Perfect Weapon

di Midori No Esupuri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1: Ricerche ***
Capitolo 2: *** #2: Grazie ***
Capitolo 3: *** #3: Appuntamento ***
Capitolo 4: *** #4: Cena romantica? ***
Capitolo 5: *** #5: Vodka ***
Capitolo 6: *** #6: Shopping ***
Capitolo 7: *** #7: Allenamento ***
Capitolo 8: *** #8: Sprechi ***
Capitolo 9: *** #9: Baci ***
Capitolo 10: *** #10: Piscina ***
Capitolo 11: *** #11: Prima volta ***
Capitolo 12: *** #12: Doctor Who ***
Capitolo 13: *** #13: Collaborare ***
Capitolo 14: *** #14: Una vita normale ***
Capitolo 15: *** #15: Litigio ***
Capitolo 16: *** #16: Incomprensibile ***
Capitolo 17: *** #17: Chiamata ***
Capitolo 18: *** #18: Drama queen ***
Capitolo 19: *** #19: Ballo ***
Capitolo 20: *** #20: Biglietto ***
Capitolo 21: *** #21: Assenza ***
Capitolo 22: *** #22: Via di fuga ***
Capitolo 23: *** #23: Verità ***
Capitolo 24: *** #24: Addio ***
Capitolo 25: *** #25: Tigre ***



Capitolo 1
*** #1: Ricerche ***


Perfect Weapon
 
#1: Ricerche
 
Martedì 24 dicembre
 
(07.30) Buongiorno. JM
 
Fissò lo schermo del cellulare, gli occhi azzurri strabuzzati su quella semplice parola, su quella firma e su quel numero sconosciuto. Era sorpreso per tante cose, ma forse era meglio procedere per gradi. Dunque. Qualcuno gli aveva appena inviato un sms, alle sette e trenta della vigilia di Natale, e adesso erano le dieci e quaranta. Si era appena svegliato, ma nonostante il suo cervello faticasse a prendere il ritmo per pensare lucidamente, non ricordava di conoscere qualcuno che fosse in possesso del suo numero di cellulare, o le cui generalità corrispondessero a quelle due lettere usate come firma. Probabilmente, pensò, avevano solo sbagliato numero. Poteva capitare e, alla luce di quella consapevolezza, iniziò a prepararsi il caffè. Nero, amaro e con poca acqua, nella tazza dell’esercito britannico, accompagnato da un toast imburrato malamente.
 
(10.57) Sta ancora dormendo? JM
 
Chiunque fosse quel tipo, non sembrava proprio arrendersi. Scosse la testa, tornando a concentrarsi sulla televisione accesa, a volume molto basso. Era diventato sensibile ai rumori forti, con tutte le bombe che gli avevano fischiato sulla testa e le urla dei suoi commilitoni. Chiuse gli occhi con forza, scuotendo la testa per scacciare il ricordo della guerra, della tensione in trincea e della morte violenta dei suoi compagni, finchè venne destato dal suono di un altro messaggio.
 
(11.03) Non è educato non rispondere ai messaggi, colonnello. JM
 
Bene. Quello era veramente, veramente inquietante. Tre messaggi dalla stessa persona, che era sicuro di non conoscere, che però sapeva del suo grado nell’esercito. Un commilitone? Poteva essere… Afferrò il telefono, componendo un testo.
 
(11.05) Con chi sto parlando?
 
Gli era sembrata la domanda più giusta da fare, in una situazione del genere. Era importante dare un’identità a quella persona, definire se la conosceva o meno, anche per sentirsi più a proprio  agio.
 
(11.06) James Moriarty. Salve. JM
 
James Moriarty? Mai sentito nominare. Assunse un’espressione perplessa, non ricordava che nel suo gruppo di commilitoni qualcuno si chiamasse così.
 
(11.06) La conosco?
 
Seconda domanda più giusta da fare.
 
(11.06) No, temo di no. Ma io conosco lei. JM
 
(11.07) E come fa a conoscermi?
 
(11.07) Mi spiace, un vero mago non rivela mai i suoi trucchetti. JM
 
Accigliò lo sguardo, perplesso e anche un po’ infastidito da quelle parole. Gli pareva, dal modo in cui scriveva, di avere a che fare con una persona particolare. Molto educata, certamente, e sicura di se stessa, ma comunque particolare. Quasi… Indefinibile.
 
(11.08) Sa, stando alle buone maniere, adesso dovrebbe presentarsi lei. JM
 
(11.08) Ma non ce n’è bisogno, colonnello Moran. So già quel che mi serve, di lei. JM
 
Se non fosse stato pienamente in possesso dell’autocontrollo militare e del così detto coraggio del soldato, probabilmente Sebastian se la sarebbe fatta sotto. Stava scambiando dei messaggi con una persona che non conosceva, che sembrava però sapere tutto di lui, e la cosa era decisamente inquietante. Era sempre stato riservato lui, persino a scuola non aveva amici, passava il tempo con sua sorella o con qualche ragazza a letto… Non a casa sua ovviamente, evitava sempre di far entrare le sue fidanzate tra quelle mura macchiate, crepate e puzzolenti di alcool.
 
(11.15) E’ spaventato? JM
 
(11.15) Sono un colonnello dell’esercito britannico.
 
(11.16) E io l’uomo più potente di Londra. Comunque, mi risulta che lei sia stato congedato dall’esercito in seguito a delle ferite piuttosto gravi. JM
 
(11.16) Perché diavolo sa tutte queste cose di me?
 
Ansia, molta ansia. Chi era il tipo con cui stava parlando, insomma? Tutti quei misteri, l’uomo più pericoloso di Londra… Se era uno scherzo, era veramente di pessimo gusto.
 
(11.16) Ho fatto le mie ricerche su di lei. JM
 
(11.18) Ricerche? E perché?
 
(11.18) Perché mi serve un collaboratore. Qualcuno che sappia sparare e che non si scandalizzi a vedere delle morti cruente. JM
 
(11.19) Lei mi sembra il tipo adatto. JM
 
(11.19) Mi sta assumendo come killer?
 
(11.20) Esattamente. JM
 
(11.20) E cosa le fa pensare che accetterò questo lavoro? Io non sono un assassino.
 
(11.21) Non ancora, colonnello. Non ancora. JM
 
(11.23) Non ho intenzione di diventare un killer. Si trovi un altro collaboratore.
 
(11.24) Stia tranquillo, la sua ferita all’occhio non sarà un problema. So che possiede un conto bancario, mi occuperò di versarle la somma necessaria al costoso intervento che deve sostenere per recuperare la vista. JM
 
Quasi si affogò con la sua stessa saliva, Sebastian. Quel tipo sapeva anche della sua ferita all’occhio? Pareva aver fatto più ricerche di quanto pensasse, sentiva il cuore battere forte in petto e la testa gli martellava di domande, era come un dannato frullatore impazzito.
 
(11.26) Perché?
 
(11.26) Gliel’ho detto. Mi serve un collaboratore. JM
 
(11.27) Adesso ho degli urgenti impegni di lavoro, la ricontatterò non appena avrò terminato. Pensi alla mia offerta, sappiamo entrambi che non ha molta scelta, colonnello. JM
 
Si lasciò andare sul divano con gli occhi vitrei dal panico. Cosa avrebbe dovuto fare, adesso?



 
•Nota dell'autrice~
Ebbene sì, sono di nuovo io. Se due storie a capitoli non sono sufficienti, facciamodi del male con una terza! Ma sì, tanto poi sono io che confondo le trame e non so quale mandare avanti per prima XD In ogni caso, ho pensato che sarebbe stato carino ipotizzare un modo in cui Sebby e Jim si siano conosciuti, avvicinati, amati e separati, prima di ricongiungersi una volta che il consulente è tornato dalla sua finta morte. E poi beh, mi annoiavo e l'ispirazione mi aveva colta, come potevo dirle di andare a farsi un giro? Quando chiama, chiama u.u' Tanto sto riuscendo a mandare avanti tutto, posso permettermi anche di creare i capitoli per tre storie diverse, almeno per il momento! Al massimo sarò un pochetto più lenta nell'aggiornare, ma lo farò sempre, non appena termino un capitolo di una qualsiasi storia -v- 
Grazie a tutti coloro che si sono soffermati a leggere questa nuova idea particolare, spero che venga apprezzata. Ci leggiamo in giro :3
Midori No Esupuri~ ♥

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Capitolo 2
*** #2: Grazie ***


#2: Grazie
 
Domenica 29 dicembre
 
I giorni erano passati piuttosto lenti, nella routine di caffè amaro, docce fredde e incubi. Passava il suo tempo a guardare la tv a volume basso, a mettere insieme qualche avanzo di cibo per mangiare, ma per la maggior parte del giorno si allenava e dedicava più attenzione possibile a medicarsi l’occhio. Gli faceva male, spesso lacrimava e la benda prudeva da morire, il medico militare della sua squadra non gli aveva spiegato alcun provvedimento da prendere e un insulso farmacista gli aveva dato delle gocce da spremersi per qualcosa tipo sei volte al giorno. Le odiava, gli mandavano la pupilla a fuoco e l’occhio lacrimava ancora di più, se possibile.
In ogni caso, era quasi passata una settimana – cinque giorni, per l’esattezza – dal messaggio dell’inquietante tipo che diceva di aver fatto ricerche su Sebastian, e l’uomo si era tranquillizzato ripetendosi che era stato solo uno stupido scherzo e che le persone avevano davvero molta inventiva su come divertirsi e rompere i cosiddetti al prossimo. Non aveva festeggiato il Natale, in verità, ma si era concesso un panettone fra i meno cari del supermercato vicino casa e una bottiglia di vin santo italiano, più che altro per non sentirsi solo a tavola. Era il ventinove dicembre quando, svegliatosi dopo l’ennesimo incubo e intento a tuffare svogliatamente il panettone nel caffè, il suo telefono ebbe un fremito sul tavolo plastificato.
 
(10.20) Buongiorno. JM
 
Inarcò un sopracciglio, la certezza che qualcuno aveva solo combattuto la noia mandandogli sms si sgretolò con la stessa rapidità del panettone nella tazza bianca dell’esercito e Sebastian pensò se rispondere o  meno al messaggio.
 
(10.22) Salve.
 
(10.22) Salga in macchina. Ha un’operazione da affrontare, ricorda? JM
 
Per poco non si strozzò con un boccone di panettone, iniziò a tossire e si portò una mano all’occhio, poteva sentirlo scuotersi fastidiosamente sotto la benda ad ogni colpo di tosse.
 
(10.23) Le avevo detto che le avrei mandato i soldi necessari sul conto, no? I migliori medici di Londra sono pronti, la stanno aspettando. JM
 
(10.24) E lo stesso sta facendo il mio autista fuori. JM
 
Sebastian si alzò di scatto e si avviò a grandi falcate verso la finestra della cucina, per quel poco che vedeva oltre le tendine ingiallite c’era davvero una macchina fuori da casa sua. Una coincidenza? Poteva essere. Era una macchina nera, una berlina, lucida e senza alcun graffio, vetri oscurati. Quante macchine del genere esistevano a Londra? Pensò rapidamente, non era spaventato perché il servizio militare era volto ad eliminare qualsiasi paura in un essere umano, ma doveva ammettere che quella vettura fuori casa era veramente inquietante.
 
(10.27) Quella è la sua macchina?
 
(10.27) Una delle tante. Coraggio, salga. JM
 
Strabuzzò l’occhio non appena intravide la portiera aprirsi per mano di un autista vestito interamente di nero, che fece il giro della vettura e si portò davanti alla finestra e si spostò poco dopo, rivelando il posto del passeggero davanti all’ex colonnello. Indietreggiò di un passo, poi si decise ad afferrare il cellulare dal tavolo, il portafogli da un mobile vicino alla porta ed uscì nel freddo di Londra, infilandosi in macchina. L’interno della vettura era imbottito, pulito fino al limite estremo dell’ossessione e c’era odore di dopobarba, nonostante l’uomo alla guida fosse palesemente privo di peluria sul viso… Al contrario di Sebastian, che poteva vantare un’ispida barba bionda di almeno un centimetro. Da quant’è che non si faceva la barba? Mesi, sicuramente, in trincea di certo non ci si preoccupava di apparire trasandati… E, personalmente, adorava l’idea di apparire poco curato alle altre persone. Lo faceva sentire diverso, magari anche pericoloso, come al liceo quando le ragazze si fissavano ad accarezzargli le guance ruvide o a giocare con la barba chiara. Gli piaceva, anzi in certi momenti lo eccitava persino.
-Dove stiamo andando?- domandò, ma non ricevette alcuna risposta. Il veicolo partì e Sebastian si ritrovò a guardare freddamente fuori dal finestrino, Londra scorreva sotto il suo occhio sano mentre lottava contro la voglia di strapparsi la benda e tormentarsi l’altro.
 
(10.35) E’ nervoso? JM
 
(10.35) No. Ma il suo autista è maleducato.
 
(10.36) Sta solo seguendo i miei ordini. JM
 
(10.37) Ah.
 
(10.39) Ci sentiamo più tardi, colonnello. JM
 
Sollevò nuovamente un sopracciglio per quel saluto così brusco, ma quando l’auto nera si fermò davanti ad un ospedale capì perfettamente a cosa si riferisse quel tipo. Ne ricercò il nome nei messaggi precedenti, che non aveva cancellato principalmente per pigrizia, e lo archiviò in un angolo della sua mente. James. James Moriarty. L’uomo più pericoloso di Londra, aggiunse mentalmente, e per poco non scoppiò a ridere sarcasticamente. Aveva a che fare con una persona davvero di grande inventiva per gli scherzi... O almeno, lo pensò finché quattro uomini avvolti in camice bianco non lo trascinarono all’interno dell’ospedale con un fazzoletto sulla bocca e ostacolarono il suo ovvio ribellarsi con una puntura sul collo. Pochi secondi e Sebastian si sentì pesante, irretito, lo scenario circostante si sfocò alla vista fino a diventare nero, il silenzio pressante sui timpani.
Il vuoto più totale.
Si svegliò molto tempo più tardi, non sapeva definire quanto in verità ma fuori da una grossa finestra quadrata il cielo era scuro, piccoli puntini bianchi ne interrompevano il tessuto increspato dalle solite nuvole gonfie di pioggia che tanto amava di quella città. Si guardò intorno, sentiva dolore all’occhio e qualcosa di fastidioso in faccia, alzando una mano notò di essere stato intubato e attaccato ad un paio di macchinari, la conclusione logica era solo una: aveva subìto l’operazione all’occhio. Stentava a crederci, aveva ancora una benda ma era molto più leggera della precedente, di garza ospedaliera, e sicuramente era anche più pulita. Tentò di alzarsi a sedere, o almeno di assumere una posizione più comoda su quel letto troppo morbido per i suoi gusti, nella stanza c’era anche troppa luce e l’odore di disinfettante gli dava la nausea.
-Come si sente?
Si voltò di scatto verso la porta della stanza, bianca e grigia chiara, ma non vide nessuno. Anzi, la porta era persino chiusa.
-Sono qui.- ripeté la voce. -Alla sua sinistra.
Si voltò di nuovo, stavolta nella direzione indicata, e si trovò davanti una figura snella avvolta  in un camice bianco, armato di cartella clinica e di una piccola torcia.
-Stanco.- rispose Sebastian, la voce roca dal tanto dormire. Gli girava persino la testa.
-E’ comprensibile.- fece eco il dottore, posando la cartella clinica sul tavolino accanto al letto e armandosi per srotolare la benda chiara dal viso del colonnello. Sebastian rimase immobile, sentendo il peso sul viso affievolirsi, finché l’aria fresca della stanza non si infranse sulla pelle calda dell’occhio ancora chiuso, lo avvertiva pulsare fastidiosamente.
-Cerchi di aprire l’occhio, per quanto le riesce.- consigliò il medico, armandosi della torcia e accendendola. -Con calma, molta calma.
Allora aveva subìto davvero l’operazione? Riuscì ad aprire l’occhio con cautela e lo sentì subito bruciare, il medico puntò con gentilezza la luce fioca della torcia contro la pupilla azzurra e la spostò a destra, poi a sinistra, a Sebastian spettava l’ovvio compito di seguirla.
-Bene, la pupilla è reattiva. Ci vede?
Rimase in silenzio, quasi soffocato da quell’opportunità di poter vedere di nuovo, poi lentamente annuì.
-In modo chiaro?- insistette l’uomo in camice bianco.
-Abbastanza.
-Ottimo. Le rimetterò delle bende pulite, per un paio di giorni resterà sotto osservazione.
Si lasciò fasciare come un bambolotto di dimensioni spropositate, il cervello sembrava essere momentaneamente disattivato e si ritrovò, molti minuti più tardi, sprofondato a sedere in quel letto a fissare la notte scura sul profilo monotono di Londra. Il cellulare vibrò improvvisamente, Sebastian non si era nemmeno accorto che qualcuno lo avesse posato sul tavolino accanto al letto ma lo prese comunque, una parte di lui si aspettava di ricevere un messaggio da quel James Moriarty.
 
(23.49) Mi hanno informato che l’intervento è perfettamente riuscito. JM
 
(23.49) Sì.
 
(23.50) Molto bene. JM
 
(23.50) Grazie.
 
Si lasciò andare nuovamente al sonno, l’occhio sotto la benda era affaticato e pulsava ancora molto, ma non era nulla in confronto a ciò che aveva passato in trincea, quando quella scheggia di vetro gli aveva deturpato il viso in seguito ad un’esplosione. Pregò soltanto di non risognare quella scena e accennò un sorriso, finalmente aveva di nuovo la possibilità di vedere. 
 
•Nota dell'autrice~
Ed eccomi di ritorno, almeno in questa ff perchè le altre sono ancora a macerare nel pc in attesa che mi venga voglia di controllare i capitoli e di metterli su questo adorabile sito che oggi mi dà un po' di problemi ♥ E' vagamente più lungo *una pagina in più, coff* ma era una cosa necessaria, dovevate sapere tutti di come Sebby abbia ripreso la vista del suo bell'occhio azzurro e della grazia con la quale Jim lo abbia spedito ad operarsi -v- Ho intenzione di pubblicare un capitolo a settimana di tutte e tre le fanfiction, da adesso, magari a giorni alterni... Vedrò di organizzarmi, ma lo farò sicuramente.
Come al solito, concludo ringraziando chi segue, recensisce e anche chi legge soltanto, rinviando magari i commenti ad una giornata meno svogliata o a... Boh, non lo so. Grazie a tutti, e non mi aspettavo nemmeno che questa ff finisse fra le seguite di così tanta gente D: Mi stupisco sempre, davvero.
Bon, a settimana prossima a chiunque ci sarà~

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Capitolo 3
*** #3: Appuntamento ***


#3: Appuntamento
 
Lunedì 30 Dicembre
 
Quando si era svegliato, l’occhio gli faceva male in modo quasi intollerabile. Era come se glielo prendessero ripetutamente a pugni, senza alcun ritegno, e la cosa gli stava rapidamente facendo saltare i nervi. Era sempre stato piuttosto facile ad arrabbiarsi, in verità, e la sua indole parecchio violenta aveva tenuto alla larga eventuali ribellioni tra i soldati di cui era responsabile come colonnello. Nessuno si metteva contro Sebastian Moran e il suo sguardo truce, se non voleva andare incontro alla degenza ospedaliera… Un bel paradosso constatare che adesso ci si trovava proprio lui in ospedale, ad inveire contro un dolore pulsante all’occhio ancora bendato. Si tirò su a sedere nel letto, era morbido e scomodo dopo tutto il tempo passato sulla brandina in tela che occupava in trincea, ma non aveva intenzione di abituarsi a tutto quel comfort imbottito. Anzi, sperava di andarsene al più presto da quella stanza bianca latte, vuota e terribilmente spoglia; c’era solo un televisore nell’angolo, uno di quelli quadrati e tendenti a far saltare spesso l’immagine, ma si accontentò e allungò il braccio verso il comodino per raggiungere il telecomando e godersi della sana tv spazzatura di prima mattina. Si accontentò di un programma di cucina nel primo canale disponibile, a volume basso per non turbare il suo udito già fin troppo provato dalla guerra, e solo dopo che si fu nuovamente sistemato nel letto afferrò il cellulare. Era quasi comico il fatto che sperasse di trovare un messaggio da parte di quel suo misterioso benefattore, rise per qualche attimo nel trovare proprio la notifica di qualche sms sul display spaccato in un angolo del suo fedele Blackberry nero. Era un modello vecchio, ma finchè funzionava Sebastian non si crucciava nel desiderarne uno nuovo, magari di ultima generazione. No, lui era un po’ più all’antica per certe cose.
 
(07.40) Ha impegni per domani? JM
 
(07.45) Che sciocco. Ovvio che non ne ha. Non ha nessuno.  JM
 
(07.48) Famiglia morta, commilitoni morti, lei stava quasi per rimetterci la pelle in Afghanistan. Con chi mai potrebbe avere degli impegni? JM
 
Sebastian sogghignò divertito, inizialmente, poi scosse la testa.
 
(09.17) Che ne sa lei? Potevo aver invitato una ragazza.
 
Era un’ipotesi piuttosto improbabile anche per lui, chi mai sarebbe uscito con un trentaquattrenne pericolosamente vicino alla cecità da un occhio, congedato dall’esercito e bollato da numerosi richiami per atti violenti contro altri soldati?
 
(09.20) Salve. Vedo che, insieme a lei, stamattina si è svegliato il suo senso dell’umorismo. JM
 
Sebastian alzò un sopracciglio, quel tipo ci sapeva fare con le battutine. Ma lui non era da meno, e vista la noia che quel programma di cucina non stava minimamente scacciando, decise di divertirsi un po’ con quei messaggi.
 
(09.21) Sa com’è, non possiamo stare separati a lungo.
 
(09.21) E’ giusto. JM
 
(09.22) Mi tolga una curiosità. Perché firma continuamente i messaggi?
 
(09.23) La domanda è perché non lo fa lei. E comunque, so che non ha una ragazza. JM
 
(09.24) Non è una risposta. Mi faccia indovinare, ha cercato anche i nomi e gli indirizzi di tutte le mie fidanzate?
 
(09.25) Ovviamente. JM
 
(09.27) No, non ci credo.
 
(09.27) Cinque fidanzate dai venticinque ai trent’anni nel giro di dieci mesi, mi risulta. E una minorenne, per la durata di circa… Quattordici settimane? JM
 
Si stupì nel leggere quei dati, tralasciando il senso di inquietudine che stava provando nel constatare che sì, quell’uomo sapeva persino delle sue ex fidanzate. Se le ricordava più o meno vagamente, ma la più certa era sicuramente Natasha, la minorenne di quattordici settimane. Sebastian non aveva molta dimestichezza con le date, non era nemmeno certo di sapere quando fosse il suo compleanno, ma quattordici settimane… Era stato davvero così tanto con Natasha? Era stata la sua ultima storia prima di partire per la guerra, quello se lo ricordava bene, più che altro perché lei non la smetteva di urlargli addosso insulti.
 
(09.35) Non so se essere impressionato o fortemente inquietato da questo.
 
(09.35) Ci pensi, e poi mi faccia sapere. Non che mi interessi come si sente in merito alle mie indagini sul suo conto, anzi potrei dire di preoccuparmi di più dello stato del pavimento del mio studio. Comunque, tornando al nostro principale discorso, lei non ha alcun impegno per domani. Ho ragione? JM
 
Quello era in assoluto il messaggio più lungo che aveva ricevuto da quel tale, per un attimo Sebastian si domandò come avesse fatto a scriverlo e ad inviarlo nel giro di un minuto… Forse lui non era semplicemente abituato ad usare i telefoni, o almeno non più così velocemente, dato che in Afghanistan non aveva certo la possibilità di mettersi a messaggiare con qualcuno.
 
(09.37) Sì, ha ragione.
 
(09.38) Non era necessario che rispondesse, so di avere ragione, ce l’ho sempre del resto. Ma è bello sentirselo dire. JM
 
Che adorabile uomo egocentrico.
 
(09.40) Allora, visto che non ha impegni, la informo che adesso ne ha uno con il sottoscritto. Ho appena inviato i miei ragazzi a prendere le sue cose da casa sua – se così la si può chiamare – e le sto facendo portare qui da me. JM
 
(09.42) I suoi… Ragazzi?
 
(09.45) I miei collaboratori più inutili e veloci, odio aspettare e odio vederli a non fare niente. JM
 
(09.45) Ah.
 
(09.47) Non avrà pensato che mi riferissi a dei potenziali amanti, spero. Gesù, le relazioni umane… Che assurda perdita di tempo. JM
 
Sebastian si ritrovò ad aggrottare la fronte, pensieroso. Quel tipo considerava i rapporti umani delle perdite di tempo, eppure aveva appena portato le sue cose a casa propria… Un momento. Chi gli aveva dato il permesso di entrare nel suo appartamento? Diamine, aveva una privacy, quella era violazione di domicilio!
 
(09.50) Come diavolo ha fatto ad entrare a casa mia?!
 
(09.50) In un mondo di porte chiuse, l’uomo con le chiavi è il re. Se lo ricordi. JM
 
Che diavolo significava? Ora si sentiva agitato, e anche molto, la cosa gli faceva persino dolere maggiormente l’occhio.
 
(09.52) Comunque, domani ha un impegno con me. La farò venire a prendere in ospedale, inizia la sua nuova vita… Colonnello Sebastian Moran. JM
 
(09.52) Ah, si faccia una doccia e si vesta per bene. Non amo l’abbigliamento sciatto. JM
 
(09.53) Vuole anche che le porti dei fiori e un invito a cena?
 
(09.55) Mi piacciono le rose rosse, anche se sono un clichè in certe circostanze. E per l’invito a cena non si disturbi, farò preparare qualcosa. Pensi a riposare, la voglio in forma per il nostro appuntamento di domani. JM
 
(09.56) Ah, e un’ultima cosa. Sul canale 24 i programmi di cucina sono più accurati e fantasiosi. Buona visione, e a domani. JM
 
Lasciò cadere il cellulare sulle coperte, decisamente incredulo. Non tanto per la reazione alla sua battuta per l’appuntamento, i fiori e l’invito a cena, tanto per il suggerimento per il canale televisivo… Come faceva quell’uomo a sapere che stava guardando la televisione?
 
(10.00) A domani.
 
Adesso sapeva benissimo come sentirsi. Inquietato. E anche parecchio.
Tuttavia cambiò canale, scorrendo pigramente fino al ventiquattresimo e fermandosi davanti all’immagine di una bella donna in camice bianco intenta a triturare delle verdure con un coltello lucido dal manico nero pece. Guardò per qualche minuto la preparazione di una ricetta che non aveva mai nemmeno sentito nominare; afferrò il telefono, fissò l’ultimo messaggio tra lui e il cosiddetto James Moriarty e per un attimo iniziò a comporre un messaggio.
 
Sì, è davvero un canale fanta|
 
Fissò il puntatore intermittente sul display e scosse il capo, cancellando il testo e rimettendo il telefono sul comodino. Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.
 
