LOVE

di Monijoy1990
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** IL COLORE BLU DEI RICORDI ***
Capitolo 2: *** LA VERITA' E' DOLOROSA ***
Capitolo 3: *** RICOMINCIARE? ***
Capitolo 4: *** THE SHOW MUST GO ON ***
Capitolo 5: *** SCOPRIRSI ***
Capitolo 6: *** NUOVE MOTIVAZIONI ***
Capitolo 7: *** INCONTRI INSOLITI ***
Capitolo 8: *** INIZIANO I GIOCHI ***
Capitolo 9: *** PICCOLI ERRORI DI PERCORSO ***
Capitolo 10: *** SARA' AMORE? ***
Capitolo 11: *** GELOSIA? ***
Capitolo 12: *** DICEMBRE: UN NUOVO INIZIO O LA FINE DI TUTTO? ***
Capitolo 13: *** UNO SPORCO RICATTO ***
Capitolo 14: *** UN ANNO DOPO (PARIGI) ***
Capitolo 15: *** UNA TRISTE SCOPERTA ***
Capitolo 16: *** PREPARANDOSI AL GRANDE CONCERTO ***
Capitolo 17: *** IL CONCERTO ***
Capitolo 18: *** AMARE SENZA AMORE? ***
Capitolo 19: *** UNA CORSA DISPERATA CONTRO IL TEMPO ***
Capitolo 20: *** LA GRANDE QUERCIA ***
Capitolo 21: *** EPILOGO- SETTE ANNI DOPO ***



Capitolo 1
*** IL COLORE BLU DEI RICORDI ***


  Salve a tutti voi della comunità EFP. Ho sempre adorato leggere, ma scrivere è tutta un’altra cosa. Proprio perché ne sono consapevole, non mi reputo una scrittrice, ma più che altro una improvvisatrice di immagini scritte. Prima che sullo schermo di un computer, le mie storie prendono corpo nella mia mente e nel mio cuore.  Spero di riuscire a comunicare questa stessa passione a voi che leggerete la mia prima storia. 
Oggi ho finalmente trovato il coraggio di condividerla, confidando nella vostra clemenza e sperando non sarete troppo duri nei commenti.
Anche se non si rivelerà il capolavoro del secolo, ha comunque richiesto quasi tre anni di stesura. Ho dovuto ritagliarmi degli spazi limitati nella mia vita frenetica, per riuscire a completarlo. Spero possiate apprezzarne, se non la resa impeccabile, almeno lo sforzo creativo che ho profuso per dargli forma e sostanza.
Ho deciso di pubblicarla dopo tre anni per non correre il rischio di lasciar scorrere troppo tempo tra un capitolo e l’altro. Odio le lunghe attese e non mi piaceva l’idea che qualcun'altro sopportasse la medesima sofferenza anche nel mio racconto.
Questa storia è scritta senza scopo di lucro. I miei personaggi sono ispirati a personalità note nella scena Kpop, ma questa storia non ha nulla a che vedere con la loro vita reale. 
Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici,  Quindi, prendo in prestito solo i loro volti e le loro relative personalità sottolineando, ancora una volta, che le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Le scene  descritte sono frutto della mia completa immaginazione,. Di  conseguenza, non avendo mai vissuto in prima persona i momenti trattati, preciso che non è mia intenzione offendere, ferire o ledere la sensibilità o la dignità di nessuno. Grazie per l' attenzione, e vi auguro una buona lettura! 

CAPITOLO 1
 
IL COLORE BLU DEI RICORDI




 
 
 
ITALIA
 
 
 
 
 
“Si, ora mi sento al sicuro!
Nessuna paura, nessuna tristezza e neanche questo vuoto, che sento dentro può ferirmi.
Dopo tanto mi sembra di aver trovato un angolo di pace in questo caos.
Voglio solo fingere di non esistere per il mondo. Voglio essere un fantasma che si muove senza lasciar traccia, senza poter ferire ed essere ferito.
Ecco, forse ci sto riuscendo: sento l'eco del mio cuore affievolirsi fino ad annullarsi, mentre il mio respiro si spegne come una candela giunta alla fine della sua corsa. In questa doccia, rannicchiata con la testa sulle gambe, quasi mi sembra di aver trovato la quiete del mio animo, ma è solo un'illusione!
In fondo sento ancora la vita scorrermi dentro.
Sono queste gocce che mi colpiscono , con così tanta avidità, a ricordarmelo.
Scavano solchi profondi nella mia anima. E’ come se ad ogni loro colpo sulla mia schiena il mio corpo si risvegliasse da un lungo letargo..
Basta ! Deve esserci un motivo, uno solo! Dov'è? Voglio trovarlo!
Voglio alzarmi trovare la forza di reagire, ma le gambe non si muovono!
Lacrime…
Le sento calde scendere sulle mie guance. Mi sorprendo a pensare che in fondo non è di così cattivo gusto piangere.
Almeno sarà come un dolce soffrire, giacché mi riscaldano il cuore, facendomi compagnia in questa doccia piena di amarezza.
Essere sola è così piacevole!
Poter star male così liberamente da gioirne, non è forse un miracolo? Per me lo è!
Un miracolo che anche oggi mi ha salvato la vita”.
 
Mary era chiusa da più di due ore in quel bagno, una stanza che era divenuta riflesso di quel suo modo interiore, che non era più capace di contenere.
Una musica per un attimo allontanò i suoi pensieri.  Era quasi sicura provenisse dal piano di sopra.
Le sembrava una vita ormai che si trovava in quella posizione, le ginocchia le dolevano e le sue mani erano diventate simili a stracci vecchi.
Trascinandosi uscì da quella prigione di vetro che, per poche ore, era diventata il suo rifugio.
Uno specchio dinanzi a sé incombeva minaccioso come fosse il grande Golia pronto a sfidare il Davide biblico.
Ma quel giorno Mary non aveva proprio il coraggio di confrontarsi con la sua immagine, quindi reclinò il capo e infilato l'accappatoio si arrese alla sua mancanza di coraggio. Uscì lentamente come fosse un condannato a morte pronto alla sua disfatta.
La sua stanza era straordinariamente in ordine. Almeno su quello non aveva perso il controllo.
Quel giorno non era andata all'Università, aveva deciso di trascorrere la giornata nella totale immobilità, lasciando che il tempo scorresse lento senza lasciare tracce significative nella sua vita.
Da quando era partito suo fratello Andrea, di due anni più piccolo, si era chiusa ancora più in se stessa. Tra loro c'era un rapporto profondo fatto di complicità, sincerità e comprensione.
Strano da credere. Di solito ci si aspetterebbe che tra due ragazzi poco più che ventenni si litighi piuttosto spesso invece che rendersi complici l'uno della vita dell'altro. Ma nel loro caso la vita aveva fatto un'eccezione.
Mary per suo fratello, era un libro aperto e per lei, dopo la morte della madre, Andrea era diventato un supporto, ma anche un bene prezioso da proteggere e tutelare con ogni mezzo in suo possesso.
Mentre la camicia blu le scivolava dolcemente sulle spalle i ricordi si tinsero di quello stesso colore riportandole alla mente il momento in cui aveva preso la difficile decisione di lasciarlo libero di volare via da lei e da quell' atmosfera triste e demotivante, che si respirava in casa loro da circa un anno .
Mary inizialmente non voleva che Andrea partisse per quello scambio culturale. La sera prima, infatti, litigarono animatamente, dicendosi parole che neanche pensavano, ma che segnarono ferite profonde nel cuore di entrambi.
Mary il mattino dopo si svegliò di buon'ora per scusarsi con suo fratello. Quelle parole egoiste e crudeli che le erano uscite dalla bocca la sera prima avrebbe voluto rimangiarsele tutte.
Sapeva che quella partenza rappresentava, un modo per esorcizzare il dolore dato dalla morte prematura di loro madre, avvenuta da poco più di un anno.
Andrea si era ripromesso che sarebbe partito appena avesse finito il liceo. Il suo sogno era diventare un interprete.
Mary cercò di fare il più piano possibile per non svegliare il padre che ancora dormiva in quel letto vuoto per metà. Guardandolo sentì un colpo nel petto e un’onda di tristezza pervadere la sua anima .
Si rese conto inevitabilmente in quel momento che un'altra parte importante della sua vita stava per lasciarla e che anche questa volta non avrebbe potuto fare molto per fermare gli eventi.
Giunti a questo punto la cosa più giusta era appoggiare quell'unica persona che era stata capace di darle un motivo per non mollare.
Era arrivato il momento di essere forte e rendere il gesto.
Giunta dinanzi a quella porta, per un attimo, esitò. Sentì una lacrima scenderle lenta sulla guancia: era calda e amara. Sapeva che non poteva permettersi attimi di cedimento. Prese tutta la forza che aveva e bussò.
Non ebbe risposta, ritentò ancora, finché non si decise ad entrare anche senza un invito ufficiale. Ciò che vide fece sciogliere le sue ultime difese.
Andrea era seduto sul letto a busto nudo mentre a capo chino piangeva, tra le mani teneva stretta una camicia blu come la notte tormentata che probabilmente avevano trascorso entrambi.
Non alzò il capo e non si smosse neanche di un millimetro, neppure dopo aver sentito i passi della sorella che si avvicinavano.
Mary si chinò verso di lui e piangendo silenziosamente allungò le sue braccia verso il corpo del fratello immobile quasi avesse smesso di respirare. Strinse così forte che si sorprese lei stessa della sua forza. Poi dolcemente le braccia ancora esili di lui l' avvolsero a sua volta.
Non ci furono parole perché in quel momento i loro gesti dissero tutto. Restarono così per pochi minuti ancora, poi Mary si distaccò dolcemente e guardandolo negli occhi ancora arrossati gli sorrise amaramente:
«Buon viaggio fratellino! Non scordarti di scrivermi qualche e-mail ogni tanto. Mi mancherai! Cerca di fare più esperienze possibili, capito? E non perdere tempo dietro le ragazze, sai che sono gelosa”.
E mentre si dirigeva verso la porta sentì qualcosa scivolarle sulla testa e per qualche secondo vide tutto blu. Andrea si avvicinò e abbracciandola per l'ultima volta alle spalle pronunciò quella parola che inaspettata colpì Mary dritta al cuore: “Grazie!».
 
 
In televisione quella mattina non c'era molto da vedere, Mary l'accese solo per routine.
La sua mente era completamente piena, e qualsiasi informazione dall'esterno non trovava posto che per qualche minuto nella sua mente. Si sedette e dopo aver fatto colazione, decise che si sarebbe distesa sul letto. I suoi capelli neri umidi avevano lasciato delle grosse macchie scure sulle spalle della camicia che suo fratello le aveva lasciato. Un indumento, che scoprì essere capace di farla sentire meno sola.
Erano le nove e mezza. Era arrivato il momento di aprire l' e-mail che Andrea le aveva inviato. Si sedette alla scrivania e aspettò che il computer si avviasse.
Aperta la schermata iniziale inserì la password e dopo l'invio attese il caricamento del sistema operativo. Non era un computer di ultima generazione ma assolveva ai suoi doveri più di quanto si ci potesse aspettare.
Apparve sullo sfondo un'immagine che le mise subito un po' di allegria: era una foto vecchia che ritraeva lei e suo fratello da piccoli. Ricordava ancora il momento in cui era stata scattata, lei aveva 7 anni.
Quel giorno era arrabbiata perché aveva perso la sua bambola in ceramica preferita e mentre si rifiutava di parlare con tutti vide Andrea andarle in contro con un enorme cono al cioccolato stracolmo di panna. Giunto a pochi centimetri da lei prese un po' di panna con un dito e gliela spalmò sul naso scoppiando in una sonora risata, così forte da lasciarla sbigottita.
 
Con un leggerò sorriso aprì la posta elettronica e tra tante pubblicità e messaggi intravide quello che realmente le interessava:
 
 
 
mitt.: Andr.1992t@yahoo.it
 
oggetto: Lettera per una rompiscatole ;-)
 
Ciao sorellina sono appena arrivato a Tokyo, è una città meravigliosa.
Sono così felice di fare quest'esperienza nuova. Giunto all'aeroporto ho preso un taxi e sono arrivato al centro di Tokyo in men che non si dica. Non puoi immaginare la gente e la vita frenetica, gli odori e i colori. Quanto vorrei che tu fossi qui per condividere questa esperienza con me. Mi manchi.
Quasi dimenticavo, per favore, avverti papà che mi hanno accolto benissimo e che appena possibile vi invierò altre e-mail. Vi voglio bene e mi mancate tanto. Mi sento un po' come John Lennon chissà se anche io incontrerò la mia Yoko Ono. ;-)

 
Mary leggendo che il fratello era arrivato a destinazione sano e salvo, tirò un sospiro di sollievo. Adesso era giunto il momento di rispondere. Sperava, con tutto il suo cuore, di non lasciar trapelare la tristezza che in fondo al cuore provava, così riempì quasi senza volerlo quella e-mail, di smile.
Sembrava un campo minato. Non aveva scritto molto. Ovvero che lei e suo padre stavano bene e che suo fratello si sarebbe dovuto riguardare. Dopo averla riletta un paio di volte, calcolò il fuso orario: se in Italia erano le dieci di mattina da lui dovevano essere le sei di pomeriggio.
Con il mouse portò il cursore su invia. Attese il caricamento della e-mail.
Un po' di musica l’avrebbe distratta, pensò mentre vedeva la barra del caricamento avanzare sullo schermo. In fin dei conti non c'era nessuno in casa. Prese un cd a caso e lo infilò nel lettore.
Poi attese.
La musica partì.
Il suono dolce e malinconico di un pianoforte echeggiò nella casa vuota.
Appoggiò la testa sulle braccia incrociate sopra la scrivania. Senza rendersene conto  gli occhi le si chiusero mentre la mente ritornava a rifugiarsi nei rassicuranti ricordi antecedenti la morte della madre.
 
Un profumo di carne arrosto la ridestò dai suoi sogni. Era evidente dai brontolii del suo corpo che anche il suo stomaco reclamava delle attenzioni. Si alzò, spostando con fare annoiato la sedia, che fece un rumore stridulo a contatto con il pavimento. Ancora frastornata si guardò allo schermo ormai spento del computer, che rifletteva l'immagine di una ragazza con un viso tondo e degli occhi verdi incorniciati da dei lunghi capelli neri tutti arruffati che finalmente asciutti avevano ripreso la loro forma ondulata.
Sul volto i segni dei bracciali che indossava avevano lasciato dei solchi profondi sulla guancia destra. Dopo aver guardato quello spettacolo ringraziò il cielo che in casa non ci fosse nessuno. Il cd doveva aver smesso di suonare da almeno un’ora. Dopo aver spento il computer si allontanò dalla scrivania.
Pigramente si aggiustò la camicia tutta arruffata che indossava. Non aveva neanche messo dei pantaloni. A luglio il caldo era davvero insopportabile e in casa si faceva la sauna.
Aprì la porta della stanzetta distrattamente. Giunta in soggiorno notò qualcosa d’insolito.
Per un attimo vedendo quelle valige credette che Andrea fosse tornato a casa.
Ingenuamente se ne rallegrò, poi capì che anche se piacevole, quel pensiero non era conciliabile con la realtà.
Si guardò intorno con circospezione, finché lo sguardo cadde su un corpo che giaceva inerme e addormentato sul divano. Incominciò ad incamminarsi verso lo sconosciuto, mentre aveva preso a stringere nella sua mano destra una scopa lasciata lì, a pochi metri dal divano. Giuntagli davanti sempre tenendo stretta la sua arma si chinò per guardarlo meglio. Per un attimo il cuore le sembrò esplodergli in petto. Era un ragazzo dai lineamenti orientali, poteva avere la sua stessa età, aveva dei capelli biondi e lisci con un ciuffo che gli copriva parte della fronte e dell'occhio destro. Le sue labbra erano appena socchiuse, il naso piccolo ma proporzionato e poi quelle linee così sottili degli occhi e quelle ciglia così lunghe. Per un attimo le parve di aver ritrovato la bambola in ceramica che da piccola aveva perso. Sembrava così indifeso sdraiato immobile sul quel divano che per un momento Mary fu colta dall’inspiegabile volontà di cedere ala tentazione di allentare la presa sulla sua arma di difesa.
Indossava una camicia bianca a maniche larghe, un jeans stretto e delle converse nere e bianche, alle orecchie portava dei piercing. Era davvero molto carino.
Ma cosa ci faceva in casa sua? Avrebbe dovuto svegliarlo?
Poi senza accorgersene la scopa le scivolò dalle mani e cadde sul pavimento provocando un rumore netto che svegliò l’ignoto visitatore. Mary lo vide stropicciarsi gli occhi e sgranchire le articolazioni mentre grugniva come un gatto che fa le fusa. Rimase immobile a osservarlo, non sapeva cosa fare. Le gambe erano bloccate e dal busto in giù si sentiva come incastrata nelle sabbie mobili, ma le bastò incontrare  quegli occhi scuri e profondi per sentirsi affogare nell’oceano.
I’insolito visitatore non sembrava affatto infastidito, ne sorpreso della sua presenza. La guardava semplicemente con curiosità malcelata. E lì, che quasi colta da un infarto, Mary razionalizzò che era nuda per metà.
Immediatamente, colta da un imbarazzo indescrivibile, si rannicchiò sul pavimento, portando la camicia giù fino alle caviglie. Guardando per terra, con ostinata convinzione, non osava alzare lo sguardo, mentre premeva con forza il mento sulle ginocchia.
In quel momento avrebbe preferito essere come una tartaruga, per rifugiarsi dietro il suo guscio e sfuggire da quella situazione spiacevole.
Poi una mano delicata, con due anelli uno nero e l’altro di ebanite, si mostrò proprio davanti  ai suoi occhi. Alzò lo sguardo.
Le sembrò che tutto intorno a lei fosse cambiato. Non esistevano più vergogna timidezza  o timore quel ragazzo con un solo sorriso era riuscito a cancellare tutto. La mano le si mosse quasi in piena autonomia andando a stringersi a quella del ragazzo. Un calore partì da quel contatto e le salì fino alle guance. Sentiva il viso in fiamme. Non fece in tempo ad abituarsi a quel contatto che lo stesso si spezzò. Lui continuava a sorriderle e per un attimo lei ricambiò finché il campanello giunse a interrompere quella situazione per certi versi ancora imbarazzante. Mary corse subito a vedere chi fosse. Si accostò alla porta con delicatezza e il suo cuore per un attimo riprese il battito regolare di un tempo. Era enormemente felice di vedere che il vetro convesso dello spioncino restituiva l'immagine leggermente deformata di suo padre.
Non ci pensò due volte ad aprire.
«Papà!».
«Buongiorno Mary! Beh che hai cucinato di buono oggi? Sai che abbiamo ospiti, vero?».
Mary lo scrutava confusa. «ospiti...?». Nel frattempo Luigi il padre di Mary era già entrato in casa e guardando di lato si accorse delle valige.
«Noto che l'ospite è già qui...». Mary fece mente locale e si rese immediatamente conto che la situazione si stava facendo un po’ troppo complicata. Subito dal soggiorno comparve l'ignoto personaggio su cui, fino a pochi minuti prima, erano calamitati tutti i suoi pensieri.
« Good morning! My name is Eichi Kitamura, nice to meet you!» e il giovane intruso fece un inchino oneroso verso il padrone di casa, che ricambiò con un ampio sorriso.
«Piacere di conoscerti caro ragazzo! Credo che avremo qualche problema di comunicazione in questa casa» gli strizzò un occhio complice, «comunque anche da parte mia nice to meet you!» concluse prima di aiutarlo a prendere le valigie, «Mary credo sia ora che ti copra, o ancora non ti sei resa conto che abbiamo ospiti in casa? E gradirei che iniziassi a cucinare qualcosa. Questo ragazzo ha fatto un lungo viaggio deve avere una gran fame! Su, su! Muoviti che aspetti lì impalata?» la esortò.
«Papà scusa ma davvero non capisco. Chi sarebbe questo ragazzo e come ha fatto ad entrare? E poi perché sono sempre l'ultima a sapere certe cose? Non è possibile scoprire ogni volta tutto a fatto compiuto!». Il padre mosse verso di lei uno sguardo misto a irritazione e rassegnazione. «Forse sarebbe meglio parlarne dopo non credi? E poi queste valigie pesano!» e allungando un braccio verso la spalla di Eichi lo spronò a seguirlo. Mary restò lì per pochi secondi ancora esitando a muoversi, poi entrò in camera sua e per un attimo, rivedendo la sua stanza così come l'aveva lasciata , sperò che si trattasse solo di un sogno. “Chissà come sarà vivere con un estraneo per casa?”. Un sorriso le illuminò il volto “un estraneo davvero carino tutto sommato non è proprio un brutto inizio!”.
 
 
 
La tavola era piena di ogni genere di prelibatezza. Di certo a Mary non le si poteva rimproverare la mancanza di creatività in cucina. I tre presero posto. Ognuno dal canto suo non proferì parola se non fino a cena conclusa.
Luigi un uomo dall'aspetto robusto e con una folta barba incolta prese la sua pipa e incominciò ad aspirarne il fumo. L'odore del tabacco vanigliato era così intenso che nel giro di pochi minuti aveva invaso tutta la casa. Mary guardava suo padre. Aspettava risposte che sembravano tardare ad arrivare.
«Mary non guardarmi con quel broncio!  Come al solito la tua memoria si rivela davvero precaria... ».
«cosa vorresti insinuare? che ho la testa tra le nuvole o cosa? guarda che non sapevo nulla di questa storia.»
«E mi sembra anche ovvio , ogni volta che noi affrontavamo l'argomento trovavi una scusa qualsiasi per evitare di ascoltare. Comunque ora ti chiarirò la situazione».
Mary non poteva evitare di guardare di sottecchi Eichi che per tutto il tempo era rimasto in silenzio: durante la cena non aveva fatto domande sul cibo ma mangiò tutto senza fare obbiezioni.
Forse aveva intuito la situazione e aveva deciso di non interrompere la discussione tra Mary e suo padre.
«Non so se ricordi un mio collega che si è trasferito a Tokyo...»
«si ..e quindi?»
«beh siccome non potevamo sostenere le spese per il viaggio di tuo fratello, ho deciso di contattare questo mio amico in modo da poter gestire la situazione con soluzioni più economiche. È stato così gentile da propormi una soluzione che non potevo assolutamente rifiutare. Andrea avrebbe vissuto con lui e la sua famiglia e noi in cambio avremmo ospitato Eichi, suo nipote, che avrebbe, una passione speciale per il paese di origine di sua madre».
«quindi vuoi dirmi che Eichi è il figlio della sorella di questo tuo collega? E che resterà con noi per quasi un anno?».
«Si! Esatto!».
Mary aveva una faccia che sembrava un patchwork di espressioni facciali contrastanti. Si poteva rintracciare rabbia, rassegnazione e un pizzico di curiosità per quella nuova situazione. Si lasciò scivolare dolcemente sulla sedia mentre fissava il tavolo con sguardo contemplativo. Poi un rumore stridulo la riscosse. Alzò la testa e vide il padre mettere al suo posto la sedia vicino il tavolo. Appena giunto dinanzi alla porta della cucina si voltò verso la figlia con espressione autoritaria.
«Mi auguro, tu abbia capito la situazione. Voglio che ti comporti cortesemente nei confronti di questo ragazzo, e che lo aiuti ad inserirsi con facilità in questo nuovo ambiente. Come primo passo non sarebbe male se gli preparassi il letto per la notte. È il nipote di un mio collega ma anche di un mio grande amico e ci tengo che si trovi bene e si senta a suo agio in questa casa anche perché so che Andrea sarà trattato alla stregua di un figlio».
Mary non proferì parola, fece di si con la testa e dopo iniziò a sparecchiare.
Lavati gli ultimi piatti si diresse vero la camera di suo fratello. Le sembrava così strano che da oggi un estraneo avrebbe dormito nel suo letto, tanto da incominciare, in maniera inconscia, a nutrire del risentimento nei confronti di Eichi che da oggi avrebbe preso per certi versi il posto di suo fratello. Bussò una, due, tre volte poi sentì il suono di passi sicuri che si avvicinavano e poco dopo un ragazzo con gli occhi a mandorla le aprì la porta. Lei si sforzò di fargli un sorriso che risultò  visibilmente forzato. Lui si fece da parte permettendole di entrare nella stanza, Mary intimidita stringeva al petto le lenzuola, dalle stesse si sprigionava il  profumo pulito e fresco, tipico del bucato appena ritirato.
Non perse tempo. Si mise a rifare il letto del fratello.
Nello stesso tempo, però, osservava la camera: nulla era stato modificato o almeno non ancora.
Eichi evidentemente non aveva disfatto ancora i bagagli. Dopo aver finito le ultime pieghe alle lenzuola si mosse verso la porta. Stava per fare pressione sulla maniglia, quando sentì una voce alle sue spalle, calda e delicata.
«Grazie!».
Non le sembrava vero che fossero le stesse parole che suo fratello pronunciò quel giorno. Le lacrime sgorgarono da sole non disse nulla ma frettolosamente richiuse la porta alle sue spalle e scappò in camera sua. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato.
 
Il mattino seguente non incominciò nei migliori dei modi per Mary: Luigi l'aveva letteralmente catapultata giù dal letto con modi non proprio delicati.
«Mary svegliati!» le sollevò frettolosamente le coperte. Ebbe un brivido di freddo e senza pensarci troppo, riprese le lenzuola e si ricoprì questa volta quasi completamente voltando le spalle al padre che incominciava a irritarsi.
«Da oggi cambieranno un po' di abitudini in questa casa. Alzati ho detto!!» la intimò ancora una volta e questa volta la trascinò letteralmente fuori dal letto. Mary aveva ancora sonno e gli occhi le bruciavano per le lacrime versate la notte prima. Appena realizzò che il padre stava perdendo realmente la pazienza si decise a dargli ascolto: ancora per metà sul letto, si sollevò stropicciandosi gli occhi.
«Va bene papà ora mi uaaalzuooo!!» disse sbadigliando.
«Bene, da oggi ti alzerai presto tutte le mattine e preparerai una colazione degna di questo nome, non dimenticare che abbiamo ospiti. Eichi è già sveglio!».
«Ma che ora è?»
«Sono le otto cara mia ed è ora che ti alzi! Non dovevi dare un esame oggi?»
«Oh cavolo è vero!!!».
Mary saltò in piedi si sistemò alla meglio e andò in cucina. Lì ovviamente, come aveva preventivato, c'era Eichi. Il nuovo ospite guardava la tv prendendo appunti. Appena si rese conto dell'arrivo della ragazza le rivolse un grande sorriso e dopo averle fatto un cenno di saluto ritornò a scrivere sul suo blocchetto. Mary si meravigliò che fosse così interessato a qualcosa di noioso come il telegiornale. Dopo aver sistemato le tovagliette e le tazze andò a preparare il latte e il caffè. Era da molto che non faceva colazione con il padre. Da quando era morta sua madre in casa si erano perse un po' di abitudini. Luigi, infatti, il più delle volte non rientrava a casa neanche a pranzo. In tutto questo l'insolita presenza di Eichi amplificava l'atmosfera già inconsueta di quella mattina. Preparato tutto il necessario per la colazione, i tre presero posto e in silenzio iniziarono a consumare il primo pasto della giornata.
Luigi prese la sua solita tazza di caffè con due biscotti al burro. Eichi non esitò a riempirsi una bella tazza di latte e a buttarci dentro un grande quantitativo di cereali. Mary per pochi minuti ancora rimase interdetta a osservare quella scena insolita, dopo di chè prese una fetta biscottata e vi stese sopra uno strato spesso di marmellata alle fragole incominciando, subito dopo, ad addentarla con una certa avidità.
Ogni tanto alzava lo sguardo verso l'orologio della cucina, era davvero in ritardo. Con tutta la confusione del giorno prima aveva completamente dimenticato l’esame che avrebbe dovuto sostenere quella mattina.
Finita la sua magra colazione, notando che tutti avevano finito di consumare il necessario per sopravvivere fino all'ora di pranzo, incominciò a sparecchiare.
Messi i piatti in lavastoviglie si avviò verso il bagno. Fortunatamente suo fratello ne aveva uno tutto suo in camera e quindi non correva il rischio di trovarsi in situazioni spiacevoli con Eichi. Si sistemò come tutte le mattine. Lavati i denti, aggiustati i capelli alla meglio proseguì con il trucco. Non poteva proprio evitarlo senza si sentiva nuda, ormai era diventato meglio di una maschera vera, la faceva sentire sicura e protetta. Ormai non poteva proprio farne a meno.
Dopo aver terminato un trucco che reputò accettabile per quella mattina, sentì bussare alla porta. Aprì e si ritrovò Eichi con un bigliettino tra le mani che la guardava come un cane bastonato. Mary notò subito, sporgendosi dalla porta del bagno, che la luce nello studio del padre era spenta. Probabilmente era andato via già da un po' e quello che Eichi teneva stretto tra le mani era un messaggio per lei.
Osservando la sua espressione , Mary intuì che probabilmente era già a conoscenza del contenuto di quel pezzo di carta. Lo prese e incominciò a leggere...
 
 
Mary oggi porterai con te Eichi all'Università non accetto obbiezioni e poi gli farai fare un bel giro della nostra città,
P.s.
Non tornerò per pranzo, ti ho lasciato dei soldi sul tavolo, non sarebbe male se mangiaste fuori insieme in modo da conoscervi meglio.
 PAPA'

 

Ecco ci risiamo… E ora che faccio?”.
 
Mary prese quel foglietto e dopo averlo accartocciato tra le mani guardò negli occhi Eichi. Capì che per quella mattina non le restavano altre soluzioni. Fece un sospiro, lo prese per un braccio e lo trascinò in camera sua, prese i libri e libretto universitario, diede un' ultima occhiata all'orario dal telefonino: erano le nove ed erano in enorme ritardo.
Era per strada con Eichi che la seguiva come un cagnolino, soffermandosi curioso a osservare tutto quello che succedeva nel suo piccolo quartiere di periferia. Entrarono in metropolitana. Mary aveva fatto i biglietti per entrambi. Saliti sul treno sedettero l'uno accanto all'altro in silenzio. Notò subito che molti si voltavano verso di loro. Soprattutto le ragazzine che evidentemente interessate a quel ragazzo così affascinante.
Mary odiava sentirsi al centro dell'attenzione. Non osava immaginare cosa sarebbe successo all'Università e quante cose avrebbe dovuto spiegare ai suoi compagni.
Il viaggio che solitamente non durava più di dieci minuti fu vissuto come fosse un'eternità da Mary che non vedeva l'ora di scendere da quell'inferno di metallo pieno di occhi curiosi.
Per tutto il viaggio l’insolito ragazzo al suo fianco, non aveva fatto nessuna domanda, rivelandosi un pessimo conversatore. In compenso, però, osservava tutto con grande attenzione.
Per l'intero viaggio, seduto vicino al finestrino, si era limitato a esaminare quei paesaggi che per Mary erano entrati nella routine di tutti i giorni ma che per lui rappresentavano chiaramente una novità davvero invitante.
Mary sorrise pensando a quanto fosse strano il destino, e per la prima volta osservò con occhi diversi quel panorama che scorreva rapido davanti ai suoi occhi.
A vederlo così curioso lo si poteva confondere con un bambino se non fosse stato per la sua altezza e il suo fisico. Mary si sorprese a pensare che le sue spalle anche se non troppo grandi sembravano davvero forti e poi il suo collo era così sottile ed elegante. Scosse la testa stranita da quei pensieri.
Ma cosa faccio? Inizio anche a fantasticare come una sciocca? Se faccio così non sarò poi tanto diversa da quelle ragazzine. Ormai dovrei aver imparato la lezione....” sospirò e inseriti gli auricolari nelle orecchie si predispose all'ascolto di alcuni dei suoi brani preferiti, tanto la conversazione tra lei e Eichi era a un punto morto.
Il pianoforte le rilassava sempre i nervi prima di una prova. Era diventato un rito propiziatorio. Ascoltare quelle note prima di un esame le dava la tranquillità necessaria per affrontare qualsiasi prova. Si, quella musica la faceva davvero sentire in pace con il mondo. Inoltre per lei aveva un significato più profondo.
Tutto il mondo scompariva e l’unica cosa a rimanere erano le note di quella musica malinconica. Ascoltarla rendeva tutto meno difficile. Poi d’un tratto si sentì sfilare uno degli auricolari. Capì immediatamente che si trattava di Eichi. Lo prese senza neanche chiederle il permesso e incominciò ad ascoltare....
Mary lo guardava sconcertata. Era davvero sfacciato. Fino a quel momento quella musica era stato il suo rifugio privato, vi si rintanava quando si sentiva persa e smarrita. Rappresentava parte di quello che era e quel gesto così improvviso e sfacciato fu come una irruzione forzata nel suo mondo solitario, uno spazio che voleva tenere per se. Senza pensarci troppo strattonò il filo dell'auricolare guardando Eichi in cagnesco. Lo stesso rimase interdetto con uno sguardo stupito e colpevole. Mary senza tergiversare, prese l'mp3 e lo ripose nella borsa.
Dopo pochi minuti una voce annunciò l'arrivo al capolinea.
Mary si alzò seguita da Eichi.
Durante il tragitto gli mandava delle occhiatine interessate. Notò che il ragazzo aveva un sguardo sostenuto, serio ma anche in un qualche modo dispiaciuto.
Ora non era il momento giusto per affrontare l'argomento, più tardi forse gli avrebbe spiegato il motivo della sua reazione, o almeno ci avrebbe provato, ma adesso era davvero in ritardo. Giunsero di fronte a un enorme palazzo di periodo fascista. La facciata ristrutturata non mostrava alcun segno degli anni trascorsi. Mary entrò senza esitare sempre seguita da Eichi. All'ingresso l'accolse Angela, una sua compagna di corso ma anche un'amica davvero importante. Il loro rapporto era un po' particolare. Non erano quel genere di amiche appiccicose, ma entrambe sapevano di poter contare l'una sull'altra nei momenti difficili. E Mary ne aveva passati parecchi in quel periodo.
Angela era più grande di lei di due anni ma la differenza non si avvertiva a causa della sua corporatura minuta. I capelli, lunghi fino alle spalle, erano di un candido castano chiaro, gli occhi rigorosamente scuri e vivaci guardavano disperati la nuova arrivata. Mary capì subito che qualcosa non andava.
«Hei Mary! Per fortuna che sei qui, non sai cosa è successo!»
«Angela calmati! Cosa è successo di così grave?»
«la prof. oggi si è alzata con la luna storta, sta bocciando tutti. E’ una strage!!»
«come? Ha già fatto l'appello?» Mary aveva il cuore a mille. Sperava con tutta se stessa che il suo ritardo non compromettesse l’esito dell’esame.
«Si si! Le ho detto che mancavi a causa di un ritardo dei treni! Mi hai preso in tempo stavo per scappare a dire il vero, è inutile fare questo esame, già so che mi boccerà. Ricordi che non mi reggeva durante le lezioni? figurati ora!».
Angela sporgendosi oltre le spalle di Mary notò un viso nuovo, che sembrava evidentemente interessato alla loro conversazione. Si avvicinò all'amica con atteggiamento sospettoso sussurrandole all'orecchio.
«Scusa Mary ma tu lo conosci quel tipo? Perché continua a fissarci in quel modo?! Sai che odio la gente invadente».
Angela anche se piccolina era un tipetto niente male: abbastanza irascibile sotto vari aspetti e se qualcuno le dava fastidio non esitava a dirlo.
Era proprio così che si erano conosciute al loro primo anno. Per difenderla da un'idiota, che l'aveva presa di mira stuzzicandola in vari modi, Angela insorse gridando come una pazza e dandogli un bello schiaffo dietro la nuca durante la lezione. Per proteggerla era stata ripresa dal professore che l'aveva invitata ad abbandonare l'aula in compagnia di quel ragazzo. Alcuni dicono che dopo lei lo avesse messo al tappeto con un calcio nei bassi fondi, ma questi sono solo pettegolezzi. Da quel momento erano diventate grandi amiche e quel ragazzo non si era più avvicinato a nessuna delle due.
 
 
Scusa Mary ma non pensi anche tu che gli serva una lezione perché impari a farsi i fatti suoi?».
Angela era già scattata superando l'amica, ma Mary la raggiunse appena in tempo per fermarla. «Angela calmati, lui è con me!». L'amica si voltò guardandola stupita.
Mary sospirò e mentre si avviavano verso l'aula le spiegò tutto.
«Che storia assurda! Ma lui non capisce proprio nulla d' italiano?» e lo indicò con il pollice portandolo oltre le sue spalle.
Eichi nel frattempo le seguiva a un metro di distanza.
«No a dire il vero parliamo un po' in inglese, ma nella maggior parte dei casi resta in silenzio e quindi ci capiamo a gesti. Sai che io in inglese sono una pippa.
Per certi versi sospetto che mio padre lo abbia fatto venire apposta perché mi decidessi a studiarlo una volta per tutte!».
Mary entrò in aula e subito si scusò con la docente per il ritardo, questa la guardò scocciata senza proferir parola alcuna.
Era una donna elegante, con il naso all'insù con quel modo di fare da nobildonna che Mary e Angela non perdevano occasione di ridicolizzare. Non la sopportavano per niente. Insegnava Estetica ed era impeccabile nelle competenze ma davvero eccessivamente pignola. Pretendeva che i ragazzi le leggessero nella mente.
Ogni qualvolta formulava una domanda tutti cadevano in panico, sembrava quasi chiedesse di risolvere dei rebus impossibili.
Insomma competente ma vipera. Mary era convinta di essere preparata sull'argomento solo fino a cinque minuti prima di entrare in aula, ora era nel panico totale. Non faceva altro che controllare e ricontrollare gli appunti cercando le annotazioni prese durante le lezioni sperando che le potessero tornate utili. Eichi osservava le due ragazze intente a darsi consigli per l'esame mentre attendevano il loro turno. Era davvero curioso osservare come funzionavano le università in Italia e poi sperava di poter dare un occhiata migliore alla struttura. Appena entrato aveva notato dei quadri e dei lavori di scultura che lo avevano incuriosito. Aveva intuito da questi che si trattava di un'Accademia di Belle arti e non di una semplice università. Angela ogni tanto lo guardava circospetta forse non si fidava molto di lui: anche dopo essersi presentati lei lo aveva squadrato da capo a piedi con occhi sospetti, come se nascondesse qualcosa. Sicuramente era una tipa davvero strana. Lui appena poteva distoglieva lo sguardo, aveva capito che a quella ragazzina così minuta quel modo di fare invadente poteva dare fastidio.
Finito il terzo gruppo della giornata, la professoressa rinfilò quegli occhialini davvero eccessivi per il suo portamento classico. Erano di uno sgargiante color evidenziatore, un eccesso imputabile forse più a una bizzarria estetica che da un reale deficit visivo. Una volta posizionati sul naso incominciò a sfogliare gli statini, uno dopo l’altro, senza esitazione. Poi due nomi riscossero le due ragazze dai loro pensieri.
«.....Maria Elisa Carducci e...... Angela Turi. »
Mary e Angela si alzarono simultaneamente per poi posizionarsi vicino la cattedra. Per fortuna erano state chiamate insieme. Almeno questo era l'unico lato positivo, che le due vedevano in tutta quella situazione.
Eichi che per tutto il tempo aveva preferito rimanere in piedi alle loro spalle per non infastidirle ora si era seduto dove prima aveva preso posto Mary e osservava con attenzione quello che stava succedendo. Notò che appena consegnato il libretto universitario Mary aveva radicalmente cambiato atteggiamento: sembrava più sicura, e dava l'impressione di voler sfidare con quell'atteggiamento la professoressa che guardava annoiata questo nuovo gruppo di ragazzi che avrebbe messo in difficoltà in tutti i modi possibili.
Al contrario Angela sembrava aver abbandonato completamente la spavalderia dimostrata fino a quel momento, era come un agnellino spaesato davanti al lupo famelico.
Echi era davvero curioso di scoprire come si sarebbe evoluta quella circostanza.
L'esame iniziò.
Eichi analizzava la situazione da una discreta distanza, ma questo non gli impediva di notare tutto quello che succedeva, con una estrema precisione.
Il primo quesito era stato rivolto proprio ad Angela che incredibilmente, contro ogni aspettativa, rispose con tranquillità senza esitare. Probabilmente quella domanda era su un argomento che aveva studiato e quindi non ebbe problemi a dare la risposta giusta con serenità. Non ancora soddisfatta la professoressa decise di torturarla con altre quattro domande con lo scopo di metterla evidentemente in difficoltà. Mentre lei cercava di rispondere ostentando una certa sicurezza, Eichi notò Mary che la guardava, probabilmente cercando di infondere all'amica, con il suo sguardo tutto il suo sostegno . Era bello poter contare su un'amicizia così forte, pensò Eichi, che da quel momento si era ritrovato a non perdere un singolo movimento di Mary. A pensarci aveva appena scoperto che il suo nome completo era Maria Elisa, era davvero carino, non poteva fare a meno di pensare che ricalcasse perfettamente l'idea che si era fatto sin dall'inizio su di lei.
Le era sembrata come un fiore delicato ma che ancora non aveva aperto i suoi boccioli al mondo. Si era davvero così che l'aveva vista quella prima volta: timida, impacciata. Ma adesso era tutt'altra cosa. Sembrava aver messo fuori una sicurezza che non si sarebbe mai immaginato possedesse. Sorridendo pensò che aveva ancora molto da scoprire su quella ragazza e che forse non avrebbe dovuto dare tutto troppo per scontato.
Poco dopo toccò a Mary, non ebbe incertezze, rispondeva con sicurezza alcune volte imponendo delle sue teorie sull'argomento altre volte sostenendo dei propri pensieri a favore delle tesi esposte dal libro in esame. Aveva un fascino travolgente in quel momento, inoltre il suono delle sue parole sembrava provenire da un'altra persona dava l'impressione di essersi illuminata di una luce nuova. Eichi poteva capirlo lontano un miglio che adorava quel mondo di colori e di immagini.
L'esame era finalmente finito e il risultato fu soddisfacente per tutti e quattro i ragazzi. Non ci furono bocciature e Angela e Mary ne uscirono non proprio distrutte: la prima prese un modesto 25 meglio di quanto potesse sperare, mentre Mary ne uscì con un 28 niente male oltre che con un sorriso a trentadue denti.
 
Appena terminata la seduta di esame abbandonarono l'aula.
Mary non poteva crederci, un altro ostacolo era stato superato, solo pochi esami e si sarebbe potuta laureare. Ma adesso non era tempo di pensare agli altri libri che l'aspettavano, perché da quel momento per lei iniziavano le vacanze estive. I suoi pensieri andarono velocemente al mare, al sole e al relax che si sarebbe goduta per un mesetto. Questo almeno finché non fu interrotta nel suo divagare da una voce alle sue spalle.
«Congratulations!» era rimasto in silenzio e in disparte per tutto quel tempo che nella gioia del momento Mary quasi si era dimenticata di lui.
«Oh grazie Eichi!».
«Ma che fai gli parli in italiano? Ti sei già dimenticata che non lo capisce? »
«Hai ragione Angela!» e con una mano si diede un colpo leggero sulla testa come avesse dimenticato qualcosa di ovvio e corresse immediatamente la sua affermazione:
«thank you Eichi!» e gli mostrò un sorriso davvero splendente che fulminò Eichi. Gli sembrò come un lampo a ciel sereno.
Era la prima volta che la vedeva sorridere di gusto e poi per così poco “… le ragazze sono proprio di un altro pianeta basta un niente per renderle felici e altrettanto poco per ferirle....”
lui lo sapeva bene purtroppo, era anche per quello che si trovava lì!
 
«Beh visto che ne usciamo tutti felici, che ne dite di festeggiare?» mentre camminavano per i corridoi dell'accademia Angela sembrava quella più soddisfatta del risultato ottenuto, ma anche la più desiderosa di festeggiare.
«Non sarebbe male come idea!» e voltandosi verso Eichi Mary gli scoccò un occhiolino complice dopo avergli tradotto quello che aveva appena proposto Angela. Eichi dovette rassegnarsi e rimandare la visita all'istituto ad un altro momento.
Uscirono dal palazzo universitario e vista l'ora (era mezzogiorno passato) decisero di dirigersi verso un locale a pochi isolati di distanza dall'Accademia. Si chiamava Terra di Mezzo proprio come l'omonimo luogo di provenienza del piccolo hobbit Frodo. Infatti l'intero locale era organizzato perché desse l'idea di ritrovarsi nel libro di Tolkien. I tre entrarono e fu Angela a chiedere se c'era un tavolo disponibile per tre persone.
Il cameriere un tipo alto e magro con una lunga barba indossava un completo medievale in netto contrasto con il palmare di ultima generazione usato per le ordinazioni che stringeva tra le mani. Invitò i tre nuovi clienti ad accomodarsi a un tavolo sul fondo della sala, accanto all'enorme statua di un dragone rosso con le fauci spalancate. Le sue fattezze erano straordinariamente realistiche tanto che Mary non poteva evitare di sentirsi leggermente a disagio.
Presero posto su di una panca lunga in legno massiccio.
Consumarono un pasto fugace stile american pub: Hamburger e patatine. Poi uscirono dal locale.
«Mary, io ora devo lasciarvi. Eichi, è stato un piacere conoscerti.» e tirandogli un bel pugno amichevole sul braccio, Angela salutò il ragazzo dagli occhi a mandorla. Non sapeva il perché, ma aveva uno strano presentimento. In cuor suo sperava davvero di sbagliarsi perché a vederlo così taciturno e tranquillo Eichi sembrava un tipo apposto e poi chissà sarebbe potuto diventare un’ ottima distrazione anche per la sua amica che ultimamente aveva vissuto solo abbandoni dolorosi. Magari un nuovo arrivo avrebbe riportato un po' di gioia nella sua vita.
I due ragazzi adesso erano soli. Salutata Angela, si mossero verso il centro della città. Erano le quattro passate.
Camminavano l'uno accanto all'altro senza proferir parola. Mary sapeva di averlo ignorato volutamente dopo quella storia della musica in metropolitana e che avrebbe dovuto rimediare e spiegargli l'accaduto.
Ma come fare?
Si fermò improvvisamente. Pochi passi dopo di lei si bloccò anche Eichi, e si voltò verso Mary che a capo chino ricominciò a camminare nella sua direzione lentamente. Stava frugando concitatamente nella sua grande borsa di pelle nera in cerca di qualcosa. Giuntagli a pochi centimetri di distanza gli mostrò il motivo della sua ricerca: era un mp3 spento con gli auricolari ancora attaccati.
Mary non alzò il capo ma semplicemente glielo porse con un gesto lento e misurato, come fosse una reliquia preziosa.
«I'm sorry!».
Eichi le si avvicinò e prendendo le mani di lei tra le sue le avvolse su se stesse avvicinandole subito dopo al petto di lei. Mary alzò il suo sguardo e ritrovò Eichi che la guardava con occhi pieni di comprensione. Era come si fossero capiti senza che una sola parola fosse uscita dalle loro bocche. Senza capirne il motivo vide il suo bel viso candido avvicinarsi al suo. Era troppo vicino cosa aveva intenzione di fare?
A pochi centimetri dal suo naso sollevò il mento e cingendole la testa con le sue mani le schioccò un bacio sulla fronte.
Quel contatto inaspettato portava con se il sapore di ricordi dolci e amari che Mary avrebbe voluto lasciarsi alle spalle. Sorpresa dagli eventi, rimase immobile faccia a faccia con quel ragazzo così bello da mozzare il fiato.
Da quando Eichi si era avvicinato al suo volto i suoi polmoni avevano smesso di funzionare, bloccandole completamente il respiro. Questo fino a quando le labbra dello stesso abbandonarono la sua fronte. Ringraziando il cielo, subito dopo, i polmoni ripresero la loro normale attività, a dispetto del cuore che non voleva saperne di rallentare il suo battito, ormai evidentemente fuori controllo.
Cosa le stava succedendo? Poteva un ragazzo scuoterla in quel modo? Dopo tutto poteva ancora provare a credere nell' am....? No! Impossibile! Lo aveva promesso a se stessa e l'errore non si sarebbe ripetuto! La sua mente e il suo cuore non avrebbe sopportato quel dolore una seconda volta.
«don't worry!..... it's ok!»
Eichi era lì che la studiava con tenerezza.  
Che sciocca che sei Mary! Come pensavo le ragazze si rattristano davvero per poco. Di ragazze sofferenti ne ho viste anche troppe. Non sarai la prossima ad affliggersi per colpa mia te lo prometto”.
Eichi prese per mano Mary e la trascinò verso la città. Voleva visitare così tanti posti, e poi questa volta poteva contare su una guida d’eccezione.
Incominciarono dal centro della città, Mary lo portò a visitare i luoghi di maggior ritrovo dei ragazzi, oltre le vie con i negozi migliori. La giovane e inesperta guida era in evidentemente difficoltà con il suo livello d'inglese e quindi per lo più cercava di farsi capire a gesti.
Eichi dal canto suo guardava la realtà di quella nuova città così diversa da quella del suo paese con gioia e serenità; era da tanto che non si sentiva così libero, leggero, senza responsabilità troppo grandi da sostenere.
Senza pressioni sentiva che poteva davvero ricominciare a respirare.
Camminando per la città si era fatto davvero tardi e l'umidità della sera incominciava a nuocere alle ossa.
I due ragazzi si sedettero per riposare su una panchina, semi umida, del lungomare.
Alla luce della luna tutto diventava elegante e prezioso. Mary non poteva fare a meno di pensarlo ogniqualvolta osservava il mare brillare di mille luci iridescenti.
Si sentiva sempre così ricca dinanzi a quello spettacolo, come se quelle luci fossero diamanti splendenti. Ma quella sera qualcos'altro le sembrò brillasse più delle stelle e della luna messe insieme.
«So che non potrai capire quello che sto per dirti e per altri versi credo sia meglio così, ma sai questo è uno dei miei posti preferiti. Potrei definirlo il mio rifugio segreto. Ricordo ancora quando mia madre ci ha lasciati. Per me fu tremendo sapere che mentre io ero con i miei amici e scherzavo su cose futili i miei genitori erano stati coinvolti in un incidente stradale. L'idea mi travolse come un treno in corsa. Io e mio fratello raggiungemmo l'ospedale il prima possibile ma per mia madre era già troppo tardi. Erano le nove di sera quando espirò lasciandoci per sempre e io non ero lì con lei.
Mentre sorridevo spensierata mia madre... mia madre..» le lacrime incominciarono a imperlarle il volto ma prima che Eichi potesse accorgersene Mary si sollevò e si avvicinò alla ringhiera a strapiombo sul mare teso e splendente di quella sera.
«mio padre ne usci incolume ma sono convinta che in quel momento avrebbe preferito morire con lei in quell'ospedale piuttosto che vivere una vita senza il suo sorriso.».
Mary si asciugò le lacrime che avevano raggiunto il collo con un movimento veloce della mano.
«Sai Eichi, forse per lui il pensiero che il destino avesse scelto di separarli in maniera così crudele lo dilaniava più dell'idea della morte stessa. L'amava davvero molto. In quel momento intorno a me c'era solo tanto dolore. Era stato tutto troppo rapido e ancora non capivo cosa tutto questo avrebbe comportato per me. In quel momento vedendo mio padre sofferente, chino a piangere sul corpo di mia madre, capii che dovevo riprendere il controllo di me stessa, se non lo avessi fatto molto probabilmente mi sarei lasciata morire anch'io in quella stanza d'ospedale.
Uscì e incominciai a correre, poi a camminare, fin quando mi fermai, ripresi fiato e senza sosta procedetti finché non giunsi qui. Volevo lasciarmi alle spalle l'immagine di mia madre inerme su quel letto e recuperare tutti i bei ricordi legati a lei, non volevo dimenticare il suo sorriso.
Ma non riuscivo a distanziare la mia mente da quell'immagine. Sai è proprio come quando osservi una luce intensa e chiudendo gli occhi vedi quelle macchie oscure impresse sulla tua retina, e sai che non basterà un batter d’occhi per cancellarle».
Mary inspirò profondamente assaporando l'aria fresca e il profumo del mare, per poi continuare quello che sembrava più un monologo che una vera conversazione.
«Sai Eichi, il mare per come lo ricordo, era proprio come lo vediamo io e te questa sera: calmo quieto.
Ricordo che lentamente dalle nuvole emerse un'enorme sfera luminosa: era la luna.
Le stelle intorno ad essa sembrarono risplendere ancora più intense dopo la sua comparsa.
In quello specchio nero e senza fine avevano trovato come far parte di questo mondo.
Ovvero illuminandolo e impreziosendolo con la loro bellezza e ci riuscivano anche così lontane da esso.
Mi sentii in parte rincuorata da quella rivelazione.
Capii che anche nell'oscurità più profonda, mi sarebbe bastato attendere l'arrivo del vento che con la sua forza avrebbe potato via tutti i ricordi più tristi per lasciar risplendere ancora una volta la luce.
Ero convinta che mia madre, proprio come quelle stelle, anche se lontana avrebbe impreziosito ugualmente il mio cammino grazie all'amore che mi ha saputo donare.
Ero consapevole che così facendo non ci sarebbe stato rimpianto o rimorso o dolore che avrebbe rimosso quei sentimenti gioiosi dal mio cuore.
Avrei fatto di tutto per non permettere alla mia mente e al mio cuore di cancellarli.
Anche se sommersi da lacrime di amarezza li avrei sempre custoditi dentro di me.
Decisi che sarei stata vento e luce per mio padre e mio fratello».
Eichi era lì che la osservava parlare. Pur non guardandola in volto poteva avvertire ugualmente la tristezza delle sue parole oltre che la profonda solitudine che provava.
«E' la prima volta che ne parlo con qualcuno, ma credo non valga molto visto che non puoi capirmi. Che sfogo inutile!.»
Mary si voltò e inaspettatamente Eichi si era già alzato.
Era accanto a lei. Provò a sorridergli con gentilezza. Ma notò che il suo sorriso andava sprecato.
Eichi guardava dritto dinanzi a se immerso nei suoi pensieri.
Probabilmente avrà smesso di badare a me già da un po' di tempo. Che stupida sperare di poter essere compresa da lui!”.
Quest'ultimo osservava quella distesa oscura e senza fine proprio come lei aveva fatto fino a pochi minuti prima.
Chissà da quanto tempo è li? Probabilmente mi avrà preso per una pazza che parla da sola! “.
Lo guardava mentre la luce bianca della luna lo illuminava facendo emergere dal buio i suoi morbidi lineamenti. Erano proprio diversi dai suoi anche se il naso aveva un ché di simpatico tondo e leggermente schiacciato com’era.
Si era un ragazzo unico su questo non c'erano dubbi: era capace di scegliere con disinvoltura il comportamento da adottare in ogni situazione. Sapeva quando mettersi da parte e quando intervenire con gesti risoluti. A vederlo così serio e riflessivo sembrava essere pieno di sicurezze a cui ancorarsi, al contrario di lei che le vedeva diminuire giorno dopo giorno. Osservava i suoi occhi brillare vivacemente illuminati dalla luce della luna. Mary pensò tra se e sé, che sarebbe stato capace con la sola forza del suo sguardo di reggere tutte le difficoltà di questo mondo.
E inaspettatamente si ritrovò a invidiarlo un pò.
Quanto avrebbe voluto riavere Andrea lì con se. Poterlo anche solo stringere ogni tanto le dava la forza per affrontare tutto, ma ora diventava difficile mascherare il dolore che provava.
 
La luna è davvero bella vista da qui”.
Pensava Eichi mentre scrutava i riflessi che la stessa rilasciava sulle oscurità marine.
Forse era il posto più bello in cui si fosse mai trovato. Quelle luci erano straordinariamente diverse da quelle a cui era abituato. Non lo rendevano ansioso, ma gli trasmettevano un senso di appagamento e tranquillità. Fotografò con il pensiero quel momento ripromettendosi di custodito per sempre come un ricordo prezioso.
Mary era ancora lì accanto a lui. Aveva smesso di piangere e adesso lo guardava con un sorriso di cortesia che lui evitò volutamente di ricambiare. Aveva capito quello che stava provando e quel sorriso di circostanza non le si addiceva per niente. Avrebbe preferito vederla sfogarsi del tutto ma ovviamente non poteva aspettarsi che lo facesse proprio davanti a lui.
Odio le persone che reprimono i loro sentimenti perché prima o poi esplodono e quando lo fanno lasciano ferite troppo profonde da poter essere cancellate. È allora che si rischia di perdere tutto”.
 
Si girò verso di lei e le indicò una fermata dell'autobus. Era arrivata l'ora di tornare a casa.
Mary acconsentì prima di muoversi verso di essa. I due salirono sul primo autobus.
Non si parlarono per tutto il viaggio di ritorno, ognuno chiuso nei propri pensieri.
Non avevano ancora capito quanto il destino fosse stato generoso nel farli incontrare, ma ben presto se ne sarebbero resi conto.
 
 
NEI SOGNI
 
Corro, corro, fino a sentire una fitta al fianco. Non posso fermarmi devo trovarlo prima di perdere i sensi per la stanchezza. La gola mi brucia per colpa dell'aria fredda che con grossi respiri porto ai polmoni.
Ma dov'è? Non lo trovo! Dannazione!”.
Quelle ombre mi stanno per raggiungere....anzi mi hanno raggiunto e ora mi circondano...
Lo sapevo qui non c'è e ora che faccio?”.
Cado a terra distrutta e inizio a gridare usando le poche forze che mi restano, finché non avverto un dolore intenso e graffiante alla gola...
Che strano! Posso percepire le mie corde vocali vibrare ma non riesco a sentire il suono della mia voce!”.
Porto le mani introno al collo con la speranza di lenire il dolore… ma nulla!
Perché nessuno viene qui in mio aiuto?”.
Non riesco a respirare, il panico mi assale.
Morirò me lo sento!”.
Una sagoma piena di luce emerge dal nulla, tiro un sospiro di sollievo.
Il mio strillare come una pazza non è state del tutto inutile!”.
 
Sorrido soddisfatta dei miei sforzi.
Le ombre si ritraggono infastidite. Io mi avvicino trascinandomi verso quella fonte inaspettata di salvezza. Ormai sono esausta. Ma più mi avvicino e più sento un calore intenso propagarsi per tutto il mio corpo sino ad avvolgerlo completamente. La sensazione è davvero piacevole. Sento di non aver più paura. Arrivo a pochi passi e quel calore incomincia ad aumentare. E’ troppo forte... più mi avvicino e più mi sembra di prendere fuoco. Allora mi fermo.
E noto che le mie mani iniziano a sudare radice mentre dalla fronte incominciano a scendermi delle gocce di sudore che asciugo distrattamente con la mano.
La sagoma luminosa mi osserva... lo sento, più che vederlo realmente, perché la luce è troppo forte. Siamo immobili e ci osserviamo. Poi inizia a muoversi vero di me...il calore aumenta...
«Ti prego fermati non avvicinarti!» ma la sagoma non arresta il suo cammino.
«Ti supplico non respiro più!».
Ora è troppo vicino... gli occhi incominciano a bruciarmi per colpa del sudore che mi imperla il viso fino a bagnarmelo completamente... mi sento male la vista mi si appanna mentre scorgo a pochi passi da me l'immagine sfocata di un paio di converse nere.... poi tutto si riempie di una luce intensa....
«Hey! you feel good?» una voce agitata chiamava Mary da più di dieci minuti. Ma lei non se ne era accorta, se non fino a quel momento.
Aprì gli occhi compiendo uno sforzo sovrumano e vide un volto famigliare stragli vicino, troppo vicino. Era Eichi. Il ragazzo aveva una mano stretta sul suo polso mentre con attenzione meticolosa controllava i battiti del suo cuore.  
Sembrava seriamente preoccupato.
Dopo pochi secondi si staccò da Mary. Uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
Mary non riusciva a muovere un muscolo. Sentiva i capelli appiccicati al suo volto umido. Doveva aver sudato parecchio, pensò, mentre cercava inutilmente di sollevarsi. Ma ogni sforzo era vano. Tutte le volte che ci provava le braccia cedevano e lei ritornava stesa al punto di partenza.
Si arrese dopo la terza volta che ci provava.
La gola le faceva male, provò a parlare, ma quello che ne uscì fu solo un rantolo senza significato.
Tutto a un tratto la porta si spalancò con violenza e ne emerse la faccia preoccupata di Luigi.
Prese posto su una sedia accanto a lei.
«Come ti senti?» domandò preoccupato.
«Mm....». Fece Mary di risposta con una leggera smorfia di dolore.
«Hai la febbre altissima e non hai fatto altro che gridare come una pazza per tutta la notte...».
Ecco perché mi fa così male la gola!” pensò la ragazza nel letto.
«Ora è meglio che non parli. Non muoverti e non cercare di parlare troppo. Ancora non riesco a capire come tu abbia fatto a prendere l'influenza in piena estate! Sei un caso patologico!».
Poi si alzò, prese una ciotola piena d'acqua dalla quale si avvertiva un intenso odore d'aceto e vi immerse con cautela un fazzoletto bianco, lo strizzò alla meglio e poi lo poggiò sulla fronte bollente della figlia.
Subito a Mary vennero i brividi al contatto con quella stoffa fresca e umida.
L'odore d'aceto era davvero insopportabile.
Povera me, dovevo coprirmi meglio quella sera sul lungomare! Stupida, stupida Mary! Guarda in che condizioni sei! Bel lavoro, complimenti! E adesso si che te lo sogni il mare! Anzi a proposito di sogni cos'era quell'incubo orrendo?
Luigi era ancora lì che osservava la sua “bambina” persa con lo sguardo nel vuoto del soffitto. Odiava vedere i suoi figli star male perché si sentiva davvero impotente e impacciato in quelle situazioni. Di solito era Clara a prendersi cura di loro quando erano malati e lui le faceva solo d'assistente.
Quanto le mancava sua moglie. Guardando il profilo di sua figlia notò quanto crescendo incominciasse ad assomigliarle.
«Hei Mary!» la richiamò. Ma lei continuava a guardare il soffitto pensierosa.
«Quando avrai riacquistato la tua voce credo ti convenga ringraziare Eichi...». Mary si voltò di scatto corrugando le sopracciglia in una smorfia perplessa.
“E per quale motivo dovrei ringraziarlo?”, sembrò istintivamente leggere sul volto della figlia Luigi, che si apprestò a chiarirle immediatamente la situazione.
 
«...tu non lo sai, ma è stato lui ad accorgersi che avevi la febbre stanotte. Io dormivo profondamente e non ti ho sentito gridare, mentre Eichi, notando che qualcosa non andava è entrato in camera tua e ti ha visto agitarti nel sonno. Resosi conto che avevi la febbre, ha preparato degli impacchi con acqua e aceto ed ha incominciato a tamponarti la fronte e i polsi finché non ti è calata un po' la temperatura. Dopo è venuto a svegliare me.
Vedendo la situazione mi sono proposto di sostituirlo, ma lui ha insistito per starti vicino. Credo si sentisse in colpa per il tuo stato di salute anche se francamente non riesco proprio a capirne cosa centri lui con la tua totale mancanza di buonsenso».
Mary stava quasi per ribattere ma poi notando lo sguardo accigliato del padre comprese che fosse avrebbe fatto meglio a tacere.
In fin dei conti non aveva tutti i torti, si sarebbe dovuta coprire meglio quella sera.
Luigi notando l'espressione colpevole della figlia le rivolse un sorriso comprensivo e rassicurante che la risollevò un pochettino.
«Beh! Quel che è fatto è fatto. Ora non sforzarti e riposa. Devo andare al lavoro. Eichi si occuperà di te fino al mio ritorno! Credi di resistere senza combinare guai?».
Mary mosse la testa in segno di assenso.
Luigi si alzò e avvicinandosi alla figlia, con una mano, le tirò un leggero pizzicotto sulla guancia mentre lei di rimando gli sorrise complice. Poi uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle, questa volta più delicatamente.
Mary era sola adesso in quella camera vuota in cui l'unico elemento a persistere era l'odore penetrante dell'aceto a cui le sue narici si stavano gradualmente abituando.
Chiuse gli occhi e tornò a dormire. Si sentiva debole e stanca. Poco dopo i suoi occhi si richiusero.
 
 
Era ormai sera quando si risvegliò.
Il sole doveva aver rinunciato a illuminare la sua stanza già da parecchio tempo.
Mary era al buio, completamente al buio.
Le ore di sonno le avevano sicuramente fatto bene, perché si sentiva nuovamente in grado di sollevarsi e scendere dal letto.
Puntati i piedi sul pavimento si diede uno scatto forse un po’ troppo rapido, la testa le girò e per un momento perse l'equilibrio ricadendo seduta sul letto.
Riprovò con più delicatezza e questa volta riuscì a sollevarsi senza problemi. Infilò le sue infradito e si diresse, un po' barcollando, verso la cucina. È vero che sentiva di aver recuperato le forze, ma in compenso il suo stomaco era completamente vuoto.
Giunta in corridoio notò la luce che filtrava dalla stanza di Andrea.
Eichi deve essere ancora sveglio”.
Cercò di fare il più silenziosamente possibile in modo da non doverlo incontrare.
Non voleva che la vedesse in quelle condizioni. Avrebbe fatto sicuramente di tutto per aiutarla e questo non andava bene per niente!
Già era troppo per lei il pensiero che si fosse prodigato tutta la notte perché stesse meglio,  non voleva assolutamente permettere che il debito nei suoi confronti crescesse ulteriormente.
Così si diresse silenziosamente in cucina. Le gambe le tremavano ancora. Aprì il frigorifero per cercare qualcosa di commestibile. Trovò degli yogurt, un'insalata e della carne. Si girò per dare un'occhiata all'orologio.
Cavolo le dieci!”.
Era veramente tardi! Ecco perché non sentiva la voce di suo padre dallo studio. Probabilmente era già andato a letto. Prese gli yogurt e un pacco di cereali e si sedette per consumare il suo pasto minimal. Anche se il suo stomaco reclamava cibo lei in realtà non aveva tanta voglia di mangiare. Lo faceva più che altro per calmare i brontolii del suo stomaco.
Mangiava lentamente, senza voglia, mentre il rumore delle lancette dell'orologio erano l'unica nota sonora a farle compagnia in quella stanza vuota.
Ho dormito così tanto che adesso non ho più sonno... uffa devo pensare a cosa fare tornata in camera. Forse potrei vedere un film. No, idea pessima: a quest'ora dubito trasmettano qualcosa di decente in televisione!”. Pensò un po' delusa.
Poi tornò a rifletterci su per qualche altro minuto, finché non le si illuminò il volto.
Ho trovato! Leggerò qualcosa!
Mm... vediamo... quale libro lasciato a metà potrei leggere?
Il ritratto di Doryan Gray?
No, troppo deprimente
Il signore degli anelli?
No, troppo impegnativo!
Mm.... trovato! Rileggerò un classico: Alice!
Si quella storia mi mette sempre di buon umore...”.
Tolse di mezzo i bicchierini degli yogurt.
Senza rendersene conto ne aveva divorati tre: uno alla mela verde, l'altro bianco e per finire uno ai frutti rossi.
Dopo aver cancellato ogni traccia del suo passaggio dalla cucina, spense la luce e fece il percorso inverso fino alla sua stanza. Chiuse delicatamente la porta per paura di svegliare il padre e farsi scoprire da Eichi, poi prese un libro dalla mensola e si rimise a letto. Istintivamente portò una mano sulla fronte. Non doveva avere più la febbre perché era fredda.
Si posizionò per la lettura sistemandosi il cuscino dietro la schiena e iniziò a leggere. Non calcolò l'orario, giunse a venti pagine oltre la metà del libro e subito si rese conto che in fondo un pensiero non faceva che distrarla in continuazione.
Doveva rileggere almeno due volte la stessa frase per afferrarne il senso. Eppure era un libro per bambini. E allora qual era il problema?
Si alzò e rimise sullo scaffale il volume riempiendo l'unico spazio vuoto lasciato nella mensola.
E incominciò ad andare avanti e indietro per la stanza.
 
Ehi tu dagli occhi a mandorla perché non mi vuoi lasciare in pace?
Si può sapere chi ti ha chiesto di aiutarmi! Io no di sicuro!
Oddio che vergogna!” e istintivamente si portò le mani sulle guance, cercando di contenere l'imbarazzo che provava, “chissà se ho russato o fatto altro di compromettente quando dormivo!?
Ma insomma Mary che pensieri ti fai adesso!
Sicuramente avrai dormito come un angioletto!
Mm….impossibile! Papà ha detto che ho gridato per tutta la notte... oddio sarò sembrata una pazza posseduta! Ma possibile che certe cose succedano solo a me?”
Mary era immersa ancora nei suoi pensieri sulla notte appena trascorsa, quando si arrestò improvvisamente.
“Che sbadata! Ora che ci penso in preda a tutta questa confusione mi sono dimenticata della mail di Andrea!”.
Prese la sedia vicino al suo letto e la riavvicinò alla scrivania, si sedette e accese il computer.
Come da routine, attese che internet Explorer caricasse la pagina, poi iniziò a spulciare tra le varie e-mail di Facebook e le pubblicità. Finalmente la trovò.
Il volto le si illuminò riprendendo colore.
 
 
 
mitt.: Andr.1992t@yahoo.it
 
Ciao Mary, chi ti parla e tuo fratello? Ti ricordi?
Un tipo alto, affascinante, con occhi da cervo e fisico da leone! Ahahaha!
Scherzo ovviamente, come potresti dimenticarti di un ragazzo bello come me!
 
Ma quanto è modesto il mio fratellino!” e sorrise contenta di sentirlo felice.
Poi continuò a leggere con interesse.
 
Qui mi hanno accolto benissimo. Ho una stanza tutta per me: è spaziosa e ha una bella vista sulla città. La casa è proprio in centro quindi puoi immaginare quanto sia caotico ogni mio risveglio.
La camera in cui mi hanno sistemato è del nipote di quel collega di papà, il signor Marini, che si è trasferito qui a Tokyo. Ricordi che ne avevamo parlato giusto? Conoscendoti immagino di no... comunque mi stavo appunto chiedendo come Eichi si stesse comportando con la mia sorellina. Dalle foto sembra proprio un bel ragazzo. Spero che tu non ti lasci abbindolare da lui. Sai, non voglio che uno chiunque, tocchi la mia sorellina senza il mio consenso, soprattutto dopo l'ultima volta. Non voglio vederti soffrire ancora come quella volta!! Poi qui dicono che abbia la fama di latin lover. Quindi non cedere alle sue avance!
Purtroppo, a differenza mia, Eichi non ha nessuna sorellina carina e quindi dovrò rassegnarmi a trovare la mia Yoko Ono fuori dalle mura di questo appartamento! Che tristezza! >.<
Ora vado, ti aggiornerò presto. Un bacio sorellina! Salutami papà!
 
Mary non sapeva da dove incominciare. Sicuramente avrebbe evitato di dirgli della febbre e degli incubi che aveva fatto e di sicuro non poteva neanche riferirgli di come, quel ragazzo spudoratamente, già le avesse dato un bacio sulla fronte. Sicuramente solo a sentirlo avrebbe preparato le valige e sarebbe tornato in Italia per dargli una bella lezione. Così concluse che tra tutte le cose accadute l'unica che fosse degna di essere raccontata, senza creare problemi, era il superamento del suo esame. Scrisse il giusto indispensabile, evitando prolungamenti inutili e tagliando fuori Eichi dalla loro conversazione elettronica.
Preferiva sorvolare sull'argomento, almeno per il momento. Riletta, un paio di volte, spinse l'invio e attese il messaggio di conferma per poi spegnere il computer.
Si rimise nel letto e cercò di riaddormentarsi. Poco dopo gli occhi le si richiusero trasportandola in un sonno senza incubi.
 
Eichi era nel suo letto. L'orologio sulla scrivania segnava le undici e non riusciva ancora a dormire. Ripensava alle grida di quella ragazza. Certo che lo aveva davvero spaventato a morte urlando in piena notte come una pazza.
A pensarci era la prima volta che accudiva così qualcuno. Fino a quel momento non gli era mai capitato di fare da infermiere a nessuno. Era abituato più ad avere attenzioni che a darle.
Da un lato si sentiva orgoglioso del lavoro che aveva fatto, ma la soddisfazione per il suo operato fu però immediatamente sostituita dal dispiacere e dal senso di colpa: sapeva benissimo che se Mary stava male era anche per colpa sua che aveva insistito con il visitare tutta la città fino a tardi.
Che egoista che sono, non imparerò mai.”
Sospirò rassegnato.
I suoi pensieri per Mary, furono però immediatamente sostituiti dall'interesse per un problema più imminente.
Il caldo qui è davvero insopportabile! Mamma mia! Insopportabile!”.
Mentre cercava inutilmente di sventolarsi con la mano per trovare un po' di refrigerio, notò la rivista sulla scrivania. La stessa che si era ripromesso di buttare appena giunto in Italia.
Da quando era arrivato però non aveva trovato ancora il coraggio di farlo.
Si alzò e la recuperò, rigettandosi subito dopo sul letto in malo modo.
Incrociò le gambe e incominciò a sfogliare le pagine annoiato. Giunse nel punto che lo interessava strappò la pagina e la piegò in quattro, riponendola successivamente nel cassetto del comodino, dove aveva sistemato l'intimo.
Distrattamente lasciò cadere il giornale sul pavimento, e girandosi su un fianco chiuse delicatamente gli occhi.
Il resto dell'articolo non voleva neanche leggerlo. Ma l'immagine non trovava proprio il coraggio di buttarla. Anche se non voleva ammetterlo sapeva che il passato era troppo difficile da cancellare solo lasciandoselo alle spalle. E lui non era ancora pronto a cancellare lei.
 

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Capitolo 2
*** LA VERITA' E' DOLOROSA ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 

 




 

CAPITOLO 2
 
LA VERITA’ E’ DOLOROSA

 

GIAPPONE
 
 
“Il trucco è perfetto! 
Certo che questi truccatori sanno fare proprio bene il loro mestiere, le borse sotto gli occhi sono letteralmente scomparse...” 
 
Misako era lì che guardava la sua immagine nell'enorme specchio del suo camerino. Con accurata attenzione vagliava il suo aspetto in cerca di qualche possibile imperfezione. Non riusciva a prendere sonno da giorni e i suoi occhi fino a pochi minuti prima erano gonfi e riportavano i segni delle notti insonni trascorse.
Ma ora finalmente sembravano essere nuovamente pieni di vita.
«Signorina Misako, tra poco sarà il suo momento!» le ricordò uno dei membri della troupe televisiva che operava dietro le quinte, entrando prepotentemente nel camerino.
La ragazza dai lunghi capelli castano chiaro gli sorrise in segno di assenso. Poi ritornò a riflettere sul quello che a breve avrebbe dovuto affrontare.
 
Un altro piccolo sforzo Misako e tutta questa storia potrà finire.
Devi farlo, non puoi tirarmi indietro, in fondo è il minimo che tu possa fare dopo tutto ciò che è successo!
Ora non è proprio il momento di avere paura...”.
 
Inspirò profondamente raccogliendo tutte le sue forze.
 
Mi basterà fare quello che mi riesce meglio! FINGERE!”.
Amore mio, questa è l'ultima cosa che farò per te!
Da adesso in poi le nostre strade si divideranno per sempre”.
 
Più sicura delle sue intenzioni spense le luci e lanciando un ultimo sguardo alla stanza buia chiuse la porta. Le sembrò di aver lasciato qualcosa di davvero importante all’interno, ma quello non era il momento per i ripensamenti.
Ad ogni passo la sua sicurezza aumentava. Sapeva perfettamente cosa avrebbe dovuto dire.
Era l'unico modo per salvare almeno lui da tutta quella situazione. Non aveva scelta.
Ora, era proprio dietro le quinte dello show e poteva sentire il conduttore presentarla come ospite d'eccezione al pubblico che attendeva in fibrillazione, l'ingresso del suo idolo.
Poco dopo un operatore le fece segno di salire sul palco.
 
«Ecco a voi la splendida Misako Sasaki! » esordì al suo ingresso il presentatore.
Era davvero splendida: corpo perfetto, occhi a mandorla con un trucco leggero che le enfatizzava le notevoli ciglia e gli zigomi. Portava una lunga camicia di seta verde smeraldo a maniche larghe fermata in vita da una cinta nera e un pantalone a palazzo sempre scuro, che la faceva sembrare ancora più alta.
Era elegante, ma non eccessivamente sofisticata. I capelli, lisci di natura, erano stati ripresi solo alle punte con dei boccoli larghi che davano dinamicità al suo look.
Prese posto sulla poltrona bianca al centro del palco, mentre le urla estasiate delle fan continuavano incessanti.
Poi il presentatore con un segno risoluto della mano invitò il pubblico al silenzio.
Tutto tacque e lui poté proseguire.
 
«Salve signorina Sasaki, sono molto onorato di averla qui, oggi, come nostra ospite.»
«Il piacere e tutto mio» e rivolse un sorriso dolcissimo al pubblico, salutando le sue fan con un contenuto movimento della mano.
Queste ripresero a gridare entusiaste.
Il conduttore dovette nuovamente intervenire per calmarle. Poi riprese a intervistate l'ospite.
«Spero che lei mi scuserà per la sfrontatezza della domanda, ma credo che il pubblico sia in studio che a casa sia impaziente di avere delle delucidazioni in merito ad alcune notizie comparse sui rotocalchi in queste settimane...».
L'atmosfera che si respirava era  tagliente. Tutti aspettavano in ansia la domanda del conduttore, che non tardò troppo ad arrivare.
«Come ben sa ultimamente sono girate voci che l'accusano di aver assunto droghe. È vero tutto questo o si tratta solo di un’invenzione mediatica?».
Misako non sembrava per nulla sconvolta dalla domanda, fatto sta, che il suo sorriso scomparve sostituito da un'espressione seria e concentrata.
Non doveva sbagliare, perché non avrebbe avuto una seconda possibilità.
Con un movimento lento e misurato, portò una gamba sull'altra accavallandole, mentre con le mani, le cui dita affusolate erano saldamente intrecciate tra loro, tratteneva saldamente la posizione. Poi riprese la parola.
«A questo punto credo sia giusto essere onesta con me stessa ma anche con le mie fan...
Si! Ho assunto per un breve periodo delle droghe. È stata una debolezza che non mi perdonerò mai, il mio slirito era debole e ho ceduto come una sciocca all'illusione di una facile felicità.»
Il conduttore che aveva seguito il suo discorso con attenzione la interruppe improvvisamente.
«Come mai? C'era qualcosa che non la rendeva felice in quel periodo?».
Sapeva dove voleva andare a parare e l'avrebbe lasciato arrivare al punto senza troppe difficoltà. Infondo era quello che voleva anche lei.
«Sa non è semplice spiegarlo e poi credo che a questo punto ogni giustificazione sia inutile non crede?».
«Certo... certo! Ovviamente nessuno la costringe a darci risposte troppo personali. Ma la domanda sorge spontanea a questo punto... è probabile che il suo avvicinamento alle droghe sia dovuto... come dire... a una delusione d'amore? Tutti sono curiosi di sapere se la sua relazione con il noto leader della boy-band musicale BB5 abbia a che fare con tutta questa storia...».
Eccola lì la domanda del secolo”.
Proprio in quel momento alle spalle della giovane star e del presentatore comparve su un maxi schermo l'immagine, davvero eccessiva per il clima serio dell'intervista, di due cuori che oscillavano a tempo di musica. All'interno di uno di essi era stata collocata l'immagine di Misako, mentre nell'altra quella di un ragazzo dai capelli biondi, con una insolita frangetta che gli copriva uno degli occhi, il suo sguardo serio mostrava sicurezza e forza, al contrario dell'immagine della ragazza molto più frivola che la immortalava gioiosa e spensierata come una bambina.
A Misako involontariamente sfuggì un sorriso amaro dopo aver notato l'immagine alle sue spalle.
Ma senza cedere continuò il suo discorso.
«Sono molto contenta che lei mi abbia fatto questa domanda, così mi sarà possibile chiarire definitivamente il malinteso creatosi.»
Tutti erano rimasti in ascolto e attendevano imminenti rivelazioni.
«Tra me e Eichi non c'è e non c'è mai stato nulla, siamo solo grandi amici ci conosciamo dalle scuole superiori e vi garantisco che tutto ciò che è stato riportato sui rotocalchi è falso...» non poteva crederci ci era riuscita. Lo aveva detto.
«Scusi signorina Sasaki mi risulta che anche il giovane leader facesse uso di droghe, non potrebbe essere stato questo a spingere anche lei a....?» prosegui incerto il conduttore lasciando volutamente in sospeso la domanda.
«Ovviamente non sono stata molto chiara...» intervenì rassegnata Misako «ho appena detto che nulla di quello che hanno riportato i rotocalchi è vero! Eichi non fa assolutamente uso di droghe ne tanto meno ne ha assunte in passato.»
«Scusi signorina se insisto ma ci sono testimoni che dicono di avervi visto in atteggiamenti amorosi...» insistette l'intervistatore mostrando non poca mancanza di tatto.
«Scusi anche lei se le sembro un po' dura, ma a questo punto vorrei porle io una domanda.
Che senso avrebbe confessare una cosa grave come quella di aver assunto droghe e subito dopo smentire un qualcosa di bello come una storia d'amore se non fosse realmente falsa? Non le sembra anche a lei un'assurdità?»
Il presentatore non sembrava ancora convinto, ma pensò che sarebbe stato meglio non insistere troppo sull'argomento, e lasciò continuare Misako nel suo discorso senza darle una vera e propria risposta.
«Ci tengo a ribadire in definitiva che io e Eichi siamo solo amici e che non l'ho mai visto assumere droghe. Gradirei davvero che queste false notizie smettessero di circolare una volta per tutte!».
L'argomento con quelle parole sembrava essere definitivamente chiuso.
«Capisco... beh, da un lato credo dispiaccia un po' a tutti che il vostro rapporto sia stato solo un'invenzione mediatica. Sembravate davvero una bella coppia.» cercò di sdrammatizzare l'intervistatore mostrandole un sorriso complice.
«Si certo, non lo dubito!» e finalmente la giovane ospite sciolse quella posizione sostenuta e si rilassò.
«Comunque vorrei specificare che ho deciso di superare il mio problema per amore del mio lavoro, ma soprattutto per quei fans che mi hanno sempre sostenuta.».
Dal pubblico si sollevò un applauso spontaneo che fece tornare il sorriso sul volto di Misako.
Si, lo avrebbe fatto per loro, per tutti coloro che non l'avevano abbandonata.
Il conduttore interruppe ancora una volta gli applausi.
«Questo certamente le fa onore. Ho infatti saputo che ha ricevuto nuovi ruoli cinematografici per alcune produzioni internazionali è vero?».
«Forse non dovrei confermarglielo, comunque è molto probabile che mi vedrete presto comparire in una produzione cinematografica hollywoodiana».
«Wow, questo è davvero straordinario!».
«La ringrazio molto! Appena possibile conto di darvene conferma, ma per adesso non posso che incrociare le dita». E voltandosi verso il pubblico mostrò le dita delle sue mani incrociate sorridendo sollevata. Ce l'aveva fatta! Ancora pochi secondi e tutto sarebbe finito.
«Bene signorina Sasaki non posso che ringraziarla per il tempo concessoci e invitare il pubblico al prossimo appuntamento con il nostro show a mercoledì prossimo alle sei!» e dopo aver aiutato Misako a sollevarsi dalla poltrona, il presentatore si voltò verso le telecamere pronunciando gli ultimi saluti, mentre la sua ospite ricambiava con un cenno timido della mano il saluto caloroso del pubblico.
Le luci rosse sugli strumenti di ripresa si spensero. Misako sapeva cosa significasse quel segnalale: erano giunti al termine della registrazione. Salutò per un ultima volta tutto il personale, anche quello dietro le quinte e poi imboccò il lungo corridoio che conduceva al suo camerino. Notò, già da una certa distanza, che qualcuno di famigliare l'attendeva appoggiato a quella porta che poco prima aveva chiuso con tanta amarezza nel cuore.
 
«Ce ne hai messo di tempo!».
Un ragazzo dai lunghi capelli neri tenuti raccolti in un codino le stava rivolgendo quelle parole di rimprovero così fredde ma al tempo stesso così piacevoli. Finalmente non doveva più trattenere le lacrime.
«Scusami Hiro ma io... io...» le gocce di pianto iniziarono, senza preavviso, a scenderle lungo le guance candide e morbide distruggendo, a poco a poco, ogni traccia del duro lavoro dei truccatori.
Misako, si vergognava di quell'attimo di cedimento, ma allo stesso tempo non riusciva a smettere di piangere.
Abbassò il capo e iniziò ad asciugarsi nervosamente il volto ormai umido con i palmi delle mani.
Mentre tentava in vano di trattenere i singhiozzi, due braccia forti, la strinsero. Sentì un grande calore giungerle al cuore e farla sentire meno sola. Poco dopo quel dolce contatto si interruppe, ma Misako ancora non riusciva a sollevare il suo volto: non voleva che proprio lui la consolasse, ma allo stesso tempo era anche l'unico che sarebbe riuscito ad alleviare il suo dolore . Sapeva di essere egoista ma in quel momento la voglia di dar sfogo a tutto il dolore che provava era più forte di qualsiasi altro pensiero.
Il ragazzo, le si avvicinò lentamente e tenendo stretto, tra l'indice e il pollice, il suo mento lo sollevò facendo in modo che lei potesse guardarlo negli occhi.
In quegli occhi Misako trovò dolcezza e comprensione, più di quanta ne meritasse.
Poi delicatamente lui l' avvicinò fino a far toccare le loro labbra.
Solo per pochi secondi si incontrarono nel profondo per poi lasciarsi ancora una volta.
«E' ora di raggiungere gli altri per la riunione. Sei pronta?» chiese Hiro guardandola con dolcezza.
«Si sono pronta!».
«Bene, allora andiamo!» la esortò abbandonando ogni carineria e tornando a rivestire i panni del ragazzo freddo e distaccato. Confidava nel fatto che la sua sicurezza potesse infonderle coraggio, quindi la spronò con decisione verso l'uscita di sicurezza.
Mentre si allontanavano, Misako rivolse per l'ultima volta il suo sguardo a quella porta chiusa sul suo passato. Non si sarebbe più voltata indietro, quella sarebbe stata l'ultima volta. Da oggi avrebbe guardato avanti, senza più rimpianti. E come avrebbe potuto fare diversamente quando lì, dinnanzi ai suoi occhi, c'era l'immagine di un bellissimo e dolcissimo ragazzo dai capelli corvini con giubbotto di pelle e jeans che le teneva saldamente la mano. Non poteva permettersi di deludere anche lui. Questa volta non avrebbe fatto errori.
 
 
La stanza era essenziale nell'arredamento. Le pareti erano completamente bianche.
L'unica caratteristica a non passare inosservata era la grande vetrata alle spalle della scrivania, dalla quale si potevano scorgere i palazzi che gradualmente si riempivano di luci iridescenti mentre il cielo abbandonava i colori caldi del giorno per quelli freddi della notte.
Sulle pareti spuntavano collocati in rigide cornici poster e manifesti di concerti, film e rassegne televisive. Ognuna di queste era ordinata minuziosamente per grandezza e importanza all'interno della stanza. Ultimo vezzo, di qualche arredatore non troppo eccentrico, era un divano rosso posizionato a poca distanza dalla porta d'ingresso accanto a un'insolita pianta grassa.
Questi erano, insieme ai manifesti, gli unici tocchi di colore a dominare in quell'ambiente freddo e asettico.
Su un'enorme sedia di pelle nera, come la scrivania, sedeva un uomo sulla cinquantina. I capelli brizzolati erano stati tirati meticolosamente indietro con abbondante uso di gel.
La cravatta rossa su un completo nero e camicia bianca, non sembravano conferire nulla di nuovo all'atmosfera di quell'ambiente. Anzi si presentavano in piena linea con le scelte dell'arredamento. Era evidente che tutto era stato fatto per ricordare a chiunque entrasse, di chi fosse quella stanza e quanto potere decisionale avesse l'uomo seduto a quella scrivania.
Quest'ultimo era pienamente assorto nel suo lavoro d'ufficio: leggeva, scartava, firmava fogli e fogli di documentazioni varie.
Ma nella stanza non era solo.
Un ragazzo di corporatura muscolosa gli voltava le spalle. La sua attenzione era rivolta al panorama che gradualmente cambiava forma con il passare dei minuti.
Era vicino la vetrata e sembrava che entrambi si ignorassero volutamente in attesa di qualcosa. Era come se ognuno, a modo suo, stesse cercando di impegnare il proprio tempo.
La giovane figura che si rifletteva sul vetro della stanza poteva avere si è no una ventina d'anni portava i capelli ricomposti in una cresta alta almeno dieci centimetri.
Mentre un lato della testa era rasato e recava il disegno stilizzato di un teschio, l'altro seguiva la scalatura necessaria per ricongiungersi al centro con il gruppo dei capelli più lunghi che davano forma all'insolita pettinatura.
L'abbigliamento era effettivamente meno eccentrico: una canotta bianca che gli lasciava esibire la muscolatura ben definita dei suoi bicipiti, e un jeans largo blu scuro con qualche lacerazione qua e là.
Sul divano rosso all'ingresso della stanza sedevano altri due personaggi, anche questi non meno bizzarri del precedente. Accostati l’uno all'altro, che al confronto con il precedente, sembravano un duo comico, perché per modi di fare e stile erano visibilmente su poli opposti.
Il più alto sedeva con una gamba elegantemente accavallata sull'altra.
La posizione scopriva parte della caviglia sinistra esibendo alcuni dettagli del suo abbigliamento.
I calzini viola che si offrivano gratuitamente alla vista erano evidentemente di alta qualità un po' come tutto il suo abbigliamento.
Indossava un completo gessato nero e bianco con delle scarpe di pelle nera pulite a lucido.
La camicia viola, come i calzini, era impreziosita dalla presenza di un gilet che completava il suo look elegante e sofisticato. I capelli neri erano ordinati in un taglio semi rasato che metteva in evidenza la sinuosa linea curva dell'attaccatura dei capelli oltre che la presenza di un piercing sul sopracciglio destro.
 
Accanto a lui, in una posizione meno formale, c’era un ragazzo di corporatura più minuta. Questo, al contrario del precedente, si era lasciato scivolare dolcemente fino ad assumere una posizione scomposta davvero poco consona all'ambiente.
A differenza dei due ragazzi era quello che osava di più. Infatti, indossava una maglia lunga verde acido con scritte rosa gialle e turchesi. I capelli lisci e rossiccio, spuntavano ribelli da sotto un cappello verde in tinta con la maglia. Portava le braccia incrociate a livello dello stomaco mentre con fare scocciato batteva ripetutamente uno dei piedi sul pavimento. Sembrava proprio un bambino capriccioso messo in punizione.
Le scarpe rosa che indossava rappresentavano l'ultimo accanimento stilistico sul suo abbigliamento già evidentemente bizzarro.
Se il più alto, con il suo telefono di ultima generazione tra le mani, tollerava pazientamene l'attesa, perché completamente coinvolto nella lettura dei messaggi di posta elettronica, l'altro si mostrava palesemente scocciato e infastidito.
 
Finalmente quell'attesa estenuante finì.
Il telefono sulla scrivania squillò per due volte prima che l'uomo elegante si accingesse a rispondere.
 
«Pronto? Si sono io... allora stanno arrivando?» indugiò qualche secondo in attesa di una risposta.
Perfetto!» si limitò ad aggiungere con tono compiaciuto prima di riattaccare.
 
«Rio, J.J., Daisuke....vorrei parlarvi prima che arrivino gli altri. Con loro ho già discusso della cosa e sono d'accordo su tutta la linea...».
I tre ragazzi concentrarono tutta la loro attenzione sul discorso che di li a poco l'uomo alla scrivania si sarebbe apprestato a sostenere. Non dissero nulla ma nella loro mente ognuno aspettava silenziosamente di scoprire quale sarebbe stato il loro destino.
 
«Bene ragazzi, sarò breve, sapete benissimo che vista la situazione in cui ci troviamo, la cosa più importante al momento è tutelare la vostra immagine.
Voi ancora non lo sapete perché vi ho costretto a restare chiusi in questa stanza con me ad attendere delle spiegazioni, ma pochi minuti fa Misako ha tenuto un' intervista con la quale ha confessato i suoi problemi di droga scagionando da ogni accusa Eichi. Purtroppo a causa della loro storia, come ben sapete, lui ha deciso, sotto consiglio del vostro manager, di allontanarsi dalle scene per un po'. Ovviamente noi non possiamo permetterci che la notizia si diffonda, perché altrimenti si scatenerebbe un inferno mediatico di dimensioni catastrofiche. Sicuramente i giornali e le televisioni si inventerebbero che si è allontanato per disintossicarsi o altro e questo renderebbe inutile il sacrificio di Misako...»
JJ, il più giovane del gruppo, si abbassò il cappello sugli occhi, cercando di mascherare un sogghigno sarcastico, che non passò inosservato.
«...capisco che il vostro rapporto con Misako non sia dei migliori in questo momento, ma dovete ricordare sempre che siete una famiglia e se non lo...» l'uomo non riuscì a terminare la frase, che subito venne interrotto da J.J.
«Tseh... famiglia! In una famiglia non ci si comporta come hanno fatto loro! Sono due traditori senza possibilità di perdono. In una famiglia bisogna sapersi fidare l'uno dell'altro, ma dopo quello che hanno fatto ad Eichi hanno perso tutta la mia fiducia oltre che tutto il mio rispetto. Se solo avessi tra le mie mani quel bast...».
«JJ, basta!» intervenne Rio.
Il ragazzo in gilet, che fino a quel momento aveva analizzato la situazione da bravo stratega, interruppe l'amico zittendolo prima ancora che con le parole con il suo sguardo gelido e distaccato.
«non serve a nulla adesso reagire così, se davvero vuoi essere vicino ad Eichi devi ascoltare il direttore, sicuramente lui sa quello che fa. Prego signor Otzuki, continui pure...» e con una mano, il membro più anziano dei ragazzi, invitò l'uomo in cravatta a continuare il discorso appena interrotto.
«Bene, quello che volevo dirvi è molto semplice. Per evitare che si noti la mancanza di Eichi, io e Hiro abbiamo pensato che la soluzione migliore sarebbe che ognuno di voi inizi una carriera da solista, in modo che almeno si possa continuare con i live senza che nessuno badi troppo alla mancanza di Eichi...».
Daisuke che fino a quel momento era rimasto fermo ad ascoltare la conversazione ancora di spalle mentre guardava fuori dall'enorme vetrata, si voltò scioccato alla notizia.
«E come crede faremo senza Eichi? Era lui a scrivere i testi delle nostre canzoni. Si noterà sicuramente il cambiamento di stile...» spiegò mentre si avvicinava lentamente ai suoi compagni, quasi cercando da parte loro un supporto alla sua obbiezione.
«Beh, per questo abbiamo una soluzione....» il signor Otzuki lasciò in sospeso l'affermazione sperando che i ragazzi la completassero da soli, ma non fu così.
«...ci penserà Hiro a scrivervi le canzoni.»
«Cosa? Lei sta scherzando!» insorse JJ alzandosi di scatto dalla seduta comoda del divano avvicinandosi con atteggiamento aggressivo verso la scrivania al centro della stanza. Sembrava davvero fuori controllo.
La sola idea di dover dividere il suo tempo con quello che considerava solo un traditore lo irritava incredibilmente.
«Calmati JJ!» lo invitò comprensivo il direttore, provando a tranquillizzarlo.
«Calmarmi? Perché dovrei calmarmi? Io con quella serpe non voglio avere nulla a che fare»il suo tono diventava sempre più aggressivo.
Finché non fu interrotto bruscamente da Rio che, strattonandolo dalla maglia, lo costrinse a riprendere posto sul divano.
«Ho detto di non fare scenate JJ!» con il suo sguardo severo rimproverò ancora una volta l'amico per la reazione eccessiva appena avuta, «questa è la soluzione migliore che il direttore Otzuki potesse offrirci.
Non capisci che Hiro è l'unico ad aver aiutato Eichi nella stesura di alcune delle nostre canzoni ed è anche l'unico che saprà eguagliarne lo stile?».
Come un bambino a cui era stato appena proibito di mangiare il dolce prima di cena, JJ si chiuse nella sua solita posizione scomposta.
Era consapevole che Rio aveva ragione, ma non poteva accettare che, un ipocrita come Hiro, prendesse di lì a poco il posto di Eichi.
Questo proprio non poteva sopportarlo.
Il suo silenzio fu letto come un tacito consenso.
«Beh, se non ci sono altre obbiezioni ragazzi, io direi che è la soluzione migliore per voi e per Eichi.».
«Signor Otsuki, mi permetta di aggiunger ancora qualcosa...» Rio, sempre composto nei modi, attendeva che il direttore gli concedesse di continuare.
«certo Rio, dimmi pure!».
«Volevo solo puntualizzare un paio di cose: punto primo il fatto che noi lavoreremo con lui non significa che lo perdoneremo e che le cose torneranno magicamente come prima. Ha tradito tutti noi ferendo Eichi con il suo egoismo, e credo che dei presenti nessuno sia ancora pronto a cancellare l'accaduto.
Per quanto riguarda Misako, invece, sappiamo quanto il suo gesto le sia costato a livello di immagine e carriera, è stato indubbiamente un rischio, ma allo stesso tempo è stata una sua decisione, nessuno l'ha costretta a dire quelle cose in diretta televisiva. Quindi almeno per quanto mi riguarda non credo che questo le servirà a recuperare punti come persona. Lei è stata quella, che senza dubbio, ha ferito di più Eichi. Niente sarà come prima, questo spero che lei lo capisca.
Se tollereremo Hiro ancora tra di noi sarà solo nella speranza che Eichi un giorno decida di tornare. Lui è e sarà sempre l'unico leader dei BB5 e nessuno potrà sostituirlo.
Io, Daisuke e JJ resteremo solo fintanto che lui sarà con noi. Se un giorno deciderà di mollare tutto, lo seguiremo. Non ci importa delle conseguenze. Vogliamo che lei si prepari alla possibilità che ciò accada. Preferiamo essere onesti perché ha fatto davvero tanto per noi. Sappiamo che nei suoi confronti questo potrebbe essere visto come un tiro mancino, ma per noi certi valori sono più importanti di altri.
Se c'è una cosa che Eichi ci ha insegnato in tutti questi anni è che l'amicizia non si può barattare con il successo. Se siamo dove siamo lo dobbiamo principalmente a lui e al suo impegno. Non ci sogneremo mai di tradirlo per niente al mondo. Se Eichi va via, andremo via anche noi.».
 
JJ Guardava Rio con una punta di orgoglio nello sguardo, mentre Daisuke poggiata una mano sulla spalla dell'amico in segno di supporto scambiò con lo stesso un sorriso di consenso. Ora i tre ragazzi ormai in piedi davanti al direttore aspettavano, con un'espressione seria sul volto, una sua possibile reazione a quelle parole.
«Tutto qui?» esordì il direttore lasciando di sasso i tre ragazzi che non si sarebbero mai aspettati una risposta del genere. Incominciarono a guardarsi tra loro, insolitamente sorpresi dalla quasi totale indifferenza del signor Otsuki.
«Ragazzi vi conosco ormai da cinque anni, sono stato io a volervi rappresentare con il marchio della King Records, proprio perché in voi vedevo un gruppo di ragazzi che, sapevo, non mi avrebbero mai deluso; e infatti non lo avete fatto neanche questa volta. Mi sarei meravigliato molto di più se Rio questo discorso non me lo avesse fatto.
Capisco le vostre motivazioni e credo che, anche volendo costringervi a continuare, il risultato senza Eichi non sarebbe lo stesso. Quindi non mi resta che lasciarvi liberi di prendere la decisione che reputerete più giusta. Non posso negarvi che mi dispiacerà parecchio non avervi più intorno, ma allo stesso tempo sono convinto che non prendereste una decisione così importante senza averci riflettuto seriamente prima.» e rivolse ai tre ragazzi un sguardo compiaciuto. Era davvero orgoglioso di loro.
Questi tre ragazzi alle volte sono davvero più maturi della loro età”.
Due colpi secchi alla porta, i quattro simultaneamente si voltarono verso di essa.
«Prego...»disse il direttore tornando ad assumere una certa autorità.
Poco dopo la stessa si aprì. Ne emersero una ragazza slanciata con dei lunghi capelli castano chiaro vestita di tutto punto e un ragazzo alto con un giubbino di pelle e dei capelli lunghi fino alla spalla tenuti stretti in un codino.
 
«Benvenuti ragazzi, aspettavamo giusto voi due per concludere il discorso!».
JJ, Rio e Daisuke non sembravano essere sorpresi dal loro ingresso. Al contrario il loro sguardo si fece ad un tratto severo e accusatorio. Era evidente che non circolasse buon sangue tra loro, anche un ceco se ne sarebbe accorto. La tensione si misurava nell'aria. Sia Hiro che Misako reggevano con tensione malcelata le occhiatacce del trio. Poi, prima che Hiro potesse aprir bocca, l'elegante ragazzo in gilet, contro ogni previsione, gli si avvicinò e gli porse la mano a palmo aperto aspettando che l'altro gliela stringesse.
Hiro lo scrutava scettico, non capiva a cosa dovesse quellinaspettato atto di generosità. Sapeva di non meritare il loro perdono, perché quello che aveva fatto era ingiustificabile.
L'unica cosa che gli rimaneva era cercare di rimediare nel miglior modo possibile.
Quella mano sospesa sembrava essere lì già da troppo tempo, quando improvvisamente Hiro la strinse sotto gli occhi scettici degli altri spettatori. Ii loro sguardi intensi scrissero un dialogo muto fatto di sottili e imperscrutabili sottintesi.
Sia Hiro che Rio erano i membri più grandi del gruppo. Il primo aveva 23 anni il secondo 25, ed erano stati sempre concordi nella maggior parte delle decisioni prese. Questa volta non sarebbe stato diverso.
La presa era salda da parte di entrambi. La stessa si sciolse dopo poco e insieme a quell'imbarazzante silenzio, stroncato dal più grande dei due.
«Hiro, non ti aspettare nulla da noi. Se abbiamo deciso di accettare questa soluzione è solo per il bene di Eichi.» poi rivolse uno sguardo gelido a Misako. La ragazza ne rimase congelata, tanto che fu costretta ad abbassare la testa per mettersene al riparo. Voleva davvero evitare quelle occhiate accusatorie.
Niente sarebbe servito a rimediare, lo sapeva e dopotutto doveva rassegnarsi: aveva perso quello che aveva di più caro al mondo: Eichi, Rio e la loro amicizia. Ma proprio adesso che non aveva più niente da perdere poteva rischiare con tutta se stessa.
Ad un tratto sentì la mano di Hiro stringere con più forza la sua e capì che le stava chiedendo di non abbandonarlo. Quindi si fece forza e tornò a confrontarsi con le accuse silenziose che poteva leggere negli sguardi orgogliosi dei tre ragazzi dinanzi a se.
«Tranquillo Rio, questo lo so benissimo! In fondo lo facciamo entrambi per lo stesso motivo.»
«lo stesso motivo un corno!» insorse JJ il cui temperamento impulsivo era stato già fintroppo contenuto.
«Tu non meriti di respirare la nostra stessa aria, sei un verme viscido. Eichi si fidava di te e tu come lo hai ripagato? Fregandogli la ragazza nel modo più basso possibile. Neanche il peggiore dei nemici si sarebbe comportato come hai fatto tu. Sei un vigliacco e mi fai schifo. Parli di volerlo aiutare, ma bravo il nostro samaritano! Prima lo distruggi e poi ti vuoi prodigare per ricomporre i pezzi del suo cuore? Adesso che ti aspetti? che alla fine di questa storia ti applaudiremo e che ti diremo anche grazie? Beh, scordatelo! Con noi hai chiuso! Vali meno di niente! E poi tu cara mia sei peggio di lui. Ricordati: hai lasciato il ragazzo migliore che avresti mai potuto avere... fanculo! ».JJ senza aggiungere altro uscì sbattendo violentemente la porta.
Daisuke fece per seguirlo, ma fu bloccato da Rio che gli sbarrò la strada con un braccio. 
«Bene, come vedi, la situazione non sarà semplice. Sicuro di voler continuare?».
Hiro non staccava i suoi occhi da quelli dell'ex-compagno.
«Certo!» gli rispose con convinzione.
«Perfetto, ci vediamo in studio domani. Signor Otzuki, a questo punto, credo che la riunione possa dirsi conclusa» e dopo essersi chinato in segno di rispetto verso il direttore, lanciò un ultimo sguardo ad Hiro e Misako, poi uscì dalla stanza seguito da Daisuke.
Nel corridoio che conduceva all'uscita incrociarono JJ che nel frattempo aveva già chiamato il loro autista.
Rio più guardava il giovane amico e più si sorprendeva a invidiarlo. Ripensava ancora a Misako e a Hiro e doveva ammetterlo: vedere le loro mani intrecciate gli faceva uno strano effetto.
Era già stato difficile sopportare il rapporto tra lei e Eichi, ma adesso che questo si era interrotto non sapeva più cosa pensare.
L'aveva amata come non mai e aveva resistito con fatica a confessargli il suo amore per il bene di Eichi e per la loro amicizia. Ma adesso che vedeva Hiro accanto a Misako non poteva evitare di nutrire emozioni contrastanti: invidia, rabbia, tristezza, rancore unito a un pizzico di rimpianto e forse sollievo.
Chissà, magari se avesse messo a nudo i suoi sentimenti, probabilmente adesso sarebbe stato lui a ricoprire i panni dell'amico traditore e non Hiro.
Alle volte invidiava l'esuberanza di JJ che era capace di dare sfogo ai suoi sentimenti così liberamente. Quanto avrebbe voluto togliersi quel peso dal cuore anche lui, ma sapeva che non poteva permetterselo, o almeno non più.
Adesso che Eichi non c'era, toccava a lui gestire la situazione e non poteva permettersi sbandate inutili. Nel frattempo fuori aveva incominciato a piovigginare.
«Tu credi se ne sia pentito?» fu Daisuke a interrompere i suoi pensieri.
Erano appena usciti dall'edificio e attendevano, sotto l'ombrello, che sopraggiungesse la loro macchina. Rio prese tempo, quella domanda era la stessa che continuava a farsi lui da quando aveva scoperto della loro relazione.
«Vorrei tanto saperlo anche io....».
«Ragazzi l'auto è arrivata!» pochi passi più avanti J.J., ormai fradicio, richiamava gli amici con un movimento ampio della mano. Daisuke e Rio, entrambi sotto lo stesso ombrello, si mossero verso l'auto nera che li attendeva.
 
Si può amare tanto una persona, da lasciarla andare via senza che lei sappia mai dei vostri sentimenti? Senza che le vostre labbra si siano mai incontrate, senza poter mai scoprire se il vostro amore sarebbe stato ricambiato?
Beh credo proprio che lo sciocco qui sia solo io! Il mondo intero ride di me. Sono un vigliacco, proprio come Hiro. In fondo non credo di essere tanto meglio di lui!”
 
Rio guardava fuori dal finestrino la gente scappare tra le strade in cerca di un riparo. Si, anche lui avrebbe voluto ripararsi dai suoi sentimenti, da quel dolore nel profondo che aveva segretamente custodito per troppo tempo. Per quanto ancora sarebbe riuscito a nasconderlo?
 
 
 
«Fatto!».
Andrea si stiracchiava, seduto alla scrivania di quell'enorme stanza.
La cosa che aveva notato, era che diversamente da quanto ci si aspetterebbe dalla stanza di un ragazzo di 22 anni non c'era aria di vita. Sembrava un ambiente non vissuto tutto era nuovo e senza neanche un graffio. In fin dei conti non lo conosceva e quindi probabilmente o era un tipo che non amava molto l'aria di casa o un ragazzo eccessivamente fissato per l'ordine.
Fatto sta che dopo poco ci aveva già fatto l'abitudine. Inizialmente aveva avuto paura addirittura a muoversi in quell'ambiente. Ogni volta che si trovava che era lì per lì per far danni, le tornava in mente Mary.
Ricordava perfettamente la sua faccia quando lo rimproverava per il disordine e per tutte quelle volte che per errore distruggeva qualcosa in camera sua.
Chissà come stava? Lasciarla era stata dura ma in fondo sapeva che era la cosa giusta.
Aveva appena inviato una mail a sua sorella, sperava davvero che le sue parole e il suo umorismo da quattro soldi potessero raggiungerla e farla sorridere.
TOCK TOCK!!
Qualcuno aveva bussato alla sua porta.
«Avanti!».
Questa si aprì lentamente.
«Ciao Andrea ti disturbo?».
Era il signor Marini. Un tipo magro, anche troppo, di carnagione chiara e con dei capelli biondi che ormai tendevano al bianco. Aveva un viso pulito senza barba ne baffi. I suoi occhi erano grandi e di un verde brillante. La convivenza aveva fatto emergere tutto il suo carattere espansivo.
Se sul lavoro era intransigente e serio, quando era a casa si trasformava in un tipo davvero simpatico.
 
 
«Certo che no!» e con un gesto della mano Andrea lo invitò ad accomodarsi.
«Grazie» l'uomo entrò e richiusa la porta si sedette sul letto. Era stranamente serio.
«Andrea ho bisogno di parlarti di una cosa importante...».
 
Ruotando la sedia verso il letto, Andrea si mise in posizione d'ascolto: braccia incrociate a livello dello stomaco e gambe accavallate. Adesso era tutte orecchie.
«Bene da dove posso incominciare?» il signor Marini sembrava agitato e non faceva che torturarsi le mani.
«Mi dica pure!» lo incoraggiò Andrea che lo vedeva seriamente in difficoltà. E anche lui incominciava a preoccuparsi.
«Caro ragazzo tu sai benissimo che il tuo arrivo in Giappone ha coinciso anche con l'arrivo di Eichi in Italia!?». Sembrava più un'affermazione che una domanda.
«Certo!» rispose sicuro Andrea.
«Benissimo! Vivendo in Giappone prima o poi potresti venire a saperlo comunque...».
«Cosa potrei venire a sapere?» ora il suo livello di preoccupazione era alle stelle.
«Andrea, devi sapere che Eichi non è un ragazzo come tutti! Lui è una star qui da noi! È il leader di una nota boy band, il cui nome è BB5 o meglio Bad Boys 5 ».
«Lei sta scherzando?» Andrea era letteralmente scioccato.
Il signor Marini lo guardava colpevole. In fondo sapeva di aver sbagliato a non essere stato sincero con il ragazzo fin dall'inizio.
«Avrai notato che in tutta la casa come in questa stanza non ci sono sue foto da piccolo, questo perché lui in realtà non vive qui».
«si infatti avevo notato che qualcosa non andava, però da quello a immaginare che era una star il salto è troppo grande anche per me!»
«capisco che la cosa possa lasciarti un po', come dire, sotto shock!»
«sotto shock è il minimo. Ma mio padre ne è a conoscenza?».
«certo che ne è a conoscenza! Non avrei mai potuto omettergli una cosa del genere!» Andrea tirò un sospiro di sollievo.
«Ma tua sorella non sa nulla !» si apprestò ad aggiungere poco dopo il signor Marini.
Quell'attimo di sollievo fu subito inghiottito dall'ansia.
«Perché a lei non è stato detto nulla?»
«Beh, vedi Andrea, l'identità di Eichi deve rimanere segreta il più possibile, se ho deciso che lui venisse a stare da voi è perché lì sarebbe stato sicuramente più al sicuro dal caos mediatico..
Se gli avessimo prenotato un albergo adesso sicuramente lo avrebbero già rintracciato.
Tornando a tua sorella, invece, non vogliamo che lo sappia, dico vogliamo, perché tuo padre è d'accordo con me, per evitare che Eichi pensi troppo al suo lavoro di musicista.
Pensiamo che se tua sorella lo sapesse incomincerebbe a fargli domande scomode sul suo ruolo nel gruppo e tutto il resto...»
«Ma come mai Eichi ha dovuto lasciare il Giappone?»
«Diciamo che, ha avuto dei problemi con la band, ecco svelato il motivo per cui non vogliamo gli si ricordi il suo ruolo come leader. Ha bisogno, come dire, di staccare la spina. Mi capisci?»
«Si capisco!» disse afflitto Andrea.
«Questo vuol dire che dovrò mentire a mia sorella giusto?» continuò rassegnato.
«So di chiederti molto, tuo padre mi ha detto di quanto siate legati l'uno all'altra, ma per questa volta devo chiederti di mentirle, anche per il suo bene!».
Andrea non aveva mai dovuto mentire a sua sorella. Ma questa volta le circostanze glielo imponevano e non poteva proprio tirarsi indietro.
«D'accordo!».
«Bene ragazzo mio, sono davvero soddisfatto della tua decisione!» e gli rivolse un sorriso smagliante.
«Ma le sorprese non finiscono qui!»
«In che senso?» Andrea incominciava ad aver paura che qualcos'altro d'inverosimile potesse saltar fuori.
«Non ti ho ancora detto tutto. Io non sono il vero zio di Eichi ma ho da poco preso il posto del suo ex manager. In realtà mi sono trasferito proprio perché conoscevo la madre di Eichi ed è stata lei a propormi per questo ruolo, che non ho potuto fare a meno di accettare con estremo piacere...».
Come immaginavo le assurdità non finiscono qui!”
«..tuo padre mi ha riferito che in Italia hai tenuto dei corsi di giapponese, quindi conosci la lingua giusto?»
«Si in effetti!» Andrea non capiva dove voleva andare a parare.
«Perfetto! Quello che ti sto proponendo è un'offerta di lavoro senza precedenti: ti permetterà di imparare meglio la lingua e allo stesso tempo di mantenerti senza gravare troppo su tuo padre..»
«E cosa dovrei fare?» era sinceramente incuriosito dall'offerta.
«Beh dovresti farmi da assistente o meglio dovresti farlo ai BB5!».
«Cosa?»


NOTA:
Salve a tutt! Volevo cogliere l'occasione per ringraziare tutti coloro che hanno iniziato a leggere la mia storia e tutti i miei fututi lettori oltre che precisare le scadenze per l'uscita dei capitoli. Ogni lunedì, salvo imprevisti spero di pubblicarne uno o almeno una parte dello stesso. Spero che l'attesa non si riveli troppo estenuante.
Prima di lasciarvi, ho per voi un paio di video sulla storia tra Eichi, Misako e Rio che vorrei inserire. Spero si rivelino di vostro gradimento. Al prossimo capitolo ^.^ 
https://www.youtube.com/watch?v=wsOUnzKAUMg.
https://www.youtube.com/watch?v=ZYwbBjz-cM0
 

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Capitolo 3
*** RICOMINCIARE? ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 

Chiedo scusa per il ritardo ma ho avuto seri problemi con il computer e con internet, spero di non avervi fatto attendere troppo. Ecco il terzo capitolo. Vi auguro una buona lettura. 
CAPITOLO 3
 
RICOMINCIARE?

 
ITALIA
 
 
 
 “Finalmente un po' di tempo da sola a casa! Mi mancavano questi momenti di solitudine. Oggi però mi toccherà sudarmela questa possibilità.
Allora vediamo da dove potrei incominciare? Forse fare il bucato sarebbe il primo passo, poi potrei lavare il bagno e di lì tutto il resto”.
 
Di solito Mary odiava il sabato mattina, ma questa volta non le dispiaceva per niente che fosse arrivato quel giorno della settimana.
Luigi aveva la giornata libera così aveva deciso, su due piedi, di portare Eichi a fare un giro mentre a lei toccano i lavori domestici. Ma per Mary andava bene, in fondo era quello che voleva anche lei.
 
Prese un cd e lo inserì nello stereo in soggiorno. Aspettò qualche secondo finché non vide comparire sullo schermo dello stesso l' “1” che indicava l'inizio della prima traccia. Se la musica classica era la soluzione migliore per rilassarla, quando si trattava di fare pulizie doveva ricorrere a una musica energica e che le desse carica. E non c'era niente di meglio del pop di Katy Parry. Adorava il suo stile originale. Avrebbe voluto essere capace di osare come faceva lei nei suoi video musicali, ma proprio non riusciva ad immaginarsi vestita con colori evidenziatore e minigonne, non poteva proprio permetterseli. Ritornando alla realtà decise che avrebbe iniziato dal bucato.
Avviò il primo ciclo di lavaggio. Doveva occuparsi anche delle robe di Eichi.
Era davvero imbarazzata all'idea del suo intimo tra le mani. Poi però si fece forza. Avrebbe fatto finta che fossero di suo fratello e tutto sarebbe stato meno imbarazzante. E infatti, così fu. Conclusi i successivi due cicli di lavatrice, salì sul terrazzo per stendere le robe al sole caldissimo di quell'estate. Fortunatamente una brezza soffiava leggera facendole sentire meno il peso di quel caldo afoso. Appeso l'ultimo paio di pantaloni, prese la cesta e ridiscese le scale fino a ritornare nel suo appartamento. Adesso doveva occuparsi del bagno e di tutte le altre faccende. Con la musica che l'aiutava, riuscì a finire anche prima del previsto. In due ore aveva ripulito quasi tutta casa. Adesso doveva soltanto andare a verificare che le robe, con quel caldo, si fossero asciugate. Riprese le scale e ritirato il bucato ridiscese in casa. Iniziò a piegare gli asciugamani e gli altri indumenti che non dovevano essere stirati. Dei pantaloni e delle camicie se ne sarebbe occupata nel pomeriggio, anche perché doveva pensare a cosa cucinare per pranzo.
Tra una sua mutandina, i boxer del padre e gli slip di Eichi concluse l'operazione in meno di cinque minuti. Adesso doveva solo rimetterli al loro posto. Dopo aver risistemato sia le sue robe che quelle del padre, arrivò davanti la stanza di Andrea. Entrò senza pensarci troppo, si era completamente dimenticata che lì non ci viveva più suo fratello ma un estraneo. Si avvicinò al cassetto dove era solito mettere l'intimo Andrea, ma quando lo aprì trovò dentro solo tante maglie colorate.
 
Che sciocca avevo dimenticato che questa non è più la camera di Andrea!
Perfetto e adesso? Forse non dovrei curiosare troppo tra le sue cose! Sarebbe meglio che gliele lasciassi sul letto, però a pensarci bene, che male c'è!”.
 
Un po' titubante incominciò ad aprire tutti i cassetti senza successo. Non riusciva proprio a capire dove tenesse l'intimo Eichi. Poi, come se avesse avuto un'illuminazione geniale, si ricordò del comodino vicino il letto. Aprì il primo cassetto, ed ecco lì i calzini e gli slip tutti sistemati in ordine scrupoloso. Iniziò a inserire quelli che aveva tra le mani stando attenta a rispettare le gradazioni cromatiche. Stava per chiudere quando qualcosa attirò la sua attenzione.
 
E questo cos'è?”.
 
Tra i calzini un pezzo di carta piegato spuntava irrompendo rigido in quella distesa di morbidezza.
Mary lo prese e aprendolo, rimase sorpresa nel notare il volto di una bellissima ragazza orientale dai capelli castani  raccolti in due trecce, con un vestitino a fiori.

"Deve essere una modella!" Intuì. "Ma che ci fà nel cassetto di Eichi? Caspita , perchè non ho mai voluto imparare il giapponese come Andrea! Adesso forse riuscirei a capirci qualcosa!che peccato!".
Accanto
all'immagine erano riportate delle notizie sulla ragazza, ma quella lingua per lei era equiparabile all’aramaico antico. Quindi, si arrese alla sua ignoranza e lo ripose nuovamente al suo posto, poi chiuse il cassetto e uscì dalla stanza.
"Che strano Eichi non mi sembra il tipo di ragazzo che tiene le foto di una modella nel suo cassetto solo perché le piace. Bah! Forse mi sono sbagliata, magari è un suo fan! Perché no? In fondo non lo conosco ancora così bene per dire cos'è e cosa non è!"
Scosse la testa, come per scacciare quel pensiero senza senso, poi tornò alle sue faccende. Per concludere in bellezza spolverò alla meglio anche la camera di Eichi facendo attenzione a risistemare tutto come l'aveva trovato.
Dopo si dedicò a un'altra delle sue passioni: la cucina.
Era quasi tutto pronto. La tavola era già apparecchiata. Mary si preparò ad attendere pazientemente il ritorno del padre e di Eichi. Era davvero soddisfatta del lavoro fatto in una sola mattina, ma era anche completamente distrutta.
Poco dopo il suono del citofono risuonò riscuotendola dai suoi pensieri .
 
Dopo pranzo Mary era ancora affaticata dalle pulizie della mattina. Avrebbe dovuto iniziare a stirare, ma non riusciva a muovere neanche un muscolo. Tutto il suo corpo le chiedeva tregua.
Era chiusa in camera sul suo letto da circa un'ora o poco più, aspettando in vano di riuscire a trovare il coraggio di alzarsi. Prese svogliatamente il telefono tra le mani.
 




Chissà cosa starà combinando Angela?”
 
Era davvero tentata. Voleva mandarle un messaggio, poi però vide l'orario e scattò subito in piedi.
“Cavolo è già così tardi? È meglio che mi muova altrimenti non finirò neanche per domani!”.
Uscì dalla stanza per dirigersi in cucina, dove trovò Eichi intento a scrivere qualcosa sul suo solito blocchetto.
Lui la salutò e lei ricambiò come al solito. Ormai si era abituata alla sua presenza e doveva ammetterlo, non si sentiva più a disagio come all'inizio.
Prese il ferro da stiro, la cesta con le robe e iniziò a stirare. Per non dare fastidio ad Eichi, prese ad ascoltare silenziosamente quell'mp3 causa del loro primo scontro. Così ebbe inizio il suo duro lavoro. Stirò dapprima le camicie del padre e poi le maglie di Eichi. Stirare era la cosa che odiava più di tutte sia per il caldo sia perchè finiva spesso con il bruciarsi.
Il telefono nella tasca dei suoi pantaloni squillò. Eichi si voltò istintivamente versò di lei. Mary per fortuna aveva inserito anche la vibrazione, altrimenti, con gli auricolari alle orecchie, sicuramente non lo avrebbe sentito.
Preso tra le mani il cellulare, si staccò gli auricolari decidendosi dopo il quarto squillo a rispondere.
«Pronto?
ah.. sei tu Angela! Come dici? Uscire? Sai benissimo che la sera non esco più! Perché ti ostini ad insistere?
Cosa centra Eichi ora? ah... beh... non hai tutti i torti!» Mary ora guardava il ragazzo con aria colpevole. lo stesso ricambiò interessato, aveva probabilmente capito che la discussione al telefono riguardava anche lui.
«Angela non so se a lui andrebbe bene...insomma, non credo sia un ragazzo a cui piaccia molto uscire... forse sarebbe meglio evitare!» ma Angela era decisa a non rinunciare così facilmente. Voleva, convincere l'amica, con la scusa di Eichi, a riattivare la sua vita sociale.
Da quando era morta la madre Mary si era rivelata davvero restia ad uscire per locali insieme ai suoi vecchi amici. Così aveva incominciato a isolarsi fino a non uscire quasi per niente. Se usciva adesso, era solo per andare all'Università o per altri servizi davvero indispensabili.
«Ok! Ok! Ora glielo chiedo, calmati!». Mary aveva abbassato il telefono poggiando la parte del microfono all'altezza della clavicola. Sperava che l'amica non potesse sentire una possibile risposta positiva di Eichi altrimenti, non ci sarebbero state più vie di scampo.
«Mm... Eichi, you and i dancing tonight?».
Eichi la squadrò interdetto per pochi secondi ancora, colto di sorpresa. Quando aveva deciso di partire per l'Italia non aveva messo in conto una situazione di quel tipo. Quella sua incertezza rappresentò per Mary un vero e proprio barlume di speranza. Il rifiuto di Eichi le avrebbe permesso di uscire da quella situazione scomoda. Non le andava proprio di uscire. Sperava davvero in un suo parere negativo. Per un attimo il volto serio del ragazzo sembrò darle la risposta che tanto aspettava e invece...
«ok!» concluse sorridendole amichevole.
«Yuuuuuuù!» dal telefono esplose un urlo di gioia. Era Angela che esultava per il successo raggiunto. Mary sospirò rassegnata riportando il telefono all' orecchio.
«Questa me la paghi, lo sai? Comunque, come funziona? Ci vieni a prendere tu? A che ora? Alle dieci? Ok, ok! Ho capito, tranquilla, per quell'ora staremo pronti. Ciao ti voglio bene anche io, a più tardi traditrice!». Poi chiusa la chiamata riposo nuovamente il telefono nella tasca dei pantaloni. Non poteva crederci quella sera dopo circa un anno sarebbe uscita di nuovo.
 
Mary in camera sua, guardava l'orologio al suo polso, erano le nove e non aveva ancora deciso cosa mettere. Il suo armadio era effettivamente molto triste.
Non era mai stata un tipo a cui piaceva vestirsi in modo appariscente o comunque in maniera eccessivamente elegante, poi Angela non le aveva dato nessun indizio sulla serata. Le aveva solo detto di trovare qualcosa di carino e metterlo.
 
Eh si, è una parola! Mi ci vorrebbe la fatina madrina di Cenerentola per riuscire a trasformare, almeno uno di questi indumenti in qualcosa di decente ! Sono proprio nei guai! Quanto invidio Eichi, sicuramente lui non si farà tutti problemi, i ragazzi con jeans e scarpe da ginnastica possono uscire di casa senza sembrare degli alieni, invece a noi quel tipo di abbigliamento è severamente vietato! Che ingiustizia!”
 
Mary rivoltò tutto il suo armadio. Era da troppo tempo che non usciva il sabato sera e non era minimamente attrezzata per l'occasione.
Dopo la morte della madre aveva gettato tutti i vestitini carini e le scarpette con il tacco, più per rabbia e frustrazione che per altro.
Tra tutte le magliette grigie, nere e bianche riuscì a trovarne una rossa con un gattino stilizzato nero disegnato sopra, che sfiorava la decenza. Mentre tra la sfilza di jeans l'unico che reputò adatto per la serata era nero sullo stile dei modelli a sigaretta. Li aveva comprati per capriccio, ma mai messi perché troppo aderenti e stretti. Purtroppo dovette rassegnarsi all'idea, che almeno per quella sera, non avrebbe trovato di meglio nel suo armadio.
Sospirò rassegnata prima di vestirsi. Ora toccava alle scarpe.
La scelta era davvero limitata: scarpe da ginnastica, scarpe da ginnastica e scarpe da ginnastica.
Insomma una tristezza!
Proprio mentre era lì pronta a metterne un paio qualsiasi ai piedi il campanello di casa suonò.
Chissà chi è a quest'ora?”
Ovviamente toccava a lei andare ad aprire, perché Luigi era troppo impegnato nel suo lavoro, ed Eichi probabilmente era ancora in camera a prepararsi. Uscì scalza dalla sua stanza e si precipitò alla porta. Guardò nello spioncino. Era Angela. Aprì la porta.
«Ciao amica come va?» entrò, superando la entusiasta. Dopo aver squadrato Mary dalla testa ai piedi il suo volto compiaciuto subì una paralisi istantanea. «Non dirmi che hai intenzione di uscire in queste condizioni?»
«Perché? non va bene?» la domandò preoccupata.
«Certo che no! Ti ho portato una cosina io! Certo che è proprio vero, senza di me saresti perduta!» e le mostrò una busta.
«e questa cos'è?» Mary la prese tra le mani e incominciò a sbirciarne il contenuto.
«Nulla di che è solo un vestito che ho realizzato tanto tempo fa per mia sorella! Voleva buttarlo e visto che era della tua stessa taglia ho pensato che potesse andarti bene! Tutto qui!» si apprestò a precisare Angela con aria indifferente.
«Non dovevi Angela! Ti sei disturbata davvero troppo! Ora che ci penso non credo di poterlo mettere questa stasera!»
«E per quale motivo?»
Mary abbassò la testa indicando all'amica con il suo sguardi i suoi piedi nudi.
«mi mancano le scarpe adatte per indossare un vestito del genere!»
Angela però non aveva ancora abbandonato quello sguardo fiero e quel sorriso compiaciuto dalla  faccia.
«Ti sembro così divertente?» Anche se non poteva ammetterlo si vergognava profondamente della sua mancanza di stile.
Ma prima che potesse aggiungere altro l'amica tirò fuori, a sorpresa, un'altra busta.
«Modestamente la tua fatina turchina ha risolto anche questo problema!».
«Non dirmi che sono proprio quello che immagino io!»
«Credo proprio di si invece!».
Mary aprendo la seconda busta scoprì che conteneva un paio di sandali neri con un tacchetto di cinque centimetri.
«Ho pensato che questi ti sarebbero andati a pennello e poi con quel vestito sono perfetti. Inoltre il tacco non è troppo altro, quindi potrai scatenarti e ballare quanto vorrai!» soddisfatta Angela lanciò un occhiolino complice all'amica.
Mary le saltò al collo stringendola fortissimo. Era davvero felice di avere un'amica come lei. Era previdente e sapeva sempre come e quando correre in suo aiuto. Le voleva davvero un mondo di bene.
«Guarda che così mi soffochi!» Mary si staccò dalla povera Angela con sguardo riconoscente.
«Grazie!»
«Non devi ringraziarmi tanto dovevo comunque farmi perdonare!»
«Sei davvero unica, lo sai? Io ti avevo già perdonata, non avevi bisogno di fare tutto questo per me!» Mary guardava commossa l'amica, che cercò di distogliere immediatamente lo sguardo da lei.
Non era abituata a certe smancerie, quindi cercò di cambiare immediatamente discorso!
«Guarda che devi spicciarti, abbiamo si e no mezz'ora, quindi non perdere tempo con frasi inutili!»
«Hai ragione mi cambio immediatamente! Ti va di venire con me?»
«Certo andiamo!»
Le due ragazze si chiusero in bagno.
 
Erano le dieci e un quarto. Luigi era in cucina a fumare come al solito la sua pipa, mentre Eichi in piedi aspettava paziente che le due ragazze uscissero dal bagno. Era stato indeciso per un bel po' sul cosa avrebbe indossato quella sera. Era da molto tempo che non usciva per divertirsi liberamente. Alla fine aveva optato per un jeans, una camicia grigia con gilet gessato e un paio di mocassini neri.
I capelli erano stati sollevati verso l'altro in una semi cresta.
 
Ma quanto ci mettono?”.
 
Erano passati più di 20 minuti da quando aveva incrociato Angela uscendo dalla sua stanza, sembrava andare molto di fretta, infatti aveva scambiato con lui un saluto rapido per poi entrare nella camera di Mary. Probabilmente era andata a prendere qualcosa.
Era davvero deprimente l'atmosfera in cucina, Luigi era seriamente inpensierito per il fatto che sua figlia avesse deciso di uscire dopo tanto tempo e non faceva altro che fissare nervosamente l'orologio mentre fumava. Sembrava di stare in una sala parto.
Finalmente quella situazione davvero sgradevole si concluse con l'arrivo di Angela.
«Ma cosa stavate combinando in quel bagno! Questo povero ragazzo vi sta aspettando da circa mezz'ora!» la rimproverò Luigi sbuffando rumorosamente.
«Ci scusi ma avevamo un'emergenza make-up da risolvere.»
Mentre Angela continuava a chiedere perdono a Luigi, Mary silenziosamente entrò nella cucina. 
Il primo a notarla fu Eichi.
“E questa chi è?”  Mary era splendida, abbandonato l'abbigliamento da maschiaccio che esibiva quotidianamente dava l'idea di una ragazza elegante e molto femminile. Eichi non si sarebbe mai immaginato che da quella ragazzina così timida e semplice potesse uscire un modo di vestire così sofisticato. Era sicuramente opera di Angela.
 
«You are wonderful! » disse a Mary poco dopo aver metabolizzato lo shock. Sembrava proprio un'altra persona. Era bellissima e affascinante come non mai.
Istintivamente sia Luigi che Angela interruppero il loro dialogo per osservarla.
Era davvero stupenda proprio come una di quelle bambole da collezione che si ha paura persino di toccare: indossava un vestito stile anni 50 con scollo a cuore, bianco, lungo fino sopra le ginocchia, gonfiato dalla presenza di un sottogonna di tulle nero. Il vero tocco di classe di quell'abito era un fiore nero ricamato all'altezza del seno. I capelli bruni ondulati erano stati raccolti in una sorta di acconciatura improvvisata, dalla quale usciva ribelle qualche ciuffo di capelli.
Il trucco era leggero ma perfetto per la sua carnagione candida. Appeso al collo inserito in un semplice laccetto in caucciù, un ciondolo a forma di stella completava il suo look.
Era davvero straordinaria. Angela aveva fatto un vero e proprio miracolo.
 
«Oh ma quanto sei bella!» esordì l’amica portandosi un dito vicino l'occhio e facendo finta di asciugarsi una lacrima.
«Ehi tu, non scherzare troppo con il fuoco!» la rimbeccò Mary, scherzosamente infastidita dalla fin troppo esplicita ironia dell'amica.
«comunque sei davvero splendida!» si intromise anche Luigi. Mary lo squadrò perplessa. Suo padre non era un tipo  aperto ai complimenti, in questo Andrea gli assomigliava molto.
Lo stesso dopo aver notato lo sguardo incredulo della figlia, fece due colpi di tosse interrompendo quell'attimo di completo imbarazzo e ritornando ai suoi doveri genitoriali. Era arrivato il momento di continuare con un discorso molto più importante.
«ovviamente so che non farete troppo tardi, dico bene?» e rivolse un'occhiata severa a tutti e tre i ragazzi. Fu Angela a rispondere per tutti.
«certo, non si preoccupi, le riporterò sua figlia e questo ragazzino dagli occhi a mandorla sani e salvi a casa!» salutato frettolosamente Luigi, prese sotto braccio prima Mary e poi Eichi, trascindoli via da quella situazione che sapeva sarebbe sfociata in una di quelle ramanzine da preserata.
Mary non aveva una borsa adeguata così decise che sarebbe stata Angela a custodire il suo cellulare e il suo borsellino fino alla fine della serata.
Giunsero al locale dopo circa mezz'ora.
Fu Angela a guidarli verso la meta. Chiunque si sarebbe meravigliato di vedere una ragazzina così piccina alla guida di un macchina imponente come un fuoristrada. Ma il suo carattere esuberante compensava perfettamente la mancanza in altezza. Era una belva alla guida. Alcuni dicono che le donne sono troppo incerte al volante ma questo ovviamente non valeva per Angela. Aveva un portamento alla fast and fourius, di tutto rispetto.
Dopo aver parcheggiato ed essere scesi dalla vettura, Mary si ritrovò a maledire la totale mancanza di informazioni sull'andamento della serata.
Angela li aveva portati ad un locale sulla spiaggia.
Ottimo! E adesso con questi tacchi come cammino?”.
Angela intuendo dallo sguardo dell'amica, cosa la stesse preoccupando, la prese sotto un braccio per rassicurarla.
«non preoccuparti per quelle!» e le indicò le scarpe «rilassati! Sei tesa come un tronco!».
Era vero Mary aveva il cuore a mille e davvero non riusciva a capire cosa le stesse succedendo. Non era mica la fine del mondo uscire un sabato sera e poi in fondo un anno non era poi tantissimo, cosa poteva essere cambiato!
Tutti quei pensieri non riuscivano a calmare la tensione che provava dentro. Quel ricordo maledetto ritornava a farle male. Eppure quella sera si era ripromessa che avrebbe fatto del suo meglio per coprirlo agli occhi dell'amica. Non voleva farla preoccupare troppo. E poi era giunto il momento di ricominciare. Non doveva chiudersi nel dolore doveva reagire proprio come aveva fatto Andrea.
Si da quella sera avrebbe fatto di tutto affinché molte delle sue paure venissero accantonate. Angela cercava solo di aiutarla, e il comportarsi in quel modo non le sembrava proprio il modo migliore per ringraziarla. Doveva provare a reagire almeno per lei.
Nonostante tutti i buoni propositi, Mary non riusciva a zittire quell'unica flebile vocina che nella sua testa non faceva altro che ripeterle che era tutto inutile e che certe cose non si possono cancellare.
«Ok ci proverò» le rispose Mary mostrandole un sorriso poco convincente.
Poi i tre si diressero verso l'ingresso.
Due bellissime ragazze in camicia bianca e pantaloncini neri accoglievano i clienti con un blocchetto tra le mani.
«Cognome....» disse una di queste rivolgendosi ai tre ragazzi.
«Turi!» rispose sicura Angela portandosi davanti agli amici.
«Prego ragazzi, questi sono i vostri exit, sapete che è compresa una consumazione vero?».
«Si si!»
«Perfetto! Non mi resta che augurarvi una buona serata e benvenuti al Guadalupe». La hostess all'ingresso congedò i tre, continuando con un altro gruppo di ragazzi, questa volta molto più numeroso di loro.
«Angela, ma è davvero così difficile entrare in questo locale? Insomma per arrivare a dover prenotare deve essere davvero molto esclusivo!».
«Beh si! Anche se, a dire il vero, io posso godere di un occhio di riguardo. Sai il proprietario è un amico di mio padre e non ho avuto alcun problema ad aggiungere all'ultimo momento un paio di posti anche per voi, quindi non preoccuparti ok?».
Angela aveva perfettamente afferrato cosa intendesse l'amica con quella domanda. Si stava preoccupando che avesse avuto qualche problema ad aggiungere lei ed Eichi all'ultimo minuto.
Mary tirò un sospiro di sollievo. Odiava essere di impiccio e creare troppi problemi agli altri.
«L'ingresso alla sala da ballo esterna è da questa parte!» e indicò ai due nuovi acquisti di quella sera la direzione da percorrere.
Dopo aver imboccato un piccolo corridoio interno, si ritrovarono nuovamente all'esterno.
A Mary sembrava di essere stata catapultata in un film hollywoodiano! Un sogno, ecco cos’era quel posto!
C'erano divanetti e sdraio bianche sparse a gruppi di quattro sull'intera spiaggia sotto dei grandi ombrelli fatti di palme, era come essere sbarcati nei Caraibi . Poche luci erano state sistemate sulla zona. Si trattava specialmente di piccoli faretti che emanavano una luce tenue e avvolgente. Tutto era progettato per suggerire l'idea di un posto intimo ed esclusivo.
Mary si sollevò nel notare che per raggiungere la pista da ballo e le diverse zone della spiaggia, in cui erano stati sistemati divanetti e sdraio, era stato allestito un camminamento in legno.
Era davvero tutto molto romantico. La pista da ballo era delimitata dalla presenza di alcune luci interrate distribuite a forma di cerchio. Vicino a questa aveva preso posto, su un piano rialzato la d-jey con la sua console. Era una ragazza bellissima dai lunghi capelli biondi e una maglia bianca a mezze maniche con il nome del posto e il logo di una radio locale molto nota.
A pochi passi dall'ingresso, Mary notò che era stato allestito un chiosco esterno coperto da un tetto di palme che serviva cocktails freschi e coloratissimi.
Mary era davvero sorpresa.
«Angela è tutto bellissimo!» non riusciva a staccare gli occhi da quel panorama da favola.
«Lo so, immaginavo ti sarebbe piaciuto!». Angela guardava con orgoglio mal celato l'amica. Era felice che tutto fosse di suo gradimento.
Eichi invece era del tutto indifferente a quell'atmosfera. Dava l'impressione che essere lì o no, per lui non facesse alcuna differenza. Si guardava intorno come se stesse cercando di sondare il territorio.
Angela lo scrutava facendo attenzione a non essere scoperta. Più l'osservava e più non riusciva a capire cosa passasse nella testa di quel ragazzo. E pensare che lei aveva fatto di tutto perché lui e la sua amica vivessero un'esperienza da non dimenticare. A quanto pare i suoi piani si sarebbero realizzati solo per metà.
«Bene ragazzi qui la musica è troppo alta, devo allontanarmi un attimo, devo vedere a che punto sono gli altri» spiegò loro Angela urlando.
«E ci lasci qui tutti soli?» Mary incominciava a preoccuparsi.
«Tranquilla è solo per pochi minuti cosa vuoi che succeda? E poi hai Eichi qui con te!» e con un leggero sbuffo sul braccio riscosse l'attenzione di Eichi che non smetteva di guardarsi intorno circospetto. Questo si girò troppo tardi per poter afferrare il filo del discorso.
«Arrivo subito!» e con un sorriso raggiante si congedò dai due.
Mary non sapeva cosa fare con Eichi, allora decise che la soluzione migliore era prendere posto su uno dei divanetti. Lo richiamò tirandolo dalla camicia e spronandolo a seguirla. Parlare era impossibile, la musica era davvero troppo alta. Quindi si sedettero e incominciarono a dare un'occhiata intorno. C'era proprio tanta gente quella sera. La musica era indubbiamente di buon gusto. La ragazza dj con le cuffie si dimenava su quel piccolo palco allestito per lei, cercando di movimentare la serata.
«Ragazzi voglio vedere le mani... più in alto! Più in altro! Fino a sfiorare il cielo! Questa notte è tutta nostra! E allora facciamolo vedere! Yeeee!».
Mary aveva la gola secca e decise che sarebbe andata subito a ritirare il drink che le spettava.
«Eichi, are you thirsty? I'm going to get a drink. Would you like some drinks? ».
Eichi riuscì a malapena a sentire cosa Mary avesse detto, e pensò che qualsiasi cosa le avesse chiesto, sarebbe stato meglio rispondere di no nel caso le avesse domandato di ballare.
«No, thanks!» disse rivolgendole un semi sorriso.
Poi prima che potesse rendersene conto la vide scomparire nella folla.
 
Ma dove se ne va adesso? In mezzo a tutta questa gente non la vedo più! Quella ragazza mi farà venire i capelli bianchi prima del tempo!”.
 
Eichi si era appena alzato cercando di capire dove fosse finita Mary. Finché la intravide al bancone del bar. Non fece in tempo a raggiungerla che fu bloccato da due ragazzine che iniziarono a strusciarglisi  vicino cercando di coinvolgerlo nella folla. Liberarsi da quelle due esaltate era una missione impossibile. Sembravano ubriache ed Eichi ogni volta che si liberava di una veniva bloccato dall'altra che lo tirava nuovamente nella folla. Nel frattempo cercava almeno di non perdere di vista Mary.
Lei intanto era arrivata appena in tempo. Il barman aveva appena finito di preparare i cocktails a due ragazzi che adesso avevano preso posto sugli sgabelli vicino al bancone del bar e poteva servire lei. I due nel frattempo la squadravano dalla testa ai piedi.
«Salve dovrei ritirare la mia consumazione, questo è il biglietto!» e mostrò al barista il foglietto dove era segnata la consumazione. Quest'ultimo lo strappò lasciandole solo la parte con l'exit.
«cosa ti preparo?» le domandò.
«non saprei!» Mary non voleva nulla di troppo forte, anche perché l'alcol non lo reggeva molto bene.
«che ne dici di un vodka pesca lemon?».
«certo va benissimo grazie!» rispose cercando di mascherare l'imbarazzo. Non essere capace di scegliere un drink la faceva sembrare proprio una bimbetta alle prime armi.
«Ehi Enrico, fanne uno buono per questa bella ragazza!» era uno dei due ragazzi seduti proprio vicino a lei a parlare. Entrambi si erano avvicinati a Mary accerchiandola.
«non preoccuparti Enrico preparane uno normale andrà benissimo lo stesso!» rispose Mary cercando di concentrarsi sul drink, che Enrico (il barista) stava finendo di preparare per lei. Sperava che questo potesse bastare per far capire a quei due che con lei non c'era storia. Voleva rompere il contatto di confidenza che quei ragazzi cercavano di instaurare con lei.
«Dai su non fare l'acida! Guarda che volevamo essere solo gentili!».
«Mi dispiace ma con me le vostre gentilezze si sprecano! Adesso devo raggiungere i miei amici» e dopo aver preso il drink si voltò per ritornare alla sua poltrona dall'altro lato del palco.  Magli stessi le bloccarono la strada immediatamente. Fece di tutto per cercare di svincolarsi da quell'accerchiamento soffocante, ma quei due esaltati non sembravano voler mollare la presa sulla loro preda.
«E dove sarebbero questi tuoi amici?» insistette uno di loro.
Mary era nel panico.
Cercava con lo sguardo Eichi ma non lo trovava.
I due ragazzi presero la palla al balzo e appena si resero conto della distrazione della ragazza ne approfittarono. Il più rapido dei due si mosse velocemente senza che Mary si accorgesse di nulla mentre l'altro riprese a stuzzicarla.
«Ehi ragazzina non dirmi che li hai persi? Se vuoi ti aiutiamo noi a ritrovarli!».
«Lasciatemi passare altrimenti sono guai!» Mary incominciava ad alterarsi.
«Ragazzi lasciatela andare!» era Enrico il barista a parlare. Con quello sguardo severo  avrebbe fatto paura a chiunque e poi i suoi muscoli la dicevano lunga sulla sua forza.
Mary si voltò verso di lui ringraziandolo con un cenno del capo.
I due ragazzi finalemnte si allontanarono da Mary permettendole di avanzare tranquilla. Ma proprio mentre Mary pensava di avercela fatta uno dei due la bloccò alle spalle tenendola stretta e sussurrandole qualcosa all'orecchio.
«non finisce qui bellezza! vedrai che tra poco sarai tu a cercare noi! Buona serata! Ci si vede in giro!». Mary aveva il cuore in gola e il drink le era quasi scivolato dalle mani.
Poi questo mollò la presa. Mary si voltò giusto in tempo per vedere il ghigno compiaciuto di uno dei due.
Mary maledì se stessa per essersi voluta allontanare da sola senza Eichi.
Ritornò al divanetto, il più in fretta possibile, ma Eichi non c'era.
Chissà che fine ha fatto!”.
Aveva il cuore a mille per l'incontro spiacevole di pochi minuti prima, e sentiva il bisogno di dimenticare tutto.
Prese il drink e lo bevve tutto d'un sorso. Voleva rimuovere le parole minacciose di quel ragazzo. Poco dopo Eichi uscì dalla folla. Mary lo vide raggiungerla con sguardo preoccupato. Era così felice di rivederlo, e gli sorrise sollevata, salutandolo con la mano libera.
Lui invece non la guardò nemmeno in faccia, semplicemente le strappò il bicchiere dalla mano e ne esaminò il contenuto: era vuoto, completamente vuoto!
«you drank the drink?».
«cosa?» la musica era alta.
Eichi era davvero agitato e dopo aver lasciato cadere il bicchiere per terra in malo modo, prese Mary per le spalle e avvicinatosi di più, tenendo i suoi occhi fissi nei suoi le ripetette la domanda.
Questa volta Mary recepì il messaggio, ed era seriamente spaventata dal suo comportamento.
“Ma insomma cosa gli prende adesso?”.
«Yes!» gli rispose ormai evidentemente scioccata dal suo atteggiamento eccessivo.
Eichi cambiò espressione, si mise una mano tra i capelli, adesso era visibilmente preoccupato.
In preda al panico pensò che l'unica soluzione era portarla via da lì immediatamente. La prese per un polso e la costrinse ad alzarsi.
Mary non capiva cosa gli prendesse. Avevano percorso si e no tre metri quando si arrestò bruscamente costringendo Eichi a fermarsi a sua volta. Questo si voltò verso di lei.
Era davvero fuori di se.
«Si può sapere che ti prende?» e con un gesto violento si divincolò dalla presa del ragazzo.
Eichi non fece in tempo a risponderle, che sopraggiunse Angela.
«Ehi ragazzi dove ve ne andate mano nella mano voi due? Non faccio in tempo ad allontanarmi che già vi fidanzate senza dirmi nulla?!».
«Fidanzarmi io? E poi con questo tipo fuori di testa?».
Mary continuava a massaggiarsi il polso, mentre spiegava all'amica il comportamento di Eichi. Le aveva fatto davvero male strattonandola in quel modo.
Poi d'un tratto incominciò a girarle la testa, si sentì leggera e prima che potesse aggiungere altro crollò senza sensi.
Eichi era riuscito a prenderla appena in tempo prima che cadesse al suolo.
Angela non poteva credere ai suoi occhi. La sua amica era appena svenuta.
«Mary, svegliati! Su non fare la stupida apri gli occhi!» cercava di farla riprendere dandole dei piccoli schiaffetti sulla guancia. Ma non sembrava funzionare.
Angela era davvero agitata e tanto che aveva incominciato a gridare come una pazza senza controllo.
«Mary, apri gli occhi! Vi prego qualcuno l'aiuti!» le lacrime incominciarono a scenderle calde sul volto.
«Angela calmati!» era Eichi a parlare.
Angela annuì cercando di recuperare la calma.
«Ho bisogno che torni in te e che chiami subito un'ambulanza! Io devo andare a risolvere una questione. Torno subito! ok?».
Angela annuì ancora una volta.
Dopo aver visto Angela recuperare il cellulare dalla borsa, Eichi si allontanò lasciandole Mary sdraiata con la testa sulle gambe.
Angela era ormai in ginocchio con la testa dell'amica appoggiata sulle cosce, mentre con delicatezza le scostava i capelli dal volto.
Era davvero in pensiero per lei. Parte dei ragazzi si erano avvicinati per controllare la situazione, anche il proprietario sentendo che una ragazza era svenuta era intervenuto per verificare.
 
 
Eccoli lì, ora sono cazzi vostri!”
Eichi aveva appena incrociato le persone che cercava. Assurdo quei due stavano torturando altre due ragazze.
«scusate...» li interruppe Eichi picchiettando sulle loro spalle.
«Ehi cinesino che vuoi?» chiese il primo dei due a voltarsi.
«Cerchi della roba? Guarda che per stasera abbiamo finito tutto!» aggiunse l'altro che aveva bloccato Mary di spalle.
Eichi aveva osservato tutta la scena ma non aveva fatto in tempo a raggiungere Mary, e guarda adesso cosa era successo.
La rabbia era incontenibile, ma era deciso a resistere. Doveva prima scoprire cosa le avevano messo nel drink.
«Cosa le avete dato?» domandò serio guardando entrambi.
«Di che parli ragazzo?» era l'altro a parlare adesso e sembrava volerlo volutamente stuzzicare.
«Cosa avete messo nel drink della ragazza con il vestito bianco al bancone del bar?» insistette Eichi.
«Ah si! Ricordo lei, ma non cosa le abbiamo dato. Comunque poco importa, adesso puoi fartela senza problemi. Domani mattina non ricorderà più niente! Quindi ora lasciaci in pace e va a giocare con lei! Ok?» e cercò di sbolognarselo con un gesto della mano.
«Forse non ci siamo capiti voglio sapere cosa diavolo le avete messo in quel drink!».
Ora Eichi aveva perso tutto il suo autocontrollo.
Preso per la camicia quello che lo aveva appena snobbato lo sollevò da terra buttandolo con violenza al suolo. Gli fu subito sopra e iniziò a picchiarlo violentemente.
Era una furia senza freni. L'altro tipo vedendo l'amico in difficoltà decise di intervenire, arrivò alle spalle di Eichi, prima che si accorgesse di lui,  lo bloccò mentre l'altro messo a terra si rialzava. Questo incominciò a inveire su di lui prima con bugni sul volto e poi nello stomaco.
Eichi incassava colpi come fosse nulla. Attendeva il momento giusto. Con un tempismo perfetto si scansò giusto in tempo perché il colpo diretto alla sua faccia andasse a colpire il tipo che lo bloccava alle sue spalle. Riuscì a liberarsi finalmente.
Non ci volle molto che un buttafuori arrivasse a separarli. Proprio mentre quello portava fuori i due tipi, uno di questi si voltò verso Eichi mostrandogli un ghigno di soddisfazione che lo fece ribollire di rabbia.
Non era riuscito ad ottenere nulla. Tornò da Angela che notando i grossi ematomi sul volto rimase senza parole, ma preferì rimandare le spiegazioni ad un altro momento.
Poco dopo la serata fu interrotta. I soccorritori del 118 caricarono Mary sul lettino e la portarono sull'ambulanza. Prima di chiudere gli sportelli uno di loro si affacciò. Era una donna sulla quarantina paffutella con i capelli raccolti in un codino.
«Ragazzi chi dei due viene con noi in ospedale?».
«Eichi va tu! Io vi seguo con la macchina!» lo esortò Angela.
«Ok, vengo io!» disse Eichi salendo sulla vettura bianca.
Gli sportelli si chiusero e l'autoambulanza partì mettendo in azione le sirene.
Angela non riusciva più a trattenere le lacrime.
E' tutta colpa mia!”
Portò le mani sul voltò e scoppiò in un pianto dirotto.
 
Eichi era giunto in ospedale, ma di Angela ancora nessuna traccia. Lo avevano medicato e ora aspettava che gli dessero notizie di Mary. Doveva chiamare Luigi, ma non aveva ne soldi ne un cellulare. Era seduto lì da più di quindici minuti con la testa tra le mani e i gomiti appoggiati alle ginocchia a guardare il pavimento.
«Vedrai che si riprenderà!» era una voce femminile a rivolgergli la parola. Alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli della soccorritrice che poco prima era con lui in ambulanza.
Aveva tra le mani una lattina di tè. La porse ad Eichi che l' accettò volentieri e si sedette accanto a lui.
«Mi sento così colpevole! Se solo l'avessi fermata in tempo...». Eichi non riusciva a fissarla negli occhi così si concentrò sulla lattina di tè freddo che teneva stretta tra le mani. Per la prima volta si sentiva impotente.
«Non devi dartene una colpa, certe cose succedono solo perché devono succedere! La colpa non è di nessuno! E poi l'importante è che si riprenda! Vedrai che tra poco riavrai tra le braccia la tua ragazza».
«No, lei non è la mia ragazza!».
«Ah... scusa avevo pensato che lo fosse! Che sciocca!»
«non ci sono problemi....» gli rivolse un sorriso di circostanza, uno di quelli che odiava tanto.
«scusami non vorresti avvisare nessuno?»
«beh, in verità si ma non ho ne un cellulare ne soldi!».
«tieni ti presto il mio cellulare, ma fa presto ok? Non so quanto credito mi resta!».
«grazie mille... ma non ricordo il numero!»
«ricordi almeno il cognome e la via?»
«si certo!»
«ok allora aspetta un attimo vado a cercare un elenco telefonico» e sparì nel corridoi. Dopo pochi minuti ricomparve con un enorme volume e lo aiutò a trovare il numero di casa di Mary.
Eichi sentiva il “tu..tu...” che indicava che la linea telefonica era libera. Era sempre più sicuro che dall'altra parte Luigi fosse ancora sveglio ad attendere il loro arrivo. Chissà come avrebbe preso la notizia.
«Pronto?»
«Luigi?»
«Si sono io, chi parla?»
«Sono Eichi, devo dirti una cosa!»
«che succede ragazzo?» sembrava incominciare a preoccuparsi.
«sono in ospedale... Mary è svenuta e abbiamo chiamato l'ambulanza ora siam... sono qui con lei. Forse è meglio che mi raggiungi il prima possibile!».
«.........»
«Luigi?»
«tu...tu....tu».
«Sembra abbia riattaccato» disse Eichi porgendo il telefonino alla donna seduta accanto a lui.
«vedrai che tra poco sarà qui» cercò di rincuorarlo poggiandogli una mano sulla spalla «Ora devo andare! Ho due bambini che mi attendono a casa, ci si vede!» e lo salutò con un sorriso prima di avviarsi verso l'uscita. Eichi scattò giusto in tempo per bloccarla.
«Scusami, volevo solo ringraziarti per tutto, e comunque io sono Eichi!» e le porse la mano in segno di saluto.
«piacere Anna».
«Grazie Anna».
Lei gli sorrise ancora una volta e si incamminò verso l'uscita, salutandolo per l'ultima volta con la mano.
Luigi non tardò molto ad arrivare. Eichi gli corse in contro, non sapeva da dove incominciare, ma sapeva che gli doveva delle spiegazioni.
«Dov'è?» gli chiese Luigi non lasciandogli neanche il tempo di riordinare i pensieri.
«Hanno detto che le stanno facendo una lavanda gastrica.  Tra poco dovrebbe uscire».
«Capisco» gli risposei, in parte rassicurato.
Eichi solo dopo un’attenta osservazione si rese conto che Luigi era uscito senza togliersi le pantofole, con i capelli tutti arruffati come se fosse appena saltato giù dal letto. Tra le mani stringeva un pigiama rosa, uno spazzolino e un dentifricio. Molto probabilmente aveva preso quelle cose solo all'ultimo momento. pensando che la figlia potesse averne bisogno.
Lo sguardo di Eichi la diceva lunga su i suoi sensi di colpa.
«Eichi cos'è successo esattamente?».
Eichi si aspettava quella domanda, ma non trovava il coraggio di dire a Luigi che non era stato capace di proteggere sua figlia.
«Diciamo che nel drink che Mary aveva preso al bar è stato messo qualcosa... penso si trattasse di  droga e non sono riuscito a fermarla in tempo. Quando l'ho raggiunta aveva già bevuto tutto il contenuto. Mi dispiace.» e reclinò il capo incominciando a fissare il pavimento.
«Dai segni sul tuo volto non posso fare a meno di pensare che chiunque sia stato a fare quello che ha fatto deve essersela vista proprio brutta! Immagino che tu gli abbia dato una bella lezione dico bene?» e cercò di sorridergli in maniera poco convincente. In quel modo sperava di farlo sentire meno in colpa.
«Diciamo di si!» e ricambiò quel sorriso. Poi tornarono seri entrambi.
Dopo circa cinque minuti la porta dell'ascensore si aprì e ne uscì Mary su una barella, era bianca come il lenzuolo che la copriva, al braccio sinistro era attaccata una flebo.
Luigi la raggiunse correndo come un pazzo attraverso i corridoi dell'ospedale. Chiese immediatamente informazioni all'infermiere che la stava portando in camera.
«Come sta?»
«E' stabile tra poco dovrebbe risvegliarsi! Stia tranquillo sta benissimo siamo riusciti a eliminare tutte le tossine dal suo corpo! Se la caverà!».
«Grazie mille!» rispose Luigi quasi sull'orlo del pianto. Si vedeva lontano un miglio che tratteneva a stento le lacrime.
«Dovremo tenerla qui solo una notte, sotto controllo, poi potrà tornare a casa».
«D'accordo!»
«Può stare con lei solo pochi minuti, poi dovrà attendere fuori. Purtroppo l'ora delle visite è stata già superata da un po' e non vogliamo che lei disturbi gli altri pazienti».
«Non posso proprio rimanere con lei?» cercò di insistere Luigi.
«Mi dispiace ma le regole valgono per tutti, e non posso fare nessuna eccezione!» rispose perentorio l'infermiere.
«capisco, allora non insisto» disse Luigi concentrando il suo sguardo sul volto addormentato della figlia.
«Perfetto allora mi segua.» concluse l'infermiere.
Eichi rimase indietro, aveva capito che almeno per il momento avrebbe dovuto mettersi da parte.
Dopo circa quindici minuti Luigi riemerse dalla lunga corsia che conduceva alle camere dei pazienti.
«Come sta?» chiese preoccupato il ragazzo, appena Luigi fu abbastanza vicino per sentirlo senza dover alzare la voce.
«Bene bene! Adesso dorme come un angelo! Sai a vederla così mi sono sentito morire. Per un attimo ho creduto che avrei perso anche lei come sua madre!» dopo, aver detto queste poche parole, cedette a un pianto contenuto e dignitoso.
Eichi capì che non c'erano parole che avrebbe potuto dire, allora lo spronò con delicatezza a prendere posto su una delle sedie scomode della sala d'attesa. Poco dopo lo seguì anche lui. Erano l'uno accanto all'altro ognuno chiuso nel proprio silenzio, finché non fu Luigi a far si che lo stesso si interrompesse.
«Ti ringrazio per esserti occupato di lei anche questa volta! Sei proprio un caro ragazzo. Sono contento che mia figlia possa contare su di te» disse asciugandosi le ultime lacrime «sai, dopo la partenza del fratello l'ho vista abbattersi sempre più, e non le appartiene comportarsi in questo modo.
Sai a una prima impressione può dare l'idea di una persona fragile e delicata ma ha la pelle dura come quella di sua madre. In questo è proprio il mio opposto. Mentre io fingo di avere una forza che non possiedo, lei sa dimostrare, contro ogni apparenza, di essere più forte di quanto sembri».
«Sa io credo invece che voi due vi assomigliate più di quanto crede» lo interruppe Eichi «entrambi mascherate il vostro dolore per amore l'uno dell'altra. Se Mary sembra riuscirci meglio di lei è solo perché a differenza sua non lo evita ma cerca di affrontarlo quotidianamente».
«Cosa vuoi dire?» chiese dubbioso Luigi.
«Nulla... dico solo che forse Mary ha bisogno di lei più di quanto crede. Nessuno può farcela da solo. Credo senta la mancanza di suo padre. Tutto qui!».
«Capisco...» Luigi sembrava aver letto nelle parole di Eichi una sottile allusione alle sue costanti assenze da casa. Evitava quel posto perché le ricordava quanto le mancasse sua moglie, ma allo stesso tempo non si era reso conto che facendo così stava allontanando anche sua figlia.
«Grazie Eichi, capisco davvero cosa vuoi dirmi, cercherò di cambiare in questo!».
«Ne sono davvero felice. Sa mi tocca molto doverlo ammettere, ma in fondo non sono meglio di lei. Anche io sono scappato dal Giappone a causa di una situazione che mi faceva soffrire. Ho abbandonato tutte le persone che mi hanno sempre sostenuto: i miei fratelli, i miei compagni, la mia famiglia. Loro della band sono tutto per me. Ho sempre lavorato sodo anche per loro, ma adesso non capisco più a cosa tutti questi sacrifici mi abbiano portato. Sono consapevole del caos in cui li ho lasciati e mi odio per questo, ma allo stesso tempo credo di non sentirmi ancora pronto a tornare indietro. Forse dovrei farmi forza e riprendere in mano la situazione... » aggiunse Eichi mentre sembrava cercare conforto e comprensione negli occhi di Luigi.
«Sai ragazzo, non ci sono situazioni uguali ma solo simili. Credo che il mio caso sia diverso dal tuo. I tuoi amici capiranno la situazione in cui ti trovi e non te ne faranno mai una colpa, soprattutto se sono veri amici come dici. Inoltre sono certo che seppure tornassi indietro, a questo punto, nulla cambierebbe. Penso tu debba prima fare ordine nella tua testa e capire cosa è davvero importante per te, altrimenti il tuo ritorno sarà inutile. Ti ritroveresti prima o poi al punto di partenza, girando sempre in tondo senza una meta. Proprio come ho fatto io fino ad ora.
Non avere fretta altrimenti rischi di compiere errori di cui potresti pentirti.
Comprendo il tuo senso di responsabilità nei loro confronti, ma a questo punto devi farti una domanda: sei convinto che tornando in Giappone, adesso, riusciresti ad affrontare tutto senza divenire una preoccupazione per loro?».
«Mm... forse no! Penso che in fondo lei abbia ragione, almeno su questo...». Disse Eichi fissando il pavimento, mentre stringeva i pugni sulle ginocchia. Non poteva proprio accettare di aver perso il controllo su se stesso in quel modo e di sentirsi così smarrito e confuso. Era la prima volta che gli capitava.
«Prenditi i tuo tempo ragazzo» aggiunse Luigi intuendo lo stato di frustrazione in cui si trovava « ognuno di noi deve cercare nel dolore un motivo per rialzarsi e combattere e ognuno lo trova in un momento diverso. A me è capitato stasera vedendo mia figlia in difficoltà a te potrebbe capitare quando meno te lo aspetti. Alle volte le rivelazioni più importanti giungono come la pioggia in estate: senza preavviso. E sono quelle che ti cambiano più nel profondo». Eichi sollevò il suo sguardo per incontrare quello di Luigi che gli sorrideva amichevolmente.
«Grazie Luigi rifletterò molto seriamente su quello che mi hai appena detto. Comunque credo che tra tre mesi mi toccherà prendere una decisione. Restare o partire. Non posso far attendere oltre la mia famiglia, non sarebbe molto giusto dopotutto».
 
