Pirates of the Caribbean: The New Era

di ValeDowney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luna, la figlia di Barbossa ***
Capitolo 2: *** Hector si trova un lavoro ***
Capitolo 3: *** Primo giorno di lavoro ***



Capitolo 1
*** Luna, la figlia di Barbossa ***


Si sa, il destino gioca molto sulle vite delle persone, a volte anche cambiandole; è proprio ciò che è successo al Capitan Jack Sparrow ed al Capitan Hector Barbossa, i due più famosi e spietati pirati dei Caraibi.

 

La Dea Calypso, con una sua potente magia, ha trasportato i due pirati ai giorni nostri: essi, però, non trovandosi più nella loro epoca, hanno dovuto ambientarsi; fortunatamente per loro, due ragazze e sorelle li hanno aiutati, ospitandoli nel loro appartamento.

 

Christine e Marie, questi i nomi delle due ragazze, hanno cercato di insegnare tutto quello che c’era da sapere ai due pirati ma, Hector e Jack, non sono affatto due tipi facili da cambiare.



Con il passare dei mesi, il rapporto tra i quattro è molto cambiato, tanto che, si sono fidanzati. Ma il pericolo è sempre dietro ogni angolo, e Cutler Beckett e la Compagnia delle Indie Orientali, attraverso una porta spazio – temporale, riescono, anche loro, ad arrivare ai giorni nostri, cercando Hector e Jack, per poi ucciderli.


 

I nemici trovano i pirati e, con loro sorpresa, vedono che, con loro, ci sono anche due ragazze; Beckett ed i suoi uomini le rapiscono, nascondendosi, poi, in un magazzino abbandonato e fuori dalla città.

 

Per fortuna di Hector e Jack, la Dea Calypso indica loro dove sono nascoste le loro fidanzate, in cambio, però, di una cosa: che, a battaglia finita, i due pirati, per amore delle ragazze, ritornino indietro nel tempo, nella loro epoca. Hector e Jack, accettano il patto e, così, inizia una dura battaglia contro il nemico; battaglia nella quale, però, Christine, la fidanzata di Hector, rimane gravemente ferita. In un attacco di rabbia, Hector uccide Beckett e, come per magia, gli altri membri della Compagnia, svaniscono.

 

In fin di vita, Christine confessa ad Hector di essere incinta e, che il figlio che vi nascerà, sarà suo. Hector non può sopportare che la ragazza che lo ha aiutato per tutti quei mesi, e della quale si è innamorato, sta morendo tra le sue braccia e, così, la bacia; poi, Christine chiude, per sempre, gli occhi; ma, ecco, che compare nuovamente Calypso che ridà la vita a Christine.

 

Avendo dimostrato grande amore nel confronto delle loro ragazze, Calypso premia i due pirati, facendoli rimanere, per sempre, con loro. Passano altri mesi, ed Hector e Christine si sposano, con Jack e Marie come loro testimoni.

 

Un anno dopo, nasce la loro prima ed unica figlia, la quale viene chiamata Luna, in segno della Luna piena, di quando Hector aveva la maledizione. Ed ecco, che ritorniamo al presente, dove dalla nascita della figlia di Hector e Christine, sono passati esattamente altri tre anni; è una bellissima giornata di Settembre: il sole era, quasi, alto in cielo e gli uccellini cinguettavano sugli alberi.

 

 I raggi del sole, entrarono, lentamente, dentro alla finestra di una delle camere da letto di una piccola casetta in periferia; contornata da palme tropicali e da un piccolo laghetto; quest’ultimo, costeggiato da un sentiero, che conduceva ad un parco lì vicino. Ad un certo punto, la porta di questa camera da letto si aprì ed entrò una piccola bambina dai capelli rossicci e con gli occhi azzurri come il mare. Questa bambina, piano, piano ed in punta di piedi, si avvicinò al letto dei suoi genitori, i quali erano addormentati uno abbracciato all’altra; la piccola, andò dalla parte del suo papà, per poi, gridare: “ Primo giorno di asilo ! Primo giorno di asilo !”.

 

Per l’improvviso gridare, i due si spaventarono, tanto che Hector, prese la sua pistola dal comodino e disse: “ Chi è ?! Dove è scoppiato l’incendio ?! Portate in salvo tutta la ciurma !”.

 

 Luna rise e, poi, disse: “ Papà, ma che dici: non c’è nessun incendio e, soprattutto, non c’è nessuna ciurma”.

 

Hector e Christine, allora, voltarono lo sguardo verso la loro figlioletta e Christine replicò: “Luna, quante volte te lo abbiamo detto, io ed il papà, che non devi venire qua e gridare ?!”.



 “Tante” disse tristemente Luna.



“Con le tue urla, saresti capace di svegliare tutta la città” disse Hector, dopo aver rimesso la pistola sul comodino.



“Perché sei così agitata ?” domandò Christine.



“Ma come, mamma, non dirmi che te ne sei già dimenticata: oggi è il mio primo giorno di asilo” rispose Luna.



“Il tuo primo giorno di asilo ?! Oh, tesoro, ma perché non ce lo hai detto prima ?! Ti vado a preparare subito la colazione” disse Christine e scese velocemente dal letto, dirigendosi in bagno.



“E, così, è il tuo primo giorno di asilo, eh ? E che cosa pensi di fare, quando sarai là ?” chiese Hector.



“ Bé, giocherò ed ascolterò quello che mi diranno le maestre; e, naturalmente, ci saranno anche tanti bambini e bambine con i quali fare amicizia” rispose Luna.



“Tutte cose molto belle, cuccioletta” disse sorridendo Hector.



“Ma papà, tu non ci sei mai stato all’asilo ?” domandò Luna.



“Sì…sì…certo che ci sono stato: tutti i bambini ci vanno, no ?” rispose titubante Hector.



In realtà, Luna era totalmente ignara che il suo papà era un pirata, anche perché Hector e Christine hanno giurato di non raccontarle la verità, finché non sarà pronta per saperla.



Christine, infatti, era riuscita a cambiare Hector esteriormente, facendolo vestire da “persona normale”, anche se il suo vestito da pirata era nell’armadio, ma internamente aveva, pur sempre, l’animo da pirata e, di fatti, aveva questo strano modo di parlare che a Christine piaceva, mentre a Luna faceva ridere; e, stessa cosa, accadeva anche per Jack, anche se lui, ancora non aveva un figlio.



Christine uscì dal bagno e, vedendo che il marito era ancora a letto, gli disse: “ Hector esci subito dalle coperte e vatti a cambiare: siamo già in ritardo” e, mentre scendeva le scale, Hector guardò la radiosveglia sul comodino della moglie e disse: “Ma se sono solo le 6 e 30”.



 “Scendi e non fare storie !” replicò Christine, dalla cucina.



“Sarà meglio che non la faccia arrabbiare: può diventare una belva” disse Hector e, mentre scendeva dal letto, Luna disse: “ No, la mamma non è cattiva”.

“Bé, allora sei fortunata, perché devi averla sempre vista, nei suoi momenti più felici” disse Hector; ma, prima di andare in bagno, guardò meglio la figlia e, poi, le chiese: “Cuccioletta, sei sicura di esserti vestita bene ?”.



Luna si guardò; poi, riguardando Hector, rispose: “Sì, papà, anche perché mi sono vestita da sola; sono stata brava ?”.



 Hector scosse negativamente la testa e, contemporaneamente, sorrise; poi, prendendo la mano della figlia, la condusse, con se in bagno, mentre le disse: “ Visto che, oggi, è il tuo primo giorno di asilo, dobbiamo fare bella figura; quindi, adesso, ci pensa il tuo papà, a farti diventare ancora di più bella”.

Passarono diversi minuti e Christine aveva già terminato di preparare la colazione e, vedendo che gli altri due membri della famiglia non erano ancora scesi, andò ai piedi delle scale e disse: “Hector ! Luna ! Fareste meglio ad essere già pronti, se non volete che vi venga a prendere con la forza !”.



“Arriviamo, mamma” disse Luna e, quindi, Christine, ritornò in cucina.



Di fatti, pochi secondi dopo, Hector e Luna scesero dalle scale e Christine, nel vedere la figlia con dei vestiti diversi da quelli che aveva visto prima, in camera da letto, le disse: “Tesoro, ma come sei bellissima: vedrai, che farai subito colpo su gli altri bambini”.



“Papà mi ha aiutato a vestirmi: ha detto che, essendo il primo giorno di asilo, devo fare bella figura” spiegò Luna, sedendosi a tavola.



“Oh, ma che bravo papà che abbiamo” disse Christine, guardando Hector, il quale disse: “ Voglio che la mia principessina, sia più bella di tutte le altre bambine”.



“Allora, per il papà, stasera ci sarà una bellissima sorpresa” disse Christine, mentre metteva in tavola delle brioche.



“Che sorpresa, mamma ?” domandò Luna.



Hector e Christine si guardarono preoccupati negli occhi; poi, dopo aver riguardato la figlia, Hector le rispose: “ Te lo diremo, quando sarai diventata più grande”.



I tre fecero colazione e, dopo essersi messi le giacche, stavano per uscire quando, una scimmietta, corse giù dalla scale, andandosi a mettere sulla spalla sinistra di Luna, la quale disse: “Jack, non vuole che me ne vada”.



“Jack quante storie che fai: starà via solo per mezza giornata” disse Hector, ma la scimmietta rimase ferma ed immobile sulla spalla della sua padroncina.

“Tesoro, fa qualcosa” disse Christine, rivolta ad Hector, il quale replicò: “ Ma che cosa dovrei fare, secondo te ?!”.



“La scimmietta è tua; vedrai che ti darà ascolto” spiegò Christine.



“Jack, ti prometto che verrai con me, quando andremo a riprendere Luna” disse Hector, rivolto alla scimmietta.



“No, Jack rimarrà qui” replicò Christine.



“Eddai, tesoro, dicevo così solo per farla scendere dalla spalla di Luna” disse Hector.



“Allora, inventati qualcos’altro” disse Christine. Hector sbuffò; e, poi, disse: “ Jack, Luna ritornerà a casa presto e, poi, potrete giocare quanto vorrete”.



“E’ vero, Jack: il papà dice sempre la verità” aggiunse dicendo Luna, guardando la scimmietta la quale, dopo aver emesso un gridolino, scese dalla sua spalla, per andarsi a mettere sul lampadario in salotto.



“Quella scimmietta, prima o poi, mi romperà qualcosa” disse Christine, mentre apriva la porta.



“No, Jack è bravissimo; e, poi, gli ho insegnato a comportarsi bene” spiegò Hector e, dopo che furono usciti, Hector chiuse la porta.



Pochi minuti dopo, i tre arrivarono davanti all’asilo e, mentre Hector e Luna scendevano dalla macchina, Christine, che era alla guida, disse loro: “ Voi, andate pure nel piazzale d’ingresso: io, nel frattempo, vado a cercare un posto” e, dopo che Hector e Luna ebbero chiuso le sportelle, Christine ripartì.

“Vieni, cuccioletta: stare in strada, è molto pericoloso” disse Hector e, dopo aver preso per la mano la figlia, si incamminò verso il piazzale d’ingresso dell’asilo.



“Mamma dice che, per strada, ci sono sempre un sacco di pirati della strada; anche un tempo c’erano i pirati ?” chiese Luna.



“ Certo, piccola mia e, credimi, erano molto più spietati di questi pirati della strada” rispose Hector.



“ Uao ! Sai, papà, mi sarebbe molto piaciuto conoscerne uno” disse Luna ed Hector sorrise.



Poco dopo, i due vennero raggiunti anche da Christine, la quale disse: “Meno male: sono riuscita a trovare un posto, non molto lontano da qui”.



“Forse, facevamo prima se venivamo a piedi” disse Hector.



“Molto spiritoso” disse sarcasticamente Christine.



In quel momento, altre due persone camminarono verso di loro e, una di queste, disse: “ Ehi, piccola canaglia, non penserai di entrare, senza prima avermi salutato, vero ?”.



Luna, Christine ed Hector si voltarono verso queste due persone e, gli occhi di Luna, brillarono di gioia quando li vide e, mentre correva verso di loro, gridò: “Zio Jack ! Zia Marie !” e, corse tra le braccia di Jack, il quale le disse: “ Ehi, bricconcella, pensavi veramente che non saremmo venuti, eh ? Ma lo sai che il tuo caro zio Jack, pensa sempre alla sua nipotina preferita, comprendi”.



“Lo sapevo che venivate; non avevo dubbi” disse Luna.



“Come potevamo non venire ad uno dei giorni più importanti della tua vita ?” disse Marie. Hector e Christine si avvicinarono e loro ed Hector disse: “ Non ti avrei mai creduto di così buoni sentimenti, Jack”.



“Si vede che non mi conosci, ancora, fino in fondo: solo la mia cara e dolce Marie sa come sono e, ovviamente, anche la piccola Luna” disse Jack e, mise a terra Luna, la quale disse: “ Lo sai, zio Jack, che anche l’altro Jack voleva venire all’asilo con me ? Ma il papà e la mamma, gli hanno detto che doveva rimanere a casa ma che, poi, avremmo giocato tutto il tempo che volevamo” spiegò Luna.



“Ed io che avevo pensato di venirti a prendere, per portarti a prendere un gelato al parco, comprendi” disse Jack.



 “Jack !” disse Hector.



 “Oh, suvvia, Hector: lascia che sia Jack che la vada a prendere, così, almeno, passeranno un po’ di tempo insieme” disse Christine.



“ Già, Hector, lasciami la tua piccola canaglia per un po’: d’altronde, non la vedo da molto tempo, comprendi” disse Jack.



 “ L’hai vista lo scorso week end, quando siete venuti a casa nostra” disse Hector.



“E’ passato, comunque, troppo tempo” disse Jack.



“Dai, papà, ti prego: fammi andare con lo zio Jack; ti prometto che farò la brava” disse Luna, guardando con occhi supplichevoli Hector il quale, non riusciva mai a dirle di no; quindi, le disse: “E va bene, potrai andare con lo zio Jack, ma bada di non mangiare troppo gelato perché, oltre a farti male alla pancia, poi, non riuscirai a cenare”.



“Grazie, grazie, sei il papà più buono di tutto il mondo” disse entusiasta Luna abbracciandolo.



“Bene, ti ringrazio Hector e, per questo motivo, ti prometto che te la riporterò a casa tutta intera” disse Jack.



 “ Sarà meglio per te, Jack, se non vuoi che sia tu a non essere più intero” replicò Hector. Jack deglutì per la paura; ma, poi, furono interrotti dai pianti degli altri bambini, che non volevano lasciare i loro genitori: “Oh, no, ci mancava anche questo” disse Jack; poi, guardando Luna, aggiunse dicendo: “ E tu, bricconcella, non provarci nemmeno”.



“Perché dovrei piangere, zio Jack: intanto, non starò per sempre all’asilo” disse Luna.



“Come ti adoro, piccola” disse Jack e l’accarezzò sulla testa.



“Ora è meglio che vai, tesoro, o se no, rischierai di fare tardi” disse Christine, consegnando la cartella a Luna.



“E non dimenticarti che ti verrò a prendere io, per portarti a prendere un gustosissimo gelato, comprendi” aggiunse dicendo Jack.



Luna annuì positivamente la testa e, dopo essersi voltata, si diresse, camminando, verso l’entrata dell’asilo; ma, poi, si fermò e, voltandosi, guardò i suoi genitori ed i suoi zii; poi, con le lacrime agli occhi, corse tra le braccia dei genitori: “ Lo sapevo che, anche Luna, era proprio come gli altri bambini” disse Hector.



“Non dobbiamo pretendere così tanto da lei: in fin dei conti, ha solamente tre anni” disse Christine.



“Ed io, che credevo che, almeno lei, non fosse come gli altri” disse Jack e Marie scosse negativamente la testa.



 Si abbracciarono ancora un po’, finché Christine, staccando la figlia da loro, non disse: “Ora, però, è proprio venuto il momento di andare, piccola e non avere paura: come hai potuto vedere, anche gli altri bambini hanno pianto” e, l’accarezzò su una guancia.



“E, mi raccomando, cuccioletta, fatti tanti amici: rimanere da soli, non è mai bello” aggiunse Hector, accarezzandola, invece, sull’altra guancia.



“ Ci proverò” disse Luna.



 “E se qualcuno dovesse trattarti male, tu reagisci e fagli vedere di che pasta sei fatta” disse Jack.



“Jack !” lo rimproverarono gli altri tre.



“Bé, non sapevo che altro consiglio darle” disse Jack. 



“Se qualcuno dovesse trattarti male, non reagire, ma prova a risolvere la cosa a parole: vedrai che tutto si sistemerà” spiegò Hector.



 “E se poi, invece, non si dovesse sistemare ? Che cosa farò ?” domandò Luna.



“Pensa a qualcos’altro, ma non reagire mai con calci o pugni: la violenza non è mai bella” rispose Hector e Luna annuì positivamente con la testa; poi, rivoltandosi, si diresse, nuovamente, verso l’entrata dell’asilo, mentre anche gli altri bambini vi entravano.



“Credete che si troverà bene ? Insomma, per me, è stato un allontanamento troppo veloce” disse Christine.



“Non preoccuparti, tesoro: la nostra piccolina è in gamba e, vedrai, che andrà tutto bene” disse Hector, mettendo un braccio intorno al collo della moglie.



“Luna è molto intelligente: scommetto tutte le mie scorte di rum, che riuscirà a tenere testa persino alle sue maestre, comprendi” disse Jack.



“Luna deve imparare a comportarsi bene con tutti, soprattutto con quelli che sono più grandi di lei” disse Hector.



“Sì, è vero, ma non dimentichiamoci che, nelle sue vene, scorre sangue di pirata: non è facile tenere a freno lo spirito di avventura e di guai” spiegò Jack.



“Ma Luna non sa che suo padre, ed anche tu Jack, siete dei pirati” disse Marie.



“E non lo saprà, finché non sarà pronta; fino a quel momento, dovrà comportarsi come qualsiasi altra bambina” disse Christine.



“Ma lei è come un’altra qualsiasi bambina, solo che c’è qualcosa in più che la rende speciale” disse Hector.



Intanto, nello stesso momento, Luna si era seduta, insieme a tutti gli altri bambini della sua età, dentro ad un’enorme stanza dove, vi erano anche tantissimi giocattoli: “Chissà che cosa ci faranno fare le maestre” sentì dire da una bambina.



“Mio fratello mi ha detto che, se un bambino non fa il bravo, lo rinchiudono in una gabbia e gli fanno mangiare il cibo da una ciotola” sentì dire, invece, da un altro bambino.



“Ma no, che dici: io, invece, ho sentito dire in giro, che se non fai il bravo, ti rinchiudono a vita nei sotterranei di questo asilo” sentì dire da un altro bambino.



“ Veramente ?!” dissero stupiti alcuni bambini.



L’ultimo bambino che aveva parlato, annuì positivamente con la testa; poi, disse: “ Non vi siete mai chiesti come mai ci sono così pochi bambini alle scuole elementari, qui accanto ? Ce ne sono pochi, perché quelli che hanno finito l’asilo, sono ancora rinchiusi nei sotterranei”.



 In quel momento, nell’aula entrò una giovane signora, vestita con una gonna non molto corta e con un laccio legato ai capelli; dopo che i bambini ebbero tutti l’attenzione su di lei, essa incominciò con la spiegazione: “ Salve a tutti bambini e benvenuti all’Asilo Arcobaleno. Allora, questo è il vostro primo giorno, quindi, per non farvi annoiare troppo, vorrei che veniste qui, accanto a me, e che vi presentiate ai vostri compagni”; quindi, uno dopo l’altro, i bambini si presentarono e, toccò, anche il turno di Luna, la quale disse: “ Ciao, io mi chiamo Luna Barbossa e vivo in una casetta di periferia, insieme alla mia mamma, al mio papà ed alla mia scimmietta Jack. Un po’ più in là di noi, vivono anche mio zio Jack e mia zia Marie”.



“La tua scimmietta e tuo zio hanno lo stesso nome ?!” disse stupito un bambino.



“Già, come è possibile questa cosa ?” chiese la maestra.



“Bé…il mio papà e mio zio Jack sono molto amici e, così, quando mio papà ha preso la nostra scimmietta, ha voluto darle il nome del suo migliore amico” rispose Luna.



“Ahhhhhhhh” dissero gli altri bambini.



“Molto bene, Luna: puoi ritornare al tuo posto” disse la maestra e, mentre Luna ritornava al posto, sedendosi accanto ad una bambina, la maestra chiamò un altro bambino per presentarsi.



 Poco dopo, tutti i bambini, anche quelli un po’ più grandi, erano nella Sala da pranzo per pranzare e, mentre aspettavano da mangiare, Luna chiacchierava con i suoi compagni di tavolo: “ Qui non è, poi, così male” disse un bambino, il quale si chiamava Jean.



“Mi sa tanto che tuo fratello non ti abbia raccontato la verità” disse l’altro bambino, che si chiamava Charlie.



“Luna, ma lo sai che hai proprio un bel nome” disse la bambina, che si chiamava Brenna, che sedeva accanto a Luna, la quale disse: “Grazie, ma anche il tuo è molto bello”.



“Il tuo nome è molto misterioso, così come il tuo cognome: non ho mai sentito uno chiamarsi Barbossa” disse Jean.



“Da quel che ne so, la famiglia del mio papà, è di origine spagnola e, forse, è per questo che qui non si sente molto” disse Luna.



“Non so voi, ma a me, questo cognome, è molto familiare; come se lo avessi già sentito” disse Charlie.



“Charlie, secondo me, tu hai troppo il naso nei libri” disse Brenna.



