ten story love song

di mattmary15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'intro di una bella canzone ***
Capitolo 2: *** Burnage 1991-Rain or something more? ***
Capitolo 3: *** Oasis ***



Capitolo 1
*** l'intro di una bella canzone ***


Uno, due, tre, prova... ok. Dunque, i personaggi descritti non mi appartengono (tranne la piccola miss Lizzy). I fatti sono di pura fantasia. Chiedo scusa a chiunque possa sentirsi offeso dal racconto. Agli altri auguro buona lettura preannunciando che si tratta della mia personalissima visione di Noel nata ascoltando la sua musica. Ten story love song è il titolo di una canzone degli Stone Roses. God bless ya.


L'intro di una bella canzone


Londra 2000

Piove a Londra e Noel sente freddo. E’ appena fine settembre ma in questa città le strade sono già bagnate d’autunno. La guarda mentre i capelli le diventano scuri e lisci. Le si appiccicano al volto e non riesce a capire se stia piangendo o meno.  Lei è tutto. E’ sempre stata tutto ma non è mai riuscito a stringerla, a tenerla vicina. E’ quasi certo che stia piangendo. Lui stesso sente le lacrime pungere gli occhi per uscire. Il giaccone verde è diventato scuro e pesante. Potrebbe rimanere schiacciato da quel peso. Potrebbe morire solo sentendo i suoi singhiozzi. I rumori della strada gli impediscono di udire null’altro che lo stridio delle gomme delle auto nelle pozzanghere. Così rimane in piedi. Mani sprofondate nelle tasche a cercare l’accendino solo per rimanere agganciato alla realtà. Una realtà che fa schifo. Una realtà in cui sta perdendo, una ad una, tutte le cose che più contano per lui.
Come è possibile che stia succedendo di nuovo? Anche quel giorno pioveva ma la città era un’altra.
Quella volta, come adesso, si erano ritrovati uno di fronte all’altra a pochi metri di distanza. Lei, quella volta, aveva urlato e lui era stato zitto. Zitto e consapevole che doveva voltarle le spalle anche se lei era tutto ciò che aveva sempre voluto fino a quel momento. Lei aveva urlato, lo ricorda bene Noel. Gli aveva urlato che non lo avrebbe aspettato, che era bella e giovane e che, di tipi come lui, ne avrebbe trovati a bizzeffe anche più famosi di come lui sarebbe potuto diventare. Allora il fischio dei treni della sopraelevata di Manchester avevano soffocato grida, singhiozzi e lacrime di dolore e di rabbia.
Per tre anni non l’aveva più vista. Tre anni in cui lei era diventata maggiorenne e Noel era diventato ‘più grande dei Beatles’ con gli Oasis. Li aveva elevati a band di fama internazionale con le sue canzoni. L’ironia di tutta la storia è che Noel aveva sempre scritto solo di lei. Ogni riga di ogni fottuta canzone di Definitely Maybe e Wht’s the story? Morning glory parlava di lei. Parlava di una ragazzina di nome Elizabeth Tennant di Burnage. Troppo piccola per essere la sua donna e troppo grande per essere la sua bambina. Parlava di Lizzy, come Noel aveva deciso di chiamarla. I giornali chiedevano spesso chi fosse Sally, chi fosse la donna che rappresentava the wonderwall o quella dietro stand by me. Avrebbe mai potuto dire che si trattava di una ragazza che aveva baciato la prima volta solo per gioco quando era ancora una bimbetta che portava le calzette al ginocchio nel lontano 1992? Che aveva dieci anni esatti meno di lui? Era stato più semplice rimanere sul vago e lasciare credere loro che si trattasse di Meg.
Maledizione, perché nominarla adesso Meg? La storia è ancora ferma in questo vicolo pregno di pioggia. Qui Meg non c’entra niente. O forse sì? Non è stata forse lei a creare tutto sto casino tra lui e Lizzy? Proprio ora che lui si era deciso. Quasi deciso. Fanculo! La verità è che non ha mai accettato il modo in cui tutti lo guardano quando è con lei. Della serie ‘che ci fa quella ragazzina col vecchio Gallagher? Non starebbe meglio con Liam?’. Nessuno lo guarda mai così quando è con Meg. Per questo ci è andato a letto alla fine. Per questo Lizzy lo ha scoperto e gli ha dato del ‘granbastardopezzodimerda’.
Noel sa che lo è perché Meg non l’ama proprio. E’ sempre stata un ripiego. Una via di fuga dalla storia della sua vita. E ora lei, la storia della sua vita, sta lì in piedi. Ha smesso di guardarlo. Si guarda le scarpe da ginnastica e sorride. Lei sa che è finita. Forse lo sa da prima di lui. Sa che la loro è la storia impossibile. Troppo perfetta per esistere davvero.
Ora tira fuori qualcosa dalla giacca, lo guarda e lo getta via tra la spazzatura a bordo strada. Cosa sia, Noel non lo capisce. Forse uno degli ultimi regali che lui gli ha fatto.
Lizzy si volta e Noel sente un forte dolore al petto. Si sta portando via davvero il suo cuore? Glielo sta strappando dal petto?
-Lizzy..- sussurra ma lo sforzo che gli occorre è quasi pari a quello che servirebbe ad urlarlo quel nome.
Lei non lo sente o forse non vuole ascoltarlo.
-E’ troppo tardi, Noel.- Dice all’improvviso senza voltarsi. Se ne va.
Noel sente le gambe cedere. Il dolore alle ginocchia non è nulla rispetto a quello che sente nel petto.
-Addio, Lizzy. Live forever.- stavolta lo pensa soltanto. Un tuono riempie l’improvviso silenzio che è calato nella strada e Noel non sente più nulla.


Burnage 1984

L’estate è già finita a Manchester. Qui non è come in Irlanda dove il cielo, anche se freddo, è terso. Qui tutto è grigio. Il cielo plumbeo sembra volerti ingoiare. La casa a schiera in cui ora abita con sua madre e i suoi fratelli è fatta di mattoncini rossi come quelli del video di The Wall. Maledetti mattoncini. Fanno sembrare tutto uguale. Uniforma le anime di chi cammina, parla, urla, combatte e muore.
Noel fuma. Già da qualche anno. E ha lasciato la scuola. In effetti ha lasciato già molte cose per essere un ragazzo di diciassette anni. Ha lasciato dietro di sé soprattutto la fiducia negli altri. Come fai ad avere fiducia nelle persone se la tua stessa famiglia ti rende la vita un inferno? Noel non ama le persone. Preferisce la solitudine della sua camera dove passa il tempo a suonare la chitarra e ad evitare che il fratello più piccolo gli rompa i dischi e i coglioni. William è la sua tortura, la sua spina nel fianco eppure è la persona che ama di più. Quel bamboccio non lo voleva nessuno. Eppure si è fatto strada con la forza nel mondo. Liam ha le palle. Strilla, strepita, corre, cade, si rialza. Anche quando suo padre lo picchia. Alza la testa e sputa in faccia al mondo che lui esiste. Se tutti i fottuti mattoni di Manchester cadessero al suolo, Liam riemergerebbe da sotto le macerie. Per difendere questo Noel, quasi sempre, prende pugni al suo posto. Per questo la loro madre li ha portati via da suo marito e si è trasferita in quella casa.
Da qualche giorno Liam lo lascia in pace. Un’altra famiglia si è trasferita nella casa affianco alla loro. Dividono il giardino e il piccolo Weetabix si diverte a rubare i giocattoli ad una bimbetta dai capelli biondissimi che ha sentito cantare nella stanza di fronte alla sua. Avrà sei o sette anni.
Se Liam non è nella sua camera a dargli rogne, si sta certi che è con la piccola Beth. Noel prende la chitarra e suona una canzone dei Beatles. E’ sempre una canzone di Beatles, anche quando in realtà è una canzone di qualcun altro. Noel pensa che tutti hanno copiato qualcosa ai Beatles. Anche lui, un giorno, copierà qualcosa dal loro repertorio. Chi ascolterà le sue canzoni, perché lui ne scriverà tante, perché ne scrive già tante, penserà che sono proprio come quelle dei Beatles. Immortali.
Si perde in questi pensieri, Noel, e capita che in questi momenti smetta di suonare i Beatles e suoni qualcosa che nessuno ha mai sentito. In questi casi la porta della sua stanza è sempre, rigorosamente chiusa. Stavolta no. Lui suona qualcosa che fa bene al cuore e una manina spinge la porta che sembra troppo pesante. Noel non smette di suonare e lei prende coraggio ed entra. Si chiude la porta alle spalle e scivola a terra tirando le ginocchia al petto. Lui finisce la canzone o ciò che dovrebbe essere e la guarda.
-Perché hai smesso? Do fastidio?- chiede con una vocina incerta.
-Perché piangi?- chiede Noel ma si accorge che ha una delle guance rosse. L’hanno picchiata. Lui si alza dal letto, posa la chitarra e la raggiunge. Si china e le scosta una ciocca di capelli biondi dal viso.
-Ho smesso. Mamma dice che non devo piangere perché poi è peggio.-
Noel sente le mani prudere. Quante volte ha sentito sua madre dire a Liam di smettere di piangere per paura che suo padre si infuriasse ancora di più?- Ti piaceva la canzone?- Lei annuisce –Vieni, mettiamo su un disco. Lo vuoi scegliere tu?- Il viso della bimba si illumina. –Ok.- Fa lui tirandola su e portandola davanti allo scatolone dove ci sono tutti i vinili.
-Come sono belli. Hanno un odore buono.- dice lei e Noel non può fare a meno di sorridere. Anche a lui piace l’odore del vinile impolverato.
-Scegline uno.- Lei allunga una manina e dal mucchio tira fuori Dizzy Miss Lizzy.
-Ottima scelta!- Fa Noel e lei batte le mani carica di aspettative. Lui fa partire il disco e la piccola Beth comincia a fare la trottola. Lui prende la chitarra e segue il ritmo del disco... Mi fai impazzire miss Lizzy, il modo in cui balli il rock and roll, amami prima che io diventi troppo vecchio… Noel la guarda ed ha un’illuminazione. –Da oggi ti chiamerò Lizzy. Vuoi?-
La bimba lo guarda e gli lancia le braccia al collo. –Grazie Noel. Non mi piace il mio nome ma Lizzy è bello.-
Nessuno abbraccia Noel da molto tempo. Non lo permette più a sua madre, non lo fa suo fratello, neppure le ragazze con cui finisce a letto. Quell’abbraccio gli da un calore che gli entra dentro e gli rimane attaccato a quell’anima che la città vorrebbe uniformare a tutte le altre. Noel sa che non succederà e che quel calore lo aiuterà a sentirsi vivo ancora un altro po’.


