The return of the King

di lagunablu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regalo ***
Capitolo 2: *** Sciroccopoli ***
Capitolo 3: *** Nuove conoscenze ***
Capitolo 4: *** Piani ***
Capitolo 5: *** Ferite ***
Capitolo 6: *** Amarezza ***
Capitolo 7: *** Storie e leggende ***
Capitolo 8: *** Legami ***
Capitolo 9: *** Fredda indifferenza? ***
Capitolo 10: *** Verità che vengono a galla ***
Capitolo 11: *** Recite Mielate ***
Capitolo 12: *** Pensieri velenosi ***
Capitolo 13: *** Rapimento ***
Capitolo 14: *** Pezzo dopo pezzo ***
Capitolo 15: *** Ali di cenere ***
Capitolo 16: *** Banderuola ***
Capitolo 17: *** Crocevia ***
Capitolo 18: *** Segnali di svolta ***
Capitolo 19: *** La via del ritorno ***
Capitolo 20: *** Crepe ***



Capitolo 1
*** Regalo ***


Regalo

Il sole stava sorgendo nella regione di Unima e con il suo arrivo migliaia di giovani allenatori si alzavano dal loro sonno pronti per affrontare una nuova giornata carica di avventure di vario genere. La regione infatti offriva una vasta gamma di sfide per chi voleva cimentarsi nelle celebri lotte Pokémon; venivano allenatori da Sinnoh, Kanto e Johto per avere la possibilità di sfidare le otto palestre e ottenere le rispettive medaglie, ma naturalmente la meta più desiderata altri non era che la prestigiosa Lega di Unima. Attorno ad essa giravano molte voci, leggende per qualcuno, sul fatto che da tre anni il campione inviolato fosse una ragazza, la stessa che tempo prima aveva sconfitto il famigerato Team Plasma. Non lo si poteva dire con assoluta sicurezza, ma il dato certo era che ogni sfidante che provasse ad entrare nella Lega di Unima ne usciva sconfitto.

 

Le tende nere che coprivano le vetrate della finestra furono tirate, permettendo così alla luce del sole di poter finalmente entrare ed illuminare quella triste stanza. Non che la stanza centrale della lega di Unima potesse essere definita triste, ma aveva un non so che di spoglio e tetro. Partendo dal fatto che il poco mobilio che si poteva trovare era tutto sulle tonalità scure: nero era il letto appoggiato alla parete, d’ebano lo scrittoio vicino alla finestra e grigia la pelle della poltrona al centro della stanza.
Si poteva dire che il tutto era in perfetto pendant con la creatura che si trovava all’interno della master ball poggiata sopra lo scrittoio: il leggendario Zekrom, il Pokémon drago appartenente all’eroe di Unima.
Sì, perché quella semplice stanza era ormai da tre anni la casa di Touko, colei che ora possedeva il potente Zekrom.
La ragazza fece una smorfia non appena un raggio di sole le ferì gli occhi, ormai così abituati all’oscurità. Ecco che arrivava un nuovo giorno, l’ennesimo che lei avrebbe dovuto passare alla Lega, in veste di campionessa, e battere qualsiasi sfidante le si ponesse davanti.
Non che non le piacesse il suo lavoro, anzi tutt’altro, infatti lo aveva preso con serio impegno. Non appena aveva battuto Nardo ed era stata investita della carica aveva pensato a rimodernare completamente l’organizzazione e l’aspetto del palazzo che ospitava la Lega.
Da sempre dotata di grande talento per le lotte, aveva pensato personalmente a riallenare i superquattro in modo tale che al suo cospetto arrivassero solo gli allenatori più degni. Altezzosa? Probabilmente lo era, o meglio lo era diventata, ma poco le importava.
Con il tempo anche le lotte alla Lega si erano fatte meno interessanti e così un giorno era partita alla volta di Sinnoh, lasciando in carica a tempo indeterminato Catlina e giunta alla sua meta, aveva trionfato in tutte le palestre e in poco tempo si era trovata al cospetto di Camilla, campionessa in quella regione. Dopo una dura lotta l’aveva battuta, non con poca difficoltà, e aveva trovato nella bionda una valida amica.
Una volta tornata alla madrepatria si era dovuta sorbire una ramanzina da parte dell’ex campione Nardo che giudicandola irresponsabile l’aveva sfidata, sicuro di riprendersi il “trono” della lega, ma il vecchio campione aveva perso e se ne era andato via con le ossa rotte. Dal quel momento Touko non l’aveva più visto.
Sentendosi adirata con quello che era stato il suo ex maestro, aveva voluto cancellare qualsiasi traccia che lui avesse lasciato nel suo passato di campione, così aveva ordinato una completa ristrutturazione per la Lega e in quel mese si era nuovamente allontanata per sfidare le palestre di Johto.
Sfortunatamente era dovuta ritornare ad Unima prima del previsto per alcuni problemi interni che si erano verificati. Una volta risolta la situazione l’agente Bellocchio le aveva caldamente consigliato una maggiore responsabilità poiché, dato il suo status, Touko aveva sulle spalle la sicurezza dell’intera regione. Indirettamente quello era un  ordine per invitare la ragazza a non allontanarsi più dalla regione, cosa che lei prese alla lettera.
Infatti stanca delle continue ramanzine e satura delle noiose interviste Touko si era rintanata nella “sua” nuova Lega e da lì non era più uscita, salvo occasioni speciali.
Lei non voleva ammettere il motivo del cambiamento così repentino del suo carattere, ma i suoi amici lo sapevano da tempo e non potevano far altro che imputare la colpa verso “lui”.
Touko sospirò amaramente pensando all’idea di un’altra giornata monotona come le precedenti, ma poi ricordò con sollievo che forse quel giorno sarebbe stato diverso.

 

 

Belle camminava frettolosamente come al suo solito verso la Lega di Unima.
In breve tempo l’enorme palazzo le si parò davanti agli occhi meravigliati: dopo la ristrutturazione avvenuta per volere di Touko la Lega era cambiata molto, influenzando anche l’atmosfera intorno ad essa. Infatti il palazzo era stato ampliato, rendendolo più imponente che mai e dando così all’ignaro visitatore un chiaro segno di superiorità.
I muri erano stati ridipinti in nero con degli strani arabeschi dorati come abbellimento.
Sì, Belle doveva proprio ammetterlo: il palazzo rispettava  fedelmente la personalità della nuova Touko, altezzosa, leggermente cupa e completamente indecifrabile. Era diventata così da quando “lui” era partito, tre anni prima.
Forse per i primi mesi era rimasta la ragazza allegra e spensierata di un tempo, ma dopo un po’ le cose erano cambiate e Touko era diventata sempre più pensierosa, cupa e smarrita.
Era stato così fino a quando aveva lottato con Nardo.
Nessuno sapeva cosa fosse realmente successo ma in seguito allo scontro la ragazza era cambiata nuovamente ed era divenuta sempre più schiva, seria e severa. Aveva allontanato le persone a lei più care, compresi Belle e Komor, e aveva iniziato ad isolarsi sempre di più fino ad arrivare al punto di porre praticamente fine ad ogni suo contatto con il mondo esterno, imponendo la regola che nessuno potesse entrare nella sala centrale della Lega senza aver prima battuto i superquattro, senza eccezione, nemmeno i suoi amici più cari.
Quella decisione aveva ferito Belle, ma poi l’aveva in qualche modo capita e le era stata vicino comunque: per la biondina Touko rimaneva pur sempre la sua migliore amica e in qualche modo poteva capire il dolore che si celava dietro quella maschera che la brunetta si era abilmente costruita.
Entrò nella sala da cui si diramavano le vie per le varie stanze adibite alle lotte e mostrò ad un uomo un foglietto di carta: il suo “invito” per poter vedere Touko.
Sì, finalmente dopo un mesetto riusciva a rivederla, in occasione del diciassettesimo compleanno della campionessa, che “gentilmente” l’aveva lasciata venire a palazzo.
Belle aveva preparato ogni cosa per festeggiare al meglio il compleanno della amica, quella era la sua chance per riportare il sorriso sul viso della moretta e non avrebbe fallito.

 

 

«Coraggio Stoutland!» urlò Komor all’interno della sala lotta. «Usa Gigaimpatto!» ordinò il ragazzo al Pokémon generosità che aveva appena ricevuto una potente Idrondata da parte del Samurott nemico.              
«Evitalo» disse semplicemente l’avversario facendo in modo che il suo Pokémon evitasse abilmente il colpo nemico.
«Cavoli Touko, il tuo Samurott è ben allenato!» esclamò Komor rivolto alla ragazza.
«E non hai visto niente» sorrise malefica la brunetta mentre un debole Sgranocchio veniva inferto senza troppi danni al suo compagno «Ora Samurott, vendetta!».
 Il Pokémon dignità sfoderò tutta la sua forza in quell’attacco decisivo, mandando l’avversario al tappeto.
«Sono colpito, hai lasciato che Sgranocchio colpisse Samurott per poi attaccare con vendetta, che oltre a essere molto efficace, aumenta di potenza se si ha subito un attacco in precedenza. Complimenti Touko, mi stupisci sempre di più!» sorrise Komor prendendo la sua ultima ball «Ma comunque non è ancora finita. Vai Serperior!».
Con sua grande sorpresa anche Touko ritirò nella ball Samurott.
«Questo è un lavoro per te Unfezant» mormorò tra se mentre scagliava con decisione la ball verso il campo lotta.
Il maestoso Pokémon orgoglio fece la sua comparsa mettendo Komor momentaneamente in confusione: Unfezant era un tipo volante, avvantaggiato rispetto al suo tipo erba.
«Possiamo farcela comunque, vai Serperior usa Avvolgibotta!» ordinò cercando di fare ordine nei suoi pensieri “almeno questo dovrebbe bloccarlo”.
Il Pokémon regale avvolse col la sua lunga coda Unfezant, ma Touko non fece una piega e si limitò a dire «Liberati con Alacciaio».
Questo il ragazzo non l’aveva previsto e una goccia di sudore gli scivolo lungo la tempia, così preso dal panico si giocò l’ultima carta.
«Serperior usa Verdebufera!», ma Touko se lo aspettava così ordinò al Pokémon «Evitalo con Volo e poi usa Areoattacco».
Era una strategia molto semplice e Komor avrebbe potuto evitare l’attacco facilmente, ma non aveva tenuto conto della velocità di Unfezant che con un potentissimo colpo mandò al tappeto il Pokémon regale.
Aveva perso di nuovo.
«Non vincerò mai con te!» disse il ragazzo con un sorriso amaro, mentre ritirava il suo Serperior esausto.
«Sei sempre fin troppo gentile, ma stai migliorando velocemente» rispose Touko tranquillamente.
«Hai allenato molto i tuoi Pokémon ultimamente?» gli chiese curioso il ragazzo.
La brunetta capì che era una domanda retorica. Era ovvio che avesse allenato i suoi Pokémon, perché altrimenti non avrebbe avuto altro modo per distrarsi alla Lega, dove ormai gli sfidanti che riuscivano ad arrivare a lei erano sempre più rari, ma si limitò a rispondere un semplice “si” e a incamminarsi verso il centro del campo per stringere la mano al suo sfidante.
«Siete bravi voi due!» esclamò la voce di Belle dalla porta «Hai assistito alla mia sconfitta?» domandò sorridendo Komor.
«Beh lei è pur sempre la campionessa» pigolò la bionda.
«Comunque buon compleanno Touko!» esclamò correndo ad abbracciarla. «Grazie Belle» disse la brunetta mentre veniva stritolata dall’abbraccio dell’amica.
«Guarda, ho anche portato una piccola torta per festeggiare assieme…» «Mi dispiace non posso» la interruppe Komor avvilito. «Vorrei fermarmi, ma ho delle faccende da sbrigare».
Detto questo il moro uscì di corsa.
Ultimamente faceva sempre così ed e aveva un atteggiamento che risultava sospetto agli occhi attenti della biondina.
«Beh se non c’è Komor faremo per un altro giorno» provò a proporre Touko, ma Belle la zittì subito dicendo «No, oggi si festeggia, quindi non pensare di svignartela!».
E Touko si permise di sorridere. Quella era la sua amica, piena di gioia e perennemente felice.

 

 

«E così la professoressa Aralia mi ha proposto di lavorare per lei, come assistente» stava dicendo Belle intenta a mangiare un’altra fetta di torta. Quelle poche volte che veniva la biondina informava l’amica di ciò che succedeva “nel mondo esterno” e le parlava, anche per ore, della sua vita o di qualcosa che aveva visto.
E Touko ascoltava, pazientemente, ed era felice che l’amica ancora le parlasse dopo la decisione presa di evitare maggiormente i contatti con lei e i suoi amici.
Per un po’ aveva pensato addirittura che Belle la odiasse, ma invece lei la veniva a trovare quando era possibile e le era sempre stata vicino. Durante le sue visite a dire il vero la brunetta non interrompeva mai la parlantina della bionda e non parlava mai di se, ma d’altronde di cosa avrebbe potuto parlarle… le sue giornate erano noiose a confronto di quelle di Belle.
«Aspetta!» esclamò ad un tratto la bionda «Devo ancora darti il tuo regalo!».
Touko fu sorpresa da quelle parole, mai si sarebbe aspettata un regalo, per lei il suo compleanno non era altro che il compimento di un altro anno da quando lui era scomparso… persa nei suoi pensieri la ragazza non si accorse che Belle le porgeva un pacchettino sotto il naso.
«Su aprilo!» la incitò.
Touko scartò il pacco lentamente, quasi con terrore, non sapeva perché ma aveva un pessimo presentimento a riguardo e non appena lo aprì vide che il suo timore no era infondato.
«E questo che cos’è?» chiese con lo sguardò sbarrato dallo stupore.
«Te lo ho detto è il tuo regalo!».

 

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Capitolo 2
*** Sciroccopoli ***


Sciroccopoli

Touko guardava Belle con uno sguardo perplesso, indecisa se restituirle o meno il “fantastico” regalo appena ricevuto. Il fatidico dono non era altro che un semplice foglio di carta, ma era ciò che vi era scritto a farla preoccupare. Esso infatti altri non era che un biglietto per il gettonato Pokémon Musical di Sciroccopoli, uno spettacolo per cui l’amica Belle andava pazza.
La data dello show era quella sera stessa e Touko vide che il posto prenotato era uno dei migliori, in prima fila.
Con orrore la brunetta si ricordò del denaro che richiedeva una simile prenotazione e questo la mise ancora più in difficoltà: non poteva certo restituire quel regalo che all’amica doveva essere costato un occhio.
Dal canto suo Belle era euforica «Ci divertiremo tantissimo, ne sono convinta!».
Touko però nonostante l’entusiasmo della bionda continuava a rigirarsi tra le mani quel pezzettino di carta.
Era tesa perché era tanto che non usciva dalla Lega, luogo che con il tempo era diventato la sua gabbia dorata. E per di più quello stupido musical doveva trovarsi proprio a Sciroccopoli, la capitale del divertimento, l’ultima città dove Touko avrebbe voluto andare.
Chissà cosa avrebbe pensato la gente una volta che l’avesse vista: sarebbe stata assalita nuovamente da un branco di giornalisti affamati di gossip?
Rabbrividì solo a quel pensiero, ma decise comunque di fare uno sforzo e voltatasi verso l’amica, che la guardava in trepidante attesa, fece un sorriso tirato e sussurrò «Mi sembra una bella idea…».
Non l’avesse mai detto!
A quelle parole Belle emise un gridolino di gioia per poi fiondarsi alla porta dicendo «Devo ultimare le ultime cose per la sorpresa di stasera!»

«Che sorpresa?» provò a chiedere la brunetta, ma l’amica era già uscita di corsa.
Di qualsiasi cosa trattasse la sorpresa che Belle aveva in mente, non c’era affatto da stare tranquilli. Le volte precedenti, quando la bionda aveva avuto qualcuna delle sue terribili idee in mezzo c’era sempre finita, con suo sommo dispiacere, la povera Touko.
La ragazza provò a correre dietro all’amica, ma si accorse che lei era già uscita dalla Lega così demoralizzata tornò indietro, nella sua stanza. Si sedette sulla poltroncina in pelle e sospirò abbattuta. Perché mai aveva deciso di andarci? Chissà in quanti l’avrebbero criticata per la sua scelta di vita o per il fatto di essere un campione poco presente.
Erano in arrivo altre prediche e altri commenti velenosi, come quelli che le erano stati rivolti quel giorno in cui aveva battuto Nardo. Forse non ce l’avrebbe fatta ad affrontare tutta quella gente… poi però si ricordò chi fosse, o almeno chi dovesse far finta di essere. Lei era una dura, una ragazza fredda e distaccata e anche in una città caotica come Sciroccopoli avrebbe mantenuto il suo personaggio.

Sarebbe rimasta lucida in qualsiasi situazione, anche se quella sera fossero passati di fronte ad un certo parco divertimenti…

Freddo. Freddo e umido. Questo era il clima che aleggiava dentro la falda sotterranea dove Ghecis si nascondeva ormai da qualche tempo.
Sì, proprio quel Ghecis, il capo del team Plasma che era stato sconfitto tre anni prima da una insulsa ragazzina proveniente
dalla minuscola cittadina di Soffiolieve.
Era bastata quella quattordicenne con degli ideali diversi dai suoi, per mandare all’aria il lavoro di una vita e portargli via suo figlio. Quella bambinetta aveva avuto il coraggio di entrare nel castello del team Plasma e di arrivare fino alla sala del trono.
Quell’essere odioso era riuscito persino a battere il principe, nonché figlio di Ghecis, nella lotta tra i leggendari ed era arrivata a sconfiggere proprio lui, l’ideatore di quel grande piano, disgregando così il team. Alla ragazzina però questo non era bastato perché dopo aver “salvato” Unima e ricevuto vari riconoscimenti si era messa alla ricerca dei sette saggi, suoi fidati consiglieri, e dopo averli trovati e battuti li aveva consegnati alla giustizia mettendosi così alla ricerca di Ghecis stesso il quale, non avendo altra scelta che nascondersi, aveva covato odio e vendetta nei suoi confronti.
Come nascondiglio primario aveva optato per il silenzioso e anonimo “deserto della quiete” che gli dava un vantaggio rispetto ai suoi inseguitori presentando ad ogni incauto visitatore un intricato e pericoloso labirinto fatto completamente di sabbia. Si era quasi convinto che avrebbe passato lì tutta la sua vita, quando un giorno delle fedelissime reclute lo avevano trovato miracolosamente in mezzo a tutte quelle sale, ricoperte solo di polvere e sabbia, e lo avevano riportato alla realtà.
All’inizio l’uomo era sembrato vaneggiante, logorato dalle numerose ore passate in solitudine, ma dopo il grande Ghecis si era ripreso e aveva accolto malvolentieri la notizia dell’esistenza di una nuova campionessa e della pace che versava su Unima in quel periodo. Così con quei pochi fedeli si era ricostruito un nome nei bassifondi ed era risorto riportando in vita un nuovo team Plasma, ma sempre tenendo un profilo basso e rimanendo nell’anonimato.
Infatti sin da subito si era deciso che Ghecis si sarebbe dovuto nascondere agli occhi del mondo che lo stava ancora cercando.
Ed ora eccolo lì, un uomo che agiva dettato solo dal rancore, imprigionato in quella cavità dell’enorme falda sotterranea, eccolo, un uomo che parlava di conquiste del mondo, costretto ora al silenzio da…. Touko. Quello era il nome della ragazzina che aveva infranto i suoi sogni, arrivando ad ammaliare addirittura suo figlio, il principe N.
D’a
ltronde lo aveva sempre saputo: una persona diventa più forte se combatte per ciò in cui crede veramente, se lotta per i suoi veri ideali. Così era stato, ma quello era il passato.
Ora era lui colui che aveva gli ideali più forti, sarebbe stato lui il vincitore. Un piano? Oh quello ce l’aveva eccome, ma c’erano prima delle tessere che dovevano tornare al loro posto. Ghecis si avvicinò ad una pozza d’acqua che si trovava lì vicino.
Camminare gli procurava dei dolori atroci alle giunture, divenute malandate a causa dell’umidita che erano solite a sopportare.
Sopra la pozza si protraeva verso dall’alto verso il basso una stalattite e dal soffitto stava cominciando a scendere una piccolissima goccia. Il sommo Ghecis trovò ironica la somiglianza di quel processo naturale con quello di rinascita del team Plasma: goccia su goccia la formazione calcarea diveniva ogni anno più grande, anche se di poco, ma comunque il suo accrescimento era dato dall’opera di tutte le goccioline che scendevano su di essa; così il team Plasma stava risorgendo dalle ceneri grazie al lavoro e alla tenacia di tutte le piccole reclute che ogni giorno davano la vita per un progetto più grande.
La goccia che stava scendendo dalla stalattite cadde nella pozza, attirando l’attenzione dell’uomo che osservò i cerchi concentrici che quel piccolo corpo aveva creato nell’acqua. Così sarebbe stato per la regione di Unima: la piccola goccia, il team Plasma, avrebbe creato grossi problemi alla pacifica regione, su questo non c’erano dubbi.
Ad interrompere il suo flusso di pensieri fu una semplice recluta che entrò trafelata nella grotta.
«Che succede?» domandò Ghecis con voce roca.
«Lo abbiamo trovato, signore»
Un ghignò trionfante sfigurò maggiormente il viso scarno dell’uomo che si limitò a rispondere «Catturatelo!».

 

All’ennesimo spintone da parte di un ignaro passante Touko imprecò ad alta voce.
«Tutto ok?» le domandò Belle preoccupata.
«Certo» rispose la brunetta con un tono forse un po’ troppo stizzito.
Non era affatto vero, niente stava andando bene.
Erano arrivate a Sciroccopoli in anticipo e così Belle aveva proposto di fare una passeggiata prima dell’inizio dello spettacolo. Solo che una serata estiva come quella attirava nella capitale del divertimento molta gente proveniente da tutta la regione.
E Touko odiava stare in mezzo alla gente.
Per le strade le due amiche facevano fatica ad avanzare, data la densità della folla che era accorsa proprio quella sera in quella città e quindi avevano deciso di rintanarsi momentaneamente al Metrò Lotta. Naturalmente era chiuso data l’ora tarda e così Belle aveva avuto la splendida idea di visitare il parco divertimenti.

Già, come se Touko non lo avesse mai visto.
Ed ora eccole lì a camminare, o meglio sgomitare, tra quella marea di gente con una statua di Pikachu che le fissava in modo parecchio inquietante dall’alto e con qualche clown che cercava di vendere loro dei palloncini. Nonostante l’atmosfera allegra che c’era nell’aria e i discorsi di Belle che cercavano di coprire il vociare generale, Touko riusciva comunque a percepire la curiosità che provava la gente nel vedere la campionessa di Unima in
giro per la città, sentiva i bisbigli delle malelingue e captava le occhiate che le arrivavano da ogni dove.
Avrebbe voluto mettersi ad urlare o scappare da tutti quegli sguardi inquisitori, ma Belle la strattonò per il braccio dicendole parole che la brunetta non riuscì a capire a causa della confusione generale. Vide che l’amica le stava indicando un punto di fronte a loro e la seguì mentre lei continuava a tirarla per il braccio.
Entrarono così nella palestra di Sciroccopoli, finalmente lontane dall’inferno che c’era fuori, ma non appena Touko scorse la figura di Camelia in piedi di fronte a loro il suo primo pensiero fu “dalla padella alla brace”.
Camelia, la Capopalestra di quella chiassosa città era forse una delle persone che le stava maggiormente antipatica. Touko ricordava ancora la dura lotta avvenuta proprio in quella palestra e ricordava la sofferenza che aveva provato quando il suo fedele Pokémon, al tempo un semplice Dewott, era stato paralizzato dal Zebstrika di Camelia.
Allora l’eccentrica Capopalestra, che credeva di aver già vinto la sfida, le aveva detto che lei non aveva le capacità per andare avanti e che non ce l’avrebbe mai fatta. All’udire quelle parole velenose rivolte contro la sua Allenatrice il Dewott aveva fatto un enorme sforzo e, nonostante la paralisi, era riuscito a scagliare un potente quanto inaspettato Chonchilama contro
l’avversario, riuscendo a batterlo e donando così una preziosa vittoria a Touko.
I particolari non se li ricordava, ma la brunetta sapeva che per Camelia darle quella medaglia le era costato un grosso smacco all’orgoglio.
«Ciao Belle e ciao… Touko» iniziò Camelia,
«Wow credevo che non saresti più uscita dalla Lega!»
«E invece eccomi qui» rispose laconica la brunetta.
«Oh, andiamo cara, ti sembra il modo di salutare una vecchia amica?» il tono di Camelia era così dolce da dare il voltastomaco.
«Non mi pare proprio che io e te fossimo mai state amiche…» rispose semplicemente Touko sempre con tono calmo.
«Vedo che la simpatia è sempre in cima alla lunga lista dei tuoi pregi» disse acida la Capopalestra e la ragazza si limitò a fare un’alzata di spalle.

«Belle perché siete qui?» domandò allora Camelia rivolta solamente alla biondina.
«Abbiamo i biglietti per il Pokémon Musical e…»
«Ah e tu vuoi dirmi che a quella lì piacciono i Musical?» la interruppe aspramente la Capopalestra.
«Se almeno la lasciassi continuare»
«Ti preoccupi tardi dei tuoi amici Touko, dopo averli abbandonati per molti anni!». C’era molto veleno nelle parole della modella bionda, ma Touko cercò di controllarsi e disse « Belle è tardi, è meglio che andiamo prima che inizi lo spettacolo».

«
Sicura di voler uscire in mezzo a tutta quella gente, non rischi un attacco di panico, cara?». Quello era troppo.
«Belle andiamocene!» disse la brunetta fuori di sé trascinando all’aperto anche l’amica.
«Scusa io non immaginavo…» balbettò la biondina una volta fuori.
«Non preoccuparti, ora però abbiamo uno spettacolo da vedere» si limitò a rispondere Touko con un sorriso tirato. E assieme si avviarono verso il Pokémon Musical.

 

Bellocchio camminava avanti e indietro per tutta la stanza, mentre si torturava le mani nervoso. “Ma quando arriva?” pensò tra se. Come per miracolo la porta del suo studio si aprì facendo entrare l’ospite tanto atteso, che come fosse stata casa sua, si sedette tranquillamente sulla poltrona dell’agente.
«Ce ne hai messo di tempo…» lo rimproverò Bellocchio, ma venne zittito da un gesto dell’ospite.

«Cosa credi, che abbia il dono del teletrasporto? Ora sentiamo, dov’è la persona di dovere con cui posso parlare?» disse il nuovo arrivato svogliatamente.
«Immagino che d’ora in poi io sarò tenuto all’oscuro di questi importanti fatti» l’irritazione nel tono dell’agente era ben evidente.
«Ti ho fatto una domanda, rispondi per favore»
«A Sciroccopoli, per il momento» rispose indispettito Bellocchio.
L’ospite si alzò pigramente e fece per uscire.

«
Sono sorpreso di vedere un tipo tranquillo come Nardo nella città dei divertimenti, ma i gusti sono gusti…».
«Nardo?» lo interruppe l’agente.
«Sì, Nardo il campione, è con lui che devo parlare».
Detto questo uscì in  modo teatrale non lasciando nemmeno il tempo  a Bellocchio per ribattere. Perché forse lui non poteva saperlo, ma Nardo non era più il campione di Unima da parecchio tempo ormai. Ora c’era un’altra persona che si era fatta carico delle responsabilità della regione e l’agente sinceramente non pensava che i due sarebbero mai andati d’accordo.

 

 

Angolo dell’autrice
Che poi dovrei trovare un nome migliore perché “angolo autrice” è un po’ troppo semplice…
Allora mistero: chi sarà la persona che ha incontrato Bellocchio? Ma tanto sono sicura che la metà di voi lo avrà già capito, but anyway non importa.
Spero il capitolo sia venuto decentemente e che la parte della stalattite e tutto quel lungo discorso non vi abbia annoiato o non sia sembrato troppo forzato.
Ringrazio per il tempo speso e per i numerosi consigli e incitamenti (se si dice così) Andy Black e SM99, i vostri pareri sono per me molto importanti!
Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 3
*** Nuove conoscenze ***


Nuove conoscenze

Belle e Touko corsero velocemente per le scale che portavano alla sala adibita allo spettacolo di quella sera. Non appena entrarono videro che molta gente aveva già preso posto, segno inequivocabile che il Musical sarebbe cominciato a momenti.
Le due ragazze si avviarono verso il loro posto cercando di destare meno attenzioni possibili, ma una volta arrivate Touko vide che l’amica stava salutando un ragazzo già seduto nella poltroncina vicino alla loro.
«Ciao Alan! Sono contenta che alla fine tu sia potuto venire!» cinguettò Belle.
«Figurati è un piacere» sorrise affabile il tipo che evidentemente doveva chiamarsi Alan.
Di per sé non era un brutto ragazzo, circa sulla ventina, sbarbato e con dei laccatissimi capelli biondi, ma Touko sin da subito lo giudicò un ragazzo insulso. 
Il suo primo pensiero fu che l’amica si fosse finalmente trovata un ragazzo e così fece per sedersi nel posto più esterno, lasciando libera la poltrona vicino al biondo, ma Belle la fermò e scosse la testa, facendo sedere Touko accanto ad Alan. Dopo un momento di confusione iniziale la ragazza capì: ecco di cosa si trattava la sorpresa di Belle. Nemmeno la brunetta ci voleva credere, ma la sua “gentile” amica le aveva procurato un appuntamento al buio. Le sembrava di vivere una di quelle patetiche commedie rosa, che lei tanto detestava, dove due sconosciuti si conoscono per caso e solo dopo cinque minuti si innamoravano felicemente. Patetiche. 
Tuttavia sperò fino all’ultimo di aver frainteso la situazione e che il ragazzo fosse solo un amico di Belle capitato lì per caso, ma le sue speranze si infransero quando lui le sorrise sornione e le disse «Non pensavo che la campionessa di Unima fosse così bella». 
“Cretino” fu il primo pensiero di Touko.
Se quello era un tentativo per abbordare, era uno dei peggiori che avesse mai visto. 
Cercò di focalizzarsi sullo spettacolo che stava iniziando quando sentì la mano di lui che sfiorava la sua cercando di apparire dolce. 
Al contatto si ritrasse quasi subito.
 
Chi era lui per poterla anche solo sfiorare? Non voleva apparire schizzinosa o problematica, anche se un po’ lo era, ma quel ragazzo iniziava a stargli altamente antipatico. 
Si voltò verso Belle con uno sguardo a metà tra il terrorizzato e il perplesso, ma l’amica era troppo concentrata sullo spettacolo così le poggiò una mano sul braccio e la bionda si girò di scatto allarmata
«Che c’è?» le chiese preoccupata.
«Chi sarebbe lui?» domandò Touko indicando Alan.
«Oh lui è Alan»
«Grazie tante, ma perché è qui?»
«Lui è la tua sorpresa». Ecco la conferma per i sospetti della brunetta. Se quello era tutto un piano dell’amica allora finiva in cima alla lista dei peggiori. 
Quella era la sua vita, come si era permessa Belle di intromettersi e di organizzarle quel patetico incontro. Solo il pensiero le dava i nervi. E lei che aveva accettato di sorbirsi quella serata solo per non deludere l’amica… avrebbe fatto meglio a rifiutare.
Tuttavia provò a non pensarci e tornò a guardare lo spettacolo sopra il palco, doveva ammettere che si aspettava di peggio da un Musical e fu quasi tentata di rilassarsi, ma al quinto tentativo di abbordaggio da parte di Alan, la classica mossa dello sbadiglio-abbraccio, Touko lo fulminò con gli occhi e si alzò stizzita dalla poltroncina. 
Non le importava che fossero solo a metà spettacolo, o che la sua azione avrebbe disturbato gli spettatori, si mise  semplicemente a camminare nel corridoio principale fino a raggiungere la porta della sala. Una volta raggiunta la aprì e uscì, imbocco le scale e si fermò nella hall del teatro. 
Solo in quell’istante si accorse della stupidità della sua azione: aveva lasciato lì Belle da sola, senza nemmeno una spiegazione. Fortunatamente la bionda uscì dalla sala pochi secondi dopo, evidentemente l’aveva seguita, e Touko pensò subito di scusarsi, ma l’amica si mise le mani nei fianchi e con un atteggiamento seccato le chiese «Ma si può sapere cosa ti succede stasera, prendi e te ne vai, lasciando il povero Alan da solo!». 
Il fatto che Belle proteggesse quell’individuo fu la goccia che fece traboccare il vaso, così i suoi buoni propositi andarono in fumo perché la giovane le rispose per le rime.
«Pensavo fosse la serata del mio compleanno, non la serata prendi un tizio qualunque e fallo conoscere alla tua amica!» esclamò indignata.
«Alan non è un tizio qualunque, è un aiutante della professoressa Aralia!»
«Non m’importa chi sia o cosa faccia. Non dovevi portarlo qui!» Touko era furiosa.
«Giusto, perché la “signorina associale” detesta conoscere nuove persone o…» la bionda parve ponderare bene le parole «stare in compagnia dei suoi vecchi amici» sussurrò amaramente.
«E questo cosa centra? Tu non avevi il diritto…» provò a dire la brunetta colpita sul vivo.
«Ma ti ascolti quando parli? Volevo solo che potessi conoscere qualcuno e che ti rifacessi una vita dopo quel maledetto di N…».

La bionda si accorse troppo tardi di aver nominato il loro vecchio nemico e subito si alzò le mani per coprirsi la bocca, ma Touko aveva già sentito e una lacrima, forse di rabbia o forse di tristezza, le stava scendendo sulla guancia pallida. Non avrebbe dovuto mettere N in mezzo al discorso perché sapeva che per l’amica era una ferita ancora aperta, nonostante il tempo trascorso, ma la frenesia del battibecco glielo aveva fatto dimenticare.
Touko si asciugò la lacrima e si voltò verso l’uscita del Pokémon Musical.
«Comunque sia, non dovevi immischiarti nella mia vita» sussurrò con risentimento.
Poi camminando lentamente si avviò verso la grande porta in vetro e uscì.

 

 
Erano sempre più vicini, poteva sentirlo.
Non poteva credere che “lui” lo avesse trovato anche lì.
Eppure doveva continuare a correre, non poteva assolutamente fermarsi altrimenti i suoi inseguitori lo avrebbero raggiunto. Gli arbusti gli graffiavano la faccia e ormai non sentiva più le gambe, mentre i polmoni sembravano aver preso fuoco da soli. Era sfinito ma il suo unico pensiero era quello di fuggire. 
Correre, correre, correre era assolutamente proibito fermarsi. Per quanto stanco si sentisse, per quante poche forze avesse in corpo non poteva darla vinta a “lui”, l’uomo che gli aveva rovinato la vita, l’uomo che ora detestava più di qualsiasi altra cosa al mondo. 
Mentre pensava a tutto ciò, distraendosi, non si accorse della presenza di un tronco che giaceva nel sottobosco e così cadde.
Provò a tirarsi su, ma subito si sentì mancare e capì che non sarebbe più riuscito ad alzarsi, era arrivato al limite. 
P
rovò a prendere una Pokéball, ma lo zaino dove si trovavano era stato sbalzato qualche metro in là dopo la caduta e lui non riusciva a raggiungerlo.
Era troppo stanco persino per respirare. 
Disteso a terra esausto e inerme, ebbe la consapevolezza di essere arrivato al capolinea, a momenti sarebbe stato raggiunto e allora per lui sarebbe stata la fine…
Sentì in lontananza dei passi che in poco tempo si fecero sempre più vicini fino a quando dal fitto del bosco spuntarono due figure completamente vestite in grigio, ma che portavano lo stendardo del Team Plasma. Alla sola vista di quelle due iniziali, TP, una rabbia incredibile gli montò in petto.
«Finalmente ti abbiamo preso N» disse la prima figura con un sorriso di trionfo stampato in viso. 
Sì, perché il fuggitivo era proprio lui, Natural Harmonia Gropius.
Nonostante avesse i capelli verdi disordinati e crespi a causa dei mesi di latitanza, la pelle incrostata di sangue e sporcizia e le vesti ridotte a brandelli N era ancora riconoscibile dall’atteggiamento fiero e dall’espressione triste e determinata che non lo abbandonava mai.
«Cosa volete da me?» chiese il giovane senza scomporsi.
«Ghecis vuole tanto vederti» lo canzonò la seconda figura.
«E chi dice che io voglia lo stesso?»
«Risparmia il fiato principino» gli disse la prima figura avvicinandosi.
Contro ogni previsione era una donna.
«Sono re» disse serio N.
Doveva solo guadagnare un po’ di tempo e poi…
Un ruggito squarciò il cielo, mentre un enorme drago bianco si stava avvicinando minaccioso ai tre umani.
N esultò tra sé: Reshiram, il Pokémon leggendario che aveva lasciato libero per non doverlo rinchiudere in una Pokéball, stava venendo ad aiutarlo. 
I due scagnozzi del Team Plasma rimasero immobili di fronte a quella surreale apparizione finché Reshiram atterrò di fronte a loro. Quando la donna vide la coda del drago diventare incandescente capì che se non si fossero mossi avrebbero rischiato troppo, ma ormai era tardi. Il leggendario scatenò una potente Incrofiamma che in qualche secondo provocò un incendio nel bosco Girandola così ricco di alberi e arbusti. 
Poi si avvicinò a N e lo invitò a salire sulla sua groppa. Il ragazzo con le ultime forze prese il suo zaino e si issò sul manto candido di Reshiram il quale spiccò immediatamente il volo. 
Infine prima di lasciarsi andare al meritato riposo il ragazzo sussurrò al Pokémon «Portami da lei».

 

 

Le luci del parco divertimenti in lontananza erano un vero spettacolo. Touko le stava osservando da parecchi minuti affacciata alla ringhiera che dava sul canale artificiale che circondava Sciroccopoli. 
Non sapeva perché, dopo essere uscita dal Pokémon Musical, non se ne era tornata direttamente alla Lega in sella al suo Unfezant. Le strade della città si erano leggermente svuotate, forse per l’ora tarda, e così aveva deciso di godersi la malinconia che le dava la vista della luminosa ruota panoramica. Evidentemente era masochista, ma al momento non le importava. Le interessava solamente crogiolarsi in quel breve attimo di tristezza che si stava concedendo, d’altronde i momenti che dedicava a se stessa, alla vera Touko, erano rari.
Vedendo quel grande cerchio luminoso in mezzo al parco divertimenti la brunetta ricordò fugacemente il giorno in cui lui, N, l’aveva fatta salire a tradimento in quella ruota panoramica. 
Non ricordava molto quei momenti.
Aveva voluto dimenticare con tutto il cuore quel periodo della sua vita dove il ragazzo era stato presente. Sì, perché quel ragazzo, per cui ora provava un odio smisurato, era stato il suo fallimento personale e lei non ammetteva fallimenti. 
A suo tempo aveva sbagliato a fidarsi di lui e ora ne pagava le conseguenze, se lo meritava.
Touko era sempre stata dura con sé stessa e pensare di essere caduta così facilmente nel tranello di N la faceva infuriare; lui l’aveva abbandonata per sempre e questo fatto non lo aveva mai accettato.
Il rumore vicino di un battito di ali attirò la sua attenzione così la brunetta si voltò nella sua direzione, ma ciò che vide la lasciò senza fiato: un Charizard stava atterrando tranquillamente in mezzo alla città. 
Dalla sua schiena scese quello che doveva essere il suo allenatore. Capelli castani, coperti da un frontino, e due penetranti occhi mattoni caratterizzavano la sua strana figura mentre Touko si accorse che non sarebbe stata in grado di definire l’età di quell’individuo. 
Quest’ultimo, una volta posato i piedi sulla terra ferma, le rivolse un’occhiata stanca e con un tono svogliato le chiese «Sapresti dirmi dove posso trovare Nardo?».
La brunetta rimase ammutolita per qualche istante, ancora perplessa dall’entrata teatrale del nuovo arrivato, ma poi si riscosse e rispose sbrigativa «Non è qui».
«E non è che sapresti dirmi dov’è?» chiese l’interlocutore che stava già perdendo la pazienza.
«Perché dovrei dirlo a te?» rispose Touko che voleva capire il perché quello strano individuo stesse cercando l’ex campione.
«Perché devo parlare con il campione di Unima»

«Allora puoi parlare con me» disse la brunetta in tono di sfida.
«Ah, e tu vorresti farmi credere che una bambinetta come te sarebbe riuscita a battere Nardo?».
Se c’era una cosa che Touko detestava era quando le si dava della bambinetta.
«Sì» rispose laconica.
«Non ci credo»
«Come ti pare» rispose lei voltandosi nuovamente verso il parco divertimenti. 
Anche quella conversazione era patetica, tant’è che le venne il dubbio che “patetica” fosse la parola chiave della serata. 
Tornò a volgere lo sguardo verso la ruota panoramica, ma la presenza dello strano individuo la disturbava così si sbuffò spazientita e senza guardarlo gli chiese irritata «Cosa ci fai ancora qui?»
«Te l’ho già detto, a quanto pare siamo duri di comprendonio… sto cercando il campione di Unima»
«E io ti ho già detto che ce l’hai di fronte…»
«Dimostralo» esclamò il ragazzo
«Come posso fare, di grazia?»
Questo si grattò il capo con espressione indecifrabile. Sembrava avesse qualcosa in mente ma la brunetta non ci fece molto caso, non le interessava poi molto. «Che ne dici di una lotta? Ti sfido».
Touko parve pensarci per qualche istante. Era un po’ che non si cimentava in una bella lotta, escludendo quelle mensili con Komor, e forse un po’ di allenamento le avrebbe fatto bene.
«Ci sto. Dove e quando?»
«Domani mattina ti aspetto nel Bosco Smarrimento. Lì vedremo se sei veramente il campione» sorrise furbescamente il ragazzo.

Poi rimontò in groppa al suo Charizard e spiccò nuovamente il volo, ma venne fermato a mezz’aria dalla voce di Touko
«Aspetta! Come ti chiami?» gli urlò la ragazza dal basso.
Da quanto tempo qualcuno non gli faceva questa domanda. Avrebbe voluto dimenticarsi del suo nome, ma purtroppo per quanto ci avesse provato non c’era mai riuscito. 
Il suo nome, la condanna che faceva sì che in ogni posto andasse tutti lo riconoscessero.
«Red. Semplicemente Red» urlò di rimando lui, con una nota di malinconia nella voce.
Poi il Charizard si alzò e scomparve nel buio del cielo notturno.

 

 

Spazio indefinito (per ora)

Et voilà ecco l’apparizione di Red, spero non sembri troppo banale. La “descrizione” si attiene al Rosso di “Pokémon: Le Origini” dato che nel videogioco personalmente non riesco a vedere ne colori di capelli ne tantomeno la faccia.
Allora sinceramente questo capitolo non mi convince al 100%, c'è qualcosa che non mi piace. Spero comunque sia stato perlomeno leggibile (autostima all’attacco) e… non ho altro da dire. Ringrazio Andy Black, Ashura_exarch e SM99 per le gentili recensioni e ringrazio anche chi inizia a seguire questa strampalata storia.

Un saluto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Piani ***


Piani

La brezza le accarezzava i morbidi capelli raccolti in una coda mentre Touko volava in groppa al suo Unfezant alla volta del Bosco Smarrimento, il luogo prefissato per l’appuntamento che le era stato dato il giorno precedente.
Si ricordava benissimo i fatti della sera prima, quando aveva abbandonato Belle da sola al Musical e se ne era tornata a “casa” per conto suo; come ricordava bene il nome dell’allenatore che l’aveva sfidata per testare le sua abilità di campionessa: aveva detto di chiamarsi Red. 
Non poteva però essere quell’Allenatore che Touko pensava, altrimenti la ragazza avrebbe potuto fare tranquillamente a meno di lottare, o anche di presentarsi, tanto l’esito sarebbe stato già definito. Sì, perché Red di Biancavilla era uno degli allenatori più forti al mondo. 

Giravano molte leggende a riguardo e
si diceva che fosse un Maestro di Pokémon imbattibile, un campione assoluto. Si vociferava anche che il ragazzo vivesse in pianta stabile sul Monte Argento a Kanto lontano da tutto e da tutti, a contatto solo con i suoi Pokémon con i quali ormai aveva una grande affinità. 
Era un po’ la sua versione speculare, solo che lui era molto meglio, era il migliore tra tutti. 
Allora, però, se il famigerato Red era un Allenatore così forte e riservato cosa lo aveva spinto a venire fin lì da Kanto? Era questa la domanda che l’aveva tenuto sveglia  per tutta la notte.

Che ci fosse qualcosa di cui non era a conoscenza? Eppure lei era la campionessa e come tale aveva la responsabilità  della regione sulle sue spalle, o almeno così le aveva detto Bellocchio. Ma queste erano tutte enormi bugie perché in realtà a ben pensarci lei in quei tre anni non aveva fatto altro che starsene rinchiusa nella Lega, quindi non era mai stata presente alle difficoltà di Unima e sinceramente non sapeva nemmeno cosa accadesse in quella regione. 
La brunetta non era come Nardo e non lo sarebbe mai stata.

Ad interrompere i suoi pensieri fu l’atterraggio brusco del Pokémon orgoglio proprio all’entrata del Bosco Smarrimento. Touko richiamò Unfezant nella ball e si inoltrò nel fitto della foresta.
Solo poco dopo si rese conto che non aveva modo di trovare Red, dato che il bosco aveva il suo perché se si chiamava in quel modo. Tuttavia continuò a camminare fino a inoltrarsi nella parte più buia della selva, dove solo qualche raro raggio di sole riusciva a oltrepassare i rami degli alberi, creando così dei visibili sprazzi di luce che ogni tanto illuminavano il cammino. 
Non c’era il minimo rumore a rovinare la pace e il silenzio di quel luogo, tanto che Touko pensò che avrebbe potuto essere un posto perfetto per vivere, sarebbe potuta diventare un’eremita a tutti gli effetti e lì nessuno l’avrebbe mai trovata. I suoi desiderii erano puramente egoistici e non appena lo capì si pentì addirittura di averli formulati. 
Che razza di mostro stava diventando? Forse Belle aveva ragione…

Stanca dei suoi inutili pensieri fece uscire dalla Pokéball il suo Leafeon, Pokémon che, tra quelli che possedeva, aveva più empatia con la natura e quindi avrebbe potuta aiutarla meglio ad orientarsi in quel labirinto. 
Purtroppo non gli fu di grande aiuto, ma almeno, pensò, gli avrebbe tenuto compagnia; quindi provò a ingegnarsi per poter trovare una strada che la conducesse da Red, ma senza risultati così smise di arrovellarsi e continuò a camminare alla cieca.
D’un tratto però sentì un fruscio alle sue spalle.
Si girò e vide che non c’era nulla così riprese la sua strada, ma al secondo rumore che sembrava quasi più vicino fece un segno al Leafeon mettendolo in guardia per potersi difendere in caso di un eventuale attacco. Passò così qualche attimo di tensione finché la siepe da cui provenivano i fruscii si mosse e da essa uscì fuori un maestoso Espeon. 

L’apparizione lasciò Touko senza parole, che lì per lì non seppe cosa fare. Il Pokémon la osservava pacifico e non sembrava intenzionato a combattere. Inoltre la brunetta realizzò che un Espeon non era facile da trovare in quell’area della regione e quindi avvistare un’esemplare lì era una cosa strana. Strana e sospetta. Touko gli si avvicinò cauta mentre il Pokèmon continuava a fissarla intensamente.
Anche il Leafeon seguendo la sua Allenatrice gli si stava avvicinando, poi quando entrambi furono abbastanza vicini il Pokémon sole si girò e si inoltro nel bosco, invitando la brunetta a seguirlo.
I tre camminarono per un bel po’ fino a quando Touko vide uno spiraglio di luce più grande di fronte a quel buio opprimente. Inconsciamente velocizzò l’andatura per raggiungere quel punto più in fretta e senza rendersene conto sbucò in una radura larga qualche decina di metri. La brunetta spalancò gli occhi di fronte a quella surreale apparizione, una specie di oasi luminosa in quella fitta e buia boscaglia. Solo in un secondo momento si accorse della presenza di un allenatore che stava richiamando nella ball l’Espeon. 

Senza sorprendersi più di tanto la ragazza vide che si trattava di Red che evidentemente la stava aspettando da parecchio.
«Ce ne hai messo di tempo… ho dovuto mandare il mio Espeon a cercarti» esordì il ragazzo sempre con quel tono svogliato.
«Ti stavi preoccupando per me?» chiese Touko maliziosa
«No, figurati, mi stavo preoccupando che tu avessi dato forfeit» le rispose lui strafottente.
«Da come perdi tempo a sparare cavolate sembra quasi che sia tu quello che ha paura di sfidarmi…» la loro sembrava più una gara verbale più che una lotta Pokémon.
«Bene allora meno chiacchiere e iniziamo» fece Red stizzito.
«Non aspettavo altro» sussurrò sorridente Touko.
In quel momento era più sicura che mai, avrebbe vinto a qualsiasi costo e avrebbe tappato la bocca a quell’odioso.

 

 
Belle quel giorno era stanca morta. 
La sera prima il Musical era finito a mezzanotte e per di più era dovuta tornare a casa da sola dopo che Touko l’aveva abbandonata. Per giustificare in qualche modo l’azione della amica aveva raccontato ad Alan una bugia assurda e il tipo se l’era anche bevuta. A ben pensarci forse il biondo non era molto sveglio, ergo non era la scelta più azzeccata per Touko, ma nonostante Belle sapesse di aver sbagliato si rifiutava categoricamente anche solo di chiamare l’amica.
Aveva anche lei il suo piccolo orgoglio da difendere. 

Così quella mattina si era alzata presto pronta per godersi una bella giornata all’aria aperta, ma la Professoressa Aralia le aveva subito chiesto di svolgere una commissione al suo posto andando sino a Levantopoli al laboratorio della professoressa Zania per consegnarle alcuni dati di una ricerca che stavano svolgendo insieme. La bionda naturalmente aveva accettato e si era recata nella cittadina per svolgere la sua mansione.
Uscita dal laboratorio però la stanchezza si fece sentire terribilmente e così Belle decise di andare a prendere un caffè alla Palestra della città che fungeva anche da bar e da ristorante da lei frequentato  spesso.
Appena entrata si sedette al solito tavolino e ordinò un cappuccino alla cannella. Inconsciamente si soffermò a pensare che era molto tempo che non ne prendeva uno, di solito era il preferito di Touko che ne andava veramente matta, ma ora erano anni che non si divertivano un po’ assieme in modo tranquillo, anche con un caffè tra amiche, e tutto quello era colpa di una sola persona…

N.
Proprio in quell’istante il diretto interessato entrò nel bar e si sedette al bancone ordinando un semplice bicchiere d’acqua mentre Belle lo fissava stralunata. Cosa ci faceva quell’essere a Unima? Da quel che sapeva, se ne era andato a “cercare sé stesso” in altre regioni e la bionda aveva sperato che non tornasse più, ma le sue preghiere erano state vane perché ora Natural Harmonia Gropius era lì di fronte a lei. Sbuffò contrariata e si avvicinò al bancone con fare minaccioso. Quando gli fu vicino si schiarì la gola per attirare l’attenzione del ragazzo e dirgliene quattro, ma si spaventò quando N si voltò verso di lei.
La prima cosa che vide furono le cicatrici sulla pelle candida del viso il che le fece pensare che il ragazzo avesse vissuto momenti migliori. I capelli di quel dubbio colore erano sempre acconciati in una coda scompigliata, ma sembravano appena tagliati segno che anche N frequentava un parrucchiere ogni tanto. Poi però Belle notò i suoi occhi di quel colore indefinito, tra il grigiastro e il verde scuro, e vide che erano spenti. Nel suo sguardo, un tempo vivo e deciso, si leggeva una tristezza sconfinata. 
“Evidentemente non è riuscito a trovare sé stesso” pensò la biondina leggermente divertita.
Dal canto suo, il ragazzo non appena la vide sussultò un po’ sorpreso per poi sorriderle strafottente.
«Ti stai chiedendo cosa ci faccio qui?» disse diretto N
«Veramente mi stavo chiedendo quando tu te ne andrai da qui» sussurrò con odio la bionda.
«Ma sono appena arrivato. Ho la netta sensazione che tu mi odi più di Touko» disse diretto lui.
«Non provare nemmeno a nominare il suo nome…» nonostante Belle fosse arrabbiata con lei, la vista di quel traditore le fece venir voglia di proteggerla.
«Non riesco proprio a capire perché tu ce l’abbia tanto con me» disse tranquillamente il ragazzo
«Forse perché a causa tua Touko si è allontanata dal mondo» la biondina era sempre più furiosa
«Bah, lei ha sempre avuto un carattere difficile non mi sorprendo che si sia comportata così» disse N mentre sorseggiava l’acqua.
Quelle parole ebbero l’effetto di far uscire di testa la povera Belle, come poteva lui dire quelle cose sulla sua amica?
«Per tua informazione Touko è riuscita a diventare campionessa della Lega con il “carattere difficile” che ha, quindi…» la ragazza si zittì subito quando vide un’espressione illuminata nel volto di N.
«Grazie Belle sapevo di poter contare su di te» le disse lui semplicemente, correndo fuori dal locale e lasciando la biondina a bocca aperta.
L’aveva ingannata! 
Le aveva fatto perdere la pazienza per farsi dire dove era Touko. 
La ragazza represse un moto di stizza e imprecò a bassa voce per non farsi sentire. Ora l’amica non l’avrebbe mai perdonata… cosa poteva fare?

 

 
«Useremo tre Pokémon ciascuno, per evitare una lotta troppo lunga campionessa» Red pronunciò l’ultima parola in modo canzonatorio, ma Touko non si scompose e si limitò ad annuire.
«Bene per primo scelgo Poliwrath» sorrise il ragazzo mentre faceva uscire dalla sua Pokéball un ben allenato Pokémon girino che si piazzò subito in mezzo alla radura pronto a lottare.
«Forza Leafeon» disse tranquillamente Touko mentre il Pokémon rigoglioso camminava lentamente, apprestandosi a raggiungere anche lui il centro della radura.
Il suo Leafeon era un tipo erba in vantaggio su un tipo acqua come Poliwrath e per lo più la brunetta ultimamente aveva passato molto tempo ad allenarlo, quindi assieme ormavano ormai un’ottima squadra.
«Dinamipugno!» iniziò subito Red per nulla intimidito dal fatto che il suo avversario fosse di un tipo avvantaggiato.
«Leafeon schivalo e usa Fogliamagica» ordinò la brunetta, mentre il Pokémon rigoglioso schivava elegantemente l’attacco per poi piazzarsi alle spalle dell’avversario e attaccare.

«Chi attacca da dietro è un codardo, non te l’ha mai detto nessuno?» le chiese Red che continuava a sorridere nonostante il suo Poliwrath fosse stato colpito in pieno dall’attacco del Leafeon.
«Al momento non mi interessa» rispose la ragazza «Leafeon, usa Attacco Rapido»
«Intercettalo con Ribaltiro» ordinò prontamente Red.
Il Poliwrath si girò in modo sorprendentemente veloce, mentre  il Pokémon rigoglioso caricava il suo Attacco Rapido. Poi non appena gli fu abbastanza vicino lo afferrò e lo ribaltò all’indietro facendolo sbattere contro un tronco che si trovava lì vicino.
«Leafeon!» esclamò Touko impaurita vedendo il suo compagno inerme a terra, ma tirò un sospiro di sollievo quando quest’ultimo si alzò e si avvicinò al suo avversario con fare minaccioso.
Leafeon era forte, ma Poliwrath lo era di più e questo la brunetta lo sapeva quindi doveva trovare una strategia il prima possibile. Distraendosi però non si accorse dell’attacco del Pokémon girino che lanciò nuovamente con Ribaltiro il Leafeon, ma stavolta proprio addosso a Touko che  si ritrovò con il suo compagno in braccio e con il sedere a terra a causa del colpo ricevuto.

Alzò gli occhi in aria, schiaffeggiandosi mentalmente per la distrazione quando l’illuminazione la colse in pieno.
In quella radura, seppur poco, si poteva scorgere il cielo attraverso i rami. Essi erano di sicuro meno numerosi  di quelli dentro al bosco, e quindi la luce filtrava un po’ di più.
La luce.
Touko collegò i suoi pensieri, ora sapeva cosa fare.
«Già stanca campionessa?» le chiese canzonatorio Red.
«Io no, ma tu?» rispose la brunetta con un sorriso, alzandosi
«Vai Leafeon, Meloderba!» esclamò sicura.
Ora aveva un piano.

 

 
L’ennesima goccia di sudore bagnò la fronte già sudata di Komor. 
Era il quinto chilometro che correva eppure quella mattina era più stanco del solito. Gli allenamenti quotidiani invece di renderlo più forte sembravano sfiancarlo. 
“Persistere, la vittoria sta nel persistere” era ciò che gli diceva perennemente il suo maestro e lui era fedele a questo concetto. Già, il suo maestro. Forse era il caso di andare a vedere se casomai si fosse svegliato. Se arrivava in ritardo di solito si beccava una lunga lavata di capo e non era proprio il caso. Corse velocemente fino alla capanna che aveva allestito per abitare a contatto con la natura, nel Bosco Smarrimento. 
Pose l’orecchio vicino alla porta per sentire se lui era in casa, ma non gli giunse nessun rumore quindi entrò preoccupato, ma la preoccupazione aumentò quando si accorse che la capanna era vuota. Il maestro non era lì e questo non era un bene, dal momento che lui non usciva mai. 
“Non di sua spontanea volontà” pensò con il cuore in gola Komor. Doveva trovarlo, era fondamentale.
Così uscì di casa sbattendo la porta e incurante della stanchezza corse a cercarlo. Dove poteva essersi cacciato?

 

 

Il Pub di Guna
So che la scelta del nome non è delle più felici, quindi se avete qualche suggerimento ve ne sarei grata (io e la mia grande fantasia per i nomi).
Bene anche il capitolo quattro è andato e spero sinceramente sia di vostro gradimento. Chi vincerà la lotta tra Red e Touko? No, a creare suspense faccio proprio pena…
Comunque ringrazio sempre SM99 e Andy Black per le gentili recensioni e… niente ci vediamo al prossimo capitolo!   

