Incomprensibile

di genesisandapocalypse
(/viewuser.php?uid=214369)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ricordi e sorprese. ***
Capitolo 2: *** Richieste e piccoli aiuti. ***
Capitolo 3: *** Indecisioni, pensieri e allegria. ***
Capitolo 4: *** Kimical, rabbia e scoperte. ***
Capitolo 5: *** Proposte pazze, scuse e guance rosse. ***
Capitolo 6: *** Diabete, batterista e squilli. ***
Capitolo 7: *** Consapevolezze, prove e segreti. ***
Capitolo 8: *** Risse, baci e morsi. ***
Capitolo 9: *** Aiuti, alleati e sabotaggi. ***
Capitolo 10: *** Dichiarazioni, alcol e messaggi. ***
Capitolo 11: *** Ringraziamenti, illuminazioni e piani. ***
Capitolo 12: *** Felicità, evidenze e telefonate. ***
Capitolo 13: *** Agitazione, aspettative e ritorni. ***
Capitolo 14: *** Rivelazioni, abbracci e racconti. ***
Capitolo 15: *** Fraintendimenti, sguardi e buonanotte. ***
Capitolo 16: *** Risvegli, imbarazzo e mascolinità ***
Capitolo 17: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Ricordi e sorprese. ***



 
Incomprensibile.

RICORDI E SORPRESE.

Alla televisione, che riesce a darmi idee tramite la pubblicità.
Alla scuola, che non mi dà tempo per inventare.
A me, con la fantasia che scarseggia.

 
“Mi dispiace”
Trovò quel dannato bigliettino nel suo armadietto, una mattina, senza autore, senza una firma, senza niente. Non c’era voluto molto prima di capire chi l’avesse scritto, era bastato l’arrivo di Luke, due occhiaie sotto gli occhi tremolanti e le labbra gonfie e tagliuzzate a causa dei morsi che si era probabilmente provocato da solo.
Deborah se n’era andata, senza avvertire, senza salutare, senza spiegare, lasciandoli in balia di sé stessi, con i cuori rotti e la voglia di urlare.
Se l’era chiesto per giorni, settimane, il motivo di quella fuga, ma le risposte non erano arrivate. Se lo chiede ancora. Per un mese, ogni giorno, si è svegliato con la speranza di ritrovarsela nel cortile della scuola, di accarezzarle il viso etereo, di baciarla come solo con lei aveva fatto.
Ma lei non è mai arrivata.
E mentre si incammina con passo strascicato verso il cortile e con la consapevolezza che non la troverà accanto al solito muretto, cerca di tenere a bada i pensieri ascoltando attentamente la voce di Billie Joe, dei Green Day, perché la musica riesce sempre a sollevarlo.
È passato un mese e una settimana e lui ha ancora il cuore infranto, il senso di abbandono che lo travolge e gli occhi che si perdono facilmente nel vuoto.
Luke lo sta aspettando al solito muretto, un cappello grigio che mostra solo il lungo ciuffo biondo e le mani nella tasca dell’enorme felpa nera, le cuffie nelle orecchie e lo sguardo apatico.
Accanto a lui i capelli azzurri di Kriziana si smuovono al vento, un po’ più forte del solito, e lei si stringe la sciarpa attorno al collo e la alza fino a coprirsi il naso, poi punta gli occhioni neri nella sua direzione, alzando una mano per salutarlo.
Michael ha i capelli sempre più stinti, perché solo con Deborah aveva il coraggio di andarseli a tingere di colori stravaganti, e gli occhi puntati sul cellulare, il viso corrucciato e la postura stanca.
«Hai due occhiaie da far paura, Cal - appena arriva Kriziana non può fare a meno di un suo solito commento - hai dormito questa notte?» il tono è leggermente preoccupato, perché sa che Calum è da un mese che non dorme seriamente, che non mangia per bene, che nemmeno strimpella qualcosa al basso, e forse l’ultima cosa è più preoccupante.
Calum annuisce leggermente, sviando lo sguardo perché non ha voglia di dirle che si è addormentato alle quattro del mattino per svegliarsi alle sette e che tre ore non sono poi granché per affrontare un giorno di scuola.
Luke gli rifila una pacca sulla schiena e si toglie le cuffie, entrando a far parte della realtà e sentendo il cuore battere all’impazzata con la consapevolezza che non devono aspettare nessun ritardatario, che sono solo loro quattro, che non c’è nessun quinto componente.
Michael alza lo sguardo verso il moro e lo fissa per un po’, poi sorride, lievemente, perché i suoi sorrisi non sono mai troppo luminosi da un po’.
«Oggi ho un dannato compito di storia - inizia Kriziana, l’unica che ha sempre una gran voglia di chiacchierare, tra di loro - non ho studiato una minchia,» aggiunge un sospiro alla fine della frase, perché lei odia studiare ma odia ancora di più avere la consapevolezza di prendere un brutto voto, non potendo copiare da nessuno.
La sua classe di storia è piena di secchioni egoisti.
«Beh, l’avresti potuto fare ieri, visto che non ti sei mossa di casa, genia!» risponde Luke, alzando gli occhi al cielo. Ogni tanto se lo chiede perché quei tre non studino mai, mentre lui passa i pomeriggio sui libri per assicurarsi un futuro.
«Non siamo tutti come te, che alla prima possibilità si butta sui libri,» ribatte piccata Kriziana, incrociando le braccia e sbuffando leggermente da sotto la sciarpa.
Michael alza gli occhi al cielo, perché quei due bisticciano sempre così tanto, poi gira gli occhi verso il ragazzo e gli dedica un’occhiataccia, impedendogli di rispondere.
Luke sbuffa e incrocia le braccia, piccato, guardando verso il cancello e scrutando i volti dei presenti nel cortile.
Calum sorride sotto i baffi, adora quando i due battibeccano, sono così divertenti, e poi danno un po’ di vita a quel cupo quartetto.
La campanella suona e Luke si alza di scatto, circondando le spalle di Calum con il braccio e lo trasporta velocemente verso l’aula di letteratura, pronto a due  estenuanti ore di appunti e orecchie attente.
Michael sospira e porta lo sguardo verso la sua migliore amica, che gli dedica un sorriso dolce e si avvicina a lui, accoccolandosi al suo petto. Le braccia di lui la circondano e il ragazzo si ritrova a pensare che, da un mese a quella parte, si sono abbracciati decisamente più spesso del solito.
«Dobbiamo andare,» borbotta la tinta, prendendogli una mano e alzandolo dal muretto, iniziando a incamminarsi verso l’entrata, trasportando con sé la svogliataggine in persona.
Michael non ha decisamente voglia di fare matematica e Kriziana eviterebbe volentieri il compito di storia.
 
Luke sta appuntando ogni parola della professoressa e Calum si chiede come faccia a starle dietro, ‘ché parla come una furia.
Il moro sbuffa, passandosi una mano tra i capelli neri, poi porta gli occhi alla finestra e si perde ad osservare il vento smuovere gli alberi, le nuvole inseguirsi e il sole risplendere.
Deborah adorava quelle giornate, di sole e vento, e alla fine le adorava, e adora ancora adesso, anche lui. Gli piacevano i capelli di lei svolazzanti e la luce che schiariva i suoi occhi. Gli piaceva abbracciarla, scusandosi del vento un po’ freddo.
Oggi non uscirà, perché potrebbe ritrovarsi al solito parco, con una sigaretta tra le labbra e la rabbia prepotente.
Si volta nuovamente verso la professoressa, perché a guardare troppo dalla finestra poi si perde nei meandri della sua mente e non gli va, poco dopo la porta si apre. Compare una ragazza decisamente minuta, dagli occhi grandi, castani e intimidatori, e le labbra a canotto, quasi troppo grosse per il viso piccino.
«Lei è?» chiede la professoressa, decisamente scocciata da quell’intrusione, ripiegando le labbra in una smorfia.
«Jamaica Greenland,» risponde lei, con voce dura e fredda, sistemandosi la borsa sulla spalla minuta.
Calum si chiede che diamine di nome sia Jamaica, ma lascia perdere e continua a chiedersi se non sia il caso di tenere per sempre le finestre chiuse d’ora in avanti, potrebbe volare via per quant’è magra.
«Sembrerebbe che la mia lezione è iniziata da ben quindici minuti, signorina,» commenta la professoressa, con un tono acido, facendo sbuffare la ragazza, annoiata.
«Sembrerebbe che io sia nuova e che mi sia persa - ribatte lei, piccata, osservandola con altezzosità e incrociando le braccia fine - o non mi è concesso perdermi in questa scuola infinita?» aggiunge, squadrando la professoressa da cima a fondo, poi si gira e si avvia velocemente verso il banco di fronte a Calum e Luke, libero.
La professoressa si gira, senza dire niente, ri iniziando a scrivere chissà che cosa sulla lavagna, mentre Luke non riesce a levare gli occhi di dosso a quello scricciolo appena entrato nella sua classe. Prende appunti meno minuziosamente, perché è troppo impegnato a lanciare occhiate alla castana di fronte a lui.
Calum ci prova a non farci caso, ci prova a non ridacchiare sotto i baffi per gli occhi sgranati del biondo, che brillano un poco, ma non ci riesce e si porta una mano di fronte alla bocca per evitare che la professoressa lo becchi a ridacchiare.
«Luke, così la consumi,» borbotta all’orecchio del migliore amico, che si gira di scatto verso di lui e gli lancia un’occhiata confusa, prima che Calum faccia un cenno con il viso per la ragazza nuova.
Luke aggrotta la fronte e affina lo sguardo, poi si gira sbuffando e cercando di non ascoltare la risatina divertita del moro.
Passa un’ora e quarantacinque minuti con lo sguardo tra la lavagna e la ragazza.
 