Burnage 1988

E’ quasi Natale. Noel ha comprato dei regali. Fare regali non è una cosa che gli piace fare. Spreco inutile di denaro. La gente si ostina a comprare cose inutili per persone inutili. Eppure alcune cose le ha comprate anche lui in mezzo a tutta quella gente che spinge e urla nei negozi. La prima è un grembiule nuovo per sua madre. Quello che porta fa schifo. La fa sembrare vecchia e stanca. Più di quanto Noel crede che sia. La seconda è un disco degli Stone Roses. Quando è entrato nel negozio, si è detto che lo comprava per sé. Quando si è fatto fare il pacchetto però sapeva già che era per Weetabix. Ormai ha sedici anni, quasi diciassette, e oltre ad aver maturato una buona inclinazione a fare cazzate, ha cominciato ad apprezzare davvero la musica. Lo ha persino sentito dire che fa parte di un gruppo adesso. Benedetti Stone Roses!
Il terzo è davvero un regalo. Lo ha comprato pensando all’espressione che farà la persona che lo riceverà nell’aprirlo. E’ un regalo per Lizzy.
Quando arriva a casa, sua madre ha già messo sul fuoco tutta la cena. Il tacchino è nel forno. Paul sta preparando la tavola e Liam canta le canzoni di Natale a modo suo.
-E’ già pronto?- chiede Noel.
-No. Ma ti avverto Noel David Thomas Gallagher! Hai appena il tempo di cambiarti. Non azzardarti ad riuscire!- Noel fa quella smorfia che gli si dipinge sul viso quando la madre usa tutto il suo nome per intero.
-Vado solo di sopra a cambiarmi.- Liam però gli si para davanti.
-Hai comprato dei regali?-
-Non sono per te!-
-Stronzo!-
-Falla finita, fottuto idiota!-
-Perché non sei gentile almeno a Natale?-
-E tu perché non ti ingoi la lingua almeno a Natale?- conclude salendo le scale e sorridendo di nascosto. Sa che quello è il modo che ha Liam di attirare la sua attenzione. In realtà è salito in camera sua solo per controllare la finestra di Lizzy. Rimane deluso. E’ spenta. Scede di sotto.
-Mamma, i Tennant non sono in casa?-
Peggy si rabbuia ma risponde –Credo siano usciti per la messa.-
-Lizzy era con loro?-
-Sì.- Fa lei e poi aggiunge picchiando sulla mano del suo secondo figlio che sta mangiando le patate preparate per decorare il tacchino –Noel, so che sei affezionato a quella bambina, che per te è come una sorellina, ma non cacciarti nei guai.-
-Guai?- chiede Noel.
-Ho detto quel che dovevo dire.- Fa Peggy.
La cena di Natale, per una volta, scorre via allegra. Paul è di buon umore, Noel da il suo regalo a Peggy, Liam gli canta una canzone degli Stone Roses che la madre apprezza. Mentre Paul aiuta Peggy a sparecchiare, Noel tira via per un braccio Liam e lo trascina in giardino.
-Che cazzo, Noel, fa freddo fuori!-
Noel si accende una sigaretta.
-Me ne dai una?- Fa Liam.
-No.-
-Stronzo!-
-Prendi.- Dice Noel indicando un pacco poggiato vicino alla porta d’ingresso.
-Che cazzo è?-
-Che ne so io? Babbo Natale ha detto che sei stato una merda quest’anno. Ma credo che non sapesse che cazzo farsene di quella cagata!-
Liam prende il pacco e lo scarta. Il viso gli si illumina e da una gomitata al fratello.
-Ahi!- finge Noel tossendo il fumo.
-Io non ti ho comprato niente.-
-Lo so. Sei un pezzente!-
-Fottiti. Grazie.-
-Come? Non ho sentito.-
-Grazie…-
-Come?-
-Fottiti!- ride Liam e il suo sorriso è sincero e bello. In quel momento un auto si ferma di colpo nel vialetto affianco. Un uomo scende barcollando e una donna lo imita, fa il giro dell’auto e lo prende per un braccio. L’uomo la strattona e la spinge a terra poi apre la portiera posteriore della macchina e tira fuori una bambina. Noel getta la sigaretta. Sono i Tennant e Richard Tennant somiglia tanto a Thomas Gallagher in questo momento.
La madre di Lizzy si mette in mezzo ma l’uomo la spinge e tira sua figlia in casa con lui lasciando fuori la moglie. Noel copre la distanza fra loro in pochi secondi.
-Signora Tennant, che succede?-
La donna si ricompone e lo guarda indecisa sul da farsi. Deve fingere indifferenza o chiedere disperatamente aiuto? Noel la prende per le spalle.
-Che sta facendo a Lizzy?-
Lei scoppia a piangere e dice qualcosa sul fatto che la bambina ha rovesciato una birra. Noel bussa alla porta.
-Signor Tennant! Apra la porta!- grida preoccupato. Nessuno risponde. Liam lo tira per un braccio.
-Noel, chiamiamo gli sbirri?- Lui scuote la testa.
-No. Porta la signora Tennat in casa da noi. Chiudetevi dentro.-
-E tu che fai?-
-Liam, cazzo, per una volta ascoltami.-
I due spariscono dentro la casa dei Gallagher e Noel comincia a battere contro la porta dei Tennant. -Figlio di puttana, apri!- grida e sbatte i pugni fino a che la porta non si apre. L’uomo è furente. Alle sue spalle, Lizzy, schiacciata in un angolo, si protegge il viso con le braccia. Noel non vede l’uomo, non vede partire il pugno, vede solo Lizzy. Quando si ritrova per terra realizza di essere stato colpito e che Lizzy, la dolce e piccola Lizzy, si è lanciata verso di lui per aiutarlo. Il padre la spinge via. Noel si rialza e prende la rincorsa per colpirlo con tutto il suo peso allo stomaco. Finiscono contro la porta finestra che si fa in mille pezzi.
-Corri, Lizzy! Esci e corri via!- urla Noel e la ragazzina non se lo fa ripetere due volte. Noel si rialza e la segue. Corrono. La notte di Natale. Un teppista di Burnage e una ragazzina impaurita. Corrono a perdifiato fino al campetto dietro la Barlow. Quando sono certi di non essere inseguiti, lui si toglie il giaccone e glielo mette sulle spalle. Comincia a nevicare.
-Noel, ti sei fatto male?-
-Io?-
-Aha.- Noel si inginocchia e la stringe. Come cazzo fa ad essere così innocente in un mondo che d’innocente non ha più niente?
-Io sto bene, piccola. Tu come stai?- Ha un taglio sullo zigomo destro.
-Io bene. Se ci sei tu, io non ho paura. Lo sapevo che mi salvavi.- dice cercando di sorridere e si tocca la guancia –Ci vorranno i punti, vero? Diventerò brutta.-
Noel le asciuga il sangue con la manica del maglione e le sorride –Sei bella adesso e da grande sarai meravigliosa, tutti i ragazzi saranno pazzi di te, miss Lizzy.-
Lei si asciuga gli occhi. –Come quella dei Beatles?-
-Sì, ma io non permetterò a nessuno di ronzarti intorno!- dice facendole il solletico –Ora infila una mano nella tasca destra della mia giacca.- la ragazzina tira fuori un pacchetto.
-E’ per me?-
-Sì- dice tirandola sulle sue ginocchia –Aprilo.- Lei lo scartoccia piano per non rompere la carta.
-Oh avanti, Lizzy, straccia quella fottuta carta! Non vorrai metterci tutta la notte!-
Lizzy da uno strappo deciso e viene fuori una scatolina. La apre e vi trova un ciondolo a forma di plettro tutto d’argento.
-E’ bellissimo, Noelie!-
-Sì? Ok ma non chiamarmi così. Niente confidenze ragazzina!-
-Grazie, Noelie.-
-Come non detto. Ti piace? Io non sono bravo con queste cose.-
-Lo adoro. Lo conserverò per sempre. Vivremo insieme per sempre?-
Quelle parole colpiscono Noel in pieno petto. Per sempre? Esiste davvero qualcosa che possa durare così tanto? Lui non ha mai avuto certezze. Può privare Lizzy della speranza oggi che ha undici anni?
-Vivremo insieme per sempre io e te, miss Lizzy.-
La neve continua a cadere e un adulto responsabile riporterebbe una bambina come Lizzy a casa al caldo. Noel però è stufo di adulti responsabili che rendono la vita di ragazzi irresponsabili un inferno. Se ne starà lì a congelarsi con quella bambina tra le braccia a guardare la neve cadere e coprire i segni della loro fuga. Torneranno. Si deve tornare, non ora però. Non ancora. Lizzy stringe il suo ciondolo e lo guarda nella luce della luna. Non piange, non ha paura adesso. Non vuole sapere cosa sta succedendo a casa, vuole solo bearsi di quel momento di pace e del sogno di poter volare via un giorno. La risata di Lizzy è come l’intro di una bella canzone. Una che scriverà lui sicuramente.