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Capitolo 5
*** Ferite ***


Ferite

Una dolce melodia risuonava nell’aria, una melodia soporifera che lentamente stava facendo cadere Poliwrath in un sonno profondo. 
Era il Meloderba di Leafeon che stava facendo finalmente effetto.
«Non ci starai forse sottovalutando? Per quanto forte possa essere il tuo attacco, Poliwrath si sveglierà in pochissimo tempo» disse Red, per nulla preoccupato dallo stato del suo Pokémon.
«Forse sei tu che stai sottovalutando la mia strategia…» rispose fredda Touko.
Sapeva che l’effetto di Meloderba non sarebbe durato a lungo, ma doveva comunque tentare.
«Forza Leafeon, usa Fendifoglia sui rami degli alberi!» esclamò la brunetta pregando con tutta se stessa che il suo piano funzionasse.
E così fu.
Il Pokémon rigoglioso si arrampicò a balzi sopra una gigantesca quercia e una volta arrivato in cima spiccò un salto e, grazie a Fendifogllia, tagliò di netto la maggior parte dei rami che oscuravano la radura, illuminandola maggiormente.
«Posso chiederti perché non mi hai attaccato, ma anzi hai sprecato un’occasione per fare…il giardiniere?» chiese Red tra lo stupito e l’ironico.
Era stata una mossa insolita e abbastanza imprevedibile che sicuramente il ragazzo non si sarebbe mai aspettato.
«Ho osservato il tuo Poliwrath. Ha una difesa molto forte, quindi anche se ti avessi attaccato non sarebbe cambiato molto, ma così…» un grande sorriso era stampato sul bel volto di Touko.
«Usa di nuovo Attacco Rapido» ordinò al suo compagno il quale caricò il colpo.
«Ribaltiro» si limitò a dire Red dal momento che il suo Pokémon si era svegliato ed era pronto a combattere nuovamente.
Il Poliwrath cercò di inquadrare bene il Leafeon, il quale però si spostava ad una velocità spaventosa. Poi quando il Pokémon rigoglioso gli fu vicino lo colpì in pieno senza che l’altro avesse il tempo di reagire e contrattaccare.
«Come…» provò a chiedere Red sbalordito dal cambiamento di velocità dell’avversario.
«Semplice, l’abilità di Leafeon gli permette di raddoppiare la velocità sotto una luce solare intensa quindi ora siamo in grado di
schivare i vostri attacchi» le rispose Touko con una punta d’orgoglio.
Era felice di essere riuscita a mettere per lo meno in difficoltà Red di Biancavilla.
Dal canto suo il ragazzo era sorpreso. 
Doveva ammettere che aveva sottovalutato la situazione e soprattutto l’intelligenza della ragazza, ma comunque aveva anche lui il suo asso nella manica.
Perciò si limitò a sorridere e ordinò semplicemente al compagno «Usa Geloraggio a raffica»
Il Poliwrath iniziò a cercare di colpire il Leafeon, il quale puntualmente si spostava schivando il colpo. In men che non si dica però il campo lotta divenne un’enorme pista ghiacciata sulla quale il Pokémon rigoglioso faticava a muoversi. Era questo ciò a cui Red mirava, ora la velocità acquisita dall’avversario era pressoché inutile.
«Ora Dinamipugno» disse sempre con quel tono svogliato, mentre il Pokémon girino caricava il colpo.
«Leafeon continua a schivare» ordinò Touko, ma sapeva bene che non poteva più contare su quella tattica difensiva perché il suo compagno iniziava a essere affaticato.
“La miglior difesa è l’attacco” pensò tra sé così iniziò a riflettere sul da farsi, senza accorgersi che il suo Pokémon in quell’istante veniva colpito da un potente Dinamipugno.
«Mi spiace, penso il tuo Leafeon sia abbastanza stanco» le sorrise canzonatorio Red.
«O la va, o la spacca» pensò Touko ad alta voce «Leafeon, metti tutte le tue forze in questo attacco, usa Fendifoglia» 
«Un attacco frontale… che banalità» sospirò annoiato il ragazzo «Intercettalo con Dinamipugno»
Il Leafeon si avvicinò all’avversario a una velocità sorprendente  mentre quest’ultimo attaccava con Dinamipugno. All’ultimo però scavalcò il Poliwrath e gli si piazzò alle spalle, quindi attaccò. Il Pokémon girino, già provato in precedenza, cadde in ginocchio quasi esausto.
«Non ti facevo così scorretta» sussurrò Red.
«A mali estremi… Finiamola con un altro Fendifoglia!» disse Touko.
Il Leafeon attaccò il Poliwrath apparentemente inerme che cadde definitivamente a terra esausto.
La brunetta esultò mentalmente per l’ottimo lavoro, ma il suo sorriso si smorzò quando vide che Red  la guardava con espressione ambigua.
«Perché mi fissi così?» chiese curiosa.
«Guarda un po’ il tuo Leafeon» le rispose lui, sempre con quel mezzo sorriso.
Touko si voltò come le era stato detto e vide che anche il suo compagno era a terra, mezzo agonizzante.
Gli si avvicinò e lì si accorse di ciò che era successo: era stato avvelenato.
«Com’è possibile?» esclamò stupita.
«Io la chiamo tattica di emergenza, quando io e Poliwrath stiamo per perdere lui usa ormai automaticamente il suo ultimo attacco…»
«Velenospina» concluse lei reprimendo un moto di stizza.
«Esatto, gliel’ho fatto imparare apposta per casi come questi» sorrise Red.
«Ora io non penso tu voglia far combattere quel povero Pokémon»
«Certo che no!» rispose la ragazza indignata.
Per chi l’aveva presa? Lei non maltrattava certo i suoi Pokémon. 
“Però maltratti gli umani” le disse una vocina interna nella sua testa, che Touko zittì immediatamente.
«Se non sbaglio la lotta non è finita, sempre che tu non voglia ritirarti» la provocò il ragazzo
Ora la vecchia Touko, quella ingenua e troppo impulsiva, avrebbe sicuramente aggredito Red e gli avrebbe fato una scenata colossale, ma invece la nuova Touko era diversa. Era una persona priva di emozioni e come tale doveva rimanere, anche durante una sfida. 
Aveva sbagliato a lasciarsi prendere dall’entusiasmo pensando di aver vinto la prima lotta contro Poliwrath perché ora ne pagava le conseguenze.
Erano pari per il momento, perciò doveva giocarsi bene le sue carte.
«Conto su di te Sigilyph» esclamò dunque con tono deciso.
«Bene, Campionessa, che ne dici di una lotta aerea?» domandò retoricamente il ragazzo «Charizard, sai cosa fare»
E detto questo lanciò la Pokéball del Pokémon fiamma verso il campo lotta.

 

 
Le gambe le tremavano dalla fatica eppure per qualche strana ragione lei continuava a camminare. 
Percorreva in fretta le gallerie di quella falda che l’avrebbe portata dal suo capo, il sommo Ghecis. 
Solo poche ore prima, dopo chissà quanto tempo di coma, si era svegliata nell’infermeria del Team Plasma con la parte destra del viso che bruciava in modo insopportabile e con una continua tosse che non le dava respiro. Eppure aveva chiesto sin da subito udienza dal loro capo per comunicargli delle “cose urgenti” e nessuno aveva ribattuto. 
Ovviamente, dal momento che lei era Adelaide, il primo generale e Braccio destro di Ghecis.
Il motivo di tutta quella fretta? Semplicemente quell’insulso ragazzo, N, le era sfuggito dalle mani.
Perché proprio lei era stata incaricata, insieme ad una semplice recluta, di riportare il principino nel Team, ma aveva fallito. Il potente Reshiram si era messo contro di loro provocando un grosso incendio nel Bosco Girandola, dal quale Adelaide era uscita viva per un soffio. 
D’altronde lei se la cavava sempre in ogni situazione ed era questo il motivo per cui era diventata così influente nel Team Plasma. 
Oltre alla sua abilità nelle lotte.
Questa volta però Adelaide non si sentiva affatto bene. Oltre all’immenso dolore fisico che sentiva, provava anche una grande inquietudine nell’animo. Sapeva che il suo fallimento difficilmente sarebbe rimasto impunito.
Per di più notava qualcosa di strano in sé, come se la sua visuale del mondo si fosse in qualche modo rimpicciolita.
Sull’onda di questi pensieri entrò dunque nella grotta dove il sommo Ghecis era rintanato. Egli sembrava quasi aspettarla.
Lei si inchinò senza proferire parola mentre lui con un gesto la fece alzare.
«Ho sentito cos’è successo. C’è scappato anche il morto, come si suol dire» iniziò l’uomo con un tono calmo.
Troppo calmo.
«Sì, mio signore» si limitò a rispondere Adelaide con voce roca.
Quando parlava la gola le raschiava facendole provare un dolore terribile, evidentemente era la conseguenza per l’inalazione di qualche gas durante l’incendio.
«E immagino N sia scappato» continuò Ghecis
«Si» sussurrò con odio lei.
Il sommo Ghecis si mise a camminare avanti e indietro per la grotta, segno della grande rabbia che provava.
«Un infinità di tempo» iniziò «Adelaide, è un’infinità di tempo che sono rinchiuso qui dentro per nascondermi. Il mio, il nostro unico modo per poter tornare grandi è trovare e portare qui il ragazzo con il leggendario e tu hai fallito…» l’uomo parve prendere fiato.
Fece altri tre passi per la grotta e poi si fermò come fulminato.
«Io… io sono stanco di vivere così!» Ghecis sembrava sull’orlo della pazzia.
D’altronde come potergli dare torto, dal momento che erano anni che non vedeva nemmeno la luce del sole.
«Ma tu, Adelaide, sei fortunata. Per te ho un altro incarico, quindi un’altra possibilità» una smorfia, che somigliava ad un sorriso, deformò la faccia dell’uomo.

«Significa che non mi punirete?» chiese Adelaide con voce quasi supplicante.
La reazione di Ghecis la sorprese.
L’uomo si mise a ridere come un folle e le disse «Hai già avuto la tua punizione»
Poi le indico una pozza d’acqua che bagnava il pavimento della grotta e Adelaide si avvicinò.
Quello che vide riflesso la fece urlare dallo spavento preso.
L’acqua rifletteva una donna dai capelli biondi anneriti e bruciati dalle fiamme, la pelle piena di tagli e gli occhi… o per meglio dire l’occhio!
Solo l’occhio sinistro era visibile, mentre quello destro era coperto da un drappo di stoffa, o per meglio dire una benda. Una orrenda cicatrice invece le tagliava a metà la faccia: da una parte la pelle candida mentre dall’altra quelle ustionata dalle fiamme. 
Certo, Adelaide aveva visto le strane occhiate che le reclute le avevano lanciato, ma mai avrebbe pensato a tanto.
La sua bellezza era perduta, per sempre. Ne era sempre andata fiera e ora…
“Ora rimane solo la vendetta” pensò trattenendo le lacrime.
Non poteva credere a ciò che le era successo e invece era tutto vero. Ora si ritrovava con metà volto sfigurato e la sua vita non sarebbe mai stata come prima, lo sapeva. 
Odio, frustrazione e rabbia erano i sentimenti che si alternavano ora nel suo cuore. Non le importava della recluta morta, le importava solamente di ciò che era successo a lei.
«Ditemi che devo fare» disse con un tono carico di rancore
«Trovami la ragazzina» le ordinò Ghecis che pareva essere tornato normale.
Ormai era una cosa quotidiana per lui alternare momenti di totale follia e momenti di brillante intelligenza.
«Non solo, signore»  disse Adelaide uscendo dalla grotta «Vi porterò sia lei che il ragazzo, sarete fiero di me».
Era colpa sua, colpa di N e del suo stupido Reshiram se ciò era successo e ora lei si trovava con un’orribile cicatrice in volto.
Era sfigurata e il solo pensiero le provocava una stretta allo stomaco
«Pagherà per tutto» sussurrò imboccando il tunnel che saliva in superficie.

 

 
«Carizard, usa Lanciafiamme» ordinò Red, mentre il Pokémon fiamma attaccava l’avversario sputando letteralmente fuoco dalla bocca.
Quello era ormai il quinto di fila e il ghiaccio di cui in precedenza era coperto il suolo si era ormai sciolto di fronte al calore delle fiamme.
«Sigilyph intercettalo con Psicoraggio» disse Touko concentrata.
I pensieri sfrecciavano veloci nella sua mente. Mille idee, mille strategie, una strada per poter vincere quel logorante incontro per il quale non vedeva alcuna via di salvezza. 
I due Pokémon erano alla pari, nel senso che entrambi non avevano punti deboli e i due tipi erano equilibrati. Ovviamente la grande potenza distruttrice di Charizard era superiore al Sigilyph, che comunque non se la stava cavando male.
«Eterelama!» esclamò la brunetta che stava cercando con tutta se stessa di sbloccare la situazione, apparentemente in stallo.
«Proteggiti con Ondacalda» ribatté il ragazzo
Un altro attacco a vuoto, la situazione si stava facendo snervante. Ormai il Sigilyph di Touko iniziava ad affaticarsi per i continui attacchi, mentre il ben allenato Charizard di Red sembrava non mostrare segni di cedimento.
«Se questo è il livello di una Campionessa…»
«Fammi almeno il favore di stare zitto» scattò Touko, che ormai cominciava a perdere la pazienza.
«Siamo nervosetti?» la canzonò allora il ragazzo.
“Calma” pensò “Calma e pensa con lucidità”. 

Non doveva assolutamente innervosirsi altrimenti le sue poche chance di vittoria sarebbero andate in fumo.
«Posso farti una domanda?»  disse Red interrompendo il suo flusso di pensieri.
«Tanto me la faresti comunque quindi…» sospirò distrattamente Touko.
«Sei la prima persona che incontro che non mi chiede spiegazioni su chi io sia, è un po’ strano»
«Cosa intendi dire» gli chiese la brunetta.
«Sei una delle poche persone che non mi assilla con le sue curiosità sulla mia storia e…»
«Scusa tanto Campione, ma mi sembra che il tuo ego vada un po’ ridimensionato» gli rispose fredda Touko «Questa è la tua vita, non dovrei farmi gli affari tuoi»
Red rimase spiazzato da quella risposta. Nessuno gli aveva mai risposto così, di solito la gente faceva carte false anche solo per vederlo e questa proprio non se la sarebbe mai aspettata.
Soprattutto la ragazza aveva sputato quelle parole come se fossero veleno.
Dal canto suo Touko si accorse di essere stata un po’ troppo scortese, ma d’altronde ciò che aveva detto era la pura verità: ognuno ha la propria vita.
E lei non era certo il tipo che andava a spiare quella altrui gelosa com’era della sua.
«Perdona il mio tono, solo che detesto le persone che si impicciano degli affari altrui» provò a scusarsi la ragazza pensando inconsciamente a ciò che Belle le aveva fatto la sera prima, ma stavolta fu lei a essere spiazzata dalla reazione dell’Allenatore
«Parole saggie, soprattutto se pronunciate da una come te» rise il ragazzo e Touko pensò che forse alludeva alla solitudine in cui spesso lei si rinchiudeva.
«Immagino che se ora ti chiedessi di te tu non mi risponderesti» disse la brunetta disinteressata.
«Charizard usa Lanciafiamme» fu la più che esauriente risposta di Red alla sua affermazione.
Touko non fece in tempo ad accorgersene e sfortunatamente il suo Sigilyph non riuscì a schivare in tempo l’attacco e venne colpito di striscio, perdendo così quota.
Il Pokémon fiamma non si fece scappare l’occasione e sfruttando l’esitazione dell’avversario si avvicinò maggiormente e attaccò con il Rogodenti impartitogli dal suo allenatore.

La ragazza rimase immobile. 
Era successo tutto troppo in fretta e lei non aveva avuto nemmeno il tempo per ragionare o per difendersi. Red l’aveva distratta e lei c’era cascata come una novellina.
Il Sigilyph perse ulteriormente quota e la ragazza capì che non poteva andare avanti così, doveva giocarsi il tutto e per tutto
«Sigilyph forza, usa Sincrumore» ordinò sperando che l’attacco funzionasse.
Una forte onda psichica investì in pieno il Charizard che sbandò, ma senza perdere quota e anzi contrattaccò con un altro Lanciafiamme. La sua potenza era inarrestabile e il Pokémon pseuduccello venne colpito nuovamente.
Niente da fare, se prima la lotta era difficile di suo, ora era praticamente impossibile dal momento che Charizard poteva contare su due possenti ali che lo tenevano in aria, mentre Sigilyph ne aveva una ferita. 
Touko doveva assolutamente trovare il  modo per far scendere l’avversario, per intrattenere una lotta a terra.
«Psichico» sussurrò al suo compagno mentre questi indirizzava contro l’avversario una potente forza telecinetica, riuscendo a controllare il gigantesco corpo del Pokémon fiamma.
«Bene» si permise di sorridere la brunetta «E ora trascinalo verso il basso»
Seppur con fatica l’attacco riuscì e l’immensa mole di Charizard venne scaraventata al suolo provocando in esso un grosso cratere.
Red non si fece prendere dallo spavento e contrattaccò con l’ennesimo Lanciafiamme, mancato per un soffio dal Sigilyph. 
La sua ala però, precedentemente ferita dal Rogodenti, stava diventando sempre più un peso per la lotta, perciò Touko capì che doveva far finire lo scontro il prima possibile.
«Usa ancora Psichico» disse, ma il Pokémon non fece nemmeno in tempo ad attaccare che si ritrovò avvolto in un turbine di fiamme.
«Non penso il tuo Sigilyph riuscirà a liberarsi facilmente da Turbofuoco» disse Red con tono disinteressato.
Sembrava quasi che l’esito della lotta non gli importasse più e questo Touko non lo poteva sopportare.
«Non mi dare già per spacciata» sorrise quindi e indicò al ragazzo il Charizard che si stava avvicinando al vortice di fuoco.
«Che cosa sta succedendo?» chiese stupito Red
«Sigilyph sta usando Psichico…»
«Nonostante sia intrappolato in Turbofuoco?» domandò nuovamente il ragazzo vedendo che il suo Pokémon si stava avvicinando pericolosamente alle fiamme.
«Sì, il duro lavoro paga» sorrise la brunetta.
Ciò che aveva detto era vero. Si erano allenati molto duramente anche per poter compensare alla debolezza in difesa di Sigilyph, e dopo molti faticosi allenamenti erano riusciti a far si che potesse attaccare anche nelle situazioni più disperate.
«Sono colpito…» sussurrò Red «Ma non perderò!»

 


Il pub di Guna
Aspettando l’illuminazione per un nome migliore, tengo questo e poi si vedrà…
Allora quinto capitolo andato e avanti un altro!
Questa è la prima vera lotta che descrivo e spero vivamente sia venuta bene, inizialmente avrei voluto farla finire in questo capitolo, ma poi è venuto un papiro chilometrico e così… questa è la vita.
Adelaide è un personaggio che ho inventato io (ma no?) e spero col tempo possa piacervi.
Ringrazio molto SM99 (una scheggia nel recensire), Levyan, che ha aggiunto la storia (con mia grande gioia) tra le preferite e Andy Black che nonostante gli impegni è sempre presente. Ringrazio molto anche chi legge questa storia e… niente, oggi ero in vena di ringraziamenti.
Spero il capitolo vi abbia soddisfatto e un saluto a tutti!

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Capitolo 6
*** Amarezza ***


Amarezza

Una vampata di aria calda investì in pieno Touko, ma lei non ci fece caso.
Charizard aveva appena annullato il Turbofuoco su Sigilyph, per non danneggiare se stesso e ora stava lanciando Lanciafiamme ovunque.
Sembrava come impazzito.
La mole del Pokémon Fiamma era grande e ciò veniva sfruttato da Touko a suo vantaggio.
Usando lo Psichico del suo Pokémon Pseuduccello poteva mettere in seria difficoltà il nemico, che inizialmente le era sembrato un ostacolo insormontabile.
La situazione in poco tempo era migliorata per la Campionessa, ma nonostante l’andamento della lotta Red non sembrava affatto turbato e anzi guardava placido la follia del suo compagno senza muovere nemmeno un dito.
Sembrava quasi compiaciuto dalla piega che stava prendendo il combattimento.
Touko non lo conosceva bene, anzi affatto, però sapeva sicuramente cosa comportava quello sguardo.
L’Allenatore aveva un piano, un asso nella manica e questo non era un bene, dal momento che le condizioni dell’ala di Sigilyph peggioravano di minuto in minuto. Eppure il Pokémon coraggiosamente  continuava a combattere.
«Usa ancora Psichico» ordinò Touko per la terza volta.
«Non ti sembra di essere un po’ ripetitiva?» le chiese svogliatamente Red.
«Finché la tattica funziona…» mormorò la brunetta mentre Charizard veniva nuovamente sbattuto a terra dalla potente forza telecinetica.
«Spero tu ti sia divertita, perché adesso…» Red si alzò il frontino dagli occhi «Posso anche smetterla di giocare»

Detto questo schioccò le dita e a quel suono il Pokémon Fiamma smise di muoversi alla cieca e si assestò vicino al suo allenatore.
«Charizard, finiamola con Ondacalda» sussurrò freddamente.
Ecco il momento che Touko temeva. Sigilyph non aveva di certo le forze per contrattaccare o per tentare di schivare l’attacco.
Venne infatti colpito in pieno e si posò al suolo.
La situazione si era nuovamente ribaltata.
«Ancora» ordinò perentorio Red.
Quest’ultimo attacco fu fatale per Sigilyph che, già provato in precedenza, si accasciò a terra esausto.
Touko fissò con gli occhi sbarrati la sconfitta del suo compagno, frustrata per non essere riuscita a organizzare una quanto meno dignitosa difesa.
Certamente sapeva che contro Charizard avrebbe avuto non poche difficoltà e si era già preparata mentalmente a quel momento, ma nonostante ciò non poté evitare di andare per qualche secondo nel panico, visto che ora le rimaneva un solo Pokémon.
L’ultimo.
Poi sarebbe finita.
Si riscosse subito da quei pensieri controproducenti.
La lucidità non poteva mancarle in quel momento, era la sua arma principale.
«Allora chi sceglierai ora?» le chiese Red falsamente disinteressato.
Già chi poteva scegliere?
Quella lotta era tutta di un altro livello, il suo avversario era l’immortale campione… chi sarebbe potuto andare bene?
Per un momento fu quasi tentata di lottare con Zekrom, ma sarebbe stato oltremodo scorretto da parte sua utilizzare un leggendario. 
E vincere in quel modo era l’ultima cosa che avrebbe voluto.
Almeno in quello aveva conservato i suoi sani principi.
Sfogliò mentalmente le Pokéball dei suoi fedeli alleati, senza però molti risultati. Non che loro fossero deboli, era Red troppo forte.

A pensarci meglio però c’era un Pokémon che andava bene, uno nel quale Touko aveva completa fiducia.
L’unico che vedeva adatto per quella speciale occasione.
Il solo che aveva sempre portato con sé.
«Mi affido a te. Sei la mia ultima speranza» biascicò impercettibilmente sfilando dalla borsa la sua ultima Ball.
La Ball di Samurott.

 

 

Belle fissava il Pokégear che teneva saldamente in mano. Aveva chiamato cinque volte di fila Komor  e lui non le aveva mai risposto. Dove si poteva essere cacciato?
La bionda non riusciva a nascondere la preoccupazione che provava per il ragazzo, che ultimamente era più strano del solito e non poteva far a meno di chiedersi cosa stesse tramando.
Appoggiò sconfitta il Gear sopra il tavolinetto nel bar di Levantopoli, posto dove si era recata quella mattina.
Subito si perse nei suoi pensieri vagando con lo sguardo da tavolo a tavolo. C’erano coppiette che chiacchieravano amabilmente, mentre nel bancone si trovavano per lo più affaristi con tanto di giacca e cravatta che leggevano attentatemene  i loro giornali. 
Poi con la mente tornò al suo tavolo. Il caffe ormai si era raffreddato.
E in più N se ne era andato.
N l’aveva ingannata.
N era andato a cercare Touko.
I suoi pensieri erano sconnessi, ma vertevano tutti intorno ad un unico fulcro: cosa le avrebbe fatto l’amica non appena fosse venuta a conoscenza del suo incontro con N?
Da una parte Belle avrebbe voluto avvisarla, ma dall’altra pensava a cosa le avrebbe potuto dire? “Ehi ciao, sono così stupida che ho svelato alla persona che odi dove ti trovi e ora quella persona sta venendo da te”.
No pessima idea.
Touko avrebbe potuto barricare la Lega per sempre quella volta.
Però c’era  una remota possibilità che l’amica, una volta parlato con N, potesse cambiare e ritornare quell’allegra ragazza di un tempo. Magari tutto si sarebbe sistemato e sarebbe tornato come prima.
E Touko l’avrebbe perdonata e sarebbe venuta a lavorare con lei dalla professoressa Aralia… no aveva decisamente bisogno di un altro caffè.
Ne chiese un altro ad un cameriere che passava di lì e poi si mise a far girare il cucchiaino tra le dita con aria stralunata.
La stanchezza le stava giocando brutti scherzi.

 

 

Un maestoso Samurott entrò teatralmente nel campo lotta e si preparò subito in posizione di attacco.
«Forza Samurott» disse Touko per non perdere ulteriore tempo «Usa…»
Il suo ordine fu bruscamente interrotto dal Campione di Kanto che alzò la mano e fece segno di aspettare.
Il ragazzo estrasse la Pokéball di Charizard dallo zaino e richiamò il suo compagno.
«Perché lo hai fatto?» chiese la brunetta incuriosita dall’azione dell’avversario.
«Finalmente hai deciso di fare sul serio» le sorrise Red.
«Cosa pensi stessi facendo prima?» si indispettì Touko.
Poteva dirle di tutto, ma non che non si fosse impegnata. Quello non poteva sopportarlo.
«Tu hai deciso di usare uno dei tuoi Pokémon più potenti e ora...» prese una Pokéball dallo zaino «Io farò lo stesso»
Dalla Ball uscì un imponente Gyarados che si assestò vicino al suo allenatore.
Touko rimase senza parole di fronte a quella specie di mostro.
Charizard in confronto era acqua di rose.
E per di più pure Gyarardos era  un tipo acqua quindi tra gli sfidanti c’era di nuovo un’apparente parità.
“Fantastico” pensò la ragazza sarcasticamente “E ora cosa diamine faccio?”
Era stanca e spossata dalle due lotte in precedenza e doveva ammetterlo: non era più in forma come una volta. Difatti non reggeva bene i ritmi di una sfida abituata com’era a trovarsi a farne una sola alla settimana.
Se le andava bene.
Tuttavia quella era forse l’incontro più importante al quale avesse mai partecipato, sapeva che si contavano su una mano le persone che avevano potuto conoscere il leggendario Red di Biancavilla e lei non poteva di certo lasciarsi perdere una simile opportunità.
Alzò gli occhi al cielo.
Il sole si era alzato e Touko azzardò fosse ormai quasi mezzogiorno. Quella lotta era durata più del previsto.
“E non è finita” pensò più agguerrita che mai.
«Allora ti decidi ad attaccare o si fa notte?» chiese il ragazzo visibilmente annoiato.
«Samurott, partiamo subito con Conchilama» esclamò la ragazza con fermezza.
Incredibilmente il primo colpo andò a segno lasciando Touko sbalordita. Infatti il Gyardados  non aveva nemmeno provato a schivare l’attacco.
«Se credi di avere qualche probabilità di riuscita, avanti colpisci con tutti i Conchilama che vuoi» disse il Campione atono.
Cosa voleva insinuare Red con quella frase?
Intendeva forse dire che Samurott non era all’altezza?
Tutto quello stress accumulato durante la lotta unito all’indisponenza del carattere del ragazzo fecero collassare i nervi di Touko.
Non ce la faceva davvero più a continuare.
Ora come ora avrebbe voluto volarsene con Unfezant alla Lega e rintanarsi in camera.
Voleva abbandonare.
Impallidì a quel pensiero. Lei non aveva mai abbandonato, era andata avanti sempre e comunque ergo ora non poteva arrendersi.
La brezza che quella mattina l’aveva accolta placidamente era aumentata e le spostava davanti agli occhi qualche ciuffo di capelli ribelle che non era legato dal fermaglio. Il vento le solleticava il viso e Touko volle abbandonarsi a quella sensazione di libertà che provava in quel momento.
Stava quasi per dimenticarsi del mondo che la circondava quando sentì un violento sbattere dietro di lei.
Si voltò di scatto e vide che Samurott era stato sbattuto contro un albero al limitare della radura. Si girò allora verso l’avversario e notò che era in posizione di attacco.
«Non puoi distrarti in questo modo Campionessa» la rimproverò Red.
Ancora, si era lasciata distrarre ancora.
Dall’altra parte il Pokémon Dignità si rialzò e Touko si decise di svegliarsi completamente dalla trance in cui era caduta.
«Avanti Samurott, Vendetta» esclamò decisa.
«Schiva» si limitò a rispondere Red, ma sorprendentemente Gyarados non fu abbastanza svelto e venne colpito, anche se di striscio.
«Ira di Drago» ordinò allora il ragazzo.
«Intercettalo con Idrondata» sussurrò la brunetta, ch
era di nuovo presente a sé stessa.
Nello scontro l’attacco del Gyarados risultò più efficace e colpì di striscio il Pokémon Dingnità, ma Touko non demorse, ma anzi ordinò «Usa ancora Vendetta»
Samurott partì all’attacco, ma stavolta l’avversario fu più veloce e dopo aver schivato l’attacco contrattaccò con Gelodenti.
Il Pokémon Dignità indietreggiò ferito, mentre l’avversario prendeva momentaneamente respiro.
Ormai la lotta era agli sgoccioli, entrambi i Pokémon erano provati. L’esito quindi si ridusse ad un ultimo attacco.
«Gyarados, Iperaggio» ordinò Red fermamente.
«Rispondi con Idropompa»
A Touko ora non rimaneva che sperare nell’efficacia del suo ultimo attacco.
Lo scontro generò un rumore assordante cosicché entrambi gli allenatori si dovettero tappare le orecchie per non rimanere storditi.
L’impatto tra i due attacchi fu così violento da far alzare una grande quantità di pulviscolo, annebbiando così la vista del campo lotta.
Quando la brunetta riaprì gli occhi cercò disperatamente la figura del suo compagno in mezzo a quella polvere.
Una volta che il campo tornò visibile la ragazza scorse a qualche metro da lei la figura del suo Samurott.
Era immobile.
Era esausto.
Touko ebbe un mancamento e si inginocchiò vicino al Pokémon, appoggiando la testa sul suo dorso.
Aveva perso.
Quel pensiero le sembrava lontano anni luce eppure era la realtà. Le sembrava quasi di essere in un sogno eppure Red era dall’altra parte del campo che la guardava con espressione indecifrabile.
Era stata sconfitta.
Aveva dato il massimo ma non erano valsi a nulla i suoi sforzi. Cercò mentalmente di capire cosa non avesse funzionato nella sua strategia, ma invano.
La sua mente formulava continuamente lo stesso pensiero.
Richiamò Samurott nella Ball, ma non ebbe nemmeno la forza di alzarsi.
Sentì i passi di Red che la raggiungevano e si preparò al peggio, ma il ragazzo la sorprese.
«Hai un’ottima tecnica, ti faccio i miei complimenti» le disse e il tono sembrava anche sincero, ma Touko non riuscì a credergli, così si limitò a scuotere la testa.
«Nardo mi aveva detto che eri brava» continuò tranquillo il ragazzo.
Nardo.
Perché doveva sempre esserci in mezzo lui?
Touko ormai lo detestava e in quel momento il solo sentir nominare il suo nome le fece ribollire il sangue nelle vene.
«Nardo non sa nulla» rispose fredda.
«Sai devo farti presente un’unica pecca…»
«No, grazie» lo interruppe la brunetta di scattò alzandosi «Non ho bisogno di consigli»
Detto questo fece uscire Unfezant dalla Ball e si preparò ad andarsene. 
Sentiva dentro un'amarezza senza limite e non voleva fare la figura della debole bisognosa d’aiuto.
«Sicura?» le chiese con una punta di sarcasmo Red.

«Ho fatto a meno dei tuoi consigli fino a oggi, penso di poter sopravvivere senza» gli rispose lei spazientita.
Il ragazzo stava per ribattere quando il Gear di Touko squillò.
La ragazza guardò il display.
Era Belle.

 

 
Komor correva a perdifiato verso il luogo da dove aveva sentito l’esplosione qualche secondo prima. Il paesaggio monotono del Bosco Smarrimento non gli aiutava certo l’orientamento, ma ormai il ragazzo era abituato.
Il suo primo pensiero, udita l’esplosione, era andato al maestro.
E se si fosse cacciato nei guai?
Komor svoltò nuovamente, ma si bloccò di colpo di fronte alla figura dell’uomo che gli stava venendo in contro.
Di grossa corporatura, teneva i capelli rossicci legati in una coda disordinata. Indossava la sua solita tunica ocra e camminava con aria bonaria.
Era il maestro, Nardo.
«Nardo!» esclamò Komor «Ti ho cercato ovunque»
«Beh sono qui» rispose l’ex Campione.
«Dove sei stato?» gli chiese il ragazzo ancora con il fiatone.
«Ho visto una lotta»
Le risposte per nulla esaurienti di Nardo avevano il potere di esasperare Komor.
«Posso sapere tra chi?» domandò nuovamente il ragazzo cercando di ricavare qualche informazione.
«Touko» sussurrò l’ex Campione «Non è per nulla cambiata»
Komor rimase interdetto.
Cosa ci faceva lì Touko?
«Scoppierebbe il finimondo se lei scoprisse…»
«Che io ti sto allenando per farti diventare il nuovo Campione» terminò Nardo sorridendo «Ragazzo qualcuno deve pur farlo»
«Fare cosa?» insistette Komor.
«Portarle via il titolo alla Lega» rispose lui freddamente.

 

 
Il Pub di Guna
Cavoli sono in ritardo di un giorno sulla tabella di marcia! Perdonatemi, ma questo capitolo è stato più difficile del previsto e spero almeno sia venuto bene *sorride autoconvincendosi*
Tra l’altro descrivendo brevemente Nardo ho notato che siamo già a due personaggi che portano quella antiestetica acconciatura… andrà di moda…
Ok lasciate perdere le mie profonde riflessioni e niente spero che la storia continui a piacervi!
Ringrazio gli onnipresenti SM99 e Andy Black e in più la nuova lettrice Zoichi Kuronin per le recensioni, ricevere i vostri pareri mi scalda il cuore.
Bien, al prossimo capitolo!

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Capitolo 7
*** Storie e leggende ***


Storie e Leggende

Touko fissò il display del Pokégear per qualche secondo.
Perché mai Belle avrebbe dovuto chiamarla?
In tutta franchezza quello non era il momento giusto per intrattenere una qualsiasi conversazione civile, quindi la ragazza rifiutò la chiamata.
«Non rispondi?» le chiese curioso Red.
«Capitan Ovvio all’attacco…» rispose lei sarcastica.
Ora come ora aveva solo voglia di allontanarsi da tutto.
«Presumo non ti interessi sapere cosa volevo dirti ieri sera a Sciroccopoli…» disse disinteressato il ragazzo.
I ricordi di Touko riaffiorarono subito alla luce. La sera prima Red aveva detto che doveva comunicare delle cose urgenti al Campione e la ragazza, per dimostrargli che fosse lei la Campionessa, era stata costretta ad accettare la sfida.
Moriva dalla voglia di sapere cosa fossero quelle informazioni così importanti da aver scomodato l’allenatore eremita, facendolo scendere dal Monte Argento, ma sapeva che se avesse dimostrato la sua curiosità Red non glielo avrebbe mai detto, perciò si limitò ad alzare le spalle e disse «Se proprio devi dirmelo…»
«Non ci casco Campionessa» sorrise divertito il ragazzo.
La brunetta era una tipa così prevedibile a parere suo…
«Bene, allora cosa volevi dirmi?» gli domandò lei seccata.
«Si tratta di un problema che sta minacciando Unima, Nardo mi aveva chiesto di svolgere qualche indagine, per capire la situazione» Red si bloccò vedendo la faccia di Touko deformata da una smorfia al solo udire il nome “Nardo”.
Evidentemente tra i due non correva buon sangue.
La ragazza fece cenno di fermarsi e si sedette ai piedi della quercia, al margine della radura.
«Se la storia deve andare per le lunghe, lascia almeno che mi sieda» disse lei una volta seduta.
Era stanca e al contatto con l’erba soffice capì che avrebbe potuto addormentarsi facilmente. Tirò un lungo sospiro e lottò con tutta se stessa per seguire il discorso di Red, che era ricominciato.
«Stavo dicendo che svolgendo queste indagini ho scoperto che alla base di tutto c’è un solo colpevole: il Team Plasma»
«Frena, frena, frena. Di che stai parlando e cosa centra il Team Plasma?» chiese Touko visibilmente stupita.

«Rapimenti di Pokémon, incursioni nei  musei alla ricerca di qualche antefatto appartenente ai Leggiendari… sono piccole somiglianze che ho notato tra il vecchio Team e questi nuovi malfattori» spiegò pazientemente Red.
La sua aria da duro era scomparsa di colpo.
“Rapimenti di Pokémon, incursioni?” la mente di Touko era ancora ferma su quei pensieri.
Perché lei non ne sapeva niente?
La sua regione era in pericolo e lei ne veniva a conoscenza solo ora?
La piega che stava prendendo la conversazione fece venire fuori il carattere impulsivo della ragazza, che si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro mentre rifletteva.
Evidentemente alla Lega i Superquattro lo sapevano, e non le avevano detto nulla… che belle persone leali e sincere che aveva intorno a sé!
Batté forte il piede a terra fino a farsi male alla caviglia e calciò un malcapitato sassolino a parecchi metri di distanza.
«Calmati Touko» le ordinò Red fermamente.
Era forse la prima volta che pronunciava il nome della ragazza «Ora ci serve, anzi a Unima serve, il tuo aiuto. Non sappiamo cosa abbia in mente il Team…»
«Fermati Red!» esclamò la brunetta confusa «Il Team Plasma è stato sconfitto da me! Io non credo ci sia nulla che non va, chi mi dice che tutto questo non sia un invenzione?»
Una altra folata di ventò sferzò l’aria mentre la brunetta fissava Red di fronte a sé. Entrambi avevano un’aria impassibile e orgogliosa, anche se Touko era sicura che da lì a poco sarebbe ceduta.
«Non ti fidi di me o non ti fidi di te?» le chiese ambiguamente il ragazzo.
«Cosa intendi dire?»
«Svegliati campionessa, qui sta succedendo qualcosa di grosso, peggiore di ciò che è accaduto l’ultima volta e tu ora vorresti dirmi che non  credi a ciò che ti dico?» anche Red si stava spazientendo.
Dopo tutte le ricerche che aveva fatto quella ragazza non voleva nemmeno credergli.
«Non vedo cosa ci sia di grosso in delle semplici incursioni ai musei…» provò a difendersi lei.
«Sono stati rubati dei manufatti, Gechis o chi per lui ha un piano, ma tu sei troppo orgogliosa per ammetterlo. Togliti i paraocchi Touko!» non era da Red arrabbiarsi fino a quel punto, ma gli sembrava di parlare con una bambina di cinque anni che non ammette i suoi errori.
Dal canto suo Touko sapeva che Red aveva ragione, ma il suo orgoglio, il suo dannatissimo orgoglio, non le permetteva di fare un passo indietro.
«Ghecis l’ho sconfitto io e credo tu stia esageratamente gonfiando la situazione. Appena vedrò dei problemi degni di nota ti informerò, ma per ora…» si avvicinò ad Unfezant che la stava aspettando «Non ho intenzione di crederti» terminò alzando teatralmente il naso all’insù.
«Te lo domando ancora: non credi a me o non credi in te?»
«Smettila di fare domande così stupide» disse lei irritata salendo sul Pokémon.
Dopodiché quest’ultimo spiegò le ali e prendendo una breve rincorsa decollò alla volta del cielo.
La ragazza non si guardò indietro nemmeno per appurare se Red la stesse seguendo o meno e assieme al suo Pokémon si innalzò tra le candide nubi cercando di celare i timori che le si erano annidati nel cuore dopo quella sgradevole conversazione, ma nemmeno l’ebrezza di volare riuscì a cancellare il pessimo presentimento che sentiva.
«Sì, Touko. Tu hai solo paura di non essere all’altezza della situazione» sussurrò Red, rimasto a terra.
Poi con nonchalance prese lo zaino in spalla e si incamminò verso il fitto della boscaglia.
Cosa lo tratteneva ormai a Unima?

 

 

Una figura in impermeabile nero si muoveva tra la folla con movimenti fluidi, ma decisi, passando inosservata. Un cappuccio, nero anch’esso, le copriva la testa, nascondendole la faccia.
Schivava le persone sgusciando tra loro con piccoli scatti e teneva saldamente in mano una valigetta di alluminio.
In pochi si accorgevano di quel nuovo ospite che camminava velocemente tra la ressa di Roteolia.
Il crocevia era spesso frequentato dai soliti fanatici di oggetti che venivano fin lì solo per accaparrarsi le migliori rarità scambiando qualche oggetto in proprio possesso.
La cittadina era come una specie di mercato.
Spilungoni con sorrisi a trentasei denti, felici per l’affare portato a termine, robivecchi che furbescamente piazzavano merce scadente tra i  barattatori e ragazzini alla ricerca di qualche oggetto speciale.
Quello era il tipo di gente che trovavi a Roteolia.
Quindi la maggior parte degli acquirenti erano persone ingenue e credulone.
Un posto perfetto se si era abili manipolatori o venditori senza scrupoli.
Quel giorno era speciale perché come ogni fine settimana nella piazza si accalcavano i venditori più “celebri” con nuovi oggetti rari che a fine serata solitamente erano finiti.
Perciò la calca e tutto quel vociare concitato per molti era motivo di allegria, mentre per altri significava solamente lucrosi affari.
Per quel nuovo ospite però tutto ciò non era altro che una banale futilità, altri piani e altri pensieri occupavano la sua mente.
Così la figura nera continuò a camminare fino a quando non raggiunse la casa dove aveva appuntamento.
Senza troppi preamboli spalancò la porta ed entro in tutta tranquillità.
Ad aspettarla c’era un ragazzo, circa sui vent’anni, il tipico “tanto fumo e niente arrosto”.
Si atteggiava come uno che la sapeva lunga quando si vedeva chiaramente che andava catalogato nella categoria “facili da fregare”.
«Ehi!» esordì il tipo, che dalle informazioni ricavate doveva chiamarsi Felipe.
Per tutta risposta l’ospite chiese rudemente «Allora hai quello che ti avevo chiesto?»
Felipe annuì tirando fuori dalla tasca un foglio sgualcito, mentre l’acquirente lo esaminava con estremo interesse.
«Sono le leggende più antiche rinvenute ad Unima, parlano di Pokémon inimmaginabili» spiegò il ragazzo «Ma tu hai la Statuantica che ti avevo chiesto in cambio?»
A quella domanda l’ospite si tolse il cappuccio rivelando il volto di una diciottenne dai capelli biondo grano. Felipe deglutì per lo spavento vedendo il viso della giovane sfigurato da parte a parte, evidente effetto di una terribile ustione.
Gli occhi blu della ragazza riflettevano un odio immenso nei confronti del mondo e fissavano quelli castani del ragazzo con disprezzo.
La bionda gli si avvicinò con fare minaccioso tanto che il ragazzo i
ndietreggiò verso il muro, sempre più spaventato.
«Credi davvero ti avrei portato la Statuantica?» domandò retoricame
nte lei con voce roca, ma ormai a Felipe era chiara la situazione.
«Ascolta non voglio aver…» le parole gli morirono in gola quando la ragazza lo afferrò per il collo sbattendolo con forza contro la parete.
La presa della giovane era di ferro e per quanto il ragazzo provò a liberarsi ogni suo tentativo fu vano.
Iniziò a vedere tutto intorno sempre più sfocato e più provava a prendere aria più si sentiva annaspare.
Stava soffocando.
Ritentò ancora una volta di sfuggire a quella presa mortale, ma la debolezza iniziava a farsi strada mentre sentiva le unghie della sua aguzzina segnargli il collo.
«Troppo tardi» la bionda gli sputò in volto fissandolo malevola.
L’ultimo pensiero del ragazzo fu chiedersi quale fatto atroce avesse spinto quella ragazza ad agire in quel modo, a emanare così tanto odio e fece quasi per chiederglielo, ma la domanda gli morì in gola come anche il suo ultimo respiro.
«Grazie, sei stato molto utile al Team Plasma» sorrise nuovamente la bionda, per poi mollare la presa sull’ormai inerme ragazzo.
Gli controllò il battito e vide che era assente.
Morto.
Non c’era molto altro da dire.
Guardò distrattamente i segni sul collo del cadavere, segni che aveva lasciato con le sue mani e non si dispiacque minimamente.
La vita andava così in quel mondo.
Prese il foglio che era rimasto nella mano del ragazzo e lo mise all’interno della valigetta come se fosse l’oggetto più prezioso al mondo. Poi uscì in tutta tranquillità socchiudendo la porta.
Sgusciò nuovamente in mezzo a quella gente, inconsapevole del delitto che era appena stato compiuto, e prese il primo treno per abbandonare Roteolia.
Il cadavere sarebbe stato scoperto a ore.
Ma in fondo lei era Adelaide e nessuno poteva fermarla.

 

 
La calma e la tranquillità che si potevano respirare a Fortebrezza erano uniche in tutta la regione di Unima.
La gente lì viveva rinchiusa nel passato, tra antiche leggende e falsi miti.
La struttura della città, ideata come l’interno di un castello, era interamente costruita con mattoni color panna dove camminavano ogni giorno sempre le stesse identiche persone.
A Fortebrezza nascevi e morivi.
In pochi avevano avuto la fortuna di andarsene da quella apparente oasi.
Le case, provviste di attico e piscine, erano sicuramente piene di qualsiasi confort, ma quel posto era falso, solo apparenza.
Gli abitanti di lì non conoscevano praticamente nulla del mondo fuori, coccolati da tutti gli agi possibili e imprigionati in storie sconclusionate e fantasie irreali.
L’ingenuità e la leziosità erano sovrane a Fortebrezza.
Touko, uscita dal centro Pokémon, camminò per l’intricato labirinto di strade che caratterizzava la cittadina fino a giungere nella sua parte più alta e si appoggiò alla ringhiera del muretto.
Da lì poteva scorgere tutto il bosco che circondava la città.
Aveva scelto apposta quella cittadina come meta dopo la sua bruciante sconfitta. Anche la ragazza era apparenza, proprio come Fortebrezza, perciò lì si sentiva in qualche modo compresa.
Buttò l’occhio oltre tutta quella miriade di alberi e scorse in lontananza la Fossa Gigante.
Al solo pensiero un sorriso divertito le increspo le labbra.
C’era una famosa storia raccontata dagli abitanti della cittadina che ruotava attorno a quella misteriosa fossa.
Molta gente che diceva fosse solo il cratere d’impatto di un meteorite, ma la vera leggenda tradizionale era un’altra.
Gliela aveva raccontata una signora del posto tempo prima, durante il suo primo viaggio per la regione.
La leggenda diceva che in quella fossa ci fosse rinchiuso un terribile mostro, giunto  da un altro pianeta, e che questa creatura di notte facesse scendere a Fortebrezza un freddo pungente, rapendo la gente che si trovava fuori casa.
Così gli abitanti durante le ore notturne rientravano spaventati nelle loro abitazioni e dal tramonto all’alba le strade erano deserte.
La prima volta che Touko aveva sentito questa storiella aveva pensato immediatamente ad una stupidaggine del posto e aveva aspettato la notte per accertarsi della veridicità delle parole della signora.
Inutile dire che arrivato il buio nessun terribile mostro aveva fatto la sua comparsa, anche se una brezza fredda era scesa col calar del sole…
A Touko erano sempre piaciute le leggende, la distraevano e le strappavano spesso un sorriso.
Però quel giorno la brunetta non riusciva a calmarsi in nessun modo.
Le parole di Red l’avevano scossa nel profondo. Non tanto per la storia di una eventuale ricomparsa del Team Plasma, ma più che altro per la frase “non credi a me o non credi in te”.
In fondo lei era Touko, eroe di Unima, Campionessa indiscussa, grande allenatrice eppure… e se ci fosse stato un fondo di verità in quelle parole?
La ragazza scosse la testa persa nei suoi pensieri e tornò a volgere lo sguardo al cielo in direzione della sua “casa”, la Lega.
Ciò che vide, però, la lasciò impietrita e per poco non temette di avere le allucinazioni. Strizzò maggiormente gli occhi per mettere meglio a fuoco l’immagine che le si presentava di fronte agli occhi.
Non poteva crederci.
Era assolutamente impossibile.
Doveva essere impazzita.
Ma no, lo vedeva.
Un enorme drago bianco si stava avvicinando tranquillamente alla Lega.
Touko montò immediatamente in sella ad Unfezant e lo spronò a volare il più velocemente possibile.

 

 
Il Pub di Guna
Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Il mio ritardo è terribile, ma impegni sportivi mi hanno tenuta lontana dal computer per parecchi giorni. Perciò scusate ancora per il ritardo.
Questo capitolo, lo ammetto, mi sono divertita molto a scriverlo e spero sia venuto bene. So che non succede niente di che ma… insomma Felipe viene ucciso!
Chi è Felipe? Bella domanda, ho preso un nome a caso e BAM l’ho fatto morire.
Divertente no? No, lasciamo perdere.
Beh spero il capitolo vi sia piaciuto e il prossimo prego di riuscire a pubblicarlo entro settimana prossima.
Passo ai ringraziamenti. Un grazie immenso a SM99, Andy Black e Barks per aver recensito la storia, le vostre opinioni sono molto importanti per me anche per potermi migliorare.
Bien un saluto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** Legami ***


Legami

Unfezant atterrò all’entrata della Lega mentre Touko smontò dal dorso agilmente, non lasciando nemmeno il tempo al Pokémon di posarsi a terra.
Si avvicinò a grandi falcate al portone principale ed entrò spingendo con forza la porta. 
Il corridoio di fronte a lei era ampio ed ogni minimo rumore si propagava con un fastidioso rimbombo, mentre la volta era talmente alta che risultava faticoso riuscire a vederne il soffitto e dava un senso timore a chiunque vi entrasse. 
Il marmo del pavimento era rigorosamente nero con qualche venatura bianca che cercava timida di farsi strada in quell’oblio di oscurità. 
I candelabri appesi alle pareti emanavano una luce fioca, insufficiente per illuminare adeguatamente tutto il corridoio e creavano talvolta sinistri giochi di luci e ombre.
La ragazza attraversò l’androne fino ad arrivare ad una porticina d’ebano.
Passata anche quella la brunetta entrò nella sala centrale, ovvero quella stanza circolare dove si poteva accedere ai locali dove alloggiavano i Superquattro. La Campionessa aveva tenuto quella struttura orbicolare appartenuta alla vecchia Lega, giudicandola un’idea intelligente, ma naturalmente aveva cambiato il colore alle pareti in nero e aveva coperto con vetrate scure le finestre,  un tempo luminose.
E poi il cambiamento maggiore: la stanza della Campionessa.
La statua al centro della sala, che un tempo si sarebbe trasformata in ascensore e avrebbe portato lo sfidante in nei piani inferiori fino a raggiungere le stanze di Nardo, era stata distrutta. 
Al suo posto Touko aveva fatto costruire all’apparenza una semplice colonna marmorea che però al suo interno rivelava una cavità ed era provvista di una piattaforma in cui pochi avevano avuto il privilegio di viaggiare. 
Essa infatti portava definitivamente al locale dove la Campionessa svolgeva le rare lotte a cui veniva sottoposta e ancora più in alto si trovavano le stanze appartenenti a Touko.
Tutto era sopraelevato cosicché la ragazza, se voleva, poteva dall’alto dei suoi appartamenti ammirare il fantastico panorama sottostante di Unima e in qualche modo vegliare su di essa.
Bugie.
La brunetta non si era mai affacciata alla finestra tranne che per una volta, molto tempo prima, quando alla sola vista di quel paesaggio aveva avuto un mancamento, non dalle vertigini, ma bensì dettato dall’ansia che l’aveva colta vedendo quello che l’avrebbe aspettata.
La protezione della regione non faceva per lei.
Da quel momento si era ripromessa di non avvicinarsi più alla finestra, evitando così una possibile vista del territorio, e così era stato.
Vegliare su Unima era solo una mera illusione, qualcosa a cui teneva, ma per cui sapeva di non essere portata.
Era meglio non crearsi troppe aspettative.
Un’altra modifica che aveva apportato era l’allestimento di una sala monitor dove poteva controllare qualsiasi cosa accadesse alla Lega, così da essere informata in anticipo su eventuali sfidanti.
Aveva anche montato un sistema di comunicazione per poter dialogare con i Superquattro e tenersi aggiornata senza essere costretta a vederli di persona.
Era un luogo molto utile e fu lì che Touko si precipitò una volta arrivata al suo piano.
Accese il primo monitor, quello nel locale di Catlina e vide la ragazza tranquillamente seduta nel letto al centro, intenta a sfogliare una rivista.
«Catlina, mi senti?» chiese la brunetta con la voce che le tremava.
La bionda si guardò intorno spaesata per poi ricordarsi del sistema di comunicazione e ricomporsi immediatamente nella sua solita aria di superiorità che adottava sempre in presenza di gente.
«Si, perché?»
«Hai per caso combattuto contro un allenatore oggi?» chiese Touko affannata.
«Ma certo, Touko, come ogni giorno» rispose Catlina reprimendo una risatina che alle orecchie della brunetta arrivò oltremodo fastidiosa.
Si impose di respirare profondamente per non urlarle contro qualcosa e si limitò a domandare «Mi sto riferendo ad un allenatore con i capelli verdi, che possiede un drago bianco…»
«Intendi N?» il tono della Superquattro aveva una punta di malizia
«Sì, Catlina, proprio lui»
«Touko, non dirmi che credi che lui sia ancora qui ad Unima?»
La brunetta a volte detestava Catlina e il suo modo di fare, così superbo e perennemente sicuro di sé.
«Hai ragione evidentemente mi sono sbagliata» la ragazza chiuse velocemente quella sgradevole conversazione e si immerse nei suoi pensieri.
Non poteva averlo immaginato, lei aveva visto un drago bianco simile a Reshiram volare verso la Lega o… stava iniziando ad avere le allucinazioni?
Forse lo stress e la stanchezza la stavano mandando fuori di testa o forse la lotta contro Red l’aveva esaurita a tal punto da farle immaginare qualcosa di inesistente, ma comunque stessero le cose N non c’era e non ci sarebbe mai stato, di quello poteva esserne certa.
Lui non sarebbe mai tornato ad Unima.

 

 
La camminata da veloce era diventata praticamente una corsa.
Una corsa disperata, una corsa contro il tempo.
Sì, perché Belle aveva appena ricevuto una chiamata dalla Professoressa Aralia la quale le aveva chiesto aiuto. E dal tono di voce che la sua superiore aveva usato non sembrava promettere nulla di buono.
Belle si fermò un secondo, esausta dal tragitto che aveva intrapreso da Quattroventi e prese fiato. Alzò la testa e vide non troppo lontana l’entrata della cittadina di Soffiolieve, la sua città natale.
La calma piatta di quel paesello era per molti ragazzi un incentivo ad andarsene, a partire per un viaggio.
Belle si immerse per un momento nei ricordi dell’ infanzia vissuta con i suoi due migliori amici: Komor e Touko.
Anche i tre un tempo avevano deciso di dare un taglio alla monotonia di quella vita ed erano partiti insieme.
Avevano sfidato le difficoltà più grandi per loro: Belle era riuscita a diventare indipendente dal padre, Komor aveva finalmente trovato la sua strada e Touko? Beh Touko aveva vinto contro il suo difetto maggiore ovvero l’insicurezza che sin da bambina l’aveva sempre caratterizzata.
Insieme erano cresciuti e maturati ed erano arrivati persino a sconfiggere il Team Plasma, collaborando con i migliori allenatori di Unima.
I tre ragazzini timidi e impacciati di Soffiolieve erano scomparsi lasciando spazio a tre allenatori degni di tutto rispetto.
Avevano girato Unima in lungo e in largo e forse, a ben pensarci, Soffiolieve e la sua monotonia ora erano un’attrattiva più che valida per staccare dalla vita frenetica di ogni giorno.
Ironicamente quando avevano deciso di partire lo avevano fatto per ragioni opposte e non si sarebbero mai aspettati ciò che la vita avrebbe dato loro in quei tre anni.
Finalmente Belle arrivò alle porte della cittadina e si fermò nuovamente. Era molto stanca, ma più che per la corsa erano ben altri pensieri a rendere il suo passo incerto.
Alla sola vista del centro del paesello, della casa di suo padre e della piazzetta dove tempo prima era iniziata la sua avventura a Belle si formò un nodo in gola.
Si sentì subito sola e per la prima volta ebbe malinconia dei tempi andati. Guardò la casa di Komor e quella della ormai Campionessa e non poté far a meno di versare una lacrima mentre degli sporadici ricordi riaffioravano nella sua mente.
Era sola.
I suoi amici di sempre ormai erano lontani da lei, indifferenti alla sua vita e il numero di volte di quando i tre si incontravano calava drasticamente di mese in mese.
Tutto era cambiato radicalmente e ora Belle si ritrovava con un vuoto dentro che la divorava di giorno in giorno, come un nemico silenzioso. Era come “isolata” dalle persone a cui voleva più bene.
Anche poco prima aveva cercato di chiamare Touko per potersi sfogare come un tempo, ma lei non le aveva nemmeno risposto.
Non c’era da stupirsi dato che faceva così con tutti, nessuno escluso.
Molte volte sua madre l’aveva cercata e Belle stessa aveva visto la brunetta rifiutare con tranquillità le numerose chiamate.
La freddezza di cui Touko si avvaleva era per la bionda motivo di sofferenza e molte volte aveva cercato di parlarle, di farle capire la solitudine che provava, ma mai una volta era riuscita a formulare un discorso articolato.
I legami affettivi della Campionessa erano stati tutti troncati dalla sua indifferenza, persino quelli familiari.
Forse Belle poteva andare a trovare la madre dell’amica e dare così alla signora uno straccio di notizie della figlia, ma poi ci ripensò e tornò mentalmente al motivo per cui si trovava lì.
Si era fatta distrarre dai ricordi troppo facilmente, ma ricordava bene la chiamata della sua superiore perciò riprese in fretta a camminare.
Svoltò l’angolo ed entrò rapidamente nel laboratorio della Professoressa Aralia.
La porta era stranamente socchiusa e presentava dei segni di scasso vicino alla serratura, cosa che non prometteva nulla di buono.
Con il cuore in gola la aprì lentamente, misurando ogni gesto e cercando di captare un qualsiasi rumore, ma ciò che vide la lasciò senza parole.
Il laboratorio, sempre pulito e ordinato, si trovava nel caos più totale.
Il pavimento era come tappezzato di fogli disordinati, molti dei quali strappati, mentre i muri solitamente immacolati erano pieni di graffi e in qualche punto l’intonaco presentava dei buchi.
Le apparecchiature erano a terra, distrutte e molti mobili giacevano capovolti sulle fredde piastrelle.

Si poteva imputare la colpa di quella distruzione ad un terremoto senonché nell’aria aleggiava uno sgradevole odore di bruciato.
La biondina provò a muovere un passo in mezzo a quella devastazione, ma le parve di avere i piedi di piombo. Era spaventata, doveva ammetterlo.
Le lampade sul soffitto erano ridotte in mille pezzi e rimaneva solo la luce del tardo pomeriggio ad illuminare la stanza.
Presa da una grande paura Belle si affrettò a raggiungere lo studio personale della Professoressa e spalancò violentemente la porta, pronta eventualmente a portare soccorso.
La donna era in piedi, appoggiata alla scrivania che singhiozzava sommessamente, le braccia strette intorno alle spalle, come a difendersi e il capo abbandonato a sé.
Non appena sentì la porta aprirsi alzò lo sguardo verso la bionda e provò a parlare, ma l’ennesimo singhiozzo la scosse da capo a piedi mentre altre numerose lacrime le solcavano le guance.
La biondina si domandò cosa avesse potuto ridurre così l’altresì forte e tenace Professoressa. Doveva essere un fatto molto più grave rispetto alle sue aspettative.
«Cosa è stato?» provò a chiedere timorosa Belle, mentre cercava di avvicinarsi alla donna.
La domanda rimase sospesa nel vuoto per un minuto buono.
Poi finalmente Aralia alzò nuovamente lo sguardo, ma stavolta parlò «L-loro sono…» ogni parola pareva provocare al corpo della donna un immenso dolore e difatti faticava ad andare avanti «…sono tornati»
«Loro chi, Professoressa?»
Nel subconscio di Belle un’angoscia sempre più grande si stava facendo strada, ma la bionda provò a non darla a vedere per non urtare maggiormente Aralia che dalla sua sembrava a pezzi.
I suoi occhi verdognoli erano rossi dalle lacrime versate e lanciarono a Belle uno sguardo di grande sofferenza mischiato a… colpevolezza?
«D-devo p-parlare con Touko» disse tremante la donna prima di cadere a terra priva di coscienza.