Michael sta tranquillamente camminando per i corridoi, pronto a farsi una scorpacciata di lasagna, piatto del giorno, secondo i bidelli.
Si passa una mano tra i capelli scompigliati e si stropiccia gli occhi, poi sente una voce tra le più orribili in quella scuola, l’ultima che vorrebbe sentire.
«Clifford,» continua a camminare, sveltendo il passo, perché non ha voglia di subirsi gli insulti di Kevin Brown, ha solo voglia di andare a mangiare e stare un po’ con i suoi amici.
«Clifford - sente la voce più vicina e delle risatine fastidiose, che gli fanno alzare gli occhi al cielo e sbuffare, poi una grossa mano gli afferra le spalle e lo fa girare - se ti chiamo devi girarti, merdaccia,» dice, velenoso, il capitano della squadra di rugby, con appresso i suoi soliti cagnolini e le accompagnatrici.
Non parla, Michael, perché non avrebbe senso e, tanto, sa che almeno dieci minuti ce li deve spendere appresso a quel ritardato di Kevin, quindi alza le sopracciglia, sospira e infila le mani nelle tasche degli skinny jeans.
«Ho scoperto che hai chiesto d’uscire a Amanda Knight,» dice il ragazzo, ridacchiando. Michael aggrotta la fronte e ha lo sguardo confuso, perché no, lui nemmeno si è avvicinato ad Amanda Knight, non è il suo tipo.
Allora si immagina che si siano messi d’accordo, giusto per infastidirlo, che se qualcuno chiedesse a quella biondina del cavolo se Michael gli avesse chiesto d’uscire, lei direbbe di sì, così che Kevin possa rompergli le palle.
Scuote la testa, come segno di negazione, e un po’ anche per la frustrazione, mentre socchiude gli occhi infastidito.
Kevin ridacchia: «cos’è, menti perché lei ha rifiutato e preferisci non fare una figuraccia davanti a tutti?» chiede, divertito, questo.
Michael sbuffa e ha proprio voglia di spaccargli la faccia, perché tanto lo sa che è uno stupido giochetto, e lo sanno anche gli altri, ma non è molto bravo a fare a pugni.
«Perché sì, diciamolo, chi mai accetterebbe di uscire con te?» aggiunge il ragazzo, ridendo e girandosi verso la folla, c’è chi ride perché dà ragione a quello scimmione, c’è chi ride perché ha paura di quello e c’è chi, invece, non ride, perché non ci trova nulla di divertente.
Michael incrocia le braccia e cerca di non ascoltare quelle risatine, quei commenti di approvazione e cerca di non risultare offeso, perché non dovrebbe esserlo, perché quello che l’ha insultato è una scimmia senza cervello.
«Sinceramente, Kevin, io ci uscirei volentieri,» una mano si posa sulla spalla di Michael, che si volta di scatto a quell’affermazione e non capisce a chi può appartenere quella voce tanto dolce quanto ferma.
Gli si blocca il respiro e sente una forte umiliazione, perché quella che ha appena parlato è Beatriz Thompson, la più bella della scuola e, di certo, una come lei non si avvicinerebbe mai ad un tipo come lui.
Kevin la guarda ad occhi spalancati, poi trasforma la sua espressione sbalordita in una divertita, pensando probabilmente al fatto che, Beatriz, stia scherzando, perché non può continuare a rifiutarlo e poi dirgli che uscirebbe volentieri con quello sfigato di Michael Clifford.
Sbotta in una furiosa risata.
«Ti ho giudicata male, Beatriz, anche te, sotto tutta la tua bontà, ti diverti a far soffrire gli altri,» si avvicina e la guarda.
Il viso di Beatriz è fermo, le labbra carnose strette fra loro e gli occhi immobili: «non umilio, io, Kevin - dice, senza nessun tono nella voce leggera - non scherzavo, prima,» aggiunge, rivolgendo poi gli occhi verdastri a Michael, che la sta guardando in un misto di sorpresa e rabbia, perché ci scommette che c’è qualcosa sotto, perché lui non è abbastanza per quella bellezza soprannaturale.
Michael si sottrae alla sua presa e si gira, stanco di quella scenette e con una fame da lupi. Si incammina, deciso a non dar ascolto a quei due, probabilmente si ritroverebbe ad essere deriso, umiliato, come suo solito.
Nella mensa c’è un po’ di gente, ma non fa fatica a trovare il tavolo, dove già sono seduti Luke, Calum e Kriziana, intenti a gustarsi le lasagne. Appena si riempie il vassoio si dirige verso di loro e li guarda con un sorrisetto leggero.
«Scusate il ritardo, sono stato trattenuto,» commenta, con voce roca, perché la usa talmente poco che risulta graffiante. Kriziana lo guarda e capisce subito dallo sguardo infastidito del migliore amico che, sicuramente, c’entra quell’idiota di Kevin Brown.
Mangiano tra una battuta, una risata e qualche commento sulle lezioni precedenti. Kriziana si lamenta di non essere riuscita a copiare tutto e Luke la rimprovera nuovamente, dicendole che avrebbe potuto benissimo studiare.
«Michael - il ragazzo si irrigidisce, mentre i tre amici sgranano gli occhi e li puntano sulla figura slanciata di Beatriz, che ha lo sguardo addolcito - penso che tu abbia capito male le mie intenzioni,» aggiunge, avvicinandosi di un passo.
Michael alza lo sguardo e incrocia gli occhi pallidi con quelli verdastri di lei: «io non credo,» commenta, inacidito, perché no, non ci crede che quella uscirebbe davvero con lui, non ci casca a quel giochetto, non è nato ieri.
«Non avevo nessuna intenzione di umiliarti, ho detto solo la verità - esclama lei, tenendo con entrambe le mani il vassoio - non sono meschina come Kevin, non mi piace prendere in giro la gente,» guarda con decisione il ragazzo.
Kriziana ne scruta i tratti splendidi e, nota, che nel suo sguardo c’è solo sincerità.
Calum presta attenzione alla scena, si chiede cosa possa essere successo.
Luke è abbagliato da quella bellezza innaturale.
Michael fa una risata amara: «una come te non uscirebbe mai con me,» dice, sicuro, dandole uno sguardo infastidito.
Beatriz lo guarda a lungo, si chiede perché non riesce a vedere che è molto meglio di quelli ritenuti “fighi” nella scuola, lei l’ha sempre trovato bello, più degli altri, più dei suoi amici: «c’è una grande differenza tra me e quelle come me, Michael,» la frase lascia di stucco Michael, che la guarda sbalordito e, forse, le crede.
Poi si passa una mano fra i capelli e sospira.
«Staresti insinuando che usciresti con me?» chiede, titubante, poi si gira verso lei, che si apre in un sorriso.
«Possibile - borbotta, soffiando subito dopo un ciuffo riccio e color miele via dagli occhi - ma per scoprirlo dovresti chiedermelo,» aggiunge, divertita e con una leggera sfumatura di malizia negli occhi.
Michael trattiene il respiro, non ha voglia di farsi prendere in giro, ma lei non sembra scherzare. La sta guardando da un po’ e, sì, è proprio bella, anche se lui ha sempre evitato di farci caso, forse convinto di non avere possibilità.
Luke gli tira una gomitata sul fianco, che lo fa gemere un poco, poi lancia un’occhiataccia al biondo.
«Uhm, ok, allora.. - borbotta, perché va bene che è una semplice domanda, ma avere appresso anche i suoi amici lo fa decisamente imbarazzare - vorresti uscire con me, Beatriz?» chiede, alla fine, arrossendo un poco e riuscendo a dare un po’ di colore a quella pelle lattea.
La ragazza sorride di più: «sì - dice - aspettami all’uscita, così ci mettiamo d’accordo,» e come è venuta, se ne va, lasciando i quattro a bocca aperta e occhi sgranati.
Michael si passa nuovamente una mano tra i capelli e si muove sulle sedia, poi alza lo sguardo in quelli di Calum, che è sbalordito.
«Non ci credo, amico - sbotta Luke, con voce tanto alta da farsi sentire per tutta la sala - uscirai con la più figa della scuola,» aggiunge, abbassando di poco il tono, non gli conviene farsi sentire dagli scimmioni di rugby.
Michael annuisce, stranito, poi rivolge uno sguardo a Kriziana: «dovrai aiutarmi,» dichiara, disperato, perché lui non è proprio bravo con le ragazze, non lo è mai stato.
Kriziana ride e annuisce, prendendogli la mano e rassicurandolo.
«Andrà tutto bene.»
 
***
Ehilà,
Eccomi con una storia, chissà se vi piacerà.
Perdonatemi per eventuali errori e, se ne trovate di gravi, avvertitemi, grazie.
Avverto, per chi troverà la storia interessante, che non so quando riuscirò ad aggiornare, la scuola è iniziata, purtroppo, e io a volte ho la fantasia che scarseggia di brutto.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo inizio.
Vi metto le foto delle protagoniste apparsi fin'ora.
I ragazzi immagino li conoscete già.
Bye bye,

Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Richieste e piccoli aiuti. ***



Incomprensibile.

RICHIESTE E PICCOLI AIUTI.
 
Ad Adele, che mi sta risuonando nelle orecchie,
Alla mia scuola, che mi ha fregato più tempo del dovuto nel momento della sua nullafacenza,
Alla mia fantasia, che arriva sempre nel momento in cui i miei occhi vorrebbero chiudersi.
 
Beatriz sente il fiato pesante e l’agitazione circondarla, mentre scorge i capelli scoloriti di Michael uscire dalla scuola, seguito dalla ragazza con i capelli azzurri e i due ragazzi, uno l’opposto dell’altro.
Michael ha gli occhi più sgranati del solito e, questo, gli conferisce l’aspetto un po’ folle, eppure lei lo trova adorabile, forse perché gli ricorda un peluche, con quei capelli strampalati e gli occhioni verde-acqua.
Si porta una mano ai capelli, ricci e indomabili, e cerca di sistemarli un poco, poi si sistema la camicetta e si toglie e rimette un anello d’argento che ha al pollice.
È agitata, perché è la prima volta che esce con un ragazzo che ha adocchiato lei, e non il contrario.
Poi Michael è così carino, secondo lei, che le guance diventano di un colore molto simile al rosso pomodoro e, seppure cerca di nasconderle guardando per terra, dal sorrisetto di un Michael ormai troppo vicino capisce che le ha notate benissimo.
«Ehi,» borbotta lui, un po’ impacciato, perché non è assolutamente abituato a parlare con le ragazze, tanto meno con quelle belle.
Beatriz alza il viso e sorride, la sfacciataggine di prima è sparita e, al suo posto, c’è una timidezza piuttosto visibile.
«Ciao, Mike,» dice lei, piano, con la voce tanto delicata e dolce da poter risultare miele, poi si passa nuovamente una mano tra i capelli ricci, attenta a non incastrare le dita fra di essi.
Michael è emozionato, mentre incontra dietro la testa della ragazza gli occhi di Luke, intimidatori. Con una mano lo invita a continuare la conversazione con Beatriz, che ha le guance rosse e il sorriso più bello del mondo, oltre che il più tremolante.
«Beh, uhm - inizia, passandosi una mano tra i capelli e guardandole per un attimo le scarpe da ginnastica - come va?» non gli sembra il caso di arrivare subito al punto, sarebbe triste e frettoloso, poi dovrebbe andarsene subito, invece vuole continuare a guardarla per qualche altro minuto.
«Bene, stanca dopo l’ora di fisica, ma bene, e tu?» chiede lei di rimando, incrociando le mani e osservandogli ogni tratto del viso, perché è la prima volta che lo può guardare da così vicino. Le piacciono i suoi occhi, grandi, espressivi, verdi, le piace il modo in cui, con un’occhiata, riesce a esprimere tutti i suoi sentimenti. Le piace il suo naso, dritto, arrotondato un poco alla punta. Le piacciono le labbra, sempre leggermente sporgenti, rosate e carnose.
È bello, Michael, e nemmeno se ne accorge. Lei vuole proprio quello, vuole fargli accorgere della sua bellezza.
«Uhm, bene,» borbotta il ragazzo, poi le osserva le mani incrociate e infine riporta gli occhi al suo viso, li passa per ogni tratto del volto, studiando ogni minimo dettaglio.
«Insomma, domani sera hai da fare?» chiede, dopo un po’, dondolandosi di poco sui talloni.
Beatriz scuote la testa, con un altro sorriso: «no - dice, decisa e sicura - passami a prendere alle otto, d’accordo?» Michael sgrana gli occhi e annuisce, prima di acchiappare un biglietto che gli passa la ragazza, sorridente.
«A domani, Mike,» dice lei, prima di girarsi e andarsene, lasciandolo con un bigliettino in mano. La guarda avviarsi con calma verso una macchina grigia, dentro c’è una ragazza dall’aspetto più grande che le sorride.
Appena la macchina parte e gli amici gli si avvicinano, apre il biglietto. Sopra c’è scritto un numero di telefono e un indirizzo.
Sorride.
 
