Black Giada di Tresor (/viewuser.php?uid=9684)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Black Giada
Capitolo
1
-
Hey,
ciao, quanto tempo! –
Com’è
cominciata quella
strana telefonata?
Un nome
sul display dello
smartphone.
Quattro
lettere.
Un nome
semplice eppure
insolito.
Un
saluto altrettanto
semplice…
Ciao!
… pieno
di incognite.
Silenzio.
Interminabili
istanti di
silenzio dall’altra parte.
Poi un
sospiro, quasi una
sofferenza.
-
Ciao…
mi manchi da morire e non so perché te lo sto dicendo. –
Un
sussurro.
Parole
appena mormorate.
Dolore
in quella voce
giovane e familiare.
Una
disperazione senza
apparente ragione.
-
Hema!!
–
Il
cuore gli fa un balzo violento in
mezzo al petto, lasciandolo per un istante senza fiato.
Daniel
si guarda intorno nella stanza senza neppure sapere bene cosa e se sta
cercando
qualcosa.
Mi
manchi da
morire!
Come
eco di un grido trattenuto per troppo tempo, quattro parole diventano
corpi
affilati che tagliano la pelle, aprendo sottili, profonde strisce di
angoscia
dal cuore all’anima.
Parole
che nessuno ha mai osato pronunciare prima di quel momento.
Che
Daniel non si è concesso di formulare neppure a bassa voce, solo con se
stesso,
tanta è la sorpresa che lo ha colto disarmato quando quel pensiero ha
preso
corpo e preteso spazio tra gli altri pensieri.
Nascendo
all’improvviso in un angolo minuscolo della propria mente.
Anonimo
e irragionevole.
Avanzando
timido e sconosciuto.
Finendo
per sgomitare con prepotenza sempre crescente.
E
sempre più violenta.
Ogni
giorno di più!
In
quei mesi in cui non si sono più visti dopo la conclusione delle
riprese della
serie.
-
Non
capisco cosa mi succede! – Parla ancora il ragazzo dall’altra parte
della
linea.
La voce
sempre più faticosa
sotto la pressione terribile di emozioni man mano più difficili da
controllare
ora che vi sta dando un suono.
-
…
Non lo so nemmeno io! - Ammette Daniel, sincero come non ha creduto
possibile
essere così presto.
Hema
trasale e sulle prime
non comprende la risposta.
Che ha
detto?
Non è
sicuro di aver capito.
Quanto
ha combattuto con se
stesso per ignorare il malessere che gli è nato dentro a tradimento e a
cui non
ha voluto dare nessun nome?
Troppo
terrorizzato di scoprire
un lato di sé che non ha mai neppure sospettato.
Di cui
non ci sono mai state
avvisaglie o anche solo indizi che avessero potuto metterlo sull’avviso.
Fino a
quell’istante.
-
Cos’è
che non sai? – Osa, il respiro sospeso e il fardello sul cuore sempre
più
insopportabile.
-
Perché
anche tu mi manchi tanto da starci male! –
Un
suono strozzato esce dalle
labbra esangui del ragazzo, che di schianto si piega sulle ginocchia,
scivolando contro la parete dove si è addossato per sostenersi, finendo
seduto
sul pavimento freddo del corridoio.
Si
porta le mani sopra la
testa, intreccia le dita tra loro, convulso, incoerente, e stringe
forte, quasi
a voler schiacciare in un sol gesto la paura e la felicità che
improvvisamente
esplodono e si mischiano, confondendosi e confondendolo impietose.
Non
riesce a crederci.
A
distanza di mesi.
A
distanza di chilometri
l’uno dall’altro.
Non è
da solo come aveva
pensato.
-
Noi
non siamo loro! – Protesta con rabbia.
Daniel
lo sente
distintamente anche se tiene il cellulare lontano dalla bocca.
-
Non
lo so più. – Risponde piano.
-
Come?
– Chiede Hema, riportando il telefono all’orecchio.
-
Ho
detto che non lo so più, piccolo! –
-
Non
chiamarmi piccolo… -
-
Scusa,
non volevo offenderti! –
Perché
poi un vezzeggiativo dovrebbe
essere un’offesa?
Lo ha
chiamato così tante
volte durante le settimane delle riprese, quando amicizia e complicità
aveva
consentito loro di muoversi naturalmente tra una scena e l’altra della
serie
televisiva.
E di
certo non era dovuto né
alla differenza di età, né di statura.
C’è
forse la necessità di
doverlo ancora chiarire?
Si dice
che no, non ve n’è.
E
tuttavia si ripromette di
non usarlo più per un po’, visto il clima che si sta instaurando con
quella
telefonata imprevista.
-
Noi
non siamo loro! – Replica Hema sfinito. – Io non ti penso come lui… -
Daniel
sorride a nessuno
intorno a sé.
Scuote
la testa,
stupidamente divertito dall’assurdità della situazione.
Poi fa
qualche passo fuori
dalla veranda che dà sull’oceano e si siede sui gradini della scala che
portano
giù in spiaggia.
-
Neppure
io ti penso come lui, ma come te… Hema! –
-
Perché?
–
-
Bella
domanda! ... Non ne ho idea, davvero!! … E tu? –
-
No!
–
Un
nuovo, sofferto sospiro
trasmigra da un cellulare all’altro, sfiorando l’orecchio di Daniel, a
cui pare
di sentirne il tepore come se fosse stato lì, vicino a lui.
E non
ha bisogno di
immaginarlo, di crearlo nella propria testa quel sospiro e quel calore.
Lo
conosce.
Anche
troppo bene.
Lo ha
percepito infinite
volte durante l’interpretazione dei personaggi che rappresentavano
nella serie.
Durante
le false carezze
sceniche.
I baci
simulati.
Le
coccole da innamorati
previste dal copione.
Ma sono
state tutte false,
le carezze?
Tutti
simulati, i baci?
Tutte
soltanto previste da
un copione, le coccole?
Non è
più sicuro della
risposta.
A quel
punto… non lo è più.
-
Mi
manchi, Daniel… Che ci sta succedendo?
Ho bisogno di saperlo perché mi sembra di impazzire e di
non capire più niente!
–
-
Vieni
da me, vuoi? –
Vieni
da me.
A
quell’invito Hema ha paura.
Una
profonda, pervicace, virulenta paura di sprofondare in una confusione
ancora
più ingestibile se lo rivede.
Si
tortura da mesi guardando e riguardando le scene in cui hanno
interpretato i
loro personaggi alla ricerca di risposte sempre più sfuggenti.
Ritrovarselo
davanti cosa scatenerebbe?
-
Quando?
– Si ritrova a chiedere, senza riconoscere la propria voce mentre
compone la
parola beffandosi della propria volontà.
-
Adesso!
–
Adesso!
Prendere
un aereo.
Attraversare
un continente.
Adesso.
-
Ho
paura! – Ammette.
Daniel
scoppia a ridere, ma è
un breve, incontrollato suono nervoso uscito dalle sue labbra.
-
Anch’io
ho paura… ma questa cosa sta succedendo a tutti e due… non solo a me,
come
pensavo, o… solo a te… e forse… se riusciamo a parlarne… -
-
Capiremo
che è tutto un inganno, vero? –
Hema
glielo chiede
precipitoso, interrompendolo ansioso, d’un tratto colmo di speranza che
gli dica
che si, probabilmente si stanno sbagliando ed è tutto uno stupidissimo
equivoco
dovuto a una suggestione indotta dai loro personaggi.
Che
quella telefonata è
ridicola e lui ci sta facendo la figura del cretino.
Ma va
bene così.
Se solo
capisce che è uno
stupidissimo, tremendo abbaglio, è disposto a qualunque figura di merda.
E
allora perché il solo
pensiero comincia a stracciargli il petto con le sue unghie affilate?
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
Suggestione
indotta?
Lo
pensa davvero più ora che Daniel si sta avvicinando a lui lungo la sala
d’aspetto dell’aeroporto, bello e solare come se lo ricordava?
Ora
che gli sta andando incontro trattenendo l’impulso di mettersi a
correre.
Volargli
letteralmente tra le braccia per ritrovare il calore del suo abbraccio
e il
profumo della sua pelle che così bene ha avuto modo di imparare durante
le
centinaia di ore di lavoro sul set?
Che
non è riuscito mai a dimenticare.
Che
sente ovunque, intorno a sé, anche quando crede di non pensarlo.
Non
ne è più tanto sicuro.
Non
è sicuro più di niente…
…
da troppi mesi ormai non ha più una sola fottuta certezza che sia una.
E
meno che mai ne ha in quel momento.
Ora
che è lì davanti a sé, solido e reale.
Non
frutto della propria immaginazione.
Non
fotogrammi di episodi di una serie televisiva che ha guardato e
riguardato fino
a consumare le tracce dei cd su cui erano state incise.
Ma
vero, in carne e ossa.
A
pochi centimetri.
Il
bellissimo sorriso che gli illumina il volto.
Gli
occhi verdi, brillanti, colmi di parole ancora non dette, puntati nei
suoi come
a volergli entrare dentro e sprofondarlo in essi.
Tutto
il castello di spiegazioni, scuse, interpretazioni si sgretola
nell’istante
esatto in cui Daniel si ferma davanti a lui, in mezzo alla sala
d’aspetto che
va svuotandosi dei passeggeri del volo appena arrivato.
Nel
preciso istante in cui ogni cosa intorno a loro sparisce come fossero
soli e
alcun suono giunge più alle loro orecchie, se non i propri respiri
contratti
dall’emozione di rivedersi.
-
Ciao!
– Gli sussurra Daniel.
-
Ciao!
– Gli fa eco lui, incapace di fuggire il suo sguardo.
Immobile,
non più padrone
del proprio corpo, attende non sa cosa, mentre sente le iridi verdi che
disegnano
immaginari percorsi sul suo viso alla ricerca di ogni suo più piccolo
particolare.
Come a
volerlo richiamare
alla mente.
Riconfermarlo.
Riconoscerlo.
Agitato
più di quanto
avrebbe immaginato, Daniel fa un gesto indistinto con le mani, poi di
colpo
sbuffa.
-
Oh
al diavolo, ma chi se ne frega!! – Impreca.
E gli
prende il viso con
entrambe le mani, si china su di lui e gli sfiora la bocca socchiusa
con un
bacio.
Hema
sobbalza sorpreso, ma
non si sottrasse.
L’ha
già vissuto quella
carezza morbida.
Quante
volte?
Quante?
D’un
tratto una bolla di
calore gli esplode nel petto e nella testa, provando una strana,
familiare
sensazione.
Sente
una vertigine fargli
girare la testa e d’istinto si aggrappa ai suoi polsi come a volersi
sorreggere.
E viene
intossicato dal
calore che gli giunge da lui sotto le dita.
Perché
improvvisamente si
sente come… a casa?
Daniel
si scosta solo di
qualche millimetro, respirando il suo respiro inesistente e gli sorride
di
nuovo, mandandolo in ulteriore confusione.
-
Ciao!
– Gli dice per la seconda volta, in cuor suo felice ed incredulo.
Hema
risponde al suo sorriso
e inclina un poco la testa di lato.
Percepisce
sgomento che gli
occhi gli si stanno riempiendo di quelle maledette lacrime che da ore
lo pungono
agli angoli come spilli.
-
Hey,
va tutto bene. – Si sente rassicurare dalla voce dolce di Daniel.
Annuisce
più per riflesso
che per convinzione, troppo spaesato per riuscire a pensare.
Paura,
gioia, vertigine,
commozione, confusione.
Impossibile
gestire tutte
quelle emozioni, tutte insieme.
Si
sente soffocare.
Non è
abituato.
Può
fare una cosa per volta,
lui.
Quello
è troppo!
Daniel
pare intuire il suo
stato d’animo, gli lascia il volto che ha trattenuto fino a quel
momento, gli fa
scorrere le mani lungo i fianchi, intorno alla vita e lo attira a sé,
chiudendolo affettuosamente nel proprio abbraccio, pregando perché
riesca a
trasmettergli una parvenza di calma.
Lo
sente tremare mentre
piega il capo sul suo, affondato nella sua spalla.
Poi
sospirare quel respiro
che ha inconsciamente conservato fino ad allora.
E
rilassarsi appena un poco
contro di lui.
Non
dice niente perché
niente c’è da dire.
O
troppe cose.
Troppe
per poterle
pronunciare nella sala di un aeroporto.
Troppe
emozioni a cui dar
voce.
Troppi
timori.
Troppe
domande conosciute e
sconosciute.
Dopo
qualche minuto lo
scioglie dalle sue braccia.
-
Vieni,
andiamo a casa, sarai stanco del viaggio. – Butta là. – Hai dei bagagli
da
ritirare? –
Stordito,
Hema lo guarda un
attimo disorientato.
Poi con
uno sforzo
indicibile riesce a fare mente locale e scuote la testa.
-
No,
ho portato solo questo. – Gli risponde, indicando lo zaino che ha
abbandonato
ai suoi piedi poco prima.
-
Ah…
ok… allora andiamo. –
Per un
istante ha l’impulso
di prenderlo per mano come se fosse la cosa più ovvia del mondo,
incapace di
spiegarsi perché lo sia.
Tuttavia
si trattiene e
lascia che si senta libero di affiancarlo e seguirlo verso l’uscita.
-
E’
stato un volo tranquillo? – Gli chiede, cercando di ingannare l’ansia,
mentre
gli fa strada.
-
Si,
grazie. –
-
Hai
mangiato qualcosa a bordo? –
-
…
No… -
-
Come
no? Quante ore di viaggio ti sei fatto: otto, nove? -
-
Undici.
–
-
E
non hai mangiato niente? –
-
No,
non lo faccio mai quando prendo un aereo, mi viene mal di stomaco. –
Daniel
lo guarda un poco
stupito.
Poi
attraversa la porta
automatica che porta fuori.
-
Avrai
fame e sarai stanco, allora. Poco male, è quasi ora di cena. –
Il
ragazzo non dice niente
mentre la luce del sole all’esterno lo fa riflettere che sembra pieno
giorno
invece che l’approssimarsi della sera.
-
Vedrai
che mentre arriviamo a casa ti ritroverai il tramonto alle spalle. –
Gli dice
Daniel come avesse intuito i suoi pensieri. – E’ così qui d’estate, lo
sai…
Tieni, mettilo. –
Mettere
cosa?
Si
domanda Hema ritrovandosi
tra le mani un oggetto sferico tutto nero.
Un
casco.
Lo
riconosce dopo un po’.
Poi
vede poco più in là una
moto di grossa cilindrata, nera coi profili grigio acciaio.
-
Hai
una moto. – Afferma più a se stesso che al suo ospite.
-
Si,
ti piace? –
-
E’
bellissima! –
-
Grazie,
spero non ti spiaccia che sia venuto a prenderti con questa invece che
con
l’auto. A quest’ora con il traffico è la cosa migliore per filare via
senza
rimanere intrappolati in code chilometriche. –
-
Hai
ragione. -
Daniel
annuisce convinto e
indossa il casco.
Armeggia
con le chiavi nel
cruscotto della Kawasaki e la tira giù dal cavalletto, facendola uscire
dal
parcheggio, poi vi sale e si gira aspettando che Hema lo imiti.
Il
giovane sussulta e si
affretta.
-
Sei
pronto? – Si sente domandare dopo essersi sistemato dietro.
Annuisce
un poco agitato: dovrà
tenersi a lui, rifletté solo in quel momento.
Abbracciarlo
per non cadere.
Far
scivolare le proprie
braccia intorno ai suoi addominali perfetti.
Toccarlo.
Il
cuore gli manca un
battito, rubandogli il respiro già difettoso.
-
Non
hai paura di correre, vero? - Gli
chiede
Daniel incerto. Un suo diniego pare rassicurarlo. - Ok, allora tieniti
forte. –
Abbassa
la visiera, sparendo
al di là del nero lucido e mette in moto.
Hema si
arrampica meglio sul
sedile, si sistema il casco e cerca di mettersi più comodo possibile
tenendosi
a debita distanza da lui.
Fluida
la moto esce adagio
fino alla strada principale.
Dopo di
che si immette nella
corsia e accelera: in poco meno di un secondo mangia letteralmente
l’asfalto
rombando e volando via.
Hema,
che ha stupidamente
pensato sarebbe stato sufficiente tenersi appena poggiando le mani
sulla maglia
di Daniel, d’un tratto si sente risucchiare via dal vento e si
precipita a
serrare le braccia intorno ai suoi fianchi, aderendogli completamente
alla
schiena e tenendosi stretto a lui per non rischiare di sfracellarsi al
suolo.
E non
pensa più
all’imbarazzo del contatto così ravvicinato.
Né al
cuore che prende a
battergli forte per l’emozione di sentirlo di nuovo contro di sé.
Semplicemente
non pensa più.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Capitolo
3
-
E’
bellissimo qui. – Mormora Hema, fissando l’oceano davanti a sé che
rolla pigro
sulla battigia, aranciato dall’imminente tramonto.
Seduto
sotto il portico, tiene
tra le mani il bicchiere di succo di frutta che Daniel gli ha appena
portato
senza quasi sapere cosa debba farne.
Non lo
ha guardato mentre
glielo porgeva, troppo spaventato di dover sostenere il suo sguardo
così
diretto e limpido.
Che
nemmeno un attimo ha
smesso di seguirlo durante tutta la cena, mentre cercava di
coinvolgerlo in una
parvenza di conversazione, costringendolo a un costante, soffocante
imbarazzo.
Ha
visto la sua mano entrare
nel suo campo visivo e ha deciso che sarebbe stato sufficiente prendere
l’oggetto senza per forza sollevare la testa e incontrare il suo
proprietario.
Che si
è avvicinato
piuttosto silenzioso alle sue spalle tanto da non essersi accorto della
sua
presenza fintanto che non ha scorto le sue dita.
Daniel
lo oltrepassa, scende
un gradino e si siede.
Fissa
anche lui l’oceano,
dandogli le spalle.
-
Si
è un bello spettacolo. – Dichiara con una strana inflessione nella voce.
Hema
sposta gli occhi sulla
sua ampia schiena, i muscoli a stento contenuti dalla leggera stoffa
cotone
della maglia, che gli si disegna su ogni piega dei muscoli.
Un
groppo di emozione gli si
forma al centro della gola, rendendogli improvvisamente il respiro
difficile.
Lo
stomaco gli si contrae
come stretto in una morsa e anche il cuore gli si rivolta contro in una
sorta
di oscuro ammutinamento, prendendo a battere di nuovo irregolare.
Perché?
Si
chiede disperato,
incapace di capire perché d’un tratto si ritrova a provare attrazione
per un
corpo maschile, quel corpo e solo quello!
Quante
volte se lo è
domandato?
Ha
perso il conto.
E
tuttavia continua,
ostinato, ottuso, a porsi sempre lo stesso interrogativo come se
qualcosa si fosse
inceppato nella sua testa.
Daniel
si gira d’un tratto
verso di lui, sorprendendolo e facendolo trasalire vistosamente.
Il
brusco movimento fa
ondeggiare pericolosamente il liquido dorato nel bicchiere.
Alcune
gocce zampillarono
fuori dal bordo, finendogli sulla pelle.
Imprecando
tra sé per la
propria stupidità, Hema lo poggia sul pavimento in legno e si porta
istintivamente la mano alle labbra per raccoglierle.
Il
gusto dolce dell’ace gli
inumidisce la bocca che nemmeno sa di avere arida.
Si
accorge soltanto un
secondo dopo che due occhi verdi hanno seguito il suo gesto innocente,
dilatandosi e facendosi più scuri.
Di
scatto allontana la mano
come un bambino colto in fallo a rubare la marmellata e, sgomento, si
rende
conto di star arrossendo dal calore che percepisce su tutta la faccia.
Si
maledice mentalmente: sta
facendo la figura del cretino!
Perché
cazzo deve arrossire
adesso?
-
Bellissimo!
– Dice Daniel sottovoce, facendo scorrere lo sguardo su di lui.
Hema si
sente a disagio
anche se non capisce se il complimento è rivolto a lui o se sta
soltanto
ribadendo il concetto sulla vista mozzafiato dell’oceano a pochi metri
di
distanza da loro.
-
Cosa?
– Balbetta automaticamente, senza pensare.
-
Ho
detto che sei bellissimo. –
Ecco,
il dubbio è risolto,
Hema, contento?
-
Eh?
... I… Io? –
Daniel
annuisce con un
sorriso che gli illumina la bocca e il volto.
-
Smettila!
– Sbotta lui di colpo, scattando in piedi.
Impulsivamente
si getta giù
per i gradini della scala e scende sulla spiaggia, affondando i piedi
nella
sabbia finissima.
Si gira
verso di lui
sconvolto e non gli importa più di controllarsi.
Lo ha
fatto per tutta la
cena, imponendosi di restare calmo e di non fare scenate inutili e
incivili.
Ma non
ce la fa più.
La
testa gli scoppia e le
reazioni che gli suscita Daniel con la sua presenza, i suoi sguardi
adoranti,
con le sue gentilezze dettate si dall’ospitalità, ma non solo, non lo
aiutano
di certo.
Sono
mesi che si sente sotto
pressione a causa sua e delle emozioni che gli provoca.
E’
stanco.
D’altra
parte non è venuto
da lui per quel motivo?
Per
capire?
Trovare
un filo logico alla
follia che si è impossessata della sua mente e del suo cuore?
E
mettervi probabilmente una
fine prima che fosse diventato pazzo?
Daniel
lo segue con lo
sguardo senza alzarsi, mantenendo una calma che in realtà davvero non
sente.
Non gli
fa piacere vederlo
in quelle condizioni.
