Blackout

di Engel_Aranel
(/viewuser.php?uid=374603)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapert One ***
Capitolo 2: *** Chapter two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Chapter Four ***
Capitolo 5: *** Chapter Five ***
Capitolo 6: *** Chapter Six ***
Capitolo 7: *** Chapter Seven ***



Capitolo 1
*** Chapert One ***




Questa merda di nebbia non mi permette di vedere dove sto andando. Sto guidando lentamente mentre lo sfrigolio della radio mi tiene compagnia. Non si vede nulla. Sembra di essere immersi nel vuoto più totale. Non ho idea di dove mi trovo in questo momento, ma continuo a proseguire lungo la strada che man mano prosegue dentro la nebbia. Non ho idea di quanto tempo mi ci vorrà, ma tanto non ho fretta. Anche se ancora non capisco come merda ho fatto a ritrovarmi in questa situazione del cazzo.

Domani ho gli esami di maturità e non dovrei proprio essere nel bel mezzo del nulla alle tre di notte, ma alla fine chissene importa, sono la più brava della classe, non possono bocciarmi proprio all'esame!

La ragazza accanto a me si lascia sfuggire un lamento mentre si sistema sul sedile mantenendo gli occhi chiusi, credo sia stata vicina a collassare, ma per fortuna è viva.

«E' colpa tua se sono in questa merda!» esclamo anche se so che non mi sente e batto i palmi sul volante nervosa. Comincio a perdere la calma, non capisco dove mi trovo e ho bisogno di dormire.

Dopo circa un'altra mezz'ora, in lontananza, compaiono alcune luci sfocate mentre la nebbia inizia molto con calma a diradarsi. Ora posso vedere qualche metro di strada davanti a me. Sento un grugnito provenire dal sedile accanto a me e quando mi volto vedo Carolyn che finalmente si è svegliata.

«Dove...dove siamo?» Domanda strofinandosi gli occhi.

«Dove siamo? E che cazzo ne so io?» Le rispondo senza alzare troppo il tono mentre lei mi guarda confusa.

«Carolyn, non ne ho idea, siamo immersi nella nebbia da ore ormai...» Aggiungo poi.

«Ma cosa ci facevi tu lì?» Domanda poi.

«Non ci facevo un cazzo lì, mi hanno chiamato per venirti a recuperare! Di quanta roba ti sei fatta stasera?» Rispondo cominciando ad alzare i toni.

«Io... non lo so...» Ammette tornando a guardare la strada davanti a se e ravvivando alcune ciocche dei suoi capelli ramati.

«Ecco, appunto.» Chiudo il discorso non volendo più aggiungere nulla.

«Evelyn...» Mi chiama con voce bassa.

«Cosa c'è?».

«Mi dispiace e... grazie.» Quasi sussurra.

«Sono o non sono la tua migliore amica?» Le ricordo.

«Già, ma hai un sacco di pazienza con me...» Continua forse ancora sotto l'effetto dell'alcool o di qualche altra sostanza. «Io non ho mai fatto nulla per te, oltre che rovinarti le serate come stasera...».

«Tranquilla, Rob mi stava già troppo appiccicato per i miei gusti...» Commento.

 

Finalmente, dopo altri svariati minuti di totale silenzio, il cartello di Schwerin ci accoglie nella città.

«Era ora! Cominciavo a dare i numeri!» Esclamo esausta dirigendomi verso casa nostra.

«Quanto ci abbiamo messo?» domanda Carolyn.

«A tornare? Tre ore e qualcosa... Non ho guardato bene l'ora quando siamo partite...» Rispondo mentre lei mi osserva con gli occhi spalancati.

«Così tanto?!» Esclama. «I ragazzi ci hanno messo un'oretta e mezza...» Aggiunge poi.

«Caro, i ragazzi con cui sei andata l'avranno fatta ai 300 chilometri orari, io non ho potuto grazie a questa bellissima nebbia che è scesa e che si è decisa a farmi vedere qualcosa solo negli ultimi due chilometri.» Rispondo decisa.

«Oh...» Sospira quando ormai sono parcheggiata davanti a casa nostra.

«Forza, scendi! Vediamo di recuperare almeno un paio d'ore di sonno prima degli esami...» Lei spalanca gli occhi.

«Merda! Sono domani?! Non ho studiato un cazzo!» Esclama lasciandosi prendere dall'ansia.

«Ma se non hai aperto libro fino ad ora e ti è andata sempre alla stragrande!» Le faccio notare io mentre apro la porta dell'appartamento ed entriamo.

Carolyn è sempre stata una di quelle ragazze che non ha mai avuto bisogno di aprire un libro, ma a cui basta sentire la spiegazione di un professore per stamparsi le informazioni nella testa. Io, invece, sono costretta a passare un paio d'ore sui libri prima di farmi entrare qualcosa in zucca, ma almeno non mi pesa la cosa, mi piace imparare e avere buoni voti tanto quanto amo andare alle feste e agli eventi della zona. Qui ci conoscono tutti, non inizia una festa se non ci siamo io e Carolyn, anche se sinceramente non ne capisco il motivo.

«Buonanotte Caro!» Le dico entrando nella mia stanza mentre lei entra nella sua.

 

La sveglia suona e maledico mentalmente Carolyn per la nottata quasi in bianco. La spengo strofinandomi gli occhi e poi mi alzo andando in bagno. Faccio una doccia veloce e mi vesto. Guardandomi allo specchio noto due spaventose occhiaie sotto i miei occhi che forse è meglio coprire un po', così prendo la trousse e inizio a mascherare le ore mancate di sonno.

Sento un rumore dall'altra parte del muro, così corro a vedere. Caro è seduta a terra mentre si massaggia il ginocchio.

«Cosa diamine è successo?» Domando.

«Sono caduta dal letto, merda!» Scoppio in una rumorosa risata sotto il suo sguardo omicida.

«Forza muoviti, mezz'ora e dobbiamo andare!» L'avviso.

Scaduto il tempo siamo entrambe nella mia auto dirette verso la scuola. L'ultima volta che varcheremo quel portone, mi auguro.

«Cazzo, ho paura di non spiccicare parola...» Commenta Carolyn.

«Ecco, vedi di farlo allora perchè se cominci a parlare come una mitraglia che nessuno può fermare, ti ammazzo con le mie mani.» Affermo nervosa.

«Hey! Ma tu da che parte stai?».

«Dalla tua, ovvio, ma detesto quando dici così e poi esci con il massimo dei voti!» Rispondo chiara.

«Questa volta non credo...» Aggiunge, beccandosi una mia occhiataccia mentre chiamano il mio nome.

«Augurami buona fortuna!».

«In bocca al lupo Ev!» Urla mentre entro nell'aula che ospiterà gli esami orali quest'anno.

 

Mi tengono dentro tre lunghissimi quarti d'ora, ma alla fine la signora Meyer mi fa cenno di uscire accompagnato da un sorriso incoraggiante.

«Cazzo!» Esclamo appena uscita «L'hai fatto tu questo solco?» Domando ironica a Carolyn che sobbalza, tornando poi a fare avanti ed indietro per il corridoio. «Rilassati...» aggiungo abbracciandola velocemente prima che chiamino il suo nome. Entra nella stanza in piena ansia. Ha davvero paura, possibile? L'aspetto fuori sedendomi su una delle sedie poste in fila apposta per chi aspetta amici oppure il proprio turno. Arriva un ragazzo di corsa e con il fiatone, se non sbaglio è Josh.

«Chi c'è dentro?» Domanda senza neanche salutare.

«La Koch» Rispondo chiamando Carolyn per cognome.

In classe ci siamo sempre fatti i cavoli nostri, nessuno ha imparato i nomi degli altri, conosciamo i cognomi solo perchè i professori ci chiamavano così, nulla di più. Non siamo stati la classe più socievole della scuola, ma almeno eravamo quella che aveva meno problemi.

«Oh, meno male, sono arrivato in tempo!» Sospira sedendosi accanto a me, ma lasciando una sedia libera.

«Per un pelo direi...» Sussurro mentre mi avvicino a Carolyn che esce quasi con le lacrime agli occhi.

«Hey, che è successo?» Chiedo a Caro mentre si lascia abbracciare e sento la Meyer chiamare Josh.

«Non lo so, non sono andata un granché...» Commenta.

«Cosa vuoi dire?».

«Che ho paura di non essere passata...».

«Mi stai prendendo in giro? Se bocciano te devono bocciare tutta la classe!» Esclamo per farla ragionare, non credo che il suo esame sia andato così male e poi dovranno pur tener conto dell'impegno di questi anni...

«Dai, torniamo a casa, tanto fino alla prossima settimana non abbiamo i risultati...» Le dico cingendole le spalle con un braccio e dirigendomi verso l'uscita. «Ti va di pranzare da qualche parte?» Domando e lei annuisce.

Mi fermo al primo fast food ed entriamo a mangiare. Detesto cucinare e questi posti sono adatti a me. Ordiniamo e in pochi minuti abbiamo tutto ciò che abbiamo chiesto. Non parliamo da quando siamo usciti dalla scuola e questa cosa m'innervosisce.

«Allora, dobbiamo decidere per il viaggio di maturità...» Provo a cominciare io.

«Se lo passiamo entrambe...» Commenta lei.

«Se inizi così ti porto ai Caraibi per affogarti nel mare!» Esclamo seria e sa che non sto scherzando.

«Scusa...» Mi dice e io annuisco «comunque te l'ho detto, i miei zii ci ospiterebbero a Los Angeles...» Aggiunge.

«Già, ma i soldi?».

«Chiedili ai tuoi, in fondo avrai passato la maturità, te lo devono!» Dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

«Non lo so, non ne sono molto convinta e poi non mi piace chiedere soldi, lo sai...».

«Sì, ma vuoi mettere una vacanza in quel di Los Angeles?».

«Già... Ci penso su, ok?» Rispondo mentre lei annuisce sorridendo.

 

Continuo a passeggiare per il salottino della nostra casa sotto lo sguardo attento di Carolyn. Sono agitata, queste cose mi agitano ogni santissima volta e il tutto perchè so che finiremo con il litigare.

«Allora? Ti muovi? Chiami o no?» Domanda Caro spazientita.

«Un attimo, lo sai che è una cosa delicata!» Affermo io come se dovessi affrontare chissà cosa, eppure per me era molto di più di qualsiasi mostro. Parlare con i miei era un impresa che superava qualsiasi cosa. Mi sarei buttata con il paracadute, avrei fatto il bagno in una vasca con degli squali, ma chiamare i miei l'avrei evitato molto volentieri. Digito il numero velocemente e premo il tastino verde prima che cambi idea. Il telefono comincia subito a squillare. Uno. Due. Magari non sentono il telefono. Tre. Quatt...

«Pronto?»La voce stridula di mia madre entra nel mio orecchio, procurandomi brividi lungo la schiena.

«Ehm, Ciao mamma...» Rispondo sempre meno sicura di ciò che sto facendo.

«Evelyn! Ciao tesoro! Come sta?».

«Ehm, tutto a posto. Ho finito ieri gli esami...».

«Oh e come sono andati?».

«Presumo bene, ma i risultati li avremo la prossima settimana.».

«Bene».

«E' proprio della maturità che volevo parlarvi...».

«Dimmi...» Il suo tono è più duro.

«Io e Carolyn pensavamo di andare a Los Angeles per il viaggio di maturità...» Le dico tutto d'un fiato.

«E?» Domanda aspettando che io prosegua.

«E beh, non ho tutti quei soldi.» Aggiungo sospirando.

«Non vorrai chiederli a noi?».

«Come se non ne aveste, avanti mamma!».

«Non se ne parla, lo sai quanto ci costi mantenendoti un appartamento?» Domanda.

