A North-Briton at Northanger

di Damson
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A North-Briton at Northanger

Inghilterra, 1805

Come ogni buon romanzo d’amore che si rispetti la storia che vi accingete a leggere dovrebbe avere come protagonista una ragazza di campagna, il cui padre, se non così malmesso da non poter permettere un tetto decente ai suoi figli, ma che anzi possiede una casa di tutto rispetto, non può comunque vivere nell’agiatezza e nel dispendio della vita mondana a causa della sua natura di figlio cadetto di un nobile o di reverendo di canonica e, sopra ogni altra cosa, a causa di una tale quantità di figli da far invidia al più prolifero dei conigli.
Oppure il padre in questione potrebbe essere addirittura morto, lasciando in eredità alla vedova, oltre ovviamente alla suddetta quantità di figli una eguale quantità di debiti e la nostra fanciulla in questione si troverebbe, in quanto primogenita a dover aiutare la madre a provvedere alla famiglia e troverebbe lavoro come insegnate ad un figlio di un nobile, tanto ricco quanto bello (poiché, come il lettore ben sa, sono due qualità che viaggiano sempre insieme nei romanzi, non nella vita) di cui ovviamente la principale caratteristica non è tanto l’esser bello o l’esser ricco, quanto piuttosto l’esser vedovo.
La nostra sfortunata creatura, che supplisce alla sua carenza in campo finanziario con una grande quantità di carattere, bontà ed intelligenza non potrà non far innamorare di sé il caro datore di lavoro.
Oppure, ancora: la nostra cara creatura potrebbe essere un minimo più fortunata e potrebbe non venirle necessario abbassarsi a fare una cosa tanto degradante come lavorare. Potrebbe avere uno zio ricco (il fratello maggiore del padre cadetto, per intendersi) ma sfortunato poiché lui e sua moglie non hanno avuto figli e potrebbero invitare l’eroina del romanzo a vivere con loro a Londra, catapultandola di nuovo nel bel mondo.
Dopo attento studio è stato deciso che niente di tutto questo accadrà all’eroina della nostra storia.

Il signor Sesshomaru Tallant era di nascita nobile, ma il suo illustrissimo padre aveva pensato bene di gettare in disgrazia la famiglia abbandonando la sua legittima moglie per un’altra donna di minore levatura sociale.
Grazie a tale impresa paterna, da cui era nato niente meno che un figlio bastardo, al nostro bel protagonista non rimaneva altro che la nobiltà del nome, oramai utilizzabile solo come orpello, ma tale cosa non importò affatto a Kagura Ramsay, la donna che lo sposò.
Essa infatti, oltre a nobili origini scozzesi, vantava un padre con fior fior di quattrini.
All’epoca del matrimonio molti non avevano esitato ad affermare che la signorina Kagura aveva deluso le aspettative della famiglia per amore di un nobile decaduto, per quanto bello potesse essere.
Ma ascoltare le malelingue serve solo a farsi venire la bile, non ci vuol nulla infatti ad insinuare che il signor Tallant aveva sposato la ragazza soltanto perché era una ricca ereditiera.
La verità è che, senza nessuna nota di biasimo da parte di chi scrive, Kagura aveva amato Sesshomaru senza esitazione alcuna e, poiché il giovane era ineccepibile per modi e contegno e, soprattutto poteva essere compassionevolmente visto come innocente vittima di una colpa non sua, i genitori di Kagura, le avevano permesso di seguire il cuore.
Ed infatti Kagura, che dava tanta importanza alle malelingue quanta possono averne le parti mancanti del prologo ai Telchini, grazie a questa scelta adesso era molto più felice di quanto non lo sarebbe stata se avesse sposato un nobile ricco di famiglia altolocata.
A movimentare la vita dei due sposi era una fanciulla di nome Rin che Sesshomaru, che aveva una capacità tutta sua di farsi amare dai bambini e temere dagli adulti, aveva preso sotto la sua protezione.
La cara bambina avrebbe compiuto entro breve sedici anni e tutta la famiglia si accingeva a lasciare la tranquillità della vita di campagna per recarsi a Londra, presentare Rin in società e mostrarle il “bel mondo”.
Per poter stare a Londra a contatto con tutti quegli eventi mondani Rin aveva bisogno di un guardaroba completamente nuovo e, quando Kagura si recò nella capitale per poter acquistare il necessario, Sesshomaru, senza che gliene venisse fatta richiesta, ma di sua spontanea volontà, si offrì di accompagnare la moglie.
Cosa di cui si pentì quando ormai era troppo tardi e non poteva far altro che ascoltare le varie discussioni su quanti abiti da ballo di raso sarebbero stati necessari per le occasioni più importanti.
C’erano i ricevimenti della famiglia Barclay dove era severamente vietato presentarsi due volte con lo stesso abito (non che ci fosse un divieto ufficiale scritto su di un cartello all’entrata, ma non per questo un tale atto non sarebbe stato considerato una totale mancanza di rispetto).
Dai Barclay era anche ritenuto di poco gusto andare al ballo con gli abiti con i quali si era assistito alle rappresentazioni teatrali: così serviva un guardaroba per i Barclay ed uno per il teatro.
A Sesshomaru i Barclay non stavano molto simpatici.
Come dimenticare poi le serate ad Almack’s, uno dei più importanti appuntamenti mondani? In quel caso nulla era più grazioso di una delicata mussola, oppure uno scialle portato con studiata eleganza.
Per gli abiti da mattina c’era un’ottima stoffa francese, oppure Mademoseille preferiva la seta?
Per gli abiti da viaggio veniva raccomandato il velluto… insomma ci siamo capiti: discorsi per i quali anche il più educato degli uomini non avrebbe potuto mostrare il benché minimo interesse.
Fortunatamente per Sesshomaru aveva una moglie devota che, accortasi del tedio sconfinato in cui stazionava il marito, aveva accelerato la gravosa operazione.
Non che a Sesshomaru non interessassero i vestiti, anzi. Era una di quelle persone che adorano vestirsi bene ed aveva un gusto elegante che era invidia di molti uomini del bel mondo.
Piaceva poiché riusciva a valorizzare ed attirare l’attenzione con eleganza senza tuffarsi nelle glorie del dandismo, cui fautori questo secolo è pieno.
Il principale problema di Sesshomaru in questo caso era capire per quale motivo se il suo sarto gli chiedeva di scegliere un colore lui poteva rispondere semplicemente: blu, verde, nero… mentre le donne dovevano dire cose come: “non saprei, voi che dite? In questo caso è preferibile un rosa fiore di ciliegio oppure un rosa fiore di pesco?”
Era un problema tanto sciocco che non esisteva motivo di darsi pena pensandoci, ma, malgrado questo, Sesshomaru dovette rendersi conto che per tutta la strada del ritorno non aveva pensato ad altro….

Nel periodo in cui le circostanze che vi sono state narrate svolgevano il loro corso, avvenne a Londra un fatto capace di scuotere la monotonia della vita del bel mondo che, come si sa, non impiegava molto tempo a stancarsi dei balli e dei ricevimenti ed aveva costantemente bisogno di quel giusto incentivo quotidiano di pettegolezzi e stranezze per poter tirare avanti.
Fu per questo che l’arrivo di un forestiero non mancò di attirare l’attenzione.
Anzi, a volervela dire tutta, non di un qualunque forestiero: infatti come può il così detto uomo medio farsi notare? (qualcuno lo fa vestendosi in maniera assurda, ma non è il fenomeno che ci interessa).
Il nuovo venuto attirava l’attenzione, in primis per l’immagine che forniva: egli infatti, oltre ad un bell’aspetto, vantava uno sguardo e dei lineamenti da cattivo ragazzo che, per decisione di madre natura, esercitano un fascino particolare sulle esponenti del gentil sesso.
Gli abitanti del bel mondo, inchiodati da un’anima superficiale ad una vita di estrema noia, furono ben lieti di trovarsi in presenza di qualcuno capace di smuoverli: egli aveva la fama di essere un eccellente parlatore, sapeva conversare con tutti, tenendo banco su un qualsiasi tipo di argomento.
Ad accrescere il fascino di questo personaggio era che poco o nulla si sapeva di lui e del suo passato. Egli, se interrogato, sviava il discorso e non esisteva in tutta Londra persona capace di fornire tali informazioni (e di questo potete star certi perché per questi tipi di lavori gli abitanti del bel mondo sanno essere molto ingegnosi).
Il forestiero univa quindi al fascino della bellezza dannata il fascino che soltanto chi ha un passato oscuro può avere.
Le uniche informazioni che si avevano erano quelle che aveva fornito lui stesso: era giunto a Londra da un piccolo paese della Scozia poiché aveva ottenuto da Lord Tallant il beneficio della sua canonica ed avrebbe assunto il ruolo di pastore a Northanger non appena avesse preso i voti.
Lord Tallant non poteva prevedere l’assurda affluenza che il nostro misterioso individuo avrebbe ottenuto ogni domenica mattina, altrimenti dubito che avrebbe mai concesso il beneficio a questo signore, malgrado le sue credenziali.
Penso di avervi fornito di abbastanza informazioni su questo personaggio e ritengo che per il momento altro non dobbiate sapere, se non, forse, il suo nome: Naraku McKendrick.

***

Nota dell’autrice:
per prima cosa metto subito le mani avanti e rispondo a quella che penso sia la domanda che vorreste fare un po’ tutti: “dov’è Bonnie?” Non preoccupatevi, il caro bastardino c’è, ma comparirà soltanto dal prossimo capitolo.
Non mancherà di deliziarci.
Inoltre volevo rubarvi giusto due minuti per spiegarvi i motivi che mi hanno spinto a ricominciare da principio tutto il lavoro sulla fic.
Volevo inserire la componente gotica che, secondo i piani, doveva arrivare dal capitolo 7 con la comparsa di Naraku. A pubblicazione avvenuta mi venne in mente di modificare il primo capitolo per presentare immediatamente il personaggio.
Il capitolo però una volta modificato non era più conciliabile con i successivi… così ho tolto tutto.
Mia intenzione con questa nuova stesura è di allacciarmi in qualche modo tanto alla corrente austeniana quanto a quella gotica, sperando ovviamente di non essere troppo pretenziosa.

Volevo anche ringraziare tutti i recensori di Bonnie (omaggio a Jane Austen) anche perché non ho avuto modo di farlo dopo la pubblicazione del quinto capitolo, grazie quindi a: Rosencrantz, Lely1441, KaDe, caporalez, Blackvirgo

