io ti aspetto

di beljebers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo uno ***
Capitolo 2: *** capitolo due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***



Capitolo 1
*** capitolo uno ***


Capitolo uno, All of me.

Strinsi di più l'asciugamano attorno alla vita, arrotolando l'angolo sopra il seno e portai lo sguardo sulla mia figura riflessa sullo specchio. Le mie guancie erano leggermente arrossate e le labbra erano pallide e screpolate, gli occhi stanchi e alcuni capelli mi ricadevano sul volto. Sulle spalle ricadevano delle gocce d'acqua che scivolavano sulla schiena e andavano ad assorbirsi sull'asciugamano. Le gambe erano piene di lividi, alcuni più violacei, altri appena accennati. Due succhiotti sul ginocchio e le unghie smaltate di nero, solo più corte rispetto a quelle laccate e a punta delle mani.
Sospirai dischiudendo le labbra e uscii dal bagno, andando in camera e guardando il letto ordinato con il piumone bianco. Mi piaceva l'immagine della mia camera. Il letto era grande al centro della stanza, con tanti cuscini, il comodino pieno di libri e le cuffie dell'iPhod. Nella parete su cui era appoggiato il letto era disegnato con una linea sottile nera l'immagine dell'emisfero su cui appiccicavo le foto dei posti in cui ero stata, ma anche quelle in cui dovevo ancora andare. La cabina armadio era bianca e lucida che stratipava di vestiti,  la porta che portava al fuori fatta di vetrata e un grande tappeto al centro della stanza, grigio e peloso. 
Presi il labbro inferiore fra i denti e mi sedetti sulla poltrona su un'angolo della stanza, aspettando. Come sempre.
Arrivò con mezz'ora di ritardo, con un sorriso sghembo in cui arricciava il labbro. Un sorriso che tanto amavo e faceva comparire subito il mio. Mi alzai dalla poltrona con ancora l'asciugamano addosso che copriva il mio corpo vestito con solo l'intimo e gli aprii la porta, facendolo entrare. Ci salutammo con un'altro sorriso timido che poteva sembrare sforzato agli altri, ma la verità è che era la parte più intima che due persone si potessero concedere: un sorriso.
Parlammo del più e del meno, non ricordo cosa mi disse e le parole con cui risposi io, ma mi ricordo bene la camicia che indossava con i quadrati verdi e bianco panna, che erano sotto delle righe marroncine e verde scuro, cinque bottoni erano chiusi mentre l'ultimo e i primi due erano sciolti. I capelli erano buttati di lato e il piercing nell'orecchio sinistro stava in bilico, i jeans neri stretti e le nike blu. 
Portò la mano sulla mia guancia, avvicinando il volto al mio e lasciandomi un bacio lento sulla fronte, mentre entrambi chiudevamo gli occhi, consapevoli di quando questo contatto ci facesse male, di quanto ci faceva ribollire il sangue nelle vene e di quanto ci facesse desiderare di più.
Eravamo consapevoli di quanto male ci facevamo, eppure continuevamo a desiderarne altrettanto.
Rimanemmo lì qualche minuto, immaginandoci sussurrare le parole che non ci saremmo mai detti. Strana la vita, eh? Ti fa credere che l'amore non esista e quando lo trovi, non è l'amore tuo. Si perchè lui l'amore suo l'ha trovato negli occhi castani e non nei miei azzurri, mentre io nei suoi l'ho trovato subito.
Mi alzai dopo aver scambiato poche parole inutili rispetto a quelle che gli urlavo durante le mie notti in bianco, perchè lui dormiva nei sonni miei e io non potevo che rimanere a guardarlo.
Mi infilai un paio di jeans neri strappati e un maglioncino semplice bianco, rilegando i capelli in una coda alta disordinata mi sono voltata verso di lui che aveva preso un libro e leggeva distrattamente le prime righe di una storia che andava a finire bene. Perchè in fondo, quando leggi una storia sai benissimo che andrà a finire bene, ti stupisci dei colpi di scena ma non ti terrorizzi, sai che se li hanno raccontati sono destinati a qualcosa. 
Mentre ora, qui nella vita reale io so che se ci dovesse essere un colpo di scena io potrei morire d'infarto.