«Avanti! D'accordo, io mi trovo un lavoro per mantenermi, così non dovrete più pagare l'affitto per me, ma voi mi pagate il viaggio!» Esclamo cercando di arrivare ad un compromesso.

«Non lo so, sai che devo chiedere a tuo padre...» Dice non del tutto convinta.

«E fallo allora!» Quasi urlo.

«Non è qui, Ev. Ma lo farò non appena torna a casa, d'accordo?» Chiede tranquilla.

«Va bene, ma chiamami subito dopo.» Dico poi riattaccando senza salutarla.

«Non mi pare il modo migliore di chiedere qualcosa...» Commenta Carolyn.

«Non ti mettere in mezzo tu, ha detto che deve sentire mio padre, sono fottuta.»

Io e mio padre non ci parliamo da un paio anni e se lo facciamo è sempre tramite mamma. Se n'è sempre fregato di me, preso dai suoi affari è già tanto se considera la mamma. Non ho mai ricevuto complimenti per i miei risultati, anzi, l'anno in cui sono stata bocciata ho dovuto sorbirmi una di quelle paternali infinite, urlava a squarciagola neanche avessi commesso un omicidio! È stata l'unica volta che mi ha rivolto la parola in questi ultimi due anni e facendolo ha azzerato la mia voglia di averci a che fare.

Sono stata bocciata in quarta per via di un giro di amici non proprio tranquilli e diligenti, avevo perso interesse nello studio passando i pomeriggi e le serate a fare festa. In quell'anno ho conosciuto Carolyn, siccome cambiando classe ho dovuto cambiare tutti i compagni, non che m'importasse più di tanto. Ci siamo subito attirate a vicenda, come quando due anime sono fatte per stare insieme non come amore, ma come amicizia. Siamo una l'opposto dell'altra, ci completiamo. Nel momento in cui ho bisogno di essere fermata c'è lei e nel momento in cui Carolyn ha bisogno d'incoraggiamento ci sono io.

«Quando lo saprai?» chiede Carolyn distogliendomi dai miei ricordi.

«Non ne ho idea, spero presto...».

«Io credo che accetteranno, è un'esperienza unica!» Esclama entusiasta «Fanculo! Te li anticipo io!» Conclude poi.

«Cosa? NO! Non mi anticiperai i soldi! Se poi mio padre non me li da? Come te li restituisco? Non ci pensare neanche!» Caro annuisce, ma sorride e questo non mi fa star tranquilla «Chiaro?» Domando per farle entrare bene il concetto mentre continua ad annuire.

«C'è una festa da Barney stasera...» Aggiunge cambiando argomento.

«Tu non eri quella preoccupata per gli esami?» Domando stupita del cambiamento nel giro di qualche ora.

«Sì, ma ormai sono andati, inutile star qui a deprimersi per il risultato, tanto vale uscire a far festa, no?» Dice allegra facendomi l'occhiolino. Effettivamente condivido il suo pensiero e sorrido di rimando.

«Allora cominciamo a decidere che mettere!» Ricambio l'occhiolino.

Corriamo velocemente verso le nostre camere, anche se so che tra pochi minuti Carolyn sarà nella mia con mezzo guardaroba dietro. È così che finisce ogni volta, ci dividiamo per scegliere gli abiti e ci ritroviamo nella mia stanza con vestiti e accessori sparsi ovunque mentre controlliamo le nostre crisi isteriche nel momento in cui non troviamo nulla che ci aggrada.

«Ev! Che ne dici?» Ecco, come non detto, Carolyn che entra con addosso un tubino scuro, ma che non mi convince, mentre in una mano a quattro o cinque grucce con altrettanti vestiti.

«Nah, è orribile! Perchè l'hai comprato?!» Chiedo facendo una smorfia di disgusto.

«A me piace! Ma forse hai ragione, non va bene per una serata come stasera...» Commenta rubandomi la visuale nel mio specchio per guardarcisi.

«Io pensavo ad una cosa del genere...» Affermo sollevando l'appendino che sorregge un vestito blu con una gonna larga leggera non troppo corta, ma comunque sopra il ginocchio.

«E' molto carino!» Esclama osservandolo nei dettagli, ammirando alcune pietre argentate che lo rendono più luminoso. Sorrido mentre do un'occhiata ai suoi.

«Metti quello nero!» Le dico indicando il secondo. «E indossa queste!» Le prendo un paio di scarpe con il tacco dalla mia scarpiera. Sono rosse con una catenella d'oro al posto del cinturino.

«Sei seria?!» Domanda incredula. Era da qualche mese che mi chiedeva in prestito quei tacchi e io non glieli ho mai lasciati. Detesto dare la mia roba agli altri, anche se si tratta della mia migliore amica, inoltre quello era il mio paio di scarpe preferito, quindi era ancora più difficile cederle a qualcuno anche solo per una sera, ma un eccezione non mi farà male.

«Sì, sono seria, tieni!» Le confermo porgendole le scarpe.

«Però cosa ci abbino?» Chiede poi con un'aria i supplica.

«Non ci pensare neanche! Le scarpe sono già abbastanza!» Esclamo capendo la sua intenzione di farsi imprestare qualche collana o pochette.

«Va bene, va bene!» Annuisce stringendo a sé le scarpe come se avesse paura che potessi cambiare idea.

«Thè, doccia e poi ci prepariamo... che ne dici?» Propongo vendendo Carolyn annuire e così facciamo. Andiamo insieme nella cucina e mentre io preparo uno scodellino con l'acqua, Caro recupera due tazze, lo zucchero e i biscotti.

Ci sediamo al tavolo tranquille mentre facciamo due chiacchiere sorseggiando il thè caldo. Poi alternandoci andiamo a farci una doccia, a vestirci e a prepararci. Ormai sono le otto e ci incamminiamo verso l'auto. Per arrivare alla casa della festa ci va una mezz'oretta, ma per abitudine è d'obbligo passare al pub lungo la strada. Facciamo sempre un veloce aperitivo prima di dirigerci alla festa di turno.

«Hey, Mark!» Saluto il ragazzone dietro al bancone del locale.

«Hey, ragazze! Festaccia stasera?» Domanda conoscendo già la risposta.

«Speriamo! Quelle di Barney non sono le migliori...» Commenta Carolyn.

«Ma se ci sarete voi sarà sicuramente stupenda!» Esclama ammiccando «Il solito?» Chiede poi cominciando a preparare due bicchieri e alcune ciotole con degli stuzzichini.

«Tu sì che ci conosci!» Aggiunge Carolyn mentre Mark prepara il suo spritz ed il mio mojito.

«Ecco a voi, ragazze!» Dice poi posando i bicchieri sul bancone davanti a noi.

Facciamo tintinnare i bicchieri urlando insieme un “Prost!” e cominciamo a bere. Ci facciamo preparar un secondo giro, poi paghiamo e salutiamo Mark, lui non è solo il nostro “barista di fiducia”, ma anche uno dei nostri migliori amici, se non un qualcosa di più. Usciamo dal pub e ci dirigiamo verso la casa di Barney.

 




RIECCOMI TRA DI VOI!
Ho aspettato dei secoli per un banner, alla fine la ragazza non so che fine abbia fatto e io non ho sbatti per farmelo ahahaha
Se qualcuna ha qualche idea e vuole offrirsi è ben accetta, cercatemi su twitter (@Engel_Aranel) così ne parliamo!
Per il resto eccovi una nuova storia con la speranza che possa piacervi e che riesca a portarla avanti in modo costante! Nel prossimo capitolo vi lascerò le foto di Carolyn e Evelyn!
Baci,
Aranel ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter two ***




«Io lo sapevo che questa festa sarebbe stata una merda!» Commento mentre ci aggiriamo per la casa.

«Dai, non essere così pessimista!» Ribatte Carolyn

«Non è pessimismo, è la realtà! Lo sappiamo tutti come sono le feste di Barney e qui vedo che molti sono stati così intelligenti da non venire neanche!» Urlo per sovrastare la musica.

«Direi che tocca a noi allora!» Mi fa l'occhiolino e io sorrido di rimando. È vero, prima ho mentito, lo so benissimo perchè una festa non può iniziare senza di noi!

Ci dividiamo, io mi avvicino ad un ragazzo biondo, mentre lei ad un altro non molto distante.

«Allora? Non si offre da bere ad una bella ragazza?» Domando ammiccando, il ragazzo imbambolato annuisce recuperando velocemente un bicchiere di non so quale liquore. Lo avvicino alle labbra guardandolo, poi blocco il bicchiere a mezz'aria.

«Non vorrai farmi bere da sola!» Esclamo fingendomi offesa mentre il ragazzo provvede subito a procurarsi un bicchiere. Beviamo insieme qualche bicchiere, poi svanisco lasciando il posto a Carolyn e rubando il suo. Continuiamo così per un po', fin quando non ci accorgiamo che i ragazzi iniziano ad essere brilli. Cominciano ad urlare e a ridere, mentre io e Caro ci avviciniamo per poi buttarci in mezzo al salotto che è stato sistemato per funzionare da pista da ballo. In pochi minuti la gente inizia a bere e a ballare. Gente che urla, ride e scherza ovunque, mentre pian piano la casa si riempie.

Non so che ore siano, ma dev'essere parecchio tardi, infatti dopo qualche minuto intravedo Mark entrare dalla porta.

«Hey!».

«Ragazzacce! Siete ancora qua!» Esclama.

«Avevi dubbi?» Domando saltandogli praticamente in braccio.

«Finalmente qualcuno con cui far festa come si deve!» Interviene Carolyn.

«Beh, la sala è piena...» Commenta Mark.

«Sono un branco di sfigati Mark! Lo sai come sono le feste qui! Si sarà animata perchè si saranno passati voce che c'eravamo io e Caro!» Rispondo sicura.

«Tesoro, dovresti scendere dal piedistallo ogni tanto!» scherza Mark mentre io lo spintono fingendomi offesa.

«Sai, c'è una bella visuale da qua sopra, non voglio scendere!» ribatto. Scoppiamo tutti a ridere per poi ricominciare a far festa.

 

La testa che scoppia non mi lascia dormire oltre. Apro gli occhi e capisco che a contribuire al mio mal di testa c'è anche il telefono che squilla. Cos'ho fatto di male? Mi muovo leggermente cercando di non sentire quella suoneria irritante, ma è impossibile.

«Puoi rispondere per favore?!» Una voce roca e assonnata affianco a me interrompe il trillare del telefono per qualche istante. «Cristo, è insopportabile!» aggiunge poi. Mark alza il cuscino ficcandoci poi la testa sotto per cercare di attutire il suono. Recupero il telefono e per ripicca glielo infilo sotto vicino al suo orecchio. Si alza di scatto fulminandomi con lo sguardo mentre io scoppio in una risata rumorosa.

«Rispondi!» Esclama ancora una volta, ma il telefono smette di suonare. «Sei una stronza!» continua poi cercando di trattenere un sorriso.

«Perchè? Avevi dei dubbi?» Rido seguita subito dopo da lui. Si ributta sul letto, mi abbraccia cominciando poi a baciarmi.

«Staccati idiota, direi che per oggi ne hai avuto abbastanza!» Affermo con un sorriso osservando il suo viso cambiare espressione.

«Stronza» Ripete in un sussurro mentre si corica di fianco a me con lo sguardo al soffitto. «Sai, questa stanza è sempre più incasinata ogni volta che ci metto piede...» Aggiunge cercando di muoversi senza pestare nulla.

«Fottiti.» Rispondo alzandogli il dito medio sorridendo.

Lui sorride di rimando e se ne va in bagno. Mi lascio cadere all'indietro tornando a fissare il soffitto bianco. Cosa farei senza Mark?