«Mi dispiacerebbe se decidessi di partire così presto. Stavo incominciando ad affezionarmi a te ragazzo!» e poggiò la sua mano sulla spalla di Eichi in segno di affetto e per infondergli coraggio. «Però se sarai davvero convinto della tua decisione, non credo potrò fare molto per spingerti a rimanere con noi..» aggiunse consapevole.
«Anche voi mi mancherete molto... ma non posso venire meno ai miei doveri...».
«Certo capisco perfettamente...» .
Dopo quest'ultima frase si chiusero nuovamente nel loro silenzio.
 

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Capitolo 4
*** THE SHOW MUST GO ON ***


 Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 




CAPITOLO 4
 
THE SHOW MUST GO ON
 
 


GIAPPONE
 
 
 
 
 
Era mattina presto ed erano già tutti riuniti nella sala di controllo dello studio di registrazione della Kings Record. Hiro aveva deciso che il loro incontro si sarebbe tenuto a quell'ora in modo da avere più tempo per chiarire alcuni dettagli prima della registrazione.
JJ era stranamente silenzioso.
Come di consueto indossava uno dei suoi cappelli eccentrici, questa volta, reclinato al massimo sul viso per mascherare i segni freschi del cuscino.
Era appoggiato, spalle al muro, vicino la porta d''ingresso a braccia incrociate e capo chino. Era stato l'ultimo ad arrivare e probabilmente anche l'ultimo a sentire la sveglia.
Daisuke, vicino la console e i diversi apparecchi elettronici della sala, sembrava essere ansioso e allo stesso tempo preoccupato. Al centro del salone Rio ed Hiro erano intenti ad analizzare alcuni fogli di carta definendo gli ultimissimi dettagli, mentre gli altri due componenti attendevano pazientemente delle rivelazioni.
 
«Bene ragazzi!» iniziò Hiro «sapete il motivo per il quale vi abbiamo convocato così presto, perciò passiamo subito al sodo. Ho ritrovato tra i diversi brani che avevo da parte un paio di canzoni che io ed Eichi avevamo incominciato a scrivere insieme. Discutendone con Rio sono arrivato alla conclusione che si adattino molto al timbro vocale e allo stile sia tuo, Daisuke che al tuo JJ. Per questo abbiamo deciso che i primi due singoli ad uscire saranno i vostri. Per quanto riguarda me e Rio aspetteremo ancora qualche mesetto in modo da prendere altro tempo prima del ritorno di Eichi... »
«Sempre se deciderà di tornare!» aggiunse JJ sollevando la commessura destra delle labbra in un ghigno provocatorio. Il suo intento era quello di far sentire volutamente a disagio Hiro. Quest'ultimo dopo avergli rivolto un'occhiata irritata decise di ignorare il suo commento perfido. Riprese immediatamente il discorso interrotto.
«...la canzone di Daisuke, che tra noi è quello con l'atteggiamento più da “play boy”» e mosse nell'aria l'indice e il medio di entrambe le mani come a imitare le virgolette «parla di un ragazzo che non riesce a decidersi tra due ragazze. Il ritmo è abbastanza movimentato e ti permetterà di metterci su una bella coreografia nel video promozionale. Le tue fan ne saranno entusiaste, credimi!»
«d'accordo... va bene...» aggiunse Daisuke, palesemente non molto attirato all'idea. La sua maggiore preoccupazione era la canzone. Solo Eichi era capace di dar vita a dei brani ottimali per la sua voce e nel suo stile. Però, pensò bene di non abbattersi, dopotutto quel brano era stato scritto in parte anche da lui, quindi probabilmente non sarebbe stato poi così male.
Concluso il discorso sul brano di Daisuke la parola passò nelle mani di Rio.
«JJ per te invece abbiamo optato per una canzone leggermente più seria a livello di tematiche. Parla di un sogno nel quale incontri la ragazza perfetta, ma una volta che l'hai raggiunta il sogno si frantuma e torni alla realtà. Abbiamo pensato entrambi che questa potesse essere l’occasione giusta per adottare almeno nel video promozionale un abbigliamento, come dire? Leggermente più convenzionale..?» l'affermazione sembrava mascherare una commento critico sul modo di vestire di JJ che non passò inosservato.
«Non se ne parla proprio! Non mi ridurrò a un damerino come te... mai e poi mai» proferì offeso JJ.
«Incredibile anche quando dormi non riesci a contenere la tua testardaggine. Ma quando crescerai?».
«Se crescere significa diventare come te spero mai...» continuò sempre più acido.
«Ehi tu, abbassa la cresta...» lo rimproverò Rio avvicinandosi minacciosamente.
«Ok ragazzi ora basta!» era stato Daisuke ad intervenire per dividerli. Gli toccava sempre intromettersi per separare quei due testoni. Rio e JJ erano proprio come il diavolo e l'acqua santa. Due universi paralleli che non si sarebbero mai incontrati.
«Ok, ok non ne vale proprio la pena di perdere le staffe con un piccoletto del genere...» si riprese Rio cercando di riacquistare un po' di contegno.
«Ehi a chi hai dato del piccoletto?» JJ odiava quando lo insultavano per la sua altezza. Era il più piccolo e anche il più basso del gruppo, non che questo influenzasse negativamente la sua immagine. Al contrario sembrava conferirgli un grado di tenerezza capace di attirare facilmente il pubblico femminile.
 
«Ragazzi non posso lasciarvi soli un attimo che vi ritrovo a litigare come dei bambini all'asilo».
Era il signor Marini ad aver interrotto il bisticcio tra Rio e JJ.
«Ehi “Zio” che bello rivederti!» era stato JJ il primo a rivolgergli la parola mostrandogli un sorriso smagliante. L'espressione imbronciata sostenuta fino a pochi minuti prima era completamente svanita nel nulla. Era come se quelle poche parole del signor Marini avessero fatto dimenticare a tutti i presenti, e prima ancora a JJ, il motivo scatenante di quel litigio.
«E' bello rivedervi! Come state? E' da un po' che non ci si vede!».
«Bene Zio! Piuttosto hai parlato con il direttore vero?». Fu Rio a rispondere per tutti.
«Certamente! So tutto e sono davvero orgoglioso di voi. L'idea potrebbe anche funzionare sapete!? Quindi forza e coraggio, non vedo l'ora di sentire i vostri nuovi singoli».
«Per ora, gli unici ad uscire saranno il mio e quello di JJ» aggiunse Daisuke demoralizzato.
«Capisco, allora date il meglio come al solito! Adesso devo allontanarmi un attimo. Ho da discutere alcuni piccoli particolari con il Direttore. Ma prima devo presentarvi una persona». Riaprendo la porta dello studio di registrazione si affacciò sul corridoio giusto quanto bastava per richiamare con un gesto della mano qualcuno.
Ovviamente i quattro ragazzi erano curiosi. JJ sperava in cuor suo si trattasse di Eichi, e non sembrava il solo a desiderarlo. Anche Daisuke aveva un sguardo che alludeva a una speranza nascosta.
Poco dopo da quella porta emerse un ragazzino sui 19 anni bruno e abbastanza gracidino i suoi tratti erano palesemente occidentali. Il primo a rivelarsi deluso dall'entrata in scena di quell’insolito ragazzo fu JJ. Il suo sguardo acceso di speranza si spense quasi immediatamente. Daisuke fece un leggero sospiro che fu a malapena percepito dai presenti. Tutti erano infatti intenti ad analizzare il nuovo arrivato.
Il signor Marini spronò Andrea a prendere posto al centro della stanza. I ragazzi lo studiavano con scrupolosa attenzione.
«Bene ragazzi, lui è Andrea» lo presentò e quest'ultimo fece un inchino verso ognuno dei presenti.
«Da oggi sarà il mio assistente, e di conseguenza se avrete bisogno di qualsiasi cosa potrete chiedere a lui».
«Ma siamo sicuri che capisca la nostra lingua?» fu JJ a parlare mentre prese a girare intorno all'ignaro ragazzo. Andrea era immobile in evidente soggezione, mentre JJ continuava a osservare ogni suo dettaglio con scrupolo indagatorio, girandogli intorno come un leone che studia la sua preda. Analizzava con astuta curiosità ogni particolare: dall'abbigliamento, al taglio di capelli. Sembrava stesse guardando un alieno appena sceso sulla Terra. Il più piccolo della band era l'unico ad essere seriamente incuriosito dalla situazione.
«Si, la capisco!» a quel punto fu Andrea a parlare. Non riusciva a reggere oltre quell'atteggiamento invadente, si sentiva come una cavia da laboratorio. Ed era davvero snervante. JJ era pronto a inveire su di lui. Quando intervenne Daisuke fermandolo appena in tempo.
«Allora parli la nostra lingua eh?» intervenne tappando la bocca dell’amico.
A rispondere fu il signor Marini.
«Diciamo che se la cava. Magari con il vostro aiuto potrà anche migliorare! Sapete è qui per uno scambio culturale! Viene dall'Italia e resterà con noi per un anno intero! Sarà meglio che vi comportiate bene con lui, è il figlio di un mio caro amico...»
«certamente non devi preoccuparti Zio, ci prenderemo cura di lui come lui si prenderà cura di noi!»
fu Rio a parlare sempre a nome di tutti i presenti strizzando un occhio ad Andrea.
«Grazie Rio. Bene, allora direi che vi posso lasciare anche soli a questo punto» e il signor Marini rivolse un ultimo sguardo fiducioso nei confronti di Andrea, voltandosi  poi a salutare con un leggero inchino gli altri prima di chiudere la porta e lasciare Andrea completamente solo in compagnia di una delle Boy-band più famose del Giappone. Chissà quante ragazze sarebbero volute essere al suo posto.
 
 
 
ITALIA
 
 
 
 “E adesso che faccio? Non posso entrare, non ce la farei a reggere il suo sguardo. Mi sento così colpevole. Se solo non avessi insistito non sarebbe finita così. Lei non ha bisogno di me le porto solo guai. Forse se lasciassi questa roba a qualche infermiere riuscirei a evitare di incontrarla e potrei chiedere anche qualche informazione sulla sua condizione di salute. Sicuramente mi odia a morte. È tutta colpa mia, non avrei dovuto lasciarla da sola. Sono una ragazza insensibile, avrei dovuto immaginare come si poteva sentire in quella situazione nuova, invece di starle vicina mi sono allontanata. Come ho potuto essere così stupida?”
 
Angela era a pochi passi dalla porta d'ingresso. Tra le mani teneva stretti il telefono e il borsellino che l'amica la sera prima le aveva affidato. Era immobile indecisa sul da farsi.
Poco dopo qualcuno le mise una mano sulla spalla e lei si riscosse spaventata.
«Angela, ma che fine hai fatto?» era Eichi.
«scusami Eichi, ma... ma... » non sapeva cosa inventarsi per liberarsi da quella situazione.
«tranquilla, l'importante è che adesso tu sia qui, su entriamo! Mary dovrebbe essere già sveglia.» Eichi la spronò spingendola leggermente per le spalle.
Angela era terrorizzata doveva inventarsi qualcosa e subito.
«Eichi, io non posso entrare!» e si arrestò puntando i piedi.
«Non dire sciocchezze! Perché non potresti entrare?»
«Forse è meglio che questi glieli porti tu» e gli mostrò il telefonino e il borsellino di Mary. Eichi non capiva la sua titubanza.
«Per quale motivo li stai dando a me? Non sarebbe meglio che glieli portassi tu?»
Angela non sapeva cosa inventarsi. Fu allora che decise che andare via senza dare motivazioni era l'unica cosa che le rimaneva da fare. Si voltò e incominciò a correre allontanandosi da Eichi, questo però la raggiunse e la bloccò stringendole un polso.
«Ma cosa ti prende? Non vuoi vedere come sta la tua amica?».
Angela era in silenzio e sembrava non volergli rispondere, mentre voltava forzatamente dall'altro lato la testa, in modo che Eichi non potesse guardarla.
«Se non vuoi rispondermi almeno abbi il coraggio di voltarti e guardarmi in faccia».
Ma Angela non sembrava volergli dare ascolto. Fu in quel momento che Eichi la costrinse a voltarsi nella sua direzione.
Angela stava piangendo. In quel momento capì di aver esagerato.
«cosa ti prende adesso? Perché stai piangendo? Guarda che Mary sta meglio, il peggio è passato. Dovresti raggiungerla e stare con lei» il suo tono si ammorbidì immediatamente dopo aver visto le lacrime sul volto della ragazza.
«No che non dovrei!»lo contraddì sull’orlo della disperazione.
«Ma cosa dici?»
«E' tutta colpa mia Eichi!»
«Ma cosa stai dicendo?»
«Si è mia! Se solo non l'avessi convinta a uscire adesso non sarebbe qui in ospedale!».
Eichi finalmente aveva compreso. Anche lui aveva pensato le stesse cose la sera prima, in qualche modo doveva rassicurarla che non era colpa di nessuno.
«Sai, anche io credevo di aver avuto una colpa in tutto questo, ma una persona mi ha detto che le cose accadono solo perché devono accadere. Farsene una colpa è solo una perdita di tempo! La tua amica ha bisogno di te adesso, non lasciarla sola».
Eichi aveva uno sguardo supplichevole a cui Angela non sapeva proprio dire di no.
«D'accordo…» continuò assecondadolo poco convinta, mentre continuava a guardare il telefono e il borsellino dell'amica cercando di raccogliere la forza per affrontare quell’incontro con coraggio.
«Andiamo su!» la spronò per la seconda volta Eichi, e questa volta la ragazza non oppose resistenza.
Si mossero insieme verso la camera di Mary. Ad un certo punto Angela come se si fosse appena risvegliata da un lungo sonno si voltò verso di lui.
«Scusami, ma tu non parlavi solo inglese?» non ebbe una risposta. Entrarono entrambi nella camera di Mary prima che Eichi potesse darle qualche spiegazione. Luigi era seduto accanto alla figlia. Mary dormiva ancora .
«Bu..buongiorno!» esordì titubante Angela. Ricordava perfettamente la promessa che aveva fatto al signor Luigi, il fatto di non essere riuscita a mantenerla la faceva sentire incredibilmente colpevole. Sapeva di aver deluso profondamente tutti, e questo non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Stranamente a dispetto di quanto si sarebbe aspettata, Luigi non le rivolse uno sguardo deluso, arrabbiato o indifferente, ma gli mostrò un sorriso che la fece sentire forse più sollevata.
«buongiorno Angela! Come stai tu? Tutto bene?»
«si, si certo sto benissimo. Piuttosto Mary come sta?» chiese con una certa amarezza negli occhi.
«Mary adesso sta bene. Sai, volevo ringraziarti. Eichi mi ha detto che le sei rimasta vicino fino all'arrivo del pronto soccorso. Mia figlia è molto fortunata ad avere voi due».
«Signore a dire il vero credo che i veri fortunati siamo noi ad aver incontrato sua figlia». E il suo sguardo afflitto incontrò per la prima volta da quando era entrata il volto sereno dell'amica. Poi ritornò su Luigi.
«Comunque per quello che può valere, mi spiace davvero per quello che è successo....» continuò reclinando il capo colpevole per non dover leggere il dispiacere e la delusione negli occhi stanchi e provati di Luigi. Quelle parole le uscirono con una certa fatica. Era davvero afflitta per l’accaduto.
Quella confessione rappresentava per Angela più che un dichiarato dispiacimento, una vera e propria ammissione di colpa.
«quello che è stato è stato l'importante è che tutto si sia concluso per il meglio». Rispose conciso Luigi mentre rimirava il volto roseo di sua figlia. Si era ripresa completamente e il pallore della sera prima era del tutto sparito.
Dormiva beatamente. Chissà se stava sognando?
 
 
Che mal di testa, a pensarci bene anche lo stomaco brontola. Ma dove mi trovo? Il materasso è troppo duro e le lenzuola sembrano carta vetrata. E poi questo pigiama rosa, se ricordo bene è una vita che non lo indosso più. Ma tu guarda, mi è anche diventato piccolo, accidenti.”
Mary aveva appena aperto gli occhi tanto quanto bastava per rendersi conto che era ormai giorno. Tutta la sera prima le sembrava solo un incubo e in cuor suo sperava davvero fosse così. L'illusione si spezzò nell'istante stesso in cui notò il suo borsellino e il telefonino poggiati su un tavolino a pochi passi da lei e ripiegato su una sedia il vestito bianco che Angela le aveva regalato la sera prima. Si sollevò mettendosi seduta sul letto, nella camera non c'era nessuno. Al braccio si accorse di avere dei cerotti.
Scese dal letto scalza e cercò di raggiungere la porta. Poi d'un tratto si arrestò. Poteva sentire delle voci provenire dal corridoio esterno. Si avvicinò con cautela per cercare di capire di chi fossero. Erano vicinissime. La prima femminile sembrava quella di Angela, la seconda le era famigliare ma ancora non riusciva ad assegnarla a un volto. Più si avvicinava e più nitide e chiare le risultavano le parole. Sembrava stessero discutendo. Ma con chi se la stava prendendo la sua amica questa volta? Mary era davvero molto curiosa di scoprirlo. Giunta sull'uscio della porta poteva sentire chiaramente le due voci e con esse anche l'argomento del loro dibattito.
«...perché glielo hai tenuto nasco?» era Angela a parlare. Mary la riconobbe immediatamente.
«...è meglio così credimi...» l'altra voce le sembrava famigliare però ancora non capiva...
«...sapevo che nascondevi qualcosa, ma ancora non capisco perché le hai mentito sul fatto di conoscere la nostra lingua...»
la nostra lingua? Ma a chi si starà riferendo Angela? non sarà per caso... no, non è possibile, starò solo immaginando tutto”.
«... la verità è che non voglio costruire legami. Non sono venuto qui per stringere amicizie o per lasciarmi coinvolgere in legami troppo impegnativi, e la lingua mi permetteva di estraniarmi e non lasciarmi coinvolgere da alcun tipo di rapporto. Ho bisogno di stare da solo con i miei pensieri in questo momento, non ho testa a nient'altro...» Eichi mostrava una risolutezza eccessiva quasi difensiva che Angela intuì immediatamente.
«Eichi ma allora perché sei voluto uscire con noi se in fondo non ti andava di rapportarti con il mondo intero?» il tono sarcastico di Angela fu l'ultima cosa che Mary notò.
Eichi? È con Eichi che sta parlando? Ma allora lui conosce la nostra lingua! Mi ha presa in giro per tutto questo tempo? Come ha potuto? E pensare che per lui ho dovuto anche combattere contro i miei fantasmi e trovare la forza di uscire. E poi quella sera sul lungomare mare... non posso crederci. Gli uomini sono tutti uguali: falsi, bugiardi e meschini. Come ho potuto credere ai suoi gesti! E poi quel bacio che senso ha? Se dice di non voler costruire legami perché, quella volta mi ha baciata sulla fronte? È falso bugiardo e con me ha chiuso per sempre”.
Mary pensava a quanto era stata ingenua mentre indietreggiando ritornò sul suo letto. Non voleva sentire altro. Tutto quello che aveva appena appreso le aveva lasciato un vuoto dentro e un sapore amaro nel cuore. Si sedette fino a ridistendersi sul materasso scomodo di pochi minuti prima. Cercando istintivamente di nascondersi sollevò quelle lenzuola, di cui si era tanto lamentata ma che adesso aveva riscoperto così accoglienti.
 
Eichi era combattuto se dire tutta la verità a quella ragazza furiosa, delusa e seriamente arrabbiata che aveva di fronte.
«...vuoi sapere la verità?»
Angela ad occhi sgranati e mani sui fianchi fissava Eichi come se quanto avesse appena detto fosse un qualcosa di indiscutibilmente ovvio.
«certo che voglio saperla! Che domande sono!».
«bene allora sarò onesto con te... Mary è una brava ragazza e mi sono affezionato subito a lei anche se non era previsto che accadesse ho incominciato ad ascoltarla e a capirla come non avevo fatto con nessun'altra. È strano da spiegare ma ieri sera se ho accettato è stato solo per incoraggiarla ad uscire. È sempre chiusa in casa e credo che si rimproveri ancora di non essere stata vicino a sua madre quando è morta... »Angela era a dir poco sconcertata, come faceva Eichi a conoscere tutte quelle cose?
« e tu come sai di quella storia?» chiese insospettita.
Eichi adesso aveva uno sguardo colpevole che la diceva lunga.
«una sera si è sfogata con me credendo che io non la potessi capire... e invece ho ascoltato ogni sua parola. So che non è stato onesto» aggiunse portando le mani a palmo aperto verso Angela in una mossa difensiva «ma non sapevo come comportarmi in quel momento...Ciononostante credo che sfogarsi quella sera le abbia fatto bene»» confessò dispiaciuto.
«Tu dici...?» Angela non era ancora molto convinta, ma in fondo sentiva che Eichi era seriamente dispiaciuto.
«Comunque penso che adesso tu le debba dei chiarimenti. Sarebbe la cosa più giusta da fare a questo punto» sentenziò alla fine.
Eichi sapeva perfettamente che Angela aveva ragione. Doveva dirgli tutto il prima possibile. Però in cuor suo aveva paura. Paura di poterla deludere, di ferirla, forse anche di perderla. Non avrebbe mai voluto che accadesse. Sin dal loro primo incontro si era ripromesso di non legarsi a quella ragazzina, e invece adesso era lì a preoccuparsi ancora una volta per lei. In un certo senso c'era un qualcosa che lo spingeva verso di lei, mentre una vocina nel profondo gli diceva che era pericoloso in quel momento legarsi a qualcuno che sarebbe, di lì a poco, sparito dalla sua vita. Gli rimanevano altri tre o quattro mesi da trascorre al suo fianco. E incredibilmente in quel momento rispetto alla sera prima gli sembrarono davvero pochi. Possibile che provasse qualcosa per lei? No, impossibile, i suoi sentimenti erano più simili a quelli di un fratello protettivo che ad altro. Poi nella sua testa e nel suo cuore Misako occupava ancora un posto predominante e di certo non ci sarebbe stato spazio per nessun'altra persona al momento.
«spero che mi perdoni» continuò affranto.
«se la conosco bene ti basterà essere sincero con lei e ogni torto ti verrà perdonato. E se anche dovesse tenerti il broncio sarà solo per poco. Mary non conosce il rancore e l'odio. Non so se sia una debolezza o una sua forza ma di certo questo suo lato ti permetterà di riguadagnare, con il tempo, parte della sua fiducia.»
«Grazie Angela, spero che sia davvero come dici».
«vedrai che capirà...» lo rincuorò ancora una volta prima di superarlo per rientrare nella camera d'ospedale.
«speriamo...»proferì il ragazzo con gli occhi a mandorla più che altro parlando a se stesso.
Eichi stava per seguire Angela, quando fu bloccato da qualcuno che lo richiamava a gran voce per i corridoi «Eichi! Eichi!». Era Luigi. Quest'ultimo era sparito per sbrigare le ultime pratiche prima che dimettessero Mary.
«che succede?» domandò preoccupato vedendo Luigi agitato.
«ragazzo, devo scappare, un cliente importante della mia compagnia oggi viene in zona e il mio capo mi ha costretto a raggiungerlo per incontrarlo e discutere d'affari. Devo chiederti di portare Mary a casa. I medici dicono che la dimetteranno prima di pranzo. Quindi, se Angela può, pensavo vi potesse dare un passaggio. Io devo scappare a cambiarmi a casa e poi all'appuntamento.» gli porse un telefono «prendi questo, se dovessero esserci dei problemi contattami immediatamente il mio secondo numero è salvato nella rubrica. Saluto Mary e scappo. Cercherò di rientrare a casa il prima possibile. Sai non ho dimenticato quello che mi hai detto ieri sera, ma non posso proprio rifiutare una richiesta che viene direttamente dal mio datore di lavoro, spero tu possa capire.»
«nessun problema...» lo rassicurò Eichi comprensivo. Sapeva benissimo cosa significava avere delle responsabilità e poi era sicuro che Luigi avrebbe fatto il prima possibile per ritornare a casa da sua figlia.
«ok scappo...» aggiunse Luigi prima di entrare a salutare sua figlia. Eichi decise di prendersi altro tempo per riflettere sulle parole che avrebbe usato per scusarsi con Mary. Dopo appena dieci minuti Luigi uscì da quella stessa stanza in compagnia di Angela.
«grazie mille Angela non so come ringraziarti»
«si figuri è un piacere»
rivolgendo un ultimo sguardo colpevole ad Eichi si congedò da entrambi per poi scappare per i corridoi dell'ospedale. I due ragazzi erano rimasti lì a guardarlo scomparire ad una velocità allucinante. Angela notando il fare pensieroso di Eichi non poteva proprio fare a meno di indagare anche solo con lo sguardo su di lui. Lo scrutava sperando di poter carpire qualche altro indizio sulla faccenda. In fondo Eichi, non era stato molto chiaro su i motivi per cui aveva mentito alla sua amica e lei non riusciva ancora a fidarsi completamente di lui. Continuò a fissarlo di sottecchi indecisa sul da farsi. Forse la sua preoccupazione era sincera e forse realmente si stava legando a Mary. Era indubbio che dopo la notte passata in ospedale e l'incoraggiamento che gli aveva dato pochi minuti prima gli dovesse almeno questo.
Alla fine si decise a confessargli tutto. Si, doveva avvertirlo che Mary aveva scoperto il suo inganno e che era realmente arrabbiata con lui. Non aveva mai visto l'amica essere così furiosa in vita sua. Appena entrata in camera aveva notato che qualcosa non andava. Mary si era completamente sotterrata nelle lenzuola. Dopo vari tentativi era riuscita a farla riemergere e a fargli confessare tutto. Tra loro non c'erano segreti.
Eichi percepì lo sguardo di Angela su di lui e allora le rivolse un'espressione interrogativa.
Comprendendo la domanda sottintesa nel suo sguardo Angela decise che l'attesa era conclusa doveva dirgli tutto.
«Eichi, Mary lo sa. Ci ha sentito parlare prima...»gli riferì dispiaciuta Angela. Queste poche parole calarono come una doccia fredda su Eichi.
«cosa?lo sa?» si mise una mano tra i capelli agitato, mentre cercava di riflettere sul come gli avrebbe spiegato tutto. Non poteva dirgli la verità o almeno non tutta.
«sono convinta che ci tenga davvero a te, quindi credo che se saprai giocarti le tue carte potrebbe anche perdonarti... un giorno.»
quelle parole non erano di certo di conforto. Comunque Eichi decise che sarebbe entrato e le avrebbe spiegato tutto a modo suo. Con tono deciso si rivolse ad Angela.
«Basta! Vado dentro a parlarle! Grazie della dritta.»
«figurati, ora siamo pari...» le disse la ragazza scoccandogli un mezzo occhiolino prima di voltargli le spalle e allontanarsi.
Eichi lasciò Angela nei corridoi per andare finalmente da Mary.
Bussò sulla porta già aperta in modo da rendere nota la sua presenza. Mary si era già rivestita. Indossava di nuovo il vestito bianco della sera prima. I capelli erano sciolti e ribelli come al solito. Gli mostrava volutamente le spalle mentre guardava fuori dalla finestra della stanza. Sembrava voler cocciutamente ignorare la sua presenza.
«Mary, so che sei arrabbiata con me. Però mi piacerebbe poterti spiegare tutto. Ti prego voltati.»
«perché dovrei farlo? Dammi un solo motivo per cui dovrei concederti il lusso della mia attenzione.»
Angela aveva ragione, era davvero furiosa.
Eichi non poteva di certo sapere come Mary si fosse sentita dopo aver saputo delle sue bugie. Mary dal canto suo non riusciva a dimenticare la sensazione di tradimento provata in quel momento . Si era sentita stupida, ingenua e stranamente vulnerabile. Lui conosceva il suo lato più profondo e nascosto quello a cui nessuno era mai giunto. Ma lei cosa sapeva di lui? Niente! E questo non era equo.
«Hai ragione non merito nulla da te. Sai nella mia vita credo di aver sbagliato tutto o quasi. Però questa volta non ho sbagliato solo con me stesso ma anche nei tuoi confronti. Mi dispiace averti mentito. Spero tu vorrai concedermi una seconda possibilità. Farò qualsiasi cosa».
Ecco l'occasione che Mary cercava, che ingenuo gliel'aveva offerta su di un piatto d'argento senza neanche rendersene conto.
«sarò disposta a perdonarti a una sola condizione...». Eichi non sapeva dove voleva andare a parare quella ragazzina ma giunti a quel punto non gli rimaneva altro da fare.
«dimmi...»
«sarai il mio genio della lampada!»
«cosa?»
«si, esprimerai tre dei miei desideri, e finché non verranno esauditi tutti e tre non ti perdonerò! Che fai? accetti?»
Che richiesta infantile, pensò Eichi.
«allora che fai?»insistette Mary.
«D'accordo! Sarò il tuo genio. Mi dica padrona quali sono i suoi tre desideri?» le chiese insolitamente divertito e incuriosito dalla situazione che quella richiesta di Mary stava provocando.
«Non saprei, devo pensarci bene.» gli rispose Mary prima di voltarsi. Il suo sguardo era divertito. Eichi ne fu sollevato. Vederla felice significava forse che il peggio era passato.
«perfetto adesso potremmo tornare ad essere amici, che ne dici?» e gli mostrò una mano sospesa a mezz'aria che aspettava di essere stretta come segno di riconciliazione.
«e chi ti ha detto che io voglio essere tua amica?»
Eichi rimase congelato. Sembrava un'altra persona. Dov'era la Mary dolce indifesa di pochi giorni fa?
«scusa, devo aver frainteso.» rispose deluso, sorpreso e impacciato Eichi mentre abbassava lentamente la mano che si richiuse in un pugno risentito.
Possibile che fosse tutto vero? Non poteva credere a come la situazione si stesse evolvendo sotto i suoi occhi.
E pensare che era stato lui fino a poco tempo fa a non voler costruire legami e adesso la situazione sembrava essersi rovesciata di colpo.
«dopo quello che è successo credo sia giusto ripartire da zero. Anche perché non conosco ancora niente di te, visto che per tutto questo tempo mi hai solo mentito». Mary sembrava pienamente soddisfatta della confusione che poteva leggere negli occhi di Eichi. Era lei ad avere in mano la situazione adesso. Avrebbe avuto quello che voleva, su questo non c'erano più dubbi.
Eichi era confuso e senza parole. Si era illuso che fosse tutto risolto e invece le cose erano andate solo peggiorando.
 
«Ragazzi scusate se vi interrompo, ma dobbiamo andare ho la macchina parcheggiata proprio vicino l'ingresso.» era stata Angela a interrompere quell'ambigua e insolita situazione. Ed Eichi quasi se ne sentì sollevato.
 
«Ok andiamo tanto qui abbiamo finito» furono le ultime parole pronunciate in quella camera d'ospedale da Mary.
 
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
«Andrea ti dispiacerebbe andarmi a prendere un'altra lattina di aranciata?»
ordinò JJ incredibilmente divertito.
Era la quarta lattina che il più giovane del gruppo aveva chiesto nell'arco di una sola ora.
«ancora un'altra?» rispose disperato ed esausto Andrea. JJ lo stava volutamente esasperando con le sue richieste assurde. Prima dell'aranciata gli aveva imposto di comprargli quattro riviste musicali, un caffè che non aveva neanche bevuto e oltre a tutto questo, l'apice fu raggiunto dalla richiesta fatta ancora ad Andrea di trovargli prima una penna arancione, poi una verde acido e per finire una blu. Andrea era stanco di scappare da una parte all'altra, pensava che sarebbe stato divertente fare da assistente a un gruppo musicale ma, in realtà fino a quel momento, non fece altro che maledire se stesso per aver accettato la proposta del signor Marini, che da quando lo aveva mollato in quella situazione non si era ancora fatto vivo.
«JJ Adesso finiscila, credo non sia molto carino esasperare così questo povero ragazzo». Fu Rio a parlare. Ed Andrea sentiva già di nutrire una certa simpatia per quel ragazzo rasato con piercing al sopracciglio e la tenuta così sofisticata nell'abbigliamento.
«scusami, ma è si o no il nostro assistente? Beh, allora deve assisterci no? Quale parte non ti è chiara? Magari preferisci che ti faccia un disegnino?» lo rimbeccò JJ in tono pungente.
«sicuramente con tutte quelle penne potresti anche riuscire a realizzare un'opera d'arte!» proferì, sarcastico, Daisuke uscendo dalla camera insonorizzata.
«Ah! ah! ah!» rise con amara ironia JJ per poi continuare ancora più infastidito dai commenti sarcastici degli amici «ma da quando avete smesso di farvi i fatti vostri voi? E tu straniero quando hai intenzione di portarmi la mia aranciata?». Disse infine rivolgendosi ad Andrea.
«JJ guarda che tra poco tocca a te registrare, non vorrei che proprio nel bel mezzo della registrazione ti venisse un attacco d' incontinenza per tutta quell'aranciata» puntualizzò Hiro tra il serio e il divertito. A tutti i presenti scappò una mezza risata che non passò inosservata a JJ che sentendosi preso di mira da tutti, uscì dalla stanza sbattendo la porta senza dire neanche una parola.
«Il ragazzino si è offeso che peccato!» affermò falsamente preoccupato Rio, per poi rivolgersi ad Andrea che per tutto il tempo era rimasto in silenzio a osservare gli altri prendere le sue difese.
«Ci dispiace che tu debba fare i conti con un personaggio come JJ. Vedrai che presto gli passerà la voglia di fare lo spiritoso con te e se ciò non dovesse accadere saremo noi a fargliela passare. Ok? » e gli mostrò un’espressione complice che rasserenò Andrea. Finalmente le cose sembravano andare per il verso giusto.
«grazie siete molto gentili».
«figurati, qui bisogna aiutarsi a vicenda altrimenti non se ne esce più» aggiunse Daisuke prima di infilarsi le cuffie. Doveva assolutamente verificare la sua registrazione, era uno dei membri più pignoli, pretendeva sempre il meglio da se stesso e dagli altri.
Hiro nel frattempo aveva ripreso in mano i fogli con il testo di JJ per verificare quali correzioni il più giovane avesse apportato al suo lavoro. Intere frasi erano state cancellate e sostituite. Sembrava uno di quei murales che si trovano in giro per strada. Ogni correzione era stata giustapposta su quel foglio di carta con un colore differente. Solo alla fine era stata aggiunta un'intera strofa completamente in rima. Probabilmente JJ voleva terminare con una gruppo di versi in rep. L'idea tutto sommato non sembrò male a Hiro che decise di non sollevare obbiezioni, se non dopo aver ascoltato la traccia per intero.
«bene adesso chi lo va a cercare?» domandò Rio mentre Hiro rimetteva apposto i fogli con l'opera multi-color di JJ
«Se volte ci vado io...» si propose Andrea.
«No straniero, preferiamo che tu sopravviva alla prima giornata di lavoro... forse è meglio che vada io.» sentenziò Daisuke poggiando con fare rassicurante la mano sulla spalla dell’inesperto assistente «quando il suo umore è pessimo diventa davvero incontrollabile.» aggiunse cercando di fargli comprendere la situazione. Andrea non sollevò obbiezioni. Il ragazzo dall'alta cresta irregolare uscì poco dopo dalla stanza per andare a cercare JJ. Passarono pochi minuti e il gruppo si ricompose nella stanza. Dall'altra parte del vetro, nella sala insonorizzata, si trovava JJ. Il suo atteggiamento era completamente cambiato. Andrea non sapeva cosa pensare. Il ragazzo infantile che aveva visto fino a poco prima infierire su di lui in tutti i modi possibili, adesso era calmo e sembrava in pace con il mondo, era come se avesse recuperato una sorta di maturità che poco si addiceva a quel suo look eccentrico, bizzarro e quasi puerile che esibiva con così tanto orgoglio. Ostentava, agli occhi ancora increduli di Andrea, una concentrazione degna di un vero professionista. Dopo aver ridato un'occhiata al testo, per un breve ripasso, e aver fatto qualche vocalizzo il ragazzo dai capelli rossicci era pronto per iniziare. JJ con un movimento del capo fece segno di iniziare con la registrazione a Daisuke che aveva appena preso posto vicino i comandi della console. Tutti sembravano curiosi di scoprire come il più giovane avrebbe interpretato quel testo. A quanto aveva potuto capire Andrea, Hiro aveva dato a JJ la libertà di apportare delle modifiche al testo lì dove le ritenesse opportune.
Finalmente la traccia partì e la curiosità sembrava emergere predominante anche sui volti degli altri tre membri del gruppo. Il brano anche se malinconico aveva un ritmo abbastanza movimentato, quella sua serietà faceva completamente a pugni con il carattere che JJ aveva esibito fino a quel momento. Ciò nonostante riuscì a interpretarla come se quelle parole le venissero da una sofferenza interiore che certamente non aveva manifestato prima di quel momento.
La canzone parlava di un sogno, che si trasformava in un incubo tremendo. La ragazza che JJ diceva di amare si tramutava in un burattino privo di personalità era una metafora per raccontare la distanza tra i due. Gli altri membri ascoltavano incuriositi quella rivisitazione di JJ del testo di Hiro.
Quello che lasciò senza parole Andrea era l'abilità di JJ di reppare. Era una freccia. Le parole gli uscivano dalla bocca così velocemente da non permettergli di afferrare molto bene il significato di alcune di esse.
Rio notando l'espressione di Andrea si decise ad andare in suo soccorso.
JJ infine conclude la canzone con una frase che Andrea riuscì a decifrare senza alcuna difficoltà:
 
“dicevi di essere il mio burattino
e invece sono io ad essere sempre stato
il tuo fantoccio.
tu non esisterai più se non nei miei incubi
non apparterrai più alla mia vita reale
per me ora sei solo quell'illusione che, ad ogni costo voglio cancellare.
Ora taglierò questi fili che mi legano a te e rinascerò.
Addio”.
 
La registrazione si era conclusa. Mentre Daisuke gli dava il via libera per uscire, JJ metteva al loro posto le cuffie che aveva usato per sentire la traccia strumentale.
«beh che ne pensate?» chiese serio agli altri membri dopo essere uscito dalla stanza insonorizzata.
«bellissima, soprattutto l'ultima frase era davvero d'effetto» senza pensarci Andrea aveva risposto prima che potessero farlo gli altri. Aveva seriamente rivalutato JJ dopo la sua performance. Per Andrea era stato così incredibilmente bravo da fargli dimenticare tutte le prepotenze subite.
Tutti e quattro si voltarono verso di lui incuriositi. Solo in quel momento Andrea si rese conto di quanto fosse stato stupido a parlare, non era stato chiesto a lui cosa ne pensasse del brano appena ascoltato. Non riusciva proprio a tenere a freno i suoi pensieri quando un qualcosa lo colpiva profondamente.
«Ovviamente non è una cosa che stavo chiedendo a te, straniero» lo riprese acido JJ.
«io, credo che Andrea ci abbia preso in pieno, invece» intervenne Rio nel tentativo disperato di difendere il nuovo assistente dall'ennesima prepotenza.
«davvero?» JJ adesso aveva occhi e bocca spalancata. Non poteva credere che Rio si stesse complimentando con lui. Era la prima volta che succedeva.
«anche io la penso allo stesso modo. Ovviamente dovremo registrare una seconda volta perché l’ultima parte non andava bene sulla vecchia traccia, diciamo che nonostante questo si è rivelato un fuori-onda molto gradito» aggiunse Daisuke facendogli un occhiolino d'incoraggiamento. Adesso mancava solo Hiro. Tutti si voltarono istintivamente verso di lui.
«per me è ok, la traccia può andare bene anche cosi» sentenziò infine anche l'ultimo del gruppo.
«Ci mancherebbe altro sono un genio della musica io» esordì più sicuro e privo di modestia JJ.
«Guarda che abbiamo solo detto che il pezzo può andare ora non erigerti a grande genio musicale... » intervenne Rio con aria di rimprovero.
«sei solo invidioso...»
«....invidioso io? Non vedo proprio nessuno, da queste parti, per cui esserlo..» aggiunse sarcastico  mentre faceva finta di cercare qualcosa o qualcuno intorno a lui con lo sguardo.
«ah...ah...ah... bravo, un giorno ti rimangerai tutto quello che hai appena detto». Fu l'ultima frase che JJ disse prima di prendere posto su uno sgabello lì vicino. Incrociate le braccia mostrava il suo solito sguardo offeso da bambino capriccioso.
 
Eccoci ritornati alla situazione iniziale. Come ho potuto pensare che fosse cambiato qualcosa, un bambino viziato e capriccioso mi è sembrato all'inizio e un bambino viziato e capriccioso mi sembra adesso...”
 
Pensò Andrea mentre fissava il volto ferito nell'orgoglio di JJ. Lo stesso accortosi di essere osservato si voltò vero Andrea che gli rivolse un sorriso imbarazzato, al quale lui rispose con una acida e prepotente linguaccia.
 
 
 
 
« Signor Otzuki, come faremo a farli partecipare al ritiro del loro premio di quest'anno? Sarà tra poche settimane e ovviamente Eichi non sarà presente. Non crede che anche la stampa farà due più due? Insomma inizieranno a indagare per scoprire il motivo dell'assenza di Eichi e sicuramente pedinando il gruppo noteranno la sua reale assenza. Tutto questo potrebbero farli insospettire».
« lo so benissimo, infatti è per questo che l’ho convocata con così tanta urgenza. Ci serve qualcuno che non sia interessato a tradirci con la stampa e che possiamo tenere costantemente sotto controllo. Qualcuno con un fisico simile a quello di Eichi che magari ben camuffato possa essere scambiato per lui. Insomma ci serve un sostituto fedele e che non sia un fan scatenato con manie di protagonismo, capace di tradirci solo per un po' di pubblicità. Hai qualcuno da propormi?».
«Mm...»il signor Marini era seriamente indeciso se parlare di Andrea al direttore della casa discografica o meno. Non voleva coinvolgere il ragazzo più del dovuto in quella situazione.
«allora?» ripeté il signor Otzuki evidentemente irritato dalla lunga attesa.
«ci sarebbe una persona, ma non so se sia il caso...»
«tu credi sia una persona valida di cui ci si possa fidare?»lo interruppe bruscamente.
«indubbiamente è un bravissimo ragazzo...»
«perfetto allora è deciso, da domani inizieremo la procedura di camuffamento. Chiedi pure aiuto ai nostri costumisti. Per qualsiasi cosa sai come contattarmi.»
«ma veramente non so se accetterà di farlo...»
«accetterà senza alcun dubbio, a chi vuoi dispiaccia rivestire i panni di un cantante famoso come Eichi? Ora se permette, ho troppo lavoro da portare avanti»
«Capisco. Buona giornata Signor Otsuki»
«anche a lei signor Marini, mi tenga aggiornato su tutta la situazione»
«sarà fatto!» lo rassicurò prima di chinarsi in un saluto oneroso e uscire da quella snervante stanza asettica.
 
Due ore dopo…
 
“Incredibile non sembro neanche più io, certamente queste imbottiture alle spalle mi danno un po’ fastidio e far finta di essere un altro non sarà molto facile, ma come potevo dire di no al signor Marini. La sua supplica è stata davvero esagerata. Quanto odio essere così disponibile. Poi questi jeans così stretti sono davvero fastidiosi. Speriamo davvero che duri per poco questa sceneggiata!”.
 
«Andrea, non muoverti altrimenti non riusciamo a prenderti la misura esatta» ribadì infastidita una delle costumiste a cui si era rivolto il signor Marini.
«mi scusi» Andrea era visibilmente agitato. Non sapeva cosa doversi immaginare e come prepararsi a quello che di li a poco avrebbe dovuto affrontare. Lui non era di certo una star ma un semplice ragazzo venuto in Giappone per apprendere meglio la lingua e magari fare nuove esperienze. Mai si sarebbe aspettato di arrivare a questo.
Intanto nell’altra stanza tutti i membri del gruppo, compreso il signor Marini, attendevano pazientemente.
Dopo poco la tenda, di quell’enorme atelier, si aprì e ne emerse un Andrea davvero irriconoscibile. I suoi capelli erano stati tinti di biondo e il taglio era lo stesso di Eichi. L’abbigliamento era sullo stile del leader del gruppo: semplice e senza troppi fronzoli. Una camicia e un jeans. le scarpe avevano un leggero rialzo.
«sbaglio o sembri più alto straniero?» notò sorpreso JJ.
«Signor Marini ho pensato che per recuperare quei pochi centimetri d’altezza fosse necessario apportare una leggera modifica alle scarpe, nessuno se ne accorgerà comunque» spiegò la costumista.
«Misa, hai fatto un lavoro impeccabile come sempre, se non lo si guarda fisso in faccia lo si potrebbe scambiare anche per Eichi. Ovviamente i suoi lineamenti occidentali non aiutano molto».
«per quelli conosco un ottimo truccatore a cui potete rivolgervi. Se volete posso darvi il suo recapito telefonico»
«si certamente. Te ne sarei molto grato».
Questo per Andrea significava che la tortura non era ancora finita.
«Bene ragazzi aspettate qui, vado a fare una chiamata per vedere se riusciamo ad avere un appuntamento in giornata» il signor Marini si dileguò prima che anche uno solo dei presenti potesse dire una parola.
«io non capisco cosa ci facciamo qui anche noi?» domandò scocciato JJ sbuffando senza contegno.
«credo che a questo punto debba interessarci che l’esito finale sia al massimo fedele all’originale non ti rendi conto che qui rischiamo tutti allo stesso modo?» rimproverò severo Rio il giovane del gruppo.
«tzeh ma io ho cose più importanti a cui pensare in questo momento… come lavorare alla mia canzone…»
«sei ingiusto JJ non pensi che qui l’unico a trovarsi a disagio, in una situazione veramente insolita, è anche l’unico che non si sta lamentando?» lo rimproverò Daisuke richiamando comprensivo l’attenzione di Andrea che sino a quel momento si era sentito escluso, pur essendo l’elemento focale.
Dopo averlo osservato meglio, Andrea si era reso conto che il giovane ragazzo con la cresta nera era l’unico ad emanare un sincero calore umano. Gli altri mantenevano degli scudi mente Daisuke era gentile spontaneo ed era uno dei pochi che riuscisse a capire realmente la sua posizione. JJ al contrario era costantemente acido nei suoi confronti oltre ad avere un atteggiamento spesso troppo infantile, capriccioso, ed egocentrico; Hiro invece era chiuso nei suoi costanti introspettivi silenzi; mentre Rio assolveva al suo ruolo di membro anziano attento e responsabile con ottime capacità decisionali ma con un’aria di superiorità che metteva soggezione.  Daisuke in tutto questo aveva sempre un sorriso pronto a riscaldare le situazioni più fredde.
«no davvero non ci sono problemi, lo faccio con piacere!» confessò in imbarazzo Andrea. Dal canto suo avrebbe voluto rimanere in disparte, però di fatto le attenzioni di Daisuke gli facevano piacere.
«no davvero dobbiamo ringraziarti per quello che stai facendo per noi, questo va oltre ogni normale dovere di un assistente. Quindi grazie Andrea, da parte di tutti. È per questo che resteremo qui a sostenerti, dico bene JJ?» replicò Daisuke con una nota di rimprovero.
«si certo, tanto non credo di avere altra scelta…»
«perfetto! Inoltre Andrea tra poco entrerai a far parte del nostro gruppo ufficialmente, quindi occorre che tu possa fidarti di noi come noi ci fideremo di te, io personalmente sono convinto che non ci deluderai.» proseguì fiducioso Daisuke.
«anche io sono d’accordo con te e parlo a nome di tutti quando dico che qui apprezziamo molto i sacrifici che stai facendo per noi capiamo che non deve essere facile affrontare tutto questo» aggiunse Rio.
«non posso che concordare, è molto nobile da parte tua aiutarci»aggiunge Hiro.
«non so che dire davvero, se non che il sapere che potrò contare sul vostro supporto mi rende infinitamente felice, grazie»
Poco dopo queste parole di Andrea il signor Marini irruppe nella stanza sorridendo soddisfatto. Questo la diceva lunga sul programma per le prossime ore.
 
 
 
 
ITALIA
 
 
愛、私に聞く私の心と話でしょう
この歌はあなたのためです。私は何を教えてあげる私は本当に運命は残酷です 彼は彼はあなたを破壊することを知っています彼はあなたを教えてくれないとき 理由もないです。
 
 
 
 
Amore ascoltami 
Parlerò con il mio cuore 
Questa canzone è per te
Ti dirò cosa sento veramente
 
Il destino è crudele sa che ti distruggerà, 
ma non ti dice ne quando ne il perché. 


 
 
Eichi era in camera sua, erano chiuso lì da circa due ore. Quelle poche frasi sul suo blocco erano le uniche che fosse riuscito a scrivere in tutto quell’arco di tempo. Anche se lontano dai suoi doveri non poteva dimenticare quanto amasse comporre canzoni. Purtroppo per non dare nell’occhio non si era portato dietro la sua chitarra.  E tra se e se non faceva che maledire se stesso per quel grandissimo errore. In più, dopo gli ultimi eventi, si sentiva davvero confuso. Era triste per aver litigato con Mary. Inoltre non sapeva cos’altro si sarebbe dovuto aspettare da lei. Se all’inizio credeva di averla inquadrata adesso non sapeva più a cosa credere. Tutti quei pensieri gli impedivano di continuare con il suo lavoro.
 
TOCK! TOCK!
 
.«Chi è?» rispose distratto Eichi.
.«Sono Mary, posso entrare?» la voce ovattata era appena percepibile da dentro la stanza.
.«certo…»
 
“e adesso cosa vorrà? Non è proprio il momento questo!”
 
Mary aprì con cautela la porta, come se non cercasse di far rumore. Una precauzione inutile per certi versi visto che gli unici in casa erano loro due.
.«ti ho disturbato?» chiese con un’aria da cane bastonato che ad Eichi fece ribollire il sangue nelle vene. Dall’ultima volta in ospedale non si erano più parlati. Ed Eichi non poteva fare a meno di sentirsi ancora amareggiato per le parole fredde che Mary gli aveva rivolto. Era arrabbiato con se stesso e triste perché quelle frasi lo avevano ferito molto più di quello che si sarebbe aspettato. Non sapeva ancora come comportarsi con lei quindi per il momento decise di attendere che fosse Mary a fare il primo passo. Il momento tanto atteso sembrava essere finalmente arrivato.
.«no, dimmi pure…» proseguì con aria di indifferenza.
.«senti, se non vuoi parlarmi nessuno ti costringe a farlo, eppure se ricordo bene sei stato tu a dirmi che avresti fatto di tutto per farti perdonare, se però non vuoi il mio perdono io non ci perdo niente ad uscire da questa stanza…» Mary aveva intuito che Eichi non aveva alcuna intenzione di parlare con lei e cercò di stuzzicarlo per vedere quale sarebbe stata la sua reazione.
.«no certo che voglio farmi perdonare per quello che ti ho fatto, però…» si interruppe maledendo se stesso per quella parola uscita in più dalla sua bocca.
.«però cosa?» ripetete curiosa Mary.
.«niente lascia stare…»
.«no, parla…»
.«Va bene se insisti ti dirò tutto quello che penso.
All’inizio mi sei sembrata una brava ragazza matura responsabile e per certi versi anche adorabile un fiore da proteggere, ma adesso non ti riconosco più davvero! Hai ragione ti ho mentito, e mi dispiace ma non l’ho fatto con l’intento di ferirti, devi credermi. Ho accettato di fare qualsiasi cosa pur di farmi perdonare da te, ma non posso accettare questo tuo nuovo modo di comportarti. Non sei tu e non ho intenzione di farmi perdonare da una persona che non riconosco. Da quando siamo tornati dall’ospedale non hai fatto altro che ignorarmi e trattarmi con indifferenza. Io ho messo in ballo tutto me stesso pur di recuperare quel poco di rapporto che c’era tra noi ma sembra che tu non abbia alcuna intenzione di fare altrettanto. Quindi a cosa serve continuare con questa farsa se tu per prima non hai alcuna intenzione di perdonarmi?».
Mary era immobile, non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere da Eichi credeva di averlo in pugno e invece si era sbagliata. E adesso? In quel momento qualcosa dentro di sé scattò e si rese conto che tutta quella rabbia che provava e stava sfogando su Eichi non era provocata da lui ma da un dolore più latente che dopo quanto era emerso con Eichi la stava dilaniando giorno dopo giorno. Forse stava sbagliando tutto. Era davvero eccessivo quel suo comportamento, e Eichi non lo meritava.
.«mi dispiace…» disse Mary chinando il capo. Non poteva crederci stava abbassando ancora una volta le sue difese. Davanti a quegli occhi a mandorla non riusciva a mantenere il controllo di se stessa.
Le lacrime scesero, senza contegno sulle sue guance. Non voleva piangere ma quelle parole di rimprovero di Eichi avevano messo in luce cosa davvero l’aveva ferita di tutta quella situazione.
.«ehi, non piangere non era mia intenzione rimproverarti…»Eichi non sapeva cosa fare, Mary piangeva e la colpa ancora una volta era sua.
.«non devi scusarti questa volta è solo colpa mia, piango perché sono un’idiota…ora vado. Scusami se ti ho disturbato»
Mary fece per girarsi e aprire la porta, quando una mano la prese per un polso e la costrinse a fermarsi.
.«vuoi parlare?»
Non poteva crederci dopo tutto quello che gli aveva detto e dopo come si era comportata lui voleva ancora consolarla. Mary decise che questa volta forse avrebbe potuto fidarsi di lui. Si voltò verso Eichi mentre con la mano ancora libera si tamponava la guancia destra. Senza aggiungere altro Eichi la spronò a sedersi sul letto e le si sedette accanto. Con una mano le asciugò le ultime lacrime, poi si mise in posizione di ascolto.
.«Eichi posso esprimere il mio primo desiderio in questo momento?»
.«certo che puoi!»
.«mi prometti che non mi mentirai più»
Eichi sapeva che quella richiesta sarebbe arrivata prima o poi.
.«Mary proprio perché ho intenzione di essere sincero il più possibile con te ti dico che non potrò mai essere completamente onesto con te, mi dispiace…» il suo sguardo era davvero amareggiato.
.«io ti chiedo di essere sincero qui, del resto non mi interessa…»disse Mary toccandosi il petto lì dove batte il cuore.
.«beh su quelli non è mia abitudine mentire. Comunque ti prometto che non mentirò mai al mio e al tuo cuore sul resto devo essere io a chiederti di non insistere perché  non otterrai risposte… non voglio mentirti mai più, ma tu non cercare risposte impossibili da avere ok?».
.«affare fatto, aspetterò di conoscerti Eichi Kitamura»
.«Grazie Mary, ora però devo essere io a chiederti cosa ti succede, e perché dici di essere un’idiota?»
.«non voglio annoiarti davvero…»
.«tranquilla con te non c’è mai da annoiarsi» sottolineò Eichi tirando indietro il ciuffo dei suoi capelli. Quel movimento fecce sobbalzare Mary era davvero bello. In più erano soli in camera sua, una situazione un po’ particolare per certi versi. Però se lo guardava negli occhi poteva leggere che era un bravo ragazzo e che non le avrebbe fatto nulla di male. Quindi si tranquillizzò tirò un sospiro di sollievo e decise che avrebbe fatto affidamento su quel misterioso ragazzo. Pur non conoscendo nulla di lui si sarebbe fidata, in fondo al cuore sapeva di potersi concedere il lusso di un’amicizia non completamente alla pari.
Probabilmente non avrebbe dovuto raccontargli nulla di se, non era equo che lui conoscesse le sue debolezze, mentre lei non poteva neanche immaginare cosa animava il suo cuore o quali pensieri lo tormentavano, ma non riusciva a mettere a tacere i suoi sentimenti.
Mary decise che per il momento si sarebbe accontentata di essergli vicino anche così perché sapeva in fondo di non riuscire già più a fare a meno di lui.
 
.«Mary che ti succede?»
.«Scusami Eichi se me la sono presa con te in quel modo è solo, che mi ero fidata di te e per me non è così facile fidarmi della gente.. o meglio dei ragazzi da quell’ultima volta…»
.«che cosa ti è successo l’ultima volta?»
«è un po’ imbarazzante ammetterlo, comunque ho deciso che voglio fidarmi di te per una seconda volta. C’era un ragazzo di cui mi ero davvero innamorata, era più grande di me di cinque anni, ma l’età non mi importava feci di tutto per riuscire a incontrarlo ovviamente con esiti disastrosi. Poi un giorno fu lui ad avvicinarsi a me non riuscivo a crederci, ogni suo gesto nei miei confronti era fatto con così tanta dolcezza, che ci credetti davvero come una sciocca. Ci vedevamo in rare occasioni e il più delle volte solo quando era lui a chiedermelo. All’epoca ero davvero ingenua, mi concedetti con così tanta facilità. Poi un giorno ero in giro per strada, quando lo vidi con un’altra ragazza seduto ad un bar. Ero sicura si trattasse di una sua amica, fin quando li vidi baciarsi. Il mio cuore si spezzò in mille pezzi. Mi ero fidata di lui senza in realtà conoscerlo davvero e mi aveva ferita con così tanta facilità. Cambiai numero di telefono, poi finito il liceo feci in modo che non potesse più contattarmi. Scoprì qualche tempo dopo che quella ragazza al bar era la sua fidanzata. Ero io la terza incomoda della situazione. Forse il fatto che tu mi avessi mentito mi ha riacceso questi vecchi rancori. Mi dispiace che ne sia dovuto andare tu di mezzo. Ora capisci perché per me è così difficile fidarmi dei ragazzi, che si mostrano  gentili con me? Di te mi ero fidata già da subito, nonostante tutto, e sapere che anche tu mi avevi mentito mi ha distrutta per la seconda volta.». Mary a fatica aveva concluso il suo discorso, dire tutto ad Eichi sembrava l’avesse finalmente liberata dal risentimento che provava.
«Idiota…!» proferì Eichi prima di stringere tra indice e pollice le guance di Mary, allontanandole da i due lati opposti in modo che ne emergesse un sorriso forzato che però di riflesso scatenò quello più spontaneo di lui. Mary era completamente sorpresa dalla sua reazione nonché dal suo bellissimo sorriso. Era la prima volta che lo vedeva ridere in quel modo.
Con le labbra bloccate in quella ridicola espressione Mary cercò di rivolgere qualche parola ad Eichi.
.«puerchuè ridi?» Eichi a quel punto allontanò le sue mani dal volto di Mary. La quale si strofinò le gote leggermente doloranti.
«perché sei buffa…» le rispose.
«io sarei buffa? Sei tu a essere strano, ti racconto un fatto così serio e tu cosa fai? Mi dai dell’idiota e poi mi costringi a fare anche le boccacce solo per tuo divertimento?» Mary era evidentemente offesa.
.«guarda che ti sbagli…»
.«e su cosa mi starei sbagliando?»
.«non era per te quell’ “idiota” ma per quel ragazzo così stupido da essersi lasciato sfuggire una ragazza come te. Per quanto riguarda le boccacce, beh l’ho fatto solo perché mi mancava il tuo sorriso, sei molto più bella quando ridi sai? In più il solo fatto che sia quel tipo la causa di quel broncio e delle tue lacrime mi sembra così ingiusto che ho pensato a qualcosa per cancellarlo il prima possibile dal tuo volto. Così ho cercato di farti ridere, ho sbagliato?» Eichi glielo stava chiedendo sinceramente mortificato  .
Mary era arrossita all’istante.  L’aveva completamente spiazzata e adesso non sapeva cos’altro dirgli. Poi guardandolo meglio si rese conto di quanto buffa fosse la sua espressione da cane bastonato che, improvvisamente si ritrovò a sorridergli a sua volta, felice che ci fosse lui a tirarla su di morale.
 
 
 
GIAPPONE
 
 
«woooooooooow fai paura Andrea, sembri proprio Eichi…» era Daisuke a parlare mentre con sguardo incredulo ripercorreva ogni dettaglio del camuffamento e del trucco di Andrea.
«lo credi davvero?» rispose titubante Andrea.
«certo che lo sembri! in più il fatto di indossare degli occhiali da sole è geniale, in questo modo nessuno noterà i tuoi occhi occidentali, ma dimmi non ti danno fastidio le aggiunte sul naso e gli zigomi? Io non le sopporterei…»
«no non mi danno alcun fastidio poi Take mi ha spiegato come truccarmi ogni volta per sembrare impeccabile è una procedura un po’ complicata ma credo di potercela fare a eseguirla ogni volta che si renderà necessaria»
«perfetto allora sei pronto a farti vedere dagli altri?»
«certo!»
«ok allora andiamo».
Una volta giunti dal truccatore suggerito da Misa, il signor Marini aveva ricevuto una chiamata importantissima dal direttore. Così ancora una volta i ragazzi erano rimasti soli senza il loro Manager. Ad Daisuke era spettato il compito di scortare l’inesperto e impacciato Andrea all’incontro con Takeuchi Maruki il truccatore. Dopo circa un’ora l’opera sembrava essere stata conclusa nel migliore dei modi. Adesso toccava agli altri del gruppo verificare che l’esito finale fosse di elevato livello, Non potevano rischiare passi azzardati.
 
Rio, JJ e Hiro erano seduti nella sala d’attesa del salone d’ingresso. Erano circa le otto di sera ed erano evidentemente provati dalla lunga giornata. Nessuno si rese conto dell’ingresso dei due ragazzi. JJ si era addormentato appoggiato alla spalla di Rio che nell’attesa ricontrollava gli impegni dei giorni avvenire nella sua agenda elettronica, mentre Hiro scriveva qualcosa su un blocchetto.
«Ragazzi voglio presentarvi una persona…»disse esordendo Daisuke richiamando a se l’attenzione dei suoi compagni.
Il primo a concedergli attenzione fu Hiro che rimase sconvolto dal risultato finale, tanto da strizzare varie volte gli occhi incredulo.
Rio riposto il cellulare in tasca si alzò per esaminare il risultato da più vicino. Quel movimento brusco ridestò anche JJ che ancora stordito e mezzo addormentato non riuscì a mettere ben in chiaro la situazione.
« oniisan? Sei tornato? Che bello!» e prima che Andrea potesse fare qualcosa JJ gli saltò al collo abbracciandolo in una stretta soffocante.
«ma guardate il nostro povero JJ, non riesce neanche più a riconoscere il suo vero oniisan!» disse in tono ironico Rio.
 Daisuke sembrava leggermente infastidito dal comportamento di JJ. Tanto da prodigarsi rapidamente per liberare Andrea da quella morsa soffocante.
«su JJ svegliati non è Eichi ma Andrea! Su staccati che così rovini il lavoro di un’intera giornata…» e con forza riuscì infine a distaccare il più giovane del gruppo dal giovane assistente ancora sotto shock.
«cosa sta succedendo?E dove mi trovo?» disse JJ infine cercando di recuperare un po’ di consapevolezza, stropicciandosi gli occhi ancora assonnati.
«certo che hai proprio il sonno pesante tu!» insorse Rio per punzecchiare il più giovane.
«oddio non ci sto capendo più niente! Dove siamo?» JJ sembrava proprio in trans.
«Hiro posso chiederti una gentilezza?» domandò Daisuke rivolgendogli un mezzo sorriso complice. Era ovvio che avesse in mente qualcosa per risvegliare JJ.
«certo dimmi pure..»
«potresti accompagnare a casa JJ, credo che abbia esaurito le sue scorte di energia. Forse sarebbe meglio mandarlo a casa a riposare» e così dicendo spinse JJ verso Hiro. Il ragazzo dai capelli rossicci, accortosi di quello che stava succedendo, puntò i piedi fermandosi appena in tempo prima di finire addosso ad Hiro.
«ehi chi accompagna chi? Io con questo non vado da nessuna parte!» disse voltandosi verso Daisuke e  additando Hiro. JJ sembrava aver ripreso finalmente coscienza della situazione.
«bentornato tra noi dormiglione!» disse Daisuke prima di scoppiare in una sonora risata, seguito da Andrea e Rio.
«perché ridete?»
«niente è solo che quando sei stanco ti comporti proprio come un bambino desideroso d’affetto povero JJ» gli rispose ancora ridendo sotto i baffi Rio.
Dopo questa affermazione tutti i componenti scoppiarono in una sonora risata.
Tutti tranne JJ che non riusciva a ricordare nulla.
 
«Ragazzi è arrivato il momento di andare. Il direttore vuole parlare con tutti voi, compreso te Andrea.» disse il signor Marini entrando in fretta nella sala d’attesa. Sembrava avesse visto un fantasma. Quell’atmosfera leggera che si era respirata qualche momento prima era completamente sfumata. I ragazzi si trascinarono in silenzio fuori dal locale per poi entrare nella macchina del signor Marini.
 
Quella stanza bianca metteva una leggera soggezione. Inoltre Andrea si sentiva completamente fuori luogo in quel posto. L’uomo alla scrivania lo osservava incuriosito e da quello sguardo intenso trapelava un carattere autoritario e poco accondiscendente. Sembrava essere pronto a non tollerare nessuna imperfezione.
 
«Signor Otzuki cosa ne pensa?» intervenne titubante l’uomo alto e slanciato alla sinistra di Andrea. Nell’aria c’era tensione malcelata a stanchezza e stress.
«signor Marini devo ammettere che il risultato è davvero lodevole… ma possiamo fidarci di lui?» disse guardando di sbieco Andrea che era rigido come uno stoccafisso.
«Certamente!» disse più sicuro il signor Marini.
«perfetto voi ragazzi cosa ne pensate? Riuscirete a prepararlo per lo show in tempo?»
«quale show?» intervenne impulsivamente Andrea che come al suo solito non riusciva a tenere la bocca chiusa in determinate situazioni.
«non gli avete detto ancora nulla?» disse sconcertato il direttore, rivolgendosi al signor Marini.
«beh veramente io, credevo ci sarebbe stato tempo e luogo per dirglielo…» provò a giustificarsi.
«tempo e luogo per dirmi cosa?» insorse ancora una volta Andrea.
«bene sarò io a dirtelo allora. Tra due settimane ci sarà un’importante manifestazione in cui i componenti del gruppo BB5 dovranno ritirare un’importante premio, in quell’occasione dovrete anche esibirvi sul palco…»
«ma non è possibile! come farà a imparare il nostro repertorio e le coreografie in così poco tempo? Non c’è un modo per evitargli questa esibizione?» intervenne preoccupato Daisuke. Andrea era davvero grato dell’interesse mostrategli da quest’ultimo, ma allo stesso tempo era intenzionato a fare del suo meglio per aiutarli.
«non temere Daisuke posso farcela, ho solo bisogno che voi mi diate una mano…»
«perfetto allora mi aspetto dei resoconti giornalieri sulle prove, ovviamente dovrai limitarti a imparare le coreografie e i testi delle canzoni oltre a studiare la gestualità e il modo di muoversi di Eichi, per la voce faremo in modo che tu e solo tu, possa cantare in playback»
«d’accordo, farò del mio meglio» rispose più sicuro Andrea.
«Signor Marini devo ammettere che ha ottimo fiuto, questo ragazzo ha fegato da vendere» gli concedette, sorridendo e abbandonando quella postura rigida e formale sostenuta sino a quel momento. Dopo tornò a rivolgersi ad Andrea, «credo che potrò aspettarmi grandi cose da te».
«la ringrazio della fiducia Signor Otzuki». Infine i  cinque membri del gruppo compreso il loro manager fecero un oneroso inchino al direttore per poi uscire dal suo studio e dirigersi all’uscita della sede principale della Kings Record.
All’uscita dell’imponente palazzo i ragazzi erano pronti a salutarsi quando inaspettatamente il signor Marini esordì con una notizia dell’ultimo minuto.
«ragazzi non credo sia necessario che vi salutiate»
«e per quale motivo?» aggiunse JJ insospettito.
«perché da oggi condivideremo lo stesso tetto…»
«cosa?» scoppiò JJ sbigottito.
«il direttore pensa sia meglio così per tutti. Ci trasferiremo in una delle sue residenze in periferia, lì potrete allenarvi e aiutare anche Andrea per l’esibizione senza ulteriori perdite di tempo».
«si ma come facciamo per le nostre robe?» si inserì Daisuke.
«quelle sono già lì ad attendere il vostro arrivo, quindi montate che si parte…»
«non se ne parla proprio, io non ho intenzione di passare queste due settimane in compagnia di certi elementi…» e JJ rivolse il suo sguardo contrariato verso Hiro.
«suvvia non credo sia il caso di pensare ancora a queste cose!» intervenne il signor Marini.
«Ha ragione JJ. Pensa che in fondo questo sacrificio è solo per Eichi, ok?» aggiunse Daisuke comprensivo cercando di addolcire lo sguardo burbero del più giovane.
«OOOOH d’accordo ma mi siedo io avanti…» aggiunse prima di prendere posto sul sedile accanto al guidatore.
«ci attendono due lunghe settimane Andrea sei convinto di voler continuare» sospirò Rio prima di rivolgersi al nuovo assistente.
«certamente! Non mi sognerei di abbandonarvi per niente al mondo. Infondo come diceva una canzone dei Queen: the show must go on, giusto?»

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Capitolo 5
*** SCOPRIRSI ***



 

Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 

 

CAPITOLO 5
 
SCOPRIRSI

 
 
ITALIA
 
 
 
 
Mary era nella sua camera, mentre con uno sforzo sovraumano cercava di chiudere la valigia enorme che affondava nel suo letto.
Non poteva credere che dopo circa un anno sarebbe ritornata a Villa Rosa. Era insolitoo che fosse stato proprio suo padre a proporle di tornarci.
A pranzo aveva esordito dicendo che si sarebbe preso una settimana di ferie e che tutti e tre avrebbero trascorso quei giorni a lì. Mary ne rimase sconvolta, per due motivi: uno, perché suo padre non prendeva un periodo di ferie così lungo da anni, due perché dalla morte di sua madre quel posto era diventato un tabù.  Da quel momento, come in un tacito accordo, tutti i membri della famiglia avevano fatto in modo che non fosse mai esistita. Per Mary villa Rosa era uno dei posti che amava di più in assoluto. Lì aveva trascorso la maggior parte del tempo con sua madre e suo fratello d’estate, mentre suo padre lavorava. Era magica sotto vari aspetti. Era stata voluta da Clara, sua madre, che aveva provveduto a renderla uno splendore ricca di fiori meravigliosi.
La stessa le raccontava spesso di quanto suo padre fosse stato restio inizialmente nell’ acquistarla. Luigi era un tipo molto esigente e quella struttura fatiscente non ricalcava esattamente i suoi gusti. Nonostante tutti i battibecchi alla fine quella divenne la loro prima casa, il loro primo piccolo nido d’amore. Poi arrivò lei e le esigenze li costrinsero a spostarsi in città. Clara, non aveva però rinunciato a tornarci tutte le volte che poteva, per accudire il suo giardino e per trascorrere un po’ di tempo immersa in quel verde che la rasserenava sempre. Ogni weekend estivo era solita invitare i nonni e tutta la famiglia per trascorrere il fine settimana insieme. Mary ricordava con infinito piacere i pomeriggi trascorsi in compagnia di suo fratello e dei suoi cugini a bighellonare nel laghetto lì vicino.
Finalmente, dopo svariati tentativi, era riuscita a far scattare i meccanismi di chiusura della valigia. Ora arrivava la parte più difficile: sollevarla. Pesava almeno 14 kg. Il primo tentativo fu deludente. La seconda volta ci mise più impegno e finalmente riuscì a sollevarla. Il peso eccessivo, però, le fece perdere l’equilibrio e così in pochi secondi si ritrovò a terra con la valigia che a causa della botta improvvisa si era riaperta e con un dolore allucinante alla caviglia.
“Ma possibile che non ne faccio una buona!?”
«Mary tutto bene?» entrò, spalancando la porta, preoccupato Eichi.
«Si,si, non è successo nulla!» lo rassicurò mentre provava a rialzarsi.
«Mary non dire stupidaggini si vede che ti sei fatta male, perché devi fingere?»
«no, davvero, sto bene!» continuò Mary con un espressione non molto convincente.
«ho capito, ti do una mano io.» si offrì Eichi prima di aiutarla a sedersi sulla sedia vicino la scrivania.
«Grazie, crederai che sono un’imbranata cronica, ma ti assicuro che questi episodi mi accadono solo da quando sei arrivato tu. Di solito non sono così imbranata…» il suo sguardo imbarazzato incontrò quello interessato di Eichi.
«non vorrai dire che sono io a portarti sfortuna spero!» riprese il discorso divertito.
«No, ma cosa dici? Oddio, sapevo che avresti frainteso!»
«Guarda che ho capito cosa intendi, tranquilla. Comunque credo sia meglio mettere del ghiaccio su quella» e le indicò la caviglia destra «vado subito a prendertene un po’. Tu non muoverti, intesi?» le ordinò ammonendola con un dito.
«Mh… d’accordo. Come ordina dottore!» dopo quelle parole entrambi scoppiarono a ridere divertiti, poi Eichi uscì dalla stanza di Mary.
Dopo quel giorno in camera di Eichi, molte cose erano cambiate. Il loro rapporto si era fatto più aperto, scherzavano e ridevano come fossero stati da sempre vecchi amici. Mary riusciva, grazie ad Eichi, ad essere più spensierata, come non le succedeva da molto tempo. I primi dissapori erano stati rimossi. Entrambi sembravano essere finalmente pronti a prendersi cura l’uno dell’altra senza nutrire più alcuna incertezza.
 Fu mentre aspettava il ritorno di Eichi che Mary si rese conto di avere la valigia aperta con tutta la sua roba intima sparsa per il pavimento.
“Oh cavolo, devo toglierla di mezzo prima che la veda, altrimenti sai che figura!”
Si lasciò scivolare dolcemente dalla sedia e piegandosi a carponi raggiunse la zona vicino il letto. Incominciò a raccogliere tutto quello che poteva con foga. Ogni tanto lanciava uno sguardo preoccupato alla porta. Eichi poteva entrare da un momento all’altro e lei non voleva farsi scoprire. Dopo circa dieci minuti  Eichi spalancò la porta entrando con del ghiaccio in un fazzoletto di stoffa bianco. Mary era ancora china sul pavimento.
«Non ti avevo detto di non muoverti?» la rimproverò.
«Eichi davvero… io… è solo che…» non sapeva cosa dirgli, di certo la verità sarebbe stata imbarazzante.
«Sei proprio un caso patologico!» l’ammonì prima di aiutarla a rialzarsi dal pavimento e a prendere nuovamente posto sulla sedia vicino la scrivania.
Mary ogni tanto lanciava qualche sguardo disperato verso la sua valigia aperta e a quel reggiseno e quella mutandina, sfuggite dalla sua raccolta disperata. Eichi accorgendosi dell’espressione di Mary, ne seguì lo sguardo fino a imbattersi nella valigia aperta sul pavimento.
«potevi dirmelo che volevi una mano a sistemare la roba che ti è caduta fuori dalla valigia…» e si diresse verso di essa incominciando a raccogliere le maglie e i pantaloni.
«No! Eichi ti prego lascia stare, davvero non mi serve nessun aiuto…» lo supplicò sull’orlo della disperazione.
«Si certo…»
«No! Eichi davvero!»
Troppo tardi. Eichi stringeva incuriosito in una mano il reggiseno con le stelline gialle e nell’altra le mutandine con i funghetti di Mary.
«Certo che hai la biancheria intima di una bambina» notò interessato come un chimico che osserva una reazione inattesa nelle sue boccette di vetro.
«stupido, ti dispiacerebbe rimetterla al suo posto?»
«intendi per terra o nella valigia?» continuò divertito dopo aver visto la sua espressione imbarazzata
«dove vuoi, basta che esci di qui portandoti con te anche le tue pessime battute…» lo rimbeccò acida incrociando le braccia e chiudendosi in uno sguardo imbronciato da bambina capricciosa.
«Dai stavo scherzando!» cercò di giustificarsi. Dopo essersi avvicinato si chinò per potersi confrontare con il suo sguardo offeso e orgoglioso.
Mary pur cercando di mantenere una certa fermezza, non riusciva a tenere testa a quegli occhi magnetici.
«Davvero non vuoi perdonarmi?» Eichi la guardava con una faccia da cucciolo, troppo irresistibile.
«e va bene ti perdono! Ora però esci così finisco di sistemare un po’ di quella mia "biancheria da bambina"» concluse sarcastica.
«ok va bene! Tieni premuto il ghiaccio sulla caviglia, d'accordo?»
«ho capito, ora va!» lo cacciò Mary per l’ennesima volta. Eichi finalmente fece retrofront, aperta la porta le rivolse un'utima piccola linguaccia prima di uscire definitivamente dalla stanza.
Mary non poteva negare che quelle piccole attenzioni le facevano davvero piacere. Dopo tanto, finalmente, aveva smesso di essere l’unica a occuparsi degli altri, qualcun altro adesso aveva iniziato a prendersi cura di lei. E forse per la prima volta aveva accettato di farsi avvicinare da qualcuno.

        
Villa Rosa era una piccola villetta rustica fuori città all’esterno un breve vialetto introduceva all’ingresso principale sui lati dello stesso era stato allestito un prato ricco di fiori coloratissimi che faceva da contrasto con le pareti in pietra grezza della struttura. In realtà prima della ristrutturazione era un vecchio frantoio tanto che all’interno la madre di Mary aveva voluto preservare alcuni elementi originari. All’esterno erano stati improvvisati dei tavolini con le ruote in pietra che originariamente servivano per ricavare l’olio. Il giardino sul retro presentava una serie di camminamenti che conducevano a un piccolo gazebo in legno e a una piccola casetta prefabbricata usata come deposito. 
Erano appena arrivati e Mary, aiutata da Eichi, aveva portato la sua valigia nella vecchia stanzetta che per vent’anni aveva condiviso con suo fratello.  Quella stanza era davvero piccola ora che lei era cresciuta. Ricordava perfettamente le notti passate a raccontarsi vecchie storie di fantasmi e mostri. Quanta nostalgia provava alla vista dei suoi vecchi giocattoli. Anche se piccola, quella stanza, grazie ai bei ricordi di cui era imperniata, era diventava davvero ricca e accogliente.
«Mary, io ora vado. Ok?»
«Certo, grazie Eichi.»
«Figurati, per così poco!» i due ragazzi si scambiarono un breve sorriso  prima di separarsi.
Mary era stata immediatamente attratta da una foto sulla scrivania. Ritraeva lei, Andrea e sua madre. I due bambini in quella foto potevano avere si e no 5 e 3 anni. Tra di loro una donna dai lunghi capelli castani mossi sorrideva felice. Quanto le mancava sua madre. Era l’unica capace di capirla sul serio e di ispirarla in tutto quello che faceva. Era la sua guida e da quando era andata via le capitava spesso di sentirsi persa. Ogni volta che era giù lei lo capiva e riusciva a trovare il modo di farla sentire bene.  Ora doveva trovare la forza per farcela da sola ma non era sempre così facile.
I suoi pensieri furono interrotti improvvisamente da suo padre.
«Mary scusami, c’è un piccolo problema…» disse irrompendo in camera sua.
«che cosa è successo adesso?» gli rispose scocciata, riposizionando la foto sulla scrivania.
«Nella camera da letto piove.»
«come piove?» non poteva crederci,
«deve essersi rotto qualche tubo» spiegò incerto Luigi.
«per stasera dovrò dormire sul divano del soggiorno»
«capisco» ammise dispiaciuta, senza realmente capire dove volesse arrivare il padre.
«Mary sai cosa vuol dire questo? »
«cosa?»
«che almeno per stasera Eichi dovrà dormire nel letto a castello di questa stanza. Immagino che non avrai problemi a dividere la camera con lui. Ho notato che da un paio di giorni il vostro rapporto è migliorato parecchio. Dico bene?»
«si, questo è vero, però…» Mary non riuscì a terminare la frase che Luigi riprese subito la parola.
«perfetto allora avverto Eichi che non ci sono problemi» e uscì dalla stanza lasciando Mary con una frase inconclusa e una sensazione di imbarazzo che pian piano si propagava in tutto il suo corpo sino a farle diventare le gote rosse come due pomodori.
 
 
 
GIAPPONE
 
Andrea era distrutto. Le gambe tremavano per lo sforzo. Aveva il fiatone. Non era mai stato un tipo molto sportivo e si odiò per non aver mai praticato seriamente uno sport. Se lo avesse fatto adesso sarebbe stato più preparato a quello sforzo fisico. Erano tre ore che provavano senza sosta. C’erano tutti compreso il signor Marini, che controllava taciturno, in un angolo della sala prove, il loro lavoro. Aveva le braccia incrociate e un’aria sostenuta che Andrea non gli aveva mai visto prima. Era come se qualcosa lo preoccupare.
Daisuke era il responsabile delle coreografie, oltre ad essere un maniaco del perfezionismo. Andrea, purtroppo dovette rendersene conto a sue spese. Il giovane ed esperto coreografo dei BB5 era attento ad ogni suo singolo movimento. Ed era pronto a mettere l’accento su ogni errore che commetteva. Purtroppo per Andrea le cose erano rese ancora più complicate dal fatto che non doveva solo imparare una coreografia, ma metterla in atto come avrebbe fatto Eichi.
Imparare il suo modo di muoversi sul palco non era per niente semplice, inoltre la tensione aumentava giorno dopo giorno.
Andrea non ce la faceva più, era totalmente rosso in viso e a malapena riusciva a completare i movimenti. A differenza degli altri che seppure affaticati continuavano senza  sosta a ripassare le coreografie, lui era crollato a terra esausto.
Daisuke accorgendosene dall’enorme specchio della sala prove, corse allo stereo per fermare la musica. Poi tornò verso Andrea, che aveva il capo chino verso il pavimento mentre le sue mani appoggiate allo stesso si erano chiuse a pugno.
«Andrea alzati!» gli ordinò categorico.
«non ce la faccio più» lo supplicò singhiozzando Andrea.
«non eri tu che avevi detto che ce l’avresti messa tutta per aiutarci?»
«so benissimo cosa ho detto!» Andrea sollevò finalmente il volto dal pavimento e guardò furente Daisuke. Non poteva sopportare che avesse messo indubbio le sue intenzioni.
Daisuke allo stesso modo non si smosse e sostenette la sua espressione accigliata. Il  volto di Andrea era imperlato dalle lacrime e dal sudore, ma non bastò questo a farlo cedere.
«bene allora alzati! Cosa ci fai ancora in ginocchio a terra?»
«non ce la faccio, sono stanco e le gambe mi tremano» gli spiegò cercando di sollevarsi, con non pochi sforzi.
«sei solo uno smidollato. Fai promesse che non puoi mantenere e poi credi di risolvere tutto con delle scuse inutili. Hai accettato un compito, ora devi portarlo a termine…» lo ammonì Daisuke guardandolo con uno sguardo deluso, che come una freccia in pieno petto, colpì Andrea per la seconda volta.
In quel momento la rabbia fu più forte di ogni dolore e prendendo forza da essa, riuscì a rimettersi in piedi. Lentamente si trascinò verso Daisuke, che lo guardava inflessibile. A pochi centimetri di distanza si arrestò.
«Tu non mi conosci. Non sai proprio niente di me! Non hai alcun diritto di dirmi cosa sono o non sono»  gli rispose contrariato puntandogli l’indice contro, prima di voltarsi e uscire.
Tutti i membri restarono immobili in silenzio, ad osservare la scena. Solo dopo, che la porta fu chiusa violentemente da Andrea, JJ si decise a parlare.
«Che inutile spreco di tempo. Non ce la farà mai, è tutto inutile» sbuffò deluso buttandosi sul pavimento e incrociando le gambe mentre con una mano si sfilava la bandana blu che teneva stretta sulla fronte.
«non dire così JJ infondo abbiamo ancora del tempo, il ragazzo è solo inesperto» rassicurò il gruppo Rio cercando supporto da parte Daisuke che aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Sembrava non aver fatto minimamente caso alle parole dell’amico.
«tu cosa ne pensi Daisuke?» provò a richiamarlo una seconda volta Rio.
«scusate ragazzi esco, ho bisogno di parlare con lui. Per oggi le prove sono sospese» uscì correndo dalla stanza senza aggiungere altro. I tre ragazzi rimasti si scambiarono degli sguardi sorpresi. Era la prima volta che Daisuke decideva di interrompere le prove così bruscamente.
 
Andrea dolorante era riuscito a raggiungere la sua stanza. Si era buttato a pancia in giù sul letto. Il suo volto era completamente affondato nel cuscino. Lo stesso silenziosamente assorbiva le sue lacrime. Era stanco e sentiva su di se il peso di una responsabilità troppo grande. Quanto avrebbe voluto avere sua sorella lì con se. Lei sapeva sempre come dargli la forza di rialzarsi. Era la sua ancora di salvezza e non poterle raccontare nulla di tutta quella storia lo dilaniava. Avrebbe voluto poter gioire, se non della sua presenza, almeno del suo incoraggiamento.
I singhiozzi aumentarono tanto da fargli male al petto.
Si girò liberandosi dal contatto morbido del cuscino ormai umido. Adesso a pancia in su con una mano sul petto cercava di far calmare i singhiozzi. Il suo sguardo era perso sul soffitto della stanza che aveva preso i toni aranciata tipici del tramonto.
Le lacrime però continuavano a scendergli calde sulle guance. Poco dopo sentì bussare alla sua porta.
«lasciatemi in pace. Non voglio vedere nessuno» disse voltandosi di lato e mostrando le spalle alla porta d’ingresso.
«Andrea sono Daisuke ho bisogno di parlarti. Posso entrare?»
Andrea non sapeva se voleva davvero confrontarsi con lo stesso sguardo accusatorio di pochi minuti prima. Era triste perché l’unica persona su cui pensava di poter fare affidamento era anche l’unica a cui sembrava non importargli nulla di tutti gli sforzi che stava facendo e vedeva solo i suoi errori.
Il silenzio di Andrea fu letto come un tacito consenso da Daisuke che decise di entrare anche senza un vero e proprio consenso scritto, in fondo quella stanza era anche la sua.
Entrato vide Andrea rannicchiato di lato sul letto. Si avvicinò e si sedette accanto a lui.
«Andrea mi dispiace, » disse muovendo una mano verso la sua testa, per un attimo fu tentato dal desiderio di sfiorati i capelli, ma qualcosa gli impedì di continuare.
A malincuore abbassò quella mano ancora sospesa a mezz'aria che si rinchiuse su se stessa risentita. Daisuke era consapevole che quelle parole non sarebbero servite a molto. Eppure doveva provarci. Andrea nel frattempo continuava a rimanere chiuso nel suo silenzio.
«se ho detto quelle cose era solo perché volevo spronarti a non arrenderti. Credo di essere stato un po’ troppo severo con te in questo periodo. Ma se l’ho fatto è stato anche per il tuo bene. Voglio che quel giorno tu splenda come tutti noi. Voglio che salito su quel palco tu sia più di una semplice controfigura di Eichi io voglio che tu risplenda per quello che sei e per quello che sarai capace di fare. Voglio che tu sia orgoglioso di te stesso. E lo voglio perché ci tengo a te. Mi dispiace che tu non lo abbia capito» alzatosi dal letto Daisuke era tornato alla porta d’ingresso, si voltò prima di uscire un’ultima volta « Comunque per  oggi le prove sono sospese. Quindi riposati, ne avrai bisogno per domani» furono le sue ultime parole dopo di che si richiuse la porta alle spalle. Era così difficile  comportarsi in quel modo con lui. Non sapeva il perché, ma da quando lo aveva visto impacciato nello studio di registrazione il primo giorno, aveva avuto l’istinto di proteggerlo. Perché adesso doveva esse lui a rivestire i panni della bestia nera che lo aggredisce quando invece, avrebbe voluto solo evitargli tutto questo? Se insisteva con il pretendere da lui la perfezione era proprio perché non voleva si trovasse in una situazione imbarazzante sul palco. Non poteva comportarsi diversamente perché anche se Andrea non lo avrebbe mai capito lo faceva per il suo bene. Gli mancava non essere quello che gli faceva tornare il sorriso, ma doveva essere severo e se era necessario anche rendersi antipatico per il suo bene. Non riusciva ancora a capire cosa lo spingesse a tenere così tanto a quel ragazzo. In cuor suo sapeva che se lo voleva proteggere doveva comportarsi così, non c’erano altre soluzioni. Sperava davvero che potesse capirlo.  Si allontanò da quella che era anche la sua stanza e decise che avrebbe preso una boccata d’aria per riflettere.
 
Andrea era ancora nel suo letto aveva finalmente smesso di piangere. Adesso si sentiva davvero un idiota ad essersi comportato in quel modo così infantile.
Avevano anche interrotto le prove per colpa sua. Si sollevò a fatica e si buttò nella doccia. L’acqua fredda ebbe un effetto immediato. Cancellò tutta la stanchezza e riuscì a dargli nuova forza. Uscito si asciugò rapidamente i capelli con un asciugamano. Era così strano vedersi biondo chissà cosa avrebbe detto sua sorella del suo nuovo colore di capelli. Si vestì senza pensare troppo agli abbinamenti, aveva fretta di incontrare Daisuke, doveva parlargli e scusarsi per quella scenata fatta in sala prove. Un jeans, una felpa rossa e un paio di converse e uscì, pronto ad affrontare con coraggio le conseguenze delle sue azioni.  Con sicurezza si aggirava tra i corridoi della villa.
“Cavolo ma quanto è grande? E’ peggio di un labirinto!”.
Finalmente vide un volto famigliare in lontananza.
«JJ sai dov’è Daisuke?» gli gridò richiamando con una mano.
Il ragazzo rossiccio, lo squadrò con indifferenza, prima di voltargli le spalle e entrare nello studio di registrazione senza concedergli alcuna risposta.
Possibile che lo avesse ignorato così spudoratamente?
cavolo poteva almeno dirmi anche un semplice NO, ma perché si comporta così? Sembra ce l’abbia con il mondo intero! È insopportabile…” .
Andrea sospirando, continuò la sua ricerca. Questo fino all’incontro inatteso con il signor Marini.
«Ahio!» si massaggiò la testa dopo lo scontro con l’imponente figura del biondo Manager dei BB5.
«ti sei fatto male ragazzo?» gli domandò preoccupato.
«no, sto bene. Nulla di rotto non si preoccupi…» lo rassicurò.
«menomale, per un attimo ho pensato ti fossi rotto qualcosa. » proferì sollevato, mentre con una mano prese a scompigliare i capelli del più giovane, sorridendo.
«sa, ho la testa più dura di quanto sembri, »
«Sei proprio come tua madre. Mi dispiace per lo scontro ma adesso devo proprio andare, ci vediamo più tardi per la cena, d’accordo?»
«si, certo. Anzi, quasi dimenticavo, ha per caso ha visto Daisuke?»
Con sguardo perplesso il signor Marini, rivolse gli occhi al soffitto come soppesando tra se è se ogni possibile eventualita.
«beh, se lo conosco bene, sarà andato in giro per prendere una boccata d’aria» improvvisò.
«capisco, allora proverò a cercarlo in giardino. Grazie per l’aiuto.» Andrea fece un inchino di ringraziamento, prima di congedarsi. Improvvisamente il signor Marini lo fermò prendendolo per un braccio.
«Andrea non essere troppo duro con Daisuke, lui è bravo a mascherare quello che sente e anche se non lo da a vedere, sembra ci tenga molto a te. Quindi non colpevolizzarlo troppo, d’accordo?».
Andrea gli acconsentìi prima di incamminarsi all’esterno dell’imponente villa.
 
“Sta incominciando a fare freschetto qui fuori, forse è meglio che rientri, devo ancora farmi una doccia e stabilire il piano per le prove di domani mattina. Mi dispiace per Andrea, ma devo mostrarmi intransigente come sempre, e devo farlo anche se questo vorrà dire farmi odiare lui. Anche se la cosa mi fa soffrire terribilmente ”.
 
Daisuke era seduto sul prato ormai bagnato a causa della forte umidità. Il sole era già tramontato da parecchio e la luna crescente era enorme nel cielo estivo. I grilli avevano incominciato il loro concerto mentre tutto intorno mutava forma,  e i colori cedevano il loro posto al pallore etereo della luna. Stava per sollevarsi quando sentì dei passi provenire alle sue spalle. Si girò appena in tempo per notare una figura in jeans felpa e scarpe da ginnastica. Era Andrea. I capelli biondi ancora umidi, gli incorniciavano il viso tondo impreziosendo i suoi occhi grandi occhi cervone.
«finalmente ti ho trovato» gli sorrise raggiungendolo.
«si mi hai trovato» ripeté Daisuke invitandolo con una mano a prendere posto accanto a lui. Questo gli si sedette affianco.
«Daisuke mi dispiace davvero per ciò che è successo oggi pomeriggio. La verità è che mi manca la mia famiglia. Davvero, capisco che tu lo stia facendo per il mio bene. Per questo ti ringrazio e ti supplico di perdonami. Ti prometto che domani cercherò di dare il meglio di me.».
Daisuke, per tutto il tempo di quel discorso, non aveva staccato gli occhi dal bellissimo spettacolo notturno che la luna insieme alle altre stelle stava inscenando per loro. Appena Andrea smise di parlare si rivolse a lui con aria felice e soddisfatta. Alla fine quel discorso fatto in camera, non era stato poi tanto inutile. Era davvero felice che lui avesse capito la situazione, non avrebbe sopportato quello sguardo carico di astio per una seconda volta.
«Andrea grazie per avermi compreso. Mi sarebbe dispiaciuto molto litigare con te. Sei un bravo ragazzo e so che darai il meglio sempre. E non per dare una dimostrazione a noi ma per darla a te stesso. Infondo non è anche per questo motivo che sei voluto venire in Giappone?». Andrea era a dir poco scioccato, possibile che fosse così facile leggergli dentro? Possibile che Daisuke avesse capito così tanto di lui?
Andrea non disse una parola. Fu il ragazzo con l'alta cresta a interrompere quel silenzio imbarazzante.
«Bene entriamo dentro, l’aria si sta facendo davvero troppo umida. Non vorrei che ti prendessi un raffreddore, altrimenti domani non saprei chi torturare.» disse scherzosamente alzandosi e Andrea gli sorrise felice seguendolo.
Daisuke non sapeva spiegarselo, ma quel sorriso gli sembrò più luminoso e bello della volta celeste ammirata fino a quel momento.
Andrea dal canto suo era così felice di aver ritrovato Daisuke. Era l’unica persona capace di tirarlo su e aiutarlo quando si trovava in difficoltà e il pensiero di averlo perso lo aveva fatto quasi impazzire.  Ma questo non aveva ancora il coraggio di confessarglielo.
 
 
 
 
ITALIA
 
 
La luce entrò furtiva in quella piccola stanza.
Eichi aveva appena aperto gli occhi quel letto a castello era davvero troppo piccolo per lui eppure non era stato troppo scomodo dormirci dentro. L’orologio sulla scrivania segnava le otto e quindici minuti.
Si sollevò troppo in fretta. La testa urtò rumorosamente sulle assi del letto superiore.
«Ahia che dolore!» urlò strofinandosi la testa nel punto in cui probabilmente da un momento all’altro sarebbe cresciuto un enorme bernoccolo.
Dopo poco si morse la lingua pensando che Mary probabilmente stava ancora dormendo. Pensò che il suo urlare l’avesse sicuramente svegliata. Scese dal letto e si affacciò al livello superiore per verificare le sue supposizioni, ma Mary non c’era.
Ma dov’è andata adesso? Forse in cucina…”
Si mosse distrattamente trascinandosi fino in cucina, ma di Mary ancora niente. Nel soggiorno che si affacciava sulla sala da pranzo c’era solo Luigi, che sul divano dormiva profondamente. Russando senza ritegno. Eichi decise di uscire a cercarla. Pensò di cominciare  dal giardino retrostante la piccola villetta. Purtroppo anche lì non c’era alcuna traccia di Mary. Poi una musica conquistò la sua attenzione. A giudicare dal ritmo lento e ripetitivo doveva trattarsi di una ninnananna.  Le note scombinate provenivano sicuramente da un pianoforte non accordato. Si mosse seguendo la direzione di quel suono indefinito. Conduceva al capanno degli attrezzi. C’era una finestra che dava sull’interno. Si sporse giusto quanto bastava per dare un'occhiata rapida. Era un ambiente molto buio e solo un filo di luce penetrava radente dal quell’unica finestra. Mary era seduta vicino un vecchio pianoforte impolverato e suonava quella strana melodia con aria malinconica. D’un tratto la musica si fermò. Eichi pensò di essere stato scoperto, così di riflesso si allontanò dalla finestra. Dopo pochi secondi si riavvicinò alla stessa. Mary stava piangendo, singhiozzando e bofonchiando qualcosa che lui non riuscì ad afferrare in pieno.
«Mamma, dove sei? Ho bisogno di te, dei tuoi consigli. Non voglio più fare a meno di te. Forse dovrei farla davvero finita. Le forze mi mancano non credo di farcela senza di te.» le lacrime amare scendevano copiose sulle sue guance. Le mani sul suo volto erano completamente fradice.
Poi un rumore la riscosse. Si voltò e vide Eichi entrare nel capanno degli attrezzi e muoversi verso di lei. Era serio in viso come non mai.
Mary si chiese da quanto tempo fosse li e cosa avesse sentito.
Ma lui si mosse con troppa rapidità, prima che Mary potesse opporre resistenza si ritrovò stretta tra le sue braccia. Le sue mani impregnate di lacrime erano rimaste bloccate in quell’abbraccio inaspettato.
Mary poteva avvertire la forza di quel gesto e il dolce calore del suo respiro. Poi le labbra di Eichi si avvicinarono al suo orecchio, poteva percepirlo dal fiato caldo che sentiva sfiorarle il collo.
«Mary non dire mai più che vorresti farla finita… ti prego».
Mary non sapeva cosa fare, decise che si sarebbe abbandonata a quell’abbraccio.  Forse aspettava che qualcuno le dicesse quelle semplici parole da troppo tempo.
Dopo si allontanarono dolcemente l'uno dall'altro.  Mary poté così asciugarsi il volto bagnato. La situazione era insolita. Era la prima volta che qualcuno la vedeva piangere in quel modo. 
«Mi dispiace Eichi, non avrei mai voluto che proprio tu mi vedessi così, mi sento davvero…»
«Stupida?» completò la frase Eichi.
«cosa? No, non mi sento stupida…»
«e invece dovresti sentirti proprio così. Non penso che tua madre sarebbe fiera delle cose che hai appena detto.» disse mentre si poggiava a uno dei tanti mobili impolverati lì vicino. Adesso lui e Mary a pochi metri di sicurezza, si guardavano intensamente negli occhi studiandosi.
«E tu cosa ne puoi sapere di quello che penso io e ancor più di quello che potrebbe pensare mia madre? Non hai la minima idea di cosa significhi tutto questo per me!»lo riprese contrariata.
Eichi tacque e rivolse il suo sguardo alla pianola impolverata vicino alla quale era seduta Mary. Si alzò e silenziosamente la raggiunse. Entrambi guardavano altrove evitando di incrociare i loro sguardi. Eichi immerso nei suoi pensieri e Mary risentita da quelle parole di rimprovero.
«Mi dispiace deludere le tue aspettative, ma so perfettamente cosa vuol dire perdere una persona importante».
 Mary si girò di scattò, sorpresa e incuriosita. Ma rimase in silenzio aspettando altri chiarimenti.
«È la prima volta che ne parlo così apertamente con qualcuno, che  non sia la mia famiglia. Ma sono convinto, che non prenderesti mai sul serio le mie parole se prima non ti racconto qualcosa di me. In fondo è giusto così. Devi sapere che mia madre era una giovane ragazza come molte altre, in Italia aveva tutto: un lavoro, una famiglia che le voleva bene. Era felice e realizzata, l’unica cosa a mancarle era l’amore. Fu così che un giorno incontrò mio padre. Era un giovane esponente di una nota Casa farmaceutica giapponese, venuto in Italia per concludere alcuni affari, si innamorarono. Poi gli fu comunicato che sarebbe dovuto tornare in Giappone, chiese a mia madre di seguirlo. Lei era davvero innamorata di lui, quindi contro il volere della sua famiglia decise di fuggire con mio padre in Giappone. Tutto sembrava essersi risolto come in una bella fiaba, finché non scoprì di aspettare me. Mio padre le propose di sposarlo  e lei accettò. Ti starai chiedendo quando arriva la parte triste in questa bellissima storia d’amore. Beh, eccola qui. La famiglia di mio padre non era d’accordo sul matrimonio ne tanto meno sulla mia nascita. Vedevano mia madre come un’arrampicatrice sociale e me come un possibile intralcio per il futuro dell’azienda. Lo minacciarono più volte di diseredarlo se avesse sposato mia madre. Lui, a stare a quanto mi ha raccontato mia madre, inizialmente non voleva sottostare a quelli che chiamava "sporchi ricatti",  fatto sta che una bella mattina mia madre si svegliò e invece di mio padre, accanto a se trovò una lettera con un fiore di loto vicino. Diceva che avrebbe provveduto alla mia istruzione, ma che per poterlo fare aveva bisogno del patrimonio di famiglia e che doveva sottostare a una serie di imposizioni: uno non avrebbe mai sposato mia madre e secondo non avrebbe mai riconosciuto legalmente me come suo figlio. Ecco la favola si era spezzata e i cattivi avevano vinto. Non ho mai conosciuto mio padre e ho vissuto nella sua ombra per tutta la vita. Sapere che tuo padre ti ha volutamente abbandonato ti distrugge davvero. Sapere che non ha avuto la forza di lottare per te ti ammala dentro. Tua madre non ha scelto di abbandonarti,  se davvero così si può dire. Per certi versi sei più fortunata di me. Tu perlomeno porterai sempre con te il suo ricordo io invece non ho nemmeno quelli per cui gioire.  Nonostante questo io e mia madre ce l’abbiamo fatta appoggiandoci l’uno all’altra. Ricorda che non sei sola, se vuoi puoi appoggiarti alle persone che ti amano e se avrai bisogno potrai contare su di me quando ne avrai bisogno, perché io so cosa stai provando. La sensazione di essere abbandonati è davvero brutta da sopportare da soli» finito il suo racconto Eichi si rivolse a Mary sorridendole comprensivo.
Mary non poteva credere che le avesse rivelato una parte così dolorosa della sua vita. Sapeva perfettamente quanto fosse stata dura per lui farlo. Però ancora non riusciva a capire quel ragazzo.
«come fai a sorridere? Per me è così dura..»
«sorrido perché penso alle persone che amo, per loro non smetterò mai di sorridere… anche se ultimamente devo ammettere di aver sorriso davvero molto poco..» il suo sguardo e con esso la sua allegria si spensero immediatamente. Non poteva evitare di pensare ai suoi compagni, a Misako e Hiro, al tradimento e a quella sensazione dolorosa che non riusciva ancora a rimuovere dal suo cuore. Era come se anche lei come suo padre avesse improvvisamente smesso di lottare per mantenere integro il loro amore. Era l'ennesima persona ad abbandonarlo e non riusciva ad accettarlo. Il loro alla fine non era stato vero amore. Proprio come quello tra i suoi genitori, perché non era stato capace di resistere alle difficoltà.
Mary capì immediatamente cosa avrebbe dovuto fare.
Ritornò con le mani su quella pianola sgangherata e iniziò a suonare Don't worry be happy. Sorridendo a sua volta sperava di tirare su di morale Eichi. Iniziò anche a cantarla. Non era il massimo delle performance, ma Eichi sembrò gradire molto il gesto e iniziò a cantare con lei quella canzone che mise subito entrambi di buon umore. Nel bel mezzo dell’esibizione Eichi le chiese con un gesto di fargli spazio sulla panca. Mary si spostò ed Eichi sedutole accanto iniziò a suonare accompagnandola. Quattro mani su quei tasti bianchi e neri erano unite dal suono di un’unica canzone e guidati da due cuori che finalmente incominciavano a battere allo stesso ritmo.
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
I giorno dello spettacolo era finalmente arrivato. Andrea era nella sua stanza con Daisuke che si preparava per la performance di quella serata. Poco prima era stata tenuta una conferenza stampa in cui i ragazzi, sotto gli occhi attenti e indagatori dei giornalisti, spiegavano della prossima uscita dei loro singoli. Andrea era rimasto da parte in silenzio per tutto il tempo. Anche quando venivano fatte delle domande a lui era Rio o Daisuke a rispondere. Fortunatamente era durata davvero poco quella tortura, e per Andrea era solo l’inizio, il peggio doveva ancora arrivare. Mancavano solo quattro ore all’inizio della serata. I ragazzi si stavano preparando e Andrea non faceva eccezione. Con molta cura aveva provveduto al trucco e ai vestiti. Dinanzi all’enorme specchio della stanza ammirava il risultato finale del suo lavoro.
«Fantastico! Sulla somiglianza non c’è assolutamente nulla da dire. Sei la sua fotocopia sputata.» lo incoraggiò con una pacca sulla spalla Daisuke.
«grazie ma la parte, che più mi preoccupa è quella che mi vedrà ballare e cantare davanti a un pubblico numeroso. Non l’ho mai fatto prima, in tutta la mia vita.»
«Tranquillo Andrea! Sai quando dicono nei film di immaginare le persone in mutande per superare la paura del palcoscenico?»
«si!» affermò speranzoso Andrea.
«beh non serve a nulla…»
«scusami tanto, ma questo come dovrebbe aiutarmi?»
«ah ah ah, non saprei, ma di sicuro vedere la faccia che hai fatto mi ha messo di buonumore. Dovresti guardarti allo specchio sei davvero uno spasso! Non te lo ha mai detto nessuno?».
«Bah veramente…»
«Comunque tranquillo, vedrai che andrà benissimo. E poi nella peggiore delle ipotesi ci saremo noi ad aiutarti.» e gli fece un occhiolino prima di uscire dalla stanza.
Andrea era solo adesso. Per fortuna c’era Daisuke che riusciva sempre a tirarlo su di morale. Sorrise tra sé e sé dopo essersi confrontato un’ultima volta con la sua immagine riflessa nello specchio. Per quella sera Andrea non sarebbe esistito, ora toccava ad Eichi entrare in scena. Era pronto. «The show must go on».
 
 
Entrarono nell’enorme limousine nera che il direttore aveva messo a loro disposizione per la serata.
Andrea ispezionò i vestiti dei componenti della band. Rio, sempre elegantissimo, aveva un completo viola e una camicia bianca. Il vero colpo di grazia erano le sue scarpe firmate Louis Vuitton bianche e nere, modello Oxford, elegante e sofisticato proprio nello stile Rio. Alla cintura nera classica erano appese delle catene, mentre alle mani portava svariati tipi  di anelli e bracciali. La camicia era semplice e senza pretese, con una cravatta scura che riprendeva il bicolore delle scarpe.  Da Rio a JJ il salto era notevole. Anche se il più giovane del gruppo non aveva ceduto alla sua consueta estrosità, presentava comunque un abbigliamento dal carattere insolito. Ad un pantalone aderente di jeans viola con delle lacerazioni, era stata abbinata una maglia a mezze maniche con degli strani disegni, stile graffito, multicolor. I capelli erano stati sollevati in alto con abbondante uso di lacca. La missione non doveva essere stata troppo impegnativa perché i capelli di JJ non erano molto lunghi. Ai piedi per completare l’opera un paio di scarpe da ginnastica bianche con tanto di para nera e  lacci gialli. Hiro invece sfoggiava dei pantaloni neri attillatissimi sorretti da un enorme cinturone con delle borchie e un gilet di jeans viola. Da sotto una maglia bianca e grigia a strisce. Quello che spiccava in quel suo abbigliamento era una collana ciondolo quadrato come un lucchetto. Per finire ai piedi un paio di anfibi tirati a lucido. Daisuke invece, assieme alla sua inconfondibile cresta, indossava una semplice canotta bianca accostata a un paio di jeans blu scuro. Le scarpe viola spiccavano prepotentemente. Intorno al capo una bandana viola completava l’opera. Una collana con un serpente che si mordeva la coda era il suo unico dettaglio estroso. Al loro confronto Eichi era quello più sobrio. Una camicia bianca con un gilet grigio perlato un papillon viola e un paio di jeans blu scuro. Le converse erano bianche e nere, le sole che la costumista avesse preparato con il rialzo per farlo sembrare più alto.
Il viola sembrava fare da cardine alla serata. Era stata infatti la loro costumista Misa a portare loro quegli abiti. Ovviamente era molto attenta ai gusti di ognuno dei membri e  cercava di accontentarli nei limiti delle sue possibilità. Per lo spettacolo dovevano vestire in modo che ognuno richiamasse la presenza dell’altro e l’espediente cromatico sembrava assolvere perfettamente a questo compito.  Erano tutti molto silenziosi. Probabilmente erano agitati per l’esito  della serata.
Andrea decise di rimanere in silenzio e aspettare che il viaggio avesse fine. Poco dopo mezz’ora l’autista fermò la macchina annunciando ai cinque ragazzi seduti dietro che il viaggio era terminato.
«Andrea», lo richiamò in tono severo Rio «da ora tu sarai Eichi, non dimenticarlo». Andrea  fece di si con il capo.
I cinque ragazzi si guardarono senza dirsi una parola per un'ultima volta, poi Rio aprì lo sportello.
Mentre gli altri uscivano, Daisuke si avvicinò all’orecchio di Andrea.
«Stammi vicino e comportati come ti ho detto, non avere paura, cerca di essere il più naturale possibile. Io ti sarò vicino.»
«grazie Daisuke» gli sorrise visibilmente agitato.
«Bene ora usciamo, e raggiungiamo gli altri» lo esortò Daisuke prima di fargli segno di anticiparlo. Appena Andrea scese si ritrovò catapultato in un mondo fatto di riflettori, flash, scatti fotografici, giornalisti e fan che erano tutte lì per loro. Il tappeto rosso sotto i piedi era morbido. Rimase pochi secondi fermo a osservare quella lunga passerella. Una mano dietro la sua schiena lo spronò a camminare ed Andrea capì che era arrivato il momento di entrare in scena. Si muoveva con disinvoltura salutando le fan che quasi svenivano ad ogni suo sorriso. Finalmente quella passerella interminabile finì, aveva appena raggiunto gli altri membri del gruppo. Tutti e cinque erano fermi e si facevano immortalare dai fotografi di note riviste musicali intervenuti per l’evento. Andrea nelle vesti di leader esibiva con scioltezza molte pose alla Eichi, che aveva visto in altri servizi fotografici.
Finalmente Rio fece un cenno ai fotografi che il loro turno era giunto al termine e si congedò per primo seguito da tutti gli altri. Erano dentro finalmente. Andrea tirò un sospiro di sollievo. Poteva rilassarsi.
Giunsero nel grande auditorium e presero posto in mezzo ad altre importanti personalità del mondo della musica. Molti li salutavano e loro ricambiavano cordialmente con degli inchini onerosi ognuno di essi. Finalmente giunsero ai loro posti. A breve la premiazione sarebbe iniziata. Andrea non aveva capito quando di preciso sarebbero dovuti entrare in scena, ma a quanto aveva intuito ci sarebbe voluto del tempo, così si rilassò sulla poltrona. Gli occhiali da sole erano leggermente fastidiosi e di certo non aiutavano nella visuale, però non poteva correre il rischio di toglierli, altrimenti sarebbe stato scoperto. Purtroppo gli era toccato sedersi tra Hiro e JJ. Avrebbe preferito godere della compagnia di Daisuke e di Rio ma purtroppo le cose non erano andate a finire come avrebbe voluto. Se da un lato c’era JJ con uno sguardo divertito e curioso, eccessivamente eccitato, dall’altro c’era Hiro, chiuso nei suoi soliti e introspettivi silenzi. Da quando si erano conosciuti non era ancora riuscito ad instaurare una vera e propria conversazione con lui, ne tantomeno con JJ. Eppure Andrea sentiva che quel ragazzo dai lunghi capelli neri nascondeva qualcosa d’importante. Mentre l’osservava di sottecchi pensava,  che forse era proprio lui la causa della partenza di Eichi.
Le luci in sala si abbassarono e i riflettori furono puntati sul palco. Andrea guardava curioso quello spettacolo e in cuor suo lo stupore l’asciava gradualmente spazio all’ansia.
Iniziarono le prime premiazioni e nomination in diverse categorie. Dopo circa mezz’ora di spettacoli ed esibizioni varie Rio fece segno agli altri di allontanarsi per prepararsi allo spettacolo. Si mossero in fila indiana per raggiungere le quinte: Rio era in testa per guidare il gruppo seguito da Daisuke Hiro e JJ.  Andrea era rimasto indietro, cercava di nascondersi nella speranza che nessuno facesse troppo caso a lui. Una precauzione inutile visto che a breve tutta l’Asia lo avrebbe visto sugli schermi televisivi, per non parlare del pubblico in sala.
I truccatori provvidero a stendere un leggero strato di cipria sui loro volti a eccezione di Andrea che, per paura di essere scoperto, decise di rifiutare quella premura da parte dello staff. Erano pronti. A breve sarebbero saliti sul palco. Andrea aveva paura: paura di deludere Daisuke, che lo aveva aiutato con così tanto impegno, il signor Marini che aveva riposto in lui tutta la sua fiducia, per non parlare degli altri ragazzi che a loro modo gli erano stati vicini. Il peso di quelle responsabilità aumentava ad ogni battito del suo cuore. Cosa avrebbe fatto se si fosse dimenticato un pezzo della canzone? E se fosse scivolato nel bel mezzo della coreografia?
Fu lì che razionalizzò che in gioco non c’era la sua immagine, ma il futuro di Eichi. Se lo avessero scoperto a pagarne le conseguenze sarebbe stato Eichi, non di certo un anonimo ragazzo italiano.
Le mani incominciarono a tremargli, mentre la tensione saliva. In tutto questo non aveva neanche notato il microfonista che, con attenzione meticolosa, aveva attaccato ai suoi pantaloni la cassetta del suo ricevitore. Daisuke si era avvicinato con circospezione in modo che nessuno lo notasse e con un gesto rapido controllò che il microfono di Andrea fosse spento. Il microfonista era stato informato che Eichi avrebbe cantato in playback. Tirò un sospiro di sollievo. Andrea non notò nulla se non il sospiro di Daisuke alle sue spalle.
«Ehi Daisuke che succede?» chiese girandosi verso di lui incuriosito.
«nulla controllavo che il microfono ti fosse stato inserito bene»
«capisco…» proseguì un po’ deluso Andrea. Sperava che qualcun altro, oltre lui, sentisse l’ansia da palcoscenico. Ma a quanto pare era l’unico ad esibire reali segni di nervosismo.
«andrà tutto bene… »lo rassicurò Daisuke notando il suo sguardo preoccupato, «lo spero…»
«vedrai che sarà più divertente di quanto pensi…»
«si, certo, divertente, come no?»
«e poi ci sarò io con te non devi preoccuparti. Nella coreografia tu sei al centro, ma da un lato e dall’altro avrai me e JJ.»
«PERFETTO…»continuò sarcastico Andrea.
«che vuol dire “perfetto”? Non ti fidi di me?»
«non è per te…»
«allora è per via di JJ?»
«diciamo di si. Sai non sembra tenermi molto in simpatia…»
«devi ancora conoscerlo, JJ è una persona leale e gentile anche se non lo dà spesso a vedere.»
«si certo, come no…» rispose poco tranquillizzato Andrea.
«Ragazzi è ora di andare…» urlò Rio da una certa distanza.
«siamo pronti, arriviamo» rispose Daisuke, mentre seguito da Andrea raggiungeva il resto del gruppo pronto ad entrare in scena. Lo show stava per incominciare.
 
Le luci soffuse erano di un azzurro intenso e profondo, come nell'immaginario inconsistente di un sogno. Le cinque sagome emersero gradualmente, una dopo l’altra, dal fumo artificiale che fuoriusciva dai macchinari di scena posizionati ai lati del palco. Gradualmente la musica partì e le note si susseguirono in un vortice di ritmi inizialmente soft ma che poi confluirono in un pop-rock energico.
Il primo ad emergere da quell’enorme nuvola di fumo fu Rio che si trovava all’estrema sinistra del palco. Un occhio di bue ne seguiva l’immagine mentre si muoveva sul palco. La sua eleganza era indiscutibile non solo nell'abbigliamento, ma anche in tutto il suo modo di fare. I suoi movimenti, infatti, erano ridotti e calibrati mai tendenti all’eccesso. L’inizio lento ed elegante di Rio si interruppe inaspettatamente. Adesso era il turno di JJ che avrebbe dato inizio, dopo l’introduzione di Rio, al brano vero e proprio. Il pezzo era forte e dinamico proprio come la personalità del più giovane della band. I suoi passi erano più disordinati e impulsivi rispetto a quelli del precedente. Dopo la sua imbeccata, che si interruppe nello stesso modo di Rio emersero Daisuke e Hiro che si scambiavano battute musicali ad una velocità impressionante. Adesso toccava ad Andrea, sapeva che a lui sarebbe toccato il ritornello. Emerse con sicurezza al centro della scena. Per un attimo fu felice di indossare gli occhiali da sole. L’impossibilità data da questi alla sua visuale gli sembrò un miracolo. L’istinto fece il resto. Iniziò il playback, i cinque si mossero in simultanea in una coreografia studiata sino ai minimi particolari. Andrea si muoveva con disinvoltura. La tensione sfumò e ormai restava solo il divertimento. Era bello sentirsi parte di un gruppo, non era solo su quel palco. Puoi ad un tratto le parole…
 Non ricordava più le parole e dopo Daisuke e Hiro sarebbe toccato ancora a lui.
Continuava distratto la coreografia, mentre cercava di rammentarle. Ma nulla, non riusciva a ricordarle. Sperava in Daisuke. Cercò in vano di richiamare la sua attenzione con lo sguardo, ma il ragazzo con la cresta era troppo impegnato con la sua esibizione per notarlo. Inoltre sia Daisuke che Hiro erano leggermente più avanti rispetto agli altri del gruppo ed era altamente improbabile che qualcuno dei due si voltasse per guardare Andrea che incominciava a cedere alla sua disperazione. All’improvviso sentì una mano sfiorargli la schiena. Era JJ. Lo sguardo di quest’ultimo parlò più di mille parole. JJ aveva capito che qualcosa non andava nel ragazzo con gli occhiali da sole. 
Quella che di lì a poco sarebbe iniziata era l’ultima strofa di Andrea poi sarebbe partito il ritornello finale e la canzone si sarebbe conclusa.
Con un gesto della mano JJ suggerì ad Andrea di mettersi spalla a spalla con lui e di sollevare leggermente la testa. Fortunatamente l’attenzione era rivolta agli altri due membri e il fumo camuffò benissimo quel minimo dialogo di sguardi e gesti tra JJ e Andrea. Questo non sapeva cosa aveva intenzione di fare JJ ma decise di assecondarlo, infondo non gli restava altra scelta. JJ gli aveva suggerito di camuffare con la mano aperta, come se stesse urlando ad un megafono, le sue labbra. In quel modo non si sarebbe notato nulla. Fortunatamente quella parte era vivace e il movimento non sarebbe sembrato affatto insolito ne inopportuno. JJ spalla a spalla con Andrea,  inseriva di tanto in tanto qualche parola nel mezzo, con qualche rima improvvisata. Sembrava un fuori scena preparato perché l’affiatamento tra i due appariva autentico.
Finalmente giunse il ritornello finale. Tutti e cinque i ragazzi conclusero la coreografia voltando le spalle al pubblico e sollevando in alto la mano destra mostrando ognuno a modo suo un saluto differente. L’esibizione si era conclusa.
Dietro le quinte il signor Marini attendeva impaziente il loro rientro.
I cinque non si fecero attendere troppo. Uno dietro l’altro avanzarono verso le quinte. Erano distrutti. I loro sorrisi di scena erano spariti e le loro facce mostravano, libere dai riflettori, tutta la preoccupazione nascosta sino a quel momento.
Erano pronti a ricevere dal signor Marini il responso della loro performance.
Il primo ad aprire la fila era Hiro, seguito da Rio, Daisuke, JJ e Andrea.
«Ragazzi, avete fatto davvero un ottimo lavoro. » si congratulò poi rivolgendosi ad Andrea nascosto dietro il gruppo «E tu Andrea sei stato davvero convincente, anche se non ricordo che tu abbia mai provato quella scena con JJ»
«infatti non l’hanno mai provata, o almeno non davanti a noi» ribadì risentito e incuriosito Daisuke.
«come anche tu non ne sapevi nulla?» domandò stupito il signor Marini.
«beh, veramente è tutta colpa mia… avevo dimenticato..» stava confessando dispiaciuto Andrea quanto fu bloccato dall’intervento tempestivo di JJ, che stringendo amichevolmente il suo braccio intorno al suo collo  lo aveva interrotto appena in tempo. Tutti li guardavano perplessi. Il loro atteggiamento era veramente sospetto.
«Quello che voleva dire Andrea è che avevamo dimenticato di dirvelo, comunque l’idea è stata tutta mia volevo rendere più divertente l’esibizione…»
«Sempre il solito irresponsabile, avresti dovuto parlarne prima con noi JJ e tu Andrea non fidarti di quel farfallone. Un giorno finirà con il cacciare anche te nei guai con il suo comportamento immaturo…» rimproverò entrambi Rio.
Daisuke in silenzio, spostava rapidamente il suo sguardo indagatorio da JJ ad Andrea.
Il giovane manager non era bravo a nascondere la verità e, per paura che Daisuke potesse leggergliela in faccia, decide di distogliere il suo sguardo imbarazzato.
«beh, poiché chiacchiere, preparatevi, tra poco dovreste entrare in scena per ritirare il vostro premio» irruppe il signor Marini.
«si certamente…» rispose distrattamente Daisuke continuando a squadrare JJ e Andrea, prima di allontanarsi silenziosamente dal gruppo. Quasi con un gesto istintivo Andrea si divincolò dalla presa soffocante di JJ.
Andrea sentiva che qualcosa non andava. Daisuke non si era neanche congratulato con lui. Voleva raggiungerlo e spiegargli la situazione. Forse c’era rimasto male per la storia di JJ. Sicuramente era deluso dal suo comportamento visto che gli aveva tenuto segreta una cosa così importante. Avrebbe voluto chiarire immediatamente ogni malinteso, ma a impedirgli di raggiungere Daisuke furono le parole del signor Marini.
«bene ragazzi ho deciso che stasera si festeggia quindi non prendete impegni… chiaro?» ordinò agli altri del gruppo.
«certamente ma offri tu zio? dopotutto ce lo meritiamo non credi?» propose JJ speranzoso.
Il signor Marini sorridendo  fece segno di si.
Poco dopo JJ sentì un colpo arrivargli dietro la nuca. Era Rio che gli aveva smollato uno scappellotto.
«ma che razza di richieste fai? Non ti vergogni ad approfittarti della gente in maniera così spudorata?»
«Non preoccuparti Rio, JJ ha ragione ve lo meritate. Per stasera offrirò io» e con questa ultima frase si congedò dal gruppo.
«grazie mille» risposero simultaneamente i quattro ragazzi rimasti, chinando il capo in segno di gratitudine.
Rio seguito da Hiro si avviò verso l’auditorium in attesa del ritiro del loro premio. A breve distanza li seguivano JJ e Andrea. Il ragazzo biondo non capiva ancora il perché JJ gli avesse impedito di dire la verità. Beh, se aveva un’occasione per chiederglielo era quella. Gli si avvicinò silenziosamente.
«JJ, perché non mi hai fatto dire la verità?»
«Straniero non farti strane idee, non siamo diventati amici. La verità è che ho bisogno di te.  Mi serve che continui a interpretare il ruolo di Eichi. L’ho fatto per il nostro leader non di certo per te. Se avessero scoperto i tuoi errori probabilmente il signor Marini avrebbe deciso, insieme con il direttore, di non rischiare una seconda volta e questo avrebbe significato abbandonare l’unico piano che realmente garantirebbe l’incolumità di Eichi. Non pensarci troppo e goditi il successo. Ora se permetti vorrei chiudere l’argomento. Comunque perché tu lo sappia, non mi piaci, non mi sei mai piaciuto e non credo riuscirai mai a piacermi, quindi non sforzarti troppo per cercare di conquistarmi. Siamo intesi?». Andrea era immobile come pezzo di marmo. Quella confessione di JJ gli sembrava così surreale. L’unica cosa che seppe fare fu rispondere di si prima di prendere nuovamente posto su quelle poltrone rosse. Daisuke era già lì da almeno una quindicina di minuti e con lo sguardo sembrava volutamente ignorare Andrea, che invece avrebbe voluto parlargli e mettere luce su quello che era accaduto.
Chiusi nel loro silenzi rimasero lì sino al momento della premiazione. Fu Rio a parlare a nome del gruppo. Dopo i diversi ringraziamenti la serata si concluse. I cinque ragazzi erano risaliti nella loro limousine e si preparavano a festeggiare il loro successo, seppure l’atmosfera non sembrava delle migliori. Andrea si sentiva in colpa per aver mentito a Daisuke e lo cercava con lo sguardo supplichevole di chi sa di aver sbagliato. Daisuke lo ignorava e guardava fuori dal finestrino. Rio ad occhi chiusi cercava di recuperare un po’ di energie riposandosi prima dell’arrivo a destinazione. Hiro messaggiava con qualcuno dal suo telefonino, ignorando completamente gli altri del gruppo. JJ sbuffava in continuazione mentre con una mano si massaggiava lo stomaco. Non vedeva l’ora di mettere qualcosa sotto i denti.
Finalmente giunsero ad un albergo lussuosissimo. Ad accoglierli c’era tutto lo staff. Per loro era stata prenotata una suite di lusso. La raggiunsero guidati dal personale della struttura. Entrati trovarono il signor Marini ad attenderli con champagne , sushi, frutta e ogni genere di prelibatezza.
JJ senza pensarci due volte si buttò a capofitto su quell’abbondante buffet. Gli altri sedettero con più calma intorno al tavolino basso della sala. A gambe incrociate Andrea prese posto accanto al signor Marini e iniziarono a mangiare e a bere incuranti dell’orario.
Dopo circa due ore la situazione sembrava aver finalmente preso un’aria più leggera. Forse sotto l’effetto dell’alcol erano state messe da parte vecchie ostilità e tutti ridevano e scherzavano come Andrea non aveva visto fare prima d’allora. Il signor Marini e Andrea erano gli unici ancora lucidi. Poco dopo un’altra mezz’ora Daisuke, JJ, Rio e Hiro erano crollati esausti sul pavimento. Gli unici rimasti svegli erano il manager e il nuovo assistente.
Andrea pensò che quella poteva essere l’occasione giusta per scoprire qualcosa di più su questo strano e male assortito gruppo di cantanti.
«Signor Marini potrei farle qualche domanda?»
«e me lo chiedi ragazzo? Certo che puoi farmela!»
«beh, riguarda il gruppo…»
«capisco avremo molto di cui parlare quindi. Forse sarebbe meglio allontanarci per non fare troppo rumore, non vorrei che si svegliassero per colpa nostra. Che ne dici di farmi compagnia mentre mi fumo una sigaretta fuori?»
«per me va bene»
Entrambi uscirono silenziosamente dalla stanza lasciando i quattro ragazzi ai loro sogni.
Il signor Marini raggiunse la porta-finestra di vetro scorrevole che dava sul balcone della suite. Con un gesto della mano l’aprì e fece segno ad Andrea di anticiparlo. L’aria all’esterno era fresca e la luna era grande e luminosa. Andrea cercò di fare mente locale per cercare di capire quale domanda fare per prima al signor Marini. Lo stesso chiusa la finestra, tirò fuori dalla tasca il suo pacco di sigarette e sfilandone una la portò alla bocca accendendola con noncuranza. Mentre attendeva appoggiato alla balaustra del balcone che Andrea gli facesse le sue domande aspirava e rigettava il fumo dalle narici.
«Beh, tra le tante domande vorrei cercare di capire che rapporto c’è tra Eichi e gli altri membri del gruppo. Per dirla in altri termini come è nata la loro collaborazione? Sa, a una prima occhiata non sembrano molto affiatati…»
«Capisco benissimo le tue perplessità, e dopo quello che stai facendo per noi credo sia il minimo spiegarti un po’ di cose. Il gruppo si è formato cinque anni fa. Eichi ed Rio si conoscevano dal liceo. Rio vedeva in Eichi un fratello minore da proteggere e tutelare. Ora non scenderò troppo nei particolari, comunque Eichi non ha avuto un’infanzia molto felice. Sai è dura crescere senza un padre. Comunque diciamo che Rio ha cercato di aiutarlo nei suoi momenti più difficili e sono diventati grandi amici. Al liceo però non erano soli ma con loro c’era anche Misako una loro compagna che all’epoca era responsabile del club teatrale. Fu lei a coinvolgere Rio e Eichi nella stesura di qualche brano per il musical scolastico.  Proprio in occasione di uno di questi che Misako fu notata e scritturata per una parte minore di una modesta pellicola cinematografica. Poco dopo Eichi e Misako si innamorarono. La loro storia è durata per quasi sei anni. Beh dopo circa un anno anche Eichi fu notato dal nostro direttore. Fu scritturato per qualche Live action, anche se la propensione per la musica era maggiore di quella per la cinematografia. Così il nostro direttore decise di promuovere la realizzazione di un gruppo musicale di cui Eichi sarebbe stato il leader. Tra i primi ad essere inseriti per la loro bravura ci furono Rio e Daisuke. Non pensare che ebbero scorciatoie. Rio fece le audizioni proprio come tutti gli altri ragazzi e fu il direttore a sceglierlo insieme con Daisuke. Iniziarono un anno di formazione musicale durante i quali migliorarono le loro doti canore oltre che crescere sensibilmente nel ballo.»
«e JJ?»
«beh la sua è una storia ai limiti dell’inverosimile. Un giorno Eichi uscito prima dalle prove, decise di prendere una strada diversa per tornare a casa, questa costeggiava un vecchio orfanotrofio. Mentre camminava distratto, sentì qualcuno cantare in rima. La foce era ancora acerba ma le doti compositive erano davvero notevoli. Dopo aver registrato quella voce sul telefono decise di entrare per scoprire a chi appartenesse. Si ritrovò un allora sedicenne JJ. Era stato appena ripreso della responsabile dell’orfanotrofio proprio a causa di quelle sue canzoni, definite “assordanti rumori senza senso”. Eichi qualche giorno dopo chiese al direttore se fosse possibile per lui scritturare JJ nel gruppo. Ma ovviamente il direttore era bloccato a livello burocratico, seppure si fosse reso conto delle doti del ragazzo, non poteva fare molto, perché JJ non aveva una famiglia che potesse autorizzare il contratto al suo posto a causa della minore età. Così Eichi andò all’orfanotrofio e accompagnato da sua madre decise di adottare JJ. La stessa direttrice rammentò loro del bruttissimo caratteraccio del ragazzo e che c’erano bambini più graziosi di lui. Fu allora che Eichi le disse di vergognarsi e che un giorno si sarebbe ricreduta su quel ragazzo. JJ era la prima volta che vedeva Eichi ma il modo in cui lo aveva difeso pur non conoscendolo lo lasciò di sasso. D’allora sono sempre stati legati l’uno all’altro. Il loro rapporto è davvero un mistero per me. JJ cambia completamente quando c’è Eichi,  per lui è più di un fratello è tutta la sua famiglia. »
«ora capisco molte cose… ma Hiro?»
«beh il gruppo era al completo, o almeno così credevano i quattro ragazzi, quando un giorno il direttore esordì comunicando loro che di lì a poco il loro non sarebbe più stato un quartetto perché si sarebbe aggiunto un quinto elemento. Hiro in realtà doveva esordire come solista, ma il suo carattere chiuso e schivo, non lo resero adatto a questo ruolo, almeno secondo il signor Otzuki, che però non aveva intenzione di sprecare le sue doti canore. Decise così che avrebbe completato il gruppo di Eichi. I due ragazzi andarono subito d’accordo soprattutto cooperarono nella stesura di molte canzoni, anche se la parte più impegnativa toccava a Eichi come leader.»
«se la situazione era così buona come mai adesso Eichi non è qui e Hiro e JJ non si guardano nemmeno in faccia?»
«Credo tu abbia afferrato il nocciolo della situazione. Tutto è accaduto otto mesi fa. »
Prese tempo inspirando un'altra volta dalla sua sigaretta.
 «Sai il mondo dello spettacolo ti cambia ti sfinisce e se vuole può distruggerti con la stessa facilità con cui si può spezzare il gambo di un fiore.»
Andrea lo ascoltava con attenzione, notevolmente interessato alla storia. Il signor Marini volse malinconico lo sguardo verso il paesaggio notturno ricco di luci scintillanti.
«Eichi era impegnato con il gruppo appena formatosi e non riusciva a dedicare molto del suo tempo a Misako lei dal canto suo incominciò a fare uso di droghe all’insaputa di Eichi a causa delle delusioni lavorative e dei brutti ambienti. Un giorno Eichi trovò Misako tra le braccia di Hiro. I dettagli non li conosco neanche io, comunque Eichi ha vissuto dei momenti davvero molto difficili a causa di Misako e sono stato io a consigliargli di prendersi una pausa per capire cosa fare con il gruppo. Questo ha portato ad una frattura interna.»
«ma Hiro e Misako ora stanno insieme?»
«si…»
«cavolo, che situazione!» ribadì Andrea grattandosi la testa confuso.
«si, è proprio una brutta situazione. Inoltre proprio dopo l’accaduto è stata pubblicata una foto di Eichi e Misako, alimentando i pettegolezzi su di loro proprio quando si erano lasciati. Paradossale, no? Eichi è stato anche accusato di aver assunto droghe perché vicino a Misako che era stata scoperta dalla stampa mentre fumava della marijuana.»
«cioè questo si che è assurdo! Che situazione!»
«beh adesso conosci la storia… hai da chiedermi qualcos’altro?»
«in verità avrei un’ultima cosa da chiederle…»
«spara ragazzo!»
«riguarda Daisuke. Lei un girono mi disse di non essere troppo duro con lui, e che Daisuke è bravo a mascherare quello che sente. Cosa voleva dire?»
«Daisuke sorride sempre ma in realtà credo sia molto infelice, non è facile dover nascondere per così dire la propria natura. Sai lui è quello che ha dovuto pagare il prezzo più alto per il suo sogno. Non credo di essere autorizzato a dirti altro. Mi spiace.». Il signor Marini diede un’occhiata all’orario dall’orologio che portava al polso sinistro: erano le tre e mezza.
«Bene ragazzo credo sia arrivata l’ora per me di tornare a casa. Te li affido, ti prego di loro che da domani potranno ritornare alle loro abitazioni. Provvederò io a far giungere alle rispettive case i loro effetti personali. Ora vado, figliolo riposa anche tu, te lo meriti. Buonanotte!».
«Buonanotte signor Marini. Ci vediamo domani a casa.»
«certamente ragazzo».
Il signor Marini rientrò lasciando Andrea solo a riflettere sulle novità appena apprese. Le luci iridescenti dei grattacieli erano uno spettacolo unico e meraviglioso che però amplificava inesorabilmente la sua nostalgia per l’Italia. Le mancava sua sorella. Non vedeva l’ora di tornare all’appartamento del signor Marini per scriverle una e-mail. Chissà quanto doveva essersi preoccupata a causa sua. 



NOTA: 

Volevo ringraziare chi ha iniziato a leggere e a lasciare commenti. Cercherò di essere attiva il più possibile per darvi aggiornamenti costanti sulla storia. Grazie per il sostegno. Spero di leggere ulteriori recensioni. Mi piacerebbe scoprire quale personaggio vi ha catturato e se c'è qualcuno che invece non sopportate o se ci sono pezzi della storia che vi hanno colpito particolarmente o se per voi ci sono dei punti morti nella trama. Commentate perchè sono davvero curiosa di scoprirlo.Al prossimo capitolo e grazie per aver scelto di leggere la mia storia. ^-^ Presto integrerò altri contenuti multimediali. Aspettate e vedrete.

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Capitolo 6
*** NUOVE MOTIVAZIONI ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perchè frutto di fantasia e non di esperienze dirette,e  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso È l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è quello di rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò, quando mi sarà  possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 


CAPITOLO 6
NUOVE MOTIVAZIONI

Italia

Mary era sdraiata sul letto mentre leggeva uno dei suoi tanti libri lasciati a metà. Eichi era uscito a correre mentre suo padre aveva insistito con l’andare a fare la spesa al suo posto.
Odiava non avere nulla da fare. Si annoiava tremendamente. Chiuse il libro senza preoccuparsi di riposizionarvi il segnalibro all’interno. Scese dal letto e lo rimise a posto sulla mensola.  Doveva trovare qualcosa da fare. D’un tratto sentì squillarle il telefonino. Era Angela.
«pronto Angela. Cosa c’è? Una mostra? Sai che non riesco più a dipingere, comunque il tema quale sarebbe? L’anima? Ma che razza di tema sarebbe? D’accordo non urlare, vedrò se mi viene in mente qualcosa, ma non ti assicuro nulla. Grazie di avermi avvisata, appena possibile fissiamo un incontro con la professoressa. Ma quando sarebbe la mostra? Subito dopo natale? Fortunatamente siamo ancora a Luglio! Ti faccio sapere, un bacio. A presto ciao!» Mary chiuse la chiamata. E con fare meditativo continuava a fissare lo schermo del suo telefono, forse aspettando che potesse darle qualche interessante rivelazione. Ma nulla.
Dipingere? Si, certo! Non so nemmeno se sono ancora capace di farlo. È un anno che non tocco più un pennello. Mi sento completamente vuota e senza alcuna idea. Beh, in questi casi una camminata  aiuta sempre a riflettere. Farò un giro vicino il lago. Magari mi verrà in mente qualcosa.”
Mary preso il suo blocco da disegno una matita 3B e della gomma pane, uscì.
Era seduta sul pontile. La quiete di quel ambiente era davvero unica e incredibile. Mary capiva perfettamente perché sua madre si fosse innamorata di quel posto. Dinanzi ai suoi occhi il tramonto tingeva d’arancio l’acqua del lago mentre la natura andava a riposare, la luna iniziava il suo duro compito. Era da più di un’ora che si trovava lì ferma ad ammirare quello spettacolo. Il suo blocco era ancora vuoto ma sentiva che la sua anima si stava riempiendo. Questa sua calma meditazione fu interrotta da un rumore improvviso alle sue spalle. Si voltò e vide un ragazzo alto, bruno con un nasino piccolo e delle lentiggini, con degli intensi occhi verdi che la guardava appoggiato ad un albero con braccia e gambe incrociate.

«Maria Elisa, che bello rivederti. Allora eri davvero tu? Non mi ero sbagliato!»
“chi è questo e come fa a sapere il mio nome?”
«si sono io, tu chi sei?»
«come? non mi riconosci? Sono Marco! Eppure è passato solo un anno e già ti sei dimenticata di me!»
«non è possibile che tu sia Marco. Lui era più basso e tozzo di te!»
«ma grazie per i complimenti, comunque vediamo come potrei convincerti?» disse strofinandosi il mento con aria contemplativa.
«ah si! ho trovato! »proseguì battendo la mano destra chiusa a bugno sulla sinistra aperta con il palmo verso l’alto.
«io sono stato il tuo primo bacio…»
«avevo detto a Marco di non rivelare a nessuno questa storia, come si è permesso quel maledet… no scusa aspetta un attimo questo vuol dire che…»
«si esatto vuol dire che sono proprio io!» le confermò compiaciuto .
Mary non ci pensò due volte gli saltò letteralmente addosso stringendolo più che poté e lui ricambiò la stretta. D’un tratto due colpi di tosse attirarono la loro attenzione. Era Eichi, in tenuta sportiva.
«cosa sta succedendo qui?»
Mary si staccò immediatamente da Marco che rimase profondamente sorpreso dalla reazione dell'amica, tanto da domandarsi chi fosse quel ragazzo dai lineamenti orientali che aveva interrotto così bruscamente il loro caloroso incontro.
«ah, sei tu Eichi..» notò Mary mentre evitava imbarazzata il suo sguardo.
«si sono io e lui chi è?» fece Eichi indicando Marco sollevando il mento nella sua direzione.
«tu, piuttosto, chi sei? Mary non dirmi che i tuoi gusti in fatto di ragazzi sono cambiati così drasticamente. Cioè davvero stai insieme a questo tizio?»
«no, no guarda che ci deve essere un equivoco hai frainteso Marco» si apprestò a chiarire.
«Scusami e se anche fosse non credo sia un tuo problema!» lo fulminò Eichi interrompendo Mary.
Gli sguardi che i due ragazzi si scambiavano erano di fuoco. Mary si sentiva come la bandiera bianca, tra due fuochi nemici, che nessuno sembrava notare.
“Devo trovare una soluzione altrimenti qui finisce male”
«ragazzi vi prego non c’è bisogno che arrivate a conclusioni affrettate…».
Eichi tornò a rivolgersi a Mary.
«tu piuttosto dove hai la testa? Ti sei dimenticata che viviamo insieme? Sei uscita portandoti le chiavi, mi hai lasciato fuori ed è più di mezz’ora che ti cerco!» la rimproverò  Eichi infuriato come non mai.
«Scusami, hai ragione, me ne sono completamente dimenticata…» confessò amareggiata.
«ehi tu, come ti permetti di parlare così alla mia Maria Elisa» intervenne Marco.
«la mia Maria Elisa? Tshè!» Eichi lo ignorò e continuò a parlare con Mary «beh dammele così posso tornare alla villa e farmi una doccia. Quando finisci con lui rientra subito  d’accordo? Non vorrai far preoccupare Luigi!».
Mary prese le chiavi e le porse ad Eichi. Questo le prese in malo modo e dopo aver dato un ultimo sguardo a Marco si dileguò.
«Scusa Maria ma chi era quel tipo?»
«è una lunga storia… »
«tranquilla ho tutto il tempo che vuoi questa volta, perché la mia famiglia ha deciso di trasferirsi qui definitivamente! Tuo padre non ti ha detto nulla?»
«no, a dire il vero no. Però adesso che ci penso forse la sua idea di andare a fare la spesa non è stata tanto innocente, sapeva che mi saresti venuto a cercare e forse voleva farmi una sorpresa, che stupidone…»
«non cambierà mai tuo padre»
«infatti..»
 
 
Ma che cosa voleva quel tipo da Mary e poi perché si stringevano così? Quella stupida non aveva detto di avere paura dei ragazzi?  Cioè io proprio non la capisco.”
 
Eichi era appena uscito dalla doccia e si stava asciugando distrattamente i capelli con un asciugamano mentre vedeva la sua immagine riflessa allo specchio. Ormai i suoi capelli avevano una bella ricrescita doveva trovare il modo di tornare al suo colore naturale. Purtroppo non poteva contare sul suo parrucchiere personale in Italia. Che scocciatura, questa volta doveva vedersela da solo. Poco dopo i suoi occhi caddero sul tatuaggio che aveva sul petto, proprio sotto la clavicola sinistra. Era un fiore di loto. Con una mano lo sfiorò.
 
“non posso credere di aver rivelato questa parte della mia vita a quella ragazza. Devo essere proprio impazzito.”
Scosse la testa per cancellare quegli ultimi pensieri. Dopo qualche minuto sentì qualcuno suonare il campanello. Uscì dal bagno ed andò ad aprire.
Si ritrovò Mary che lo squadrava dalla testa ai piedi ad occhi spalancati.
Razionalizzò dopo di esserci presentato alla porta solo con un asciugamano in vita. Mary abbassò la testa ed entrò senza dire una parola.
«ehi tu dove credi di andare? Dobbiamo parlare!» disse Eichi. Questo sperava che cambiando discorso e facendo finta di nulla tutto si sarebbe risolto senza troppo imbarazzo.
«quando ti sarai rivestito chiamami e parliamo, io per ora vado in cucina a preparare la cena. Tra poco papà sarà di ritorno…» gli rispose scontrosa. Poi ignorando Eichi che era ancora lì in piedi mezzo nudo, iniziò a prendere le verdure che avrebbe dovuto cucinare dal frigorifero. Eichi allora si arrese e a malincuore entrò in camera per rivestirsi. Lo fece il più in fretta possibile: aveva bisogno di parlare con Mary prima che arrivasse Luigi.
«Mary sono tornato!» Luigi aveva appena aperto la porta d’ingresso e ora era di là con Mary che sistemava la spesa. Purtroppo per Eichi era troppo tardi.
Dopo cena Mary ricevette un messaggio da Marco, era ancora in cucina aveva appena finito di sistemare i piatti, mentre Eichi, seduto al tavolo, aspettava impaziente.
 
Da: MarcoJ
Maria Elisa, è stato bello rivederti dopo così tanto tempo, ti va se una sera di queste usciamo insieme come hai vecchi tempi? Rispondi un bacio il tuo Marco.
 
 
Eichi notò subito l’espressione compiaciuta di Mary.
“Cosa avrà per essere così felice?”
«chi è?» chiese scostante e quasi risentito, notando la sua espressione raggiante.
«nessuno che ti interessa». Era stranamente scorbutica, probabilmente era arrabbiata per qualcosa.
«è quell’idiota non è vero?»
«non lo conosci nemmeno e già lo chiami idiota?»
«e come dovrei chiamarlo uno che è così spudorato d’abbracciarti in mezzo alla strada come se nulla fosse!»
«ah… perché uno che improvvisamente ti bacia sulla fronte in mezzo alla gente, come dovei definirlo allora? Super idiota?»
«simpatica! Comunque cosa ti ha scritto quel tipo?»
«nulla di che. In ogni caso, non avevi detto che volevi parlarmi?…beh, allora cosa aspetti?»
«sarebbe meglio uscire a fare un giro…» la spronò preoccupato indicando con la testa Luigi seduto sul divano mentre distratto guardava il telegiornale.  
«d’accordo come vuoi. Papà noi usciamo a fare un giro, torniamo tra pochissimo…»
 
I due ragazzi uscirono l’uno accanto all’altro. L’aria umida della sera entrava nelle ossa.
Mary fu la prima a interrompere il silenzio. Arrestandosi all'istante.
«beh direi che qui va più che bene, di cosa volevi parlarmi? Perché anche io ho da dirti due cosette.»
«perfetto allora inizia tu..»
«Come vuoi. Non credo ti sia comportato molto bene nei confronti di Marco. Sei stato sgarbato e scontroso. Non lo conosci e già lo definisci un idiota, ma cosa hai contro di lui?»
«tu piuttosto cosa provi per lui?»
«scusa?  ma questo cosa centra?»
«centra e come! Non avevi detto che per te era difficile fidarti dei ragazzi e poi prendi e ti butti nelle braccia di quel tizio come se niente fosse.»
"possibile che sia geloso di Marco?"
«questi credo siano fatti miei e poi tu non sai niente di lui!»
«e sentiamo perché con lui sarebbe diverso?»
«Ti stai comportando peggio di un bambino!»
«Non mi hai risposto…» insistette Eichi.
«lui è un mio grande amico, ci conosciamo da quando eravamo all’asilo solo che alle scuole medie si è dovuto trasferire con i suoi genitori all’estero. Viene qui in Italia solo in estate per una settimana, perché hanno una villa qui vicino. I suoi genitori sono amici dei miei e in pratica siamo cresciuti insieme. Per me è come un fratello.»
«forse questo è quello che vorresti tu, ma per me lui ha altri fini»
«hai qualche problema di udito o cosa? Ti ho già detto che non è come pensi…»
«d’accordo fai come vuoi, dopo non venire a piangere da me»
«e perché dovrei piangere?»
«non si può mai sapere…»
«ok ti prometto che non piangerò davanti a te per colpa di Marco»
«meglio così perché altrimenti sarei costretto a spaccagli il naso»
Mary scoppiò a ridere.
«ora perché ridi? Guarda che sono serio!»
«è bello avere una guardia del corpo come te sempre al mio servizio»
«guardia del corpo a chi?»
Detto questo Eichi incominciò a rincorrere Mary, la stessa corse per non farsi prendere da lui. Arrivarono vicino al laghetto di quel pomeriggio, e Mary crollò a terra sfinita. Il morbido manto erboso attutì la caduta. Adesso Eichi le era accanto. Erano sdraiati a pochi centimetri l'uno dall’altro e guardavano le stelle.
«grazie Eichi…»
«e per quale motivo?»
«perché ti prendi sempre cura di me…»
«figurati, dovere madame…»
«Posso farti una domanda?»
«certo»
«il tatuaggio… è il fiore di loto che ti ha lasciato tuo padre vero?»
«si è lui, ma non l’ho tatuato per mio padre, ma per il simbolo che rappresenta. La conosci la storia del fiore di loto?»
«no..»
«beh devi sapere che secondo l'antica cosmogonia egizia, dal bocciolo di un fiore di loto nacque Ra. Il dischiudersi del bocciolo illuminò di luce divina le acque limacciose del Nun, che si ritirarono mostrando la terra asciutta. Ra se ne compiacque e salì verso le stelle per diventarne la più luminosa ed illuminare la terra che aveva appena creato ... egli divenne Aton , il disco solare . Ora non vi era più solo Caos ed Oscurità , poiché Ra aveva portato Luce ed Ordine nel mondo. È bello poter credere che  un fiore seppure così fragile sia stato in grado di generare la luce dall’oscurità e rimettere ordine nel caos. Mi piaceva il suo significato…»
«beh, effettivamente è una bellissima storia. Ma tu credi sia possibile per noi semplici esseri umani rimettere così facilmente ordine nelle nostre vite? insomma credi sia possibile trovare un pò di luce anche nell'oscurità assoluta »
«certo, perché non dovremmo riuscirci? Ma ti riferisci a un qualcosa in particolare?»
«beh, oggi mi ha chiamata Angela e mi ha detto che ci sarebbe in programma una mostra...»
«ma è fantastico…»
«In realtà, non lo è poi così tanto, perché è da più di un anno che non dipingo e ho paura di non riuscirci più come prima».
«se non ci provi non potrai mai saperlo. Sai anche io mi sento bloccato e non riesco a scrivere però…»
“ma cosa sto dicendo? Ora va a finire che le racconto tutto come uno stupido!”
«scrivere? Perché sei uno scrittore?» chiese incuriosita Mary sollevandosi e mettendosi seduta.
“ottimo Eichi e adesso come te ne esci? Basterà limitarsi all’essenziale!”
«in realtà a Tokyo io e un gruppo di miei amici abbiamo una piccola band ma nulla di troppo importante suoniamo per divertirci e io scrivo le canzoni.»
“bravo Eichi avevi promesso di non mentirle e invece  guarda cosa hai combinato!”
«davvero? Ma questo è fantastico. Anche mia madre suonava. Ricordo che mentre dipingevo c’era sempre il suono del suo pianoforte a farmi compagnia.»
«doveva essere bello, mi sarebbe piaciuto vedervi esibire insieme. Tu mentre dipingevi e tua madre mentre suonava. Dovevate essere bellissime.»
«si infatti, modestamente, lo eravamo. La sua musica guidava il mio pennello era una cosa magica… è per questo che non credo di essere più in grado di dipingere come un tempo…»
«provaci, anzi domani sai che si fa? Andiamo a comprare tutto il materiale, sei d’accordo?»
«Perché ho scelta?»
«direi di no»
«lo immaginavo..» rispose rassegnata e divertita Mary.
 I due ragazzi scoppiarono a ridere insieme.
 
 
 
 
Erano le otto. Andrea aveva appena aperto gli occhi. Si trovava ancora nella stanza dell’albergo. La sera prima si era appoggiato sul divano ed era crollato come un sasso. Si sollevò controvoglia. Si stiracchiò e fece un ultimo sbadiglio prima di fare mente locale della situazione. JJ era ancora a terra che russava fragorosamente. Rio, Hiro e Daisuke erano spariti. L’ansia di non aver portato a termine il suo compito lo travolse. D’un tratto quel pensiero fu sottomesso da un altro molto più urgente. Era solo con quel piccolo mostro di JJ.
Si alzò e silenziosamente, per evitare di svegliare il più giovane del gruppo, si mosse verso il bagno. Aprì la porta e si ritrovò Daisuke in accappatoio. Non si sarebbe mai aspettato di incontrarlo proprio lì.
«buongiorno Daisuke» esordì imbarazzato.
«buongiorno» gli rispose l’altro con indifferenza.
Andrea non poteva credere che Daisuke si stesse comportando così.
«scusa Daisuke ma gli altri dove sono andati?» cercò di continuare Andrea.
«Rio e Hiro sono già tornati a casa, il signor Marini ha lasciato un biglietto con scritto che saremmo dovuti tornare ognuno alle proprie case»
“Perfetto anche il signor Marini adesso non si fida di me.”
«capisco…»  continuò amareggiato.
«bene, io ho quasi finito, mi spiace averti svegliato. Mi vesto e vado via subito.»
Andrea non sapeva spiegarselo ma non riusciva ad accettare il fatto che non avrebbe più diviso la sua stanza con quel ragazzo. Gli dispiaceva che quelle due settimane fossero trascorse così velocemente.
«Daisuke mi dispiace per quello che è successo durante l’esibizione…»
«non importa, solo la prossima volta se devi provare con altri avvisami..»
«d’accordo…»rispose afflitto Andrea.
«Non ditemi che il nostro coreografo è geloso di questo ragazzino?» subentrò nella loro conversazione JJ sollevandosi pigramente dal pavimento.
Daisuke lo linciò con lo sguardo.
«suvvia Daisuke ammettilo che questo ragazzino ti piace…» gli sorrise malizioso JJ .
«Ma che cavolo dici?» Daisuke  guardò in cagnesco JJ come se il più piccolo stesse per confessare un qualcosa che sarebbe dovuto rimanere un segreto.
«quindi non ci sono problemi se prendiamo lo stesso Taxi per tornare a casa…» cercò di provocare Daisuke.
Andrea dal canto suo incominciava ad essere confuso.
cosa intende dire JJ con TI PIACE? Non sarà mica che Daisuke è…?no no non è possibile!”
«JJ finiscila adesso stai superando ogni limite!» lo rimproverò risentito.
«Va bene, va bene, stavo solo scherzando. E che cavolo, poi dite che sono io quello acido di prima mattina… beh, visto che devo sbrigare alcune faccende vado via per primo. Buon proseguimento..» e fece un occhiolino ad Andrea prima di uscire ancora mezzo addormentato dalla stanza.
«non lo devi ascoltare, quello stupido dice sempre cose senza senso» cercò di recuperare Daisuke.
«Non hai bisogno di giustificarlo… ti capisco fin troppo bene» rispose Andrea prima di tornare a un problema più serio «Daisuke ti dispiacerebbe dividere il taxi con me? Credo di aver lasciato il mio borsellino a casa».
«va bene non ci sono problemi. Piuttosto preparati ad uscire, camuffati bene, non so quanti paparazzi ci saranno qui fuori. Non hai neanche i tuoi trucchi qui con te, potrebbero notare qualcosa che non va… ora che ci penso è meglio se ti copri il viso  con la mia bandana, non può mai sapere!»
«grazie Daisuke»
«figurati, ora sbrigati però».
 
I due ragazzi uscirono con cautela dalla stanza. Erano quasi arrivati all’ascensore quando due paparazzi sbucarono dal nulla. Daisuke di riflesso cercò di nascondere Andrea stringendolo a se e costringendolo a correre più veloce. Giunsero all’ascensore, che fortunatamente era già aperto. Daisuke entrò con Andrea e spinse subito il tasto -1. Le porte si chiusero appena in tempo. Andrea aveva il fiatone e ancora non riusciva a razionalizzare la situazione. D’un tratto si accorse di essere ancora tra le braccia calde e accoglienti di Daisuke. I due si allontanarono l’uno dall’altro senza staccarsi completamente e iniziarono a guardarsi sorpresi. Daisuke poco dopo prese le distanze allontanandosi di scatto e rivolgendo lo sguardo altrove.
«Ci è andata bene, dobbiamo sperare che non ci seguano altrimenti non potrò portarti a casa del signor Marini. Potrebbero iniziare a sospettare qualcosa perché non è lì che vive Eichi ma a casa di sua madre»
«quindi dove posso andare?»
«dovresti rimanere da me o andare a casa della madre di Eichi»
«come potrei presentarmi in casa di una sconosciuta senza preavviso?»    
«bene allora non credo ci siano altre soluzioni, verrai da me e poi contatteremo il signor Marini per trovare una soluzione.»
Eichi, nel profondo, sperava che quei paparazzi li inseguissero. L’idea di rimanere i prossimi giorni da solo a casa del signor Marini non lo entusiasmava per niente. Sapeva che, con tutti gli impegni di quella settimana, il manager del gruppo non avrebbe avuto la possibilità di occuparsi di lui. Inoltre rimanere a casa di Daisuke, era un’ottima soluzione, perché gli avrebbe permesso di chiarire il malinteso creatosi la sera dell’esibizione. Giunti al piano interrato trovarono il taxi, che avevano chiamato, pronto ad attenderli. Entrarono e ordinarono all’autista di partire e allontanarsi di lì, il prima possibile. Questo non se lo fece ripetere due volte e spinse sull’acceleratore.  Appena fuori si ritrovarono una folla di paparazzi famelici.  Iniziarono a seguirli gettandosi in malo modo sulla carrozzeria del taxi armati di blocchetto e fotocamere. Grazie alle abili capacità del tassista riuscirono a farsi spazio tra loro con rapidità. Dopo venti minuti giunsero a destinazione. Quella che si ritrovò davanti gli occhi Andrea era una piccola casetta in periferia a due piani immersa nel verde. Per entrare bisognava superare un enorme cancello in ghisa. Daisuke pagò frettolosamente l’autista e corse a inserire il codice segreto. Doveva far scattare il prima possibile il meccanismo di apertura del cancello. Mentre lo stesso si apriva lentamente Daisuke impaziente continuava a guardarsi intorno circospetto. Andrea sapeva benissimo quanto entrambi fossero vulnerabili in quel momento. Se li avessero scoperti lui sarebbe stato sicuramente smascherato.  Entrarono finalmente. Nel prato all’inglese spuntava una piccola cuccia con tanto di tetto rosso. A un fischio di Daisuke ne uscì un bel Boston Terrier, bianco e nero, che corse euforico in contro al suo padrone. Andrea emozionato li guardava scambiarsi saluti calorosi.  
«Ciao Paky da quanto tempo, come sta la mia bella cagnolina?» dopo aver giocato un po’ con lei Daisuke fece strada ad Andrea verso casa sua. All’interno l’ambiente dava l’idea di una di quelle case da catalogo troppo impeccabili per sembrare vere. Non c’era molto che potesse raccontare  qualcosa sulla personalità di chi l’abitava.  Nulla che suggerisse dei segnali di vita vissuta. In realtà l’unico elemento a risaltare in quell’ordine surreale era un tappeto vecchio e lacero usato probabilmente da Paky.
«Andrea ben venuto a casa mia...»esordì il cantante facendo strada al giovane assistente.
«wow ma è tutto così… come dire… ordinato»
«Sai a casa ci sono davvero poco, con tutti gli impegni che abbiamo non ho molto tempo da spendere per viverla come dovrebbe»
«capisco»
«se vuoi darti una rinfrescata sopra c’è il bagno..»
«beh, si ne avrei bisogno in realtà»
«bene ti prendo un cambio, e nel frattempo chiamo il signor Marini. Dobbiamo capire come muoverci.»
«perfetto, allora vado» gli sorrise in segno di ringraziamento prima di imboccare le scalinate che conducevano al piano superiore.
 
Andrea sentiva le gocce dell’acqua togliere le ultime tracce della stanchezza della sera prima. Più non voleva pensarci e più gli tornava in mente quel momento nell’ascensore in cui i loro occhi si erano incontrati. Lo sguardo di Daisuke gli era sembrato, davvero, troppo strano. Non riusciva ancora a capire perché, in quel momento, il suo cuore avesse iniziato a battergli così forte nel petto.. Forse a causa della corsa o forse per un altro motivo?
Uscì fuori dal bagno in accappatoio e infradito.
«Daisuke? Dov’è il mio cambio?» chiese gridando mentre si muoveva distratto tra le varie stanze, cercando Daisuke. Aperta la terza porta di quel lungo corridoio, si ritrovò in una stanza diversa dalle precedenti. Era piena di cianfrusaglie. Stava per richiudere la porta quando sentì cadere uno scatolone. Decise di entrare per vedere cosa fosse successo. A terra erano sparse fotografie, peluche e libri. Incominciò a raccoglierli frettolosamente per rimetterli nella scatola. Ma proprio mentre pensava di aver finito la sua raccolta disperata, notò un’altra foto sotto uno scaffale. Non  ci aveva fatto subito caso per colpa della scarsa visibilità. La raccolse e iniziò ad esaminarla. Quello nella foto era Daisuke, ma cosa stava facendo? Baciava un altro ragazzo?
“non è possibile, allora quello che avevo intuito dalle frasi allusive di JJ era vero!”
«Cosa stai facendo qui dentro?» Daisuke era appena entrato, senza preavviso, facendolo sobbalzare.
«niente scusa, ti stavo cercando e credo di essermi perso…» improvvisò mentre rapido Andrea nascose la foto incriminante nella tasca dell’accappatoio. Più tardi sarebbe passato a rimetterla al suo posto. Fu la cosa migliore che gli venne in mente in quel momento.
«bene prendi questi e cambiati, io ti aspetto giù» gli disse lanciandogli un pantalone e una maglietta. Scambiò con il giovane assistente uno sguardo scettico prima di allontanarsi imboccando gli scalini che conducevano al piano inferiore.
Andrea prese le robe di Daisuke e le portò in bagno si cambiò rapidamente e scese giù. Trovò Daisuke seduto sul divano che giocava con Paky. Era felice, o almeno così sembrava. Era da ieri che non lo vedeva ridere in quel modo. Quanto avrebbe voluto entrare nella sua testa per riuscire a capire cosa stesse pensando.
D’un tratto il piccolo Boston Terrier lasciò le gambe del padrone e corse  verso di lui. Daisuke lo seguì con lo sguardo finché lo stesso non incrociò la figura di Andrea.  In quel momento cambiò ancora una volta espressione incupendosi. Andrea non riusciva a capire. Che ce l’avesse ancora con lui?
Il ragazzo dai capelli biondi si incamminò verso Daisuke. Lo raggiunse che era ancora seduto sull’enorme divano bianco del salotto.
«Daisuke, cosa ti ha detto il signor Marini» chiese titubante.
«ha detto che per stanotte dovrai rimanere qui, domani passerà lui a prenderti» gli spiegò con fare annoiato.
«spero di non darti troppo disturbo»
«no, figurati» lo rassicurò Daisuke mentre si dirigeva in cucina.
Andrea decise che la situazione sarebbe stata risolta una volta per tutte. Quel suo modo di fare non lo avrebbe retto ancora per molto.
«Daisuke posso parlarti?»
«certo, però prima è meglio riempirsi lo stomaco non credi? Da stamattina non abbiamo ancora fatto colazione». Effettivamente non aveva tutti i torti anche il suo stomaco iniziava a risentirne della mancanza di cibo e anche abbastanza rumorosamente.
Andrea decise di seguire Daisuke in cucina. Nella stessa c’era un lungo tavolo con degli sgabelli Andrea ne prese uno e si sedette. Daisuke uscì dei succhi e un po’ di frutta.
«mi dispiace, non ho molto in frigo» si scusò.
«figurati, questi andranno più che bene…»
«beh, di cosa volevi parlarmi?» chiese distratto mentre curiosava tra i cassetti in cerca di un vassoio e di un coltello.
«Volevo chiarirti quello che è successo ieri all’esibizione. Io e JJ non abbiamo preparato nessun passo a tua insaputa, la verità è che avevo dimenticato le parole e lui mi ha suggerito rapidamente di fare in quel modo affinché non si notasse il mio labiale fuori tempo. Mi spiace averti deluso…».
Daisuke aveva appena interrotto la sua ricerca e guardava senza grande sorpresa Andrea. Era come se quella notizia non lo avesse sorpreso più di tanto.
«In realtà quello a sentirsi dispiaciuto sono io..»
“cosa? Perché dice che gli dispiace?” Andrea era visibilmente sorpreso. Non si sarebbe mai immaginato un risvolto del genere. Daisuke gli sorrise amaramente prima di continuare il suo discorso.
«Andrea mi è dispiaciuto non aver notato che avevi bisogno di me» gli spiegò.
«quindi non sei arrabbiato?» insistette incredulo Andrea. Dall’atteggiamento scostante che aveva assunto nei suoi confronti, era sicuro ce l’avesse con lui.
«Devo ammettere che all’inizio un po’ lo ero, ma dopo avervi visto arrancare con delle risposte improvvisate ho capito che qualcosa non era andato come doveva durante l’esibizione. Mi spiace  non aver mantenuto la parola data: ti avevo promesso che avresti potuto contare su di me in ogni momento e invece, alla fine, mi sono rivelato inaffidabile»
«Ma cosa dici? In quel momento sarebbe stato impossibile per chiunque nelle tue condizioni aiutarmi»
«Tranne per JJ. Comunque la prossima volta farò del mio meglio per non perderti d’occhio» continuò con aria dispiaciuta, «davvero non ti devi angosciare più di tanto, non c’è ne bisogno…» continuò Andrea per rincuorarlo.
«E invece dovrei, perché sarei dovuto essere io quello a salvarti da quella situazione e non J…» Daisuke, incrociando lo sguardo interrogativo di Andrea, non completò la frase e ricominciò a rovistare tra i cassetti.
Stava per scoprirsi toppo. Forse non era il migliore dei momenti quello per confessarsi.
Fatto sta, che da quando aveva visto JJ stringere tra le sue braccia Andrea, il suo cuore non smetteva di essere in tormento. In quel momento aveva capito fin troppo chiaramente di nutrire per Andrea sentimenti più forti di una semplice amicizia. Era stato proprio per questo motivo che aveva preferito mettere delle distanze tra se e quel ragazzino italiano. Non poteva rischiare di buttare al vento cinque anni di sacrifici per una semplice infatuazione e ancor più non poteva permettersi di perdere Andrea anche se solo come amico. Sicuramente non avrebbe mai compreso i suoi sentimenti, figuriamoci se li avrebbe mai potuti ricambiare.
 