«Ehi, Luke!» una voce cinguettante arriva alle orecchie del biondo, che sgrana gli occhi e si guarda in giro, cercando un qualunque buco in cui lanciarsi e nascondersi per qualche minuto.
Sbuffa, irritato, perché sente la risatina di Calum e guarda i suoi amici scappare via, mentre lui rimane fermo e sente di nuovo quell’ochetta chiamarlo.
«Luke,» la voce di Jessica gli arriva alle orecchie ancora più stridula, data la vicinanza, quindi si trova costretto a girarsi e a fingere un sorriso. Una tra le più popolari della scuola, che si finge migliore amica di Beatriz anche se quest’ultima cerca sempre di scollarsela di dosso, si ritrova a spiccicarsi contro Luke, che alza gli occhi al cielo, leggermente disgustato da quel contatto fisico.
Jessica ha gli occhi azzurri e i capelli biondi, tipica australiana. È una civetta a cui tanti vanno dietro, o forse vanno dietro al suo culo, o alla sua “porta” sempre aperta.
Non ha nulla da ridire, sul suo aspetto fisico, Luke, perché alla fine è dannatamente figa. Il problema è che è irritante, fastidiosa, egocentrica, civettuola, stupida, finta e puttana, e a Luke non piace niente di ciò.
In tanti gli hanno dato del gay tanto volte, a lui, perché nessuno può rifiutare una bambolina come Jessica, ma diamine, come può andare anche semplicemente a letto con una che sa meglio come scopare che come mettersi un giacchetto?
Per carità, delle poche volte che l’ha resa felice e ci è andato a letto non può lamentarsi, ci ha dato dentro e si è divertito, ma si è dovuto mettere i tappi all’orecchie per le urla stridule e le chiacchiere insensate.
«Lukey, ti ho cercato tutto il giorno,» piagnucola lei, con il labbro inferiore all’ingiù, mentre acchiappa dal colletto della felpa nera e lo tira a sé, abbassandolo di poco perché, sì, lei è alta, ma Luke è uno spilungone.
«Ah sì? Non ti ho proprio vista, oggi, poi ho avuto da fare, sai..» borbotta, in realtà l’ha vista più volte, ma è semplicemente scappato. La cozza gli si spiaccica addosso e annuisce, sorridendo maliziosa.
«Sai, Lukey caro - brontola, baciandogli il collo e facendolo irrigidire - è stata una giornata così stressante - continua, passandogli una mano sul petto coperto dalla felpa - avrei tanto bisogno di uno sfogo,» aggiunge, allargando il sorriso.
Luke rabbrividisce quando le unghie rosa shocking gli accarezzano la mascella e finge un sorriso: «vorrei tanto Jessica - dice, acchiappando con le mani le braccia di lei e allontanandole dal suo corpo - ma, sai, oggi proprio non posso, sono impegnato,» aggiunge, serrando le labbra in una specie di sorriso e alzando le sopracciglia arcuate.
La ragazza sbuffa e si avvicina nuovamente a lui: «cosa mai avrai da fare più interessante del sesso? - dice lei, poi gli prende una mano e poggia il palmo aperto sul suo fondo schiena - non vorresti accarezzarlo senza uno schifoso jeans addosso? - poi porta la sua mano sul collo - non hai proprio voglia di baciarlo, Lukey?» sorride maliziosa e si passa la lingua sul labbro superiore.
Luke allontana la mano di scatto, perché vabbè che non gli piace, ma comunque è un adolescente con gli ormoni in subbuglio e Jessica sa benissimo che quello è il metodo per farlo cedere.
Si allontana di un passo, seppure le mani di lei siano arpionate alla sua felpa: «mi ‘spiace, Je’, ma oggi proprio no,» brontola, cercando di staccare quelle tenaglie con lo smalto un po’ troppo visibile.
Jessica sbatte i piedi a terra, non le piace quando qualcuno le dice di no, soprattutto se si tratta di sesso.
Luke Hemmings glielo dice troppo spesso, che non ha voglia, e a lei non sta bene, perché quel biondo lo vorrebbe 24 ore su 24 e invece si deve far bastare quel poco, quando riesce a beccarlo nei suoi momenti giusti e convincerlo.
«Smettila, Luke, lo so che non hai niente da fare - dichiara, piccata, incrociando le braccia al seno prosperoso - quindi basta mentire e scopiamo per bene,» aggiunge, facendo sgranare gli occhi al biondo per quel linguaggio scurrile che non si adatta al viso di una ragazza.
«No, davvero Jessica, ho da fare oggi,» borbotta ancora, sistemandosi il cappelletto grigio sul capo ed evitando accuratamente lo sguardo azzurro della ragazza, infastidita.
«E allora dimmi cosa avresti da fare, su!» sorride, perché se lui non troverà una risposta alla svelta allora lo acchiapperà e se lo porterà via a forza.
Luke si passa un dito sul colletto della felpa e sbuffa: «io, uhm…» non sa proprio che inventarsi, mentre guarda quella vipera fastidiosa di fronte a lui.
Ma proprio con lui vuole scopare? Non c’è nessun’altro che si offre volontario?
Può dire di dover suonare con Michael, lei lo sa che tal volta lo fanno, ma sono così scarse le volte che succede che risulta anormale.
Può dire di dover studiare, ma Jessica sa bene che si è avvantaggiato tutti i compiti e ha il pomeriggio decisamente libero.
«Deve lavorare ad un progetto con me, ecco cosa deve fare,» una voce fredda e calcolata gli fa girare gli occhi di scatto, incontra due pozzi castani e gelidi.
Jessica si volta, infastidita, perché ormai ce l’aveva nelle mani, prima di scontrarsi con la figura di una tappa tanto magra da sembrare un grissino.
«Beh, non puoi pensarci da sola, palo della luce?» dice, velenosa, guardando storto la ragazza di fronte a lei, che non si lascia scalfire dalla frase e ghigna, divertita.
Si avvicina di un passo.
«No, Barbie, non posso - dice, le mani minute si posano sui fianchi stretti - si da il caso che non sia la sua schiava,» aggiunge, poi si avvicina di qualche passo, tanto da arrivare accanto al biondo, che ancora non ha spiccicato parola, e acchiapparlo per una manica.
«Andiamo, biondino, abbiamo tanto da fare - dice, girandosi, dopo aver lanciato un’occhiata soddisfatta alla vipera - ciao, ciao, Barbie, vatti a cercare un altro giocattolo, per oggi,» aggiunge, scuotendo la mano libera in segno di saluto e sorridendo falsamente.
Si allontanano sotto i lamenti infastiditi della bionda e Luke si ritrova ad osservare da vicino il viso di Jamaica Greenland, la ragazza nuova, quella per cui si è ritrovato a sbavare tutta la lezione di letteratura.
Nota che è tanto piccolina da arrivargli a metà braccio e prova un moto di tenerezza.
«Perché l’hai fatto?» chiede, confuso, mentre lei si ferma e tira fuori una sigaretta, accendendola.
Gliela offre, ma lui non accetta. Non è mai piaciuto il fumo, a Luke, salutista com’è.
«Non ho mai visto un ragazzo rifiutare del sesso,» borbotta lei come scusa, senza guardarlo in faccia, portandosi la sigaretta alle labbra carnose e chiare. Luke studia ogni movimento, attento.
«Sono un sentimentale,» risponde lui, incrociando le braccia al petto e sorridendo leggermente, di rimando al sorriso divertito della ragazza.
«Comunque grazie, non l’avrei sopportata un minuto in più,» dice, sospirando, perché quella bionda è la sua rovina.
Lei si gira a guardarlo, incastrando i loro occhi. Ha uno sguardo particolare, freddo ma allo stesso tempo caldo. Gli occhi sono grandi e senza un filo di trucco, e questo li rende decisamente più luminosi.
«Figurati, mi fa piacere aiutare donzelli in difficoltà,» scherza, lasciando intravede una fila di denti bianchi.
Luke ride.
«Una vera eroina, devo dire,» dice lui, portando le mani al cellulare per vedere l’orario.
«Sarà ora di tornarsene a casa - brontola, poi si gira verso di lei, che ha finito la sigaretta e la sta schiacciando con la scarpa - ti accompagno a casa?» chiede, speranzoso, perché ha voglia di parlarci un altro po’.
Jamaica scuote la testa: «grazie, ma non ce n’è bisogno,» dice, aggiustandosi la felpa sulle spalle.
Il biondo alza le sopracciglia e sorride di nuovo: «sono in debito con te, quindi ce n’è bisogno!» esclama, portandosi una mano in tasca.
Jamaica sorride e poi scuote la testa di nuovo.
«No, davvero, non voglio che sprechi tempo,» ribatte, incrociando le braccia fine e guardando Luke, che fa una smorfia e inclina la testa.
«Ma dai!» esclama, allargando le braccia.
Jamaica ride e, con un dito, fa segno di “no”.
«D’accordo, d’accordo,» borbotta Luke e poi, appena Jamaica si gira per iniziare a incamminarsi, questo la segue.
«Da che parte abiti, scusa?» chiede, incuriosita e sospettosa.
Luke alza le spalle, gira lo sguardo e poi indica la direzione opposta.
«E che stai facendo, allora?» chiede, ancora, stranita.
Luke ride.
«Ti accompagno a casa, ovvio no?» Jamaica sbuffa, ma si arrende.
 
