Perfect imperfection

di setton
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** 1) ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


Troppo buono, troppo perfettino, troppo tutto secondo gli altri.
Ma sono veramente così?
Io non penso sia sbagliato aiutare gli altri, l’ho sempre fatto, con un sorriso sul volto sono sempre stato altruista, mi piaceva aiutare gli altri, davo consigli a tutti, senza chiedere nulla in cambio.
Forse però avrei dovuto far vedere veramente come stavo, mi sentivo veramente solo, mi usavano tutti.
Come se fossi un pezzo di carta, usato e poi buttato, nessuno capiva che volevo dell’amicizia.
Lui, però, non mi aveva mai chiesto nulla, si era messo al mio fianco, mi aveva aiutato, mi aveva fatto capire cosa voleva dire voler bene a qualcuno veramente, però quell’amicizia si era trasformata in altro, non avrei voluto perché, maledizione non volevo essere gay, nessuno mi avrebbe accettato, o almeno così pensavo, però quando ero in sua compagnia tutto ciò non m’importava. Tenevo per me i miei sentimenti, non volevo perderlo come amico, non volevo rovinare tutto dicendogli che ero fottutamente gay e che ero innamorato di lui, che volevo passare la vita a baciarlo, era meglio così.
Il fatto è che grazie a lui avevo anche capito cosa significava amare qualcuno, ogni giorno che passavamo assieme mi innamoravo sempre di più.
Ho iniziato ad arrossire più spesso in sua presenza, quando mi abbracciava innocentemente il mio volto diventava rosso, mi odiavo, volevo poterlo controllare, ma non riuscivo.
Alle volte scherzava sul fatto che potessi essere innamorato di lui, in realtà avrei voluto urlargli che era così, che le sue attenzioni mi facevano innamorare di lui sempre di più, che arrossivo per i miei sentimenti, ma stavo zitto, tutto per non ferirlo, tutto per non perderlo, perché sapevo che a lui piaceva una ragazza, parlava spesso di lei, mi sentivo vuoto quando lo faceva, ma cercavo di tenerlo per me.
Dicevo che un giorno probabilmente quei sentimenti sarebbero scemati, che l’avrei dimenticato, ma eccomi qui 4 anni dopo, ancora innamorato di lui, ancora sperando di essere notato.

L’unica cosa che avevo notato pian piano era che lui parlava sempre meno di quella ragazza, e l’avevo sorpreso a guardarmi alle volte, ma mi dicevo che non fosse nulla, che probabilmente avevo i capelli scompigliati, e prontamente mi toccavo i capelli per rimetterli al loro posto, non volevo apparire ridicolo davanti a lui, anche se avevamo dormito insieme un’infinità di volte, mi aveva visto nei modi peggiori, con la febbre, a contorcermi dal dolore, perfino con un braccio rotto, questo era successo perché stavamo facendo gli idioti ed ero caduto come una pera cotta, me ne vergognavo ogni volta che ci pensavo, doveva aver pensato giustamente che ero stupido, ma non mi aveva preso in giro, mi aveva aiutato a rialzarmi e non aveva detto nulla neanche sulle lacrime che mi erano scese per il dolore, lui invece non aveva mai pianto davanti a me, ma io ero quello debole alla fine, io ero quello emotivo, io ero quello che arrossiva e che era innamorato del suo migliore amico.

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Capitolo 2
*** 1) ***


7 e 45 era già arrivata l’ora di alzarsi, un'altra giornata di lavoro stava iniziando, quel giorno non avevo lezione all’università, ma avevo comunque il lavoro e quel giorno avevo il turno più stancante, quello dalle 9 alle 16, era straziante visto che i peggiori clienti arrivavano a quell’ora.
Mi alzai dal letto e mi feci una doccia veloce, infilai un paio di jeans chiari e una camicia bianca abbottonata fin quasi alla fine. Mi guardai allo specchio, presi le chiavi ed il cappotto e uscii di casa, erano già le 8 e 30, mezz’ora per arrivare alla caffetteria, bere il mio caffè e iniziare il turno, fortuna che in 5 minuti con la macchina arrivavo a lavorare.
Appena arrivato l’odore del caffè m’investì, dissi ad Eren che era già dietro al bancone di farmene uno doppio, quel pomeriggio subito dopo il lavoro dovevo uscire con Jean per andare a comprare il regalo di compleanno a Mikasa, io non avevo neppure voglia di andare alla sua festa di compleanno, ero già sicuro di cos’avrebbe fatto Jean ed io alla fine l’avrei dovuto portare a casa.