«Senti Andrea adesso che abbiamo risolto questa situazione che ne dici se ci vediamo un film? Di là c’è una fila di DVD nuovi ancora imballati. Credi che potresti andare a sceglierne uno mentre io finisco di preparare un po’ di frutta? »
 
«certo, vado subito» ubbidì sorridente Andrea. Era felice di aver risolto le cose con Daisuke. Uscì dalla cucina. La mensola che gli aveva indicato Daisuke era piena di dvd nuovi di zecca tra i vari ancora imballati si stupì di trovare il film Mouliné Rouge era uno dei preferiti di sua sorella. Lo prese senza pensarci e lo inserì nel lettore dvd. Una delle  sue frasi preferite si trovava proprio in quel film: “La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare.”
“Chissà se questo vale anche nella realtà…” i suoi pensieri furono interrotti dalla’arrivo di Daisuke. Tra le mani aveva un grosso vassoio carico di frutta.  L’uno accanto all’altro iniziarono a guardare silenziosamente quel film. Entrambi chiusi nei loro pensieri.
 
 
 
 
 
ITALIA
 
 
«Allora il rosso di Marte dovrei averlo già, poi devo prendere il verde vescica, il giallo di Napoli e mi serve anche un pennello a lingua di gatto, il fondo gesso e il bianco…» Mary era davanti l’enorme scaffale di ARTE /2, un noto negozi di articoli di belle arti. Era riuscita a farsi accompagnare da suo padre e adesso con Eichi al seguito era pronta a reperire tutto il materiale indispensabile per la realizzazione del suo lavoro per la mostra.
Eichi aveva ormai le braccia cariche di boccette colori e pennelli di varia forma e misura.
«Mary io direi che potrebbero bastare per ora»
«oddio, scusami Eichi ti ho letteralmente riempito di roba» proferì amareggiata Mary mentre cercava di venire in contro al ragazzo dagli occhi a mandorla recuperando qualche boccetta di olio di lino.
Dopo aver pagato il dovuto, raggiunsero Luigi che li attendeva all’esterno del negozio. Si trovavano in uno dei più grandi e riforniti centri commerciali della zona. All’interno c’erano più di quaranta negozi di tutti i generi.
 
«comprato tutto il necessario?» chiese il padre a Mary.
«si credo di si» gli sorrise felice.
«bene » adesso io devo allontanarmi un attimo ho da incontrare una persona. Non ci metterò molto, voi se volete potete continuare a fare un giro per i negozi.
«ok, va bene » le rispose un po’ delusa Mary. Avrebbe voluto fare un giro in compagnia di suo padre. Probabilmente doveva essere una cosa davvero importante se non poteva rimandare. Notando lo sguardo deluso di Mary Eichi cercò di distrarla.
«che facciamo rimaniamo qui fermi per tutto il giorno?» provò ad attirare la sua attenzione.
 Mary, capì che continuare con quell’atteggiamento non avrebbe portato a molto.
«hai ragione Eichi, che ne dici se incominciamo dal secondo piano?»
«per me va bene! Ti va di darmi quella? Credo sia un po’ pesante!» le propose indicandole la busta con il materiale appena acquistato.
«sicuro che non ti dia fastidio?»
«certo che no » la rassicurò porgendole la mano a palmo aperto.
«e va bene. Grazie» disse prima di consegnargli la busta.
I due ragazzi si incamminarono per il centro commerciale. C’erano numerosi negozi e ad ognuno di essi Mary sostava per più di dieci minuti ammirando la vetrina sognante come una bambina. Eichi era contento di vederla  felice e poi quello svago serviva anche a lui per distrarsi.
Proprio mentre Mary era ferma ad ammirare un vestito in un vetrina Eichi fu attratto da qualcosa che stuzzicò subito il suo interesse. L’insegna esterna riportava la parola “Acustica” con una nota musicale affianco. Era un negozio che vendeva strumenti musicali. Senza pensarci si allontanò da Mary per poter dare un’occhiata alla vetrina. Da un lato c’erano gli strumenti nuovi mentre in una angolo erano segnate le offerte di oggetti di seconda mano. Eichi aveva proprio bisogno di suonare. Gli mancava non poterlo fare.
Mary notò voltandosi verso destra che Eichi non era più al suo fianco ma era immobile davanti una vetrina. Il suo sguardo era triste e malinconico. Era curiosa di capire cosa lo mettesse così di cattivo umore. Gli si avvicino quatta quatta alle spalle. Finalmente capì quale era il problema: gli mancava suonare.
Il suo occhio cadde immediatamente su una vecchia chitarra dismessa in vendita a pochissimo. Forse se contava i suoi risparmi sarebbe riuscita a regalargliela. Prese il suo borsellino e incominciò a contare i soldi che le rimanevano.
Eichi si voltò d’un tratto alla sua sinistra in cerca di Mary e non vedendola più si girò in torno, preoccupato, finché non se la ritrovò alle sue spalle con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. Aveva il tipico sguardo di chi sta tramando qualcosa.
«che stai guardando di bello?» chiese divertita Mary.
«nulla in realtà, se vuoi possiamo andare»
«e no io qui voglio entrare» dicendo così s’incamminò all’interno del negozio lasciando Eichi indietro.
«ehi aspetta dove vai?» la richiamò cercando di fermarla, inutilmente.
Eichi seguì Mary in quel negozio pieno di strumenti musicali e appena messo piede all’interno si sentì nuovamente a casa. Era una sensazione strana ma avvertiva come una gioia intensa impadronirsi del suo cuore e far fremere le sue dita. Si avvicinò a una chitarra elettrica attaccata ad un amplificatore. Probabilmente era stata messa lì perché chi volesse potesse provarla. Era una fender rossa e bianca. Tenerla stretta tra le sue mani lo mise subito di buonumore. Mary lo guardava da una certa distanza. Vederlo sorridere così rese anche lei insolitamente felice. Capì immediatamente cosa avrebbe dovuto fare. Mentre era li che pensava a un piano per non farsi scoprire da lui, lo vide mettersi la tracolla e iniziare a suonare. Mary più lo guardava e più rimaneva stregata dalla sua bravura. Il brano era malinconico e lui ad occhi chiusi sembrava essere un tutt’uno con quello strumento musicale. Dopo poco sopraggiunse il proprietario del negozio attratto dalle sue notevoli doti musicali. Giuntogli davanti incominciò a battere le mani in segno di approvazione. Eichi si fermò e frettolosamente depose la chitarra.
«ti prego continua pure, questa canzone è davvero molto bella, l’hai scritta tu?» chiese il proprietario: un uomo sulla settantina con la barba incolta, una larga camicia a fiori e dei capelli bianchi lunghi tenuti stretti in un codino.
«si in verità è mia» gli confermò intimidito.
«sei davvero molto dotato, sono sicuro che avrai grande successo un giorno, non mollare ragazzo»
Eichi gli sorrise «grazie».
«Lo credo anche io. Sono sicura che un giorno lo vedrò esibirsi davanti un grande pubblico, ed io sarò in prima fila per godermi lo spettacolo» sopraggiunse Mary.
«e tu chi saresti la sua musa ispiratrice, un’amica o la sua ragazza?» chiese curioso il negoziante.
«diciamo più un’amica e chissà magari un giorno potrò permettermi di dire che ho avuto la possibilità di finanziare il suo successo!»
«che stai dicendo?» sbottò Eichi insospettito. Mary si voltò verso di lui con una linguaccia. Eichi non capiva cosa stesse complottando quella ragazzina.
«Comunque io sono Salvatore e sono il proprietario di questo negozio, quando vuoi ragazzo puoi venire qui a suonare, ne sarei molto felice e magari porta con te anche questa simpaticissima e bellissima signorina» subentrò interrompendo lo scambio di sguardi tra i due ragazzi, .
«grazie mille è molto gentile da parte usa. Purtroppo noi adesso dobbiamo andare via è stato un piacere anche per noi conoscerla» affermò Eichi chinandosi in segno di saluto.
«anche per me ragazzi». Eichi trascinandosi dietro Mary superò rapido l’uscita.
L’anziano proprietario vide i due giovani uscire in fretta dal negozio.
«Salvatore quel ragazzo non ti ricorda qualcuno?» sopraggiunse una signora sulla sessantina con un tuppè e un insolita casacca blu.
«Si credo  ricordi a entrambi la stessa persona. E poi quella musica non mi è nuova per niente, non la ricordi anche tu?» affermò l’anziano proprietario.
«si, ma tu credi possa essere davvero lui?» chiese dubbiosa l’anziana signora che nel frattempo sistemava alcuni spartiti.
«quante probabilità ci sarebbero che fosse proprio la persona che aspettavamo di conoscere da 22 anni?»
«sicuramente molto poche, forse sarebbe meglio non illudersi troppo caro.»
«non hai tutti i torti, forse la vecchiaia fa brutti scherzi davvero» e tronarono alle loro mansioni.
 
«Eichi non sapevo che fossi così bravo. Non sai suonare solo il piano ma anche la chitarra mi stupisci ogni giorno sempre di più.»
«beh diciamo che me la cavo,  Adesso ci converrebbe rintracciare tuo padre, credo sia arrivata l’ora di tornare a casa non credi?»
«si hai ragione» dovette convenire Mary mentre cercava il suo telefono nella borsa.
«Ma tu guarda che coincidenza rincontrarci qui» quella voce irritante Eichi la conosceva fin troppo bene. Ormai l’aveva memorizzata nella sua testa sotto la voce “IDIOTA”.
I due ragazzi si voltarono all’unisono e dinanzi a loro c’era Marco con un’aria pomposa e soddisfatta.
«Marco, ma cosa ci fai qui? Anche tu sei venuto a fare spese?» chiese sorpresa Mary.
«beh in verità non proprio, mio padre è il direttore di questo centro commerciale. Non te lo avevo ancora accennato, ma un giorno probabilmente gli succederò»
«ah si? E’ fantastico!» si compiacque Mary.
«si davvero fantastico» rimbeccò Eichi sarcastico.
“Ma quante arie si da questo pappagallo”
«vedo che ti sei portata dietro questo tipo dagli occhi a mandorla»
“Occhi a mandorla a chi?”
«Marco l’altra volta non vi ho presentato come si deve: lui è Eichi»
I due si scambiarono uno sguardo carico di astio.
Poi Marco mostrò ad Eichi la sua mano, in attesa che lui gliela stringesse.
“ma tu guarda che schifoso scarafaggio, lo sta facendo solo per fare bella figura con Mary, non di certo per educazione. La gente così la detesto.”
Eichi esitò prima di stringerla, poi però dovette soccombere allo sguardo supplichevole di Mary. Così ricambiò quel gesto che sembrava sancire più un atto di guerra che un trattato di pace.
 
«Bene sono davvero felice di fare la tua conoscenza Eichi, io sono Marco»
«purtroppo so già chi sei» rispose acido Eichi.
«bene Marco, scusaci ma stavamo proprio cercando di contattare mio padre, sai per noi è ora di tornare a casa, spero di vederti presto, ma adesso dobbiamo proprio andare» si frappose disperatamente Mary cercando di fermare quello scambio di sguardi e parole che sarebbero sfociate in un faccia a faccia sicuramente poco amichevole.. Odiava sentirsi tra due fuochi.
«beh credo di poterti essere di aiuto» le spiegò Marco con aria compiaciuta.
«e in cosa?» chiese Mary.
«credo che tuo padre stia parlando con il mio di affari»
Mary era rimasta sconvolta dalla notizia. Perché suo padre non glielo aveva detto?
«dall’espressione della tua faccia posso intuire che non ne sapevi nulla, comunque se vuoi ti posso accompagnare da lui» si offrì galante Marco, guardando di sottecchi Eichi.
Mary scambiò con Eichi uno sguardo carico di sottintesi, sperando in un suo supporto, lo stesso fece di si con il capo.
«d’accordo accompagnaci da lui» lo pregò sicura Mary.
«perfetto seguitemi» ordinò rivolto ad entrambi.
I tre ragazzi presero l’ascensore e salirono al terzo piano dove c’erano gli uffici direzionali. Dopo aver percorso un lungo corridoio si ritrovarono davanti una porta con una targhetta d’oro con su scritto “Direttore aziendale Francesco Mastro”.
Marco bussò appena una volta, dopo pochissimo lo stesso aprì la porta dello studio del padre. I tre ragazzi fecero il loro ingresso nella stanza.
 
«Ciao figliolo! Ma tu guarda chi c’è conte! Mary, ma sei proprio tu? Caspita come sei cresciuta! Sei diventata davvero una bellissima ragazza. È passato così tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo visti..» la salutò l’uomo in giacca e cravatta seduto dietro l’imponente scrivania. Su una sedia di fronte a lui c’era Luigi con una faccia bianca è un’espressione sconvolta e preoccupata Eichi capì all’istante che qualcosa in quella situazione non quadrava.
«Salve signor Mastro è da tanto che non ci si vede» gli rispose educatamente Mary.
«Ti prego non chiamarmi signor Mastro mi fai sentire così vecchio e poi parlarci in modo così informale non mi piace per niente. Sai che ti ho vista crescere…»
«D’accordo allora come dovrei chiamarla?» chiese Mary.
«che ne dici di Zio o perché no, papà?»
«cosa?» Mary era a dir poco scioccata. Perché avrebbe dovuto chiamarlo papà?
«scherzo figliola ma fatti vedere meglio» la invitò alzandosi dalla poltrona, A pochi passi da Mary si arrestò sorridendogli ammiccante.
«assomigli ogni giorno di più a tua madre»
«grazie, ma mi sembra così difficile crederlo, lei era molto più bella di me» continuò amareggiata
«non dire così…» e con lo sguardo iniziò ad indagare il ragazzo biondo dagli occhi a mandorla al suo fianco.
«tu saresti?» chiese rivolto ad Eichi.
«lui è uno studente che ospitiamo per uno scambio culturale» rispose Luigi prima che potesse farlo lui.
«capisco, quindi sei tu il ragazzo di cui mi ha parlato Marco. Piacere di conoscerti » e gli porse la mano soddisfatto di fare, finalmente la sua conoscenza.
Eichi vedeva molto del padre in Marco ed era convinto che la scaltrezza e la furbizia fossero delle doti di famiglia da non sottovalutare. Non sapeva il perché ma quel modo di fare gli sembrava fin troppo amichevole. Decise comunque di sottostare alla situazione e ricambiò la stretta di mano.
Dopo di che Luigi si alzò e rivolgendo un rapido saluto al padre di Marco disse che era arrivata l’ora per loro di tornare a casa. I tre inaspettati ospiti uscirono dalla stanza sotto l’evidente pressione di Luigi. Ora nello studio erano rimasti Marco e suo padre che era tornato a sedersi sulla sua imponente poltrona.
«beh cosa ha detto il signor Luigi?» chiese il ragazzo dagli intensi occhi verdi.
«ha detto che deve pensarci! Ma sono convinto che accetterà la mia offerta, la sua banca non può permettersi di perdere un cliente forte come me, vedrai che a breve otterrai quello che vuoi. Non permetterò che la mia stessa storia si ripeta con te. Clara sarebbe dovuta diventare mia moglie e invece ha scelto quello stupido di Luigi. Ma se io non ho potuto avere lei tu potrai avere sua figlia, se davvero lo desideri..»
«certo che la desidero, io Mary l’amo davvero, anche se quel ragazzo mi preoccupa»
«tranquillo figliolo per quanto ancora credi possa rimanere in Italia? probabilmente tornerà in Giappone prima del previsto. Non devi preoccuparti e se non dovesse essere così ci penserò io a trovare il modo di farlo tornare al suo paese.»
 
Luigi rimase in silenzio per tutto il viaggio di ritorno, il suo viso pallido preoccupava molto Eichi che aveva immediatamente capito che qualcosa non andava. Mary dal canto suo continuava a pensare al modo con cui il padre di Marco gli aveva chiesto di chiamarlo. Perché papà? Anche se aveva detto che stava scherzando in quel momento a Mary era sembrato fin troppo serio per essere uno scherzo.
Silenziosamente il trio faceva il suo ritorno a casa.
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Andrea era in quel letto nuovo che cercava di dormire. Ma il sonno sembrava troppo lontano per poterlo raggiungere. Non faceva altro che pensare a quella fotografia. Si voltò di lato e la riprese per darne un’altra occhiata, alla luce soffusa della lampada che era sul comodino.
 
“chissà chi è questo ragazzo? Forse era questo che intendeva il signor Marini dicendo che per lui deve essere stata dura mascherare la sua vera natura? Non deve essere stato facile nascondere una cosa del genere per tutto questo tempo. Daisuke deve aver sofferto parecchio.”
 
Andrea non riuscendo a chiudere occhio decise che avrebbe fatto due passi per chiarirsi le idee, in giro a quell’ora non avrebbe trovato di certo Daisuke e poi ne avrebbe approfittato per rimettere al suo posto quella foto.
Uscì con cautela dalla sua stanza e dopo aver percorso il lungo corridoio si ritrovò dopo pochi metri davanti il piccolo sgabuzzino. La porta era chiusa. Provò ad aprirla ma a suo malincuore scoprì che era stata chiusa a chiave.
“Forse Daisuke l’ha chiusa per impedirmi di curiosarci ancora una volta. Si, però, adesso come faccio a rimetter a posto questa foto senza che lui se ne accorga? Adesso si che sono nei guai!”
Andrea prese la foto e la rimise nella tasca del pigiama. Poco dopo senti il rumore di una porta che si chiudeva , proveniva dal piano di sotto. Scese le scale e si ritrovò nel salotto di quella stessa mattina. Probabilmente la porta che aveva sentito chiudersi era quella d’ingresso. Arrivò davanti la stessa e con precauzione la riaprì. Fuori intravide la sagoma di Daisuke che con addosso un leggero giacchettino guardava il cielo pensieroso a braccia incrociate.
Non sapeva cosa fare, era indeciso se disturbarlo oppure richiudere la porta. Stava per ritirarsi quando Daisuke si accorse di lui voltandosi per rientrare.
«ehi tu, che ci fai qui?»
«niente, ho sentito un rumore e allora sono sceso a controllare. Non credevo che ti avrei incontrato qui fuori»
«Effettivamente neanche io, non riuscivo a dormire. Beh qui fa freschetto è meglio se rientriamo in casa». Andrea acconsentì spostandosi per lasciar entrare Daisuke.  Il giovane assistente ancora non lo sapeva ma lui quella sera aveva preso una decisione davvero molto importante.
«Non riuscivi a dormire neanche tu?» chiese il ragazzo con la cresta tutta scompigliata.
«a dire il vero no» ammise imbarazzato Andrea.
«ti va un cappuccino?»
«si certo perché no?»
«allora andiamo in cucina»
I due ragazzi si mossero insieme.
«tu non lo sai ma sono davvero bravo a preparare il cappuccino all’italiana. È stato Eichi a insegnarmelo.»
«davvero? Beh è fantastico!» sorrise felice Andrea.
Daisuke preparò rapido dei bei cappuccini con tanto di schiuma bianca e vaporosa. I due ragazzi sedevano l’uno accanto all’altro mentre sorseggiavano le loro bevande calde.
«Daisuke posso farti una domanda?»
«certo chiedi pure»
«per te fare il cantante è davvero così importante?»
«perché mi chiedi questo?»
«beh a dire il vero il signor Marini mi ha detto che tu tra tutti quelli del gruppo sei quello che sacrificato di più per inseguire il suo sogno.»
«Diciamo che quando ero più giovane ero sicuro di conoscere quali erano le mie priorità. Ma forse mi ero sbagliato. Oggi non so se scommetterei ancora sulla mia musica per rinunciare a tutto il resto. Nonostante questo non mi pento delle mie scelte. Amo il mio lavoro anche se ho dovuto sacrificare molto per potermi realizzare come cantante»
«capisco, quindi adesso se avessi l’occasione di recuperare quello che hai perso lasceresti la musica per riaverlo indietro?»
«è strano che questa domanda venga proprio da te. Comunque, dubito che avrei una seconda possibilità per recuperare. Ma se devo essere onesto, grazie a te ho cambiato le mie prerogative, se questa domanda mi fosse stata fatta prima del tuo arrivo avrei risposto certamente di no, ma adesso credo che sarei pronto anche a riscommettere su me stesso»
«vuoi dire che ho fatto qualcosa che ti ha fatto cambiare idea?» Daisuke riuscì a stento a contenere un leggero sorriso. Dopo però tornò serio.
«Andrea adesso voglio che tu mi guardi, e mi auguro che quello che dirò o farò non cambierà il nostro rapporto. Credo di dover essere onesto con te. Devi sapere che io sono gay»
«e perché dovrebbe cambiare qualcosa tra noi? Non è per questo che metterei in dubbio la stima che provo per te e poi anche io…»
«no, Eichi non è questo che avevo paura cambiasse le cose tra noi, ma questo…» Daisuke si avvicinò ad Andrea, e prima che questo potesse rendersene conto le loro labbra si incontrarono. Il bacio fu candido e dolce nulla di troppo impegnativo. Andrea non riusciva a capire perché quel gesto non lo disturbasse minimamente. Possibile che a lui piacesse Daisuke? 
Dolcemente come gli si era avvicinato Daisuke si distanziò. Senza staccare i suoi occhi da Andrea che era rimasto immobile e senza parole con la tazza ancora stretta tra le mani.
«Mi dispiace Andrea ma credo di provare qualcosa per te. L’ho capito quando ti ho visto tra le braccia di JJ. Se non ti ho parlato e ho preso le distanze è stato solo perché avevo paura di quello che provavo e non perché ce l’avessi con te. Mi spiace che tu abbia frainteso.»
«Daisuke io… io non credo…  io non so, come dire... »
«immaginavo mi avresti risposto così. La verità è che volevo solo dirti quello che provavo. Non avrei sopportato di rimpiangerlo per una seconda volta. Non ti preoccupare se non provi nulla per me. Lo capisco.»
Andrea si sollevò con uno scatto fulmineo dallo sgabello. Sembrava sotto shock, balbettava incerto, «capisco, beh, io… io ora vado si è fatto tardi...» disse frettolosamente Andrea prima di scappare in camera sua.
Ma cosa gli è saltato in mente? Cosa gli ha fatto credere di potermi baciare!”
Andrea era sul suo letto e non faceva che ripensare a quel bacio inaspettato. Non riusciva ad ammettere a se stesso che in fondo quel contatto era stato piacevole.
“No, no. Non può piacermi Daisuke. Probabilmente è solo stima e ammirazione quella che provo. Però quel bacio era così…. Ma cosa mi metto a pensare adesso! È meglio che chiuda gli occhi e provi a dormire. Forse è meglio far finta che nulla sia successo!”
Andrea spense la luce e provò inutilmente a prendere sonno.
 
Daisuke era in camera sua, steso sul suo letto che rifletteva su quello che era appena successo. Aveva fatto davvero bene a confessarsi ad Andrea in quel modo? Forse no, ma in quel momento aveva solo tanta voglia di baciarlo e fargli capire che provava qualcosa di veramente sincero per lui. Quando aveva deciso di intraprendere la carriera musicale, il direttore aveva imposto a lui una piccola clausola. Avrebbe dovuto dimenticarsi di essere omosessuale altrimenti l’intero gruppo ne avrebbe risentito a livello di immagine. All’epoca gli fu detto che il pubblico era imprevedibile e che la notizia avrebbe potuto compromettere il successo del gruppo. Fu allora che prese la decisione più difficile di tutta la sua vita. Decise di rinunciare nascondersi come un vigliacco per il bene del gruppo. Purtroppo all’epoca il suo ragazzo non la prese altrettanto bene. Ricordava perfettamente il giorno in cui l’obbligò a scegliere tra lui e la musica, perché non poteva sopportare di vivere una relazione nell’ombra. Lì Daisuke prese la sua seconda decisione importante: avrebbe scelto la musica. Da allora non ebbe altre relazioni. Per lui venivano organizzati degli appuntamenti che ovviamente non sfociavano mai in veri incontri amorosi ma che servivano a costruirgli quell’immagine da rubacuori che adesso gli pesava troppo sulla coscienza.
Grazie ad Andrea però sentiva di essere cambiato. Sentiva qualcosa di davvero speciale per quel ragazzino. Quella piccola fiamma affievolita nel suo cuore era ritorna ad ardere dopo tanto tempo.  Era pronto a rischiare tutto questa volta.
 
Erano le sette del mattino e Andrea era ancora sveglio nella stanza che Daisuke aveva preparato per lui la sera prima. Era seduto sul letto con le gambe incrociate mentre con la testa verso l’alto osservava il soffitto bianco. Si sentiva proprio come quel soffitto, vuoto.  Sentiva che una parte di lui stava cambiando ma ancora non riusciva a capire quale. Era tutto così nuovo e non riusciva a definire chiaramente quello che provava. Pensava ancora alla sera prima e a come gli eventi avessero preso una piega imprevista.
“Come devo comportarmi adesso nei confronti di Daisuke? Devo far finta che ieri sera non sia successo nulla? Cavolo, ma perché ieri sono scappato in quel modo? Se fossi stato più coraggioso  adesso non mi sarei ritrovato in questa situazione! Stupido, stupido Andrea. Oh Mary dove sei? Mi sento così confuso! Certo per me Daisuke è un ottimo amico e senza di lui mi sento un po’ solo, ma non credo di provare nulla per lui. Eppure perché sono rimasto fermo a ricevere quel bacio e non ho fatto nulla per allontanarlo?Perché non riesco a capire cosa mi succede?”
Pensava Andrea mentre con fare nervoso si scompigliava i capelli. Poco dopo qualcuno bussò alla porta. Gli venne improvvisamente un blocco allo stomaco al pensiero che fosse Daisuke. Non sapeva proprio come affrontare una conversazione con lui senza sembrare evidentemente imbarazzato.
«si?» provò titubante.
«Andrea, riesci a prepararti in mezz’ora?» era Daisuke, proprio come aveva immaginato.
«certo» acconsentì Andrea confortato che ci fosse una porta a dividerli.
«perfetto perché devo andare a registrare l’MV del mio nuovo singolo. In più lì ci incontreremo con il signor Marini e potrai tornare a casa con lui senza che nessuno si accorga di nulla.»
«capisco» rispose leggermente sollevato Andrea. Non vedeva l’ora di tornare a casa per mandare una mail a Mary e chiederle qualche consiglio.
«bene, io sono pronto ti aspetto giù in salotto quando hai finito scendi pure.»
«d’accordo»
Poco dopo Andrea sentì il tonfo di passi che si allontanavano. Attese qualche minuto prima di uscire e andare in bagno. Non aveva voglia di incontrare Daisuke. Non aveva ancora deciso come comportarsi con lui.
Entrò in bagno e in poco meno di venti minuti aveva finito di prepararsi. Adesso davanti alle scale che conducevano al piano inferiore rifletteva sul modo migliore per interagire con Daisuke.
 
Potrei salutarlo sorridendogli come sempre, però in quel caso potrebbe sembrare che io prenda con troppa superficialità quello che è successo. Oppure addirittura in caso contrario Daisuke potrebbe fraintendere e credere che lui mi piaccia. Perfetto basterà un semplice ciao, ma allora potrebbe apparire troppo strano e potrebbe dare l’impressione che io voglia allontanarlo. Oh ma cosa devo fare? Ok, ho deciso! Entro e  lo saluto sorridendogli, sperando che non fraintenda ne si infastidisca.”
 
Andrea aveva appena preso la sua decisione. Scese le scale molto lentamente come se le stesse lo conducessero al patibolo. Giusto in salotto scorse Daisuke sdraiato sul divano. Probabilmente neanche lui aveva chiuso occhio la sera prima. Gli era capitato spesso di vederlo dormire ma chissà perché adesso faceva caso a ogni dettaglio del suo viso. Dalle ciglia lunghe, alle sopracciglia ben delineate, al naso fino alle labbra rosse. Andrea non si era reso conto di essersi avvicinato un po’ troppo. Era a una decina di centimetri dal suo viso quando lo stesso all’improvviso aprì gli occhi facendo sobbalzare il giovane dai capelli biondi, che crollò a terra per lo spavento.
«Andrea tutto bene?» chiese Daisuke risollevandosi immediatamente dal divano.
«si, scusami Daisuke» lo rassicurò imbarazzato Andrea.
«e di che? Comunque spicciamoci che siamo davvero in ritardo» lo sollecitò porgendogli una mano.
Andrea non riusciva a stringerla, la guardava impietrito, incerto sul da farsi. Daisuke così decise di ritrarla. Probabilmente Andrea non era ancora pronto a un secondo contatto con lui.
«beh, sai alzarti anche da solo immagino» continuò amareggiato Daisuke mentre, superato Andrea che era ancora seduto a terra, si dirigeva verso la porta d’ingresso.
Andrea non capiva perché aveva esitato. Possibile che avesse paura di Daisuke? Perché si era comportato così?
Si rialzò e lo raggiunse. Il viaggio in macchina, fino allo studio per le riprese, fu il più lungo che Andrea avesse mai vissuto in vita sua. Entrambi rimasero in silenzio sino all’arrivo a destinazione. Parcheggiarono e raggiunsero il signor Marini che lì attendeva all’interno dell’edificio.
Andrea ogni tanto guardava Daisuke, non sembrava arrabbiato ma solo molto meditativo. Forse pensava ancora a quello che era accaduto quella mattina. In lontananza intravidero la figura rassicurante del manager, richiamarli con una mano.
«Finalmente siete arrivati» esordì appena i due ragazzi lo raggiunsero,
«si ci scusi il ritardo ma c’era un po’ di traffico» gli spiegò Daisuke.
«non preoccupatevi il regista sta ancora lavorando per la scenografia. Comunque Daisuke credo che per oggi dovrai occuparti delle scene senza coreografia.»
«Si, lo aveva immaginato. Ho letto il copione e le prime segnate sono proprio le scene senza ballo.»
«si infatti oggi vi occuperete di quelle, mentre da domani inizierai a provare con il gruppo di ballo e per la settimana prossima dovreste aver finito le riprese.»
«perfetto non vedo l’ora di incominciare, e poi sono curioso di scoprire con chi reciterò queste scene»
«come, non te lo hanno scritto nel copione?»
«in verità no»
«E’ Mizy, la modella coreana. Eccola, sta entrando proprio ora.»
Sia Andrea che Daisuke si voltarono per poterla osservare. Era alta con un corpo perfetto. I capelli erano di un castano chiaro e corti fino sopra le spalle. Portava una frangetta laterale che le copriva parte dell’occhio sinistro. Delle lenti scure infine le celavano ulteriormente il viso. Andrea pensò che fosse davvero molto carina. Nonostante fosse una modella famosa non ostentava un look troppo trasgressivo ma era al contrario molto semplice. Era vestita con un paio di jeans attillati e una canotta gialla. A vederla così sembrava proprio la metà complementare di Daisuke, almeno nella scelta dell’abbigliamento sportivo.
La ragazza notato Daisuke incominciò a corrergli in contro entusiasta.
«Oh che bello conoscerti finalmente!» disse porgendoli educatamente la mano.
Daisuke la strinse con un ampio sorriso di approvazione.
«anche per me è bello conoscerti Mizy.»
«non quanto lo sia per me. Sono una tua fan da quando è uscito il vostro primo album.»
«grazie per il sostegno allora» le rispose scherzoso Daisuke.
«Vi sosterrò sempre parola di fan» e la ragazza mostrò a Daisuke l’indice e il medio aperti a forbice.
«sei proprio strana, non hai per niente l’aria da modella altolocata»
«beh, non tutte le modelle hanno la puzza sotto il naso sai.» e calandosi leggermente le lenti scure, lanciò un occhiolino a Daisuke.
«bene se non vi dispiace adesso dovrei proprio andare a parlare con il regista. Ci si vede più tardi sul set» e salutò il trio prima di congedarsi.
Andrea non era stato per niente calcolato, forse per il cappello e per la totale assenza di trucco aveva perso le sembianze di Eichi. Era strano non essere degnato nemmeno di uno sguardo, al contrario Daisuke era stato fin troppo preso in considerazione per i suoi gusti. E poi tutte quelle moine erano davvero noiose.
Dopo circa mezz’ora di preparazione tutti erano pronti ad iniziare le riprese. Per la prima scena Daisuke avrebbe dovuto camminare mano nella mano con Mizy che per quella scena era stata truccata in modo naturale esibendo un vestito rosa antico corto fino al ginocchio e abbastanza ampio. Camminavano sul set di una pseudo città ricostruita di sana pianta. Daisuke cantava in playback mentre si muovevano con disinvoltura sulla scena. Come previsto da copione, si sedettero su una panchina. Mentre Daisuke le accarezza il viso, come concordato, Mizy finse di ricevere una telefonata allontanandosi di scatto da lui, uscendo di scena.
«perfetto ragazzi, non ho mai visto un’intesa così forte tra due che non si erano mai incontrati prima. Ottimo lavoro» fece loro il regista largamente soddisfatto.
«grazie» rispose sorridente Mizy mentre Daisuke acconsentì con un leggero movimento della testa.
«bene adesso Daisuke passiamo alla scena del bacio, così Mizy può andarsi a cambiare.»
“scena del bacio? Chi ha deciso che si sarebbero baciati? Cioè è assurdo Daisuke non lo permetterà mai. Insomma non è naturale per lui farlo”
Pensava Andrea sconvolto da quella rivelazione.
«d’accordo» disse serio Daisuke dirigendosi verso la finta porta di un palazzo.
“cioè la fa davvero?”
Andrea era sconvolto. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quella  notizia lo aveva leggermente infastidito.
“come può farlo? Questo va contro tutto quello che è!Forse sarà un bacio finto di quelli studiati per il cinema. Sicuramente sarà così”.
Si rasserenò cullato da quella eventualità Andrea.
Finalmente anche Mizy raggiunse Daisuke. I due, secondo copione, avrebbero dovuto dirigersi verso quella che doveva essere la casa di Mizy e mentre lei perdeva del tempo con le chiavi Daisuke avrebbe dovuto avvicinarsi e bloccandole la testa con una mano dietro la nuca avvicinarsi per baciarla. La scena fu ripetuta tre volte finché non fu reputata abbastanza soddisfacente dal regista.
Alla fine secondo le previsioni di Andrea non c’era stato nessuno bacio, semplicemente i due si erano avvicinarsi senza nemmeno sfiorarsi. Subito dopo la giovane modella era andata a cambiarsi. Ritornò sulla scena con un trucco più pesante un jeans nero e una maglia bianca a maniche corte i suoi capelli biondi erano stati camuffati da una lunga parrucca bruna con frangia. Era diversa ma comunque riconoscibile.
«perfetto riprendiamo da dove abbiamo lasciato!» lì invitò il regista.
“ricominciamo da dove abbiamo lasciato?” Andrea non capiva.
Il signor Marini notando il suo sguardo perplesso decise di dare dei chiarimenti al giovane e ignaro ragazzo.
«Sai Mizy interpreterà la parte di tutte e due le ragazze»
«ovvero?» chiese incuriosito Andrea.
«se ascolti il testo ti rendi conto che parla di un ragazzo indeciso tra due ragazze o meglio tra due tipi di ragazze. Beh Mizy le interpreterà entrambe»
Andrea ritornò con gli occhi sulla scena. Era ansioso di scoprire come si sarebbero evolute le riprese.
«Azione!!» gridò il regista. La musica partì e la scena fu ripetuta per la seconda volta. Ma questa volta Mizy era bruna e con una tenuta molto più aggressiva.
Erano di nuovo fermi l’uno davanti all’altro Daisuke rimise la mano dietro la sua nuca avvicinandosi dolcemente, solo che questa volta Mizy prese l’iniziativa e sporgendosi inaspettatamente verso Daisuke fu lei a baciarlo per primo bloccando la testa di lui tra le sue mani. Lasciando lo stesso cantante di stucco.
Andrea guardò la scena immobilizzato dallo shock.
«stoooop!» gridò il regista.
I due ragazzi si staccarono. Daisuke cercò con lo sguardo Andrea. Non sapeva il perché ma si sentiva in colpa. I loro occhi si incrociarono e poco dopo Andrea uscì dalla stanza fuori di se. Sembrava offeso e confuso, come se volesse cancellare quella scena dalla sua mente.
“cavolo perché doveva proprio rimanere mentre registravo questa scena. Chissà cosa penserà adesso?”
 «c’è qualcosa che non va?» chiese Mizy interrogativa guardando Daisuke.
«no no figurati» cercò di rassicurarla senza staccare i suoi occhi da quella stessa porta che aveva visto poco prima uscire Andrea.
«Bene ragazzi, mi avete reso il lavoro davvero molto più semplice. Siete stati perfetti. Anche se non proprio da copione Mizy sei riuscita a rendere al meglio la differenza tra le personalità delle due ragazze. Ottimo lavoro. Per il resto ci vediamo tra cinque giorni in modo da completare la parte coreografica.»
Il regista si alzò e andò vicino i computer per rivedere le scene. Mentre i due ragazzi ritornarono in costumeria per svestirsi e struccarsi. Daisuke non vedeva l’ora di finire per raggiungere Andrea. Non sapeva ancora cosa gli avrebbe detto, ma sapeva che doveva raggiungerlo il prima possibile.
 
 
Andrea era uscito per prendere aria. Il cuore gli batteva forte e non riusciva a spiegarsi il motivo per cui ci era rimasto così male. Forse non riusciva a credere che Daisuke fosse riuscito a baciare una ragazza anche contro il suo volere. O forse si sentiva preso in giro da lui?
I suoi pensieri furono interrotti dal signor Marini che lo raggiunse preoccupato.
«Andrea tutto bene?»
«si, avevo solo bisogno di un po’ d’aria. Lì dentro si muore di caldo» arrancò.
«Capisco. Daisuke ha appena finito di registrare e ci vorrà del tempo prima che finisca anche di rivestirsi. Non credo se la prenderà se ce ne andremo prima di lui. Sei così pallido che mi stai facendo preoccupare. Sarebbe meglio tornare a casa».
Andrea guardava con gratitudine malcelata il signor Marini «Grazie avrei proprio bisogno di riposare…» gli confessò sospirando.
«bene allora andiamo, manderò un messaggio a Daisuke per avvisarlo». Andrea acconsentì, poi entrambi si allontanarono dal set per dirigersi verso la macchina.
Ma quanto ci mettono queste costumiste, possibile che ci voglia così tanto per ritrovare la mia roba?”
Daisuke era ancora bloccato nel suo camerino. Aspettava impaziente che le costumiste riportassero i suoi abiti. Voleva correre il prima possibile da Andrea. Spiegargli… si ma cosa? Che era un ipocrita che aveva accettato di nascondere chi era in realtà solo per un sogno? Forse non sarebbe servito a nulla. Forse non lo avrebbe nemmeno capito. Pensava che in fondo non avrebbe mai potuto biasimare Andrea se avesse deciso di allontanarsi da lui. In fondo era meglio così. Era abituato a vedere andar via le persone che amava, cosa poteva cambiare questa volta? L’avrebbe sopportarlo come sempre.  Proprio mentre era lì che rifletteva sentì squillargli il telefonino. Era una e-mail del signor Marini.
 
Daisuke, scusa ma io e Andrea ti abbiano preceduto. Sembra che il mio giovane assistente non si senta molto bene. Ci sentiamo per i prossimi giorni.
 
“Perfetto! Adesso si che me lo sogno di chiarire con Andrea. Forse è meglio così. Magari stando un po’ lontani riusciremo a far sbollire la cosa.”.
 
 
 
 
 
ITALIA
 
 
Mary era uscita presto quella mattina con una scusa. Doveva assolutamente ritornare a quel centro commerciale per acquistare la chitarra per Eichi. Era alla fermata del bus e come al solito i mezzi pubblici non rispettavano gli orari stabiliti. Erano più di venti minuti che aspettava lì ferma sotto il sole.
Finalmente arrivò  il mezzo di trasporto tanto agognato.  In meno di trenta minuti era arrivata al centro commerciale. Se ricordava bene, il negozio era al secondo piano.
Prese le scale mobili e in un batter d’occhio lo raggiunse. Esitò pochi secondi prima di entrare.
Era insolitamente vuoto, fatta eccezione per un signora anziana con un tuppè e una insolita veste lunga fino alle caviglie.
«buongiorno, posso chiedere a lei?» domandò Mary avvicinandosi all’anziana signora.
«certo dimmi pure cara»
«l’altra volta notai che in vetrina c’era un annuncio per una chitarra classica usata»
«si, mi dispiace ma l’abbiamo appena venduta a una ragazza»
«cosa?»esclamò disperata Mary. Ci teneva davvero molto a quella chitarra. Dopo tanto voleva sdebitarsi con Eichi per le attenzioni che le dedicava e per tutte le volte che l’aveva incoraggiata e sostenuta. Avrebbe voluto poter fare lo stesso per lui. Ma a quanto pare non era destino.
«mi dispiace davvero molto» continuò dispiaciuta la signora.
Mary ringraziò, poi mentre stava per uscire venne bloccata da una voce che sembrava chiamare proprio lei. «ehi ragazzina sei di nuovo tu?» era il signore dell’altra volta. Era appena uscito dal retrobottega e aveva tra le mani due enormi scatoloni. Mary si voltò nella sua direzione.
«vedo che è proprio lei! Mi fa piacere che sia ritornata a trovarci» l’accolse sorridendole cortese.
«Si, sono ritornata anche se inutilmente» ammise Mary con un’espressione afflitta sul volto.
Salvatore, l’uomo con gli scatoloni, depose la merce e andò in contro alla ragazza.
«Perché dice così?» le chiese premuroso.
«La ragazza era venuta per comprare la chitarra classica che avevamo in vendita» chiarì la moglie mentre apriva gli scatoloni e sistemava cd e spartiti nei rispettivi reparti.
«si avevo intenzione di regalarla a quel mio amico, si ricorda?»
«certo che mi ricordo. Era davvero molto bravo»
«si solo che venendo dal Giappone si è dimenticato di portare la sua chitarra e allora volevo regalargliene una io, e quell’offerta era perfetta per me. Sa non dispongo di molti fondi al momento.» ammise Mary.
«mh.. capisco» proseguì meditativo il negoziante «perché non ti accomodi? Magari vediamo di trovare una soluzione, se è davvero così importante per te»
«si è davvero molto importante» lo esortò speranzosa Mary.
«bene, allora se è proprio così importante, dobbiamo assolutamente trovare una soluzione. Ora che ci penso, posso darti una chitarra davvero molto pregiata. Ma non te la farò pagare neanche un centesimo»
“Gratis? Questo tipo è pazzo? Qui gatta ci cova!”.
«sarebbe stupendo, però non credo sia molto giusto non poterla pagare»
«beh non ho detto che non potrai sdebitarti..»
«e cosa vuole in cambio?»
«conoscere il nome del futuro proprietario della mia chitarra!»
«la sua chitarra?»
«si ha più di trent’anni ed è molto preziosa per me quindi in cambio non pretendo soldi ma almeno conoscere il nome o la storia del suo successivo possessore. Ti sembra uno scambio equo?»
Mary ci stava pensando. E più meditava su quella proposta e più le sembrava insolita.
«va bene, le racconterò quello che so»
«perfetto!» ammise soddisfatto Salvatore.
«beh questo mio amico ha 22 anni, viene dal Giappone e si chiama Eichi Kitamura»
A quel nome i due proprietari mutarono espressione. Subito dopo si scambiarono uno sguardo sorpreso e carico di sottointesi che a Mary non sfuggì.
«cosa c’è? Questo nome vi dice qualcosa?»
«No no, scusaci è che ci sembrava avessi detto il nome di un’altra persona. Prego continua» cercarono di spiegare. Ma Mary aveva capito che lì qualcosa non andava.
«Beh devo ammettere di non conoscere molto di lui, so che suona in un gruppo e che per lui la musica è molto importante. Sua madre è italiana ed è scappata in Giappone per una fuga d’amore. Non so altro» mentì.
«capisco, beh credo possa anche bastare. Ora scendo a prendere la chitarra. Tu non muoverti di qui».
«va bene» obbedì Mary. L’attesa non durò molto, dopo dieci minuti Salvatore, risalì le scale del deposito portando su,  una chitarra in un fodero tutto lacero e impolverato.
«ecco qui il mio bene più prezioso» ammise con una certa emozione negli occhi mentre lo porgeva a Mary. 
Mary la prese come si potrebbe prendere un reperto storico di mille anni. Con cautela la depose sul bancone.
«Scusami ragazzina, ma ho da chiederti un altro favore molto importante»
«ceto mi dica»
«ti dispiacerebbe riferire al tuo amico che questa chitarra dovrà custodirla con estremo amore, e gli dica anche che gli auguro tutta la fortuna che io non ho mai avuto con la musica»
«d’accordo non mancherò» lo rassicurò Mary prima di salutare e uscire da quel negozio insieme al suo nuovo acquisto a costo zero.
“Ma chissà perché avranno fatto quelle facce dopo aver sentito il nome di Eichi. Questo si che è strano!”
 
«tesoro è lui. Dopo ventidue anni siamo riusciti ad averlo così vicino a noi. Ti rendi conto?»
«si, cara non riesco ancora a credere che mio nipote sia qui in Italia.»
«L’unico problema adesso è che non sappiamo nulla di lui, ne di quella ragazzina. Avresti dovuto chiederle qualcosa in più»
«non ce n’era bisogno per due motivi: primo, perché avremmo messo solo a disagio quella povera ragazza; e in secondo luogo sono sicuro che sarà lui a cercarci prima o poi. Non temere lo rivedremo presto. Quella chitarra sarà un bumerang che lo riporterà da noi. Ne sono sicuro».
 
 
GIAPPONE
 
 
finalmente questa giornata tremenda è finita. Devo contattare mia sorella, ho proprio bisogno di sapere come sta. È da troppo che non ci sentiamo.
Andrea era di nuovo nella sua camera. Era seduto davanti al suo computer. Con il braccio appoggiato sulla scrivania reggeva il peso della sua testa. Davanti ai suoi occhi la barretta di scrittura batteva regolare, quasi attendesse impaziente che iniziasse a scrivere. Andrea aveva bisogno di consigli e l’unica da cui li avrebbe cercati era sua sorella. Ma adesso non sapeva come fare. Avrebbe voluto raccontarle tutto ma ovviamente non poteva. Doveva trovare il modo per porle la questione da un altro punto di vista. Non poteva farle capire nulla della sua nuova posizione. Si aggiustò gli occhiali da riposo che usava di solito davanti al computer e iniziò a scrivere con sicurezza.
 
Ciao sorellina, immagino sarai arrabbiatissima perché non ho risposto a nessuna delle tue e-mail. Non ho scuse, immagino sarai in pensiero per colpa mia. Comunque se sono stato così distratto è stato per via del mio nuovo lavoro. Ho iniziato un apprendistato presso gli uffici del signor Marini e non ho avuto molto tempo per scrivere e-mail. Queste due settimane sono state molto intense. Comunque a te come va? Eichi come si sta comportando? E papà come sta?
Ho così tante cose da raccontarti, ma prima devo farti una domanda. Si può scambiare un’amicizia, davvero forte, per amore? Sai c’è una ragazza con cui sono diventato molto amico e l’altro giorno, contro ogni previsione, mi ha baciato. Non credo di provare nulla se non una grande amicizia per lei o almeno lo credevo fino a prima di vederla mentre veniva baciata da un altro. Non so,  è solo che la situazione si sta complicando. So che avevi detto di non perdere tempo in smancerie, ma credo di aver trovato finalmente qualcuno che mi capisce proprio come riesci a fare tu e ho paura di perderla. Se mi fossi sbagliato a respingerla?
Sai che non ho mai avuto una storia seria in tutta la mia vita. Però questa volta ci tengo davvero e ho paura di rovinare tutto sbagliando. Aiutami sorellina sono troppo confuso!
Comunque, a parte questo, dimmi come sta andando la tua estate?
Spero tutto bene.
Un bacione dal tuo fratellino tanto dispiaciuto da sperare disperato in un tuo perdono. T.T
 
Andrea, rilesse quella e-mail un paio di volte, in modo d’accertarsi che non ci fossero errori di trascrizione e che non avesse detto nulla di troppo sospetto. Appena ebbe finito, spinse invio. Adesso doveva solo attendere. Sperava davvero che sua sorella potesse dargli qualche ottimo consiglio. Perché al momento non riusciva proprio a capirci nulla.
 
 
 
 
ITALIA
 
Mary era alla fermata vicino l’enorme ipermercato. Aspettava che arrivasse l’autobus e nel frattempo teneva stretta quella chitarra come fosse il suo bene più prezioso. Era così felice di avere fatto quell’affare e non vedeva l’ora di vedere la faccia di Eichi quando gliel’avrebbe data.
Era così assorta nei suoi pensieri che non notò la macchina che si era fermata a due metri da lei. Dalla stessa scese un bel ragazzo bruno tutto in tiro. Era Marco.
«Mary sei tu?»
«Ehi Marco!» lo salutò sorpresa di vederlo.
«stai aspettando l’autobus?» chiese interessato.
«si, in verità sono più di venti minuti che aspetto, ma ancora niente.» ammise rassegnata.
«se vuoi posso darti un  passaggio» si offrì. A Mary avrebbe fatto comodo un passaggio. Sarebbe arrivata prima a casa.
«Si grazie, ma  sicuro che non ci sono problemi?»
«scherzi? Anzi guarda stavo uscendo per fare un servizio per il quale ho bisogno proprio di un giudizio femminile. Che ne diresti di accompagnarmi?»
Mary aveva voglia di tornare subito a casa per poter dare la chitarra a Eichi, però tutto sommato darla un’ora prima o un’ora dopo cosa avrebbe cambiato? Inoltre Marco sembrava davvero avere bisogno di una mano e una vera amica non si tira mai indietro.
«ok, per me va bene però non posso fare troppo tardi» Marco acconsentì comprensivo.
Il ragazzo con le lentiggini era al settimo cielo, quelle poche ore per lui erano anche troppe, poi incontrarla così per caso era stato davvero un colpo di fortuna.
«non temere ti ruberò solo per un’ora e mezza al massimo»
«ok allora dove posso mettere questa? È molto preziosa» gli spiegò mostrandogli la chitarra in quella custodia lacera e impolverata.
«ma cos’è?» le domandò incuriosito e inorridito allo stesso tempo.
«come cos’è? È una chitarra»
«suoni?»
«in realtà no, è per Eichi. L’ho appena acquistata a un ottimo prezzo, quasi per niente» ammise soddisfatta prima di porgigliela.
Marco non fece altre domande, ma il suo viso dava a vedere che la cosa non gli piaceva per niente. Prese la chitarra e la depose nel portabagagli. Avrebbe voluto buttarla via o distruggerla, perché il solo pensiero che Mary l’avesse comprata proprio per quel tipo, gli metteva una rabbia indescrivibile. Non andava bene per niente, la conosceva e se era arrivata a fargli dei regali voleva dire che si stava davvero legando a quel ragazzo. Eppure tempo fa era lui l’unico ragazzo di cui Mary si fidava, soprattutto dopo quella storia alle superiori, e invece ora gli toccava competere con quel tipo dagli occhi a mandorla. Tirò un sospiro afflitto e richiuse il portabagagli prima di raggiungere Mary, che aveva già preso posto in macchina. Doveva assolutamente indagare su quel tipo. Non poteva rischiare di perderla. Se per averla al suo fianco avrebbe dovuto giocare sporco lo avrebbe fatto.
«sei pronta?» le domandò appena salito in macchina. Mary fece di si con la testa «perfetto allora possiamo partire».
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Daisuke era davvero molto triste per non essere riuscito a parlare con Andrea. Quella sua reazione era stata davvero insolita. Che fosse geloso di Mizy?
Arrivò alla macchina ma lì ad attenderlo c’era qualcuno che sembrava molto impaziente di vederlo.
Mizy era appoggiata alla sua macchina con braccia e gambe incrociate.
«e poi dicono che le ragazze sono ritardatarie. Qui mi sa che ci ritroviamo davanti a un caso davvero insolito se in ritardo è il ragazzo. Sai, sono qui che ti aspetto da almeno venti minuti» lo rimproverò amichevolmente.
«mi dispiace deluderti ma non è stata colpa mia. Le costumiste avevano smarrito i miei vestiti»
Mizy era davvero soddisfatta del suo piano. Era stata lei a nascondere i vestiti di Daisuke aveva capito che qualcosa non andava proprio dopo la scena del bacio. Adesso aveva l’occasione di stare un po’ di tempo in sua compagnia. Avrebbe fatto di tutto per conquistarlo. E non avrebbe permesso a nessun di intromettersi tra loro.
«Beh sai pensavo che, se non hai fretta, potremmo prendere un caffè insieme» chiese supplicante la modella.
«a dire il vero volevo tornare a casa a riposare» ammise Daisuke.
«ti prego non puoi trattare così una tua fan, ne tanto meno una tua collega» lo supplicò disperata.
Daisuke non sapeva spiegarselo ma quella ragazzina gli faceva quasi tenerezza «va bene, però solo un caffè veloce, in fondo mi hai aspettato per così tanto tempo, te lo devo»
Mizy era euforica batteva le mani saltellando per manifestare tutta la sua felicità «grazie Daisuke, non puoi immaginare quanto questo mi renda felice».
I due entrarono in macchina e si diressero a un bar vicino gli studi. Daisuke si era camuffato alla meglio, per non farsi riconoscere. Per fortuna in macchina portava sempre un cappello e un paio di occhiali per occasioni simili. Mizy allo stesso modo tirò fuori un paio di occhiali dalla sua borsetta e se li mise prima di scendere dalla macchina.
Il cantante e la modella presero posto l’uno di fronte all’altro. Non passò molto che una cameriera si avvicinò per chiedere il loro ordine. Dopo aver ordinato due caffè i due si chiusero in un silenzio riservato. Adesso sembravano studiarsi a vicenda. Mizy aveva le braccia incrociate sul tavolo e guardava Daisuke con un enorme sorriso stampato sul suo viso.
«Perché continui a sorridere? È imbarazzante» notò seccato Daisuke che nel frattempo beveva a piccoli sorsi il caffè caldo che la cameriera gli aveva da poco servito.
«beh è perché oggi ho baciato il mio idolo. A quante altre ragazze potrebbe capitare una cosa del genere?» ammise orgogliosa e soddisfatta.
«capisco, quindi sei davvero una mia fan»
«certo che lo sono.» lo riprese offesa.
«Va bene, non scaldarti, è che credevo dicessi così, solo per cortesia. Comunque non credi che il tuo ragazzo potrebbe essere geloso che tu abbia baciato il tuo idolo?»
«Non credo, anche perché non ho il ragazzo. Sto aspettando che quella persona si accorga di me»
«anche io…» quella rivelazione uscì spontaneamente dalla bocca di Daisuke. Purtroppo anche se era lì, in presenza di una delle più famose modelle coreane, non riusciva a non pensare ad Andrea.
«anche tu stai aspettando che il tuo amore ti noti? Non dirmi che sei innamorato di qualcuna!» chiese curiosa l’intrepida modella.
«ti meraviglieresti se lo fossi?»
«certo che no, anche noi personaggi famosi siamo esseri umani, dopotutto» gli ricordò prima di incominciare a sorseggiare il suo caffè.
«beh diciamo che purtroppo quella persona mi ha già respinto una volta, quindi credo sia inutile insistere. Comunque non capisco perché ne stia parlando proprio con te.»
«guarda che puoi fidarti, in fondo conosco bene questo mondo spietato e posso capire quanto sia difficile dover tenere nascoste certe cose. Quindi tranquillo terrò la bocca chiusa.» e simulò con un gesto della mano di chiudersi la bocca con una zip.
«grazie Mizy e scusa lo sfogo»
«ma figurati quando vuoi parlare sai dove trovarmi, in fondo ci troviamo nella stessa situazione:  tu ami qualcuno che non ti nota e io amo qualcuno che fino a poco fa credevo irraggiungibile»
 
 
 
 
ITALIA
 
Eichi e Luigi erano in casa da soli. Per il ragazzo dagli occhi a mandorla era arrivato il momento di vederci chiaro. L’espressione di Luigi non era sembrata delle migliori il giorno prima e finalmente, senza Mary in giro per casa, poteva parlare liberamente. La robusta figura barbuta  di Luigi, era seduto sul divano, che da quasi quattro giorni era diventato il suo letto per la notte. Purtroppo i lavori causati dalla perdita nella camera da letto si erano rivelati molto più gravi del previsto. Occorreva rompere muri per indagare il problema ai condotti principali e Luigi decise di demandare i lavori a dopo la loro settimana di ferie. Eichi aveva provato a proporsi per sostituirlo, ma il più anziano era stato categorico.
 
Eichi gli si sedette accanto. Lo stesso era intento a leggere dei giornali mentre fumava la sua solita pipa, con tanto di tabacco vanigliato. Non sapeva come prendere il discorso, ma era deciso a capire come stavano i fatti. Si era legato molto a Luigi e preoccuparsi per lui e Mary era diventata una cosa normale. Poi gli ricordava molto il signor Marini, proprio come il suo manager anche se non sempre presente, la figura barbuta di luigi, era diventato un riferimento molto importante anche se per pochi giorni.
Quasi come se il più anziano avesse letto i suoi pensieri, depose il giornale e iniziò a fissarlo, come aspettandosi delle domande, che sapeva sarebbero arrivate.
«Hai qualcosa da chiedermi ragazzo?» lo sollevitò quasi rassegnato. Molto probabilmente era consapevole del fatto che prima o poi Eichi sarebbe andato da lui a chiedergli delle spiegazioni.
«Ieri, al ritorno dal centro commerciale, ho notato che non avevi una bella cera e mi sono preoccupato. È successo qualcosa?» chiese  fissandolo dritto negli occhi.
«caro ragazzo,  ad essere sincero ho un peso grandissimo che mi comprime il cuore. Non so se sia giusto condividerlo con te. Non voglio aumentare le tue preoccupazioni. Hai già così tanti pensieri di tuo, non voglio aggiungertene altri.»
«se non vuole che mi crei idee tutte mie, anche sbagliate facendomi preoccupare ancora di più, deve spiegarmi il motivo del suo stato d’animo. È da quel giorno che non parla molto e non mangia. Credo che anche Mary se ne sia accorta.»
«beh se devo essere sincero sono sollevato al pensiero di poterne parlare con qualcuno, non so proprio cosa fare.»
«mi racconti tutto »
Luigi guardava con uno sguardo di gratitudine il giovane grande uomo che aveva di fronte. Eichi era davvero molto maturo e disponibile. Per certi versi gli ricordava Andrea. Suo figlio gli mancava incredibilmente. Era così difficile evitare i contatti, ma sapeva che questo lo avrebbe fatto soltanto crescere, se lo avesse chiamato di persona sicuramente Andrea avrebbe avvertito, oltre alla più che normale nostalgia di casa, anche le preoccupazioni che le sue preoccupazioni. Così era il signor Marini ad aggiornarlo su ogni novità e lui di rimando informava il signor Marini sulle condizioni di Eichi.
Era arrivato il momento forse di rivelargli tutta la verità, anche perché il giovane e attento ragazzo giapponese non sembrava disposto ad accettare ulteriori omissioni,
«Hai conosciuto Marco immagino» Eichi acconsentì con un segno della testa «bene, lui credo non centri nulla in tutta questa storia. Quindi non voglio che tu ti scagli contro di lui per quello che sto per raccontarti. Tutto ebbe inizio quando avevo più o meno la tua età: mi innamorai di una ragazza bellissima aveva dei lunghi capelli castani e un vestito a fiori la prima volta che la vidi. Era in compagnia di un ragazzo alto e bruno, io diciamo che non ero proprio un gran bel ragazzo ero più simile a un topo di biblioteca in realtà. Lei invece era un fiore meraviglioso di quelli che hai il terrore di cogliere per paura di privare il mondo intero della loro bellezza» prese tempo riaccendendosi la pipa «beh, un giorno ero di ritorno dall’università e ci scontrammo per caso, ricordo tutti quei fogli con pentagrammi carichi di note sparsi per la strada. Quello fu l’inizio di tutto, non te la porto molto oltre ci innamorammo, ma mantenemmo segreta la nostra relazione. All’epoca i miei genitori, non avrebbero capito. Appartenevo a una famiglia ricca e facoltosa e uscire con una ragazza comune non era proprio nei loro piani. Ricordi quel ragazzo che era insieme a lei? Beh, era il padre di Marco e quella ragazza era Clara. Noi tre diventammo grandi amici. Immaginavo che lui provasse dei sentimenti per Clara, poi un giorno si dichiarò a lei davanti ai miei occhi. Ovviamente io dovetti far finta di nulla. Clara lo rifiutò e gli rivelò la nostra relazione. Come era logico lui non la prese molto bene e si infuriò con entrambi. Solo dopo il nostro matrimonio siamo tornati a rifrequentarci. Ma credo, anzi ora ne sono convinto, che quel risentimento verso di noi continui ancora a dilaniarlo. Come amico gli ho mentito e so di aver sbagliato, ma non era mia intenzione ferirlo. Diciamo che è stata la situazione a richiederlo. Non potevamo rischiare che venisse fuori la nostra relazione altrimenti per noi sarebbe stata la fine e non so cosa la mia famiglia avrebbe potuto fare a Clara.»
Eichi ascoltava attento quella storia, che aveva un sapore famigliare. I suoi dubbi, però, invece che diminuire incominciarono ad aumentare «capisco che lui possa provare ancora del risentimento nei suoi confronti ma cosa centra questa vecchia storia adesso?»
Luigi aspirò un’altra volta dalla sua pipa intensamente prima di proseguire, si stava preparando a rivelare il nocciolo della questione. «Eichi, Clara era molto ingenua e ho paura che Mary abbia ereditato questo aspetto da sua madre. Quando incominciammo a rifrequentarci anche se ormai avevamo le nostre famiglie avevo dei dubbi sul fatto che lui ci avesse perdonato sul serio. Lei però non volle credermi e adesso purtroppo ho avuto la conferma che i miei presentimenti erano fondati. L’altro giorno, nel suo ufficio,  Francesco il padre di Marco mi ha dato un ultimatum davvero irragionevole. Lui è uno dei clienti più importanti per la mia compagnia bancaria e mi ha minacciato che avrebbe chiuso ogni contatto con la nostra banca se… » Luigi esitò.
«se..» insistette Eichi.
«se Mary non sposa Marco.»
«cosa?» Eichi era letteralmente saltato su dal divano, guardava Luigi con una espressione incredula e furente.
«se perderò lui come cliente importante probabilmente verrò licenziato. Mi ha messo con le spalle al muro. Sapevo che quell’atto di ingenuità l’avremmo ripagato caro un giorno…»
Eichi camminava avanti e indietro con aria meditativa. Era evidentemente preoccupato. Si arrestò e tornò a sedersi accanto a Luigi.
«lei non può permettere che Mary sposi un uomo che non ama»
«questo lo so, ma se non lo farà perderemo tutto, alla mia età e con un licenziamento alle spalle che futuro potrei mai dare ai miei figli?» ammise disperato Luigi.
«Ha intenzione di dirlo a Mary?»
«non ancora, spero che Marco riesca a conquistarla e magari, se si innamorano le cose potrebbero anche sistemarsi da sole. In fondo sono molto legati, e volendo potrebbero anche scoprire di  piacersi»
«Non credo proprio, Mary mi ha assicurato che lui,  per lei,  è solo un amico e non potrà mai essere nient’altro. Comunque, nel peggiore dei casi, se la scintilla non dovesse scoccare cosa pensa di fare? Lascerà che sua figlia si sacrifichi, senza fare nulla per impedirlo. Questo è ingiusto.»
Luigi non sapeva davvero come comportarsi. Francesco lo aveva messo con le spalle al muro. Chissà come avrebbe reagito sua moglie in quella situazione.
«Mi ha dato un limite di tempo, se dopo Natale Mary non accetterà di sposare Marco lui sposterà il suo conto verso un’altra banca estera.»
«questo è assurdo, ma è convinto che Marco non sappia nulla di questa storia?»
«Marco non è un ragazzo cattivo devi credermi, forse un po’ superficiale ma non credo che arriverebbe a tanto»
«ha detto bene, lei lo crede, non ne è poi sicuro al cento percento. Io non penso sia all’oscuro di tutto. Secondo me sta cercando di ottenere quello che vuole, solo nel modo più facile possibile. Certa gente non la sopporto. Sono state abituate ad avere tutto senza lottare. Questo è vivere da vigliacchi. Se tenesse davvero a Mary non permetterebbe mai questo matrimonio»
«Eichi, non so se Marco sia a conoscenza o meno di questa storia, fatto sta, che per il momento non possiamo fare nulla»
 Eichi si distese in malo modo sul divano incrociando le braccia sullo stomaco. Quella situazione proprio non la digeriva.
 
“Forse la cosa giusta sarebbe cercare di far in modo che Mary si innamori di Marco. Ma perché non riesco a tollerarlo? Solo il pensiero di loro due insieme a causa di un complotto mi fa venire i nervi. Anzi basta solo immaginare di loro due insieme a farmi ribollire il sangue. Non posso permettere che Marco l’abbia vinta così facilmente. Però se interferissi farei del male a Luigi. In un modo o nell’altro sono bloccato. Non posso incoraggiare questa situazione perché ferirebbe Mary e non posso intralciarla perché questo porterebbe problemi a Luigi. Cavolo, avrei preferito non saperne nulla. L’unica cosa da fare è parlare con Marco, se non è coinvolto in questa storia potrebbe parlarne con suo padre e impedire tutto questo. Devo incontrare quel pappagallo presuntuoso e parlargli, anche se sarà dura gestire il mio livello di autocontrollo.”
 

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Capitolo 7
*** INCONTRI INSOLITI ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 

 



CAPITOLO 7 
 
INCONTRI INSOLITI

 
 
 

GIAPPONE
 
Rio era nello studio di registrazione della Kings Record, era così impegnato a lavorare sulla sua nuova canzone, che non si era reso conto dell’orario. Erano le dieci passate e ascoltava la traccia  al buio. Gli piaceva l’oscurità, lo avvolgeva e lo faceva dialogare con il suo lato più profondo, lo stesso che lo aiutava a scrivere le sue canzoni. Il buio e la solitudine erano due delle sue migliori colleghe di lavoro. A illuminare la stanza era solo la luce accesa nella stanza insonorizzata di fronte l’enorme console da cui con tanto di cuffie e blocchetto, il più anziano del BB5, stava cercando di dare forma a una canzone. Con un movimento lento si sfilò le cuffie. Era davvero stanco. Nonostante non fosse un lavoro fisico era comunque logorante per tanti altri aspetti. Spinse la sedia con le rotelle su cui era seduto in un angolo della stanza e si appartò lì. Quasi senza accorgersene chiuse gli occhi e si addormentò.
 
 “Uffa prima o poi Nana deve finirla di chiedermi questi favori all’ultimo minuto. Insomma sostituirla a quest’ora è davvero un problema. Dovevo tornare a casa per preparare la cena e invece mi ritrovo a sostituire un’amica che aveva un appuntamento. Questo si che non è giusto. Altro che ramen pretendo del sushi dopo tutto quello che sto facendo per lei stasera. E non mi interessa, questa volta è davvero in debito.”
 
 Yori era tra i corridoi della Kings Record che ripuliva diligentemente ogni angolo facendolo risplendere al meglio. Finalmente era arrivata all’ultima stanza.
 
“Lavorare di notte ha i suoi lati positivi, non avere gente in torno è davvero piacevole. Poi faccio tutto il lavoro nella metà del tempo.”
 
Si avviò rapida verso quell’ultima stanza. La porta era aperta, la spinse leggermente e notò la luce accesa nella stanza insonorizzata.
“questa si che è un’opportunità con i fiocchi. Magari potrei provarla, solo per questa volta. In fondo chi mai potrebbe scoprirlo?”
 
Yori socchiuse con cautela la porta. Entrata nella stanza di registrazione, si infilò le cuffie e iniziò a cantare una canzone. Non poteva immaginare che lì, in un angolo, ci fosse qualcuno ad osservarla.
Finita la sua performance ne uscì inscenando divertita la parte della star tra i fan.
 
«Grazie, non dovete! Ma quanto sono meravigliosi i miei fan.!! Come dite? La mia voce è stupenda? Addirittura più di quella di tutti e 5 i BB5 messi insieme? No, non esagerate…» e si portò una mano al volto fingendosi imbarazzata.
«Questo è tutto da vedere» la riprese una voce fuori campo. Yori entrò nel panico.
«chi c’è lì?» chiese brandendo la sua scopa.
«fatti vedere, capito?» lo intimò muovendosi cauta in cerca di un interruttore. Improvvisamente urtò contro qualcosa e cercando di mantenersi in equilibrio si aggrappò all’unico appiglio che trovò disponibile. Subito dopo la luce si accese all'improvviso, accecandola per pochi secondi. Il suo volto, era ancora chino  verso il pavimento quando, recuperata la vista, notò delle scarpe eleganti di pelle tirate a lucido. Sollevò lentamente il viso confrontarsi subito dopo con lo sguardo fiero e sostenuto del loro proprietario. Era Rio il noto componente dei BB5. Si staccò di scatto imbarazzata.
“Ma come è possibile che certe figure capitino  solo a me?”
«Contenta? Adesso puoi vedermi! Immagino sarai soddisfatta! Guarda che hai combinato! Mi hai stropicciato tutta la camicia. Hai la più pallida idea di quanto costi? È un pezzo raro. Viene dall’Italia e tu la stavi quasi per strappare con le tue manacce. Ma insomma dove hai il cervello.»
«Cioè io sarei quella senza cervello? Tu piuttosto ti sembra un comportamento normale nascondersi nel buio per spaventare la gente?»
«non dirmi che ti sei spaventata per così poco? Povera bambina…»
«Ehi! A chi hai dato della bambina? Brutto pazzo senza coscienza»
«Brutto pazzo senza coscienza a chi scusa?»
«Hai capito benissimo sto parlando con te, pomposo e arrogante pallone gonfiato»
«ah… sarei io l’arrogante e presuntuoso adesso? Se non sbaglio poco fa ho sentito chiaramente dire da qualcuno che la sua voce è migliore di quella di tutti i BB5 messi insieme…»
«beh, per quello stavo ovviamente scherzando»
«scherzo o non scherzo adesso devi dare dimostrazione delle tue affermazioni»
«cosa intendi?»
«beh poco fa, senza che tu te ne accorgessi, ho spinto il tasto REC e ho registrato la tua performance strepitosa. Verifichiamo se è davvero così fantastica come sostieni.» la provocò con aria di sfida.
«Non puoi dire sul serio…»lo sfidò scettica la ragazza.
«ti rivelerò un segreto»le fece segno di avvicinarsi «io non scherzo mai» le sussurrò, infine ad un orecchio prima di dirigersi alla console, con un sogghigno compiaciuto. Inserite le cuffie e spinto il tasto di avvio era lì che ascoltava la registrazione. Yori era in evidente imbarazzo, non aveva neanche dato il meglio di se.
“Chissà come mi prenderà in giro dopo averla ascoltata”.
Rio al contrario, sembrava aver preso quell’ascolto con molta serietà. Dopo aver riposto le cuffie si voltò verso Yori ancora immobile in attesa di un giudizio. Aveva un’espressione perplessa e interrogativa.
«perché mi guardi così?»
«studi canto?»
«no. Perché? Non dirmi che ho superato le tue aspettative!» si beò orgogliosa.
«ti ho dato per caso questa impressione?» le domandò scettico.
Yori non poteva proprio reggere quel suo atteggiamento da maestrino saccente e arrogante. Quel suo modo di fare le faceva venire il voltastomaco.
Approfittando del suo silenzio attonito, Rio continuò senza esitazione.
«Beh, se è così mi dispiace deluderti ma la tua voce è davvero pessima come immaginavo.»
Lo sguardo della giovane si fece di fuoco «e allora perché mi hai chiesto se studio canto?».
«semplice, perché credo dovresti incominciare a prendere lezioni. Le note alte erano veramente pessime»
“Ma chi si crede di essere questo tipo? È davvero convinto di poter giudicare gli altri dall’alto del suo piedistallo solo perché è una star?”
«Ma sentilo! Tu, invece, dovresti incominciare a seguire lezioni di buone maniere! Sei così  arrogante e presuntuoso! Sono convinta che per colpa del tuo caratteraccio non hai nemmeno la ragazza» lo provocò mostrandogli una linguaccia dispettosa, prima di uscire dalla stanza evidentemente colpita nell’orgoglio.
Rio, sorrise in solitudine, era da tempo indefinito che una persona non lo divertiva in quel modo. Anche se non lo avrebbe mai ammesso la sua voce, confrontata al pessimo carattere che si ritrovava, non era poi niente male. Che incontro davvero assurdo e tutto perché si era appisolato. Guardò l’orologio che aveva al polso: era davvero tardi. Spense tutta l’apparecchiatura, le luci ed uscì dallo studio di registrazione, mentre impensierito si domandava da dove saltasse fuori quella strana ragazza. Doveva essere nuova perché non l’aveva mai vista prima. Giunto nel parcheggio interrato accese il suo motore e dopo aver messo il suo solito casco scuro si avviò verso casa. Forse su una cosa quella ragazza aveva ragione: se non era riuscito a conquistare la donna che amava era stato per colpa del suo carattere insicuro e orgoglioso. L’amore è dato solo da una buona dose di fortuna. Fondamentalmente è solo questione di tempismo. E lui probabilmente non aveva avuto mai ne l’una ne l’altra cosa. il destino non era stato generoso, non gli aveva concesso l’occasione giusta o più semplicemente era stato lui a non averla colta quando si era presentata. Questo non avrebbe mai potuto saperlo.
 
 
 
JJ era finalmente tornato a casa. Quella mattina aveva dovuto registrare la traccia definitiva per l’uscita del suo nuovo singolo. Per tutto il giorno aveva lavorato senza sosta. Concentrarsi sul suo lavoro da solista gli permetteva di non pensare a quanto Eichi gli mancasse. Era da tanto che non si sentiva così solo. Inoltre a causa dell’arrivo di Andrea non poteva neanche comportarsi male nei confronti di Hiro. Voleva vederlo soffrire, era il minimo per quello che aveva fatto a Eichi, però dall’altra parte non poteva permettere che quel ragazzino straniero venisse a conoscenza del tradimento e della storia tra Eichi e Misako. Doveva evitare che la questione riaffiorasse per una seconda volta e magari anche che venisse divulgata per errore proprio a causa del suo comportamento impulsivo. Quanto odiava trattenere la rabbia.
«Mamma, sono tornato!» esordì felice di aver fatto ritorno tra le calde mura domestiche. Dopo aver riposto le sue scarpe in un angolo, fece il suo ingresso nel salotto. La donna era seduta sul divano mentre, alla luce soffusa di un lume, leggeva. Vederla così triste, chiusa in se stessa ed evidentemente provata per la partenza di Eichi, accrebbe in JJ quella tristezza che già portava segretamente chiusa nel suo cuore. Da quando Eichi era andato via, la luce sul viso materno si era affievolita giorno dopo giorno. Ovviamente sotto il suggerimento del signor Marini, a loro era stato consigliato di non contattarlo in nessuna maniera. Eichi, a parer suo, aveva bisogno di restare solo con se stesso e se loro gli fossero stati troppo attaccati, più che aiutarlo, si sarebbero rivelati d’intralcio.
La donna avvertita la voce del figlio, sollevò il capo reclinando gli occhiali da vista che usava per la lettura rivolgendo al più giovane un sorriso stanco. Era palese che cercasse di nascondere almeno a lui le sue preoccupazioni.  JJ non poteva sopportare di vederla in quello stato.
«Mamma ti va se domani mattina usciamo per fare un po’ di shopping, solo io e te?» le propose sorridente JJ. Sperando che la cosa potesse sollevarle un po’ l’umore.
«Yuki, a dire la verità, non ne ho molta voglia» gli rispose esausta, mentre riponeva il libro su un tavolino. Dopo essersi alzata dalla seduta comoda del divano si avviò con calma verso la sua camera da letto. Quasi certamente era rimasta sveglia ad attenderlo intrattenendosi leggendo uno dei suoi romanzi rosa preferiti. Lucia, sua madre adottiva, ed Eichi erano le uniche persone a chiamarlo per nome. La diffidenza che JJ aveva provato all’inizio nei loro confronti fu subito colmata dall’amore e dalla fiducia che entrambi seppero infondergli. Crescere senza una famiglia aveva indurito il suo carattere, ma loro erano riusciti ad abbattere quella maschera di ferro e a dare nuova speranza alla sua vita. JJ era davvero molto grato ad entrambi per aver creduto in lui senza alcuna garanzia. Avuto un figlio non lo si può cambiare bisogna accettarlo per quello che è, ma nel suo caso era diverso, lui era stato scelto sia per i suoi pregi che per i suoi difetti. Lo avevano accettato come figlio e fratello senza alcun pregiudizio. Molte famiglie si erano arrese al suo carattere irritante e impulsivo, ma loro no. Avevano cercato di comprenderlo e aiutarlo, e alla fine erano diventati una famiglia.
 
Il giorno della sua adozione non lo avrebbe mai potuto dimenticare.
Per JJ  quell’orfanotrofio era una prigione legalmente riconosciuta. L’atmosfera che si respirava all’interno era severa, triste e per certi versi anche claustrofobica. Ogni possibilità creativa era bloccata dalle rigide imposizioni della direttrice. Una tra le regole più infelici che lui ricordasse era l’obbligo della divisa. Odiava indossare quel triste completo grigio il giorno delle visite. Ricordava perfettamente che il giorno in cui venne adottato fu costretto a indossarne uno proprio come tutti gli altri, nonostante avesse lottato strenuamente per evitarlo. Era sempre stato uno spirito ribelle e in quell’orfanotrofio era l’unico a imporsi attivamente contro le imposizioni esagerate della direttrice. Ricordava con grande nostalgia il modo con cui Eichi lo aveva difeso dalle calunnie di quella donna senz’anima. Appena furono fuori dall’orfanotrofio, fu ancora una volta lui il primo ad accorgersi del suo senso di inadeguatezza. Per tutto il tempo, dall’uscita dell’orfanotrofio sino all’arrivo alla fermata dell’autobus, aveva camminato a testa bassa facendo l’impossibile per nascondere quell’odiosa divisa. Quel suo abbigliamento sembrava gridare al mondo intero che era nato per vivere da reietto per tutta la sua vita. Lo faceva sentire come un ragazzo senza storia, con un futuro incompleto davanti gli occhi. In un certo senso sembrava condannarlo pubblicamente
 
Fu allora che Eichi si fermò e analizzandolo con fare da stilista intransigente gli rivolse quelle poche parole che sarebbero rimaste impresse per sempre nella mente e nel cuore di JJ. «Tutto questo grigiore non ti si addice per niente. Sai per sorridere nella vita c’è bisogno di perdersi nei colori. Che ne dici? Ti va se andiamo a comprarci qualcosa che metta di buonumore entrambi?»
JJ non gli diede una vera e propria risposta, ma semplicemente il suo silenzio fu preso come un chiaro segno di approvazione da Eichi, che lo trascinò a fare spese per tutto il giorno.
 
Lucia prima di imboccare il lungo corridoio che conduceva alla sua camera da letto, si avvicino a JJ con uno sguardo stanco, ma comprensivo e amorevole. Cinse la testa del figlio con le sue mani sottili e delicate e impresse sulla sua fronte un bacio dolce e caloroso di quelli che ti riempiono il cuore e lo spirito e ti ricordano di non essere solo.
«OH.. Yuki. Spero tu sappia che non dovrebbe essere il figlio a prendersi cura della madre, ma la madre a prendersi cura di suo figlio!» lo rimproverò amorevolmente.
«io veramente… non è che fossi preoccupato…» mentì spudoratamente, volgendo il suo sguardo altrove per poi continuare in imbarazzo «era solo che avevo voglia di fare un giro per i negozi, come quella volta… volevo comprare a entrambi qualcosa di colorato… »
Lucia lo guardò sorridendogli, finalmente aveva capito dove JJ voleva arrivare. Era davvero molto orgogliosa dell’uomo meraviglioso che stava diventando. A quel punto non le rimaneva che arrendersi . In quella richiesta, JJ,  non stava nascondendo solo il desiderio di tirar su di morale sua madre, ma anche il disperato tentativo di risollevare se stesso.
«Beh, se me lo chiedi così come potrei mai rinunciare a uno shopping sfrenato con mio figlio. E poi se non ricordo male qualcuno una volta disse che  per sorridere nella vita c’è bisogno di perdersi nei colori… o sbaglio?».
Detto questo gli rivolse un sorriso carico di sottointesi che JJ fu felice di ricambiare.
 
 
 
 
 
 
 
 
ITALIA
 
Mary e Marco erano finalmente arrivati a destinazione. Mary si meravigliò si trattasse di una boutique di alta moda.
«Scusa Marco, mi spieghi cosa devi comprare da qui?» chiese incuriosita mentre scendeva dalla macchina.
«In realtà c’è una ragazza che mi piace e a cui vorrei fare un regalo, ma non ho la più pallida idea di cosa prenderle. Sai ha un caratterino davvero molto vivace non è una ragazza molto sofistica e non credo si renda conto di quello che provo, così pensavo di farle un regalo per esprimerle i miei sentimenti»
«Marco io credo non ci sia bisogno che tu le faccia un regalo per farle capire quello che provi. Basterebbe che tu ti presentassi da lei e le esponessi i tuoi sentimenti sinceramente. Credo che potrebbe anche bastarle»
«io non voglio solo confessarle il mio amore ma farle capire quanto immensamente bella sia ai miei occhi, perché secondo me non se ne rende conto abbastanza. Per questo avevo intenzione di regalarle un abito che le renda giustizia e per farlo ho bisogno del tuo aiuto. Diciamo che a fisico tu le assomigli molto e mi piacerebbe mi facessi da modella per questa volta.»
«cosa?»
«ti supplico, sarei davvero nei guai se la taglia non fosse quella giusta» la implorò.
«E va bene! così non mi lasci altra scelta. Ma sappi che è la prima e l’ultima volta che faccio una cosa del genere.»
«grazie» le sorrise soddisfatto.
Entrarono e subito la responsabile li accolse con un enorme sorriso. Tutto il personale era molto disponibile e Mary era trattata al pari di una principessa. Dopo circa un’ora era ancora chiusa in  camerino a misurare un vestito dopo l’altro senza successo. Le erano stati portati  almeno un quindicina di abiti da cerimonia uno più sfarzoso dell’altro. Nessuno però sembrava ottenere l’approvazione di Marco. Per ultimo le fu chiesto di provare un abito avorio, aderente, corto sino sopra il ginocchio che nella parte retrostante proseguiva con uno strascico finemente decorato. Anteriormente aveva uno scollatura a barca morbida che portava le bretelle laterali a cadere dolcemente oltre le spalle. Su tutto l’abito erano ricamati dei fiori di ciliegio rosa. Doveva costare davvero molto. Mary non sapeva spiegarselo ma quel vestito le sembrava fatto su misura per lei. A vedersi riflessa allo specchio del camerino si sentiva quasi una principessa. Forse un po’ eccessivo ma sicuramente bellissimo. Doveva ammettere che le piaceva molto, era un peccato che non potesse permettersi anche lei un abito del genere.
Leggermente incerta uscì dal camerino per presentarsi al giudizio di Marco. Lo stesso rimase a bocca aperta. Con quel vestito addosso era davvero mozzafiato.
«che ne pensi?» chiese in soggezione a causa del suo sguardo sbigottito.
«sei bellissima»
«grazie ma io parlavo del vestito» lo corresse imbarazzata. Era la prima volta che vedeva Marco con quella espressione da ebete sul viso.
«ah si, giusto il vestito. Beh, anche quello è perfetto adesso però bisogna abbinarci delle scarpe dico bene?» domandò rivolgendosi a una delle tante commesse del negozio.
«certamente signore, provvediamo subito» acconsentì prima di allontanarsi per lasciare nuovamente soli i due ragazzi.
«Marco, non pensi che potrebbe sentirsi a disagio questa ragazza nel ricevere un vestito come questo? Potresti metterla in soggezione, non credi?»
«Oddio spero di no, e poi credo mi ringrazierà comunque per questo dono»
«cosa vuoi dire?»
«sai ho intenzione di inviarglielo il giorno dell’inaugurazione del nuovo centro commerciale di mio padre. Faremo una vesta alla nostra villa e saranno invitate tutte le persona di spicco della società. Ovviamente come mia accompagnatrice si sentirebbe a disagio se non indossasse un vestito adeguato all’occasione, non credi?»
«beh effettivamente non hai tutti i torti, però hai mai pensato alla possibilità che lei possa rifiutare il tuo invito?»
«beh se non verrà come mia ragazza credo potrebbe venire come mia amica, in fondo, non ci sarebbe nulla di male. Nel peggiore dei casi potrò dire di averci provato»
«beh si, questo è vero. Non mi resta che augurarti buona fortuna, spero che questa ragazza ricambi i tuoi sentimenti e poi mi auguro che me la farai conoscere un giorno di questi…»
«non temere un giorno te la farò conoscere senza alcun dubbio»
«guarda che ci conto!»
«non temere molto presto la conoscerai
 
 
Eichi era nella camera che per quella settimana avrebbe dovuto condividere con Mary. Aveva aperto sul suo letto quel blocchetto  con le  poche frasi che era riuscito a scrivere negli ultimi giorni. Girava e rigirava la sua Bic tra le dita nervosamente. Da quando aveva iniziato a legarsi a quella ragazza i suoi pensieri erano stati stranamente rivolti più verso di lei che verso Misako. Possibile che Mary fosse riuscita a di distrarlo dai suoi problemi? Ora che ci pensava Misako era stata una persona davvero molto speciale per lui e quel tradimento l’aveva ferito molto. Ma più di tutto lo aveva ferito scoprire che lei non era stata sincera con lui. Non era stata capace di condividere la sua sofferenza seppure si fossero ripromessi di non nascondersi mai nulla. Sapeva di avere una sua parte di colpa in tutta quella storia ed era forse per questo che si sentiva doppiamente ferito. Avrebbe dovuto esserle più vicino e invece trascinato dai suoi impegni lavorativi non era stato capace di essere presente come avrebbe dovuto, ma questo non giustificava il suo comportamento. Misako aveva sbagliato, su questo non c’erano dubbi.
No, non l’avrebbe potuta perdonare per avergli mentito: sulle droghe, sul suo lavoro e soprattutto su Hiro. Stranamente era la prima volta da giorni che ci rimuginava,  e inspiegabilmente il senso di frustrazione sembrava gradualmente aver ceduto il suo posto alla rassegnazione. Sentiva che quel dolore che provava si stava gradualmente allontanando dal suo cuore oppresso. Doveva aver accettato l’idea che Misako non gli sarebbe mai più appartenuta. Su di lei non avrebbe più potuto rivendicare alcun diritto, ne tanto meno avrebbe voluto farlo. Se era stata spinta a tradirlo così facilmente era stato perché probabilmente lui non era stato capace di amarla e proteggerla come avrebbe dovuto. Forse era giusto così. Ora doveva solo capire se sarebbe riuscito a sopportare la loro relazione. A lui spettava la decisione di preservare o meno il gruppo. A pensarci, dopo tutti i sacrifici fatti e dopo gli sforzi degli altri membri avrebbe davvero avuto il diritto di buttare tutto all’aria solo per  una delusione d’amore? Quello si, che sarebbe stato egoistico. Se ripensava ai sogni di JJ, a Daisuke e ai suoi sacrifici e  a Rio che era sempre stato lì pronto a sostenerlo e aiutarlo senza chiedergli mai nulla in cambio si sentiva davvero uno schifoso egoista ad aver anche solo pensato una cosa del genere.
Per loro avrebbe affrontato l’impossibile, anche se l’impossibile sarebbe stato accettare l’umiliazione di continuare a lavorare al fianco di Hiro come se nulla fosse. Per loro ma anche per dare una ragione a se stesso avrebbe lottato per mantenere il gruppo unito nonostante tutto. Era il leader, doveva fare di tutto per  mantenere stabile l’equilibrio del gruppo. Anche se questa volta sarebbe stato molto più difficile che in passato. Aveva preso la sua decisione. Avrebbe lottato. Ma perché allora non riusciva a scrivere neanche una parola su quel foglio. Non c’era nulla che lo ispirasse davvero. Anche volendolo con tutte le sue forze non trovava la ragione giusta per ricominciare Di solito le sue canzoni parlavano di amore, comprensione e amicizia ma questa volta si sentiva solo molto confuso. Se cercava di scavare dentro di se trovava solo tanto dolore. Avrebbe voluto trovare una ragione per essere felice, ma ancora non riusciva a vederla. Provò a pensare a sua madre, a JJ, a Rio e a tutte quelle persone che gli erano care ma in quel momento le sentiva solo molto distanti. All’improvviso un pensiero insolito venne a fargli visita riportandogli un barlume di speranza. Un sorriso illuminò il suo viso. Quel giorno in quel capanno degli attrezzi una melodia suonata per lui da mani inesperte lo aveva rincuorato come non accadeva da molto tempo. Si quella ragazza lo stava cambiando. Lui era sempre stato un ragazzo riservato, restio a legarsi facilmente alla gente, ma con lei era stato diverso sin dall’inizio. Sentiva di condividere con lei qualcosa di profondo. Era strano ma dal loro primo incontro aveva capito che quella ragazza aveva bisogno di lui. Forse era arrivato il momento di ammettere che anche lui aveva bisogno di lei. 
Quel sorriso, scomparve rapido dal suo volto. Il pensiero di quello che attendeva Mary, stranamente lo colpì come una freccia in pieno petto. Sentiva che avrebbe dovuto proteggerla in ogni caso, lei aveva bisogno del suo aiuto, il resto per il momento poteva aspettare. Era la prima volta che frapponeva tra se e la sua musica una terza persona. Era proprio così, quella ragazza lo stava cambiando con le sue insicurezze, le sue paure, i suoi incubi ma anche con la sua dolcezza e con quella ingenuità che la rendevano estremamente attraente.
Eichi doveva ammettere che stava diventando una persona molto importante per lui. Era pericoloso ma ormai doveva fare i conti con  quello che provava. In fondo le aveva fatto una promessa e quella promessa non poteva rimangiarsela proprio ora.
Si sfiorò il petto proprio come fece Mary quella mattina sul suo letto mentre gli chiedeva di essere sincero almeno su quello che si proponeva di essere per lei, un amico.  Ma adesso non era più tanto sicuro che quella fosse l’unica cosa che avrebbe voluto essere per lei. Doveva fare chiarezza.
Depose la penna. Decise che avrebbe fatto una passeggiata per chiarirsi i pensieri già abbastanza confusi che aveva sparsi nella sua mente e nel suo cuore.
Era nel viale antistante la villa, con le sue cuffie, che ascoltava alcune tracce strumentali dal suo mp3. Ad una certa distanza notò una macchina costosa ferma sul vialetto che conduceva alla villa. Si arrestò improvvisamente.
“Ma quelli sono…”
Si avvicinò incuriosito, mentre si staccava distratto gli auricolari. Dentro c’erano Mary e Marco.
“Ehi ma che ci fa Mary con quel tipo? Non aveva detto che si sarebbe vista con Angela?”
Eichi si appartò dietro un albero. Non sapeva neanche perché si fosse messo a spiarli in quel modo. Comportarsi così non era mai stato da lui. Ma in quella situazione voleva vederci chiaro. Forse le ultime delusioni gli avevano insegnato a essere più prudente e attento. Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte.
“sembra stiano parlando, ma cosa si stanno dicendo?”
Ad un tratto vide Marco avvicinarsi a Mary. Nel suo petto il cuore sembrò bloccarsi, la sensazione era molto simile a quella che si prova quando sott’acqua viene a mancare l'ossigeno e si cerca di risalire rapidi in superficie. Guardava in tormento quella scena nella speranza che quel vuoto al petto venisse colmato.
Fortunatamente si era trattato solo di un semplice e innocuo bacio sulla guancia. Eichi tirò su un sospiro di sollievo.
“Ma insomma perché mi agito in questo modo?”
Il cuore gli batteva così forte che fu costretto a trattenerlo facendo pressione con la sua mano.
“Ma che mi prende ora?”
Mary poco dopo uscì dalla macchina. Eichi decise che era il momento di fare qualcosa. Si mosse rapido nella sua direzione.
Mary fu sorpresa di vederlo sbucare fuori dal nulla in quel modo.
“Ma che ci fa Eichi qui? Cavolo e adesso come faccio a prendere la chitarra? Doveva essere una sorpresa”.
Mary si torturava indecisa sul da farsi. Marco dal canto suo vedendola indecisa, scese anche lui dalla macchina.
«Mary tutto bene?» le domandò notando Eichi muoversi verso di loro.
«Marco mi sei debitore di un favore oggi. Quindi adesso dovrò chiedertene uno io!»
«certo dimmi pure..»
«potresti custodire quella chitarra. Fai in modo che non si rovini, ci tengo davvero molto. Era un regalo, ma non ho avuto nemmeno il tempo di ripulirla e impacchettarla come si deve e adesso non posso neanche nasconderla a Eichi.» gli chiese sull’orlo della disperazione.
«come vuoi, non ci sono problemi.» le rispose non molto attirato all’idea.
«grazie Marco sei proprio un Amico con la “A” maiuscola. Non so che farei senza di te» e gli sorrise grata prima di rivolgere il suo sguardo a Eichi che era a pochi metri da loro.
“cosa avranno da complottare quei due? La cosa non mi piace per nulla” Eichi li aveva finalmente raggiunti.
«Ciao Eichi..» lo salutò Mary.
«Ciao, ma Angela dov’è? Non avevi detto che uscivi con lei?»
La ragazza sembrava cercare una risposta plausibile, ma inaspettatamente fu Marco a rispondere per lei.
«L’abbiamo appena accompagnata. Le ho incontrate che bighellonavano al centro commerciale e mi sono offerto per dare loro un passaggio.»
«si, esatto.» sottolineò Mary nella speranza di cancellare lo scetticismo dal volto di Eichi.
«capisco..» proseguì poco convinto.
«bene se non vi dispiace io tolgo il disturbo ho molte cose da fare» mentì Marco.
«Grazie ancora per il passaggio sei stato molto gentile»
«figurati. Ricorda che devi ancora darmi una risposta. Sono due giorni che l’aspetto ormai… »
«certo, hai ragione. Mi dispiace…» gli sorrise Mary accondiscendente.
“ma di che risposta sta parlando?” Eichi non sapeva spiegarselo ma il fatto che la situazione tra quei due si stesse  facendo troppo intima, lo metteva davvero a disagio. Forse aveva ragione Luigi, magari si piacevano sul serio. Avrebbe dovuto gioirne e invece, dentro si sentiva ribollire dalla rabbia. Era come se quella flebile luce che lo illuminava avesse incominciato a spegnersi impercettibilmente. Se davvero stavano così le cose, lui cosa avrebbe potuto fare per impedire che il suo cuore soffrisse in quel modo?
 Il pensiero che quell’unica corda che li teneva uniti si stesse per spezzare lo rattristò. Mary notò subito quell’espressione buia sul suo viso.
«Ehi Eichi tutto bene? Hai una faccia! Sembra che tu abbia visto un fantasma»
«non dire stupidaggini ero solo in pensiero per te»
“Ma cosa dico? Così potrebbe fraintendere. Forse in fondo è proprio quello che voglio.”
«ah… mi dispiace»
“Che dolce, era in pensiero per me. Forse un po’ gli piaccio. Su insomma Mary non farti false illusioni. Come potresti piacergli. Lui è così carino e tu invece non sei questa grande bellezza, poi probabilmente ha già la ragazza in Giappone.  Sicuramente sarà una tipa con un fisico perfetto con un sorriso dolcissimo e con un carattere meno debole e piagnucolone del tuo. Suvvia Mary chi vuoi prendere in giro? anche se non avesse la ragazza sicuramente non potresti mai piacergli. Cavolo però quanto fa male.”
 Improvvisamente le parole di Eichi irruppero nei suoi pensieri.
«Mary ti andrebbe di uscire una sera di queste?»
“Non posso crederci, le sto chiedendo un appuntamento! Bene Eichi ottima mossa. Sicuramente lei rifiuterà ridendoti in faccia. In fondo perché dovrebbe accettare? Ha già il suo Marco lì a disposizione.”
«certo, perché no!» gli rispose Mary. Eichi era rimasto interdetto per pochi secondi, poi notando l’espressione incuriosita di Mary si riprese rapidamente.
«ti... ti andrebbe di andare al cinema domani sera?» chiese imbarazzato. Non poteva crederci. Aveva accettato il suo invito lì su due piedi. Si sentiva proprio come un ragazzino alle prime armi. Era davvero imbarazzante.
«per me va bene, devo solo avvertire Angela e Marco. In questo modo organizziamo una bella serata tra amici. Sai, se uscissimo solo noi due sembrerebbe quasi un appuntamento non credi?»
“ah, povera me per un attimo ho creduto che mi stesse chiedendo di uscire, beh poco male almeno in questo modo potrò invitare anche Marco e prenderò due piccioni con una fava”.
Mary doveva ancora organizzare l’uscita  con Marco, e allora perché no? Avrebbe approfittato dell’occasione per accontentare entrambi nella speranza nascosta che tra i due i rapporti migliorassero.
“cosa? cavolo, ma quanto è tonta questa ragazza. Doveva scriverglielo a caratteri cubitali che quello che le stavo chiedendo era un appuntamento?”
«Si, certo. Meglio così.» completò deluso Eichi.
«bene, allora chiamo Angela immediatamente» esultò euforica Mary prima di allontanarsi rapida da lui verso Villa Rosa.
Eichi la guardava allontanarsi e immediatamente capì che la prossima volta sarebbe stato diverso. Non avrebbe permesso fraintendimenti, sarebbe stato diretto e le avrebbe fatto capire cosa provava. Ma prima doveva risolvere la questione tra Luigi e Francesco. Non voleva che i suoi sentimenti creassero problemi a nessuno.
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
JJ aveva appena finito la sua intervista in un programma televisivo, e come al solito raggiunse l’ingresso secondario dello studio che era letteralmente insediato dalle sue fan. Era ormai abituato a tutto quel trambusto. Però rimanere concentrato sul suo ruolo di artista al momento gli riusciva davvero molto difficile. Tutti i suoi pensieri erano rivolti ad altro.
La cosa più difficile era dover fingere sorrisi di compiacimento quando dentro soffriva. Aveva dimostrato più volte di avere un carattere schietto e sincero e dover ricorrere a sorrisi falsi non era una cosa che facesse molto spesso. In quel momento però doveva fingere che tutto andasse bene per Eichi e per le sue fan. Sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori, iniziò a firmare autografi, raccogliere lettere, pupazzi e scambiare commenti, quando improvvisamente fu attirato dall’immagine di quell’unica sagoma immobile nel mezzo di tutto quel trambusto. Era una figura  incappucciata che nascondeva ostinatamente il suo viso sotto il cappuccio della sua enorme felpa nera. Fu proprio quella sua immobilità a destare l’attenzione del più giovane del gruppo.
JJ le si avvicinò cauto, non sapeva spiegarselo ma era attirato da quell’insolita sagoma. Giuntogli di fronte cercò di scambiare qualche parola di cortesia, ciò nonostante la stessa rimase cocciutamente chiusa nei suoi silenzi e nella sua immobilità. JJ si piegò per poter spiare da sotto quell’enorme cappuccio nero che le copriva il volto.
Era sera e questo non lo aiutò molto. Poi improvvisamente fu esortato dalle sue guardie del corpo a proseguire. Proprio mentre stava per allontanarsi sentì qualcosa colpirlo dietro la nuca. Chinò il capo e notò un foglio accartocciato vicino i suoi piedi lo raccolse e cercò di capire chi glielo avesse lanciato. Voltandosi si rese conto che quella sagoma incappucciata era scomparsa. Intuì improvvisamente che potesse essere stata opera sua.
Finalmente era nella sua macchina con i vetri oscurati. Erano solo lui e il suo autista, adesso insomma poteva smetterla di fingere.
Incominciò a trafugare tra le lettere e pupazzi vari. Finalmente intravide quello che lo interessava. Prese quel foglio accartocciato e lentamente lo aprì, cercando di stirarlo con le mani, il meglio che poteva.  Sembrava una pagina di diario. Era data 23 luglio 2012. Era di due giorni prima.
 
 
 
 
 
Caro diario,
oggi un altro anno è passato da quel fatidico giorno. Mi dirai che sembro ripetitiva ma davvero vederlo felice e realizzato mi rende enormemente felice, seppure ogni passo in più che fa lo allontani da me. Non credo riuscirò a rivederlo, figuriamoci a parlarci, ormai lui fa parte di un mondo diverso dal mio. Però sento che il mio legame con lui non si è ancora completamente spezzato. Condividiamo un passato che nessuno potrà mai cancellare. So che potrei sembrare una testarda sognatrice dicendo questo ma, in cuor mio spero non si sia dimenticato di me, dell'orfanotrofio e dei momenti difficili che abbiamo dovuto affrontare.
Sai mi sarebbe bastato potergli dire grazie, ma il destino non credo me ne abbia voluto dare la possibilità. Ricordo che  quando eravamo all’orfanotrofio ci dicevamo sempre che, seppure il mondo non ci avesse mai accettato ci sarebbe bastato stare insieme per realizzare che in fondo non eravamo soli e abbandonati come credevamo.  Eravamo noi due contro il mondo intero. Io avrei avuto sempre il supporto del mio fratellone e lui il caloroso affetto della sua sorellina. Che sciocca! Mi ripetevo che un giorno ci saremmo addirittura sposati. Quanto si è ingenui da piccoli.  Era l’unico a farmi sorridere quando ero triste e a darmi speranza ogni volta che la perdevo.  Mi piacerebbe incontrarlo ancora una volta prima di questa dura prova che mi attende. E' l'unica persona che abbia mai capito realmente le mie emozioni e l'unica che sia capace di darmi il giusto sostegno. Uno dei miei più grandi rimpianti è non essere riuscita a salutarlo quel giorno. Fui trascinata via da una famiglia che non conoscevo. Ai miei occhi erano solo degli estranei che volevano portarmi via senza alcun motivo. Perché per me era lui la mia vera famiglia, o meglio lo era stato sino a quel momento. Il giorno prima lo ricordo ancora oggi come se non fosse passata nemmeno un ora da quel momento. JJ era con me in giardino e cantava quelle canzoni in rima che tanto mi piacevano. Potevo rimanere ore ed ore ad ascoltarlo senza mai stancarmi. Fu addirittura ripreso dalla direttrice. Era davvero temerario a sfidare il suo potere dittatoriale. Il giorno seguente fui adottata e non ebbi la possibilità di salutarlo. Ricordo che tentai la fuga pur di rivederlo ma tornata all'orfanotrofio scoprì tristemente che non c'era più. Ci ritornai spesso nella speranza di rincontrarlo, anche se inutilmente. Era andato via e probabilmente non lo avrei più rivisto. deve aver pensato che in quel posto non c’era più nessuno per cui ritornare e così deve averci rinunciato.  Ho paura che lui pensi che io lo abbia abbandonato. Non è così. Non ho mai smesso di pensare a lui.  Mi manca il suo modo dolce di confortarmi.   
Tutte le volte che veniva adottato, e stava per andar via, mi ripeteva che presto sarebbe tornato da me. Io piangevo come una sciocca ma lui con quelle poche parole e con una semplice carezza riusciva a farmi sorridere come nessun’altro. La cosa meravigliosa era che ogni  volta manteneva la sua promessa e tornava da me. Non mi ha mai lasciata sola.
Probabilmente non potrò più godere delle sue carezze,  malgrado ciò mi consolo vegliando su di lui a distanza. Finché ne ho avuta la possibilità sono andata ai suoi concerti e seguito ogni sua performance televisiva. ma ora questa sciocca situazione mi sta bloccando. Vorrei tanto riabbracciarlo, mi manca incredibilmente. È l'unica persona che vorrei rivedere prima che tutto finisca. Mi piacerebbe che lui sapesse che non l'ho dimenticato e che dopo tanti anni sono ancora la sua fan numero uno.
Ci sono certi momenti impressi saldamente nella mia mente, come quel giorno in cui decidemmo il nome d’arte:  “JJ”. Mi disse che con quel nome sarei stata capace di ritrovarlo ovunque, anche in capo al mondo. Gridandolo si sarebbe catapultato da me. Non sai quante volte l’ho chiamato con quel nome ma lui era ormai troppo lontano per potermi sentire, soprattutto in mezzo a tutte quelle ragazze che lo accerchiavano.
Quelle due lettere straniere ricordano a tutti la sua immagine di artista e musicista affermato ma per me invece resteranno sempre legate al ricordo di quel ragazzino che mi ha dato la forza e la speranza quando credevo fossero perdute. Non smetterò mai di ringraziarlo, perché realizzando il suo sogno è come se avesse realizzato anche il mio.  
 
Sai Yuki,  vederti felice è la cosa più bella del mondo. 
 Non ti dimenticherò mai.   Ebbene si, ti sosterrò sempre fratellone, qualsiasi cosa succeda.
                                                                                                              Tua per sempre...
 
 
 
 
«Akiko».
 
JJ completò quella lettura silenziosa pronunciando ad alta voce quel nome senza rendersene conto. Era lei quella sagoma incappucciata. Non poteva credere che quella pagina di diario l'avesse scritta proprio la sua Akiko con le sue mani fragili e insicure. Silenziosamente una lacrima scese morbida sul suo viso accarezzandolo solitaria. Era l'unica persona che in quel periodo d'internamento gli fosse davvero stata  vicina. Era più piccola di lui di tre anni, e a causa della sua  salute cagionevole spesso non veniva neanche presa in considerazione per le adozioni.
JJ ebbe da subito un istinto protettivo nei suoi confronti e divennero immediatamente molto vicini. 
Ma perché prima, in mezzo a tutta quella gente, non gli aveva rivolto nemmeno una parola?
Sul retro, poco più sotto una scritta a dir poco illeggibile, era riportato un numero di telefono. Quasi certamente era stato inserito solo all'ultimo momento.
 
Se vuoi rivedere Akiko contattami il prima possibile.
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“Ma cosa significa? Allora non era Akiko la sagoma incappucciata di poco fa? Cosa faccio? Quelle frasi allusive mi preoccupano. Devo parlarne con qualcuno il prima possibile. Si, ma con chi? Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima?! Daisuke dovrebbe essere alle prove per il suo video, domani. Potrei andare a trovarlo e chiedergli consiglio. E' l'unico di cui mi possa fidare in questo momento.”
JJ ripiegò in quattro parti quella pagina di diario e la ripose in una tasca dei suoi pantaloni.
Era arrivato a casa .
 
 
 
 
 
ITALIA
 
 
Marco era seduto davanti al suo PC di ultima generazione. In un angolo della sua stanza, come fosse una reliquia incombeva minacciosa quella chitarra. Avrebbe voluto farle fare un volo dalla finestra, ma ovviamente, se non nelle sue fantasie, quella possibilità era da escludere.
Doveva indagare su quel ragazzo e scoprire i suoi punti deboli. Fino a quel momento le uniche informazioni che aveva erano il suo nome e il fatto che fosse Giapponese. Forse sua sorella più piccola poteva darle qualche informazione in più sul Giappone. Avrebbe incominciato indagando sulla loro cultura. Uscì dalla sua stanza e bussò alla sua porta. Era una fortuna che sua sorella Mina fosse fissata con il Giappone e la cultura orientale in generale. Nessuno venne ad aprire quella porta. Riprovò una seconda volta, ma il risultato non cambiò. Marco decise che sarebbe entrato in camera sua comunque, magari avrebbe trovato qualche libro sull'argomento. Cercare dal web lo irritava, preferiva il cartaceo e in casa sua quello non mancava. Entrò con cautela e incominciò a rovistare tra le varie mensole. Sua sorella era davvero disordinata. Sulla scrivania erano sparsi DVD, riviste e CD musicali di esportazione. Ovviamente tutti comprati da internet e provenienti dal Giappone o dalla Corea.  Mentre era lì che rovistava distratto qualcosa colpì la sua attenzione. Tra i vari poster appesi alle pareti ce n’era uno davvero molto interessante. Si avvicinò con attenzione. In alto un'enorme scritta riportava il nome di quello che doveva essere un gruppo musicale: BB5.  Quello che lo lasciò completamente senza parole era l'immagine del ragazzo al centro. Era identico ad Eichi.
No, non è possibile. Sicuramente mi sto solo  facendo suggestionare dalla mia voglia di sapere. Poi questi orientali si assomigliano tutti”.
 Scosse la testa per cercare di rimuovere dalla sua mente quella possibilità troppo illogica. Si diresse nuovamente alla scrivania della sorella. Trovò tra gli altri un cd del gruppo in questione. Anche nell'immagine di copertina il ragazzo sembrava proprio Eichi.
«Ehi, che ci fai nella mia stanza? E poi perché frughi tra le mie cose? non dirmi che ti è nata la passione per la cultura orientale!?» chiese dubbiosa e divertita sua sorella.
«In realtà un po' mi interessa. Soprattutto la musica. Sai dirmi qualcosa di questo gruppo musicale?»
e le mostrò il cd che aveva stretto tra le mani. Mina era felice che il fratello, finalmente, si fosse interessato a quell'argomento. Era la sua passione e poterla finalmente condividere con qualcuno della famiglia la rese immensamente felice. Gli occhi le si illuminarono e senza risparmiarsi nulla diede sfoggio di tutte le sue conoscenze.
«qualcosa? Se vuoi posso dirti codice fiscale data di nascita e gruppo sanguigno di ogni membro del gruppo.»
«ma davvero saresti così informata?» chiese sarcastico.
«certamente! E’ uno dei miei gruppi preferiti» ammise orgogliosa.
«certe volte mi fai paura..»
«ah si? Ti farei paura? Se è così, allora non ti racconto più nulla» e incrociando le braccia rivolse il suo sguardo offeso altrove.
«dai sorellina guarda che stavo scherzando, su raccontami tutto» cercò di recuperare Marco.
«e va bene ma sappi che lo faccio solo perché adoro parlare di loro non di certo perché un tipo antipatico come te me lo sta chiedendo» e gli mostrò una linguaccia dispettosa prima di sedersi sul suo letto e iniziare con il suo discorso. Marco era accanto a lei mentre attendeva impaziente che la sorella lo illuminasse su tutte queste inspiegabili congruenze fisiche tra Eichi e quel cantante giapponese.
«Bene, loro sono i Bad Boy meglio noti come BB5 è un gruppo musicale giapponese si sono formati circa 5-6 anni fa. In realtà all'inizio dovevano essere in quattro poi dopo si è aggiunto Hiro che è il ragazzo con i capelli lunghi che vedi in quel poster. Gli altri sono Rio il ragazzo semi rasato che a parer mio è troppo figo, poi c'è JJ che è il più piccolo e coccoloso, è troppo bellino, poi c'è Daisuke il ragazzo con la cresta e per finire abbiamo il leader Eichi.»
«come lo hai chiamato?» Marco fu doppiamente sorpreso dal fatto che anche il nome combaciasse alla perfezione.
«ho detto che si chiama Eichi, cos’è? non ci senti?»
«...e il cognome qual è?»
«perché ti interessa il suo cognome?» chiese sospettosa sua sorella. Tutto quell'interessamento era davvero esagerato.
«per curiosità!» mentì Marco.
«Kitamura»
“Non è possibile allora è davvero lui! Non posso crederci.”
«cos'altro sai di lui?» chiese molto più interessato.
«beh, so che ha 22 anni e che è uno strafigo assoluto» disse con occhi sognanti.
«si, vabbè a parte le tue considerazioni sul suo aspetto cos'altro sai di lui? Ha una ragazza?»
«in realtà proprio due mesi fa è uscita una sua foto con una nota attrice giapponese Misako Sasaki, ma in realtà la stessa attrice ha smentito la loro storia. Poveretto per colpa di quella foto è stato anche accusato di aver assunto droga. Io però non ho mai creduto a quelle calunnie.»
«questo è molto interessante... che altro sai dirmi su di lui?»
«Si dice che abbia origini italiane ecco perché lo adoro. E’ un unicum. È per metà Italiano NON è FANTASTICO?»
«si certo fantastico..»
«se vuoi ti posso prestare quel cd così ti puoi ascoltare un po' della loro splendida musica. Sai sono davvero fantastici. Inoltre è proprio Eichi a scrivere la maggior parte delle canzoni per il gruppo»
«ma adesso dov'è?»
«Ma che domanda fai? È ovvio che si trovi in Giappone dove credi possa essere? in Italia?» ammise sarcastica.
“Se solo sapessi che in realtà è proprio qui avresti ben poco da prendetemi in giro sorellina”
«ah.. giusto. Che scocco!»
«comunque in una conferenza stampa è stato detto che per il momento ognuno dei componenti uscirà con un singolo. Francamente non riesco a capirne il motivo, stavano andando così tanto bene come gruppo. Poi a breve sarebbe dovuto iniziare il loro tour e invece è stato rimandato.»
“Credo di poterne intuire io il motivo: senza un componente come potrebbero esibirsi dal vivo?”
«perché sorridi compiaciuto?»
«nulla. Piuttosto hai qualche foto di quell'articolo di cui parlavi?»
«quale? Quello del bacio?»
«si, esatto proprio quello»
«si, certo dovrei averlo stampato qui da qualche parte, ma a cosa ti serve?»
«c'è una mia amica che è interessata a questo gruppo e credo possa fargli piacere scoprire qualcosa in più su i suoi componenti...»
«beh, se il motivo è questo sarò felicissima di dartelo ma vedi che è scritto tutto in giapponese quindi dovrai spiegargli tu tutta la storia. Non dimenticarti di dirle che la cosa è stata smontata in diretta televisiva da Misako altrimenti la farai solo disperare. Io personalmente ci sono rimasta malissimo, era troppo bello per fidanzarsi con lei. Che ingiustizia per la sua figaggine ..,»
«Certo le spiegherò tutto non temere...» le assicurò Marco, prima di prendere l'articolo da sua sorella. Uscì dalla stanza e poco dopo ricevette un messaggio.
 
Da: Maria Elia <3
Marco sono Mary. Come sta la mia chitarra? La stai trattando bene? Comunque ricordi quell'uscita che mi avevi chiesto? ti andrebbe di vederci domani pomeriggio?  Rispondi la tua rompiscatole preferita. Maria.
 
“Ancora con questa chitarra! Comunque presto ti dimenticherai di lui e chissà magari questa chitarra sarai proprio tu a volerla distruggere un giorno. Ahimè, la mia piccola Maria, dovrai soffrire ancora parecchio prima di capire che il ragazzo giusto per lei sono io. Mi dispiace ma sei troppo ingenua tocca a me farti conoscere la verità, perché altrimenti potresti non scoprire mai come sono realmente quelle persone che reputi amici. A qualcuno tocca pure il lavoro sporco. Per te sarò io a sporcarmi le mani. ”
 
Marco non ebbe problemi a risponderle. Non aspettava altro che un'occasione per stare da soli con lei e poterla mettere al corrente di quello che aveva scoperto su Eichi.
 
Da: Marco
Come potrei rifiutare un incontro con la mia amica preferita. A che ora ci vediamo?
 
Da: Maria <3
Per le sette sotto l'orologio della stazione per te andrebbe bene?
 
Da: Marco
Si certo, ma cosa vorresti fare?
 
Da : Maria <3
Beh a dire il vero stavo pensando al cinema. Tu che ne dici?
 
Da: Marco
Va bene, non ci sono problemi. Ora va a dormire, domani ci mettiamo d’accordo. Fai sogni d'oro Principessa.
 
Da. Maria <3
Grazie dolci sogni anche a te.:-*
 
 
“Bene vediamo se c'è qualche bel film.”
Marco tornò al suo PC. Era molto eccitato dal fatto che Mary avesse accettato di uscire con lui. Finalmente sentiva che la fortuna stava giocando a suo favore. Tra i vari film uno attirò particolarmente la sua attenzione. Riprese l'articolo con l'immagine del bacio tra Eichi e quell'attrice ignota. Si la locandina di quel film sul suo schermo era davvero molto interessante. Finalmente aveva deciso quale film avrebbe proposto domani a Mary.  Spense il computer e tornò a letto. Quella chitarra, ormai, non gli dava più alcun fastidio. Anzi incominciava a credere che gli stesse portando addirittura fortuna. Spense le luci e dopo essersi messo il pigiama si buttò sotto le coperte. Finalmente domani avrebbe avuto quello che voleva.
 
 
 
 
GIAPPONE
 
Andrea aspettava la mail di sua sorella da solo un giorno, ma gli sembrava già un eternità. Per il momento non aveva molto da fare, e per questo motivo, l'attesa si faceva ancora più pesante.
Tamburellava nervosamente le sue dita sul tavolo della cucina. Sopraggiunse, dopo poco anche il signor Marini. Lo stesso appena fatto il suo ingresso notò lo sguardo pensieroso di Andrea.
«Ehi, ragazzo tutto bene?» chiese mentre prendeva posto al tavolo.
«Si, si, certo. È solo che dopo una settimana frenetica come la precedente rimanere qui senza far nulla mi ha destabilizzato un po'.» ammise, seppure le sue preoccupazioni in realtà fossero altre.
«senti, ti andrebbe di venire con me oggi? Dovrei incontrarmi con JJ per discutere di un paio di cose riguardo il suo nuovo singolo in uscita»
Ad Andrea quella possibilità non sembrò proprio da scartare. Perlomeno lo avrebbe distratto dalle sue preoccupazioni.
«Beh, se non è di disturbo…»
«ma quale disturbo? Anzi ti conviene fare un po' di esperienza prima che arrivi il momento in cui dovrai sostituirmi»
«sostituirla? E perché dovrei mai sostituirmi a lei?»
Il signor Marini sembrò riprendersi appena in tempo
«Beh intendevo ovviamente nell'eventualità che io dovessi venir meno per qualche ragione. Magari a causa di un raffreddore o roba di questo genere. In quel caso avrei bisogno di qualcuno che possa sostituirmi...».
Andrea era poco convinto dalle sue parole ma nonostante questo decise che non gli avrebbe dato troppo peso.
«Beh, che ne dici di iniziare la nostra colazione? Ci attende una lunga giornata.» lo incoraggiò il più anziano portandosi avidamente alle labbra un enorme tazza di caffè latte. Certe abitudini italiane non erano ancora state abbandonate in quella casa.
Andrea acconsenti con convinzione e anche lui consumò il primo pasto di quella giornata con avidità
Mentre beveva il suo cappuccino non poteva fare a meno di pensare che il signor Marini gli ricordava molto suo padre. Anche se distante era molto bravo a intuire  se qualcosa non andava e a intervenire dicendo la cosa giusta al momento giusto senza risultare mai troppo invadente. Una di quelle doti che un bravo manager dovrebbe avere. Si ritrovò a invidiarlo un po'. Avrebbe davvero voluto avere anche lui la capacità di dire la cosa giusta al momento giusto, invece il più delle volte si ritrovava a parlare a sproposito facendo o dicendo cose che potevano sembrare anche abbastanza insolite. Andrea era lì che osservava la schiuma del suo cappuccino. In quel momento il ricordo di  quello scambio di gesti a casa di Daisuke tornò a fargli visita. Il mattino dopo aveva avuto paura di sfiorarlo per la prima volta da quando si erano conosciuti. Ma paura di cosa? Forse era lui il vero problema e non Daisuke. Per il momento ci avrebbe riflettuto molto attentamente nella speranza di vederci chiaro una volta per tutte. Non poteva essere amore…
 
 
 
ITALIA
 
 
Mary era sotto l'orologio, della stazione centrale, come concordato. Angela e Eichi si era allontanati un attimo perché la sua amica piccina e tutto pepe doveva comprare una ricarica. Mary aveva deciso che sarebbe rimasta lei ad attendere l'arrivo di Marco. Fortunatamente il suo amico era sempre molto puntuale, e infatti non tardò nemmeno di un minuto. La raggiunse a piedi. Aveva già trovato posto probabilmente. Inoltre il cinema non era molto distante dal loro punto di incontro e si poteva raggiungere facilmente anche a piedi. Mary gli andò in contro felicissima.
«Ehi sei arrivato puntualissimo come al solito»
«non mi sognerei mai di far attendere una signora, lo sai...» disse prima di avvicinarsi a Mary e salutarla con il solito bacio sulle guance. Questa volta però stranamente Marco sembrò metterci molto più tempo del solito nello staccare le sue labbra dal viso di Mary. La stessa sembrò aver notato il cambiamento e lo guardò circospetta. Quel modo di fare non era da lui.
«Bene che ne dici di andare tra poco meno di mezz'ora dovrebbe iniziare il film».
 
 
 
 
Eichi si era allontanato un attimo con Angela. Era stata più che altro quella tappetta a trascinarlo. Avevano finalmente finito di fare la ricarica telefonica, presso un tabacchino lì vicino e adesso finalmente facevano ritorno da Mary. Ad una certa distanza Eichi vide Mary andare in contro a Marco e il suo cuore sobbalzò per la seconda volta. Così quasi per riflesso decise di distogliere il suo sguardo da quella scena,  Angela notò quel suo gesto risoluto.
«Ehi occhi a mandorla tutto bene?» chiese fermandosi e costringendo anche Eichi ad arrestarsi al suo fianco. Ormai “occhi a mandorla” era diventato il soprannome preferito di Angela per Eichi.
«si certo, va tutto bene. Perché non dovrebbe andare bene?» la rassicurò in maniera poco convincente. Mary e Marco si stavano salutando calorosamente. Il darsi baci sulle guance era un'usanza tutta italiana che Eichi non riusciva ancora a condividere.
Angela seguì il suo sguardo e finalmente afferrò il problema.
«non dirmi che adesso sei geloso di lei?» chiese guardandolo con un mezzo sorriso, compiaciuto.
«ma cosa stai dicendo..» mentì in imbarazzo.
«sto solo dicendo che a dispetto delle tue parole i tuoi occhi dicono tutt’altro»
«Beh, si!! Lo ammetto! Mary mi piace. Dopo questo riderai ancora di me?» Eichi non poteva credere di averlo detto ad alta voce. Tutta quella situazione lo stava dilaniando e finalmente era scoppiato.
«Perché dovrei farlo? Anzi in realtà facevo il tifo per te sin dall'inizio. Devo ammettere che dopo quella storia della lingua avevo avuto delle riserve nei tuoi confronti. Però da quando sei arrivato tu Mary è cambiata davvero molto. Ha il coraggio di uscire, sembra più spensierata e poi un mese fa se le avessi proposto di partecipare ad una mostra mi avrebbe risposto con un NO categorico, invece questa volta è addirittura uscita per acquistare del materiale. Tutto questo è davvero portentoso. Sei riuscito dove io ho sempre fallito. Credo tu gli piaccia davvero molto Eichi. Ogni volta che siamo al telefono e lei parla di te la sento sorridere... ed è una cosa che non succedeva da molto, molto tempo...»
«parlate di me al telefono?» chiese Eichi curioso e sorpreso. Finalmente tutta la rabbia e la frustrazione stavano stemperando. Non credeva di essere così importante per Mary.
«beh, forse non avrei dovuto dirtelo, comunque Mary parla spesso di te al telefono...»
«Tu credi davvero che io possa avere una possibilità? »
Ma cosa dico è logico che con lei non ci sono possibilità. Per il momento devo riuscire a sistemare le cose anche per Luigi e forse solo dopo potrò dichiararmi a lei. Non facendolo rischierei solo di farla soffrire. Eichi è ora di smettere di sognare.”
 
 
«Secondo me ce l'hai, ma da amica di Mary devo chiederti di non dichiararti.»
«cosa?»
«Ti sembrerà un paradosso visto che ti ho appena detto che tifo per te, però devo ammettere che con te la felicità e l'amore sarà solo un qualcosa di passeggero. Eichi non voglio che la mia amica viva un secondo abbandono. Prima o poi tu dovrai tornare in Giappone e lei rimarrà ancora una volta sola. Non voglio che soffra più di quanto strettamente dovuto.»
«capisco» ammise Eichi. Non aveva proprio pensato al fatto che a breve sarebbe dovuto ritornare in Giappone. Avrebbe potuto fingere di non provare nulla?
«Angela, ti garantisco che se questi miei sentimenti dovessero in una qualche maniera ferirla io non mi dichiarerò, ma se, in caso contrario, dovessi riuscire a trovare la maniera per non farla soffrire allora non potrò continuare a far finta che i miei sentimenti non esistano.»
 
«Credimi, spero davvero che tu riesca a trovare al più presto una soluzione. Marco mi sembra molto propenso a volerla conquistare secondo me. E se c'è una sola persona che potrebbe avere la fiducia di Mary dopo quello che è successo è proprio Marco. Quindi fa attenzione. Per il resto sappi che io tifo per la coppia Eichi Mary. Anche perché devo confessarti una cosa.... »
«cosa?» chiese insospettito Eichi. Angela gli si avvicinò ad un orecchio  in modo che nessuno potesse sentirla, una precauzione inutile visto che Mary e Marco era ancora ad una discreta distanza.
«Credo di essermi innamorata di Marco...»
«davvero?» disse Eichi sorpreso.
«ti sembra così strano che una tipa come me possa innamorarsi?»
«ovviamente non era questo quello che intendevo. È per Marco. Non mi sembra proprio il tuo tipo, tutto qui.»
«sai Eichi Marco può sembrare una persona sicura di se e alle volte un po' immatura ma secondo me è solo molto solo. In questo siamo molto simili. Sai i suoi genitori si sono separati proprio come i miei, ed entrambi siamo cresciuti senza una reale presenza materna. Forse tutti e due cerchiamo di dissimulare questa mancanza ostentando una maschera di sicurezza che in realtà non ci appartiene... non so se puoi capirmi. Una volta abbiamo parlato, aspettando Mary e lui si è confidato con me, non so se sia stato perché sentiva che poteva condividere quel dolore con qualcuno che l'avrebbe capito, fatto sta che in quel momento ha messo a nudo se stesso. Ho visto il suo vero io, e credo di essermene innamorata.»
“Povera Angela, se solo sapessi cosa ha in mente il padre di Marco ti si spezzerebbe il cuore. Chissà se anche tu riusciresti a fingere di non provare nulla a quel punto. Devo trovare il modo di risolvere tutte questa situazione...prima che anche Angela lo scopra.”
«bene, allora abbiamo una missione, tu quella di dichiararti a Marco e io quella di trovare il modo di non far soffrire Mary. Magari unendo le forze potremmo anche riuscire a fare in modo che tutto si risolva al meglio per entrambi che ne dici? Ci stai?» le propose Eichi porgendole la mano. Angela la strinse con sicurezza.
«diamoci dentro» Eichi le sorrise e insieme iniziarono a incamminarsi verso quella coppia che a una certa distanza li attendava impaziente.
Inaspettatamente il ragazzo dai lineamenti orientali riprese la parola proprio a pochi passi da Mary e Marco.
«Comunque volevo ringraziarti  Angela..»
«non ringraziarmi prima conquista la mia amica e salvala dopo potrai ringraziarmi...» Eichi le sorrise e finalmente aveva capito cosa avrebbe fatto.
 
 
Marco era lì che faceva mente locale della situazione, forse non era poi tanto male.
«quindi ci sono anche Eichi e Angela?»
«si scusa se non te l'ho detto prima ma avevo paura che non saresti venuto a causa di Eichi. Sai ho notato che tra voi non scorre buon sangue. Mi farebbe tanto piacere se riusciste a diventare amici»
«Mary io non ho alcun problema con lui, e se la cosa ti fa piacere cercherò di migliorare i rapporti. Se non ti dispiace mi allontano un attimo per fare una chiamata e prenotare altri due posti anche per loro»
«si grazie e scusa.» proferì Mary dispiaciuta ma soddisfatta del risultato raggiunto. In fondo una bugia a fin di bene non può fare tanto male.
Marco aveva appena riattaccato e adesso era accanto a Mary che attendeva l'arrivo dei due ritardatari.
«Mary, dopo vorrei parlarti di una cosa, se non ti dispiace» si rivolse l’alto e slanciato ragazzo con le lentiggini.
«certo che possiamo parlare, spero solo non sia nulla di preoccupante..» gli assicurò  premurosa.
«non saprei, questo dipenderà da te...» le rispose più serio Marco.
“cosa vorrà dirmi Marco? Il suo sguardo è davvero troppo serio, l'ultima volta che aveva quella espressione era stato il giorno in cui mi disse della separazione dei suoi genitori. Spero davvero non sia nulla di così grave questa volta.”
«ciao Marco da quanto non ci si vede» irruppe Angela interrompendo lo scambio di sguardi e parole tra i due.
«ciao Angela ti trovo in ottima forma come sempre» si complimentò Marco porgendosi verso di lei per un rapido saluto.
«modestamente la palestra è la mia seconda casa...» ammise la ragazza soddisfatta.
«ciao...» subentrò freddamente Eichi rivolto a Marco. Lo stesso gli rivolse un sorriso eccessivamente compiaciuto.
“a cosa devo questo cambiamento” pensava Eichi, mentre lo guardava circospetto.
«è bello rivederti Eichi come va? tutto bene? Questa ragazzina ti sta facendo uscire fuori di senno non è vero? Deve essere un vero stress dividere la casa con lei..» disse rivolgendo un sorriso complice verso Mary.
«ehi tu non esagerare» ribatté Mary divertita. Era felice che Marco stesse cercando di stabilire dei rapporti con Eichi.
«si diciamo che il suo carattere lunatico non aiuta per niente» li interruppe Eichi. Non sopportava che qualcun altro a parte lui riuscisse a far sorridere Mary in quel modo.
Mary si sentiva questa volta l'oggetto di ilarità della situazione. La cosa non le dispiaceva. Se poteva servire a farli diventare amici poteva anche sopportarlo.
«ehi voi due, capisco che possa essere un buon modo per socializzare ma adesso finitela di sparlare di me...» li supplicò divertita.
«e va bene, comunque se non ci muoviamo adesso perderemo il film» notò Marco, buttando un occhio al suo Rolex.
«scusa, ma hai già prenotato i biglietti?» chiese Angela evidentemente delusa. C'era un bellissimo film horror che avrebbe voluto vedere.
«si, pensavo sarebbe stato un ottimo modo per prendere i posti migliori, e poi a quest'ora avremmo trovato solo posti in prima fila...»
«va bene poco male, di che film si tratta?» chiese la ragazzina tutta pepe.
«è un film sentimentale. Le recensioni erano ottime. Inoltre compaiono alcuni attori asiatici e pensavo che questo potesse far piacere a Eichi»
«ah, davvero? Che bel pensiero che hai avuto» si compiacque Mary.
«macché ho solo pensato che potesse essere carino»
“Ma che carino e carino, tutt’al più è super scontato... uomo asiatico film asiatici che fantasia. Questo tipo è proprio un genio. Ma come fa ad aver conquistato la fiducia di Mary... io fossi stato in lei lo avrei snobbato di sicuro” pensava Eichi.
«bene se siamo tutti pronti io direi che potremmo iniziare ad avviarci verso il cinema» suggerì Marco, sollecitando il gruppo già in evidente ritardo. I quattro ragazzi si avviarono verso il cinema. La loro serata stava per incominciare.
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Andrea come al solito, si era camuffato alla meglio in modo che la sua chioma bionda non potesse dare troppo nell'occhio. Un berretto eccentrico nello stile di JJ gli permetteva di nascondere  ogni traccia del suo precedente travestimento. Una maglia larga e un paio di jeans completavano il suo look.
Era in macchina con il signor Marini. Erano finalmente arrivati al luogo d'incontro con JJ. Quel posto non si rivelò per niente nuovo agli occhi dell'ignaro ragazzo. Andrea in cuor suo sperava di essersi sbagliato.
«non capisco come mai JJ mi abbia chiesto di vederci allo studio per le riprese del nuovo MV di Daisuke. Forse è venuto qui per incontrarlo.» domandò sovrappensiero il signor Marini.
“no, ma non è possibile! Come faccio ora? E pensare che io volevo mantenere le distanze. Ma perché più mi allontano e più mi sembra di ritrovarmelo davanti. È una condanna”
Pensava Andrea mentre il signor Marini parcheggiava.
Andrea era deciso a fare in modo di non incontrarlo. Magari impegnandosi sarebbe riuscito a superare anche questa situazione. Purtroppo non aveva ancora capito come comportarsi con lui e sicuramente se se lo fosse ritrovato di fronte avrebbe recitato la parte dell’idiota patentato.  Doveva assolutamente trovare una soluzione , in nessun caso sarebbe dovuto rimanere solo con lui. Non voleva ripetere l’esperienza dell’ultima volta. Sicuramente sottopressione sarebbe finito con il dire o fare qualche errore stupido. No, non poteva permettere che accadesse una seconda volta. Questo mai.
 
Daisuke era nella sala prove allestita all'interno dello studio per le riprese del suo nuovo video musicale, era in compagnia del corpo di ballo al completo, c'era anche Mizy. Aveva appena concluso le prove delle prime due coreografie. La stanza non era eccessivamente larga e forse anche per quel motivo non vedeva l'ora di finire per uscire e andare a riprendere un po' d'aria. All'inizio della seconda coreografia era rimasto sorpreso nel vedere JJ fare il suo ingresso all'interno della stanza. Il più giovane dei membri dei BB5 senza dire neanche una parola aveva preso posto vicino una delle grandi casse dell'impianto audio. Era stato molto discreto, forse per non interrompere le prove. Nonostante questa sua premura, molte ballerine avevano incominciato a chiacchierare lanciandogli occhiate suadenti. Riscuoteva davvero molto successo tra le ragazze.  Daisuke aveva pensato subito che fosse venuto lì per potergli parlare. Questo era il secondo motivo per il quale non vedeva l'ora di finire le prove. Se JJ aveva bisogno di parlare doveva essere per qualcosa di davvero molto importante. Il regista notando la scarsa attenzione del gruppo di ballo aveva deciso  di concedere una pausa. Daisuke raggiunse immediatamente JJ che fu quasi subito accerchiato dalle ballerine lì presenti che gli chiedevano autografi. Lui si limitò a sorridergli accontentando qualcuna, rilasciando qualche rapido autografo e facendo qualche rapida fotografia, cercando di congedarsi nel modo più gentile per raggiungere Daisuke.
Finalmente era riuscito a liberarsi da quella morsa soffocante.
«Daisuke ho bisogno di parlarti, ti dispiace se usciamo un attimo?» gli chiese una volta andatogli incontro.
«certo, seguimi » lo esortò Daisuke guidandolo nella zona ristoro della struttura.
Erano seduti ad uno di quei tavolini da bar di allumino allestiti momentaneamente per le riprese. JJ sembrava essere molto nervoso. Daisuke lo aveva capito immediatamente. I suoi pensieri, a quel punto, furono immediatamente scossi da un presentimento.
«JJ è successo qualcosa? Centra Eichi?» iniziava a preoccuparsi.
«No, questa volta non centra Eichi.» lo rassicurò JJ sollevando finalmente lo sguardo e iniziando a guardare Daisuke negli occhi.
«Mi hai fatto quasi preoccupare. Di che si tratta allora?» gli domandò più sollevato.
JJ prima di continuare si guardò intorno circospetto. Gli unici a conoscenza del suo passato erano il loro manager, il direttore e gli altri del gruppo. La paura che quanto stava per rivelargli potesse saltare fuori lo terrorizzava. Dopo aver controllato che in giro non ci fossero persone sospette si apprestò a continuare.
«Riguarda il mio passato all'orfanotrofio..» ammise incominciando a torturasi le mani.
Daisuke aveva nuovamente assunto l'espressione preoccupata che pochi secondi fa aveva abbandonato.
«cosa vuoi dire? Qualcuno a scoperto del tuo passato?» chiese incrociando le braccia sul tavolo sporgendosi il più possibile verso JJ che sedeva sul lato opposto. Il suo tono di voce era basso. Era evidente che cercasse anche lui di essere il più discreto possibile. Bisognava essere cauti.
«non esattamente...» ammise JJ mentre tirava fuori dalla tasca dei pantaloni un foglio di carta leggermente stropicciato.
Lo porse con delicatezza a Daisuke, che lo prese senza troppi tentennamenti. Lo aprì e iniziò a leggerne il contenuto. Dopo circa cinque minuti. Ripiegò il biglietto e lo ripassò a JJ che lo ripose nuovamente nella tasca dei pantaloni.
«cosa ne pensi? Nella parte retrostante c'era quella scritta... l'hai vista?» chiese il più giovane.
«si l'ho notata, ma come l'hai ricevuta?» JJ si apprestò a spiegare l'incontro insolito avuto la sera prima.
«capisco. Non credi potrebbe essere opera di qualche astuto giornalista che vuole cercare di incastrarti. Magari è lì pronto ad aspettare una tua mossa avventata per spiattellare ai sette venti il tuo passato. Ci hai pensato? È tutto troppo sospetto, devi ammetterlo.» affermò un meditativo e cauto Daisuke.
«certo, l’ho pensato anche io... però se davvero è Akiko, e ha davvero bisogno di me io sento di non potermi tirare indietro. Tu cosa proponi?»
Daisuke era seriamente preoccupato. Quella frase “se vuoi rivedere Akiko contattami il prima possibile” era davvero troppo sospetta.
«JJ forse la cosa migliore sarebbe mandare qualcuno a controllare la situazione al tuo posto. Così se ci fossero dei problemi non saresti tu a passare dei guai in prima persona.»
«questo è vero ma a chi potrei chiederlo? Gli unici a conoscenza di questa storia siete voi (i BB5), il signor Marini e il Direttore. Ovviamente a voi del gruppo non potrei mai chiedere una cosa del genere e sicuramente sia il Direttore che il signor Marini, penserebbero prima di tutto a tutelare me e non prenderebbero nemmeno in considerazione la possibilità di indagare oltre questa vicenda.»
«non hai tutti i torti» ammise amareggiato Daisuke.
«uffa non riusciremo mai a venire a capo di questa storia...» disse sbuffando JJ, mentre si abbandonava con il suo fare sciatto sulla sedia lasciando che il capo si reclinasse al massimo oltre le sue spalle. Ad una certa distanza intravide due sagome capovolte muoversi verso di lui. Era così chiaro, come aveva fatto a non pensarci prima. La soluzione ai suoi problemi si era appena materializzata davanti ai suoi occhi.
Andrea vide JJ abbandonarsi in modo scomposto su quella sedia reclinando il capo tanto quanto bastava per incontrare il loro sguardo. Inoltre in quel modo fu possibile per lui scoprire chi altro fosse seduto a quel tavolo. La sorpresa lasciò rapidamente spazio alla preoccupazione. Era Daisuke, proprio la persona in cui non si sarebbe voluto imbattere per quella mattina. Distolse subito lo sguardo cercando di nascondersi inutilmente dietro la sagoma più imponente del signor Marini. Andrea si rese conto che i suoi sospetti e quelli del signor Marini erano fondati.
Quello che avrebbe voluto evitare stava per accadere.
 
 
 
ITALIA
 
I quattro ragazzi avevano preso posto all'interno della sala. Angela aveva fatto l'impossibile per frapporsi tra Marco e Mary. Dopo una leggera confusione erano stati scelti i posti. Marco, il primo a prendere posto era seduto accanto ad Angela al cui fianco si erano posizioni Mary ed Eichi il quale chiudeva la fila. Il film era una reale sorpresa per tutti tranne che per Marco, il quale sembrava sin troppo eccitato.
Ovviamente il fatto di non essere riuscito a sedersi accanto a Mary lo rattristava ma, sapeva che presto avrebbe avuto la sua rivincita e che quello era un dettaglio su cui avrebbe potuto sorvolare, per il momento.
Il film era iniziato. Mary era leggermente in imbarazzo, se non fosse stato per Marco e Angela, quello sarebbe sembrato proprio un vero appuntamento. Non poteva evitare di guardare Eichi di sottecchi. Era davvero molto bello. Senza accorgersene, poggiando il suo braccio sul bracciolo della poltrona sfiorò quello di Eichi che si voltò verso di lei, come se fosse stato scosso da altri pensieri. Per un attimo i loro sguardi confusi e incerti si incontrarono.
Poi Eichi sottraendo il suo braccio fece segno a Mary di poggiarvi il suo. Per evitare inutili imbarazzi avrebbe fatto a meno di quella comodità.
Quello scontro e quella premura avevano fatto leggermente arrossire le gote di Mary, la quale benedisse l’oscurità in cui si trovava, grazie alla quale camuffò benissimo quel momento d’imbarazzo.
Ad un tratto fece ingresso sul grande schermo un viso che a Mary non sembrò del tutto nuovo. Era una ragazza orientale con dei lunghi capelli castano chiaro.
“Ma dove l'ho già vista? Ma si certo! Questa è la modella di quell'articolo che Eichi ha nel cassetto” non fece in tempo a voltarsi per vedere l'espressione di Eichi che lo stesso si era già alzato e aveva abbandonato la sala senza che lei se ne accorgesse.
 
“Quel bastardo, lo ha scoperto. Ecco perché tutte quelle carinerie e quell'aria soddisfatta. Sa chi sono e ha usato Misako per farmelo capire”
Eichi era uscito dalla sala. Sudava freddo. Era davvero finita. Se Marco aveva scoperto chi era sul serio, allora avrebbe usato questo per allontanare definitivamente Mary da lui e per costringerlo a tornare in Giappone. Era agitato. Si muoveva rapido da una parte all'altra del corridoio esterno.
Poco dopo fu raggiunto da Mary.
«Eichi, tutto bene?»
Eichi rimase in silenzio per qualche secondo. Stava pensando a cosa avrebbe potuto fare. Non poteva permettersi di perderla per colpa di quello sporco doppiogiochista.  Se voleva davvero che Mary venisse a conoscenza della sua identità allora sarebbe stato lui a rivelargliela. Avrebbe giocato d'anticipo, quella era l'unica cosa che gli rimaneva da fare.
Senza dire nulla prese Mary per un polso e la trascinò fuori senza addurle alcuna motivazione. Mentre uscivano Mary vide Marco e Angela uscire dalla sala. Purtroppo non fece in tempo a richiamare la loro attenzione.
 
Dopo circa quindici minuti Eichi si fermò per lasciare che Mary riprendesse fiato.
«Ma che ti prende sei impazzito? Si può sapere perché mi hai trascinato via in quel modo?» Mary non riusciva proprio a capire quel suo modo di fare, anche quella volta in discoteca l'aveva trascinata nella stessa maniera.
Il polso le faceva male, e se lo strofinava mentre il cuore in petto le batteva fortissimo.
«mi dispiace, ma non avevo altra scelta»
«cosa vuol dire che non avevi altra scelta?»
«per il momento non posso spiegarti nulla. Ho bisogno di chiarire un paio di cose prima.»
Mary lo guardava confusa, non riusciva mai a capire chiaramente le intenzioni di quel ragazzo. Questo da un lato la spaventava.
«mi dispiace, ho tollerato fin troppo i tuoi silenzi, non credo di poter resistere ancora, perché questa volta credo tu stia nascondendo qualcosa che riguarda anche me, o sbaglio?»
Eichi non sapeva cosa risponderle, forse aveva incominciato a sospettare qualcosa. Ad un tratto il suono di un telefonino interruppe quel silenzio fatto di sottointesi. Mary lo uscì dalla tasca dei pantaloni, stava per rispondere, quando Eichi glielo sfilò dalla mano. Era Marco.
«Mary dove sei?»
«Sono Eichi, ho bisogno di parlarti. Fatti trovare sotto l’orologio tra venti minuti.»
«Mary dov’è…?»
«sta bene, adesso passami Angela…»
Dopo qualche secondo una voce femminile gli rispose agitata.
«Eichi, ma che ti è preso sei impazzito?»era Angela.
«Angela ho bisogno che tu venga qui da Mary. »
«dove siete?»
Eichi si guardò in giro in cerca di un punto di riferimento. Finalmente trovò qualcosa che poteva servirgli per far capire la loro posizione.
«siamo vicino un parco giochi»
«non siete molto lontani, d’accordo vi raggiungo subito»
«perfetto fai in modo che Marco non ti segua»
«d’accordo»
Riattaccò.
«ti dispiacerebbe spiegarmi cosa sta succedendo?»chiese Mary, mentre cercava di riprendersi il cellulare. Eichi, fu più rapido e se lo infilò in tasca.
«mi dispiace ma questo resta con me»
«ma si può sapere che cavolo ti prende?» Mary stava perdendo le staffe.
«per il momento devi fidarti di me, non posso darti altre spiegazioni»
«ma cosa prende a tutti? Papà che non parla ed è sempre giù di morale, Marco che si comporta in modo strano e adesso anche tu… ma cosa prende a tutti? Io non ci sto capendo più niente…»
Eichi gli si avvicinò e le cinse le spalle con le sue mani, cercando di rassicurarla in qualche modo. Questa volta Mary non rimase immobile ad accettare quel contatto passivamente. Se ne liberò subito e iniziò a guardare circospetta Eichi.
«non toccarmi, non so più se posso fidarmi di te, sei troppo strano e non voglio che ti avvicini a me in questo modo mi confondi… fino a quando non mi dirai tutta la verità su questa storia stammi lontano»
“Mi dispiace Mary, so che ora non puoi capire, ma quello che sto facendo è solo per il tuo bene”
Non le disse nulla ma, dopo averle fatto un segno di consenso con la testa, si voltò e a passo rapido si avviò verso il luogo d’incontro stabilito con Marco.
Mary non poteva credere ai suoi occhi, se ne stava andando davero lasciandola lì senza neanche una motivazione. Forse si era sbagliata, ad Eichi non importava un ben nulla di lei.
Adesso che ci pensava era iniziato tutto appena aveva visto quella ragazza orientale al cinema. Possibile che in tutta questa storia centrasse lei? Ma poi cosa avrà da dire a Marco?       
I dubbi iniziarono a dilaniarla, non vedeva l’ora che arrivasse Angela almeno avrebbe avuto qualcuno con cui parlare. Si sedette sul marciapiede, aspettando che la sua amica la raggiungesse.
 
 
 
GIAPPONE
 
Daisuke era rimasto qualche secondo con lo sguardo fisso su Andrea, lo stesso invece lo evitava ostinatamente.
Fu il signor Marini ad interrompere quel momento di stallo.
«JJ, ma si può sapere perché non rispondi al cellulare è più di mezz’ora che ti cerchiamo »
«scusate ma ho dimenticato il telefonino a casa» ammise leggermente divertito JJ. Ogni tanto lanciava degli sguardi divertiti verso Andrea e Daisuke. Aveva capito che tra i due era successo qualcosa.
«Scusate, la mia pausa è finita. Devo riprendere le prove. Con permesso.» spiegò congedandosi il ragazzo con la cresta prima di sollevarsi e salutare con un inchino il gruppo. Prima di voltarsi rivolse un ultimo sguardo carico di sottointesi ad Andrea. I due si fissarono per pochi secondi prima di recuperare le distanze.
Il signor Marini prese posto lì dove pochi secondi prima era stato seduto Daisuke.
«bene finalmente possiamo parlare della promozione del tuo nuovo singolo. Dobbiamo organizzarci per bene questa volta non credi?»
Affermò il signor Marini, rivolto a JJ che sembrava poco interessato dalla questione e più incuriosito dal giovane assistente. Il più giovane, infatti, era rimasto bloccato con lo sguardo fisso su Daisuke che si muoveva rapido verso la sala prove.
«Andrea, immagino sarai curioso di vedere come si svolgono le prove di ballo di Daisuke» gli chiese JJ ignorando completamente il signor Marini e richiamando l’attenzione di Andrea.
«no davvero, non mi interessa»
«perché non vai a darci un’occhiata, qui ti annoieresti solo, e poi potrebbe servirti come lezione nel caso toccasse anche a te prendere il posto di Eichi in una circostanza come quella. Non lo pensi anche tu Zio»  domandò JJ cercando di coinvolgere anche il signor Marini.
«certo ragazzo, per me puoi andare, in fondo non parleremo di cose molto importanti, va pure, magari ti aiuterà a tirarti un po’ su di morale. Oggi avevi proprio un’aria preoccupata»
«no, davvero preferisco rimanere qui» cercò disperatamente di convincerli.
«Su Andrea non fare il prezioso, ho visto come guardavi Daisuke, immagino vorrai osservarlo durante le prove, devi credermi è davvero molto bravo» e gli scoccò un occhiolino complice.
“Che JJ sospetti qualcosa?”
Andrea non sapeva più cos’altro inventarsi. Non gli restava altro che accontentarli, quei due non sembravano disposti ad arrendersi tanto facilmente.
«e va bene» dovette accettare sconfitto.
«bene ragazzo ci vediamo qui tra un’ora circa» puntualizzò il signor Marini,
«va bene, allora vado. Con permesso.» fece un inchino prima di congedarsi da entrambi.
«divertiti straniero» lo incoraggiò un sorridente JJ. Andrea non sapeva il perché, ma quel ragazzino dai capelli rossi non gliela raccontava giusta per niente. Decise di sorvolare su quel suo comportamento e di far in modo che quell’ora passasse il più velocemente possibile.
Ovviamente non aveva la più pallida idea di dove si trovasse la sala allestita per le prove, così iniziò a girovagare senza una reale meta. Con la speranza nascosta di non fare i conti con qualche altra spiacevole sorpresa.
 
Daisuke, era appena entrato nella sala prove, grazie a una grande vetrata esterna aveva già potuto notare che all’interno c’era solo la giovane modella Mizy seduta in un angolo della stanza.
«Mizy, ma dove sono tutti?» chiese mentre recuperava il suo asciugamano.
«A dire il vero, il regista ha avuto un impegno imprevisto ed è dovuto andar via di corsa. Così a posticipato le prove a domani mattina»
«capisco» sospirò Daisuke «come mai tu non sei andata via con loro?» chiese mentre raccoglieva il suo zaino e vi riponeva dentro una bottiglia d’acqua mezza vuota.
«in realtà ero venuta a cercarti per avvertirti, poi però ti ho visto parlare con JJ e ho pensato che non fosse il caso di disturbarvi. Così sono tornata qui e ho aspettato il tuo ritorno.» gli chiarì mentre si muoveva lenta verso di lui.
Daisuke adesso le rivolgeva uno sguardo sorpreso. Non si sarebbe mai aspettato che quella ragazzina sarebbe rimasta lì ad attenderlo per così tanto tempo e poi solo per avvisarlo che le prove erano terminate.
«Insomma è la seconda volta che ti faccio aspettare, dico bene?» chiese amareggiato, sfiorandole una spalla come tra vecchi colleghi. Lei gli sorrise accondiscendente.
«mi dispiace, se avessi saputo che eri qui tutta sola mi sarei fatto vedere prima».
Il sorriso della giovane si fece luminoso come non mai. Era felice che, si preoccupasse in quel modo per lei.
«non devi fartene una colpa, e poi se devo essere sincera, pur di rivederti anche solo per un secondo sarei stata disposta ad aspettarti anche mille anni».
“Ma cosa sta dicendo?”
«non dire sciocchezze, non credo dovresti permettere a nessuno di trattarti in questo modo, neanche a me che sono il tuo idolo».la rimproverò, allontanandosi a disagio. Daisuke stava per girarsi per andar via, quando Mizy lo costrinse a voltarsi prendendolo per un braccio. Non ebbe il tempo di razionalizzare che si ritrovò le braccia della modella strette intorno al collo e le sue labbra attaccate alle sue. Lo zaino gli scivolò sul pavimento. Quel bacio lo raggiunse così inaspettatamente che per qualche momento ancora lo trattenne, indeciso sul da farsi. Non poteva mai immaginare che in quello stesso momento, un giovane ragazzo in jeans e berretto era rimasto immobile ad osservare la scena dietro l’enorme vetrata.
“Non è possibile, sto sognando. Non può essere vero. Daisuke non è quel tipo di persona. Non mentirebbe mai su una cosa del genere. Perché mi fa così male? Daisuke ti prego, cacciala, allontanala, respingila. Non farmi sentire così impotente. Fa qualcosa maledizione.” Senza che potesse rendersene conto una lacrima calda scese dolcemente sulla sua guancia fino a sfiorargli le labbra. Ne assaporò l’amaro sapore. Andrea aveva finalmente capito quello che provava realmente per Daisuke. Anche se ormai era troppo tardi per fare qualcosa.
Quella scena lo aveva paralizzato. Non riusciva a muovere un singolo muscolo.
 
“Che tempismo perfetto ragazzino, sei arrivato proprio al momento giusto. Non mi sarei mai aspettata che le cose si risolvessero così facilmente.”
 
Lentamente Mizy si allontanò dalle labbra del giovane cantante. Il suo sguardo colpevole e imbarazzato, colpì Daisuke in pieno petto , tanto che decise di non condannarla troppo duramente per quello che aveva fatto. Poteva immaginare cosa avesse provando in quel momento. Anche lui aveva sentito quel desiderio impulsivo con Andrea e non aveva alcuna voglia di colpevolizzarla.
I due si guardarono per qualche secondo. Daisuke le sfiorò con una mano la guancia. Nonostante tutto doveva dirle la verità. Anche se l’avrebbe fatta soffrire.
«Mizy, mi spiace, so quanto tu tenga a me. L’ho percepito dal tuo bacio e far finta di nulla sarebbe un lusso, ma anche una crudeltà, che non voglio permettermi. Io amo un’altra persona, e al momento non credo di poter rimuovere questi sentimenti dal mio cuore. Spero capirai»
Mizy distolse il suo sguardo per qualche secondo.
“Ancora quel ragazzino? Dice di amarlo, questo vuol dire che in un modo o nell’altro non avrei possibilità. Forse dovrei arrendermi. Che stupida per un attimo ho pensato che quel bacio fosse stato ricambiato. A che punto insistere oltre?”.
La giovane tornò a confrontarsi con l’espressione dispiaciuta di Daisuke.
«E’ solo colpa mia, sono stata troppo ingenua a credere che ti sarei piaciuta. Mi spiace, spero che questo episodio non cambi il nostro rapporto. Ci tengo davvero molto alla nostra amicizia»
Daisuke le sorrise comprensivo.
«tranquilla non cambierà nulla. Adesso però devo andare» la salutò con un gesto rapido della mano, raccolse il suo zaino e lentamente si voltò verso l’uscita. Quello che vide gli fece crollare il cuore in mille pezzi, e tutto il mondo sembrò fermarsi in quel momento. Andrea era lì e lo guardava immobile, il suo sguardo triste e deluso era  rivolto verso di lui e silenziosamente lo accusava.
“Non è possibile cosa ci fa lui qui? Ti prego non scappare. Anche questa volta non andar via senza che io possa spiegarti la situazione…”
I loro occhi si incrociarono per pochi secondi, poi Andrea recuperata tutta la sua forza si allontanò da quel posto correndo il più velocemente possibile. Non sapeva dove andare, ma era ugualmente deciso a non farsi raggiungere da Daisuke.
Si muoveva senza meta, più volte spintonando qualche ignaro passante, cercando di farsi strada all’interno dell’edificio. Si sentiva confuso e sperduto come non mai. Distrattamente asciugava le lacrime che copiose continuavano a imperlargli il viso. Finalmente raggiunse il primo rifugio che reputò abbastanza sicuro. Aprì rapido la porta richiudendosela subito dopo alle spalle. Aveva il fiatone e appoggiato alla stessa cercava di recuperare le forze. Notò che per sua fortuna nel bagno degli uomini non c’era nessuno. Stremato si mosse verso un lavandino. Si sciacquò nervosamente il viso, voleva cancellare quelle lacrime. Voleva rimuovere il simbolo della sua debolezza e la chiara evidenza dei suoi sentimenti. Nella foga il cappello gli cadde per terra. Lo raccolse e riguardandosi allo specchio se lo risistemò sulla testa cercando di riconquistare con quel gesto risolutezza e autocontrollo. 
“Andrea, basta. Torna in te. Questo comportamento non ti appartiene. Adesso uscirai fuori di qui e se ti capiterà di incrociare il suo sguardo farai finta che  nulla sia mai successo, e che questi sentimenti non siano mai esistiti. È chiaro che ti ha preso solo in giro.”
Finalmente le lacrime avevano finito di scendere ma, nonostante questo, quella strana sensazione non era ancora scomparsa dal suo cuore instabile. Stava per allontanarsi da quel luogo quando la porta fu spalancata improvvisamente.
Era Daisuke, l’aveva raggiunto.
Andrea abbassò la visiera del cappello in modo da nascondere il suo volto. Facendo finta di nulla cercò di uscire superandolo, ma Daisuke prontamente gli sbarrò la strada.
«Lasciami passare» lo intimò.
Il ragazzo dalla alta cresta corvina non si smosse. Anche se di qualche centimetro, era più altro e imponente di Andrea, e grazie alla sua muscolatura ben definita, non fu troppo difficile imporsi sull’esile sagoma che aveva di fronte.
«tu non vai da nessuna parte…»
«lasciami passare ti ho detto…» la voce di Andrea si era incrinata, stava per scoppiare.
«non esiste! Ora, io e te, restiamo chiusi qui dentro finché non verrà chiarito tutto» preciso Daisuke, prima di ruotare la chiave nella serratura della porta principale. La sfilò e la ripose nella tasca dei pantaloni.
«come vuoi, ma non so cosa speri di ottenere da me..» Andrea si appoggiò al muro e a braccia incrociate evitava cocciutamente lo sguardo di Daisuke.
Lo stesso si portò davanti a lui bloccandogli ogni possibilità di fuga.
«voglio capire cosa ti prende. Perché scappi in continuazione da me…»
Andrea si abbassò ancora di più il cappello sugli occhi. Non voleva che Daisuke lo vedesse piangere.
«parlami, non nasconderti dietro questo stupido cappello» ma Andrea continuava a tacere. Con uno scatto rapido Daisuke glielo tolse buttandolo sul pavimento, irritato.
Per un attimo i loro sguardi si incontrarono. Andrea aveva gli occhi rossi e le guance bagnate dalle  lacrime. Rapido se le asciugò,mentre recuperava il suo cappello dal pavimento.
Daisuke non poteva credere ai suoi occhi. Andrea stava piangendo.
Il giovane assistente facendo finta di nulla iniziò a ripulirlo picchiettandolo con qualche leggero colpo di mano. Ovviamente era un modo come un altro per non confrontarsi con lo sguardo sorpreso e senza parole di Daisuke.
«Andrea, perché…» non fece in tempo a completare la frase che fu interrotto.
«…se ti stai chiedendo se è colpa tua, posso liberarti dai tuoi sensi di colpa. Non è affatto come credi.. »
«Andrea…» continuò assumendo un tono più comprensivo.
«non chiamarmi più con quel nome… sei solo un bugiardo… ti stavi prendendo gioco di me, non è vero?»
«ma cosa dici?»
«sono così divertente per tutti? Non bastava già JJ?  adesso anche tu ti prendi gioco di me?»
«adesso smettila, io non sono mai stato più sincero di così in vita mia. Quello che ho detto di provare per te non erano menzogne»
Andrea, dopo aver recuperato un po’ della sua sicurezza era tornato a guardare Daisuke negli occhi.
«Se eri davvero così preso dai tuoi sentimenti per me, come sei finito a baciare un’altra…»
Finalmente il nodo della questione era stato sollevato.
«Andrea è stata Mizy a baciarmi. Io non ho opposto resistenza solo perché so quanto brutto sia essere respinti da qualcuno che non potrà mai condividere i tuoi stessi sentimenti. Quello è stato il primo e unico bacio fuori copione che ci siamo dati. Mi spiace che tu abbia frainteso, ma devi credermi se ti dico che tra me e Mizy non c’è nulla...».
«Non riesco a crederti… »
«Non riesci a credermi? Questa si che è bella! Mi stai accusando, per un qualcosa che non dovrebbe nemmeno toccarti. Qui l’unico a non capirci nulla sono io. Prima mi rifiuti e poi pretendi  che io ti dia anche spiegazioni sulla mia vita sentimentale. Credevo fossi molto più maturo di così.»
Andrea fu colpito in pieno petto da quelle parole. In fondo Daisuke aveva ragione. Quale motivo aveva lui per infierire oltre nella sua vita privata? Lo aveva rifiutato e adesso non poteva di certo vantare dei diritti sulla sua vita privata.
Rimasero in silenzio per qualche secondo. Entrambi sapevano di essere in torto ma cocciutamente evitavano di ammettere i propri errori.
Finalmente dopo poco una dichiarazione inattesa interruppe quel silenzio imbarazzante.
«mi dispiace ho sbagliato…»ammise il più giovane dei due, mettendo fine a quel mutismo surreale.
Andrea, guardava Daisuke con lo sguardo di chi sa di aver esagerato. Aveva capito quanto quel suo comportamento fosse ingiusto nei confronti di Daisuke, la cui unica colpa era stata quella di avergli mostrato i suoi veri sentimenti. Aveva rischiato molto per mettere in chiaro quello che provava. Era stato coraggioso in fondo. Invece lui cosa poteva dire di aver fatto di davvero valoroso fino a quel momento? Era solo scappato. Scappato dalla sua famiglia, scappato dal dolore e scappato dall’amore. Era bravo solo a lasciarsi i problemi alle spalle.
Daisuke sentì tutta la rabbia svanirgli. Non provava rancore per le parole di rimprovero di Andrea. Non poteva biasimarlo. Gli aveva imposto un amore insolito e senza dubbio difficile da accettare.
«no Andrea, la colpa è tutta mia, non avrei dovuto metterti al corrente dei miei sentimenti, se non ti avessi baciato quel giorno adesso non saremmo qui a discutere come due bambini. Facciamo finta che non sia successo nulla e torniamo a essere gli stessi di un tempo» gli propose Daisuke mostrandogli una mano sospesa in attesa di una stretta di riconciliazione. Andrea era immobile e osservava quella mano sospesa davanti a lui. Aveva capito quello che voleva e questa volta non si sarebbe comportato da vigliacco.
«mi dispiace Daisuke io non posso più fare finta di nulla.»
Daisuke, non riusciva a capire.
«quindi non torneremo più ad essere amici?» gli chiese dispiaciuto mentre abbassava deluso la sua mano.
«si, mi dispiace…»
«capisco» proseguì reclinando il capo. Per la prima volta si sentiva sconfitto e deluso.
«..Daisuke io non posso più far finta di essere tuo amico, perché poco fa ho capito di provare qualcosa per te…»
«cosa?» Daisuke non poteva credere alle sue orecchie.
«hai sentito bene. Credo tu mi piaccia più di un amico. Sei una persona davvero importante per me.» lentamente si avvicinò a Daisuke. Prese le sue mani e le strinse tra le sue. Questa volta non aveva più paura di quel contatto «spero di essere ancora in tempo…» continuò sorridendogli amaramente.
Daisuke, ricambiò quel sorriso che gli era mancato così tanto in quei giorni solitari. Non poteva credere che i suoi sentimenti fossero stati compresi e ricambiati. Questa volta non avrebbe commesso gli stessi errori del passato, non con Andrea.
«pensi davvero che mi sarei stancato un giorno di aspettarti?». Dolcemente Daisuke si sporse verso Andrea. I loro volti erano vicinissimi. Finalmente si erano ritrovati. Daisuke sfiorò dolcemente il volto del più giovane con una mano, mentre nell’altra poteva avvertire Andrea tremare dolcemente.
«non avere paura faremo tutto con calma, non abbiamo alcuna fretta…»
«non ho più paura, perché adesso ci sei tu qui con me…»
Daisuke gli sorrise comprensivo «chiudi gli occhi per un momento» lo invitò sfiorandogli le palpebre. Andrea lo assecondò, poco dopo avvertì la pressione di labbra calde e soffici, sui suoi occhi poi sulle sue guance «non piangerai più per colpa mia questa è una promessa», Andrea riaprì i suoi occhi. Finalmente un enorme sorriso tornò a illuminargli il viso. Daisuke lo ricambiò per qualche secondo, poi tornando serio si avvicino verso il suo viso e finalmente anche le loro labbra si incontrarono. Andrea aveva ritrovato la forza di amare qualcun altro con tutto se stesso, non aveva più paura dei suoi sentimenti. Anche Daisuke  finalmente sentiva di aver recuperato se stesso e questa volta non avrebbe rinunciato ai suoi sentimenti così facilmente. 