Matteo pov.
'I'm nothing without you.' 
Questa riga mi si ripeteva in continuazione a mente, stampata in matita sopra il numero del capitolo di un libro ma impressa con l'inchiostro dentro di me, era diventata una goccia d'indelebile che oltre a segnarmi creava un vuoto nel mio metto scavando sempre più a fondo e facendomi perdere più di quanto io non mi perda negli occhi suoi. Li conosco a memoria. Sono come la piantina di una piccola cittadina. Il centro nero cupo e lucido, le piccole venature verdi che vanno dal centro verso l'esterno e le chiazze dipinte di blu, grigio e verde tutt'insieme, il contorno dell'iride nero pece. Quando piange si mettono in risalto gli occhi che iniziano ad arrossarsi ma diventano quasi più belli. Quando piange anche io piango.
Amo il suo sorriso, amo pensare a lei. Non so se sono stupido, non so se non ci sono ancora arrivata. Ma quando non ho preferito lei, avevo pensato a quanto sarebbe durata la nostra relazione. Quattro mesi? Sei? O magari un anno, ma dopo ci saremmo persi come delle stupide gocce d'acqua che non si sarebbero mai più ritrovate nell'oceano. Ci saremmo lasciati e io una goccia preziosa come quella non la voglio mai lasciare.
Accesi la tv, allargando le braccia per accoglierla e lei immediatamente mi sorrise - cazzo però, che non sorrida a nessun altro o s'innamorano tutti - venendo verso di me e sdraiandosi affianco a lei mentre le avvolgevo la vita con le braccia trattenendola a me.
Perchè era così che facevamo: giocavamo a fare la gara a vedere chi riusciva a stringere di più le mani all'altro, a chi riusciva a far venire più farfalle. Il problema è che a me venivano i ripensamenti, le voglie di consumarle le labbra, di consumare le mie ripetendole paroli dolci all'orecchio.
Quindi insieme stavamo perdendo il gioco, facendoci ribollire il sangue.
'Vediamo Greys Anathomy?', mi sussurra lei, alzando lo sguardo verso di lei. E io non posso fare altro che annuire, perchè non posso negare a vedere il nostro telefilm preferito.
Le passo il telecomando, lasciandola selezionare l'ultimo episodio. A parlare è Christina Yang che sta eseguendo un intervento al cuore difficile, raro. Salva il paziente ma questo entra in paralisi totale e vive  sarà costretto a vivere attaccato a un respiratore. Allora quando si riprende la Yang chiede al paziente affianco a sua moglie se vuole che gli stacchi il respiratore o vuole continuare a vivere grazie a quello.
Non so cosa succede dopo, non ci ho fatto caso. Ma posso raccontarvi con certezza la seguenza delle espressioni di Giulia, posso dirvi quante volte ci siamo stretti la mano e abbiamo trattenuto il respiro quando Christina bacia Owen, posso raccontarvi di quando ho ispirato fra i suoi capelli, beandomi del suo profumo senza farmi accorgere e senza distrarla dal film, nonostante sia la cosa che avrei amato fare.
Sto mentendo. Ora non vorrei distrarla, è così bella quando è concentrata. È tanto bella da poter scatenare una guerra, tanto bella che mi fa venire la nausea pensando che l'ho persa. Tanto bella che quando le scappa una lacrima io non posso fare altro che asciugarla con un bacio mentre le stringo più forte la mano. 
È così che facciamo io e lei, ci stringiamo la mano per avere meno paura. Perchè in due i problemi, le guerre, i dolori possono essere ridotti se combattuti insieme. Ed è così maledettamente ingiusto, che io mi senta il suo problema. 
Non riesco a scappare da lei, non riesco a non amarla e non riesco a fare qualcosa di sensato. 
È così maledettamente ingiusto che il mondo ci metta vicini, ma mai al momento giusto, perchè sarebbe bastato un'altro attimo e ora invece che stringerci la mano magari, staremmo facendo l'amore anche solo con lo sguardo.