“Ehi, non sono io quello con il naso tra i libri, ma mio zio: è lui il Professore di Storia Antica, mica io” replicò Charlie.



“Professore di Storia Antica ?!” disse stupita Luna.



“Insegna all’Università di Architettura: sa qualunque cosa; voi potete chiedergli di tutto, che lui vi risponderà senza problema; magari, un giorno di questi, ve lo posso anche presentare” spiegò Charlie.



“Uao !” disse Jean.



Finalmente, le cuoche portarono, nei vari tavoli, da mangiare e, mentre mangiavano, Luna disse: “ Sapete, questa mattina ero così entusiasta di venire qua, che sono entrata nella camera dei miei genitori e li ho svegliati gridando; mio papà ha persino preso in mano la sua pistola”.



“Tuo padre ha preso in mano la sua pistola ?! Ma che è, un killer ?!” disse stupito Jean.



“No ! E’ che lui vuole proteggere me e la mia mamma” disse Luna.



“E vi protegge tenendo una pistola carica sul comodino ?!” disse stupita Brenna.



“Sì” disse semplicemente Luna.



Gli altri tre rimasero a bocca aperta; poi, Charlie disse: “ Scusaci, Luna, ma tuo padre è proprio strano”.



“Bé, di fatti, parla in un modo alquanto strano, con un accento che, ormai, non si usa da secoli; però, alla mia mamma piace” spiegò Luna.



“Sai, dovresti farcelo conoscere; viene lui a prenderti ?” domandò Jean.



“No, viene mio zio Jack, però, anche lui parla nello stesso modo del mio papà; vedrete che ve ne accorgerete subito” rispose Luna.



Il pomeriggio trascorse piacevolmente e, venne il momento per i bambini di ritornare a casa; mentre la maestra era con loro nel piazzale ad aspettare i genitori, Luna chiacchierava con i suoi nuovi amici: “ E dicci, come è tuo zio Jack ?” disse Brenna.



“E’ un tipo normale, anche se ha un sacco di cose strane tra i capelli; non so il perché” spiegò Luna.



“Cose strane del tipo ?” chiese Jean.



“Tipo ciondoli; perline ed anche un lungo bastoncino” rispose Luna.



“Bé, certo che è strano, è proprio strano” disse Brenna.



“ Invece, non è una novità: mi ricordo che, una volta, mio zio mi disse che, tanti secoli fa, portare roba tra i capelli, era come un segno di ribellione verso un’altra società” spiegò Charlie.



“Charlie, ti voglio ricordare che abbiamo quasi quattro anni: incomincia a comportarti tale e non come un ragazzo di Università” disse Brenna.



“Che ci posso fare, se amo molto la storia: da grande, vorrei diventare un Professore proprio come mio zio” disse Charlie.



 In quel momento, Jack camminò verso di loro e, vedendo Luna, disse: “Ehilà, bricconcella, quanto mi sei mancata”.



“Ciao, zio Jack” disse entusiasta Luna e lo abbracciò.



“Ehi, ehi, non stringere così forte o, se no, rischierai di farmi diventare come uno scheletro, comprendi” disse Jack.



Luna si staccò dall’abbraccio; poi, guardando Jack, gli disse: “ Zio Jack, ti voglio presentare i miei migliori amici: ti presento, Jean, Charlie, che è quello intellettuale e Brenna”.



“Molto piacere, bambini” disse Jack, sorridendo.



I tre bambini rimasero a bocca aperta, quando videro i molti denti d’oro che Jack aveva in bocca; quindi, Charlie gli domandò: “ Mi tolga una curiosità, signor Jack, ma come mai ha così tanti denti d’oro ?”.



“Cavoli, ragazzino, la mia nipotina, prima, aveva ragione, quando ha detto che eri quello intellettuale…ho questi denti, perché ho voluto io stesso metterli, comprendi” rispose Jack.



 “Sì…ma…però ci sarà un motivo del perché di questa scelta, no ?” chiese Charlie.



“Charlie, la vuoi piantare ! Se lo zio di Luna non vuole dirti del perché ha tutti quei denti d’oro, saranno affari suoi” replicò Brenna.



“Quando sei cara, tesoro” disse Jack, accarezzando Brenna sulla testa.



“Luna ci ha raccontato che lei, tra i capelli, porta un sacco di roba strana; è vero ?” domandò Jean.



 “Bé, giudica un po’ te, ragazzo” rispose Jack e mostrò ai tre alcune ciocche di capelli.



“Cavolo ! Questo sì che è strano !” disse stupito Jean.



“Strano ?! Ragazzo, per me è assolutamente normale, comprendi” disse Jack, rimettendosi a posto le ciocche di capelli.



 In quel momento, al gruppetto, si aggiunse anche la maestra dei bambini la quale, vedendo Jack, disse: “Oh, lei deve essere il papà di Luna: che piacere conoscerla”.



 “No, io in verità sono Jack, suo zio” disse Jack.



“Oh, mi scusi tanto; che sbaglio che ho fatto” disse la maestra.



 “Non si preoccupi: le belle ragazze come lei, è molto raro che sbaglino” disse Jack sorridendo.



“Oh, grazie” disse la maestra, arrossendo leggermente.



“Ehi, avete visto: la maestra è arrossita; chissà come mai” disse Jean.



“Secondo me, centra lo zio di Luna, vero ?” disse Charlie.



“Bé…mio zio Jack ci sa fare con le donne: credo che sia stato così, che abbia conquistato mia zia Marie” spiegò Luna.



 “Ma lo sai che anche lei è molto bello, signor Jack” disse la maestra.



“Mi chiami semplicemente Jack, signorina” disse Jack.



“E, lei, mi chiami solo Cassy” disse la maestra.



“ Cassy….che nome straordinario ! Pronunciandolo, fa venire un forte calore; come una passione incandescente” disse Jack e la maestra arrossì nuovamente.



“ Cavoli, Luna: tuo zio ha fatto arrossire, nuovamente, la maestra; forse, va bene per mio fratello, che non ha ancora trovato una ragazza decente” disse Jean.



 “Forse, dovresti chiedergli un appuntamento” disse Brenna.



“Ehi, mica male come idea; grazie, Brenna” disse Jean.



“Guarda che io non dicevo per davvero” disse Brenna.



“Se vuole, può venire con me e la piccola a prendere un bel gelato al bar del parco: che ne dice ?” disse Jack.



“No…la ringrazio, ma dovrei andare a casa da mia mamma” disse Cassy.



“Vive ancora con sua madre ?!” disse stupito Jack.



“L’ho presa in casa mia, da quando è morto mio padre: sai, lei è molto anziana e non voglio affatto che viva da sola” spiegò Cassy.



“Ahhh, ora ho capito…bé…sì, ora è tutto più chiaro” disse Jack.



“Vorrà dire che sarà per la prossima volta: intanto ci siamo appena conosciuti, no ?” disse Cassy.



“Sì, sì, sarà per la prossima volta” disse, un po’ tristemente, Jack; poi, guardando Luna, aggiunse dicendo: “ Coraggio, bricconcella: andiamo prima che diano via tutti i gelati” e, dopo che Luna ebbe salutato i suoi amici, e la sua maestra, andarono al parco.



 Poco dopo, mentre entrambi erano seduti su una panchina a mangiare il gelato, Luna disse: “ Alla zia Marie non piacerà”.



“Bé, veniva anche lei a prendere il gelato con noi e non avrebbe fatto storie, comprendi” disse Jack.



“Non mi riferivo al gelato, zio Jack, ma alle sdolcinature che hai detto alla mia maestra” disse Luna guardandolo.



 Jack smise di leccare il gelato e, guardandola a sua volta, le disse: “Adesso ascoltami bene, piccola canaglia: io le facevo quelle sdolcinature, per tirarla su di morale e non di certo per fare colpo su di lei, comprendi”.



“Te lo ha detto dopo, che suo padre era morto” disse Luna.



Jack non replicò; ma, poi, disse: “ D’accordo, mi hai beccato: volevo fare colpo su di lei, ma questo non toglie il fatto che sia molto innamorato della mia Marie”.



“Io non le dirò niente” disse Luna.



“ Davvero ?! Sei un amore, piccola ! Ti adoro !” disse entusiasta Jack.



“Però, se vuoi che tenga veramente la bocca chiusa, voglio qualcosa in cambio” disse Luna.



 “Tale e quale al tuo papà, vero ? Anche lui voleva sempre qualcosa in cambio….e va bene, che cosa vuoi ?” disse sospirando Jack.



“Due giorni a settimana, verrai a casa nostra, per fare alcuni lavoretti” disse Luna.



“Lavoretti ?! No, non se parla ! Il grande Jack Sparrow, non si abbassa per fare dei semplici lavoretti ! E, poi, può benissimo farli anche tuo padre” replicò Jack.



“Va bene, se non vuoi farli, non fa niente, ma allora, vorrà dire che racconterò alla zia Marie, di tutte le belle parole che hai detto alla mia maestra” disse Luna.



“Uffa ! E va bene, farò questi lavoretti ma, quando li avrò finiti, non ne farò più, intesi ?!” replicò Jack.



“ Intesi” disse Luna.



“Bene ! E, ora, finiamo questo gelato, prima che mi sporchi tutto il mio bel vestito” disse Jack e, i due, finirono di mangiare il loro gelato.



Mentre camminavano verso la casa dei Barbossa, Luna chiese: “Zio Jack, posso farti una domanda ?”.



“Certo, piccola, ma basta che sia una domanda alla quale posso rispondere, comprendi” rispose Jack.



“Ti piacciono i miei nuovi amici ?” domandò Luna.



“Non sono male” rispose Jack.



“E mi rispondi solo così ?!” replicò Luna.



“Come ti rispondo solo così ?! Ho detto che non sono male, comprendi” disse Jack.



“Almeno, speravo in qualcosa di più” disse Luna.



“Bé, per me non sono male; poi, lo chiederai anche ai tuoi genitori che cosa ne pensano dei tuoi amici, comprendi” disse Jack.




“Ma se loro non li hanno mai visti” replicò Luna.



“Oh, è vero” disse Jack.



Ci fu un po’ di silenzio; poi, Luna disse: “ Che ne dici, zio Jack: secondo te, un giorno di questi, potrò invitarli a casa mia, così i miei genitori li conoscono”.



 “Lo sai che non è a me che devi chiedere, piccola, ma ai tuoi” disse Jack.



“Lo so” disse Luna.



I due, arrivarono, finalmente, davanti alla casa dei Barbossa, ma, quando Jack bussò alla porta, nessuno venne ad aprire; quindi, Jack bussò nuovamente ma, ancora, nessuno venne ad aprire: “Ummm…che strano: eppure, dovrebbero essere a casa”.



“Forse, sono andati via per un po’, visto che sapevano che mi saresti venuto a prendere tu” disse Luna.



 “Sì, forse è andata così; però, c’è sempre il fatto che io non ho la chiave per farti entrare e non ce l’hai nemmeno tu, vero ?” disse Jack e Luna scosse negativamente la testa; quindi, Jack aggiunse dicendo: “ Come prevedevo”.



“Che ne dici se andiamo a vedere in giardino: lì c’è sempre un cancelletto aperto” propose Luna.



 “ Qui ci vivi anche tu, quindi saprai bene come muoverti” disse Jack e seguì la bambina sul resto della casa e, quando vi arrivarono, videro Hector che stava potando la siepe: “ Ehilà, Hector: ti ho riportato un membro della tua famiglia” disse Jack e, mentre Luna apriva il cancelletto, Hector, smise, per un attimo, di potare la siepe e, voltandosi, disse sorridendo: “ Ecco la mia cuccioletta, di ritorno dal suo primo giorno d’asilo” e la prese in braccio.



“Sì, sì, fa pure finta che io non ci sia” disse Jack entrando in giardino.



“Non sei invisibile, Jack” disse Hector, mentre guardava Luna, tra le sue braccia e, contemporaneamente, i due sorridevano.



“Bé, scommetto che se lo fossi, saresti più felice, vero ?” disse Jack, ma Hector continuava a sorridere con Luna.



“Come noto, non credo di essere ben accettato in questo momento: quindi, tolgo subito il disturbo” disse Jack e, stava per uscire dal giardino, quando Luna lo fermò, dicendogli: “ Oh, no, zio Jack non te ne andare, per favore: perché non rimani un po’ a giocare con me ?”.



Jack voltò lo sguardo e le disse: “ No, ti ringrazio piccola, ma ho un sacco di cose da fare, comprendi”.



“Se per te scolare rum a gran quantità, è un sacco di cose da fare, allora, potresti benissimo anche rimanere qui a far compagnia alla mia bambina, mentre io continuo a potare la siepe” disse Hector, mentre rimise a terra Luna, la quale disse: “ Oh, papà, non ti preoccupare: dalla prossima settimana, ci penserà lo zio Jack”.



“Ssshhhhhhh” le disse Jack.



“ Ah, davvero ?! E come mai dovrebbe potare proprio lui la siepe ? Si è, per caso, offerto volontario, cosa che, ovviamente, non credo neanche minimamente” chiese Hector.



“Per un patto che abbiamo fatto” rispose Luna.



 Hector rimase senza parole; poi, stupito disse: “ Tu, mio caro, non scendi mai ai patti, soprattutto con chi è più “debole” di te”.



“Ma il nostro patto è molto sincero: passerò due giorni della settimana, qui da voi, a sbrigare alcuni lavoretti che dovresti, invece, fare te, comprendi” spiegò Jack.



Hector sorrise e, mentre si avvicinava lentamente a Jack, quest’ultimo disse: “Ehi, togliti subito quel sorrisetto: non mi piace per niente !”.



Hector si fermò davanti a lui e, dopo aver consegnato delle cesoie, gli disse: “ Ecco, mio caro: puoi incominciare  con il tuo patto”.



Jack guardò le cesoie che gli aveva appena consegnato Hector; poi, riguardando quest’ultimo, disse: “ Non è giusto: il patto che ho stipulato con la tua piccola canaglia, parte dalla prossima settimana, comprendi”.



“Ma, visto che il patto lo devi fare qui, nel mio giardino, per me lo inizierai da ora !” replicò Hector e si andò a sedere su una delle sedie, che vi erano sotto alla veranda. Jack sbuffò e, guardando Luna, le disse: “ Questa è tutta colpa tua e della tua curiosità”.



“Sei tu che hai fatto tutte quelle sdolcinature alla mia maestra e, proprio davanti a me ed ai miei amici” spiegò Luna.



“A proposito di amici…perché non vai a parlare di loro, al tuo caro paparino: in fin dei conti, era stato proprio lui a dirti che ti dovevi fare degli amici, no ?”.



“ Ok; però, tu, fai quello che ti ha detto papà, se no ho il timore che si arrabbi” disse Luna e, mentre correva da Hector, disse: “ Bastava solamente un Barbossa: ora, ce n’è uno anche in miniatura” ed andò dalla siepe.



Mentre Jack faceva il suo lavoretto, Luna stava raccontando ad Hector, del suo primo giorno d’asilo: “…e, poi, c’è la mia maestra, della quale lo zio Jack ha preso una cotta” finì di raccontare Luna. “Ah, e così lo zio Jack si è preso una cotta per la tua maestra” disse Hector; poi, guardando Jack, aggiunse dicendo: “ Non mi sembra affatto una novità che tu, mio caro, perdi subito la testa, quando vedi una bella ragazza”.



Jack lo guardò e disse: “ Io non ho preso una cotta per la maestra: io amo ed amerò solamente Marie” e riprese a potare la siepe.



Hector scosse negativamente la testa; poi, Luna gli domandò: “ Papà, non è che un giorno di questi, potrei invitare qui, i miei amici: così, tu e la mamma li conoscete”.



“Mi sembra un’ottima idea, cuccioletta; e, poi, devo dirtelo: sono proprio contento che ti sia fatta degli amici” disse Hector, accarezzando Luna sulla testa.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, Luna chiese: “ Ma la mamma dove è ? Pensavo che fosse già a casa”.



“La mamma è ancora in Ospedale: forse, oggi, ha più pazienti del previsto” rispose Hector e Luna abbassò tristemente la testa.



“No, non essere così giù di morale, cuccioletta: vedrai che tornerà a casa presto” disse Hector, stringendola forte a se.



“Tutti i giorni è la stessa storia: sta sempre via fino a tardi ed io, ora che vado anche all’asilo, posso vederla solo alla sera” replicò Luna.



 “Anche io ho il tuo stesso problema, tesoro mio ma, se la mamma non avesse un lavoro, noi non potremmo andare avanti” spiegò Hector.



 “Perché, allora, non ti trovi un lavoro anche tu ? Così, la mamma la vedremmo più spesso, no ?” propose Luna.



“ Già, Hector, perché non ti trovi un lavoro anche tu ? Così, non te ne starai sempre qui ad annoiarti, comprendi” disse Jack, guardandoli.



“Jack, quella siepe non è cambiata da quando ho incominciato a potarla io, quindi vedi di ritornare al tuo di lavoro” replicò Hector.



“Si vede che ha preso dalla tua famiglia: è durissima da farsi potare” disse Jack e ritornò dalla siepe.



“Papà, se provi un po’ a pensarci, non è una cattiva idea; intanto, io, devo rimanere all’asilo, fino al pomeriggio” disse Luna.



“E’ vero, ma lo zio Jack non avrà sempre tempo per venirti a prendere e, tu, non verrai a casa da sola” disse Hector.



“ Per la mia piccola nipotina, lo trovo di sicuro il tempo, vedrai” disse Jack.



“Non è che troverai il tempo: è che, non vedendo mai me o mia moglie, la maestra di Luna penserà che non siamo dei buoni genitori, perché non l’andiamo mai a prendere” spiegò Hector.



“Ahhhhhhh, ma, allora, era questo il tuo problema…bé, allora è facilmente risolvibile” disse Jack.



“E in quale modo ?” domandò Hector.



“Andando a lavorare, no ?” rispose Jack.



“Jack, piantala e continua a lavorare” replicò arrabbiato Hector.



“Ma che modi di trattare un tuo parente; chissà come avresti reagito, se te lo avesse detto qualcun altro” disse Jack.



“Forse, in modo più gentile, visto che non si sarebbe trattato di te” disse Hector.



“Bé, intanto il mio lavoro ce l’ho, mentre tu no, comprendi” disse Jack.



“ Andare a fare la spesa al Supermercato per conto di Marie, non è lavorare” replicò Hector.



 “ Per me lo è, visto che sto fuori di casa” disse Jack.



 Hector scosse negativamente la testa; poi, Luna gli disse: “ Magari, puoi parlarne, stasera, quando la mamma ritornerà: sono sicura che lei sa sicuramente quale è il lavoro adatto a te”.



 “Fidati, che con i soldi ci sa veramente fare” disse Jack.



“Jack, chiudi la bocca !” replicò Hector e Jack non disse più nulla.



“Papà, che cosa ha appena voluto dire, lo zio Jack, con “con i soldi ci sai veramente fare”?” chiese Luna.



 “Niente, cuccioletta: lo zio Jack, il più delle volte, dice cose senza senso” rispose Hector; poi, tra se, disse: “ Se Jack non impara a tenere chiusa la bocca, giuro che gli faccio pagare una bella lezione”.



 Poco dopo, a cena… “ Sono proprio contenta, tesoro, che tu ti sia trovata bene e che, soprattutto, ti sia già fatta degli amici” disse Christine.



“Mamma, non è che, un giorno di questi, potrei invitarli qui, così, tu ed il papà, potete conoscerli” domandò Luna.



“E’ una splendida idea” disse sorridendo Christine.



Ci fu un po’ di silenzio; poi, Christine, nel vedere suo marito che, ancora, non aveva detto una parola, voltò lo sguardo verso di lui e, preoccupata, gli chiese: “Hector, amore, che cosa c’è ? Stasera, sei molto taciturno”.



“E’ che stavo pensando alle parole che, oggi, mi ha detto Jack: forse, ha ragione lui” rispose Hector.



“Riguardo a cosa ha ragione ?” domandò Christine.



 “Che è venuto il momento che mi trovi un lavoro” rispose Hector.



“Un lavoro ?! Ma amore, non ce né proprio bisogno: ci sono già io che lavoro, no ?” disse Christine.



“Lo so, ma no voglio starmene sempre a casa, a non fare niente: mi annoio” disse Hector.



“Bé, non pensare di andarti a divertire, quando andrai a lavorare: devi stare sempre attento in quello che fai” spiegò Christine.



“Sono sicura che il papà riuscirà a fare qualsiasi cosa, perché lui è il migliore” disse Luna.



“Grazie, cuccioletta” disse sorridendo Hector.



“Hector, pensaci bene: è una decisione molto importante” disse Christine.



“Lo stipendio che ti danno, non è molto alto e, se i prezzi dovessero ancora salire, non so come potremmo fare per andare avanti” spiegò Hector.



“Il mio stipendio è sufficiente per mangiare tutti i giorni e fare andare all’asilo la nostra bambina: per ora, va bene così” disse Christine, mentre prendeva il vassoio con dentro la carne.



“Non voglio che gli altri pensano che sia tu a dover mantenere la famiglia: io sono tuo marito; il padre di Luna e colui che deve portare a casa uno stipendio” replicò Hector.



“Gli altri chi ?! Amore, non credere a tutto quello che ti dicono le altre persone: vogliono solo sentirsi più superiori” spiegò Christine.



Hector, questa volta, non replicò e riprese a mangiare la sua bistecca; quindi, Christine, rivolta a Luna, le disse: “Tesoro, visto che hai già finito di cenare, perché non vai in salotto a guardare i cartoni animati ? Io e papà ti raggiungeremo più tardi”.