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Uno dei maggiori vanti delle terre di Lord Tallant era rappresentato da un bellissimo bosco di alberi caduchi che nella stagione di caccia diveniva una delle mete più ambite di tutti i cacciatori della zona.
In piena primavera, con gli alberi in fiore, era uno spettacolo alquanto invidiabile e Kagura traeva un gran piacere nel passare dalla strada principale che si diramava al suo interno. Così, come ogni volta che ritornavano da Londra, Sesshomaru guidò il calesse tra gli alberi; stavano ormai percorrendo l’ultimo tratto quando udirono lo sparo.
“Avete sentito?” esclamò Kagura voltando la testa verso il rumore “era uno sparo!”
“Eh, si…non si è mai visto che qualcuno vada a sparare nei boschi”
“Non è stagione di caccia”
“Allora? Ognuno sarà libero di far quel che vuole”
“Forza, girate il calesse ed andiamo a vedere”
“Andare a vedere? Come se fossero affari nostri…”
“Si che lo sono! Questo bosco è vostro e qualcuno si è preso una libertà che non doveva”
Dato che Sesshomaru non dava il minimo segno di voler fermare il cavallo, Kagura saltò pericolosamente giù dal calesse in movimento e, armata di parasole, si diresse nella direzione opposta.
Lord Tallant si voltò a guardarla, poi alzò le spalle e continuò per la sua strada: per arrivare a casa c’erano meno di dieci minuti, se ci teneva tanto poteva tornarsene da sola.
Stava giusto pensando di essersi meritato un bel bicchiere di brandy quando sentì Kagura cacciare un urlo.
Si voltò giusto in tempo per vedere la moglie correre fuori dal sentiero e scomparire dietro un albero.
Molto contrariato, sollevò un sopracciglio.
Poi, con calma, scese dal calesse e si addentrò nel bosco.
Trovò Kagura china a terra, su qualcosa che si lamentava ed, avvicinandosi, poté notare che era un cane, o meglio: un piccolo bastardino.
Aveva sempre selezionato sotto la definizione cane i suoi magnifici alani dal pelo fulvo: quella cosa non poteva certo essere un alano, non aveva il pelo fulvo (era di un indistinto grigio limaccioso) e sul magnifico evitò qualsiasi tipo di commento, anche perché, malgrado non si fosse avvicinato, poteva sentire che quell’esserino puzzava come un pitale.
“Non lo toccate, potrebbe attaccarvi i vermi”
“Non potrei farlo neanche volendo, piange se mi avvicino. Guardate quella ferita: pensate che chiunque abbia sparato possa avercela avuta con questo bastardino?”
Sesshomaru fu costretto a chinarsi accanto a Kagura.
“in effetti avete ragione: qualcuno gli ha sparato”
“come si fa ad essere tanto crudeli? Sparare ad un cagnolino! Per quale motivo poi…”
A Sesshomaru passò in mente più di un motivo, tutti molto validi a suo avviso, ma non gli parve il caso di dirli alla moglie.
Invece, con sorpresa di Kagura (ed anche di se stesso) prese l’animale tra le mani per controllargli la ferita. L’unico a non sorprendersi fu il bastardino che si lasciò analizzare tranquillo, guaendo ogni tanto, ma senza mostrare alcun timore nei confronti di Sesshomaru, ma arrivando addirittura a leccargli una mano per ringraziarlo.
“Non è grave, è stato preso di striscio. Guarirà in breve tempo”
“Guardate che carino: sta scodinzolando”
“Il che è eccezionale, per un cane”
“Vuol dire che gli piacete”
“Spiacente: sono già sposato. E questo affare ha certamente le pulci”
Kagura si alzò in piedi e si lisciò la gonna.
“Potete farmi la bontà di porgermelo?” disse mettendosi il parasole sottobraccio, in modo da avere le mani libere.
Sesshomaru guardò Kagura, poi il sudicio cagnetto ai suoi piedi “Lo volete prendere con noi?”
“Si intende”
“E’ sporco”
“Lo laveremo”
“Io non laverò proprio nulla”
“Ciò non toglie che non sia un difetto al quale si può porre rimedio. E poi voi avete una gran quantità di cani”
“Sono cani da caccia, sono di razza. Questo è brutto”
“E’ solo un bastardino, è sporco e malnutrito. Vedrete che quando ce ne saremo presi cura starà meglio”
Sesshomaru abbassò di nuovo lo sguardo verso il cane, che lo stava guardando con qualcosa di molto simile all’adorazione negli occhi.
“E’ brutto. Secondo me non è nemmeno un cane”
“Ah, no? E che cosa sarebbe?”
“Una nutria”
“E come ci sarebbe arrivata sin qui una nutria, se mi è lecito saperlo?”
“Avrà risalito il Tamigi”
“Suvvia, basta. Non pretenderete mica che lo lasci qui? Quella ferita va curata, pensate a come soffrirebbe se si infettasse”
Sesshomaru prese il cane per la collottola, stava per metterlo nelle mani di Kagura quando esitò “E’ davvero molto sporco”
“Non ha importanza”
Sesshomaru le depose il cane tra le braccia e non riuscì a trattenere un sorriso mentre lei lo accarezzava e gli parlava con dolcezza. Rendendosi conto di cosa stava facendo scosse la testa: c’è ben poco di cui essere felici pensò sconsolato, mentre si avviava a fianco di Kagura verso il calesse.
“Guardate che aria intelligente ha!”
Sesshomaru guardò il cane e fece forza su se stesso per reprimere un brivido di disgusto.
“Non mi pare”
“Spesso i bastardini sono tra i cani più intelligenti”
“infatti, avete ragione: i bastardi. Questo non lo è, quello che state accarezzando con tanto amore è uno schifosissimo topo gigante”
“Vi fa questa impressione perché è ferito e denutrito”
“Si è vero, quando si sarà riempito la pancia sarà meravigliosamente bello”
“La volete smettere di prenderci in giro?”
“Prenderci?”
“A me ed al cane”
“Mi dovete scusare mia signora ma è più forte di me. E’ vero, ho promesso davanti a Dio di condividere con voi tutta la mia vita, ma se me ne date licenza preferirei che l’amore per questa sottospecie di pipistrello senza ali fosse solo affar vostro”
Lei lo colpì col parasole: a quanto pareva era quella la punizione che toccava a chi non portava rispetto al cagnolino.
Giunti a casa Sesshomaru aiutò Kagura a scendere dal calesse e chiamò i domestici perché portassero in casa gli acquisti. Kagura intanto affidava allo staffiere il compito di lavare il suo nuovo protetto.
Quella sera Sesshomaru se ne stava comodamente seduto in biblioteca quando il maggiordomo interruppe le sue letture per annunciare l’entrata di un nuovo ospite ed il bastardino fece il suo ingresso lavato e nutrito. Alla vista di Sesshomaru gli andò incontro scodinzolando con palese affetto ed abbaiando come un forsennato.
“Ti sembra un linguaggio consono?” lo ammonì Sesshomaru e subito il cagnetto smise di abbaiare.
“Vedi? Questa è la prova che non sei un cane: non hai un buon istinto. Fosse per me ti annegherei in una botte” per tutta risposta il suo nuovo ammiratore si alzò sulle zampe posteriori e posò le anteriori sulle ginocchia del suo padrone.
“Allora ammettete che è un cane!” esclamò Kagura entrando nella stanza “Non trovate strano che i cani vi amino?”
“Lo trovo deplorevole” rispose lui “Giù, Bonnie! Questi pantaloni non sono fatti perché tu ci poggi le tue zampe!”
“Bonnie?” chiese Kagura divertita.
“Dovrà pur averlo un nome, altrimenti c’è il rischio che tu continui a chiamarlo piccolo o cucciolo, cosa che riterrei alquanto intollerabile e mi costringerebbe a chiamarlo cane o coso. Siccome è piccolo e bruttino l’ ho chiamato come il suo equivalente umano*”
Bonnie nel frattempo aveva ispezionato la biblioteca, annusandola ben bene ed era tornato scodinzolando da Sesshomaru “Hai trovato tutto di tuo gusto?”
Per tutta risposta Bonnie gli si accucciò davanti, sbadigliò soddisfatto, posò la testa su un suo piede e si addormentò.

Nel momento in cui Sesshomaru e Kagura facevano la conoscenza di Bonnie, la loro protetta aveva avuto l’eccentrica idea di andarsene in giro con il calesse da sola. Poiché non era esperta, giustamente, in quanto non si sta parlando di una attività femminile, riuscì, senza rendersene veramente conto, a combinare qualche guaio ed a rompere il timone.
Il cavallo, libero dalle redini, se ne trotterellò a casa tutto felice, lasciando Rin in mezzo alla campagna in compagnia di un calesse rotto.
La bella stagione si stava avvicinando, ma non era ancora giunta e la luce dei lampioni si sostituiva sempre molto presto quella rossa del tramonto.
A questo punto della storia il lettore sa meglio di me cosa sta per accadere: i guai alle povere fanciulle sole, infatti, non capitano mai per caso, ma con un preciso scopo.
Per pura coincidenza del destino l’incidente era avvenuto nelle terre dello squire*, e, fortuna ancora maggiore, a pochissima distanza dall’entrata della sua tenuta per la caccia.
La piccola Rin si trovava ad un crocicchio, entrambe le strade l’avrebbero portata a casa: una attraversando i territori del suddetto squire, l’altra puntando dritta dritta su Northanger.
La strada per Northanger costeggiava un bosco che alla luce del giorno era semplicemente incantevole, quello stesso bosco in cui poco fa abbiamo seguito Sesshomaru e Kagura, ma , per quanto potesse essere incantevole, era pur sempre un bosco e, con il sole che calava, non era uno dei luoghi più invitanti del circondario.
D’altro canto le avevano insegnato che non era buona educazione passeggiare nei terreni altrui senza invito né permesso.
Mentre se ne stava ferma, indecisa sul da farsi, distinse un uomo venire verso di lei dalla strada per Northanger.
Rin non aveva mai visto prima Naraku, anzi non sapeva neanche ci fosse un nuovo inquilino a Northanger e credeva la canonica disabitata.
Naraku scendeva lungo il bosco: fucile a tracolla, mani nelle tasche e lo sguardo perso di chi cammina senza meta pensando ad altro.
Tale figura, nel crepuscolo, produsse in successione due emozioni in Rin: credette di riconoscere qualcuno, e ne fu felice (in tal caso sarebbe stata aiutata). Ma si dovette ricredere perché la seconda emozione fu la consapevolezza che l’uomo con cui aveva appena incrociato lo sguardo era uno sconosciuto.
La miscela fu letale per la povera Rin: uno sconosciuto, all’imbrunire, in una strada deserta che costeggiava un raccapricciante bosco dai rumori sinistri.
Prima ancora che Naraku potesse fare o dire alcunchè, lei era partita a corsa verso la casa dello squire.

All’incirca nello stesso istante in cui Rin decideva che valeva la pena farsi quattro passi a piedi, Kohaku, primo figlio maschio dello squire, discuteva amabilmente con un suo amico, ospite nella tenuta per la stagione della caccia, ed insieme passavano il tempo nell’attesa della cena. “Bene, per domani mi hai promesso una battuta di caccia. Ma per stasera, mio caro Kohaku, cosa mi proponi?”
Kohaku sorrise con fare tranquillo “a te la scelta”
“Per il Cielo, sei un padrone di casa molto noioso” scherzò l’altro “ad Oxford avevi la scusa dello studio per restartene chiuso in collegio, ma qui non vedo proprio come farai a convincermi a non andare a Londra stasera”
“Se andiamo faremo tardi, e bisogna alzarsi presto per la caccia, James”
“Tardi? Non essere ridicolo! Una puntatina a wist, giusto per perdere qualche spicciolo, e poi torniamo indietro”
“Primo: i saloni di carte sono chiusi, apriranno due settimane. Secondo: per arrivare a Londra, partendo da qui, c’è più di un’ora di viaggio”
James scosse la testa, rassegnato.
“Non tediarti troppo amico mio” disse Kohaku “non appena inizierà l’estate, se vorrai, sarai di nuovo mio ospite, e potrai goderti tutto il Bel Mondo che ti aggrada, fino all’indigestione”
James stava esprimendo tutta la sua gratitudine quando entrò il maggiordomo informando il padrone che una fanciulla richiedeva il suo aiuto perché aveva il calesse rotto.
“Si, certo” disse Kohaku, con un vago gesto di congedo “prestatele pure il mio cocchiere e la mia carrozza, perché possa essere riaccompagnata a casa”
“Starai scherzando!?” lo interruppe l’amico “Ditemi, come è? Bella?”
Il maggiordomo, con molta modestia di giudizio, disse che era molto graziosa.
“Allora fatela accomodare!” ordinò James, come se fosse lui il padrone di casa “Sono già le cinque. Cenerà con noi e stasera la riaccompagneremo a casa”
Kohaku alzò le spalle “fa come vuole lui” disse al maggiordomo
“Sei senza speranza! Carpe diem! Impara a cogliere le occasioni della vita!” “Tu non le cogli… tu te ne approfitti. E non far finta di sapere il latino” “Beh…in fondo sei stato tu a dirmi che avrei potuto scegliere cosa fare stasera”
“E tu hai deciso di fare la corte a una ragazza che non hai mai visto”
Entrambi risero e Rin entrò proprio in quel momento. Kohaku aveva un aspetto fiero ed un portamento riservato, per quanto, seppur più grande di Rin, fosse ancora un ragazzo. Era una persona tanto seria che gli amici tendevano a dargli del lugubre, alle volte. Eppure, quando rideva, si addolciva l’austerità del suo aspetto. Rin ebbe dunque il privilegio, posando su di lui gli occhi per la prima volta, di vederlo nel suo aspetto migliore e non le attraversò la mente il pensiero che lei stessa era tremendamente graziosa: i capelli scuri che contrastavano con la splendida carnagione e le guance leggermente arrossate per la camminata.
Si fermò sulla soglia e posò lo sguardo su i suoi due ospiti. Passò sull’amico di Kohaku, che si stava aggiustando la cravatta, per poi fermasi su di lui.
“Signorina, ci hanno informati del suo sfortunato incidente” disse James, dirigendosi verso di lei “è stanca? Ha camminato molto? Vuole sedersi?”
“Oh, no grazie. La ringrazio. Mi sento bene. È lei il padrone di casa?”
James arrossì leggermente “No, veramente è lui”
Kuhaku chinò la testa in segno di saluto e le sorrise. Rin fu colta da un misto di sorpresa e delusione nel notare che il suo sguardo era spento, che non era come lo aveva visto pochi attimi prima.
“Voi siete?” chiese James
“Oh, perdonatemi!” si scusò Rin, mortificata per non aver avuto l’accortezza di presentasi, porgendogli la mano “Rin Tallant” “James Woods, per servirla”
“Siete la protetta dei coniugi Tallant? Allora sono più che felice di conoscervi: so che mia sorella e la signora Tallant sono molto amiche” intervenne Kohaku.
“Siete il fratello di Sango? Sapevo che eravate in collegio, quando siete tornato?”
“da soli tre giorni”
“Giusto prima che arrivaste voi” intervenne James, a cui non piaceva la piega personale che stava prendendo il discorso e non ci teneva a rimanere escluso “discutevamo del modo in cui passare la serata. Gradireste farci compagnia per la cena?”