Kriziana nota con orrore la ricrescita nera e fa una smorfia davanti allo specchio. Si dovrebbe proprio rifare la tinta, ma non ne ha granché voglia.
Tra qualche minuto dovrebbe uscire e ritrovarsi con Michael per un giro al centro commerciale, che gli ha promesso di aiutarlo a scegliere qualcosa di nuovo per l’inverno ormai inoltrato.
Lei sa che deve solo comprare qualcosa di carino per Beatriz.
È ancora titubante sulla storia, perché Beatriz è la più bella della scuola e lei ha paura che scherzi con i sentimenti di Michael, per divertimento. Insomma, non che ritenga Michael brutto, uno che non può essere all’altezza di quella, ma quella tipa è “amica” di Kevin. Che si siano messi d’accordo?
Spera decisamente di no, perché Michael ha bisogno di essere felice e spera che Beatriz lo aiuti, gli stia vicino e, soprattutto, gli faccia alzare quell’autostima sotto le suole delle scarpe, anche se è troppo presto per parlare.
Diamine, come fa il suo migliore amico a vedersi così orribile? Le si è stretto il cuore in una morsa dolorosa quando l’ha sentito dire “una come te non uscirebbe mai con uno come me”.
Perché mai? Lui si ritiene non abbastanza, ma Kriziana lo ritiene pure troppo.
Sì, ok, Beatriz è splendida, ma lui si dovrebbe guardare con gli occhi di Kriziana. Lui è meraviglioso, è lucente, è solare, anche se sta passando un periodo un po’ così, come tutti loro d’altronde, ma rimane splendente. Uno che brilla così, come fa a non essere abbastanza?
Sbuffa, passandosi una mano tra i capelli e sentendo il cellulare trillare. Michael continua ad agitarsi e a chiedere quanti soldi potrebbe portarsi.
Ha ancora qualche minuto, prima di dover uscire di casa, quindi si sdraia sul letto e acchiappa il cellulare, cercando di far calmare Michael.
Il cellulare trilla di nuovo ma ‘sta volta è un altro numero.
Almeno tu potevi darmi una mano, prima!” è Luke, probabilmente si riferisce a Jessica, pensa lei, perché sennò non le viene niente in mente.
Perché mai? Te la sei già fatta, una volta in più non penso che ti guasta!” è nervosa, perché Luke la innervosisce, con quei suoi modi di fare, il fatto che le va sempre contro e che sembra farle presente, sempre, quante ragazze ha ai suoi piedi.
Lo sai che non la sopporto, a quella!” gli arriva quasi subito il suo messaggio. Lei alza gli occhi al cielo, perché lo sa che, alla fine, quel biondino, se si tratta di sesso, non è poi così schizzinoso.
A me non sembrava la settimana scorsa, quando te la stavi slinguazzando per bene al Kimical” bah, l’ha visto proprio come quella biondina gli si strusciava addosso e no, non si è spostato, nemmeno quando ha incrociato gli occhi con quelli di Kriziana, che lo guardava leggermente storto.
Era diverso, lì..” risposta del cazzo, pensa lei, perché non ha senso. La odia, a quella civetta, Kriziana, perché è insopportabile e si struscia troppo spesso addosso a Luke, non che le importi di lui.
Poi odia anche Luke e non capisce come faccia, quel tipo, ad essere il migliore amico di Deborah – sempre se lo è ancora -, insomma, è un idiota!, forse un po’ lo odia perché la stuzzica troppo spesso, perché la tratta male e poi le scrive messaggini in continuazione. Cosa vuole dalla sua vita?
Alla fine mi ha salvato la ragazza nuova, sai? Jamaica Greenland” Kriziana ringhia, perché non le interessa minimamente di chi l’abbia salvato, soprattutto se è una ragazza, nuova in più.
Ti sei scopato lei al posto della Johnson?” chiede, e se fossero stati faccia a faccia Luke avrebbe potuto notare l’acidità nell’affermazione.
E se anche fosse?” lo odia, ecco perché, per le sue frecciatine insensate. Non le importa niente, facesse come vuole, quel pezzo di idiota.
Fatti tuoi!” butta il cellulare sul letto e sbuffa, ma poi lo  riprende appena lo sente trillare.
Sei gelosa, White?” finisce la frase con un occhiolino e una faccina ridente. Kriziana freme di fastidio, perché è ovvio che non è gelosa, non le importa di certo delle scopate di quell’ebete.
Ti piacerebbe, Hemmings!” risponde, senza nessuna faccina, chiedendosi, poco dopo, perché Luke con tutti è un amore e con lei si trasforma in un deficiente.
Non saprei, sinceramente” Se lo immagina a ridere, sghignazzante, con le dita attorno al cellulare e la lingua che passa sul piercing.
È ora di uscire e, di certo, non ha voglia di continuare il discorso con quell’idiota.
Io vado, coglione, ho meglio da fare che parlare con te!” si infila le scarpe e prende le cuffiette, il portafoglio e le chiavi, poi infila il tutto nella borsa nera. Esce di casa e va alla fermata dell’autobus, con le cuffie nelle orecchie, poi il suono dell’arrivo di un messaggio la fa sussultare, bloccando la canzone che ha appena messo.
Ci si vede, amoruccio” sbuffa e fa partire la canzone di nuovo, lasciando perdere Luke e il fastidio che prova per quel tipo.
Si deve concentrare su Michael e nessun altro.

***
Ehilà,
scusatemi del mio ritardo, ma seriamente, la scuola nel momento di più nullafacenza, alla fine mi ha preso più tempo di quanto pensassi, peggio del periodo delle verifiche, oh!
Che ne pensate? Spero vi piaccia, anche se alla fine non è che è granché.
Belle, le nostre eroine, eh? Prima Beatriz, ora Jamaica.
Beatriz è un po' incomprensibile, prima spavalda, poi timida.
Jamaica è una tosta, ma è anche simpatica.
Luke, in fondo, è un sentimentale, anche se gli ormoni subbuglio li ha; anche lui si è lasciato andare a qualche nottatina hot.
Anche se è un amore, non si capisce proprio perché ha quel comportamento con Kriziana.
Io spero vi sia piaciuta!
Bye bye,

Judith.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Indecisioni, pensieri e allegria. ***



Incomprensibile. 

INDECISIONI, PENSIERI E ALLEGRIA.
 
Ad Ashton, che è un batterista e questo mi fa decisamente impazzire,
Al mio telefono, che squilla nei momenti più inopportuni,
A me, che scrivo un capitolo in una settimana e quello dopo in un giorno.
 
Quel biondino l’ha accompagnata a casa, anche se alla fine non dista granché dalla scuola, giusto dieci minuti a piedi, tra stradine e vicoli un po’ stretti.
È simpatico, l’aveva giudicato male, pensando fosse il solito cazzone che pensa solo al sesso e poi lo becca a rifiutare la richiesta di quella Barbie probabilmente tutta rifatta, seppure un po’ troppo giovane per essere passata sotto i ferri.
L’ha fatta sorridere e ridacchiare piuttosto spesso, e non è da lei, sinceramente, perché tende sempre ad essere un po’ troppo seria e fredda, senza nemmeno accorgersene.
Jamaica si stringe nelle spalle e fissa indecisa il profilo di Facebook di quel Luke Hemmings che trova decisamente carino.
È la prima volta che si ritrova ad essere così insicura, e si sente quasi una bambina che scopre cosa significa avere una cotta, perché lei l’ha notato, quel biondino, appena l’ha visto in quella classe di balordi.
Era bello, piegato sul foglio degli appunti, intento a finire di scrivere chissà cosa, con il ciuffo che si sbilanciava verso il basso e le ciglia che creavano un gioco di ombre sulle guance affilate.
E l’ha voluto “salvare” da quell’arpia dalle lunghe unghie rosa shocking, che le hanno fatto un po’ di ribrezzo. Intanto se l’è fatto quasi amico, e le va bene, perché non cerca di certo altro, lei, non potrebbe averlo.
Non è bella, non lo è mai stata!, è troppo magra, troppo piatta, troppo bassa. Ha gli occhi grandi e le labbra a canotto, la pelle bianchissima e i capelli sfibrati. Eppure l’ha guardata, lui, e non come si guarda una sconosciuta indifferente.
Comunque, lo sguardo della ragazza dai capelli azzurri, quello che ha rivolto a lui appena la Barbie si è avvicinata, non era dei migliori, Jamaica l’ha notato.
Ci scommette che quella tipa, che le sta simpatica solo per via dei capelli e i vestiti neri, sia cotta del biondo e non ha voglia di infilarsi in mezzo.
Eppure si ritrova a guardare il nome del ragazzo sul suo computer, con un dito sul mouse, pronto a cliccare sulla richiesta di amicizia. Non ci pensa granché e, alla fine, gliela manda, perché un’amicizia in più non guasta, no? Anche se si tratta di fare amicizia con un figo che l’ha conquistata immediatamente, no?
La sua foto profilo è con una ragazza mai vista, a scuola, mora, dalla pelle lattea e gli occhi azzurri. È splendida e ha un viso esageratamente dolce. Con le braccia circonda la vita del biondo, che sorride all’obiettivo, che lei ancora non gli ha visto, ma alla fine sta alla scuola da un giorno.
La foto risale a tre mesi prima.
Sulla descrizione c’è scritto “al mio sorriso, alla mia gioia” e non sa cosa pensare, se quella è la sorella, un’amica, la ragazza. Poi legge i commenti, un certo Calum ha commentato con “giù le mani, Hemmo, è la mia ragazza!” e lei rilascia un sospiro, perché vabbè che non si farà di certo avanti, perché quella ragazza dai capelli azzurri la ucciderebbe, ma saperlo non fidanzato la rilassa.
Scorre le foto con calma e si gusta ogni particolare del biondo, che può notare tramite selfie e tag.
Sulla sua bacheca appare un “’Stasera tutti al Kimical, bellezze!” e ci sono tre persone taggate, tra cui quel Calum.
Non ha la più pallida idea di che cosa sia il Kimical, ma immagina sia un locale e lo va a cercare su internet, perché se c’è la possibilità di rivederlo, beh, non la spreca mica.
 
