Capitolo 2
Ogni sua sillaba flirtava. Dico sul
serio, mi eccitava. Non
avevo idea che i
ragazzi potessero
eccitarmi… cioè, non nella vita vera.
Ammetto che però qualche sega davanti a video porno gay me
l’ero fatta, ma è un
segreto.
Una ragazzina più piccola
ci è passata vicino. «Come va, Allyson?»
le ha chiesto
lui. Lei ha sorriso e borbottato:
«Ciao, Harry.»
Chissà se lui faceva
questo effetto a tutte le ragazze. Ma
domanda ancora più importante, chissà
se
a lui piacevano le ragazze.
«Una del
Memorial» ha
spiegato lui, interrompendo i miei
pensieri poco filosofici.
Il
Memorial era il
grande ospedale coi laboratori di ricerca.
«Tu in quale vai?»
«Al Pediatrico»
ho detto, con voce più esile di quanto mi
aspettassi. Lui ha
annuito. La conversazione
è parsa finire lì. «Be'» ho
detto,
accennando agli scalini
che ci portavano fuori dal Cuore
Letterale di Gesù. Ho
inclinato il carrellino sulle
ruote e ho cominciato a camminare.
Lui si è messo a
zoppicarmi accanto. «Ci
vediamo la prossima volta,
magari?» gli ho chiesto.
«Dovresti vedere un film
comico» ha detto.
«Okay» ho detto.
«Appena torno a casa.» chissà
perché un
film comico.
«No. Con me. A casa
mia» ha detto. «Adesso.»
Mi sono fermato. Le mie guance hanno
cominciato ad andarmi a
fuoco e finalmente capii cosa la gente intendeva con la frase sulle
“farfalle nello
stomaco”.
«Quasi non ti conosco,
Harry Styles. Potresti essere un assassino
psicopatico.»
Lui ha sorriso. «Oh, Louis
William, dovresti imparare a
divertirti ogni tanto.»
Mi è passato davanti, le
spalle che gli riempivano la polo
verde, la schiena diritta, il passo leggermente aritmico sul lato
destro, mentre camminava sicuro e
baldanzoso su quella che
ero sicuro fosse una
gamba finta. Fui colpito da un
profumo pungente, simile alla
fragranza di un pino.
L'osteosarcoma
a
volte ti prende un arto per scoprire chi sei. Se poi gli piaci, si
prende il
resto.
L'ho seguito di sopra, perdendo
terreno dato che salivo
lentamente: le scale non
sono il posto ideale per i miei
polmoni.
E poi eccoci fuori dal cuore di
Gesù, nel parcheggio, con
l'aria di primavera
perfetta seppure un po' pungente, la
luce del tardo
pomeriggio paradisiaca e
struggente.
La mamma non c'era ancora: strano,
perché era quasi sempre
lì ad aspettarmi.
Mi sono guardato intorno e ho visto
che una ragazza bruna,
alta e formosa aveva
bloccato Niall contro il muro di
pietra della chiesa e lo
stava baciando in modo
piuttosto aggressivo. Non erano molto
lontani, tanto che
riuscivo a sentire gli
strani rumori che facevano le loro
bocche unendosi, e lui
che diceva «Sempre» e
lei che diceva
«Sempre» in risposta.
Harry mi è spuntato
accanto tutto di colpo, e ha sussurrato:
«Credono
fermamente nelle pubbliche
manifestazioni di affetto.»
«Perché quei
“sempre”?» I rumori di lingue
attorcigliate
sono cresciuti.
«Sempre è la
loro parola. Si ameranno per sempre e così via.
In un calcolo
approssimativo per difetto, direi che
si sono messaggiati la
parola sempre quattro
milioni di volte nell'ultimo
anno.»
Sono arrivate altre due auto, che
hanno portato via Michael
e Allyson. Eravamo
rimasti solo io e Harry, e guardavamo
Niall e Adele che si
davano da fare
come se non fossero schiacciati
contro un luogo di culto. La
mano di lui ha
cercato la tetta di lei sopra la
maglietta e l'ha stretta,
il palmo fermo, le dita che
esploravano tutto intorno.
«Immagina di fare
quell'ultimo viaggio in ospedale» ho detto
piano. «L'ultima
volta che potrai guidare
un'auto.»
Senza voltarsi a guardarmi, Harry ha
detto: «Così mi ammazzi
le vibrazioni,
Louis William. Sto cercando di
contemplare un amore giovane
in tutta la sua
splendida goffaggine.»
