Una luce nel buio di Akemi chan (/viewuser.php?uid=432342)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo 1- L'ombra della sera
Stava viaggiando di città in città, portando la paura nei bambini come ogni notte, quando si accorse che l'alba era vicina.
Così decise che come ultima cosa sarebbe andato a visitare la casa della sua umana preferita.
Come al solito la trovò che dormiva irrequieta e nervosa, avvolta dalla polvere nera degli incubi.
I SUOI incubi.
Pitch adorava quella ragazza. Aveva sedici anni, eppure non c'era una notte in cui riuscisse a dormire tranquillamente.
Era stato tutto merito suo se aveva imparato a manipolare i sogni di Sandman prima, e a liberarsi dopo che i Guardiani l'avevano imprigionato.
Lei era il suo prezioso tesoro, una sotto specie di caricabatterie quando i suoi incubi erano deboli, ma, soprattutto, era l'unica umana che riuscisse a vederlo.
Si sedette sul bordo del letto e aspettò. Non molto tempo dopo la ragazza si mise a sedere urlando.
Quanto adorava vederla così; terrorizzata, sudata e ansimante dalla paura, che stringeva convulsamente il lenzuolo fra le dita e che con occhi spalancati fissava il vuoto.
"Buon giorno Annie"
disse sorridendo maliziosamente.
La ragazza non riuscì a trattenere un gridolino di sorpresa quando lo vide.
"A...ancora tu."
"Che ci vuoi fare?Finché farai brutti sogni io starò qui. Te l'ho già detto tempo fa."
"Tu e le tue manie dovute alla mancanza di attenzioni mi farete impazzire"
Disse esasperata la ragazza passandosi una mano sulla fronte per asciugarla.
"Non fare la psicologa con me. Tanto non me ne vado" Fece una pausa per sorriderle sornione.
"Mi sei troppo utile lo sai."
"Vai al diavolo Pitch! Odio questa situazione!"
"Ehi! Quanta confidenza!"
Disse ridendo l'uomo nero.
"Da quando ho memoria sei sempre stato qui, ormai ci sto prendendo l'abitudine."
"Come sei carina quando menti. Anche prima ti sei spaventata quando mi hai visto o sbaglio?"
La ragazza abbassò il capo arrabbiata e Pitch rise.
"Io torno a dormire. Quindi vattene."
Concluse l'umana fulminandolo con lo sguardo per poi nascondersi sotto il lenzuolo
"Va bene, va bene me ne vado. Ci vediamo domani."
"Muori".
Ridendo il ragazzo tornò nel suo rifugio e lì si mise ad accarezzare il suo nuovo incubo appena nato.
"Guarda quanto sei bello. Pieno di angoscia, solitudine, tristezza e rancore.
Solo quella ragazza riesce a far comparire esseri magnifici come voi.
Farò in modo che i Guardiani non la scoprano, così avrò un esercito di incubi invincibili e attuerò la mia vendetta."
"Jack! Vieni veloce!"
Il neo guardiano corse in contro a Jamie che lo stava chiamando.
"Dove stiamo andando?"
"Da mia cugina"
"Come mai?"
"È appena arrivata in città per le vacanze. Devo salutarla per forza, poi possiamo andare a divertirci."
"Ho capito. Muoviamoci."
Lo spirito della neve ed il ragazzo attraversarono in fretta la città con lo slittino e arrivarono davanti alla casa del bambino. In quel momento una ragazza dai lunghi capelli marroni e gli occhi grigi stava scendendo da un auto con un enorme borsone a tracolla I due amici si avvicinarono.
"Ciao Annie!"
"Oh ciao Jamie.Quanto tempo. Sei diventato più alto."
Lo salutò di rimando la ragazza.
Jack la guardò curioso mentre i due si raccontavano brevemente i fatti più recenti.
Quella Annie non doveva avere più di diciassette anni, indossava un enorme cappotto nero e dei jeans scuri. Ai piedi portava degli anfibi e nelle mani aveva dei guanti. Oggettivamente parlando era una bella ragazza, solo un particolare stonava nel suo viso: delle occhiaie enormi, come quelle di chi non dorme da secoli.
"Ehi Jemie! Perché ha quelle occhiaie?"
"Non ora Jack. Dopo te lo spiego." Sussurrò il bambino.
"Cos'hai detto scusa? Non ho capito" chiese la ragazza sorridendo.
"Oh...niente! Parlavo con un mio amico!"
"Amico?"
"Sì, Jack Frost! Lo conosci?"
"Intendi la leggenda locale del ragazzo che va in giro a congelare tutto?"
"Si proprio lui! Siamo amici sai?"
"Sono contenta che tu abbia un amico immaginario così simpatico Jamie..."
la ragazza sorrise tristemente e poi sospirò.
"Tutto bene cugina?"
"Certo! Certo!"
Si riprese subito lei.
"Vado a portare le mie cose in camera e a sistemarle!Ci vediamo per cena."
"Ciao. Di tu a mia mamma che sto fuori a giocare un altro po' "
"Certo!".
La ragazza sparì dietro la porta e Jamie e Jack si allontanarono.
"Tua cugina è strana."
Disse lo spirito.
"Non la biasimo. Ha problemi a dormire."
Sentendo questo Jack si incuriosì.
"Che intendi con problemi?"
"Se non ho capito male è da quando è piccola che non passa una notte che non abbia gli incubi.
Se sta via a dormire da amici o va in gita per qualche giorno, per una o due notti riesce a riposare, poi però ritornano."
"E i suoi genitori che cosa fanno?"
"Nulla. Hanno provato di tutto, l'hanno addirittura portata da uno psicologo, ma non è servito a niente così si sono arresi e la lasciano in pace."
Jack iniziò ad insospettirsi e un'idea si fece largo nella sua mente, ma la cacciò via vista la sua improbabilità.
"Comunque non preoccuparti Jack! Adesso andiamo a divertirci!"
La notte arrivò in fretta e Pitch quella sera era molto occupato e a conti fatti pensò che fosse meglio passare subito da lei. Entrò nella camera di cui ormai conosceva ogni angolo e si avvicinò al letto.
"Ehi! Sveglia sono io..." disse afferrando il lenzuolo e scostandolo.
Con sua grande sorpresa sotto non c'era la ragazza, ma bensì due cuscini.
"Cosa diavolo?!" Sbraitò infuriato.
"Calmo Pitch calmo. Magari è solo andata al bagno."
Così dicendo si avviò verso il bagno e lo trovò vuoto.
"Sarà in cucina di sicuro. Avrà avuto sete."
Ma non la trovò nemmeno lì.
Si innervosì ed inizio ad urlare
"Dove può essere quella ragazzina! E dire che l'ultima volta che l'ho vista non è stato nemmeno ventiquattro ore fa!"
Non sapeva come fare a trovarla, poi, di colpo, l'illuminazione.
Passò attraverso i muri ed entrò nella camera del suo fratellino e iniziò a spargere della polvere nera su di lui.
"Avanti marmocchio...dimmi dov'è la mia gallinella dalle uova d'oro..."
Il bambino cominciò ad agitarsi e sopra di lui l'incubo prendeva forma.
"Allora è così... pensavi seriamente di nasconderti da me andando semplicemente da tua zia?Povera piccola illusa."
Sorrise malignamente e richiamò uno dei suoi incubi purosangue.
"Portami da lei".
Sussurrò.
In breve tempo arrivò in una cittadina.
Ci mise un instante a riconoscerla. Era il posto in cui quei maledetti guardiani lo avevano sconfitto.
Fece finta di nulla e continuò a cercarla, fino a quando si ritrovò davanti alla casa di quell'odioso bambino che aveva rovinato i suoi piani neanche un anno prima.
Non voleva entrare in quel posto, forse per orgoglio, ma la sentiva, lei era lì dentro che dormiva tranquilla e lui questo non poteva permetterlo. Fece per entrare, ma si accorse che qualcuno era appollaiato sul tetto. Guardò meglio e riconobbe quell'odioso essere che altri non era, se non Jack Frost.
Non poteva farsi scoprire da lui o il suo intero piano sarebbe fallito ancora prima di poter affettivamente cominciare. Così aspettò che se ne andasse, ma il guardiano non accennava a volersi muovere.
Si avvicinò un altro po' e si accorse che si era addormentato.
"Magnifico. Non potevo aspettarmi niente di più stupido da quell'idiota."
Entrò in casa attraverso il muro e seguì l'odore della ragazzina fino ad arrivare in una stanza arredata molto semplicemente; c'erano solamente un armadio, un letto e una scrivania. Il borsone che aveva visto molte volte sopra la sedia nella sua camera adesso era per terra vicino all'armadio.
Pitch si avvicinò alla ragazza e le sussurrò all'orecchio maliziosamente.
"Pensavi di sfuggirmi?
Tu sei mia.
Ricordatelo. Non puoi scappare da me.
Io ti troverò, sempre e in qualsiasi momento..."
Le sparse un po' di sabbia nera sul viso e subito lei cominciò a dimenarsi. Lui sorrise e rimase ad aspettare come al solito.
Come previsto la ragazza si svegliò in preda al panico, ma lui le tappó la bocca prima che potesse emettere un singolo suono.
"Ciao dolcezza.
Ti sono mancato?"
Lei provò a liberarsi, ma lui la bloccò.
