Una luce nel buio

di Akemi chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1- L'ombra della sera

Stava viaggiando di città in città, portando la paura nei bambini come ogni notte, quando si accorse che l'alba era vicina.
Così decise che come ultima cosa sarebbe andato a visitare la casa della sua umana preferita.
Come al solito la trovò che dormiva irrequieta e nervosa, avvolta dalla polvere nera degli incubi.
I SUOI incubi.
Pitch adorava quella ragazza. Aveva sedici anni, eppure non c'era una notte in cui riuscisse a dormire tranquillamente.
Era stato tutto merito suo se aveva imparato a manipolare i sogni di Sandman prima, e a liberarsi dopo che i Guardiani l'avevano imprigionato.
Lei era il suo prezioso tesoro, una sotto specie di caricabatterie quando i suoi incubi erano deboli, ma, soprattutto, era l'unica umana che riuscisse a vederlo.
Si sedette sul bordo del letto e aspettò. Non molto tempo dopo la ragazza si mise a sedere urlando.
Quanto adorava vederla così; terrorizzata, sudata e ansimante dalla paura, che stringeva convulsamente il lenzuolo fra le dita e che con occhi spalancati fissava il vuoto.
"Buon giorno Annie"
disse sorridendo maliziosamente.
La ragazza non riuscì a trattenere un gridolino di sorpresa quando lo vide.
"A...ancora tu."
"Che ci vuoi fare?Finché farai brutti sogni io starò qui. Te l'ho già detto tempo fa."
"Tu e le tue manie dovute alla mancanza di attenzioni mi farete impazzire"
Disse esasperata la ragazza passandosi una mano sulla fronte per asciugarla.
"Non fare la psicologa con me. Tanto non me ne vado" Fece una pausa per sorriderle sornione.
"Mi sei troppo utile lo sai."
"Vai al diavolo Pitch! Odio questa situazione!"
"Ehi! Quanta confidenza!"
Disse ridendo l'uomo nero.
"Da quando ho memoria sei sempre stato qui, ormai ci sto prendendo l'abitudine."
"Come sei carina quando menti. Anche prima ti sei spaventata quando mi hai visto o sbaglio?"
La ragazza abbassò il capo arrabbiata e Pitch rise.
"Io torno a dormire. Quindi vattene."
Concluse l'umana fulminandolo con lo sguardo per poi nascondersi sotto il lenzuolo
"Va bene, va bene me ne vado. Ci vediamo domani."
"Muori".
Ridendo il ragazzo tornò nel suo rifugio e lì si mise ad accarezzare il suo nuovo incubo appena nato.
"Guarda quanto sei bello. Pieno di angoscia, solitudine, tristezza e rancore.
Solo quella ragazza riesce a far comparire esseri magnifici come voi.
Farò in modo che i Guardiani non la scoprano, così avrò un esercito di incubi invincibili e attuerò la mia vendetta."


"Jack! Vieni veloce!"
Il neo guardiano corse in contro a Jamie che lo stava chiamando.
"Dove stiamo andando?"
"Da mia cugina"
"Come mai?"
"È appena arrivata in città per le vacanze. Devo salutarla per forza, poi possiamo andare a divertirci."
"Ho capito. Muoviamoci."
Lo spirito della neve ed il ragazzo attraversarono in fretta la città con lo slittino e arrivarono davanti alla casa del bambino. In quel momento una ragazza dai lunghi capelli marroni e gli occhi grigi stava scendendo da un auto con un enorme borsone a tracolla I due amici si avvicinarono.
"Ciao Annie!"
"Oh ciao Jamie.Quanto tempo. Sei diventato più alto."
Lo salutò di rimando la ragazza.
Jack la guardò curioso mentre i due si raccontavano brevemente i fatti più recenti.
Quella Annie non doveva avere più di diciassette anni, indossava un enorme cappotto nero e dei jeans scuri. Ai piedi portava degli anfibi e nelle mani aveva dei guanti. Oggettivamente parlando era una bella ragazza, solo un particolare stonava nel suo viso: delle occhiaie enormi, come quelle di chi non dorme da secoli.
"Ehi Jemie! Perché ha quelle occhiaie?"
"Non ora Jack. Dopo te lo spiego." Sussurrò il bambino.
"Cos'hai detto scusa? Non ho capito" chiese la ragazza sorridendo.
"Oh...niente! Parlavo con un mio amico!"
"Amico?"
"Sì, Jack Frost! Lo conosci?"
"Intendi la leggenda locale del ragazzo che va in giro a congelare tutto?"
"Si proprio lui! Siamo amici sai?"
"Sono contenta che tu abbia un amico immaginario così simpatico Jamie..."
la ragazza sorrise tristemente e poi sospirò.
"Tutto bene cugina?"
"Certo! Certo!"
Si riprese subito lei.
"Vado a portare le mie cose in camera e a sistemarle!Ci vediamo per cena."
"Ciao. Di tu a mia mamma che sto fuori a giocare un altro po' "
"Certo!".
La ragazza sparì dietro la porta e Jamie e Jack si allontanarono.
"Tua cugina è strana."
Disse lo spirito.
"Non la biasimo. Ha problemi a dormire."
Sentendo questo Jack si incuriosì. "Che intendi con problemi?"
"Se non ho capito male è da quando è piccola che non passa una notte che non abbia gli incubi.
Se sta via a dormire da amici o va in gita per qualche giorno, per una o due notti riesce a riposare, poi però ritornano."
"E i suoi genitori che cosa fanno?" "Nulla. Hanno provato di tutto, l'hanno addirittura portata da uno psicologo, ma non è servito a niente così si sono arresi e la lasciano in pace."
Jack iniziò ad insospettirsi e un'idea si fece largo nella sua mente, ma la cacciò via vista la sua improbabilità.
"Comunque non preoccuparti Jack! Adesso andiamo a divertirci!"
La notte arrivò in fretta e Pitch quella sera era molto occupato e a conti fatti pensò che fosse meglio passare subito da lei. Entrò nella camera di cui ormai conosceva ogni angolo e si avvicinò al letto.
"Ehi! Sveglia sono io..." disse afferrando il lenzuolo e scostandolo.
Con sua grande sorpresa sotto non c'era la ragazza, ma bensì due cuscini.
"Cosa diavolo?!" Sbraitò infuriato.
"Calmo Pitch calmo. Magari è solo andata al bagno."
Così dicendo si avviò verso il bagno e lo trovò vuoto.
"Sarà in cucina di sicuro. Avrà avuto sete."
Ma non la trovò nemmeno lì.
Si innervosì ed inizio ad urlare
"Dove può essere quella ragazzina! E dire che l'ultima volta che l'ho vista non è stato nemmeno ventiquattro ore fa!"
Non sapeva come fare a trovarla, poi, di colpo, l'illuminazione.
Passò attraverso i muri ed entrò nella camera del suo fratellino e iniziò a spargere della polvere nera su di lui.
"Avanti marmocchio...dimmi dov'è la mia gallinella dalle uova d'oro..."
Il bambino cominciò ad agitarsi e sopra di lui l'incubo prendeva forma.
"Allora è così... pensavi seriamente di nasconderti da me andando semplicemente da tua zia?Povera piccola illusa."
Sorrise malignamente e richiamò uno dei suoi incubi purosangue.
"Portami da lei".
Sussurrò.
In breve tempo arrivò in una cittadina.
Ci mise un instante a riconoscerla. Era il posto in cui quei maledetti guardiani lo avevano sconfitto.
Fece finta di nulla e continuò a cercarla, fino a quando si ritrovò davanti alla casa di quell'odioso bambino che aveva rovinato i suoi piani neanche un anno prima.
Non voleva entrare in quel posto, forse per orgoglio, ma la sentiva, lei era lì dentro che dormiva tranquilla e lui questo non poteva permetterlo. Fece per entrare, ma si accorse che qualcuno era appollaiato sul tetto. Guardò meglio e riconobbe quell'odioso essere che altri non era, se non Jack Frost.
Non poteva farsi scoprire da lui o il suo intero piano sarebbe fallito ancora prima di poter affettivamente cominciare. Così aspettò che se ne andasse, ma il guardiano non accennava a volersi muovere.
Si avvicinò un altro po' e si accorse che si era addormentato.
"Magnifico. Non potevo aspettarmi niente di più stupido da quell'idiota."
Entrò in casa attraverso il muro e seguì l'odore della ragazzina fino ad arrivare in una stanza arredata molto semplicemente; c'erano solamente un armadio, un letto e una scrivania. Il borsone che aveva visto molte volte sopra la sedia nella sua camera adesso era per terra vicino all'armadio.
Pitch si avvicinò alla ragazza e le sussurrò all'orecchio maliziosamente.
"Pensavi di sfuggirmi?
Tu sei mia.
Ricordatelo. Non puoi scappare da me.
Io ti troverò, sempre e in qualsiasi momento..."
Le sparse un po' di sabbia nera sul viso e subito lei cominciò a dimenarsi. Lui sorrise e rimase ad aspettare come al solito.
Come previsto la ragazza si svegliò in preda al panico, ma lui le tappó la bocca prima che potesse emettere un singolo suono.
"Ciao dolcezza.
Ti sono mancato?"
Lei provò a liberarsi, ma lui la bloccò. "Shh. Sai che adoro sentirti urlare dalla paura, ma per questa sera faremo un eccezione. Domani dovrai dire che sei riuscita a dormire va bene? Che non hai avuto nessun incubo."
La ragazza lo guardò furente.
"Non fare così. Ho i miei motivi per chiedertelo.
Se mi ascolterai ti premierò va bene?" Annie non credette molto, ma decise di assecondarlo, forse sarebbe riuscita a convincerlo a farla dormire per una notte soltanto, così annuì.
"Perfetto allora io adesso tolgo la mia mano e tu non fiaterai."
L'uomo nero si spostò e la ragazza rimase immobile.
"Brava così. Ora io vado. A domani."
"Attento che se non ti vesti Jack Frost ti..."
Non finì la frase che Pitch si girò di scatto e la fissò furioso.
"Che nome hai pronunciato?!"
"Ehi! Calmati! Stavo scherzando, è solo un modo di dire."
"Un modo di dire?"
"Sì, come...che ne so...piove a catinelle e simili."
Il ragazzo si calmò e le diede un colpetto sulla testa.
"Non pronunciare mai più quel nome in mia presenza."
La minacciò sorridendo, ma questo non voleva dire che scherzava.
"Sì, ho capito. Certo che sei proprio permaloso. Se permetti, adesso vorrei dormire. Sono solo le quattro."
"Vedremo se dormirai. Volevi fregarmi. Devo vendicarmi no? Buona notte ed incubi d'oro."
L'uomo nero sparì nell'ombra e lasciò la ragazza da sola nella stanza che, esausta, si lasciò cadere sul letto.





Angolino autrice: Salve a tutti! Credo che tutti siano stanchi di leggere una cosa del genere, ma questa è la mia prima fan fiction e spero vi piaccia. Per essere il primo capitolo è un po’ corto, ma spero di poter migliorare col tempo, sono qui anche per quello.
Se potete lasciare una recensione ne sarei felice, non per il gusto di vederla, ma per sapere se la storia per voi è scritta bene o male.
Grazie per essere arrivati fino a qui. Vi saluto intanto e spero che questo non sia un addio, ma un arrivederci.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2- La ragazza della casa gialla


Il mattino arrivò troppo presto per Annie.
Pitch aveva tenuto fede alla sua promessa di punizione e lei non chiuso più occhio. Scese le scale sbadigliando e si diresse in cucina, dove trovò tutta la famiglia di sua zia riunita per fare colazione.
"Buon giorno Annie! Dormito bene?"
Le chiese gentilmente sua zia.
"Buon giorno a tutti. Questa notte ho dormito come un sasso."
Disse lei sedendosi a tavola.
"Credo sia colpa della mia camera se faccio spesso degl'incubi. La finestra deve essere stata montata male."
"Pefché dici che è montata male?" Chiese Jamie addentando un pezzo di pane.
"Semplice: La mente umana è più propensa a generare quelli che vengono definiti incubi in presenza del freddo. In opposizione al fatto che, quando si è piccoli, si è al caldo tra le braccia dei genitori e, quindi, si aveva una sensazione di sicurezza ."
Tutti la guardarono stupiti, così lei si affrettò a dire qualcosa.
"Me l'aveva spiegato il mio psicologo. È per questo che lo so."
"Che forza!"
Commentò Jamie.
"Ok, adesso finite di fare colazione. Jamie, tesoro, dopo porta con te Annie. Se non sbaglio qui vicino abita una coppia che ha una figlia che non dovrebbe essere molto più grande di te."
"Grazie zia."
I due finirono velocemente di mangiare e uscirono fuori.
"La casa è in fondo alla via, quella grande e gialla. Io adesso vado a giocare. Ci vediamo dopo."
"Grazie per le indicazioni. A dopo. Divertiti con...Jack Frost".
 Pronunciò le ultime parole sforzandosi di non ridere e si avviò per la strada.
Trovò velocemente la casa, dire che era grande era un eufemismo. Esitò prima di suonare il campanello, cosa avrebbe detto?
"Salve, noi non ci conosciamo. È vero che ha una figlia della mia età?"
Era un'idea stupida. Però non poteva tornare da Jamie e dirgli cosa?
"Ho paura di fare una figuraccia. Posso venire a giocare con te, i tuoi amichetti e il tuo amico immaginario?" .
Non poteva cadere così in basso, aveva un orgoglio da difendere. Fece un respiro profondo e suonò il campanello. Poco dopo una signora uscì dalla porta e sembrava molto arrabbiata.
"Cosa volete ancora? Jessica è appena tornata a casa! Via!"
"Mi scusi signora. Forse mi ha confuso con qualcun altro.
Mia zia abita qui vicino e io sono venuta qui per passare le vacanze di Natale.
Ho saputo che qui abitava una ragazza che poteva avere la mia età quindi mi sono fatta coraggio per venire a conoscerla."
Disse tutt'un fiato Annie ancora spaventata.
La signora la squadrò per capire se stesse dicendo la verità, poi sorrise imbarazzata.
"Oh scusami cara. Pensavo fossi una degli amici sgangherati di mia figlia. Accomodati pure, adesso vado a chiamarla.
Come ti chiami tesoro?"
"A...Annie."
"Bene Annie, seguimi."
La signore le sorrise e, mettendole una mano dietro la schiena, la spinse dentro la casa.
L'interno era bellissimo, con un pavimento in marmo ed il soffitto alto, non c'era paragone fra la sua casa e quella villa.
"Il salotto è lì. Arrivo subito."
I tacchi della signora risuonarono mentre saliva le scale. Lei in tanto si sedette sul divano.
"Sua figlia è appena tornata? Saranno le dieci e mezza passate della mattina..."
Dopo poco sentì qualcuno entrare e scattò in piedi.
"Stai tranquilla. Non sono mia madre, non mordo mica."
Disse alle sue spalle una voce assonnata.
Annie si girò e vide una ragazza in pigiama. Aveva i capelli rossi, molto probabilmente tinti, e gli occhi marroni. Era magra e sembrava poco più bassa di lei.
"Piacere, Jessica."
"Annie. "
"Quanti anni hai?"
"Sedici."
"Pure io! Che bello!"
Disse la ragazza sorridendo.
"Ti sei trasferita da poco?"
"No, no. Sto a casa di mia zia per le vacanze di Natale."
"Figo. Senti, mettiamo in chiaro le cose fin da subito. Ti propongo una cosa."
"Dimmi pure."
"Se vuoi possiamo diventare amiche, ma ti avverto io vivo solo di notte." "Cioè?"
"Cioè? Io faccio festa tutta la notte. Io e i miei amici andiamo nei locali e balliamo fino all'alba. Ci stai o farai la santarellina?"
La guardò maliziosa e per un secondo le ricordò Pitch, fu un bruttissimo secondo.
Stava per rifiutare, quando ebbe un'illuminazione: se lei la notte stava sveglia, Pitch non avrebbe potuto disturbarla in alcun modo e lei avrebbe potuto dormire durante il giorno.
"Ci sto. Quando si comincia?"
"Sta sera alle nove vieni a casa mia, ci prepareremo insieme e andremo ad incontrarci con gli altri. Ti consiglio di dormire oggi pomeriggio."
"Grazie del consiglio. A questa sera.".