Lo
capisce perché
probabilmente condividono la medesima confusione, ma vederlo esplodere
a quel
modo contrasta spiacevolmente con l’immagine sorridente e giocosa che
ha sempre
avuto di lui fin dal primo momento che si sono conosciuti sul set.
Significa
che sta male e si
rende conto che il pensiero che soffra provoca sofferenza anche a lui.
-
Hema,
calmati, scusami, mi è sfuggito, non pensavo ti offendesse così e… -
-
Dimmi
che ci sta succedendo! – Lo interrompe il ragazzo, sordo alle sue
parole. Un’implorazione
più che un grido. – Dimmi perché sta accadendo tutto questo? ... Che
cos’è
questa cosa che sento nel petto e che non mi lascia in pace da mesi?
...
Attrazione, sesso, infatuazione, cosa? ... Io non capisco più niente.
Gli
uomini non mi hanno mai
interessato.
Mi sono
sempre piaciute le
donne.
Avevo…
“ho” una ragazza… e
adesso… adesso non riesco neppure a pensare a lei, a quel che provo per
lei.
Come mi
avvicino sento che è
sbagliato.
Nella
mia testa si forma
l’immagine di te che mi guardi, che mi sorridi, che mi tocchi, e io… io
mi
allontano da lei sentendomi… in colpa… verso di te… come se ti stessi
tradendo.
Passo
giorni interi senza
sentirla, senza avvertire la sua mancanza.
Mi
manchi tu e non riesco a
respirare.
Perché
so di non poterti
chiamare per… per dirti cosa?
Che ho
bisogno di te.
Che
vorrei vederti,
parlarti, sentire le tue braccia intorno a me e non quelle della mia
ragazza?
Tutto
questo è folle.
E io
non so più che cosa
pensare. –
-
E’
la stessa cosa che provo io, Hema, e per quanto ci pensi, anch’io non
capisco
come sia potuto succedere.
All’inizio
ho pensato a una
suggestione dovuta ai ruoli che avevamo interpretato nella serie.
All’interesse
che era
scaturito dai media per come il regista aveva voluto la storia d’amore
tra due uomini
senza scadere nei soliti cliché gay.
Tu da
una parte e io
dall’altra, nelle interviste abbiamo sempre ribadito che non avevamo
avuto
alcun problema a interpretare quelle scene.
Ma
forse… non so… forse… -
-
…
Forse abbiamo mentito! – Lo interrompe il ragazzo sospirando, a quel
punto
privo di forze per continuare a gridare il proprio disagio.
D’un
tratto le ginocchia gli
cedono e si accascia sulla sabbia come svuotato.
Abbandona
le braccia sulle
cosce e per qualche attimo distoglie lo sguardo dal suo interlocutore,
che
invece ha sempre la curiosa abitudine di guardarlo dritto in faccia che
tanto
lo mette a disagio.
Daniel
rimane in silenzio… e
fermo, seduto sul gradino della scala.
Il
cuore in tumulto che se
ne frega della sua volontà di placarlo.
I
pensieri che si agitano e
cozzano confusi e rapidi.
La
voglia a stento gestibile
di raggiungerlo e abbracciarlo per strapparlo dalla sua disperazione
inconsolabile.
Il
desiderio, inedito,
prepotente, di proteggerlo che ha provato così imperioso, poche volte
in vita
sua, e solo per i membri della sua famiglia.
Mai per
uno sconosciuto che
invece, d’un tratto, senza preavviso, si è insinuato sotto la pelle e
gli
suscita emozioni di cui mai avrebbe pensato di essere capace.
-
…
Io ho mentito! -
La voce
contrita, sconfitta,
del ragazzo lo rapisce alle proprie riflessioni.
-
Hema…!
–
-
Ho
mentito!! – Ripete quelli, sollevando gli occhi su di lui, lucidi di
lacrime
che, malgrado la furiosa lotta con se stesso, fatica a ricacciare
indietro. - …
Ma lo capisco solo ora… Ho sempre mentito.
Quando
Steven mi ha chiesto
se avevo problemi a interpretare quel ruolo e gli ho detto che non ne
avevo
nessuno.
E ne
ero convinto fino a che
la parte è rimasta sul copione.
Ma
tutto è cambiato dopo.
Quando
sul set abbiamo
cominciato a baciarci, mi dicevo che non provavo proprio niente, a
parte
l’ansia di recitare al meglio e di essere credibile.
Ma non
era più vero un
istante dopo che ti avevo baciato.
Quando
ha voluto che ci
toccassimo in quel corridoio e sentivo il calore della tua pelle sotto
le mani.
E mi
sono convinto che non
era niente, solo una parte da impersonare.
E non
ci credevo più già un
attimo dopo che il tuo respiro mi sfiorava.
Quando
i due personaggi
hanno fatto l’amore per la prima volta e quel letto doveva essere il
teatro del
loro incontro.
Quando
hai cominciato a
baciarmi e a toccarmi, e io a lasciarmi andare alle tue attenzioni.
Ho
pensato realmente di
essere concentrato solo sulla parte.
Che le
emozioni che provavo
erano solo la voglia di far bene.
Lì
davanti a tutta la troupe
e le telecamere.
E
invece ho cominciato a
sentire ogni tua carezza, ogni tuo bacio sulla pelle.
E la
mia testa ha cominciato
ad andare per conto proprio.
E non
era come quando faccio
l’amore con la mia ragazza.
Era
completamente diverso.
Era un
susseguirsi di
emozioni che non capivo, ma che mi mandavano in confusione e mi
facevano sentire
felice al tempo stesso.
E
rabbrividivo e non avrei
voluto essere da nessun’altra parte.
E non
c’entrava niente la
scena che stavamo rappresentando per finta.
Io
sentivo te contro di me,
lì su quel letto.
Percepivo
il tuo corpo che
mimava la penetrazione, premuto contro la mia schiena, e mi si
accapponava la
pelle d’aspettativa, come se da un momento all’altro avesse dovuto
succedere
davvero.
Ti
sentivo e il cuore mi
batteva così forte nel petto da rombarmi nelle orecchie.
E il
sangue correva così
rapido da assordarmi.
E a un
certo punto mi è
parso di non essere più là, sotto gli occhi di tutti, ma da solo… con
te… e i
pensieri più assurdi hanno cominciato a formarsi nella mia testa.
E avrei
voluto realmente far
l’amore con te.
Sentirti
dentro di me.
…
Dentro… di me…. E non so
nemmeno che cazzo vuol dire!!
Sono un
maschio, perdio!
So che
vuol dire far sesso
con una donna.
Non con
un uomo.
Che
cazzo ne posso sapere di
sentire “dentro di me”… ?
E
invece su quel letto avevo
lo stomaco contratto e non capivo più niente se non il calore delle tue
braccia
intorno a me, delle tue gambe che mi sfioravano, della tua bocca sulla
mia…
E non
lo so come non mi sono
perso in tutto quello, lì, sotto tutti quegli sguardi.
E mi
sono sentito sollevato
che Steven si fosse inventato quel lenzuolo tra le mie gambe, perché
altrimenti
niente mi avrebbe salvato dalla figura di merda più grossa della mia
vita...
perché mi stavo eccitando e il desiderio di te mi stava divorando…
E
quando è finita e non
abbiamo dovuto nemmeno replicarla perché era perfetta così, io non
sapevo più
chi ero e dove fossi.
E mi
sono ritrovato a
ringraziare non so chi perché se solo avessimo dovuto rifare la scena
perché a
Steven non era piaciuta, non sarei sopravvissuto.
E mi
sono sentito abbandonato
quando mi hai lasciato, e me ne sono dovuto andare via, inventandomi
quella
scusa idiota, senza guardare in faccia nessuno, perché ero talmente nel
panico
da riuscire a stento a mantenere quella specie di controllo che mi ha
impedito
di far capire a tutti lo stato in cui ero ridotto.
E’
stato un inferno e un
sogno ogni momento di tenerezza tra i due personaggi.
Ogni
volta che dovevamo
interpretare una parte intima, avrei voluto scappare, inventarmi
qualsiasi
cazzata per non farla, e al tempo stesso avrei voluto aver
l’opportunità di
ripeterla all’infinito perché…. maledizione!!! … perché nella realtà
non avrei
mai potuto farlo davvero con te al di fuori dei nostri ruoli.
E non
capivo perché avrei
voluto veramente baciarti e sentirti addosso a me.
Perché
ti cercavo in giro
per il set, negli studi, quando non riuscivo a vederti.
Perché
facevo di tutto per
attrarre la tua attenzione e per avere i tuoi occhi su di me.
Solo su
di me.
Non
riuscivo a
razionalizzare tutte le sensazioni che mi provocava guardarti o solo
starti
vicino.
E d’un
tratto non è più
servito a un cazzo ripetermi che era sicuramente suggestione.
Che
appena fossero finite le
riprese, tutto sarebbe passato.
No.
Anzi.
E stato
peggio!!
Appena
ho preso coscienza
del momento in cui sarebbe finita e che non ci saremmo più visti, il
panico è
aumentato.
E non
sono più riuscito a
guardarti, a starti vicino senza andare in confusione.
Senza
maledirmi per la mia
follia.
E mi è
mancato il respiro
come se all’improvviso mi fosse stato sottratto tutto l’ossigeno. –
Respiro
che gli viene meno definitivamente
dopo quel lungo sfogo, ingarbugliato e frenetico, senza interruzione.
Sputato
tutto di getto in un
crescendo di tensione che lo lascia esausto e vuoto e dolorante.
Ha
stretto talmente i pugni
sulle cosce senza rendersene conto da aver affondato le unghie nei
palmi delle
mani, e solo adesso ne avverte il bruciore sottile che lo costringe ad
aprirle
e a rivoltarle per capire da dove viene il malessere.
Se
dalla pelle o dall’interno
del cuore.
Tuttavia
le lacrime, ormai libere
e disperate, gli confondono la visuale e gli impediscono di mettere a
fuoco
qualsiasi immagine.
E
qualunque altro pensiero
coerente.
Così si
accartoccia su se
stesso quasi a voler sparire, esplodendo in un urlo soffocato.
Non si
accorge quasi che
Daniel lo ha raggiunto e si è inginocchiato davanti a lui, se non
quando sente
che lo prende per le braccia per spingerlo a risollevarsi.
Lo fa,
obbedendo al suo
comando gentile, sussultando a ogni singhiozzo, cercando di non
guardarlo,
incapace di sopportare il suo sguardo: qualunque espressione vi sia
impressa,
non la potrebbe sopportare.
-
Se
avessi continuato a guardarmi, probabilmente avresti visto lo specchio
della
tua pazzia in me, Hema… -
Una
rivelazione.
Tali
sono le parole che gli
piovono addosso dalla voce spezzata con cui Daniel gli si rivolge.
Una
confessione che non ha
previsto e che non avrebbe mai potuto immaginare nemmeno tra un milione
di
anni.
Che gli
frantuma
definitivamente il fiato in gola, gelandogli le lacrime nelle iridi e i
pensieri furiosi nella testa.
Sbatte
gli occhi gonfi,
annaspando quasi stesse soffocando sotto litri d’acqua.
Si
agita cercando di
scrollarsi di dosso la sua presa.
Daniel
non lo trattiene.
Così
come non ha osato
interromperlo nel suo lungo e disperato monologo.
Ma non
ve ne è bisogno
perché Hema non scappa, troppo sconvolto, paralizzato in quella
posizione, le
ginocchia affondate nella sabbia sottile che sfrega contro i jeans.
-
Cosa?
–
Lo
chiede o lo ha pensato
soltanto?
Non sa
dirselo.
Tutto
quel che riesce a
percepire sono le dita dell’uomo davanti a sé che gli si posano leggere
sul
volto e gli portano via le lacrime dagli occhi in carezze pietose e
gentili.
Riesce
finalmente a metterlo
a fuoco, registrando su quel volto che non gli sta dando pace da mesi,
la
medesima angoscia che sicuramente stravolge il suo.
In
quegli occhi verdissimi,
anch’essi lucidi di lacrime ancora fermamente trattenute, la medesima
prostrazione e confusione che attanagliano il suo cuore da settimane
senza
tregua.
Sgomento,
riconosce in lui
il suo stesso panico e non capisce.
Che sta
succedendo?
Possibile
che non sia stato
il solo a trovarsi in quella situazione assurda?
Daniel
pare leggergli nella
mente quando d’impulso lo avvolge nel proprio abbraccio, premendolo
piano sul
suo petto, e affondando il viso nei suoi capelli, gli sussurra:
-
Ogni
volta, fin dalla prima volta, che ti ho toccato… baciato… accarezzato…
abbracciato… ogni maledetta volta… ho voluto farlo davvero con un
desiderio
folle che non mi riconoscevo.
Non era
più finzione
scenica.
Non lo
è mai stata.
E ci ho
messo un po’ a
capirlo, esattamente come te.
Ma non
ho voluto fermarmi a
pensare perché quando ci ho provato, il mio cervello si è rifiutato di
ammettere l’unica verità che avrebbe potuto spiegare quel che mi stava
succedendo.
Che
avrebbe potuto dare un
nome all’immediata complicità che si era instaurata tra noi.
Alla
voglia irresistibile di
cercarti, di starti vicino ogni momento. –
Di
colpo si sente spingere
indietro.
Hema si
libera delle sue
braccia un po’ bruscamente, e gli punta in faccia due occhi pieni di
risentimento.
-
Perché
non mi hai mai detto niente di tutto questo? – Gli domanda, accusatorio.
-
Per
gli stessi motivi per cui non mi hai mai detto niente neppure tu,
immagino! –
Ammette lui candidamente.
-
Ci
ho messo quasi un anno per capacitarmi di questo… -
-
Abbiamo
vissuto gli stessi stati d’animo, a quanto pare… forse sarebbe stato
meglio
parlarne prima, ma… come avrei potuto immaginare quel che stavi
passando tu?
... Dopo la fine delle riprese non ci siamo più incrociati se non a
distanza
attraverso interviste sui nostri personaggi.
Sembra
quasi che ci siamo
evitati…. E… non lo so… forse è stato proprio così!
Con che
faccia avrei potuto parlarti
con il rischio di entrare nella tua vita da perfetto sconosciuto e
scombussolarti? Non ne avevo il diritto. –
-
Come
vedi io me ne sono fottuto di averne o no il diritto! –
A
Daniel sfugge una risata
mentre scrolla la testa.
-
Sei
stato più coraggioso di me! –
-
O
forse più incosciente! ... E’ che… a un certo punto… ho sentito che
dovevo
chiamarti… non so spiegarlo… era come se qualcosa mi spingesse a farlo
sicuro
che in qualche modo avresti capito… e… tu hai capito davvero! –
-
Pazzesco,
vero? –
-
…
Non lo so… non so niente! – Aggiunge scorato. - Mi sento come se fossi
capitato
in una realtà parallela e non fossi più io… e non è affatto una bella
sensazione… E più provo a cancellare tutto e ad andare avanti… più le
cose
peggiorano e ci affondo dentro. –
-
E’
così terribile? –
Hema
sgrana gli occhi incredulo:
che domanda gli sta facendo?
-
Daniel,
tu davvero non ti rendi conto? –
-
Di
cosa? Che probabilmente ci siamo innamorati sul set di un serial
televisivo? –
-
Zitto,
non dire cazzate! –
Daniel
inclina il capo da un
lato fissandolo con un’espressione indecifrabile.
Hema
rifletté disorientato che
quel gesto lo faceva spesso sul set quando voleva capire qualcosa che
gli
sfuggiva.
Non è
la prima volta che
glielo vede fare, né che ne viene in qualche modo soggiogato, come
rapito.
E si
sente ancora più
confuso di scoprirsi improvvisamente sensibile a un atteggiamento che
non gli dovrebbe
essere familiare e che invece, suo malgrado, lo è.
-
E
tu… - Indaga l’uomo lentamente, scrutandolo impietoso. - … come
definisci
quello che proviamo? –
-
E
che cazzo ne so? –
-
Hai
paura delle parole, Hema, e di quel che significano? –
-
E
tu da quando cazzo è che fai il filosofo? –
-
Cerco
solo di dare un nome alle cose: è l’unico modo che conosco per capirle…
Tu
invece che vuoi fare? … - Attende una risposta che non viene, perciò
aggiunge:
- Perché sei venuto
qui, Hema? –
Il
ragazzo trasale, ma tutto
quel che sa fare è scattare in piedi e mettere più distanza possibile
tra sé e
lui.
Daniel
lo segue con lo sguardo
allontanarsi verso la riva, si alza a sua volta, ma non lo segue,
lasciandogli
il tempo di raccogliere i pensieri.
E
concedendolo anche a se
stesso.
Che
cosa vuole lui?
Se lo
chiede.
Perché
malgrado Hema sia convinto che
quella storia gli stia scivolando addosso senza sconvolgerlo più di
tanto, le
cose stanno decisamente in modo diverso.
E
adesso più che mai ne è consapevole.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
Ha
la bocca riarsa, Hema.
È
cominciato con uno strano
formicolio sulle labbra.
Come
se a un tratto avesse sete.
E
non ha sete.
Di
questo è sicuro.
Non
è di acqua che sente il
bisogno.
Proprio
no.
Ma
non osa rivelare a se stesso il
segreto.
Non
può.
Ci
vuole un coraggio che ancora non
ha.
Che
lo sfugge e lo deride al tempo
stesso per le bugie che continua a raccontarsi.
Deglutisce.
Respira
un paio di volte.
Profondamente.
Mentre
il formicolio si propaga
sulle guance, su tra i capelli e giù per il collo, lungo le braccia,
sulla
punta delle dita, concentrandosi in una bolla irrequieta al centro del
cuore.
Se
ne rende conto solo ora, seduto
qui difronte la porta chiusa della camera da letto di Daniel, mentre
l'inquietudine moltiplica di pari passo con l'accelerare convulso dei
battiti
che lo assordano.
E
del sangue che gli pulsa rombando
nelle orecchie.
Da
quanto tempo sono seduti qui
nella penombra, lui e i suoi pensieri frenetici?
Non
lo sa.
Quello
che invece sa è che si è
girato e rigirato nel letto della propria camera per minuti eterni,
incapace di
capire perché d'un tratto una smania urticante si è impossessata di
ogni
cellula, fibra, lembo di pelle del proprio corpo.
Perché
all'improvviso le lenzuola
sono diventate lingue roventi che gli si sono appiccicate addosso come
fameliche braccia pronte a ghermirlo e a soffocarlo.
E
ha dovuto alzarsi.
Buttarsi
giù da quella trappola che
rischiava di ingoiarlo da un momento all'altro.
Allontanarsi.
E
cominciare a fare avanti e
indietro.
Senza
senso.
Avanti
e indietro.
Avanti
e indietro.
La
testa piena di pensieri che
hanno iniziato a litigare tra loro, urtandosi, strattonandosi,
confondendosi e
confondendolo.
E
la pelle che ha preso a
formicolare, a tendersi come una corda, all'inseguimento di strane,
improvvise
sensazioni.
Sensazioni
che non gli sono
sconosciute.
Oh
no, per niente!
Fino
a che è dovuto uscire.
Una
mano invisibile però gli
artiglia i capelli con le sue dita adunche e lo tira indietro,
inchiodandolo
alla parete difronte.
Facendolo
sudare freddo.
Costringendolo
a serrare i denti e
a imprecare contro se stesso.
Non
sa proprio dove trovare il
coraggio, Hema.
La
spinta che gli fa superare
l'ostacolo della propria, inutile, precaria razionalità e bussare a
quella
maledetta porta.
Varcare
quella soglia proibita, che
sogna e desidera e teme.
Non
sa come raccogliere le forze
per valicare il confine tra il corridoio e la camera al di là
della
parete.
L'invalicabile
muro eretto tra la
sua vita fatta di fragili e inutili sicurezze e il denso e oscuro
desiderio che
ha dell'uomo a pochi metri da lui.
Brucia.
Brucia
da dentro, Hema.
Lingue
di fuoco taglienti e
sferzanti che gli avvolgono lo stomaco, mandandogli brividi e
sfarfallii lungo
la spina dorsale.
Che
si proiettano giù per le gambe
e si concentrano subdole e incontrollate proprio al centro dell'inguine.
Irrigidendogli
i muscoli, che si
tendono e si dilatano in una morsa dolorosa, lancinante.
Divorano
spazio e rubano aria ai
suoi polmoni già contratti.
Inaridendogli
la gola.
Scivola
lungo la parete contro la
quale ha dovuto trovare sostegno perché le gambe gli tremano e non lo
reggono.
Il
gelo del muro gli ghiaccia la
schiena nuda e lo fa trasalire di dolore per il contrasto con la
propria pelle
bollente.
Posa
a terra il flaconcino di cristallo
e si rifiuta di guardarlo.
Non
vuole pensare perché lo ha
preso dal fondo dello zaino e se lo è portato con sé.
Piega
le ginocchia e vi puntella i
gomiti.
Si
porta le mani alla bocca, le fa
scivolare su per le guance.
Infila
le dita tra i capelli in quel
gesto disperato che fa di solito quando è in qualche situazione di
merda e non
sa come uscirne.
Prova
a inalare ossigeno dal naso.
Un
profondo respiro.
Più
profondo che può.
Più
a fondo che riesce fino a che
sente una fitta tra le costole.
E
schiude le labbra per gettarlo
fuori lentamente, assecondando inconsapevole le fitte di adrenalina
della
propria frustrazione.
Ma
l'ossigeno peggiora
ulteriormente la situazione.
La
cute morbida si tende sotto
l'alito bollente che ne secca l'umidità e tira, provocando un urticante
fastidio.