Sesshomaru, seduto in poltrona, cercava di leggere, ignorando la bestiola che si era addormentata sui suoi piedi. Non ci riusciva: ogni due o tre righe infatti sentiva l’impulso di abbassare lo sguardo, il motivo di tale bisogno però non riusciva proprio a spiegarselo.
Sua moglie andava e veniva, intenta in qualche faccenda a cui lui non aveva assolutamente voglia di interessarsi e fu proprio in uno di quei momenti in cui lei era nella stanza che entrò lo stalliere, senza né bussare né farsi annunciare, gridando come un forsennato.
“Signore! Signore!”
“Mi auguro che tu abbia una spiegazione valida per questo comportamento indecente” disse Sesshomaru con un tono di voce apparentemente tranquillo.
“Il calesse! Non c’era! Il cavallo è tornato da solo!”
“Siccome ho la fortuna di saper parlare con un linguaggio consono al luogo in cui mi trovo non posso capire le tue grida da bifolco. Quindi le cose sono due: o te ne vai prima che mi irriti, o parli in un inglese corretto. Scegli pure tu”
“Sesshomaru, lasciatelo stare. Non vedete che è sconvolto?” intervenne Kagura “Su, parla pure Tom”
“oggi la signorina è uscita in calesse”
“Sola?!” si allarmò lei
“Beh…si” bofonchiò lo stalliere.
“Cosa?! E voi avete lasciato che uscisse da sola col calesse?!” gridò lei.
“Kagura, lasciatelo stare. Non vedete che è sconvolto?” le disse Sesshomaru, ma lei non lo ascoltò neppure.
“Ma signora…che ci potevamo fare…lei ha preso…è uscita…mica che la potevamo trattenere con la forza”
“Era vostro dovere!”
“Vi sembra un motivo per cui scaldarsi tanto?” chiese Sesshomaru senza alzare gli occhi dal libro.
“è pericoloso!”
“Voi lo fate”
“è piccola: ha sedici anni! Non ha abbastanza esperienza. Se non controlla il cavallo? Se il calesse resta impantanato?”
“Se i Tory perdono le elezioni?”
Kagura fece finta di non aver sentito “è pieno di gente cattiva ed una ragazzina non dovrebbe girare da sola. Se fa un brutto incontro?”
“Già…per esempio potrebbe incontrare una pantegana”
alzò il piede dove Bonnie aveva poggiato la testa, svegliando di colpo la povera bestiola che scosse il capo assonnata “Non posso muovermi se tu stai li” per tutta risposta il cane cercò di leccargli il piede e lui gli posò la suola sul muso, spingendolo via con delicatezza “fatti più là”
“Insomma” continuò lo stalliere senza essere interpellato, Kagura infatti era troppo impegnata a guardare male il marito “adesso è tornato solo il cavallo”
Fu una frase infelice poiché mandò Kagura nel panico più completo, cosa che invece non accadde a Sesshomaru che continuò a tener concentrato tutto il suo impegno nel sedare gli entusiasmi di Bonnie che tentava in tutti i modi di arrampicarsi sulle sue ginocchia.
Solo con una buona dose di ricatti e minacce Kagura riuscì a far alzare il marito dalla poltrona ed a spedirlo a cercare Rin.
“Ma che volete che le sia successo” disse stizzito, togliendo la giacca ed il cappello dalle mani del maggiordomo “Poi non capisco perché devo andarci io. Perché non ci andate voi?”
Mentre i due coniugi si scambiavano dimostrazioni di affetto con amorevoli battute, Bonnie precedette Sesshomaru lungo il corridoio, scese le scale, uscì nel cortile e si accucciò sul sedile del calesse con l’aria di uno che è sempre vissuto tra l’aristocrazia.
Inutile dirvi che Sesshomaru non fu affatto felice di trovarselo di nuovo intorno.
“No!” disse in tono imperioso.
Il cagnolino, ubbidiente, scese dal calesse, abbassò le orecchie e si appiattì sul selciato.
“Lasciati dire che ho una reputazione da mantenere. Non hai idea di cosa sarebbero capaci di dirmi dietro se me ne andassi in giro che un cane brutto come te”
Bonnie uggiolò.
“Non piangere, non ho intenzione di andarmene per sempre”
Scaricato il cane sulla soglia di casa Sesshomaru poté partire alla ricerca della dispersa, ma non era ancora uscito dal viale della tenuta che si accorse che Bonnie lo stava seguendo in una corsa disperata.
Sesshomaru si lasciò sfuggire un’imprecazione e fermò il calesse.
Il cane, ansante e con la lingua penzoloni, lo raggiunse. Sesshomaru si fece minaccioso, scese a terra ed incrociò le braccia, col frustino in mano “Ebbene?”
Il cagnolino si appiattì di nuovo per terra, scodinzolando.
“Immagino non esiteresti a seguirmi fino in Scozia”
Bonnie continuò a scodinzolare.
“Forza, sali. Vedrò se la mia reputazione è tale da non venire intaccata dalla tua presenza”
Malgrado fosse senza fiato il cagnetto saltò subito sul calesse.
“Ma sappi che questo si chiama ricatto”

***

*Bonnie = Sesshomaru si riferisce a Napoleone. Mi è stato recentemente fatto notare che gli inglesi avevano sì dato come soprannome derisorio a Napoleone la contrazione spregiativa del suo cognome, ma che questa non era Bonnie ma Boney. Malgrado l’evidenza del mio torto (nonché della mia ignoranza) ho preferito non cambiare il nome al cane di Sesshomaru: oramai era Bonnie.
*squire = grande latifondista


***

Nota dell’autrice:
Per prima cosa mi scuso per il notevole ritardo, il fatto è che alle volte soffro di fannullaggine acuta.
Volevo fare un piccolo appunto sulla mia volontà di inserire l’elemento gotico: la mia intenzione è di trattare il povero genere come fa l’autrice in Northanger Abbey. Nella parole della Austen “abbazie in rovina, castelli, dove sinistri scricchiolii annunciano inimmaginabili orrori, torvi misteri irrazionali e persecutori di eroine che appaiono come creature senza macchia, di perfetta bontà, grande tenerezza e sentimento, e non un briciolo di intelligenza"

Ne approfitto anche per dichiarare che non solo i personaggi usati sono quelli della Takahashi, ma che saranno presenti nomi di cose o persone, come la stessa Northanger, tratti dai libri di Jane Austen.

infine ringrazio di cuore coloro che hanno commentato: Blackvirgo, Rosencrantz, KaDe e Laurie

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Nota dell’autrice

rieccomi di nuovo tra voi e siccome è passato un bel po’ di tempo (praticamente tutta l’estate) vi intratterrò per poco, lasciandovi subito alla lettura.
Ho postato i capitoli 2, 3 e 4 tutti in una volta poiché non hanno subito alcun genere di modifica: quindi ve li metto qua, tutti per voi, per chi vuole leggerli, ri-leggerli o non leggerli, con la promessa che a brevissimo pubblicherò il quinto capitolo, inedito, e la storia andrà avanti.

Un grazie di cuore a chi recensisce, a chi legge e a chi ha messo questa storia tra i preferiti

Capitolo 2

Eros è dispettoso fino alla perfidia ed adora divertirsi con le sue povere vittime: in questo frangente, bersaglio delle sue frecce fu la piccola Rin. Se proprio vogliamo essere pignoli dobbiamo puntualizzare che il figlio di Venere aveva due tipi diversi di frecce quindi, di conseguenza, due tipi di potere: poteva far provare l’amore più profondo così come la più orrenda repulsione. Infatti Rin trovò a covare nel suo cuore questi due sentimenti decisamente contrastanti.
Primo a nascere fu la repulsione: James, infatti, prodigandosi in attenzioni non richieste ed in complimenti eccessivi aveva ottenuto il risultato contrario a quello cui invece aspirava con un tale comportamento.
Di contro Rin non riusciva a dimenticare gli occhi gioiosi che aveva Kohaku quando era entrata nella stanza e desiderava inconsciamente vederli di nuovo.
Desiderio che venne esaudito durante la cena poiché, come ha fatto notare un antico poeta* molto tempo fa, il vino può far nascere spontaneo il riso, possedendo il particolare dono di far sparire pene ed affanni, e può rendere audace anche il più timido degli uomini e, soprattutto, è in grado di far spuntare la sincerità.
Fu quindi questa alleanza fortunata tra Bacco ed Amore ad innescare la scintilla nel cuore di Rin, facendolo avvampare, ed a rendere l’animo del giovane vulnerabile all’attacco delle frecce di Eros. Esattamente una di quelle cose che Sesshomaru non si era mai sognato neppure nei suoi peggiori incubi.

***

Il sole stava per calare quando Sesshomaru, diretto con Bonnie alla ricerca di Rin, incrociò nel suo girovagare un uomo che lo fermò con fare ossequioso.
Questo tale era un domestico dello squire che si stava giusto dirigendo verso la residenza di Lord Tallant per informarlo che la sua protetta sarebbe rimasta ospite per la cena su invito del signorino Forester e che sarebbe stata riaccompagnata a casa con i dovuti riguardi poiché ella era rimasta priva del mezzo.
Sesshomaru, congedato il domestico, stava per tornare sui suoi passi quando gli sovvenne alla mente un’informazione che, ai tempi in cui l’aveva avuta, l’aveva accantonata come totalmente irrilevante: il figlio dello squire era un ragazzetto di poco più grande di Rin e con un piccolo sforzo in più, riuscì pure a ricordarsi il suo volto.
Bonnie, vedendo il padrone immobile, perso in chissà quali pensieri, attirò la sua attenzione abbaiando.
“Non pensavo fossi interessato alla cosa, Bonnie. Hai per caso una tua opinione da darmi?”
Poiché era stato di nuovo considerato Bonnie scodinzolò felice.
“vorresti vedere che faccia ha, è così? Ebbene, te lo sconsiglio: è soltanto un ragazzetto lugubre, non fa una bella impressione a vedersi, un po’ come te”
Bonnie uggiolò.
“Si, posso capire che tua sia preoccupato per Rin, anche se, effettivamente, non l’ hai mai vista. Ogni uomo con un minimo di giudizio si accorgerebbe che quella che viene fatta passare come una semplice cortesia disinteressata, fatta per giunta da un amico di famiglia quale lo squire , acquista nuova luce se il mandante è un ragazzetto nel pieno dell’adolescenza e, per giunta, privo di attrattive”
Bonnie afferrò Sesshomaru per una manica e lo tirò verso di se.
“E sia, andiamo a controllare, visto che insisti tanto. Ma bada bene” aggiunse “in futuro evita di rovinarmi le giacche, altrimenti, qualsiasi cosa ne dica mia moglie, non avrò remore a farti sparire”
Per tutta risposta a quella che era stata una palese minaccia Bonnie scodinzolò riconoscente.
Giunsero quindi poco dopo a destinazione e Sesshomaru, lasciato il calesse incustodito, scese, seguito dalla sua canina ombra, e bussò alla porta.
Un elegante maggiordomo gli dette educatamente il benvenuto e lo invitò ad entrare nell’atrio. L’uomo era da molti anni al servizio della famiglia ed aveva riconosciuto subito in Sesshomaru il signor Tallant.
“Si accomodi pure, io vado subito ad annunciarla” disse, ed era tutto sorridente finché non gli cadde lo sguardo su Bonnie che in quel momento stava annusando con fare da intenditore il tappetino della porta “Santo Cielo: a quanto pare è entrata una brutta bestiaccia nell’atrio, me ne scuso infinitamente. Provvederò subito a cacciarla fuori” aggiunse afferrando la scopa.
“No, lo lasci stare” disse infine Sesshomaru, non senza aver sostenuto una dura lotta con se stesso: l’idea di non avere sotto gli occhi quella cosa antiestetica per qualche minuto era molto allettante.
“è vostro, signore….quel…ehm…cane?”
“è di mia moglie. Non si stupisca troppo, dovrebbe saperlo che le donne si inteneriscono per le cose più assurde”
Infatti, a conferma delle parole di Sesshomaru, pochi minuti dopo, quando Rin e i suoi ospiti lo raggiunsero nell’atrio, la ragazza emise un urletto deliziato alla vista di Bonnie.
“Guardate che carino!” esclamò “è vostro?” chiese volgendo il viso verso Kohaku, che invece stava osservando l’animale con espressione incerta.
“Mi piacerebbe molto se potesse risponderti di si” disse Sesshomaru.
“Significa che è con voi?” chiese allora Rin tutta felice, pur avendo già intuito la risposta.
Sesshomaru si limitò ad annuire con malcelata sufficienza, mentre la sua figlioccia si inginocchiava chiamando a se la bestiola, in quel momento intenta ad annusare gli stivali di James.
Bonnie si avvicinò e si lasciò accarezzare, ma sbadigliò.
“Bonnie! Studiati di imparare le buone maniere!” lo rimbeccò Sesshomaru, facendo ridere Rin. Anche gli altri avrebbero voluto ridere, ma non osarono farlo.
“Non riderei al posto tuo” continuò Sesshomaru “adesso andiamo a casa: preparati a sorbirti una bella ramanzina, signorinella”
“Ma, signore, non è giusto; io…”
Sesshomaru la interruppe alzando la mano “Basta così, a me non interessa. Qualsiasi cosa tu abbia da dire dovrai dirla a mia moglie”
“Sir, se posso permettermi…” intervenne Kohaku.
“Con chi ho il piacere di parlare?” chiese Lord Tallant, malgrado lo sapesse benissimo. Ma, visto che si era presentata l’occasione di mettere il ragazzo in imbarazzo, pensò che era giusto non lasciarsela sfuggire.
“Sono Kohaku” rispose lui arrossendo “Sono il figlio di John Forester”
“Signor Kohaku, non vi do il permesso di permettervi di dire alcunché. E tu” disse rivolto a Rin “smetti di accarezzare quell’affare e comincia ad uscire”
Kohaku provò un moto di risentimento verso Sesshomaru nel vedersi trattare in quel modo in casa sua. I suoi occhi incontrarono quelli di James e notò che l’amico se la rideva sotto i baffi, divertendosi un mondo “appena siamo soli t’ammazzo” gli sibilò dietro con un tono collerico che poco gli si addiceva. Siccome sia Sesshomaru che Rin stavano uscendo e quindi gli davano le spalle, James si permise di dare una pacca sulla schiena al suo ospite dandogli prova di non credere a mezza minaccia che uscisse dalla sua bocca.
Kohaku lo ignorò e si affrettò ad uscire, rischiando di inciampare in Bonnie che si era attardato ad annusare un portaombrelli.
Sesshomaru era già salito sul calesse ed aspettava che Rin facesse altrettanto, ma la ragazza era troppo intenta ad inondarlo con un fiume di parole che lui non aveva nessuna voglia di ascoltare. “Adesso basta, Rin: sei uscita senza permesso, hai rotto un calesse e sei rimasta fuori fino a tardi senza farci avere tue notizie. Come vedi le imputazioni a tuo carico sono già abbastanza gravi e non vedo che vantaggio ne trarresti nell’irritarmi con inutili lamentele. Taci e sali”
Rin, che conosceva fin troppo bene Sesshomaru, si rese conto che stava per arrabbiarsi sul serio: cosa che era preferibile evitare e decise che, per il momento, era il caso di mettere da parte la sua apologia. Kohaku prese Bonnie per la collottola e lo sistemò sul calesse, ai piedi di Sesshomaru. Rin gli sorrise “Volete accettare le mie infinite scuse per il disturbo che vi ho arrecato?”
“Non avete bisogno di scusarvi: sono immensamente felice di esservi stato utile” sentì un brivido freddo che gli attraversava la schiena mentre si rendeva conto che Sesshomaru lo osservava: era il caso di pesare attentamente le parole prima di pronunciarle. Avrebbe voluto dirle che era felicissimo di averla conosciuta e che la trovava simpatica e solare. Avrebbe voluto chiederle il permesso di passare a farle visita il giorno seguente. Avrebbe voluto che lei gli porgesse la mano, perché lui la potesse baciare.
Tutte cose che non era il caso di dire o fare con Sesshomaru a meno di un metro di distanza. Si accontentò quindi di porgerle la sua mano per aiutarla a salire sul calesse. Rin la accettò con un sorriso e, prima di lasciarla, la strinse.
Sesshomaru aveva osservato la scena, squadrando i due con aria omicida e Bonnie, sentendo l’irritazione del padrone, pensò di fargli cosa gradita ringhiando contro Kohaku.
Il ragazzo, poiché non si aspettava che il cane gli si rivoltasse contro, balzò spaventato indietro, rendendosi ridicolo con somma gioia di Sesshomaru.
Una volta che il calesse si fu allontanato, Sesshomaru grattò la testa a Bonnie con aria soddisfatta “Sai che sto iniziando a rivalutarti?” gli disse, e per Bonnie quello fu il momento più bello della giornata.