Suonò il campanello e le aprì Jessica.
 "Ben arrivata! Ti sei già fatta la doccia?"
"Sì, prima."
Rispose Annie entrando in casa.
"Bene io no. Vieni che la rifacciamo."
"I...insieme?"
Chiese la ragazza imbarazzata
"Certo. Tanto siamo due ragazze no? Una lava i capelli all'altra e poi ce li asciughiamo. Sarà divertente!
Poi ti trucco e...si ti presto i miei vestiti."
"I miei non vanno bene?"
"Vuoi la verità? No. Nel posto dove stiamo andando non devono capire che hai solo sedici anni amica mia. Andiamo adesso."
Jessica la afferrò per un braccio e la trascinò nel bagno.
Dopo un paio d'ore furono pronte.
"Avanti muoviti Annie!"
 "Arrivo...secondo te mi stanno bene questi vestiti?"
"Amica. Sei una bomba sexy."
La ragazza uscì di casa a passi incerti per colpa dei tacchi alti. Stava indossando un vestito nero che arrivava appena a metà coscia e per ripararsi dal freddo portava delle calze nere semi trasparenti.
I capelli erano leggermente mossi. Il trucco sul viso nascondeva perfettamente le occhiaie ed il nero dell'eyeliner e dell'ombretto facevano risaltare gli occhi chiari.
"I nostri accompagnatori dovrebbero arrivare a momenti."
Disse Jessica.
"Va bene...". Stava iniziando a pentirsi seriamente di essere lì.
"Almeno non servirò a Pitch come scaccia noia..."
Sussurrò. Forse un po' troppo forte, poiché la ragazza che era con lei la sentì.
"Chi sarebbe Pitch?"
Chiese curiosa.
"Un mio...conoscente."
"Non è che per caso è il tuo ragazzo?" La guardò maliziosa.
"Cosa? No! Non diciamo assurdità! Pitch il mio ragazzo? Mai!"
Ribatté Annie arrossendo un poco.
 "Però lui ti piace a quanto pare..."
"N...non è che mi piace... lo conosco da quando ho memoria e per lui sono soltanto un giocattolo con cui divertirsi quando si annoia..."
"Capisco...l'avete mai fatto?"
"Eh?! Jessica!"
La rossa si mise a ridere.
"Ho capito. Non prendertela, stavo solo scherzando.
Comunque questo ragazzo è un imbecille se si lascia scappare una come te. Guarda che davanzale!"
La ragazza indicò il petto dell'amica e questa abbassò il capo imbarazzata.
"B-basta dai. I-io non sono così carina in fondo."
"Hai troppo poca stima di te stessa ragazza. Credi a me.
Oh sono arrivati. Alza la testa."
La ragazza seguì l'indicazione dell'amica e vide arrivare un'auto sportiva verde brillante che si fermò davanti alla casa. Dal veicolo uscirono due ragazzi che avrebbero potuto essere tranquillamente dei modelli; uno era biondo con gli occhi azzurri e l'altro moro con gli occhi castani.
"Ehi Jess!"
"Will! Charlie! Vi presento la mia nuova amica Annie.
Cara mia, loro sono William e Charlie. I nostri accompagnatori."
"Piacere di conoscervi!"
Esclamò Annie per darsi coraggio.
"Il piacere è mio bellezza. Chiamami pure Will.
Visto che quei due fanno coppia fissa questa sera sarò il tuo cavaliere."
Disse il biondo avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
"Will, le piace già un ragazzo è inutile che ci provi."
Lo prese in giro la rossa.
"Ti ho detto che non lui non mi piace. Accetto la tua offerta Will."
Disse la mora sorridendo al ragazzo. Quello sembrò soddisfatto e le aprì la portiera posteriore dell'auto, per poi salire dopo di lei.
Gli altri due, intanto,  presero posto nei sedili davanti e il ragazzo avviò l'auto.


L'ombra si mosse silenziosa per il giardino in modo da non svegliare un cane randagio di passaggio ed oltrepassò il muro. Non doveva farsi scoprire da nessuno, così raggiunse rapidamente la stanza della ragazza. Alla vista della camera completamente vuota non riuscì a trattenersi.
"Dove diavolo si è cacciata quella ragazzina?! Non è possibile che sia a casa sua! Ho controllato mezz'ora fa!"
Iniziò a dare calci ai mobili e al letto, smise soltanto quando si accorse della presenza di un foglietto nascosto sotto il cuscino.
Lo afferrò malamente e cominciò a leggerlo:

Pitch sono io, non preoccuparti se non mi trovi.
Sono fuori con degli amici, torno a casa per l'alba quindi non mi aspettare.
Ci si vede                      
Annie.

Il ragazzo accartocciò il foglio e lo distrusse, poi scattò fuori dalla finestra e corse al suo rifugio.
Lì cominciò ad urlare per sfogarsi. Le sue grida erano così forti e spaventose, che anche gli incubi ne ebbero timore.
"STUPIDA RAGAZZINA! TU SEI MIA!
MIA!
MI SERVI! IL MIO PIANO NON AVRÀ SENSO SE TU NON DORMI E NON SOGNI!
CAZZO! VUOI DIVERTIRTI?! BENE!
SPERA SOLO CHE IO NON SCOPRA DOVE SIA O NON LA PASSERAI LISCIA!".
Schiumava ancora dalla rabbia, quando si accorse che era arrivata l'alba e si rintanò nella sua camera sbattendo la porta più forte che poté.
Era buffo. Lui, uno spirito centenario, non dimostrava più di vent'anni, ma non si era mai comportato come un umano, se non nell'ultimo periodo.  Era sempre stanco e si era creato una camera da letto per dormire, ma vi si rifugiava anche quando era arrabbiato.
"Tutto questo è solo perché ho radunato tutti gli incubi di quella ragazza in un solo punto.
La loro presenza mi sta dando alla testa, sembro uno stupido adolescente."
Tentò di auto convincersi della veridicità delle sue parole, ma invano, così si buttò nel letto sconsolato e chiuse gli occhi.
Nello stesso istante, anche Annie fece la stessa cosa nel suo. Era rientrata da poco e con le sue ultime forze si era cambiata e struccata.
Non aveva fatto caso al disordine presente nella camera, visto che la stanchezza le aveva annebbiato il cervello, così si era semplicemente lasciata andare sul morbido materasso.


Angolino autrice: Salve! Ci ho messo davvero poco per pubblicare, ma c’è un motivo valido. Ho molti pezzi già scritti così devo solo controllarli e correggerli (anche se mi scappa sempre qualcosa).
Allora… Annie ha trovato un modo per riuscire a liberarsi di Pitch. Funzionerà? Forse.
Spero che vi sia piaciuto e la cosa dei brutti sogni causati dal freddo non è vera (o per lo meno non credo che lo sia), quindi non vogliate uccidermi per questo!
Sarei davvero molto, ma molto felice se mi lasciaste anche solo una piccolissima recensione; giusto per capire se la storia è scritta bene o meno.
A presto! *Schiva i coltelli*

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3- Fine dei giochi

Il mattino seguente Jamie si era alzato presto e non aveva osato andare a svegliare la cugina.
Scese le scale e arrivò in cucina.
"Giorno mamma!"
"Giorno cucciolo."
"Come mai non mi hai chiamato questa mattina?"
Chiese sbadigliando il bambino.
"Perché non volevo svegliare tua cugina. Questa mattina l'ho sentita rientrare molto tardi."
"A che ora?"
Chiese curioso Jamie, mentre assaporava il suo the.
"Più o meno le sei e mezza del mattino."
Il ragazzo rischiò di soffocarsi dopo aver sentito la risposta tranquilla della madre e, tra un colpo di tosse e l'altro, riuscì a commentare.
"Ma sono le nove adesso! Non sono passate nemmeno tre ore! Come puoi essere così tranquilla!"
La madre lo guardò dolcemente.
"Sono contenta che tu ti preoccupi per tua cugina, ma devi sapere che tua zia mi aveva detto che lei non aveva molti amici, perché è molto timida, credo stia soltanto cercando di farsi piacere agli altri ragazzi e poi sono andata a controllarla quando si è addormentata. Non ha né bevuto, né fumato. Questo è poco, ma sicuro. Mi fido di lei, è una brava ragazza."
"Se lo dici tu mamma...io vado fuori a giocare!" .
Il bambino però non era convinto, sentiva come una vocina dentro di sé che gli diceva che Annie sarebbe stata nei guai per questo.
Jamie si vestì in fretta ed uscì di casa.
"Giorno Jamie!"
Lo salutò Jack.
"Ciao! Come va oggi?"
"Bene dai, prima sembrava quasi che Pitch fosse tornato, ma si stava solo lamentando nella sua prigione. E a casa tua? Tua cugina riesce a dormire o ha ancora gl'incubi?"
"Sta bene. La prima notte ha dormito e questa l'ha passata fuori con i suoi amici è tornata a casa tre ore fa."
Borbottò il bambino ricordando la faccia tranquilla di sua madre mentre glielo diceva.
"Davvero?!" Chiese il Guardino stupito.
"Sì, sembra che i ragazzi della sua età facciano così."
"Io sono diventato uno spirito che ero più o meno grande come lei, ma non ho mai fatto così."
"Non chiederlo a me."
I due raggiunsero gli altri bambini e cominciarono a giocare con la neve, ma Jack continuava a distrarsi, mentre qualcosa gli diceva che presto avrebbe rivisto Pitch.



Erano passati cinque giorni e tutte le sere erano uguali. Pitch si presentava in camera sua, ma non la trovava mai e la cosa lo irritava parecchio.
Così una sera, senza tener conto dei guardiani, la seguì appena lei uscì di casa. Erano appena le nove e mezza e la vide dirigersi verso un enorme villa. Suonò il campanello e le aprì una ragazza dai capelli rossi, dopo di che non uscì più per altre due ore e quando lo fece lo lasciò completamente senza parole.
Sembrava più grande, più...adulta.
Il vestito cortissimo metteva in risalto le sue curve e il fisico snello; le calze nere in pizzo facevano vedere le gambe sottili. I capelli le erano stati piastrati e il trucco le faceva risaltare gli occhi. Era magnifica e lui non riusciva a smettere di fissarla.
"Pitch! Riprenditi! Lei è il tuo crea incubi a comando e BASTA!"
Mentre continuava a ripetersi questa frase, una macchina verde brillante arrivò da una strada buia e si fermò davanti alla casa. Dall'auto scesero due ragazzi e quello biondo si avvicinò a lei.
"Allontanati"
Ringhiò l'uomo nero.
Il ragazzo mise un braccio in torno alle spalle di Annie.
"Non toccarla umano!"
Si stava facendo prendere da una smania impressionante e non capiva perché. I quattro entrarono in macchina e sgommarono via, così lui si affrettò a seguirli.
Arrivarono in un locale pieno di gente e vi entrarono, lui fece lo stesso. Per la prima volta fu felice di essere un'ombra visto che riuscì a passare attraverso tutto quell'ammasso di persone.
"Questa sera Karaoke! Chi vuole venire a cantare?" Gridò uno dal palco.
"Chi vuoi che vada a fare una cosa così stupida?"
Pensò in quel momento.
"Vengo io!"
Disse una voce familiare dalla folla. Vide Annie salire sul palco e spalancò la bocca incredulo.
La musica partì e lei cantò una canzone di quella che avevano detto essere una certa Kesha. Era una canzone piena di doppi sensi e inviti espliciti, ma lei sembrava divertita dal cantarla. Si muoveva sul palco ancheggiando e lanciando sguardi provocatori. Non l'aveva mai vista così; la sola immagine che aveva di lei era quella di una bambina terrorizzata che si svegliava dopo un incubo, non di una sedicenne molto provocante.
La canzone finì con un ovazione generale e lei scese dal palco. Lui intanto si avvicinò senza farsi vedere.
Tutti quelli che erano ancora abbastanza sobri per riconoscerla le fecero i complimenti, gli altri mugugnarono qualcosa di incomprensibile.
Infine le si avvicinò il ragazzo biondo di prima, palesemente ubriaco.
"Ehi dolcezza! Che ne dici di venire a divertirti con me? Solo io e te"
La afferrò per un braccio, ma lei si liberò
"Smettila Will. Sei ubriaco."
Gli rispose duramente la ragazza.
"Che vuoi che sia? Andiamo dai! Vedrai che non scorderai mai più questa notte!"
La prese nuovamente per il braccio, ma questa volta lei non riuscì a liberarsi, così, senza accorgersene,  il ragazzo si mise in mezzo.
"LASCIALA UMANO!"
"Pitch?"
La ragazza riuscì a sussurrare solamente il suo nome prima che lo spirito fece cadere il biondo in un sonno profondo contornato dai peggiori incubi mai visti. Nella confusione però nessuno si accorse di cosa era accaduto.
"Pitch che hai..."
"Zitta! Adesso ti muovi e vieni a casa con me chiaro?!"
Disse il ragazzo inchiodando i suoi occhi color ambra a quelli della ragazza.
"I-io non sono v-venuta qui da sola. C'era anche una ragazza con me."
 "Allora va da lei e inventati una scusa!
ORA!"
Il tono con cui lo disse non avrebbe mai accettato un no come risposta, così la ragazza si affrettò a trovare la sua amica. La individuò in fretta, ma fece fatica a raggiungerla.
Quando ci riuscì iniziò ad urlare per farsi sentire da lei.
"Jess! Non mi sento molto bene! Io vado a casa! Domani ti porto i vestiti!"
La rossa la guardò per un secondo soltato.
"Sì, si. Ok, a domani."
Detto quello ricominciò a ballare. Risolto quel problema Annie si diresse all'uscita, spingendo tutti quelli che le bloccavano il passaggio e quando fu fuori Pitch la raggiunse. Era veramente arrabbiato e lo si notava anche da distante.
"Avvicinati!"
Urlò quell'ordine senza guardarla. Lei lo assecondò e, quando fu abbastanza vicina, lui la afferrò per il bacino.
Annie si fece scappare un piccolo grido e venne fulminata da quegl'occhi gialli che sembravano bruciare.
"Tieniti forte"
Il tempo di sussurrare quelle parole e furono avvolti dell'oscurità, Annie allora si aggrappò a Pitch per paura di cadervi dentro.