 

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Capitolo 8
*** INIZIANO I GIOCHI ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 
 

CAPITOLO 8
INIZIANO I GIOCHI

 

 
 
ITALIA:
 
 
 I due ragazzi erano l’uno di fronte all’altro e si studiavano silenziosamente. Il primo a rompere quel silenzio carico di astio fu Marco. Non sembrava affatto preoccupato, ma al contrario ostentava l’aria di strafottenza  di chi sa di avere la vittoria in pugno.
Eichi invece, con le mani in tasca, stringeva nervosamente il telefono da poco sequestrato.
Con atteggiamento sostenuto cercava nella faccia del suo nemico le parole giuste e i giusti argomenti. Se tutto andava secondo i suoi piani, avrebbe risolto due questioni in una e forse finalmente avrebbe potuto dire tutta la verità a Mary. Lasciò la presa sul telefonino. Era arrivato il momento. Le parole di Marco diedero il via al loro imminente scontro verbale.
«Che diamine speri di ottenere da me?» chiese Marco tra il serio e il divertito, guardandolo con indifferenza. Provocandolo con quell’atteggiamento sperava di stuzzicarlo tanto da fargli perdere la pazienza.
«Non fare finta di niente, so benissimo che hai scoperto chi sono!»
«e chi saresti di grazia?» chiese sorridendo sotto i baffi.
«non trattarmi da stupido Marco.»
«ah… giusto tu  non sei per niente stupido. Anzi devo ammettere che sei stato fin troppo bravo a mascherare la tua identità. » lo stuzzicò ironico. «Converrai anche tu che usare il tuo vero nome  non è stata proprio una genialata».
Eichi, con misurata tolleranza sopportava le istigazioni di Marco. I pugni serrati erano la sua sola valvola di sfogo.  Marco aveva colpito nel segno.
Marco lo osservava compiaciuto, il vederlo trattenere a stento la rabbia indicava che aveva toccato il punto giusto. Scorgendolo in difficoltà proseguì più convinto.
«Forse speravi che nessuno facesse ricerche su di te, dico bene? La tua sfortuna per certi versi, sembra aver corrisposto con la mia fortuna. Come ben sai Mary non ha segreti per me. Siamo amici da sempre. Dopo avermi raccontato tutto di te, grazie al tuo ingenuo errore, mi è stato possibile scoprire la tua vera identità. Devo ammettere che senza il tuo aiuto non mi sarebbe stato poi così facile. Non devi aver considerato il fatto che tutto sommato sei abbastanza famoso anche qui in Italia. Sei pieno di fan club anche qui nel nostro paese Eichi Kitamura leader dei BB5. E’ questo quello che sei dico bene? »
Eichi, maledì se stesso per quel piccolo sbaglio compiuto al suo arrivo. Avrebbe dovuto presentarsi con un nome falso e invece ecco lì l’errore. Dopo essere crollato sul divano si era completamente dimenticato delle raccomandazioni del suo Manager.
Ad aggiungersi a quella sua mancanza ci fu l’incontro imprevisto con Mary che lo aveva distratto dal suo piano ben costruito, ed ecco che le presentazioni  con Luigi si erano rivelate un disastro. In quel momento sperò che quel piccolo errore non gli costasse un ritorno anticipato in Giappone e invece a quanto pare le sue aspettative erano state forse un po’ troppo positive.
che sfortuna che Mary se lo sia ricordato. Avrei sperato che la mia vera identità rimanesse nascosta ancora un po’ e invece ecco che devo rifare i conti con quell’immagine di me che avrei voluto gettarmi alle spalle”
«Caro il mio Eichi,  credo sia un po’ troppo tardi per rimediare ai tuoi errori» aggiunse con un sogghigno soddisfatto Marco.
Eichi tornò serio e combattivo.
«Ora che hai scoperto chi sono cosa hai intenzione di fare?»
Marco si portò due dita sotto il mento e se lo strofinò meditativo. Poi tornò a confrontarsi con lo sguardo severo di Eichi. Il suo volto si illuminò di un sorriso di vittoria sin troppo spudorato «per prima cosa pensavo di dire tutto a Mary. Chissà come la prenderà la storia con la tua ragazza? Sicuramente la ferirà e con te non vorrà più avere nulla a che fare. Dopo quello che ha passato al liceo non vorrà ripercorrere le stesse esperienze…» lo sfidò con aria di trionfo.
«questo è tutto da vedere. Se sarò io a dirgli la verità, prima che possa farlo tu, magari potrebbe capire e perdonare le mie bugie. In fondo lo ha già fatto una volta. Chissà, è altamente probabile  che alla fine di questa storia potrebbe anche farle piacere ritrovarsi per amico un cantante famoso. Non sai l’ascendente che ha il mio lavoro sulle ragazze! Potrei riuscire anche a conquistarla.» lo provocò a sua volta Eichi con una smorfia divertita.
“Cavolo, questo non lo avevo considerato.”
 Marco era in leggera difficoltà. Ma i suoi assi nella manica non erano ancora finiti. Quel ragazzino giapponese non poteva credere che lui fosse davvero così sprovveduto. Si era conservato il pezzo forte per la fine.
«Beh, potrebbe essere, ma se tu fossi costretto, per così dire, a lasciare in anticipo l’Italia, sicuramente lei si dimenticherebbe di te in un batter d’occhio.» lo punzecchiò con uno sguardo di sfida per certi versi disperato. Era la sua ultima carta. Questo era evidente anche per Eichi.
«vuoi denunciarmi alla stampa giapponese dico bene?» chiese come chiarimento un Eichi per niente preoccupato.
«si, se mi costringerai a farlo…» Marco non capiva come faceva a rimanere così tranquillo. Era convinto che quella possibilità gli avrebbe fatto salire il sangue al cervello e invece sembrava non averlo colpito minimamente.
«se proprio vuoi farlo accomodati pure.».
Marco non poteva credere alle sue orecchie.
“Mi sta anche invitando a farlo. Da dove gli viene tutta questa sicurezza ora?”
«come puoi permettere che faccia una cosa del genere senza neanche opporti?» Marco sembrava preoccupato. Era stato tutto troppo semplice. Come mai Eichi non aveva mosso alcuna opposizione al riguardo?
«semplice, perché in quel caso non sarò l’unico a perdere Mary»
«cosa intendi?»
«Marco, non sei stato l’unico a scoprire certi segreti. Anche io sono venuto a conoscenza di alcune cose davvero interessanti su di te e su tuo padre…»
Gli occhi di Marco si spalancarono per la paura,.
“Possibile che sappia dell’accordo con Luigi?”
«cosa vuoi dire? io non nascondo nulla!» mentì cercando di mascherare la preoccupazione, mal riuscendoci.
«quello che stai facendo a Luigi e a Mary è inconcepibile. Se davvero la desideri così tanto, cerca di conquistarla con le tue forze. Ricorrere all’aiuto di tuo padre per questo genere di cose è da immaturi. Non credi?». Marco era rimasto immobile e studiava Eichi,
“Questa si che non ci voleva, come ha fatto a scoprire tutta questa storia? ”.
«…oppure non sei abbastanza sicuro delle tue capacita? Sono convinto che, in fondo, sai perfettamente che Mary non potrà mai vederti come un ragazzo con il quale costruire un rapporto perché per lei sei solo il suo amico d’infanzia e niente più..».
Marco scattò verso l’altro bloccandolo e sollevandolo dal collo della maglia. I loro sguardi erano vicini e trasparenti.
«cosa vuoi fare? Colpirmi? solo perché ho detto la verità?» proseguì Eichi.
«che succederebbe se rovinassi il tuo bel visino? Non sai quanto possono fare male i miei pugni…».
Eichi sapeva che Marco non stava facendo sul serio. La commessura del suo labbro si sollevò di lato in un sogghigno di scherno.
«credi che non ne sia capace?» riprese sempre più adirato Marco. Quell’atteggiamento lo irritava. “pensa di conoscermi e invece di me non sa proprio nulla!!”
«se ci tieni tanto colpiscimi pure…» lo invitò Eichi ruotando la testa di lato in modo che l’atro potesse colpirlo.
Marco era così tentato, un pugno netto e forse la sua rabbia sarebbe stata nutrita e saziata.
Era lì pronto quando Eichi continuò tornando serio.
«se mi colpisci, cosa speri di ottenere? Vincere contro di te sarà molto più semplice di quello che pensavo. Se mi colpirai che impressione pensi si farà Mary di te?».
“Ha ragione, se lo colpisco Mary potrebbe arrabbiarsi con me. Maledetto avevi già calcolato tutto non è vero?”.
Marco distolse il suo sguardo furente e sconfitto da quello più freddo e sicuro di Eichi, allontanò le sue mani dalla sua maglia mentre lo stesso cercava di rimettersela in ordine stirandola alla meglio.
«Marco a dispetto di quanto credi non ho alcuna intenzione di giocare sporco e credimi potrei. Voglio che Mary scelga liberamente, e sono convinto che in fondo lo vuoi anche tu. Altrimenti perché chiedere di aspettare sino a Natale per rivelare a Mary tutta questa storia? Vuoi conquistarla senza sporchi giochetti, questo lo so…» Eichi ritornò alla posizione di partenza: mani nelle tasche e sguardo fisso e indagatorio.
«ti propongo un patto. »
Marco si sentiva con le spalle al muro. Fino a pochi minuti prima era sicuro di avere la vittoria in pugno ed invece adesso era lui ad elemosinare una via di salvezza.
«parla…»
«Tu non dirai nulla della mia presenza qui in Italia alla stampa giapponese e inoltre chiederai a tuo padre di dimenticarsi dell’accordo preso con Luigi, ed io in cambio non rivelerò a Mary tutta questa storia. Sai benissimo che se lo facessi a quel punto anche costringendola a sposarti non potrai mai godere del suo amore e del suo rispetto.  So che non è quello che vuoi. Ti sto proponendo di giocare pulito d’ora in avanti. Cosa vuoi fare? ».
Marco ci stava pensando, quell’offerta conveniva a entrambi ma non ne era ancora molto soddisfatto.
«Ci sto, ma a una condizione …».
«Quale?» chiese Eichi.
«Se Mary sceglie te, io farò decadere ogni pretesa su di lei, non metterò in difficoltà Luigi e accetterò la cosa senza sollevare obbiezioni. Ma se dovessi vincere io prima di Natale tu dovrai preparare le valige e andartene anche prima del tempo previsto. Non potrai contattarla in nessun modo. Ti sarà proibito tornare a ritrovarla, dovrai chiudere tutti i ponti con lei e se sarà necessario dovrai farti odiare per riuscirci. Se non farai quello che ti sto chiedendo mi costringerai a interpellare la stampa e allora i problemi per te si moltiplicheranno. Cosa vuoi fare? Accetti?»
Eichi sapeva che Marco non avrebbe accolto così pacatamente un suo accordo senza apporre qualche sua personale richiesta.
«ci sto!» accettò con fermezza Eichi in attesa di una stretta che sancisse il loro accordo.
I due dopo una sguardo carico di sottointesi si ritirano muovendosi in due direzioni diverse.
Da ora  i giochi erano ufficialmente aperti.
 
 
 
Mary era seduta su quel marciapiede mentre meditava in silenzio su tutto quello che era successo. Il fondoschiena le faceva male e le gambe incominciavano ad addormentarsi. Dall’altro lato della strada c’era un parco giochi. Due bambini sulle loro altalene ridevano e scherzavano spensieratamente. Erano gli unici suoni gioiosi in quella strada tristemente desolata. Erano ormai le otto ma essendo estate il sole non era ancora calato del tutto. C’era una leggera brezza, che le faceva venire la pelle d’oca. 
Mary non calcolò molto bene il tempo che ci mise Angela a raggiungerla, ma a lei sembrò un’eternità. Voleva qualcuno con cui sfogarsi e cercare di rielaborare un po’ gli eventi di quel pomeriggio.
Angela le si avvicinò con uno sguardo sollevato, ma Subito dopo aver incrociato quello disperato dell’amica il suo tornò a incupirsi nuovamente.
Mary non disse una parola, semplicemente la osservò mentre in silenzio le si sedeva accanto.
Rimasero così immobili per qualche minuto finché inaspettatamente lei prese la mano dell’amica tra le sue.
«Mary, non devi odiarlo per forza. Aspetta prima di sapere il motivo del suo comportamento. Io non posso dire di conoscerlo benissimo, ma penso abbia avuto una buona motivazione per comportarsi in quel modo».
Mary continuava ad avere gli occhi fissi su quelle due mani strette l’una nell’altra. Quel contatto la faceva sentire sicuramente meno persa.
Mary, si voltò con gli occhi lucidi verso Angela che immobile e seria aspettava che l’altra dicesse qualcosa. Ma Mary aveva le labbra serrate. Non capiva il perché, ma non riusciva a comunicare nemmeno a una delle sue migliori amiche quello che provava.
“Perché non ho la forza di dirle che lo odio, che è così incostante e che il suo comportamento è così inconcepibile?
 Prima mi avvicina poi mi allontana. Un giorno mi sembra di sapere tutto di lui e un altro giorno diventa un vero mistero. Ci sono momenti in cui credo di leggere nei suoi occhi tanto ma poi arrivano quei giorni in cui gli stessi diventano così bui e profondi. So che avevo accettato questa condizione sin dall’inizio, e in fondo per un rapporto di semplice amicizia, senza troppi coinvolgimenti, sarebbe andato anche bene. Perché allora adesso tutti questi segreti e questi comportamenti insoliti mi turbano?”.
Una lacrima scese ma Mary l’asciugò rapidamente.
«Mary, va tutto bene adesso. Calmati.» la rassicurò Angela.
«e invece non va bene proprio niente…» sottolineò Mary distogliendo il suo sguardo da quello dell’amica.
«Perché dici così?»
«Perché? Tu piuttosto, cosa ti prende? Dovresti dirmi di odiarlo, di non perdonarlo e se necessario di picchiarlo con tutte le mie forze e invece mi incoraggi addirittura a credere in lui! Pensi davvero sia la cosa giusta per me fidarmi di un estraneo che ho appena conosciuto e che è così incostante  e imprevedibile? Pensi sia davvero quello che dovrei fare dopo tutto quello che ho passato?» Mary sembrava parlare più a se stessa che ad Angela.
Angela rimase interdetta per qualche secondo. La reazione dell’amica era stata inaspettata e l’aveva lasciata senza parole.
 Mary iniziò a piangere e distaccando la sua mano dalla stretta salda dell’amica l’avvicinò al suo viso. Si coprì con entrambe le mani il volto e iniziò a piangere silenziosamente.
«Mary…» la richiamò dolcemente Angela mentre con una mano le accarezzava i capelli.
«…io c’ho provato… cosa credi?» le spiegò tra un singhiozzo e l’altro.
«cosa hai provato?» le chiese l’amica con aria dispiaciuta.
«… ho provato ad odiarlo. Cosa c’è che non va in me? Perché nonostante tutto io non riesco a fare a meno di credergli? Cosa mi sta succedendo? Vorrei allontanarlo ma non ci riesco. Perché sono così frivola? Non posso permettermi due volte lo stesso errore.»
Angela aveva finalmente capito che i suoi presentimenti erano fondati.
«Mary cos’è che ti spinge a credere in lui secondo te?»
Mary smise di piangere e asciugandosi con il palmo delle mani le ultime lacrime si voltò ancora una volta verso l’amica. Con il suo sguardo perso sembrava più cercare una risposta che darla in prima persona.
«io… forse… no, non dovrei»
«perché non dovresti?»
«come perché? Non ricordi quello che è successo l’ultima volta?»
«Mary non puoi lasciare che un piccolo errore condizioni la tua vita per sempre. Inoltre da quel che vedo ci tieni davvero a Eichi. Forse questa volta puoi lasciarti andare. L’importante è che tu sia consapevole che prima o poi lui dovrà andare via. Non voglio che tu soffra più del dovuto».
Angela cercava di confortarla con sguardo comprensivo e amorevole.
«Angela, non ho paura che lui mi lasci un giorno ma che si stia prendendo gioco di me adesso. Non capisco perché deve avere tutti questi misteri! Alla fine non voglio più ritrovarmi ad amare qualcuno che non riesce ad essere sincero con me! Capisci? Non voglio soffrire ancora…»
«come fai a sapere che soffrirai anche questa volta?»
Era evidente quanto Mary fosse combattuta.
«Prova a fidarti di lui. L’amore non dà mai garanzie e se non rischi non potrai mai dire di aver realmente amato…»
“Angela ha ragione. Questa volta forse il mio cuore può riprovarci.”
«Ci penserò. Grazie Angela…»
«Tra amici non c’è bisogno di dirsi grazie. Te l’ho ripetuto tante volte! Adesso, credo che il momento di metterti in gioco sia  arrivato…» la spronò rialzandosi, dalla seduta scomoda e fredda del marciapiede.
Mary guardò oltre l’amica e intravide la sagoma di Eichi avanzare nella loro direzione.
 «Mary segui il tuo cuore, non voglio che tu lo rimpianga un giorno…» la incoraggiò salutandola con un gesto della mano prima di andare incontro ad Eichi. Dopo un rapido saluto si congedò anche da lui che finalmente poté raggiungere Mary.
Mary lo vide farsi avanti nella sua direzione. Amava tutto di lui: il suo modo di camminare, il modo con cui si scostava i suoi capelli dal volto, il suo sorriso luminoso e anche quegli occhi profondi e impenetrabili. Amava persino quei momenti di completo smarrimento che le faceva provare attraverso i suoi costanti silenzi. Per un’assurda incomprensione tra cuore e cervello, si era ritrovata ad amare di lui tutto quello, che in passato, si era ripromessa di odiare in un ragazzo.
 Non poteva più negarlo, era troppo tardi.
“Angela ha ragione. Adesso è arrivato il momento di dirgli tutto, non riuscirei a nascondere ancora per molto quello che provo. Forse anche lui mi ferirà, ma non posso più continuare così. Come ho fatto a non capirlo prima? Non riesco ad odiarlo perché in realtà quello che provo per lui è amore. Ecco fatto! Alla fine mi sono innamorata dell’ennesimo ragazzo sbagliato… come posso essere così stupida?”
 
 
 
 
GIAPPONE:
 
 
Andrea era seduto al tavolo di quel caffè in attesa di incontrare la donna del mistero. Dopo averne discusso con Daisuke e JJ, i tre ragazzi erano arrivati alla conclusione che, per la statura e la corporatura mostrata quella sera, dovesse trattarsi di una donna.
Non era passato molto da quell’incontro insolito che JJ mandò un messaggio a quel numero sconosciuto dicendo di voler organizzare un colloquio il prima possibile e precisando che per sicurezza avrebbe mandato una persona fidata a controllare che la storia fosse vera.  Era così che il giovane infiltrato italiano si trovava in quel bar in attesa da più di venti minuti.
 
“Ma come ho fatto a lasciarmi coinvolgere in tutta questa storia?
JJ mi ha sempre trattato malissimo, non capisco proprio perché dovrei aiutarlo. Non si meriterebbe un bel nulla.
Se ripenso a come si è comportato nei miei confronti mi ribolle il sangue al pensiero di essere qui a fargli un favore. Ma questo e pur sempre il dovere di un assistente quindi ingoierò l’ennesimo amaro boccone. Ora che ci penso, in fondo tutta questa storia mi incuriosisce e anche parecchio.  Chissà che aspetto avrà questa donna del mistero?Chissà se sarà davvero una donna…”
 
 Della fatidica figura femminile però ancora nessuna traccia. Per farsi riconoscere era stato specificato che Andrea avrebbe indossato un berretto giallo. In questo modo si sarebbe reso facilmente riconoscibile.  Il giovane assistente sapeva che fuori, a pochi metri dal bar, c’erano JJ e Daisuke che lo attendevano in apprensione.
Era il secondo caffè che ordinava e ormai la curiosità e l’ansia unita alla caffeina incominciavano a farsi sentire.
Andrea picchiettava nervosamente le dita sul tavolo. Era un tic che si portava dietro da tempo indefinito. Mary si innervosiva sempre quando lo vedeva insistere con quel movimento ritmico e snervante.
“Chissà come starà la mia sorellina, dopo quell’ultima e-mail non mi ha più risposto. Il Signor Marini mi ha detto che sono andati tutti a Villa Rosa. Di sicuro da lì è impossibile che legga le mie e-mail. Pazienza a breve dovrebbe tornare a casa. Non vedo l’ora di raccontarle tutto. O meglio una parte del tutto…”.
Andrea non fece in tempo a chiudere quei pensieri nella sua mente, che una sagoma occupò il suo campo visivo. Era una donna con abiti eleganti e modi raffinati. Indossava una gonna a tubino lunga fino al ginocchio nera, delle scarpette con tacco medio e una camicia bianca. Al braccio portavano appesa una piccola pochette nera. In quel look sobrio spiccavano in contrasto i suoi capelli brizzolati tenuti stretti in un tuppè raffinato e un rossetto rosso fuoco ostentato con orgoglio ed eleganza. Andrea osservava indagatore la sofisticata figura davanti ai suoi occhi. Poco dopo la stessa, ruotando leggermente la testa di lato, si sfilò elegantemente gli occhiali scuri, mettendo in mostra uno sguardo freddo e altolocato. Andrea notò con sua meraviglia che seppure i segni della sua età fossero ben evidenti sul suo viso, gli stessi non la deturpassero affatto, ma al contrario la impreziosissero rievocando l’immagine di una bellezza arcaica affascinante e terribile. Per un attimo Andrea con quel berretto giallo e il suo abbigliamento casual si sentì enormemente fuori posto. Si ritrovò a pensare che la donna che aveva di fronte avesse la capacità innata di far sentire a disagio chiunque le si parasse davanti.
 Senza dire neanche una parola prese posto di fronte ad Andrea. I suoi gesti erano calcolati e lenti. Il suo modo di fare, principesco, insospettì Andrea.
«è lei la persona che devo incontrare?» chiese togliendosi finalmente il berretto giallo e cercando di assumere un atteggiamento più consono alla figura che aveva davanti.
La donna non si scompose e con aria poco convinta iniziò ad ispezionare quel ragazzo biondo  davanti a se con occhi severi e intransigenti. Senza aggiungere neanche una parola uscì da sotto il tavolino una busta da lettere. Con un movimento elegante la porse ad Andrea che la prese senza troppi giri di parole.
Rapido ne esaminò il contenuto. C’era una foto e un bigliettino.
Solo a quel punto la donna si decise a parlare.
«dica al suo amico che non sono abituata a prendere accordi con degli intermediari. Preferisco discutere con i diretti interessati di certe questioni. Non è l’unico a tenere alla sua reputazione. Gli dia il contenuto di quella busta e gli riferisca che se vuole incontrare Akiko, gli basterà presentarsi nel luogo trascritto in quel biglietto. Per ovvie ragioni non aggiungerò altro sulla questione. Se vorrà ulteriori chiarimenti sarà meglio si presenti il prima possibile nel luogo da me riportato. Non credo di aver fatto nulla di più umiliante in tutta la mia vita, quindi sarà meglio che si sbrighi e prenda una decisione. Gli dica di non giocare troppo con la mia pazienza perché potrei diventare davvero pericolosa… » si sollevò in modo deciso e dopo aver chinato la testa in segno di saluto e riposizionato le lenti scure sui suoi occhi intransigenti si congedò da Andrea, che ancora paralizzato dal tono e dalla risolutezza di quelle parole non riuscì a razionalizzare che il loro incontro si fosse già concluso. La stessa uscì dal locale con passo deciso e sinuoso prima che, il giovane assistente potesse fare qualcosa per fermarla.
 
JJ e Daisuke erano in macchina che aspettavano da tempo indefinito l’arrivo di Andrea. Entrambi agitati rimasero chiusi nel loro silenzio sino al suo ritorno. Già da una certa distanza JJ si rese conto che il ragazzo biondo aveva una espressione abbastanza delusa sul volto.
Andrea entrò silenziosamente in auto facendo attenzione che in giro non ci fossero occhi indiscreti. Appena prese posto sul sedile posteriore entrambi i componenti dei BB5 si girarono verso di lui, con uno sguardo ansioso e interessato.
«Beh, Andrea non restare lì impalato. Dicci tutto quello che hai scoperto…» lo spronò JJ impaziente.
Andrea non sapeva da dove iniziare.
«Cosa aspetti straniero? Vuoi tenerci sulle spine ancora per molto?» JJ iniziava a perdere la sua già labile pazienza. Andrea era nel panico più assoluto.
Così, quasi leggendo la sua incertezza negli occhi, Daisuke si decise a intervenire per incoraggiarlo.
«Su Andrea dicci cosa è successo, non avere paura,  nessuno ti mangerà se quello che ci racconterai non corrisponderà perfettamente alle nostre aspettative».
Così più convinto iniziò a raccontare tutto senza esitazioni. Dopo aver raccontato quello che aveva appreso da quel colloquio, sotto gli occhi scettici e poco convinti di Daisuke e quelli più delusi e pieni di domande di JJ,  consegnò anche l’ultimo pezzo del puzzle che completava il quadro insolito di quell’incontro. JJ  prese la busta tra le mani e l’aprì sotto gli occhi degli altri due. La fotografia immortalava una ragazzina tredicenne con delle lunghe trecce e un lungo vestito bianco. Era Akiko. Alla sua sinistra si trovavano una donna e un uomo di bell’aspetto con uno sguardo sereno e felice. Erano i suoi genitori adottivi. Su questo non c’erano dubbi. JJ più guardava quella foto e più non riusciva a capire. Finché non sentì Andrea esultare alle sue spalle.
«È lei!».
«Chi?» chiese Daisuke incuriosito, guardandosi intorno.
«la donna della foto!»
«cosa vuoi dire? Spiegati meglio!»aggiunse JJ.
«la donna nella foto è la stessa signora che è venuta all’incontro di oggi!»
«dici sul serio? Non ti starai sbagliando vero?» chiese dubbioso Daisuke.
«certo che no!»
Battendo un pugno sul palmo dell’altra mano JJ attirò l’attenzione degli altri due.
«Ora è tutto chiaro, ed ho anche capito dove avevo già visto questa donna »
«Dove?» chiesero all’unisono Daisuke e Andrea.
«E’ la moglie del futuro erede della nota Takeda. Un’azienda farmaceutica molto conosciuta qui in Giappone. Non so come ho fatto a non pensarci prima. Un giorno vidi la sua foto pubblicata su un giornale era insieme all’intera famiglia. Sarà stato un paio di anni fa.»
Continuando estrasse anche l’ultimo bigliettino contenuto all’interno della busta. Era segnato il nome di una nota struttura ospedaliera.
I tre si scambiarono degli sguardi preoccupati. Consapevoli che quel luogo non portasse affatto buone notizie.
 
 
 
 
ITALIA:
 
Mary ed Eichi erano seduti sulle altalene di quel parco giochi ormai abbandonato, in cui l’unico rumore a persistere era lo stridulo eco ritmico quasi musicale degli ingranaggi delle giostre.  Erano le nove e ormai il sole aveva ceduto il suo posto a una luna piena e a un cielo stellato nel quale erano chiare le costellazioni estive al pari di sapienti disegni celesti.
I due si dondolavano silenziosamente. Finché Eichi si decise a rivolgerle la parola. Aveva ben chiaro cosa le avrebbe detto. Puntò i piedi si arrestò sulla sua postazione. Poi con sguardo serio si rivolse a una Mary taciturna con il volto rivolto verso il cielo profondo e nitido di quella sera.
«Mary, è arrivato il momento di spiegarti tutto» ammise con sicurezza. La stessa si fermò voltandosi verso di lui, non disse nulla ma era indubbio che il sguardo attendesse ormai stanco delle spiegazioni. Eichi proseguì con fermezza. Ormai aveva deciso di aprirsi a Mary. La sua mente tentennava insicura mentre il cuore lo incoraggiava a rischiare. Non era semplice per lui che aveva vissuto tanti abbandoni rischiare di fidarsi di una persona conosciuta da poco, ma il suo cuore lo spingeva ad aprirsi così spontaneamente da non permettere al più piccolo pensiero negativo di offuscare la sua decisione. Inspirò profondamente prima di proseguire.
«quello che ti dirò spero non cambierà nulla nel nostro rapporto. Questo devi promettermelo. Non vorrei mai che la nostra amicizia finisse per questo.».
Amicizia... ovvio, che ti aspettavi Mary? Per lui sei solo una persona di passaggio...” Mary mosse la testa per sottolineare la sua approvazione «d’accordo, però dopo vorrei dirti qualcosa anche io…» puntualizzò.
Voleva mettere in chiaro quello che provava una volta per tutte. Eichi gli piaceva davvero.
Eichi acconsentì prima di alzarsi dal sellino dell’altalena e mettersi di fronte a una Mary ancora seduta che forse per scaricare la tensione del momento aveva ricominciato a dondolarsi leggermente. Quell’altalena sgangherata su cui era ancora seduta emetteva un cigolio sinistro ogni volta che tornava in asse. Mary notò come quel suono facesse sembrare ancora più vuoto quel parco già abbandonato. Erano l’uno di fronte all’altro adesso. Eichi le si avvicinò  lentamente dopo averla raggiunta le si accovacciò vicino le cinse le mani con le sue e finalmente si preparò a parlare. Mary che osservava dall’alto della sua seduta Eichi aveva paura che quello che di li a poco avrebbe appreso avesse il potere di cambiare inesorabilmente il loro rapporto. Era un presentimento che si portava dentro e che la raggiunse  inaspettatamente proprio in quel momento. Fino ad allora la verità era le sembrata la soluzione migliore ma adesso che leggeva la preoccupazione negli occhi di Eichi incominciava a farle paura. I loro sguardi si incontrarono intensamente come durante il loro primo incontro, quando attraverso gli stessi cercarono di studiarsi e conoscersi a vicenda. Quella volta era lei a guardare Eichi dal basso adesso era lei a sovrastarlo…
«Mary, tu sai benissimo che non era mia intenzione mentirti. Purtroppo molte cose della mia vita ho deciso di tenerle nascoste egoisticamente, perché avevo paura di ferire me stesso. So di averti messo in una situazioni difficile da sopportare. Però d’ora in avanti ho intenzione di essere sincero fino in fondo, perché ho capito che scappare non porta a nulla.  Non chiedermi il perché, ma penso che al momento tu sia l’unica capace di capirmi sul serio. Ho deciso che voglio raccontarti tutta la verità. Te la sentiresti di ascoltarmi e magari di aiutarmi?».
Mary non riusciva ancora a vederci molto chiaro, ma in cuor suo voleva conoscere la verità e si meravigliò di scoprire che più che per sanare i suoi dubbi voleva apprenderla per poter essere di aiuto ad Eichi.
«certo che voglio conoscerla, a patto che non includa omicidi o scene del crimine. In quel caso potrei essere accusata di occultamento di informazioni utili allo svolgimento delle indagini. E francamente non credo di essere ancora pronta a questo genere di cose » confessò con più leggerezza Mary nella speranza di allentare la tensione del momento. Sapere che Eichi si fidava così tanto di lei e che addirittura chiedesse il suo aiuto l’aveva inspiegabilmente resa più tranquilla e ottimista. In un certo senso quel senso di frustrazione rabbia provato quando l’aveva abbandonata lì su quel marciapiede neanche un’ora fa erano stati completamente cancellati da quelle sue poche parole. Mary sapeva che non sarebbe riuscita a mostrargli rancore ancora per troppo tempo. Non era il tipo di persona da mantenere il broncio allungo. Questo lato lo aveva preso da sua madre. Non sapeva spiegarselo ma il suo cuore non riusciva a rimanere in collera per troppo tempo, o almeno non ci riusciva in maniera particolare con Eichi.
Lui le sorrise risollevandosi.
«tranquilla non sono ancora diventato un serial killer, comunque grazie di avermi avvisato per tempo. Nel caso in cui decidessi di confessare un omicidio non verrò sicuramente da te.»
«ci mancherebbe…» aggiunse Mary con un sorriso che le fuggì spontaneo.
Eichi non poteva fare a meno di rimanere incantato ogni volta che Mary sorrideva. Come accadeva a lui anche Mary non rideva spesso però quando quel sorriso esplodeva così spontaneo e imprevedibile sul suo viso provocava in lui una reazione così piacevole da renderlo inspiegabilmente sollevato a sua volta. Vederla felice rendeva felice anche lui. Era come vedere un riflesso di se stessi nell’altro. Così che ogni sorriso di Mary si rifletteva su di lui. Era come in una reazione a catena invisibile e misteriosa, come il loro stesso legame. Lui le sorrise complice finché anche Mary non riacquistò quel tanto di serietà che permettesse ad Eichi di continuare con il suo discorso.
«Eichi, sono pronta adesso voglio conoscere tutta la verità.» ribadì Mary.
Eichi fece un respiro profondo per riordinarsi le idee e trovare la forza di confessarle la verità. In cuor suo sapeva che quella semplice confessione ne avrebbe richiamate altre molto più scomode, ma questa volta voleva fidarsi e provare a lasciarsi andare.
 Sfilava avanti e indietro pensieroso mentre Mary ancora seduta in attesa lo fissava incuriosita. Poi si fermò e guardandola negli occhi era pronto a mettere a nudo la sua identità.
«Sono una Popstar» confessò sintetico.
Per pochi secondi Mary rimase immobile interdetta quasi sottoshock. Sembrava avesse smesso anche di respirare. Poi improvvisamente esplose in una risata così fragorosa da fare eco in quell’ampio spazio deserto.
«si certo una popstar e io sono la sorella di Jennifer Lopez, ma dai Eichi finiscila di scherzare… »
Eichi rimase serio e non si smosse continuando a guardare Mary intensamente.
«non sto scherzando…» si apprestò ad aggiungere quando vide che Mary non era intenzionata a prendere sul serio la sua affermazione.
«suvvia non penserai che mi beva una storia del genere.» disse mentre con l’indice si asciugava due piccole lacrime agli angoli degli occhi.
«Mary sono una popstar e sono venuto dal Giappone a causa di alcuni problemi sorti nella mio gruppo.».
Mary a quel punto iniziò a prendere più sul serio le parole di Eichi. Il suo sguardo era troppo severo e contrito per essere uno che la stava prendendo in giro.
«Dici sul serio?» domandò ancora leggermente scettica.
«Si, dico sul serio. Il mio gruppo si chiama BB5 e siamo molto noti in Giappone.»
“Cavolo se quello che dice è vero allora per me non ci sono proprio speranze. Ma perché mi innamoro sempre dei ragazzi sbagliati. Se prima le possibilità di costruire un legame erano difficili ma possibili adesso questa eventualità è diventata del tutto irragionevole.”
Mary era rimasta immobile con lo sguardo vitreo e vuoto di chi ha appena preso coscienza di una verità difficile da sopportare.
«te la sentiresti di conoscere tutta la storia adesso che sai chi è la persona che hai davanti?» domandò in tono premuroso Eichi notando lo sguardo perso e leggermente disorientato di Mary.
Lei seppe solo emettere un leggero gemito di approvazione. Eichi diede un’occhiata al telefono che Luigi gli aveva prestato per le emergente.
«vista l’ora credo dovremmo incamminarci verso la stazione. Durante il tragitto ti spiegherò ogni cosa.». Mary si sollevò dall’altalena. In quel momento l’aria intorno a se le sembrò più pesante e soffocante del solito.  Era come se la forza di gravità la comprimesse in maniera esagerata spingendola forzatamente verso il suolo. Si sentiva pesante come se sulle spalle ci fosse un peso enorme impossibile da scrollarsi di dosso. Era così che si sentiva. Stranamente pesante.
I due ragazzi si mossero verso la stazione mentre Eichi continuava a raccontarle la sua storia.
 
 
 
 
 
GIAPPONE:
 
Era da poco passato mezzogiorno e  finalmente Andrea era ritornato a casa dal signor Marini. Dopo quello strano incontro non vedeva l’ora di buttarsi sul letto e di scrivere un’altra e-mail a sua sorella. Soprattutto per raccontarle di Daisuke.
Entrò e si tolse le scarpe come era usanza lì in Giappone e dopo aver sondato il territorio si rese conto che il signor Marini non era ancora rientrato a casa. Ora che ci pensava non ricordava neanche come facesse per nome. Da quando lo aveva conosciuto si era presentato solo una volta e d’allora nessuno lo aveva più chiamato in maniera informale. Tutti e alla fine anche lui avevano preso l’abitudine di chiamarlo solo per cognome o con l’ appellativo di “Zio”.  Così anche Andrea aveva finito per dimenticare si chiamasse in realtà. Ora che ci pensava bene conosceva davvero poco di lui. Non sapeva se aveva una famiglia, dei figli, se custodiva delle passioni o cose di questo tipo. Doveva ammettere che dopo quasi un mese di convivenza non era riuscito a scoprire molto su di lui. Un po’ per curiosità un po’ mosso anche da queste considerazioni si avvicinò alla stanza studio del signor Marini. Bussò un paio di volte per precauzione e dopo aver verificato che non ci fosse nessuno entrò furtivamente. Non sapeva ne cosa cercare ne in realtà cosa aspettarsi di trovare, ma voleva scoprire qualcosa di più sulla figura del misterioso manager. Da quando aveva messo piede in quella casa non era ancora entrato neanche una volta in quella stanza. Era molto elegante i mobili richiamavano uno stile anglosassone classico e raffinato. Alle pareti erano appesi una serie di attestati tra i quali quello a colpirlo maggiormente era uno del conservatorio. Era segnato anche il suo nome che per l’appunto era Roberto. Era riportato che tra gli strumenti appresi quello in cui si era specializzato era il pianoforte. Che strano eppure in casa non ce n’era nemmeno uno. Probabilmente aveva direzionato la sua passione musicale nel lavoro di manager. Però chissà come mai aveva rinunciato per tanto tempo per lavorare nella banca con suo padre. Questo si che era strano. Il passaggio da pianista a manager musicale era anche tollerabile ma da musicista a impiegato bancario era del tutto irragionevole. Andrea sapeva che c’era qualcosa nel mezzo che gli sfuggiva così continuò ad indagare, spinto da una sempre maggiore curiosità.
Tra i vari cassetti aperti ne trovò uno chiuso a chiave. Non era molto bravo nello scassinare le serrature così decise di abbandonare la possibilità di indagare oltre per quella sera. Stava per uscire dallo studio quando intravide una piccola luce sulla libreria. Era un vecchio carillon musicale. Si avvicinò e con premura lo caricò, stranamente non emerse alcuna melodia ne tanto menò partì il meccanismo di apertura dello stesso. Andrea se lo rigirò tra le mani per capire quale fosse il problema finché ad un certo punto sentì cadere qualcosa sul pavimento. Era una piccola chiave. La raccolse e notando il carillon aperto dovette dedurre che fosse stata nascosta all’interno. Decise di verificare se fosse davvero la chiave che cercava.   Si avvicinò al cassetto chiuso e dopo aver ruotato la chiave all’interno della serratura un paio di volte la stessa scattò. Andrea aprì con cautela il cassetto. Iniziò a indagarne il contenuto. All’interno c’era solo un’agenda rossa e una busta per raccomandate. Prese l’agenda e con attenzione meticolosa l’aprì. Dentro erano segnati appunti e numeri di telefono. Le pagine ingiallite facevano presumere che avesse molti anni. Ad una certo punto tra le varie pagine spuntò una piccola foto in bianco e nero. Un ragazzo con i capelli chiari e grandi occhi verdi era seduto su una panchina mentre stringeva in un abbraccio amichevole una ragazza davvero molto bella con dei capelli neri e lisci raccolti in una codina alta che lasciava emergere delle orecchie leggermente grandi per il suo viso piccolo e tondo. Al centro il suo naso leggermente all’insù spuntava armonioso in quel viso. Sulle loro divise uguali  nel colore e nel modello era riportato il nome “Conservatorio di musica Nicolò Puccini”. Andrea spinto dalla volontà di completare quel puzzle corse a ricontrollare il nome del conservatorio riportato nell’attestato del signor Marini. Era lo stesso. Tutto quadrava, il ragazzo nella foto era il signor Marini. Girando la foto, notò che vi erano riportate delle piccole frasi.
Roberto anche se le nostre strade dovessero separarci vorrei sapessi che nel mio cuore custodirò per sempre le dolci noti della tua musica e il caloroso affetto della tua amicizia. Con amore sconfinato la tua amica Lucia.
 
Andrea tornò a quel cassetto. Dopo aver riposto l’agenda rossa con la foto all’interno recuperò anche la busta per raccomandate sul fondo e l’aprì facendo molta attenzione. All’interno c’erano delle carte mediche.  Scorrendo tra le diverse righe due parole saltarono subito alla sua attenzione. Tumore al pancreas.
Tornò indietro per verificare che il nome del paziente fosse quello del signor Marini. Proprio in alto erano segnati il suo nome e cognome insieme alla data. Era recente, poco più di tre settimane. Andrea non poteva crederci. Cadde seduto sul pavimento mentre continuava a fissare sottoshock i fogli con i risultati medici che aveva davanti.
Eppure non aveva notato alcun sintomo particolare. Possibile che non se ne fosse accorto?
Andrea sentì un rumore di chiavi dalla serratura della porta principale. Così si apprestò a reinserire i fogli nella busta e a chiudere rapidamente il cassetto. Corse a riporre le chiavi nel carillon e uscì dallo studio di fretta. In quello stesso momento si ritrovò davanti un signor Marini sorpreso e del tutto impreparato alla sua uscita. Adesso si che era nei guai.
 
 
 
 
Erano passate l’una e finalmente Yori aveva portato a termine il suo turno di lavoro. In meno di dieci minuti si era cambiata, sistemato alla meglio i capelli e riposto la divisa da lavoro nell’armadietto, ripiegandola con cura meticolosa. Era pronta per incontrarsi con Nana, la sua amica e collega di lavoro. Era stata lei a riferirle che alla Kings Recod stavano cercando personale e così dopo un breve colloquio era stata assunta. Quel posto di lavoro si era rivelato una manna dal cielo. Era stufa di dover pesare ancora sui suoi nonni. Seppure  fare la donna delle pulizie non rappresentava la sua massima ambizione, era un modo come un altro per iniziare la conquista di un po’ di sana e giusta autonomia. “In certi casi non si può fare troppo le schizzinose” si ripeteva spesso. Infondo doveva ammettere che lavorare alla Kings Record non era tanto male, gi avrebbe dato la possibilità di incontrare molta gente famosa e chissà magari un giorno sarebbe stata notata anche lei. Per il momento si sarebbe dovuta accontentare di essere una semplice donna di servizio, avrebbe messo da parte quei sogni che custodiva segretamente sin da piccola, e che al momento si rivelavano  eccessivamente ambiziosi per le sue modeste tasche. Nonostante questo non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo. Diede un ultimo sguardo all’immagine di famiglia che aveva appesa nell’armadietto, c’erano proprio tutti : i suoi nonni, i suoi genitori e la sua sorellina. 
Erano passati dieci anni da quell’incidente e seppure le ferite e il dolore si erano attutiti la loro mancanza era così grande che certe volte le sembrava potesse toglierle tutte le forze.
Per lungo tempo si era portata sulle spalle il peso di essere stata l’unica a sopravvivere. Una colpa che l’aveva spinta spesso verso quel desiderio irrazionale e impulsivo di seguire la sua famiglia in quel mondo immateriale. Col tempo era giunta insieme con la crescita e la maturità anche la consapevolezza che essendo sopravvissuta avrebbe dovuto vivere per loro che non c’erano più e dedicare ogni sua vittoria a chi l’aveva amata in questa vita ingiusta e crudele che aveva scelto di non abbandonare ma di affrontare combattendo ogni cedimento, ogni debolezza e sconfitta.
Chiuse l’armadietto e dopo aver dato un ultimo sguardo al suo look ad uno dei tanti specchi della stanza uscì dagli spogliatoi del personale. Aveva fretta, doveva incontrarsi con Nana prima che anche la sua amica iniziasse il suo turno. Avevano all’incirca un’ora. Si sarebbero incontrate al solito bar a un isolato di distanza. Yori si infilò gli auricolari e a ritmo di musica aumentò il suo passo. Mentre si muoveva rapida verso l’uscita dell’edificio, si ricordò dell’incontro con Rio avuto qualche giorno prima. D’allora aveva avuto la fortuna di non incontrarlo. Ciò nonostante aveva preso l’abitudine di muoversi con circospezione per quei corridoi per paura di doversi imbattere ancora una volta nella figura di quell’arrogante e presuntuoso pallone gonfiato.
Si Rio, per Yori, era la conferma di quello che spesso si dice in giro sulla gente di spettacolo: l’immagine che mostrano al pubblico spesso non è quella che meglio li rappresenta.
Uscì rapida dall’edificio aveva così fretta che non aspettò nemmeno che le porte a scorrimento automatico si aprissero completamente. Arrivata all’esterno, attraversò la strada e proprio mentre era a un passo dall’altro lato della carreggiata si sentì strattonare, perse l’equilibrio e cadde a terra, nella caduta qualcosa attutì il colpo. Poco dopo quel capitombolo improvviso si rese conto che la melodia nelle sue orecchie era stata sostituita dai rumori della città, il suo mp3 era andato perso insieme ai suoi auricolari. Tutto era accaduto in maniera così rapida che si rese conto di ciò che era successo solo a fatto compiuto. Sentì il suono di un clacson in lontananza e voci concitate di persone che si riunivano intorno a lei.
 «stai bene ragazzina?» chiese una voce vicina.
Yori si sollevò rapida. Qualcuno l’aveva salvata da un incidente questo era sicuro dalle voci della gente che intorno avevano iniziato a rivolgersi a lei in modo concitato “Ragazzina sei stata proprio fortunata se non ci fosse stato quel ragazzo non so che fine avresti fatto” , “Ehi, stai bene?”,  “ma tu guarda quell’idiota che è passato anche con il rosso, non si è nemmeno fermato”,  “forse sarebbe meglio chiamare un’ambulanza”.
 
Yori dopo essersi sollevata notò la sagoma di un ragazzo stesa per terra. Era immobile. Si chinò rapida per verificare le sue condizioni. Indossava un cappello e una giacca di jeans scura. Sollevò appena il cappello per poter verificare che respirasse. Quello che notò la lasciò senza parole. Era Rio. Non era possibile.
Dopo poco lo stesso aprì gli occhi e anche il suo volto sembrò riflettere la stessa espressione incredula della ragazza che aveva di fronte.
«Non dirmi che eri tu quella pazza sconsiderata che non si guarda nemmeno intorno quando cammina…» chiese pungente come al solito mentre, con una leggera smorfia compiaciuta, si risollevava dal suolo. Un lampo di dolore al braccio lo fece tornare serio. Yori notando la sua espressione decise di ignorare le sue pessime battute e di aiutarlo invece a prendere posto su una panchina lì vicino. Rio si risistemò con l’altra mano il cappello reclinandolo sugli occhi. Aveva paura che qualcuno lo riconoscesse, anche Yori se ne era accorta. A quel punto un signore sulla cinquantina si avvicinò ai due ragazzi e chiese loro se volessero un passaggio in ospedale. Yori aveva capito che la soluzione migliore era evitare il suo aiuto, se la notizia si diffondeva Rio correva il rischio di venire assediato dai giornalisti.
«…grazie ma ho la macchina qui dietro posso accompagnarlo io.» gli spiegò Yori ugualmente riconoscente per la proposta prima di congedarsi. Lo stesso dopo aver salutato si dileguò in mezzo a quella folla che ormai rapida si stava già disperdendo.
«…grazie» aggiunse Rio richiamando l’attenzione di Yori.
«figurati, adesso è bene che ti porti in ospedale. Il tuo braccio non sembra ridotto molto bene» aggiunse prima di aiutare Rio a rialzarsi a sua volta.
Erano in macchina e alla guida c’era Yori. Giunsero in ospedale. Rio sapeva a chi si sarebbe dovuto rivolgere in modo che la vicenda non richiamasse l’attenzione di troppe persone. Il primario dell’ospedale che era anche un vecchio amico dei suoi genitori lo raggiunse e dopo aver invitato Yori ad accomodarsi nella sala d’attesa chiese a Rio di seguirlo.
Yori era lì seduta da dieci minuti in mezzo a tutte quelle persone in attesa che giungesse il loro turno.
“Certo che essere famosi apre molte porte. Se Rio fosse stato un ragazzo come molti altri adesso avrebbe dovuto aspettare il suo turno proprio come tutti qui dentro. Che ingiustizia.”
Ad un tratto i suoi pensieri furono interrotti dalla suoneria del suo cellulare. Recuperò il telefono dalla borsa. Era Nana.
«Ehi Nana»
«ma si può sapere che fine hai fatto? Sono rimasta ad aspettarti per più di mezz’ora!»
«scusa hai ragione, ma ho avuto una specie di incidente e ora sono in ospedale»
«incidente? Stai bene? Hai qualcosa di rotto?»
«no, tranquilla, non ho nulla. Sono qui per verificare le condizioni del mio soccorritore»
«sicura di stare bene? Non vuoi che venga lì da te?»
«no davvero è tutto apposto appena possibile ti racconterò tutto»
«d’accordo, io allora chiudo e inizio il mio turno. Posticiperemo il nostro incontro al più presto»
«va bene, guarda che mi devi ancora  del sushi»
«lo so, mi farò perdonare non temere»
«ci conto» detto questo la chiamata fu chiusa.
Yori non fece in tempo a riporre il telefono in borsa che vide venirgli in contro Rio con un braccio ingessato e un’espressione seria e pensierosa in viso.
«Cosa ti hanno detto?» chiese Yori andandogli incontro, preoccupata.
«secondo te?» le domandò sarcastico Rio.
«cosa posso saperne io!» ammise offesa.
“la prepotenza di questo ragazzo è davvero indescrivibile. Perché deve essere sempre così acido?”
«… mi hanno detto che la prossima volta devo pensarci due volte prima di compromettere la mia carriera per colpa di una ragazzina sbadata come te. Almeno fossi bella potrei dire che ne è valsa la pena. Bah, che spreco il mio povero braccio…»
«cosa?» Yori aveva un diavolo per capello.
«si esatto hai sentito bene, il mio braccio destro resterà bloccato in questa odiosa ingessatura per due mesi, grazie alla tua imbranataggine».
«Tu sei fuori! E pensare che quando mi hai ringraziato avevo creduto che ci fosse un minimo di umanità nel tuo cuore ma a quanto pare mi ero sbagliata. Sei un vero idiota, su questo non ci sono più dubbi. Comunque la prossima volta se hai intenzione di fare l’eroe per il solo piacere di sentirti grande rispetto a noi umili mortali sarebbe meglio non facessi nulla. E pensare che ti stavo offrendo addirittura il mio aiuto se ne avessi avuto bisogno. Che stupida. Un arrogante come te non meriterebbe la mia assistenza neanche a pagarla oro…» Yori si voltò e iniziò a muoversi rapida verso l’uscita. Quando le parole di Rio la raggiunsero chiare seppure lontane.
«…che persone meschine ci sono in giro, non è vero signora? Tu le salvi la vita e poi se ne vanno senza nemmeno ringraziarti.» lo disse gridandolo in modo che tutti nella sala d’attesa potessero sentirlo. Tutti i presenti compresa un’infermiera che era proprio vicino Yori si voltarono verso di lei con sguardo di rimprovero.
“Cavolo questo bastardo sta mettendo proprio a dura prova la mia pazienza. Va bene, se vuole la mia gratitudine l’avrà, ma non sa ancora cosa lo attende.”
Tornò indietro e prendendolo per il braccio ancora sano lo strattonò fino all’uscita. Una volta fuori puntò il suo dito indice su di lui picchiettandolo ripetutamente sul suo petto.
«Sai non ho alcuna intenzione di sentirmi dire che sono un’ingrata soprattutto da uno come te. È il mio aiuto che vuoi? E allora lo avrai che tu lo voglia o meno.» affermò con sguardo di sfida.
«beh, a dire il vero avrei proprio bisogno di te in questo momento» aggiunse leggermente divertito Rio.
Yori non smosse un ciglio ma rimase in attesa della sua richiesta.
«Ho bisogno che componi il numero della Kings Record e chieda di Hiro. Dopo passamelo. Sai con una mano sola l’operazione potrebbe riuscirmi scomoda. Stai tranquilla conoscono il mio numero non ti faranno problemi.» così dicendo prese il suo telefono dalla tasca e lo porse ad Yori che lo prese controvoglia. Digitò frettolosamente il numero e portò il telefono al suo orecchio destro. Dopo poco le rispose la centralinista. Dopo aver chiesto di Hiro a nome di Rio poggiò il telefono all’orecchio dello stesso.
«Ciao Hiro, scusami ma oggi non credo che potremo vederci, il prima possibile ti porterò le bozze del testo al massimo potresti inviarmi la traccia che ho lasciato in studio di registrazione per e-mail. D’accordo ci aggiorniamo. Ciao.» detto questo fece segno a Yori di chiudere la chiamata.
«Hai bisogno di altro?» gli domandò la ragazza in tono falsamente servile.
«Si, il minimo che tu possa fare adesso è accompagnarmi a casa.»
Yori acconsentì mentre annoiata porgeva il telefono a Rio.
«Prima di darmelo segna il tuo numero. Sai della gente è meglio non fidarsi troppo. Potresti sparire senza lasciar traccia e allora come potrei godere dei tuoi servigi?»
Yori prese il telefono tra le mani e compose un numero a caso. Non si fidava a tal punto di quel tipo da lasciargli il suo numero personale. Glielo tese nuovamente, ma neanche questa volta Rir fu disposto a riprenderselo.
«Che c’è ancora?» chiese seccata.
«Chiama quel numero che hai composto»
«perché? Non ti fidi?»
«per niente…»
“cavolo e ora?”
«beh che aspetti?»
Yori rimase immobile con il telefono tra le mani.
«come immaginavo hai composto un numero a caso… esci il tuo telefono un attimo»
Yori prese il telefono e compose il numero che Rio le stava dettato. Dopo pochi secondi il telefono di Rio squillò.
«perfetto adesso ho il tuo vero numero. Ti dispiace memorizzarlo come “imbranata”»
Yori sospirò e senza opporre resistenza salvò il numero. Dopo entrambi si mossero verso il parcheggio.
 
 
 
Il signor Marini sorseggiava con calma la tazza di the caldo che Andrea aveva appena finito di preparare. Erano in cucina e l’espressione che aveva sul viso lasciava trapelare che nel profondo qualcosa lo preoccupasse.
«mi dispiace...» furono le prime parole che il giovane assistente era riuscito a pronunciare da quando il più anziano lo aveva beccato mentre usciva di fretta dal suo studio.
«Andrea, io so che sei un ragazzo intelligente, quindi credo sia inutile continuarci a mentire. Sei entrato nel mio studio perché eri curioso di scoprire qualcosa sul mio conto, dico bene?»
Andrea si sedette al tavolo. Erano l’uno di fronte all’altro.
«si, direi di si.» ammise in imbarazzo.
«se volevi sapere qualcosa avresti potuto chiedermelo. Non ho poi questi grandi segreti» puntualizzò prima di iniziare a sorseggiare la calda bevanda.
Andrea non poté fare a meno di provare un morsa di rabbia per via di quella menzogna che il signor Marini cercava di rifilargli.
“Altro che non hai grandi segreti da nascondere. Allora il cancro cosa sarebbe?”
Si morse le labbra cercando di contenersi. Ma odiava il fatto di sapere che quelle parole erano una menzogna e allo stesso tempo non avere il potere di smentirle.
«se hai qualche curiosità chiedi pure...» lo invitò tranquillo l’uomo dalla chiara capigliatura.
I suoi occhi verdi erano così limpidi e sinceri. Con molta probabilità, in un’altra situazione, difficilmente Andrea avrebbe creduto che gli stessi fossero i complici insospettabili di una bugia ben costruita.
«siete malato?» chiese a bruciapelo Andrea.
Il più anziano non si smosse e con garbo poggiò la tazza sul tavolo.
«perché me lo chiedi?» si apprestò ad aggiungere, evitando ancora lo sguardo di Andrea.
“centro….”
«non saprei è solo che mi sembra sia così...»aggiunse sintetico Andrea.
«hai trovato la chiave dico bene?»
«io, veramente, non era mia intenzione rovistare tra le sue cose... e solo che non conoscevo nulla su di lei e la cosa mi tormentava da un po’. Mi dispiace.» ammise alla fine.
«capisco, allora credo di doverti raccontare un po’ di cose.» il più giovane si mise in posizione di ascolto: mani incrociate su tavolo e sguardo attento e curioso tipico dei bambini che si apprestano all’ascolto di una storia fiabesca inverosimile.
«Bene, immagino tu ti sia chiesto il perché di molte cose. Come del mio diploma al conservatorio. Per spiegarti temo dovrò tornare indietro di molto tempo. Io e tuo padre ci conosciamo da quando più o meno avevamo la tua età. Avevo vent’anni quando conobbi tua madre al conservatorio. Frequentavamo entrambi le lezioni di pianoforte della professoressa Nicoletti. Divenimmo molto amici. In realtà il nostro era un trio. Io e tua madre suonavamo il pianoforte mentre un’altra nostra amica, Lucia era la chitarrista del gruppo. Lei è in realtà la madre di Eichi. Al secondo anno della nostra amicizia tua madre conobbe tuo padre e da lì sbocciò l’amore. Purtroppo il nostro rapporto di amicizia non trovava spesso la possibilità di consumarsi al di fuori delle mura del conservatorio, anche perché ricordo benissimo che c’era un amico di tua madre che non sopportava la mia presenza. Se non ricordo male si chiamava Francesco. Dopo che i tuoi genitori si misero insieme lui scomparve letteralmente.  Per un breve periodo tornammo a frequentarci finché anche la scuola finì. Per una serie di motivi ci perdemmo di vista nuovamente. Io purtroppo a seguito di un incidente dovetti abbandonare la carriera musicale. Ripresi la strada che la mia famiglia aveva scelto per me già da molto tempo prima. Mi laureai in economia e commercio, per la gioia dei miei genitori, e dopo un paio di anni mi ritrovai a sostenere un colloquio proprio al cospetto di tuo padre. Così iniziai a lavorare nella compagnia bancaria di tuo padre».
«E Lucia?» chiese Andrea ansioso di conoscere tutti i dettagli di quella storia.
«Lucia?» ripeté incupendosi il Signor Marini «Beh io e lei ci perdemmo di vista quando decise di venire in Giappone. Si era innamorata di un ragazzo giapponese che riuscì a convincerla a seguirlo nella sua città natale. A dire il vero inizialmente cercai di persuaderla a rimanere in Italia. Ma lei fu impassibile: per niente al mondo sarebbe tornata indietro sulla sua decisione. Devo ammettere che ci lasciammo nei peggiori dei modi. Dopo due anni di silenzio mi spedì una lettera, io all’epoca frequentavo il secondo anno di università. All’interno mi sorpresi di trovare la foto di un bambino dai lineamenti orientali: era Eichi. Mi raccontò che si vergognava molto per il modo con cui ci eravamo lasciati e che se era stata restia a spedirmi prima quella lettera era stato solo perché aveva pura di quello che avrei potuto pensare io della sua decisione. Mi scrisse che nonostante il padre di Eichi l’avesse lasciata lei era ugualmente felice in Giappone e che non sarebbe tornata indietro per niente al mondo. Se era felice, nonostante tutto, chi ero io per giudicarla. Le scrissi una lettera di risposta molto chiara dove le spiegavo che ero contento che lei conducesse una vita serena nonostante tutto. Da lì iniziamo un rapporto epistolare fitto, nel quale mi raccontava spesso di Eichi e di quanto suo figlio sentisse la mancanza di una figura paterna. Mi raccontò delle lezioni di chitarra che lei spesso le dava e del desiderio di Eichi di studiare anche pianoforte.  Quando mi raccontò della carriera musicale che aveva intrapreso, mi scrisse che le avrebbe fatto piacere se io le fossi stato vicino. Quella situazione la spaventava non poco. All’epoca io non è che avessi molto da perdere: ero stato sposato, ma il mio matrimonio finì proprio a causa del mio rapporto epistolare con Lucia. Non avevo figli e stranamente fui spinto da una forza esterna a lasciare tutto e ad andare in Giappone. Se mi chiedi cosa mi avesse spinto a farlo forse ancora oggi non saprei darti una risposta precisa. Forse sentì la reale richiesta di aiuto di Lucia tra le righe di quella lettera e non fui capace di tirarmi indietro o più semplicemente la vita in Italia non mi soddisfaceva più. Arrivato in Giappone fui ospitato per un po’ di tempo a casa di Lucia, conobbi Eichi e infine fu proprio lui e sua madre a propormi come manager del gruppo. Mi meravigliai di essere molto portato per quel nuovo lavoro. Nel frattempo il gruppo era cresciuto conquistando un certo successo anche all’estero. Diciamo che da non avere figli mi ritrovai a badare a un gruppo di 5 ragazzini per nulla facile da gestire. Per me loro sono i figli che non ho mai potuto avere nella vita. Voglio loro un bene sconfinato. Forse proprio per questo che ho preferito tenere nascosta la mia reale condizione di salute. Non vorrei mai che si preoccupassero più del dovuto. Hanno così tanti problemi al momento e non vorrei mai essere un peso per loro».
Andrea aveva finalmente capito tutto.
«Non credo sia molto giusto. Loro e soprattutto Eichi ne dovrebbero essere messi al corrente. Per quanto crede di poterlo tenere nascosto?»
Il signor Marini si meravigliò della risolutezza di quel ragazzino. Era molto più maturo di quanto dava a vedere anche se alle volte la sua indole impulsiva lo faceva ritornare nei panni del ragazzino che era in realtà, «cosa le hanno detto i medici?» chiese diretto Andrea, senza dare la possibilità al più anziano di controbattere.
«se tutto va per il meglio mi restano due anni di vita. Dovrò sostenere una chemioterapia serrata. Il mio fisico inizierà a indebolirsi e probabilmente nell’arco di dieci mesi sarò così debole che dovrò abbandonare il mio lavoro. Purtroppo mi è stato diagnosticato un cancro al  secondo stadio. Ora l’unica cosa che vorrei portare al termine prima che finiscano questi dieci mesi è una ed una sola…»
«cosa?» chiese interessato Andrea.
«vorrei che il gruppo iniziasse il suo tour mondiale. A causa delle loro ultime divergenze lo stesso è stato posticipato. Mi farebbe piacere vedere riconosciuto il loro talento anche all’estero oltre che rivederli vicini e riappacificati. Prima che il mio tempo si concluda mi farebbe piacere trovare una persona dai giusti valori capace di seguire la loro carriera come ho fatto io in tutti questi anni. Una persona onesta e sincera capace di comprenderli aiutandoli a dare sempre il meglio. Sai Andrea appena ti ho conosciuto ho visto qualcosa di speciale in te qualcosa che mi ricordava me stesso. Tutte queste qualità ti appartengono e se decidessi di sostituirmi mi renderesti molto felice. Ovviamente non vorrei mai costringerti, sia ben chiaro, è solo un mio desiderio. Tutto qui. Quindi non sentirti obbligato.»
«sarebbe un onore» aggiunge Andrea sollevandosi dalla sedia e avvicinandosi al signor Marini.
«lei però deve promettermi che non mi mentirà più e che al più presto avvertirà anche glia altri ragazzi della sua reale condizione.»
«d’accordo cercherò di fare del mio meglio»
«cercheremo di farlo entrambi» sottolineò Andrea sorridendogli prima di congedarsi con un inchino.
Andrea sei proprio un bravo ragazzo. Mi spiace averti dato un’altra brutta situazione da digerire. So che eri venuto qui per allontanare i cattivi pensieri e invece adesso dovrai sopportare anche questa responsabilità. Caro ragazzo, hai il cuore grande ti tua madre e la spiccata intelligenza di tuo padre. Farai grandi cose, nella tua vita, su questo non ci sono dubbi. Mi spiace solo che non potrò esserci per vederti risplendere.”
Il signor Marini buttò giù in un sol colpo quello che era rimasto del the e dopo aver spento le luci tornò nel suo studio. Prese la chiave dal carillon e dopo aver aperto il cassetto chiuso della sua scrivania, riprese l’agenda rossa che teneva segretamente custodita all’interno. L’aprì e recuperò la foto in bianco e nero riposta con cura tra quelle pagine ingiallite. La tenne stretta tra le sue mani come se la stessa potesse portarlo indietro nel tempo, a quella fase spensierata della sua vita. All’epoca credeva che avrebbe avuto tutta la vita davanti per realizzare i suoi sogni. Adesso invece si rendeva conto di quanto tempo prezioso avesse sprecato inutilmente. Fu in quel momento che finalmente comprese che avrebbe dovuto fare un’altra cosa prima che il tempo per lui finisse per sempre. Prese carta e penna e iniziò a scrivere.
 
 
 
 
 
 
ITALIA
 
Tra un racconto e l’altro, i due ragazzi, erano finalmente giunti in stazione. Eichi aveva rivelato molte cose del suo passato: dalla storia di suo padre e di come conoscesse davvero poco di lui, o ancora di sua madre e dei suoi primi anni da adolescente. Per paura di affrontare l’argomento era stato attento a non menzionare troppo presto il gruppo di cui faceva parte.  Purtroppo per Eichi il momento tanto demandato sembrava essere arrivato. Entrambi presero posto su una panchina in attesa dell’ultimo autobus di linea quando Mary, comprese dai continui giri di parole di Eichi che il ragazzo non era ancora pronto ad affrontare il discorso riguardante il motivo della sua partenza.
«Eichi potrei sbagliarmi, ma sembrerebbe quasi che tu stia evitando di parlare della band, non so cosa sia successo per averti spinto a venire in Italia ma di sicuro deve essere stato qualcosa di molto grave altrimenti non avresti preso una decisione così drastica. Penso che ora per te sia ancora molto difficile parlarne. Ovviamente non voglio che tu soffra solo per saziare  la mia egoistica curiosità. Quindi se non te la senti di raccontarmene stasera non mi arrabbierò. Non ho fretta, quando ti sentirai pronto a parlarne io sarò qui.»
Eichi fu sorpreso e grato di scoprire che Mary aveva compreso quale fosse il suo problema. Forse avrebbe aspettato ancora a raccontarle tutto: della band di Misako e Hiro. Per quella sera, forse, poteva bastare.
«Grazie, devo ammettere che mi sento leggermente stanco.»
«lo immaginavo. Ti andrebbe se parlassi un po’ io adesso?» chiese Mary.
«certo, è quasi un ora che parlo solo io. Devo averti annoiata» aggiunse Eichi.
«Fidati più che annoiata direi che mi hai lasciata senza parole. Fino a poche ore fa credevo tu fossi un ragazzo come molti altri e invece sei una di quelle persone irraggiungibili per le quali le ragazze si strappano i capelli ai concerti. Già immagino quante di loro pagherebbero per stare al mio posto in questo momento. Assurdo, sono amica di una pop star!»
«quindi adesso siamo amici?» chiese Eichi divertito, mentre rammentava della litigata avvenuta in ospedale.
«in realtà diciamo che lo sei al 50%. Ricordi? Mi devi ancora avverare due dei miei desideri! Però voglio essere buona. Visto che il primo ha richiesto uno sforzo non male lo valuterò al 50% gli altri invece varranno il 25%. Quando arriverai al 100% allora potremo tornare ad essere amici.»
«capisco... al momento non hai un desiderio che vorresti si avverasse?»
Mary si strofinò il mento pensierosa «in realtà ora che ci penso ci sarebbe una cosa…»
«quale?» chiese Eichi sempre più curioso.
« Al momento giusto lo capirai da solo»
«va bene, come vuole la mia padrona. Per stasera il suo genio della lampada metterà da parte le sue incredibili doti magiche»
«si certo.. incredibili» aggiunse Mary scoppiando in una risata poco contenuta. Eichi la seguì. Dopo poco Mary tornò seria.
«Eichi, posso chiederti cosa pensi di me?»
«cosa penso di te?» ripeté stupito Eichi. Non si aspettava una domanda del genere.
«si vorrei capire il motivo per cui pensi che io possa aiutarti…»
«vuoi che ti dica cosa ho trovato in te che mi ha dato così tanta fiducia …»
«si diciamo…»
«per quello che ho visto sei un’amica leale, una persona sincera e sensibile, testarda ma disponibile. Sei una ragazza speciale.»
«tutto qui?» chiese leggermente delusa.
«ovviamente no… in te c’è qualcosa come una fiamma che mi da calore. Se sono vicino a te mi sento meglio. È come se mi ricaricassi. Sembra stupido vero?»
«per niente, anzi è la stessa cosa che sento io… sai credo in fondo che noi due..» Mary non riuscì a completare la frase. Il rumore stridente dei freni dell’autobus coprì le sue parole.
«cosa?» chiese Eichi quando i rumori del bus si arrestarono.
«niente, credo sia solo l’ora per noi di ritirarci» gli spiegò prima di avvicinarsi alle porte dell’autobus. Entrambi vi salirono per fare ritorno a villa Rosa: quella sarebbe stata la loro ultima sera in quella abitazione estiva ricca di bei ricordi.
 
 
 
 
 
GIAPPONE
 
Yori era leggermente a disagio in quella casa super tecnologica con maxischermi sparsi ovunque. Rispetto al suo misero appartamento quello sembrava Versailles. Si guardava in torno con aria sognante.
“deve essere proprio bello essere ricchi e famosi. Indubbiamente ci saranno situazioni spiacevoli da sopportare ma credo che sarei disposta anche ad accettarle pur di aver un appartamento del genere. Chissà che faccia farà Nana quando le racconterò questa storia.”
Un colpo di tosse alle sue spalle la riscosse dai suoi pensieri. Era Rio.
«Seguimi» le ordinò sintetico. Yori fece come le fu detto. Giunsero in un’enorme stanza adibita a studio di registrazione. “Ovviamente in questo enorme appartamento non poteva di certo mancare anche l’attrezzatura per registrare e modificare le tracce audio!!”.
Yori in quel momento rammentò il primo incontro-scontro avuto con Rio alla Kings Record.
“Chissà come mai viene alla Kings Record di notte per lavorare alle tracce audio se ha un intero studio di registrazione tra le mura di casa? Certo che questo ragazzo è davvero strano!”
«che fai lì impalata? Chissà in quale razza di bettola vivrai se un appartamento di questo tipo ti lascia senza parole.»
«idiota..» gli rispose Yori scoccandogli un leggero pugno sul braccio ancora sano.
Ma tu guarda questo idiota patentato. Avevo proprio ragione quella sera alla Kings Record: gli servirebbe proprio una lezione di buone maniere”.
«scusa e poi che ne sai… guarda che casa mia è molto più grande di questa. Forse non avrà tutti questi aggeggi supertecnologici ma di sicuro è molto più accogliente delle tua» aggiunse mostrandogli una linguaccia indispettita.
«… assomigli proprio a una persona che conosco. Forse è anche per questo che lo stare con te mi innervosisce»
«cosa?» sbottò la ragazza mentre cercava di mantenere calma quella vocina interiore che le diceva “dai Yori spacca la faccia a quel pallone gonfiato che aspetti!!!”.
« Devo ammettere che alle volte ragazzina sei davvero infantile. Sai non c’è bisogno che ti inventi le cose, basta che tu dica la verità sulla tua vita sotto la media. Credimi nascondersi dietro false apparenze non porta da nessuna parte. E poi reggere il confronto con la mia vita è del tutto inutile.»
“Ma tu guarda questo pallone gonfiato
«senti, non ho voglia di discutere con te, dimmi cosa vuoi che faccia. Non vedo l’ora di sbrigarmi e tornare a casa mia anzi come dici tu alla mia bettola.»
«come vuoi. Ho bisogno di te, devo scrivere le parole di una canzone, ma ovviamente con la mia mano destra bloccata mi è difficile. Sarai la mia dattilografa.»
«scusami? ma quanto tempo pretendi che io resti qui con te?»
«il tempo che servirà»
«tu stai scherzando!»
«come ti ho già detto io non scherzo mai. Però se vuoi che io sporga una denuncia a tuo carico fai pure…»
Dopo aver fatto un profondo sospiro Yori si rassegnò alla cosa. Dopo essersi seduta su una sedia raccolse un blocnotes lì vicino e una penna e si mise in posizione di lavoro. Aveva capito che obbiettare avrebbe comportato solo inutili discussioni che avrebbero inevitabilmente prolungato la sua, già straziante, presenza in quella casa.
 
 
JJ era davanti l’ingresso di quell’imponente edificio. Intorno al viso un foulard, agli occhi un paio di occhiali scuri e infine un cappello nero sulla testa erano gli unici elementi del suo abbigliamento a proteggerlo da un assalto di massa. La prudenza non era mai troppa nonostante il suo abbigliamento risultasse poco in sintonia con il clima afoso della giornata non poteva rischiare che lo riconoscessero. Ciononostante il caldo era davvero insopportabile. Sia Daisuke che Andrea erano stati concordi e lo avevano spinto a provare. Non c’erano altre strade per conoscere la verità e questa volta avrebbe dovuto affrontarla da solo.
Dall’esterno quella struttura ospedaliera non sembrava male, di sicuro era la migliore che si potesse trovare in Giappone. Dopo aver dato un ultimo sguardo a quella fotografia, prese coraggio e si decise ad entrare.
All’ingresso un’infermiera sulla quarantina lo guardò con curiosità.
«scusi signore posso aiutarla?» chiese cercando di richiamare la sua attenzione.
«si grazie cerco una persona, forse lei può aiutarmi. Si chiama Akiko…» “Aspetta ma quale sarà il suo cognome? Giusto! Se è davvero la figlia adottiva di quella donna potrei provare …”
«…la figlia della Signora Aoki»
« lei sarebbe?» Chiese mentre alzava la cornetta di un ricevitore telefonico.
“e ora che le dico? Beh la verità è l’unica strada”.
«Sono Yuki Kitamura, un amico di Akiko»
L’infermiera non sembrava aver fatto troppo caso al suo nome o più semplicemente non conosceva molto il mondo dello spettacolo per ricordarsi quale fosse il vero nome di JJ dei BB5. Che fortuna pensò JJ mentre aspettava che l’infermiera finisse la sua chiamata interna.
«prego signor Kitamura può accomodarsi un attimo, a breve qualcuno verrà da lei»
JJ sedette a una delle tante poltrone bianche della hall. Finalmente fu raggiunto da una Donna sofisticata sulla cinquantina. Era la stessa signora della foto solo con qualche anno in più. Andrea non si era sbagliato.
«JJ?»
Il ragazzo ancora tutto imbacuccato fece di si con la testa mentre sollevatosi reggeva il confronto con lo sguardo indagatorio della donna.
«perfetto mi segua..» e gli fece segno di seguirla.
JJ doveva venire a capo di alcune cose prima di incontrare Akiko e quello era il momento giusto e la persona giusta a cui chiedere delle informazioni.
«mi scusi lei è la signora Aoki dico bene?»
«mi stupisco che lei debba domandarlo, credevo fosse più perspicace di così.»
«mi scusi, vorrei solo sapere alcune cose prima di incontrare Akiko.»
L’elegante figura continuava a procedere a passo spedito tra i diversi corridoi dell’ospedale.
Senza degnare JJ nemmeno di uno sguardo.
«faccia pure le sue domande…»
«Prima di tutto cosa ha Akiko? Sta davvero molto male?» chiese preoccupato.
«non saresti qui se non fosse così…»
«cos’ha?»
La donna improvvisamente arrestò il suo passo spedito davanti a una porta con il cognome Aoki e il nome di Akiko. La figura femminile voltandosi verso JJ con uno sguardo fiero come fosse di ghiaccio, difficile da scalfire e impossibile da penetrare si rivolse in tono risentito verso il giovane cantante.
«come se non lo sapessi! Sei stato con lei tutti quegli anni all’orfanotrofio e davvero non sapevi nulla delle sue condizioni di salute?» JJ non riusciva a capire come mai quella donna usasse quel tono accusatorio proprio con lui e poi cosa poteva saperne, all’epoca era solo un ragazzino.
«mi spiace so solo che Akiko all’epoca non poteva sforzarsi più del dovuto e che era di salute cagionevole, nulla di più.»
«ah! Non riesco proprio a capire cosa Akiko trovi in te. Una persona che è sparita senza nemmeno provare a cercarla per tutti questi anni. Dimmi, davvero ti interessano le condizioni di Akiko?» JJ avvicinandosi a quella porta bianca fece di si con la testa  senza in realtà aggiungere nulla. Sapeva di essere sparito in maniera brusca però cos’altro avrebbe potuto fare? Pensava che era meglio per Akiko ricominciare una vita spensierata senza di lui. Perché cercarla? Non voleva rivivesse il passato attraverso di lui. Se avesse saputo prima che in realtà Akiko sentiva la sua mancanza proprio come lui la sua allora avrebbe fatto il diavolo a quattro per ritrovarla, invece di rinunciare pensato a cosa era più giusto per lei. Invece che farle rivivere il passato voleva vivesse serena il suo  futuro, costruendo una vita migliore per se stessa anche se questa non avrebbe compreso più lui.
«se ha finito di accusarmi io entrerei...» esordì mentre con una mano chiusa a pugno si preparava a bussare contro quell’unico ostacolo che lo teneva lontano da una delle persone più importanti della sua vita un legame che aveva custodito segretamente nel suo cuore per tutti quegli anni. L’unica cosa che avrebbe salvato del suo passato erano i ricordi dei bei momenti passati con Akiko. Ma quella donna cosa poteva saperne.
«prima di entrare voglio che tu esamini davvero quali sono le tue intenzioni, perché superata quella soglia non potrai più voltarle le spalle. Io non te lo permetterò. Non voglio vedere mia figlia soffrire una seconda volta». JJ aveva finalmente compreso il motivo del rancore nei suoi confronti. Ma lei non conosceva nulla di lui ne del suo rapporto con Akiko.
«non ho bisogno delle sue minacce, se dietro quella porta troverò la mia Akiko sarò io a non volerla più lasciare. Lei non conosce quanto sia determinato il mio carattere. Una volta entrato sarà lei a dover sopportare la mia presenza e non di certo io a sopportare le sue minacce. Io non lascerò Akiko per niente al mondo. Ad ogni modo se davvero lei pensa che io sia un ipocrita insensibile e indifferente perché mi sta permettendo di rivedere Akiko? Dovrebbe essere lei a riflettere sulle sue intenzioni, perché una volta che la ritroverò non la lascerò andare più via così facilmente. È davvero disposta a sopportare tutto questo?»
La donna si ritrovò del tutto impreparata davanti all’impudenza di quel ragazzo.
Vedendola in silenzio JJ decise di voltarsi e bussare. Non aveva voglia di perdere tempo in quel modo. La sua Akiko aveva bisogno di lui e questa era l’unica cosa che davvero gli importava.
Prese coraggio e bussò un paio di volte. Non sapeva come Akiko avrebbe reagito e in fondo non sapeva neanche lui cosa avrebbe fatto ma sapeva che aveva una voglia irrefrenabile di rivedere il suo viso. Quegli occhi e quel sorriso che gli erano mancati per tutti quegli anni.
Una flebile voce dall’interno lo invitò ad entrare. JJ prese un grosso respiro ed aprì la porta. La luce che entrava dalla finestra era davvero eccessiva rispetto a quella appena soffusa dei corridoi. Akiko era seduta su una sedia a rotelle davanti a una finestra spalancata su un cielo azzurro e limpido. Gli voltava le spalle, probabilmente non sapeva nulla del suo arrivo.
Le tende si muovevano fievolmente sospinte da una leggera brezza. I capelli di Akiko erano stati raccolti di lato e lasciavano scoperto il collo. Era davvero così sottile. JJ si rese conto di come tutto il suo corpo fosse minuto. Sembrava fatta di ceramica.
Non sapeva davvero cosa fare ne tanto meno cosa dirle. Come avrebbe potuto iniziare un discorso?
«Akiko, sono tornato».
Ecco finalmente aveva trovato le parole giuste.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ITALIA
 
Era tardi e Marco non  sapeva davvero come spiegare la cosa a suo padre. Doveva dargli un valido motivo per non minacciare più il signor Luigi, altrimenti Eichi avrebbe riferito a Mary del suo piano.
Bussò un paio di volte alla camera studio di suo padre. Dopo pochi minuti una voce lo invitò ad entrare. L’autoritaria figura genitoriale era intenta a controllare le carte relative all’apertura del nuovo magazzino e sembrava prestare poca attenzione a Marco che nel frattempo si era seduto sulla sedia di fronte la scrivania del padre. Aspettava che lui finisse con le sue pratiche prima di iniziare la conversazione. Inoltre, restare li in attesa era un modo come un’altro per pensare a una scusa plausibile. Non poteva di certo raccontargli di come quel ragazzino fosse riuscito a rigirare la situazione a suo favore.
Dopo qualche minuto Francesco si avvicinò a una credenza e aperta la vetrinetta uscì una bottiglia di rum. Ne versò il contenuto in un bicchiere di vetro e poi tornò a sedersi sulla poltrona. Adesso era finalmente pronto ad ascoltare cosa aveva da dirgli suo figlio.
«perché sei qui? Hai bisogno di altri soldi?»
«no, ho bisogno di parlarti di Mary...»
«non dirmi che sei riuscito a conquistarla così presto? Allora quando volete fissare la data?»chiese mentre sorseggiava quel liquido brunastro.
«no, veramente volevo chiederti se ti era possibile lasciar perdere tutta questa faccenda. Ci ho pensato e credo di voler conquistare Mary con le mie sole forze. Averla senza il suo amore non sarebbe la stessa cosa.»
L’uomo sedutogli di fronte non finì di sorseggiare la sua bevanda e sbatté violentemente il bicchiere sulla scrivania.
«cosa cavolo ti viene in mente ora? Sei impazzito! Non ti lascerò gestire la cosa in questo modo sappilo...»
«non ti fidi delle mie capacità?» chiese sconcertato Marco.
«certo che non mi fido, tu sei debole proprio come tua madre. Inoltre con il tuo modo di fare non pianificato pensi davvero che concluderai qualcosa? Vuoi davvero essere un perdente e lasciare che qualcun altro ti porti via Mary davanti agli occhi?»
«non accadrà...»
«ne sei davvero sicuro?»
«certamente» disse convinto.
«bah, fai quello che vuoi. Mi tiro fuori da tutta questa storia. Non venire più da me perché tuo padre non ci sarà.»
«bene, non ne avrò bisogno non temere» detto questo Marco si alzò e senza nemmeno salutare suo padre uscì sbattendo la porta violentemente.
“Quell’idiota cosa pensa di ottenere comportandosi così? Se davvero vuoi qualcosa l’unico modo per ottenerla è giocare d’anticipo pianificando tutto nei minimi dettagli. Povero illuso crede davvero che me ne starò seduto qui senza fare nulla? Mi spiace Marco, ma non ti lacerò buttare all’aria un piano ben costruito come il mio per nulla al mondo. Se davvero non ti va di essere coinvolto allora vorrà dire che dovrò cercarmi un’altra pedina che giochi dalla mia parte.”
Francesco prese il bicchiere e inghiottì con fare inquieto quello che era rimasto del rum.
La storia almeno per lui non finiva lì.
 
Mary ed Eichi erano rientrati finalmente a Villa Rosa. Silenziosamente avevano chiuso la porta d’ingresso. Cercando di fare meno rumori possibili si muovevano tra i vari mobili del salone.  Non volevano svegliare Luigi che dormiva su quel divano un po’ troppo piccolo per la sua robusta corporatura.  Dopo non pochi sforzi erano riusciti a raggiungere la stanza che per quella settimana avevano condiviso. Appena chiusero la porta alle loro spalle i due ragazzi ripresero a respirare con più libertà.
 
«Finalmente! Cavolo, mi sembrava di essere in un fumetto di Diabolik.» disse Mary dopo aver acceso la luce.
«si però devi ammettere che è stato divertente.» aggiunse Eichi con una smorfia compiaciuta buttandosi scompostamente sul letto.
«si, certo divertentissimo…» sottolineò scettica Mary. Stava sistemando il contenuto della sua borsa sulla scrivania quando Eichi le si avvicinò alle spalle. Sentendo la sua presenza Mary si voltò, ritrovandoselo a una distanza davvero pericolosa. Era bloccata tra quel bellissimo ragazzo dai lineamenti orientali e la scrivania.
«Mary… » i suoi occhi intensi e profondi la fecero sentire vulnerabile. Sapeva che qualsiasi cosa avesse avuto in mente di farle in quel momento, lei non sarebbe riuscita a porvi resistenza. Quei pochi centimetri di distanza erano l’unica cosa a separarli perché Mary ormai aveva abbassato le sue difese. Sapeva che il suo comportamento era azzardato, soprattutto dopo aver appreso della sua reale identità, ma non le importava. Aveva deciso che voleva vivere ogni momento senza troppi interrogativi lasciandosi trascinare da quel sentimento  così chiaro ai suoi occhi da non poterlo più negare a se stessa.
Eichi si avvicinò al volto di Mary lentamente, ma a pochi centimetri dalle sue labbra si arrestò deviando sulla sua spalla. Vi poggiò la fronte mentre con le sue mani delicatamente le cinse i fianchi. Mary rimase immobile senza capire cosa stesse succedendo.
«… scusa non so cosa mi è preso.» le disse quasi in un sussurro.
«non importa. Stai bene piuttosto?» chiese Mary cercando di mascherare l’imbarazzo cambiando  discorso.
«Mary, ho bisogno che mi abbracci. Ti prego tienimi stretto a te. Ti prego. È l’unica cosa che ti chiedo.»
Mary senza aggiungere nulla lo strinse a se, accarezzandogli con una mano i capelli biondi.
Rimasero così immobili per pochi minuti. Dopo Eichi si staccò prendendo posto sul letto e trascinando Mary con se. Erano l’uno accanto all’altro in silenzio. Mary non sapeva spiegarselo ma improvvisamente Eichi le sembrò vulnerabile e indifeso come mai prima d'allora. Doveva soffrire davvero molto. Quello sguardo fiero e sicuro di se che aveva visto la sera sul lungomare era sparito. Iniziò a chiedersi se, per colpa del suo lavoro, si fosse abituato a portare una maschera invisibile anche a se stesso.
«Mary, avevo in mente di rimandare questo discorso a un altro momento ma credo sia giusto farlo adesso. Questa è l’ultima nostra sera in questa villa e da domani torneremo in città. So che la mia nuova identità può averti lasciata leggermente confusa. Non vorrei mai che leggessi su internet notizie false sul mio conto facendoti un’idea sbagliata di me. Per questo ti racconterò tutto, senza tralasciare nulla. Tu in cambio promettimi che crederai solo alle mie parole le calunnie che leggerai su di me sono tutte falsità.»
«sono qui, puoi raccontarmi tutto io crederò solo alle tue parole. Te lo prometto.» lo rassicuró Mary.
«prima di tutto voglio raccontarti del mio gruppo. Loro sono la mia vera famiglia. Siamo in cinque e tra noi il più grande è  Rio che io reputo il mio fratello maggiore. Ci conosciamo dal liceo e mi è stato molto vicino aiutandomi con la storia di mio padre. All’epoca seppi da mia madre che si era risposato. Ero molto triste per lei che soffriva silenziosamente. Per fortuna venne a trovarci un suo vecchio amico, il Signor Marini il nostro attuale manager nonché ex-collega di tuo padre. Grazie a lui l’umore di mia madre sembrò migliorare. Io stesso gli sarò grato a vita per quello che ha fatto per noi. Sai è stato lui ad insegnarmi a suonare il pianoforte.» prese una pausa come per riordinare i suoi pensieri.
«all’epoca non eravamo solo noi due ma c’era anche una terza persona nella mia vita: Misako. Di lei mi innamorai quasi immediatamente aveva carisma da vendere insieme a una forza e a una grazia che all’epoca le invidiavo. Lei riuscì a inserirsi quasi subito nel mondo dello spettacolo e tutt’ora è un’attrice affermata. Ricordi quando sono uscito dalla sala del cinema? Sullo schermo c’era lei! Ti ho trascinata via perché avevo paura che Marco avesse scoperto chi fossi in realtà.»
«ora è tutto più chiaro, ma Misako come l’ha presa questa tua decisione di partire per l’Italia?»
«in realtà è proprio la rottura tra me e Misako il motivo per cui ho deciso di prendere distanza dal mondo dello spettacolo e venire qui.»
Mary tirò un leggero sospiro di sollievo. “Non è fidanzato. Ma cosa mi metto a pensare ora?”.
«Se Rio per me è come un fratello maggiore JJ è il mio fratellino minore. In realtà almeno stando ai documenti noi siamo realmente fratelli o almeno lo siamo di adozione. È un po’ testardo ma fondamentalmente ha un grande cuore, mi farebbe piacere fartelo conoscere un giorno. Sai con lui condivido la mancanza di una figura paterna. JJ più di me non ha passato una bella infanzia. È stato ritrovato quando aveva neanche tre anni solo senza documenti che girovagava per le strade di Tokyo. Da allora ha vissuto in un orfanotrofio. Poi c’è Daisuke. Sa sempre come incoraggiare la gente. Ed è sempre pronto ad ascoltare. È abbastanza pignolo nel suo lavoro e non lascia mai nulla al caso è un grande professionista. Infine Hiro…»
Eichi fece una piccola pausa.
«Inizialmente il nostro gruppo doveva essere composto da quattro persone solo successivamente si aggiunse Hiro, lui ha un carattere molto riservato e mentre JJ si occupava di qualche pezzo rap io e lui ci dedicavamo alla melodia e al resto del testo. Il nostro era un bel gruppo…»
«… era?» chiese Mary, sempre più interessata            
«Si, era. Beh per farti capire come sia nata questa crepa nella nostra band devo parlarti prima del mio rapporto con Misako. Ci mettemmo insieme al liceo. Lei è più grande di me e quando finì i superiori io stavo frequentando ancora l’ultimo anno. Inoltre in quel periodo aveva iniziato la sua carriera d’attrice recitando in un live action. Dopo poco fui notato anche io e venni scritturato per fare una comparsa in un film dove recitava anche Misako. In realtà ho sempre sospettato che fosse stata lei a convincere il regista a inserirmi nel film. Di lì la mia popolarità è volata alle stelle. Inizialmente ho girato solo film. Poi proposi al direttore della Kings Record il mio progetto di formare un gruppo musicale. L’idea piacque così tanto, che nell’arco di pochi anni si formarono i BB5 o meglio i BadBoy5. Gli impegni lavorativi sempre più fitti mi costrinsero a trascurare Misako. Il gruppo si era appena formato e a breve avrebbe fatto il suo debutto. Allo stesso tempo anche Misako iniziò ad essere sempre meno reperibile a causa dei suoi continui impegni lavorativi. Alle volte riuscivamo a incontrarci giusto il tempo di un caffè e dopo potevano passare anche mesi senza vedersi.»
«non deve essere stato facile per voi reggere questa situazione…» ammise dispiaciuta Mary.
«Si, infatti, anche se sono sempre più convinta che tra i due a risentirne maggiormente sia stata Misako. Lei ha represso molte sue preoccupazioni pur di non mettermi in apprensione. Credeva forse di farmi del bene ma in realtà è stato proprio questo suo reprimere a portarci a una rottura. Nell’ultimo anno la popolarità di Misako era scesa. Non veniva cercata dai registi e la sua vita era fatta di provini fallimentari. Per mantenersi iniziò a lavorare come modella o registrando qualche spot pubblicitario per prodotti commerciali di largo consumo. Sai Mary, il nostro mondo è fatto di alti e bassi. Proprio come una montagna russa ad ogni salita corrisponde una discesa. All’epoca mi disse che era lei a volersi prendere una pausa dai set cinematografici e come uno stupido le credetti. Ma in realtà quei continui rifiuti la ferirono nel profondo più di quanto potessi mai immaginare. Fu così che a mia insaputa iniziò ad assumere droghe. All’epoca condividevamo un appartamento nella periferia di Tokyo: era il nostro rifugio segreto. A causa dei miei impegni rimaneva spesso sola. E io non riuscì ad accorgermi di nulla se non fino a quel giorno. Tornai come ero solito fare da casa di Rio. Ogni volta che io e Hiro finivamo delle canzoni le sottoponevamo a Rio. Lui ha un bellissimo studio di registrazione a casa sua e quindi non avevamo problemi d’orario e mi capitava spesso di rimanere anche giorni interi a casa sua per rivedere i pezzi. Hiro invece preferiva occuparsi dei testi in solitudine e lasciare a noi la possibilità di rivederli. In realtà non sembrava molto interessato a costruire dei legami. Gli unici a cui si era maggiormente avvicinato eravamo io e Rio. Suppongo per l’età e per il mio ruolo di leader. Beh tornando a quella sera mi ritirai prima del previsto e non avvisai Misako perché volevo farle una sorpresa. Salì le scale del nostro appartamento. Aprì la porta con le chiavi e notai già dall’ingresso che qualcosa non andava. Insieme alle scarpe di Misako ce n’erano delle altre lasciate in disparte. Entrai in casa e raggiunsi il soggiorno. Quello che vidi mi lasciò completamente senza parole. Misako era tra le braccia di Hiro. A primo impatto pensai di non farmi cattivi pensieri, poi però a togliermi ogni dubbio fu Misako che si sporse su Hiro baciandolo davanti ai miei occhi. Il mondo mi cadde a dosso. “Tra tutte le persone perché Hiro?”. Fu il mio primo pensiero. Lasciai cadere sul pavimento la busta con la cena d’asporto che avevo appena acquistato. Il rumore richiamò la loro attenzione. Non dimenticherò mai lo sguardo di Misako non era per niente triste o dispiaciuta, non cercò nemmeno di negare la cosa. Ma semplicemente mi disse che come potevo vedere lei non mi amava più e che non aveva bisogno di una persona continuamente assente. In quel momento non riuscì a sfogarmi nemmeno su Hiro. Uscì di casa dicendole solo, che tra noi era finita per sempre. Trascorsi la notte da Rio. A causa di questo, il tour mondiale che avevamo progettato fu rimandato e io iniziai a vivere in solitudine chiudendomi sempre più in me stesso. Ero distrutto, senza ispirazione e completamente vuoto. L’ennesima persona importante della mia vita mi abbandonava. Le avevo dato tutto me stesso ma a quanto pare non era stato abbastanza. Non sono stato capace di renderla felice come avrei dovuto. Dopo qualche mese la stampa fece uscire delle foto mie e di Misako in atteggiamenti intimi e ovviamente lì nacquero i primi pettegolezzi su di noi. Paradossalmente proprio quando la nostra relazione era finita per la stampa invece era appena incominciata. Iniziammo ad essere pedinati e Misako fu immortalata mentre fumava una canna. Come puoi immaginare questo si ripercosse anche su di me, iniziarono a girare voci sul fatto che anche io facessi uso di droghe. Di lì il caos mediatico fu davvero insostenibile e sotto consiglio del signor Marini mi decisi a venire qui in Italia».
Mary capì finalmente quanta sofferenza avesse custodito, in silenzio Eichi. Fino a quel momento le era risultato del tutto incomprensibile il suo atteggiamento inizialmente incostante. Ora tutto tornava.  Era comprensibile che volesse svuotare la mente e evitare legami inutili e complicati. Doveva aver sofferto molto e vederlo così fragile ferì anche lei. Avrebbe voluto essere capace di risollevare il suo animo proprio come aveva fatto lui, in più di un’occasione, ma non aveva la più pallida idea di cosa dirgli per alleviare la sua sofferenza. Non era di quel mondo e conosceva davvero poco di quella realtà costantemente vissuta sotto i riflettori. Per non parlare delle relazioni amorose. Lei non aveva mai fatto i conti con una rapporto duraturo come quello tra Eichi e Misako. Che nonostante tutto aveva resistito a notevoli pressioni. Non era proprio nella posizione per dargli consigli come invece aveva fatto con lei Eichi in quel capanno giorni prima. D’altro canto doveva fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Vederlo sorridere come quella sera vicino al lago era l’unica cosa che le rimaneva da tentare.
Prese coraggio e richiamando Eichi che era rimasto con gli occhi fissi sul pavimento per tutto il tempo di quel discorso. Fece uno scatto fulmineo e cogliendolo di sorpresa strinse tra le sue dita le sue guance facendo emergere sul suo viso una smorfia davvero buffa.
«Certo che anche tu sei un vero idiota. Non hai detto che avresti sempre sorriso per le persone che ti vogliono bene? Qui davanti ai tuoi occhi ne hai una e allora cos’è questo broncio?» Mary gli sorrise dolcemente. Eichi dal canto suo non oppose alcuna resistenza ma rimase bloccato in quella posizione indeciso sul da farsi. Quel contatto era per lui così piacevolmente insolito. Resistere era davvero dura. D’un tratto strinse entrambi i polsi di Mary avvolgendoli con le sue mani forti. Si sorprese di quanto fossero sottili e delicati i polsi di quella ragazza. Mary allentò la presa tanto quanto bastava per consentire ad Eichi di recuperare la propria autonomia espressiva.  Gradualmente all’unisono con il viso di Eichi anche il suo sorriso si spense.Si guardarono intensamente per pochi minuti. Gli occhi di Eichi sembravano cercare qualcosa nei suoi così intensamente che Mary fu costretta a distogliere il suo sguardo. La situazione sembrava farsi più delicata del previsto.
“Ecco ho esagerato come al mio solito. Cavolo Mary perché devi essere sempre così impulsiva?”.
 Eichi aumentò la stretta sui polsi di Mary, la quale fu così costretta a rifare i conti con quegli occhi che sin dall’inizio l’avevano conquistata. Impercettibilmente li vide avanzare verso di lei. Erano sempre più vicini. Non oppose resistenza e non cercò nemmeno di divincolarsi da quella presa ma lasciò che Eichi si avvicinasse al suo volto, ancora.
A pochi centimetri lo stesso tentennò insicuro. Reclinò sconfitto il capo.
«ti prego non sorridermi più in quel modo, altrimenti potrei fare qualcosa di cui un giorno sicuramente ci pentiremo entrambi.»
«chi ti dice che ce ne pentiremo?» Mary non poteva crederci: quelle parole erano davvero uscite dalla sua bocca? Eichi tornò con gli occhi su di lei.
«sai chi sono e che prima o poi dovrò tornare in Giappone non posso prometterti che resterò qui per sempre. Non voglio che tu soffra anche per colpa mia.»
«se non vuoi che io mi penta un giorno… non frenare qualcosa di bello solo per paura del domani. Viviamo per noi e per il tempo che abbiamo a disposizione. Non ho paura del periodo che ci resta ne della distanza che ci separerà ho solo paura che ancora una volta tu ti allontani da me senza che le nostre labbra si siano sfiorate. Eichi credo tu mi piaccia davvero e per la prima volta so a cosa sto andando in contro dicendoti questo e la cosa non mi spaventa per niente.» i suoi occhi consapevoli accompagnavano con la loro serietà la fermezza di quelle parole.
Eichi lasciò la presa sui polsi di Mary i quali crollarono inermi verso il basso. Una delle sue mani si mosse verso l’orecchio destro di lei si insinuò tra i suoi capelli sino a raggiungere la nuca. Una leggera pressione sulla stessa e finalmente le loro labbra si incontrarono in un primo bacio incerto. Gradualmente i loro movimenti si fecero meno insicuri. Le loro labbra si muovevano all’unisono come se fossero nate solo per incontrarsi in quel momento e su quel letto.
«..anche tu mi piaci Mary». furono le ultime parole pronunciate prima che le luci di quella stanza venissero spente.
 
Marco era nella sua stanza seduto alla sedia vicino la sua scrivania mentre stringeva tra le mani le pagine di quell’articolo che adesso le sembravano solo robaccia inutile.
“Quel bastardo le avrà raccontato tutto ormai. Non ho più niente da fare con questa roba.”
La rabbia fu sostituita dallo sconforto. Si sollevò dalla seduta scomoda vicino la scrivania per incontrare la morbidezza più accogliente del suo letto.  
 “Non capisco perché papà non si fidi di me, dopotutto non sono poi così senza speranze” si mise su un fianco “devo solo creare l’occasione giusta e confessarmi a Mary. all’inaugurazione manca ancora una pò. Devo trovare il modo di non lasciarli soli per troppo tempo… chissà cosa potrebbe pensare di fare alla mia Mary quell’idiota.”
Prese l’articolo che aveva ancora tra le mani e lo accartocciò lanciandolo con violenza in un angolo della stanza. Andò a colpire proprio il fodero della chitarra che Mary gli aveva dato in custodia.
Marco si sollevò e la raccolse. Avrebbe voluto davvero distruggerla e farla in mille pezzi. Altro che fortuna quello strumento non aveva fatto altro che portargli rogne. Tolse il fodero più che altro per curiosità. Era una semplice chitarra classica, non che lui ne capisse molto in realtà, ma non sembrava poi un granché. Stava per lasciarla scivolare sul pavimento quando sentì qualcosa muoversi all’interno. Non con poca difficoltà riuscì ad estrarre dalla stessa il motivo di quel rumore sordo che aveva percepito poco prima. Era una busta da lettere. Non era nemmeno stata sigillata come si deve. L’aprì senza troppi problemi. E ne lesse il contenuto. Sembrava essere stata scritta di fretta o almeno la calligrafia disordinata sembrava suggerirlo.
 
Ciao Eichi,
so che tu non mi conosci o meglio mi conosci solo come il proprietario del negozio Acustica\2. Si sono Salvatore. Sin dalle prime note di quella tua musica malinconica mi era sembrato di conoscerti meglio di quanto tu potessi in quel momento solo immaginare. Proprio adesso grazie alle parole della tua amica ne ho avuto la conferma. Non prendertela troppo con lei, voleva solo farti un regalo. Sembra ci tenga davvero a te e sono stato io ad insistere affinché mi raccontasse qualcosa in più su di te in cambio di questo strumento musicale. Non ho alcuna intenzione di infierire o di subentrare nella tua vita prepotentemente, ma non potevo rimanere immobile con le mani nelle mani sapendo che il mio unico nipote è qui in Italia. È una vita che io e tua nonna sognavamo di fare la tua conoscenza e non mi sarei mai immaginato che saresti arrivato un giorno proprio nel nostro negozio. So che tutto questo potrebbe sembrarti inverosimile per questo ho lasciato che la tua amica prendesse questo strumento. Sai non è un oggetto come un altro è la prima chitarra da studio di tua madre nella parte retrostante potrai leggere un’ incisione con il suo nome che lo conferma. Spero vorrai incontrarci prima di tornare in Giappone. Un abbraccio da tuo nonno che non ha mai smesso di esserti vicino con il cuore.
 
Marco non poteva aspettarsi un risvolto più positivo di questo. Finalmente aveva tra le mani qualcosa che neanche Eichi poteva prevedere.
Ancora una volta quella chitarra sembrava venirgli in aiuto.
 
 
 
 
 
GIAPPONE
 
Hiro era nel suo appartamento. Il telefono non dava segni di vita da più di due ore, eppure attendeva una chiamata davvero importante. Il campanello del suo appartamento al 25° piano di un grattacielo entrò in azione proprio in quel moment, distogliendolo dai suoi pensieri. Si mosse controvoglia.
Sicuramente era il portiere con un altro carico di regali delle sue fans. 
Aprì distrattamente la porta e inaspettatamente a dispetto della corporatura  tozza e imponente del portiere la sagoma che gli si presentò dinanzi era slanciata e sinuosa.
«Misako? Cosa ci fai qui?»
La giovane aveva stretto in una mano un ciondolo che gli porse.  Lui lo prese rigirandoselo tra le mani incuriosito.
«E' solo un piccolo pensiero per farmi perdonare» precisò prima di  superato trascinandosi dietro una enorme valigia verde. 
«so che avrei dovuto avvisarti,» ammise amareggiata «ma avevo voglia di farti una sorpresa!» continuò con uno sguardo da gattino indifeso che fece crollare rassegnato Hiro.
«Sarei dovuto venire io a prenderti dall’aeroporto» la rimproverò comprensivo mentre richiudeva la porta e riponeva quel ciondolo nella tasca dei pantaloni, «deve essere stata dura per te trascinare fin qui quella valigia…» puntualizzò Hiro mentre invitava la giovane attrice a prendere posto sull’enorme divano bianco del suo appartamento.
«beh, in effetti non è stato un gioco da ragazzi…» ammise distrutta Misako. Era provata per tutte quelle ore di volo.
«gradisci qualcosa da bere?» domandò Hiro mentre si muoveva verso il frigorifero.
«ho proprio bisogno di qualcosa di forte, avresti una birra?»
«non vorresti un'aranciata?»
«Dai sono mesi che bevo solo aranciata, adesso gradirei davvero una bella birra. Per una volta puoi accontentarmi»
Hiro, si arrese, ne prese due belle ghiacciate le aprì e dopo aver preso posto anche lui su quel divano  ne porse una a Misako.
«com’è andata in America?» domandò sottintendendo qualcos’altro.
Misako bevve il contenuto di quella lattina prima di dargli una risposta, si aspettava quella domanda, «se mi stai chiedendo se ci sono ricaduta…beh, allora devo dirti che anche volendo non ne avrei avuto il tempo. Tra le riprese e le anteprime del film non ho avuto quasi nemmeno la possibilità di respirare. Anzi vorrei scusarmi con te, perché non sono riuscita a contattarti come avrei voluto…»
«Ciò che conta adesso è che tu possa ritornare a lavorare come un tempo» mentì Hiro. Era un tipo riservato e raramente lasciava che i suoi veri sentimenti venissero allo scoperto. Non poteva ammettere che il fatto di non essere riuscito a contattare Misako lo aveva destabilizzato più di quanto si fosse prospettato. Era l’unica persona che gli restava dopo quello che era successo e averla sentita lontana gli aveva reso davvero difficile andare avanti. Ma non era ancora capace di esternare quello che provava a Misako così proteggeva se stesso con quella solita maschera di indifferenza che ormai si portava dietro da tempo.
«Come sono andate le cose qui?» chiese Misako dopo aver finito la sua bevanda.
«come ti ho scritto nelle e-mail stiamo riuscendo a tamponare la situazione meglio che possiamo. A breve usciranno i singoli di JJ e Daisuke. Per quanto riguarda quelli di Rio e il mio abbiamo intenzione di aspettare ancora qualche mese.»
«Beh, l’importante è non essersi fermati. Mi spiace di averti lasciato solo a sopportare tutta questa situazione, non deve essere stato facile. Soprattutto considerando il rapporto ormai compromesso con gli altri del gruppo».
«In fondo non è stata così dura, dopo i primi dissapori la situazione sembra essere leggermente migliorata. Forse grazie anche ad Andrea!» ammise mentre presa la lattina di Misako si sollevò ancora una volta dirigendosi verso la cucina. Le butto distrattamente nella cesta dei rifiuti sotto l’enorme bancone al centro della stessa. Quando ne riemerse si ritrovò Misako appoggiata con i gomiti sullo stesso che con sguardo divertito aspettava di potersi confrontare ancora una volta con Hiro.
«beh, come se la sta cavando questo ragazzino? Sono molto curiosa di vederlo!» sottolineò divertita.
«diciamo che sta dando il meglio di se. Inoltre la sua presenza mi ha aiutato molto a gestire la situazione. Per evitare di metterlo a corrente di quello che realmente è successo tutti o quasi facciamo finta di niente e questo mi ha aiutato molto a reggere il clima poco amichevole che si è creato»
«capisco. Ma assomiglia davvero così tanto ad Eichi?» il suo sguardo adesso era diventato molto più serio. In quegli occhi Hiro lesse molto più di quello che avrebbe voluto. Eichi le mancava ancora, e non era ancora pronta a dimenticarlo. Si preoccupava per lui.
«ti interessa davvero che gli somigli? Guarda che non sei il suo tipo.»
«non dirmi che adesso fai il geloso!»
“Geloso io? Figuriamoci.” Non le rispose ma preferì cambiare discorso.
«se vuoi ti aiuto a portare le tue robe nella stanza degli ospiti.»
«nella stanza degli ospiti? Davvero posso rimanere qui da te?» domandò sconcertata Misako. A quel che sapeva Hiro non aveva permesso mai a nessuno di rimanere a casa sua se non per qualche visita fugace.
«guarda che non ci perdo niente a mandarti via. Sai benissimo che per quello che penso una persona che si presenta senza preavviso non merita di essere ospitata.»
«no, no ti prego.»lo supplicò disperata.
«per questa volta passi ma la prossima volta ti sbatto fuori senza pensarci due volte» aggiunse acido Hiro. Misako aveva capito che qualcosa doveva averlo colpito se si comportava in quel modo. Presa  la valigia Hiro se la trascinò muovendosi verso la stanza che avrebbe ospitato Misako. Improvvisamente sentì le braccia di lei avvolgerlo. Poteva avvertire chiaramente la pressione del suo corpo esile sulla sua schiena.
«Hiro, grazie. Non posso prometterti che cancellerò Eichi da un giorno all’altro. Sai quanto lui sia stato importante per me. Non voglio mentirti dicendo che lui non è più nel mio cuore. Quello che mi sento di dirti è che… »
Hiro lasciò la presa sulla valigia si voltò verso Misako. I suoi occhi la scrutavano indagatori. Poi senza lasciarle il tempo di continuare la strinse forte a se.
«lo so.»
Misako si concesse due lacrime silenziose. Non meritava l’amore di Hiro, questo lo sapeva bene. Ma ormai non riusciva più a fare a meno di lui.
«mi dispiace».
Hiro la strinse ancora più forte avrebbe voluto chiederle di amarlo come aveva amato Eichi, di guardare lui come guardava Eichi di parlare di lui come aveva parlato di Eichi. Ma sapeva che quegli occhi non erano ancora pronti a brillare solo per lui.
“non lasciarmi solo ad amarti” ecco quali erano le parole che avrebbe voluto dirle ma ancora una volta le nascose dentro di se. Sin dal loro primo incontro quegli occhi lo avevano ammagliato e conquistato. All’epoca era appena entrato alla King Records non conosceva molto di quell’ambiente e la prima persona che incrociò fu proprio Misako. Era nello studio del direttore. Gli sorrise cordiale presentandosi. All’epoca non sapeva nulla della sua relazione con Eichi. Quando la scoprì si sentì così stupido per essersi cullato nell’illusione che quella bellissima ragazza fosse interessata a lui. Scoprì, in seguito che era proprio nel carattere di Misako interessarsi a gli altri e fare di tutto per aiutarli. I primi tempi la sua presenza fu molto incoraggiante tanto che all’unanimità era stata eletta mascotte del gruppo. Erano tempi felici per tutti. Forse un po’ meno per Hiro che dovette nascondere quei sentimenti in un angolo del suo cuore. Le tempistiche portarono il gruppo a lavorare sodo per il debutto. Eichi era quello più impegnato degli altri, Hiro spesso gli dava una mano ma il più delle volte lasciava a lui il compito di completare il lavoro. Una sera erano rimasti entrambi chiusi nella sala di registrazione sino a tardi. Erano le undici passate quando Hiro decise che era arrivata l’ora di fare ritorno a casa. Salutò Eichi e uscì dallo studio di registrazione. Per i corridoi incontrò Misako. Si sorprese che lei fosse lì ancora a quell’ora. Gli chiese se Eichi era ancora nello studio di registrazione. Lui acconsentì e decise di accompagnarla. Lei lo ringraziò e subito dopo bussò a quella porta. Una voce la invitò ad entrare. Hiro era sorpreso che fosse venuta lì tutta in ghingheri solo per fare una visita a Eichi. Poco dopo i suoi dubbi furono sanati. Misako ed Eichi stavano litigando. Eichi si era dimenticato dell’appuntamento con Misako. Era il suo compleanno. Non che Hiro volesse ascoltare la loro conversazione ma il tono delle loro voci era davvero troppo alto perché lui potesse far finta di nulla. Dopo neanche dieci minuti Misako uscì da quella stanza sbattendo la porta violentemente. Era in lacrime. Incrociò lo sguardo sconcertato di Hiro prima di superarlo a passo spedito. Hiro non poteva sopportare di vederla piangere. Si offrì di accompagnarla a casa e lei acconsentì. Quella sera si sfogò come non ebbe modo di fare prima con nessuno. Da quel giorno Hiro divenne una presenza costante nella vita di Misako. Quando Eichi non c’era lei spesso lo invitava a casa sua per parlare della giornata oltre che dei suoi problemi. Fu Hiro a scoprire per primo dei suoi problemi di droga. Quel giorno fu la fine e l’inizio di tutto. Lo ricordava come fosse successo solo da poche ore. Pioveva troppo forte per riuscir a distinguere qualcosa a un palmo dal proprio naso. Hiro aveva ricevuto quella chiamata da Misako. Scese di casa prese la sua Jeep e raggiunse quell’appartamento nella periferia di Tokyo. Gli aprì la porta una Misako del tutto fuori di se. Aveva bevuto e probabilmente aveva assunto anche qualcosa. La portò in bagno e l’aiutò a riprendersi. La buttò nella doccia, l’acqua fresca pensò che l’avrebbe aiutata. Dopo un’ora Misako era crollata sul divano esausta le sue ultime parole prima di crollare Hiro non le avrebbe mai potute dimenticare: «Eichi, ti prego perdonami».
“Eichi perdonami?” La rabbia fu incontenibile. Se Misako si era ridotta così era per colpa di Eichi. Era chiaro che non le dedicava le attenzione che meritava.  Come poteva essere lei a chiedergli scusa. Questo era a dir poco surreale. Era già notte fonda quando Misako tornò in se. Hiro aveva capito tutto ormai e a Misako non rimaneva che ammettere i suoi problemi di droga.
Quella sera avrebbe portato con se venti di cambiamenti ma Hiro ancora non lo sapeva.
Misako lo supplicò di non dire nulla a Eichi. Disse che al più presto avrebbe rotto con lui, non voleva che i suoi problemi infierissero su di lui. Non gli avrebbe permesso di rovinare il successo del gruppo solo per potergli dedicare più attenzione. Non voleva diventare una preoccupazione inutile. Fu in quel momento che lo scatto di chiavi nella serratura richiamò la loro attenzione. Hiro sapeva che l’unico modo per evitare che lei continuasse a soffrire era allontanare l’oggetto delle sue sofferenze. Allo stesso modo Misako pensò che forse il modo migliore per far capire a Eichi che la loro storia non poteva continuare era uno solo.
Entrambi si guardarono.  Hiro le fece solo un breve cenno con la testa, poi la tirò a se stringendola in un abbraccio avvolgente che le seppe dare la carica. Entrambi sapevano che Eichi era appena entrato. In quel momento fecero finta di nulla entrambi. Finché sussurrandole a un orecchio Hiro la incoraggiò a fare quello che entrambi consideravano giusto in quel momento. Non gli importava delle conseguenze se era quello il desiderio di Misako lui l’avrebbe accontentato.
«fai quello che devi. Adesso o mai più.».
Misako si fece forza in fondo era l’unico modo per salvare Eichi dal loro amore malato.
Quella fu la prima volta che le loro labbra si incontrarono. Hiro la vide crollare dopo che Eichi uscì sbattendo la porta e dicendole che la loro storia era finita. Passò la notte ad asciugare le sue lacrime augurandosi che fossero le ultime che avrebbe versato.
 
Si allontanò da lei. E ancora una volta la baciò come quel giorno. Non gli importava, per il momento avrebbe goduto di quel poco di affetto che poteva leggere nei suoi occhi. Non l’avrebbe lasciata andare per nulla al mondo. Non avrebbe mai commesso lo stesso errore di Eichi. Farla soffrire era l’ultima cosa che avrebbe voluto.
 https://www.youtube.com/watch?v=SpC97fNKt5g

 
JJ era seduto sul letto di quell’enorme stanza d’ospedale. La sorpresa e la meraviglia per quell’incontro avevano lasciato Akiko del tutto senza parole. Nell’arco di meno di un’ora parlando del più e del meno il loro rapporto sembrava essere tornato quello di una volta. JJ non aveva voluto toccare subito l’argomento. Chiederle cosa aveva che non andava faceva paura anche a lui.
Da quando si erano lasciati ad oggi Akiko era cambiata davvero molto. JJ notò subito che  aveva un qualcosa di molto più femminile, o molto più probabilmente era JJ a vederla adesso come una donna. Era bellissima. La sua pelle candida e morbida era in contrasto con il nero inchiostro dei suoi lunghi capelli lucenti. Le labbra rosse e carnose erano un richiamo invitante. Si, la sua piccola Akiko era cresciuta ed era diventata una bellissima donna. A dispetto del suo corpo i suoi movimenti era proprio gli stessi di quando era bambina. Aveva ancora l’abitudine di spostare i capelli dietro l’orecchio distogliendo lo sguardo quando qualcuno la metteva in imbarazzo. Nemmeno il suo sorriso era cambiato, così luminoso e contagioso proprio come JJ lo ricordava.  Anche in quel caso non aveva perso l’abitudine di mascherarlo con il dorso della sua mano. Si sorprese a invidiare quelle sue mani che la potevano sfiorare. JJ non faceva che ricadere con lo sguardo proprio sui boccioli di rose delle sue labbra. Akiko sembrava proprio un fiore raro e prezioso.
“insomma JJ che cavolo ti prende? È Akiko è la tua sorellina… che strani pensieri ti fai adesso?”
«tutto bene Yuki?» gli domandò Akiko notando il suo sguardo perso e immobile.
«si scusa è che qui dentro fa davvero caldo. Non ti sembra lo stesso anche a te?» cambiò discorso in imbarazzo.
 «bah, a dire il vero non saprei. Comunque non mi hai ancora detto come hai fatto a trovarmi?»
«diciamo che ho i miei informatori.» le spiegò sintetico.
«capisco. Come va con il tuo nuovo singolo? Non vedo l’ora di ascoltarlo!» disse sognate Akiko.
«in realtà è concluso ma non ne sono molto convinto».
«come mai?»
«anche se il testo l’ho rivisitato completamente la musica è stata scritta dai Hiro e francamente non  mi convince molto».
«capisco, non so davvero come esserti d’aiuto. Deve essere frustrante cantare una canzone che non si riesce a sentire propria. Anche io odiavo quando a lezione di piano mi obbligavano a suonare pezzi noiosi, preferivo creare roba tutta mia.»
«suoni?» chiese sbalordito JJ.
«Cosa c’è di così strano?»
«nulla era solo che non me lo aspettavo.»
«sai a causa di questo mio corpo debole non potevo praticare alcuno sport così mia madre decise di farmi seguire delle lezioni di pianoforte. Anche i medici avevano suggerito che la musica avrebbe potuto aiutarmi. Soprattutto il suono delicato e accogliente del pianoforte poteva favorire le mie condizioni»
«i miei pezzi però sono molto lontani dal tuo stile » precisò compiaciuta dall’espressione sorpresa di JJ.
«E come sarebbero?» chiese interessato.
«diciamo più calmi» gli sorrise.
«mi farebbe piacere poterne ascoltare uno…»
«davvero?» chiese entusiasta.
«certamente».
Scese dal letto e aprendo un cassetto del comodino Akiko tirò fuori un telefono di ultima generazione. Tornò a risedersi accanto a JJ e fece partire la traccia audio.
Le note si susseguivano spingendosi a ogni cellula del suo corpo. JJ si muoveva ormai senza controllo. La testa dondolava a ritmo di quella musica che surreale lo travolse nel profondo. C’era tanta sofferenza, ma anche voglia di lottare. Era incredibilmente coinvolgente.
Il brano si concluse troppo presto per JJ che avrebbe voluto risentirlo all’infinito.
«come ti sembra?» chiese Akiko guardando lo schermo del suo telefono, in soggezione mentre  portava dietro l’orecchio i suoi lunghi capelli neri.
«molto bella davvero…» aggiunse JJ.
«lo pensi davvero? So che non è proprio nel tuo stile ma speravo davvero che potesse piacerti.»aggiunse felice come una bambina a cui è stato appena regalato un cucciolo.
«è davvero molto bella. A questo punto mi chiedo come possa piacerti ancora la mia musica. Al confronto la tua è mille volte meglio»
«scherzi? Non devi dirlo neanche per sogno!» lo rimproverò ammonendolo con un dito.
«la tua musica mi dava sempre la carica per andare avanti. Mia madre non la sopportava. Aveva paura che quei ritmi frenetici potessero danneggiare il mio cuore già malconcio. Non capiva che la tua voce e il tuo modo di cantare in rima erano la mia caffeina quotidiana. Grazie a te e alla tua musica ho superato molti momenti difficili. Finalmente dopo tanto posso ringraziati.»
«Caffeina dici? Bah, credo comunque che tu non dovresti ringraziarmi ma avercela a morte con me. Non ti sono stato vicino come avrei dovuto. Mi dispiace» i suoi occhi lucidi e le sue sopracciglia corrugate mostravano chiaramente quanto la cosa lo ferisse.
«Non fare quella faccia. In fondo il passato è passato ciò che conta è che tu sia qui adesso. Non sai quanto questo mi renda felice.» gli sorrise confortante prendendogli una mano. Quel contatto fu così delicato e la sua stretta così leggera da sembrare per JJ come un velo caldo sulle sue mani.
Yuki però sentiva il senso di colpa appesantirgli il cuore. Mentre lei soffriva lui si godeva la fama e il successo. Come aveva potuto permetterlo?
«Akiko ti prometto che questa volta non ti abbandonerò più.»
«lo so.» aggiunse lei, e tenendo stretto il suo viso tra le sue fragili mani gli scoccò un bacio sulla fronte.
Dopo quasi due ore un infermiere comunicò ad Akiko e a JJ che l’orario delle visite era concluso. I due ragazzi si scambiarono numeri di telefono ed e-mail. JJ sapeva che l’imminente debutto da solista lo avrebbe costretto  a degli orari impossibili e probabilmente non avrebbe rivisto subito Akiko. Almeno per telefono e computer si sarebbero tenuti in contatto sino al loro prossimo incontro. Lei le passò anche la sua base musicale.
« Almeno ti aiuterà a tirati su di morale. In questo modo potrò sdebitarmi per tutte quelle volte che la tua musica mi ha aiutato».
Paradossalmente da dover essere lui ad aiutare Akiko era stato lui ad usufruire del suo aiuto. Mentre si muoveva per i corridoi dell’ospedale non poteva fare a meno di sorridere. Era felice di averla ritrovata adesso non l’avrebbe più lasciata andar via.
https://www.youtube.com/watch?v=RmQBbZK3rJI

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Capitolo 9
*** PICCOLI ERRORI DI PERCORSO ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 
 

CAPITOLO 9

   PICCOLI ERRORI DI PERCORSO


ITALIA

 

Erano tornati a casa da circa tre settimane. Per Mary era così strano non dover più dividere la stanza con Eichi. Da quella sera molte cose erano cambiate, ma per ovvie ragioni entrambi avevano preferito tenere all'oscuro di tutto Luigi. Per il momento vivevano una storia nascosta e la cosa si rivelava  anche molto eccitante. Mary avrebbe voluto raccontare tutto a suo fratello ma la paura che lui non potesse capire la sua decisione era più forte di tutto il resto. Non l'avrebbe mai incoraggiata a credere in una relazione così surreale e senza alcuna possibilità di crescita come la loro. Gli sarebbe risultata una debolezza inutile e capace di farla solo soffrire inutilmente, e l'ultima cosa che voleva Mary era deludere suo fratello. Non voleva farlo preoccupare inutilmente. Tornata a casa aveva trovato una sua e-mail. Era rimasta sorpresa dal tono e dalle domande contenute all’interno di quelle poche righe. C'era qualcosa di strano, Mary lo percepiva anche a  chilometri e chilometri di distanza. “Mio fratello così coinvolto da una ragazza? questa si che è nuova!”. Mary conosceva molto bene Andrea e sapeva che scriverle quella e-mail doveva avergli comportato uno sforzo notevole. Era molto riservato quando si trattava di relazioni amorose. Mary neanche sotto tortura era riuscita a strappargli delle informazioni personali sulle sue storie passate. Adesso invece, tutto d'un tratto, era lì a chiederle consiglio come nulla fosse. Doveva provare qualcosa di molto intenso per quella ragazza. “E per fortuna che gli avevo detto di non perdere tempo dietro queste sciocchezze. Quel testone non cambierà mai”. La cosa però ancora non la convinceva molto. Mary sapeva che suo fratello non era un tipo da farsi travolgere in maniera così poco controllata. Le sue relazioni infatti non duravano più di un mese. Saltava da una ragazza all'altra come se niente fosse e ora tutto d'un tratto perdeva il controllo in quella maniera. Sorrise pensando a quanto fosse ironico che entrambi avessero perso la testa per persone così lontane dal loro mondo. Da buona sorella avrebbe dovuto ricordargli che lasciarsi coinvolgere da una relazione di quel tipo non era cosa raccomandabile giacché prima o poi sarebbe dovuto tornare in Italia, ma chi era lei per comportarsi da ipocrita. In fondo il suo raziocino lo aveva abbandonato quella sera e con quel bacio. Cosa avrebbe potuto dirgli senza rivelarsi incoerente. Aveva parlato di amicizia ma in realtà dal suo tono Mary aveva capito che si trattava di qualcosa di molto più forte. Per una volta forse entrambi potevano correre il rischio e buttarsi in un qualcosa di molto più grande di loro. Il rischio e il dolore infondo fanno parte della vita. Ognuno vive delle scelte che compie nel presente e Mary aveva accettato il rischio. Ora stava a suo fratello scegliere se compiere lo stesso salto nel vuoto o fare retromarcia e rinunciare. Lei più che questo non avrebbe potuto consigliarli.  Scrisse una e-mail sperando di essere stata di aiuto a suo fratello. La risposta non tardò ad arrivarle. Con questa fu chiaro a Mary che entrambi avevano scelto di saltare in quel buco nero chiamato amore.
 “E finalmente anche tu fratellino hai trovato la tua Yoko Ono”.
Dopo quella mail Andrea si fece sentire raramente. Era impegnato o almeno questo era quanto le aveva scritto. Seppure si sentissero poco, Mary riusciva comunque ad essere tranquilla e serena, forse grazie al conforto di Eichi era riuscita a colmare un po' di quel vuoto che suo fratello le aveva lasciato. Il tempo per quelle tre settimane trascorse abbastanza serenamente. Il rapporto tra Eichi e Mary non faceva che crescere giorno dopo giorno e insieme ad esso anche l'attrazione e la complicità. Spesso si ritrovavano soli in casa e le occasioni erano davvero troppe oltre che invitanti. Il loro rapporto, però, andava ben oltre la semplice attrazione fisica. Era qualcosa di molto più intenso.
Mary non aveva ancora iniziato a dipingere il quadro da proporre per la mostra nonostante le buone intenzioni non le mancassero. Ogni pomeriggio mentre lei dipingeva, o almeno ci provava, Eichi scriveva i testi delle sue canzoni. Mary gli aveva suggerito di sfogare le sue inquietudini nella musica proprio come lei stava cercando di fare con i suoi quadri. Dava sfogo a tutto quello che provava. Era un modo come un altro per esorcizzare il passato e il dolore.
Purtroppo nonostante i diversi sforzi non era ancora riuscita a recuperare la manualità e l'inventiva di una volta. C'era qualcosa che le mancava. Così per il momento si limitava a lasciar scorrere il colore su quella tela bianca in attesa di un’ispirazione.
Quando ormai Agosto giungeva al termine ricevette un messaggio di Marco che invitava lei, Eichi ed Angela alla sua villa al mare per trascorrere un week-end in compagnia e festeggiare l’estate che ormai volgeva al termine. Eichi non fece di certo i salti di gioia. Seppure la cosa ormai avrebbe dovuto lasciarlo indifferente, continuava a mantenere delle riserve sul suo conto.  Avrebbe cercato di non pensarci troppo la gelosia era un sentimento del tutto nuovo. Con Misako era stato diverso. Non si era mai sentito in ansia per paura di perdere una persona prima di allora.
Sapeva di avere l’amore di Mary a tranquillizzarlo e si fidava di lei, ciononostante un sesto senso lo metteva in guardia. Preparati i bagagli, Mary, Angela ed Eichi dopo un'oretta di viaggio giunsero a destinazione. Ad accoglierli c’era una ragazzina bionda con dei capelli riccissimi. Appena Eichi scese dalla macchina gli saltò letteralmente addosso.
«non posso crederci fratellone avevi ragione è proprio Eichi!» urlò entusiasta dopo essersi staccata dal suo collo.
Mary la conosceva, era la sorellina di Marco. Vedendola avvinghiata a Eichi in quel momento provò un’inaspettata morsa di gelosia. «che modi sono questi? ora che c’è una stella della musica io entro in secondo piano?» cercò di richiamare la sua attenzione. Per lei era stata come una sorellina più piccola, ma adesso che la osservava meglio era cresciuta davvero molto. Era diventata molto bella.
«hai ragione Mary, che stupida! Dovrei ringraziare prima fra tutti la mia benefattrice.» e dicendo così la strinse a sé la sollevandola da terra in un abbraccio soffocante. Anche se piccolina era davvero forte. Mary si ritrovò a pensare che tra lei e Angela non sapeva chi fosse la più pericolosa. 
«ok, va bene basta così piccola peste» intervenne Marco raggiungendo il gruppo.
«Non fare l’antipatico fratellino.» aggiunse facendogli il broncio.
«capisco che tutti siate felici di rivedervi, ma qui ho bisogno di una mano a prendere i bagagli. È vero che sono forte, ma non dimenticate le buone maniere, sono pur sempre una donna » aggiunse Angela, che fino a quel momento era stata completamente ignorata dal gruppo.
«hai ragione, aspetta, ti do una mano» si offrì Eichi comprensivo mentre l’aiutava a scendere le valige.
«lui si che è un vero uomo. Mica come te fratellino…» puntualizzò Mina punzecchiando Marco, mentre guardava con occhi sognanti Eichi.
“Ah si? Lo vedremo chi è più gentiluomo tra noi due”.
«toglietevi di mezzo questo lo prendo io e anche questo» e dicendo così strappò dalle mani di Eichi e Angela due borsoni, e con non poca fatica si incamminò verso l’enorme villa a due piani dei suoi genitori.
«basta davvero poco a riattivare lo spirito di collaborazione di quel pigro caprone …» notò stupita Mina. Gli altri tre scoppiarono in una sonora risata.
“Avere lei come sorella non deve essere per niente facile”.
Per un attimo Eichi comprese molto di più la posizione di Marco. Anche lui ne aveva passate di belle con JJ. Fare i fratelli maggiori ha i suoi pro e i suoi contro dopotutto. Sorrise tra sé e sé al ricordo di JJ. Doveva ammettere che gli mancava quella testa calda di suo fratello.
Era già pomeriggio inoltrato quando finirono di sistemare i bagagli insieme alla spesa per i giorni successivi. Come al solito Mary ne aveva combinata una delle sue. Proprio mentre stava trasportando il suo trolley al piano di sopra lo stesso le era caduto aprendosi rovinosamente per le scale. Fortunatamente Marco le era andato in contro per aiutarla. Nel farlo intravide un pigiama rosa con dei cuoricini e della biancheria intima. Bastò quello a farlo arrossire come un peperone. Mary raccolse il tutto in fretta arrossendo a sua volta. Si era ripromessa che non avrebbe mai più usato trolley in tutta la sua vita.
Erano le otto e dopo aver stabilito come si sarebbero dovuti sistemare per la notte iniziarono a preparare il barbecue.
Mary e Angela avrebbero diviso la stanza da letto dei genitori di Marco al piano di sopra, mentre Eichi avrebbe occupato la stanza degli ospiti accanto. La piccola stanzetta con un solo letto singolo  fu il vero problema. Dopo quasi un’ora di lotta estenuante la stessa era stata assegnata a Mina. Era davvero eccitata all’idea di dormire a pochi metri di distanza dal suo idolo. A Marco era toccato il divano del soggiorno che si affacciava sulla cucina al piano di sotto.
«che ne dite di bere qualcosa di forte?» propose Marco dopo che tutti ebbero finito di mangiare.
«oh si che bello!! Io voglio un bel bicchiere di rum» si portò davanti a tutti Mina entusiasta.
«non hai capito proprio nulla. Tu quando bevi perdi completamente il controllo. Non vorrai che Eichi si faccia un’idea sbagliata di te…» aggiunse suo fratello nel tentativo disperato di farle cambiare idea.  L’ultima volta che aveva bevuto aveva iniziato a ballare decantando alcuni versi della Divina Commedia. Era stato uno spettacolo a dir poco penoso. Per non parlare del fatto che per tutta la notte Marco era rimasto con lei in bagno a reggerle la fronte mentre vomitava. Si, quei momenti non avrebbe voluto riviverli per niente al mondo.
«dai un goccetto, cosa vuoi che mi faccia? Ti prometto di non esagerare questa volta» continuò supplichevole.
«fa un po’ come vuoi, sappi però che questa volta non ti reggerò la fronte come in passato…»
«tranquillo non ce ne sarà bisogno»lo rassicurò, concludendo con un occhiolino d'intesa.
I quattro ragazzi riuniti nel giardino esterno sul quell’enorme tavolo di legno alla luce soffusa di poche fiaccole, assaporavano l’odore salmastro del mare mentre sorseggiavano qualche bicchiere di alcool. I grilli riempivano il silenzio senza parole di quel momento. Tutti sazi assaporavano quella calma surreale, interrotta improvvisamente da Mina che, come aveva previsto Marco, aveva strafatto iniziando a cantare delle canzoni in una lingua sconosciuta. Fu Angela a proporsi per accompagnarla in camera sua. Mary aveva deciso di darle una mano. Era stanca e voleva andare a dormire. Così le due ragazze in compagnia di quell’angelo indemoniato di Mina si congedarono da Marco e Eichi.
I due ragazzi rimasero in silenzio ad osservare le onde di quel mare che a pochi metri di distanza si frangeva sulla riva spumeggiando vivaci.
«Certo che tua sorella ha un bel caratterino…» interruppe quel silenzio Eichi.
«si, in molti dicono abbia preso da mio padre. Sono entrambi cocciuti e convinti di avere ragione su tutto. Anche se alle volte si sbagliano. Non si può avere sempre ragione, in certi casi occorre ammettere i propri errori con modestia.» forse per colpa dell’alcool Marco si dimenticò della sua diatriba con Eichi e si concesse quel momento di sfogo.
«Sai, anche io ho un fratello più piccolo e anche lui ha un bel caratterino. All’inizio me ne ha date di gatte da pelare. E così che dite voi giusto?»
«parli di JJ, dico bene?» domandò Marco distrattamente come se la cosa gli interessasse relativamente poco. Era un modo come un altro per continuare il discorso.
«Sai anche di lui allora» ammise sorpreso Eichi.
“come fa a sapere dell’adozione?”
«mia sorella mi ha fatto una testa tanta con voi. Lui è il membro più piccolo dico bene? è normale che tu lo veda come un fratello minore» precisò Marco accendendosi una sigaretta distrattamente.
Il vento gli rendeva difficile l’operazione.
«giusto, quasi dimenticavo, tua sorella è una nostra fan» aggiunse sollevato. Non aveva scoperto nulla. Ci mancava solo quello.
«i tuoi genitori devono essere orgogliosi di quello che sei diventato…» continuò sempre più malinconico il ragazzo con le lentiggini.
«più che altro mia madre lo è…»
«e tuo padre? non dirmi che sei il classico figlio disubbidiente che ha voluto a tutti i costi inseguire la strada della musica contro il volere paterno?» e si portò con fare disinvolto la sigaretta accesa alla bocca.
«mi spiace deluderti ma non è come pensi. Io non ho mai conosciuto mio padre.»
Per un attimo la notizia lasciò Marco sorpreso. Questo sua sorella non glielo aveva detto.
«mi dispiace…» aggiunse sinceramente mortificato. Lui sapeva cosa voleva dire avere lontana una persona amata, ma di certo non averla mai conosciuta doveva essere anche peggio.
«devo crederci?» chiese scettico e divertito Eichi. Forse Angela aveva ragione, Marco in fondo non era poi un così cattivo ragazzo.
«guarda che non sono poi così privo di tatto, e comunque fa un po’ come credi…» proseguì riportandosi alle labbra la sigaretta accesa.
 Eichi, non si sarebbe mai aspettato di sostenere una conversazione del genere proprio con Marco. Quel momento aveva un ché di surreale.
«ti credo anche se penso che dispiacersi sia inutile. Sono convinto che in fondo sia stato meglio così. Probabilmente adesso non sarei quello che sono se mio padre avesse deciso di rimane con noi… e più che rendere lui orgoglioso di me il mio obbiettivo adesso è rendere me stesso orgoglioso di quello che sono e magari essere motivo di orgoglio per le persone che davvero mi amano. Alle volte quello che sei diventa una scelta che compi a piccoli passi ma che ti segnerà per sempre. Chi  sei o ciò che sceglierai di essere è un qualcosa che spetta solo a te. Io mi sono imposto di essere migliore di lui, eguagliarlo non mi interessa minimamente ne tanto meno inorgoglirlo.»
Marco provò un’improvvisa e inaspettata morsa di gelosia mista a invidia e ammirazione per quel ragazzo sicuro di sé che aveva accanto. Anche lui avrebbe voluto avere la forza di opporsi a suo padre e scegliere liberamente della sua vita e di quella della sua famiglia. Ma gli erano sempre mancate le forze per riuscirci. Quel giorno che lo vide litigare animatamente con sua madre per colpa del passato e della sua continua ossessione per la vendetta, avrebbe voluto intervenire e fermarlo, ma non ne ebbe il coraggio. Permise a suo padre di mandar via sua madre senza opporre alcuna resistenza. Eichi invece doveva aver sopportato molto e nonostante questo non doveva aver smesso di lottare per quello che credeva e con lo scopo di migliorare sempre se stesso e la vita di chi lo amava. Lo invidiava.
«si è fatto tardi forse sarebbe meglio andare a dormire» disse spegnendo quello che restava della sigaretta in un portacenere prima di alzarsi. Anche Eichi lo seguì. Quella sera iniziarono a conoscersi meglio.
Dopo non pochi sforzi Mary e Angela erano riuscite a mettere a letto Mina. Ora erano in camera che si preparavano per andare a dormire.
«cavolo come ho fatto a dimenticarlo?» esordì ad un tratto Angela richiamando l’attenzione di Mary che stava preparando il loro letto.
«cosa hai dimenticato questa volta?» le domandò rassegnata.
 Angela era molto sbadata e all’università spesso si dimenticava libri o materiali vari e lei era costretta a provvedere sempre alle sue mancanze. E a quanto pare neanche questa volta si era smentita.
«non penso potrai aiutarmi questa volta…» proseguì con aria rammaricata mentre scaraventava nervosa il suo borsone in un angolo della stanza.
«di cosa hai bisogno? Di uno spazzolino? Di un paio di mutande? O di un reggiseno?»
«no niente di tutto questo… ho dimenticato il pigiama…» Mary sospirò rumorosamente prima di tirare fuori dal suo borsone il pigiama con i cuoricini nuovo di zecca che aveva comprato.
«e c’era bisogno di fare tutte queste storie per un pigiama? Tieni prendi il mio, tanto io ormai ho l’abitudine di addormentarmi con la camicia che mi ha lasciato Andrea. Metterò un paio di pantaloncini e starò benissimo…»e dicendo così lo lanciò all'amica.
«grazie Mary, e scusa» continuò amareggiata prendendolo al volo.
«Ma stai scherzando? Non dirlo neanche! E poi ti devo ancora un favore per il vestito che mi hai regalato l’altra volta.» e scoccandole un occhiolino complice, tornò ad aggiustare le lenzuola. Spente le luce, i cinque ragazzi crollarono distrutti nei loro letti.
Il giorno dopo si svegliarono di buon’ora e dopo un’abbondante colazione raggiunsero la spiaggia dorata e calda di quella mattina. Il sole era alto e picchiava insistentemente sulle loro teste. Tra un paio di bagni in acqua e una partita a beach volley la giornata trascorse tranquilla. Tutti si divertivano spensierati. Inizialmente Mary si era rivelata restia a togliersi l’enorme maglia che usava come copricostume. Era in leggera soggezione per colpa di Eichi. Quella sarebbe stata la  prima volta che avrebbe visto il suo corpo semi nudo e aveva paura che non rispecchiasse esattamente le sue aspettative. Se ripensava alla ragazza di quella foto, snella e con un viso perfetto, si sentiva enormemente inadeguata. Inoltre il costume che le aveva consigliato Angela le sembrava davvero esagerato. Era un bikini rosso super sgambato. Non che lei non potesse permetterselo, nonostante pensasse di non avere un fisico perfetto, Mary portava una 42 di tutto rispetto ostentando un seno prosperoso e dei fianchi piccoli ma proporzionati. Rispetto ad Angela che a stento raggiungeva una prima Mary esibiva una terza di tutto rispetto. La sua timidezza insieme agli sguardi di Marco ed Eichi non l’aiutarono di certo a vincere l’imbarazzo. Questo finché Angela non esortò tutti ad entrare in acqua. Da quel momento in poi la situazione migliorò notevolmente.
Erano passate le tre quando tutti e cinque i ragazzi si sdraiarono pigramente sotto gli ombrelloni.
Erano esausti.
«Ehi, ma quel tatuaggio mi è nuovo, lo hai fatto da poco?» chiese Mina avvicinandosi a Eichi  interessata, raggiungendo una distanza a dir poco discutibile.
«no, a dire il vero» l’allontanò leggermente a disagio «durante i servizi fotografici e negli MV preferisco coprirlo perché ha un significato particolare che non voglio sbandierare ai 7 venti».
«e quale sarebbe? Posso saperlo?» insistette curiosa portandosi a pochissimi centimetri dal suo viso. Mary la guardava da lontano mordendosi le labbra dalla rabbia.
«sai il suo significato è un segreto che posso condividere solo con delle persone davvero speciali…» ammise sincero Eichi mentre ancora una volta cercava di evitare i contatti troppo ravvicinati di Mina. In tutto quello notò anche lo sguardo geloso di Mary.
«e io non sono abbastanza speciale per te?» domandò supplichevole stendendosi accanto a lui.
«mi spiace ma al momento una sola persona è riuscita a strapparmi questa confessione e se c’è riuscita è solo perché mi è entrata nel cuore. Non è una cosa che posso dire a tutti.» aggiunse lanciando uno sguardo d'intesa verso Mary. Mary gli sorrise complice.
«e va bene non insisto. Che peccato avrei voluto tanto saperlo... uffa » sospirò prima di rigettarsi scomposta sul suo asciugamano. Poco distante da loro, c'era Marco. Aveva osservato tutto mentre cercava di capire a cosa doveva quegli sguardi complici. Sperava davvero che il suo sesto senso si stesse sbagliando. Perché se così non fosse, voleva dire che tra quei due era successo già qualcosa. 
Quella sera avrebbe dovuto entrare in azione in qualche modo. Non poteva aspettare ancora.
Ad un tratto vide Mary avvicinarsi con fare furtivo nella sua direzione. Si rannicchiò accanto a lui. Il suo profumo e quella pelle così liscia lo fecero tentennare per qualche secondo.
«Ehi Marco ricordi che ti avevo chiesto di portare quella cosa?»
«intendi la chitarra?» disse a voce un po’ troppo alta.
«shii…!! sei impazzito? non vorrai che Eichi scopra tutto?» lo ammonì Mary coprendogli con una mano la bocca. Fortunatamente Eichi era impegnato a mantenere distante quella peste in calore di Mina cosî non si accorse di nulla.
Il cuore di Marco sobbalzò a quel contatto inaspettato. Lentamente Mary si allontanò in modo che l'amico potesse riprendere fiato.
«si, la chitarra» ribadì più convinta sussurrandogli a un orecchio.
«si, l’ho portata. Ma non volevi fargli una sorpresa?» Mary gli sorrise maliziosa «per questo avrò bisogno del tuo aiuto. Oggi è il compleanno di Eichi. Vorrei fargli una festa a sorpresa ovviamente se anche tu sei d’accordo, gli altri sono già informati di tutto» gli chiarì con occhi supplichevoli. Marco, anche odiando l’idea con tutto se stesso, non seppe negare alla ragazza che amava quella richiesta innocente.
«va bene, ma con la chitarra come la metti? Non volevi ripulirla per bene e impacchettarla? Con Eichi sempre intorno come pensi di riuscirci?» le domandò distrattamente. «No problem,  ho già chiesto ad Angela di distrarlo oggi pomeriggio in modo da permettere a noi tre di dedicarci ai preparativi. Mina si occuperà della torta, mentre io impacchetterò la chitarra. Tu potresti pensare alle decorazioni che ne dici?». Non che la cosa lo entusiasmasse più di tanto ma almeno per un pomeriggio quei due sarebbero rimasti lontani.
«ho forse scelta?» convenne  rassegnato.
«immagino di no» gli sorrise grata Mary.
«ora che ci penso dovrei avere qualche festone nel garage e dei palloncini. Potrebbero esserci utili?»
«credo proprio di si » acconsentì in brodo di giuggiole.
Vederla felice e sorridente valeva tutte le morse di gelosia che stava provando in quel momento. Anche se aiutarla nei preparativi andava contro i suoi più profondi principi, non ci avrebbe rinunciato per niente al mondo, perché almeno così l’avrebbe vista sorridere.
«se non ricordo male dovrei avere anche della carta regalo e qualche cotone. Ti converrebbe ricucire un po’ quel fodero. È davvero malconcio».
«Si in effetti ci avevo già pensato. Grazie Marco. Non sto più nella pelle dalla gioia, fare queste cose mi mette sempre di buonumore». Marco gli sorrise. Si, lo avrebbe fatto solo per lei. Per renderla felice.
In quel momento un ombra calò come un mantello nero su di loro. Era Angela.
«ragazzi credo sia ora di rientrare. Si sta facendo tardi» e scambiò con i due amici, uno sguardo d'intesa abbastanza esplicito. In meno di venti minuti i cinque raccolsero le loro cose e fecero ritorno in villa.
Erano le sei e dopo non pochi sforzi Angela era riuscita a trascinare con un scusa Eichi fuori da lì. Avevano davvero poche ore per preparare tutto.
Mentre Mina si dedicava alla torta, Mary e Marco erano scesi in garage. Mary ripulì con cura meticolosa la chitarra. In alcuni punti il legno chiaro era usurato. Per quello non avrebbe potuto fare molto. Nella parte retrostante c’era scritto un nome. Forse era del suo precedente proprietario. Mary non ci fece troppo caso. Adesso, dopo averla ripulita, doveva occuparsi del fodero. Era davvero in  pessime condizioni. Almeno il fatto che fosse nero poteva aiutarla a camuffare qualche piccola imperfezione. Non era molto pratica con il taglio e cucito.
Nel frattempo Marco, tra i diversi scatoloni, era riuscito a trovare un festone con scritto “Tanti auguri!” e una busta impolverata con qualche palloncino ancora all’interno. Mary intravide una scatola di latta su uno scaffale. Sicuramente conteneva ago e filo.
Salì su una sedia ma proprio mentre era quasi arrivata perse l’equilibrio. Marco arrivò giusto in tempo per prenderla al volo. Caddero l'uno sull'altro. Marco attutì la caduta di Mary. In quel momento il volto di lui era a pochissimi centimetri dal suo e in quel frangente, Mary sembrò leggere qualcosa di diverso dal solito negli occhi verdi dell’amico.
«scusami Marco, ma tu guarda quanto sono imbranata.» stava per sollevarsi quando lui la bloccò, impedendole di alzarsi.
«cosa stai facendo? Dobbiamo sbrigarci altrimenti la sorpresa per Eichi salterà!»
Marco continuava a tenerla bloccata in quella posizione senza risponderle. Aveva promesso a se stesso che non l'avrebbe persa per nulla al mondo.
Con  uno scatto l'avvicinò pericolosamente al suo volto. Mary istintivamente chiuse gli occhi. Una voce li interruppe improvvisamente.
«Marco! Mary! Eichi e Angela stanno tornado» li richiamò Mina affacciatasi dalla porta che conduceva al garage. Marco allentò la presa su Mary che si sollevò grata di quell'interruzione.
«Ehi, ma che state facendo voi due?» domandò scioccata dopo aver visto Mary sollevarsi dal corpo di suo fratello.
«niente sono scivolata tutto qui»spiegò Mary sintetica uscendo dal garage a capo chino con la  chitarra tra le mani. Mina intravide la sua espressione sconvolta. Qualcosa doveva essere successa e l'atteggiamento di suo fratello non faceva che avvallare le sue supposizioni.

 
“Ma cosa diamine gli è preso. Non può essere che Eichi avesse ragione. No non può essere! Magari mi sto solo immaginando tutto come una scema. Sicuramente mi avrà avvicinata in quel modo per controllare che non mi fossi fatta nulla? Si deve essere così! Non ci sono altre spiegazioni! Chissà cosa sarebbe potuto succedere se invece ci… No! Non voglio nemmeno pensarci. Ci mancava solo questa. Cavolo, ho dimenticato di prendere la scatola dei cotoni. Ma cosa mi metto a pensare adesso? Scatola dei cotoni?Qui il problema è un altro. Stavo per baciare Marco o meglio Marco stava per baciare me! No, no, non può essere vero! A cosa mi metto a pensare?” .
Mary era scappata in camera sua. Non riusciva ancora a capacitarsi di quello che era successo o meglio di quello che stava per succedere. Era così presa dai suoi pensieri che in ritardo si rese conto del dolore al polso. Probabilmente si era fatta male cadendo da quella sedia. Prese un fazzoletto di cotone da un cassetto e se lo arrotolò con fatica intorno al polso stringendo i due lembi aiutandosi con i denti. Allo stesso tempo cercava di recuperare un po' di autocontrollo.
Scese al piano di sotto titubante, aveva paura di incontrare Marco.
Fortunatamente c'era solo Mina che notando il sua andatura incerta, la rassicurò dicendole che suo fratello era uscito a fumare una sigaretta. Nell'imbarazzo più totale le due ragazze iniziarono ad allestire gli ultimi preparativi.
«Mary, scusa se te lo chiedo, ma per caso tu e mio fratello...» lasciò in sospeso sperando che l'altra completasse da se quel pensiero.
«Mina, sono solo inciampata. Tra me e Marco non c'è assolutamente niente. Devi credermi».
Quelle parole erano sincere, ma allo stesso tempo incerte, c'era qualcosa sotto e Mina era disposta a venirne a capo.
«se lo dici tu.» le rispose infine non molto convinta.

«Ora si che va molto meglio, con quei capelli non ti si poteva proprio vedere. Adesso sei finalmente degno di mostrarti in pubblico.» Dopo una estenuante opera di convincimento Angela era riuscita a trascinare Eichi con se in quel parrucchiere da uomo. La sua sbiadita chioma biondastra era stata sostituita da un colore bruno molto più naturale, mentre quel taglio lungo sostituito con uno molto più corto. Era ancora più affascinante tornato al naturale o almeno questo era quello che le aveva detto Angela per convincerlo ad attuare un cambiamento al suo look. Finalmente adesso avevano finito e stavano tornando in villa. Gli sguardi tra lui e la sua amica lei li aveva codificati con fin troppa facilità. Aveva capito che tra i due era successo qualcosa seppure Mary non le avesse ancora raccontato nulla.
«Ehi occhi a mandorla, come vanno le cose con Mary? successo qualcosa in particolare?» domandò mentre a piedi raggiungevano il fuoristrada.
«è così chiaro che sia successo qualcosa?» domandò Eichi sorpreso.
«stai scherzando? Sembra che abbiate i cuoricini al posto degli occhi quando vi guardate. Dimmi la verità, cosa è successo tra voi?».
«non so se posso raccontarti qualcosa. Io e Mary pensavamo di tenere la faccenda per noi, almeno per il momento.»
«Guarda caro mio che non stai parlando con una qualsiasi, e poi me lo devi dopo tutte le dritte che ti ho dato. Se mi racconterai qualcosa prometto che farò finta di non aver mai saputo nulla. Tanto lo so che è solo questione di tempo e Mary verrà a raccontarmi tutto comunque.» lo esortò supplichevole Angela.
«certo che quando ti metti in testa qualcosa non c’è nulla che ti impedisca di ottenerla, dico bene?» Angela acconsentì con convinzione mentre Eichi sospirò rassegnato «va bene ti racconterò qualcosa.».
«sono tutte orecchie»
 «l’altra sera intendo quella del cinema gli ho raccontato tutto. Sono stato sincero fino in fondo. Non so spiegarti come sia successo so solo che siamo finiti con il baciarci. Non fraintendere non ho forzato la cosa. Sai che non avrei fatto nulla se lei non fosse stata realmente consapevole di quello a cui andava incontro. Purtroppo entrambi sappiamo che questo nostro rapporto è soggiogato al tempo e allo spazio, ciononostante abbiamo deciso di viverla senza troppi pensieri. Entrambi abbiamo bisogno l’uno dell’altro, anche se devo ammettere che la cosa inizia a farmi paura…»
«paura?»
«credo che ci faremo male continuando… vorrei poter trovare una soluzione. Solo il pensiero che un giorno dovrò separarmi da lei mi distrugge. Alle volte penso che vorrei prenderla e portarla via con me. Sembra stupido vero? Intendo un pensiero del genere! Lei non lascerebbe mai l’Italia per venire con me in Giappone giusto?». Angela aveva capito che Eichi era davvero innamorato di Mary. Non sapeva cosa rispondergli da un lato gli faceva quasi pena. «non saprei…»
«Pensi che sia uno stupido vero? cioè innamorarmi così di una ragazza che a breve dovrò lasciare sembra davvero poco intelligente. Non sai quanto mi sono torturato a questo pensiero. Ho fatto di tutto per non legarmi a lei ma ogni volta che vedevo i suoi occhi pieni di lacrime la mia ragione veniva meno. Volevo cancellare la sua tristezza ad ogni costo. È la prima volta che cerco di essere tutto questo per una ragazza. Con la mia ex non ne ho mai trovato il motivo. Sai entrambi eravamo abituati, forse a causa del nostro lavoro, a nascondendoci dietro false apparenze, così facendo pensavamo di proteggerci a vicenda. Pensavamo fosse la cosa più giusta da fare. Intendo nascondersi. Invece non abbiamo fatto altro che sbagliare si dall’inizio. Volevo che Misako condividesse con me le sue preoccupazioni quando in realtà io non ho mai nemmeno provato a fare altrettanto. Come ho potuto essere così egoista? Da quando ho conosciuto Mary, non ho fatto altro che ripetermi questa stessa domanda. Pretendere di avere senza mai dare nulla. Forse quello che mi faceva più paura era che qualcuno potesse vedere e giudicare le mie debolezze. Solo ora ho capito che aprirsi non vuol dire essere deboli, ma aiuta invece le persone a capirsi ed andare avanti. La sera in cui io e Mary ci siamo baciati ho compreso che non volevo perderla. È la prima persona che sia riuscita a darmi la sua fiducia senza pretendere nulla in cambio, quello che non sono mai riuscito a fare io in passato.  Mi ha fatto capire che in fondo potevo provarci anche io, così alla fine le ho mostrato il mio lato debole e lei è riuscita con un sorriso ha darmi quello che il resto del mondo mi ha sempre tolto: la forza e la speranza. In passato ho sempre creduto che sarei riuscito a farcela da solo, anzi che avrei dovuto ad ogni costo farcela da solo. Avrei protetto mia madre e tutti coloro che amavo contando solo sul mio duro lavoro, portando tutto sulle mie spalle. Non mi rendevo conto che a poco a poco, quel peso diventava  sempre più gravoso perché io potessi sorreggerlo da solo. Il mio desiderio era dimostrare che sarei riuscito ad andare avanti contando solo su me stesso ma la verità è che nessuno può farcela da solo. Quando due persone si amano dovrebbero riuscire a trovare il coraggio di affidarsi l'uno all’altro con fiducia. Io non sono mai riuscito ad aprirmi realmente con Misako, mentre con Mary è stato diverso sin dall’inizio.  Con quel bacio quella vocina che mi diceva di stare attento è sfumata. Ora voglio credere che la vivremo da persone mature, ma so che sarà dura. Quando arriverà quel giorno non so se troverò la forza di lasciarla andar via da me.» ammise.
«capisco, mi dispiace davvero tanto soprattutto perché so che tu, Eichi, saresti stato capace di rendere alla mia amica la felicità e l’amore che merita. Cavolo quanto è ingiusta la vita...». Eichi sapeva che quel momento era più prossimo di quanto Angela potesse immaginare. Giunsero finalmente alla macchina.
«Bene, ti ho stressata fin troppo con le mie riflessioni, tu piuttosto, che mi dici? Non ti sei ancora dichiarata a Marco o sbaglio?» Angela divenne rossa come un peperone. Aprì lo sportello ed entrò seguita da Eichi.
«allora?» insistette punzecchiandola, dopo che lei mise in moto.
«Non ancora, ma penso che sfrutterò questa occasione per dirgli quello che provo».
Eichi era davvero orgoglioso di lei. Angela era una persona incredibile. Con lei si sentiva a suo agio. Era come parlare con Rio. Per certi aspetti quasi glielo ricordava. Entrambi mascheravano la loro insicurezza ostentando un’aria forte e strafottente che non gli apparteneva per niente. 
«E brava Angela! Sai che anche io tifo per te!»
«grazie, speriamo solo che il nostro rapporto non ne venga compromesso. Anche se non dovesse accettare i miei sentimenti mi farebbe piacere rimanergli comunque amica. Che ironia Eichi, ora che ci penso sono convinta che siamo entrambi dei veri e propri masochisti. A noi piace farci del male o sbaglio?»
Eichi le sorrise amaramente mentre allacciava la cintura di sicurezza.
«Masochisti dici? Forse non hai tutti i torti! ».
Angela inserì la retromarcia dopo aver mandato un messaggio a Mina per avvisarla del loro ritorno. Si immisero nel traffico cittadino per poi fare ritorno in Villa.

 


Era tutto pronto o almeno quasi tutto. Mary non era riuscita a riparare la fodera della chitarra. Di Marco ancora nessuna traccia. Dopo quello che era successo era sparito. Mina affacciata alla finestra attendeva di vedere i fari accesi del fuoristrada di Angela sbucare dalla stradina di accesso alla loro residenza estiva. Era in fibrillazione. La torta era pronta. Aveva disegnato sopra delle note musicali e posizionando le candeline tutte intorno, una per ogni anno di Eichi. Erano 23 e tutte colorate.
«ma insomma si può sapere dove lo ha portato Angela? Perché ci mettono così tanto?» Mary cercò di tranquillizzarla mentre distrattamente aggiustava gli ultimi palloncini. «Vedrai che arriveranno a momenti, stai tran…». Non riuscì a terminare che Marco fece il suo ingresso dalla porta principale. I loro sguardi si incontrarono per qualche secondo. Poi Mina richiamò la loro attenzione.
«sono arrivati, sono arrivati! Marco spegni la luce e tu Mary aiutami ad accendere le candeline».

Marco e Angela erano appena scesi dall’auto, quando Eichi notò qualcosa d’insolito.
«Angela, ma perché le luci sono spente? Gli altri sono usciti per caso?»
«non saprei, magari è saltata la luce» mentì.
I due erano davanti la porta d’ingresso. Eichi fu il primo ad entrare. Sul tavolo della cucina notò subito qualcosa di strano. Era una torta. Non passò molto che dal nulla sbucarono Mina, Mary e Marco. Le due ragazze avevano iniziato a battere le mani cantando una canzoncina di buon compleanno. Eichi questa proprio non se l’aspettava. Lui stesso aveva perso la concezione del tempo dimenticandosi del suo compleanno.
Fu Mary a spronarlo a spegnere le candeline. «Su dai esprimi un desiderio!»lo incoraggiò con un enorme sorriso sul volto. Alla luce soffusa di quelle candeline il suo viso gli sembrò ancora più bello. Quella ragazza era incedibile, era riuscita ad abbattere ogni sua difesa così facilmente.
“Un desiderio dici? Cosa potrei desiderare di più se non di poterti avere sempre con me! Amarti senza riserve, credere che nulla potrà mai separarci...”. Eichi chiuse gli occhi e con un solo soffio spense tutte le candeline. Tutto fu buio. Angela dopo poco accese la luce.
«cosa cavolo hai fatto ai tuoi bellissimi capelli biondi!» sbottò scioccata Mina.
«li ho tagliati. Sono davvero così brutti?» domandò mentre furtivamente osservava la faccia di Mary.
«no, non volevo dire questo è solo che…»
Mina non sapeva come continuare.
«stai bene…» intervenne Mary guardandolo dolcemente. Eichi ricambiò felice.
Dopo iniziò a tagliare la torta distribuendola ad ognuno dei presenti.
«Cosa hai fatto al polso?» domandò Angela notando la sua fasciatura improvvisata.
Istintivamente Mary portò la mano al petto cercando di nascondere la fasciatura con la mano. In quello stesso momento incrociò lo sguardo di Marco. Si guardarono per pochi secondi ma furono abbastanza perché Eichi si accorgesse del movimento.
«niente davvero sono solo caduta» improvvisò mentre ricominciava a tagliare e a ridistribuire i pezzi di torta.
«fammi un po’ vedere» la esortò preoccupato Eichi.
«ho detto che sto bene è solo una lieve contusione nulla di più».
Marco in disparte non sembrava volersi interessare della cosa, e ad Eichi questo puzzava. In un’altra occasione avrebbe fatto il diavolo a quattro per verificare le sue condizioni. Perché adesso stava facendo finta di niente?
«Va bene, se dici che non è nulla di grave ti credo. Ora però lascia continuare me. Con quel polso non dovresti affaticarti più del dovuto» grata e sollevata Mary prese posto accanto all'amica mentre Eichi si occupava del resto. La serata proseguì tranquillamente fino alle due di notte. Avevano addirittura improvvisato un karaoke. Adesso tutti erano nelle proprie stanze, o quasi.