***

Rin dovette quindi ringraziare Bonnie se, una volta giunti a casa, la rabbia latente di Sesshomaru non si era manifestata e si limitò ad armarsi psicologicamente per far fronte alla sola Kagura.
Lady Tallant infatti, passato un primo momento di sollievo in cui l’aveva abbracciata, esprimendole tutta la sua gioia nel vederla sana e salva si ricordò di quanto aveva penato, preoccupata per la sua sorte ed iniziò a farle una ramanzina coi fiocchi. Rin dal canto suo si limitava ad annuire ogni tanto, senza ascoltare, poiché il suo cervello stazionava in un mondo immaginario in cui Kohaku le sorrideva e le porgeva la mano per aiutarla a salire in carrozza.
Quando però Kagura ebbe finito il suo monologo Rin dovette ricollegare il cervello con la realtà e soprattutto dovette spiegare alla matrigna cosa le era precisamente capitato.
“Il calesse si è rotto” spiegò “vicino alla tenuta da caccia dello squire”
“Per fortuna” commentò Kagura “Quindi dentro c’era qualcuno, devo dedurne?”
“Si, il figlio dello squire, Kohaku. Sapete chi è vero? Il fratello della vostra amica Sango” rispose Rin, con occhi scintillanti.
“Sul serio?! Allora è tornato da Oxford!” esclamò Kagura, in un mutamento d’umore così repentino che Sesshomaru si voltò a guardarla come se fosse psicopatica.
“Ha portato un amico per la stagione della caccia”
“Che bellezza. È tantissimo tempo che non lo vedo, chissà come è cresciuto”
Rin avrebbe avuto una bella risposta da darle, ma non le sembrò il caso, con Sesshomaru presente, e si limitò ad un più diplomatico “è molto gentile e ben educato”
“Certo, lo è sempre stato, è nella sua indole” disse Kagura con approvazione.
Sesshomaru, che fino a quel momento aveva a mala pena captato qualche parola, prestò attento orecchio alla conversazione poiché aveva preso una piega che non gli piaceva per niente.
Non ci mise molto a pentirsene poiché dovette sorbirsi uno sproloquio interminabile in cui Kagura tesseva le lodi di Kohaku con tanta maestria e convinzione da farlo apparire agli occhi già innamorati di Rin come il dio Amore in persona ed agli occhi già disgustati di Sesshomaru come l’essere più intollerabile mai prodotto dalla stirpe umana.

*Ovidio = et Venus in vinis, ignis in igne fuit -> mettere insieme Venere e vino è come aggiungere fuoco al fuoco

Capitolo 3

Il mattino seguente Sesshomaru uscì di buon ora e Bonnie, non potendosi lasciare sfuggire l’occasione di passare un po’ di tempo insieme al suo adorato padrone, quando lo vide scendere le scale gli corse incontro facendo un gran fracasso.
“Ti sembra il modo di darmi il buon giorno?” lo ammonì Sesshomaru inutilmente, poiché Bonnie era troppo felice di poterlo vedere per poter prestare il minimo orecchio alle lamentele del padrone. “Io adesso esco a cavallo. Lo sai cos’è un cavallo, Bonnie?”
Bonnie tentò di arrampicarsi sulle sue gambe, impresa destinata a fallire malamente poiché, pur alzandosi in tutta la sua altezza, non riusciva neanche a raggiungere le ginocchia di Sesshomaru. “Il cavallo è quell’animale dall’aspetto nobile e fiero, che tu non avrai mai, e che con una zoccolata potrebbe spaccarti la testa, tanto è più grosso di te. Capisci dove è il problema Bonnie?”
Bonnie si limitò a guardarlo con aria ammirata, la lingua penzoloni, scodinzolando.
“No, certo che non lo capisci” Sesshomaru scosse la testa “vedi, Bonnie, devi sapere che il mio cavallo è di razza: è un bellissimo animale che ho pagato fior fior di quattrini e, se lo lancio al galoppo, va più veloce del vento. Tu invece” continuò con espressione disgustata “con quelle tue ridicole gambette tozze, dove pensi di poter arrivare? Non ho intenzione di farmi al passo la mia più che meritata cavalcata mattutina perché ci sei tu”
Detto questo aprì la porta ed uscì, fingendo di ignorare ogni possibile risposta di Bonnie che, dal canto suo, era corso fuori abbaiando a tutto ciò che gli capitava a tiro: un paio di spauriti pettirossi, lo stalliere ed il famoso cavallo di Sesshomaru.
“Ammira, Bonnie” disse prendendo le redini dalle mani dello stalliere, un ragazzetto di nome Tim, ed accarezzando con aria compiaciuta il grande sauro nero “questo è un signor animale. Non tu”
Bonnie però era troppo impegnato ad annusare lo stalliere per poter prestare attenzione a qualsiasi critica e non si accorse che il suo padrone si era issato in sella ed era partito lasciandolo lì da solo.
Sesshomaru non aveva fatto in tempo a percorrere neanche venti metri che si sentì raggiungere da un abbaiare disperato. Irritato decise di far finta di nulla, di certo non avrebbe potuto raggiungere il cavallo ed a furia di abbaiare si sarebbe stancato. Eppure il povero Bonnie continuò a correre a perdifiato sulla sua scia, mettendo in quell’impresa tutte le energie che aveva in corpo, come se ne andasse della sua vita. Sesshomaru, con una inconsueta imprecazione, fermò il cavallo ed attese.
Bonnie, con la lingua più penzoloni del solito, lo raggiunse e si appiattì sul selciato.
Sesshomaru stette per qualche momento a guardarlo con aria truce, poi scese da cavallo e disse “Dovrò sorbirmi queste scene ogni volta che esco di casa?”
Bonnie rimase immobile a terra, ma iniziò a scodinzolare.
“Sei un perfido ricattatore… ed io che pensavo che la bruttezza fosse il tuo difetto peggiore. Adesso ascoltami bene” il tono di Sesshomaru si fece minaccioso “è già la secondo volta che ti comporti in questo modo, ti avviso: non ce ne sarà una terza. Siamo intesi?” non fece in tempo a terminare che Bonnie malgrado fosse senza fiato, si alzò subito in piedi.
Fu così che Sesshomaru si fece la sua passeggiata mattutina camminando accanto al suo cavallo ed inciampando ogni tanto in un cane che non la voleva smettere di stargli in mezzo ai piedi.

***

Quando rientrò trovò Kagura nell’atrio, pronta per uscire.
“Dove andate?” si informò dopo che la moglie ebbe dato il buongiorno a Bonnie in una profusione di vezzeggiativi.
“Dai Forester, mi è arrivato un biglietto di Sango poco dopo che siete uscito”
“Volete che vi accompagni?”
“Non è lontano, non importa che vi scomodiate”
“Anche Bonnie lo desidera”
Siccome in quel momento Bonnie si stava grattando con totale indifferenza, Kagura rise.
“Visto che Bonnie lo desidera tanto…”
“E si limiterà a desiderarlo, poiché ci attenderà a casa”
Sesshomaru aveva sempre ritenuto il giudizio di sua moglie valido e razionale e non si sarebbe mai aspettato che lei potesse prolungarsi in una tale serie di complimenti per il primo ragazzetto funereo che le capitava a tiro. Era quindi più che certo che Kagura vedesse Kohaku in così buona luce perché lo ricordava da bambino e non lo aveva più visto per parecchi anni.
Ma nel rivederlo avrebbe certamente mutato la sua opinione, di questo Sesshomaru era certo. Poiché ai suoi occhi di intenditore non esisteva essere di cui la vista lo irritasse maggiormente: Bonnie al confronto era un Bronzo di Riace.
E lui non si sarebbe perso quella scena per nulla al mondo, doveva scegliere solo qual’era il momento più adatto per dire alla moglie “Visto? Che vi dicevo?”.
Quando il marito le porse la mano per aiutarla a scendere dal calesse Kagura non poté fare a meno di notare il sorrisetto che Sesshomaru tentava a stento di nascondere ed a quel punto dovette dubitare che il piacere che le aveva fatto il marito accompagnandola fosse completamente disinteressato.
Quando i coniugi Tallant giunsero dai Forester, James e Kohaku erano appena tornati dalla caccia e così, tutti e quattro, si fermarono a parlare nell’atrio.
Kagura fu molto felice di rivedere il suo piccolo amico che, con sommo dispiacere per Sesshomaru, si comportò in maniera impeccabile.
Attirata dalle voci fece la sua comparsa Sango e Sesshomaru dovette sorbirsi per la seconda volta in meno di ventiquattro ore il cicaleccio di due voci femminili che elargivano lodi come se fossero pane. Ovviamente, come il lettore avrà già capito, il problema non era tanto cosa le due donne stessero dicendo, quanto a chi lo stessero dicendo.
Colto, studioso, modesto, elegante, simpatico, maturo e molti altri aggettivi, vennero abbinati al nome di Kohaku, ma nessuno di questi trovò l’approvazione di Sesshomaru che tendeva piuttosto per: insignificante e fosco. Erano solo due parole, ma rendevano bene l’idea.
Intanto il povero Kohaku stava pensando che in vita sua fino a quel momento si era trovato in ben poche situazioni peggiori di quella: due donne lo lodavano come se fosse un bambino, poiché ai loro occhi lui era proprio questo, mentre il suo amico James tratteneva a stento le risate e lo guardava come per dire: ti prenderò in giro finché campi; ed infine Sesshomaru lo trafiggeva con uno sguardo che avrebbe congelato persino un pinguino.
“Vorreste unirvi a noi per pranzo?” chiese Sango a Kagura, distogliendo per un attimo l’attenzione da Kohaku.
Lei si voltò verso Sesshomaru “A voi sta bene?” chiese. Lui si limitò ad alzare le spalle e Kagura capì che aveva omesso di dire “se proprio ci tenete” soltanto perché non erano soli.
“Allora accettiamo con gioia”
“L’invito è esteso anche a Rin” propose Sango in buona fede, senza sapere di non star facendo nulla di gradito a Sesshomaru. “penso che le farebbe piacere fare la conoscenza dei nostri due giovanotti”
“Oh, ma la conosciamo già” si intromise James, cosa di cui Kohaku poté solo ringraziarlo, poiché lo sguardo raggelante del signor Tallant si spostò su di un’altra vittima. James però parve del tutto immune e continuò tranquillamente a raccontare a Sango gli avvenimenti della sera precedente.
Il comportamento di Sesshomaru, che per qualsiasi estraneo poteva apparire del tutto nei suoi canoni, aveva invece insospettito Kagura: un’idea non del tutto impropria aveva iniziato a formarsi nella sua testa ed aspettava soltanto di avere qualche altro indizio per valorizzarsi.
“Non siete felice che Rin abbia dei compagni della sua età?” chiese Sango.
Kagura sentì Sesshomaru che bofonchiava “Non desideravo altro” con un tono fin troppo marcatamente sarcastico e si affrettò a sovrastare la voce del marito, in modo che nessun altro lo sentisse.
“Certamente, Dio solo sa quanto mi sarei annoiata io se avessi dovuto passare la mia adolescenza con gli adulti”
“Volete che mandi la mia carrozza a prenderla?”
“Se può farvi piacere mi assumo personalmente l’incarico” disse James.
“No, non mi fa piacere” Sesshomaru si era finalmente deciso ad intervenire nella conversazione, fornendo inconsapevolmente a Kagura l’indizio che tanto attendeva.
“Volete andare voi?” gli chiese sua moglie.
Sesshomaru fulminò Kagura con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque sul colpo, ottenendo il risultato inverso: gli occhi della moglie si illuminarono e dalla sua espressione capì che se fossero stati soli, lei non si sarebbe peritata a ridere.
“Lo farò con piacere” rispose lui rimettendosi il cappello.
“Vuol dire che verrò a farvi compagnia” rispose lei.