"Shh. Sai che adoro sentirti urlare dalla paura, ma per questa sera faremo un eccezione. Domani dovrai dire che sei riuscita a dormire va bene? Che non hai avuto nessun incubo."
La ragazza lo guardò furente.
"Non fare così. Ho i miei motivi per chiedertelo.
Se mi ascolterai ti premierò va bene?"
Annie non credette molto, ma decise di assecondarlo, forse sarebbe riuscita a convincerlo a farla dormire per una notte soltanto, così annuì.
"Perfetto allora io adesso tolgo la mia mano e tu non fiaterai."
L'uomo nero si spostò e la ragazza rimase immobile.
"Brava così. Ora io vado. A domani."
"Attento che se non ti vesti Jack Frost ti..."
Non finì la frase che Pitch si girò di scatto e la fissò furioso.
"Che nome hai pronunciato?!"
"Ehi! Calmati! Stavo scherzando, è solo un modo di dire."
"Un modo di dire?"
"Sì, come...che ne so...piove a catinelle e simili."
Il ragazzo si calmò e le diede un colpetto sulla testa.
"Non pronunciare mai più quel nome in mia presenza."
La minacciò sorridendo, ma questo non voleva dire che scherzava.
"Sì, ho capito. Certo che sei proprio permaloso. Se permetti, adesso vorrei dormire. Sono solo le quattro."
"Vedremo se dormirai. Volevi fregarmi. Devo vendicarmi no? Buona notte ed incubi d'oro."
L'uomo nero sparì nell'ombra e lasciò la ragazza da sola nella stanza che, esausta, si lasciò cadere sul letto.
Angolino autrice: Salve a tutti! Credo che tutti siano stanchi di leggere una cosa del genere, ma questa è la mia prima fan fiction e spero vi piaccia. Per essere il primo capitolo è un po’ corto, ma spero di poter migliorare col tempo, sono qui anche per quello.
Se potete lasciare una recensione ne sarei felice, non per il gusto di vederla, ma per sapere se la storia per voi è scritta bene o male.
Grazie per essere arrivati fino a qui. Vi saluto intanto e spero che questo non sia un addio, ma un arrivederci.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo 2- La ragazza della casa gialla
Il mattino arrivò troppo presto per Annie.
Pitch aveva tenuto fede alla sua promessa di punizione e lei non chiuso più occhio. Scese le scale sbadigliando e si diresse in cucina, dove trovò tutta la famiglia di sua zia riunita per fare colazione.
"Buon giorno Annie! Dormito bene?"
Le chiese gentilmente sua zia.
"Buon giorno a tutti. Questa notte ho dormito come un sasso."
Disse lei sedendosi a tavola.
"Credo sia colpa della mia camera se faccio spesso degl'incubi. La finestra deve essere stata montata male."
"Pefché dici che è montata male?" Chiese Jamie addentando un pezzo di pane.
"Semplice: La mente umana è più propensa a generare quelli che vengono definiti incubi in presenza del freddo. In opposizione al fatto che, quando si è piccoli, si è al caldo tra le braccia dei genitori e, quindi, si aveva una sensazione di sicurezza ."
Tutti la guardarono stupiti, così lei si affrettò a dire qualcosa.
"Me l'aveva spiegato il mio psicologo. È per questo che lo so."
"Che forza!"
Commentò Jamie.
"Ok, adesso finite di fare colazione. Jamie, tesoro, dopo porta con te Annie. Se non sbaglio qui vicino abita una coppia che ha una figlia che non dovrebbe essere molto più grande di te."
"Grazie zia."
I due finirono velocemente di mangiare e uscirono fuori.
"La casa è in fondo alla via, quella grande e gialla. Io adesso vado a giocare. Ci vediamo dopo."
"Grazie per le indicazioni. A dopo. Divertiti con...Jack Frost".
Pronunciò le ultime parole sforzandosi di non ridere e si avviò per la strada.
Trovò velocemente la casa, dire che era grande era un eufemismo. Esitò prima di suonare il campanello, cosa avrebbe detto?
"Salve, noi non ci conosciamo. È vero che ha una figlia della mia età?"
Era un'idea stupida. Però non poteva tornare da Jamie e dirgli cosa?
"Ho paura di fare una figuraccia. Posso venire a giocare con te, i tuoi amichetti e il tuo amico immaginario?" .
Non poteva cadere così in basso, aveva un orgoglio da difendere. Fece un respiro profondo e suonò il campanello. Poco dopo una signora uscì dalla porta e sembrava molto arrabbiata.
"Cosa volete ancora? Jessica è appena tornata a casa! Via!"
"Mi scusi signora. Forse mi ha confuso con qualcun altro.
Mia zia abita qui vicino e io sono venuta qui per passare le vacanze di Natale.
Ho saputo che qui abitava una ragazza che poteva avere la mia età quindi mi sono fatta coraggio per venire a conoscerla."
Disse tutt'un fiato Annie ancora spaventata.
La signora la squadrò per capire se stesse dicendo la verità, poi sorrise imbarazzata.
"Oh scusami cara. Pensavo fossi una degli amici sgangherati di mia figlia. Accomodati pure, adesso vado a chiamarla.
Come ti chiami tesoro?"
"A...Annie."
"Bene Annie, seguimi."
La signore le sorrise e, mettendole una mano dietro la schiena, la spinse dentro la casa.
L'interno era bellissimo, con un pavimento in marmo ed il soffitto alto, non c'era paragone fra la sua casa e quella villa.
"Il salotto è lì. Arrivo subito."
I tacchi della signora risuonarono mentre saliva le scale. Lei in tanto si sedette sul divano.
"Sua figlia è appena tornata? Saranno le dieci e mezza passate della mattina..."
Dopo poco sentì qualcuno entrare e scattò in piedi.
"Stai tranquilla. Non sono mia madre, non mordo mica."
Disse alle sue spalle una voce assonnata.
Annie si girò e vide una ragazza in pigiama. Aveva i capelli rossi, molto probabilmente tinti, e gli occhi marroni. Era magra e sembrava poco più bassa di lei.
"Piacere, Jessica."
"Annie. "
"Quanti anni hai?"
"Sedici."
"Pure io! Che bello!"
Disse la ragazza sorridendo.
"Ti sei trasferita da poco?"
"No, no. Sto a casa di mia zia per le vacanze di Natale."
"Figo. Senti, mettiamo in chiaro le cose fin da subito. Ti propongo una cosa."
"Dimmi pure."
"Se vuoi possiamo diventare amiche, ma ti avverto io vivo solo di notte." "Cioè?"
"Cioè? Io faccio festa tutta la notte. Io e i miei amici andiamo nei locali e balliamo fino all'alba. Ci stai o farai la santarellina?"
La guardò maliziosa e per un secondo le ricordò Pitch, fu un bruttissimo secondo.
Stava per rifiutare, quando ebbe un'illuminazione: se lei la notte stava sveglia, Pitch non avrebbe potuto disturbarla in alcun modo e lei avrebbe potuto dormire durante il giorno.
"Ci sto. Quando si comincia?"
"Sta sera alle nove vieni a casa mia, ci prepareremo insieme e andremo ad incontrarci con gli altri. Ti consiglio di dormire oggi pomeriggio."
"Grazie del consiglio. A questa sera.".
Suonò il campanello e le aprì Jessica.
"Ben arrivata! Ti sei già fatta la doccia?"
"Sì, prima."
Rispose Annie entrando in casa.
"Bene io no. Vieni che la rifacciamo."
"I...insieme?"
Chiese la ragazza imbarazzata
"Certo. Tanto siamo due ragazze no? Una lava i capelli all'altra e poi ce li asciughiamo. Sarà divertente!
Poi ti trucco e...si ti presto i miei vestiti."
"I miei non vanno bene?"
"Vuoi la verità? No. Nel posto dove stiamo andando non devono capire che hai solo sedici anni amica mia. Andiamo adesso."
Jessica la afferrò per un braccio e la trascinò nel bagno.
Dopo un paio d'ore furono pronte.
"Avanti muoviti Annie!"
"Arrivo...secondo te mi stanno bene questi vestiti?"
"Amica. Sei una bomba sexy."
La ragazza uscì di casa a passi incerti per colpa dei tacchi alti. Stava indossando un vestito nero che arrivava appena a metà coscia e per ripararsi dal freddo portava delle calze nere semi trasparenti.
I capelli erano leggermente mossi. Il trucco sul viso nascondeva perfettamente le occhiaie ed il nero dell'eyeliner e dell'ombretto facevano risaltare gli occhi chiari.
"I nostri accompagnatori dovrebbero arrivare a momenti."
Disse Jessica.
"Va bene...". Stava iniziando a pentirsi seriamente di essere lì.
"Almeno non servirò a Pitch come scaccia noia..."
Sussurrò. Forse un po' troppo forte, poiché la ragazza che era con lei la sentì.
"Chi sarebbe Pitch?"
Chiese curiosa.
"Un mio...conoscente."
"Non è che per caso è il tuo ragazzo?" La guardò maliziosa.
"Cosa? No! Non diciamo assurdità! Pitch il mio ragazzo? Mai!"
Ribatté Annie arrossendo un poco.
"Però lui ti piace a quanto pare..."
"N...non è che mi piace... lo conosco da quando ho memoria e per lui sono soltanto un giocattolo con cui divertirsi quando si annoia..."
"Capisco...l'avete mai fatto?"
"Eh?! Jessica!"
La rossa si mise a ridere.