“Ok” disse semplicemente Luna e, dopo essere scesa dalla sedia, andò in salotto.



Dopo essersi accertata che la figlia fosse intenta a guardare i cartoni animati, Christine si alzò e, dopo aver chiuso la porta scorrevole della cucina, si voltò verso il marito e gli disse: “Hector, ora ascoltami bene: non voglio più assolutamente che parliamo di lavoro davanti a Luna; lei deve capire che sta andando tutto bene”.



“Perché non è proprio così che sta andando ?” chiese Hector, alzandosi anche lui e guardando Christine la quale, però, voltò lo sguardo lateralmente.

“Tesoro, che cosa c’è ?” domandò preoccupato Hector.



“Stamattina, il direttore dell’Ospedale ci ha convocato tutti in Sala Riunioni, dicendoci, poi, che se i prezzi dovessero, ancora, salire, potrebbe benissimo lasciare a casa qualcuno. Oh, Hector, e se tra quel qualcuno, ci dovessi essere anche io ? Non voglio perdere il lavoro: a me piace molto visitare e curare i bambini ed anche loro sono molto contenti quando vengono da me” rispose Christine e le scese qualche lacrima. Hector, allora, la strinse forte a se e, mentre l’abbracciava, disse: “ Vedrai che le cose si aggiusteranno: tu non verrai licenziata ed io, per aiutarti, mi troverò un lavoro; anzi, sai che ti dico: incomincerò da domani mattina”.



 Christine alzò lo sguardo verso di lui e gli disse: “Ma, Hector, come farai ? Non hai mai fatto delle esperienze”.



“E’ vero ma, gli anni che ho trascorso qui, mi hanno insegnato a vivere la vita in modo migliore; certo, un po’ mi manca fare il pirata, però, per il bene tuo e di Luna, sono sicuro di poter trovare qualcosa” spiegò Hector.



 “Oh, Hector” disse Christine e lo baciò sulla bocca.



Luna, che stava guardando i cartoni animati, voltò lo sguardo verso la cucina, per vedere le ombre dei suoi genitori baciarsi: d’altronde, la porta scorrevole della cucina era trasparente; ma, poi, rivoltò lo sguardo verso la televisione.



Finito il bacio, Christine disse: “Ora sarà meglio che tu vada, di là, dalla nostra bambina o, se no, sospetterà qualcosa”.



“Ehhhhhhh, anche io ho questo sospetto: d’altronde, Luna è una bambina molto sveglia ed intelligente” disse sospirando Hector ma, dopo che ebbe aperto la porta, Christine gli disse: “Un’altra cosa, amore: stasera, c’è quella sorpresa, della quale ti ho parlato stamattina; non te ne sei dimenticato, vero ?”.



“Come potrei mai dimenticarmi di una cosa del genere ? Tranquilla: quando Luna sarà nel mondo dei sogni, io e te ci dedicheremo a quella sorpresa” disse Hector e, mentre  lui andò a fare compagnia, in salotto, a Luna, Christine mise a posto i piatti sporchi, mettendoli nella lavastoviglie.



Poco tempo dopo, Luna era già sotto le coperte nel suo letto e, mentre stava aspettando che arrivassero i suoi genitori, per darle la buonanotte, accarezzava la scimmietta Jack: “Lo sai, Jack: domani mattina, il papà andrà a cercarsi un lavoro; sai, io spero tanto che ne trovi uno che gli piaccia, perché, secondo me, a uno deve piacere molto le cose che fa; ad esempio, alla mamma piace il suo lavoro, perché le piacciono i bambini” spiegò Luna e Jack emise dei versetti.



In quel momento, Hector entrò nella stanza e, nel vedere la figlia che coccolava la scimmietta, le disse: “Non ti avevo detto che Jack doveva rimanere solo sul suo trespolo ?”.



Luna lo guardò, dicendogli: “Sì, papà, me lo avevi detto, ma pensavo che Jack volesse essere un po’ coccolato”.



Hector sorrise; poi, dopo essersi avvicinato al letto, allungò il braccio sinistro e Jack andò sopra di esso; poi, mentre andava dall’altra parte del letto, disse: “ Jack è una scimmietta molto furba e riesce a convincere gli altri a fare ciò che vuole con facilità”.



“Ma Jack non mi ha convinto: ho deciso io di coccolarlo” disse Luna.



 Dopo che Jack fu ritornato sul suo trespolo, che era proprio accanto al letto di Luna, Hector voltò lo sguardo verso la figlia e le disse: “Cuccioletta, così facendo, la vizi e basta e, tua madre, non vuole affatto che Jack venga trattato così”.



“Lo so, ma non mi sembra giusto trattarlo diversamente: d’altronde, anche lui fa parte della famiglia, no ?” disse Luna. Hector sorrise; poi, dopo essersi abbassato, disse: “Ascolta, cuccioletta, lo so che la mamma non vorrebbe che te ne parlassi ma tu, anche se sei ancora piccola, so che capirai ugualmente…ecco…la mamma sta passando un brutto periodo con il suo lavoro ed è per questo motivo che, domani mattina, andrò a cercarmi un lavoro. Tu, però, non ti devi preoccupare di niente, perché andrà tutto bene” e mise le sue mani, sopra quelle di Luna, la quale disse: “ Capisco perfettamente papà e spero che tu ne riesca a trovare uno che ti piaccia tanto”.



Hector sorrise e l’abbracciò; poi, le disse: “Grazie, cuccioletta: ti voglio tanto bene”.



“Anche io ti voglio tanto bene, papà” disse Luna.



Finito l’abbraccio, Hector si rimise in posizione eretta e, mentre Luna andava meglio sotto le coperte, le disse: “Ed ora, cuccioletta mia, cerca di dormire o, se no, il Galeone dei Sogni non verrà mai a prenderti”.



“Verrà anche da te e dalla mamma ?” chiese Luna.



“Lui viene da tutti quelli che dormono e che, soprattutto, hanno le qualità per poterci salire” rispose Hector, sistemandole meglio le coperte.



“E quali sarebbero queste qualità ?” domandò Luna.



“Dormire beatamente; avere sete di avventura e, cosa più importante, avere un cuore puro” rispose Hector.



 “E chi non ha tutte queste qualità, dove va ?” chiese Luna.



“Oh, chi non ha queste qualità, non può salire sul Galeone dei Sogni; per queste persone, passa l’Olandese Volante” rispose Hector.



“L’Olandese Volante ?!” disse stupita Luna.



“E’ la nave di Davy Jones, il pirata più feroce e temuto di tutto il mare. È talmente spaventoso, che al posto della barba, ha molti tentacoli e, la sua gamba destra, è una chela di granchio, così come la sua mano sinistra” spiegò Hector.



“E…e ora dove si trova Davy Jones ?” domandò, con un po’ di paura, Luna.



“Nessuno lo sa; ma, una leggenda, narra che può fare porto, solo un giorno, ogni dieci anni, per poter rivedere la donna che ama” rispose Hector.



“La donna che ama ?! Quindi, anche lui può amare ?!” disse stupita Luna.



“Tutti possono amare, cuccioletta ma, Davy Jones, da secoli, ormai non ama più nessuno” rispose Hector.



“Perché ?”  chiese Luna.



“Perché Davy Jones si è tolto il suo cuore, mettendolo in un forziere maledetto” rispose Hector.



Luna rimase senza parole e, stava per chiedere il perché, quando Hector le disse: “ Ma, questa, è un’altra storia e te la racconterò un’altra volta, perché, ora, le piccole bambine come te, devono dormire” e, dopo averle dato un dolce bacio sulla guancia, uscì dalla camera da letto, lasciando la porta leggermente aperta.



Poco dopo… “Amore, sono proprio contenta che, domani, andrai a cercarti un lavoro e, spero tanto, che ne troverai uno adatto a te” disse Christine, mentre era in bagno a pettinarsi i capelli.



“Grazie, tesoro: un incoraggiamento in più, mi fa sempre comodo” disse Hector, mentre stava pulendo la sua pistola.



 “Spero che tu trova quello che desideri, amore” disse Christine, spegnendo la luce del bagno e coricandosi accanto ad Hector, il quale, dopo aver depositato la pistola sul comodino, disse: “Lo spero anche io, tesoro, e tanto” .



“Buona notte, amore mio” disse Christine, baciando Hector sulla bocca.



“Buona notte, tesoro” disse Hector e Christine spense la luce dell’abat jour.



Ci fu un po’ di silenzio; poi Christine, riaprendo gli occhi, disse: “Hector, sei sicuro che Luna stia dormendo ? Forse, è meglio che vada a vedere” e, stava per scendere dal letto, quando Hector, che le dava di schiena, disse: “ Luna sta bene e, in questo momento, sta dormendo beata nel suo lettino”.




Christine, allora, si rimise sdraiata e, poi, disse: “ E’ che quando sono andata a darle la buonanotte, mi sembrava che stesse un po’ tremando”.



Ci fu ancora silenzio; poi, Christine domandò: “Hector, non è che, per caso, le hai raccontato una delle tue storie su i pirati ?”.



Hector aprì gli occhi e, dandole di schiena, titubante rispose: “ Storie su i pirati ?! Bé…sì…una, ma non faceva paura”.



“Non faceva paura, eh ? Scommetto che era su Davy Jones, vero ?” disse Christine e, non ricevendo nessuna risposta dal marito, aggiunse dicendo: “Hector, Davy Jones era il terrore di tutti i pirati e persino tu avevi paura di lui; quindi, non sono storie da raccontare ad una bambina di soli quattro anni”.

 Hector si voltò verso di lei e le disse: “ Non le ho raccontato proprio tutta la storia di Davy Jones: diciamo, solo quel poco”.



“Quel poco quanto ?” chiese Christine.



Hector non fece in tempo a rispondere, che Luna entrò, all’improvviso nella stanza, gridando: “Mamma ! Papà ! Davy Jones…” e si buttò letteralmente sul letto e tra loro due.



Christine guardò malamente Hector, il quale le disse: “Le ho solo raccontato che, Davy Jones, si è tolto il suo cuore e l’ha messo in un forziere maledetto”.

“Ti ci rinchiuderò io, in un forziere, se non smetterai di raccontare certe storie alla nostra bambina” replicò Christine; poi, guardando Luna che stava tremando e che era nascosta tutta sotto le coperte, le disse: “No, tesoro, non aver paura: Davy Jones non verrà”.



Luna sbucò con la testa e domandò: “ Mamma, ma è vero che Davy Jones si è tolto il suo cuore e, poi, l’ha messo in un forziere maledetto ?”.



“Piccola, è solo una leggenda che si tramandava secoli fa: Davy Jones è morto” rispose Christine, accarezzando la figlia sulla testa.



“Ma come può essere morto, se non ha più il cuore ?” chiese Luna.



 Christine ed Hector si guardarono; poi, Christine, a bassa voce, disse, rivolta ad Hector: “Questa è tutta colpa tua”; quindi, entrambi, riguardarono Luna e Christine le disse: “ Come ti ho appena detto, si tratta di una leggenda e, quindi, non c’è niente di vero”.



“Ma il papà ha detto che chi non ha le qualità necessarie per salire sul Galeone dei Sogni, verrà preso da Davy Jones sull’Olandese Volante” spiegò Luna, tremando.



 “E’ solo una storia, cuccioletta: come ti ha appena detto la mamma, non c’è niente di vero” disse Hector.



Luna, allora, voltò lo sguardo verso di lui e domandò: “Davvero ?”.



“Davvero, cuccioletta; però, ora, devi veramente dormire” rispose Hector.



“Ma, se poi, Davy Jones viene e mi porta via ?” chiese Luna.



“Davy Jones non verrà, perché la mamma ed il papà ti proteggeranno: non per niente, papà tiene sempre la sua pistola sul comodino” rispose Christine, mentre rimetteva meglio a posto le coperte.



Luna sembrò essersi tranquillizzata con le parole di sua madre; poi, Hector le disse: “ Sogni d’oro, cuccioletta mia” e le diede un dolce bacio sulla fronte.

“Buona notte, dolce stellina” disse Christine dandole, anche lei, un bacio sulla fronte e, dopo spense, nuovamente, la luce dell’abat jour.



Luna, piano, piano, chiuse gli occhi, mentre Christine ed Hector la strinsero a se e, i tre, si addormentarono.



Luna ha appena iniziato il suo primo giorno di asilo, ma ancora non sa che suo padre e che suo zio Jack sono dei pirati; per sapere se lo scoprirà, oppure no, bisogna aspettare il prossimo episodio, intitolato: “ HECTOR SI TROVA UN LAVORO”.

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice: Eccomi qua, con la mia prima storia sui Pirati dei Caraibi. Adoro questa saga, in special modo il personaggio di Hector Barbossa (e come si fa a non amarlo ?). E’ in preparazione anche un’altra storia (legata alla serie, ma con nuovi personaggi all’interno) ma per motivi di cronologia, ancora non posterò (ho scritto prima il quarto film e ora sto scrivendo il secondo). Comunque, ritornando a questa…mi è venuta in mente, guardando i tantissimi dietro le quinte della quadrilogia, quando soprattutto, durante le riprese, passavano gli elicotteri (ahahah) e allora mi son detta: come si sarebbero comportati i pirati nel nostro mondo ? Ovviamente avrebbero avuto molte difficoltà, ma se avessero trovato qualcuno ad aiutarli ? Ed ecco che è spuntata questa idea. Spero vi piaccia e spero anche di non avervi annoiato con questo primo capitolo introduttivo

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Capitolo 2
*** Hector si trova un lavoro ***


Arrivò un nuovo giorno ed il sole era già alto nel cielo; quasi tutti gli abitanti erano già al lavoro e le strade erano molto trafficate, ma c’era qualcuno che non si era ancora svegliato: “Hector ! Hector ! Amore, alzati !” disse Christine, mentre se ne stava, in piedi, accanto al loro letto.

Lentamente, Hector aprì prima un occhio, poi l’altro; poi, replicò: “Lasciami dormire ! Sono molto stanco” e si girò dall’altra parte.

“Hector, ora non fare il bambino ! Su, coraggio, alzati !” replicò Christine.

“Ma che ore sono ?!” domandò seccamente Hector.

“Le 7 passate e, non solo non verrai con me, per accompagnare Luna all’asilo, ma perderai anche l’occasione di andarti a trovare un lavoro” rispose Christine e, dopo essere uscita dalla loro camera da letto, aggiunse dicendo: “La colazione è già pronta, quindi non metterci tanto per scendere”.

Controvoglia, Hector aprì gli occhi e, mentre scendeva dal letto, disse: “Quando mai ho detto che, oggi, sarei andato a cercare un lavoro ?! Molto meglio, se me ne stavo zitto !” ed andò in bagno, per vestirsi.

 Intanto… “Luna, tesoro, vai piano a mangiare la colazione o, se no, ti rimarrà tutta sullo stomaco” disse Christine, mentre stava preparando il caffè.

“ Mamma, ma papà quanto ci mette a scendere ? Non voglio arrivare in ritardo, proprio nel secondo giorno di asilo” chiese Luna, con la bocca piena.

“Luna, non si parla con la bocca piena ! Comunque, tuo padre deve essere, per forza, pronto, se no, rincorrerà nella mia ira” rispose Christine e, mise il caffè, davanti al posto dove, normalmente, si metteva Hector.

“No, mamma, non ti arrabbiare con papà: ricordati che oggi, per lui, è un giorno molto speciale e, per questo motivo, non deve agitarsi tanto” disse Luna.

 “Hai ragione, tesoro: il papà deve andare via da casa molto sereno e con un bel sorriso” disse Christine, sedendosi al suo posto e, proprio appena ebbe finito la frase, in cucina entrò un Hector con sguardo assonnato  e senza nemmeno un sorriso: “Buon giorno, amore: il caffè è già pronto” disse Christine.

Senza dire nulla, Hector si sedette accanto a Luna e, mentre prendeva lo zucchero con il cucchiaino, Luna e Christine lo guardarono in silenzio; poi, mentre Hector mescolava lo zucchero nella tazzina del caffè, Luna preoccupata gli domandò: “Papà, ma stai bene ?”, ma Hector non le rispose; anzi, continuava a mescolare il caffè.

“Tesoro, non credi di aver già mescolato un po’ troppo quel caffè: ormai, lo zucchero si sarà già sciolto” disse Christine.

 Senza dire nulla, Hector mise da parte il cucchiaino e, dopo aver preso la tazzina, bevve il caffè: “Mamma, ma papà che cosa ha ?” chiese sottovoce Luna a Christine la quale, sempre sottovoce, le rispose: “Non lo so, ma credo che sia in trans”.

“In trans ?! E che cosa significa ?” domandò stupita, e sottovoce, Luna.

“Vuol dire che è ancora addormentato” rispose sottovoce Christine.

“Allora, dobbiamo svegliarlo, se no come farà ad andare a trovare un lavoro” disse Luna.

 “Hai ragione, tesoro, ma ho paura che, se lo svegliamo, dopo si possa arrabbiare” disse Christine.

“Non ti preoccupare, mamma: ci penso io a svegliarlo” disse Luna e, dopo essersi alzata dalla sedia, corse su per le scale, per poi riscendere, pochi secondi dopo, con in mano la pistola di Hector: “Luna, metti subito giù quella pistola: è molto pericoloso !” replicò Christine, alzandosi in piedi.

“Nel vedere che ho in mano la sua pistola, papà si sveglierà subito, vedrai” spiegò Luna; poi, rivolta ad Hector, aggiunse dicendo: “Ehi, papà, guarda un po’ che cosa ho in mano: la tua pistola e, tu, non vuoi che la tenga in mano, vero ? Allora, faresti meglio a togliermela, prima che mi possa succedere qualcosa di brutto”, ma Hector, dopo aver finito di bere il caffè, rimise la tazzina sulla tavola e, alzandosi, uscì dalla cucina.

“Questo mi preoccupa non poco: forse, sarà meglio che chiami subito il Dottor Glenson” disse Christine e, mentre si avvicinava al telefono, Luna seguì il padre in salotto, vedendo che, come se niente fosse, si stava mettendo la giacca; quindi, dopo essersi avvicinata a lui, gli chiese: “Papà, ma che ti succede ? Finora, non ti sei mai comportato così”, ma Hector non le diede neanche ascolto ed aprì la porta.

“Mamma, il papà sta uscendo” disse Luna.

“Oh, cavolo…trova un modo per fermarlo: il Dottor Glenson, al momento, non risponde” disse Christine, dalla cucina.

Luna, allora, guardò la pistola che teneva in mano; poi, guardò Hector e, nuovamente, riguardò la pistola; quindi, fece la prima cosa che le venne in mente; ovvero, presse il grilletto e, la pallottola che era dentro alla pistola, si andò a conficcare nel muro, proprio accanto alla porta e sfiorò, per un soffio, Hector il quale, improvvisamente, ritornò in sé; poi, lentamente si voltò e, nel vedere la figlia, le domandò: “Cuccioletta, che cosa è successo ? E soprattutto, perché tieni in mano la mia pistola ?” e, dopo che ebbe chiuso la porta, Luna rispose: “ Ti stavi comportando in modo strano e, la mamma, mi ha detto che dovevo fare qualcosa”.

“Ah, e così la mamma ti ha detto che dovevi fare qualcosa” disse Hector; poi, aggiunse gridando: “Tesoro, vieni un attimo qui”.

Christine, con in mano la cornetta del telefono, sbucò dalla cucina, chiedendogli: “Che cosa c’è, amore ?”.

“Hai detto alla nostra bambina che doveva fare qualcosa; allora, perché ha in mano la mia pistola ?” domandò Hector, incrociando le braccia.

 “Bé…ecco…tu eri andato in trans e, allora, la prima cosa che è venuta in mente a Luna, è stata quella di andare a prendere la tua pistola, ma non avrei mai pensato che avesse premuto il grilletto” rispose titubante Christine.

Hector, allora, si voltò verso Luna e, con sguardo minaccioso, le chiese: “Luna, quante volte ti ho detto che non devi mai, e dico mai, toccare la mia pistola ?! E’ molto pericolosa, per una bambina piccola come te”.


“Me lo hai detto tante volte ma, papà, avevi messo molta paura a me ed alla mamma” rispose Luna.

Lo sguardo di Hector sembrò addolcirsi, dopo aver sentito questa frase; quindi, calmandosi, disse: “Oh, cuccioletta, non so che cosa mi sia veramente successo, ma non volevo mettere paura a te ed alla mamma, credimi”.

 “Ce ne hai messa ed anche tanta” disse Christine.

 Hector la guardò e, poi, stupito domandò: “Che cosa ci fai con il telefono in mano ?!”.

“Con il telefono ?! Oh…ma niente di che…lo stavo solo pulendo un po’: ho visto che era pieno di polvere” rispose ridendo Christine, rimettendo il telefono a posto; poi, entrando, anche lei, in salotto, aggiunse dicendo: “Però, non ho ancora capito come hai fatto a ridurti così: quando ti sono venuta a svegliare, eri perfettamente sano”.

“E’ strano, ma non ricordo niente da quando sono uscito dal bagno, per venire giù a fare colazione” disse Hector.

“Davvero non ti ricordi proprio niente, papà ?” chiese Luna.

“No, nulla” rispose Hector, scuotendo negativamente la testa.

“Che cosa hai fatto esattamente in bagno ? Questo, almeno, te lo ricordi, caro ?” domandò Christine.

“Che cosa vuoi che abbia fatto in bagno, se non le solite cose di tutti i giorni ?!” rispose stupito Hector.

“Ti sei lavato ?” chiese Christine.

“Dappertutto” rispose Hector.

“Ti sei fatto la barba ?” domandò Christine.