***

Nella strada del ritorno le parti si erano invertite: mentre all’andata era Sesshomaru a ridersela sotto i baffi, adesso era Kagura a trovare la situazione molto divertente.
“Volete farmi il piacere di smetterla?”
Sua moglie esibì la sua migliore espressione di falsa innocenza “Di far cosa?”
“Di ridacchiare di me”
“Ma io non stavo certo ridacchiando di voi” rispose Kagura, mentre tuttavia continuava a ridacchiare “non vi trovo affatto ridicolo, anzi: penso che siate molto tenero”
Sesshomaru tirò le redini dei cavalli, facendo fermare di colpo il calesse. Poi si voltò verso la moglie “Prego?”
“Siete geloso di Rin”
Colpito.
“Dovete accettare i fatti: i bambini crescono, Rin non avrà per sempre undici anni e voi non potete rinchiuderla non appena un ragazzo le si avvicina”
Affondato.
Sesshomaru mantenne lo sguardo su sua moglie per qualche altro momento, poi riprese le redini e fece ripartire il calesse.
“Non dite nulla?”
“Quel ragazzetto non mi piace”
“Questo lo avevo capito. Quello che non capisco è il motivo”
Sesshomaru alzò le spalle “Non deve esserci per forza un motivo”
“Si, invece”
Sesshomaru si sforzò di pensarci per qualche attimo e dovette ammettere, almeno con se stesso, che effettivamente non c’era nessun motivo logico per cui non gli piacesse: era un ragazzo serio, che si impegnava per formarsi un futuro e non perdeva tempo in tutte quelle frivolezze da cui si lasciavano contagiare tutti i ragazzi della sua età che avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia ricca.
Tutte cose che invece sembravano essere il pane quotidiano del suo amico James.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, non poté fare a meno di pensare.
“Se fosse stato veramente il gentiluomo che sostenete, ieri sera avrebbe subito riportato Rin a casa, non l’avrebbe trattenuta per la cena”
Difatti era stata un’idea di James, ma questo Kagura non poteva saperlo.
“Convengo che non sia un comportamento completamente in linea con l’etichetta, ma neppure potete sostenere che si tratti di un oltraggio”
Sesshomaru rimase zitto e Kagura sospirò “Permettetemi una domanda: se fate tutte queste storie soltanto perché Rin è stata un paio d’ore ospite di un ragazzo, cosa avete intenzione di fare quando inizieranno a corteggiarla? Vi ricordo che tra poco andremo a Londra e Rin debutterà in società: a quel punto, anche grazie alla dote alquanto allettante, non riuscirete neanche a contare il numero dei pretendenti”
Questo purtroppo Sesshomaru lo sapeva benissimo “Pensavo di chiuderla in cima ad una torre e di mettere un drago a farle la guardia”
Kagura finse interesse per quella proposta “Potremmo far costruire la torre direttamente intorno a lei, senza le porte”
“Visto che siete d’accordo, domani chiamerò l’architetto ed inizieremo i lavori”
“Seriamente, Sesshomaru. Personalmente sarei felice se, tra tutti coloro che la corteggeranno, ci fosse Kohaku”
“Siete ingiusta”
“Perché?”
“Perché dicendo così mi costringete a scegliere tra la vostra felicità e la mia”

Capitolo 4

Il sole era sorto da pochi minuti ma Sesshomaru era già sveglio ed elegantemente vestito. Se ne stava in piedi di fronte ad un grande specchio nel disperato tentativo di legarsi la cravatta: tale operazione gli veniva sempre così automatica, ed il risultato finale era sempre così perfetto, che in quel momento stentava a credere ai suoi stessi occhi.
Ogni nodo che faceva, e ne aveva fatti parecchi, era un’ oscenità.
Quando si era ritirato per dormire era solamente irritabile, si era svegliato nervoso ed adesso quella dannata cravatta lo stava facendo montare su tutte le furie.
La sera prima era successo ciò che non avrebbe mai ritenuto possibile: avrebbe preferito essere con Bonnie. ”Il che” pensò facendo una smorfia allo specchio mentre scioglieva il nodo della cravatta “fa ben capire la gravità della situazione”. Ricominciò a fare l’ennesimo nodo.
Quella che si preannunciava come una serata divertente si era dimostrata tutt’altro.
Era iniziata bene perché Kohaku, sotto lo sguardo inquisitore di Sesshomaru, non si sentiva molto a suo agio. Era ben coscio di non avere libertà completa nella scelta degli argomenti di cui parlare con Rin, ma non sapeva se gli fossero concesse anche le cose più banali come mangiare, bere o, semplicemente muoversi. Andò a finire che il povero ragazzo era in una tale situazione di soggezione che rischiò per tre volte di rovesciarsi addosso il vino, fece un vero e proprio attentato alla salute del cameriere ( infatti poco ci mancò che non gli rovinasse addosso con la sedia) ed infine rischiò di strozzarsi con il cibo poiché un’occhiata di Sesshomaru particolarmente bieca gli fece momentaneamente dimenticare come si faceva a deglutire.
Tutto ciò non lo aiutò a far accrescere la stima che Lord Tallant aveva nei suoi confronti.
Il lettore si starà domandando come mai, visto che in quel momento erano i fatti a dar ragione a Sesshomaru, egli non si sentisse appagato della figuretta meschina che il povero ragazzo stava facendo: il problema era che, ogni volta che Kohaku si esibiva, Sesshomaru si voltava con aria trionfale verso Kagura, solo per scoprire che lei, dato che non stava guardando Kohaku, non si era accorta di nulla.
Kagura, dal canto suo, cercava di tenere tutta la sua attenzione concentrata su Sango. Era infatti ben conscia di ciò che stava capitando al resto dei commensali: Sesshomaru guardava Kohaku come avrebbe guardato gli escrementi di qualche volatile trovati a sorpresa sul sedile del calesse; Kohaku tentava senza successo di far finta di nulla riuscendo solo a peggiorare la sua situazione; Rin, tanto impegnata ad ammirare Kohaku da non accorgersi che il poveretto non stava facendo una gran bella figura, rispondeva alle chiacchiere di James a monosillabi, lasciando molto maleducatamente che il ragazzo tenesse un monologo (cosa di cui, tra l’altro, sembrava non essersi accorto).
C’era materiale per ridere dei mesi.

***

Kagura entrò nella stanza, fermandosi sulla porta.
Si prese qualche momento per osservarlo, chi scrive non gliene fa certo una colpa, e notò i movimenti nervosi con cui il marito cercava di farsi il nodo. Quando finì il risultato era perfetto, eppure lui se lo sciolse con un gesto rabbioso ed iniziò tutto da capo. Il rituale si ripeté per altre tre volte prima che Sesshomaru distogliesse l’attenzione da se stesso e notasse il riflesso della moglie nello specchio.
“Perché ve ne state lì alle mie spalle senza farvi notare?” le chiese mentre ritornava a guardare la cravatta “Oltre a non essere un comportamento educato non è neanche una cosa rassicurante”
Lei sorrise e gli si avvicinò “Non è stata tanto la maleducazione a spingermi quanto la curiosità”
Lui sollevò un sopracciglio “Curiosità?”
“Volevo vedere quanto tempo sarebbe passato prima che perdeste completamente la pazienza”
“L’ ho persa”
Lui si voltò verso Kagura, sciolse di nuovo il nodo e le consegnò i due capi della cravatta.
“Perché siete già in piedi? E’ molto presto” chiese mentre lei si cimentava nell’impresa.
“Perché volevo ammirarvi in tutto il vostro splendore prima che partiste”
“Cosa che mi lascia alquanto diffidente”
“Non mi credete?”
“Ripartiamo” lui si guardò intorno per poi soffermare lo sguardo sulla moglie “oh, cara” esclamò come se lei fosse appena entrata nella stanza “Qual buon vento vi porta qui di primo mattino?”
“Ci tenevo tanto a farvi il nodo della cravatta: cosa preferite? Un classico? Un Gran?… oppure un Napoleone?”*
“Non oserete farmi un Napoleone, spero!”
“Perché? Si abbinerebbe molto bene al taglio di questa giacca”
“Non posso andare in giro con un Napoleone al collo!”
“Pronto” disse lei soddisfatta.
Sesshomaru si voltò per specchiarsi: la sua cravatta sfoggiava un bellissimo Napoleone e, con sommo disgusto di colui che lo aveva al collo, si abbinava in maniera perfetta con il taglio della giacca.
“Lo sapete dove sto andando, vero?” chiese lui, senza smettere di squadrare la cravatta con aria truce.
“Certo”
“Non pensate che sia sconveniente?”
“Penso piuttosto che sia divertente” rispose lei, sorridendo al marito attraverso lo specchio “mi rammarico di non poter venire”
Lui fece finta di soppesare le ultime parole della moglie con la massima serietà “Potreste venire comunque. Pensate la faccia che faranno quei vecchi pancioni quando vedranno entrare Lord Tallant in compagnia di una donna e con un Napoleone al collo”
“La mia era soltanto una battuta”
Lui continuò a guardare il nodo, poi alzò le spalle: se si abbinava con la giacca che importanza poteva avere il suo nome? “Aggiudicato”
Salutò la moglie e si mise il cappello, ma quando stava per uscire si voltò di nuovo verso Kagura “Un’ultima cosa” disse con un tono marcatamente serio “Se durante la mia assenza si fa vivo il pupo Forester, spero per voi che abbiate il buon gusto di cacciarlo. Potrei non rispondere della mia reazione, altrimenti”
Lei lo guardò con un’espressione di pura incredulità sul viso.
“Che faccia fate mai? La mia era soltanto una battuta”