•Nota dell'autrice~
Beh, che dire? Non mi aspettavo che anche questa ff venisse seguita da ben nove persone, ma in verità mi fa molto piacere. Questo capitolo mi ha fatta ridere persino mentre lo scrivevo, spero che strappi una risata anche a voi... Sebastian è quindi costretto ad accettare il lavoro offertogli da Jim, visto che le sue poche cose verranno trasferite obbligatoriamente a villa Moriarty, personalmente non vedo l'ora di farli incontrare e di far iniziare la loro particolare convivenza! Ne vedremo proprio delle belle, ehehe~ *^*
Grazie a chi passa a curiosare in questa ff, a chi legge e recensisce, a chi continua a seguire in silenzio * brutti stalkers D: * e anche a Jim e sebby che si prestano a questa storia(?). Ci vediamo al prossimo capitolo!
Midori No Esupuri~ ♥

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Capitolo 4
*** #4: Cena romantica? ***


#4: Cena romantica?
 
Martedì 31 dicembre
 
Si stava dando dello stupido almeno da un quarto d’ora, o forse da venti minuti. Come poteva anche solo credere che qualcuno lo avrebbe ripescato da quell’ospedale la sera dell’ultimo dell’anno? Avrebbe festeggiato con le donne e le ricette del canale ventiquattro, tanto per non sentirsi solo, e avrebbe passato i primi minuti del nuovo anno a maledire il televisore che faceva saltare l’immagine ogni tre minuti scarsi, trattenendosi a fatica dal lanciare contro quella scatola gracchiante il telecomando rivestito in gomma. Si era ripreso dall’intervento, l’occhio gli provocava ancora un po’ di fastidio ma ci si stava abituando, e in ogni caso era molto meglio rispetto a prima, in trincea. Ogni tanto, un medico veniva nella sua stanza e gli faceva seguire una stupida luce gialla lungo la stanza, per provare i riflessi dicevano; dal canto suo Sebastian si sentiva perfettamente capace di vedere, ma acconsentiva a quella farsa solo per levarseli di torno.
 
(13.52) Immagino che il cibo dell’ospedale sia disgustoso. JM
 
(13.52) Mi stavo chiedendo se si fosse dimenticato di importunarmi, oggi.
 
(13.55) Oh, non potrei mai. Mi annoio troppo durante la giornata per dimenticarmi di ‘importunare’ qualcuno. JM
 
(13.57) Farò finta di essere onorato.
 
(13.57) Deve esserlo. Sa che ha veramente poche cose? JM
 
(13.58) I miei ragazzi hanno portato qui le scatole con i suoi effetti personali, quando ne ho viste solamente due ho pensato che dovessero ancora scaricare… Mi sbagliavo. JM
 
(14.00) Non ho molto, sono appena tornato dalla guerra. E la mia famiglia è morta, lo sa, no?
 
(14.03) Anche la mia lo è, ma non significa che io non debba avere vestiti a sufficienza. JM
 
Sebastian scosse il capo e si alzò dal letto, avvicinandosi alla finestra con il telefono in mano, lo posò sul davanzale e si concesse un po’ d’aria. Poi tornò indietro verso il letto e frugò nelle tasche dei pantaloni militari, estraendone un pacchetto di sigarette rossiccio e un accendino con un disegno tribale scolorito, lo aveva rubato a qualche soldato infimo… O per strada, non se lo ricordava bene, al momento. Si trascinò fino alla finestra e cercò di accendersi una sigaretta, interrotto dalla vibrazione del telefono.
 
(14.07) Non ci provi nemmeno! JM

Alzò un sopracciglio.
 
(14.07) Uhm?
 
(14.09) Metta via quella schifezza. Non deve fumare fino a questa sera. JM
 
Sebastian si ritrovò a ridere, per quel poco che il dolore gli permetteva di fare, poi si accese la sigaretta con tranquillità, assaporando il gusto amaro del fumo e buttandolo fuori, nel traffico di Londra.
 
(14.10) HAHAHAHAHAHAHA.
 
(14.15) Si diverte a giocare con il fuoco, colonnello? JM
 
(14.15) Tanto quanto lei si diverte ad importunarmi. E la smetta di spiarmi, è inquietante.
 
(14.18) Non la sto spiando. JM
 
(14.20) Ma davvero?
 
Sogghignò e alzò la mano libera dalla sigaretta alle sue spalle, in un punto imprecisato, facendo bella mostra del proprio dito medio come se fosse un oggetto di estremo valore. Se non lo stava spiando, il tipo dei messaggi non avrebbe detto niente… In caso contrario, avrebbe sentito vibrare il telefono.
 
~ ~ ~ Chiamata in entrata – Numero sconosciuto ~ ~ ~
~ ~ ~ Accetta ~ ~ ~
 
-Pronto?- chiese Sebastian, ancora ghignante e intento a fumare.
-Non ci provi mai più.
 
La voce che gli rispose era maschile, forte e molto dura, gli faceva presagire un uomo fisicamente prestante quanto lui, e senza volere cominciò a domandarsi come potesse essere quel JM.
 
-Non mi dica che si è offeso.
-Potrei averlo fatto.
-Che esagerato. Non l’hanno mai mandata a quel paese?
-Sì.- sospirò la voce. -Ma chi l’ha fatto non è vissuto molto, dopo.
 
Sebastian rise di nuovo, divertito, gettando il filtro della sigaretta giù dalla finestra e lasciandosi andare sul letto appena più fresco, una mano dietro la nuca e l’altra che reggeva il telefono contro l’orecchio.
 
-Non sa proprio stare allo scherzo, eh? J qualcosa.
-James. Dobbiamo cenare insieme questa sera, e già non si ricorda il mio nome? Non è carino, sa? Faceva così anche con le sue ragazze?- rise la voce, stranamente non era una risata allegra. Era più inquietante che altro.
-A volte.
-Beh, con me farà meglio a non fare questo errore. Dunque, le va bene per le dieci di questa sera?
-Vuole cenare alle dieci di sera?- chiese Sebastian, stranito.
-Così ci vuole molto meno tempo per guardare i fuochi d’artificio, no?
-Accidenti, proprio una cena romantica. Non credo di avere niente di adeguato da mettermi, a meno che la tuta mimetica sia improvvisamente diventata il top dell’eleganza.
-Non fa niente, colonnello Moran. Sarò elegante io per entrambi.
-Ah, allora sto tranquillo.
-A questa sera, veda di non fumare.
-Come no.
 
Gli venne praticamente chiusa la chiamata in faccia, ma non se ne curò più di tanto, visto che nemmeno lui era la quintessenza del galateo, e passò il resto del tempo a dormire o a guardare la televisione sui canali meno noiosi che trovava. Non c’era granchè da fare in ospedale, e si ritrovò a rimpiangere i vaghi sprazzi di tranquillità in trincea, dove poteva giocare un po’ a carte con i suoi commilitoni, o bere una birra gelida in compagnia. Quella stanza era vuota, il tempo passava lento, e ogni volta che si svegliava da un pisolino era più stanco di prima, si svegliava solo per la luce gialla sole che i medici gli indirizzavano contro per il solito controllo ogni quatto ore. O per fumare, in barba a quel James.
Alle ventuno e trenta, sentì nuovamente vibrare il telefono e si destò dal suo pigro non far niente, aveva pensato per ore a come potesse essere quell’uomo ed era rimasto davvero colpito da quella voce calda,  non aveva paura della cena di quella sera e anzi, la stava aspettando.
 
(21.30) Si vesta, su. JM
 
(21.30) Lo ammetta, aspettava questo momento per spiarmi mentre mi cambio.
 
(21.34) E va bene. Mi ha colto sul fatto. JM
 
(21.35) Lo sospettavo.
 
(21.35) Non sono immune al fascino della divisa militare, come molte donne. JM
 
Sebastian si vestì in fretta, abituato ai tempi della guerra, andò al bagno per inumidirsi le mani e sistemarsi alla meno peggio i capelli biondi, la barba era lunga e abbastanza ispida ma gli piaceva, senza si sarebbe sentito fin troppo poco virile.
 
(21.45) Scenda pure, fuori dall’ospedale troverà una macchina nera. Salga, la porteranno al ristorante. JM
 
(21.46) E ‘sti cazzi. Fa così anche con le sue ragazze?
 
(21.46) Non sia così sboccato, non è più in guerra. JM
 
(21.47) Ragazze? No, non sono propriamente la mia… Area. JM
 
Sebastian si soffermò per un momento a soppesare quelle parole, stava davvero parlando con un riccone gay che gli aveva appena offerto una cena romantica? E ci aveva persino flirtato? Sbarrò gli occhi – o meglio, l’occhio – e deglutì per calmarsi, sicuramente aveva frainteso e basta. Insomma, non era veramente gay, no? Magari era una battuta.
 
(21.53) Sto aspettando. E’ maleducato far aspettare qualcuno al primo appuntamento.  JM
 
Si destò dai pensieri, infilò gli anfibi e scese le scale marmoree dell’ospedale – inquietantemente vuoto – fino a raggiungere l’uscita ed il parcheggio. Quell’ospedale era veramente vuoto, c’erano solo lui e i medici che si occupavano delle sue analisi… Non che fosse una persona incline al provare paura, ma si sentiva vagamente inquietato da tutte le rivelazioni che stava avendo in cinque minuti. Appena arrivò nelle vicinanze dell’auto, la portiera gli venne aperta e partirono non appena si sedette, diretti nel centro affollato di Londra. Faceva freddo, ora che era abituato al caldo afghano, si strinse nella tuta mimetica e fu infinitamente grato al tepore del ristorante in cui era stato accompagnato. Era lussuoso, fin troppo lussuoso, ebbe il forte istinto di girare i tacchi e tornarsene al suo appartamento da quattro soldi… Ma, chiunque fosse quel James Moriarty, stava aspettando ad un tavolo, no? E ormai lui era lì, tanto valeva entrare.
 
(21.58) Tavolo 13. JM
 
Sapeva che era arrivato al ristorante?
-Benvenuto al Riviera’s.- gli disse un cameriere vestito come un pinguino, a detta di Sebastian, almeno. Si guardarono l’un l’altro e il cameriere indugiò sul suo occhi bendato e sul suo abbigliamento non proprio adatto ad un ristorante di quel calibro, solo che si limitò a non dire nulla per paura di ricevere un potente destro dritto sul naso.
-Come posso…
-Tavolo 13. Ho un, uhm… Appuntamento.- grugnì il colonnello, incerto. Il cameriere cambiò subito espressione, si impettì e divenne improvvisamente professionale, facendogli alzare nuovamente un sopracciglio.
-Certo. Venga con me, signor Moran.
Sebastian lo squadrò in tralice, come diavolo sapeva…? Giusto, la prenotazione. Forse l’inquietante tipo dei messaggi aveva mostrato una sua foto ai camerieri, poteva essere possibile. Fatto sta che stava sfilando tra tavoli dalle tovaglie ricamate e donne in tubini da sera, uomini armati di bicchiere di vino rosso vinaccia e puzzolenti di dopobarba di marca, era incredibilmente fuoriposto. L’accordo dissonante in quell’orchestra di ricconi, pensò con un ghigno. Era sempre, sempre stato l’accordo dissonante in qualcosa di perfetto, non era più una novità e non lo metteva nemmeno più a disagio. Arrivò al tavolo e vide un uomo, avvolto in un completo blu scuro e curato persino nella piega all’indietro dei capelli neri, gli occhi erano due pozzi di petrolio indefinibili e il fisico era magro, avrebbe giurato persino che la giacca fosse su misura. Si fermò davanti al tavolo, il cameriere pomposo di prima si era volatilizzato e Sebastian e l’uomo si fissavano a vicenda, finchè il moro non gli riservò un sorriso. Era veramente lui quel fantomatico James Moriarty? Se lo aspettava diverso, molto diverso. L’uomo tese una mano, aperta per indicare la sedia di fronte a lui, e continuò a sorridere.
-Si sieda.
Sebastian sapeva riconoscere un ordine quando gli veniva dato, nonostante non capitasse spesso, ma prese posto come gli era stato detto di fare. Nel suo piccolo, quell’uomo pareva essere davvero potente, anche se non sapeva cosa glielo facesse pensare di preciso.
-E così lei è…- iniziò, titubante.
-James Moriarty, sì. Salve.
 
•Nota dell'autrice~
Oddeo, sono commossa. Sono riuscita ad aggiornare dopo una settimana esatta, omfg *^^^^* *scoppiano coriandoli*
Anche questo capitolo è stato troncato con l'incontro tra Jim e Sebby e, se ve lo state chiedendo... Sì, mi diverto a gettarvi addosso suspence nemmeno fosse pioggia estiva(?). Che dire, questa storia per me si fa sempre più divertente da scrivere, sono contenta che piaccia a qualcuno del fandom e che venga seguita e commentata con una certa regolarità. Vi adoro tutti~ Ci vediamo la settimana prossima con il capitolo 5 e, per chi seguisse anche le altre mie long... Stai tuned, aggiornerò presto anche quelle, promesso!
Adieu :3
Midori No Esupuri~

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Capitolo 5
*** #5: Vodka ***


#5: Vodka
 
Mercoledì 01 gennaio
 
Adesso sì che aveva la pancia piena. Erano stati a tavola fino a qualche minuto prima di mezzanotte, poi quell’uomo elegante aveva insistito per andare a vedere i fuochi d’artificio. Sebastian non li amava molto, i botti gli ricordavano fin troppo le bombe in Afghanistan, ma quando il tono dell’altro si era trasformato in un fastidioso ordine sibilato, aveva deciso di accontentarlo. Per farlo stare zitto, se non altro. Avrà avuto circa trent’anni, ma il militare si ritrovò a constatare quanto sembrasse un bambino sotto quelle luci colorate, riflesse in modo distorto nelle iridi nere come la notte. Lo guardava, come rapito, e mentalmente si chiedeva come potesse essere davvero quello, quel piccoletto, l’uomo più pericoloso di Londra. Scosse la testa, ficcando una mano nella tasca larga dei pantaloni a stampo militare, poi nell’altra, allarmandosi non poco. Aveva giurato che il suo pacchetto di sigarette fosse in una di quelle tasche, maledizione!
-Sta cercando queste?- domandò il moro con un lievissimo sorriso in un angolo della bocca. Nella sua mano sinistra teneva il pacchetto morbido e bianco delle sigarette, gli occhi di Sebastian guizzarono di rabbiosa sorpresa.
-Quando diavolo me le ha prese?!
-Non è poi così sveglio come sembra, eh colonnello?
Ignorando l’occhiata torva del biondo, Jim si accese una sigaretta da quel morbido pacchetto e ne aspirò un tiro, tossendo subito dopo.
-Ma che roba è? Che marca sono queste… Queste… Cose?
-MS.- rispose Sebastian, ancora un po’ cupo. -Sono le sigarette dei poveri, sa?
-Ah, ecco perché sono così orribili.
Jim si strinse nelle spalle e gettò senza alcun ritegno il pacchetto da qualche parte all’indietro, tra l’erba che costeggiava il parcheggio.
-Hey!- sbottò il biondo, era talmente buio che ritrovare il suo pacchetto era praticamente impossibile. Quel tizio aveva dei seri problemi.
-Non si affanni per cercarle. Ora lavora per me, deve fumare solo il meglio.
-Sì… Il meglio. Tipo?
-Le West.- asserì fiero, estraendo il pacchetto dalla tasca interna della giacca scura.
-Sono sigarette. Chi se ne frega se non sono le più care sul mercato. Come se avessi così tanti soldi da buttare, poi.- protestò Sebastian, in un brontolio da orso. James lo guardò e rise per qualche secondo, quasi sotto i baffi, poi si accese una sigaretta delle proprie mentre i fuochi d’artificio continuavano a coprire le loro voci e ad illuminarli. Sebastian finì per accettare la sigaretta che l’uomo gli porgeva e alzò il viso verso il cielo buio, per quel poco che l’occhio ancora bendato gli consentiva di fare osservò i fuochi e sorrise a mezza bocca.
-Cosa intendeva dire ieri, quando ha scritto che le ragazze non sono la sua area?- domandò, quel dubbio lo aveva tormentato per tutta la cena. Jim fece spallucce e continuò a sorridere, il filtro giallognolo della sigaretta stretto fra le labbra pallide.
-Che non sono la mia area.
-E’ gay?- chiese nuovamente, alzando un sopracciglio.
-Lei lo è?
-C’è mai una volta che risponde ad una domanda senza farne un’altra?
-Lei che dice?
Sebastian roteò l’occhio sano al cielo e borbottò un ‘vaffanculo’ masticato, lo sguardo nero di Jim gli fu nuovamente addosso.
-Sì, sono gay. Ma non intendo stuprarla, se è questo quello che ha pensato.- gli rivelò, quasi come se fosse stato costretto a spiegare l’ovvio.
-Ah, vorrei davvero vederla tentare.- lo sfidò il militare. -Sono grosso tre volte lei.
-Ma infinite volte più stupido.
-Non sono stupido.
-Non c’è bisogno di offendersi, per me sono tutti stupidi.
-Se sono così stupido, perché ha insistito così tanto a farmi diventare un suo sottoposto?
James finì la sigaretta, lasciò andare il fumo e gettò a terra il mozzicone, coprendolo con la punta arrotondata della scarpa nera, elegante e lucida.
-Che le devo dire.- ridacchiò. -Mi piaceva il colore dei suoi occhi.
Sebastian lo guardò confuso, ma l’uomo gli diede le spalle e si incamminò attraverso il parcheggio e si affrettò a seguirlo, annoverandosi il cervello su quale fosse il vero motivo per cui fosse lì. Sul perché avesse accettato di lavorare come killer per un totale sconosciuto, che tuttavia gli aveva pagato una cena coi fiocchi. Non aveva mai mangiato così tanta carne in vita sua, e ai suoi ricordi nemmeno così buona.
-Allora, parliamo di affari.- disse dopo un po’ il suo nuovo capo. -Provvederò a farle avere ciò che le serve, senza complimenti, basta chiedere. Ha capito?
-Per caso conosce qualche prostituta?- domandò, a titolo puramente informativo, ma James si voltò con un’occhiata torva che, dovette ammetterlo, lo fece rabbrividire.
-Se lo scordi.
La forza di quelle tre parole era stata impressionante, Sebastian sbattè per un paio di secondi gli occhi confuso, ma poi si ricompose e annuì. L’altro fece sparire altrettanto rapidamente l’espressione rabbiosa e si aggiustò la cravatta con le dita di entrambe le mani, lisciandola contro il petto fino all’incrocio della giacca.
-Dicevo. Le farò avere quello che le serve, quindi armi, vestiti, munizioni eccetera. Avrà la sua stanza personale, con tanto di bagno annesso e cabina armadio, anche se ho la vaga impressione che l’ultima non le servirà.- riprese, indugiando per qualche secondo sul completo militare del cecchino. -Domande? Possibile che non intacchino l’argomento prostitute.
-No, nessuna domanda.
Era meglio così, probabilmente. Una macchina nera, con tanto di vetri oscurati, si fermò a qualche centimetro da loro non appena uscirono dall’area del parcheggio, Jim aprì la portiera e fece segno al biondo di salire. Sebastian prese posto e viaggiarono per qualche minuto, fino ad arrivare ad una grande villa, che reputò a prima vista troppo grande… E, quando ne vide l’interno, si corresse. Era enorme, trasudava lusso e ordine maniacali. Quel tipo era tutto il suo opposto.
-Bene, benvenuto a casa, colonnello.
Vedeva un misto di mobili scuri e poltrone in stile barocco, soffocanti persino alla vista per uno come lui, abituato a forniture più scassate e pericolanti che altro… Quel tipo doveva davvero essere potente, per avere così tanti soldi. A meno che la villa fosse di famiglia e lui fosse, che ne sapeva, l’unico superstite di una qualche strage.
-Le piace?
-Mi trattiene una quota dallo stipendio per respirare la sua stessa aria, o posso farlo liberamente?
-Lo devo ammettere, ci sa fare con le battute.- si complimentò il moro, senza rispondere subito. -Può respirare, può andare al bagno, l’unica cosa che le chiedo è di togliere i suoi sucidi stivali dal tappeto.
Sebastian abbassò lo sguardo e si rese conto di essere davvero su un tappeto, dal colore così chiaro da mischiarsi col pavimento di… Beh, qualsiasi cosa fosse.
-E’ un feticista dei tappeti?- domandò stranito, per poi ghignare. -Perché potrei decidere di versarci della birra sopra, quando mi gira male la mattina.
Jim sorrise, tagliente.
-Ci provi e io le taglio gli attributi mentre dorme.
-Macchierebbe le lenzuola di sangue.
-Irrilevante.
-Giusto, non sono tappeti.
Fecero un veloce – si fa per dire – giro della casa, Sebastian si sentiva stretto tra quei lunghi corridoi lussuosi e aveva tirato un sospiro di sollievo quando aveva potuto finalmente rilassarsi nella sua camera da letto. Si spogliò, gettando i vestiti alla rinfusa su una sedia davanti alla finestra, e si stese in boxer sul letto singolo che Jim aveva fatto preparare per lui. Da chi non lo sapeva, dato che nella casa non c’erano che loro due, ma non ci diede particolarmente peso e si rilassò, sentiva addosso la stanchezza per i medicinali post-operatori e per tutto il suo rimuginare. Infondo, che importava? Aveva un tetto sopra la testa, la sicurezza di una retribuzione e un lavoro non molto lontano da quello che faceva in precedenza… Oltretutto, che alternativa aveva?
 
(03.40) Sebby? JM
 
Imprecò tra i denti nel sentire il cellulare suonare sul comodino, illuminando a giorno la sua stanza. Allungò un braccio per prendere quel diabolico oggetto elettronico e sbuffò, possibile che a quell’ora Jim non avesse niente di meglio da fare che mandargli messaggi? E poi, che diavolo era quel Sebby?!
 
(03.42) Moran.
 
(03.42) Sebby. JM
 
(03.45) Moran!
 
(03.45) Sebby-Seb. JM
 
(03.48) Al diavolo. Che vuole?
 
(03.48) Sono le quattro di notte!
 
(03.50) Non ancora. JM
 
(03.50) Voglio un bicchiere di vodka. JM
 
(03.52) E vada a prenderselo, no?
 
(03.54) Sto lavorando. JM
 
(03.58) E allora resti con la sete.
 
(04.00) Se scendi a prendermene uno, puoi portarti la bottiglia in camera. JM
 
(04.02) E’ buona, la importo dalla Russia. E’ alla pesca. JM
 
(04.05) Va bene. Ma poi mi faccia dormire.
 
Si diede dello stupido mentre scendeva le scale, a piedi nudi, trascinandosi fino in cucina. Prese una bottiglia di vodka, versandone una quantità generosa in un bicchiere e salendo nuovamente al piano superiore.
 
(04.07) Sono nello studio. JM
 
Aveva troppo sonno, lasciò il bicchiere davanti alla porta dello studio e se ne tornò in camera, portandosi dietro la bottiglia quasi intera e bevendone un sorso durante la strada, per poi crollare sul letto.
 
(04.22) Grazie per la vodka. Buonanotte, Sebby. JM


 
•Nota dell'autrice~
Anche stavolta ho aggiornato dopo una settimana esatta, forse posso farcela anche con le altre ff! *fa il tifo per se stessa* Ho saltato la parte della descrizione della cena perchè il capitolo diventava troppo prolisso, ma ho ripiegato con una scenetta che personalmente trovo molto carina, che segna l'avvicinando del colonnello e del nostro caro criminale c: Non sono di molte parole oggi, quindi niente... Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo e che lo abbiate trovato almeno un po' divertente, non siamo ancora arrivati ai feels ma io mi pregusto già il momento in cui...
Niente, non spoilero nulla uwu' Al prossimo, grazie anche a chi legge e segue, anche senza commentare!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 6
*** #6: Shopping ***


#6: Shopping
 
Mercoledì 8 gennaio
 
(09.45) Sebby, svegliati. JM
 
Dopo una settimana di convivenza, Jim non aveva ancora imparato a non mandare messaggi all’ex militare di prima mattina, così come quest’ultimo non aveva ancora imparato a spegnere il telefono prima di andare a dormire. O meglio, un paio di volte lo aveva fatto, ma la mattina successiva il suo cellulare vibrava e suonava fastidiosamente sul comodino, segno che Jim si era divertito ad accenderlo appositamente per importunarlo. Quel criminale era un coinquilino irritante, più disordinato di un adolescente nel pieno della ribellione, e capace di strillare come un gabbiano stridulo al telefono – o contro di lui – quando qualcuno non sottostava ai suoi ordini. Sebastian era arrivato alla conclusione che Jim – mai chiamarlo col nome intero, gli aveva detto poco dopo il suo trasferimento nella villa – aveva dei seri, serissimi problemi comportamentali, dovuti forse ad una qualche storia familiare strana. Certo, non che lui fosse l’emblema del figlio con una famiglia perfetta: madre morta di parto, padre violento, alcolizzato e incline a violentare sua sorella, omicida fino al giorno in cui era stato proprio Sebastian a porre fine alla sua vita. Si accigliò nel sonno nel ripensare a quel pomeriggio di marzo, in cui aveva visto suo padre uccidere sua sorella minore e si era vendicato per tutta la sofferenza che quell’uomo causava in casa loro. Scosse la testa per scacciare i pensieri, il cellulare vibrò di nuovo e il biondo ringhiò irritato contro il cuscino: finalmente poteva dormire per più di tre ore a notte, e il suo coinquilino si divertiva a svegliarlo per i motivi più assurdi.
 