Angolino autrice: questo capitolo è molto corto, lo so, ma ho le mie ragioni.
Come ultima cosa vorrei solo pecificare che da questa storia non dovete aspettarvi cose come "Salviamo il mondo" o simili, poichè è soltanto una  storia d'amore, nulla di più e nulla di meno.
Detto questo detto tutto,quindi...a presto!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4- ll buio

Chiuse forte gli occhi e quando li riaprì si trovava di nuovo a casa di sua zia.
Subito dopo si accorse di stare ancora abbracciando lo spirito, così si sbrigò a spostarsi imbarazzata.
"Va a struccarti e cambiarti!" Disse duro il ragazzo.
"La smetti di darmi ordini?!"
Provò a ribellarsi la ragazza, ma lo sguardo del suo interlocutore non ammetteva repliche.
"Va a struccarti e cambiarti ora!  Potrai parlare solo quando avrai finito!"
La ragazza obbedì in silenzio e quando tornò in camera trovò Pitch seduto sopra il letto con la testa fra le mani. Sentendola aprire la porta alzò la testa e sembrò rilassarsi leggermente alla vista della ragazza che conosceva. La sua rabbia però non se ne andò.
 "Chiudi la porta e vieni a sederti qui. Dobbiamo parlare."
Annie fece come le era stato detto e in quel momento tutta la stanza venne avvolta da uno strato di sabbia nera.
"Non ti preoccupare, ho solo reso la stanza insonorizzata. Vieni adesso."
Sembrava essersi calmato, così Annie si avvicinò più tranquilla, ma appena fu vicina al letto Pitch la afferrò e la buttò malamente sul materasso, per poi posizionarsi sopra di lei.
"Vediamo se adesso riesco ad ottenere la tua completa attenzione."
La ragazza lo fissò completamente terrorizzata, si era aspettata di tutto, ma quello no.
"Ripassiamo il concetto ok?  A me non frega un cazzo di quello che fai durante il giorno, va bene?
Niente di niente, ma dal tramonto all'alba tu sei di mia proprietà.
Decido io per te e tu non ti devi azzardare a provare ad evitarmi mai più. CHIARO?!"
"T-ti giu…giuro che non andrò più via con loro, ma adesso spostati p-per favore."
"No, mi rifiuto. Non posso più fidarmi di te ormai.  Mi costringi a prendere dei provvedimenti seri."
Le bloccò le braccia ai lati della testa e si avvicinò, sempre di più.
"P-Pitch che stai facendo?"
"Zitta."
Pitch si avventò sul collo niveo di lei e iniziò a morderlo e succhiarlo in un punto soltanto.
"Fermo! Mi fai male!" soffiò Annie, mentre si dimenava.
Lui la ignorò e si allontanò soltanto quando fu soddisfatto del suo lavoro. Con le mani gelide toccò il collo leggermente umido della ragazza, facendola sobbalzare sotto di sé. Come al solito le reazioni di Annie lo divertirono. Successe però qualcosa di inaspettato; lui fece l’errore di guardarla e incrociò i suoi occhi furenti. Bastarono quelli per farlo impazzire del tutto.
“Così non ti è bastato eh? Sappi che farò in modo di farti diventare più rispettosa ragazzina!”
In un secondo fu di nuovo sopra di lei, ma questa volta stava rivolgendo le sue attenzioni alla bocca della ragazza che aveva coinvolto in un bacio impetuoso e passionale. Sentiva la ragazza scalciare e dimenarsi come una furia, così avvicinò ancora un po’ il suo corpo a quello di Annie e le bloccò le braccia sopra la testa con una mano. Pitch stava perdendo il controllo, ne era consapevole, ma non riusciva a fermarsi comunque. I lamenti soffocati di Annie, il suo profumo e il calore della sua pelle lo facevano andare su di giri come mai gli era capitato prima.
“Riprendi il controllo Pitch!” si disse “Non sei un umano!”
Ad un tratto tornò a pensare lucidamente e lasciò libera Annie, che si sedette di scatto sul letto ansimando. Lo spirito si sentiva strano; qualcosa gli stava pungendo il petto alla vista della ragazza, però non voleva mostrarsi debole di fronte al lei, così tirò nuovamente fuori uno dei suoi sorrisi.
“Hai imparato la lezione adesso?”
Come risposta ottenne soltanto un singhiozzo. Si spostò leggermente per poterla guardare meglio e si accorse che stava piangendo.
“Sono così bravo che ti sei commossa?”.
“ZITTO IDIOTA! RIDAMMELO!” urlò lei tra le lacrime.
“Ridarti cosa?” chiese stupito da quella reazione.
“RIDAMMI IL MIO PRIMO BACIO! LO RIVOGLIO INDIETRO!”
“Primo cosa?!”
Gli umani per lui erano sempre stati assursi, ma lei lo era ancora di più. Non riusciva proprio a capirla; voleva indietro un bacio? Era impossibile per lui dare un senso a tutto quello.
“Sai che è impossibile, vero?”
“NON MI INTERESSA! TE LO SEI PRESO CON LA FORZA! NON VALE!”
Le parole di Annie lo fecero andare nel panico, ma ben presto questo fu sostituito da una rabbia improvvisa.
“Però se era uno di quei ragazzi a farlo andava tutto bene!”
“Cosa stai dicendo?!”
“Non raccontarmi balle Annie! C’ero anche io al club poco fa! Quella canzone…quel tuo modo di fare…tutti non facevano altro che fissarti! Se non ci fossi stato io sono sicuro che avresti seguito quel ragazzo alla fine!”
Non riuscì a vedere la mano partire, ma sentì perfettamente l’impatto contro il suo viso.
“Non provare a dire mai più una cosa simile chiaro?! Ero su quel palco perché avevo perso una scommessa e le opzioni erano partecipare al karaoke o bere più alcolici possibili. Sai bene anche tu che non mi piace bere, quindi sono andata a cantare, ma il responsabile ha scelto quella canzone e c’era uno schermo con delle mosse da seguire per ottenere più punti! E non avrei mai e poi mai seguito Will, non sono quel tipo di ragazza!”
Annie stava ancora piangendo e lui non capiva come mai provasse un desiderio così forte di consolarla; non capiva come quella ragazzina potesse avere tutto quel potere su di lui. Senza accorgersene allungò una mano e tentò di asciugarle una guancia, ma lei si ritrasse dal suo tocco impaurita. Sentì un brivido percorrergli la schiena e si avvicinò ad Annie, ma lei continuava ad evitarlo.
“Perché scappi da me?” la voce di lui era calma, quasi sussurrata.
“I-Io non voglio che tu mi tocchi ancora.”
Lei è ferita e spaventata, per questo fa così. Dovresti essere felice di questo Pitch!”
Ma non lo era, anzi era ancora furioso e, nonostante sapesse che arrabbiarsi non avrebbe portato a niente di nuovo si ritrovò nuovamente ad urlare.
“Lo vuoi capire che tu sei mia?! Io posso toccarti quando voglio perché sei di mia proprietà!”
“Io non sono un oggetto e non sono nemmeno di tua proprietà!”
“Si invece! Chi credi che usi per creare i miei incubi eh? Ho i Guardiani alle calcagna e tu sei l’unica umana che posso sfruttare!”
Annie spalancò gli occhi e lo fissò esterrefatta per dieci secondi buoni, mentre lui si domandava da dove fossero uscite quelle parole. Si disse che non era colpa sua, che lui avrebbe voluto consolarla, ma lei poi l’aveva fatto arrabbiare. Quel momento di stallo venne interrotto dalla voce di Annie che uscì molto più inespressiva del solito.
“Vattene via Pitch.”
“Aspetta Annie…”
“Ti ho detto di andartene da questo posto!”
“Vuoi lasciarmi spiegare?!”
“Vattene via!”
“Spiegami almeno perché!”
“Perché ti odio!”
Era come se un sasso avesse colpito il mondo attorno a lui e questo stesse andando in pezzi come il vetro. Annie non poteva odiarlo. Lei era tutto quello che aveva. Era l’unica umana che potesse vederlo, l’unica che potesse aiutarlo nel suo piano. Lei…lei non poteva abbandonarlo.
Voleva dire qualcosa, ma il suo stupido orgoglio gli impediva di parlare, gli impediva di provare a sistemare le cose. Così si arrese semplicemente e ritirò la sua nebbia oscura. Non appena lo fece la voce di Jack Frost gli arrivò risuonò dall’esterno della casa.
“Allontanati subito da lai Pitch! Non provare a farle del male!”
Anche gli altri Guardiani parlarono, ma lui li ignorò, non erano importanti in quel momento.
Si voltò a guardare per un ultima volta Annie, ma lei si era riseduta sul letto e si teneva la testa fra le mani, come faceva sempre da piccola per fingere che lui non ci fosse. Era davvero la fine.
Sconfitto uscì dalla finestra e si avvicino ai Guardiani.
“Portatemi via…” sussurrò senza forze.
Nessuno dei cinque volle crederci e tutti lo fissarono stupiti.
“Perché dovremmo crederti? E se facesse parte del tuo nuovo piano?” chiese sospettoso Frost.
“Il mio piano l’ho mandato a puttane da solo. Rinchiudetemi pure da qualche parte se volete, tanto ormai è tutto inutile.”
Dentolina sembrava l’unica a provare pena per lui e, nonostante fossero nemici, gli si rivolse gentilmente.
“Che è successo lì dentro Pitch?”
Avrebbe voluto dire la verità, avrebbe voluto ammettere di avere appena perso l’unica umana che avesse mai creduto in lui senza esserne terrorizzata, ma per quella sera aveva già ingoiato troppo orgoglio arrendendosi a loro, non voleva sembrare ancora più ridicolo.
Nord sembrò prendere il suo silenzio come un’ammissione di colpa, così lo stese con l’elsa della sua sciabola per poi infilarlo nel suo sacco. L’ultima cosa che Pitch fu in grado di vedere fu la finestra della camera di Annie e si ritrovò a sperare di poter rivederla ancora un giorno.



Il mattino seguente Annie si svegliò di malavoglia con gli occhi gonfi dal pianto. Si mise a sedere sul letto e pensò di aver avuto un incubo come al solito. Pitch non poteva essersene andato sul serio, lei si era arrabbiata, ma era stato tutto un sogno, no? Istintivamente si portò la mano al collo e, sentendolo dolorante, soffocò a malapena un gemito. Quello che era accaduto la sera precedente non era stato frutto della sua immaginazione, lei aveva detto veramente quelle cattiverie a Pitch.
Le lacrime le bagnarono nuovamente il viso, odiava piangere, ma in quel momento i sensi di colpa e l’angoscia la stavano schiacciando.
“Scommetto che stai piangendo per l’ennesimo incubo, non riuscirai mai a smetterla.”
A parlare era stata una voce femminile, la fredda e dura voce di sua madre.
“N-non è vero. Ho solo litigato con un mio amico.”
“Non mentirmi Annie, una come te non ha mai avuto amici.”
Un incubo, non poteva essere altro se non quello.
“Si invece! Io ho degli amici!” urlò la ragazza scattando in piedi.
Si accorse di essere in tuta, la sera non aveva più trovato la forza di mettersi il pigiama.
“Non parlare così a tua madre!”
“E dove sarebbe la madre di cui parli?!”
“Piccola maleducata! Non devi comportarti così!”
Questa volta fu il suo turno di ricevere una sberla in faccia e la mano della madre la colpì così forte da farle voltare la faccia. Il colpo però non ebbe l’effetto desiderato dalla madre, poiché non fece altro che tirare fuori la rabbia che la ragazza covava dentro di sé da anni e che solo ora era in condizioni di riversare.
“E allora?! Anche se sono maleducata a te non importa! Non te n’è mai importato un cazzo di me! E non te ne frega niente neppure adesso! Per quanto mi riguarda potete morire tutti! Tu, quel bigotto ottuso di tuo marito e quel vostro fottuto figlio perfetto!”
Dopo aver liberato il suo cuore da un peso che la schiacciava da tempo, la ragazza spinse via la madre e scese correndo le scale.
“ANNIE! DOVE PENSI DI ANDARE?!”
L’urlo della madre la inseguì, ma a lei ormai non importava più nulla. Scappò fuori da quella casa che aveva sperato fosse un buon posto per passare del tempo lontano da quelle persone che doveva chiamare familiari. Non si accorse nemmeno di essere scalza, mentre correva senza una meta. La stanchezza le offuscò la vista per un secondo, ma quello bastò per non farle vedere lo slittino. L’impatto con l’oggetto fu doloroso, ma quello con la lastra di ghiaccio che ricopriva l’asfalto lo fu ancora di più. Sbatté forte la testa e subito la sua visuale si riempì di puntini neri.
“Annie? O santo cielo! Annie! Stai bene?!”
La figura sfuocata davanti a lei continuava a parlare, ma la voce si fece via via più flebile ed il buio si sostituì a tutto quanto.