 

 

GIAPPONE

 

JJ era nello studio del direttore Otzuki.  Sapeva che la sua richiesta sarebbe sembrata un po’ troppo irragionevole, ma in cuor suo sperava che sarebbe stata almeno ascoltata. Ci teneva davvero molto.
«JJ dimmi pure» lo esortò il più anziano.
«So che è azzardato, ma ho pensato di esordire con un pezzo diverso.» confessò tutto d’un botto.
«Sai che questo vorrà dire buttare al vento quasi un mese di lavoro?» lo ammonì il direttore della Kings Record.
«Lo so, ma la canzone di Hiro non la sento mia. Non mi appartiene e francamente non mi convince per niente. Se vuole che il mio debutto sia ottimale deve permettermi di esordire con un pezzo diverso. La traccia l’ho già registrata con l’aiuto di Rio e grazie a Daisuke ho già strutturato una coreografia convincente.»
I signor Oztuki non sembrava molto convinto. Seppure il grosso del lavoro JJ lo avesse già fatto non era detto che fosse accettabile per i suoi standard. D’altro canto la sua insistenza, seppure non l’avesse pienamente convinto, aveva se non altro stuzzicato la sua curiosità. Gli avrebbe concesso una possibilità.
«Va bene JJ voglio fidarmi di te, fammi un po’ sentire questo pezzo.» lo incoraggiò mostrandogli il palmo della mano aperto.
JJ prese il cd-rom che aveva tra le mani e glielo passò titubante.
L’uomo sofisticato davanti quella scrivania lo inserì nel computer portatile e attese che il programma leggesse il file audio. La musica partì. A sorprenderlo era proprio il ritmo. Non era il genere di canzone che JJ era abituato a cantare. I ritmi ossessivi e movimentati erano stati sostituiti da una melodia affascinante, allo stesso tempo accogliente e avvolgente. Gli sembrò quasi che la stessa potesse con la sua forza e dolcezza avvolgere e riscaldare come una enorme coperta chiunque si fosse trovato ad ascoltata. O almeno quella fu la percezione che ne ebbe il direttore. JJ aveva abbandonato i ritmi  rap e cantava la melodia dolcemente. Quella base sembrava fatta apposta per valorizzare le sue doti canore. Era incredibilmente sorpreso da quel cambiamento improvviso. JJ ancora una volta  lo aveva sorpreso positivamente.
  «come ti è venuta l’ispirazione per questo pezzo?» gli domandò quando l’esecuzione del brano fu terminata.
«La melodia di base l’ha scritta una mia amica mentre all’arrangiamento ci ha pensato Rio. Il testo invece è opera mia. Cosa ne pensa?» domandò in ansia.
«credo che la tua testardaggine ti abbia premiato ancora una volta. Il brano è molto bello ma occorre che questa tua amica firmi la liberatoria per il rilascio del pezzo. Tu credi di potermela far pervenire il prima possibile?» JJ non era più nella pelle non vedeva l’ora di raccontare tutto ad Akiko. Chissà come avrebbe preso la notizia.
«certamente!» esordì euforico JJ. Così dicendo fece un inchino frettoloso ed entusiastico dirigendosi verso l’uscita.
«JJ?» lo richiamò il signor Oztuki «si?» si bloccò appena in tempo prima di uscire. «il titolo… lo hai scelto?».
«caffeine»
«caffeine?»
«si esatto caffeine! Potrebbe suonarle strano, ma ho appena scoperto di essere come una tazza di caffè per qualcuno e che qualcuno è diventato come una tazza di caffè per me! »
«come caffè dici? »
«Si, esatto come caffè! E comunque non sembra anche a lei che la melodia di questo pezzo sia un po’ come una tazza di caffè? È calda avvolgente e allo stesso tempo ti da energia.»
«Beh, effettivamente, ora che ci penso è proprio così. D’accordo vada per caffeine  allora».
“Questo ragazzo non smetterà mai di stupirmi”
«Mi fa piacere che le piaccia, ora però devo proprio andare  una persona mi aspetta. »,
Stava per uscire quando si voltò ancora un’ultima volta.
«Quasi dimenticavo, grazie per la fiducia che sta riponendo in me, stia sicuro che non la deluderò. Metterò tutta il mio impegno affinché questo brano abbia il successo che merita» detto questo fece un inchino e uscì congedandosi dal signor Oztuki.

Erano dieci giorni che JJ non vedeva Akiko. Entrò di corsa salutando di fretta Midori l’infermiera all’ingresso della struttura ospedaliera. La stessa non si prodigò nel chiedergli nome e cognome, come faceva con tutti gli altri visitatori, ormai JJ era diventato una presenza costante. Ogni tre giorni andava a trovare Akiko. Quasi tutto il personale si era abituato alla sua presenza. Anche la grande e imponente figura paffuta di Goro, l’infermiere che lavorava al piano di Akiko era sempre felice di rivederlo. Spesso al termine del suo turno rimaneva con loro a giocare a mahjong o a raccontare qualche aneddoto divertente accaduto in ospedale. Senza dubbio aveva un ottimo senso dello humour. Erano diventati grandi amici. Da quel primo giorno JJ non ebbe modo di rivedere la madre di Akiko. Forse era lei stessa a non volerlo incontrare pensò. Da un lato JJ preferiva così, la sua presenza gli faceva venire i brividi. Era una donna fredda come un ghiacciolo senza anima. Oggi però era un girono speciale e quella donna sarebbe stato l’ultimo dei suoi pensieri. Dopo non poca opera di convincimento era riuscito a coinvolgere alcuni membri del personale ad aiutarlo a mettere in azione il suo piano ben costruito. Gli era costato un disco, un paio di magliette autografate e una borsa della Louise Vuitton per Midori. Era stata davvero dura riuscire a corromperla. Della sua professione di cantante gli importava davvero poco, in compenso JJ scoprì il suo debole per gli articoli firmati.  Era un piccolo prezzo da pagare per regalare ad Akiko un giorno speciale che difficilmente avrebbe potuto dimenticare. Percorse i corridoi dell’ospedale in fretta. Giunse davanti la stanza di Akiko e bussò un paio di volte.
«avanti!» rispose un voce all’interno.
JJ entrò rapidamente richiudendosi la porta alle spalle. Era stato molto attento, sapeva che la discrezione era l’arma vincente nel suo piano.
«JJ? Ma cosa ci fai qui? Non dovevi venire domani?!» esordì Akiko incrociando il suo sguardo.
«Non abbiamo molto tempo, mettiti questi prima che venga qualcuno. Goro terrà gli altri infermieri impegnati ancora per pochi minuti. Non so quanto sia lungo il suo repertorio oggi, quindi fai in fretta.»
Akiko era rimasta senza parole. Prese la borsa che JJ gli aveva lanciato sul letto e l’aprì.
Tirò fuori una parrucca bionda, un paio di occhiali da sole, un berretto un jeans e una maglia larga a maniche corte.
«scusa ma cosa dovrei farci con questa roba?» domandò scettica.
«semplice devi indossarla e anche in fretta, come ti ho detto non abbiamo molto tempo. Devo portarti fuori di qui prima che la corsia si riempia di infermieri» le spiegò mentre riaperta la porta controllava che non fosse troppo tardi.
Akiko non se lo fece ripetere due volte. Si sfilò la camicia da notte e indossò rapida i vestiti la parrucca, il berretto e gli occhiali da sole mentre ancora di spalle JJ aspettava che leicompletasse l’operazione.
«ecco fatto!» esordì quando ebbe terminato. JJ non ebbe il tempo di analizzare se il suo camuffamento fosse convincente, ma rapido la prese per mano trascinandola fuori dalla stanza. Camminavano a passo veloce tra i corridoi. Guardandosi intorno con cautela. Superato l’ascensore del piano terra JJ incrociò Goro che cercava d’inventarsi l’inverosimile  pur di intrattenere i colleghi. Una volta riconosciuto, lo salutò. Era un segnale per fargli capire che erano quasi fuori e che non c’era più bisogno del suo aiuto.
All’ingresso Midori era impegnata al telefono. Aveva visto i due ragazzi uscire, ma fece finta di nulla.
«Ma dove stiamo andando?» domandò Akiko appena furono fuori dall’edificio. Adesso camminavano a passo più rilassato. Muovendosi tra la gente impegnata a raggiungere i proprio posti di lavoro e i ragazzi che andavano a scuola.
«tra poco lo vedrai…» si girò JJ rivolgendole un ampio sorriso che fece arrossire Akiko. Le loro mani erano ancora strette l’una nell’altra. Quel contatto riportò ad Akiko il ricordo dei momenti trascorsi all’orfanotrofio. All’epoca si tenevano spesso per mano. Era così naturale per loro a quei tempi, ma adesso ad Akiko quel contatto faceva  sobbalzare il cuore in modo così irragionevole. Perché si sentiva pervadere da una sensazione di calore così intensa? In fondo era JJ che le teneva la mano, lo stesso ragazzo che per lei era come un fratello. Perché improvvisamente quell'imbarazzo e quel disagio le facevano sembrare così esagerato un gesto che per loro era sempre stato così naturale?
In fondo doveva ammettere che lui non era più il ragazzino che lei ricordava stava diventando un uomo. Era forse questo a metterla a disagio?O più semplicemente era lei ad essere cambiata? Adesso lo vedeva come un uomo forse perché provava qualcosa di diverso dall’affetto fraterno? Possibile che JJ gli piacesse? No, per il momento non ci avrebbe pensato. Dopo aver preso un treno ad alta velocità i due ragazzi erano finalmente giunti a destinazione.
 «arrivati!» concluse lasciando la presa sulla sua mano.
«ma questo è l’edificio della Kings Record. Perché ci troviamo qui?» gli domandò sorpresa Akiko.
«oggi voglio mostrarti qualcosa. Consideralo come un regalo speciale per avermi aiutato a credere in me stesso.» la esortò con un movimento della mani a seguirlo prima di incamminarsi all’interno dell’edificio.
Akiko non poté fare altro che lasciarsi guidare da lui. Superato l’ingresso e percorsi i diversi corridoi della struttura giunsero nella sala prove. Lì, in quella stanza, i maggiori artisti della nota casa discografica preparavano le loro esibizioni. Era un sogno che diventava realtà. Per lei quel mondo era stato sempre troppo in là dalle sue possibilità e ritrovarvisi all’interno così all’improvviso la lasciò a dir poco senza parole. Si sentiva come Alice nel paese delle meraviglie.
Era tutto troppo surreale. All’interno quattro ballerini vestiti in nero facevano il loro riscaldamento, incuranti dei loro che avevano appena fatto ingresso nella sala.
«JJ perché siamo qui?» gli chiese in un sussurro, mentre avanzava titubante all’interno della stanza. Aveva paura di disturbare i ballerini.
«oggi voglio mostrarti qualcosa, che spero possa piacerti, sarai la prima a vederla in assoluto. È un regalo che ci tengo a fare alla mia fan numero uno. Voglio ringraziarla per essermi stata sempre vicino e scusarmi per non aver potuto fare altrettanto. » Avvicinandosi al suo orecchio aggiunse ancora qualcosa che lasciò Akiko senza parole.
«Mi spiace non aver distinto la tua voce che mi chiamava tra quella delle altre fan. Sono un idiota e spero tu possa perdonarmi. Voglio che tu sappia che questa volta sono tornato per rimanere. Non mi vedrai andar via un’altra volta,te lo prometto» le spiegò dolcemente.
Dopo averle dato un rapido bacio sulla guancia la face accomodare su una sedia. Akiko non riusciva più a capire i suoi sentimenti. Quel bacio e quelle parole l’avevano completamente disorientata. JJ le fece un sorriso prima di richiamare i ballerini.
Nella testa di Akiko risuonavano ancora quelle sue parole, mentre come in un fotogramma cinematografico vedeva susseguirsi l’immagine del suo sguardo premuroso e del suo sorriso luminoso, era identico a quello di tanti anni prima. JJ non era cambiato di una virgola. Il tono con cui aveva detto quelle parole era lo stesso con il quale la consolava ogni volta che andava via. Improvvisamente sentì riaffiorarle ancora una volta quel terrore. Il terrore che anche questa volta quel tono e quella premura mascherassero un imminente abbandono. La paura che tutto potesse scomparire come in passato colpì in pieno petto. Non poteva lasciarlo andare via ancora una volta in quel modo. Il destino le aveva dato una seconda occasione e adesso lei sarebbe stata finalmente sincera con lui e con se stessa. Non avrebbe perso un’altra occasione come in passato.
Anche se questa volta JJ le aveva assicurato che non si sarebbe più allontanato da lei, poteva davvero prendersi il lusso di crederci? Quei pensieri furono subito distratti da una melodia famigliare, un po’ troppo famigliare. Era la sua canzone riadattata, ma quelle che sentiva erano chiaramente le note del suo brano. I cinque si posizionarono per l’inizio della coreografia. La musica echeggiò amplificata in quella stanza vuota. Akiko in quel momento comprese tutto. Adesso i suoi sentimenti erano chiari come il sole. Che ironia che fosse stata proprio la sua musica ad averle fatto aprire gli occhi. Sorrise felice mentre osservava JJ muoversi rapido su quella base musicale la sua voce era davvero dolce e avvolgente. Era bellissimo. Qualsiasi cosa facesse era bellissimo e ora lo era ancora di più perché ogni gesto in quel momento era solo per lei.
https://www.youtube.com/watch?v=Ue6m6JSFWrM

 

 

ITALIA


«Mary non ti metti a dormire?» chiese Angela mentre si sistemava sotto le coperte.
«no, voglio finire di cucire questa fodera. Ti dispiace se lascio la luce accesa?»
«figurati continua pure, io crollo. Solo, non fare troppo tardi.» la pregò premurosa prima di voltarsi e infilarsi sotto le lenzuola.
«non preoccuparti. Buonanotte Angela»
«notte.»
Erano quasi le tre quando Mary completò la sua opera di restauro.

“Finito finalmente!!! Adesso devo solo pensare al modo migliore per fargliela trovare. Ora che ci penso, forse, è stata una fortuna che non sia riuscita a dargliela oggi davanti a tutti.  Sicuramente questo avrebbe fatto accrescere, negli altri, dei sospetti sulla nostra relazione e per il momento credo sia meglio che la cosa rimanga tra noi. Il pensiero che tutti possano preoccuparsi per me, a causa della nostra storia senza futuro,non mi piace per niente. No, voglio poter vivere serenamente i pochi momenti che abbiamo a disposizione senza che nessuno mi ricordi quanto sarà dura quando dovremo separarci. Non importa quanto soffrirò quando anche lui andrà via, i nostri ricordi allevieranno il dolore. Ne sono sicura. Non mi resta che vivere al meglio ogni attimo e non pensare troppo a quello che verrà. Quando penso alla dolcezza di quel primo bacio il mio cuore si riempie di una gioia incontenibile. Come può questo sentimento così chiaro e forte trasformarsi in dolore? Non posso credere che accadrà. Non sarà così questa volta, perché sono preparata e consapevole che quello che stiamo vivendo è solo un sogno. Bellissimo, ma pur sempre un sogno, che prima o poi finirà. Non permetterò a nessuno di trasformarlo in un incubo.”
Mary ripose la chitarra all’interno del fodero. Ad un lato avevo appeso il ciondolo a forma di stella con incise su le loro iniziali.. Voleva che lui portasse un pezzo di quello che c’era stato tra loro con se in Giappone in modo da non dimenticare.
 
Controllò che il ciondolo fosse ancora lì, dopo di che aprì la porta della sua stanza. Controllò che non ci fosse nessuno in giro. Essere prudenti non aveva mai fatto male a nessuno. Aveva trovato il modo  giusto per consegnare il suo modesto regalo ad Eichi. Lo avrebbe adagiato alla porta della sua stanza in modo che la mattina seguente appena la stessa fosse stata aperta, Eichi se la sarebbe ritrovata magicamente davanti. L’effetto sorpresa ricopriva un’importanza decisiva nel suo piano.
Mentre era pronta a mettere un piede fuori dalla sua stanza vide la porta di quella stanza aprirsi. Non ci pensò due volte a rientrare chiudendosi la porta alle spalle. Dal foro della serratura analizzava la situazione: Eichi era appena uscito. Aveva addosso solo una canotta bianca e un paio di jeans blu e tra le mani un blocchetto e una penna.
“Ma dove sta andando a quest’ora?” Mary si affacciò alla finestra della sua stanza che dava sulla spiaggia di fronte la villa. Come aveva previsto vide una sagoma famigliare raggiungerla e sedersi sulla distesa sabbiosa che alla luce della luna aveva assunto dei riflessi argentei.
“come mai è ancora sveglio? Cavolo Eichi hai fatto saltare ancora una volta i miei piani.” Mary prese il suo regalo e si decise ad uscire dalla sua stanza.
Scese le scale cercando di fare meno rumori possibili. Sul divano che si affacciava alla cucina c’era Marco che dormiva. Fece il più piano possibile. Voleva evitare di svegliarlo. Uscì dalla porta principale. Maledì se stessa per non aver messo qualcosa di più pesante. Era uscita solo con la camicia blu di suo fratello e un paio di pantaloncini neri che si perdevano sotto quell’enorme indumento blu. L’aria era fresca e la sua pelle era diventata tutta ruvida a causa del freddo. Cercò di ripararsi il più possibile dietro la chitarra. Più si avvicinava al mare più la brezza notturna diventava insopportabilmente fredda. Ora era a pochi passi da Eichi. Lo stesso non sembrava essersi reso conto del suo arrivo. Il vento era abbastanza forte da attutire i rumori circostanti. Mary notò il blocchetto di Eichi abbandonato sulla sabbia. Le pagine mosse dal vento si spostavano irrequiete da una parte all’altra come impazzite. Eichi era immobile con lo sguardo perso sul mare e osservava quella distesa oscura con sguardo contemplativo.
“E ora cosa gli dico?”.
Mary abbandonò la chitarra e si decise a muoversi verso di lui senza il suo regalo. Forse quello non era il momento giusto, o almeno non lo era ancora.


“ Quasi riesco a vederli come se li avessi di fronte proprio in questo momento. Il suo sorriso silenzioso e le sue fossette, il broncio che mette su quando vuole avere ragione. I suoi capelli, il suo profumo, i suoi polsi piccoli le sue labbra piene, la sua pelle liscia, i suoi seni e i suoi fianchi. Le sue lacrime, le sue paure,le sue insicurezze, la sua ingenuità e la sua determinazione. Il suo modo di guardarmi complice, i suoi baci, i suoi  gesti e i suoi occhi che mi cercano, le sue mani che mi sfiorano, le sue braccia che mi accolgono e il suo sorriso che mi conforta. Amo tutto di lei così tanto da non riuscire a distinguere in lei i pregi dai difetti. Come ho fatto a perdere la testa in  questo modo? Ero convinto di provare amore per Misako eppure mi è bastato incontrare le labbra di quella ragazza per cancellare tutto. Tuttavia all’inizio ero convinto fosse amore. Cosa è cambiato allora? Forse sono io ad essere cambiato? o forse è stata Mary a cambiarmi? Come farò ad andarmene da lei senza provare dolore. Mi preoccupavo che fosse Mary a soffrirne  invece di pensare che forse ne avrei sofferto anche io. Cosa diavolo sto facendo? Innamorarmi in maniera così sconsiderata?
Eppure mi chiedo se sia davvero possibile per noi decidere  quando e chi amare, o se , più semplicemente, sia qualcosa che in  fondo  non possiamo controllare. Non voglio lasciarla. Mi sento come un bambino capriccioso. Non è giusto. Per la prima volta nella mia vita sento di sapere davvero quel che voglio e pur sapendolo non posso fare nulla per ottenerlo. È il suo amore quello che desidero. Sapere che svegliandomi un giorno la troverò lì a guardarmi stesa sull’altro lato del letto con i suoi morbidi e ricci capelli neri che le incorniciano il volto. Immagino il suo sorriso e le sue mani che sfiorano il mio viso. Immagino tutto questo nella speranza che possa divenire realtà . Ma mi sto solo illudendo come uno stupido. So già che questi giorni passeranno troppo in fretta e che una volta che sarò andato via rimpiangerò di non aver resistito. E pensare che il mio obbiettivo era non legarmi a nessuno e invece eccomi qua a disperarmi per un amore che malgrado tutto non potrà avere un futuro. Forse dovrei finirla prima che sia troppo tardi. Ma cosa dico!! È già troppo tardi! Cosa devo fare?Forse…”

«Eichi tutto bene?» chiese Mary avvicinandosi premurosa.
«Cosa ci fai fuori a quest’ora?» le domandò sorpreso,
«potrei farti la stessa domanda!» gli fece notare Mary mentre si chiudeva su se stessa infreddolita.
«Hai la pelle d’oca siediti qui» la invitò preoccupato Eichi mentre con un gesto della mano le indicò lo spazio aperto tra le sue gambe. Mary fece come gli fu detto. Improvvisamente due braccia forti l’avvolsero.
«Va meglio?».
«si, grazie. Comunque non hai ancora risposto alla mia domanda..»
«riflettevo..»
«su cosa?» chiese Mary.
«Se devo dire la verità, stavo riflettendo su di noi.. o meglio su di me… e su quello che realmente voglio»
«capisco…»
«Mary ricordi quando ti dissi che non volevo legarmi a nessuno?»
«certo che me lo ricordo… in quel momento mi sentì davvero presa in giro da te.»
«mi dispiace, non era mia intenzione. L’ultima cosa che volevo era farmi odiare da te. Beh comunque quello che volevo dire è che per colpa tua sono dovuto venire meno a questo tacito accordo con me stesso.»
«quindi adesso sarebbe anche colpa mia?»
«dai non prendertela, non è poi una cosa tanto negativa se ci pensi. E poi devo confessarti che pian piano sei riuscita a conquistarmi davvero. Al contrario di tutte le mie migliori aspettative sei stata capace di trasformare quella parte di me che aveva deciso di chiudersi al mondo intero. Ero pronto ad arrendermi, non avevo più alcun motivo per credere negli altri e pensavo di poter contare solo su me stesso. E invece mentre cercavo di guarire il tuo cuore trovavo il modo di guarire anche me stesso. In un certo senso il fatto che tu mi abbia donato così tanta fiducia mi ha guarito. Ironicamente ho scoperto che cercando di dare forza a te la davo in realtà a entrambi. Non so se ti ho mai detto che sei l’unica ad esserci riuscita. Anzi, quasi dimenticavo, grazie per la festa di oggi. È stato tutto perfetto.»
«figurati per così poco»
«poco? Sottovaluti molto il potere dei tuoi gesti. Sei davvero così modesta? Comunque sai qual è stato il mio unico pensiero quando ho spento le candeline su quella torta? Non il gruppo o il mio lavoro ma tu! Ho desiderato che tu fossi felice… »
«Che io fossi felice? Non dovevi esprimere un desiderio per me ma per te stesso stupido..»
«in realtà speravo che il tuo desiderio coincidesse con il mio…»
«Ah,si?»
«si, che ne diresti di partire con me?»
«cosa?» Mary rimase sorpresa. Non poteva credere alle sue orecchie.
«Mary, io…»
“Ti prego non continuare… non darmi un altro motivo per abbandonarmi all’illusione che il nostro “NOI” possa non conoscere  fine…”
«Mary, io ti amo. So quanto tu abbia sofferto in passato. Per questo voglio tu sappia che queste non sono parole usate per illuderti o ingannarti, ma sono ciò che realmente provo per te. Non credo di aver mai amato così intensamente nessuno in vita mia. »
«Non hai amato così neanche Misako? »
«Misako? Forse per lei ho provato un sentimento simile ma non del tutto uguale. Per anni sono stato convinto si trattasse di amore, ma credo di essermi sbagliato. Siamo stati troppo egoisti l’uno con l’altro per poter dire di esserci amati sul serio. Ora che ci penso sono convinto si fosse trattato di affetto e ammirazione. All’epoca Misako rappresentava per me tutto quello che avrei voluto essere nella vita. Era forte tenace e sapeva dove voleva arrivare e come riuscirci. Per me che non avevo mai conosciuto sicurezze era come un miraggio. Non mi ero reso conto di quanto in realtà fossimo uguali. Entrambi siamo cresciuti credendo di dovercela fare sempre da soli. Io ho sempre cercato di trasmettere sicurezza a mia madre non volevo si preoccupasse per me e così credo di aver fatto anche con Misako, volevo dimostrare che anche senza la presenza di un padre sarei riuscito a realizzarmi. Alla fine siamo andanti avanti così: contando solo su noi stessi. Eravamo un coppia che non comunicava e preferiva tenere nascosti i propri problemi. Non ci siamo mai realmente affidati l’uno all’altro. All’inizio detti la colpa di tutto a Misako. Era molto più semplice accettare che la colpa fosse solo sua. Solo dopo ho capito che a sbagliare eravamo entrambi.
Nessuno dei due era stato disposto a cambiare per l’altro e così alla fine è andato tutto in fumo. Eravamo cresciuti credendo di poterci fidare solo di noi stessi, Invece con te ho scoperto che alle volte occorre appoggiarsi agli altri e che mostrarsi per quello che si è non è poi così sbagliato. Grazie a te ho imparato ad aprirmi senza più riserve. Probabilmente stavo solo aspettando di trovare la persona giusta per riuscirci. Più ti conoscevo e più mi sorprendeva il modo con cui riuscivi ad aprirti a me che ero per te un perfetto sconosciuto. Mi hai raccontato di tua madre e del tuo primo ragazzo e per la prima volta non mi è sembrato giusto che fossi solo tu ad aprirti nei miei confronti. Anche io volevo fidarmi di qualcuno. Tutto di te mi ha conquistato e alla fine ho capito che forse nel profondo volevo che qualcuno potesse conosce com’ero veramente. Sei stata la prima ragazza a conoscere l’Eichi che piange, che ha paura, che è insicuro, non solo l’Eichi forte, responsabile, diligente con lo sguardo fiero e il sorriso stampato sul volto. Non volevo più nascondermi e grazie a te ci sono riuscito. Credo che aprendoti a me tu mi abbia dato la forza per fare altrettanto.»
«...è ironico sai? Anche io grazie a te ho ricominciato a fidarmi dei miei sentimenti …»
«Ti prego Mary devi credermi. Non voglio ingannarti o mentirti. A parte te non c’è nessuno nel mio cuore. Non credevo ci sarebbe mai stata qualcun’altra oltre Misako e invece un bel giorno sei arrivata tu. Ricordo ancora come fosse ieri la prima volta che ti vidi. Ricordo che mi guardavi imbarazzata, mentre ti nascondevi sotto questa enorme camicia blu. Se ci penso eravamo così a disagio quella volta. Ora invece guardaci? Stiamo così bene insieme! Non vuoi anche tu che tutto questo continui?
«io…»
«Mary, non capisci che ti amo. Amo il tuo profumo i tuoi gesti tutto. Finalmente ho capito che prima di conoscerti non avevo mai realmente amato nessuno. Credo sia la prima volta che dico tutto questo a una ragazza»
«Eichi…»
«non so come sia possibile ma adesso il tuo amore è l’unica cosa che desidero. In altre parole ti sto chiedendo di venire con me in Giappone.»
“No,tutto questo non va bene per niente. Ho dovuto sacrificare le mie ultime energie per evitare di perdermi in inutili fantasie e poi tu vieni qui e mi dici che quel sogno inverosimile può diventare realtà, se lo voglio. Ma il problema è: lo voglio veramente?”
«Eichi, io non so davvero cosa dirti… Entrambi ci eravamo ripromessi di mantenere i piedi per terra… lo sai»
«ti prego pensaci. Sono sincero. Voglio davvero essere qualcosa di più di una semplice storia di passaggio.»
“Cosa faccio? Mi ama. Mi ama davvero! E io? Lo amo? Si lo amo… ma sono davvero disposta a lasciare tutto per seguirlo?”
«Eichi, io…»
«non devi decidere ora. Pensaci e a Dicembre mi darai la tua risposta.»
«Perché a Dicembre?» si voltò sorpresa liberandosi dal suo abbraccio. I suoi occhi razionalizzarono in quell’istante che quell’eventualità che pensava così lontana in realtà era dietro l’angolo. «non dirmi che…»
«si, purtroppo con o senza di te a Dicembre tornerò in Giappone. Non posso godere oltre della vostra ospitalità. Vorrei venissi con me, ma se dovessi decidere di rimanere qui, devi promettermi che non mollerai. Devi credere in te stessa so che un giorno diventerai un’artista famosa e che sentirò parlare di te nei libri d’arte. Hai tutte le capacità per riuscirci, devi solo credere di più in te stessa. Io allo stesso modo  andrò avanti. Mi hai dato così tanto che sarebbe stupido sprecare tutto. E chissà, magari un giorno le nostre strade potrebbero incrociarsi ancora una volta.».
“No, perché così presto? Non può essere! Non può davvero finire così. Come ho fatto a credere che non ne avrei sofferto questa volta. Sono proprio una stupida.”
«Mi sento così stupida in questo momento vorrei dirti che verrò con te ma non ci riesco. Per ora posso solo prometterti che se deciderò di rimanere qui farò l’impossibile perché tu possa essere orgoglioso di me»
«ne sono sicuro.» dicendo così Eichi la strinse forte. Mary si lasciò sfuggire due lacrime. Quel pensiero la distrusse in un solo istante, tutto il suo mondo crollò ancora una volta. Eichi dolcemente spostò il colletto della sua camicia blu, mentre con le sue labbra iniziò a seguire la curva del suo collo morbido facendosi strada gradualmente sul suo corpo infreddolito che tremava dolcemente sotto il suo tocco caldo e delicato. Un momento e le loro emozioni si tramutarono in gesti. Le loro labbra si incontrarono con trasporto. Le mani di lui si muovevano sicure scrutando il corpo di lei. Con calma le stesse si insinuarono sotto la camicia blu. In un attimo si ritrovarono distesi sulla sabbia.
“Oh, no. Non può succedere così ...”
Improvvisamente Mary si sollevò interrompendo quel contatto pericoloso.
«Quasi dimenticavo devo darti una cosa…» improvvisò imbarazzata.
“quanto sono stupida … ora penserà che mi comporto proprio come una ragazzina alle prime armi…”.
Eichi la guardava sorpreso
“Cavolo essere rifiutati in questo modo non mi è mai capitato. Povero me forse sto perdendo colpi.”
«Ecco questo è per te…» gli consegnò rapida la chitarra. Eichi la prese e iniziò a ispezionarla incuriosito.
«ma questa…»
«si è una chitarra. Purtroppo non avevo la possibilità di acquistarne una migliore, è di seconda mano però pensavo potesse comunque esserti utile… insomma non hai portato la tua qui in Italia e allora … beh se non ti piace puoi anche buttarla o distruggerla …»
«ma sei impazzita? come potrei mai distruggere un tuo regalo! E comunque è bellissima, grazie.»
«ma se non l’hai nemmeno aperta»
«non importa, già solo il fatto che tu l’abbia acquistata pensando a me la rendere incredibilmente bella.»
«ah si? Beh meglio così perché se l’avessi buttata probabilmente non te lo avrei mai perdonato!»
«ma quanto sei stupida…»
«scusa? chi sarebbe stupida?» così dicendo Mary si scagliò su di lui inveendo sul suo corpo con piccoli e innocui colpetti. Ad un certo punto lo stesso le bloccò il volto con le sue grandi mani e la baciò.
«Grazie per tutto… non dimenticherò mai tutto questo, qualsiasi cosa succeda… »
“E io non dimenticherò mai te Eichi…” liberandosi dalla sua dolce morsa Mary si asciugò rapida le lacrime che silenziose scesero sul suo viso.
«ci mancherebbe!! Dopo tutto quello che ho fatto per averla… comunque ricordi i miei tre desideri?» tornò a confrontarsi con l’espressione seria di Eichi.
«si certo che li ricordo…»
«bene ho appena deciso quale sarà il mio secondo desiderio…» affermò compiaciuta mentre sedutagli accanto a gambe incrociate lo guardava bramosa.
«e quale sarebbe sentiamo…»
«suoneresti per me?  Ovviamente mi piacerebbe che non suonassi una delle tue canzoni già conosciute mi farebbe davvero piacere se invece improvvisassi qualcosa di nuovo? Una melodia che sarà solo nostra. Si! È questo il mio secondo desiderio!»
«vuoi davvero che suoni qualcosa adesso?»
«si, perché? cosa c’è che non va? »
«beh, scrivere le canzoni va anche bene, le melodie erano già pronte, ma comporre da zero è troppo tempo che non ci provo. Non so se sarò capace ancora di dare il meglio come un tempo… potrei deluderti…»
«se non ci provi non potrai mai saperlo… dico bene? Credo che qualcuno tempo fa mi abbia detto le stesse identiche cose…»
«E  va bene mi hai convinto…» Eichi aprì la custodia. Notò le cuciture laterali Mary doveva aver lavorato duro per rimetterla a nuovo. Su un lato cerano le sue iniziali. E alla cerniera era stata attaccato un piccolo ciondolo a forma di stella.
«ma questo?» chiese notandolo scettico.
«beh ricordi quello che ti dissi la sera sul lungo mare sulle stelle?»
«mh, qualcosina…»
«beh ti dissi che le invidiavo perché loro avevano trovato come fare parte di questo mondo anche se lontano da esso. Grazie alla loro bellezza e luminosità erano riuscite a riflettersi sul mare. Beh lo scopo di entrambi è quello di brillare così intensamente in modo da non sparire mai dal mondo l’uno dell’altro. Tu per me sei la stella che anche se lontana sarà sempre nel mio cuore. Volevo solo che tu te lo ricordassi… quello che sei per me… forse è troppo smielato vero?»
«per niente trovo che sia davvero molto poetico…» così dicendo prese quel ciondolo tra le mani.
“Sei davvero unica in tutto quello che fai! Come puoi rendere anche un ciondolo come questo così ricco di significato?”
«beh e la mia canzone?» lo esortò Mary.
«si, giusto.» tirò finalmente fuori la chitarra.
«Ma questa è una Scandurra una chitarra classica da concerto. Forse sarà un po’ vecchiotta ma sicuramente sarà costata parecchio. La tavola armonica è in legno di cedro. Deve essere un pezzo unnico sai questo legno è usato soprattutto per le chitarre prodotte in nord America mentre la liuteria è siciliana. Tutto sommato le condizioni sembrano ottime. Se non fosse per il batti penna un po’ usurato. Il suo prezzo attuale dovrebbe aggirarsi intorno ai 1500 euro.»
« 1500 euro? Tu stai scherzando vero?»
«No, per niente. Ma dove l’hai trovata?»
«ricordi il negozio di strumenti musicali dove siamo entrati l’ultima volta? Beh il proprietario me l’ha praticamente regalata.»
«sei sicura? Strano, perché sembra davvero molto costosa… credo sarebbe giusto tornare da lui e chiedergli spiegazioni. Insomma non si dona uno strumento di questo tipo così per niente. Deve esserci un motivo…»
«Bah, non saprei. Ero parecchio disperata in quel momento è probabile che gli abbia fatto davvero pena. Cavolo se avessi saputo del suo valore reale, avrei cercato di ripagargliela in qualche modo. Devo tornare per ringraziarlo.»
«credo sia giusto che torniamo insieme questa volta.»
«ora che ricordo, mi ha detto che avrei dovuto riferirti di custodirla con cura con l’augurio che a te porti più fortuna di quanta non ne abbia portata a lui. Non so di preciso cosa volesse dirmi con questo, però sono convinta che quella chitarra non abbia solo un semplice valore economico ma al contrario rappresenti qualcosa di sentimentalmente più prezioso. Il fatto che abbia deciso di donarmela dopo aver sentito il tuo nome mi ha lasciato un po’ perplessa, a dire la verità. È possibile che ti conoscano? Cioè quando mi è sfuggito il tuo nome sia lui che sua moglie hanno fatto una faccia…»
«ah si? Strano, non credo sia il target tipico dei miei fan. Intendo per l’età.  Chissà come fanno a conoscermi, sicuramente presto lo scopriremo… »
«si, infatti ora però non pensare che io mi sia dimenticata della mia richiesta. Quando arriva la mia canzone?»
«E va bene, in realtà stavo lavorando a un brano ma solo nella mia testa. Non so se riuscirò a…»
«provaci…» lo incoraggiò Mary con sguardo supplicante.
Eichi non poteva proprio dire di no a quegli occhi che lo imploravano. Rassegnato ma felice, iniziò ad accordare la chitarra. Dopo cinque minuti di prove era pronto per iniziare. La musica sembrava sposarsi perfettamente con il rumore delle onde che ti tanto intanto si frangevano a ritmo regola sulla spiaggia fredda e prillante di quella notte. Il brano era malinconico ma stranamente acquietante. Mary ondeggiava la testa cercando di seguirne il ritmo. Eichi sembrava concentrato sugli accordi ogni tanto si fermava e riprendeva cercando quello più adatto. Finalmente dopo qualche tentativo la melodia divenne scorrevole. Vederla nascere pian piano era così affascinante. Mary guardava con ammirazione Eichi che muoveva rapido le sue dita su quelle cinque corde. Non avrebbe mai pensato un giorno di ritrovarsi ad assistere ad un momento così perfetto. Era felice che avesse ritrovato la voglia di comporre. Era orgogliosa di lui. Si non poteva trattenerlo oltre, non sarebbe stato giusto, doveva lasciarlo andare. Tanta gente aspettava il suo ritorno e non poteva davvero essere così egoista da costringerlo a rimanere con lei per sempre. Anche se l’idea di vederlo andar via la distruggeva. Avrebbe voluto tenerlo sempre al suo fianco asciugare le sue lacrime, sorreggerlo nei momenti di cedimento essere sempre lì pronta a incoraggiarlo. Avrebbe davvero potuto farlo anche a distanza? Se non altro era l’unica cosa che poteva fare. Eppure non era la sola cosa. Poteva davvero prendere seriamente la proposta di Eichi di seguirlo in Giappone? avrebbe davvero potuto azzardare una cosa del genere? Cosa avrebbe detto suo padre?
La musica finì prima che lei potesse completare questi suoi pensieri.
«beh, cosa te ne sembra?»
«è davvero molto bella Eichi» il suo sguardo si incupì improvvisamente.
«cos’hai?» gli chiese abbandonando per un attimo la chitarra.
«ho finalmente compreso il motivo per cui non puoi rimanere ancora qui in Italia. Hai così tanta gente che ti aspetta. JJ, Rio, tua madre e il signor Marini saranno tutti preoccupati per te. Per non parlare di tutte quelle persone che per anni si sono affidate alla tua musica, non sarebbe giusto abbandonarli in questo modo senza alcuna spiegazione. Hai un dono che probabilmente avrà aiutato molte persone ed è giusto che tu torni in Giappone. Il tuo talento non deve andare sprecato, anche se vorrei davvero legarti a me e non lasciarti partire… »
«puoi sempre venire con me, non ti mancherà nulla. Vivremo insieme e vedrai che andrà tutto per il meglio …»
«sei sicuro che andrà tutto per il meglio? Forse lì in Giappone ma qui in Italia io lascerei la mia famiglia il bene più prezioso. Loro sono tutto senza loro io non sono nessuno. Mi sono ripromessa di essere sempre presente per loro, come potrei anche solo pensare di andare via in questo modo. Loro hanno bisogno di me proprio come tutti in Giappone hanno bisogno di te. Purtroppo entrambi siamo incatenati alle nostre esistenze e le stesse non credo vogliano lasciarci vivere spensieratamente il nostro sogno…»
«ti prego pensaci, io non voglio rinunciare a te, so che ti sto chiedendo molto e forse il mio egoismo ancora una volta vuole avere il soppravvento ma davvero mi renderesti felice se decidessi di venire con me in Giappone…» detto questo Eichi riprese la chitarra riposizionandola nella sua custodia. Presa per mano Mary l’aiutò a rialzarsi.
«è arrivata l’ora, dovremmo tornare. Si è fatto davvero tardi e fra poche ore dovremo alzarci per tornare a casa.»
«hai ragione…» detto questo i due ragazzi mano nella mano si mossero verso la villa.


Angela si era appena alzata di soprassalto.
«Mary, oddio che brutto sogno che ho fatto! Mary?» alzandosi aveva notato che la sua amica non era nel suo letto.

“Ma dove cavolo è andata a quest’ora”. Distrattamente aprì la porta e scese le scale per andare in cucina aveva una sete tremenda.
Marco era ancora lì che dormiva tranquillo. Aprì distratta il frigorifero.
“Ma dove hanno messo l’acqua? Possibile che sia finita così in fondo?”
Marco fu svegliato dai rumori. Si sollevò tanto quanto bastava per notare un paio di pantaloncini con dei cuoricini rossi sbucare da dietro lo sportello del frigorifero.
“Mary?Cosa sta facendo? Su Marco che domande ti fai afferra l’occasione, probabilmente non ti si presenterà una possibilità come questa una seconda volta. Cogli l’attimo! Siete soli e forse questa volta riuscirai ad arrivare sino in fondo. Non avere paura!”

Angela chiuse lo sportello e improvvisamente si sentì bloccare vicino il mobile della cucina. Era Marco: anche al buio avrebbe riconosciuto la sua sagoma.
Ma cosa cavolo voleva fare? Era per caso ubriaco? O peggio sonnambulo. Era lì pronta a parlargli quando improvvisamente lo stesso la baciò.
“Ma cosa… non può essere vero. Marco mi sta baciando. Sta baciando proprio me.”
«Ti amo…»
“Che abbia compreso i miei sentimenti?”
«..Mary»
“Mary?” in quello stesso momento la luce venne accesa.
«Ehi voi due che state facendo così vicini? Non vi starete mica baciando?»esordì Eichi compiaciuto. Mary non riusciva ancora a razionalizzare la cosa ma continuava a guardare sotto shock  Marco che teneva stretta Angela tra le sue braccia.
“Mary?” Marco si rese conto troppo tardi che la persona che aveva baciato era quella sbagliata.
«Baciare un corno» gli rispose contrita Angela prima di mollargli un bel cazzotto dritto in faccia.
Superò il gruppo e tornò al piano superiore. Mary dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Marco seguì l’amica.
«Ottima mossa davvero, ma spiegami come pensi possa aiutarti a conquistare Mary tutto questo? Ho capito stai puntando sulla gelosia?»
«finiscila Eichi…»
«non dirmi che in realtà ti piace Angela. Questa davvero non me l’aspettavo…»
«ti prego lasciami solo…» sembrava davvero seccato.
Eichi pensò che forse per il momento poteva finirla di prenderlo in giro.
«d’accordo, comunque domani credo ti convenga chiarire con Angela non sembrava molto entusiasta…»
«lo so, ora va»
«come vuoi…»
“come diamine ho fatto a non accorgermi che era Angela? Ma si può essere più stupidi di così? Adesso sa anche che a piacermi in realtà è Mary, ma come ho fatto! Ora anche Mary penserà che quella che mi piace in realtà è Angela. Che guaio. Era meglio che rimanevo a dormire. Non imparo mai.”

Francesco aveva da poco finito di sistemare le ultime carte relative all’imminente apertura del suo centro commerciale. La vera novità era che lo stesso avrebbe offerto diversi opportunità di svago come un cinema sempre aperto e delle sale giochi sparse un po’ per tutti i piani. L’obbiettivo era trasformarlo in un centro di ritrovo. Voleva investire sul divertimento giovanile. Mentre si muoveva per i corridoi passò proprio davanti la stanza di suo figlio. Entrò. Sulla scrivania insieme a uno strano articolo scritto in giapponese trovò una busta da lettere. Incuriosito iniziò a leggerne il contenuto.
“Questo si che è interessante, potrebbe anche tornarmi utile…” , presa la busta tornò al suo studio ne fece una fotocopia e dopo tornò a rimetterla nella stanza di suo figlio. Probabilmente lui non avrebbe mai fatto buon uso di quella informazione, lui invece sapeva benissimo come usarla al meglio. Era proprio quello che gli serviva. Adesso il suo piano poteva tornare a funzionare anche senza l’aiuto di suo figlio.


GIAPPONE


Akiko e JJ erano nello studio di registrazione. Le prove erano finite da poco e finalmente lui poteva tornare a dedicarle il tempo che avevano a disposizione e che effettivamente era davvero limitato. Avevano all’incirca due ore prima che in ospedale iniziassero le visite di routine.
«come ti è sembrato il brano?» chiese sedendosi accanto a lei che incuriosita aveva iniziato a studiare tutti i tasti di quella enorme console.
«Hai usato la mia canzone…» gli fece notare come se la cosa non la rendesse per niente felice.
«Ho sbagliato, hai ragione avrei dovuto chiederti il permesso prima, che stupido! Volevo farti una sorpresa e invece ho rovinato tutto come un idiota!»
«Non hai rovinato nulla. Mi hai solo sorpresa. Sembra che io l’abbia proprio scritta pensando a te non è vero?»
«beh, si effettivamente sembra essere stata scritta per me…» continuò più sollevato.  Akiko staccando gli occhi da quelle leve e quei pulsanti colorati e luminosi si confrontò con sguardo divertito di JJ.
Era seria, come se a JJ fosse sfuggito qualcosa.
«cosa c’è?» gli chiese stupito. Il suo viso inespressivo era qualcosa a cui non era abituato.
«niente» proseguì rassegnata.
«Davvero se non ti va non uscirò con questo pezzo»
«non è questo il problema, ho già firmato la liberatoria che mi hai dato. Sono contenta che sia tu a cantare sulla mia musica»
«ok, allora qual è il problema»
«come mai voi ragazzi siete sempre così cechi!»
«cechi?»
«non vi rendete conto delle cose più ovvie...»
«non capisco cosa vuoi dire?»
Muovendo l’indice rivolto verso l’alto Akiko fece segno a JJ di avvicinarsi. Erano a pochi centimetri l’uno dall’altro «non hai capito che in quel pezzo c’era tutto quello che provo per te?». JJ non capiva cosa volesse dirle con quelle parole. Improvvisamente Akiko lo prese per la maglietta e tirandolo verso di se gli scoccò un bacio che lasciò JJ completamente senza parole.
“Ora capisci qual è il mio problema? Il mio problema è che ti ho sempre amato”.


Yori aveva appena finito di sistemare la colazione per Rio che dormiva sul piccolo divano blu dello studio di registrazione. La sera prima avevano proprio fatto le ore piccole. Lavorare a una canzone non era per nulla una cosa facile. Quasi le faceva tenerezza a vederlo così docile e indifeso. Quando era sveglio si trasformava completamente. Da quando l’aveva costretta a divenire la sua schiava personale le cose erano leggermente migliorate. A Yori la cosa non dispiaceva più così tanto e da un lato sentiva di essersi affezionata a quell’arrogante e presuntuoso ragazzo. Quello che aveva notato in quel mese e mezzo di convivenza forzata, era quanto fosse solo in realtà Rio. Forse era per questo che aveva iniziato a comportarsi in quel modo. Mettendosi sulla difensiva.  “È ora. Devo andare.”
Yori prese la sua borsa e si preparò a iniziare il suo turno di lavoro. Chiuse la porta con attenzione per non fare troppo rumore e si incamminò a passo spedito verso l’enorme palazzo della Kings Record.
Rio aprì gradualmente gli occhi. Si stiracchiò in modo contenuto prima di mettersi seduto. La testa gli faceva un male cane. Si alzò e trascinandosi pigramente, raggiunse  la cucina. Riempì distrattamente un picchiere d’acqua dal lavandino. Lo bevve tutto d’un sorso. Dopo notò qualcosa di davvero strano. Yori gli aveva lasciato una scatola di biscotti con un biglietto.
“Eppure questo non gliel’ho ordinato. Bah tanto vale vedere se sono buoni.” Prese i biscotti e il bigliettino che gli aveva lasciato vicino. Lo aprì curioso.

Dovevamo mangiarli ieri sera, ma poi mi sono completamente dimenticata di uscirli dalla borsa. Mangiali pure tanto a me non vanno. Non pensare che questo abbia un significato particolare. Mi sei ancora fondamentalmente antipatico. Era solo che mi dispiaceva che andassero sprecati. Ci sentiamo più tardi, dormiglione.

“Ma tu guarda, quella ragazzina imbranata.”
Rio prese un biscotto e lo addentò incerto assaporandone il dolce e intenso sapore. Erano dei dolci alla cannella fatti in casa. Il gusto tutto sommato non era poi tanto sgradevole. Ingenuamente si rallegrò per quell’insolita sorpresa. Anche se diceva di non essersi legata a lui, in fondo Rio aveva capito che a quella ragazzina non dispiaceva più stare in sua compagnia. Nonostante tutto lui si era imposto di non lasciarsi coinvolgere in rapporti troppo complicati, o almeno era quello che aveva deciso per se stesso già da tanto tempo. Però fin dal loro primo incontro-scontro quella ragazza aveva lasciato il segno nella sua coscienza instabile, era diversa dalle altre persone che lo circondavano inspiegabilmente sapeva dove colpire per fargli più male. Era come se conoscesse tutto di lui. Sembrava aver capito quale fosse il suo punto debole. L’isolamento che tanto amava era in realtà l’amara consolazione ad una vita fatta solo di continue delusioni e abbandoni. Aveva perso Misako poi i suoi genitori e adesso anche il suo migliore amico.  In fondo doveva ammettere che aveva imparato molto bene a gestirla. L’aveva trasformata in uno strumento di profitto. Era bravo solo a rendere il dolore redditizio ma non era ancora riuscito a trovare il modo per estinguerlo dal suo cuore consumato. La sua solitudine veniva sfogata in quel sesso consolatore che distrugge prima ancora di risanare. Erano anni che andava avanti così. Si circondava di cose futili e passeggere, pensando di poter colmare così quel dolore che latente cresceva sempre più in lui. Il sesso senza amore era la sua soluzione. Non si impegnava mai in storie troppo complicate. Ogni tanto qualche modella alleggeriva il peso della sua coscienza in quel letto ormai usurato dal tempo e dai sensi di colpa. Ma era solo un palliativo. Quel senso di inquietudine tornava subito dopo a ritrovarlo. Poteva davvero credere che il vuoto che provava  potesse trovare il modo di essere colmato dopotutto? Un biscotto poteva davvero fargli credere tutto questo? 
Tornò nello studio di registrazione per lavorare al suo pezzo. Improvvisamente un pensiero richiamò la sua attenzione: a breve avrebbe dovuto rimuovere l’ingessatura dal suo braccio. Con essa avrebbe dovuto dire addio anche a Yori. Inspiegabilmente la cosa lo colpì più di quanto si sarebbe mai aspettato. Non riusciva ad ammettere che quella ragazzina stava diventando indispensabile. Si stava legando davvero dopotutto?

 

Yori arrivò appena in tempo: messo il camice e legati i suoi lunghi capelli castani si recò dal suo superiore per stabilire il da farsi per quella mattinata. Le disposizioni erano chiare, avrebbe iniziato dallo studio di registrazione al quinto piano, poi i bagni del quarto, e di seguito quelli del terzo. A quello che le avevano detto nessuno avrebbe dovuto usare la sala di registrazione quel giorno. Aprì la porta senza pensare troppo al fatto che dentro potesse esserci qualcuno. Ciò che vide la lasciò completamente allibita come una statua di ghiaccio. Quel ragazzo dai capelli rossicci lo conosceva fin troppo bene: era JJ dei BB5. Ma quella ragazza bionda con la quale si stava baciando le era completamente nuova.
«scusate non volevo disturbare…» spiegò quando vide i due ragazzi voltarsi sorpresi nella sua direzione «mi avevano detto che lo studio era libero, prego continuate pure, io tornerò più tardi…» stava per uscire richiudendosi la porta alle spalle quando venne bloccata da JJ.
«aspetta un attimo» la richiamò muovendosi verso di lei. La prese per un braccio trascinandola fuori dallo studio. Erano nei lunghi corridoi ancora deserti della Kings Record. JJ sembrava studiarla riflettendo serio sul da farsi.
«cosa hai visto?»
«cosa?  io in realtà ho visto davvero poc…»
«risposta sbagliata, non hai visto nulla, assolutamente nulla, siamo chiari? Dì solo una parola a qualcuno riguardo questa storia e ti farò licenziare in men che non si dica. Siamo intesi? Adesso rispondi nuovamente alla mia domanda, cosa hai visto?» continuò aumentando la stretta sul suo braccio. «niente…» rispose intimorita dal suo tono minaccioso.
«perfetto. Adesso puoi andare…» Yori si allontanò ancora sconvolta: non era mai stata minacciata prima in quel modo.
 JJ rientrò nello studio di registrazione inaspettatamente si ritrovò Akiko ad attenderlo vicino l’ingresso con un’ espressione sorpresa e delusa allo stesso tempo.
«non temere ho risolto tutto. Non dirà niente a nessuno su quello che è successo…»
«perché ti sei comportato in quel modo? Cosa ha fatto di male quella ragazza? Che motivo avevi per aggredirla così?»
«non capisci l’ho fatto solo per proteggerti…» le spiegò.
«forse l’unica cosa che volevi proteggere era la tua reputazione. Quella ragazza non mi conosce come avrebbe potuto riferire di me alla stampa?» così dicendo lo superò uscendo dallo studio di registrazione.
JJ la bloccò in tempo «dove pensi di andare?». Akiko con un movimento netto si liberò dalla sua presa «voglio andare a scusarmi con lei…». Detto questo uscì lasciando JJ solo in quella stanza.
“Ma cosa cavolo le prende? Non capisce che io non sono un ragazzo come gli altri la mia vita  non è così semplice come sembra. Perché non capisce che voglio solo difenderla e fare in modo che questo mio mondo non  la ferisca più del dovuto?”
Akiko aveva riconosciuto la sagoma di quella ragazza. Era vicina l’ascensore.
«scusami, aspetta un attimo» la richiamò accelerando il passo nella sua direzione.
«ho già detto al tuo amico che terrò la bocca chiusa cos’altro volete da me?».
«voglio solo chiederti scusa, mi spiace per come ha reagito. Spero tu possa perdonarlo. È un idiota e ha esagerato».
A Yori quella ragazzina sembrava onestamente dispiaciuta i suoi occhi erano sinceri.
«E va bene accetto le scuse. Comunque so bene che quell’idiota ha esagerato solo per difenderti. Siete fortunati che sia stata io ad aprire quella porta, se invece di me vi avesse beccati qualcun’altro interessato al gossip adesso sareste sulla prima pagina di qualche giornale. Dovete essere più prudenti… »
«Hai ragione, la prossima volta saremo più attenti, te lo prometto. Grazie per la comprensione. Comunque non ci siamo ancora presentate: io mi chiamo Akiko piacere di conoscerti» e le mostrò la mano aperta, il suo dolce sorriso era davvero rassicurante, tutto in quella ragazzina ispirava fiducia e tenerezza.
«il mio invece è Yori» si presentò ricambiando la stretta.
«spero di rivederti presto Yori e scusami ancora»
«figurati ho già dimenticato tutto, adesso devo tornare al mio lavoro» proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono. Yori entrò trascinandosi dietro il carrello che usava per trasportare i suoi strumenti di lavoro.
«comunque credo ci tenga davvero a te. Non sarebbe arrivato a minacciarmi per niente. Non essere troppo dura con lui» detto questo spinse il tasto del quarto piano e le porte si chiusero.
“Effettivamente non ha tutti i torti. Sono stata una stupida! Ho solo aspettato l’occasione giusta per scappare. L’ho baciato gli ho confessato quello che sento ma alla fine sono fuggita perché non volevo scoprire la sua risposta. Sono proprio una codarda…”
«Akiko?»
JJ era alle sue spalle e la guardava con aria colpevole.
«hai ragione ho esagerato come uno stupido, ma volevo solo…»
«so che volevi proteggermi…» lo interruppe Akiko.
«Mi fa piacere che tu lo abbia capito. Prometto che non mi comporterò più in questo modo. La mia paura è che tu possa soffrire ancora per colpa mia. Non voglio che accada mai più. Invece, per quanto riguarda quello che è successo prima dell’ingresso di quella ragazza…»
Akiko impallidì. Era arrivato il momento di scoprire la sua risposta. Ma era davvero disposta ad ascoltarla?
«Mi dispiace, non so cosa mi è preso. Se la cosa ti crea problemi potremmo far finta che non sia mai successo nulla…»
«vuoi diventare  la mia ragazza?»
«cosa?». Akiko non poteva credere alle sue orecchie. Era un sogno. La persona che aveva amato segretamente per così tanto tempo le aveva davvero fatto quella proposta?
 JJ le si avvicinò stringendola forte tra le sue braccia. Il cuore di Akiko batteva all’impazzata. Quel contatto inatteso le tolse il fiato.
«sarebbe stata solo questione di tempo ma prima o poi anche io ti avrei confessato i miei sentimenti. Mi permetterai di starti vicino come adesso e amarti come in realtà ho sempre voluto fare? Non sarà semplice… tutta la mia vita adesso è abbastanza complicata. Sei pronta a sopportare tutto quello che questo comporterà? Riesci a fidarti se ti dico che qualsiasi cosa succeda tu sarai sempre al primo posto d’ora in avanti?» Akiko lo allontanò e cincendogli il volto con le sue mani delicate gli diede il loro secondo bacio.
«si, voglio fidarmi di te Yuki».
Entrambi sorrisero felici. Finalmente avevano capito che erano stati destinati a delle vite solitarie perché potessero capire di essere fatti l’uno per l’altra. JJ avrebbe fatto di tutto per non perderla, non una seconda volta.
“Ora il mondo non mi fa più paura. Perché ho di nuovo la mia Akiko qui con me. Ancora una volta siamo noi due contro il mondo intero”.
Entrambi si mossero mano nella mano verso l’uscita. Il tempo a loro disposizione era finito. Akiko doveva tornare in ospedale per la sua visita di routine.
Giunsero appena in tempo, mancavano cinque minuti all’inizio del giro di controllo. Al loro ingresso li accolse Midori, aveva un’espressione sconvolta. JJ lo notò immediatamente. La cosa non lo convinceva per niente. Incrociato il suo sguardo la donna abbassò la testa intimorita, come per ignorarlo. Doveva essere successo qualcosa non c’era più alcun dubbio. Superato l’ascensore del primo piano, lo stesso vicino il quale avevano incontrato Goro quella stessa mattina, videro il loro amico infermiere avanzare verso di loro con un enorme scatolone tra le mani. Appena incrociò i due ragazzi fece loro segno di seguirli. Li condusse in uno stanzino. “Cosa diamine sta succedendo?”. JJ voleva vederci chiaro.
«Ragazzi, mi dispiace. Ho fatto del mio meglio, ma non è servito a molto.»
«cosa è successo?» chiese JJ inquieto.
«Raccontaci tutto Goro.» lo esortò anche Akiko.
«La signora è venuta per incontrarti Akiko. Ho cercato delle scuse plausibili, ma è stato tutto inutile. Il resto immagino voi possiate anche immaginarlo da soli…» detto questo mostrò lo scatolone che aveva tra le mani. All’interno c’erano un camice, fotografie e scartoffie varie.
«Non dirmi che mia madre ti ha… » Akiko non poteva credere ai suoi occhi. Sua madre era davvero arrivata a tanto? Ed era tutto per colpa sua.
«si, mi hanno appena licenziato. Beh, questo è l’ultimo dei problemi, me ne sarei andato comunque a fine mese.»
«mi dispiace Goro. Alle volte mia madre esagera. Se le parlo, forse riesco a convincerla a farti riassumere.» continuò dispiaciuta Akiko.
«Non pensate a me, ma a voi due.» detto questo con lo sguardo indicò le mani dei due ragazzi strette l’una nell’altra.
«Da quel che vedo, oggi è successo qualcosa di piacevole o sbaglio?»
«veramente… »continuò imbarazzata Akiko spostando nervosamente un ciuffo di suoi lunghi capelli con le sue dita sottili.
«Ottimo lavoro ragazzo» e diede un leggero colpetto amichevole sul braccio a JJ «sono felice che il mio sacrificio non sia stato vano. Adesso però devi proteggerla con tutte le tue forze. Non lasciartela scappare. Siamo intesi?» e si concesse un occhiolino complice.
«non permetterò che accada un’altra volta, puoi starne certo.»
«bene, ora che le cose tra voi vanno bene posso andare via più sollevato. È stato un piacere conoscervi. Spero riusciremo a vederci presto. Da ora in poi le cose per voi diventeranno davvero difficili. Però non dovete mollate. Vi amate e credo che il sentimento che provate l’uno per l’altro sia sincero. Resistete ragazzi, spero di rivedervi un giorno.» detto questo aprì e uscì dallo stanzino. I due lo salutarono mentre lui usciva richiudendo la porta dello stanzino.
Akiko incominciò a stuzzicarsi le labbra nervosamente, «cosa facciamo adesso? Se quello che dice Goro è vero mia madre deve essere davvero fuori di se. Forse sarebbe meglio se andassi da lei sola. Tu torna a casa, penso sia meglio che ad affrontare la sua rabbia fuori controllo sia solo io.» le spiegò Akiko.
«Mi dispiace ma non posso andare via come un vigliacco. La colpa di tutto questo è soprattutto mia. Inoltre come ho appena detto non ti lascerò più sola. Quindi non dire che affronterai le cose da sola, da oggi ci sono io con te, non dimenticarlo. Adesso andiamo..» la spronò stringendo più forte la presa sulla sua mano tremante.
«JJ ti prego lasciami andare da sola. Ho paura di quello che potrebbe fare o dire mia madre e non voglio che tu sia presente.», «Amore non puoi chiedermi di lasciarti sola..»
«Amore? Mi hai chiamato davvero amore?» Akiko era a dir poco sconcertata. Era la prima volta che qualcuno la chiamava in quel modo.  «Certo sei o no l’amore della mia vita?» gli sorrise JJ. Akiko era arrossita improvvisamente. «Io, beh, si forse …», « forse? Certo che lo sei, lo sei sempre stata per tutto questo tempo! E questa è una ragione in più per non avere paura, qualsiasi cosa dica tua madre non può separare due persone unite dal destino come noi. Io non glielo permetterò mai.» la incoraggiò prima di spronarla ad uscire dallo stanzino.
Camminavano l’uno accanto alla’altra tenendosi saldamente per mano. Come tanti anni fa erano pronti ad affrontare  i momenti difficili insieme.
Ad attenderli c’era come avevano immaginato la signora Aoki.
Andò incontro ai due ragazzi a passo sicuro. L’eco dei suoi tacchi sul pavimento freddo dell’ospedale era l’unico rumore a durare in quel corridoio vuoto. Sembrava molto simile al ticchettio di una bomba che sta per scoppiare.  Ad ogni passo la consapevolezza di quello che li attendeva aumentava. A pochi centimetri si arrestarono tutti e tre studiandosi in silenzio. La donna aveva uno sguardo freddo e sostenuto. Quella circostanza avrebbe messo a disagio chiunque, la calma che si respirava era simile a quella che si avverte prima di un temporale: nulla si muoveva eppure si avvertiva che la tempesta si stava per abbattere. La signora Aoki li osserva studiando, da bravo predatore, la tecnica di attacco ideale.  Il suo sguardo era passato da sua figlia alle loro mani strette l’una nell’altra, a JJ in meno di tre secondi. Ora i suoi occhi con le sue sopracciglia corrucciate guardavano JJ severamente.
«mamma, non è come sembra. JJ non centra nulla…»
«Akiko, va in camere e togliti quei vestiti ridicoli immediatamente… » le ordinò perentoria senza degnarla di uno sguardo.
«io… non…voglio » continuò ostentando una sicurezza che non le apparteneva. Improvvisamente la mano fredda della madre le colpì il viso, cogliendola impreparata. «chi ti ha detto che puoi decidere cosa fare. Non era una richiesta ma un ordine. Ora va!».
JJ non poteva crederci. Tirò Akiko nascondendola dietro di se. La stessa si lasciò guidare dalla sua presa salda, mentre si massaggiava la guancia piangendo silenziosamente.
«Non la tocchi più. Se vuole colpire qualcuno colpisca me. Lei non centra nulla… sono io l’unico responsabile di tutto.» la donna ignorò intestardita la richiesta di JJ.
«Akiko non rendere le cose più difficili. Se non entri immediatamente mi costringerai a dirgli tutto. Sai che non scherzo.»
“Dirmi tutto?”JJ  si voltò verso Akiko interrogativo. La stessa evitò il suo sguardo. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato ma sperava davvero che quella spensieratezza che aveva portato JJ con se non sparisse così in fretta.
Akiko, non voleva che l’unica persona capace di sorridere lo scoprisse in quel modo. Non voleva inondare anche la sua vita di tristezza e preoccupazione. Per quelle bastavano già i suoi genitori. Lentamente si fece avanti liberandosi dalla sua protezione salvifica. Dispiaciuta lo guardò un’ultima volta prima di allontanarsi e chiudersi in camera. JJ la vide allontanarsi senza che potesse far nulla per fermarla. I suoi occhi lucidi e disperati lo avevano implorato di non intervenire. JJ pensò che adesso che Akiko era andata via, se non altro, poteva parlare con sua madre liberamente. Appena si chiuse la porta alle spalle, tornò a fare i conti con la donna che aveva di fronte.
«Non doveva colpirla in quel modo.» la rimproverò, in quello stesso momento gli occhi della donna lo freddarono in pochi secondi, la rabbia che JJ vi lesse dentro lo colpì come un fulmine a ciel sereno.
«Hai la più pallida idea di cosa ha rischiato oggi Akiko? Ma certo, cosa puoi saperne un ragazzino come te! Immagino, non ti sia degnato nemmeno di chiederle il perché si trovi ancora in ospedale o sbaglio?»
«io, veramente...»
«risparmiati le tue belle parole. A me le tue scuse non servono. Ti ho inquadrato sin dall’inizio. Sei solo un ragazzino vigliacco e irresponsabile. Non avrei mai dovuto affidarti Akiko. »
«questo non è vero!»
«Ah si? E allora perché non le hai ancora chiesto cos’ha che non va?». Per quanto fosse dura ammetterlo,  JJ sapeva che quella donna aveva ragione. L’idea che la malattia di Akiko fosse inguaribile lo spaventava.
La donna non si risparmiò. «Anche se quando tu vieni a trovarla lei ti mostra il suo sorriso non vuol dire che stia bene. È malata vuoi capirlo? Che tu lo accetti o meno, questa è la verità. Pensi davvero che bastino le tue parole a giustificare il tuo comportamento di oggi? Beh ti sbagli di grosso!» JJ, in cuor suo, sapeva che quella donna aveva ragione, non voleva ammetterlo ma l’idea di perderla e di non poter far nulla per lei lo spaventava. «Ragazzino oggi hai rischiato di peggiorare le sue condizioni con la tua sconsideratezza. Akiko non ha bisogno di un bambino con i capelli sbiaditi e i vestiti di un clown quello che le serve è qualcuno che si prenda cura di lei con consapevolezza. Ha bisogno di un uomo non di un bambino sconsiderato.»
JJ conteneva a stento la rabbia. Quelle parole lo ferirono profondamente. Strinse i suoi pugni cercando di contenersi.
«Io sono un uomo. Non so cosa ha Akiko che non va, ma può stare sicura che non le lascerò affrontare tutto da sola.». La donna lo riprese immediatamente. Non voleva dargli la possibilità di giustificarsi «non credo tu abbia afferrato il nocciolo della situazione. Quello che tu vuoi o meno ha smesso di importarmi un’ora fa. Da adesso riprendo io in mano la situazione. Se ti ho permesso di starle di nuovo vicino è stato solo per un suo capriccio non di certo perché mi faceva piacere rivedervi insieme. Ora mi sono resa conto che il suo desiderio di rivederti più che farle del bene la sta mettendo a rischio. E io non posso ammettere che eventi di questo genere si ripetano una seconda volta. La tua presenza fa più danni ad Akiko di quanti ne risolva.»
«Lei non può dire sul serio. »
«e invece sono serissima. Da oggi ti è vietato avvicinarti ad Akiko. Se non lo farai chiamerò la stampa e rivelerò tutto sul tuo triste passato.» JJ, rimase paralizzato. Avrebbe voluto risponderle a tono ma la verità era che in gioco non c’era solo la sua immagine ma anche quella degli altri membri del gruppo. Quella donna era riuscita a metterlo con le spalle al muro.
Notando la sua espressione spaesata la donna si compiacque. Era riuscita ad incastrarlo. Gli voltò le spalle dirigendosi verso la camera di sua figlia. A pochi passi si arrestò e con un sogghigno compiaciuto si voltò un’ultima volta verso JJ.. «Sai ragazzino devo concederti che su una cosa avevi ragione quel giorno. Sono io adesso a non essere più disposta a sostenere la tua presenza.». detto questo entrò chiudendo la porta.
JJ rimase paralizzato mentre quelle parole continuavano a risuonargli incessantemente nella testa. Il suo sguardo rimase fisso su quella stessa porta che, tempo prima, lo aveva unito ad Akiko e che adesso inevitabilmente era tornata a separarli.
Doveva trovare una soluzione non poteva permettere più a nessuno di dividerli. Non adesso che aveva scoperto i suoi veri sentimenti.


NOTE:
Salve a tutti. Vorrei ringraziarvi per la fiducia e la costanza con cui seguite questa storia. Spero che vi stia coinvolgendo quanto ha coinvolto me mentre la scrivevo. Scusate la lunghezza esagerata dei pezzi, ma i capitoli si raddoppierebbero se non facessi così. Voglio ringraziare tutti coloro che riscaldano e fanno rivivere la mia storia nelle recensioni che mi lasciano e vorrei già ringraziare chi in futuro li lascerà, oltre che rendere grazie anche a tutti i lettori silenzioni che sono stati coinvolti nella lettura di questo racconto. Adoro conoscere i vostri pensieri, quindi date libero sfogo alle vostre opinioni nelle recensioni. Vi lascio. Al prossimo capitolo. Spero di non farvi attendere troppo. Scusate qualche errore qui e lì, ma ho davvero pochissimo tempo per rileggere i capitoli. Un saluto speciale a tutti voi e al prossimo capitolo. 

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Capitolo 10
*** SARA' AMORE? ***


 
 

CAPITOLO 10
SARA' AMORE?

 
 
 
 
 

 
 
GIAPPONE
 
 
 
Yori aveva finito il suo turno. Si muoveva stanca verso la sua vettura. Anche se era un modello vecchio quasi un pezzo d’antiquariato assolveva ancora bene ai suoi doveri. Non l’aveva mai abbandonata per strada.  Era stato il regalo dei suoi nonni per il suo diploma.
Con noncuranza aprì lo sportello, ed entrò. Per un attimo rammentò l’incontro singolare avuto con JJ.
  “Certo che non deve essere facile per la gente di spettacolo gestire quella cosa chiamata amore”.
Pensava mentre si allacciava la cintura.
 Lei in realtà non aveva mai realmente amato nessuno era sempre stata troppo impegnata a guarire da sola le sue ferite.  Avere qualcuno capace di fare altrettanto per lei o essere lei quel genere di persona per qualcuno non le aveva mai sfiorato nemmeno il pensiero.
Improvvisamente lo schermo del suo telefonino si illuminò. Lo prese. Era un messaggio da Rio.
“Cosa cavolo vuole adesso?”
Sbuffò, mentre si rigirava tra le mani quel marchingegno tecnologico. Era veramente tentata di mandarlo al diavolo, eppure qualcosa la trattenne dal farlo. Con uno sforzo notevole aprì quel messaggio che continuava a lampeggiare insistentemente sullo schermo del suo cellulare.
 
Da: Presuntuoso
Stasera alle otto a casa mia.
P.s.
Porta qualcosa per il mal di pancia.
Non so cosa ci hai messo dentro, ma davvero sto iniziando a credere che in quei dannati biscotti, tu ci abbia messo qualche ignota sostanza tossica.
Ammettilo, il tuo scopo era avvelenarmi. Odiarmi fino a questo punto non credevo fosse da te.
Non farmi aspettare, potrei anche morire per colpa tua.
A quel punto il mondo intero si rivolterebbe per la mia dipartita.
Sicura di volerti potare questo perso sulla coscienza?
Non farmi aspettare e sbrigati!
 
“grrrr…. Quanto lo odio!!!! È davvero insopportabile! Adesso mi tocca anche andare a trovare una farmacia aperta. Che seccatura! Possibile che i miei biscotti gli abbiano fatto così male?”
 
 Yori mise in moto, ma prima di partire diede un ultimo sguardo al suo orologio da polso.
Solo poche ore e avrebbe dovuto rifare i conti con quell’arrogante e presuntuoso cantante viziato. Inserì la retromarcia e dopo essere uscita dal parcheggio si immise nel traffico estenuante di Tokyo.
Erano le otto e dieci minuti. Rio era in cucina che attendeva impaziente l’arrivo di Yori. Fuori aveva iniziato a piovere già da un paio d’ore con insistenza. La pancia non gli faceva male per niente, ma prenderla in giro in quel modo era troppo divertente.
Finalmente qualcuno suonò al suo appartamento. Aprì la porta ritrovandosi davanti una ragazza con i capelli tutti fradici che gocciolavano sul pavimento, con il trucco completamente sciolto sul suo viso candido e investiti che ormai inzuppati le scendevano aderenti, incollati a quel corpo morbido e sinuoso che Rio ebbe modo di notare per la prima volta.
Yori con sguardo stanco e affaticato era sull’uscio fradicia dalla testa ai piedi. La pioggia non aveva avuto alcuna pietà di lei. Aveva il fiatone e il viso leggermente arrossato di chi aveva corso una maratona. Era lì immobile che guardava Rio con risentimento.
 «cosa cavolo ti è successo?» le chiese trattenendo a stento un risata di scherno, «non dirmi che a casa tua manca l’acqua! Poveri noi! Se volevi farti una doccia potevi anche venire qui. Sai quanto sono generoso con i meno fortunati come te! Poi usare la pioggia non credo sia la soluzione migliore per darsi una ripulita…»
Ci mancava anche questa, e pensare che se sono tutta bagnata è stato per prendergli queste cavolo di medicine. Anzi aspetta un attimo, ma non stava morendo dal dolore?”.
«..tu piuttosto non eri distrutto a causa dei miei biscotti avvelenati? Come fai allora a trovare la forza per fare queste pessime battute?» improvvisamente in Yori si fece largo un presentimento quasi una certezza. Rio la guardò stupito come se quella sua considerazione non avesse senso alcuno.
«Ehi ragazzina, non dirmi che hai preso davvero sul serio la mia battuta ironica?».
 Gli occhi di Yori, nell’arco di pochi secondi, si dilatarono dalla rabbia e dallo stupore.
 «Sei proprio un stupido…» detto questo gli lanciò la busta con le medicine addosso allontanandosi adirata.
“Quel cretino non sta male per niente! Come ho fatto a credere davvero alle sue parole?”
Improvvisamente si sentì bloccare. Era Rio.«cosa cavolo vuoi adesso?» si voltò esasperata.
«non sai nemmeno stare allo scherzo!»
«scherzo? Io mi ero davvero preoccupata per te, e come una stupida per prenderti quelle cavolo di medicine mi sono inzuppata dalla testa ai piedi» Rio in quel momento avvertì un crescente senso di colpa farsi spazio nel suo animo freddo e indifferente.
“Si è preoccupata per me?”.
Era la prima volta dopo tanto tempo che qualcuno si interessava a lui in quel modo.
«ora se permetti visto che le tue condizioni non sono gravi io tornerei a casa. Ti dispiacerebbe lasciarmi il braccio? Mi stai facendo male!»
Rio allentò la presa.
«..non credo sia una gran bella idea. Fuori sta ancora piovendo… non vorrai prenderti qualche malanno. So che sei un'incosciente, ma non pensavo lo fossi fino a questo punto» improvvisò incerto. Sapere che Yori si era preoccupata per lui gli aveva smosso qualcosa dentro. Che fosse il senso di colpa a parlare? Anche se non sapeva ancora cosa fosse sentiva di non poterla lasciare andare via in quello stato.
Yori lo analizzava con attenzione scrupolosa in cerca di un indizio che confermasse il suo sincero interessamento.
«non dirmi che adesso ti interessa se mi bagno sotto la pioggia per colpa del tuo pessimo carattere!»
Prima che Rio  potesse controbattere a Yori scappò uno starnuto.
«forse è meglio se entri. Devi asciugarti prima che ti venga un raffreddore.»
“Che sia davvero dispiaciuto e preoccupato?”.       
Guadandolo ancora con diffidenza, Yori cercava di riflettere sulla soluzione migliore da prendere. Rassegnata accetò. Cos’altro poteva fare? Se non si fosse tolta quei vestiti bagnati di dosso avrebbe preso di sicuro un bel raffreddore e non poteva rischiare di saltare un giorno di lavoro a causa di uno stupido patentato come lui. Era ancora in prova.
«E va bene, questo non vuol dire che ti perdonerò…» ancora imbronciata superò Rio entrando nel suo appartamento.
 “Ma quanto cavolo è permalosa questa ragazza!”.
Sospirò lui prima di seguirla chiudendosi la porta alle spalle.
Yori era seduta sul piccolo, ma confortevole divano della stanza di registrazione. Indossava una maglia gialla a maniche lunghe e un paio di pantaloni sportivi davvero eccessivamente lunghi per il suo fisico minuto. Erano gli indumenti che Rio le aveva generosamente prestato. Dopo un primo inizio incerto avevano ripreso a lavorare al testo per la canzone.
Yori notò già dalle prime righe, che lei semplicemente trascriveva, come lo stile di quel brano ricalcasse a pieno la personalità di quell’arrogante pallone gonfiato. Rio era prepotente,presuntuoso, menefreghista e superficiale anche nel testo di quella canzone. Si esaltava di essere un ragazzo ben voluto dalle donne e alla moda. Tutto il mondo ruotava in torno a lui. Ma era davvero così che si sentiva?
Il un mese e mezzo di convivenza forzata, Yori aveva notato quanto solo Rio fosse in realtà. Non riceveva chiamate dalla sua famiglia e non aveva amici all’infuori dei membri del gruppo, che erano tutti impegnati per l’uscita dei singoli. Era davvero triste vederlo sempre chiuso in quella gabbia super tecnologica che chiamava casa. Forse il motivo per cui andava alla Kings Record, per lavorare ai suoi brani, era per non doversi sentire più solo di quanto già non fosse.
Improvvisamente Rio la richiamò distraendola dalle sue riflessioni.
«Ehi tu, con la testa tra le nuvole, cosa ne pensi?» le chiese.
Yori recuperando immediatamente quel momento di smarrimento tornò alla realtà insolita di quella domanda. Rio che le chiedeva un consiglio questa si che era bella.
«Cosa penso di cosa?» gli domandò con espressione interrogativa.
«La canzone, come ti sembra?»
«non saprei è carina, il ritmo è coinvolgente ed entra subito in testa però, se devo essere sincera, mi sembra come se le manchi qualcosa…»
«ah si? E cosa di grazia?»
«il sentimento… non ce né neanche un po’!!»
«il sentimento dici?» il ragazzo si strofinò il mento meditativo.
«sai quella cosa che non ti fa solo muovere il culo, ma che ti tocca l’anima e il cuore…»puntualizzò Yori.
«parli forse dell’amore? Ma si, certo, come ho fatto a non pensarci prima? Anche tu sei una ragazza dopotutto e voi ragazze siete tutte uguali.. Vi basta che una canzone parli d’amore per conquistarvi. Non avete ancora capito che l’amore è solo una bella illusione inventata dalle fabbriche di dolciumi per aumentare le vendite. Non esiste. Quello che chiamiamo amore nella realtà è solo un semplice compromesso tra due persone che decidono di convivere pacificamente sottoscrivendo un tacito contratto. Ma in amore le promesse sono fragili e senza alcuna garanzia, e alla fine ti rendi conto che quella stupida illusione porta solo sofferenza. Non capisco come facciano le persone a cullarsi ancora nell’illusione  che l’amore esista davvero.
In amore non c'è mai corrispondenza tra le due parti, ci sarà sempre chi amerà più dell’altro ed è questo il vero motivo per cui…  alla fine… quell’illusione si spezza. L’amore è solo una delle tante maschere della sofferenza e te ne rendi conto perché, dopo che se ne è andato, non ti resta che quella a farti sentire più vuoto di prima. E allora a che scopo innamorarsi? Meglio guardare in faccia la realtà. Amare ti rende solo debole e miserabile. Ed io non sono questo genere di persona. Non sono il tipo da ridurmi in questo stato…» gli rispose fermo e deciso delle sue convinzioni.
«Parli come una persona che ha amato almeno una volta o sbaglio?»
Rio corrucciò le sopracciglia. Stava per obbiettare ma Yori fu più rapida e lo anticipò.
«Comunque sia, non sono cose che mi riguardano. E poi, quello di cui parlavo non era amore. Sai ,a differenza di quel che pensi, noi ragazze conosciamo anche altri tipi di sentimento» puntualizzò «come la sofferenza, l’odio, la disperazione, il rancore  e la solitudine. Anche questi sono sentimenti… forse non dei più allegri, lo ammetto, ma per lo meno sono veri. Quello di cui parli nella tua musica è solo finzione. Una bella immagine senza dubbio, ma finta proprio come l’amore che tanto degradi. Tutti sentendo le tue parole vorrebbero essere come te, ma nella realtà sei davvero soddisfatto che la gente pensi che vivere in questo modo renda felici…?
“Cosa ne sa di com’è la mia vita? Questa ragazzina non ha la minima idea di quello che si prova a stare nei miei panni. Quella che vivo non è una vita, ma un’eterna lotta alla sopravvivenza. Vado avanti combattendo affinché  i mostri che mi tormentano giorno e notte diventino i miei più fidati alleati. Che c’è di male a vivere così? Meglio che piangersi addosso! Occorre trovare pur il modo di andare avanti…”
«si vede che non capisci un bel nulla di musica. Quel tipo di sentimento non ti fa più vendere i dischi come un tempo. Alle ragazze oggi non piacciono più i tipi romantici, ma preferiscono i cattivi ragazzi proprio come me…»
«cattivi ragazzi? Ma non farmi ridere! Al massimo i cattivi ragazzi possono essere interessanti per una sera o due, ma alla fine noi donne scegliamo la persona capace di trattarci con rispetto. E giusto per mettere in chiaro le cose: la prossima volta non sprecarti a chiedermi consigli, visto che non capisco un bel nulla di musica » lo rimbeccò seccata.
«Su questo non ci sono dubbi, credimi…»
Yori stava per ribattere quando improvvisamente le girò la testa. Si portò una mano alla fronte. Era calda. Possibile che avesse la febbre?
«che ti prende adesso?»le domandò preoccupato Rio.
«nulla davvero…» mentì spudoratamente. Senza aggiungere altro il ragazzo le si avvicinò poggiandole con fare indiscreto una mano sulla fronte. 
«nulla, eh?»
Yori fu costretta a evitare il suo sguardo fiero. Era così arrogante, anche quando provava a preoccuparsi per lei. Proprio non lo reggeva.
«stenditi, vedo se ho qualcosa per la febbre» così dicendo uscì dalla stanza. Yori non poté fare altro che seguire il suo consiglio. “Cavolo, ci mancava anche la febbre adesso. Ma tu guarda, gli dovrò anche questo favor…” non completò il pensiero che improvvisamente la vista le si appannò, i suoni si ovattarono e le immagini intorno a se sfumarono in ombre indefinite. Yori era crollata priva di sensi sul divano. Rio era in cucina che cercava nei diversi scompartimenti una medicina adatta. Ecco, finalmente scorse infondo a un cassetto, l’oggetto della sua ricerca disperata. Era una vita che non faceva provvista di medicine. Per fortuna il suo fisico era forte e non si ammalava spesso. Ora che ci pensava l’incidente al braccio era  stato il primo infortunio serio della sua vita. Prese una pillola e un bicchier d’acqua e raggiunse Yori. Se ci pensava quella ragazzina sapeva come colpirlo e fargli male proprio in tutti i sensi.
 “Ma quanto è sciocca. Davvero pensava di tenermi nascosta una cosa del genere? Alle volte il suo livello di stupidità mi lascia senza parole. Si può essere così sciocchi? Pur di non dovermi un grazie sarebbe stata disposta a soffrire in silenzio. Cavolo deve proprio odiarmi”, aprì la porta notando, subito dopo, Yori stesa sul divano priva di sensi. Il viso era imperlato dal sudore e respirava a fatica. Preoccupato le si avvicinò e scostandole con poca cura i capelli dalla fronte, verificò ancora una volta la sua temperatura. Era bollentissima. Prese rapido degli impacchi di acqua e iniziò a fare l’impossibile perché la sua temperatura si abbassasse e con un braccio bloccato l’operazione non fu per niente semplice. Quando Yori sembrò riprendere conoscenza, l’aiutò a ingerire la compressa che aveva trovato. Dopo due ore era completamente sfebbrata e adesso dormiva serenamente sul divano blu. Rio le sedeva accanto meditativo. Osservava il suo volto pacifico finalmente libero dal delirio febbrile.
“È tutta colpa mia. Tu guarda come si è ridotta. Grazie al cielo adesso è sfebbrata completamente. A momenti mi faceva venire un colpo...”.
 Rio iniziò ad osservare il volto morbido di Yori. Era la prima volta che notava le sue labbra piene e soffici  e le sue ciglia lunghe e folte. Il suo profilo dopotutto era molto elegante.
a guardarla meglio, tutto sommato non è proprio da buttare, insomma non è così terribile. Sembra così serena adesso. Quanto la invidio. Che strano sembra quasi più innocua del solito. Perlomeno così non può attaccarmi con il suo solito caratteraccio irascibile. Al contrario di quando e sveglia, adesso sembra così pacifica, quasi come un cucciolo. Mi verrebbe quasi voglia di adottarla” .
Sorrise scostandole la frangia umida dalla fronte.
“Ma cosa mi metto a pensare?” si allontanò fulmineo come se da quel contatto si fosse generata una scossa elettrica in tutto il suo corpo.
Rio è di Yori che stai parlando, la stessa ragazza acida e odiosa che ti ha rotto un braccio e che ti ha fatto correre come un pazzo per quasi due ore tra medicine e stoffe imbevute d’acqua fredda…”. Più ci rifletteva e più si rendeva conto che dopotutto non gli dispiacevano poi così tanto le preoccupazioni che le dava quella ragazza. Alla fine anche con il suo caratteraccio era riuscita a conquistarlo o perlomeno adesso la sua vita aveva smesso di annoiarlo.
Rio aveva rivalutato la bellezza anticonvenzionale di Yori. Senza dubbio era unica nel suo genere: non colpiva di certo ne per la sua inusuale bellezza ne per quei modi delicati e eleganti che le mancavano completamente. Eppure quelle piccole premure che gli riservava erano diventate un lusso di cui non voleva più fare a meno. Lentamente le si avvicinò per guardarla meglio. I loro nasi erano così vicini da sfiorarsi.
“cosa sto facendo? Perché adesso ho così tanta voglia… di baciarla?
Rio percepiva chiaramente il caldo respiro di lei sulla sua pelle.
 “Non posso, non devo. No, assolutamente no! E poi perché dovrei volerlo? è arrogante, presuntuosa, pensa di avere sempre ragione, è testarda e mi odia… Eppure nonostante questo lei si è preoccupata per me. E io?Anche io mi sono forse preoccupato per lei...? probabilmente non dovrei… eppure, non riesco a resistere. Voglio baciarla. Solo una volta. Solo questa volta…” accostandosi lentamente al suo viso, Rio fece in modo che le loro labbra si incontrassero per la prima volta. Erano morbide, calde e accoglienti. Il cuore gli batteva forte nel petto come una grancassa in esecuzione.
In quel momento, un movimento improvviso di Yori lo fece tornare in sé. Si allontanò repentino.
Yori si stiracchiò con calma, prima di aprire gli occhi. Il volto quasi sotto shock di Rio la lasciò perplessa per qualche secondo.
«Che ti è successo? Sembra tu abbia visto un fantasma! Cavolo, quanto ho dormito? »
si risollevò mettendosi seduta e lanciando un occhio all’orologio da parete alla sua destra.
«Oh, no! La tua  canzone! Mi dispiace. Se vuoi riprendiamo a lavorare al testo…»
“Mi dispiace? Neanche un grazie? L’ho accudita per quasi due ore e invece di un grazie ricevo solo un misero mi dispiace?L’ho persino baciata come uno stupido e lei non sembra neanche averlo notato… ”
«Non ricordi nulla?» gli chiese sorpreso e in parte risentito.
«ricordare? Ora che ci penso l’unica cosa che ricordo è che mi sono addormentata su questo divano un paio d’ore fa. Nient’altro. Perché? Non mi avrai fatto mica uno dei tuoi soliti scherzetti?» dicendo così si tastò la faccia preoccupata guardandosi intorno in cerca di uno specchio.
 «non avrai mica fatto qualche disegno sconcio sul mio viso? Dove sono le foto? Dammele! Lo so che le hai fatte.. confessa!»
“Forse è meglio così, se non ricorda nulla sarà più facile anche per me cancellare quello che è successo. In fondo si è trattato solo di un errore. Si, è stato solo un errore.”
Tornando ad assumere la sua solita aria impertinente Rio si riprese.
 «fare dei disegni sulla tua faccia dici? Che peccato, mi perdo sempre le idee migliori! Comunque, perché tu lo sappia, si sarebbe rivelato solo uno spreco di tempo. Renderti più brutta di così è un’operazione impossibile anche per uno come me! Madre natura ha già fatto tutto quello che era in suo possesso,  cos’altro può restare da fare a un comune mortale come me!». si sollevò allontanandosi dal divano con aria divertita. Era meglio rimettere le distanze non doveva darle la possibilità di capire che qualcosa in realtà era successo.
«Ma tu guarda questo idiota.» Yori si era appena alzata dirigendosi a passo spedito verso Rio. Sollevò il braccio con la mano chiusa a pugno, era lì pronta a colpirlo quando, improvvisamente le venne in mente qualcosa.
 “Aspetta una attimo. Possibile che non fosse un sogno? Si è occupato davvero di me mentre dormivo? Non era un sogno! Non può essere, quella sensazione sulle mie labbra mi sembra così reale, non posso averla solo sognata…”.
«cos’hai? perché non mi colpisci? Non dirmi che anche le ragazze maschiaccio come te hanno una coscienza…»
 “Devo vederci chiaro…”
Tornò immediatamente seria. Scrutandolo insoddisfatta.
«Rio perché mi hai chiesto se ricordo qualcosa? Dimmi la verità, cosa è successo mentre dormivo?».
Rio mascherava a stento lo stupore che era limpido nei suoi occhi,
“Che abbia ricordato?”
«Niente l’ho chiesto giusto per fare qualcosa! Ma tu guarda che ora è arrivata, devi tornare a casa immediatamente, domani monti alle sei, giusto? Non vorrai fare tardi! In più non voglio che mi incolpi anche per il tuo ritardo di domani, mi bastato già l’acquazzone di oggi; quindi prendi le tue cose e và pure. Non ho più bisogno di te qui». Con questo Rio cercò di svincolarsi da quelle domande insistenti di Yori.
 Le sue parole però non  la convinsero affatto.
«Se non è successo niente perché ti premeva tanto sapere se ricordavo o meno qualcosa? »
«Mi sembra ovvio! Volevo farti notare che hai dormito come un ghiro per tutto il tempo lasciandomi solo a lavorare sulla mia canzone. Ora se non ti dispiace vorrei andare a dormire..» era evidente che cercava di aggirare l’argomento.
«Sicuro che non sia successo nulla?» provò ad insistere.
«certo che ne sono sicuro, cosa credi? che sia uno stupido? E poi cosa diavolo pensi? Credi forse che mi sia approfittato di te? Guarda che non sei il mio tipo…».
«Cosa? Stai scherzando? Senti, lasciamo stare! Tu per primo non sei il mio! E poi solo l’idea di noi due insieme mi fa venire il voltastomaco!»
“Ma tu sentilo e io che volevo solo ringraziarlo…”
«Perfetto, meglio chiarire le cose sin dall’inizio non vorrei mai che ti innamorassi di me.»
«Io innamorata di te? Scherzi vero?In ogni caso dubito possa accadere. »
Detto questo Yori si allontanò da Rio. Si voltò un’ultima volta prima di uscire « visto che vuoi riposare tolgo subito il disturbo. Tanto meglio così, non vedevo comuqnue l’ora di tornare a casa. Stare insieme a te è davvero una tortura» precisò adorata prima di sbattere la porta chiudendosela alle spalle.
“Rio sei proprio un’idiota come hai potuto pensare che non se ne sarebbe accorta. Scemo, scemo, scemo!!!!”
Dopo che Yori se ne fu andata Rio ritornò ad essere solo in quell’enorme appartamento.. Si muoveva distratto da una stanza all’altra irrequieto. Dopo aver girato a vuoto per una ventina di minuti, tornò al suo computer. Doveva inviare la prova della sua traccia audio al signor Otzuki. Aprì la posta e inserì la traccia che gli aveva inviato Hiro e il testo della sua canzone. Era stanco, voleva solo mettersi a dormire e dimenticare tutto quello che era successo. Spinse invio e dopo aver spento il computer, si abbandonò su quell’enorme letto che più volte lo aveva confortato. Inspiegabilmente quella sera gli sembrò più grande e vuoto del solito.
“ Dici che non ti innamoreresti mai di un tipo come me?Figuriamoci, una ragazza come te non mi interessa nemmeno un pochino. Eppure mi sento così strano. Perché? Come posso permetterle di farmi star male con così tanta facilità. Come posso lasciarglielo fare senza oppormi?. Le sue parole, i suoi gesti e le sue occhiate come possono farmi sentire male e bene allo stesso tempo?. Ma soprattutto, perché non riesco a ignorarle?  Anche la casa, adesso, sembra più vuota. Cosa succede a questo letto? Perché tutto mi ricorda il peso della mia solitudine? È tutta colpa di quella ragazzina, è colpa sua e di quelle verità che riesce a tirarmi fuori con così tanta facilità… se adesso mi sento così è solo colpa sua.. Cosa può saperne lei dell’amore, del rancore e della solitudine…? Come ho fatto a lasciarmi trasformare da lei ancora una volta in quell’essere miserabile che avevo cercato di cancellare?”.
Rio si rigirò nel suo letto finché la stanchezza non ebbe la meglio sui suoi pensieri.
 
 
 
Il Signor Otzuki stava per spegnere il suo computer, quando una nuova e-mail catturò la sua attenzione comparendo sulla schermata ancora luminosa del monitor. Era di Rio.
“Finalmente, aspettavo da una vita questo brano…” aprì l’allegato. Era una traccia audio e un testo. Lesse prima il testo. Tutto sommato era originale e ricalcava in pieno l’immagine di Rio.
A differenza di JJ, che lo aveva stupito con qualcosa di davvero fuori dalle sue corde, Rio sembrava essere rimasto ancorato al suo stile. Ora toccava alla traccia audio. Inaspettatamente era una canzone a cappella e per di più era cantata da una voce femminile. “e questa cosa sarebbe?” .
Scrisse un messaggio a Rio non poteva aspettare, doveva conoscere la ragazza a cui apparteneva quella voce.
Erano le due e Rio aveva da poco trovato sonno. Sentì squillargli il telefono e ancora mezzo frastornato rispose.
«Direttore Otzuki mi dica, ha già ascoltato la traccia audio?»
«Rio perché non rispondi ai miei messaggi? Comunque domani devi assolutamente portare quella ragazza nel mio studio alla Kings Record!»
«che ragazza?» chiese mentre si sollevava pigramente dal letto.
«la ragazza della traccia audio che mi hai inviato…»
«non so di cosa sta parlando…» improvvisamente a Rio venne un sospetto.
Rapido corse al suo computer e aprì l’e-mail. Ecco l’allegato lo fece partire. Era la voce di Yori quella che aveva registrato il giorno del loro primo incontro. Ma cosa ci faceva tra le sue tracce
 “Oh no Hiro, deve avermela inviata per sbaglio”
«Rio ci sei?»lo richiamò il direttore della casa discografica dall’altro capo del telefono.
«Si, certo ci sono, mi scusi stavo solo controllando di che traccia audio stavamo parlando..»
«Bene, se ci siamo chiariti, spero di vedervi entrambi nel mio studio domani»
«Certo a domani »
«perfetto a domani». Detto questo la conversazione fu chiusa.
“Cavolo come è potuto succedere! E ora cosa faccio?” Rio si scompigliò i capelli che dopo un mese erano ricresciuti di pochi centimetri.
“Perfetto ci mancava solo questa…”.
 
 
 
 
ITALIA
 
 
Eichi e Mary erano appena arrivati al centro commerciale. Erano mano nella mano mentre avanzavano lentamente verso quell’enorme edificio a tre piani. Improvvisamente Mary arrestò uscendo il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni. Diede un ultimo fugace sguardo ai messaggi in arrivo prima di entrare nell’edificio. All’interno la linea era inesistente. Aspettava una risposta da Angela, ma lo schermo non sembrò volerle concedere quella piccola gioia. Della sua amica ancora nessuna traccia. Era letteralmente sparita. L’immagine di Marco e Angela che si baciavano era ancora davanti i suoi occhi, non poteva mentire a se stessa. Vederli così intimi l’aveva turbata più di quanto si sarebbe mai potuta immaginare. La sera stessa, tornata in camera, aveva provato a strappare qualche informazione all’amica, ma era stato tutto inutile, la stessa aveva deciso di chiudersi nel suo silenzio. Aveva preferito non affrontare l’argomento con lei. Non sopportava che Angela non volesse parlarle era come se ce l’avesse con lei per qualche motivo. Era la prima volta che la vedeva così turbata e inoltre era la prima volta che la sua amica si comportava così freddamente nei suoi confronti. Il giorno dopo erano partiti di buon’ora. I saluti furono freddi e concisi almeno per i quattro ragazzi coinvolti nello spiacevole episodio di quella sera. Dopo averli riaccompagnati a casa Angela andò via salutandoli rapidamente. Mary aveva provato a mandarle qualche messaggio ma era stato tutto inutile. Neanche quella mattina ricevette una sua risposta.
«Vedrai che prima o poi ti risponderà. Dalle il suo tempo», la consolò Eichi notando il suo sguardo angosciato.
«È solo che vorrei fare qualcosa per lei. Forse dovrei provare a parlare con Marco».
«credo che la soluzione migliore sia aspettare che si chiariscano tra loro. »
«lo so, ma proprio non ci resisto in questa situazione!» sbottò Mary con gli occhi lucidi.
«se proprio insisti potrei provare a parlare io con Marco. Però devi promettimi che metterai via quel broncio.»
Mary era così felice che ci fosse Eichi. Non poteva immaginare cosa avrebbe fatto se non ci fosse stato lui.
«va bene.» e gli sorrise più sollevata.
«ecco il mio sorriso preferito. Mi mancava. Adesso andiamo a vederci chiaro su questa chitarra» così dicendo la spronò ad entrare all’interno dell’edificio.
I due ragazzi non potevano immaginare che qualcuno stesse osservando di nascosto ogni loro singolo passo. In meno di dieci minuti raggiunsero il negozio di strumenti musicali. All’interno c’era solo l’anziana signora dell’altra volta con una delle sue solite vesti lunghe. Stava sistemando una risma nuova di spartiti freschi di stampa.
Appena li vide i fogli che aveva tra le mani le caddero letteralmente per terra. Non poteva dare ragione nemmeno ai suoi stessi occhi. Eichi era davvero tornato da loro. Allora forse non era tutto perduto.
Corse in contro ai due ragazzi stringendo forte a se Eichi.
Lui indeciso si lasciò avvolgere da quell’abbraccio inatteso e per certi versi anche abbastanza fuori luogo.
Improvvisamente avvertì le lacrime della donna inumidire la sua maglietta.
Con dolcezza l’allontanò da se guardandola sorpreso e preoccupato allo stesso tempo.
«va tutto bene?»
«sei tornato davvero! Non sai quanto significhi per noi tutto questo! Almeno tu non ci odi.»
«odiarvi?» Eichi e Mary si scambiarono degli sguardi interrogativi.
«si, tua madre, deve averti raccontato cose orribili sul nostro conto...»
«mia madre? Conoscete mia madre?»
In quel momento la donna sembrò riprendere il controllo di se stessa.
«mi stai chiedendo se la conosco? Allora tu non sai ancora nulla? Ma come è possibile?» la donna lo guardò spaesata e imbarazzata.
«scusi cosa dovrei sapere?». Senza aggiungere altro l’anziana signora gli indicò la custodia con la chitarra che portava sulla sua spalla sinistra. Eichi se la sfilò e la porse all’anziana signora. La stessa l’aprì con cura. La uscì e la ruotò dalla parte retrostante.
«riesci a leggere cosa c’è scritto qui?» Eichi non aveva proprio notato quella incisione, ma ora che ci faceva caso c’erano scritti il nome e il cognome di sua madre. O almeno quello era stato il suo primo cognome. Arrivata in Giappone aveva deciso di cambiarlo. Anche se lui non ne aveva mai realmente capito il motivo.
«si, è il nome di mia madre. Ma questo cosa significa?» in quell’istante negli occhi della donna intravide un espressione famigliare, uno sguardo capace di farlo risentire ancora una volta a casa. Erano gli stessi occhi di sua madre anche se in invecchiati nel tempo quelli erano proprio gli stessi occhi di sua madre. Non avevano nulla di nuovo neanche le importanti orecchie, le mani sottili e i folti capelli neri brizzolati, che le ornavano il viso ormai segnato dalle rughe.  Quell’anziana signora assomigliava molto a sua madre. Improvvisamente gli sembrò tutto troppo chiaro.
«per caso voi siete...» tentò.
«si sono tua nonna Eichi.» completò l’altra felice guardando commossa il nipote che dopo tanti anni era riuscita a riabbracciare.
Mary era letteralmente senza parole. Adesso molte cose erano chiare: gli avevano dato quella chitarra con la speranza che la stessa lo riportasse da loro. Una lacrima le scese repentina sul viso. Era felice che Eichi avesse ritrovato i suoi nonni.
Il ragazzo rimase paralizzato dalla realtà di quella situazione che aveva il sapore di sogni e amarezze vissute per tanti anni. Era lì fermo ad ammirare il volto radioso e commosso di quell’anziana signora, quando improvvisa una lacrima lo raggiunse inattesa. Nella sua vita c’erano stati sempre e solo lui e sua madre. Non aveva mai conosciuto la felicità di avere dei nonni che potessero consigliarlo con la loro saggezza e con il loro amore. Quel legame gli era mancato.
«davvero.. io sono vostro nipote?» con un segno della testa la donna acconsentì con le lacrime agli occhi. Eichi all'istante l’abbracciò. Non era possibile che il caso gli avesse concesso anche  questo dono prezioso.
«oh, Eichi, non sai quanto ci ha fatto soffrire il non vederti crescere.»
«Perché non mi avete mai mandato nemmeno una lettera? Io pensavo foste morti!» Eichi si era appena staccato da quell’abbraccio così accogliente e con il palmo delle mani si asciugò le ultime lacrime.
«mi dispiace, ma tua madre ci ha reso davvero impossibile rintracciarvi. Ha cambiato persino il suo cognome. Un giorno per caso scoprimmo che eri diventato un famoso cantante. Ci arrivò una lettera anonima con una tua foto da bambino. C’era scritto che eri diventato famoso come attore e cantante e che stavi bene. Aspetta adesso te la prendo.» detto questo aprì un cassetto del bancone tirando fuori una foto abbastanza invecchiata e ingiallita. Dietro c’era scritta una breve frase “Per Roberto. Non è bellissimo il mio bambino? Quando vieni da noi?”.
«Roberto?» Eichi, immediatamente comprese tutto.
«Conosci questo Roberto?» le domandò sorpresa sua nonna mentre Eichi sorrideva con nostalgia al suo ricordo.
«si che lo conosco è il mio manager nonché l’uomo che considero come un padre. Deve avervela mandata lui prima di partire per il Giappone.»
«capisco, ma come faceva a conoscerci?»
«era un vecchio compagno di studi di mamma è probabile che vi conoscesse già da molto tempo in realtà»
«aspetta, ora che ci penso c’era un amico di tua madre con quel nome. Era biondo con dei grandi occhi verdi.»
«si, è lui senza alcun dubbio.»
«dovremmo ringraziarlo, senza il suo aiuto adesso non saremmo qui.»
«si, occorrerà che lo ringrazi appena tornerò in Giappone. Ma ora ditemi come state. Intendo tu e il nonno?»
«bene, stiamo bene. Piuttosto come sta tua madre?»
«è forte e testarda come sempre. Non credo sia cambiata da quando aveva diciotto anni. Da quel che sò era molto cocciuta anche da ragazza.»
«si diciamo che aveva un bel caratterino. Comunque entrate e accomodatevi, prendo subito due sedie e qualcosa da bere. Dovete scusarmi non ero preparata al vostro arrivo. In realtà credevamo non sareste mai venuti.»
«e invece ora siamo qui» gli sorrise commosso. L’anziana signora ricambiò facendogli una carezza sul volto. Vedere suo nipote sano, pieno di vita e felice era la sua più grande consolazione. Subito dopo scese al piano interrato, lasciando i due ragazzi soli.
«Mary non posso crederci. Ho ritrovato i miei nonni. E’ tutto grazie a te. Se non mi avessi fatto il dono di quella chitarra probabilmente adesso non staremmo qui. Mi hai regalato più di un semplice strumento, mi hai donato una vita piena di quell’amore che mi è sempre mancato. Grazie »
Lei arrossì imbarazzata prendendo tra le sue le mani di Eichi.
«Non c’è bisogno di ringraziarmi, sapere di averti fatto felice è la più grande forma di ringraziamento che tu possa darmi…»
 
 
Dopo dieci minuti l’anziana signora tornò su con un paio di sedie e con una bottiglia di aranciata.
«a breve dovrebbe tornare anche tuo nonno. Sai, è stato lui a pensare che ci fosse qualcosa di insolito in te, solo ascoltando il modo con cui suonavi la chitarra. Suoni come tua madre. Il metodo con cui ti ha insegnato deve essere lo stesso che usò lui con lei tempo fa. Bene adesso brindiamo al destino che ci ha fatto rincontrare» detto questo i tre festeggiarono il loro incontro. A distanza un uomo in giacca e cravatta osservava la scena con attenzione. Tutto stava andando secondo le sue previsioni non poteva sperare in nulla di meglio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Rio era all’ingresso della Kings Record con indosso un paio di occhiali da sole scuri, un berretto e un trench.
“Ma quanto ci mette?”, Yori era stranamente in ritardo. “Le sarà successo qualcosa? Non sarà per caso malata? Ma cosa mi metto a pensare. Non starò iniziando a preoccuparmi seriamente per quella pazza sconsiderata? In fondo non è colpa mia se si è messa a girare per la città senza portarsi dietro nemmeno un ombrello!”
Rio aveva provato a mettersi in contatto con lei. Ma dopo il loro battibecco di quella sera Yori non si era ancora fatta sentire. Pensò che probabilmente ce l’avesse ancora con lui.
Era lì che rifletteva quando la vide venirgli in contro asciugandosi distratta il naso. Si era presa un bel raffreddore. A quella vista, quell’odioso senso di colpa tornò a fargli visita rammentandogli i suoi errori.
«Ehi, tu! Dove pensi di andare?» la richiamò prima che potesse entrare nell’edificio. Yori si fermò appena in tempo. Se non fosse stato per il tono rauco e irritante della sua voce, non lo avrebbe proprio riconosciuto imbacuccato com’era.
«Che ci fai qui?» gli rispose stupita.
«Tu piuttosto perché non rispondi ai miei messaggi?» la rimproverò Rio irritato.
«Semplice, perché grazie a un arrogante e presuntuoso come te si è bagnato sotto l’acqua e adesso è morto per sempre. In più al momento non posso permettermi di comprarne un altro. Quindi ringrazia te stesso se non sei riuscito a contattarmi.»
«Adesso la colpa sarebbe mia? Ma sentila! Se tu fossi stata più prudente non si sarebbe bagnato. La colpa è tua che non ti sei portata l’ombrello. Non dare la colpa agli altri della tua sconsideratezza»
“Grrr… quanto vorrei fare un nodo a quella lingua lunga che si ritrova. Almeno non sarei più costretta ad ascoltarlo! Calma Yori. L’indifferenza è l’arma più potente. Riacquista il tuo autocontrollo. E poi non ne vale proprio la pena.”
«non voglio rovinarmi la giornata di prima mattina, quindi se vuoi dirmi qualcosa fallo subito. Sono già in ritardo. Il mio turno di lavoro inizia tra pochi minuti».
«mi dispiace contraddirti ma tu oggi non lavorerai»
«scusami?» senza darle spiegazione la prese per un braccio e la strattonò fino all’ascensore.
«ma si può sapere che ti prende?»
«mettiamola così: mi devi un favore. Adesso seguimi.» le ordinò sintetico prima di entrare nell’ascensore. Yori lo seguì titubante, ogni tanto gli lanciava delle occhiatacce, ma lui le ignorò volutamente.
Erano finalmente arrivati davanti l’ufficio del Direttore.
«perché siamo qui? Non vorrai mica farmi licenziare?» la cosa iniziava seriamente a preoccuparla. Non sapeva davvero cosa aspettarsi da quel mostro travestito da stella musicale di Rio. Doveva fare qualcosa.
«Senti, ieri abbiamo esagerato tutti e due, però non credo si debba arrivare sino a questo punto. Insomma questo mese devo pagare l’affitto e l’assicurazione della macchina. Non ti faccio nemmeno un po’ pena?»
Lui le sorrise divertito prima di bussare un paio di volte. Una voce all’internò lì invitò ad entrare.
«Ti prego. Farò qualsiasi cosa, ma non farmi licenziare» lo supplicò sull’orlo della disperazione.
«licenziare dici? Ma tu guarda che peccato, le idee migliori sei sempre tu a darmele! Perché non ci ho pensato prima io?»
«quindi non siamo qui per questo motivo?»
«diciamo che ti ho portata qui solo perché sono davvero curioso di capire se ti spetterà o meno una promozione. Adesso entriamo.»
Yori, non sapeva cosa aspettarsi, comunque pensò bene di seguire Rio a distanza ristretta. Non riusciva a fidarsi per niente delle sue vaghe affermazione, era meglio non perderlo d’occhio. La stanza era ampia con una enorme vetrata. Quel posto le metteva soggezione. Non si sentiva per niente a suo agio.
«Finalmente siete arrivati! Non vedevo l’ora,» li accolse il Signor Otzuki.
«Buongiorno Signor Otzuki. Ho fatto come mi ha chiesto. Questa è la ragazza che stava cercando».
“La ragazza che stava cercando? Il Direttore stava cercando proprio me? E come mai?”
«Fatti vedere meglio…» la invitò l’uomo dietro quell’enorme scrivania. Yori avanzò, era a meno di due metri da lui.
«Beh, forse tagliandoti i capelli staresti molto meglio, comunque diciamo che nel complesso hai un bel viso, ma sentiamo se la tua voce eguaglia la bellezza del tuo aspetto»
«devo cantare? Adesso? Così senza avere neanche il tempo di prepararmi?»
«si, mi piacerebbe sentire il suono della tua voce se non ti dispiace. Puoi cantare un pezzo qualsiasi. Non avrà importanza.»
«D’accordo…» Yori senza volerlo cercò supporto nello sguardo sostenuto di Rio. Che la spronò con un impercettibile movimento della testa.
Si torturava le mani indecisa. Poi finalmente recuperò la sua sicurezza. Era pronta.
«Non è una canzone famosa ma è legata a un ricordo molto importante per me. Spero sarà piacevole per voi ascoltarla così come sarà piacevole per me cantarvela. ».
Il signor Otzuki le sorrise accondiscendente, invitandola con un movimento della mano ad iniziare.
Yori era pronta, fece dei piccoli vocalizzi prima di iniziare. Quella preparazione era essenziale, con il raffreddore le sue narici erano bloccate ma era convinta di riuscirci se manteneva il controllo. Poi improvvisamente la sua voce calda invase la stanza. Sembrava una semplice ninnananna tradizionale, ma la sua voce la rese incredibilmente affascinante. Si poteva percepire moltissimo da quel semplice pezzo: c’era amore, nostalgia, tristezza e dolore. . Era forse per questo che  riempiva il cuore.  In quell’esecuzione non c’erano incertezze ne sbavature, ogni nota era raggiunta senza alcuna difficoltà. Le sue corde vocali sembravano uno strumento musicale accordato alla percezione. Il suono era chiaro e nitido. Pareva che quella ragazzina non avesse fatto altro che cantare nella sua vita. Rio rimase sconvolto. Improvvisamente il pensiero lo riportò a quel giorno nello studio di registrazione,       quella volta non doveva aver dato il meglio di se, perché adesso la sua voce era tutt’altro che banale. Senza accorgersene una lacrima scese silenziosa sul suo volto freddo e impassibile. Si tastò la guancia. Non poteva crederci, erano anni che non piangeva. Era passato così tanto tempo da quando qualcuno era riuscito ad emozionarlo in quel modo. Yori con la sua voce era davvero riuscita a toccargli il cuore.
L’esecuzione si concluse improvvisamente.
«Va bene così, grazie può bastare» la interruppe il direttore. «Devo dire che nella tua voce c’è qualcosa di davvero unico se sei riuscita a commuovere addirittura Rio».
«commosso?» si voltò sciocca Yori nella sua direzione.
«Non dica sciocchezze, mi era andato solo un granello di polvere nell’occhio. Non mi commuovo così facilmente io…» improvvisò Rio.
«come vuoi, se non ha commosso te, ha senza dubbio catturato il mio interesse. Ti andrebbe di entrare a far parte della nostra famiglia?»
Yori non poteva crederci. Sino a quella mattina era ancora una semplice donna delle pulizie e ora improvvisamente le veniva offerta una occasione come quella. Chi sano di mente l’avrebbe rifiutata?
«sta dicendo sul serio?» Yori ancora non ci credeva.
«Sono serissimo..»
«beh, in realtà non so, forse… ma cosa dico? si certo che voglio! Accetto la sua proposta»
«Bene, mi fa davvero piacere che tu abbia accettato. Sai ho un certo fiuto per il talento …» e gli fece un occhiolino.
«Grazie lei è troppo gentile. Farò di tutto per non deludere la sua fiducia» gli sorrise grata.
«Sono sicuro non ci saranno problemi. Domani ti farò avere il contratto. Adesso va pure a festeggiare con i tuoi amici. Oggi è un giorno davvero molto importante per te. Quindi non voglio trattenerti oltre. Va pure»
«La ringrazio a domani Direttore» detto questo fece un inchino ed uscì da quell’enorme stanza bianca. Aveva un sorriso luminoso. Era la prima volta che Rio la vedeva così luminosa.
Rio stava per seguirla quando fu bloccato dal signor Otzuki.
«Aspetta un attimo Rio. Ho bisogno di parlare un attimo con te»
«certo mi dica pure»lo spronò il più giovane.
«Ultimamente la stampa ci sta facendo molte pressioni a causa delle continue assenze di Eichi. Dopo la vostra esibizione siamo stati costretti a ridurre le uscite pubbliche. Anche se Andrea si è rivelato all’altezza della situazione non possiamo rischiare che venga scoperto. Era parecchio tempo che pensavo a un modo per intrattenere i media. Dobbiamo dargli qualcosa su cui lavorare almeno fino al ritorno di Eichi e sino all’uscita dei vostri singoli.»
«Non vorrà coinvolgere Yori in tutto questo?»
«Rio devi capire che abbiamo bisogno di un elemento di distrazione in questo momento.»
«Ma come pensa di fare? È solo una ragazzina alle prime armi!»
«Lo so, ma non ho altra scelta. Anche senza una preparazione adeguata dovrà fare il suo debutto.»
«Lei non può dire sul serio…»
«Sia che avrà successo o no,  noi avremo comunque la distrazione che ci serve.»
«Ma questo sarebbe come mandare un agnellino dritto nella tana del lupo…»
«Mi dispiace, ma alle volte occorre sacrificare qualcuno…»
«No! Non sacrificherà Yori. Io non posso permetterlo!»
«Non temere, non è mia intenzione farla fallire è per questo che esordirà cantando con uno di voi. La presenteremo come il nuovo acquisto della Kings Record. Diremo che abbiamo voluto presentarla in anticipo in modo che il pubblico la conoscesse prima che per lei abbia inizio il periodo di formazione presso la nostra casa discografica. Fondamentalmente dovrà esibirsi un paio di volte e fare qualche servizio fotografico. Non penso che la cosa le creerà poi tanto danno. Nel frattempo noi recupereremo tempo».
«Quindi canterà con uno di noi?»
«Si comparirà in una vostra canzone. Sai avevo in mente la persona giusta. Sono convinto che siano molto simili in fondo. Posso leggere la stessa luce negli occhi di entrambi»
«a chi si riferisce?» gli domandò interessato Rio.
«Parlo di JJ. Ultimamente mi ha mostrato un aspetto del suo carattere che credo si sposi molto bene con il lato sensibile di questa ragazzina. Inoltre il suo singolo sarà il primo ad uscire quindi sarà l’occasione ideale per presentarla.»
«No! Non può lasciare che canti con lui!»
«Non dirmi che sei geloso?»
«Ma figuriamoci. È solo che secondo me quei due non andranno mai d’accordo. Tutto qui.»
«Io non ne sarei tanto convinto e poi ormai la mia decisione è presa. Domani ci riuniremo nello studio di registrazione.»
«Capisco. Se tutto è stato già deciso allora cosa centro io in tutto questo?.»
«Rio non ti ho richiamato perché tu potessi farmi cambiare idea.»
«e per quale motivo allora?»
«voglio che tu la protegga!».
 
 
 
 
 
 
 
 
ITALIA
 
 
Marco era nella sua camera. Doveva trovare una soluzione. Era importante che chiarisse le cose con Angela. Prese la sua giacca, le chiavi della macchina ed uscì. In pochi minuti era arrivato a casa della sua amica. Suonò un paio di volte al suo citofono. Ma nessuno venne a rispondergli. Mandarle un messaggio era da escludere. Non gli avrebbe mai risposto. Ne era certo. Stava per abbandonare ogni speranza, quando qualcuno improvvisamente aprì il portone del palazzo. Era proprio la persona che stava aspettando.
«Angela ho bisogno di parlarti» le spiegò rapido mentre la seguiva accelerando il passo. Angela non si era voluta nemmeno fermare per parlargli. Aveva sottobraccio un pallone da basket indosso una tuta e sembrava avere molta fretta.
«mi dispiace ma non ho alcuna voglia di parlare in questo momento. Soprattutto con te.»
«ti prego concedimi solo pochi minuti. Devo spiegarti.»
Angela si fermò bruscamente.«Spiegarmi? E cosa? Credimi sei stato fin troppo chiaro. Almeno con me…» detto questo lo superò ricominciando a camminare spedita.
«Aspetta ti prego. Capisco che tu possa avercela con me e ti capisco ma non dovresti sfogare la tua rabbia verso Mary. Lei non centra nulla…»
Mary Mary Mary !!! Sempre e solo lei! Si preoccupa per Mary quando a lei invece non importa un bel niente di lui. Povero illuso, non capisce che non potrà mai avere il suo amore? Mary lo farà soltanto soffrire. Perché non se ne rende conto? Forse dovrei dirgli tutta la verità, ovvero che Mary ha già dato il suo cuore ad un altro. Ma cosa mi viene in mente? Non posso tradirla in questo modo. Però non è giusto che si stia comportando così con lui. Dovrebbe dirgli la verità una volta per tutte. Non può continuare così. Lo farà solo illudere. Comunque se a lui va bene così che continui pure a me non interessa più. ”
«Mi dispiace, mi hai preso proprio in un momento sbagliato. Ho voglia di stare sola se non ti dispiace»
«cavolo Angela fermati» la bloccò tenendola ferma per un braccio. Quella presa durò relativamente poco.
«ti ho detto di lasciami» si divincolò con un movimento netto «se davvero vuoi parlarmi allora ti ascolterò, ma questo non vorrà dire che avrai il mio perdono. Ora se non ti dispiace voglio andare a fare due tiri.»
«vengo con te se non ti dispiace»
«fa un po’ come ti pare.»
«perfetto!».
I due si mossero verso un vicino campo da basket. Angela iniziò con i suoi tiri liberi ignorandolo completamente.
«Angela. Mi spiace averti baciata. È stato un errore.»
“Ecco queste erano le parole che non avrei mai voluto ascoltare.” Angela fece un altro tiro che andò perfettamente a canestro.
«Un errore. Ovvio cos’altro poteva essere?»
«Mi fa piacere che tu sia d’accordo con me..»
“d’accordo? Si certo come no!”
«se era solo questo quello che volevi dirmi puoi andare.»
«no in realtà non era solo questo». Angela si fermò lo guardò per pochi secondi e poi riprese a palleggiare.
«…quello che volevo chiederti è di non dire nulla a Mary di quello che ho detto quella sera dopo il bacio …»
«e perché no? Non vuoi anche tu che lei sappia quali sono i tuoi veri sentimenti?»
«si ma ho un piano tutto mio. Tra poche settimane gli confesserò i miei sentimenti. Fino ad allora devo chiederti di non dirle nulla. Ti supplico, è davvero molto importante. Non voglio che lo sappia in questo modo. Vorrei essere io a dirglielo.»
«Non credi che al momento possa pensare che a piacerti sia io?»
«si, infatti è per questo che devo chiederti un secondo favore. Dovresti dirgli che sei stata tu a baciarmi per prima. Così magari penserà che sei tu a volermi e non il contrario»
«cosa? Ma tu sei fuori?»
«potrai sempre dirle che è stato uno sbaglio e che io in realtà non ti piaccio in questo modo si risolverebbe tutto.»
“Si risolverebbe tutto? Ma sta scherzando?”
Angela prese il pallone tra le mani e si avvicinò a Marco minacciosa.
«Cosa ti fa credere che mentirò alla mia migliore amica?»
«Ti supplico, non so se tu sei mai stata innamorata di qualcuno. Quindi non so se puoi capire quello che sto per dire. Ma io ci tengo davvero a Mary. Sento che siamo fatti per stare insieme e i miei sentimenti sono davvero onesti. Ti prego aiutami.»
“Mi chiedi se sono mai stata innamorata. Si, che lo sono stata e forse lo sono tutt’ora. E proprio per questo amore,che non so come comportarmi. Aish… cosa devo fare?”
«Ti supplico Angela, io la amo davvero. Non c’è nessun’altra che amerei più di lei.»
Ecco di nuovo quella fitta al cuore. Perché mi fa così male sentire queste parole? Cosa devo fare? Perché non riesco a dirgli di no? Oh Mary adesso capisco cosa volessi dirmi quel giorno. Se ami qualcuno, qualsiasi cosà farà non riuscirai mai ad odiarlo. E io non riesco ad odiare Marco nonostante tutto”.
«D’accordo farò come vuoi.»
«Grazie.» gli sorrise soddisfatto.
Vederlo felice forse è l’unica cosa che mi resta. Forse dovrei arrendermi, dopotutto ha detto che non amerà mai nessuna quanto ama lei. Se continuerò a illudermi mi farò solo del male.”
 
Mary e Eichi erano finalmente tornati a casa. Eichi era come rinato. Rivedere i suoi nonni lo aveva illuminato di una luce nuova. Le ore al negozio erano trascorse velocemente. Nonno e nipote aveva suonato insieme per la prima volta dopo anni di lontananza. Il momento più imbarazzante era stato dover spiegare la loro relazione, l’entrata mano nella mano doveva averli traditi immediatamente. I nonni di Eichi erano infatti gli unici a conoscenza della loro relazione. Sua nonna era una tipa abbastanza perspicace dopo un paio d’ore aveva già capito tutto da sola. Così a entrambi non era rimasta altra scelta che confessare.
 Più lo guardava e più Mary si sentiva felice per lui. Sembrava essersi alleggerito di un peso enorme.
Improvvisamente il suo cellulare vibrò. Era un messaggio di Angela.
 
 Da: Angela
Mary, scusa se non mi sono fatta sentire, ma ero confusa e volevo riflettere. Mi spiace non averti detto nulla prima. Sai, la verità è che sono stata io a baciare Marco per prima. Pensavo mi piacesse ma in realtà ho scoperto che mi sbagliavo. Odio essere così impulsiva. Lui non prova nulla per me e dice di essere innamorato di un'altra ragazza. Dopo averci riflettuto ho capito che neanche a me piace e che ho fatto solo un grande errore. Oggi ho chiarito con lui e tutto è tornato come prima. Mi dispiace non essermi fatta sentire prima. Spero che tu possa perdonarmi.
 
Eichi si avvicinò a Mary incuriosito.
«non dirmi che è un messaggio di Angela!»
«si è proprio un suo messaggio. Dice che tra loro è tutto risolto. A quanto pare a Marco piace un’altra. Sembra sia stata Angela a baciarlo per primo. Ora però ha capito che in fondo è stato solo un errore. Marco non gli piace per niente. Alle volte non riesco a capire come possa comportarsi in maniera così sconsiderata. Non dovrebbe baciare così la gente. Dovrebbe capire prima quali sono i suoi veri sentimenti. Beh poco male l’importante è che abbiano risolto.»
“Povera Angela. Chissà come deve esserci rimasta male. Mary tu non sai quanto in realtà lei ami Marco. Probabilmente ti avrà detto quelle cose per non farti preoccupare. Cavolo che situazione.”
 
«Ehi Eichi, ora che ci penso io e te non abbiamo mai avuto un vero appuntamento o sbaglio? Che ne dici se stasera uscissimo solo noi due?»
«credo sia un’ottima idea» gli sorrise compiaciuto.
«perfetto allora corro a prepararmi» scappò Mary lasciandolo solo nel salone di ingresso.
Eichi lanciò uno sguardo rapido a quel divano. Ricordava perfettamente il loro primo incontro. Era più forte di lui, sapeva nel profondo che una volta andato via non avrebbe potuto cancellare nulla di lei. Neanche quel loro primo ricordo. Le sarebbe rimasta per sempre nel cuore. Lo stesso cuore che non riusciva ancora ad accettare che prima o poi il momento dell’addio sarebbe arrivato. Ovviamente c’era quella piccola possibilità che lei cambiasse idea e decidesse di seguirlo in Giappone. Per il momento non avrebbe sprecato nemmeno un secondo del tempo che avevano a disposizione. Voleva rendere i prossimi due mesi ricchi di bei ricordi per entrambi. Superato l’ingresso si incamminò verso la sua stanza. Aveva del tempo a disposizione prima che Mary finisse di prepararsi. Era l’opportunità giusta per trovare le parole adatte alla nuova melodia che aveva composto.  Voleva rendere speciale il loro incontro sia che si concludesse con un addio che con un lieto fine lui voleva darne testimonianza in una canzone. L’asciare un segno immutabile che anche a distanza li avrebbe seguiti per sempre.  Voleva rendere il racconto del loro incontro immortale nel tempo e nello spazio. Lo stesso spazio e tempo che probabilmente li avrebbero divisi.
Dopo un’ora Mary era già pronta. Aveva un paio di Jeans e una camicetta a quadri bianca e rossa. I capelli erano stati legati in una codina alta. Era davvero molto carina. Tutto sommato Eichi la preferiva così. Semplice. Non aveva bisogno di vestiti sfarzosi, o di trucco per lui era bella al naturale.
«sono pronta possiamo andare!» la incoraggiò eccitata Mary,
«è una fortuna che tu ti sia messa i jeans.»
«e per quale motivo?»
«presto lo scoprirai…». I due ragazzi uscirono di casa. Eichi le stava nascondendo evidentemente qualcosa d’importante.
«dove stiamo andando?»
«presto lo scoprirai…»
Dopo due isolati erano finalmente arrivarti ad un piccolo garage. Mary lo conosceva bene, era il garage di suo padre.
«cosa ci facciamo qui?»
«oggi non useremo i mezzi pubblici…»
«scusa? Non capisco!» Eichi, si voltò verso di lei esibendo un’espressione fiera e compiaciuta, «tuo padre mi ha prestato queste» e dicendo così gli ondulò con disinvoltura un paio di chiavi proprio sotto il naso.
 «prenderemo night? Non posso crederci! Non l’ha mai fatta guidare a nessuno»
«beh, ultimamente ho avuto del tempo libero. Mentre tu dipingevi, ogni tanto sparivo per venire qui e rimetterla a nuovo. Così tuo padre mi ha concesso di utilizzarla.»
«Ma è fantastico! Come ho fatto a non accorgermene?»
«quando dipingi ti estranei completamente dal mondo, quindi è normale che tu non ci abbia fatto caso. Ora però non perdiamo tempo, voglio portarti in un posto.»
Eichi aprì il garage e uscì una Suzuki VL Intruder 800. Era una motocicletta davvero fantastica e di una punta di blu intenso.
«Bene sei pronta?» le chiese una volta montati sulla sella.
«Si. Anche se continuo ancora a preferire i mezzi pubblici.» continuò preoccupata Mary.
«Non sarà che non ti fidi ancora di me?»
«No, è delle moto che non mi fido» precisò in apprensione.
«Reggiti forte e non aver paura...» Mary fece come le fu detto. Le sue mani incerte sfiorarono il corpo caldo di Eichi, poteva percepire chiaramente la muscolatura definita sotto i suoi vestiti. In quel momento le tornò in mente l’immagine di Eichi seminudo a Villa Rosa e l’imbarazzo di quel ricordo le impedì di stringersi a lui.
«Ehi che fai? ti ho detto di stringerti a me…» Eichi le prese le mani costringendola ad aggrapparsi a lui.
Mary diventò improvvisamente rossa come un peperone. Ringraziò che Eichi dalla sua seduta non potesse vederla in viso.
Dopo mezz’ora raggiunsero la loro destinazione.
«Ma dove ci troviamo?» chiese Mary togliendosi il suo enorme casco nero.
«Sai mia madre mi ha sempre descritto questo posto. Ero così curioso di vederlo che ho deciso di portatici. Inoltre forse qui potrai esprimere l’ultimo dei tuoi tre desideri!»
«Davvero? Mi farai esprimere il mio ultimo desiderio in questo posto? Eppure non ci vedo nulla di così speciale. Perché dovrei esprimerlo proprio qui e in questo momento?.» precisò Mary guardandosi intorno.
«Vieni voglio farti vedere una cosa» detto questo Eichi prese Mary per mano guidandola tra gli imponenti fusti secolari della riserva che dall’alto della loro formazione sembravano scrutare indagatori i due nuovi visitatori, come fossero i guardiani indiscussi di quel posto lontano dall’opera distruttrice dell’uomo.  Camminare in quello spazio immacolato creava uno strano effetto di pace e serenità. Sembrava di essere tornati indietro a un tempo passato troppo indefinito da ricordare, in una pace assoluta e idilliaca.
«Eccola» esultò quando vide l’enorme quercia.«Non è fantastica?»
«ancora non riesco a capire cosa abbia di tanto speciale»
«Mia madre mi raccontò una leggenda su questo posto» disse avvicinandosi all’enorme e imponente ceppo. Il suo sguardo era rivolto verso la sua folta chioma verdastra.
«ovvero?» chiese Mary interessata.
«Si dice che questa quercia avveri i sogni degli innamorati, ma solo se i sentimenti saranno sinceri da entrambe le parti i loro desideri si avvereranno.»
«A si?», improvvisamente lo sguardo di Eichi si fece freddo e lontano difficile da raggiungere come se si fosse rifugiato in un’altra dimensione più triste e fredda di quella in cui si trovavano.
«Mia madre mi raccontò di essere venuta qui con mio padre prima di partire per il Giappone. Anche se il suo desiderio non si è potuto avverare continuava a dirmi che questo era comunque uno dei posti che più preferiva al mondo. Che ironia che ricordi con piacere un posto come questo… »
«Eichi… non è detto che un passato anche se doloroso non possa conservare ricordi piacevoli»cercò di confortarlo Mary accarezzandogli dolcemente il braccio. Il rancore che poteva leggere nei suoi occhi lucidi era cosi difficile da non notare.
Deve soffrire ancora molto… anche se credo non lo ammetterà mai!”
Improvvisamente il suo sguardo incollerito mutò sotto la spinta di un pensiero molto più positivo.
«Non so se la leggenda sia vera. Ma ti andrebbe di provarci con me?»
Mary si senti il cuore battere all’impazzata. Non poteva credere che Eichi le stesse chiedendo una cosa del genere. Doveva rappresentare davvero molto quel posto per lui.
«Vorresti davvero provarci con me?»continuò imbarazzata ma felice al tempo stesso.
Eichi le sorrise mostrandole la mano aperta e Mary la strinse. Si avvicinarono così uniti all’enorme tronco.
«Allora poggia la tua mano destra sul tronco, io metterò la sinistra.»
Mary fece come le fu detto.
«Adesso esprimi un desiderio. Anzi quasi dimenticavo: i nostri desideri devono coincidere perché si avverino…»
«come coincidere? Devo esprimere il tuo stesso desiderio?»
«si..»
«capisco allora qual è il tuo?»
«Mi dispiace ma non è così che funziona. Dobbiamo esprimerlo senza metterci d’accordo.»
«ma come faremo a esprimere lo stesso desiderio?»
«beh sarebbe troppo semplice altrimenti. Non credi?»
«uffa…»
«sono sicuro che sarà lo stesso per entrambi…» la incoraggiò comprensivo mostrandole, quegli occhi dolci e intelligenti che Mary ormai amava più di ogni altra cosa.
Di rimando gli sorrise, più convinta.
«chissà cosa avranno espresso i tuoi genitori?»
«chissà… probabilmente non lo stesso desiderio altrimenti sarebbero ancora insieme. Comunque sei pronta?»
«si sono pronta»
«al mio tre esprimiamo il desiderio…1..2..3»
“Quercia sono Eichi, il mio desiderio è che sia felice per tutta la vita. Fa che quel sorriso che amo tanto non sparisca mai dal suo viso. Anche se io non sarò al suo fianco per poterlo vedere”
“Grande Quercia il mio nome è Mary e il mio desiderio è…”

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Capitolo 11
*** GELOSIA? ***


Questa è una storia in cui i personaggi non sono realmente esistiti e le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Proprio per questo motivo, anche le esperienze riproposte e descritte, proprio perché frutto di fantasia e non di esperienze dirette,  non vogliono ferire o ledere la dignità di nessuno.
L’unico elemento a cui farò ricorso è l’immagine di alcuni personaggi noti nella musica Kpop. Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di attori o figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici, ma limitandosi a conferire ai protagonisti che si susseguiranno, un volto e un atteggiamento comportamentale. L’intento è rendere più agevole e interessante la descrizione dei personaggi.
Ricorrerò,  quando mi sarà possibile, all’uso di immagini, musiche e video che aiutino e stimolino la lettura. 
 

CAPITOLO 11

GELOSIA?

GIAPPONE
 
 
Rio era appena arrivato alla Kings Record. In anticipo sui tempi aveva rimosso quell’odiosa ingessatura dal braccio destro. Era con Yori che in fibrillazione attendeva l’arrivo del signor Otzuki.
«Ma quando arriva? Non ci avrà mica ripensato? Oppure si tratta di un altro dei tuoi stupidi scherzi?» lo accusò guardandolo minacciosamente .
«Credi davvero che sprecherei il mio tempo con cose di questo tipo? Non sei poi così importante sai…»
“il solito arrogante.”  pensò Yori mordendosi le unghie dal nervoso..
In quello stesso istante la porta dello studio di registrazione fu spalancata.
Entrarono il Direttore Otzuki seguito da altri cinque personaggi. Il primo ad attirare l'attenzione di Yori fu un uomo sulla cinquantina, alto, biondo, con dei lineamenti occidentali e dei grandi e intensi occhi verdi. Dietro di lui Daisuke, Hiro, Eichi e per finire JJ lo seguivano poco interessati. Non era stato troppo difficile riconoscerli. La loro fama li precedeva. Improvvisamente Yori si ricordò di un avvenimento davvero spiacevole avvenuto pochi giorni prima.
“Oh no! Ma quello è JJ! Caspiterina cosa ci fanno i BB5 qui?”
Il ragazzo dai capelli rossi entrò a capo chino, non curandosi assolutamente di quell’ospite a sorpresa. Aveva uno sguardo vitreo e spento. I suoi pensieri erano, evidentemente rivolti ad altro.
«Bene Yori, ti presento il signor Marini e loro, come ben saprai, sono i BB5: Hiro, Daisuke, Eichi e JJ» esordì il direttore della casa discografica. Ognuno dei presenti fece un inchino verso Yori. Fu in quel momento che JJ si accorse di lei.
«Ma tu sei la ragazza di quel giorno… cosa ci fai qui?» le domandò additandola sorpreso.
«Vi conoscete?» chiese il signor Otzuki alternando lo sguardo da Yori a JJ.
«No, mi starà sicuramente scambiando per qualcun’altra…» improvvisò. Non sapeva il perché, ma sentiva che quello non era il momento ideale per confessare il motivo del loro primo incontro, avvenuto in circostanze meno amichevoli di quella. Rio nel frattempo li squadrò per bene. Quei due non gliela raccontavano giusta per niente.
«comunque sia ragazzi, lei è Yori e da oggi entrerà a far parte della nostra famiglia». Proseguì sorvolando sull'argomento l'uomo brizzolato in giacca e cravatta.
«è un piacere conoscerti. Non vedo l’ora di sentirti cantare» l’accolse calorosamente Daisuke con un enorme sorriso.
«il piacere è tutto mio» le rispose più sollevata. Quel suo modo di fare l’aveva immediatamente messa a suo agio.
Interompendoli il direttore della casa discografica riprese la parola.
«Vi starete chiedendo perché siamo tutti qui stamattina. Bene, allora sarò diretto. Ho deciso che Yori farà subito il suo debutto.»
«cosa?» risposero all’unisono Yori e JJ. I loro sguardi si incrociarono sorpresi per la seconda volta.
«Yori, ho deciso che ti presenterai al pubblico cantando una canzone che ho già appositamente scelto.»
«Io, veramente... non so se sono pronta per debuttare… non ho mai cantato davanti a un pubblico numeroso»
«e proprio per questo motivo, che ho deciso di non lasciarti sola. Sicuramente la presenza di uno di loro ti aiuterà a superare la paura del palcoscenico. Cosa ne pensi? »
Yori era disorientata. Ventiquattro ore prima era una semplice donna di servizio, mentre adesso le veniva chiesto di debuttare accanto a uno dei BB5. In quel momento comprese quanto la vita fosse simile a una puntata alla Roulette. Non sai mai su che numero finirà quel pallino metallico, per quanto ruoterà non puoi fare previsioni, l'unica cosa da fare è aspettare l’esito finale. Per una volta che la fortuna sembrava giocare a suo favore non poteva rinunciare a giocarsi il tutto per tutto. Non poteva più tirarsi indietro, ormai aveva fatto la sua puntata. Non le restava altro che chiudere gli occhi e sperare che quel gioco andasse a buon fine. Si non poteva fare altro che questo.
«d'accordo, se lei la pensa così, allora posso provarci. Ma per quanto riguarda la canzone con chi la canterò?»
«il testo l’ho proprio qui con me. Eccolo. La melodia arriverà più tardi. Se ne sta occupando un mio caro amico. Per ora leggila e dopo voglio che sia tu a scegliere con chi cantarla». Yori prese tra le mani quel testo. Rio al suo fianco squadrò con curiosità il signor Otzuki.  Quel cambiamento di programma era troppo sospetto. La sera prima il direttore gli aveva detto che tutto era già stato deciso. A cosa doveva questo cambiamento improvviso nei suoi piani?
«Mi sta chiedendo di scegliere tra loro?» Domandò Yori, in soggezione, interrompendo i pensieri di Rio.
«In realtà io avrei già un idea, ma voglio che sia tu a prendere la decisione finale.» le spiegò il signor Otzuki con fare rassicurante.
«capisco.» Yori prese il testo e sotto gli occhi impazienti dei presenti iniziò a leggerlo. Era una canzone d’amore, anche abbastanza banale dopotutto.
Dopo aver terminato la lettura tornò a confrontarsi con gli sguardi pieni di aspettative dei presenti.
«Bene adesso voglio che tu scelga» la spronò il signor Otzuki al suo fianco.
 Yori acconsentì, ispezionando indecisa i presenti.
“Vediamo un po’ con chi potrei mai cantare una canzone di questo tipo? Forse con Rio? Almeno lui lo conosco. Ma cosa dico? Questo genere di canzoni non fa per lui. Hiro? A dire il vero sia lui che Eichi mi mettono in soggezione. Forse Daisuke? Tutto sommato sembra un tipo davvero simpatico. Oppure JJ…? Cavolo, non riesco proprio a decidere”
«Mi dispiace ma non so proprio chi scegliere…»confessò dispiaciuta,
“Come non sai chi scegliere? È così facile! perché non scegli me? Quella stupida!! Dove ha la testa?” Pensò Rio guardandola in cagnesco.
Era convinto che avrebbe scelto lui senza alcuna esitazione mentre invece l’idea non sembrava averle sfiorato  minimamente il pensiero.
«posso cantarla io con te…» si propose JJ sotto gli occhi sorpresi dei presenti.
«e perché vorresti essere tu a cantare con lei?» gli domandò Rio, colto da un improvviso lampo di gelosia.
«nulla sono solo curioso di scoprire quanto bella sia la sua voce. E poi sono l’unico ad aver già registrato il video e la traccia definitiva. Inoltre il mio singolo uscirà tra pochi giorni e subito dopo sarò quello effettivamente meno impegnato. Tu e Hiro devete ancora terminare i vostri brani e Daisuke è ancora impegnato con la sua campagna promozionale. Credo di essere quello più libero al momento. Se per te non ci sono problemi mi proporrei.» chiese rivolgendosi alla nuova arrivata.
Yori più rifletteva su quelle parole e più si rendeva conto che il ragionamento non faceva una piega. In più non voleva essere d'impiccio per nessuno, quindi...
«va bene…» completò rassegnata. Anche se l’idea non la convinceva poi al 100%.
Rio non capiva a cosa doveva l’interessamento di JJ per Yori. Inoltre dalle loro frasi iniziali sembrava si conoscessero già. Ma come era possibile?
«Bene ragazzi era proprio quello che speravo. Immagino vogliate conoscervi meglio? Quindi adesso vi lasceremo soli…» detto questo il direttore spronò tutti ad uscire dalla sala di registrazione compreso Rio, che venne letteralmente tirato di forza da Daisuke. Non si fidava proprio a lasciare soli quei due. La porta si chiuse e i due ragazzi furono finalmente soli.
«mi hai riconosciuta vero?» chiese Yori appoggiandosi al piano con la strumentazione, mentre stringeva nervosamente il testo di quella canzone tra le mani.
«certo che ti ho riconosciuta.» le confermò JJ prendendo posto su una sedia lasciata in un angolo.
«perché ti sei offerto come volontario?»
«forse perché mi divertiva l'idea di lavorare con una novellina come te o più semplicemente perché volevo trovare un modo per rimediare al mio errore e chiederti  scusa per l’altra volta.»
«cosa? Vuoi seriamente scusarti con me?» il suo sguardo stupito fece sorridere JJ.
«credi che una star non sia capace di chiedere scusa?»
«in realtà pensavo, che a non esserlo fosse uno come te…» gli fece notare accomodandosi su un puff lì vicino.  La tensione iniziava a diminuire.
Yori non sapeva spiegartelo, ma JJ era cambiato molto dall’ultima volta. Adesso le sembrava completamente diverso.
«Magari lavorando insieme riuscirò a farti cambiare idea su di me. Visto che ci siamo vorrei anche ringraziarti. Se non fosse stato per te quel giorno Akiko non mi avrebbe mai perdonato.»
“Akiko? Ma certo, la ragazzina bionda!”
«mi ha riferito cosa le hai detto. Devo ammettere che non mi sarei mai aspettato che prendessi le mie difese stando a come ti ho trattata» precisò con rammarico.
«Non importa. Ho capito quanto tieni a lei e forse al tuo posto avrei fatto la stessa cosa».
«Grazie. Spero riusciremo a lavorare bene insieme» e gli mostrò la mano aperta nell’attesa che l’altra la stringesse.
“Ma cosa è successo al ragazzo impulsivo di quel giorno? Sembra un’altra persona adesso. Che soffra di una sindrome da doppia personalità? Chissà se posso fidarmi di lui.. Dopotutto mi sta chiedendo scusa, tanto vale ricominciare tutto da capo”
Sorridendo ricambiò il gesto.
 Che quella stretta di mano sancisse l’inizio di una nuova amicizia?
 
«Rio cosa fai li impalato?» lo canzonò Daisuke.
«devo parlare con lei…» precisò spostandosi nervosamente da un lato all'altro di quella porta, in ansia come un neo papà nella sala d'attesa di una sala parto.
Daisuke gli si avvicinò a pochissimi centimetri dal viso.
«Guardami un attimo negli occhi…» gli ordinò con interesse investigativo.
«che cosa vuoi fare?» chiese sorpreso Rio indietreggiando in modo da recuperare pochi centimetri di distanza.
«non dirmi che quella ragazzina ti piace!?»
«piacermi? Ma non essere ridicolo. Il direttore mi ha solo chiesto di starle vicino e controllarla. Tutto qui.»
«si, certo, come no? Sappi che a me non la racconti giusta comunque. So che sotto c’è dell'altro, ma se vuoi continuare a fingere che non sia così fa pure. Io e Andrea andiamo a mangiare fuori. Se ti va di raggiungerci e magari confessarsi qualcosa, facci un colpo di telefono.»
lo provocò ristabilendo le distanze dall'amico. «non credo ce ne sarà bisogno» lo rassicurò convinto Rio, riconquistato la sua solita e arrogante sicurezza. Doveva ammetterlo però, Daisuke alle volte sapeva mettere a disagio con la stessa facilità con cui riusciva a risolvere situazioni davvero imbarazzanti. 
Il ragazzo con l'alta cresta fece spallucce, prima di avviarsi all'uscita in compagnia di Andrea. Il direttore e il signor Marini li avevano anticipati già da un po’.
“Ma insomma cosa cavolo starano facendo chiusi lì dentro?” . Rio a braccia incrociate tamburellava impaziente con il piede destro sul pavimento. Quell’attesa si stava rivelando un po’ troppo estenuante per i suoi gusti.
Finalmente, dopo dieci lunghissimi minuti, Rio li vide uscire dalla stanza di registrazione.
«Era ora! Cosa stavate facendo lì dentro?» esordì alla vista dei due ragazzi.
«nulla abbiamo semplicemente deciso di buttarci il passato alle spalle e ricominciare tutto dall’inizio. Dico bene?» spiegò Yori sorridendo a JJ. Lo stesso le rispose ricambiando in modo più forzato il suo sorriso, prima di allontanarsi lasciandoli soli. Era molto giù di morale.
Rio, non era abituato a vedere quella piccola peste ridotta in quello stato. Doveva essergli successo qualcosa. Che fosse dovuto all’incontro con Yori? La stessa aveva ancora lo sguardo fisso su JJ che si allontanava, quando un pensiero improvviso la riportò alla realtà. In quel momento ritornò a confrontarsi con lo sguardo preoccupato di Rio
«Tu piuttosto, perché mi hai aspettato? hai qualcosa da dirmi?» gli domandò interessata.
«in realtà sei tu che dovresti dire qualcosa a me»
«io? E cosa dovrei dirti?» Rio distolse per un attimo il suo sguardo da Yori.
«perché non hai scelto me?»
«scegliere te? e perché mai avrei dovuto?»
«come perché? Mi sembra ovvio; come forma di ringraziamento nei miei confronti…»
« forma di ringraziamento? E per quale motivo dovrei ringraziarti?»
«come per quale motivo? Se sei qui è solo …» si fermò immediatamente.
 
“Se sei qui è solo per un errore. Anche se in realtà si è trattato di un caso dovrebbe comunque ringraziarmi… ”
 
«Se sono qui è stato solo per  cosa?» lo riprese Yori,
 
“ah.. lasciamo perdere… tanto a cosa mi serve la sua gratitudine!”
 
«lascia stare. Adesso andiamo. Ti do un passaggio con la mia moto.»
«non ce né bisogno ho la macchina proprio qui fuori»
«ah, capisco» completò deluso Rio.
«ci si vede allora?» gli sorrise salutando velocemente prima di allontanarsi.
Rio vide la sagoma di Yori rimpicciolire fino a scomparire inghiottita da quel lungo corridoio. In quel momento, la sicurezza che, con così tanto orgoglio, aveva ostentato fino a quel momento, fu sostituita da un pressante senso di angoscia. In un attimo fu come se l'aria intorno a lui avesse perso tutto il suo ossigeno, come se una certezza da lui creduta intramontabile fosse improvvisamente sfumata davanti ai suoi occhi. 
Con una mano si massaggiò il braccio destro, lo stesso che fino a poco tempo prima era stato l’unico motivo ad averli tenuti uniti.
“è finita non è vero? Adesso non c’è più alcun motivo per costringerti a starmi vicino. Sapevo sarebbe arrivato questo momento, ma non credevo mi avrebbe fatto così male..”
 
 
JJ era tornato finalmente a casa. Anche se non aveva la possibilità di vedere Akiko almeno potevano continuare a sentirsi telefonicamente. Era la sua unica consolazione al momento. Non poter verificare con i suoi occhi che stesse bene era l’aspetto più difficile da sopportare. Aveva provato a tornare in ospedale, ma lo avevano letteralmente sbattuto fuori a pedate. Neanche Midori aveva potuto fare niente.
 A legarli adesso c’era solo quel telefonino. Si mise seduto e le inviò un messaggio per aggiornarla dell’arrivo di Yori alla Kings Record.
Dopo pochi secondi ricevette una sua risposta.
 
Da: Akiko
Quindi canterai con quella ragazza? TI AVVERTO, trattala bene questa volta. Ovviamente non troppo, potrei anche ingelosirmi.:-).
 Il dottore dice che le mie condizioni sono migliorate. Forse dovrei ringraziare te per questo,  quindi non preoccuparti e lavora sodo. Domani è un grande giorno! Non vedo l’ora di vederti sul grande schermo mentre canti sulle note della nostra canzone. Dai il meglio,io sarò qui a tifare per te. Come sempre la tua fan numero uno sarà qui a sostenerti.
P.s,
Non so se scriverlo abbia lo stesso valore comunque, ti amo. Mi spiace solo non aver avuto il tempo di dirtelo di persona. Ora comunque devo spegnere il telefono ci sentiamo domani. Buonanotte Yuki.
 
JJ lesse almeno quattro volte quel messaggio e più lo leggeva e più aveva voglia di vederla. Domani avrebbe dato il meglio per una sola persona. L’unica che sapeva, avrebbe amato incondizionatamente per tutta la sua vita.
 
 
Era pomeriggio e JJ era dietro le quinte dello show.  Due truccatrici provvedevano a stendere un ultimo velo di cipria sul suo viso. Aveva chiesto a Misa di portargli, per l’occasione, degli abiti leggermente più convenzionali del solito. Voleva essere perfetto.  Non poteva negare che le parole acide di quella donna lo avevano segnato molto nel profondo. Aveva deciso che quella sera avrebbe dato sfoggio della sua eleganza e raffinatezza. Voleva dimostrare di non essere più un ragazzino ma un uomo. Ed ecco un completo nero molto sofisticato con un tocco di viola nelle pieghe anteriori. Era perfetto. A dargli supporto c’erano Andrea, Daisuke e il signor Marini. JJ affidò al più giovane dei due il suo telefono. Non vedeva l’ora di finire per sentire il pare di Akiko. Voleva fosse speciale. Quella canzone era per lei.
Entrò in scena il palco era pronto e le sue fan urlavano entusiaste. Appena la musica partì ritornarono silenziose, almeno in parte. JJ cantava commosso trasmettendo a tutti i presenti l’intensità di quel brano musicale.
 “Akiko è solo per te!”
https://youtu.be/BOMkEQ3jKx4
 
Andrea era dietro l’enorme scenografia dello show televisivo e ammirava JJ esibirsi. Quel ragazzino sfacciato e impudente che aveva conosciuto il primo giorno alla Kings Record era quasi completamente sparito. JJ era cambiato parecchio da quando aveva ritrovato Akiko. Doveva essere molto importante per lui se si era deciso a cambiare il suo atteggiamento schivo e risentito nei confronti del mondo.  Per Andrea era così evidente che  quella esibizione non fosse solo fine a se stessa ma nascondesse, una sottile dedica ad Akiko.
Sapeva che non doveva essere facile per JJ sopportare la loro ennesima separazione. Il pensiero di non poterle stare vicino dopo averla ritrovata doveva essere davvero difficile da sopportare. Improvvisamente il telefono tra le sue mani vibrò. Sullo schermo comparve un messaggio. Sopra, un nome: Midori.
Lo show era finalmente finito JJ ritornò dietro le quinte. Era davvero orgoglio di se stesso. Qualunque sarebbe stato il risultato finale, ciò che contava davvero era che Akiko lo avesse visto esibirsi con tutto il suo impegno. Quel brano era molto importante per lui. Voleva rendere giustizia alla sua splendida musica. 
Ad accoglierlo trovò Andrea con una faccia da funerale.
«Ehi, straniero che ti prende? hai una faccia!» lo riprese JJ mentre si tamponava il sudore con un asciugamano.
«JJ, io… mi dispiace» e gli passò il telefono.
«perché mi dici che ti dispiace? »
«prima è squillato il telefono, volevo chiamarti ma eri nel bel mezzo della tua esibizione e non sapevo proprio come fare…». I suoi occhi erano davvero troppo dispiaciuti perché potesse trattarsi solo di questo. Una sensazione di vuoto improvviso allo stomaco lo assalì inaspettatamente. C’era qualcosa che non andava. All'istante JJ razionalizzò che qualcosa doveva essere successo. “Oh, no Akiko!”, Immediatamente controllò tra i messaggi. Midori si era messa in contatto con lui?  Come aveva avuto il suo numero?
Lo lesse rapido. Le mani gli tremavano e la paura era l’unica emozione a circolare nel suo corpo.
 
Da: numero sconosciuto
JJ sono Midori. Akiko mi ha dato il tuo numero nel caso ci fosse stata un emergenza. Devi venire immediatamente in ospedale. Akiko sta molto male. Il suo cuore a subito due infarti oggi. E’ ancora viva per miracolo. È in lista per un trapianto d’urgenza. Fai il prima poss…
 
 
JJ non completò il messaggio ma uscì di corsa dagli studi televisivi. Doveva raggiungere Akiko. Prima che fosse troppo tardi.
 
Arrivò in ospedale che aveva ancora il completo nero del suo show televisivo. All’ingresso incrociò lo sguardo triste e preoccupato di Midori.
«Dov’è?» le chiese in affanno.
«Adesso è in camera sua, tra poco dovrebbero spostarla nella sala operatoria»
JJ lasciò Midori e correndo per i corridoi raggiunse la stanza di Akiko. Era chiusa. Era pronto ad entrare quando la stessa fu spalancata improvvisamente dalla signora Aoki. Nello stesso momento JJ, incrociò il suo sguardo sorpreso. Le rughe intorno ai suoi occhi intransigenti gli sembrarono molto più evidenti del solito. Era distrutta.
«e tu cosa diavolo ci fai qui?»
«mi lasci vedere Akiko la prego!»
La donna fece per sbarrargli la strada ma qualcun’altro apparve dietro le sue spalle.
«e tu chi saresti?» chiese l’uomo in giacca e cravatta. JJ lo riconobbe immediatamente. Era il figlio ereditario della nota azienda farmaceutica. Nonché il padre adottivo di Akiko.
«sono Yuki Kitamura. Un amico di Akiko.»
«Kitamura? Non sarai per caso il famoso cantante?»
«si sono proprio io! Sono venuto per vedere Akiko» L’uomo lo prese sotto braccio e lo allontanò.
«credo sia meglio non disturbarla adesso. A breve verranno a prenderla per operarla. L’unica cosa da fare al momento è aspettare qui fuori» cercò di farlo ragionare. Anche lui sembrava provato, nonostante questo esibiva un autocontrollo davvero invidiabile.
JJ acconsentì. Non poteva fare altro. Dopo cinque minuti due infermieri entrarono nella stanza di Akiko trasportandola fuori su una barella. Era bianca e candida come un manto innevato.
«Yuki, sei venuto…» lo richiamò con voce sommessa, come se il solo parlare le procurasse un dolore indescrivibile.
«si, sono qui» la raggiunse rapido JJ, seguendo la barella che rapida si muoveva per i corridoi. Le prese una mano. Anche quella era fredda e debole come il suo sguardo. I suoi occhi erano gonfi e lucidi.
«Yuki mi dispiace. Davvero, volevo dirtelo ma poi non ne ho avuto il coraggio… », «non dire stupidaggini.» cercò di confortarla.
«Sono felice che tu sia venuto. Hai mantenuto la tua promessa:: mi sei rimasto vicino finora alla fine». JJ strinse con più forza la presa sulla sua mano, mentre piangeva senza controllo, «ma di che fine stai parlando? Tu devi farcela hai capito?». JJ non poteva perderla, non adesso.
«Yuki sono debole non posso farcela»,
«non dire idiozie. Tu devi farcela! Ricordi cosa ci dicevamo sempre da bambini? Che eravamo noi due contro il mondo intero. Non puoi lasciarmi solo. Tu non puoi. Hai capito? Io non voglio perderti…non una seconda volta ». Continuò sull’orlo della disperazione.
«Mi dispiace Yuki…» Furono le sue ultime parole. Akiko gli sfiorò dolcemente il viso prima che gli infermieri la trascinassero nell’ascensore. JJ vide le porte chiudersi davanti ai suoi occhi. In quel momento tutte le sue forze vennero meno. Cadde in ginocchio, mentre le lacrime continuavano a scendere impotenti dai suoi occhi. Non aveva più nemmeno le forze per asciugarle. Semplicemente le lasciò scivolare sul suo viso. Senza Akiko al suo fianco nulla avrebbe avuto più importanza. Senza il suo amore la sua vita sarebbe stata inutile. Una mano gli sfiorò la spalla sinistra.
«JJ, alzati. Non serve a nulla stare così adesso.» era Andrea, al suo fianco con occhi sottili e dispiaciuti c'era Daisuke. I due ragazzi lo aiutarono a sollevarsi, subito dopo raggiunsero in silenzio la sala d’attesa.
 
 Erano tutti in ansia. JJ non faceva che tamburellare con il piede sul pavimento. La sua gamba pareva quasi un martello pneumatico. Daisuke e Andrea gli facevano compagnia in silenzio. Qualsiasi cosa avessero detto non sarebbe servito a molto. Dall’altro lato della sala il signor e la signora Aoki sedevano vicini. Ognuno chiuso nel proprio dolore.
Dopo due ore l’intervento non era ancora finito. Andrea si sollevò allontanandosi. Gli ospedali gli mettevano sempre una certa apprensione. Il ricordo di quella sera era come una lama tagliente conficcata nel suo cuore. La disperazione che aveva visto sul volto di JJ era la stessa che aveva provato lui alla notizia della’incidente dei suoi genitori. Per quanto avesse provato a sfuggire alla fine quel ricordo maledetto era riuscito a raggiungerlo.  Nonostante i suoi molteplici sforzi aveva trovato il modo di riaffiorare dai suoi ricordi. Scappare era stato inutile. Daisuke lo raggiunse. Sapeva tutto della morte di sua madre e non riusciva a rimanere impassibile davanti alla sua sofferenza.
«Andrea tutto bene?» gli domandò premuroso raggiungendolo.
«si sto bene è solo che gli ospedali mi fanno sempre uno strano effetto.»
Senza aggiungere altro lo strinse tra le sue braccia.
«se vuoi uscire a prendere una boccata d’aria…»
«no, non mi va di lasciare JJ solo in questo momento. So cosa si prova a sentirsi impotenti. Ha bisogno di noi… »
«capisco, allora andiamo» e prendendolo per una mano lo incoraggiò a prendere nuovamente posto accanto a JJ. Dopo una lunga attesa un dottore li raggiunse.
Purtroppo l’unica parte visibile del suo viso erano gli occhi. La mascherina gli copriva gran parte della facia. JJ non riusciva a capire se quella che nascondeva era un’espressione preoccupata, triste o se invece fosse sollevato. Gli corse in contro seguito a breve distanza dai genitori di Akiko.
«com’è andata?» chiese il signor Aoki.
Il chirurgo si tolse finalmente la mascherina. «Adesso è stabile. L’operazione è riuscita alla perfezione. Ha lottato davvero molto per sopravvivere. Onestamente non credevamo ce l’avrebbe fatta. Deve aver trovato un valido motivo per non mollare…» e sorrise rivolgendo il suo sguardo verso JJ.
JJ non ce la fece più a contendersi. Colto da un impeto di gioia improvvisa si lanciò verso quell'uomo in camice abbracciandolo con entusiasmo.
«grazie per aver salvato la mia Akiko…»
«Non ringraziarmi, in fondo ho fatto solo quel che dovevo» lo allontanò confortandolo premuroso. JJ quel medico lo conosceva bene. Era il dottore di Akiko, lo aveva visto un paio di volte quando andava a trovarla.
«Quando possiamo vederla?» chiese la signora Aoki
«Dobbiamo aspettare che superi l’effetto dell’anestesia e dopo potrete incontrarla. Però non per molto tempo. È opportuno che riposi dopo un intervento di questo tipo »
«capisco. Grazie infinite»
«si figuri» detto questo si allontanò riposizionandosi la mascherina sul viso.
«Visto? è andato tutto bene alla fine !»gli andò in contro Andrea con espressione sollevata.
«Ragazzi sono felice che siate rimasti qui…» li ringraziò JJ.
«Figurati siamo una famiglia dopotutto, e in una famiglia si condividono i momenti sia belli che i momenti brutti. Dovresti saperlo ormai. Adesso visto che le cose sono migliorate noi andiamo. Tra una settimana ci sarà anche il mio debutto è tra poche ore inizio le prove.» gli spiegò Daisuke.
JJ sorrise comprensivo. Era davvero grato a loro per essergli rimasti vicino. Da solo non avrebbe mai retto la tensione.
I due ragazzi dopo aver salutato sia lui che i genitori di Akiko si avviarono verso l’uscita.
«Andrea» lo richiamò JJ affacciandosi sul corridoio che conduceva all’uscita principale. Il giovane assistente si voltò prima di superare l’uscita osservandolo con aria interrogativa.
«volevo solo dirti che mi sono sbagliato quella volta. Devo ammettere che adesso non mi dispiaci più così tanto.»gli sorrise prima di salutarlo con un movimento ampio della mano e ritornare nella sala d’attesa. Andrea ricordava perfettamente le parole acide di JJ al termine della loro prima esibizione:
 
... perché tu lo sappia, non mi piaci, non mi sei mai piaciuto e non credo riuscirai mai a piacermi, quindi non sforzarti troppo per cercare di conquistarmi.
 