(09.54) Sebby!!! JM
 
Lanciò direttamente il telefono sul comodino, con il preciso intento di rimettersi a dormire, ma la porta della sua stanza venne spalancata con pochissima grazia. Jim Moriarty, completamente sveglio e avvolto in un completo color antracite, lasciò andare un sospiro rassegnato nel vedere il suo collaboratore ancora ammassato nelle coperte, in rigida posizione da militare su un fianco. Resistette all’impulso di mollargli un calcio, ripetendosi che la cosa avrebbe causato della sgradevoli macchie sulle sue scarpe nere, poi sorrise: aveva capito il modo perfetto per svegliare Sebastian senza perdere troppo tempo. Prese fiato.
-Colonnello Moran!- gridò, nel silenzio più totale. Quasi rise nel vedere il biondo scattare a sedere sul letto, incespicando nelle coperte – era evidente quanto in Afghanistan non fossero abituati ad usarle – e puntare la pistola nera contro l’armadio, estraendola da un angolo sotto al cuscino. Sebastian si guardò rapidamente intorno, poi diresse uno sguardo assassino verso il moro, tranquillamente appoggiato allo stipite della porta.
-Stronzo.- proferì, senza mezzi termini. Ah, Jim lo ritenne decisamente adorabile con quell’aria corrucciata. Un bambino troppo cresciuto e troppo sviluppato a cui era stato tolto il gelato.
-Vestiti.- rispose, minimamente scalfito dal modo di fare dell’altro. Ormai era ovvio quanto Sebastian fosse orso – per non dire orco – caratterialmente, doveva arrendersi all’evidenza. Certo, non che si aspettasse di assumere come cecchino la quintessenza del galateo, ma pareva che il biondo si trovasse un po’ troppo all’estremo dell’irritante.
-Dobbiamo uscire.- aggiunse come spiegazione, dando le spalle alla stanza e chiudendo la porta. Proprio non sopportava le porte aperte, Sebastian invece aveva quel maledetto vizio di non chiuderne nemmeno una, compresa quella del bagno. Il biondo borbottò qualcosa di inudibile, quasi masticato fra le mascelle ancora un po’ impastate dal tanto dormire, legato alla scarsa voglia di uscire di prima mattina, ma alla fine si infilò i pantaloni mimetici e la canotta, si legò gli anfibi e scese le scale rapidamente. Nel tragitto si infilò il giubbotto in pelle nera, un po’ consunto e con le borchie scolorite, raggiungendo Jim nel vasto ingresso della villa. Il moro gli porse un paio di chiavi, sorridendo appena percettibilmente.
-Vedi di non fare incidenti.- lo avvisò, uscendo dal grande portone laccato in nero e attraversando il cortile, Sebastian lo seguì guardando quelle chiavi. Un’Audi? Di certo non si aspettava di trovare un macinino per caffè fuori da una villa del genere, ma una macchina come quella… E doveva guidarla lui? Guardò il veicolo, nero e lucente sotto il sole pallido di quella fredda mattina, e aggrottò le sopracciglia chiare.
-Fammi capire.- iniziò. -Devo guidarla io perché…?
Jim sospirò.
-Perché sì.
-Che diavolo di risposta è: perché sì?
-La risposta che ti meriti per una domanda simile.
Ecco che tornava il lato irritante del suo capo, inutile dire che non gli era mancato per niente. Jim era parecchio intrattabile al mattino, e la cosa si mitigava molto poco durante il resto della giornata.
-Ah, so perché.- rise, salendo in auto. -Non hai la patente.
Non ci fu risposta, Jim si sedette in mezzo ai sedili posteriori e allacciò con calma la cintura, per poi lisciare la stoffa del completo. Troppo maniacale, pensò il colonnello.
-Dai, non dirmi che non hai davvero la patente!
Il moro lo guardò nello specchietto retrovisore, stringendosi nelle spalle.
-Non vedo come la cosa possa riguardarti, in più non c’è niente di strano. Adesso guida, siamo in ritardo.
-In ritardo? Dove diavolo dobbiamo andare?
-A fare compere.- rispose l’altro, con un sorrisetto veramente femmineo. Sebastian aveva visto quell’espressione solo a scuola, quando le sue compagne commentavano qualche ragazzo di un’altra classe, e non era così sicuro che fosse positivo sul volto di un maschio. Beh, ma Jim era gay, gli aveva detto. Per un attimo, un brevissimo attimo, ringraziò di dormire in una stanza lontana da quella del proprio capo, con la porta ben chiusa e una pistola sotto al cuscino. Non si poteva mai sapere, dopotutto. Guidò con calma fino al centro di Londra e, quando finalmente risalì in auto per riportare Jim e i suoi innumerevoli sacchetti alla villa, erano quasi le due del pomeriggio. Aveva una fame indicibile, non appena il suo capo scattò nello studio con i suoi vestiti nuovi lui si chiuse in cucina e si occupò di cucinarsi qualcosa. Gli piaceva farlo, insieme al medico della loro divisione in Afghanistan aveva fatto il cuoco per tutti gli altri soldati, quasi sorrise a pensarci. La guerra, nonostante tutto, aveva rimpiazzato molti dei suoi ricordi legati alla sua famiglia.
 
(15.07) Per il futuro: evita di essere così insopportabile quando siamo in un negozio. JM
 
Non ci poteva credere, lo stava davvero rimproverando?!
 
(15.07) Sei stato due ore, e dico due ore, davanti ad uno scaffale per scegliere una fottuta cravatta!
 
(15.09) E allora? Io devo vestirmi bene, ho una reputazione internazionale. JM
 
(15.12) Sì, come no.
 
(15.20) Tra l’altro, non ti sei comprato niente. JM
 
(15.22) Quei negozi erano tutti per ricconi snob. Non c’era niente per me.
 
(15.25) Erano tutti negozi da uomo, Sebby. JM
 
(15.28) Per uomini come te, vorrai dire.
 
(15.31) Cosa vorresti dire?! JM
 
(15.32) Calmati. Hai visto come mi vesto? E comunque, a me quel giubbotto piaceva.
 
(15.36) Tu non andrai in giro con un giubbotto mimetico, Sebastian. Hai già i pantaloni, vuoi tingerti anche i capelli e la faccia a macchie? JM
 
(15.40) Beh, agli addestramenti a volte succedeva.
 
(15.43) Oh, cielo. JM
 
(15.43) Non ti comprerai un giubbotto militare, che ti piaccia o meno. JM
 
(15.45) Vuoi comandarmi anche sul modo di vestire?!
 
(15.48) Ovviamente. Sei un mio sottoposto, devi vestirti bene. Non esiste solo il tuo stupido militare, sai? JM
 
(15.52) E non esiste solo il tuo stupido gessato, sai?
 
(15.54) Non osare infangare i miei completi! Sono Westwood, brutto caprone ignorante! JM
 
(15.56) Uh, mi hai offeso! Adesso vado a piangere dalla mamma.
 
(15.57) Tua mamma è morta, stupido. JM
 
(16.03) Caspita, tu sì che hai tatto…
 
(16.03) E vaffanculo, comunque.
 
Come se non lo sapesse già da solo che sua madre era morta, maledizione. Dando alla luce sua sorella, fra l’altro. Si sedette sul letto e iniziò a lucidare con rabbia crescente la pistola, togliendo il caricatore e passando sulla canna un panno asciutto, sfregando ripetutamente. Come si permetteva Jim di fare tanto l’altezzoso? Gli bruciava non sapere niente su quell’uomo tanto irritante, almeno per ripagarlo con la sua stessa moneta, ma l’unica cosa che riusciva a fare era ignorarlo in tutti i suoi tentativi di chiamarlo dallo studio e di mandargli sms sul cellulare. Era offeso, ma più che altro era arrabbiato per non potergli rispondere a tono, anche se a pensarci bene Jim non si faceva scalfire da nulla… E quello era ancora più irritante, cazzo.
-Seb?
Il cielo era quasi scuro oltre la finestra, il biondo aveva messo in ordine le sue cose e ripiegato ordinatamente le proprie magliette nell’armadio, nel ripiano più basso, e accanto aveva sistemato i pantaloni; gli anfibi erano l’unico paio di scarpe sopravvissuto alla guerra e al resto e se li teneva costantemente addosso, così come le medagliette con il suo grado militare e alcune informazioni sulla sua nascita.
-Che diavolo vuoi?- sbottò, poco amichevole. Era sempre stato incline a portare rancore, o comunque a non dimostrarsi molto tollerante con gli sgarri altrui. Ci fu una pausa di silenzio, poi la porta si aprì e Jim comparve sulla soglia, lo sguardo corrucciato e in mano una carta di credito. Sebastian lo guardò, inizialmente noncurante, poi voltò lo sguardo verso la finestra e si concentrò sul cielo scuro, in attesa. Jim si avvicinò e gli porse la carta di credito, anche lui con lo sguardo perso nell’esterno della villa, isolata dalla città ma non troppo, potevano ammirarne le luci soffuse dalla terrazza… Se solo fossero stati i tipi da fare cose del genere. Magari lo erano, ma certamente non l’uno con l’altro: Sebastian era troppo burbero per chiedere di guardare le luci di Londra da una terrazza di notte, Jim invece era troppo impegnato con il lavoro… E troppo burbero, esattamente come il suo coinquilino. In più, Jim Moriarty non chiedeva mai nulla, lui otteneva e basta.
-Va’ a comprarti quel giubbotto che tanto ti piace.- disse, era quasi divertente per il colonnello rendersi conto di quanto l’altro si stesse sforzando di non aggiungere un insulto a quella frase.
-Domani, o quando diavolo ti pare.
Il biondo sorrise, allungando il braccio per prendere la carte di credito, e se la infilò in tasca. Si sarebbe vendicato, altro che giubbotto avrebbe comprato il giorno successivo… Forse era davvero l’ora di aggiungere dei vestiti nuovi nel suo armadio, anche se lo shopping non faceva proprio per lui. Però, doveva ammettere che un gesto del genere non se lo aspettava proprio da Jim, sorrise leggermente e scosse il capo.
-D’accordo.
Altra pausa di silenzio, l’ossessivo guardare fuori del biondo gli fece sfuggire un sorriso molto lieve sulle labbra sottili dell’altro, che tuttavia scomparve nel nulla in una frazione di secondo.
-E adesso va’ a preparare la cena, Seb. Ho fame.
 
•Nota dell'autrice~
Come promesso, eccomi qui con il sesto capitolo di questa fanfiction u.u Che dire, siete sempre di più a seguirla e per me è davvero un'emozione rendermene conto, grazie davvero a tutti ♥ Sebby in questo capitolo è un pochettino omofobo, ma molto presto si ritroverà a cambiare idea sul conto del nostro bel consulente criminale, così come a Jim toccherà vedere molto di più che un irritante orco nei vestiti mimetici del suo cecchino... Ma non diciamo niente di troppo, questa coppia è l'agnst per eccellenza e spero di renderla davvero al meglio. 
Ci vediamo leggiamo al prossimo capitolo, tra una settimana esatta, e grazie ancora a chi segue, legge, recensisce e tutto il resto!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 7
*** #7: Allenamento ***


#7: Allenamento
 
Lunedì 13 gennaio
 
Non credeva particolarmente nella sfortuna, non ci aveva mai dato troppo peso, ma stava iniziando davvero a rivalutare quel suo vecchio stile di vita. Quella mattina Jim si era svegliato più irritato del solito, stava attaccato al cellulare da mezz’ora e viaggiava per tutta la cucina, mentre Sebastian cercava di svegliarsi con un caffè bollente e senza zucchero. Il suo capo era arrabbiato con quello che definiva un cliente – non gli era ancora chiaro in quale senso – e ci stava discutendo in modo sempre più acceso.
-Non mi interessa minimamente se ha perso tutti i suoi dannati soldi al casinò, le ho detto.- gridò, Sebastian sospirò e tuffò la mano in una confezione di biscotti al burro, portandone un paio alla bocca senza troppa voglia. Come faceva Jim ad avere così tante energie al mattino, considerando che la notte prima non aveva minimamente chiuso occhio? Lo aveva sentito muoversi per tutta la villa, non si era nemmeno curato di non fare troppo rumore, ed era stato maledettamente irritante.
-Sono una persona esigente, non le conviene avermi come nemico, e mi pareva di averlo chiarito a sufficienza. Anche se lei è evidentemente troppo stupido per capirlo, mi risulta.
Il colonnello alzò gli occhi al cielo, Jim aveva quel difetto di riprendersela un po’ con tutti, considerando il mondo intero come una manica di idioti, tra i quali lui spiccava per la sua perfezione.
-Lei adesso alza il suo regale culo e viene a discutere con me, di persona, nel mio ufficio. Altrimenti, può scordarsi i miei servigi. A più tardi.
Chiuse la chiamata e sospirò straziato, facendo quasi tremare i vetri della cucina.
-Cliente difficile?- domandò Sebastian, per il puro gusto di stuzzicare il suo capo.
-Già. Dio, li odio. Cosa ci sarà mai di troppo complicato, dico io! Al diavolo, mi è passata la fame.- annunciò teatrale, spingendo via il piattino con una tazza fumante di the, Sebastian scosse di nuovo il capo.
-Fame, capirai. Era solo una tazza di the.
-Sì, comunque non mi va.- replicò l’altro, capriccioso. Aveva persino incrociato le braccia sul tavolo e ci aveva posato sopra la fronte, mugolando qualcosa di incomprensibile. Un bambino capriccioso ed irritante, ecco chi era il suo coinquilino. Ed era anche maledettamente disordinato, persino la sua scrivania era sommersa da fogli, penne stappate, buste di carta e qualche tazza di the vuota, se non di veri e propri bicchieri di vodka. Non si sarebbe mai aspettato tanto disordine da un uomo in apparenza così elegante e perfetta, che sembrava tenere più ai propri completi che al resto.
-Vado a vestirmi per accogliere il cliente.- lo informò dopo alcuni minuti di silenzio, scattando in piedi. Sebastian aveva ormai finito il caffè e stava sciacquando la tazzina nel grande lavello in acciaio, si voltò confuso verso il suo capo.
-Ma sei già vestito.- osservò, alzando un sopracciglio. Jim lo guardò come se avesse appena sentito la più stupida sentenza in circolazione nell’intero sistema solare, altra cosa che Sebastian trovava profondamente irritante.
-Secondo te, posso accogliere un cliente con un completo blu?! E’ ovvio Sebastian, ovvio, che il grigio è il colore più indicato per un colloquio!
-Oh, ma certo.- sospirò l’altro. -Mi perdoni per la mia incommensurabile ignoranza in materia di completi da ricconi snob.
-Lascia perdere, se dovessi scusarti per tutta la tua ignoranza, non ti basterebbero i trecentosessantasei giorni di un anno bisestile.- proferì Jim, annoiato. -E non darmi dello snob solo perché mi vesto bene.
Sebastian serrò la mascella, reprimendo l’istinto animale di sollevare il tavolo e colpire ripetutamente il viso del moro, che scappò al piano di sopra con aria offesa. Lui, lui aveva il coraggio di fare l’offeso, maledizione?!
-Ma va’ al diavolo!- sbottò, armandosi per pulire la cucina. Proprio non ce la faceva a stare in una casa sporca, gli veniva l’urto e si innervosiva, cosa che poi lo portava a discutere anche con Jim, e ne faceva seriamente a meno se poteva. Il cliente arrivò circa un’ora dopo, Sebastian era intento a fare zapping al televisore da quaranta pollici ultrasottile del salotto quando Jim gli gridò, da una stanza imprecisata al piano superiore, di scortare l’ospite fino al suo studio e preparare il the. Stava per chiedere se preferisse anche una tazza di the e dei pasticcini, quando il cliente suonò di nuovo il campanello della porta. Il colonnello si alzò, strascicando i pesanti anfibi sul pavimento lustro della villa, e aprì: si trovò davanti un omuncolo sulla quarantina d’anni, avvolto in un cappotto antracite e minuto di una ventiquattrore nera.
-Salve.- salutò, squadrandolo dall’alto in basso. Che razza di affari sbrigava il suo coinquilino, insomma?
-Mi segua, prego.
Non era proprio un genio nell’accogliere gli ospiti, si limitò soltanto a salire le scale verso lo studio di Jim e ad aprire la porta, con noncuranza.
-C’è il tuo cliente.- avvisò, per poi voltarsi velocemente verso l’uomo e attendere che entrasse. Questo lo guardò un po’ spaesato, indugiando sul suo viso come tutti sembravano avere la mania di fare, e Sebastian sospirò internamente. Sì, aveva un occhio bendato e una vistosa cicatrice su un lato del volto, ma era proprio necessario che tutti lo guardassero come se fosse Frankenstein, o come diavolo si chiamava quel mostro verdastro? Tra l’altro, non era nemmeno sicuro che fosse verde come veniva dipinto nei cartoni animati che vedeva insieme a sua sorella, ma scrollò le spalle e lasciò Jim alle prese con i suoi affari. Scese in cucina per preparare il the e colse l’occasione per farsi un altro caffè, nero e amaro come sempre, per svegliarsi un po’ di più. Si irritò nel rendersi conto, mentre saliva le scale con un vassoio in mano e due tazze fumanti di the, di somigliare ad un maggiordomo e digrignò i denti: lui era un dannato colonnello dell’esercito britannico, per quale motivo il suo capo non poteva accogliere i suoi adorabili clienti in cucina e preparargli da solo quel dannato the? Ah, forse non era capace di prepararselo, dopotutto non aveva nemmeno la patente. Scosse il capo, con che razza di persona stava condividendo la sua vita?
Aprì la porta, interrompendo palesemente un dialogo al quale non badò minimamente.
-Il the.- biascicò, posandolo sulla scrivania. Jim lo guardò, in silenzio e a lungo, per un attimo assottigliò le iridi nero pece e irrigidì la mascella chiara sotto la barba curata fino all’ossessione.
-Grazie, Sebastian.
Bene, poteva anche tornare al suo inveire contro il televisore, adesso. Non se lo fece ripetere due volte e scese di sotto, sprofondando malamente nel divano e cercando tra i canali qualcosa di interessante, finchè non trovò una partita improvvisata di calcio. Non aveva né idea né interesse di chi stesse effettivamente giocando, ma simpatizzò per gli ometti in divisa bianca, perché il color prugna dell’altra squadra proprio non lo reggeva. Seguì quindi i movimenti della minuscola palla sullo schermo, gli bastò qualche minuto per giudicare fastidioso il commento del cronista e abbassò il volume, fino a toglierlo del tutto con un gesto stizzito. Certo, con un televisore così grande, quasi si sentiva catapultato nel trentesimo secolo: era abituato a casa sua, dove c’era una tv sul bancone della cucina, mezza scassata e che trasmetteva in modo chiaro solo dopo una buona dose di pugni; il divano era incurvato per il peso di suo padre che ci crollava sopra ubriaco, invece quello di Jim era quasi di cemento. Non veniva usato spesso, probabilmente. Un giocatore della sua squadra di soldatini in bianco si portò vicino alla porta e Sebastian si drizzò sul divano, più concentrato, in attesa di gioire per un goal ben assestato… E l’avrebbe fatto, se solo il televisore non si fosse spento di punto in bianco.
-Ma che cazzo!- sbottò, alzandosi per andare a controllare che la tv non avesse bisogno di un pugno per riprendere a trasmettere la partita sconosciuta.
-Non azzardarti a muovere un muscolo.
Si voltò lentamente, sentendo la voce di Jim in un modo particolarmente inquietante, diversa da come si poneva di solito nei suoi confronti. Non era annoiata, non era suadente, non era canzonatoria, ma semplicemente… Arrabbiata. Anzi, furiosa era la parola migliore per descriverla. Non lo aveva mai sentito così, ma per quanto quel tono lo avesse fatto rabbrividire, non mostrò alcunché. La guerra gli aveva ridotto quasi a zero l’espressività, dopotutto.
-Siediti, Sebastian.- lo invitò Jim, facendo il giro del divano fino a portarsi davanti a lui, la schiena contro il caminetto e le mani infilate in tasca. Lo guardava minaccioso, il biondo preferì fare come gli era stato detto e si sedette al solito posto di prima, ricambiando l’occhiata di Jim leggermente perplesso.
-Mi risulta tu sia cresciuto in un buon quartiere di Londra, anche se vagamente fatiscente. Sbaglio?- chiese il suo capo, con la stessa espressione di un insegnante davanti al caso disperato di uno studente che non aveva studiato, per l’ennesima volta.
-No, non sbagli.- rispose, ancora più perplesso.
-E mi risulta che i tuoi genitori ti abbiano educato almeno un minimo, giusto? Prima di scomparire dalla tua mera esistenza. Giusto?
-Sì… Giusto.
L’espressione di Jim si tramutò in fretta, come per magia, e la sua bocca sottile si spalancò per liberare tutta la potenza delle sue corde vocali.
-E allora perché diavolo hai trattato in quel modo il mio cliente? Idiota!
Jim afferrò il telecomando di qualcosa e glielo tirò addosso, Sebastian si scansò appena in tempo.
-Non gli hai dato il benvenuto, non gli hai nemmeno chiesto se voleva togliersi il cappotto! Il cappotto, Sebastian! E devi bussare, prima di entrare nelle stanze altrui! Bussare, capito?!
Sebastian indietreggiò con la schiena nel divano, facendolo scricchiolare appena, sconcertato da quel tono improvviso. Il suo capo sembrava un genitore particolarmente intollerante, quasi poteva vederlo sbuffare fumo dalle narici appena dilatate, ma pareva che non avesse ancora finito.
-E, per l’amor del cielo, ti pare il modo di presentarti ad un cliente? Vestito così?! E’ un miracolo, un miracolo Sebastian, che non abbia creduto di essere capitato in una casa famiglia per senzatetto!
Il biondo si alzò in piedi, irritato. Era troppo, adesso.
-Mi stai dando del barbone?!- sbottò.
-Oh, è proprio la parola adatta, la tua barba sembra un dannato groviglio di sterpaglie del deserto!
-Non offendere la mia barba! E’ sensibile!
Jim sospirò, con evidente esasperazione, poi si forzò a calmarsi e guardò il suo sottoposto.
-Va bene. Va bene. Mi costringi ad usare le maniere forti.- disse, staccandosi dal camino. -Seguimi.
Il colonnello, perplesso, seguì Jim fino al portone della villa. Non servirono a nulla le sue proteste, si ritrovò a fare pratica su come ricevere i clienti – interpretati da Jim, ovviamente – e su come scortarli nello studio nella maniera più educata possibile, e per i primi quindici tentativi non riusciva a non ridere nell’aprire la porta e a dire “benvenuto, signore” davanti a Jim. A fine giornata era stremato per quante volte aveva salito e sceso le scale fino al secondo piano, crollò sul letto dopo aver cenato e giurò che non si sarebbe più mosso fino al pomeriggio del giorno successivo. O alla sera, dipendeva da quanto il suo corpo avrebbe deciso di rimanere ancorato al letto.
 
(21.40) Sei stato bravo. JM
 
(21.40) E’ stata la cosa più stupida che io abbia mai fatto.
 
(21.43) Ma per favore. Hai invaso l’Afghanistan. E sei stato con una minorenne. JM
 
(21.45) Potresti non ricordarmi che sai tutta la mia vita a memoria?
 
(21.47) Farò del mio meglio, ma non garantisco niente. Hai avuto una vita interessante JM
 
(21.53) Come no.
 
(21.55) Era così difficile accogliere i clienti? JM
 
(21.55) No. Ma era difficile non riderti in faccia.
 
(21.58) Potrei metterti in punizione per questo. JM
 
(22.00) Ma se hai riso anche tu, ad un certo punto! E non ti fermavi nemmeno, ti sei pure tenuto la pancia…
 
(22.01) Irrilevante. JM
 
(22.04) Sisi, come no. Buonanotte va’.
 
(22.07) Buonanotte. JM
 
Sebastian sbadigliò sonoramente, lasciò il cellulare sul comodino – acceso, tanto si era arreso all’evidenza che il suo capo lo avrebbe tormentato di sms lo stesso – e si addormentò in un attimo. Tutto sommato, non era stato così male quell’allenamento su come accogliere i clienti.
 
(22.25) E va bene. E’ stato divertente anche per me. Ma sei in punizione, niente partite di calcio per una settimana. JM


 
•Nota dell'autrice~
Salve a tutti coloro che hanno letto anche questo capitoletto! *^* State aumentando ancora, lettori e seguaci di questa ff abbastanza sclerotica, e sono davvero molto contenta. Ho pubblicato oggi perchè ho avuto degli impegni, ma riprenderò con l'aggiornamento settimanale, sperando di non avere più tanti problemi di ispirazione o altro xD Che dire, questo capitolo mi ha fatto divertire tanto come i precedenti, e ce lo vedo tantissimo Sebastian che apre la porta per accogliere Jim cliente, hahaha! Vabbè, ancora siamo nel lato comico della storia, i feels arriveranno molto presto perchè altrimenti non sarebbe una mia storia... E non sarebbe MorMor! Quindi, alla prossima settimana, e grazie ancora a chi legge, segue, recensisce e inserisce nei preferiti
Midori No Esupuri~

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Capitolo 8
*** #8: Sprechi ***


#8: Sprechi
 
Venerdì 17 gennaio
 
Venne svegliato da un fracasso assordante proveniente da chissà dove, saltò in piedi e afferrò la pistola da sotto il cuscino, muovendosi verso la porta e aprendola nella luce chiara e aranciata dell’alba. Si era fatto improvvisamente silenzio, Sebastian continuò a muoversi guardingo e a far guizzare gli occhi da una parte all’altra del corridoio, spiando nelle stanze vuote; si sentiva un po’ come un poliziotto in uno di quei vecchi film che guardava da bambino. Scese le scale della villa, lucide al punto da generare un suo riflesso distorto, e raggiunse l’ampio ingresso.
Nessuno.
Continuò a guardarsi intorno, le mani strette attorno al calcio della sua fedele compagna di avventure, una beretta 92 parabellum, rigorosamente nera e lucida, finchè un altro rumore si fece sentire dalla cucina. Sebastian, addestrato a muoversi senza fare il minimo rumore, si appiattì contro il muro accanto all’arco della cucina e scattò sotto di esso, puntando la pistola contro una figura ai fornelli.
-Beccato!- annunciò con un ghigno. La figura si voltò.
-Che cazzo stai facendo, Sebby?!- sbottò Jim, con in mano una tazza in ceramica blu. Il cecchino abbassò la pistola.
-No, che cazzo stai facendo tu.- rispose, adirato.
-Io ti ospito in casa mia e tu mi punti una pistola alle spalle? Devo insegnarti più di quanto pensassi.
Il moro scosse la testa e iniziò ad aprire cassetti e sportelli vari, alla ricerca di qualcosa.
-Credevo ci fosse un ladro, che ne so. Ho sentito un casino.
-Stavo cercando di preparare il the, razza di idiota.
-All’alba?- chiese Sebastian scettico, sedendosi al tavolino. La sedia fredda in acciaio gli ghiacciò le gambe muscolose, ma non ci badò troppo.
-Oh, non venire a criticare i miei orari, adesso! Mi hai puntato una pistola alle spalle!
-E che c’entra? Credevo fosse un ladro!
-Sì, in cucina. Per piacere, Sebby. Piuttosto, svegliati.- proferì il criminale, posando davanti al biondo una tazzina verde con del liquido scuro.
-Mi hai preparato il caffè?
-Non ringraziarmi, mi stavo annoiando.
Il cecchino scosse il capo e portò alle labbra la tazzina, ma bastò un sorso di quel liquido per costringerlo a sputare tutto e a tossire come un dannato.
-Ma che cazzo è? E’ salato!
-Salato?- chiese Jim, come se cadesse dalle nuvole. -Come può essere salato? Ci ho messo lo zu… Oh… Oh.- aggiunse, portandosi innocentemente una mano alla bocca.
-Credo di aver sbagliato barattolino…
-Vedi che li ho tutti i motivi per puntarti una pistola alle spalle?- sbottò il cecchino, di malumore già per il semplice fatto di essere stato svegliato. -Dio, che schifo... Non voglio nemmeno sapere cosa combinerai per fare il thè.
-Piantala di fare il saputello, e vai ad aprire la porta.
-Guarda che nessuno ha…
Venne zittito dal trillo del campanello, alzò gli occhi al cielo e fece per avviarsi al portone, ma Jim lo fermò per un braccio.
-Che c’è, ora?
-Non puoi aprire la porta conciato così, distogli l’attenzione da me.- spiegò il criminale, lisciandosi il bavero della giacca con una mano. -Va’ a metterti qualcosa, non è decente girare in boxer mentre c’è un cliente.
-Ma sono le sei e mezzo del mattino!
-Il lavoro non ha orari, Sebby. Ora sparisci.
Sempre gentile, eh?” pensò il cecchino, salendo le scale fino alla propria camera ed entrando nella stanza. Sorrise nel vedere il suo perfetto ordine, afferrò un paio di pantaloni militari e una maglietta verdastra e li indossò, riponendo infine la pistola al suo posto sotto il cuscino. Si sentiva più tranquillo tenendola a portata di mano, da un momento all’altro sarebbe potuto accadere qualcosa, e lui voleva essere sempre pronto ad ogni emergenza. Rimase nella stanza fino a quando Jim non lo avvisò della fine del colloquio con il cliente.
 