Angolino autrice: Che faticaccia! Questo è stato il primo vero capitolo riscritto da cima in fondo. Non mi piace molto perdermi in chiacchiere dopo una parte quindi la smetto subito. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se è un po’ drammatico. Fra poco spiegherò anche il rapporto con la madre, quindi se non è chiaro non preoccupatevi. See you soon. Bye!
 


 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5- Nel sogno

“Annie!”
Si svegliò di soprassalto, ma una fitta alla nuca lo fece ridistendere. Imprecò mentre si massaggiava il collo ancora dolorante e si ricordava del colpo infertogli da Nord. Eppure non si diede il tempo di far passare quella fastidiosa pulsazione, corse subito verso la porta della sua prigione e iniziò a prenderla a pugni. Era successo qualcosa ad Annie, ne era sicuro.
La porta si aprì quel poco che bastava per far scorgere parte del muso stizzito di Calmoniglio.
“Perché cavolo ti sei messo a fare tutto questo casino?!”
“Annie sta bene? Le è successo qualcosa?”
“Lei sta benissimo, ma tu devi metterti in testa che non hai più niente a che fare con lei. Ora sta zitto.”
Il Guardiano non spese altre parole con lui e chiuse nuovamente la porta lasciandolo da solo ad urlare. Si sgolò insultano quello stupido canguro e i suoi stupidi compagni fino a quando non gli fece male alla gola, dopo di che si lasciò cadere sulla brandina e tentò di convincersi che Annie era al sicuro.



Arrivò al palazzo di Nord come un uragano e corse subito dagli altri che stavano discutendo allegramente.
“Ragazzi è successo qualcosa di terribile! Annie è…”
Fu interrotto dall’arrivo improvviso di Calmoniglio che aveva deciso di far comparire una galleria proprio sotto i suoi piedi, rischiando di farlo cadere.
“Chi mi da il cambio per sorvegliare Pitch? Ne ho le scatole piene di farmi insultare. Continua ad urlare cose senza senso, come “Annie è nei guai!” e simili. Quel tipo sta tentando di scappare, ma non è molto furbo.”
A quelle parole Jack si sentì mancare, come faceva Pitch a saperlo?
Doveva avere un aspetto orribile in quel momento, forse era addirittura sbiancato, perché tutti lo stavano fissando preoccupati.
“Tutto bene ragazzo?” gli chiese gentilmente Nord, mentre si avvicinava per controllarlo meglio.
“Annie è stata appena portata all’ospedale, possibile trauma cranico. Come ha fatto Pitch a saperlo…”
“Quel bastardo! Sono sicuro che lo sapeva perché è stato lui a farle del male!”
Calmoniglio sembrava così sicuro di quello che aveva detto che fu quasi tentato di dargli ragione, ma alla fine si disse che doveva dire la verità.
“Non è così…” sussurrò.
“Lo stai per caso difendendo Jack?”
“No! Io so che non è stato Pitch perché c’ero anche io in quel momento.”
Raccontò agli altri Guardiani tutto quello che era successo, ma in cuor suo sapeva che quella sarebbe stata la parte più facile, il vero problema sarebbe giunto solo dopo.
Per tutto il tragitto sull’ambulanza la ragazza non aveva fatto altro che chiamare Pitch, chiedendogli di tornare. Quel suo comportamento aveva stupito Jack come non mai e gli aveva fatto decidere di non dire niente all’uomo nero, ma dopo aver sentito le parole di Calmoniglio la sua determinazione vacillò. Non capiva perché, ma sentiva che Pitch dovesse venire a sapere dell’incidente di Annie, il Guardiano aveva come l’impressione che lo spirito fosse l’unico in grado di aiutarla.
“Ti do il cambio io Calmoniglio. Sono due giorni che non mi muovo dall’ospedale ed ho bisogno di distrarmi.”
Nessuno replicò né per il suo repentino cambio di discorso e nemmeno per la sua decisione, sapevano tutti che erano i sensi di colpa a spingerlo.
Nord gli consegnò un portale e lui raggiunse in poco tempo la prigione di Pitch. Arrivò davanti alla porta al di là della quale si trovava la stanza convertita in cella ed esitò. Fu solo per un secondo, ma in quel piccolo lasso di tempo desiderò lasciar perdere con tutto se stesso, ma si costrinse ad entrare.
“Cosa volete adesso da me? Sono zitto ora no?”
Jack rimase colpito nel vedere l’uomo nero buttato nella brandina e completamente vulnerabile.
“Annie è all’ospedale…”
Ecco, l’aveva detto. Poteva anche andarsene ora che il suo lavoro era finito, ma fu bloccato da uno scatto improvviso di Pitch che lo afferrò per il colletto della felpa e lo alzò da terra.
“Cosa le è successo?!”
“Mi dispiace, io…io avevo fatto di tutto per prestare attenzione, ma…”
“COSA LE HAI FATTO?!”
Il Guardiano fece l’errore di guardare lo spirito, mentre quello lo stava incenerendo con gli occhi color ambra che parvero bruciare. In quelle iridi gialle lesse una marea di emozioni: odio, tristezza, risentimento, ma anche preoccupazione. Per la prima volta da quando conosceva l’uomo nero, Jack ebbe modo di vederlo veramente preoccupato e non per se stesso o per il suo piano, ma per qualcun altro. Si chiese come avesse fatto un tipo come Pitch a cambiare così tanto, ma alla fine riuscì solo ad attribuire i meriti di tutto quello a quella ragazzina.
“Non volevamo farle del male, è stato un incidente. Avevo creato una strada di ghiaccio per far giocare Jamie come al solito, ma Annie è comparsa dal nulla e…e le siamo andati addosso. Deve essere scivolata sul ghiaccio, perché è caduta per terra ed è svenuta. Poi è arrivata l’ambulanza e sono andato anche io. Poi i medici l’hanno accerchiata e…e...ora sta riposando, ma non si è ancora svegliata. Mi dispiace, mi dispiace veramente tanto…”
Gli occhi di Pitch ardevano ancora, ma era chiaro che l’uomo nero si stesse sforzando per mantenere il controllo e non colpirlo. La cosa peggiore di tutte fu la calma perfetta con cui lo spirito gli rivolse la parola poi.
“Portami da lei.”
Non era stata una richiesta, ma un ordine. Jack si chiese se Annie si fosse mai trovata in una situazione simile: alle prese con un Pitch palesemente arrabbiato, ma che si comportava in un modo spaventosamente calmo e calcolato.
“Come?”
“Hai capito benissimo invece. Voglio che tu mi porti da lei, ti giuro su quello che vuoi che non scapperò, ma io devo vederla.”
“No! Non è giusto… sarebbe troppo pericoloso per lei!”
Pitch si esibì in una risata amara, quasi disperata.
“Vuoi prendermi in giro Frost? Sei tu quello che l’ha mandata all’ospedale! Sei tu quello che non dovrebbe neanche azzardarsi a pronunciare il suo nome!”
Il Guardiano stava per rispondergli di no, che non l’avrebbe mai fatto uscire di lì, ma si accorse che all’uomo nero stavano tremando le mane, ma non solo quelle. Solo in quel momento riuscì a scorgere pienamente quanto profondamente Pitch tenesse ad Annie, anche se forse l’uomo  nero non lo avrebbe mai ammesso. Fu così che, forse a causa del senso di colpa o per pietà, fece comparire un i.”portale.
“Non più di dieci minuti.”



Le prime cose che fu in grado di percepire furono la luce fortissima del lampadario a neon e l’odore disinfettante. Quando i suoi occhi si furono adattati alla luce la vide e ci mancò poco che non gli venne un colpo. Annie era distesa sopra il letto dell’ospedale con la nuca fasciata e sembrava che stesse solamente dormendo. La stanza era quasi vuota e gli unici rumori che si sentivano erano il flebile respiro della ragazza e il suono emesse dalla macchina che ne monitorava i battiti cardiaci.
Si avvicinò piano, prese una delle piccole mani della ragazza fra le sue ed iniziò ad accarezzarla. In quel momento se ne infischiava della presenza di Frost dietro di lui, voleva soltanto aiutare Annie. Si sentiva terribilmente in colpa, se non fosse stato per la sua scenata, lei non sarebbe mai tornata a casa prima e avrebbe passato la mattinata a dormire, al sicuro.
“So che mi avevi detto di starti lontano, ma lascia almeno che ti aiuti per questa volta.”
Pitch chiuse gli occhi e si concentrò, in modo da poter entrare completamente nel sogno della ragazza.
Si ritrovò in un luogo completamente buio e silenzioso. Fece un passo in avanti e vide che, al solo contatto con il suo piede, il pavimento formava una piccola area bianca. Avanzò piano in quello spazio infinito, finché non sentì quello che stava cercando: il pianto di una bambina.
Si ritrovò a correre fino a quando non la raggiunse. Una piccola Annie, che non doveva avere più di sei anni, stava piangendo nella sua piccola isola bianca, dentro quell’enorme mare nero.
La bambina si accorse del suo arrivo, così alzò il viso e piantò i suoi occhi grigi in quelli di lui.
“N-non dire alla mamma che sto piangendo! Per favore!”
Che strano…” si disse Pitch “Eppure io questa scena l’ho già vista da qualche parte…”
In un secondo tutto si fece più chiaro, quelle erano state le prima parole che Annie gli aveva mai rivolto.
Come richiamata dalla sua memoria, la stanza della bambina prese il posto dell’enorme stanza nera e lui si guardò attorno spaesato, proprio come la prima volta.
“Tu puoi vedermi?”
La bambina annuì e tirò su col naso.
“La mamma dice sempre che le uniche cose in cui dobbiamo credere sono le nostre paure…”
La scena sembrò tremolare per un secondo e, al posto della bambina di sei anni, ne trovò una di otto sul letto. Era sempre in lacrime, ma nel suo sguardo c’era rabbia.
“Pitch! Lo so che ci sei! Esci fuori!”
“Sono qui. Cosa vuoi?”
Le parole gli uscirono di bocca senza che lui lo volesse, sembrava che il cervello di Annie lo stesse obbligando a seguire passo dopo passo la sua memoria.
“Perché la mamma ed il papà fanno così?! Non fanno altro che rimproverarmi e quando ho un incubo loro non vengono più. Questa mattina mi hanno perfino detto di smetterla di fare la cretina di notte perché Damian deve dormire. Io non sapevo come rispondergli…non so nemmeno cosa significhi la parola cretina…”
“Un cretino è una persona stupida e che non sa fare niente, Annie. Tua madre ti ha insultata per bene, che donna orribile.”
Si mise a ridere controvoglia, ormai quella scena non lo divertiva più.
“Io sono veramente così Pitch? Sono realmente così inutile per mia madre?”
Stava per risponderle che molto probabilmente era vero le sua madre l’aveva chiamata così, ma riuscì a trattenersi. La scena allora tremolò e si ripeté da capo con la Annie del loro primo incontro. Un dubbio si insinuò nella mente dello Spirito.
Fece appello a tutta la sua forza di volontà e riuscì a rimanere zitto, mentre la scena ripartiva all’infinto.
Ci mise fin troppo tempo a capire come funzionava quel sogno e quando ci arrivò si diede dell’idiota.
Aspettò l’ennesimo replay e, quando arrivò, raccolse la sua determinazione.
“N-non dire alla mamma che sto piangendo! Per favore!”
Questa volta però le cose andarono diversamente.
Lui si avvicinò alla bambina e l’abbracciò mentre questa piano piano scompariva, lasciando il posto alla ragazza di sedici anni.
“Stai tranquilla. Tua mamma non verrà mai a saperlo, ci sono io con te adesso.”
“Ti prego non andartene mai più…”
Strinse Annie più forte, assaporando il suo profumo, mentre si accorgeva che il tempo a sua disposizione stava per finire.
“Scusami Annie, ma non posso mantenere questa promessa. Devo andare ora…”
“No! Non puoi lasciarmi di nuovo da sola!”
I loro occhi si incontrarono, mentre lui si sentiva sempre più leggero, segno che la ragazza si stava finalmente svegliando.
Come ultima, disperata, azione accostò le sue labbra a quelle di lei, questa volta dolcemente e, prima di sparire del tutto, le lasciò un messaggio racchiuso in un sussurro.
“Non sei mai stata sola”.
Il ritorno alla realtà fu dei meno piacevoli.



