Kalliope avvertì subito un Cosmo molto forte, un Cosmo simile a quello del ragazzo che era entrato nel tempio. Si guardò di fretta intorno. Era seduta su un piccolo divano, dinanzi a lei il ragazzo, una piccola televisione, un tavolino con sopra un vaso colmo di fiori e svariati poster appesi alle pareti della stanzetta. Subito si allarmò.
"Chi siete voi? Dove mi trovo?! Sono lontana da casa, lo sento! Voglio andare via..!"
"Ehi, ehi, calma!" tentò di rassicurarla Seiya. "Una cosa alla volta, rilassati, non c'è niente da temere."
Kalliope, intimorita dalla forza del Cosmo del giovane, si fece piccola, piccola sul divano.
"Mi chiamo Seiya. Sono il Cavaliere d'Oro del Sagittario, ex portatore dell'armatura di Pegasus. E' stato il mio caro amico Shun a portarti qui, credo che tu sappia già il motivo, vero?" Si presentò il ragazzo.
Kalliope annuì lentamente.
Allora era tutto vero. Lei era ormai lontana da casa, impotente e decisamente avvilita e contrariata.
Dunque, se quello che aveva davanti non era Aiolos di Sagitter, una nuova imminente generazione di Santi d'Oro poteva essere l'unica spiegazione a tutto ciò.
Kalliope sapeva solo che la Sacra Armatura del Sagittario era la più forte delle Armature d'oro, anche più potente di quella del maestro Mu, e che a causa di questa sua potenza era stata oggetto di furti e trafugamenti da parte di diverse forze maligne, tra cui Arles.
Il ragazzo tranquillo dall'aria allegra che aveva di fronte non poteva certo essere un cavaliere qualunque, per aver ereditato proprio quell’armatura, e il Cosmo molto potente era solo un importante indizio.
"Quindi questa è Nuova Luxor?" Chiese la fanciulla, rassegnata, sospirando. Abbassò lo sguardo e chiuse gli occhi per trattenere lacrime di rabbia, tanto era affranta.
"Beh, questa è casa mia, ma sei a Nuova Luxor!" confermò il ragazzo, sorridendole.
"Voi dite di essere un Santo d'Oro, allora conoscete sicuramente il grande Mu dell'Ariete." affermò Kalliope.
"Cerco che sì. Il Grande Mu è stato un ottimo amico e compagno di battaglia, davvero un grande uomo" Confermò solennemente Seiya.
"Ci potete mettere le mani sul fuoco." disse lei. "Allora, conoscerete anche Kiki, suo fratello?" domandò.
Seiya annuì. “Eccome se lo conosco, da quando era ancora un mocciosetto!”
"Vi prego, ditemi dov'è!" implorò Kalliope.
Il giovane le rivolse un sorriso caloroso.
"E' proprio dietro di te!"
Kalliope si voltò di scatto, e colui che vide era proprio Kiki, ormai cresciuto. Aveva un'aria molto matura, ma nonostante la serietà e la mitezza che emanava, Kalliope non potè fare a meno di saltargli al collo, e lo strinse forte.
"Non mi hai nemmeno percepito, sciocchina..." la rimproverò Kiki, e poi arrossì.
Seiya sorrise. Quella che il giovane Cavaliere del sagittario si trovò di fronte era una scena idilliaca piena di affetto e commozione.
Kalliope piangeva debolmente sulle spalle dell'amico ritrovato, mentre gli occhi di Kiki tremavano.
Seiya si allontanò. "Vi lascio un attimo soli." Disse. "Kiki, spiegale tutto tu, se hai bisogno di me, mi trovi alla palestra di casa Kido. E' ora di dare a tutti gli altri aspiranti cavalieri la notizia che l'ultimo di loro è arrivato!"
Kiki annuì, e strinse forte Kalliope.
"Mi sei mancato così tanto..."sussurrò la ragazza. “In poco tempo sei cresciuto proprio tanto, si vede già solo guardando i tuoi occhi…”
"Anche tu, Kalliope. Sono molto contento che le stelle ti abbiano scelta, sai... Anche se magari non erediterai quell'armatura, sarai comunque vicina a me."
Kalliope si staccò, e fissò negli occhi l'amico.
"Kiki, io non diventerò un Cavaliere…. Io voglio continuare a fare il mio dovere, a fare le veci di tuo fratello. Voglio imparare a riparare ogni tipo di armatura, a guarire i feriti e i malati, e voglio proteggere la nostra gente... Quei pochi che sono rimasti, sparsi per il Tibet e la Cina, meritano la mia protezione e il mio sostegno nel caso di bisogno, lo sai…"
"Kalliope, sono le stelle che ti hanno scelta." le ripeté Kiki. "Non puoi venire meno a questa vocazione, Athena ti guiderà. Andrà tutto bene, vedrai, ci sarò io con te."