 

 

«Touko, Touko»
La voce di Marzio arrivò dritta alle orecchie della brunetta, distraendola dai suoi pensieri.
«Che c’è?» chiese la ragazza seccata, parlando al microfono.
«Un allenatore mi ha appena battuto» il Superquattro sembrava senza fiato.
«Nessuno è invincibile…» rispose Touko annoiata.
A volte i discorsi di Marzio erano monotoni e privi di senso perciò la Campionessa non dava mai molto peso alle sue parole.
Poi però come un lampo un terribile pensiero la fece sobbalzare.
«Chi ti ha battuto?» si affrettò a chiedere.
«N»
La risposta fu lampante.
N.
Allora era vero, allora la brunetta aveva visto giusto. Quel drago di poco prima era realmente Reshiram!
Per qualche secondo la ragazza fu felice di non aver iniziato a dare di matto, ma subito dopo la realtà le si parò davanti.
L’odioso passato di Touko era tornato. E con lui le più grandi paure della ragazza.
Perché era lì? Perché proprio ora? Perché proprio a lei?
Le domande si addensarono nella sua mente, mentre la brunetta si portò le mani alle tempie per provare a calmare l’ansia che le stava crescendo dentro.
Lucidità. Doveva essere razionale.
Prese tre respiri per regolarizzare il battito del suo cuore che era schizzato  a mille.
Perché mai N le faceva ancora quell’effetto?

Lei lo odiava, lo odiava con tutta sé stessa e di motivi ne aveva a centinaia eppure in quel momento la sua mente si focalizzò sul ricordo del volto del giovane…
No, stavolta lei non sarebbe caduta. Il “principino” questa volta avrebbe dovuto faticare.
Non poteva per ovvie ragioni aspettarsi un trattamento gentile, non avrebbe creduto di certo che Touko lo avrebbe accolto a braccia aperte offrendogli magari tè e biscottini.
La Lega era la sua casa, la sua fortezza e anche la sua prigione. Ma come lei non poteva uscirci nemmeno lui poteva entrarci con facilità.
Lei aveva i Superquattro dalla sua e li avrebbe utilizzati come si utilizzano le pedine di una scacchiera. E se tutto fosse andato per il meglio forse Touko non avrebbe nemmeno dovuto incontrarlo.
«Catlina!» esclamò prendendo l’altro microfono e accendendo tutti i monitor delle sale.
«Ancora allucinazioni Campionessa?» fece la bionda sarcastica.
«Ascolta, Marzio è appena stato battuto da N perciò prima o poi dovrà arrivare anche da te… fermalo» la richiesta di Touko sembrava più un ordine, ma poco importava.
«Per l’ultima volta: N non c’è»
«Sì, invec…» la brunetta a momenti non si strozzò con la sua stessa saliva.
Nel monitor posizionato nel locale di Antemia aveva fatto capolino una figura di un ragazzo dai lunghi capelli verdi, che saliva le scale con studiata lentezza.
«Beh vediamo che sai fare Natural» sussurrò Touko.
Antemia era una bravissima Allenatrice e la Campionessa era certa che si sarebbe battuta benissimo. Il “principino” avrebbe avuto vita breve alla Lega.
La brunetta parve rilassarsi per qualche secondo, crogiolandosi nel pensiero di aver scampato un possibile scontro contro N quando vide nel monitor il ragazzo usare come Pokémon Reshiram.
Per gli scontri lei non usava mai Zekrom, le sembrava una mossa scorretta dal momento che i leggendari erano di sicuro superiori a tutti gli altri Pokémon.
In quella situazione, nonostante Antemia fosse forte e godesse della fiducia della Campionessa, fu lampante che lo scontro sarebbe finito in favore del principe. E così fu.
«Accidenti» imprecò Touko sottovoce, mentre senza perdere tempo contattava Mirton.
Nel frattempo infatti N si stava dirigendo nella sala di Catlina e la brunetta non aveva nessuna voglia di avvertirla nuovamente. Odiava essere trattata come una stupida e Catlina era maestra in questo.
«Mirton ci sei?»
«Certo cara dimmi» rispose lui affabile come sempre.
Il Superquattro di tipo buio a discapito del suo aspetto da menefreghista e “estraneo al mondo” come lo definivano molti, con Touko era sempre stato il più gentile lì dentro e l’unico che non la trattasse come una pazza con problemi di personalità. 
E quello era stato sin da subito un punto in suo favore.
Mirton si comportava normalmente e la brunetta non poteva chiedere di meglio perciò lei e il ragazzo erano sin da subito diventati amici.
Certo “amici” nel senso inteso da Touko ovvero “scambiarsi qualche parola alla settimana” però quello era già un risultato che pochi avevano ottenuto.
Erano anime in un certo senso affini, ma era chiaro che la Campionessa non provasse altri sentimenti al di là del rispetto verso il Superquattro. 
Ed a entrambi andava bene così.
«N è qui» la voce di Touko non era mai stata così carica d’ansia e Mirton se ne accorse immediatamente.
«Non posso aiutarti molto in un possibile scontro con Reshiram, ma dimmi ciò che devo fare e lo farò» 
«Non posso chiederti di fermarlo perché ciò è impossibile, ma ti chiedo di danneggiare Reshiram il più possibile» ormai quella della brunetta era una supplica.
«E se io non ce la facessi…» anche Mirton era palesemente preoccupato dalla comparsa dell’ ex principe del Team Plasma.
«In tutti questi anni ho allenato voi Superquattro per questo momento, N è un allenatore forte ma tu non devi sottovalutarti»
«Farò del mio meglio Campionessa» la rincuorò lui con un sorriso.
Touko mentalmente lo ringraziò per le incoraggianti parole, ma sapeva bene che non poteva permettersi il lusso di perdersi in chiacchiere perciò interruppe la comunicazione e tornò a vedere lo scontro tra N e la Superquattro di tipo Psico.
Inutile dire che l’ex principe vinse senza alcun problema sotto gli occhi di una scioccata Catlina e si diresse verso l’ultima sala.
La brunetta seguì con il cuore in gola tutto lo scontro e dovette ammettere che Mirton riuscì a difendersi bene, ma a nulla valsero i suoi immensi sforzi contro il leggendario Reshiram.
Era arrivata l’ora.
Touko si diresse verso la sala lotta del Campione e respirò profondamente.
Sentì l’ascensore arrivare al piano prescritto e chiuse gli occhi.
Non voleva vederlo.
Il suo più grande incubo si stava materializzando proprio in quel momento.
E poi la sentì.
La sua voce cristallina e diretta, senza mezzi termini, una voce che per molto tempo aveva sperato di udire. 
Una voce che quel giorno però le sembrò solamente come la lama di un coltello che lentamente le trapassava la testa.
Sì, dovette ammetterlo.
Le fece molto male sentire quella frase pronunciata con leggerezza, quasi ilarità. 
E lo odio maggiormente, solo per quelle poche parole.
«Ti trovo bene Touko»

 

 

Il Pub di Guna
Uh Uh, N è arrivato!
E adesso sono cavoli per tutti.
Aralia è in coma farmacologico assistito e Belle è in depressione.
Touko invece è la solita “adorabile personcina”
Spero il prospetto vi piaccia  perché io mi sto divertendo un mondo a muovere questi personaggi come marionette *risata malefica*
La descrizione della Lega è esattamente quella che ho nella mia mente (ma no?) e spero di averla resa bene. In tutta franchezza, faccio schifo a descrivere (e non solo direte voi)
Lo so che il capitolo è un po’ più lungo del solito, ma così mi sono fatta perdonare per il ritardo e per la schifezza dello scorso capitolo
Sì, oggi sono ottimista e positiva…
Beh niente, spero davvero il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio Ashura_exarch, Andy Black, SM99 e Zoichi Kuronin per le gentili recensioni e mi raccomando fatemi sapere se avete dubbi o perplessità riguardo l’andamento della storia. Ci tengo molto e vorrei venisse il meglio possibile!
Un saluto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Fredda indifferenza? ***


Fredda indifferenza?

Per qualche terrificante secondo Touko si dimenticò di far entrare aria nei polmoni. 
Cercò di ispirare, ma era come se un grosso  macigno le si fosse appena appoggiato sopra il torace.
Sentì  immediatamente  i passi di N che si avvicinavano perciò non poté frenare l’istinto di riaprire gli occhi.
Lui se ne stava lì a qualche metro di distanza, in piedi, impassibile come sempre e teneva gli occhi fissi sulla ragazza. Il suo sguardò però era indecifrabile anche se vi si leggeva dentro una profonda tristezza.
Touko provò ad articolare una qualche parola di senso compiuto, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono, al che N si mise inaspettatamente a ridere.
E quella risata ilare, spontanea e gioviale fece ribollire il sangue nelle vene della brunetta.
«Cosa trovi tanto divertente?» chiese scocciata, incrociando le braccia e cercando di assumere una posa di superiorità.
«Beh almeno mi parli ancora» fu la genuina risposta di N.
E la ragazza non ci vide più.
Stava per rispondergli di tornarsene da dove era venuto, di non farsi più vedere e di sparire dal mondo intero, condendo il tutto con qualche insulto, ma la nuova Touko fredda e distaccata prese il sopravvento.
«Cosa mai dovrei provare per te? Né odio né amore, solo una semplice indifferenza, perciò non vedo perché non dovrei parlarti»
La freddezza con cui la brunetta pronunciò quelle poche parole sorprese sia lei che N e un lugubre silenzio scese nella sala, interrotto solamente dal tenue scrosciare di una leggera pioggerellina estiva.
E pensare che fino a pochi istanti prima un bel sole illuminava Unima…
Più i secondi passavano più l’atmosfera sembrava farsi pesante, perciò Touko, stanca di quell’inutile perdita di tempo, decise di rompere il silenzio.
«Perché sei qui?»
Una domanda semplice, una risposta complicata.
N parve ponderare bene le parole, temendo quasi di dare un responso troppo affrettato, cosa che non sfuggì allo sguardo indagatore della brunetta.
Lo stava osservando sin da quando era entrato e si era subito accorta dello strano comportamento da lui assunto, era come se non si sentisse a suo agio e fosse pronto a fuggire da un momento all’altro.
«Avevo voglia di tornare ad Unima…» buttò lì con disinteresse il principe.
«Vorrei la verità» sussurrò Touko visibilmente irritata.
«Questa è la verità»
La ragazza lo fissò per qualche secondo per poi scuotere la testa sconsolata. Perché anche N le mentiva?
Cosa avevano tutti da nasconderle?
L’atmosfera divenne ancora più tesa, ma stavolta a parlare fu N.
«Avrei bisogno di un favore…» persino la sua voce tremava, consapevole della richiesta che stava per fare.
Touko, al solo udire quelle parole, alzò afflitta lo sguardo sorridendo amaramente e girò i tacchi in direzione della sua stanza. Non sarebbe stata un secondo di più ad ascoltarlo e la sola idea che lui le avesse anche chiesto aiuto le sembrava ridicola.
Era pazzo se pensava che lei lo avrebbe aiutato.
Dopo anni di assenza poteva considerarsi fortunato per non aver ricevuto un sonoro ceffone e di questo Touko ne andava fiera. Il suo distaccamento dalle emozioni, a cui stava lavorando da tempo, iniziava a dare i suoi frutti.
Lei non era più una persona impulsiva, e ne era contenta.
Nonostante questo però il ragazzo la metteva ancora in difficoltà, le ricordava la vecchia Touko, quella che con tutta sé stessa aveva cercato di cancellare, e con lui non riusciva a essere fredda come voleva. 
Perciò la scelta a suo parere migliore era quella di andarsene e scordarsi del brutto incontro.
La brunetta non fece nemmeno in tempo a fare tre passi che subito N le si avvicinò rapidamente e la prese per il polso.
Al solo contatto una scossa le attraversò la schiena, mentre il cuore le si bloccò in gola.
«Che vuoi?» la domanda le uscì quasi rotta da una crisi di pianto imminente, ma nonostante ciò riuscì a trattenersi.
N dalla sua la guardava con un misto di preoccupazione e tenerezza.  Guardandola riconosceva la vecchia ragazza di un tempo, ma si rendeva conto dell’errore fatto in passato e vedeva in lei le conseguenze delle sue azioni.
«Ho bisogni di aiuto»
«Scordatelo» l’esclamazione le uscì come un urlo «Vattene N!»
Il ragazzo se lo aspettava, ma ne rimase ugualmente colpito.
Fin da subito aveva messo in conto che la sua “impresa di riappacificazione” sarebbe stata difficile, ma confidava ancora nel suo piano.
«Touko ascolta…»
«No!»
«Ti prego»
«Sparisci»
«Io…»

«Non voglio più vederti» la brunetta si girò e piantò i suoi occhi cerulei in quelli grigiastri di lui e N si accorse con rammarico che vi si leggeva all’interno solo molto odio.
Qualche lacrima iniziò a bagnare il bel viso della ragazza che però scosse la testa e se le asciugò velocemente. Non poteva piangere, non davanti a lui. Lei doveva mostrarsi forte.
«Dammi almeno un secondo» il tono di N era supplichevole, ma Touko con uno strattone si liberò il polso e riprese a camminare ignorando beatamente l’approccio diplomatico del ragazzo.
Al che il principe perse la pazienza.
«Grazie Touko, veramente grazie!» urlò, ma fu come parlare al muro.
Frustrato stava quasi per tornare all’ascensore quando si ricordò di dove si trovasse. Quella era la Lega e lui aveva battuto tutti i Superquattro.
Una piccola luce di speranza si accese nel suo cuore.
Estrasse dalla cintura la Ball di Reshiram e fece uscire il leggendario proprio al centro della sala lotta.
La brunetta avvertì un potente ruggito alle sue spalle e si girò alquanto confusa. Rimase a bocca aperta di fronte all’enorme drago bianco e rivolse a N uno sguardo riprovevole.
«Sei forse impazzito! Che ti salta in mente?»
«Sono alla Lega come sfidante perciò… ti sfido»
Ora c’era una nuova determinazione nei suoi occhi e Touko riconobbe lo stesso tono di sfida che quel ragazzo tre anni prima le aveva rivolto, quando ancora era al servizio di Ghecis. Al solo ricordo una fitta le trapassò il cuore, e altre lacrime fecero capolino nei suoi occhi. Respirò a fondo e cercò di focalizzarsi nuovamente sulla realtà.
«Neanche per sogno»
Tutta quella situazione le sembrava paradossale.
«Mi spiace, sono le regole Campionessa»
Certamente, messa in questo piano, la brunetta non poteva fare alcunché. Se si fosse rifiutata avrebbe perso il posto di Campionessa e l’ultima cosa che voleva era far si che proprio l’ex principe del Team Plasma divenisse Campione.
Non aveva altra via d’uscita che lottare anche se l’idea non l’allettava molto.
«Bene allora» rispose a denti stretti e N sorrise nuovamente riconoscendo ancora la vecchia e orgogliosa Touko che non faceva mai un passo indietro.
Sorprendentemente pure la brunetta fece uscire dalla Ball, che aveva preso non appena aveva rimesso piede nella Lega, Zekrom.
Il possente leggendario era l’unico Pokémon nella sua squadra che non aveva mai usato in battaglia da quel fatidico giorno di tre anni prima, ma lei diligentemente aveva continuato ad allenarlo aspettando il momento opportuno per farlo scendere in campo.
Quel momento era arrivato.
«Per alzare un po’ la posta che ne dici di un patto: se vinco io allora dovrai ascoltarmi…» propose N sbilanciandosi.
«E se vinco io tu sparisci dalla mia vita» finì Touko con un sorriso sadico stampato in faccia.
Sulle prime N si sentì offeso, ma poi si focalizzò sul pensiero della imminente vittoria e una nuova sicurezza gli invase corpo e mente.
«E sia!» esclamò convinto.
Per lui quello scontro significava speranza, per Touko vendetta.
I leggendari iniziarono a combattere mentre fuori stava ancora piovendo.

 

 
«Lasciami passare» urlò affannata Belle cercando di convincere un nervoso Marzio che le stava impedendo di entrare alla Lega.
«Sai bene che nella stanza principale non ci può arrivare nessuno se prima non ha battuto i Superquattro» l’uomo era inflessibile.
«Si ma io… conosco Touko»
«Mi spiace, dovrai aspettare»
La biondina cercava di convincere inutilmente l’uomo da un quarto d’ora, ma senza grandi risultati.
Nel frattempo Aralia se ne stava in disparte, pallida come un lenzuolo, e si torceva nervosamente le mani come in preda ad un attacco di panico.
Belle l’aveva aiutata a riprendersi dal mancamento, ma la Professoressa da quel momento non aveva più parlato perciò la ragazza aveva optato per una visita da Touko.
Le cose però non stavano andando nel verso giusto.
Finalmente la biondina si arrese e sbuffando si allontanò dall’entrata prendendo sottobraccio un’inerme Aralia.
«Non si preoccupi Professoressa, ora trovo il modo per farla parlare con Touko» disse Belle cercando di tirare su di morale la donna, ma questa si limitò ad annuire spaesata.
Ora alla ragazza non rimaneva che giocare la sua ultima carta.
Si diresse verso il centro Pokémon vicino alla Lega per poter contattare Mirton, l’unico dei Superquattro che conosceva discretamente bene, nonché il solo che avrebbe acconsentito a farla parlare con l’amica.
Una volta entrata si sorprese nel vedere che il ragazzo era già lì, cosa che però le fece risparmiare il tempo della telefonata.
«Ehi Mirton!» salutò con il migliore sorriso del suo repertorio.
Lui si voltò e non appena la riconobbe le venne incontro sorridente. Belle era una amica di Touko e perciò agli occhi del Superquattro acquisiva importanza. Lui aveva molto rispetto nei confronti della Campionessa e quindi di conseguenza si fidava cecamente di ogni sua amica.
Non fece nemmeno in tempo a salutarla che notò il suo sguardo perplesso così rispose in anticipo «Se ti stai chiedendo cosa ci faccio in un Centro Pokémon devi sapere che sono appena stato battuto»
Impossibile.
Mirton, a detta di Touko, era uno dei migliori Allenatori della Lega.
«Davvero? E da chi?» domandò interessata la biondina.
«Da N»
Belle sussultò.
Lui era già arrivato. L’aveva preceduta e la cosa la infastidiva parecchio.
Per di più questo era l’ennesimo problema da aggiungere alla già lunga lista.
«Oh…m-mi dispiace» provò a balbettare «Senti io devo urgentemente parlare con Touko»
La via diretta era la migliore.
«Perché?»
La biondina indicò Aralia vicino a sé e Mirton si accorse della sua presenza per la prima volta. 
Quella donna era davvero silenziosa.
«Certo capisco, allora vi faccio entrare» disse sbrigativo, fissando ancora incuriosito la Professoressa.
Belle esultò silenziosamente. Sapeva di poter contare su di lui che neanche stavolta l’aveva delusa.
Forse non era troppo tardi per avvertire l’amica, forse N era ancora impegnato a battere gli altri Superquattro e magari per una volta le cose le sarebbero andate bene.
Non le restava che sperare e affrettarsi a raggiungere Touko.
Così riprese sottobraccio la catatonica Professoressa e seguì il ragazzo in direzione della Lega.

 

«Incrofiamma!»
«Incrotuono!»
I due attacchi si annullarono a vicenda una volta entrati in contatto.
Non c’era verso, i due leggendari erano alla pari e questo irritava parecchio Touko che però cercava di non darlo a vedere. Si era imposta di mantenere la calma comunque fossero andate le cose e intendeva rimanere fedele al suo proposito.
Dalla sua N rimaneva concentrato e studiava ogni singola mossa possibile anche se doveva ammettere che quella situazione lo stava mettendo in seria difficoltà.
La brunetta per lui era sempre stata un’avversaria ostica.
«Fuocobomba» ordinò perentorio mentre Reshiram caricava il colpo.
«Fulmindenti»
La scelta di quella mossa sorprese N, che non si aspettava un attacco fisico da parte dell’avversario.
La lotta per il momento era stata combattuta solamente con attacchi indiretti, cosa che aveva contribuito a mantenerne la sfiancante stabilità
“Poco male” pensò il ragazzo “Fuocobomba lo colpirà in pieno”.
Le sue speranze però si infransero non appena il Pokémon Nero contrattaccò con Fulmindenti la bomba infuocata, rimanendo pressoché illeso, mentre da una posizione di superiorità si preparava a scagliare Tuono.
Una simile sequenza di attacchi era degna dei migliori Allenatori, senonché naturale conseguenza di un faticoso allenamento e di un’ottima intesa emotiva.
Ed N era colpito alla vista del legame creatosi tra Touko e Zekrom che sembravano lavorare con una sola mente.
A riportarlo alla realtà fu il ruggito sofferente di Reshiram che era stato centrato dalla scarica elettrica in pieno ventre. Fortunatamente non parve riportare grossi danni tant’è che si alzò anche lui in volo e senza un ordine diretto lanciò un altro Fuocobomba.
Zekrom venne colpito di striscio rimediando una lieve bruciatura al braccio ed a un solo cenno di Touko partì con un altro Fulmindenti paralizzando la gamba dell’avversario.
«Ora basta» sussurrò N a denti stretti «Reshiram finiamola con Fuocoblu»
«Zekrom, tu usa Lucesiluro» la voce della brunetta era determinata e il ragazzo capì che sicuramente non avrebbe vinto con tanta facilità.
Gli attacchi sfoderati erano i migliori di entrambi i Pokémon e sia lui che Touko alzarono lo sguardo per vedere lo scontro titanico,  quando una voce proruppe nella sala.
«Touko, Touko!»
La brunetta si girò di scatto allarmata e vedendo Belle con la Professoressa Aralia impallidì. Erano troppo esposte all’attacco e si sarebbero potute ferire.
«Fermo Zekrom» urlò con tutta la voce che aveva, ma il suo compagno non la sentì.
I due Pokémon erano completamente assorbiti nella lotta e sembravano estraniati dall’ambiente circostante, ma era troppo rischioso farli continuare.
«Reshiram» la voce calma di N si fece strada in mezzo ai ruggiti dei leggendari, riuscendo a distoglierli dalla lotta.
Per una volta tanto la sua spiccata capacità di comunicare con i Pokémon era tornata utile.
Il Pokémon Bianco planò vicino al ragazzo mentre anche Zekrom atterrava con maestria vicino alla brunetta che però guardava inviperita le nuove arrivate.
Non perse tempo nemmeno per richiamare il compagno nella Ball che subito si avvicinò infuriata ad una terrorizzata Belle, la quale parve arretrare di fronte alla rabbia della Campionessa.
«Ehi, che fai? Ti arrendi?» provò a chiedere N, prontamente zittito dallo sguardo inceneritore lanciatogli dalla ragazza.
«T-Touko» la biondina si poteva dare già per spacciata.
«Che ti salta in mente Belle? Entri così come ti pare e per poco non rischi di venire colpita!»
«Scusa io…»
La Campionessa le fece cenno di tacere, mentre tentava di calmarsi e riprendere il controllo di sé.
«Ecco perché non faccio mai entrare nessuno qui…» bisbilgiò impercettibilmente.
No era proprio quello il motivo, lo sapeva bene, la sua era solo una motivazione egoistica però…
«Chi?» sussurrò con astio la brunetta.
«Cosa?» domandò Belle confusa.
«Come e perché» tentò di ironizzare N, fulminato nuovamente da Touko.
Non era di certo il momento di ironizzare.
«Chi ti ha fatto entrare?»
«Ecco io… non ricordo»
La biondina non era affatto capace a mentire.
«Belle chi?» la voce della ragazza era sempre più alterata.
«Mirton»
“Fantasticò” pensò la brunetta “l’ennesima delusione da aggiungere alla lista…quasi quasi ci faccio un film”.
Sospirò abbattuta e fece per tornare al campo lotta, ma la voce timida di Belle la fermò.
«Ecco la Professoressa Aralia dovrebbe parlarti urgentemente»
Touko alzò gli occhi verso la donna e la trovò intenta a mangiucchiarsi le unghie con fare preoccupato.
La conosceva sin da piccola e mai una volta l’aveva vista così tesa.
Solitamente non era da lei accettare visite, soprattutto nel bel mezzo di una lotta, ma le condizioni in cui versava Aralia la mossero a pietà perciò decise di fare uno strappo alla regola.
«Se è qualcosa di urgente allora andiamo» disse cercando di mostrarsi gentile.
«E la lotta?» chiese curioso N.
«C’è bisogno che ti risponda?»
«Sì, grazie»
«Vai a…»
«Che ne dite di una parità!» si intromise Belle, sventando un possibile insulto da parte dell’amica.
I due sospirarono contrariati all’unisono ed il ragazzo alzò le mani in segno di resa.
La brunetta fu quasi tentata di sorridergli riconoscente, ma poi riprese la sua solita freddezza e fece cenno alla Professoressa
di seguirla.
La donna per qualche secondo non si mosse, quasi impaurita, ma dopo si affrettò a seguire la Campionessa, leggermente condizionata dallo sguardo impaziente di quest’ultima.
Era l’ora della verità.

 

 
«Non mi sembra fosse ciò che ti avevo chiesto!» tuonò adirato Ghecis sbattendo un pugno contro il muro di pietra della caverna dove alloggiava.
Il silenzio che ne seguì fu interrotto solamente dalle gocce che cadevano dalle stallatiti sul terreno.
«Mio signore io…»
«Taci»
La recluta chinò, se possibile, maggiormente il capo.
«Questa è l’unica cosa che abbiamo trovato» provò a difendersi.
«Bene e cosa me ne faccio?» domando sarcastico l’uomo.
Se per una volta le cose fossero andate come sperava…
Lui avrebbe davvero potuto cambiare il mondo, lui poteva farcela con affianco le persone giuste.
Invece doveva trovarsi con degli incapaci tra le mani che non riuscivano a portare a termine un solo incarico e la cosa lo frustrava parecchio.
Se avesse potuto controllarli come faceva con i Pokémon tutto sarebbe stato migliore e forse il suo piano si sarebbe anche potuto realizzare.
Un’idea alquanto strana gli balenò in mente, mentre con un sorriso folle si girava verso la recluta ancora inginocchiata a terra.
«Che succ…» rabbrividì questa alla sola vista dell’espressione di Ghecis.
«Forse invece qualcosa la posso fare» mormorò come perso tra i suoi pensieri «Chiamami l’equipe di scienziati, ho un lavoro per loro».

 

 

Locale in ristrutturazione
E sono ancora qui!
Ditelo che non ci speravate più eh?!
Invece mi dovrete sopportare ancora per molto e quindi in bocca al lupo(?)
Vorrei solo avvertire che gli aggiornamenti non saranno più settimanali (come se lo fossero mai stati) ma penso di pubblicare ogni due a causa di ulteriori impegni (che barba) che mi tolgono tempo alla scrittura. E siccome voglio che i capitoli vengano perlomeno leggibili ho bisogno di un po’ più di tempo.
Disperati? Ma va che vi vedo sorridere felici per dovermi sopportare di meno!
Beh spero il capitolo vi sia piaciuto e che qualche pessima battuta inserita (vedasi il “chi, cosa, come e perché” di N) non sia sembrata proprio così terribile *schiva un pomodoro*
Naturalmente pareri e opinioni, critiche o domande, sono sempre accettatissimi quindi… beh una riga mi fa sempre piacere!
Ringrazio come sempre SM99 e Andy Black per le recensioni/consigli e Allys_Ravenshade per la recensione e per aver addirittura messo la storia tra le preferite.
Ringrazio chi segue o anche solo legge questa storia e spero che i prossimi capitoli continuino a piacervi!
Un salutone e alla prossima!

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Capitolo 10
*** Verità che vengono a galla ***


Verità che vengono a galla

Il forte scrosciare della pioggia copriva il suono dei passi nel corridoio.
Aralia seguiva a ruota la sua accompagnatrice più tesa che mai tant’è che l’avanzare le sembrava sempre più faticoso.
Mentalmente aveva già immaginato una decina di volte il discorso che avrebbe intavolato con Touko una volta arrivata, ma le pareva sempre o poco convincente o troppo sbrigativo.
Da parte sua la brunetta era impaziente di parlare con la Professoressa, vista l’urgenza tanto annunciata, e aveva deciso di farla accomodare nella sala più nascosta della Lega.
La stanza in questione era una specie di proseguo degli appartamenti della Campionessa solo che era diversa dallo stile delle altre.
Questa infatti era stata completamente arredata da Touko in persona che l’aveva progettata personalmente.
Lei aveva comprato i mobili e lei li aveva disposti da sola nella stanza, senza il minimo aiuto. Aveva voluto infatti che quel luogo diventasse più speciale degli altri, più suo.
Ci aveva aggiunto delle varianti che prendevano spunto da cose che aveva visto in giro nei suoi viaggi per le altre regioni e ironicamente ogni qual volta si trovava in quella camera, o per leggere o per studiare, le sembrava di essere a casa.
Quello era forse l’unico posto nella Lega dove si sentisse a proprio agio pure con sé stessa e in cui trovava finalmente l’agognata pace.
Nella sua idea originale quella sarebbe stata la stanza in cui lei, Belle e Komor si sarebbero ritrovati un giorno a parlare della loro vita sorseggiando magari della buona cioccolata calda, ma questo sogno non si era mai realizzato e la colpa era solo sua.
Scosse la testa quasi per scacciare quei fantasmi che la assalivano sempre nei momenti meno opportuni e si accorse a malapena di essere arrivata di fronte alla porta.
Aprì con decisione la maniglia e invitò Aralia ad entrare.
La donna una volta dentro rimase a bocca aperta di fronte a quell’ambiente così spettacolare.
Il salottino, perché di questo si trattava, non era molto grande, ma presentava un qualcosa di familiare. Le due poltrone di pelle rossa, poste una di fronte all’altra, erano in perfetta sintonia con il tavolinetto da tè in ebano.
Nella parte vicino all’unica finestra, sopra il tappeto, proveniente verosimilmente da Boreduopoli, era adagiato un vecchio tavolo da studio in legno dove vi erano poggiati in disordine una decina di libri con i rispettivi fogli.
Touko doveva essere molto persa da quelle che sembravano ricerche senza un filo logico e qualche tentato disegno.
La brunetta la invitò a sedersi nella poltrona e Aralia sprofondò al solo contatto con la morbida pelle.
Le venne offerta addirittura una tazzina di tè che sorseggiò senza fretta sotto gli occhi indagatori di Touko.
La Campionessa era oltremodo curiosa.
Una volta svuotata la tazza per la Professoressa fu dunque il tempo di parlare.
“Su, vedrai che una volta libera da questo peso ti sentirai meglio” pensò cercando di farsi coraggio.
«Ti avverto che non sono belle notizie quelle che ti sto per riferire» iniziò titubante ed a un cenno d’assenso della ragazza continuò «Si tratta del Team Plasma»
Il cuore di Touko mancò un battito e ringraziò il cielo che Red non fosse nei paraggi, dal momento che era il primo che l’aveva avvisata della minaccia, ricevendo in cambio una sonora risata.
E ora chi rideva?
Nonostante il tremore, che non diede a vedere, la Campionessa sorseggiò il suo di tè e fece segno di continuare.
«Stamane delle reclute sono venute in laboratorio e lo hanno devastato» Aralia si fermò un momento ricordando con rabbia tutte le ricerche fatte in quei lunghi anni dissolte in una manciata di minuti, senza che lei potesse intervenire in alcun modo.
«Mi spiace»
Il mormorio di Touko conteneva una nota recondita di speranza e la ragazza in cuor suo pregava che fosse soltanto quella la brutta notizia.
«Non è finita qui…»
Mai una volta che le cose andassero come lei sperava.
«Ah si? Beh dimmi allora»
«Sono riusciti a rubare un prototipo a cui stavo lavorando»
Ecco la parte difficile. Aralia respirò a fondo e cercò di riprendere un briciolo di controllo per poter tener testa alla conversazione.
«E di cosa si trattava Professoressa» il tono duro della ragazza le fece capire che iniziava ad intuire dove sarebbe andato a parare il discorso.
«Era il progetto mio e di Zania…»
«Spero tu stia scherzando» la frase della brunetta non ammetteva repliche «Non sarà il progetto che mi venne mostrato da Zania qualche mese fa?»
Aralia rimase leggermente stupita dal fatto che Touko fosse a conoscenza dell’argomento, quello però che nemmeno lei poteva sapere era di ben altra gravità.
La donna si trovò nuovamente nel panico e desiderò che la pelle della poltrona la potesse far sprofondare fino alle viscere della terra.
Non aveva nemmeno più il coraggio di alzare la testa verso la Campionessa e iniziava a nutrire un vivo interesse per il parquet scuro sotto i suoi piedi.
Vedendo che Aralia non si decideva a parlare fu Touko a prendere l’iniziativa e con fare imperturbabile scandì ogni singola sillaba «Allora?»
La Professoressa sollevò lo sguardo smarrendo ogni sicurezza e sentendosi colpevole più che mai.

«Cosa sai di quel progetto Touko?» tentò di domandare, mentre la prima lacrima le inumidiva l’occhio.
«Che trattava della costruzione di un prototipo per poter prendere il controllo delle menti dei Pokémon, era di un certo…» la brunetta scavò nella memoria alla ricerca del nome giusto «Acrimo?»
«Acromio» la corresse la donna.
Già proprio Acromio. Un ragazzo promettente che aveva lavorato nei mesi passati al fianco di Zania aiutandola nelle sue ricerche. Di spiccata intelligenza, i suoi progetti si erano rivelati però estremamente subdoli ed era stato allontanato dall’ambiente scientifico proprio per la sua volubilità e innata malvagità d’animo.
La sua ultima eredità era stato proprio la teoria per costruire un prototipo in grado di manipolare le menti dei Pokémon, poi era sparito completamente dalla circolazione cancellando ogni sua traccia.
«Professoressa?»
La voce di Touko parve risvegliare la donna dai suoi pensieri.
«Sì, io e Zania ci stavamo lavorando da un po’, ma eravamo in buona fede» si riprese Aralia sperando di sembrare convincente.
«Come si può essere in buona fede cercando di manipolare i Pokémon?» ogni traccia di gentilezza era sparita ed ora il tono della ragazza era spaventosamente alterato.
Sembrava al limite della rabbia e fissava l’interlocutrice con sguardo assassino, pronta a saltarle addosso da un momento all’altro.
Non c’erano altre parole per descrivere lo stato d’animo di Aralia se non “paura”.
Perché Touko in quel momento pareva quasi spiritata.
«Calmati ti prego» mormorò supplichevolmente la Professoressa «Noi volevamo solo favorire la comunicazione tra Pokémon e umani, Zania sosteneva che avremmo potuto creare quel prototipo per poi controllare i Leggendari facendoli uscire allo scoperto e relazionandoci con loro»
La ragazza inarcò il sopracciglio di fronte ad una risposta così incoerente al che Aralia capì di doversi spiegare meglio.
«Lo so che era un’idea folle, ma Zania ci lavorava da tempo e credeva che, grazie a quel modello saremmo riuscite ad entrare in contatto con tutti i Pokémon esistenti» due grossi lacrimoni scendevano ora nelle guance pallide della donna «Sono rimasta affascinata di fronte a questa proposta, pensavo di poter cambiare le relazioni tra Pokémon e umani»
«Entrare in contatto manipolandoli? Ti sembra una cosa sensata? »
«Si beh, pensavamo di poterla perfezionare per fare in modo che nessuno soffrisse …»
A quelle parole Touko ebbe un pessimo presagio.
«Che intendi dire?»
«Che come avrai intuito manipolare la mente è una cosa rischiosa e noi speravamo di rendere il processo il meno doloroso possibile, ma il progetto di Acromio era parecchio complesso e per quanto lo sperimentassimo i soggetti che venivano controllati finivano sempre per impazzire» la donna prese respiro «Insomma la nostra idea era un fallimento»
«Per “soggetti” intendi dire “cavie”?» chiese la brunetta inorridita.
«Capimmo troppo tardi che il nostro sogno era infattibile» continuò la Professoressa ignorando  beatamente la domanda di Touko e facendo uscire le parole come un fiume in piena «Le onde utilizzate per il progetto di Acromio sono altamente dannose e se solo avessimo provato il prototipo con qualche leggendario esso ci si sarebbe rivoltato contro…»
La Campionessa, si alzò di scatto dalla poltrona e cominciò a camminare su e giù per la sala.
Era ancora incredula di fronte a tutta quella confusionale spiegazione e tutto ciò che Aralia le aveva detto le sembrava oltremodo terribile.
Cercare di manipolare i Pokémon era già di per sé una cosa orribile, per di più provocando anche danni ad essi…
La ragazza era inorridita e per quanto la volontà iniziale di stabilire un contatto potesse essere accettabile, le conseguenze erano insopportabilmente pesanti.
Non si sarebbe mai aspettata una cosa smile da una donna del calibro di Aralia, ma da una parte capì la sua situazione: era stata “stregata” da un’idea così folgorante perché dopotutto restava un’umana.
«Immagino che ora che il Team Plasma è entrato in possesso del  modello lo userà certamente…» pensò Touko a voce alta, mentre cercava la più semplice soluzione perché ciò che era successo tre anni prima non si ripetesse.
«No, non credo che possa servire per manovrare i Pokémon» si lasciò sfuggire la Professoressa.
La brunetta sentì un brivido attraversarle la schiena e incrociò le braccia cercando di cacciar via quella brutta sensazione di disagio.
«Perché dici questo?»
La stanza sprofondò per una manciata di interminabili secondi in un silenzio irreale, carico di tensione e paura.
Touko deglutiva a vuoto in attesa della risposta di Aralia, mentre quest’ultima si  tormentava le mani in modo disumano.
Fuori quello che era iniziato come una innocua pioggerellina estiva si era presto tramutato in un pesante acquazzone ed enormi gocce d’acqua bagnavano la finestra della stanza.
Alla fine la Professoressa cedette e in preda allo sconforto, cercando di placare quel senso di colpa che sentiva fino in gola, mormorò «T-Touko, i-io non sono stata del tutto sincera…».

 

     *  *  *

 

Un tuono in lontananza rimbombò all’interno della sala producendo un fragore immenso che fece accapponare la pelle a Belle.
Lei odiava i temporali, soprattutto se d’estate quando nel cielo avrebbe dovuto regnare il sole.
«Oggi Tornadus non è di buon umore» sorrise N, stanco di quel silenzio.
«Non rivolgermi la parola!» esclamò la biondina alzando il naso con fare indispettito.
“Però, con le donne ho un successo fantastico” pensò il ragazzo divertito.
Tra Touko che era un caso perso e Belle che lo detestava per qualche arcana ragione la sua popolarità era scesa allo zero assoluto.
«Non pensavo avessi paura dei temporali» buttò lì il ragazzo con disinteresse.
«Infatti chi dice che io abbia paura?»
«Oltre al fatto che tu stia tremando…» rispose N prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Belle era tutta un’altra pasta rispetto a Touko ed era molto più semplice capire cosa pensava o riuscire ad avere un approccio civile.
Dalla sua la biondina lo fissò perplessa domandandosi il motivo di tanta ilarità, ma subito dopo si rabbuiò.
«Perché?» chiese titubante.
«Perché sono tornato? Beh sono ricercato da quell’amabile di Ghecis…» anche N divenne serio di colpo «Evidentemente quella sanguisuga necessita ancora di me»
«Non intendevo questo»
Il principe corrugò la fronte confuso.
«Perché te ne sei andato» tentò di spiegare Belle.
Il ragazzo abbassò lo sguardo e scosse la testa sconsolato per poi scoppiare improvvisamente in una sonora risata tant’è che la biondina si chiese che razza di problemi avesse.
«Ho sempre creduto che sarebbe stata Touko a farmi questa domanda»
«Beh mi sorprende che ti parli ancora» lo zittì prontamente la ragazza.
«Già, sorprende anche me» sussurrò lui con una sincerità disarmante.
«Allora rispondimi»
N  rimase in silenzio cercando una risposta plausibile a quella complicata domanda.
E la risposta ce l’aveva, eccome se ce l’aveva, ma aveva paura di rispondere terrorizzato dall’idea che una volta detta ad alta voce sarebbe stata più reale.
Eppure per chissà quale motivo si sfogò.
«Avevo bisogno di sentirmi libero, di cambiare vita» Belle lo ascoltò interessata «Non volevo più essere “il principe del Team Plasma”, odiavo quell’etichetta. Ho voluto essere me stesso, ma per farlo dovevo cambiare aria e…»
«Abbandonare chi ti conosceva prima» concluse la ragazza.
N annuì tristemente ripensando al saluto dato qualche tempo prima, soffermandosi nel ricordo degli occhi di Touko arrossati dalle lacrime, mentre lui le diceva addio.
E invece era tornato.
Ed era assolutamente un egoista.
E l’avrebbe fatta soffrire ancora.
«Ha sofferto molto» bisbigliò la biondina «Ha pianto per mesi e ora è diventata completamente un’altra persona sai?»
Si lo sapeva e avrebbe voluto dire a Belle e al resto del mondo che gli dispiaceva, che il solo pensiero di ciò che aveva fatto gli lacerava il cuore.
Avrebbe voluto rispondere che forse ora era cambiato, ma un nodo gli bloccava la gola.
«Rimarrai qui?» le chiese ancora lei.
Ed N stavolta non ebbe nemmeno il coraggio di rispondere.

 

                                  *  *  *

 

«Perché mi dici questo?»
Touko era stanca, quella conversazione le aveva esaurito le ultime forze che le rimanevano ed ora il solo pensiero di una minaccia più grave la stava portando molto vicina ad un attacco isterico.
Per di più avere Aralia dall’altra parte, chiusa in religioso silenzio, non favoriva certo le cose.
«Oh insomma si può sapere che diamine mi devi dire ancora?» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Forse quella non era la tecnica migliore per far parlare una persona nel panico, ma la ragazza se ne invischiò allegramente.
Niente, nessuna reazione da parte della Professoressa.
Frustrata, arrabbiata e al limite di sopportazione la brunetta calciò con forza il tavolinetto in ebano rovesciandolo e facendo cadere il servizio in ceramica appoggiato sopra, che naturalmente finì distrutto in mille pezzi.
«T-Touko, c-calmati…» mormorò Aralia più spaventata che altro.
«Calmarmi? Come faccio a calmarmi sapendo che il Team Plasma è di nuovo una minaccia e per di più possiede un’arma che tu non vuoi dirmi?»
La ragazza si buttò con poca eleganza nella poltrona, sfinita da quella pessima giornata e cercò di focalizzarsi nel classico “prato in fiori e cielo pieno di arcobaleni” per non dare completamente di matto.
«Lo abbiamo modificato…» quello della Professoressa era poco più di un sussurro quasi impercettibile, ma la brunetta rizzò immediatamente la testa.
«Ti prego dimmi cosa avete fatto»
«Per cercare di rendere il prototipo meno dannoso abbiamo modificato l’area di influenza delle onde cerebrali…»
«E quindi…» la incoraggiò Touko
«Il dispositivo non interessa più i Pokémon» disse tutto d’un fiato la Professoressa, sentendo che il grosso macigno che si teneva a presso da troppo tempo, finalmente spariva.
«C-come scusa?» stavolta fu Touko a balbettare.
«Avendo cercato di modificarlo abbiamo alterato il funzionamento e durante uno dei nostri test abbiamo notato dei cambiamenti di frequenze delle onde. Secondo i nostri calcoli la specie che ora sarebbe colpita da quel raggio è quella…umana» Aralia cercava di spiegare lentamente ciò che per la Campionessa era inconcepibile «Alla fine il prototipo reagisce su soggetti con una spiccata sfera emotiva e con una maggiore sensibilità… diciamo con persone più “malleabili”»
“Beh per te non c’è problema” le suggerì la vocina nella sua mente che ormai era diventata una sua fidata compagnia. Forse avrebbe potuto quasi darle un nome…
«Ma ciò non è possibile» mormorò incredula e speranzosa in una eventuale risposta negativa.
«Invece sì, abbiamo avuto modo di provarlo»
La brunetta non voleva nemmeno sapere in che modo erano riuscite a provarlo, ma sapeva che ciò che la donna le diceva era pura verità.
Già tempo prima Zania le aveva confidato che il suo sogno era di essere in grado di interagire prima con la mente dei Pokémon e poi con quella umana. All’epoca la cosa le era sembrata spaventosa, ma ora che il processo era stato attutato le pareva ancora peggio.
Sapeva che Zania aveva teoricamente le basi per una “manipolazione umana”, ma non credeva potesse essere così avanti.
Era evidente che lo sbaglio a cui si riferiva Aralia in realtà era stato voluto, ma preferì non dirlo alla donna per non urtarla ulteriormente.
«E non avete fatto nulla per impedirlo?» si limitò a chiedere, suo malgrado conoscendo già la risposta.
«Io ho messo un blocco a questo funzionamento, così ora le onde che emette  il prototipo interessano solo i Pokémon e nemmeno in quantità sufficienti per manipolarli, ma…»
«Questo blocco potrebbe essere tolto e allora…» concluse Touko con gli occhi sbarrati.
Controllo delle menti umane?
Come si poteva essere arrivati a tanto?
E ora anche il Team Plasma faceva la sua comparsa?
No, lei non era decisamente all’altezza di tutti quei problemi, tutto quello era solo un incubo, doveva esserlo.
Menti umane, onde cerebrali, manipolazione...
Più ci penava e più sentiva la testa scoppiarle.
“Guardatela, ecco la vostra nuova guida” ciò che aveva detto Nardo per sbeffeggiarla quando lei lo aveva battuto, “Non è decisamente all’altezza” le voci che ormai giravano per Unima, “Non ti fai sentire, che ho sbagliato con te?” l’ultimo messaggio vocale mandato da sua madre.
Mille voci che le bisbigliavano nell’orecchio, che le entravano nella mente e che la facevano sentire piccola, troppo piccola per gli enormi problemi che si delineavano all’orizzonte.
Si tappò le orecchie con le mani, ma ciò naturalmente non servì a nulla.
Percepì che Aralia la guardava stranita, vide il suo castello di carte crollarle di fronte, immaginò l’armonia di Unima distrutta per sempre, ascoltò le urla di morte dei suoi amici e si sentì persa.
Persa dietro quella maschera da dura che per troppo tempo aveva indossato e che ora era irrimediabilmente crepata.
Un’orda di pensieri negativi la travolse e sotto l’effetto di tutte quelle emozioni corse via piangendo.
Scappò da quello sguardo inquisitore, da quella maledetta sala e da quella dannata Lega.
La attraversò tutta di corsa e venne investita in pieno dall’acquazzone una volta fuori. Continuò a correre come inseguita da mille ombre, fuggendo da sé stessa.
E solo pochi possono capire che avrebbe dato tutto pur di scappare anche da quella vita che nel modo più assoluto non desiderava.

 

 

La cioccolateria di Guna
Sì il nome è questo perché il cioccolato indicativamente piace a tutti.
Almeno lo spero.
Per voi.
Ok a volte mi faccio pena da sola…
Beh questo capitolo non lo commento nemmeno perché non saprei che dire. Sappiate solo che, anche se può sembrare, l’idea del prototipo di Aralia e Zania non è campata in aria perché non sapevo che scrivere. anzi è ben voluta e cruciale ai fini della trama.
Figuratevi voi che so già il finale (nooo, ma giura?).
Anche la storia di Acromio non è buttata lì a caso. So che lui comparirebbe dopo, ma ho voluto dargli un passato.
Comunque spero tanto il capitolo vi sia piaciuto e tutta sta roba continui a piacervi, perché ci tengo davvero molto (Guna cara sei ripetitiva).
Come sempre se vi va di spendere due minuti del vostro tempo per scrivere una recensione, se c’è qualcosa di poco chiaro (cosa molto probabile) o per qualsiasi altro motivo, recensite che io ne sarei molto felice (sembra tanto un logo pubblicitario).
Sappiate che non mordo, sempre che non siate barrette di cioccolato viventi.
Ringrazio SM99 e Zoichi Kuronin per le recensioni, consigli e complimenti che mi scaldano il cuore.
Ho finito di tediarvi e al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** Recite Mielate ***


                          Recite Mielate

La porta della sala si aprì di scatto facendo sobbalzare N e Belle dallo spavento.
Il ragazzo si preparò ad accogliere Touko con il sorriso più dolce del repertorio, ma nella stanza entrò solo Aralia, leggermente affannata.
Sia lui che la biondina si scambiarono un’occhiata preoccupata vista l’assenza della Campionessa e fu Belle la prima a parlare.
«Professoressa, dov’è Touko?»
«Non è passata di qui?» rispose Aralia leggermente in ansia.
«No…»
«Beh, sarà fuori» buttò lì la donna avviandosi verso l’uscita, ma N la fermò.
«Perché mai Touko dovrebbe essere uscita con questo acquazzone, stranamente dopo aver finito di parlarti?»
«I casi della vita…» tentò di giustificarsi lei.
«Suvvia Professoressa, non ci prenda in giro»
Aralia sospirò turbata e cercando di mantenere il più possibile la calma si girò verso i due ragazzi.
«Vi prometto che dopo vi sarà spiegato tutto ma ora dobbiamo assolutamente trovare Touko»
Il tono della donna era divenuto immediatamente serio ed N corrugò la fronte cercando di pensare a dove poteva essersi cacciata la ragazza. Trovarla non sarebbe stato semplice vista anche la variante “pioggia”, che di certo non aiutava.
«Bene, Reshiram…» mormorò il principe facendo uscire il possente drago bianco «Dobbiamo trovarla»
Non si sapeva spiegare il motivo, ma c’era qualcosa che lo spronava a partire immediatamente.
«Non darai troppo nell’occhio?» domandò accigliata la biondina rimirando il manto candido del leggendario.
N alzò le spalle con disinteresse e si avviò all’uscita.
Doveva ammettere che era abbastanza preoccupato visto come stava la situazione. Con il Team Plasma sempre più forte, una persona come Touko era indispensabile anche se pure lui iniziava a nutrire seri dubbi riguardo alla fragilità mentale della ragazza e continuava a chiedersi pressantemente se fosse davvero sua la colpa.
Ripensò alla chiacchierata con Belle e la risposta fu lampante.
«N, stai attento» lo ammonì Aralia come intuendo i suoi timori. Lui si voltò esibendo un sorriso forzato e aprì il portone che dava all’esterno.
L’assoluta priorità ora era trovare la Campionessa.

 

 

 I capelli erano completamente zuppi e dai ciuffi castani insistenti e solitarie goccioline cadevano sul pavimento già bagnato.
Con i gomiti appoggiati sulle gambe e la testa china Touko stava seduta in una panchina di Quattroventi con la sola pioggia come compagna.
Nonostante il fragore che essa provocava e gli sporadici lampi che illuminavano il cielo, la ragazza non sentiva nulla. Era come caduta in uno stato di trance e le sembrava di essere sola al mondo.
Sentiva nella testa solo i velenosi pettegolezzi della gente che per qualche tempo aveva tentato di ignorare e rifletteva sulle parole appena scambiate con Aralia. Unito a ciò che gli aveva detto Red si poteva tranquillamente presupporre che il Team Plasma stesse tornando alla carica come tre anni prima.
Certo Ghecis aveva un’arma in più, ma contro si trovava i due eroi di Unima.
Sulla carta sarebbe stato molto svantaggiato però Touko sapeva bene che quella ragazzina incosciente e testarda, devota agli ideali di libertà e volenterosa di vivere al massimo era scomparsa da tempo, lasciando spazio ad una Campionessa solo di nome, ad una ragazza che era l’ombra di se stessa.
Le insicurezze che fin da bambina l’avevano accompagnata e che per un po’ erano quasi scomparse ora ritornavano alla carica più forti di prima e stavolta la brunetta era certa che non sarebbe bastato un nuovo Pokémon e la prospettiva di un emozionante viaggio a farle andar via.
Cercò di ragionare con più lucidità possibile sul da farsi. Per prima cosa avrebbe dovuto assolutamente parlare con Zania, poi avrebbe messo al corrente Bellocchio su tutta l’intera faccenda e Nardo l’avrebbe aiutata… No, Nardo non c’era più per lei.
Nel loro ultimo scontro le aveva rivolto parole cariche di delusione e amarezza, riferendosi a ciò che stava diventando.
Lei lo aveva deluso e la faccenda terminava lì.
Non a caso lui l’aveva abbandonata per sempre e ciò a Touko aveva fatto male, molto male.
Mise distrattamente la mano nella tasca dell’impermeabile blu, che prima di uscire aveva avuto premura di prendere e dentro vi trovò un pezzo di carta.
Una volta tirato fuori esso si rivelò essere una fotografia risalente all’anno prima. Ritraeva lei, Camilla e Belle sedute nella villa della Campionessa di Sinnoh a Spiraria.
Touko ricordò quella piccola vacanza, quando aveva scoperto che la sua vecchia amica Camilla era ad Unima e aveva deciso, facendo rimanere tutti di stucco, di andare a trovarla. Durante la settimana anche la biondina l’aveva raggiunta per passare un po’ di tempo insieme e nel complesso erano stati dei giorni rilassanti.
Le piaceva la compagnia di Camilla, con lei era in buoni rapporti nonostante non si sentissero spesso. Quelle volte che si trovavano però la ragazza riusciva a strapparle dei sorrisi e la brunetta ormai la considerava come un’amica.
Di colpo si ricordò che anche Camilla si trovava a Unima e sarebbe potuta essere travolta dal mare di eventi che stavano per verificarsi.
Al pensiero di tutta quella gente innocente messa in pericolo Touko fu colpita da un capogiro e dovette tenersi saldamente alla panchina per non cadere.
No, non ce l’avrebbe mai fatta e così avrebbe confermato le voci che la ritenevano un’incapace. 
Soffocata da tutti i problemi che uno dopo l’altro le riaffioravano alla mente, quasi a volerla fare impazzire, la ragazza congiunse le mani in una tacita preghiera e rivolse lo sguardo verso il cielo.
Chiuse gli occhi per ripararli dalle gocce che cadevano e si beò per qualche istante della sensazione che l’acqua le dava sul volto. Desiderò che la pioggia lavasse via tutte le sue ansie e la ripulisse dei suoi timori, che riavvolgesse il tempo e la riportasse agli inizi del suo viaggio.
Chissà allora se, sapendo a ciò che stava andando incontro, Touko avrebbe fatto le stesse scelte.
Un rumore di passi la distrasse dai suoi pensieri e la fece voltare curiosa. La città era deserta, visto l’acquazzone che si stava verificando, perciò la brunetta si sorprese nel trovare un’altra presenza in mezzo al diluvio.
Sentì una mano poggiarsi nella sua spalla e subito balzò in piedi, prendendo una delle sue Pokéball pronta ad attaccare.
«Ehi calma! Sono io» esclamò sorridente N.
Touko si stupì della velocità con il quale il ragazzo l’aveva trovata e soprattutto fu colpita dal fatto che lui l’avesse cercata nonostante il temporale.
«Già, sei solo tu» rispose con una nota di sollievo nella voce.
«Solo io? Aspettavi per caso qualcun altro?»
La brunetta fu infastidita e al tempo stesso lusingata per quella domanda, ma resse il gioco.
«L’antica arte di farsi gli affari propri?»
«Mi preoccupo solo…»
«Beh, puoi farne a meno… non sono una bambina» sbottò improvvisamente lei.
«Eppure ti comporti come tale»
Ecco, ora anche N glielo diceva.
“Fatti delle domande e datti delle risposte” pensò tristemente mentre tornava a sedersi in quella solitaria panchina.
«Scusa Touko, solo che eravamo preoccupati per te»
«Al momento sono ancora viva, grazie per l’interessamento»
“Ma proprio non ti riesce di essere gentile?” la sua vocina tornò alla carica, tant’è che per qualche secondo credette davvero  di possedere due personalità distinte.
«Non ti chiederò com’è andata la chiacchierata con Aralia visto lo stato in cui versi però…» N parve prendere fiato «Vorrei parlarti anche io»
Le belle notizie in quella lunga giornata non volevano proprio finire a quanto pareva.
La brunetta si strofinò gli occhi e solo in quel momento si accorse di essere ancora sotto la pioggia.
«Ti spiace se ne parliamo al coperto?» domandò retoricamente vedendo che anche il ragazzo era fradicio.
Fu proprio in quel momento che gli occhi del Principe incontrarono quelli della Campionessa e per la prima volta lui si rese conto del dolore che riflettevano.
C’era un mare di preoccupazioni in quello sguardo che a momenti si rischiava di annegarcisi dentro. N vide la fragilità che rifletteva quella ragazza e capì che era arrivata al limite.
Scosse la testa sospirando e mormorò qualcosa tra sé di impercettibile.
«Che hai detto?» chiese lei confusa.
«Sono un egoista, tu non stai passando un bel momento e io voglio caricarti di ulteriori preoccupazioni, scusa»
Touko non rispose e rimase lì a pensare con che dolcezza il ragazzo le volesse risparmiare ulteriori pensieri. Mai nessuno si era preoccupato per come stava, o si era premurato di non stressarla in eccesso.
«Avanti, non farti pregare. Di che favore parlavi prima?»
Nonostante il tono svogliato della brunetta, N si accorse che il suo era forse il miglior gesto che al momento potesse fargli e gliene fu veramente grato.
«Potrei rimanere almeno per un po’ alla Lega, avrei bisogno di un posto sicuro» mormorò con timidezza.
«Posso chiederti perché?»
Quello di Touko non era ne un assenso né un rifiuto e questo incoraggiò il ragazzo a proseguire la spiegazione.
«Ghecis mi sta cercando»
La ragazza tremò, ma non per il freddo.
Ghecis.
Quel nome doveva ricomparire sempre.
Aveva sperato di esserselo tolto di mezzo, ma si era sbagliata. Non aveva assolutamente intenzione di scoprire il perché l’uomo stesse cercando N, sapeva che questi erano altri problemi e al momento non le servivano.
Perciò si limitò ad annuire e ritornò con lo sguardo sul pavimento.
«A-allora?» balbettò lui intimidito.
Touko lo guardò nuovamente.
In piedi di fronte a lei non c’era il Principe che tempo prima aveva attentato ad Unima, lì era solo un ragazzo, sotto un terribile acquazzone, che stava elemosinando il suo aiuto rinnegando il loro passato burrascoso. Alla brunetta scappò un sorriso al pensiero dei cambiamenti avvenuti in loro durante gli anni trascorsi.
Negli occhi di lui c’era una muta supplica, ma anche la grossa paura di un rifiuto.
Era sotto scacco eppure...
Ci sono momenti nella vita in cui bisogna lottare per ciò che si crede, in cui non si può mollare per nessun motivo, in cui si deve andare avanti nonostante le insidie.
Poi però ci sono quegli istanti che possono cambiarti la vita, in cui basterebbe fare un passo indietro e rinunciare all’orgoglio per poter riappacificarsi, in cui si può fare un bel gesto e diventare anche solo per un secondo una persona migliore.
Quello era uno di quei momenti.
Probabilmente non l’avrebbe mai perdonato, forse avrebbe fatto fatica a non vederlo come un mostro però lo avrebbe aiutato, perché lui sarebbe stato capace di fare lo stesso.
Touko si alzò e gli prese la mano bagnata e ormai fredda, mentre lui alzava lo sguardo incerto.
«Puoi restare fin quando vuoi, io ti aiuterò»
E grazie a quelle poche parole il cuore di N si calmò e preso da un’improvvisa euforia strinse la ragazza con tutta la forza che aveva in corpo.
Lei non rispose all’abbraccio ma tuttavia sorrise fiera del gesto che aveva compiuto e felice di essere stata utile a qualcuno.
Ma le figure sotto quell’acquazzone estivo a Quattroventi non erano due ma bensì tre, perché nascosti tra i cespugli due tempestosi occhi blu osservavano disgustati la scena, aspettando solo vendetta.