La mattinata tutto sommato andò bene finché non arrivarono le solite ragazzine che avevano sempre da ridire sugli ordini, amavano mettermi in difficoltà, fortunatamente ho sempre avuto tanta pazienza, infatti anche quel giorno andò bene, verso le 3 e 30 lui entrò, i suoi soliti capelli, il suo solito sguardo, cercava di fare il figo ma non c’è mai riuscito, almeno non agli occhi delle ragazze, ai miei occhi è sempre figo.
Eren e Jean come di loro solito non si sopportavano, iniziarono una discussione su non so neppure io cosa, ma per fortuna il mio turno finì in fretta e mi tirai dietro Jean per andare al centro commerciale.
-Non capisco come fai.- mi chiede, io faccio finta di non capire, ma ho capito benissimo a cosa allude
–a far cosa?- gli chiedo di rimando
–a sopporta Jeager, è insopportabile, pensa di sapere tutto lui- mi fa un po’ ridere, non si rende neanche conto che non vanno d’accordo perché anche lui alle volte fa così, si comporta come se sapesse tutto.
 –Io lo trovo simpatico – risposi. Il discorso Eren si chiuse li, iniziammo a cercare un regalo per Mikasa, probabilmente una nuova sciarpa non l’avrebbe accettata, non si separava mai da quella rossa che aveva, neanche d’estate, optammo per un braccialetto d’argento, sperando che le sarebbe piaciuto.

La sera stessa si sarebbe tenuta la festa, ci separammo per andarci a cambiare, non potevo presentarmi ancora con i vestiti che avevo indossato a lavoro e volevo farmi una doccia, arrivato a casa mi buttai 10 minuti sul divano controllando la segreteria telefonica, se mi avesse chiamato nessuno, trovai solo un messaggio dei miei genitori e uno di Armin che mi chiedeva gli argomenti del corso di lettere, era mancato all’ultima lezione a causa di una visita dal dottore che doveva fare suo nonno, quel ragazzo era sempre occupato a prendersi cura di suo nonno.
Mi infilai in bagno e mi iniziai a spogliare, accesi l’acqua e mi buttai sotto al getto caldo, era rilassante dopo una giornata lavorativa, ma mancava 1 ora all’appuntamento sotto casa con Jean, quindi cercai di essere il più veloce possibile, chiusi il getto d’acqua e uscii dalla doccia ancora gocciolante, mi avvolsi un asciugamano alla vita e mi tamponai i capelli con un altro, mi diressi in camera e aprendo l’armadio cascarono vari vestiti in terra, dovevo proprio mettere in ordine, se fosse venuto qualcuno probabilmente avrebbe visto tutto quel casino e si sarebbe spaventato. Ma perché poi qualcuno avrebbe dovuto aprire il  mio armadio? Riprendendo il filo dei miei pensieri presi dei boxer neri e me li infilai, per poi cercare qualcosa da mettermi, decisi per dei semplici pantaloni neri e per una felpa, faceva abbastanza freddo quella sera, fortunatamente la festa si sarebbe tenuta in casa. Sentii il campanello di casa suonare, ero forse in ritardo? Guardai l’orologio ma a quanto pare mancavano 20 minuti all’appuntamento, andai ad aprire la porta e trovai Jean, lo feci entrare, aveva il naso rosso, indossava il suo solito cappotto, una sciarpa bianca e dei semplici guanti bianchi anch’essi.

-sei in anticipo- gli dissi, si tolse i guanti ed il cappotto e mi sorrise.