(7.40) Porta fuori la cliente, mettiamo in pratica le tue buone maniere. JM
 
(07.40) Ok.
 
Uscì dalla sua camera e si diresse verso lo studio, gli anfibi strascicavano sul pavimento lucido della villa ma per lui era normale, aveva sempre camminato in quel modo, dall’addestramento militare. Aprì la porta dello studio e gli si presentò davanti una bellissima donna mora, appena riccioluta, con degli occhi intensi e molto chiari. Da subito pensò che non l’avrebbe portata solo fuori dalla villa, ma si costrinse a non esplodere in un commento del genere sotto lo sguardo di Jim, attento ad ogni sua mossa.
-Prego, la accompagno di sotto.- biascicò invece, esibendo un sorriso falso, Jim non obiettò alcunché e li lasciò andare. Sebastian soffriva internamente per l’idea di dover far strada a quella donna, avrebbe preferito poterle stare alle spalle per ovvi motivi, e tirò un sospiro di sollievo quando chiuse il portone alle spalle di quella cliente tanto sensuale.
-Devo fare altro?- chiese a voce alta, per farsi sentire da Jim.
-No, sei libero ora. Io vado a farmi un bagno!
Sebastian decise di occupare il tempo a pulire la pistola e la sua stanza, dedicandosi poi al resto della villa: Jim era decisamente disordinato, aveva lasciato nel lavello della cucina le stoviglie di una settimana e numerosi post-it occupavano la parete sopra il camino del salotto, tra i tanti impegni compariva il portare in lavanderia otto completi Westwood. Il cecchino staccò qualche foglietto, magari per passare la giornata avrebbe sbrigato qualche commissione.
-Ti va bene se mi occupo io di queste co…?- chiese al criminale, raggiungendolo nel bagno. -Quelle sono bolle di sapone?
Jim era immerso in tutto il suo fisico magro nella grande vasca in ceramica, circondato da bolle di sapone, e stringeva tra le mani una barchetta di plastica.
-Ma che cazzo…?- sussurrò il cecchino, sconvolto.
-Fuori!- sbottò Jim, minacciando di tirargli addosso un flacone di shampoo piuttosto voluminoso.
-Ok, ok.
Sebastian chiuse la porta e corse giù per le scale, si permise di ridere solo dopo aver chiuso il portone della villa ed essere arrivato fuori. Non ci poteva credere, Jim era un criminale – a quanto diceva – e faceva il bagno con le bolle di sapone e le barchette di plastica? Oh, quella scena se la sarebbe ricordata per anni, se lo sentiva. Diversi minuti più tardi, si immerse nelle commissioni.
 
(13.20) Dimentica quello che hai visto. JM
 
(13.22) Ma dai, perché? Un trentenne che fa il bagno con i giocattoli, che c’è di più tenero?
 
(13.25) Ti uccido con la tua stessa pistola, se non la finisci. JM
 
(13.30) Oh, che sorpresa. Credevo ne avessi una giocattolo.
 
(13.34) Come siamo spiritosi. Piuttosto, sei stato bravo con la cliente. JM
 
(13.42) Fammi indovinare: verrà a premiarmi personalmente.
 
(13.54) Perché mai dovrebbe punirti personalmente? JM
 
(13.56) Non pensarci neanche, stupido idiota, maschilista e dannato porco! JM
 
(14.06) Che vuoi? Sono un uomo e, se ti fosse sfuggito, quella aveva un culo da paura. Ho bisogno di una sveltina ogni tanto, eh! Ho passato tre anni in Afghanistan!
 
(14.12) Sebastian. JM
 
(14.15) Sì, boss?
 
(14.30) E’ lesbica. JM
 
Sebastian si fermò nel bel mezzo del reparto frigo del supermercato e lasciò andare un’imprecazione piuttosto volgare, spaventando un paio di vecchiette di passaggio.
 
(14.34) Cazzo. Questo sì che è uno spreco.
 
(14.50) Insegnarti le buone maniere è uno spreco, maledizione. Muoviti, torna a casa. Altra lezione. JM
 
Il cecchino sospirò, doveva proprio sottostare alle lezioni di bon ton del suo capo? Scosse la testa, l’omosessualità di quella donna era stata davvero una nota dolente nella sua giornata.
 
(14.53) Ti darò io un premio, se farai il bravo. JM
 
Un criminale che dava premi? Piuttosto insolito… Ma Sebastian si sbrigò con le commissioni da fare, per tornare a casa e scoprire cosa aveva in serbo per lui il suo boss.

 
•Nota dell'autrice~
Il periodo pre-Lucca comics mi occupa un sacco di tempo, uniamoci il fatto che ho iniziato Doctor Who (finally!) e che mi sono messa in testa di realizzare millemila progetti (tra cui la traduzione di A fish called Greg, una delle MyStrade più carine che abbia mai letto)... E non sono scuse, ve lo assicuro ç_ç La verità è che voglio sempre fare troppe cose, così tante che alla fine non mi basterebbe un giorno di 124 ore per farle tutte senza impazzire. Detto questo, mi scuso e ringrazio al tempo stesso chiunque continui a seguire le mie storie nonostante i ritardi, i problemi, le mancanze di connessione eccetera. Prima o poi mi verrete a cercare a casa, me lo sento. Sono piuttosto di fretta oggi, come sempre, quindi vi dico solo che ci leggiamo al prossimo capitolo e che vi adoro, tutti quanti!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 9
*** #9: Baci ***


#9: Baci

 

Venerdì 17 gennaio

 -Sono a casa.- sospirò, posando le buste della spesa in cucina e i fogli del conto della lavanderia lì vicino. La villa era silenziosa, ma mentre Sebastian si slacciava il cappotto venne allarmato da una corsa sulle scale degna di chi stesse per scappare dalla fine del mondo. Si voltò verso l’ingresso giusto in tempo per vedere Jim saltare gli ultimi gradini e volargli letteralmente in braccio, schizzandolo con gelide gocce d’acqua dai capelli ancora umidi.

-Sebby!- pigolò il criminale, allacciato al corpo muscoloso del militare come un koala su un ramo.

-Sì?- fece eco il biondo, piuttosto perplesso da un’accoglienza del genere.

-Ciao!- rispose subito Jim, piantandogli le esili e fredde mani sul viso. Si avvicinò in un attimo e scoccò un bacio sulle labbra screpolate del cecchino, della durata di qualche istante, per poi iniziare a strusciarsi contro la sua barba ispida e biondiccia. Sebastian rimase pietrificato, gli occhi azzurri puntati verso le scale che portavano al piano superiore, le mani strette sui fianchi di Jim per tenerlo sollevato dal pavimento. Lo lasciò andare di scatto, come svegliandosi da una trance, e lo guardò inferocito.

-Ma sei scemo?!- inveì contro un consulting criminal particolarmente divertito e malizioso.

-Cosa c’è? Ho pensato di riproporre la scena di quell’insulso show che hai visto ieri sera…- commentò Jim, facendosi lentamente pensieroso. -L’ho un po’ modificata, forse, ma così è più divertente. No?

Sebastian si portò una mano alla base del naso e scosse il capo.

-Per tua informazione, Doctor Who non è un insulso show, Jim. E Rose non ha baciato il dottore, quando gli è saltata in braccio!- rimbeccò l’altro, intento a capire se fosse più offeso per quel bacio o per il commento sulla serie tv.

-Appunto, ti ho detto che ho pensato di modificarla. Ma tu non ascoltiiii…

-No, non attaccare con quella vocina da moccioso.- lo avvertì, puntandogli un dito contro. -Non provarci mai più.

-Oh, ma pechè?- chiese Jim, sfoderando un’espressione da cucciolo bastonato che Sebastian non aveva mai visto. -Sei noioso. Con te non si può proprio scherzare!- concluse, facendosi offeso in un attimo e voltandogli le spalle.

-Scherzare?! Tu baci un uomo in bocca e lo consideri scherzare?! Ma che cazzo di problemi hai?!

-Quanto sei volgare, Sebby.

Il cecchino decise di smettere di parlare con qualcuno che non lo prendesse sul serio e se ne andò di sopra, con l’intenzione di rimanerci fino al giorno successivo. Non si aspettava minimamente un premio del genere, e comunque non era stato ben accetto: lui era un uomo, non lasciava che un altro maschio lo baciasse, e da quel giorno in poi avrebbe preso parecchie distanze da James Moriarty. Non che fosse omofobo, per lui le persone potevano portarsi a letto chi volevano, ma preferiva che accadesse lontano dal suo corpo, ecco. Passò il tempo a dormire, recuperando le energie perse in tutte quelle commissioni, ed era quasi notte quando venne svegliato da Jim che bussava alla porta della sua camera. Aprì pigramente gli occhi nella penombra della stanza e si umettò le labbra, secche per il troppo dormire.

-Che vuoi?- biascicò.

-Ci sono i tuoni.

Guardò verso la finestra, le persiane scure erano chiuse ma poteva chiaramente sentire lo scrosciare della pioggia sul metallo, e di tanto in tanto un fulmine azzurrino illuminava le pareti.

-E allora? Piove sempre, in questa lurida città.

Si girò dall’altra parte del letto, poi si tirò su improvvisamente, colto da un’illuminazione.

-Hai paura dei tuoni?- ghignò, cercando di non scoppiare a ridergli in faccia. Dall’altra parte della porta ci fu solo silenzio, un silenzio che il biondo considerò come affermativo.

-D’accordo. Vieni a dormire con me.

Jim aprì la porta e sgattaiolò tra le coperte del letto singolo di Sebastian, il cecchino rabbrividì appena nell’accorgersi che il suo capo indossava solamente l’intimo e un paio di calzini. Si morse le labbra.

-Jim?- sussurrò nel buio.

-Mh?

-Perché mi hai baciato, prima?

-Mi andava.

-Capisco.

Altri minuti di silenzio, fuori dalla finestra il temporale infuriava sempre di più e Jim tremava appena sotto le coperte. Sebastian si voltò in sua direzione e chiuse gli occhi, mentre le sue braccia stringevano il corpo esile del criminale al suo fianco. Lo sentì irrigidirsi per un po’, Jim tratteneva persino il respiro, e in quel momento Sebastian capì quanto un uomo potesse essere, nella sua forza, estremamente fragile. Lui non aveva paura dei tuoni, ma aveva temuto la morte durante i primi giorni al fronte, quando le bombe fischiavano poco sopra i letti dei suoi commilitoni. La guerra lo aveva indurito, ma era ancora un essere umano, e comprendeva la paura. Sorrise.

-I tuoni non sono così male.- commentò sottovoce, nonostante fossero soli in quella grande villa. -Non dopo essere sopravvissuto alla guerra.

-Non ho paura, idiota.

-Certo. Infatti tremi per il freddo.

-Non ho freddo.

Il cecchino scosse il capo, il suo superiore trasudava orgoglio da ogni poro della pelle candida, quasi lo faceva ridere il suo modo infantile di negare la paura di quel furioso temporale.

-Va bene, allora posso smettere di scaldarti.- proferì con noncuranza, staccandosi da quel corpo esile. Si voltò dalla parte opposta e tornò a fissare il muro pallido, con un leggero sorriso sarcastico, e attese che Jim cambiasse idea. Non aveva idea del perché, ma stringere quel corpo magro e freddo lo aveva fatto sentire bene, veramente utile, per una volta: solitamente si occupava di coccolare sua sorella durante i temporali o mentre piangeva a causa dello psicopatico che avevano come padre, ma mai gli era successo di abbracciare un altro uomo con così tanta intimità. James Moriarty era uno sconosciuto per lui, uno sconosciuto dallo sguardo distaccato e nero, eppure era attirato dal mistero che sembrava trasmettere in ogni sua movenza. Non aveva mai conosciuto un uomo del genere e ora si ritrovava a doverci convivere, era normale che fosse curioso. I minuti passarono, ogni tanto un lampo squarciava il cielo e Jim si irrigidiva nelle coperte nel sentire il rimbombare dei tuoni, finchè con un sospiro stizzito rotolò fino ad ancorarsi con il petto alla schiena forte di Sebastian. Il biondo sorrise maggiormente nel buio e si stese a pancia in su, il corpo di Jim era appena più caldo adesso ed era piacevole sentirlo addosso, dopo così tanta solitudine. Il fatto che fosse un uomo, ora, non era più così rilevante. Bastava la sensazione di non essere più solo a convincerlo che i suoi occasionali incubi non erano che sogni, in grado di terrorizzare solo un bambino e non un uomo di più di trent’anni. Stava quasi per addormentarsi, quando sentì Jim prendere di nuovo la parola in un sussurro quasi impercettibile.

-E va bene. Ho paura dei tuoni, ok?

-Ok.- masticò l’altro, decisamente troppo pigro e assonnato per mettersi a ridere o a prenderlo in giro. -Ora mi lasci dormire, Jim?

Stava comodo in quella posizione, steso sulla schiena con una mano sul ventre e l’altra sotto il collo esile di Jim, che respirava lentamente sulla sua spalla. Sebastian posò il mento tra i suoi capelli scuri, avevano un profumo di fiori, un odore che aveva già sentito da qualche parte ma che non riusciva, tuttavia, a definire. Sorrise e si lasciò andare al riposo, i nervi però erano addestrati al minimo movimento e colsero all’istante uno spostamento di Jim tra le lenzuola, che costrinse il cecchino ad aprire gli occhi. Si ritrovò con il viso del consulting criminal a pochi centimetri dal proprio, Jim aveva gli occhi chiusi nella penombra della stanza e sporgeva appena le labbra contro le sue, Sebastian rimase immobile finchè non sentì le loro bocche sfiorarsi, morbide e calde, quelle del suo capo leggermente umida. Aveva il vizio di leccarsi le labbra innumerevoli volte durante l’arco della giornata, ma non era un tic fastidioso, e comunque anche la prima volta che si erano baciati quel pomeriggio la bocca di Jim era umida. Sembravano le labbra di una giovanissima donna, così sottili e lisce, morbide al tatto e dal sapore di burrocacao, quel particolare per un attimo lo fece sorridere. Non si scansò quella volta, rimase in attesa di qualcosa di più senza saperne l’esatto motivo e, quando quel qualcosa tardò a sopraggiungere, Sebastian poggiò una mano sulla spalla di Jim e lo spinse tra le coperte per sovrastarlo. Teneva gli occhi serrati quasi con paura, il cuore pompava adrenalina e lo spingeva a lottare contro le labbra del suo capo, serrate dalla sorpresa, nel tentativo di fargliele schiudere. Non sapeva perchè e nemmeno gli interessava definire cosa stesse pensando, ma non appena avvertì la bocca di Jim schiudersi cercò la sua lingua e la leccò voglioso, il moro sospirò inaspettatamente sotto di lui e il cecchino tornò alla realtà, considerando solo in quel momento il suo gesto. Si scostò improvvisamente, tornando a dare le spalle al suo capo, e si morse voracemente le labbra. Che cosa diavolo aveva fatto, maledizione?

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Capitolo 10
*** #10: Piscina ***


#10: Piscina
 
Lunedì 20 gennaio
 
Lui e Jim non si erano più parlati, per fortuna. Da una parte ne era infastidito, ma dall’altra era sollevato di non dover discutere dell’argomento “ti-ho-baciato-e-non-so-perchè”. Jim era rimasto tutto il giorno nel suo studio a progettare chissà cosa e Sebastian si era dedicato alla cura delle armi e della villa, che come sempre era disordinata come se vi fosse passato all’interno un uragano, più che due coinquilini. Era un uomo piuttosto burbero, ogni ragazza con cui era stato non mancava di dirglielo, ma non tollerava comunque il disordine. Si era da poco fatto una doccia per riprendersi da tutte quelle faccende domestiche quando Jim aprì la porta del bagno, Sebastian era intento a farsi la barba e lo guardò di sfuggita nello specchio. Avrebbe preferito non squarciarsi la gola con il rasoio plastificato.
-Devi andare a rapire una persona.- lo avvisò soltanto, senza salutarlo o altro. Di nuovo, il cecchino avvertì quella sensazione di sollievo e fastidio al tempo stesso e si affrettò a scacciarla, meno pensava al fatto di aver baciato un altro uomo e meglio era. Si era convinto che fosse successo tutto per caso, che i tre anni passati al fronte lo avessero in qualche modo spinto a placare un’astinenza di contatto fisico e che il sapore di vodka di quelle labbra non avesse il minimo effetto su di lui. Ogni tanto le sue convinzioni vacillavano, ma si concentrava su altro per scappare dalla fatica di doverle ricostruire da capo.
-Va bene.
Una volta ricevuti i file sulla persona da rapire, rimase interdetto.
-John Hamish Watson.- disse nel silenzio della sua camera, come per convincersi di non essere in un sogno. Doveva rapire un suo commilitone, per giunta medico? Perchè mai? E da quanto il dottor Watson era tornato a Londra? Ai suoi ricordi, era stato lui a congedarlo per la ferita all’occhio ed era certo che fosse sano come un pesce, probabilmente gli era capitato qualcosa. Non riuscì a resistere all’idea di frugare nei documenti alla ricerca di quella risposta e sorrise a mezza bocca nel trovarla.
-Ferita alla spalla e alla gamba, pessima accoppiata.
Quasi rise mentre si infilava gli abiti neri, Jim gli aveva consegnato una fiala da somministrare con una siringa asettica nel collo del medico e lo aveva incaricato di portarlo alla villa nel più breve tempo possibile. Non discusse i comandi e uscì dalla villa, come missione si rivelò semplice e davvero molto veloce, ma Jim non gli fece alcun complimento una volta tornato.
-Portalo nella tua stanza, il sonnifero agirà  per abbastanza ore ma è necessario che tu rimanga a sorvegliarlo, io ho delle cose da fare.- gli aveva detto dalla cucina, si era versato un bicchiere di vodka ed era scomparso di sopra, come sempre. Sia chiaro, Sebastian non si aspettava alcun dolcetto per aver terminato la missione, e ormai aveva capito il modo di fare di Jim: il suo capo era capace di essere appiccicoso per delle ore insopportabili e poi ignorare tutto e tutti per altrettanto tempo, senza avvisare del suo cambio di umore e senza pentirsene assolutamente. Lo lasciò da solo tutto il giorno, Sebastian si dedicò alla pulizia della sua stanza mentre il dottor Watson dormiva sul suo letto, quieto. Erano le undici e trenta di sera quando il suo cellulare vibrò, con un messaggio di Jim.
 
(23.30) Andiamo alla piscina comunale. JM
(23.30) Io sono già in macchina. JM
 
Sollevò un sopracciglio, non aveva avvertito il minimo movimento e il minimo rumore in tutta la villa, come poteva Jim essere già in auto? Ad ogni modo era meglio eseguire gli ordini e concludere quella missione, sollevò il corpo di Watson dal letto e lo trascinò fino all’auto fuori dalla villa, effettivamente Jim era già seduto comodamente in macchina e lo guardava con un sorriso leggero, masticando una gomma.
-Prima o poi mi dirai perchè stiamo facendo questo.- sospirò scuotendo il capo. Sistemò il corpo del dottore sui sedili posteriori, il sonnifero che gli avevano somministrato doveva essere davvero potente, perchè l’uomo non si svegliò nemmeno con tutti i rumori dell’auto e del loro parlare.
-Mmm, non credo.- gli rispose Jim, guardando annoiato fuori dal finestrino.
-Perchè no?
-Perchè non avresti l’intelligenza per capirlo, mi sembra ovvio.
-Ah, certo. A volte mi dimentico di essere così stupido.- rimbeccò il colonnello, stizzito.
-Altrimenti non saresti stupido, Sebby.
Il cecchino si morse le labbra per non ribattere e guidò in silenzio verso la piscina, l’aria della sera era fresca e ne immagazzinò una buona quantità nei polmoni, prima di entrare nell’edificio. L’odore del cloro era pungente e fastidioso, ma per sua fortuna doveva stare sugli spalti rialzati con altri due cecchini - chi fossero e come fossero arrivati lì era un mistero che Jim non avrebbe sicuramente chiarito - e non intromettersi sulla scena.
 
(00.03) Mira al dottore. Quanto ti guarderò, puntate tutti su Sherlock Holmes. JM
 
Non capì l’intento di Jim se non a metà del suo operato, quando un uomo dai capelli ricci si fece vedere nella piscina e iniziò a parlare al niente, Sebastian era certo che il suo capo avesse in mente un’ entrata scenica... E invece fu il dottor Watson a rivelarsi per secondo dopo Holmes, Sebastian gli puntò il fucile contro e un piccolo cerchietto laser rosso gli decorò il cappotto verdastro. Ci fu un’interminabile e noiosa discussione dopo, Sebastian pensò quasi di accendersi una sigaretta o andare a farsi una birra al pub poco distante, ma la situazione si rovesciò quando Watson intrappolò Jim da dietro. Sentì montare la rabbia, Jim lo guardò e il biondo puntò immediatamente contro l’altro uomo, quello dai capelli ricci, che sin da subito aveva tremato nel constatare in che trappola fosse finito il dottore. Che avessero una sorta di legame? Era possibile, ma avrebbe davvero gradito sentire una spiegazione da Jim, piuttosto che semplici ordini a prima vista tanto insensati. Jim venne liberato dalla presa ma Holmes gli puntò una pistola contro, il che fece arrabbiare maggiormente Sebastian. Poteva anche vivere con un altro uomo, averlo baciato e sentirsi disgustato da se stesso, ma James Moriarty gli aveva salvato la vita e gli aveva dato un lavoro, una casa, persino qualcuno con cui litigare per cosa vedere in televisione la sera. Non lo avrebbe perso per colpa di un tizio riccioluto e arrogante, combattere contro la voglia di sparargli un colpo in testa si stava rivelando molto difficile e Jim ogni tanto lo guardava, come per impedirgli di rovinare il piano. Sentiva la tensione montare nello stomaco come la panna per i dolci che cucinava sua sorella dopo la scuola, in modo molto più fastidioso e veloce, persino acido; tutto in quella piscina era immobile ma carico di nervosismo, Jim invece sorrideva quasi divertito.
E poi, avvenne l’impossibile.
Il telefono di Jim iniziò a suonare e Sebastian si morse le labbra con forza per non scoppiare a ridere, nella piscina risuonava la suoneria che aveva impostato al cellulare del suo capo per scherzo e lui roteò gli occhi al cielo, scusandosi per il fatto di dover rispondere. Sebastian continuò a guardarlo, mentre parlava e si faceva ben intendere poteva apparire quasi bello, quel pensiero lo spaventò non poco. Perchè doveva giudicare bello un altro uomo? Gli tornò in mente, fastidioso e tenero al tempo stesso, il momento in cui si erano baciati nel letto stretto della sua camera, tra il temporale e il tepore delle coperte, e strinse il fucile. Cosa diavolo gli stava accadendo? Jim lasciò la piscina e Sebastian vide per miracolo il segnale della ritirata; approfittando del momentaneo parlare di Holmes e del dottore liberò gli spalti insieme agli altri cecchini e uscì dal retro. Jim congedò gli altri due sottoposti con uno sguardo gelido, poi si voltò verso di lui con un sorriso raggiante.
-Ti è piaciuto lo spettacolo, Sebby-Seb?- chiese, avvicinandosi a lui fino ad accarezzargli il petto con una mano. Il cecchino trattenne appena il respiro, poi annuì e si diede mentalmente dello stupido. Jim era un uomo, un dannatissimo uomo, doveva smetterla di trovarlo attraente.
-Sì, è stato divertente.- biascicò.
Tornarono alla macchina mentre Jim rideva e saltellava come un bambino allegro per un giocattolo nuovo ricevuto in dono, presero posto e Sebastian si ritrovò le braccia esili del suo capo al collo. La radio, accesa in automatico con il motore dell’auto, trasmetteva una canzone dal ritmo rock, vicino al genere di musica che Sebastian ascoltava da adolescente. Jim lo guardava, intorno a loro non c’era che il buio e i vetri oscurati li proteggevano dagli sguardi esterni, era una situazione che lo stava inspiegabilmente eccitando.
-Mi piace la suoneria che hai messo.- disse improvvisamente Jim, sfiorandogli il collo con la punta del naso. -Penso che la terrò.
Gli morse la pelle e Sebastian strinse il volante tra le mani, colto alla sprovvista. Jim indossava un profumo costoso ma buono, forse un po’ troppo forte per lui, e senza volere Sebastian si ritrovò ad annusarlo più e più volte.
-Andiamo a casa adesso, tigre.
James si staccò così come si era avvicinato, flessuoso e improvviso, lasciando nuovamente la sensazione di vuoto nel petto del cecchino.
-Va bene, boss.

•Nota dell'autrice~
Ho aggiornato con un po' di ritardo perchè l'impegno di vedere Doctor Who, di tradurre una ff e di trovare sopratutto il tempo di scrivere tutto quello che ho in mente è davvero estenuante. Il nostro Sebastian sta iniziando a cadere piano piano nella trappola del fascino di James Moriarty, uhuhuh~ Siamo a metà della storia o quasi, non ho ancora deciso quanti capitoli ci saranno ma ho già in mente la fine e gli avvenimenti successivi, quindi... Stay tuned! Ci leggiamo la prossima settimana, se volete fatemi sapere cosa ne pensate di questa ff e di come sta venendo fuori... Un bacio a tutti ♥
Midori No Esupuri~
 

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Capitolo 11
*** #11: Prima volta ***


#11: Prima volta
 
Martedì 21 gennaio
 
(02.14) Sei sveglio? JM
 
(02.18) Adesso sì. SM
 
(02.20) Vedo che hai iniziato a firmare i messaggi. Bene. JM
 
(02.24) Fammi indovinare. Ti serve della vodka. SM
 
(02.36) No. Vieni nella mia camera. JM
 
Sebastian si era alzato dal letto, si era liberato dei vestiti e aveva rimesso le armi al loro posto. Da quando erano tornati a casa, non aveva fatto altro che pensare al profumo di Jim, alle sue braccia esili contro il collo, a quel morso che ancora gli bruciava sulla pelle. I denti del suo capo erano piccoli e perfetti, dopo averlo morso aveva leccato appena il suo collo e Sebastian era stato pervaso da brividi inspiegabili nel sentire la lingua piatta e calda su di sé. Scosse il capo e cercò di non pensarci, il suo capo richiedeva la sua presenza e avrebbe fatto meglio ad accontentare il suo capriccio di quel giorno, qualunque fosse.
 