La luce della lampada le feriva gli occhi e la testa le faceva un male assurdo. Ci mise qualche secondo a ricordarsi come potesse essere finita all’ospedale, ma una benda che le scivolò davanti al viso sembrò sbloccarle la memoria. In un attimo rivisse tutto: il litigio con la madre, la corsa, l’impatto con lo slittino ed il bacio di Pitch. Arrossì pensando al sogno che aveva appena fatto e sperò che fosse stato tutto frutto della sua fantasia, altrimenti sarebbe stato troppo imbarazzante per lei. Eppure la sensazione che provava sulle sue labbra era così reale…
I suoi pensieri vennero interrotti dall’apertura della porta, dalla quale fece capolino sua zia.
La donna rimase immobile davanti alla porta a bocca aperta, come se volesse capire se stava sognando o era la realtà.
“Ehi! Ciao zia!” disse lei per farla rinvenire.
Sua zia le venne incontro come un fulmine e l’abbracciò con foga, mentre lacrime di gioia le rigavano il volto.
“Bambina mia sono così contenta che tu ti sia svegliata! Ho avuto tanta, tanta paura per te!”
Annie sentì il cuore scaldarsi, era da tanto tempo che non riceveva un abbraccio del genere.
“Che sciocca! Devo andare subito ad avvisare i dottori!”
“Ehm…zia. Mia mamma dove…”
La donna diventò nervosa e dovette distogliere lo sguardo da lei per poterle parlare.
“Oh…Deborah è tornata a casa mentre eravamo qui al pronto soccorso, mi ha lasciato dei soldi per pagare il debito con l’ospedale…”
“Capisco… è sempre la solita solfa. Non me ne importa più ormai. Jamie come sta invece? Era lui a guidare lo slittino vero? Si è fatto male?”
La zia le sorrise, contenta che la nipote si preoccupasse per il cuginetto.
“Lui sta bene, si è solo spaventato quando sei svenuta. Sono sicura che muore dalla voglia di vederti.”
Annie non capì mai che razza di ragionamento fece il suo cervello in quel momento, ma una cosa le era chiara: se Jack esisteva veramente allora lei poteva ritrovare Pitch.
“Zia, di a Jamie di venire da me appena può. Intesi?”




Angolino autrice: Mi scuso tremendamente per questo capitolo. Non avrei mai voluto troncarlo così, ma rischiava di uscire troppo lungo.
Qui vengono un po’ a galla i problemi con la madre, ma ho appena iniziato a raschiare del passato di Annie.
Questa sarà l’ultima volta che pubblico giornalmente, poiché la scuola mi terrà occupata. Cercherò di aggiornare puntualmente ogni notte tra il sabato e la domenica d’ora in poi.
Grazie per aver letto!
Arrivati a questo punto vi chiedo cortesemente di lasciare un vostro parere sulla storia se volete.
A presto!
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


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Capitolo 6- Il ragazzo blu


Jamie si asciugò le mani bagnate di sudore sui jeans, mentre fissava la porta alla ricerca di un po' di coraggio.
Jack gli si affiancò e gli mise una mano sulla spalla per fare forza ad entrambi.
"E se lei mi odia? E se mia mamma si fosse inventata il fatto che lei abbia chiamato? Cosa facciamo Jack?"
"Non saprei proprio. Entriamo, poi vedremo."
Il bambino girò piano la maniglia e spinse la porta della stanza.
La cugina però non era come se l'era immaginata; niente tubi per respirare o flebo, nulla.
Anzi, Annie sembrava stare meglio del solito vista l'aria riposata ed il colorito roseo.
Sentendo la porta aprirsi la ragazza si girò a guardarlo e gli rivolse un grandissimo sorriso, che lui non meritava.
"Jamie! Allora stai bene! Che sollievo!"
Più Annie gli sorrideva, più lui si sentiva un verme. Se non fosse stato per lui, la cugina ora non sarebbe all'ospedale.
Ad un tratto il sorriso della ragazza scomparve e lui iniziò a sudare freddo. Il momento di pagare era finalmente arrivato.
"Jamie, prova solo a dire che è colpa tua e mi arrabbio. E non provare a dire che non lo stavi pensando; te lo si legge in faccia."
Il bambino era stupito; le sue emozioni erano davvero così evidenti?
"Non sei arrabbiata con me?"
"Certo che no sciocco! Sono io quella che correva senza sapere dove stava andando e per lo più scalza. Tu stavi solo giocando!"
"Ma io mi sento comunque in colpa! Cosa posso fare per farmi perdonare?"
La cugina assunse un'espressione determinata, che non aveva mai visto sul suo viso.
"Voglio parlare con Frost."



La smorfia stupita sul viso del cugino distrusse tutta la sua determinazione.
Glielo aveva chiesto seriamente? Per quanto ne sapeva lei Jack Frost poteva anche non esistere, ma questo avrebbe messo in dubbio anche l'esistenza di Pitch.
"Perché vorresti parlare con Jack."
"Devo a chiedere a Frost delle...informazioni che solo lui può darmi."
Il bambino la guardò sempre più contrariato.
"Se vuoi posso fare io da intermediario. Chiedi pure."
"Ehm...no. Mi dispiace Jamie, ma la faccenda è personale. Allora?"
Jamie rimase in silenzio per un tempo che le sembrò infinito, poi borbottò qualcosa come se stesse parlando con qualcuno.
Annie non sapeva se dirgli di lasciar perdere o di muoversi, l'attesa la stava uccidendo.
Quando il cugino si decise a rivolgerle nuovamente la parola non le diede una notizia molto positiva.
"Jack ha detto che se vuoi parlargli devi credere in lui o non si fa niente."
La ragazza soffocò un'imprecazione e tentò di sorridere al cugino.
"E come pensa che io possa riuscirci?"
"Dice che non lo sa."
"Perfetto! Questo tipo non poteva essere più inutile di così!"
Decise però di non arrendersi, doveva seguire l'improbabile piano che aveva inventato per avere qualche speranza di rivedere Pitch.
"Digli che fra quattro giorni sarò dimessa e che riuscirò a credere in lui. Lo aspetto nel parchetto dove giochi di solito a mezzanotte."
Jamie litigò con quello che doveva essere Jack, per poi girarsi verso di lei annuendo.
"Ci sarà."


Quei pochi giorni passarono lenti, forse fin troppo.
Mentre era all'ospedale si era fatta raccontare il più possibile su Jack Frost, ma proprio non riusciva a credere che esistesse un tizio che andava in giro a congelare le cose per noia.
La sera dell'incontro Annie stava in camera a tormentare il cuscino mentre pensava se andare o meno. Era stata lei a decidere di parlare con quello spirito, ma ora aveva paura di non riuscire a vederlo.
Lì, nel silenzio della camera si chiese perché non lasciava semplicemente perdere, la sua vita sarebbe stata sicuramente più tranquilla e normale senza la presenza dell'uomo nero, eppure neppure quei pensieri bastavano.
Se non fosse stato per quell'idiota egocentrico lei non si sarebbe mai trovata in quella situazione assurda, a dover sgattaiolare fuori di casa in piena notte per andare a cercare informazioni su di lui.
Annie decise che come prima cosa, dopo aver trovato Pitch, lo avrebbe preso a schiaffoni per essersene andato in quel modo.
La sua indecisione sparì all'istante e uscì di casa.


Una folata di vento fece raggelare la povera ragazza, la quale era in quel posto da ormai venti minuti.
Jack avrebbe voluto dirle di andarsene a casa a riposarsi, ma non poteva.
In fondo erano in quella situazione proprio perché lei non poteva vederlo.
Annie sbuffò per l'ennesima volta e si diresse verso la sbarra.
Forse lo fece per noia oppure per scaldarsi, Jack non lo seppe mai, ma fatto sta che la ragazza si arrampicò sulla giostra ghiacciata e si tenne saldamente con le mani e con i piedi, somigliando ad un bradipo appeso ad un albero.
Si dondolò per un po', poi si mise a canticchiare e il Guardiano dovette avvicinarsi per poterla sentire.
"Ninna nanna oh...
Questa bimba a chi la do?
La darò alla befana
Che la tien una settimana.
La darò all'uomo nero
Che la tien un anno intero..."
Annie sospirò sconsolata.
"Magari potessi passare un anno solo con Pitch..."
Jack rimase sorpreso da quelle parole, ma la ragazza non fu da meno.
Accortasi di quello che aveva detto arrossì e presa dall'imbarazzo perse la presa e scivolò.
Molto probabilmente non si sarebbe fatta nulla, ma, non appena Jack la vide cadere, ripensò al giorno dell'incidente e fece comparire una lastra di ghiaccio sotto di lei.


Per i primi istanti non si accorse neppure di non essere più appesa alla barra, ma poi sentì qualcosa di freddo sotto la schiena che la sorreggeva.
Girò la testa lateralmente e si accorse di essere distesa su una lastra di ghiaccio che prima, ovviamente, non c'era.
"Oh merda... Allora esiste sul serio."
Come evocata dalle sue parole un'ombra comparve al suo fianco e lei scattò in piedi spaventata.
Rimase sorpresa quando si ritrovò di fronte ad un ragazzo che doveva avere più o meno la sua età.
Certo, per essere un sedicenne era molto strano, con i suoi capelli del colore della luna e gli occhi azzurri come il ghiaccio.
Oggettivamente parlando era bello e i suoi vestiti sembravano come cuciti su di lui.
Annie notò che nelle spalle della felpa blu c'erano dei fiocchi di neve, ma non sarebbe mai stata capace di dire se fossero veri oppure cuciti.
A completare il quadro dell'inusuale adolescente c'era un grande bastone dalla cui cima sembrava fuoriuscire del ghiaccio e la mancanza di calzature.
Il ragazzo le si avvicinò e la guardò preoccupato.
"Tutto bene?"
"Sì, penso. Quindi tu...sei Jack Frost?"
"Adesso mi vedi finalmente! Comunque  si, sono io."
Annie si lasciò scappare una smorfia delusa.
"Ti immaginavo diverso. Più infantile, cicciottello e...blu."
"Blu?"
Il ragazzo sembrava divertito da quella situazione.
"Sì, mi ero immaginata un Babbo Natale versione bambina e completamente blu. Non un ragazzo della mia età che potrebbe fare il modello."
"Grazie."
Jack le sorrise sornione e questo portò Annie a chiedersi se tutti gli spiriti non fossero capaci di sorridere, se non sembrando pronti ad imbrogliarti.
"Lo devo prendere come un complimento?"
"Se proprio vuoi. Ora però passiamo alle cose importanti."
"Giusto! Come mai volevi vedermi?"
La ragazza lo guardò con i sui grandi occhi grigi e si mostrò il più determinata possibile.
"Voglio vedere Pitch."
Se Jack non avesse saputo per certo la sua età, non le avrebbe mai dato più di cinque anni, perché in quel momento le era sembrata una bambina.
Com'era possibile che lei volesse vedere Pitch? Lui non le aveva mica fatto del male?
Dopo che l'uomo nero si fu arreso, lui è Sandman erano andati personalmente a controllare le condizioni di Annie e l'avevano trovata in lacrime, così l'omino dei sogni l'aveva fatta addormentare.
Ed ora lei pretendeva di incontrarlo? Che storia era?
"Perché dovresti volerlo incontrare?"
La sua voce uscì fredda come la neve.
"Affari personali..."
Annie non lo guardava neppure in faccia, così Jack lo prese come il segno di una bugia.
"Mi stai nascondendo qualcosa.
Pitch ti ha forse minacciata e ora tu vuoi vederlo per farlo scappare?
Ti obbliga ad aiutarlo quando è nei guai?
Quel tipo è malvagio non dovresti stare ad ascoltarlo, d'ora in poi ti proteggeremo noi se avrai paura e..."
"La vuoi smettere per favore."
Jack rimase impietrito dalla reazione della ragazza.
"Smettere di fare cosa?"
"Di insultare Pitch. Mi da fastidio quando qualcuno parla male delle persone a cui tengo senza nemmeno conoscerle.
Quindi, per favore, non farlo."
"Insultarlo senza conoscerlo? Stiamo parlando di Pitch Black! È l'uomo nero!"
"E allora? Non vuol dire che sia cattivo!"
Annie si costrinse a calmarsi, se Frost si fosse offeso, lei avrebbe perso ogni possibilità di riunirsi con l'uomo nero.
"Ma lui ha ferito anche te! Perché vuoi tanto rivederlo?"
"Perché mi sono innamorata di lui!"
Ecco, l'aveva detto. Erano anni che si teneva dentro di lei quelle poche parole, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirle.
"Cosa? Come?!"
Lo spirito della neve era talmente scioccato che non riusciva a formulare una frase.
“Come posso dirlo più chiaro di così? Lui mi piace…”
Le guance di Annie si imporporarono, ma lei non abbassò lo sguardo, anzi piantò i suoi occhi in quelli dello spirito.
“Quello che non capisco è il perché! Come puoi esserti innamorata di lui?!”
“E io che ne so!” ribatté la ragazza cominciando a scocciarsi di fronte all’ottusità di Frost.
“C’è forse un modo per spiegare come ci si innamora? Esiste una formula o una regola? La risposta è chiaramente no, ma non credo che tu possa capirlo se non ti sei mai innamorato.”
“Allora spiegami se io non posso capire! Così almeno posso dimostrarti che ti sbagli a voler essere legata ad uno come lui.”
Annie guardò un punto distante, come se stesse cercando qualcuno e, dopo aver sospirato un paio di volte cominciò a parlare.
“Come posso semplificarti la paura che mi assale quando, svegliandomi nel cuore della notte, non lo vedo?
 Come posso spiegarti il sorriso che devo trattenere o nascondere dietro a un lenzuolo quando lui mi prende in giro ed io mi devo fingere offesa?
 Semplicemente senza di lui non riesco a dormire tranquillamente, strano vero? Eppure, anche se lui non lo sa, la sua presenza per me è sempre stata rassicurante. Quando mi svegliavo lui era lì e subito mi calmavo, perché, dopo un po’ di tempo, tutte le mia paure sono state sostituita da una più grande: quella di perderlo.
Le prime volte mi dicevo che era perché era il mio unico amico, ma la spiegazione non reggeva.
Ho provato ad allontanarmi da lui il più possibile, perché non volevo che la mia paura diventasse così forte da non poter più essere controllata, ma il mio più grande fallimento è avvenuto poche sere fa. Pensavo che questa sarebbe stata la mia occasione per eliminarla definitivamente, ma era semplicemente troppo tardi e già dalla seconda sera sentivo la sua mancanza. Poi abbiamo litigato e lui se n’è andato via e io mi sento in colpa, perché avrei voluto dirgli delle cose completamente diverse, ma ero troppo arrabbiata. Io ora voglio solo vederlo, voglio solo chiedergli scusa e solo tu puoi aiutarmi. Te lo chiedo per favore Frost, portami da lui…”