-mi stavo congelando aspettandoti qui fuori, penso nevicherà-
-mi sistemo i capelli e sono pronto, intanto se vuoi mangia qualcosa- mi diressi nell’altra stanza per finirmi di preparare.
Facevo sempre come se tutto fosse normale fra di noi, ogni volta nascondevo il fatto di essere innamorato di lui. In pochi minuti finii di prepararmi, ma la festa non sarebbe iniziata prima di mezz’ora, quindi avevamo ancora 15 minuti prima di dover uscire di casa, uscito dalla mia camera lo trovai seduto scompostamente sul divano che guardava la tv, mi fermai un attimo a rimirarlo, era veramente un bel ragazzo, anche se poi aveva un caratteraccio.
-Sono pronto- dissi, lui si girò verso di me e poi mi fece segno di sedermi –abbiamo ancora tempo e stavo aspettando il meteo in tv per vedere se nevicherà- mi misi seduto vicino a lui mordendomi il labbro inferiore, i silenzi fra di noi non erano imbarazzanti ormai, mi ero abituato, ed io non sono mai stato uno che parlava molto.
Appena appreso che non avrebbe nevicato quella sera ci infilammo i cappotti e le sciarpe per poi andare verso la mia macchina.

La festa era appena iniziata, Mikasa ci aprì la porta e le consegnammo il regalo, io mi andai a prendere da bere mentre Jean come di suo solito si mise a flirtare con la festeggiata e con altre ragazze, trovavo abbastanza fastidioso questo suo comportamento ma mi ero abituato.
Una ragazza, non so neppure chi sia, mi si avvicinò e iniziò a parlarmi, doveva già essere ubriaca, mi stava sempre più addosso, io poggiato contro il muro non potevo fare molto annuivo, davo risposte veloci o sorridevo, ma mi sentivo a disagio, finché non arrivò Armin che mi portò via da quell’inferno.

Erano già le 23, avevo continuato ad osservare Jean, aveva già bevuto molto, io dovevo portarlo a casa, ma in quelle condizioni non poteva presentarsi a casa sua, viveva ancora con sua madre dopotutto, mi avvicinai a lui e gli tolsi il bicchiere dalle mani, lui mi guardò male, per quanto una persona ubriaca possa guardare male qualcuno.

-ridammelo!- disse lui.  –hai bevuto abbastanza per stasera direi- lo presi per un polso obbligandolo ad uscire –direi che è arrivata l’ora di tornare a casa – salutai tutti e lo condussi in macchina nonostante le proteste, gli misi la cintura di sicurezza e salii anche io, lui accese la radio ed iniziò a cantare, era anche divertente vederlo ubriaco se faceva solo queste cose, il peggio era quando litigava con Eren, anch’egli ubriaco, finivano quasi sempre per fare a botte.
Arrivammo davanti casa sua e mi iniziò a guardare preoccupato – posso stare da te? Ti prego..- anche se era ubriaco la paura di sua madre superava tutto, risi sotto ai baffi e riaccesi il motore della macchina avviandomi verso casa mia, appena arrivati lo aiutai a scendere e subito chiusi la macchina, gli presi la mano, che gesto audace da parte mia, se non fosse stato ubriaco non l’avrei mai fatto e speravo che non se lo sarebbe ricordato e se anche fosse speravo che non fraintendesse. Lo condussi nell’ascensore e poi dentro casa, iniziò a togliersi i vestiti finché non rimase con la maglietta a maniche corte e i boxer, diceva sottovoce di aver caldo, io dal canto mio lo guardavo e speravo che il mio rossore non si vedesse al di sotto delle lentiggini, corsi in camera mia a prendergli un paio di pantaloni del pigiama, tornando indietro glielo lanciai e mi girai dall’altro lato. –mettitelo, fa freddo e non puoi andare in giro mezzo nudo.-  ero ancora girato quando lui mi si avvicinò e mi abbracciò da dietro, non me l’aspettavo quindi arrossii ancora di più di quanto non lo fossi –c-che fai?- dissi, ero veramente imbarazzato cercando di spostarmi da quel contatto, non potevo approfittarmi di lui, mi liberai e mi girai, in quel momento però lui mi spinse contro al muro e si avvinghiò di più a me –smettila!- urlai, si sarebbe pentito di tutto ciò quando sarebbe tornato sobrio.
Lo spinsi via e mi andai a chiudere in bagno, quello stupido non sapeva che effetto mi faceva anche solo stargli vicino, cretino, cretino, cretino!


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Mettiamo in chiaro che è la prima volta che scrivo in prima persona e che è solo una prova, è un casino, siate clementi con me ;_; 

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