Andrea era felice che JJ avesse cambiato idea su di lui e allo stesso tempo doveva ammettere, che anche lui aveva cambiato opinione sul suo conto. JJ in fondo era un bravo ragazzo. Forse ancora leggermente impulsivo, ma senza dubbio con un gran cuore. Akiko aveva fatto davvero un miracolo: era riuscita a cambiare il ragazzaccio irascibile e infantile che era, in una persona matura e responsabile. Era ironico come tutti in fondo stessero cambiando. Anche lui aveva imparato ad essere più coraggioso grazie all’amore di Daisuke. E così anche  Daisuke era riuscito a superare le vecchie sconfitte di un tempo grazie al suo supporto. Erano entrambi pronti a ricominciare.
“L’amore è davvero una grande cosa.  Anche JJ deve averlo scoperto, dopotutto.”
 Andrea sorrise prima di seguire Daisuke fuori dall’edificio.
Chissà chi sarà il prossimo a cambiare?”
 
 
Era ormai mattina Akiko dormiva tranquilla nel suo letto. JJ era seduto accanto a lei. I signori Aoki erano usciti lasciandoli soli. JJ non riusciva a staccare i suoi occhi dal volto di Akiko. Aveva rischiato di perderla per sempre. L’immagine di quelle porte che si chiudevano e la sensazione di quella sua carezza leggera sul volto erano ancora impressi nella sua mente. In quel momento aveva pensato davvero sarebbero stati gli ultimi ricordi che avrebbe avuto di lei. Ora però Akiko stava meglio. L’operazione era riuscita e lei poteva tornare a vivere. Mentre era lì seduto e rifletteva, intravide un quaderno poggiato sul comodino. Era un diario. Lo prese senza pensarci troppo. Era stato iniziato da poco. Erano state scritte a malapena una decina di pagine…
La curiosità ebbe la meglio sulla sua coscienza. Aprì una pagina a caso. Era di un giorno fa. Proprio il giorno prima della sua esibizione e dell’intervento di Akiko.
 
 
 
 
 
 
 
Caro diario, domani sarà un giorno davvero speciale. Sai perché? domani JJ farà il tuo debutto con la mia canzone. Non posso crederci! In un certo senso sarà come se ci fossi anche io con lui su quel palco. Non vedo l’ora di vederlo. Almeno in televisione potrò rivedere il suo volto. La verità è che mi manca incredibilmente, mi sento così vuota senza di lui. Piango come una stupida per tutto il giorno. Ma questo non posso dirglielo. Voglio che almeno lui sia felice. Se io non dovessi farcela spero lui non smetta mai di essere felice. Adoro i suoi sorrisi e le sue battute. Dio quanto mi manca. Oggi gli ho scritto “Ti amo” in quel messaggio per la prima volta. Era il mio primo “Ti amo” e non sono riuscita a dirglielo neanche di persona. Spero di averne l’occasione un giorno. Il mio sogno sarebbe poterglielo sussurrare dolcemente fuori dalle mura di questo odioso ospedale. Anche se in realtà non è la sola cosa che vorrei. Mi piacerebbe fare molte altre cose con lui. Camminare mano nella mano e baciarci per strada come tutte le coppie . Salire su una di quelle giostre romantiche al lunapark e dopo, perché no? Andare a vedere un film insieme. Sto aspettando con così tanto desiderio questi giorni. Non vedo l’ora che arrivino il prima possibile!
 
 
Un rumore catturò la sua attenzione. Akiko aveva appena ripreso conoscenza. JJ chiuse immediatamente il diario e lo rimise al suo posto.
«come ti senti?» le domandò premuroso avvicinandosi.
«sto bene, non preoccuparti. Tu piuttosto non dovevi andare a preparare la canzone con quella ragazza? Anzi aspetta come si chiamava? Ah, si! Yori!»
«Come fai a pensare a certe cose in questo momento? Ti rendi conto che pensavo di averti persa per sempre?»
«..lo hai detto tu, che niente e nessuno avrebbe mai separato due persone unite dal destino come noi due!»
«si è vero però…»
«però niente, ti ho sottratto fin troppo tempo, adesso devi tornare al tuo lavoro.»
«perché non vuoi che ti veda soffrire?» Yori lo guardò sorpresa. Come aveva fatto a capirlo?
«non dire sciocchezze! Ti ho detto che ora sto meglio…»improvvisò impacciata.
«Se me ne vado credi che sarò meno preoccupato. Credi soffrirò di meno senza vederti? Credi che sarò felice?»
«no, non è questo…»
«e allora cosa? Non capisci che l’unico modo per rendermi felice è poterti stare vicino? Ho creduto davvero che quella carezza sarebbe stata l’ultima…» improvvisamente due lacrime scesero sul suo viso stanco. Akiko le asciugò con la sua mano. Delicatamente.
«lo so. L’ho creduto anch’io, ma adesso sono qui e non andrò da nessuna parte senza di te…»
JJ appoggiò la sua mano su quella di Akiko che era ancora vicina al suo volto.
«fammi restare. Ti prego»
«va bene, resta ma non voglio vederti piangere…» lo ammonì divertita.
«d’accordo non piangerò. promesso»
Akiko gli sorrise soddisfatta.
«Akiko ti prometto, che una volta uscita da questo posto, ti porterò ovunque vorrai. Andremo al cinema, al lunapark ovunque… avrai solo l’imbarazzo della scelta!»
«Grazie Yuki non vedo l’ora..».
Niente li avrebbe più divisi.
 
 
«Credo che quei due si piacciano».
«Non dire sciocchezze. Sai che nostra figlia è destinata ad un altro. Dobbiamo pensare alla fusione delle nostre aziende.»
«Davvero non riesci a pensare ad altro?».
I signori Aoki erano fuori da quella stanza e discutevano animatamente.
«Sei tu a non capire. Non fai altro che vivere nel passato. Non ti è bastata la tua esperienza a insegnarti che questo genere di amore non può avere futuro?»
«Se c’è una cosa che ho imparato dalla mia esperienza è che non permetterò mai che un’altra persona soffra quanto ho sofferto io, soprattutto se si tratta di mia figlia. Non ti lascerò rovinarle la vita.»
«io rovinarle la vita? Cosa devo sentirmi dire.., A differenza di te io mi preoccupo per il suo futuro! E poi da quando in quando ti interessi a lei? In tutti questi anni non hai fatto altro che pensare a quella stupida approfittatrice e a quel suo figlio illegittimo…»
«non osare chiamarla in questo modo…»
«e come dovrei chiamarla sanguisuga o parassita? Rimarrà pur sempre un’approfittatrice..?»
«finiscila!» le urlò dandole uno schiaffo davanti agli occhi increduli del personale medico.
«non ti lascerò  parlare di lei in questo modo.»
«In tutti questi anni non mi hai neanche sfiorato con un dito per colpa di quella donna e ora osi addirittura schiaffeggiarmi?»
«Non ti permetterò di andare avanti con questa storia. Fino ad ora ti ho lasciato fare quel che volevi, ma adesso non posso più rimanere fermo a guardare...» detto questo le voltò le spalle allontanandosi spazientito.
«tu sai chi è quel ragazzo non è vero?» bastarono quelle poche parole a paralizzarlo.
«lo sai che è suo fratello adottivo. Vero?»
In quello stesso momento si girò verso di lei cercando di mostrarsi del tutto impassibile, ma non riuscendoci completamente.
La donna sogghignò soddisfatta. Era proprio la reazione che sperava di ottenere.
«Eri convinto che sarei rimasta con le mani in mano per tutto questo tempo? So tutto di quella donna. Anche se ha cambiato cognome e abitazione, sono comunque riuscita a risalire a lei. Vuoi davvero ravvicinarti a loro dopo tutti questi anni? Cosa speri di ottenere in questo modo?» lo stuzzicò compiaciuta la donna.
“Cosa puoi saperne tu di quello che voglio ottenere. Ho vissuto senza vederlo crescere e tutto per colpa della mia famiglia e di una donna crudele come te. Forse la sola cosa che voglio adesso è chiedergli scusa. Ma tu cosa puoi saperne del perdono? Sei come tutti gli altri…”
«Questi non sono affari tuoi. Per il momento ti impedisco di interferire tra quei due ragazzi. Se farai qualcosa a loro, giuro che non te la farò passare liscia.»
«cosa vuoi dire?»l’uomo le sia avvicinò minaccioso, sfidandola con uno sguardo freddo e sostenuto.
«sei proprio sicura di avere davanti lo stesso ragazzo sprovveduto di vent’anni fa? Grazie a voi ho imparato a difendermi con le unghie e con i denti. Ho imparato a non avere pietà per nessuno, nemmeno per mia moglie. Sempre se così posso definirti. So della tresca che hai avuto mesi fa. Ho delle foto che lo testimoniano.»
«tu cosa?» il suo sguardo sprofondò rapido nel terrore più profondo.
«sai che il nostro contratto prematrimoniale prevede che in caso di tradimento tu perderai tutto. Qualsiasi diritto sulla tua azienda verrà rilevato dalla mia famiglia»
«non puoi dire sul serio…»
«Mi dispiace ma questi sono affari. Il nostro matrimoni è stato sin dall’inizio solo una questione d’affari e niente di più. Dovresti averlo capito, dopo tutto questo tempo, che l’unico motivo per cui ho accettato il nostro matrimonio, è stato perché così facendo sarei riuscito a proteggere mio figlio e la donna che amo. »
La signora Aoki stringeva i pugni, contenendo a fatica la rabbia e il risentimento che da anni covava dentro.
«Ascoltami bene adesso, non lo ripeterò due volte: lascia in pace quei due ragazzi.»
Con questo la discussione fu chiusa definitivamente.
 
Yori era nello studio di registrazione che provava a cantare la canzone sulla base musicale che gli avevano da poco consegnato.
Rio la guardava in una angolo,  è più la osservava e più era affascinato dal suo impegno e dalla sua dedizione. Era davvero tenace, doveva ammetterlo. Poi il suono della sua voce, anche se appena accennato gli faceva venire ancora la pelle d’oca.
Yori sentendosi osservata rivolse il suo sguardo irritato verso Rio.
«Cosa hai da guardare in quel modo?» lo riprese evidentemente disturbata dal suo atteggiamento invadente.
«Niente… pensavo solo che sarebbe meglio aspettare l’arrivo di JJ. È un brano scritto per due voci non puoi cantarlo da sola…»
«forse hai ragione» convenì rassegnata.
«certo che ho ragione! Cosa credi?» si beò pomposo come al suo solito.
«JJ ha proprio detto che non potrà venire nemmeno oggi?» gli domandò ignorandolo completamente, e diventando improvvisamente scura in viso.
“Che sia preoccupata per lui?”
Pensò Rio evidentemente irritato all’idea.
Era passata una settimana dal loro primo incontro avvenuto con il direttore e gli altri membri dei BB5, e Yori non aveva ancora potuto cantare con JJ.  Lo aveva incrociato solo una volta nell’edificio della Kings Record. Era stata in quella occasione che il più giovane aveva deciso di raccontarle di Akiko e dell’operazione. Le aveva chiesto di avere un po’ di pazienza perché al momento voleva rimanerle vicino finché non l’avessero dimessa dall’ospedale. Yori aveva acconsentito comprensiva. Lo aveva completamente rivalutato. Dopo una settimana però iniziava a pensare al peggio, aveva davvero paura che fosse successo qualcosa ad Akiko. Quella ragazzina le era subito andata a genio.
Rio aveva ripreso a guardarla con curiosità. Yori sembrava davvero giù di morale.
 “perché quella faccia triste ora? Non sarà che per caso le piace JJ? Ma cosa cavolo dico? Mi sto solo facendo trasportare dalla mia immaginazione. Non è possibile che le piaccia davvero quel ragazzino immaturo. Io sono senza dubbio una compagnia migliore della sua… però forse dovrei fare qualcosa. Provare a distrarla… farla ridere?”
Stava per aprir bocca quando, la porta fu spalancata. Entrambi si voltarono sorpresi verso di essa. Ad entrare fu proprio JJ. Aveva un espressione felice quasi raggiante. Sembrava avesse recuperato tutte le sue energie. Era finalmente tornato quello di una volta. Ignorando completamente Rio tirò Yori a se, portandola fuori nei corridoi.
«Devo parlarti…» le spiegò sintetico.
Yori non poté fare altro che lasciarsi trascinare furori da lui. Rio li guardò allontanarsi soli ancora una volta. 
“Cosa pensa di fare quel ragazzino?”
I due ragazzi erano finalmente nei corridoi della Kings Record.
«Cosa succede? perché mi hai trascinata fuori in questo modo?»
«ho bisogno di dirlo a qualcuno altrimenti potrei esplodere!»
«dire cosa?» Yori lo guardava perplessa.
«Akiko è appena uscita dall’ospedale. E i suoi genitori ci hanno dato il permesso di frequentarci sono così felice che potrei fare il giro del mondo 100 volte senza mai stancarmi…» le rivelò in fibrillazione.
«sono così felice per voi…» gli rivelò commossa. JJ improvvisamente gli era diventato molto simpatico. Fondamentalmente aveva scoperto quanto fossero simili. Entrambi venivano da situazioni difficile ed entrambi cercavano solo un po’ di pace. E JJ sembrava averla trovata finalmente. Chissà quando sarebbe stato il suo turno?
Il più piccolo dei BB5 era così in vena di festeggiamenti che senza alcun preavvisò la prese per i fianchi stringendola forte e sollevandola dal pavimento. Rio uscì proprio in quel momento.
«Cosa cavolo state facendo voi due? …» li rimproverò con un espressione a dir poco scioccata.
«niente è solo che oggi sono così felice…» ammise con leggerezza JJ riportando Yori con i piedi per terra. Rio lanciò loro un ultimo sguardo prima di rientrare nello studio di registrazione e chiudere la porta violentemente irritato come non mai.
«Cavolo ma cosa gli prende adesso? Non dirmi che tu gli piaci…» ipotizzò rivolgendosi a Yori.
«cosa? Credimi sei completamente fuori strada!»
«sarà, ma secondo me a Rio tu piaci e anche molto.»
«non dire sciocchezze…»
«che ne dici di verificare se ho ragione?»
«cosa intendi?»
«ti andrebbe di farlo ingelosire? Solo un pochettino!»
«Ingelosire? Non credo sia possibile. Fino ad oggi mi ha solo maltrattata. Penso che sarà a dir poco improbabile che perda le staffe una seconda volta e soprattutto perché geloso per una come me. Comunque se proprio insisti fa come credi,  io continuo a rimanere dell’idea che questo non avrà gli effetti che pensi…»
«fossi in te non ne sarei troppo sicuro…» concluse JJ facendole un occhiolino prima di prenderla per mano e trascinarla nello studio di registrazione. Tutto sommato la cosa lo stuzzicava per vari motivi uno tra questi era il fatto che avrebbe potuto vendicarsi con Rio per tutti i maltrattamenti subiti da lui in quei lunghi cinque anni e secondo forse alla fine anche Yori avrebbe capito che Rio gli piaceva. Lo aveva notato subito. Ora che pensava doveva dirgli una cosa importante.
«Quasi dimenticavo di dirti che ho apportato qualche lieve modifica al testo…» si riprese JJ.
«Ah si? E come mai?» gli domandò stupita Yori
«Beh diciamo semplicemente che una persona mi ha ispirato… ». Yori gli sorrise. Doveva trattarsi di Akiko. Era felice che le cose tra loro stessero andando bene. Più ci pensava e più si convinceva che doveva essere bello provare qualcosa di così forte per qualcuno. Chissà se JJ aveva ragione? Forse lei piaceva davvero a Rio.
In cinque minuti si erano ricomposti nuovamente nella sala di registrazione. Dopo dei piccoli chiarimenti iniziali erano pronti per registrare. Rio, dall’altra parte del vetro, li osservava con aria imbronciata, mentre JJ e Yori si preparavano alla loro prima registrazione. Yori sembrava un po’ agitata. L’ultima volta che si era trovata in quella stanza insonorizzata era stata anche la prima volta che aveva incontrato Rio. Stranamente quel ricordo le mise un po’ di nostalgia.  Se ci pensava adesso, Rio non aveva più quel problema al braccio, e con molta probabilità non avrebbe più avuto bisogno di lei. Improvvisamente i suoi occhi incontrarono lo sguardo burbero e ancora largamente risentito di Rio.
“Possibile che sia davvero geloso?”
«Ti senti pronta?» la richiamò JJ.
«ceto!» gli rispose convinta abbandonando quei pensieri.
«Bene allora incominciamo!»
 
 
Messe le cuffie la nuova coppia era pronta per iniziare. Rio non poteva proprio reggere il comportamento di JJ. Era stranamente troppo premuroso nei confronti di Yori. E la cosa iniziava a irritarlo. E poi le sue battute non erano per niente divertenti perché allora lei non faceva altro che ridere come un’oca? Come poteva quel ragazzino farla sorridere in quel modo. Da quando si erano conosciuti lui non era riuscito a strapparle nemmeno un mezzo sorriso.
“Ma insomma perché dovrebbe importarmi del suo sorriso?”
Nonostante fosse dura per lui ammetterlo vederla felice in quel modo era davvero molto bello.
 “Cosa cavolo mi prende? Rio torna in te” pensò scuotendo la testa infastidito da quei pensieri.
«noi siamo pronti!» gli fece notare JJ dall’altra parte del vetro. Rio ritornando in se fece partire la traccia strumentale.
Anche se per Rio era dura ammetterlo, il signor Otzuki aveva ragione. Quei due erano perfetti insieme. Perché allora la cosa lo irritava così tanto? Possibile che fosse geloso di JJ?
I due iniziarono a cantare la canzone con il testo rivisitato di JJ. Il brano sembrava funzionare alla perfezione.
http://www.youtube.com/watch?v=lBUsri6MX8k
L’intesa era perfetta e i due ragazzi sembravano divertirsi anche molto. In altre parole la loro collaborazione stava funzionando anche meglio del previsto.
Dopo tre ore piene  il loro lavoro poteva reputarsi concluso. Ora JJ, Yori e Rio erano finalmente pronti a fare  ritorno alle proprie abitazioni. JJ guardò l’orologio: senza accorgersene erano arrivate già le otto. E fuori aveva iniziato a far buoi.
Sia Rio che Yori sembravano ignorarsi volutamente. Con molta probabilità sarebbero tornati a casa senza dirsi nemmeno una parole. Rio doveva proprio avercela a morte con lei. E lei probabilmente doveva essersi sentita maltrattata da lui. Non pensava che avrebbe mai trovato altre due persone più ottuse di loro. Eppure JJ aveva in mente qualcosa di diverso per loro. Non poteva lasciarli andare ognuno per le proprie strade in quel modo. Doveva fare qualcosa.  Era intenzionato a far scattare la scintilla, se non tra loro almeno nella pazienza già labile di Rio. Più ci pensava e più doveva trovare il modo di farlo esplodere. Per tutta la registrazione lo aveva visto ribollire dalla rabbia. Vederlo così fuori controllo e scontroso per colpa di una ragazza come Yori lo faceva morire dal ridere. Improvvisamente gli venne l’illuminazione. Si avvicinò furtivo a Yori, facendo in modo che Rio notasse bene la scena.
«Yori, vuoi un passaggio? » le domandò galante « ho la macchina proprio qui fuori. Posso accompagnarti a casa se vuoi, oppure potremmo fare un giro io e te, da soli. Ora che ci penso ho una bellissima collezione di vinili a casa mia. Ti andrebbe di ascoltarli con me?» gli propose premuroso prendendola sotto braccio. Quell’innocuo contatto fece ribollire di rabbia Rio.
Più JJ lo guardava e più si rendeva conto che il suo livello di tolleranza stava diminuendo. Era proprio curioso di scoprire quale sarebbe stata la sua reazione.
«io,, veramente…» proseguì incerta Yori, finché JJ, interrompendola con una leggera gomitata, le fece tornare in mente il loro piano ben costruito. Subito Yori si corresse.
«…cioè quello che volevo dire è che sarà un vero piacere…»
“Piacere? Ma come? Ieri non se la sentiva di venire con me e oggi invece dice di si a JJ in questo modo? Eppure sono sicuro di averla vista venire qui in macchina. Cosa caspita vuol dire tutto questo? Ieri ha detto che non sarebbe venuta con me perché aveva la macchina parcheggiata fuori e oggi invece accetta  in questo modo l’invito di quella testa di carota?”
Prendendola per un braccio la strattonò allontanandola dalla presa più leggera di JJ.
«mi dispiace ma stasera non puoi andare con lui.»
Yori lo guardò sorpresa. Non si sarebbe mai immaginata una reazione di quel tipo. Che fosse davvero geloso?
«e per quale motivo?»
«devi venire con me in un posto?»
«e quando mai l’ avremmo deciso?» gli chiese scioccata liberandosi dalla sua presa.
«seguimi e basta…» la tirò nuovamente trascinandola via da JJ che osservava la scena divertito come non mai.
 
 
Giunti nel parcheggio Rio le lasciò il braccio ormai dolorante.
«Mi spieghi dove vorresti portarmi?»gli chiese Yori massaggiandolo dolorante.
Rio non ne aveva la più pallida idea. Quella scusa era stata la prima cosa che gli era venuta in mente.
«ho voglia di bere qualcosa..»improvvisò distratto mentre cercava il secondo casco.
 Una volta trovato lo lanciò in malo modo a Yori, che lo prese al volo.
“che cavolo di modi sono questi?”
«Scusami tanto, ma spiegami per quale motivo dovrei venire con te? Se hai intenzione di bere và pure. Io non ne ho la minima voglia e poi soprattutto non voglio passare un’altra ora insieme ad un ragazzo scorbutico come te. Oggi sei stato davvero insopportabile lo sai?»
«Per una volta potresti chiudere il becco e seguirmi senza fare domande?»
“Ma tu sentilo. Davvero pretende che lo segua così come se niente fosse?”
«Non so con quale genere di ragazze tu abbia avuto a che fare fino ad oggi, ma io non sono una di quelle che si fa comandare a bacchetta.»
“Maledizione, perché deve essere sempre così ottusa?”
«Sali!» le ordinò sintetico dopo aver messo in moto la sua Yamaha nera tirata a lucido.
Yori incrociò le braccia mettendo il broncio.
«Non verrò mai con te su quel trabiccolo se prima non mi dici dove hai intenzione di portarmi..»
«senti, lasciamo perdere. Non so neanche perché mi è venuto in mente di voler passare la serata in tua compagnia. Se non ti va di venire, vorrà dire che mi ubriacherò da solo…» .
“Quello scemo dove pensa di andare a ubriacarsi? Potrebbe esagerare e non voglio neanche immaginare cosa potrebbe succedergli. E se dopo aver bevuto decide di rimettersi alla guida? No, non voglio nemmeno pensarci… Cavolo, ma perché devo sempre preoccuparmi per lui? ”
«Aspetta!» lo richiamò prima che potesse partire senza di lei «mi hai convinto, verrò con te.» convenì Yori rassegnata. Rio le sorrise compiaciuto.
«Ma non mi dire… allora ti sei decisa a venire alla fine? Non sarà che sei un po’ preoccupata per me?» la stuzzicò.
«Preoccupata? ma figuriamoci! Precisiamo una cosa però, se verrò con te sarà solo a una condizione» puntualizzò.
«e quale sarebbe?»
«se proprio dobbiamo ubriacarci facciamolo a casa tua. Almeno se berrai non sarai costretto a guidare per tornare a casa…»
«allora vedi che ti stai preoccupando per me?»
«in realtà è per me stessa che mi preoccupo… non andrei mai in moto con un ragazzo ubriaco alla guida» lo riprese acida prima di salire sulla moto.
«d’accordo andiamo a casa. Tu reggiti forte però!» Rio era davvero soddisfatto.
«non preoccuparti per me» gli rispose infastidita, stringesi a quell’arrogante e presuntuoso era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare.
«Va bene, fa un po’ come credi» detto questo Rio, sorridendo, partì in accelerata costringendo Yori ad avvinghiarsi intorno al suo bacino per non cadere dalla moto.
In quel momento capì che avrebbe voluto avere quelle braccia intorno al suo corpo non solo per quella sera ma per molto tempo ancora… Ormai era troppo chiaro per poter continuare a mentire a se stesso: aveva davvero avuto paura di perderla. No, questa volta se non era il destino o il fato a concedergli la giusta situazione sarebbe stato lui a prendersela. Non avrebbe perso anche lei. Se l’amore era davvero solo questione di tempismo e fortuna allora lui questa sera li avrebbe fatti suoi entrambi, solo per lei.
Dopo essersi fermati a fare rifornimento di birra i due ragazzi erano finalmente giunti a destinazione.
Parcheggiata la moto presero l’ascensore che in men che non si dica li portò all’ultimo piano, dove si trovava l’appartamento di Rio.
Una volta entrati Yori si butto in malo modo sul divano blu della stanza di registrazione. Rio prese posto accanto a lei. Era la prima volta che si sentiva ansioso e imbarazzato allo stesso tempo. “perché il cuore mi batte in questo modo? Dopotutto è solo una ragazza e non è neanche la prima volta che ci troviamo da soli in quella stanza. Cosa mi sta succedendo? Ho sempre creduto di avere un magnetismo naturale con le donne mi è sempre bastato un solo sguardo per farle cadere ai miei piedi. Perché allora con lei non funziona?”
«perché continui a fissarmi in quel modo? È da oggi pomeriggio che non fai altro che guardarmi? Si può sapere cos’ha il mio viso che non va?» lo riprese irritata Yori.
«piuttosto cos’ha che non va il tuo cervello?» le domandò seriamente interessato.
«il mio cervello?secondo me sei tu quello fuori di zucca. Comunque sono stanca e non mi va di litigare, non eravamo venuti qui per bere? »
«Una volta ogni tanto hai ragione! Penso sia finalmente arrivato il momento di festeggiare la mia guarigione! Che bello non avrò più bisogno del tuo aiuto…»
“Come immaginavo non vedeva l’ora di liberarsi di me. JJ credo tu abbia fatto un vero buco nell’acqua.”
«cosa fai? non brindi insieme a me?» le fece notare Rio sollevando la sua lattina di birra.
«si hai ragione brindiamo! Anche io non vedevo l’ora che togliessi quell’odiosa ingessatura. Adesso, finalmente, non dovrò più sopportare le tue continue lamentele..»proseguì prendendo la lattina e facendola cozzare a quella di Rio.
“come immaginavo ero solo un peso per lei…”
Dopo un’ora Rio era completamente ubriaco mentre Yori ancora lucida aspettava che crollasse definitivamente per poter prendere le sue cose, chiamare un taxi e tornare a casa.
Stare con Rio mezzo ubriaco non era il massimo. Aveva la classica sbornia depressiva.
Finalmente si era addormentato, o almeno così sembrava. Con molta cautela Yori si sollevò dal divano. Stava per allontanarsi quando Rio la tirò a se facendola tornare seduta.
«dove credi di andare?» il suo tono era così serio da non sembrare nemmeno più ubriaco. Nonostante questo aveva ancora gli occhi chiusi.
«anche tu vuoi andartene via non è vero? Proprio come lei. Ormai ci sono abituato sai? Tutti prima o poi mi lasciano solo!»
“Ma cosa cavolo sta dicendo?”
«la verità è che io non ti piaccio abbastanza non è vero? non faccio belle battute, non sono spiritoso, e non riesco a farti ridere. Meglio quella testa di carota sbiadita di JJ ! Lui si che è spiritoso! Io al confronto riesco solo ad essere acido e presuntuoso.» detto questo tirò più vicino a se Yori. La stessa gli cadde letteralmente addosso. Erano a pochi centimetri l’uno dall’altro. Yori poteva percepire chiaramente l’odore acre dell’alcol uscire dalla sua bocca. Quelle labbra erano veramente troppo vicine per i suoi gusti.
Improvvisamente gli occhi di Rio si spalancarono cogliendola del tutto impreparata. Yori ne rimase ipnotizzata per la prima volta. Erano tristi e profondi, così scuri da non riuscirne a vedere la fine. Rio non le sembrava per niente ubriaco. Che avesse finto per tutto quel tempo di esserlo?
«..dimmi la verità io non ti piaccio neanche un pochettino non è vero?» Yori questa proprio non se l’aspettava.
Possibile che JJ avesse ragione? Gli piaccio davvero?!”
Più lo guardava e più quegli occhi sembrano supplicargli una risposta. In quel momento però Yori non sapeva proprio cosa dirgli. Distolse lo sguardo in imbarazzo. La verità era che non sapeva cosa provava. Non aveva mai sperimentato quel sentimento chiamato amore. Indecisa rimase in silenzio evitando i suoi occhi disperati. Pensò che magari nel profondo Rio potesse piacergli davvero anche se difficilmente lo avrebbe ammesso. Doveva accettare il fatto che era la prima volta che si preoccupava così per qualcuno ed era anche la prima volta che due semplici occhi erano riusciti a farla sentire nuda e indifesa. Che si stesse davvero innamorando di lui?
Richiamandola alla realtà Rio continuò quello che sembrava più un monologo che vera conversazione.
«…per colpa tua non riesco più a sopportare la solitudine di questa casa, e non riesco a capire come sia possibile. Eppure in questa casa ho portato tante modelle, davvero molto belle, ma dopo che andavano via non mi sentivo vuoto come invece sai farmi sentire tu. Non sei bella neanche la metà di quanto lo erano loro, non hai un minimo di sensualità e il tuo carattere è davvero insopportabile, eppure quando vai via mi fai sentire più vuoto di quanto mi sia mai sentito in vita mia. Come fa una ragazza  imbranata, scorbutica, saccente, cocciuta, testarda come te  a farmi sentire così…?»
«… Se le modelle ti fanno sentire meglio vanne a trovare una allora. Io non ho alcuna intenzione di sentirmi dire da te cosa sono e cosa non sono! O chi è o non è meglio di me.. » Yori era fuori di sé fece per sollevarsi dal divano ma per l’ennesima volta Rio la trattenne prendendola per un polso. Questa volta in modo più deciso, non le diede il tempo di pensare, le bloccò il viso con le sue mani e la baciò. Yori cercò in tutti i modi di divincolarsi da quel contatto inatteso, assestandogli qualche pugno deciso sulle braccia sottili.
Ma era tutto inutile. Inaspettatamente quel contatto iniziò pian piano a divenirle piacevole. Si lasciò guidare dai movimenti di Rio. E, senza alcun preavviso, scoprì che il suo cuore batteva per un ragazzo che fino a quel momento aveva solo odiato con tutta se stesse. All’istante tutto fu chiaro, la realtà  era che non poteva sopportare l’idea che lui sparisse dalla sua vita solitaria. Si era innamorata per la prima volta. E non del principe azzurro che tutte le ragazze sognano, ma di un ragazzo egoista, prepotente, egocentrico, presuntuoso e volubile. Si era innamorata e ormai non c’era più nulla da fare. Si baciarono per pochi minuti. Dopo Rio si staccò da Yori.
«scusa, forse non dovevo farlo. Ma ti giuro che non sopporto più il modo con cui ti tocca JJ. E poi quando gli sorridi mi fai impazzire. Se vuoi sorridere fallo solo davanti a me capito?»
«scusa ma chi sei per dirmi con chi sorridere e con chi no!» improvvisamente gli occhi di Rio si rattristarono feriti. Yori maledì il suo pessimo carattere. Avrebbe dovuto solo acconsentire e invece l’unica cosa che sapeva fare era accendere l’ennesima polemica.
“Cavolo perché devo sempre mettermi sulla difensiva?  Rio a modo suo mi ha manifestato i suoi sentimenti. Forse,dopo tutto, è giusto che mi chieda una cosa del genere! Ma cosa dico? certo che non lo è!! non sono mica la sua ragazza?”
«Yori non capisci che io voglio che tu mi renda un uomo migliore di quello che sono sempre stato …».
«con questo cosa vuoi dire?» domandò tesa
«mi sembra ovvio! Vuoi diventare mia ?»
“Ancora con queste manie di possesso! Non ce la fa proprio a essere un po’ più romantico?”
«guarda che non sono un oggetto, non sono una di quelle cose che puoi prender e quando ti stanchi buttare via…»
«lo so…»
«non sono una di quelle modelle che ti fanno passare la solitudine per una sera e via…»
«Lo so»
«Non ho un carattere facile e sono sicura che finiremo a litigare per cose stupide ogni giorno… come il bianco e nero noi siamo opposti..»
«Lo so»
«Non rido a comando e odio le persone che mi dicono cosa fare e come farle…»
«Lo so»
«Non sono abituata a dire grazie a nessuno, nella mia vita non ho dovuto mai chiedere l’aiuto di nessuno e tu sei un tipo a cui non piace molto dire scusa, mi dispiace. Non potrebbero esserci due persone più sbagliate di noi due, siamo come la fiamma e la polvere da sparo: troppo pericolosi se messi insieme…»
«lo so»
«e nonostante questo tu vuoi davvero che diventi “tua”? » gli chiese sorpresa muovendo le dita in aria imitando le virgolette.
 
«Direi di si, anche se non riesco a capirne ancora il motivo. Voglio che tu mi stia vicina anche se questo vorrà dire sbagliare, litigare e chiederti scusa ogni giorno, io non posso fare a meno di desiderare il tuo cuore solo per me. Non posso sopportare l l’idea che un altro ti stia accanto al posto mio. Io voglio che i tuoi occhi guardino me e solo me per sempre».
Yori rimase completamente spiazzata. Sentire quelle parole dalla sua bocca era una cosa a cui non era assolutamente preparata. I suoi occhi erano sinceri, non c’era traccia di arroganza o presunzione. Non la stava prendendo in giro. Yori pensò che forse per questa volta poteva anche dargli fiducia.
«quindi noi adesso cosa saremmo?» continuò
«devi essere tu a deciderlo»
«io e perché mai?»
«mettiamola così, quello che voglio essere per te credo tu lo abbia capito anche fin troppo chiaramente, adesso sta a te decidere cosa vuoi essere per me. Pensa a cosa hai provato quando ci siamo baciati!»
Yori diventò rossa come un peperone.
«veramente, ad essere corretti, sei stato tu a baciare me… e in realtà credo di aver provato solo…» all'istante razionalizzò che quella era stata la prima volta che un ragazzo l’aveva baciata.
«odio… ti ho odiato con tutta me stessa! Quello non dovevi farlo.. era il mio primo..»
«intendi il tuo primo bacio?»
«si esatto e non avevi alcun diritto di rubarmelo così!»
Rio scoppiò a ridere. Era fuori di se.
«cosa c’è da ridere? C’è gente che certe cose le prende sul serio, non come te che dispendi baci come fossero caramelle»
Rio tornò serio.
«davvero pensi che questo sia stato il tuo primo bacio?»
«credo me ne sarei accorta se avessi baciato qualcuno o se qualcuno avesse baciato me, non credi?»
Rio le rivolse uno sguardo  poco convinto, prima di tornare ad assumere la sua solita aria spavalda. Incrociando le braccia,presuntuoso come al solito.
«A quanto pare la tua memoria e pessima quasi quanto il tuo carattere. Beh poco male, considereremo questo come il tuo primo bacio!»
«ma cosa cavolo dici? Certo che è il mio primo! Cosa credi?» in quello stesso momento rammentò di quella sera in cui aveva avuto la febbre, quella sensazione sulle labbra e quei ricordi frammentati adesso forse non erano più un mistero. Quel dubbio sepolto dopo quel giorno, riaffiorò inatteso.
«non dirmi che quella volta mentre avevo la febbre tu mi hai…» si sfiorò le labbra ancora calde.
«…dato il tuo primo bacio? Si!»
«come cavolo ti sei permesso?!»
«… è stata tutta colpa tua se non ti fossi dimenticata l’ombrello non ti saresti bagnata e non avresti preso la febbre obbligandomi a prendermi cura di te. Se non ti avessi vista stesa su quel letto forse non ti avrei mai baciata… quindi la colpa è solo tua»
Rio improvvisamente si maledì per aver accennato anche a quella parte della serata. Non si era preso più cura di una ragazza dopo Misako e doveva ammettere che curare Yori non gli era dispiaciuto più di tanto. Sentirsi dispensabili per qualcuno era una bella sensazione.
«davvero ti sei preso cura di me? » continuò  Yori portando entrambe le sue mani al viso sconvolta «allora non stavo sognando».
«…certo che non stavi sognando! Cosa credi? che non sia capace  di fare nemmeno una cosa semplice come quella?»
«Non volevo dire questo… » continuò affranta. Nonostante lui si fosse prodigato per farla sentire meglio lei, quella sera, lo aveva solo attaccato e aggredito senza neanche ringraziarlo.
«…mi dispiace» continuò abbassando la testa amareggiata.
«…e per cosa? »
«per non averti detto grazie quella sera… quindi ora lo dirò ma non ti ci abituare: Grazie!»
“Mi sta davvero ringraziando?” era la prima volta che Rio sentiva un grazie sincero da quella piccola peste. La cosa lo rese incredibilmente felice.
«non importa… tutto sommato non è stato troppo complicato prendermi cura di te. Non richiedi molte attenzioni dopotutto. Comunque tornando a prima, intendo al bacio, cosa hai provato… insomma non ti è piaciuto?» continuò imbarazzando guardandola con una faccia da cane bastonato, davvero irresistibile.
«beh, non posso dire che sia stato brutto…»
«Mi sembra ovvio, come immaginavo, alla fine ti sei innamorata di me!»
«cosa? Chi ti dice che mi sono innamorata di te? Non sarebbe più corretto dire che sei tu ad esserti innamorato di me? Com’è strana la vita! Se ricordo bene avevi detto che non ero il tuo tipo eppure alla fine hai perso la testa per me, o sbaglio? »
«beh, se devo dire la verità continuo a pensare che tu non sia il mio tipo…»
«come è possibile? ? Eppure mi hai baciata e per ben due volte! Questo vorrà dire pur qualcosa!»
«Quello che volevo dire è  che, nonostante tu non sia il mio tipo, sei comunque l’unica persona che vorrei mi fosse vicina, sempre, e che anche se non sei il tipo di donna che mi sarei aspettato di desiderare al mio fianco credo tu sia perfetta per me. Sai per tutto questo tempo credevo non avrei mai trovato la ragazza capace di conquistarmi il cuore perché ero sicuro di aver perso quella ragazza tanto tempo fa, e invece un giorno arrivi tu e tutto, senza preavviso, cambia. Dopo il tuo arrivo la mia vita non mi sembrava più così miserabilmente vuota.  Forse per troppo tempo la persona giusta l’ho cercata nella direzione sbagliata. Tu  mi hai dato la possibilità di vedere ciò che credevo fosse perso per sempre…»
«ovvero?»
«mi hai fatto vedere il mio cuore solo e in quel momento ho capito che ero stanco di sentirmi così. Forse c’è ancora una possibilità per me di essere felice …»
Yori, sentiva il suo cuore incerto battere rapido per la felicità. Si, forse quello che provava per Rio era amore ma non aveva ancora la forza di dichiararsi.
«..tu pensi davvero che potrà funzionare? Io non so se ti amo o se questo sentimento che sento sia amore …  una volta mi dicesti che l’amore non esiste, e che in una coppia c’è sempre chi ama più dell’altro tu sei disposto a sopportare il fatto che il nostro per il momento non possa essere un rapporto alla pari?»
«certo… solo non farmi aspettare troppo»
«va bene, cercherò di capire i miei sentimenti…».
Rio l’abbracciò.
«grazie…». era la prima volta che Yori aveva sentito quella parola uscire dalla sua bocca.
Quella  sera le luci di Tokyo splendevano come vivaci lucciole multicolori. Il cielo al confronto era una distesa piatta e immensamente vuota. I due ragazzi, osservavano quel panorama in silenzio. Rio era dietro Yori e avvolgeva la sua esile figura con le sue braccia serrate. Abbracciati l’uno all’altro, in silenzio ascoltavano l’eco dei loro cuori. Erano consapevoli che quel cielo immenso e oscuro sopra le loro teste non sarebbe più tornato a farli sentire soli. Avevano sconfitto la solitudine delle loro vite sperdute.  I mostri del passato erano stati sconfitti e allontanati per sempre.
 
 
NOTE:
Salve scusate l'attesa. Purtroppo gli esami mi stanno distruggendo. Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. Come sempre aspetto vostri commenti. Alla prossima!

 

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Capitolo 12
*** DICEMBRE: UN NUOVO INIZIO O LA FINE DI TUTTO? ***



Scusate il ritardo, ma gli esami mi hanno tenuta bloccata. Ecco per voi il capitolo 12. Spero sarà di vostro gradimento. Al prossimo capitolo. Lasciate pure i vostri commenti. Grazie per il sostegno e per la paziente attesa. 

CAPITOLO 12
 
DICEMBRE: UN NUOVO INIZIO O
 LA FINE DI TUTTO?








GIAPPOME
 
 
Passati rapidi Ottobre e Novembre, era arrivato il freddo Dicembre a tingere di atmosfera natalizia e gioiosa l’isola giapponese e la penisola italica. Molte cose erano cambiate dopo quei due mesi, sia in Italia che in Giappone.
Yori e Rio, dopo le prime incomprensioni,  facevano coppia fissa. Anche tra mille battibecchi, avevano trovato come stare bene insieme e riempire le loro vite.  Akiko finalmente ebbe il suo primo appuntamento con JJ, durante il quale si scambiarono il loro primo “Ti amo”. Erano al luna-park sulla ruota panoramica e la scena fu davvero molto romantica, quasi da film hollywoodiano. JJ aveva abbandonato la sua capigliatura rossastra, tornando bruno e cedendo a un look molto più sobrio anche nell’abbigliamento. Non aveva più bisogno di comprarsi abiti colorati per essere felice. Adesso aveva la sua Akiko e questo gli bastava.
Andrea e Daisuke avevano trovato il coraggio di rivelare la loro relazione agli altri membri della band, compreso il signor Marini. La notizia rese tutti molto felici. Vedere anche Daisuke appagato dopo tanto tempo li rallegrò.
 
 JJ e Yori fecero il loro debutto due settimane dopo la notizia. 
Fu un successone. La loro canzone venne trasmessa molto alla radio, classificandosi seconda nella top-ten giapponese per ben tre settimane consecutive.
Il video di Daisuke, come aveva preventivato Hiro,  accolse il favore delle fans. Mizy, dopo aver partecipato a un paio di live, fece ritorno in Corea, promettendo che si sarebbe fatta viva un giorno per controllare che Daisuke non avesse cambiato idea.
http://www.youtube.com/watch?v=13uFClq2HLo
Andrea non provava più alcuna gelosia per quella ragazza. Aveva l’amore di Daisuke a tranquillizzarlo. Le finte moine di quella gattamorta, non lo toccavano minimamente Sapeva che dopo ogni videoclip o esibizione Daisuke sarebbe tornato ad essere solo suo.
 
Spesso tutti e sette i ragazzi si riunivano, come ai vecchi tempi, a casa di Rio. Anche Hiro era tornato a far parte del gruppo. L’unica a mancare, insieme ad Eichi era Misako. Il nuovo film che stava girano in America la stava tenendo lontana, suo malgrado, dai quegli amici che finalmente era riuscita a ravvicinare. Il suo ritorno in Giappone era fissato per fine Dicembre. I rancori e i malumori nel gruppo erano stati messi da parte gradualmente. I continui impegni e la costante collaborazione, unita alla volontà di lavorare insieme per coprire l’assenza di Eichi, aveva avuto un effetto decisamente medicamento sul loro rapporto deteriorato.
 
Dopo due mesi di attesa era giunto anche per Rio, il  momento di registrare il suo MV.
Di buon’ora aveva raggiunto il set, scortato da JJ, Yori e Andrea. Il Signor Marini a causa della sua terapia non poteva essere presente come in passato e demandava al giovane e non più inesperto assistente molti compiti. Purtroppo il cancro al pancreas era rimasto un segreto tra lui e il nuovo aiutante. Ancora nessuno del gruppo era stato informato e per Andrea il peso di quella omissione diventava ogni giorno sempre più opprimente, il ché andava di pari passo con il progredire della malattia.  Per il momento aveva deciso di continuare a vivere dal signor Marini, seppure Daisuke gli avesse proposto di trasferirsi da lui. Voleva tenere sotto controllo la condizione clinica della sfinito manager. Finalmente Andrea aveva capito che scappare non serviva a cancellare le ferite e a migliorare le cose. Seppure fosse consapevole di questo, continuava a comportarsi da ipocrita, facendo pressioni su Roberto perché confessasse la verità agli altri del gruppo, quando lui per primo non era riuscito ad essere onesto con chi amava di più al mondo. Nonostante la buona volontà, non aveva trovato ancora il coraggio di confessare la sua omosessualità a Mary e a Luigi. Gradualmente la convinzione, che al momento giusto lo avrebbe fatto, emerse forse come vano sostegno a quell'atto di sfrontata ipocrisia. Era stanco di mentire. Doveva ammetterlo, sentiva di essere cambiato davvero molto in quei pochi mesi. L’Andrea del passato avrebbe lasciato che altri si occupassero dei suoi problemi e dei suoi dubbi. La figura di sua sorella era sempre stata un porto sicuro dove attraccare quando il mare in tormenta della sua vita lo faceva sentire solo e disperso. Essere questo tipo di persona per gli altri non gli avrebbe mai nemmeno vagamente sfiorato il pensiero. Adesso invece che era stato costretto a esserlo per il signor Marini, per Daisuke e per gli altri del gruppo, doveva ammettere che sentirsi indispensabile e utile non era poi tanto male. Con lo sguardo seguì la sagoma alta e slanciata di Rio allontanasi verso i camerini. Dopo poco il lavoro dei truccatori e dei costumisti fu completato . I tre amici in silenzio osservarono Rio uscire dalla vasta e ben fornita costumeria per prendere posto sul set.
 

Dopo il suo terzo cambio d’abito, i folti capelli neri, erano stati sistemati in modo ordinato, incorniciando quegli occhi sottili, freddi e profondi, sicuri e intransigenti che mettevano in molti a disagio con la loro disarmante sicurezza. Sofisticato come sempre, per lui era stato scelto un completo nero con camicia bianca. Yori, lo guardava prendere posto tra le modelle fameliche che subito lo accerchiarono mostrando giulive la loro vasta mercanzia. Rio le evitava ignorandole il più possibile ma non era facile come si potrebbe pensare.  
La sua fama di rubacuori lo precedeva e nessuna delle dieci modelle sembrava prenderlo troppo sul serio. Yori aveva gli occhi rossi dalla rabbia e per sfogare quell'aggressività repressa prese a  mordersi le unghie.
JJ e Andrea la osservavano a tratti divertiti e a tratti a preoccupati. Yori era un tipetto abbastanza irascibile ed era evidente che la sua pazienza stava superando quel limite che dallo scherzo porta al  litigio. Ormai quei due non facevano che litigare per ogni genere di sciocchezza. JJ e Andrea si scambiarono degli sguardi d’intesa. Sicuramente Yori non  gliel'avrebbe lasciata passare liscia neanche questa volta.
Rio dal canto suo era felice di vederla agitarsi in quel modo. La gelosia era indice di interesse. Alla fine anche se ancora non lo aveva ammesso si era innamorata di lui, Rio ne era sicuro.
https://www.youtube.com/watch?v=s5UL_xEihls
Finalmente dopo tre ore interminabili il regista giudicò concluso il loro lavoro. Rio tornò in costumeria. Yori lo guardò attentamente allontanarsi tra gli occhiate fameliche delle modelle.
«scusate, ma io non le reggo più. Adesso vado e le faccio fuori una ad una…» sbottò seccata  avviandosi con aria minacciosa verso le modelle intente a ridacchiare come delle oche giulive. Avevano tutte lo sguardo fisso su Rio, come se gli stessero facendo una radiografia.
«ehi, dove credi di andare?» la blocco JJ.
«guarda che stavo scherzando, non le ucciderei mai, anche se…»
«non ci pensare nemmeno Yori! Oggi non dobbiamo creare disordini, soprattutto perché il signor Marini non me lo perdonerebbe mai…» la interruppe Andrea con un'occhiata severa.
«uffa, due contro una non vale…» Yori incrociò le braccia al petto, con un broncio da bambina indispettita che fece scoppiare dalle risate sia JJ che Andrea. Finalmente, nonostante le più megative aspettative, l'atmosfera si era alleggerita.  
 
Rio era nel suo camerino che si rivestiva. Aveva appena indossato i pantaloni e si stava abbottonando la camicia con le sue dita lunghe e sottili, quando qualcuno bussò alla sua porta.
“questa deve essere Yori…”
«si, entra pure» fece accomodare l'ospite, mentre continuava a rivestirsi.
Quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle si girò verso di essa convinto di trovarci Yori e invece…
«tu chi diavolo sei?» le domandò stupito. Una ragazza alta con dei lunghi capelli corvini tenuti stretti in una codina alta lo guardava bramosa e desiderosa, con la stessa acquolina di un gatto che ha appena catturato la sua preda. Con atteggiamenti felini si mosse verso di lui ondeggiando per mettere in evidenza le sue morbide curve.
«come? non ti ricordi di me? Eppure pensavo che quella notte fosse stata indimenticabile per entrambi!» puntualizzò la ragazza ormai a pochissimi centimetri dal naso di  Rio.
Lentamente il cantante si rammentò dove aveva visto quel viso e quel corpo scolpito. Tempo prima di conoscere Yori, si era portato a letto quella modella. Ma come sempre il giorno dopo aveva rimosso tutto, come un brutto incubo. Che assurdità che fosse ricomparsa proprio adesso partecipando al suo videoclip.
«cosa vuoi da me?» le domandò indifferente mentre in fretta tornò a richiudersi la camicia. La ragazza si gettò su di lui abbracciandolo, Rio l’allontanò di scatto.
«cosa pensi di fare?»
«quella sera non facesti tante storie…»
«quella sera era diverso, non ero l’uomo che sono ora. Se non ti dispiace, gradirei che uscissi dal mio camerino. Non sono in vena di giochetti…»
«come vuoi, ma prima voglio dirti una cosa…» la giovane si avvicinò a lui ancora una volta. Dolcemente sussurrandogli all'orecchio.
«…credi davvero di essere un uomo diverso? Voi uomini in fondo siete tutti uguali. Volete tutti la stessa cosa. Dì la verità, quella ragazzina, non si è ancora concessa a te, dico bene?»
Rio rimase immobilizzato. Come aveva fatto a capire tutto?
«questi non sono affari che ti riguardano» precisò allontanandola. La stessa  non gli lasciò il tempo di aggiungere altro. Erano troppo vicini e la tentazione troppo forte. Si avvicinò a Rio e con un movimento imprevisto gli bloccò il viso baciandolo con avidità.
 
«Yori, dove stai andando? lo sai che non possiamo entrare nei camerini. Andrea ci ammazzerà quando lo scoprirà» JJ seguiva disperato Yori per i corridoii.
«figurati! Ne avrà ancora per molto con quel regista e poi mi annoiavo a stare lì senza far nulla …»
Finalmente erano arrivati. Yori senza bussare spalancò la porta.
«ehi tu! Ti sembra normale farmi asp…» la frase gli mori in gola. Quello che vide la immobilizzò seduta stante, mozzandole quel poco di fiato che ancora aveva nei polmoni. JJ trascinato da quella corsa disperata si catapultò anche lui all'interno del camerino. 
«ehi, che succede?» chiese notando l’espressione sotto shock di Yori, poi seguendo la direzione di quello sguardo sconvolto, rintracciò il motivo  di quell''improvviso ammutolimento. 
Rio si staccò rapido quella sanguisuga travestita da modella. Aveva la camicia mezza sbottonata e le labbra sporche del suo rossetto rosso. Non poteva crederci. Rimase fermo anche lui con gli occhi e la bocca spalancata.
«non è come credi…» provò a spiegare, rivolgendosi a Yori.
«ah, si? E come sarebbe? » la modella uscì rapida passando davanti a Yori con sguardo vittorioso.
«è stata lei a baciarmi…» provò a giustificarsi
«e tu sei rimasto fermo come un cretino non è vero?»
«ehi, guarda che è la verità!» continuò furioso Rio.
«che strano eppure non mi sembri poi tanto dispiaciuto…»
«perché dovrei dispiacermi per qualcosa che non ho fatto?»
«Giusto! Dimenticavo,  il grande Rio non chiede mai scusa. Vado via tanto qui mi sembra di essere di troppo!» concluse uscendo di corsa dal camerino. Rio fece per seguirla ma fu bloccato da JJ.
«è la verità?» gli chiese serio.
«certo che lo è!»
«forse è meglio se provo a parlarci io. Al momento non mi sembra molto disposta ad ascoltarti».
«Qui il suo ragazzo sono io e non mi interessa se è disposta o meno ad ascoltarmi, io devo parlarle. Ora togliti di mezzo JJ, questi non sono affari che ti riguardano.» il più giovane si spostò lasciandolo passare. Rio era davvero fuori di sé.
Yori aveva raggiunto la sua macchina. Vi salì rapida, mise la cintura e inserì le chiavi, era pronta a partire quanto lo sportello dal lato passeggero fu spalancato all’improvviso. Rio entrò prepotentemente, senza chiederle il permesso.
«ti ho detto che non voglio più parlarne…»
«non mi interessa quello che vuoi o non vuoi… tu devi ascoltarmi… non puoi scappare e lasciarmi così»
«bene, se vuoi parlare parla pure…» lo invitò irritata Yori staccando le chiavi e incrociando le braccia.
«quando fai così ti comporti proprio come una bambina. La tua gelosia è davvero priva di senso. Sai benissimo che il mio lavoro mi obbliga ad avere a che fare con persone che pensano di poter fare sempre quello che vogliono…»
«il tuo lavoro? Il tuo lavoro non ti obbliga mica a baciare le ragazze in camerino!»obbiettò infuriata come non mai.
«ancora con questa storia? Ti ho già detto che non sono stato io a baciarla. Perché pensi che la ragione debba essere sempre e solo dalla tua parte? Sei proprio ottusa! Ti ho già detto che non è come pensi!»
«sarei io ora quella ottusa? Ma guardati, non sei capace neanche di dire un semplice “mi dispiace”»
«se te lo dicessi cambierebbe qualcosa? Tu non mi vuoi credere! È questa la verità! non vuoi fidarti delle mie parole. A che serve continuare così! Che tu lo voglia o meno questo è il mio lavoro. Avrò spesso a che fare con modelle e con fuori onda come quello e tu non puoi reagire in questo modo ogni volta »
«tutto si risolverebbe se rendessimo pubblica la nostra storia…»
«ma sei impazzita? Si scatenerebbe l’inferno. Tu non ne hai la minima idea!»
«perché dovrebbe essere un cosa così grave se due persone stanno insieme?»
«lo sai che io non sono una persona come le altre e neanche tu ormai.»
“Povera sciocca, non capisce che si farebbe carico dell’odio di tutte le ragazze fanatiche del mio fan club? Le tirerebbero addosso fango su fango. Perché deve essere sempre così ingenua? È solo all’inizio della sua carriera e già vuole comprometterla in questo modo!”
Yori aveva uno sguardo sostenuto e sicuro di sé.
«Questo non significa che puoi fare quello che vuoi! Te l’ho già detto una volta, non sono una di quelle ragazze che puoi prendere e buttare via quando ti pare e piace. Se davvero pensi che questa situazione non possa cambiare allo finiamola qui…»
“Non posso averlo detto sul serio!” Yori si pentì,  nell'istante stesso in cui quelle parole uscirono dalla sua bocca. Non voleva che Rio la lasciasse. Lei lo amava e sapeva che aveva ragione e in fondo al cuore voleva credergli. A parlare era stato il suo orgoglio ferito.
«come vuoi, visto che sei tu a lasciarmi non potrai dire che sono stato io a buttarti via…»
Rio uscì sbattendo lo sportello dell’auto. Fuori aveva iniziato a piovigginare.  
“Forse è meglio così. Meglio stare distanti. Non voglio vederla soffrire. A causa della nostra storia in molti la chiamerebbero approfittatrice buttandole solo fango su fango e non voglio nemmeno immaginare cos'altro le urlerebbero contro. Direbbero che è arrivata dov'è solo per merito mio e io non voglio che accada. Ha davvero troppo talento e non posso permetterle di sprecarlo in questo modo. La proteggerò, proprio come mi ha chiesto il direttore, anche se questo vorrà dire allontanarla. Anche se lei non capirà, è la soluzione migliore… per lei…”
Yori lo vide allontanarsi sotto la leggera foschia invernale.  La pioggia come un velo avvolgeva la sagoma ormai lontana di Rio.
La ragazza da i lunghi capelli castani era ancora nella sua macchina.
“Lo odio! Dice che sono l’unica eppure lascia che tra noi finisca in questo modo!”.
JJ la raggiunse dopo pochi minuti. Aveva atteso pazientemente che la loro discussione finisse. A seguito dello scontro avuto con Rio pochi minuti prima, aveva preso la saggia decisione di mantenere le distanze.  Ultimamente quei due si azzuffavano per ogni minima sciocchezza e tutto per la superficialità di Rio e l’eccessiva irritabilità di Yori. Aprì lo sportello ed entrò.
La ragazza seduta davanti al volante stava piangendo silenziosamente con lo sguardo fisso e vitreo sulla strada davanti a sè, appena notò l’amico al suo fianco,  si asciugò rapida con i palmi delle mani le lacrime.
«Yori va tutto bene?» improvvisò.
«Secondo te? Certo che non va bene! Quello stupido non capisce nulla di ragazze eppure dice di volerne una. Gli avevo detto che tra noi sarebbe stata difficile eppure ha voluto continuare. È solo un bugiardo e un codardo!»
«perché dici così?»
«Abbiamo appena rotto e solo per colpa sua. Che me ne faccio di un ragazzo insensibile, arrogante e presuntuoso come lui? Non è capace di dire nemmeno un semplice “mi dispiace”!
Starò meglio adesso senza averlo qui a crearmi preoccupazioni inutili. Lo dimenticherò puoi starne certo.»
«Yori, perché non ci ripensi? Sono andato a cercare quella modella e le ho chiesto se era stata lei a baciarlo o meno..» Yori tornò a fissarlo colta di sorpresa. I suoi occhi aspettavano impazienti una risposta che nel profondo già conoscevano.
«Rio ti ha detto la verità a quanto pare. Forse dovresti scusarti con lui.»
Ed eccola qui, la verità che il suo orgoglio malato non le aveva permesso di accettare.
«scusarmi? Stai scherzando? Anche se è stata quella modella a baciarlo, non cambia il fatto che lui, per tutto questo tempo, non ha fatto altro che mettermi da parte come se non contassi nulla. Non capisce che il mio unico desiderio è quello di poter essere libera di dire in giro che sono la sua ragazza? In questo modo si eviterebbero tutti questi continui fraintendimenti.. e invece per lui non se ne parla proprio. Non devo essere importante tanto quanto la sua carriera.  Probabilmente non sono la ragazza giusta per lui. Alla fine non è disposto ad accettare qualche stupida critica giornalistica per me…»
JJ iniziava a capirci finalmente qualcosa. Ironicamente poteva comprendere Rio più di quanto fosse mai accaduto in passato e non poteva biasimarlo per come aveva reagito. Quasi certamente nella sua stessa posizione avrebbe fatto altrettanto. Per una volta era dalla sua parte.
«Yori, ricordi cosa dicesti ad Akiko?»
«ad Akiko?»
«si, la prima volta che vi incontraste. Le dicesti di comprendermi, perché se avevo reagito in quel modo era stato solo per difenderla. Non credi possa essere la stessa cosa per Rio?»
«non è certo la stessa cosa! Io non ho paura di quello che potrebbero dire i giornali. Non mi importa…»
«Pensi che, in quel momento, gliene importasse qualcosa anche ad Akiko? Eppure io mi sono preoccupato ugualmente per lei. Forse Rio vuole solo difenderti. Non sai quante fan fanatiche ci sono in giro. Credo abbia provato la stessa paura che ho avuto io quel giorno. Ero spaventato che qualcuno di molto importante per me soffrire per colpa della mia imprudenza. Sono convinto che ci tenga a te più di quanto credi.»
“e se JJ avesse ragione? Avrò davvero esagerato?”
Yori lo guardava perplessa. In cuor suo aveva davvero paura di aver sbagliato, ma il suo orgoglio , ancora una volta, non le permetteva di ammettere l’errore e tornare indietro su i suoi passi.
Dopo pochi minuti furono raggiunti da Andrea. I tre in silenzio si allontanarono dallo studio.
 
 
 
 
 
ITALIA
 
 
Mary era con Eichi, giù in cantina mentre cercava di far mente locale della situazione. Era l'8 Dicembre e come da tradizione in casa Carducci si preparava l’albero di Natale.
«Allora vediamo un po’, le palline ci sono, l’albero pure, i fiocchi anche. Direi che siamo apposto, carichiamoci di buona volontà e portiamo su tutti questi scatoloni» spronò Eichi, entusiasta come non mai. Quello sentva che sarebbe stato un Natale molto speciale per tutti. Come se sancisse una rinascita interiore per tutti e tre.
Lui l’aiutò e alla fine portarono tutti quei scatoloni in casa.
Erano nel salotto, vicino il divano del loro primo incontro.
Luigi sarebbe arrivato a momenti era uscito a fare un po’ di spesa, ma aveva promesso che sarebbe tornato per tempo. Voleva assolutamente preparare l’albero quell'anno.
Dall'arrivo di Eichi molte cose erano cambiate, o più semplicemente tutti in quella casa, avevano riconquistato parte di quello che erano in passato. 
Luigi era molto più presente e il fatto che volesse partecipare alla preparazione dell’albero era una testimonianza più che lampante del suo repentino cambiamento. I ricordi dolorosi e i rimpianti erano spariti, e al loro posto adesso era rimasto l’amore.
Quell’amore che aiuta a comprendere e sà perdonare.
Allo stesso tempo Mary e Eichi continuavano a portare avanti la loro storia segreta amandosi ogni giorno con  sempre maggiore intensità.  Entrambi avevano, finalmente ripreso il controllo sulle loro vite: Eichi ricominciando a comporre con convinzione e Mary riconquistando la fiducia in se stessa e nelle sue capacità artistiche.
Eichi spesso suonava per lei facendole compagnia mentre dipingeva a Villa Rosa. Il problema alle tubazioni era stato risolto e per Mary fu possibile farci ritorno senza alcun problema. In moto, ogni pomeriggio o quasi, i due ragazzi tornavano in quel posto in cui si erano scambiati il loro primo bacio.  Mary aveva deciso di realizzare lì il suo quadro per la mostra. In quel posto poteva avvertire la presenza di sua madre e il suo ricordo la incoraggiava e motivava. Inoltre Eichi, con il suo amore e la sua musica, sapeva infondergli quell'incoraggiamento indispensabile per ripartire.  
 Anche se il giovane cantante aveva insistito per poter osservare in anteprima il suo dipinto Mary era stata categorica: lo avrebbe visionato solo ad opera conclusa. Era davvero molto curioso. Gli gli aveva assicurato che ci avrebbe messo tutta la sua anima. Doveva essere molto speciale, lo poteva intuire dalla  concentrazione e dall'attenzione con cui muoveva il pennello intriso di colore su quell'enorme tela. Eichi iniziava ad abituarsi agli odori intensi e all'atmosfera rilassata di quei momenti. Vedere Mary dipingere era così bello che alle volte interrompeva di suonare per contemplarla in ammirazione. Era evidente che amasse dipingere più di ogni altra cosa e lui era felice che avesse ripreso a farlo. 
 
Subito dopo la fine dell’estate Mary aveva ricominciato a frequentare le lezioni, perciò Eichi rimaneva spesso solo a casa. Qualche volta usciva e faceva un giro nel quartiere. Rifletteva e prendeva appunti. Stava ancora lavorando al testo della canzone che aveva composto per Mary. Come lei, anche lui stava mettendo tutto se stesso in quel brano musicale.
Nonostante il tempo stringesse, Mary non aveva ancora preso una decisione.  Partire con lui o dovergli dire addio per sempre.
 
Il campanello suonò un paio di volte. Era Luigi.
I tre iniziarono ad addobbare l’albero. Fuori la neve cambiava il paesaggio rivestendolo di un manto soffice e immacolato. Non sembrava esserci anima viva in giro. Il freddo era pungente e la natura in letargo accompagnava silenziosa l’inverno rigido di quell'anno.
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Yori era a casa dei suoi nonni per il weekend. Da quando era iniziata la sua formazione presso la Kings Record era stata sempre molto impegnata. Finalmente dopo tre mesi di duro lavoro, il signor Ostuki le aveva concesso un giorno libero e così era tornata a casa dai suoi nonni. Doveva aver intuito che qualcosa non andava. Il suo pessimo umore aveva iniziato a influire negativamente anche sul suo rendimento, e a breve avrebbe lanciato sul mercato musicale il nuovo album da solista. Non potevano rischiare un fallimento.
Era passata una settimana da quando aveva rotto con Rio. Da quel giorno entrambi avevano fatto di tutto per non incontrarsi. JJ aveva incominciato a fare da sponda tra i due, senza alcun risultato. Si erano rivelati entrambi testardi e orgogliosi. Nessuno dei due era disposto a fare il primo passo.
 Yori era nella sua vecchia stanza, la stessa che aveva dovuto abbandonare, a  malincuore, per realizzare il suo sogno. La pioggia inondava i vetri impedendole di avere una visione chiara e nitida della gente che si muoveva per la strada. Era pomeriggio inoltrato e sotto i loro ombrelli la gente si muoveva di ritorno dalle scuole o dal lavoro. Davanti ai suoi occhi quelle sagome indistinte si spostavano come tante macchie colorate.  Dopo un primo periodo difficile era riuscita ad ottenere quello che voleva,  eppure questo non l'aveva resa felice come si aspettava. C’era qualcosa che le mancava incredibilmente.
https://www.youtube.com/watch?v=wXwAUvEqLUs
Era ritornata ad essere sola. Le mancava Rio con il suo pessimo carattere, il suo sguardo fiero e pomposo, la sua aria arrogante. Ironicamente le mancavano  anche i loro continui litigi. Ma più di tutto le mancava la sensazione di quelle esili braccia intorno al suo corpo. La sensazione dei suoi baci era ancora impressa come un marchio a fuoco sulle sue labbra. Le mancava non potersi prendere più cura di lui. Era così tremendamente curiosa di sapere se stava bene e se mangiava abbastanza. Non poteva evitare di preoccuparsi. Aveva promesso a se stessa che sarebbe stata bene anche senza di lui, ma dopo una settimana non era riuscita a trasformare quella bugia in realtà.
 Vedere in televisione il nuovo video di Rio le faceva sempre uno strano effetto. Ricordava il giorno del loro ultimo litigio e non riusciva ancora a perdonare  a se stessa il suo temperamento impulsivo. Forse non tutto era perso, forse poteva ancora scusarsi con lui. Eppure qualcosa le impediva di farlo.
Qualcuno bussò alla sua porta, Yori si girò verso di essa. Sapeva già chi era venuto a trovarla.
«entra pure JJ»
Il ragazzo fece il suo ingresso.
«ciao Yori.» esordì chiudendo delicatamente la porta.
«se sei venuto per convincermi ancora una volta a chiedere ammenda a quel pomposo pallone gonfiato, allora ci tengo a ricordarti che stai perdendo solo il tuo tempo…» lo riprese voltandogli ennesimamente le spalle e tornando a perdersi nel paesaggio sfumato e privo di sostanza di quella triste finestra.
«in realtà non sono venuto per questo» la rassicurò il ragazzo con le orecchie a sventola e quei capelli neri come l’inchiostro. Yori si voltò sorpresa.
“se non è venuto per questo… allora per cosai? Non sarà successo qualcosa a Rio?”
«cosa è successo?» chiese preoccupata.
«il direttor Ostuki ha provato a contattarti ma non ci è riuscito, inizialmente aveva chiesto a Rio ma lui ha demandato questo compito a me»
“che schifoso vigliacco… adesso non ha nemmeno il coraggio di farsi vedere?”
«mi dispiace, ho spento il telefono, volevo staccare  per due giorni la spina, ma a quanto pare non mi è possibile. Beh, se hai qualcosa da dirmi fa pure» lo invitò prendendo posto sul suo letto.
«dice che lunedì inizierai le riprese del tuo singolo…»
«come lunedì? Non era programmato per il mese prossimo?»
«in realtà credo voglia anticipare i tempi, ormai sia Rio che Hiro hanno debuttato con i loro singoli e credo serva qualcun’altro che funga da distrazione per la stampa. Ormai facendo parte della nostra famiglia conosci tutta la storia e capisci bene che per il momento abbiamo bisogno di distogliere l'attenzione da Eichi. Ti prego aiutaci. Almeno fino al suo ritorno. Fallo per me. Non potrei sopportare un ennesimo attacco a mio fratello. Tu sei la nostra unica speranza… » la supplicò prendendo posto sulla sedia vicino la scrivania. Il suo sguardo preoccupato colpì profondamente Yori. JJ era il primo vero amico che avesse avuto nella sua vita. Il suo rapporto era diverso da quello che aveva con Nana. Con lui non riusciva ad avere segreti. Riusciva sempre a capire cosa gli passasse per la mente, in fondo erano molto simili.
Il suo affetto per Eichi lei lo ammirava molto. Anche lei avrebbe fatto la stessa cosa per sua sorella se fosse stata ancora in vita. L’amore tra fratelli e sorelle era qualcosa che lei comprendeva molto più di altri. Aveva perso tutta la sua famiglia in quell’orribile incendio tanti anni prima e vedersi strappare via gli affetti più cari è qualcosa che ti cambia nel profondo. Anche se non si sentiva ancora pronta avrebbe corso il rischio per JJ in onore di quel dono prezioso chiamato amore fraterno.
«e va bene!» sospirò rassegnata
«lo farai davvero?» esultò euforico saltandole addosso elettrizzato.
«certo che lo farò! E poi come potrei dirti di no?»
«grazie mille, non dimenticherò mai quello che stai facendo per Eichi…»
«non esageriamo, in fondo non è poi un granché»
«comunque grazie ancora…» le prese le mani commosso.
«adesso finiscila mi metti in imbarazzo…»
«comunque per quanto riguarda Rio…»
«ti prego non parlarmi di lui, sto cercando di dimenticarlo. Quindi se non ti dispiace…» lo supplicò allontanandosi malinconica. I suoi occhi rossi e umidi lavarono via ogni dubbio dalla mente di JJ. Sicuramente era rimasta ancora una volta sveglia tutta la notte a piangere. Nonostante facesse di tutto per non farlo notare, continuava a pensarlo e sicuramente i suoi sentimenti non era cambiati. “Ma perché è così testarda da non volerlo ammettere?”
«Va bene, non insisterò più parlando di lui. Adesso però scendiamo, ho una sorpresa per te»
«una sorpresa per me?» ripeté stupita.
«si, seguimi…» le ordinò prendendola per mano e trascinandola al piano di sotto.
Non poteva crederci. C’erano proprio tutti: i suoi nonni, Nana, Andrea, Daisuke, Akiko, Hiro e... Mettendosi sulle punte provò a cercare qualcuno dietro le sagome dei suoi amici. Ma...
«Oggi è il tuo compleanno, dico bene?» le domandò JJ  richiamando la sua attenzione.
«il mio compleanno?» continuò sovrappensiero
«certo che lo è» si frappose tra loro suo nonno.
«nonno ma cosa significa?»
«mi sembravi così triste e sola che non ho proprio resistito. Così quando JJ mi ha proposto la sua idea non ho potuto proprio dirgli di no. Ho pensato che sarebbe stato molto più divertente se avessimo festeggiato tutti insieme…»
«io.. io.. non so davvero cosa dire»
«non dire nulla allora!» la interruppe  JJ compiaciuto. Vedere finalmente un cenno del suo solito sorriso non aveva prezzo. Era un vero peccato che Rio non fosse presente per vederlo.
«bene, allora che ne dite di festeggiare?» li esortò sua nonna con tanto di cappellino a cono multicolore in testa e un vassoio fumante tra le mani. Un odore intenso di biscotti allo zenzero appena sfornati riempì la stanza. Yori acconsentì sorridendo «Grazie a tutti!!» completò felice.
Finalmente aveva trovato degli amici sinceri. Era  molto felice di festeggiare con loro il suo compleanno. Eppure a quella atmosfera idilliaca mancava ancora qualcosa o meglio qualcuno. Rio non si era unito a loro. Allontanò quei pensieri tristi e si accomodò sul divano insieme agli altri.
L’atmosfera era diventata calda e accogliente quasi immediatamente. Era bastato unire poche persone intorno a un vassoio di biscotti perché tutto cambiasse.
Fuori la pioggia continuava battente. A bordo di una moto nera un ragazzo con indosso ancora il suo casco scuro e un giubbotto di pelle silenziosamente osservava quel viale e quella porta a pochi metri di distanza. Dopo cinque minuti riaccese la moto e ripartì. Avrebbe voluto fare quel passo in più per raggiungerla ma non voleva comportarsi da egoista. Con il cuore distrutto riprese la via di casa, rincuorato del fatto che almeno lei non sarebbe stata sola quella sera.
Erano arrivate le undici passate e la festa era arrivata alla fine. Akiko si era addormentata sul divano. Andrea era da poco andato via con Daisuke. Hiro gentilmente si era offerto di accompagnare Nana. Mentre i nonni, a causa dell’età si erano ritirati per primi nelle loro stanze. Alla fine erano rimasti ancora una volta JJ e Yori.
«beh, ti ha mandato qualcosa?» chiese a bruciapelo JJ.
«di chi parli?» fece finta di niente Yori mentre sciacquava le stoviglie.
«sai benissimo di chi sto parlando» la riprese mentre l’aiutava a mettere in ordine in giro.
«stasera non facevi altro che controllare il telefonino…»
Yori iniziò a lavare i piatti nervosamente «non dire sciocchezze, perché dovrei aspettarmi un messaggio da parte sua? È del tutto inutile. Come vedi si è completamente dimenticato anche del mio compleanno…»
“È qui che ti sbagli. Se non fosse stato per lui oggi non ci sarebbe stata alcuna sorpresa. È  stato proprio quello scemo a organizzare tutto questo per te. Che odio non potertelo dire. E alla fine non si è fatto neanche vivo.”
«sicuramente avrà avuto una motivazione più che valida, magari era impegnato al lavoro…»
«si, certo, come no…»
«Yori, cambiando discorso,  volevo chiederti una cosa. In  camera tua ho notato dei fogli sparsi. Non starai lavorando a qualche canzone…?»
“Come ho fatto a dimenticare di toglierli di mezzo?”
«no, ti sbagli…» provò a giustificare.
«che peccato questo sembra proprio il testo di una canzone. Non sarà mica il brano che il direttore sta aspettando da te già da due settimane?» proseguì sventolandogli i fogli sotto il naso con aria divertita.
«ehi, chi ti ha dato il permesso di prenderli?» lo rimproverò mentre cercava di riprenderseli.
«è bella e soprattutto è finita. Perché non l’hai ancora consegnata al signor Ostuki?»
Yori riprese i fogli dalla mano dell’amico, infilandoseli rapida nella tasca dei pantaloni.
«non dirmi che l’hai letta…» gli domandò preoccupata
«mi dispiace, ma ero troppo curioso…»
«non fraintendere quel testo non centra nulla con Rio»
«e chi mai ha detto questo…»
«guarda che è la verità..»
«e perché allora non l’hai ancora consegnata…?»
«semplicemente non ne sono ancora molto convinta. Tutto qui.»
«Siete proprio due testoni. Comunque se hai bisogno di consigli sai dove trovarmi». JJ diede un rapido sguardo al suo orologio da polso «Ora devo proprio accompagnare Akiko a casa. Non oso immaginare che polemica potrebbe farle sua madre se non la riporto per tempo. Devi credermi, alle volte quella donna non mi sembra nemmeno umana» detto questo si congedò da Yori, sollevando dolcemente Akiko e sistemandosela a cavalcioni sulla sua esile schiena. Uscì lasciando ancora una volta Yori da sola con i suoi mille pensieri.  La giovane festeggiata riprese tra le mani quei fogli accartocciati. Era incredibile come JJ riuscisse a leggergli dentro. In quella canzone c’erano proprio tutte le parole che avrebbe voluto dire ma che a causa del suo orgoglio non aveva ancora trovato il coraggio di fare uscire dalle sue labbra.  Forse non era troppo tardi, forse poteva ancora dirgli quello che provava…
 
Rio era a casa sua che osservava la pioggia battente offuscare le chiare luci della città. In cielo neppure una stella impreziosiva quella fredda visione. Improvvisamente il telefono nella sua tasca vibrò. Il suo cuore sobbalzò al pensiero che potesse trattarsi di Yori. Lo prese notando, deluso, che si trattava di un messaggio di JJ.
 
Da: Piccoletto
Rio, volevo solo dirti che stasera è andato tutto bene. Yori ha ricominciato a sorridere come prima. Tu però potevi mandarle almeno un messaggio!
Comunque il motivo per cui ti scrivo è che volevo tenerti informato. Domani Yori registrerà il suo video. Se ti va di passare e dare un’occhiata sai dove trovarci. Fammi sapere. Io sarò lì con Andrea.
 
Rio, sorrise risentito,  riponendo il cellulare nella tasca dei pantaloni.
“Ma tu senti quel piccoletto, ha addirittura il coraggio di dirmi cosa fare. Cosa può saperne di quello che provo! È dura anche per me. Lei non è l’unica a soffrire. Voglio proteggerla e per farlo devo allontanarla. Lui non ha la più pallida idea di quanto questo mi distrugga!
Se continuassimo a stare insieme continuerebbe a soffrire e non posso sopportarlo. Se poi venisse fuori la nostra storia sarebbe anche peggio. Devo proteggerla, non importa cosa penserà di me e se dovrò farmi odiare per riuscirci. È ironico anche questa volta sono costretto a rinunciare alla donna che amo per il suo bene.”
Il telefono riprese a vibrare per una seconda volta.
“cos’altro diavolo vuole adesso?”
Lo riprese, ma contro ogni previsione il messaggio non era da parte di JJ ma da Yori.
«…scendi sono in macchina. Ho bisogno di parlarti»
“cosa? Non le avrà detto qualcosa quello stupido?”
Preso un impermeabile e aggiustati alla meglio i capelli scese. Sapeva che non poteva cedere. L’avrebbe allontanata definitivamente questa volta. Non le doveva dare nemmeno il tempo di parlare, sapeva che sarebbe bastata una sola parola per far crollare tutte le sue buone intenzioni.
 
Yori era in macchina. La pioggia era tornata a farle compagnia come il giorno in cui tutto era iniziato. Se ci pensava quelle avide gocce avevano fatto da cornice ad ogni momento importante della loro storia. Il primo bacio Rio glielo aveva dato la sera che si era inzuppata per trovargli una farmacia aperta. Anche il giorno in cui si erano lasciati stava piovendo e anche adesso la pioggia era tornata. Magari questa volta avrebbe lavato via i malumori e riportato finalmente la pace tra di loro. Aveva capito che non poteva continuare così. Lo amava troppo per lasciare che la loro storia finisse in quel modo.
Dopo che JJ era andato via, aveva ripreso tra le mani il testo di quella canzone. Era stata più sincera in quel testo che in tutta la sua vita. Aveva capito che non poteva perderlo, non se lo sarebbe mai perdonato.
Dopo averci pensato su, aveva preso la sua decisione. Avrebbe chiarito le cose con lui una volta per tutte. Dopo dieci minuti vide Rio andargli in contro con un impermeabile chiaro e la sua solita capigliatura ordinata. Il suo cuore era in fibrillazione. Rivederlo le fece venire le palpitazioni. Entrò in macchina e senza guardarla in faccia rimase in silenzio in attesa. Yori era pronta a parlare quando lui la interruppe prima che potesse iniziare il suo discorso.
« è un bene che tu sia venuta. È il momento di mettere in chiaro le cose. Questa è la fine»
«la fine?» Yori non voleva credere a quelle parole.
«fino ad ora hai fatto sembrare la mia vita così indecente. Se pensi che io non sia giusto per te allora dovremmo fermarci qui…»
Yori non voleva crederci. Lei era andata da lui con il cuore in mano e invece lui senza neanche ascoltarla lo aveva  preso e buttato via.
«io…» cercò di avvicinarsi a lui sfiorandogli dolcemente un braccio.
«Basta!» si allontanò voltandosi verso di lei infuriato come non mai. Yori ne rimase paralizzata. Aveva paura che insistendo avrebbe peggiorato le cose.  Però allo stesso tempo non voleva perderlo, doveva tentare.
«Mi comporterò meglio» le uscì in sussurro disperato
“Yori finiscila, non rendere le cose più complicate ti prego…”
«No, questa è la fine. Non riesci a vedere? Non possiamo andare avanti così. Lo vuoi capire o no che mi hai stufato? Adesso esci fuori dalla mia via!»
“Stufato?” Yori a stento trattenne  le lacrime. Rio aprì lo sportello ed uscì. Lei lo seguì ma il dolore misto a una dose rincarata di orgoglio le impedirono di raggiungerlo. Una lacrima scese sul suo viso disperdendosi tra le gocce di quella pioggia fredda e indifferente che martellante infieriva sul suo corpo inerme. Tornò in macchina, chiuse lo sportello e ripartì. Non gli avrebbe concesso anche il lusso di vederla piangere. Non avrebbe fatto più alcun passo verso di lui. Era finita. Con quelle parole aveva buttato via il suo amore e questo non glielo avrebbe mai perdonato.
Rio la vide andar via, nel petto il peso di quella menzogna iniziava a fargli male. Non sarebbe stato semplice d’ora in avanti trattarla con distacco, però era anche l’unica cosa che poteva fare per lei. Non voleva trascinarla in quell’inferno, che lui fino a quel momento aveva chiamato vita. Non lei che amava più di se stesso, più di quella vita miserabile, più del suo orgoglio. Per lei avrebbe sofferto in  silenzio ancora una volta.  
“Povera Sciocca non capisci che la verità è che non voglio trascinarti in questa mia vita indecente. Non voglio vederti soffrire per colpa mia. So che mi odierai ma questo è l’unico modo. Mi dispiace”.
 
 
 
 
ITALIA
 
Il sole era ormai tramontato oltre l’orizzonte e Luigi non era ancora rientrato. Eichi era sdraiato con la testa sulle gambe di Mary in silenzio ammirava la sua bellezza, mentre lei le accarezzava i capelli scuri, sdraiati sul divano nel soggiorno.
Quei ritagli di tempo in cui potevano comportarsi senza sentirsi osservati erano davvero rari.
«Mary..» la richiamò dolcemente lui.
«dimmi…» lo spronò lei.
Eichi non faceva che ripensare al momento in cui avrebbe dovuto dirle addio. Il tempo era inesorabilmente giunto al termine.
«ti ho già detto che sei bellissima?» le domandò accarezzandole dolcemente il viso.
«non dovresti viziarmi con complimenti di questo tipo. Una ragazza si abitua a questo genere di trattamento sai!?» lo riprese divertita.
Lui si sollevò. Era a pochi centimetri dal suo viso quando prese a guardarla intensamente negli occhi. Quando faceva così gli faceva salire il cuore in gola.
«cosa c’è adesso? perché mi guardi così?» improvvisò impacciata, erano passati sei mesi, ma quegli occhi sottili e intensi non avevano smesso di farla sentire in soggezione.
Eichi, sorrise soddisfatto, ritornano seduto.
«niente, è solo che fai sempre quella faccia…»
«che faccia scusa?»
«lasciamo perdere…» la punzecchiò divertito alzandosi dal divano e dirigendosi verso la sua stanza.
«Ehi! dove credi di andare?» lo inseguì Mary.
Prima che potesse rendersene conto era già entrata nella stanza di suo fratello. Adesso era nel buio più totale. La porta alle sue spalle fu chiusa improvvisamente.
«Eichi, dove sei? » Mary si muoveva esitando in cerca di un interruttore ma quello che trovò invece furono le braccia di Eichi che l’avvolsero  alle spalle.
«visto? anche al buio riesco a trovarti..»
Lentamente la voltò nella sua direzione. Mary poteva percepire distintamente il caldo  respiro di Eichi sfiorare la sua pelle… si stava avvicinando al suo viso… i loro nasi si sfiorarono…
«…cosa…»
troppo tardi. Eichi aveva bloccato le sue labbra prima che le stesse potessero aggiungere altro.
Finirono senza neanche sapere come sul letto. Mary era sdraiata mentre Eichi su di lei continuava a baciarle il collo. La sua pelle morbida e liscia era un invito troppo irresistibile. Era tutto così strano. Mary per un momento lasciò andare tutti i pensieri. In quella stanza a fare loro compagnia c’era solamente il loro amore e nient’altro. Il suono stridulo del campanello di casa sopraggiunse a interromperli. Mary si sollevò di scatto quasi scaraventando Eichi sul pavimento. Aprì la porta ed uscì. Si guardò allo specchio nel corridoio. Aveva i capelli tutti arruffati e la camicia stropicciata.
“Mary ma insomma cosa stavi per fare? Non puoi farti prendere così alla sprovvista un’altra volta”
 Aggiustò alla meglio il suo aspetto prima di correre ad aprire la porta a suo padre.
“Eichi, stupido, stupido Eichi. Perché non riesci a resisterle?”
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Yori aveva delle grosse borse sotto gli occhi. Grazie ai truccatori era stato rimosso ogni segno delle tante lacrime versate la sera prima. Era pronta per registrare. A darle sostegno c’erano Andrea e JJ. Almeno per non far accrescere in loro degli inutili sospetti aveva deciso di mostrarsi allegra come se nulla fosse accaduto.
Era pronta. Raggiunse il set. Ad attenderla c’erano il resista, il giovane assistente, JJ e un altro ragazzo.
“Lui deve essere la comparsa con cui reciterò. Tutto sommato non è proprio da buttare. Direi che è anche molto carino!” notò raggiungendo il gruppo.
«finalmente la nostra giovane stella musicale è arrivata!» esordì compiaciuto il regista. Un uomo sulla cinquantina basso e tozzo, con un viso tondo e simpatico.
«si, scusate a quanto pare i truccatori avevano molto su cui lavorare.»
«non può essere assolutamente così, ti ho vista dal vivo molte volte e devo dire che sei bella anche senza un filo di trucco» esordì l’ignoto ragazzo «devi sapere che sono un tuo grande fan..» le chiarì notando il suo sguardo perplesso.
«tu saresti?» gli domandò Yori.
«il mio nome è Mark. È la prima volta che una ragazza mi fa questa domanda! Possibile che tu non mi riconosca?»
«mi dispiace…» continuò afflitta Yori. Per quanto si sforzasse il suo volto non le ricordava proprio nulla. Andrea si avvicinò per fornirle qualche delucidazione sull’argomento. Ormai aveva preso l’abitudine di prendere informazioni su chiunque venisse a contatto per questioni lavorative con la casa discografica. Era diventato diligente nel suo lavoro anche per non dover aggiunger ulteriori preoccupazioni al signor Marini.
«Come puoi non conoscerlo, è un famoso attore. Non sorprenderti troppo per il suo nome straniero. È americano da parte di madre, dico bene?» chiese conferma rivolgendosi all’aitante ragazzo davanti ai loro occhi. Aveva dei capelli neri lucenti e un fisico muscoloso e ben definito.
«Beh, che dire, questo è quello che sono, anche se  inizio a dubitare della mia fama, se addirittura la famosa Yori non riconosce il mio volto.  Forse dovrei iniziare a preoccuparmi …»
«no, la colpa è solo mia… In realtà non vedo molta televisione. Ultimamente sto cercando di evitarla in verità» continuò malinconica, ogni volta che accendeva la tv, compariva quell'odioso video a tormenterla. “Possibile che ogni cosa mi riporti alla mente quell’antipatico caprone viziato?”.
«bene ragazzi, direi che possiamo iniziare con le riprese». Li incoraggiò il regista prendendo posto sulla sua sedia.
Mark era molto dolce e disponibile, Yori ne fu subito affascinata. Il suo sorriso era luminoso e confortante.  E poi aveva un fascino limpido e sincero,  molto diverso da quello arrogante ed egocentrico di RIO. Era molto professionale nel suo lavoro. Più volte si era rivelato disponibile e  generoso dispensandole molti consigli utili. Se non fosse stato per lui, registrare quel video sarebbe stata un’operazione molto difficile. Sicuramente ci avrebbero messo il doppio del tempo.
JJ, in un angolo, osservava Yori e quel ragazzo parlare amichevolmente, anche troppo per certi versi. Più ci pensava e più si convinceva che stava dimenticando qualcosa d’importante.
“Cosa caspita mi sta sfuggendo? Quel ragazzo lo ricordo, ma non so per quale motivo.
 Chissà perché, ma ho un cattivo presentimento!”.
 Mandò un messaggio a Rio. Chissà magari lui si ricordava qualcosa. Non ebbe alcuna risposta.
Dopo due ore, vevano finalmente terminato le riprese all’interno del finto appartamento. La canzone parlava di una coppia male assortita in cui i caratteri opposti non facevano che portare a continui litigi. Yori aveva ricevuto quella canzone dal Direttore come per la prima, si meravigliò di quanto ricalcasse appieno la sua situazione con Rio. Forse anche per questo motivo non era euforica all’idea di registrare il video così presto.
Dopo le prime scene la giovane stella musicale dovette occuparsi della parte coreografata.
Uscì per l’ennesimo cambio d’abito, quando JJ vide fare il suo ingresso Rio, agitato come non mai. Fece per raggiungerlo ma fu anticipato da Mark.
“Cosa cavolo? Quei due si conoscono?”
«Ehi Rio, anche tu da queste parti? Ne è passato di tempo da quando ce la siamo spassata l’ultima volta. Se non ricordo male erano due modelle straniere dico bene…?»
«ciao Mark, vedo che il lupo perde il pelo ma non il vizio…»
«beh, potrei dire la stessa cosa di te o sbaglio?»
«non saprei, comunque se non ti dispiace vorrei fare due chiacchiere con te…»
«che ne dici di aspettare solo altri due minuti, sono curioso di vedere questa ragazzina come uscirà vestita. Sembra avere un bel corpo, sai me la sto lavorando per bene. Se tutto va secondo i miei piani questa sera me la porto al solito posto e me la faccio. Ti dispiacerebbe reggermi il gioco come hai vecchi tempi?» gli fece un occhiolino d’intesa.
“cosa ha intenzione di fare sto deficiente?”
stava per riprenderlo duramente quando  giunse Yori.
«Mark, cosa ne pensi di questo costume? mi sta bene?».
Rio rimase immobile ad osservare la scena senza poter far nulla. Yori indossava un costumino succinto che  mostrava tutte le sue molteplici curve. Stava appiccicata a quel casanova come una vera oca.
«sei molto carina…» si complimentò Mark sorridendole sornione, pregustando il momento in cui l’avrebbe fatta sua.
Rio stringeva i pugni, contendo a fatica la rabbia. Yori sorrise soddisfatta. Il suo intento era fin troppo chiaro: voleva vendicarsi per il modo rude con cui l’aveva trattata la sera prima. Così cercava di ingelosirlo usando Mark. Ma non poteva sapere quale grande errore fosse.
“Questa sciocca non sa che a giocare con il fuoco ci si brucia? È meglio che fermi la cosa prima che sia troppo tardi”.
«Yori, è ora di iniziare» la richiamò il regista. Lei salutò calorosamente Mark con un bacio su una guancia,  rivolgendo invece a Rio un rapido sguardo seccato.
«se non ti dispiace vado a godermi lo spettacolo. Penso proprio che me la spasserò stasera. Non vedo l’ora di scoprire come le piace farlo..»
Rio  stava per scattare e spaccargli letteralmente quella abominevole faccia di plastica, quando JJ lo raggiunse interrompendolo.
«Rio, che ci fai qui? Non avevi detto che non volevi ved…» rapido il ragazzo in tenuta sofisticata lo fermò coprendogli con una mano la bocca. Mark li squadrò perplesso prima di allontanarsi e raggiungere il regista.
«cosa caspita ti prende?» gli domandò JJ sorpreso quando Rio lo ebbe liberato dalla sua morsa soffocante.
«ma dove hai la testa?»
«io?»
«si, tu! Come fai a non ricordarti di un tipo come lui?»
JJ lo scrutava interrogativo, non capiva dove volesse arrivare.
«avresti dovuto metterla in guardia. Mark è un donnaiolo della peggiore specie. Ho paura che potrebbe farle del male. Quella stupida non sa davvero con chi ha a che fare…»
«aspetta una attimo, era lui il tipo con cui gareggiavi…? No, aspetta un attimo ti stai preoccupando di Yori adesso?» Rio distolse lo sguardo ignorando la seconda osservazione di JJ.
«si,è trattato di tanto tempo fa. Il nostro gioco era davvero stupido e immaturo, e a quanto pare io sono l’unico ad aver smesso di giocare…»
«vuoi dire che… »
«si, voglio dire che la sua prossima preda è proprio Yori».
I due simultaneamente si voltarono verso il set dove la giovane star della King Records con il gruppo di ballo, si stava preparando per le riprese.
Dopo pochi minuti la musica partì. Era pronta per iniziare.  Aveva  notato lo sguardo severo di Rio e la cosa stranamente la divertiva anche molto.
“Adesso ti farò rimpiangere di avermi trattato come un vecchio straccio. Se non ti importa più nulla di me allora non ci saranno problemi se mi interesso ad altri ragazzi!”
Quello sguardo di sfida preoccupava Rio molto più dei falsi sorrisi di Mark. Una donna se furiosa è capace di fare cose anche molto stupide.
Yori iniziò a cantare il suo brano muovendosi sensualmente. Sembrava volerlo provocare con il suo atteggiamento.   
Per il modo in cui l’aveva trattata doveva fargliela pagare. Gli aveva già detto una volta che lei non era come tutte le altre ragazze. Non poteva prenderla e poi buttarla come se niente fosse. Era arrivato il momento di ricordarglielo.
https://www.youtube.com/watch?v=yzRCucOhj9o&feature=youtu.be
 
Le riprese si conclusero con successo. Rio non ebbe la possibilità di parlare con Mark . Andò a cercarlo in costumeria ma invece di imbattersi in lui si scontrò con Yori. Lei cercò di ignorarlo passandogli oltre, ma Rio la fermò prendendola per un braccio.
«non c’è bisogno che ti impegni così per farmi ingelosire, sai che non sono il tipo»
«..credi davvero che il mio intento sia farti ingelosire? Ho fatto solo quello che mi ha detto il regista. Il mondo non ruota solo intorno a te. Inoltre ormai ci siamo lasciati, quindi queste cose non dovrebbero toccati o sbaglio?»
«…non uscire con Mark. Lui non è il ragazzo giusto…»
“che sia geloso?”
«Ma chi ti credi di essere? Mi lasci senza darmi la possibilità di dire neanche una parola e adesso pretendi anche di dirmi con chi dovrei o non dovrei uscire? La tua prepotenza non conosce limiti.. »
“Questa stupida, è davvero così ottusa alle volte!”
Rio stava per riprenderla, ma Mark li raggiunse, facendogli morire le parole in gola. Il suo sguardo malizioso era davvero troppoesplicito per Rio, che conosceva già i suoi loschi intenti.
«Ehi Rio, che ci fai qui?» in quel momento notò la mano di lui stringere il braccio di Yori.
«non ditemi che voi due vi conoscete?». Rio si allontanò con uno scatto fulmineo dalla giovane al suo fianco.
«in realtà facciamo parte della stessa casa discografica. Niente di più.» ci tenne a precisare. Yori non poteva credere alle sue orecchie. Adesso faceva addirittura finta di essere solo un semplice conoscente.
Mark conosceva troppo bene Rio per credere a quelle scuse male elaborate. Aveva intuito, già da molto prima che tra quei due c’era qualcosa. Rio per lui era un diario aperto. Entrambi si erano conosciuti all’inizio delle loro carriere. La voglia di divertirsi senza impegni li portò a divenire molto vicini. Erano stati da sempre in gara per contendersi la ragazza più bella di ogni serata. Puntualmente Mark faceva di tutto per conquistare le preferite di Rio era un modo come un altro per mettergli i bastoni tra le ruote, la cosa sembrava divertirlo anche parecchio. A Rio non era mai importato un granché, per lui una ragazza valeva l’altra, ma questa volta era diverso. Non si trattava di una modella qualsiasi, questa volta in ballo c’era la ragazza che amava.
Non poteva assolutamente fargli capire quanto profondi fossero i suoi sentimenti per Yori. In quel caso sarebbe stata la fine.
«Ero passato solo per comunicarle un messaggio da parte del nostro direttore. Stavo giusto per andare via.» mentì prima di salutare entrambi con un leggero inchino della testa. Yori lo vide allontanarsi. Ad ogni suo passo cresceva in lei la consapevolezza che il loro rapporto non sarebbe stato più lo stesso.
“Questa allora è proprio la fine. Non ti importa davvero più niente di me. Da questo momento in poi ci saluteremo come semplici conoscenti e ognuno andrà per la propria strada.. Proprio come se nulla fosse mai accaduto...come se quello che abbiamo provato non fosse mai esistito. Andremo avanti così.  Ti va davvero bene questo? E a me, va davvero bene che finisca in questo modo?”
Mark osservava lo sguardo malinconico di Yori. Quello era il momento di cogliere la palla al balzo. Le ragazze tristi vogliono sempre essere consolate e lui era lì proprio per questo.
«Ehi, Yori ti andrebbe di festeggiare la fine delle riprese? C’è un posto davvero speciale dove vorrei portarti…»
Yori ritornò a confrontarsi con il dolce sorriso di Mark. Il suo umore era davvero pessimo. Forse accettando il suo  invito sarebbe riuscita a calmare quel dolore che aveva dentro.
«d’accordo, avviso Andrea ,JJ e andiamo» Mark la bloccò per un braccio.
«non ce né bisogno, l’ho già fatto io per te. Dicono che ci raggiungeranno più tardi.»
«ah davvero? beh, d’accordo. Allora dove andiamo?»
«questa è una sorpresa…» le sorrise con occhi sinceri.
“OH Mark, ce ne fossero di più di ragazzi come te in giro! Altro che quel antipatico pallone gonfiato, sono sicura che non tratteresti mai male una ragazza facendola sentire usata e inutile, come invece ha fatto Rio con me!
 
Andrea e JJ avevano appena finito di parlare con il regista. Era arrivato il momento di andare via. Di Yori nessuna traccia. Era passata più di mezz’ora da quando l’avevano vista andare nella costumeria. Anche Rio era sparito subito dopo di lei. Il giovane assistente li aveva cercati ovunque senza alcun successo.
«Andrea non preoccuparti è molto probabile che quei due se ne siano andati insieme. Forse si sono decisi a fare pace dopotutto.»
«Non saprei, sarebbe meglio chiamare e averne conferma.»
«Come vuoi, adesso provo a chiamare Yori»,
JJ tirò fuori il suo cellulare di ultima generazione. Il numero era già memorizzato nelle ultime chiamate. Spinse il tasto di avvio e attese.
«…il cliente da lei chiamato potrebbe avere il telefono spento o non raggiungibile..» riattaccò deluso.
«ha, il telefono spento…»
«prova a Rio…» in Andrea iniziava a crescere la preoccupazione. Era insolito che nessuno dei due lo avesse avvisato. Non era da Yori o da Rio comportarsi in quel modo.
Dopo una breve attesa il più anziano dei BB5 rispose.
«cosa vuoi JJ?» era chiaramente spazientito.
«come cosa voglio? tu e Yori ve ne siete andati senza neanche avvisare? Adesso passamela!»
«passartela?»
«non è lì con te?»
«no… »
JJ scambiò con Andrea uno sguardo visibilmente preoccupato. Se non era con Rio con chi diamine era andata via? «dove può essere andata? non è venuta neanche con la sua macchia…» continuò preoccupato il più giovane della band, portandosi una mano dietro la nuca.
Rio dall’altra parte del telefono in silenzio meditava sulla faccenda.
«JJ, Mark è ancora li?» lo richiamò dall’altro capo del telefono.
«no, ora che ci penso, è andato via anche lui…».
I suoi presentimenti erano fondati.
«JJ raggiungimi il prima possibile. Se le sue abitudini non sono cambiate credo l’abbia portata al solito posto. Conosci il Royal Hotel?»
«si certo che lo conosco. Ti raggiungo!»
«fai in fretta…»
 
Il Porsche Panamera bianco correva rapido per le strade di Tokyo. Yori pensierosa osservava il paesaggio scintillante che mutava in sinuose linee luminose. Dopo quindici minuti erano arrivati.
«Dove siamo?» chiese tornando a fare i conti con la realtà
«Scusami, ti dispiace se prima di andare ci fermiamo un attimo qui? Mi cambio e ti porto subito nel posto che ti avevo promesso»
«d’accordo» acconsentì Yori.
Scesero dalla vettura ed entrarono nell’albergo. Presero l’ascensore e raggiunsero la stanza 601. L’affabile ragazzo fece strada a Yori nella sua suite.
Entrò subito dopo di lei e silenziosamente chiuse la porta a chiave.
«mettiti comoda, io mi cambio e ti raggiungo. Fa come se fossi a casa tua.». La invitò sorridendole cortese. Yori prese posto sull’enorme letto al centro dell’imponente stanza. Visto che non poteva fare altro, nell’attesa iniziò a osservare ogni dettaglio intorno a lei. In giro non c’era molto. Nemmeno una valigia. La cosa era davvero insolita, se era qui che dimorava come mai non c’erano i suoi bagagli sparsi per la camera?
L’arredamento era molto raffinato. Chissà quanto costava pernottare in una suite come quella?
Un orologio elettronico sul comodino segnava le nove e quindici minuti.
Forse  dovrei avvisare JJ. Meglio non far preoccupare ne lui ne Andrea inutilmente.”
 Tirò fuori il telefono dalla borsa. Era spento. Lo accese e in pochi secondi fu assalita dalle chiamate perse.
Erano tutte da parte di JJ. Stava per richiamarlo quando si sentì sfilare inaspettatamente il telefono dalle mani. Era stato Mark, il ragazzo era a petto nudo. La situazione stava diventando insolita.
«cosa cavolo fai?» iniziò a osservarlo allarmata.
«mi dispiace…»
"perchè queste parole mi spaventano così tanto adesso?"
«ti dispiace? cosa significa che ti dispiace?»
Senza darle risposta si buttò su di lei bloccandola per i polsi. Yori era sprofondata nel materasso.
“Cosa vuole fare?”
Iniziò lentamente a baciarle il collo.
«lasciami!!»
«non fare resistenza. Vedrai che alla fine ti piacerà!»
«ti ho detto di lasciarmi andare. Non voglio!»
«urlare non ti servirà a niente. Faremo presto non temere…»
Yori non poteva credere di essere stata così superficiale nel giudicarlo. Se ora ci pensava Rio infondo l’aveva avvertita su di lui, eppure in quel momento aveva preferito non dargli retta. Perché? L’orgoglio!!! Quello stupido orgoglio ferito, l’aveva resa oltre che muta anche ceca.
 Il ragazzo iniziò a sbottonarle la camicetta. Yori cercava in tutti i modi di rendergli l’operazione difficile. Lo colpiva ripetutamente, ma i suoi colpi non sembravano dare l’effetto desiderato. Ad ogni pugno in più che dava sentiva le forze venirgli meno.
“Non può essere così. La mia prima volta non doveva andare in questo modo.”
Le lacrime iniziarono a comparire a rivoli sul viso.  
Aveva voluto che Rio le dicesse le parole “Mi dispiace”che Mark aveva appena pronunciato. Non credeva che quelle parole l’avrebbero fatta sentire così male un giorno. Ne che le avrebbero fatta sentire così debole e indifesa. Era stata davvero una stupida! Le parole non contano molto se le persone che le dicono non sono sincere. Finalmente l’aveva capito. Ma cosa poteva fare ormai? Se solo qualcuno potesse sentire le sue urla e correre in suo soccorso! Se solo ci fosse Rio…
«Aiuto! Qualcuno mi aiuti! Mark ti prego finiscila...» il ragazzo, però, sembrava aver smesso di prestarle ascolto.
Yori era sull’orlo della disperazione. Si sentita sperduta inerme e vulnerabile come mai in vita sua.  «aiuto, aiuto… Rio… Rioooo». In quell’ultimo urlo disperato raccolse tutte le sue forze. Distrutta perse i sensi, crollando sull'enorme materasso a due piazze.
La porta fu spalancata improvvisamente da Rio. Mark si voltò verso di essa sorpreso. Era arrivato appena in tempo.
Il più anziano dei BB5 aveva aspettato il loro arrivo fuori dall’albergo, a bordo della sua solita moto nera. Quando li aveva visti entrare, prese la sua decisione. Non voleva essere lui a intervenire, avrebbe preferito fosse JJ a tirarla fuori da quella situazione. Non voleva lei sospettasse dei suoi veri sentimenti. Purtroppo ne Andrea ne JJ era ancora arrivati. Così decise di mandare al diavolo le sue prime intenzioni e di seguirli all’interno dell’albergo. Li perse nei lunghi e svariati corridoi. Fu proprio l’ultimo urlo di Yori a indicargli la camera giusta. Spinse più volte contro la porta finché ad un tratto la stessa cedette.
Quando finalmente fu dentro, notò  Yori stesa sul letto, priva di sensi, con la gonna sollevata e la camicetta sbottonata. Fortunatamente indossava ancora la sua biancheria intima. A quella visione la sua rabbia esplose senza controllo. Allontanò con una spinta decisa Mark dal corpo di Yori, facendolo rotolare sul pavimento. Gli fu subito sopra. Iniziò a picchiarlo con tutte le sue forze. La sua inferiorità fisica era evidente, ma questo non bastò a fermarlo.
Erano ancora sul pavimento quando nella stanza entrarono Andrea e JJ. I due allontanarono Rio dal pavimento. Mark a quel punto, cogliendo la palla al balzo si rialzò cercando di recuperare qualche metro di distanza.
«..si può sapere cosa ti prende?» disse scostandosi un ciuffo dai capelli
«…cosa cazzo le hai fatto? Come diavolo ti sei permesso!»
«stai scherzando?» Mark sogghignò provocante mentre con il dorso della mano prese ad asciugarsi due rivoli di sangue ai lati della bocca.
«Cosa hai da sorridere? Ti sembra un gioco la vita di una ragazza?» continuò furioso liberandosi dalla stretta dei suoi due amici.
«Rio che ti succede? Adesso ti interessa cosa pensano o vogliono davvero le ragazze? In passato non sembrava interessarti più di tanto! Inoltre non mi sembra la prima volta che ti soffio la preda sotto gli occhi. Cos’è? non sai stare più al gioco?»
“Questo idiota..”
«Io, non ho mai costretto nessuno a far ciò che non voleva…»
«E’ qui che ti sbagli, non l’ho mica trascinata  qui di forza, c’è venuta di sua spontanea volontà, e poi a vederla meglio adesso non è poi un granché. Non sa come ci si diverte»
«Brutto bastardo, come ti permetti…» JJ scattò fermando in tempo Rio.
«Ora basta!» insorse Andrea, insinuandosi di forza nella loro discussione. Poi tornando a rivolgersi in tono severo verso Mark proseguì «…forse è meglio se te ne vai…» lo invitò in tono risolutivo.
«…ma cos…» provò a obbiettare Rio. Andrea però lo freddò con lo sguardo irremovibile di chi sa perfettamente cosa fa. In quel momento il più anziano dei BB5 si sentì per la prima volta come un bambino ripreso per una marachella che non aveva nemmeno commesso.
Mark doveva pagarla e invece Andrea gli stava offrendo un lasciapassare privo di alcuna ripercussione.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Raccolse la sua roba e uscì dalla stanza. JJ corse a chiudere la porta.
Rio era troppo fuori di sé.
«perché gli ha permesso di andar via in quel modo, non avevo ancora finito con lui…».
Andrea si avvicinò a Yori, delicatamente le ricompose i vestiti.
«…JJ prendi un asciugamano bagnalo e portamelo…» Rio aspettava ancora una risposta.
«Rio, ti sei visto allo specchio?»
«cosa centra adesso questo?»
«è vero che gliene hai date, ma ne hai anche ricevute parecchie. Cosa pensi sarebbe successo se vi avessi permesso di continuare ad azzuffarvi come due incoscienti? Il torto lo avresti fatto più a te stesso che a lui. Tra pochi giorni dovete partecipare al festival musicale e non posso permettere che il tuo volto sia pieno di ematomi per colpa sua…» lo ammonì il giovane manager. Rio era lì pronto a obbiettare quando Andrea lo anticipò prevedendo le sue lamentele.
«Non credere che gliela lascerò passare liscia. Quello che ha subito Yori glielo farò rivivere mille volte sulla sua stessa pelle. Gli farò passare la voglia di approfittarsi delle ragazze in questo modo squallido. La pagherà, non temere, per il momento però non possiamo fare altro. Stai pur certo che al momento giusto e con i giusti mezzi lo ripagheremo della stessa moneta. Fidati di me».
Rio acconsentì rassegnato. A cosa serviva continuare?
 «Adesso esco un attimo. Restale vicino finché non ritorno. Devo mettere a tacere questa storia una volta per tutte, non possiamo rischiare che esca fuori qualcosa su quanto accaduto qui stasera. Meglio garantirci il silenzio del personale e di chi ha visto la scena» detto questo uscì sbattendo la porta. Doveva essere anche lui fuori di sé, ma nonostante questo aveva mantenuto una calma e una fermezza davvero invidiabile.
Rio invece, al contrario, aveva perso tutto il suo autocontrollo lo stesso che era sempre riuscito a mantenere nella sua vita. Ma in quel momento la rabbia lo aveva completamente accecato. Doveva ammettere che quel ragazzino italiano era cambiato molto. Non era più immaturo e impacciato come ai primi tempi. Adesso sapeva bene come e quando intervenire con soluzioni efficaci.
 Ora che aveva recuperato un po’ di raziocinio quella decisione effettivamente, era l’unica che avrebbe evitato i maggiori danni per tutti. Andrea aveva fatto bene a intervenire, nonostante tutto.
Lentamente Rio si sedette sul letto accanto a Yori che nel frattempo respirava a fatica. Dolcemente le scostò i capelli bagnati dal viso. Chissà come si era sentita persa, sola e smarrita. Quella visione gli spezzò il cuore.
«Mi dispiace» disse in un sussurro prendendo tra le sue la mano di Yori, «Credevo che standoti lontana la mia vita avrebbe smesso di ferirti. Alla fine anche lo starti lontana non è servito.». JJ era appena uscito dal bagno e osservava la scena da una certa distanza. Come sospettava, Rio non aveva smesso di amarla. Yori, si mosse lentamente rannicchiandosi sul letto, stava sognando «…Rio, do…dove sei?» aveva ancora gli occhi semichiusi. Lui le teneva ancora stretta la mano.
 Le sue nocche erano arrossate e recavano evidenti i segni dei colpi inferti a Mark. Poteva percepire chiaramente la mano fragile di lei tremava fievolmente tra le sue.
«sono qui…»le sussurrò,avvicinandosi al suo viso, accarezzandola dolcemente.
Forse stava riprendendo conoscenza.
«io, non volevo…»
«lo so, non pensarci. Adesso riposa.» così dicendo Yori si rilassò abbandonandosi ancora una volta su quelle lenzuola bagnate.
«JJ, occupati di lei…»ordinò al più giovane dopo averle dato un rapido bacio sulla fronte.
«Andrea ha detto…»
«lo so cosa ha detto, ma io non posso farmi trovare qui da lei…»
« Vi amate! Perché siete entrambi così testardi?»
«JJ, tu non capisci, al momento io non posso darle quello che desidera. Le farei comunque del male se ci rimettessimo insieme, credimi è meglio così. La soluzione è stare lontani…»
“è inutile insistere, ha la testa più dura della mia…”
«cosa dovrei dirle quando si risveglia?»
«prenditi tutto il merito…»
«come tutto il merito?»
«non dirle che sono stato io a irrompere nella stanza. Tanto dubito che anche raccontandoglielo ci crederebbe. Pensa che di lei non mi importi più nulla e forse è meglio che continui a pensarla in questo modo».
“Questo ragazzo è incredibile! Cosa gli fa credere che continuerò a mentire per lui?”
«..ti prego JJ.» i suoi occhi lo supplicavano disperati.
«va bene, ma non so ancora per quanto tempo manterrò il segreto…».
Afflitto il più giovane dei due si sedette accanto a Yori tamponandole il viso con l’asciugamano umido. «Grazie…» completò Rio. Aprì la porta. Stava per uscire e invece le parole del più giovane lo trattennero ancora una volta.
«Rio, ti ho ascoltato poco fa, so che le hai detto il tuo rpimo "MI DISPIACE” poco fa. Sei proprio sicuro di non volere che lei lo sappia?»
Senza senza aggiungere altro, Rio uscì richiudendosi la porta alle spalle.
Dopo due ore Yori riaprì gli occhi,, erano le undici e mezza di notte. Accanto a sé ritrovò JJ che le tamponava il viso, con espressione preoccupata. Con uno scatto fulmineo si mise seduta sul letto. Era ancora in quella tremenda camera d’albergo. Quello che era successo era ancora poco nitido nei suoi ricordi ovattati. Ciononostante c’era qualcosa nei suoi vaghi ricordi a risultarle indiscutibilmente chiaro: era la voce di Rio che la rassicurava. Si sollevò e iniziò a cercare in giro, nel bagno e nei corridoi. JJ la seguiva cercando di ravvederla, forse non era ancora in sé per l’episodio avvenuto con Mark.
«che cosa fai?»
«dov’è andato?»
«di chi stai parlando?»
«di Rio, sono sicura di aver sentito la sua voce, JJ dimmi la verità è venuto lui a.. beh hai capito..»
«di cosa stai parlando? Sono stato io a venire in tuo soccorso. Rio non sa nulla di questa storia. Dopo aver visto che non rispondevi al cellulare mi sono preoccupato. Ho dovuto lottare con quel energumeno e dopotutto questo devo anche sentirmi dire che è stato un’altro a salvarti! Non credi sia un po’ crudele da parte tua? Non merito nemmeno un grazie?»
“Perdonami ma ho promesso di non dirti la verità..”
Yori, era ancora titubante. La versione che le aveva dato JJ funzionava, ma solo per metà. Se davvero aveva lottato con Mark allora doveva riportare qualche segno di colluttazione, invece il suo viso era immacolato come sempre. La sua storia non reggeva per niente.
«JJ, è stato lui a chiederti di mentire non è vero?»
«di cosa parli?» cercò di far finta di nulla,
«puoi dirmi la verità ti garantisco che non dirò nulla a Rio, ma ho bisogno di sapere cosa è realmente successo. Ti prego…» il suo sguardo supplichevole fece cedere JJ.
«e va bene, è stato Rio.»
Yori prese posto sul letto al centro della suite. Lo sapeva ma la conferma di quel suo presentimento la fece sprofondare nella confusione più totale. “Allora mi ama ancora. Mi ha mentito per tutto questo tempo?”
JJ gli fu subito accanto.
«... nonostante lui voglia negarlo in realtà non ha mai smesso di amarti…»
Due lacrime silenziose scesero sul volto di Yori.
«.. siamo proprio due testoni non è vero JJ?…» continuò asciugandosele.
«adesso che farai? Tornerai da lui?»
«no, non posso … »
«ma perché?»
«non fraintendere JJ non ho intenzione di rinunciare a lui. So che mi ama e so che non sta rendendo pubblica la nostra storia solo per proteggermi, o almeno questa è l’unica soluzione plausibile. Però d’altro canto come potrei convincerlo? Anche se lo supplicassi lui non tornerebbe mai da me. C’ho già provato una volta ed è stato inutile. Non mi ha dato la possibilità nemmeno di parlare.»
«cosa pensi di fare?»
«Se lui non vuole ascoltarmi allora lo costringerò. Una volta riuscì a commuoverlo con la mia voce, forse con una canzone riuscirò a dirgli quello che provo e a convincerlo a rischiare. Non può prendersi sempre la responsabilità di tutto solo sulle sue spalle. Non è solo lui ad amare anche io ho imparato cosa vuol dire provare questi sentimenti per una persona. E non ho intenzione di rinunciare a lui per nulla al mondo…»
«Quando dici che ci riuscirai con una canzone, parli forse del brano che stavi scrivendo a casa dei tuoi nonni non è vero?»
«si, ho deciso che la canterò al live della prossima settimana. Ci sarà anche lui e così dovrà ascoltarla per forza.»
«spero davvero che  la tua musica lo faccia tornare in sé..»
«lo spero anche io..»

https://www.youtube.com/watch?v=Ao7f8hE9vvQ&feature=youtu.be

   
ITALIA
 
 
Mary era appena ritornata a casa, quel giorno aveva sostenuto il suo ultimo esame. Era finalmente arrivata alla fine o quasi del suo percorso di studi. Dopo quell’ultimo scoglio si sentiva già più libera. Le mancava solo la tesi.
Il quadro per la mostra era quasi finito, Eichi ancora non lo sapeva ma quel quadro sarebbe stato il suo regalo di Natale.
Se ci rifletteva la sua vita aveva ripreso a un ritmo quasi esagerato. In pochi mesi le sembrava di aver recuperato molto di quello che aveva perso nell’intero anno passato.  Si gettò distrutta sul divano. Era quasi mezzogiorno. In casa non c’era nessuno. Si rilassò a tal punto da crollare esausta.
 
Eichi era in giro per il centro commerciale.
Stava cercando il regalo giusto. Voleva che quel natale fosse speciale, probabilmente sarebbe stato  l’ultimo che avrebbero trascorso insieme.
Era più di mezz’ora che girava in cerca di un’idea. Dopo tanto girovagare in una vetrina trovò qualcosa che attirò subito la sua attenzione.
Era il ciondolo che gli aveva regalato Mary. La memoria di quel momento era saldamente impressa nei suoi ricordi. L’aveva davvero stupito. Voleva fare altrettanto per lei.
«Posso esserti d’aiuto?» chiese una commessa uscita per mettere ordine nella vetrina. «si, in realtà mi interesserebbe vedere qualcosa di carino per una ragazza. Lei è una persona a cui non piace mettersi molto in mostra quindi non sto cercando nulla di troppo sfarzoso. A dire il vero è la prima volta che faccio un regalo importante come questo quindi non so proprio da cosa incominciare. Pensavo a una collana…».
La commessa gli sorrise comprensiva.
«è per una ragazza speciale?»
«diciamo di si»
«se tu potessi descriverla con una parola come la descriveresti. Questo potrebbe aiutarmi…»
«credo sia il mio fiore di loto…»
«un fiore di loto?»
«si, nonostante la sua fragilità è stata capace di rimettere ordine nella mia vita. In realtà è molto più complicato di così… comunque in definitiva direi che per me è come un fiore prezioso.»
 
«beh, credo di avere la cosa giusta per te. Vieni accomodati pure» gli fece segno di entrare. Eichi la seguì.
La giovane commessa tirò fuori un piccolo rotolo di stoffa. Lo srotolò aprendolo con cura. All’interno c’erano molte collanine.
«Nella nuova collezione hanno deciso di riadattare molti soggetti floreali. Magari troviamo il fiore che cerchi. Eccolo, questo dovrebbe essere un fiore di loto» gli mostrò entusiasta il ciondolo. Era meraviglioso.



Era perfetta. In quel momento pensò che con quel regalo, sia nel bene che nel male, ognuno avrebbe custodito con se il ricordo dell’altro. Quel ciondolo a forma di fiore di loto e la stella attaccata alla sua chitarra erano la testimonianza evidente che ognuno conosceva la verità nascosta nel cuore dell’altro. Erano la prova della loro sincerità reciproca. La stella era un ricordo legato a Clara la madre di Mary e il fiore di loto un ricordo di suo padre. Era quasi ironico che la memoria di due persone così lontane li avesse fatti avvicinare.  Più osservava quel ciondolo e più si convinceva che fosse il regalo perfetto. Se lui era per Mary  la stella che aveva illuminato la sua vita dall’altra lei era il suo fiore di loto, il fiore che aveva rimesso luce e ordine nel suo caos.
 La sua ricerca poteva dirsi conclusa.
«è perfetta…» le confermò soddisfatto.
«che faccio Eichi, lo impacchetto» gli fece la commessa mostrandogli un occhiolino d’intesa.
“Come fa a conoscere il mio nome?”
«ti ho riconosciuto sai. Sono una tua grande fan. Non credevo mi sarebbe capitato di incontrarti in questo modo.»
«ah, si? »
«Posso chiederti un autografo?»
«certo! In cambio devo pregarti di tenere per te il nostro incontro…»
«non temere sarò muta come un pesce» lo rassicurò soddisfatta.
Eichi iniziò a scriverle su un foglio  una dedica.
“Marco allora aveva ragione. Non pensavo che i BB5 fossero diventati così famosi anche qui, in Italia”.
«Sai Eichi, ti sta bene il nuovo taglio di capelli. Lo hai fatto da poco?»
«da poco?» “che mi abbia già notato prima di oggi?”
«beh, fino a due settimane fa eri in televisione ancora con il tuo taglio lungo e biondastro. E’ da poco che sei qui in Italia?»
Da poco? Due settimane fa ero in televisione?Com’è possibile?”
«sai non vedo l’ora di ascoltare il tuo nuovo singolo. Dopo quelli di JJ, Daisuke, Rio e Hiro manchi solo tu all’appello. Come mai quella faccia? Sembra quasi, che tu non ne sapessi nulla!»
Eichi, era a dir poco disorientato. Cos’era quella storia? Come faceva ad essere comparso in televisione se erano quasi sei mesi che si trovava in Italia? Qualcuno doveva aver preso il suo posto. Quella era senza dubbio l’unica spiegazione plausibile.
«tieni pure il resto, adesso devo proprio scappare. Grazie di tutto!!»si congedò lasciandole i soldi sul bancone e  uscendo frettolosamente dal negozio. Doveva capire cosa diamine stava succedendo in Giappone.
In meno di venti minuti era a casa. Mary andò ad aprirgli ancora mezza addormentata, con i capelli arruffati e un’aria poco sveglia. A stento  riusciva a tenere gli occhi aperti. Eichi non aveva il tempo di farla riprendere, ne tantomeno di spiegarle la situazione per intero. La prese per mano e la strattonò in camera sua. Mary era l’unica a possedere un computer.  Doveva assolutamente accedere al sito della casa discografica da lì sarebbe potuto risalire alle ultime news. Dietro l’ansia e la preoccupazione si nascondeva il presentimento che il suo tempo con Mary era ormai giunto al termine.
«Eichi cos’hai? E’ successo qualcosa?» domandò ancora frastornata, una volta che furono nella sua stanza.
«Ho bisogno di usare il tuo computer…» le spiegò sintetico con un viso pallido e impensierito. Mary aveva capito che doveva essere successo qualcosa di grave. Senza aggiungere altro si sedette alla scrivania e lo accese. In silenzio attesero l’avvio del sistema operativo. Mary inserì la password e aprì il programma di navigazione.
«cosa devo cercare?» gli chiese diretta.
«Ho bisogno che accedi al sito della Kings Record…»
«Come al sito della Kings Record? Non avevi detto che per tutta la tua permanenza volevi tenerti lontano da… beh, insomma, hai capito. Come mai adesso vuoi controllare il sito della tua casa discografica? Non sarà successo qualcosa!» Mary aveva troppa paura. Paura che se fosse successo qualcosa in Giappone Eichi sarebbe dovuto partire immediatamente. L’idea la terrorizzava. Non aveva ancora preso una decisione e inevitabilmente sentiva che il momento per compiere la sua scelta era ormai prossimo.
« Ho la sensazione che in Giappone la situazione si stia complicando per causa mia…»
«complicando?». Mary sentiva la sua mano tremare guidare titubante il mouse, il cursore era fermo sul collegamento al sito ufficiale. Quella sarebbe stata la fine di tutto. Era un presentimento troppo evidente per poter far finta di nulla. Con un click quel bel sogno sarebbe sfumato.  Tentennò per pochi secondi ancora. Poi infine si decise ad aprire la pagine web.
In primo piano c’era proprio la notizia che interessava Eichi.
Il giovane cantante giapponese sfilò il mouse dalla mano incerta di Mary e iniziò a scorrere i vari articoli, in apprensione.
Non è possibile allora è proprio come pensavo. In attesa del mio ritorno gli altri sono usciti con dei singoli per ingannare l’attesa. Si sono impegnanti per tutto questo tempo in modo da coprire la mia assenza.” Il pensiero del duro lavoro che avevano dovuto sopportare per colpa sua lo fece sentire colpevole ed egoista come mai prima.
“Perché Roberto non mi ha detto nulla? Avevo il diritto di essere informato di questa storia…”
«Eichi tutto bene?» chiese Mary interrogativa, osservando il suo volto preoccupato. Ovviamente l’articolo era scritto in ideogrammi giapponesi e per lei era impossibile decifrarlo. Dalla sua espressione ansiosa era chiaro che fosse successo qualcosa di poco piacevole in Giappone.
Eichi non le rispose, ma riprese a scorrere le varie notizie dal sito internet. Dopo aver esaminato da cima a fondo le news, fece partire un video. Risaliva a poco dopo la sua partenza, la data era riportata in basso a destra. Fu l’unico dettaglio che Mary fu capace di decifrare. Era una conferenza stampa. I BB5 erano al completo, cosa insolita visto che lui in Giappone non c’era. Allora chi era quel ragazzo che aveva preso il suo posto?
Mary rinunciando a una risposta iniziò ad esaminare il video insieme con Eichi. Quelli dovevano essere i BB5 al completo. Grazie alla descrizione che le aveva fatto Eichi non fu troppo difficile riconoscerli. C’era Rio, Daisuke, JJ e Hiro.  Ma come era possibile che ci fosse anche Eichi tra loro? Lui in quel periodo era in Italia. Forse era per questo che Eichi era preoccupato?
«.. cosa diamine significa?» sbottò alla fine Eichi.
Al centro un ragazzo con le sue stesse fattezze se ne stava in silenzio con un enorme paio di occhiali scuri sul viso, mentre Rio e Daisuke rispondevano diligentemente alle domande dei giornalisti. L’unica cosa che non passava inosservata di quel ragazzo taciturno era un leggero tic nervoso. Non faceva che battere  ripetutamente le dita sul tavolo della sala stampa.
«…ma quello… no, non è possibile!» Eppure quel movimento per Mary era fin troppo famigliare.
«cosa non è possibile?» chiese Eichi interrompendo il suo silenzio meditativo.
«niente è solo che quel tic è lo stesso che ha mio fratello quando è sotto stress. Ma alla fine sono solo mie stupide supposizioni. Non penso possa essere lui..  me lo avrebbe detto… tra di noi non ci sono segreti.»
«..c’è un solo modo per scoprirlo..» Mary tornò a confrontarsi con quegli occhi tristi e preoccupati.
«Mary, io devo tornare in Giappone…»
Eccolo il momento tanto demandato era arrivato.
 
 
Mary era in camera sua. Il cuscino nel quale affondava il suo viso era ormai fradicio delle sue lacrime. Eichi aveva già fatto i biglietti per entrambi, nel caso lei avesse cambiato idea. Con o senza di Mary sarebbe partito dopo sei giorni.
“Cosa devo fare? Forse posso davvero andare in Giappone con lui…”. Mary si sollevò rimettendosi seduta. Aprì il primo cassetto del suo comodino e tirò fuori un passaporto nuovo di zecca. Lo aveva fatto senza dir nulla ne a suo padre ne a Eichi.
Se decideva di partire avrebbe dovuto rinunciare a molte cose. Non si sarebbe potuta laureare, non avrebbe partecipato alla mostra e avrebbe lasciato non solo suo padre ma anche tutti i suoi amici. Il suo cuore e la sua mente seguivano direzioni opposte. Voleva davvero agire senza pensare alle conseguenze ma non ci riusciva. Poteva davvero pensare di andar via proprio quando la sua vita aveva ripreso a funzionare?
Eppure in cuor suo sapeva che se aveva trovato la forza per ripartire era grazie a Eichi.
Chissà se sarebbe riuscita ad andare avanti anche senza di lui.
Il pensiero di non poterlo avere più vicino a se la confondeva e intimoriva.
Qualcuno bussò alla sua porta. Nascose il passaporto sotto il cuscino.
«avanti…»
Ad entrare fu Luigi. Tra le mani stringeva un enorme pacco.
«Mary è arrivato questo per te…» le disse lasciandoglielo sul letto.
«Grazie…» l’uomo le sorrise muovendosi verso la porta.
«Papà, posso parlarti?» l’imponente e barbuta figura di Luigi, si voltò verso di lei accondiscendente, come se già intuisse quali fossero le preoccupazioni della figlia.
«certo..» le si sedette accanto.
«…papà, io devo confessarti una cosa…» iniziò evitando il suo sguardo imbarazzata.
«…so già tutto.»
«come sai già tutto?»
«sarò anche vecchio, ma non sono poi così rimbambito!»
«…la colpa è solo mia, Eichi voleva dirtelo ma ho insistito io perché non lo facesse.. avevo paura che tutti si abituassero all’idea di noi come coppia e non volevo che una volta partito, tutti iniziaste a preoccuparvi per me… la cosa mi avrebbe solo fatto sentire peggio… spero tu possa capire e perdonarmi..» confessò con gli occhi lucidi.
«immagino quindi che tu non lo abbia detto nemmeno ad Angela…»
« ne a lei ne a Marco…»
«Ormai sei abbastanza matura per compiere le tue scelte, e un genitore in fondo non giudica mai i propri figli. Tutto quello che può fare è offrirgli i propri consigli, poi la scelta spetta a loro. Quello che voglio dirti è che per esperienza mentire non porta mai a nulla di buono… chi ti vuole bene avrebbe capito le tue motivazioni proprio come sto facendo io in questo momento. Non avresti dovuto nascondere la vostra storia ad Angela e a Marco. Le menzogne anche se dette a fin di bene posso ferire i sentimenti della gente…»
«perché mi dici questo?» gli domandò confusa
Luigi prese il pacco e glielo passò. Il mittente era Marco.
«Credo che qualcuno abbia nascosto quello che prova per troppo tempo… ora credo sia arrivato il momento di dirgli la verità…» Mary osservò quella scatola sospesa davanti ai suoi occhi. Era davvero molto confusa.
«Papà, io…» Mary incrociò gli occhi impazienti del padre.
Come gli dico che voglio partire con lui? Che anche sua figlia vuole abbandonarlo?”
«cosa c’è?» la spronò con dolcezza.
«…nulla. Solo, cercherò di fare come mi hai detto.»
Luigi le sorrise scompigliandogli premuroso i capelli. Dopo uscì lasciandola sola.
Mary riprese il passaporto dal sotto il suo cuscino.
“Non credo troverò mai il coraggio di andare via da qui…”
 
Luigi era fermo davanti quella porta.
“Mary ti ho già detto che non sono un vecchio bacucco. So già quali sono le tue vere intenzioni, ma non ce la faccio proprio. Se ti confessassi che ho capito anche questo, sarei costretto a lasciarti andare e francamente non penso di sopportare anche la tua partenza. Mi dispiace, figlia mia, hai un padre egoista che non vuole perderti.”
 
Eichi uscì proprio in quel momento dalla sua stanza. Luigi capì che non aveva altre soluzioni. L’unico su cui poteva fare pressioni era Eichi.
«Ragazzo possiamo parlare?» lo richiamò
«certo» il più anziano gli fece segno di seguirlo.
Erano nel suo piccolo studio. Alle pareti erano appese molte foto di Mary e Andrea.
«scusami, so che sei impegnato con i preparativi per la tua partenza…»
«si figuri, per parlare con lei ho sempre tempo» lo rassicurò guardandosi intorno curioso. La sua attenzione cadde proprio su una foto di famiglia. Sembrava recente.
«quelli siamo noi un anno fa…» gli spiegò Luigi avvicinandosi al quadro.
«Mary assomiglia molto a sua madre» notò incuriosito il più giovane.
«si lo so…» gli occhi di Luigi per pochi istanti si tinsero di nostalgia. subito dopo cercò di cambiare discorso.
«Eichi in realtà ti ho chiamato proprio per parlare di Mary…»
«ah, si?»
«so tutto della vostra storia, non posso dire che la cosa mi abbia reso molto felice.»
«mi dispiace so che avrei dovuto chiederle il permesso…»
«non è per questo che la cosa mi ha rattristato.  La verità è che immaginando che prima o poi il  momento della partenza sarebbe arrivato, mi sono preoccupato che Mary potesse soffrirne.»
«Io non ho mai voluto far soffrire Mary. In un certo senso ci siamo preparati a questo momento, quindi non si deve preoccupare..»continuò Eichi ostentando una sicurezza poco convincente.
«proprio come pensavo, alla fine l’incosciente non è solo mia figlia.»
«cosa?»
«Eichi, so che mia figlia vuole seguirti in Giappone. Non chiedermi come ho fatto a scoprirlo. Conosco bene Mary. Sai benissimo che non posso impedirglielo. Non è più una bambina. Per questo voglio chiarire due cose con te prima di lasciarla andare. Sei consapevole che venendo con te in Giappone lei si ritroverebbe spaesata in un posto dove non conosce nessuno e in cui tutti parlano una lingua a lei sconosciuta?»
«non sarebbe sola ci sarei io a prendermi cura di lei…»
«anche quando sarai in tournée o in giro per qualche promozione?»
«la porterei con me»
«e così le precluderesti ogni possibilità di coronare anche i suoi di sogni? Laurearsi, avere un lavoro e realizzarsi? La lasceresti diventare solo l’ombra dietro la tua luce?»
«questo non accadrebbe mai…»
«ne sei sicuro? Dovresti sapere meglio di me che il tuo mondo è complicato. Tua madre ha sofferto proprio a causa delle pressioni dettate dalla vita che tuo padre conduceva in Giappone sei sicuro che non feriresti nello stesso modo anche Mary?»
«Io non sono come mio padre non l’abbandonerei mai…»
«Sono convinto che neanche lui volesse abbandonare tua madre, eppure è stato costretto a farlo. Sai che non è di te che dubito ma di quello che sei per gli altri nel tuo paese. Vuoi davvero che lei prenda distanza dai suoi affetti solo per un tuo capriccio, le lasceresti dire addio alla sua vita senza neanche aver pensato prima ad abbandonare tu la tua?»
«io…io..» Eichi tentennava.
Come ho fatto a pensare che la vita di Mary fosse l’unica sacrificabile. Perché non ho pensato minimamente al fatto che avrei potuto fare anche io lo stesso? Come ho potuto essere così egoista?”
Luigi aveva ragione.
«Come vedi, non sei tu che non puoi abbandonare la tua vita ma la tua vita che non può abbandonare te. Hai troppe persone che contano sul tuo lavoro. Ti capisco e per questo non posso biasimarti.»
«Mi sta chiedendo di dissuadere Mary dal venire con me in Giappone?»
«Eichi, mi dispiace ma non voglio che mia figlia soffra più di quanto non abbia già fatto qui..»
«capisco…»
 
 
 
 
GIAPPONE
 
 
Dietro le quinte i truccatori e tutto lo staff si davano un gran da fare, spostandosi caoticamente da una parte all’altra dello studio televisivo. Yori li osservava muoversi con sicurezza compiendo azioni pressoché ripetitive come automi inespressivi. La seriosità delle loro espressioni non lasciava trasparire ne stanchezza ne nervosismo. Si muovevano con passo sicuro da un artista all’altro. Era seduta in un angolo e a breve sarebbe stato il suo turno. Stringeva nervosamente le mani a pugno cercando di mascherare l’ansia.
Era una sensazione nuova. No che non avesse mai cantato prima di allora ma quella era la prima volta che si esibiva con un pezzo scritto interamente di suo pugno. Quelle parole venivano direttamente dal suo cuore e condividerle in quel modo era come rendere pubblico qualcosa di intimo e personale, stava per confessare tra le righe di quella canzone il suo amore per Rio. Se lui non era capace di fare un passo nella sua direzione lei ne avrebbe fatti due per entrambi. Non poteva rinunciare a lui. Nella sua vita aveva sempre lottato fino all’estremo e anche questa volta non sarebbe stato diverso. Sapeva che anche lui provava lo stesso sentimento che la dilaniava giorno dopo giorno, e doveva solo fargli capire che lei lo sapeva e che non si sarebbe mai arresa.  Si portò tremante una mano al petto per  rassicurarsi nella solitudine dei suoi pensieri. Il suo sguardo si fece carico di una sicurezza nuova.
Nel profondo sperava davvero che anche questa volta la sua voce potesse toccargli il cuore come  quel giorno nello studio del signor Otzuki. 
Yori sapeva che Rio stava mantenendo le distanze per difenderla ma lei non aveva bisogno di essere difesa se questo voleva dire rinunciare all’unico amore della sua vita.  Rio nella sua vita aveva rinunciato a molte cose pensando al bene degli altri chiudendosi nella solitudine di una vita fredda e priva di calore. Se Rio era stato abituato a rinunciare lei invece aveva imparato a lottare, era per questo che non poteva rinunciare a lui così facilmente. Insieme avrebbero affrontato le conseguenze della loro storia. Yori era pronta a tutto, ora spettava a lui decidere se rinunciare anche questa volta o lottare affrontando le conseguenze dettate dai suoi sentimenti. Finalmente aveva l’occasione di dirgli ciò che aveva trattenuto quella sera sotto la fitta pioggia invernale. Il vero amore non conosce orgoglio e Yori finalmente lo aveva capito. Non importava quanto stupida sarebbe sembrata insistendo ancora una volta. Avrebbe continuato anche se lui continuava a calpestarla lei si sarebbe rialzata e avrebbe continuato a lottare. Lei doveva provarci ancora una volta.
I suoi pensieri furono distolti da una voce che la richiamava a distanza. Si girò in quella direzione e vide JJ andargli in contro. Con lui c’erano tutti compreso Andrea travestito da Eichi. erano tuttimo molto eleganti. L’unico in ritardo era Rio. Yori lanciò uno sguardo malinconico al gruppo prima di salutarli calorosamente.
«Beh, come ti senti? Alla fine ti sei decisa a cantare quella canzone?» le domandò leggermente preoccupato JJ.
«si…» proseguì laconica Yori, mentre continuava a guardarsi intorno.
«Rio, era con il signor Marini tra poco dovrebbe raggiungerci…» intervenne Daisuke cercando di rassicurare la ragazza.
«capisco…»
«Yori, va tutto bene? Sei così pallida!» intervenne Andrea avvicinandosi premuroso alla giovane cantante, aiutandola a prendere posto su una sedia li vicino.
«a dire il vero sono un po’ agitata.. è la prima volta che canterò da sola e poi oltretutto un pezzo scritto per intero da me… non so se piacerà…»
«vedrai che andrà benissimo…» la rassicurò anche Hiro, porgendole un bicchier d’acqua, preso da una di quelle macchinette da ufficio.
«grazie ragazzi, le vostre parole mi fanno sentire molto meglio, anzi a proposito Hiro quando tornerà Misako? Non ho avuto ancora il piacere di incontrarla…»
«tra quattro giorni…» le rispose conciso mentre tornava a isolarsi dal gruppo. Hiro era fatto così. Ogni volta che si parlava di Misako si chiudeva in se stesso. Yori aveva capito che le cose tra loro erano molto più complicate di quanto potessero sembrare.
Accerchiata dai quattro ragazzi Yori non poté notare Rio e il signor Marini avanzare nella loro direzione.
«Bene ragazzi, devo comunicarvi un breve cambio di programma…» intervenne il manager del gruppo richiamando l’attenzione del piccolo gruppetto.
Yori a quella voce sobbalzò sollevandosi di scatto, mentre gli altri quattro componenti si voltarono verso il Signor Marini. In quel momento Yori incrociò impacciata per pochi istanti lo sguardo sostenuto di Rio. Lo stesso trattenne quello scambio solo per pochi secondi poi tornò a ignorarla.
«Zio cosa vuol dire?» chiese sconcertato JJ.
«Il direttore vuole che cantiate un medley dei vostri brani migliori e che con voi canti anche Yori…»
«cosa…?» Yori era a dir poco sconvolta. «ma non conosco le coreografie…» improvvisò in ansia.
«per quella ti basterà imparare qualche semplice mosse per il resto seguirai quello che fanno loro… per i testi immagino tu li conosca..» la rassicurò uno stanco signor Marini.
«io…» provò ad insistere.
«mi dispiace piccola ma sono direttive che vengono da su. Preparati, dopo la tua performance, ti esibirai con loro…» concluse il signor Marini prima di allontanarsi dal gruppo era pallido e sembrava invecchiato di 10 anni in un sol colpo. Andrea guardava la stremata figura del loro manager allontanarsi lentamente quasi trascinandosi fino ai bagni.
Daisuke si avvicinò premuroso a Yori posandole amichevolmente una mano sulla spalla «non preoccuparti c’è ancora tempo prima che abbia inizio la tua esibizione ti mostrerò pochi passi e vedrai che saranno così semplici che li imparerai in un baleno…» la consolò Daisuke.
«grazie…» continuò malinconica.
«questa è la scaletta…»intervenne Rio mostrando l’elenco dei brani al gruppo. Yori l’osservava taciturna cercando di leggere nei suoi occhi scuri e indifferenti qualche segno di incertezza e debolezza. Qualcosa che potesse dare speranza. Il ricordo di quella notte era limpido nella sua mente, quel bacio e quelle carezze non se le era sognate. Se era corso da lei in quel modo era perché l’amava e allora perché insisteva col dimostrarle il contrario?
In quel momento notò un piccolo cerotto sulla sua fronte e le nocche della sua mano destra leggermente arrossate. Per lui che ci teneva molto alla perfezione vedere il suo corpo ridotto in quella maniera era qualcosa che cozzava con il suo carattere, serio e posato. Il presentimento che fosse stato causato dalla colluttazione di quella sera la raggiunse immediatamente. Rio sembrò leggere nei pensieri della ragazza quella incerta intuizione così decise di allontanarsi con una scusa. Yori fece per raggiungerlo ma fu bloccata da Daisuke. Prima di andare dovevano preparare i passi della coreografia e avevano davvero pochissimo tempo.
Rio era uscito per fumare una sigaretta, non che lui fosse un fumatore incallito, fatto sta che la nicotina era diventata un facile rimedio contro l’ansia. Un membro dello staff gliene aveva passata una senza troppe storie.
Dei passi rapidi alle sue spalle lo fecero risalire. Era JJ lo aveva raggiunto per comunicargli l’inizio delle riprese. Ma lui per il momento non aveva alcuna voglia di raggiungere il gruppo. Vedere Yori ogni volta gli procurava un dolore immenso. Se poteva rimanergli lontano tanto meglio.
«Rio, credo che dovresti venire di là adesso, tra poco sarà il turno di Yori.»
«un motivo in più per rimanere qui…» disse gettando la cicca della sigaretta per terra calpestandola energicamente con il suo mocassino nero tirato a lucido.
«perché devi comportarti in questo modo? Non capisci quanto importante sia questa canzone per lei? Ha bisogno di sapere che tu sarai lì ad ascoltarla. Perché il tuo orgoglio deve spingersi così lontano?»
«..JJ lasciami in pace, non ho proprio voglia di discutere con te»
«e invece adesso discutiamo… hai davvero intenzione di lasciar andare anche lei senza lottare?»
«…cosa vuoi dire con “anche lei”?» lo squadrò incerto il più grande.
«Rio, so di quello che hai sempre provato per Misako…»
«cosa?» era la prima volta che JJ vedeva lo sguardo sconvolto di Rio. In quel momento il dubbio di aver esagerato lo assalì sconvolgendolo. Tanto valeva confessare tutto ormai.
«…ricordi dopo il nostro concerto a Osaka? Bevemmo tutti come delle spugne per festeggiare il nostro successo. In quella occasione confesso di aver fatto finta di bere. Così mentre tutti erano crollati esausti, tu ti appartasti sul divano accanto a me e diventasti improvvisamente malinconico così tanto che iniziai a preoccuparmi fu in quel momento che confessasti tutto alla persona più vicina che guarda caso ero io… in realtà in quel momento ho odiato la falsità con cui nascondevi i tuoi veri sentimenti a Eichi… un vero amico non dovrebbe avere segreti di quel tipo… dopo però ho compreso che se avevi lasciato perdere era perché la tua amicizia per mio fratello era davvero sincera.
Allora cercai di comprenderti proprio come ho fatto all’inizio del tuo litigio con Yori ma adesso vedendo come ti comporti credo che a sbagliare sia solo tu.
Sai qual è la cosa che capisco meno di tutte? Il perché tu stia rinunciando anche a Yori nello stesso modo con cui hai rinunciato a Misako. Non sarà che adesso come allora l’unica persona che non vuoi ferire, in realtà, è te stesso?»
Rio senza aggiungere nulla alle parole dell’amico lo superò incollerito. JJ lo fermò appena in tempo. La sua mano era ferma mentre teneva stretto il ragazzo altro e slanciato con giacca e papillon.
«non scapperai dai tuoi sentimenti anche questa volta Rio. Perché in questo caso il tuo comportamento non ferirà solo te stesso ma anche Yori e io non posso permettere che accada…». Rio si divincolò dalla presa dell’amico.
«Pensavo che avessi capito che sto facendo tutto questo solo per proteggerla…»
«proteggerla un corno… queste sono solo scuse e tu lo sai bene»
«pensavo che vista la tua storia con Akiko tu avresti capito quanto dura sia la vita per chi decidiamo di amare… »
«proprio perché lo capisco mi sento in dovere di ricordarti che in entrambi i casi, sia che tu torni da lei che se deciderai di lasciarla per sempre, lei soffrirà ugualmente. L’unica cosa che devi decidere adesso è se vuoi comportarti da codardo e lasciarla soffrire da sola o comportarti da uomo e starle vicino anche se questo vorrà dire vederla soffrire e soffrire con lei. Io ho preso la mia decisione, ora sta a te scegliere che strada intraprendere… quella di una codarda ma confortante solitudine o quella più rischiosa e imprevedibile dell’amore….»
«Parli proprio come lei… non pensate a quello che succederebbe se venissimo scoperti?»
«Rio è questo il tuo problema, pensi troppo… certe volte bisogna vivere d’istinto. E’ per questo che non siamo mai andati d’accordo!»
«JJ è inutile che insisti ho già preso la mia decisione» Rio si mosse una seconda volta per allontanarsi da quelle verità troppo scomode da accettare. JJ non poteva lasciarlo andare così. Doveva convincerlo a fare un passo verso Yori. Sapeva che a entrambi bastava poco per riavvicinarsi. Così le sue parole tornarono a bloccare la ritirata dell’amico.
«la verità è che hai paura di avvicinare le persone perché hai il terrore che prima o poi ti lascino solo… anche se i tuoi genitori non hanno accettato le tue scelte e se hai perso il tuo primo amore non vuol dire che tutto il mondo ti volterà le spalle. Dalle una possibilità e questa volta ascolta cosa ha da dirti. Non scappare come quella sera in macchina, dai una possibilità alla vostra storia. So che lo vuoi anche tu, altrimenti non l’avresti mai baciata. Combatti per lei e con lei non lasciarla da sola mentre canta al mondo intero quanto è sincero il suo cuore…»
Rio senza raggiungere altro finalmente si rifilò.
JJ sconfitto raggiunse Daisuke. Yori era con lui.
«dov’è…?» chiese la ragazza  con occhi disperati.
«mi dispiace Yori..» proferì sintetico.
La ragazza chinò il capo delusa. Come aveva fatto a sperare che lui le sarebbe rimasto vicino in quel momento?
Daisuke poggiando delicatamente le sue mani forti e confortanti sulle esili spalle di lei, la richiamò dolcemente.
«Yori, non pensarci. Dai il meglio di te su quel palco, noi saremo qui a tifare per te…» le sorrise solare come sempre.
La giovane cantante ricambiò poco convinta prima di allontanarsi.
Le luci su quel palco erano davvero accecanti. Le speaker la stavano già presentando. La traccia strumentale partì all’improvviso. Qualcuno la invitò ad avanzare. Era al centro della pista. Per un attimo la voce le morì in gola. Tanto che i tecnici furono costretti a interrompere l’esecuzione della base.  
“Adesso che faccio?”
Yori era nel panico. Voleva solo scappare. Si sentiva persa e sola.
Aveva bisogno di vederlo e sapere che era lì per lei. Doveva cantare ma per la prima volte non ci riusciva.
“Cosa mi succede?”
Come per cercare una via di uscita si guardò intorno e proprio verso le quinte lo vide. Rio era in piedi immobile con uno sguardo severo e impassibile proprio come quel giorno nello studio del Signor Otzuki, con un impercettibile movimento della testa la incoraggiò ad iniziare. In quel momento una lacrima scese sul candido e incredulo viso di Yori, era tornato non l’aveva lasciata sola. Più sicura raccolse tutte le sue forze e chiedendo scusa al pubblico ripartì.  Lanciò un ultimo sguardo a Rio poi la base riprese e iniziò a cantare.
 
  Adesso non poteva fallire Rio aveva fatto il suo passo verso di lei adesso toccava a lei raggiungerlo con la sua musica.
http://www.youtube.com/watch?v=UNtG_7HBnaU
La canzone aveva un ritmo lento e malinconico. Le parole le uscirono limpide e profonde. Rio più la guardava e più le sembrava bellissima. Sotto le luci di quei riflettori brillava ancora più luminosa. Era la prima volta che la vedeva versare lacrime e per di più per colpa sua. Dopo quanto aveva visto non poteva lasciarla soffrire ancora in quel modo.
Cosa devo fare con te? Ti lascio sola per poco e guarda cosa mi combini! Forse ha ragione JJ devo smetterla di pensare e provare ad agire per una volta nella mia vita, senza pensare troppo alle conseguenze.”
Rio sorrise tacitamente. In quel momento aveva preso la sua decisione: non avrebbe rinunciato all’amore una seconda volta.
Non si sarebbe arreso anche questa volta.  
 
La canzone si era conclusa. Yori corse dietro le quinte ma di Rio non c’era più alcuna traccia. Una costumista la trascinò nel camerino e le fece cambiare l’abito. I suoi capelli erano stati smossi in linee curve e vaporose e l’abito che indossava sostituito con uno bianco davvero molto sensuale. Si sentiva completamente a disagio conciata a quel modo. Poi finalmente qualcuno la venne a richiamare. Era pronta.
I componenti  erano tutti riuniti ma ancora una volta mancava Rio.
«Ma dove diavolo è finito?» si lamentava JJ.
«Non avrai mica esagerata come al solito?» lo riprese Daisuke.
«…non dire sciocchezze io non esagero mai!»
«Ragazzi vado a cercarlo nel caso non sia ancora di ritorno iniziate l’esibizione senza di me…»
«non puoi andare via anche tu…» Daisuke non riuscì a trattenere con le sue parole il giovane aspirante manager che nel frattempo si era già rifilato allontanandosi dal gruppo in apprensione.
Erano rimasti in quattro: Hiro, Daisuke, JJ e Yori che li aveva appena raggiunti.
Una voce in lontananza catturò poco dopo la loro attenzione.
“Questa canzone è dedicata a una persona molto importante. Lei capirà.”
I quattro senza dirsi nulla si sporsero oltre le quinte. Sul palco c’era Rio.
«Ma cosa cavolo sta facendo?» si meravigliò Daisuke.
Alle spalle li raggiunse il signor Marini.
«scusate il ritardo ma Rio mi ha chiesto un favore che non mi sono potuto rifiutare»
«e quale sarebbe?» chiese il più giovane.
«tra poco lo scoprirete.»
Yori rimase immobile ad osservarlo mentre serio si muoveva sotto i riflettori dello show televisivo. Che ci faceva Rio sul palco da solo? Non aveva dato loro una scaletta da seguire? Perché improvvisamente aveva stravolto tutto? E poi cos’era quella canzone? Non l’aveva mai sentita prima. Che l’avesse scritta quando si erano lasciati?
Man mano le note si susseguivano in un ritmo vorticoso, con esse le parole di quel brano le mozzarono il fiato. Erano per lei. Le stava confessando il suo amore. Allora era vero, aveva mentito per tutto questo tempo e come lei aveva sofferto in silenzio. Adesso finalmente era tutto chiaro. Rio non aveva mai smesso di amarla.
Rio cantava ed era la prima volta che metteva quello che realmente sentiva in una canzone.
Era stanco di andare avanti in quel modo. Tenendo tutto dentro senza mai trovare il coraggio di reagire.
Aveva deciso di amarla e di confessare il loro amore al mondo intero, le conseguenze le avrebbero affrontate insieme. Quella promessa fatta al signor Otzuki l’avrebbe mantenuta ma a modo suo.
Avrebbe protetto Yori standole vicino e non a distanza come aveva provato a fare per il suo bene. Era arrivato il momento di prendersi la responsabilità dei suoi sentimenti una volta per tutte. Questa volta non sarebbe stato un codardo, non poteva lasciarle provare il sapore della solitudine una seconda volta.
Le parole esprimevano tutto il dolore per la sua scelta e le imploravano perdono. Quando la musica cessò Rio, si voltò stremato verso le quinte. Incrociò serio il volto commosso Yori e il dolce sorriso sul suo volto.
 «perdonami…» furono le sue ultime parole prima di uscire dal lato opposto del palco.
Yori provò ad andargli incontro ma venne bloccata dal signor Marini.
«adesso c’è la vostra esibizione…parlerete dopo» le spiegò comprensivo.
Yori acconsentì. La traccia musicale iniziò e insieme con essa fecero il loro ingresso sul palco Daisuke e Yori. L’esibizione poteva così incominciare. Ognuno dei membri aveva un breve estratto da cantare in duetto con Yori. Dopo Daisuke fu il turno di JJ. Alla fine mancava solo Rio. Yori non sapeva ancora cosa aspettarsi. Era la prima volta che duettavano insieme e soprattutto non aveva la più pallida idea di quali sarebbero stato l’esito del loro incontro, l’unica cosa certa era che i loro sguardi non sarebbero stato più oscurati da mezze verità ma limpidi dei loro veri sentimenti.
Yori attendeva al centro della pista l’arrivo dell’ultimo dei BB5. Rio fece il suo ingresso uscendo attraverso una piattaforma dal basso. Avanzò sicuro nella sua direzione mentre la musica continuava ovattata nelle orecchie di Yori che aveva occhi solo per lui. Avrebbe voluto dirgli tante cose ma le uniche parole a uscirle fuori erano quelle della canzone in scaletta. Contro ogni preavviso la musica fu abbassata. Yori non avendo provato nulla ovviamente era costretta a seguire quello che succedeva senza alcun copione. In quel momento la soluzione che reputò più giusta, a quel cambio di scena, era rimanere immobile. Rio prese ad avanzare nella sua direzione. Il cuore quasi le esplodeva nel petto. Le girò intorno un paio di volte soppesando meditativo e divertito quale sarebbe stata la sua mossa successiva. A Yori non rimaneva altra scelta che lasciare libero spazio a Rio. Così rimase ferma al centro della pista. Rio concluso il suo secondo giro si avvicinò alla giovane cantante cincendole il viso con le sue mani.
“Cosa ha intenzione di fare adesso?”
Quel contatto le fece ribattere il cuore a un ritmo irrequieto. Non aveva la più pallida idea delle sue intenzioni.
Prima che lo stesso potesse recuperare un ritmo regolare avvertì la pressione delle mani di Rio che guidavano con delicatezza il suo viso. In meno di un secondo le loro labbra si incontrarono in un bacio del tutto fuori programma.
“Yori questo è per ringraziarti di non aver rinunciato ad amarmi” Rio le sorrise prima di allontanarla. Yori ricambiò felice.
“questa è la tua risposta. Alla fine hai deciso di rischiare il tutto per tutto per me”.
Completarono l’esibizione sotto gli scatti avidi dei giornalisti intervenuti.

https://www.youtube.com/watch?v=POgT0C0ib9g&feature=youtu.be
Rapidi tornarono dietro le quinte.
Il signor Marini era lì  ad attenderli.
Era serio e preoccupato come non mai.
«Rio, dobbiamo parlare» concluse sintetico quando vide i ragazzi venirgli in contro.
Rio lanciò un ultimo sguardo verso Yori, era evidente che fosse preoccupata per lui. A causa di quel fuori onda adesso si sarebbe creato uno scandalo giornalistico di dimensioni colossali. E tutto perché Rio aveva voluto accontentare una sua richiesta.
Si sentiva colpevole. Rio però con un solo sguardo cercò di rincuorarla prima di allontanarsi in disparte con il loro manager.
JJ notando l’amica preoccupata corse subito verso di lei.
«non preoccuparti Rio sa sempre quello che fa. Avrà soppesato con calma le sue azioni.»
«devo andare a spiegare che tutta questa situazione è solo colpa mia…» spiegò prima di correre da Rio.
JJ non fece in tempo a fermarla.
 
Il signor Marini era serio e preoccupato. Era in una stanza chiusa al pubblico. Dovevano discutere privatamente della questione per evitare che voci sbagliate iniziassero a girare.
«Rio, questa da te non me l’aspettavo proprio. Adesso chi lo spiegherà al direttore?»
Yori nel frattempo aveva avvertito le loro voci. Con cautela si avvicinò alla porta che era appena socchiusa. Stava per entrare e spiegare tutto quando le parole di Rio la fecero esitare ancora una volta.
«Non ci sarà bisogno di spiegare nulla al signor Otzuki.»
«Cosa vuoi dire? era tutto programmato?» domandò sconvolto il signor Marini.
«Aveva bisogno di uno scoop per la stampa e io ho pensato di offrirglielo su un piatto di argento. In fondo Yori è entrata alla Kings Record per questo motivo… »
«quindi il signor Otzuki ti ha chiesto di smentire la cosa e presentare l’episodio come una performance?»
«questo è quello che mi ha chiesto di fare…»
Non poteva credere alle sue orecchie.
Per Rio allora era stata solo questione di lavoro e niente di più. E lei che si era illusa che ci fosse qualcos’altro. Come avevo potuto credere che sarebbe cambiato per lei.
“e pensare che mi sono anche commossa alla sua canzone e che gli ho sorriso come una stupida. Chissà come avrà riso della mia stupida ingenuità!!”
Yori si allontanò in lacrime, voleva solo tornare a casa sua e dimenticare tutto, o forse no. Prima le rimaneva un’altra cosa da fare.
 
Tra il manager e l’anziano membro dei BB5 la discussione non era ancora volta al termine.
«…Zio in realtà non ho intenzione di smentire un bel nulla»
«Rio allora il bacio non era solo finzione?»
«Credo che il signor Otzuki non si arrabbierà più di tanto. dopotutto abbiamo ottenuto  entrambi quello che volevamo. Il signor Otzuki avrà il suo scoop e io potrò riavere al mio fianco la donna che amo. In realtà non vedo l’ora di andare da lei. Quindi, mi dispiace interrompere la nostra conversazione, ma ho una ragazza che mi aspetta.» il signor Marini gli sorrise commosso.
« Sono felice che tu abbia deciso di abbandonare la tua autocondanna alla solitudine. Non sapevo per quanto tempo ancora ti saresti punito per quella omissione. Yori è una brava ragazza e sono convinto che ti ami davvero molto. Solo, non dimenticare che adesso dovrai lottare per entrambi. »
«Non sono mai stato più pronto di così nella mia vita. Difenderò quello che ho conquistato con i denti e le unghie questa volta.» si congedò con un inchino prima di uscire. Era così euforico da non poter ancora credere che tutto fosse reale. Doveva vedere Yori. Ad attenderlo invece trovò JJ.
Con uno sguardo compiaciuto lo salutò. L’altro invece rimase  rigido come un tronco.
«JJ, hai visto Yori?»
Senza degnarlo di una risposta gli mollò un cazzotto dritto in faccia.
Rio cadde sul pavimento.
«non ti azzardare ad avvicinarti più a lei!» lo minacciò furente.
Rio si risollevò dolorante «ehi, ma cosa cazzo ti prende! ti sei forse fumato qualcosa?» si stava ancora massaggiando la guancia dolorante, quando JJ gli voltò le spalle allontanandosi irritato.
Rio lo seguì e lo fermò.
«cosa significa? Non sei stato tu a dirmi di prendere una decisione?»
«ho visto che bella decisione hai preso!        Le mie parole sono state solo fiato sprecato! Pretendi anche che ti dica dov’è! Hai scelto di trattarla come una pedina.  L’hai illusa per ridere di lei e dei suoi sentimenti alle sue spalle come hai fatto con tutte le ragazze venute dopo Misako. Dimmi la verità ti diverte così tanto prenderti gioco dei suoi sentimenti?  Ed è inutile che trovi scuse inutili questa volta! ti ha sentito mentre parlavi con lo Zio»
«quale parte ha sentito?»
«come quale parte?»
«Avrebbe dovuto ascoltare il discorso per intero. Perché deve sempre fraintendere tutto?»
«cosa c’era da fraintendere? a me è sembrato tutto fin troppo chiaro stando a quello che mi ha riferito»
«scusa JJ devo chiarire con lei prima che sia troppo tardi dov’è andata?»
«perché dovrei dirtelo?»
«perché quel bacio non era finto! Non ho alcuna intenzione di smentire i miei sentimenti ancora un volta. Io la amo. Ti prego dimmi dov’è andata»
JJ era ancora abbastanza perplesso.
«cosa devo fare con voi due?» sospirò «credo sia andata alla Kings Record. Credo volesse parlare con il signor Otzuki»
«Grazie!» fece per allontanarsi, ma si bloccò «questo te lo restituirò un giorno!!» disse indicando la sua guancia arrossata. Dopo corse allontanandosi. All’esterno un gruppo di giornalisti lo accerchiarono.
“Perfetto questo era proprio quello che volevo”
 
Il signor Otzuki era nel suo ufficio alla kings Record. Era stato appena trasmessa la diretta del bacio tra Rio e Yori.
“Quel ragazzo… ”
Non completò i suoi pensieri, interrotti da due colpi precisi e sicuri alla sua porta.
«avanti» esordì quasi sovrappensiero.
Yori fece il suo ingresso nella stanza.
«cosa ci fai qui?» le domandò sorpreso il direttore.
«ho un paio di cose da chiarire con lei» le spiegò sintetica richiudendosi la porta alle spalle.
«sentiamo pure…»
«primo io non sono e non sarò mai il burattino di nessuno. Qualsiasi cosa avevate in mente lei e Rio io non ci sto…»
«credimi ciò che avevo in mente io non ha nulla a che fare con ciò che aveva in mente Rio. E’ stato così fin dall’inizio dopotutto.  »
«cosa sta dicendo?»
«Qunado ti chiesi se avevi delle preferenze nel cantare in duetto con uno dei BB5 l'ho fatto per verificare se tra voi ci fosse davvero qualcosa. In quel momento credevo avresti scelto Rio e invece non lo hai fatto. Così ho pensato di aver interpretato male l'interessamento di Rio e così ho continuato a credere che tra voi non ci fosse nulla. Almeno fino a questo momento. Yori, devi sapere che quando gli illustrai la mia intenzione di usarti per intrattenere la stampa lui provò a dissuadermi in ogni modo e alla fine ha cercato di proteggerti come meglio poteva, penso tu sappia benissimo ormai il motivo per cui ha deciso di allontanarti. Francamente allora non avevo capito quanto ti amasse. Ma oggi disobbedendo per la prima volta ai miei ordini credo lo abbia dimostrato ad entrambi… Se non ci credi guarda tu stessa…»
«cosa vuole dire con disobbedire? L’ho sentito con le mie orecchie che quel bacio era stato progettato da entrambi… »
«forse il bacio si, lo era,  ma non questa dichiarazione…»
Così dicendo l’uomo in giacca e cravatta dietro la scrivani fece partire un video sullo schermo del suo pc, ruotandolo in direzione di Yori.
«questo video ormai è già diffuso su tutta la rete, credo sia opportuno che tu lo veda…»
 
Su quello schermo c’era Rio. In primo piano le mani di almeno una dozzina di giornalisti che reggevano avidi e bramosi i loro microfoni. Ogni tanto il volto di Rio diventava pallido per via dei flash delle macchine fotogeniche.
«Ci dica quel bacio era solo una performance televisiva o qualcosa di diverso? La canzone fuori programma ha forse un’attinenza con quello che è accaduto?»Era la voce di un giornalista fuori campo.
Rio serio e autoritario come sempre era ormai allenato a quel genere di pressione mediatica, e sembrava gestire con controllo e moderazione le domande insistenti dei giornalisti. Prese un respiro profondo. In quel momento intorno a lui tutto si fece silenzio a dispetto dei click delle macchine fotografiche insistettero indiscrete.
«Voglio essere chiaro una volta per tutte. Quello che è successo non era una performance, ne uno spettacolo per intrattenere degli spettatori smaniosi. Quello che abbiamo esibito è la sincerità dei nostri sentimenti. So che è stato impulsivo da parte mia agire in quel modo, e per questo motivo chiedo scusa alla mia casa discografica e a chi mi ha dato fiducia per tutto questo tempo, e chiedo scusa ancora di più alle mie fan per aver tenuto nascosta la nostra storia, non avrei mai voluto che  il successo di Yori fosse condizionato dalla mia fama. Mi auguro che questo episodio non crei disagi a nessuno e che le nostre fan continuino a seguirci con affetto ed entusiasmo, come hanno sempre fatto. Questo ci renderebbe molto felici. So che quanto ho fatto potrebbe scatenare situazioni poco piacevoli a chi amo  ma avevo bisogno di dimostrare a Yori quanto l’amo.  Mi auguro che lei vorrà perdonarmi, ho agito senza chiederle il ben che minimo consenso e per questo sono profondamente mortificato.  Yori se mi stai vedendo vorrei poterti dire grazie, grazie perché per merito tuo la mia vita è cambiata. Mi hai insegnato che chiedere scusa alle volte è la cosa più difficile ma anche il regalo più bello che si possa fare, ho imparato che un bacio ha un valore profondo. Grazie a te ho compreso che la solitudine può fare male molto di più quando si ama davvero qualcuno, ho capito che i sentimenti non sono mai scontati e che per noi che amiamo la musica una canzone dovrebbe essere sempre lo specchio dei nostri sentimenti e non delle nostre apparenze. Ma, cosa più importante di tutte, ho finalmente appreso quanto stupido sia stato da parte mia credere di poter andare avanti senza di te. Yori se mi stai ascoltando, voglio che tu sappia che Ti amo, sinceramente, con tutto il mio cuore...». Detto questo si allontanò dai giornalisti che ancora pieni di domande iniziarono a seguirlo. Inserito il casco nero salì sulla sua moto allontanandosi rapido da quella folle inferocita.
«cosa…» a Yori le parole le morirono in gola.
«Yori, come vedi io e Rio avevamo intenzioni diverse fin dall’inizio. Ti ama tanto da sfidare me e mettere a rischio la sua stessa carriera. Dopo questa  dichiarazione possiamo dire che il gioco è stato aperto e le pedine volendo o dolendo dovranno scendere in campo. Sarà dura lottare contro la stampa e tutti coloro che vorranno affondarvi. Farò il possibile perché questo non accada.»
Yori non aggiunse nulla alle parole del direttore era ancora visibilmente risentita nei suoi confronti perché le aveva mentito e soprattutto perché per colpa sua si era sentita manipolata. Semplicemente aprì la porta ed uscì.
“Quella ragazza mi odierà per molto immagino…” furono i pensieri del signor Otzuki prima di tornare a riflettere su quello che avrebbe dovuto fare per rimediare al fuori onda di Rio.
 