Jack sentì un nodo serrargli la gola, ma non poteva dire ad Annie che era lui quello che aveva scoperto Pitch ed aveva chiamato gli altri Guardiani per catturarlo. Se non lo avesse fatto molto probabilmente i due si sarebbero già chiariti e la ragazza non sarebbe così triste, ma non riusciva a parlare, sapeva perfettamente che la ragazza lo avrebbe odiato poi.
La guardò e si ricordò che Jamie gli aveva detto che lei aveva cercato di sapere il più possibile sulla sua storia, in modo da poterlo vedere. Si domandò quanto freddo potesse avere in quel momento, con solo un giaccone sopra il pigiama e con le scarpe da ginnastica infradiciate per colpa della neve.
In quel momento sentì come un pungolo nel petto, forse a causa del senso di colpa, e voleva tanto dirle che l’avrebbe portata da Pitch anche subito, ma si costrinse a non farlo.
“Io…non posso. Mi dispiace Annie, ma abbiamo deciso che, per il tuo bene, tu debba stare lontana da lui.”
Annie si sentì come se lo slittino l’avesse colpita di nuovo. Spalancò gli occhi incredula e fissò Jack allibita. Lo spirito dovette abbassare la testa, incapace di sostenere il confronto con quello sguardo che metteva a nudo tutta la tristezza che era piombata sulla ragazza in quel momento.
“Chi ha deciso con te?! Come sarebbe a dire che non posso vederlo?!”
“Non posso dirtelo…”
“Come sarebbe a dire che non puoi?! C’è qualcosa che ti lasciano fare o no?!”
La voce rotta della ragazza gli stava facendo lo stesso effetto di un coltello piantato nella gola, ma lui sapeva di essere nel giusto. Lui stava agendo correttamente. Lui…lui era un codardo.
“Mi dispiace. Devo andare.”
Con l’aiuto del vento si alzò in volo, ma Annie gli afferò il bordo della felpa e lo trattenne.
“Ti prego non farlo…”
La sua voce era stata un sussurro perso nel vento, ma a Jack era arrivato chiaramente e il senso di colpa sembrò tentare di bucargli il petto.
“Scusa.”
Con uno strattone si liberò dalla presa della ragazza e si levò in alto il più velocemente possibile, senza mai voltarsi per guardare indietro.



Angolino autrice: Eccomi! Mi scuso tantissimo. Avevo detto che avrei pubblicato ogni sabato, ma sabato scorso è stato il mio compleanno (me n’ero completamente scordata) e quindi ho posticipato di una settimana. Chiedo nuovamente scusa, perché ho dovuto tagliare (di nuovo) un capitolo, ma sarebbe venuto fuori davvero troppo lungo.
Volevo ringraziarvi poi per le recensioni che mi hanno resa super felice ed in particolare volevo ringraziare tantissimo J. L’immagine che avete visto l’ha fatta lei e per questo io la AMO. Vi consiglio di andare a cercare la sua pagina Facebook perché merita tantissimo u.u (e a cui chiedo scusa perché, nonostante me l'abbia spiegato centinaia di volte, non sono riuscita a rimpicciolire l'immagine) 
Come ultima cosa cambio il giorno di pubblicazione e tento di caricare un nuovo capitolo ogni altra settimana, questo perché fra poco i miei impegni aumenteranno a dismisura.
Dopo questo vi saluto e vi chiedo per favore di dirmi cosa ne pensate di questo capitolo. A presto!




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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7- Decisioni 


Ed era nuovamente lì, davanti a quella casa gialla. Parlare con Jessica le era parsa l'idea migliore la sera precedente, quando era tornata a casa dopo che Frost era andato via. In quel momento però non le sembrava più una buona idea, ma soltanto l'unica alternativa che le rimaneva.
Suonò al campanello e, con sua immensa sorpresa, le venne ad aprire Jessica.
Annie non fece in tempo a dire una sola parola che venne stretta in un abbraccio soffocante.
"Grazie al cielo stai bene!"
La ragazza spalancò gli occhi stupita da quella improvvisa dimostrazione d'affetto, ma fu ancora più colpita nel constatare il look completamente diverso della coetanea. Jessica era struccata e teneva i capelli rossi raccolti in una cosa di cavallo mal fatta. I grandi occhiali da vista e le lentiggini ben in mostra la facevano sembrare più piccola, così come la grande felpa rovinata che la faceva apparire ancora più minuta.
"Ehm...come mai tanta gentilezza?"
"Sei scema? Tu finisci all'ospedale e io come dovrei fare? Ridere? Siamo amiche, non lo farei mai!"
Annie la guardò persa e Jessica abbassò lo sguardo.
"Oh...ero solo io a pensarlo vero? Che scema che sono! Avrei dovuto capirlo subito. In fondo io non sono proprio una persona con cui fare amicizia..."
"Cosa? Oh no! Hai frainteso! Io...ecco...non pensavo che tu mi considerassi tua amica."
Questa volta fu Annie a trovare interessante lo stipite della porta.
"Bé io...non lo dimostro molto. Tante volte le ragazze mi odiano quindi tendo un po'  a metterle alla prova e tu...ecco... l'avevi passata..."
Per un istante le ragazze si guardarono negli occhi.
Quante volte nella sua vita non si era sentita accettata dalle altre ragazze? Quante volta aveva mostrato il peggio di sé per evitare che loro si avvicinassero solo per ferirla? Troppe di sicuro e ora che sapeva che Jessica aveva passato ciò che aveva passato lei la sentiva più vicina, più reale.
Si misero entrambe a ridere, forse per sollievo o, forse, per la consapevolezza di non essere completamente sole.
"Siamo due cretine vero?"
Disse Annie, non appena ebbe ripreso fiato.
"Due cretine forti! Se ti dico una cosa prometti di non ridere?"
"Certo rossa!"
Jessica si lasciò scappare un altro sorriso.
"Sei la prima vera amica che io abbia mai avuto in vita mia"
"Prometti di non ridere se ti dico che questa cosa vale anche per me?"
Tornarono a ridere, ma, non appena si fu ripresa, Jessica le fece la tanto attesa domanda.
"Come mai sei qui?"
"Ho bisogno di un tuo consiglio. Hai tempo per prendere un caffè?"
L'espressione ed il tono di Annie erano così seri che l'altra ragazza capì subito che si trattava di qualcosa di importante.
"Prendo le chiavi di casa."
 
 
In breve tempo furono sedute nel tavolino di un bar con due caffè davanti.
"Dimmi. Sono tutta orecchi"
Annie prese fiato ed iniziò a raccontare la sua storia in modo che risultasse il più normale possibile.
"Ti ricordi di Pitch no? Quello di cui abbiamo parlato un po' di volte."
"Lo stalker?"
"Lui non è uno stalker! Non del tutto almeno... comunque! La sera prima dell'incidente l'ho visto. Lui...era venuto qui per vedermi..."
"E che è successo?"
Jessica si sporse verso di lei e il vederla così interessata le diede la spinta per andare avanti.
"Ecco...ho scoperto che lui era stato alla festa quella sera ed aveva visto tutto. Era molto arrabbiato ed abbiamo finito per litigare. Gli ho detto cose che non avrei mai voluto dirgli e lui se n'è andato. Volevo parlargli subito, ma il giorno dopo ho avuto l'incidente e poi lui...lui..."
La ragazza strinse la presa sul bordo del tavolino fino a far sbiancare le nocche.
"Lui è stato portato via, ma non so dove..."
"Vuoi dire che l'hanno rapito?!" Urlò la rossa scattando in piedi.
Sentendo la voce squillante di Jessica si girò mezzo locale ed Annie le fece cenno di tornare a sedersi.
La coetanea la ascoltò, ma il suo sguardo tradiva la sua sete di conoscenza.
"E tu sai dov'è?"
"Il punto è questo!" Cominciò Annie con la voce che iniziava ad incrinarsi.
"Avevo trovato qualcuno che lo sapeva, era addirittura riuscito ad incontrarlo, ma lui non ha voluto dirmi nulla..."
"Che stronzo!"
Nonostante la notizia poco allegra, il commento di Jessica la tirò su leggermente.
"Io gliel'ho chiesto. Gli ho spiegato cosa provo per Pitch, ma lui non mi ha voluto ascoltare. Era così fermo nelle sue idee che non gliene importava nulla..."
"Annie tranquilla. Non piangere!"
Piangere? Annie si toccò le guance e solo allora si accorse delle lacrime che gliele avevano bagnate. Si passò subito le maniche del maglione sul viso per asciugarselo.
"Scusami. Il fatto è che io voglio solo rivedere Pitch. Voglio...voglio solo potergli parlare e quel ragazzo era la mia unica chance. Ora invece non posso più fare nulla..."
Soffocò a mala pena un singhiozzo e si chiese perché fosse così debole, perché non riuscisse a fare altro se non piangere.
"Sai che ti dico? Mi è venuta un'idea!"
"D - davvero?" Chiese Annie, mentre si soffiava il naso.
"Se ti ho detto che mi è venuta è un si stupida." Jessica si prese una pausa per ridere, ma tornò subito seria.
"Quel tipo con cui hai parlato avrà sicuramente conosciuto la tua parte gentile ed educata no? E se lo incontrassi di nuovo e lo mettessi contro la Annie rabbiosa e violenta? Sono sicura che, non appena l'avrai un po' spaventato, ti aiuterà di sicuro."
L'idea era stupida ed impossibile.
Era un'idea esagerata.
Era perfetta.
"Tentar non nuoce. Peggio di un no non c'è nulla, o sbaglio?"
Jessica le strinse entrambe le mani con le sue, per poi fissarla decisa.
"Vai e distruggilo!"
 
 
Il giorno seguente Annie aspettò pazientemente che il cugino uscisse per giocare e, non appena lo fece, lei lo seguì.
Sperò con tutta se stessa che la sua intuizione si rivelasse esatta e, quando vide che non si era sbagliata, si lasciò scappare un sorriso.
Frost era lì che giocava con i bambini.
Li sorpassò, fingendo di non essersi accorta della loro presenza, ma, dopo pochi passi, tornò indietro correndo ed afferrò il colletto di Jack, per poi trascinandolo via.
Non si allontanò molto, ma si inoltrò nel parco quel che bastava per non essere vista e solo allora sbatté il povero malcapitato su un albero.
“Annie che ti prende?!” chiese sorpreso lo spirito della neve.
“Mi sono stufata di essere buona. Ecco cosa mi prende. Portami da lui Frost o giuro che questa volta non te la svignerai tanto facilmente.”
Gli occhi grigi della ragazza sembravano contenere delle tempeste in miniatura e Jack capì la serietà del suo avvertimento, ma non poteva ascoltare la sua richiesta.
“Ti ho già detto di no”.
Il secondo successivo alla sua affermazione, il ragazzo si ritrovò con la testa voltata verso destra e la guancia che gli bruciava terribilmente per colpa dello schiaffo appena ricevuto.
 “Provo a ripetermi, magari questa volta eviti di fare storie inutili. Portami da lui.”
“Non ci penso nemmeno! Puoi schiaffeggiarmi quanto vuoi, ma non ti porterò mai da quel mostro!”
“Ti ho già detto di non insultarlo!”
Arrivò un altro colpo, questa volta però allo stomaco. Possibile che non riuscisse a seguire i movimenti di una ragazza di sedici anni? Lui era molto più veloce, ma, soprattutto, era uno spirito! Mica un semplice umano! Eppure, nonostante tutti qui pensieri, non aveva potuto fare altro se non piegarsi leggermente in avanti, mentre si teneva il torace con le braccia.
“Voglio rivedere Pitch e non mi fermerò fino a quando non acconsentirai, anche a costo di farti veramente male Jack.”
Il guardiano stava per risponderle nuovamente di no, ma un fremito appena percettibile nella voce di Annie lo fece bloccare. In quell’attimo di esitazione ripensò agli sguardi che aveva visto in qui giorni. Occhi così diversi da quelli che si era abituato a vedere che gli erano rimasti impressi nella memoria. E il solo pensare alle due persone che glieli avevano mostrati lo fecero sentire un verme. Come poteva lui negare ad Annie di vedere Pitch, dopo che la ragazza si era mostrata disperata davanti a lui? Dopo che quei piccoli occhi grigi si erano riempiti di pioggia per colpa delle lacrime e di grandi nuvole temporalesche per la rabbia? Non poteva. Come non avrebbe potuto più reggere il confronto con l’uomo nero, non dopo essere diventato lui la causa del suo dolore. Quelle ambre dorate gli erano parse così simili agli occhi della ragazza; pieni di quella preoccupazione muta, ma gridata che sembrava straziare loro l’anima dall’interno. Come colpo finale per distruggere completamente la sua volontà arrivò il ricordo del suo scontro con Pitch nell’artico. L’uomo nero l’aveva detto chiaro e tondo: lui voleva solo una famiglia e Jack si sentiva come se gliela stesse togliendo mentre impediva ad Annie di vederlo. 
“Ti accompagnerò da lui…” sussurrò piano, quasi senza farsi sentire.
“Come?” la ragazza non poteva crederci. Aveva realmente funzionato?
“Sì,ma dovremo usare un portale e non potrai rimanere con lui per molto tempo o ci scopriranno.”
La ragazza si sentiva euforica, talmente tanto che avrebbe voluto saltellare, ma fece di tutto per calmarsi e non far capire allo spirito cosa stava pensando.
“Allora? Partiamo o no?” chiese il più distaccatamente possibile.
“Fammi prendere il portale” e così dicendo Jack tirò fuori la palla di neve.
 