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Capitolo 2
*** Burnage 1991-Rain or something more? ***


Burnage 1991

Non ha chiamato molte volte durante il tour negli States con gli Inspiral Carpets, ma sa perfettamente cosa è successo a casa. Sua madre gli ha raccontato sempre in pochi minuti tutto quello che c’era da sapere su Paul, Burnage, Liam, il vecchio Tim, un amico di Liam di nome Guigsy, del posto dove suonano i Rain il gruppo di Liam e Guigsy.
-Che cazzo di nome è Rain?- Ha commentato ad un certo punto.
-E’ adatto- ha detto Peggy –a Manchester ci sono cinque giorni di sole l’anno. Per il resto, piove sempre.-
-Fa schifo, mà. E che mi dici dei Tennant?- La domanda di Noel è generica ma sua madre sa che vuole sapere solo di Lizzy.
-Suo padre entra ed esce da una clinica per tossicodipendenti a spese dello stato sociale. Page lavora per tutti e due. La piccola sta crescendo nonostante tutto e ha iniziato l’ultimo blocco delle superiori. Va bene a scuola.-
-Bene. Puoi dirle che torno fra un mese?-
-Noel, adesso ha quattordici anni.-
-E allora?-
-Allora, comincia ad avere altri interessi. Non la vedi da un po’. E’ cresciuta.-
Noel si è chiesto spesso che significhi che è cresciuta? Che adesso è diventata una di quelle ragazzine che pensano solo a come portare i capelli o che indossa il reggiseno? Ad ogni modo l’ultimo mese del tour è finito ed è tornato in città. Tra un po’ lo scoprirà. Le ha comprato una maglietta in ogni città in cui è stato. Una di quelle stupide magliette con il nome della città scritto con lettere colorate. Maglie che nessuno metterebbe mai. In effetti, avrebbe fatto meglio a mettere i soldi da parte e comprarle qualcosa di utile, però è stato un modo per pensare a lei continuamente. Perché il pensiero di Lizzy gli ha permesso di rimanere a galla. Di ricordarsi chi è. Durante il tour ha visto gente ubriacarsi, fumare, assumere droghe, fare sesso e dimenticare durante i concerti testi e accordi. Lui ha fumato, si è ubriacato, ha assunto droghe e fatto sesso ma mai ha dimenticato la musica. Mai ha dimenticato che tutto questo tempo gli è servito per capire come ci si deve comportare in questo ambiente. E la linea di confine è stata la risata di Lizzy. Il movimento del suo diaframma mentre dorme che si alza e si abbassa in un ritmo perfetto di un giro di do. Gli ha fatto scrivere una canzone ma non l’ha mai fatta sentire a nessuno.
Al rientro a Manchester uno dei ragazzi del gruppo gli chiede se vuole fermarsi a bere qualcosa con loro. –E’ l’ultima sera.- Spiega mentre una ragazza bruna con una gonna cortissima e le labbra rosse lo chiama. Lui sorride e scuote la testa. -Mi stanno aspettando.- Risponde mentre dal tourbus si sente il ritornello di una vecchia canzone dei Beatles … Dai, dammi i brividi e metti la tua piccola mano nella mia, mi fai impazzire miss Lizzy…
Rivedere la propria casa dopo un anno genera diverse emozioni. Alcune sono destinate a restare, altre a sparire velocemente. A quale delle due categorie appartiene quella suscitata dal ghigno che fa Liam appena lo vede nel vialetto della loro casa?
-Hey, big bro! Di ritorno nel ghetto?-
-Hey.- Liam ha diciannove anni ora. E’ diventato alto. Più alto di Noel. –Mamma è in casa?- Annuisce. Entra e lei gli va incontro.
-Noel! Bentornato. Fatto buon viaggio? Ti ho lasciato qualcosa per cena nel forno. Avanti vieni a sederti in cucina, mentre mangi mi racconti un po’ cosa hai combinato in questi mesi, ti va?- Sua madre non cambia mai. Noel sa bene che la parte più forte del suo carattere l’ha preso da quella donna. Avrebbe voluto prendere tutto da lei ma sa che, in una parte recondita del suo cuore, si cela un fondo d’insicurezza che ha ereditato da suo padre. Non osa dirle di no. Si siede e racconta. Non tutto, certo. Racconta dei grattacieli, dei tramonti infiniti, del deserto e delle auto decapottabili. Racconta di tanta musica che ha ascoltato, musica che parla di Elvis, di Beatles, di Jefferson Airplanes, di Rolling Stones e Janis Joplin. Di tutta risposta sua madre gli racconta che ha sentito parlar bene del gruppo di Liam. Sempre la stessa. Paragonare i fottuti Rain ai Jefferson Airplanes! Sospira e mangia. Lo schiamazzo che viene dal giardino lo distrae.
-Che succede?- chiede. Liam si sporge dalla finestra poi prende il giaccone e corre fuori urlando.
-E’ Beth! Io esco. Ci vediamo più tardi!
-Beth?- chiede Noel sporgendosi anche lui fuori dalla finestra. Vede Liam correre incontro al gruppo di ragazzi. Ci sono tre ragazzi oltre a Liam e tre ragazze. Noel non riesce a distogliere lo sguardo da una di loro. Ha i capelli biondi lunghi fino a metà schiena. Sono legati in una bella treccia. Porta un berretto e una felpa dell’adidas nera con la stampa rosa. Salta al collo di Liam e gli dice qualcosa in un orecchio. Lui le da un bacio sulla guancia e le risponde. Uno dei ragazzi, riccio con i capelli neri, suona il clacson del furgone parcheggiato in strada e subito tutti si precipitano da lui. Solo la ragazza bionda rimane in strada come indecisa sul da farsi. Qualcuno urla dal finestrino.
-Beth vieni, dai!
Lei si guarda la punta dei piedi e Noel non ha dubbi. E’ Lizzy. Raggiunge la porta senza correre ma con passo deciso, la apre e aspetta. La ragazza rimane ferma ma ora guarda nella sua direzione. Dondola. Dal furgone la chiamano ancora ma lei fa cenno che non andrà. Noel si chiude la porta alle spalle e scende i due scalini del portico e si ferma. Il furgone parte. Lei cammina mettendo un piede davanti all’altro e tiene le braccia larghe come se mantenesse l’equilibrio su un filo invisibile.
-Ciao, Noelie.- dice puntando i suoi occhi azzurri su di lui.
-Ciao, Lizzy.
-Sappi che sono molto arrabbiata con te.
-Perché?
-Perché? Perché? Ma dai!
-Perché?
-Perché sei partito come un ladro. Senza salutare. Sparito per un anno. Puff.
-Ho telefonato. Qualche volta.
-Non a me.
-Ho chiesto sempre di te.
-Non me l’hanno detto.- Fa lei dubitando delle sue parole. Noel la guarda. E’ cresciuta davvero. Fa impressione come si cambia alla sua età. E’ partito che sembrava una bambina e adesso sembra una di quelle ragazzine che ha visto in America.
-Ti sono cresciuti i capelli.- Le dice.
-Non solo quelli.- risponde lei sorridendo maliziosa. Non l’aveva mai vista sorridere a quel modo. Sente l’impulso di fumare. Infila le mani in tasca indeciso se accendersi una Benson o meno. Tira fuori una sigaretta e l’accende. Lei incrocia le mani dietro la schiena. Noel guarda la strada. Non c’è mai stato un silenzio tanto lungo tra loro se non quando rimanevano ad ascoltare i dischi in camera di Noel.
-Esci con Liam?- gli chiede lui senza guardarla.
-Ti dispiace?
-Mio fratello è un idiota.
-Tuo fratello è uno a posto. Al contrario di tanti imbecilli che bazzicano da queste parti.
-Non è ancora un po’ troppo presto per cominciare ad uscire con i ragazzi?- Lizzy ride.
-Ho quindici anni!
-Quattordici.
-Quasi quindici e comunque Liam sta con la mia amica Amy.
-Amy?
-La figlia dei Connors. Sta nella squadra di pattinaggio con me.
-E tu? Da quando sei in una squadra di pattinaggio?
-Da quando mi hai lasciata sola.
Noel abbassa il capo incapace di sostenere il suo sguardo. Espira un’altra boccata di fumo, spegne il mozzicone per terra e si siede sul gradino di casa.
-Ho scritto una canzone.- Lei si avvicina e si siede a qualche palmo da lui.
-Davvero? Allora hai trovato l’ispirazione lontano da qui. E’ una canzone d’amore?
-No. Non so. Non direi.
-Ha un nome questo capolavoro?
-Live forever.- Lo dice senza guardarla, grattando il pavimento. Lei si avvicina e gli solleva un braccio portandoselo intorno al collo. Infila la testa sotto il suo collo e si stringe a lui.
-Mi sei mancato, Noelie.
-Ti ho portato un regalo.
-Davvero?- Lui la stringe appena e le toglie il cappello. E’ cresciuta. Ha degli occhi pazzeschi.
-Sì.
-E dov’è?
-Di sopra.- Lei si alza e lo tira per un braccio.
-Allora saliamo. Voglio che mi canti la tua canzone.
Lui fa un po’ di resistenza ma l’asseconda. Solo quando sono chiusi nella sua camera, Noel si rende conto di quanto siano cresciuti entrambi. Quando Lizzy era piccola quella stanza sembrava enorme. Allora  nello scatolone dei dischi le piccole mani di Lizzy sembravano perdersi. Allora lui l’accoglieva tra le sue braccia quando piangeva o la rimetteva sulla bici quando cadeva imparando ad andarci senza rotelle. Allora passava i pomeriggi a suonare, lui mancino che suona con la destra, mentre lei faceva i compiti. Ora lei sfila sicura un album degli Stone Roses. E’ quello che lui ha regalato a Liam qualche anno prima.