La mano si poggia prepotente sulle labbra, chiuse con forza tra loro, a trattenere gemiti di dolore, non quello fisico, si intende.
Nella mano destra c’è una foto, un po’ rovinata ai lati per tutte le volte che l’ha presa in quel mese passato.
Deborah, nella foto, sorride gioiosa, con i capelli scombinati e al vento e gli occhi socchiusi. È bellissima. Lui, nella foto, la guarda, sorridente. Più che guardarla, sembra ammirarlacome se fosse la cosa più bella al mondo, come se ne dipendesse e, alla fine, è così.
Perché lui dipende, o dipendeva, da lei, dal suo sorriso, dal suo profumo, dal suo tocco. Adesso può dire di dipendere dal suo ricordo, dalle sue foto.
La mano sulle labbra stringe più forte quel bigliettino incastrato tra le dita, con quelle parole tanto brutte e dolorose che, a lui, non è che non piacciono, peggio.
A lui, quelle parole, fanno schifo.
Un mugolio gli esce dalle labbra, seppure sono serrate, e la mano spinge ancora di più, perché non ha voglia di sbottare in lacrime, risulterebbe un bambino, un debole, insomma, che piangere per una ragazza che l’ha distrutto non avrebbe senso.
Ma Calum la rivuole con sé, la rivuole tra le sue braccia, rivuole assaporare quelle labbra morbide e piene e rivuole accarezzarle i capelli incasinati.
Ama Deborah, seppure il dolore è tanto, più di sé stesso. Con lei ha provato il vero amore e ora si sente stupido, ad averle dato quella fiducia.
Ama Deborah ma vorrebbe odiarla, perché l’ha abbandonato, perché la ucciso, senza dargli spiegazioni.
Cade sul letto e lascia il bigliettino nella sua mano cadere sul suo petto e dalla bocca gli esce un ruggito di rabbia, di dolore, di frustrazione, ‘ché tanto è solo a casa e potrebbe persino distruggere tutto ciò che si ritrova tra le mani, ma non lo fa solo perché dovrebbe pulire e non gli va per niente.
Lo sguardo sfugge sulla sua porta, che ha un solco profondo nel mezzo, dovuto al suo pugno. Si ricorda le urla infuriate di sua madre al rumore e, poi, le parole dolci a vederlo rannicchiato in un angolo, con la solita foto tra le mani e le lacrime che tratteneva, perché non gli andava di risultare una checca.
Il cellulare trilla e lo risveglia dai pensieri e i ricordi, così si incammina verso la scrivania e lo acchiappa, gli è arrivata una notifica di Facebook, si maledice di aver scaricato l’applicazione sul cellulare, poi nota che è di Luke e si fionda a vedere cosa vuole il suo migliore amico.
’Stasera tutti al Kimical, bellezze!” ci sono taggati lui, Kriziana e Michael, al solito. Sbuffa, perché non è che esploda dalla voglia di andare in un locale da quattro soldi dove c’è gente che si struscia e altra che barcolla ubriaca. Che poi però, a lui andrebbe di bere un po’, giusto per svagarsi, anche se gli altri cercano sempre di levargli l’alcool dalle mani.
Non mi va di venire” Scrive un messaggio a Luke, perché di commentare su Facebook non gli va. Luke non si fa aspettare.
Non ci provare, tu vieni e basta, ti devi svagare!” sembra quasi intimidatorio, ma lui non vuole nemmeno farci caso a quel punto esclamativo che sembra esprimere un ordine.
No, Hemmo, seriamente, vengo un’altra volta” posa il cellulare sul letto e ci si fionda anche lui, perché sente le gambe stanche, forse per tutte le emozioni contrastanti che ha provato fino a poco prima.
Tu vieni, per bere, per ballare, per stare con noi e, soprattutto, per conoscere qualche tipa!” no, l’ultima frase non gli va molto a genio, perché lui non ha voglia di conoscere nessuna, che già quelle che gli fanno trillare il telefono ogni giorno gli bastano. Si aggiunge anche il fatto che lui non ha occhi per nessuna tranne che per Deborah, anche se quest’ultima l’ha – forse – lasciato, senza una vera motivazione.
Lo sai, Hemmo, che non ho voglia di conoscere nessuna tipa..” spera che, con questo, lo lasci in pace, quel biondo da strapazzo.
Cal, se n’è andata.” Quel punto a fine frase gli fa stringere il cuore e digrignare i denti, perché se persino il migliore amico di lei, oramai, si è arreso all’evidenza, tocca che lo faccia anche lui.
Anche se non vuole.
Lo so” risponde solo, che non ha tanta voglia di scrivere.
Allora è deciso, passo sotto casa tua alle otto” finisce la frase con un occhiolino e, Calum, sbuffa, ma si arrende al fatto che, il suo migliore amico, non lo mollerà a casa nemmeno ammazzato.
 
Ashton sta sistemando per genere i vari cd musicali, mentre nel negozio risuona chissà quale canzone che, a lui, un po’ piace, quindi ci balla sopra, probabilmente apparendo un pazzo agli occhi dei clienti, che gli girano alla larga perché quella faccia da birbante non li fa stare troppo tranquilli.
Chiude gli occhi e agita le braccia a ritmo, sculettando un poco e muovendo le gambe, tenendo tra le mani due cd, uno di Christina Aguilera e l’altro di Ed Sheeran. Dovrebbe spendere più tempo a sistemarli che a ballare, ma alla fine lui è andato a cercare lavoro in quel posto proprio per quello, per assaporare la musica fino all’ultimo, non per sistemarla. Che tanto, se uno vuole, il cd di chi gli piace lo trova pure disperso in un oceano.
«Ashton!» si gira di scatto, roteando i piedi e continuando a muoversi divertito sulle note della canzone, mentre davanti a sé appare la faccia scorbutica di Vanessa, sua collega.
Ha le mani sui fianchi e la fronte corrugata.
«Ashton, finiscila immediatamente di ballare, che fai anche schifo, e sistema quei cd!» urla, infuriata, facendo girare più facce verso di loro, anche se Ashton non ci fa molto caso, perché a lui diverte far imbestialire Vanessa.
Continua a muoversi e si avvicina a lei, muovendo le braccia su e giù.
«Dai, Vanessa, lasciati andare, non ti fa venire voglia di sbizzarrirti questa canzone?» chiede, ridacchiando, mentre la ragazza alza gli occhi al cielo e allarga le braccia in segno di disperazione.
«Mi fa venire voglia di ammazzarti, piuttosto!» è sempre un po’ scorbutica, lei, l’ha capito da quando è entrato la prima volta in quel negozio tanto carino e accogliente.
«Suvvia, Vanessa, non essere così cattiva!» borbotta, ridendo, passandole un braccio attorno alle spalle e cercando di muoverla un po’ a ritmo, ma prima che riesca a fare qualcosa la canzone finisce, per grazia di Zoe.
«Bene, ora vedi di tornare al lavoro!» lo sgrida, lanciandolo verso i cartoni con dentro i cd accanto allo scaffale mezzo vuoto, comprato due giorni prima perché gli arrivi erano decisamente troppi.
Ashton ride e si rimette al lavoro, anche se la canzone che arriva dopo non è certamente più tranquilla di prima e si ritrova a muoversi, ogni tanto canticchiando, perché la canzone se l’è ascoltata sua sorella Lauren tante di quelle volte che potrebbe dire di saperla quasi a memoria, seppure cantante e titolo gli sfuggono.
Le campanelle alla porta, sovrastano di poco la canzone, ma lui non ci fa caso, continuando a muoversi, ogni tanto chiudendo gli occhi e ogni tanto sorridendo a qualche cliente stranito o a qualche passante che attraverso le vetrate può vederlo.
Fa una giravolta e solo in quel momento nota due teste colorate che si guardano in giro. Si gira di nuovo, ma ‘sta volta si ferma per guardare meglio il ragazzo dai capelli scoloriti e la ragazza dai capelli azzurri.
Gli occhi si allargano vistosamente, perché quella ragazza è forse la più bella che sia mai entrata in quel negozietto da quattro soldi. Sorride, si sistema la maglietta rossa, tipica del negozio, e si passa una mano tra i capelli ricci, migliorando la posizione della bandana nera.
Si avvicina con passo lento e si poggia sul bancone.
«Ehilà, serve una mano?» dice e, nota, che lo sguardo dei due è un po’ stranito, forse dal fatto che più che essersi appoggiato sul bancone, si è totalmente sdraiato.
Si alza di scatto e si sistema la maglietta che si era alzata un po’, poi si schiarisce la voce e sorride.
«Ehm, sì.. - borbotta il ragazzo, che squadra da testa a piedi quel tipo un po’ ambiguo che non toglie gli occhi di dosso alla sua migliore amica - cerco una chitarra elettrica, la mia si è distrutta pochi giorni fa,» dice e nota come il ragazzo sembra illuminarsi e aprirsi in un sorriso decisamente troppo esteso.
«Oh, seguimi!» dice, Ashton, un po’ euforico, perché adora vendere strumenti musicali, si è stancato dei soliti idioti che comprano cd rap e lasciano a marcire le bellezze della musica seria.
Si avvicina dove tengono le chitarre e le indica, poi inizia a dire specialità e difetti di ognuna, parlando forse troppo, eppure nota che i due non sembrano annoiati e continuano a seguire ogni parola che dice.
Appena si ferma si gira verso il ragazzo e lo guarda, trovandolo pensieroso.
«Uhm, non saprei proprio quale prendere,» borbotta, passandosi una mano tra i capelli e poi posandola sotto il mento. Ashton si avvicina e ne afferra una, bella, bianca e nera. Gliela porge, perché è sicuro che è lei, quella che cerca.
«Attaccala lì - gli indica l’amplificatore - e vedi se è lei.»
Non se lo fa ripetere di certo, Michael, che inizia da subito a suonare una canzone e Ashton, ci scommette, non l’ha mai sentita, quindi si immagina sia inventata e deve ammettere che gli piace.
«Non l’ho mai sentita, è tua?» dice, appena Michael finisce e posa la chitarra accanto a sé, con gli occhi luminosi e il sorriso sulle labbra.
«Sì, l’ho scritta insieme ad un amico,» borbotta, imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli.
«In realtà l’ha scritta lui e basta, che Luke è bravo solo con le parole,» la voce della ragazza gli riempie le orecchie e si accorge di non averla sentita, prima, quindi si gira verso di lei e le sorride, lasciando intravedere le fossette sulle guance spigolose, con quello strato di barba.
«Non è vero, qualche accordo ce lo mette pure!» borbotta Michael, che trova Luke sempre un passo più avanti di lui, anche se Kriziana dice il contrario.
«Sì, certo,» brontola lei, alzando gli occhi al cielo e chiedendosi come possa il suo migliore amico difendere sempre Luke, che è uno scansafatiche cronico e se non fosse per Michael, col cavolo che sapeva suonare la chitarra.
«Che cos’hai, una specie di band?» chiede, Ashton, incuriosito da ciò che sta sentendo e continuando a tenere gli occhi puntati sull’azzurra, perché ha un viso spettacolare, delineato, fino e preciso.
«No, cioè, siamo due amici che suonano e cantano, avremmo bisogno di un batterista e di un bassista, forse persino di un tastierista per crearla,» dice, Michael, pensieroso, perché è così.
Loro sono solo due amici che si divertono a suonare insieme e poi, non ci ha nemmeno mai pensato ad una band, lui.
Sarebbe figo, probabilmente.
«Beh, Calum suona il basso, no? Già potresti essere un passo avanti!» esplode Kriziana, con gli occhi luminosi e il sorriso sulle labbra.
Michael scuote la testa e sospira.
«Da quel giorno non ha più toccato il basso, Kriziana,» Ashton guarda la ragazza, che scopre chiamarsi Kriziana, abbassare lo sguardo e arricciare il naso, dispiaciuta.
Gli sembra di aver già sentito il nome Calum e no, non è un nome comune, in realtà. E pure Kriziana, da qualche parte, l’ha già sentito. Scuote la testa perché proprio non gli viene in mente niente e li guarda, un po’ incuriosito dalla frase del ragazzo
«Beh, anche se non so a che fatto vi riferite, potreste chiederglielo, alla fine ogni musicista non smette mai di suonare, qualunque cosa accada,» commenta, incrociando le braccia e lasciando che gli occhi fuggano per qualche momento sul ragazzo, di cui ancora non sa il nome, che lo guarda.
Poi, questo annuisce pensieroso e volge lo sguardo altrove.
«Potremmo provarci,» dice, sicura, Kriziana, che adorava il modo in cui Calum suonava e gli manca da impazzire. Guarda quel ragazzo troppo allegro ed euforico, che sembra trovare tutto divertente e bello, e nota che, di sfuggita, potrebbe somigliare a Luke.
«Sì, potremmo.. - borbotta Michael, poi guarda la chitarra e controlla il prezzo, sorridendo - e comunque la prendo!» esclama, allegro, passandola al riccio che l’acchiappa e si dirige verso la cassa.
Paga e prende il suo nuovo acquisto, che trova decisamente migliore di tutti i vestiti presi prima. Poi guarda quel ragazzo che, alla fine, gli ha dato una mano, anche se con un paio di frasi banali.
«Beh, grazie mille.. - si blocca e fa scorrere gli occhioni pallidi sulla targhetta con il nome - Ashton,» aggiunge, allungando una mano verso il ragazzo che lo guarda un po’ più del solito e gli sorride.
«Oh, di niente..» Ashton si blocca, stringendo la mano del ragazzo, perché no, lui non ha la targhetta con il nome e non immagina nemmeno quale potrebbe essere il nome di quel tipo.
«Michael, sono Michael,» lo salva, questo, ridacchiando, seguito poi da Ashton, che lo guarda muoversi verso l’uscita. Passa gli occhi su quella bellezza rara di Kriziana – no, non si scorderebbe il nome nemmeno pagato – e le sorride appena i loro occhi si incrociano.
Dannazione, se la trova bella.
Spera vivamente che tornino a salutarlo, magari più in là. Poi si illumina, perché di persone, a Sydney, che si chiamano Kriziana, probabilmente non esistono, tranne lei.
Sarà facile trovarla.