"Se la metti così, amico mio, non posso che accettare, ma promettimi che continuerai ad insegnarmi ciò che tuo fratello Mu non ha potuto farmi imparare." raccomandò Kalliope.
Kiki annuì e i due si strinsero di nuovo.
"Vieni, andiamo da Seiya. Insieme raggiungeremo Shun e ti presenteremo a Saori, la dea Athena."
Kalliope, sconcertata, seguì Kiki, che chiuse a chiave la casa dell'amico Seiya, e si diressero verso il palazzo di casa Kido.
 
Il palazzo della dea Athena era imponente come il suo nome.
Maestoso, si stagliava in alto nel cielo sereno di Nuova Luxor.
La facciata frontale era così sfarzosa, moderna e impeccabile che Kalliope non potè are a meno di aprire leggermente la bocca per lo stupore. In alto, prima di una gigantesca balconata eburnea, c’era un’enorme vetrata circolare raffigurante la Ruota dello Zodiaco. I dodici segni erano dorati, la pietra sulla quale erano incisi era blu come la notte. Grandi balconate bianche adorne di fiori si stendevano ad ogni piano del palazzo, su ogni facciata, e tutte le facciate erano costituite da mattoncini rossi. Il tetto bianco come le balconate e le finestre imponenti bordate in ferro battuto rendevano il palazzo un simbolo di ricchezza, grandezza e potenza, nonché un’opera degna di nota anche per l’estetica e il buon gusto.
Un edificio degno della moderna dea Athena insomma.
Eppure, nonostante quella meraviglia dell’edilizia davanti ai suoi occhi grandi e verdi scuri, Kalliope avvertì subito la mancanza delle mura povere, semplici e luminose del suo caro tempio nel Jamir.
“Bello, vero?” disse Kiki. “ Pensa che è molto cambiato dalla prima volta che vi sono stato. Allora ero ancora un bambino… Mio fratello mi aveva spedito qui per tenere sotto controllo i progressi di Seiya e i suoi compagni quando erano ancora cavalieri di bronzo, e per assistere Shiryu nella guarigione… Si era accecato con le sue stesse mani per salvare i suoi amici, sai. Shiryu è un uomo d’onore, come tutti i suoi compagni.”
Kalliope non sapeva nemmeno chi fosse quello Shiryu, figurarsi i suoi compagni.
Si limitò ad annuire e a commentare il gesto nobile dello sconosciuto balbettando: “Ammirevole…”
“Prima di conoscere Saori, ti presenterò i tuoi futuri compagni. Alcuni potresti non trovarli simpatici, ma è tutto da vedere” la rassicurò Kiki.
Kalliope prese la mano dell’amico e  la strinse forte.
“Se ci sei tu con me posso andare dove vuoi e conoscere chi vuoi, ma ti prego, non lasciarmi sola col Cavaliere d’oro che mi ha portata qui. Potrei maledirlo!” gli raccomandò la ragazza.
“Kalliope, sbagli a pensare male di Shun” la rimproverò. “Lui è il più sensibile e generoso dei santi d’oro odierni, e non è stato divertente per lui portarti via. E’ un bravo ragazzo, d’animo nobile e limpido.”
“Che ha l’animo limpido non c’è dubbio” bofonchiò Kalliope. “Ha letteralmente sabotato l’allarme di tuo fratello. Ha scavalcato una finestra del tempio con così tanta facilità che ho temuto il peggio, e infatti eccomi qua.”
“Non essere prevenuta, coraggio…” tentò di placarla il ragazzo. “Ti troverai bene qui, troverai molte persone su cui contare.”
“Sicuramente.” Concluse la ragazza in tono aspro.
Pensava che avessero fatto il lavaggio del cervello al suo amico. Non vedeva l’origine della positività e della devozione ad Athena,  colei che le aveva portato via l’amato maestro. Se fosse stata lei la sorella di Mu, pur di non seguirne le identiche orme ed essere devota ad una perfetta sconosciuta, si sarebbe nascosta per tutta la vita, persino lontano dal Jamir.
Mentre pensava, Kalliope si rese conto di essere arrivata a destinazione.
“Qui si allenano tutti i nostri compagni” esordì Kiki. “Anche tu ti allenerai qui. Non so chi potrebbe essere il tuo maestro, dal momento che Ikki della Fenice non è ancora tornato, potrebbe essere lui ad addestrarti.