"Ho capito. Non prendertela, stavo solo scherzando.
Comunque questo ragazzo è un imbecille se si lascia scappare una come te. Guarda che davanzale!"
La ragazza indicò il petto dell'amica e questa abbassò il capo imbarazzata.
"B-basta dai. I-io non sono così carina in fondo."
"Hai troppo poca stima di te stessa ragazza. Credi a me.
Oh sono arrivati. Alza la testa."
La ragazza seguì l'indicazione dell'amica e vide arrivare un'auto sportiva verde brillante che si fermò davanti alla casa. Dal veicolo uscirono due ragazzi che avrebbero potuto essere tranquillamente dei modelli; uno era biondo con gli occhi azzurri e l'altro moro con gli occhi castani.
"Ehi Jess!"
"Will! Charlie! Vi presento la mia nuova amica Annie.
Cara mia, loro sono William e Charlie. I nostri accompagnatori."
"Piacere di conoscervi!"
Esclamò Annie per darsi coraggio.
"Il piacere è mio bellezza. Chiamami pure Will.
Visto che quei due fanno coppia fissa questa sera sarò il tuo cavaliere."
Disse il biondo avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
"Will, le piace già un ragazzo è inutile che ci provi."
Lo prese in giro la rossa.
"Ti ho detto che non lui non mi piace. Accetto la tua offerta Will."
Disse la mora sorridendo al ragazzo. Quello sembrò soddisfatto e le aprì la portiera posteriore dell'auto, per poi salire dopo di lei.
Gli altri due, intanto, presero posto nei sedili davanti e il ragazzo avviò l'auto.
L'ombra si mosse silenziosa per il giardino in modo da non svegliare un cane randagio di passaggio ed oltrepassò il muro. Non doveva farsi scoprire da nessuno, così raggiunse rapidamente la stanza della ragazza. Alla vista della camera completamente vuota non riuscì a trattenersi.
"Dove diavolo si è cacciata quella ragazzina?! Non è possibile che sia a casa sua! Ho controllato mezz'ora fa!"
Iniziò a dare calci ai mobili e al letto, smise soltanto quando si accorse della presenza di un foglietto nascosto sotto il cuscino.
Lo afferrò malamente e cominciò a leggerlo:
Pitch sono io, non preoccuparti se non mi trovi.
Sono fuori con degli amici, torno a casa per l'alba quindi non mi aspettare.
Ci si vede
Annie.
Il ragazzo accartocciò il foglio e lo distrusse, poi scattò fuori dalla finestra e corse al suo rifugio.
Lì cominciò ad urlare per sfogarsi. Le sue grida erano così forti e spaventose, che anche gli incubi ne ebbero timore.
"STUPIDA RAGAZZINA! TU SEI MIA!
MIA!
MI SERVI! IL MIO PIANO NON AVRÀ SENSO SE TU NON DORMI E NON SOGNI!
CAZZO! VUOI DIVERTIRTI?! BENE!
SPERA SOLO CHE IO NON SCOPRA DOVE SIA O NON LA PASSERAI LISCIA!".
Schiumava ancora dalla rabbia, quando si accorse che era arrivata l'alba e si rintanò nella sua camera sbattendo la porta più forte che poté.
Era buffo. Lui, uno spirito centenario, non dimostrava più di vent'anni, ma non si era mai comportato come un umano, se non nell'ultimo periodo. Era sempre stanco e si era creato una camera da letto per dormire, ma vi si rifugiava anche quando era arrabbiato.
"Tutto questo è solo perché ho radunato tutti gli incubi di quella ragazza in un solo punto.
La loro presenza mi sta dando alla testa, sembro uno stupido adolescente."
Tentò di auto convincersi della veridicità delle sue parole, ma invano, così si buttò nel letto sconsolato e chiuse gli occhi.
Nello stesso istante, anche Annie fece la stessa cosa nel suo. Era rientrata da poco e con le sue ultime forze si era cambiata e struccata.
Non aveva fatto caso al disordine presente nella camera, visto che la stanchezza le aveva annebbiato il cervello, così si era semplicemente lasciata andare sul morbido materasso.
Angolino autrice: Salve! Ci ho messo davvero poco per pubblicare, ma c’è un motivo valido. Ho molti pezzi già scritti così devo solo controllarli e correggerli (anche se mi scappa sempre qualcosa).
Allora… Annie ha trovato un modo per riuscire a liberarsi di Pitch. Funzionerà? Forse.
Spero che vi sia piaciuto e la cosa dei brutti sogni causati dal freddo non è vera (o per lo meno non credo che lo sia), quindi non vogliate uccidermi per questo!
Sarei davvero molto, ma molto felice se mi lasciaste anche solo una piccolissima recensione; giusto per capire se la storia è scritta bene o meno.
A presto! *Schiva i coltelli* |
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo 3- Fine dei giochi
Il mattino seguente Jamie si era alzato presto e non aveva osato andare a svegliare la cugina.
Scese le scale e arrivò in cucina.
"Giorno mamma!"
"Giorno cucciolo."
"Come mai non mi hai chiamato questa mattina?"
Chiese sbadigliando il bambino.
"Perché non volevo svegliare tua cugina. Questa mattina l'ho sentita rientrare molto tardi."
"A che ora?"
Chiese curioso Jamie, mentre assaporava il suo the.
"Più o meno le sei e mezza del mattino."
Il ragazzo rischiò di soffocarsi dopo aver sentito la risposta tranquilla della madre e, tra un colpo di tosse e l'altro, riuscì a commentare.
"Ma sono le nove adesso! Non sono passate nemmeno tre ore! Come puoi essere così tranquilla!"
La madre lo guardò dolcemente.
"Sono contenta che tu ti preoccupi per tua cugina, ma devi sapere che tua zia mi aveva detto che lei non aveva molti amici, perché è molto timida, credo stia soltanto cercando di farsi piacere agli altri ragazzi e poi sono andata a controllarla quando si è addormentata. Non ha né bevuto, né fumato. Questo è poco, ma sicuro. Mi fido di lei, è una brava ragazza."
"Se lo dici tu mamma...io vado fuori a giocare!" .
Il bambino però non era convinto, sentiva come una vocina dentro di sé che gli diceva che Annie sarebbe stata nei guai per questo.
Jamie si vestì in fretta ed uscì di casa.
"Giorno Jamie!"
Lo salutò Jack.
"Ciao! Come va oggi?"
"Bene dai, prima sembrava quasi che Pitch fosse tornato, ma si stava solo lamentando nella sua prigione. E a casa tua? Tua cugina riesce a dormire o ha ancora gl'incubi?"
"Sta bene. La prima notte ha dormito e questa l'ha passata fuori con i suoi amici è tornata a casa tre ore fa."
Borbottò il bambino ricordando la faccia tranquilla di sua madre mentre glielo diceva.
"Davvero?!" Chiese il Guardino stupito.
"Sì, sembra che i ragazzi della sua età facciano così."
"Io sono diventato uno spirito che ero più o meno grande come lei, ma non ho mai fatto così."
"Non chiederlo a me."
I due raggiunsero gli altri bambini e cominciarono a giocare con la neve, ma Jack continuava a distrarsi, mentre qualcosa gli diceva che presto avrebbe rivisto Pitch.
Erano passati cinque giorni e tutte le sere erano uguali. Pitch si presentava in camera sua, ma non la trovava mai e la cosa lo irritava parecchio.
Così una sera, senza tener conto dei guardiani, la seguì appena lei uscì di casa. Erano appena le nove e mezza e la vide dirigersi verso un enorme villa. Suonò il campanello e le aprì una ragazza dai capelli rossi, dopo di che non uscì più per altre due ore e quando lo fece lo lasciò completamente senza parole.
Sembrava più grande, più...adulta.
Il vestito cortissimo metteva in risalto le sue curve e il fisico snello; le calze nere in pizzo facevano vedere le gambe sottili. I capelli le erano stati piastrati e il trucco le faceva risaltare gli occhi. Era magnifica e lui non riusciva a smettere di fissarla.
"Pitch! Riprenditi! Lei è il tuo crea incubi a comando e BASTA!"
Mentre continuava a ripetersi questa frase, una macchina verde brillante arrivò da una strada buia e si fermò davanti alla casa. Dall'auto scesero due ragazzi e quello biondo si avvicinò a lei.
"Allontanati"
Ringhiò l'uomo nero.
Il ragazzo mise un braccio in torno alle spalle di Annie.
"Non toccarla umano!"
Si stava facendo prendere da una smania impressionante e non capiva perché. I quattro entrarono in macchina e sgommarono via, così lui si affrettò a seguirli.
Arrivarono in un locale pieno di gente e vi entrarono, lui fece lo stesso. Per la prima volta fu felice di essere un'ombra visto che riuscì a passare attraverso tutto quell'ammasso di persone.
"Questa sera Karaoke! Chi vuole venire a cantare?" Gridò uno dal palco.
"Chi vuoi che vada a fare una cosa così stupida?"
Pensò in quel momento.
"Vengo io!"
Disse una voce familiare dalla folla. Vide Annie salire sul palco e spalancò la bocca incredulo.
La musica partì e lei cantò una canzone di quella che avevano detto essere una certa Kesha. Era una canzone piena di doppi sensi e inviti espliciti, ma lei sembrava divertita dal cantarla. Si muoveva sul palco ancheggiando e lanciando sguardi provocatori. Non l'aveva mai vista così; la sola immagine che aveva di lei era quella di una bambina terrorizzata che si svegliava dopo un incubo, non di una sedicenne molto provocante.