 
***
Ehilà,
ecco a voi un altro capitolo, l'ho scritto in un giorno, però l'ho voluto postare oggi.
Che ne pensate? Spero vi piaccia!
C'è Jamaica, che adoro, che si sta imbattendo in una cotterella. 
Mi scuso con Calum, perché lo faccio soffrire in questa storia. Premetto di amarlo all'impazzata.
Ovviamente c'è Luke che lo obbliga ad uscire, perché non lo vuole proprio vedere il proprio migliore amico così abbattuto! 
Infine c'è l'arrivo di Ashton!
Che ne dite? Una bella entrata di scena, eh?
Insomma, il nostro Ashton ha messo una bella pulce nell'orecchio di Michael.
Nel prossimo capitolo ci saranno delle belle - o delle brutte, dipende dai punti di vista, - perché Calum si innervosisce facilmente e Luke si accorge di tante cose.
Aggiungo che Ashton è davvero importante, nella storia, e forse nel prossimo capitolo capirete il perché.
Ora vi saluto, pubblicherò il quarto capitolo tra tre giorni.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bye bye,

Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Kimical, rabbia e scoperte. ***



Incomprensibile.

KIMICAL, RABBIA E SCOPERTE.
 
A Calum, con cui mi scuso di tutta la sofferenza inventata in questa storia,
Alla distanza, che non mi ha mai diviso da nessuna persona,
Al letto, che non riesce mai a farmi stare comoda per più di 5 minuti nella stessa posizione.
 
Ha una gonna corta, che le lascia  scoperte le gambe fine, e una camicetta nera, leggermente trasparente che lascia intravedere il reggiseno nero. Ogni tanto le piace vestirsi femminile, lasciando perdere le felpe troppo grosse o i jeans stretti che, alla fine, finiscono per starle sempre un po’ larghi.
La gente balla e ride, chi con un bicchiere chi con direttamente una bottiglia. Ha trovato quel posto su internet, il Kimical, e nota tante facce viste alla scuola, probabilmente è un locale di ritrovo per i ragazzi.
Qualcuno la saluta, anche se lei non può fare a meno di chiedersi chi sia, perché non ricorda granché i nomi. Gli occhioni girovagano per la sala e lei si passa un dito sulle labbra, che ha colorato di rosso scuro. Si avvicina al bancone dell’alcool e chiede una birra, ‘ché le piace andare sul semplice.
Poi, di ubriacarsi, non ne ha granché voglia.
«Una birra anche per me, grazie,» si gira appena e, senza tutta questa sorpresa, si ritrova affianco la ragazza dai capelli azzurri, truccata di nero e vestita decisamente di scuro. Ha i capelli sciolti che le arrivano sotto il seno, la ricrescita nera e il piercing al naso che le sta uno spettacolo, secondo Jamaica.
La trova splendida, senza sapere il perché, forse per la particolarità dei capelli tinti di quel colore acceso, o per il modo di vestire un po’ gotico, o per lo sguardo penetrante e limpido.
Poi ha dei lineamenti decisamente perfetti, altro che i suoi.
Si gira verso di lei e la guarda, poi le sorride gentilmente.
«Tu devi essere la ragazza nuova, quella che ha salvato Luke dagli artigli della Johnson, vero?» dice, ridacchiando e allungando una mano affusolata e piena di anelli d’argento.
Jamaica sorride di rimando, acchiappando la mano: «già, sono Jamaica,» dice, sovrastando il volume della musica nel pub: «io Kriziana,» risponde la ragazza al suo fianco.
«Comunque, secondo me, l’avresti dovuto lasciare marcire tra le braccia di quella,» dichiara, al pensiero di quell’idiota dell’amico.
Jamaica fa una smorfia divertita, che la frase le suona più come un ringraziamento, perché ci scommette che vederlo nelle grinfie di quella l’abbia fatta rodere e non poco.
«E come mai?» chiede, prendendo la birra sul bancone e stappandola, per poi prenderne un sorso.
Kriziana la imita e guarda di fronte a sé, pensando ad un buon motivo. Lei non lo sopporta, Luke, e ce lo vedrebbe bene tra le braccia di un’arpia come Jessica, che prosciugherebbe ogni suo centesimo ed ogni sua forza.
«Perché è un coglione, semplice,» si ritrova a dire, alla fine, alzando le spalle e le sopracciglia nere.
Jamaica ride e non può fare a meno di pensare che quella tipa è simpatica e, un poco, le assomiglia.
«Se lo dici tu mi fido, la prossima volta lo lascerò stare!» dice, prendendo un altro sorso della sua birra e ridacchiando.
Però non capisce quel “lo lascerò stare” a cosa precisamente si riferisca, se lo lascerà stare nelle grinfie di quella sgualdrina o lo lascerà a Kriziana, che la trova simpatica e lo vede, quello sguardo di finto odio.
Kriziana sorride, perché forse si è trovata un’alleata, dopo un mese di convivenza e litigi con dei maschi con sintomi pre-ciclo.
«Perché non vieni al nostro tavolo? O sei con degni amici?» chiede Kriziana, alzandosi e girandosi verso lei, che le sorride entusiasta, perché ha proprio voglia di fare amicizia.
«Oh, volentieri, non sono con nessuno,» la segue tra le persone e si ritrova in un angolo del locale un poco più appartato, davanti ad un tavolino con tre ragazzi.
La musica non è forte come al bancone e si riesce a parlare tranquillamente.
Di fronte a lei c’è un ragazzo dai capelli verdi scoloriti, quasi bianchi oramai, con gli occhioni a palla di un verde tendente al grigio e la pelle lattea.
Lo assocerebbe al ghiaccio, all’inverno, perché è un tutt’uno di chiaro e pallido. Ha gli occhi sul cellulare e un sorriso appena accennato. Accanto, con una birra ormai finita tra le mani e gli occhi persi nel vuoto, che ascolta leggermente le parole dell’amico, c’è un ragazzo dai lineamenti asiatici. Ha gli occhioni neri a mandorla, il naso leggermente largo e le labbra carnose. La mandibola larga e delineata e il fisico mingherlino, o almeno così sembra sotto il maglione bianco che indossa.
Alla fine il suo sguardo vaga sul biondino accanto, che sta cercando di intraprendere una conversazione con quei due che fanno tutto tranne parlare, o almeno rispondere. Ha gli occhi blu che risplendono alla luce a scatti del locale e il piercing sul labbro sembra brillare. Il naso dritto e leggermente all’insù e questo le piace terribilmente. Ha i capelli tirati su in un ciuffo e la felpa nera del giorno stesso.
«Ehi, ragazzi, lei è Jamaica!» richiama i tre Kriziana, sedendosi e spostando la sedia libera, da ormai un po’ troppo per i suoi gusti, accanto a sé, dove si siede decisa Jamaica, non notando l’occhiata furiosa del moro.
«Ciao,» dice, sorridendo, guardando tutti e tre e solo allora vede il moro che guarda lei all’altezza delle spalle, da dove fuoriesce un pezzo di sedia.
«Ehi, Jamaica!» esplode, Luke, sorridendole e dando una gomitata sul fianco dell’amico che, però, non cambia lo sguardo. Jamaica ne è un po’ intimorita, perché non capisce bene dove ha sbagliato.
«Ciao, io sono Michael,» borbotta il ragazzo dai capelli scoloriti, allungando la mano e sorridendole amorevole.
Jamaica accetta, ‘ché quel tipo le sta simpatico già per la gentilezza e poi ha una bella maglietta dei Linkin Park, che lei adora all’impazzata.
Appena stacca la mano da quella di Michael si gira a guardare il moro, in attesa di una sua mossa. Ma a Calum non è andato giù il fatto che, Kriziana, le abbia dato via libera a sedersi sulla sedia che, una volta, ospitava l’unico componente mancante di quel gruppetto. Sente lo sguardo di tutti puntato addosso e trema, perché ha capito che quella tipa sta simpatica a Kriziana, come lo sta a Luke e probabilmente diventerà amica anche di Michael e significherebbe che sostituirebbe chi, in realtà, non vorrebbe che venga sostituito.
«Insomma, ti presenti?» chiede lei, un po’ spazientita e piccata da quello sguardo furioso.
Calum scuote la testa, si alza di scatto e afferra il telefono che è appoggiato sul tavolo.
«Vado a fumare,» ringhia, dando le spalle al gruppetto e fingendo di non sentire quel “Calum!” urlato da tutti e tre i suoi amici, in un modo diverso dall’altro. Kriziana èimbestialita, lo capisce, e sa che gli toccherà la sbroccata, dopo. Luke è sconvolto, che il moro non è mai stato uno scorbutico. Michael è confuso, non capisce benissimo perché quel comportamento.
 