Il
formicolio aumenta.
Così
le contrae, le lambisce con la
punta della lingua, ne segue piano il contorno e prova a bagnarle di
saliva per
liberarsi di quella sensazione.
Inutilmente.
Rassegnati,
Hema.
È
inutile perder tempo a cercare soluzioni ed
escamotage.
Non
serve a niente.
Lo
senti, no, il cuore che continua a batterti come un
tamburo impazzito nella cassa toracica?
Il
sangue che ti scorre nelle vene, fluendo come lava
incandescente.
Il
tuo inguine che pulsa sempre più imperioso anche se
serri le gambe.
Quando
mai è servito chiudere le cosce per tenere a bada
gli ormoni che impazziscono?
E
la tua bocca è sempre più riarsa.
Dai
tuoi sensi che ti si rivoltano contro.
Ti
azzannano con le loro fauci affilate e insinuanti.
Da
questo desiderio ormai furioso di cui stai perdendo
il controllo.
Perché
lo stai perdendo il controllo, ragazzino.
Ammettilo.
Ammettilo
e piantala di combatterlo, che è una lotta
inutile e impari.
Dovresti
averlo capito ormai.
Nemmeno
tu sei così ottuso.
Altrimenti
non saresti davanti a questa dannata porta a
tormentarti.
Si
odia, Hema.
Per
la propria debolezza.
E
non sa se perché sente il bisogno
di cedervi o perché la sua determinazione è fragile come carta velina
bagnata
dalla pioggia.
Non
ha spina dorsale, lui.
Lo
sa.
Il
più delle volte preferisce
scappare che affrontare i propri demoni.
Sarebbe
così facile anche adesso.
Alzarsi
e ritornare al sicuro della
propria stanza.
Rigettarsi
su quel letto vuoto e
soffocare ogni voglia.
Anche
se non saprebbe come visto
quanto sta diventando prepotente.
Quale
potrebbe essere il rimedio
migliore?
La
solita, classica doccia fredda.
Perché
no?
Gli
rimarrebbe la frustrante
sensazione di insoddisfazione, però!
E
l'alternativa sarebbe altrettanto
snervante.
Se
ne rende conto mentre soffoca un
ringhio furioso e capisce che le uniche seghe capace di farsi al
momento sono
quelle mentali.
Che
lo stanno trafiggendo come
milioni di spilli tutti infilati sotto pelle dal suo atavico,
insopportabile,
maledetto autolesionismo.
E
gira la testa, cercando con lo
sguardo il flaconcino che ha lasciato al suo fianco.
Lo
recupera e lo nasconde nella
mano, serrandovi forte le dita intorno.
Proprio
non c'è la fa a guardarlo.
Perché
farlo sarebbe come fissare
in faccia quel suo desiderio ingestibile e inconfessabile.
Rendere
concreta e tangibile quella
parte sconosciuta di sé con cui non è ancora sceso a patti.
Che
tanto lo attrae e lo
terrorizza.
Che
non aveva mai pensato di
possedere.
Che
si è rivelata sempre più
potente e prevaricante.
Lei
si, saprebbe bene cosa farci
con il prezioso contenuto di quella boccetta di vetro.
Sospira,
tremando da capo a piedi
avviluppato da un unico brivido violento.
E
la porta d'un tratto si apre.
Nel
cono di debole luce che si
proietta su di lui e sulla parete alle sue spalle, i contorni del corpo
di
Daniel appaiono quasi come la visione di una creatura appena delineata.
Non
può impedirsi di sobbalzare per
lo spavento, Hema.
E
si dimentica completamente di
respirare.
Ora
che il suo sogno proibito si è
materializzato e non è più imbrigliato nei lacci della propria
immaginazione
isterica.
-
Hema! - Daniel si piega sulle
ginocchia, sorpreso e preoccupato di trovarlo sul pavimento, lì in
corridoio. -
Che c'è, stai male? -
Hema
solleva gli occhi su di lui, le
labbra schiuse e immote, e si accorge di quanto sia vicino.
Lo
percepisce dal calore che lo
invade.
Dal
profumo lieve e singolare che
gli viene dalla sua pelle e che gli è già così familiare.
E
non dovrebbe esserlo.
L'uomo
gli sfiora una guancia con
la mano per capire che succede, l'espressione tesa e apprensiva.
Sussulta
a quel contatto gentile,
che lo manda inevitabilmente in paranoia.
Non
gli è mai sembrato così bello e
irreale, abbracciato dalla penombra.
-
Perché sei qui, hai bisogno
di qualcosa? -
Hema
si concede di far
scorrere lo sguardo su di lui anche se ha una fottuta paura di non
reggere
quello che vedrà.
Daniel
indossa solo i pantaloni
leggeri del pigiama.
La
stoffa gli si tende sui muscoli
delle lunghe gambe piegate sotto il suo peso.
Disegna
sentieri perfetti e
infiniti.
Il
bagliore tenue che viene da un
lume acceso nella camera gli si proietta alle spalle, soffondendolo di
un alone
appena dorato, e scivola sinuoso sul suo collo, lungo le braccia e il
dorso,
morendo tra gli addominali piatti e giù lungo il ventre.
Vorrebbe
posare le dita su quella
pelle che sa essere chiara e liscia.
Farle
scorrere lente, seguendo le
pieghe dei muscoli.
Vorrebbe...
...
Inghiotte a vuoto lo spasmo
atroce che lo stomaco gli invia al cervello al solo pensiero.
La
gola lo graffia impedendogli di
riprovarci.
-
Hema! - Lo chiama ancora Daniel.
Che
non capisce la sua espressione
sconvolta e i suoi occhi scuri lucidi di lacrime.
-
Toccami! -
È
un sussurro.
Il
fantasma lieve di una supplica
disperata.
Che
sfugge alle sue labbra e vola
verso di lui.
Daniel
trema a sua volta, sorpreso
e incredulo.
Ha
capito bene?
Se
lo domanda.
Inevitabilmente.
DEVE
chiederselo.
Perché
non può permettersi il lusso
di fraintendere.
Di
capire una cosa per un'altra e
commettere qualche errore irreparabile.
Che
sarebbe troppo facile
sbagliare.
Troppo
semplice nello stato d'animo
in cui è da quando Hema ha messo piede in casa sua.
Dar
retta alla voce che gli grida
dentro, sempre quella, sempre la stessa, e che ha cercato di zittire
con tutte
le proprie forze fino a quel momento.
La
voce che gli soffia sotto pelle,
irradiandogli ogni cellula di brividi caldi e gelidi.
Che
gli sussurra di rincorrere
quegli occhi scuri così sfuggenti e spaventati.
Che
gli mormora di toccare ancora
il suo volto.
Quella
sua bocca che sa di morbido
e di dolce.
Che
lo ha spinto fuori dal proprio
letto e dalla propria camera a quell’ora della notte.
Davvero
sarebbe facile.
Equivocare.
Ascoltare
solo se stesso e i
segnali d'allarme del proprio corpo, che ha tenuto a bada fino a quel
momento
non sa nemmeno lui con quale forza.
Smettere
di controllare la mano che
si è appena sollevata a sfiorarlo e che ha urlato di disappunto per
esserne
stata allontanata.
E
lasciarla andare.
Da
sola.
Attratta
da lui come la falena
dalla luce mortale che può rivelarsi una strada senza uscita o la via
per il
proprio paradiso personale.
-
Toccami, ti prego, sto
bruciando!! -
E
tuttavia glielo ripete, Hema.
La
voce tormentata, appena udibile
pur nel silenzio intorno, incrinata dalla violenta emozione che lo sta
stritolando.
Sgretolando
la sua prudenza.
Il
buonsenso che Daniel si è
imposto come un dogma dal momento in cui lo ha baciato all'aeroporto.
Infrangendo
una volta e per tutte
ogni scrupolo.
Ogni
precauzione.
Mandando
al diavolo razionalità e
buoni propositi.
Trema,
Daniel.
Inevitabilmente
consapevole.
Sicuro
del significato della sua
supplica.
Delle
implicazioni.
Delle
conseguenze che essa avrà
sulle loro vite.
Ognuna
delle parole che hanno
composto la sua preghiera gli si insinua sotto la cute, scivolando e
sollevando
il tessuto come fogli sottili di ghiaccio.
Aprendogli
una voragine di dolore
violento in ogni parte del corpo.
Esplodendogli
nel petto.
Mandandogli
il cuore a sbattere
prepotentemente contro le ossa.
Scivolando
giù nello stomaco, che
si contorce di aspettativa e di ansia, e propagandosi rapido giù per le
gambe.
Un
respiro spezzato e tremante gli
sfugge dalle labbra schiuse per la sorpresa, e le ginocchia gli cedono,
costringendolo a poggiarle entrambe sul pavimento, una tra le gambe di
Hema e
l'altra all'esterno.
Così
non c'è più alcuna distanza di
sicurezza a dividerlo dal suo desiderio.
Dagli
occhi scuri e umidi di
lacrime del ragazzo, che non ha interrotto il contatto coi i suoi
nemmeno per
un istante.
Dalla
sua bocca socchiusa che
ancora non ricorda che prima o poi dovrà riprendere a respirare.
Piega
la testa verso quella di lui,
che è un tutt'uno con la parete.
La
inclina da un lato, appena un
poco, a un soffio dal proprio traguardo.
Che
è lì.
Riesce
finalmente a percepirne il
calore.
Non
deve più rincorrerne solo il
ricordo.
Gli
basta fare un altro piccolo,
impercettibile movimento, cancellare l'insignificante spazio che li
divide.
Perché
Hema non lo aiuterà.
Lo
sa.
Lui
se ne sta fermo, paralizzato
dalla paura, e non gli va incontro.
Non
gli facilita le cose.
Gli
lascia campo libero.
Il
potere di decidere.
Perché
dopo averlo supplicato, non
è più in grado di muovere un solo muscolo.
La
consapevolezza di aver varcato
la soglia proibita e agognata lo sta uccidendo.
Percepisce
solo il suo respiro che
si infrange sulle sue labbra e lo riscalda.
Il
suo corpo talmente vicino che si
sente soffocare dalla violenza del bisogno che ha di esso.
Eppure
lo sa che non lo sta
toccando.
Non
ancora.
Daniel
posa finalmente la propria
bocca sulla sua in un tocco lieve.
E
si ritrae come se si fosse
scottato.
Ci
riprova.
Lascia
il fantasma di un bacio
sulla parte superiore.
La
assaggia e gli piace: è soffice
e dolce come nel suo ricordo.
Come
ha potuto farne a meno proprio
non sa spiegarselo.
Gli
chiude il viso con entrambe le
mani e riprende a baciare le sue labbra, addossandolo alla parete con
il
proprio corpo.
Lento,
ipnotico, con limpida
innocenza.
Senza
pretendere niente.
Solo
labbra contro labbra, attimo
dopo attimo, centimetro per centimetro.
Assaggiando
il tessuto morbido e
umido, ingolosito dal suo sapore.
Rompendo
finalmente l'apnea
inconsapevole di Hema.
Facendolo
vibrare.
Riscuotendolo
dal torpore
paralizzante che lo ha tenuto inchiodato a terra.
Il
suo respiro si scontra con il
proprio.
Lo
beve avido.
Lo
rincorre, lasciando scivolare
piano la lingua alla sua ricerca.
È
una scarica assoluta di
adrenalina quando incontra la compagna al suo passaggio.
Che
le va incontro ansiosa,
offrendosi senza remora.
La
lambisce, lento, la imprigiona e
la sugge.
La
lascia un istante e la cattura
di nuovo più affamato che mai.
E
non c'è più traccia d'innocenza.
Nessuna
prudenza.
È
passione pura, senza lacci a
frenarne la voglia di divorarla.
È
desiderio di fondersi sempre più.
Di
incastrare ogni parte di sé con
ogni parte di lui.
Perché
non può esserci separazione,
vuoto, spazio.
A
dividerli.
Hema
lascia che le braccia si
muovano da sole verso di lui.
Incontrano
la pelle dei fianchi,
artigliano il lembo del pigiama.
Le
dita si intrappolano nella
stoffa e scivolano attraverso di essa, incontrando i solchi che i
muscoli
disegnano sul ventre.
Si
sente stordito, confuso,
eccitato all'inverosimile.
È
una sofferenza sottile,
insinuante e costante.
Che
cresce e si propaga in ogni sua
terminazione nervosa.
Ma
la avverte lo stesso.
La
paura.
Di
quel contatto.
E
scappa.
Costringendo
il braccio a tirar via
la mano verso l'alto, su per il fianco, in un punto più sicuro.
Non
c'è l'ha il coraggio di Nasir,
lui.
Sul
set era diverso.
Programmato.
Era
la parte che doveva
interpretare: la puttana romana redenta che incontra l'amore.
Conosceva
ogni gesto, sospiro o
sguardo che avrebbe dovuto recitare.
Nero
su bianco di un copione che
aveva imparato a memoria.
Adesso
c'è soltanto l'ignoto.
E
il corpo di Daniel contro il suo.
Non
è una bambola virtuale di una
scena fittizia.
È
reale.
Tangibile.
È
carne e muscoli.
E
respiri spezzati di
desiderio, che gli incendia la pelle.
C'è
un vortice di sensazioni
sconosciute e aggressive.
Di
paure e brividi.
Di
calore che lo avviluppa come
un'unica lingua di fuoco.
E
non sa niente.
Di
quello che deve fare.
Che
sta per succedere.
Non
vuole saperlo e non sa osare.
Non
ancora.
Forse
non ci riuscirà mai, nemmeno
dopo, anche se non sa cos'è quel "dopo" che lo attende.
Anche
se sa che quel
"dopo" lo vuole con tutto se stesso.
Quel
se stesso che non sapeva di
possedere fino a un anno prima.
Che
a tratti si stacca da lui e si
muove per conto proprio.
Che
se ne frega di lui e delle sue
fottute paure.
Che
si dibatte furioso e vorrebbe
lasciarlo indietro.
Correre
e bruciare tra le braccia
dell'uomo che lo sta baciando.
E
che urla e si ribella ai suoi
tentativi di tirare i lacci con cui lo imbriglia per riportarlo
indietro.
Attimi
infiniti e Daniel lo afferra
per i fianchi riportandolo lentamente in piedi con lui.
Appena
se ne accorge tanto è perso.
I
suoi sensi sono tutti allertati
come sensori sensibilissimi che vibrano a ogni nuova sensazione.
Sente
le sue braccia scivolargli
intorno alla vita, le mani scorrere sulla pelle della schiena e
allontanarlo
dal freddo della parete a cui era addossato.
Lo
attira contro di sé,
avvolgendolo, senza staccare la bocca dalla sua.
Quasi
non lo fa respirare coi suoi
continui assalti.
Ma
si guarda dal lamentarsene.
Gli
lascia il controllo di
qualunque cosa voglia fargli pur di non dover decidere da solo le
proprie
azioni.
Lo
segue cieco e fiducioso quando
Daniel lo sospinge piano verso l'interno della camera.
Percepisce
prepotente la pressione
pur delicata delle sue lunghe gambe che lo premono per guidarlo, e
rifugge ogni
altra percezione.
Si
concentra sui suoi muscoli che
gli si modellano addosso e su quel bacio interminabile, sfaccettato,
multiforme, dolcissimo nella sua irruenza.
Il
suo cervello sfugge ogni altra
consapevolezza.
E
poi gli piace.
Gli
piace troppo.
Sta
baciando un uomo ed è la cosa
più bella, eccitante e sconvolgente che gli sia mai capitata nella sua
breve
vita.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
Daniel
chiude la porta con un
calcio e ve lo spinge contro.
Si
ridisegna su di lui, lasciando
le braccia a scudo tra la sua pelle calda e il freddo della superficie
in vetro
satinato, quasi volesse proteggerlo.
Gli
fa scivolare un ginocchio tra
le gambe e Hema lo accoglie come fosse la cosa più giusta.
Lo
asseconda istintivo,
concedendogli tutto lo spazio di cui ha bisogno.
Un
piacere soffuso, vellutato, gli
si insinua lentamente in qualche recesso del cervello, che all'istante
lo
irradia al suo bassoventre, facendolo rabbrividire.
S'accorge
di non aver mai provato
niente del genere.
Mai
in nessuna delle sue esperienze
si è ritrovato in balia di sensazioni così violente.
Così
cariche di sfumature
controverse, dolci e dolorose allo stesso tempo da rubargli istanti di
respiro
senza riaverli indietro.
Quello
che prova è un groviglio
lacerante di caldo e gelo che si rincorrono in rivoli sottili sulla
pelle.
La
scomposizione del suo corpo, ma
soprattutto della sua anima in numerose piccole parti, ognuna
amplificata e
dilatata dalle percezioni che gli giungono da così tante direzioni
diverse da
non capire più niente.
Dalla
bocca che lo sta violando
insistente eppure paziente e riverente, con un bacio che non aveva mai
immaginato tanto sensuale e languido neppure nei suoi sogni
più spinti.
Da
cui è completamente rapito e al
quale si offre con ansia sempre crescente.
Dalle
dita che scivolano sui suoi
fianchi, leggere e possessive, in piccoli movimenti circolari e che
sembrano
disegnare immaginifici cerchi.
Contro
le quali si spinge
assecondandole istintivo.
Dal
torace di Daniel che preme il
suo morbidamente e di cui sente ogni linea, piega, angolatura dei
muscoli.
Il
cui contatto ustionante incoraggia,
incapace di privarsene.
Dal
suo ventre che gli si modella
sullo stomaco come un calco di sé perfettamente combaciante.
Da
un'erezione che proprio non può
ignorare neppure nella sua completa inesperienza di ciò che sta
avvenendo.
La
sente.
Contro
il fianco.
Inequivocabile
e reale.
Sempre
più tangibile.
E
d'un tratto prende coscienza che
è lui a provocarla.
Che
è merito suo se si sta
manifestando con tale prepotenza.
E
il cuore gli esplode in un moto
di irragionevole orgoglio.
Non
avrebbe mai immaginato di poter
avere tanto potere su quell'uomo bellissimo da eccitarlo a quel modo.
Lui,
piccolo e insignificante mezzo
maori, senza fiducia in sé stesso.
Un
brivido gli corre lungo la
schiena, facendolo tremare brutalmente.
Il
ginocchio che Daniel ha
insinuato tra le sue gambe lo sta accarezzando, premendo dolcemente, e
a tratti
più insistente, risvegliando anche la sua di erezione.
Quasi
non se ne era accorto fino a
quel momento, perso com’è nel vortice che lo sta avviluppando.
Ma
adesso gli diventa impossibile
ignorarla.
La
continua stimolazione gli sta
tendendo la pelle in uno spasmo che si sta trasformando in una fitta
sottile e
dolorante.
La
sua sete diventa ingestibile.
Annaspa
a corto d'aria.
Istintivamente
spinge i fianchi
contro la coscia di Daniel, cercando e chiedendo un appagamento ignoto.
È
una richiesta che a quanto pare
il suo corpo conosce e che la sua mente si rifiuta di contemplare.
E
non sa chi seguire.
Può
fare una cosa alla volta, Hema.
Quando
tutto diventa complicato,
può gestire una sola cosa alla volta.
Invece
si ritrova a inseguire una
quantità di bisogni che vanno in direzioni diverse.
Il
bacio.
Le
carezze.
L'eccitazione.
Ognuna
che reclama attenzione per
sé.
Alimentazione
e appagamento.
Gli
sembra di diventare pazzo.
Di
non riuscire più a connettere il
corpo al cervello.
Sono
diventate due entità distinte
e autonome.
Scisse
dalla sua volontà.
O
la sua volontà è quella del suo
corpo?
Che
chiede.
Chiede.
Chiede.
E
pretende.
E
ha fame e sete.
E
desidera.
Violentemente
desidera.
Perdersi.
All'infinito.
Ma
non ha il tempo di rincorrere
questi pensieri che ne viene strappato via da altri bisogni.
Altre
esigenze più imperiose.
La
bocca di Daniel scivola di lato,
umida di saliva e scende giù lungo il mento, inseguendo la curva del
collo.
La
punta della lingua lecca e
assaggia la pelle che le scorre sotto, avida e ingolosita.
Hema
lo insegue con la mente mentre
non può fare a meno di chiudere gli occhi e deglutire l’emozione che
gli vibra
lungo la spina dorsale.
Piega
la testa di lato per
lasciargli spazio.
Trema
e sospira e rabbrividisce.
E
non sa fare niente se non
lasciarlo procedere da solo.
Percepisce
le sue labbra incedere
lungo la curva tra il collo e la spalla, i denti che si aprono e si
richiudono
sulla clavicola senza tuttavia morderlo davvero.
Un
pensiero incoerente gli
attraversa la testa: vorrebbe che lo facesse.
Non
sa perché.
Non
lo capisce.
Ma
gli piacerebbe.
Il
solo volerlo lo eccita.
Ma
di nuovo non ha tempo per
soffermarsi.
Daniel
ha cambiato ancora
obiettivo, volubile, imprevedibile.
Se
lo sente strusciare addosso
mentre gli si piega davanti, le mani che gli tengono i fianchi, e
tracciare una
scia umida di baci al centro del petto, fino giù.
Dove
sta andando non lo intuisce,
sempre più smarrito, finché non avverte la sua lingua che si tuffa
nelle pieghe
minuscole del proprio ombelico.
Un
grido prorompe incontrollato
dalla sua bocca e gli si contraggono tutti i muscoli dello stomaco per
l’inatteso spasmo di ebbrezza che lo frusta.
Daniel
serra le dita e lo tiene
fermo nell’attimo in cui la sua schiena si piega all’indietro.