«Idiota, sei caduto nel cesso?» Urlo cercando di farmi sentire da Mark, nessuna risposta. Rido all'idea che ci sia sprofondato veramente e mi alzo curiosa. Apro la porta del bagno e sento il rumore della doccia.

«Non è che vorresti compagnia?» Ammicco aprendo la tendina.

«Se qualche bella ragazza volesse entrare con me non direi certo di no, peccato che non ne vedo nei paraggi...» Scherza. Lo spingo contro il muro facendomi spazio ed entro ancora con l'intimo addosso.

«Quando tornerà Jason?» Domando.

«Davvero? Sei qui nella doccia con me per parlare di Jason?» Ribatte incredulo.

«Beh, mi spiace solamente per Carolyn...» Affermo «Non è giusto che io mi diverta e lei no...».

«Posso sempre aiutarla io a divertirsi...» Risponde malizioso beccandosi alcuni colpi sul petto.

«Tu non ti muovi da qui... dopotutto non avrai più le forze dopo...» Sorrido. «Ora rispondi?» Chiedo mentre ormai sono attaccata al suo corpo. La bocca vicino al suo orecchio, entrambi sotto il getto dell'acqua tiepida.

«Tra un paio di giorni...» Risponde cingendomi un fianco con una mano. «Ora possiamo pensare ad altro?» Chiede quasi in una supplica. Annuisco e in pochi istanti sono io quella appoggiata al muro, intrappolata dal suo corpo. Le sue mani corrono veloci dalle spalle fino alla linea degli slip che scendono dopo pochi secondi lungo le mie gambe. Mi muovo per toglierli mentre sento le mani di Mark sul mio sedere. Fa forza e mi tira su, costringendomi istintivamente a portare le gambe intorno alla sua vita.

 

«Ma cazzo, avete finito voi due?!» Le urla di Carolyn fuori dal bagno fan ridere entrambi.

«D'accordo, d'accordo! Ora usciamo!» Urlo guardando la reazione di Mark.

«Forza idiota, dobbiamo uscire da qui!» Gli dico sorridendo ed uscendo velocemente e avvolgendomi nel mio accappatoio.

«Era ora!» Esclama sbuffando Caro quando mi vede uscire; le sorrido mentre vado a recuperare degli abiti da mettermi.

«Perdonaci Carolyn...» Si scusa Mark mentre esce con un accappatoio in vita e un altro tra le mani.

«Vatti ad infilare qualcosa prima che qualcuno ti salti addosso...» Brontolo osservando Carolyn e poi il ragazzo.

«Non sono una morta di fame!» Esclama la rossa.

«La sicurezza non è mai troppa!» Le faccio l'occhiolino e me ne torno in bagno a vestirmi.

«Ev?» Carolyn dall'altra parte della porta bussa.

«Cosa c'è?» Domando seccata dal fatto che non possa stare cinque minuti in bagno in santa pace.

«Hai quattro chiamate perse sul cellulare!» Afferma.

«E quindi?».

«Sono di tua madre...» Dice entrando e mostrandomi un sorriso speranzoso.

«Ma la finisci di farti i cavoli miei?» Chiedo scocciata recuperando il telefono per controllare, ma mentre lo tengo in mano riprende a suonare insistente.

«Pronto?» Rispondo senza guardare chi fosse.

«Evelyn! Che fine hai fatto? Mi stavo preoccupando!» Esclama mia madre dall'altra parte della cornetta. «Cosa stavi facendo? Perchè non hai risposto?».

«Non ho sentito il cell...» Mia madre m'interrompe.

«Stavo iniziando a preoccuparmi! Chissà che combinavi!» Continua ininterrottamente mettendo a dura prova i miei nervi che saltano in pochi minuti.

«SCOPAVO! Stavo scopando con un ragazzo, mamma!» Esclamo fuori di me nel tentativo di farla smettere e ci riesco, tra di noi cade il silenzio mentre osservo il viso di Carolyn passare da spaventato a sorpreso, per poi scoppiare in una risata che cercava di trattenere.

«Mamma?» Chiamo cercando di capire se è ancora al telefono.

«Ehm, sì... ci sono...» Balbetta, poi si schiarisce la voce e torna a parlare seriamente. «Senti, ti ho chiamata perchè volevo avvisarti che ho convinto papà... ma tu dovrai mantenere la promessa!» M'informa.

«Certo, sono di parola! Grazie mà! Ti odio un po' di meno!» Esclamo prima di salutarla e attaccare.

«Tu sei tutta fuori di testa!» Afferma Carolyn che ancora sta ridendo.

«Perchè? È una cosa normale!» Replico sorridendo. «Comunque trasferiranno i soldi sul mio conto domattina, si parte!!!» Urlo dalla gioia seguita da lei.

«Che succede qui?» Mark entra in bagno attirato dalle nostre urla.

«Niente, partiamo solo per Los Angeles!» Esclama contenta Carolyn.

«Cosa?» Domanda il ragazzo sorpreso.

«Viaggio di maturità!» Affermo.

«E quanto?».

«Lo so che ti mancherò, ma non farti scoprire così, sii uomo!» Esclamo scherzando.

«Ma piantala!» Mi spinge delicatamente ridendo.

 

Il pomeriggio lo passiamo coricati sul divano a cazzeggiare tra tv e PC. Io e Carolyn cominciamo a dare un'occhiata ai voli e agli hotel mentre Mark parla con Jason al telefono.

«Quando partite?» Chiede Mark con ancora il telefono all'orecchio.

«Non lo sappiamo, magari aspettiamo i quadri a scuola e partiamo subito dopo...» Dice Carolyn, il ragazzo annuisce e torna a parlare al telefono. Facciamo velocemente due calcoli per valutare il giorno migliore per partire e infine lo decidiamo.

«Sabato!» Esclamiamo all'unisono sotto lo sguardo confuso di Mark.






Eccovi il nuovo capitolo!
Non vi abituate, non posterò sempre così spesso, sappiatelo! Quando potrò ben volentieri, ma non so come riuscirò a svilupparla in questi giorni!
Coooomunque cosa ve ne pare? Abbiamo Evelyn, Carolyn, Mark e Jason! Come vi sembrano questi personaggi? Cosa accadrà?
Vedremo nel prossimo capitolo! Vi lascio per ora con la nostra Evelyn:




Baci ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter Three ***




«Passato! Sono un genio!» Esclamo dopo aver fatto scorrere il dito sul foglio per cercare il mio nome sull'elenco. Carolyn fa la mia stessa cosa e dopo pochi secondi esulta anche lei.

«Passato! Grande!» Ci battiamo il cinque e ci abbracciamo. Usciamo dall'istituto nel quale non metteremo più piede e torniamo a casa.

«Dobbiamo preparare i bagagli! Los Angeles ci aspetta!» Urla Carolyn.

«Los Angeles arriviamo!» continuo io parcheggiando nel nostro vialetto.

La porta dell'appartamento è aperta. Carolyn è spaventata mentre avanziamo lentamente all'interno. In pochi istanti compare il profilo di un ragazzo dalla porta della cucina. Non faccio in tempo a metterlo a fuoco che Carolyn gli è già saltata addosso. Jason traballa cercando di reggersi in piedi, ma fallisce e cadono entrambi sul pavimento della cucina. Caro non sembra intenzionata a lasciarlo, mentre io e Mark ridiamo della scena.

«Come siete entrati?» Domando a Mark.

«Sai, le chiavi sotto lo zerbino sono un po' scontate...» Commenta lui ridendo.

«Ehm, ragazzi... avete una stanza, per favore!» Esclamo poi tornando a guardare Carolyn e Jason sul pavimento. I due si staccano e scoppiano a ridere mentre si alzano.

«Abbiamo un'altra sorpresa...» La voce di Mark cattura l'attenzione mia e di Caro.

Torniamo nella sala mentre Jason porge una busta a Mark, quest'ultimo la apre e lentamente ne tira fuori due pezzi di carta.

«Veniamo con voi!» Esclamano insieme mentre Mark gira i fogli e capiamo che sono due biglietti aerei per Los Angeles. Urliamo insieme e contemporaneamente saltiamo addosso ai ragazzi. Non ce l'aspettavamo ed effettivamente come avremmo fatto tutto questo tempo senza di loro? Beh, a Los Angeles presumo esistano altri ragazzi ora che ci penso.

«Come avete fatto?» Chiede Carolyn.

«Abbiamo i nostri segreti!» Risponde Mark.

 

L'aeroporto è quasi deserto, ci sono solo i dipendenti della compagnia e pochi altri passeggeri. In pochi minuti siamo sull'aereo, Carolyn dal finestrino e io accanto, con Jason e Mark nei posti dietro ai nostri. Il volo è lungo e noioso, i ragazzi si sono addormentato dopo dieci minuti dalla partenza, mentre Carolyn osserva ogni dettaglio fuori dal finestrino. Decido di recuperare l'iPod e di mettermi le cuffiette e provare a dormire un po'. La musica parte mentre chiudo gli occhi e e in pochi istanti il mondo scompare. L'atterraggio non è dei migliori, brusco e tutt'altro che delicato. Quando ci alziamo per scendere le gambe decidono di non rispondere ai comandi per qualche tempo. Sono stata troppo seduta, ma non è solo un mio problema dato che vedo Mark ridere come un coglione mentre indica Jason che non riesce a tenersi in piedi grazie al formicolio che deve avergli preso le gambe.

La prima cosa che facciamo è raggiungere l'hotel per posare i bagagli e magari darci una rinfrescata. Siamo tutti eccitati e curiosi di visitare la città, ma siamo anche molto stanchi, così ci buttiamo tutti su un letto matrimoniale. Cerchiamo di tenerci svegli, ma il jet lag ha la meglio su di noi. Cala il buio su di noi, ma noi continuiamo a vivere nel mondo dei sogni insieme a Morfeo. Vedo un'ombra, pare essere un uomo, ma non ne sono certa. Qualcosa brilla, ma non riesco a distinguere niente. Vedo l'ombra muoversi, sembra avvicinarsi, ma ad un tratto tutto sparisce e una luce accecante mi riporta alla realtà.

«Cristo, Caro!» Mi lamento ancor prima di riacquistare la vista. La rossa ridacchia divertita, prima di riceversi un cuscino in piena faccia.

«Stronza!» esclama osservandomi furiosa stringendo il cuscino tra le mani. Questa volta è il mio turno di ridere.

«Dove sono gli altri due?» chiedo poi accorgendomi della mancanza delle due figure maschili.

«Uno è in balcone a fumare, l'altro a farsi una doccia...» Mi spiega sedendosi sul letto.

«Quello sotto la doccia chi è?» Chiedo maliziosa.

«Secondo te, se io sono qui...» Risponde lei capendo i miei intenti. Non le lascio il tempo di aggiungere altro che mi precipito nel bagno della camera in cui ci troviamo.

L'acqua scorre rumorosa nella doccia e io mi avvicino cauta e silenziosa. Mi spoglio velocemente e mi infilo dentro sotto lo sguardo stupito, ma contento di Mark. Gli appoggio una mano sulla scapola, avvicinandomi a lui sorridendo. Le sue mani finiscono quasi subito sui miei fianchi mentre le labbra iniziano ad assaporarsi a vicenda.

 

«Sono li dentro da secoli!» Sento urlare Carolyn.

«Almeno loro si stanno divertendo!» Sento Jason risponderle.

Sorrido sulle labbra di Mark mentre ci lasciamo un ultimo bacio.

«Carolyn è pesante alle volte...» commenta Mark mentre ci stacchiamo.

«Beh, se Jason non sa intrattenerla non è colpa sua...» replico io, indossando l'intimo e sistemandomi i capelli in un asciugamano.

«Sì, forse non hai tutti i torti...» conclude lui.