“Quello scemo come si permette di fare certe dichiarazioni in diretta televisiva!!! grrrrr…. se lo prendo giuro…giuro… giuro…”
Yori era ormai fuori dalla Kings Record. stava per attraversare la strada e raggiungere l’altro lato della carreggiata quando si sentì tirare da un braccio tanto improvvisamente che a momenti non perdeva l’equilibrio. Una macchina le passò a pochissimi centimetri di distanza, se non si fosse scansata l’avrebbe sicuramente presa in pieno. Ora che osservava bene il semaforo pedonale era rosso. Come aveva fatto a non notarlo.
“Tutta colpa di quello stupido…”
«si può sapere dove hai la testa?» quella voce l’avrebbe riconosciuta tra un milione.
«io? senti chi parla!!!» disse voltandosi verso Rio liberandosi dalla sua presa ancora una volta salvifica.
«Non imparerai mai..» stava per ribattere ma le parole le morirono in gola ancora una volta.
I due rimasero in silenzio. Yori faceva l’impossibile per evitare il suo sguardo. Se ripensava alle  parole che aveva usato in quell’intervista e al fatto che tutti in Giappone l’avessero sentite sprofondava nell’imbarazzo più totale.
«Yori perché sei scappata?»
«Ho sentito quello che hai detto ai giornalisti…» continuò in imbarazzo, come se non avesse fatto caso alla domanda di Rio.
Lo stesso sogghignò compiaciuto.
«Visto che adesso non scappi immagino ti sia piaciuto il mio intervento…»
«piaciuto? Tu sei proprio fuori di zucca… con che faccia potrò mai risalire sul palco…».
«Si sono pazzo e sono diventato così per colpa tua. Quindi adesso mettiti una mano sulla coscienza quello che è successo è stato causato anche da te… cos’era quella canzone…?»
Yori non poteva credere alle sue orecchie. Adesso la colpa era sua? E poi perché adesso tirava in ballo quella canzone? Era stata umiliata già a sufficienza per quella sera. Doveva proprio infierire in quel modo?
Stava per ribattere ma Rio la bloccò tirandola a se e baciandola avidamente. Dopo un tempo che Yori reputò indefinito riconquistarono in imbarazzo le distanze.
«Non dire niente no ribattere come al tuo solito… dimmi soltanto che mi ami e io sarò tuo a qualsiasi costo.»
Yori era così felice di sentirsi dire quelle parole. Con un movimento lento ma sicuro gli sfiorò una guancia.
«Rio promettimi che non ci lasceremo mai. Che resisteremo a tutto…»
«te lo prometto…» completò Rio e cingendole il capo con le sue mani avvicinò il viso di lei al suo. Erano a pochi centimetri l’uno dall’altro. Le punte dei loro nasi si sfiorarono dolcemente.
«Yori ti amo… MI DISPIACE per tut..» Yori mosse un dito sulle sue labbra zittendolo.
« Zitto! Adesso parlo io… credo tu abbia parlato anche troppo per questa sera.» le sorrise. Rio acconsentì ricambiando a sua volta quel sorriso luminoso.
« Prima di conoscerti credevo di poter andare avanti da sola. Che vivere così mi andasse bene. Ma da quando sei arrivato la mia vita è cambiata. Non so come l’hai riempita. Quando sei andato via credevo  sarei tornata a stare bene come un tempo ma non è stato così. Mi hai lasciato un vuoto troppo grande e qualsiasi cosa facessi non riuscivo a colmarlo. Sò benissimo di aver sbagliato di essere stata troppo egoista… purtroppo ho imparato a mie spese cosa vuol dire fare questo lavoro e ritrovarsi introno persone che pensano di poter fare di te quello che vogliono. Quello che volveo dirti è... GRAZIE… di aver ascoltato quello che il mio cuore aveva da dire… adesso non ho più paura dei miei sentimenti. RIO... TI AMO e non voglio più vivere senza di te anche se sei un brutto e antipatico pallone gonfiato…». Riole sorrise tirandola a se e avvolgendola stretta tra le sue braccia.
«anche io TI AMO piccola e imbranata cacciatrice di guai»
Ecco ancora una volta l’amore aveva cambiato due persone. 
https://www.youtube.com/watch?v=NXF-kQVLbyE&feature=youtu.be

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Capitolo 13
*** UNO SPORCO RICATTO ***


CAPITOLO 13
UNO SPORCO RICATTO

 
 
 
 
 
ITALIA
 
 
Erano le dieci del mattino e Mary, davanti allo specchio della sua camera, osservava silenziosa quella ragazza immobile riflessa davanti a se. Quasi non si riconosceva più. Proprio quando era pronta a prendere la decisione più difficile della sua vita arrivava l’ennesimo tornado a cambiare i suoi piani. Tra le mani un vestito che conosceva fin troppo bene.
“Cosa faccio adesso? Allora a Marco piaccio io… e ora che faccio? ”.
Mary prese il vestito con i decori floreali e ripiegandolo con cura lo ripose nella scatola in cui gli era stato consegnato. Era davvero molto bello ma non poteva indossarlo. Per Marco aveva un significato particolare e lei non poteva continuare ad illuderlo in quel modo. Doveva dirgli la verità. Purtoppo nel suo cuore c’era già un’altra persona. Riprese la lettera. La riaprì quasi sperando di aver letto male, e invece ebbe l'ennesima conferma che la sua vista funzionava perfettamente. La data dell’inaugurazione del nuovo ipermercato del padre di Marco si sarebbe tenuta la notte del 24, mentre Eichi sarebbe partito la mattina del 25 Dicembre. “Cosa faccio? volevo trascorrere la vigilia a casa con Eichi, però allo stesso tempo non posso dire di no a Marco. Lasciarlo andare da solo senza accompagnatrice mi farebbe sentire più in colpa di quanto già non mi senta… però è anche la mia ultima sera con Eichi… cosa faccio?
Ecco Mary adesso devi scegliere tra Marco e Eichi prima o poi avresti dovuto farlo comunque… amore o amicizia cos’è più importante?”
si gettò sul letto scomposta arrotolandosi intorno il piumone.
“che faccio? se non vado Marco mi odierà a morte. Se non come sua ragazza potrei almeno andare li come sua amica… si ma Eichi cosa ne penserà? Non voglio fraintenda i miei intenti…” Mary si rotolò ancora di più nel piumone.
“sono proprio una frana in queste cose…”.
Sbadigliò, le si chiusero gli occhi e il sonno venne a mitigare i suoi pensieri.
 
 
SOGNANDO….
 
“Dove mi trovo? Perché sono qui? come ci sono arrivata? ”
Mi muovo sempre più inquieta. C’è troppa oscurità. Il panico mi assale e così inizio ad accelerare il passo nella ricerca disperata di un po’ di luce. Ma è uno spazio troppo grande, non sembra avere mai fine. Non si vede nulla è tutto troppo scuro intorno a me. Inizio a temere di non uscirne mai. Non esistono pareti, soffitti o pavimenti; è davvero impossibile riuscire ad orientarsi.  Intorno c’è solo vuoto e oscurità.
 “Non riesco a vedere neanche le  mie mani. Ma come è possibile…?”
Mi rannicchio sul pavimento. Il mio mento preme con forza sulle ginocchia.
“Mamma mi ripetevi che quando non riuscivo a trovare la strada giusta e mi sentivo presa dallo sconforto dovevo fermarmi e prendere un grande respiro, solo allora l’avrei trovata… eppure adesso sono ferma e non vedo niente… ”. Le mani mi tremano e il respiro si fa più veloce. Porto una mano sul petto cercando di riacquistare un po’ di calma.
In quello stesso momento proprio sotto i miei piedi si materializza una macchia di vernice luminosa color oro. Provo a toccarla ma la stessa scivola dalle mie mani senza macchiarle.  Mi rimetto in piedi per osservarla dall’alto. La macchia si prolunga allungandosi fino a formare un sentiero luminoso.
Mi muovo incerta seguendola.
“dove mi porterà?”
Dopo un tempo indefinito il sentiero mobile interrompe la sua avanzata. Mi guardo intorno incerta. Poi lo stesso  si ritira in un’unica enorme pozzanghera che si solleva modellandosi nell’aria. Davanti ai miei occhi la stessa muta in due sagome plastiche ben definite che lentamente riscendono al suolo.
“Ma cosa significa? Quelli sono Eichi e Marco... ” avanzo nella loro direzione attratta dalla loro luce abbagliante.
Sono a pochissimi centimetri da loro. Hanno una consistenza quasi eterea.
“cos’hanno? sembrano così tristi!”. La mia mano, quasi si muovesse in piena autonomia, si avvicina al volto di Eichi. In quello stesso momento una voce famigliare interrompe quei movimenti.
«Maria Elisa…»
“Mamma?”
Mi fermo appena in tempo. Il cuore mi batte forte. Non posso credere che sia proprio la sua voce.
«dove sei? Mamma ti prego fatti vedere… ho così bisogno di te…»
«figlia mia devi andare avanti, senza guardarti indietro con disperazione. »
«Non posso farcela ti prego…»
«certo che puoi farcela, sei stata così brava fino ad ora e poi ricorda anche se non potrò essere lì con te fisicamente potrai sempre trovarmi nel tuo cuore quando vorrai…»
«Ti prego lascia che ti veda … non voglio perdere il ricordo del tuo viso. Lascia che io ti abbracci solo un’altra volta…» le lacrime calde scendono senza contegno. Non riesco e non voglio fermarle.
«So che non mi dimenticherai. Non accadrà ne sono sicura. Quindi non avere paura. Come le stelle che incontrano il mare di notte così io posso incontrare te nei sogni… ma proprio come le stelle e il mare io non posso sfiorarti che così… mi dispiace figlia mia»
A malincuore asciugo le lacrime con il dorso della mano.
«perché mi hai portato qui?»
«sei tu ad essere arrivata sin qui. E’ stato il tuo cuore a farti arrivare in questo posto…»
«vuoi dirmi che quella vernice dorata è il mio cuore?»
«si…»
«perché è mutato in questo modo?»
«quelle che vedi sono le tue paure più grandi…»
«ma sono Eichi e Marco.»
«lo so»
«ma perché sono così tristi e spenti? cosa vuol dire?»
«Maria davvero non conosci la risposta?»
«mamma cosa dovrei fare? non voglio vederli ridotti così!»
«lo so, è per questo che il tuo cuore te li ha mostrati… devi prendere una decisione non puoi salvarli entrambi… »
«ma io non voglio che soffra nessuno dei due… come posso fare?»
«non credo sia possibile… se non prenderai una decisione entrambi soffriranno…»
«ma cosa dovrei fare? se scelgo di seguire Eichi Marco ne soffrirà se invece decido di rimanere qui con Marco Eichi ne soffrirà… se decidessi di allontanare entrambi allora entrambi soffrirebbero cosa devo fare?»
«conosci già la risposta dentro di te»
«come posso scegliere?»
«tanti anni fa fui costretta a prendere la tua stessa decisione. Allora fui egoista e sbagliai. Commisi un errore madornale. Non mi fidai dell’amicizia e decisi di appoggiarmi solo all’amore. Non volevo perdere un amico ma allo stesso tempo neanche il mio grande amore… purtroppo compresi di aver sbagliato troppo tardi e alla fine uno dei due soffrì»
«mamma continuo a non capire… »
«la tua sincerità porterà dolore ma se detta in tempo potrà salvare chi ami da un dolore più grande…»
«…mamma cosa significa? qualsiasi sia la mia decisione soffriranno entrambi?»
«…soffrirai anche tu… se non penderai la decisione giusta in quel momento…»
«quale momento?»
«lo capirai quando ci rivedremo, per allora cerca di compiere la tua scelta con giudizio… io mi fido di te, so che non commetterai il mio stesso errore…»
«mamma…mamma mamma!!!»
Quel buio opprimente calò nuovamente su Mary, mentre le statue si disperdevano come fumo nell'aria. Tutto fu inghiottito nuovamente dall’oscurità.
Mary si risvegliò in un bagno di sudore, aveva il viso freddo e umido. Era quasi mezzogiorno, si era appisolata per ben due ore. Tra le mani l’invito all’inaugurazione. Ai piedi del letto quella scatola aperta. Aveva deciso; sarebbe andata da Marco quella sera, ma non indossando quel vestito. Gli avrebbe spiegato tutto, rivelandogli che la sua intenzione era partire con Eichi per il Giappone. Come amico l’avrebbe capita, ne era sicura.
 
 
Eichi era in camera sua. In seguito a tanto tergiversare, il fatidico giorno della partenza, dopo averlo rincorso per mesi, era riuscito a raggiungerlo. Il pensiero più doloro era per Mary. Non voleva lasciarla. Questa volta non per puro egoismo Si preoccupava davvero per lei. Si domandava se sarebbe stata bene senza di lui e se sarebbe riuscita ad andare avanti nella sua vita senza più arrendersi al dolore.
“Ce la farà. Adesso ha Luigi, e poi credo abbia recuperato finalmente la propria autostima. Giunti a questo punto non posso permetterle di partire. Non posso lasciarle buttare al vento tutto quello che è riuscita a riconquistare in questi duri mesi.”
In quel momento gli ritornarono alla mente le parole di lei. Quella notte sulla spiaggia sfiorati dal vento gelido che adesso non gli sembrava più così tremendo si ritrovarono stretti in un abbraccio, che Eichi sperava allora, potesse tenerli uniti per sempre.
 
Ho finalmente compreso il motivo per cui non puoi rimanere ancora qui in Italia. Hai così tanta gente che ti aspetta. JJ, Rio, tua madre e il signor Marini saranno tutti preoccupati per te. Per non parlare di tutte quelle persone che per anni si sono affidati alla tua musica, non sarebbe giusto abbandonarli in questo modo senza alcuna spiegazione. Hai un dono che probabilmente avrà aiutato molte persone ed è giusto che tu torni in Giappone. Il tuo talento non deve andare sprecato, anche se vorrei davvero legarti a me e non lasciarti partire…
 
Mary aveva ragione. Anche lui non poteva lasciarle buttare al vento i suoi sogni. Alla fine le loro vite si erano incontrate per un breve e inaspettato momento, ma proprio così come si erano incontrate adesso si sarebbero dovute dividere. Entrambi erano cambiati grazie a quell’incontro fortuito. Il tempo non aspetta nessuno ma scorre rapido. Non lo si può fermare, al massimo lo si può inseguire disperatamente come si insegue una speranza riposta in un angolo del cuore. E così  era andato avanti Eichi, sperando che il  momento di quell’abbraccio durasse per sempre.
Eichi era sdraiato sul letto di Andrea. Davanti ai suoi occhi quella collana oscillava insistentemente, spostandosi da sinistra a destra a ritmo regolare.
La nascose alla vista stringendola forte nella mano destra chiusa a pugno. Sentiva quel ciondolo, a fiore di loto, premere contro la sua pelle.
La prima volta che vide Mary parlare di arte le era sembrata bella e affascinante proprio come un fiore luminoso, però ancora incapace di aprirsi al mondo. Aveva notato quanto amasse l’arte, quanto amasse la sua famiglia e quanto aver perso tutto questo la facesse soffrire. Ciononostante aveva deciso di abbandonare ciò a cui teneva di più al mondo pur di seguirlo in Giappone. Ancora una volta gli aveva dimostrato che amore ed egoismo non possono coesistere. Proprio per questo lui non poteva permetterle di partire con lui. Probabilmente non avrebbe mai visto quel fiore sbocciare e mostrare la bellezza dei suoi colori al mondo intero, ma allo stesso tempo non poteva privare il mondo intero della sua bellezza per egoismo e lasciarlo appassire tra le sue mani. Non avrebbe mai commesso lo stresso errore di suo padre. Questo non poteva farlo perché l’amava davvero. Quel giorno aveva chiesto alla grande quercia di proteggerla e renderla felice anche senza di lui.   Forse non sarebbe riuscito a vederla sbocciare però nel profondo avrebbe vissuto rincuorato dal pensiero che se non lui almeno il resto del mondo l’avrebbe vista risplendere. Convinto dei suoi intenti si sollevò sicuro dal letto. Aprì il cassetto del comodino accanto al letto. Prese il suo blocchetto. Il testo per la canzone di Mary era finito. Era la prima volta che si sentiva così legato a un brano musicale. Prese il foglio con il testo lo strappò dal block notes  lo ripiegò in quattro e lo ripose in una busta da lettere. Mentre compieva l’operazione notò un altro pezzo di carta tra gli slip e i calzini. Lo recuperò. Era la foto di Misako, si era quasi dimenticato di averla riposta in quel cassetto. La guardò per un momento.
“Non ho più paura di amare qualcuno, non sarò più egoista e penserò prima di tutto al bene di quella persona. Mi dispiace non essere riuscito a fare lo stesso per te. Troverò il modo di scusarmi per non essere stato sincero con il mio cuore e averti fatto soffrire. Si dice che il destino ci mette davanti tanti amori sbagliati così quando troveremo quello giusto sapremo riconoscerlo. Grazie per essere stata il mio amore sbagliato, se non ci fossi stata tu adesso non avrei riconosciuto il vero amore…” Eichi sorrise amaramente, dopo l’accartocciò e con un lancio preciso la buttò nel cestino vicino la scrivania. Era finalmente pronto, sapeva perfettamente cosa avrebbe fatto una volta tornato in Giappone.
Guardò l’orologio-sveglia sul comodino. Erano le quattro del pomeriggio. Mary era uscita. Quella sarebbe stata la loro ultima sera insieme. Nel profondo sperava sarebbe tornata il prima possibile, non voleva sprecare neanche un solo secondo.
 
 
Mary era davanti l’enorme cancello in ghisa della residenza estiva di Marco. Tra le mani stringeva nervosamente la busta con il vestito che gli aveva fatto recapitare. Sapeva benissimo quale significato ci fosse dietro quel gesto e proprio per questo doveva mettere in chiaro la situazione. Non poteva continuare così incrementando inutilmente le sue illusioni. Suonò un paio di volte senza riceve risposa. Non poteva perdere troppo tempo. Aveva promesso ad Eichi che sarebbe tornata presto. Quella sera erano stati invitati dai suoi nonni per trascorrere la notte della vigilia da loro. Dopotutto era anche l’ultima sera prima della partenza del loro unico nipote era giusto che dividesse Eichi anche con loro. 
Mary iniziava a spazientirsi, non voleva fare tardi. Provò a chiamare Marco inutilmente. Squillava ma nessuno dall’altra parte si decideva a rispondere.
“Che strano eppure sono sicura che il posto sia proprio questo”. Ricontrollò la targhetta con il nome della famiglia Mastro. Proprio in quel momento il cancello si aprì. Un mercedes nero uscì lentamente dalla villa. Si arrestò improvvisamente proprio davanti a lei. Il vetro oscurato del sedile posteriore si abbassò. All’interno c’era Francesco Mastro il padre di Marco. La squadrò perplesso.
«Mary cosa ci fai qui? Sai che la festa inizierà tra due ore?»
«si lo so stavo solo cercando Marco, devo parlargli. Sono venuta qui per restituirgli questo» le indicò la busta con il vestito «lei sa dove si trova? Non risponde nemmeno ai miei messaggi...» confessò in preoccupata.
«ma quello non è il vestito per la serata?» chiese. Era a conoscenza dei piani del figlio. Lo aveva fatto seguire per giorni.
“Come avevo immaginato quel ragazzino è un vero fallito. Come al solito devo intervenire io per risolvere la situazione… ho fatto bene a non fidarmi”
«si, infatti. Non credo di poter venire questa sera..»
«Capisco. Beh, Stavo proprio andando da lui in ufficio. Se vuoi venire ti do un passaggio».
“finalmente un po’ di fortuna” sospirò sollevata Mary, «si grazie» entrò  in macchina incurante di quello che l’attendeva.
 
Marco era in brodo di giuggiole. Non vedeva l’ora di vedere Mary. Da un lato aveva paura che sarebbe stato respinto. Scosse la testa, tornando subito dopo  a confrontarsi con la sua immagine riflessa allo specchio. Era appena uscito dalla doccia.
“Non devo scoraggiarmi… se mi rifiuterà farò l’impossibile per riconquistarla… non importa quanto sembrerò ridicolo e stupido provandoci e riprovandoci. Lei sarà mia ad ogni costo…”
 Più convinto tornò in camera sua e iniziò a prepararsi per la serata. Sulla scrivania il suo cellulare aveva appena smesso di vibrare ma preso dai suoi pensieri non si rese accorto di nulla.
 
Mary era nell’ufficio del signor Mastro.
«quando arriverà Marco?» domandò in apprensione. Era davvero molto tardi.
Francesco seduto alla sua poltrona osservava Mary  proprio come un giocatore di scacchi che medita sulla prossima mossa per fare scacco matto al suo avversario.
 Mary era caduta nella sua trappola anche se ancora non lo sapeva.
«Mary, cosa provi per mio figlio?» chiese a bruciapelo, lasciando la giovane seduta dinanzi a sé del tutto impreparata.
«cosa provo dice? siamo amici… anzi, é il mio migliore amico… è quasi come un fratello per me»
«basta non continuare!!!!» le urlò cambiando improvvisamente tono di voce. Mary, quasi sobbalzò dalla sedia colta di sorpresa da quell'improvviso cambio di tono. Non capiva proprio cosa avesse detto di così sbagliato, per averlo alterato in quel modo.
«a cosa serve essere amici? non dirmi che anche tu sei così stupida da non aver capito cosa prova mio figlio per te…»
Mary non poteva negare di sentirsi a disagio. Parlare di cose così intime non era qualcosa che era pronta a fare nemmeno con i suoi amici, figuriamoci se avrebbe potuto farlo con il padre di Marco.
«So cosa prova Marco, ma il mio cuore è già di un altro… non posso provare lo stesso sentimento per due persone. Oggi sono venuta per dirglielo e restituirgli questo» e indicò la busta con l’abito elegante che Marco aveva scelto con lei quel giorno nella Boutique. «non credo sarebbe giusto partecipare all’evento a questo punto… non mi sembrerebbe corretto nei confronti di Marco».
Francesco aveva un’aria irrequieta, e a giudicare dalla sua faccia irritata sembrava pronto a perdere le staffe da un momento all’altro.
«non permetterò anche a te di far soffrire mio figlio come fece tua madre con me…» affermò con gli occhi carichi di rancore.
“Mia madre? Cosa centra mia madre adesso?”
Mary assunse un’aria interrogativa e interessata.
«non sarà che lei…»
«si, hai capito bene, io amavo tua madre più di chiunque altro, ma quella stupida ha preferito tuo padre a me… e sappiamo entrambi com’è andata a finire…»
«quello che è successo non centra nulla con mio padre. E poi si sbaglia, non si può scegliere chi amare ne tanto meno si può scegliere di smettere di amare qualcuno a comando. Non funziona così, l’ho capito a mie spese. Forse è vero, mia madre deve essersi trovata in una situazione simile alla mia. Per questo posso capirla. Aver rifiutato il suo amore deve essere stata una decisione molto sofferta. Probabilmente sperava nella sua comprensione, quella di un vero amico, ma lei allontanandola ha commesso l’errore più grande. Amare qualcuno non è mai una colpa! Amare qualcuno non è una scelta è qualcosa che accade e basta! Non può incolpare mia madre per questo. La verità è che l’unico a non aver rispettato davvero l’altro è stato lei. Non ha provato nemmeno a capirla, è così ovvio, oggi come allora il suo risentimento  non è diminuito, ed è quello a farla sentire giorno dopo giorno sempre più miserabile. Dico bene?»
Il padre di Marco non riuscì a reggere oltre le parole della giovane e con un movimento rapido le mollò uno schiaffo.
Mary sentì il colpo farle vibrare la mandibola. Il dolore fu insopportabile. Ma non bastò quel gesto a fermare le sue parole.
« L’unico che dovrebbe rimproverare è se stesso. Mia madre sapeva che rifiutandola avrebbe perso un amico ma anche una persona molto importante, ne sono sicura, eppure nonostante questo è stata sincera con lei…»
«smettila!! Tu non sai nulla… che me ne facevo della sua sincerità quando è arrivata troppo tardi alle mie orecchie? E’ stata lei che non si è fidata di me, tenendomi all’oscuro di tutto e facendomi sentire un idiota!!» le urlò furioso allontanandosi dalla scrivania.
«mio padre mi ha sempre detto che nella vita ci possono essere situazioni simili ma questo non le rende uguali le une alle altre. Non veda tra me e Marco la stessa storia che c'è stata tra lei e mia madre. Io sono convinta che Marco mi capirà e una volta chiarito tutto torneremo amici come prima!!!»
«sei solo una piccola scema egoista… io non ti permetterò di spezzare il cuore di mio figlio. Hai detto che non si può scegliere di amare o smettere di amare a comando. Ti dimostrerò quanto ti sbagli… » disse sporgendosi con fare minaccioso su Mary, che mascherava sicurezza quando nel profondo tremava dalla paura.
Mary leggeva in quegli occhi bramosi un’aria di vittoria malvagia e crudele. In quel momento il presentimento che tutto intorno a lei potesse tornare ad affondarla nell’oscurità come in passato, la colpì facendole mancare l'aria nei polmoni. Sentiva che quelle sagome nell’ombra della sua solitudine erano pronte a tornare a inseguirla come nei suoi incubi passati. Sarebbe tornata a soffrire in silenzio ancora una volta.  
 
Eichi era con Luigi e i suoi nonni. Erano arrivate le sette ma di Mary ancora nessuna traccia. Al telefono non rispondeva e la cosa aveva iniziato a preoccupare un po’ tutti. Luigi aveva provato a contattare Angela e Marco, ma entrambi non rispondevano al telefono. Dopo circa mezz’ora ricevettero una chiamata da parte di Angela.
«Ehi, Eichi dimmi, mi hai chiamato giusto?»
«si, scusa se ti disturbo, ma mi chiedevo se Mary fosse lì da te. Doveva essere di ritorno per le sei e invece è in ritardo di un’ora.» le chiese in tono preoccupato.
«ho sentito ieri Marco e lui mi ha detto che questa sera Mary sarebbe andata da lui per festeggiare l’apertura del nuovo centro commerciale. Possibile che ti abbia detto che sarebbe tornata per le sei? Era proprio l’ora di inizio della festa! Ma scusami, non sapevi nulla?»
Eichi non poteva credere che Mary gli avesse omesso una cosa del genere. E poi per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Il cuore iniziò ad affondare in una paura più grande… possibile che la storia si stesse ripetendo una seconda volta? prima  Misako e adesso anche Mary?
«…forse ci sono!!»esultò Angela dall’altro capo del telefono «è probabile che sia andata da lui per dirgli che non avrebbe preso parte all’evento. Sicuramente è andata a restituirgli quel vestito…» continuò quasi parlando a se stessa.
«che vestito?» chiese Eichi interessato.
«Marco le aveva comprato un abito per la serata.  Non conosco bene i particolari. Comunque non preoccuparti, sono sicura che Mary sia andata da lui per restituirglielo… Ti ama troppo per fare una cosa del genere… »
«Angela, dove si trova la villa di Marco? Devo raggiungerla» Eichi aveva un brutto presentimento. Se era andata via solo per questo motivo come mai non aveva fatto ancora ritorno?
 
 
Mary non poteva credere ai suoi occhi. Cos’era quella lettera?
«come vedi… ci sono volte in cui anche l’amore può essere comprato…»
«cosa ha intenzione di fare ai nonni di Eichi?» chiese spaventata all'uomo alto e con aria sofisticata seduto dietro la scrivania.
l’uomo in giacca e cravatta sogghignò seduto a quella poltrona, di fronte a lui Mary agitata e preoccupata stringeva nervosamente tra le sue mani tremanti la lettera che il nonno di Eichi aveva scritto.
Quella era proprio la reazione che Francesco si aspettava di ottenere. 
«Dipende da quello che sceglierai di fare.» sorrise compiaciuto «Ehi, ragazzina! Pensi ancora che non si possa scegliere di amare qualcuno?»
«mia madre fece bene a rifiutarla tanto tempo fa… è così disgustoso… se mio padre venisse a saperlo…» proseguì Mary trattenendo le lacrime.
«tuo padre dici? Ma, guarda che tuo padre sapeva tutto già dall’inizio!»
«cosa?» la voce di Mary si incrinò. Non poteva credere che suo padre fosse a conoscenza di tutto e che glielo avesse tenuto nascosto. Come aveva potuto? Il mondo tornò a crollarle addosso ancora una volta.
«Ma quello stupido, sono sicuro fosse sul punto di rifiutare la mia proposta. Perdere il lavoro e tutto per una ragazzina così egoista! Che spreco! »
«perdere il lavoro?» domandò sconvolta.
«avevo trovato dei modi per convincere tuo padre a spingerti tra le braccia di mio figlio, ma a quanto pare non è bastato minacciare il suo lavoro per ottenere quello che volevo. Quello stupido deve desiderare davvero molto la tua felicità… proprio come io tengo molto a quella di Marco. In questo senso non posso biasimarlo...»
«si sbaglia, lei non tiene alla felicità di suo figlio altrimenti non farebbe tutto questo. L’unica felicità a cui tiene è la sua! Qui l’unico egoista che vedo è lei!» lo sfidò con sguardo sostenuto, sollevandosi adirata dalla sedia.  Francesco sorrise,schernendola. Mary lo ignorò e a  passo spedito si allontanò da lui. Giunta dinanzi la porta si arrestò. Gli bastava girare la maniglia e si sarebbe buttata alle spalle tutti quei problemi. In quel momento pensò che la realtà facesse paura molto più dei suoi incubi.
«Cosa hai intenzione di fare? Sei davvero disposta a inseguire il tuo amore pur sapendo che questa tua scelta distruggerà la vita delle persone che ami? In quel caso sai bene che non resterei più l’unico egoista sulla scena, dico bene?»
Mary era con le spalle al muro. Non poteva permettere a quell’uomo di distruggere la vita di suo padre e quella dei nonni di Eichi. Non poteva lasciarglielo fare.
«d’accordo, cosa vuole che faccia?»
«per prima cosa credo dovresti indossare quel vestito. La festa dovrebbe essere iniziata già da un po’. Marco ti starà aspettando.»
 
 
Eichi era su night. Il vento picchiava avido su tutto il suo corpo. Andare in moto d’inverno non era il massimo, in più il giubbotto di pelle non bastava a ripararlo dal gelido clima invernale. Purtroppo il freddo di quella sera era l’ultimo dei suoi problemi, doveva raggiungerla il prima possibile la villa di Marco, aveva anche iniziato a piovere. Nel profondo sentiva una strana sensazione attanagliargli il cuore, come se qualcosa di brutto stesse succedendo proprio in quel momento. 
 
 
 
Mary era appena arrivata in compagnia del signor Mastro alla loro residenza estiva. Francesco aveva sequestrato il suo telefono insieme ai suoi vestiti, come garanzia per la buona riuscita della serata. Mary li avrebbe riavuti indietro solo al termine dei festeggiamenti.
In cambio, lei aveva avanzato un'unica e sola richiesta a Francesco, quella di avvisare almeno suo padre che lei non avrebbe potuto partecipare alla vigilia a casa dei nonni di Eichi. Non voleva si preoccupasse per il suo ritardo.
Non sapeva ancora come comportarsi. Francesco l’aveva messa nella condizione di fare quello che lei si era ripromessa di evitare ad ogni costo. Mentire. Solo in quel momento si rese conto che, a seguito degli avvenimenti imprevedibili di quella serata, non sarebbe più potuta partire con Eichi. Quella decisione le era costata tanta fatica e adesso doveva rinunciare a causa di uno sporco ricatto. Era così ingiusto.
Fece il suo ingresso scortata dal signor Mastro. Finalmente giunsero nell’immensa sala da ballo della residenza addobbata per l'occasione.  Al centro Marco conversava interessato con un gruppo di invitati. Ogni tanto si guardava intorno come per cercare qualcuno tra la folla. Mary pensava che era ancora in tempo per girare i tacchi e scappare, ma proprio in quel momento gli occhi verdi dell’amico incontrarono i suoi. Mary vi lesse una felicità, che presto sapeva avrebbe dovuto tingere di menzogne. Poteva davvero fingere di amarlo per salvare le persone che amava? Ci sarebbe davvero riuscita?
Prese un grosso respiro ed avanzò nella sua direzione. Francesco la bloccò per un momento sussurrandole un ultimo avvertimento.
«non pensare neanche per un secondo di tirarti indietro. Sai benissimo cosa succederà in quel caso: tuo padre perderà il suo lavoro, i nonni il loro adorato negozio e le foto del tuo amato Eichi finiranno nelle mani di una testata giornalistica giapponese in cerca di scoop succulenti. Quindi non fare scherzi ragazzina… e tutto filerà liscio »
Mary acconsentì, mentre una lacrima silenziosa scivolava sola e triste come lei, sulla sua guancia.
Adesso avrebbe dovuto indossare una maschera davvero pesante. Ma lo avrebbe fatto solo per proteggerli.
Marco l’aveva quasi raggiunta muovendosi tra i molti invitati e i camerieri con vassoi pieni di calici di champagne tra le mani.
«sei venuta…» costatò sollevato dopo averla raggiunta.
«si, sono qui…» gli sorrise forzatamente.
«mi fa davvero piace…» proseguì squadrando il suo abbigliamento. «questo vestito ti sta davvero molto bene» osservò compiaciuto.
«scusatemi vado ad accogliere i miei ospiti…con permesso» li interruppe Francesco prima di congedarsi dai due ragazzi con un lieve inchino.
Marco era in brodo di giuggiole. Prese Mary per mano presentandola ai molti invitati pervenuti. Mary lo seguiva diligentemente, nonostante nel profondo, volesse solo scappare via. Era a disagio. Non voleva prendere in giro Marco. Ogni tanto lo osservava con occhi colpevoli. Erano passati all'ennesimo gruppo d'invitati quando  improvvisamente la sala fu predisposta per il ballo. Una canzone di sottofondo e il cantante con la sua band dal vivo, invitò Marco a prendere posto al centro della sala per il primo ballo con la sua accompagnatrice. 
Mary era circondata da un sacco di occhi attenti e intransigenti. Marco le cinse i fianchi con le sue mani.
«Non guardarti intorno. Pensa che siamo solo noi due. Cosi sarà più facile…» la incoraggiò comprensivo. Mary non era abituata a stare al centro dell’attenzione.
 La musica iniziò con un crescendo graduale. Il brano Mary lo conosceva molto bene. Era You’re beautiful di James Blunt.
https://www.youtube.com/watch?v=z56U3_cZXto
Marco aveva occhi solo per lei.
«conosci il significato di questa canzone… se non ricordo male era una delle tue preferite. Scegli tu se l’angelo ricambierà l’amore di quel passante innamorato… »
Mary sentiva le gambe cedergli e il cuore esplodergli nel petto. Marco era così dolce, come poteva mentirgli in quel modo?
L'amico, leggendo l’imbarazzo nei suoi occhi  si apprestò ad aggiungere  
«non devi darmi una risposta subito. Sono davvero felice che tu sia venuta stasera, per me questo significa davvero molto..» scostandole dolcemente una ciocca di capelli dal viso
 
Eichi era appena arrivato. All'ingresso della Villa due bodyguard controllavano le macchine che accedevano dall'ingresso principale . Lui non aveva alcun invito quindi entrare in quel modo era impensabile.
Doveva trovare un modo per avere accesso alla festa. In quel momento si ricordò della sorellina di Marco. Aveva il suo numero. Poteva provare a contattarla.
In pochi minuti Mina si precipitò fuori da lui. Fece passare Eichi come suo accompagnatore e lo scortò fino alla sala.
«si può sapere cosa ci fai qui? Non che la cosa mi dispiaccia, è chiaro!»
«sono venuto per prendere Mary…»
«è successo qualcosa?» domandò preoccupata
«è quello che mi sto chiedendo anche io!».
I due si stavano avvicinando alla sala da ballo. La musica di sottofondo si faceva sempre più forte.
Eichi entrò nella sala facendosi spazio tra gli invitati. Era completamente fradicio tanto da goggiolare sulla moquette rossa della sala. Il suo abbigliamento poco consono non lo faceva passare di certo inosservato.   Tutti i presenti al suo passaggio si spostavano sorpresi. Come i margini del mare così gli invitati con sguardo di disapprovazione e sconcerto, si ritiravano, lasciando passare indisturbato Eichi che così si aprì un rapido varco verso il centro della pista. Poi alla fine li vide.
Marco e Mary stretti a ballare. Soli in mezzo a quella pista.
Mary incrociò il suo sguardo e ne rimase folgorata.
Subito prese le distanze da Marco. La musica si interruppe.
«Eichi, non è…» provò a giustificarsi.
«non dire niente, ti prego…» le intimò serio zittendola prima ancora che con le parole con il suo sguardo freddo. Poi dopo aver lanciato uno sguardo di sfida verso Marco prese Mary per un polso trascinandola via in mezzo a tutta quella gente sorpresa e scioccata. Marco li rincorse fin nel corridoio esterno.
«Eichi fermati!» lo intimò.
Mary fece segno a Eichi di fermarsi, voltandosi verso Marco, con sguardo colpevole.
Si mosse lentamente verso di lui. Con una mano gli sfiorò il viso. Una lacrima scese...
«Marco, solo per questa sera... ti prego perdonami…» Marco, non capiva. Cosa doveva perdonarle?
Poi Mary gli voltò le spalle correndo verso Eichi.
«ti prego portami via… non voglio più stare in questo posto. Non posso vedere la sua faccia…»
«va bene andiamo» la consolò Eichi prendendola per mano e trascinandola lontano.
Marco stringeva i pugni contenendo a stento la sua rabbia.
«Un giorno tornerà da me, ne sono sicuro e quando lo farà non le permetterò di lasciarmi una seconda volta in questo modo…» proseguì parlando a se stesso. Mina era alle sue spalle. Ora era tutto chiaro. Mary ed Eichi avevano una storia e suo fratello si trovava nel bel mezzo di un triangolo amoroso. Per la prima volta provò pena per suo fratello. Lo stesso recuperato un pò di contegno fece retromarcia. Mentre si avviava verso la sala  da ballo, incrociò lo sguardo dispiaciuto e impietosito di sua sorella.
«non guardarmi anche tu in quel modo. Non ho bisogno anche della tua pietà questa sera.» completò risentito, superarla per tornare alla festa. Aveva ancora i pugni serrati mentre rifletteva su quanto male gli avesse fatto quella carezza,  più simile a una taglio profondo che a un dolce segno di affetto.  Così Mary con quel gesto gli stava chiedendo di perdonarla quando dentro soffriva come un cane.  Nonostante fosse un tipo abbastanza orgoglioso non avrebbe mai ceduto alla tentazione di dirle addio solo per colpa del suo ego ferito. No, non avrebbe rinunciato a lei per niente al mondo. Domani Eichi sarebbe partito e probabilmente sarebbe sparito dalla sua vita per sempre. Avrebbe concesso a Eichi una sola e inutile notte, tanto a lui sarebbe spettata l'intera vita da trascorrere con lei.
 
 
Mary era ormai fradicia dalla testa ai piedi. Il vestito era diventato pesante e appiccicaticcio. La moto si muoveva rapida per la strada. Finché Eichi si rese conto di essere a corto di carburante.
L’unica soluzione era raggiungere Villa Rosa. Era a pochissimi chilometri dalla residenza di Marco. Fece una deviazione e in pochi minuti arrivarono a destinazione. La pioggia li aveva bagnati completamente. Messa a riparo la moto. Corsero per proteggersi dalla pioggia insistente di quella sera. Mary recuperò il doppione delle chiavi nascoste dietro una fessura nella parete rocciosa. Aprirono ed entrarono rapidi all’interno.
Eichi si tolse il giubbotto di pelle e la maglietta bagnata dopo aver acceso la luce.  Mary rimase immobile con il viso rivolto al pavimento mentre si stringeva su se stessa tremante.
«dovresti cambiarti. Con quelle robe addosso potresti prenderti un raffreddore…» le fece notare in tono di rimprovero, mentre prendeva posto sul divano. Aveva addosso solo i suoi jeans e una maglia bianca.
Mary, in silenzio, si mosse verso il bagno recuperò un asciugamano per Eichi, glielo diede e dopo aver preso anche una camicia dall’armadio del padre entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle. Aveva il cuore a mille. Cosa poteva inventarsi adesso?
Scivolando lentamente appoggiata alla porta, raggiunse rannicchiata il pavimento, e per la prima volta quella sera scoppiò in un pianto disperato.
Dopo venti minuti uscì con solo una enorme camicia bianca. Silenziosamente, a testa bassa, prese posto accanto ad Eichi.
«non devi giustificarti… so perché lo hai fatto…» esordì rompendo il silenzio l'altro.
«non volevi lasciarlo solo… lo capisco»
"scusa Eichi, ma non posso dirti la verità... " «ero andata per restituirgli il vestito, ma lui mi ha detto che anche come amica sarei potuta stare al suo fianco e allora non sono riuscita a dirgli di no. E’ pur sempre uno dei miei migliori amici. Mi dispiace non averti avvisato, ma ero convinta di poter risolvere la cosa da sola e invece alla fine ho combinato un macello. Mi dispiace... »
Eichi, si girò tirandola a sè e stringendola forte tra le sue braccia.
«non tenermi nascosto più nulla, chiaro? la prossima volta potrei non sopportarlo»
«prossima volta?» domandò lei allontanandolo.
«hai sentito bene. Ho intenzione di ritornare da te… questo non è un addio. Io lotterò per riprenderti ad ogni costo. Tu aspettami…»
Mary sentiva davvero il cuore diviso in due dalla follia di quelle parole, piacevoli e dolorose allo stesso tempo. Prima di quella sera l’avrebbero resa felicissima, ma adesso in vece le facevano davvero male. Quando lui sarebbe tornato probabilmente lei avrebbe già iniziato a stare con Marco. Avrebbe preferito non doverlo ferire in quel modo.
« voglio farti sentire una cosa, ti va?» le chiese sorridendo prendendola per mano, cancellando con quel modo di fare ogni traccia dell'evento spiacevole avvenuto quella sera. Mary accennò un si timido con la testa.
Eichi la trascinò vicino il camino. Sollevò un lenzuolo bianco e da sotto quella bianca copertura, comparve il pianoforte di Clara. Era stato messo a nuovo completamente.
Mary non poteva credere ai suoi occhi.
«mi dispiace, doveva essere una sorpresa comunque ormai questa serata è andata tutta al contrario quindi perché no… ecco qui parte del tuo regalo di natale…»
“Giusto i regali di Natale!”
«anche io ho un regalo per te proprio qui» gli sorrise felice Mary prendendolo per mano a sua volta lo allontanò dal pianoforte. Per un attimo decise di mettere da parte i cattivi pensieri e concentrarsi su quell’ultimo momento di felicità che avrebbero potuto godersi prima della fine.
Eichi la frenò bruscamente, «prima però lascia che ti mostri il mio secondo regalo di natale» disse infine liberandosi dalla stretta di Mary, prendendo posto vicino il pianoforte. Dalla tasca uscì un foglio di carta ripiegato. Lo aprì stirandolo alla meglio, poggiandolo sul registro. Era scritto da un lato in giapponese e nell’atro lato in italiano. Le parole erano quasi tutte sbiadite a causa della pioggia.
Mary rimase in piedi dietro Eichi.
« il giorno che questa canzone ti troverà una seconda volta insieme ad essa troverai anche me… per allora custodiscine le parole…»
Mary acconsentì con un movimento convinto della testa.
La musica partì e con essa le parole di quella canzone.
Mary era completamente assorta nell'ascolto di quelle piacevoli note musicali, il suono della sua voce era cosi caldo e piacevole. Osservava Eichi suonare e cantare per lei quel brano con così tanto amore. In quell’istante si ritrovò a pensare che avrebbe preferito non averlo mai incontrato, almeno a soffrire sarebbe stata solo lei. Adesso invece avrebbero condiviso anche quel dolore.
Strinse i pugni e inghiottì le lacrime.
Eichi aveva quasi finito di cantare quando Mary lo abbracciò alle spalle.
«grazie…» gli sussurrò ad un orecchio.
Eichi sollevatosi dalla seduta vicino la pianola tornò a confrontarsi con lo sguardo lucido e commosso di lei.
«ti amo…» disse infine stringendola a se.
Senza alcun preavviso iniziò a baciarla dolcemente. Trasportati dai loro movimenti finirono in camera da letto. Mary non poteva rinunciare a quel momento. Voleva dargli tutto prima che fosse troppo tardi. Prima che la sua testa dicesse di no al suo cuore. Dolcemente fece scivolare la camicia.
Eichi la guardò sorpreso.
«sei sicura che è quello che vuoi?» le domandò preoccupato.
«si, non sono mai stata più sicura di così» Eichi dolcemente le prese le mani e una volta seduta al suo fianco ricominciarono a baciarsi con trasporto. Il resto del mondo poteva continuare ad andare avanti e indietro a proprio piacimento ma per loro il tempo si era fermato a quel momento di assoluta perfezione. Le mani di lui seguirono i suoi morbidi fianchi fino ai sensi e a quelle labbra dolci e carnose. Mary avvertiva il tatto sicuro e delicato di Eichi che le faceva rabbrividire tutto il corpo. Era delicato e dolce proprio come immaginava sarebbe stato. Poteva avvertire la leggera pressione del corpo di Eichi farsi spazio tra le sue gambe. Il loro corpi divennero un tutt'uno per la prima volta quella sera.
La pioggia continuava a scivolare sulle finestre.
Mary era tra le braccia di Eichi e dormiva tranquilla senza incubi. Le lenzuola li avvolgevano come un’enorme nuvola vaporosa. Fuori la pioggia aveva smesso di scendere.
Eichi, la osservava in silenzio. Era davvero bellissima. Lasciarla adesso era ancora più difficile. Le scostò dolcemente i capelli scuri dal viso sereno. Se avesse tentennato oltre non ci sarebbe riuscito. Facendo attenzione sfilò il braccio da dietro la nuca di Mary. Scese dal letto e recuperati i vestiti si ricompose per uscire. Nella tasca dei pantaloni aveva ancora quella collana. Prese la busta da lettere e recuperato il foglio con il testo della canzone lo rigirò per scrivere un breve e ultimo messaggio a Mary. Dopo si avvicinò ancora un ultima volta al suo viso. Rimase per pochi secondi ancora ad osservarla mentre riposava serena. Per un momento aveva vissuto la vita che aveva sempre sognato. Svegliarsi con accanto la persona che amava era il coronamento di quel sogno perfetto. Dolcemente le porse un ultimo bacio sulla fronte.  Adesso doveva tornare alla realtà. Uscì chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.
Stava per andare via quando  qualcosa attirò la sua attenzione. Sapeva che non doveva farlo ma la curiosità era troppa. Entrò nella stanzetta ormai adibita a sala di pittura. dentro c’era il quadro di Mary per la mostra. Tolse lenzuolo bianco e finalmente lo vide.



Era un fiore di loto aperto su uno specchio d’acqua in cui si riflettevano milioni di stelle iridescenti.
Ora che osservava quel quadro si rendeva conto di quanto fosse improbabile una unione di quel tipo. Proprio come quella tra lui e Mary. Il fiore di loto che schiude la sua corolla al mattino non avrebbe mai potuto vedere le stelle risplendere nel cielo notturno, così come le stelle non avrebbero  potuto ammirare gli splendidi colori di quel fiore acquatico bagnato dai caldi raggi del mattino.
 Convinto delle sue intenzioni riposizionò il drappo sul dipinto. Un giorno, proprio come in quel quadro, la stella sarebbe tornata da quel fiore e finalmente si sarebbero ritrovati per non perdersi mai più. Stava facendo retro font, quando inciampò in un blocco da disegno. Lo raccolse e iniziò a sfogliarlo. Era pieno di suoi ritratti. Non si era mai  reso conto di quanto forte fosse l’amore di Mary per lui, se non fino a quel momento. Due lacrime caddero dai suoi occhi bagnando i fogli che aveva tra le mani. Riposizionò il blocco sul pavimento, chiuse la stanza ed uscì. Mary si sollevò pigramente dal letto. Erano le otto del mattino. Si stiracchiò, dopo si voltò alla sua sinistra. sorpresa si ritrovò completamente sola in quel enorme letto. Per un attimo pensò di aver sognato tutto poi qualcosa sul comodino attirò la sua attenzione.
Era una collana con un ciondolo a forma di fiore di loto. Prese il foglietto e ancora mezza addormentata lo lesse.

Ti lascio l’ultimo mio regalo. Come ben sai, mio padre tempo fa se ne andò lasciando a mia madre quello stesso fiore. Io non commetterò il suo stesso errore. Custodiscila fino al mio ritorno. Perché io tornerò da te. Costi quel che costi. La tua stella brillerà così forte da rispendere anche di giorno, quindi abbi pazienza e attendi il mio ritorno.
                                                                                                                                                                                                                       
Con amore infinito, Eichi.


In quel momento Mary scattò in piedi, in evidente stato d'ansia.
“E’ andato via e non ho potuto nemmeno dirgli addio… no non può essere vero! Non gli ho mostrato nemmeno il mio dipinto…”
Corse fuori con solo la camicia bianca addosso, non le importava del freddo. Night era ancora lì ferma immobile come un relitto affondato nelle profondità marine. Eichi, doveva aver preso un taxi.
Tornò dentro e dopo aver preso coscienza della realtà, crollò in ginocchio sul pavimento freddo. Stringendosi con una mano il petto, ricominciò a piangere a singhiozzi. 
Era tutto finito.  Quella notte sarebbe stata l’ultima per entrambi, ma solo Mary avrebbe custodito quell'amaro segreto nel cuore.
 
 
 
 GIAPPONE
 
 
JJ, Hiro, Rio, Daisuke, Andrea, Yori e Akiko erano riuniti nella studio del signor Otzuki.
«Si può sapere cosa hanno da dirci oggi di così importante? Io e Akiko eravamo nel bel mezzo di una uscita romantica. Che balle» si lamentò il più giovane dei BB5 stiracchiandosi sul divano rosso.
«JJ non sei mica l’unico ad aver messo da parte i propri impegni. Anche io e Yori abbiamo abbandonato in anticipo una conferenza stampa molto importante, quindi non lamentarti in continuazione…» lo ammonì Rio.
Hiro e Misako erano in disparte in silenzio, non inclini a sollevare obiezioni. Dopotutto erano gli unici a non aver abbandonato impegni troppo importanti quella mattina. Misako era appena tornata dal suo ultimo viaggio di lavoro, mentre Hiro era rimasto alla Kings Record a finire di lavorare ad alcune tracce strumentali, quindi si trovava già sul posto.
Dopo una mezz’ora abbondante, quella straziante attesa fu interrotta. La porta fu spalancata e in un istante tutti si voltarono sorpresi verso di essa.
«Sono tornatoi!» efece la sua comparsa Eichi.
Tutti rimasero bloccati nelle loro posizioni, come statue di cera in un museo freddo e asettico. Infine JJ ruppe quell’immobilità sollevandosi dal divano rosso. Correndo verso suo fratello gli saltandogli al collo, fuori di sè dalla contentezza. 
«SEI TORNATO!» urlò eccitato.
«Si sono tornato, e ho bisogno di parlare con tutti voi…» ammise con una nota malinconica nella voce.
JJ si allontanò da lui suo malgrado, ricomponendosi.
«scussate, sono stato io a chiedere al signor Marini di riunirvi tutti qui, tirandovi via di forza dai vostri impegni. Devo parlarvi con una certa urgenza. Con il signor Otzuki ho già discusso allungo sull’argomento.»
«prima però fatti salutare…» si avvicinò a lui Rio.
«certamente» i due si scambiarono con una stretta di mano, che sotto la spinta del più grande si tramutò presto in un abbraccio caloroso.
Hiro e Misako li osservavano in un angolo. Certo la loro situazione era diversa da quella di JJ e Rio. Non sarebbero mai potuti andare da Eichi e salutarlo come se nulla fosse mai accaduto.
Il giovane leader si staccò dalla salda stretta del amico e convinto si avvicinò alla coppia in disparte.
A pochi passi da loro si arrestò.
«state insieme?» chiese diretto spostando lo sguardo dall'uno all'altra con interesse investigativo.
«si» rispose convinto Hiro, stringendo forte la mano di Misako. 
Proprio mentre Misako stava per distogliere lo sguardo, Il volto serio di Eichi si illuminò di un insolito sorriso. I suoi occhi si staccarono da quelli di Misako tornando sull'amico.
«Hiro, amala e proteggila più di quanto sia riuscito a fare io. So che il tuo amore sarà meno egoista del mio.» gli porse una mano come segno di riconciliazione. Hiro titubando incerto alla fine la strinse sotto gli occhi scettici dei presenti. Poi tornò a rivolgersi a Misako.
«Mi spiace averti presa in giro per tutto questo tempo. Non sono mai stato realmente innamorato di te, me ne sono reso conto solo dopo averti persa. Quella che provavo, credo fosse solo pura ammirazione. Quindi non provare più alcuna colpa, a questo punto sono io che dovrei chiederti scusa. Finiamola qui e ritorniamo amici come prima.»
Misako non poteva credere alle sue orecchie. Perché quelle parole le facevano così male?
Eichi diceva di non averla mai amata. Sentirsi dire quello avrebbe forse dovuto farla sentire meno colpevole eppure dentro si sentiva morire.  
Rassegnata ma ancora ferita ricambiò quel sorriso.
Si abbracciarono per pochi secondi. Poi Eichi volse il suo sguardo alle due new entry nella stanza.
JJ si avvicinò gonfio di orgoglio verso Akiko.
«fratello, lei è Akiko..» disse presentandola «è la mia ragazza» aggiunse compiaciuto.
Eichi sorrise felice.
«piacere di conoscerti Akiko. Dimmi la verità sei proprio sicura di voler stare con un eterno bambinone come lui?» aggiunse avvicinandosi a quella ragazza timida e impacciata. Akiko arrossì portandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
«eterno bambino a chi?» lo riprese risentito JJ.  Eichi scompigliò raggiante i capelli ormai scuri del fratello.
 «Anche se è difficile ammetterlo, devo dire che JJ non è più il bambino che ricordi Eichi, anzi se non fosse stato per lui probabilmente adesso non potrei presentarti una delle persone più importante della mia vita.» Era stato Rio a interromperli. JJ non poteva credere alle sue orecchie.
«ah si? è cresciuto così tanto il mio fratellino durante la mia assenza?» chiese conferma rivolgendosi a lui con sguardo sorpreso e commosso. Si poteva leggere chiaramente quanto lo avesse fatto soffrire stare lontano da lui.
«Eichi, voglio presentarti Yori» completò Rio riportando su di sé l’attenzione.
Eichi si avvicinò alla nuova star della Kings Record.
«so già chi sei.» le confermò raggiante.
«mi conosci?» chiese l'altra stupita.
«come potrei non riconoscere la nuova star della casa discografica. Grazie, per quello che hai fatto. Mi spiace che tu sia stata usata come mezzo d’intrattenimento per la stampa» la squadrò con occhi colpevoli.
«non devi ringraziarmi, se non fosse stato per questo probabilmente adesso non sarei qui con tutti voi. Direi che visto come sono andate le cose dovrei essere io quella a ringraziarti.» Eichi acconsentì sollevato senza ribattere ulteriormente sull'argomento.
Voltandosi notò altre due persone che lo attendevano in un angolo.Uno dei due era muscoloso con un'alta cresta, l'altro gracilino e biondastro. Il più minuto dei due lo riconobbe non proprio immediatamente. Dopo una seconda analisi più attenta capì che si trattava di Andrea, il fratello di Mary. Era cambiato davvero molto e non solo nel fisico, ma anche nell'atteggiamento. I suoi capelli scuri erano stati tinti di biondo, e mostrava un portamento serio e sostenuto completamente diverso da quello turbato e inesperto che aveva esibito in quel video di sei mesi prima. Accanto a lui Daisuke con un ampio sorriso ricambiava lo sguardo curioso e interessato dell'amico.
«Eichi, tu forse non sai tutto, Andrea è stato quello a impegnarsi più di tutti per salvare la tua immagine e anche la nostra.»
«lo so benissimo invece. Tua sorella ha salvato la mia vita in Italia e tu invece hai salvato la mia vita e anche quella di chi amo qui in Giappone. Sarò sempre  grato a entrambi per questo.»
«tua sorella?..» si voltò stupito Daisuke verso Andrea.
«si tutto questo tempo sono stato ospite a casa sua… » chiarì sintetico Eichi.
«Hai detto che mia sorella ha salvato la tua vita, cosa intendi?» precisò poco convinto Andrea, squadrandolo con sospetto.
«questo è un segreto tra me e lei, mi dispiace… » concluse Eichi sorridendogli.
«a proposito di segreti, Eichi devo dirti una cosa importante..» ammise Daisuke frapponendosi tra i due.
«dimmi..» lo spronò Eichi. Daisuke prese la mano di Andrea stringendola forte, davanti gli occhi stupiti di Eichi.
«io e Andrea stiamo insieme…» confessç tutto di getto.
Eichi per un secondo credette di aver sentito male poi finalmente tutti i pezzi del puzzle nella sua mente si ricomposero.
«allora sei tu la Yoko Ono di cui mi parlava sempre Mary…» concluse rivolgendosi a Daisuke sorpreso ma anche compiaciuto. Andra si portò avanti, interrompendo Daisuke.
«si è lui, qui mi hanno impedito di dirle tutta la verità così non sono riuscito a raccontarle la nostra storia per intero» confessò come per giustificarsi.
«capisco, mi spiace averti provocato così  tanti problemi» ammise dispiaciuto.
«l’importante è che tu ora sia tornato. Giuro che recitare nei tuoi panni non è facile come sembra!» tutti scoppiarono a ridere distendendo l'aria tesa e a tratti sostenuta di quell'incontro.
Almeno per pochi istanti l’atmosfera tornò leggera e spensierata come quella di un tempo.
«Ragazzi devo parlarvi.» tornò serio il leader del gruppo. Tutti o quasi presero posto un po’ sul divano, un po’  appoggiati alle pareti, accanto a qualche poster e a qualce locandina cinematografica.  Eichi, dinanzi a quel gruppo da poco ricostituito, si preparava a tenere il discorso più importante della sua vita.
 
 
ITALIA
 
Mary era ritornata davanti a quel cancello in ghisa che era stato l’inizio di tutto. Erano passati già due giorni da quando Eichi era partito. Era andato via senza lasciarle nemmeno un recapito telefonico. Non c’erano modi per venire in contatto, se non confessando tutto ad Andrea, ma quella sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Sopratutto adesso. Da un lato pensò, che fosse meglio così. Almeno non avrebbe dovuto resistere a inutili tentazioni. Prese un grosso respiro, strinse con forza il ciondolo appeso alla sua collana e suonò. Da quel momento tutto sarebbe cambiato.
Mary era nel salone della villa. Seduta sul grande divano al centro della stanza.
Dopo pochi secondi una figura slanciata con sguardo fiero e sostenuto la raggiunse facendo il suo ingresso nella sala.
Era pronta. Avrebbe chiarito tutto una volta per tutte. Quello sarebbe stato il discorso più importante e difficile della sua vita.
L’uomo prese posto sulla poltrona di fronte a lei.
«l’ultima volta hai commesso un errore molto grave…» esordì accendendosi una sigaretta.
«non scapperò più in quel modo sono tornata per non andare più via.»
«hai intenzione di sposare mio figlio allora?» chiese compiaciuto l’uomo gettandole il fumo in faccia con altezzosità. Mary trattenne due copi di tosse.
Si portò una mano sulla bocca, dopo che il fumo si fu disperso riprese il discorso.
«Si, ma devo chiederle un favore…» continuò sostenendo coraggiosamente il tono di quella conversazione allontanando il fumo con le mani.
«parla…» la invitò l’uomo in tono risoluto.
«voglio laurearmi e trovare un lavoro prima di sposarmi con Marco. Spero mi vorrà concedere almeno questo…»
«tutto qui?» chiese sollevato Francesco scaricando la cenere della sigaretta in un contenitore, appoggiato sul tavolino al centro della stanza.
«in realtà non è solo questo, vorrei fosse messo per iscritto che lei non toccherà in alcun modo i nonni, mio padre e voglio avere indietro le foto di Eichi.»
«va bene per i cari nonnini e per tuo padre, ma le foto di Eichi le riavrai solo dopo il matrimonio. Non puoi pensare che io sia così stupido da concederti anche quelle»
«va bene.» sentenziò alla fine Mary. Dopotutto non poteva ottenere più di così. L'uomo si rilassò ancora una volta sul divano aspirando dalla sua Merit bianca. Si rigirò con aria contemplativa la sigaretta tra le dita. 
«Marco non deve sospettare nulla. Deve credere che tu abbia scelto di tua spontanea volontà di amarlo» precisò infine Francesco spegnendola nel portacenere. 
«A quanto pare devo ricordarle che io non sto "scegliendo" di amare Marco ma "scelgo" di fingere amore per lui. C’è una grande differenza e voglio che lei ne sia consapevole.  Anche se sposerò suo figlio lo farò sempre e solo per il mio vero amore. Non si illuda che questo sentimento possa cambiare nel tempo… alla fine entrambi vivremo con la colpa di aver macchiato di false verità l’amore e la fiducia limpida e trasparente di una persona… » chiarito anche questo punto, Mary si sollevò e sicura uscì dal salotto. Non poteva immaginare che dietro la porta ci fosse stata Mina per tutto il tempo. La sorellina di Marco fece in tempo a nascondersi prima che lei uscisse. Non poteva credere alle sue orecchie. Cosa doveva fare?
Dopotutto sarebbe andata bene anche così. Suo fratello avrebbe avuto Mary al suo fianco comunque. Cosa importava se si trattava di finzione?
Almeno in questo modo non avrebbe dovuto più soffrire come quella sera.  Mina in quel momento decise di divenire la terza custode illegittima, di quel segreto scavato nella menzogna.
Mary era appena uscita dal cancello quando incrociò Marco.
Era arrivato il momento di tenere fede alle sue parole. Strinse forte ancora una volta il ciondolo a forma di loto e  si avvicinò a lui più sicura che mai. L’angelo avrebbe finto di amare quell’ignaro passante.  
 
 
 
GIAPPONE
 
Eichi era pronto.
« Sapete, John Lennon era solito dire che “Essere onesti può non farti avere tanti amici, ma ti farà avere quelli giusti” per questo ho deciso di essere sincero con voi. So che capirete le mie scelte. Prima di tutto vorrei ringraziarvi per esservi impegnati a mantenere il segreto della mia partenza per tutto questo tempo. Prima di tutto ringrazio te Misako per avermi scagionato dalle accuse dicendo quelle cose in diretta televisiva. Grazie anche a te Rio, per aver gestito la difficile situazione in cui vi ho lasciato. Grazie fratellino per essere stato vicino a nostra madre, sono orgoglioso di te. Daisuke grazie di esserti preso cura del gruppo e aver aiutato  Andrea. Ovviamente Andrea ti sarò sempre riconoscente per aver aiutato me e anche l’intero gruppo e per aver mantenuto il mio segreto. Ancora, Hiro per aver accettato di aiutarli nella creazione dei singoli. E poi infine vorrei ringraziare te, Yori, per essere stata il capro  espiatorio per la stampa e  te Akiko per aver aiutato mio fratello. Grazie a tutti. »
«non devi ringraziarci. E’ il minimo dopo tutto quello che hai fatto per noi in questi anni…» lo interruppe JJ. Eichi lo zittì con un movimento della mano.
«Mi dispiace dover ammetterlo solo adesso ma non è proprio così.  JJ la verità è che non ho fatto tutto fino ad oggi solo per voi ma più che altro per me stesso. Ho lavorato sodo trascurando chi avevo vicino solo per puro egoismo.» scambiò con Misako uno sguardo d’intesa « Volevo dimostrare a qualcuno, di essere capace di andare avanti da solo. O meglio volevo dimostrargli che sarei potuto andare avanti anche senza il suo aiuto. Ma una persona mi ha fatto capire che non si può andare avanti in questo modo. Per questo ho deciso di abbandonare il mio ruolo di leader. ».
Tutti, o quasi,  rimasero sconvolti da quelle parole. 
«… eravamo pronti a questa possibilità.» lo interrupe Rio con autorità, «se questa è la tua decisione noi ti seguiremo fino alla fine…».
«no, non voglio che anche voi rinunciate… non posso permettervelo.»
«non dire sciocchezze, noi avevamo già deciso di seguirti qualsiasi cosa avresti scelto di fare. I BB5 senza il loro leader non sarebbero più gli stessi!» lo rassicurò Daisuke.
«so cosa avevate deciso ma io non posso permettere che anche voi diciate addio ai vostri sogni e a un lavoro che amate solo per colpa mia…»
«cosa dovremmo fare secondo te?» intervenne JJ incollerito.
«Ho già discusso con il signor Otzuki, per il momento ho intenzione di uscire anche io con dei singoli come voi. Dopo aver portato a termine il nostro tour mondiale ho intenzione di rinunciare alla mia carriera di cantante. Dopotutto c’è una persona che non voglio deludere. Se andrò avanti questa volta sarà solo per lei. Non canterò per me stesso ma per qualcun altro ma sarà anche l’ultima volta che lo farò. Perché se continuassi so che potrei perderla. »
«sei cambiato davvero molto Eichi» lo interruppe Misako. «in passato nulla si sarebbe potuto intromettere tra te e la musica… deve essere davvero molto importante questa persona per te» ammise a tratti delusa.
«mi spiace Misako. Ho trovato la persona della mia vita e non ho intenzione di lasciarmela scappare per niente al mondo».
Tutti rimasero in silenzio.
«TU NON PUOI!» sbottò fubondo JJ.
« JJ calmati…» tentò di trattenerlo Daisuke
«rinunciare così non è da te… che farai? andrai via di nuovo?» gli occhi del più piccolo si riempirono in pochi istanti di collera, tutto per mascherare una paura disarmante. 
«mi spiace, ho promesso che sarei tornato da lei» confessò con occhi colpevoli.
«va bene, va pure… ma poi non venire a piangere da noi quando scoprirai che ha smesso di aspettarti…» lo superò JJ uscendo dalla stanza, sbattendo la porta rumorosamente. Akiko lo seguì.  Eichi avvertì una mano poggiarsi sulla sua spalla destra.
«non farci caso è solo preoccupato che tu possa sparire ancora una volta. Gli sei mancato molto. Conosci JJ si mette sulla difensiva per non mostrare il suo lato debole,» lo rincuorò Daisuke.
«lo so»
«Quindi questo sarà il nostro ultimo tour, dico bene?» chiese conferma Rio.
«Si.» confermò laconico Eichi.
«Questo vuol dire che dovremo lavorare duro per renderlo memorabile! Se i BB5 devono uscire di scena, lo faranno, ma in grande stile!» lo incoraggiò il compagno sorridendogli rassicurante.
«Metteremo su uno show mai visto prima» si aggiunse anche Hiro.
«Grazie per aver capito»
«i veri amici fanno questo.» completò Misako. Il gruppo si era finalmente riunito. Andrea era così felice che la situazione si fosse finalmente risolta. Non vedeva l'ora di dare la bella notizia al signor Marini.
In quel momento un telefono squillò. Era il suo.
Tutti si voltarono verso il nuovo manager interessati.  Lo stesso sollecitato dai loro sguardi, si apprestò a rispondere.
«Pronto?Cosa? In ospedale? Vi raggiungiamo subito!»
tutti osservavano Andrea preoccupati.
«dobbiamo andare in ospedale. Roberto è stato ricoverato d’urgenza…»

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Capitolo 14
*** UN ANNO DOPO (PARIGI) ***


CAPITOLO 14
UN ANNO DOPO

 Scusate l'assenza, ma stavo cercando di terminare gli ultimi video prima di pubblicare il capitolo. Per il momento sono a metà dell'opera. Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento. Attenti alle lacrime. Preparate i fazzolettini. Io vi ho avvisato ^^. Buona lettura. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ITALIA
 
«Mary sei davvero bellissima…» si complimentò Angela.
«Non esagerare. Chi non starebbe bene in abito da sposa? E poi è tutto merito tuo. Questo vestito è fantastico.»
Mary era nel salone di moda che Angela con fatica aveva tirato su dopo l’università. Creare vestiti era sempre stata una sua grande passione e finalmente era riuscita a coronare il suo sogno.
Con l'amarezza nel cuore aveva cucito quell'abito su misura per lei Non poteva ancora credere che Marco e Mary alla fine si sarebbero sposati. Se da un lato la cosa la rendeva triste, dall’altro era felice per loro. Dopotutto sembravano amarsi molto.
Afflitta, aveva deciso di rinunciare al suo amore non corrisposto, anche se spesso continuava a chiedersi come mai Mary avesse cambiato idea. Era certa che si fosse innamorata davvero di Eichi.
«Continuerai a portare quella collana anche il giorno del matrimonio?» le chiese sorridendo mentre le aggiustava l'orlo del vestito.
«non saprei…» Mary si osservava allo specchio rigirandosi il ciondolo a forma di loto tra le mani. Aveva tergiversato sperando che Eichi tornasse da lei per salvarla, ma alla fine il giorno del suo matrimonio era alle porte e di Eichi ancora nessuna traccia.
 «Andrea ha detto che farà in tempo a raggiungerti per la cerimonia?» le domandò Angela sistemando qualche spillo sul vestito. Tra poco più di un mese ci sarebbe stato il matrimonio.
«Mi ha detto che il giorno prima si terrà l’ultimo concerto del gruppo e dopo sarà libero di tornare. Ha chiesto un permesso speciale. Partirà quella sera stessa…»
«è fantastico!».
«si, non vedo l’ora di riabbracciarlo. Sono quasi due anni che si è trasferito in Giappone e mi manca incredibilmente.»
«Come vi invidio. Voi due siete così uniti. Sono sempre stata gelosa del vostro rapporto. Io non ho mai avuto nulla di simile con mia sorella!.»
«Sarà, ma per lo meno tua sorella non è dall’altra parte del mondo…» le sorrise con aria malinconica.
«Credimi fosse per me ce la spedirei molto volentieri. Comunque non affliggerti, vedrai che presto sarà qui e vi potrete riabbracciare.»
«si non vedo l’ora!!». Angela aveva appena finito di prendere le ultime misure. Mary nell’ultimo periodo era dimagrita molto. Anche se provava a mascherarlo, l’amica aveva capito che qualcosa la turbava più del dovuto. 
«Come vanno i preparativi per la mostra a Parigi? » cercò di tirarla su di morale, cambiando discorso.
«Tra tre giorni ci sarà l’inaugurazione. Sai, avevo pensato di fare una sorpresa ad Andrea. In quei giorni dovrebbe essere proprio lì a Parigi. Tu cosa ne pensi? Ho così tanta voglia di vederlo»
«Credo non potrà fargli che piacere,di sicuro non se lo aspetterà… ma non hai paura di incontrare anche Eichi?»
Per un secondo il cuore in petto le si fermò. Non aveva minimamente calcolato  quella eventualità.
«farò in modo di vedermi solo con  mio fratello…»
«quindi, non vuoi proprio incontrarlo? Non sei per nulla curiosa di sapere come sta?»
«non credo sarebbe giusto nei confronti di Marco…»
«capisco, beh ti basterà essere discreta e sicuramente non vi incrocerete.»
«si, lo penso anche io.»
Mary si sfilò il vestito. Ogni volta che indossava quell’abito bianco il suo senso di colpa aumentava. In quei momenti la  sua coscienza macchiata le pareva divenire più sporca di quanto già non fosse. Ecco perché non reggeva le prove d'abito a cui Angela la sottoponeva. Era perfezionista e voleva il meglio per lei, Mary infondo lo sapeva, ma vedersi in quelle vesti le procurava sempre un senso di ansia opprimente.  Dopo aver indossato nuovamente i suoi abiti, raccolse i capelli scuri in un’acconciatura a tuppè ordinata ed essenziale.  Aveva cambiato molto di se stessa in quel periodo. L’abitudine di raccogliere i capelli in quel modo era solo un piccolo segno dei grandi cambiamenti che aveva apportato alla sua vita. Dopo essersi laureata, aveva trovato un posto di lavoro presso una galleria d’arte. Questo non le aveva impedito di trovare il tempo di dipingere a Villa Rosa.  Eichi le aveva acceso una luce dentro che non era ancora riuscita a spegnere.
Angela raccolse il vestito bianco e vaporoso dell’amica e lo ripose sull’appendiabiti tornando subito dopo da lei.
«Andrea porterà con se qualcuno o verrà da solo? Come va la storia con quella ragazza?» le chiese interessata rimettendo a posto in un armadietto la scatola con gli spilli.
«non saprei.. mi ha solo chiesto di prendere in considerazione due posti. Peso verrà anche  Yoko Ono questa volta. Non vedo l’ora di conoscerla» continuò Mary indossando il suo cappotto blu.
«sarà sicuramente bellissima…» la rassicurò Angela mentre posizionava la scatola dei cotoni sul tavolo al centro della stanza.
«ciò che conta è che si amino, almeno loro devono essere felici…» continuò Mary sottovoce, pronunciando quelle parole più che altro a se stessa.
«almeno loro cosa?» chiese Angela distrattamente mentre cercava di infilare nella cruna di un ago un filo bianco e lucente.  
«scusami Angela, ma adesso devo proprio andare. Sono in ritardo. Devo preparare le valige e ho ancora tante cose da sistemare prima della partenza…»
«capisco, allora vorrà dire che il caffè lo prenderemo la prossima volta»
«mi dispiace» concluse, prima di salutare frettolosamente l’amica e uscire stringendosi nel suo cappotto blu oltremare. La porta si richiuse lentamente emettendo quel rumore stridulo a cui Angela si era già abituata da tempo. Tuttavia, a dispetto di quel suono fastidioso, Angela non si era ancora abituata a allo sguardo spento e triste della sua amica.
“Mary, cosa ti prende? Sembri così triste… una donna in procinto di sposarsi non dovrebbe essere al settimo cielo?
Ho il presentimento che tu mi stia nascondendo qualcosa… ma che cosa? ” Angela sospirò rumorosamente. Uscì la macchina da cucire e si rimise al lavoro.
 
 
 
 
 
GIAPPONE
 
«Uffa voglio vedere anche io Parigi!!!» sbuffò seccato il più giovane.
«JJ, non insistere. Andrea non deve andare lì per giocare. Ci vaì per lavoro…» lo riprese severo Rio.
«lo so, però abbiamo un mese di tempo prima del concerto. Abbiamo fatto 15 tappe in tutto il mondo… non ci meritiamo una vacanza? Poi Parigi dicono sia bellissima in questo periodo..» continuò con occhi sognanti.
«so già cosa hai in mente e non se ne parla proprio… » lo ammonì Rio.
«che male c’è? Voglio solo visitare la città più romantica del mondo…»
«…tu vuoi andarci con Akiko…»
«e se anche fosse che male ci sarebbe?» lo riprese JJ gettandosi in malo modo sul divano blu dello studio di Rio.
«ma cambierete mai voi due?» entrò Eichi.
«onisan diglielo anche tu che possiamo prenderci un mese di riposo… abbiamo lavorato strenuamente per quasi un anno… non ci meritiamo tutti una pausa?»
JJ guardava con occhi supplichevoli suo fratello.
«anche se ti dicessi che sono d’accordo la decisione non spetterebbe comunque a me… perché non lo chiedi direttamente ad Andrea?»
JJ, corrucciò le sopracciglia in un’espressione imbronciata davvero molto buffa.
«l’ho già fatto…» continuò rimettendosi seduto.
«ebbene?» chiese Eichi, mentre l’altro incrociava le braccia all’altezza dello stomaco.«ha detto che dobbiamo riposare prima del prossimo concerto… Però è così ingiusto, lui passerà tre settimane a Parigi e noi invece faremo la ruggine qui in Giappone…»
«come vedi è inutile insistere…» lo sbeffeggiò Rio sogghignando vittorioso e soddisfatto.
 
 
 
 
 
Andrea e Daisuke erano in macchina. Stavano raggiungendo i ragazzi a casa di Rio.
«cosa vuoi fare? glielo dirai?» domandò serio il ragazzo dall’alta cresta alla guida.
«come posso dirgli una cosa del genere?» Andrea era combattuto. Una mano tra i capelli lisci e scuri si muoveva nervosamente.
«lo sai che mentendogli alimenterai solo false illusioni…»
«è vero, però da quando il signor Marini ci ha lasciati Eichi ha lottato duro per non affondare. L’unica cosa ad averlo fatto  andare avanti è stata quella speranza… come posso essere io a distruggergliela…» proseguì  in apprensione il  nuovo manager del gruppo.
«è quasi un anno ormai che non si vedono e non si sentono… credo potrebbe accettare la cosa, dopotutto è passato molto tempo…»
«può essere, eppure sono sempre più convinto, che debba essere mia sorella a dirgli la verità. Se c’è una cosa che ho imparato è che non si può scappare dalla vita perché trova sempre il modo di raggiungerti….»
«cosa hai intenzione di fare allora?»
«penso non sarebbe male trascorrere un paio di settimane tutti insieme a Parigi»
 
 
 
Eichi era in camera sua. Sulla scrivania un biglietto aereo per Parigi.  Vicino la porta i suoi bagagli.
Erano le dieci del mattino. Tra le mani aveva il ciondolo a forma di stella che Mary gli aveva regalato un anno prima.
 “Mi avrà aspettato?”,  si domandava tra sé e sé, rigirandoselo tra le mani.
Dopo qualche attimo di esitazione, riprese quel ciondolo e lo rimise al collo, sotto la sua maglia antracite. La chitarra che Mary le aveva regalato era ancora in un angolo della stanza. Da quell’ultima volta non aveva più voluto usarla.
Gli occhi caddero su una foto sulla sua scrivania.
In quella immagine sbiadita dal tempo, c’era un ragazzino con gli occhi a mandorla e un uomo alto e imponente, biondo, con degli intensi occhi verdi.
Quella sera sarebbe morto anche lui dal dolore se non avesse avuto con se quel ciondolo a dargli forza e coraggio. Nulla avrebbe cancellato le ultime parole di Roberto. Per lui era più di un amico di famiglia. Lui era il padre che gli era sempre mancato, e questo valeva anche per gli altri membri del gruppo. Prese quella foto, accarezzandola con nostalgia. Con uno sguardo malinconico tratteneva le lacrime che quella sera maledetta invece scesero come amare cascate dai suoi occhi.
“Mary, aveva ragione, perdere qualcuno così è tremendo. E' come salire le scale al buio e mettere un piede in fallo…  il tempo di quella caduta ti sembra infinito… e per tutto il tempo in quel vuoto che provi continui a domandarti : quando toccherò il fondo per poter risalire?”
Quel giorno una parte della sua vita lo aveva lasciato per sempre. Non avrebbe più potuto gioire di quei piccoli momenti di felicità che la presenza di Roberto aveva regalato alla sua vita. Le lezioni di pianoforte di un maestro, gli incoraggiamenti di un manager, i litigi, le riappacificazioni, le lacrime versa e asciugate dalle mani di un padre affettuoso. Roberto era stato tutto questo per lui. Una guida e un esempio. Era ironico che in fondo il destino avesse voluto donargli qualcuno che lo amasse come un padre e che lui potesse amare come tale.
 
Era passato poco meno di un anno, ma Eichi ricordava benissimo quel tremendo pomeriggio. Quel giorno, nello studio del signor Otzuki, Andrea aveva ricevuto una chiamata che aveva cambiato inesorabilmente la sua vita e quella di molte altre persone.
Tutti, dopo quella chiamata, si precipitarono in ospedale. Giunti lì, il medico, comunicò loro che non c’era molto da fare. Il signor Marini voleva vederli.
Tutti insieme entrarono incuranti dei rigidi divieti dell'ospedale. Gli stessi che imponevano l’ingresso a un numero massimo di due persone per turno di visita.
In quella stanza, in solitudine, c'era Roberto sdraiato in attesa del loro arrivo, con il volto pallido e stanco. Non sembrava più avere nulla dell'uomo che Eichi ricordava. Sotto il peso della malattia, anche i suoi occhi verdi e vivaci, si erano gradualmente spenti come se su di essi fosse calato un velo bianco e opaco. Dopo sei mesi  di lontananza,Eichi quasi non lo riconosceva più: il viso scavato e divorato dalla malattia, le rughe più spesse ed evidenti.. per non parlare del pallore quasi etereo della sua pelle che lo facevano sembrare più simile ad un ologramma che a una persona in carne ed ossa.   Con aria stanca e affaticata ma felice e, li accolse, sollevato all'idea di avere almeno la possibilità di dire loro addio. 
«Ragazzi sono così felice di vedervi…» esordì con un sorriso tirato. Nessuno ebbe la forza di ricambiarlo.  Semplicemente si limitarono ad entrare  in fila indiana, in silenzio e a capo chino, disponendosi a semicerchio nella stanza. Erano troppo tristi e sconfortati sia per esprimersi con falsi sorrisi sia per lasciar spazio a parole inutili.
 
Dopo che la porta fu chiusa da Eichi, Roberto fece segno ai presenti di avvicinarsi al suo capezzale.
Il primo a cui rivolse la parola fu Rio.
 
«Rio… vieni pure più vicino». gli fece segno con la mano «Purtroppo questa voce fa più fatica del solito ad uscire. » Rio fece come gli fu detto. «Ho davvero bisogno che sentiate bene cosa ho da dirvi». chiarì infine Roberto rivolgendosi all’intero gruppo.
Rio e anche gli altri dietro di lui acconsentirono. Poi l’uomo nel letto gli strinse una mano.
«Rio,sono così orgoglioso di te. Mi chiedevo quando avresti smesso di punirti per colpe che non avevi. Non guardare al passato ma, pensa al futuro che ti aspetta. Sii felice. So che da ora in avanti non sarai più solo. » e con lo sguardo indicò Yori che in un angolo che  tratteneva le lacrime stringendo tra i denti il labbro inferiore.
«lo farò sicuramente…» ribadì convinto il più grande del gruppo facendosi da parte con fare solenne. Il signor Marini gli sorrise compiaciuto.
Subito dopo fu il turno di Hiro.
«… Hiro, so quanto dura sia portare quella corazza, ma ricorda, più ti nasconderai dietro di essa più smetterai di riconoscere la tua figura riflessa allo specchio. Cerca di aprire il cuore a chi ti sta vicino, perché solo in questo modo gli altri potranno vedere la persona meravigliosa che sei…»
«… ci proverò»
«Yuki…» lo richiamò in un sussurro.
«sono qui…» si avvicinò sostituendosi a Hiro e prendendo la mano di Roberto tra le sue. Era fredda e tremava debolmente.
«… sei così cambiato. E’ strano vederti bruno e senza abiti multicolore, eppure devo ammettere, che  questo nuovo look ti si addice proprio» provò a sorridergli in modo poco convincente, JJ allo stesso tempo si tratteneva coraggiosamente dal’esplodere in un pianto esasperato. « Non so come, ma sei diventato un uomo alla fine. Sono così felice di aver fatto in tempo a vederti crescere. Conserva l’ animo puro e sincero del bambino che c’è dentro di te. Perché sarà l’arma con cui proteggerai chi ami fino all’estremo.» in quel momento fece segno ad Akiko di avvicinarsi, strinse le mani di entrambi tra le sue, « non rinunciate ai vostri sogni per niente al mondo. L’unica voce che dovrete ascoltare, d’ora in avanti, è quella del vostro cuore. Se lo farete tutto andrà per il meglio… »
JJ acconsentì con convinzione. Il suo viso era rosso ed era evidente quanto faticoso fosse per lui trattenere le lacrime. Voleva dimostrare di essere forte come gli altri, ma nonostante gli sforzi non riuscì a reggere oltre. Esplose crollando sul corpo ormai inerme di Roberto. Dietro le braccia conserte nascondeva il suo viso rosso e bagnato dalle lacrime. Con dolcezza, l’uomo in quel letto, lo spronò a sollevarsi.
«suvvia JJ, ho appena detto che sei un uomo, e un uomo non dovrebbe piangere in questo modo…»
«non mi importa…»
«JJ…» lo richiamò con una nota di rimprovero, come si farebbe con un figlio che ne ha combinata una delle sue.
«perché non ci hai detto nulla?»
«non volevo farvi preoccupare inutilmente…»
«cosa significa che non volevi farci preoccupare inutilmente? Per noi tu sei come un padre e i figli dovrebbero potersi prendere cura dei propri genitori. Non avresti dovuto mentirci…»
«lo so, mi dispiace…»
«io non voglio che tu.. che tu..» non riuscì a completare la frase, continuamente interrotta dai singhiozzi. Per la prima volta in tutta la sua vita JJ era incapace di esprime, con il suo solito impeto, quello che provava.
Roberto dolcemente gli accarezzò il viso asciugandoglielo alla meglio, «non vado da nessuna parte… sarò sempre qui…» gli indicò il petto., JJ scosse il capo corrucciato,
«non è così, e lo sai. La verità è che tu non sarai più qui a prenderti cura di noi, a rimproverarci, a gioire dei nostri successi e a consolarci nei momenti difficili…»
 «JJ, non dire così. Invece di piangere dimostrami che gli insegnamenti che ti ho dato in tutti questi anni, non sono andati sprecati; diventa l’uomo meraviglioso che ho sempre sognato tu fossi. Migliore anche di me che non ho trovato il coraggio di dirvi la verità.» JJ si asciugò le lacrime.  Roberto continuò in tono comprensivo e amorevole avvolgendo con entrambe le mani il viso del più piccolo, trattenendolo con il suo solito sguardo fermo e irremovibile «dimostrami che non sei più il ragazzino impulsivo e ribelle che conoscevo. Provami che sei diventato un uomo tenace, capace di affrontare la vita con forza e coraggio». JJ spronato da quelle parole riacquistò parte del suo contegno iniziale.
«va bene, ci proverò!» convenne sconfitto tirando su con il naso, asciugandosi le ultime lacrime.
«questo è il mio ragazzo!» gli sorrise soddisfatto prima di richiamare i successivi.
«Andrea, Daisuke…» gli stessi si avvicinarono lentamente l’uno accanto all’altro tenendosi stretti per mano, «sono felice che vi siate trovati. Avete bisogno l’uno dell’altro. Ricordate: anche se la vita vi metterà davanti delle prove difficili da superare voi dovete resistere e non mollare. Daisuke, non avere paura di mostrare al mondo la persona meravigliosa che sei. Se il mondo non riuscirà a vedere la luce che risplende dentro di te allora tu risplendi ancora più forte, per dimostrargli quale grande errore sta commettendo. Andrea, ti affido le persone più importanti della mia vita. Abbine cura. So che lo farai…»
«Certo, conti pure su di me» lo rassicurò prima di congedarsi retrocedendo, per lasciare spazio a Eichi.
Il ragazzo, si sedette sul letto accanto a Roberto.
«… non odiarmi ti prego» iniziò l’uomo pallido in quel letto d’ospedale, notando il suo sguardo accusatorio.
«… non ti odio.» chiarì con una nota di risentimento distogliendo lo sguardo.
« Mi spiace non averti detto nulla… » lo anticipò con rammarico.
«so che lo hai fatto per proteggermi, ma ormai sono grande e capace di badare a me stesso.
Non dovevi mentirci in questo modo. Se lo avessi saputo, sarei tornato prima»
«Non importa…»
«e invece importa eccome!!» esplose Eichi che fino a quel momento aveva trattenuto la frustrazione per essere rimasto allo scuro di troppe cose mentre era stato via. Strinse i pugni per contenersi. «Ti sembra così poco importante la mia opinione? Non avevo il diritto di scegliere se tornare o meno da mio padre?» dagli occhi lucidi scesero rapide  due lacrime.
Roberto sgranò gli occhi dallo stupore. Era la prima volta che Eichi piangeva davanti a lui ed era anche la prima volta che lo chiamava in quel modo.
«…io non sono il tuo vero padre» lo corresse amareggiato distogliendo lo sguardo.
 Eichi corrucciò le sopracciglia, «hai ragione, non sei il mio vero padre, ma sei il padre che avrei sempre voluto avere.»
Roberto riportò la sua attenzione sull’aitante ragazzo dinanzi a sé, con quelle poche parole gli aveva concesso l’ultima grande felicità nella sua vita.
Eichi si sporse tanto quanto bastava per abbracciarlo. Lo stesso ricambiò, soffrendo in silenzio per avergli mentito in quel modo, «Eichi, non provare mai odio per le persone che sbagliando ti faranno soffrire, tutto al più odia i loro errori, ma perdona le persone che li hanno commessi. Nella vita anche il più grande atto d’amore può portare sofferenza, così come ogni sofferenza può mascherare un gesto d’amore.  Ricorda,  questo non vuol dire che chi lo commette è quello ad amare meno… »
«cosa significa?» si risollevò Eichi sciogliendo quell’abbraccio pieno di affetto e comprensione, Il Signor Marini tornò a squadrarlo con i suoi soliti occhi verdi, quasi soppesando qualcosa tra se «Eichi, nella vita dovrai perdonare molte volte e ogni volta sarà sempre più difficile, ma ricorda, per ogni perdono che donerai, la vita ti ricompenserà con momenti di infinita gioia. Questa esistenza è davvero troppo breve per riuscire ad amare pienamente qualcuno, figuriamoci se la sprecassimo odiandoci l’un l’altro. Allora non ci sarebbe più spazio per la felicità. »
«Cosa vuol dire? Chi dovrei perdonare? Se è per ciò che ho appena detto, non devi preoccuparti, non potrei mai odiarti.»
«Eichi, non è di me che stavo parlando, ma di un'altra persona, anch’essa molto importante nella tua vita. Ricordi? Tempo fa mi chiedesti se conoscevo tuo padre. Ebbene, la verità è che ci conosciamo da anni.  L’ho rincontrato mentre eri via ed è disposto a incontrarti. Lì, in quella busta, c’è tutto quello che devi sapere su di lui. Ti supplico incontralo, fallo per me…»
Eichi non fece in tempo a ribattere che la porta fu spalancata alle sue spalle.
Era Lucia la mamma di Eichi.
 «Ragazzi, vi dispiacerebbe uscire un attimo…» chiese supplichevole. Tutti acconsentirono. Sembrava agitata e preoccupata. La stessa scambiò con Eichi, uno sguardo d’intesa, prima di chiudere la porta e tornare da Roberto.
Nella stanza, finalmente, erano solo loro due. La donna aveva stretta in una mano una busta da lettere.
«sei arrivata…» notò sorridendogli l’altro.
La donna gli si sedette accanto.
«cosa significa?» chiese mostrandogli la lettera che stringeva nella mano destra.
La busta era stata aperta.
«ti avevo chiesto di non aprirla fino a che io non… sai...»
Lucia era l’unica, oltre ad Andrea, a conoscenza delle sue condizioni di salute.
«sei uno stupido o cosa?» lo ammonì.
«l’hai letta?» chiese inquieto.
«certo che l’ho letta…» ribadì risentita.
«quindi adesso sai tutto.»
«si, adesso so tutto…» proseguì triste.
«perdona la mia mancanza di coraggio Lucia. Dopo tutti questi anni il mio carattere non è cambiato di una virgola. Allora, come adesso, mi è mancata la temerarietà di dirti ciò che provavo…»
«perché non hai cercato di farlo quando sei venuto in Giappone…?»
«Credo di aver rinunciato dopo aver visto quanto ancora ti amasse quella persona. Prima che tu mi mandassi quella lettera con la foto di Eichi io ero già in contatto con lui. E’ stata proprio quella persona a chiedermi di venire qui per prendermi cura di voi. …»
«non può essere vero…»
«vorrei poterti dire che non è cosi che le cose sono andate diversamente, credimi, ma purtroppo non posso farlo. Dopo tutti questi anni e nonostante si sia risposato, non credo abbia smesso di amarti... »
«… Roberto…» lo richiamò amareggiata stringendo la sua mano gelida.
«… Lucia, ormai sai quello che provo. Ho sempre avuto occhi solo per te, si da quando avevi 19 anni e giravi con la tua solita codina alta, le tue orecchie a sventola  e quella chitarra tutta sgangherata sulle spalle. Amavo ogni cosa  di te, ma non ho mai avuto il coraggio di dirtelo, così quando hai deciso di  partire in Giappone con lui, mi sono odiato con tutto me stesso, perché anche in quella occasione non sono riuscito a trovare il coraggio di dirti quanto ti amavo. Probabilmente, anche senza di lui, avrei deciso di venire da te. Perché da quel giorno non ho smesso di pensarti nemmeno una volta.»
«…io… davvero, …»
«non preoccuparti, non sono arrabbiato perché lo ami ancora. Dopotutto l’ho sempre saputo.
Quello che adesso conta per me è sapere di essere  riuscito a rendere la sua mancanza meno pesante da sopportare per te e per Eichi. Mi basta pensare di essere riuscito a fare almeno questo per voi… »
Lucia aveva le lacrime agli occhi. Si mosse lentamente verso Roberto dolcemente poggiò le sue labbra sulle sue. Poi così come si era avvicinata si allontanò. Roberto le sorrise per pochi secondi ancora, aveva finalmente  trovato la pace che da tempo aveva cercato insistentemente nella sua vita. Dopo il suo dolce sorriso si ritirò e il suo viso si fece ancora una volta pallido e livido. In un attimo,  i suoi intensi occhi verdi persero la loro luce vibrante, spegnendosi per non riaccendersi mai più. Sul viso della donna due lacrime silenziose scesero per dargli l’ultimo saluto.
Roberto aveva smesso di essere un amico, un amante, un padre e una guida. Era diventato il ricordo della totale dedizione, dell’affetto e dell’amore di un uomo per le persone amate. Roberto era andato via, lasciandoli senza in realtà lasciarli davvero.
Tutti avrebbero custodito nel loro cuore la sua immagine e i suoi insegnamenti.
Lucia piangendo con contegno, tenendo stretta ancora quella lettera tra le mani, uscì dalla stanza.
 
Eichi, riposizionò la foto sulla scrivania. Spense la luce ed uscì. Prima di partire per Parigi aveva da fare ancora un’ultima cosa. Era pronto.
 
L’uomo seduto a quel bar sorseggiava agitato il whisky scuro che aveva appena ordinato.
Finalmente il giorno del giudizio era arrivato. Dopo 23 anni avrebbe rivisto suo figlio. Sapeva che il rivederlo gli sarebbe costato caro. Nel profondo sapeva che questa volta avrebbe dovuto accettare i rimproveri a capo chino. Eichi avrebbe portato con sé, il conto di tutti quegli errori commessi anni prima. “Chissà se riuscirò a sopportarlo?” mosse il bicchiere, rimescolando la sostanza brunastra al suo interno. Era ancora immerso nelle sue riflessioni quando, il rumore stridulo di una sedia trascinata, lo riportò alla realtà.
Eichi era arrivato. Si sedette in malo modo sulla sedia, rigirandola e mettendosi a cavalcioni senza scambiare con lui nemmeno uno sguardo. Il silenzio era davvero imbarazzante. Entrambi avevano così tanto da dirsi, ma ancora non riuscivano nemmeno a guardarsi negli occhi.
Il signor Aoki riposizionò il bicchiere sul tavolo e sollevò il viso per poter ammirare suo figlio. Era cresciuto davvero molto.
 «Non illuderti che sia venuto qui perché avevo voglia di incontrarti. Se l’ho fatto è stato solo per tenere fede a una promessa fatta a Roberto.»
L’uomo si aspettava una reazione di quel tipo. Dopotutto il rancore nei suoi confronti era più che legittimo.
«non importa il motivo, quel che conta è che tu sia qui» convenne, riprendendo il bicchiere di whisky tra le mani.
«vuoi qualcosa da bere?» provo a chiedergli cercando di gestire al meglio quella situazione instabile.
«no, grazie. Tra due ore partirò per Parigi. Preferirei concludere questo incontro da sobrio e il prima possibile, se non ti dispiace»
«come desideri» convenne amareggiato.
«Non so cosa ti abbia detto Roberto…» prese in mano il discorso il signor Aoki.
«sai cosa mi fa più arrabbiare?» lo bloccò Eichi, incrociando per la prima volta gli occhi a mandorla di suo padre. Erano proprio come i suoi.
L’uomo rimase fermo in attesa di una risposta. Eichi si abbandonò scomposto sulla sedia sospirando.
«credevo che rivedendoti il mio odio sarebbe esploso, e invece, scopro che non ti odio per niente. Se quel giorno tu non fossi sparito dalla nostra vita adesso io non sarei quello che sono. E probabilmente senza i tuoi errori adesso avrei egoisticamente trascinato una persona qui condannandola a una vita di solitudine proprio come tu hai fatto con la mamma. Quindi dopotutto credo di doverti ringraziare»
L’uomo sgranò gli occhi dallo stupore. Non si aspettava di certo dei ringraziamenti.
«Sai, Roberto mi ha raccontato tutto.» riprese Eichi notando l’espressione stupita e ancora poco convinta di suo padre. « E’ vero, hai sbagliato, ma gli errori che hai commesso sono l’unica cosa che riesco a odiare di te. Dopotutto hai cercato di rimediare ai tuoi sbagli per quasi vent’anni. Non deve essere stata una passeggiata vivere in una menzogna per tutto questo tempo. Infondo credo di non riuscirti ad odiare proprio per questo motivo. Il signor Marini mi ha raccontato che sei stato tu a chiedergli di venire in Giappone. E’ tutto scritto in questa lettera.» gliela lanciò sul tavolo «so che hai fatto di tutto per convincere mia madre a cambiare nome e identità per proteggerla, che hai sposato quella donna solo per difenderci dai loro attacchi. Hai stretto un patto con la tua famiglia per fare in modo che non ci facessero del male. So anche che per rispetto nei confronti dell’amore che ancora provi per mia madre, quella donna non l’hai mai nemmeno sfiorata. Tanto che siete stati costretti ad adottare una bambina: Akiko.
 Anzi, quasi dimenticavo,grazie per aver permesso a JJ di starle vicino. E’ un bravo ragazzo impulsivo ma di buon cuore.»
L’uomo gli sorrise più sollevato. Era davvero contento che Eichi avesse compreso così bene la situazione. Non si sarebbe mai aspettato un livello di maturità tanto alto da un ragazzino poco più che ventenne.
«Mi spiace non averti visto crescere. Non posso nemmeno dire di essere stato io a renderti l’uomo che vedo ora. E’ tutto merito di Roberto e di tua madre. Sono cosi geloso di loro...»
Eichi, incrociò le braccia sul tavolo.
«ho detto che non ti odio non che tutto passerà come se nulla fosse. Forse con il tempo riuscirò a dimenticare… dopotutto una persona mi ha detto che perdonare non è facile ma che alla fine, per ogni perdono donato la vita mi avrebbe ricompensato… chissà se sarà così… ho intenzione di verificare se quella persona aveva ragione…  Oggi ti perdonerò aspettando la mia ricompensa un domani…» .
Eichi si sollevò sicuro.
« prima hai detto che anche tu hai dovuto compiere la mia stessa scelta..»
Eichi si arrestò improvvisamente, voltandosi verso suo padre, che ancora seduto, lo scrutava con occhi curiosi.
«sai, mi sono sempre ripromesso di non diventare mai come quel padre che mi ha abbandonato tanti anni fa. Il mio scopo non è mai stato inorgogliti. Ho sempre voluto dimostrarti di essere più forte. Sono diventato un cantante, forse anche per questo motivo, perché tu potessi vedermi andare avanti anche senza di te. Il mio scopo non è mai stato quello di inorgoglire un padre o di eguagliarlo, come accade per la maggior parte dei ragazzi, io ho sempre voluto superarti, e credo che compiendo quella scelta mi sia dimostrato superiore a te per la prima volta in tutta la mia vita. Il tuo egoismo non ti ha permesso di rinunciare a tutto per restare con mia madre in Italia. Non sei riuscito a rinunciare alla tua vita per lei e l’hai costretta a privarsi di tutto: dei suoi sogni, della sua famiglia e dei suoi amici senza che il pensiero di poter fare lo stesso per lei ti sfiorasse minimamente il pensiero. Io non sono stato così egoista da commettere il tuo stesso errore… »
«hai intenzione di rinunciare a tutto per quella ragazza?» gli domandò sconcertato il signor Aoki.
«non rinuncerò a nulla perché il mio tutto adesso è lei…» completò prima di voltargli le spalle ed uscire.
“Oh Eichi, sei proprio come tua madre. Spero che quell’amore per cui stai lottando si riveli più forte del nostro”
 
 
PARIGI
 
 
Mary era appena arrivata all’aeroporto. Aveva con se un enorme borsone. Ai trolley ci aveva rinunciato tempo fa. Raggiunto l’albergo e depositato i suoi bagagli in stanza, si diresse alla galleria d’arte. Doveva organizzare la disposizione dei quadri per la mostra.
«scusate quello non deve andare lì…» andò in soccorso a due operai che stavano commettendo l’ennesimo errore nella disposizione delle opere.
Era davvero stressante occuparsi di tutto. Il gallerista si era innamorato di un suo quadro esposto a quella mostra organizzata dalla sua Accademia, un anno prima. Era il quadro più importante della sua vita. Rappresentava l’inizio e la fine di tutto e adesso sarebbe stato esposto al pubblico parigino. Era così strano, per molti quel dipinto avrebbe rappresentato solo un fiore di loto e un cielo stellato ma per lei aveva un valore aggiunto. Ora capiva molto di più Eichi e il diverso legame che intercorre tra la musica e il suo compositore, diverso da quello del pubblico che la riceve. Solo il creatore di un dipinto o di un brano musicale ne conosce la vera anima custodita all'interno.
 
Distrutta ringraziò tutto il personale e si avviò verso l’uscita. Quella sera avrebbe incontrato suo fratello. Non era più nella pelle.
 
Erano le otto, i due ragazzi si erano dati appuntamento vicino la cattedrale di Notre Dame. Un gruppo di artisti di strada si esibiva in un numero davvero molto entusiasmante. Le sfere infuocate ruotavano creando nell’aria dei disegni luminosi dinamici.


 

Era entusiasmante osservare come con i loro movimenti essi fossero capaci di disegnare con la luce. Mary era così persa ad ammirare quello spettacolo che non si rese minimamente conto che suo fratello era appena arrivato alle sue spalle.
Due mani le ostruirono la vista.
«indovina chi sono?» chiese divertita una voce alle sue spalle che lei riconobbe immediatamente.
«Andrea, sei tu?» si voltò liberandosi da quella presa.
«da quanto tempo sorellina… come sta la mia camicia blu?» le sorrise emozionato e felice di rivederla.
Mary gli saltò al collo entusiasta.
«ma cosa vuoi che mi importi di quella camicia! Finalmente ti ho qui in carne ed ossa e posso abbracciarti!!». Andrea trattenne ancora per poco quell’abbraccio che per due anni gli era mancato incredibilmente.
Erano finalmente entrati in un bar. Ordinarono due caffè e attesero sorridenti che la cameriera glieli portasse. Nel frattempo entrambi si studiavano silenziosi. Mary notò immediatamente quanto suo fratello fosse cambiato. Non era più il ragazzino impacciato che ricordava. Era cresciuto. Di sicuro quel bambino che le spalmava la panna sul naso adesso era andato via per sempre.
«che hai da guardare in quel modo? Non mi riconosci più o cosa?» chiese interessato dopo aver preso a  sorseggiare il suo caffè.
«in verità sei così diverso… sei diventato un uomo dopotutto. La mamma sarebbe così fiera di te!»
«dici?»
 «Certo! Anzi, quasi dimenticavo, come va il lavoro in Giappone? Papà non vede l’ora che tu torni a casa»
«Ho avuto così tanti impegni ultimamente che non sono riuscito a prendermi nemmeno un giorno di ferie, anche adesso sono venuto a Parigi per lavoro. La vita di un manager è davvero stressante. Tu piuttosto, come va con la galleria? »
«bene. Sono davvero entusiasta. Anzi, ti andrebbe di venire all'inaugurazione di questa sera? La galleria è proprio qui alle spalle..»
«Ma scherzi? C’è bisogno di chiederlo? con estremo piacere! quanto ti tratterai qui a Parigi?»
«in realtà solo questa sera. Devo tornare in Italia per sistemare un po’ di cose!»
 «Non ti starai affaticando un po’ troppo? Sei magra come un’acciuga…» notò preoccupato.
«credo sia colpa del matrimonio… organizzarlo è davvero una faticaccia»
«a proposito di quello…»la riprese rapido suo fratello, cogliendo la palla al balzo poggiando la sua tazzina sul tavolino, «non hai nulla che vorresti dire ad Eichi?».
Il caffè tra le mani di Mary ondeggiò pericolosamente. Dopo aver ammortizzato lo stupore per quella domanda inattesa, adagiò con calma la tazzina bianca sul tavolino.
«Cosa dovrei dirgli? Ho aspettato per un anno intero il suo ritorno e nel frattempo non ho ricevuto neanche una lettera da parte sua… cosa avrei dovuto fare? aspettarlo in eterno?».
Andrea osservava sua sorella con aria poco convinta. Quelle parole non erano da lei. Era cambiata davvero così tanto in quei due anni?.
«Non credi dovrebbe saperlo che ti stai sposando con Marco. Non credi meriti di sentirselo dire da te?»
«…non mi va di parlarne ora…» cercò di sviare l’argomento.
«devi essere cambiata davvero molto in questi anni. La Mary che conoscevo io era forte e coraggiosa, aveva senso dell’onore. Non sarebbe scappata mai da una situazione di questo tipo…»
«hai ragione sono cambiata e adesso mi va di scappare quanto mi pare…» lo riprese risentita.
«Senti non voglio essere io a dirti cosa è giusto e cosa non lo è. Sappi solo che Eichi non ti ha mai dimenticata per tutto questo tempo. E che ha intenzione di tornare da te »
Mary sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Andrea riprese la parola notando lo sguardo colpevole di sua sorella. «Non voglio che si illuda oltre. Se ho mantenuto il segreto è stato solo perché non volevo crollasse ancora una volta… sai dopo la morte del signor Marini, Eichi ha dovuto lottare strenuamente per andare avanti… non è stato facile per lui. Dopo tutti gli sforzi che ha fatto ha addirittura deciso di buttare all’aria la sua carriera solo per tornare da te… non credi dovresti essere sincera con lui prima che butti via la sua vita per te…»
«..credi sia stato facile!» esplose Mary.
“cosa cavolo sto dicendo?”
In quel momento maledì la sua mancanza di autocontrollo.
«cosa vuoi dire? A differenza sua la tua vita è andata perfettamente fino ad oggi: ti sei laureata, hai trovato un ottimo lavoro e adesso ti stai anche per sposare. Per Eichi quest’ ultimo anno è stato un vero inferno! Come puoi paragonare la tua vita alla sua! E pensare che quell’idiota ha deciso di mollare il gruppo per raggiungerti in Italia! Mary finiscila di fare l’egoista adesso!»
Andrea non poteva sapere quanto sua sorella stesse sofferto. Se non voleva vederlo era perché sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di lasciarlo andare. Probabilmente si sarebbe appoggiata a lui ancora una volta. Ma ormai non poteva più permetterselo. In gioco c’erano le vite di troppe persone.
Notando l’espressione amareggiata di Mary, Andrea abbandonò la sua espressione collerica, comprensivo poggiò una busta sul tavolo«qui ci sono due biglietti, per il concerto del gruppo. Si terrà qui a Parigi tra due settimane… hai la possibilità di dirgli tutto. Fallo, prima che sia troppo tardi. ». Mary prese quel biglietto e lo mise in borsa.
«adesso, finiamola di litigare…» concluse sospirando e strofinandosi gli occhi dalla stanchezza
«grazie, per avermi dato la possibilità di dirglielo io stessa… »
«figurati, adesso andiamo a questa inaugurazione. Voglio vantarmi con tutti! E’ una vita che aspetto di urlare ai sette venti che sono il fratello di un’artista famosa!» gli sorrise porgendole la mano . Mary accettò con gioia quel gesto, la mano di suo fratello le seppe dare forza e coraggio.
 Tra due settimane avrebbe detto tutto ad Eichi e la loro storia sarebbe finita definitivamente.
 
 
 
 
Eichi era in albergo con gli altri.
«si può sapere dove è andato a finire Andrea? Aveva detto di aspettarlo per andare a mangiare, ma io ho una fame che non ci vedo più» sospirò JJ buttandosi sul letto. Rio, Hiro, Daisuke ed Eichi ingannavano l’attesa giocando a Mahjong.
«vedrai che sarà di ritorno a breve… credo abbia finito di parlare con sua sor…» in quel momento Daisuke si dimenticò del fatto che Mary fosse la sorella di Andrea. Ormai era troppo tardi.
«cosa hai detto?» Eichi, si sollevò rapido dalla sedia.
«volevo dire che Andrea deve aver terminato l’incontro con la sorella di un nostro sponsor…» improvvisò impacciato.
“cavolo come ho fatto a lasciarmelo scappare in questo modo! tutta colpa di questo stupido gioco!”
«Daisuke, dimmi la verità Mary è qui a Parigi?» gli domandò serio mentre gli altri del gruppo squadrarono il ragazzo con la cresta con interesse. Tutti aspettavano con interesse.
«… può essere, non so. Andrea non mi ha detto molto..» confessò messo con le spalle al muro.
Eichi prese la sua giacca e uscì di corsa dalla stanza. Daisuke lo seguì disperato per i corridoi dell’albergo.
Lo fermò prendendolo per un braccio.
«dove stai andando?» gli chiese disperato.
«devo vederla!»
«uscire adesso è pericoloso… dovremmo aspettare Andrea…» cercò di convincerlo.
«Daisuke lasciami andare ti prego, ho davvero bisogno di vederla…» i suoi occhi lo supplicavano.
Il compagno non riuscì a trattenerlo oltre. Mollò la presa. Eichi lo ringraziò prima di scappare per i corridoi dell’albergo.
 
 
Mary ed Andrea erano all’inaugurazione della mostra. Mary veniva spesso trattenuta da importanti collezionisti. Il suo inglese era migliorato molto. Ormai era capace di gestire con sicurezza molte conversazioni.
Andrea, tra le mani il suo bicchiere di champagne, si muoveva tra le grandi tele di sua sorella finché una lo colpì in modo particolare.
Rimase lì fermo ad ammirarla per un tempo che reputò indefinito. C’era qualcosa di particolare in quel quadro. Era come se due anime lontane si fosse incontrate in un attimo eterno.
«vedo che ti piace questo quadro…» gli domandò Mary raggiungendolo alle spalle.
«si, credo sia il più bello qui dentro…» le confessò carico di orgoglio.
«Sai era per lui…» gli rivelò Mary con aria nostalgica.
«per chi?» domandò stupito suo fratello.
«per Eichi. Avrei voluto tanto farglielo vedere, ma quella volta andò via senza preavviso. Era un regalo per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per me»
«capisco… dovevate volervi molto bene…»
«ti sbagli, non era affetto, ma amore…»
«ma allora cosa è cambiato? Perché hai rinunciato?»
«Mary?» Una voce interruppe il loro dialogo.
«Marco? Ma cosa ci fai qui?» gli domandò scioccata l’artista della serata, «non avevi degli affari da sbrigare?»
«potevo mai perdermi la prima mostra estera della mia fidanzata?»
Mary gli sorrise grata.
«quindi questo sarebbe il pezzo forte?» notò avanzando verso il dipinto dinanzi a se con aria interessata portando le braccia incrociate dietro la schiena.
«diciamo che è il pezzo al momento più quotato…» confessò modesta Mary.
«Marco, da quanto tempo come va?» li interrupe Andrea.
«Andrea?» domandò stupito Marco.
«si, sono proprio io»
«caspita quanto sei cambiato. A momenti non ti riconoscevo. Come va? »
«tutto bene! Ho saputo che presto sposerai questa piccola peste, sei sicuro di quello che stai per fare?»
«certo, più sicuro di così non si può! Dico bene?» tirò a sé Mary stringendola in un braccio affettuoso.
«ricorda che tu mi dovrai fare da testimone!» ammonì l’altro divertito.
«certo, come posso dimenticarlo!»
 
 
 
Eichi girava rassegnato tra le vie di Parigi.
“E’ tutto inutile! Ma cosa mi è saltato in mente? Pensare di poterla trovare in questo modo in una città così grande è proprio da idioti! Come ho potuto anche solo sperare una cosa del genere. Forse se Andrea non mi ha detto nulla è perché lei non vuole vedermi…”.
Erano le undici passate e le strade erano ormai deserte. Eichi aveva provato inutilmente a contattare Andrea ma il loro nuovo manager aveva il cellulare spento.
Inquieto e deluso si muoveva in quella totale solitudine, quando una vetrina ancora illuminata a tarda notte attirò la sua attenzione. Era una galleria d’arte.
 All’interno non c’era più nessuno, ma le luci erano ancora accese. Diede uno sguardo disinteressato all’interno. Tra tutti quei dipinti uno in particolare catturò la sua attenzione. Lo conosceva bene. Era il quadro che Mary aveva dipinto per lui.
“Quindi è per questo che si trova a Parigi…” pensò Eichi poggiando le sue mani su quella vetrina, bramoso come un bambino davanti un negozio di dolciumi. Per un attimo sperò di poter superare quella barriera trasparente con la sola forza del pensiero. Quel dipinto era così vicino eppure così lontano.  A pochi centimetri da lui era appesa una locandina.  Si avvicinò con interesse. Sulla stessa era riportato il nome di Mary e il titolo della personale.
“Alla fine ce l’hai fatta!” sorrise compiaciuto. La strappò e dopo averla ripiegata la infilò nella tasca dei pantaloni.
Quel fiore nonostante tutto era riuscito a mostrare i suoi splendidi colori al mondo. Era molto orgoglioso di lei. Dopotutto averle permesso di coronare i suoi sogni era stata la stata la decisione giusta. Chissà se suo padre avesse fatto lo stesso con sua madre magari anche lei sarebbe riuscita a diventare una chitarrista famosa. Scacciando quei pensieri tornò su quel fiore dipinto su un cielo stellato. Sorrise felice di sapere che anche lei era riuscita ad andare avanti. Quel pensiero per un attimo cedette, per lasciare spazio al dubbio.
“Avrà ancora bisogno di me?”
Adesso che ha mostrato i suoi colori al mondo posso davvero raggiungerla? riaprirà i suoi petali per me ancora una volta? Mi vorrà rivedere? Mi avrà aspettato?
Con convinzione abbandonò la vetrina.
“Devo raggiungerla, non posso più vivere con questo dubbio. Devo sapere!”
Proprio come quella vetrina davanti ai suoi occhi così la sua vita gli impediva di avvicinarsi alla persona che amava. Per lei era pronto a rinunciare a tutto, ma prima doveva capire se lei fosse ancora lì ad aspettarlo. Guardò l’orologio al suo polso, era arrivato il momento di tornare in albergo. Il telefono nella sua tasca vibrò. Era una chiamata da parte di JJ.
«Pronto? Si, sto tornando…». Chiuse la chiamata e fermò un taxi. Diede un ultimo sguardo a quella vetrina e dopo entrò.

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Capitolo 15
*** UNA TRISTE SCOPERTA ***


CAPITOLO 15
UNA TRISTE SCOPERTA





ITALIA
 
 
Mary era nell’appartamento di Marco. Con meticolosa attenzione tagliava le verdure in cucina. Con i capelli raccolti in un tuppè ordinato e con addosso un semplice grembiulino procedeva con sicurezza. Guardò distratta l’orologio. A breve Marco sarebbe rientrato dal suo ufficio. Dopo la nomina a direttore amministrativo i suoi impegni erano raddoppiati. Si vedevano di rado e per lei era quasi un sollievo. Mentirgli non era facile.
Fu davvero una sorpresa vederlo arrivare a Parigi il giorno dell’inaugurazione. Con i suoi mille impegni non credeva avrebbe fatto in tempo a raggiungerla.
Stava organizzando quella cena proprio per ringraziarlo di quel gesto. Era il minimo che potesse fare dopotutto.. Riversò le verdure tagliate nella teglia e accese il forno. In quel momento i suoi pensieri la riportarono alle parole di suo fratello. I biglietti per il concerto erano ancora nella sua borsa.  Non poteva esitare oltre, mancava davvero poco al suo matrimonio. Doveva trovare il coraggio di dire tutto ad Eichi. Doveva spezzare definitivamente quel filo invisibile, che ancora li teneva uniti.
Presa da quei pensieri non si accorse minimamente del rumore di chiavi nella serratura. Così, senza alcun preavviso, due braccia forti l’avvolsero alle spalle. Il suo cuore sobbalzò per lo spavento.
«mi hai fatto quasi prendere un colpo!» lo rimproverò Mary dopo aver riconosciuto il volto di Marco alle sue spalle.
«potrei dire la stessa cosa di te. Entrare di soppiatto nelle case altrui non è una cosa molto carina da fare. Lo sai?»
Mary si allontanò dolcemente, sciogliendo quell’abbraccio inaspettato.
«Simpatico! Volevo farti una sorpresa, ma a quanto pare con te è impossibile» proseguì amareggiata, «hai finito prima del solito oggi» notò inserendo la teglia  nel forno.
Marco era ancora alle sue spalle. La osservava taciturno. Quel gesto era più di quanto si sarebbe mai potuto aspettare. Appena lei si rigirò nella sua direzione, gli bloccò il viso tra le mani, e tirandola a se la baciò con trasporto. Le presine tra le mani di Mary caddero sul pavimento. Dolcemente si distaccò, guardandola felice come non mai.
«ti prego, non smettere mai di fare tutto questo per me. Non smettere di amarmi come oggi…».le chiese commosso.
“Quanto soffriresti se ti dicessi che faccio tutto questo per l’amore di un’altra persona?”
 Mary si allontanò a disagio. Non meritava quell’amore.
«Non dire sciocchezze, così mi metti in imbarazzo» proseguì cambiando discorso.
Marco però la ritirò più convinto, stringendola forte. Questa volta il desiderio era molto più esplicito e bramoso. Le sue labbra iniziarono a insinuarsi con avidità sul corpo di lei.
Mary non poteva reggere oltre quel contatto.
«… non mi va» lo riprese infastidita allontanandolo di scatto.
 Gli occhi di Marco si sgranarono per lo sgomento.
«Che ti prende adesso? »
Mary non sapeva cosa rispondergli e prese a ignorarlo.
«niente…»provò a giustificarsi
A Marco quella risposta non bastava più « Cosa c’è che non va? non dovrebbe essere normale per due persone che si stanno per sposare comportarsi in questo modo?» concluse risentito.
«ho detto che non mi va, tutto qui» proseguì May raccogliendo le presine dal pavimento.
Marco non ce la fece più. La sollevò di peso caricandosela sulle spalle.
«lasciami! L’arrosto, l’arrosto adesso si brucerà tutto» gli urlò divincolandosi disperata.
Marco nel frattempo era già arrivato nella camera da letto. Gettò Mary sul materasso, buttandosi subito dopo su di lei. «Mary, anche la mia pazienza ha un limite! E’ quasi un anno che stiamo insieme e non abbiamo ancora…» lasciò in sospeso.
«ti prego…» lo supplicò malinconica. Ma Marco quella sera era determinato ad ottenere ciò che da tempo bramava con smania. Ricominciò a baciarla.
«ti prego finiscila, non mi va!» lo supplicò disperata, ma Marco non sembrava voler cedere.
«basta smettila. Marco smettila!» urlò Mary con tutto il fiato che aveva in corpo.
A quel punto Marco si fermò.
Mary cercò di sollevarsi, ma lui con un movimento rapido la rigettò sul materasso.
«ti ho già detto che non mi va» gli ribadì.
In quel momento un dubbio tornò a tormentare i pensieri di Marco. Negli occhi di Mary lesse più di quanto avrebbe voluto.
«…è per quella persona, non è così?» le chiese contenendo a stento la rabbia.
«di chi stai parlando?» domandò Mary, cercando di mascherare meglio che poteva la verità.
«sai benissimo di chi sto parlando. Con lui non devi aver avuto alcun problema a farlo…» l’accusò istigandola con sguardo di sfida.
 La mano le si mosse quasi senza volerlo. Il colpo fu netto e diretto. Marco avvertì quello schiaffo colpire più che la sua guancia, il suo orgoglio già a pezzi.
Mary si pentì immediatamente di quel gesto. Con quello schiaffo aveva inavvertitamente confermato i suoi sospetti.  Sollevandosi incollerito dal letto, Marco squadrò Mary dall’alto della sua posizione.
«ok, adesso basta» concluse grave  aprendo la porta e uscendo dalla camera da letto, Mary lo seguiva agitata per i corridoi. Raggiunta la cucina prese un mazzo di chiavi dalla borsa di Mary.
«Cosa vuoi fare?» gli chiese lei.
«Voglio scoprire se lo hai dimenticato come sostieni!» la provocò fuori controllo.
La ragazza impallidì dal terrore. Non poteva lasciarlo entrare nel suo studio a Villa Rosa, sarebbe stata la fine.
 “Cosa faccio adesso? Ok, Mary puoi farcela… hai resistito fino ad ora … non puoi mollare!”
Sconfitta si rassegnò. Non c’erano altre soluzioni. Dopotutto sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi. Marco aveva la mano sulla maniglia della porta quando le parole di Mary arrestarono la sua avanzata.
« Ti dimostrerò che l’ho dimenticato » gli urlò sull’orlo della disperazione.
 Non poteva lasciarlo andare via. Non doveva scoprire quanto forti fossero ancora i suoi sentimenti per Eichi. Marco si voltò verso di lei incuriosito da quella pretesa.
«ah si?» le domandò in tono di sfida allontanandosi dalla porta. Mary di tutta risposta dopo essersi tolta il grembiule  iniziò a sbottonarsi la camicia avvicinandosi a lui con modi suadenti.
Marco le andò in contro. Una volta raggiunto Mary lo tirò a sé baciandolo con avidità. Marco si abbandonò a quel gesto. Le mani si muovevano smaniose. Quel momento era finalmente arrivato dopotutto.
 
Poi, ad un tratto, sentì le sue guance inumidirsi di una sostanza calda e viscosa. Si allontanò e vide le lacrime sul volto di Mary.
“perché sto piangendo? Mary brutta stupida finiscila di piangere!” . Provò a riavvicinarsi a lui ma Marco sconfitto l’allontanò.
«Non è questo quello che voglio. Se per te non è il momento giusto aspetteremo.» convenne comprensivo asciugandole le lacrime. Mary si sentiva così colpevole.
«io..io…» farfugliò dispiaciuta.
«Finisci di preparare la cena. Io andrò a fare due passi. Tornerò tra poco» si congedò malinconico uscendo e chiudendosi la porta alle spalle.
Mary in quel momento crollò distrutta sul pavimento. Le lacrime ripresero cariche di rimorso.
 
“Ce la farò ad andare avanti fino alla fine?”
 
 
 
 
 
 
PARIGI
 
«cosa hai detto?» si voltò sorpreso il ragazzo bruno e minuto in quella stanza d'albergo.
«Devo andare in Italia. Ho bisogno di vederla!» gli rispose convinto Eichi.
«non puoi aspettare la fine del concerto?» tentò di convincerlo Andrea
«No, devo raggiungerla adesso. Ho bisogno di sapere…» proseguì con sguardo deciso.
Andrea anche se come amico capiva i suoi sentimenti, come manager non poteva permettergli di andare via a pochissimi giorni dal concerto.
Nonostante odiasse con tutto se stesso rivestire i panni del manager in quel momento, doveva anche considerare la possibilità che Eichi, scoperta la verità, potesse prendere decisioni avventate.
Lasciarlo andare adesso era rischioso. Non poteva sapere come  avrebbe reagito alla notizia delle nozze di sua sorella con Marco. Aveva paura che potesse compiere qualche sciocchezza. E se non fosse più tornato indietro per il concerto, lui cosa avrebbe fatto?
«come posso lasciarti andare?» proseguì combattuto.
«Non puoi fare una eccezione? dopotutto mi hai tenuto nascosta la sua presenza qui a Parigi, il minimo che tu possa fare adesso è lasciarmi andare da lei. Me lo devi…» provò a persuaderlo il ragazzo alto con gli occhi a mandorla.
Sospirando rassegnato Andrea prese la sua decisione, «va bene, puoi andare, ma ti concedo solo 24 ore. Abbiamo pochi giorni per prepararci al concerto.»
«Grazie mille.!» gli sorrise felice come non mai, prima di salutarlo con un abbraccio caloroso. Stava per girarsi e uscire dalla stanza quando Andrea lo trattenne per un braccio.
«Eichi, ricorda: qualsiasi cosa succeda, hai una famiglia che ti aspetta qui… devi tornare per loro. Mi hai capito?» lo ammonì con sguardo severo e irremovibile.
«certo, non temere, tornerò. Non vi potrei mai abbandonare in questo modo. Una volta finito il tour la raggiungerò, ma per il momento sono ancora tutto vostro» lo rassicurò, «adesso vado. Tra due ore parte il mio volo!» precisò. Andrea allentò la presa sul suo braccio. Era davvero molto preoccupato. Nel profondo del suo cuore non sapeva se avesse fatto davvero bene a lasciarlo andare via. Nonostante questo, una parte di lui era sicura, che quella fosse la decisione giusta. In una maniera o nell’altra quella verità sarebbe arrivata comunque a distruggere i suoi sogni prima o poi, tanto valeva fargli mettere l’anima in pace una volta per tutte.
 
 
ITALIA
 
Erano le cinque del pomeriggio e la notte scura e impenetrabile aveva quasi sopraffatto il giorno splendente.
Angela era vicino la finestra del suo atelier.  Aveva finalmente terminato le modifiche al vestito di Mary. Osservava la pioggia scendere avida davanti ai suoi occhi. A riscaldarla, in quel momento di fredda solitudine, era una tazza calda di caffè stretta tra le mani. Odiava Novembre. Era un mese che le metteva sempre una certa malinconia. Era davvero singolare che la sua amica avesse scelto quel periodo per sposarsi, proprio lei che amava così tanto i fiori e l’estate. Era davvero insolito.  Il campanello della porta alle sue spalle, vibrò emettendo un tintinnio a cui ormai era abituata. Voltandosi, si preparò ad accogliere  l’ennesimo cliente di quella giornata infinita.
La porta si spalancò. Non poteva credere ai suoi occhi La tazza traballò per un attimo tra le sue mani. Poi le cadde sul pavimento.
«da quanto tempo!» la salutò con un caldo sorriso Eichi. Angela era immobile ancora sottoshock. Lui le si avvicinò, abbracciandola affettuosamente.
«cosa ci fai qui?» gli chiese la ragazza sorpresa ancora avvolta tra le sue braccia. Eichi si allontanò lentamente da lei.
«è così che si accolgono i vecchi amici?»
« mi hai colto di sorpresa…» le spiegò incerta raccogliendo i cocci della sua tazzina dal pavimento. Eichi si piegò anche lui per aiutarla.
«Angela perdonami, ma ho davvero poco tempo. Sono venuto qui da te per un motivo ben preciso» la ragazza iniziò a squadrarlo perplessa. Che stesse per chiedergli un favore?
«ho bisogno del tuo fuoristrada. Devo incontrare Mary e ho molta fretta. Mi restano a malapena 18 ore».
Era proprio quello che temeva. Eichi si risollevò aiutando l’amica a rialzarsi a sua volta.
Angela lo fissava indecisa. Poteva davvero farlo?
Mary le aveva detto che la sua intenzione era evitarlo più che poteva. Eppure sentiva che per quanto ingiusto fosse, Eichi avesse il diritto di sapere come stavano le cose e l’unica a potergli dire la verità era Mary.
«va bene, ti darò il mio fuoristrada. Ma non credo troverai Mary a casa sua stasera…» proseguì malinconica, prendendo i cocci dalle mani di Eichi, gettandoli subito dopo insieme ai suoi nella cesta della spazzatura.
«È a Villa Rosa?» le chiese conferma Eichi.
«la troverai a questo indirizzo…» lo interruppe prendendo un foglio da un cassetto del suo tavolo da lavoro.
«Ecco qui!» completò dopo averlo trascritto, porgendoglielo sicura.
«grazie mille!» le sorrise Eichi.
«aspetta a ringraziarmi…» lo ammonì malinconica.
Eichi le diede un bacio sulla guancia e uscì di corsa.
Angela lo vide allontanarsi di fretta dal suo negozio. La porta si richiuse lentamente, emettendo un suono sinistro. Li ferma, si rese conto che dopo quella sera anche Eichi avrebbe provato quella fitta al cuore che circa un anno prima aveva distrutto anche lei.
Stringendo i pugni ritornò al suo lavoro.
 
 
Mary era in macchina con Marco. Mancava davvero pochissimo al giorno delle nozze. Da quella sera inesorabilmente il loro rapporto si era incrinato. Lui diventava giorno dopo giorno sempre più scostante e freddo, come mai prima di allora. Mary si sentiva colpevole. Era sicuramente colpa sua. Doveva rimediare in qualche modo.
«Come piove!» osservò provando a rompere il ghiaccio. 
«Si, è davvero una pessima giornata. Forse sarebbe meglio riaccompagnarti a casa da tuo padre. Dopo tredici ore di lavoro devi essere esausta.». Da quella maledetta sera Marco cercava ogni scusa possibile per evitare di rimanere da solo con lei. Mary sapeva che gli stava nascondendo qualcosa, ma che cosa?
 Di solito era un tipo impulsivo, incapace di trattenere le proprie emozioni, ma adesso era evidente reprimesse tutto passivamente.
«Ma cosa dici! Avevamo programmato questa serata già da una settimana. Sono addirittura andata a noleggiare il tuo film preferito. Eccolo qui. » disse tirando fuori dalla borsa un DVD con la scritta Ladri di biciclette.
«Credo tu sia l’unico ragazzo su questa terra ad adorare ancora questo genere di film. Anche se devo ammetterlo, queste pellicole in bianco e nero hanno sempre un certo fascino. Quante volte hai detto di averlo visto?»
Marco inchiodò, fermando bruscamente la macchina. Mary tacque, colta di sorpresa da quel gesto improvviso.
«sei davvero sicura di volermi sposare?» le domandò serio, il ragazzo alla guida, tornando a fissarla con i suoi occhi verdi intransigenti. 
Mary dopo un primo attimo di disorientamento, tornò a sorridergli comprensiva. Prese il volto dell’amico tra le sue mani e lo avvicinò al suo.
«certo che voglio sposarti…» lo rassicurò con occhi sinceri.
Marco la tirò a se abbracciandola con foga, con la stessa folle disperazione con cui si tiene stretto un ricordo che ci da forza e vita. Nello stesso modo non voleva lasciare andare quelle parole, che erano l’unica cosa a cui si sarebbe potuto ancorare per crederle. La sua parola contro l'evidenza dei fatti.
 «Va bene… mi basta… questo mi basta…» pronunciò allontanandola dolcemente.
“Marco perdonami!”
 
 
 
 
 
La pioggia continuava a battere fuori incessantemente. Eichi era nel  fuoristrada di Angela. Era finalmente arrivato a destinazione. Ancora un piccolo passo e l’avrebbe raggiunta.  Stava per scendere, quando notò una vettura con i fari accesi parcheggiare dall’altro lato della strada. Quell’automobile la conosceva fin troppo bene.
 
 
 
Erano finalmente arrivati. Marco spense la macchina e aprì lo sportello. In quello stesso momento riconobbe a pochi metri di distanza il fuoristrada di Angela, ma in quella vettura non c’era la sua amica, ma qualcuno che non avrebbe mai più voluto rivedere. Mary notando il suo sguardo perso nel vuoto lo richiamò distrattamente, coprendosi come meglio poteva dalla pioggia.
«Marco, che fai lì impalato? Entriamo, altrimenti ci prenderemo un raffreddore!» gli urlò infreddolita. Marco non se lo fece ripetere due volte. L’avvicinò a se e così uniti si avviarono verso casa.
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Eichi non poteva credere ai suoi occhi.
“No, non può essere vero. No, lei non potrebbe mai farmi una cosa del genere”.
Scese dalla macchina, mentre ancora sotto shock osservava i due allontanarsi stretti l'uno all'altro. Era come guardare il peggiore degli incubi divenire realtà. Mentre la pioggia continuava a scendere, iniziò a incamminarsi verso il portico.
Doveva conoscere la verità, perché quella che aveva appena visto non lo era sicuramente. Doveva esserci una spiegazione logica.
Giunto sotto il portico, trovò  Marco ad attenderlo pieno di quello sguardo di vittoria che già un anno prima li aveva predisposti a uno scontro.
«Da quanto tempo Eichi. Cosa ti porta da queste parti?» gli domandò schernendolo.
«Levati Marco, non ho tempo da perdere con te!» lo superò Eichi.
«Non dirmi che ne Andrea ne Angela ti hanno detto nulla!?» Eichi si bloccò colpito in pieno da quella provocazione.
Notando il suo sguardo perplesso Marco sogghignò compiaciuto «a quanto pare è proprio così…! Nessuno sembra averti detto nulla!»
Eichi tornò da lui serio in viso.
«cosa avrebbero dovuto dirmi?» gli domandò preoccupato.
Marco gli sorrise malizioso ancora una volta. Finalmente avrebbe avuto al sua rivincita.
«lei non è più tua! L’hai persa per sempre…»
Eichi non voleva credergli. Stava usando quelle parole per intimorirlo e insediare in lui il dubbio, non glielo avrebbe lasciato fare. Finse di non sentirlo e lo superò. Quelle parole sicuramente non avevano  fondamento.
Marco però lo bloccò appena in tempo prima che Eichi lo superasse del tutto, frapponendosi tra lui e l’ingresso del palazzo.
«dove pensi di andare? » lo ammonì «Non ti rendi conto che è finita?» Eichi lo ignorò ancora una volta pronto a superarlo, ma Marco fu più rapido. Gli lanciò addosso una busta di carta. Eichi la prese al volo. Era una partecipazione di nozze. Il cuore per un attimo gli si fermò. Tutto il suo corpo tremava, mentre ancora incredulo teneva stretta quella busta tra le sue mani.
“Non può essere vero?”
«cos’è quella faccia sorpresa? Te lo dissi un anno fa, che una volta andato via Mary ti avrebbe dimenticato. Non dirmi che adesso ti sorprendi che sia accaduto?»
«lei non mi ha dimenticato» continuò con fermezza cercando di contenere la rabbia. I suoi occhi furenti incontrarono quelli più tranquilli e sicuri di Marco.
«sei davvero uno sciocco!» proseguì compiaciuto con aria di superiorità, «credevi davvero ti avrebbe aspettato per tutto questo tempo? Dopotutto sei andato via in quel modo lasciandola con meno di niente tra le mani! Cosa ti aspettavi?»
«cosa puoi saperne tu…» lo ammonì provando a superarlo ancora una volta incollerito.
«è vero, forse non so cosa vi siete detti quella sera, ma so di sicuro che erano tutte bugie…»
Eichi si avvicinò a lui sollevandolo per il collo della camicia.
«lei non mi ha mentito!»
«Ne sei proprio sicuro? Ma guardati, facendo così cosa speri di ottenere? Vuoi davvero irrompere nella sua vita adesso che è riuscita a dimenticarti? Finalmente si è risollevata e tu vuoi affondarla ancora una volta? »
Eichi mollò la presa.
“Ha sofferto per causa mia?”
 Era confuso su troppe cose.
Marco si ricompose, tornando serio e autorevole. «Cosa puoi saperne tu, non eri di certo qui quando versava lacrime amare per colpa tua. In quei momenti dov’eri? A godere del tuo successo mentre lei soffriva senza di te. In silenzio ho asciugato le sue lacrime aspettando che il sorriso tornasse sul suo volto. Non ti lascerò turbarle ancora una volta l’esistenza. Tu non hai la più pallida idea di quanto dura sia stata per lei. Ha fatto di tutto per dimenticarti e andare avanti. Vuoi davvero tornare a sconvolgerle la vita ancora una volta? Hai davvero il coraggio d'irrompere in quella serenità che con così tanta fatica si è riconquistata? »
«Quella sera l’ho lasciata con una promessa e adesso sono tornato per mantenerla!» provò ad insistere Eichi.
«Pensi mi interessi quello che vi siete detti quella sera? Non ti rendi conto che erano solo menzogne senza valore…?»
«lei, non mi stava mentendo!»
«a quanto pare invece ti ha proprio mentito..» Eichi non ce la fece più colpì Marco dritto in faccia. In pochi secondi si ritrovarono sotto la pioggia arrotolati nel fango, mentre senza contegno se le davano di santa ragione.
Un taxi bianco si fermò a pochi metri da loro. Angela arrivò appena in tempo. Con una spinta allontanò Marco dal corpo di Eichi.
«adesso basta!» rimproverò l’amico aiutando Eichi a sollevarsi dall’asfalto bagnato.
Marco rivolse ad entrambi un sorriso di sfida asciugandosi un rivolo di sangue dalla bocca.
«Se davvero l’ami, non farti più vedere» lo minacciò convinto prima di voltargli le spalle e uscire di scena.
Eichi fece per seguirlo ma Angela lo trattenne.
«Basta Eichi, non serve a nulla ormai. Andiamo, ti porto a casa…» lo esortò amareggiata.
 Eichi, ancora trattenuto dalla salda presa dell’amica, reclinò il capo sconfitto. La pioggia indifferente scendeva ancora avida su di lui. Eichi non poteva credere che fosse la verità.  Afflitto notò la partecipazione sull’asfalto bagnato. La raccolse, le scritte erano quasi tutte consunte, eppure quei due nomi erano ancora vicini e riconoscibilissimi. Una fitta al costato lo fece risalire. Ancora dolorante si appoggiò ad Angela e insieme raggiunsero il fuoristrada.
 
 
 
 
 
Mary era in salotto.
Seduta a quel divano aspettava diligentemente il ritorno di Marco. L’aveva lasciata salire da sola.
“Cavolo quanto ci vuole per comprare un pacco di pop-corn?”. Era presa dai suoi pensieri quando il campanello suonò.
Pigramente si alzò dal divano. Aperta la porta i suoi occhi si spalancarono dallo stupore.
«cosa ti è successo» esordì alla vista di Marco. Il ragazzo era fradicio dalla testa ai piedi e il suo viso riportava i segni evidenti di una recente colluttazione.
Muovendosi pigramente, lo stesso, si trascinò all’interno dell’appartamento, ignorando completamente le parole di rimprovero della ragazza. Era evidente che a tormentarlo fossero  pensieri molto più importanti di quello.
Mary richiuse lentamente la porta mentre incuriosita lo seguiva con lo sguardo.
Marco si sedette infine sul divano. Mary corse a prendere un asciugamano e dopo tornò da lui. Dolcemente iniziò ad asciugargli i capelli. Notò immediatamente il suo viso incupito.
«si può sapere cosa hai fatto alla faccia? Dovevi uscire a comprare un pacco di popcorn e invece guarda come ti sei ridotto! Si può sapere che cosa è successo?» lo rimproverò in tono amorevole tamponandogli il viso bagnato. Marco continuava a rimanere chiuso nel suo ottuso silenzio. Il viso chino verso il pavimento. Mary sospirò rassegnata «aspetta qui, vado a prendere qualcosa per le ferite…» concluse correndo ad aprire uno scompartimento della cucina.
Marco in silenzio meditava.
Anche se non lo avrebbe mai confessato, nel momento in cui aveva rivisto Eichi aveva pensato che sarebbe stata la fine di tutto. Che avrebbe perso Mary per sempre. Invece lei, per sua fortuna, non sospettava ancora nulla. Si voltò a guardarla per la prima volta da quando era entrato. Era di spalle mentre in punta di piedi cercava di recuperare la scatola con le medicazioni dalla mensola.
Strinse i pugni al ricordo del momento in cui aveva scoperto la verità.
 Il giorno di quel litigio, disobbedendo a quella promessa fattale un anno prima, aveva raggiunto Villa Rosa. Aperta la porta del suo studio la verità lo aveva accecato come un faro acceso in mezzo alla più totale oscurità.  In quel momento si era sentito affogare in un mare di falsità, profondo come non ne aveva mai visti prima in vita sua. Sparsi in quella stanza c’erano almeno una dozzina di tele con il viso di Eichi. In un angolo ammucchiati i suoi cd.

 

Era così chiaro che non fosse riuscita a dimenticarlo. In quel momento il dolore gli rubò ogni forza. In un’altra situazione avrebbe preso e distrutto tutto per la rabbia, ma in quel momento gli mancò la forza per reagire. Era un debole e codardo bugiardo. Aveva detto a Eichi che Mary gli aveva mentito quella notte, ma la verità era che l’unico a cui Mary aveva mentito, per tutto quel tempo, era lui. Aveva capito che le soluzioni erano due: vivere nella speranza che lei lo dimenticasse o arrendersi e smettere di lottare.
Mary lo raggiunse. Poggiò il kit di pronto-soccorso sul divano e preso un batuffolo di ovatta, lo umidificò con un po’ di disinfettante. Con cura iniziò a tamponare le ferite sul volto di Marco, mentre lui continuava a guardarla in silenzio come soppesando in qualcosa d’importante.
«Si può sapere cosa è successo?» lo riprese Mary chiudendo la cassetta con il materiale medico.
Marco cincendole i fianchi con le due braccia affondò il viso sul suo addome. Mary non riusciva proprio a capire cosa gli stesse succedendo. Fino a poche ore prima era freddo e distante mentre adesso si comportava come un bambino desideroso di affetto.
Mary sentì la sua maglia bagnarsi. Stava piangendo.
«Mary, promettimi che non mi lascerai…» disse tra un singhiozzo e l’altro.
Mary gli accarezzò i capelli dolcemente.
«Perché hai ancora questi pensieri? Certo che non ti lascerò.. Te l'ho promesso!» lo rassicurò dolcemente.
Marco strinse con più forza. Arrivato a questo punto non gli restava altra soluzione. Non poteva smettere. La speranza era l’unica cosa che gli rimaneva. Non avrebbe rinunciato alla persona che amava solo per un ricordo in bianco e nero.
 
 
 
Eichi era ancora seduto sul divano, quando Angela lo raggiunse con un cambio e un asciugamano.
«prendi questi e cambiati. Così conciato potresti prenderti un malanno.» lo spronò preoccupata.
Eichi nonostante l’interessamento dell’amica,  continuò a rimanere immobile con lo sguardo fisso sul pavimento. Non aveva spiaccicato parola da quando erano tornati all’atelier. L’appartamento di Angela era al piano di sopra.
«perché nessuno mi ha detto nulla?» chiese parlando più a se stesso che ad altri. Angela gli si sedette accanto.
«mi dispiace. Credo sia stato per il tuo bene…» gli rispose comprensiva.
«cosa vi fa credere che mentire sia la soluzione giusta ogni volta?»
«Eichi, non è così…» lo riprese accondiscendente sfiorandogli il braccio. Eichi si scostò infastidito.
«tutti fino ad oggi mi hanno solo mentito! Mio padre, mia madre, il signor Marini… e adesso scopro che anche l’unica persona che credevo fosse sempre stata sincera con me e a cui ho donato la mia completa sincerità, mi ha preso in giro…»
«Eichi sono convinta che Mary non ti stesse mentendo…»
«allora perché ha deciso di sposarlo? »
«anche io mi sono posta la tua stessa domanda, ma proprio come te, in tutto questo tempo, non sono riuscita a trovare una risposta…»
«che cosa dovrei fare adesso?» si sollevò agitato.
Angela lo guardava muoversi trascinandosi sconfitto per la stanza, raggiungendo afflitto la finestra. Con una mano si coprì il viso. Le lacrime scesero silenziose. Angela gli si avvicinò e delicatamente gli poggiò l’ asciugamano sulla testa.
Eichi continuando a piangere si accasciò sul pavimento.
Angela non sapeva cosa fare per confortarlo. Sapeva benissimo quanto grande fosse il suo dolore, perché era lo stesso che aveva provato lei un anno prima. Amorevolmente lo avvolse tra le sue braccia cercando di consolarlo come meglio poteva. Non c’erano parole giuste da dire. L’unica cosa che poteva fare era stargli vicino. Lui si lasciò rassicurare da quell’abbraccio ricambiandolo a sua volta. Quella era proprio la fine.
 
 
 
Eichi guardò l’orologio al suo polso, erano le otto. Si sollevò dal divano e andò alla finestra di quel piccolo monolocale. Era arrivato il mattino. Il sole splendeva limpido nel cielo. Aveva finalmente smesso di piovere. . Raccolse la sua roba. Recuperò il pezzo di carta con l’indirizzo e rigirandolo lo utilizzò per lasciare un ultimo messaggio ad Angela. Doveva sbrigarsi. Prima di tornare in Giappone doveva passare in un posto. Uscì lasciando quel foglietto sul tavolo insieme alle chiavi del fuoristrada. Con delicatezza richiuse la porta e uscì.
 
Angela fu riscossa dal rumore di una porta che si chiudeva. Si stiracchiò pigramente e raggiunse la cucina. Notò il divano vuoto e sul tavolo un foglietto. Lo prese tra le mani. C’era scritto qualcosa.
“THANKS”
Angela sorrise e poi stringendo tra le mani la sua solita tazza di caffè calda ritornò a quella finestra. Il Sole era ritornato a splendere nel cielo.
“Chissà se anche per Eichi, un giorno, ritornerà a risplendere il sole?”
Nella sua abitudinale solitudine Angela riprese a sorseggiare il suo caffè.
 
 
Finalmente era arrivato. Eichi scese dal taxi.
«Le dispiace aspettare qui solo due secondi» chiese al tassista.
«certo, ma non ci metta troppo» precisò in tono deciso.
«stia tranquillo ci metterò solo pochi minuti».
 
Eichi raggiunse quella panchina. La sfiorò con una mano. Per un attimo gli sembrò di poter rivivere quel momento. Era sera e Mary era seduta accanto a lui. Quello fu l’inizio di tutto. Con aria nostalgica si avvicinò alla ringhiera a strapiombo sulla scogliera sulla quale il mare si frangeva con movimenti lenti e armoniosi. Tirava una leggera brezza che smuoveva i suoi capelli bruni. Quella sera invece di vento non ce ne’era neanche un pò.
«perché non può essere come quel giorno? Perché ?»
Il sole era alto nel cielo.
“Ti avevo promesso che la stella che stavi aspettando, avrebbe brillato con tutte le sue forze affinché tu potessi vederla anche di giorno, ma a quanto pare qualcun altro è riuscito ad oscurarla risplendendo ai tuoi occhi più di lei, più di me…”
 Prese una chiave dalla sua tasca. con la punta incise una scritta su quella fredda barriera.
Dopo aver dato un ultimo sguardo al mare splendente e luminoso di quella mattina fece retrofronte e tornò nel taxi. Quella era la fine. Non voleva essere causa di sofferenza per lei. Se adesso Mary era felice con Marco lo sarebbe stato anche lui per lei. Non poteva fare altro, l’avrebbe custodita per sempre nel suo cuore. Non l’avrebbe mai dimenticata.
Così come il sole non può dimenticarsi di sorgere al mattino lui non avrebbe smesso di ricordare la  loro storia.  Almeno nella sua musica quell’amore avrebbe continuato ad esistere.
Il taxi si allontanò portandolo via da quel ricordo.
“Addio. Per sempre!”
 
 
 
 
 
PARIGI
 
I ragazzi erano pronti per iniziare le prove. Tutti riuniti sul palco aspettavano il loro leader.
Andrea li aveva appena raggiunti. «Siamo tutti pronti?» domandò mentre distrattamente ricontrollava i suoi appunti.
« Andrea ma dov’è finito Eichi?» chiese JJ.
«…tornerà, non preoccupatevi. Voi iniziate le prove senza di lui» gli rispose conciso. JJ conosceva troppo bene Andrea. C’era qualcosa che lo preoccupava si vedeva a metri di distanza. E non era di certo per il concerto. C’era sicuramente dell’altro.
«Andrea dov’è andato mio fratello? » chiese insistendo temerario. Voleva avere delle risposte precise.
«Cosa importa adesso?»
«importa eccome! Centra tua sorella non è vero?» lo ammonì irritato.
«anche se fosse!»
«non avresti dovuto lasciarlo andare!»
«ha scelto lui di raggiungerla. Quindi calmati…»
«Non sembri essere poi tanto tranquillo nemmeno tu! Perché il fatto che lui sia andato a trovarla ti preoccupa tanto?»
Andrea distolse lo sguardo. JJ aveva colpito nel segno ancora una volta.
«Non sarà…»
Andrea non aveva altra scelta. Doveva dire la verità.
«Mia sorella si sposerà tra una settimana…»
«quell’idiota!» JJ buttò il cappello sul pavimento e si allontanò furioso. Daisuke lo fermò in tempo.
«dove pensi di andare?»
«devo dirglielo. Non voglio essere come voi. Non gli mentirò anche io. Siete solo dei vigliacchi!  Non avete nemmeno un briciolo di coscienza? Non vi sembra troppo crudele farglielo scoprire in questo modo? Vado a fermarlo, prima che sia troppo tardi…» si divincolò dalla presa di Daisuke.
«JJ credo sia già troppo tardi …» riprese in tono colpevole Andrea. «Eichi è partito ieri…»
JJ tornò su suoi passi e si avvicinò furente ad Andrea.
«Tu sapendo tutto questo lo hai lasciato andare da lei?» lo sfidò con occhi pieni d’ira.
«Non avevo altra scelta, prima o poi l’avrebbe comunque saputo…»
JJ esplose. «e se dovesse fare qualcosa di avventato? e se decidesse di non tornare? »
«chi dovrebbe decidere di non tornare?» irruppe una voce fuori campo.
«Eichi! Sei tornato!» si stupì Daisuke.
«Certo che sono tornato! Voi piuttosto, perché non avete ancora iniziato le prove?»
JJ aveva gli occhi lucidi.
Andrea lo guarda stupito. Era troppo tranquillo. Che non avesse scopeto nulla?
«Iniziamo a provare o no?» esortò il gruppo il leader.
Si accostò ad Andrea, gli fece segno di avvicinarsi.
«avevi ragione: qualsiasi cosa succeda ho una famiglia che mi aspetta… loro mi aspetteranno sempre, o almeno loro non hanno mai smesso di farlo. Grazie.» dopo avergli dato una pacca sulla spalla ritornò dal suo gruppo. Andrea sentiva che Eichi aveva ripreso quella maschera che con così tanta fatica si era scrollato di dosso. Stava fingendo per non preoccupare chi amava.

NOTA:
So, che il ritratto non rende giustizia a "Eichi" (Kim Hyun Joong), ma abbiate pazienza, questo è il meglio che sono riuscita a fare. ^^ Spero di leggere altri commenti e recensioni. Grazie a tutti voi che continuate a seguire questa storia. Al prossimo capitolo. 

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Capitolo 16
*** PREPARANDOSI AL GRANDE CONCERTO ***


CAPITOLO 16
PREPARANDOSI AL GRANDE CONCERTO
 
 

 
 
ITALIA
 
 
Mary era appena giunta al centro commerciale. Si muoveva sicura in quello spazio che ormai conosceva più della sua stessa casa.  In giro c’erano famiglie e coppiette innamorate che si affannavano per gli acquisti natalizi. C’era un’aria frizzante e allegra in giro.
“Alla fine è arrivato questo periodo dell'anno. Il Natale ha davvero il potere di cambiare tutto e tutti... Ma chi voglio prendere in giro... Se fosse davvero cosi, adesso tutti i miei problemi si dissolverebbero nell'aria come fumo ... ”.
Pensava sovrappensiero sospirando inquieta, proseguendo sicura nel suo abbigliamento sofisticato. In quello stesso momento, un ricordo depositato nel fondo del suo cuore venne a farle visita, irrompendo nella sua ostentata sicurezza.  Si trattava dellla sua ultima notte con Eichi. Era passato già un anno da quel triste addio. Nonostante i suoi innumerevoli sforzi, non era riuscita a mettere da parte i suoi sentimenti. Era mai possibile che l’arrivo di quell’atmosfera gioiosa fosse bastata a far riaffiorare in lei quei tristi pensieri?
Per un attimo esitò. Una musica che conosceva fin troppo bene catturò la sua attenzione . Era il nuovo singolo dei BB5. Anche se a distanza, non aveva mai smesso di preoccuparsi per lui. Aveva seguito con entusiasmo, anche attraverso le notizie di suo fratello, l’evoluzione della sua carriera musicale.  Era incredibile, che proprio in quel momento qualcuno avesse richiesto quel brano alla radio.
https://www.youtube.com/watch?v=xcuZVLjzdL8
Camminando rapita da quella melodia raggiunse il negozio “Acustica/2”.
Sicura, entrò. «È permesso?» domandò guardandosi in giro. Noto' con sua sorpresa che non sembrava esserci anima viva. Almeno, fino a quando, un uomo sulla sessantina barbuto, con un improbabile maglione multicolore anni 70’, uscì dal magazzino seguito da sua moglie. Stavano canticchiando entusiasti le parole di quella canzone, erano davvero buffi.  Entrambi trasportavano degli enormi scatoloni. Mary si avvicinò loro prontamente, per andare ad aiutarli.
«posso darvi una mano?» si propose.
«Ma figuriamoci! Qualcuno qui deve averci scambiati per due vecchietti impediti…» la riprese divertito Salvatore, il nonno di Eichi, rivolgendosi a sua moglie.
«fiore, cosa ci fai qui?» le domandò l’anziana signora dietro di lui, riversando il contenuto di quelle scatole sul bancone.  
«Ero venuta solo per salutarvi…» ammise Mary.
Ogni volta che sentiva il peso di quella prova comprimere il suo cuore andava a trovarli. Vedere i loro visi e il loro amore per la musica e per il loro unico nipote, le facevano ricordare il motivo per cui stava facendo tutto questo
«Hai sentito? Il nostro Eichi è diventato così famoso. Adesso trasmettono le  canzoni del gruppo anche qui in radio!» esultò orgogliosa la donna.
«Si, ho sentito. Dovete essere molto fieri di lui…» confessò in soggezione. Parlare di Eichi la metteva sempre un po’ a disagio.
L’anziana signora le si avvicinò e dolcemente le accarezzò il viso.
«Tutto bene cara?Sei così pallida» chiese preoccupata.
«Si, forse sono solo un po’ agitata per domani…»
«quindi, alla fine, hai deciso di sposarlo quel ragazzino viziato... » sottolineò in tono risentito l'uomo barbuto .
«Salvatore!»lo riprese sua moglie. Lo stesso sbuffando, si allontanò portando fuori con se la spazzatura. .
Per Mary era stato così difficile prendere quella decisione, se lo aveva fatto era stato anche per loro.
«Non farci caso,» la confortò la donna, «fa così, solo perché avrebbe voluto che tu ed Eichi… beh, sai… forse ci speravamo entrambi, ma se questa è la tua scelta noi saremo ugualmente felici per te…» la rassicurò, sorridendole comprensiva come sempre.  
«Grazie, ma la verità è che forse oggi rivedrò Eichi. Sono un po’ agitata…»
«ah, si?» chiese interessata l'anziana signora, facendole posto su uno sgabbello. Mary ci si sedette.  Doveva ammettere che si sentiva a suo agio con lei. Era come se nel profondo fosse sicura che quella donna non l’avrebbe mai giudicata.
«Si, mio fratello mi ha dato due biglietti per il suo concerto» lì tirò fuori dalla borsa «… mi chiedevo se a voi facesse piacere assistervi. Io non credo di averne il diritto…» ammise con sguardo colpevole. In quello stesso momento Salvatore rientrò nel negozio. Ancora risentito prese posto su un altro sgabello, catturata al volo una chitarra iniziò ad accordarla, ignorandole con intenzione. La donna gli lanciò uno sguardo contrito prima di continuare il discorso interrotto.
«Mia cara, non dire queste cose nemmeno per scherzo! Perché non dovresti andarci? Sai che, verremmo molto volentieri anche noi, ma non abbiamo ne l’età ne la possibilità di chiudere il negozio. Aspettiamo una consegna davvero molto importante oggi.» Poi come se la donna si fosse ricordata  qualcosa di davvero molto importante, corse a una mensola. Ritornò poco dopo verso di lei con un sorriso luminoso sul viso e tra le mani una scatola di latta tutta decorata. La consegnò a Mary.
«cos’è ?» chiese scrutando l’insolito oggetto.
«all'interno c'è un vecchio registratore. In questo modo potremo ascoltare tutto il concerto e sarà come se ci fossimo stati li anche noi.»
La ragazza stava per dire qualcosa, ma Salvatore la interruppe riprendendo a suonare con la chitarra classica che aveva appena finito di accordare, una melodia che aveva il sapore di tempi passati.
http://www.youtube.com/watch?v=ixlxsZBB7vc
«.. ci sono due strade che puoi percorrere,ma a lungo andare c'è sempre tempo per cambiare… » disse rivolgendo a Mary uno sguardo d’intesa. Subito dopo tornando a ignorarla, proseguendo con quelle noti tristi e solitarie.
«Non fare caso alle sue parole è solo una vecchia canzone» le fece notare con aria di superficialità l'anziana signora con le profonde rughe di espressione sul viso tondo e gentile. 
«Non è una vecchia canzone! Ma cosa vuoi capirne tu! La musica delle Led Zeppelin è intramontabile…» bofonchiò risentito Salvatore, colpito nel suo orgoglio di musicista mancato.
«Si certo e quella di Mozart che tipo di musica sarebbe allora?» l’uomo incollerito sbuffò e con un movimento della mano tornò a ignorare i commenti acidi della moglie.
Mary era sicura che con quelle parole lui volesse farle capire che era ancora in tempo per cambiare idea. Ma la verità era che non aveva poi molta libertà di scelta in realtà.
 Fissa con lo sguardo vitreo e spento continuava a seguire quelle dita muoversi su quelle sei corde. Quella musica aveva un qualcosa di celestiale. Poi improvvisamente la nonna di Eichi la richiamò sfiorandole un braccio, preoccupata.
«Fiore, adesso dovresti andare. Non vorrei che per colpa nostra tu facessi tardi...» disse spronandola con dolcezza. Mary gli sorrise grata. Le piaceva quando la chiamava con quell’appellativo. Era come se con quel semplice nomignolo lei potesse tornare indietro di anni, a quel tempo in cui la sua vita scorreva allegra e spensierata.
«d’accordo vado..»  convenne con fare accomodante.
«divertiti anche per noi al concerto…»
«ci proverò…» la rassicurò, tentando si rivelarsi il più convincente possibile, prima di voltarsi e uscire.
«di che concerto si tratta?» sbucò dal nulla una ragazza dai capelli biondi riccissimi, con degli occhi vispi e curiosi.
Ecco il pasticcio era stato fatto. Adesso sicuramente non si sarebbe scollata Mina di dosso nemmeno a pagarla.
 