-Tieni.- Dice Noel porgendole una busta. Lei la capovolge sul letto e una dozzina di magliette finiscono sparse sulla coperta. Lei ne prende una rossa con la scritta ‘Dallas’ e se la infila sopra la felpa.
-Ta dah! Come mi sta?- Noel ride.
-Bene. Visto che ti sono cresciute le tette!
-Noel! E comunque non mi sono ancora cresciute!
-Vuoi dire che diventeranno ancora più grandi?
-Noel! Smettila con queste cazzate e suonami la canzone.- dice fingendosi arrabbiata e porgendogli la chitarra che giace nell’angolo della sua stanza. Lui l’accorda e parte.
-Maybe I don't really want to know how your garden grows ‘cause I just want to fly.
Lately did you ever feel the pain in the morning rain as it soaks it to the bone.
Maybe I just want to fly, I want to live I don't want to die, maybe I just want to breath, maybe I just don't believe, Maybe you're the same as me, we see things they'll never see, you and I are gonna live forever….
Lizzy ascolta le parole e i suoi occhi si riempiono involontariamente di lacrime. Noel sa che ha capito. Ha capito che l’ispirazione non l’ha trovata lontano da casa, ma in quelle quattro mura. Certo, non può sapere che il ritmo di quella canzone e quello del suo cuore sono la stessa cosa, ma può sentire che sono loro due ad essere fatti della stessa pasta, sono loro due a vedere cose che gli altri non vedono, loro due a voler vivere per sempre. La ballata finisce e lei si asciuga gli occhi con la manica della felpa.
-Sai, Noelie, se i Rain avessero canzoni così belle, sarebbero davvero forti.
-Anche tu fissata con questi fottuti Rain?- Le dice un po’ seccato che questo sia il suo unico commento sulla canzone. Lei si siede accanto a lui.
-Sei un fenomeno, Noel. Dico davvero. Tu la musica ce l’hai dentro.- Dice toccandogli con un dito il petto all’altezza del cuore.- La tua anima è musica. Scommetto che hai scritto altre mille canzoni.-
-Beh, non sono proprio mille ma ho scritto molto ultimamente.
-Lo sapevo. E una canzone d’amore?
-Forse.
-Dai, non dirmi che non hai trovato una bella ragazza a cui dedicare una canzone d’amore!
-A bizzeffe!- Lei salta giù dal letto.
-Ah, davvero Noel Gallagher?- Lui ride e si gratta la testa.
-Nessuna per cui valesse la pena rimanere lì.
-Allora ce n’è una per cui valeva la pena tornare!
Noel adesso la guarda e pensa che non aveva motivi né per restare, né per tornare. Non sente di appartenere a niente e a nessuno. L’unico legame con Burnage è la sua famiglia. L’unico legame che ha con quel posto è una ragazzina di cui ha deciso di prendersi cura tanto tempo fa. Adesso però di quella ragazzina esiste solo un ricordo sbiadito adagiato sul viso di una giovane donna.
-Mi sei mancata, mocciosetta. Ora però vado a farmi una bevuta al Kingsway.
-Vengo anch’io!
-Ma sei scema? Sei troppo piccola per quel posto.
-Liam mi ci fa entrare!
-Liam è un idiota!
-Ma dai!
-‘Dai’ un cazzo. E’ tardi ed è un locale per adulti.
-Io non sono più una bambina. Lo hai detto tu che ho le tette!
-Lo hai detto tu che non sono ancora cresciute. Fila via. Lo sai che non si discute con me.- Conclude afferrando il giaccone. Lei raccoglie tutte le sue magliette e sbuffando scende di sotto. Peggy li intercetta ai piedi delle scale. Sembra un po’ tesa.
-Dove andate voi due?
-Io al Kingsway, lei a casa.- Dice Noel.
-Salve signora Gallagher. Visto? Noel è tornato!- dice ironicamente scimmiottando il suo modo autoritario di parlare.
-Sì, è tornato.- risponde lei lasciandoli uscire.
All’altezza della casa dei Tennant, Noel si ferma.
-Buonanotte Lizzy.
-Ma se sono le dieci!
-Già. E’ tardi per una che domani ha la scuola.
-Noel sei un vecchietto!- dice lei facendogli la linguaccia.
-E tu una ragazzina. Notte.- fa lasciandola indietro. Quando lei si volta per raggiungere casa sua, si ferma ad aspettare che entri in casa. Allora si accorge che è suo padre ad aprirle la porta. Lo sente borbottare qualcosa e richiudere l’uscio. Se ne rattrista. Avrebbe preferito sapere che quel pezzo di merda non abita più con lei.
Raggiunge il Kingsway e scopre che anche Liam è lì con tutta la sua combriccola. A quanto pare, Lizzy aveva ragione. Liam se la intende con una ragazza poco più grande di lei con i capelli rossi. Quella deve essere Amy. Liam lo vede e gli fa cenno con la mano di raggiungere il loro tavolo. Al tavolo, oltre ad Amy e all’altra amica di Lizzy, Sienna, ci sono tre ragazzi, due di nome Paul e uno di nome Tony.
-Bro, hai di fronte a te i Rain!
Noel vorrebbe dire che non gliene frega un cazzo di questo gruppo di cui sente parlare continuamente ma sta zitto e si siede ordinando una birra.
-E Beth?- chiede Amy. Noel paga la sua birra e fa un sorso.
-Tu quanti anni hai, Amy?
-Sedici, perché?
-Siete troppo piccole per un posto del genere.- dice e la ragazza gli fa mostra il dito medio.
-Liam lo ha detto che sei un rompicoglioni.
-Liam dice un sacco di stronzate, ricordatelo quando dirà che se la migliore qua dentro.
Lei si alza e trascina Sienna al bancone.
-Ma perché devi sempre rompere le palle?- chiede Liam già esasperato dalla presenza del fratello maggiore. Lui non risponde e continua. -Sabato suoniamo al Boardwalk. Vieni a sentirci?
-Addirittura al Boardwalk?- chiede Noel sollevando un sopracciglio.
-Ehi! Per chi ci ha preso? Siamo forti.
-Ci farò un giro.
A quel punto si intromette uno dei due Paul, quello che Liam chiama Bonehead.
-Sei stato negli States con gli Inspiral Carpets?
Noel annuisce.
-E com’è stato?
-In America non capiscono un cazzo di rock. Fanno a gara a chi fa più rumore.
Tutti ridono e Liam annuisce in modo plateale sollevando la bottiglia di birra.
-Hanno capito i Beatles però.- dice Tony, il ragazzo con i riccioli neri.
-Ma hanno chiamato una rivista Rolling Stones.- risponde Noel e Bonehead applaude. A Noel Bonehead piace. Si vede che capisce qualcosa di rock’n roll.
-Cosa suoni?- gli chiede Noel.
-La chitarra. E il pianoforte, a volte.- Liam non riesce a trattenere il suo entusiasmo.
-Tony è il batterista e Guigsy il bassista.
-Lui lo conosco.- fa Noel indicando Guigsy –Abbiamo giocato al Maine Road.
-Mi sono rotto i legamenti. Addio carriera!- Risponde Guisgsy.
-Peccato, eri bravo.
-Me la cavavo.
La serata continua tra diverse chiacchiere e, alla fine, a Noel tocca portare a casa un Liam completamente ubriaco.
Quando arrivano in camera, Noel si accorge che la luce della stanza di Lizzy è ancora accesa. Afferra un tappo di bottiglia che è sulla scrivania e lo lancia contro la sua finestra. Dopo qualche istante la finestra si apre.
-Che vuoi?- Lizzy ha sciolto i capelli e indossa una delle sue magliette, quella verde con su scritto Phoenix.
-Non dormi?
-Che domanda del cazzo? Se sto parlando con te, è evidente che non dormo.
-Che modo di rispondere è? Sei diventata una piccola selvaggia mentre non c’ero?- Lei scrolla le spalle con un gesto tenerissimo e gli fa una smorfia.
-Così impari a andartene!
-Non me ne sono andato. Ho fatto un viaggio. Un giorno ne farai uno anche tu e io che dovrei dirti allora?
-Dovresti dire che sei disposto a venire con me.
-Me lo dovresti chiedere, non credi?
-Io te lo chiederei se dovessi partire.
-Non potevi venire con me e poi, il mio, è stato un viaggio di lavoro.- Lei si siede sulla soglia della finestra e incrocia le gambe nude. Si prende le caviglie e si dondola.
-Chiamalo viaggio di lavoro! Sei stato sempre a divertirti.
-Tu non ci crederai ma ho lavorato.
-Sì, ok.
-Tu che hai fatto invece oltre ad allungarti come un elastico e a pattinare?-  Lizzy sorride e allunga e ritira le gambe snelle.
-Ho quasi finito la scuola. Sono stata a Londra con mia madre per qualche giorno.
-A Londra?
-Sì.
-Come mai?
-Dai nonni. Un paio di settimane l’estate scorsa. Mio padre era andato fuori di testa.- Noel si rabbuia e lei se ne accorge e si affretta a sdrammatizzare –Niente di che. E’ venuto a prenderci quando ha smesso di sniffare coca. E’ stato meglio dopo che siamo tornate a casa.
-Adesso che fa? Come vanno le cose con lui?
-Che devo dirti?
-La verità.- risponde Noel guardandola negli occhi per assicurarsi che lo faccia.
-Ci sono giorni schifosi e giorni meno schifosi. Avrei voluto venire con te.
-Mi dispiace.