“La mia barba non è ispida e va bene così come è” rispose Hector.

“Hai preso le tue pillole contro i dolori alla gamba ?” chiese Christine.

 “Certo: il tubetto si trovava nell’armadietto” rispose Hector.

Sentendo questa ultima cosa, Christine rimase a bocca aperta; quindi, Hector le domandò: “Tesoro, tutto bene ?”.

“Hector…quel tubetto che hai trovato nell’armadietto del bagno…sei proprio sicuro che quel tubetto, contenesse le tue pillole contro il male alla gamba ?” chiese titubante Christine.

 “Penso di sì, perché ?” domandò Hector.

“Chiamo il Dottor Glenson” rispose Christine e corse in cucina.

Hector e Luna si guardarono perplessi negli occhi; poi, entrambi, andarono, anche loro, in cucina e, mentre Christine stava facendo il numero sul telefono, Hector disse: “Tesoro, mi stai preoccupando: non essere così misteriosa e dimmi che cosa sta accadendo veramente”.


“Hector, se te lo dicessi, non mi perdoneresti per il resto della vita” replicò Christine, mentre aspettava che, qualcuno dall’altra parte, rispondesse.

Luna tirò la giacca di Hector il quale, dopo che ebbe abbassato lo sguardo verso di lei, quest’ultima disse: “Papà, ma stamattina che cosa sta succedendo ? Prima tu che vai in trans e, ora, la mamma che si comporta in modo così misterioso”.

“Vorrei tanto saperlo anche io, cuccioletta” disse Hector, accarezzandola sulla testa.

 “Ah…Dottor Glenson…salve, sono Christine Barbossa…mi scusi se la disturbo, ma ho bisogno urgentemente di un consiglio…ecco, riguarda mio marito Hector…credo che, stamattina, invece di prendere le sue pillole, abbia preso le mie…sì, proprio così: ha capito bene…quindi, le chiedevo se, magari, poteva passare per un controllo…davvero ?! Oh, grazie, grazie; prometto che mi sdebiterò. Ah, solo un’altra cosa, Dottor Glenson: io, purtroppo, non ci sarò a casa e nemmeno mia figlia; quindi, troverà solamente Hector…ok, allora, a più tardi…grazie, grazie ancora e mi scusi se l’ho disturbata” disse Christine e, dopo che la conversazione fu terminata, mise giù il telefono ma, quando si voltò, vide che sia Hector, che Luna, avevano uno sguardo molto interrogatorio; quindi, chiese: “Bé, e adesso che cosa c’è ?”.

“C’è che ci devi delle spiegazioni, soprattutto a me e, mi raccomando, non tralasciare nemmeno un particolare” rispose Hector.

“Cosa dovrei spiegarti ? Solo che il Dottor Glenson, verrà qui in mattinata” disse Christine.

 “Christine, tu prima, hai parlato di alcune pillole; pillole che riguardavano sia me, che te; appena ti ho detto ti aver preso il tubetto delle pillole dentro all’armadietto in bagno, tu sei diventata subito misteriosa” spiegò Hector.

Christine guardò da una parte, cercando di evitare lo sguardo del marito; poi, disse: “ Amore, credo che tu, abbia preso le mie pillole”.
“Cosa ?! Ma…ma come è possibile ?!” disse stupito Hector.

 “Ma si è trattato tutto di uno sbaglio; una cosa che si risolve subito” disse Christine, guardandolo.

“Una cosa che si risolve subito ?! Christine, prima stavo per andare fuori come uno stupido e chissà la gente, che cosa avrebbe detto, nel vedermi in quello stato ! E tu…e tu dici che si è trattato solo di uno sbaglio ?! Ma sì, che sarà mai un piccolo sbaglio: hai fatto rimbecillire tuo marito !” replicò arrabbiato Hector, mentre si muoveva per la stanza.

“Non volevo farti rimbecillire, Hector e, ora, se ti calmi, forse ti posso spiegare come sono andate realmente le cose” replicò Christine e, quando Hector la guardò, continuò dicendo: “ Stamattina, avevo intenzione di prendere alla Farmacia dell’ospedale, le tue pillole, visto che erano finite e, quindi, nell’armadietto, ho messo il mio tubetto: per sbaglio, mi sono dimenticata di dirtelo e, visto che i due tubetti hanno lo stesso colore, bè…fai due più due e sai già la risposta”.

“Non solo ti sei dimenticata di dirmi che hai messo il tuo tubetto nell’armadietto del bagno, ma prima hai anche telefonato ad un perfetto sconosciuto” replicò Hector.

“Il Dottor Glenson non è uno sconosciuto: non so se te lo sei dimenticato, ma il Dottor Glenson è il nostro dottore, nonché il dottore che ha fatto nascere Luna” spiegò Christine.

Hector rimase, un po’, senza dire nulla; ma, poi, disse: “ Non me lo ero dimenticato”.

Christine scosse negativamente la testa; poi, guardando Luna, le disse: “Tesoro, perché non ti vai a mettere la giacca: è ora di andare”.


 “Ma mamma, non posso rimanere a casa con papà ?” domandò Luna.

“Non se ne parla: è solo il tuo secondo giorno d’asilo e non puoi già stare a casa. Su, vai a prendere la giacca dall’attaccapanni” rispose Christine e Luna, controvoglia, fece come le aveva detto sua madre.

 “Perché dovrei stare a casa ? Credevo che venissi anche io, per accompagnare Luna all’asilo” chiese Hector.

 “No, tu è meglio che rimani qua a casa: il Dottor Glenson ha detto che sarebbe passato fra poco, quindi, voglio che ti trovi” rispose Christine e raggiunse Luna.

 Hector la seguì, domandandole: “ E che cosa dovrebbe venire a fare ?”.

“Che cosa vuoi che faccia, un dottore, se non visitare i suoi pazienti ?” rispose Christine, mentre si metteva la giacca.

“No ! Non mi farò mettere le mani addosso, da persone estranee alla mia famiglia” replicò Hector.

“Non essere sciocco, amore: il Dottor Glenson è un ottimo medico e vedrai che ti troverai bene con lui” spiegò Christine e, mentre prendeva in mano la cartella di Luna, Hector chiese: “Quando tornerai ?”.

“Stasera, come tutti i giorni; ah, e non ti dimenticare di andare a prendere, oggi pomeriggio, Luna all’asilo” rispose Christine ed aprì la porta.

 “Christine, aspetta…” disse Hector.

Christine si voltò e gli disse: “Tranquillo, amore mio, andrà tutto bene” e lo baciò sulla bocca.

“Mi raccomando, papà: comportati bene, con il Dottor Glenson” disse Luna.

 “E tu, invece, comportati bene all’asilo, d’accordo ?” disse Hector accarezzandola sulla testa e Christine e Luna uscirono dalla casa, chiudendo la porta dietro di loro.

Hector rimase, un po’, fermo davanti alla porta, poi, disse: “E, adesso, che cosa faccio ?”; quindi, voltò lo sguardo verso la televisione ed aggiunse dicendo: “Ora, so come funziona quindi, credo che se mi vedrò un po’ ciò che trasmette quella scatola luminosa, starò meglio” e si andò a sedere sul divano; poi, prese in mano il telecomando e disse: “Allora, se non mi ricordo male, credo di aver visto Christine e Luna, premere questo pulsante” e, dopo averne premuto uno, la televisione si accese.

“Hector, sei un genio ! Ehhhhhh, sì, ho sempre saputo di esserlo” disse sospirando Hector e, mettendosi meglio sul divano e, con i piedi sul tavolino a se, guardò la televisione.

Ma passarono pochi minuti, che la tranquillità di Hector venne interrotta dallo squillare del campanello; quindi, Hector scocciatamente domandò: “Chi è ?”.

 “Hector, non dirmi che non riconosci più la voce del tuo amico Jack ?” rispose Jack.

Hector sbuffò e, dopo essersi alzato dal divano, andò ad aprire la porta, trovandosi di fronte proprio Jack; quindi, gli chiese: “Che cosa vuoi, Jack ?”.

“Sono andato a salutare la tua dolce figlioletta, prima che entrasse in quella specie di prigione per bambini, quando non ti ho visto; così, ho chiesto a tua moglie che cosa ti fosse successo e, lei, mi ha spiegato tutto quanto e…” iniziò a spiegare Jack, ma Hector lo interruppe dicendo: “…e così hai pensato bene di venire a vedere come stavo”.

“E’ questo che servono gli amici, no ?” disse sorridendo Jack.

“Su, vieni dentro, ma vedi di non rompermi le scatole: stavo guardando qualcosa di interessante” disse Hector e, mentre ritornava in salotto, Jack entrava in casa e, dopo aver chiuso la porta, domandò: “Qualcosa di interessante, del tipo ?”.

“Qualcosa alla scatola luminosa” rispose Hector.

“Quella scatola luminosa, caro mio, non fa bene: fa vedere troppe cose tutte in una volta, comprendi” disse Jack, mentre camminava in salotto.

“Io la guardo sempre con Christine e Luna, eppure, non c’è mai successo nulla” disse Hector.

 “Perché la guardate sempre insieme ma, hai mai provato a guardarla da solo ? E’ capace di sprigionare strani poteri” disse Jack.

“Non dire sciocchezze, Jack: solo Calypso ha i poteri magici” disse Hector.

 “Allora, perché non sai quello che è capitato a me: un giorno, mentre me ne stavo da solo a scolare una deliziosa bottiglia di rum, stavo anche guardando la scatola luminosa quando, ad un certo punto, ho guardato nella mia mano destra e…la mia deliziosa bottiglia di rum era sparita. Ci credi, che non l’avevo più in mano ?! Non potevo più arrivare a fine giornata e, con Marie che non c’era, non sapevo più che fare, comprendi” spiegò Jack.

“Molto bella come storia, Jack, davvero niente male: sai, penso proprio che la racconterò, una di queste sere, a Luna” disse Hector.
“Ma è tutto vero ! Te lo posso anche giurare sulla nostra amata Perla Nera” replicò Jack.

 “Jack, solo per curiosità, ma quando stavi guardando la scatola luminosa, quanto rum ti eri già scolato ?” chiese Hector.

“Avevo già finito una bottiglia e, quella che tenevo in mano, era la seconda e, ti dirò di più: in questa bottiglia, ero già arrivato a metà, comprendi” rispose Jack.

“Non è che, per caso, avevi messo quella bottiglia di rum, da qualche parte, così che, quando hai rivoltato lo sguardo verso la mano destra, non l’avevi vista ?” domandò Hector.

Jack ci pensò un po’ su e, si rese conto solo adesso, che Hector aveva ragione: la sua adorata bottiglia di rum, non era affatto sparita, come aveva pensato lui, ma l’aveva solo messa per terra, perché, aveva preso in mano il telecomando, per cambiare canale; quindi, Hector disse: “Allora, visto che questa scatola luminosa, non è dotata di poteri magici: è assolutamente innocua”.

“Lo so e l’ho sempre saputo; non credere che Marie non mi abbia spiegato come funziona questa scatola luminosa, comprendi” disse Jack.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, Jack chiese: “Non è che potrei rimanere, un po’, qui a farti compagnia: Marie non c’è ed io, a stare da solo, mi annoio”.

“Fai come vuoi, ma, tra pochi minuti, dovrai andartene” rispose Hector, non guardandolo.

 “Perché dovrei già andar via ?! In fin dei conti, sono appena arrivato, comprendi” domandò stupito Jack.

“Perché deve venire un certo Dottor Glanson…o Glenson, non so come si chiami veramente” rispose Hector.

“E chi sarebbe questo qui ?!” chiese stupito Jack.

“E’ il dottore di famiglia e, colui, che ha fatto nascere Luna” rispose Hector.

“Gli hai permesso di mettere le sue mani addosso a tua figlia ?! Questo, da te, non me lo sarei proprio aspettato, comprendi” disse Jack.

“Jack, che stupido che sei ! Doveva metterle le mani addosso, se no non sarebbe mai nata !” replicò Hector, dando uno scappellotto in testa a Jack, il quale, mentre si toccava dove Hector gli aveva dato lo scappellotto, disse: “ Scusami, non potevo sapere: non ero nella stessa stanza di tua moglie, comprendi” ed Hector gli lanciò un’occhiataccia; poi, mentre Jack continuava a massaggiarsi, Hector disse, alzandosi in piedi: “Io vado in bagno a prendere quelle pillole: tu, nel frattempo, vedi di non distruggere casa” ed andò su per le scale.

“Tranquillo, Hector: sarò docile come un pirata fuori dalla prigione” disse Jack.

Passarono pochi secondi, perché il campanello suonasse: “Non ti disturbare, Hector: vado io” disse Jack alzandosi in piedi e, dopo che ebbe aperto la porta, si trovò davanti ad un uomo; quindi, gli domandò: “E, lei, chi è ?”.

“Sono il Dottor Glenson ed avrei un appuntamento con il Signor Barbossa: per caso, è in casa” rispose colui che si rivelò di essere il Dottor Glenson.

“Hector, c’è il Dottor Glanson: lo devo far entrare ?” chiese urlando Jack, voltando lo sguardo verso le scale.

“Arrivo subito; intanto, fallo accomodare” rispose Hector, dal piano di sopra.

Jack, allora, rivoltò lo sguardo in avanti e, facendosi da parte, disse: “Prego, entri pure” e, dopo che il Dottor Glenson fu entrato, chiuse la porta.

“Comunque, prima ha sbagliato nel pronunciare il mio nome: io mi chiamo Glenson e non Glanson” disse il Dottor Glenson.

“Fa qualche differenza ? Per me nessuna, quindi, non ha importanza, comprendi” disse Jack.

 “Ma lei chi è ?” domandò il Dottor Glenson.

“Un amico di famiglia” rispose Jack, andando in salotto e si andò a sedere sul divano, mettendo i piedi sul tavolino.

Il Dottor Glenson lo seguì e, stava per sedersi sulla poltrona, quando Jack lo fermò, dicendogli: “Ah, ah, non si sieda”.

 “Ma io credevo che…” iniziò a dire il Dottor Glenson, ma Jack lo fermò nuovamente, dicendogli: “…lei non deve credere proprio niente, perché questa non è casa sua”.

 “Ma…ma…il Signor Barbossa…” iniziò a dire il Dottor Glenson, ma Jack lo fermò, ancora, dicendogli: “…il Signor Barbossa ha detto che sarebbe sceso subito; quindi, che cosa le costa aspettare un po’ ?”.

 Il Dottor Glenson, quindi, se ne rimase in piedi e, proprio in quel momento, Hector scese dalle scale, tenendo in mano il tubetto delle pillole che aveva preso; poi, guardò Jack e, dopo aver rivoltato lo sguardo verso il Dottor Glenson, gli disse: “Dottor Glenson, avevo detto che poteva accomodarsi”.

“Non c’è né bisogno, Signor Barbossa: non sono mica stanco” disse il Dottor Glenson.

“Non dica sciocchezze: lei è il nostro medico, quindi ha il diritto di sedersi; si sieda, si sieda pure” disse Hector e, mentre lui si sedeva accanto a Jack, il Dottor Glenson si sedette, invece, sulla poltrona, mettendo la sua borsa per terra; poi, disse: “Allora, Signor Barbossa; questa mattina, sua moglie sembrava molto preoccupata e credo bene di aver capito che lei, abbia, erroneamente, preso le sue pillole”.

“Sì, sono queste” disse Hector e consegnò il tubetto al Dottor Glenson, il quale, mentre le guardava, disse: “Sì, sono proprio queste: pillole per dormire”.

“Pillole per dormire ?! Ma io credevo che solo il rum facesse dormire” disse Jack.

Hector ed il Dottor Glenson lo guardarono; poi, quest’ultimi, si guardarono, ed il Dottor Glenson spiegò: “ Queste pillole, sono quasi uguali a quelle che prende lei, Signor Barbossa: cambia solo la loro forma” e, mentre apriva il tubetto, Hector disse: “Sa, dottore, al mattino sono sempre un po’ assonnato e fatico a distinguere le cose”.

“Non è una cosa di cui vergognarsi, Signor Barbossa: a tutti capita di sbagliare” disse il Dottor Glenson.

“A me non capita mai” disse Jack.

Hector gli lanciò un’occhiataccia e, vedendo che Jack aveva i piedi sul tavolino, gliele fece cadere per terra con forza; poi, Jack disse: “Quanto sei antipatico”.

“Sei in casa mia, Jack, quindi, vedi di fare quello che ti dico io” replicò Hector.

 “Non stavo facendo niente di male, comprendi” disse Jack.

“Avevi i piedi sul tavolino; il tavolino si trova in salotto che, a sua volta, fa parte di casa mia” replicò Hector.

 “Comunque, le consiglio a lei ed a sua moglie di mettere un’etichetta su questa flacone, così riuscirete a distinguere le pillole” disse il Dottor Glenson.

“Ehi, è un’ottima idea; ma lo sa, dottore, che non ci avevamo proprio pensato ? Grazie del consiglio” disse Hector alzandosi in piedi ed il Dottor Glenson, dopo essersi alzato in piedi anche lui, disse: “Si figuri, Signor Barbossa: voi siete i miei pazienti ed io il vostro dottore; io sto solo facendo il mio lavoro”.

“Quindi, ora, Hector è libero di andarsi a cercare un lavoro ?” chiese Jack.

“Lavoro ?!” disse stupito il Dottor Glenson.

“Sì, stamattina avevo intenzione proprio di andarmi a cercare un lavoro ma, sfortunatamente, ho preso le pillole di mia moglie, invece delle mie” rispose Hector.

“Come le ho detto prima, Signor Barbossa, non è successo assolutamente niente; anzi, a tale proposito, è libero di andare a cercarsi un lavoro e spero proprio che ne trovi uno che lo soddisfi” spiegò il Dottor Glenson e, mentre andava verso la porta, Hector lo seguì, dicendogli: “Grazie per essere passato; sicuramente avrà avuto da fare”.

“Oh, non si preoccupi: i miei pazienti vengono sempre prima. Buona giornata, Signor Barbossa e, soprattutto, buona fortuna” disse il Dottor Glenson e, dopo che Hector ebbe aperto la porta, vi uscì. “Che maleducato: si è dimenticato di salutarmi” disse Jack.

“Ti avevo detto di farlo accomodare e non di trattarlo male” replicò Hector, mentre si metteva la giacca.

“Non avevi specificato, comprendi” disse Jack; poi, notando che Hector si stava vestendo con vestiti più pesanti, aggiunse domandandogli: “Ehi e, ora, dove pensi di andare ?”.

“Dove sarei dovuto andare questa mattina presto: a cercarmi un lavoro” rispose Hector ed uscì dalla porta.

 Jack lo seguì e, dopo aver chiuso la porta dietro di se, gli disse, mettendosi al suo fianco: “Ehi, vuoi rallentare: non riesco a stare al tuo passo”.

“Non ti ho detto di seguirmi” replicò Hector, continuando a camminare.

 “Ma non mi hai neanche detto che potevo rimanere in casa tua, comprendi” disse Jack; poi, vedendo che Hector non replicò, aggiunse dicendo: “Eddai, Hector, che cosa ti costa farmi venire con te ? Prometto che ti darò una grande mano nel trovare un lavoro adatto a te”.

 “Questa è proprio l’ultima cosa alla quale avevo pensato” disse Hector.

“Vedrai che con la mia grandissima ed abilissima esperienza, troverai di sicuro un lavoro che ti piace; e, poi, questa città ha molto da offrire; certo non è come vivere ai nostri tempi, ma ci sono, comunque, un sacco di opportunità, comprendi” spiegò Jack.

“Ok, Jack, vuoi aiutarmi ? Bene; allora, mi devi promettere che devi solo, e dico solo, far parlare me; chiaro ?!” disse Hector.

“Limpido come un ponte pulito” disse Jack. I due camminarono ancora un po’; finché non arrivarono in una via, la quale era piena di negozi e centri commerciali: “Finalmente siamo arrivati: questo è il posto che fa per noi” disse Jack, ma, dopo aver ricevuto un’occhiataccia da parte di Hector, si corresse dicendo: “ Volevo dire, questo è il posto che fa per te; sì, fa proprio per te”.

“Jack, ecco la prima regola: tu stai zitto, mentre io parlo” spiegò Hector.

“Me lo hai già detto anche prima” disse Jack.

“Ricordartelo, fa sempre bene, non trovi ?” disse Hector.

 “Ehi, guarda che, io, ho una buona memoria; l’ho sempre avuta, comprendi” disse Jack.

 Mentre passeggiavano, si guardavano intorno, alla ricerca di un annuncio di lavoro che potesse soddisfare Hector; poi, Jack disse: “Ma guarda questa gente come è vestita: è proprio strana”.

 “Jack, questa gente è vestita normale: sei tu, che la pensi diversamente” disse Hector.

“A me piacevano molto i vestiti che indossavo prima” disse Jack.

“I vestiti che indossavi prima, andavano bene per la nostra epoca: qui, bisogna vestirsi molto più elegantemente” spiegò Hector.

“Bé, io ero elegante anche prima” disse Jack.

Ad un tratto, Hector si fermò davanti ad una bottega e Jack, non accorgendosi, gli andò a sbattere addosso: “Ehi, ma che ti è preso ? Guarda che la strada non finisce mica qui” disse Jack.

“Entriamo in questo negozio: forse, ho trovato il lavoro adatto a me” disse Hector ed entrò dentro alla bottega.

 “Io non ci capisco niente, in che cosa c’è scritto in questo annuncio e, visto che io so leggere poco ed anche tu non sei messo tanto bene, potremmo anche tentare” disse Jack e lo seguì; poi, guardandosi intorno, aggiunse dicendo: “Per tutto il rum; guarda questo negozio: ci sono un sacco di vestiti” e si incamminò verso un reparto.