«Credo che le stia facendo
male alla tetta» ho detto.
«Sì, non si
capisce se stia cercando di eccitarla o di farle
un esame diagnostico
al seno.» Poi Harry Styles
si è infilato la mano in tasca e
di tutte le cose
possibili ha tirato fuori un
pacchetto di sigarette. Ha
fatto scattare il coperchio e si
è messo una sigaretta fra
le labbra.
«Non ci posso
credere» ho detto. «Pensi che sia figo? Oh,
mio Dio, hai appena
rovinato tutto.»
«Tutto cosa?» mi
ha chiesto, voltandosi verso di me. La
sigaretta gli pendeva
spenta dall'angolo non sorridente
della bocca.
«Quel tutto per cui un
ragazzo che è non poco attraente e
non poco intelligente,
insomma, non inaccettabile, mi fissa
e sottolinea un uso
scorretto della letteralità
e mi chiede di andare a vedere un
film a casa sua. Ma
naturalmente c'è sempre
una hamartia, e la tua evidentemente
è questa. Voglio
dire, anche se AVEVI UN DANNATO
CANCRO, dai soldi a una
multinazionale
del tabacco in cambio della
possibilità di farti venire
ANCORA PIÙ CANCRO.
Oh, mio Dio. Lasciami solo dirti che
non essere in grado di
respirare sai cosa fa?
SCHIFO. Che delusione. Che delusione
totale.»
«Una hamartia?»
ha detto lui, la sigaretta ancora in bocca.
Gli faceva sporgere
più in fuori la mascella.
E aveva una mascella fantastica,
purtroppo.
«Un'imperfezione
fatale» ho detto, voltandomi dall'altra
parte. Sono partito
verso il marciapiede lasciandomi
Harry Styles alle spalle, e
a quel punto ho
sentito una macchina arrivare. Era la
mamma. Aveva aspettato
che io mi facessi
degli amici o roba del genere.
Ho sentito una miscela di delusione e
rabbia montarmi
dentro. Non so
nemmeno che sentimento fosse,
davvero, so solo che ce n'era
tanto, e volevo
tirare ad Harry Styles uno schiaffo
ma anche scambiare i
miei polmoni con
due polmoni che come polmoni non
facessero schifo. Ero lì in
piedi con le mie
Vans sul ciglio del marciapiede, la
bombola di ossigeno
fissata al carrellino, e
nel momento in cui mia madre
è arrivata ho sentito una mano
afferrare la mia. Ho dato uno strattone per liberarmi, ma mi sono
voltato verso
di lui.
«Non ti uccidono, se non le
accendi» ha detto mentre la
mamma fermava l'auto
praticamente attaccata al cordolo.
«E non ne ho mai accesa
una. È una metafora,
sai: ti metti la cosa che uccide fra
i denti, ma non le dai
il potere di farlo.»
«È una
metafora» ho detto, dubbioso. La mamma temporeggiava.
«Proprio così,
una metafora» ha detto lui.
«E quindi tu ti
comporteresti in un modo rispetto a un altro
sulla base delle
risonanze
metaforiche…» ho detto.
«Oh,
sì.» Ha sorriso. Il suo sorriso largo, quello
vero,
quello buffo. «Sono un
devoto credente nella metafora, Louis
William.»
Mi sono voltato verso l'auto. Ho dato
un colpetto al finestrino.
Si è abbassato.
«Vado a vedere un film con Harry
Styles» ho detto. «Per
favore, registrami i
prossimi episodi della maratona di
XFactor.»
Spazio
autrice:
Siccome
ho visto che in pochissimo eravamo già a 60 letture e 4
recensioni, ho deciso
di aggiornare stasera. Piano piano cerco di cambiare sempre
più cose.
Come vi
ho già detto nel capitolo precedente, se notate qualche
errore, avvisatemi
subito, che almeno correggo. Se avete qualche idea da consigliarmi per
il
continuo, soprattutto chi ha già letto o visto
l’originale, scrivetemi pure!
3°
capitolo a 5 recensioni!
Dwy.
PS: nel
mio profilo trovate anche un’OS sempre Larry che ho scritto
ispirandomi alla
canzone Amnesia dei 5 Seconds Of Summer. Mi farebbe piacere se ci
passaste.
Grazie mille ancora!
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