La canzone finì con un ovazione generale e lei scese dal palco. Lui intanto si avvicinò senza farsi vedere.
Tutti quelli che erano ancora abbastanza sobri per riconoscerla le fecero i complimenti, gli altri mugugnarono qualcosa di incomprensibile.
Infine le si avvicinò il ragazzo biondo di prima, palesemente ubriaco.
"Ehi dolcezza! Che ne dici di venire a divertirti con me? Solo io e te"
La afferrò per un braccio, ma lei si liberò
"Smettila Will. Sei ubriaco."
Gli rispose duramente la ragazza.
"Che vuoi che sia? Andiamo dai! Vedrai che non scorderai mai più questa notte!"
La prese nuovamente per il braccio, ma questa volta lei non riuscì a liberarsi, così, senza accorgersene, il ragazzo si mise in mezzo.
"LASCIALA UMANO!"
"Pitch?"
La ragazza riuscì a sussurrare solamente il suo nome prima che lo spirito fece cadere il biondo in un sonno profondo contornato dai peggiori incubi mai visti. Nella confusione però nessuno si accorse di cosa era accaduto.
"Pitch che hai..."
"Zitta! Adesso ti muovi e vieni a casa con me chiaro?!"
Disse il ragazzo inchiodando i suoi occhi color ambra a quelli della ragazza.
"I-io non sono v-venuta qui da sola. C'era anche una ragazza con me."
"Allora va da lei e inventati una scusa!
ORA!"
Il tono con cui lo disse non avrebbe mai accettato un no come risposta, così la ragazza si affrettò a trovare la sua amica. La individuò in fretta, ma fece fatica a raggiungerla.
Quando ci riuscì iniziò ad urlare per farsi sentire da lei.
"Jess! Non mi sento molto bene! Io vado a casa! Domani ti porto i vestiti!"
La rossa la guardò per un secondo soltato.
"Sì, si. Ok, a domani."
Detto quello ricominciò a ballare. Risolto quel problema Annie si diresse all'uscita, spingendo tutti quelli che le bloccavano il passaggio e quando fu fuori Pitch la raggiunse. Era veramente arrabbiato e lo si notava anche da distante.
"Avvicinati!"
Urlò quell'ordine senza guardarla. Lei lo assecondò e, quando fu abbastanza vicina, lui la afferrò per il bacino.
Annie si fece scappare un piccolo grido e venne fulminata da quegl'occhi gialli che sembravano bruciare.
"Tieniti forte"
Il tempo di sussurrare quelle parole e furono avvolti dell'oscurità, Annie allora si aggrappò a Pitch per paura di cadervi dentro.
Angolino autrice: questo capitolo è molto corto, lo so, ma ho le mie ragioni.
Come ultima cosa vorrei solo pecificare che da questa storia non dovete aspettarvi cose come "Salviamo il mondo" o simili, poichè è soltanto una storia d'amore, nulla di più e nulla di meno.
Detto questo detto tutto,quindi...a presto! |
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4- ll buio
Chiuse forte gli occhi e quando li riaprì si trovava di nuovo a casa di sua zia.
Subito dopo si accorse di stare ancora abbracciando lo spirito, così si sbrigò a spostarsi imbarazzata.
"Va a struccarti e cambiarti!" Disse duro il ragazzo.
"La smetti di darmi ordini?!"
Provò a ribellarsi la ragazza, ma lo sguardo del suo interlocutore non ammetteva repliche.
"Va a struccarti e cambiarti ora! Potrai parlare solo quando avrai finito!"
La ragazza obbedì in silenzio e quando tornò in camera trovò Pitch seduto sopra il letto con la testa fra le mani. Sentendola aprire la porta alzò la testa e sembrò rilassarsi leggermente alla vista della ragazza che conosceva. La sua rabbia però non se ne andò.
"Chiudi la porta e vieni a sederti qui. Dobbiamo parlare."
Annie fece come le era stato detto e in quel momento tutta la stanza venne avvolta da uno strato di sabbia nera.
"Non ti preoccupare, ho solo reso la stanza insonorizzata. Vieni adesso."
Sembrava essersi calmato, così Annie si avvicinò più tranquilla, ma appena fu vicina al letto Pitch la afferrò e la buttò malamente sul materasso, per poi posizionarsi sopra di lei.
"Vediamo se adesso riesco ad ottenere la tua completa attenzione."
La ragazza lo fissò completamente terrorizzata, si era aspettata di tutto, ma quello no.
"Ripassiamo il concetto ok? A me non frega un cazzo di quello che fai durante il giorno, va bene?
Niente di niente, ma dal tramonto all'alba tu sei di mia proprietà.
Decido io per te e tu non ti devi azzardare a provare ad evitarmi mai più. CHIARO?!"
"T-ti giu…giuro che non andrò più via con loro, ma adesso spostati p-per favore."
"No, mi rifiuto. Non posso più fidarmi di te ormai. Mi costringi a prendere dei provvedimenti seri."
Le bloccò le braccia ai lati della testa e si avvicinò, sempre di più.
"P-Pitch che stai facendo?"
"Zitta."
Pitch si avventò sul collo niveo di lei e iniziò a morderlo e succhiarlo in un punto soltanto.
"Fermo! Mi fai male!" soffiò Annie, mentre si dimenava.
Lui la ignorò e si allontanò soltanto quando fu soddisfatto del suo lavoro. Con le mani gelide toccò il collo leggermente umido della ragazza, facendola sobbalzare sotto di sé. Come al solito le reazioni di Annie lo divertirono. Successe però qualcosa di inaspettato; lui fece l’errore di guardarla e incrociò i suoi occhi furenti. Bastarono quelli per farlo impazzire del tutto.
“Così non ti è bastato eh? Sappi che farò in modo di farti diventare più rispettosa ragazzina!”
In un secondo fu di nuovo sopra di lei, ma questa volta stava rivolgendo le sue attenzioni alla bocca della ragazza che aveva coinvolto in un bacio impetuoso e passionale. Sentiva la ragazza scalciare e dimenarsi come una furia, così avvicinò ancora un po’ il suo corpo a quello di Annie e le bloccò le braccia sopra la testa con una mano. Pitch stava perdendo il controllo, ne era consapevole, ma non riusciva a fermarsi comunque. I lamenti soffocati di Annie, il suo profumo e il calore della sua pelle lo facevano andare su di giri come mai gli era capitato prima.
“Riprendi il controllo Pitch!” si disse “Non sei un umano!”
Ad un tratto tornò a pensare lucidamente e lasciò libera Annie, che si sedette di scatto sul letto ansimando. Lo spirito si sentiva strano; qualcosa gli stava pungendo il petto alla vista della ragazza, però non voleva mostrarsi debole di fronte al lei, così tirò nuovamente fuori uno dei suoi sorrisi.
“Hai imparato la lezione adesso?”
Come risposta ottenne soltanto un singhiozzo. Si spostò leggermente per poterla guardare meglio e si accorse che stava piangendo.
“Sono così bravo che ti sei commossa?”.
“ZITTO IDIOTA! RIDAMMELO!” urlò lei tra le lacrime.
“Ridarti cosa?” chiese stupito da quella reazione.
“RIDAMMI IL MIO PRIMO BACIO! LO RIVOGLIO INDIETRO!”
“Primo cosa?!”
Gli umani per lui erano sempre stati assursi, ma lei lo era ancora di più. Non riusciva proprio a capirla; voleva indietro un bacio? Era impossibile per lui dare un senso a tutto quello.
“Sai che è impossibile, vero?”
“NON MI INTERESSA! TE LO SEI PRESO CON LA FORZA! NON VALE!”
Le parole di Annie lo fecero andare nel panico, ma ben presto questo fu sostituito da una rabbia improvvisa.
“Però se era uno di quei ragazzi a farlo andava tutto bene!”
“Cosa stai dicendo?!”
“Non raccontarmi balle Annie! C’ero anche io al club poco fa! Quella canzone…quel tuo modo di fare…tutti non facevano altro che fissarti! Se non ci fossi stato io sono sicuro che avresti seguito quel ragazzo alla fine!”
Non riuscì a vedere la mano partire, ma sentì perfettamente l’impatto contro il suo viso.
“Non provare a dire mai più una cosa simile chiaro?! Ero su quel palco perché avevo perso una scommessa e le opzioni erano partecipare al karaoke o bere più alcolici possibili. Sai bene anche tu che non mi piace bere, quindi sono andata a cantare, ma il responsabile ha scelto quella canzone e c’era uno schermo con delle mosse da seguire per ottenere più punti! E non avrei mai e poi mai seguito Will, non sono quel tipo di ragazza!”
Annie stava ancora piangendo e lui non capiva come mai provasse un desiderio così forte di consolarla; non capiva come quella ragazzina potesse avere tutto quel potere su di lui. Senza accorgersene allungò una mano e tentò di asciugarle una guancia, ma lei si ritrasse dal suo tocco impaurita. Sentì un brivido percorrergli la schiena e si avvicinò ad Annie, ma lei continuava ad evitarlo.
“Perché scappi da me?” la voce di lui era calma, quasi sussurrata.
“I-Io non voglio che tu mi tocchi ancora.”