Sospira pesantemente, passandosi una mano tra i capelli biondi e socchiudendo gli occhi, per poi volgerli verso la ragazza sconvolta di fronte a sé.
«Scusalo, di solito non fa così,» borbotta, ritrovandosi a vagare tra le pozze castane nel mezzo del viso latteo di Jamaica. Sente Michael sospirare e appoggiare il telefono sul tavolo, per una volta stanco di doversi rinchiudere nelle chat per evitare di notare il dolorenegli occhi di Calum.
Perché Michael l’ha capito, un attimo dopo che Calum gli è sparito dagli occhi, che quel comportamento è dovuto al fatto che Jamaica è seduta sulla sedia dove si sedeva solitamente Deborah.
Guarda Kriziana, ha gli occhi lucidi e la voglia di spaccare la faccia al suo amico, che con il comportamento sembra sempre voler ricordare quella fuga insensata che non ha portato sofferenza solo a lui.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» chiede, un po’ titubante, perché l’ha notati, Jamaica, quei sguardi un po’ disperati.
Luke scuote la testa e le sorride, non ha voglia di raccontare la storia.
«Non hai fatto niente, è che gli gira male,» dice, poi guarda gli amici e sospira deciso.
«Dicci qualcosa di te, Jamaica, da dove vieni?» chiede Michael, incrociando le dita tra di loro e osservando quello scricciolo di fronte a lui, cercando di cambiare discorso.
Jamaica è titubante, vorrebbe capire cos’è successo, perché non ci crede che a quel Calum gli gira solo male, ma capisce che quei tre non gli diranno nulla.
«Vengo da Melbourne,» dice, alzando le braccia e sorseggiando la birra ancora a metà.
«E come mai sei venuta qui?» chiede Kriziana, curiosa, ‘ché a lei il gossip è sempre piaciuto, cercando di svagarsi dal fatto appena avvenuto, ripromettendosi di urlare contro l’amico appena ne avrebbe avuto l’occasione.
Jamaica alza le spalle: «mio padre ha trovato lavoro qui e di restarmene con mia madre non mi andava granché,» risponde, sorridendo, e allungando l’occhio verso Luke, perché lo trova bello e ha voglia di rifarsi gli occhi, che l’ultimo ragazzo di quella bellezza l’ha visto in film americano, cercando di arrendersi all’idea che è già occupato, invano.
«Ti mancano i tuoi amici?» chiede Luke, scrutando con cura il visino di lei e nota che il rossetto la rende decisamente troppo attraente, le dona e lo sguardo allungato per via del trucco nero le conferisce un aspetto passionale e lussurioso.
E lui si sta eccitando, anche se non capisce come una tappa del genere, con un fisico che non si avvicina nemmeno un po’ a quello che di solito guarda, sia così bella ai suoi occhi.
«Uhm, non direi, non avevo molti amici, tendevano a starmi alla larga perché si vociferava fossi una stronza,» disse, lei, alzando le spalle.
«E lo sei?» chiede, Michael, aggrottando le sopracciglia e facendo ridacchiare la castana.
«No, non direi, ma ho preferito lasciare spargere la voce, che tanto erano tutti coglioni lì!» risponde, poi finisce la birra in un sorso.
Luke continua a guardarla, un po’ perso, poi si gira e si ritrova a nuotare negli occhi neri di Kriziana, che lo guarda incuriosita, con un sopracciglio alzato e un ghigno sulle labbra. Luke sgrana gli occhi e deglutisce, ‘ché se Kriziana capisce che si è interessato a quella tappa è la fine, che lei non lo sopporta e si diverte a smerdarlo.
«E dimmi, Jamaica, sei fidanzata?» le chiede lei, girandosi verso la ragazza, continuando a tenere fissi gli occhi su Luke, come se non avesse sentito la risposta di Jamaica alla domanda di Michael.
«Ehm, io… vado a prendere da bere!» dice Luke, alzandosi di scatto e incamminandosi verso il bancone, perché se Kriziana ha voglia di vociferare tutto a Jamaica lui non vuole essere presente.
Poi, guardando la porta, si illumina. Si avvicina ad essa ed esce, ritrovandosi davanti un ragazzo con una sigaretta in bocca.
È Calum, che cerca di rilassare i nervi con il fumo.
Squadra Luke dalla testa ai piedi e poi si rigira a guardare le macchine sfrecciare.
«Quando ti arrenderai all’evidenza che, Deborah, se n’è andata?» chiede, Luke, incrociando le braccia muscolose e poggiandosi sul muro, osservando da qualche metro il viso contorto di Calum, che chiude gli occhi e scuote la testa.
«Non capisco come ci sei riuscito tu, Luke,» sussurra lui, aspirando prepotentemente dalla sigaretta.
E Luke sussulta, perché alla fine non è vero che lui si è arreso all’evidenza, perché alla fine non è vero che lui si è abituato all’assenza di lei. Deborah era – è – la sua migliore amica, dipendeva da lei, dal sorrisone dolce e le carezze amorevoli. Deborah l’ha sempre sostenuto, gli è sempre stata accanto, era la sua roccia.
Luke ancora si chiede, la notte, come è possibile che la sua migliore amica sia scappata, che non gli abbia detto niente, almeno a lui, che avrebbe appoggiato ogni sua decisione, sempre e comunque.
Lo capisce ora, probabilmente, che lui non si capacita ancora della sua assenza, che forse quella sedia si è riempita troppo presto, che Deborah è troppo poco che è scappata e loro non si sono abituati. Lo capisce che, seppure finge di stare bene, seppure si vuole convincere di essere ormai in quattro, è il primo a cadere a pezzi, è il primo a non volerla lasciare andare.
Si slancia di scatto verso il moro, circondandolo con le braccia e lasciandosi andare in un sospiro. Sente Calum tremare, mentre trattiene un gemito addolorato.
«È che mi manca tanto,» borbotta il moro e si chiede quando mai riusciranno a stare bene,realmente.
«Manca anche a me, Cal,» risponde con un sussurro il biondo, stringendo ancora di più l’amico a sé.
 
«Ti ho battuto!» urla Beatriz, alzandosi in piedi e improvvisando un balletto imbarazzante. I capelli ricci si smuovono sbarazzini e gli occhi sono socchiusi per la risatina che esce appena finisce la frase.
«Hai barato, infame!» ulula Ashton, un rosicone raro.
Per Beatriz e Ashton è normale vedersi la sera e giocare a FIFA, che poi Beatriz vince sempre è un dettaglio. Lei si butta addosso al ragazzo, ancora seduto a terra, e si sbilancia per lasciargli un bacio sulla guancia.
«Rosicone! - commenta, ridendo, mentre il ragazzo incrocia le braccia e si gira dall’altra parte - avresti dovuto prepararti ad una sconfitta, Ashton, succede 9 volte su 10,» aggiunge, divertita, perché il suo migliore amico è così buffo.
Ashton sbuffa e la guarda: «non succede così spesso! - dice, muovendo la testa a ritmo delle sue parole, serpentino - per me tu bari, Bea,» aggiunge, inarcando le sopracciglia e arricciando il naso.
A Beatriz sembra proprio un gatto, con quella smorfia.
Ride e gli circonda il collo con le braccia, poi gli dà un altro bacio sulla guancia: «dai, Ash, non prendertela!» borbotta, divertita.
Alla fine il ragazzo ride e la circonda con le braccia, soffiandogli sui ricci che ricadono sopra i suoi occhioni verde petrolio.
«Sai, oggi al negozio sono venuti due tipi particolari - inizia Ashton, che ha voglia di raccontare di quella ragazza tanto bella - la ragazza, che aveva i capelli azzurro acceso, era decisamente bella,» aggiunge, guardando il televisore davanti a sé e immaginandosi la figura slanciata di Kriziana.
Beatriz è pensierosa, perché di ragazze tinte di azzurro non ce ne sono molte, in giro per Sydney.
«Sai come si chiamava?» chiede, incrociando gli occhi nocciola dell’amico, che annuisce.
«Kriziana,» risponde e vede il viso di Beatriz illuminarsi.
«Ma certo, viene a scuola mia, sai? - inizia, allegra, perché le sta simpatica, quella tipa, ed è bella, decisamente bella. Poi è anche la migliore amica di Michael - è la migliore amica del ragazzo con cui esco domani sera,» aggiunge, ricordando ad Ashton che, il giorno dopo, avrebbe avuto un appuntamento con quel ragazzo di cui è un po’ cotta.
«Si chiama Michael?» chiede lui, incuriosito, ghignando.
Beatriz annuisce, sospettosa.
«Era lui che era insieme a Kriziana oggi, al negozio.. ha comprato una chitarra, sai?» commenta, divertito e felice, perché quel tipo gli piace e ce lo vedrebbe bene con la sua Beatriz, scommette che non è il solito cazzone.
«Perché, suona?» chiede lei, illuminandosi.
Ashton annuisce: «direi anche piuttosto bene, sai?» risponde, sorridente.
Beatriz sorride a sua volta, perché i chitarristi le sono sempre piaciuti, persino più dei batteristi, che alla fine deve adorare a forza perché sennò Ashton la ucciderebbe.
«Mi piace, quel tipetto,» le dice Ashton, allegro, e Beatriz non può fare a meno di allargare il suo sorriso, che il pensiero del suo migliore amico è importantissimo per lei.
«Poi, magari, ti inventi un’uscita a quattro con me e la sua amichetta?» chiede, dopo, e Beatriz alza gli occhi al cielo, divertita, poi annuisce, perché Ashton è da un po’ troppo che è single, secondo lei.
«Oppure potrei trovartela su Facebook e le chiedi tu, direttamente, un appuntamento.» dice, poi, che tanto quella tipa la ha tra gli amici e la vede spesso online.
Ashton si illumina e annuisce, lui non è di certo uno timido.
È schietto, spavaldo, tutto ciò che aiuta quando bisogna chiedere un appuntamento.
Beatriz afferra il cellulare ed entra su Facebook, cercando velocemente Kriziana White. La trova subito, perché ha la foto con Michael che a Bea piace da impazzire, forse perché lì, Michael, sorride come non lo vede sorridere da un po’.
Nell’immagine di copertina c’è il loro gruppetto, uno accanto all’altro. Vede Hood che tiene per mano la Walker, scomparsa da un po’ mesetto. Hemmings sorride all’obiettivo e ha le mani incrociate tra di loro, Michael gli è praticamente spalmato sopra e sta ridendo. Kriziana, al fianco di Deborah, fa l’occhiolino.
«Eccola qui!» dice, poi gli fa vedere com’è il suo profilo e subito, Ashton, si sbriga a cercarla con il suo account e le chiede l’amicizia.
Poi la chiede pure a Michael, perché sembrerebbe un maniaco a chiederla solo a lei.
«Giuro, Beatriz, che non ti ho mai amata come ora!» borbotta Ashton, sorridente, mentre scorre tra le foto visibili nel profilo della ragazza.
È troppo bella, quasi più di Bea, che lui ha sempre visto come una dea e si è sempre vantato di essersela trovato come migliore amica.
Scorre le foto del profilo, che sono interamente su di lei, e poi passa a quelle di copertina, aprendo in grande la prima foto. Subito lo sguardo cade sulla ragazza mora accanto a Kriziana e, Ashton, aggrotta la fronte.
«E lei chi è?» chiede, come per accertarsi, perché lo sa bene chi è, quella tipetta.
«Oh, Deborah Walker, la ragazza del moro, la migliore amica di Kriziana, è scappata da un mesetto circa, nessuno sa dov’è,» risponde, unendo le labbra in una linea fina, perché le dispiace che quell’angelo se ne sia andato, le piaceva, ogni tanto ci aveva scambiato qualche parola.
Ashton sente una frase rimbombare nella mente. “Non devi dirlo a nessuno, Ash, ti prego.
Guarda la foto con attenzione e capisce, forse, qual è il fatto di cui parlavano Kriziana e Michael al negozio.
Capisce anche il perché ha sentito già i nomi Calum e Kriziana.
 