 
 
 
 
 
PARIGI
 
 
 
«Bene ragazzi! Avete fatto davvero un ottimo lavoro!» convenne Andrea elettrizzato. Erano più di sei ore che provavano senza sosta. Quella sera si sarebbe tenuto il loro ultimo e più importante concerto. 
«Che stanchezza! Sono davvero esausto!» sbuffò stremato JJ.
«Ho deciso! Per premiarvi, alla fine del concerto, vi porterò tutti fuori a festeggiare. Non temete offrirò io. Contenti?» tentò di ammorbidirli il loro manager.  Doveva ammettere che ce la stavano mettendo tutta. Lavoravano senza sosta da un anno ormai.
«Non so quanto ti convenga Andrea, questo piccoletto mangia davvero come un maiale!» intervenne Rio divertito scompigliando i capelli del più giovane.
«ehi, a chi ha dato del maiale!» si divincolò infastidito JJ.
«si scherzava…»lo punzecchiò ironico l’altro.
«Ragazzi ma non è possibile che voi due litighiate ancora in questo modo!» si intromise Daisuke.
«credo dovrà contenersi per forza questa volta…» fece notare loro Andrea con una smorfia compiaciuta.
«e perché mai?» gli risposero all'unisono i tre, voltandosi nella sua direzione.
Hiro ed Eichi erano stati ben attenti dal mantenere le distanze da quell’assurda discussione.
Andrea distrattamente riposizionò le lenti scure sul naso, «diciamo che stasera ci saranno degli ospiti speciali. Non posso aggiungere altro.» concluse il giovane manager mantenendosi sul vago.
«e chi sarebbero questi ospiti speciali?!» chiesero  Rio e JJ scambiandosi poco dopo degli sguardi ostili.
Andrea con un movimento della mano, fece loro segno di voltarsi.
«come chi sarebbero?» chiese una ragazza dalle morbide curve con dei lunghi capelli castani. Rio e JJ si scambiarono delle occhiate sorprese e deluse allo stesso tempo. Yori nel frattempo, con aria di sfida si avvicinò a Rio. Accanto a lei c’erano Misako e Akiko.
«AH… ma sono solo loro? Credevo qualche personaggio importante,che so, Carla Bruni! » continuò sarcastico il più grande.
«Solo loro? ehi, tu brutto scellerato!» avanzò minacciosa la nuova e affermata cantante della Kings Record. Rio però, cogliendola di sorpresa, la immobilizzò in un abbraccio soffocante.
«mi sei mancata brutta combina guai». Yori, a quelle parole, si sciolse completamente. Tutta la rabbia sfumò. «per questa volta ti perdono…» concluse  allontanandolo con un bellissimo sorriso.
«è inutile al mio fascino non sa resistere proprio nessuno…» si beò a mento alto Rio, pomposo come al suo solito.
«ah, si? Vediamo se sarai ancora affascinante dopo che ti avrò ridotto quella facciaccia a cubetti come un quadro cubista!» lo riprese iniziando a rincorrerlo per tutto il palco.
«Certo che quei due non cambieranno mai» notò rassegnato, ma felice JJ. Akiko gli si avvicinò lentamente.
«Yuki »  lo richiamò in un sussurro. JJ le prese una mano e dolcemente con l’altra l'accarezzò scostandole un ciuffo di capelli dal viso.
«finalmente sei arrivata! Dopo il concerto ho un sacco di posti in cui voglio portarti.Dobbiamo visistare la Torre Eiffel, la cattedrale di Notre-Dame, Montmartre il Louvre e tanto altro. Non dobbiamo assolutamente perderci nulla» e le diede un bacio sulla fronte.
Akiko acconsentì entusiasta, arrossendo in imbarazzo.
Nel frattempo Misako si era avvicinata, rifilandosi da quel gruppo eccessivamente rumoroso, a Hiro e a Eichi, che erano stranamente taciturni.
«voi due che fate qui tutti depressi! Avete una faccia…» notò interessata.
«dici?» la canzonò Eichi prima di sollevarsi dalla cassa sulla quale si era seduto per riposare.
«Si. Sembra che abbiate visto un fantasma…». Misako conosceva benissimo il leader dei BB5 e aveva capito che qualcosa nel suo modo di fare non andava.
«beh, se è così credo sia meglio per me tornare in albergo. Ho proprio bisogno di una doccia e di riposo. Sicuramente ho questa faccia perché devo recuperare le forze» improvvisò prima di salutare e andar via. Misako nutriva il presentimento che quella fosse solo una scusa per dileguarsi.
Il giovane leader chiamò un taxi e facendo attenzione all’insediamento delle sue fan fece ritorno in albergo. Si sentiva a disagio anche a stare in mezzo alla sua famiglia, era come se lui avesse smesso di essere utile. Tutti erano cambiati così tanto e avevano il motivo del loro cambiamento al loro fianco. Sembravano non avere più alcun bisogno di lui.  Per un attimo si sentì messo da parte da tutti. Si sentiva solo come mai prima. Se agli altri poteva bastare l’affetto delle persone amate a lui invece cosa era rimasto? Nulla! Niente e nessuno a cui potersi appoggiare. Era solo.
«Misako…» la richiamò Hiro notando il suo sguardo triste e preoccupato.
«cosa è successo a Eichi?» chiese l’altra senza distaccare i suoi occhi dall’uscita laterale dalla quale si era appena rifilato il leader del gruppo.
«è una lunga storia…» gli spiegò sintetico.
«Hiro, raccontami tutto. Devo sapere!» lo esortò in apprensione.
Il ragazzo dai lunghi capelli corvini era stanco. Stanco di vedere la sua donna preoccuparsi in quel modo per un altro ragazzo. Non riusciva più a sopportarlo. Per quanto l’amasse era davvero ingiusto verso se stesso tollerare oltre quel comportamento. Misako non aveva ancora cambiato i suoi sentimenti. Poteva leggerlo chiaramente nei suoi occhi angosciati. Aveva provato a far finta di nulla, a ignorarlo, ma la verità era che così facendo avrebbe continuato a mentire solo a se stesso. Finché Eichi era in Italia era riuscito a tollerarlo, ma adesso che era tornato la situazione era inevitabilmente degenerata. Ogni volta che si rivedevano dopo tempo la prima persona di cui chiedeva Misako era Eichi. Dopo un anno le cose non erano cambiate di una virgola. Lui era al secondo posto mentre  Eichi era ancora al primo.
«anche se te lo dicessi cosa vorresti fare?» gli chiese in tono risentito.
«se non vuoi essere tu a dirmelo, vorrà dire che glielo chiederò io stessa…» convenne, allontanandosi offesa. Hiro la seguì fino dietro il palco. La bloccò tagliandole la strada a braccia spalancate.
«tu, non vai da nessuna parte! Adesso devi finirla! Lui non prova più niente per te! Lo vuoi capire?» Misako non voleva sentire quelle parole, non anche da lui.
«LASCIAMI PASSARE!» gli gridò.
«è cosi allora?» le sue braccia crollarono proprio come la sua remissività,
 «se vuoi andare và pure, non ti fermerò, ma ricorda che questa volta io non ti aspetterò. Se sceglierai lui ancora una volta perderai me per sempre,,,»
“Mi dispiace Hiro… ”
Misako contenendo le lacrime lo superò correndo da Eichi. Si era ripromessa di rinunciare a lui, ma ancora non riusciva a ignorare quello che sentiva dentro.
JJ raggiunse Hiro, aveva sentito delle urla e si era preoccupato.  Lo trovò che stava piangendo in solitudine. In quel momento quasi provò pena per lui. In quasi otto anni non aveva mai visto Hiro piangere. Cercando di fare meno rumori possibili, fece retromarcia e tornò dal gruppo ancora riunito sul palco. Non voleva infierire oltre sul suo orgoglio ferito.
 
 
 
Eichi, era appena uscito dalla doccia. Distratto accese la radio. Voleva eludere quella solitudine con un po’ di musica. Stavano trasmettendo un brano di James Blunt Goodbye my lover .
Si sedette sul divano e chiuse gli occhi.
Non poteva cancellare la memoria dei momenti trascorsi con Mary. Erano incisi troppo in profondità nel suo cuore a pezzi. In soli sei mesi era diventara tutto il suo mondo, avrebbe mai potuto vivere senza quel “tutto” nella sua vita. Era il suo sogno, il suo nuovo obbiettivo, il suo desiderio. Era tutto questo.
Due colpi netti alla porta lo riportarono alla realtà triste e solitaria di quella fredda stanza d’albergo.
Distrattamente la raggiunse. L’aprì  quasi controvoglia, ritrovandosi davanti la sua ex ragazza con il viso bianco dalla preoccupazione.
«cosa ci fai qui?» chiese abbandonandola sull’uscio della porta e tornando a buttarsi sul divano.
«Cosa è successo? Ti conosco e so che c’è qualcosa che non va!»
«Il tuo ragazzo non si arrabbierà?» chiese con gli occhi chiusi e il capo reclinato all’indietro. I suoi capelli erano ancora bagnati.
«cosa stai dicendo?» domandò Misako sempre più sconcertata da quel suo atteggiamento schivo.
«Noi due soli in una stanza d’albergo, non credi sia poco raccomandabile?»
«ma cosa stai dicendo?» la ragazza sapeva benissimo che Eichi stava cercando di metterla volutamente a disagio. Quella era senza dubbio una valida tattica difensiva, ma di certo non sarebbe bastata ad allontanarla.
«dico solo che non dovresti essere qui. E’ da un mese che non vedi  Hiro e invece di stare con lui sei venuta qui da me. Non credo sia la cosa più giusta da fare. E’ meglio se adesso torni da lui.»
La ragazza dai lunghi capelli castani tenuti stretti in una codina, prese posto accanto a lui sul divano ignorando il suo suggerimento, «a me puoi dirlo… » lo incoraggiò, sfiorandogli un braccio comprensiva.
Lui si sollevò di scatto allontanandosi.
«ho detto che te ne devi andare!Quale parte del discorso non ti è chiara?Vai, non voglio vedere nessuno!» sbottò in uno scatto d’ira. Ricomponendosi si avvicinò alla finestra.
«Cosa ti aspetti che dica? Che ho sbagliato ancora una volta? che lei è solo una traditrice, una bugiarda, un’assassina? quale di queste cose mi farebbe sentire meglio?Nessuna. Dirlo mi fa solo sentire peggio!» continuò battendo un pugno sul vetro. «visto che vuoi aiutarmi... Sai dirmi perché, nonostante tutto, io non riesco ad odiarla?». Misako diede un’occhiata in giro e vide una bottiglia di sakè mezza vuota sul tavolino. Che fosse ubriaco? Muovendosi cauta si avvicinò a lui alle spalle. Dal riflesso della finestra lo vide piangere. Erano anni che non vedeva quelle lacrime bagnargli il volto. L'ultima volta, era stato la sera in cui Roberto aveva detto loro addio e l'altra volta quasi 10 anni prima, alla notizia del matrimonio di suo padre . 
«Lei non merita tutto questo…» si avvicinò abbracciandolo.
«siete tutte uguali…» l’allontanò girandosi verso di lei. Misako non aveva mai visto Eichi soffrire in quel modo.
«non è vero, non siamo tutte uguali come dici. C’è chi ti ha ferito per salvarti e chi lo ha fatto solo perché non ti amava abbastanza!»
«cosa stai dicendo?»
«io, ti ho allontanato perché non volevo vederti soffrirei, ma alla fine è stato inutile. Non sono riuscita a difenderti dal dolore…» senza alcun preavviso Misako si avvicinò a Eichi e sollevandosi sulle punte dei piedi lo baciò.
Per un attimo lui si abbandonò a quel contatto. In quel momento davanti a se non c’era Misano, ma un'altra persona. La stessa che amava più di ogni altra. L’alcol aveva distorto la realtà. Cuore e mente non seguivano più la stessa direzione. Riaperti gli occhi ritornò in se, con un movimento rapido distanziò Misako da se.
«cosa stai facendo?» la rimproverò come se si fosse appena svegliato da un brutto incubo.
Misako lo squadrava perplessa, aveva avuto la sensazione che per un momento i suoi sentimenti fossero stati ricambiati.
«Cosa c’è di sbagliato? Ora che hai capito che lei non ti ama noi potremo ricominciare da capo. Tutto tornerebbe come prima...»
«… come puoi dire una cosa del genere? A Hiro non ci pensi?»
«capirà…»
«Misako, non puoi essere davvero così egoista. »
«io, non riesco a dimenticarti. Per me sei sempre tu al primo posto…» Eichi le cinse le spalle con le sue mani forti.
«Misako, io non posso amarti come vorresti. Mi dispiace.»
«Non importa io amerò per entrambi e questo basterà…»
«non è bastato in passato e non basterà adesso... »
«perché non possiamo tornare insieme?»
«Misako tu in realtà non vuoi rimetterti con me. Sei solo preoccupata che io soffra, è sempre stato solo questo. Ti sei sempre comportata come una sorella maggiore è anche questa volta è così... »
«io…» Eichi le serrò le labbra con il suo dito indice.
«Noi non siamo stati fatti per stare insieme. Quando due persone si amano dovrebbero essere capaci di condividere le proprie sofferenze. Se ci pensi nessuno dei due è stato capace di farlo con l’altro…»
«Ma …»
«Misako la verità è che tu non ti fidavi abbastanza di me, e avevi ragione, all’epoca ero diverso. Ora non sono più lo stesso ragazzo di prima. Sono cambiato grazie a lei.»
«è davvero così importante per te questa ragazza?»
«più di tutto, più di me stesso…»
«capisco.» concluse amareggiata allontanandosi da Eichi, trascinandosi sconfitta raggiunse la porta «non posso fare più nulla per te, dico bene?»
«Mi dispiace Misako..»
«Non dispiacerti, almeno tu hai trovato qualcuno da amare con tutto te stesso…»
«Misako, possibile che tu non te ne sia accorta?»
«accorta di cosa?»
«anche tu sei cambiata e già molto prima di me. Con Hiro non hai segreti da custodire, proprio come io non ne ho con Mary, dico bene?»
Misako non poteva che prendere in considerazione quelle parole con un vuoto d'aria allo stomaco.
Osserva Eichi disorientara.
“Io, sono davvero cambiata?”
«Misako, Hiro ti ama davvero. Non avere paura di buttarti tra le sue braccia, non avere paura dell’amore, di quello vero, fatto di verità, fiducia e comprensione. Non rinunciarci per un amore che neanche tu vuoi più. Torna da Hiro. Non è mai troppo tardi quando si ama davvero. So che anche tu lo ami, chiudi con il passato proprio come ho fatto io e tutto sarà più semplice.»
“Sarà davvero così? È davvero la paura e l'ansia per il vero amore a spingermi ancora nelle tue braccia?”
«Misako, pensaci. Cosa ti ha spinto ad aprire il tuo cuore a Hiro? Infondo sai già di avere la risposta a questa domanda. Tu ti fidi di lui, sai che qualsiasi cosa tu faccia lui ti capirà e accetterà ogni tua debolezza, cosa che io non potrei fare. Non lasciarlo ancora da solo ad amarti altrimenti come me perderai una persona molto importante. Non compiere il mio stesso errore. Non dare il suo amore per scontato. Non avere la presunzione di credere che sarà lì ad aspettarti per sempre... Non perdere la tua occasione di essere felice solo per colpa di questa paura insensata dell'amore... Ti voglio bene al pari di una sorella e sono anni che ci conosciamo. In tutto questo tempo ti sei sempre presa cura di me. Adesso lascia che anche io mi prenda cura di te, proteggendoti da te stessa. Non avere paura, non mi perderai mai. Sarai sempre la mia migliore amica e la mia sorella maggiore. Nulla cambierà. Adesso però corri da Hiro. Ho letto nei suoi occhi quanto ti ama. Non sprecare tempo prezioso proteggendo me, ma occupati di lui. Anche se non lo dimostra Hiro ha un animo sensibile. Ha bisogno di te. Da oggi è di lui che devi preoccuparti. Io saprò cavarmela anche da solo. Adesso va! »
Misako aveva finalmente capito tutto, l’attaccamento che provava per Eichi era solo dettato dall'amore fraterno che provava per lui. Eichi sin da quando erano al Liceo aveva visto in lei uno scudo capace di proteggerlo dalle tante sofferenze nella sua vita e lei alla fine si era abituata a quel ruolo. Solo adesso aveva capito che non aveva più bisogno della sua protezione. L' idea di proteggerlo era solo una scusa che si era costruita per nascondere la paura inconscia per un sentimento più forte, che lei non aveva mai conosciuto prima: l'amore. La persona che amava e che aveva sempre amato era Hiro, ma aveva non avuto il coraggio di ammetterlo. Non voleva essere più codarda ed egoista, Hiro non lo meritava, e lei non voleva perderlo.
Dopo aver chinato il capo sorridendo grata ad Eichi aprì la porta e uscì.
“Misako, corri, corri più che puoi. Non è mai troppo tardi… ma sarà davvero così? Potrebbe esserlo anche per me?”.
 
 
 
 
 
Hiro era nella sua stanza insieme agli altri. Mancavano solo quattro ore all’inizio del concerto.
«io, esco a fare due passi…» concluse sintetico prima di uscire.
«ma si può sapere che gli prende?» domandò Daisuke incuriosito.
«torno subito…» uscì anche JJ.
 
Erano nei corridoi.
«Hiro posso parlarti?» lo raggiunse il più giovane.
«cosa vuoi JJ. Non ho proprio la testa per le tue solite frecciatine…»
«non mollare. Volevo dirti solo questo…» l’altro lo fissò sorpreso.
«Cosa non dovrei mollare?» chiese incuriosito.
«Ricordi? Roberto ha detto che a nascondersi dietro un’armatura si perde se stessi. Smettila di mascherare la verità. Tu non vuoi perderla e allora lotta per lei. Togli quell'armatura fatta di una sicurezza che non ti appartiene e mostrale cosa provi, cosa hai sempre provato… lei capirà». In quel momento gli occhi di Hiro si sgranarono dal terrore. "Possinile che sappia ?"
«…non sarà che dietro le quinte tu…» tentò preoccupato il più grande senza avere il coraggio di completare quella supposizione,
 JJ gli sorrise divertito, «non so cosa ho sentito, so solo che il ragazzo da cui uscivano quelle parole, non era lo stesso che ho pensato di conoscere per tutti questi anni. Anche l’uomo di latta senza un cuore provava sentimenti. Ho finalmente capito che anche quella persona ha molto in comune con l'amico metallico di Dorothy. Pur fingendo, davanti al mondo di non avere un cuore, non può negare a se stesso di provare dei sentimenti.
Sai, adesso non riesco più ad odiarlo e disprezzarlo come in passato. Forse adesso riesco addirittura a capirlo. Credo sia ancora in tempo per conquistare la donna che ama, gli basta avere un po’ di fiducia in se stesso e nei suoi sentimenti» gli fece un occhiolino seguito da un leggero buffetto sul braccio, prima di tornare in camera dagli altri.
Hiro sorrise in solitudine. JJ era davvero un ragazzo fuori dal comune. Quando meno ce lo si aspetta è capace di mostrare grande maturità.
Stava per voltarsi e avviarsi all’ascensore quando dallo stesso uscì una ragazza dai lunghi capelli castano chiaro. Era Misako. Aveva il viso affannato e rosso di chi aveva corso parecchio. Con conquistato contegno si mosse nella sua direzione. Hiro la osservava immobile come una statua di cera. Nella sua testa ancora le parole di jj a fargli compagnia. La sera del loro primo bacio si era ripromesso che non l’avrebbe mai persa, no come l’aveva persa Eichi.
 JJ aveva ragione avrebbe detto tutto quello che soffrendo aveva custodito dentro di se. Avrebbe condiviso tutto con lei che amava più di tutto, più di se stesso e del suo amor proprio.
«Hiro, io devo…» iniziò la giovane affaticata dinanzi a lui.
«No, lascia parlare me», la interruppe. La stessa prese a fissarlo con aria preoccupata.
Hiro si morse le labbra nervosamente prima di iniziare, «quando ho scoperto che avevi una relazione con Eichi quasi sei anni fa, ero già perdutamente innamorato di te. Ho sopportato la vostra storia solo perché volevo che tu fossi felice. Quando quell’amore malato ha iniziato a distruggerti ho capito che non potevo più rimanere a guardare. Volevo salvare la persona che amavo più di ogni altra a questo mondo. In silenzio, ho deciso di sacrificare il mio rapporto con i ragazzi e passare per la bestia nera, solo per difenderti da te stessa. Per te avrei dato tutto. Ho sopportato quando mi ripetevi che non eri in grado di amarmi come meritavo perché nel tuo cuore c’era ancora lui. Ho sopportato i tuoi sguardi, le tue parole e i tuoi pensieri per lui. Ho sopportato tutto perché nel profondo speravo che un giorno ti saresti accorta di me. In tutti quei momenti avrei voluto gridarti che mi stavi uccidendo, ma non volevo ferirti, egoisticamente. O forse, più semplicemente, non volevo mostrarmi debole e insicuro ai tuoi occhi. In quel momento avevi bisogno di qualcuno che ti sorreggesse con la sua forza e non che ti affondasse con le sue debolezze. Credevo di poter resistere, mi ero ripromesso che non ti avrei mai lasciata andare come Eichi, ti avrei protetta ad ogni costo anche se questo avrebbe significato nascondermi e non mostrarti mai la mia sofferenza. Forse la verità è che non volevo che tu vedessi le mie debolezze. Non ho mai voluto che nessuno le vedesse, ma adesso sono stanco. Stanco di essere forte… Stanco di nascondermi…. Stanco di me stesso… voglio essere debole… voglio avere qualcuno che mi difenda perché questa è una battaglia che sento di non poter vincere da solo… ti prego non lasciarmi a combattere per entrambi… io non riesco a lasciarti andare anche volendolo, il mio destino non è questo… aiutami a capire qual è, se è al tuo fianco non lasciarmi!»
Misako non poteva credere che Hiro avesse nascosto il suo dolore per così tanto tempo. Con movimenti misurati si avvicinò a lui. lentamente avvolse il tronco del ragazzo con le sue esili braccia. Tremavano. Il suo volto era rivolto verso il basso e il suo orecchio sinistro era adagiato sul suo petto.
Hiro non riusciva a capire cosa significasse quel gesto. Era forse un addio? Perché non lo guardava in viso?
Lentamente si distaccò.
Misako piangeva, ma questa volta per chi e per cosa stava piangendo?
«mi dispiace…» eccole le due parole che aveva così tanto terrore di sentire.
“Adesso mi dirà che ama ancora Eichi e io dovrò lasciarla andare!”
«Hiro, perdonami per averti lasciato solo per tutto questo tempo. Non volevo ammettere che già da tempo avevo iniziato ad amarti, ero solo troppo spaventata. Puoi ancora accettarmi al tuo fianco? Puoi ancora fidarti di me? Puoi ancora lasciare che io con queste misere braccia ti difenda?».
Finalmente anche Misako aveva capito cosa avesse cambiato Eichi, e cosa a lei fosse mancato per diventare il motivo di quel cambiamento. La verità era che non aveva mai avuto il coraggio di lasciarsi andare e affidarsi a qualcuno prima di allora, e soprattutto non era riuscita a farlo con Eichi. Con Hiro, però, era stato diverso. Con lui si sentiva libera di essere se stessa di mostrare le proprie paure e debolezze. Con Hiro al suo fianco nulla poteva farle del male. L’aveva cambiata senza che lei se ne fosse resa conto. Non voleva più soffrire da sola ne tantomeno lasciarlo soffrire da solo. Lo amava e questa era la verità nascosta dietro le sue insicurezze. La vita adesso l’avrebbero affrontata insieme.  
 
 
 
 
 
 
 
 
Mina e Mary erano appena atterrate a Parigi.
 Mary era stata costretta a portarsi dietro quella piccola peste dai capelli biondi. La sua decisione era stata, per cosi dire,  forzata da una minaccia abbastanza sleale.  
“Se non mi porti, dirò tutto a mio fratello!” l’aveva attaccata Mina nel tentativo di convincerla.
 Anche se non c’era nulla di male, lei non aveva avuto il coraggio di rivelare il vero motivo della sua partenza.  Non voleva far preoccupare senza motivo Marco o più semplicemente aveva paura che sospetti inutili compromettessero ancora una volta il loro rapporto. Fatto sta  che, se  tornava a Parigi questa volta non era per iniziare nulla, ma al contrario per mettere fine e chiudere definitivamente la sua storia con Eichi. Il loro rapporto era rimasto, fermo a quel momento e in quel letto a Villa Rosa, in un tempo immutato nei ricordi, che Mary sapeva non sarebbe mai riuscita a rimuovere completamente dal suo cuore.  
«Mary dov’è Andrea? Sicura che debba venirci a prendere lui?» la domandò Mina in ansia. Era il suo primo viaggio fuori dall’Italia ed era visibilmente irrequieta. A differenza di Marco lei aveva trascorso gli ultimi otto anni in Italia con sua madre.
«Si, ha detto di aspettarlo qui all’uscita principale» la rassicurò più calma Mary.
Mina guardava Mary con aria poco convinta. Aveva deciso di seguirla perché un presentimento aveva iniziato a dilaniarla dal momento in cui aveva sentito parlare del concerto dei BB5. Aveva paura che qualcosa di poco piacevole si riaccendesse tra lei e Eichi. Non poteva rischiare di vedere suo fratello soffrire per colpa di Mary ancora una volta. Doveva tenerla d’occhio.
Un ragazzo alto di corporatura esile con indosso un cappotto lungo nero e un cappello le richiamò correndo concitato nella loro direzione. Era Andrea. Mary lo riconobbe immediatamente. Con un movimento ampio del braccio lo richiamò nella loro direzione. finalmente li raggiunse con un sorriso,  in affanno.
Per pochi secondi ancora Mina rimase bloccata con una espressione da ebete sul volto. Non poteva credere che quel ragazzo fosse Andrea. Erano passati solo due anni eppure l’amico d’infanzia che ricordava era cambiato in modo davvero così radicale. Il cuore iniziò a batterle forte in petto.
“cosa caspita mi succede?” con una mano provava a tener testa a quei battiti irregolari.
«Finalmente sei arrivato!» lo accolse sua sorella stanca e provata dal lungo viaggio.
«scusami, abbiamo appena finito le ultime prove…» improvvisò mortificato. In un angolo stranamente in silenzio c’era una ragazzina dalla chioma riccioluta che lo guardava in imbarazzo.  Andrea dopo pochissimo la riconobbe.
«Non è possibile! Mina sei davvero tu?» l’accolse incredulo. Entrambi avevano condiviso la passione per la cultura orientale, erano sempre stati ottimi amici.
La ragazza continuava a fissarlo disorientata. Adesso che lo aveva così vicino si era resa conto di quanto fosse diventato alto. A guardarlo bene era di venti centimetri più alto di lei. Era cambiato anche nell’atteggiamento. Adesso sembrava un uomo, non c’era più traccia del ragazzino timido e insicuro che lei spesso prendeva in giro. Doveva ammettere che era davvero affascinante in questa nuova veste. Arrossendo acconsentì con un movimento timido della testa. Mary la squadrò stranita.  
“Come mai tutta questa timidezza? Che abbia una cotta per mio fratello?”
«che ne dite di andare?» le esortò Andrea.
«certo andiamo!» acconsentì Mary.
Non vedeva l’ora di buttarsi sul letto e rilassarsi prima del concerto.
«Ho prenotato una stanza per voi nel mio stesso albergo! Però Mary potevi anche dirmelo che era Mina la ragazza che avresti portato con te! Mi sarei reso più presentabile!» scherzò rallegrato, prendendo i borsoni di entrambe le ragazze e caricandoli in macchina.
«tu piuttosto, quando mi presenterai questa fantomatica Yoko Ono?» chiese sua sorella punzecchiandolo.
«Yoko Ono?» si intromise Mina incuriosita.
«ci sarà tempo e luogo sorellina. Non devi preoccuparti!» le sorrise mettendo in moto.
 
Erano appena arrivati in albergo. Alla reception una ragazza dai modi composti e gentili confermò la prenotazione prendendo nota dei loro dati prima di consegnare a Mary la chiave della stanza.
 
«Bene. Io devo proprio andare. Ho messo a vostra disposizione una macchina che vi accompagnerà al concerto. Non dovete preoccuparvi di nulla, ho pensato a tutto io. Questi sono i pass per le quinte. Appena finisce raggiungetemi lì.» disse porgendone uno ad ognuna.
«Fratellino, quindi partiremo stasera come concordato? Sai, anche se la cerimonia è di pomeriggio io ho così tante cose di cui occuparmi…»Andrea le sorrise comprensivo, stringendola ancora una volta tra le sue braccia.
«prendila come una vacanza. Sei così sciupata che hai proprio bisogno di allontanarti e riprendere aria…» le sussurrò ad un orecchio prima di allontanarsi.
«riprendere aria? cosa vuoi dire?» lo squadrò perplessa Mary.
«ora devo andare…» si allontanò correndo lasciandola con una domanda senza risposta.
Mary sospirò rassegnata «come immaginavo, mi farà arrivare tardi anche il giorno del mio matrimonio! Che dici andiamo a vedere la nostra camera?» spronò Mina che aveva ancora un’espressione sconvolta sul viso. Non era per niente soddisfatta da quel cambio di programma.  
 
 
 
Marco era nel suo studio. Tra le mani quella piccola scatolina che aveva terribilmente paura di aprire. Con un movimento netto fece scattare il meccanismo di apertura. Eccole lì, le due fedi. Erano pronte. Luccicavano alla luce soffusa della luna che radente penetrava dalla finestra alle sue spalle.  Le aveva ritirate quello stesso pomeriggio. Prese la più piccola e se la rigirò tra le mani.
“E quindi domani ci sposeremo. Chissà se fingere di non sapere sarà la cosa giusta da fare. Quelle lacrime è come se le sentissi ancora sulla mia pelle. Come se mi avessero penetrato la carne. Le sento in circolo nel mio corpo.  Chissà, può darsi che un giorno mi pentirò di aver bendato i miei occhi e aver fatto finta di nulla. Eppure sono convinto, senza alcun dubbio, che sia la cosa migliore da fare. Dopotutto Eichi appartiene al passato mentre io faccio parte del suo presente e da domani anche del suo futuro. Non rinuncerò mai a lei e lei, sono convinto, non rinuncerebbe mai a me per inseguire un sogno passato che ormai si è sbiadito. Lei me lo ha promesso.”
La luce in quella stanza si spense. Erano le nove di sera in Italia, e mentre Marco faceva ritorno verso il suo appartamento, sua sorella e la sua futura moglie si preparavano ad assistere all’ultimo concerto dei BB5.
 

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Capitolo 17
*** IL CONCERTO ***


CAPITOLO 17
IL CONCERTO

Perdonate l'attesa. Non ho scusanti davvero. Volevo terminare i video, ma mio malgrado non ci sono riuscta. Farvi attendere oltre non mi sembrava il caso. Spero di riuscirli a terminare entro il prossimo capitolo, allo stesso tempo mi auguro che questo si riveli di vostro gradimento. Volevo ringraziare chi ha aspettato con pazienza e chi ha dedicato del suo tempo rilasciando delle recensioni. Vi ringrazio di vero cuore e mi scuso per il ritardo. 
 Al prossimo capitolo.
https://www.youtube.com/watch?v=tJK80bZ7K64&list=UUk4rLIb1_yaKcvJy-kAIeyg

https://www.youtube.com/watch?v=o7EM8Hq2DZk&list=UUk4rLIb1_yaKcvJy-kAIeyg
https://www.youtube.com/watch?v=yTV__4lml8U&feature=youtu.be questi sono solo dei video che spero possano suggerire l'immagine del dietro le quinte del concerto. Presto monterò il concerto per intero. Aspettatelo perchè ci sarà anche l'inedito di Eichi. ^.^



PARIGI
 
 
Davanti lo stadio una moltitudine di gente si era accalcata in attesa dell’apertura dei cancelli. Mancava davvero pochissimo all’inizio del concerto. L’aria intorno era vibrante e a pelle si percepiva l’ansia pressante dell’attesa. Tutti fremevano eccitati accalcati nelle lunghe file. A Mary mancava il respiro. Ogni tanto si sentiva strattonare da qualche ragazza un po’ troppo vivace. C’era da rimanerne schiacciati. Finalmente i cancelli furono spalancati. Quasi senza accorgersene, trascinate dalla folla concitata, le due ragazze si ritrovarono catapultate a pochi metri dal palco.  Mary teneva stretto in una mano il registratore. Per via dei movimenti bruschi della gente, più di una volta, aveva rischiato di farselo scivolare dalle mani. Per questo motivo si guardava intorno prudente, tenendo stretto al petto quel regalo prezioso, non poteva correre il rischio di perderlo proprio in quel momento.
Mina al contrario, a mento sollevato e occhi persi e sognanti, guardava il palco ancora immerso nella penombra pressante che precede l’inizio di ogni concerto. Sul viso la stessa espressione di ansia mista a eccitazione che si ha di solito, attendendo i fuochi d’artificio, la notte di ferragosto.
Dopo un tempo che Mary giudicò indefinito, le luci sul palco si accesero. Un urlo partì dall’arena in attesa. Su un maxischermo  venero proiettate delle immagini del dietro le quinte.
 I BB5 al completo si muovevano l’uno accanto all’altro per i corridoi. Ogni tanto qualche operatore si sporgeva per verificare che i loro microfoni fossero stati posizionati come si deve. Mary riconobbe subito JJ, il “fratello minore” di Eichi, Daisuke con la sua cresta da dieci centimetri, Hiro con il suo codino e il suo atteggiamento da duro, Rio con la sua andatura impostata e infine lui: Eichi il leader del gruppo. Come un palloncino che incontra la punta ben’affilata di un ago così il cuore di Mary esplose nel momento stesso in cui il suo sguardo incrociò l’immagine di Eichi su quel maxischermo al centro del palco.  Adesso non c’erano più chilometri e chilometri di distanza a separarli. Tra di loro c’era solo un misero palcoscenico. Tutto il suo corpo tremava. Per un attimo le ginocchia cedettero.
Nel frattempo le immagini del gruppo si susseguivano incessanti. Infierendo come lame taglienti sulla sua già labile determinazione.
Il noto leader in coda al gruppo avanzava con sguardo sicuro e fiero. I suoi capelli bruni erano ricresciuti dall’ultima volta.  Giunti alla fine del loro percorso i 5 componenti, si disposero a semicerchio e dopo essersi scambiati degli sguardi d’intessa sbraitarono un inno d’incoraggiamento scaramantico prima di entrare in scena. L’immagine sul maxischermo si spense a dispetto delle luci che esplosero accecanti sul palco. Il concerto era iniziato.
Inaspettatamente quando le porte sul palco si aprirono ad emergere dal buio del retroscena fu una ragazza che Mary riconobbe all'istante. Suo fratello le aveva parlato molto di lei: era Yori la nuova cantante della Kings Record. La stessa scese lungo una scalinata iniziando a intonare una canzone. Poco sotto, da un secondo accesso al palco fece la sua entrata anche JJ. Che elegantemente offrì alla ragazza, una mano mentre scendeva gli ultimi gradini.
Il ragazzo dalla capigliatura rossastra e dai modi irrequieti che le aveva descritto Eichi sembrava essersi volatilizzato. JJ infatti esibiva un comportamento impeccabile e di tutto rispetto. Il loro ingresso aveva spiazzato un po’ tutto il pubblico presente, impreparato all’ingresso di Yori sul palco.
 Doveva trattarsi di una scelta operata all’ultimo momento. Mary era davvero colpita dalla bravura e dal loro affiatamento. Pensò che la decisione di lasciare alla giovane e non più inesperta stella della Kings Record l’apertura del concerto, fosse stata una scelta più che azzeccata.  Dopo il duetto Yori cantò un’ultima canzone come solista prima del turno di Rio. Le sorprese non mancavano di certo in questo concerto.  Sul palco una cascata d’acqua radente come pioggia formava una barriera oltre cui Rio con indosso un impermeabile si protese. Con passo deciso, avanzava intonando una canzone malinconica, carica di ricordi e sofferenza. Il pubblico questa volta si raccolse in un insolito silenzio contemplativo. Rio, che Eichi le aveva descritto come superficiale e poco incline a canzoni sentimentali,  si mostrò per il ragazzo sensibile che infondo era sempre stato.
Si percepiva tutto il suo io più profondo, si sentiva che in quella canzone c’era tutto se stesso.
Andrea le aveva raccontato della storia intricata tra Rio e Yori e inaspettatamente sentire le loro canzoni l’una dopo l’altra sottolineava perfettamente il feeling straordinario che tra i due, sia come coppia che come cantanti e artisti si era creato. Quasi si sorprese a invidiarli.
Dopo il turno di Daisuke e quello di Hiro mancava solo un’altra persona. Mary teneva alto il registratore. Ma in quel momento la sua mano prese a tremarle. Aveva paura di rivedere il suo volto. Chissà se l’avrebbe riconosciuta tra tutta quella gente. Chissà se era a conoscenza della sua presenza, lì tra quella moltitudine di gente...
 
Andrea era dietro le quinte. A breve sarebbe toccato a Eichi. Gli si avvicinò cauto. Si vedeva lontano un miglio che qualcosa lo tormentava e forse il giovane manager sapeva di cosa si trattava.  Da quando il signor Marini era morto, Andrea aveva imparato a conoscere meglio tutti e cinque i ragazzi. L’unico su cui aveva ancora qualche riserva era proprio Eichi. Conoscerlo e comprenderlo era davvero molto difficile. Non si lasciava avvicinare facilmente e cercava di nascondere i propri malumori dietro false maschere d’apparenza. Ma c’era un solo momento in cui quella maschera cedeva e tutto quello che provava si esprimeva limpido come la rugiada di prima mattina.
Poco prima di salire sul palco, tutta quell’impalcatura fatta di apparenze crollava, era quello il momento che Andrea aspettava più di ogni altro. Gli ci erano voluti quasi 15 concerti per rendersene conto. Prima di salire sul palco e per tutta la durata del concerto Eichi abbandonava ogni maschera e si ammantava di verità. La stessa verità di cui erano fatte le sue canzoni.
«Daisuke te lo ha detto non è vero?» gli chiese cogliendolo  impreparato alle spalle.
«dovresti sapere che i segreti altrui quel ragazzo non sa proprio tenerli per se…» gli fece notare Eichi sorridendo amaramente
«mi dispiace, non era mia intenzione turbarti in questo modo…» confessò dispiaciuto Andrea.
«…non preoccuparti le luci sul palco sono così forti che sicuramente non avvertirò la minima differenza. Dopotutto sono solo un paio di orecchie in più, non devi preoccuparti. Cosa vuoi che cambi!»
«sicuro vada bene anche così?»
«alle volte ti preoccupi un po’ troppo Andrea!» lo rimproverò scherzosamente prima di aggiustarsi il microfono.
«beh, se lo dici tu, allora in bocca al lupo!» gli diede una pacca incoraggiante sulla spalla.
«crepi!» concluse l’altro. Il giovane manager stava per voltarsi, quando un dubbio lo assalì improvvisamente.
«Eichi, sei sicuro di voler cantare quella canzone? Posso chiedere di cambiare la traccia se non te la senti!»
Il cantante, per un attimo sembrò prendere in considerazione la possibilità. Il suo sguardo si tinse di ansia mista a sconforto e inquietudine. Quel momento di esitazione, però, durò ben poco. Tornando a sorridergli come sempre lo rassicurò carico di una inattesa sicurezza.  Aveva detto addio a Mary quella mattina davanti a quel mare limpido. Quella canzone avrebbe rappresentato per lui, solo l’inizio di una bella fiaba ormai giunta al suo inevitabile finale.
 «Perché dovrei? Le mie fans si aspettano un inedito e non ho alcuna intenzione di deludere le loro aspettative…»
«ma…»
«Andrea non devi preoccuparti, come ti ho già detto per me lei è solo un altro paio di orecchie in questo stadio pieno di gente. Non pensi anche tu che sarebbe ingiusto a questo punto conferirle un’importanza maggiore rispetto a quella delle mie fans?»
«sicuro che starai bene?»
«non ne sono sicuro, ma rischierò!»
«fatti coraggio!»
«non temere ne uscirò se non illeso per lo meno vivo» gli sorrise poi facendosi forza, un passo dopo l’altro, si presentò davanti quelle luci accecanti. Le urla calorose delle fan lo accolsero dandogli nuova energia, la stessa energia che lo aveva motivato per tutti quegli anni.
Nonostante le cose con Mary non fossero andate come sperava, aveva ugualmente deciso di abbandonare la sua carriera di cantante. Quella sarebbe stata la sua ultima esibizione.
Con quella canzone avrebbe detto addio a molte cose: alla sua carriera come cantante e musicista, ai suoi fan, ai BB5 e a al ricordo del suo unico e vero amore.
Sarebbe stata la prima e l’ultima volta che l’avrebbe cantata. Da un lato era quasi un bene che lei fosse lì ad ascoltarla. Anche se esibiva sicurezza nel profondo il suo animo era combattuto. Infondo, anche se non lo avrebbe mai ammesso a gran voce, nutriva ancora la speranza, che Mary ascoltando quel brano si sarebbe ricordata del loro amore. Anche se la sua mente gli diceva che era finita il suo cuore non riusciva ancora ad arrendersi.
 
Mary aveva le gambe paralizzate. I muscoli del suo corpo erano fermi, impassibili come se fossero stati scolpiti nel marmo freddo di Carrara. Dopo quasi un anno Eichi era ancora una volta davanti ai suoi occhi. In quel momento non c’erano altri sentimenti nel suo cuore se non una paura tremenda e soffocante di quelle che paralizzano all’istante e che fanno salire il cuore in gola. Mary sentiva farsi largo dentro di sé il terrore agghiacciante di non farcela, il panico di scoprire di aver sbagliato tutto, la paura di cedere ancora una volta alla tentazione di amarlo come un anno prima. In quel momento il registratore le scivolò dalla mano tesa verso l’alto. Nemmeno ci fece caso, fu Mina a raccoglierlo per lei.
«tutto ok?» le domandò preoccupata osservando la sua faccia bianca come un lenzuolo.
“Non posso farcela”
«si, sto bene. Tutta questa gente mi sta soffocando!» mentì spudoratamente, riprendendo il registratore  e stringendo inquieta, tra le sue mani tremanti.
Proprio in quel momento Eichi iniziò un discorso. Entrambe furono riportate alla realtà di quel momento,  dal suono caldo e avvolgente della sua voce.
«Salve. Immagino che in molti già mi conoscano. Se così non fosse, mi presento. Sono Eichi Kitamura, leader dei BB5. Voglio scusarmi per il ritardo. So che in molti ci aspettavano già un anno fa, ma come in molti sapranno abbiamo voluto rendere questo tour indimenticabile sotto vari aspetti. Non potevamo andarcene senza prima ringraziarvi come si deve. Ognuno a modo suo ha voluto mostrare il proprio ringraziamento con una canzone. Abbiamo lavorato duramente su noi stessi in questo ultimo anno. Al termine di una lunga ricerca ognuno di noi è riuscito a scoprire la verità dentro se stesso. Questo è quello che vi offriamo: le nostre verità più profonde. C’è chi ha abbandonato i toni turbolenti per donarvi sobrietà e sentimento. Chi ha deciso di non rinunciare all’amore, mettendo in piazza per voi i propri sentimenti con coraggio e sincerità. C’è ancora chi instancabilmente ha dato tutto per amore della musica, donandovi la più totale e sentita delle dedizioni. C’è chi, in quella canzone, ha messo parole mai dette e sentimenti mai confessati prima. E poi ci sono. Tutti vi starete chiedendo cosa ho messo io in dono per voi nella mia canzone…» dal pubblico si levarono delle urla esultanti. Eichi sorrise prima di proseguire.
«Come saprete ho deciso di uscire con tre singoli. Questi sono i miei tre doni per voi. Ho messo la mia anima più sincera e il mio ringraziamento più profondo in ognuno di essi. Tuttavia c’è ancora una canzone che custodisco da quasi un anno chiusa del mio cuore. Il dono più grande che voglio farvi, prima di abbandonare la scena, è condividerla con tutti voi. Sono onorato di aver beneficiato del vostro sostegno e della vostra stima per tutti questi anni. Per questo, prima di riprendere con la nostra scaletta, volevo ricambiare il vostro affetto, offrendovi quest’ultima canzone. » Fece una pausa schiarendosi la voce, quasi prendendo tempo, nella speranza che quei pochi secondi gli bastassero a raccogliere tutto il coraggio che aveva dentro di se. Non sarebbe stato facile fare quella confessione, eppure, giunto a questo punto, non gli restava che tentare almeno quello.
 «Sapete, tanto tempo fa feci una promessa. Promisi ad una persona molto importante, che il giorno in cui questa canzone fosse ritornata da lei sarebbe stato anche il giorno del mio ritorno. Non so se la raggiungerà o se ascoltandola si ricorderà ancora di noi e di quella promessa.  Ciò che so è che scegliere di ricordare o dimenticare spetta solo a lei!».
Lentamente la musica partì. Eichi aveva quasi paura di non farcela. Sapeva che Mary era lì in mezzo al pubblico. Quello che lo preoccupava in realtà, era il motivo per cui non aveva rinunciato a quella canzone. Poteva scegliere di non cantarla come gli aveva proposto Andrea. Ma non poteva venire meno a una promessa fatta alle sue fan o almeno era questo che la sua testa gli ripeteva. Ma il suo cuore sapeva che il motivo era un altro. Nel profondo confidava nella speranza che quelle note gli riportassero la ragazza che amava e che sapeva non avrebbe mai smesso di amare. Forse era l’ultima sciocca umiliazione o l’ultima disperato tentativo, ma a Eichi non restava che questo: il ricordo di un momento racchiuso in poche note. Prese fiato e iniziò a cantare. La verità era questa: seppure si fosse ripromesso di dirle addio nella sua mente per non farla soffrire ancora, dall’altra il suo cuore non era pronto a lasciarla andare via per sempre. No, non poteva essere lui a rinunciare anche questa volta.
Mary era lì in mezzo a quella folla esaltata che si muoveva strattonava e spingeva per farsi spazio. In tutto quel caso lei era inesorabilmente immobile. Non c’era più nulla intorno a lei. Tutta quella gente era sparita i suoi occhi vedevano solo Eichi e le sue orecchie erano ipnotizzate dal suono della sua voce. Non c’erano vie di fuga, ancora come quel primo giorno le sue gambe erano paralizzate come immerse nelle sabbie mobili. Voleva scappare eppure qualcosa la tratteneva. Erano i suoi sentimenti, gli stessi che aveva duramente messo da parte. Adesso erano ritornati a bussare al suo cuore, pretendendo l'attenzione che meritavano.
“Perché non posso correre da te? Perché dobbiamo soffrire così tanto? Perché amare qualcuno deve fare sempre così male? Non posso dimenticare, non voglio farlo. Eppure per salvarti dovrò almeno provarci. Mi dispiace Eichi, per proteggerti dovrò dirti addio una volta per tutte. Sarà difficile, ma dovrò farlo.” Mary non poteva ascoltare oltre quella canzone. Era troppo doloroso, troppo crudele, una parola in più e lei avrebbe ceduto alla tentazione di dirgli tutta la verità. Sdradicandosi con forza da quella posizione, si allontanò da Mina e da quella melodia che per un anno intero aveva custodito gelosamente nel suo cuore. Controcorrente si spostava tra la gente che con i loro corpi le facevano resistenza. Doveva andare via, ma per quanto si muovesse disperata tra quella folla esaltata, quelle note non sembravano volerla abbandonare. Era come nei suoi incubi, e lei era ancora inseguita da quelle ombre tremende. Per un attimo la testa le girò, cadde in ginocchio. Una ragazza l'aiutò a alzarsi, Mary non ebbe il tempo di ringraziarla, una volta tornata in piedi riprese a correre più veloce che mai. Le lacrime avevano iniziato a scendere sul suo volto. Non poteva farsi vedere in quello stato da Mina. Corse fino a raggiungere un’uscita di sicurezza. Una volta fuori, riprese fiato asciugandosi il volto umido. Non faceva altro che scappare. Sarebbe riuscita a scappare anche dai suoi sentimenti? Ci sarebbe uscita davanti ad Eichi? Si, ci sarebbe riuscita. Costi quel che costi non avrebbe avuto attimi di cedimento. Non poteva più permetterseli. Il momento tanto demandato alla fine era arrivato. . E lei era pronta.
 
I BB5 avevano concluso i loro saluti, il concerto era finalmente finito. Provati dalla lunga performance fecero ritorno dietro le quinte scortati da Yori, Misako e Akiko. Andrea era lì ad aspettarli ma non era solo. Accanto a lui Mary e Mina attendevano il loro arrivo. Mina non vedeva l’ora di conoscere i BB5 al completo. Anche se, doveva ammetterlo, l’incontro tra Eichi e Mary la preoccupava non poco. Si era infatti ripromessa di non perderli d’occhio nemmeno per un secondo.
 
Finalmente quell’attesa si concluse. I ragazzi entrarono nella saletta allestita appositamente per accoglierli al termine del concerto. C’erano divanetti, corolle di fiori e bibite rigeneranti sparse un po’ ovunque.
Erano li che chiacchieravano spensierati quando alla vista delle nuove ospiti tutti si zittirono improvvisamente. Eichi che chiudeva la fila li superò portandosi avanti. In quel momento i suoi occhi ansiosi incontrarono quelli di Mary carichi di una sicurezza disarmante . Dopo un anno erano ancora l’uno di fronte all'altro, ma questa volta dinanzi a sé non c’era una ragazzina impacciata a tratti spaesata, con i capelli arruffati e un’enorme camicia blu. Quella che aveva di fronte era una donna a tutti gli effetti. Nei suoi occhi lesse più di quanto avrebbe voluto. Era come se a dividerli adesso, ci fosse una distanza maggiore anche dei chilometri che li avevano tenuti distansi sino a quel momento. Quella fredda e invisibile barriera era fatta di tutte le parole in sospeso che non erano riusciti a dirsi, piena di quell'addio che pesava troppo nel cuore di entrambi. La ragazza che aveva davanti Eichi ora, esibiva con fierezza un atteggiamento fermo e indifferente che non le era mai appartenuta prima. Per un attimo si abbandonò all'idea rassicurante, che la ragazza di fronte a lui non fosse davvero lei. Dov'era finita la Mary incerta e dai modi insicuri che lui aveva spesso rassicurato stringendola forte tra le sue braccia? Dov'era la Mary sincera, capace di scaldargli il cuore con un semplice e ingenuo sorriso ? Dov'era finita la ragazza che aveva amato per quasi due anni? Possibile che fosse davvero cambiato tutto? Che non ci fosse più alcuna possibilità di ritorno per loro?
 
Andrea intervenne interrompendo quel momento di stallo imbarazzante.
«Ragazzi, volevo presentarvi mia sorella. Mary, loro sono Akiko, Yori, Misako, Rio, Daisuke, Hiro, JJ e ovviamente lui è Eichi, ma credo che voi già vi conosciate.» Mary fece un leggero inchino con la testa verso ognuno di loro. Quando fu il turno di Eichi accennò un leggero sorriso.
Due colpetti di tosse interruppero quello scambio di sguardi. Era stata Mina.
«giusto, quasi dimenticavo, lei è Mina una mia cara amica…» presentò anche la seconda.
«Nice to meet you.» esordì la ragazzina bionda e riccioluta, rivolgendosi a tutti i presenti. «ciao Eichi» proseguì richiamando l’attenzione del leader del gruppo. Eichi che fino a quel momento non era riuscito a staccare gli occhi da Mary, le rivolse un caldo e accogliente sorriso. Le si avvicinò scompligliandole affettuosamente i capelli.
«è un piacere rivederti Mina», lei di rimando gli sorrise in soggezione. Nonostante odiasse l’idea che lui potesse portare via Mary da suo fratello, continuava a nutrire una incontaminata simpatia per quel ragazzo.
«sei tu allora la famosa Mary» improvvisò Daisuke, potandosi avanti al gruppo, nella speranza di allentare la tensione.« tuo fratello ci ha parlato molto di te. Finalmente possiamo fare la tua conoscenza».
«il piacere è tutto mio. Ma come conosci la nostra lingua?» gli chiese incuriosita.
«Con Andrea sempre in giro, abbiamo finito con l’impararla per forza di cose..» ammise sorridente come sempre. Andrea ringraziò il cielo che ci fosse Daisuke a venire in suo soccorso in quelle situazioni imbarazzanti.
«direi che potremmo anche festeggiare tutti insieme già che ci siamo! Che ne pensate?» propose Rio, con il suo modo di fare galante.
«credo sia un’ ottima idea!» diede loro manforte Yori avvinghiandosi a peso morto al braccio di Rio, che perse l'equilibrio piegandosi rovinosamente di lato.
«si certo, proprio un’ottima idea… ci mancava solo questa…» si intromissione JJ scoccando la lingua sotto il palato, e volgendo lo sguardo altrove irritato come non mai all'idea che quelle due infiltrate potessero intromettersi in un momento speciale come quello.Dopotutto era l'ultima sera dei BB5. Ma più di tutto non poteva sopportare l'idea che quella ragazza tormentasse ancora suo fatello. Per tutto il tempo non aveva fatto che puntare Mary con uno sguardo carico di astio e risentimenti. Purtroppo fulminarla con lo sguardo era l'unica cosa che glie era concesso fare. .
 L’idea di quanto suo fratello avesse sofferto per colpa di quella ragazza lo infastidiva terribilmente.    
Rio gli mollò uno scappellotto dritto alla nuca.
«ahia!», si massaggiò la testa dolorante.
«Dovete perdonarlo, ma alle volte questo ragazzo lascia parlare prima la lingua e poi il cervello» si rammaricò con le nuove ospiti. Mary acconsentì sorridendogli comprensiva, «non temete non ci intratterremo molto.» li rassicurò.
«Non ci sono problemi, stavamo giusto andando a festeggiare in un localino fuori città. Potete unirvi a noi» le incoraggiò suo fratello.
«credo sia meglio andare a riposare. Domani partiremo presto…» proseguì Mina visibilmente combattuta. Era chiaro che volesse rimanere ma che qualcosa la bloccasse.
«potete venire giusto per bere qualcosa e poi tornare in albergo. E’ tanto che non ci vediamo, sarebbe un peccato rendere questo incontro così breve.» tentò di convincerle anche Eichi squadrando Mina complice. Nei suoi occhi lesse un attimo d’incertezza.
«e va bene, giusto il tempo di un drink»  dovette soccombere Mina.
JJ fu l’unico a sbuffare sconfitto.
 
Erano appena arrivati al locale, Mina fu trascinata da Andrea lontano da sua sorella.
Era evidente che volesse lasciare da soli Eichi e Mary.
«perché mi strattoni in questo modo?»
«non vorresti conoscere dei segreti davvero interessanti sui BB5? Ne ho così tanti che potremmo passare la notte parlando solo di questo! Ricordi quando venivo da te e parlavamo fino a notte tarda dei gruppi che ci piacevano? Mi farebbe piacere rivivere quei momenti solo per una sera. Che ne dici? Ti andrebbe di accontentare un vecchio amico?» la supplicò con un sguardo che avrebbe sciolto anche un ghiacciaio.
Mina colta da un’improvvisa vampata di calore si arrese alle suppliche di Andrea. Seppure a malincuore lasciò Eichi e Mary soli al bancone del bar.
«un martini senza ghiaccio e un vodka-pesca-lemon, dico bene?»
Mary laconica acconsentì con un eggero movimento di testa.
«almeno in questo non sei cambiata.» proseguì più sollevato Eichi.  
«E’ passato così tanto tempo e molte cose sono cambiate invece.» lo stroncò Mary prendendo a sorseggiare il suo drink.
«ah,si?»
«Sono venuta qui proprio perché devo parlarti…» proseguì Mary. Seppure le sue parole fossero schiette e dirette le sue mani tremavano insicure. Eichi, sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi,  eppure il suo cuore non era ancora pronto ad ascoltare quella verità così dolorosa uscire proprio dalle sue labbra. Era tremendamente combattuto. Forse era arrivato il momento di lasciare andare quel sogno e quella speranza che aveva custodito per un anno e che gli aveva dato la forza di andare avanti. Dopotutto, se quello che Marco aveva detto era vero, che diritto aveva lui per rivendicare l’amore di Mary? Effettivamente era scomparso come un ladro dalla sua vita senza lasciarle nulla, se non una stupida lettera e un ciondolo. Però più ci pensava e più si convinceva che non voleva commettere lo stesso errore due volte, non voleva lasciare andare la persona che amava senza combattere fino in fondo come aveva fatto con Misako.
Per un attimo Mary mollò la presa sul bicchiere e si portò la mano sulla fronte.
«Tutto bene?» le chiese Eichi preoccupato.
«si, deve essere stato il viaggio…» improvvisò giustificando quel giramento di testa improvviso.
«forse è meglio se usciamo così potremo parlare con più tranquillità mentre tu prendi una boccata di aria fresca…»
«si, grazie».
I due uscirono. Erano nel retro del locale.
«Eichi, ho scoperto che volevi rinunciare alla tua carriera di cantante da Andrea. Sono venuta qui anche per questo motivo. Non penso dovresti farlo, soprattutto se il motivo di questa scelta sono. Non so se Andrea te lo ha già detto, ma io domani mi sposerò con Marco. Sono venuta qui per dirti che non hai più alcun obbligo verso di me, non devi più sentirti vincolato a quella promessa che mi facesti un anno fa.…» lo rassicurò con aria sostenuta Mary. .  
Eichi rimase impassibile, come se quelle parole non fossero mai realmente uscite dalla bocca di Mary. Per un attimo anche lei esitò, preoccupata di essersi solo immaginata la scena nella sua mente.
Se ci pensava, si era preparata a tutto, ma non a quell'immobilità di Eichi. Era rimasto completamente impassibile. Lentamente portò le mani dietro la nuca e senza fretta si staccò la collanina con il ciondolo  a fiore di loto. Se la ripassò un paio di volte tra le mani, come soppesando incerta quella decisione. Recuperata tutta la sua sicurezza, protese la mano aperta con il ciondolo verso Eichi.
Lo stesso guardò prima quella mano aperta dinanzi a se e poi Mary.
“No, non voglio che finisca così. Non deve finire così!”strinse i pugni. Le nocche si fecero chiare.
Mary ruotò la mano e fece cadere il ciondolo sul freddo asfalto.
«Mi dispiace, è inutile continuare questa farsa!»
Sicura gli voltò le spalle.
«Dimmi solo una cosa, è stata tutta una finzione?» le chiese Eichi dopo aver raccolto il ciondolo. Mary si arrestò ancora di spalle, mordendosi nervosamente le labbra.
“Ti prego Eichi, non rendermi le cose più difficili…”
Non aveva scelta, doveva ferirlo per poterlo allontanare.
«Ti avevo detto di rimanere con i piedi per terra. Non siamo mai stati destinati a stare insieme. Ci siamo divertiti, questo è vero, ma non è mai stato nulla di serio… »
Eichi sentì le sue ultime speranze svanire come nubi di fumo nell’aria. Non poteva essere stata solo finzione. Non poteva crederlo. Muovendosi rapido, la raggiunse alle spalle e ruotandola nella sua direzione, la strinse forte tra le sue braccia.
«Davvero non senti più nulla? Neanche se ti stringo così?»
Mary, con gli occhi lucidi, si trattenne dal ricambiare quel gesto seppure il suo cuore non le chiedesse altro. . Le sue mani tremavano incerte.
Dopo un primo attimo di esitazione, recuperò il proprio autocontrollo e con un movimento netto, lo allontanò. I suoi occhi seri e severi ripresero a scrutare quelli confusi e disperati di lui.
«Si, non sento più niente» gli rispose fredda e impassibile come un iceberg .
Eichi non poteva, e non voleva crederci. Quella non era la verità.
Fuori di se, trattenne Mary ancora una volta, tenendola stretta per le spalle con le sue mani forti e cariche di disperazione.
«Tu, non stai dicendo la verità»
«Eichi, finiscila» si divincolò allontanandosi ancora una volta, irritata dai suoi modi insistenti.
«che credevi? Che ti avrei aspettato in eterno? Non sono come tua madre, non mi accontento di un fiore di loto… non sono così poco intelligente da abbandonare tutto per una persona che non potrà mai rendermi felice come vorrei… non farò il suo stesso errore…».  
Eichi stava per ribattere, quando vide Mary crollare senza sensi, la prese appena in tempo.
Provò a chiamarla più volte senza successo. Se la caricò sulle spalle e la portò via da lì.
 
 
SOGNANDO:
 
Ma dove mi trovo? Ancora tutta questa oscurità. Perché i miei sogni devono essere sempre così bui e tenebrosi?
Improvvisamente una goccia dorata e luminosa come oro colato mi cade sulla testa. Di lì a poco ne segue un’altra e poi un’altra ancora. Tutto intorno inizia a piovere e nell’arco di pochi secondi quello spazio buio e pauroso diviene chiaro e luminoso come uno specchio dorato. Così luminoso d’accecarmi. In lontananza intravedo qualcosa. E’ un albero. Lo raggiungo incera. Lo conosco fin troppo bene. E’ la grande quercia alla quale io e Eichi abbiamo espresso il nostro desiderio.
La mano mi si muove lenta. Ne sfiorò la corteccia. Non è ruvida come mi aspettavo ma incredibilmente morbida. Poi una voce famigliare viene improvvisamente a farmi visita in quello spazio vasto e vuoto.
«Mary…»
«mamma…»
«figlia mia, credevo avresti compiuto la tua scelta con giudizio»
«mamma, cosa potevo fare?»
«sei davvero sicura che questa scelta sia quella che ti renderà felice e che renderà felice chi ami?»
«non ho scelta…»
«Sei davvero sicura di non averne? Allontanare Eichi è davvero quello che vuoi?
 Hai chiesto a questo albero di rendergli la felicità che merita anche se non sarà con te… ma sei sicura che questo ti basti?  Vederlo felice senza di te ti basterà?»
Stringo i pugni, quelle parole sono così difficili da ascoltare.
«Si!»
«Se ti dicessi che quest’albero non avvererà il tuo desiderio che farai? Pensi che Eichi sarà davvero felice senza di te? e che riuscirai a rendere felice Marco e te stessa rinunciando a lui? Non sei un po’ troppo presuntuosa a pensarlo? Non sei così forte e lo sai! Lo so, perché sei come me…»
«lo so che non sono forte, ma devo provare a esserlo! Devo proteggerli!»
«mi dispiace ma non puoi farlo… riflettici e prendi la tua decisione prima che sia troppo tardi, prima che tutto vada perso. Non compiere il mio stesso errore. Non avere paura di esprimere quello che provi solo perché hai il terrore che chi ami possa soffrire. Ricorda che chi ti ama davvero ti capirà, e che sarà il loro amore a proteggerti e non tu a proteggerli sacrificando te stessa per il loro amore. Abbi più fiducia nelle persone che ti vogliono bene.»
 Alzo gli occhi verso quell’imponente chioma e scorgo poche foglie che cambiano il loro colore gradualmente. Si spengono ad una ad una cadendo al suolo. In pochi secondi l’albero appassisce e la luce intorno a me affievolisce. Ritorna quella fredda e paurosa oscurità.  Non mi resta nulla se non una scelta nel cuore che inizia a pesarmi incredibilmente. Sarà davvero la cosa giusta da fare?
 
 
Eichi era seduto accanto a Mary mentre con delicatezza le tamponava la fronte. Era passato quasi un anno eppure quella scena non gli sembrava per niente lontana dai suoi ricordi. Ricordava ogni dettaglio di quella notte. Quella fu la prima volta che si era presa cura di lei. Dopo un anno nulla sembrava essere cambiato, anche se adesso che ci pensava forse quella sarebbe stata l’ultima volta che si sarebbe potuto prendere cura di lei. Entro poche ore qualcun altro avrebbe preso il suo posto in quella scena. E quel qualcuno non sarebbe stato lui.
Guardò l’orologio elettronico sul suo comodino. Erano le undici passate. Aveva avvisato Andrea a breve sarebbe tornato con gli altri. Mary dormiva tranquilla nel suo letto. Aveva blaterato qualcosa nel sonno, ma Eichi non era riuscito a decifrare molto del suo discorso.
Era stata una fortuna che il suo medico personale avesse acconsentito a fargli visita per verificare le condizioni d Mary. Dopo una visita accurata gli aveva riferito che Mary aveva avuto un calo di zuccheri forse dovuto a uno stress eccessivo.
“Oh Mary, dovevi prenderti cura di te! E invece guardati. E’tutta colpa mia non sarei dovuto andare via. Sarei dovuto rimanere per poter vegliare su di te come quella sera…”. Una lacrima fugace scese sulla sua guancia, arrivò al mento, cadendo sulla mano di Mary che Eichi teneva saldamente stretta nella sua.
Quel contatto la ridestò. Lentamente riaprì gli occhi.
«come stai?»le chiese preoccupato sporgendosi su di lei .
«dove mi trovo?» gli domandò ancora frastornata.
«sei nella mia camera…» a quelle parole Mary scattò rapida mettendosi seduta. Come se un cactus si fosse materializzato dal nulla dietro la sua nuca.
Il movimento improvviso le fece perdere l’equilibrio, facendola capitolare ancora una volta tra le braccia di Eichi.
I loro occhi si incontrarono. Erano così vicini. Quel contatto era talmente rassicurante. Doveva ammetterlo:  le era mancato incredibilmente.
In quel momento il ricordo del loro primo abbraccio nel capanno degli attrezzi ritornò a turbarle l’animo. Avrebbe voluto rimanere così in quella posizione per sempre ma non poteva. Non più ormai.
Lentamente si allontanò, ricomponendosi imbarazzata.
Eichi si allontanò da lei senza abbandonarla mai con lo sguardo. Recuperò un piattino con della frutta.
«prendi, devi mangiare. Hai avuto un calo di zuccheri. Dopotutto domani ti sposerai, non puoi presentarti sull’altare in queste condizioni».
“cosa?”
Quelle parole non erano da Eichi, il fatto che avesse rinunciato così facilmente e che non fosse arrabbiato con lei era davvero inaspettato.
«Eichi…»
«devo chiederti un solo favore…»
Mary rimase in silenzio, mentre i suoi occhi si immergevano nel mare profondo e impenetrabile degli occhi di lui.
Era proprio come un anno fa. Quegli occhi erano ritornati ad essere inaccessibili per lei.
«quando sarai lì, non guardarti indietro e sii felice. Io starò bene. Non devi preoccuparti per me…» Mary avrebbe voluto raggiungerlo e tenerlo stretto tra le sue braccia ancora una volta, assaporare il dolce sapore di quei momenti passati che adesso si sarebbe dovuta buttare alle spalle. Lentamente scese dal letto, i suoi piedi nudi sfiorarono la moquette morbida del pavimento. Un passo dopo l’altro lo raggiunse. Non sapeva quale forza superiore stesse guidando i suoi passi. Sapeva solo che doveva e voleva rivivere quei momenti ancora una volta prima che tutto finisse. Le sue mani sottili e delicate lentamente si mossero verso il volto di Eichi. Dolcemente l’avvolsero. Eichi avvertì quel contatto infondergli un calore intenso per tutto il corpo.
Poteva un gesto infondere gioia e dolore allo stesso tempo. Poteva una carezza assomigliare tanto a una pugnalata in pieno cuore?
 Dolcemente avvolse i polsi sottili di lei tra le sue mani come un anno prima in quella stanza a Villa Rosa. Non c’erano distanze non c’erano più motivi per non vivere quel momento. Forse quella era la loro ultima occasione.
Era come se al di fuori di quelle quattro pareti il mondo avesse smesso di esistere. Erano solo loro due. Niente avrebbe potuto interrompere quel momento eterno.
Lentamente Eichi si avvicinò al volto di Mary le loro labbra erano vicinissime. Troppo vicine.
TOCK TOCK.
Con uno scatto fulmineo, Mary si allontanò da Eichi come se si fosse appena ripresa da uno stato d’ipnosi. Eichi si ricompose ancora frastornato.
«Eichi, posso? Sono Andrea!»
Mary guardò prima in direzione della porta e poi di nuovo Eichi.
 
“Cosa stavo per fare?”
Eichi, a malincuore dovette allentare la presa sui polsi di Mary e andare ad aprire la porta.
«Dov’è?» chiese Andrea entrando con impeto nella stanza.
Vedendo sua sorella in piedi al centro della stanza tirò un sospiro di sollievo.
«stai bene?» le chiese premuroso raggiungendola, sfiorandole il viso dolcemente.
Mary era ancora frastornata. Non poteva credere a quello che stava per succedere tra lei ed Eichi. Ringraziò il cielo che Andrea fosse sopraggiunto fermandoli, con un tempismo, a dir poco, perfetto. Pochi secondi più tardi e sarebbe stata la fine.
«si, sto bene.» continuò rivolgendo uno sguardo fugace a Eichi che era ancora fermo vicino la porta.
«forse è meglio che ti accompagni in camera tua.» puntualizzò prima di spronare sua sorella a seguirlo.
«Grazie Eichi. Da adesso me ne occupo io.» disse infine rivolgendosi al giovane leader. Accennò un sorriso di riconoscenza prima di superarlo.
Eichi lo ricambiò laconico. Poi fu il turno di Mary,  scambiò con lui un ultimo sguardo fuggevole, prima di seguire suo fratello. Eichi aspettò che fossero entrambi lontani, poi chiusa la porta crollò sul pavimento esausto. Era finita.
 

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Capitolo 18
*** AMARE SENZA AMORE? ***


CAPITOLO  18
AMARE SENZA AMORE?

 
 Ecco per voi il link del concerto con l'extra di Eichi che non avevo aggiunto.Buona lettura e buona visione. 

CONCERTO
https://www.youtube.com/watch?v=yTV__4lml8U

INEDITO DI EICHI

https://www.youtube.com/watch?v=zGwZFYEXsK4
 
 
 
Ore sette del mattino. Eichi era avvolto tra le calde coperte di quel letto anonimo alla periferia di Parigi. La stanza era immersa nella completa oscurità. Era stato proprio in quel posto che poche ore prima aveva detto addio a Mary. Un raggio di sole radente gli accarezzò il viso ridestandolo dal suo sonno inquieto.
Si rigirò un paio di volte ancora tra quelle fredde lenzuola, prima di prendere la coraggiosa decisione di alzarsi. Un piede dopo l’altro raggiunse la finestra. Scostò la tenda, permettendo al Sole d’invadere e riempire l’intera stanza. Anche se era Novembre il cielo era incredibilmente limpido e senza nuvole. Una eccezione davvero insolita per il clima volubile di Parigi.
 Anche se quel giorno gli sorrideva vivace lui dentro aveva un cielo nuvoloso e carico di pioggia.
Adesso non gli restava più nulla. Aveva detto addio alla musica, al suo passato e all'unica persona che avesse realmente amato.
Non poteva sopportare che il mondo andasse avanti vivacemente quando lui dentro era bloccato a un punto morto. Richiuse le tende e tolta la maglia e il pantalone del pigiama, s’infilò sotto la doccia. L’acqua scese rapida e fredda sulla sua schiena. La sensazione fu davvero piacevole.  Sarebbe rimasto lì immobile per sempre, nella speranza, che una volta uscito  tutto sarebbe tornato a un anno prima. Quando aveva Mary e la musica a riempire la sua vita ormai priva di scopo. Si rannicchiò, stringendosi su se stesso. Le lacrime scesero forse troppo in fretta o forse no, mentre l’acqua gli accarezzava la pelle confortante come la pacca di un vecchio amico. Raccolte le ultime forze, si rialzò e si trascinò fuori di li. Avvolse un asciugamano intorno alla vita. Si voltò e finalmente tornò a fare i conti con la sua immagine riflessa nel grande specchio di quel bagno che ne aveva viste di persone di passaggio. Dopotutto anche lui era stato una semplice persona in transito nella vita di Mary. Scostò il ciuffo scuro dei suoi capelli dal viso. Aveva delle enormi occhiaie. Con una mano si coprì l’intero viso. Non poteva sopportare di vedere i segni di quella rottura ancora impressi sul suo volto. Lo sguardo gli cadde poi sul suo tatuaggio. Le aveva dato tutto, poteva davvero finire così?
Basta! Doveva rialzarsi, non poteva piangersi addosso. Tornò nella suite e si rivestì. Poi uscì chiudendosi la porta alle spalle. Era pronto per la sua ultima conferenza stampa.
 
 
Mary era sull'aereo. Direzione Italia. La sera prima le sembrava ancora un brutto incubo.
 Alla fine suo fratello l’aveva scortata fino alla sua stanza. Lì sdraiata sul letto si era ritrovata Mina che, tanto per non smentirsi, si era lasciata trascinare dai festeggiamenti e alla fine si era ubriacata come una spugna. Quella notte toccò a Mary reggerle la testa sul water. Dopo due ore interminabili erano riuscite a prendere sonno entrambe. Adesso erano le nove del mattino e finalmente il loro aereo stava per atterrare. Accanto a sé Andrea le stringeva rassicurante la mano. Gli aveva raccontato tutto o meglio una parte del tutto.
“Hai fatto la cosa giusta” l’aveva rassicurata. Ma lui non poteva sapere quali fossero i suoi veri sentimenti.
 Aveva appena detto addio all'unica persona che avesse mai realmente amato nella sua vita e che avesse ricambiato con sincerità i suoi sentimenti; l’unica che le avesse dato la forza per non cedere e per continuare a lottare. La sua musica, nonostante la distanza, l’aveva incoraggiata anche quando le sue calde braccia non potevano raggiungerla. Eichi era così importante per lei ,che pur di proteggerlo, avrebbe sacrificato tutta se stessa. Ma quel segreto sarebbe rimasto nascosto nel suo cuore come tacita testimonianza del loro amore impossibile. 
Una voce avvertì i passeggeri che dovevano allacciare le cinture. L’aereo stava per atterrare. Mary, vicino il finestrino osservava le nuvole bianche sfumare pian piano verso l'alto, sostituite dalle ampie pianure prima e dagli alti palazzi poi.  
Era arrivato il momento di lasciarsi il passato alle spalle.
“Addio, Eichi. Ti ho amato davvero e sarai l’unico per me… per sempre.”
Una lacrima, infierendo lentamente,  tagliò la sua guancia facendosi spazio sulla sua pelle candida.
 
Ad attendere i tre ragazzi di ritorno da Parigi c’era Luigi. Andò loro incontro sollevato e emozionato con la sua solita andatura barcollante. Mary guardava il viso tondo e sorridente di suo padre e per un attimo si sentì più sollevata, quasi rinfrancata da quella visione. La famiglia dopo due anni si era di nuovo riunita. Così, come il sole che sorge lento all'orizzonte, anche sul viso di Mary emerse gradualmente un caldo sorriso.
L’uomo avanzò deciso nella loro direzione.  Non vedeva suo figlio da quasi  due anni. Andrea si arrestò alla sua vista. Entrambi immobili a pochi metri di distanza si studiavano, cercando negli occhi dell’altro quelle parole che il pudore e l’orgoglio non volevano lasciare libere di uscire.
Rimasero immobili, indecisi e impacciati, ancora per pochi secondi ancora. Poi Andrea si mosse verso di lui e ostentando una solennità poco convincente depose il borsone sul pavimento.
«Papà, sono tornato…» l’uomo scrutò suo figlio con sguardo perplesso. Era cambiato così tanto. Il ragazzo insicuro che conosceva adesso era diventato un uomo. Era così orgoglioso di lui. Anche Clara ne sarebbe stata fiera. Ne era sicuro.
Con un movimento goffo e improvviso strinse a sé Andrea, quasi sollevando dal pavimento. Non gli interessava di quello che avrebbe pensato la gente lì intorno, voleva solo abbracciare suo figlio. Non era un tipo che si lasciava facilmente travolgere dalle emozioni, ma quella era un’occasione del tutto eccezionale.
Andrea ricambiò felice, la stretta soffocante di suo padre, quasi boccheggiando. Gli era mancata la figura paffuta di Luigi con il suo inconfondibile odore di tabacco vanigliato e quella risolutezza difensiva che spesso ridicolizzava per stuzzicarlo. Finalmente era tornato a casa.
«non dirmi che ti sei ammorbidito papà.»
Due colpi di tosse ben assestati e l’uomo recuperò le distanze rosso in viso come se avesse bevuto due brocche di Primitivo di Manduria.
«ammorbidito io? Ma, figuriamoci! Piuttosto vi sembra normale arrivare a quest’ora? mancano sette ore al matrimonio.» sospirò inquieto <<,  voi due non vi smentite mai. Siete proprio due incoscienti. Adesso seguitemi, dobbiamo andare a casa per i preparativi.» scorgendo anche Mina dietro Mary proseguì in tono più accomodante.
«Mina è un piacere rivederti.»,
«anche per me lo è»
 «Marco mi ha lasciato tutto il necessario a casa perché tu potessi cambiarti da noi.» la giovane acconsentì sorridente.
«Ora che ci penso, Andrea, dov’è la tua accompagnatrice?» il ragazzo, non si arrestò ma proseguì sicuro camminando accanto a suo padre. Si era preparato a quell'interrogatorio.
«ci raggiungerà alla festa. Aveva un impegno importante questa mattina…»
«capisco, è un vero peccato. Mi avrebbe fatto piacere conoscerla prima della cerimonia. Ormai sono quasi due anni che ce la tieni nascosta….»
«si effettivamente sono quasi due anni…» distolse lo sguardo,
«e in tutto questo tempo non ti sei degnato di mandarci neanche una sua foto. Ammettilo ti vergogni di noi, non è così?»
«Ma cosa dici? E' solo che non c'è stata occasione, e comunque ormai sono così stanco dei vostri interrogatori che non mi avete lasciato altra scelta che farvela conoscere oggi. Siete contenti? Ovviamente, mi auguro che l'accoglierete come parte della famiglia, per me è molto importante…»
«ma che domande fai! Certo che l’accoglieremo e con molto piacere, se è la persona che ti ha reso l’uomo che vedo adesso non posso che esserle debitore!» detto questo aiutò Mary e Mina con i loro bagagli, spronato subito dopo il gruppo a seguirlo in macchina. Ovviamente nessuno ancora sospettava quale fosse la vera identità della famosa Yoko Ono.
 
 
Eichi era seduto al centro del lungo tavolo bianco. Dinanzi a sé e a ognuno dei membri, era posizionato un microfono. Alla sua sinistra si erano da poco accomodati  JJ  e Daisuke, mentre alla sua destra sedevano Rio e Hiro. Quella sarebbe stata la loro ultima conferenza stampa a Parigi.
Dopo venti minuti di domande e fotografie varie quella tortura si concluse, per la loro felicità.
JJ ogni tanto lanciava degli sguardi preoccupati verso suo fratello. Sembrava quasi assente.
Appena furono di ritorno in albergo, JJ lo raggiunse in camera sua. Bussò un paio di volte. Eichi gli aprì tornando subito dopo ai suoi bagagli. Quel pomeriggio sarebbero ripartiti per Tokyo.
JJ entrò richiudendosi la porta alle spalle. Scompostamente si lanciò sul letto.  Eichi vide barcollare pericolosamente il suo bagaglio. Aveva quasi finito di caricarci dentro tutta la sua roba. JJ l’osservava in silenzio. Aveva paura che quello non fosse il momento più adatto e quindi si limitava a soppesare l'attesa cercando il momento più propizio per dire la sua. . Aveva provato a mettersi da parte, ma era più forte di lui... , non riusciva proprio a rimanere zitto. Doveva dirgli tutto. Altrimenti un giorno se ne sarebbe pentito.
«JJ, volevi dirmi qualcosa?» lo incoraggiò Eichi, dopo aver chiuso la sua valigia.
«hai intenzione di lasciarla andare?»
«Non mi va di parlarne…»
«e invece ne parliamo. Ok, a me lei non sta simpatica nemmeno un pò, e devo ammettere che fosse per me ti impedirei di inseguirla. Ciononostante, devo ammettere una cosa. Per la prima volta ho visto i tuoi occhi brillare.  E se era lei il motivo della tua felicità non credo dovresti mollare…»
«JJ è finita. Mi ha detto che non mi ama. Cos’altro dovrei fare? sta per sposare un altro!»
«E allora tu va da lei e impediscile di sposarlo…»
«non è così semplice…»
«cavolo quanto siete complicati! L’amore è una cosa così semplice eppure voi dovete renderla sempre complicata…»
«JJ, tu non puoi capire…»
«cos’è che non posso capire? Guarda che conosco perfettamente la sensazione soffocante che si prova quando credi di aver perso per sempre l’unica persona al mondo che può capirti, che conosce tutto di te e che ti ama incondizionatamente per quello che sei. L’ho provato con Akiko e non è una bella sensazione.  Proprio per questo motivo non posso lasciarti mollare in questa maniera. Nella vita occorre lottare fino all’estremo, fino all’ultimo… Sapere di non aver lasciato mai nulla d'intentato alle spalle. Ovviamente, se il suo amore è ancora quello che vuoi…»
«JJ lei non mi ama più, me lo ha detto con le sue labbra. A cosa dovrei credere ormai?»
due colpi di tosse ben assestati e JJ si rimise seduto sul materasso soffice della souitte, incrociando le gambe nella sua solita posizione meditativa.
«Sai onissan alle volte le labbra non raccontano la stessa verità del cuore. Dopotutto, non credo che lei abbia smesso di amarti …»
«e cosa te lo fa credere?»
«cavolo onissan ma devo spiegarti tutto io? Quando le ragazze ti allontano è solo perché vogliono essere inseguite. Anche un bambino lo sa. Ma non ti ha insegnato nulla la cinematografia mondiale?»
«… non credo sia questo il caso, credimi.»
«… quella scema sta cercando di proteggerti. Sta mentendo spudoratamente. Come puoi non averlo capito?»
«e tu cosa ne sai?» gli si sedette vicino Eichi interessato. JJ sbuffo due volte irritato dalla cocciutaggine di suo fratello.
«ieri sera, quando Andrea è venuto da te… io ho accompagnato quella pazza mezza ubriaca in camera. Non ho mai visto nessuno bere come lei, e poi farneticava in continuazione... Ero davvero tentato di mollarla lì per i corridoii. Poi a un certo punto ha iniziato a blaterare qualcosa su suo fratello e su Mary. E’ stato lì che ho scoperto tutto…»
«ovvero?»
«…lei ti ama e se non ti muovi la perderai per sempre….»
 
 
Il vestito bianco era perfetto. I capelli erano stati raccolti e il trucco era completato. Mary nascosta dentro l’enorme tendone bianco allestito per l’evento si torturava le mani nervosamente, percorrendo quei quattro metri di ampiezza complessiva, andando avanti e indietro. Fuori tutti fremevano impazienti, in attesa che la cerimonia avesse inizio. All’esterno gli invitati più importanti avevano iniziato a radunarsi. Era la residenza privata di un noto collezionista d'arte ad essere stata messa a disposizione per le nozze. Nel giardino esterno erano sparse molte istalazioni statuaree classiche e moderne. Era stato Marco a pensare alla location. Voleva rendere quel giorno memorabile soprattuto per la sua sposa.
L’intera zona, nell'arco di poche ore, era stata allestita per l’evento. C’erano illuminarie e sedie e banchetti su tutta la zona. Anche se era Novembre non faceva molto freddo.
 “Chissà se è normale sentirsi così agitati prima del matrimonio… il cuore mi fa così male”. Si tormentava in solitudine Mary.
I suoi tormenti furono messi a tacere dal rumore di una tenda sollevata. Era Angela, ne fu subito sollevata. L’amica le si avvicinò sorridendole complice e raggiante.
«Ma che faccia hai? Guarda che stai andando a un matrimonio non a un funerale…»
«hai ragione, deve essere l’ansia pre-cerimonia. Che stupida agitarmi per così poco…»
«vedrai che andrà tutto benissimo. Non devi preoccuparti. Ho appena visto Marco. Se ti può consolare, la sua faccia non era migliore della tua.»
Finalmente un sorriso tornò a illuminarle il viso.
«Grazie, per tutto Angela. Sono felice che tu sia entrata a far parte della mia vita. Sono felice che quel giorno in Accademia tu mi abbia difeso. Non so che avrei fatto senza di te adesso come allora»
«Ma, non dire sciocchezze. Lo sai che io ci sarò sempre. Le mie braccia e i miei pugni sono a tua disposizione. Se qualcuno ti farà soffrire ancora non mi tirerò indietro e gli mollerò un bel cazzotto dritto in faccia. Non devi temere, ti difenderò fino alla fine. Puoi contare su di me. Ora però tirati su. Tra poco inizierà la cerimonia. Non vorrai arrivare davanti a Marco con quella espressione da funerale sul voiso.»
«Hai pienamente ragione. Adesso mi riprendo.»
«Così, si ,che mi piaci. Adesso raggiungo gli altri. Ci vediamo sull'altare»
«Grazie ancora…»
«Quante volte devo dirtelo che tra amiche non servono ringraziamenti?»
«Angela, posso chiederti una cosa?»
«ma certamente!» si fermò appena in tempo.
«a quel ragazzo in accademia… è vero quello che si diceva? Gli hai davvero mollato un calcio… tu sai dove?»
«mi dispiace ma questo è un segreto! Ti posso solo dire che non era ben equipaggiato dopotutto» le lanciò un occhiolino d'intesa.
Mary finalmente, sorrise di gusto. Angela, dopo averla salutata, uscì dalla tenda lasciando ancora una volta Mary da sola con la sua ansia e i suoi sensi di colpa, mascherati questa volta da un sorriso che sapeva non sarebbe durato a lungo.
 
 
 
“Marco, stà calmo. Non serve a niente agitarsi in questo modo. Eppure non riesco a cancellare quel dannato ritratto dalla mente? . Perché mi perseguita?”
Marco era nella tenda bianca allestita per ospitare lui e il suo testimone.
“Andrea dovrebbe arrivare a momenti” pensò osservando l’ora dal suo orologio da polso.
Era troppo agitato per  rimanere lì fermo ad aspettare. Sarebbe uscito a cercarlo. Non c’erano altre soluzione. La tensione era troppa perché potesse reggerla da solo in quella tenda.
Uscì nella speranza di incontrare qualcuno che alleviasse i suoi tormenti.
 
 
 
«Mina, fermati…» la rincorreva Andrea infuriato come non mai.
«Andrea, finiscila ti ho già detto che JJ si è immaginato tutto…» finalmente era riuscito a bloccarla per un polso.
«ti ho presa finalmente…»
«lasciami!» si divincolava disperata.
«tu adesso mi racconti tutto quello che sai…»
«non posso…»
«certo che puoi. Anzi devi…»
«io non voglio vedere mio fratello soffrire ancora una volta… perché non lo capisci?»
«è proprio perché lo capisco che non posso lasciarti andare. Come fai a non comprendere che tuo fratello non potrà mai essere veramente felice con accanto una donna che non lo ama?»
«meglio di non averla proprio quella persona accanto!»
«tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Tua madre è andata via proprio per questo motivo. Vuoi che tuo fratello provi lo stesso dolore che tua madre ha custodito per anni dentro silenziosamente. Non si può essere così tonti da credere che si possa amare ed essere amati senza amore!»
Mina, si acquietò, reclinando il capo colpita e affondata da quelle parole. 
«e va bene…» con dolcezza Andrea la invitò a sedersi su una panchina lì vicino. Nessuno dei due poteva sospettare che dietro il cespuglio alle loro spalle si nascondeva, Marco.
«mio padre ha ricattato Mary. Avrebbe fatto licenziare vostro padre e fatto perdere il negozio ai nonni di Eichi se lei non avesse sposato mio fratello. Ho sentito tutto per caso. Mi dispiace, avrei dovuto dire la verità subito, ma non volevo vedere la delusione sorgere una seconda volta sul volto di mio fratello…» detto questo nascose il viso tra le mani versando lacrime di amaro rimpianto.
«Non è colpa tua. Adesso non piangere.» la consolò l’altro.
 
“Non può essere vero! Mary mi stava sposando solo per questo motivo? Mi ha mentito sin dall’inizio? No, questa non può passarla liscia… questa è la mia vita… non posso permettere che altri decidano per me…”
Per Marco era arrivato il momento di mettere fine a quella farsa.
Tornò verso la sua tenda. Una volta entrato notò al figura fiera e sostenuta  di suo padre. Era proprio la persona che sperava di incontrare.
«Mi stavo appunto chiedendo che fine avessi fatto. Gli invitati sono tutti arrivati.»
Marco lo sfidava pieno di ira e di disgusto.
«cos’hai? Stai bene? hai una faccia!»
«Non dirmi che adesso ti preoccupi per me, papà. Se davvero così posso chiamarti»
«ma che ti prende adesso?»
«Dimmi, non ti vergogni nemmeno un po’? Non ti è bastato ingannare la mamma per tutti questi anni, adesso volevi prenderti gioco anche di me? Alla fine per te non siamo altro che pedine sulla tua scacchiera? Sin dall’inizio non sono stato altro che questo per te?
Sei davvero arrivato a tanto, per sanare la tua sete di vendetta? »
«Di cosa stai parlando?»
«Smettila di fingere adesso, Sono stanco di tutti questi sotterfugi. Volevi condannarmi a una vita senza amore, come quella che hai fatto vivere alla mamma? Ebbene, non ti lascerò rovinare la mia vita e quella di Mary allo stesso modo. Dicevi di amare davvero Clara. E io come un idiota ti stavo anche ad ascoltare. Non hai la minima idea di cosa provassi in quei momenti. Avrei voluto amassi la mamma nello stesso modo. Ma non è mai stato così. Quando è andata via non ho fatto nulla per fermarla. Come un codardo ho preferito darmi la colpa di tutto, senza reagire, assecondandoti con la speranza che una volta sanata la tua vendetta saresti tornato da noi. In tutto questo tempo, ho cercato il tuo sostegno e la tua approvazione sperando di guadagnarsi almeno così il tuo affetto. La verità è che la vendetta è sempre venuta prima di noi.... e sempre lo sarà. Non sei stato in grado di cambiare in passato per amore degli altri e non lo sarai neanche se sposo Mary. Basta, mi sono stancato. Ho perso fin troppo tempo sperandoci come un illuso. La verità è che non hai la più pallida idea di cosa significhi amare davvero qualcuno. Se lo avessi saputo, non avresti mai condannato Clara, ne avresti lasciato andare via la mamma. L'unica donna che ti amasse davvero»
 
«Marco, sentirti dire questo mi delude…»
 
«Deluderti? Forse non hai sentito bene cosa ho appena detto. Non ho più bisogno della tua approvazione. Non ho più alcuna voglia di inorgoglire un padre come te. Mi viene quasi da piangere se ripenso che fin da quando ero piccolo il mio unico sogno era eguagliarti. Come uno stupido  ammiravo l'uomo che eri. Capace di costruirsi un impero dal nulla lavorando sodo per la tua famiglia. O meglio, questo era quello che credevo fossi:un uomo pronto a sacrificare sé stesso per la sua famiglia, e non uno pronto a sacrificare la sua famiglia per sé stesso.
«tu non sai che stai dicendo... »
E invece lo so benissimo. Sono stanco di farmi pilotare da te. Un tempo credevo che ciò che facevi fosse per il mio bene ma adesso so lo hai fatto solo per puro egoismo. Una persona, tempo fa, mi disse che chi  ero o chi  sceglievo di essere sarebbe spettato solo a me deciderlo. E’ una scelta che avrei dovuto compiere a piccoli passi. Ebbene il mio primo passo sarà quello di rinunciare a questa assurda farsa.» concluse grave, lanciando la scatola con le fedi al suolo.
«stai farneticando. Adesso finiscila Marco! Prendi gli anelli e và vicino l’altare, non farmi perdere la pazienza!»
 
«No! Ho intenzione di lasciarla libera. Perché a differenza tua, so cosa significa amare veramente qualcuno, e proprio perché l’amo, non posso costringerla a sposarmi contro il suo volere… Infondo l’ho sempre saputo, la persona che ama e che ha sempre amato non sono io e ne mai lo sarò… è arrivato il momento di farmene una ragione e forse dovresti fartene una anche tu…»
«sei solo un idiota, stai buttando al vento l’unica possibilità che hai per farla tua per sempre…»
«ti stai sbagliando… quella che sto buttando al vento è una vita costruita sulla menzogna che non ho assolutamente voglia d’incoraggiare. Non sarò come te. Sarò migliore di te, almeno questa volta.»
Francesco si avvicinò a suo figlio con aria minacciosa. Senza aggiungere altro si preparò a mollargli uno schiaffo dritto in faccia. Ma quella mano non raggiunse mai il volto di Marco, qualcun altro si frappose nella loro discussione.
«Angela…?» osservò stupito, il ragazzo dagli intensi occhi verdi, adesso sgrananti dalla sorpresa. La ragazza teneva saldamente stretta nella sua mano il polso di Francesco.
«Adesso la finisca. Ha fatto anche troppi danni per i miei gusti»
Marco non poteva credere ai suoi occhi, era l’ultima persona che pensava sarebbe giunta in suo soccorso in quel momento.
«togliti di mezzo ragazzina, questi non sono affari che ti riguardano»
«e’ qui che si sbaglia… mi riguardano eccome.» proseguì allontanando con un movimento deciso il braccio di Francesco.
«Sei proprio uno smidollato, non riesci neanche a difenderti da solo.» provocò il figlio immobile dietro Angela,
«Che male c’è  ad essere difesi da chi ci ama? Ma cosa può saperne. Lei non ha più nessuno che la difenderebbe. Per colpa del suo ego ha allontanato tutti e adesso è solo. Sono davvero triste per lei, deve fare davvero male non avere più nessuno dalla sua parte!»
«tu brutta ragazzina come ti permetti!» stava per mollarle uno schiaffo ma Marco si frappose tra loro. Il suo pugno chiuso raggiunse la mandibola del padre senza che neanche lui potesse controllarlo. Semplicemente il suo corpo si mosse in piena autonomia.
Angela guardò la scena a bocca aperta. Era la prima volta che vedeva Marco reagire in quel modo contro suo padre. Fino a quel momento aveva sottostato a tutti i suoi comandi passivamente.
«Non provare a sfiorarla neanche con un dito.»
l’uomo si massaggiava la mascella indolenzita, «sparisci immediatamente dalla mia vista.» gli ordinò pieno di ira.
«Non temere lo farò prima di quanto pensi…», detto questo Marco prese per mano Angela volandogli le spalle.
«Non credere che finirà così…» lo minacciò.
Marco tornò sui suoi passi.
«…non ti azzardare a fare qualcosa di male al signor Luigi, ai nonni di Eichi o a Mary, Perché non mi tirerò indietro questa volta. Difenderò chi amo. Non ti permetterò di rovinare anche le loro vite.»
«… e cosa puoi fare tu per impedirmelo?» sogghignò con aria provocante.
«Lavorare al tuo fianco non è stato poi tanto inutile, ho scoperto cose davvero molto interessanti…»
«di quali cose interessanti stai parlando?» proseguì incerto l’uomo.
«ho notato che per l’apertura del nuovo ipermercato hai falsificato molti permessi. Anche in questi casi hai condotto le cose con sotterfugi. L’onestà che tanto rimproveravi a Clara non sai neanche tu cosa sia. Mi fai veramente pena, io non sarò mai come te. Se farai qualcosa al signor Luigi, a Mary e alle altre persone importanti della mia vita non ci penserò due volte prima di denunciarti alla polizia. Per questo faresti bene a startene buono per un po’.»
L’uomo strinse i pugni sconfitto digrignando i denti dalla rabbia. Questa eventualità non l’aveva proprio presa in considerazione. Marco soddisfatto, si voltò verso Angela. La prese per mano un’altra volta e la trascinò via di lì. Aveva finalmente capito che tipo di uomo voleva essere.
La storia era quasi finita.
 
NOTE:
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire la mia storia,a chi lascia delle recesioni e chi ha inserito la storia tra le seguite e preferite. Vi ringrazio per il sostegno e il supporto costante e mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento. 

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Capitolo 19
*** UNA CORSA DISPERATA CONTRO IL TEMPO ***


 CAPITOLO 19

 

UNA CORSA DISPERATA CONTRO IL TEMPO

 







Mary era pronta. I capelli erano alti e raccolti in un’acconciatura ordinata. Il vestito bianco  le scendeva morbido sul corpo sottile e sinuoso, e su quest’ultimo una mantella bianca con cappuccio l’avvolgeva proteggendola dalla leggera brezza serale. Era ancora nella tenda allestita per lei. Qualche altro minuto di straziante attesa e tutto sarebbe finito. Tra le mani tremanti, un bouquet di orchidee. Immobile, rimirava il suo riflesso nell’imponente specchio dinanzi a se. Con una mano si sfiorò il petto lì dove tempo prima c’era stato quel ciondolo a forma di loto a darle forza e coraggio. Adesso invece quello spazio era tristemente vuoto, vuoto come il suo cuore e come quella vita che aveva scelto di vivere. Una vita fatta di menzogne, una vita priva di amore e sincerità. Una lacrima si mosse con fin troppa rapidità segnandole rapida il profilo morbido, infrangendosi su quella mano ancora sospesa vicino il cuore.
Dopo quel giorno a villa Rosa, aveva scelto di asciugare le sue lacrime in solitudine e così avrebbe continuato a fare in futuro. Se ripensava a quel giorno nel capanno degli attrezzi, e a come Eichi avesse asciugato per la prima volta le sue lacrime solitarie, si rendeva miserabilmente conto di quanto sarebbe stata dura per lei andare avanti senza di lui. . Sarebbe ritornata a piangere in silenzio come aveva fatto prima del suo arrivo e come aveva ripreso a fare da un anno a questa parte. In quella solitudine che come una roccaforte avrebbe celato agli occhi delle persone amate la sua sofferenza. Tutto sarebbe tornato indietro a quel giornomaledetto. Adesso che ci ripensava era davvero ironico che proprio quando aveva imparato ad aprirsi agli altri sarebbe dovuta ritornare a contare solo su se stessa.
Nella mente le risuonavano ancora le parole di quel sogno.
“Non compiere il mio stesso errore… Ricorda che chi ti ama davvero ti capirà, e che sarà il loro amore a proteggerti...  abbi più fiducia nelle persone che ti vogliono bene”.
Avrebbe voluto davvero affidarsi a qualcuno, ma lì a reggere il peso di quella menzogna non c’era nessuno a parte lei.
Sua madre era ricomparsa in quel mondo irreale per suggerirle delle parole belle, ma improponibili. Non poteva rischiare che per colpa del suo egoismo le persone a cui teneva di più soffrissero.
Non poteva confessare la verità.
L’imponente specchio era ancora lì a incombere minaccioso su di lei ricordandole le sue infinite colpe, le sue menzogne e quei sogni che non si sarebbero mai realizzati. Una casa, dei figli e Eichi al suo fianco. Infondo era tutto lì quello che voleva. Però ahimè, la verità era tutt’altro che quella… Non avrebbe mai disegnato il volto dei loro figli ne tanto meno avrebbe potuto gioire dei momenti spensierati a Villa Rosa che avrebbero trascorso tutti insieme. Aveva immaginato la sua vita perfetta tante volte ma adesso, che la storia stava per concludersi, il ripensarci la rendeva immensamente triste.
Non avrebbe mai amato Marco nello stesso modo, per lui poteva mettere in scena solo un amore finto. Avrebbe continuato questa farsa solo per salvare chi amava da una sofferenza maggiore, s ripeteva per darsi forza in quella desolante solitudine.
Un viso famigliare si materializzò improvvisamente alle sue spalle. Per un attimo il suo animo fu rincuorato dalla sua presenza. Era suo padre.
«…se continui così ti rovinerai il trucco» le fece notare porgendole un fazzoletto immacolato.
Mary accettò grata quella generosa offerta.
Lentamente prese a tamponarsi il viso facendo attenzione che non si sbavasse eccessivamente il trucco. Il padre la osservava con aria malinconica e irrequieta. A breve si sarebbero mossi l’uno affianco all’altro su quel tappeto rosso che avrebbe inesorabilmente condotto Mary verso il suo inevitabile destino.
«..Mary, devo parlarti» le confessò di botto. Lei gli sorrise accomodante voltandosi nella sua direzione. L’uomo si asciugò rapido una lacrima.
«Oh Mary, sei così bella. Se solo tua madre potesse vederti oggi, sarebbe così fiera di te… della bellissima donna che sei diventata».
“Oh, papà, di sicuro la mamma non sarebbe per niente fiera di me. Tua figlia è solo una bugiarda…”
 L’uomo paffuto con quell’inconfondibile odore di vaniglia le accarezzò il viso commosso. Mary poteva vedere il suo riflesso negli occhi sinceri di suo padre. In quel  momento avrebbe voluto dirgli tutto e chiedere il suo aiuto e il suo perdono ma non ne ebbe la forza.  L’uomo abbandonò quel contatto che per Mary fu più rassicurante di mille parole. .
«Mary, mi spiace turbarti in questo momento. Immagino tu abbia già le tue ansie con cui fare i conti, ma sento che se non ti dico questa cosa adesso, probabilmente me ne pentirò per tutta la vita.» proseguì più convinto. Mary invitò il padre a prendere posto su una sedia lì vicino subito dopo gli si sedette accanto.
«dimmi, papà. Hai una faccia. Se fai così mi farai preoccupare…» lo spronò sfiorandogli una mano. Luigi continuava a guardare il viso impensierito della figlia con occhi colpevoli.
«Eichi…» riprese, reclinando il capo e schiarendosi la voce un paio di volte, , «sono stato io a chiedergli di partire senza di te quella volta. Lo supplicai di dissuaderti dal partire un anno fa. Anche se non ti dissi nulla, avevo capito che avevi preso la decisione di seguirlo in Giappone, ma allora non sono riuscito ad accettare che un’altra parte del mio cuore volasse via da me. Sono stato così egoista. Potrai mai perdonarmi?»
«Papà…» Luigi strinse forte la mano della figlia nella sua.
«Sei sicura che Marco sia l’uomo giusto per te?  D’allora questo pensiero non fa altro che tormentarmi. Se non fosse stato per me adesso, forse, la tua vita sarebbe  diversa. Magari voi due stareste ancora insieme. So che Eichi, non ha smesso di aspettarti. Forse c’è ancora una possibilità per voi.»
Oh papà, se solo potessi dirti la verità, forse riuscirei ad alleggerire questo peso sulla tua coscienza. Ma chi prendo in giro… probabilmente conoscere il motivo per cui ho rinunciato, ti renderebbe ancora più triste…”
«Papà, non è stata colpa tua. Quella sera ho scelto io di non partire con Eichi. Volevo realizzare i miei sogni e terminare gli studi. Tu non centri assolutamente nulla. E’ stata una mia scelta. E poi con Eichi ho chiuso proprio l’altra sera. La nostra storia in verità si era già conclusa un anno fa, avevamo solo bisogno di dircelo. Ho scelto di stare con Marco. E’ lui l’uomo che voglio sposare. Adesso smettila di tormentarti con pensieri inutili.  Non posso sopportare l’idea che tu continui a portarti un peso così grande sulla coscienza. La scelta di quella sera è stata solo mia e di nessun’altro».
«Sicura sia questa la verità? Non lo starai dicendo solo per farmi sentire meglio?»
«E’ la verità» lo rassicurò Mary.
 Luigi le sorrise, rincuorato.
«beh, se è così, mi sento molto più sollevato. Quasi non riesco a crederci,  la mia bambina si sta per sposare. Nonostante io abbia fatto di tutto per non perderti, alla fine il momento di lasciarti andare è arrivato comunque. Mi spiace. Solo ora mi rendo conto di quanto tempo abbiamo sprecato. Avrei dovuto essere più presente come padre. Alla fine, solo adesso che devo lasciarti libera di aprire le tue ali, mi rendo conto di quante cose ci siamo persi. Se ci penso, non credo proprio di meritare una  figlia come te…»
«Non dire stupidaggini papà! Così mi farai sbavare il trucco un’altra volta!»
«Anche con il trucco sbavato saresti la sposa più bella su questa terra».
due colpetti di tosse gli bastarono a impedire che due grossi lacrimoni scendessero dai suoi occhi lucidi.
«Adesso ci conviene prepararci per uscire» la spronò porgendole amorevolmente il braccio. Mary accolse con piacere quel gesto premuroso. Si poggiò a lui ed entrambi si sollevarono in piedi. Era finalmente arrivato il momento.
Stanno per compiere il loro primo passo quandoe tende vennero improvvisamente spalancate. Un gruppo male assortito fece il suo ingresso in quella tenda che stava diventando davvero un po’ troppo affollata.
A sinistra, Andrea e Mina, a destra invece i nonni di Eichi e al centro Angela e Marco. Quest’ultimo si portò sicuro davanti al gruppo.
Mary era disorientata. Spostava confusa il suo sguardo sui presenti.
Cosa cavolo significava quella storia?
«Marco, cosa ci fai qui? Non sai che porta male vedere la sposa prima del matrimonio?» lo rimproverò Luigi soppesando la sua entrata con curiosità.
«perché non dici loro la verità?» proseguì Marco con occhi di sfida ignorando Luigi e rivolgendosi a Mary, ancora immobile al centro della tenda.
“Che abbia scoperto tutto?” Mary sgranò gli occhi dallo sgomento.
«di che sta parlando Mary?» le domandò suo padre perplesso.
“Cosa faccio adesso? Se dirò la verità come la prenderanno? Non mi perdoneranno mai, ne sono sicura… penseranno che sono una bugiarda e li perderò tutti…. Proprio come è successo a mia madre, anche io perderò Marco”
Mary sentiva il suo cuore aumentare i battiti, mentre il respiro diventava sempre più affannoso e pesante. Ad ogni respiro, sentiva suo animo corrotto affogare, sempre più nell'ansia soffocante della disperazione. Non aveva il coraggio di confrontarsi con lo sguardo fermo e accusatorio di Marco, così reclinò il capo quasi in segno di resa.
Le mani che tenevano ancora strette il bouquet di orchidee iniziarono a tremarle senza controllo.
Interrompendo il suo silenzio, Marco riprese la parola.
«Non dovevo lasciarti arrivare fino a questo punto…» concluse  grave.
Mary, tornò con gli occhi lucidi su di lui. Elemosinardo un perdono intimo e silenzioso
“Adesso l’ho perso davvero. Ho perso tutti. Alla fine mamma avevi ragione, nonostante i tanti avvertimenti che mi hai dato, ho commesso il tuo stesso errore. Li ho persi per sempre e così è arrivato anche per me il momento di dire addio al mio migliore amico come ho già detto addio al mio unico amore. Avevi ragione tu, non sono riuscita a prendere la decisione giusta al momento giusto e adesso li ho persi entrambi per sempre…”
«oggi non ci sarà nessun matrimonio…» preferì in tono risoluto, il ragazzo alto con gli occhi verdi e le lentiggini sul viso.
Tutti i presenti si scambiarono delle occhiate sorprese e perplesse. L’unico a sembrare visibilmente compiaciuto dalla notizia era il nonno di Eichi. Tanto che il suo sguardo soddisfatto gli costò una bella gomitata al fianco sinistro da parte di sua moglie. Mina e Andrea sgranarono gli occhi dalla sorpresa. Marco li aveva trascinati lì senza motivazione, finalmente avevano scoperto il perché di quella corsa disperata verso la tenda di Mary.
«cosa vuol dire che non vi sposate?»
Luigi non ci stava capendo più niente. «Mary cosa fai lì impalata. Dì qualcosa!» la richiamò suo padre scuotendola.
Mary, era immobile come sotto shock.
Alla fine, per quanto avesse lottato, la verità era comunque uscita fuori. Cosa poteva fare adesso? Come avrebbe riparato a quelle menzogne che aveva creato?
Marco intervenne rassicurante, poggiando la mano sulla spalla dell’uomo. Lo stesso lasciò la presa su sua figlia girandosi verso di lui. I suoi occhi lo supplicarono di smetterla.
«Signor Luigi, mi dispiace, ma io non posso sposare sua figlia. Non posso promettere eterno amore a una donna che non potrà mai ricambiare i miei sentimenti. Farei lo stesso errore di mia madre e non voglio vivere una vita fatta di vane illusioni come la sua.»
Luigi lasciò sua figlia e con una mano si scompigliò i capelli brizzolati. Marco lentamente si avvicinò alla sua vecchia amica d’infanzia, alla ragazza a cui aveva dato il suo primo bacio. Al suo primo vero amore.
 
  «Mary» la richiamò dolcemente, quasi in un sussurro intimo e privato, avvolgendo le sue mani calde e rassicuranti su quelle tremanti e incerte di lei «la verità è che in fondo ho sempre saputo che il tuo cuore non sarebbe mai stato mio, eppure ho permesso a entrambi di continuare con questa sceneggiata. Adesso dobbiamo finirla. Mi sono comportato da vigliacco. Ho voluto continuare anche quando era fin troppo evidente che Eichi era ancora inciso nel tuo cuore. Alla fine, quella sera, non sono riuscito a mantenere la promessa che ti feci. Sapevo che non ne avevo il diritto, ma non sono riuscito a trattenermi. Volevo scoprire cosa, con così tanta premura, tenevi lontano dai miei occhi. Sono entrato nel tuo studio…  in quel momento ho capito tutto. Era così luminosa che alla fine la verità mi ha accecato. Mi sono comportato come un idiota credendo che ignorando quello che avevo visto le cose si sarebbero sistemate. Quando Eichi è tornato per cercarti io gli ho sbattuto in faccia la nostra partecipazione di nozze. Volevo soffrisse anche solo la metà di quanto avevo sofferto io scoprendo tutti quei dipinti nel tuo studio. Gli ho mentito dicendo cose davvero crudeli. Provavo tanto rancore per tutte le tue menzogne che alla fine l’ho ferito, facendogli credere che il tuo amore per me era sincero e che lui era solo un  ricordo del passato. Mi spiace averti tenuto all’oscuro di tutto. Mi sono comportato come una persona egoista ma ero accecato dal dolore e dal rancore. Ho preteso che mi amassi, ma pretendendolo, proprio come mio padre, ho dimostrato di essere una persona orribile tanto quanto lui. Non si può imporre l’amore in modo così sconsiderato senza aspettarsi il conto da pagare alla fine. Adesso è arrivato il momento, sia per me che per mio padre, di saldare il nostro debito.  Non c’è bisogno che anche tu paghi per i nostri errori. Non voglio, perché non sarebbe giusto. Sono stato un pessimo fidanzato, lo ammetto, ma almeno come amico permettimi di rimediare… » i suoi occhi si addolcirono.
Per Mary quelle parole furono fin troppo generose. In fondo anche lei aveva commesso degli errori e non era giusto che fosse solo Marco a pagare con quella confessione. Adesso toccava anche a lei ammettere le sue colpe. Era arrivato il momento di dire la verità
 
«Marco, mi dispiace così tanto. Mi sarei dovuta fidare di voi. Ma avevo paura che dicendovi la verità vi avrei fatto del male. Così ho preferito tenere tutto dentro. Ho pensato che anche questa volta avrei dovuto difendere chi amavo contando solo sulle mie forze, ma mi sbagliavo. Nessuno può farcela da solo. Mi sono comportata come una pessima figlia, una pessima amica, una pessima sorella e una pessima nipote. Vi ho mentito pensando di proteggervi e invece alla fine stavo solo complicando la situazione. Non volevo che tu Marco perdessi la stima che hai sempre nutrito per tuo padre, non volevo essere una preoccupazione per la mia famiglia e volevo solo difendere i nonni e il loro negozio, ma alla fine non ci sono riuscita. Mi dispiace. Sono una persona davvero inutile. Vi ho mentito senza alcun ritegno… e anche inutilmente »
«Non hai colpe, so cosa ha fatto mio padre… probabilmente al tuo posto avrei fatto lo stesso..»
Mary fu davvero grata a Marco per la sua comprensione.
«volete spiegarvi meglio? Cosa avrebbe fatto Francesco? e cosa significa che volevi proteggerci? » domandò Luigi intrommettendosi nella loro conversazione.
La giovane damigella con i ricci capelli dorati avanzò sicura nella loro direzione.
«Mio padre ha minacciato Mary. Se non avesse sposato Marco, avrebbe chiuso il conto nella sua banca, cacciato i nonni dal loro negozio e consegnato delle foto di Eichi alla stampa giapponese…» si intromise Mina.
«ma tu.. come…» provò a chiedergli Mary. Non si aspettava di certo che anche lei fosse al corrente di tutto.
«mi dispiace, anche io sono stata una vigliacca. Volevo che mio fratello fosse felice e allora ho taciuto. Non avrei dovuto farlo, mi dispiace…»
«Mary è la verità?» chiese interessata anche la nonna di Eichi.
La stessa acconsentì con un movimento impercettibile della testa.
«oh, piccola mia…» si mosse stringendola affettuosamente tra le sue braccia accarezzandole il capo chino sulla sua spalla.
«stavi per sacrificarti per noi è noi non ne sapevamo nulla… avresti dovuto dirci tutta la verità subito. Oh, fiore…» allontanandola amorevolmente le asciugò le lacrime che ad una ad una iniziarono a scendere dai suoi occhi verdi e colpevoli.
«Mi dispiace davvero, ma io non sapevo cosa fare. Adesso cosa facciamo? Siamo tutti spacciati, per colpa mia adesso finiremo nei guai. Francesco non ce la farà passare liscia se io e Marco non ci sposiamo oggi. »
«Mary, non preoccuparti per questo. Mio padre non arrecherà più danno a nessuno.» le spiegò l’amico con atteggiamento fermo e sicuro di sé.
«Ma come è possibile?»
«diciamo semplicemente che adesso ho finalmente imparato ad usare le sue armi non per ferire le persone che amo ma per proteggerle…»
«quindi… questo vuol dire che…»
«si, Mary, sei libera di scegliere adesso. Niente ti tratterrà questa volta. Cosa vuoi fare? Qualsiasi cosa deciderai di fare io sarò qui e non mi perderai… sia che tu parta per raggiungerlo sia che tu rimanga qui per rimanere al mio fianco come è sempre stato…»
«Marco…»
«…non guardarmi così. Sai quello che provo, ma la decisione spetta solo a te. Non mi comporterò come mio padre,  io sono diverso da lui. Non potrei mai portarti rancore… sei troppo importante per me…»
Mary lentamente si mosse nella sua direzione. Dolcemente lo avvolse con le sue esili braccia. Poteva davvero fidarsi del loro amore questa volta. Adesso non era più sola, poteva contare sul loro sostegno. Non avrebbe commesso lo stesso errore un’altra volta. Eichi le aveva insegnato ad affidarsi agli altri con fiducia, era arrivato il momento di mettere in pratica quel prezioso insegnamento. Come quel giorno nel capanno degli attrezzi, avrebbe lasciato che altri asciugassero le sue lacrime. Adesso aveva finalmente capito che affidarsi alle persone che ci amano non è un segno di debolezza, ma un dono prezioso che non tutti possono vantarsi di avere. E lei era davvero fortunata, aveva così tante persone che le volevano bene. Sarebbe stata una stupida a non fidarsi di loro anche questa volta. Aveva deciso. Il destino era stato troppo generoso e lei non poteva rinunciare a Eichi una seconda volta. Forse non era troppo tardi.
«Grazie, Marco. La vita è stata davvero troppo generosa a donarmi te come amico. Non dimenticherò mai quello che hai fatto per me oggi…» Lui strinse con maggior forza il corpo di Mary tra le sue braccia, quasi sperando che quell'amore, impossibile e non corrisposto, potesse continuare a rimanere al suo fianco. Lasciarla andare era davvero difficile, e questa volta non avrebbe potuto fare nulla per trattenerla. Una lacrima scese tacita accarezzandogli il viso, cadendo dopo sul candida mantella di Mary, con un movimento lento ed esitante recuperò le distanze dalla persona più importante della sua vita. Quegli occhi verdi erano così trasparenti. Mary aveva preso la sua decisione...
«Fiore, va! Non preoccuparti» la incoraggiò la nonna di Eichi al suo fianco, «del resto ci occuperemo noi. Infondo siamo in debito con te, quindi adesso non preoccuparti di nulla e corri… non rinunciare alla felicità una seconda volta o noi non potremmo mai perdonarcelo.» la incitò con uno dei suoi soliti sorrisi rassicuranti.
Mary in quel momento vide suo fratello avanzare verso di lei. Colpevole e imbarazzato allo steso tempo.
 «Mi spiace averti accusata così duramente quella sera a Notre Dame, se avessi saputo la verità sarei venuto qui e avrei dato una bella lezione a Francesco…» le confessò con rammarico.
Mary gli sorrise grata.
«non preoccuparti, è stata solo colpa mia. Avrei dovuto dirti tutto ma non sono stata capace di farlo. Ci eravamo promessi che tra noi non ci sarebbero stati mai segreti e invece…»
«Mary, anche io non sono stato completamente sincero con te, anzi con voi…» la interrupe Andrea puntando con lo guardo anche suo padre. Mary aveva uno strano presentimento.. . Andrea approfittando di quel momento di disorientamento riprese la parola stringendo tra le sue le mani della sorella.
«Mary grazie a te ho finalmente compreso che qualsiasi cosa succeda,  le persone che ci amano non ci abbandoneranno mai. Questo mi da la forza per confessare finalmente la verità»
tutti gli occhi furono su Andrea.
Poteva percepirli, ma niente lo avrebbe più fermato. Voleva liberarsi da quel peso che opprimeva il suo cuore ormai da tempo indefinito. Si era stancato di fuggire e nascondersi. Era arrivato il momento di affrontare con coraggio quella dichiarazione. Era l’occasione giusta, se non lo avesse fatto in quel momento probabilmente non avrebbe mai più trovato il coraggio di farlo.
«Sai, sorellina anche io ho pensato come te che tenere la verità nascosta nel mio cuore fosse la soluzione migliore. Pensavo che facendo così non avrei ferito nessuno e invece alla fine a soffrire più di tutti ero io. Mentirvi è stato l’errore più grande della mia vita, perché in questo modo non ho potuto condividere la mia felicità con voi. Papà, avevo paura di deluderti e Mary non volevo incrementare le tue mille preoccupazioni. Da quando la mamma è morta sei stata così attenta a non farmi mancare mai nulla, e non volevo ti preoccupassi più del dovuto. Mi dispiace, non avervi detto la verità subito…»
«cosa devi dirci figliolo…» lo incoraggiò Luigi poggiando una mano rassicurante sulla sua spalla.
«Papà… Yoko Ono non esiste. O meglio esiste, ma non è chi pensate che sia. Lei è un lui…»
per un attimo Luigi e Mary rimasero fermi impassibili quasi congelati.
«Andrea, questo vuol dire che tu…» proseguì incerta Mary.
«si, sono gay…».
Un silenzio opprimente calò in quella tenda come una doccia  fredda sulla testa dei presenti. Luigi continuava a guardare suo figlio immobile con fare granitico.
«mi dispiace papà…» proseguì afflitto Andrea incrociando il suo sguardo sorpreso.
«Mi dispiace? e tutto quello che hai da dire?» Luigi allontanò la sua mano dalla spalla del figlio.
Andrea, sapeva che quella sarebbe stata una realtà difficile da digerire per lui. Mina al suo fianco lo fissava incredula mentre Mary ripresasi da quello shock, strinse ancora con più forza le mani del fratello tra le sue. L’uomo paffuto e barbuto corrucciò le sue sopracciglia risentito.
«Andrea davvero pensi che questo basterebbe a deludermi? Avevi davvero paura che questo avrebbe cambiato il nostro rapporto? Hai davvero così poca fiducia in tuo padre? Invece che tormentarti con pensieri inutili avresti dovuto portare qui questo ragazzo. Sono due anni che aspettiamo di conoscerlo. Se questo è il motivo per cui hai voluto tenercelo nascosto, fattelo dire, è un motivo veramente stupido. Pensi sia davvero così importante il sesso della persona che si ama? l’unica cosa che davvero conta è amare con tutto se stessi. Il resto è solo robaccia inutile, o almeno per me lo è. Chiunque sia la persona che ami, tu resterai sempre mio figlio, questa è una realtà che niente e nessuno potrà mai cambiare. Quindi sbrigati, voglio davvero ringraziarlo per essersi preso cura di te e averti aiutato a diventare la persona meravigliosa e coraggiosa che adesso ho qui di fronte a me.»
«Papà…»Andrea non poteva credere che l’avesse presa così bene. Questa proprio non se l’aspettava.
«Adesso non perdiamo tempo in chiacchiere.» gli diede due colpetti sulla spalla proseguendo convinto.
«Mary che fai lì impalata?  Hai deciso di perdere un’altra occasione? Su, adesso vi dico io cosa faremo. Andrea e Mina avvisate gli ospiti che la cerimonia è saltata, mentre i nonni di Eichi si occuperanno del catering io accompagnerò Mary all’aeroporto. Forse non è troppo tardi. A che ora partivano gli altri del gruppo per Tokyo?»
Tutti per un attimo rimasero immobili a osservare Luigi impartire ordini come se nulla fosse.
«che avete da guardare? Come padre non posso permettere che la storia finisca in questo modo… quindi dobbiamo darci una mossa…»
«Grazie, papà.» Sia Andrea che Mary pronunciarono simultanei quelle due parole di riconoscenza. Luigi era cambiato davvero molto. Avrebbe fatto di tutto per i suoi figli. Era stanco di stare in panchina adesso sarebbe sceso in campo per loro. Non li avrebbe più lasciarli soli ad affrontare le loro sofferenze, adesso le avrebbe condivise. Con sguardo intenerito squadrò i suoi figli.
Sarebbe stato un padre migliore da quel momento per entrambi.  Con due colpetti di tosse recuperò il proprio contegno.
«beh! che avete deciso? volete far notte qui?» battendo le mani incitò il gruppo ai loro compiti.
«gli altri dovrebbero partire tra un paio d’ore… se fate in tempo potreste anche farcela a raggiungerli all’aeroporto di Parigi» concluse Andrea dando un’occhiata fugace al suo orologio.
«perfetto, allora dobbiamo davvero spicciarci…» concluse Luigi.
«se permette vorrei accompagnare io Mary. Con la mia guida sportiva faremo in un batter d’occhio» si propose Angela.
«d’accordo…» Angela prese Mary per mano e la trascinò via di li senza darle nemmeno il tempo di cambiarsi. Non potevano perdere altro tempo.
I nonni di Eichi le seguirono poco dopo e insieme a loro anche Mina e Andrea uscirono da quella tenda. Adesso erano rimasti solo Marco e Luigi otto quell’enorme tendone.
«figliolo, grazie. So quanto l’ami e averla lasciata libera di scegliere ti rende onore…»
«non deve ringraziarmi, se non lo avessi fatto probabilmente me ne sarei pentito per il resto della mia vita.»
«devi essere molto orgoglioso dell’uomo che sei diventato.»
«si, finalmente posso dire di esserlo».
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Capitolo 20
*** LA GRANDE QUERCIA ***


CAPITOLO  20
LA GRANDE QUERCIA


 
 
 
 
Eichi era appena atterrato. Non aveva avuto il tempo di caricare neanche le valige. Dopo che JJ gli aveva raccontato delle minacce di Francesco non poteva di certo tornare in Giappone e lasciare Mary al suo triste destino. Doveva salvarla. Daisuke gli aveva offerto il suo biglietto e finalmente era atterrato in Italia. Non poteva perdere altro tempo. Mancava davvero pochissimo all’inizio della cerimonia. Ancora non sapeva cosa avrebbe fatto, ne cosa avrebbe detto, l’unica cosa di cui era certo era che il loro amore era vero come la terra su cui stava finalmente camminando. Non una menzogna… come Mary gli aveva fatto credere fino a quel momento.
La loro storia non poteva finire in quella stanza d’albergo e in quel modo. Lui non avrebbe rinunciato come aveva fatto suo padre tanti anni prima, avrebbe lottato per riportare Mary al suo fianco. In quel momento le parole di Roberto gli risultarono più chiare quasi profetiche di quell’epilogo imprevisto.
Nella vita anche il più grande atto d’amore può portare sofferenza così come ogni sofferenza può mascherare un gesto d’amore.  Ricorda:  questo non vuol dire che chi lo commette è quello ad amare meno…
Aveva ragione, Mary lo stava allontanando solo per proteggerlo, stava soffrendo in silenzio per lui. Un atto d’amore può portare sofferenza e così la sofferenza po’ celare un atto d’amore, era proprio questo il caso. La storia si stava ripetendo, anche Mary stava rinunciando al loro amore per proteggerlo, proprio come suo padre aveva rinunciato a sua madre per difenderli. Non poteva permettere che la storia si ripetesse un’altra volta. Non poteva.
Si mosse rapidamente. Era finalmente fuori dall’aeroporto. L’aria pungente gli pizzicò il viso per qualche secondo. Dopo aver dato un’occhiata rapida in giro, chiamò un taxi.  Una volta su, supplicò l’autista di correre il più velocemente possibile. Non c’era molto tempo ancora. Preso un foglio da una tasca lo porse con modi frettolosi all’uomo robusto e semicalvo alla guida dell’auto.  Gli chiese di raggiungere il luogo indicato su quel foglio nel minor tempo possibile. La sua gamba tremva agitata e l’ansia in quell'auto ancora ferma all'areoporto,era la sua compagna di viaggio. Daisuke grazie al cielo gli aveva trascritto il luogo della cerimonia su quel foglietto, per la fretta stava quasi compiendo l’errore di dimenticarlo. Era davvero fortunato ad avere gli altri del gruppo a sostenerlo. Se non fosse stato per JJ, Daisuke, Rio e Hiro, non sarebbe mai arrivato fin li. Erano stati tutti così generosi.  Se la storia fosse finita bene avrebbe dovuto sdebitarsi con ognuno di loro. JJ per aver condiviso con lui quella verità preziosa,  Daisuke per aver rinunciato al suo biglietto, Rio per averlo accompagnato all’aeroporto in men che non si dica con la sua moto, sfrecciando tra le macchina incastrate nel traffico di Parigi, Ma più di tutti Hiro per avergli concesso, con il suo tradimento, la  possibilità di scoprire l’amore di Mary.
 
Finalmente la vettura bianca in cui era seduto partì, ma Eichi non poteva sapere che dietro il suo taxi in partenza aveva appena trovato parcheggio il fuoristrada di Angela. Le due ragazze scesero di corsa dalla vettura. Non c’era altro tempo da perdere. Mary cercava di stare al passo con Angela ma il suo vestito non l’aiutava nell'operazione. Le sue alte scarpe  non le permettevano di accelerare il passo come avrebbe voluto. Più di una volta aveva  rischiato di cadere rovinosamente sul pavimento. Tutta colpa dello strascico. In quello stato non passava di certo inosservata. Tutti nella sala d’attesa si voltavano verso di lei con interesse, Mary era sicura di aver sentito una bambina acclamare: “Mamma, guarda! quella è una principessa non è vero?”. Mary però non aveva il tempo di dare spiegazioni, ne tanto meno quello di distruggere la realtà fantastica di quella bambina. Agli occhi di molti, il modo in cui si era presentata poteva sembrare una trovata pubblicitaria di pessimo gusto, invece che una necessitata dettata dalle tempistiche ristrette. Finalmente arrivarono al box informazioni. Angela fu più rapida di Mary, quando la mancata sposa la raggiunse aveva già finito di discutere con la signorina dietro il bancone.
L’amica con i suoi capelli castano chiaro tutti in subbuglio a causa di quella corsa, si voltò verso di lei afflitta. Senza una parola Mary aveva capito che era troppo tardi.
«Mi dispiace, l’ultimo volo è partito dieci minuti fa» le spiegò sintetica.
Mary non ce la fece più, distrutta da quella notizia crollò al suolo in ginocchio. Con rabbia si sfilò le scarpe una alla volta, rannicchiandosi subito dopo su se stessa in lacrime.
«Non è giusto. Perché la vita non vuole che anche io sia felce! perché?» Un gruppo di persone iniziò a radunarsi intorno a lei, «Mary, alzati. Non serve a nulla stare così adesso! Dai andiamo via di qui…» cercò di convincerla Angela a disagio a causa di tutti quegli occhi curiosi.
Mary sollevò il viso incontrando lo sguardo preoccupato e imbarazzato dell’amica. Aveva ragione stare lì non serviva a nulla. C’era un posto in cui voleva andare.
 
 
 
 
 
Eichi era appena arrivato nel luogo indicato da Daisuke. In giro però non c’era nessuno. Scese dal taxi incerto chiedendo al all'uomo alla guida di attendere altri due minuti. Si inoltrò all'interno della struttura. L’altare era ancora lì addobbato per l’occasione. Non era possibile che la cerimonia fosse già finita. Davanti a lui un ragazzo con il completo del catering  gli passò davanti tagliandogli la strada, mentre teneva stretta tra le mani una pila di 5 sedie accatastate l’una sull'altra.
«scusami » lo fermò bloccandolo per un braccio. L’altro si arrestò a comando.
«sai dove sono tutti?» chiese Eichi disperato.
«sono andati via. La cerimonia è finita quasi mezzora fa… nessuno ti ha avvisato?» gli domandò stupito.
“E’ finita, ha veramente detto che è finita… sono arrivato troppo tardi?” Eichi aveva lo sguardo perso nel vuoto di chi non era assolutamente preparato a quella notizia. Non poteva essere tutto finito. L’aveva persa davvero.
«ehi, tutto bene» lo richiamò il ragazzo notando la sua espressione inebetita. Eichi non ebbe nemmeno le forze di rispondergli. Gli voltò le spalle e raggiunse il taxi.
«tutto bene ragazzo?» gli chiese anche l’uomo paffuto e mezzo pelato, notando la sua faccia pallida.
«può portarmi in un posto? Ho bisogno di andare lì un’ultima volta…»
Il tassista rimise in moto e dopo aver avuto la sua nuova meta ripartì.
Eichi aveva la fronte appoggiata al vetro freddo del finestrino. Il suo riflesso si stagliava in trasparenza sul panorama in evoluzione, che rapidamente scorreva dinanzi ai suoi occhi.
“E’ davvero finita. Non sono riuscito a salvarti e adesso è troppo tardi.”
Infilò una mano nella tasca dei pantaloni e tirò fuori ancora quel ciondolo a forma di loto.
“Avevo promesso che sarei tornato da te, ma alla fine non sono riuscito a mantenere quella promessa e adesso è troppo tardi”.
Stringendo la mano a pugno nascose quel ciondolo alla sua vista. Le lacrime scesero silenziose facendogli compagnia su quei sedili freddi e impolverati.
 
 
 
 
 
 
«Mary, si può sapere che cosa ci facciamo qui?» le chiese Angela, mentre si stringeva su di se tremante. La brezza marina era davvero troppo fredda e insistente per i suoi gusti.
«Sai, qui è dove è iniziato tutto. Non credi sia ironico che ci sia voluta tornare adesso che è tutto finito…?»
«non dire così, non è ancora finita… aspetteremo il prossimo volo e andrai in Giappone da lui»
«Angela, tu dici che sarebbe davvero possibile per me tornare da Eichi adesso? Sai mentre andavamo in aeroporto ci stavo pensando. Gli ho detto cose davvero orribili… potrà mai credere alle mie parole adesso? Cosa più importante vorrà rivedermi? Forse alla fine merito di stare sola come sono sempre stata. L’amore deve essere un lusso che non posso permettermi…»
«Mary, Eichi ti ama, sono sicura che ti capirà…»
«non lo so… e se non lo facesse?» proprio in quel momento Mary notò una scritta sulla barriera in ferro dalla quale quasi un anno prima si sporse con Eichi al suo fianco. Si avvicinò con interessata. Si piegò reclinando il capo di lato per decifrarla.
Era stata sicuramente incisa con una punta affilata.
 
“Il mio desiderio lo lascio qui: anche se io non ci sarò al tuo fianco, sii felice mio piccolo fiore di loto”
 
Mary non poteva crederci.
«cos'è?» le chiese Angela chinandosi accanto a lei.
«avevamo espresso lo stesso desiderio…» disse con le lacrime agli occhi.
«cosa significa che avevate espresso lo stesso desiderio?»
«anche io quel giorno ho espresso che lui fosse felice anche senza di me… anche io…» Mary si portò le mani sul viso. Le lacrime a contatto con quella brezza fresca le fecero venire i brividi.
risollevandosi prese posto sulla panchina di un anno prima. «Angela, io non posso essere felice senza di lui… »
«cosa vuoi fare?»
«voglio che mi porti in quel posto…»
 
 
Eichi si muoveva trascinandosi tra quei fusti secolari. Si muoveva a fatica stringendo nella sua mano ancora quel ciondolo. Alla fine raggiunse l’imponente quercia. Con una mano ne sfiorò la superficie ruvida.
«sei ancora capace di realizzare il mio desiderio? se mi metto in ginocchio e ti imploro lo esaudirai per me?» Eichi crollò al suolo a capo chino mentre le lacrime si staccavano dal suo viso pesanti come il rimorso che lo attanagliava. Esse ricaddero una ad una sul suolo arido ai piedi di quell'albero freddo e impassibile.
« Puoi renderla felice anche a queste condizioni? Puoi davvero farlo? Anche se non sono riuscito salvarla, puoi farlo tu per me?» chiese piangendo silenziosamente.
«Devi farlo! Devi renderla felice. Me lo devi. Hai rovinato la mia vita e quella dei miei genitori già una volta adesso devi rimediare… salvala.. io l’amo ancora… fallo per questo amore testardo, senza orgoglio ne speranza. Fallo come l’ultimo disperato desiderio di un cuore miserabile… fallo almeno per questo…»
 Un foglia leggera più di una piuma si staccò lentamente da un ramo ondeggiando come se stesse danzando nell'aria. Dolcemente di adagiò sulla mano che Eichi teneva ancora attaccata a quel busto secolare. Quel contatto lo ridestò dai suoi pensieri. Era come se quell'albero lo stesse consolando con quella carezza inattesa. Forse era un segno. Forse avrebbe realizzato il suo desiderio… solo così sarebbe potuto essere felice anche lui…
Lentamente si risollevò.
«Eichi…».
“Questa… no, non è possibile. Mary? E’ davvero il suono della sua voce? Ma cosa mi viene in mente… ormai quella voce non può chiamare più il mio nome, chi voglio prendere in giro…”
 
«Eichi, sei davvero tu?» una voce incrinata dalle lacrime continuava a chiamarlo insistentemente. Eichi non poteva credere che fosse vero. Quella voce sembrava proprio quella di Mary. Non  era proprio lei, ne era sicuro. L’avrebbe riconosciuta tra un milione.  Per un attimo ebbe addirittura paura di girarsi e scoprire che quella fosse solo una vana illusione dettata dalla suggestione del momento.  Cosa sarebbe successo se le sue supposizioni fossero state fondate e se dietro di se in realtà non ci fosse stata la sua Mary a chiamarlo?
Sarebbe stato come perderla una seconda volta.
Superata ogni incertezza, una forza maggiore lo spinse a voltarsi.
Quella che vide non poteva essere altro che un’illusione. Mary era bellissima, come un angelo. I suoi lunghi capelli neri le scendevano morbidi incorniciandole il viso tondo e quegli occhi verdi come il mare. Le sue labbra rosse risaltavano ancora più vivaci su quel vestito bianco. Una mantella con cappuccio si adagiava morbido sulla sua figura, celandola in parte. Non poteva essere altro che una visione.
«Eichi…» lo richiamò ancora una volta.
Eichi, non riusciva ancora a crederci. Quello era senza dubbio un sogno, un miraggio lontano e inconsistente. Lentamente la raggiunse. Ancora incredulo. Con calma la sua mano tremante si mosse sfiorandole il candido viso, bagnato dalle lacrime.
«Mary, sei davvero tu? Non sto sognando! Dimmi che non sto sognando… ti prego ho bisogno che tu me lo dica» la implorò con le lacrime agli occhi.
«non stai sognando…» gli confermò accennando un leggero sorriso.
Eichi, non ci pensò due volte, e la tirò a se.
«Credevo di averti persa per sempre e invece ora sei qui…» Mary mosse la sua mano accarezzandolo dolcemente. Le sue lunghe dita affusolate si insinuarono tra la morbida chioma..
«Mi dispiace Eichi…» le uscì in un sussurro.
 In quel momento Eichi riprese le distanze.
«Mary, ora che ci penso, che ci fai qui?»
«potrei farti la stessa domanda …» gli fece notare Mary
«questo è vero, ma oggi sei tu quella che si doveva sposare»
«e tu eri quello che doveva partire per il Giappone, eppure siamo qui entrambi contro ogni previsione possibile» gli sorrise recuperando qualche centimetro, «alla fine,  hai deciso di non partire più per il Giappone, come mai?» chiese Mary interessata e felice allo stesso tempo.
«Prima di risponderti, lascia che ti faccia  una domanda, perché non sei con tuo marito a festeggiare la vostra unione…» proseguì Eichi incerto.
«Io e Marco non ci siamo sposati. Alla fine il destino non ha voluto che accadesse. Non so come, ma ha scoperto la verità e alla fine mi ha lasciato libera di raggiungerti…»
Eichi sgranò gli occhi dallo stupore. Non si sarebbe mai aspettato che a salvare Mary da quella situazione sarebbe stato proprio il suo più acerrimo nemico. Il ragazzo che aveva fatto di tutto per rubargli la donna amata, alla fine gli aveva concesso quella possibilità l’asciandola libera di raggiungerlo.
«Mary, mi spiace avrei dovuto capire subito che stavi nascondendo qualcosa. JJ mi ha raccontato tutto. So cosa ha fatto il padre di Marco, non sarei mai dovuto andar via da te…»
«Non dire sciocchezze! Tu avevi il dovere di tornare dalla tua famiglia. Dovrei essere io a scusarmi. Hai vissuto tanti momenti difficili e non ho potuto fare nulla per starti vicino…»
«ma tu eri vicino a me…» le mostrò il ciondolo a forma di stella che teneva legato con un laccio intorno al suo polso.
Mary gli sorrise.
«Eichi, la sera del concerto, ti ho detto delle cose orribili. Non le pensavo veramente, volevo solo…»
«Non pensiamoci più. Quello che conta per me adesso è averti qui dinanzi a me. Mi basta questo a cancellare tutto.  D’ora in poi voglio creare solo ricordi felici per entrambi. Voglio costruire una vita in cui poterti rendere felice ogni giorno in modo diverso.» detto questo Eichi all'ombra di quell'imponente fusto secolare si inchinò ai piedi di Mary.
«Maria Elisa Carducci, vuoi sposarmi?»
detto questo le mostrò il ciondolo a forma di loto che aveva tenuto stretto nella sua mano per tutto quel tempo.
Mary gli sorrise come illuminata di una luce nuova e accecante.
«si, voglio sposarti Eichi Kitamura.» Eichi si rialzò e allungando le mani verso Mary allacciò la collanina dietro il suo collo sottile. Finalmente potevano essere felici insieme. Con un movimento lento si avvicinò al viso di Mary. Quello che si scambiarono sotto quella quercia non era solo un semplice bacio ma una promessa di amore eterno. Il loro desiderio di volere la felicità l’uno dell’altro si sarebbe realizzato solo stando insieme, finalmente l’avevano capito. Una leggera brezza smosse la chioma di quella quercia che dall'alto della sua formazione guardava soddisfatta i due giovani. Un altro desiderio era stato realizzato. Poteva tornare a riposare. 

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Capitolo 21
*** EPILOGO- SETTE ANNI DOPO ***


EPILOGO
SETTE ANNI DOPO

 
 
 
 
 
«Papà, papà Roberto sta piangendo di nuovo…»
«Ancora? Cosa è successo questa volta Clara? Perché tuo fratello sta piangendo adesso?»
La bimba con due belle codine ai lati del  viso tondo e paffutello, guardava con occhi verdi e colpevoli il volto severo di suo padre. Chiusa in un testardo silenzio.
«Cosa gli hai fatto sta volta?» le chiese suo padre sospirando.
«Io non gli ho fatto proprio nulla. Anzi…» sbuffò seccata la piccola  incrociando le braccia all’altezza del petto.
Eichi si sollevò dallo sgabello vicino il suo pianoforte e le si avvicinò trascinandosi con due grosse occhiaie. Era stanco e affaticato dal lungo lavoro della giornata. Ci mancavano solo i bisticci dei suoi due figli a complicargli la vita. La bambina era ferma davanti a lui con un broncio indispettito attraverso il quale, continuava a sostenere fermamente la sua posizione.
«Clara… non farmi perdere la pazienza… dimmi la verità...»
«è la verità…» provò a giustificarsi la piccola con gli occhi lucidi e gonfi di un pianto fiero e orgoglioso.
Eichi, sospirò, «e va bene, ti credo. Ora dov’è?» le chiese esausto.
«è andato vicino al lago…»
«come immaginavo. Io lo raggiungo, tu va da tua madre è di là che ti cerca da mezz'ora»
«va bene vado subito» si riprese abbracciandolo, recuperando il suo solito sorriso. Eichi le scompigliò dolcemente i capelli, prima di lasciarla andare via saltellando felicemente per la stanza.
Una volta ansata via sua figlia uscì anche lui da quella stanza massaggiandosi le palpebre. Aveva lavorato tutta la notte. Sforzare la vista in quel modo non gli faceva bene per niente.
Erano passati sette anni e finalmente aveva trovato la sua strada. La sua vita sotto i riflettori era finita dopo Parigi. Lavorare come maestro di musica al conservatorio che avevano frequentato Roberto e sua madre era senza dubbio meno impegnativo e stressante della sua precedente vita da cantante, ma si rivelava ugualmente estenuante sotto diversi punti di vista. Se ripensava agli altri e a come le loro vite in così poco tempo fossero cambiate gli veniva quasi da sorridere. Chi mai l’avrebbe detto che alla fine della loro carriera i BB5 avrebbero seguito strade così diverse gli uni dagli altri.
JJ era stato l’unico a proseguire nell'ambito musicale come cantante. Aveva preso in gestione l’orfanotrofio e adesso erano lui ed Akiko ad amministrarlo in parallelo alla loro attività musicale. Akiko continuava a comporre musiche per la Kings Record mentre Rio era subentrato dopo il signor Otzuki come nuovo direttore della casa discografica. Yori continuava a comporre musica riscuotendo un notevole consenso tra il pubblico, anche dopo aver avuto due gemelli la giovane star aveva deciso di non abbandonare lo spettacolo. Chi l’avrebbe mai detto che Rio sarebbe diventato padre e uomo d’affari a tempo pieno in così poco tempo. Daisuke e Andrea avevano aperto un’accademia di formazione artistico-musicale a Tokyo. Dopo un primo inizio incerto anche Luigi si era abituato a loro anzi adesso non faceva altro che vantarsi di quei due con chiunque. Hiro e Misako si erano sposati e adesso vivevano in America. Misako continuava a recitare, mentre Hiro si era affermato come compositore cinematografico. Alla fine tutti avevano trovato la propria strada. Per quanto riguardava lui, aveva sposato Mary e dopo neanche un anno avevano avuto Clara, la loro primogenita. Dopo un altro anno era arrivato Roberto e così Villa Rosa nell’arco di pochissimo tempo era diventata davvero molto caotica. Quei due diavoletti non gli davano proprio tregua.
Eichi arrestò sospirando la sua avanzata, finalmente era arrivato a quel pontile sul lago tinto d'arancio dai colori caldi del tramonto. Roberto era lì seduto con le gambe a penzoloni mentre piangeva singhiozzando in solitudine.
Eichi lo raggiunse e gli si sedette vicino.
«che buffo, non sembra anche a te, che il lago assomigli a una piscina piena di aranciata? » gli domandò cercando di attirare la sua attenzione. Il più piccolo nel frattempo aveva preso a tamponarsi il viso rosso e pieno di lacrime, per mascherare al padre quel breve momento di debolezza.
Era davvero buffo come cercasse di mascherare i singhiozzi.
«s..gh…i» rispose mentre uno questi venne a interromperlo nuovamente. Eichi addolcì il suo sguardo.
«Roberto, perché stai piangendo questa volta?» per certi versi Roberto gli ricordava molto Mary, avevano lo stesso carattere timido e introverso. Come Eichi aveva preventivato, non ottenne alcuna risposta da quel bambino con un impostato caschetto color inchiostro sulla testa e due linee sottili al posto degli occhi. Lo stesso infatti, rimase chiuso nel suo ottuso silenzio.
«Fammi indovinare... Clara ti ha fatto qualche dispetto?»
Roberto spostò rapido la testa da destra a sinistra, «se non è questo, allora qual è il problema?»
«gli altri bambini, sono loro il vero problema. Ci prendono sempre in giro perché abbiamo gli occhi a mandorla…»
Eichi sorrise tra sé scompigliando i capelli neri del figlio.
«ah, si?»
«Si! Dicono che abbiamo gli occhi strani. Li odio… »
«Roberto ascoltami bene…» lo avvicinò sollevandolo da sotto le ascelle per poi posizionarlo sulle sue gambe. «Sai cosa mi disse una persona tanto tempo fa?» Roberto tacque in silenzio aspettando che il padre continuasse. « Mi disse di non provare mai odio per le persone che sbagliando mi avrebbero fatto soffrire, tutto al più mi disse che avrei dovuto odiare i loro errori e non le persone che li avevano commessi. Roberto, ricorda, per ogni perdono che donerai, la vita ti ricompenserà con momenti di infinita gioia. Se sprecassimo l’esistenza odiandoci l’un l’altro, allora non ci sarebbe più spazio per la felicità. E tu vuoi essere felice non è così?»
Il bambino reclinò il capo afflitto, «non è solo questo…»
«cos'altro c’è allora?»
«i ragazzini più grandi mi prendono in giro perché Clara viene e si mette in mezzo. Dicono che non sono in grado di difendermi da solo…»
«e che male ci sarebbe se chi ci ama è disposto a difenderci?» Roberto fece spallucce, ancora poco convinto.
«Ricorda Roberto, essere difesi da chi ci ama non è mai un segno di debolezza. Chi lo dice non conosce davvero questo genere di fortuna. Mi hai capito?»
«Va bene papà.»
«adesso andiamo, la mamma ci sta aspettando». Si sollevarono entrambi.
«Papà» lo richiamò strattonandogli i pantaloni con due innocenti colpetti
«dimmi»
«un giorno anche io voglio difendere chi amo»
«vedrai che al momento giusto anche tu sarai in grado di farlo».
 
 
 
A pochi metri di distanza Clara esultava concitata sventolando in una mano un quadretto, euforica e gioiosa come la notte della vigilia di Natale.
«papà, papà!» gli corse incontro saltellando.
«guarda, la mamma lo ha finito, lo ha finito!»
Eichi, prese il quadretto dalle mani della figlia. Con aria divertita iniziò a ispezionarlo con fare da critico, mentre in silenzio soppesava le giuste parole.
«mh… ma che bella bambina..»
«Sono io! Sono io!» gli confermò orgogliosa Clara portando le mani dietro il busto.
«no, ma questa non sei tu..» asserì con fermwzza Eichi.
Clara corrucciò le sopracciglia indispettita, mentre suo padre se la rideva allegramente sotto i baffi.
«e invece sono proprio io!» insistette la più piccola.
Eichi riusciva a stento a trattenersi dal ridere, «mia figlia non è bella come questa bambina…» Clara volse lo sguardo altrove risentita, incrociando le braccia all’altezza dello stomaco.
Eichi a quel punto si lasciò sfuggire un enorme sorriso, l’espressione sul viso offeso di Clara era troppo buffo per trattenersi. Lentamente si abbassò alla sua altezza. Con una mano le accarezzò la testa.
«…lei per me lo è molto di più.» completò con un sorriso caldo e rassicurante. La piccola con le codine tornò felice come una pasqua.
«papà, papà!» lo richiamò Roberto alle sue spalle. «quando arriva Marika?» Eichi si risollevò in posizione eretta.
«a breve Marco e Angela, saranno qui.» lo rassicurò.
Una macchina si materializzò proprio in quel momento a pochi metri di distanza.
Come non riconoscerla, ancora adesso rammentava la prima volta che l’aveva vista entrare in quel vialetto. Con decisione si mosse verso di essa seguito dai suoi due piccoli diavoletti.
«Finalmente siamo arrivati.» Sospirò Angela uscendo dalla vettura affacciandosi prima di notare sua figli sgattaiolare via con gran foga ,«Ehi, tu piccola peste, dove pensi di andare!» disse richiamando a se , ma la piccola aveva già iniziato a correre verso il suoi inseparabili amichetti. Marika aveva i capelli castano chiaro di sua madre, gli occhi verdi e le lentiggini di suo padre.
«Roberto! Roberto!» richiamò l’amico correndo verso di lui, sventolando concitata qualcosa nella mano destra.
Finalmente lo raggiunse.
«guarda che ti ho portato…» gli mostrò un piccolo cappello cucito a mano.
Roberto lo prese rigirandoselo con curiosità tra le mani.
«cos’è?»
«come cos’è? E’ un cappello. L’ho fatto con le mie mani!» arrossì.
«Non mi sembra tanto un cappello!» Marika offesa,  gli smollò un sbuffetto sul braccio prima di prendere Clara sottobraccio e allontanarsi verso il pontile.
«Ehi, aspettatemi!»
li rincorse Roberto.
 
 
«è inutile ti assomiglia ogni giorno di più…» costatò Eichi avvicinandosi all’amica.
 «Ma da cosa lo hai notato?» la canzonò divertito anche Marco uninebdosi a loro.
«Ehi, voi due, avete finito di prendermi in giro?» li riprese Anfela in tono accusatorio.Entrambi scoppiarono a ridere.
«Ma quando crescerete?» sospirò Angela, spostandosi il ciuffo all’indietro, «piuttosto dov’è la mia amica?»
«credo stia di là in cucina a preparare il pranzo» gli spiegò incerto Eichi.
«come al solito voi maschi buoni a nulla non servite a niente. E’ meglio che vada a darle una mano. Controllate i bambini, siamo intesi?» gli ordinò puntandogli il dito indice contro.
«Agli ordini comandante!» si mise sull’attenti Eichi ammiccandole divertito. Angela lo ricambiò con la stessa premura che sua figlia aveva riservato a Roberto. Ovvero mollandogli un buffetto dritto sul braccio destro, prima di allontanarsi e raggiungere Mary.
«Come fai a sopportarla?» chiese Eichi all’amico con le lentiggini massaggiandosi il braccio.
«non so, credo di essermi semplicemente abituato. Alla fine con Angela non hai altra scelta che arrenderti.», i due si mossero verso il laghetto dove Clara, Marika e Roberto giocavano spensierati. Era una calda domenica estiva e le libellule vibravano danzerine su quella superficie specchiata, creando divertenti giochi di superficie.
«come va con l’ipermercato? e con il nuovo marchio? A breve Angela lancerà la nuova linea.»
«diciamo che le cose all’ipermercato si stanno finalmente riequilibrando. Da quando mio padre è finito in galera per quella truffa allo stato è stata davvero dura risollevarci. Trovare i soldi sia per la causa che per sanare i debiti non è stato facile. Ogni giorno mi convinco sempre di più, che se non ci fosse stata Angela, non sarei mai riuscito a uscirne fuori. Dopotutto quel suo caratteraccio serve a qualcosa. La prossima settimana ci sarà la riapertura. Per l’occasione si terà anche una sfilata con i modelli della sua nuova collezione. E’ stata una sua idea e sai che quando si mette in testa una cosa, non c’è nessuno che sia capace di togliergliela. Alla fine come al solito mi sono arreso»
«Penso che Angela abbia avuto un’ottima idea. Sono convinto sia un eccellente modo per rilanciare l’immagine del tuo centro commerciale. Vedrai che le cose si rimetteranno in sesto presto.» lo rincuorò con una pacca amichevole dietro la schiena.
«Speriamo» sospirò inquieto Marco.
Muovendosi l’uno accanto all'altro, avevano finalmente raggiunto l’imponente albero vicino il pontile. Era stato lì che si erano conosciuti.
«quanti anni sono passati da quel giorno?» domandò Marco meditativo osservando la folta chioma verdastra sopra le loro teste.
«8 anni…» gli rispose sicuro Eichi ammirando la distesa tranquilla di quel lago limpido che come uno specchio rifletteva il cielo sopra le loro teste. Era tinto di un arancio caldo  e accogliente, privo di nuvole. Se non fosse stato per quella sottile linea di orizzonte non si sarebbe potuto distinguere dove iniziasse l’acqua e dove finisse il cielo. A pochi metri dalla riva Marika, Clara e Roberto giocavano spensierati schizzandosi con l’acqua aranciata.
«Chi l’avrebbe mai detto che le cose si sarebbero evolute in questo modo…» proseguì Marco osservando i bambini giocare.
Eichi acconsentì osservando pieno di gratitudine l’amico, prima di tornare a controllare quelle tre vivaci piccole pesti. Se non fosse stato per lui, quella volta avrebbe perso Mary per sempre.
Un urlo prima e un tonfo poi, catturarono la loro attenzione.
Marika abbracciando Roberto di spalle era finita con il perdere l’equilibrio, rotolando rovinosamente sul manto erboso. Al termine di quel capitombolo senza danni scoppiarono entrambi a ridere felici fino allo sfinimento. Le loro voci gioiose riempirono lo spazio vuoto e quieto di quell’ambiente. I due papà in osservazione tirarono un sospiro di sollievo.
«Cosa ne pensi? Non sarebbe bello se un giorno finissero per innamorarsi?» ipotizzò Eichi.
«Questo vorrebbe dire, diventare parenti. Per l’amor del cielo. Va bene che non ti detesto, ma costringermi a questo non credi sia un po’ troppo?» scherzò Marco
«Che male ci sarebbe? Perché non organizziamo un bel fidanzamento?»
«Ho rinunciato ai matrimoni combinati sette anni fa. Non ho alcuna voglia di rivivere l’esperienza credimi!» Entrambi sorrisero alleggeriti. Chi l’avrebbe mai detto che alla fine si sarebbero ritrovati a riderci su. Qualcuno da una certa distanza li richiamava a gran voce.
«Eichi! Marco! Marika! Clara! Roberto! Muovetevi! Mancate solo voi!». Era Mary.
I cinque si mossero verso villa Rosa.
Quello era un giorno speciale. Si erano riuniti tutti a villa Rosa per ricordare Roberto. Avevano deciso che un giorno ogni anno si sarebbero ricongiunti perché lui dall’alto potesse rivederli tutti insieme. Ognuno avrebbe messo da parte i propri impegni in quell’occasione speciale.
Marco, Eichi e i bambini raggiunsero la tavola candida già imbandita di ogni genere di prelibatezza. Intorno al tavolo avevano preso posto proprio tutti. Rio, Yori, con i loro due piccoli gemelli di sette mesi, accanto Daisuke e Andrea. Sul lato opposto JJ e Akiko, accanto a loro Misako e Hiro. Luigi, Lucia e i nonni di Eichi completavano quel bel quadretto campestre.  Roberto e Clara corsero a salutare prima i nonni e poi corsero da JJ.
«Zio, zio… dopo giochi con noi?» JJ acconsentì con una carezza sulle loro piccole testoline prima di spronarli a prendere posto accanto al loro papà. 
Eichi salutò i presenti prima di occupare l’unica sedia ancora libera a capotavola. Accanto a lui Mary lo guardava con occhi caldi e amorevoli. La padrona di casa era splendida i capelli neri le scendevano morbidi sulle spalle i suoi occhi verdi brillavano vivaci come sempre.
«Direi, che possiamo incominciare.» esordì il capo di casa accomodandosi
«Il discorso Eichi…» gli sussurrò Mary dandogli una gomitata sul fianco.
«Certo, certo.. quest’anno tocca a me! Che sbadato.» Sollevandosi prese un bicchiere pieno di vino.
«Oggi siamo qui per brindare al vivo ricordo di un amico, un amante, un manager e un padre. Brindiamo al ricordo del suo amore e della sua dedizione per questo gruppo di ragazzi senza alcuna speranza, che contro ogni aspettativa ha resistito a tante difficoltà. Siamo qui oggi, per dimostrarti che puoi ancora essere orgoglioso di noi anche da lassù. A Roberto!» tutti sollevarono i loro calici. Tutti bevvero avidamente a eccezione di Misako. Mary che le sedeva vicina se ne accorse immediatamente.
«come mai non bevi?» le domandò interessata.
«a dire il vero…» si sfiorò la pancia ancora piatta.
«non dirmi che…» proseguì sorpreso Eichi voltandosi nella sua direzione, con il bicchiere ancora a mezz’aria.
«Si, aspettiamo un bambino» gli confermò Hiro con sorriso che andava da orecchio a orecchio.
«Ma è meraviglioso! Cosa stavate aspettando a dircelo?» domandò Yori entusiasta, cullando uno dei due gemelli tra le braccia.
«A saperlo prima avremmo brindato anche a questo lieto evento!» aggiunse Eichi.
«Adesso non esagerate!» Misako era rossa come un cocomero.
«e cosa ci sarebbe da festeggiare? Credetemi, non sapete ancora a cosa andate in contro! fare i genitori non è facile come sembra. Mi sorprendo di te Eichi, non dovresti incoraggiare cose di questo tipo!» proseguì Rio mentre, in giacca e cravatta con il bavaglino umido di rigurgito all'altezza del petto, cercava di dare il biberon al secondo dei suoi gemelli. Conciato in quel modo non era proprio il massimo della raffinatezza.
«cosa vorresti dire?» lo fulminò Yori. Rio sollevò gli occhi al cielo, sospirando rumorosamente.
«Hiro, ascoltami» disse puntandogli il biberon contro «il peggio arriverà di notte. Preparati perché ogni due ore verrai svegliato da quei lamenti terrificanti… Dio solo sa cosa faccio ogni notte per farli tacere. Credimi, non importa quanto tu sia bravo a cantare, quelle piccole pesti non si fermeranno …»
«Non dire stupidaggini, quando canto loro la mia ninnananna si addormentano come sassi in pochi secondi.» osservò stupita Yori riponendo con cura la piccola Nami nel passeggino.
«E’ evidente che i piccoli hanno un buon orecchio musicale.» si intromise JJ con un sorriso beffardo.
«Cosa vorresti insinuare?» lo fulminò Rio minacciosamente mentre cercava di far fare il ruttino al suo piccolino. Nell'insieme le sue minacce si rivelarono poco credibili.
«Nulla. Semplicemente penso abbiano ereditato un ottimo gusto musicale.» tutti scoppiarono a ridere spudoratamente, mentre il volto di Rio si faceva rosso di rabbia e umiliazione.
«ricordati che adesso sono io il direttore della Kings Record, non ti conviene fare tanto lo spiritoso» Yori gli mollò un calcio sotto il tavolo.
«Ahio!»
urlò massaggiandosi con la mano libera il polpaccio. «Rio, finiscila di comportarti come un bambino. Sei peggio dei nostri gemellii messi insieme!» lo rmproverò la giovane al suo fianco. JJ scoppiò a ridere di gusto, tenendosi stretto lo stomaco tra le braccia.
«Mi dispiace Rio, ma finché avrò Yori dalla mia parte potrò prenderti in giro quanto vorrò» si asciugò una lacrima dall'occhio destro...
«ringrazia che non posso alzarmi!»
«guarda, con quel bavaglino mi fai proprio paura!» Rio stava per sollevarsi e fare a brandelli il viso liscio da preadolescente di JJ, quando Daisuke si intromise tra di loro.
«Yuki, senti un po’….» intervenne, richiamando il più giovane, prima che Rio potesse sollevarsi dalla sedia, « quando avete intenzione di mettere su famiglia tu e Akiko? A questo punto direi che, a parte noi, mancate solo voi due!»
JJ perse in un solo istante tutta la sua spavalderia. Rio, sogghignò soddisfatto. Daisuke lo aveva messo in difficoltà. Akiko allo stesso tempo, diventò rossa come un peperone. Con un movimento timido e misurato della mano si portò un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Anche JJ, abbassò lo sguardo messo con le spalle al muro da quella domanda inattesa. Daisuke sapeva proprio dove colpirlo per farlo tacere. Contro ogni previsione prese la parola Akiko, «In realtà è come se già l’avessimo» confessò con una voce delicata e sommessa.
JJ, le sorrise grato. Sapeva di cosa stava parlando.  
«Akiko ha ragione, quei ragazzini all'orfanotrofio ci fanno uscire pazzi. Però devo ammettere che siamo orgogliosi di loro. Di tutti loro» confessò con occhi lucidi JJ.
 «Sapete, sono tutti dei fan di JJ. » rivelò agli altri Akiko con una punta d’orgoglio.  «ce ne è uno poi che canta in continuazione cercando di imitarlo».
«Dovrei iniziare a preoccuparmi. Adesso sei diventato l’onissan di qualcun’altro. Sono quasi geloso sai?!» confessò Eichi divertito.
«ora non esagerare fratellone…», reclinò il capo in soggezione. «E invece fa bene a esagerare. Dovete vedere l'orfanotrofio quando arriva lui. tutti corrono entusiasti come se fosse appena arrivato babbo natale con tutti i doni. Devo ammetterlo, riscuote davvero un grande successo tra i bambini…» aggiunse Akiko sollevando il mento fiera del suo ragazzo.
«Ci avrei scommesso, dopotutto tra bambini si ci capisce subito, non è così JJ?» lo punzecchiò Rio.
«sarà, ma perlomeno quando canto io nessun bambino piange…» puntualizzò l'altro con l’aria vincente di chi sa di aver toccato il tasto giusto.
«Ehi, tu! piccoletto!» provò a sollevarsi Rio, ma ahimè Yori si intromise ancora una volta. Trattenendolo per la maglietta lo costrinse a prendere posto nuovamente sulla sedia.
«Non è cambiato proprio niente» sospirò  Eichi felice.
«Direi di iniziare a mangiare altrimenti la pasta si fredda…» invitò tutti Mary.
In quell'aria leggera e gioiosa, tutti iniziarono a consumare il loro pasto.
L’uomo seduto sul tetto di quella casa piena di Rose si godeva lo spettacolo ridendo di gusto.
«Roberto, adesso dobbiamo andare…» lo spronò la donna con i folti capelli neri e gli occhi verdi brillanti al suo fianco
«Dai Clara, solo un altro poco»
«Ogni anno è sempre la stessa storia, devo letteralmente trascinarti via… Questa volta però, glielo spieghi tu ai piani alti» sospirò ritornando a sedersi accanto all'amico.
«Un giorno mi devi spiegare come si fa ad entrare nei sogni degli altri, mi piacerebbe comparire in un sogno di JJ per tirargli una buona volta quelle orecchie a sventola che si ritrova. Quel ragazzo ha proprio bisogno di una bella lezione. Non dovrebbe mancare di rispetto a chi è più grande di lui» Clara riuscì a trattenere a stento un sorriso scettico.
«d’accordo, ma devi promettermi che non sarai troppo duro con lui.»
Roberto si sollevò incrociando le braccia.
«Non posso prometterti nulla! Quel ragazzo è davvero… è davvero…» esitò.
«Non riesci proprio a dirlo che sei orgoglioso di lui e di tutti loro?…»
«Beh, si. Forse la verità è che non riesco ancora ad accettare di non poter far più nulla per loro…»
«fidati, gli hai dato così tanto amore che gli basterà per tutta la loro vita. Adesso però dobbiamo proprio andare…»
«Non pensi anche tu che siano meravigliosi?» chiese con sguardo commosso.
«Certo che lo sono. I nostri nipotini sono bellissimi.»
«Adesso dobbiamo andare.» continuò con una certa fretta Clara. Avevano i minuti contati.
«Ma come fai? Io ogni volta che li vedo non riesco a trovare la forza di andarmene.
 «Roberto arriva sempre il momento in cui capisci che devi lasciarli andare. Dopotutto questo è il nostro nuovo ruolo nelle loro vite. Compariamo quando hanno bisogno di noi e ci dissolviamo nell'aria quando non serviamo più. Anche se loro non potranno mai saperlo noi saremo lì a consolarli e ad amarli come abbiamo sempre fatto.»
L’uomo acconsentì rinfrancato dalle parole rassicuranti dell'amica.
«Va bene, adesso sono pronto!» lei le sorrise ancora una volta, poi prendendosi per mano le due sagome si dissolsero nell'aria come nuvole di fumo.
Il loro amore non li avrebbe mai abbandonati. 




NOTE:
Siamo arrivati alla fine, ancora non riesco a crederci. Spero che il mio racconto vi abbia emozionato o se non altro allietato nei momenti di pausa dal trantran quotidiano. Credo siano d'obbligo, a questo punto, alcuni ringraziamenti. In primis vorrei ringraziare Giulia, mia prima sostenitrice. Grazie al suo incoraggiamento ho trovato la forza di pubblicare questa storia. Continuando, vorrei ringraziare chi instancabilmente ha lasciato dei commenti ai vari capitoli. Per finire, ma non meno importanti, vorrei ringraziare i lettori silenziosi e tutti coloro che hanno seguito questa storia fino all'inevitabile parola FINE. Grazie a tutti e al prossimo racconto. 
Con affetto
Monijoy 1990

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