//spazio autrice//
è da tantissimo che non pubblico una storia e ho deciso di scrivere questa in relazione a ciò che ho passato.
Mi piacerebbe tantissimo ricevere qualche recensione, o magari consiglio. Vi saluto, il prossimo capitolo lo scriverò domani mattina e penso di pubblicarlo verso domenica, lunedì.
Lasciatemi una recensione, baci.

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Capitolo 2
*** capitolo due ***


capitolo due, nothing the script
Mi svegliai di soprassalto, voltando il viso e notando lui ancora affianco a me dormire. Allungai una mano verso il suo volto, lasciandogli una carezza tenera e mi sporsi, per svegliarlo lasciandogli diversi baci sul volto. Erano le nove e mezza di mattina e poco dopo di me si svegliò anche lui. Mi prese le mani, stringendole fra le sue e intrecciammo le dita, restando in silenzio e sussurrandoci un buongiorno. Alle dieci mi sono alzata, ho fatto la doccia prima io e poi lui, ci siamo cambiati e siamo usciti a fare colazione. In quel momento, davanti ad un caffè e una brioche al cioccolato, tenendoci la mano sopra il tavolo e ridendo, i problemi sembravano non esserci. Alle dodici arrivò la sua ragazza e mi alzai, dopo averle rivolto un sorriso cortese. Era buffo che questa era la storia che si ripeteva ogni giorno, ogni volta. Lui dorme da me, ci svegliamo insieme, ci divertiamo e poi lo accompagno dalla sua ragazza.

Matteo si alzò dal tavolo mentre mi abbracciava prendendomi la mano e intrecciando le dita con le mie, stringendole forte e lasciandomi due baci sulle guancie e uno sulla fronte, lasciando intravedere alla sua ragazza solo questo: tre semplici baci e un abbraccio, mentre noi nascondevamo le nostre dita unite e le mani che si cercano. 
"Amore, stasera non ho il turno e puoi venire da me a dormire, ti va?", ci interrompe lei, sorridendoci e portando velocemente lo sguardo su di lui, che si passa la mano fra i capelli.
"No, io sono di turno di notte", scrolla semplicemente le spalle, guardandola e rivolgendole uno sguardo che sembra quasi dispiaciuto.
Mi scostai da lui, sorridendogli dolcemente.
"Io devo uscire, vado ci sentiamo casomai", dissi velocemente.
"Ti accompagno se vuoi", disse lui,mentre mi allontanavo e scuotevo la testa mentre lui mi guardava preoccupato, per poi ritrovarmi a uscire correndo verso casa mia, non vedendo l'ora di tornare a casa.
Urtai un pò di persone correndo ma non mi importava, non doveva importarmi perchè tra poco sarei scoppiata in lacrime. Arrivai a casa entrando dal retro e accasciandomi sulla porta, con la schiena che aderiva alla porta e mi portai le mani davanti al viso, nascondendolo, urlai.
Urlai come più riuscivo, mentre mi passavo con forza le mani sul volto e mi guardavo intorno, notando che nessuno sentiva le mie urla.
Uno spreco di fiato, un dirupo troppo profondo su cui allungare una mano e tentare un salvataggio. 
Siamo i risultati delle pause che ci siamo presi, siamo i risultati di tutte quelle volte che non abbiamo colto l'attimo ma sperato nel presente.
Mi alzai, barcollando lentamente verso la cucina con le testa bassa e i capelli sul viso, scompigliati. Poggiai una mano sul frigo mentre con l'altra lo aprivo e scorrevo velocemente lo sguardo su quello che conteneva: vino, gelato, affettati, verdura, frutta, acqua, latte, sughi avanzati, uova, burro, yoghurt, cibo, alchool. Alchool.
Presi una bottiglia di bacardi e un bicchiere dalla credenza, poggiando la schiena sul ripiano e versandone un pò sul bicchiere, bevendo e assaporando il gusto amaro e forte quasi come fossero le sue labbra. Perché baciarlo era una sensazione amara, forte. 