“Jack, non dobbiamo fare compere: a quello ci pensano già le nostre donne” disse Hector.

“Non abbiamo fretta, quindi lasciami controllare solo un po’” disse Jack; poi, dopo aver guardato tra alcuni vestiti, aggiunse dicendo: “ Ma guarda che schifo: questi vestiti non valgono niente per un uomo ! Sono orrendi !”.

Una commessa si avvicinò a lui e gli chiese: “Signore, ha bisogno di qualcosa ?”.

Jack voltò lo sguardo, per incrociare quello di una bellissima ragazza; poi, rispose: “Certo dolcezza: mi puoi aiutare nel cercare un vestito adatto a me, comprendi”.

 La ragazza si mise a ridere; quindi, Jack le domandò: “Mi scusi, ma perché sta ridendo ?”.

“Perché questo è il reparto per le donne; non sa leggere ?” rispose la ragazza, smettendo di ridere.


Jack alzò, allora, la testa, per vedere il cartello che indicava “ Donne”; quindi, disse: “Oh, che sbadato; è che non so leggere ancora tanto bene”.

“Non si preoccupi: a volte, tutti sbagliano a leggere” disse la commessa.

“No, no, io proprio ancora so leggere poco, comprendi” disse Jack.

 La commessa rimase un po’ lì, sorpresa dalla frase di Jack; poi, voltò lo sguardo, vedendo Hector che si stava guardando intorno; quindi, dopo aver rivoltato lo sguardo verso Jack, gli disse: “Bé, può guardarsi intorno; intanto, io vado dall’altro signore” ed andò da Hector e, quando fu da lui, chiese: “Buongiorno, Signore; ha bisogno di qualcosa ?”.

“Ho letto l’annuncio qua fuori e, penso, di essere colui del quale avete bisogno” rispose Hector.

La commessa lo guardò; poi, stupita domandò: “Mi scusi signore, ma ha letto bene il nostro annuncio ?”.

“Certo, ma per chi mi ha preso ?!” rispose Hector.

 “No, è che…che noi cerchiamo persone che abbiamo già avuta esperienza nel campo della moda; in poche parole, ci servirebbe qualcuno che rappresentasse il nostro negozio, nelle sfilate di alta moda e nei depliant” spiegò la commessa.

“Ehi, Hector, lo sai che, forse, ho trovato un vestito adatto alla mia Marie ? Che ne dici se lo prendo: così, le faccio un bel regalo, no ?” disse Jack, avvicinandosi ai due.

“Lei; lei è proprio la persona che stiamo cercando” disse la commessa, guardando Jack il quale stupito chiese: “Come ?!”.

“Sì, sarà lei a rappresentare il nostro negozio alle sfilate di alta moda” rispose la commessa.

“Ehi, scusi, ma ero io quello in cerca di un lavoro; mica, lui !” replicò Hector.

“Mi dispiace signore, ma lui ha tutte le qualità necessarie per rappresentarci; lei, invece, se vuole, può andare da un’altra parte a cercare il lavoro” spiegò la commessa e si voltò verso Jack il quale disse: “La ringrazio molto per questa offerta, anche se non ho ancora capito che cosa dovrei fare”.

 “E’ molto semplice: lei dovrà solo stare in posa per delle fotografie che le verranno scattate” disse la commessa.

“Bé, allora, acc…”, ma, prima che Jack potesse finire la frase, Hector lo prese per il colletto della giacca e, con forza, lo trascinò fuori dal negozio: “Signore, aspetti: dobbiamo ancora stipulare il contratto” disse la commessa.

“Nessun contratto verrà fatto con questo uomo ! Né qui; né in nessun altro posto !” replicò arrabbiato Hector e, dopo che furono usciti, sbatté la porta dietro di loro.

Appena furono fuori, Hector lasciò andare Jack; poi, disse, con voce arrabbiata: “La gente di questa epoca non capisce niente ! Tu chiedi una cosa e, loro, ti voltano le spalle ! Se Christine mi permettesse di comportarmi ancora da pirata, potrei mettere molta paura nelle persone che mi trattano male; ma, invece, devo comportarmi da “persona per bene”  e non devo far del male a nessuno, se non in casi di estrema emergenza e, tu, Jack ti stavi facendo abbindolare come un pesce lesso !”.

“Ma hai visto quella ragazza: era bellissima ! Come si fa a dirle di no ?” disse Jack.

“Ah, allora ecco, perché avresti accettato quel lavoro: solo per starle sempre accanto e farle tante sdolcinature” disse Hector, guardandolo.

 “No, non è affatto vero !” disse Jack.

“Meno male che non c’era anche Marie se, no, sarebbero stati grossi guai per te; anche se, qualcuno, potrebbe sempre fare la spia” disse Hector.

“No, non un alto patto: l’ho già fatto ieri con la tua piccola canaglia, comprendi” disse Jack.

 “Te l’ho detto prima che dovevi tenere la bocca chiusa ma, a quanto pare, le cose che dico a te non interessano” replicò Hector.

“Sei geloso, perché quella commessa avrebbe preso, di sicuro, me, invece che te, vero ?” disse Jack sorridendo.

“Non sono geloso, ma furioso  proprio per il motivo che hai appena detto; sono io quello in cerca di un lavoro; non tu !” replicò Hector.

“Bé, e che ti lamenti: ora, basta andare in un altro posto e provare di nuovo” disse Jack.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, senza dire niente, Hector riprese a camminare: “Ehi, aspettami, Hector” disse Jack e lo raggiunse.

Passò un’ora, ed Hector e Jack erano stati praticamente in quasi tutti i negozi; però, in quelli rimasti, nessuno cercava qualcuno da assumere: “Questa città è strana ! Anzi, questa epoca è strana: è impossibile che, nessuno, ti assuma; no, tutti, devono assumere il grande Jack Sparrow, perché lui ha tutte le qualità necessarie” disse Hector.

“Eddai, Hector, non ho mica colpa io, se sono fatto così e se, soprattutto, nei posti dove siamo stati, c’erano tutte delle belle ragazze che erano attratte da me, comprendi” disse Jack.

“Ricordati, mio caro, che posso sempre spifferare tutto alla tua fidanzata; quindi, faresti meglio a pavoneggiarti meno ed a tenere la bocca chiusa” replicò Hector.

“Sempre, però, se tieni chiusa anche la tua, comprendi” disse Jack.

 I due passeggiarono ancora un po’, finché, davanti a loro, non videro un grosso gruppo di persone: “Mi chiedo che cosa stia succedendo” disse Jack.

“Sicuramente qualcosa che, a noi, non interessa” disse Hector e, stava per riprendere a camminare, quando Jack, invece, andò verso il gruppo di persone; quindi, Hector disse: “Ma quanto è testardo !” e lo seguì e, quando lo raggiunse, Jack domandò: “Che cosa è successo ?”.

“Ma come ti viene in mente di farmi queste domande ?! Come posso saperlo, se, anche io, sono appena arrivato ?!” replicò Hector.

“Non l’ho chiesto a te, ma alla persona qui accanto a me” disse Jack.

“All’improvviso, quel signore si è sentito male e, adesso, sta arrivando l’ambulanza” spiegò il signore accanto a Jack, il quale, stupito disse: “L’ambu che ?! Che roba deve arrivare ?!”.

 “Jack, l’ambulanza è il mezzo di trasporto che i medici usano per andare in ospedale” spiegò Hector.

 “E, tu, come fai a saperlo ?” chiese stupito Jack.

“Mia moglie è un medico; o te lo sei già dimenticato ?” rispose Hector.

“Niente affatto” disse Jack.

In quel momento, si sentì una sirena e, la gente, si dovette far da parte, perché arrivò l’ambulanza e, dopo che si fu fermata, dal retro di essa scesero due medici, con il necessario per visitare ed una barella: “Ah, adesso ho capito come funziona: quelle persone arrivarono tramite l’ambu cosa e, dopo essere scesi, caricano chi sta male su di un letto” disse Jack.

 “Complimenti, Jack: ci sei andato molto vicino con la spiegazione, anche se i malati non vengono messi su di un letto, ma su di una barella” disse Hector.

“Bé, per me sono la stessa cosa, visto che vengono sempre sdraiati, comprendi” disse Jack.

I barellisti ed il medico stavano continuando a visitare il signore a terra, mentre Hector disse: “Io, quel dottore, lo conosco…ma, sì: è il Dottor Glenson”.

“Il Dottor Glanson ?! E che ci fa qui ? Stamattina era a casa tua” disse stupito Jack.

“Il suo mestiere è curare i pazienti e, non stare sempre a casa loro” disse Hector.

“Anche tu e la sua famiglia siete dei suo pazienti e, guarda caso, stamattina è proprio venuto a casa tua, comprendi” disse Jack.

Passarono i minuti, quando, finalmente, i barellisti misero il signore sulla barella ma, proprio mentre stavano per metterlo sull’ambulanza, una delle ruote della barella incappò in una buca ed uno dei due barellisti cadde per terra: “Poverino; deve essersi fatto molto male” disse una signora che guardava.

“Dovevano stare più attenti” disse, invece, un altro signore.

“E’ colpa del dottore: non li stava aiutando” disse un altro signore.

 “Il Dottor Glenson non ha colpa: la colpa è solo di quella stupida buca !” replicò arrabbiato Hector, guardando l’ultimo signore che aveva parlato, il quale si zittì subito; poi, Hector rivoltò lo sguardo in avanti, per vedere che il barellista che si era fatto male, era per terra e si teneva una caviglia; per, poi, dire: “La caviglia; credo che mi si sia slogata”.

“In questo momento, non vorrei trovarmi al suo posto e nemmeno in quello che è disteso sulla barella” disse Jack.

 Senza dire nulla, Hector si fece largo tra la folla, mentre diceva: “Spostatevi ! Levatevi di mezzo, branco di incompetenti !” e, dopo essere arrivato dal Dottor Glenson e dai barellisti, aggiunse domandò: “Posso rendermi utile in qualcosa ?”.

 Le tre persone lo guardarono ed il Dottor Glenson stupito chiese: “Signor Barbossa, che cosa ci fa qui ?”.

“Ero in cerca di un lavoro…allora, avete bisogno del mio aiuto, oppure no ?” domandò Hector.

Il Dottor Glenson ed il barellista, guardarono colui che si era fatto male, il quale disse: “Non credo di riuscir a muovere la barella e quel signore deve essere portato immediatamente all’ospedale”.

Il Dottor Glenson, allora, rivoltò lo sguardo verso Hector e gli chiese: “Se la sente di assistere il paziente insieme all’altro barellista ?”.

“Ci può contare” rispose Hector.

“Molto bene; allora, Michael, starai dietro con il Signor Barbossa; Jason, invece tu, verrai davanti con me e guiderai” spiegò il Dottor Glenson.

“Venga, Signor Barbossa, mi aiuti e mettere la barella sopra all’ambulanza” disse Jason, che era il barellista che non si era fatto male, ma Hector, invece di aiutarlo, aiutò l’altro barellista a rialzarsi e lo fece sedere sul retro dell’ambulanza; poi, successivamente, aiutò Jason con la barella.

“Bene, ora, può salire” disse Jason ed andò al posto di guida.

Hector stava per salire sull’ambulanza, quando Jack lo raggiunse, domandandogli: “Ehi, Hector, ed io ? Dove vado ?”.

Hector stava per rispondergli ma, al suo posto, rispose il Dottor Glenson, il quale disse: “Lei verrà, con noi, davanti” ed ognuno andò al suo posto, Jack compreso e, quando Hector fu salito sul retro dell’ambulanza ed ebbe chiuso le porte, l’ambulanza partì.

 Mentre si dirigevano verso l’ospedale, Hector e Michael, il barellista che si era fatto male, si guardavano l’uno con l’altro, mentre, in mezzo a loro, vi era il signore sulla barella; poi, fu Michael a rompere il ghiaccio, dicendo: “Volevo ringraziarla per avermi aiutato: tutta quell’altra gente, sembrava fregarsene o, come se avesse avuto paura”.

“La gente non sa affrontare le proprie paure: è proprio affrontandole, che si riesce ad andare avanti nella vita” disse Hector.

“Che parole sagge, Signor Barbossa” disse stupito Jason.

“Mi chiami solo Hector e, per favore, diamoci del tu” disse Hector.

“Lei, invece, mi può chiamare Michael” disse Michael e, i due, si strinsero la mano; poi, Hector, guardò il paziente in mezzo a loro e chiese: “Avete capito che cosa ha ?”.

“Sembrerebbe che gli sia venuto un malore ma, per esserne certi, dobbiamo fare esami più specifici all’ospedale” rispose Michael.

“So che roba è, anche se mia moglie non cura certe cose” disse Hector.

“Che lavoro fa ?” domandò Michael.

“E’ una pediatra e lavora all’Ospedale New Life” rispose Hector.

“All’Ospedale New Life ?! Questa sì, che sarà proprio una bella sorpresa” disse stupito Michael.

“E perché ?” chiese Hector.

“Perché è l’ospedale al quale stiamo andando ed è proprio lì che lavoriamo” rispose Michael ed Hector rimase senza parole.

Mentre continuavano a recarsi verso l’ospedale, all’improvviso il battito cardiaco del paziente sulla barella accelerò, finché, sul monitor, non comparve una linea piatta: “Oh, no, è in arresto cardiaco” disse Jason ma, appena si alzò in piedi, si dovette risedere per il forte male alla caviglia; quindi, Hector gli disse: “Se mi dici come posso fare per salvargli la vita, posso provarci io”.

“Dietro di te c’è un defibrillatore: accendilo; prendi i defibrillatori; mettili sul petto del signore e poi, libera l’elettricità” spiegò Michael.

Non perdendo tempo nel chiedere come potesse fare un oggetto del genere a far ripartire un cuore, Hector si voltò; accese il macchinario e, mentre prendeva i defibrillatori, Michael aprì la camicia del paziente; poi, disse: “Carica a 50 volt”.

Hector, allora, spostò la manovella su i 50 volt e mise i defibrillatori sul petto del signore; quindi, Michael gli disse: “Pronto ! Libera !” ed Hector fece andare la scossa; ma, essa non bastò, perché sul monitor vi era ancora la linea piatta.

 “Carica a 150 volt” gli disse Michael e, quindi, Hector spostò la manovella su i 150 volt; poi, proprio come prima, mise i defibrillatori sul petto del signore e Michael gli disse: “Libera !” ed Hector fece andare la scossa; questa volta funzionò, perché il cuore ritornò a battere.
 Hector tirò un sospiro di sollievo e Michael, prendendo la mano sinistra del signore, disse: “C’è polso”; poi, rivolto ad Hector, aggiunse sorridendo: “Ottimo lavoro, Hector: hai appena salvato la vita di quest’uomo”.

 “Grazie” disse Hector e mise giù i defibrillatori, spegnendo la macchina.

 I due, però, non si erano accorti che, nel davanti dell’ambulanza, gli altri avevano sentito cosa era successo e, il Dottor Glenson, aveva anche assistito a tutto, attraverso una finestrella trasparente che divideva le due parti.

Finalmente l’ambulanza arrivò al Pronto Soccorso dell’Ospedale New Life e, appena si fermò, Hector aprì le porte, Jason lo aiutò a far scendere la barella e, poi, da solo, la spinse velocemente dentro all’ospedale.

Mentre Hector aiutava Michael a scendere, il Dottor Glenson e Jack andarono da loro ed il Dottor Glenson disse, rivolto ad Hector: “Grazie per il suo aiuto, Signor Barbossa; per favore, venga dentro all’ospedale e, ovviamente, anche lei, Signor Sparrow” ed entrò nell’ospedale.

“Questa giornata ha preso una bellissima piega; non trovi anche tu, Hector ?” disse Jack.

“Io so solo che ho appena visto la vita di un uomo passarmi davanti” disse Hector, mentre sosteneva Michael e, i tre, camminavano all’interno dell’ospedale.

“L’ultima volta che sono stato in questo ospedale, è stato quando è nata tua figlia” disse Jack, mentre Hector aiutava Michael a sedersi su una delle sedie nella Sala d’Aspetto.

“Non so perché il Dottor Glenson abbia voluto che entrassimo entrambi, ma spero che non sia una cosa lunga, perché ho altri posti dove andare, per cercare un lavoro” disse Hector.

“Se il Dottor Glenson vi ha detto che dovevate entrare, vedrete che sarà per una cosa importante” disse Michael.

Hector lo guardò; poi, gli domandò: “Come va con la caviglia ?”.

“Molto meglio, grazie; ma, con del ghiaccio ed un po’ di riposo, mi passerà il male del tutto” rispose Michael.

In quel momento, Christine, che stava passando di lì, dopo aver appena visitato un bambino al Pronto Soccorso, si fermò, nel vedere suo marito e Jack, anche loro lì; quindi, mentre camminava verso di loro, stupita chiese: “ Hector ! Jack ! Che cosa ci fate qui ? State, per caso, male ?”.

Hector e Jack voltarono lo sguardo verso di lei ed Hector, anche lui stupito, le domandò: “Amore, che cosa ci fai qui ? Credevo che fossi in Pediatria ?”.

“C’ero, quando non mi hanno chiamata per venire qui e visitare un bambino che era caduto dall’altalena, perché spinto troppo forte dal fratello più grande; voi, invece, che cosa ci fate qui ? Non è da voi, bazzicare in un ospedale” disse Christine.

“E’ una lunga storia e, tutto incomincia, con un signore che si è sentito male per strada” iniziò a dire Hector e, quindi, le spiegò tutto.

A racconto finito, Christine disse entusiasta: “Hector, sono molto orgogliosa di te: senza il tuo aiuto, quell’uomo sarebbe morto”.

 “Bé, diciamo che il merito va anche a Michael: era lui che mi diceva che cosa dovevo fare” disse Hector, guardando Michael, il quale disse: “Però, sei stato tu ad azionare i defibrillatori e, per uno che li ha usati per la prima volta, bé, devo dire che te la sei cavata egregiamente”.

“Come ?!” disse stupito Hector, non sapendo che cosa significava quel termine.

“Significa che sei stato bravissimo” gli disse Christine.

“Allora, grazie per il complimento” disse Hector, rivolto a Michael.

In quel momento, il Dottor Glenson camminò verso di loro e, quando si fermò, disse, rivolto ad Hector e Jack: “ Congratulazioni ad entrambi”.

Hector e Jack si guardarono perplessi negli occhi; poi, Jack stupito chiese: “Scusi, ma non abbiamo afferrato; potrebbe ripetere ?”.

“Congratulazioni, perché avete un lavoro: entrambi lavorerete qui, in ambulanza” rispose il Dottor Glenson. Hector e Jack rimasero senza parole e Michael disse: “Ve l’avevo detto che, se il Dottor Glenson vi aveva fatto entrare, era per una cosa importante”.

“Oh, tesoro, che bello: non lavoreremo insieme ma, almeno, saremo nello stesso ospedale” disse entusiasta Christine, abbracciando Hector, il quale doveva ancora rendersi conto che, finalmente, aveva un lavoro e non un lavoro comunque, ma avrebbe lavorato su un ambulanza, aiutando le persone che stavano male e trasportandole in ospedale.

“Ma solo Hector doveva cercarsi un lavoro; io non centro nulla” replicò Jack.

“Mentre stavamo venendo qui, ho notato che lei, Signor Sparrow, ha prestato molta attenzione in tutto quello che faceva Jason; quindi, ho ritenuto opportuno che lei sarebbe stato un ottimo assistente al guidatore in ambulanza; mentre, il Signor Barbossa,  ha salvato la vita di quel signore ed ha aiutato Michael; quindi, ecco perché avete ottenuto questo lavoro” spiegò il Dottor Glenson.

“Io e Jack sulla stessa ambulanza ?! No, non se ne parla !” replicò Hector.

“Se per lei è un problema, Signor Barbossa, allora lavorerete in due ambulanze diverse” disse il Dottor Glenson.
“Così, va già meglio” disse Hector.

“Io mi devo ancora rendere conto di quello che è successo; mah, io non dovevo neanche avere un lavoro” disse Jack, poco dopo, mentre era mangiare al bar, insieme ad Hector ed a Christine; quest’ultima disse: “ Vedrai che, quando lo dirai a Marie, lei ne sarà molto entusiasta, proprio come lo sono io, per il mio Hector” e sorrise amorevolmente ad Hector, il quale la baciò sulla bocca.

“Sì, però, io un lavoro ce l’avevo già, comprendi” disse Jack, mentre prese in mano una patatina e la guardava. Christine ed Hector si staccarono dal bacio; poi, Hector gli disse: “Scolare rum 24 ore su 24, non è un lavoro; essere in ambulanza ed aiutare gli altri, quello sì che è un lavoro”.

“Forse dal tuo punto di vista, ma, per me, è solo una perdita tempo” disse Jack.

“Perdita di tempo ?! Jack, aiutiamo chi sta male; hai visto il Dottor Glenson quanti complimenti mi ha fatto, per aver salvato la vita di quell’uomo” disse Hector.

“Andiamo, Hector, dove è finito il tuo spirito da pirata ? Nella nostra epoca, non avresti aiutato nemmeno un membro della nostra ciurma, comprendi” disse Jack e mangiò la patatina che teneva in mano.

“Jack, mio caro, ora, noi non siamo più pirati, ma persone esattamente come le altre: dobbiamo comportarci bene e non come quando solcavamo i mari dei Caraibi” spiegò Hector.