L’armatura della Fenice non era ignota all’udito di Kalliope: il suo maestro le aveva insegnato che quella è l’unica armatura che può evitare la riparazione. Solamente se il Cavaliere che la possiede è troppo debole per ripararla da solo, essa ha bisogno della mano esperta di un riparatore, altrimenti è in grado di rigenerarsi per conto proprio, così come la creatura magica di cui porta il nome è in grado di risorgere dalle proprie ceneri.

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Capitolo 4
*** Incontri e scontri ***


Una volta seguito Kiki, Kalliope si trovò di fronte una dozzina di ragazzi più o meno suoi coetanei che si battevano tra di loro all’interno di un grosso campo simile ad un’arena.
In mezzo al mucchio di sconosciuti, la ragazza riconobbe Seiya, il quale fece loro cenno di scendere.
Kalliope seguì incerta il compagno, e Seiya le si avvicinò,dopodiché gridò ai ragazzi di interrompere i loro combattimenti.
Essi smisero subito di allenarsi, e si raccolsero a Seiya come pulcini dinanzi alla chioccia.
Kalliope li guardò uno ad uno.
Erano tutti ansimanti e sudati, e attendevano pacati le parole di chi li aveva interrotti.
Seiya si apprestò alle spalle di Kalliope, e la spinse un passo avanti.
Kalliope aprì la bocca per protestare, ma non fece in tempo a dire nulla.
“Lei è Kalliope” la presentò lui senza troppi convenevoli “è una potenziale candidata ad una armatura, proprio come voi. Viene da molto lontano, e conosce solo me, Kiki e Shun di Virgo. Trattatela bene e con rispetto, mi raccomando!” concluse il cavaliere. Fece per voltarsi, quando uno dei ragazzi esclamò: “Ma è una donna!”
Seiya fulminò il malcapitato.
“E allora?” ribattè il giovane. “Anche la mia maestra Marin dell’Aquila lo è. Anche l’onorevole Shaina dell’Ofiuco lo è, eppure se fossi in voi eviterei di dire loro la medesima cosa. Anche le donne possono ereditare un’armatura, non lo sapevate? Questa signorina ne è la conferma. Potrebbe portare via una delle armature a cui siete candidati, sapete… Volete conoscere quali?”
Un coro di consensi sorse alla domanda del Cavaliere D’oro.
“Ara, Lira…” disse, aumentando il vociare e lo stupore dei ragazzi “…e la mia vecchia cara armatura di Pegasus.”
Seiya mentì , poiché quella che anche Kalliope avrebbe potuto ereditare era solo quella di Ara, ma volle intimorire gli altri giovani per far capire loro che un pretendente ad un’armatura poteva essere dietro l’angolo, e che dovevano quindi guadagnarsi l’armatura a cui erano candidati.
“Come sarebbe a dire quella di Pegasus? Mi sono rassegnato all’idea che lei sarà anche il maestro di Kiki, ma che una donna mi impedisca di ottenere la sua vecchia armatura, Onorevole Seiya, è assurdo!” Protestò un ragazzo dai capelli dorati, alto ed esile.
Seiya rise di gusto. “Sapevo che ti saresti turbato,  Fenir. Ti prendevo in giro, però non scherzo sul fatto che Kalliope potrebbe ereditare quella di Lira, ancora senza un aspirante, o quella di Ara… hai capito, caro Hito?”
Hito era un ragazzo alto e ben piazzato, dai capelli corvini e lo sguardo tagliente e attento, colui che per primo era stato candidato all’armatura di Ara, giapponese di origine ed allievo di Jabu di Unicorno.
“Non si preoccupi, Seiya di Sagitter” ribattè Hito. “Difenderò l’armatura che Saori Kido mi ha assegnato, e renderò fiero il mio maestro. Impedirò a questa donna di non farmi diventare Cavaliere!”
Kalliope ne aveva già abbastanza di quelle inutili discussioni su chi avrebbe ereditato cosa.
Fece di sua sponte un passo avanti e dichiarò: “Tu, Hito,  futuro Cavaliere di Ara: l’armatura che desideri e per cui ti stai battendo è tutta tua. Non è nei miei interessi diventare un Cavaliere. So bene che l’armatura di Ara è appartenuta ad Hakurei, maestro di Yuzuriha della Gru, mia antenata e come me appartenente all’etnia di Mu, ma questo non mi rende interessata, tanto meno partecipe. Non interferirò sul tuo cammino: a breve incontrerò la vostra venerata Saori Kido e tornerò da dove sono venuta. Quindi non scaldarti, perché “questa donna” non ti porterà via ciò a cui ambisci.”