***

In fondo alle scale trovò ad attenderlo la sua seconda moglie: Bonnie lo accolse con il fracasso che gli era abituale.
“Questa la trovo una cacofonia di dubbio gusto, ma d’altra parte, cosa in te non lo è?”
Tirò dritto, intenzionato a far finta di nulla, sfoderando la sua migliore espressione impenetrabile, come se il cane potesse accorgersi del mutamento del suo viso: non solo dovete tener conto che per Bonnie era veramente un problema vedere più in su del ginocchio di Sesshomaru ma soprattutto che neanche essere umano avrebbe mai notato una tale differenza.
Non gli riuscì molto bene perché Bonnie gli camminava in mezzo ai piedi.
“Sono veramente costernato” disse con un tono di voce che lasciava intendere l’esatto opposto “ma stamani non puoi proprio venire”
Bonnie interpretò la sosta e le parole del padrone come un segno positivo: abbaiò felice ed iniziò a saltellare.
“Suppongo tu non abbia capito”
Sesshomaru si guardò intorno, finché i suoi occhi si fermarono su di un pannello di legno su cui erano state diligentemente smistate le chiavi delle varie stanze della casa.
Si avvicinò e ne scelse una, per poi dirigersi in fondo al corridoio dove si trovava una porta a vetri che immetteva in un piccolo sgabuzzino.
“Bonnie, qua!” chiamò Sesshomaru, battendosi la mano sulla coscia.
La gioia che provò Bonnie in quel momento è di difficile descrizione, ma una cosa è certa, fu tanto grande da offuscare tutti i suoi intuiti canini e gli impedì di fiutare il pericolo.
Partì a corsa verso il padrone, scivolando sulle piastrelle lucide del corridoio.
Sesshomaru non fece una piega: quando il cane fu accanto a lui, lo spinse con il piede dentro lo sgabuzzino e chiuse la porta con doppia mandata.
Bonnie ci mise qualche secondo a rendersi conto della situazione, fece un paio di giri su se stesso e poi vide l’immagine di Sesshomaru al di là del vetro, leggermente deformata.
Posò le zampine posteriori sulla porta e guardò il padrone scodinzolando.
“Giù le zampe dal vetro!”
Fu come dirlo alla porta.
Sesshomaru si chinò sulle ginocchia e ripeté l’ordine “Giù ho detto!”
Bonnie posò le zampe a terra.
“Sai, forse, e sottolineo forse, Kagura ha ragione: forse sei intelligente”
A stupire Sesshomaru non era tanto il fatto il fatto che Bonnie avesse obbedito all’ordine (Sesshomaru infatti trovava del tutto naturale che non solo i cani, ma anche le persone, obbedissero ai suoi ordini) ma che la bestiola, o meglio, la bestiaccia, avesse accettato stoicamente la sua prigionia, senza lamentele di sorta.
Si alzò e si avviò lungo il corridoio.
Detto fatto: Bonnie, non appena il padrone sparì dal suo campo visivo, cominciò a chiamarlo a gran voce. Abbaiava tanto forte che avrebbero potuto sentirlo fino in Scozia, con l’ovvio intento di attirare l’attenzione di Sesshomaru, che invece, infastidito dal frastuono, accellerò il passo verso l’uscita. Si trovava nell’atrio quando Bonnie smise di abbaiare ed iniziò a piagnucolare. Il maggiordomo accorse preoccupato, pensando che qualcuno stesse facendo del male al cane.
“E’ soltanto un ricattatore” disse Sesshomaru chiudendo la questione.
“Prendi la chiave e mi raccomando: fallo uscire soltanto quando sarò troppo lontano perché possa seguirmi”
Intanto Bonnie continuava a piangere disperato, raschiando la porta dello sgabuzzino che, contro tutte le aspettative di Sesshomaru, non attutiva i suoni, ma sembrava amplificarli.
Il suo abbaiare era tanto disperato che sia Kagura che Rin accorsero, precipitandosi giù per le scale.
“Santo Cielo! Che succede a Bonnie?” esclamò Rin guardandosi intorno in cerca della fonte di tutta quella tristezza senza trovarla.
Kagura invece, non appena aveva visto che in fondo alle scale c’era Sesshomaru, capì, se non proprio tutto, abbastanza e gli andò di fronte con fare minaccioso.
“Che avete fatto a Bonnie?” più che una domanda sembrava un’accusa.
Tutta la reazione di Sesshomaru consisté nel sollevare un sopraciglio.
Kagura lo guardò esasperata, il pianto di quella povera bestiola le faceva male al cuore. A quel punto cominciò una lunga serie di lamentazioni spezzate: Kagura non poteva credere che quel pianto non facesse nessun effetto a suo marito: a lei faceva una pena incredibile.
“Vi prego, fatelo smettere!” disse Rin, e per poco non pianse anche lei.
Sesshomaru alzò gli occhi al cielo “Nessuno gli sta facendo niente di male, è soltanto chiuso nello sgabuzzino e ci starà finché io non sarà abbastanza lontano” spiegò come se parlasse a delle bambine piccole “Non soffre veramente, fa solo finta. Non vedete che cerca di far leva sul vostro cuore eccessivamente sensibile per ottenere ciò che vuole?”
Sia Kagura che Rin lo guardarono allibite, come se lo vedessero per la prima volta.
Poi Kagura si arrabbiò.
“Mi rifiuto di ascoltare ancora quella povera bestiolina che piange per voi! Esigo che apriate quella porta!”
Rin non poteva certo urlare contro il suo patrigno, ma fece comunque capire qual’era il suo punto di vista annuendo, con occhi lucidi di lacrime, alle parole di Kagura.
Sesshomaru quindi si trovò con le spalle al muro: da una parte c’erano Rin e Kagura che lo guardavano come se fosse un vile pendaglio da forca, dall’altra c’era Bonnie che piangeva come se qualcuno lo stesse bastonando. Ed il maggiordomo non trovava niente di meglio da fare che guardarsi le punte delle scarpe.
Alzò gli occhi al cielo e maledisse l’intera stirpe femminile, poi però fece esattamente ciò che Kagura gli aveva detto di fare.

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Capitolo 4
*** capitolo 3 ***