“Lei è ferita e spaventata, per questo fa così. Dovresti essere felice di questo Pitch!”
Ma non lo era, anzi era ancora furioso e, nonostante sapesse che arrabbiarsi non avrebbe portato a niente di nuovo si ritrovò nuovamente ad urlare.
“Lo vuoi capire che tu sei mia?! Io posso toccarti quando voglio perché sei di mia proprietà!”
“Io non sono un oggetto e non sono nemmeno di tua proprietà!”
“Si invece! Chi credi che usi per creare i miei incubi eh? Ho i Guardiani alle calcagna e tu sei l’unica umana che posso sfruttare!”
Annie spalancò gli occhi e lo fissò esterrefatta per dieci secondi buoni, mentre lui si domandava da dove fossero uscite quelle parole. Si disse che non era colpa sua, che lui avrebbe voluto consolarla, ma lei poi l’aveva fatto arrabbiare. Quel momento di stallo venne interrotto dalla voce di Annie che uscì molto più inespressiva del solito.
“Vattene via Pitch.”
“Aspetta Annie…”
“Ti ho detto di andartene da questo posto!”
“Vuoi lasciarmi spiegare?!”
“Vattene via!”
“Spiegami almeno perché!”
“Perché ti odio!”
Era come se un sasso avesse colpito il mondo attorno a lui e questo stesse andando in pezzi come il vetro. Annie non poteva odiarlo. Lei era tutto quello che aveva. Era l’unica umana che potesse vederlo, l’unica che potesse aiutarlo nel suo piano. Lei…lei non poteva abbandonarlo.
Voleva dire qualcosa, ma il suo stupido orgoglio gli impediva di parlare, gli impediva di provare a sistemare le cose. Così si arrese semplicemente e ritirò la sua nebbia oscura. Non appena lo fece la voce di Jack Frost gli arrivò risuonò dall’esterno della casa.
“Allontanati subito da lai Pitch! Non provare a farle del male!”
Anche gli altri Guardiani parlarono, ma lui li ignorò, non erano importanti in quel momento.
Si voltò a guardare per un ultima volta Annie, ma lei si era riseduta sul letto e si teneva la testa fra le mani, come faceva sempre da piccola per fingere che lui non ci fosse. Era davvero la fine.
Sconfitto uscì dalla finestra e si avvicino ai Guardiani.
“Portatemi via…” sussurrò senza forze.
Nessuno dei cinque volle crederci e tutti lo fissarono stupiti.
“Perché dovremmo crederti? E se facesse parte del tuo nuovo piano?” chiese sospettoso Frost.
“Il mio piano l’ho mandato a puttane da solo. Rinchiudetemi pure da qualche parte se volete, tanto ormai è tutto inutile.”
Dentolina sembrava l’unica a provare pena per lui e, nonostante fossero nemici, gli si rivolse gentilmente.
“Che è successo lì dentro Pitch?”
Avrebbe voluto dire la verità, avrebbe voluto ammettere di avere appena perso l’unica umana che avesse mai creduto in lui senza esserne terrorizzata, ma per quella sera aveva già ingoiato troppo orgoglio arrendendosi a loro, non voleva sembrare ancora più ridicolo.
Nord sembrò prendere il suo silenzio come un’ammissione di colpa, così lo stese con l’elsa della sua sciabola per poi infilarlo nel suo sacco. L’ultima cosa che Pitch fu in grado di vedere fu la finestra della camera di Annie e si ritrovò a sperare di poter rivederla ancora un giorno.
Il mattino seguente Annie si svegliò di malavoglia con gli occhi gonfi dal pianto. Si mise a sedere sul letto e pensò di aver avuto un incubo come al solito. Pitch non poteva essersene andato sul serio, lei si era arrabbiata, ma era stato tutto un sogno, no? Istintivamente si portò la mano al collo e, sentendolo dolorante, soffocò a malapena un gemito. Quello che era accaduto la sera precedente non era stato frutto della sua immaginazione, lei aveva detto veramente quelle cattiverie a Pitch.
Le lacrime le bagnarono nuovamente il viso, odiava piangere, ma in quel momento i sensi di colpa e l’angoscia la stavano schiacciando.
“Scommetto che stai piangendo per l’ennesimo incubo, non riuscirai mai a smetterla.”
A parlare era stata una voce femminile, la fredda e dura voce di sua madre.
“N-non è vero. Ho solo litigato con un mio amico.”
“Non mentirmi Annie, una come te non ha mai avuto amici.”
Un incubo, non poteva essere altro se non quello.
“Si invece! Io ho degli amici!” urlò la ragazza scattando in piedi.
Si accorse di essere in tuta, la sera non aveva più trovato la forza di mettersi il pigiama.
“Non parlare così a tua madre!”
“E dove sarebbe la madre di cui parli?!”
“Piccola maleducata! Non devi comportarti così!”
Questa volta fu il suo turno di ricevere una sberla in faccia e la mano della madre la colpì così forte da farle voltare la faccia. Il colpo però non ebbe l’effetto desiderato dalla madre, poiché non fece altro che tirare fuori la rabbia che la ragazza covava dentro di sé da anni e che solo ora era in condizioni di riversare.
“E allora?! Anche se sono maleducata a te non importa! Non te n’è mai importato un cazzo di me! E non te ne frega niente neppure adesso! Per quanto mi riguarda potete morire tutti! Tu, quel bigotto ottuso di tuo marito e quel vostro fottuto figlio perfetto!”
Dopo aver liberato il suo cuore da un peso che la schiacciava da tempo, la ragazza spinse via la madre e scese correndo le scale.
“ANNIE! DOVE PENSI DI ANDARE?!”
L’urlo della madre la inseguì, ma a lei ormai non importava più nulla. Scappò fuori da quella casa che aveva sperato fosse un buon posto per passare del tempo lontano da quelle persone che doveva chiamare familiari. Non si accorse nemmeno di essere scalza, mentre correva senza una meta. La stanchezza le offuscò la vista per un secondo, ma quello bastò per non farle vedere lo slittino. L’impatto con l’oggetto fu doloroso, ma quello con la lastra di ghiaccio che ricopriva l’asfalto lo fu ancora di più. Sbatté forte la testa e subito la sua visuale si riempì di puntini neri.
“Annie? O santo cielo! Annie! Stai bene?!”
La figura sfuocata davanti a lei continuava a parlare, ma la voce si fece via via più flebile ed il buio si sostituì a tutto quanto.
Angolino autrice: Che faticaccia! Questo è stato il primo vero capitolo riscritto da cima in fondo. Non mi piace molto perdermi in chiacchiere dopo una parte quindi la smetto subito. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se è un po’ drammatico. Fra poco spiegherò anche il rapporto con la madre, quindi se non è chiaro non preoccupatevi. See you soon. Bye!
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo 5- Nel sogno
“Annie!”
Si svegliò di soprassalto, ma una fitta alla nuca lo fece ridistendere. Imprecò mentre si massaggiava il collo ancora dolorante e si ricordava del colpo infertogli da Nord. Eppure non si diede il tempo di far passare quella fastidiosa pulsazione, corse subito verso la porta della sua prigione e iniziò a prenderla a pugni. Era successo qualcosa ad Annie, ne era sicuro.
La porta si aprì quel poco che bastava per far scorgere parte del muso stizzito di Calmoniglio.
“Perché cavolo ti sei messo a fare tutto questo casino?!”
“Annie sta bene? Le è successo qualcosa?”
“Lei sta benissimo, ma tu devi metterti in testa che non hai più niente a che fare con lei. Ora sta zitto.”
Il Guardiano non spese altre parole con lui e chiuse nuovamente la porta lasciandolo da solo ad urlare. Si sgolò insultano quello stupido canguro e i suoi stupidi compagni fino a quando non gli fece male alla gola, dopo di che si lasciò cadere sulla brandina e tentò di convincersi che Annie era al sicuro.
Arrivò al palazzo di Nord come un uragano e corse subito dagli altri che stavano discutendo allegramente.
“Ragazzi è successo qualcosa di terribile! Annie è…”
Fu interrotto dall’arrivo improvviso di Calmoniglio che aveva deciso di far comparire una galleria proprio sotto i suoi piedi, rischiando di farlo cadere.
“Chi mi da il cambio per sorvegliare Pitch? Ne ho le scatole piene di farmi insultare. Continua ad urlare cose senza senso, come “Annie è nei guai!” e simili. Quel tipo sta tentando di scappare, ma non è molto furbo.”
A quelle parole Jack si sentì mancare, come faceva Pitch a saperlo?
Doveva avere un aspetto orribile in quel momento, forse era addirittura sbiancato, perché tutti lo stavano fissando preoccupati.
“Tutto bene ragazzo?” gli chiese gentilmente Nord, mentre si avvicinava per controllarlo meglio.
“Annie è stata appena portata all’ospedale, possibile trauma cranico. Come ha fatto Pitch a saperlo…”
“Quel bastardo! Sono sicuro che lo sapeva perché è stato lui a farle del male!”
Calmoniglio sembrava così sicuro di quello che aveva detto che fu quasi tentato di dargli ragione, ma alla fine si disse che doveva dire la verità.
“Non è così…” sussurrò.
“Lo stai per caso difendendo Jack?”
“No! Io so che non è stato Pitch perché c’ero anche io in quel momento.”
Raccontò agli altri Guardiani tutto quello che era successo, ma in cuor suo sapeva che quella sarebbe stata la parte più facile, il vero problema sarebbe giunto solo dopo.