Il ragazzo tacque per qualche istante.
“Beh, donna, sappi che se il volere si Athena andrà contro alle parole che mi hai detto, sarà molto dura per te ottenere ciò che mi è stato affidato prima del tuo arrivo.” Sentenziò Hito, additando Kalliope.
“Se sarò costretta a rivaleggiare per l‘armatura, allora ti prego, sconfiggimi. Uccidimi pure, se ne avrai l’occasione, così sarà chiaro a tutti voi che io non posso essere un Cavaliere. E sappi che se per caso dovessi ottenere quell’armatura, non sarà colpa mia, ma sarà colpa della dea che adorate.” ribattè Kalliope.
“Nemmeno a  me piace essere qui e turbare i vostri equilibri.” Continuò “ Non voglio farmi del male combattendo contro di voi ne farne a voi. Perciò, Hito, puoi cambiare il tuo destino aiutandomi a tornare al mio tempio. Oppure puoi seguire le regole dettate dalla tua dea, una donna come me, e batterti quando vuoi.”
Tutti i presenti tacquero. Seiya sorrise. Il temperamento forte e calmo dell’aggraziata fanciulla vestita di candido bianco le ricordavano la sua maestra Marin, la strafottenza  invece gli ricordava Shaina dell’Ofiuco.
“Ripeto che non mi importa dell’armatura” continuò Kalliope “ ma se oserai attaccare una sacerdotessa di Mu non sperare che io non reagisca… Certo, sarebbe un dispiacere se un’arrogante come te ereditasse l’armatura del venerabile Hakurei. Yuzuriha della Gru e Hakurei stesso potrebbero rivoltarsi nelle rispettive tombe.”
“Maledetta insolente!” Sfuriò Hito. “Prima riduci a una comune donna la signorina Kido e poi ti permetti di insultarmi? Preparati, perché meriti una bella lezione!”
“No!” intervenne Kiki, ponendosi come scudo davanti all’amica. “Prima prenditela con chi sa usare il Cosmo, Hito. Kalliope non è allenata come noi, inoltre minacciare una fanciulla è davvero deplorevole.”
Kalliope cominciava davvero ad arrabbiarsi.
“Kiki, non interferire.” Si espresse Seiya.
“Ma, maestro..!”
“La tua amica deve cavarsela da sola. Ormai, potrebbe diventare un Cavaliere.”
“Mai e poi mai!” gridò Kalliope. “Questo bellimbusto può farmi quel che vuole, non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, se non dello spirito del mio rispettabile maestro Mu dell’Ariete. Perirò con gioia, dato che il destino che mi aspetta è sgradevole ed inevitabile, meglio la morte. Fatti avanti Hito, reagirò quanto possibile. Sono una sacerdotessa di Mu e come tale combatterò per lui e per me stessa, comunque vada!”
Più preoccupato di prima, Kiki guardò il suo maestro.
“Mettetevi in mezzo al campo di combattimento. Voglio che duellate tra di voi!” Esordì Seiya.
Kiki lo fulminò con lo sguardo, ma era tutto inutile.
“Devo proprio?” ribattè Hito. “Se questa ragazzina invoca la morte, non vorrei rischiare di accontentarla!”
La ragazza non fiatò. Si era cacciata in un bel guaio e lo sapeva. Aveva peccato di arroganza, provocando uno sconosciuto di cui non conosceva le tecniche e la forza.
“Signorina, mi raccomando, cerchi di non farsi male. La sua presenza qui è stata richiesta anche per un altro motivo, non solo per la possibilità di ereditare l’armatura di Ara.” Terminò Seiya.
Kalliope fissò gli occhi vispi del giovane Santo d’Oro. Un altro motivo? E qual’era? C’era forse la possibilità di riscattarsi? La ragazza si poneva domande su domande, mentre lentamente si avvicinava al centro dell’arena piatta.
Hito si era piazzato a debita distanza. “In guardia!” gridò interrompendo i suoi pensieri.
Dopodichè il ragazzo si avventò su di lei.
Kalliope alzò le braccia in aria, lentamente, incrociando poi i polsi, e chiuse gli occhi per concentrarsi.
Seiya osservava le dinamiche sogghignando. Kiki invece era stupito, sapeva bene qual’era la mossa che Kalliope aveva in mente di usare. Lui e il suo maestro si scambiarono uno sguardo complice, poiché anche Seiya sapeva.
Gli altri ragazzi, ammutoliti, facevano il tifo, chi per Hito, chi per  Kalliope, mentre l’allievo di Hyoga, un biondino di statura e corporatura media, dai capelli liscissimi color platino e pallido di carnagione, stava in rispettoso silenzio, osservando attentamente con i suoi occhi argentei.