 

 

 
Touko si gettò l’acqua fredda sul viso nel tentativo di svegliarsi del tutto. Buttò uno sguardo allo specchio e vide una ragazza dalle occhiaie peste e i capelli completamente spettinati. Erano ormai tre giorni che non dormiva bene, svegliata da incubi la cui maggior parte finivano con Unima rasa al suolo o sprofondata negli abissi più profondi.
Aprì le tende della sua camera costatando che un bel sole brillava limpido nel cielo quel giorno, un tempo perfetto per andare a trovare Zania.
Si vestì di fretta e scese rapidamente le scale pronta ad uscire quando batté contro qualcosa. O meglio qualcuno.
«Buongiorno Campionessa, dormito bene?»
Lei non se ne era ancora abituata, ma N si era rifugiato alla Lega da tre giorni ormai e ciò a volte la snervava essendo abituata alla solitudine più totale.
«No, grazie» rispose frettolosa senza premurarsi di essere gentile.
«La tua empatia, Touko, a volte fa paura»
Lei in tutta risposta alzò il pollice in segno di assenso e senza voltarsi minimamente per guardarlo uscì di corsa.
L’aria umida del mattino le accarezzò la faccia, mentre senza troppi complimenti fece uscire Zekrom dalla Ball e ci saltò su, pronta al decollo.
Non appena sentì il vento sferzarle i capelli appoggiò la faccia sul dorso del leggendario mentre gli ordinava la destinazione: Levantopoli.
Come città era abbastanza distante perciò decise di approfittarne per chiudere un po’ gli occhi e magari recuperare un po’ il sonno perso. In cielo non c’era il minimo rumore così Touko tentò di rilassarsi e riprendere fiato.
Stava così bene quando ad un tratto urla disumane le arrivarono all’orecchio. Alzò di scattò la testa, ma ciò che vide era solamente il paesaggio tranquillo della regione sotto di lei. “Bene ora ho anche gli incubi da sveglia” pensò frustrata, mentre tentava di posizionarsi più comodamente sul dorso del Pokémon.
A nulla valsero i tentativi di rilassarsi e a Levantopoli ci arrivò più stressata che in partenza. Per di più la chiacchierata con Zania non si prospettava affatto semplice e Touko non poteva in alcun modo prevedere la reazione che avrebbe avuto la scienziata una volta incontrata.
Camminò nervosa per le strade della cittadina fino ad arrivare al grande edificio al cui interno si trovava il laboratorio. Prese l’ascensore per far prima, ma la salita le parve eterna.
Finalmente arrivò al piano richiesto ed entrò nello studio che le sembrò ancor più ordinato del solito. Tutte le apparecchiature di Zania erano al loro posto, segno che non aveva ricevuto lo stesso trattamento di Aralia, e la donna stava in piedi vicino ad un macchinario intenta a controllarne i dati.
Touko si schiarì la voce per catturare l’attenzione della Scienziata la quale si voltò disorientata e per un breve istante la brunetta vide nei suoi occhi un’ombra di paura.
«Salve Zania» salutò educatamente valutando che l’approccio gentile sarebbe risultato migliore.
«Buongiorno Touko, come mai così mattiniera?» esclamò lei sorridente facendola accomodare nello studio.
«Volevo fare un salto qui» sorrise Touko accettando di buon grado il vassoio di biscotti che la donna le stava offrendo. Per la fretta si era dimenticata di far colazione.
«Ne sono felice»
Quella più che una conversazione pareva una recita tra due attrici consumate dall’età, condita da sorrisi mielati e occhiate sprezzanti.
«A cosa lavori di bello?» si finse interessata la ragazza notando un tremito nella mano della donna.
«Oh, nulla di che. Sono solo dati di stupide ricerche che sto conducendo»
«Una scienziata non dovrebbe mai giudicare le sue ricerche “stupide”» insinuò Touko sempre con il sorriso sulle labbra.
Zania poteva essere chiamata in molti modi ma di certo non era una stupida e aveva capito sin da subito il motivo della vista della Campionessa.
«Qual è il vero motivo per cui sei qui?» chiese dunque freddamente.
«Ho parlato con Aralia di recente…»
La donna si bloccò di colpo portandosi la mano alla bocca e iniziando a mangiucchiarsi le unghie. Non era possibile che quella stolta le avesse raccontato tutto, eppure dall’espressione della ragazza pareva proprio il contrario.
«E cosa ti avrebbe detto?» domandò titubante mentre a piccoli passi si dirigeva verso l’ascensore.
«Dovresti saperlo» rispose Touko lasciandosi distrarre da un plico di fogli poggiati sul tavolo.
Eccolo, era quello il momento. Senza pensarci due volte Zania schizzò verso l’ascensore premendo ripetutamente i tasti per far chiudere le porte.
La brunetta si accorse troppo tardi del tentativo di fuga della donna, ormai le porte si erano irrimediabilmente chiuse. Prese  di corsa le scale e scese a rotta di collo fino alla hall, ma lì notò con dispiacere che l’ascensore era già arrivato.
Uscì affannata in strada e intravide una camice bianco farsi largo tra la folla. Partì all’inseguimento urtando chiunque si trovasse per sbaglio nel suo cammino, preoccupandosi solo di non perdere di vista Zania. La vide dirigersi verso il Cantiere dei sogni e dunque la seguì all’interno ma subito si trovò la strada sbarrata da alberi.
«Samurott, usa Taglio» disse prontamente facendo uscire il suo compagno dalla Pokéball, mentre si chiedeva come avesse fatto Zania a passare.
Il Cantiere era una specie di labirinto pieno di luoghi ideali per nascondersi e la ragazza entrò nel panico mentre spaesata cercava la presenza della fuggitiva.
Si concentrò su ogni minimo rumore e ad un tratto sentì il gracchiare di un Braviary sopra di lei.
Salì in fretta le scale semi cadenti in tempo per vedere la donna prendere il volo con il suo Pokémon mentre ordinava a Musharna di attaccare.
Touko non ebbe nemmeno il tempo di difendersi che Samurott le si mise davanti per parare il colpo. Il piano su cui stavano tremò non poco e la brunetta alzando lo sguardo vide che la Scienziata era già lontana. 
Avrebbe potuto seguirla con Zekrom, ma così facendo avrebbe scatenato una guerra nei cieli e l’ultima cosa che voleva era essere additata come una persona “violenta”. Zania infatti era stimata da molti al contrario di lei e non aveva intenzione di tirarsi dietro ulteriori antipatie da parte della gente che con tutta probabilità avrebbe assistito alla battaglia.
Scese a terra, finalmente al riparo da un eventuale caduta, vista la mancanza di ringhiere nel Cantiere e non appena giù batté con stizza il piede sul terreno. Se l’era fatta sfuggire.
Sbuffando prese il Pokégear e contattò Belle, la quale rispose immediatamente.
«Belle, dirigiti alla Lega, subito»
«Certo Touko, ma perché?» chiese la bionda evidentemente destabilizzata da una simile richiesta.
«Devo parlarti, ci vediamo lì» spiegò frettolosamente Touko chiudendo con velocità la chiamata.
Fece nuovamente uscire Zekrom, richiamando a sé Samurott, e rimontò sul suo dorso, pronta a tornare alla Lega.
Il viaggio durò meno del previsto, probabilmente persino il leggendario aveva intuito lo stato d’animo della Campionessa e si era velocizzato per lei.
Non appena la brunetta entrò nella sala principale vi trovò Belle, N e Aralia che l’aspettavano.
La ragazza si toccò le tempie per raccogliere i pensieri, preparandosi a spiegare tutto ciò che era successo in quei pochi giorni ma qualcosa la interruppe.
Era un suono leggero e ripetitivo che man mano si faceva sempre più forte. Dapprima preoccupata Touko si accorse che il rumore proveniva dal portone e perciò gli si avvicinò titubante. Lo aprì leggermente e accostò il volto alla fessura per vedere chi mai avesse bussato e la figura di un ragazzo dai capelli neri e occhiali gli si parò davanti. Komor.
Quella era una benedizione perché lui sapeva sempre la cosa giusta da fare e sicuramente l’avrebbe aiutata anche quella volta.
Spalancò la porta felice del suo inaspettato arrivo, ma per poco non cadde dallo spavento vedendo dietro al ragazzo la figura di Nardo che la guardava dall’alto. La strana coppia entrò senza proferire parola, mentre Touko indietreggiava leggermente spaventata alla vista dell’ex Campione.
Finalmente dopo qualche istante di silenzio Komor si decise a parlare.
«Touko, io sono qui per sfidarti»
Più in confusione che mai la ragazza si preparò a chiedere spiegazioni quando il suo Pokégear suonò. Nardo sbuffò commentando la “poca professionalità” della Campionessa così lei distrattamente rifiutò la chiamata cercando di concentrarsi sui suoi nuovi ospiti, ma esso riprese a suonare.
Infastidita lo tirò fuori dalla tasca e lesse il numero di Camilla. Senza pensarci due volte rispose domandandosi il perché di quella telefonata, ma la voce dall’altro lato della cornetta la stordì.
«Touko, aiuto! Spiraia è sotto attacco».

 

 

 
La Cioccolateria di Guna
Salve gente ecco a voi l’undicesimo capitolo (è l’undicesimo vero?).
Ammetto che è un po’ di passaggio, ma nel prossimo ci sarà più azione, ve l’assicuro.
Suppongo di pubblicare il prossimo come sempre tra due settimane, ma nel caso in montagna non prendesse internet non preoccupatevi, arriverà comunque. Poi boh, forse una one shot di Natale la scriverò (strane idee che girano nella mia mente), ma è tutto relativo.
Spero come sempre che il capitolo non vi abbia deluso e ringrazio Zoichi Kuronin, Andy Black per le recensioni e Rovo (ormai per me questo è il suo nick) che si sta leggendo capitolo per capitolo la storia. Apprezzo il coraggio!

Beh un saluto (anche a voi che leggete in silenzio) e al prossimo capitolo!


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Capitolo 12
*** Pensieri velenosi ***


                                                     Pensieri velenosi

Il Pokégear le cadde dalle mani ancor prima che la chiamata venisse interrotta.
Il tempo parve fermarsi di colpo e Touko si sentì completamente mancare di ogni forza e fu obbligata ad appoggiarsi al muro più vicino.
Spiraria era sotto attacco.
Le sue più grandi paure si stavano concretizzando. Non ci voleva un genio infatti per capire chi fosse il responsabile di ciò. Il Team Plasma aveva fatto il primo passo e in cuor suo la brunetta sapeva che non sarebbe affatto stato l’ultimo. Il grande piano di Ghecis stava avendo inizio e serviva una personalità forte per fermarlo.
E invece eccola lì la grande Campionessa, pallida come un lenzuolo e tremante come un agnellino vicino ad un lupo. Ora era obbligata ad andare a salvare la situazione nonostante non volesse muovere un passo.
«Touko, tutto bene?» le chiese Belle avvicinandosi.
La ragazza scosse lentamente la testa, mentre teneva gli occhi fissi su N.
«Il Team Plasma sta attaccando Spiraria» disse tutto d’un fiato.
Nella sala calò un silenzio assoluto, carico d’ansia per chi come N e Aralia conoscevano la situazione, pregno di curiosità per Belle, Komor e Nardo che erano all’oscuro di tutto.
«Mi sembra una buona occasione per far vedere quanto vali come Campionessa» esordì apatico l’ex Campione.
«Nardo…»
«Non hai sempre desiderato questo?»
«Smettila, sai bene che non è così!» sbottò la ragazza infuriata.
«Calmatevi» cercò di intermediare N, ma senza successo.
«E poi sentiamo, perché tu e Komor sareste venuti qui?»
«Mi sembra non sia il momento adatto per parlarne» si intromise il moro.
«Te lo ha già detto lui» continuò Nardo.
«Basta» urlò Aralia, stanca di quella discussione «Mi sembra che ora ci siano cose ben più importanti a cui pensare»
Era vero, una cittadina pacifica come Spiraria non aveva certo le difese necessarie per fermare un attacco e Camilla da sola non sarebbe bastata.
«Sì, la Professoressa ha ragione, io devo andare»
«Touko, non puoi farcela da sola» obiettò N.
«Grazie per la fiducia…»
«N non ha tutti i torti, potresti aver bisogno di un aiuto»
La brunetta sbuffò contrariata. Non voleva mettere altre persone in pericolo.
«Una Campionessa dovrebbe riuscire a gestire queste situazioni senza l’aiuto altrui» mormorò Nardo e per la prima volta Touko fu d’accordo con lui.
Meno gente c’era, meglio era e meno doveva preoccuparsi.
«Niente da fare, io vengo con te» affermò convinta Belle.
«No, tu rimani qui» la fermò Komor.
«Io voglio aiutare, non ho intenzione di starmene con le mani in mano»
«Potresti rimanere ferita…»
«Ce la posso fare»
Quelle erano le volte in cui Touko desiderava ardentemente di poter mollare un sonoro ceffone a Belle. Si comportava come una bambina e non riusciva a capire che venendo avrebbe solo creato guai.
«Ok, potrai venire solo se una volta arrivati farai esattamente ciò che ti dirò io» s’impose la Campionessa, cercando di tagliare corto.
«Perfetto» trillò la bionda soddisfatta.
«Vengo anche io» si offrì Komor volenteroso.
«Bene e tu Nardo…»
«Neanche morto, io non ti aiuterò»
La cattiveria con cui le rivolgeva ogni singola parola, come se sputasse veleno ogni qual volta la vedeva, faceva soffrire Touko in maniera terribile . Che mai aveva fatto di male?
Non riusciva a spiegarsi l’odio di Nardo nei suoi confronti e non era nemmeno tanto sicura di volerlo capire.
Scosse la testa affranta e si avvicinò nuovamente alla porta desiderosa di uscire.
«Non starai dimenticando qualcuno?» chiese N raggiungendola.
«No, tu stai qui»
«Perché? Posso essere utile, io ho Reshiram»
«Non importa, il Team Plasma ti cerca, perciò è più sicuro per te rimanere qui»
«Tu non puoi deciderlo, spetta a me scegliere» disse con astio il ragazzo.
«N! Sei impossibile» sospirò contrariata la brunetta «Tu rimarrai qui perché l’ho deciso io»
«Io voglio solo aiutare i Pokémon…»
«No!» Touko, già nervosa di suo, stava completamente perdendo le staffe.
«Sembri Ghecis in questo momento!»
Troppo tardi N si accorse di ciò che aveva detto con tanta cattiveria. L’aveva paragonata a quel mostro nonostante lei stesse cercando di proteggerlo. La vide abbassare lo sguardo, ferita da quelle parole ma non riuscì a scusarsi. Era ancora arrabbiato e ciò gli impediva di fare un solo passo indietro.
«Probabilmente è così» sussurrò lei indietreggiando.
Il ragazzo la guardò nuovamente, ma le scuse non gli venivano. Era talmente sicuro di aver ragione che non gli importava che lei stesse soffrendo. Così preso da un impeto d’ira si girò bruscamente e senza rivolgerle parola salì verso la stanza a lui adibita.
Touko lo seguì con lo sguardo, speranzosa nel vederlo tornare indietro per scusarsi, ma ciò non accadde. Quando lui scomparve dalla sua vista anche lei si girò verso il portone con i suoi due amici al seguito. Fece uscire nuovamente Zekrom pronta a riprendere il volo e aiutò Belle  a salire sul dorso del leggendario.
Poi con una leggera pacca lo fece decollare, mentre sentiva da lontano la voce di Nardo che sussurrava “Complimenti Touko, un successo su tutta la linea”.

 

Spiraria era forse una delle maggiori attrazioni turistiche ad Unima.
Le sue spiagge candide, le ville sfarzose e il mare cristallino la rendevano una delle città più belle della regione, senza contare che le rovine subacquee richiamavano numerosi studiosi e appassionati di archeologia. Insomma quel luogo era sempre stato un paradiso, ben diverso dalla cittadina distrutta e fumante che si presentava ora agli occhi di Touko.
«C-che diamine è successo qui?» domandò intimorita Belle.
«Non credo sia finita…» mormorò per tutta risposta Komor indicando un Garbodor nemico a pochi metri di distanza da loro.
La brunetta non riuscì ad articolare parola, talmente era occupata a cercare Camilla con lo sguardo. In mezzo a quel finimondo di gente che correva tentando di mettersi in salvo, della bionda Campionessa non c’era la minima traccia.
Touko iniziò a pensare alle peggiori cose che potessero essere successe. Forse era arrivata troppo tardi e il Team Plasma le aveva già fatto qualcosa…
«Lì!» urlò Komor cercando di sovrastare il frastuono che umani e Pokémon causavano.
Il moro stava indicando una figura vicino alla riva così la ragazza non perse tempo ed iniziò a correre in quella direzione.
«Camilla» chiamò affannata, mentre quest’ultima si girava.
«Touko, grazie al cielo sei qui!»
«Già, benvenuta Campionessa» disse una voce alle sue spalle.
La brunetta si voltò e vide avvicinarsi una ragazza bionda, completamente vestita di nero che con un grande occhio ceruleo la squadrava da capo a piedi.
Una terrificante cicatrice le attraversava il volto, cosa che colpì molto Touko. Era convinta di non averla mai incontrata prima.
«Tu chi sei?» chiese freddamente, tornando ad indossare la maschera di impassibilità che tanto la caratterizzava.
«Adelaide, è un piacere incontrarti»
Il sorriso della ragazza era un qualcosa di completamente folle.
A seguito un elegante Liepard la seguiva docile, mentre Touko adocchiò un’altra recluta poco distante da loro. Non si prospettava uno scontro alla pari.
La brunetta non perse tempo e con fare deciso prese la Pokéball di Samurott, facendo uscire il suo compagno.
«Ehi calma, chi ti dice che io voglia lottare?» chiese svogliatamente la bionda.
«Il fatto che tu abbia distrutto un’intera cittadina»
«Magari voglio solo parlarti»
«Parla allora» mormorò Touko a denti stretti mentre osservava lo Stoutland e l’Emboar dei suoi amici cercare di intrattenere altre reclute.
«Il grande Ghecis ha un piano, lo sai?»
La brunetta annuì.
«Però è qualcosa di così grande che per funzionare ha bisogno di qualcosa…»
«Cosa?» sbottò impaziente la Campionessa sotto lo sguardo terrificato di Camilla.
«Non te lo dico!» esclamò con divertimento Adelaide.
Quella ragazza faceva sembrare la conversazione come uno stupido gioco e Touko arrivò alla conclusione che fosse con molta probabilità “toccata mentalmente”.
Respirò a fondo. Tutto quella faccenda le sembrava oltremodo ridicola.
«Liepard, perché non usi Sbigoattacco?»
La brunetta alzò la testa di scatto, senza riuscire a contrattaccare e Samurott venne colpito in pieno. Di fronte alla reazione della Campionessa, Adelaide rise di gusto.
«Forse una lotta ci sta, che ne dici?» e senza darle tempo di rispondere ordinò un altro Sbigoattacco.
Stavolta Samurott riuscì con fortuna ad intercettarlo con Conchilama, mentre la bionda continuava a ridere.
«Vendetta!» ordinò Touko, indispettita dalla poca lealtà dell’avversario.
«Garanzia»
Liepard attaccò ad una velocità sorprendente, colpendo il Pokémon Dignità che però riuscì a contrattaccare.
«Nottesferza» biascicò Adelaide contrariata, mentre delle lame d’ombra schizzavano verso Samurott. Quest’ultimo le evitò per un soffio provocando maggior irritazione da parte della bionda.
La brunetta era colpita dalla velocità con cui l’avversaria ordinava le mosse la suo Pokémon, quasi senza dargli respiro. Sparava in sequenza attacchi su attacchi mirati ad indebolire Samurott e dava poca importanza alla vittoria.
Sembrava che stesse temporeggiando.
«Forza, usa Conchilama» gridò Touko proteggendosi dalla sabbia che si era alzata durante lo scontro.
In cuor suo sperava che il colpo andasse a segno cosicché la difesa dell’avversario calasse. Era l’unico modo per riuscire a battere Adelaide.
Liepard però contrattaccò nuovamente con Garanzia e lo scontò tra le due mosse finì alla pari.
«Usa ancora Nottesferza»
Questa volta Samurott non fu in grado di evitare l’attacco che lo colpì in pieno facendolo vacillare. Era ancora provato dallo Sbigoattacco di prima che gli aveva confuso i sensi e lo faceva barcollare.
«Usa Idrondata!»
Il Pokèmon dignità attaccò con tutta la rabbia che aveva in corpo ma Liepard balzò agilmente sopra degli scogli per poi proseguire il suo percorso verso il mare aperto.
Touko si stupì nel vedere il Pokémon Sanguefreddo allontanarsi sempre più dalla riva e arrivare all’ultimo scoglio, distante circa una decina di metri da loro.
«Che cosa stupida…» mormorò la brunetta «Samurott, entra in acqua e raggiungilo»
Diede una fugace occhiata per vedere la situazione dei suoi amici e notò con sospetto che la recluta che aveva visto prima era sparita.
«Camilla, mi aiuteresti con Milotic?» chiese poi rivolta alla Campionessa di Sinnoh.
«Oh, le abbiamo rubato tutti i Pokémon» si intromise Adelaide sempre più divertita.
«Scusa Touko, ho cercato di difendere la cittadina, ma…» Camilla sembrava imbarazzata.
«Potrai spiegarmi tutto dopo » la liquidò la ragazza.
Poi si volse in direzione dello scontro e vide che il suo Pokémon era arrivato ormai in prossimità dell’avversario. Con un sorriso di trionfo nelle labbra, ordinò un poderoso Idropompa, certa dell’aiuto che le avrebbe dato anche l’ambiente marino.
«Liepard, Protezione»
«Usa ancora Idrpompa Samurott!»
Sorprendentemente l’avversario non provò nemmeno a schivare il colpo che andò a segno facendolo traballare pericolosamente.
«Ora!» esclamò Adelaide.
Una poltiglia violacea iniziò ad espandersi a macchia d’olio nell’acqua cristallina della baia di Spiraria. Alcuni Pokémon, che incautamente si trovavano vicino alla riva, vennero a galla e Touko li vide terribilmente indeboliti.
«Usa ancora Fango» urlò una voce sconosciuta che emerse dagli scogli vicini, mentre un Garbodor inquinava l’acqua con il suo veleno. Touko notò con rabbia che la recluta che aveva impartito l’ordine era proprio quella che aveva notato in precedenza.
Liepard era tranquillo e al sicuro sopra lo scoglio in cui si trovava ma lo stesso non si poteva dire dei Pokémon acquatici.
«Samurott…» biascicò allora la brunetta vedendo il suo compagno dimenarsi nel tentativo di tornare sulla terra ferma. Era troppo indebolito e lontano, non ce l’avrebbe mai fatta.
Fu distratta da l’urlo strozzato di Camilla e si portò le mani alla bocca inorridita quando vide una dozzina di Garbodor circondare i confini della città.
Alcuni abitanti erano in salvo, ma altri si trovavano ancora nelle strade, intrappolati dai Pokémon e incapaci di difendersi.
Anche Komor e Belle erano ormai alle strette, l’Emboar della bionda era esausto a terra mentre il ragazzo si teneva il braccio dal quale Touko riuscì a scorgere una profonda ferita
«Cosa volete fare?» la voce della ragazza tremò nel pronunciare queste parole.
Il suo fidato Samurott era ancora in acqua che si dibatteva e lottava cercando di non cadere avvelenato in uno stato  di incoscienza. In quel caso per lui sarebbe stata la fine.
«Scegli Touko, o Samurott o Spiraria»
Già, perché di questo si trattava. Se lei avesse cercato  di salvare il suo compagno, con tutta probabilità i Garbodor avrebbero attaccato e allora per Spiraria non ci sarebbe stato scampo.
Dall’altra parte però Samurott rischiava la morte e la ragazza non poteva permetterlo.
“Ormai la città è distrutta, tu non  riusciresti a salvarla” si convinse e guardò negli occhi Camilla. In quelle iridi azzurre Touko vide il gesto che stava per compiere, ma in quel momento non le importò.
Qualcosa scattò nella sua mente, una strana sensazione che mai aveva provato, una confusione che la destabilizzò di colpo. Seguendo questo istinto, come un automa si tuffò in acqua e, nuotando tra il veleno, raggiunse Samurott, ormai allo stremo.
Riuscì a sentire solo il fischio di qualche recluta e vide un attacco simultaneo dei dodici Garbodor. Stavano usando Autodistruzione.
Un terribile fragore si espanse nell’aria costringendo la ragazza a immergersi sott’acqua per proteggersi dall’onda d’urto provocata.
Poi, inconsapevole di ciò che stava facendo, Touko riemerse e somministrò l’antidoto a Samurott. Salì così sul suo dorso e lo spronò a partire al largo.
Il rumore delle esplosioni era sempre più forte, segno che l’attacco del Team Plasma non era ancora terminato, ma alla brunetta poco importò.
Si tappò le orecchie per non sentire le grida della gente e chiuse gli occhi  decisa non voltarsi. Non voleva vedere ciò che stava succedendo, tutta quella faccenda era troppo irreale.
Si aggrappò saldamente al suo Pokémon.
Perché mai stava scappando?

 

 

 

Touko si trascinò a riva tremando come una foglia.
Si inginocchio sulla sabbia tiepida e trattenne un conato di vomito.
Cosa aveva fatto?
Era stata un mostro, aveva abbandonato Spiraria al suo destino senza riuscire a far nulla. Con tutta probabilità era morta anche della gente che ora si poteva trovare sotto le macerie della città. Persone con una famiglia, bambini e anche Pokémon.
Al terzo conato la ragazza cedette squassata da tremiti incontrollabili, sotto gli occhi tristi di Samurott. Sembrava che anche il suo compagno fosse a conoscenza della situazione o si sentisse in qualche modo colpevole tant’è che le si avvicinò cauto e le accarezzò la spalla con il muso.
Le lacrime di Touko però non volevano fermarsi e i suoi occhi erano puntati verso le mani che tremavano febbrilmente.
«Che ho fatto, che ho fatto?» continuava a ripetere disperata, mentre abbracciava di slancio Samurott.
Solo in lui riusciva a trovare conforto e a sentirsi protetta. Abbracciandolo le sembrava quasi di tornare indietro, ai giorni più felici e le pareva che tutta quella strage non fosse mai successa.
Ancora non riusciva a spiegarsi il perché delle sue azioni. Solitamente non era soggetta ad attacchi di panico e un tempo sicuramente avrebbe dato il tutto e per tutto al solo scopo di fermare il Team Plasma. Invece era scappata, aveva abbandonato il campo di battaglia senza tentare nemmeno di difendere i superstiti.
La gente aveva ragione, lei non era adatta a quel ruolo. Al solo pensiero altre calde lacrime tornarono a solcarle le guance arrossate dalla tristezza e presa dallo sconforto strinse maggiormente il collo di Samurott.
Dopo qualche interminabile minuto si staccò dal suo compagno cercando di calmare i singhiozzi e si guardò per la prima volta attorno.
Il Pokémon Dignità l’aveva portata in una piccola striscia di sabbia a ridosso di un precipizio, evidentemente non si erano allontanati molto da Spiraria.
Provò ad alzarsi ma le gambe le cedettero e lei rovinò sulla sabbia, nuovamente in ginocchio.
Prese il Pokégear e tentò di farlo partire. Funzionava a malapena ma cercò comunque di chiamare Belle. Al primo squillo però ne seguì una lieve vibrazione e l’apparecchio si spense tutto d’un colpo, evidentemente rovinato dall’acqua.
La ragazza guardò nuovamente Samurott che stava vicino alla riva intento a fissare l’orizzonte e stanca gli si sedette vicino.
Il sole era alto nel cielo, ma l’adrenalina che aveva accumulato man mano diminuì, lasciandola esausta ed impaurita. In fondo erano giorni che non dormiva così poggiò la testa sopra il dorso del Pokémon e chiuse gli occhi, cercando riparo da quella situazione nel mondo dei sogni e senza accorgersene si addormentò.
Ad accoglierla nel sonno non trovò i soliti sogni tormentati, ma bensì un mare di oscurità e il nulla più assoluto.
Quando aprì gli occhi fu investita in pieno da una folata di vento. Il cielo si stava tingendo di rosso e l’ora del tramonto stava arrivando.
Pian piano tornò alla realtà e si accorse di trovarsi ancora in quella spiaggetta abbandonata.
Con una scrollata svegliò anche Samurott che pareva aver ripreso le forze.
Guardò ancora verso l’orizzonte e vide una lontana colonna di fumo alzarsi in direzione sud così spronò il suo Pokémon a partire.
Doveva assolutamente tornare a Spiraria e affrontare le conseguenze delle sue azioni. Avrebbe spigato tutto e avrebbe pagato qualsiasi prezzo le sarebbe stato imposto pur di rimediare al suo scellerato gesto.
Mentre Samurott cavalcava l’acqua Touko cercò di pensare a ciò che avrebbero potuto dirle e si preparò al peggio.
Non si sarebbe mai aspettata invece l’accoglienza di Belle che una volta averla vista approdare a riva le era corsa in contro commossa e l’aveva abbracciata come se non la vedesse da secoli.
«Credevamo fossi morta» disse la bionda a metà tra il disperato e il sollevato.
«Ci sono state tante vittime?» chiese da parte sua Touko, allarmata.
«La gente che si trovava vicino al mare è salva, ma gran parte è ancora seppellita sotto le macerie…» rispose la voce di Camilla, che le si era avvicinata silenziosamente «Belle puoi lasciarci sole?»
La biondina parve delusa, ma obbedì a capo chino dirigendosi verso un’infermeria di fortuna.
Spiraria era letteralmente rasa al suolo, non un edificio era stato risparmiato dalla furia dei  Garbodor.
«In  molti ti credevano morta…» iniziò Camilla, ma la sua voce era fredda e distaccata.
«Io…»
«Non devi spiegarmi nulla, ti ho vista scappare»
«Bene, mi hai risparmiato molta fatica» disse Touko con voce spenta.
Al momento non le importava del giudizio altrui, il peggior giudice era dentro di lei che con un martello le picchiava continuamente in testa. I sensi di colpa la stavano divorando.
«Perché lo hai fatto?» chiese la bionda con voce neutra.
«Non te lo so dire»
Entrambe rivolsero lo sguardo verso il cielo, ormai rossiccio, e Touko osservò con attenzione un Wingull volare sopra le loro teste. Se anche lei avesse avuto le ali sarebbe volata via per sempre.
«Io, Touko, davvero non ti capisco» una nota di amarezza caratterizzava il tono di Camilla «Come hai potuto?»
«Ti dico che non lo so…»
Era la verità, non lo sapeva.
Non le sembrava neanche vero.
Lei doveva essere l’eroe di Unima, non la ragazza che avrebbe distrutto la regione. Probabilmente quel giorno Zekrom aveva sbattuto la testa per scegliere lei come compagna.
Un sonoro ceffone la risvegliò momentaneamente dallo stato di trance.
«Sei solo una stupida!» Camilla piangeva ed era fuori di sé «Tu li avresti potuti salvare tutti»
Le parole della bionda aprirono nel cuore di Touko una voragine. Davvero avrebbe avuto qualche speranza?
No, non voleva rimuginarci sopra ulteriormente, le  avrebbe fatto peggio.
Ora desiderava soltanto che Bellocchio arrivasse e l’arrestasse perché dopotutto lei aveva commesso un crimine, a suo parere imperdonabile.
Magari l’avrebbero privata anche dei suoi Pokémon…
Improvvisamente si ricordò della lotta di ore prima così si girò verso Camilla, fermandola.
«Hai detto che il Team Plasma ti ha rubato i Pokémon»
La bionda parve non sentirla, essendo ancora furiosa per l’accaduto, ma decise di rispondere comunque alla ragazza.
«Non so spiegarti come, stavo combattendo e d’un tratto mi sono trovata per terra»  la Campionessa di Sinnoh corrugò la fronte cercando di ricordare «avevo consegnato la mia squadra ad Adelaide, ma non so dirti come»
Un terribile presentimento fece impallidire Touko che reggendosi al braccio della ragazza le chiese visibilmente scossa «Dov’era diretto il Team Plasma?»
Camilla parve sorpresa da quella domanda, ma fece spallucce e indicò a Nord.
«Oh no!» esclamò Touko.
«Sai ora che ci penso e come se tutto questo» la bionda aprì il palmo mostrando la cittadina distrutta «Sia stato fatto per farti perdere tempo»
Camilla non era affatto una sciocca, ci aveva visto giusto.
E il Team Plasma si era diretto in direzione della Lega.
«Quanto tempo fa sono partiti?»
«Circa due ore ormai»
Touko sussultò. Nonostante la difesa presente alle porte della Lega, aveva assistito alla forza distruttrice di quei pazzi.
Senza nemmeno ringraziare schizzò verso l’accampamento di superstiti e si diresse verso quella che sembrava un’infermiera.
Attorno a lei voci di stupore e meraviglia le sussurravano lodi, miste a malelingue che la criticavano. Per una volta però la brunetta fu in grado di ignorarli e chiese un Pokégear in prestito.
Chiamò ripetutamente i Superquattro ma nessuno rispondeva. Frustrata fece uscire Zekrom e si avviò verso uno spazio sgombro per decollare.
Fu lì che Belle la raggiunse ansante.
«Dove vai?»
«Devo tornare alla Lega, scusa Belle» la liquidò Touko, ma la bionda non demorse.
«Komor è stato ferito»
«Sono sicura che se la caverà» rispose lei distrattamente salendo sul dorso del Leggendario.
«Possibile che non ti importi?» sbottò allora la biondina «Che hai Touko, i tuoi amici sono in difficoltà e tu li abbandoni?»
«Anche altra gente è in pericolo adesso, non essere egoista!»
«Ti riferisci a N? Quel ragazzo ti ha abbandonato una volta, credi non lo rifarà più?»
Sì, Touko lo sapeva. L’avrebbe abbandonata nuovamente eppure lei doveva aiutarlo.
«Scusa Belle» si limitò a dire sorridendo tristemente, crepando per un attimo la sua maschera di freddezza.
Poi in un secondo Zekrom si alzò in volo, pronto a dirigersi verso la Lega e la brunetta ebbe l’intera visuale di Spiararia. Avrebbe vomitato ancora se solo non avesse avuto lo stomaco così vuoto.
Era fragile, debole e tremendamente stanca.
Eppure quella giornata non era ancora finita, il peggio doveva ancora venire.

 

 

 

 
La Cioccolateria di Guna
Non ve lo aspettavate eh?
So che sono in ritardo, la connessione in montagna non esisteva e non ho potuto pubblicare, ma avevo promesso il nuovo capitolo perciò eccomi!
Tra l’altro sono di fretta per vari impegni perciò questo spazio sarà molto corto.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno supportato fin ora, leggendo o recensendo e spero che la storia andando avanti non vi deluda.
Pian pianino la trama si delineerà sempre di più perciò ci si vede tra due settimane.
Scappo che sono già in ritardo!
Grazie ancora dell’attenzione(?)

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Capitolo 13
*** Rapimento ***


                                                         Rapimento

Calma e tranquillità.
Questa era l’atmosfera che regnava all’interno del salone principale della Lega di Unima in quel tardo pomeriggio.
Il solo rumore che si udiva era il rintocco dei passi di Touko che, sempre più affannati, si dirigevano verso la stanza di N.
Quel silenzio non le piaceva.
Con ansia percorse l’intero tragitto arrivando dinnanzi alla sua porta e con il cuore in gola bussò tre volte, senza ricevere risposta alcuna.
Ci riprovò con più forza.
Nessun rumore.
Agitata si decise ad aprirla lentamente e diede una sbirciata all’interno.
I suoi muscoli le si paralizzarono mentre con sguardo stupito passava in rassegna l’ambiente. I Superquattro giacevano inermi a terra e le loro Pokéball parevano scomparse dalle cinture. La brunetta si avvicinò a Mirton con passi incerti e lo scosse leggermente, ma non vi fu nessuna reazione.
Controllò il pavimento alla ricerca di qualche macchia di sangue e li rigirò ad uno ad uno temendo di veder comparire una ferita da un momento all’altro, ma nulla.
Erano indenni e sembravano… dormire.
Pacifici e beati stavano semplicemente dormendo un sonno profondo.
La causa poteva presumibilmente essere un attacco Ipnosi ma allora dove si trovava N?

Ancora più in ansia di prima Touko schizzò fuori dalla stanza dirigendosi verso i suoi alloggi, ma nemmeno lì c’era l’ombra di un attacco.
Nessun mobile fuori posto, niente di niente. Solo una tetra oscurità che paradossalmente si stava allargando sempre di più pure nel suo cuore.
Non era possibile che il Team Plasma non avesse lasciato nemmeno un indizio e la cosa la stava facendo andare su tutte le furie.
Scese nuovamente nella stanza centrale, proprio di fronte alla colonna marmorea e la osservò attentamente. Di norma la piattaforma interna avrebbe dovuto azionarsi una volta battuti i Superquattro ma Touko era convinta che potesse essere manomessa.
Non era assolutamente possibile che alla Lega non ci fosse anima viva.
Tastò la superfice di marmo freddo alla ricerca del bottone di sicurezza, istallato tempo prima per qualsiasi evenienza, e non appena lo trovò lo premette sollevata.
La colonna si aprì rivelando la pedana mobile, che lentamente si stava abbassando. Senza dubbio quindi qualcuno era salito.
Montò sulla piattaforma che lenta iniziò a salire e in cuor suo si disse che, se mai sarebbe uscita viva da quella situazione, avrebbe costruito un ascensore più veloce.
Il viaggiò fu un’agonia e quando finalmente arrivò al piano desiderato si trovò di fronte alla porta della sala adibita alle lotte della Campionessa.

Prese un respirò profondo ed entrò cercando di farsi coraggio.
Quel che vide le mozzò il fiato, mentre come un automa iniziava a correre verso il corpo di N, riverso a terra.
Anche lui, come i Superquattro sembrava sotto l’influenza di Ipnosi ma la ragazza non si tranquillizzò. Si guardò nervosamente intorno cercando un qualsiasi particolare fuori posto, quando da dietro una delle quattro imponenti colonne comparve Adelaide.
Sembrava ridere ma la sua bocca produceva un suono roco, per nulla cristallino, come se la sua gola fosse stata in qualche modo danneggiata.
«Ti stavamo aspettando» sussurrò la bionda e Touko vide una decina di reclute uscire allo scoperto, stupita da come si fossero riuscite a nascondere così bene.
«Ghecis mi ha chiesto di portargli solo N, ma sconfiggere la Campionessa è un piacere di cui non voglio privarmi»
La brunetta la guardava sconcertata mentre la ragazza avanzava lentamente verso il campo lotta.
«Tu stai scherzando?» la domanda le uscì improvvisa.
«No, riuscire a catturare Zekrom oltre a Reshiram sarebbe un bel colpo» Adelaide si sposto un ciuffo biondo dalla guancia «Insomma, due piccioni con una fava!».
Touko non poteva, anzi non doveva abbandonare N per battersi. Era suo compito proteggerlo a tutti i costi, almeno per la salvezza di Unima.
Difatti se il ragazzo era così importante per Ghecis poteva significare solo che quell’uomo voleva usufruire nuovamente di lui e questo lei non poteva permetterlo.
Doveva almeno provare a salvare qualcuno e dopo ciò che aveva fatto a Spiraria quello le sembrava il minimo.
Adelaide batteva impaziente il piede a terra provocando un fastidioso e cadenzato ticchettio mentre le paure di Touko sfrecciavano veloci nella sua testa.
“Provaci” pensò “Casomai la terrazza è abbastanza alta…”.
Con un impeto di sicurezza decise di giocare il tutto e per tutto.
«Se vinco io N rimarrà qui» propose speranzosa.
Ci fu un leggero brusio da parte delle reclute, che sembravano impazienti di assistere allo scontro tra il loro capo e la Campionessa, seguito poi da un borbottio di Adelaide che rapidamente valutava la proposta.
Un ghigno sadico le si disegnò in volto mentre con tranquillità estraeva una Pokèball dalla cintura.
«Certo, assassina».
Al suono di quella parola Touko impallidì. Era evidente che la sua avversaria voleva giocarla sul piano psicologico, cosa che fece infuriare la ragazza.
Abbandonò il corpo di N lì e si diresse a testa alta verso il campo.
Non gliela avrebbe mai data vinta
.

 

 

 

Era incredibile come certi cieli illuminati dal sole si potessero rannuvolare così in fretta, il clima nella regione di Unima era davvero strano ed estremamente mutevole. C’era una linea sottile tra le nubi e il sole ed entrambi volevano prevalere l’uno su l’altro.
Anche se, a ben pensarci, era così anche per le anime delle persone, prima pure e poi sporcate da una vita di delitti.
Era ironica come similitudine, ma qualsiasi anima può in qualche modo “rannuvolarsi” di fronte a situazioni che non riesce a gestire.
Un improvviso tanfo di morte accompagnato da una leggera brezza arrivò di colpo alle narici del ragazzo che represse una smorfia di disgusto. Nella baia di Spiraria galleggiavano, ormai inermi, molte specie di Pokémon marini mentre una putrida sostanza lambiva la spiaggia, sporcandola.
Alzò lo sguardo e vide una cittadina completamente distrutta, al centro di quelle macerie un accampamento di fortuna, nell’aria il vento portava dei pianti disperati.
«Sono stupita che tu sia venuto» la voce di Camilla lo sorprese «Sapevo che il grande Red di Biancavilla era approdato qui, ma sinceramente non ci credevo».
Il corvino sorrise nostalgico voltandosi in direzione della ragazza. La Campionessa di Sinnoh era bella, molto bella con quei capelli biondi e vaporosi e quei glaciali occhi azzurri.
Peccato che tra loro non fosse mai corso buon sangue, anche perché la bionda poteva essere una degna rivale.
«Cami».
Lei odiava quel diminutivo e lui lo sapeva.
«Hai visto che massacro?» sviò la bionda.
«Il Team Plasma non si ferma di fronte a nulla».
«A dire la verità centra anche Touko».
Il ragazzo rise di gusto, scompigliandosi pigramente i capelli mentre il cielo si faceva sempre più scuro.
«No, lei non ne sarebbe capace».
L’aveva conosciuta e per quanto fastidiosa potesse risultare aveva visto una scintilla in lei, sapeva che non avrebbe mai permesso un genocidio simile.
Avanzò tra qualche trave cercando di non inciampare nei resti di una casa crollata e Camilla lo seguì indispettita.
«Non mi credi?».
«Naturalmente» la sua loquacità si faceva sentire.
Il corvino sospirò con disappunto pestando quello che doveva essere Luvdisc morto, sbalzato probabilmente dalle numerose esplosioni.
«Beh, purtroppo è andata così, e quel che è peggio…» la bionda si bloccò in contemporanea con Red. Il ragazzo pareva aver visto qualcosa oltre la sommità di uno scoglio.
Si voltò di scatto e prendendo rudemente Camilla per le spalle le chiese «Dov’è lei ora?».
La reazione del ragazzo aveva fatto rimanere di stucco la Campionessa che per qualche secondo non rispose. Poi, sempre stranita, indicò la Lega.
«No!» Red sembrava sconvolto.
«Ma che ti prende?».
Camilla ormai non ci capiva più nulla ed era rimasta scioccata dalla piega che stava avendo la conversazione.
«Devo andare» il ragazzo sembrava preoccupato «Prima che sia troppo tardi».

 

 

 

 

Ogni passo le sembrava di piombo.
Touko lentamente e faticosamente si avvicinava al campo lotta con un terribile groppo in gola. Se avesse fallito N sarebbe stato portato via e con lui entrambi i leggendari.
Perdere era un  lusso che non poteva permettersi.
«Unfezant» chiamò cercando di darsi sicurezza.
Non riusciva a spiegarsi la motivazione per cui aveva scelto proprio quel Pokémon, ma poco le importava. Se l’istinto le diceva di fare così, perché mai non seguirlo?
Forse perché il suo istinto poche ore prima aveva distrutto un’intera cittadina…
Unfezant si librò in volo, disegnando un cerchio nell’aria per poi tornare a terra vicino alla sua Allenatrice, emettendo un verso di incoraggiamento.
Fu il turno di Adelaide che biascicò qualcosa di incomprensibile e scagliò la Ball in campo. Da essa  ne uscì un Pokémon a forma di spada con uno scudo dorato tenuto da due esili braccia.
«Che Pokémon è?» domandò Touko spaesata.
«Aegislash» rispose la bionda con una punta d’orgoglio.
La brunetta era spiazzata. Non aveva mai visto in vita sua un Pokémon del genere e non aveva la minima idea di come scontrarsi o di che tipo fosse.
«Un viaggetto a Kalos ed ecco il mio pupillo!» continuò a sorridere Adelaide, pregustando già la vittoria.
Touko sapeva che Kalos era una regione lontana e sicuramente aveva il suo fascino, ma mai aveva pensato di informarsi sulle varie specie di Pokémon che abitavano lì.
Nemmeno il Pokédex avrebbe potuto aiutarla, anche se, ad onor del vero, quello che le era stato consegnato anni prima ora con tutta probabilità giaceva nelle profondità di qualche laghetto appartenente alla Falda Sotterranea.
I suoi momenti di isterismo in passato avevano provocato incidenti del genere.
«Allora lottiamo o ammiri per qualche ora la bellezza del mio Pokémon?» Adelaide sembrava più che impaziente, mentre il suo compagno aveva un’aria per nulla bonaria.
«Unfezant, facciamogli vedere chi siamo» la brunetta si concentrò, tornando al suo solito distaccamento, tattica mentale che sarebbe risultata vincente in quella occasione.
«Metaltestata» la precedette la bionda.
Aegislash partì lievitando ad una velocità sorprendente e, alzando il pesante scudo, tentò di colpire Unfezant. Fortunatamente il Pokémon Orgoglio scartò di lato appena in tempo, mentre la sua Allenatrice era ancora imbambolata a fissare l’avversario.
Touko lo ringraziò mentalmente e si impose la concentrazione, cosa che ormai le mancava nelle lotte.
Quella volta doveva dare il meglio di sé, le distrazioni non erano ammesse.
«Eterelama» ordinò squadrando ogni singolo movimento dell’avversario.
«Danzaspada».
Una decina di spade iniziarono a volteggiare attorno ad Aegislash proteggendolo dalle lame di Unfezant che non lo sfiorarono nemmeno.
Touko fece per ordinare un ulteriore attacco quando vide che la mossa Danzaspada persisteva ancora attorno all’avversario, incrementandone anche l’attacco.
Non poteva andare per la sottile.
«Vai con Iper Raggio!».
Unfezant caricò il colpo mentre Aegislash annullò la mossa, preparandosi alla difesa.
Il primo colpo andò a vuoto, il Pokémon Spadareale era ben allenato e schivava in modo a dir poco perfetto gli attacchi ma Touko rimarcò.
«Ancora, stavolta gira su te stesso».
Il Pokémon Orgoglio capì il piano della ragazza e si innalzò in volo preparando un altro Iper Raggio.
Iniziò a volteggiare sempre più velocemente e in quel momento attaccò, liberando un fascio rosso che colpì varie parti della stanza e lasciò numerosi segni al suo passaggio.
L’avversario riuscì ad evitare la maggior parte dei colpi ma d’un tratto la brunetta lo vide alzare lo scudo verso il raggio che rimbalzò via senza causare danni. La ragazza rimase sbalordita di fronte alla resistenza di quel semplice oggetto mentre ordinava al compagno di fermarsi.
In quella maniera avrebbero provocato solo danni e si sarebbero affaticati per nulla, visti i risultati.
«Sarebbe questo il meglio che sai fare piccola assassina?».
Di nuovo quella parola, la fiammella che faceva esplodere l’autocontrollo di Touko. La ragazza ispirò a fondo e senza nemmeno rispondere ordinò un poderoso Aeroattacco.
Unfezant si librò maggiormente in aria e cadde in picchiata ad una velocità sbalorditiva, impossibile da raggiungere pure da Aegislash, ma quest’ultimo rimase fermo come in attesa. Quando il Pokémon Orgoglio si trovava ormai a qualche metro di distanza si mise in posizione di attacco.
«Spadasolenne!» fu il grido ilare di Adelaide.
Il Pokémon Spadareale puntò la sua lama contro Unfezant e un attimo prima dell’impatto gli si conficcò addosso, colpendogli l’ala.
Touko represse una smorfia cercando di mostrarsi calma mentre dalla ferita del compagno sgorgava copiosamente del sangue.
«Ancora» la voce della bionda era più divertita che mai mentre Aegiglash cercava di infierire maggiormente.
«Schiva a destra» urlò la brunetta «Indietro ora!».
Quell’attacco era certamente molto forte ma aveva la debolezza di essere lento e abbastanza schivabile. Ciò comunque poteva aiutare ma non di certo risolvere la situazione che versava ai limiti della tragedia: l’ala di Unfezant era irrimediabilmente andata, quasi sicuramente non sarebbe riuscito ad alzarsi in volo di nuovo. Era praticamente esausto ormai.
Touko gli accarezzò il piumaggio preoccupata mentre Adelaide se la rideva allegramente con le altre reclute che la idolatravano ai limiti dell’assurdo.
La ragazza nel frattempo pensava assorta, sfogliava le sue esperienze passate alla ricerca di una strategia da utilizzare in un caso del genere mentre il Pokémon vicino a lei emetteva versi di puro dolore che le stringevano il cuore.
D’un tratto però un’idea assurda le balenò in mente e Touko sussurrò qualcosa all’orecchio del compagno.
«Pensi di aver già vinto?» sbottò allora verso la bionda che era raggiante.
«Ovvio, non credi…» il dito di Adelaide puntò l’ala di Unfezant «Come puoi cavartela?».
«Già, forse hai ragione».
«Davvero?» la bionda era stranita.
«Beh naturalmente tu sei più brava».
A quelle parole Adelaide gonfiò il petto con orgoglio e mosse la mano in segno di frivolezza, apprezzando però le lodi.
“Bingo” pensò la brunetta mentre pensava a come lavorarsela.
Aveva visto subito nell’avversaria una punta di orgoglio e vanità che ora le sarebbero servite. Di sicuro la bionda era molto intelligente ma era pur vero che rimaneva anche umana perciò Touko forse avrebbe potuto prendere tempo.
«Ma mi chiedo che cosa faccia una brava Allenatrice come te al servizio di un uomo come Ghecis» la provocò.
«Ehi, Ghecis ci farà diventare i padroni di Unima».
Male, era devota a quella vipera e questo non facilitava le cose per la Campionessa.
«Giusto e che piano avrebbe?».
Adelaide rise di gusto e con un cenno ordinò anche alle reclute lo stesso. Era incredibile come obbedissero ai suoi ordini senza problemi.
«Credi di poterti prendere gioco di me zucchero?» la voce era mielata, ma pregna di falsità.
«No» ammise Touko guardandola nuovamente.
C’era quella cicatrice che l’aveva impressionata sin dal loro primo incontro, sembrava così recente e mal curata… forse poteva essere il suo asso nella manica.
«Come ti la sei procurata?» alluse la brunetta.
La bionda si sfiorò leggermente la faccia ed un espressione contrita si dipinse nel suo volto mentre la ragazza vide passare del rammarico nel suo sguardo di ghiaccio.
Aveva sofferto dunque, doveva essere una persona che cercava vendetta ad ogni costo e sicuramente possedeva un invidiabile sangue freddo, Touko ci aveva visto giusto. Quello era un argomento che la rendeva più fragile.
Adelaide puntò il dito verso N con disprezzo, sputando a terra in segno di disgusto.
«Lui è il suo Pokémon hanno incendiato la foresta e questa…» si toccò nuovamente la cicatrice «è stata causata dalle fiamme».
La ragazza le rivolse uno sguardo privo di sentimenti mentre alzava le spalle con un sospiro.
«Avresti dovuto curarla» l’indifferenza era l’unica cosa che in quel momento si sentiva nella voce della brunetta.
«Cosa ti importa?».
«Assolutamente nulla».
«E allora perché così tanto interesse?».
«Mi serviva».
L’espressione di Touko era indecifrabile, un misto tra trionfo e apatia che allarmò Adelaide.
«Come?» sbottò quest’ultima.
«Per certe cose ci vuole tempo» Touko prese a camminare avvicinandosi sempre di più all’avversaria «Cose importanti».
«Spiegati!».
«Speravo mi dicessi i piani di Ghecis ma va bene comunque e anzi ti ringrazio».
«Per cosa?».
La Campionessa guardò con studiata lentezza l’orologio al suo polso.
«Per il tempo».
In quell’istante un potente raggio passo sopra la figura della ragazza arrivando a colpire in pieno Aegislash, spingendolo contro la parete che crepò al suo impatto.
«Non è possibile!».
Da dietro Unfezant aveva usato Iper Raggio e si era alzato di due metri da terra, svolazzando seppur con immensa fatica. Pareva però aver ripreso un po’ le forze e i suoi occhi erano infiammati di una nuova luce.
«Merito di Riposo, fa riguadagnare un minimo di salute, ma ci vuole del tempo» stavolta era Touko a ridere mentre l’avversaria rimaneva allibita di fronte all’errore commesso.
Il Pokémon Orgoglio ritornò al suolo mentre veniva raggiunto dalla sua Allenatrice che per un momento aveva sorriso di fronte alla riuscita del suo piano. La ferita di Unfezant era ancora un problema ma la ragazza sentì un moto di speranza nel petto e si volse verso l’avversaria più agguerrita che mai.
«Me la paghi questa!» Adelaide digrignava i denti come a volerli frantumare mentre il suo Pokémon si riprendeva.
«Non perdiamo tempo, usa ancora Iper Raggio!».
Aegislash alzò lo scudo, non solo parando il colpo ma rimandandolo pure indietro al mittente.
Touko scartò di lato rotolando a terra mentre con molta fortuna Unfezant riusciva a schivare la sua stessa mossa.
«Spadasolenne!» urlò la bionda con astio.
La brunetta vide nei suoi occhi un odio sconfinato e per la prima volta ne ebbe davvero timore, quella ragazza era pronta a tutto e non si sarebbe fermata di fronte a nulla.
Aegislash partì all’attacco emettendo un verso di scherno che fece accapponare la pelle alla ragazza, la quale si girò verso il proprio compagno che barcollava provato.
All’ultimo l’avversario cambiò la traiettoria della sua levitazione e Touko si accorse con orrore che l’attacco non era indirizzato ad Unfezant, ma bensì a lei stessa che si vide arrivare il Pokémon Spadareale proprio di fronte.
Quest’ultimo ebbe un attimo di ripensamento prima di scagliarsi nuovamente su di lei, momento che la ragazza utilizzò per rotolare in avanti cercando di scansare il colpo. Se fosse stata colpita sarebbe potuta morire.
Aegislash sferrò l’attacco e Touko per un momento credette di averla scampata.
Poi un urlo di dolore le partì dritto dalla bocca dello stomaco mentre automaticamente si prendeva il polpaccio dove era stata ferita e sentiva il sangue caldo scenderle su tutta la gamba e sporcarle le mani. Ebbe la forza di aprire gli occhi per osservare lo stato della sua gamba ma ciò che vide la fece sbiancare: la carne era irrimediabilmente lacerata e sulla pelle chiara spiccava la zona dove la spada era stata conficcata. L’intero arto le pulsava in modo terribile mentre sentiva i sensi che pian piano l’abbandonavano.
«Perch…» provò a mormorare ma il dolore era troppo forte.
Come aveva potuto colpirla, i Pokémon per legge non possono scagliarsi contro gli umani eppure ora lei era a terra agonizzante dal dolore.
«Ah, bene finiamo questa raga…» Adelaide non fece in tempo a finire la frase che Unfezant si scagliò verso l’avversario con un poderoso Alacciaio allontanandolo dalla sua Allenatrice.
Poi cadde a terra stravolto dallo sforzo e dal sangue perso, ma ancora cosciente e rivolse il suo sguardo impietosito verso Touko.
Aegislash nel frattempo preparò un nuovo Spadasolenne diretto verso lo stomaco della ragazza che lo guardava inerme con gli occhi lucidi che sembravano supplicare pietà.
Dunque è così che sarebbe finita.
Sarebbe morta lì, proprio nel luogo in cui tempo prima si era consumata la sfida finale. Il suo primo pensiero andò ai suoi amici, gente che probabilmente non avrebbe pianto la sua scomparsa vista la presenza che aveva avuto negli anni passati.
Pensò ad N e a quanto era stata incapace persino a salvarlo.
Guardò quello che sarebbe stato il suo esecutore e si rassegnò, se lo meritava dopo tutto ciò che aveva fatto.
Decise di tenere gli occhi aperti e di vedere da sola la sua fine e quando il Pokémon alzò la spada ebbe tanta paura. Gli sembrò quasi di sentire la lama che le recideva la carne quando una voce conosciuta proruppe nella stanza.
«Lanciafiamme!».
Un Charizard volò rapidamente verso Aegislash e lo colpì con delle calde fiamme, mandandolo praticamente al tappeto.
Touko non riusciva a muoversi tuttavia alzò la testa in tempo per vedere Red che ordinava un secondo Lanciafiamme verso le reclute che arretravano spaventate .
Poi il ragazzo le si avvicinò di corsa e le posò delicatamente una mano sulla spalla guardandola con apprensione.
Adelaide urlò istericamente ordinando a due reclute di prendere N mentre il tetto della stanza veniva mandato in frantumi da un elicottero del Team Plasma che entrava per prelevare i suoi adepti.
Tutto stava succedendo troppo in fretta, come pianificato in precedenza.
«N…» mugolò Touko alzandosi a fatica.
Come facessero le gambe a reggerle rimaneva un mistero.
«Stai ferma Campionessa» le ordinò perentorio Red.
«No, salvalo, te ne prego».
Ormai la ragazza piangeva in un misto di rabbia, impotenza e dolore.
«Non posso, se colpisco l’elicottero morirà anche lui».
«Salvalo!» la brunetta mosse un ulteriore passo mentre N veniva portato sempre più in alto, sempre più lontano.
Adelaide la fissava vittoriosa appesa alla scaletta che penzolava da una portiera del mezzo di aviazione, seguita a ruota da Aegislash.
«Non farlo andare via!» l’urlo di Touko era ai limiti di un attacco isterico mentre Red la guardava comprensivo ma inerme.
Non poteva farci nulla e questo lo urtava.
«Un regalo, zucchero» sussurrò la bionda prima di allontanarsi definitivamente e ordinò al suo Pokémon un ultimo attacco.
Aegislash si diresse a rotta di collo verso un Unfezant praticamente esausto e gli si conficcò dritto nel cuore, colpendolo con crudeltà immensa. Il Pokémon emise un verso straziante mentre il sangue macchiava irrimediabilmente le sue morbide piume e il suo cuore cessava di battere. Le gambe di Touko cedettero alla vista di un tale scempio mentre la ferita tornava a farsi sentire prepotentemente.
Lo stavano portando via, N era ormai perso. Il suo amato Unfezant era irrimediabilmente morto e lei… cos’era lei?
La vista le venne meno e cadde sbattendo la fronte nel pavimento macchiato dal suo stesso sangue. Poi come un automa chiuse gli occhi, stanca di quella crudele realtà e smise di lottare.
L’ultima cosa che sentì fu l’urlo concitato di Red che le arrivò come un rimbombo lontano e vide Unfezant volare libero in un fascio di luce, cantando allegramente.
Avrebbe desiderato ardentemente poterlo raggiungere.