(02.40) E’ urgente. JM
 
Si trascinò fino alla camera di Jim, la porta scura riportava una targhetta dorata in cima con il suo nome e cognome, a dire il vero ogni stanza aveva la propria placca sopra e Sebastian realizzò di averlo notato solo in quel momento. Era una cosa vagamente maniacale, certo, ma almeno non si perdeva per cercare il bagno. Aprì la porta, dopo aver bussato, e Jim si mostrò a lui di spalle, in piedi contro la finestra. Era completamente vestito, tranne le scarpe lucide posate alla fine del letto, e lo guardava con un’espressione indecifrabile. Sebastian tollerava poco quel tipo di espressioni, non ne capiva mai il motivo o lo scopo, e finiva sempre per pensarci per delle ore senza giungere ad una conclusione.
-Cosa volevi di tanto urgente?
Jim si voltò, buttando fuori dalle labbra sottili il fumo della sigaretta, la lasciò cadere giù dalla finestra e si lisciò il bavero della giacca, con estrema lentezza. Sebastian maledì la sua teatralità, ma non riuscì ad evitare di trovarla sexy, mentre il suo capo camminava verso di lui con le labbra che si aprivano in un sorriso intrigante, quasi da cacciatore. Non appena gli fu davanti, Jim gli percorse il petto con la punta delle dita di una mano.
-So che desideri altri baci, Sebby.- mormorò, come se gli stesse rivelando un importante segreto di stato. -Lo vedo da come mi guardi.
-Io non…- iniziò il cecchino, ma Jim gli posò un dito affusolato e pallido sulle labbra secche per zittirlo, come se fosse un bambino disobbediente. Il biondo combattè spaventosamente contro la voglia di leccare quella pelle così candida, facendo appello a tutto il suo autocontrollo di soldato.
-Sono sempre così annoiato, sai?- riprese il moro, in tono tragico. -Finchè non arrivi tu a distrarmi, Sebby. Vorrei solo restituirti il favore, uhm?
Gli prese i polsi forti e lo mosse di qualche passo indietro, Sebastian sentì le proprie gambe scontrarsi contro il letto e ci finì sopra, affondando nelle coperte morbide. Jim gli fu subito sopra, il biondo non tentò nemmeno di divincolarsi e anzi, rimase paralizzato a fissare il viso sorridente dell’uomo sopra di lui, che gli prese le mani e le avvolse attorno ai propri fianchi. Era magro, così tanto che una mano di Sebastian faceva il giro del suo profilo sotto la giacca, il biondo accarezzò la stoffa della camicia perfettamente stirata e provò l’insano desiderio di slacciarla, di sentire la pelle del suo capo sotto le dita, così liscia e pallida come era quella delle sue mani. Jim iniziò a baciargli il collo e Sebastian strinse la presa sui suoi fianchi.
-Puoi farlo.- gli sussurrò nell’orecchio.
-Fare cosa..?
-Qualsiasi cosa tu voglia, Sebastian.
Il biondo strinse il proprio labbro inferiore tra i denti, torturandolo appena, poi iniziò a privare il corpo del suo capo degli abiti. Non sapeva cosa stava facendo, ma era curioso di vedere la pelle bianca di Jim contro la sua, così scura e ruvida, voleva toccarla e sentirne il sapore, come se davanti avesse la più bella delle donne. Man mano che spogliava Jim, il suo cervello azzerava i pensieri. Gli liberò il petto dalla camicia e dalla giacca, lo lisciò con il palmo ruvido della propria mano e Jim lasciò andare un sospiro, Sebastian fremette e lo strinse a sé, iniziando a baciare quella distesa nivea di pelle ovunque capitava.
Jim, dal canto suo, si prese un momento per analizzare quanto il suo sottoposto fosse uomo, rude e forte sotto ogni punto di vista, anche nel toccarlo. Cercava di essere delicato, ma non otteneva altro che brividi e sospiri da parte sua, proprio a causa della ruvidità delle sue mani e delle sue labbra screpolate contro la pelle. Si lasciava baciare le guance, il collo, le spalle ed il petto, intrecciando le dita nei capelli color grano del suo sottoposto, e si beava del suo respiro sempre più accelerato, più voglioso, più caldo. Entrambi si stavano eccitando rapidamente, ma Jim provò un senso di lussuria decisamente inaspettato quando Sebastian alzò il viso per guardarlo, l’erezione gonfia nei boxer neri e la pupilla che aveva quasi inghiottito le sue iridi azzurre, riducendo il color ghiaccio ad una sottile striscia implorante. Gli portò le dita sotto al mento, dove la barba ispida stava iniziando a ricrescere.
-Mi vuoi, vero?- chiese, era eccitato come non mai. Aveva avuto rapporti con un solo uomo in tutta la sua vita, e non era certo una cosa che amava raccontare in giro; dopo quello spiacevole avvenimento della sua infanzia non aveva più desiderato di essere toccato da qualcuno, tantomeno da un maschio, ma quel rude colonnello era diventato in fretta l’oggetto della sua lussuria più sfrenata. Sebastian sembrava perso in una specie di trance, Jim non potè resistere oltre e sfilò dal proprio corpo anche l’intimo, un paio di semplici boxer verdi fluorescente, e guardò il cecchino per convincerlo a fare lo stesso. Gli posò le mani sulle spalle e gli si avvicinò, i loro bacini si sfiorarono e li fecero sospirare all’unisono di piacere.
-Seb.- lo chiamò, cercando di contenere un sottilissimo tremore del corpo.
-Tremi.- osservò l’altro in risposta, stringendolo tra le braccia forti poco sopra la vita e accarezzandogli la schiena. -Perché?
-Nessun motivo.- rispose, non era decisamente il momento di rivelargli quanto aveva dovuto sopportare da piccolo. Aveva deciso che non lo avrebbe mai raccontato a nessuno, forse anche nel tentativo di dimenticarlo.
-Senti, Jim, io non ho mai… E’ la prima volta che…
-Lo so. Fingiamo che lo sia anche per me, Sebastian. Andrà bene.
Il cecchino annuì e si lasciò guidare dal suo capo, toccando le zone che lui stesso gli indicava, facendolo sospirare e contorcere con forza contro il suo petto muscoloso. La pelle di Jim era calda, leggermente salata e morbida, e più la sentiva sotto la lingua e più ne desiderava ancora, come se fosse una droga. Avvertì improvvisamente un tocco caldo contro la propria erezione e sobbalzò, sospirando di piacere, nel volgere gli occhi verso il basso si accorse che Jim lo stava toccando più a fondo di quanto pensasse. Aveva bisogno di un contatto del genere, così intimo e caldo, tanto che si lasciò andare sul letto e Jim lo seguì, continuando a dargli piacere. Sebastian teneva le mani ancorate sui fianchi dell’altro, accarezzandone le ossa quasi sporgenti, la voglia cresceva di minuto in minuto. Stava quasi per raggiungere il culmine quando decise di non farsi più sottomettere, possedeva l’istinto rude e animale tipico di un uomo tanto rabbioso dopotutto, così atterrò il suo capo sul letto e lo sovrastò. Jim tremò appena davanti ad una simile presa di posizione, così uguale a quelle che doveva sopportare da bambino, ma nel vedere gli occhi chiarissimi di Sebastian chiudersi un attimo prima di baciarlo si impose di scacciare quel ricordo spregevole dalla propria mente. Il cecchino era passionale e rude mentre lo baciava e gli mordeva le labbra, Jim stringeva le sue spalle forti e sfiorò una cicatrice di un proiettile sotto la scapola destra, sorrise lievemente. Sebastian era interessante anche per le sue vecchie ferite esteriori, oltre che quelle interiori, più nascoste alla vista. Entrò dentro di lui abbastanza di sorpresa, strappandogli un mezzo grido di dolore, erano anni dopotutto che non si faceva possedere da qualcuno... Ma non si oppose, voleva quello che stava accadendo dal momento in cui aveva visto la prima fotografia del cecchino, scattata per mano di un suo collaboratore al fronte. Ben presto iniziò infatti a gemere, mordendosi le labbra per non dare troppa soddisfazione al biondo sopra di lui: non gli piaceva farsi comandare o sovrastare in nessun caso, era avvenuto solo per una sua distrazione... E lo avrebbe fatto capire a Sebastian, anche con le maniere forti, se fosse servito.
-Sebastian!- chiamò con forza, il respiro affannoso e i polmoni che sembravano sul punto di lacerarsi ad ogni movimento del diaframma. Il cecchino esplose dentro di lui e il moro fece lo stesso tra i loro corpi così diversi, eppure ancora così uniti. Il biondo prese un profondo respiro e Jim lo allontanò dal proprio corpo, rotolando su un fianco per spegnere la luce sul comodino e sorridere nel buio. Non si sarebbe fatto vedere felice.
-Buonanotte, Sebastian.- mormorò. L’altro rimase in silenzio, probabilmente intento a realizzare quanto era appena successo, e Jim si infilò sotto le coperte del proprio letto.
-E non pensarci. Non significa nulla.
-Era solo un tuo capriccio, vero? Perchè tu fai così.
-Buonanotte.
-Sì. Buonanotte.

 
•Nota dell'autrice~
Ammetto che avevo voglia di un po' di sano fluff, oggi. Aggiorno con un giorno di ritardo perchè ieri non ho avuto tempo, pubblicherò anche il terzo capitolo della mia traduzione e il quattordicesimo della mia long in serata. Ad ogni modo, il Jim di oggi è particolare: lo immagino come un personaggio molto lunatico, che prima vuole una cosa e un istante dopo si è già annoiato, e Sebastian sta iniziando a capirlo fin troppo bene. Il passato di Jim è di mia pura invenzione, immagino che chiunque abbia capito cosa gli sia successo, tranne Sebastian che non se lo immagina minimamente.
Come sempre, ringrazio chi legge e chi segue, siete davvero tanti e non mi stuferò mai di scriverlo. Grazie davvero, di cuore, perchè siete voi a rendere possibili i continui di queste storie. Al prossimo aggiornamento!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 12
*** #12: Doctor Who ***


#12: Doctor Who
 
Sabato 25 gennaio
 
Dopo la serata della piscina, il lavoro di Jim si era fatto pressante al punto da togliergli quelle poche volte in cui si concedeva di mangiare. Sebastian, al suo contrario, aveva un sacco di tempo libero e questo, purtroppo, lo portava a pensare. Lui e Jim avevano fatto sesso in modo decisamente inaspettato, di ritorno dalla piscina pubblica, e adesso si ritrovava abbandonato a sedere sul grande divano in pelle nera  a fare un bilancio della sua vita fino a quel momento. Aveva avuto un numero considerevole di ragazze, sin dalle scuole medie, ma nessuna delle sue relazioni lo aveva lasciato così... In qualunque modo fosse. Da una parte era arrabbiato e ripugnato da se stesso, dal suo essere andato a letto con un altro uomo, ma dall’altra aveva provato un piacere e un senso di eccitazione maggiori che con chiunque altro. Come doveva intendere quella situazione? Non ne avevano parlato, però avevano condiviso il letto quasi ogni notte, o per meglio dire ogni volta che Jim si concedeva qualche ora di sonno. A volte si erano baciati, o sfiorati, ma non c’era stato nessun altro rapporto fisico come quello al quale Sebastian non riusciva a smettere di pensare. Se ne stava lì, seduto sul divano, a cambiare pigramente canale del televisore senza trovare nulla che stimolasse il suo interesse, o che lo facesse concentrare su altro. Era frustrante. Aveva tutte le intenzioni di ordinare una pizza per cena, visto che con ogni probabilità Jim non si sarebbe mosso dal suo studio e nel frigorifero ultramoderno c’erano ancora una mezza dozzina di birre. Cercò tra i canali quello che trasmetteva una delle tante serie televisive che guardava per noia, una volta rintracciata l’emittente fece per alzarsi dal divano, ma venne preceduto dal sonoro sbattere di un paio di bottiglie di birra ghiacciata e lo sprofondare di Jim accanto a lui sul divano. Era strano, decisamente strano, soprattutto perchè al posto del Westwood che il suo capo aveva indossato per tutto il giorno c’erano una felpa color mattone - la sua felpa color mattone - e un paio dei suoi jeans. Erano evidentemente troppo lunghi per il corpo di Jim, perchè l’orlo della stoffa si ripiegava sotto il suo piede fino alla metà di esso, ed era stato trascinato per tutta la villa, a giudicare dallo stato in cui si mostrava. Sebastian scosse il capo, in quel momento Jim gli ricordava un po’ sua sorella minore quando si metteva gli abiti della loro mamma: erano stati conservati dopo la sua morte, in segno di rispetto, almeno finchè non si era consumata la tragedia in famiglia. Scosse il capo.
-Che stai combinando?- chiese, perplesso.
-Non fare domande ovvie.- rispose l’altro, avendo persino il coraggio di mostrarsi offeso da un discorso del genere. Sollevò il braccio di Sebastian e si stese sul divano, posando la testa sul suo petto e guardando annoiato il televisore. Dopo i primi minuti di smarrimento, Sebastian capì che cosa voleva fare il suo capo, nonostante lo ritenesse decisamente sballato rispetto al suo usuale comportamento gelido ed indifferente.
-Dovresti lasciarteli più spesso i capelli così.- commentò, guardando quella massa scomposta di ciuffi neri, umidi dalla doccia.
-Arriverà il momento in cui li terrò così, Sebby, ma non è questo il giorno.
-Oh oh, il Signore degli Ane... Lascia stare.- aggiunse sconsolato quando Jim lo guardò, non capendo l’entusiasmo di una simile citazione. -Senti, ordino la pizza anche per te?
-Va’ ad aprire la porta.
-Perchè dovrei aprire la porta? Non hanno mica suonato...
Il campanello della villa sembrava andare di pari passo con gli ordini di Jim, perchè Sebastian non finì la frase a causa del fastidioso trillare. Si alzò e trascinò gli anfibi fino al portone, accogliendo un giovane brufoloso con in mano due cartoni di pizza fumante.
-Quanto?- chiese, consapevole che pagare sarebbe toccato a lui, visto che aveva aperto la porta.
-Niente. Il conto è già stato saldato. Buon appetito.
Sebastian fissò il ragazzo che risaliva sul motorino e chiuse la porta con un colpo di tacco, alle narici gli arrivava un potente profumo di salsiccia e non vedeva davvero l’ora di mangiare, era a stomaco vuoto da quella mattina. Era strano pensare che Jim mangiasse un cibo come la pizza, la prima volta che si erano incontrati aveva ordinato aragosta e vino pregiato in un ristorante di lusso. Non che gli dispiacesse, anzi era quasi dolce vedere il suo capo comportarsi come un normale essere umano... Ma cambiò rapidamente idea, quando lo trovò seduto composto sul divano, con un piatto e le posate davanti.
-Non vorrai mica mangiare con la forchetta!- esclamò, esasperato. -E’ pizza!
-Non correrò il rischio di macchiarmi i vestiti.
-I miei vestiti, vorrai dire! Devi smetterla di prenderli così, a caso.
-Erano in bagno.
Sebastian sospirò e non disse più nulla, anche perchè l’episodio di Doctor Who iniziò non appena si sedette sul divano. Tagliò in quattro grosse fette la sua pizza alla salsiccia e ignorò le occhiate fulminanti di Jim, intento a dividere la propria margherita semplice in pezzettini geometrici. Si era persino messo un tovagliolo sulle gambe e uno al collo, sembrava un bambino proveniente da una qualche epoca di galateo. Intanto, la serie televisiva trasmetteva uno dei tanti episodi interessanti, dove una ragazza era rimasta sigillata in una casa abbandonata: una parete riportava il suo nome ed un messaggio, stranamente Jim sembrava essere piuttosto preso dalle vicende. Sebastian ogni tanto lo guardava, bevendo un sorso di birra e pensando che alla fine non era così importante se andasse a letto o meno con un uomo, finchè questo lo faceva sentire apprezzato. Jim era sempre serio e freddo, era innegabile e a volte era persino fastidioso oltre ogni immaginazione, ma era quasi un mese che vivevano insieme e quella sera si erano ritrovati a guardare Doctor Who insieme, sul divano, davanti al suo cibo e alla sua bevanda preferita. Non lo aveva mai fatto con nessuna ragazza, non aveva nemmeno mai detto a Jim di amare alla follia l’accoppiata pizza-birra e quanto gli piacesse passare il sabato sera davanti ad un episodio di quella serie, eppure il suo capo era stato in grado di stupirlo in un modo tanto semplice.
-Ma si è mosso!- sbottò improvvisamente Jim, le labbra sottili che si staccarono rapidamente dal bicchiere di birra. -Ma come diavolo...?!
-Non lo so.- fece eco Sebastian, riscuotendosi dai suoi pensieri. L’uomo al suo fianco passò l’intero periodo dell’episodio a guardarsi alle spalle di tanto in tanto, Sebastian al contrario si divertì ad allungare il braccio e a far spegnere e riaccendere la luce a scatti, giusto per sentirlo irrigidirsi e stringere tra le dita affusolate la sua maglietta. Approfittava di quei momenti per bearsi del profumo di Jim, o per posare le labbra sulla sua fronte liscia, e il moro non si ritraeva a certi gesti. Quella fu decisamente l’ora migliore di tutta la vita del cecchino, e sotto sotto anche di Jim, che però non lo avrebbe mai ammesso. Alla fine dell’episodio, l’uomo guardò il proprio sottoposto con aria annoiata.
-Mi sto pentendo di aver visto questa... Cosa.- mormorò, scuotendo il capo. -E’ il programma televisivo più stupido, noioso e insensato che io abbia mai visto.
-Dev’essere per quello che eri spaventato a morte.- replicò Sebastian, con un piccolo ghigno.
-Io non ero minimamente spaventato!- sbottò subito dopo Jim, come se si aspettasse una simile offesa. Mise persino il broncio, il cecchino lo guardò con aria più intenerita di quanto si aspettasse.
-Certo. Dove vai?- chiese perplesso, portando la bottiglia di birra alla bocca per berne l’ultimo sorso. Jim si era alzato dal divano e si era sistemato alla meglio quegli abiti troppo grandi per lui, strascicando i piedi nudi e pallidi lungo il salotto fino al corridoio.
-A coprire i visi di tutte queste maledette statue nella villa.
Sebastian rise, avere un capo che temeva le creature immaginarie di una serie televisiva non era cosa da tutti i giorni. Ma era tenero, anche se non avrebbe mai potuto dirglielo.
 
•Nota dell'autrice:
Ormai non mi scuso nemmeno più per il ritardo, tanto devo farlo ad ogni capitolo che posto. La scusante di questo capitoletto è solo una, avevo un po' voglia di fluff e sono stata ispirata da un episodio di Doctor Who (ma dai?) che riprendeva gli Angeli Piangenti (noooo, really?!) nella quinta stagione. Li ho sempre visti un po' così, Sebastian e Jim: una coppia sempre a discutere, a nascondersi le cose, però capaci di dar vita a queste scene decisamente sconnesse con il loro modo di essere... E sì, per me Sebastian è un ossessionato dalle serie tv! Non mi pare di avere altro da aggiungere, quindi ci leggiamo al prossimo aggiornamento! Grazie a tutti, siete bellerrimi(?)
Midori No Esupuri~

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Capitolo 13
*** #13: Collaborare ***


#13: Collaborare
 
Lunedì 3 febbraio 

Non gli aveva mai dato un compito del genere. Sarebbe dovuto andare via dalla villa per alcuni giorni, lasciando Jim da solo con Irene. Dovevano preparare un piano e Sebastian sarebbe stato d'intralcio nella casa, ma profondamente utile per un omicidio in Svizzera. Un ricco dirigente bancario, nel mirino di decine di servizi segreti e criminali, tutti infiltrati ad una grande festa in un palazzo con circa quaranta stanze. Sentiva già salirgli la nausea, nonostante avesse avuto il tempo di bere solo un caffè, e Jim lo aveva calciato fuori di casa con quattro biglietti aerei, un borsone, una pistola e un paio di foto. La prima raffigurava il suo obiettivo, un grassone con un'irsuta barba rossa sul doppio mento, mentre la seconda raffigurava una donna. La sua collaboratrice per quella missione. Non aveva mai avuto bisogno di collaboratori, specialmente femminili, ma non fece in tempo a domandarsi alcunché. 

(10.42) Si fa chiamare Mary. È astuta, convincila a lavorare per me. JM

Era questa, dunque, la motivazione per la quale avrebbe viaggiato, dormito e si sarebbe infiltrato in un palazzo con una donna sconosciuta? 

(10.50) Va bene. Abbiamo preso l'aereo proprio adesso. SM

(10.53) Non osare parlarle più del necessario. Non dirle nulla che possa metterci in pericolo, è una freelance. Assicurati che passi a dovere dalla nostra parte. JM

Sebastian guardò la donna, erano seduti accanto in aereo e 'Mary' leggeva attenta un libro dalla copertina blu. Non sopportava il silenzio durante i viaggi. 
-È interessante?
La donna si voltò a guardarlo, diffidente, con i suoi luminosi occhi verdi. Era indubbiamente bella. Non esattamente magra, ma quei pochi chili di troppo non stonavano, anzi. 
-Abbastanza. 

(11.20) Sebastian. Non osare portartela a letto, o ti castro. JM

-Io odio leggere.- sorrise, ignorando il messaggio di Jim. Stava solo conversando. 

(11.21) Tu mi appartieni. È chiaro? JM

-Si vede. 
-Da cosa? 
-Dal fatto che sembri molto stupido. 
Sebastian rise, sinceramente divertito. Jim gli aveva detto cose peggiori, dopotutto. Rilesse quel messaggio, come se non credesse al suo contenuto: apparteneva a Jim? Erano andati a letto spesso, si comportavano come una coppia, ma... 
'Non fare quel sorriso, tigre. Questo non significa nulla.'
Già. Non significava mai nulla, anche se Sebastian doveva medicarsi i tagli dei suoi maledetti coltelli e ricucire anche le ferite interiori. 
-É che sono noiosi. Dovevi vedere quelli che mi davano da leggere a scuola, una volta ho dovuto subirmi la storia di un vecchietto che ha passato un'infinità di giorni a cacciare un pesce. Nemmeno mi ricordo come sia finito, o se io lo abbia finito.
Mary sospirò e chiuse il libro, scuotendo il capo con un sorriso. Doveva averle fatto una buona impressione, perché iniziò persino a ridere. 
-Il vecchio e il mare. Un classico. 
-Era orribile, davvero. 

(11.27) Sebastian Moran. Rispondi immediatamente ai messaggi. JM

(11.35) Ma ti vuoi calmare? Siamo in viaggio, non dovrei nemmen usarlo il telefono! SM

(11.35) NON PORTARTI A LETTO QUELLA DONNA. TI UCCIDO. JM

(11.38) Non ci ho nemmeno pensato, figurati. SM

(11.45) Meglio per te. JM


L'albergo prenotato per loro era immenso, di lusso, Sebastian lasciò andare un sospiro seccato. Jim era sempre il solito. Lui e Mary si diressero nella loro camera, una suite più simile ad un appartamento che ad un alloggio temporaneo. Il cecchino si fece una doccia e rimase molto più tempo del solito nel box, l'acqua che gli scorreva bollente addosso. Gli mancava Jim, ma stando con quella donna sconosciuta aveva provato molto più calore di una notte passata con il suo capo. E faceva male.
-Lasciami la doccia.- sentì dire a voce alta dalla donna, entrata nel bagno senza che Sebastian se ne accorgesse. Strano. Solitamente era attento ad ogni movimento o rumore. 

(22.15) Ho un nuovo piano contro Holmes. JM

Sospirò arrabbiato nel vedere che Jim si era degnato di cercarlo solo per avvisarlo del piano e di quel tizio. Come se non avesse visto l'ammasso di fotografie, ritagli di giornali e stampe di un paio di siti internet su di lui. Come se non fosse evidente che per Jim quell'uomo apparentemente tanto stupido per Sebastian fosse il fulcro della sua vita. Strinse il cellulare tra le mani e lo lasciò cadere sul divano, deciso a non rispondere. Accese il televisore e lasciò che Mary gli si sedesse accanto, anche se piuttosto inaspettatamente, guardando le gambe leggermente scoperte dalla sottoveste che usava come pigiama. Lui aveva addosso solo un paio di pantaloni in felpa, era persino a piedi nudi. Silenzio. Un silenzio molto più confortevole di quello che si creava a Londra, nella villa di Jim. Mary non parlava, guardava seria il televisore con le labbra serrate, rosse e leggermente screpolate. Sebastian si permetteva di guardarla in viso, poi di scendere sul seno che curvava abbondantemente la sottoveste, e infine sulle gambe nude. Non era una donna super magra, ma quelle non gli erano mai piaciute. Iniziarono a parlare all'improvviso, lei gli fece i complimenti per la mira dimostrata durante la missione e Sebastian sorrise, poi il cellulare vibrò tra di loro. 

(22.57) Smettila di parlare con lei e leggi. Ci vorrà del tempo per quel piano, non farti distrarre da un paio di gambe. Idiota. JM

-Sempre gentile, eh?- sbottò Sebastian, Mary lo guardò incuriosita.
-Moriarty?
-Mh.
Non si chiese come facesse Mary a conoscerlo, improvvisamente aveva voglia di andare a letto. Doveva convincere quella donna a lavorare per lui, giusto. Se ne stava dimenticando. Lo avrebbe fatto, se Jim avesse avuto dei lati positivi.
-Non sei male come collega.- disse, stiracchiandosi. -Potrebbe essere divertente uccidere di nuovo qualcuno con te.
La vide ridere, era davvero bella.
-È triste ammettere che sia la cosa più romantica chi mi sia stata detta in trentaquattro anni di vita.
-Trentaquanti? Avrei detto ventotto, giuro.
-Ah, ma dai. Non tentare di fare il latin lover, che non attacca. Buonanotte.
La guardò andarsene dal salotto per chiudersi nella propria camera, poi scosse il capo. Avrebbe dovuto fare di nuovo i conti con un letto vuoto, nell'altra stanza, e non gli piaceva per niente.

(23.20) Va bene. SM

Non avrebbe dovuto pensarlo, molto probabilmente, ma avrebbe preferito condividere il letto con Mary. Senza toccarla o farci sesso, solo sentirne il calore, il respiro. Vincere la paura degli incubi, come se fosse ancora un bambino tormentato dai mostri sotto il letto. Si alzò e si chiuse in camera, muovendosi come un automa dagli ingranaggi trascurati e cigolanti. Sentiva il corpo pesante e la testa così piena di pensieri da non capirne nemmeno uno.

(23.45) Vattene a dormire. JM

Il messaggio di Jim lo fece sorridere amaro.

(23.46) Buonanotte, boss. SM

Spense la luce sul comodino e si accomodò sotto le coperte, consapevole di stare per scivolare in un sonno agitato. Non letto, nel telefono acceso per dimenticanza, o forse per speranza, Jim aveva espresso un leggero timore per lui. Timore di cui non vi sarebbe stata traccia il giorno successivo, nè quelli a venire.