E
affonda ancora di più, succhiando
quel pezzo di pelle inquieto che cerca di sfuggirgli.
Con
la lingua gira intorno al
piccolo confine che lo delinea, lo sfiora coi denti, lo sugge ancora,
gli regala
piccoli baci.
Lo
sente tremare per l’ennesima
volta, e la consapevolezza di aver trovato un nuovo punto sensibile gli
fa
accelerare ancor più i battiti del cuore.
Lo
riempie di gioia scoprirlo così
ricettivo.
Gli
sembra simile a una sottile corda
che si tende continuamente ogni volta che semplicemente lo sfiora.
Che
risponde puntuale a ogni suo stimolo.
Lo
esalta all’inverosimile sentire
il suono dei suoi sospiri che si prolungano insieme ai brividi che gli
increspano la pelle.
Vuole
sentirne altri e di più.
Lascia
scivolare le dita intorno al
bordo dei pantaloni del pigiama che gli cingono la vita in un gesto
lento,
inseguendo il profilo del tessuto morbido.
Tira
piano in basso cedendo un
piccolo spazio sufficiente perché la bocca scivoli in piccoli baci
sulla pelle
dell’anca.
Con
la lingua traccia sottili
sentieri intorno e irrimediabilmente lo sente fremere e contrarsi.
Scosta
ancora un poco la stoffa e
continua a seguire il sentiero che va da un’anca all’altra lungo il
ventre
irrequieto.
Con
il movimento struscia il mento
sulla sua erezione e di colpo Hema sobbalza come trafitto da mille
spilli
bollenti.
Indietreggia
istintivamente andando
a sbattere contro la porta alle sue spalle.
Daniel
lo trattiene altrettanto
istintivo e solleva la testa verso di lui senza mettere che pochi
millimetri
tra sé e il suo corpo.
Incontra
i suoi occhi confusi e
sgranati dalla sorpresa di quel che prova e che lo ha fatto sussultare.
Sembra
soprattutto sconvolto e in
un certo senso lo capisce: egli stesso lo è se si ferma a riflettere.
Ma
non vuole.
Non
in quel momento.
Niente
considerazioni.
Niente
analisi.
Nessun
ragionamento.
Ciò
che vuole, in quel momento, è
una cosa sola e non l’ha mai desiderata tanto.
Non
gli importa se non l’ha nemmeno
mai sognato prima di quel momento.
Se
quello è un uomo.
Se
“lui” è un uomo.
Non
gliene frega un cazzo.
Vuole
per sé i sospiri di quella
voce sottile trasfigurata dalle emozioni che gli suscita.
Il
tepore soffice della sua pelle
che sfiora appena la sua senza che lo abbia ancora neppure toccato
davvero.
Lo
vuole.
Lo
vuole.
Lo
vuole.
E
non è così ipocrita da mentirsi:
lo vuole in ogni senso.
In
“quel” senso e in tutti gli
altri che la mente intorpidita gli sta suggerendo frenetica mentre lui
sta
perdendo tempo a contemplare lo sgomento sul volto di Hema.
Una
fitta dolorosa lo strappa brutalmente
alle proprie, fugaci elucubrazioni, propagandosi spietata lungo la
spina
dorsale e torcendogli lo stomaco e l’inguine.
D’impulso
stringe le mani che
ancora indugiano intorno ai fianchi del ragazzo, e affonda il volto nel
suo
ventre.
Sospira
e rilascia il fiato caldo,
combattendo contro il proprio desiderio che lo artiglia spietato sempre
più
insistente.
Indugia.
Prende
per sé un attimo di tempo
mentre avverte che il controllo sta per sfuggirgli di mano e che, lo
sa, non
farà niente per trattenerlo.
Hema
ha l’ennesimo sussulto e
irrigidisce i muscoli, scombussolato dal bruciore del suo respiro.
Non
sa se vuole fuggire a tutto
quello o lasciarsi andare.
Ha
paura.
Ancora.
Sempre
di più.
Paura
e desiderio.
Che
lo tirano in due direzioni opposte
e lo lacerano, facendo in pezzi ogni pensiero sensato che tenta di
mettere
insieme.
Daniel
fa un gesto di diniego con
il capo come a voler replicare a un proprio pensiero.
Così
facendo struscia la guancia e
la barba ispida graffia l’epidermide ipersensibile che sta artigliando.
Il
ragazzo si contrae di nuovo e si
lascia sfuggire un ansito sofferto.
Il
respiro gli si sta spezzettando
in gola per l’ansia.
Non
ce la fa più.
Gli
tremano anche le gambe.
Se
non fosse per la presa ferrea di
Daniel, sarebbe già crollato piegato in due.
Poi,
di colpo, smette di pompare
ossigeno.
Si
dimentica come si fa.
Non
ne ha più memoria.
Ha
una vertigine che gli annebbia
il cervello e la vista.
Non
capisce che succede.
Se
non quando comincia a sentir
freddo, e caldo e di nuovo freddo in una successione rapida e
inspiegabile.
Daniel
ha fatto pressione con le
mani sull’elastico dei pantaloni, spingendoli lento, ma inesorabile,
verso terra.
Giù,
lungo le cosce, fino ai piedi.
Hema
si ritrova nudo,
completamente, avvolto solo dalle braccia dell’uomo davanti a sé.
Ogni
centimetro di pelle preme
contro quella di lui.
Ogni
fibra, cellula, terminazione
nervosa, tutto è allertato, in fibrillazione sotto le mani che
imperiose e pur
gentili lo percorrono dal basso verso l’alto, accarezzandolo in gesti
concentrici, delicati.
Si
insinuano sicure tra le pieghe
del suo corpo, esplorandolo e sfiorandolo, indugiando maliziose sui
suoi glutei
irrigiditi dallo stupore.
Le
dita scivolano nel solco tra i
due, lambiscono rapide la pelle sensibile e vanno più giù, tanto
furtive che
non sa se lo ha solo immaginato o se lo hanno davvero toccato là.
Un
grumo di aspettativa gli si
concentra furibondo tra lo stomaco e le ginocchia.
Vuole…
Non
sa che cosa vuole in
quell’istante incredibile.
E
ogni sua capacità di capirlo si
annienta quando quelle dita si concentrano inusitatamente tra i suoi
testicoli
gonfi, e contemporaneamente Daniel lascia scivolare la bocca sul suo
membro.
Una
scarica potente di adrenalina
lo investe con tale intensità che sente la propria voce urlare senza
averlo
davvero voluto.
Si
piega di scatto in avanti e
punta le mani sulle spalle davanti a sé.
Daniel
gli artiglia il sedere,
impedendogli di sottrarsi.
Affonda
il volto e inala a pieni
polmoni.
Il
ragazzo spalanca gli occhi senza
riuscire a vedere alcunché davanti.
Lo
sente.
Lì.
Che
lo respira.
Che
sta facendo?
Si
domanda spiazzato.
Nessuno
gli ha mai fatto una cosa
simile.
L’imbarazzo
e il caos gli
distorcono la realtà.
Vorrebbe
sottrarsi.
Ma
è solo un impulso dettato da
sovrastrutture mentali radicate.
Non
lo vuole davvero.
Se
ne rende conto un attimo dopo
averlo avvertito.
Quello
che desidera è sconvolgente
e sconveniente.
-
Dan…iellll
!!! –
-
Mmm,
hai un così buon odore! – La
labbra di Daniel sfiorano la pelle sensibile e il respiro che
scaturisce da
esse gliela riscalda, accelerandogli i battiti del cuore.
Non
può averlo detto.
Averlo
detto davvero!
Non
può!
Eppure
Daniel l’ha detto.
E
lo pensa.
Quello
che gli invade i polmoni è
un profumo nuovo con un retrogusto conosciuto.
E’
il proprio bagnoschiuma alla
vaniglia che ha usato per farsi la doccia e il “suo” odore.
Dolce,
diverso da qualunque altro.
Non
è delicato come quello di una
donna.
No.
E’
qualcosa di diverso, ma non sa
ancora definirlo.
Un
mix che gli sta entrando lentamente
sotto la pelle e gli piace.
Lascia
uscire la lingua fra le
labbra e lo sfiora cauto, d’un tratto preoccupato che quel gesto più
intimo
glielo sottragga dalle mani e lo spinga a fuggire.
Invece
accade che le dita del
ragazzo si stringono ancora di più sulle sue spalle, graffiandolo per
la
sensazione folle che gli ha provocato.
E
insiste, meno prudente.
Lambisce
di nuovo la punta
imperlata e le gira intorno in piccoli cerchi.
Hema
si contorce urlando qualcosa
di intellegibile mentre stringe i denti.
Lui
sorride e continua, chiudendo
piano le labbra sul glande ipersensibile.
Sugge
piano la carne morbida e dura
al tempo stesso, assaggiando il suo sapore sconosciuto, appena salato,
sconvolgente e inebriante come niente altro.
-
Oddio!!-
Geme Hema, irrigidendosi e
chiudendo gli occhi.
E’
così strano.
Così
… invadente.
Fantastico.
Sbagliato.
Daniel
affonda e lo avviluppa con
un movimento unico, avvolge la lingua intorno alla punta, gliela
stuzzica,
spinge contro il piccolo, sensibilissimo taglio che la divide.
Il
ragazzo geme forte e apre gli
occhi di scatto rimanendo senza fiato.
Lui
lo guarda e succhia più forte,
euforico per le fiamme che gli scorge nelle iridi scure.
Lo
sente che si agita sotto le sue
mani, che lo stringono sempre più forti.
Lo
percepisce mentre si tende, e
cresce, e si irrigidisce per gestire il piacere che gli si sta
irradiando
violento in ogni terminazione nervosa.
Insiste
imponendogli un ritmo suo,
spingendoselo ancora più in fondo come a volerlo inglobare tutto in sé.
E
vibra bruscamente, Hema.
Si
inarca, lasciando le sue spalle
e piegandosi all’indietro contro il freddo vetro.
Che
lo fa sobbalzare ancora più.
Agita
le mani, vorrebbe toccarlo,
afferrargli la testa e obbligarlo al suo ritmo.
Ma
non lo fa perché è troppo
sconvolto.
Incredulo.
Così
solleva le braccia e artiglia
i propri capelli, fuori di sé, e respira pesantemente, singhiozzando,
muovendo
i fianchi contro la bocca famelica che lo sta divorando, offrendoglisi
senza
pudore, in cerca di un appagamento furioso che tarda ad arrivare.
-
Dan... Daniel, io... -
Articola
a fatica le parole, Hema.
Sta
tremando da capo a piedi, sferzato da ondate sempre più
insostenibili che gli soffocano il respiro.
È
sul punto di non ritorno.
Lo
sente distintamente mentre il centro del suo universo si è
ormai concentrato in quell'unico, folle punto che gli sta mandando a
fuoco il
ventre.
La
bocca di Daniel.
Che
lo divora.
Lo
ingloba.
Lo
annienta.
E
non lo lascia andare.
Non
lo libera.
Accelera
e poi rallenta quando intuisce che lo sta portando
sull'orlo del precipizio, prolungando spietato la sua agonia.
Come
fa?
Come
diavolo fa a capirlo?
A
sapere quando riportarlo indietro, facendolo impazzire
d'insoddisfazione?
Come?
Urla,
frustrato.
Stringe
i denti e urla.
E
Daniel in risposta gli dà il colpo di grazia, come obbedendo a
un riflesso condizionato.
Succhia
più forte, sempre di più, finché non lo avverte che gli si
paralizza tra le mani, e gli esplode in bocca incontrollato.
Il
cuore gli esulta nel petto d'eccitazione.
Un
liquido caldo gli scorre lungo la gola mentre lo ingoia.
Non
sa se gli piace.
Non
gli importa.
Gli
è sufficiente guardare in su il ragazzo esausto, il respiro
spezzato, che si sta abbandonando lentamente senza forze, consapevole
di essere
lui l'artefice del suo sfinimento, per sentirsi soddisfatto, felice.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
Hema
gli cade addosso, dimentico
che avrebbe voluto scostarsi, allontanarsi prima che fosse stato troppo
tardi.
Prima
di venire in quel modo tanto
indecente, disdicevole, favoloso, incredibile!
Daniel
lo accoglie tra le braccia e
con una spinta si rimette in piedi, accompagna la sua testa molle
contro la
propria spalle e vi poggia la guancia.
È
una sensazione morbida e tenera
quella che prova in quel momento.
Che
per un istante sovrasta e mette
in ombra l'eccitazione e il desiderio null'affatto sopiti nel sangue,
che
ancora gli scorre rapido nelle vene.
Istintivamente
gli posa un bacio
sulla tempia, sorridendo.
Poi
si gira e lo adagia di traverso
sul letto.
Lo
guarda che socchiude le labbra
per incanalare un po’ di ossigeno nei polmoni, lo stomaco che si
contrae al
ritmo dell'orgasmo non del tutto scemato, abbandonato sulle lenzuola,
gli occhi
chiusi, le gambe e le braccia mollemente adagiate.
Sembra
così indifeso, piccolo,
sconvolto, perduto.
È
bellissimo!
Da
mangiare.
Assaggiare.
Divorare
di baci.
Non
resiste: lo vuole!
Ancora.
Più
di prima se possibile.
Con
più determinazione.
Gli
si stende accanto, lascia
scivolare una gamba tra le sue, che non gli oppongono alcuna resistenza.
Mette
le braccia ai lati della sua
testa senza tuttavia gravargli addosso e si china.
Il
fiato caldo e agitato che esce
dalla sua bocca tremante gli riscalda il volto.
Rimane
a fissarlo affascinato, gli
occhi che seguono i contorni delle labbra e il suo delizioso contenuto
che,
inconsapevole, in un gesto istintivo, le lambisce per umettarle.
Vorace
cala su di esse e cattura la
sua lingua, invadendolo con la propria.
Hema
sgrana gli occhi, colto di
sorpresa, ma non ha tempo di formulare alcun pensiero, che viene
trascinato via
dalla danza ipnotica e insistente che ingaggiano.
Cosi
dimentica di ritornare in sé.
Dimentica
che è sbagliato.
Tutto quel che sta accadendo.
E’
tutto sbagliato!
Dimentica
chi è.
Dimentica.
Daniel
gli prende la testa e gliela
tiene ferma mentre lo esplora, lento, famelico, incalzandolo, senza
concedergli
tregua, sempre più ingolosito, affamato di lui e del suo sapore.
Il
ragazzo si muove sotto di lui,
si contorce nel poco spazio che ha tra sé e il corpo bollente che lo
sovrasta.
Agita
le gambe, mandandole a
sfregare contro quelle di Daniel, che lo avvolgono, insinuandosi tra
esse, i
piedi che lo sfiorano e scivolano sulle lenzuola.
Muove
il bacino ansioso, non sa
neppure lui di cosa, e così facendo comprime il proprio sesso ancora
semi
eretto contro la stoffa morbida del pigiama che avvolge la coscia
dell'uomo.
Una
scossa potente gli si scatena,
propagandosi in ogni recesso.
Sobbalza,
dolorosamente sferzato.
Mugola
e geme nella sua bocca, ma
Daniel non lo libera.
Anzi,
lo tiene più fermo, gli
artiglia i capelli e affonda ancor più, imprigionandogli la lingua tra
i denti
e suggendola prepotente.
Cielo!
E’
una sensazione così assurda e
fantastica che gli dà alla testa come se improvvisamente fosse ubriaco.
Non
capisce più niente.
In
risposta artiglia l'aria intorno
che gli manca con le mani che cominciano a vagare sulla sua schiena
tesa e
morbida.
In
una di esse, stretta a pugno,
tiene ancora il flaconcino di cristallo.
Non
osa lasciarlo andare, anche se
aveva dimenticato anche quello fino a un momento prima.
Poi
finalmente Daniel gli consente
di riprendere fiato, liberandolo dal proprio assalto.
I
loro respiri mescolati e
frenetici gli unici suoni che rotolano tra le pareti della camera.
Gli
bacia la guancia, il mento, lascia
una scia umida di saliva con la lingua mentre gli ridisegna la linea
del collo.
Prende
morbidamente tra i denti un
lembo di pelle e lo succhia forte, arrossandolo.
-
Cristo, sei così dolce! - Impreca,
incredulo.
Semina
piccoli baci sul suo petto,
devia a sinistra fino a incontrare la punta turgida e scura del
capezzolo.
Lo
prende delicatamente tra i denti
e piano lo tira.
Hema
grida e si inarca
violentemente, cozzando contro il suo torace, un muro d'acciaio
ustionante che
lo stordisce.
Daniel
sorride esaltato e il
giovane lo sente distintamente contro la pelle.
Inghiotte
un grumo denso di
desiderio e di impazienza, e lo lascia andare.
Con
la punta della lingua lecca la
piccola punta ipersensibile una, due, tre volte, mandandogli una
cascata di
brividi terribili in ogni dove, sbriciolandogli il fiato in minuscole,
tragiche
convulsioni, intanto raggiunge l'altro capezzolo, lo prende tra le
dita, lo
stringe e lo tende.
Per
l'ennesima volta Hema si
contorce contro di lui, piega la schiena all'indietro come a voler
sfuggire a
quell'eccesso di piacere che non sa come gestire, che lo scombussola e
lo
confonde.
Ansima
e singhiozza senza sosta,
fuori controllo.
Gli
sembra di impazzire.
Di
voluttà.
Di
gioia.
Di
dolore.
Di
disperazione.
È
tutto così nuovo e meraviglioso.
Così
dolce e brusco al tempo
stesso.
Gli
poggia la mano libera su un
fianco e la lascia scivolare in una carezza languida, inseguendo il
sangue che
gli si scioglie dentro come cioccolato fuso dal calore intossicante in
cui è
avvolto.
Lo
sente liscio e soffice come seta
sotto le dita.
Piacevole
e invitante.
E
una parte, minuscola ed
esterrefatta, della propria coscienza lo trova così incredibile: non
avrebbe
mai pensato che il corpo di un uomo potesse esserlo.
Ma
lui lo è e questo gli soffonde il
cuore di felicità e di languore.
-
Cos'hai qui? -
La
voce un po' ansante di Daniel
all'improvviso lo strappa alle sue precarie riflessioni.
Gli
ha preso la mano sinistra nella
sua, spasmodicamente rimasta chiusa a pugno per tutto quel tempo,
feroce custode
del suo segreto, e la ruota quel poco per scorgere le dita
ostinatamente
serrate.
Ma
lui non se ne è accorto.
Fino
a quel momento.
Il
panico.
Lo
coglie all'istante, freddandolo
e facendolo riemergere dal suo sogno erotico.
Schiude
gli occhi e invece di
guardare il suo interlocutore, fissa la propria mano con il respiro che
gli si incastra
in gola.
Daniel
attende che lui la apra, ma
Hema neppure ci pensa.
Così
afferra le sue dita e,
attento, ma determinato, gliele distende una per una finché ricompare
il palmo,
segnato dalle unghie che hanno lasciato cicatrici, tanto si sono
conficcate
nella pelle, e.... il suo contenuto.
-
Che cos'è? - Chiede
di nuovo, incuriosito dal cilindro di
vetro trasparente, avvolto in un'etichetta elegante di color argento.
-
Niente! - È la prima, stupida,
istintiva risposta che gli sale alle labbra riarse.
Daniel
aggrotta la fronte un po’
disorientato.
Nota
che Hema non ha il coraggio di
guardarlo, come se fosse improvvisamente in forte imbarazzo.
È
la cosa lo fa sorridere: cosa può
imbarazzarlo più di quel che è appena accaduto?
Sta
per prendere il flaconcino, ma
Hema di scatto sottrae la mano bruscamente e fa per girarsi su un
fianco e
darsi alla fuga.
Ma
lui reagisce più velocemente e
lo blocca sotto di sé.
-
Hey, piccolo, calmati! - Cerca di
blandirlo, la voce bassa, dolce, per non spaventarlo.
Perché
Hema improvvisamente si
inquieta e non ha a che fare con l'eccitazione di un attimo prima.
Vede
che continua a sottrarsi alla
sua attenzione.
Che
lo sguardo vaga in ogni dove
tranne che su di lui.
Non
lo può sopportare.
Li
vuole su di sé quegli occhi
scuri tormentati e ancora illanguiditi dal piacere che gli ha saputo
dare.
E
soprattutto gli manda una fitta
al cuore la sua improvvisa angoscia.
Cauto
porta una mano lieve sulla sua
guancia e fa pressione perché si volti verso di lui.
Hema
dapprima gli oppone
resistenza, il cuore a mille e una paura fottuta di dover spiegare
l'inspiegabile.
Si
maledice per la propria
vigliaccheria.
E
maledice Katrin per averlo messo
in quella situazione del cazzo.
E
di nuovo impreca contro se stesso
per essersi lasciato convincere dalle sue teorie.
Poi
si rende conto che Daniel non
lo lascerà andare così facilmente e si arrende.
Alza
lo sguardo e incontra il
sorriso incoraggiante sul suo volto.
Non
vede ironia.
Nessuna
espressione divertita o
sarcastica.
Soltanto
il suo bellissimo sorriso
e una luce gentile negli occhi che d'un tratto gli riscaldano l'anima.
-
Va tutto bene! -
Il
suo sussurro gli sfiora le
orecchie ed è un balsamo lenitivo che gli dà un poco di forza.
-
È un olio essenziale. - Mormora.
E
non sa se le ha pronunciate
quelle parole o le ha solo pensate.
Daniel
coglie a malapena il
significato e si avvicina di più a lui per riuscire a sentirlo.
-
Cosa? -
Hema
sospira, colmo di vergogna: si
può sprofondare attraverso il materasso e scomparire?