-Non dispiacerti. Tua madre dice che devo capire che ci sono dieci anni di differenza fra noi e che avrai sempre meno tempo per me.- risponde lei con un tono a metà tra l’arrabbiato e il dispiaciuto.
-Ehi, avrò sempre tempo per te.
-Sì, come no!- fa Lizzy stropicciandosi la maglia.
-Ehi! Guardami!- fa Noel e lei lo guarda di sottecchi.
-Io ci sarò sempre quando avrai bisogno di me.- Dice sollevando la chitarra e sedendosi sulla soglia della finestra nel senso opposto a quello di Lizzy. Strimpella. Lo fa sempre quando vuole temporeggiare. Lizzy lo sa, lo conosce troppo bene. Forse aspetta che lei gli dica che ci crede. Lizzy però non ci crede. Non dopo che per un anno ha continuato a sentirsi sola come un cane abbandonato su un marciapiede. I primi tre mesi dopo la partenza di Noel sono stati tremendi. Poi l’abitudine ha preso il sopravvento e lei ha cercato di trovare un po’ di pace nel far passare le giornate sempre allo stesso modo. Liam l’ha aiutata ad uscire da quel suo stato di apatia. D’inverno l’ha portata a pattinare. Lui ha passato la maggior parte del tempo col culo sul ghiaccio ma lei ha scoperto di essere brava. Un nuovo hobby, un motivo in più per passare il tempo. In un angolo della sua mente però lei lo stava sempre e comunque aspettando. Lo sente cominciare a suonare ‘hide your love away’ sottovoce e la sua voce le riporta alla mente una mattina in cui lei aveva la febbre alta e lui aveva passato tutto il tempo a suonare per farle compagnia. Ad un tratto la canzone cambia e lui accenna un motivetto che lei non ha mai sentito…-Hold me down, all the world's asleep, I need you now, you've knocked me off my feet, I dream of you, we talk of growing old, but you said please don't…
-Noel, cos’è questa cosa?
-Cosa?
-Queste parole che hai appena cantato.
-Ah, queste. Non lo so ancora. Un motivetto che ho nella testa. Le parole mi sono venute in mente ora. Tutto il mondo dorme e noi due stiamo qui a parlare di come stiamo cambiando. Crescendo.
-Io sto crescendo. Tu stai invecchiando mio caro Noelie!- fa lei ridendo piano.
-Mettila come ti pare.
-E’ una canzone d’amore?
-Ma che ti prende? Sempre a chiedere canzoni d’amore! Sei diventata una sdolcinata!- Lei agita le braccia e fa la linguaccia.
-Vade retro cuore di pietra! Dico solo che in un repertorio di un bel gruppo ci vuole almeno una grande canzone d’amore!
-Io non ho un gruppo.
-Non ancora! Potresti unirti a Liam e ai Rain!
-Sarò morto prima di entrare in un gruppo che si chiama così.- Fa Noel sorridendo.
-In effetti ho detto a Liam che era un nome scontato. Ricorda troppo questo schifo di posto. Ci vorrebbe un nome d’impatto che fa pensare a cose belle, lontane, esotiche magari!
-Non sei cambiata per niente Lizzy! Niente filtro fra cervello e bocca!-Lei ride e poi accenna live forever.
-Hai già imparato come fa? L’hai sentita solo una volta.
-Lo so, sono mitica. E’ una cosa che so fare. Imparo velocemente. Come sui pattini.
-Cantata da te, suona davvero bene.
-Grazie!- fa ma il sorriso le sparisce dal volto. –Noel devo chiudere. Ho sentito un rumore nel corridoio, se mio padre scopre che ci parliamo da qui metterà le sbarre alla finestra.
-Tranquilla, sono stanco e devo dormire.- Lei scende dalla soglia e sparisce dietro le tende. La luce si spegne. Noel rientra e si lascia cadere sul letto. Lizzy è cambiata ma il suo modo di tenere viva la sua attenzione e farlo sentire in pace col mondo no. Si addormenta cercando di trovare le parole per continuare quella nuova canzone che non riesce ad uscire dalla sua testa.
I giorni seguenti passano in una totale apatia. Lizzy è impegnata con la scuola e una specie di torneo di pattinaggio e Noel per i primi due giorni ha cercato lavoro. Dopo si è chiuso in camera con la sua chitarra. Sabato mattina è stato svegliato dalle urla di Liam che non trova una camicia nel suo armadio.
-Cazzo, Liam. Stavo dormendo.
-Ma dov’è quella fottuta camicia? Sono già in ritardo!- grida spalancando la finestra.
-Cazzo Liam!
-I ragazzi mi aspettano. Dobbiamo fare la prova generale. Stasera è la gran sera!
Noel vorrebbe sbatterlo fuori dalla sua camera e rimettersi a dormire ma ormai è sveglio e sa che non riprenderà più sonno. Da quando ha fatto il roadie per gli Inspiral Carpets ha imparato a dormire poche ore a notte e il suo sonno è diventato leggero.
Si alza e scende di sotto. Sua madre ha preparato la colazione mentre Liam è sceso qualcosa come quindici volte a chiedere a sua madre se era abbastanza figo con questa o quella maglia.
Quando Liam esce, lui finge di guardarlo dalla finestra ma le sue attenzioni sono tutte per casa Tennant.
-Non c’è.- La voce di sua madre lo bacchetta a distanza.
-Chi non c’è?- fa lui fingendo indifferenza.
-Beth.
-Cosa ti fa credere che stia cercando Beth e poi si può sapere perché le hai detto che avrò sempre meno tempo per lei?
-Perché le sono affezionata e non voglio che soffra.
-Credi che io la farei mai soffrire?
-E’ un’adolescente in un momento difficile della sua crescita. Tu sei un adulto. Non dovresti confonderla.
-Non è quello che faccio. Piuttosto perché non rimproveri Liam che la fa entrare in locali di cui non dovrebbe conoscere neppure il nome?
-Stanno nello stesso gruppo. E’ normale che gli adolescenti facciano cose che non devono.
-Se è così che la vedi.
-Parlo per il tuo bene, lo sai.
-Sì, mamma.
Poggia la tazza nel lavello e sale di nuovo al piano di sopra. Non comprende davvero il motivo per cui sua madre sia tanto severa nel giudicare le sue intenzioni. Una vocina nella sua testa, quella che di solito canta le sue canzoni, però gli dice che sua madre lo conosce troppo bene. Da quando è tornato dagli States e ha rivisto Lizzy, non ha fatto che riflettere sul fatto che si sente turbato.
Vederla baciare Liam, anche solo su una guancia, immaginare la confidenza che c’è ora tra loro, lo irrita.
Decide di uscire. Incontra in giro un paio di amici che non vedeva da tempo e si ferma a bere qualcosa con loro. Il tempo passa veloce quando non si ha nulla da fare e ti nasce dentro quella orrenda sensazione che tu abbia sprecato una giornata della tua vita. Noel ha giurato che non si sarebbe mai sentito così. La voce di Henry lo scuote.
-Non è tuo fratello che suona al Boardwalk stasera?
Noel raccatta i pensieri come farebbe l’amante beccato sul fatto con i suoi vestiti. Vorrebbe anche scappare da quella domanda come farebbe un amante beccato sul fatto ma risponde stancamente.
-Aha.
-Io ci vado stasera. Fanno una buona musica. Vuoi venire anche tu?
-Io passo.
-E perché? Geloso che tuo fratello ce l’abbia fatta prima di te a salire su quel palco?
-Ma per favore, te lo sei davvero bruciato il cervello con quella roba Henry!- dice indicando la bustina di fumo che l’amico ha appena messo in tasca –io vado a casa.
Appena fuori si accorge che ha cominciato a piovere. –Fanculo.
-Sempre di cattivo umore, vero Noelie?
La voce di Lizzy lo scuote. Si volta e la vede. Sembra un raggio di sole che filtra nel grigio della città.
-E tu che ci fai qui?
-Torno a casa dal pattinaggio. Facciamo la strada assieme?
Certo che facciamo la strada assieme, pensa Noel ma non lo dice e si limita ad incamminarsi.
-Allora perché sei di cattivo umore?
-E tu perché sei di buon umore, Lizzy?
-Perché stasera c’è il concerto dei Rain.
-Tu ci vai?- chiede Noel omettendo la parte in cui vorrebbe dirle che è troppo piccola. E’ in città da un po’ e si è reso conto che ragazze anche più piccole di lei frequentano tranquillamente quel genere di locale.
-Io sì. Vieni anche tu?
-No, io no.
-E perché?
-Perché non ne vale la pena.
-Eddai! Non fare il musone. I ragazzi vengono a prenderci alle otto.
-I ragazzi? Quali ragazzi?
-I Rain.
-Liam è già uscito stamattina facendo un casino d’inferno.
-Di solito passa Tony.
Noel si rende conto che non si ricorda bene di questo Tony ma, per esclusione, deve essere quello che ha i ricci al posto del cervello.
-Non mi sembra un tipo molto sveglio.
-E’ ok.
-Non è neanche lontanamente ok.
-Sei un musone,-fa lei quasi sotto casa- noi usciamo alle otto. Non farti pregare, Noelie.
Noel la guarda rincasare e si accende una sigaretta. Ma che diavolo ci troveranno tutti in questa band? Una minuscola parte del suo cervello gli suggerisce di scoprirlo andando al Boardwalk. Il resto si perde nell’aspirare una nuova boccata di Benson.