Sospirai e mi accesi una sigaretta, facendo tiri lenti e lunghi, dischiudendo le labbra e buttando fuori il fumo. Feci un tiro e gonfiai le guance, alzando il capo verso l'alto e dischiudendo le labbra mentre chiudevo gli occhi e lasciavo uscire il fumo denso, lentamente.
La porta d'ingresso si aprì ed entrò mia madre che appena mi vide sospirò e mi venne incontro. 
"Ancora male?", sussurrò, rubandomi la sigaretta e facendo un tiro.
Annuii lentamente mentre poggiavo il bicchiere sulla credenza e le rivolgevo un breve sorriso, alla quale non sapevo neanche io se crederci.
Il rapporto con mia madre è sempre stato strano, una situazione che non riuscivo a capire nemmeno io. C'era fiducia, c'era comprensione, accettazione. C'era che quando mi vide fumare per la prima volta non dirre niente, tranne 'tanto si muore lo stesso'.
Andai in camera, accesi la tv e la lasciai sincronizzata in un canale di musica. Così, sulle note dei linkin park, fissai a vuoto lo schermo del pc e del cellulare. Non accennava a illuminarsi, a darmi una notifica. Era un incubo, l'attesa. Una parte di me realizzava che stavo aspettando un qualcosa che non sarebbe arrivata, ma io continuavo a sperarci.
Il turno della sua ragazza sarebbe iniziato alle due e mezza, ed erano le dodici. Potevo farcela.

Matteo pov
"Quindi sei sicuro che tra te

e lei non ci sia niente?"
"Certo, siamo solo ottimi amici. Come fratelli. E poi lo sai, o dormo da lei o vado in un albergo, e non riuscirei a permettermelo a lungo. Lei invece ha una casa, una camera degli ospiti e quindi mi ospita li", le dissi alzando appena gli occhi al cielo e sorridendole.
"Mh, ma allora non è che un giorno potremmo andare io e te insieme, in quella camera?", sussurrò sorridendo maliziosamente e allungando una mano verso la mia.
"No, assolutamente no". Mi alzo e me ne vado, facendole il dito medio mentre passo davanti a lei che mi guarda a bocca spalancata mentre scappo, veloce e torno da Giulia. Perchè voglio solo lei. Perchè lei mi aspetta, io torno.
Questo però è quello che successe nella mia testa, la verità è un altra.
"Non credo te la lasci, non è casa nostra eh. Non credo ci lascerebbe", dicco scuotendo velocemente la testa e ritraendo la mano, vedendola alzarsi e venire a sedersi sulle mie gambe, lasciandomi un bacio con gli occhi chiusi mentre io, i miei, li tenevo spalancati.

Penso ci sia molta differenza tra il tenere gli occhi chiusi o aperti mentre si bacia. Le cose belle della vita le provi ad occhi chiusi, ma baciare lei, Chiara, non è una bella cosa. È brutta,  è sbagliata. Mentre baciare Giulia invece per me è una cosa bella. È bella perchè ti innamori mentre la baci, è bella perchè ci teniamo le mani, ci stringiamo forte e non ci lasciamo andare. È bella perchè quando bacio Martina con le mani le faccio capire che voglio di più e  mi da di più. Mentre quando baci Giulia con le mani non le faccio capire niente, solo che sono felice. Felice di baciarla, felice di stare con lei. Ma non so proprio cosa mi stia capitando. Perché è stupido ciò che sto facendo, io sto bene con Giulia, cazzo!
Un mio amico dice che è il fatto di volere una cosa seria e sapere che con Giulia ora durerebbe poco. Quindi volete un riassunto breve e facile per capire il mio piano? Chiedetelo a lui, io non ho capito.