(00.25) Sono solo incubi, Sebastian. Buonanotte. JM

 
•Nota dell'autrice~
E dopo un mese di assenza il mio pc a deciso di tornare a casa dalla sua visita prolungata dal tecnico, finalmente. Insieme a lui sono tornata io, con la voglia di scrivere a duemila e altrettante idee in cantiere. Quindi, se vedete la sezione intasata per colpa mia, non presentatevi sotto casa mia con i forconi e le fiaccole. A meno che le storie vi facciano schifo, il che è comunque abbastanza probabile. E niente, come al solito scusatemi per il ritardo e grazie per aver letto, commentato, seguito, preferito, ricordato e quant'altro questa storiellina. Il personaggio di Mary mi piace molto insieme a Sebastian, sono una delle mie OTP in effetti, e direi che è doveroso inserirla almeno in qualche - tutte *coff* - le storie che creo. Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e mi auguro di poter aggiornare più regolarmente D: Alla prossima
Midori No Esupuri~

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Capitolo 14
*** #14: Una vita normale ***


#14: Una vita normale
 
Martedì 4 febbraio
 
Era giorno pieno ormai, ma non sapeva che ore fossero con esattezza. Intorno a lui non c’erano che urla, Jeff era a terra ferito e la sua gamba grondava sangue sul terreno arido, spaccato dalla siccità. Si avvicinò, gettandosi in ginocchio vicino a lui ed ignorando il dolore per essere atterrato sul calcio di un fucile gettato casualmente tra la polvere.
-Colonnello…
-Andrà bene Jeff, andrà bene.
Il suo migliore amico, il suo compagno di ronde e di birre gelide in piena notte, giaceva sempre più inerme tra le sue braccia. Tremava, i muscoli color caramello del collo che non riuscivano nemmeno a farlo deglutire senza cedere al dolore.
-Sei stato un ottimo amico.
-Non osare Jeff, non osare… Non… Andrà tutto bene, io… Io te lo prometto.
Ma quello soffocò una risata e si lasciò andare alla dolce luce dell’aldilà, tra le braccia di un Sebastian così rabbioso da percepire solo il sangue pulsargli nelle orecchie. Gli spari ripresero intorno a loro, o forse non si erano mai fermati, e dalla gola secca del colonnello si levò un ruggito di frustrazione mentre…
 
-Sebastian? Sebastian!
L’uomo aprì gli occhi all’improvviso, travolto dalla luce accecante del sole, qualcosa di freddo posato sulla sua spalla nuda. Due occhi verdi lo fissavano, irrequieti.
-Mary…- biascicò, la gola secca dal sonno. Si tirò su a sedere, le lenzuola frusciarono scoprendogli il petto tempestato di cicatrici chiare.
-Stavi urlando. Ti senti bene?
-Eh? Ah… Sì, sì. Sto bene.
-Mmh. Balle, Sebastian. Vieni a prendere il caffè.
Deglutì e si alzò dal letto mentre la donna lasciava la stanza, si infilò i propri pantaloni militari e raggiunse la cucina, l’odore dolciastro del caffè lo accolse come un caldo abbraccio. Era tutto così normale, niente Jim in giro per la cucina con un diavolo per capello, con il telefono in mano o con l’umore intrattabile. Solo una donna bella, bionda e dal sorriso gentile, anche se contrapposto ad uno sguardo duro.
-Ho pensato a quello che mi hai detto.
Sebastian mise lo zucchero nel caffè, mezzo cucchiaino al massimo, e iniziò a mescolarlo.
-Quindi?
Era strano che qualcuno accettasse così semplicemente il lavoro per Jim, ma non avrebbe fatto troppe domande. Non ne aveva proprio voglia.
-Accetto il caso.- rispose Mary, il viso seminascosto dalla tazza di the.
-Che caso?- il cecchino la fissò perplesso, non aveva idea che Mary avesse qualcosa su cui lavorare. Lei sorrise, scuotendo la testa.
-Quello che mi ha affidato, e del quale non posso dirti nulla.
-Ah.
-C’è un’interessante posta in gioco, è la cosa più interessante che mi sia mai stata proposta in tanti anni di servizio.
-Capisco.
-Ora muoviti, dobbiamo andare ad uccidere.
-Sai… Era quasi una discussione normale, prima che lo dicessi.
Mary aveva fatto il giro del tavolo, mise una mano sulla spalla nuda di Sebastian e la accarezzò appena, mentre lui fissava l’interno del bicchiere vuoto di caffè.
-Non avremo mai una vita normale, Sebastian.
Si voltò a guardarla, i visi vicini e i respiri quasi confusi. Guardò le labbra rosee della donna, poi i suoi occhi verdi, il profumo dolciastro che gli bruciava quasi le narici da quanto erano vicini… Finchè un familiare vibrare non fece sospirare Sebastian di pura e semplice frustrazione, a pochi millimetri da quelle labbra pallide. Mary era rimasta immobile.
 
(08.48) Non osare. JM
 
Quando il cecchino alzò lo sguardo dal display del cellulare, Mary era già sparita da qualche parte, tra i corridoi e le stanze di quella suite. Si alzò, rabbioso, lasciando cadere il cellulare sul tavolo vitreo con poca delicatezza, e attraversò rapido il salotto. Mary era nella sua camera, la porta deliberatamente aperta, Sebastian era abbastanza esperto in materia da capire cosa significasse: entrò nella stanza e si portò davanti a lei, in piedi contro il grande specchio fissato al muro, e la spinse verso di esso per baciarla. Aveva le labbra morbide, sapevano di zucchero e the, come sospettava la donna non oppose la minima resistenza. Lasciò che Sebastian guidasse quel bacio per qualche istante, poi ne prese il controllo e il cecchino indietreggiò fino al largo letto ancora disfatto, trascinando la donna con sé. Finirono insieme sul letto, l’uomo sotto di lei, e le sfilò la corta sottoveste fino a poterla guardare nuda, in tutto il suo splendore. Mary lo baciò di nuovo, più rude e possessiva, facendolo sorridere quando si sentì mordere il labbro inferiore. Si staccò da lei e le baciò il collo, sempre più vorace, e si stupì nel constatare che c’erano molte più sensazioni, molto più calore in quel contatto che in tutti quelli che aveva avuto con Jim. Ed erano stati tanti, quasi ogni sera, ma non c’era mai una nota di calore da parte dell’uomo… Mary invece era così donna anche in quel frangente, si sentiva bene quando lei lo abbracciava, quando ricambiava i suoi baci un po’ prepotenti, quando le sue mani curate premevano contro la sua pelle.  Mary gli permetteva di fare qualsiasi cosa volesse sul suo corpo morbido, di giocare con la sua pelle e i suoi punti più sensibili a suo piacimento, Sebastian non si sarebbe mai staccato da lei e da quell’abbraccio caldo. La mano della donna raggiunse la sua erezione scoperta, in chissà quale caso anche Sebastian era del tutto nudo sotto di lei, e gemette tra i suoi capelli platino lasciandosi toccare lentamente, dolcemente, come Jim non avrebbe mai fatto. I loro rapporti erano sempre frenetici, furiosi, e non era escluso che uno dei due – o entrambi – finisse per riscontrare bruciature, ferite o tagli più o meno gravi. Il cecchino sfiorò il suo seno perfetto con le dita, poi con la lingua, sospirando per la lenta masturbazione che ancora infieriva tra le sue gambe muscolose, e non si fece troppi scrupoli per provvedere a dare piacere anche alla donna. Sentir gemere Mary era nettamente diverso, aveva bisogno di un corpo femminile premuto contro il proprio dopo così tanto tempo, ma anche nel possederla non era stato minimamente rude, come Jim lo aveva costretto a diventare. Spingeva dentro il corpo morbido e caldo di Mary baciandola di tanto in tanto, sentendo le sue dita stringergli i capelli corti, la sua voce leggermente acuta gemere tra le pareti bianche della stanza, fino alla fine.
-Mary…
Aveva rotto quel silenzio guardandola negli occhi, il corpo leggermente staccato da quello della donna che respirava affannata, muovendosi contro di lui in cerca di altro piacere. Lei sorrise, gli accarezzò il viso e si alzò appena per baciarlo sulle labbra, in modo dolce e intenso, continuando a spingersi verso di lui.
-Sebastian…- sussurrò a sua volta, tra le sue labbra schiuse. Vennero entrambi nello stesso momento, sospirando nel bel mezzo dell’ennesimo bacio umido, e Mary si sentì libera di stringere a sé il corpo forte di quell’uomo tanto grande quanto fragile.
Silenzio.
Un silenzio quieto, che invogliava il sonno insieme alle carezze timide che si scambiavano distrattamente.
 
 
~ ~ ~ Chiamata in corso da: Jim ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Accetta – Rifiuta ~ ~ ~
 
~ ~ ~ 1 chiamata persa – Jim – 09.55 – Thu 04-02-14 ~ ~ ~
 
 (09:57) STRONZO. SEI UNO STRONZO DEL CAZZO. VAFFANCULO. JM
 
-Sono stanco.- sospirò Sebastian, strusciando il viso contro il seno morbido e caldo della donna. Mary sorrise e tirò su le coperte del letto, rimboccandosele addosso fino alla spalla ferita dell’uomo.
-Dormi pure. Alla missione penseremo più tardi, Sebastian.

 
•Nota dell'autrice~
Ed eccomi qui con il quattordicesimo capitolo di questa storia. Ho cambiato gli avvertimenti inserendo la presenza di Mary e della coppia het, perchè da qui le cose inizieranno a farsi difficili un po' per tutti e non aveva senso cambiarle prima. No, in realtà ce l'aveva, sono io che sono troppo pigra per farlo inizialmente. Che dire, come al solito grazie a chi legge, segue, preferisce e recensisce. Senza di voi non avrebbe senso scrivere, aw Alla prossima!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 15
*** #15: Litigio ***


#15: Litigio
 
Venerdì 7 febbraio
 
(12.52) Vuoi ancora fare il moccioso infantile e tenermi il muso? SM
 
Mentre aspettava una risposta per il messaggio inviato almeno mezz’ora prima, Sebastian smontava il proprio fucile e lo riponeva con cura nella valigia, pronto per tornare a casa. Lui e Mary avevano fatto sesso solo una seconda volta in tutta la missione e non se ne facevano un gran problema, erano consapevoli che non sarebbe più ricapitato in futuro. Ritenevano la cosa come un semplice svago, un passatempo, ed era più che altro un accordo implicito tra loro.
 
(13.20) Ma poi che cazzo ti avrò fatto mai. SM
 
Il loro aereo sarebbe partito alle quattordici del pomeriggio, e sarebbero tornati a Londra nel giro di qualche ora. Jim aveva programmato l’intero viaggio, una macchina nera si presentò davanti all’albero dove Sebastian e Mary avevano alloggiato e li accompagnò verso l’aeroporto, i due assassini rimasero in silenzio per tutto il viaggio. Non avevano nulla da dirsi, e in ogni caso a nessuno dei due veniva in mente una frase adatta al momento: avevano lavorato insieme, fatto sesso, ma non si sarebbero più rivisti. Non c’era nulla da dire a parole, bastava uno sguardo serio e un lieve accenno del capo.
 
(14.12) Sei uno stronzo e basta, Moran. JM
 
Moran? Sebastian fissò lo schermo del proprio cellulare con la fronte aggrottata, la rabbia aveva sempre preso facilmente il sopravvento in lui. Anche quando era nell’esercito, e questo gli aveva causato non pochi problemi, con i superiori e con i sottoposti allo stesso modo.
 
(14.25) Come ti pare. SM
 
 Il viaggio procedette senza alcun ulteriore scambio di messaggi, Sebastian si interrogava sul motivo per cui Jim potesse avercela tanto con lui. Era infantile, se n’era reso conto il primo giorno che l’aveva incontrato, ma adesso era davvero troppo: per un momento pensò che magari Jim poteva avercela con lui per quello che era successo con Mary, ma era stato del semplice sesso di un paio di notti, e comunque lui e il suo capo non avevano alcuna relazione. Non era stato Jim stesso, dopotutto, a dirgli che tra loro non vi era nulla? Ogni volta che finivano a letto, il moro ripeteva che non c’era alcun significato nella loro violenta passione, e Sebastian aveva inteso – per quanto potesse far male – che una relazione con lui fosse praticamente impossibile. Sospirò.
 
(17.42) Stai diventando ridicolo. SM
 
(18.01) Fottiti, Moran. JM
 
(18.12) Apri la porta, sono a casa. SM
 
Era disumano il silenzio che regnava all’interno della villa, così come il disordine che prendeva il sopravvento in ogni stanza. Sebastian chiuse la porta e si guardò intorno, sul tavolino basso del salotto c’era una costellazione di bicchieri e alcune bottiglie vuote di vodka in mezzo ad essi, persino dei residui di cibo spazzatura.
-Jim?!- chiamò, furibondo, ma non ottenne alcuna risposta. Ovvio, il suo capo doveva sempre fare il bambino. Scosse il capo e si tirò su le maniche della maglietta, abbandonando la valigia sul divano, poi iniziò a pulire. Era stanco per il viaggio, ma poco importava, non tollerava proprio il disordine. Il pendolo del salotto, antico e intarsiato, rintoccò le ventidue quando Sebastian crollò sul divano, esausto, con la forza necessaria ad accendersi una sigaretta. Guardandosi intorno, nel silenzio e nel lusso della stanza, gli tornarono alla mente i momenti passati con Mary durante la missione, in cui aveva avuto l’illusione di essere un uomo normale, al riparo dal suo passato e dal suo lavoro, in compagnia di una splendida donna dal sorriso dolce. Gli venne quasi voglia di sentirla, ma quando prese il cellulare dalla tasca si limitò a controllare l’ora – nonostante non ve ne fosse alcun bisogno, visto il pendolo proprio davanti a lui – e lo rimise al suo posto subito dopo. Non aveva senso parlarle, o cercarla. Per dirle cosa, poi? Con tutto il tempo passato all’estero, a stento si ricordava come ci si approcciava a qualcuno. Sentì dei passi sulle scale, che non potevano che appartenere a Jim, ma quando si voltò a guardarlo lo vide attraversare l’ingresso per dirigersi in cucina, senza rivolgergli parola. Inarcò un sopracciglio, iniziava ad essere tutto davvero ridicolo.
-Vuoi smetterla o no?!- sbraitò dal divano, la delicatezza non era mai stata nel suo DNA, infondo. Jim frugò per qualche istante nella credenza, alla ricerca di qualcosa, poi sbattè le ante con rabbia.
-Che cazzo vuoi, tu?- sbottò, voltandosi adirato. Sebastian si alzò dal divano, raggiungendolo in cucina.
-No, che cazzo vuoi tu. Ti pare il modo di fare di una persona adulta?!
-Ooooh, ma senti chi ne viene a parlare. Il signor ‘Ti tengo il muso perché hai fatto esplodere il microonde’!
Sebastian sospirò, non gli interessava molto delle sorti del microonde della villa, anche se non approvava il fatto che Jim lo avesse fatto esplodere nel tentativo di fare dei popcorn confezionati. Era meglio provare a star calmi, non era semplice convivere con il carattere di Jim, tanto meno con il suo, e doveva dimostrarsi più adulto non solo di età anagrafica, ma anche di mentalità. In sostanza, doveva affrontare la situazione con calma.
-Mi dici perché ti arrabbi tanto? Mi ignori da giorni.
-Sei un idiota. Un idiota del cazzo, Sebastian!
Con sua sorpresa, Jim chiuse la propria mano affusolata a pugno e lo picchiò contro il suo petto. Non gli fece male, a stento lo sentì arrivare in verità, ma Jim non aveva mai avuto reazioni del genere contro di lui. Corse subito via, Jim, senza spiegare niente o altro, e Sebastian rimase immobile contro il bancone della cucina. Tornò in salotto qualche minuto più tardi, sdraiandosi sul divano e accendendo il televisore: prima o poi gli sarebbe passata la rabbia, e allora Jim avrebbe parlato in modo normale. Non che lo facesse spesso, ma i suoi capricci solitamente duravano solo qualche giorno.
 
(00.23) Fa freddo qui. SM
[Salvato nelle bozze]
 
(00.26) Odio questo letto. E’ troppo grande. JM
[Salvato nelle bozze]
 
(00.46) Parliamone. Ti prego. SM
[Salvato nelle bozze]
 
(01.12) Non andare più da lei, Tigre. JM
[Salvato nelle bozze]
 
(01.25) Non significava niente. SM
[Salvato nelle bozze]
 
(01.43) Buonanotte, boss. SM
[Salvato nelle bozze]
 
(01.43) Buonanotte, Tigre. JM
[Salvato nelle bozze]

 
•Nota dell'autrice~
Ho aggiornato con un'ora di ritardo, ma stavolta ho una scusa seria. Un blocco. Ogni volta che mi dico di scrivere qualcosa, inizio un capitolo e dopo mezza pagina lo reputo un buco nell'acqua assurdo, oppure resto mille ore davanti alla pagina bianca senza premere nemmeno un tasto. Spero di aver prodotto comunque qualcosa di leggibile, di carino quantomeno, perchè tengo molto a questa storia e non vorrei mai smettere di scriverla e magari eliminarla. Alla prossima settimana, sperando che il blocco non persista!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 16
*** #16: Incomprensibile ***


#16: Incomprensibile
 
Domenica 9 febbraio
 
(10.44) Dove diavolo sei sparito? SM
 
Era raro che Jim uscisse dalla villa, era molto pigro e in ogni caso riteneva che fuori non ci fossero molte cose degne del suo interesse. Sebastian era confuso da quel comportamento, ma Jim si era dimostrato incomprensibile nove volte su dieci e ormai poteva dire di aver perso le speranze nel cercare di capirlo.
 
(10.46) Fuori. JM
 
Sebastian alzò un sopracciglio mentre mordeva una fetta biscottata colma mi marmellata alle more. Si versò del caffè, incurante del fatto che fosse freddo, che Jim fosse fuori era in realtà abbastanza evidente.
 
(10.50) Fuori dove? SM
 
(11.07) Torre di Londra. JM
 
Quasi si strozzò col caffè.
 
(11.09) Che diavolo ci fai alla Torre di Londra di domenica mattina, alle undici?! SM
 
Finì di fare colazione in fretta ed ebbe persino il tempo di vestirsi e farsi una doccia prima che la risposta da parte di Jim si facesse sentire.
 
(11.32) Scrivania dello studio, c'è un foglio che ti farà capire tutto. JM
 
Jim non avrebbe spiegato nulla per messaggio, era già grazia divina se lo faceva a voce, quindi al cecchino non rimase nulla da fare se non salire le scale della villa, raggiungere il terzo piano ed entrare nello studio del suo capo. Parlavano poco in quei giorni, non avevano nemmeno chiarito la litigata avvenuta dopo il ritorno di Sebastian dalla missione e questo era preoccupante, oltre che irritante ed infantile, per il punto di vista del biondo.
-Oh, un foglio.- sospirò l'uomo, tra il disordine e l'aria viziata della stanza. C'era odore di polvere, di carta e di vodka, non riuscì a trattenersi dal fare un minimo di ordine e dal gettare la bottiglia vuota in un cestino sotto la scrivania. C'erano fogli dappertutto, intorno a lui, alcuni appallottolati e gettati sul pavimento, mentre altri erano impilati nel caos circostante.
-Ce ne sono miliardi, di fogli!- esplose subito dopo, cercando di non prendere a calci qualcosa. -I geni vivono proprio nel caos, Cristo santo.
Scosse il capo e si mise a cercare qualcosa che potesse fargli capire il senso della gita di Jim alla Torre di Londra, ma fu piuttosto difficile. C'erano appunti - se così poteva chiamarli - con dei nomi e delle frecce, qualche numero scritto con una calligrafia piccola e obliqua, frettolosamente. La rete di Jim.
 
(11.50) Io non vedo nulla di comprensibile, qui. SM
 
Tornò a fare un po' di ordine, impilando i fogli 'buoni' e gettando quelli accartocciati sul pavimento, raccogliendo i bicchieri e portandoli in cucina per lavarli. Non tollerava proprio tutto quel disordine, considerando poi che i clienti di Jim venivano accolti nel suo studio non era decisamente il caso che vi regnasse così tanta confusione.
 
(11.59) Naturale, sei stupido. JM
 
(12.01) Hey. Non forzare la corda. SM
 
(12.05) Non vedo alcuna corda, Sebby-Seb. JM
 
Stavano dunque così le cose? Jim non gli rivolgeva parola per giorni, e se ne usciva con Sebby-Seb come se nulla fosse? Ah, aveva sbagliato persona.
 
(12.06) Ma vattene all'Inferno. SM
 
(12.10) Oh, sarebbe noioso. E poi, c'è un solo posto per me all'Inferno. Si chiama trono. JM
 
Sebastian scosse la testa, il suo capo era sempre il solito egocentrico megalomane. Non si sprecò nemmeno di rispondere a quel messaggio, tornando alle sue faccende, finchè il telefono non vibrò nuovamente.
 
(12.24) [File allegato: pic__02092011_97548563405.jpg] JM
Scarica allegato
 
Autorizzò il download della foto allegata e attese qualche secondo, finchè il cellulare non visualizzò l'immagine di una grossa teca con un trono, una corona e uno scettro a dir poco vistosi.
 
(12.27) E' il tuo trono? SM
 
(12.30) Lo sarà presto. JM
 
Il cecchino non capì quell'avvertimento, ma pochi minuti più tardi Jim tornò a casa e si rinchiuse nel proprio studio, senza degnarlo di una singola attenzione. Essendo abituato a quel trattamento, Sebastian non se ne fece un problema e si dedicò agli affari propri fino a sera, quando Jim si fece vedere di nuovo. Era vestito di tutto punto, con i capelli tirati indietro da un lucido strato di brillantina e un completo nero, stretto sul fisico già molto magro. Il cecchino si morse le labbra, cercando di non farsi sopraffare da quanto lo trovasse affascinante.
-Sebastian!- lo sgridò, allargando i profondi occhi scuri. -Che diavolo ci fai sul divano ancora in pantaloni?! Vai a vestirti in modo decente!
-Perchè?- domandò perplesso l'ex colonnello, squadrandolo da capo a piedi.
-Andiamo a cena.
-Ma io non ne sapevo nulla!
-Ho prenotato due giorni fa, non l'hai letto il messaggio?
-Guarda che, due giorni fa, tu nemmeno mi dicevi buongiorno!
-Sì, sì, adesso va' a vestirti. Odio fare tardi.
L'uomo si alzò e si diresse verso la propria camera, trovando sul letto una busta plastificata, nera e fin troppo lucida. Ne estrasse un completo nuovo, cucito evidentemente su misura, perchè era perfetto per il suo corpo muscoloso. Scosse il capo per l'ennesima volta, doveva forse intenderlo come un modo usato da Jim per farsi perdonare? Probabilmente. Finì di vestirsi e scese di sotto, dove il suo capo lo aspettava in silenzio, cellulare alla mano e cappotto già allacciato.
-Dove dobbiamo andare?
-Al Riviera’s.
Sebastian sorrise.
-Non è un caso, vero?
-Oh, Sebby. L'universo raramente è così pigro per lasciare tutto al caso.
Si diressero quindi al ristorante, dove Jim offrì di nuovo la cena ad entrambi. Fumarono anche qualche sigaretta nel retro, alternandone le boccate e, quando Sebastian allungò la mano verso quella di Jim nella penombra, il criminale ne assecondò il contatto e la strinse molto piano. Era la cosa più strana che avessero mai fatto: tra tutte le litigate furiose e il sesso quasi doloroso, quella timida stretta di mano sembrava un gesto messo in atto in un universo parallelo, o da due persone che fingevano di essere loro, quasi fossero due attori sulla scena di un film improvvisato. Sebastian sorrise nel buio, poteva considerare dimenticato il loro ultimo litigio?
-Sebastian.
Il biondo si voltò verso il criminale, che aveva rotto quel silenzio perfetto con una voce grave, che non gli aveva mai sentito usare prima. Doveva credere che fosse accaduto qualcosa? O che volesse parlare di Mary? Lo vide staccarsi dal muro del ristorante, voltarsi e mettergli una mano sui larghi fianchi tonici, guardando la sua giacca scura. Il silenzio tornò tra loro, come un cucciolo fedele, e il cecchino attese tutto il tempo necessario. Jim prese un piccolo respiro, ma non lo guardò in volto.
-Sei un ottimo cecchino.
E si rifugiò nel suo petto, senza aggiungere altro. Sebastian lo strinse a sé, confuso, mentre l’alone giallastro di un lampione li illuminava a scatti.
•Nota dell'autrice~
Non posso credere di aver pubblicato soltanto adesso, dopo che ho in progetto il capitolo da questa mattina. Menomale che non sono in ritardo, o mi sarei davvero mangiata le mani. Questo capitolo ha pochi sms, e forse in alcuni punti è un po' frettoloso, però spero davvero che sia di vostro gradimento, esattamente come gli altri. Sebastian è molto confuso adesso, non comprende il comportamento di Jim, e mi dispiace farlo soffrire così tanto... Ma il peggio, alla fin fine, non è ancora arrivato.
Come sempre, voglio ringraziare le splendide 27 persone che leggono e seguono questa storia, leggere recensioni e vedere che scrivo cose che vi piacciono è sempre una splendida emozione e ne sono davvero felice. Grazie, grazie davvero.
Al prossimo capitolo,
Midori No Esupuri~

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Capitolo 17
*** #17: Chiamata ***


#17: Chiamata
 
Sabato 13  febbraio
 
~ ~ ~ Chiamata in corso da: Jim ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Accetta – Rifiuta ~ ~ ~
 
~ ~ ~ 5 chiamate perse – Jim – 11.04 – Sat 12-02-14 ~ ~ ~
 
 
Roteò gli occhi verso il soffitto della stanza, decidendo nuovamente di ignorare il cellulare che continuava a vibrargli accanto. Era steso su di un tetto, gli addominali fastidiosamente a contatto con il cemento freddo e umido dalla pioggia che tanto odiava di quella città. La sua vittima era davanti a lui, nel mirino circolare, intenta a parlare al telefono una decina di piani più in basso. L’aveva in pugno.
Jim gli aveva detto che si trattava di un importante ministro estero, venuto a Londra per incontrare qualche altro pezzo grosso del Governo, ma che era un elemento fastidioso per un suo cliente altrettanto rilevante nella politica. Lui non se ne intendeva, ma si era limitato a prendere la cartellina gialla con la fotografia della vittima, a prendere il fucile e ad uscire dalla villa. Era un compito davvero molto semplice, doveva solo sparargli un colpo in testa, o sul petto, e poi filare via prima che qualcuno potesse risalire a lui. Un omicidio di routine, che si stava trasformando in un inferno a causa di Jim che continuava a chiamarlo sul cellulare. Alla fine lo prese, continuando a tenere sotto tiro la sua incurante vittima.
 
-Che diavolo vuoi?! Sto lavorando!
-Vieni a casa.
-Tra poco arrivo, fammi fini…
-No, vieni adesso.
-Ma devo uccidere…
-No. Ho detto vieni a casa!
 