Si?
Si
può?
Si
domanda disperato, facendo
appello a qualunque entità superiore lo stia ascoltando, pregandola di
esaudire
il suo unico desiderio.
Il
particolare, null'affatto
trascurabile, che tutto il corpo di Daniel prema contro proprio,
completamente
nudo, non gli è certamente di aiuto.
-
Me... lo ha dato un'amica... -
Aggiunge, cercando di alzare la voce.
Inutilmente.
Daniel
annuisce per incoraggiarlo a
proseguire.
E
per trarlo d''impaccio piega la
testa accanto alla sua, gli sfiora la tempia con un bacio e lo
accarezza con la
guancia dolcemente, evitando di fissarlo, offrendogli così l'orecchio.
Il
ragazzo trasale, ma comprende e
un moto di gratitudine gli soffonde il cuore di gioia.
Forse
così, senza i suoi occhi
chiari che lo scrutano fin dentro, riuscirà a parlargli senza voler
desiderare
di sparire.
Non
tanto.
...
Almeno!!
Deglutisce
e riprende fiato.
C'è
la può fare.
Dice
a se stesso.
Dopo
quello che è successo tra loro
pochi minuti prima.
Dopo
“quello” … !!!
Non
c’è niente altro che non può
fare.
Se
lo ripete.
Niente
affatto convinto.
Però!!
Apre
la bocca, ma non produce alcun
suono.
Le
parole non escono.
Non
si formano, quasi nemmeno nella
sua testa.
Come
può dire ad alta voce certe
cose?
Non
è riuscito ad assimilarle lui
stesso, come può tradurle in suoni, dandogli così corpo, facendoli
diventare
realtà?
Dopo
non potrà più tornare
indietro.
Mai
più.
-
Hey,
calmati, così ti scoppia il
cuore! – Daniel ritorna da lui e stavolta lo guarda dritto negli occhi,
mentre
gli poggia una mano sul petto all’altezza del cuore, che batte
all’impazzata e
corre impazzito.
Si
china su di lui e lo bacia
lieve, sfiorandogli appena le labbra esangui.
-
Non
è necessario che mi spieghi
niente se non te la senti, qualunque cosa sia! – Gli sussurra
dolcemente.
Hema
rilascia il fiato che ha
trattenuto per l’ennesima volta e scuote la testa.
-
Che…
stiamo facendo? – Chiede.
-
Niente
che tu non voglia. –
-
Daniel…?
–
-
Si,
piccolo? -
Una
piega contrariata gli si forma
in mezzo alla fronte.
-
Non
chiamarmi “piccolo”! – Lo
redarguisce a denti stretti.
Daniel
vorrebbe sorridere, ma si
trattiene: non sa come ci riesce, ma sente che se lo fa, potrebbe
provocare in
lui qualche reazione spiacevole, e non vuole.
Hema
è così teso.
Spaurito.
Continua
a tremargli tra le braccia
e ha paura che di questo passo possa perdere il controllo.
-
Scusami!
... Vuoi che ci fermiamo
qui? -
-
NO!!
– La risposta è una protesta
imprevista, colma di rabbia e di ansia.
Si
spinge verso di lui nel dirlo,
disperato.
L’uomo
lo fissa sorpreso, e lui si
rende conto da solo della propria reazione esagerata.
-
No…
no, per favore! – Bisbiglia e
distoglie lo sguardo.
Si
gira appena nel suo abbraccio e
corre a nascondere il volto nella sua spalla.
Si
rannicchia tutto contro di lui e
per lunghi istanti appena respira, combattuto dalle sue mille angosce.
Daniel
non gli dice niente,
disorientato.
Lo
stringe un po’ di più tra le proprie
braccia e aspetta.
Gli
fa male vederlo in quello
stato.
Vorrebbe
sollevarlo in qualche
modo.
Rassicurarlo
che davvero va tutto
bene.
Qualunque
cosa sarà di quella
strana notte.
Ma
cosa può dirgli che possa
strapparlo al suo terrore?
O
fare?
Il
suo desiderio di lui gli tiene
stretto le viscere in un maglio d’acciaio, e non si allenta.
Anzi,
più il tempo passa, più lo
sente così vicino, più si acuisce.
Ha
i muscoli tesi e indolenziti
dalla smania di toccarlo.
La
bocca riarsa dalla voglia di
affondare di nuovo nella sua.
Assaggiarla
ancora all’infinito.
Bere
il suo sapore.
Il
corpo gli pulsa dolorosamente
contro la sua pelle nuda, divisi soltanto dalla stoffa leggera dei
proprio
pantaloni.
Sta
cercando di dominare i propri
impulsi.
E
non è mai stato così difficile.
Ma
come può cercare il proprio
appagamento, egoista e sferzante, infischiandosene della lotta
interiore che
sta divorando il ragazzo che tiene tra le proprie braccia?
Ancor
più perché capisce
perfettamente il suo stato d’animo.
Lo
sa che cosa sta provando.
Lui
stesso avverte il medesimo
smarrimento per quella situazione inedita e imprevista.
E
l’unica ragione per cui riesce a
tenerlo a bada, a rimanere sordo ai segnali che riemergono a ondate
dalla sua
coscienza, è proprio lo sgomento di Hema.
Se
si lasciasse andare che ne
sarebbe del precario equilibrio in cui si sta dibattendo?
Non
lo può abbandonare a se stesso.
Hema
si gira di nuovo nel suo
abbraccio strappandolo alle sue elucubrazioni.
-
Hey! - Lo accoglie
con un sorriso appena accennato.
Il
ragazzo rimane con il capo
appoggiato alla sua spalla accogliente, e solleva tra sé e il torace di
Daniel
la mano, custode della preziosa e misteriosa ampolla.
Ispira,
profondamente, e rilascia
il fiato, riscaldandogli la pelle chiara.
L'uomo
avverte un piacevole e
insistente rimescolamento nello stomaco e ispira a sua volta.
Respirarlo
è una sensazione così elettrizzante!
Ma
non aggiunge altro, attendendo
da lui qualche segnale.
-
Ha voluto che lo portassi con
me... - Comincia Hema, a bassa voce, appena udibile, evitando di
guardarlo. -
... Perché dice che... noi non siamo come loro... -
"Loro"
chi?”
Si
chiede Daniel automaticamente,
cercando di seguirlo in un discorso di cui ancora non riesce a
comprendere il
senso.
-
Loro, le donne! - Specifica il
ragazzo, rispondendo al suo muto interrogativo, quasi gli avesse letto
nel
pensiero. - ... Ho cercato di farla smettere, ma non ha sentito
ragioni. Ha
insistito che ... ci sarebbe stato utile quando... Ecco quando....
Insomma... -
Agita
la mano chiusa come se
bastasse a chiarire il misterioso concetto che non riesce a tradurre in
parole.
E
d'un tratto Daniel viene colto da
un'illuminazione.
Improvvisa.
Rivelatrice.
Che
gli fa intuire il significato
delle sue parole smozzicate, aprendogli sorprendentemente un mondo.
-
Oddio! – Esclama, incapace di
trattenersi.
Hema
sussulta e finalmente trova il
coraggio di guardarlo in faccia, incapace di interpretare la sua uscita.
S'incupisce
all'istante, diviso tra
paura e indignazione.
-
Se solo osi ridere di me per
questa cosa, giuro che ti butto giù dal letto e ti ammazzo di botte,
hai
capito?! -
La
minaccia furibonda gli esce
dalle labbra tutta d'un fiato.
E
l'adrenalina gli si scatena nelle
vene all'istante, infiammandolo e facendolo agitare sotto di lui.
Daniel
lo trattiene e scuote il
capo.
-
No, no, calma!!... Ho capito a
cosa serve... Credo che dovresti ringraziare questa tua amica invece di
essere
arrabbiato con lei. -
-
Cosa? -
-
Sa di noi, allora... Come? Le hai
parlato... -
-
L'ha capito prima ancora che me
ne rendessi conto io stesso. -
-
Davvero? - Daniel è stupito.
-
È stata lei a costringermi ad
ammetterlo... A .... a parlarne! -
-
E.... come ha fatto? -
-
Dice che... era talmente evidente
che ci fosse qualcosa tra noi che... solo due cretini come me e te
potevano
metterci tutto questo tempo per rendersene conto! -
-
Hey, come si permette questa?
Neanche la conosco e ... -
-
Si che la conosci, e anche lei
conosce te! -
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
Si
che la conosci.
E
anche lei conosce te!
Daniel
lo guarda inevitabilmente
sorpreso.
Non
capisce che amicizia possano
avere in comune, che conosca entrambi tanto bene da sentirsi
autorizzata a
entrare nella loro futura intimità a gamba tesa!
Che
si prenda addirittura la
libertà di insultarli e procurargli un lubrificante!!!
Si
muove appena su di lui, agitato
dal pensiero sgradevole.
È
così facendo gli sfiora le
caviglie con un piede, mandandogli l'ennesimo fremito lungo le gambe.
Hema
socchiude gli occhi d'istinto
e ingoia un sospiro inopportuno, mentre un rivolo bollente di desiderio
gli fa
contorcere le viscere suo malgrado.
Cielo,
si rende conto dell'effetto
che gli fa?
A
quanto pare no.
O
si?
Un
angolo della bocca di Daniel si
piega improvvisamente in un sorriso misterioso e il suo sguardo gli
penetra
attraverso la pelle tanto diventa intenso.
Le
iridi chiare ritornano liquide,
si dilatano, mischiandosi a ombre inquietanti che inseguono improvvisi
e
sconosciuti pensieri!
Non
gli importa proprio niente
dell'identità della ficcanaso indiscreta.
È
un argomento che può benissimo
essere rimandato a data da destinarsi.
Ha
altre priorità adesso, quelle no
che non può rinviarle.
La
certezza che non possa neppure
la creatura spaventata e invitante che ha tra le braccia, gli dà le
vertigini.
Gli
prende l'ampolla dalla mano e
la guarda.
Emana
un buon profumo che al
momento non sa identificare, anche se ha la sensazione di conoscerlo.
Dolce,
lievemente talcato.
Gli
fa venire in mente qualcosa di muschiato,
dalla fragranza orientale, persistente, ma discreto.
Gli
piace.
-
È ambra! - Gli svela Hema in un
sussurro caldo a pochi centimetri dalle sue labbra.
Ambra.
Le
lettere gli si disegnano nella
mente intanto che gli occhi tracciano ingolositi il profilo della sua
bocca.
Ecco
perché il senso di
familiarità: somiglia al Prada pur home
che usa da un po’ di anni.
Una
luce consapevole gli soffonde
lo sguardo.
-
Mi sembrava di conoscerlo! –
Mormora, accorciando impercettibilmente la distanza sottile che,
importuna, li
divide.
-
Devo aver detto a Katrina che mi
piaceva il profumo che indossavi, perciò ha preso questa fragranza! -
-
Katrina... La "nostra"
Katrina? -
Un'intuizione
improvvisa.
Hema
annuisce.
Daniel
scuote la testa a sorride.
-
E brava, sempre attenta ai
particolari quella donna: non le sfugge niente! -
-
Anche troppo! -
-
Così ti piace il mio profumo? -
-
Cosa? -
-
Hai detto che ti piace il mio
profumo! -
Perché
glielo chiede?
Con
quel tono sensuale, poi, che
gli fa accapponare la pelle!
Hema
non comprende.
È
ancor meno riesce a decifrare la
strana luce che per un istante, ne è sicuro, gli ha attraversato lo
sguardo.
Il
cuore gli fa il centesimo balzo
nel petto e non può impedire alla gola di contrarsi ancora.
-
Ti... ti dà... fastidio? - Mormora
d'un tratto turbato.
Forse
non avrebbe dovuto
confessarglielo?
Daniel
non sorride più.
Perché?
Scuote
il capo in un gesto di
diniego, lentamente.
Ma
non sorride.
Che
ha detto di male?
Tuttavia
non ha tempo di
inquietarsi: lui annulla la distanza che ancora li separa, cala sulla
sua bocca
schiusa e se ne appropria.
-
A me fa impazzire il tuo! - Gli
sussurra emozionato.
Depone
un piccolo bacio all'angolo.
Con
la punta della lingua delinea
il contorno del labbro superiore.
Gli
bacia l'altro angolo, mandandogli
un sospiro bollente all'interno.
Poi
disegna quello inferiore.
Il
ragazzo si spinge contro di lui
istintivo, con il fiato già di nuovo accorciato.
-
Tu... L'odore della tua pelle...
Il sapore della tua bocca... non li ho mai dimenticati! -
Un
languore struggente e doloroso
sferza impietoso ogni recesso del proprio corpo.
Ogni
nervo, muscolo, lembo di
epidermide, tira e si tende di desiderio.
-
Da...nie..el, ... ! - Smozzica le
lettere, Hema.
Le
mutila suo malgrado, travolto
dal significato inedito di quelle parole così intime, sincere.
Nessuno
gli ha mai
detto niente del genere, neppure la sua ragazza.
È
una sensazione talmente
devastante quella che gli si scatena tra il petto e lo stomaco.
Una
scarica elettrica a bassa
frequenza, sotterranea, che gli solleva gli strati di epidermide come
un
terremoto che scuote un terreno fragile, incendiandogli ogni millimetro
a poco
a poco.
Non
ha mai pensato di aver bisogno
di sentirsele dire.
Ha
sempre creduto che le parole, in
certi momenti, è meglio non cercarle.
E
soprattutto non pronunciarle.
Perché
le emozioni sono traditrici
e rubano razionalità e controllo.
Lui
poi non riesce ad esprimerle
senza combinare pasticci.
È
incapace di metterle insieme in
condizioni normali, figurarsi in piena tempesta ormonale come in quel
momento!!!
Eppure
ora che Daniel gliele ha
dedicate.
Che
le ha pronunciate.
Per
lui.
Soltanto
per lui.
Adesso
sa che gli erano necessarie
e che le vuole solo per sé.
E
le desidera soltanto dalla voce
che gliele ha appena sussurrate.
Non
dalla sua ragazza.
Un
brivido gelido gli paralizza per
un attimo la spina dorsale.
Ma
scaccia la brutta sensazione
dalla testa e si abbandona completamente al bacio languido e imperioso
del
compagno.
Gli
getta le braccia al collo,
spingendosi ancor più nella sua bocca, offrendoglisi totalmente.
Daniel
lo solleva dalle lenzuola,
tirandoselo addosso quasi con furia, lo trascina di peso in ginocchio
tra le
sue gambe, le braccia intorno alla sua schiena, le mani che sì
impadroniscono
della sua testa e la guidano secondo il proprio, irrefrenabile bisogno
di
averlo.
È
quasi una lotta, improvvisa,
incontrollabile, quella che si scatena.
Respiri
spezzati.
Lingue
che si intrecciano, avide si
assaggiano, si succhiano, esplorano in profondità, lacerate da una
frenesia folle,
inquieta, necessaria.
Dita
che afferrano capelli.
Tirano
impietose.
Accarezzano
lembi di pelle, che
rabbrividisce e suda.
Percorrono
cieche le pieghe del
corpo, inseguendone curiose i confini e i segreti.
Spandendo
brividi e brividi
violenti, incalzanti.
Quelle
di Hema si impigliano
improvvisamente nell'unico strato di stoffa che come un baluardo
inespugnato,
ancora li separa: i pantaloni del pigiama di Daniel.
Entrambi
consapevoli dell'ostacolo,
si staccano, il fiato corto, l'adrenalina che li incalza e li divora.
Si
guardano e come rispondendo a un
muto sincronismo, Daniel si solleva in ginocchio, allargando un po' le
braccia
per fargli spazio e invitarlo toglierli.
Hema
li afferra sui fianchi.
Esita
un attimo, colto da una fitta
di timore incomprensibile.
Ingoia
un nodo di saliva e
desiderio allo spettacolo dei suoi addominali perfetti che si
contraggono per il
medesimo capriccio.
Sente
improvvisa la voglia di
posarvi le labbra e baciarli.
Assaggiarne
il sapore con la
lingua.
Così
strattona e tira giù il
pigiama smettendo di respirare.
Daniel
lo aiuta a liberarsene,
glielo strappa dalle mani e lo fa volare via attraverso la stanza.
Il
ragazzo solleva gli occhi nei
suoi smarrito.
Raccoglie
un profondo respiro, che
però gli si incastra ostinato nei polmoni.
Ha
come una vertigine davanti al
suo corpo prorompente.
Perché
lo desidera così tanto?
È
il corpo di un uomo quello.
Un
uomo.
Come
lui.
Perché
ne è così affascinato?
Rapito?
Ci
ha perso il sonno a pensarlo.
A
volerlo con ogni fibra del proprio essere.
La
testa se ne è andata per conto suo ... quante volte?
Inseguendo
il profilo perfetto dei suoi muscoli.
Le
curve delle spalle, dei fianchi.
Ogni
volta che lo ha pensato gli si è mozzato il respiro.
Contratta
la gola.
Scombussolato
e disorientato dalla veemenza delle sensazioni che
ha provato.
Niente
di diverso da quel preciso momento.
Anzi.
Adesso
è peggio.
È
tutto più violento.
Ingestibile.
Forte.
Avvolto
e trascinato dalla sua vicinanza reale.
Dal
calore che sprigiona e lo avviluppa anche se gli sta lontano.
Daniel
solleva un braccio verso di lui, annullando la distanza, e
con il dorso della mano gli sfiora la guancia.
Hema
inclina il capo istintivamente.
Le
dita scivolano giù seguendo la linea del collo e lo avviluppano.
Accarezzano
piano la pelle morbida, scatenando gli inevitabili
brividi lungo la spina dorsale.
Daniel
avverte la vibrazione e lo attira verso di sé,
impadronendosi della sua bocca e violandola per un attimo con impeto
violento,
poi sostituendolo con più dolcezza.
Non
può e non vuole essere brusco, anche se la frenesia è sempre
lì, nello stomaco e nella testa, che combatte e scalcia, armata di
tutto punto
come una belva feroce, e non si fa scrupolo di dilaniarlo per prevalere.
Ma
non vuole.
Perciò
lo bacia lento.
S'intrufola
piano e sfiora la sua lingua con la propria, la
sospinge, invitandola, assaggiandola.
Il
languore e il piacere che ne scaturisce lo destabilizza e lo
inebria.
Sente
una dolcezza quasi insensata pervaderlo.
Non
sono soltanto sensi e carne e pelle.
È
qualcos'altro.
Che
va al di là della mera voglia di sesso.
Non
vuole solo averlo.
Qualunque
cosa vorrà dire quella notte.
Vuole
ogni cosa di lui.
Vuole
tutto.
Il
suo corpo e i suoi pensieri.
E
anche le sue paure e i suoi dubbi.
Vuole
tenerlo tra le braccia e cullarlo.
Dargli
piacere.
E
pace.
E
prenderne per sé.
Ma
vuole anche dissipare lo smarrimento e il disappunto che gli
legge negli occhi da quando è arrivato.
Anche
se non sa se ci riuscirà.
È
l'unico pensiero, questo, che pur rimanendo ai margini della propria
mente, gli punge un angolo del cuore.
Hema
si scosta per riprendere fiato e lui glielo concede.
Si
sposta di lato, semina di baci la tempia, lambisce con la punta
della lingua l'orecchio, sugge il lobo morbido.
Insegue
di nuovo la linea del collo che ha sfiorato appena un
attimo prima con le dita, lasciando una scia di saliva che s infiamma e
si gela
al proprio passaggio.
Gli
si muove intorno e si ritrova alle sue spalle.
Sconvolto,
Hema si tende e piega la testa all'indietro.
Trova
sostegno sulla sua spalla, e per qualche momento vi rimane
abbandonato mentre avverte le carezze gentili che le mani di lui gli
lasciano
lungo i fianchi, su per lo stomaco, indugiando sui capezzoli
inturgiditi e
appuntiti come piccoli spilli.
Ah,
gli fa quasi male, tanto è sensibile in quei punti!!
D'impulso
vorrebbe sottrarvisi, turbato dal dolore.
Ma
è così assurdamente piacevole!!!
E
le sue dita sono così delicate e insistenti.
E
sembrano sapere come toccarlo per farlo vibrare in quel modo
terribile.
-
Aaahhhhhh!!! -
Gli
sfugge un sospiro.
È
un altro si aggiunge, più lungo e profondo quando sente la
lingua impertinente tratteggiare il solco della spina dorsale.
Sussulta
bruscamente.
La
pelle gli si raggrinzisce di gelo per il tremolio che lo frusta.
Il
piacere che prova sotto quel gesto lo costringe a piegarsi di
lato e a scivolare lungo disteso sulle lenzuola sfatte.
La
testa affonda nei cuscini che incontra e le braccia si
puntellano per non crollare.
Inarca
la schiena offrendosi così inconsapevolmente al compagno
che non lo lascia.
Che
si piega su di lui e non interrompe la tortura a cui lo sta
sottoponendo, assaggiando la sua pelle sudata un millimetro per volta.
Che
indugia nella curva dell'osso sacro, e continua a scendere
verso un percorso sempre più sensibile e proibito.
È
qui che le mani di Daniel avvolgono i suoi fianchi inquieti fino
a coprire ognuna i glutei.
Li
stringono piano e li trattengono quando provano a tendersi per
l'emozione.
La
lingua disegna piccoli cerchi umidi e si insinua tra essi.
Vi
preme il volto per qualche momento, come a volersi concedere
una pausa dalla tensione che lo sta aggredendo senza riguardo.
Ispira
profondamente mentre le lunghe dita si contraggono
autonome.
Ha
un buon odore, Hema, di bagnoschiuma, di fresco e caldo.