«Non lo so, ma da quando Jason è tornato, mi sembrano strani... una volta scopavano più di noi!» affermo voltandomi a guardare Mark, mentre lui si asciuga il corpo per poi indossare i boxer.

«Già, ma non riesco a capire da cosa dipenda...» commenta lui mentre si allaccia i jeans scuri. Il mio sguardo sale sul petto, ammirando appieno il suo addome leggermente scolpito.

«Non è che Jason la vuole mollare?» chiedo preoccupata.

«Non stanno mica insieme! Scopano soltanto, lo sai, proprio come noi...» chiarisce Mark avvicinandosi a me. Mi abbraccia da dietro e mi lascia un bacio sul collo.

«Quindi non te ne fregherebbe niente se mi portassi a letto qualcun altro?» domando fissandolo dallo specchio.

«Esattamente!» sorride.

Un rumore sordo e strozzato fa sparire il sorriso dalla faccia di Mark. Scivolo dentro al vestito nero ed esco dal bagno.

«Oh! Finalmente!» Esclama Caro. «Possiamo uscire ora?» Domanda.

«Noi si, ma i ragazzi forse non ne hanno voglia, Mark sembra non stare molto bene...» commento ironica.

«Cosa intendi?» Chiede Jason.

«Vai, corri dal tuo amichetto, io e Carolyn usciamo!» Affermo prendendo la rossa per un braccio e dirigendomi verso la porta.

«Ma che hai combinato?» Domanda Caro curiosa mentre percorriamo il corridoio.

«Io? Niente!» Affermo sorridendo mentre entriamo nell'ascensore.

«Ev!» Mi rimprovera.

«Ok, Ok. Gli ho tirato una gomitata in pancia mentre era dietro di me...».

«COSA?» Quasi urla.

«Shh!» La zittisco.

«Perchè?» Chiede non appena riprende un tono di voce normale. Le porte dell'ascensore si aprono ed usciamo nella hall.

«In pratica ha detto che loro se ne fregano di noi, mi ha fatto incazzare e così ho risposto a tono...» Le spiego tranquilla. Usciamo dall'hotel e ci ritroviamo per strada. La città non è caotica, anzi nonostante le molte persone è abbastanza tranquilla, o comunque più tranquilla di quello che m'immaginavo.

«Non ti capisco...» Commenta la ragazza.

«Cosa c'è da capire?» Chiedo.

«Non lo so, io non credo lo avrei fatto...».

«Tu non sei me e poi non hai sentito ciò che ha detto...» E forse non ci tieni come ci tengo io, aggiungo nella mia mente.

«Sarà...» sussurra.

«E tu con Jason, tutto ok?» Chiedo sperando che non sia come mi ha detto Mark.

«Non lo so... credo di sì, perchè?».

«No, niente... è che vi vedo... lontani, ecco...» dico mentre passeggiamo per la città.

Giriamo in un paio di negozi, compriamo alcuni abiti nuovi e continuiamo a camminare per la città. Abbiamo un paio di borse ciascuna e siamo molto contente dei nostri acquisti. Parliamo e scherziamo, non pensando più a ciò che è successo prima di uscire. Prese dalla conversazione non ci rendiamo conto di dove mettiamo i piedi e in pochi secondi ci ritroviamo a terra. Ho sbattuto contro qualcosa e cadendo mi sono trascinata dietro Carolyn. Mi accorgo che quel qualcosa, in realtà, è un qualcuno. La luce del sole alle sue spalle non mi permette di vederlo e lo rende un'ombra scura, ma posso intravedere alcuni luccichii sul viso. Subito mi passa per la mente il sogno, ma non ho tempo ad elaborare il tutto che la figura scompare. Sento Caro chiamarmi parecchie volte, ma ci vuole un attimo prima che ritorni alla realtà.

«Ev! Che cazzo ti prende!».

«No, niente. Scusa...» dico fissando il vuoto.

«Evelyn!» Mi richiama ancora una volta.

«Merda!» Esclamo non appena elaboro il tutto.

«Che succede?».

«L'hai visto? Tu l'hai visto?» Chiedo agitandomi. Io non ho avuto il tempo di vederlo, non so che lineamenti abbia, ma sento che devo incontrarlo nuovamente, ma come faccio se non ho visto niente?

«S-sì, perchè? Calmati!» Dice balbettando leggermente.

«Sapresti riconoscerlo?» Aggiungo impaziente.

«C-credo di sì» La tengo per le spalle e credo che questo la metta in soggezione, ma non m'importa.

«Se lo vedi, devi avvisarmi, devo assolutamente rivederlo!» Esclamo e mi rendo conto di poter sembrare una pazza.

«Mi spieghi che succede?» domanda perplessa.

«No, mi prenderesti per pazza, ma promettimelo!» le dico.

«Come se ora ti stessi comportando da persona normale!» Mi fa notare «Comunque te lo prometto solo se poi mi spiegherai che succede!».

«D'accordo!».

Il mio telefono strilla dalla borsa, lo cerco per qualche minuto e quando vedo lo schermo decido di non rispondere. Poco dopo è quello di Carolyn a suonare, ma già so chi è.

«Jason!» urla la rossa «Sì, siamo dalla Sunset Boulevard» Cristo no!

 

Nel giro si una decina di minuti due figure troppo conosciute s'intravedono in lontananza. Io e Caro siamo ferme su un muretto mentre aspettiamo che ci raggiungano. Ci salutano e ci chiedono che vogliamo fare, ma non abbiamo alcuna idea.

«Se andassimo a bere qualche bicchiere?» propone Jason mentre gli altri annuiscono entusiasti.

«Io... veramente tornerei a casa, non mi sento molto bene...» poggio una mano sulla pancia.

«Non puoi darci buca Ev!» Esclama Carolyn.

«Davvero, non sto bene. Mi riposo un po' e vi prometto che domani sarò di nuovo la solita rompicazzo di sempre!» Sorrido per convincerli.

Quando si decidono a lasciarmi, ritorno all'hotel. Mi butto sul letto a peso morto e lascio scivolare un braccio sugli occhi. Voglio isolarmi da tutti e da tutto, non voglio pensare a niente. All'improvviso stringo il cuscino e dopo pochi secondi lo lancio con forza in mezzo alla stanza. Mi metto a fissare il soffitto e perdendomi nella mia mente, senza cognizione di tempo e di spazio.

 

«Mi dispiace...» Una voce all'improvviso interrompe i miei pensieri, la riconosco, ma non ho la forza di voltarmi.

«Mi dispiace veramente tanto per ciò che ti ho detto oggi, ho sbagliato a scegliere le parole...» Aggiunge, mi giro verso Mark, sta fissando il soffitto, ma sa che lo sto guardando ne sono certa. «Quello che volevo dire è che ti voglio bene, veramente tanto, ma non... in quel modo...» Aggiunge ancora.

Non parlo, non voglio rovinare il momento. Mi avvicino a lui mettendomi su un fianco, cingo il suo addome con un braccio e poggio la testa sul suo petto. Non ho intenzione di dire niente, ma tanto, dopo pochi secondi, tutto diventa buio.

 

«Cazzo Jas! Fai piano!»Delle urla entrano dentro la mia testa.

«Shh, piccola...» Una voce maschile.

I miei occhi non vogliono aprirsi. Sento un tonfo, due, tre... poi silenzio. Apro gli occhi e mi guardo intorno. C'è silenzio e Mark mi stringe con fare protettivo a sé. Mugugna qualcosa quando cerco di liberarmi, ma si rigira dall'altra parte. Mi alzo e me ne vado a fare una doccia.

«Cazzo Ev! Dovevi esserci ieri sera!» Carolyn entra nel bagno.

«Siete ubriachi persi, mi sembra vi siate divertiti!» Esclamo.

«Sì, certo! Ma non è per questo!» Dice.

«E quindi?» Domando poi curiosa.

«E quindi c'era il tuo ragazzo misterioso!» Urla. Io mi blocco e apro la tendina della doccia.

«Sei seria?! Non è che hai bevuto troppo?».

«Te l'assicuro! Sono certa!».

«Cazzo!» Mi avvolgo in un asciugamano ed esco. «Hai scoperto qualcosa?».

«Solo che ha un amico figo!» esclama.










Eccoci con il terzo capitolo!
Vi lascio con la foto di Carolyn!

Spero vi piaccia!
Baci ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chapter Four ***




Ricordo perfettamente le parole di Mark, ma credo che lui non se le ricorderà. Jason dorme come un ghiro, Carolyn si sta facendo la doccia e Mark è coricato sul divano che guarda la tv. Siamo a Los Angeles, cavolo! È questo tutto quello che sanno fare per divertirsi?

Sussurro un “fottetevi” ed esco dalla stanza e poi dall'hotel. Me ne vado dritta in spiaggia, non m'interessa se ho il costume o no. Riesco a trovare un angolo di spiaggia isolato e un po' nascosto. Mi siedo sulla sabbia e fisso lo sguardo verso l'orizzonte. Il rumore delle onde rilassa il mio corpo e la mia mente. Mi tornano in testa le parole di Mark e il cuore salta un battito, poi compare la figura di quel ragazzo misterioso e il cuore ne salta due. Chi sarà? Per quale motivo ne sono così attratta? Perchè questa sensazione non mi molla? Eppure sento che se riuscissi a conoscerlo tutto andrebbe meglio... perchè? Chiudo gli occhi e mi lascio cadere indietro, coricandomi sulla spiaggia.

«Fanculo!» Esclamo alzandomi velocemente. Tolgo la maglietta lasciandola a terra e faccio scivolare anche gli shorts lungo le mie gambe. Rimango in intimo e nel giro di pochi minuti sono in acqua. Nuoto per qualche minuto sott'acqua rimanendo in apnea, poi riemergo per prendere fiato. Mi sistemo i capelli bagnati e torno a immergermi.

Non ho idea di quanto tempo sia passato, ma non appena inizio a sentire freddo decido di uscire dall'acqua. Mi riparo dall'aria appoggiandomi ad un grosso masso che divideva quella zona dal resto e aspettai di asciugarmi un po'.

Recupero la borsa, ci frugo dentro e ne estraggo il cellulare. Ho un paio di chiamate perse da ognuno dei ragazzi, ma non m'interessa. Lo lascio cadere nella borsa e comincio a rivestirmi per poi cominciare a dirigermi verso l'hotel.

 

«Dove sei stata?!» Carolyn mi accoglie in camera quasi gridando. «Mi stavo preoccupando!» aggiunge venendomi incontro.

«Sono solo andata a farmi una nuotata, smettila di rompere!».

«Come siamo aggressive!» interviene Jason ridendo mentre Mark non si è ancora scollato dal divano e ci lancia solamente un'occhiataccia veloce prima di tornare alla sua tv.

«Stasera che vogliamo fare?» domanda Jason cercando di catturare l'attenzione di tutti.

«Io me ne andrò al locale dove siete stati ieri, voi fate cosa volete...» Affermo.

«Te l'ha mai detto nessuno che sei un'asociale di merda?» domanda il ragazzo.

«Sì, tu... una cosa come almeno centoventitré volte in questo ultimo mese...» gli faccio notare mentre lui scoppia a ridere.

Noto con la coda dell'occhio che Caro si è andata a sedere vicino a Mark e che quest'ultimo si è alzato all'istante dirigendosi in cucina. C'è un'aria strana nella stanza, ma non capisco il perchè. Vado in bagno per lavarmi e asciugarmi i capelli, mi vesto velocemente, indossando i miei tacchi preferiti ed un vestito rosso fuoco. Lego i capelli sulla nuca con una pinza, lasciandoli leggermente ricci e poi passo al trucco. Non m'interessa cosa abbiano deciso di fare gli altri, io passerò anche tutte le sere in quel locale finchè non riuscirò ad incontrare quella figura che mi perseguita. Quando torno nel salottino noto che Jason e Mark sono pronti per uscire, mentre Caro no. Non ci capisco niente. Che cazzo sta succedendo?