Per tutto il tragitto sull’ambulanza la ragazza non aveva fatto altro che chiamare Pitch, chiedendogli di tornare. Quel suo comportamento aveva stupito Jack come non mai e gli aveva fatto decidere di non dire niente all’uomo nero, ma dopo aver sentito le parole di Calmoniglio la sua determinazione vacillò. Non capiva perché, ma sentiva che Pitch dovesse venire a sapere dell’incidente di Annie, il Guardiano aveva come l’impressione che lo spirito fosse l’unico in grado di aiutarla.
“Ti do il cambio io Calmoniglio. Sono due giorni che non mi muovo dall’ospedale ed ho bisogno di distrarmi.”
Nessuno replicò né per il suo repentino cambio di discorso e nemmeno per la sua decisione, sapevano tutti che erano i sensi di colpa a spingerlo.
Nord gli consegnò un portale e lui raggiunse in poco tempo la prigione di Pitch. Arrivò davanti alla porta al di là della quale si trovava la stanza convertita in cella ed esitò. Fu solo per un secondo, ma in quel piccolo lasso di tempo desiderò lasciar perdere con tutto se stesso, ma si costrinse ad entrare.
“Cosa volete adesso da me? Sono zitto ora no?”
Jack rimase colpito nel vedere l’uomo nero buttato nella brandina e completamente vulnerabile.
“Annie è all’ospedale…”
Ecco, l’aveva detto. Poteva anche andarsene ora che il suo lavoro era finito, ma fu bloccato da uno scatto improvviso di Pitch che lo afferrò per il colletto della felpa e lo alzò da terra.
“Cosa le è successo?!”
“Mi dispiace, io…io avevo fatto di tutto per prestare attenzione, ma…”
“COSA LE HAI FATTO?!”
Il Guardiano fece l’errore di guardare lo spirito, mentre quello lo stava incenerendo con gli occhi color ambra che parvero bruciare. In quelle iridi gialle lesse una marea di emozioni: odio, tristezza, risentimento, ma anche preoccupazione. Per la prima volta da quando conosceva l’uomo nero, Jack ebbe modo di vederlo veramente preoccupato e non per se stesso o per il suo piano, ma per qualcun altro. Si chiese come avesse fatto un tipo come Pitch a cambiare così tanto, ma alla fine riuscì solo ad attribuire i meriti di tutto quello a quella ragazzina.
“Non volevamo farle del male, è stato un incidente. Avevo creato una strada di ghiaccio per far giocare Jamie come al solito, ma Annie è comparsa dal nulla e…e le siamo andati addosso. Deve essere scivolata sul ghiaccio, perché è caduta per terra ed è svenuta. Poi è arrivata l’ambulanza e sono andato anche io. Poi i medici l’hanno accerchiata e…e...ora sta riposando, ma non si è ancora svegliata. Mi dispiace, mi dispiace veramente tanto…”
Gli occhi di Pitch ardevano ancora, ma era chiaro che l’uomo nero si stesse sforzando per mantenere il controllo e non colpirlo. La cosa peggiore di tutte fu la calma perfetta con cui lo spirito gli rivolse la parola poi.
“Portami da lei.”
Non era stata una richiesta, ma un ordine. Jack si chiese se Annie si fosse mai trovata in una situazione simile: alle prese con un Pitch palesemente arrabbiato, ma che si comportava in un modo spaventosamente calmo e calcolato.
“Come?”
“Hai capito benissimo invece. Voglio che tu mi porti da lei, ti giuro su quello che vuoi che non scapperò, ma io devo vederla.”
“No! Non è giusto… sarebbe troppo pericoloso per lei!”
Pitch si esibì in una risata amara, quasi disperata.
“Vuoi prendermi in giro Frost? Sei tu quello che l’ha mandata all’ospedale! Sei tu quello che non dovrebbe neanche azzardarsi a pronunciare il suo nome!”
Il Guardiano stava per rispondergli di no, che non l’avrebbe mai fatto uscire di lì, ma si accorse che all’uomo nero stavano tremando le mane, ma non solo quelle. Solo in quel momento riuscì a scorgere pienamente quanto profondamente Pitch tenesse ad Annie, anche se forse l’uomo nero non lo avrebbe mai ammesso. Fu così che, forse a causa del senso di colpa o per pietà, fece comparire un i.”portale.
“Non più di dieci minuti.”
Le prime cose che fu in grado di percepire furono la luce fortissima del lampadario a neon e l’odore disinfettante. Quando i suoi occhi si furono adattati alla luce la vide e ci mancò poco che non gli venne un colpo. Annie era distesa sopra il letto dell’ospedale con la nuca fasciata e sembrava che stesse solamente dormendo. La stanza era quasi vuota e gli unici rumori che si sentivano erano il flebile respiro della ragazza e il suono emesse dalla macchina che ne monitorava i battiti cardiaci.
Si avvicinò piano, prese una delle piccole mani della ragazza fra le sue ed iniziò ad accarezzarla. In quel momento se ne infischiava della presenza di Frost dietro di lui, voleva soltanto aiutare Annie. Si sentiva terribilmente in colpa, se non fosse stato per la sua scenata, lei non sarebbe mai tornata a casa prima e avrebbe passato la mattinata a dormire, al sicuro.
“So che mi avevi detto di starti lontano, ma lascia almeno che ti aiuti per questa volta.”
Pitch chiuse gli occhi e si concentrò, in modo da poter entrare completamente nel sogno della ragazza.
Si ritrovò in un luogo completamente buio e silenzioso. Fece un passo in avanti e vide che, al solo contatto con il suo piede, il pavimento formava una piccola area bianca. Avanzò piano in quello spazio infinito, finché non sentì quello che stava cercando: il pianto di una bambina.
Si ritrovò a correre fino a quando non la raggiunse. Una piccola Annie, che non doveva avere più di sei anni, stava piangendo nella sua piccola isola bianca, dentro quell’enorme mare nero.
La bambina si accorse del suo arrivo, così alzò il viso e piantò i suoi occhi grigi in quelli di lui.
“N-non dire alla mamma che sto piangendo! Per favore!”
“Che strano…” si disse Pitch “Eppure io questa scena l’ho già vista da qualche parte…”
In un secondo tutto si fece più chiaro, quelle erano state le prima parole che Annie gli aveva mai rivolto.
Come richiamata dalla sua memoria, la stanza della bambina prese il posto dell’enorme stanza nera e lui si guardò attorno spaesato, proprio come la prima volta.
“Tu puoi vedermi?”
La bambina annuì e tirò su col naso.
“La mamma dice sempre che le uniche cose in cui dobbiamo credere sono le nostre paure…”
La scena sembrò tremolare per un secondo e, al posto della bambina di sei anni, ne trovò una di otto sul letto. Era sempre in lacrime, ma nel suo sguardo c’era rabbia.
“Pitch! Lo so che ci sei! Esci fuori!”
“Sono qui. Cosa vuoi?”
Le parole gli uscirono di bocca senza che lui lo volesse, sembrava che il cervello di Annie lo stesse obbligando a seguire passo dopo passo la sua memoria.
“Perché la mamma ed il papà fanno così?! Non fanno altro che rimproverarmi e quando ho un incubo loro non vengono più. Questa mattina mi hanno perfino detto di smetterla di fare la cretina di notte perché Damian deve dormire. Io non sapevo come rispondergli…non so nemmeno cosa significhi la parola cretina…”
“Un cretino è una persona stupida e che non sa fare niente, Annie. Tua madre ti ha insultata per bene, che donna orribile.”
Si mise a ridere controvoglia, ormai quella scena non lo divertiva più.
“Io sono veramente così Pitch? Sono realmente così inutile per mia madre?”
Stava per risponderle che molto probabilmente era vero le sua madre l’aveva chiamata così, ma riuscì a trattenersi. La scena allora tremolò e si ripeté da capo con la Annie del loro primo incontro. Un dubbio si insinuò nella mente dello Spirito.
Fece appello a tutta la sua forza di volontà e riuscì a rimanere zitto, mentre la scena ripartiva all’infinto.
Ci mise fin troppo tempo a capire come funzionava quel sogno e quando ci arrivò si diede dell’idiota.
Aspettò l’ennesimo replay e, quando arrivò, raccolse la sua determinazione.
“N-non dire alla mamma che sto piangendo! Per favore!”
Questa volta però le cose andarono diversamente.
Lui si avvicinò alla bambina e l’abbracciò mentre questa piano piano scompariva, lasciando il posto alla ragazza di sedici anni.
“Stai tranquilla. Tua mamma non verrà mai a saperlo, ci sono io con te adesso.”
“Ti prego non andartene mai più…”
Strinse Annie più forte, assaporando il suo profumo, mentre si accorgeva che il tempo a sua disposizione stava per finire.
“Scusami Annie, ma non posso mantenere questa promessa. Devo andare ora…”
“No! Non puoi lasciarmi di nuovo da sola!”
I loro occhi si incontrarono, mentre lui si sentiva sempre più leggero, segno che la ragazza si stava finalmente svegliando.
Come ultima, disperata, azione accostò le sue labbra a quelle di lei, questa volta dolcemente e, prima di sparire del tutto, le lasciò un messaggio racchiuso in un sussurro.
“Non sei mai stata sola”.
Il ritorno alla realtà fu dei meno piacevoli.