 

 

La cioccolateria di Guna

Ed ecco Red che ricompare!
So di aver fatto felici metà di voi con questa apparizione quindi gioite. Poi siate pure tristi perché Unfezant è morto, ma in fondo qualcuno doveva pur morire no?
Sinceramente sono soddisfatta di questo capitolo, cosa che non è mai successa e che credo non possa succedere più. Poi alla fine sarà uno schifo ma io ne sono contenta.
Ok basta rompere le scatole ai lettori Guna, passiamo ai ringraziamenti. A Zoichi Kuronin, Andy Black, Rovo,
Allys_Ravenshade che hanno recesito lo scorso capitolo e Akitabiba ed Ink Voice che si stanno sorbendo tutto l’inizio. Grazie brave persone!
Bueno, un grande saluto a tutti e al prossimo capitolo.

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Capitolo 14
*** Pezzo dopo pezzo ***


                                                 Pezzo dopo pezzo

«Touko!».
Una voce infantile, una voce di bambina, la voce di Belle.
«Touko?».
Una voce più matura, una voce altezzosa, la voce di Komor.
«Muoviti Touko».
Questa volta è stata sua madre a chiamarla ed è comparsa vicino allo stipite della porta di camera sua, le braccia incrociate e un sorriso divertito in volto.
«I tuoi amici di stanno aspettando!».
A Soffiolieve la primavera è sempre un’esplosione di colori e la città non viene risparmiata nemmeno stavolta. I bambini corrono sui prati, calpestando margherite fresche e profumati tulipani, seguono aquiloni nel cielo o giocano a pallone.
Touko esce di casa e vede i suoi amici nel prato, Belle e Komor la salutano ma lei non li raggiunge subito. Si ferma prima ad ascoltare il dolce cinguettio di un Pidove appena nato che a terra prova ad alzarsi goffamente. Lei lo prende in mano e questo arruffa le piume spaventato.
Una risata dolce è quella di Touko che vede quel piccolo batuffolo grigio, così fragile e così bello. I Pokémon per lei sono delle creature affascinanti, ma non può possederne. Dicono che è troppo piccola, ha solo cinque anni, e lei non vede l’ora di crescere.
Appoggia delicatamente Pidove a terra e volge gli occhi verso i suoi amici ma questi paiono scomparsi con un soffio di vento. Il cielo primaverile si rannuvola di colpo e quando un tuono squassa il cielo i suoi piedi iniziano ad affondare nel terreno. Si guarda intorno smarrita e prova ad urlare ma la sua bocca non produce alcun suono, si sente paralizzata e ha tanta paura.
Cerca Pidove con lo sguardo ma rimane stupita nel vederlo trasformarsi in un possente Unfezant che la osserva fiero dall’alto di un ramo.
Di colpo iniziano a cadere  piccole rocce dal cielo, appuntite come frecce e calde come lapilli di lava. Lei prova a proteggersi con le braccia ma si ferisce e sente le forze colarle a picco. Poco a poco iniziano a vedersi piccoli tagli nella sua bianca pelle e il dolore le mozza il fiato.
Dove sono ora i bambini con le loro urla festose che prima occupavano i prati verdi?
Non capisce più nulla e sta per chiudere gli occhi quando Unfezant le si avvicina fiducioso e le fa scudo dalla pioggia di pietre con il suo corpo, continuando a cinguettare per calmarla. Le lacrime iniziano a bagnarle la faccia della ragazza mentre vede il Pokémon cedere sotto quello sforzo immane e accasciarsi a terra, morto.
Touko però è ancora lì, immobile sotto quella pioggia di lapilli che gradualmente si trasformano in gocce rosse, è sangue. Sente un urlo provenire da casa sua ma non può far nulla, è completamente inutile.
Volge gli occhi verso il cielo e una forte luce la investe, tirandola fuori a forza da quella falsa dimensione e riportandola alla fredda realtà.
Eppure sta continuando a piangere.

 

 
Due figure svoltarono il corridoio della Lega, le teste chine e i volti scavati dalla stanchezza. La Professoressa Aralia si scostò un ciuffo di capelli biondi dal viso rifacendosi approssimativamente l’acconciatura mentre Red rimase concentrato sul suo percorso per non perdersi in quell’immensa costruzione.
«Secondo te è sveglia?» domandò la donna con una nota di speranza.
«Non sono io il dottore» la liquidò il ragazzo che ultimamente era più nervoso del solito.
I due entrarono nella stanza e si avvicinarono al letto della Campionessa, la quale però era tutt’altro che addormentata. Stava stesa trai cuscini ma aveva gli occhi spalancati verso il soffitto e sembravano fissare un punto inesistente.
«Ben svegliata, era ora!» proruppe Red tradendo una nota di felicità nella voce.
«Quanto ho dormito?» la voce di Touko era spenta e completamente stravolta.
«Cinque giorni».
La ragazza sospirò e tentò di alzarsi ma venne bloccata da Aralia.
«Le tue condizioni non ti permettono di muoverti».
Touko fece mente locale, ripescando dal mare di informazioni che aveva in  testa i ricordi relativi alla lotta avvenuta giorni prima e di colpo capì il perché del dolore alla gamba. Aegislash e la sua irritante Allenatrice.
Chiese allora uno specchio e si toccò la faccia alla ricerca di eventuali tagli, ma senza risultati. Il volto però era più pallido del solito e gli occhi non le rimandavano la solita luce che si rispecchiava ogni qualvolta che guardava quella superficie vetrata.
«Ricordi tutto?» questa volta era stato Red a parlare.
Lei annuì impercettibilmente.
Non poteva di certo dimenticarsi del rapimento di N, suo ennesimo fallimento e della morte di Unfezant. Al solo pensiero di quest’ultimo una lacrima di commozione le rigò la guancia: lui ce l’aveva messa tutta e si era sacrificato, morendo da eroe, qualcosa che per lei era ormai sconosciuto.
Gli occhi le pizzicarono maggiormente ma la brunetta era decisa a non rendere i due visitatori partecipi del suo pianto.
«Devo uscire» affermò con voce ferma.
«Ma non puoi!» Aralia era parecchio contrariata ma Red le fece segno di tacere con la mano e afferrò due stampelle appoggiate al muro.
«Usa queste almeno».
Touko si stupì della comprensività del ragazzo ma non diede a vedere alcun segno di gratitudine e con immensa fatica cercò di tirarsi su dal materasso declinando con un cenno qualsiasi tipo d’aiuto.
Prese le stampelle che il ragazzo le porgeva e iniziò ad avviarsi verso l’ascensore in assoluto silenzio, sentendo gli sguardi pressanti dei due addosso.
Quando finalmente fu fuori dalla Lega ispirò a fondo l’aria fresca e, vedendo un bel sole illuminare il cielo sereno, ebbe l’idea di chiamare a sé Unfezant per volare come un tempo.
Per qualche secondo si perse a cercare la sua Ball nello zainetto, che aveva avuto premura di prendere, ma poi si rese conto di ciò che stava facendo e si bloccò con un groppo in gola.
Che stupida che era.
Le sue mani presero a tremare e le sue lacrime per un momento parvero avere la meglio, quando sentì un muso poggiarsi delicatamente sulla sua spalla. Charizard la squadrava curioso agitando la grande coda e sbattendo pigramente le ali.
«Se devi andare da qualche parte fa che sia lui a portarti, Zekrom non è conveniente» la raggiunse la voce di Red.
«Grazie» biascicò lei tremante e con uno slancio a dir poco doloroso si issò sopra il Pokémon pronta al decollo.
Charizard partì e lei si tenne stretta al suo collo, stranamente impaurita dall’altezza, mentre il suo accompagnatore la guardava aspettando di sentire la destinazione.
Per un secondo la mente di Touko fu focalizzata sulle improvvise e sconosciute vertigini, probabili conseguenze della sua debolezza fisica, poi parve riprendersi e iniziò a vedere di fronte a sé tutti i luoghi in cui poteva andare.
«Portami alla Foresta Bianca» si limitò infine a chiedere.
Durante il viaggio però non poté far a meno di chiedersi il motivo dello strano sogno fatto e al solo pensiero rabbrividì: aveva di certo passato momenti migliori nella sua vita e forse il suo inconscio era stanco.
Persa trai suoi pensieri non si accorse di star volando sopra gli immensi alberi della Foresta Bianca e rimase meravigliata alla vista di quel paesaggio pacifico, ottima cura per il suo cuore in lotta continua.
Durante l’intera discesa di Charizard Touko trattenne il respiro e non appena il Pokémon toccò terra lei poté ispirare l’aria pulita di quel luogo immacolato.
Un vento leggero muoveva le foglie degli alti fusti provocando un piacevole suono mentre il vociare allegro di qualche bambino rendeva il posto in un certo senso più vivo.
La ragazza raggiunse una panchina dove prese posto con Charizard che la vegliava da dietro, poi fece uscire Samurott e Leafeon dalle Ball.
I suoi due compagni avevano un’aria triste, come se già sapessero che un loro amico era venuto a mancare, perciò si strinsero attorno a lei cercando conforto, sia da dare che da ricevere. Leafeon cercò di racimolare qualche carezza, funzione che però lei non era in grado di offrire.
Finalmente Touko riuscì piangere tutte le amare lacrime che si era tenuta fino a quel momento e ripensò ancora agli ultimi istanti di vita dell’amico: l’attacco e la sua ultima caduta.
Poco per volta però la tristezza cedette il posto alla rabbia e lei vide il volto sprezzante di Adelaide sopra quell’elicottero mentre si portava via anche N dalla sua vita.
La brunetta non era mai stata un tipo attaccabrighe o portatrice di particolare odio verso le persone, lei semplicemente le schiavava e provava indifferenza per quelle più antipatiche. Però, al pensiero di Aegislash che recideva il petto di Unfezant, una sensazione di disgusto unita a qualcosa di mai provato prima si fece largo trai suoi pensieri, intaccando anche il cuore.
Odiava quella donna e mai, per nessuna ragione al mondo, l’avrebbe perdonata o avrebbe chiuso un occhio di fronte al suo gesto.
Improvvisamente sentì dei passettini affrettati e un Lillipup le corse incontro saltandole in grembo e iniziando a leccarle docilmente la mano. La ragazza rimase un attimo stranita, fissandolo torva, per poi poggiare titubante l’altra mano sul vaporoso pelo del Pokémon e iniziare ad accarezzarlo.
A quanto pare era diventata una specie di calamita per le coccole.
«Lily!» due bambini stavano correndo verso di lei con un’espressione spaventata in volto.
«Lily, scendi di lì» disse il più grande ma il Lillipup non si mosse di una virgola.
«Stai disturbando…» il più piccolo venne fermato dal sorriso incerto della ragazza che provò a rassicurarlo.
«Tranquilli, non dà alcun fastidio» disse Touko il più dolcemente possibile.
Il piccolo Pokémon abbaiò felice mentre la brunetta lo accarezzava dietro le orecchie e i due bambini la fissavano ammirati.
«Sei brava con loro!» esclamò il più piccolo indicando Lillipup.
«Ovvio che è brava Frank, lei è la Campionessa » si accorse il più grande con stupore.
«Giusto Marcus!».
La ragazza tremò un secondo cercando poi di sorridere nuovamente ma con maggior difficolta. L’avevano riconosciuta e l’ultima cosa che voleva era essere al centro dell’attenzione, soprattutto in un momento del genere.
«Come ti sei fatta male?» chiese allora Marcus, al che la brunetta si bloccò bruscamente ed esitò dubbiosa.
Non poteva raccontare a quei bambini cosa stava succedendo.
«Non ti sembra ovvio?» squittì allora Frank «Lei ci ha salvati!»
Touko rimase di stucco di fronte a quella affermazione ma non osò obbiettare nulla e anzi, spronò il bambino a continuare a parlare.
«Lei è forte e ci salva sempre, è la nostra Campionessa!» il piccolo volteggiava su se stesso e sorrideva, felice come non mai.
«Non temiamo i pericoli con lei!» continuò imperterrito.
Anche il più grande sorrise intenerito dal fratellino, poi volse lo sguardo verso la ragazza e fece per mormorare qualcosa.
«Frank, Marcus!» un urlo isterico lo interruppe e lo fece girare verso il vialetto centrale dove una  donna in veste da lavoro si stava avvicinando infuriata.
«Quante volte vi ho detto di non parlare con gli estranei!»
«Ma mamma lei è la Campionessa!» trillò Marcus gioioso.
A quella costatazione la donna sgranò gli occhi e spalancò di colpo la bocca, in parte sorpresa e in parte infastidita. Il suo atteggiamento comunque non presagiva nulla di buono. Touko ne era spaventata.
«Non importa chi lei sia, andate a giocare nel prato. Ora!» ordinò lei perentoria, intimidendo persino la brunetta che senti il peso del Pokémon scomparire dal suo ventre, mentre questo correva verso i suoi padroni.
«Mi scusi signora..» la ragazza tentò l’approccio educato, decisa a troncare sul nascere qualsiasi discussione.
«Finalmente incontro la famosa Campionessa di Unima!» il tono della donna era derisorio e sarcastico, cosa che ferì non poco la ragazza.
«Beh…».
«Sai, il loro Lillipup è nuovo come Pokémon».
«Bene, è bello» sussurrò Touko incerta.
«Beh il loro scorso compagno è stato rapito dai Plasma».
Un lampo attraversò la mente della ragazza che ripensò a Red, il quale tempo prima le aveva riferito alcune informazioni. Pokémon rapiti, mossa fin troppo riconducibile a Ghecis.
La brunetta alzò lo sguardo ma la donna le si parò davanti decisa a continuare la conversazione, cosicché lei rimase seduta in religioso silenzio.
«Anche mio marito sai, è stato ferito dai Plasma» la donna era al limite dell’isterismo.
“Famiglia fortunata” si disse Touko mentre pensava ad un modo per usare la stampella come arma nel caso le cose si fossero complicate.
«E quindi cosa ha fatto la nostra Campionessa?».
«Beh sta indagando… sto indagando…» quella donna le faceva uno strano effetto come se…
«Oh, alla buon ora. Dovresti essere più responsabile, in fondo è la tua regione».
…Fosse sua madre.
Ecco chi le ricordava, sia nell’atteggiamento sia nell’aspetto esteriore.
«Si fidi…» tentò allora di difendersi.
«No sono stanca, siamo tutti stanchi signorina!».
La brunetta metabolizzò che quella che aveva di fronte doveva essere per forza di cose una di quelle estremiste che la detestavano con tutto il cuore e lei si trovava contro una di queste, mezza immobile a causa della ferita.
La giornata poteva andare peggio?
«Ehi Touko!»
A quanto pareva si.
Era stato Komor a parlare ed ora le si stava avvicinando salutandola.
«Si concentri Campionessa» la donna non voleva smetterla.
A quel punto la brunetta si stancò di quella paternale che, anche se meritata, stava diventando noiosa e ridicola perciò si alzò di slancio, nonostante le costasse un immane fatica.
«Come ti permetti ragazzina?».
«Ascolti, mi dispiace molto per la sua famiglia ma non è l’unica in difficoltà. Ora per favore mi lasci in pace!» sbottò Touko infastidita dal termine “ragazzina”.
«Ma…».
«Oh, le conviene controllare i suoi figli prima che parlino con altri estranei» bisbigliò allora la brunetta al suo orecchio prendendo possesso della stampella e incamminandosi verso Komor.
Appena gli arrivò vicino però si pentì immediatamente dell’azione fatta. Il ragazzo era una delle ultime persone con cui lei voleva parlare, ricordava di come fosse entrato alla Lega accompagnato da Nardo.
Touko, distratta, si sbilanciò leggermente in avanti perdendo l’equilibrio e si appoggiò prontamente al braccio di lui che però emise un verso di stizza.
Solo lì la ragazza si accorse che l’intero arto era coperto da una fasciatura e si ricordò di quando lo aveva visto fugacemente a Spiraria, a terra ferito.
Poi, novità delle novità, aveva litigato con Belle.
«Perdonami non mi ricordavo…» esordì cercando di darsi un contegno.
Oltre a essere stravolta fisicamente, la sua psiche era al limite della sopportazione e gli eventi finora accaduti la stavano mandando letteralmente  in crisi.
Non era nemmeno riuscita a sfogarsi in pace…
«Tranquilla, neanche tu sei messa meglio» un caldo sorriso si fece spazio tra la smorfia di dolore di Komor e Touko non riuscì a far altro che guardarlo stranita.
Certamente era un sorriso rivolto a lei ma quanto poteva valere questo gesto? Sarebbe contato dopo ciò che era successo?
Le domande affollarono la mente già satura della ragazza che cercò di scacciarle concentrandosi su come camminare con la stampella. Quello si che era realmente un problema.
«Ti va se ti offro un succo di bacche?» di nuovo quella voce cortese.
«Ok» fu la lapidaria risposta della brunetta.
I due si incamminarono lentamente verso lo stand dei succhi, attirando numerosi sguardi viste le patetiche condizioni fisiche in cui versavano.
«Tieni, allontana lo stress» ironizzò Komor porgendole un bicchiere dal liquido rossastro.
Sarebbe stato bello se avesse funzionato per davvero.
«Al momento berrei solo per poter dimenticare» rispose lei con falsa ironia.
La sua risposta tuttavia echeggiò nella mente del ragazzo, dilaniandogli il cuore.Sapeva di essere una delle cause del malcontento della ragazza e se ne rammaricava di continuo.
«Credo che io e te dovremmo parlare».
«Non mi dire Sherlock…» tutta quella situazione portava fuori il suo lato sarcastico.
«Per la storia della sfida».
«Oh parli del tradimento con Nardo».
«Lasciami finire!».
«Tenuto conto che devi ancora iniziare…».
«Non era un tradimento, volevo solo batterti».
«Sì, detto così suona decisamente meglio!».
La ragazza si era già stancata di quell’inutile conversazione e fece per posare il bicchiere sopra al bancone, ma venne fermata da Komor.
«Te ne prego… io non ci so fare… con le parole».
Touko alzò gli occhi al cielo e soffiò forte col naso in segno di disappunto però rimase lì, gli diede un’ultima possibilità.
«Hai ragione, volevo diventare Campione. Nardo diceva che avrei potuto farcela e io gli ho dato ascolto».
«Questo non spiega un bel niente!» stavolta la brunetta era decisa ad andarsene.
«Andiamo, sai che pensa la gente…»
Il ragazzo si tappò immediatamente la bocca ma realizzò che era troppo tardi e l’amica aveva recepito tutto.
Lei si voltò lentamente ma, al contrario di ciò che lui credeva, non sembrava arrabbiata, più che altro stanca. Una strana luce le attraversava lo sguardo, un qualcosa di spaventoso e anomalo.
«So che pensa…» iniziò determinata avanzando sempre di più «E sono arrivata ad un punto di non ritorno».
«Ovvero?» Komor stava sudando freddo mentre l’amica gli puntava i penetranti occhi in volto e continuava ad avvicinarsi pericolosamente.
«Ho finalmente realizzato che» le fronti dei ragazzi si toccarono provocando un ulteriore brivido da parte del corvino «Non me ne può fregar di meno!».
Touko aveva scandito ogni singola sillaba in modo chiaro e cristallino, finendo poi per soffiare sul naso di Komor.
Il ragazzo dalla sua sentiva il cuore battergli all’impazzata mentre metabolizzava le parole dell’amica e il suo strano atteggiamento. Doveva essere veramente arrivata ad un limite.
«Però è stato Nardo a chiedermelo».
«Tranquillo caro, puoi pure considerare la nostra amicizia ormai finita».
Di nuovo quella freddezza disarmante, quella smorfia stanca, quegli occhi senza un’ombra di speranza.
Komor avrebbe desiderato tirarla su di morale e ne fu tentato. Aveva sempre avuto un carattere mite e odiava litigare ma le parole di Touko lo avevano spiazzato e ora si sentiva vuoto come non mai. A lei ci teneva e ricordava le numerose volte che lo aveva aiutato, supportandolo, con un sorriso o una parola d’incoraggiamento.
Era vero allora che l’amicizia era come il vetro? Così bella e sofisticata, ma al tempo stesso fragile, pronta a frantumarsi in mille pezzi.
Non poteva perderla eppure lei sembrava così decisa, così poco umana.
Come poteva ora ricostruire i pezzi che giacevano a terra, taglienti e difficili da rimettere insieme?
«Aspetta Touko» iniziò volenteroso quando il Pokégear che aveva in tasca squillò.
Il ragazzo fece cenno alla brunetta di aspettare e rispose.
«Komor, Komor!» la voce di Belle lo colpi come una secchiata d’acqua gelida.
«Dimmi».
«Devi aiutarmi, riesci ad avvisare Touko?»
A sentir pronunciare il suo nome la ragazza rizzò la testa e si mise sull’attenti.
«Beh, è qui con me» Komor era imbarazzato.
«Dille di venire a Soffiolieve il più presto possibile!».
«Perché?».
«Come sarebbe “perché”? La città, sta bruciando!».
E con quelle ultime parole la chiamata venne interrotta.

 

Touko credeva di averle sentite tutte. Era convinta che la sua sfortuna avesse già raggiunto apici storici eppure la sua teoria ora veniva smentita da quella semplice chiamata.
A Soffiolieve? Era scoppiato un incendio…
Un risolino isterico le uscì dalla bocca mentre faceva cadere la stampella per terra e si portava le mani al cuore. Sì, stava ancora battendo e il che era strano dato che lei non sentiva più nulla. tremò e porto la gamba ferita a terra ma non emise nessun lamento, voleva sentire dolore per poter capire di essere ancora cosciente.
Questa volta la risata che le uscì fu meno contenuta della precedente e la ragazza si appoggiò al banco del chiosco, con le mani che le tremavano febbrilmente. Aveva un pessimo presagio, come se si stesse dimenticando di qualcosa, eppure non riusciva a capacitarsene.
«Non fare mosse azzardate».
La voce di Komor la riportò bruscamente alla realtà ma non per questo le sue mani smisero di contorcersi.
Cos’è che continuava a sfuggirle, un pensiero indefinibile che le era impossibile mettere a fuoco.
«Mi senti?».
«Certo…».
«Non preoccuparti per tua madre io…».
Sua madre, ecco cos’era il cattivo presagio di prima. L’aveva indirettamente messa in pericolo sin dal giorno della sua investitura a Campionessa e ora poteva addirittura rischiare la vita.
«Credi sia imputabile al Team Plasma?» il ragazzo era parecchio preoccupato.
«Se tu la smettessi di parlare per un secondo e mi facessi ragionare!» esclamò astiosa Touko riprendendo la stampella e incamminandosi verso Charizard.
«Non penserai di andare…».
«Sì» fu la scarna risposta della ragazza, mentre il Pokémon l’aiutava a salire.
«Questo è fuori discussione!».
«Mi spiace Komor, non mi mancherai» mai tanto odio era stato riversato in una frase, quando finalmente Charizard decollò prendendo come direzione la cittadina di Soffiolieve?.
«Ferma Touko, non lo fare!».
«Non ti sai imporre sugli altri» un’altra risata nervosa, segno che la ragazza era davvero al limite della follia.
Poi il Pokémon si alzò in volo e lei tornò con lo sguardo all’orizzonte lontano, perdendosi tra sue preoccupazioni e cercando di dividere in fiocchi di neve la valanga che la stava, suo malgrado, colpendo. Tutto era un susseguirsi di eventi dalla portata troppo elevata per una persona fragile come lei, un macigno immenso per le sue esili spalle.
Eppure c’era qualcosa che l’aveva sempre spinta avanti: dopo la messa in atto del primo piano di Ghecis aveva combattuto, dopo essere diventata Campionessa aveva lottato, dopo che N l’aveva abbandonata era rimasta in piedi.
Cos’era ora che le mancava, cosa avrebbe voluto avere con sé per fermare tutta quella serie di drammatiche azioni? No, non poteva saperlo. Non le rimaneva solo che sperare in un futuro più roseo e nel frattanto andare avanti, zoppicando e soffrendo ma continuando ad avanzare.
Nient’altro era in suo potere, anzi credeva non fosse in suo potere. Stava attraversando un periodo buio e ormai aveva perso qualsiasi facoltà di scegliere il suo futuro. Viveva giorno per giorno e senza accorgersene cadeva sempre di più in un vortice, trasformandosi in un guscio vuoto e fragile.
Dov’era la sostanza, quella Touko che affascinava la gente con lo sguardo?
Le persone che considerava amici si trasformavano in gente di contorno, la tradivano con la stessa facilità con cui le dichiaravano affetto, le voltavano le spalle con un soffio di vento. Però la cosa peggiore era sapere che tutto ciò era colpa sua, che in qualche maniera se lo meritava.
Il fatto di Komor l’aveva scossa non poco, anche se aveva cercato di non darlo a vedere si sentiva ferita e ora anche la sua città natale era in pericolo proprio com’era successo con Spiraria. Non poteva però permettersi lo stesso esito.
Si aggrappò maggiormente a Charizard e inspirò per prendere coraggio, le serviva tutto in quel momento. L’orizzonte era sempre lì, che l’attendeva bramoso, scrutando con il cielo la vita di quella giovane ragazza.
E ogni giorno che la vedevano andare avanti e osservavano attentamente i suoi gesti, si accorgevano che stava sempre più cadendo in tanti piccoli pezzi.

 

 

La Cioccolateria di Guna
E visto che sono in tema sto pure mangiando del cioccolato. Cavolate random a parte…
Salve gente!
Passo subito a dunque ovvero: so benissimo che questo capitolo è per lo più riflessivo e molto introspettivo/nonaccadenientedegnodinota ma vi assicuro che nel prossimo c’è più azione. Ho dovuto infatti spaccarlo in due visto che comunque finora è il capitolo più lungo mai scritto da me.
Sorpresi? Anche io!
Beh come sempre passo ai ringraziamenti. Mille grazie a Andy Black, Rovo, Zoichi Kuronin e Allys_Ravenshade per aver recensito lo scorso capitolo e Ink Voice che si sta portando avanti ad una velocità assurda.
Grazie ancora per il vostro continuo supporto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 15
*** Ali di cenere ***


          Ali di cenere

Nel cielo azzurro era ben visibile una cortina di fumo che imponente e spaventosa si innalzava quasi a voler raggiungere il sole.
Non appena Touko la vide fu tentata di fermarsi e fare retromarcia, ma poi ricordò l’avvenimento di Spiraria così spronò Charizard ad accelerare.
Uno stormo di Pidove volava in direzione contraria puntando dritto verso di lei cosicché, per schivarli, la traiettoria del Pokémon cambiò bruscamente, innalzandosi e dando alla brunetta la visuale intera della città.
Con orrore la ragazza vide i tetti bruciare, le case crollare e la piazza della cittadina divenire un luogo di riparo, l’unico per l’appunto.
Anche il laboratorio della Professoressa Aralia stava andando a fuoco e affaccendati Scienziati in camice da lavoro entravano e uscivano dall’edificio in fiamme salvando il salvabile. I bambini urlavano spaventati mentre l’aria intorno a Soffiolieve si faceva sempre più irrespirabile e tossica, pregna di quella caligine che sarebbe diventata a lungo termine mortale.
La ragazza osservò attentamente gli alberi attorno prendere fuoco, incapaci di difendersi e udì lontane l’eco dei Pokémon che lì vivevano. Il vento portava lamenti, grida e morte, lei provava le stesse sensazioni che aveva sentito lei nel suo incubo.
Touko squadrò la piazza dove tutta la gente convergeva e si accorse subito del grande errore. L’uscita dalla città era bloccata dalle fiamme e tutti i cittadini avrebbero fatto la fine dei topi, sarebbero morti soffocati o inghiottiti dalle fiamme che impietose non volevano fermarsi.
La brunetta incoraggiò Charizard ad atterrare proprio al centro della cittadina e una volta a terra fu accolta da sguardi preoccupati e risentiti. I bambini tenevano salde le mani in quelle dei genitori mentre si coprivano le bocche con fazzoletti e mascherine di fortuna.
A fatica Touko smontò dal Pokémon che quieto la seguì tra tutta quella gente disperata. La ragazza poteva capire il perché dei loro stati d’animo, stavano vedendo la loro città cadere al cospetto di un irrefrenabile incendio e stavano perdendo tutto ciò che possedevano. Poi notò incerta che nessuno faceva alcunché, si fissavano smarriti ma non provavano a reagire alla disgrazia.
Che stava succedendo?
La ragazza raggiunse l’appostamento dove un quartetto di Ranger prestava soccorso ai casi più gravi. Era dunque quel misero aiuto che dava la regione per una cittadina ormai spacciata?
I ragazzi, che erano tutti molto giovani e inesperti, le fecero un leggero cenno di saluto e uno le indicò un punto poco più avanti dove Touko scorse, a metà tra lo stupito e il grato, la figura di Red, intenta a dare ordini al suo Poliwrath che colpiva con Pistolacqua le fiamme di una abitazione.
Non sapeva il motivo che aveva spinto il ragazzo a venire fin lì ma gli era comunque molto riconoscente, un aiuto in più le avrebbe sicuramente fatto comodo visto lo scarso equipaggiamento dei Ranger.
Non ebbe nemmeno il tempo di avvicinarsi che lui si voltò nella sua direzione sgranando gli occhi e stringendo i pungi.
«E tu che ci fai qui?» il suo tono era del tutto contrariato.
«Sono venuta a dare una mano».
«Con quella gamba sei solo  d’intralcio…».
«Gentile come sempre, ma non desisterò».
«Apprezzo il tuo gesto, ora però sloggia!».
«Mi scuso mister simpatia, ti ricordo che rimango la Campionessa!» pronunciare quelle parole gli era di enorme sforzo.
«E io ti ricordo che ti ho battuto, ora vattene!».
«No!».
La ragazza aveva alzato così tanto la voce che persino Red si era bloccato stranito e ora la fissava negli occhi, come a volerle leggere dentro, cosa che la infastidiva parecchio.
A volte quel tipo la inquietava.
«Come hai detto?» ora il suo tono sembrava divertito.
«No, non puoi decidere per me!».
«Mi sembra la stessa conversazione che tu hai tenuto con N…».
«Non cred… Ehi!» la brunetta si animò maggiormente «Come fai a saperlo tu?».
«Racconti vari» fece allusivo lui mandandola ulteriormente in bestia.
«Ascolta non me ne frega nulla di ciò che pensi, io ora darò una mano!».
«Testarda come sempre vedo, forse non sei cambiata in fondo» sorrise il ragazzo passandosi una mano trai capelli.
Oh, Touko glieli avrebbe strappati volentieri, uno ad uno, quei capelli, la sua presenza la irritava alquanto. Però ora avrebbe dovuto collaborare con lui, volente o nolente.
Un colpo di tosse la riportò alla realtà mentre uno dei Ranger la guardava allusivo: stavano solo perdendo tempo. La priorità era aiutare tutta quella gente, non certo ingaggiare una lotta contro il fatidico Red di Biancavilla e di questo entrambi i Campioni ne erano consapevoli.
«Da quanto è scoppiato l’incendio?» fece seria la brunetta.
«Circa un’ora» le rispose prontamente uno dei quattro Ranger, quello che sembrava il più preparato.
«Come? Non è possibile si sia espanso così tanto in poco tempo!».
«Lo so, dobbiamo ancora chiarire molte cose…».
«Già, come ad esempio il colpevole» puntualizzò Red «Non credo affatto sia stato un incidente».
Seppur già prima ne aveva il dubbio, quella costatazione colpì profondamente Touko che divenne consapevole del dramma che si stava manifestando. Non solo il pensiero dell’esistenza di qualcuno così sadico da volere tutto ciò, ma anche il netto presentimento che i Plasma fossero gli architetti anche quella volta. Quale astruso piano potevano aver in mente?
«C’è una cosa che non mi è del tutto chiara» la brunetta pensò ad alta voce.
«Parla!» la esortò uno dei Ranger.
«Gli abitanti di Soffiolieve, per quanto ne so  tutti possiedono un Pokémon…».
«Ti stai chiedendo perché non provano a spegnere le fiamme?» il tono ilare di Red la distasse dalle sue congiunture mentali.
«Ne sai qualcosa per caso?».
«Beh, mea culpa».
«Spiegati, e in fretta!».
Nonostante il tono della brunetta fosse prepotente e al ragazzo non piacessero molto gli ordini, egli fu obbligato a rispondere, in parte spinto dalla sua coscienza e in parte spronato dalla situazione.
«Ecco, due giorni fa circa in questa cittadina sono stati sequestrati alcuni Pokémon dal Team Plasma e…».
«Fammi indovinare: erano tutti tipi Acqua» la voce piatta di Touko lo soprese.
«Brava, hai passato l’esame!».
«Non ti è passato neanche per l’anticamera del cervello di avvisarmi!».
«Beh, non eri nelle tue migliori condizioni…».
«Se potete smetterla di battibeccare!» fu il più giovane dei Ranger ad intromettersi «Oh, io sono Ben».
«Bene Ben, fatti gli affar…».
«Si, hai ragione» Red riprese la sua solita calma interrompendo una Touko furiosa.
La ragazza convenne che era il caso di calmarsi, in quelle condizioni non poteva permettersi di peggiorare ulteriormente la situazione, già drammatica di suo, così si portò le mani alle tempie e respirò a fondo. Avrebbe ripreso chi di dovere dopo, ora doveva solo rimanere concentrata e tutto sarebbe andato per il meglio
«Quindi rimaniamo solo tu col tuo Poliwrath, io con Samurott e voi quattro».
Tutti annuirono e lei si sentì perlomeno sollevata, questa volta non era sola, loro l’avrebbero aiutata e magari ce l’avrebbero anche fatta. Ora non restava che portare fuori di lì tutti gli abitanti, domare le fiamme e il gioco era fatto. Fortunatamente l’ammontare delle persone non era un numero spropositato, Soffiolieve era sempre stata una placida e disabitata cittadina, cosa che avrebbe reso il loro compito più semplice.
Touko chiamò fuori dalla Ball Zekrom, il quale ruggendo si mise al centro della piazza in attesa di ordini.
«Se avessi Unfezant potremmo fare anche prima» rifletté brunetta mentre anche Samurott usciva pronto a dare manforte.
«Non pensarci ora» nonostante Red sembrasse severo la ragazza aveva captato nella sua frase un moto di gentilezza nei suoi confronti e se ne stupì.
Poi si concentrò sulla situazione e a larghe, seppur dolorose, falcate raggiunse il Leggendario, il quale stava incutendo non poco timore alla gente e, dopo avergli posato caldamente una mano nel ventre, gli rivolse un sorriso fiduciosa spronandolo a seguirla.
La gente guardava rapita quella singolare coppia mal assortita avviarsi verso il punto dove erano riuniti i feriti, mentre la ragazza notava inoltre che la popolazione che occupava la piazzetta era stata ben sfoltita da probabili perdite e  immediatamente il suo stomaco si chiuse al pensiero dei cadaveri che potevano giacere dentro quelle abitazioni logorate dal fuoco.
«Ascoltatemi tutti» esordì cercando di darsi un tono «Possiamo aiutarvi se mantenete la calma!».
Al solo udire quella frase la buona gente di Soffiolieve iniziò a protestare vistosamente, chi in preda al panico, chi per un attacco di nervi.
«Come farete?».
«La Campionessa ne sarà in grado?».
«Non prendeteci in giro, moriremo come topi!».
«Vattene illusa!».
Tutte quelle voci si sovrapposero nella mente di Touko che metabolizzò i loro significati uno ad uno restando senza parole di fronte ad una simile reazione. Come avrebbe fatto a domare quella folla inferocita, lei che non riusciva ad imporsi neanche a se stessa?
Un colpo di tosse la fece irrigidire mentre si portava una mano al petto, squassato da qualche spasmo. Avrebbe dovuto usare un fazzoletto con tutto quel fumo che c’era in città, ma non ci aveva minimamente fatto caso e ora c’erano cose più importanti a cui pensare.
Improvvisamente Red si fece largo tra la folla e raggiungendola la guardò divertito, beccandosi di rimando uno sguardo inceneritore.
«So che la mia… collega non è brava a farsi ascoltare ma vi conviene seguire ciò che dice se volete uscire vivi da questo inferno».
Bastarono queste semplici parole, dette con un irreale distaccamento e indifferenza a suscitare l’attenzione tra il pubblico che si mise in ascolto, ubbidiente. Touko però tossì ancora così fu il ragazzo a spiegare le procedure.
«Mentre noi cercheremo di domare le fiamme voi fuggirete dalla città con Zekrom» disse indicando il Leggendario «E Aerodactyl» finì facendo uscire il Pokémon dalla Ball.
«Nel mentre noi cercheremo di fare il possibile, ricordatevi di mantenere la calma e una volta fuori cercate in tutti i modi di avvisare l’agente Bellocchio o Nardo. Questo è tutto!».
La gente iniziò a mormorare ma diligente si mise in fila attendendo di essere portata in salvo. Touko ne fu stupita ma decise di passare all’azione e si incamminò lentamente, con l’ausilio della sua fidata stampella, per raggiungere Samurott.
«Io voglio provare a salvare qualcuno bloccato nelle abitazioni» urlò a Red mentre zoppicava.
«Non pensarci nemmeno, in quelle condizioni è già tanto che ti lasci rimanere qui. E mettiti qualcosa per non respirare questo schifo di aria!» la sgridò lui avvicinandosi, il suo fazzoletto a coprirgli la bocca.
«Si, come no…» lo liquidò lei lasciando cadere a terra quello che lui le stava offrendo.
Non capiva perché facesse così ma aveva bisogno di rendersi utile, di sentirsi un’eroina per un giorno, non l’incapace che impediva i soccorsi. Lei era così: suscettibile e tremendamente instabile, controversa ma con buon cuore. Ergo una persona complessa con cui relazionarsi.
«Touko!».
Era una voce che conosceva quella che l’aveva chiamata ma non riusciva a ricordarsi a chi appartenesse. Passò in rassegna i visi delle persone con cui aveva avuto contatti lì a Soffiolieve ma la sua memoria la tradì.
«Che gioia vederti, anche se in questa situazione precaria» quando l’uomo la raggiunse la brunetta lo riconobbe come il padre di Belle e si schiaffeggiò mentalmente per la mancanza.
«Signore, si sbrighi a raggiungere i Ranger che l’aiuteranno a salire» lo spronò lei coscienziosa.
«Ti ringrazio per il pensiero Touko ma tu non dovresti pensare ad altro?».
Di fronte allo sguardo perso della ragazza l’uomo si crucciò, seguito a ruota dai quattro Ranger che si bloccarono di colpo. Egli si accorse di aver detto troppo e fece per allontanarsi ma la brunetta gli bloccò il braccio.
«Cosa devo sapere?».
Un irreale silenzio cadde solo per un secondo seguito poi dai balbettii di Ben che le si avvicinava cautamente.
«Mi dispiace, ci dispiace».
Ormai la Campionessa aveva le orecchie protese, desiderosa di sapere cosa dovesse esserle detto con così tanta difficolta e segretezza ma tuttavia era impaurita visto il tono lugubre usato dal Ranger.
Ed infatti egli con voce grave le riferì la notizia che la ragazza non avrebbe mai creduto di sentire.
«Tua madre Touko, lei è ancora dispersa».

 
Una nuvoletta di fumo usci dalla bocca piegata all’ingiù di Bellocchio che stancamente stava stravaccato sopra la sua sedia girevole, tra le labbra una sigaretta ormai consumata. Il suo studio era pian piano diventato la sua casa visto che lì passava la maggior parte del tempo, anche solo per starsene da solo, ma stavolta aveva una reale motivazione per rimanere lì in attesa.
Poco prima aveva contattato Red di Biancavilla e l’aveva informato dell’incendio a Soffiolieve mentre il ragazzo gli aveva fatto prendere appuntamento con Camilla, Campionessa della regione di Sinnoh per chiarire i fatti avvenuti a Spiraria. Per i suoi standard quindi quel giorno aveva  un gran da fare.
Annoiato ripose la sigaretta nel portacenere e si alzò dalla sedia per sgranchirsi le gambe indolenzite, chiedendosi quando la fatiscente bionda sarebbe arrivata. “Poco professionale” pensò tra sé, mettendo in riga le tre penne sopra la scrivania.
Poi finalmente qualcuno bussò e Bellocchio si fiondò emozionato ad aprire la porta, trovandosi davanti non solo Camilla ma anche la Professoressa Aralia, vestita con il solito camice e con due occhiaie violacee che le conferivano un aspetto pericoloso.
«Alla buon’ora!» esclamò fingendosi risentito il detective.
«Aralia ha insistito per assistere alla deposizione…» anche la bionda sembrava oltremodo stanca.
«Bene, allora iniziamo subito. Dovresti raccontarmi cos’è successo a Spiraria quel fatidico giorno».
“Perdere tempo non è tra le opzioni” pensò Camilla prendendo lentamente posto in una sedia di fronte alla scrivania di Bellocchio, il quale si stava sedendo per prendere appunti. Aralia rimase in piedi e drizzò il capo, prestando molta attenzione alla conversazione.
«Ero uscita per fare una passeggiata in riva al mare quando mi sono allontanata un po’ troppo ed ho sentito un’esplosione. Sono corsa indietro e ho trovato quei bastardi del Team Plasma che terrorizzavano la gente e distruggevano ogni cosa».
Il racconto filava veloce quanto la penna del detective sul foglio. Odiava le deposizioni ma secondo Red quel giorno era successo qualcosa degno di nota perciò lo aveva incaricato di indagare più a fondo. Certamente potevano fidarsi del campione di Kanto, lui era una figura di tutto rispetto.
«Poi che è successo?» la incalzò Bellocchio desideroso di finire al più presto.
«Beh mi sono messa a lottare con la mia squadra e…» la voce di Camilla si incrinò «Poi non ricordo più nulla…»
La penna del detective si fermò d’innanzi ad una simile affermazione. Come si poteva fare una deposizione se la ragazza non ricordava ciò che era successo?
«Non ti viene in mente niente?» era stata Aralia questa volta a prendere la parola con una freddezza che l’uomo non si sarebbe mai aspettato.
«No, so solo che un minuto dopo i miei Pokémon erano scomparsi».
Più Bellocchio ascoltava e più ci ragionava su, più ne capiva sempre meno. Comprendeva la fatica della donna nel ricordarsi un simile evento però se dovevano risolvere il caso allora avrebbero dovuto avere per le mani maggiori informazioni. Così di certo non si poteva lavorare.
«Credo che questo possa essere utile…» mormorò Aralia dando voce ai suoi pensieri.
«Ti andrebbe di spiegare anche a noi qualcosa?».
«Certo, quando avrò qualcosa da dire» rispose lei maliziosa prendendo la valigetta con la quale era arrivata «Ora vado Camilla, grazie per la collaborazione».
Con una velocità stupefacente uscì lasciando i due appesi tra mille domande senza risposta. Il detective batté violentemente il pugno sul tavolo, facendo traballare pericolosamente la tazza di caffè vicino al plico di fogli. Poi si alzò con una nuova determinazione in petto e prese al volo il suo immancabile impermeabile.
«Dove vai?» lo raggiunse la voce di Camilla.
«A cercare risposte!».
Detto questo uscì lasciando la Campionessa da sola.

 

«Da quanto lo sapevate…?» la voce di Touko era poco più di un sussurro.
«Come?» il Ranger aveva un’aria colpevole.
«Da quanto sapevate che mia madre è ancora dispersa?».
«Beh noi non ne eravamo sicuri…».
«Rispondimi!» il tono più che alterato della ragazza non ammetteva repliche.
«Calmati Campionessa» si insinuò Red crucciato.
«Ne eri a conoscenza anche tu?».
«Ad essere sincero no ma…» il corvino non fece in tempo a finire che la brunetta si stava già allontanando.
Zoppicava tra le varie strade della cittadina tremante di rabbia e completamente nel panico. Se sua madre fosse morta lei non se lo sarebbe mai perdonata, quindi ora non poteva far altro che portarla in salvo. Fece mente locale, ripensando a quale via prendere quando sentì una mano bloccarle il polso.
«Tu sei impazzita?» questa era l’inconfondibile voce di Red.
«Preoccupato?».
«Sì, con quella gamba non andrai lontano!».
«E a te importa perché…?».
«Perché per Unima sei importante, senza di te il Team Plasma prenderebbe il sopravvento…».
«Non morirò lo giuro!» esclamò lei con la mente ancora ferma dall’affermazione del ragazzo.
«Sarà meglio per te…».
«Ora posso andare?».
Red parve fermarsi un secondo e Touko lo vide scuotere la testa rassegnato.
«Stai attenta cocciuta!».
Detto ciò le lasciò il polso e le fece cenno di andare mentre la ragazza chiamava a sé Samurott che sicuramente le avrebbe fatto comodo.
Camminò più velocemente possibile per gli standard della sua gamba ma si bloccò appena arrivò dinnanzi alla sua vecchia casa. La villetta era completamente a fuoco e ogni secondo che passava sembrava venir sempre più inghiottita dalle fiamme. Se c’era ancora anima viva lì dentro sarebbe stata dura trovarla.
Un’altra raffica di tosse la scosse mentre si apprestava ad ordinare un Idropompa diretto verso la porta che venne scardinata in una batter d’occhio.
La ragazza allora entrò a fatica e venne subito investita da un calore infernale che la fece traballare. Come avrebbe potuto farsi strada tra quelle macerie che lentamente stavano bruciando? Tutto l’intero mobilio era in fiamme, le poltrone ormai erano ridotte in cenere e i vecchi quadri non esistevano più.
Diede una veloce occhiata alle scale, anche queste a fuoco, e ordinò un altro Idropompa più leggero per riuscire a passarci sopra senza però farle crollare. Con un mezzo miracolo e la gamba sempre più paralizzata arrivò al pianerottolo ed entrò immediatamente nella stanza di sua madre, certa di trovarla lì. Sorprendentemente però al suo interno non c’era nulla senonché  altre fiamme  che inarrestabili divoravano l’ambiente. Percorse così il corridoio, portandosi una mano alla bocca per non perdere i sensi a causa del fumo e calore, quando arrivò davanti alla porta della sua vecchia stanza. Essa pareva l’unica a non essere ancora stata presa d’assalto dall’incendio perciò la brunetta prese coraggio e ci si catapultò dentro.
All’interno, seduta su un letto rifatto di lenzuola pulite, stava sua madre, la persona per cui ora stava lottando contro la morte. Fissava catatonica la grande finestra che dava sulla porta della città, anch’essa in fiamme e distrutta mentre tra le mani stringeva delle foto di Touko da piccola.
Il suo volto era inespressivo ma più rugoso di quanto lei ricordasse, i capelli, raccolti in una crocchia disordinata, erano cosparsi di fili argentati e il fisico sembrava più fragile che in  passato. La brunetta si pentì di non aver passato più tempo in sua compagnia, distratta com’era dalla  nuova vita in cui era piombata.
Richiamò Samurott nella Ball e le si avvicinò spaventata e titubante ma anche contenta che fosse ancora viva.
«Mamma…» bisbigliò sfiorandole la spalla ma quella rimase inespressiva, gli occhi pieni di rassegnazione sempre fissi sulla finestra.
«Mamma!» questa volta Touko urlò scuotendole le spalle finche la donna parve riprendere coscienza di sé.
«Cosa ci fai tu…».
«Sono venuta a salvarti mamma».
Il tono di entrambe era tremante e spaventato, eppure in quel momento madre e figlia si ricongiunsero con un abbraccio pieno di paura e affetto, volenterose di sostenersi l’un l’altra.
«Andiamo forza!» la spronò la ragazza con una lacrima che le rigava la guancia.
La donna però scosse la testa stringendo maggiormente a sé il plico di foto.
Touko capiva che la donna non volesse allontanarsi da quel posto, la sua unica e vera casa, residenza di tanti bei ricordi e momenti passati assieme. Lasciarla era come abbandonare una fetta di vita, forse la più felice, e sua madre non ne era in grado. Troppo tempo aveva trascorso lì, aspettando che sua figlia arrivasse per prenderla per riallacciare i rapporti, troppi tramonti aveva perso credendo di vederla attraversare quella famigerata porta all’entrata della città, troppe lacrime aveva versato chiedendosi il motivo della sua mancanza, senza mai ricevere risposta.
Ora tutto quello le appariva come un sogno, sua figlia non era realmente lì, doveva farsene una ragione.
«Mamma ti prego!» però la voce sembrava così simile a quella di Touko.
«Ero solo venuta a prendere queste, non volevo il fuoco le bruciasse…» il suo tono, i suoi pensieri erano altrove.
«Si, porteremo in salvo anche le fotografie, te lo giuro!».
La donna la guardò un’altra volta e si convinse che quello che stava vivendo non era un sogno così tremante si alzò. La ragazza interpretò quel gesto come un segnale positivo così prendendo per mano sua madre si incamminò verso l’uscita preparandosi a passare per il corridoio infernale. Arrivata all’altezza della porta però sentì un forte boato proveniente dall’esterno mentre una gigantesca ombra oscurava la grande finestra.
Touko fece in tempo a girarsi nella direzione da dove proveniva il rumore che una potente vampata irruppe all’interno, frantumando la finestra e appiccando il fuoco anche in quella stanza, che precedentemente pareva essere stata risparmiata.
Le due vennero sbalzate nel corridoio con forza e la mano della brunetta perse la presa con quella della donna mentre con violenza sbatteva la testa nel pavimento, proprio al centro del corridoio. Si impose di aprire velocemente gli occhi ma quello che vide fu solo il denso fumo nero che sostava in tutto l’ambiente rendendo l’aria irrespirabile e la vista inesistente, cosa che avrebbe complicato maggiormente il ritrovamento di sua madre e la loro possibile uscita da quell’inferno.
La brunetta si mise a carponi tossendo ripetutamente mentre faceva il quadro della situazione: se non si fosse data una mossa non sarebbero mai riuscite a salvarsi. Si controllò il braccio da dove proveniva uno strano fastidio e notò con stupore che era lievemente ustionato, evidente conseguenza dell’attacco anonimo di prima. Si fece forza e gattonò poco più avanti, in direzione dei lamenti che man mano si facevano sempre più forti, e di colpo scorse il corpo di sua madre riverso a terra.
Con orrore vide il pezzo di vetro che, come una lama maledetta, era conficcato nel fianco della donna, osservò spaventata il fiume di sangue che copioso usciva dalla ferita e sentì nitidamente i singhiozzi che sua madre emetteva stancamente.
«No, non può essere…. No, no…» biascicava la ragazza ormai senza senno.
Non poteva finire così, tutti i suoi sforzi non sarebbero risultati vani, lei avrebbe portato sua madre fuori di lì. Per una volta avrebbe fatto la cosa giusta e sarebbe ritornata l’eroina che tutti acclamavano.
«Via…».
«Cos’hai detto mamma?».
«Vai via, salvati bambina mia…».
«No!».
Altre lacrime percorsero veloci le guance sporche di fuliggine della ragazza mentre sentiva il suo cuore frantumarsi come la finestra di poco prima.
«Io non ti posso lasciare qui!» cercò di dare determinazione alla sua voce mentre con immensa fatica sollevava il corpo di sua madre e lentamente, sentendo la ferita della gamba riaprirsi, zoppicava verso le scale.
«Ci salveremo…».
Una volta arrivate Samurott avrebbe spento l’incendio e loro si sarebbero salvate, solo a questo stava pensando Touko.
Fatti pochi passi però un altro rumore attirò la sua attenzione mentre i suoi occhi si focalizzavano inermi sulla trave lignea che, ardente, crollava portandosi dietro buona parte del soffitto, e, poco più avanti, altre due travi cedevano bloccando il passaggio per le scale. A causa dell’onda d’urto provocata le gambe della brunetta, già provate in precedenza, cedettero anche grazie peso che esercitava il corpo di sua madre, per nulla indifferente.
Nella caduta anche la Ball di Samurott le scivolò tra le mani, rotolando qualche metro più avanti, a ridosso delle fiamme. Ormai era finita, era chiaro che né lei né sua madre sarebbero riuscite ad alzarsi e a trarsi in salvo. Sarebbero morte lì, come martiri di un attacco non identificato e il Team Plasma l’avrebbe avuta vinta. Touko non riusciva più a pensare a nulla, decise così di abbandonarsi alla sorte che impietosa si faceva avanti da ormai troppo tempo.
Fu solo in  quel momento che la voce di Red la scosse mentre due forti braccia la tiravano su e, passando tra le fiamme, la portavano all’aperto, finalmente in salvo.
Vide il cielo ricoperto da quella caligine maledetta e si chiese se mai fosse ritornato a splendere come un tempo. Sentì Red che ripartiva dopo averla adagiata sul vialetto e stette sveglia finché non lo scorse uscire vivo con sua madre da quella casa ormai spacciata.
Sentì le voci dei soccorritori arrivare e pregò con tutta se stessa che quella donna, a cui teneva più di se stessa, riuscisse a sopravvivere, anche a costo della sua incolumità. Ora era solo stanca, aveva bisogno di cure e i suoi occhi lottavano per chiudersi in un sonno ristoratore.
Ma la sua mente era ancora attenta e, prima di cadere vittima dei gas soporiferi della mascherina che le veniva messa all’altezza delle vie respiratorie, sussurrò ad un Red preoccupato che le si era inginocchiato accanto poche semplici parole.
«Il Pokémon che ha attaccato…. Era Reshiram vero…?».
E fece in tempo ad udire il distinto e secco “si” del corvino prima di cadere tra le braccia della morfina.

 

 
La Cioccolateria di Guna

Lo so, lo so sono in ritardo di una settimana ma ho una motivazione a mio parere più che valida. Questo capitolo è il più lungo da me scritto ed ero pronta a pubblicarlo sabato scorso quando il mio computer ha deciso di cancellarmi l’intero file. Non chiedetemi il perché ma ho perso tutto e mi ci è voluta una forza immane per riscriverlo in una settimana.
Davvero, non vi dico gli insulti che sono volati.
Beh spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto e non vi prometto un aggiornamento regolare per la volta prossima perché non solo ho perso questo capitolo ma anche quello seguente e non so se riesco a riscriverlo in due settimane vista la valanga di verifiche che si stanno concentrando in questo periodo. Mi ero portata avanti apposta ma….
Quindi vi chiedo scusa e vi ringrazio per il continuo supporto, in particolare Rovo, Zoichi Kuronin, Allys_Ravenshade, Andy Black e SM99 per le recensioni fatte.
Un saluto e alla prossima!

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Capitolo 16
*** Banderuola ***


                                        Banderuola


Quando Touko aprì gli occhi si trovò completamente spaesata e senza la minima idea della sua locazione. Sentiva i muscoli dolerle e la vista parecchio appannata la metteva ancor più in uno stato confusionale. Fu la voce allegra dell’infermiera Joy che le dava un “bentornata tra noi” a farle capire che si trovava stesa nel letto di un centro Pokémon, evidentemente poco lontano da Soffiolieve. Si guardò le braccia e  represse una smorfia vedendo che erano attaccate a delle fastidiose flebo. Si sentiva debole come non mai ma la cosa peggiore era il mal di gola che provava, evidente conseguenza del fumo inspirato. Aveva tanta sete ma al tempo stesso sentiva una nausea terribile e la testa le girava vorticosamente.
Provò a muovere qualche muscolo ma non aveva il pieno controllo del suo corpo che le sembrava staccato dal resto. Al contrario le sue facoltà mentali erano assolutamente illese, ricordava alla perfezione ogni singolo istante vissuto e sentiva un forte dolore crescerle nel petto, sempre più preponderante. Erano per lo più sprazzi di qualcosa che sembrava un incubo più che la realtà e le passavano di fronte agli occhi continuamente, radicando così nel suo cuore un’ancestrale paura che le mozzava il fiato.
Ad un tratto l’infermiera Joy proruppe all’interno del suo campo visivo con una garza tra le mani e, ignorando completamente i lamenti della paziente, le cambiò una flebo. Poi con un sorriso incoraggiante le fece cenno di attenderla un momento e uscì spedita dalla stanza lasciando la ragazza ancora più sola con i suoi pensieri negativi come compagni. Stanca di quella situazione alzò di poco la testa per osservare lo stato in cui versava.
Almeno non aveva riportato ustioni gravi e tanto meno era morta in quella che sembrava un’impresa disperata eppure cos’era quel sentimento che dal profondo del cuore le lacerava l’animo? Un solo dettaglio pareva non voler ritornare alla memoria, come un pezzo di un puzzle che non vuole essere messo al suo posto. Uno stato di confusione la prendeva non appena provava a pensarci e la lasciava senza fiato, più spaventata che al risveglio. Poteva sforzarsi all’infinito ma quel particolare era irraggiungibile e più tentava più lo vedeva allontanarsi, lasciandole un senso di grande amarezza e impotenza. Eppure c’era una voce dentro la sua testa che le diceva che era meglio così, che se fosse venuta a conoscenza di quel dettaglio probabilmente sarebbe stato peggio, così la ragazza assecondò la sua coscienza e si mise in attesa dell’infermiera. Dopo qualche minuto ella rientrò con un grosso bicchiere colmo d’acqua e il suo solito instancabile sorriso che alla lunga nauseava la più che irritabile Touko.
«Come ti senti cara?» chiese questa con tono mielato.
La ragazza però non riuscì a rispondere, la gola le doleva troppo e la sua attenzione era ora focalizzata sul bicchiere che straripava d’acqua fresca, un detergente per la sua sete incommensurabile.
«Fai piano però!» le  sorrise ancora l’infermiera intuendo la tacita richiesta della brunetta e porgendole gentilmente il bicchiere.
Prima però ebbe cura di staccare uno dei tubi dal braccio di Touko che finalmente poté alzarlo e prendere liberamente il bicchiere. Non appena l’acqua fresca le raggiunse la gola la ragazza sentì il bruciore affievolirsi leggermente ma fece comunque fatica a deglutire ed anzi iniziò a tossire senza controllo.
«Ti avevo avvertita, dovevi far piano!».
La brunetta annuì e finì di trangugiare il bicchiere seppur a fatica. Poi provò ad articolare parola ma dalle sue corde vocali uscirono solamente dei borbottii sommessi e rochi.
«Non sforzarti, hai ancora la gola debilitata e…» per un secondo il sorriso dell’infermiera si incrinò «Devo darti il responso del tuo esame».
A Touko quell’affermazione non colpì affatto visto che nemmeno ricordava di aver fatto un esame ma incapace di poter far altro stette a sentire.
«Non hai gravi lesioni o ustioni e questo è un gran bene, sei stata fortunata però… beh i tuoi polmoni… sono danneggiati…».
Il volto della brunetta era inespressivo di fronte ad una simile informazione, non tanto per un forte autocontrollo, ma piuttosto perché non sapeva che cosa comportasse questo fatto. Probabilmente anche la donna in quel momento lesse nel suo sguardo la più completa confusione visto che raddolcì il sorriso. La brunetta però si accorse di quel gesto che inspirava pietà perciò distolse lo sguardo e tentò nuovamente a parlare.
«E.. con ciò…?» chiese a fatica.
«Hai respirato troppo fumo ed è probabile che tu possa portarti dietro una tosse cronica, un fattore simile accade spesso ai fumatori incalliti ma nel tuo caso.... I tuoi polmoni non sono messi affatto bene insomma!» il tono tradiva una lieve preoccupazione e nervosismo.
La ragazza dal canto suo non pareva minimamente infastidita o spaventata ed anzi, accennò un sorriso e congedò l’infermiera che titubante e incredula uscì. La brunetta aveva solo bisogno di stare da sola per ragionare a mente lucida sui fatti avvenuti… ora che ci pensava non sapeva nemmeno da quanto era là. Potevano essere passati giorni, sua madre poteva anche essersi già ristabilita anche se con la ferita che le aveva visto inferta ne dubitava fortemente. Magari le avrebbero  permesso di alzarsi e lei avrebbe potuto andarla a visitare, voleva vedere come stava e poterle parlare con calma dopo tanto tempo. Forse sarebbero riuscite pure a ricostruire insieme una nuova vita.
Così, senza chiedere nulla a nessuno, si alzò a fatica da quello scomodo lettino e mise delle ciabatte di cotone che giacevano ai piedi del letto. Indossava un pigiama color crema con il logo del centro Pokémon e sicuramente il suo aspetto non era certo dei migliori però per la prima volta dopo tanto si sentiva positiva e pronta ad affrontare sua madre. Si erano salvate quasi per miracolo, questo le aveva dato una nuova marcia e le aveva giovato allo spirito in modo preponderante. Bastava non pensare a quel dettaglio dimenticato e tutto andava bene. Appena uscita dalla camera però si ricordò che non aveva la più pallida idea di dove andare, così girovagò per qualche stanza fino a trovarsi nella sala dove di solito l’infermiera accoglieva i clienti. Questa era vuota e chiusa al pubblico evidentemente per la presenza di feriti e superstiti dell’incendio, quindi la brunetta se ne curò poco. Le diede molta più preoccupazione la vista di Red accasciato su una poltrona, con la testa tra le mani e gli stessi vestiti sporchi di fuliggine che aveva indosso a Soffiolieve.
«Ehi!» lo chiamò lei a gran fatica avvicinandosi.
Per tutta risposta lui le rivolse uno sguardo vacuo, allarmato e al contempo malinconico. Touko gli si sedette accanto indecisa sul da farsi e provò a sorridergli come aveva fatto con lei l’infermiera Joy anche se non ottenne lo stesso risultato.
«Sembri costipata se sorridi così…».
«Almeno so che non stai male!».
«Sei così positiva oggi. Che ti hanno dato come sedativo?».