E
di sé.
Lo
fa impazzire di desiderio.
Vuole
sentire il suo sapore.
Assaggiare
quella parte così intima e delicata e sensibile.
E
lo fa, senza preavviso, lasciando che la lingua si insinui nel
solco e lecchi timidamente la piccola, magica, misteriosa rosa che
custodisce.
Il
ragazzo scatta come folgorato, affondando ancora di più il viso
nei cuscini.
Soffocandovi
un grido di pura e incontrollata eccitazione.
È
così facendo si spinge contro di lui e la sua carezza, che si fa
immediatamente più indiscreta.
Sente
distintamente i cerchi che la sua lingua gli disegnano
intorno, risvegliando brutale ogni terminazione nervosa.
È
così intensa la sensazione da stordirlo e confonderlo.
Il
cuore e il sangue impazziscono, e il ronzio furibondo nelle
orecchie diventa frastornante!
Istanti
o un tempo infinito, è solo la perdita di nozione di tempo
a sovrastarlo, mentre si perde nelle sensazioni che prova.
Mentre
percepisce il momento in cui la lingua si insinua ed entra
in lui.
Come
i muscoli si contraggono e si rilassano intorno ad essa in un
ritmo proprio e dissociato dalla propria volontà, facendole spazio,
concedendole l'accesso come se non avesse fatto altro fino a quel
momento.
E
all'improvviso non gli basta più avere solo quel piccolo muscolo
sfacciato che lo viola.
Vuole
di più.
Quel
"di più" cui ha anelato nei suoi sogni e nelle sue
fantasie più oscene, rifuggendo dal confessarlo a se stesso,
sconcertato e
scandalizzato.
Come
se gli avesse letto nel pensiero, o semplicemente
condividendo la sua folle, irrefrenabile smania, Daniel cerca e trova
il
flaconcino di olio essenziale tra le pieghe delle lenzuola, lo apre
alla cieca
e fa scorrere qualche goccia tra le dita.
Che
si impregnano del liquido profumato e scivoloso.
Pur
a malincuore si allontana da lui.
Hema
viene aggredito d'un tratto da una sgradevole sensazione di
abbandono appena la bocca si stacca da sé.
Tuttavia
non ha il tempo di protestare il proprio disappunto, che
sente tutto il corpo di Daniel percorrere il proprio dal basso in alto,
fino a
ritrovarselo completamente addosso, le labbra che si attaccano al suo
collo e
lo rapiscono, regalandogli mille baci.
Soggiogato
e distratto, appena realizza la spinta prudente e lenta
delle dita di lui che gli entrano dentro, giocando con i muscoli che
automaticamente si contraggono intorno ad esse, e si lasciano
massaggiare
arrendevoli in quei cerchi concentrici sconcertanti.
-
Rilassati! -
Sembra
che gli venga suggerito nell'orecchio dalla voce di Daniel,
roca e bassa.
È
trasfigurata dall'emozione e terribilmente inquietante.
Hema
rabbrividisce al suo suono e obbedisce istintivamente al
comando.
Non
vuole altro in quel momento incredibile che lasciarsi andare e
concedergli ogni cosa.
Anzi,
gli va incontro e lo asseconda come se il corpo conoscesse
da sé ciò che, è sicuro, se si fermasse a riflettere, la sua mente non
saprebbe.
D'un
tratto la sua schiena si piega all'indietro in un arco teso
nel momento in cui percepisce che non sono più le lunghe dita di Daniel
a
possederlo, ma è la sua eccitazione, dura, imperiosa e ingombrante che
sta
premendo tra le sue cosce per farsi strada.
Fa
pressione sulle braccia e si solleva dai cuscini.
Si
sente inquieto, il respiro gli esce dai polmoni a singhiozzi
spezzettati, il ventre gli si contrae spasmodico e un unico pensiero
gli invade
la testa, violento e sfrenato: offrirglisi e accoglierlo.
Adesso.
Adesso.
Oohhhhhh!!!!
Spalanca
gli occhi tra le poche luci della stanza quando la punta
gli scivola tra le natiche, trovando la strada nella sua piccola
apertura, e vi
affonda di qualche centimetro.
E’
una sensazione così singolare.
Calda.
Umida.
Invadente,
ma dolce.
Piacevole.
Furiosamente
allettante.
E’
anche dolore.
Ma
è stranamente una sensazione sfumata, indefinita come un sogno.
In
quel momento due istinti si scontrano e si contraddicono:
quello di sottrarsi all'intrusione e quello di spingersi verso di essa
con
forza.
È
una lotta che lo aggredisce, disorientandolo.
Daniel
si ferma, però, respirando affrettato nel suo orecchio.
Lo
bacia appena sotto il lobo e vi struscia il naso contro.
Gli
passa un braccio intorno ai fianchi e apre la mano sul suo
ventre agitato, premendolo contro di sé con dolcezza.
-
Fermami, non voglio farti male! -
Hema
trova il coraggio di girarsi verso di lui e incontra il suo
sguardo: preoccupazione e desiderio sono un misto di ombre che gli
entrano nel
cuore prim'ancora che il suo sesso pulsante.
È
sincero quando gli dice quelle parole, lo sa.
E
tutta l'inquietudine scompare magicamente.
Lo
bacia sulla bocca, ingoiando il suo fiato bollente.
Fiducioso
reclina il capo sulla sua spalla e si lascia andare.
-
Non farlo, ti prego! -
È
un sussurro quello che riesce ad articolare mentre tremando si
spinge contro di lui.
Lo
accoglie, tutto, dentro di sé, facendosi invadere completamente
le viscere.
Un
abisso improvvisamente si spalanca nel suo corpo e nella sua
testa.
Una
voragine infinita segue la percezione, non solo fisica, di
essere totalmente riempito.
E
nel momento in cui, dopo un istante di immobilismo, Daniel
imprime il primo movimento dei fianchi per assestargli
una delicatissima
spinta, una scarica di adrenalina potente e devastante si propaga dal
centro
della loro unione in ogni direzione, facendo impazzire il mondo intorno.
Hema
artiglia le lenzuola, quasi strappandole.
Apre
la bocca, non sa se per rubare l'aria che di colpo gli manca
o se per gridare il proprio, furente piacere.
Daniel
lo guarda affascinato.
Si
muove lentamente, obbedendo a un puro istinto, ingoia la
sensazione meravigliosa e sconosciuta di sentire i suoi muscoli che lo
stringono e lo trattengono, assecondandolo e assorbendolo.
Gioia
ed esaltazione.
Euforia
e dolcezza.
Contrazioni
scivolose e morbide come non ne ha mai provate nella
sua vita.
E
caldo.
E
sudore.
Brucianti.
È
pelle che si incendia e si dilata e si restringe.
Cerca
la sua bocca e la trova subito, disponibile, affamata quanto
è più della propria.
Vi
si fonde in un bacio umido, fatto di labbra, di lingue, di
morsi che non fanno male, e che moltiplicano l'eccitazione
incontrollata che
sta montando dentro come un'onda.
La
mano che ha tenuto fino a quel momento sul suo ventre, avvolge
il suo membro in una voluttuosa, morbida e indiscreta masturbazione,
infiammando
ulteriormente i sensi.
Quanto
può far impazzire un momento simile?
Quest'universo
sconosciuto e tremendo che si è spalancato,
ingoiando la realtà, sempre più fumosa e distante.
Oscuro,
eppure luminoso, di cui non hanno avuto coscienza fino a
questo istante.
Che
si espande ogni attimo di più nei corpi e nelle anime, e li
sta conducendo, lento e inesorabile, a perdersi e a fondersi come non
avrebbero
mai osato pensare.
Non
è solo carne e sesso.
Lo
sanno entrambi.
È
consapevolezza di spiriti che si sono cercati prima ancora di
capirlo.
Il
cui trovarsi è sgomento e confusione.
Ma
potrebbe essere anche la realizzazione di un sogno che non
sapevano di avere.
-
Dan....iel...!!!! -
-
...
Si, amore!? -
Sussurri
affrettati si perdono in respiri scomposti.
Le
bocche si dividono, avide di ossigeno che non trovano.
Hema
rovescia la testa all'indietro, poggia la nuca sulla sua spalla in
cerca di
sostegno al proprio corpo squassato da un tremore sempre più
insostenibile.
Annaspa
e miagola e singhiozza per gli spasmi sempre più violenti.
Daniel
lo morde alla base del collo, chiude i denti sulla sua pelle madida di
sudore,
la segna e la sugge in sincrono con le spinte.
Ruota
i fianchi alla ricerca di un'altra inclinazione nell'anfratto
strettissimo che
lo stringe, sprofonda e spinge ancora, facendolo urlare e ruggendo egli
stesso
la propria follia.
In
un
impeto frenetico si tira su e se lo solleva in grembo di peso.
Sta
per perdere il controllo, lo avverte prepotente, mentre lo imprigiona
circondandogli il busto con il braccio libero, schiena contro petto.
L'altra
mano continua a tormentargli inesorabile il membro rigido e
congestionato,
pompando a ritmo con le loro spinte.
Il
ragazzo tenta di raggiungerlo e posarvi la propria mano, non capisce se
per
contribuire o se per fermare l'ondata di piacere che gli arriva da
quella
direzione e si somma a tutto il resto, facendolo andare fuori di testa.
Ma
Daniel gliela sospinge via con uno schiaffo poco gentile, quasi
rabbioso, e
riprende a masturbarlo, premendo i suoi testicoli gonfi e doloranti,
infilando
ovunque le dita.
È
insistente e delicato al tempo stesso.
Sembra
conoscere ogni sfumatura per farlo godere anche se lui non ê in grado
di
suggerirgli nulla, sempre più perso.
Così
non osa più intromettersi e solleva le braccia, allacciandogliele
intorno al
collo e stringendoglisi addosso.
Lo
segue nei movimenti che ora sono sempre più rapidi man mano che l'acme
sale e si
propaga ingestibile.
Chiude
gli occhi e si lascia travolgere dal fiume di sensazioni che gli
giungono
ovunque incessanti.
Lo
sta
trascinando con sé sull'orlo di un precipizio senza ritorno.
È
lí,
sul bordo di un baratro profondo, inevitabile, che lo condurrà a una
morte
lenta e fantastica.
Lo
sente.
Mentre
annaspa insieme a lui.
Mentre
ogni singola cellula vibra e si frantuma ed esplode.
Mentre
ogni tendine, muscolo, lembo di pelle si allunga, si tende e si spezza.
Mentre
un unico grido riempie di schegge impazzite lo spazio e il silenzio
intorno.
E
ogni
cosa diventa una sola, rovente, lancinante pulsazione bianco latte.
E
acceca e uccide!
All'infinito.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Le
ciglia
hanno un fremito e le labbra si schiudono sotto l'ennesima carezza.
Un
respiro tiepido e dolce trasmigra
dalla bocca di Hema a quella di Daniel, che lo beve e lo sigilla con un
altro
bacio morbido.
-
Hey! - Lo saluta sottovoce.
Il
tono è sollevato dopo gli attimi
di apprensione che lo hanno diviso da lui.
Il
ragazzo apre appena un poco le
palpebre, incontrando il suo sorriso trattenuto.
Preoccupato?
Perché?
-
Hey! - Risponde in un sussurro.
Gli
viene da sorridere e non sa
perché.
-
Stai bene? -
Hema
lo fissa disorientato, incapace
di capire perché glielo chiede.
Poi
lascia vagare lo sguardo intorno
tra i giochi di luce che il lume alle loro spalle continua a disegnare
intorno
nella stanza.
E
lo riporta a lui.
-
Si! -
Lo
ammette candido.
Sta
benissimo.
Non
è mai stato meglio in tutta la
sua vita.
Si
sente leggero, quasi senza peso.
Avverte
ogni parte del proprio corpo
rilassata, lieve, fresca.
La
pelle piacevolmente indolenzita.
Sta
meravigliosamente.
E’
Felice.
Appagato.
Eppure
Daniel non è tranquillo.
E
non può ignorarlo.
L'inquietudine
gli si insinua come
una sottile scheggia in mezzo al petto, perché non capisce.
Solleva
una mano e gliela poggia su
una guancia.
La
barba già di un giorno gli
solletica morbidamente il palmo.
Daniel
vi si struscia contro.
Il
sorriso gli si allarga sul volto
e raggiunge gli occhi chiari, dissipando le ombre.
-
Hai perso i sensi. - Gli svela
cauto. - Mi hai fatto preoccupare! –
Oh!
Hema
sbatte gli occhi stranito:
conserva il ricordo di ognuno degli istanti incredibili dell’assurdo,
fantastico amplesso che hanno vissuto... Quanto tempo prima?
Per
quanto si affanni a cercare tra
le pieghe della mente, non ne conserva la cognizione.
Sa
solo che improvvisamente,
sull'orlo della straordinaria follia di cui è stato preda, una luce
morbida,
dolorosa, bianca, lo ha avvolto tutto come un abbraccio dolcissimo e ha
lasciato andare ogni cosa alla deriva, se stesso per primo, pago di
perdersi.
Richiude
gli occhi sotto il peso
della consapevolezza di quell'estasi imprevista e sospira di nuovo.
È
felice.
Come
non crede di essere mai stato
prima di quel momento.
Può
dirlo ad alta voce?
O
è meglio se lo tiene per sé così
da evitarsi la figura della femminuccia melensa che si lascia andare
alle
romanticherie sdolcinate?
Eppure
è proprio così che si sente!!
È
ridicolo, ma gli sembra di essere
sospeso su una nuvola bianca e rosa.
Il
rosa non è mai stato il suo
colore preferito!
E
ancora più assurdo è che gli sale
su la voglia di gridarlo al mondo intero.
Cazzo,
non è mica la prima volta
che fa sesso!
Non
con un uomo.
Lo
rimbecca puntualmente la
maledetta coscienza, puntigliosa e importuna come al solito.
Ok!
Certo...
No...
Sesso...
È
stato quello?
...
Sesso?
Soltanto?
-
Amore? –
La
voce che adora di più - da quando
lo è diventata? - lo richiama, strappandolo alle sue elucubrazioni.
No.
Non
è stato sesso.
Quanta
paura gli fa ammetterlo senza
aver avuto il tempo di prepararsi?
-
Non chiamarmi così! - Lo
rimprovera, strappando a forza i propri
occhi dalla giada liquida e magnetica in cui si sente affogare ogni
volta che
la guarda.
Perché
gli dà fastidio essere
chiamato in quel modo se gli è venuto spontaneo, come se vi si
riconoscesse?
Non
se lo spiega e la cosa lo irrita
ancora di più.
Daniel
si ritrae impercettibilmente,
tuttavia non si fa scoraggiare.
Dopo
un istante di disappunto, gli
si ridisegna sulle labbra uno dei suoi sorrisi obliqui, di quelli
ironici di
quando sta per prenderlo per i fondelli.
Hema
lo scorge suo malgrado e gli
scocca un’occhiataccia.
-
Piccolo
no, amore no… dolcezza?
-
-
Imbecille,
piantala! –
-
“Imbecille”
non mi suona molto
romantico! – Lo irride lui.
Il
pugno parte in automatico, ma
senza tutta la convinzione che Hema vorrebbe.
Infatti
Daniel lo intercetta
facilmente e lo intrappola nella propria mano, ma invece di rispondere
alla sua
presunta aggressione, glielo scioglie e si piega a baciargli il polso e
il
palmo.
Il
ragazzo sussulta: un rivolo di
gelo gli sferza la spina dorsale per l’intenso piacere che lo coglie di
sorpresa
a quel semplice gesto.
Per
un istante ha l’istinto di
sottrarsi tanto per mantenere il cipiglio.
Ma
la mano non gli obbedisce,
decidendo di propria volontà che ci guadagna di più a schiudersi in una
muta
richiesta a farsi baciare ancora.
E
ancora.
Il
respiro comincia a sgretolarsi
mentre le labbra di Daniel risalgono dal polso all’interno del braccio.
Indugiano
nell’incavo del gomito e
succhiano la pelle morbida.
La
sensazione è così piacevole da
fargli contrarre lo stomaco e l’inguine in uno spasmo quasi doloroso.
E
il particolare non irrilevante che
il corpo di Daniel gli si incolli addosso facendo aderire ogni
centimetro al
suo non lo aiuta di certo a mantenere almeno un briciolo di lucidità.
-
Perché mi fai questo? -
L'interrogativo
cade come un
macigno tra le increspature soffuse e morbide dei mille, piccoli baci
leggeri
che gli piovono addosso, marchiando un centimetro per volta la
sua pelle
sensibile e accaldata, che a dispetto della mente sgomenta, si protende
attraverso
impercettibili fremiti per chiederne di più, all'infinito.
Che
sembra domandare nel suo
muto linguaggio di non fermarsi mai.
È
un sussurro emozionato.
Un
bisbiglio curioso e
sorpreso.
Parole
che si insinuano
discrete nel silenzio intorno in cui sono avvolti.
Non
un rimprovero.
Eppure
Daniel solleva il
capo freddato, come se all'improvviso fosse stato preso in pieno da una
secchiata d'acqua gelida.
-
Non vuoi? - Gli chiede
turbato.
Se
gli rispondesse di
no....
Quell'eventualità,
che non
ha nemmeno preso in considerazione, gli manda uno scarto al cuore,
facendolo
vacillare anche se è sdraiato.
Hema
ingoia l'ansito di
piacere che gli si è raggrumato in gola, e fissa ostinato il tatuaggio
tribale
che gli copre l'avambraccio, e su cui fino a qualche istante prima era
posata
la bocca calda dell'amante, quasi avesse paura di guardare lui.
-
Non è quello che ti ho
chiesto. - Puntualizza, mentre dentro di sé scalcia e urla
perché le sue
labbra ritornino dov'erano.
E
sa che non troverà mai il
coraggio di chiederglielo a voce alta.
Daniel
si agita
disorientato, strusciando inconsapevolmente le lunghe gambe contro le
sue.
Il
giovane chiude per un
momento gli occhi, stroncato da uno spasmo sconvolgente.
-
Ti sto infastidendo?
-
Lui
scrolla la testa sul
cuscino e riapre gli occhi, ma sfugge ancora quelli di lui, preferendo
fissare
il soffitto sopra di sé.
-
No... è... è piacevole! –
Sente se stesso ammettere con sufficiente dignità da non
sentirsi stupido.
Una
vampata di calore
ustionante lo attraversa da capo a piedi: è arrossito, lo sa, e
ringrazia le
ombre intorno che lo aiutano a nasconderlo.
Dio, hanno
appena fatto
sesso!
Gli
ha appena concesso una
parte di sé che neppure sapeva esistesse nei propri concetti di
intimità.
Hanno
oltrepassato, in
qualche modo, una soglia proibita e scabrosa.
Allora
perché è così
difficile da farlo sentire in imbarazzo come una verginella alle prime
armi?
Cazzo,
si chiamano
preliminari quelli!!
Lo
sa e lo fanno impazzire.
E
non glielo dirà perché si
vergogna di ammetterlo anche con se stesso, figurarsi con lui.
-
Hema, guardami. -
No,
non ce la faccio.
Si
oppone subito.
D'istinto.
Ritraendosi
in sé stesso
spaventato.
-
Ti prego, guardami! -
La
mano del compagno si
poggia lieve sulla sua guancia imprimendo una spinta altrettanto
leggera.
Non
lo vuole costringere,
Daniel.
Ma
ha bisogno di guardarlo
negli occhi per rassicurarsi, e rassicurarlo, che va tutto
bene.
E
che è disposto a fermarsi
in ogni momento.
Se
glielo chiede.
Anche
se prega con tutto se
stesso che non lo faccia!
Il
ragazzo si muove
impercettibilmente.
Emette
un sospiro grave e
infine lo accontenta, smettendo di opporsi.
Occhi
neri in occhi di
giada.
Li
ama quegli occhi dal
colore così intenso alla luce del giorno.
Belli
e caldi quando gli si
posano addosso e gli rimescolano il sangue.
Potrebbe
fare una pazzia
solo per loro.
Non
sa quale, ma la farebbe
pur di averli sempre su di sé.
Quante
volte è rimasto
folgorato è terrorizzato da quella consapevolezza?
A
Daniel bruciano le labbra
dal desiderio di baciarlo.
Ma
si trattiene, almeno
finché non ha capito cosa sta cercando di dirgli.
-
Cosa c'è? Sto sbagliando qualcosa?
... Parlami, per favore, fammi capire. -
-
Gli uomini non dovrebbero
scoparsi e basta? -
-
Cosa? -
La
fronte di Daniel si
corruccia inquieta.
-
Senza tutto questo,
intendo! - Il gesto cha accompagna la sua affermazione è vago e
tuttavia
esplicativo di ciò a cui si vuol riferire.
-
Pensi che ti stia
scopando? -
-
No, non lo stai
facendo.... Mi stai... -
Non
riesce neppure a dirlo.
Che
stupido !!!
Impreca
impietoso contro se
stesso, stizzito dalla propria inettitudine.
-
Ti sto coccolando! -
Daniel invece non ha le sue difficoltà.
Gli
sembra naturale farlo.
Ovvio.
Piacevolissimo
e
terribilmente eccitante. - Mi piace farlo.... Ti infastidisce?
-
-
Lo fanno anche gli uomini
tra loro? -
-
Non lo so... - Gli viene
da sorridere di tenerezza.
Sembra
così ingenuo in certe
sue espressioni sperdute!
E
non gli importa più di
trattenersi: deve baciarlo perché gli si scioglie qualcosa in mezzo al
petto e
vuole comunicarglielo.
Perciò
si allunga verso di
lui e gli copre la bocca con la propria in un bacio casto.