Il lettore si sarà domandato in quale posto si stesse recando Sesshomaru, dato che reputava tanto sconvolgente recarvisi con un Napoleone al collo.
Ebbene, come abbiamo già visto in precedenza, una delle poche cose (o forse l’unica) che Lord Tallant aveva ereditato dal suo beneamato padre era il titolo nobiliare.
I Lords dell’impero britannico furono un’istituzione diversa dalla nobiltà di ogni altro stato: insieme al titolo ed a tutti i vantaggi che ne derivavano il primogenito di famiglia ereditava il posto del padre nella Camera dei Lords, luogo in cui i Pari del Regno pagavano i privilegi della loro posizione con il servizio.
L’entusiasmo di Sesshomaru per tale compito rasentava l’indifferenza più totale.
Avrebbe con molto piacere rinunciato alla carica se non fosse stato per Kagura: si sentiva in dovere di fare qualcosa di materiale per contribuire al benestare della loro piccola famiglia, poiché a causa del suo diletto padre, tutte le entrate gravavano sulla testa di sua moglie e dei privilegi di lei. Se poi il lavoro materiale che doveva fare consisteva nello stare seduto su una poltroncina a sputare sentenze, cosa che gli veniva oltremodo bene, era un compito che poteva assumersi tranquillamente. Tra le varie cose che lo infastidivano di quel luogo, ed erano molte, quella che più gli dava pena era l’esser chiamato Pari: lui non era il pari proprio di nessuno, meno che mai di certa gente che si trovava lì.
Di uno in modo particolare.
Non appena ebbe varcato il portone d’ingresso si sentì chiamare a gran voce.
“Sesshomaru!”
Era un tono parecchio colloquiale e soltanto una persona di sua conoscenza si sarebbe azzardata ad urlare il suo nome con tanta confidenza in un luogo pubblico. Non ebbe neanche il bisogno di girarsi per sapere che colui che in quel momento stava scendendo le scale di gran lena era Inuyasha.
Aveva un carico non indifferente di libri e documenti che cercava di tenere in equilibrio, riuscendoci solo in maniera pericolosamente precaria. A Sesshomaru non passò neanche nei meandri più reconditi del cervello che avrebbe potuto aiutarlo a portare qualche cosa.
Non era mai riuscito a capire come, usando chissà quali influenze, suo padre era riuscito ad infilare il figlio illegittimo in Parlamento. Forse era tutto dovuto alla bontà di Lord Knightely, l’uomo per cui Inuyasha faceva il portaborse.
“Sesshomaru!”
Lord Tallant era troppo impegnato nella contemplazione dei cassettoni del soffitto per prestare attenzione al fratello.
Inuyasha, non potendo usare le mani, gli dette una gomitata “Ehi!”
“Oh, Inuyasha” disse con finto stupore “non ti avevo visto”
“E’ una settimana buona che non ti fai vedere da queste parti!” disse Inuyasha tutto giulivo, evidentemente felice di rivedere il fratello (felicità di cui non era ricambiato) “Eppure non è passato così tanto tempo! Sembra ieri”
“Invece è oggi”
“Volevo passare a casa vostra a salutarvi, però ho avuto troppo lavoro da fare”
“Immagino”
“Da quando Lord Knightely è stato eletto capo-gruppo e la Svezia ci ha proposto il trattato, non abbiamo avuto un attimo di tregua”
“Mi rincresce”
“Molto probabilmente aderiranno anche l’Austria e la Russia”
“Ma senti”
Inuyasha alzò gli occhi al Cielo “Feh! Invece di far finta che io non esista potresti anche ascoltarmi! Non mi sembra una fatica così mostruosa!”
“Infatti”
“Basta! Vado a cercare Lord Knightley!” esclamò Inuyasha cominciando ad allontanarsi “e mi raccomando: attento quando sali le scale, non vorrei che ti si sgualcissero i pantaloni!”
Fu però Sesshomaru ad incontrare Lord Knightley: lo trovò giusto in cima alle scale, svoltando per il corridoio.
“Lord Tallant, che piacere vedervi! Era da una settimana che non vi facevate vivo in Parlamento”
“Per il Cielo, Miroku! Avete detto le stesse identiche cose che ha detto il vostro portaborse!”
“Beh, Inuyasha ha ragione”
“Le parole Inuyasha e ragione non possono stare nella stessa frase: è un ossimoro”
Miroku rise di gusto.
La presenza di Sesshomaru in Parlamento era molto più che gradevole, era allettante: questo non perché egli fosse un elemento indispensabile per la politica del suo gruppo, anzi, da quel punto di vista Lord Tallant era inutile, se non addirittura dannoso.
Miroku aveva il sentore che Sesshomaru provasse un segreto piacere nel seminare discordia, anche se non aveva i mezzi per provarlo.
Il fatto era che, lo facesse o no con intenzione, con una parolina messa qua, un’altra là, dette nel momento giusto, riusciva ad innescare la miccia di certe discussioni che il più delle volte esplodevano in veri e propri litigi assembleali, ai quali ovviamente non partecipava.
Restava nel suo seggio a rimirare l’opera: come un pittore che ha appena terminato di dipingere il suo ultimo quadro e lo osserva, come per decidere se sia perfetto o se abbia bisogno di un ultimo ritocco.
E gli ultimi ritocchi di Sesshomaru erano delle pennellate da vero maestro.
Miroku, in quanto capogruppo, avrebbe dovuto adirarsi non poco, eppure trovava il tutto molto divertente.
Inoltre c’era Inuyasha: i quadretti comici che si creavano tra i due fratelli erano meravigliosi.
“Venite, avviamoci ai nostri posti, devo informarvi di tutto ciò che è capitato in vostra assenza”
Sesshomaru indicò con un gesto della mano il corridoio alle sue spalle.
Mentre Miroku lo sorpassava notò che teneva una rivista sotto il braccio “cos’avete lì?”
“Ah, questa? È il English Chronicle, il giornale che finanzio”
“Politica?” chiese Sesshomaru accettando la rivista che l’altro gli porgeva.
“Cultura”
Lord Tallant annuì compiaciuto: aveva trovato qualcosa di interessante a cui dedicare il suo tempo quella mattina. Arrivati che furono alle loro poltroncine si sedette comodamente ed iniziò a sfogliare il giornale.
“Lo finanziate e basta?”
“ Ne sono il vero e proprio editore. Potrei dire che a tutti gli effetti è il mio giornale, se non fosse che non vi ho mai scritto su una riga”
Sessshomaru iniziò a sfogliare la rivista, senza soffermarsi su nessun articolo in particolare mentre Lord Knightely lo informava degli ultimi sviluppi politici: Napoleone infatti, da poco incoronatosi re d’Italia, era riuscito ad annettere anche la Repubblica di Genova al suo vasto impero.
“Con tutto il rispetto Lord Knightely, ma per quale motivo vi angustiate tanto per una cosa che è successa a miglia e miglia da qui? Potrei capirvi se si fosse incoronato re dello Yorkshire, anche se dubito fortemente che ciò possa avvenire”
“Credo che riuscire ad interessarvi a qualcosa sia un’impresa molto più ardua che unificare l’Italia, anche Napoleone avrebbe il suo bel da farsi”
“Riprovate”
“Molto probabilmente verranno firmati a breve degli Atti che permetteranno a Scozia ed Irlanda di avere dei rappresentanti eletti in Parlamento”
“Era anche l’ora”
“Tallant mi stupite! Io vi ho sempre creduto un nazionalista…”
“Perché dovremmo pensare noi ai loro affari? Che se li sbrighino per conto loro. Se per farlo hanno bisogno di qualcuno che ciondoli qui con noi, liberissimi”
“…ma, a quanto pare, siete solo infingardo”
Finalmente un articolo riuscì ad attirare l’attenzione di Sesshomaru, in una colonna a bordo pagina era stata riportata la recensione di un pamphlet in difesa dei diritti della donna, The Female Advocate*. Non ne aveva mai sentito parlare e gli riusciva anche facile indovinarne il motivo: Kagura non lo aveva letto. Fosse stato diversamente se lo sarebbe trovato ogni giorno sbandierato sotto il naso. Per un breve istante pensò di far distruggere tutte le copie che si trovavano entro un raggio di trenta miglia da casa sua, ma sapeva che sarebbe stato inutile. Adesso che lui era venuto a conoscenza dell’esistenza di quell’affare, entro breve anche sua moglie lo avrebbe letto: era una legge di natura, la stessa che fa cadere la tartina sul tappeto sempre dal lato imburrato. Quella che il comune popolo chiama sfortuna.
“Perché avete pubblicato questa cosa?”
Miroku alzò le spalle “perché sono cose vere, no? Vero è che la nostra società rispetta le donne, a parole lo facciamo tutti. Vero anche è che nei fatti quella stessa società che le esalta in realtà le soggioga: non da loro la possibilità di essere indipendenti economicamente o di poter svolgere un qualsiasi tipo di lavoro e quelle che hanno del denaro proprio devono lasciare che siano i loro mariti ad amministrarlo. L’unico modo che hanno per ottenere la felicità è fare un bel matrimonio”
“Parlate come se rispettaste le donne”
“Ma io le rispetto! Il fatto che mi piacciano tutte è un altro discorso!”
“Tutte…” bofonchiò Sesshomaru “Tutte son troppe: sorvolando sul fatto che quel tutte comprende anche mia moglie e mia figlia, esistono tali donne in società la cui stupidità è seconda solo alla loro bruttezza.”
“Non siate discriminatorio”
“Avete ragione: vale lo stesso anche per gli uomini”
“Suvvia Tallant! Dovrete ammettere che le donne sono esseri particolari, divini forse!” declamò Miroku con occhi pericolosamente luccicanti.
Sesshomaru, memore della disavventura di quel mattino, fu costretto ad ammettere, almeno con se stesso, che in tutto il globo c’erano almeno due donne che esercitavano quel potere su di lui. Il fatto che fossero solo due e che fossero riuscite comunque a trovarlo ed incastrarlo era la prova tangibile che se Dio si era fatto uomo, il Diavolo si era fatto donna.* “Volete un consiglio? Non mettetevene in casa più di una. Diventa un problema tener loro testa: si coalizzano”
Miroku sospirò “…e pensare che volevo solo figlie femmine”
Sesshomaru non aveva mai sentito desiderio tanto bizzarro. E, soprattutto, pericoloso: lui non aveva il coraggio di dir di no a sua moglie sola, figurarsi se era circondata da delle piccole Kagure in miniatura. Era una prospettiva a dir poco raggelante.
Siccome qualcuno aveva deciso che non era abbastanza quel pensiero per raccapricciarlo, fece la sua comparsa Inuyasha.
“Miroku! Eri qui allora!” sbraitò con poco garbo verso i due Lords.
Sesshomaru tornò a leggere l’English Chronicle, poiché all’improvviso si era sviluppato in lui un interesse particolare per un racconto su di una abbazia che prima non aveva degnato neanche di uno sguardo.
“Inuyasha! Quante volte devo dirti che quando siamo qui dentro devi chiamarmi con il mio titolo!?”
Inuyasha gli battè una mano sulla spalla “Scusa Miroku, me ne dimentico sempre” disse, ottenendo un sogghigno da parte di Sesshomaru. Non se ne curò e si sedette nella poltroncina accanto a Miroku. “Inuyasha che fai?! Quello è il posto di Lord Rosebery ”
“Feh, figurati se quel vecchio si degna di venire, avrebbe dovuto alzarsi troppo presto stamattina”
“Quel vecchio invece si trova proprio qui” lo rimbeccò una voce alquanto alterata. Inuyasha si voltò per constatare con i proprio occhi ciò che temeva: Lord Rosebery era proprio dietro di lui.
Mentre il fratellastro si dilungava in scuse Sesshomaru se la rideva nascosto dietro il giornale, ma aveva poco di che essere felice perché Inuyasha, che non ne voleva sentire di starsene in piedi, si andò a sedere accanto a lui.
Sesshomaru, fece subito per alzarsi, come se temesse che lo stare troppo vicino al fratellastro lo esponesse ai batteri di una qualche malattia contagiosa: purtroppo per lui in quel momento entrò il primo ministro, chiedendo il silenzio dell’assemblea.
Sesshomaru si sedette di nuovo al suo posto, sbattendo con un gesto di stizza il Chronicle sulle gambe di Miroku.
“Gurda Pitt” cominciò a mormorargli Inuyasha “non ti sembra provato poveretto? Guarda che occhiaie. Farebbe meglio a restarsene a letto”
“Se avessi a disposizione la lampada dei desideri chiederei di diventare sordo e muto, così non sarei obbligato ad ascoltare le tue chiacchiere e soprattutto, non sarei obbligato a dirti in continuazione di chiudere quella maledettissima bocca”
“Feh! Che sciocchezza, invece di auto-menomarti faresti meglio a desiderare che il genio renda me invalido!”
“No, quello è un piacere che non voglio delegare ad altri”
I toni del discorso di William Pitt si fecero più accesi ed Inuyasha fu, suo malgrado, costretto a fare silenzio.
La flotta dell’ammiraglio Villeneuve si era unita alle navi spagnole e si erano ammassati tutti a Boulogne: ciò faceva presagire un imminente attacco alla flotta di Nelson oppure un vero e proprio tentativo di sbarco sulle coste Inglesi.
“Ma scusa, questa non è la prova che siamo nei guai? Perché la gente non da il suo appoggio a Pitt per fare questa benedetta coalizione con gli altri stati che sono contro Napoleone?”
Sesshomaru alzò le spalle “Non c’è motivo di preoccuparsi”
“Come non c’è motivo?! Quel tizio si conquista l’Europa intera! Se sbarca anche qui sarà colpa di tutti quelli come te che preferivano bere il the e fumare sigari invece di rimboccarsi le maniche!”
“”Non dire sciocchezze Inuyasha. Napoleone non può sbarcare in Inghilterra”
“Feh, non è certo merito tuo! Siccome c’è Nelson te stattene li seduto fregandotene di tutto e tutti! C’è qualcosa al mondo che possa attirare un minimo il tuo interesse?”
“Non qualcosa che dici tu”
Vennero interrotti da un fracasso infernale che veniva dal corridoio. William Pitt fu costretto ad interrompere il suo discorso poiché non riusciva ad alzare la voce sopra la confusione. Alcuni dei Lords che si trovavano più vicini all’entrata si alzarono per andare a scoprire le causa di quel trambusto, ma la maggior parte di loro rimase a seduta a guardare la porta con aria irritata.
Dal corridoio provenivano le voci degli uscieri ed il suono di passi affrettati, alternati ogni tanto dal rumore di qualcosa di metallico che cadeva.
L’orrido presentimento di Sesshomaru si avverò non appena Bonnie face irruzione in aula dirigendosi senza indugio verso di lui.
Era indeciso su cosa fare: quale sarebbe stata la soluzione migliore? Porre fine alle sofferenze sue od a quelle del cane?
Un inaspettato colpo di fortuna fece si che Bonnie si fermasse ad annusare Lord Felton (noto per il suo spregiudicato amore per un cane da compagnia che si portava molto spesso appresso) ed iniziasse ad abbaiargli contro inferocito da chissà che sfumatura strana l’odore del parlamentare gli avesse ricordato.
“Chi ha fatto entrare quell’animale?” esclamò il primo ministro esasperato “fatelo uscire!”
Gli uscieri, che si erano educatamente fermati all’ingresso, partirono a corsa verso Bonnie che, fiutando il pericolo imminente, si affrettò a sparire tra i seggi.
“Finalmente qualcosa di interessante” commentò Miroku divertito, il ragazzo infatti aveva la ferma convinzione che Sesshomaru fosse pietrificato dall’irritazione che gli dava tutto quel fracasso, non dal terrore che qualcuno potesse riconoscere quel cane come suo.
Lord Tallant sbuffò una frase che non era molto intelligibile, ma che dava l’idea che stesse cercando una pistola o un oggetto contundente.
“Ecco! Lo vedi?!” esclamò Inuyasha “questa è la prova che ho ragione! Non ti importa di nulla di niente, nemmeno di un povero cane!”
Sesshomaru stava per dire al fratello che la cosa di cui gli importasse di meno in assoluto era per l’appunto proprio Inuyasha, quando una geniale idea gli fece visita.
Gli mise una mano sulla spalla e disse con espressione affabile “Fratello, permettimi una confidenza, in verità devi sapere che di quel cagnolino un po’ mi dispiace, pensa a quanto deve essere spaventato, da solo fra tutti questi sconosciuti. Sai che amo i cani. Vorrei andarlo a prendere ma non posso farlo, sono un Lord, tu sei un portaborse, perché non vai?”
“Non ci posso credere…..tu! Interessato a qualcosa!” Al sommo della sorpresa che una mente sana può provare Inuyasha scese le scale, si infiltrò tra i seggi e riacchiappò il fuggitivo.
Scusandosi con Pitt uscì dall’aula, seguito dagli uscieri: orecchie abbassate e coda tra le gambe.
Il primo ministro riprese il suo discorso e Miroku fu sconcertato nel constatare che, per un qualche motivo, lo scontroso Lord Tallant era diventato improvvisamente una persona socievole, quasi amabile e poterono passare insieme una costruttiva mattinata.
Il lettore potrà facilmente intuire la motivazione del buon umore di Sesshomaru: con una singola frase aveva realizzato due sogni impensabili: aveva evitato Bonnie e si era liberato di Inuyasha.

Nel primo pomeriggio Miroku e Sesshomaru uscirono all’aperto, dove li aspettava Inuyasha in compagnia di Bonnie. Il cane corse subito verso il padrone, accogliendolo come deve fare ogni buon cane: saltelli festosi, guaiti felici e scodinzolamenti vari.
Il suo affetto era tanto grande da far insospettire non solo l’acuto Miroku, ma anche il meno acuto Inuyasha che non potè fare a meno di chiedere se quel cane fosse di sua proprietà, o almeno se lo conoscesse.
Sesshomaru fece spallucce e, sentendosi ormai al sicuro, stava per assentire, quando Lord Rosebery fece la sua comparsa.
Guardò prima Bonnie, per poi fermare il suo sguardo sull’oggetto dell’adorazione del cane.
Rimase qualche secondo a fissare Lord Tallant ed infine, puntandogli contro un dito accusatore, esclamò:
“Lord Tallant, è inaudito! Voi avete un Napoleone al collo!”

***

Note
*The Female Advocate: or, an attempt to recover the rights of woman from male usurpation di Mary Anne Radcliffe, 1799
*V. Hugo

Come promesso la storia è finalmente ripartita da dove si era interrotta. Di nuovo grazie a Blackvirgo, Rosencrantz e KaDe , non so come farei senza di voi.