«Io in realtà mi stavo preoccupando per te…».
«Tranquilla» il corvino le fece un sorriso tirato, uno dei più falsi che la ragazza avesse mai visto.
Non era da lui fare così, doveva esserci in ballo qualcosa di grave.
«Ora tu mi dici cosa è successo!» la voce era ancora roca e parlare le faceva male ma lei era decisa ad andare a fondo su tutta la faccenda.
«Cosa che probabilmente non sai è che durante l’incendio a Soffiolieve di ieri i Plasma hanno attaccato anche Ponentopoli e Boreduopoli» iniziò Red stancamente ma venne prontamente interrotto.
«E lì che danni ci sono stati?».
«Non ingenti, i Ranger sanno darsi da fare…».
«Stai forse cercando di dirmi che Soffiolieve è stata svantaggiata?» il tono della ragazza tradiva un certo disappunto.
L’altro fece spallucce. Non voleva trattare questo argomento visto che anche dalla sua gli pareva estremamente ingiusto, ma comunque in mancanza di prove concrete non poteva dire nulla e non era nemmeno il tipo che traeva le conclusioni affrettate. Dalla sua Touko stava cercando di trattenere la rabbia che sentiva salirle in petto, per l’ennesima volta si sentiva tradita da persona che in realtà avrebbero dovuto aiutarla e nuovamente si sentiva in colpa per la triste sorte della cittadina, non aveva potuto fare poi molto e continuava a rammaricarsene. Decise di darsi però una calmata optando per una visita da sua madre che sicuramente le avrebbe dato parole di conforto.
«Sai dove posso trovare mia madre?» chiese quindi sforzandosi di non alterare la voce.
Red tentennò, cosa che non sfuggì allo sguardo indagatore della ragazza che corrugò la fronte.
«Lei non si è ancora svegliata mi spiace, appena ci sono miglioramenti sarai la prima a saperlo».
Stranamente Touko non fu scossa da quelle parole, forse perché le erano state dette con innato candore e con un sorriso di  tranquillità, forse perché in fondo doveva aspettarselo, con la ferita rinvenuta certamente non avrebbe potuto riprendersi con molta facilità. La prese bene come notizia e anzi sorrise comprensiva e si alzò lentamente dalla comoda poltrona.
«Dove credi di andare ora?».
«Devo parlare con Bellocchio riguardo situazione della regione e non provare a dirmi che devo riposare perché non ti ascolterò!» lo disse velocemente come se le costasse ammettere che era preoccupata per Unima.
Red non proferì parola, fece un altro sorriso tirato e si riportò le mani alle tempie tornando ad immergersi trai suoi pensieri. La brunetta quindi corse verso la stanza dove si era svegliata e trovò appoggiati alla sedia dei vestiti un po’ sgualciti ma comunque mettibili. Li indossò in fretta e ritirò dal bancone del centro le sue Pokéball ammettendo a sé stessa che il loro contatto le era immensamente mancato.
Dopo essere uscita  e aver preso una buona boccata d’aria pulita dedusse che la sua locazione era la calma cittadina di Levantopoli, d’altronde era una delle città attrezzate più vicine a Soffiolieve. Per un momento fu anche tentata di vedere i resti del suo paese natale ma si bloccò maturando in cuor suo la consapevolezza che non avrebbe retto a quella terribile vista. Era ancora emotivamente debole e nonostante le fosse ritornato un tenue sorriso sulle labbra non voleva rischiare di rovinarlo. Chiamò Zekrom affinché la portasse allo studio di Bellocchio, alloggio provvisorio per la sua permanenza in quella regione. Egli infatti si era stabilito nella vicina Zefiropoli e Touko gli aveva dato potere di poter mobilitare i servizi di Unima in modo tale da avere sulle spalle una minore responsabilità, ritendendo l’uomo una persona capace e ferrata in materia. Dunque in questa situazione il  maggior colpevole era proprio lui che aveva speso meno forze per la piccola cittadina di Soffiolieve o lei, che aveva delegato delle importanti mansioni a un’altra persona?
Eppure nonostante questi dubbi e queste perplessità su Touko splendeva una nuova luce, un chiaro sorriso le illuminava il volto mentre anche gli occhi sembravano tornare al loro antico splendore. C’erano ancora molte difficolta, i Plasma e il rapimento di N prime tra tutti, eppure sua madre era lì con lei, si erano ricongiunte e nulla avrebbe potuto farla più contenta. Anche volare in quel cielo, che ora le sembrava essere ritornato limpido, era per lei motivo di meraviglia, anche se preoccupata sorrideva ed era certa in un qualcosa di migliore. Non sembrava più lei e se qualcuno l’avesse vista probabilmente non l’avrebbe riconosciuta. Aveva tutta l’intenzione di parlare con Bellocchio in modo pacifico e tranquillo ascoltando le sue ragioni senza impazzire come era solita a fare. Voleva essere una nuova Campionessa.
Non appena Zekrom atterrò la ragazza non perse tempo e si diresse a gran velocità verso lo studio dell’uomo, pronta anche ad una eventuale sgridata. Ciò che non si sarebbe mai aspettata però fu la freddezza e la cattiveria con cui lui la accolse. Lei sapeva di non avere mai avuto buoni rapporti con il detective ma questo andava al di là delle sue peggiori aspettative.
«Bellocchio…» c’era timidezza nella sua voce, paura di una possibile reazione e tensione per la situazione che stava vivendo.
L’uomo posò la sigaretta nel posacenere e la fissò serio, senza parlare. La brunetta, che tutto si aspettava tranne questo, iniziò a sentirsi a disagio e quel sorriso che prima l’aveva accompagnata le parve stupido e fuori luogo.
«Bellocchio, dobbiamo parlare» cercò di dare serietà e contengo a ciò che diceva per attirare maggiore attenzione.
«Sentiamo!» l’uomo pareva derisorio e sprezzante.
«Mi è giunta voce che tu abbia mandato la maggior parte dei Ranger a Ponentopoli e Buredupoli, perché?». 
«Ponentopoli è stata devastata dall’esplosione dell’aeroporto di Anemone mentre a Boreduopoli hanno iniziato a crollare edifici senza motivi apparenti».
Bellocchio aveva detto tutto ciò in un minimo tempo, senza pause o respiri e nonostante la sua spiegazione paresse plausibile era chiaro che non aveva risposto alla reale domanda della ragazza, cosa che l’aveva sustata non poco. Già il sorriso di poco prima andava scemando.
«Non ti ho chiesto questo…» la frase le uscì poco più di un flebile sussurro e non venne recepita dall’uomo che ritornò con lo sguardo alle sue scartoffie.
Touko rimase immobile, smise quasi di respirare per concentrarsi sulla situazione improbabile che stava vivendo. Sapeva di non avere molto potere verso quell’uomo dal passato misterioso ma tutto questo la stava facendo perdere la pazienza di cui suo malgrado si era munita durante il breve tragitto. Era pur sempre la Campionessa, doveva ascoltarla e l’avrebbe ascoltata.
«Bellocchio rispondimi!».
In tutta risposta questo alzò un sopracciglio guardando in modo seccato verso la ragazza che però non si lasciò impressionare. Poi calmo si rialzò dalla poltroncina, divenendo agli occhi della brunetta sempre più grande e sempre più sfacciato.
«Ora…» biascicò quasi impercettibilmente prima di mettersi a sghignazzare come innervosito «Ora me lo chiedi. Cos’è, di colpo ti è venuta voglia di fare la Campionessa e di prenderti qualche responsabilità? Ora che è successo ciò che è successo ti svegli dal tuo sonno incantato e decidi di intervenire? Ora ti senti tanto potente da venire qui e dirmi ciò che devo fare?».
Le parole dell’uomo travolsero Touko come un fiume in piena e la sua mente venne trasportata celeramene da quella corrente, affogò in quei sentimenti amari che da sempre insediavano le sue ormai vane difese. Lo sapeva. Ovvio, non era stupida, lo sapeva che quello era sempre stato il pensiero di Bellocchio e non solo il suo. Era consapevole che per quanto d’ora in avanti si fosse sforzata di divenire una buona rappresentante per Unima lei non sarebbe mai stata guardata con rispetto, ma sarebbe stata sempre additata come un’immatura e un’incapace..

Quelle parole le erano state rivolte così tante volte che ora lei stessa dubitava della loro veridicità, quella maschera di freddezza era l’unica debole difesa che le restava ma nemmeno lei sapeva per quanto avrebbe resistito. Era umana dopotutto.
«Se me ne sono resa conto ora è solo perché ho iniziato a vedere Unima con occhi diversi, ho visto innocenti morire!» nonostante il tremore cercò di dare un tono determinato e autoritario alle sue parole mentre smarrita si chiedeva dove fosse il sorriso che prima l’aveva accompagnata.
Quella gioia era stata solo un dono momentaneo destinato ad essere cancellato? Era così volubile? Cos’era ora quell’oppressione che sentiva in petto, quella goccia intrappolata tra le lunghe ciglia che le dimostrava ancora una volta la sua debolezza? Ecco che i fantasmi tornavano senza darle tregua mozzandole quel pensiero di speranza e leggerezza che l’aveva allietata prima. Il baratro era nuovamente troppo vicino, la rete per il suo numero di funambolismo si stava sciogliendo mentre lei si sentiva nuovamente piccola e persa in un mondo troppo grande e inadatto.
«La prossima volta vedi di essere più presente, altrimenti non venire a lamentarti delle mie scelte, a volte è questione di priorità!» Bellocchio parlava, sbraitava, ma c’era un fondo di malcelata tristezza che si poteva leggere nei suoi occhi.
«Perché Soffiolieve? Perché lasciarla così al suo destino? Poteva essere salvata ma solo quattro Ranger sono stati mandati…».
«Vuoi veramente saperne il motivo?».
No, non voleva conoscerlo perché già lo intuiva.
«Dimmi…».
«Ti ho detto che altre città, maggiori di Soffiolieve sono state attaccate. La priorità è stata loro» chiaro semplice e coinciso.
Per Touko quelle parole però furono anche dolorose, come si poteva dare priorità alle vite umane? Quello che diceva era senza senso, o forse era proprio così il mondo reale, luogo dal quale si era protetta rinchiudendosi in una campana di vetro. Però… se solo Bellocchio avesse… tutte quelle persone, i più fortunati avevano perso la casa, gli altri…
Tutto ciò era profondamente ingiusto ma chi era lei per parlare di giustizia? L’unico termine adatto che le veniva in mente era “codarda” perché solo ora osava far ricadere le colpe verso gli altri quando prima di tuto doveva pensare a sé stessa. Sapeva anche questo difatti, era conscia di aver sbagliato sin da principio e di non poter ricevere trattamento diverso da questo, eppure c’era quella parte orgogliosa che non le permetteva di fare un passo indietro, non in quel preciso caso, non di fronte a quell’uomo che tanto le era odioso.
«Ti pare giusto!? Questa ti sembra una buona motivazione?» la conversazione si stava facendo accesa.
«La Campionessa ha qualcosa da ridire? Forse è arrivata un po’ tardi…».
«Tu sei un mostro! Sei responsabile di una strage!».
«E mandare più Ranger al massacro…?» il volto di Bellocchio era deformato dalla rabbia «Anche se il mostro qui non sono io… credevi non fossi a conoscenza dei fatti di Spiraria?».
Nulla. Il cuore di Touko cessò di battere per qualche terribile secondo. Si portò lentamente le mani al petto per accertare di essere ancora viva e sentì la testa pulsarle forte. Il solo ricordo di quella vicenda la metteva in un terribile  stato di agitazione, facendola sentire colpevole come non mai. La vista del mare le riusciva ora insopportabile e le portava a galla momenti orribili.
«Immaginavo» fu l’unica cosa che riuscì a dire mentre si contorceva nervosamente le mani.
Forse era meglio uscire da quello studio all’istante e dimenticarsi di quella catastrofica conversazione, d’altronde era così ormai che andava avanti. Sarebbe tornata al centro Pokémon e avrebbe assistito alla guarigione di sua madre, non importa quanto lunga sarebbe stata, e poi… un pensiero le rimbalzava in testa da giorni ormai ma non era sicura lo avrebbe concretizzato. L’aprirsi della porta alle sue spalle la ridestò dai suoi pensieri mentre vedeva l’espressione di Bellocchio mutare di fronte alla vista del nuovo arrivato.
Anche lei si voltò curiosa quando un brivido le attraversò la schiena. Ghecis.
L’uomo era in carne e ossa di fronte ai loro occhi increduli. Indossava il solito mantello anche se la corporatura era smagrita e gli occhi verdognoli infossati. Era sciupato ma pur sempre pericoloso.
«Vi avverto: una sola mossa da parte vostra e scatenerò le mie reclute. Sono solo qui per parlare» la voce era quella che Touko ricordava, proveniva direttamente dai suoi incubi.
L’uomo si appoggiò bene al bastone ligneo mentre attendeva una qualche risposta dai due interlocutori, troppo scioccati però per poter anche solo articolare un pensiero di senso compiuto. Fu Bellocchio il primo a rinsavire e minaccioso gli si avvicinò.
«Esci fuori di qui! Vi abbiamo fatti fuori una volta, ritiratevi e non ti arresterò qui seduta stante!».
«Già questa tua proposta mi fa capire che temi il mio Team…» Ghecis era sempre stato bravo con le parole mentre Bellocchio era per lo più un uomo impulsivo.
E Touko? Cosa ci faceva lei lì in mezzo? Non voleva rivivere l’esperienza passata, essa le aveva portato solo guai e dolore. Però quell’uomo era colpevole di innumerevoli misfatti, la piccola parte coraggiosa che ancora albergava in lei cercò di lottare per venire fuori.
«Vattene» atona e gelida, non sembrava neanche provenire da lei.
«Avanti cara, non ti piacerebbe farmi qualche domanda?».
«Preferirei tu scomparissi dalla faccia della terra…».
«Oh ma così scomparirebbe anche Natural e noi non vogliamo vero?» quel tono ruffiano la mandava in bestia «Non mi hai detto come sta mio figlio…».
«Maledetto!» urlò mentre con un balzo gli arrivava appresso, portandogli le mani alla gola.
«Maledetto, maledetto! Dimmi dov’è!» il vecchio non stava opponendo resistenza mentre l’odio accecava la brunetta sempre più.
«Touko smettila!» la redarguì Bellocchio prendendola per i fianchi e strattonandola per farle mollare la presa.
Lei obbedì e si staccò dal vecchio che ormai ansimava con occhi vitrei. Anche lei era immensamente stanca, solo quel gesto le era costato mentalmente uno sforzo atroce e le sue precarie condizioni fisiche non l’aiutavano. Si accasciò sconfitta a terra senza però versare lacrima.
«Allora ti interessa…» biascicò ansante Ghecis.
Sì, le interessava sapere dove N fosse finito. La loro ultima conversazione era stata un litigio e doveva ancora dirgli tante cose prima di lasciarlo andare. Erano stati lontani per anni e ora lui le era scivolato via nuovamente, proprio sotto il suo naso e la consapevolezza di non sapere dove fosse o come ritrovarlo la dilaniava.
«Sai anche lui era a Soffiolieve ma immagino tu te ne sia accorta…».
Cosa aveva appena udito la povera Touko? Eccolo nuovamente quel fastidioso dettaglio che le aveva tenuto occupata la mente al risveglio. Il ricordo di un drago bianco simile in tutto e per tutto a Reshiram ora troneggiava nella trai suoi pensieri togliendole la tanto agognata pace.
«Basta Ghecis!» questa volta era stato Bellocchio ad intervenire ricevendo come risposta una fugace occhiataccia.
«No…» la brunetta scuoteva la testa mentre riprendeva a tremare.

«Diciamo pure che lui ha fatto il grosso!».
«Non ti credo!».
«Ah no?» ne seguì una risata distorta «Allora lo vedrai con i tuoi occhi… Natural vieni!».
Come nel più surreale dei sogni le orecchie di Touko smisero di percepire il minimo suono, i suoi occhi videro offuscati i colori dello studiolo del detective e la sua mente si spense, incapace di connettere tutti quegli stimoli. L’unico che batteva ora era il cuore, ma non in modo pacifico quanto impazzito e senza freno, spaventato e in fuga da un mostro terribile, creatura la quale si palesò proprio in un preciso istante nel quale la brunetta focalizzò la sua attenzione nella figura che lentamente stava entrando.
Teneva i capelli non più raccolti nella solita coda, spuntati e con una parvenza d’ordine. Indossava un cappotto blu notte a collo alto  che lasciava liberi solamente i polpacci coperti da pantaloni neri. Occhi vuoti, dai quali nessuna emozione pareva trasparire, squadravano l’ambiente con un misto di spavalderia e curiosità mentre le labbra screpolate erano incurvate in un sorriso beffardo.
«Natural, ti presento la nostra Campionessa ma credo che tu la conosca già!» l’eco della voce di Ghecis la raggiunse in lontananza mentre lei ancora faticava a capacitarsi di ciò che stava vedendo.
Tutto ciò era impossibile. Doveva essere un sogno, anzi un incubo. Probabilmente si trovava ancora stesa su un lettino perso in chissà quale centro Pokémon in attesa di cure. E quindi, come poteva destarsi da quell’orribile dimensione onirica? Voleva svegliarsi, voleva andarsene, perché non poteva fuggire, perché rimaneva sempre intrappolata in quella vita che beffarda non le dava un attimo di pace?
«Pensavo fossi felice di rivedermi..» la voce di N era però troppo reale, quasi palpabile.
«No…».
Il tremore alle mani non accennava a smettere, il suo cuore sembrava essersi trasformato in una mandria di cavalli al galoppo. Lei avrebbe voluto alzarsi e correre ad abbracciarlo ma le sue gambe erano paralizzate e per di più sentiva appresso uno strano senso di inadeguatezza, unito ad un terribile presentimento che non si capacitava a spiegarsi.
«Sai mi sono divertito a Soffiolieve, un’esperienza da ripetere» come faceva a essere sarcastico, Touko non lo capiva.
«Perché l’hai fatto…?».
«Sto rivalutando gli ideali del Team Plasma!».
No quello non era il Natural che lei conosceva, non poteva essere la stessa persona che era arrivata alla Lega implorando il suo aiuto.
«Tu menti…» ora le parole della brunetta stavano acquisendo determinazione.
«Come?».
«Tu stai mentendo!» urlò in preda a mille emozioni fiondandosi su di lui senza concrete intenzioni, ma venendo immediatamente bloccata dal ragazzo.
«Come sei piccola Campionessa» le sue parole erano taglienti, la sua stretta attorno al collo sempre più forte «Puoi crederti ciò che vuoi ma entrambi sappiamo che sei una persona vuota, una banderuola. Non sei in grado di fare nulla…».
Touko soffocava e assieme all’ansia le si aggiungeva pure la consapevolezza che ciò che diceva N era crudele ma terribilmente vero. Lui forse l’aveva sempre saputo e poteva essere stato questo motivo a farlo partire tempo prima. Era sempre colpa sua, perché non la smettevano tutti di aspettarsi qualcosa da lei e la lasciavano stare, ora anche N se ne era reso conto, le sue più grandi paure si materializzavano una ad una. In pochi secondi gli occhi presero a bruciarle mentre le lacrime le scendevano lentamente.
«Sai mi sono reso conto di una cosa… immagino tu sia curiosa» continuò a sibilare mentre le sottili dita della brunetta cercavano di allentare la presa del ragazzo.
«Io ti odio Touko, ti ho sempre odiato! Tu non vali nulla, sei debole!».
Altre lacrime, la ragazza ormai non ci vedeva più. Era arrivata a desiderare che N la strozzasse piuttosto che ascoltare ancora quel velenoso discorso.
«Ma c’è qualcosa che nessuno ti ha detto…».
«Non dirlo!» Bellocchio sembrava ancor più agitato.
«Oh chissà come reagir...».
«Fermo, lasciala!» Red spalancò la porta con una spallata, teneva in mano una Pokéball e lo sguardo era fisso sul Principe. Come fosse arrivato a Touko non importava, sapeva solo che avrebbe preferito che lui non potesse assistere a quel pietoso momento. N dalla sua grugnì con disapprovazione facendo cadere la ormai inerme Campionessa che non tentò nemmeno di coprirsi il volto ed anzi rimase immobile come in attesa dell’esecuzione.
«Nessuno cara mia ti ha detto una conseguenza importante dell’incendio!» il ragazzo urlava mentre anche Red era attonito e incapace di agire, forse sorpreso dalla situazione.
«Credi davvero che tua madre sia ancora viva? Beh, sappi che non è così!».
L’affermazione rimase sospesa nel vuoto, il silenzio sembrava aver avvolto l’intero studio. Nessuno fiatava mentre la mente di Touko, impreparata al terribile impatto di quella informazione, impazziva letteralmente. Sua madre, la persona che anche se per poco tempo le aveva acceso una tenue luce di speranza, la donna che aveva ritrovato dopo tanto tempo di lontananza ora non esisteva più. Era stata uccisa dalla negligenza di sua figlia che ora non poteva far a meno di sentirsi male al pensiero della sua colpevolezza. Avrebbe dovuto fare di più, aveva fallito anche lì, che le rimaneva ora?
Il suo primo sentimento fu una tristezza sconfinata, un dolore così grande mai lo aveva provato in vita sua. Era come se il suo cuore le dolesse dalla tanta malinconia che provava, le sembrava di frammentarsi in piccoli pezzi, di non avere più una strada da seguire, di essere completamente persa. Le lacrime ora le inondavano il volto mentre lei era incapace di pensare alcunché se non proiettarsi all’infinito l’immagine di quella donna che tanto amava nella mente, cercando di imprimersi nel cuore quel sentimento, volendo sprofondare nell’amarezza. Come avrebbe fatto a non sentire più il suono della sua voce? Era distrutta, incapace di reagire né di pensare ad altro. Stava cadendo in quel baratro ora, lo sentiva, percepiva un freddo tagliente penetrarle fin dentro le ossa facendole provare un dolore indescrivibile. Avrebbe voluto tornare indietro, desiderava salvarla o morire al posto suo ma ciò era impossibile. Ora era sola. Lo era sempre stata ma sua madre… no anche quello non poteva essere vero. Eppure le bastò un rapido sguardo verso Bellocchio per capire che lui lo sapeva, tutti ne erano a conoscenza.
«Il nostro detective non vuole dirtelo ma ha dato più importanza ad altro che alla salvezza di quella povera donna..» era la voce stridula di Ghecis a parlare o un rimbombo del suo subconscio?
Però c’era dell’altro.

Dopo l’infinito dolore una nuova fonte alimentò il battito del suo cuore: era la rabbia. L’odio si impossessò del suo corpo, fondendosi con la sua anima ormai troppo stravolta per opporre resistenza. Era proprio una banderuola, N aveva ragione. La gente la odiava e lo avrebbe sempre fatto, era stanca anche di questo, se la vedevano come un mostro allora la su trasformazione sarebbe divenuta completa. La pallida luce che per un momento l’aveva riscaldata era stata troncata da motivi che non voleva conoscere e da persone che erroneamente aveva il diritto di odiare.
Bellocchio, Belle, Komor, N… tutti l’avevano delusa, ma forse era lei la prima colpevole. Sì, era così, eppure la rabbia non accennava a diminuire. Un solo pensiero le martellava in testa. Doveva dire “basta” a tutto questo, lei era già morta e, anche se questa condizione durava da tempo, solo ora se ne accorgeva in modo pienamente consapevole. E poteva decidere quello che da tempo era solo un lontano eco.
Alzò lo sguardo, ormai reso pregno di sentimenti contrastanti ed incontrò gli occhi stanche di Red. E al poi ragazzo bastò solo quel gesto, la vista di quel riflesso non umano, per capire e per temere. Perché lui riconosceva quello che la brunetta provava e non poteva che averne paura, era solo la premunizione di una scelta che avrebbe cambiato le vite di molti, in primis quella della ragazza. E solo una frase  occupava in quel momento la mente già satura di pensieri del corvino.
“Touko, ne sei davvero sicura?”.

 

La Cioccolateria di Guna

Perché quando si crede nella morte di qualcuno questa persona ritorna. Quindi… emh… bentornati? No davvero sono terribilmente dispiaciuta per il ritardo ma ahimè è venuto fuori che bisogna studiare ancor più per le verifiche (ma dai) quindi il tempo per scrivere è diminuito drasticamente. E poi sono stanca, le interrogazioni mi sfiancano e mentre prima scrivevo di sera ora mi si chiudono gli occhi. Ok, forse gli aggiornamenti saranno un po’ a rilento ma vi prometto che continueranno, non mollerei per nessuna ragione questa storia. Quindi vi ringrazio per l’infinita pazienza e spero che il capitolo non vi abbia deluso (non so a me pareva strano, incrocio le dita). Ringrazio Allys e Rovo che hanno recensito lo scorso capitolo e la mia cara sorellina che non si aspettava questo aggiornamento e l’ho un po’ presa in contropiede. Cara Ink *linguaccia*
Ok scemate a parte grazie per il supporto e al prossimo capitolo!
(e si nel caso non ve ne foste accorti questo è lungo, tanto anche, il più lungo mai scritto. Gioite forza figlioli).

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Capitolo 17
*** Crocevia ***


                                                       Crocevia

Un forte vento gelato soffiava con costanza facendo inclinare pericolosamente i radicati pini di Mogania, cittadina a nord della regione di Johto. I tetti delle case, altresì di un color rosso vivo, erano coperti da uno spesso strato di neve che occupava anche le strade, rendendo difficile il camminamento. Qua e là si distingueva il luccichio di qualche stalattite ghiacciata che di tanto in tanto si staccava dall’intaccatura, frantumandosi al suolo, mentre il suono della fredda corrente d’aria era ovattato dal pesante manto bianco che ricopriva l’intera cittadina e trasportava con sé ancora qualche fiocco che lentamente si sarebbe posato a terra, unendosi al resto. L’intera visione faceva trasparire un’aura di immobilità, come se in qualche modo il tempo si fosse fermato e per le strade non c’era anima viva. D’altronde solo pochi pazzi uscivano di casa in uno dei giorni più freddi dell’anno, proprio nel bel mezzo di Gennaio.
Sorprendentemente proprio in quel momento, spiccando tra il candore e la staticità del luogo, una figura avvolta in un pesante cappotto nero camminava velocemente, affondando talvolta con gli stinchi nella neve poco spalata. Tra i capelli rossicci spiccava qualche fiocco gelato mentre la pelle pallida del viso si confondeva con l’elemento predominate sulla scena. Due grandi occhiali da sole erano palesemente fuori posto in una giornata del genere e, quasi a sottolineare la cosa, si volsero per qualche secondo in direzione del cielo plumbeo dal quale scendeva inesorabilmente la neve, per poi tornare verso terra. La strana ragazza si fermò di colpo di fronte ad una casupola la cui scritta lignea citava “tavola calda di Mogania” anche se molte delle lettere erano cadute da tempo. Era più grande rispetto alle case del paesello ma costruita sulla loro falsa riga, con il tetto spiovente r
osso e il muro in pietra.
Dal camino invece uscivano voluttuose nuvolette grigie che andavano a confondersi col colore del cielo ma che con la loro presenza vivacizzavano l’atmosfera e spronavano l’ignaro visitatore ad entrare per poter giacere vicino al calore del caminetto. Ella entrò senza indugio trovandosi accolta da un’ambiente molto familiare e da un dolce tepore. L’invitante profumo di crema la portò verso il bancone dove ordinò un caffè e un croissant ad un’anziana signora, la proprietaria del rifugio.
«Oggi non vuole smettere di nevicare!» gracchiò questa porgendole la tazza fumante «Mi domando come staranno i Gyarados...».
La ragazza annuì distrattamente togliendosi i fastidiosi occhiali, rivelando così due cupi occhi marroni che fissarono con gentilezza l’anziana aspettando il suo ordine completo.

«Ah Gloria, sei sempre di così poche parole!» la signora le diede anche il croissant ridacchiando sommessamente mentre l’interlocutrice fuggì discretamente verso un tavolinetto isolato. I discorsi sul tempo la annoiavano non poco.
L’interno del rifugio era sempre uno spettacolo per gli occhi. Il pavimento era coperto da una moquette viola mentre ogni mobile, bancone compreso, era stato costruito in un legno chiaro che faceva risplendere l’ambiente dandogli un’atmosfera di leggerezza e tranquillità. I tavolinetti da caffè differivano da quelli da poker ove anche quel giorno un gruppetto di anziani signori si dilettava con le carte. Al passaggio della ragazza denominata Gloria questi mandarono dei candidi cenni di saluto per poi tornare al gioco. Ella era davvero una singolare presenza in un paesino sperduto e ormai invecchiato come Mogania. Quei vecchi clienti abituali si ricordavano il giorno in cui era entrata in quel rifugio e aveva ordinato il suo caffè con un pizzico di cannella, aveva preso posto al solito tavolo, che col tempo era diventato il suo personale, e si era messa a sfogliare un giornale in modo disinteressato. Da quel momento non era passato giorno senza che Gloria, nome che a fatica l’anziana proprietaria era riuscita a conoscere, facesse colazione in quel luogo, spaccando la monotonia dell’intera giornata. I signori, vecchi padri di famiglia che frequentavano quel luogo quotidianamente e ci rimanevano fino a sera, dapprima non avevano fatto caso ad alcuni particolari che ora però erano ben visibili.
La ragazza difatti doveva essere una persona molto abitudinaria visto che indossava sempre lo stesso giaccone con occhiali inclusi, prendeva sempre lo stesso ordine e veniva alla stessa ora ogni mattina. Non parlava mai o raramente e il suo sguardo era indecifrabile a tutti, sembrava quasi finto. Aveva preso alloggio in una casupola a Sud della cittadina, proprio vicino alla grande Palestra e da lì usciva di rado, a volte per qualche passeggiata, ma sempre in solitudine. Sembrava una persona bonaria e non dava fastidio alcuno se non che ogni qual volta che si sedeva al suo tavolo cercava il telecomando e spegneva celermente la televisione del locale che trasmetteva veloci  aggiornamenti sulla situazione delle varie regioni. Era un atteggiamento abbastanza singolare ma di certo non causava nessun problema.
Anche quel giorno ella si sedette comodamente sulla sedia ed addentò la brioche, alzando così una nuvoletta di zucchero a velo che si adagiò sul tavolo. Poi con naturalezza volse lo sguardo verso la televisione che si trovava attaccata al muro a qualche metro d’altezza. Proprio in quel frangente veniva mostrato uno scorcio delle splendide spiagge delle Isole Vorticose e veniva consigliato agli spettatori una vacanza in quella attrazione paradisiaca. Alla vista di sole e mare sui volti degli anziani giocatori si dipinsero malinconici sorrisi, quella vacanza era un sogno per gente come loro che viveva in un desolato e sempre freddo paesino di montagna. Il volto della ragazza però rimase impassibile ed anzi, com’era solita fare, si alzò con malcelata frettolosità e si diresse verso il telecomando appoggiato qualche tavolo più in là. Nel frattempo alla televisore stavano mandando in onda un aggiornamento flash riguardante la regione di Kanto, nella quale piogge torrentizie duravano da giorni ormai, e le più attese sul conto di Unima, regione scossa da profondi divisioni interne.
Tutti ormai erano a conoscenza della situazione: dopo la scomparsa della Campionessa i Plasma avevano fatto qualche mossa prima di dare scacco matto all’incerto Komor che per l’occasione era stato posto come Campione, affiancato da Nardo. La vecchia Campionessa Touko era scomparsa da mesi ormai nel più misterioso dei modi. C’era chi diceva che si fosse ammazzata, ormai giunta al limite di sopportazione, altri credevano che si fosse alleata con Ghecis, ipotesi smentita praticamente in partenza. Il pensiero delle persone ricadeva dunque nella variabile “morte” e d’altronde in molti erano a conoscenza della sua debolezza piscologica quindi il fatto poteva non essere poi così paradossale. Senza una figura di riferimento però le tensioni nella regione si facevano sempre più insopportabili e in molti scommettevano nello scoppio di una guerra come quella che era stata sfiorata tre anni prima. Non si trovava nessuna persona forte in grado di affrontarla e si temeva il peggio, soprattutto ora che alla guida dei Plasma oltre che Ghecis c’era un più che mai presente Natural Armonia, Principe e Allenatore di degno rispetto.
L’aggeggio meccanico venne prontamente spento all’inizio del telegiornale e Gloria, portandosi timidamente i capelli rossastri di fronte al volto, tornò a sedersi per finire di gustare la sua colazione. I signori ripresero a giocare mentre lei, con una calma incredibile, sfogliava il giornale posto sul tavolo. Girata l’ennesima pagina però la sua faccia si deformò in una smorfia di stupore e incredulità, atteggiamento che stonava assai con la sua proverbiale apatia. Prese così il giornale sottobraccio e si affrettò a pagare il conto.
Tra gli sguardi stupiti dei clienti uscì mettendosi al volo il cappotto e venne catapultata in quella realtà bianca che era Mogania. Prese così la direzione nord e l’iniziale camminata divenne in poco tempo una corsa. Arrivò di fronte all’entrata per il Lago d’Ira e senza pensarci la imboccò sempre in gran fretta. Il paesaggio nel quale sbucò non si diversificava molto da quello precedente. Anche qui era la neve a fare da sovrana anche se era ben visibile l’immensa distesa d’acqua che rendeva il luogo come una specie di realtà parallela. Lo specchio d’acqua difatti era cristallino, non solo per la sua solita trasparenza, ma anche per la spessa lastra di ghiaccio che lo ricopriva da riva a riva. Sembrava uno specchio, freddo e fragile, quella visone incuteva un senso di inadeguatezza allo spettatore e l’immobilità delle acque era quasi snervante. Con occhio attento però si poteva notare il centro del lago in cui l’acqua si muoveva viva e non obbediva alle leggi termiche. Quella parte centrale era abitata nella stagione invernale dai Gyarados che distruggevano la superfice di ghiaccio per poter sopravvivere durante quei freddi mesi. A volte, stando ben attenti, si poteva notare qualche testa del Pokémon Atroce sbucare fuori increspando l’acqua e osservare il paesaggio cautamente per poi immergersi nuovamente.
Non esisteva nessun camminatoio che girava attorno al Lago d’Ira e difatti la parte a nord-ovest era inaccessibile a causa del fitto bosco anche se Gloria aveva trovato un piccolo passaggio che portava direttamente in un luogo appartato e lontano da sguardi indiscreti. Lì amava rintanarsi per buona parte della giornata anche se nessuno sapeva cosa facesse.
Anche quel giorno imboccò il sentiero gelato e sbucò dritta in uno spiazzo contornato dalla bianca pineta. Là la neve a terra era in quantità minore rispetto che in città a causa degli alti alberi che avevano protetto il territorio. Non appena si accertò di non essere vista da nessuno, Gloria, con un atteggiamento pur sempre guardingo, tirò fuori dalla tasca del cappotto una singolare Pokéball che davanti ad un occhio critico poteva trasformarsi in una rara Masterball, sfere di eccezionale fattura in grado di catturare qualsiasi Pokémon. La ragazza se la rigirò tra le mani come in attesa di qualcosa quando finalmente la lanciò in aria, facendola aprire. Dal suo interno ne uscì un possente drago nero la cui coda mandava deboli segnali luminescenti. Questo ruggì forte mentre la sua padrona lo cercava di calmare sussurrando in modo melodioso.
«Scusami, sai che non è mia intenzione tenerti rinchiuso per così tanto tempo!».
Il Pokémon chinò la testa ringhiando. Sembrava alterato ma ben disposto ad ascoltare la ragazza.
«Il fatto è che sei riconoscibile e se qualcuno ti vedesse capirebbe…».
«Che la codardia a questo mondo è il peggiore dei mali…?» fu una voce fuori campo a completare la frase iniziata in precedenza da Gloria.
La ragazza si voltò neanche troppo stupita. Davanti a lei stava un ragazzo dall’aria annoiata, gli occhi rossi che mantenevano il guizzo di determinazione ormai andata erano fissi verso il basso mentre una mano inguantata si grattava la matassa di capelli corvini che col tempo aveva imparato a conoscere.
«Red…» mormorò chinando il capo.
«Certo che liberare il Leggendario è proprio un’idea furba, dovresti almeno controllare di essere seguita» era un tono derisorio ma al tempo stesso bonario il suo.
«Questa è una città fantasma. Non farti problemi che nemmeno ti riguardano…».
«Beh in teoria riguardano anche me, marginalmente ma è così».
«Sei noioso quando sei insistente».
«Dolce come sempre!».
Il silenzio calò sui due che si fissarono come in attesa di un segno. Era sempre così durante i loro incontri. Eppure nonostante il carattere ben poco aperto della ragazza il ragazzo mostrava determinazione nel suo cercare di essere sempre gentile e comprensivo. Due personalità che sembravano opposte ma che avevano più punti in comune di quanto si potesse credere.
«Nessuno ti ha chiesto di venire qui…» mormorò sommessamente lei senza aspettare risposta.
«Eppure come ogni fine mese tu mi aspetti qui, non è vero…Touko?».

 
Quello era un giorno autunnale come molti altri. Touko varcò la soglia della “tavola calda di Mogania” per la prima volta una mattina di settembre. Era sfinita, aveva camminato per giorni e gli ultimi chilometri erano stati addirittura in salita. Poco prima di entrare nel territorio cittadino aveva indossato la parrucca rossiccia con la quale si nascondeva dal mondo mentre la lente marrone le dava fastidio all’occhio destro che lacrimava insistentemente. Nonostante la stanchezza però mantenne un certo contegno e si andò a sedere al tavolo più lontano dal bancone, non aveva intenzione di prendere nulla. Non che le mancassero i soldi, se li era portati dietro fortunatamente, ma aveva paura di parlare con l’anziana cameriera. Semmai l’avessero riconosciuta avrebbe dovuto dire addio al suo piano per una vita più tranquilla, per non parlare dello scandalo che l’avrebbe travolta. E quella era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.
Si sentiva persa, spaesata e confusa. Era successo tutto così in fretta che ancora non se ne capacitava, quella fine estate per lei era stata logorante. Dopo la morte di sua madre e il discorso di N le si erano manifestati tutti i sentimenti amari che negli anni aveva soppresso, evidentemente invano. Dopo gli eventi di quel giorno se l’era presa con tutti ma la verità che in cuor suo celava era che prima di tutto era arrabbiata con se stessa. Sapeva di essere stata una delusione su tutta la linea, era consapevole che Nardo aveva sempre avuto ragione su tutto, ma che anche N pensasse quelle cose… era distrutta. Non connetteva più, i suoi pensieri vagavano indomabili procurandole un forte mal di testa. Per non parlare della depressione e lo sconforto che in certi momenti la prendeva di colpo e la faceva diventare un’ombra, una presenza inesistente. In quegli attimi il cuore le procurava vere e proprie fitte mentre indicibili pensieri si facevano spazio tra le mille lacrime che versava. Il buio l’avvolgeva e non c’era scampo, non riusciva a ribellarsi e rimaneva succube quasi cullandosi in quel sapore che col tempo stava diventando agrodolce. Se solo avesse avuto una persona in quei casi disperati, qualcuno con cui parlare e sfogarsi, la situazione sarebbe migliorata ma ormai era tardi. Aveva già perso tutti.
Si era rinchiusa per due giorni in camera sua con i Superquattro che tentavano di farla ragionare. Non aveva ascoltato nessuno, non aveva nemmeno mangiato, bevuto o dormito. Era rimasta al buio e aveva pianto tutte le lacrime possibili, sperando che il suo cuore si stancasse di battere. Poi improvvisamente si era alzata senza dire niente a nessuno ed era partita, fuggita per meglio dire. Sapeva anche che Red aveva capito le sue intenzioni, le aveva comprese il giorno fatale, ma era così sbandata che non pensava più a nulla. Prendendo il primo mezzo di trasporto aveva cambiato identità, voltando le spalle a tutto e tutti. In fin dei conti l’aveva fatto anche quella volta a Spiraria, aveva preferito salvarsi e non affrontare il problema, nulla quindi gli era stato d’impedimento ora. Era recidiva, lo era diventata almeno.
Anche in quel giorno autunnale Touko era una persona diversa. Era impaurita da tutto e tremante come una foglia. Si era come svegliata da un brutto sogno e ora riusciva a vedere la realtà senza veli. Non era mai stata la ragazza forte che aveva creduto, lei era debole, di quella debolezza che è della peggior specie. Fuggire era l’atto di codardia più grande ma era anche quello a cui era avvezza dalla nascita. Era anche vero che un tempo era riuscita a fronteggiare il Team Plasma ma, seduta in quel tavolino, in un villaggio sperduto a nord della regione, sentiva che nulla l’avrebbe potuta far tornare com’era. Ormai non credeva neanche più di essere stata lei quell’eroe di anni prima. E peggiore tra tutti era la consapevolezza, per una persona orgogliosa come lei, di aver sempre avuto torto. E soprattutto che Nardo avesse avuto ragione sul suo conto.
«Mi sembra libero…» una voce la sorprese facendola sobbalzare.
Un ragazzo dalla folta capigliatura castana e un paio di grandi occhiali da sole si sedette di fronte a lei, facendola sentire estremamente a disagio.
«In realtà…» biascicò lei.
«Shhh, Touko cara devi modificare un po’ la voce se non vuoi che la gente sospetti di te…» si abbassò gli occhiali rivelando due occhi rossastri «…e di me».
«Red!» forse l’aveva urlato troppo forte, ma a ben vedere nessuno ci aveva fatto caso.
«Fai piano…».
«Come hai fatto a…?».
«Ti ho seguita, devo ammettere che ne hai visitate di città prima di scegliere questa!».
«Non so di cosa tu stia parlando» si impuntò Touko sorridendo.
«Andiamo, non credermi stupido, io e te dobbiamo parlare!» il suo volto era divenuto improvvisamente serio.
«Volete qualcosa?» un’anziana signora sopraggiunse alle spalle del corvino, interrompendolo.
«Per me un caffè, credo che anche la signorina lo gradisca… poi… avete torte?» Red si comportava in modo assolutamente rilassato mentre dalla sua la brunetta tremava. Evidentemente l’eremita era abituato a queste situazioni.
«Abbiamo la nostra specialità!» esclamò con fierezza la donna, atteggiamento che commosse internamente Touko. Aveva iniziato ad osservare più attentamente le persone durante il suo itinerario senza meta.
«Va benissimo allora» anche il ragazzo sembrava gentile cosa che la sorprese.
Lo aveva sempre visto come un Campione intoccabile però standogli vicino anche una persona chiusa come lei si era accorta della presenza recondita di un cuore.
Pochi silenziosi minuti dopo la cameriera arrivò con due tazze colme di caffè ed un invitante vassoio. Touko saggiò con la forchetta la superficie morbida di quella fetta marrone per poi prenderne un pezzo.
«Cioccolata…» mormorò come ipnotizzata.
Red sorrise benevolo e le versò sopra uno strano sciroppo violaceo, doveva essere di mirtilli. Un denso profumo inebriò i sensi della brunetta che si abbandonò ad un pasto decente dopo gironi di viaggio.
«Bella Mogania, anche se dicono che Unima sia più salutare…».
«Non so dove tu voglia arrivare…».
«Fammi parlare!».
«Allora parla…» il sorriso di entrambi era svanito.
«Posso anche capire lo sconforto ma addirittura fuggire…»
«Se è ciò che volevi dirmi puoi anche farne a meno!» Touko si alzò nervosamente.
Era stanca di tutte quelle voci, voleva starsene da sola, voleva solo essere lasciata in pace. Non avrebbe mai potuto affrontare un problema in quelle condizioni e ne aveva piene le tasche di tutte le parole vuote che la gente le sussurrava sempre, di nascosto più che apertamente. Se ne era andata per questo, non sarebbe tornata indietro. In pochi e rapidi passi fu subito fuori dal rifugio e si incamminò verso il lago, cercando di ricacciare ancora indietro l’immensa amarezza e dolore. Si stava comportando male, lo sapeva, ma non avrebbe mai fatto dietrofront.
«Touko!» l’urlo di Red la raggiunse ma lei avanzò ancora più velocemente, addentrandosi nel boschetto vicino al lago.
Le lacrime cominciarono a farsi prepotenti mentre la stretta allo stomaco le riportava alla luce ferite ancora fresche. Lei non era stanca, era completamente esausta, annientata.
«Touko ti prego…» lui l’aveva raggiunta, i suoi incubi l’avevano seguito.
«Non voglio ascoltarti!».
«Dovrai!» mormorò lui prendendola per il polso.
«Basta, basta!» urlò cercando di divincolarsi.
«Ti capisco, so cosa provi ma fuggire non risolve nulla!».
La ragazza si bloccò come esterrefatta. Era forse impazzita, ma non stupida.
«Parli tu…» una risata di sfogo la bloccò «Parli tu, l’eremita del Monte Argento!»
«Non sono cose che ti…».
«La cosa è reciproca» era più isterico il suo tono, il nervosismo non stava certamente aiutando l’andamento della conversazione.
«Tu non sai cosa ho passato…!» Red ansimava.
«Tu invece sì, hai detto che puoi capirmi ma ti sbagli».
«Non fare il mio stesso errore!» il corvino puntava i penetranti occhi verso la ragazza in uno sguardo di supplica.
«E se io volessi? Sì, voglio sbagliare!».
La brunetta si fermò, doveva trovare le giuste parole per esprimere un concetto che a suo parere sembrava contorto e sconclusionato. Doveva essere chiara ma l’ansia, la frustrazione e il suo essere confusa fecero degenerare il discorso.
«Sono esausta, voglio andarmene, lo capisci? Voglio che la gente si dimentichi il mio nome, desidero così tanto cancellare la mia esistenza…» lo stava dicendo, stava riversando tutti i suoi segreti «io voglio cadere…»
Un improvviso abbraccio bloccò il fiume di parole che ella riversava con dolore, amareggiata. Era uno strano contatto, qualcosa nel cuore della brunetta fremette. Le braccia del corvino la stringevano in un gesto di protezione come per cullarla eppure lei poteva sentire bene il suo cuore battere a mille avendo la testa appoggiata sul petto. Rimasero così per un tempo che ad entrambi parve eterno, momenti in cui Touko si sentiva per la prima volta al sicuro. Non sapeva né che pensare né che fare, rimaneva lì tra le braccia di Red come una bambina bisognosa d’affetto, in fondo lo era sempre stata. Quando però il corvino le prese il mento con dolcezza allora il suo cuore parve smettere di battere. In un attimo le loro labbra si trovarono a contatto, ma mentre il ragazzo chiudeva gli occhi lei li teneva ben spalancati. Fu proprio in quel frangente che al posto dei capelli corvini del Campione vide una matassa verde. Due occhi glaciali che ben conosceva, il volto di Natural ormai si era sovrapposto all’altro. Con uno scatto repentino si allontanò da Red che pian piano riprendeva le sue sembianze. Era davvero arrivata a tanto?
Guardò il ragazzo che aveva di fronte e un ulteriore senso di smarrimento la pervase facendola traballare. Smarrimento e colpevolezza.
«Non… non dovevamo…» sussurrò ancora su di giri.
«Dimentica» il corvino era tornato distaccato, mani in tasca e sguardo fermo.
«Ascolta, noi…».
«Ho detto dimentica» si sentiva uno stupido, sarebbe sprofondato se avesse potuto.
No, Touko si era sbagliata. Il ragazzo era ferito non freddo. Lei avrebbe voluto confortarlo e chiarire la faccenda, ma confusa com’era sapeva che non avrebbe fatto altro che peggiorare il tutto. Non sapeva cosa provare, non si capacitava della sua insensibilità.
«Red, devi capire che…» per l’ennesima volta venne interrotta.
«Il mio è stato solo un gesto di sfogo, sono turbato e la solitudine non giova a nessuno. Perdonami e dimentica» quella freddezza era spaventosa.
La brunetta lo guardò imbambolata, aveva paura ma non sapeva nemmeno lei di cosa. I sentimenti che provava nei confronti di Red era un pensiero che mai l’aveva sfiorata, ma a quanto pare per il ragazzo non era così. Aveva sentito una nota di dispiacere nella sua voce e non credeva alle sue parole fino in fondo però non aveva le forze per affrontare anche quella faccenda così annuì.
«Ascolta, posso capirti» il ragazzo riprese il discorso precedente come se nulla fosse «Vorrei fermarti ma non ne ho le facoltà. Permettimi almeno di rimanerti vicino, voglio aiutarti».
«Cosa intendi?».
«Posso ospitarti nel posto in cui vivo, hai bisogno di qualcuno…» nemmeno il corvino era tanto convinto delle sue parole.
«No!» esclamò spaventata Touko «Ho solo bisogno di stare sola, ti prego».
Il tono con cui l’aveva detto fece aprire gli occhi a Red, ora poteva capire a pieno la situazione della ragazza. Fragile non era la parola giusta, lei era già stata distrutta da qualcosa che lui poteva solo immaginare. Era crollata definitivamente e non sarebbe mai riuscito a riportarla ad Unima né ora né mai. Era come un uccellino ferito ma forse per risanare quel grande squarcio una vita intera non sarebbe bastata.
«Se posso fare qualcosa… ti prego fammelo sapere…».
Una strana luce illuminò gli occhi cerulei della brunetta che sorrise non troppo rincuorata. Poi fece tre passi e si rigirò su se stessa, calpestando lo spesso strato di secco fogliame. Era pensierosa e crucciata, pareva dover prendere un’importante decisione. Se vivere alla giornata era il suo principale progetto allora cambiare umore, comportamento e mente doveva essere la sua prerogativa. Aveva ragione Red, dimenticare. Sì, ci stava riuscendo, stava dimenticando e stava cambiando. Forse il suo era solo il primo sintomo della follia, molto probabilmente era già diventata pazza ma se il mondo girava velocemente allora lei doveva stragli dietro.
«Red, sei troppo gentile per questo mondo. Dov’è il ragazzo fastidioso che conobbi ad Unima?».
«Al momento sono impegnato a non far sprofondare nel caos quella regione…» il corvino digrignò i denti infastidito.
«Gesto nobile, allora non dovrai dire a nessuno di avermi visto!».
Il ragazzo aveva previsto quella frase ma ora come ora non poteva far altro che annuire. Se il suo scopo era proteggerla, paradossalmente in quella delicata situazione era l’unica cosa che potesse fare. E sì lui l’avrebbe protetta al posto di N, non avrebbe fatto come il Principe.
«Sia chiaro che lo faccio anche per me» sospirò ambiguamente «ma ora che pensi di fare?».
«Mi piace Mogania, ha quel non so che di antico e abbandonato.  Da quel che ho visto è semi deserta, mi pare il posto adatto a me. Sembra quasi una campana di vetro, una città retrograda per la quale non passano molti allenatori e le notizie saranno poco diffuse. Io e mamma sognavamo questa vita sin da quando ero piccola» Touko parlava come un fiume in piena, fregandosene di essere ascoltata o meno «Quando mi hanno detto che lei era viva io avevo intenzione di affittare una piccola casa in qualche posto così e di passare lì il resto della mia vita. Le sarebbe piaciuto…».
«Touko non devi…».
«Poi è successo ciò che è successo e io ora sono da sola. Però non voglio dilungarmi su quanto questo sia triste, c’è quindi un unico favore che vorrei chiederti».
Il ragazzo non rispose così la brunetta continuò.
«Voglio isolarmi dal mondo come ben avrai capito, però… se a volte tu venissi qui dal Monte Argento per…».
Red sorrise pensando che probabilmente non tutto era perduto.
«Come vuoi Campionessa!».
Lei gli scoccò un’occhiataccia infastidita per il nome con cui era stata chiamata, ma subito dopo scrollò le spalle sbuffando e si incamminò verso la Palestra.
«Ora dove vuoi andare?».
«Credo che il Capopalestra di qui possa aiutarmi a prender casa, forse ci vedremo Red, stammi bene!».
Quel chiaro segno di saluto fece soffrire internamente il corvino. Non era stato del tutto sincero e le aveva detto di dimenticarsi del bacio, ma in cuor suo sapeva la verità. Non era del tutto convinto dei sentimenti per Touko però voleva proteggerla e lei non gli stava dando modo di farlo. Anche la brunetta si allontanava da Red con un groppo in gola. Sapeva di star lasciando indietro l’unica sua possibile ancora di salvezza. Stava per compiere un salto senza la rete sotto ad aspettarla, ma per la prima volte si sentiva soddisfatta, era una sua personale scelta e se stava sbagliando lo faceva coscientemente. Si era sentita così solo il giorno in cui era partita per il suo viaggio. Decisa a non perdersi tra i ricordi entrò all’interno della Palestra pronta a vivere come un’altra persona.

 

 

Nel volto di Touko era dipinto un sorriso sbieco, quasi derisorio e leggermente divertito. Le piacevano le conversazioni non sempre pacifiche con Red, unico a non averla mai abbandonata nel corso del tempo. Era contenta che fosse venuto anche quel mese e doveva ammettere che il suo tempismo era incredibile.
«C’è una cosa importante che devo mostrarti» mormorò la brunetta in tono serio.
«Mhm, parla prima tu allora…».
La ragazza sfilò dal giaccone il giornale che aveva preso dalla tavola calda e lo sventolò a mezz’aria con un’espressione severa. In prima pagina il ragazzo notò un titolo a caratteri cubitali che citava “La caduta dell’eroe”, mentre la foto di un volto noto lo incuriosì immediatamente.
«Se smetti di maltrattare quel giornale e mi dici il problema…».
«La prima pagina, non hai idea di ciò che ho letto!» detto questo gli lanciò l’oggetto di così tanto interesse in attesa che lui leggesse.
L’articolo “la caduta dell’eroe” parlava chiaramente di Unima e il corvino non ci mise molto a capire che Touko doveva esserne citata, così si mise a leggere.
“Il riassunto delle confessioni dei Superquattro nei confronti dell’ormai scomparsa Campionessa Touko ci narrano fatti scioccanti che dipingono un ritratto di un personaggio rimasto sempre avvolto nel mistero. Quella che tutti credevano l’eroe di Unima si rivela infatti essere sempre stata una ragazza con più debolezze umane che pregi. Catlina racconta la dipendenza dell’ex Campionessa dall’alcol e la sua logorante depressione che non le permetteva di prendere decisioni imparziali. Marzio ci parla di una ragazza viziata, indifferente verso i problemi della regione, usando termini pesanti nei suoi confronti. Con il materiale ricavato possiamo dunque asserire con fermezza che Touko non sia semplicemente scomparsa, l’ipotesi accreditata di una sua presunta morte ormai diventa anche l’unica da poter scegliere. D’altro canto una persona fragile come lei non sarebbe potuta rimanere alla guida ancora per molto. Il resto dell’articolo a pagina 4”
Il ragazzo rimase senza parole. Quello non poteva essere il ritratto di Touko, lei era debole a volte ma sicuramente si era preoccupata in passato della sua regione.
«Non so che dire…» mormorò impaurito dalla reazione dell’altra.
«Tanto per la cronaca sono astemia» sorrise lei superficialmente cercando di non farsi vedere troppo scocciata.
«Non dovrebbero dire certe cose ma d’altro canto visto lo stato in cui versa la regione…».
«Non importa, non m’interessa ciò che pensa l’opinione pubblica, c’è però dell’altro…» sussurrò lei avvicinandosi e girando le pagine fino ad arrivare a quella cercata.
Una foto presente anche in copertina, occupava gran parte dello spazio mentre, il corvino osservò attento, le labbra di Touko tremavano leggermente. Red si accorse finalmente di chi fosse il volto raffigurato. Era Belle, la ragazza bionda che aveva visto al fianco della brunetta in svariate situazioni. Vicino alla sua foto vi era quella di un uomo sulla quarantina, una barbetta ispida e due occhi stanchi e marcati.
«Nardo…» il corvino rimase spiazzato.
«A quanto pare i Plasma si stanno dando da fare. Belle e Nardo sono scomparsi l’altro ieri… rapiti per meglio dire» Touko parlava con tranquillità ma si vedeva che il fatto l’aveva turbata. Red dalla sua doveva ammettere che la brunetta era diventata nei mesi una vera e propria maschera di ghiaccio, un sorriso l’accompagnava sempre durante i loro incontri ma dal Capopalestra della citta aveva saputo che di pianti che a volte si udivano provenire dalla sua abitazione. Doveva soffrire molto ma se un tempo l’avrebbe chiamata “apatica” ora si levava il cappello di fronte ad un’attrice con i fiocchi.
Nel frattempo Touko pensava. In tutti quei mesi aveva cercato di rimanere alla larga da tutto ciò che riguardasse Unima e spesso negli incontri con Red l’argomento non veniva sfiorato per sua volontà. In questo modo non si era mai trovata a pensare veramente, a mente lucida e occhi asciutti, alle conseguenze del suo trasferimento, sapeva che Ghecis ne avrebbe approfittato ma non credeva fino a quel punto. Erano state rapite diverse persone nel corso dei mesi ma mai gente che in passato le era stata così vicina, chiaro segno che indicava che il Team Plasma la voleva far uscire allo scoperto. Eppure in teoria tutti avrebbero dovuto credere in una sua presunta morte, lei era sparita da Unima ormai da mesi. Per la prima volta da quando era a Mogania ebbe dei dubbi. Valeva la pena rimanere lì, invecchiare sola sapendo di aver condannato persone innocenti? Quella semplice foto non poteva di certo averle fatto venire simili ripensamenti, salda com’era nella sua decisione, però non aveva sempre desiderato un riscatto personale? In fin dei conti era scappata perché non si sentiva all’altezza quindi tornare avrebbe peggiorato la situazione. Ma rimanere lì avrebbe sancito la sua sconfitta finale, un fallimento se possibile ancora maggiore.
Touko credeva di aver sperimentato la confusione mentale ma in quel momento non ne fu tanto sicura. Era ad un bivio. Era qualche giorno ormai che questi pensieri la tormentavano, segno che il suo vero carattere, quello seppellito in fondo al suo animo, stava tornando prepotentemente. O forse erano solo sue speranze. Non era stata lei forse a desiderare di cadere in quel baratro di monotonia e paura? Già, il terrore che provava ogni giorno non era però riconducibile alla sua situazione, lei temeva se stessa. C’erano momenti che non accettava le scelte che aveva fatto, non si riconosceva, e in quegli attimi una nuova forza distruggeva il ghiaccio di cui il suo cuore era contornato. La cosa però durava sempre poco, subito dopo una tristezza ancora maggiore s’insinuava nella sua testa e sempre più difficilmente l’abbandonava. Poteva essere quello il momento del riscatto?
«Si aspettano che io torni, o che risorga…» disse lei con voce spezzata.
«Credevo che ciò fosse fuori discussione».