Che
Hema accoglie
disponibile e in cuor suo tranquillizzato.
-
Non sono una bambola.
-
-
No, direi proprio di no! -
Un sorriso sornione, allusivo e malizioso, si disegna sul suo volto. -
È solo
che sei così morbido, dolce... accogliente…. E ti bacerei sempre,
tutto, per
ore.... E adesso posso farlo.... Quasi non ci credo!!! -
E
io vorrei che tu non smettessi mai di
farlo!
Le
parole gli si formano una
alla volta nella testa, nitide e prepotenti.
E
scivolano sulla lingua
ansiose di spiccare il volo verso di lui.
Ma
Hema le trattiene,
strattonandole indietro.
Per
timore di sembrare
troppo...
....
Troppo cosa?
Daniel
non si sta facendo
tutti gli scrupoli che invece castrano il suo cervello prevenuto.
È
dolce e romantico.
È
spontaneo.
Attento.
Libero.
E
lo sta letteralmente
adorando, anche se la cosa lo scombina e lo sorprende.
Un
uomo come lui farebbe
impazzire qualunque donna.
E
non solo per la sua
bellezza fisica.
E
fa perdere la ragione a lui.
Che
non è abituato e forse
non si abituerà mai a tutto quello.
Non
si riconosce più in quei
pensieri e in quelle sensazioni.
E’
tutto nuovo e sconvolgente.
Violento
e straordinario.
E
in ognuno di essi si perde
e ne desidera di più.
Sempre
di più.
-
Smettila di parlare e
cerca di farmi ricordare perché sono svenuto! –
No,
decisamente non si
riconosce più.
Il
se stesso anche solo di
quella mattina non avrebbe mai pronunciato una richiesta simile.
Mai
avrebbe formulato un
invito tanto esplicito con quella luce torbida e allusiva nello sguardo.
Che
non può vedere, certo.
Ma
Daniel sì che la vede!
E
le promesse e le
concessioni che vi legge gli fanno scorrere rapido il sangue nelle vene
per la
corrente di aspettativa che scatenano.
Il
sorriso si allarga sul
suo volto meravigliato.
Immediatamente
gli rotola
addosso e lo copre tutto con il proprio corpo.
Mette
le mani ai lati della
sua testa, intrappolandolo, e gli bacia la fronte, curandosi tuttavia
di non
schiacciarlo con il proprio peso.
Hema
subisce l'assalto,
faticando a riprendersi dall’incredulità di aver detto qualcosa di
anche solo
vagamente allusivo e provocatorio.
Cristo,
gli ha appena
chiesto di rifare l'amore con lui e di ricondurlo alla follia!!!
Come
c'è riuscito?
Non
lo sa.
Ma
non gli importa più di
saperlo nell'istante in cui avverte prepotente e bollente ogni muscolo
di quel
corpo statuario contrarsi contro il suo più esile.
Un
violento brivido di attesa
lo trafigge nel percepire nitida la sua erezione spingere e crescere
sul suo
fianco.
Ingoia
l'ansia come fosse un
grumo di polvere di vetro che lo graffia impietoso.
Cerca
di rubare qualche
respiro che già sta cercando di boicottarlo.
Il
solo ricordo di come si è
sentito nell'averlo dentro di sé gli schiaccia il petto, e gli fa
contrarre
l'inguine con una fitta lancinante talmente piacevole da disorientarlo!!
Il
cuore parte in
corsa fino a farsi sentire nelle orecchie.
Ogni
cellula dell’epidermide
si ribella e si tende, amplificando la percezione del più
impercettibile
stimolo che gli arriva intorno.
Daniel
gli bacia le labbra
fugace e si ritrae, privandolo di un contatto più profondo.
Il
capo di Hema si solleva
per inseguirlo, mentre istinto e mente si dissociano sfacciatamente.
L’altro
si allontana ancora
un po’ sempre con quel sorriso ambiguo, indispettendolo.
La
bocca, umida di saliva,
rabbrividisce e sospira frustrata da quella opposizione.
Si
agita sotto di lui per
fargli comprendere il proprio disappunto, ma gli è difficile muoversi
più di
tanto, imprigionato com’è tra le lenzuola e il suo corpo bollenti.
Anzi,
peggiora soltanto le
proprie condizioni e quelle del compagno che, all’inevitabile
sfregamento ha un
sussulto brutale.
O
forse no?
Si
muove di nuovo allo
stesso modo, deliberatamente, stavolta con un lampo di sfida negli
occhi, con
l’improvvisa cognizione del potere che ha di provocarlo.
Il
sorriso scompare sul
volto dell’uomo, lasciando il posto a un’ombra oscura di desiderio che
gli
dilata le iridi e gli invia un’onda rovente in ogni parte.
Di
colpo gli prende la testa
tra le mani e fa per avventarsi bruscamente sulla sua bocca.
Ma
si ferma a un sospiro da
essa, fissandola affamato e riverente al tempo stesso.
E’
così attratto da provare
dolore per la negazione che si impone.
La
cognizione di quanto sia
soffice e invitante lo irretisce.
Piano
si china per
sfiorarla, subito ansiosamente corrisposto.
Stabilisce
un contatto cui
però non dà un seguito, bloccando l’allettante offerta.
Hema
socchiude gli occhi
insoddisfatto.
-
Ti
voglio! – Gli alita dolce
e sofferente. – Ti voglio, ti voglio, ti voglio!!! –
Le
parole scivolano calde e
inquietanti tra le labbra come liquido denso.
Sembrano
preludere a una
minaccia o a una promessa, in entrambi i casi follemente agognata.
Una
vertigine gli fa girare
la testa anche se è ancora intrappolata tra le sue mani.
L’ondata
vorticosa che gli
sta montando dentro si mescola scomposta, sferzandolo da capo a piedi.
Come
riesce a sconvolgerlo
anche soltanto con le parole?
Si
domanda smarrito.
Non
avrà mai risposta.
Daniel
gli ruba l’ultimo
scampolo di fiato affondando delicato, ma imperioso, nel suo anfratto
caldo.
Cerca
la sua lingua, la
intrappola e la sugge, ritrovando il suo sapore delizioso da cui è già
irrimediabilmente dipendente.
Gli
infila le dita tra i
capelli e lo accarezza, mentre si muove lento su di lui, gli infila una
gamba
tra le sue, separandole.
Quelle
gli obbediscono
arrendevoli e fanno spazio al ginocchio che sale su a sfiorargli
l’interno
coscia.
Il
silenzio intorno si
riempie dei loro respiri ansanti.
Di
aspettativa muta che
cresce e cresce, indolente e inesorabile.
-
Ti
voglio! –
Il
promemoria si libera
quando Daniel lo lascia libero di respirare e scende giù dal mento alla
gola,
gli intrappola la carne tra i denti e la succhia, segnandola.
Le
mani del ragazzo si
impuntano sulle sue spalle per contrastare la sensazione devastante di
quella
lenta tortura.
E’
una corda tesa, che oscilla
senza ritegno a ogni bacio.
Si
offre istintivo
spingendosi verso di lui cercando più contatto, più calore.
E’
una vibrazione unica e
ingestibile sotto quella bocca e quella lingua fameliche che percorrono
ogni
sua piega, indugiando e marchiando, bagnandolo di saliva e
vezzeggiandolo.
Mandandolo
fuori di testa.
Le
percepisce mentre
tormentano i capezzoli induriti e dolenti, arrossandoli e gelandoli e
infiammandoli.
Mentre
definiscono le linee
del suo stomaco e la curva dei fianchi.
Mentre
deviano sulle anche
per raggiungere la parte ipersensibile del ventre, che si contrae più
inquieto
sotto il respiro affrettato.
E
ancora deviano, lontane,
lungo le sue gambe, leccando e baciando le caviglie, le dita dei piedi.
Sta
per morire.
E’
una percezione così
intensa e disumana, che si amplifica a dismisura.
Le
mani di Daniel li
accarezzano e glieli sollevano in alto sulle proprie spalle.
In
un attimo Hema capisce
che sta per fare, e trasale d’aspettazione violenta prima ancora di
sentire la
sua bocca che si poggia sulla pelle ipersensibile tra i testicoli gonfi
e tesi
allo spasmo.
Sgrana
gli occhi e schiude
le labbra in una perfetta O di straordinario disappunto, che gli si
irradia da
quel punto verso l’alto, sferzandogli il cervello con una scarica
elettrica
devastante.
Artiglia
le dita tra le
lenzuola cercando un appiglio alla languida sensazione di sprofondare.
Inala
a fondo ossigeno
mentre soffoca.
I
muscoli dello stomaco si
ripiegano e si flettono disperati.
Sta
per morire.
Di
nuovo quella convinzione.
Tangibile.
Pericolosa.
Agognata.
Sta
per perdersi.
Comincia
a non rendersi
conto più di niente.
Né
del liquido profumato che
gli cola tra le cosce.
Né
di dita lunghe e morbide
che lo violano con un dolce massaggio lì dove si è aperto il suo nuovo
universo
dei sensi.
Spinge
il capo all’indietro
nei cuscini.
Trema
e fatica a respirare.
E
d’un tratto Daniel è di
nuovo sopra di lui.
Le
gambe di Hema si piegano
all’indietro, spinte dall’appoggio delle spalle dove sono rimaste.
La
sua erezione vivida che
sfrega tra i loro ventri, schiacciata e stimolata all’inverosimile.
Ogni
muscolo e tendine e
lembo di pelle che si protende impazzito.
L’amante
è scivolato su di
lui e dentro di lui in un ‘unica, fluida spinta, che lo apre e lo
devasta.
Lo
riempie fin nel profondo,
conficcandosi con tutto il proprio, ingombrante desiderio, duro e
vellutato.
E
cresce a ogni flessione
dei fianchi, stordendo i suoi sensi sgomenti.
Daniel
lo guarda schiudere
la bocca e gli occhi per la sorpresa dell’intrusione e si ferma.
E’
pronto a uscire se solo
scorge un’ombra di dolore sul suo volto sconvolto.
Trema
nell’immobilismo
forzato.
L’orgasmo
che monta suo
malgrado comincia a divorarlo da dentro.
Prova
a respirare per
imporsi un controllo difficile e tormentato.
Ma
ottiene solo di
amplificare a dismisura la voglia furente, e deve costringersi a
sfilarsi prima
di cadere preda di essa.
Improvvisamente
due mani si
avventano sui suoi fianchi e gli artigliano i glutei, impedendogli di
indietreggiare.
Lo
tirano indietro lo
obbligano a riaffondare.
La
sensazione incredibile
che ne scaturisce gli strappa per un momento la poca lucidità che
ancora riesce
a mantenere.
-
No,
no, no… ti prego, non
uscire, ti prego!! –
Una
preghiera, rabbiosa,
dolente lo colpisce, spaventandolo.
-
Non
voglio farti male! –
-
Non
abbandonarmi, non
adesso! –
-
Sono
qui, amore, lasciami
uscire se ti sto facendo male… -
Il
giovane agita la testa
nei cuscini per negare i suoi timori, poi si allunga verso di lui per
baciarlo.
Daniel
gli va incontro e lo
riaccompagna nel tessuto soffice con un bacio altrettanto morbido.
Inavvertitamente
il
movimento imprime una spinta ai suoi fianchi, facendolo sussultare.
Una
scossa potente si
irradia, stordendo entrambi nello stesso istante.
Le
bocche si scontrano,
dimentiche di ogni cautela inutile.
Le
lingue si fondono, prendendo
il medesimo ritmo delle spinte che li agitano, come stanno facendo i
loro
corpi, sudati, tremando e bruciando di passione furente.
Folli,
ingordi.
E’ una rivendicazione incessante.
Daniel
si solleva e ruota i
fianchi, cercando una nuova inclinazione per immergersi ancora di più
nel suo recesso
che lo stringe per trattenerlo.
Il
compagno sussulta sotto
l’ennesima sferzata di piacere.
Non
riesce a parlare.
E’
un respiro unico, spezzato
e difficoltoso.
Pazzo.
L’uomo
gli stacca le mani da
sé e gli afferra i polsi.
Prima
uno poi l’altro, li
solleva fino a portarli al di sopra dei cuscini.
Li
intrappola.
E
cattura i suoi occhi con i
propri mentre continua a spingere ritmicamente.
Lo
guarda per tutto il
tempo, abbeverandosi della sua espressione trasfigurata, mentre lo
incalza e
geme egli stesso.
E
non gli permette di
distoglierli da sé.
E’
suo.
Senza
barriere e senza
pregiudizi.
E
anche Hema lo percepisce:
è suo così come lui gli appartiene.
Fino
nel profondo del corpo
e dell’anima.
Come
mai, mai in tutta la
sua vita lo è stato di nessuno.
E’
parte di sé.
Qualunque
cosa accadrà dopo.
Non
potrà più staccarsene.
Non
potrà più dimenticare.
Ogni
volta che lo guarderà,
che respirerà il suo respiro, sarà consapevole della totalità
dell’appartenenza
reciproca.
Sarà
una condanna o il
paradiso.
E
morirà di questo.
Vorrà
morire per questo.
Per
lui.
E
per sé.
Perché
niente sarà più come
prima.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
Il
fruscio della risacca in lontananza riempie improvvisamente il silenzio
della
camera.
Nella
penombra Daniel apre all'istante gli occhi, strappato alle maglie del
sonno da
quel rumore di sottofondo, dolce e ritmico, che sembra entrare e
insinuarsi
negli angoli direttamente dall’oceano.
Girato
su un fianco, mette a fuoco la vetrata della porta scorrevole e si
accorge che è
in parte aperta.
Un’impercettibile
e sottile brezza agita lieve come un soffio le tende tirate da un lato,
sospingendole appena.
Un
po’ intontito riesce a riflettere che non ricorda di averla lasciata
aperta la
sera prima.
Poi
percepisce il vuoto accanto a sé, e in un attimo, cruda e violenta una
fitta
inspiegabilmente dolorosa gli contorce lo stomaco e il petto.
Una
sensazione come di perdita, di abbandono, lo libera delle ultime tracce
di
sonno e lo fa scattare a sedere in mezzo al letto, perfettamente
sveglio,
completamente cosciente dell’assenza al suo fianco.
Hema
non è più lì con lui.
Tuttavia
l’ombra raggomitolata sulla soglia attrae la sua attenzione e scaccia
via la
sensazione con la medesima rapidità con cui lo ha travolto.
Non
se ne è andato.
Perché
poi lo abbia pensato non se lo sa spiegare in quel momento.
E
a dire la verità nemmeno gli importa molto di indagare.
E’
lì.
Ancora.
E
questo è sufficiente a fargli ritrovare la calma.
Scivola
giù dal letto mentre con lo sguardo cerca i pantaloni del pigiama tra
le ombre
chiare che la luna filtra dall’esterno.
Devono
essere da qualche parte, gettati sul pavimento la sera prima dall’ansia
di
liberarsene.
Scorge
il groviglio scuro ai piedi della poltrona, lì prende, li indossa e fa
il giro
del letto.
Il
ragazzo è seduto sulla soglia della porta vetrata che dà sul portico,
le
ginocchia tirate contro il petto, le braccia mollemente abbandonate su
di esse
e guarda l’immensa distesa nera che è l’oceano oltre la spiaggia.
Malgrado
sia ancora notte, la luna piena alta nel cielo buio soffonde i dintorni
di una
luce lattiginosa abbastanza chiara da scorgere la sua espressione
null’affatto
serena disegnata sulla linea netta con cui tiene serrata la bocca.
Quella
stessa bocca che ha baciato mille e mille volte, morbida, accogliente,
dolce.
Quella
stessa bocca che ha sospirato e cantato d’amore per lui mentre da due
diventavano uno e mai avrebbe immaginato potesse essere così magico e
unico.
Ma
Hema non sembra felice e Daniel ingoia la contrazione piacevole e
languida che
gli si sta soffondendo in ogni cellula del corpo a quei ricordi ancora
così
vividi.
No,
non lo è, anche se conserva di lui ancora l’immagine e la percezione
dell’estasi
e della gioia pure mentre facevano l’amore e non c’erano ombre, né
brutti pensieri
a offuscare quei momenti.
Perché?
Si
inginocchia accanto a lui e allunga una mano per toccarlo.
Gli
sfiora la pelle del braccio con le dita in un gesto leggero e
immediatamente il
ragazzo gira la testa verso di lui senza sorpresa, come se lo avesse
sentito
arrivare.
E
probabilmente è così.
La
linea rigida delle labbra si inclina in un sorriso appena accennato,
cancellando solo in parte la tensione sul suo volto.
-
Hey!
– Dice a bassa voce, gli occhi nerissimi nei sui chiari.
Daniel si
piega su di lui e
gli dà un bacio a fior di labbra come a voler ristabilire un contatto
che, non
sa perché, sembra gli debba sfuggire.
-
Stai
bene? – Gli chiede un po’ apprensivo, mettendo tra sé e lui solo pochi
millimetri di distanza.
-
…
No! – Ammette il ragazzo limpido, ma lo dice mentre la linea curva si
trasforma
in un sorriso più aperto.
Uno dei
suoi sorrisi belli e
dolci che lo hanno fatto innamorare, irrimediabilmente.
Un po’
disorientato
dall’evidente contrasto tra la sua espressione e la parola che ha
pronunciato,
Daniel tuttavia non si lascia abbattere.
Gli
sfiora la guancia con le
dita in una carezza affettuosa, lasciando vagare lo sguardo su di lui
alla
ricerca di risposte ancora non dette, ma di cui, d’un tratto, sente
urgenza per
non lasciarsi sopraffare dall’inquietudine.
Hema
inclina la testa contro
quel gesto e per qualche istante socchiude gli occhi, godendo del
tepore del
contatto.
-
Non
riesci a dormire? -
Si sente domandare.
Lui non
risponde e,
sottraendosi alla sua carezza, ruota di nuovo la testa verso l’esterno,
ritornando a guardare l’oceano.
Dopo
qualche istante raccoglie
un profondo respiro e lo getta fuori, tentando, senza successo, di
liberarsi
con esso anche del peso che sente sul cuore.
Fa un
gesto con le mani come a
voler seguire un proprio pensiero che lo angoscia particolarmente, ma
non
pronuncia neppure una sillaba, trattenendo per sé il fiume di parole
che invece
dentro di lui monta e si agita nel tentativo di forzare gli argini
della
propria anima e traboccare.
-
Sei
pentito! –
Un’affermazione
più che una
domanda.
Daniel dà
voce al fantasma che
sembra aleggiare tra loro.
Categorico.
Secco.
Limpido.
Cos’altro
c’era da dire?
Niente.
-
No,
neanche per un attimo! –
La
risposta altrettanto secca,
trasparente.
Daniel
trasale ancora più
disorientato.
Non
comprende.
Se non è
pentito di quel che è
successo tra loro, allora cosa c’è che non va e che gli mette quelle
ombre
livide sul volto?
Non lo
capisce.
D’un
tratto, chiuso in quel
suo bozzolo di silenzio, non lo capisce più.
E non gli
piace affatto.
Gli
sembra di essere escluso
da qualcosa di cui fino a poco prima gli ha concesso di far parte.
Da quella
piccola bolla di
felicità che si è creata intorno a loro e che lo ha riscaldato fin nel
profondo
come mai gli era accaduto prima di allora.
-
Non
escludermi! –
Glielo
dice.
Un
sussurro soltanto sullo
sfondo del rollare delle onde del mare.
Un’implorazione.
Sui loro
respiri
impercettibili, quasi trattenuti.
Sui loro
pensieri disordinati,
chiassosi, eppure senza parole, che si dibattono ognuno per conto
proprio.
Dolorose
come un pugno, quelle
due parole scavano un solco lancinante nel cuore già esanime di Hema,
lasciandolo senza fiato.
Gli sta
facendo solo del male,
pensa.
Da quando
tutta quella storia è
cominciata sta facendo del male a se stesso e a lui.
Per i
propri mille dubbi.
Per le
mille paure.
Per le
innumerevole domande
che si fa incessantemente.
Per le
risposte che non trova.
Per il
circolo vizioso in cui è
caduto e dal quale non riesce a tirarsi fuori.
Perché
gli ha telefonato?
Perché ha
dato inizio a quella
follia?
Perché
non ha semplicemente
aspettato che tutto passasse: il suo cuore impazzito, la sua mente
ossessionata
da lui, il respiro corto, le lunghe notti insonni?
Perché
sarebbe passato tutto
quel dolore.
Prima o
poi.
A costo
di morirne, come è
stato sul punto di essere solo perché non lo ha più incontrato.
Solo
perché non ha più
ascoltato la sua voce.
La sua
risata.
Quelle
sue battute idiote.
Solo
perché non ha più avuto
quei suoi occhi di giada su di sé.
-
Non
sono pentito. – Mormora all’oceano dopo un tempo infinito. – E’ stata
la notte
più bella della mia vita… non potrei mai essere pentito! –
E ritorna
a guardarlo, a
cercare il suo sguardo, che non è stato mai distolto da sé.
Quello
sguardo che è un pozzo
di oscurità tra le ombre della notte, e che gli entra dentro appena osa
incontrarlo.
Che scava
fino a raggiungere
la parte più profonda di se stesso e vi si insedia senza tanti
complimenti e
senza alcuna intenzione di lasciarlo.
Se ne
sente invaso, intimidito
quasi, incapace di nascondervi alcunché e dal quale proprio per questo
rifugge
quando tra loro c’era la luce del giorno e non c’è modo di scappare.
-
Allora
non è stato così orribile! – Cerca di scherzare Daniel senza sapere se
essere
sollevato o preoccupato dalle sue parole.