Intanto, in quel brevissimo frangente, Kalliope disegnava con un semicerchio nell’aria con le braccia, e, nello stesso istante in cui Hito le fu vicinissimo, ella aprì le braccia parallelamente al suolo e pensò intensamente: “Muro di Cristallo!”

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Capitolo 5
*** Gli obblighi di un prescelto ***


Il Cosmo di Kalliope bruciò, Hito si scontrò contro la sua barriera e venne sbalzato indietro di almeno una decina di metri.
Kiki era conscio delle doti di Kalliope, ma ignaro che l’amica avesse imparato tale mossa. Era tutto merito di suo fratello.
I presenti rimasero ammutoliti, Seiya sorrise e batté le mani. Hito si rialzò barcollando.
Alcuni dei ragazzi gli andarono incontro preoccupati, ma Hito confermò il suo benessere bofonchiando.
“Sorprendente. Non mi aspettavo che sapessi eseguire anche tu il Muro di Cristallo, Kalliope.” Le disse Seiya.
“Cavaliere di Sagitter” cominciò la ragazza “Ci sono tante cose che di me non sapete. Ho fatto quello che volevate, adesso vorrei andarmene. Dite che devo incontrare la dea Athena, e allora andiamo ad incontrarla, e poi liberatemi.”
Seiya annuì.
“Kiki, tu rimani qui, io vado.”
“Veramente” protestò Kalliope “Vorrei tanto che Kiki venisse con noi…”
“Non può, mi dispiace.” Le rispose pacatamente Seiya. “Deve allenarsi, vero Kiki? Ripeti il lavoro di ieri. “
Il ragazzo annuì debolmente, e raggiunse gli altri giovani ancora impietriti dalla difesa di Kalliope.
“Purtroppo per lui, Kalliope, non c’è un’armatura di bronzo o d’argento ad attenderlo. Se vuole diventare in fretta Santo d’Oro, deve darsi molto da fare e allenarsi duramente.”
“Sì, maestro.” Annuì il ragazzo.
Kalliope abbassò lo sguardo. Nemmeno il suo improvviso spettacolino era servito a far migliorare la situazione, che per lei andava di male in peggio. Non aveva avuto senso stare con Kiki per così poco tempo per poi impedirle di andare al cospetto di Athena con lui. Non aveva avuto utilità atterrare  il povero Hito se non quella di zittire chiunque nella palestra.
Affranta e triste, Kalliope rialzò gli occhi e disse a gran voce: “Chiedo scusa a tutti voi per aver sottratto tempo prezioso ai vostri allenamenti.”
I ragazzi non dissero nulla. “E… Hito… Perdona la mia arroganza e l’ingiustizia del mio colpo. Non temere, è l’unico che sono in grado di eseguire. Il mio maestro è stato il grande Mu dell’Ariete, fratello maggiore di Kiki; se n’è andato troppo presto e non ho imparato altro, a parte qualche trucchetto dovuto ai poteri innati che mi appartengono grazie alle mie origini. Non so fare altro. L’armatura di Ara sarà certamente tua, e se così non sarà, sicuramente un’altra sacra veste ti vorrà.”
Hito fece per fiatare, ma lasciò correre. Aveva capito che la rivalità con Kalliope era voluta da Athena.
“Addio, nobili aspiranti cavalieri.” Concluse la ragazza, e si avviò con Seiya, di nuovo, verso il lussuoso palazzo di casa Kido.
“Perchè hai detto loro addio?” domandò Seiya. “Sai benissimo che resterai qui. Quel colpo non lo sai fare grazie ai tuoi poteri innati, ma grazie al Cosmo. Sai benissimo che potrai diventare Cavaliere, non è così? Sono sicuro che il grande Mu ti ha preparata a quest’eventualità. Non negarlo a me, Kalliope. Io ignoravo l’esistenza di un’altra persona come Kiki, ma percepisco il tuo Cosmo, so che ne sei consapevole.”
“E’ vero, Cavaliere” confermò la ragazza “il mio saggio maestro mi aveva parlato di questa eventualità. E mi disse di scegliere finchè ne avessi avuto possibilità, finchè ne avessi avuto modo. Mi disse di accettare, se la da Athena mi avesse chiamata al suo cospetto. Ma mi disse anche che, se non fosse stata mia intenzione lottare per ottenere il titolo di Cavaliere dello Zodiaco, avrei potuto conservare il mio ruolo di sacerdotessa. Mi disse anche di proteggere Kiki, col mio spirito ed evocando il suo, di pregare per voi, cinque Cavalieri di bronzo ormai divenuti cavalieri d’oro, per i suoi compagni allora Santi d’oro, e per la Terra, perché rimanga in pace. E dunque è questo ciò che voglio fare, e, prima di tutto quanto, voglio proteggere Kiki.”