La luce della lampada le feriva gli occhi e la testa le faceva un male assurdo. Ci mise qualche secondo a ricordarsi come potesse essere finita all’ospedale, ma una benda che le scivolò davanti al viso sembrò sbloccarle la memoria. In un attimo rivisse tutto: il litigio con la madre, la corsa, l’impatto con lo slittino ed il bacio di Pitch. Arrossì pensando al sogno che aveva appena fatto e sperò che fosse stato tutto frutto della sua fantasia, altrimenti sarebbe stato troppo imbarazzante per lei. Eppure la sensazione che provava sulle sue labbra era così reale…
I suoi pensieri vennero interrotti dall’apertura della porta, dalla quale fece capolino sua zia.
La donna rimase immobile davanti alla porta a bocca aperta, come se volesse capire se stava sognando o era la realtà.
“Ehi! Ciao zia!” disse lei per farla rinvenire.
Sua zia le venne incontro come un fulmine e l’abbracciò con foga, mentre lacrime di gioia le rigavano il volto.
“Bambina mia sono così contenta che tu ti sia svegliata! Ho avuto tanta, tanta paura per te!”
Annie sentì il cuore scaldarsi, era da tanto tempo che non riceveva un abbraccio del genere.
“Che sciocca! Devo andare subito ad avvisare i dottori!”
“Ehm…zia. Mia mamma dove…”
La donna diventò nervosa e dovette distogliere lo sguardo da lei per poterle parlare.
“Oh…Deborah è tornata a casa mentre eravamo qui al pronto soccorso, mi ha lasciato dei soldi per pagare il debito con l’ospedale…”
“Capisco… è sempre la solita solfa. Non me ne importa più ormai. Jamie come sta invece? Era lui a guidare lo slittino vero? Si è fatto male?”
La zia le sorrise, contenta che la nipote si preoccupasse per il cuginetto.
“Lui sta bene, si è solo spaventato quando sei svenuta. Sono sicura che muore dalla voglia di vederti.”
Annie non capì mai che razza di ragionamento fece il suo cervello in quel momento, ma una cosa le era chiara: se Jack esisteva veramente allora lei poteva ritrovare Pitch.
“Zia, di a Jamie di venire da me appena può. Intesi?”
Angolino autrice: Mi scuso tremendamente per questo capitolo. Non avrei mai voluto troncarlo così, ma rischiava di uscire troppo lungo.
Qui vengono un po’ a galla i problemi con la madre, ma ho appena iniziato a raschiare del passato di Annie.
Questa sarà l’ultima volta che pubblico giornalmente, poiché la scuola mi terrà occupata. Cercherò di aggiornare puntualmente ogni notte tra il sabato e la domenica d’ora in poi.
Grazie per aver letto!
Arrivati a questo punto vi chiedo cortesemente di lasciare un vostro parere sulla storia se volete.
A presto!
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo 6- Il ragazzo blu
Jamie si asciugò le mani bagnate di sudore sui jeans, mentre
fissava la porta alla ricerca di un po' di coraggio.
Jack gli si affiancò e gli mise una mano sulla spalla per
fare forza ad entrambi.
"E se lei mi odia? E se mia mamma si fosse inventata il fatto che lei
abbia chiamato? Cosa facciamo Jack?"
"Non saprei proprio. Entriamo, poi vedremo."
Il bambino girò piano la maniglia e spinse la porta della
stanza.
La cugina però non era come se l'era immaginata; niente tubi
per respirare o flebo, nulla.
Anzi, Annie sembrava stare meglio del solito vista l'aria riposata ed
il colorito roseo.
Sentendo la porta aprirsi la ragazza si girò a guardarlo e
gli rivolse un grandissimo sorriso, che lui non meritava.
"Jamie! Allora stai bene! Che sollievo!"
Più Annie gli sorrideva, più lui si sentiva un
verme. Se non fosse stato per lui, la cugina ora non sarebbe
all'ospedale.
Ad un tratto il sorriso della ragazza scomparve e lui iniziò
a sudare freddo. Il momento di pagare era finalmente arrivato.
"Jamie, prova solo a dire che è colpa tua e mi arrabbio. E
non provare a dire che non lo stavi pensando; te lo si legge in faccia."
Il bambino era stupito; le sue emozioni erano davvero così
evidenti?
"Non sei arrabbiata con me?"
"Certo che no sciocco! Sono io quella che correva senza sapere dove
stava andando e per lo più scalza. Tu stavi solo giocando!"
"Ma io mi sento comunque in colpa! Cosa posso fare per farmi perdonare?"
La cugina assunse un'espressione determinata, che non aveva mai visto
sul suo viso.
"Voglio parlare con Frost."
La smorfia stupita sul viso del cugino distrusse tutta la sua
determinazione.
Glielo aveva chiesto seriamente? Per quanto ne sapeva lei Jack Frost
poteva anche non esistere, ma questo avrebbe messo in dubbio anche
l'esistenza di Pitch.
"Perché vorresti parlare con Jack."
"Devo a chiedere a Frost delle...informazioni che solo lui
può darmi."
Il bambino la guardò sempre più contrariato.
"Se vuoi posso fare io da intermediario. Chiedi pure."
"Ehm...no. Mi dispiace Jamie, ma la faccenda è personale.
Allora?"
Jamie rimase in silenzio per un tempo che le sembrò
infinito, poi borbottò qualcosa come se stesse parlando con
qualcuno.
Annie non sapeva se dirgli di lasciar perdere o di muoversi, l'attesa
la stava uccidendo.
Quando il cugino si decise a rivolgerle nuovamente la parola non le
diede una notizia molto positiva.
"Jack ha detto che se vuoi parlargli devi credere in lui o non si fa
niente."
La ragazza soffocò un'imprecazione e tentò di
sorridere al cugino.
"E come pensa che io possa riuscirci?"
"Dice che non lo sa."
"Perfetto! Questo tipo non poteva essere più inutile di
così!"
Decise però di non arrendersi, doveva seguire l'improbabile
piano che aveva inventato per avere qualche speranza di rivedere Pitch.
"Digli che fra quattro giorni sarò dimessa e che
riuscirò a credere in lui. Lo aspetto nel parchetto dove
giochi di solito a mezzanotte."
Jamie litigò con quello che doveva essere Jack, per poi
girarsi verso di lei annuendo.
"Ci sarà."
Quei pochi giorni passarono lenti, forse fin troppo.
Mentre era all'ospedale si era fatta raccontare il più
possibile su Jack Frost, ma proprio non riusciva a credere che
esistesse un tizio che andava in giro a congelare le cose per noia.
La sera dell'incontro Annie stava in camera a tormentare il cuscino
mentre pensava se andare o meno. Era stata lei a decidere di parlare
con quello spirito, ma ora aveva paura di non riuscire a vederlo.
Lì, nel silenzio della camera si chiese perché
non lasciava semplicemente perdere, la sua vita sarebbe stata
sicuramente più tranquilla e normale senza la presenza
dell'uomo nero, eppure neppure quei pensieri bastavano.
Se non fosse stato per quell'idiota egocentrico lei non si sarebbe mai
trovata in quella situazione assurda, a dover sgattaiolare fuori di
casa in piena notte per andare a cercare informazioni su di lui.
Annie decise che come prima cosa, dopo aver trovato Pitch, lo avrebbe
preso a schiaffoni per essersene andato in quel modo.
La sua indecisione sparì all'istante e uscì di
casa.
Una folata di vento fece raggelare la povera ragazza, la quale era in
quel posto da ormai venti minuti.
Jack avrebbe voluto dirle di andarsene a casa a riposarsi, ma non
poteva.
In fondo erano in quella situazione proprio perché lei non
poteva vederlo.
Annie sbuffò per l'ennesima volta e si diresse verso la
sbarra.
Forse lo fece per noia oppure per scaldarsi, Jack non lo seppe mai, ma
fatto sta che la ragazza si arrampicò sulla giostra
ghiacciata e si tenne saldamente con le mani e con i piedi, somigliando
ad un bradipo appeso ad un albero.
Si dondolò per un po', poi si mise a canticchiare e il
Guardiano dovette avvicinarsi per poterla sentire.
"Ninna nanna oh...
Questa bimba a chi la do?
La darò alla befana
Che la tien una settimana.
La darò all'uomo nero
Che la tien un anno intero..."
Annie sospirò sconsolata.
"Magari potessi passare un anno solo con Pitch..."
Jack rimase sorpreso da quelle parole, ma la ragazza non fu da meno.
Accortasi di quello che aveva detto arrossì e presa
dall'imbarazzo perse la presa e scivolò.
Molto probabilmente non si sarebbe fatta nulla, ma, non appena Jack la
vide cadere, ripensò al giorno dell'incidente e fece
comparire una lastra di ghiaccio sotto di lei.
Per i primi istanti non si accorse neppure di non essere più
appesa alla barra, ma poi sentì qualcosa di freddo sotto la
schiena che la sorreggeva.
Girò la testa lateralmente e si accorse di essere distesa su
una lastra di ghiaccio che prima, ovviamente, non c'era.
"Oh merda... Allora esiste sul serio."
Come evocata dalle sue parole un'ombra comparve al suo fianco e lei
scattò in piedi spaventata.
Rimase sorpresa quando si ritrovò di fronte ad un ragazzo
che doveva avere più o meno la sua età.