A volte capita che, nella testa di Noel, il tempo si fermi. Di solito accade quando decide che il mondo non sia abbastanza interessante da suscitare una reazione in lui. In quei casi si siede, circonda le ginocchia con le braccia e fissa un punto. Così arrivano strani motivetti a ronzargli intorno ai neuroni e nascono le sue canzoni. Roba da Strawberry fields insomma ma senza l’aiuto di sostanze particolari.
In questi casi, di solito, torna in sé in un posto diverso da quello in cui è andato in fissa. Magari ha camminato per ore, magari si è chiuso nella sua stanza.
Stavolta è così. Si ritrova sul letto. Il tempo però non si è fermato. Ha corso veloce e il clacson di un furgoncino che continua a strombazzare gli ricorda che ora è.
Sono le otto. Noel si affaccia alla sua finestra e vede Lizzy che corre verso il veicolo. Indossa un paio di scarpe da ginnastica, una minigonna di jeans e una felpa. Da un bacio a Bonehead e sale sul furgone.
Noel sente un crampo allo stomaco. Si cambia rapidamente e scende di sotto.
Mangia un panino ed esce. Il bus che porta al locale non ferma lontano da casa sua. Prima però si ferma a bere una guinness nel pub dove ha incontrato Henry. Non ha davvero ancora deciso se vuole sentire cantare i Rain. Finisce la birra continuando a sentire quel fastidio allo stomaco. Paga, saluta un paio di conoscenti ed esce.
Raggiungendo la fermata, sente molti ragazzi parlare dei Rain. Forse Lizzy e sua madre hanno ragione. Magari sono davvero bravi. Il tragitto non è lungo perciò non riesce a trovare un motivo per cambiare idea. Finisce per entrare nel Boardwalk senza avere il tempo di pensarci ancora su. Il locale è già abbastanza pieno e sta suonando un altro gruppo. Quello di Liam è il prossimo ad esibirsi. Una voce lo fa voltare.
-Oh. Mio. Dio. Noel!
La ragazza che si ritrova davanti è Elsa. L’ha conosciuta qualche anno prima a Burnage e ci è uscito un paio di volte prima di partire con gli Inspiral Carpets.
-Elsa.
-Quando sei tornato?- fa lei mettendo il broncio per finta –Non potevi chiamarmi?
-Sono tornato da qualche giorno.- Lei gli salta con le braccia al collo e lo bacia sulle labbra.
-Bentornato!
-Grazie!- Forse la serata non sarà proprio da dimenticare pensa mentre i Rain salgono sul palco.
Lo shock che lo coglie quando vede Liam tenere la scena è paragonabile solo a quello che lo prende vedendo Lizzy pogare sotto al palco.
Aveva ragione lui. Le canzoni dei Rain fanno schifo. Liam, però, è fottutamente bravo e sugli altri si può lavorare. Scuote la testa e raggiunge il banco del bar per un’altra birra. La persona che gli si siede accanto gli sorride con l’espressione più furba che conosce.
-Visto che sono bravi? Sapevo che saresti venuto alla fine!
-Lizzy, si vede che sei una ragazzina, non sono affatto bravi.- Lei non prende bene il fatto di essere definita ragazzina. Sbuffa e beve la sua birra.
-La smetti? No sarò io a farti bere!- dice ma viene interrotto da Elsa che arriva e gli si sede in grembo.
-Noel, tesoro, per me una rossa- fa baciandolo sulla guancia mentre Noel tira fuori una banconota da venti sterline e paga il barista.
Lizzy lo sta guardando come se volesse incenerirlo e Noel pensa che sua madre ha ragione a credere che forse la ragazzina è un po’ confusa. Tra lei ed Elsa ci sono sette anni di differenza. Il loro ruolo è completamente diverso. Perché gli sembra che Lizzy voglia competere con Elsa?
-Noel, tesoro,- fa lei alzandosi –io vado dagli altri. Tanto tu sei in ottima compagnia!
Elsa ride bevendo la sua rossa e Noel la guarda farsi strada tra i ragazzi e raggiungere le sue amiche. Ma che fa adesso quella scema? Si mette a flirtare con Tony? Addirittura lui la prende per mano e la trascina fuori? Fuori dove? Le sue gambe lo fanno alzare dalla sedia mentre le sue orecchie adesso ignorano Elsa che lo richiama al bancone.
Spinge un paio di persone che gli impediscono di raggiungere rapidamente la porta di emergenza che quei due hanno usato per uscire. Adesso sa perché si chiama maniglione antipanico quello che serve per aprire quel fottuto tipo di porta.
L’aria di Manchester lo colpisce in faccia come un pugno. E’ il diciassette marzo e fa freddo. Gira la testa a destra e sinistra mentre il fastidio allo stomaco ora è quasi dolore.
-Dove cazzo sono?- chiede a se stesso. Un rumore nel vicolo lo rimette in moto. La voce di Lizzy è un sussurro.
-Smettila, Tony.
-Hai detto tu che volevi che ti portassi fuori.
-Non per questo!- fa lei mentre Noel svolta l’angolo e vede Tony che ci prova con Lizzy.
-Dai, fa la brava, dopo ti porto a casa mia- fa lui prima di sentire una mano sulla sua spalle che lo tira indietro. Il poveretto non vede partire il pugno che lo centra sul naso e rimane a fissare quello che per lui è solo il fratello di Liam che lo guarda con l’espressione più cattiva che abbia mai visto. Noel si volta verso Lizzy, la solleva, se la carica in spalla come fosse la sua chitarra e se ne va mentre lei urla e scalcia.
-Lasciami!
Niente. Non si registrano reazioni di Noel che continua a camminare.
-Lasciami, stronzo!
-Sta zitta!- urla lui mettendola a terra e bloccandola contro uno di quei muri di mattoncini rossi tappezzati di locandine. Lei non si fa intimidire e gli punta i suoi grandi occhi azzurri in faccia.
-No, che non sto zitta! Tu fai il cazzo che ti pare e io faccio lo stesso!
-Il cazzo che ti pare è farti sbattere da quel mentecatto?
-Sbattere?- urla lei inferocita –Non mi ha neppure baciata!
-Non mi sembravi interessata al modo in cui stava allungando le mani!
-La tua procace Elsa non ti ha insegnato che quando le donne dicono no, in realtà è sì?
Noel sente fumare le orecchie.
-Le donne? Tu saresti una donna? Non farmi ridere! Porti ancora le scarpe da ginnastica!
-Io sono una donna! Solo tu non te ne sei accorto!
-Diavolo se me ne sono accorto! Me lo stai sbattendo in faccia da quando sono tornato! Il fatto che tu sia diventata grande non significa che tu debba fare la troietta con uno così!
-Troietta come la tua Elsa?
-Questi non sono cazzi tuoi.
-E con chi faccio la troietta non sono cazzi tuoi, tesoro!- fa lei scimmiottando Elsa.
Noel vorrebbe assecondare il desiderio di sua madre adesso. Comportarsi da adulto, fare la cosa giusta, rilassare i nervi. Magari così sparirebbe anche il dolore assurdo che gli stringe lo stomaco.
Lizzy però è lì e lui non può non vedere quanto è bella col viso arrossato dal freddo e dalla rabbia. Nessuno potrebbe non notare quanto sono belle le sue gambe nei collant trasparenti, nessuno potrebbe rimanere indifferente sul suo seno che si alza e si abbassa nel respiro affannato che le esce dalle labbra. Nessuno potrebbe resistere a quelle labbra rosse che rimangono leggermente aperte come in un invito poco sottinteso.
Nessuno si dice Noel mentre si china su di lei e le passa una mano tra i capelli stringendoli un po’ dietro la nuca per costringerla a guardarlo negli occhi. Se solo in quegli occhi riuscisse a trovare un filo d’incertezza, un’esitazione, magari un briciolo di timore! Invece quella mocciosa ha ancora voglia di provocarlo.
-Non è che se non lo fai tu, non lo farà mai nessuno- dice ed è davvero troppo per lui. Chi cazzo avrebbe più diritto di lui, a baciarla? Le spinge il viso contro il proprio e cerca la sua bocca. Lei si aggrappa con entrambe le mani alle sue spalle e lascia che la sua bocca si apra come un bocciolo di rosa che riceve la prima pioggia.
La sensazione di calore che ha sempre colto Noel quando Lizzy è nei paraggi, si centuplica. La stringe come se finalmente avesse ritrovato la parte di sé che sente di aver perso tanto, tanto tempo fa.
Quando le loro labbra si staccano, lui la tiene premuta contro il giubbino. Non è ancora pronto alla sua reazione. Ancora una volta, è lei a parlare per prima.
-Mica te ne uscirai con la stronzata che è stato un errore?
Noel non ha neppure contemplato la cosa ma ora che lei glielo dice, pensa che poteva essere un’opzione. Se non fosse che l’odore dei suoi capelli gli è entrato dalle narici fino nelle molecole del cervello e che questo ha già annotato il sapore delle sue labbra tra le cose più buone che abbia assaggiato, avrebbe potuto lasciarla andare e registrare l’accaduto come un incidente.
-Dato che l’ho fatto, non lo farà più nessun altro, ok?
Lei fa passare le sue braccia sotto il giubbino e rimane attaccata a lui sorridendo.
Il dolore allo stomaco è sparito. Noel si chiede se non sia quel senso di leggerezza che prova adesso la matrice della felicità.