 
In un secondo si ritrovarono in una grande sala semibuia e apparentemente vuota. Molte gabbie lasciate senza occupanti pendevano dal soffitto e cigolavano sinistramente, mosse lentamente dall’aria che odorava di chiuso e terriccio. Annie si girò leggermente e notò una specie di corridoio che si diramava come all’interno del terreno.
"Che posto è questo?" chiese lei curiosa, mentre si guardava in torno. Era strano, ma quel posto le sembrava tutto, fuor che una prigione.
"La 'casa' di Pitch, non che unico luogo in cui lo possiamo intrappolare." Le rispose il guardiano.
"Capisco. Lui...ha fatto del male a delle persone vero?"
"Voleva fare in modo che tutto il mondo sprofondasse nell'oscurità e nella paura in modo che..."
"Tutti lo vedessero. Lo so anche io questo. Ha passato almeno due anni a parlare di quello, ma non avrei mai immaginato che si sarebbe avvicinato tanto al suo obbiettivo da farsi imprigionare."
Jack era quasi sconvolto, com’era possibile che lei sapesse tutto e ne parlasse come niente fosse?
"Ha fatto altro?"
"Beh...ha rovinato la Pasqua e quasi distrutto il Natale."
"Poco male, erano feste inutili."
Quel discorso stava prendendo una strana piega, Frost se lo sentiva.
"E ha quasi annullato i bei sogni per sempre."
Annie iniziò a toccare le gabbie, dove una volta erano state rinchiuse le fatine con fare annoiato.
"Non è di certo un argomento che mi tocca."
"E ha rubato i dentini di tutti i bambini contenenti i loro ricordi."
"Certe cose dell'infanzia bisognerebbe dimenticarle all'istante per come la penso io. I ricordi fanno male molte volte. Adesso per favore non perdiamo altro tempo. Fammi strada Frost.”
Ancora una volta Jack si pentì di quello che stava facendo, ma ormai era troppo tardi. Con un gesto le disse di seguirlo e si inoltrò nel corridoio oscuro.
 


Angolo autrice: Chiedo infinitamente scusa! Non so neanche come possiate perdonarmi per tutto il tempo che ci ho messo, ma tra problemi col computer e blocco dello scrittore non sono più riuscita ad andare avanti. Ora, per favore, non mi uccidete per come finisce il capitolo. Vi giuro che si incontreranno, solo che quella parte è un tantino…delicata e voglio pensare bene a come scriverla.
Detto questo vi saluto e spero nella vostra bontà nel perdonarmi *schiva i sassi*.
 
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8- Incontro

Passi, passi e ancora passi.
Possibile che quegli imbecilli non potessero fare piano?
Pitch aprì un occhio ed aspettò che i Guardiani di turno venissero a disturbarlo per chissà quale motivo.
"Siamo arrivati" la voce assurdamente alta di Frost lo portò a sbuffare, non ne poteva più di avere a che fare con lui. Non dopo che non gli aveva più riferito le condizioni di Annie.
"Non guardarmi così! Ti assicuro che è  vero!"
Cosa? L'uomo nero diventò curioso all'istante, non poteva trattarsi di un altro della loro stupida combriccola.
Allora...chi era?
La serratura della porta si aprì ed il ragazzo saltò in piedi, pronto per una qualsiasi emergenza.
Quando l'uscio si spalancò Pitch non poté fare a meno che spalancare la bocca ed assumere un'espressione ebete.
La sua sorpresa nel vedere Annie lì era pressoché infinita e non poté fare a meno di far passare lo sguardo sbalordito dalla ragazza allo spirito delle neve.
"Cosa? Come? Perché?"
"Parole più intelligenti non potevano uscire dalla tua bocca Pitch" commentò acido il Guardiano, ottenendo in cambio un pugno sulla spalla da Annie.
Piano. Un pugno da Annie? C'era qualcosa che non andava.
"Frost...lasciaci soli per favore." La voce dell'uomo nero era completamente calma, in contrasto con l'espressione sospettosa che aveva in viso.
"N-no! È già tanto se l'ho accompagnata qua!"
"Come scusa? Puoi ripetere Jack?"
Annie sorrideva, ma quel sorriso non aveva nulla di rassicurante.
Jack la guardó per un secondo, poi sospirò sconsolato.
"Non avrete molto tempo. Vi do al massimo venti minuti"
"Un'ora, questi erano i patti. L'hai detto due minuti fa. Ti rimangi già la tua parola?"
Con sua sorpresa Frost lo guardò implorante, ma non fece nulla.
"Ti ho dato la mia parola e non me la rimangerò. Sappi che verrò ad aiutarti se mi chiamerai. Voglio ancora che tu capisca quanto ti stia sbagliando."
Lo spirito del ghiaccio guardava Annie con una strana espressione e questo fece irritare Pitch.
"Puoi andare adesso. L'ha detto anche lei"
Per quanto l'uomo nero si fosse concentrato, non era riuscito ad evitare che la sua irritazione si insinuasse tra le sue parole, risultando palese ed impossibile da ignorare o confondere.
Quando la porta si chiuse nuovamente, portando via con sé l'immagine di Frost, il ragazzo si permise di rilassarsi e si sedette sul bordo del letto. 
Annie però non si azzardava a muoversi, si sentiva completamente bloccata. Aveva passato ore a prepararsi mentelmente per quel momento, ma alla fine il nervosismo aveva vinto su di lei e non la lasciava nemmeno parlare.
Fu infatti Pitch quello che prese in mano la situazione ed iniziare la conversazione.
"Vieni qui." Il ragazzo batté una mano sul materasso, ma lei rimase immobile.
"Come scusa?" La voce le era uscita leggermente più acuta del solito.
"Siediti qui e basta."
La ragazza face per ribattere, ma lo sguardo dell'uomo nero bastò per farle cambiare idea all'istante.
Non appena Annie prese posto a fianco del ragazzo, questi la afferrò per un braccio e la strinse a sé.
"Puoi piangere se vuoi, non serve che tu finga ora."
La ragazza non si fece pregare ed iniziò a singhiozzare rumorosamente, mentre premeva il viso nel petto dell'uomo nero.
"Sc-scusami. Sono...sono giorni che non riesco a darmi una calmata. S-sono davvero felice di vederti, m-ma è stata dura arrivare qui" 
"Posso immaginarlo. Tu...lo sai che mi ha davvero sorpreso il tuo arrivo?"
Annie alzò la testa sorridendo sorpresa.
"E questo tu lo chiameresti un tentativo per farmi stare meglio?"
"Ehm...fa tanto schifo?"
Lo sguardo perso di Pitch la fece ridere così tanto da farle venire mal di pancia.
"Dimmelo quando hai finito di ridere di me."
"S-scusami Pitch. Adesso la smetto."
Ma era impossibile, si era sentita così leggera non appena aveva iniziato a ridere che non voleva che quella piacevole sensazione finisse.
Al ragazzo non rimase altro da fare se non aspettare che lei la smettesse, ma più vedeva la sua espressione felice più gli veniva da ridere a sua volta.
Si avvicinò piano, quasi senza accorgersene e posò una mano sulla guancia di Annie.
La ragazza smise di ridere e lo guardò negli occhi.
"Pitch?"
Pitch sentì il suo stomaco stringersi ed il suo cuore fare una capriola. Com'era possibile che si sentisse così solo perché Annie lo aveva chiamato per nome?
Le loro labbra ora erano ad un soffio le une dalle altre e lui non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle perle grigie. Non ragionava più, le domande erano scomparse dalla sua mente e i suoi pensieri erano stati scambiati con le sensazioni che provava in quel momento.
Aspettò ancora un secondo, osservando il viso della ragazza, poi riempì quell'effimera distanza che li divideva e si lasciò trascinare da quel bacio e dal calore di Annie. 

Annie non riusciva a crederci, eppure quel bacio era vero e Pitch era lì con lei.
Era così diverso dal bacio del sogno. Questo era concreto, ma, soprattutto, non sembrava avere intenzione di finire mai, poiché era subito seguito da un altro.
In men che non si dica, quello che era iniziato come un semplice contatto delle loro labbra si trasformò in qualcosa di molto più passionale e istintivo.
La ragazza iniziò a sentire caldo e la sua mente iniziava a perdersi in quel vortice di baci.
Si ritrovò distesa su quella piccola brandina, con Pitch che se ne stava sospeso sopra di lei, con le mani puntate ai lati della sua testa per non cadere.
Si ritrovarono a fissarsi, senza però muovere un muscolo. Annie fissò gli occhi ambra del ragazzo, per poi spostare lo sguardo sulle sue labbra. La ragazza si stupì di desiderare così tanto di baciarlo.
Era come se le labbra di Pitch creassero una dipendenza e lei non era immune a quel l'effetto. Proprio per questo prese quel momento di stallo come un dispetto, una tortura che non si era meritata affatto e Pitch lo sapeva. Eccome se ne era a conoscenza. Lo conosceva abbastanza bene da poterlo capire e, proprio per questo, sapeva che avrebbe aspettato pazientemente fino a quando lei non gli avesse detto qualcosa.
"Lo trovi divertente?"
Il ragazzo rise e si avvicinò a lei quel tanto che bastava per sussurrarle suadente in un orecchio.
"Perché? Cosa vorresti che facessi?"
"Lo sai benissimo idiota"
Contro ogni preavviso Annie afferrò il volto di Pitch e lo avvicinò a sé quel tanto che le bastava per poterlo baciare senza problemi.
Lo stupore dell'uomo nero sparì quasi subito, lasciando spazio ad un infinità di altri pensieri.
Il ragazzo si stancò ben presto di quella situazione, così si appoggiò al letto con entrambi gli avambracci, diminuendo notevolmente la distanza tra loro due.
Annie allora infilò le mani tra i morbidi capelli di Pitch, incapace di fare altro.
Lo spirito però sembrava incapace di rimanere fermo e in poco tempo le sue mani lambirono l'orlo del maglione della ragazza.
Quando le mani di Pitch le toccarono la pelle dello stomaco la fecero rabbrividire. Erano gelide, ma il loro tocco sembrava brucarle la pelle.
La ragazza spalancò gli occhi quando sentì un dito del ragazzo segnare i bordi del suo reggiseno e quel momento di stallo venne sfruttato dall'uomo nero per toglierle il maglione.
"Non si può dire che tu non sia cresciuta in questi dieci anni."
Pitch ridacchiò e lei non poté fare a meno di spingerlo via da sé e capovolgere la loro situazione.
"Oh...ma sta zitto"
Ricominciò a baciarlo e questa volta fu il suo turno di diminuire la loro distanza, infilando le mani sotto la maglia del ragazzo. Le dita sottili gli risalirono veloci il petto e in breve tempo la maglia nera andò a fare compagnia al suo maglione lavanda sul pavimento.
"Come siamo impazienti. Qualcuno qui deve aver proprio sentito la mia mancanza."
Un'altra risata susseguita da altri baci.
Le mani di Pitch si presero la licenza per poter toccare ogni centimetro di pelle disponibile della ragazza, mentre le labbra del ragazzo si concentrano ora sul collo, ora sulla scapola di Annie, lasciano marchi visibili del loro passaggio.
"Eppure c'è ancora qualcosa che non quadra...ma certo!"
La ragazza non dovette aspettare molto per capire che intendeva dire l'uomo nero, poiché il 'clic' prodotto dalla chiusura del suo reggiseno che si apriva fu piuttosto esaustiva.
Annie si coprì d'istinto con le braccia e distolse lo sguardo. Quel suo atteggiamento sembrò provocare l'ilarità del ragazzo.
"Che fai sciocca? Non ti devi vergognare, sei bellissima."
"Davvero?"
Guardò Pitch dritto in quei pozzi d'ambra e lui le rispose sicuro.
"Parola di scout." 
La ragazza allontanò lentamente le braccia e lo spirito le si avvicinò sempre di più e facendo scorrere la mano sul suo busto. Ancora una volta lui si divertiva a torturarla con quel suo modo di fare, ma in quel caso non servì che lei dicesse nulla, poiché lo stesso torturatore non aveva voglia di tirarla per le lunghe.
In men che non si dica Pitch si ritrovò in mano l'indumento intimo della ragazza e sembrava quasi divertito mentre lo osservava.
"Carino, mi piacciono questi fiorellini. Peccato che adesso sia inutile."
Il ragazzo fece appena in tempo a finire di pronunciare quella frase che la porta si spalancò e Frost entró solo con la testa.
"Volevo solo dirvi che è già passata mez... oh cavoli..."
Ci fu un momento di stallo dove nessuno dei tre riuscì a fare nulla e solo il grido di Annie riuscì a far smuovere la situazione.
La ragazza abbracciò istintivamente l'uomo nero sopra di lei, tendando di coprirsi, mentre lo spirito della neve la guardava scioccato.
"ALLORA? TE NE VAI O NO?!"
La voce alterata e potente di Pitch gli ridiede la capacità di muoversi che gli sembrava di aver perso e la scarica di energia necessaria per sparire di nuovo fuori dalla stanza.

La porta si richiuse con un tonfo e il colorito di Annie raggiunse una tonalità di rosso che mai si sarebbe immaginata.
La ragazza allontanò velocemente il suo corpo da quello dell'uomo nero, buttandosi nella branda in modo da dargli le spalle.
"Dove eravamo rimasti?" Chiese non curante lo spirito.
"A nulla. Io adesso mi rivesto. È stata l'esperienza più imbarazzante della mia esistenza" ribattè Annie con la testa affondata nel cuscino.
"Così vuoi provare a scappare..."
Le parole di Pitch arrivarono alle sue orecchie come un sussurro e la ragazza pensò, tra sé e sé, che lui stesse sorridendo.
Non fece in tempo a rispondergli però, perché l'uomo nero cominciò a morsicarle piano l'incavo del collo e a infiltrare le mani sotto il suo torace per poi abbracciarla.
"Non ti lascerò andare via questa volta..."
L'ennesimo brivido le attraversò la schiena, mentre si sentiva scivolare di nuovo nel turbine di quelle emozioni.