«Caro, non vieni?» domando.

«No, è meglio di no... andate voi.» è fredda e non ci guarda neppure. Che ha?

Non m'interessa, mi ha risposto malamente, quindi non ha intenzione di dirmi cosa c'è che non va, quindi fanculo! Questa è la mia serata.

 

Salutiamo Carolyn ed usciamo dall'hotel dirigendoci al locale della sera scorsa. L'interno è scuro, poche luci illuminano alcuni angoli, permettendo di vederci un minimo. L'unica cosa ben illuminata è il bar, forse fin troppo. Tra il vetro delle bottiglie e i bicchieri, la luce bianca pare accecante. Mi siedo su uno sgabello e ordino della vodka, ho intenzione di ubriacarmi. Jason mi guarda per qualche istante, poi sorride e si unisce a me ordinandone anche lui un bicchiere, Mark invece rimane in silenzio, poi d'un tratto grida al barista di voler una bottiglia intera. Io e Jas lo guardiamo stupiti, sopratutto perchè non è da Mark. Il ragazzo recupera la bottiglia e si allontana. Lo seguiamo entrambi con lo sguardo e possiamo vederlo mentre si scola, un sorso dopo l'altro, l'intera bottiglia.

«Ma che gli prende?» Domando a Jason.

«Non ne ho idea...» Risponde il ragazzo senza distogliere lo sguardo dall'amico.

«Finirà in ospedale di questo passo...» Gli faccio notare. «Devi fare qualcosa!» aggiungo.

«E che cosa?».

«Cristo, Jason! Alza il culo e fai qualcosa, non posso andargli contro io!» Non mi sarei fatta problemi, ma so che è molto più forte di me e che quindi non potrei risolvere molto. «Sei una testa di cazzo!» Esclamo mandando giù il terzo bicchierino. Mi alzo dalla sedia e vado verso Mark.

«Mark, smettila!» Gli urlo cercando di prendergli la bottiglia, ma lui si scansa. «Finirai in ospedale, finiscila di fare l'idiota!» Ma ormai so di averlo perso. Provo una seconda volta a strappargli la bottiglia di mano, ma stavolta mi ritrovo a terra con una guancia dolorante.

«Cazzo, Mark!» Urlo. «Vaffanculo allora! Muori, fa ciò che vuoi!» continuo mentre mi sistemo il vestito.

«Hai bisogno di aiuto?» Un ragazzo si avvicina a me cercando di darmi una mano ad alzarmi.

«Sparisci tu, sono in grado di alzarmi da sola...» Rispondo acida e seccata dalla reazione di Mark. Il ragazzo mi guarda e solleva le mani con aria di scusa, ma non gli do importanza.

«Dovresti stargli lontana, non mi sembra in sé...» dice il ragazzo.

«Abbiamo un genio tra noi!» Affermo ironica. «Fatti i cazzi tuoi!» Aggiungo portando il mio sguardo su di lui. Ha i capelli scuri e gli occhi anche. Un sorriso malizioso e degli occhi furbi. Un fisico niente male, un bel ragazzo insomma, ma capitato nel momento sbagliato.

«Volevo solo aiutare, ma forse le stronze come te non sanno cosa vuol dire!» Esclama arrabbiato. Si allontana da noi dirigendosi in un angolo della sala. Lo seguo per qualche istante, poi torno a fissare Mark. Sta facendo il filo ad una ragazza bionda e si vede lontano chilometri che non è sobrio. “Fanculo!” penso e ritorno al bancone del bar. Jason è sparito, ma per me può anche perdersi quell'idiota senza palle. Ordino un altro bicchiere, prendo un respiro profondo e decido di cercare il ragazzo di prima. Sposto lo sguardo in giro per il locale e quando lo trovo il mio cuore perde un battito. Non è solo, è circondato da altri ragazzi e ragazze. Certo, come potevo pensare che fosse solo? Qua dentro l'unica cogliona sono io, penso. Il problema è che uno dei ragazzi ho l'impressione di conoscerlo e quei luccichii sono così familiari. In un attimo un'idea s'intrufola nella mia mente: è lui, ne sono certa.

Capisco che i luccichii sono dei piercing non appena si volta e punta i suoi occhi nei miei. Non so se mi riconosce, ma so per certo che il mio cuore ha riconosciuto lui. Sorrido, ma non sposto lo sguardo. Lui mi fissa per qualche istante, poi torna a guardare i suoi amici prendendo la parola e tornando subito dopo su di me. Noto lo sguardo del ragazzo di prima e vedo che si stanno parlando.

Merda.

Sposto lo sguardo sul bicchiere vuoto sul bancone e faccio cenno al barista di riempirlo ancora una volta. Sono un po' brilla, ma la mia testa sta lavorando ancora troppo. Bevo lentamente il bicchiere appena riempito e mi guardo intorno. Chissà dove si sono cacciati Mark e Jason. Muovo gli occhi di qua e di là, ma niente. Una figura si siede nello sgabello accanto al mio, ma non ci faccio caso, continuando a guardare in giro per il locale.

«Posso offrirti da bere?» domanda la persona accanto a me. Continuo a farmi i fatti miei finchè una mano non si appoggia sulla mia coscia. «Parlo con te...» sussurra avvicinandosi al mio orecchio. Un brivido attraversa la mia schiena e mi volto nella sua direzione guardando prima la sua mano su di me. Dita lunghe e affusolate, ben curate. Alcuni braccialetti circondano il polso. Quando sposto lo sguardo sul suo viso, smetto di respirare. È lui. Continuo a fissarlo e solo quando richiede se può offrirmi qualcosa io annuisco e riprendo a respirare. Chiama il barista, ordina qualcosa e poi torna con gli occhi su di me.

«Io sono Bill...» Dice porgendomi la mano.

«Evelyn...Ev...» Rispondo allungando la mia.

«Lo immaginavo, mio fratello si sbagliava..» Commenta mentre prende il bicchiere che il barista appoggia sul bancone davanti a lui.

«Co-cosa?» Domando confusa.

«Mio fratello, mi ha detto di non avvicinarmi perchè sei ehm... aggressiva... eppure a me non sembra proprio... lo conosco, è capace di far incazzare un santo!» Mi spiega. Prendo un sorso dal bicchiere ed un gusto forte invade la mia gola. «Non so perchè, ma io sentivo di doverti conoscere...» Riprende poi.

«Beh, eccoci qui...» Dico per non sembrare un'idiota.

«Già..» Conferma lui bevendo un altro sorso. «Non mi sembra di averti mai vista da queste parti, sei nuova?» Domanda incuriosito.

«Viaggio di maturità, sono tedesca...» Rispondo sorridendo e continuando a bere.

«Forte! Sai, anch'io sono tedesco in realtà!» Esclama entusiasta.

Parliamo per una buona mezz'ora, fin quando Jason non ricompare prendendomi per un braccio e trascinandomi fuori mentre si scusa con Bill e continua ad urlare cose senza senso.

«Mark! Ambulanza! Coma!» Esclama in modo confuso. Gli tiro uno schiaffo in viso per farlo riprendere e aspetto che formuli una frase di senso compiuto.

«Cristo santo, Mark! Non puoi portarmi fuori così! Sei un idiota!» Sbraito, arrabbiata che mi abbia portato via dal locale.

«Ev, Mark è stato portato in ospedale! Coma etilico presumo...» Dice tutto d'un fiato.

«Cos-... cosa cazzo...» Rimango un attimo stupita. «Cazzo Jas! Che ci facciamo qui fermi?» Domando poi.

«Ehm...» Non sa cosa dire.

«Posso esservi d'aiuto?» Bill compare accanto a noi. «Ho la macchina qui vicino...» Aggiunge poi.

«Veramente?» Domando e lui annuisce. Ci dirigiamo tutti verso la sua macchina e in pochi minuti siamo all'ospedale.

Nella hall mi precipito al banco informazioni chiedendo di Mark e ci mandano al terzo piano, dicendoci poi di aspettare. Bill ci ha seguito e ora è seduto dall'altra parte, di fronte a noi.

«Grazie...» Sussurro rivolta al biondo, sperando che riesca a sentirlo. Lui sorride dolcemente. Jason si alza e si allontana mentre l'altro ragazzo ne approfitta per sedersi accanto a me.

«Andrà tutto bene, vedrai» Sorride.

«Non lo so...» Ammetto. Lui mi abbraccia e rimaniamo li in attesa.

 

Dopo parecchio tempo, un medico si avvicina a noi, ci assicura che Mark è fuori pericolo, ma che per ora non è possibile vederlo perchè ha bisogno di riposare.

«Torniamo a casa» Dice Jason. «Veniamo domani a vedere come sta...» sorride dolcemente.

«Non voglio lasciarlo...».

«Non puoi fare nulla, andiamo a casa e torniamo domani» Ripete Jas.

«Ha ragione il tuo amico Ev, è meglio se riposi un po'.».

Alla fine riescono a convincermi e ritorniamo all'hotel. Ringraziamo Bill per il passaggio e lo salutiamo prima di salire. Sono scalza, i tacchi gli ho tolti ormai da parecchio tempo e non appena entriamo nella stanza li lancio in giro. Mi butto sul mio letto richiudendo la porta alle mie spalle e scoppio in lacrime.

Il mio migliore amico sta rischiando la vita e io? Io non ho fatto nulla per impedirlo, anzi, sono ancora riuscita ad urlargli contro. Stupida.

Qualcosa scivola dalla borsetta che ho lanciato sul letto prima di seguirla io stessa. È un foglietto. Lo recupero e sopra c'è scritto qualcosa:

 

Per qualunque cosa io ci sono.

Bill

 

E sotto c'era un numero di telefono. Il suo numero di telefono.

Rigirai il bigliettino tra le dita per un po', poi presi il cellulare e digitai un messaggio veloce prima di addormentarmi.

 

Grazie.

Ev





 

Capitolo nuovo!
Non ho nulla da dire, quindi vi lascio!
Buona lettura e grazie a tutte quelle che la seguono e recensiscono!
Baci ♥
Aranel ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Chapter Five ***




Prima di lasciarmi sola, Jason mi ha baciato la fronte, dicendomi di star tranquilla, ma gli incubi non li posso controllare. Mi sveglio di soprassalto respirando in modo affannoso, mi guardo intorno cercando di stabilizzare il respiro e dopo qualche minuto ci riesco. I pensieri tornano rapidi alla mia mente. Guardo l'ora, è mattino presto. Scendo dal letto e vado in bagno, mi faccio una doccia veloce, mi vesto e in un attimo sono nel bar all'angolo a fare colazione. Gli orari di visita iniziano tra mezz'ora, quindi è inutile correre. Guardo la strada dalla vetrata, è tutto così tranquillo. Dentro di me c'è una bufera, mentre qui fuori splende il sole e la gente passeggia tranquilla, non è giusto.

Mi alzo, pago ed esco dal locale.

«Hey!» Una voce cattura la mia attenzione.

«Bill!» Sorrido. Mi viene incontro e mi abbraccia.

«Come stai? Novità?» Domanda riferendosi a Mark.

«Una merda, sto andando ora a trovarlo...».

«Vuoi che ti accompagno?».

«Non mi conosci neanche e sprecheresti così il tuo tempo?» Chiedo incredula.

«Sei Evelyn e hai bisogno di aiuto... so tutto quello che mi serve per ora e non è uno spreco di tempo...» Afferma serio, quasi duramente.

«Grazie...» Riesco solo a dire. Mi sorride e mi indica di seguirlo. Mi fa strada verso la sua macchina e mi fa salire. Non è giusto, ma non ho la forza di replicare.