 

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Capitolo 3
*** Oasis ***


Manchester 1992

E’ un po’ che Noel ci pensa. Lizzy dorme con la testa poggiata sulle sue gambe. Lui finge di guardare la tv ma in realtà guarda le sue labbra. Da quella sera fuori dal Boardwalk, non l’ha più neppure sfiorata. Lei gli gira intorno come al solito. Lo abbraccia negli slanci d’affetto o gli fa il solletico. Tutto davvero come al solito. Gli sembra che, soddisfatta di quell’emozione, non abbia bisogno di altre conferme riguardo al fatto che lui la considera una donna. La sua donna? Sorride al pensiero che, in effetti, la furbetta marca il territorio abbastanza bene. Si è fatta trovare a casa sua giusto quel paio di volte in cui Elsa è passata a trovarlo occupando la sua stanza scalza con un paio di shorts e la maglietta di Dallas.
Al pub dove ormai entra anche lei senza che lui abbia più potuto protestare, si siede sempre alla sua destra e, di tanto in tanto, si lascia scivolare sulla sua spalla.
Solo atteggiamenti innocenti comunque messi in scena con quel tocco di malizia difficile da cogliere per un uomo ma perfettamente comprensibile per una donna.
Comunque non pensava a questo, nonostante l’urgenza di baciarla stia diventando opprimente. Pensava alle sue parole.
-Se i Rain avessero le tue canzoni, sarebbero i numeri uno- aveva detto Lizzy. Del resto le sue canzoni, cantate da Liam diventerebbero qualcosa di speciale. Lui le ha provate diverse volte ma sa benissimo di non avere la presenza scenica di Weetabix.
Così ha deciso. Farà un tentativo. Parlerà con quella manica di imbecilli e proverà a capire se ne può uscire qualcosa di buono.
Accarezza la fronte di Lizzy e i suoi occhi si aprono.
-Ti ho svegliata?
-No.
-Vuoi qualcosa da mangiare?
-E’ un modo per dirmi che devo alzarmi?- fa lei arricciando le labbra in un’espressione contrariata. Lui sorride.
-Ho sentito il tuo stomaco brontolare. Latte e biscotti?
-Gelato?
-Stai contrattando?
-Spudoratamente.
-Per farmi uscire a comprarti il gelato non basterà che arricci le labbra.
-Uffa, ci vado io- fa lei rassegnata mentre lui le allunga una banconota.
-Prendimi anche un pacchetto di sigarette.
-Cos’altro? Guarda che dittatore che sei diventato!- dice mentre lui la trova improvvisamente bellissima. I capelli biondi, sciolti, le ricadono lungo i fianchi allungando il suo viso. I suoi occhi blu brillano di una vitalità che a lui manca.
-E una confezione di muffin per quando tornano quegli imbecilli.- Si accorge di avere attirato l’attenzione della ragazza che ora non si decide ad uscire. Sorride e lei, di tutta risposta, comincia a saltellare per il salotto.
-Hai deciso di parlare ai ragazzi! Ti unirai al gruppo!
-Piano con l’entusiasmo. Non è detto ancora niente!
-Non è detto ancora cosa?- sentono pronunciare dalla voce di un Liam che rientra in quel momento. Lizzy si precipita di nuovo sul divano e si raggomitola nel suo posto decisa a non perdersi la scena.
Guigsy, Bonehead, Tony ad Amy lo seguono a ruota. Quest’ultima raggiunge Lizzy sul divano e le sussurra qualcosa all’orecchio.
-Allora bro, qual è la grande novità? Siamo già in ritardo per le prove.- Noel prende il pacchetto di Benson posato sul tavolino davanti alla tv e tira fuori l’ultima sigaretta.
-Figurarsi! Le chiamate prove, quelle? Quattro cover arrangiate da schifo e una canzonetta da quattro soldi?
-Tu sapresti fare di meglio?- chiede Bonehead strofinandosi il naso.
-Non sai quanto- risponde sicuro Noel.
-Stronzate!- fa Liam gettandosi a peso morto tra Lizzy ed Amy e accarezzando le gambe a quest’ultima.
-Liberi di non credermi ma non andrete da nessuna parte da soli. Con le mie canzoni, invece, diventereste i più grandi.
-Canzoni? Perché quante ne hai?- chiede di nuovo Bonehead mentre Guigsy raggiunge il frigo in cucina e torna con una birra.
-Parecchie.
-Quantità non è sinonimo di qualità- interviene Tony e Noel aspira ed espira il fumo della sigaretta appena accesa come se nessuno avesse detto niente. Tony gli sta sulle palle e lo hanno capito tutti.
-Possiamo sentirne un paio e poi vediamo se ci stanno bene- fa Liam guardando il resto dei Rain e annuendo.
Lizzy corre di sopra e prende la chitarra di Noel.
-Live forever, per favore- fa porgendola al suo proprietario.
Noel intona la canzone e, per un momento, tuti rimangono rapiti dal ritmo del brano. Lizzy dimostra di avere imparato pressoché il testo a memoria e fissa Liam come per capire se quello che sta ascoltando gli piace o no.
Terminata ‘Live forever’ Noel attacca con una canzone che neanche Lizzy aveva ancora ascoltato. Alla fine di questa esecuzione poggia la chitarra per terra e li osserva.
-Ok, lo ammetto, non sono male. Proprio no- esordisce Liam – a voi che pare?-
-Mi piacciono- fa Gugsy che ha terminato la sua birra.
-Non sembra il genere Stone Roses che ti piace tanto Liam- interviene invece Tony.
-Non deve sembrare il genere di qualcun altro- fa Lizzy –deve essere la vostra musica!- Il commento entusiasta della ragazza sembra smuovere Liam.
-Ok, Noel, sei dei nostri!
-Urrà!- esplode Lizzy che si stringe ad Amy.
-Un momento- fa Noel gelando tutti – ci metto le mie canzoni solo se si fa a modo mio.
-Che cazzo vuol dire?- esclama Liam –Questo è il mio gruppo.
-O si fa a modo mio o non se ne fa niente.
-Fottiti, Noel!- grida Liam.
-Oh, io mi fotto certo, ma tu rimarrai il cazzone che sei per il resto della tua miserabile esistenza oppure si fa a modo mio e diventi il frontman più famoso dei prossimi cinquant’anni.
La sicurezza con cui parla Noel fa vacillare l’orgoglio di Liam.
-E cosa proponi?
-Io sono il capo. Decido le canzoni, gli arrangiamenti, dove si suona e quando. Fate quello che dico io e suonerete il miglior repertorio di canzoni originali dai tempi dei Beatles.
I ragazzi rimangono di stucco. Dall’espressione di Liam si capisce che non crede alle proprie orecchie. Suo fratello ha appena affermato di volersi prendere il controllo dei Rain?
-Ah! Un’altra cosa. Non ci chiameremo Rain. Fa cagare.
-Vuoi anche il nostro sangue?- chiede esasperato Tony.
-Il tuo se non chiudi quella fogna- risponde il dittatore. Liam scoppia a ridere e tutti lo guardano con sorpresa.
-Ma sì. Mi sta bene. In fondo io voglio solo cantare. Stare sul palco. Se qualcuno si prende la rogna di scrivere le canzoni, a me sta bene. E Rain non mi piaceva più. Qua la mano, fratello! Paul prendi le birre e brindiamo alla nascita degli Oasis!
-Oasis? E che cazzo di nome è Oasis?- chiede Bonehead.
-A me piace!- esclama Lizzy.
-Brindiamo agli Oasis- conferma Noel mentre una delle poche giornate di sole di Manchester benedice questo nuovo inizio.