Di certo Red non la stava aiutando, aveva forse bisogno di essere presa a schiaffi per riuscire a capirsi?
«Lo è infatti…».
La brunetta si avvicinò al suo fidato Zekrom accarezzandogli leggermente il muso. Quel Pokémon, il leggendario che doveva appartenere all’eroe, la sola vista le dimostrava nuovamente quanto lei fosse fuori posto. Non riusciva ad affrontare nemmeno il più piccolo dei problemi, come poteva mettere le cose a posto ad Unima. “non puoi” le mormorò fastidiosa una vocina “provaci” si sovrappose un’altra. “Ucciditi” avrebbe pensato Touko se solo quel fatale gesto non fosse costato tanta volontà; persino per quello non era portata.
«Red, se Ghecis riuscisse a conquistare Unima si fermerebbe lì o si potrebbe espandere?».
«Un uomo come lui potrebbe, perchè?».
Lei non ripose. Chiuse semplicemente gli occhi e immaginò, nella sua mente si palesò l’immagine di Ghecis affiancato da N, entrambi vestivano come dei re e marciavano. Unima ormai messa a ferro e fuoco, avrebbero mirato ad altre regioni, ne era convinta. Il re dei Plasma non si sarebbe mai accontentato e qualcun altro avrebbe pagato per la sua negligenza. Altre vite, altri dubbi. Ma lei era così… lei. Non aveva le facoltà mentali per tenere testa a quella valanga, come sarebbe andata a finire la tragica storia della Campionessa fallita?
Allora si ricordò di un vecchio insegnamento di Nardo. Egli diceva che nella vita ci sono momenti in cui una decisione può essere l’ago nella bilancia, un qualcosa di veramente importante per il quale a volte non si riesce a decidere da soli. Tutti prima o poi hanno bisogno di una mano e Touko comprese quella verità solo in quel momento. E capì finalmente che poteva fare solo una cosa.
«Red, ho bisogno di una informazione…».
Perché aveva bisogno di una mano, o per meglio dire uno schiaffo.

 

 La Cioccolateria di Guna

E ormai non ci speravate più di risentirmi no? Quasi due mesi di assenza ma stavolta non ho scuse. Il capitolo è pronto da circa due settimane e c’è un motivo ben preciso riguardo al mio tremendo ritardo. Considero sta roba qui sopra orribile. Tutt’ora dopo la pubblicazione nonostante lo abbia rigirato come un calzino non mi piace. Ho voluto dare spazio all’introspezione ma a quanto pare con scarsi risultati.
Linciatemi pure, anche da morta scriverò il prossimo capitolo perché l’ispirazione mi ha colto alla sprovvista… sperando che non venga un bleah con i fiocchi come questo.
Grazie per la pazienza e sostegno, grazie a Zoichi, Allys, Ele Ink, Rovo e Morning Musume per le splendide recensioni.
Alla prossima e grazie ancora.

Ah giusto, la parte in corsivo sarebbe un flashback… non si sa mai.

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Capitolo 18
*** Segnali di svolta ***


                                      Segnali di svolta

La giornata di Adelaide era stata decisamente stressante. Aveva corso da una parte all’altra della città come un’inutile recluta ed ora la sua unica intenzione era quella di rifugiarsi sotto un caldo e rilassante getto d’acqua, cercando un po’ di calma. Aveva l’assoluto bisogno di lavar via tutte le preoccupazioni che le assediavano la mente ed era certa che, riposando un poco a mente sgombra, avrebbe riacquisito quella forza che le serviva per attuare gli ormai prossimi progetti del sommo Ghecis. Ultimamente infatti al quartier generale del Team Plasma il lavoro non scarseggiava affatto, tutti si affannavano per i corridoi, preparando tattiche, allenando Pokémon e recapitando le direttiva del re, mansioni di vitale utilità per la loro prossima mossa. Naturalmente Adelaide non era da meno, come uno dei più importanti comandanti era suo dovere controllare che tutto stesse andando per il meglio e che non ci fossero intoppi di alcun tipo. Ambiziosa com’era teneva particolarmente a quel colpo, ormai programmato da mesi, ed era convinta che le sorti di Unima sarebbero cambiate con il loro successo. Già immaginava la vita da vincente che avrebbe avuto, i riconoscimenti di cui si sarebbe vantata per generazioni e il fascino del combattimento che a breve avrebbero affrontato. Il piano del loro grande re era qualcosa di sublime, degno della mente di un genio e senza dubbio difficile da attuare, eppure lei si impegnava anima e corpo per la sua riuscita.
Tutto quello però l’aveva oltremodo stancata, aveva bisogno di una pausa per riprendere le energie che poi sarebbero state vitali ai fini del prossimo scontro. Così in quel tardo pomeriggio i piedi della bionda svoltavano ad ogni corridoio, perdendosi tra quei grovigli di scale, passando più volte nella stessa stanza, senza riuscire a trovare la giusta direzione. Non si era ancora abituata alla struttura degli imponenti grattacieli di Austropoli, la capitale di Unima, grande e potente città sviluppata solo ed esclusivamente in verticale. Dopo la scomparsa di Touko, Ghecis aveva mirato proprio a quella importante località e così, passando per il deserto di Unima, prendendo le vie più nascoste e pericolose, aveva colto di sorpresa il Capopalestra Artemisio che non aveva potuto far altro che arrendersi di fronte alla potenza nemica. Ora il ragazzo veniva tenuto rinchiuso all’interno della Palestra, così da non poter creare danni o impedimenti, ma Adelaide avrebbe preferito alloggiare in luoghi dove fosse più semplice orientarsi. Più volte anche in città si era persa tra mille vie secondarie, vicoli ciechi e zone poco frequentate, ma quel vagabondare l’aveva portata a toccare con mano una realtà che da tempo aveva voluto dimenticare, forse invano. Proprio tra quelle viuzze infatti si trovavano con estrema facilità piccoli gruppi di bambini, completamente abbandonati a sé che spesso vedevano come unica possibilità di salvezza il rubare. Le cose, con l’avvento dei Plasma, erano certamente peggiorate visto che la città era il loro covo principale ed era di farabutti che si stava parlando. Nessun civile poteva uscire per scampare a quella povertà che dilaniava i cuori degli abitanti e rendeva l’inverno ormai inoltrato più freddo e lungo. Adelaide vedeva quei visini spaventati, famelici o semplicemente morti e cadeva in un vortice di ricordi che più volte aveva imparato a scansare. Non poteva, anzi non doveva far nulla nei confronti di quei poveretti, la sua posizione e la sua attitudine all’indifferenza, allenata con tempo e fatica, non glielo permettevano, eppure poteva capirli meglio di chiunque altro, poteva essere partecipe al loro dolore. Sentiva i loro sguardi seguirla, guardarla con odio, implorare grazia ed ogni volta scappava, prima lentamente ma il più delle volte i suoi passi assumevano l’andamento di una corsa frenetica e sfrecciava finchè il fiato non le mancava, perdendosi ancor di più in quella città che somigliava ad una raccapricciante ragnatela pronta ad inghiottire le anime.
Quando la ragazza svoltò l’ennesimo corridoio però i suoi piedi si fermarono di colpo. Una lenta melodia le arrivò all’orecchio, facendole venire la pelle d’oca. Era una di quelle canzoni malinconiche che portano alla mente momenti nostalgici della propria vita e che riempiono il cuore solo di angosce indistinte e riflessioni, facendoti perdere contatto con la realtà. Una musica così triste da far venire le lacrime agli occhi, note concatenate per creare un concentrato di sentimenti nei cuori straziati degli ascoltatori. Proveniva certamente da un pianoforte ed era facilmente intuibile chi fosse il suonatore dal momento che c’era solo uno strumento in quel grande palazzone. Adelaide venne cullata da quel suono che prometteva un riposo per anime affaticate e così, come attratta da una forza invisibile, la seguì ipnotizzata. La porta della stanza da cui proveniva il suono era socchiusa, come un invito ad entrare per diventare parte di quel sogno, cosa che la bionda non rifiutò. Venne investita da un forte riflesso, il sole stava tramontando e un fascio di luce arancione entrava dalla finestra ed andava a specchiarsi sul liscio pavimento in marmo bianco. Effettivamente l’intera camera era arredata con mobili dalla tonalità bianca, dal letto singolo allo scrittoio semivuoto. L’unica eccezione era il pianoforte a coda proprio al centro della stanza, di un color blu notte che feriva lo sguardo alla vista di un ambiente così immacolato. Seduto sullo sgabello, intento a suonare c’era Natural Harmonia Gropius, volto rilassato ed espressione triste. La bionda notò con curiosità che i suoi occhi non fissavano lo spartito sopra il leggio e le sue mani si muovevano libere, seguendo solo ed esclusivamente i sentimenti del ragazzo. Non era una melodia improvvisata, il suo era un qualcosa dettato dal cuore, un brano da lui tanto conosciuto da essere suonato alla perfezione con il solo ausilio della memoria. Adelaide si chiese quante volte avesse dovuto suonare quel pezzo per essere così sicuro ora. L’aveva composto lui quel motivo tanto dolce quanto malinconico? E soprattutto, pensando a che cosa poteva essere ispirata una melodia di tale spessore? La bionda non aveva dubbi, la risposta era sempre quella.
Questa nuova consapevolezza la portò ad innervosirsi di colpo, non poteva permettere ad un’altra nota di uscire da quello strumento. Si avvicinò così a gran velocità verso di esso e iniziò a scrollare la spalla di N, riscuotendolo dalla trance con cui stava suonando. Le plumbee iridi del ragazzo parvero svegliarsi, rimanendo però cupe e vuote, troppo tempo era passato dall’ultima volta che avevano brillato di luce propria. Adelaide aveva apprezzato il nuovo taglio del Principe, ora i capelli erano molto più corti ma nonostante questo lunghi ciuffi verdi gli andavano a ricoprire la fronte e gli occhi, arrivando sino alle guance pallide. Il ragazzo era totalmente cambiato e di questo la ragazza si sentiva la fiera artefice ma anche la maggior colpevole.
«Ehi Ade…» la calda voce di N la distrasse.
«Scusa non dovevo disturbarti!» si finse dispiaciuta la bionda.
«Non ti preocc…».
«Il problema è che quando suoni sembri una persona così triste, non posso sopportarlo!» doveva subito prendere le redini del discorso, non era facile comportarsi con lui.
N non sorrise, semplicemente sospirò e tornò a sistemare gli spartiti. Quello fu per Adelaide un segnale di via libera. In fondo obbediva solamente agli ordini.
«Era quel pezzo vero?».
«Ti prego Ade, non ricominciare».
«Invece devo! Io vorrei solo vederti sorridere, sai che posso farti dimenticare il passato…» la bionda era brava a fingersi ciò che non era, una ragazza preoccupata per la sorte del suo amato Principe, ma la realtà era diversa. O quasi.
«Lo so, ti devo molto. Se sono qui è grazie a te» lui era sempre così calmo, nella sua voce non c’era mai la minima traccia di convinzione.
«Allora smettila di suonare quel brano, smettila di pensare a…».
«Ti ho chiesto di non parlarne!» il ragazzo non aveva alzato la voce, ma il fastidio si sentiva.
«Scusami, vorrei solo che ti ricordassi chi c’è sempre per te…» miagolò lei da brava gatta morta allacciandogli le braccia al collo «Io ad esempio ci sono…» gli sussurrò all’orecchio.
N si alzò di scatto, lasciando la bionda basita. Le sue mani tremavano leggermente e le sue pupille si muovevano a grande velocità, cercando un appiglio tra tutto quel bianco che alla lunga doveva esaurire una mente fragile come la sua. Il ragazzo traballò incerto su qualche passo e con una lentezza straziante si avvicinò al divano, cadendoci letteralmente sopra senza un minimo di grazia. Poi volse la testa verso l’alto come per richiamare qualche oscuro pensiero ed infine chiuse gli occhi stanco, cercando rifugio in qualche bel ricordo passato. Era così che viveva ormai. Combatteva per Unima, o meglio contro, e poi a fine giornata, dopo aver recitato il ruolo del Principe spietato, si accasciava sul pavimento della sua stanza pregando per la sua anima o si metteva al pianoforte, unico oggetto che lo facesse rimanere in contatto con quella fragile realtà. Ormai non distingueva più gli incubi dalla quotidianità, non era più in grado di capire cosa stesse succedendo intorno a lui. Il suo tempo oltre che da varie lotte era scandito da incontri con il padre per parlare di strategie o nuovi massacri e di altro di cui il ragazzo ricordava ben poco. La cosa che però saltava all’occhio anche a lui era che, settimana dopo settimana, la sua sanità mentale stava risentendo di un male sconosciuto e da un lato spaventoso. Era partito tutto la prima notte che aveva dormito lì, i Plasma gli dissero di averlo soccorso fuori dalla Lega e di avergli curato numerose ferite, salvandolo da morte certa. I suoi ricordi erano completamente offuscati, si sentiva smarrito e non riconosceva nessuno dei volti presenti, il luogo gli era sconosciuto e il suo nome inesistente. Solo una parola era impressa nella sua mente, Touko, accompagnata dall’immagine di una ragazza sorridente di cui però N ricordava ben poco.
L’espressione dei presenti, i suoi presunti salvatori, non sembrava augurare nulla di buono, le facce erano crucciate e preoccupate, tanto da spaventare il ragazzo stesso. Fu in quel momento che fece capolino all’entrata della stanza Adelaide, un sorriso serafico dipinto in volto, che con una calma impensabile gli aveva riferito delle notizie inaspettate. La Touko di cui aveva qualche frammento di memoria altri non era che una ragazza che in passato l’aveva abbandonato con crudeltà, lasciandolo solo al suo destino, e di cui lui era stato profondamente innamorato. Gli venne detto che con molta probabilità era stata proprio lei ad attentare alla sua vita, ferendolo gravemente, senza pietà alcuna. La bionda aveva descritto colei che gli aveva spezzato il cuore come una persona infida, manipolatrice e pronta a tutto pur di raggiungere i suoi scopi, mentre lui ascoltava rapito tutte quelle parole che lentamente penetravano nella sua mente, cambiando l’immagine della solare ragazza in quella di un mostro. Un giorno, quello che aveva scoperto essere suo padre, l’aveva portato con sé in modo non del tutto inaspettato e lì N aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi la Touko di cui tanto sentiva parlare e per la quale aveva sviluppato nel tempo un odio feroce. Gli aveva rivolto parole cariche di rabbia, alcune delle quali suggerite in precedenza dal padre, discorsi che avevano sortito l’effetto voluto nella mente fragile della ragazza. Eppure in quella precisa situazione il Principe ebbe la capacità di accorgersi che qualcosa non andava. La brunetta, esile e pallida che aveva avuto di fronte era completamente differente da quella dipinta dai racconti che gli venivano inculcati da tutti gli alti membri del Team.
Era ormai sempre più confuso non solo riguardo a Touko ma soprattutto verso sé stesso e verso il passato di cui non aveva assoluta memoria. Obbediva agli ordini del padre e c’erano momenti in cui amava essere spietato, si inebriava del sapore delle lotte, faceva sfoggio e si vantava delle conquiste fatte, comportandosi da vero e proprio figlio di un uomo come Ghecis. In quelle situazioni sentiva divampare tutto il disgusto che provava per quella mostruosa ragazza, era come una continua spinta verso un baratro oscuro, si sentiva in dovere di odiarla ed era una sensazione di cui non poteva fare a meno. A volte però era la parte opposta a prendere il sopravvento anche se più raramente e con meno forza. Erano quelli i momenti in cui preferiva la solitudine e la pace della sua stanza, posto nel quale purtroppo si sentiva un prigioniero sporco, in netto contrasto contro tutto quel bianco accecante e allora si dibatteva per cercare di raccapezzarsi e trovare la luce nel labirinto oscuro della sua mente. Eppure c’era un muro, un freno che lo bloccava e non riusciva a trovare lucidità, sottostava ad un giogo che solo in quegli attimi sentiva davvero reale. Era succube di un qualcosa che non riusciva a riconoscere. Allora pur di sfuggire allo stato di terrore in cui versava la sua mente suonava quel brano che più fra tutti ricordava, una melodia appartenente alla vita dimenticata e pensava che sicuramente sarebbe dovuta essere migliore della presente. E Touko gli sembrava solo un angelo, l’unico appiglio per poter capire, per poter sperare di vivere, per poter tornare ad essere ciò che non ricordava.
Ma era così frustrante essere costretti a subire ciò quando da una parte era proprio lui a compiacersi della sua cattiveria. Cosa gli stava succedendo non lo capiva, era però chiara la sofferenza che provava a volte, il disgusto verso sé che si manifestava in raptus di follia durante i quali il suo corpo tremava e la sua testa esplodeva, rendendolo impotente e debole. Attimi ai quali anche Adelaide a volte assisteva e che anche sulla sua anima, sporca e corrotta da tempo, sortivano un effetto che non riusciva a spiegarsi. Non era certamente una cosa piacevole vedere N in quelle condizioni, conosceva anche i rischi che potevano manifestarsi in quelle occasioni e perciò era più che necessario un suo intervento. Si avvicinò dunque con decisione al ragazzo e gli si sedette affianco, poggiandogli le mani sul viso, facendo in modo che si voltasse verso di lei. Il suo volto aveva ricevuto vari interventi ed ormai era poco riconoscibile la protesi che aveva al posto della cicatrice che mesi prima l’aveva sfigurata.
«Calmati N, tu meriti di più» gli sussurrò puntando i suoi occhi azzurri verso quelli del Principe, dai quali traspariva solo una lacerante agonia.
«Io…io…non…» balbettò lui incerto.
«Sono qui, lo sarò sempre…» mormorò portando la testa del ragazzo sul suo petto, carezzandogli dolcemente i capelli.
Non era esattamente la prassi comportarsi in quel modo e questo la bionda lo sapeva bene, ma doveva difenderlo in qualche modo, fingendo o meno. Restarono dunque così per un tempo che parve eterno, ognuno perso nei più reconditi antri dell’anima a fare i conti con i peggiori nemici interiori. E così mentre N cercava di calmarsi e ritrovare il controllo, Adelaide sentiva smuovere nel petto quella sensazione che ormai da qualche tempo non poteva più celare. Non era il dovere che l’aveva mossa per far smettere N di suonare. Non era il possibile fallimento del loro piano a portarla a cercare di cancellare Touko dalla mente del ragazzo. Non era nemmeno la pietà che la portava a star male ogni qual volta il Principe entrava in una delle sue crisi. Mettendo la sua situazione su un piano reale probabilmente ciò che provava non poteva neanche, o perlomeno non ancora, trattarsi di amore verso qualcuno, troppo freddo e ferito era il cuore della bionda. Una sola frase però, incompiuta e senza senso, veniva ripetuta come un mantra nella sua mente mentre il giovane iniziava ad addormentarsi e lei decideva di rimanergli vicino. “Non lo permetterò”.

 

Touko si rese conto che il mare dall’alto poteva essere davvero monotono. Erano ore che lei e Red volavano in quel vecchio aereo dall’aria traballante, unico passaporto sicuro che avevano per Unima, e quella grande distesa d’acqua che inizialmente l’aveva colpita stava diventando ora un panorama soffocante. O forse era altro a soffocarla? Per la brunetta non era stato affatto facile scegliere di salire sopra quel trabiccolo e per di più andando incontro proprio al suo peggior incubo, ma non aveva avuto scelta: alla domanda che aveva rivolto al corvino, ossia un semplice “dove si trova Camilla?” lui aveva ovviamente risposto come solo i pensieri più pessimistici della ragazza potevano fare. A dire il vero poi una possibilità di scelta l’aveva avuta, poteva starsene tranquilla a Mogania facendo passare gli anni, seduta su una poltrona di terza mano e con la morte appresso, mentre assisteva alla lenta e definitiva vittoria del male. Si odiava per il tentativo che stava facendo che rendeva inutili e vuoti i suoi gesti precedenti, per non parlare di come l’avrebbero accolta dopo tutto ciò che aveva deciso e dopo l’imperdonabile atto di codardia, ma da un lato si sentiva in qualche modo costretta. Forse se avesse avvisato Red, che al momento era alla guida del mezzo, avrebbero potuto fare marcia indietro e col passare degli anni magari i suoi deboli rimasugli di coraggio sarebbero spariti definitivamente. No, era decisamente meglio non pensarci visto che lei in teoria non stava facendo nessun grande ritorno. Aveva solo un urgente bisogno di parlare con qualcuno e la persona più indicata le era parsa proprio la stessa donna che le aveva tirato uno schiaffo a Spiraria, l’unica che aveva tentato in passato di svegliarla dal suo torpore mentale. Al solo pensiero del nome di quella maledetta cittadina che le portava alla luce avvenimenti ben poco felici, una stretta al cuore le fece abbassare lo sguardo ormai da troppo tempo fisso sulla monotona distesa azzurra. Perfetto, se le bastava quello per buttarla giù tanto valeva si consegnasse direttamente a Ghecis con tanto di carta da regalo. Doveva semplicemente smetterla di fare pensieri così pessimistici, stava ingigantendo la cosa, era solo un consiglio, una consulenza superficiale quella che stava per richiedere, poi avrebbe pensato al resto. “Ma tanto non ci sarà nulla da pensare” sempre quella vocina fastidiosa, “già probabilmente mi ammazzeranno appena messo piede fuori da questo coso… sempre che non cada di suo”.
Sbattè irritata i piedi sul pavimento e si alzò di scatto. Possibile che le fosse così complicato prendere una stupida decisione? Conseguenze o meno, farsi problemi prima del tempo per una persona come lei era controproducente, affidarsi al caso sarebbe stata paradossalmente la via migliore. Tenendosi ad ogni minimo appiglio che potesse offrire quel trabiccolo raggiunse Red, stipato nella piccola cabina di comando.
«Mi sembra stupendo che tu sappia pilotare anche gli aerei… sempre che “aereo” sia il termine adatto per questo aggeggio!» iniziò Touko alzando la voce per sovrastare il rumore del motore.
«Mi spiace signorina, la prima classe era già occupata» sorrise ambiguo lui.
«Mhm… è di Anemone…?» chiese osservando il piccolo stemma della città di Ponentopoli dipinto sulla porta scorrevole.
«A quanto pare quando il temuto Red di Biancavilla si muove può chiedere qualsiasi cosa».
La brunetta non potè far a meno di accorgersi della nota amara nel tono del ragazzo. Aveva avuto modo di pensarci di recente, prevalentemente durante le sue lunghe passeggiate al lago, e aveva dovuto ammettere a sè stessa che loro due si assomigliavano più del previsto. Certamente non riguardo alla forza, lei nonostante l’orgoglio era conscia di avere ancora molta strada da percorrere per arrivare al livello del corvino, eppure avevano lati simili. Entrambi non avevano vissuto felicemente la situazione da Campione anche se il ragazzo l’aveva indubbiamente gestita meglio. Poi, come aveva detto lui tempo prima, la sua fuga sul Monte Argento non era poi tanto diversa da quella di Touko e nemmeno le sue relazioni con vari amici. Sorrise la brunetta, era consapevole del fatto che Red fosse il suo aiuto più grande, non solo fisico ma anche a livello empatico. C’era sempre stato e nonostante i suoi modi non del tutto consueti aveva provato ripetutamente ad aiutarla, forse un giorno sarebbe arrivata addirittura a ringraziarlo, probabilmente in un momento di pura follia.
«Gioisci ragazza, stiamo per atterrare!» esclamò lui riportandola alla realtà.
«Prendo la parrucca e lenti… ricorda che per tutti io sono Gloria…» si affannò a urlare nonostante sapesse di averlo ripetuto una cinquantina di volte.
Eccolo il momento che avrebbe voluto evitare. Non poteva dir nulla, era stata una sua scelta, ma a dire il vero la prospettiva di un incontro con Camilla ora la spaventava più che farla sentire meglio. Sentiva il cuore gonfio di trepidazione, batteva forte ma anche impaurito e sembrava pronto a scoppiarle in petto, futuro senza dubbio più allettante rispetto a quello che l’aspettava. Non nascose il tremore che ebbe non appena l’aereo toccò il suolo e si preparò a scendere, rivolgendosi mille domande che sarebbero destinate a rimanere senza risposta.

 
Non era certamente la prima volta che Touko entrava nella palestra di Ponentopoli. La prima era stata durante il suo percorso di Allenatrice, aveva sfidato Anemone totalmente impreparata e stava per uscire sconfitta vista la debolezza dei suoi Pokémon contro i tipi Volante quando il Leafeon appena catturato si era rivelato la sua carta vincente. Poi aveva dovuto ricorrere all’aiuto della Capopalestra altre volte in qualità di Campionessa, la maggior parte per il noleggio dei suoi preziosissimi aerei, ma per il resto non poteva dire di conoscerla. L’interno della Palestra era esattamente come lo ricordava ossia un complicato groviglio di passaggi, fattibili solo grazie all’ausilio di enormi cannoni, usati da ogni sfidante. Ponentopoli non era stata ancora raggiunta dei Plasma quindi Red le aveva detto che non c’era nulla da temere e che nemmeno Anemone l’avrebbe riconosciuta. La ragazza ammise fra sé che aveva avuto ragione, la Capopalestra infatti si limitò a scortarli in una stanzetta al piano terra, dicendo loro di aspettare.
«Questo deve essere il suo studio, Anemone progetta aeroplani…» disse Red più per spezzare il silenzio creatosi che altro.
«Già…» non era esattamente in vena di parlare.
«Cosa ti ha fatto di male quel povero elastico per essere maltrattato in modo così brutale?».
Alla domanda sarcastica del corvino, Touko gli rivolse uno sguardo interrogativo, poi si volse verso il basso e vide le sue mani che tiravano senza sosta il fermaglio che portava al polso. Era davvero così nervosa?
«Non sono più tanto sicura che incontrare Camilla mi possa far poi così bene» disse tutto d’un fiato.
«Non me lo sarei mai aspettato!».
«Sappi che ti sto detestando…».
Red rise, una risata liberatoria. Era davvero contento di aver trascinato Touko fuori da Mogania e sperava con tutto il cuore che l’incontro con la bionda potesse andare a buon fine. La brunetta, a suo parere, era la sola in grado di migliorare le cose e avrebbe dato di tutto pur di vederla tornare quella di un tempo.
«Se non ti dispiace vado a prendere una boccata d’aria!» esclamò lei supplicandolo con gli occhi.
«Ma…».
«Venti secondi e torno, Camilla non si è ancora fatta vedere in fondo!» continuò imperterrita già con un piede fuori dalla stanza.
«Fai in fretta almeno!» cercò di farsi sentire lui ma la brunetta era già partita.
Red normalmente non era il tipo da farsi tante domande riguardanti altre persone. Seguiva una precisa filosofia di vita che si poteva riassumere in un semplice “pensa per te”. Non sprecava forze per cercare di capire gli altri e aveva sin da piccolo preferito la solitudine all’amicizia. Eppure non riusciva a fare a meno di interrogarsi sul carattere di Touko. Era una specie di equilibrista quella ragazza, viveva in modo precario prendendo decisioni talvolta estreme e dettate da un carattere impulsivo. Per un tipo riflessivo come lui era inconcepibile l’idea di una esistenza vissuta in quel modo, il ragazzo preferiva programmare ogni sua mossa e gli era sempre importato poco del giudizio altrui. La brunetta invece sembrava strettamente vincolata a questo aspetto e talvolta gli era sembrata come una dipendenza la sua, un voler sentirsi elogiata. I suoi pensieri vennero interrotti quando all’ingresso fece la sua comparsa Camilla con addosso una giacca lunga invernale e una pesante sciarpa di lana.
«Deduco faccia freddo fuori…» sorrise sbieco Red.
«E il premio per l’affermazione più intuitiva di sempre va al nostro Campione solitario!».
Nonostante l’ironia espressa il corvino capì che la ragazza aveva passato periodi migliori e si appuntò mentalmente un modo per calmarla dopo l’incontro con… Touko. Fu in quell’istante che realizzò che la brunetta non era ancora tornata e questo non era affatto un bene, erano già passati parecchi minuti in fondo.
«Beh vuoi dirmi perché mi hai chiamata o restiamo tutto il giorno a guardarci negli occhi?».
Male, molto male. Tra una Camilla irritata e una Touko scomparsa il Campione non aveva la più pallida idea sul da farsi. Ci voleva una scusa improvvisata, una di quelle trovate geniali che a volte lo avevano caratterizzato. Poteva farcela, doveva solo scampare all’ira della bionda accampando un motivo qualsiasi e poi avrebbe cercato la fonte dei suoi problemi. “Inventa, forza Red” si disse raccogliendo la concentrazione.
«Ti ho fatta venire qui perché c’era una persona che doveva parlarti» mormorò tutto d’un fiato.
“Geniale, continua così che ti prendono per i servizi segreti” pensò ironicamente mentre desiderava sprofondare in qualche abisso di vergogna. Stare da solo per così tanto tempo non aveva affatto giovato alle sue abilità comunicative. La ragazza sbattè le palpebre per qualche secondo per poi guardarsi intorno spaventata.
«Sai… qui non c’è nessuno…».
«Non parlarmi come se fossi un pazzo!» sbuffò indignato e imbarazzato dalla situazione senza senso in cui si era ritrovato.
“Perché non torna, l’hanno rapita?” urlò una voce nella sua mente che lui represse rapidamente. Si stava alterando, Touko gli stava facendo fare una pessima figura e la situazione stava degenerando. Aveva detto che sarebbe tornata subito ma non c’era da fidarsi di quell’impulsiva testa calda.
«Credo si sia persa. Sai non era mai stata qui e io l’ho lasciata… andare giù in città…».
«Direi un’ottima presa in giro Red di Biancavilla!» tuonò lei con spregio «ora se non ti dispiace ho cose più importanti da fare, la prossima volta vedi di essere più serio!» sbuffò lei. Stupendo, ora credeva che tutto quello fosse uno scherzo.
La bionda alzò gli occhi al cielo disgustata e guadagnò velocemente l’uscita. Red di fronte alla Campionessa di Sinnoh stava perdendo vertiginosamente credibilità e ciò non giovava di certo alla sua posizione. Non solo non aveva contribuito alla difesa di Unima, ma ora si metteva pure ad inventarsi storie. Forse l’aria del Monte Argento non era delle più salutari e lei certamente non voleva aver nulla a che fare con gente così sciocca. Il corvino dalla sua non passava una delle migliori situazioni, aspettò qualche altro minuto il ritorno di Touko ma finì per spazientirsi. Uscì correndo senza neanche salutare l’ospitale Anemone e si diresse verso l’aereo che aveva guidato fino a poco tempo prima, magari la brunetta era rientrata. Nulla.
Il cuore iniziò ad accelerare mentre svoltava l’angolo del capannone sperando di vedere l’amica comparire da qualche parte, ma la fortuna non sembrava essere in suo favore. Fece per uscire dal piccolo aeroporto quand’ecco un dettaglio catturare la sua attenzione: proprio vicino al cancello giaceva a terra una Pokéball. All’apparenza non doveva esserci nulla di strano, qualcuno avrebbe potuto semplicemente smarrirla ma la prova finale fu la borsa appartenente a Touko buttata qualche metro più in là. Per qualche secondo l’aria gli venne a mancare. Tutto ciò non era possibile, che stava succedendo? Nessuno l’avrebbe potuta riconoscere eppure gli indizi non facevano presagire nulla di buono. Lo ammetteva, era spaventato, temeva per la ragazza per la quale provava ancora qualcosa e non si sarebbe mai perdonato se le fosse successo qualcosa. Era colpa sua, l’aveva portata lui lì e ora lei era scomparsa. Svanita.
Alzò gli occhi al cielo pregando con tutto sé stesso. Nonostante l’ottimismo e i pronostici fatti dentro di sé lo sapeva bene, nulla poteva essere escluso. Nemmeno l’ipotesi di un rapimento.

 

La cioccolateria di Guna
Che torna dopo un mese e una settimana, meglio della scorsa volta direi no?
Suvvia che con le vacanze spero di sveltirmi, pregate per me. Nulla da dire, capitolo statico, un po’ come lo scorso, scusate davvero ma dovevo. Dal prossimo vi prometto azione a palate, spero di saper ancora descrivere una lotta. Pregate ancora. La NxAdelaide mi è uscita così, forse chi me la consigliò se lo ricorda ma ne dubito. Touko è andata a “chi la visto” e Red si è dato al cabaret in questo capitolo. Robe insomma, ma io sto parlando a vanvera quindi la finisco.
Ringrazio come sempre Allys, Zoichi, Rovo, Momo e “la voce dei calamari (tié)” per le bellissime parole e il grande sostegno. Ormai avete tutti dei diminutivi, cose importanti insomma. Un grosso “grazie” anche a chi continua a leggere, spero che la storia continui a piacervi.

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Capitolo 19
*** La via del ritorno ***


        La via del ritorno

La nonna di Camilla era solita dire che l’aria frizzante spesso aiuta a schiarire le idee e giova alla mente, così la ragazza, dopo l’inconcludente incontro con Red, aveva deciso di passeggiare per la placida cittadina di Ponentopoli. La bionda stava detestando l’inverno di Unima così rigido e secco, la regione era la sua meta estiva preferita ma riguardo al resto dell’anno avrebbe preferito starsene a Sinnoh. Purtroppo ciò non le era possibile, ritornare era un’opzione da escludere a priori, le faceva male ammetterlo ma era così, troppe cose erano successe e altrettante dovevano accadere, ragione per cui vedeva profilarsi all’orizzonte una scia di tragiche catastrofi dalle quali non era del tutto sicura di riuscire ad uscirne viva. Sapeva anche di aver avuto una reazione esagerata di fronte alle parole del Campione, ma per lei la situazione era troppo tesa e non poteva permettersi sciocchi scherzi al fine di farle perdere tempo. Team Plasma, un tempo avrebbe riso a questo nome, dalla sua comoda poltrona di Campionessa e non avrebbe dato molta importanza alle loro azioni, considerandole di poco conto e inutili. Ora però non poteva più permetterselo, i “cattivi” della storia stavano vincendo e lei al posto di ridere si trovava a brancolare nel buio.
Perfino Nardo, unico suo punto di riferimento in tutta quella faccenda, era stato rapito lasciandola completamente sola e lei si rifiutava categoricamente di ascoltare le parole di Komor. Quel ragazzo non aveva la benché minima stoffa del Campione, viveva da debole, difeso dalle possenti mura della Lega e con la sicurezza che i due Superquattro rimasti, Mirton e Antemia, non lo avrebbero mai tradito. Camilla rise amaramente ritrovandosi a pensare che forse Touko non era poi così male. Poteva essere lunatica, chiusa, a volte anche impaurita, ma sicuramente avrebbe preso le redini di tutto e avrebbe tentato di sistemare la faccenda. Forse non era così però c’era gente che lo credeva e la bionda, disposta a tutto per non perdere quel barlume di speranza, apparteneva a quella frazione.
«Che sciocchezze…» le teorie sulla morte della brunetta erano quelle che più spopolavano. E poi non era stata tutta quella opposizione scontrosa a averla resa una persona così fragile?

Si strinse la sciarpa al collo rabbrividendo, tutte quelle congetture erano inutili, non le rimaneva altro che lottare con tutte le sue forza e sperare in qualcosa di migliore. Non poteva certo pretendere che la soluzione a tutti quei problemi si materializzasse sotto i suoi occhi, doveva pensare da sola ad una strategia vincente.
«Fermati ti ho detto!» un urlo la ridestò dai suoi pensieri, mentre vedeva una figura vestita in nero correrle incontro a rotta di collo.
Un piccolo Blitzle le passò svelto di fianco facendola barcollare mentre la ragazza al suo seguito cercava di raggiungerlo. Senza un minimo di grazia quest’ultima le passò affianco, spingendola distrattamente a terra, per poi continuare la sua corsa senza neanche una parola.
«Ehi si dice “scusa” in questi casi!» urlò allora Camilla non ricevendo risposta.
Si alzò di scatto e iniziò a correre nella stessa direzione di quella maleducata ragazza, senza un preciso motivo in mente. Potevano non capitare tutte a lei? E poi perché stava facendo un gesto tanto inutile? Non ne aveva idea, l’istinto le stava ordinando questo e lei docilmente obbediva. Leggermente spaesata si accorse che si stava dirigendo verso la parte nord della città, non aveva intenzione di avventurarsi nei Percorsi così accelerò la corsa.
«Su, vedrai che non è niente…» sentì sussurrare, così si avvicinò al limitare della boscaglia.
La ragazza di prima stava lì, inginocchiata a terra e con il volto sorridente, quasi in un tentativo di dare conforto al Pokémon di fronte a lei. La carnagione chiara era in netto contrasto col vestiario mentre i capelli ramati ondeggiavano alle lievi folate di vento. La parte finale della manica del giaccone era stata tagliata e ora quel lembo scuro era proteso verso la zampa del Pokémon. Questo sembrava spaventato e, Camilla ci mise un po’ a realizzarlo, perdeva sangue da una ferita vicino allo zoccolo. La misteriosa ragazza era intenta a legare la ferita con meticolosa cura quando la bionda, che incredula si stava avvicinando, pestò un po’ di secco fogliame. Blitzle si allarmò di colpo e prese a scalpitare mentre la sua curatrice di fortuna tentava di calmarlo in ogni modo possibile.
«Loro sono andati, nessuno ti farà nulla…» sussurrava soavemente accarezzando l’irto pelo del Pokémon.
«Wow… è inaspettato che un Blitzle si faccia trattare in modo così amichevole» proruppe la bionda continuando a fissare la scena.
Solitamente erano creature ribelli, difficili da catturare ed allenare.
«Oh s-si suppongo sia così…».
«Tutto apposto?» si sentiva in qualche modo i dovere di chiederglielo.
«O-ovvio… ecco volevo chiederti scusa per prima, non era mia intenzione venirti addosso in maniera così sgarbata…» la voce tremava e la ragazza non accennava ad alzare il capo.
Camilla si incuriosì maggiormente e decise di avvicinarsi al duo, ma Blitzle si dimenò nuovamente facendo arrestare la sua avanzata. Non che avesse paura, ma non voleva certamente aggravare la situazione già in precario equilibrio.
«Perdonalo, credo che d’ora in poi farà fatica a ritrovare fiducia negli umani…»
«Come mai questa affermazione sibillina?» rise Camilla, pentendosene un secondo dopo aver visto l’espressione contrita della sua interlocutrice.
«Tre ragazzi lo stavano importunando, uno gli ha legato la zampa con del filo spinato…» mormorò questa in tono lugubre.
La bionda si schiaffeggiò mentalmente per il poco tatto. Erano cose che non raramente accadevano, le persone a volte si facevano beffe dei Pokémon, così solo per puro divertimento. Era in qualche modo felice che quella strana Allenatrice fosse accorsa per salvarne uno, tuttavia quella voce, quel modo diretto di dire le cose… noncurante della reazione del Pokémon tentò di avanzare nuovamente. Aveva una strana sensazione, quella ragazza le sembrava familiare, ma non voleva prendere un granchio perciò prima indagò.
«Non hai Pokéball con te, non sei una Allenatrice?».
«Mhm dipende…» la risposta evasiva incuriosì maggiormente la Campionessa.
«Eppure te la cavi benone con i Pokémon!».
«C-credo di si…».
Perché non alzava lo sguardo? Quella mancanza di contatto visivo alterava la già irritata Camilla che continuò imperterrita ad avvicinarsi, arrivando a toccare la spalla della ragazza. Questa sussultò ma rimase immobile mentre Blitzle emetteva versi poco incoraggianti verso la nuova arrivata.
«Come ti chia…».
«Gloria!» una voce fuori campo diede il tempo alla ragazza per alzarsi e voltare le spalle alla bionda.
«Red, ehi…!» mormorò sempre tremante.
«Che colpo mi hai fatto prendere, non avevo idea di dove fossi, pensavo al peggio!».
Il corvino era sudato nonostante le temperature sottozero e aveva un’espressione sconvolta in viso, tuttavia cercava di mantenere un sorriso di circostanza per non far cogliere la nota di preoccupazione che lo stava caratterizzando. Ansava come dopo una lunga corsa e sembrava davvero sollevato, cosa che dimostrò con un forte abbraccio ai danni della ragazza. Sempre che di danni si potesse parlare.
«Scusa…» gli soffiò impercettibilmente lei all’orecchio con tono di supplica.
Quella parolina non poteva certo avere un effetto calmante nel cuore affannato del ragazzo, ma per il momento se lo fece bastare, sapeva di non dover dare troppo nell’occhio vista anche la presenza di Camilla. Erano però stati davvero dei minuti difficili, nonostante ogni pronostico la desse come situazione impossibile lui aveva davvero temuto l’ipotesi del rapimento e già cercava di raccapezzarsi per trovare una soluzione. Dentro di sé aveva pensato a più soluzioni simultaneamente, tante vie da poter scegliere, compresa quella di chiedere aiuto a personalità di spicco quali Bellocchio. Il suo sangue freddo era stato battuto da incomprensibili sensi di colpa e terrori profondi che lo avevano lasciato in mano al panico e all’agonia. Poi aver udito la sua voce era stata la cosa più bella che gli potesse succedere. Si era sentito sollevato come non mai e aveva finalmente potuto riprendere a respirare in modo normale, sorridendo come uno stupido.
«Di chi sono quelle Pokéball?» Camilla ruppe il silenzio creatosi indicando una sacca che Red aveva lasciato qualche metro indietro. Touko aveva mollato la sua borsa in fretta vedendo lo scempio che quei ragazzini stavano facendo alla povera vittima, ma questo il ragazzo non poteva saperlo.
I due si sciolsero dall’abbraccio e la ragazza, che ora più che mai incuriosiva la Campionessa, alzò timidamente il braccio. Era arrivato il momento, ora o mai più.
«Avevo ragione sei un’Allenatrice!».
«Sì, probabilmente non lo sai ma io e te ci siamo già battute» era la prima frase che diceva senza tremare, alzando il capo.
Era il momento, non poteva tergiversare ulteriormente. Se avesse perso anche quell’ultima possibilità non ce ne sarebbero state altre, ne era consapevole. Aveva già fatto un gran passo ad arrivare fin lì e non doveva tirarsi indietro proprio in quel momento; doveva dare un taglio a quell’insensata paura e compiere quel piccolo gesto. “Stai chiedendo solo un misero consiglio” ma nonostante si ripetesse quelle parole all’infinito il terrore che l’atterriva non accennava a svanire. Cercò disperatamente il coraggio che ormai da tempo non possedeva più, convincendosi a svelarsi alla bionda una volta per tutte, dopo sarebbe finita quella pesante tortura.
«Oh beh io non posso ricordarmi di tutti i miei sfidanti m-» mormorò la bionda prima di essere interrotta.
«Touko!» .
Quel nome, urlato come se fosse una maledizione, per la ragazza fu difficilissimo da pronunciare. Sentì le gambe molli ma non desistette e mantenne alto lo sguardo, si stava togliendo un grosso peso, ora le cose forse sarebbero state in discesa, Camilla le avrebbe detto che andava tutto bene e lei avrebbe potuto tornarsene tra i monti. L’occhiata che l’altra le scoccò però abbatté in un secondo tutte quelle ridicole speranze. Nel cuore della bionda quella parola era stata come un grosso pugno, una pugnalata alla schiena, un boccone troppo amaro. All’inizio aveva faticato a capire ma, collegando i fatti, la cosa risultava ovvia ed anzi si era data della stupida a non averlo capito prima. La presenza di Red, l’affinità con i Pokémon e quel suo fare evasivo, erano tutti indizi che potevano riportare ad una sola persona. Quando Touko si tolse la parrucca e occhiali rivelandosi per ciò che era, Camilla trasalì ancor più se possibile. Erano mesi che non vedeva quel viso, tutto quel tempo a credere nella sua morte ed ora eccola qui. Non poteva certamente dirsi contenta, ma per qualche frazione di secondo provò a cercare le ragioni che avessero spinto quella ragazza a fare un simile gesto, parzialmente ancora misterioso per lei. Poi però un senso di disgusto la investì e si sentì presa in giro come mai nella vita. La ragazza aveva tradito tutti, se ne era fregata ed era sparita, lasciando la regione in mano al niente più assoluto e dando così via libera ai Plasma. Un menefreghismo così grande era insopportabile per la bionda che mai avrebbe pensato di agire come la sua ex collega, come poteva ora ripresentarsi dopo i danni fatti?
Scattò, mossa da odiosi pensieri, e tirò un poderoso schiaffo nella guancia della brunetta che divenne immediatamente rossa. Stranamente ella non parve affatto turbata, sembrava anzi che si aspettasse un simile gesto e per una frazione di secondo Camilla credette quasi che lo desiderasse. Era un déjà-vu, se nello sfondo ci fosse stato il mare al tramonto la scena sarebbe stata identica a quella di mesi prima a Spiraria. Niente di più falso, mentre quella volta la reazione di Touko era stata un misto tra apatia e noia questa era totalmente diversa. La ragazza stava difatti sorridendo, aveva inclinato leggermente la testa verso sinistra e infine aveva esclamato un “grazie” sempre con quel vago e amaro sorriso.
«Hai fatto bene…!» continuò lei ma la bionda non la sentiva, persa tra mille pensieri.
Cosa stava succedendo? Chi era quella ragazza davanti a lei? Sfregio, rabbia, apatia, o una qualsiasi emozione, questo doveva aspettarsi dalla vera Touko ma non quel sorriso scialbo e quel viso falsamente sereno. La osservò meglio, sembrava dimagrita di poco e decisamente più pallida, leggere occhiaie le marcavano gli occhi socchiusi e acquosi mentre le labbra screpolate mantenevano quell’espressione senza significato. Tutto di lei dava l’impressione di una stanchezza infinita, associata ad una tristezza che pochi potevano capire ed il tutto era maggiormente marcato dalle spalle lievemente ricurve e le mani tremanti. Cosa poteva provare una persona come lei, odiata da molti e probabilmente anche da sé stessa? Quanto doveva aver lottato per rimettere piede ad Unima? Ma soprattutto quanto aveva sofferto e continuava a soffrire, trattenendo dentro sentimenti troppo amari per poter essere ascoltati?
No, non si sarebbe mai fatta impietosire, poteva sorriderle quanto voleva ma la Touko codarda non era scomparsa, la parte peggiore di lei era lì e aveva preso il sopravvento sul resto. Troppe cose aveva fatto, troppi sbagli per poter essere perdonata e Camilla, seppur a malincuore, si impose di non cercare di capire quello scialbo fantasma che era diventata la brunetta.
«Red, da te una sorpresa del genere non me l’aspettavo…» mormorò chiamando in causa anche il ragazzo, che era rimasto a fissare la scena impotente.
Seguirono attimi di straziante silenzio, poi l’ex Campionessa accennò l’ennesimo sorriso e, seppur torturandosi le mani, si sedette a terra.
«Immagino tu sia curiosa e voglia una spiegazione!».
«Credo che me la dobbiate…» rispose aspramente lei, poi d’impulso aggiunse; «sappi che, qualsiasi cosa tu mi dica, non mi farà cambiare idea…».
«Riguardo a cosa?».
Camilla diede un’ulteriore occhiata al volto sfatto sella ragazza, volò con la mente a tutte le tragedie avvenute a causa della sua assenza e respirò a fondo.
«Per me tu rimani l’essere più disgustosamente vigliacco che io conosca».
E dopo questa dura affermazione si sedette a sua volta, mentre quelle odiose parole andavano a scontrarsi con l’ormai inerme cuore ghiacciato di Touko che simulò un altro sorriso ed iniziò a parlare.

 

 

L’Atelier di Austropoli era il posto più ridicolo in cui Adelaide avesse mai messo piede. Le pareti erano tappezzate di foto ritraenti modelle in abiti succinti e pose plastiche. Erano tutte identiche, capelli lunghi in acconciature che sfidavano le leggi della gravità, fisici asciutti e per la maggior parte ossei e un trucco pesante che risaltava sui quei giovani volti come una maschera. Anche i Pokémon a loro vicini erano artefatti, pieni di nastri, polvere luccicante e ridicoli accessori. La ragazza non si era mai interessata alla moda, come avrebbe potuto d’altronde, e questo suo disgusto la rendeva ancor più insofferente all’ambiente circostante. D’altro canto lei era lì per Ghecis e non poteva dunque permettersi di lamentarsi, era già un miracolo che l’uomo l’avesse chiamata visto che era qualche settimana che non lo vedeva di persona. Il Re dei Plasma guardava distrattamente quelle immagini, più attento però alle reazioni della sua sottoposta.
«Che ne pensi?» chiese direttamente.
«Non capisco il motivo del mio essere qui, signore…» rispose lei cercando di non far trapelare il fastidio e la noia.
«Ahah, volevo mostrarti la mia ultima scoperta in realtà».
La bionda non si spiegava il motivo del tono ilare dell’uomo ma non fece domande e lo lasciò continuare.
«Guarda che esseri superficiali stiamo diventando, una volta questo Atelier esponeva manoscritti, leggende e non cose tanto inutili!».
I due passarono davanti al bancone dove un omino tremante li fece passare nella seconda stanza. Sorprendentemente in questa le pareti erano vuote. Solo in fondo, nel muro più lontano, stava appeso un qualcosa che Adelaide non riusciva ad identificare.
«Ricordi quel manoscritto che mi portasti da Roteolia?».
La ragazza annuì, aveva ucciso un tale per ottenerlo, ma ne era valsa la pena vista la felicità del suo capo nell’averlo fra le mani. Non aveva idea del contenuto ma qualcosa le suggerì che da lì a poco lo avrebbe scoperto.
«Non poteva essere sicuro della veridicità del documento, poteva essere un falso. Ho mandato i migliori ricercatori per trovarne una copia e alla fine la mia pazienza è stata ripagata!» l’uomo sembrava felice, il suo atteggiamento era nettamente diverso rispetto al solito.
«Ricordo che parlava di qualche vecchia leggenda di Unima…».
«Esatto, tutti conoscono la storia dei leggendari, ma il “prima”?».
Adelaide non capiva. Non aveva avuto la fortuna di frequentare una scuola per Allenatori né conosceva tanto bene le leggende che circolavano.
«Prima, mia cara, c’era dell’altro. Agli albori esisteva due fratelli che crearono questa regione con l’ausilio di un solo e potente Pokémon. I due litigarono, uno voleva un mondo di ideali e l’altro di verità, così il Pokémon si divise negli oggi conosciuti Reshiram e Zekrom. Ti è chiaro?».
L’uomo aveva snocciolato una leggenda che alla bionda era completamente ignota. Un solo Pokémon Drago, la ragazza si immaginò la grande potenza che questo essere doveva aver avuto in passato e intuì le intenzioni di Ghecis.
«Conta di riportare questo antico Pokémon in vita, signore?».
«Esattamente, ho il rituale e, grazie alla presenza di N, Reshiram è in mano nostra. Manca solo Zekrom e poi, con l’immenso potere ricavato, potremo dirigersi in altre regioni!» l’uomo parlava in tono sognante, «pensa a questo Pokémon, un re praticamente…».
Adelaide sorrise fomentata da quelle parole ottimistiche. Ormai Unima sarebbe caduta nelle loro mani, la tattica del loro capo non aveva falle e la mancata presenza di Touko aveva giocato a loro favore. Restavano pochi passi e poi sarebbero definitivamente saliti al potere, una volta presa la Lega non ci sarebbero più stati grossi ostacoli.
«Come riusciremo a prendere Zekrom? La sua Allenatrice sembra scomparsa…» propose cautamente la bionda.
«Senza un eroe il leggendario tornerà sotto forma di Scurolite nella Torre Dragospira. Non mi stupirei di trovarlo lì quando ci recheremo per il rito» per l’uomo era ormai una cosa già fatta; «per quanto riguarda mio figlio, ottimo lavoro!».
«C-che intende dire signore?».
«Il lavoro di persuasione su di lui ha avuto ottimi risultati e un po’ di merito va anche a te. Continua così, ricorda che è imperativo che non abbia ripensamenti… per quanto naturalmente mi fidi del macchinario di Zania».
«Senza scrupoli, signore! Il nostro Principe è un gran credulone…» esclamò lei.
Quelle parole tuttavia le provocarono una fitta non trascurabile al petto, in corrispondenza del cuore. Ma cosa andava a pensare? Non poteva dubitare di sé in quel momento, N era solo un mezzo per entrare nuovamente nelle grazie di Ghecis e lei doveva andare avanti così, zero ripensamenti.
«Mi piace il tuo modo di ragionare!» rise soddisfatto l’uomo; «bene questo è tutto».
Captato il congedo Adelaide si inchinò ed imboccò l’uscita, ancora frastornata. Non era il tipo da sensi di colpa o pentimenti eppure trattare in quel modo N… Cos’era quelle felicità unita ad un terribile rimorso che la prendeva quando era in sua compagnia? Scosse violentemente la testa, non voleva pensarci, era troppo stanca. Percorse dunque qualche via secondaria per dirigersi all’appartamento nel quale alloggiava, ma, non senza sorpresa, si trovò di fronte ad un vicolo cieco. Si perdeva spesso, questa era la realtà. Fece per tornare indietro quando sentì uno strano rumore provenire da uno dei cassonetti all’angolo. Senza tante remore lo aprì, tappandosi il naso per l’odore. Al suo interno c’era un bambino, era impossibile dargli un’età vista la magrezza, ma non doveva aver superato i dieci anni. Stava rovistando tra i sacchetti alla ricerca di qualcosa, evidentemente cibo visto il suo sguardo famelico. Non ci mise molto ad accorgersi di essere osservato e girò quel volto emaciato verso la nuova arrivata. Questa lo fissava spaventata, come se avesse visto un fantasma; sentiva le ginocchia tremare e non riusciva a togliersi dalla mente scene appartenenti al suo passato.
«Signorina, avrebbe qualcosa da darmi…?» la fame a volte supera la paura, nonostante il bambino avesse riconosciuto benissimo l’uniforme dei Plasma si era esposto.
Adelaide non muoveva un muscolo, quella non era la giornata giusta. Prima i dubbi su N e ora questo, era esausta, avrebbe voluto prendere e fuggire da quella situazione come spesso faceva. No, lei era il futuro braccio destro di Ghecis, avrebbe spazzato via i nemici come formiche, il suo futuro di vittorie l’aspettava e lei non poteva permettersi la strada della bontà. Sarebbe stata la migliore e non avrebbe perso di vista il suo obbiettivo, non doveva cedere a partire da quel bambino, ironica finestra sulla sua triste infanzia.
«La prego…» la supplicò flebilmente la creaturina, ma lei non mollò.
«Se vuoi vivere diventa una recluta, altrimenti c’è la strada dei perdenti…» mormorò in tono freddo e, lasciato il piccolo nella confusione più totale, si allontanò a grandi falcate, ripetendosi le parole di Ghecis come un mantra.

 

 

 «E questo è tutto…!» Touko aveva mal di gola a forza di parlare, aveva passato l’ultima ora a raccontare ogni avvenimento fino a quel giorno.
«Come pensavo, ciò non mi fa cambiare opinione…» mormorò Camilla con tono duro.
Aveva ascoltato attentamente le parole della brunetta, ma nonostante questo le sue idee non erano cambiate. Certo, ammetteva che non doveva essere stato facile per la ragazza passare tutti quei brutti momenti, ma era comunque sbagliato il modo in cui li aveva affrontati e questo non poteva perdonarlo. Lei era ancora lì a combattere, era ovvio che la strada della fuga fosse più semplice eppure lei non aveva mai mollato. Touko invece lo aveva fatto con estrema facilità e ora non poteva tornare sperando che tutto si fosse sistemato da solo.
«Già…» sussurrò rispondendo ai suoi pensieri, «perché sei tornata?».
«Avevo bisogno di una mano» non c’era emozione nella sua voce.
«Per fare cosa?».
«Ecco io… volevo una tua consulenza. Speravo potessi dirmi cosa fare…».
La brunetta non capiva perché, dicendolo ad alta voce le sembrava una cosa così stupida. Era venuta per quello no? E in cosa consisteva il “quello”?
«Ahah, e tu ti aspetti che io ti dica cosa di preciso…?» Camilla stava ridendo senza ritegno, quasi sprezzante.
«Beh se…» già, cosa si aspettava?
La bionda capì e se possibile rimase ancor più stranita. Quella ragazza era debole, senza spina dorsale, totalmente incompatibile con una come lei tant’è che si sorprese di esserle stata amica in passato. Forse un tempo aveva abilmente coperto questo lato del suo carattere ma ora che veniva fuori la Campionessa non poteva far altro che rimanere disgustata. La scintilla che tempo addietro aveva intravisto nel suo sguardo era stata solo un fugace miraggio.
«Tu sei venuta qui sperando che io ti dicessi cosa fare!» quella che voleva essere una domanda divenne un’affermazione.
Touko annuì. Sì, era così, aveva sperato fino all’ultimo che qualcuno la potesse sorreggere e guidare, ma solo ora si rendeva contò di quando stupida era stata.
«Ma sai cos’è la cosa peggiore?» Camilla stava alterando la voce «tu stai sperando che io ti dica che va tutto bene e che non devi far nulla!».
Quelle parole che la ragazza aveva sputato come veleno fecero alla malcapitata un effetto disastroso. Perché doveva essere così dannatamente debole e paurosa? Cosa credeva di ottenere, nessuno poteva fare quella precisa scelta per lei, questo era indubbio. Stava al suo cuore decidere se rimanere e lottare o tornare nell’ombra, eppure aveva pregato che le si potesse dare una mano. No, quelli erano problemi che doveva risolvere da sola, anche se palesemente non ne era in grado. Non poteva pretendere che qualcuno allungasse la mano per tirarla fuori da quella voragine, non esisteva nessuno in grado di farlo perché ormai lei si era convinta del peggio. Era una strada del non ritorno, si faceva schifo da sola. Soppresse le lacrime con un altro sorriso, si sentiva ridicola.
«Se proprio vuoi… resta» la bionda lo aveva detto in modo inflessibile, ma qualcosa nel suo cuore si era mosso. Non era bello vedere una persona provare una sofferenza tanto grande.
«N-non posso!» rispose l’altra pur rimanendo immobile, «tu hai ragione, io ho sperato che tu mi dicessi di andarmene, ma…».
Non ce la faceva, era troppo. Si sentiva così inutile, avrebbe fatto morire altra gente per la sua incapacità. Avrebbe dovuto rimanere a casa…
«Devi smetterla di crederti quello che non sei e cominciare a vivere. Trova il tuo obbiettivo, nessuna azione passata è così sbagliata da rendere una persona così debole, devi continuare a rialzarti anche se farà male! Dovrai soffrire ma nessuno può permettersi il lusso di smettere di avanzare!» la bionda era fuori di sé mentre l’altra la guardava sorpresa, «non so cosa ti passi per la mente, probabilmente non comprenderò mai ciò che hai passato, ma questo non cambia le cose. Non puoi fari scudo con la tua sofferenza, è da vigliacchi, questo sentimento dovrebbe essere per te motivo di riscatto!».
Era strano, ma ora quei pensieri pessimistici nella testa delle brunetta si erano bloccati, c’era nuovamente quel rimasuglio di forza che non le permetteva di sprofondare completamente, nonostante avesse voluto non ci sarebbe riuscita. Le dava fastidio. Non il giudizio di Camilla, non quello di tutta la regione né quello di N. Si dava fastidio, provava orrore nei suoi confronti perché stava mollando e solo ora se ne rendeva veramente conto. Quando il pensiero di poter continuare ad andare avanti le era balenato in mente aveva faticato ad accettarlo ma ora era il suo nutrimento, la sua ancora. Non sapeva come né perché ma era importante conservare quella piccola fiammella, non sarebbe stata capace di tornare a Mogania, avrebbe passato il resto della sua esistenza ancora peggio che in passato. Doveva smettere di crogiolarsi nell’auto commiserazione, era una cosa schifosa, non poteva più rimanere in quel limbo, doveva reagire per sé, perché solo così avrebbe smesso di farsi del male. Non le importava di morire nel tentativo, la sua morte sarebbe stata tornare alla vita passiva, alzando la testa avrebbe finalmente ritrovato la vecchia Touko e avrebbe messo fine a tutto quel dolore che non le dava mai pace. Perché era l’unica cosa che sapeva fare, combattere, era l’unica cosa che la rendeva in qualche modo fiera di sé; sapeva di essere stata una delusione ma non poteva nuovamente farsi abbattere da ciò. Se voleva riscattare ciò che era stata, quella era l’unica via. Se per il mondo non fosse andato bene ciò tanto meglio, d’ora in poi avrebbe preso le decisioni per sé.
«Camilla, dove sono i tuoi Pokémon?» non poteva perdere tempo, a momenti la parte codarda avrebbe ripreso il sopravvento, doveva sfruttare quell’attimo di coraggio finché le era possibile.
«Ancora in mano ai Plasma, è per questo che non sono mai tornata a Sinnoh…».
«Hai una vaga idea di dove si trovino?».
La sua testa era ormai nella confusione più totale ma sentiva di averne bisogno. Necessitava di passare all’azione anche solo per un glorioso minuto, desiderava poter dire che almeno ci aveva provato e non aveva mollato al primo ostacolo.
«Beh, Austropoli è diventata la loro base quindi suppongo lì. Dalle informazioni consegnatemi da Bellocchio anche Nardo potrebbe trovarsi lì».
“Una volta trovato Nardo potrai scoprire dove tengono Belle e poi avrai fatto la tua parte” pensò rincuorata la brunetta. Effettivamente il suo più grande rimpianto era quello di aver lasciato l’amica da sola e ora che era stata rapita la situazione non faceva altro che peggiorare i suoi sensi di colpa.
«Touko che hai in mente? Entrare ad Austropoli è praticamente impossibile! Equivarrebbe ad un suicidio!» Red, che era stato in silenzio fino a quel momento, provò a ribellarsi intuendo le intenzioni della ragazza.
«Sono convinta che Camilla si sentirebbe meglio a riavere i suoi Pokémon e la regione sarebbe pure in buone mani con Nardo a piede libero!» continuò imperterrita la brunetta.
Il corvino le si avvicinò celermente per parlarle all’orecchio senza farsi sentire.
«Non è per questo che siamo venuti qui, se Ghecis ti scopre scoppierà il putiferio e lo sai…» non capiva il motivo di tanta preoccupazione.
Non era forse stato lui a fare di tutto per convincerla a tornare? Che persona incoerente stava diventando, la compagnia di Touko non faceva che destabilizzarlo.
«Se Nardo viene liberato io divento inutile e noi potremmo tornare in pace a Mogania» aveva davvero utilizzato il “noi”?
Tutte le attenzioni di Red non la infastidivano di certo ed anzi era più che felice di averlo al suo fianco, le dava sicurezza.
Dalla sua il corvino sorrise lasciandole un veloce bacio sulla guancia, cercando di non farsi notare da Camilla, inutilmente.
«Starò attenta…» mormorò lei pur non riuscendo a reagire a quel gesto.
«Potresti spiegarmi che significa tutto ciò, Touko?» alzò la voce la bionda per farsi sentire.
«Red sta per raggiungere la Lega e trattare un po’ di ospitalità!» la sua non era una decisione semplice ma aveva abbozzato un piano e questo le bastava.
«E tu vorresti infiltrarti nel cuore dei Plasma? Lì non si hanno possibilità di fuga…».
«Oh, usa il plurale, noi ci infiltreremo e so anche come!» continuò a sorridere la brunetta non dando troppo peso alla frecciatina.
Stavolta non avrebbe fallito, si sarebbe impegnata con tutta sé stessa e i risultati l’avrebbero liberata da tutti quei pesanti rimorsi. La bionda dalla sua non era spaventata ma le sembrava comunque un’azione troppo rischiosa per solo due persone. Red non le avrebbe aiutate e ci sono casi, come quello che stavano per affrontare, che richiedevano l’aiuto del più grande Allenatore in circolazione. L’unico pensiero che la sollevava era la remota possibilità di poter riabbracciare la sua squadra e decise di provare a farselo bastare. Così, mentre seguiva quella ragazza a cui aveva dato i peggiori insulti, Camilla pensò che sua nonna aveva proprio torto. L’aria della mattina ammattisce le persone.