Certo, per essere un sedicenne era molto strano, con i suoi capelli del
colore della luna e gli occhi azzurri come il ghiaccio.
Oggettivamente parlando era bello e i suoi vestiti sembravano come
cuciti su di lui.
Annie notò che nelle spalle della felpa blu c'erano dei
fiocchi di neve, ma non sarebbe mai stata capace di dire se fossero
veri oppure cuciti.
A completare il quadro dell'inusuale adolescente c'era un grande
bastone dalla cui cima sembrava fuoriuscire del ghiaccio e la mancanza
di calzature.
Il ragazzo le si avvicinò e la guardò preoccupato.
"Tutto bene?"
"Sì, penso. Quindi tu...sei Jack Frost?"
"Adesso mi vedi finalmente! Comunque si, sono io."
Annie si lasciò scappare una smorfia delusa.
"Ti immaginavo diverso. Più infantile, cicciottello e...blu."
"Blu?"
Il ragazzo sembrava divertito da quella situazione.
"Sì, mi ero immaginata un Babbo Natale versione bambina e
completamente blu. Non un ragazzo della mia età che potrebbe
fare il modello."
"Grazie."
Jack le sorrise sornione e questo portò Annie a chiedersi se
tutti gli spiriti non fossero capaci di sorridere, se non sembrando
pronti ad imbrogliarti.
"Lo devo prendere come un complimento?"
"Se proprio vuoi. Ora però passiamo alle cose importanti."
"Giusto! Come mai volevi vedermi?"
La ragazza lo guardò con i sui grandi occhi grigi e si
mostrò il più determinata possibile.
"Voglio vedere Pitch."
Se Jack non avesse saputo per certo la sua età, non le
avrebbe mai dato più di cinque anni, perché in
quel momento le era sembrata una bambina.
Com'era possibile che lei volesse vedere Pitch? Lui non le aveva mica
fatto del male?
Dopo che l'uomo nero si fu arreso, lui è Sandman erano
andati personalmente a controllare le condizioni di Annie e l'avevano
trovata in lacrime, così l'omino dei sogni l'aveva fatta
addormentare.
Ed ora lei pretendeva di incontrarlo? Che storia era?
"Perché dovresti volerlo incontrare?"
La sua voce uscì fredda come la neve.
"Affari personali..."
Annie non lo guardava neppure in faccia, così Jack lo prese
come il segno di una bugia.
"Mi stai nascondendo qualcosa.
Pitch ti ha forse minacciata e ora tu vuoi vederlo per farlo scappare?
Ti obbliga ad aiutarlo quando è nei guai?
Quel tipo è malvagio non dovresti stare ad ascoltarlo, d'ora
in poi ti proteggeremo noi se avrai paura e..."
"La vuoi smettere per favore."
Jack rimase impietrito dalla reazione della ragazza.
"Smettere di fare cosa?"
"Di insultare Pitch. Mi da fastidio quando qualcuno parla male delle
persone a cui tengo senza nemmeno conoscerle.
Quindi, per favore, non farlo."
"Insultarlo senza conoscerlo? Stiamo parlando di Pitch Black!
È l'uomo nero!"
"E allora? Non vuol dire che sia cattivo!"
Annie si costrinse a calmarsi, se Frost si fosse offeso, lei avrebbe
perso ogni possibilità di riunirsi con l'uomo nero.
"Ma lui ha ferito anche te! Perché vuoi tanto rivederlo?"
"Perché mi sono innamorata di lui!"
Ecco, l'aveva detto. Erano anni che si teneva dentro di lei quelle
poche parole, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirle.
"Cosa? Come?!"
Lo spirito della neve era talmente scioccato che non riusciva a
formulare una frase.
“Come posso dirlo più chiaro di così?
Lui mi piace…”
Le guance di Annie si imporporarono, ma lei non abbassò lo
sguardo, anzi piantò i suoi occhi in quelli dello spirito.
“Quello che non capisco è il perché!
Come puoi esserti innamorata di lui?!”
“E io che ne so!” ribatté la ragazza
cominciando a scocciarsi di fronte all’ottusità di
Frost.
“C’è forse un modo per spiegare come ci
si innamora? Esiste una formula o una regola? La risposta è
chiaramente no, ma non credo che tu possa capirlo se non ti sei mai
innamorato.”
“Allora spiegami se io non posso capire! Così
almeno posso dimostrarti che ti sbagli a voler essere legata ad uno
come lui.”
Annie guardò un punto distante, come se stesse cercando
qualcuno e, dopo aver sospirato un paio di volte cominciò a
parlare.
“Come posso semplificarti la paura che mi assale quando,
svegliandomi nel cuore della notte, non lo vedo?
Come posso spiegarti il sorriso che devo trattenere o
nascondere dietro a un lenzuolo quando lui mi prende in giro ed io mi
devo fingere offesa?
Semplicemente senza di lui non riesco a dormire
tranquillamente, strano vero? Eppure, anche se lui non lo sa, la sua
presenza per me è sempre stata rassicurante. Quando mi
svegliavo lui era lì e subito mi calmavo, perché,
dopo un po’ di tempo, tutte le mia paure sono state
sostituita da una più grande: quella di perderlo.
Le prime volte mi dicevo che era perché era il mio unico
amico, ma la spiegazione non reggeva.
Ho provato ad allontanarmi da lui il più possibile,
perché non volevo che la mia paura diventasse
così forte da non poter più essere controllata,
ma il mio più grande fallimento è avvenuto poche
sere fa. Pensavo che questa sarebbe stata la mia occasione per
eliminarla definitivamente, ma era semplicemente troppo tardi e
già dalla seconda sera sentivo la sua mancanza. Poi abbiamo
litigato e lui se n’è andato via e io mi sento in
colpa, perché avrei voluto dirgli delle cose completamente
diverse, ma ero troppo arrabbiata. Io ora voglio solo vederlo, voglio
solo chiedergli scusa e solo tu puoi aiutarmi. Te lo chiedo per favore
Frost, portami da lui…”
Jack sentì un nodo serrargli la gola, ma non poteva dire ad
Annie che era lui quello che aveva scoperto Pitch ed aveva chiamato gli
altri Guardiani per catturarlo. Se non lo avesse fatto molto
probabilmente i due si sarebbero già chiariti e la ragazza
non sarebbe così triste, ma non riusciva a parlare, sapeva
perfettamente che la ragazza lo avrebbe odiato poi.
La guardò e si ricordò che Jamie gli aveva detto
che lei aveva cercato di sapere il più possibile sulla sua
storia, in modo da poterlo vedere. Si domandò quanto freddo
potesse avere in quel momento, con solo un giaccone sopra il pigiama e
con le scarpe da ginnastica infradiciate per colpa della neve.
In quel momento sentì come un pungolo nel petto, forse a
causa del senso di colpa, e voleva tanto dirle che l’avrebbe
portata da Pitch anche subito, ma si costrinse a non farlo.
“Io…non posso. Mi dispiace Annie, ma abbiamo
deciso che, per il tuo bene, tu debba stare lontana da lui.”
Annie si sentì come se lo slittino l’avesse
colpita di nuovo. Spalancò gli occhi incredula e
fissò Jack allibita. Lo spirito dovette abbassare la testa,
incapace di sostenere il confronto con quello sguardo che metteva a
nudo tutta la tristezza che era piombata sulla ragazza in quel momento.
“Chi ha deciso con te?! Come sarebbe a dire che non posso
vederlo?!”
“Non posso dirtelo…”
“Come sarebbe a dire che non puoi?! C’è
qualcosa che ti lasciano fare o no?!”
La voce rotta della ragazza gli stava facendo lo stesso effetto di un
coltello piantato nella gola, ma lui sapeva di essere nel giusto. Lui
stava agendo correttamente. Lui…lui era un codardo.
“Mi dispiace. Devo andare.”
Con l’aiuto del vento si alzò in volo, ma Annie
gli afferò il bordo della felpa e lo trattenne.
“Ti prego non farlo…”
La sua voce era stata un sussurro perso nel vento, ma a Jack era
arrivato chiaramente e il senso di colpa sembrò tentare di
bucargli il petto.
“Scusa.”
Con uno strattone si liberò dalla presa della ragazza e si
levò in alto il più velocemente possibile, senza
mai voltarsi per guardare indietro.
Angolino autrice: Eccomi! Mi scuso tantissimo. Avevo detto che avrei
pubblicato ogni sabato, ma sabato scorso è stato il mio
compleanno (me n’ero completamente scordata) e quindi ho
posticipato di una settimana. Chiedo nuovamente scusa,
perché ho dovuto tagliare (di nuovo) un capitolo, ma sarebbe
venuto fuori davvero troppo lungo.
Volevo ringraziarvi poi per le recensioni che mi hanno resa super
felice ed in particolare volevo ringraziare tantissimo J.
L’immagine che avete visto l’ha fatta lei e per
questo io la AMO. Vi consiglio di andare a cercare la sua pagina
Facebook perché merita tantissimo u.u (e a cui chiedo scusa perché, nonostante me l'abbia spiegato centinaia di volte, non sono riuscita a rimpicciolire l'immagine)
Come ultima cosa cambio il giorno di pubblicazione e tento di caricare
un nuovo capitolo ogni altra settimana, questo perché fra
poco i miei impegni aumenteranno a dismisura.
Dopo questo vi saluto e vi chiedo per favore di dirmi cosa ne pensate di questo capitolo. A presto!
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