“Bé, fai pure come vuoi ma, io, non farò quel lavoro; no di certo ! Io ho ancora la mia reputazione da pirata da mantenere e non sarei di certo tu e quel dottore, a togliermela, comprendi ! E, ora, se mi volete scusare, ho una faccenda da sistemare” disse Jack e, dopo essersi alzato in piedi, uscì dal bar.

 “Dove credi che stia andando ?” domandò Christine.

“Ah, lascialo perdere: lui non sa ancora che qui, la vita, è ben diversa da quella che trascorrevamo ai Caraibi” disse Hector.

“Tesoro sono molto orgogliosa di te: ultimamente, vuoi integrarti sempre di più in un’epoca che non è la tua; perché ?” chiese Christine.

 “Perché lo faccio per la donna che amo e per una figlia che è la gioia del mio cuore” rispose Hector, prendendo le mani di Christine tra le sue.

I due sorrisero; poi, Christine disse: “Oh, Hector, ti amo tanto”.

“Anche io ti amo tanto e, ti prometto, che farò di tutto per renderti ancora di più felice” disse Hector. “Ma tu mi hai già resa felice” disse Christine.

“Ah, sì ?! E quando ?” domandò stupito Hector.

“Quando ti ho conosciuto e, poi, ti ho sposato” rispose Christine ed Hector sorrise nuovamente.

 A pranzo finito, Hector e Christine camminarono per il Pronto Soccorso, quando, davanti a loro, videro Jack con il broncio; quindi, Hector sottovoce disse a Christine: “Mi sa tanto che, la faccenda che doveva risolvere, non l’abbia risolta”.

“Lo credo anche io” disse sottovoce Christine e, quindi, decisero di raggiungerlo.

Quando gli furono vicino, Christine gli chiese: “Come è andata ?”.

“Non si capisce ?!” replicò Jack.

“Jack, non essere scontroso con mia moglie !” replicò Hector.

“E’ tutto a posto, caro; se Jack non vuole spiegarci come è andata, non fa niente” disse Christine.

“Il Dottor Glenson non vuole che me ne vada, perché stamattina, insieme ad Hector, sono stato molto bravo” spiegò Jack.

“Bé, dovresti prenderlo come un complimento: il Dottor Glenson non è sempre così gentile” disse Christine.

“Davvero ?!” disse stupito Jack.

 “Fidati: io conosco il Dottor Glenson molto meglio di voi; se lui vi ha assunto, è perché sa che voi due sarete molto validi nel vostro lavoro e che ci metterete tutti voi stessi, per portarlo a termine ogni giornata” disse Christine.

“Hai sentito, Jack: devi restare” disse Hector.

“Resto se mi permetteranno di prendere, con me, una bottiglia di rum, comprendi” disse Jack.

“Non puoi bere, quando sei in servizio: è la regola per ogni lavoro” spiegò Hector.

“Oh, mannaggia !” disse Jack.

La giornata passò e, venne il pomeriggio, dove Hector andò a prendere Luna all’asilo e, mentre passeggiavano sulla via verso casa, Luna disse: “Sono molto contenta, papà, che tu abbia finalmente trovato un lavoro; e, poi, senza il tuo aiuto, quell’uomo sarebbe morto”.

“Grazie, cuccioletta e credo, anche, che mi troverò bene su di una ambulanza” disse Hector, mentre la teneva per mano.

“E, poi, ora lavorerai anche con mamma” disse Luna.

“Lavoreremo nello stesso ospedale, ma non insieme” spiegò Hector.

 “E sei triste ?” domandò Luna, guardandolo.

Hector la guardò a sua volta e le rispose dicendo: “Un po’ ma, almeno, la posso vedere più di prima” ed entrambi, rivoltarono lo sguardo in avanti.

Arrivò sera e, dopo aver cenato, Hector, Christine e Luna, che si trovava in mezzo a loro, erano sul divano a guardare la televisione: “Non temere per domani, tesoro: tutti hanno paura il loro primo giorno di lavoro” disse Christine.

 “Ma io non ho paura” disse Hector.

“Lo dici ora, ma, domani, vedrai che cambierai idea” disse Christine.

“Ed io, ti ripeto, che non ho paura” replicò Hector.

“Hector, da retta a me, tesoro, vedrai che, domani, almeno un po’ di paura l’avrai anche tu e, credimi, anche Jack sarà nelle tue stesse condizioni” disse Christine.

“E, tu, come fai a saperlo ?” chiese Hector guardandola.

 “Anche durante il mio primo giorno di lavoro, avevo molta paura ma, poi, è andato tutto bene; fidati, che te la caverai benissimo” rispose Christine e, i due, si baciarono; poi, guardarono in basso, per vedere la loro bambina che stava dormendo; quindi, Christine disse: “Sarà meglio che ce ne andiamo tutti a letto: domani, è una giornata molto pesante” e, mentre lei spegneva la televisione, Hector prendeva, delicatamente, in braccio Luna e, poi, tutti e tre, se ne andarono a dormire.

Finalmente, Hector ha trovato un lavoro e l’ha trovato pure Jack; come se la caveranno i due pirati ? Per scoprirlo, non ci resta che aspettare il prossimo episodio, intitolato: “ PRIMO GIORNO DI LAVORO”
 

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Capitolo 3
*** Primo giorno di lavoro ***


Finalmente, arrivò il primo giorno di lavoro per Hector e Jack e, proprio come aveva detto la sera precedente Christine, entrambi erano molto nervosi, anche perché nessuno dei due aveva mai lavorato: “Hector, tesoro, cerca di stare calmo: vedrai che andrà tutto bene” disse Christine, mentre aiutava Hector a mettersi la cravatta.
 
 “Ma io sto benissimo e sono calmo” disse Hector, mentre le sue mani tremavano; poi, con un colpo di rabbia, gettò la cravatta sul letto, ed aggiunse replicando: “Per tutti i fulmini ! Certo che sono molto nervoso !”.

“Ok, ora fai un bel respiro profondo; chiudi gli occhi e conta fino a dieci; se, poi, il nervoso non ti sarà ancora passato, bé, allora penseremo a qualcos’altro” disse Christine, mentre gli massaggiava le spalle.

 Hector, allora, provò a fare ciò che le aveva detto la moglie e, piano, piano, si calmò; poi, disse: “ Io non so che cosa mi sia preso”.

“Come ti ho detto ieri sera, è normalissimo essere così agitati; se non lo fossi, impazziresti subito” disse Christine.

Hector la guardò e, poi, i due si baciarono; poi, si interruppero, quando Luna entrò, di corsa, nella loro stanza con Jack sulla sua spalla; per, poi, dire, rimanendo a bocca aperta: “Papà, come sei elegante”.


Hector e Christine si voltarono verso di lei ed Hector, le disse: “Vieni qui, cuccioletta”.

Luna, allora, camminò verso i suoi genitori ed Hector la prese in braccio, per poi domandarle: “Sei pronta, per vedere il tuo papà sul posto di lavoro ?”.

“Mi piacerebbe tanto, papà, ma non posso: lo sai che devo andare all’asilo” rispose Luna.

Hector, allora, voltò lo sguardo verso Christine e stupito disse: “Ma credevo che, quando un genitore iniziava un lavoro nuovo, potessero stare a casa”.

“Non funziona esattamente così, amore: Luna, purtroppo per te, deve andare all’asilo, se non vuole che le sue maestre si arrabbino con lei” disse Christine.

 “Ma io sono una brava bambina, mamma” disse Luna.

“Non avevo dubbi, che avresti detto questa frase; su, ora vai giù e aspettaci, ma, prima, fa che Jack ritorni sul suo trespolo” disse Christine.

Hector, allora, mise a terra Luna, la quale, mentre usciva tristemente e dopo che Hector l’ebbe accarezzata sulla guancia, disse: “ Andiamo, Jack: mamma non vuole che andiamo con papà al lavoro”.

“Ho sentito bene: ha detto “andiamo” ?! No, no, no, così proprio non ci siamo; voleva portare veramente Jack con se, se fosse venuta con te al lavoro ?!” disse stupita Christine.

“Glielo avrei permesso, è ovvio” disse Hector.

“Non si possono portare animali sul posto di lavoro, se non sono concessi” spiegò Christine.

“Vivere nel vostro mondo è molto difficile” disse Hector.

“Ormai dovresti esserti già abituato” disse Christine.

“Lo sai che rimango, pur sempre, un pirata” disse Hector.

 “E’ vero ma qui, caro mio, non ci sono galeoni o forzieri da svaligiare; e non ci sono tanto meno locande dove ubriacarsi o andare a letto con qualche donna” disse Christine.

“Anche nella mia epoca, tu saresti stata la mia unica donna” disse Hector e la baciò nuovamente.

Poco dopo, Hector era riuscito a convincere Christine di portare Luna almeno davanti al Pronto Soccorso: “Mi raccomando, amore: fai tutto quello che ti dice il tuo collega” disse Christine.

“ Jason è molto bravo e sono sicuro che mi farà apprezzare questo lavoro” disse Hector.

“So che tu ti abitui a tutto e sarei bravissimo anche in questo” disse Christine.

 “E, in quanto a te, cuccioletta, comportati bene anche oggi, all’asilo” disse Hector, guardando Luna, la quale gli disse: “ Lo sai che io faccio sempre la brava” disse sorridendo Luna; poi, aggiunse chiedendogli: “Però, quando pensi di ritornare a casa ?”.

“Quando il mio turno sarà finito e finché avrò persone da andare a prendere” rispose Hector e l’accarezzò sulla testa.

“Quelle persone hanno bisogno di te, amore mio: le salverai tutte” disse Christine.

“Ho fiducia in quello che faccio” disse Hector e le diede un dolce bacio sulla bocca; poi, si staccò da lei, quando si sentì tirare la parte finale della giacca; quindi, Hector e Christine abbassarono lo sguardo verso Luna, la quale disse loro, mentre indicava oltre loro: “Papà ! Mamma ! Sono arrivati lo zio Jack e la zia Marie”.

Hector e Christine, allora, voltarono lo sguardo dall’altra parte, per vedere Jack e Marie che si stavano baciando; quindi, Hector gridò: “Jack, anche tu hai un lavoro da incominciare; quindi, vedi di non fare notte”.

Jack e Marie lo guardarono staccandosi, di conseguenza, dal bacio; poi, mentre camminavano verso gli altri tre, Christine disse, rivolta ad Hector: “E’ stato molto sleale da parte tua”.

“Sono un pirata” le disse sottovoce Hector e Christine rise un po’.

“Bel modo di darsi il buongiorno” disse Jack, arrivando, con Marie, da loro.

 “Do questo tipo di buongiorno, solo a chi pare a me” disse Hector.

 “Allora, sei fortunato: perché siamo in pochi, comprendi” disse Jack.

“Zio Jack !” disse entusiasta Luna e Jack, dopo averla presa in braccio, le disse: “Ecco la mia piccola e pestifera nipotina; questo è il buongiorno che volevo”.

“Sei nervoso ?” domandò Luna.

“Nervoso io ?! Piccola, io sono Jack Sparrow e non sono mai nervoso di niente” rispose Jack.

“Papà, invece, era nervosissimo, ma, la mamma, ha detto che è normale essere nervosi il primo giorno di lavoro” spiegò Luna.

“Davvero il tuo papà era nervoso ? Bé, non deve preoccuparsi, perché ci sono anche io con lui, comprendi” disse Jack e, mentre la rimetteva a terra, Hector gli disse: “Guarda che non siamo sulla stessa ambulanza”.

“E perché non siamo sulla stessa ambu cosa ?” chiese Jack.

 “Perché l’ho chiesto al Dottor Glenson di non essere messo con te; e, poi, si chiama ambulanza: dovresti imparare ad usare questo termine, perché è il tuo mezzo di lavoro” rispose Hector.

 In quel momento, Jason, Michael ed altri due vestiti con la giacca dell’ambulanza, uscirono dal Pronto Soccorso e, dopo essersi fermati dal gruppetto, Jason disse: “Hector; Jack; benvenuti al vostro primo giorno di lavoro; spero che vi troverete bene fin da subito”.
“Io non ci volevo neanche venire” disse Jack.

“Piantala, Jack !” disse Marie, dandogli una leggera spinta contro la spalla.

 “E’ la verità che non volevo venirci: solo Hector stava cercando un lavoro, comprendi” disse Jack.

 “Allora, siete pronti ?” domandò Jason.

 “Certo” rispose Hector.

“Oh, a volontà” rispose, con tono sarcastico, Jack.

 “E’ proprio questo lo spirito giusto, tesoro” gli disse Marie e Jack le lanciò un’occhiataccia.

“Bene; se, allora, volete seguirci dentro, possiamo anche incominciare” disse Jason.

 “Mi raccomando, Jason; tieni molto d’occhio mio marito: non è ancora abituato a lavorare” disse Christine.

“Tranquilla, Christine: non lo perderò mai di vista” disse Jason.

“Jack, non prendere mai delle iniziative: fai tutto quello che ti dicono i tuoi colleghi” disse Marie, mentre aggiustava meglio il colletto della giacca di Jack, il quale, prese le mani di lei tra le sue, per poi baciarla sulla bocca.

“Non mi fai le stesse raccomandazioni che Marie ha fatto a Jack ?” chiese Hector.

“Con te non ce n’è bisogno; però, almeno posso darti questo” rispose Christine e, anche loro due, si baciarono.

“Spero solo che riescano a resistere, un intera giornata, senza le loro donne” disse Michael.

Quando Jack ed Hector finirono il bacio con Christine e Marie, Jason disse loro: “Seguitemi” ed entrò dentro al Pronto Soccorso, seguito da Michael e dalle altre due persone.

“Papà; zio Jack; in bocca al lupo” disse Luna.

“E che cosa dovrebbe centrare, ora, il lupo ?!” disse stupito Jack. Luna rise; poi, disse: “E’ un modo di dire: significa, buona fortuna”.

 “Ahhhh; bé, allora, grazie, piccola” disse Jack e l’accarezzò sulla testa.

“Mi mancherai, cuccioletta e, vedi di fare la brava con gli altri bambini” disse Hector ed accarezzò Luna sulla guancia; poi, tutti e due, si diressero verso l’entrata del Pronto Soccorso; ma, poi, si fermarono; voltarono lo sguardo all’indietro e Marie e Christine diedero, loro, un altro bacio; i due pirati sorrisero loro amorevolmente e, dopo aver rivoltato lo sguardo in avanti, entrarono dentro al Pronto Soccorso.

 “Spero solo che Jack non combini qualche pasticcio” disse Marie.

“Ed anche Hector” aggiunse dicendo Christine.

“Papà e zio Jack se la caveranno; ne sono sicura” disse Luna.

 Poco dopo, Jack si stava guardando nello specchio che c’era nello spogliatoio dei maschi, per poi dire: “Che schifo ! Odio i vestiti che avevo prima, ed odio anche questi ! Molto meglio quelli da pirata”.

 “Sei uno schianto, Jack !” disse Hector.

 “Piantala ! Guarda che anche tu sei vestito come me, comprendi” disse Jack, voltandosi e guardandolo.

“Sono i nostri vestiti da lavoro e, poi, ci distinguiamo dagli altri” disse Hector.

“Però, al contrario di te, a me questi vestiti donano” disse Jack.

“Ragazzi, siamo pronti per cominciare” disse loro Jason e, quindi, uscirono nel piazzale esterno il Pronto Soccorso; poi, aggiunse spiegando: “Jack, ti voglio presentare Brian e Lucas: saranno loro ad accompagnarti sull’Ambulanza; Brian starà al tuo fianco, mentre Lucas è il barelliere”.

“Piacere ad entrambi” disse Jack.

“Bene; se è tutto a posto, possiamo iniziare” disse Jason e, mentre saliva, al posto di guida, sulla prima ambulanza, Michael disse, rivolto ad Hector: “ Può benissimo capitare, che ci siano delle persone molto agitate; quindi, non perderti d’animo e cerca di calmarle, ok ?”.

“Cercherò di fare il più possibile” disse Hector e Michael salì sul retro dell’ambulanza.

“Caro mio, buona fortuna e, spero, che te la caverai quanto mai” disse Jack. “Questa non è una gara, Jack” disse Hector.

“Lo so ma, sono sicuro che, se salverò più pazienti di te, riceverò una ricompensa, comprendi” disse Jack.

Hector alzò gli occhi al cielo; poi, salì accanto a Jason e, l’ambulanza, partì.

“Ma che maleducato: non mi ha neanche salutato” disse Jack.

 “Jack, muoviti ! Siamo già in ritardo per il turno” lo chiamò Brian.

“Ma che modi ! E’ mattina e tutti devono già gridare, comprendi” disse Jack e, dopo essere salito al fianco di Brian, anche questa ambulanza partì.

“Allora, quale è la nostra prima destinazione ?” domandò Hector.

“Ancora non lo so: dobbiamo aspettare la chiamata” rispose Jason, mentre guidava. Hector, allora, guardò fuori dal finestrino; poi, Jason gli chiese: “Scusa se te lo chiedo, Hector, ma come mai parli in modo così strano ?”.

Hector lo guardò e rispose: “ E’ il mio modo di parlare, tutto qui”.

“Anche Jack parla come te; chissà come mai” disse Jason.

“Se parlassimo tutti uguale, sarebbe una monotonia assoluta” disse Hector, riguardando fuori dal finestrino.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, dalla radio dell’ambulanza, si sentì una voce, dire: “ Qui sede centrale; rispondete”.

Jason, allora, prese in mano il talkie della radio e disse, parlando in esso: “Sono Jason; dite”.

Codice rosso presso un appartamento: anziano in crisi respiratoria. La via è Solom Key, 42 /a; si trova al terzo piano” disse la voce nella radio.

“Siamo subito lì” disse Jason e, dopo aver rimesso il talkie al suo posto, accese le sirene ed accelerò.

Gli bastò pochissimo tempo, per arrivare all’appartamento dove, ad aspettarli, vi era già l’auto medica ed un sacco di gente curiosa, tenuta indietro dalla Polizia.

Dopo aver fermato l’ambulanza, Jason ed Hector scesero e, poi, dopo aver aperto le sportelle dietro, aiutarono Michael a tirare giù la barella: “Fate passare ! Fate passare !” disse uno dei poliziotti, mentre teneva indietro alcune persone.

Jason, Hector e Michael entrarono, con la barella, nell’appartamento; poi, Jason disse: “Terzo piano, vero ?”.

 “Sì; almeno, è così che hanno detto dall’ospedale” disse Hector.

“Ok, ragazzi: forza, che ci aspettano tre rampe di scale” disse Jason.

“Tre rampe di scale ?! E l’ascensore ?!” disse stupito Michael.

“Che cosa è l’ascensore ?” domandò Hector.

Sia Jason, che Michael lo guardarono in modo stupito; quindi, Hector si corresse dicendo: “Già…l’ascensore…come mai dobbiamo fare proprio le scale ?”.

“Perché in questo appartamento non c’è” rispose Jason e Michael ed Hector si guardarono preoccupati negli occhi.

Poco dopo… “Con tutti gli appartamenti che ci sono, a noi ci doveva capitare proprio quello dove non c’è l’ascensore” disse Michael mentre, a fatica, ed aiutato da Barbossa, Jason invece aveva in mano la borsa del Pronto Soccorso, trascinava sulla terza rampa di scala, la barella.

 “Su con il morale, Michael: ormai, siamo già arrivati” disse Jason.

“Appena è di schiena, gli mollo un bel proiettile nella testa” disse Hector.

“Un proiettile ?! Hector, non mi dire che, con te, hai una pistola ?!” disse stupito Michael.

“Certo: me la porto sempre a dietro; sai, in casi di emergenza” rispose Hector; quando, finalmente, arrivarono al terzo piano e, dopo essere andati davanti alla porta della casa dell’anziano che stava male, Jason disse: “Ecco: è questa”; poi, provò ad aprire la porta ma, essa, non si chiudeva; quindi, aggiunse dicendo: “Non si apre”.

“Deve essersi chiuso dentro” disse Michael.

Mentre Jason colpiva la porta con un piede, sperando che essa cadesse, ad Hector venne in mente un’idea: prese, quindi, fuori la sua pistola e, disse, spostando Jason da una parte: “Levati !”.

Jason, che era di spalle, gli chiese: “Perché mi devo spostare ?”; ma, ebbe già la sua risposta, quando si voltò e vide Hector puntargli la pistola contro; quindi, stupito aggiunse dicendo: “Ehi, ma che stai facendo ?! E, da quando in qua, hai, con te, una pistola ?!”.

“Levati di mezzo ! Quel vecchio sta per morire e, noi, stiamo qui a discutere !” replicò Hector e, dopo aver spinto da una parte Jason, sparò alla serratura della porta ed essa si aprì; quindi, la spinse ed entrò in casa, seguito dagli altri due, che spingevano la barella.

“Qui, non vedo nessuna traccia di uno che sta male” disse Hector, guardandosi intorno e mentre, anche, metteva via la pistola.


“Ecco, bravo, metti pure via la tua pistola, prima che a quell’anziano non gli venga un attacco di cuore” disse Michael.

“Siamo qui proprio per questo, no ?” disse Hector.

“Basta litigare, voi due ! Abbiamo un paziente da curare e portare in ospedale, ricordate” disse loro Jason.

“Ma è lui che ha tirato fuori una pistola !” replicò Michael, indicando Hector, il quale replicò dicendo, indicando, invece, Michael: “ E’ lui che si arrabbia, solo perché sono riuscito ad aprire la porta !”.

“Ho detto basta e riguarda entrambi ! E, ora, cerchiamo quell’anziano, prima che sia troppo tardi” replicò Jason ed andò in un’altra stanza.