In pochi minuti siamo all'ospedale, mi soffermo qualche minuto per osservare l'edificio, poi entro. Doveva essere una vacanza tutta feste e divertimento, non di sicuro con qualcuno in ospedale.

Raggiungo la reception e chiedo se è possibile far visita a Mark e se ci sono delle novità. L'infermiera scuote il capo e mi indica la strada verso la sua stanza. Bill rimane dietro di me finchè non arrivo alla porta della camera.

«Andrà tutto bene, stai tranquilla. Io ti aspetto qui.» Mi sorride.

«Puoi entrare con me... se vuoi...».

«Io non centro nulla li dentro, ora vai...» Si allontana di qualche passo per sedersi su una delle sedie appoggiate al muro.

Prendo un respiro profondo ed entro. Mi richiudo la porta alle spalle e mi avvicino al letto dove giace il corpo di Mark. Mi siedo su una sedia li vicino e lo fisso per qualche momento. Non so cosa dire e anche se lo sapessi, il groppo alla gola m'impedirebbe di far uscire qualsiasi suono. Stringo la sua mano e dopo qualche secondo sento come se me la stringesse. La sua mano si muove a scatti mentre io lo fisso con gli occhi sbarrati.

«Io non...» Comincia a parlare, ma non credo sia cosciente. «Io non... volevo» Ammette poi come se si stesse liberando di un grosso peso. «I-io n-non avrei dovuto farlo...» Continua. «I-io voglio bene ad Ev...» Il mio cuore perde un battito, ma cosa sta dicendo? «Io n-non sarei dovuto andare con Carolyn...» C-cosa? «Io mi... mi odio... Ev non me lo perdonerà mai...» Sta delirando, non può essere vero. «M-mi dispiace...» Aggiunge infine mentre una macchina vicino al letto inizia a suonare in modo fastidioso. In pochi istanti una decina tra medici ed infermieri invade la stanza. Rimango immobile per qualche secondo, poi, non appena mi riprendo, corro. Corro fuori, corro lontano, scappo da tutto quello ignorando anche Bill che mi urla di fermarmi. Ha un tono preoccupato, ma non me ne frega niente. È tutto crollato in un abisso nero senza fine, il mio cuore batte ad un ritmo troppo alto e le mie gambe percorrono velocemente i metri conducendomi non so dove. Alla fine il fiato inizia a mancare e mi costringo a fermarmi. Cerco di tornare a respirare tranquillamente, mentre mi guardo attorno per capire dove sono arrivata. Non ne ho idea. Ma chissene frega. Mi avvicino alla prima panchina e mi siedo poggiando sulle ginocchia i gomiti e la testa tra le mani.

«Hey...» Una voce mi fa sobbalzare. Alzo lo sguardo e lo vedo lì, in piedi con occhi dolci leggermente chinato verso di me.

«B-Bill, cosa ci fai qui?» Chiedo ricordandomi di averlo abbandonato all'ospedale.

«Non sei andata molto lontano» Afferma indicando l'ospedale in lontananza. «Qualcosa non va? Che è successo?» Domanda sedendosi accanto a me.

«N-niente...».

«Beh, questo niente ti ha fatto correre veloce...» Dice con una vena di sarcasmo nella voce. Non rispondo e torno a fissare il nulla davanti a me.

«Vieni, ti riaccompagno a casa...» La sua voce dolce vibra in me, ma alla parola “casa” mi blocco.

«NO!» Quasi urlo.

«O-ok...» Borbotta spaventato. «Ti va di venire da me?» Chiede poi fissandomi. Lo guardo per qualche istante ed infine annuisco.

 

Non ci mettiamo molto per raggiungere il palazzo dove vive Bill. Sono agitata e quasi mi sono dimenticata di Mark, quasi.

Parcheggia l'auto nel garage, poi scendiamo e ci dirigiamo verso la porta d'ingresso che Bill apre velocemente. Mi fa strada fino ad un salottino e mi fa cenno di sedermi.

«Torno subito!» Mi sorride e sparisce nel corridoio.

Mi guardo un po' intorno, il salotto è ben arredato anche se in modo essenziale. Davanti a me c'è un tavolino basso con sopra un vaso con pochi fiori finti e un posacenere. Mi ricordo di avere le sigarette in borsa, così recupero il pacchetto e ne tiro fuori una. L'accendo e aspiro la prima lunga boccata che rilassa ogni singolo nervo. Penso velocemente a ciò che è successo e arrivo alla conclusione che non me ne deve fregare un cazzo! Non stiamo insieme è libero di farsi chi vuole, come lo sono io.

Bill ritorna nella stanza con un vassoio che scopro essere pieno di biscotti.

«Tra poco arriva Emily con il tè» sorride. «Ti aiuterà a distendere i nervi...» Aggiunge.

«Grazie, ma ho questa!» Dico facendogli notare la sigaretta tra le mie dita. Lui la fissa e annuisce.

Dopo qualche istante una ragazza sulla trentina entra nella stanza portando un altro vassoio e posandolo sul tavolino.

«Il vostro tè» Annuncia sorridendo e sparendo poco dopo.

«Chi cazzo è?» Domando riferendomi alla ragazza.

«Emily, la domestica...» Spiega lui tranquillo. Ha la domestica? Mi porge la mia tazza di tè, poi prende la sua e inizia a sorseggiare il liquido.

«Mi sembra che tu stia meglio...» Afferma dopo qualche istante.

«Già, basta non pensare...» Rispondo in un sospiro.

«Senti, io devo scappare un paio d'ore, ma puoi fermarti tutto il tempo che vuoi. Ci dovrebbe essere mio fratello di là, ma per qualunque cosa chiedi ad Emily... è molto più affidabile!» Mi fa l'occhiolino e sparisce senza lasciarmi il tempo di rispondere. Ma dove cazzo va?

Mi guardo intorno un po' sperduta. E ora cosa faccio? Accendo la tv e aspetto non so cosa. Dovrei uscire ed andarmene, ma non ho idea di dove siamo e inoltre non voglio tornare all'hotel. Il telefono vibra in modo assillante, guardo sullo schermo e compare il nome di Carolyn. Fanculo. Lo spengo e lo lancio dall'altra parte del divano.

«Cristo Bill! Puoi fare anche meno casino!» Esclama qualcuno irritato. «Oh, ma chi abbiamo qui?» Afferma un ragazzo che compare sulla porta.

«Non di nuovo tu!» Esclamo ricordandomi chi fosse il fratello di Bill. Merda.

«Che ci fai qui?» Domanda poi.

«Mi ci ha portata Bill, è dovuto uscire, ha detto che torna in un paio d'ore» Gli spiego.

«Sì, la routine. Beh, vedi di non combinare casini...» Dice allontanandosi.

«Non sono una bambina...» brontolo sentendolo ridere mentre se ne va.

 

 

Sono state le due ore più lunghe di tutta la mia vita. Mi sono annoiata a morte e la tentazione di andare via è forte. Mi guardo per l'ennesima volta intorno, infine sbuffo e mi alzo dal divano dirigendomi decisa verso l'uscita. Sbatto contro qualcosa o qualcuno e per poco non finisco con il culo per terra.

«Scappavi?» Domanda Bill sull'uscio d'ingresso.

«No, è che... mi annoiavo...».

«Ti va una cena fuori?».

«Veramente non mi và molto...».

«Ok, una cena qui allora...» Sorride.

«Bill, io dovrei ritornare... i miei amici si preoccuperanno...».

«Oggi non t'interessava poi tanto dei tuoi amici... solo un altro paio d'ore... che saranno mai...» si avvicina e il mio respiro diventa affannoso. Non è paura, io non ho paura. È più che altro... attrazione? Merda, NO!

Mi allontano e cerco di riprendere a respirare.

«Quindi?» Chiede continuando ad avvicinarsi.

«D'accordo...» Perchè? Perchè non riesco ad impormi?

Lui sorride soddisfatto, in un istante si avvicina al mio viso e appoggia le sue labbra sulle mie. Si stacca subito, no, troppo poco! Le mie labbra vogliono di più e si lasciano sfuggire un gemito di disapprovazione. Cazzo.

«Vado a farmi una doccia e a darmi una sistemata, torno tra poco!» Sorride e sale al piano di sopra.

Ma che cazzo gli è preso?

 

Nel giro di mezz'ora è tutto pronto. La tavola è apparecchiata perfettamente, merito di Emily. Tom è stato letteralmente sbattuto fuori casa dal fratello e ora siamo qui. Solo io, lui e il rumore delle posate. Imbarazzante.

«Ti va di raccontarmi cos'è successo oggi?» Domanda all'improvviso rompendo il silenzio. Nego con il capo rimanendo in silenzio e infilando la forchetta in bocca.

«Ok... Ma non posso aiutarti così...» Afferma recuperando il bicchiere pieno di vino.

«Non mi va.» Dico decisa.

«Ok, ok...» Finisce il cibo nel suo piatto, posa la forchetta e mi fissa. Riprende nuovamente il bicchiere e ne beve un paio di sorsi. Non credo di resistere.

«Senti, io dovrei andare... veramente...» Dico alzandomi dalla sedia e recuperando la mia roba.

«Va bene» Dice sorridendo amaro. Dov'è finito il Bill di un'ora fa?

In pochi minuti siamo in strada e poco dopo siamo davanti al mio hotel. In quel momento mi vengono in mente tutti i pensieri che per tutto il pomeriggio avevano lasciato la mia testa. L'ansia comincia a salire, ma cazzo, sono Evelyn Green! Fanculo a tutto!

Esco dall'auto salutando Bill e ringraziandolo per tutto. Poi mi precipito nell'hotel con la paura che questa determinazione possa sparire da un momento all'altro.

Entro nella stanza altrettanto decisa e mi dirigo verso il bagno ignorando sia Jason che Carolyn. Apro l'acqua e m'infilo sotto la doccia. Il getto è ghiacciato, ma poco importa.

Appena esco dalla doccia mi chiudo in camera. Poggio la schiena contro il legno della porta, sentendo ancora la voce di Carolyn che mi chiama con aria arrabbiata, chiudo gli occhi, prendo un respiro profondo e mi allontano con un sorriso forzato mentre mi vesto e mi butto sul letto accendendo il pc.





Ok, è tipo ORRIBILE ç_ç Uffi, non ho parole per scusarmi dell'attesa e dell'orrore di questo capitolo ç_ç
Quindi mi ritiro che è meglio!
Scusateee ♥
Oh, e finalmente abbiamo un banner!!! Ringrazio la creatrice che su twitter trovate come @njaalls ♥ Grazie mille ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Chapter Six ***




Non credo di riuscire ad affrontare tutto ciò. Devo uscire dalla mia stanza e affrontare Carolyn, ma non ne ho la forza e neanche la voglia. Mi tiro su e mi siedo sul letto, poggiando la testa al muro, cercando di trovare una soluzione. Recupero il telefono sul comodino e lo accendo. Subito vibra ripetutamente, facendo comparire le numerose chiamate perse di Carolyn e qualcuna di Jason, ma solo una mi colpisce: Bill. Una semplice chiamata che spicca in mezzo a tutte. Lo richiamo.

«Pronto?» il suo tono è tranquillo.

«Sono io, Ev...» sussurro.

«Lo so, come stai?» domanda con fare premuroso.

«Mh..» il verso mi esce spontaneo.

«Cosa c'è?».

«No, niente!» mi affretto a rispondere.

«Non prendermi in giro...».

«Ho paura...» mi esce ad un tratto.

«Dieci minuti sono li. Scendi e andiamo a farci un giro» afferma serio.

«Veramente io...» ha attaccato.

Appoggio nuovamente la testa al muro lasciando che sbatta leggermente. E ora? Sarà meglio che mi cambio. In pochi minuti sono pronta e quando il mio telefono vibra prendo un profondo respiro.