Jim, l’eterno volubile, spense la chiamata senza dare modo a Sebastian di replicare e il biondo ringhiò, infastidito al massimo da un comportamento del genere. Cosa c’era di più importante di un bell’omicidio a distanza, per Jim? La morte di quel tizio avrebbe fruttato una cifra almeno a cinque zeri… Per cosa doveva abbandonarla? Smontò pazientemente il fucile, lo ripose nella borsa nera e si diresse in auto verso la villa, continuando a pensare. Jim si era comportato in modo strano nell’ultima settimana: passava tutto il giorno nello studio (l’unico fatto normale), ma aveva urlato il nome di Sebastian fin troppo spesso per farsi raggiungere nella stanza dove lavorava, per le cose più stupide. Il cecchino ricordava di avergli quasi mollato un pugno al sentirsi chiedere di stappare una penna, ma sorrise in quel momento. Scese dall’auto una decina di minuti più tardi, maledicendo il traffico, e trovò Jim steso sul tavolo della cucina. Era perfettamente vestito, con un Westwood blu notte, le mani aperte sulla superficie liscia e un paio di bicchieri infranti a terra.
-Che diavolo stai facendo steso sul tavolo?!- sbottò, continuava a stupirsi degli strani riti di Jim nonostante convivesse con lui da tre mesi. L’altro non gli rispose, Sebastian lasciò perdere con una smorfia esasperata e raccolse da terra i frammenti di vetro, per buttarli nella spazzatura.
-Che ci fai tu qui? Non dovevi uccidere Johnson?
Il cecchino si voltò a guardare il proprio capo con un’espressione mista tra l’incredulo e il frustrato.
-Wilson. Si chiama Wilson. E comunque no, visto che qualcuno mi ha urlato in faccia di venire a casa e lasciar perdere!
Jim ricambiò il suo sguardo per qualche secondo, poi scattò in piedi dal tavolo e si aggiustò la cravatta. Altra caratteristica che Sebastian aveva notato in quella settimana, il suo capo sembrava essere molto, molto nervoso.
-Voglio fare sesso.- esordì, nel solito tono che non ammetteva repliche.
-Jim, sei strano ultimamente.- sospirò Sebastian, sedendosi al tavolo.
-Strano? Non sono strano. Voglio solo fare sesso con te, è normale che io faccia sesso con te, faccio sempre sesso con te…- continuò a parlare il moro, camminando rapidamente per la cucina. Sembrava davvero agitato, il volto ancora più pallido del normale, e ad ogni due passi si allentava la cravatta di qualche millimetro.
-Io, davvero, non capisco cosa ti sia preso questa settimana.- scosse il capo il biondo, guardando preoccupato il coinquilino. -Sono qui da tre mesi, Jim, e tu ancora sei un mistero per me.
-Già, Sebastian. Tu non capisci.
Il tono di Jim era grave, serio, quasi triste forse. Gli occhi neri scomparvero per qualche istante, quando l’uomo assottigliò lo sguardo, prendendo un lungo sospiro prima di tornare a guardare il cecchino.
-Vado a lavorare.
E se ne andò su per le scale, Sebastian sentì solo la porta chiudersi al piano superiore. Era confuso, davvero molto, ma aveva iniziato a credere che Jim si comportasse di sua spontanea volontà come un mistero umano, forse per legittima difesa. Magari non aveva avuto una vita facile, come non l’aveva avuta lui stesso, e aveva reagito schermandosi in se stesso. Ognuno aveva la sua croce dopotutto, i suoi misteri e il suo carattere, magari doveva provare ad andare incontro a Jim e tollerare maggiormente il suo modo di comportarsi. Non era mai stato troppo tollerante in vita sua, ma per Jim forse ne valeva la pena: dopo aver collaborato con Mary, aveva scambiato con lei qualche sms e si era sentito bene, eppure nulla lo faceva sentire davvero al suo posto nel mondo come la compagnia di quel pazzo del suo capo. Forse, pensò ancora, non era importante se al suo fianco vi era un uomo o una donna, perché l’essere umano ha bisogno di qualsiasi forma di amore, da qualsiasi fonte sia disponibile a donarlo. E Jim, anche se a modo suo, aveva dimostrato di tenere a Sebastian. Certo, aveva speso centinaia di sterline in cene, in armi, in bottiglie di birra e pizze a domicilio, ma nemmeno Sebastian era mai stato troppo attaccato ai clichè delle coppie. Decise di andare a farsi un bagno, per placare i nervi, ma sul pavimento trovò qualcosa di davvero poco divertente. Rimase fermo, incorniciato dalla porta laccata, gli occhi glaciali incollati sulle piastrelle di un lucido color crema.
Una lametta e delle pasticche giacevano sparpagliate confusamente sotto i suoi occhi, il barattolino giallastro era rotolato fin sotto il lavandino. Si avvicinò, dopo molti minuti di smarrimento, e sollevò da terra la lametta macchiata di sangue. Si sentì improvvisamente molto stupido: Jim aveva davvero dei problemi, delle tendenze suicide, e a lui sarebbe dovuto spettare il compito di aiutarlo invece di gridargli addosso. Venne travolto da un senso di colpa tale da non riuscire quasi a respirare, la lametta cadde a terra gettando ulteriore scompiglio tra le pasticche e il cecchino strinse il pugno, forte fino a sentir male. Doveva parlarne. Dovevano parlarne. Voleva, doveva e poteva aiutare Jim, nonostante non sapesse esattamente come fare, perché aveva deciso che non avrebbe più perso nessuno dopo il suo migliore amico, deceduto in Afghanistan. Jim, nonostante i suoi difetti, non sarebbe morto finchè c’era lui a proteggerlo. A costo della sua stessa vita. Salì le scale, furioso come un toro davanti al più rosso dei drappi di stoffa, e si preparò ad aprire la porta dello studio con una poderosa spallata. Si allontanò di un passo dalla porta, irrigidendo il braccio destro e reggendosi il polso con la mano sinistra, trattenendo quasi il respiro dalla rabbia.
-Solo un’ultima cosa.
La voce di Jim si insinuò tra i fumi della sua mente, rischiarandola per un attimo. Con chi parlava? Un cliente? Un collaboratore? Stava per accettare o rifiutare un caso? Cosa? Rimase immobile.
-Non farlo sapere a Sebastian.
Il cecchino sentì il petto venire attraversato da una profonda e gelida coltellata.
-Per favore.
Cosa non doveva sapere? Perché Jim sembrava fare il possibile per mantenere segreta la sua vita all’uomo con il quale, pareva, avesse iniziato una relazione? Corse verso la propria camera, quasi rischiando di cadere dalle scale a causa della fretta, e vi si chiuse all’interno, con l’intenzione di non uscire mai più.

 
•Nota dell'autrice:
Pubblico con un giorno di ritardo perchè ieri è stata davvero una giornataccia, sono stata fuori casa tutto il giorno ed ero davvero troppo stanca, una volta tornata, per scrivere. Rimedio postando oggi, sperando che non me ne vogliate a male!
Questo è il diciassettesimo capitolo, immagino sia ora di farvi sapere che la storia si concluderà con il venticinquesimo. Sono davvero felice che abbiate seguito in tanti, commentato e preferito in molti più di quanto mi aspettassi, ma i ringraziamenti veri e propri li farò con un lungo papiro al momento dell'ultimo capitolo. Di positivo c'è che, alla fine di questa storia, potrò dedicarmi ad altri progetti... E a qualche altra mormor, magari *^* Non mi stanco mai di scrivere su di loro, awww ♥
Per il resto, grazie di aver letto fino a qui, di seguire, recensire e il resto. Al prossimo capitolo,
Midori No Esupuri~

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Capitolo 18
*** #18: Drama queen ***


#18: Drama queen
 
Venerdì 20  febbraio
 
Era sull’orlo di prendere tutti quei giornali e gettarli dalla finestra della cucina, doveva essere abbastanza evidente quella sua intenzione visto che Jim non faceva che lanciargli occhiate caute. Era come una madre che teneva sempre sotto controllo un bambino pestifero, e non gli piaceva per niente essere messo al pari di una creatura tanto stupida.
-Dobbiamo per forza tenerli?- sbottò lamentoso, crollando sulla sedia della cucina, l’unica libera in tutto quel marasma di giornali e fotografie. Jim era seduto sull’ampio tavolo, il fisico magro avvolto da una felpa violacea e un paio di jeans troppo larghi. Al solito, aveva ‘preso in prestito’ i vestiti del cecchino.
-Sì, dobbiamo. Torneranno utili.- rispose, grattandosi seccato la barba.
-Se mai vorrò appiccargli fuoco, li userò senza dubbio.- biascicò Sebastian, stiracchiandosi con indifferenza.
-Non darai fuoco a Sherlock Holmes, smettila di fare i capricci.
-Io? Io, fare i capricci? Ti sei per caso mai sentito?!
Sebastian non aveva dimenticato quello che aveva visto quasi una settimana prima, nel bagno della villa. Non era riuscito a dormire per un paio di notti, pensando a quanto fosse stato cieco riguardo alle condizioni fisiche e mentali del suo capo. Aveva imparato ad apprezzarne persino i difetti più odiosi, in verità, e avrebbe voluto poter fare qualcosa per il suo autolesionismo, per aiutarlo ad uscirne. A vivere bene, più o meno. Aveva quasi accettato persino l’ossessione di Jim nei confronti di Sherlock Holmes, e non era cosa da poco. Aveva solo accantonato la situazione per aiutare Jim nel corso del suo piano.
-E non fare tanto chiasso, Sebby!- inveì quest’ultimo. -Piuttosto, hai preparato il computer?
-Sì, è sepolto tra i tuoi giornali!
-Ottimo, allora vado a vestirmi in modo adeguato. Oh, e dovremo vedere una persona, oggi.
-Chi?
-Una persona, Sebby. Lavoro.
Jim scomparve al piano di sopra e Sebastian non potè fare altro che liberare il proprio portatile dai ritagli di giornale su Sherlock Holmes – senza risparmiarsi i grugniti di disappunto – e attendere di accompagnare il suo capo sul luogo del loro prossimo crimine. La torre di Londra. Doveva stare pronto con il computer e i codici, in auto, per essere perfettamente in grado di supervisionare la situazione.
Svolse tutti i suoi compiti con la massima cura, come Jim si era premurato di ripetergli per tutto il viaggio in auto, e lo osservò sedersi tronfio sul trono dopo aver rotto la teca. Il solito drammatico, la regina assoluta del palcoscenico del crimine, con in testa quella corona troppo grande per lui. Sembrava un bambino particolarmente tronfio ed antipatico durante la fiera del carnevale, Sebastian dovette tuttavia trattenersi moltissimo per non scendere dall’auto quando Jim venne arrestato, senza opporre alcuna resistenza. Il piano era quello, dopotutto, e prevedeva persino tre giorni di prigionia in cui Jim non si sarebbe fatto sentire. Inaspettatamente, il secondo giorno, Sebastian avvertì il proprio cellulare vibrare sul tavolino basso del salotto, accanto alla lattina semivuota di birra.
 
(20.36) Sebby, vieni a prendermi. L’Inferno è noioso, qui. JM
 
Era stupito, molto, ma era evidente che avesse trovato un modo per uscire di prigione al più presto. Uscì quindi dalla casa e si diresse verso la prigione cittadina, in cui Jim era stato chiuso in attesa di un’udienza formale per arrestarlo definitivamente. Sebastian sperava vivamente che il capo avesse un piano, ma dalla sua espressione non riusciva a comprendere alcunché, come sempre. Possedeva il codice per annientare il sistema di sicurezza della prigione, in modo che Jim uscisse indisturbato dall’edificio e salisse in macchina come se non fosse stato in un posto diverso da un supermercato. Era quasi fantascienza, a pensarci bene, ma Sebastian si ritrovò a sorridere divertito quando Jim aprì la portiera dell’auto nera nella notte e si sedette all’interno, scomposto.
-Oh. Mio. Dio!- sospirò, senza nemmeno salutare. -Era impossibile stare lì dentro! Portami a casa, ho bisogno di un bagno.
E Sebastian obbedì, non si aspettava nessuna particolare celebrazione per quel ritorno alla villa e comunque Jim non avrebbe festeggiato, era silenzioso durante il viaggio. Non aveva nemmeno canticchiato una strofa delle canzoni dei Bee Gees, ormai l’unico disco in tutta la macchina. Avrebbe voluto chiedere se si sentiva bene, se voleva parlargli di qualcosa, ma sarebbe stato del tutto inutile, così non disse nulla e si limitò ad attendere, guidando in silenzio.
Entrarono in casa, Jim non aveva minimamente aperto bocca e anzi, sembrava determinato a non farlo per diverso tempo. Sebastian iniziava a perdere la pazienza, nonostante non ne avesse mai avuta tantissima.
-Si può sapere cosa…?!- sbottò, ma venne interrotto dalla poca forza di Jim che si appiattì contro il suo corpo, spingendolo verso la porta e alzandosi sulla punta delle scarpe laccate fino ad arrivare al suo volto per poterlo baciare. Il cecchino rimase stupito, ma venne trascinato appena verso il basso e prese possesso del corpo magro di Jim, sollevandolo da terra e voltandosi per premere la sua schiena contro la porta. L’altro mugolò, lasciandosi mordere le labbra pallide e morbide, dal sapore di gomma da masticare e di fumo. Sebastian sfogò, come sempre, tutta la propria rabbia e la propria frustrazione in un bacio rude e umido, che Jim ricambiò senza fare troppe storie e anzi, incitò catturando la lingua del cecchino tra le proprie labbra e succhiandola avidamente. Sebastian avvertì una scarica elettrica lungo la spina dorsale, le gambe di Jim strette attorno alla sua vita e le mani affusolate che gli scompigliavano i capelli color grano sulla nuca, provocandogli vampate incontenibili di eccitazione. Non aveva mai preso in considerazione una relazione con un uomo, ma Jim lo faceva stare bene a modo suo e Sebastian poteva dirsi felice, nonostante i frequenti alti e bassi e l’insopportabile schizofrenia di Jim. Dopo aver visto le pillole e la lametta insanguinata sul pavimento del bagno, il cecchino si era convinto che il suo capo necessitasse la sua presenza più di quanto dimostrava, e i motivi per i quali si teneva tutto dentro non fossero poi così importanti. Bastava esserci per lui, in ogni situazione, e quella relazione avrebbe potuto funzionare: per certi versi, era la migliore che avesse mai avuto. Jim afferrò la stoffa della maglietta di Sebastian e la tirò, con una foga contrapposta al suo elegante completo grigio chiaro, nel tentativo di spogliarlo, il biondo non era mai stato più eccitato in vita sua. Forse una volta, ma era una delle prime occasioni in cui faceva sesso ed era pressappoco un adolescente, quindi non contava come esperienza. Il moro lo baciava, lo mordeva, leccava la sua pelle ruvida senza nemmeno lasciargli il tempo di spogliarsi in modo adeguato, tanto che alla fine Sebastian si sfilò la maglietta e la lanciò all’indietro senza nemmeno preoccuparsi del disordine. Nemmeno Jim vi fece caso, ed era insolito, ma era così preso dal cercare le labbra del biondo per rimproverarlo del suo essere sciatto.
Sebastian lo guardò per un istante, tra loro si era improvvisamente creata una pausa in cui stavano riprendendo fiato e Jim si stava liberando degli abiti aiutato dal cecchino, o per meglio dire cercava di non farsi stracciare quel costosissimo completo Westwood.
-Dio… Accidenti a te.- biascicò Sebastian, sentiva le vene andare in fiamme e Jim lo fissava, abbandonato contro la porta, gli occhi neri lucidi dalla voglia.
-Mi spiegherai mai cosa ti passa per la testa, uhm?
Jim lo baciò, voglioso, e l’altro non si scansò di certo.
-Voglio solo che tu spinga il tuo…
-Non mi riferivo a questo!- sbottò Sebastian, accaldato maggiormente all’idea di sentire il suo capo parlare in modo volgare. Era tutto così strano da parte sua, però non riusciva ad opporsi. Non voleva opporsi.
-E allora muoviti, se lo sai. Dio santo, ho aspettato un mese in quella cella!
-Eh, un mese… Una settimana, e nemmeno inte…
-Ti vuoi muovere, razza di idiota?! Ahia!- sbottò Jim, con un gridolino isterico, nel sentirsi mordere nel bel mezzo del collo. Poco dopo era già completamente nudo e alla mercè del proprio collaboratore, che lo spingeva ritmicamente verso il legno freddo del portone mentre entrava dentro di lui, energicamente. Non era andato tutto secondo i piani, non come aveva previsto inizialmente, ma Jim poteva dirsi comunque soddisfatto, in ogni senso. Sebastian era un uomo forte, rude, eppure al tempo stesso aveva l’accortezza di non fare domande e di stringerlo durante alcuni dei suoi incubi notturni. Sentiva già la mancanza di quella sensazione di calore mai provata prima in vita sua, così come avvertiva il peso della decisione che aveva intrapreso diversi giorni prima, quando aveva formulato il suo piano. Si strinse forte al proprio cecchino, posando la fronte contro la sua spalla forte, gemendo man mano che l’uomo spingeva dentro di lui con l’erezione calda e tesa. Affondò le mani nella sua schiena, graffiandola forse, e gli morse la pelle abbronzata per non lasciarsi andare ad inutili emozioni. Doveva convincersi che Sebastian fosse solamente una persona, solo un soldato che lavorava per lui, ma sembrava essere più difficile del previsto.
Allargò le gambe, dandogli più spazio per possederlo e farlo fremere dal piacere, finchè non resistette alla frizione del proprio corpo contro quello di Sebastian e venne con un forte gemito, acuto e soddisfatto. Il biondo lo seguì un paio di spinte dopo, sospirando roco. Quanto gli sarebbe mancata quella voce…
Rimasero in silenzio, riprendendo fiato, poi Jim si ricordò di una parte importante del suo piano. Non era esattamente scattata nel momento giusto, ma poco importava: aveva sempre fatto tutto un po’ a modo suo, dopotutto.
-Cena?- domandò, ansante e sorridendo lievemente nell’incavo del collo del biondo. Adorava il momento in cui Sebastian gli metteva una mano tra i capelli e li accarezzava appena, facendolo addormentare come un gatto.
-Muoio di fame.- rispose l’altro, prevedibilmente. Jim annuì, era quello che serviva. Una cena insieme, probabilmente l’ultima. 

 
•Nota dell'autrice:
In ritardo come sempre, eccomi con il diciottesimo capitolo. Avevo voglia di farli riunire un pochino, prima che succeda il cataclisma. Ormai lo sappiamo tutti cosa sta per accadere, quale sia il piano di Jim e quale, appunto, sarà la sua fine. Con questa, si sta avvicinando anche la fine della fanfiction e devo dire che sono divisa tra la gioia di avere una long completa - finalmente - e la tristezza per aver messo la parola fine proprio a questa. Ma, come ho detto, ne arriveranno altre e spero che saranno tutte di vostro gradimento, perchè ci metto davvero tantissimo impegno per ogni capitolo e mi emoziono sempre per le vostre recensioni, nel vedere in quanti seguite e commentate, o preferite e leggete in silenzio. Grazie, come sempre, e ci rivediamo al prossimo capitolo!
Midori No Esupuri~

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Capitolo 19
*** #19: Ballo ***


 #19: Ballo
 
Sabato 21  febbraio
 
Jim si comportava in modo strano praticamente ogni sera, ma andare al ristorante alle undici di sera e rimanere per due ore e mezzo nel bagno di servizio per scambiarsi baci ed effusioni era una delle attitudini che Sebastian non si sarebbe mai aspettato da lui. Avevano anche fatto sesso, per un paio di volte di fila, e il cecchino si sentiva accaldato e sudato come dopo un bagno alle terme in piena estate. Non che ci fosse mai stato, alle terme, ma immaginava che la sensazione fosse simile. Jim invece stava seduto al tavolo, davanti a lui, con il viso rilassato e furbo, come se nulla fosse accaduto. Era intento a masticare con noncuranza un’insalata condita con pochissimo olio e forse nemmeno un’aggiunta di sale, mentre Sebastian sfogava la sua fame animale su una bistecca al sangue ricoperta di spezie. Decisamente gli opposti, ma a nessuno dei due importava poi molto delle differenze che li rendevano quasi ridicoli, come coppia: stavano bene, o almeno Sebastian si era reso conto che stare con un uomo non era così diverso dalla relazione classica con una donna, Jim sapeva renderlo felice a modo suo ed era tutto perfetto. Erano una coppia, diversa ma uguale a tutte le altre.
 
(23.46) Voglio ballare. JM
 
Il biondo alzò lo sguardo, Jim era concentrato sulla sua insalata come se non avesse mai inviato un messaggio simile ad una persona seduta a pochi centimetri da lui. Sospirò e rispose allo strano sms, senza capire il motivo per il quale il suo capo non gli parlasse chiaramente.
 
(23.46) Possiamo anche parlare, sai? SM
 
(23.48) Le persone possono sentirci. JM
 
(23.52) Sì, abbiamo tutti delle orecchie, sai? SM
 
(23.52) E non guardarmi come se fossi uno stupido. SM
 
(23.52) E no, non ti azzardare a dire che sono uno stupido. SM
 
(23.55) Altrimenti? JM
 
(23.58) Altrimenti ti faccio riprovare quella simpatica cosa dello specchio. SM
 
(00.02) Questo dovrebbe farmi smettere? JM
 
Sebastian rise appena, sottovoce, poi scosse il capo.
 
(00.03) Perché non parliamo normalmente, Jim? C’è qualche problema? SM
 
(00.03) Sì. Sentirò la tua mancanza. JM
[Salvato nelle bozze]
 
(00.12) Jim? SM
 
(00.15) No. Nessun problema. JM
 
Non era troppo convinto, ma preferì non indagare e finire la cena in un silenzio strano, teso, che fino a pochi giorni prima sembrava pura fantascienza. Al termine di quel lussuoso pasto, Sebastian sentiva una stretta preoccupante allo stomaco, Jim era silenzioso e in macchina era spenta persino la radio, c’era un’atmosfera abbastanza pesante e il cecchino ripensava alle parole del suo capo.
-Perché vuoi ballare?- chiese, a caso, per spezzare il silenzio. Jim continuò a guardare dritto davanti a sé, gli occhi neri che brillavano appena per la luce giallastra dei lampioni intorno a loro.
-Perché mi va.- fu la risposta, secca e quasi svogliata da parte del moro.
-E va bene.
Da una parte, Sebastian si aspettava che fosse un banale capriccio che non necessitasse di essere accontentato, quindi vi diede poco peso e continuò a guidare fino alla villa. Una volta entrato, invece, vide Jim dirigersi verso un vecchio giradischi in un angolo del salotto – gettando alle sue spalle decine di fogli scarabocchiati e altri oggetti di intralcio – e inserire un grosso vinile lucido. Una lenta musica, classica e terribilmente noiosa all’orecchio del cecchino, invase la grande stanza.
-Ti serve un invito scritto, o porti il culo qui e balliamo?
-Arrivo, arrivo.
Sebastian attraversò la stanza e Jim lo fissò per qualche istante, prima di mettere una mano sul suo fianco e l’altra tesa verso quella del cecchino. Il biondo, inizialmente titubante, prese la sua mano e appoggiò l’altra sul fianco di Jim, notevolmente più basso del proprio. Iniziarono a seguire la musica, il colonnello ci mise tutto l’impegno possibile ma non riuscì a non sbagliare almeno una decina di mosse. Jim non lo rimproverò, appoggiando la testa contro il suo petto e fermandosi improvvisamente in quei movimenti, finendo per stringere il corpo forte del collaboratore.
-Che ti prende?- domandò quest’ultimo, sentendo Jim respirare a malapena contro di lui. Il suo capo non rispose, nascose la testa nel suo petto e strinse le mani a pugno poco più sotto le sue spalle, come se temesse di cadere. Era un comportamento insolito, che Sebastian si stava sforzando di capire, senza alcun successo. Alla fine lasciò perdere, godendosi quell’impacciato e bisognoso abbraccio mentre la musica andava avanti, imperterrita, cullandoli in mezzo alla vastità del salotto.
-Sei forte Sebastian, non è vero?
La domanda di Jim gli giunse inaspettata, ma annuì convinto. Lo era eccome, aveva sopportato la guerra per anni, e la sua vita non era stata semplice nemmeno prima dell’arruolamento. Il criminale rimase in silenzio, di nuovo, poi alzò lo sguardo verso di lui e sorrise, in modo sottile, velato. Sebastian sarebbe stato davvero, davvero forte, e ci sperava da tempo ormai. Da quando aveva capito che era necessario un piano drastico, per fermare Sherlock Holmes e prendere il controllo della città. 

 
•Nota dell'autrice~
Eh, tanto per cambiare sono qui in ritardo con il capitolo diciannove. Di nuovo, volevo che ci fosse una sorta di avvicinamento, inoltre per la disposizione dei capitoli fino alla fine della storia era meglio inserirne uno di passaggio prima del cataclisma tipico di questa ship. Ormai non è più un mistero, avverrà ciò che tutti quanti sappiamo e temiamo anche solo di ricordare, Sebastian non sospetta nulla... E vedremo come finiranno le cose settimana prossima, con il ventesimo capitolo!
Grazie di cuore, come sempre, a chi segue e recensisce
Midori No Esupuri~

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Capitolo 20
*** #20: Biglietto ***


#20: Biglietto
 
Lunedì 23  febbraio
 
Guardò pigramente fuori dal finestrino, giocherellando quasi senza accorgersene con il biglietto del treno tra le dita. Lo spiegazzava nervosamente, detestava viaggiare per lungo tempo e il vagone del treno lo faceva sentire chiuso, anche se non ricordava di aver mai sofferto di claustrofobia o roba del genere.
 
(06.39) Odio viaggiare in treno. SM
 
Odiava anche il fatto che quello fosse il quinto sms inviato a Jim dall’inizio del suo viaggio, che ormai continuava da un’ora circa. Stava iniziando a stufarsi, aveva un tic nervoso alla gamba che aumentava ancora di più la sua impazienza e quasi saltò su dal seggiolino rivestito quando una voce meccanica annunciò la sua stazione. Dodici fermate per raggiungere una vittima, senza dubbio quello era l’omicidio più irritante che Jim gli aveva commissionato, e lo era stato principalmente nel modo: il suo capo non gli aveva annunciato nulla, c’era solo una busta sul tavolo della cucina con i biglietti del treno, la chiave di una camera d’albergo e una fotografia ingiallita, della sua presunta vittima. Nient’altro.
 
(07.10) Sono arrivato, e in questa città il caffè fa schifo. SM
 
(07.32) Ci sono più piccioni che persone, se sparassi alla cieca rimedierei la cena per una settimana. SM
 
(08.02) Ma perchè cazzo mi ignori? Dio, ti odio quando fai così. SM
 
(08.08) No, non ti odio. Ma sei uno stronzo. Rispondi, lo so che li leggi i messaggi! SM
 
(08.09) Non posso risponderti. JM
[Salvato nelle bozze]
 
(08.21) Sono arrivato all’albergo. Mi spieghi perché devo stare in un albergo per uccidere una persona? SM
 
(15.21) Per abituarti a stare senza di me. JM
[Salvato nelle bozze]
 
(08.27) Però è carino. Hanno anche il minifrigo con delle birre. Sono anche le mie preferite, sembra quasi che tu abbia fatto tutto apposta. SM
 
(08.35) Mi faccio un bagno, e poi vado ad uccidere questo scemo. Il viaggio mi ha stancato. SM
 
(08.47) Addio. JM
[Salvato nelle bozze]
 
 
Erano le nove e trenta quando Sebastian, giunto all’indirizzo indicato sul retro della fotografia consegnatagli da Jim, non si trovò davanti altro che una vecchia abitazione in rovina. Ne fece il giro, ma non c’era traccia di una persona nemmeno a pagarla. Comprese che qualcosa non andava, e afferrò il cellulare.
 