Il giovane Cavaliere rimase in silenzio.
“E ditemi” continuò Kalliope “ come farò a proteggere il mio amico adorato, se combatteremo fianco a fianco? Se perirò anche io, saremo in tre a proteggerlo da lontano coi nostri spiriti: Io, Mu e Sion. Ma io sarò morta, e i nostri poteri come spiriti non basteranno.”
“Kalliope, lo comprendo, ma questo è il volere di Athena, lo sai.”
“Io posso scegliere, nobile Seiya. Io posso scegliere finchè ne avrò modo. E se modo non ci sarà, meglio la morte che una vita di pericoli, tristezza e servitù a una Dea che non merita il vostro coraggio, né quello dei santi defunti, e di tutti i cavalieri che sono periti per salvarla.”
Seiya sorrise e poi inspirò.
“Ragazza, parli come me quando aveva appena ricevuto l’Investitura, e come Ikki del Leone, fratello di Shun di Virgo. Vedrai che avrai tutto il tempo necessario per ricrederti e rasserenare il tuo spirito dubbioso. Abbi fede Kalliope, abbi fede in Athena.”concluse il Cavaliere.
“Non diventerò un Cavaliere di Athena.” Ribattè la ragazza.
“Ah, ragazzina, dicono tutti così!” le sorrise Seiya.
“Ad ogni modo, è troppo tardi ora per incontrare Saori. Conoscendola avrà mille faccende da sbrigare, è qualche giorno che se ne sta rintanata nell’Osservatorio…  Desideri fare altro? Vuoi allenarti un po’ anche tu?”
“Vorrei solo riposare, se possibile.. E mangiare qualcosa” chiese Kalliope.
“D’accordo, se le ore di sonno precedenti non ti sono bastate, preparo qualcosa per cena e poi sarai libera di dormire. Io la sera faccio qualche esercizio prima di dormire, se ti va possiamo farli assieme.”
“Ti ringrazio molto, ma preferirei riposare.”
“E va bene…” si rassegnò Seiya. I modi per conoscere meglio Kalliope erano inutili, dal momento che lei si mostrò irremovibile.
La sicurezza, l’allegria e la convinzione del cavaliere d’Oro lasciarono Kalliope senza altre parole.
E se Seiya avesse avuto ragione? Se le toccava davvero combattere per Athena?
Kalliope non potè fare a meno di porsi altri mille quesiti. La sua testa scoppiava, voleva solo dormire, svegliarsi nel suo giaciglio nel tempio nello Jamir, e pensare “E’ stato solo un incubo, solo un brutto incubo…”
Ma la realtà era tutt’altra cosa.
La sua casa non era il tempio, bensì il modesto salotto della casa di Seiya.
Senza nemmeno mangiare, sprofondò nelle coperte offerte dal ragazzo, e provò a chiudere gli occhi.
Seiya era lievemente preoccupato, ma non fece nulla, pensò a sé stesso e dopo aver cenato uscì di casa per la quotidiana corsetta serale.

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Capitolo 6
*** Appelli e rinunce ***


Mentre gli aspiranti cavalieri dormivano, Saori fece convocare urgentemente dal suo fedele maggiordomo Tokumaru Tatsumi i cavalieri D’oro Seiya, Shun e Hyoga nell’osservatorio del palazzo, diventato un luogo fondamentale per urgenti riunioni.
I tre giovani sapevano benissimo che il più delle volte che erano stati convocati con urgenza da Saori c’erano brutte notizie al seguito.
I tre si precipitarono subito nell’osservatorio, e vi trovarono Saori china sul maxischermo del suo osservatorio, molto concentrata nel suo lavoro.
Sentendo la porta elettronica dell’osservatorio chiudersi e auto sigillarsi, Saori si volto di scatto.
“Oh, meno male che siete arrivati. Temevo di disturbare.” Li accolse la giovane donna, prendendo posto su una sontuosa e morbida sedia e aprendo un piccolo computer sulla scrivania di fronte a lei.
“Accomodatevi, prego.” Aggiunse.
“Lei non disturba mai, Milady.” La rassicurò Seiya.