Jack si allontanò di corsa tenendosi la testa tra le mani, mentre il suo viso, inevitabilmente, si arrossava.
"L-loro erano..." Il Guardiano scosse la testa, cercando di cancellare l'immagine appena vista, ma questa ritornava ogni volta. In breve tempo lo sfortunato ragazzo si ritrovò a borbottare da solo, nel tentativo di sfogare quell'imbarazzo mutato in rabbia.
"Com'è possibile che io li lasci soli una mezz'ora e loro...ed Annie era..."
Il ricordò della ragazza seminuda tornò ad infestare il suo cervello, mentre lui sentiva una strana sensazione allo stomaco.
Esasperato dai suoi pensieri si mise a dare testate alla parete del corridoio, sperando così di poter dimenticare.
"Jack...sei tu? Che stai facendo?!"
La voce dolce e preoccupata di Dentolina lo spaventò ancora di più e il ragazzo si sbrigò ad appoggiarsi al muro con non curanza.
"Oh...ciao Dentolina. Non stavo facendo niente. Come mai sei qui?"
Sorrise meglio che poté, ma non era molto sicuro del risultato.
“Siamo venuti a darti il cambio”
Calmoniglio comparve dietro la fatina dei denti e Jack sentì una goccia di sudore freddo scendergli per la schiena.
“Il cambio? Manca ancora mezz’ora alla fine del mio turno di guardia.”
“Lo sappiamo, ma… sono giorni che ti comporti in modo strano e ci stavamo chiedendo se stessi bene e, magari, volessi fare una piccola pausa”.
“Ragazzi non so che dire. Siete davvero gentili, ma non serve. Poi…ehm…manca davvero poco.”
Entrambi i suoi compagni lo fissarono inquisitori e lui non poté fare altro se non tentare di sostenere il loro sguardi, mentre malediceva Pitch con tutto sé stesso.
“Ne sei sicuro Frost?”
“C-certo! Andate pure voi, tra poco tocca a Sandy o sbaglio? In più sarete pure molto occupati. Ci vediamo eh.”
Preso dal panico Jack fece dietrofront e ripercorse velocemente il corridoio, ma, dopo essersi avvicinato alla camera, sentì degli strani rumori provenire dall’altro lato della porta e si bloccò.
“Perché tutte a me?” si chiese, mentre si lasciava sedere per terra scoraggiato.

“Mi prendi il maglione per favore? Sto gelando”.
Sbuffando Pitch si chinò e raccolse l’indumento da terra.
“Preferisco di gran lunga come sei ora. Ti dona di più”
Dicendo questo l’uomo nero diede un bacio sul collo alla ragazza che era ancora seduta sulla branda e si stava vestendo. Lei rise e lui la abbracciò appoggiando il capo sulla sua spalla.
“Non te ne andare…”
“Pitch…”
“Per favore. Non so quanto tempo passerà prima che io possa rivederti…”
Annie si voltò e lo guardò decisa, non sembrava avere niente a che fare con la ragazza triste che era entrata in quella stanza prima.
Bé…nemmeno lui era tanto sicuro di essere lo stesso di prima. Forse perché aveva finalmente fatto chiarezza sulle strane sensazioni che provava. O forse era la certezza della presenza di Annie al suo fianco. Nessuno ora poteva provare a portargliela via, era solo e soltanto sua.
Si sentì bussare alla porta ed Annie si alzò sospirando.
“Devo andare…”
Pitch la afferrò per un braccio e la tirò verso di sé, per poi baciarla.
“Ho detto di no.”
“Ti prometto che tornerò presto, devo tornare a casa adesso o si insospettiranno.”
La ragazza si allontanò di poco, senza smettere di guardarlo negli occhi.
Aprì piano la porta, ma si bloccò indecisa. Non se ne voleva andare, non voleva lasciare Pitch di nuovo da solo. Il ragazzo sembrò capire e le sorride.
“Vai avanti, sappi che me la pagherai se non ti vedrò di nuovo qui.”
“Ci…ci vediamo allora”
“Già…”
Annie sparì dietro alla porta e lui sentì Frost dirle di muoversi balbettando, mentre si lasciava cadere nel letto. Non aveva paura che il guardiano potesse dimostrarsi un rivale per lui. Non dopo quel giorno.

“Perché siamo tutti qui?” chiese Nord, mentre si sedeva su quella piccola sedia.
“E perché non c’è Jack?” questa volta era stata Dentolina a parlare, mentre tutte le fatine le ronzavano intorno.
“Penso che tutti voi abbiate notato lo strano comportamento di Jack e tutto quanto è iniziato dalla cattura di Pitch. Mi dispiace dirlo, ma la cosa è sospetta.”
Calmoniglio aspettò le reazioni dei compagni alla sua ipotesi e non dovette aspettare molto.
“Come puoi dire una cosa del genere su Jack!” Dentolina, quasi quasi se lo aspettava.
“Lo hai visto anche tu oggi! Non sembrava nemmeno lui!”
“M-ma… non può essere vero!”
“Anche l’ultima volta non poteva essere vero e la Pasqua è stata rovinata!”
“Allora è solo per colpa del tuo risentimento che lo dici!”
Stava per risponderle, ma Nord li bloccò sbattendo le mani sul tavolo.
“Basta così! Metteremo qualcuno a sorvegliare Jack! Fine della storia!”
Il silenzio calò nella stanza e tutti non fecero altro che annuire.



Angolo autrice:
 Salve a tutti! In primis grazie mille per le recensioni e la vostra scelta di non mandarmi lettere minatorie per colpa della mia incapacità di finire un capitolo.
Poi… scusatemi! Non so scrivere capitoli molto *colpo di tosse* avete capito.
Spero che vi sia piaciuto e che non decidiate di abbandonare la storia per questo *risata nervosa*
E niente, ditemi pure che ne pensate.
Alla prossima!


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***



Capitolo 9- Verità

Iniziò così una nuova routine per Annie.
Non con poca fatica riuscì a convincere Frost e, finalmente, ogni due giorni si vedeva con Pitch.
La ragazza si era ritrovata a desiderare quasi dolorosamente quell'ora in cui erano solo loro due e nessun altro, tanto da esserne quasi stupita.
Alcuni dei loro pomeriggi insieme si consumavano in parole e risate, ma molto più spesso non parlavano nemmeno. Le prima volte, l'impetuosità con cui Pitch iniziava a baciarla, l'aveva lasciata leggermente spiazzata, ma ci aveva fatto velocemente l'abitudine.
Era una sensazione stranissima, ma ogni volta che stava in quella piccola cella si sentiva come se avesse trovato il suo posto nel mondo. E poco le importava se quel posto fosse tra le braccia di quello che era considerato da tutti uno degli esseri peggiori che fossero mai esistiti.
"Pitch..." iniziò a dire un giorno.
"Sì?" Le chiese lui tra un bacio e l'altro.
"Vorrei che avessimo più tempo."
Lui la guardò con malcelata tristezza.
"Anche io. Fosse per me non ti lascerei mai andare."
Dicendo questo la strinse a sé e la baciò di nuovo.
Prima che la mente di Annie si perdesse ancora in quel turbinio di sensazioni, un pensiero le si impresse a fuoco.
"Tirerò Pitch fuori da qui" si disse.
"Fosse l'ultima cosa che faccio".
Chi è veramente Annie?
Questa domanda tormentava Jack da giorni.  
Era la cugina di Jamie certo, ma che altro poi? Perché quella ragazza era tanto legata ad un tipo come Pitch?
Doveva scoprirlo, ma non poteva certo chiedere a Dentolina.
Chiese così a Jamie dove si trovasse la casa della cugina e, saputolo, volò subito là.
Arrivò in una piccola cittadina non molto più grande di quella dove viveva Jamie e cercò subito la casa.
Era una normalissima abitazione in un normalissimo quartiere.
Nulla di strano.
Vi entrò da una finestra aperta al secondo piano. Doveva essere finito nella camera di Annie perché vi trovò una foto della ragazza con il cugino sopra una mensola.
Per il resto la stanza non sembrava avere una personalità alcuna. Era tutto di un monotono giallo pallido e non c'era traccia di poster o disegni. Sembrava una di quelle camere da vetrina, usate come campioni nei negozi.
Quella stanza non aveva senso.
 Non poteva essere la stanza di una ragazza di sedici anni. Se non fosse stato per un paio di foto e dei testi scolastici non si sarebbe mai detto che lì ci dormisse qualcuno.
Era estremamente fredda e vuota.
Uscì da quella camera più in fretta che poté e si ritrovò in un lungo corridoio.
In tutte e due le pareti erano presenti foto di famiglia che diventavano sempre più recenti man mano che ci si avvicinava alle scale che conducevano al piano inferiore.
La cosa che lo stupì di più fu la trasformazione di Annie negli anni.
Più tempo passava più la sua pelle diventava pallida, il suo viso magro, le sue occhiaie profonde ed il sorriso perdeva sincerità. Il resto della famiglia però sembrava sempre uguale.
Sembravano sempre perfetti.
Scese le scale e si ritrovò in un salotto ordinato e...perfetto. Non una cosa era fuori posto e anche lì c'erano molte foto che immortalavano la famiglia in vacanze o durante giornate al parco.
Stava per andarsene quando sentì dei rumori venire dalla cucina.
Più precisamente sentì delle risate.
Un scintilla di speranza gli si accese nel petto, ma venne subito spenta non appena entrò nella stanza.
Vide quello che riconobbe come il padre di Annie con una donna.
I due si stavano baciando appassionatamente appoggiati al bancone della cucina, ma lei non era la madre di Annie.
La donna aveva i capelli molto più scuri ed era molto più bella e giovane della signora bionda delle foto.
Jack spalancò la bocca incredulo e scappò al piano superiore, mentre quelle voci sembravano inseguirlo.
Passò davanti una stanza e sentì una voce provenire dal suo interno e non resistette alla tentazione di guardare.
Dentro, un bambino di circa dieci anni stava raggomitolato in un angolo della stanza con un grande libro in grembo e continuava a ripetere una specie di cantilena.
"Annie non c'è e io posso studiare. Non avrò problemi a dormire la notte. Studierò e diventerò ricco. Studierò e la mamma sarà finalmente felice. Io non sono mia sorella. Io sono normale. Non mi servono gli amici."
Vedendo quella scena il Guardiano sentì il sangue gelarsi nelle sue vene.
Dove diavolo era finito?!
Tornò nella camera di Annie, preso dal panico, ed in quel momento si accorse di una cosa che prima non aveva notato.
Tra il letto ed il muro c'era un'enorme quantità di fogli. Sapeva di non doverlo fare, ma li prese comunque.
Rimase così scioccato da quelle parole che si lasciò cadere sul pavimento.
Richieste di aiuto da parte di Annie, sfoghi di rabbia e tristezza, ma, soprattutto, lettere da lasciare prima di suicidarsi.
Come avrebbe potuto? Si stava parlando della stessa persona? Perché questo desiderio di farla finita?
Jack non ci capiva più nulla. Quella casa sembrava così normale da fuori che non si sarebbe mai immaginato nulla di simile. Era come se la casa fuori fosse solo una mera illusione. Una finta perfezione.
Scappo via, incapace di vedere altro e tornò da Jamie, ancora sconvolto.
Passarono tre giorni e Jack non si fece mai vedere. Annie cominciava a preoccuparsi. E se avesse deciso di non aiutarla più?
Proprio mentre stava per perdere la speranza sulla venuta dello spirito, questo arrivò e le si parò davanti.
Annie prese fiato per dirgli qualcosa, ma riconobbe all'istante lo sguardo negli occhi di lui: pietà.
"...che hai scoperto Frost?"
Il ragazzo abbassò lo sguardo e fece comparire semplicemente il portale.
"Cosa sai sulla mia vita ora?"
Ancora silenzio.
"Frost lo so che sai! Dimmi che hai visto!"
In quel momento il ragazzo parlò, facendo un resoconto veloce su quanto visto e sentito.
Annie si prese un secondo per riflettere, poi, con il sorriso migliore che le venisse in quel momento, si rivolse a lui.
"Non farne parola con nessuno. Nemmeno con Pitch. Lui non conosce tutti i dettagli."
"Perché non glielo dici?" Chiese curioso il Guardiano.
"Perché è un problema mio quello che accade a casa mia. Non tuo, non suo e né di mia zia. Solo mio."
Con quelle parole per Annie il discorso fu chiuso ed attraversò il portare senza aggiungere altro.
Quando la ragazza entrò nella sua cella, lo spirito non poté fare altro che guardarla corrucciato.
“Dove sei stata in questi giorni?” chiese avvicinandosi a lei.
“Ho avuto qualche problema, nulla di grave, tranquillo.”
La ragazza lo baciò e lui lo prese come un permesso per toglierle la maglia, cosa che fece immediatamente.
“No” lo fermò lei “Non oggi.”
“Ma…”
Senza dargli possibilità di replicare la ragazza si rivestì e cominciò ad esaminare la sua stanza. Pitch attese paziente (o almeno per i suoi standard lo era stato fin troppo), ma dopo poco cominciò ad annoiarsi.
“Sai…hai proprio un bel fondoschiena” le disse fissandolo.
La vide arrossire, ma questo non bastò per far rivolgere le sue attenzioni a lui. Così il ragazzo si alzò e si avvicinò quel tanto che bastava per fare in modo che il suo respiro le solleticasse il collo.
“Che stai facendo dolcezza?”  le sussurrò piano.
Appoggiò leggermente il corpo a quello di Annie e sentì chiaramente il brivido che la attraversò.
“Un…un modo per farti uscire da qui.”
Lo spirito non rimase molto sorpreso da quella affermazione. Era il tipico comportamento che la ragazza dimostrava di solito. La solita abnegazione inconscia che la rendeva tanto adorabile ai suoi occhi.
“E non puoi farlo un’altra volta?”
Annie si girò verso di lui e lo guardò sorpresa.
“Tu non vorresti andartene?”
“Certo! Voglio andarmene sicuramente! Ma ho solo un’ora con te, non voglio passarla a fissarti il fondoschiena mentre certi chissà cosa! Anche se la cosa non sembra così male se la si mette sotto questi termini…”
Pitch sembrò perdersi in chissà quali fantasie, così Annie pensò bene di farlo tornare coi piedi per terra nel modo più semplice possibile.
“Quanto tempo abbiamo?”
L’uomo nero sorrise furbo.
“Quindici minuti. Spera che queste pareti siano abbastanza insonorizzate, o dovrai scusarti per la voce troppo alta.”
Così dicendo la abbracciò e la fece distendere sulla brandina, dove andò a buttarsi anche lui poco dopo.


Angolino autrice:
Il miracolo è avvenuto signore e signori! Il mio blocco è passato.
Anche se non credo che questo basti come scusante. Mi dispice.
 So che non era esattamente ciò che vi aspettavate, ma…volevo darvi un piccolo scorcio sul passato di Annie.
Detto questo io vado a dormire che è tardi. Buona notte!

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