 

Da Bill: Sono qui sotto, ti aspetto.

 

Chiudo gli occhi e respiro un paio di volte. Recupero una borsa buttandoci dentro poche cose, apro la porta e mi fiondo verso l'uscita cercando di evitare tutti per l'ennesima volta.

Salgo in macchina velocemente e Bill mi osserva curioso.

«Io ti porto via di qui, ma tu devi dirmi tutto...» afferma accendendo l'auto.

«Io veram-».

«Deciditi. O stai qui o vieni con me a queste condizioni» annuisco solamente e lui parte. Non ho idea di quale sia la meta e poco importa.

«Quindi?» rompe il silenzio lui, io mi schiarisco la voce per poi iniziare a raccontare tutto. Sputo fuori tutto d'un fiato, non sicura che lui mi stia seguendo, ma non m'interessa, ho bisogno di sfogarmi.

«Non è stato così difficile, vero? Non sei più tranquilla ora?» domanda lui non appena finisco, mentre finalmente parcheggia. Lo fisso per qualche istante pensandoci su, poi sorrido abbassando lo sguardo.

«Già» dico solamente. Lo sento sorridere, poi scende dall'auto.

Scendo velocemente anch'io e lo seguo velocemente all'interno di un bar. Un locale molto bello e dall'aspetto costoso.

«Prendi quello che vuoi...» dice sedendosi ad un tavolo e porgendomi un menù.

«Non credo di potermi permettere qualcosa qui, sembra tutto carissimo» affermo rifiutando il menù.

«Ti ho detto di prendere ciò che vuoi, offro io...» ribadisce insistendo. Prendo l'elenco e comincio a sfogliarlo, infine opto per una semplice brioches ripiena ed un cappuccino. La cameriera mora porta tutto in un batter d'occhio e poco dopo stiamo sorseggiando le nostre bevande.

«Cosa vuoi fare dopo?» Domanda Bill.

«So cosa non voglio, ovvero entrare di nuovo in quell'hotel...».

«Dovrai affrontarli prima o poi...».

«Sì, ma non ora...».

«E del ragazzo in ospedale?».

«Lui è l'ultima persona che voglio vedere ora, nonostante le sue condizioni...» Bill annuisce e torna a bere il suo caffè lungo.

«Puoi stare da me e Tom, se vuoi... ma a tuo rischio e pericolo...» dice tranquillo, anche se a me spaventa un po'. “a tuo rischio e pericolo”? Cosa vuol dire?

«Ehm... grazie...» mormoro finendo poi il mio cappuccino.

«Non ringraziarmi, non è detto che ti piaccia...» Non riesco a capire perchè risponda così. Invece di tranquillizzarmi mi mette ansia, ma in ogni caso è meglio questo che tornare all'hotel.

«Ti porto a casa, ho un appuntamento tra poco e non posso tardare...» Afferma guardando l'ora sul suo iPhone. Si alza e lascia sul tavolo qualche dollaro.

«Dove devi andare?» domando curiosa mentre lo seguo.

«Non sono affari che ti riguardano e più ne stai fuori e meglio è per te» apre l'auto e sale, io lo imito e nel giro di qualche secondo siamo per strada. Durante il tragitto il silenzio regna, poi ad un tratto Bill sbuffa.

«Merda, sono in ritardo! E' un problema se ti porto con me? Con questo traffico non arriverò mai se ti porto ancora a casa!».

«No, non è un problema».

«Promettimi che non uscirai dall'auto una volta arrivati» dice serio.

«Se non ci metti tan-».

«Promettilo e basta, in ogni caso».

«Va bene, d'accordo!» Esclamo alzando le mani in segno di resa.

Ci vuole mezz'ora di viaggio prima che il ragazzo si decida a fermarsi. Non ho idea di dove siamo. Ma l'atmosfera è cupa e pare tutto deserto.

«Io arrivo il prima possibile, tu non ti muovere» scandisce ogni parola per essere sicuro che io abbia inteso. Annuisco e lui scende dall'auto recuperando le chiavi e chiudendomi dentro. Si allontana a passo deciso e sparisce dietro l'angolo. Appoggio la testa e sospiro, sperando che non ci metta troppo.

Dieci minuti sono passati e io comincio ad annoiarmi. Il telefono è spento per evitare le chiamate degli altri, frugo in giro per l'auto alla ricerca di qualcosa d'interessante, ma niente. Accendo la radio, cambiando svariate volte la stazione prima di trovarne una decente. Mi appoggio al sedile e chiudo gli occhi per un po', assimilando la musica che esce dalle casse.

Venticinque minuti e ancora niente. L'attesa mi snerva. Detesto aspettare, inoltre non so per che motivo. Riprendo a frugare nell'auto e alla fine esce un accendino. Bingo! Accanto ci sono delle sigarette e ne prendo una, pensando che Bill non se ne accorgerà nemmeno. Apro l'auto dall'interno e scendo dal sedile. Richiudo la portiera e mi appoggio al cofano della macchina. Porto la sigaretta alle mie labbra, poi avvicino l'accendino. La carta del piccolo tubicino prende fuoco velocemente ed aspiro avida la prima boccata di fumo. Il rosso scorre veloce bruciando il tabacco. Un urlo e la sigaretta scivola via dalle mie labbra. Il mio corpo sobbalza e l'accendino raggiunge la sigaretta a terra. Che cosa sarà stato? Mi chino a raccogliere tutto, ma un secondo urlo mi fa sobbalzare nuovamente.

«Vedi di non deludermi un altra volta!!» sento e riconosco quella voce arrabbiata.

La figura di Bill compare da dietro all'angolo dov'era sparito ormai quaranta minuti fa e il suo viso è tutt'altro che dolce.

«Che cazzo stai facendo tu?» domanda mentre si avvicina. Mi alzo e indietreggio fino alla portiera.

«Ho trovato delle sigarette... sono scesa per fumarne una, spero non ti dispiaccia...» Rispondo.

«Non ti avevo detto di stare in macchina?» il tono è sempre duro.

«Sì, ma-».

«Di questo passo non starai molto qui..» commenta per poi salire in auto.

Salgo anch'io richiudendo la portiera velocemente. Mi metto la cintura e mi appoggio al sedile, decisa a non emettere un suono. Bill riparte velocemente.

 

Neanche quando arriviamo a casa sua, Bill decide di aprir bocca e lo stesso vale per me. In questo momento mi sento totalmente fuori posto ed indesiderata, ma che altre alternative ho? Tom compare sulla soglia della cucina e ci saluta, notando subito che qualcosa non va.

«Che succede? Cosa ci fa lei qui... di nuovo?» domanda al fratello riferendosi a me.

«Stai zitto, non ti ci mettere pure tu! Chad è un coglione e lei non è molto più furba!» sbraita Bill chiudendosi poi in una stanza.

«Che Cristo ha fatto?!» Domanda più per poter urlare che per ricevere una vera risposta. Se ne va anche lui sbattendo rumorosamente la porta di un'altra stanza

Ma chi me l'ha fatto fare? Vado in cucina e mi prendo un bicchiere d'acqua, non prima di aver aperto ogni singolo mobile per trovarne uno. Torno nella sala e mi accuccio sul divano guardandomi intorno. È tutto silenzioso, nulla si muove od emette rumore. Sospiro pesantemente e dopo un quarto d'ora decido di alzarmi e di visitare la casa.

Rientro in cucina, ispezionandola in ogni porta, poi torno in sala e dopo passo nel corridoio salto le due porte che si sono chiusi i gemelli alle spalle e arrivo d altre due porte. Una è quella del bagno di un bianco perfettamente lucido e pulito, l'altra non si apre. Perchè? Che c'è li dentro? Recupero una forcina dai miei capelli provando ad aprirla, ma niente. Una porta scatta, ma non è quella che stavo cercando di aprire io. Mi alzo di scatto e mi volto verso il rumore. Tom esce dalla porta e mi fissa per qualche istante.

«Se cerchi il bagno è l'altra porta, se stai cercando altro ti conviene stare alla larga da lì, prima che Bill si arrabbi più di quanto già non sia...» Dice tranquillo andando poi nella cucina.

«Cosa c'è là?» domando seguendolo.

«Dovresti imparare a farti i fatti tuoi, lo sai?».

«E' difficile essendo in casa vostra...».

«Vattene allora, nessuno ti obbliga a star qui, la porta d'uscita è aperta...» risponde mordendo qualcosa da mangiare. Apro la bocca per replicare, ma la richiudo subito, ha ragione. Mi allontano recupero la mia borsa e mi dirigo verso la porta. La maniglia si abbassa, ma un rumore che non corrisponde ad essa si espande per l'atrio.

«No, rimani! E' tutto a posto!» Bill esce dalla sua stanza, lo sguardo ancora duro, ma la voce lo tradisce.

«Per cosa? Per starmene sola in una casa sconosciuta?» questa volta è il mio turno d'arrabbiarmi. «No! Mi arrangerò in un altro modo! Grazie lo stesso!» apro la porta ed esco. Una mano mi ferma.

«Lo sai che non puoi tornare là...» afferma convinto.

«Prima o poi dovrò affrontarli, no? L'hai detto tu».

«Resta...» e io non riesco più a rispondere. Lo guardo per qualche istante, la sua voce è supplichevole, ma il suo volto è duro e deciso. A cosa devo credere?

«Solo se smettete d'ignorarmi o maltrattarmi...» affermo dopo qualche minuto. Lui annuisce e io rientro richiudendomi la porta alle spalle.

«Grazie» bisbiglia impercettibile e si volta per andare in sala.

«E quella cos'è?!» Domando incredula e spaventata.





ARIECCOMIIII!!!!
Finalmente ci sono riuscita! E' corto, fa un po' cagare, ma passatemelo per buono perchè è stato un disastro da fare! Tra la mancanza di tempo e la voglia di scrivere è passato più di un mese dall'ultimo capitolo! PERDONATEMI se potete!
Cooooomunque eccoci quiii! Con un banner, finalmente, per cui ringrazio @njaals (la trovate su Twitter)!
Spero vi piaccia, a me molto! :)
E la storia come vi sembra? Un po' confusa forse, ma è ciò che volevo, dal prossimo sarà tutto più chiaro! :) 

A presto, spero!
Baciii ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Chapter Seven ***




Incastrata nei pantaloni di Bill, appena visibile, c'era qualcosa di spesso e scuro. Ho subito capito di cosa si trattasse, ma voglio la conferma. Non mi ero accorta che l'avesse avuta con se per tutto questo tempo.

«Non è niente» la sua voce è un sussurro.

«A me non sembra niente...» mormoro, mentre la preoccupazione sale.

«Non deve importarti, stanne fuori».

«Io non...».

«Seriamente Ev, stanne fuori.» La voce è dura e non ammette repliche. Abbasso la testa soppesando le sue parole e cercando di decidere cos'è meglio fare. La cosa mi spaventa, ma dall'altra parte so che Bill non mi farebbe mai del male, nonostante il poco tempo trascorso, so che non lo farebbe. Eppure non li conosco, sono praticamente due sconosciuti e io sono qui da sola.

«Vieni, faccio un caffè» Bill è tranquillo e si dirige verso la cucina, lo seguo in silenzio e Tom ci imita sedendosi poi su uno sgabello dal bancone.

 

Siamo seduti tutti e tre sul divano, abbiamo chiacchierato un po' o almeno ci hanno provato e ora Tom sta facendo zapping tra i canali della TV.

«Cazzo, scegli un fottuto canale e finiscila!» brontola Bill all'improvviso, il fratello se la ride continuando il suo curiosare i programmi.

Non passa molto tempo che Bill perde la pazienza e si alza infastidito allontanandosi dalla sala e dirigendosi verso la sua stanza. Lo seguo velocemente, bloccandolo poco prima che sparisse al di là della porta.