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


Intorno a me era tutto scuro, quale luce che si accendeva improvvisamente, per poi tornare a spegnersi e lasciarmi nel buio totale. 'Capisci l'importante della luce solo quando rimani al buio'.
Mi strinsi istintivamente a lei, cullandola fra le braccia e lasciandole un bacio sulla testa mentre richiudevo gli occhi. Ieri sera quando sono arrivato stava già dormendo, sua mamma mi ha guidato in camera sua e io per la prima volta mi sono reso conto di quanto sembrasse una bambina mentre dormiva. Teneva le labbra socchiuse e le guance erano arrossate, era sdraiata su un fianco e aveva le mani davanti al viso. Le avevo prese fra le mani e mi ero sdraiato al suo fianco, tenendole le mani e addormentandomi lentamente.
Sta mattina mi svegliai sorridendo, in modo naturale. Sorridevo tanto e non so perché, ma una parte di me aveva capito che stavo sorridendo così tanto perché la mia morosa ormai forse l'aveva capito; Giulia era meglio. Magari l'aveva capito che stavo meglio con lei, forse l'aveva notata la sincronia tra noi, l'amore, le carezze, le ansie e forse l'aveva capito che le mentivo. Presi il cellulare per vedere se c'erano nuovi messaggi mentre con l'altra mano spingevo Giulia contro il mio petto e le carezzavo i capelli. 
Nessun nuovo messaggio, neanche Chiara a darmi il buongiorno. Sinceramente, una cosa che proprio non sopporto e non capisco è perché siamo noi uomini a dover inviare prima i messaggi. Prendiamo l'esempio con Giulia; io le avevo scritto un gennaio e lei mi  ha risposto che era un aprile, non aveva mai acceso facebook in quei giorni. Capite, mai? In quei giorni era successo il finimondo mando sopratutto, in quei giorni avevo incontrato Chiara. Da quando mi ha risposto, però, io e Giulia i messaggi primi c'è li alternavamo, a giorni pari e giorni dispari. Giochevamo a farci battere forte il cuore nell'aspettare i messaggi, ad aspettarli e sperare che magari quando lo si riceveva, si pensava che bello, mi ha scritto. Si faceva salti di gioia perché quando ti scriveva, eri consapevole di essere stato nella sua mente e di aver abitato quel luogo fantastico, quello a cui vorresti appartenere. D'altronde, lei nella mia testa ci abitava, stabile, senza mutuo da pagare ma un posto fisso da cui non si muoveva, una casa nella mia testa con la camera da letto sul mio cuore.
Nel frattempo, mentre ero perso a pensare a lei, si svegliò. Un sorriso comparve sul suo volto e mi sussurrò un buongiorno. Dischiusi le labbra e le presi il viso fra le mani, portando le labbra sulle sue e chiudendo gli occhi mentre la baciavo dolcemente, muovendo le labbra sulle sue. Sussultò per la sorpresa e si lasciò andare, ricambiandomi il bacio e stringendosi a me. La strinsi a me, come vorressi proteggerla dal mondo, tanto confuso e pericoloso dove non posso lasciare una margherita come lei, ho paura che venga calpestata.
E il nostro rapporto è sempre stato così, un continuo proteggerci l'un l'altro tra abbracci e sospiri, sorrisi che ti tolgono il fiato e 

 altri che te lo concedono, sorrisi che gusti nel guardarli, sorrisi che ti regalano un sorriso.
Perché la maggior parte delle volte i sorrisi nascono solo grazie ad altrettanti.
E fu così che si sveglio, con un sorriso che illuminò anche il mio quando i nostro occhi si incrociarono. Ci sussurrammo un flebile buongiorno guardandoci e poco dopo, socchiudemmo gli occhi tagliando la distanza fra le nostre labbra, così da farle unire come fossero state per rimanere così per sempre.

Giulia pov
Una delle prime cose che ti insegnano quando inizi a studiare le cellule, a scienze, è che si riproducono sempre.
La cosa che ti spiegano più avanti, che ti dicono solo se sei intelligente, è che alcune cellule quando sono morte, rimangono morte. Ne sono un'esempio quelle del cervello, quelle degli occhi.
Ma vi rendete conto? Per la morte di qualche cellula, una persona potrebbe perdere la vista. 
Ci insegnano che sono le cose piccole quelle più importanti, ma quanti si accontentano di una fetta e non vogliono tutta la torta? 
Se le cellule sono davvero la parte più importante dell'organismo, com è possibile che una cosa così insignificante se muore possa farci perdere tanto?
Ho sentito dire che perdere la vista non è abbastanza grave, che essere muti, che perdere la memoria sia peggio. 
E io dico invece, cosa ci può essere di peggio che non poter vedere ciò che ci circonda? E se non vediamo ciò che ci circonda, come possiamo innamorarci?

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