“Vi ho convocati qui per parlare delle armature ancora vacanti.  Dobbiamo affrettare l’investitura di quei giovani allievi al più presto, in quanto ho bisogno di una nuova lega di Cavalieri disposti a combattere qualora un nemico ci attacchi e le nostre forze non siano sufficienti. Come ben sapete, pur essendo la reincarnazione della dea Athena, ho potuto indossare la sua armatura solamente quando sembrava che non ci potesse essere un’altra soluzione. Purtroppo, voi cavalieri siete tenuti a proteggere Athena prima che lei protegga sé stessa…”
I cavalieri tacquero molto preoccupati e piuttosto intimoriti. Saori sembrava annunciare loro l’arrivo di un nuovo nemico, e questo significava tornare a combattere, a soli sette anni dalla durissima battaglia contro Hades.
Seiya più di tutti temeva un nemico più forte e agguerrito di Hades o un ritorno dello stesso, data la sua recente guarigione, non avrebbe potuto aiutare i suoi amici a dovere.
La cicatrice inflittagli da Hades era ancora molto visibile, non gli provocava alcun dolore ne contrando l’addome ne toccandola, ma la pelle ancora non era del tutto rosea e sana.
Il povero Cavaliere stava attraversando una convalescenza durata quasi cinque anni, dopo aver passato circa 11 mesi in coma e un anno di fermo in sedia a rotelle. Ricominciare a camminare e a correre era stato difficile e duro per lui, per il suo fisico e per la sua psiche, e da circa 13 mesi aveva ripreso a insegnare, ma senza mai indossare la sua armatura.
Per moltissimo tempo era dunque stato protetto dai suoi amici, ma in quel momento Shiryu si trovava ancora in Cina per potenziare le sue abilità in modo tale da poter sfruttare a pieno la potenza dell’armatura di Dohko, mentre Ikki era scomparso nel nulla senza avvisare, come era solito fare, e spediva ogni tanto qualche lettera al fratello Shun. Nell’ultima lettera ricevuta da quest’ultimo, Ikki aveva comunicato che non avrebbe tardato ulteriormente il suo ritorno, ma ancora di lui non v’era traccia.
Insomma, la difesa del palazzo Kido era notevolmente bassa, qualora un nemico del calibro di Hades avesse voluto attaccare avrebbe potuto farlo senza troppi e potenti ostacoli.
Il volto di Saori era intorbidito dalla serietà e da un’amarezza visibilmente percettibile.
“Per la prima volta dopo tanto tempo di onorevoli servigi e battaglie sanguinose vinte con discreto successo…” continuò lentamente Saori, tenendo gli occhi malinconici fissi sulla scrivania dov’era seduta “…mi ritrovo costretta a dirvi che in vista un nuovo nemico più abile di Hades o di un suo eventuale ritorno, voi cinque non sarete abbastanza a difendere Athena, e io non posso sapere se sarò a mia volta sufficiente a sconfiggere un individuo del genere.”
Shun spalancò gli occhi, tremanti. Hyoga strinse i pugni e chiuse gli occhi, poi sospirò. Seiya invece abbassò lo sguardo, e trattenne lacrime di sdegno e forte tristezza.
“loro quattro, Mylady. Io non sono ancora in grado di combattere. Sono molto ostinato e voi tutti lo sapete, ma sono stato salvato per miracolo e non intendo rischiare la morte…” annunciò Seiya, con voce flebile, tremante e più seria che mai. “Perdonate la mia vigliaccheria, ma io non posso farlo, dico davvero, perdonatemi, Saori, e voi, amici miei…” il giovane si interruppe, perché una lacrima piena di amarezza e vergogna solcarono il suo viso.
“Io non sono degno di questa missione, Milady. Vi prego di perdonarmi!”
Shun si apprestò a consolare l’amico, anch’egli aveva liberato alcune lacrime.
Hyoga si avvicinò a Seiya e appoggiò una mano sulla sua spalla.
“Seiya” cominciò “Non devi crucciarti. Hai combattuto gloriosamente, anche quando eri in punto di morte hai saputo rialzarti e combattere per noi, per Athena. Hai fatto tutto ciò che era in tuo potere e sai benissimo che se ora io e Shun ti siamo a fianco, è merito tuo,in gran parte.”
Seiya fissò l’amico con occhi lucidi.
Per Saori fu molto strano vede Seiya così triste, così addolorato per non poter servirla.
“Hyoga ha ragione” tentò di consolarlo. “Tu mi hai sempre protetta, incoraggiata e aiutata.  Sarà difficile rinunciare a te, caro Seiya, ma la tua vita viene prima della mia ora più che mai, per cui non vergognarti e non intristirti per questa tua rinuncia. Se senti delle colpe e vuoi continuare a scusarti, sappi che non occorre perché io ti perdono.”