«Scusa, io... dormo sul divano?» domando nella speranza che capisca che mi mancano le coperte.

«Sì, ti va bene? Sempre che mio fratello si levi da là, altrimenti puoi prendere la sua stanza» Scherza.

«No, mi va benissimo il divano» Non aggiungo altro, in fondo siamo a Los Angeles, non farà così freddo! Lui mi sorride dolcemente, mi da la buonanotte e si richiude la porta alle spalle. Il silenzio cala, finché un imprecazione non irrompe prepotente nel corridoio. Corro in sala, dove trovo Tom a terra, mentre si strofina un braccio.

«Ma cos-» Non riesco a finire.

«Non ti azzardare a ridere!» Esclama lui.

«Sei caduto dal divano?» domando trattenendo le risate e lasciandole libere non appena capisco che il suo silenzio è un'affermazione imbarazzata. Sul viso del ragazzo compare un'espressione tra l'offeso e l'arrabbiato, ma dopo qualche istante si addolcisce scoppiando a ridere insieme a me. Nel giro di pochi secondi è passato da uno sguardo quasi spaventoso, ad uno simile ad un bambino che scarta il regalo che ha sempre desiderato, è strano.

Non sono del tutto certa che la scelta di stare con loro sia giusta, ma non so cos'altro fare. Inoltre sono la cazzuta Ev! Di sicuro non mi faccio spaventare da questi due!

Cerco d'incoraggiarmi e di auto-convincermi, ma non credo di esserci riuscita. Tom si alza, mi da la buonanotte e se ne va, allontanandosi a passo lento e tranquillo.

Mi guardo intorno per l'ennesima volta, mentre mi avvicino al divano e mi ci siedo. Avrò davvero fatto bene a venire qui? Mi sdraio fissando il soffitto.

Dopo venti minuti, sono ancora sveglia a fissare le travi di legno che sostengono il soffitto della sala, quaranta minuti dopo anche. Un rumore però cattura la mia attenzione, muovo leggermente la testa, portando lo sguardo verso la porta della sala. Cerco di muovermi il meno possibile e provo a rimanere coricata in modo da non farmi scoprire. Il buio fortunatamente mi copre abbastanza, facendomi comparire come un'ombra. All'improvviso compare una figura scura, recupera il giubbotto dall'attaccapanni dell'ingresso. La indossa, poi sbuffa cominciando ad andare avanti ed indietro per l'atrio. Dopo qualche secondo una seconda figura si avvicina alla prima e imita le mosse dell'altro. Sono sicura che siano Bill e Tom, ma dove vanno a quest'ora? È notte fonda!

Non so cosa fare, la curiosità mi fa impazzire, ma la paura non mi fa muovere. So che non posso seguirli di nascosto, non finirebbe bene, eppure non posso neanche stare qui a casa a far niente!

I ragazzi aprono la porta e sento il rumore della serratura che scatta quando la richiudono. Mi alzo velocemente, avvicinandomi alla finestra per osservare fuori. Li vedo discutere in modo leggermente animato, poi la figura che pare essere Tom si dirige verso il garage mentre l'altro aspetta. Compare una macchina sportiva, ma il buio non mi permette di vedere altro. L'altra figura si avvicina e sale, mentre per la seconda volta noto quel luccichio incastrato nella vita del ragazzo. Mando giù il groppo alla gola e torno a coricarmi sul divano. Dove staranno andando? Che cosa mi nascondono? Non so se voglio veramente saperlo. Mi alzo per la seconda volta e decido di andare verso il corridoio. Provo la porta della camera di Tom, chiusa. Quella di Bill, chiusa. L'unica aperta è quella del bagno. Impreco e torni in sala. Perché hanno chiuso tutto? Mi guardo in giro, alla ricerca di qualcosa che mi possa essere utile, ma niente. Vado in cucina e prendo un bicchiere d'acqua, sorseggiandolo poi lentamente.

Calma, riflettiamo. Ma nessuna idea mi viene in mente. Devo scoprire dove tengono le chiavi.

Torno a sdraiarmi in sala, rassegnata e decisa a dormire.

 

«Cazzo, Tom! Fai piano!» Delle urla mi risvegliano lentamente dal mio sonno. Mi sollevo leggermente per vedere cosa succede e scorgo due figure sfocate camminare verso il corridoio. Una delle due è aggrappata all'altra e cammina zoppicando.

COSA?

Mi alzo velocemente, svegliandomi tutto d'un colpo. Cerco di raggiungere i ragazzi, ma quando arrivo nell'atrio, li vedo entrare nella stanza di Tom, richiudendosi la porta alle spalle. Mi avvicino silenziosamente, sperando di riuscire a sentire qualcosa, ma non appena mi appoggio, il legno si sposta facendomi quasi cadere. La figura di Bill mi guarda dall'alto con uno sguardo che non promette nulla di buono, provo a buttare un occhio dentro, ma il suo corpo non mi permette di vedere nulla.

«Che cazzo fai?» Domanda il biondo irritato.

«Ehm io... cercavo Tom...».

«Inginocchiata sul pavimento?» Merda.

«Ehm, no... e che..».

«Smettila di sparare cazzate, so cosa stavi facendo e ti ripeto per l'ultima volta, stai alla larga da ciò che non ti riguarda... la prossima volta non sarò così clemente» m'interrompe con la sua voce seria e dura. Quella che ti trapassa di brividi di paura. Quella che vorrei sentire il meno possibile.

«Cosa mi nascondete?» chiedo decisa.

«Mi hai sentito? Hai capito cos'ho detto?» domanda alzando la voce mentre chiude la porta della camera del fratello.

«Sì, ma io-».

«Bene, allora vedi di fartele entrare in zucca!» afferma per poi andare nel bagno.

Non me ne frega di ciò che ha detto, Tom magari mi risponderà. Mi giro verso il legno e busso. Nessuna risposta. Che stia dormendo? Di già? Beh sono tornati poco fa, dovrà recuperare il sonno.

Vado verso la cucina per preparare qualcosa come colazione, restando attenta ad ogni movimento strano nel corridoio. Sento una porta aprirsi, un'altra chiudersi. Dopo qualche minuto qualcosa torna a cigolare per poi sbattere bruscamente, alla fine un urlo agghiacciante che viene soffocato quasi subito. L'idea di abbandonare la casa si fa largo nella mia mente, ma non lo farò. Non posso scappare. Non posso scappare sempre.

Il silenzio è sceso già da un po', finisco la mia colazione e poso tutto nel lavandino. Torno in sala, recuperando il mio cellulare. Lo accendo e aspetto per vedere quante chiamate perse. In pochi istanti il telefono inizia a vibrare senza sosta, quando smette lo prendo e controllo. Ho un totale di trentadue chiamate perse e ventisette messaggi. Cazzo. Comincio a scorrere le chiamate e come sospettavo sono un misto tra Caro e Jason. Do una lettura veloce anche ai messaggi ed uno cattura la mia attenzione. È di Jason.

Ev, che cazzo di fine hai fatto?Mark si è risvegliato e chiede di te! Siamo tutti in ansia, fatti sentire!”

Mark si è risvegliato. Mark si è risvegliato. Non credo che riuscirei ad affrontarlo lucidamente, non finché è in un letto d'ospedale. Mentre sono incantata a fissare il nulla il telefono prende a vibrare impazzito. Leggo sul display il nome di Jason e il mio cuore parte in quarta. Rispondo? Lo lascio suonare? Il mio dito scorre sul tasto verde.

«Pronto? Ev?» La voce di Jason è preoccupata. «Ev? Ci sei? Stai bene? Rispondi Ev!» Continua senza sosta, ma io non riesco a reggerlo e attacco la chiamata, spegnendo il cellulare.

«Ti servirà un numero nuovo, non credo che smetteranno tanto presto» Una voce mi fa sussultare e voltare di scatto verso la porta dove Bill è appoggiato allo stipite. A torso nudo, illuminato dalla luce mattutina che entra dalla finestra. Si avvicina a me e si siete nel posto libero qui accanto.

«Già...» Sussurro.

«Hai deciso cosa fare?» Chiede con calma.

«No.» Affermo decisa. «Non credo di avere la forza di tornare» Ammetto più a me stessa.

«Eppure sei una ragazza così forte...» Dice lui.

«Seh, come no, sto scappando...».

«No, stai ragionando, scappare è un'altra cosa. E sei davvero una ragazza forte, sai, pochi decidono di mettersi contro me o Tom e tu sei una testa dura!» sorride. È meraviglioso quando sorride.

«Non so cosa c'è dietro... So che nascondete qualcosa di spaventoso, ma non ho idea di che cosa sia» il suo sguardo si scurisce. «E sono determinata a scoprirlo, anche se questo mi metterà nei guai.» la mia voce è stabile, nemmeno un sussulto.

«E poi non sei forte? Hai deciso di andare contro il peggio, cosa c'è di più?» Domanda.

«Già, preferisco buttarmi tra le braccia dell'ignoto invece che tra quelle conosciute... sono stupida, non forte» rifletto.

Lui rimane in silenzio, io anche. Lui respira tranquillamente, il mio è più affannoso. Entrambi con la mente piena di pensieri, il cuore pieno di dubbi, lo stomaco pieno d'incertezze.

«Dove siete andati stanotte?» Domando interrompendo il silenzio.

«La sai la risposta...» Dice in un sussurro e io borbotto un “non sono affari tuoi gne gne gne” cercando di imitare la sua voce, lui sorride e posa il suo sguardo su di me mentre il mio s'incatena al suo.

«Sei una bellissima ragazza, non hai bisogno di loro...» Afferma in un sussurro riferendosi ai miei compagni di viaggio mentre si avvicina leggermente a me. Io non mi muovo e neanche rispondo.

«Se rimani qui ti tratterò da principessa, ma non da principessa delle fiabe, ma da principessa cazzuta quale sei, so che non sei da romanticismo, dolcetti e fiori, lo si vede...» Continua.

«Come posso stare qui, fidarmi di voi se mi nascondete la vostra vita?» Chiedo.

«Lo facciamo per il tuo bene, meno sai e meglio è...».

«Non dopo che ho visto le pistole, Bill» affermo. «Non è qualcosa di stupido, ci sono delle armi di mezzo!» alzo il tono di voce leggermente.

«Lo so, è per questo che non possiamo coinvolgere anche te.» Si avvicina ancora un po' ed ormai sento il suo respiro sul mio lobo. Sono in astinenza da troppo, per i miei gusti, non posso resistere di più. Mi manca il contatto fisico con qualcuno, mi manca il sesso. Lui sembra capirlo e comincia a mordicchiare il mio lobo.

«No, Bill» lo respingo con poca convinzione, lui sorride e continua il suo lavoro. «Se arrivasse Tom?».

«Non arriverà..» sussurra tra un morso e l'altro.

«Bill, questo non mi farà dimenticare il fatto che non mi hai risposto» Affermo soffocando i primi gemiti.

«Lo so, lasciati andare per una volta... So che lo vuoi, perché negarlo?» Si allontana e mi guarda confuso con un sorriso malizioso. Lo fisso per qualche istante, ma non resisto a lungo che le mie labbra sono sulle sue.












Ok, in super ritardissimo, ma eccovi il settimo capitolo!!!
Iiiin ogni caso, sto pensando di non continuare la storia, non vedo riscontri da voi e non capisco se vi sta piacendo o meno...
Comunque scusate per i mega ritardi, ma faccio troppe cose tutte assieme e alla fine finisce così -.-' inoltre mi rendo conto che i capitoli non sono più lunghissimi :/
Spero in ogni caso che leggiate e che, se continuerà, voi proseguirete a leggere! :)
Bacioni,
Aranel ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2833968