Mentre camminavano per la casa, Hector notò delle foto su di una scrivania; ne prese, quindi, in mano una e la osservò, vedendo due persone anziane, uno accanto all’altra; ma, poi, la mise giù, quando Jason chiamò, lui e Michael, nella camera da letto e, quando vi entrarono, videro l’anziano disteso sul letto e che respirava faticosamente: “Non si preoccupi, signore: ora ci siamo qui noi ed andrà tutto bene” e, mentre apriva la borsa del Pronto Soccorso, aggiunse dicendo: “Hector, cerca di tenerlo sveglio”.

 “Io ?!” disse stupito Hector.

 “Ci sei solo tu, qua dentro, che si chiama Hector; e, poi, voglio vedere come te la cavi nel tuo primo giorno di lavoro” disse Jason, guardandolo. “Coraggio, non avere paura” lo incoraggiò Michael.

Hector, allora, si andò a mettere dall’altra parte del letto e, inchinandosi leggermente, disse, rivolto all’anziano: “Cerchi di stare calmo: il mio amico, ora, la visiterà e, poi, la porteremo subito in ospedale”.

 L’anziano voltò lo sguardo verso Hector e gli allungò la mano tremante; Hector, allora, gliela prese e, mentre la stringeva, disse: “Sa, prima ho visto alcune foto ma, solo una, mi è piaciuta più delle altre: ritraeva due persone anziane; molto probabilmente lei, con una donna affascinante. Chi è ? E’, per caso, sua moglie ?”, ma l’anziano non rispose; quindi, mentre Jason faceva una puntura sulla spalla dell’anziano, Hector continuò dicendo: “ L’amore è molto importante; solo, che mi ci è voluto molto tempo, per capire il suo vero significato; ma, sono stato fortunato, perché mia moglie mi ha capito fin dall’inizio come ero fatto e, ora, non avremmo una splendida bambina, se non fossimo ancora innamorati. Anche lei deve essere un uomo fortunato, perché, a giudicare da quella foto, sua moglie deve essere una donna veramente in gamba; però, non ha ancora risposto alla domanda che le ho fatto prima: dove si trova sua moglie ? Sempre se è sua moglie, quella donna nella foto”; ma, prima che l’anziano potesse dire qualcosa, Jason disse: “Hector; Michael; mettetelo pure sulla barella”.

Hector, allora, lasciò andare la mano dell’anziano ed aiutò Michael a metterlo sulla barella; ma, poi, arrivò la parte più difficile: trasportarlo giù per tutte quelle scale.

 Fortunatamente, i tre ci riuscirono, anche se con fatica, e dopo essere usciti dall’appartamento, Jason prese in mano il suo talkie e disse: “Stiamo arrivando con un codice rosso: anziano in crisi respiratoria.

Preparate immediatamente una sala in Rianimazione” e rimise il talkie legato alla cintura; poi, rivolto ad Hector, il quale aveva appena aiutato Michael a mettere la barella, con sopra l’anziano, sopra all’ambulanza, aggiunse dicendo: “ Stai dietro con Michael: mi sa che quell’anziano, si fidi di te” ed andò al posto di guida e, dopo che Hector fu salito di dietro ed ebbe chiuso le sportelle, accese le sirene e partì a tutta velocità.

Arrivarono immediatamente al Pronto Soccorso e, velocemente, scesero dall’ambulanza a trasportarono fuori la barella da essa, per poi spingerla, a tutta velocità, per il corridoio del Pronto Soccorso: “Presto ! Presto ! Non c’è un minuto da perdere !” disse Jason, mentre correva, con Michael, Hector ed alcuni dottori, al fianco della barella; per, poi, entrare, dentro ad una delle sale operatorie: “Che cosa abbiamo ?” domandò una dottoressa.

“Anziano; è in crisi respiratoria; lo abbiamo trovato a letto che respirava a fatica” rispose Jason, mentre se ne stava, da una parte con Michael ed Hector; quest’ultimo assisteva, senza parole, ai dottori che facevano di tutto pur di salvare la vita a quell’anziano; d’altronde, non si meritava di morire e, solo in quel momento, Hector si ricordò di quando aveva la maledizione del tesoro di Cortez e, che per 10 anni, non visse la sua vita: “Quell’anziano non deve morire ! Non lui !” disse tra se Hector; poi, uscì dalla stanza e Michael disse: “Ma dove sta andando ?”.

Jason, allora, lo seguì e, affiancandosi a lui, gli chiese: “Dove stai andando ?”.

“Affari miei !” replicò rispondendo Hector.

 “Hector non puoi andare dove ti pare: devi rimanere con me e Michael” disse Jason.

“Devo trovare la moglie di quel vecchio: non può morire da solo” disse Hector, continuando a camminare.

“Ma è una follia ! E, poi, non sai nemmeno da dove incominciare !” disse stupito Jason.

Hector si fermò, così come Jason; poi, gli disse: “ Là dentro c’è un uomo che sta per morire; non sai come mi sono sentito, quando mi stringeva la mano: era come se, anche io, in quel momento, stessi vivendo quello che stava passando lui. Quell’anziano non merita di morire da solo”.

“Ti dico che è una follia, perché non sai nemmeno se quella donna è sua moglie e se, soprattutto, sia ancora viva. Hector, ti prego, porteremo qui, in ospedale, tantissimi altri  pazienti e non puoi cercare i parenti di ognuno di loro” disse Jason.

“Stanno portando l’anziano alla stanza 324 in Rianimazione” disse Michael, raggiungendo i due.

“Bene; e, ora, ritorniamo sull’ambulanza” disse Jason e, insieme a Michael, si diresse all’uscita del Pronto Soccorso, ma si fermò,
quando si accorse che Hector non li stava seguendo, si fermò e, voltando lo sguardo, gli disse: “Andiamo, Hector, non crederai veramente di poter trovare quella donna ? Ci vorrà un sacco di tempo”.


“Ma quell’uomo non ha più tanto tempo ! Nessuno ha il diritto di morire da solo !” replicò Hector ed uscì dal Pronto Soccorso, seguito dagli altri due, ma si fermò, quando vide un’altra ambulanza, con le sportelle aperte; da essa, scesero Brian e Lucas e, mentre questi tirarono giù la barella, dall’ambulanza scese anche Jack; quest’ultimo, nel vedere Hector, disse, mentre camminava verso di lui: “Il mondo è davvero piccolo, vero Hector ?”.

“E’ troppo piccolo, perché ci siamo visti, neanche un’ora fa” disse Hector; poi, vedendo Brian e Lucas che trasportavano una donna sulla barella, all’interno del Pronto Soccorso, aggiunse domandandogli: “Chi è ?”.

“Una signora anziana” rispose Jack.

“Andiamo, Jack; sicuramente, saprai anche come si chiama” disse Hector.

 “Herriet Herman; 82 anni; l’abbiamo trovata distesa a terra e con una crisi respiratoria” spiegò Jack.

“Che coincidenza; anche noi, siamo andati a prendere un anziano che era in crisi respiratoria” disse Hector.

 “Allora, vedi che il mondo è proprio piccolo” disse Jack.

 “Ciao, Jack” disse Jason, raggiungendo i due, insieme a Michael.

“Ciao, collega di Hector, del quale non ricordo il nome” disse Jack, guardandolo.

“Molto spiritoso, Jack” disse Jason; poi, guardando Hector, aggiunse dicendo: “Coraggio, Hector: è ora di andare”.

“Io non vengo da nessuna parte !” replicò Hector.

“Ora non ricominciare, per favore !” replicò Jason.

“Ricominciare ?! Ma che diavolo sta succedendo ?!” disse stupito Jack.

“Affari di Hector” gli disse Michael.

“Conosco Hector meglio di voi due messi insieme: dice sempre tutto a tutti, comprendi” disse Jack; poi, rivolto ad Hector, aggiunse dicendo: “Avanti, amico: sputa la lucertola”.

Hector; Jason e Michael lo guardarono con sguardo perplesso; quindi, Michael disse: “E’ il rospo, e non la lucertola”.

Jack lo guardò e disse: “Rospo; lucertola, sono la stessa cosa: entrambi sono anfibi, comprendi”.

“Caspita, Jack: stamattina devi aver fatto colazione con un’enciclopedia sugli animali” disse Hector.

“Si dia il caso, che la mia fidanzata sia un’insegnante di Scienze; qualcosa me ne intendo anche io; ma, ora, veniamo a noi…qualcuno mi vuole spiegare, che cosa sta succedendo ? Non ho ancora capito nulla !”.

“Come se fosse una novità; intanto, tu non capisci mai nulla” disse Hector.

“Tu e le tue battutine; stai cercando di portarmi fuori porta, ma non ci riuscirai, perché scoprirò che cosa nascondi, caro mio” disse Jack.
 “Non dire sciocchezze ! Voglio solo fare delle ricerche” disse Hector.

“Che non farai ora ! Dobbiamo tornare in servizio !” replicò Jason.

“Perché non vuoi che salvi quell’anziano ? Hai qualcosa in contrario ?” chiese Hector.

 “Non ho niente in contrario; è solo che non è possibile” rispose Jason.

 “Tutto è possibile ed io sono convinto di riuscirci” disse Hector.

“Nel nostro lavoro, noi portiamo le persone in ospedale, dove diventano loro pazienti e, quindi, non sono più un nostro problema; da quando varcano questa porta, noi ci dobbiamo occupare di altre persone, capito ?” spiegò Jason.

“Sapevo già, in che cosa consisteva il nostro lavoro e non c’era bisogno che me lo spiegassi, ma ti ringrazio lo stesso; comunque, da dove vengo io, si va fino in fondo e nessuno mi dice quello che devo fare” disse Hector.

“E da dove vieni ?” domandò Michael.

“Da molto lontano, dove fa molto caldo” rispose Jack ed Hector lo guardò malamente.

In quel momento, i quattro vennero raggiunti da Brian e Lucas e, quest’ultimo, disse: “La signora Herman è stata portata alla stanza 325 in Rianimazione”.

Hector lo guardò e stupito disse: “Stanza 325 in Rianimazione ?!”.

“Sì; stanza 325 in Rianimazione; come mai così tanto stupore: è una stanza come tutte le altre” disse Lucas.

“No, non è una stanza come tutte le altre” disse Hector; poi, senza aggiungere altro, si diresse verso il bancone delle infermiere ed aggiunse dicendo: “Mi può dare la cartella clinica della signora Herman ? Dovrebbe essere appena stata ricoverata alla stanza 325 in Rianimazione”.

“Sì, certo” disse l’infermiera ed andò a prendere la cartella.

“Ma che cosa sta facendo ?!” disse stupito Jason.

“Lui è fatto così” disse Jack.

“Ecco a lei” disse l’infermeria.


“Grazie” disse Hector e, dopo aver preso la cartella clinica dalle mani dell’infermiera, si allontanò dal bancone e la sfogliò.

“Hector, mi dici che cosa hai in mente ? Prendere una cartella di una paziente, vuol dire avere qualcosa in mente” disse Jason, mettendosi accanto a lui.

“Ci sono troppe coincidenze, a partire dalla crisi respiratoria” disse Hector, fermandosi e guardando Jason, il quale disse: “ Allora, è su questo che ti basi: che tutti e due gli anziani, hanno avuto una crisi respiratoria, è solo una coincidenza, credimi”.

“Già, credigli; lui è un medico, mentre tu no” disse Jack. Hector lo guardò malamente, mentre Michael disse: “E, presuppongo, che tu abbia preso in considerazione, anche il fatto che siano stati messi in camere vicine, vero ?”.

“Sapevo che eri in gamba; l’ho capito, fin dal primo momento che ti ho visto” disse Hector, guardandolo.

“Bé, la prima volta che lo hai visto, non è che lui abbia fatto molto; se non ricordo male, si era fatto male ad una caviglia” disse Jack.

“Jack, non ho chiesto una spiegazione dettagliata di come sono andate le cose; e, poi, adesso, non è importante” disse Hector, guardando la cartella della paziente.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, Hector aggiunse dicendo: “Sappiamo il nome di questa anziana, ovvero Herriet Herman”.

“Non hanno avuto molta fantasia, quando le hanno dato questo nome” disse Jack.

“Jack, posso finire il mio discorso ?!” replicò Hector, guardandolo.

 “Ma sei hai detto due parole in croce !” disse Jack, ma dopo che Hector gli ebbe lanciato un’occhiataccia, aggiunse dicendo: “E va bene; non ti interromperò più, promesso”.

“Come stavo dicendo, prima che il nostro caro collega Jack mi interrompesse, sappiamo il nome della signora, ovvero Herriet Herman, che è un nome di poca fantasia, secondo l’opinione di Jack; però, ora viene la parte più bella; questa dolce signora, è la moglie di un certo George Torzer” spiegò Hector.

“Ma, noi, non lo conosciamo” disse Michael.

“Ed è qui che ti sbagli, caro Michael; sapevo di aver già visto quella signora, ma non mi ricordavo dove; quella donna, è colei che stavo cercando: è la moglie dell’anziano che abbiamo portato qui e che, in questo momento, si trova nella stanza adiacente a quella della signora Herman” spiegò Hector.

“Ma, ne sei proprio sicuro ?!” chiese stupito Jason.

“Guarda tu stesso” rispose Hector e, dopo avergli consegnato la cartella clinica, aggiunse dicendo: “ Quella donna, l’ho vista in una delle fotografie a casa dell’anziano che abbiamo portato qui; è lei, ne sono più che sicuro”.

“Quando si tratta di riconoscere qualcuno, Hector non sbaglia mai; ad esempio, me mi riconosce sempre” disse Jack. “Jack, ti avevo, forse, detto che potevi parlare ?” domandò Hector.

“No, ma…” iniziò a dire Jack, ma Hector lo fermò, replicando: “Ecco, allora, tieni chiuso la bocca !” e Jack non disse più nulla.

“Ma perché, allora, non portare lo stesso cognome ? Quando due si sposano, la donna prende il cognome del marito” disse Brian.

“Già, è molto strano; anche mia moglie ha preso il mio cognome” disse Hector, guardandolo.

“Che ci trovate di strano: io e Marie non abbiamo lo stesso cognome, comprendi” disse Jack.

“Jack, tu e Marie non siete sposati, ma solo fidanzati” disse Hector.

“Credevo fosse la stessa cosa” disse Jack ed Hector alzò gli occhi al soffitto.

“Sono contento che, tu, abbia trovato ciò che cercavi; così, ora, possiamo ritornare in servizio” disse Jason e chiuse la cartella clinica.

 “No, c’è ancora una cosa che devo fare” disse Hector e se ne andò nella camera dell’anziano.

“Ecco che se ne va un’altra volta” disse Jason.

“Potevi fermarlo” disse Michael.

“Ormai, ci rinuncio; Christine mi aveva detto di tenerlo d’occhio e non di mettersi contro di lui” disse Jason; Michael, senza dire nulla, seguì Hector, il quale era arrivato di fianco al letto dell’anziano che, nel vederlo, voltò lo sguardo verso di lui; poi, Hector gli disse: “ Non so se si ricorda di me, ma sono uno dei quali che l’ha portata qui, in ospedale; non sa se se ne è già accorto, ma nella stanza accanto, c’è sua moglie; o, almeno, è così che penso io”.

L’anziano, allora, voltò lo sguardo dall’altra parte, ad osservare la signora anziana sdraiata sul letto nell’altra stanza; poi, dopo aver rivoltato lo sguardo verso Hector, cercò di parlare, ma, avendo la mascherina per l’ossigeno sopra la bocca, non ci riuscì; quindi, Hector disse: “Non c’è bisogno che parli; basta solo che annuisca con la testa, per dire sì oppure la scuote negativamente, per dire no; allora…quella signora nell’altra stanza, è sua moglie, oppure no ?” e l’anziano annuì positivamente con la testa.

“Sapevo di aver ragione” disse Hector; poi, aggiunse chiedendo: “Ma, se è sua moglie, come mai, allora, non porta il suo cognome ? Siete, per caso, divisi ?” e l’anziano scosse negativamente la testa.

Mentre Hector faceva le domanda, nella stanza entrarono Michael, Jason e Jack; poi, Hector domandò: “Ora, è importante che mi risponda a questa domanda: non è che, sua moglie, la tradisce con qualcun altro ?”.

“Hector, ma che domande gli fai ?! Vuoi ucciderlo prima del previsto ?!” disse stupito Jason.

“Sto solo cercando di capire una cosa” disse Hector, guardandolo.

“Una cosa piuttosto privata, direi e che, quindi, non riguarda te” disse Jason.

“Siamo stati noi a portarlo qui, giusto ? Quindi, è nostro dovere prenderci cura di lui” disse Hector, rivoltando lo sguardo verso l’anziano.

“Ti sei già dimenticato, di ciò che ti ho spiegato prima: appena le persone oltrepassano la porta del Pronto Soccorso, diventano pazienti dell’ospedale” replicò Jason.

“Signor Torzer, anche sua moglie, da quel che ho capito, è gravemente malata e, ciò che voglio io, è vedervi morire insieme; cioè…non che vi voglia morire adesso, ma, quando sarà l’ora, vi voglio felici ed uno accanto all’altra, allora…” disse Hector, ma si fermò di parlare, quando il Signor Torzer, si tolse la mascherina dalla bocca e, con una voce rauca, chiese: “ Mia moglie, quanto sta male ?”.

“Questo non lo so; io non sono un dottore” rispose Hector.

“Se non è un dottore, allora, perché si preoccupa così tanto per me e mia moglie ?” domandò il signor Torzer.

 “Perché lo ritengo un dovere personale” rispose Hector.

“Nessun dottore prende mai, così sul serio, un paziente ed il suo caso e non vedo perché lo debba fare proprio lei” disse il Signor Torzer.

“Ma, come le ho detto, io non sono un dottore e, quindi, ciò che ha detto, per me non conta” disse Hector.

“Si fidi di ciò che dice, perché del dottore non ha proprio niente, comprendi” disse Jack.

Tutti lo guardarono stranamente; poi, rivoltarono lo sguardo verso il Signor Torzer, il quale chiese ad Hector: “Ha intenzione di comportarsi così, con tutte le altre persone che andrete a prendete o siete gentile solo con me ?”.

“Sono gentile, solo con chi mi sta simpatico e, lei si deve ritenere molto fortunato perché, di solito, non sono così clemente nei confronti degli altri” rispose Hector; poi, aggiunse domandandogli: “Ma, ora, ritorniamo a noi: quella nell’altra stanza, è o non è sua moglie ?”.

“E, a lei, che cosa gliene importa ? Non è un medico; quindi, non so che professione svolga” disse il Signor Torzer.

 “Lavoro in ambulanza; ora è più contento ?!” replicò Hector, già quasi privo della sua poca pazienza.

“E’ sufficiente” disse il Signor Torzer.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, Jason disse: “Signor Torzer, se non vuole dirci niente su il rapporto che c’è tra lei e sua moglie, non è importante”.

 “Però, ho notato, che è importante per il vostro amico” disse il Signor Torzer.

“No, ha ragione il mio collega: non dovevo insistere così tanto” disse Hector.

 “Lei mi sembra un brav’uomo e non come tutti coloro che ci sono qua dentro e girano con un camice bianco” disse il Signor Torzer.

Hector fece un piccolo sorriso; poi, disse: “A quanto pare, non le devono stare simpatici i dottori”.

 “E’ da due anni che io e mia moglie andiamo avanti ed indietro per l’ospedale e, ormai, siamo stufi di sentirci dire che, ormai, visto che siamo vecchi, abbiamo meno anni da vivere, rispetto ad un bambino. Mi dica lei, se questo è o non è odiare i dottori ?!”.

“Non ho tante conoscenze nel campo della medicina, ma posso sempre raccomandarle mia moglie” disse Hector.

“Che tipo di medico è ?” gli chiese il Signor Torzer.

“Pediatra, ma, anche lei, come tutti i dottori, sa tutto di medicina” rispose Hector.

“E la mia fidanzata, invece, insegna Scienze” aggiunse dicendo Jack.

 Tutti lo guardarono stranamente ed Hector replicò dicendogli: “Nessuno ha chiesto a te !” e, mentre rivoltava lo sguardo verso il Signor Torzer, Jack disse: “Ma certo; nessuno chiede mai a me ! Jack Sparrow non conta niente !”.

“Jack, piantala !” gli disse Michael.

“Lo sai che ti fa male, lavorare con lui ? Stai acquisendo il suo stesso carattere, comprendi” disse Jack, guardandolo; poi, entrambi, rivoltarono lo sguardo in avanti, mentre Hector disse, rivolto al Signor Torzer: “Non si preoccupi, Signor Torzer: faremo stare bene entrambi e, lei e sua moglie, non dovrete più venire in ospedale”.

“Quante volte, ci siamo sentiti dire questa frase; ormai, non crediamo più a nessuno” disse il Signor Torzer. “Bè, allora, può credere a me” disse Hector.

Ci fu un po’ di silenzio, nel quale, nella stanza, entrarono un medico ed un’infermiera; poi, il medico disse: “E voi che cosa ci fate qui ?! Non avete un turno da rispettare ?”.

“Oh, ci dispiace molto, dottore, ma, ecco…il Signor Torzer é…é…” disse titubante Jason, ma Jack lo interruppe, dicendo: “…è un parente di Michael”.

Gli altri lo guardarono stranamente ed in modo stupito, perché non si sarebbero mai aspettati, che Jack difendesse qualcun altro; poi, il medico replicò dicendo: “Parente o no, non potete stare qui: non è orario di visite”.

“Ma noi facciamo parte dell’ambu cosa e, credeteci, possiamo venire quando ci pare, comprendi” disse Jack.