 

 

Quando c’è qualcosa che puzza solitamente si dice “odore di fogna” per riferirsi ad una percezione disgustosa, ma per Camilla le fogne nelle quali stavano passando lei e Touko erano qualcosa di così putrescente, maleodorante e nauseante, che il detto popolare sembrava al confronto una sciocchezza. Una via alternativa lo era certamente, nessuno avrebbe avuto un’idea tanto stupida. Il pensiero che la sua accompagnatrice, si asteneva dal chiamarla amica, fosse cambiata così da un momento all’altro non la sfiorava minimamente, ma era comunque ammirata dal tentativo che stava facendo. Era sì una totale pazzia, ma se poteva portarle a qualcosa di concreto allora le andava bene.
«A momenti saremo arrivate, ti consiglio di tirare fuori la Ball che Red ti ha gentilmente prestato…» era una delle poche frasi che la ragazza aveva detto durante l’intero tragitto e alla bionda dava fastidio.
«Era ora, speravo in qualcosa di meno lungo!» l’esclamazione rimase senza risposta.
Svoltarono l’ennesimo vicolo di quello schifoso paesaggio, accostavano il reflusso verdognolo del canale fognario, anche se il pavimento sopra il quale stavano camminando non era nelle migliori condizioni. Col muschio presente non ci avrebbe messo molto a cadere, magari in un attimo di disattenzione e non ci teneva affatto a farsi un bagno in quella che sembrava più melma radioattiva. Si riscosse sentendo un altro colpo di tosse, la brunetta ne aveva fatti molti durante l’intero tragitto, evidentemente non stava bene.
«Prova a tossire più forte così magari riescono a scoprirci!».
«Sapevo che l’aria metropolitana non mi avrebbe fatto bene…» mormorò irritata Touko tossendo.
«Che intendi?» la curiosità della bionda era stata stuzzicata.
«Mettiamola così: sopravvivere ad un incendio che distrugge un’intera cittadina a volte porta anche delle conseguenze».
Durante il periodo passato a Mogania si era quasi dimenticata dei danni che i suoi polmoni avevano subito. L’aria di quella cittadina era pulita e ciò aveva giovato alla sua tosse, ma tornare alla civiltà era stato un duro colpo. Non amava lamentarsi ma se fosse entrata in una delle sue crisi allora non ci sarebbe stato molto da fare.
«Uff… avrei dovuto ascoltare Red e portarmi qualche rimedio…» mormorò più a sé che ad altri.
«Ah già. Cosa c’è di preciso tra te e Red?» Camilla si era tenuta dentro quella domanda da quando li aveva visti ma ora non poteva più trattenersi.
«C-cosa?» l’altra sembrava spiazzata.
«Il tuo atteggiamento conferma i mie sospetti…».
«Ma smettila!» troppo tardi Touko si accorse di aver urlato a voce troppo alta.
Il suono rimbalzò da una parete all’altra, diffondendosi con un fastidioso rimbombo. Questo non andava bene, erano ormai vicine all’uscita e se ci fossero state delle guardie, come sarebbe dovuto essere, allora non sarebbero rimaste nascoste a lungo.
«Ehi, là in fondo c’è qualcuno!» urlò una voce sconosciuta.
Bingo, le avevano scoperte. Ora non restava che sperare che fossero in pochi, ma Touko non ci faceva molto affidamento, era pur sempre una delle poche entrate libere della città e sicuramente doveva essere salvaguardata.
«Prepariamoci…» sussurrò allora, sentendosi una specie di Capitan Ovvio.
Dal tunnel di fronte a loro, quello che avrebbe dovuto portarle all’uscita, sbucarono quattro reclute, le Pokéball in mano pronte per essere usate.
«Quella è Camilla, la Campionessa di Sinnoh!» urlò una e Touko rimarcò nella sua mente il concetto “Capitan Ovvio” di prima.
«Forza, se la porteremo a Ghecis potremmo avere una promozione!».
La brunetta sospirò sollevata, aveva fatto bene a rimettere la parrucca così almeno non avrebbero potuto riconoscerla. Di problemi ce n’erano già, primo fra tutti la minoranza schiacciante nella quale si trovavano.
«Direi che siamo in netto svantaggio, non sarà facile…» biascicò nervosa la brunetta.
«Se qualcuno non avesse urlato forse non ci avrebbero scoperti!».
Un violento fascio di luce passò accanto a loro, distruggendo la parete. L’attacco Iper Raggio da parte del Watchog nemico le aveva mancate di poco, ma certamente non potevano star lì a non far nulla. Le avevano attaccate velocemente, volevano eliminarle in fretta, segno che perlomeno nei paraggi non ci sarebbero state altre brutte sorprese ad aspettarle.
«Un altro, forza!».
Questa volta Touko fu più veloce, scattò di lato portandosi dietro Camilla che dal suo canto sembrava più scioccata che altro. Ingaggiare una battagli senza che gli avversari avessero i loro Pokémon a disposizione era da vili imbroglioni.
«Comunque è colpa tua, dici cose senza senso altrimenti non avrei urlato» le bisbigliò la brunetta all’orecchio riscuotendola dai suoi pensieri.
«Allora c’è davvero qualcosa!» non poteva trattenersi.
«Iperzanna!» la seconda recluta attaccò.
«Samurott intercettalo con Conchilama!».
Con una velocità impressionante la ragazza aveva estratto la Ball e ora il Pokémon stava facendo loro da scudo. La forza dell’attacco fu impressionante, tanto che Watchog fu costretto ad arretrare. Le altre due reclute stavano ferme, non sembravano ancora intenzionate ad attaccare ma guardavano con interesse la lotta, studiando eventuali strategie. La cosa preoccupò maggiormente Touko, dovevano sveltirsi o non ne sarebbero uscite vincenti.
«Invece di dire cavolate perché non mi dai una mano?» urlò così alla compagna.
Lo sbattere di ali dietro di lei le fece capire che il possente Charizard di Red era pronto allo scontro.
«Lanciafiamme!».
Il calore dato dalla fiammata si propagò velocemente all’interno di quello stretto canale fognario e la brunetta sentì la pelle che iniziava a scottarle. Fu Samurott a mettersi accanto a lei ed a esercitare un debole getto d’acqua per alleviarle il leggero bruciore. La ragazza sorrise di fronte a quel gesto così affettuoso e si apprestò ad attaccare. Non ce ne fu bisogno, uno dei due Watchog aveva caricato e si stava avvicinando a balzi, puntando dritto a Touko con Iperzanna, evidentemente ferire gli Allenatori era lecito per i Plasma visto che anche Adelaide tempo prima aveva attentato alla sua vita. Il Pokémon Dignità rispose con un preciso Idrocannone, facendo sbattere il nemico contro la parete opposta.
«Turbosabbia!» esclamarono all’unisono le due reclute in campo.
Troppo tardi la brunetta si accorse del pericolo che correva. La sabbia, oltre a togliere visibilità, rese l’aria irrespirabile per i deboli polmoni della ragazza. Sentendosi soffocare iniziò a tossire in preda all’ansia più totale. No, doveva rimanere lucida e sbarazzarsi il prima possibile di tutta quella polvere.
«Sbatti le ali il più forte possibile…» Camilla le era a fianco mentre il Pokémon di Red la salvava da una situazione non del tutto rosea. La sabbia si diradò, ma com’era da aspettarsi la tosse non smise subito.
«Liepard, Sbigoattacco!» anche la terza recluta aveva iniziato a combattere mirando proprio a lei che si era appoggiata ad una parete per rimanere in piedi.
«Intercettalo con Attacco D’ala».
Charizard bloccò l’attacco con una facilità disarmante mentre la bionda le si avvicinava maggiormente e le dava all’altra qualche pacca sulla schiena.
«Non posso permettere che il grande amore di Red muoia così…».
«F-finiscila…!» rispose Touko tra un colpo di tosse e un altro, pur sorridendo divertita.
Nonostante le pessime condizioni in cui versavano la ragazza dovette ammettere che si stava divertendo. Quando era Campionessa prendeva ogni sfida come un dovere personale, un lavoro al quale non poteva sottrarsi volente o nolente e questo le aveva fatto perdere col tempo la voglia di allenarsi. Ad ogni lotta rimaneva concentrata e inflessibile, ordinando ai suoi Pokémon mosse che seguivano sempre le stesse strategie e non trovando il minimo svago in ciò che faceva. A Mogania però, in tutta quella calma in cui era immersa, le era riuscito naturale tornarsi ad allenare e aveva fatto ottimi passi avanti, era sciolta e più in sintonia con i suoi compagni, aspetto che nei mesi precedenti era venuto a mancare. Aveva visto la forza della sua squadra aumentare in modo impressionante, perciò non era preoccupata riguardo all’esito dello scontro.
«Liepard, vieni fuori!» la quarta recluta fece la sua mossa.
«Non hanno una grande fantasia queste reclute in fatto di Pokémon…» mormorò Camilla mantenendo una posizione di difesa.
Gli avversari le stavano accerchiando, non c’era possibilità di fuga e la bionda aveva avuto modo di vedere la violenza dei loro attacchi. Le reclute sembravano ridere sornione, avevano già stampato nei volti un sorriso tra il beffardo e il vittorioso.
«Ragazza bionda, se eri venuta fino ad Austropoli per i tuoi Pokémon…».
«Sappi che potrebbero già non essere più vivi…».
«Come te tra poco!» finì la frase il terzo.
Camilla tremò. Non era possibile, non poteva aver perso la sua squadra. Era tutta colpa sua, avrebbe dovuto muoversi prima anche a costo di agire da sola, ma la paura l’aveva bloccata per troppo tempo.
«Nessuno sa che effetti facciano gli esprimenti condotti dentro i laboratori!» esclamò la quarta recluta allegramente.
«Mostri… mostri vigliacchi!» la bionda fu accecata dalla rabbia e con uno scatto da velocista fu addosso alla seconda recluta, unica donna del gruppo, atterrandola in un secondo.
Le sue braccia si muovevano da sole tirando pugni al volto della malcapitata vittima. Il suo buonsenso e sangue freddo erano stati cancellati dalle terribili parole degli avversari. Tuoko riusciva a capirla, dopotutto l’amica era sempre stata una persona calma e riflessiva, una notizia così però avrebbe potuto sconvolgere qualsiasi persona. Una delle reclute, quella che sembrava più ben piazzata, la prese per i fianchi sollevandola di peso e tenendola a mezz’aria. La bionda scalciava ma non sembrava avere speranze di liberarsi.
«Ora… attacchiamo tutti assieme!» esclamò tronfiamente la prima recluta.
«Guarda Campionessa di Sinnoh, osserva bene la tua amica morire!» gracchiò quella che era stata colpita dall’ira della ragazza, poi le passò vicino sputandole in faccia un misto tra sangue e saliva.
Intanto i Pokémon avversari stavano stringendo il cerchio attorno a Touko che a malapena si reggeva in piedi. Non era spaventata, stava riflettendo sul da farsi anche se vedeva poche possibilità di sopravvivere a quell’attacco combinato. Con molta probabilità sarebbe stata investita da quattro Iper Raggio contemporaneamente anche se non era esattamente l’idea più allettante per una morte.
«Forza, tutti Iper Raggio» urlarono all’unisono le reclute, in un quadretto che alla brunetta pareva patetico e ridicolo allo stesso tempo.
«Scontati… oggi sarà qualcun altro a perire in questo scontro…».
Se si fosse potuta vedere non si sarebbe riconosciuta. Chinata a terra, intenta a tossire e scuotere la testa, sembrava così debole e vinta. No, questa non era l’impressione che aveva dato ad una recluta, quella che tra tutte sembrava la più anziana. L’umo infatti indietreggiò di un passo, sconvolto dal tono lugubre dell’avversaria e dal suo sguardo fuori dall’ordinario.
«Questa è follia…» biascicò incredulo.
Camilla percepì questa frase, così incomprensibile in un momento simile, poi si disperò. Touko non sarebbe riuscita a salire in groppa a Charizard in tempo e non aveva delle difese abbastanza potenti per tener testa ad un attacco di simile portata. Se non si fosse allontanata avrebbe potuto aiutarla o perlomeno morire con lei, invece ora affrontava tutto da sola, la bionda avrebbe visto la sconfitta definitiva della vera Campionessa di Unima. Fece in tempo a sentire una lacrima solcarle la guancia quando un grido straziante le perforò i timpani e il buio completo l’avvolse.

 

 
La Cioccolateria di Guna

Giorno strano per pubblicare, che mai starà succedendo? Niente di che, parto per due settimane e questo capitolo andava pubblicato. È il più lungo mai scritto, sono quasi 7000 parole gente, spero non vi abbia annoiato, ma vi avevo promesso un poco di azione ed eccovi serviti! Non sono del tutto soddisfatta anche perché l’ultima parte è stata scritta ieri e io solitamente finisco il capitolo 5 giorni prima della pubblicazione per poterlo sistemare (dalle cretinate che scrivo). Spero solo che vi sia piaciuto, davvero.
E niente, in caso di recensioni e mancate risposte sappiate che vado in un posto senza internet e wifi (si praticamente un altro mondo) e non potrò esserci per due settimane. Mi rivolgo anche a tutte quelle persone che devo recensire, arriverò una volta tornata, perdonatemi ma ve lo prometto.
Bene dopo avervi annoiato ad oltranza mi prendo un momento per rompervi maggiormente le scatole.
100 recensioni. Ok. Allora comincerei con un grande “ahaha evidentemente ho sbagliato a leggere e c’è scritto 10” e finirei con “grazie di cuore”. Davvero non ho parole, voi tutti siete la ragione della mia felicità nel pubblicare. Anche voi lettori silenziosi, mi fate sempre contentissima perché dovete avere tutti una resistenza ferrea per non esservi stancati della storia e per non volermi linciare. Guna apprezza e dona del cioccolato a tutti voi.
La finisco qui che vedo già qualcuno con la lametta in mano, ci vediamo al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 20
*** Crepe ***


          Crepe

Quando Camilla aprì gli occhi realizzò di essere diventata cieca. Era come se di fronte a lei si ergesse una patina nera contro la quale i suoi occhi si andavano a scontrare senza sosta, tentano inutilmente di scavalcarla. I primi momenti furono di puro panico, la sua mente impazzì e concepì addirittura il pensiero di una sua presunta morte. Questo però era impossibile, sentiva uno strano tepore affianco a lei che le scaldava le membra irrigidite e percepiva il crepitio di un fuoco non molto lontano, poteva dunque essere gravemente malconcia ma la morte avrebbe dovuto aspettare. Tuttavia riuscì a tranquillizzarsi per davvero solo quando il nero che vedeva attorno a se iniziò a sbiadire, donandole una sufficiente visuale dell’ambiente nel quale si trovava. A quanto stava dalle sue prime percezioni visive non si era mossa di molto, le pareti putride delle fogne la accolsero risparmiandole il tanfo che aveva accompagnato il suo precedente itinerario, mentre con stupore si accorgeva di essere contornata da ben quattro piccoli falò appiccati su dei vecchi cenci. “Forse qualcuno vuole cuocermi per poi mangiarmi” si ritrovò stupidamente a pensare la bionda, poggiando le mani sul lurido pavimento e provando a tirarsi su. Ogni muscolo, osso e articolazione del suo corpo stridette e dolette per quel gesto arrischiato, ma lei se ne curò poco. La preoccupava di più l’enorme spossatezza che si era impadronita della sua persona e il terribile cerchio alla testa che pareva non darle pace. Strabuzzò gli occhi alla vista di Charizard appoggiato alla parete mentre i ricordi riaffioravano repentini alla sua mente, confondendola ancor più.
Aveva assistito di persona all’attacco di quelle reclute, Touko doveva essere stata annientata sotto la potenza di ben quattro Iper Raggio e lei d’altro canto avrebbe dovuto trovarsi in quel momento al cospetto di Ghecis o almeno in qualche prigione dei Plasma. Invece era ancora lì, stanca nonostante si fosse appena svegliata e… infreddolita. Si porto lentamente le mani attorno al busto e si accorse di indossare un giaccone nero sopra il suo solito, somigliava in modo particolare a quello di Touko ma la coincidenza si prospettava impossibile e perciò decise di accantonare il problema. Avrebbe voluto camminare ed andarsene da lì, capire che giorno fosse e cosa fosse successo ma sentiva gran parte dei muscoli rigidi e dolenti quindi, in un misto di delusione e preoccupazione, decise di rinunciare. Eppure in tutto quello c’era qualcosa che stonava. Si guardò bene intorno, sondando il territorio con innaturale attenzione, fino a notare un dettaglio che tra tutti la colpì maggiormente: il canale fognario, con quel suo scrosciare che le aveva tenuto compagnia durante la camminata, era per gran parte ghiacciato. Acuì la vista constatando che solo qualche metro più in là l’acqua riprendeva il suo corso erodendo la fredda lastra e tornando a muoversi libera.
«Ehi! Bentornata tra noi!» per poco il suo cuore non cessò di battere.
Non c’erano giustificazioni, quella voce leggermente roca poteva appartenere soltanto ad una persona che visti i recenti fatti era considerata morta: Touko.
Camilla si voltò lentamente, quasi spaventata, e osservò l’esile figura della brunetta svoltare da un canale poco più avanti ed avvicinarsi saltellando. Sembrava felice e la ragazza non seppe dirsi da quanto non la vedeva così ed anzi semmai l’avesse vista. Il suo sorriso, quello vero, non lo aveva mai scorto tra il cipiglio malinconico e crucciato che sempre aveva deformato il suo giovane viso. Ora invece la Campionessa sembrava letteralmente emanare gioia e la bionda si ritrovò a chiedersi quale grande avvenimento potesse averla resa così felice.
«Ho capito, sono morta e come punizione dovrò passare l’eternità in questo posto maleodorante…» le sue riflessioni le avevano fatto affiorare alla bocca queste insolite parole.
«Le considerazioni che ti portano a ciò?» chiese per nulla impressionata la brunetta inginocchiandosi accanto alla ragazza.
«Tu stai sorridendo e questo va dritto nella categoria “miracoli”» mentre Camilla parlava l’altra scoppiò in un’insolita quanto fragorosa risata che rimbombò sulle pareti del canale fino a disperdersi, «scusa, ma credo di averti visto morire con i miei occhi…».
«Appunto credi! Guarda invece cosa ho trovato!» continuò a sorridere Touko porgendole due piccole piastrine fredde che per l’altra non avevano alcun significato.
Poi, spiazzando la bionda, le mise una mano in fronte con un’attenzione quasi materna per poi passare a controllarle il battito. Sembrava in attento esame ed un’espressione apprensiva le velava il volto.
«Devo preoccuparmi…?» mormorò Camilla titubante.
«A quanto sembra no! Però quando ti ho portata qui…».
«Cos’avevo?».
«Mettiamola così: se ti avessi versato sopra dello sciroppo alla frutta saresti stata uno dei più grandi ghiaccioli della regione!» finì la brunetta come se la conclusione del suo pensiero potesse suscitare una qualche ilarità. Cosa che però non accadde.
«Mi stupisce “l’uno dei”, qui ad Unima create spesso ghiaccioli giganti?».
«No, ma sarebbe una buona idea per sfruttare i tipi Ghiaccio!».
«Ti… ti rendi conto di cosa stiamo parlando?» alla domanda della bionda seguì qualche istante di silenzio.
Poi entrambe scoppiarono a ridere come bambine e Camilla sentì per qualche momento sciogliersi tutte le preoccupazioni che le si erano annidate nel cuore. Necessitava di spiegazioni ma si concesse quel momento di svago, sicura che non ce ne sarebbero stati molti altri da lì a poco. Poteva ammettere, con allarmante serenità, che la persona che aveva di fronte non era male, spensierata, gioiosa e leale era l’esatto prototipo della perfetta compagnia in una situazione tesa come quella. Fu quasi tentata di immortalare quel momento, il preciso attimo in cui la risata era esplosa sul viso di Touko facendolo risplendere di pura luce. L’avrebbe conservata, quell’istantanea, perché la dura realtà era ben diversa. Non poteva certo abboccare come una stupida al tranello della “nuova Touko” che in verità si era rivelato come l’ennesima facciata che la brunetta esibiva al suo pubblico. Fin dalla prima occhiata aveva capito che quella che aveva davanti era solo una debole figura di cartapesta, una maschera ben fatta e sfavillante che però non poteva ingannare il suo allenato acume. Lo stesso valeva per il siparietto appena architettato, aveva facilmente compreso che la ragazza aveva voluto alleggerirle il peso della situazione e in qualche modo distrarla. Ciò, da qualsiasi prospettiva la si vedeva, non prometteva nulla di buono. Dopo questo doveva dunque aspettarsi qualcosa di sconvolgente ed era meglio preparare la sua mente al peggio, rimanevano infatti molti punti oscuri riguardo la vicenda.
«Innanzitutto ringrazia Charizard, se non fosse stato per lui ora tu saresti morta…» sospirò la brunetta rialzandosi «se ti interessa sapere ciò che è successo seguimi in fretta. Oh se non ti interessa è lo stesso perché tanto quella è l’unica via di uscita da questo “posto maleodorante”!» finì imitando la sua voce.
Camilla ignorò la presa in giro e si fece forza, diede un buffetto a quello che doveva essere stato il suo salvatore e porse il giaccone nero all’altra che le prese dalle mani pure quelle piastrine ghiacciate datele in precedenza.
«Qui bello, occhio a non bruciarle!» stava esclamando la Campionessa a Charizard che, solo con l’ausilio della fiamma sulla coda, sciolse il ghiaccio che ricopriva quelle che ora sembravano due tessere.
«Che piacere conoscerla, Karen Johonson!» continuò tranquilla Touko porgendole la tessere che doveva essere appartenuta all’unica recluta femmina che avevano incontrato.
«Ammetto sia una buona idea infiltrarci come reclute ma tu? Ti ricordo che erano tutti uomini…» obbiettò la nuova Karen intuendo il piano dell’altra.
«Già… Morgan Rothstein… era del ragazzo castano che è sempre stato in disparte durante lo scontro. Immagino che dovrò adottare un travestimento…» sembrava parlare più a sé stessa che ad altri «intanto seguimi!».
Camilla ne fu felice, a quanto detto a momenti sarebbero state fuori e, anche se l’idea di essere esposta a potenziali pericoli mortali non era delle più allettanti, preferiva di gran lunga quello all’ambiente soffocante nel quale stava marcendo, seppur da poco. Più i metri passavano però, più il pavimento andava ricoprendosi di un’insolita patina ghiacciata e la temperatura era in rapida discesa. Quando svoltarono l’angolo alla bionda si mozzò il fiato in gola e per qualche secondo non fu in grado di articolare una qualche parola di senso compiuto. Tutto ciò che i suoi occhi potevano vedere era del lucido e gelido ghiaccio. Sui muri, ai loro piedi, sulla botola che avrebbero dovuto attraversare e, orrore maggiore, sulle reclute che le avevano attaccate. Queste stavano impalate come delle belle statuine in pose scomposte e innaturali; sembrava ironicamente una fotografia, ma i volti non erano sorridenti, bensì contratti in smorfie di dolore miste a stupore che fecero rabbrividire Camilla più del freddo.
«Che hai fatto?» forse il suo tono stava risultando troppo alto, ma quello spettacolo le dava il voltastomaco.
Quello che ottenne fu solo un sorrisetto sbieco da parte della brunetta che inclinò la testa a lato incurvando le sopracciglia.
«Rispondimi!».
Il tono imperativo e lo sguardo della bionda suscitarono non poca irritazione nell’altra che scrollò le spalle in modo infantile, non aveva una gran voglia di mettersi a discutere ma la ragazza sembrava voler attaccare briga.
«Touko, cos’è questo orrore?» persino la Campionessa dall’alto della sua latente indifferenza poteva percepire il tono inorridito.
«Ho semplicemente salvato la vita a te e… ah si nel caso non lo ricordassi io ci stavo per rimettere la pelle!» decise di controbattere infastidita.
«Certo, quindi creare un surrogato de “la regina delle nevi” ti è sembrata l’idea migliore?».
«Vista la situazione… d’altro canto avresti potuto aiutarmi anche tu se non fossi stata così fessa da credere alle parole di...» cercò di ripescare dalla memoria il nome «Kate!».
«Karen…» sospirò la bionda mollando stancamente le braccia sui fianchi, se quella era la copertura che avevano allora avrebbero fatto prima ad andare per le strade di Luminopoli con un grosso cartellone con su scritto “infiltrate e nemiche dei Plasma”.
«Sì, sì è lo stesso… ora ti sei calmata?».
Calmata? Come faceva ad essersi calmata? Quel luogo era diventato una mortale prigione di ghiaccio per quelle quattro povere anime che in tutta probabilità non sarebbero durate fino a sera. Camilla sapeva bene che non si poteva guadare in faccia al nemico, ma quello era troppo, era un omicidio volontario, un’azione brutale e mostruosa. Se solo per un istante avesse sentito Touko canticchiare “le belle statuine d’oro e d’argento” non avrebbe aspettato un attimo a fiondarsi verso la strada del ritorno.
«Si può sapere come hai fatto…» sospirò non dandosi ancora per vinta.
«Quando i loro attacchi si sono diretti verso di me ho semplicemente messo a frutto il duro lavoro fatto a Mogania. Ho allenato molto Samurott in diversi potenziamenti di mosse, quello che ha colpito il quartetto…» spiegò allargando il braccio per indicare le quattro reclute, «era una Geloraggio davvero soddisfacente. Certo, il risultato è stato un po’ azzardato ed era un salto nel vuoto visto che mai era riuscito in così vasta scala, ma posso affermare il successo!».
Alcune nuvolette di condensa uscivano dalla bocca della brunetta mentre parlava, affannandosi a spiegarle tutto nel minor tempo possibile. Era ironico come quella sembrasse in qualche modo dolce e ingenua mentre l’ambiente intorno a lei stonava per crudeltà.
«Spiegati meglio!» si innervosì l’altra, osava solo immaginare la forza che avevano raggiunto i Pokémon di Touko durante quei mesi.
«Beh, Samurott ha puntato verso il basso ed il ghiaccio ha iniziato a coprire qualsiasi superfice ad una velocità sbalorditiva, così Charizard ti ha letteralmente strappata dalle grinfie di quell’energumeno che però ha opposto resistenza. Ha addirittura ordinato un Palla Ombra al suo Liepard prima di finire congelato, ahimè sei stata colpita anche se di striscio ed eri già svenuta di tuo. Capisci quindi che trovare un modo per scongelare questi qui era l’ultimo dei miei problemi?».
«In effetti…» biascicò incredula la ragazza.
Doveva esserle grata in fondo, aveva dato il meglio di sé per salvarla e forse era davvero cambiata. Magari si stava sbagliando, Touko non stava fingendo e si stava impegnando per diventare la Campionessa che non era mai stata, probabilmente la regione le stava davvero a cuore. No, non era il momento adatto per rimuginarci su, ci avrebbe pensato in seguito se fosse sopravvissuta, ora le attendeva la parte più difficile e dovevano sbrigarsi.
«Ci conviene stare molto attente. D’ora in poi non sarà facile…» Touko era diventata improvvisamente seria e la bionda si arrese di fronte alla complessità di un simile comportamento.
Questa era intenta a farsi una strana acconciatura, simile ad una crocchia ed, una volta terminato il suo lavoro, prese da terra un cappello da recluta. L’altra sorrise, era quello che aveva fatto cadere a Karen durante il suo disperato attacco ed era ben contenta di vedere che ora poteva tornare utile alla causa.
«Non sembro un ragazzo perfetto?» la brunetta si era ficcata con poca grazia il cappello e la pettinatura di prima faceva sembrare i capelli molto più corti. Dalla sua aveva anche il giaccone, capo per nulla femminile, che non mancò di chiudere fino all’ultimo bottone per ottenere una maggior copertura. Ora erano visibili solo naso e occhi e se avessero camminato nelle retrovie, tra la sicurezza che davano le tessere e il suo vestirsi in nero, forse non l’avrebbero riconosciuta.
«Tu vai anche bene, ma io? Non mi risulta che Karen fosse bionda…» obbiettò Camilla.
«Non essere troppo fiscale… nel caso prepara qualche buon manrovescio» sghignazzò l’altra mentre prendeva uno sciarpone dalla borsa e glielo legava per coprirle la faccia.
«Questo piano fa acqua da tutte le parti!» sbottò questa rifiutando l’aiuto.
«Potremmo tagliarti i capelli, Cami…».
«Stai passando troppo tempo con Red… e no, vanno bene così!».
Tutto sommato la bionda era felice di averla al suo fianco, poteva contare sulla sua forza e il che non era poco. Forse era meglio ringraziarla per averle salvato la vita prima di rischiarla nuovamente, ma poi il suo pensiero si rivolse a quelle vite intrappolate nel ghiaccio e decise di fare la sua mossa.
«Touko, è meglio aiutare queste persone… dopotutto il nemico principale è Ghecis e…».
«Ehi ehi, ho capito tranquilla anima buona!» sorrise la Campionessa con tutta la gentilezza possibile «non sono ancora diventata un mostro quindi sappi che prima ho inviato un segnale con una delle loro ricetrasmittenti e quindi verranno soccorsi, noi intanto saremo al sicuro e con la coscienza pulita».
Aveva spiegato tutto con innato candore e un’espressione talmente ingenua e comprensiva che per Camilla fu impossibile non crederle. Trovare il lato buono in qualsiasi persona era la sua inclinazione e tutto ciò che era successo finora la portava a fidarsi della compagna, in fondo l’aveva salvata e se ora il piano stava procedendo era solo grazie a lei. Con il cuore più leggero annuì soddisfatta, prese saldamente la Ball di Charizard e si preparò mentalmente a ciò che stavano per affrontare. Eppure se solo ci avesse pensato qualche secondo in più avrebbe capito che Touko non avrebbe potuto usare nessuna ricetrasmittente visto che il ghiaccio aveva sicuramente mandato in tilt i sistemi. E poi, se non fosse stata abbagliata dalla gioia nel essere fuori da quella fogna si sarebbe accorta di Samurott che, con un veloce Geloraggio, aveva nuovamente bloccato la botola dalla quale erano uscite, rendendo così ogni tentativo di aprirla molto più complesso del dovuto. Ci sarebbe dunque dovuto molto più tempo del previsto per dare ai corpi lì dentro una degna sepoltura, sempre che li avessero trovati.
Era così piccolo il confine tra un essere umano e un mostro?

 

Se un tempo il nome del Campione di Kanto fosse venuto fuori in una qualche discussione in molti lo avrebbero definito come un’anima solitaria, uno spirito libero, una persona menefreghista e salda sui propri principi. Agli anziani che tessevano lodi sulla leggenda di quel personaggio si sarebbe contrapposto chi vedeva in lui solo un egoista. A Red tutto ciò non aveva mai dato un gran fastidio, le opinioni altrui gli scivolavano via velocemente, non si faceva mai problemi riguardo a ciò che altri dicevano, dicerie che il più delle volte non lo raggiungevano nemmeno. Il problema era che ora per lui era assolutamente impossibile non immaginare la faccia di quei fatidici “altri” nel vederlo lì seduto al caffè di Levantopoli, per conto di una ragazza, ad aspettare per ore quello che veniva spacciato per il Campione della regione, per cercare di contrattare una sottospecie di accordo. Un anno prima questo per lui sarebbe stato completamente anomalo e il ragazzo non riusciva a dar torto alla parte di sé che rideva di fronte alla sua recente disponibilità. Atteggiamento che lo avrebbe portato a parlare anche con una persona che tra tutte avrebbe voluto evitare e che anzi sperava non si presentasse all’incontro. Non che lui avesse mai sentito grandi obblighi verso Unima, ma era pur vero che scomparire nel nulla senza dare spiegazioni non era esattamente il gesto più elegante che si potesse fare e da un lato poteva immaginare come quella persona l’avesse presa. Anche qualche mese prima lui aveva agito, abbandonando la regione in balia di molte difficoltà, dettato da un in reversibile “qualcosa” che sentiva nei confronti di quella stessa ragazza che gli aveva chiesto di mettersi in contatto con la Lega. Red non avrebbe mai pensato di avere un “tipo”, anche perché Touko non poteva essere catalogata in simili sottocategorie, troppo complessa era la sua natura. Sapeva però di essere nato con un carattere difficile, viveva protetto e al contempo separato dal mondo da quella scorza che lui stesso aveva creato, era sempre per le sue e sicuramente la permanenza sul Monte Argento non lo aveva aiutato.  Eppure da quando aveva conosciuto Touko un’altra parte di sé, quella che credeva di non possedere, aveva iniziato a lottare per emergere. Ai suoi occhi sovente riusciva a far vedere il ragazzo determinato ma gentile che era pronto a tutto pur di aiutarla e proteggerla. Era a volte frustrante, ma si sentiva quasi in debito con lei per avergli fatto vedere che in lui albergava un altro Red. Touko sicuramente, tra tutte le ragazze che aveva conosciuto, era quella su cui avrebbe scommesso di meno. Non sembrava per nulla adatta a lui, forse troppo simile e con quel comportamento inavvicinabile che avrebbe fatto desistere chiunque. La loro partenza poi non era stata delle migliori ed anzi aveva rischiato di sfociare in odio e disprezzo sin dal primo secondo. Lui aveva creduto di aver davanti una bimbetta talentuosa ma spocchiosa, debole e inerme e lei probabilmente per un po’ lo era stata, non aveva scusanti. Con attenzione e pazienza però, incuriosito dalla sua persona, in lei aveva scorto anche un’anima testarda, orgogliosa e tremendamente instabile. Nonostante le ci volesse tempo alla fine trovava il modo di alzarsi, anche se non ammetteva le cose e faceva la complicata tenendosele per sé lui riusciva a capire ogni pensiero che le passava per la testa. Diceva di fregarsene di Unima però ora era lì per dare una mano, sosteneva di volersi isolare da tutto ma gli aveva chiesto di starle vicino. Era un continuo controsenso, ma la cosa che più aveva infastidito il ragazzo era il suo essere così apparentemente volubile e superficiale, la vedeva ridere e parlare con allegria e un momento dopo chiudersi in religioso silenzio; mesi prima l’aveva assistita quando aveva abbandonato tutto e ora era stato presente ai suoi sensi di colpa.
Doveva ammettere a malincuore che aveva avuto bisogno di molto tempo prima di capire il suo principale tratto e, una volta compreso, la sola presenza della ragazza aveva abbattuto tutte le sue barriere: Touko era prima di tutto una grande bugiarda. Ed era prerogativa di un’attrice così capace il non mentire agli altri, cosa troppo semplice e noiosa, ma bensì a sé stessa, certamente una sfida più ardua e interessante. Red l’aveva vista in ogni minima sfumatura, aveva analizzato ogni sfaccettatura ed era rimasto inerme di fronte alla tale serenità che ostentava quando mentiva. Il ragazzo aveva potuto così comprendere quanto tempo e fatica era costato alla ragazza costruirsi tutto quel personaggio, convincersi di essere debole, sbagliata e di non andar bene. Essere quella Touko, quella Campionessa dei disastri, era stato per lei la più ardua delle parti da recitare ma anche la più logorante. Come effetto aveva ottenuto una autoconvinzione ferrea e un odio spropositato verso la sua persona, Touko si era annientata da sola. Per queste eccezionali varianti del suo carattere il corvino le si era avvicinato ammaliato, anche se amaramente sapeva bene di non poter essere d’aiuto in alcun modo. Lui poteva solo essere presente, sorreggerla e spronarla, ma al resto avrebbe dovuto pensarci da sola. E non sembrava prospettarsi semplice.
Il campanello vicino alla porta tintinnò, svegliando Red da quel vortice di riflessioni. La cioccolata calda che aveva preso doveva essersi raffreddata perciò si preparò a chiederne un’altra alla cameriera quando si accorse che l’attenzione di tutti era concentrata altrove. Proprio all’entrata stava un ragazzo, gli occhiali appannati dalla condensa e le mani ancorate incerte al braccio dell’accompagnatrice, una donna la cui sciarpa nascondeva il volto. I due sgusciarono veloci tra gli sguardi sprezzanti degli avventori, fino ad arrivare al tavolino di Red.
«Il ritardo è una delle cose che più mal sopporto…» mormorò sommessamente, ora più che mai il vecchio sé stesso gli avrebbe fatto comodo, doveva farcela per lei.
«Red, i convenevoli non sono il tuo forte» sospirò Aralia prendendo posto.
Non sembrava arrabbiata né in vena di attaccarlo, dava più un’impressione stanca e tremendamente colpevole. Il corvino portò alla memoria ciò che gli aveva raccontato Touko riguardo al macchinario rubato dai Plasma e il suo atteggiamento gli fu più chiaro.
«Soprattutto in situazioni di emergenza come questa…» ribatté svogliato il corvino, «siediti anche tu Campione!» al suono di quella parola ci fu qualche verso di disapprovazione da parte dei clienti, mentre il ragazzo prendeva immediatamente posto.
«Non credo sia il posto migliore per parlarci…» tentò di farsi valere questo.
«Il nostro eroe è in difficoltà fuori dalla Lega, qui nel “mondo esterno” la gente può attaccarlo» lo derise Aralia che rivolgeva il suo sguardo solamente a Red, come a voler ignorare Komor.
«Se tu non avessi litigato con Bellocchio, ora avrei la mia scorta…!».
«Sono d’accordo. La prossima volta cercheremo di ricordare a Bellocchio che rovistare tra gli appunti di una scienziata è perseguibile penalmente…».
«Ma certo, continuate pure a parlare di cose che io non so…» si sovrappose il Campione di Biancavilla.
«Quel dannato ha iniziato ad indagare su di me come se fossi una criminale! Ha cercato informazioni su quello schifoso prototipo e, non avendole trovate, aveva intenzione di interrogarmi…!» la Professoressa sembrava inviperita ma ebbe il tatto di mantenere un tono di voce accettabile.
«Così i due hanno litigato e ora la polizia non collabora con la Lega, mentre il Team Plasma la fa da padrone… siamo divisi in un momento così delicato…» finì il ragazzo.
«Così a volte dici cose intelligenti, sono colpito!».
Gli occhi di Komor ebbero un tremito mentre abbassava il capo pronto a sorbirsi un’intera ramanzina, che sorprendentemente non arrivò.
«Dovrebbe fare qualcosa di utile ma come vedi il malcontento si propaga a macchia d’olio…» Aralia continuava ad ignorarlo beatamente.
«Immagino sia così, è per questo ch-».
«La gente preferirebbe addirittura il ritorno di Touko… se solo no fosse morta… capisci, mi comparano a quella codarda?!» Red venne bruscamente interrotto dal ragazzo che ora si agitava sul posto, «forse se lei avesse fatto qualcosa in più ora non saremmo messi così male!».
Il corvino non era un tipo che credeva nella violenza fisica eppure in quel momento nulla al mondo lo avrebbe fatto più contento della sensazione del suo pungo sulla guancia di Komor. Una breve occhiata all’ambiente gli suggerì però che non appena lui e Aralia se ne fossero andati ci avrebbero pensato gli avventori a realizzare il suo desiderio. Il ragazzo a quanto sembrava aveva attratto su di sé tanti pareri negativi, la gente aveva iniziato ad azzardare che forse il carattere chiuso di Touko compensava con la sua forza e in fondo avrebbe potuto affrontare una minaccia come quella dei Plasma.
«Compiangono il morto di un omicidio che hanno compiuto loro…» mormorò Red ricordando il panico negli occhi della brunetta, la costante paura di quei giudizi sconsiderati che l’avevano dilaniata negli anni.
Il tocco della fredda mano di Aralia lo mise in allerta. La donna gli indicò due uomini che si stavano avvicinando dal bancone dove erano siti mentre con le labbra mimava un fugace “meglio andare”. Il ragazzo pose la sua attenzione alle due figure che sempre più minacciose avanzavano e scorse l’inconfondibile segno dei plasma cucito sopra la stoffa dei giacconi. Forse a Komor spettava più di un pungo.
«Via, veloci» ordinò a voce bassa con il tono più fermo possibile.
Non era una bella situazione, il locale era grande ma una lotta là dentro sarebbe stata catastrofica. Si voltò mentre raggiungeva l’uscio e vide che i due avevano accelerato il passo, nessuno tentava di fermarli.
«Come hanno fatto?» domandò ad Aralia.
«Levantopoli è neutrale, i tre Capopalestra a quanto pare non prendono difese e i Plasma ne approfittano» rispose prontamente questa, intuendo il fine della domanda.
«Sembra sospetto…».
«Chi quel trio? Non sei il primo a metterlo in dubbio» la donna glissò sul resto, ma il ragazzo intuì che giravano storie a riguardo. E quello non era il momento adatto per farsi dire vita, morte e miracoli del trio multicolore.
Il freddo lo investì all’improvviso e si ringraziò mentalmente per aver avuto l’accortezza di tirarsi dietro il giubbotto in pelle.
«Immagino siate entrambi equipaggiati di Pokéball…».
«Mi pare ovvio, questa non è esattamente la parte più pacifica di Unima!» ribatté stizzito Komor.
Red non aveva intenzione di ammettere, da buon pivello quale poteva sembrare, di aver scelto quella città proprio per la vicinanza con Luminopoli. Lo faceva stupidamente stare più tranquillo, ma si sarebbe buttato giù da un ponte piuttosto che ammetterlo. “Gli svantaggi di dover badare ad una persona così sconsiderata” pensò tra sé, immaginando che Touko doveva avere le sue buone rogne vista la situazione in cui si era cacciata. Meglio quindi non far precipitare le cose. Svelto prese la Ball di Gyarados e fece segno all’esemplare di Komor-lagna di nascondersi dietro un edificio.
«Divertiti Aralia, non capita tutti i giorni di vedere il grande Red all’opera…».
«Oh, e il grande Red cosa vuole in cambio di questo onore?».
In quel preciso istante le due reclute si catapultarono all’aperto e, con una spaventosa sincronia, Krookodile e due Amoonguss uscirono dalle rispettive sfere, pronti alla lotta. Un folgorante Idropompa colpì immediatamente il primo Amoonguss che sbatté violentemente contro un malcapitato palo lì vicino, piegandolo inesorabilmente. Il corvino non aveva perso molto tempo, voleva finire subito lo scontro per poi tornare alle sue trattative. La risposta del Krookodile fu repentina, Fossa lo fece scomparire in un batter d’occhio, ma la cosa non scompose minimamente il Campione che ordinò Rimbalzo al suo compagno. Il Pokémon Fungo già attaccato in precedenza ebbe vita breve, colpito fatalmente non oppose resistenza. Le reclute parlottarono tra di loro a denti stretti e Red non ebbe nemmeno il tempo decifrare un qualche loro messaggio, che un Paralizzante da dietro intaccò il perfetto stato di Gyarados. Era ben chiaro che l’altro Amoonguss avrebbe vendicato il KO del suo simile e, vista l’insolita agilità del Pokémon Atroce, anche il Campione dovette ammettere che era una strategia ben pensata. “Non abbastanza sufficiente però” sorrise internamente.
«Viscidi» mormorò a denti stretti Aralia, facendo un passo avanti e schierando in campo Watchong.
Questi frappose immediatamente la barriera di Protezione tra il Pokémon alleato e lo Sgranocchio di Krookodile, per poi stordirlo con Iperzanna. Nella mente di Red si figuravano più ingloriose fini da poter propinare a quelle reclute così stolte da averlo sfidato e, dopo tanto tempo, si ritrovò a sorridere freddo di fronte alla prossima schiacciante vittoria. Non era un problema la paralisi del compagno, bastava solo sveltire i tempi e non ci sarebbero state pesanti ripercussioni.
«Annientali…» sibilò mentre Gyarados scaraventava con la coda Ammonguss lontano dall’ipotetico campo lotta.
Senza nemmeno un momento di tregua un secondo Idropompa, che agli occhi delle reclute apparve più potente del primo, mise fuori gioco Krookodile. La Professoressa fece per impartire un ordine a Watchong quando venne fermata dalla mano tesa a mezz’aria del ragazzo. L’espressione che aveva in volto era indecifrabile eppure la donna si ritrovò ad averne timore; era lampante quanto la sua forza fosse sconvolgente, non temeva rivali in quel campo. Dire che fosse il numero uno era un eufemismo. Come per rimarcare i suoi pensieri Ira di Drago si abbatté impietosa sull’ultimo avversario rimasto che tentò di opporre una strenua resistenza. A nulla valsero gli sforzi, Gyarados gli fu addosso e con un ultimo attacco, un banale Gelodenti, lo rispedì nella sua Ball. Le reclute si fissarono per qualche fugace momento, indecise sul da farsi, poi valutarono più sicuro il darsela a gambe levate e in pochi secondi scomparirono dalla loro vista. Red fu tentato di bloccarli, ma poi realizzò che, seppur piccola, anche lui aveva una missione da compiere. Quelle reclute non avrebbero poi causato grandi problemi e quindi non erano di nessun ostacolo.
«Per rispondere alla tua domanda: in cambio, Aralia, voglio la promessa che tu non possa mai compiere un omicidio…» sorrise furbescamente il corvino, di fronte ad una donna allibita.
Aralia non capì molto ma preferì annuire e stringersi nel suo cappotto di lana, cercando di pescare dalla sua memoria l’ultima volta che aveva assistito ad una vittoria così fulminante.
«Ah tu!» continuò il ragazzo rivolto a Komor, che prudentemente usciva dal suo “nascondiglio”, «avrai degli illustri ospiti alla Lega!».
Il ragazzo si sistemò nervosamente gli occhiali, confuso. Non aveva idea a cosa si stesse riferendo Red, ma non aveva intenzione di fare lo zerbino della situazione perciò si preparò a controbattere malamente. Si impettì prendendo fiato, ma venne fermato da un’insolita allegra Aralia che esplose in una vivace risata. Ora la situazione le era improvvisamente più chiara eppure, nonostante tutto, non poteva fare a meno di sentirsi contenta, piena di una inaspettata e alquanto inarrestabile felicità.
«Non credo rifiuterà un favore a chi gli ha appena salvato la vita!» esclamò ridendo senza ritengo, poi con pochi passi si avvicinò al corvino per non farsi sentire e mormorò «e suppongo a chi ce la salverà…» finì strizzando in modo complice l’occhio.

 

 
Non c’era nessuna melodia nell’aria, né il benché minimo suono che potesse fari intendere la presenza di una qualche vita umana. Solo il sobrio e cadenzato ticchettio dell’orologio da parete, appoggiato proprio a metà corridoio, faceva da contorno alla sua andatura spedita. Aveva sempre pensato che quel mobile avesse una posizione stupida e parecchio azzardata, ma d’altro canto non aveva mai reputato i superficiali abitanti di Luminopoli come gente provvista di neuroni. Arrivò di fronte alla fatidica porta, da un lato contenta di non essersi persa e dall’altro preoccupata per ciò che la poteva aspettare. Entrò senza tanti complimenti, sorprendendo non di poco la figura che si stagliava dall’altro lato della stanza, proprio di fronte all’immensa finestra di vetro infrangibile. La sua mente, in ansia per la piega che poteva prendere la situazione, si ritrovò a pensare che se avesse scagliato il suo micidiale Pokémon contro di essa anche quella speciale vetrata si sarebbe rotta senza tante cerimonie.
Rise, ma senza gusto. Poi si bloccò non appena scorse una solitaria bottiglia di vino appoggiata al tavolo dove erano presenti vassoi di biscotti rimasti però intoccati. Il fiasco era ormai vuoto e non era difficile capire che gli ultimi rimasugli della bevanda si trovavano proprio dentro il bicchiere che l’ospite teneva a mezz’aria. I capelli scompigliati gli conferivano un’aria stanca, tutto in lui era completamente sfatto dalle tremende occhiaie alla camicia semiaperta che metteva in mostra il torace niveo.
«Adelaide…» soffiò dalla bocca screpolata il ragazzo mentre lei rimaneva immobile, a metà tra lui e la porta.
La bionda deglutì, tutto questo non andava bene. N aveva avuto un tracollo, la stessa notte i Plasma avevano fatto irruzione nella Foresta Bianca cercando di fare incetta di più Pokémon possibili. Era un ordine diretto da Ghecis e questo poteva significare solamente che il grande passo era ormai prossimo, ma il problema non sussisteva in ciò. Durante l’operazione, a cui aveva partecipato anche il giovane Principe, c’erano stati degli intoppi. In breve Adelaide non immaginava che gli abitanti di un posto così tranquillo fossero tanto agguerriti, non era stato facile prendere il controllo del luogo e alla fine numeroso vite nemiche erano state letteralmente spezzate. Lo spettacolo si era svolto proprio di fronte agli occhi del ragazzo che non l’aveva presa nel migliore dei modi, complice anche la “deformazione artificiale” della sua personalità. Ed ora eccolo lì, ad annegare nell’alcol come il più tormentato degli eroi. Ed ecco anche lei, il Tenente Adelaide, che come al solito doveva sistemare la situazione.
«Ehi, non ti fa bene bere tutto solo!» si armò di coraggio e iniziò ad avvicinarsi, ripassando mentalmente le mosse da fare. Doveva solo farlo sentire a suo agio, convincerlo che ciò che era successo non era così terribile ma niente di più.
«Sta succedendo qualcosa. Lo sento».
La bionda barcollò di fronte allo sguardo tagliente del ragazzo. Non sembrava aver bisogno d’aiuto, d’altronde gli effetti del dispositivo di Aralia dovevano aumentare intensità e durata sempre più col tempo. Rabbrividì al pensiero che N un giorno sarebbe stato completamente soggiogato dalla personalità che loro avevano costruito.
«Non ti seguo…».
«C’è qualcuno di particolare».
«Continuo a non capire…» ormai Adelaide era abbastanza vicina da sentire l’odore dell’alcol dell’alito del ragazzo.
«Forse Touko. Potrebbe essere. C’è qualcosa qui intorno, capisci?» stava parlando sommessamente, non c’era convinzione nella sua voce.
«Touko…».
No, quel nome no. Tutto tranne quello. La bionda fece una smorfia di disgusto per poi prendere malamente il bicchiere di cristallo, scolandosi poco educatamente il vino all’interno.
«Non riesci proprio a capire che è morta? Nessuno sa nulla da mesi, quella ragazza non esiste più!» finì con astio.
«Sì, va bene» N tornò a volgere lo sguardo alla finestra, deciso a non voltarsi più.
«Scusa solo che… c’è sempre lei in mezzo!».
«Non credo possa fregartene molto…».
La bionda tremò. Che avesse capito il suo ruolo in tutto questo? Non poteva sopportare un trattamento tanto rude ed era meglio proporre a Ghecis una valida alternativa che tenesse suo figlio ancorato ai Plasma.
«Ora non rispondi?» il tono andava a poco a poco ad alzarsi.
«Cosa vuoi che ti dica?» sospirò lei.
Era sempre così, era tutto già preparato in anticipo tra loro due. Lei eseguiva gli ordini mentre lui sembrava recitare un ruolo che però mal gli si addiceva. Era tutto finto, lei aveva un compito da svolgere, ne andava fiera eppure… cos’era quel sapore amaro? Touko era loro nemica eppure, nonostante tutto ciò che era stato immesso nella testa di N, lui continuava a nominarla e lei questo non poteva sopportarlo. Aveva iniziato prendendosi gioco dei sentimenti del ragazzo, che mai però gli erano appartenuti, ed ora si sentiva presa in giro a sua volta. Si era fregata da sola, ma non avrebbe ceduto a nulla.
«Farò venire qualcun altro d’ora in poi…» mormorò dando forma ai suoi pensieri. Lei era una combattente, non la balia di quel problematico ragazzo.
«Patetica».
«Cosa hai detto?».
«Sorda e patetica. Sei davvero una persona debole…» il tono di N non era canzonatorio ma terribilmente tagliente.
«Come ti permetti!?» non voleva ammetterlo ma quelle parole la stavano ferendo più del dovuto e questo era sbagliato.
«Dimostrami il contrario, Ade…» sussurrò girandosi, un’espressione terrificante in volto «…perché tu mi ami no?».
La bionda decise di andarsene, non poteva accettare tutto ciò. Le mani di N però le bloccavano le spalle, tenendola saldamente ed aspettando una qualche risposta. Se avesse avuto il potere di scomparire non ci avrebbe pensato due volte ad usarlo.
«Mollam-».
Adelaide non poté finire la frase poiché la bocca del ragazzo la assalì con un impeto spaventoso, mentre la teneva ancorata a sé in una presa sempre più dolorosa. E in tutta quella violenza e disperazione la bionda ci annegò, si smarrì negli stessi meandri che N aveva solcato finché non sentì una scossa partirle dalla bocca dello stomaco. Fu allora che temette di star andando a fuoco, ma non ebbe la voglia e il tempo di controllare. In pochi secondi si ritrovò con le mani tra i capelli del ragazzo, in un disperato tentativo di aggrapparsi a quei pochi frammenti di realtà che intravedeva, mentre, sentendosi completamente folle, dischiuse le labbra abbandonandosi del tutto.
Ghecis, l’imminente vittoria, il suo ruolo di tenente, in quel momento scomparvero del tutto. L’odio per Touko, i dubbi su sé stessa, i problemi del passato vennero dissipati in pochi attimi, lasciando spazio ad un solo ed unico sentimento. Ma la bionda, troppo presa o troppo persa, non si accorse che dalla tasca dei suoi jeans scuri era sparito qualcos’altro.

 

 
La Cioccolateria di Guna

Ora vi faccio ridere. Esattamente due capitoli fa dicevo  e cito testualmente “Suvvia che con le vacanze spero di sveltirmi” e poi aggiungevo un “pregate per me” ma ciò non conta. Questo capitolo è in iper ritardo e le vacanze sono finite, figo eh? Non vi vedo ridere, molto probabilmente troverete più semplice linciarmi. Bene dopo l’angolo “Guna spara cacchiate in diretta perché le piace  fare la figura da deficiente” direi di passare alle cose un pochino più serie, tipo chiedervi scusa in ginocchio per il grande grande grande ritardo.
Potrei dirvi che in questi ultimi mesi non ho passato dei gran momenti ma non siamo in un blog tumblr e a tutti voi giustamente non fregherebbe granché quindi meglio glissare. Diciamo che poi le vacanze mi hanno rammollito, ho passato le ultime settimane a rotolarmi sul divano mentre guardavo How I Met Your Mother e mi chiedevo perché diamine fosse finito in quel modo così odioso. Si insomma, l’unica cosa che ho prodotto è stata anidride carbonica, ma alla fine eccomi qui!

Come sempre ringrazio i fedelissimi Allys, Rovo e Inkchedisegnatrans (ehehe) per le bellissime parole e anche Vivilove01, adoro i nuovi recensori.
Ho finito di tediarvi, il prossimo capitolo arriverà spero in un mese e come sempre grazie a tutti!

(Nel caso qualcuno si stesse domandando il perchè di quel titolo beh, oltre ad avere delle idee pessime ho pensato che Touko mostra delle "crepe" nel suo ruolo di eroina, pure Levantopoli con il trio dalle capigliature improponibili è una crepa nella societa. E poi gran parte di voi dopo l'ultimo paragrafo vorrebbe  veder Adelaide crepare. Quindi crepe. Si faceva schifo e sono più che pessima lo so)

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