-
E’
stato… meraviglioso… naturale… spaventosamente naturale! –
-
Addirittura
spaventosamente! –
-
…
E’ che non pensavo potesse accadere così… come se… -
-
…
come se avesse sempre fatto parte di noi! –
Annuisce,
colpito dall’empatia
che sembra diventare sempre più tangibile tra loro, e che li porta
istintivamente ad anticiparsi nei pensieri e nei gesti.
C’è una
tenerezza dolcissima
nella sua voce e nei suoi occhi che lo confonde e lo conforta al tempo
stesso.
Non è
abituato a tanta
dolcezza.
Meno che
mai da parte di un
maschio.
-
Non
sono mai andato a letto con un uomo… né ho mai pensato di farlo… -
-
Nemmeno
io se è per questo! –
Una
risata, breve, incolore.
-
Quante
volte... l’abbiamo fatto? ... E’… stato sempre… bellissimo…
incredibile!!! –
-
Non
lo so… eravamo troppo occupati per contarle!!... E’ importante? –
Una pausa
inquieta, poi Hema
chiede: -
-
Come
fai a farti scivolare addosso tutto con tanta facilità, Daniel? … Io
sono qui
che tremo e tu non fai una piega come se tutto fosse normale… -
A
quell’accusa l’espressione
dell’uomo muta di colpo e muta in una maschera di granito.
I bei
tratti si tendono e gli
occhi diventano due strisce sottili di indignazione.
-
Ma
che cazzo ne sai tu di come mi sento io? – Sibila la sua voce, cupa e
rigida.
Colto di
sorpresa dalla sua
reazione, il ragazzo ha un brivido di sgomento lungo la schiena.
-
Daniel,
io… -
-
Daniel,
io un cazzo!!!!... Tu e le tue paranoie!
Che
credi, di essere l’unico
qui a sentirsi strano in una situazione come questa?
... Pensi
davvero che io non
mi faccia mille domande come te le fai tu? ...
Ti sei
innamorato di un uomo,
e allora?
Io mi
sono innamorato di un
uomo, e quindi?
Non ce
l’aspettavamo.
Ok!
Sarà mica
la fine del mondo?
Abbiamo
fatto l’amore…
l’a-m-o-r-e, Hema, non sesso… e l’hai appena detto con la tua bocca che
è stato
fantastico…
Perciò, è
così schifoso
provare tutto questo?
Così
devastante e abominevole?
Così
riprovevole o irreparabile?
–
Non
grida, non si agita,
Daniel.
Eppure
Hema si sente come se
lo stesse aggredendo fisicamente.
Anzi,
quasi spera di vedersi attaccare,
picchiare addirittura, tutto pur di non vedere sul suo viso
quell’espressione
di gelida accusa che fa più male ed è più dura da sopportare.
Si sente
improvvisamente
piccolo e inutile come sempre davanti a questioni che non riesce a
capire e a
gestire.
Inadeguato,
indegno quasi.
Gli
sembra di averlo ferito,
umiliato con quella sua ottusità, ed è l’ultima cosa che vuole fargli.
Scivola
sul parquet per
raggiungerlo e una volta che gli è difronte, gli prende il volto tra le
mani e d’impeto
gli bacia la bocca una, due, tre volte, come a voler sciogliere a forza
di baci
la linea ostile che vi si è disegnata.
-
Perdonami,
ti prego! – Gli soffia sulle labbra, tremando d’emozione e di paura, le
lacrime
che pungono come spilli agli angoli degli occhi chiedendo di sgorgare.
-
Per
cosa devo perdonarti?
Per voler
negare tutto questo?
Per voler
sputare su di noi,
sull’amore che ci ha colto in fallo?
Per cosa?
–
-
Perché
sono uno stupido e perché ho paura! –
-
Paura
di che cosa? – Daniel alza appena un poco la voce, che però rimane un
sibilo
gelido tra i denti serrati dall’angoscia.
E’ una
lama affilata che
lascia tagli sottili e brucianti sul cuore del giovane.
Solleva
le braccia e affonda
le dita tra i suoi capelli, serrandole rabbioso.
-
Di
che cosa cazzo hai paura?
Io sono
qui, non sei da solo
ad affrontare tutto questo, sei con me!
... Non
valgo niente per te?
... Non
significo niente, eh? –
Il pianto
esplode dirompente
nella gola di Hema, sopraffacendo la sua volontà di controllo.
Gli viene
su da un groviglio
fitto che si è annodato al centro dello stomaco e che gli si propaga
come una
lingua di fuoco in ogni angolo del corpo, sconvolgendolo, facendolo
tremare e
vibrare.
Le mani
scivolano giù dalle
sue guance alle spalle e qui, d’impulso preme per spingerlo via da sé e
sfuggire ai suoi occhi incendiati dal dolore.
Non
riesce a sopportare di
vederlo così per colpa sua.
Ma Daniel
non lo lascia
andare, nemmeno s’accorge della spinta.
Di contro
serra ancor più le
dita e lo strattona, avvicinandolo di peso al proprio corpo, facendolo
cozzare
contro di sé neppure tanto gentilmente, lasciando tra loro soltanto un
filo
d’aria che non impedisce alla pelle di venire a contatto.
Hema
trasale, e non sa se per
la sensazione di calore ustionante che gli trasmette o per il timore di
essere
davvero picchiato.
-
Tutto
questo è troppo per me, non lo capisco, Daniel… - Il respiro gli esce
difficile
e spezzato contro la sua bocca a un soffio dalla sua, mentre il cuore
gli salta
un battito e si rifiuta di continuare a pompare sangue nelle vene.
-
Che
c’è da capire quando due persone si attraggono e provano dei sentimenti
come
sta succedendo a noi?
... Sei così bigotto e
ottuso da non poter
accettare che questo accada tra due uomini? –
-
No,
no, no!! – Hema urla la propria frustrazione.
Riprova a
spingerlo via da sé,
senza successo anche stavolta.
La forza
con cui Daniel lo
contrasta è troppo superiore alla sua e non gli cede un solo centimetro
per
dargli tregua.
Si sente
disperato e non tanto
per non aver scampo alla sua presa ferrea, quanto per l’angoscia
furente che
gli legge negli occhi e di cui si sente l’unico responsabile.
Sono
stati così felici fino a
poco prima.
Che sta
combinando adesso?
Cosa?
-
Eppure
non sembravi così prevenuto quando abbiamo girato quelle scene?
Sembravi
a tuo agio.
Hai
accettato la parte senza
batter ciglio… questo poteva significare solo che non eri omofobo…
E adesso
cos’è cambiato?
Hai
capito che questa è la
vita vera e non una serie televisiva e non ti sta più bene?
Di che
hai paura?
Del
giudizio della gente?
Di quello
della tua famiglia?
Di che
cosa cazzo hai paura? –
-
Di
non essere abbastanza per te… di non essere capace… io non sono niente
e questa
cosa è più grande di me… finirò per rovinare tutto… io rovino sempre
tutto
quando le cose diventano troppo per me… -
-
Che
stai dicendo? -
Per la
prima volta in quegli
istanti frenetici, Daniel allenta la stretta delle dita, colto di
sorpresa.
Lo guarda
disorientato,
sentendo sotto le mani il tremore incontrollato del suo corpo e i suoi
ansiti
sempre più corti e affrettati.
Gli
lascia i capelli, scende
giù fino ai suoi occhi, con i pollici cerca di liberarglieli
dall’ondata di
lacrime che lo accecano, gli bacia la bocca umida nel tentativo di
calmarlo.
Sente e
assorbe la sua
tensione sfiorandolo.
Inutilmente.
-
Sssttt,
basta, piccolo, basta! – Gli mormora continuando a baciarlo. – Non sei
da solo,
ti prego, non te lo dimenticare.
Qualunque
cosa accadrà, siamo
insieme. –
-
I
casini li combino sempre da solo, Daniel, non lo vedi? ... Se non ti
avessi
telefonato… adesso
non saremmo qui a
urlare nel cuore della notte… -
-
Se
non mi avessi telefonato, sarei venuto io da te! –
-
No,
tu non saresti venuto e avresti fatto bene, perché è tutta colpa mia
se… -
-
Tu
non hai colpe di niente… non è colpa né mia né tua se ci siamo
innamorati… e a
farsi fottere tutti se siamo due uomini e ci sono sempre piaciute le
donne!
…
affanculo tutto… è qualcosa
di speciale che sta accadendo a noi, ed è bellissimo e spaventoso allo
stesso
tempo, lo so… non credere che non me ne renda conto… ma questo non deve
renderci infelici… -
Se lo
tira contro con un gesto
morbido e imperioso al tempo stesso, avvolgendolo tra le braccia e
stringendolo
a sé dolcemente.
Dapprima
rigido e teso, Hema
si oppone soltanto per qualche istante prima di lasciarsi andare
esausto nello
spazio che gli è stato fatto tra le sue gambe, il volto nascosto contro
il suo
collo e il corpo abbandonato perché stanco di combattere una battaglia
persa.
-
Manderò
tutto a puttane, Daniel, lo sto già facendo, non te ne accorgi? –
-
Cercheremo
di evitarlo se lo vorremmo tutti e due! –
Il
ragazzo chiude gli occhi
esalando un sospiro difficile e non replica.
Lui non
lo sa se lo vuole
tutto quello.
Questa è
la verità.
C’è
dentro fino al collo e le
sensazioni sono talmente tante e contrastanti, matasse di fili
ingarbugliati e
inestricabili, che lo avvolgono e lo stritolano, da non riuscire a
capire se è
disposto a imbarcarsi in una relazione come quella e mettere in gioco
la
propria vita di punto in bianco.
L’unica,
inconfutabile,
gelida, perfetta consapevolezza è la paura.
Una
costante sottile da molti
mesi a quella parte, che gli si è infilata sotto la pelle più scura e
densa del
sangue che gli scorre nelle vene.
Paura di
sé stesso.
Di quei
sentimenti imprevisti
che lo hanno colto del tutto impreparato.
Della
voglia ingestibile e
violenta che ha di quell’uomo.
Del
desiderio di farsi parte
della sua vita.
Dei suoi
pensieri.
Dei suoi
sentimenti.
Di ogni
suo sguardo.
Di ognuno
dei suoi sorrisi.
Di cui
vuole a ogni costo
essere l’unico e solo centro, e che, allo stesso tempo teme e vuole
rifuggire a
ogni istante.
Paura.
Solo…
… fonda…
…
lancinante paura.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
Capitolo
10
L’aroma
del caffè,
intenso e deciso, lo guida attraverso il corridoio appena esce dal
bagno.
Daniel
identifica
d’istinto una delle miscele italiane che la madre usa per la colazione
del
mattino.
Il
profumo si spande
attraverso gli ambienti, sospinto dalla leggera brezza che entra dalle
porte
aperte, in un irresistibile invito a raggiungere la cucina.
Entra.
A
piedi nudi sul
parquet non fa alcun rumore.
Ovviamente
non è sua
madre che trova.
Hema
gli dà le
spalle, davanti all’isola in mezzo all’ampia stanza, concentrato a
infilare
delle fette di pane nel tostapane, mentre accanto a lui la macchina del
caffè
brilla dei suoi led come un’astronave in miniatura, ed esegue con un
sibilo i
vari passaggi per trasformare i chicchi di caffè nel liquido denso e
nero che
va riempiendo il brik.
Non
lo sente
arrivare.
E
un po’ trasale
quando Daniel preme il petto contro la sua schiena nuda e lo avvolge in
un
abbraccio leggero, facendogli scivolare le mani intorno all’addome e
tirandoselo contro.
Dio,
il solo
contatto con la sua pelle nuda gli fa mancare il fiato e battere forte
il
cuore!
-
Buongiorno!
– La voce bassa e
carezzevole gli rotola nell’orecchio quando l’uomo affonda il viso nel
suo
collo, poco sotto il lobo e vi depone un bacio.
L’
alito caldo gli sfiora la pelle e lo fa rabbrividire suo malgrado.
Trema
di piacere e il cuore gli fa un altro balzo talmente violento da dargli
uno
scarto.
Daniel
aspira a fondo il suo odore e rilascia il respiro, provocandogli mille
fremiti
ingestibili lungo la schiena.
-
Ciao!
– Riesce soltanto ad articolare
con un filo di voce, che sembra più un miagolio, mentre cerca di
riprendere i
propri pensieri che sfuggono da tutte le parti al controllo della mente.
-
Che
bello svegliarsi di nuovo con il
profumo del caffè! –
Hema
si irrigidisce improvvisamente, colto da una sgradevole consapevolezza.
Non
ha alcun diritto.
Lo
sa.
Ma
al suo stomaco non frega un cazzo e gli si rivolta contro, crudele.
Istintivamente
ogni parte del suo corpo si ritrae da quello dell’altro, e tuttavia
Daniel, di
riflesso, non lo lascia andare, serrandogli ancor di più la propria
stretta
intorno, intuendo immediatamente il motivo della sua reazione.
-
Che
tu sia geloso mi lusinga
profondamente… - Gli mormora nell’orecchio, mentre un sorriso gli si
disegna
sulle labbra, contagiando anche il tono di voce. - … Ma ti assicuro che
mi sto
riferendo semplicemente alla mia mamma… -
-
Alla…
- Tenta di articolare il
ragazzo senza fiato.
-
…
mia mamma… questa è la casa di
famiglia, piccolo, mia madre ha proibito categoricamente sia a me che a
mia
sorella di portarvi compagnie passeggere.
Di
solito è lei che si sveglia presto e prepara la colazione per tutti,
compreso
questo buonissimo caffè.
Mia
sorella Karen è felicemente sposata, e nessuna delle mie… “amiche” è
mai venuta
qui! –
-
E
io allora? –
-
E’
diverso. – Glielo sussurra, la
voce sempre più bassa. E un nuovo bacio sottolinea quell’ovvietà. – Tu
sei
diverso, dolcezza, sono sicuro che a mia madre piaceresti molto. –
-
Se
non le viene un infarto prima per
quel che significa la mia esistenza nella tua vita! – Replica Hema per
nulla
convinto delle sue certezze.
-
Uhm,
si sorprenderà, ma non ne farà
un dramma: ho una mamma fantastica io! -
-
Non
sono per niente ansioso di
scoprirlo per il momento! –
Daniel
scoppia a ridere e con un gesto lo fa girare su se stesso, ritrovandosi
faccia
a faccia con lui.
Di
nuovo lo intrappola tra le sue braccia e lo fissa con una nota ironica
negli
occhi che non gli piace per niente.
-
C’è
tempo, piccolo, non preoccuparti!
–
Fa
per calare sulla sua bocca e impossessarsene, ma Hema lo respinge
piantandogli
le mani sui pettorali e tenendolo a distanza.
-
Ti
ho detto di non chiamarmi
“piccolo”! – Lo minaccia contrariato.
E
tuttavia una luce divertita gli fa brillare le iridi scure, smentendo
il suo
cipiglio.
Daniel
alza gli occhi al cielo e sbuffa.
-
Mi
hai anche detto di non chiamarti
“amore” … “dolcezza” …. Che altro? -
-
Ce
l’ho un nome! –
-
Romanticismo
zero tu eh! ... –
-
Smettila
di fare lo scemo! –
L’uomo
riprova a piegarsi su di lui per raggiungere la sua bocca, e di nuovo
viene
respinto.
-
Hema!
– Pronuncia allora il suo nome,
pericolosamente somigliante a un ringhio minaccioso. A un avvertimento.
-
Bada,
AMORE, già che mi sono
svegliato e non c’eri, potrebbe avermi fatto alzare con il piede
sbagliato! –
-
Uhuu,
che paura!! E cosa vorresti
farmi, sentiamo! –
Un
lampo malizioso compare nel verde giada facendolo pentire
immediatamente di
averlo sfidato.
-
Sei
sicuro di volerlo sapere… adesso…
prima di colazione? –
-
Perché…
dopo… sarebbe diverso? –
Daniel
nega con il capo mentre il sorriso gli si allarga sul volto.
A
un soffio dalla sua bocca, la barriera delle mani che lo respingono del
tutto
indebolita, riesce finalmente a raggiungerlo e a posarsi sulle sue
labbra.
-
Prima
o dopo non cambierebbe niente,
credimi! – Gli rivela, l’inflessione piena di sottintesi null’affatto
misteriosi.
Promesse
o minacce che siano, il ragazzo non vuole chiederselo mentre deglutisce
un nodo
d’emozione che gli serra la gola.
Cerca
tuttavia una battuta per spezzare l’imbarazzo che lo coglie,
incendiandogli
inevitabilmente le guance.
Si
sforza con tutto se stesso di ignorare la sua vicinanza incombente.
Ma
non la trova.
E
dopo nessuno sforzo serve quando Daniel lo preme eloquente contro il
proprio
corpo, facendogli scoprire quanto il desiderio di lui si stia
risvegliando.
E
intrappola la sua bocca in un bacio profondo, intenso, saggiando e
giocando con
la sua lingua, impedendogli di respirare, di prendere il controllo.
Perfino
di pensare.
Lo
subisce.
Convincendosi
che mai prevaricazione sia più perfetta, voluta, piacevole di quella.
Lo
accoglie, spingendosi egli stesso, d’istinto, contro i suoi muscoli
tesi,
morbidi, che lo stringono in una presa ferrea senza tuttavia fargli
alcun male.
E
lo sente tutto quel corpo perfetto, di cui ha imparato a riconoscere
ogni piega
soltanto poche ore prima, provando la strana e al tempo stesso
familiare
sensazione di averlo sempre conosciuto.
Il
suono elettronico della macchina del caffè, che annuncia insistente il
termine
del proprio lavoro, li fa sobbalzare simultaneamente, spingendoli a
scostarsi.
Si
ricordano in quel momento di dover riprendere fiato, sordi fino ad
allora agli
avvertimenti che i polmoni stavano mandando loro da qualche attimo.
Hema
ne approfitta per spingerlo via e riprendere una parvenza di controllo
di cui,
però, non sente davvero alcun bisogno.
Ha
ancora il volto in fiamme, maledizione!
Lo
sente distintamente dal calore che avverte sulla pelle, adirato con se
stesso
per l’incapacità di dominarlo o almeno nasconderlo all’esterno: sta
facendo la
figura del bamboccio alle prime armi.
Non
lo sopporta.
Che
senso ha avere quella reazione di impaccio davanti a lui proprio non lo
capisce.
Non
dopo tutto quel che hanno fatto durante la notte.
Non
gli è mai successo quando è andato a letto con una ragazza.
Ok,
forse soltanto durante le prime esperienze adolescenziali, ma poi non
ne ha
sentito più alcuna necessità.
Perché
con Daniel ogni cosa ritorna in discussione?
Perché
si riaffacciano pudori dimenticati?
Imbarazzi
per uno sguardo o un’allusione?
Come
una verginella?
Non
ha senso!
Non
se ripensa a quante volte hanno fatto l’amore.
A
quante volte lo ha preso e lui si era lasciato andare spontaneamente,
istintivo, perdendosi in amplessi che non avrebbe mai immaginato così
devastanti,
infiniti, meravigliosi.
Che
gli hanno strappato coscienza e lucidità.
Alle
sue mani e alla sua bocca che ha sentito scorrere su di sé e dentro di
sé,
desiderando sempre di più.
Volendosi
perdere!
Urlando
il proprio piacere.
Cercandolo
e rincorrendolo.
Insaziabile!
Ci
ripensa a quei momenti.
Appunto.
Ogni
terminazione nervosa che si risveglia a dispetto del suo debole
autocontrollo.
E
arrossisce ancora di più.
Di
colpo gli gira le spalle, sfuggendo al suo abbraccio, e letteralmente
scappa
lontano, raggiungendo nuovamente il piano dove stava preparando la
colazione.
Daniel
non lo ferma, ancora cercando di regolarizzare il respiro, e non si
offende.
Anzi,
ritrova il sorriso mentre lo vede armeggiare con il brik colmo di caffè
nel
tentativo di riempire due tazze pronte sul ripiano con le mani un poco
tremanti.
E
con un sorriso lo riaccoglie quando quelli gliene porge una, tenendosi
in
qualche modo a una certa distanza di sicurezza, come se fosse stato
prudente
anche solo non lasciarsi raggiungere dal suo calore.
-
Non
sono la tua donna… - Lo avverte,
mettendo su un cipiglio severo assolutamente poco convincente. – E
nemmeno tua
madre, perciò non ti aspettare che ti prepari la colazione… -
-
Non
te l’ho chiesto! – Ride Daniel,
divertito dalla sua puntualizzazione superflua.
Questo
smonta ogni speranza di Hema di rimetterlo al suo posto.
-
…
Io… io non so cucinare, brucio
anche l’acqua che bolle nella pentola… - Aggiunge più incerto.
Sentendosi
stupido.
-
Ok,
non è un problema, posso pensarci
io! – Beve un sorso di caffè mentre lo asseconda. – Questo però è
venuto buono!
–
-
G…
grazie! ... Ma è merito della
macchina, io l’ho solo caricata… E levati quel sorriso ebete dalla
faccia, ti
ho detto che non sono la tua donna. –
L’uomo
inclina la testa da un lato, osservandolo con una strana espressione
nello
sguardo.
Sguardo
che improvvisamente gli fa scivolare addosso come fosse una carezza.
Hema
va in confusione in un momento, leggendo anche troppo chiaramente il
desiderio
che gli incupisce il verde delle iridi.
-
So
bene che sei quanto di più lontano
da una donna! – Mormora con un tono così denso da farlo rabbrividire.
E
per sottolineare quella sua consapevolezza, indugia allusivo,
volutamente, sul
suo corpo seminudo.
|
|