Seiya asciugò le lacrime. Sari era proprio maturata e dimostrava competenza e affetto sempre maggiori nei suoi confronti.
“Anzi, perdonami se per colpa mia hai rischiato la morte. Riuscire a salvarti era il minimo che potessi fare per ricambiare tutto ciò che tu hai fatto per me.”
Perfino Hyoga e il maggiordomo si commossero, ma dopo qualche minuto di pausa per riprendersi dalla fresca rinuncia di Seiya, Saori dovette riprendere la consueta autorità.
“Scusatemi ragazzi, ma devo continuare…” dichiarò.
“Come vi dicevo, molte armature sono vacanti… E, purtroppo le armature d’argento di Lucertola, Balena, Mosca, Cani da caccia, Gru, Carena, Vela, Triangolo ed Ercole non hanno risposto alla mia chiamata.”
Subito si diffuse un’aria di grigiore nella stanza.
“In più” continuò lei “In più, nemmeno le armature di bronzo di Bussola, Bulino, Lepre, Corona Boreale, Boote, Delfino, Eridano, Giraffa, Tucano, Cratere, Pesce Volante, Lince e Indiano sono tornate qui a Nuova Luxor. Ora come ora, le mie sole forze siete voi, Shun e Hyoga, assieme a Shaina, Unicorno, Lupo, Leone Minore, Idra, Camaleonte e Orsa Maggiore. Siete due cavalieri d’oro e sette d’argento. Otto con Kiki, il quale credo sia già in grado di vestire questo tipo di armatura…”
“E Marin? Che fine ha fatto la mia maestra?!” si allarmò Seiya.
“Marin non è ancora tornata dalla missione che le ho affidato. Le avevo chiesto di fare chiarezza su questo mistero delle armature scomparse, in quanto buona parte di esse si trova ancora nel Regno di Grecia. Sono piuttosto preoccupata, infatti ho mandato alcuni piloti fidati a seguire le sue tracce, e finora hanno avvistato Marin solo una volta. Mi è stato comunicato giusto stamattina, e sembra che la tua maestra stia bene. Purtroppo per i miei uomini lei è troppo veloce, si sposta in fretta e con continuità: io stessa le ho raccomandato di non trattenersi per più di tre ore nello stesso raggio di dieci chilometri.”
“No sarebbe meglio se Shiryu rientrasse dalla Cina? Abbiamo bisogno anche di lui.” Affermò Hyoga.
“Ho già mandato una coppia di uomini a informarlo, sono partiti ieri pomeriggio. I Cinque Picchi sono angusti, sarà difficile per loro trovare il nascondiglio di Shiryu. Come il suo vecchio maestro, ha imparato ad annullare il suo Cosmo e dunque non posso percepirlo nemmeno io. L’ho contattato con la telepatia in sogno, e ho avvertito anche Shunrei, non ci resta che aspettare.” Precisò Saori. “Per quanto riguarda tuo fratello, Shun, l’ho contattato prima ancora di Shiryu; sta bene tra qualche giorno dovrebbe tornare qui e ogni giorno ci mettiamo in contatto per scambiarci aggiornamenti. Non gli ho spiegato ogni dettaglio, affido a te questo compito, d’accordo?”
Shun si illuminò e sorrise. “Certo, Mylady, grazie!” rispose.
“Ad ogni modo, parliamo anche di Kalliope, l’ultima arrivata, Shun. So che non è molto propensa a seguire le nostre direttive, ma non ti ho mai rivelato il vero motivo del perché ti ho mandato nel Jamir e detto di portarla qui ad ogni costo.”
Shun era sconcertato, almeno quanto i suoi due amici e il maggiordomo. Tutti loro erano sorpresi da come Saori avesse agito da sola: Marin si trovava in missione da un tempo non determinato, seguita dagli uomini della giovane, Shiryu era stato già avvisato da lei stessa senza suggerimenti alcuni, e costantemente si prendeva cura dei movimenti di Ikki. Saori si stava comportando come la leader che aveva sempre cercato di essere e stava guidando i suoi Cavalieri con saggezza e bontà. Nonostante le notizie inquietanti, i Cavalieri avevano fiducia nelle sue capacità di leader e di Dea. Stava acquisendo maggiore consapevolezza dei suoi poteri, e il tutto la rendeva ammirevole e degna di rispetto.
“Ti ho imposto di portarmi qui quella ragazza, perché le stelle l’hanno chiamata a ereditare l’armatura di Ara, che pensavo fosse dispersa o irrecuperabile visto che dopo Hakurei non l’ha più indossata nessuno, ma  c’è dell’altro…”

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