 
 
~ ~ ~ Chiamata in corso a: Jim ~ ~ ~
 
~ ~ ~ In attesa – Termina ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Chiamata terminata ~ ~ ~
 
 
(09.48) Dove cazzo mi hai mandato? Torno a casa. SM
 
(09.54) E ti odio, bastardo. Sei un cazzone. E’ un pessimo scherzo. SM
 
(10.33) Ho appena preso il treno, mi spieghi perché mi hai mandato qui? SM
 
(11.18) Ok, non importa. Lo scoprirò da solo. SM
 
(11.20) Eddai, mi sento scemo a parlare da solo! SM
 
(11.22) RISPONDIMI! SM
 
(11.40) Non odiarmi. JM
 
(11.40) Mi mancherai. JM
[Salvato nelle bozze]
 
Sorrise nel leggere il messaggio, poi scese dal treno e si diresse verso la villa, camminando a piedi più velocemente che poteva. Alla fine, non era importante sapere che Jim lo aveva cacciato di casa per una missione finta, ne vedeva il lato divertente una volta fatta passare la rabbia.
Spalancò la porta della villa.
-Hey, sono a ca…
 
Silenzio.
Troppo silenzio.
 
-Jim?- chiamò perplesso, entrando e dirigendosi verso il salotto. C’era solo il vuoto ad attenderlo, ma ad un’occhiata più approfondita notò un biglietto sul tavolo, accanto ad un numero considerevole di mozziconi di sigaretta e bicchieri di vodka.
 
Ho scritto il tuo nome sul proiettile, così tutti sapranno
che il tuo nome è l’ultima cosa a cui ho
pensato prima di farlo.
JM
 
-Che cazzo hai fatto, maledetto bastardo?- sbottò, afferrando il cellulare e ricomponendo il numero di Jim con le dita tremanti. Crollò seduto sul divano, il cuore in gola e gli abiti troppo stretti addosso.
 
Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile. La invitiamo a riprovare più tardi, grazie.
 
E Sebastian comprese, finalmente, quale fosse il motivo del suo allontanamento da parte di Jim. Comprese, finalmente, che non lo avrebbe mai più rivisto, come tanto spesso si era augurato durante le loro litigate. Comprese, allo stesso modo, quanto stupidamente e sinceramente lo avesse amato.

 
•Nota dell'autrice~
Non ho molto da dire, tranne che ho sofferto come un cane nello scrivere questo capitolo. E ho dovuto farlo due volte, da capo, perchè non mi sembrava mai decente: o troppo frettoloso, o troppo stupido, o le parole non andavano bene... E alla fine la mia beta ha letto, sprecandosi più che altro a darmi della stronza che ad esprimere un vero e proprio parere sulla storia. Che dire, siamo al ventesimo capitolo e ne mancano altri cinque, la storia non è finita qui e ci saranno in serbo altre piccole cosine, perchè Sebastian deve metabolizzare e cercare di andare avanti, di capire cosa sia successo. Quindi, alla prossima!
Vi vorrei anche dire che ho aperto la pagina facebook dell'account, la potete trovare qui e sarei davvero molto contenta se ci passaste a mettere mi piace per essere aggiornati sul proseguimento delle storie c:
Midori No Esupuri~
 

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Capitolo 21
*** #21: Assenza ***


#21: Assenza
 
Lunedì 2 marzo
 
(04.32) Stronzo di merda. SM
 
(04.46) Ti sto aspettando da una settimana. SM
 
(05.12) Dove cazzo sei, eh?! SM
 
(05.48) Vado a fare una doccia, ho portato un asciugamano anche per te. SM
 
Si risvegliò con un cerchio alla testa inimmaginabile, all’interno della vasca ormai colma di acqua gelata. Solo come lo era stato in quegli eterni sette giorni, passati a fissare il vuoto con il corpo pesante, immobile, steso sul divano. A volte aveva provato a sentirsi più vicino a Jim assumendo qualche sua posa, come quella completamente disteso sul tavolo della cucina, ma era stato scomodo anche solo per pochi minuti. Il cellulare non riportava alcun messaggio in entrata, da giorni, eppure Sebastian continuava a sperare di sentirlo vibrare. Si alzò e svuotò la vasca, asciugandosi in fretta il corpo e vagando per le numerose stanze, intorno a lui un cimitero di bottiglie di birra, sigarette e qualche oggetto in frantumi, sul quale aveva sfogato la sua rabbia.
 
Mercoledì 4 marzo
 
(07.46) Dovresti vedere che disordine regna in casa. Forse ti piacerebbe. SM
 
(07.52) Vorrei rimettere in ordine, ma poi penso che magari vedere questo casino ti farebbe venire voglia di tornare. SM
 
(08.23) Ma non lo farai, vero? SM
 
Le giornate passavano banali, noiose. Ogni tanto controllava nella scrivania di Jim per cercare file su persone da uccidere, usciva di casa e faceva ciò che doveva essere fatto, con tutta la calma possibile. Nessuno lo aspettava, dopotutto. Cercava di accontentarsi di un omicidio ad intervalli di qualche giorno, per non finire subito tutti i file e sprofondare nella noia. Forse iniziava a comprendere come si sentisse Jim, nei giorni in cui non c’era lavoro.
 
Sabato 7 marzo
 
(14.25) Oggi hanno suonato alla porta, era un nostro vecchio cliente. Voleva che uccidessimo l’amante della sua compagna e gli fornissimo i codici del loro conto corrente cointestato. SM
 
(14.26) Sosteneva che la compagna volesse scappare all’estero con l’amante, probabilmente tu lo avresti intuito al solo guardarlo. Mi sono sentito davvero inutile, non potevo nemmeno zittirti per averlo messo a disagio. SM
 
(14.44) Comunque, ho accettato il caso anche per te, so che ti annoi quando non c’è lavoro. Che ne hai bisogno. SM
 
(15.02) Io ti ho dato quello che ti serve, ma tu? Perché non torni, Jim? SM
[Salvato nelle bozze]
 
Forse era meglio svagare un po’ la mente, continuare a pensare a Jim e alla sua assenza non sarebbe servito a farlo tornare. E poi, perché diavolo ci dava così tanto peso? Non aveva fatto tutte quelle storie, quando il suo migliore amico gli era morto tra le braccia al fronte, durante una notte afosa in cui parlavano della birra che avrebbero bevuto, una volta tornati a casa.
 
(17.36) Ho archiviato il caso, ci hanno pagato un sacco di soldi. E se andassi a comprare della vodka? SM
 
(18.03) Te l’ho lasciata fuori dalla porta della tua camera. Come la prima notte che ho dormito qui. Attento a non rovesciarla. SM
 
(20.48) L’ho bevuta io, sai che non mi piacciono gli sprechi. SM
 
Ovvio che non aveva sofferto per il suo migliore amico, non ce n’era stato il tempo. Erano stati attaccati, e doveva combattere per vendicarlo, per dimostrare di essere un colonnello capace di fare il suo mestiere almeno.
Per sentire la mancanza di Jim, invece, di tempo ce n’era eccome. E Sebastian soffriva anche per tutte le altre persone che aveva perso prima di lui, piangendo come un bambino mentre annebbiava il cervello con una vodka di bassa qualità.
 
(23.57) Torna, stupido cazzone. SM
 
(23.58) Mi manchi. SM
[Salvato nelle bozze]
[Inviato]

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Capitolo 22
*** #22: Via di fuga ***


#22: Via di fuga
 
Lunedì 9 marzo
 
Fissava il soffitto come ogni mattina, ogni sera, ogni notte, l’aria intrisa dell’odore di alcool e di tabacco. Erano passate quasi due settimane da quando Jim lo aveva lasciato solo – dire 'era morto' era un’espressione troppo forte, nonostante non fosse una situazione nuova per lui –, ma ancora non riusciva a capacitarsene. Era un uomo geniale, come aveva fatto a morire per una stupidaggine? Sebastian aveva pensato e pensato, per giorni aveva controllato quegli stupidi appunti, senza arrivare a nessuna conclusione. Jim gli aveva sempre detto che lo reputava stupido, forse non era così giusto opporsi a quella considerazione.
 
(15.26) Oggi ho visto Doctor Who. E’ stata una puntata carina, forse ti sarebbe piaciuta. SM
 
(15.48) No, forse no. C’era un dinosauro gigante. SM
 
(16.20) Un dinosauro, ci pensi? Probabilmente avresti passato tutto il tempo a dire quanto sarebbe stato improbabile che un dinosauro radesse al suolo la città. SM
 
(16.34) Ah, e hanno cambiato il Dottore. Adesso è vecchio. SM
 
Aveva questo stupido rituale, Sebastian, in cui raccontava una cosa al giorno al cellulare di Jim. Poco importava se i messaggi non sarebbero stati letti, o ricevuti, lui si sentiva bene nello scrivergli cosa gli succedeva durante le giornate. A volte si arrabbiava quando non riceveva risposta, ma ormai si era abituato, per così dire.
 
 
 
Mercoledì 11 marzo
 
Posò la tazza di caffè amaro sul tavolo, poi allungò un piattino con dei biscotti verso la donna seduta davanti a lui. Mary sorrise, coprendosi alla meglio con il proprio cardigan blu notte.
-Grazie.
Sebastian non rispose, si limitò a sedersi lentamente e a guardarla.
-Ho visto John, oggi.
Finse indifferenza, la consapevolezza che Jim non poteva occuparsi di questioni lavorative e che adesso tutto il peso della rete criminale gravava su di lui lo rendeva professionale al massimo. Come se fosse tornato ad essere il vecchio colonnello Moran, incubi compresi.
-Credo che definirlo ‘1457’ sia più opportuno, Mary.
-Jim deve mancarti proprio tanto.
L’uomo la guardò, la sfida ed il dolore negli occhi, un’indifferenza che scavava lenta ed inesorabile nel suo petto gonfio.
-Lasciami il rapporto e basta.
 
(18.40) Watson è stato al cimitero. SM
 
(18.53) Persino lui ha una cazzo di tomba. Stronzo. SM
 
(19.20) E a fanculo la tua rete. La sto guardando da un’ora, la parete dello studio. SM
 
(19.48) Si può sapere come diavolo fai a capirci qualcosa? Non ci sono che fili, e scritte, e numeri. Idiota. SM
 
(01.20) No, sono io l’idiota. Mi sono pure addormentato con la testa sul tavolo. SM
 
(01.25) Però ho dimostrato una cosa: il lavoro NON è una via di fuga. SM
 
(01.34) Non per me, almeno. Eri tu la mia via di fuga. SM
 
 
 
Sabato 18 marzo
 
Guardò il cellulare e diede vita ad un ruggito prepotente di rabbia, come poteva essere possibile? Perché? Afferrò saldamente il bordo del tavolo della cucina, con una spinta decisa lo gettò a terra e mascherò il proprio grido con il fracasso del legno che si infrangeva sul pavimento, poi si lasciò andare con il volto tra le mani. Accanto a lui, nel disordine della stanza, c’era solo il cellulare, il display ancora illuminato.
 
(15.13) Questa sera esco con Watson. AGRA
 
(15.18) Se ho tempo, passerò da te. AGRA
 
(15.37) Ma ne dubito. AGRA

 
•Nota dell'autrice~
Questo capitolo è arrivato - come sempre, posso dire - in ritardo a causa di impegni vari sia miei che della mia beta. Che dire, siamo già al ventiduesimo su venticinque e la fine della storia si avvicina.. Come sempre non anticipo nulla, mi limito solo a ringraziare chi ha letto, seguito, recensito e preferito: siete tanti, non mi aspettavo che una fanfiction di questa ship pressochè inesistente attiri in realtà così tante persone, e poco importa se la maggior parte sono lettori silenziosi. Prima o poi saprò cosa ne pensate, anche se il vostro gesto di seguire parla già da solo. Al prossimo capitolo,
Midori No Esupuri~

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Capitolo 23
*** #23: Verità ***


#23: Verità
 
Giovedì 23 marzo
 
(06.45)
 
~ ~ ~ Chiamata in corso a Jim ~ ~ ~
 
La informiamo che il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile.
La invitiamo, pertanto, a riprovare più tardi. Grazie.
 
~ ~ ~ Chiamata terminata ~ ~ ~
 
 
 
(09.12)
 
~ ~ ~ Chiamata in corso a Jim ~ ~ ~
 
La informiamo che il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile.
La invitiamo, pertanto, a riprovare più tardi. Grazie.
 
~ ~ ~ Chiamata terminata ~ ~ ~
 
(12.48)
 
~ ~ ~ Chiamata in corso a Jim ~ ~ ~
 
La informiamo che il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile.
La invitiamo, pertanto, a riprovare più tardi. Grazie.
 
~ ~ ~ Chiamata terminata ~ ~ ~
 
(14.53) MENTINE. DELLE FOTTUTE MENTINE DEL CAZZO. SM
 
(15.07) MI DEVI DELLE SPIEGAZIONI. SM
 
(15.20) E NO, NON SMETTO DI SCRIVERE IN MAIUSCOLO. SEI UNA MERDA. SM
 
(16.14) TI ODIO. SM
 
(16.14) No, non è vero. SM
[Messaggio cancellato]
 
(17.27) Perché c’erano delle mentine nel bagno, Jim? SM
 
(17.34) Ho creduto che fossero pillole, mi hai fatto credere che fossero pillole. SM
 
(18.55) Qual è la verità, Jim? Devo saperla. Ti prego. SM
 
 
 
 Lunedì 27 marzo


 
(03.26) Dimmi perché lo ha fatto. So che lo sai. SM
 
(03.40) No Seb, non lo so. AGRA
 
(03.57) Bugiarda. SM
 
(04.14) Faccio solo il mio lavoro. AGRA
 
 
 
 
(05.46) Watson sta cedendo. AGRA
 
(06.18) Vaffanculo. Tu e Watson. SM
 
 
Giovedì 30 marzo
 
 
(16.21) Scoprirò che cazzo hai combinato, Jim. SM
 
(16.37) Scoprirò la verità, stanne certo. SM
 
(17.02) La scoprirò, ti verrò a cercare e ti prenderò a pugni finchè non perderai i sensi. SM
 
(17.58) E poi ti costringerò a fare l’amore. SM
[Messaggio cancellato]
 
Domenica 3 aprile
 
(03.25) Digli una parola e ti faccio uccidere. JM
 
(03.28) Non sospetta nulla. AGRA
 
(04.05) Ottimo. JM

 
•Nota dell'autrice~
Sì, sono ancora viva e vegeta, così come questa storia e l'altra long che trovate nel mio profilo. Sono abbastanza sommersa dagli impegni dello stage e il tempo per scrivere scarseggia non poco, ma grazie al cielo tra pochi giorni finirò le ore obbligatorie e sarò un po' più libera. Mancano due capitoli alla fine di questa storia, mi sembra di averla iniziata da pochi giorni e invece mi rendo conto che mi ha preso tantissimo tempo, compresi i ritardi nell'aggiornare, e come ogni volta mi scuso il più sinceramente possibile. Spero che l'attesa valga la pena, almeno, e che i capitoli piacciano a chi li legge e segue la storia. Ci risentiremo presto per il capitolo 24, un abbraccio a tutti!
Midori No Esupuri~
 

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Capitolo 24
*** #24: Addio ***


#24: Addio
 
Giovedì 7 aprile
 
~ ~ ~ Log_Data_0704_14____03.42 ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Pausa – Termina ~ ~ ~
 
-Scusami se ti ho fatta venire qui alle tre di notte.- disse Sebastian, sedendosi sul divano. Aveva delle profonde occhiaie, il viso scavato dal dolore e dalla fame, erano settimane che non mangiava quasi nulla. Aveva persino perso peso, le vene ed i muscoli erano ora orribilmente visibili sotto la pelle scura.
-Non preoccuparti.- sorrise Mary, nonostante ci fosse ben poco di cui sorridere. Sebastian si era arrangiato per prepararle del caffè, sembrava molto simile al fantasma di se stesso. Una visione ben diversa dal giorno in cui era tornato dalla guerra, quando Jim lo aveva preso con sé come cecchino.
-Quindi, novità?
Stavano lì, seduti uno davanti all’altra, ignari.
-Ho avuto accesso ad alcune informazioni su Sherlock Holmes, e… Forzarlo a parlare è difficile, ma punto a risolvere la cosa nel giro di qualche mese.
-Settimana.- esordì Moran, la sua indole al comandare non era ancora fuggita dal suo corpo prestante ed era un bene, adesso che era solo. Si stava occupando, per come riusciva, della questione Holmes… E il motivo per cui lo faceva era ovvio, fin troppo.
-Settimana? Ma… Sebastian, John è mentalmente instabile al momento ed è stata una fatica…
-Qualche. Fottuta. Settimana.- la interruppe Sebastian, brusco. -Non intendo aspettare di più. Non mene frega un cazzo se John Watson è un essere umano, per me è un bersaglio adesso e lo sarà finchè non avrò un obiettivo diverso da quel pallone gonfiato di un detective. Questo è tutto.
Mary lo guardò e, oltre la telecamera, delle labbra sottili si curvarono appena in un sorriso compiaciuto.
-Qualcuno sta finalmente tirando fuori gli artigli, uhm?- ridacchiò, per poi tornare ad osservare l’uomo biondo che vagava per il salotto, rimasto solo, con una sigaretta accesa e i capelli scomposti. Posò la mano sul vetro lucido, accarezzandolo appena con la punta delle dita, con la stessa incertezza con cui ci si avvicina ad un oggetto troppo caldo. La ritirò subito, chiudendo il collegamento e osservando il proprio riflesso stanco.
 
~ ~ ~ Log_Data_0704_14____04.36 ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Terminato ~ ~ ~
 
-Ottimo lavoro, Sebby.- mormorò.
 
 
 
 
Lunedì 11 aprile
 
 
Fissò il proprio volto riflesso nello specchio del bagno, tra i segni di calcare lasciati dagli schizzi d’acqua del lavandino e incoraggiati da un’apatica negligenza. Si faceva la barba per passare il tempo, per non pensare, e come sempre finiva per lasciarsi addosso qualche piccolo taglio. Si fermava ad accarezzarli con la mano, lasciandoli bruciare, pensando a quanto Jim apprezzasse quei segni sulla sua pelle, quanti gliene avesse lasciati prima di ferire anche il suo interno. Si guardò intorno, la stanza vuota e spoglia senza i suoi Westwood appallottolati in giro, senza le sue cravatte alle maniglie delle porte o delle finestre, senza gli appunti affissi al muro davanti al letto. La bottiglia di vodka abbandonata sul comodino giaceva ancora lì, impolverata così come il bicchiere, spostarla era quasi un sacrilegio per Sebastian. L’orologio ticchettava poco distante dal suo orecchio, scandendo il ritmo della sua solitudine, e in un improvviso impeto di rabbia Sebastian tirò un pugno al comodino, facendo cadere qualunque cosa vi si trovasse sopra. Subito dopo si alzò, stufo di cambiare stanza circa ogni ora per riempirne il vuoto, stanco di sentirsi solo e di aspettare qualcosa che, sicuramente, non sarebbe mai arrivato.
Nessuno tornava dalla morte, e lo sapeva fin troppo bene. I suoi genitori, sua sorella, i commilitoni, i superiori, le vittime degli incidenti stradali, quelli dell’alcool e della droga. I malati, i suicidi. Nessuno scampava al buco nero della morte, al quale lui si era avvicinato così tanto dal sentirne il gelido abbraccio. Chissà se Jim si trovava a suo agio finalmente, lui che tanto detestava l’estate e il caldo.
Sorrise contro lo specchio del bagno, amaro. Il suo viso era incavato, a metà tra il furente e il rassegnato, ma era convinto di ciò che stava per fare. Guardò la pistola stretta tra le dita tremanti, lucida e quasi strafottente verso il suo cupo dolore, lasciando che il sorriso si allargasse appena un po’ di più.
-Alla tua maniera.- mormorò mantenendo gli occhi fissi sullo specchio, come se davanti a lui ci fosse proprio Jim.
La canna della pistola era dura e fredda sulla lingua, la mascella tesa faceva quasi male, ma Sebastian la ignorò e spinse il dito sul grilletto.
“Addio.”
Un boato, un fischio.
Il buio.

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Capitolo 25
*** #25: Tigre ***


#25: Tigre
 
Martedì 19 aprile
 
(00.11) M413 è morto. –x
 
Fissava il contenuto del messaggio da ore, diverse ore, come se le parole potessero cambiare il loro significato o la realtà dei fatti. Sapeva che non sarebbe mai accaduto, ma voleva crederci. Per la prima volta in vita sua, James Moriarty voleva smettere di affidarsi alla sua fredda logica e credere in qualche sorta di favola, in una favola in cui il suo cecchino non era veramente morto. Una storia in cui avrebbe potuto prendere il primo aereo e dirigersi a casa, entrare nella villa e trovarlo sdraiato malamente sul divano, con i piedi sul tavolo e la birra in mano.
 
“Te l’ho detto appena sei entrato in questa casa, non voglio i tuoi scarponi logori sul tavolino di vetro!”
 
E puntualmente non riceveva risposta, se non un grugnito di disapprovazione e quei pesanti scarponi non solo sul tavolo del salotto, ma anche su quello della cucina, o sul tappeto appena ritirato dalla lavanderia. Li odiava quegli scarponi, ma odiava anche voltare appena lo sguardo sull’angolo libero della sua scrivania e vedere il vuoto, quando nella villa si ritrovava sempre Sebastian da ogni parte.
 
“Hai di nuovo finito tutta la vodka, Jim? I bicchieri! Perché diavolo lasci sempre in giro i bicchieri?!”
 
Vagò con lo sguardo vacuo per la stanza, Sebastian si muoveva in giro raccogliendo la mezza dozzina di bicchieri e tazze da tè abbandonati in vari angoli dello studio, oggetti che passavano attraverso la sua pelle da fantasma. Poteva accontentarsi solo di vederlo così, l’unico uomo capace di amarlo e di farsi amare da lui: come un fantasma.
Strinse i pugni sui braccioli della poltrona, non aveva voluto vedere più nessuna telecamera nascosta nella villa, men che meno quella dell’elegante bagno, e aveva passato le ultime sei ore seduto, le mani strette a pugno, gli occhi vuoti. Il cuore che batteva appena, arido come una foglia in autunno, la mente che proiettava ovunque la sua immagine forte.
Il viaggio in aereo non aveva visto il suo volto mutare d’espressione nonostante l’iniziale turbolenza, l’atterraggio finale, e nemmeno l’autista che lo aveva fatto salire in auto aprendogli la portiera aveva ricevuto uno sguardo, seppur di indifferenza, da parte del criminale più potente al mondo. Jim si sentiva vuoto, come non era mai stato prima. Dalla vita gli erano state date e tolte molte cose: un’infanzia felice, un migliore amico a scuola, aveva però avuto buoni voti e lezioni di pianoforte ad impegnarlo. Aveva avuto anche molti libri che gli tenevano compagnia, non aveva provato la gioia di amare qualcuno ed essere ricambiato finchè Sebastian non era entrato nel suo campo visivo tra milioni di altre cartelle, informazioni, volti ed indirizzi. Lo aveva guardato per qualche minuto, in una foto da giovane ventiseienne da poco arruolato, e aveva capito che doveva essere suo. Che era quello giusto.
E ora, la vita gli aveva strappato anche quello.
Egoisticamente, avrebbe voluto non aver scelto proprio quell’uomo, in mezzo a tanti altri. Non avrebbe dovuto scegliere quegli occhi glaciali, quel volto squadrato, quelle cicatrici rosate. Quegli abiti militari, sdruciti, quel suo profumo forte e quella pelle ambrata dal sole. Quegli stivali logori, quelle braccia ruvide che lo stringevano di notte, durante un film, o mentre tentava di lavorare. E pensare che le aveva persino odiate, per i primi tempi… Non era abituato a tanta spontaneità, non aveva mai ricevuto altro che indifferenza e odio, mentre Sebastian non era capace di rimanere arrabbiato per più di un’ora con lui. Finiva sempre per perdonarlo, per ogni cosa.
Ma non per quello, evidentemente.
 
L’erba scricchiolava appena sotto le sue scarpe lucide, era una giornata grigia per essere in aprile, ma Londra non era mai stata troppo allegra come città. Jim si muoveva nel silenzio, le mani strette nelle tasche e degli apparentemente inutili occhiali da sole a coprirgli i diamanti neri incastonati tra la pelle pallida. Si fermò, abbassando lo sguardo, e fece scivolare via quella protezione da altri occhi indiscreti.
-Hey.- disse piano, guardando la tomba lucida. Aveva organizzato i funerali da lontano, in segreto, Mary era stata l’unica a presentarsi alla brevissima cerimonia… E questo aveva fatto capire a Jim che era meglio restare nascosto dietro lo spesso albero a fumare decine di sigarette tra la pioggia lieve, invece che mostrarsi. Il loro rapporto, pensò, doveva essere diventato più intenso di quanto avesse mai potuto prevedere. Sospirò.
-Immagino che dovrei dirti che non sono veramente morto.- sorrise appena, bieco. -E che sono tornato a Londra. Sai, se avessi aspettato qualche giorno… Era solo questione di…
Prese un profondo respiro, stringendo i pugni nelle tasche. Era sempre stato così bravo a parlare, con Sherlock come con i clienti, e adesso il suo cervello si rifiutava di collaborare a dovere. O non era quello l’organo che non rispondeva ai comandi?
Prese tempo.
-Sei sempre stato parecchio impaziente però, non è vero?
Guardò la tomba leggermente umida dalla pioggia, come se potesse effettivamente dargli una risposta.
-Dormi bene, Tigre.
Non rimase un solo minuto di più, cercando di elaborare cosa stava accadendo al suo corpo, a metà tra le costole e il collo, e prese a camminare nonostante il dolore. Doveva lavorare, più duramente di prima: riprendersi la sua rete criminale, distruggere Sherlock Holmes con qualsiasi mezzo, ancora più a fondo.
Sebastian Moran doveva essere vendicato.
• Nota dell'autrice~
E così si conclude questa mia prima long mormor. E' stato un finale straziante anche per me, ma era già stato deciso dall'inizio della storia e non poteva andare diversamente, visti gli sviluppi. Ho in programma un sacco di altre storie, sia one shot che long, e nonostante non mi andasse di scrivere questo capitolo e concludere così questa 'avventura' ho dovuto farlo, per potermi dedicare ad altro.
Grazie come sempre a chi ha seguito, recensito, preferito e quant'altro. La storia non sarebbe stata la stessa, senza di voi.
Alla prossima.
Midori No Esupuri~
 

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