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


Come ogni mattina da quando abitava in quella casa Sesshomaru era pronto per uscire a cavallo e, come ogni mattina da quando quella stessa casa ospitava un nuovo inquilino, cercava di uscire dall’atrio senza fare il minimo rumore, per non attirare l’ attenzione di quest’ultimo.
“dove andate?”
“Kagura! Per il Cielo, mi è preso un infarto, pensavo fosse il cane”
Lady Tallant incrociò le braccia sul petto con fare offeso “ah, si? E da quando il cane sarebbe capace di parlare?”
Sesshomaru alzò le spalle “…se lo fa Inuyasha”
“Insomma, ma lo sapete che giorno è oggi? È domenica mattina. Non potete uscire a cavallo, quindi è meglio che vi andiate a cambiare: tra poco sono le nove.”
“Perché?”
“Come, perché?! È da quando potete camminare che, volente o nolente, andate alla Canonica per la funzione tutte le domeniche mattina! Ed ogni volta fate lo gnorri: perché?…dove si va?…a fare cosa?…ed a me tocca starvi a controllare perché non ve la svignate”
Sesshomaru le fece notare che oramai era pronto per uscire a cavallo e, siccome mancava soltanto mezz’ora alle nove, non ce l’avrebbe fatta mai e poi mai a cambiarsi in così poco tempo. Quindi sarebbe stato costretto ad andare con i calzoni in pelle e gli stivali da equitazione, cosa che avrebbe certamente fatto sfigurare sua moglie davanti a tutto il vicinato. Per questi motivi, dettati da disinteressato altruismo verso la consorte, era meglio se per quella settimana si occupava di altro: Dio non se la sarebbe certo presa troppo a male, anche perché per indole, come tutti sanno, Egli è incline al perdono e lui, per quanto la cosa lo lasciasse affranto, avrebbe fatto a meno della benedizione.
Kagura ascoltò pazientemente il marito, con un sorrisetto sicuro sul viso: ogni domenica lui la faceva arrabbiare per lo stesso identico motivo e le toccava sudare sette camicie per trascinarselo dietro, ma quel giorno, per la prima volta, aveva un’arma che le assicurava la vittoria.
E così non appena Sesshomaru ebbe finito esclamò, fingendo noncuranza, ed avviandosi su per le scale “Fate pure come volete, tanto per oggi io e Rin abbiamo già chi ci accompagna”
Lord Tallant, che al fate come volete si era messo in testa il cappello felice di averla scampata per una volta con tanta facilità, si girò di scatto verso la moglie quando sentì la seconda parte della frase.
“E chi vi accompagnerebbe?”
“Kohaku viene a prendere Rin e, dato che con lui ci sarà anche il suo amico, gli chiederò se vorrà farmi da cavaliere”
Sesshomaru la superò salendo le scale a tre a tre, in cima si fermò e si girò verso la moglie “Questo è un comportamento molto cattivo”
“Andrò sicuramente all’inferno”

Sesshomaru non ci mise molto ad incrementare la lista dei motivi per cui sua moglie sarebbe finita all’inferno: non solo lo aveva perfidamente ricattato, non solo aveva dato alloggio alla più immonda incarnazione di Lucifero (vedi: Bonnie), non solo provava affetto per un poppante funereo (vedi: Kohaku), non contenta di ciò aveva deciso di incrementare le sue sofferenze portandolo in un posto dove la temperatura variava dalla calura appiccicosa nelle zone all’ombra, al caldo torrido nelle zone al sole (il che poteva essere utile per abituarsi al clima dopo il trapasso) e dove la quantità di gente era talmente elevata che un povero cristiano non poteva evitare, movendosi, di toccare qualcuno o, peggio, di essere toccato.
Il più importante dei motivi però era stata la sua scelta nel prender marito: aveva sposato lui, il che pregiudicava l’entrata in paradiso a prescindere da qualunque buona azione passata, presente o futura ella potesse compiere.
Era una specie di predestinazione, per intendersi.
Mentre quella dannatissima canonica era certamente maledetta.
Sesshomaru si guardò intorno con il suo solito sguardo distaccato, nascondendo la più profonda delle irritazioni.
La chiesa quella domenica mattina era sovraffollata, non riusciva a spiegarsi da dove era saltata fuori tutta quella gente. Ma che ci facevano tutti lì? Perché non se ne erano restati come ogni giorno a casa o rintanati nei loro bugigattoli dove stavano sempre, dove lui non poteva vederli, deliziandogli la vita con la loro non-presenza?
La gente dal canto suo aveva buoni motivi per esser presente, infatti oltre agli assidui di ogni funzione (bigotti fissati, timorati di Dio, ragazzi pronti a cogliere una buona occasione per accompagnare la bella un po’ fuori, Tizio che doveva sfoggiare il suo panciotto nuovo, Caia che non poteva assolutamente aspettare l’apertura della stagione estiva per far vedere alle amiche come le stava bene il cappellino appena acquistato, chi tanto non aveva niente di meglio da fare prima di pranzo, chi voleva sapere gli ultimi pettegolezzi prima di andare a teatro la sera ed infine, perché no, qualche buon anima che ci credeva veramente) quella mattina si presentarono anche moltissime persone che assidue non erano affatto.
Questo per un più che valido motivo, almeno secondo loro: Naraku avrebbe tenuto il suo primo sermone. Siccome la nomea ed il fascino che era riuscito ad esercitare sul bel mondo durante la stagione invernale non era scemato nella breve pausa prima dell’estiva (il che, parola d’onore, non può che essere definito miracolo) tutti si erano precipitati da Londra nella canonica di Lord Tallant, il quale ne era stato tanto contento che pensava di dare fuoco al tutto e vendere i possedimenti.
Fortunatamente per Sesshomaru essere il padrone serviva a qualcosa, il ritardo non avrebbe impedito loro di non trovare posto a sedere poiché avevano quelli riservati. Con la moglie al braccio e codazzo vario dietro si fece largo attraverso la folla, cercando di arrivare in cima alla navata.
“Sesshomaru!”
“Gesù!” Sesshomaru alzò gli occhi al cielo “ma che ti ho fatto io di male?”
“Sesshomaru! Ehi girati, sono qui!”
“Guardate che Inuyasha vi sta chiamando” gli fece notare Kagura con un sorrisetto che aveva un che di canzonatorio.
“Lui sta chiamando me, ma io non sto sentendo lui”
“Lo sentite benissimo invece”
Intanto Inuyasha, scansata una coppia, saltata una vecchietta ed aggirata un’intera famigliola, lo aveva raggiunto. Salutò cordialmente Kagura dopo aver dato una amichevole (e non molto bene accetta) pacca sulle spalle al fratello.
“Visto che folla? Chi lo avrebbe mai detto, neanche all’ippodromo!”
“Potevi andarci stamattina…” gli fece notare Sesshomaru.
“Figurarsi: parlano così tanto di questo tizio che dovevo per forza vederlo”
“Sapevi che la curiosità è femmina?”
“Anche avere un abito diverso per ogni ora del giorno è da femmine”
Kagura si vide costretta ad interrompere l’amorevole conversazione tra fratelli, solitamente le trovava molto divertenti (quando non diventavano troppo pesanti, ricordò con orrore di quella volta che Sesshomaru al colmo dell’ira aveva sfidato Inuyasha a duello… aveva fatto una fatica di nulla per evitare che si battessero) ma non le sembrava ne il luogo ne il momento, senza contare che Rin, Kohaku e James erano dietro di loro stipati in mezzo alla gente che passava in cerca di un posto a sedere.
Non credo che il lettore, a questo punto, abbia qualche difficoltà ad immaginarsi cosa pensò Sesshomaru del fatto che, a causa della presenza di Inuyasha, che comprometteva inesorabilmente la comodità nei posti riservati dei Tallant (infatti sarebbero stati in quattro in una panca per tre, come fece giustamente notare James, cosa che costrinse Lord Tallant a mettere nella lista delle cose da fare la ricerca di un tribunale che lo avrebbe condannato per questo), Rin fu invitata ad accomodarsi dai Forester.
Non contenta del danno che aveva fatto accettando l’invito, l’ignara pupilla si rese rea anche dell’orrendo crimine di star seduta tra James e Kohaku: una vera vergogna.
L’unica cosa che esisteva di più vergognoso era star seduti accanto ad Inuyasha.
Si girò a guardare Kagura e lei, malgrado lo sguardo di lui fosse algido come sempre, sorrise e prese posto tra il cognato e il marito.
Non ha scampo, deve starci lei, dato che mi ha obbligato a venire qui, pensava convinto, non ricordando, più per comodo che per smemoratezza, che a Kagura Inuyasha stava simpatico.
Si guardò intorno e notò con sollievo che i posti dei Forester non erano molto distanti dal suo, cosa che gli avrebbe permesso di controllare Rin per tutta la funzione e mentre Naraku iniziava a parlare, iniziò anche lui.
“Insomma” disse a Kagura, tenendo però lo sguardo su Naraku “secondo voi perché sono tutti venuti a sentire questo tizio?”
“Shh! Ascoltatelo e giudicate” sussurrò lei nascondendo la bocca dietro il ventaglio.
“Non dice nulla di interessante”
“Ha appena iniziato. Ma si può sapere che vi prende? Cos’è questa loquacità improvvisa? Giunge nel luogo ed al momento meno opportuni!”
“Perché dovete pensare che qualsiasi cosa io faccia sia fatta con un secondo fine? Io ho soltanto il desiderio di conversare con mia moglie”
Kagura alzò gli occhi al cielo “siete falso: falso come Giuda, tanto per stare in tema”
Sesshomaru decise che aveva guardato Naraku anche per troppo tempo, incrociò le gambe e si girò verso la moglie “di che cosa volete parlare?”
“Con voi di niente” sussurrò spazientita Kagura “sono venuta qui per ascoltare” marcò l’ultima parola con particolare enfasi.
“Questa è una bugia, non sapete che è vietato mentire? Tra le altre cose siamo proprio in chiesa”
Kagura fece finta di non sentire e cercò di concentrarsi su Naraku.
“Anche se non me lo chiedete so che state morendo dalla voglia di sapere perché penso che voi mentiate. Il motivo è semplice: se davvero aveste voluto ascoltare la cerimonia non mi avreste costretto, con un malefico inganno, a seguirvi. Era palesemente ovvio infatti che la mia presenza qui avrebbe pregiudicato la vostra attenzione; come potete infatti prestare attenzione ad un altro se con voi ci sono io? soprattutto se l’altro è soltanto un bell’imbusto travestito da curato”
Kagura continuò a stare zitta ed a fissare Naraku.
Anche Sesshomaru guardò dove guardava la moglie, provando un improvviso, e secondo lui non giustificato, moto d’odio verso Naraku, che dal canto suo, continuava a parlare tranquillo.
Stufo si chinò verso l’orecchio di Kagura “Sappiate che sono intenzionato a non farvi sentire neppure una parola”
Neppure questa volta Kagura gli rispose, ma l’espressione con cui lo guardò non lasciava spazio ad interpretazione, sembrava dire: di questo non ho alcun dubbio.
“Non ne volete sapere il motivo?”
Kagura alzò i palmi verso l’alto, come per fargli notare che l’educazione era inutile e non aveva bisogno del suo consenso per parlare.
“Mi avete costretto a venire in questo orrido posto…”
“questo orrido posto è la casa del Signore!”
“… ad ascoltare un saccente bell’imbusto…”
“Lo avete scelto voi!”
“…mentre Rin ne approfitta per sedersi tra due damerini…”
“non ne approfitta
“…e voi sedete accanto ad Inuyasha!”
“Cielo, che orrore, penso che dopo la funzione dovrò farmi esorcizzare” lo prese in giro lei.
Sesshomaru lasciò un’occhiataccia a Kohaku, poi si girò di nuovo verso Kagura.
“non lo avete notato?”
“abbassate la voce!”
“Non lo avete notato?” richiese lui, abbassando però la voce.
“Cosa?”
“che si somigliano”
“chi?”
“Kohaku e Inuyasha”
Kagura guardò Kohaku, poi si voltò verso Inuyasha che la guardò interrogativo, non capendo cosa volesse la cognata ed infine emise il suo verdetto “no, per niente”
“Non intendevo fisicamente, ma caratterialmente”
“Caratterialmente sono quanto di più distante si possa immaginare”
“Parlano male e sono maleducati. Sono crapuloni, festaioli e viziosi. Non amano Orazio e neanche la musica, non sanno ballare, fanno errori di ortografia, hanno le mani umide e lo sguardo sornione, vogliono andare in guerra per fare i disertori, hanno i polsini luridi e le scarpe bucate, bevono, masticano tabacco, mendicano per giocare d’azzardo e, se serve, rubano”
Kagura ci mise qualche secondo a rispondere, infatti era troppo impegnata a cercare di non ridere.
Quando fu sicura di poter parlare senza conseguenze dannose disse “sapete meglio di me che niente di ciò che avete detto è vero. Senza contare che per sapere certe cose avreste dovuto controllare la loro igiene, la loro posta e il loro guardaroba: tutte cose che non penso abbiate fatto”
“Pulcre convenit improbis cinaedis”*
“shh! Usate un linguaggio consono!”
“Il latino è consono a una Chiesa”
“Il latino, non Catullo!”
Inuyasha le urtò il piede col calcagno “certo che potreste anche zittirvi per un momento! Disturbate! E secondo me anche lui se n’è accorto” ed accennò a Naraku con la testa.
Kagura non poteva immaginare che nel controllare la veridicità delle parole di Inuyasha avrebbe commesso un così grave errore: i suoi occhi infatti incrociarono quelli di Naraku e dall’espressione di questi lei poté capire che non era stata una bella riuscita: si rendeva fin troppo conto di avere gli occhi pieni di lacrimoni da risata trattenuta e una smorfia poco seria a deformarle la bocca per lo stesso motivo.
L’essere colta con le mani nella marmellata dal curato servì, perché Kagura ridivenne d’improvviso serissima.
“che vi succede?” chiese Sesshomaru, pensando che il cambiamento d’umore della moglie fosse dovuto a ciò che gli aveva detto Inuyasha e che lui non era riuscito a sentire.
Kagura incrociò le braccia al petto e fece finta di nulla: per quella giornata Sesshomaru era riuscito a svergognarla (davanti al nuovo prete per giunta)e lei non aveva più nulla da dirgli.

***

* proprio una bella coppia di sfottute canaglie - Catullo, carme 57

***

Note dell'autrice
Beh, che dire, grazie ancora a Laurie, Blackvirgo, KaDe e Rosencrantz per le recensioni. Un bacio a tutte!

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