“Non lo stia ad ascoltare: per lui, oggi, è il suo primo giorno di lavoro e, quindi, è normale che sia così agitato” disse Jason; poi, rivolto a Jack, aggiunse dicendogli, sottovoce: “Se non tieni chiuso la bocca, giuro che ti inietto un sedativo”.

“Iniettami pure quello che vuoi: intanto, niente è peggio del rum” disse Jack.

“Ma sarà un sedativo, ancora più potente del rum” disse Jason.

“Allora, forse è meglio che me ne stia zitto, non credi ?” disse Jack.

“Sì, lo credo anche io” disse Jason; poi, voltandosi verso il dottore, aggiunse dicendogli: “ Le abbiamo già rubato fin troppo tempo, dottore; quindi, sarà meglio, per noi, ritornare in ambulanza, visto anche che siamo in servizio”.

“Sì, sarà proprio meglio per voi; e, se la prossima volta, vi vedrò ancora da queste parti, parlerò personalmente con i vostri superiori” replicò il dottore e, mentre si voltava, con l’infermiera, a guardare la cartella medica del Signor Torzer, Jason gli disse: “Non si preoccupi, dottore: noi, qui, portiamo solo i feriti”; poi, rivolto agli alti, aggiunse dicendo loro: “Coraggio, andiamo: abbiamo altre persone, da andare a prendere” e, insieme e Brian e Lucas, uscì dalla stanza.

“Hector; Jack, dobbiamo andare” disse Michael, rivolto ai due pirata, ma Hector continuava a guardare il Signor Torzer; quindi, Jack gli disse: “ Hector, hai sentito che cosa ha detto Michael: dobbiamo andare”.

“Va bene” disse Hector e, stava per seguire Michael e Jack fuori dalla stanza, quando il Signor Torzer lo fermò, domandandogli: “Come si chiama ?”.

Hector si fermò; si voltò verso di lui e gli rispose dicendo: “Hector Barbossa”.

“Signor Barbossa…grazie per la sua compagnia” disse il Signor Torzer ed Hector sorrise, ma esso scomparse, quando il dottore replicò dicendo e guardandolo: “E’ ancora qui ?! Lei non è un dottore, quindi, il suo posto è fuori da questa stanza ! Se non se ne va subito, la faccio licenziare”.

 “Non si preoccupi: me ne vado subito, ma non finisce qui; lei, non sa, contro chi si è messo” replicò Hector e, voltandosi, uscì dalla stanza, mentre il dottore lo seguiva con lo sguardo.

Poco dopo… “Hector, tirati un po’ su di morale; quel dottore ha un caratteraccio e tutti noi che lavoriamo in ambulanza, lo odiamo” disse Jason, mentre guidava l’ambulanza e, al suo fianco, vi era Hector il quale, mentre aveva il gomito sul finestrino, gli disse: “Me ne sono accorto, anche io, che ha un caratteraccio e, di certo, anche uno come Jack lo capirebbe”.

“Ti do un semplice consiglio: lascialo perdere” disse Jason.

“Certo che lo lascio perdere: se solo mi dovesse capitare sotto mira, giuro che lo appendo a testa in giù, all’albero maestro” replicò Hector.

“Albero Maestro ?! Ma, Hector, non ci sono navi in giro” disse stupito Jason.

“Era un modo, per dire che, se lo dovessi vedere ancora, non gliela faccio passare liscia” spiegò Hector.

“Cerca, però, di restare nei limiti: non vorrei che Christine soffrisse” disse Jason.

 “Non voglio che né mia moglie e che nemmeno la mia piccola Luna, finiscano in mezzo: è solo una questione mia personale” disse Hector.

“Io, il mio consiglio te l’ho dato; poi, sta solo a te decidere” disse Jason.

“Anche Jack la penserebbe come me; so che ti sembra strano sentirmelo dire, ma Jack sarebbe d’accordo con me” disse Hector.

“Bè, anche se vi conosco da poco, ho capito che voi due, avete molte cose in comune, soprattutto nello strano modo che avete di parlare” disse Jason.

“Sì, lo so che parliamo in modo diverso dal vostro, ma, così, ci diversifichiamo da voi” disse Hector e Jason, sorridendo, scosse negativamente la testa.

 Il resto della giornata, trascorse normalmente, dove Hector, Jason e Michael, soccorsero due ragazze ferite, non gravemente, in un incidente; una donna che era svenuta in casa, a causa di un abbassamento di pressione ed un ragazzo che era caduto con la moto.

A fine turno, Hector stava mettendo via, nel suo armadietto, la casacca arancione, quando qualcuno gli chiese: “E’ qui, il mio soccorritore preferito ?”.

Hector, allora, voltò lo sguardo verso la porta e sorrise, nel vedere Christine; quindi, le rispose dicendo: “ Il soccorritore, al momento, è fuori servizio; al momento, però, in servizio c’è suo marito, Dottoressa Christine”.

“Ho parlato con i tuoi colleghi e mi hanno detto, che sei stato molto bravo, essendo il tuo primo giorno di lavoro” disse Christine, entrando nello spogliatoio.

“E, per caso, ti hanno anche raccontato che ho provato a fare l’investigatore ?” domandò Hector.

“Sì, ma per me, rimarrai sempre quel pirata che conobbi tanto tempo fa” rispose Christine e, dopo che si fu fermata davanti a lui, lo baciò.

Quando terminarono il bacio, entrambi voltarono lo sguardo verso la foto di famiglia, che Hector aveva attaccato all’interno dell’armadietto; quindi, Hector disse: “Sarà meglio che andiamo a prendere Luna”.

 “Ci ha già pensato Marie: prima di finire il mio turno, le ho telefonato, chiedendole se poteva passare a prendere la nostra bambina” spiegò Christine.

 “Jack sarà molto contento: quando arriverà a casa, si troverà la sua nipotina preferita, con la quale giocare” disse Hector.

“E, allora, lasciamoli giocare ancora un po’; così, noi due, possiamo andare al bar, a prenderci qualcosa” disse Christine.


“Lo sai che noi pirati, non diciamo mai di no, quando si tratta di andare a bere, soprattutto quando si è in compagnia di una bella donna e, questa donna, è  mia moglie” disse Hector.

“Sarà finita la tua prima giornata di lavoro, ma non con me: stasera, ti aspetta une bella sorpresa, ma, prima, dobbiamo aspettare che Luna si addormenti” disse Christine, accarezzando Hector su una guancia; il pirata, allora, chiuse, sbattendo, l’armadietto e, dopo essersi messo la sua giacca, prese in braccio Christine e, i due, dopo essere usciti dall’ospedale, si diressero verso un bar molto intimo.

Intanto, a casa di Marie e Jack, quest’ultimo, stava giocando a carte con Luna, per poi dirle: “Sai, piccola, è molto strano che il tuo papà, non ti abbia insegnato prima questo gioco, perché hai talento”. “Dici davvero, zio Jack ?!” chiese stupita Luna.

“Ehi, io non sbaglio mai, comprendi” rispose Jack, facendole l’occhiolino; poi, aggiunse dicendo, mentre metteva giù le sue carte sul tavolo: “Scala Reale; guarda ed impara a giocare come me”.

“Non così in fretta, zio Jack” disse Luna e, dopo aver messo giù anche le sue carte, aggiunse dicendo: “Scala di Assi; mi sa tanto, che sei tu, a dover imparare da me”.

 “Non è possibile: è la terza volta consecutiva che mi batti; ma come fai ?!” disse stupito Jack.

“Lo hai detto tu, che ho talento, no ?” disse Luna, mentre prendeva le carte di Jack ma, quest’ultimo, guardando meglio le carte che aveva messo giù la bambina, disse: “Ehi, aspetta un momento…quì, ci sono cinque assi”; poi, alzando lo sguardo verso Luna, aggiunse dicendole: “Piccola canaglia, hai barato !”.

“No, che non ho barato” disse Luna. “Sì, che hai barato, perché non esistono cinque assi, comprendi” replicò Jack.

 “Si chiama il “Poker dei Pirati” e, come mi hai spiegato tu, in questo gioco tutto è lecito” spiegò Luna, finendo di prendere le ultime carte.

Jack non seppe che replicare, perché Luna aveva ragione; ma, poi, disse: “E va bene, anche questa partita l’hai vinta tu, ma, almeno, concedimi la rivincita, comprendi”.

“Ok” disse semplicemente Luna e consegnò le carte a Jack, il quale, mentre le mescolava, le disse: “E, questa volta, voglio un gioco pulito, intesi ?”.

“Chiaro” disse Luna e Jack, dopo aver finito di mescolare le carte, ne consegnò un po’ a Luna ed un po’ a sé e, poi, iniziarono un’altra partita.

Mentre giocavano, suonò il campanello; quindi Luna, voltandosi verso la porta, disse: “Oh, no, devono essere papà e mamma”.

 “E, allora ?! Prima di riportarti a casa, dovranno aspettare che finiamo la nostra partita” disse Jack e Luna rivoltò lo sguardo verso le sue carte.

Marie andò ad aprire la porta e si trovò davanti proprio Christine ed Hector; quest’ultimo domandò: “Dove tenete segregata la nostra bambina ?”.

“In un posto che, sicuramente, non diremo a te” rispose Jack, mentre Christine ed Hector entrarono in casa; poi, Christine, avvicinandosi al tavolo e, mettendosi dietro a Luna, le chiese: “Allora, piccola, sei pronta per ritornare a casa ?”.

“Ancora cinque minuti; devo finire questa partita a carte con lo zio Jack” rispose Luna e mise giù un’altra carta.

Mentre anche Jack metteva giù la sua carta, Hector gli domandò: “E come si chiamerebbe questo gioco ?”.

“Il Poker dei Pirati” rispose Luna.

Christine ed Hector si guardarono preoccupati negli occhi; poi, Christine, titubante le disse: “Tesoro, non credo che sia un gioco adatto a te”.

 “E perché non sarebbe adatto a lei ?! Ha già vinto tre volte” disse Jack. Hector, allora, andò dietro di lui e gli disse: “ Jack, lo sai benissimo come la pensiamo io e mia moglie, al riguardo”.

 “Al riguardo di che cosa ?” chiese Jack, mettendo giù un’altra carta.

 “Al riguardo di cosa insegnare e non, a Luna e, insegnarle questo gioco, era nelle cose da non fare” rispose Hector.

“La tua marmocchia ha talento: non ho mai visto, ad eccezione, ovviamente, di me, giocare così bene al Poker dei Pirati; forse, ha ereditato questa cosa da te” disse Jack.

“Non dire sciocchezze, Jack: io non ho mai giocato a poker” replicò Hector.

“Non al poker normale, ma a quello dei pirati, sì; e, poi, ammettilo caro Hector: tu sei sempre stato bravo in queste cose” disse Jack e mise giù un’altra carta, ma Luna, dopo aver messo giù le sue, disse: “Ho vinto ancora io, zio Jack; e, con questa, fanno quattro vittorie”.

“Ecco, hai visto che cosa hai fatto; è tutta colpa tua, Hector: se non mi avessi distratto, a quest’ora l’avrei vinta io, questa partita, comprendi” replicò Jack.

“Che ti serva da lezione; così, la prossima volta, ci penserai bene, prima di insegnare certe cose a Luna” replicò Hector.

“Andiamo, tesoro: è ora di tornare a casa” disse Christine, mentre aveva in mano la giacca di Luna; quest’ultima, domandò: “Mamma, non posso rimanere a cena, qui dallo zio Jack e dalla zia Marie ?”.

“Abbiamo già disturbato abbastanza gli zii; e, poi, questa non è casa tua” rispose Christine.

“Ma voi non ci disturbate affatto; anzi: sarebbe bello se, anche voi, rimaneste qui da noi, per cena” disse Marie.

“Marie, sei troppo gentile, ma non vorrei che Luna apprendesse altre cose non adatte a lei, dal tuo caro fidanzato” disse Hector, mentre Christine metteva la giacca alla figlia.

“Le ho, poi, solo insegnato un gioco innocuo” disse Jack.

 “Il Poker dei Pirati non è innocuo ! C’è un motivo, del perché si chiama così !” replicò Hector.

Nella casa calò il silenzio; poi, Christine disse, sentendo già la tensione che si stava creando tra Hector e Jack: “Grazie ancora per essere andata a prendere Luna a scuola, Marie e grazie anche per averla tenuta, un po’, qui con voi” e, mentre apriva la porta, Marie disse: “Per noi è un piacere: lo sai che noi vogliamo molto bene a Luna”.

“Anche se c’è qualcuno, che le insegna cose non adatte a lei” aggiunse replicando Hector, lanciando un’occhiataccia a Jack, il quale lo guardò; incrociò le braccia, ma non disse nulla.

“Grazie zia Marie e grazie anche a te, zio Jack, per la vostra ospitalità” disse Luna.

“Puoi venire qui, quando vuoi, anche se il tuo papà, ti dice di no” disse Jack.

Hector gli lanciò un’altra occhiataccia e Christine uscì dalla porta, tenendo per mano Luna e, le due, vennero seguite da Hector.

Mentre camminavano verso la macchina, Christine replicò dicendo, rivolta ad Hector: “ Sei proprio insopportabile: mai che, una volta, riesci ad essere gentile con Jack !”.

“E come si fa ad essere gentili, con un tipo come lui ? E’ impossibile” disse Hector.

“Almeno, puoi fare uno sforzo; non ti chiedo tanto, Hector” disse Christine.

“E’ difficile, amore” disse Hector.

Christine si fermò, così come Luna ed Hector; poi, replicò dicendo: “Lo so che, per te, è difficile avere una normale conversazione con Jack, ma, se proprio non vuoi fare felice me, allora fallo per la nostra bambina”.

 Hector, allora, abbassò lo sguardo verso Luna, la quale li stava guardando entrambi; poi, dopo aver sospirato, disse: “E va bene, ci proverò”.

Christine sorrise, per poi dirgli: “Grazie, amore” e, dopo aver aperto la sportella dietro della macchina, fece salire Luna; poi, la richiuse, salendo davanti, insieme ad Hector, per poi avviare la macchina e ritornare a casa.

Poco dopo e dopo anche aver messo a letto Luna, Christine ed Hector si trovavano in camera loro e, mentre Christine si trovava davanti alla grande specchiera e si stava spazzolando i capelli, Hector era seduto sul letto, e sotto le coperte, a leggere un libro o, almeno, ci provava: “ Sai tesoro: quando navigavo per i sette mari, non avevo mai tempo, di leggere un libro ma, ora, so che cosa mi sono perso” disse Hector, mentre sfogliava una pagina.

“E non avresti neanche pensato, di saper leggere” aggiunse dicendo Christine, guardandolo dallo specchio.

“E, per questo, ti ringrazio: se non fosse stato per tutti i tuoi insegnamenti, non mi sarei mai così innamorato dei libri, come adesso” disse Hector.

Ci fu un po’ di silenzio; poi, Christine disse: “Hector, stavo pensando ad una cosa e mi è venuta in mente, quando oggi, ho visto Luna giocare al Poker dei Pirati”.

“Di che cosa si tratta, tesoro ?” chiese Hector, alzando lo sguardo dal libro e guardare Christine la quale, dopo essersi alzata in piedi ed aver appoggiato la spazzola sul tavolino della specchiera, si voltò verso di lui, rispondendogli: “ Non possiamo nascondere a Luna, le sue vere origini; cioè che, nelle sue vene, scorre anche sangue pirata”.

“Solo perché Jack le ha insegnato quello stupido gioco, non significa che dobbiamo raccontarle, ora, la verità; ci avevano promessi, che avremmo aspettato il momento giusto” disse Hector.

“E se fosse adesso il momento giusto ?! Mi sento un po’ in colpa, non dirle che tu e Jack, siete dei pirati” disse Christine.

Hector sospirò; poi, dopo aver chiuso il libro ed averlo messo sul suo comodino, le spiegò: “ Quando Luna è nata, abbiamo ben pensato di non rivelarle tutto ciò e, adesso, con Jack che le ha insegnato solamente, e dico solamente per sua fortuna, il Poker dei Pirati, tu vuoi dirle che, il suo papà, è un pirata ! Se vuoi dirglielo, sei libera, ma senza di me e, con questo, ti auguro una buona notte !” e, spegnendo la luce dell’abat jour, si coricò.

Christine, allora, si andò a coricare, anche lei, a letto e, dopo essersi avvicinata ad Hector, gli mise le mani sulle spalle, dicendogli: “Amore mio, non essere arrabbiato; hai ragione tu: non è ancora arrivato il momento, di raccontare a Luna tutta la verità; aspetteremo che sia diventata un po’ più grande, anche se, secondo me, sarebbe felice nel sentirsi dire che il suo papà e suo zio, sono, in realtà, due pirati venuti dal passato”.

Hector si voltò verso di lei e le disse: “ Sembri una piratessa, quando parli così: riesci sempre a farmi tornare di buon umore”.
“Lo so ed è per questo che ti ho sposato” disse Christine e, i due, si baciarono. 

Poco dopo, Hector e Christine si erano addormentati, ma la loro quiete notturna, durò poco, perché squillò il cellulare sul comodino di Christine; quest’ultima, a fatica, accese la luce della sua abat jour e, dopo aver preso in mano il cellulare, premette un pulsante, per poi domandare: “Pronto, chi è ?”.

Mentre dall’altra parte, qualcuno le spiegava la situazione, anche Hector accese la luce della sua abat jour e, dopo che si fu seduto sul letto, Christine disse, rivolta alla persona, con la quale stava conversando: “ Va bene; arrivo subito” e, dopo aver interrotto la conversazione, rimise il cellulare sul comodino e si alzò dal letto, andando in bagno, mentre Hector le chiese: “Tesoro, dove stai andando ?”.

“Scusami, amore, ma c’è stata un’urgenza e devo andare immediatamente in ospedale; tu, intanto, occupati di Luna” rispose Christine, dal bagno.

“Emergenza ?! Ma credevo che lavorassi solamente durante i tuoi turni” disse stupito Hector, alzandosi dal letto.

“Magari fosse sempre così; ma, purtroppo, quando i propri pazienti stanno male, bisogna andare da loro” disse Christine.

“Però, a me, non mi hanno chiamato” disse Hector.

 “Perché, chi lavora in ambulanza, non è proprio un vero medico, anche se sa alcune cose di medicina e, poi, voi fate dei turni diversi” spiegò Christine spegnendo la luce del bagno ed uscendo da esso.

 “Ma non possono chiamare un altro medico ?! Non ci sei mica solo tu !” disse stupito Hector, mentre seguiva Christine fuori dalla stanza; poi, Christine gli disse: “Hector, questo è il mio lavoro e, loro, sono i miei pazienti; se mi hanno chiamata, vuol dire che la situazione di alcuni di loro, si è aggravata” e, si fermò sulla soglia della camera da letto di Luna.

“Tu sei la migliore pediatra che esista: fa vedere loro, come si curano i pazienti” disse Hector. Christine sorrise; poi, insieme a lui, entrò nella camera della figlia e, dopo essersi avvicinata al lettino, le accarezzò la testa, per poi dire: “Occupati di Luna, mentre sono via e, se ha bisogno di qualcosa, non esitare a chiamarmi”.

“Vedrai che farò a meno del tuo aiuto” disse Hector.

 Christine sospirò; poi, dopo aver dato un dolce bacio, sulla fronte di Luna, uscì dalla camera e, mentre scendeva le scale, con Hector dietro di lei, disse: “ Se per domani mattina non sono ancora rientrata, prepara la colazione a Luna”.

“Ma, non devo portarla anche all’asilo ?” domandò Hector.

“Amore, domani è sabato ed i bambini non vanno all’asilo; quindi, visto anche che tu, domani, non sei in servizio, potete passare un’intera giornata insieme” rispose Christine.

“Sarebbe una giornata ancora più bella, se ci fossi anche tu” disse Hector.

Christine gli mise una mano sulla guancia, dicendogli: “ Vedrò di sbrigarmi il prima possibile; voi, cercate di divertirvi” e, dopo averlo baciato sulla bocca, aprì la porta e, mentre saliva in macchina, Hector la guardava, con sguardo triste; poi, Christine alzò lo sguardo verso di lui e gli mandò un bacio, che Hector contraccambiò; quindi, la donna azionò la macchina e, uscendo dal vialetto di casa, si diresse verso l’ospedale.

 Hector la guardò allontanarsi e, poi, rientrando in casa, chiuse la porta a chiave; salì sulle scale, ma si fermò ad osservare Luna, dormire beatamente nel suo lettino; quindi, si avvicinò a lei e, mentre l’accarezzava su una guancia, le disse: “C’è qui il tuo papà con te, cuccioletta: la mamma è dovuta andare, d’urgenza, in ospedale ma, non ti preoccupare, perché domani passeremo una bellissima giornata, solamente io e te” e, abbassandosi, le diede un dolce bacio sulla fronte; poi, dopo averle dato un’altra carezza sulla guancia, uscì dalla stanza e, dopo essere entrato in camera sua, ritornò a letto, ma non si addormentò subito, perché il letto era vuoto, senza sua moglie accanto a se e, per un momento, gli sembrava di essere ritornato indietro nel tempo, quando dormiva, da solo, nella sua cabina della Perla Nera e di come sognasse, quasi ogni notte, di innamorarsi di una donna, che gli avrebbe cambiato vita e, quella donna, era la sua Christine.

 Il primo giorno di lavoro, per Hector e Jack, è andato bene anche se, i due pirati, devono ancora abituarsi del tutto a salvare i pazienti e portarli all’ospedale. Ora, però,  che tipo di giornata passeranno Hector e Luna ? Per scoprirlo, non ci resta che aspettare il prossimo episodio, intitolato: “LA GIORNATA PADRE – FIGLIA”
 

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