Manchester 1993

L’abito nero la fa sembrare ancora più magra.
Mancano poche ore alla funzione e Peggy, di sotto, sta sistemando il salotto. Le ha legato i capelli in una treccia e le ha abbottonato il colletto dell’abito. Si sente soffocare. Stringe una collanina di perle e si guarda allo specchio. Gli occhi rossi per il pianto, le guance pallide per il dolore. Non mangia da due giorni. Da quando è tornata dall’ospedale.
Il rumore della porta che si apre la fa voltare. Liam fa capolino dal corridoio e sforza un sorriso.
-Vieni pure.
-Come ti senti?- dice entrando nella stanza di Lizzy ma si passa subito una mano dietro la testa e prosegue –Domanda stupida, vero?
-No, se posso risponderti che sto da schifo.
-Certo che puoi, Beth! Se hai bisogno di qualunque cosa, sono qui. I ragazzi arriveranno tra poco.
-Potevi dirgli che non serviva che passassero. E’ una cosa deprimente.
-Non dire cazzate. I ragazzi ti vogliono un bene folle. Nessuno potrebbe mancare. Bonehead vorrebbe suonare qualcosa in chiesa. Ti va?
-A mia madre sarebbe piaciuto.
-Credo di sì. Le piaceva sentirmi cantare. Era simpatica.
-Non era simpatica, Liam. Era una persona piuttosto triste di solito. – Lizzy posa la collana di perle sul comò e si siede sul letto. Liam la segue e le passa un braccio intorno alle spalle per tirarla a sé.
-A me piaceva. – Lizzy sorride e si fa piccola nell’abbraccio di Liam. Lui la tiene stretta per un po’ poi, prendendola per le spalle, la guarda dritto negli occhi. – Ti senti pronta per scendere?
Lizzy annuisce e si alza. Le scale fino al piano terra sembrano a mille metri di altezza dal suolo. La testa le gira paurosamente. In salotto, gettato in un angolo sopra una poltrona di velluto sdrucito, suo padre è già affondato in una bottiglia di Jack. Lei gli passa accanto senza guardarlo.
Peggy l’abbraccia e la fa accomodare su un’altra poltrona. Una fila di persone che sembra infinita le porge frasi di circostanza e carezze.
Lizzy non piange. Non sente alcuna parola. Non sente niente. Non si accorge neppure che qualcuno, Amy forse, la fa alzare e l’accompagna in chiesa. Torna in sé solo quando Bonehead attacca una canzone all’organo della chiesa del loro quartiere. Solo in quel momento si rende conto del feretro al centro della navata centrale della chiesa, in quel momento vede suo padre che si dispera e piange accanto a lei. Solo in quel momento si accorge di Padre McKenzie che prega per la donna distesa nella bara.
In quel momento ricorda perché si trova in quel posto, ricorda che è il funerale di sua madre che stanno celebrando. In quello stesso momento l’aria nei suoi polmoni finisce e lei comincia a respirare affannosamente. La chiesa odora di incenso e fiori appassiti. Sente la nausea salire. Sente solo un terribile senso di nausea e il pianto di suo padre.
Deve uscire da lì o morirà. Si stacca da Peggy e prende a correre lungo la navata verso l’uscita. Sente suo padre che chiama il suo nome. Grida. Bestemmia e le ordina di tornare indietro.
Quando si ritrova fuori dalla chiesa prende un respiro a pieni polmoni. Si guarda intorno disorientata. Non sa dove potrebbe andare ma vuole allontanarsi da quel posto più velocemente che può.
Scende gli scalini di corsa mentre le lacrime, liberate da quel senso di ribellione che le esploso in petto, cominciano a cadere lungo le guance. Corre e si passa il dorso della mano sugli occhi. Singhiozza e corre per lasciarsi alle spalle quel bastardo di un padre ubriaco, sempre ubriaco. Talmente ubriaco da non accorgersi del cancro che stava divorando sua madre. Talmente egoista da spendere tutti i suoi soldi in bottiglie invece che in medicine per lei. Lizzy lo odia e odia sua madre per non essersi mai ribellata e per averla lasciata sola con lui ora. E odia se stessa per provare questo genere di sentimenti.
Corre e non si accorge che qualcuno le è andato dietro. Una figura  minuta che era rimasta in fondo alla chiesa. Non si accorge che le afferra il braccio e la tira indietro. Pensa che si tratti di suo padre e si divincola. Allora un’altra mano la stringe e solo una volta che è chiusa in un abbraccio confortevole, Lizzy smette di agitarsi.
-Piangi. Piangi, Lizzy.
La voce bassa di Noel è poco più di un sussurro e lei si lascia andare completamente, al punto che le sue ginocchia tremano e Noel la deve tenere su per evitare che caschi in terra come un sacco vuoto.
-Noel, sono rimasta sola. Ora che lei non c’è più, sono sola. Sola con quell’uomo. – Lui la stringe più forte.
-Ci sono io con te. Non te lo scordare. Non lascerò che ti faccia del male. Te l’ho promesso tanto tempo fa.-
Lizzy porta istintivamente la mano al petto dove ad una catenina d’argento è appeso un ciondolo a forma di plettro.
-Portami a casa tua. Non voglio più vedere tutta quella gente che continua a dirmi che andrà tutto bene.
-Farai ciò che ti dico?
-Tutto quello che vuoi, però portami via.
Noel la prende per mano e la trascina fino ad un locale non lontano dalle loro case. Saluta il barista e la fa sedere su una panca di legno scuro. Ordina due panini e due birre. Il barista glieli porta al tavolo in un momento.
-Mangia.
-Mi viene da vomitare.
-Hai promesso di fare tutto quello che ti dico.
-Vuoi che stia male?
-Non mangi da due giorni. Puoi ingannare Liam che ha un criceto al posto del cervello o mia madre che non riesce ad immaginare che tu vada a vomitare in bagno una volta che hai finito il pasto ma non puoi fregare me.
-Non ce la faccio.
-Invece sì. Un boccone per volta, lo mandi giù- dice porgendole il piatto –e lo fai bevendo una birra con me. E’ una cazzata. Lo puoi fare. Non è che se smetti di mangiare, tua madre smetterà di essere morta.
La durezza delle sue parole fa a pugni con la dolcezza con cui le ha preso la mano e gliela stringe. Lei afferra il panino con l’altra mano e tira un morso. E’ doloroso ma mastica ed ingoia sotto lo sguardo di Noel che non sembra intenzionato ad avere pietà di lei.
Per finire un panino ci mette quasi un’ora. Noel ha bevuto quattro pinte aspettando che lei finisse.
-Ci staranno cercando.
-Lo so, Lizzy. Non significa che dobbiamo per forza tornare. Sei con me. E’ tutto ok.
-Sono stanca.
-Vieni allora.- Noel paga il barista le tende di nuovo la mano.
Sua madre è morta. Suo padre è un ubriacone della peggior specie. E’ una ragazza sperduta in un quartiere fatto di polvere rossa, fumo di sigarette e bottiglie di birra vuote. Manchester non è stata una città generosa con lei. Le ha dato solo una cosa, la più importante della sua vita e lei ci si è aggrappata come uno che non sa nuotare ad una boa in mare aperto. Le ha dato Noel. Afferra la sua mano e lo segue. Lo seguirebbe ovunque.
Ovunque stanotte è un’autorimessa dietro la casa di Bonehead piena di strumenti. E’ dove provano gli Oasis. Noel tira fuori dalla tasca dei jeans un’unica chiave e apre una porta di metallo. Dentro la temperatura è come all’esterno. Noel le lascia la mano e tira fuori un materassino da campeggio da dietro la batteria di Tony.
Ci si siede sopra appoggiandosi ad una delle casse collegate alla sua chitarra e invita Lizzy ad imitarlo. La spinge giù facendole poggiare la testa sulle sue ginocchia.
-Restiamo qui? -La domanda di Lizzy è quasi una supplica.
-Se vuoi. Se non fa troppo freddo.
-Non fa troppo freddo. Noel, parlami.
-Lo sai che è Liam il chiacchierone della famiglia.
-Allora canta.
-E’ sempre Liam a farlo. Cazzo Lizzy, se volevi lui al mio posto, bastava dirlo!
-Scemo. Un tempo cantavi per me.
-Le canzoni dei Beatles.
-Sì, quelle.
-Adesso me ne vengono in mente solo di tristi.
-Allora una delle tue.
-Non mi va.
-Un giorno ti pentirai di aver fatto tanto il prezioso. Vorrai parlare con me tutta la notte e io non ci sarò.
-E dove saresti finita di preciso?
-Mio padre vuole trasferirsi.- Il cuore di Noel si ferma. Non sa niente di questa storia.
-Dove?
-A Londra. Dice che è per lavoro ma io credo che voglia lasciarmi a casa dei nonni. Non credo che abbia intenzione di avermi tra i piedi. Lo diceva a tua madre, non pensava che ascoltassi e lei gli ha risposto che sarebbe un bene per me cambiare aria.
-Cazzate. Tu stai bene qui, dove posso tenerti d’occhio, ragazzina.
Lizzy puntella i gomiti e si solleva. Il suo viso è ad un soffio dalle labbra di Noel.
-Mica posso decidere io! E’ come dici tu, sono solo una ragazzina.
E’ pallida, stanca, i suoi occhi blu sono cerchiati di viola ma Noel sente solo il calore del suo corpo addosso, vede solo le sue labbra vicine, percepisce il tocco delle sue dita sotto la stoffa dei jeans. L’afferra per le spalle e la tira a sé. Le sue labbra catturano la bocca di Lizzy e la forzano ad aprirsi perché la sua lingua possa esplorarla. Lei geme e lui si sente un verme ad approfittarsi di lei ora che è vulnerabile. La lascia andare ma Lizzy gli passa le mani intorno al collo, si solleva e gli si siede cavalcioni sulle gambe.
In un attimo, Noel è completamente fuori di testa. La spinge sul materasso e le finisce sopra continuando a baciarla sulle labbra e sul collo. I bottoni del colletto dell’abito di Lizzy saltano fino alla terza asola lasciando scoperta la scapola destra. Noel continua a torturarla con le labbra ma le sue mani scendono involontariamente tra le cosce di Lizzy. Quante volte ha fatto quel gesto con Elsa? E quante ragazze ha toccato in quel modo in America? La pelle di Lizzy è morbida e calda. Il suo viso adesso ha ripreso colore. Trova facilmente il merletto dei suoi slip. Sarebbe così facile toglierglieli adesso che le sue gambe sono leggermente aperte per permettergli di muoversi su di lei. La bacia di nuovo alla ricerca di un qualsiasi segno d’incertezza.
-Noelie- gli sussurra all’orecchio gemendo il suo nomignolo. Lo sta facendo impazzire e non l’ha neppure toccata. E’ tutto così giusto e maledettamente sbagliato. Eppure non può concepire di perderla. Non può pensare che qualcuno gliela possa portare via.
-Lo faresti? Faresti l’amore con me?- le chiede tutto d’un fiato. Lei trema sotto il suo corpo. Noel sorride sbuffando e ricade su di lei lasciando che il suo viso aderisca perfettamente all’incavo nel collo sottile di Lizzy. –Lo faresti l’amore con me. Lo so. Non stanotte però. Finiremmo col pentircene entrambi.
-Io ti amo, Noelie.
Arriva a bruciapelo. Come tutti i momenti decisivi. Quelli a cui ripensi dopo anni e anni e non sai ancora se hai fatto a cosa giusta. Noel le bacia il collo. Un solo bacio, dolcissimo a fior di pelle.
-Lo so, Lizzy, lo so.- Lo dice quasi con rammarico. Noel vorrebbe dire mille cose, cantargliele persino ma sente la bocca impastata. Si limita ad invertire le loro posizioni e a stringerla forte. Lei chiude gli occhi e non dice più niente.
Quando si sveglia è già mattina inoltrata. Il letto su cui si stiracchia è quello della stanza di Noel ma lui non c’è. E’ nuda sotto le lenzuola, indossa solo gli slip. Infila una delle maglie di Noel e scende scalza di sotto.
Peggy sta già preparando il pranzo.
-Buongiorno. -La parola è cordiale ma il tono usato è freddo. Lizzy la conosce troppo bene per non sapere che è contrariata.
-Buongiorno. Dov’è Noel?
-E’ uscito. Credo sia andato alle prove del gruppo.
-Quando torna?
-Non lo so, a volte manca per giornate intere. Dovresti vestirti. Vuoi mangiare qualcosa? In frigo c’è del latte. Nella dispensa sono rimaste delle cialde.
-Non ho fame, grazie. Vado su a vestirmi.
-Elizabeth- Peggy la richiama lasciando ciò che stava facendo in cucina.
-Sì?
-Torna a casa. Tuo padre era molto arrabbiato ieri sera.
-E’ per questo che non voglio tornarci, signora Gallagher. Noel ha detto che posso stare con lui.
-Noel farebbe qualunque cosa per te. Compreso mettersi contro tuo padre. Vuoi davvero che succeda questo? Mio figlio ha già passato un inferno per difendere Liam, vuoi che gli succeda qualcosa per colpa tua? - Le parole di Peggy fanno male ma sono vere. Quante volte ha sentito suo padre ordinarle di stare lontano da quel teppista o lo avrebbe ucciso?
-Voglio bene a Noel- dice guardando la donna dritta negli occhi –non permetterei mai una cosa simile.
-Succederà se continui a comportarti in questo modo- fa Peggy indicando le sue gambe nude – Hai sedici anni e Noel ne ha dieci più di te. Lo capisci che rispetto a lui sei una bambina? Lo metterai nei guai.
-Signora Gallagher, non è come pensa!- dice a voce alta. Vorrebbe dirle che lei e Noel non sono così irresponsabili, che non è successo niente tra loro. Che lui la tocca come si toccherebbe una bambola, che hanno avuto molti motivi durante questi ultimi anni per mandare tutto al diavolo ma che hanno sempre preso la decisione migliore. Per il futuro di entrambi. Vorrebbe dirle che si sbaglia ma tace di fronte allo sguardo severo di Peggy. Nella sua testa è già tutto deciso.
Sale di sopra e si riveste. Apre la porta e scende le scale di corsa. Non vuole più parlare con quella donna. La porta d’ingresso si apre di scatto e Noel compare sull’uscio con una busta della spesa in mano.
-Già sveglia? Dove vai di corsa?
-A casa.- Lizzy se lo lascia alle spalle ancora scossa dalla conversazione con sua madre. La busta della spesa finisce a terra e Noel  si fionda fuori per fermarla sulle scale.
-A casa? Non s’era detto che rimanevi qui per un po’?
-Ho cambiato idea.
-Stronzate. Torna in casa. – La voce di Noel è bassa e calma ma Lizzy si accorge che è teso.
-Noel, ieri sera ero stanca. Dal giorno della morte della mamma non ho chiuso occhio. Ho detto delle cose che non pensavo veramente.- Gli occhi di Noel ora sono due fessure.
-Cose tipo che non vuoi rimanere sola con quel pazzo ubriaco?- Lizzy abbassa lo sguardo – o che mi ami?
-Pensala come vuoi. Io vado a casa.
-Fra due giorni abbiamo una serata a Glasgow. Volevo chiederti di venire con noi. E’ una serata vera, in un locale famoso. Ci viene a sentire un tizio che produce dischi. Sto preparando una demo.
-Una specie di audizione?- Noel sorride e infila le mani in tasca per cercare una sigaretta.
-Non è che quelli stiano proprio aspettando gli Oasis ma ho saputo che questo tizio sarà lì giovedì e io non voglio perdere l’occasione.
-Ti prometto che verrò anche io con voi. Adesso però lasciami andare a casa. Vuoi?- Noel inspira, pensa ed espira poi, lentamente, si fa di lato. –Grazie, Noelie.
Lui la segue rincasare poi torna a raccogliere il contenuto della busta della spesa sul pavimento di casa.
-Elizabeth è andata via?- La voce di sua madre è una lama tagliente.
-Sì, ci hai parlato tu, vero?
-Per fortuna quella ragazza ha più sale in zucca di te, Noel, David, Thomas Gallagher!
-Mamma, non lascerò che quel bastardo se la prenda con lei, ora che ha seppellito la moglie.
-Noel, Beth è minorenne. Per l’amor del cielo! Vuuoi finire in galera?
-Non l’ho toccata! Contenta? C’è altro che vuoi sapere?
-Per adesso! Tu non vuoi ascoltarmi. Starebbe meglio insieme a Liam.
-Liam? Cosa cazzo c’entra Liam adesso?
-Vedi come ti agiti? Sei troppo attaccato a quella ragazza, quando si tratta di lei non ragioni.
-Ti prego figlio mio, lo dico per il tuo bene, lasciala perdere.
-Non voglio parlare mai più di questa cosa con te, capito?- Noel abbandona la busta sul tavolo e sale le scale. La madre lo richiama ma sente solo il rumore della porta della camera da letto che sbatte.

 

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