***
Ehilà,
come va? A me una pacchia, se non fosse per la scuola.
Qui la mancanza di Deborah si sente, eh? Calum non riesce a passare oltre e, Luke, alla fine non sta così bene come sembra.
Jamaica è interessata al nostro biondo, però non sembra la sola.
C'è il ritorno di Ashton e la sua meravigliosa amicizia con Beatriz! 
Povera Jamaica, un bell'inizio, non pensate? Ma Calum è un po' impulsivo. 
Non so cosa scrivere, oggi, che tanto l'ho scritto prima che ce n'erano delle belle, a questo capitolo.

Beh, proverò a postare il prossimo capitolo il prima possibile, ma intanto mi fate sapere cosa ne pensate?
Bye bye
,
Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Proposte pazze, scuse e guance rosse. ***



Incomprensibile.
 
PROPOSTE PAZZE, SCUSE E GUANCE ROSSE.
 
A Michael, che è troppo bello e c’è gente che non se ne accorge,
Al tipo, che mi ha conquistato,
A D, che mi fa sempre correre.
 
«Facciamo una band,» ed ecco che Michael sputa la frase che lo tormenta da un giorno intero.
Sono a pranzo, di fronte a un po’ di patate lesse e pollo al limone. Kriziana è in ritardo e, seduti al tavolo, ci sono solo i tre ragazzi.
Luke si strozza con l’acqua e guarda stranito l’amico, con gli occhi sgranati e miliardi di pensieri che gli passano per la testa. Calum ha i gomiti sul tavolo e il mento appoggiato sulle mani, ha la fronte aggrottata e gli occhi che sembrano uscire dalle orbite.
Non capisce come mai, all’amico, gli sia venuta un’idea così strampalata.
«Come, scusa?» chiede Luke, giusto perché non è sicuro di aver sentito bene, battendosi un paio di volte la mano sul petto, ‘ché rischiava di strozzarsi.
Michael ridacchia e allarga il sorriso, sistemandosi meglio sulla sedia e ingoiando il boccone, poi lancia un’occhiatina ad entrambi gli amici.
«Avete sentito bene - commenta, portandosi una mano fra i capelli scombinati, - facciamo una band,» ripete, deciso.
Calum si chiede se ha fumato qualcosa, prima di venire in mensa.
Perché di proposte strane gliene ha fatte, ma quella è davvero particolare. Insomma, una band? Loro tre? Due chitarristi e un bassista? Non hanno una canzone, non sono per niente determinati, non hanno nemmeno un posto dove provare.
E poi, che band è senza batterista? Ma dove vogliono andare?
«Così, di punto in bianco?» Luke è un po’ sconvolto, allarga le braccia e alza la schiena, appoggiandola alla sedia.
Michael annuisce, alzando le spalle e guardandolo fisso negli occhi, come a volerlo convincere con un’occhiata.
«Suoniamo e cantiamo tutti e tre - dice, incrociando le braccia - cosa c’è di male in farci qualcosa, con i nostri talenti?» aggiunge, sfidandoli  con gli occhioni pallidi.
Insomma, quel tipo gli ha messo la pulce nell’orecchio e lui, ormai, già se li è immaginati sul palco, con sotto decine, centinaia, di persone acclamanti. Già si è immaginato di girare il mondo, di lavorare con persone famose.
Sa che forse ha sognato troppo in grande, che se anche riuscisse a convincere i due a fare una band sicuramente, loro, non arriveranno a fare successo oltre Sydney, al massimo oltre l’Australia.
«Michael, ma… insomma, come ti è venuta in mente quest’idea?» chiede Luke, ancora, incuriosito e, forse, anche emozionato, che se davvero ha la possibilità di fare qualcosa con la musica, unica cosa che lo rende felice, beh, perché evitare?
«Bah, così, in un negozio di musica,» borbotta, alzando e stringendosi nelle spalle, per poi tornare a fissare il biondino, dopo uno sguardo alla porta, da cui è spuntata Kriziana.
«Ma non siamo professionisti, non abbiamo canzoni, siamo solo in tre, non c’è il batterista,» esclama Luke, che proprio non saprebbe come fare.
Michael lo guarda male, poi si schiarisce la gola: «non lo siamo ora, ma potremmo diventarlo - inizia, sorridendo - le canzoni si scrivono, no? Io sono bravo a comporre con la chitarra, Calum, tu sei un mostro a parole - aggiunge, indicando il moro che, ancora, non ha parlato - per il batterista c’è tempo, per ora pensiamo a noi,» alza le spalle di nuovo e allarga il sorriso verso gli amici, pensierosi, ma in senso buono, si intende.
«Beh, mi sono rotto di tutta questa merda - dice, indicando il luogo con le braccia, Luke, probabilmente parlando della solita routine, la scuola, la casa, le uscite, e stop. Perché Luke vuole fare qualcosa di grandioso, nella sua vita, e niente che ha a che fare con quella vita così monotona e noiosa - ci sto!» esclama, ad alta voce, sorridendo a Michael, che si muove sulla sedia per fermare la sua emozione.
Poi un paio di occhi si dirigono verso Calum, mentre Kriziana si siede accanto a Michael e, dietro di lei, Jamaica guarda il moro indecisa e solo per un richiamo di Kriziana si siede.
Nessuno dei tre sembra fare caso a lei, e nemmeno a Kriziana, troppo impegnati in pensieri propri.
«Beh?» borbotta Michael, che si è allungato verso il tavolo e fissa il moro con ansia. Calum è pensieroso, perché non tocca il basso da un po’, ma alla fine riprovare, con la musica, non gli farebbe male. Poi ha tante di quelle bozze, lui, che potrebbe crearci dieci album.
Guarda gli amici attentamente, Michael è emozionato, ansioso, euforico, d’altronde è sempre stato il suo sogno, quello di fare musica, indipendentemente se da solo o con qualcuno; Luke è allegro, gli sorride, perché forse sa dove rifugiarsi, perché la musica l’ha sempre tirato su da ogni situazione. Che non succeda anche a lui?
Alza le spalle e fa una smorfia di indifferenza: «visto che non saprei che farmene di tutte le bozze che ho scritto, perché no?!» Michael esulta e si alza, girando per tutto il tavolo fino a circondare l’amico con le braccia.
Luke gli rifila un bacio sulla guancia, cosa che fa sgranare parecchi occhi femminili nella sala.
Kriziana guarda tutti e tre e aggrotta la fronte: «cos’è successo?» chiede, che da quando è arrivata non ci ha capito molto. I ragazzi si girano a guardarla, vedendola per la prima da volta da quando si è seduta.
«Oh, sei qui,» borbotta Luke, chiedendosi quand’è arrivata. Poi lo sguardo si rivolge a Jamaica, la scopre a guardarlo, con quegli occhioni grandi e castani.
Lei gli sorride e gli fa un occhiolino, lui ricambia il sorriso: «ciao, Jamaica.» sente il moro, accanto a sé, sussultare sul posto.
Calum si gira verso la castana e la guarda un attimo, mentre lei è troppo impegnata a fissare il biondo. È dalla sera prima che si dice di doversi scusare, che è stato sgarbato e che Jamaica non c’entra niente, con la sua rabbia. Lei sembra accorgersi del suo sguardo e si gira verso di lui, ricambiandolo con uno stizzito e indifferente.
«Hanno accettato la proposta - dice Michael, poi guarda il viso di Kriziana piuttosto confuso e continua - formiamo una band, tesoro,» aggiunge, sorridendole contento.
La ragazza si illumina e apre la bocca per la sorpresa e la felicità, che le manca il suono delle loro voci insieme. Quell’Ashton ha avuto un’idea grandiosa e si ritrova a ringraziarlo mentalmente, probabilmente gli scriverà su Facebook più tardi. Gli è arrivata la notizia la sera prima e, sinceramente, ne è stata contenta, perché le sembrava simpatico e, alla fine, anche piuttosto attraente.
«Perché, voi suonate?» chiede Jamaica, aggrottando la fronte e rivolgendo uno sguardo a Michael, che le sorride e annuisce.
Lei si apre in un sorriso e poggia i gomiti fini sul tavolo: «sarò la vostra fan numero uno, allora,» aggiunge, con voce bassa e calcolata, mandando uno sguardo al biondino che, per tutta risposta, sbatte le palpebre ammaliato.
A Kriziana viene da ridere e forse un po’ le rode dentro, ma non ne capisce il motivo, o forse non vuole capirlo.
Finiscono il pranzo con calma e si alzano tutti e cinque, insieme, poi si dirigono verso l’uscita, mentre la campanella avverte gli studenti della fine del pranzo.
Calum, veloce, acchiappa il polso microscopico di Jamaica e la fa girare verso di sé, guardandola leggermente dispiaciuto.
Lei si stacca dalla sua presa e lo squadra, incrociando le braccia al petto: «cosa vuoi?» chiede, fredda e piccata, mentre vede gli altri tre camminare indisturbati, probabilmente nemmeno accorgendosi del loro bloccarsi.
Calum si passa una mano fra i capelli e si schiarisce la gola, a disagio: «scusarmi - dice, rivolgendole uno sguardo dispiaciuto - non volevo attaccarti, è che… è una lunga storia - aggiunge, affinando le labbra - ma giuro che non volevo attaccarti, sono solo un po’ impulsivo - le sorride, sperando vivamente che quella tipetta possa chiudere un occhio per il suo comportamento - scusa davvero.»
Jamaica lo squadra per un attimo, poi sospira: «va bene, ricominciamo - borbotta, allungando una mano verso di lui - ciao, sono Jamaica,» aggiunge, sorridendo, che quel tipo gli fa pena, un po’.
Calum sorride entusiasta e acchiappa la mano con decisione: «ciao, sono Calum.» risponde, poi Luke li richiama e loro si affrettano a raggiungere il resto del gruppo.
Calum sente di essersi tolto un peso.
 
Sono le otto di sera e Beatriz si controlla per l’ennesima volta allo specchio.
Si è passata un leggero rossetto bordeaux sulle labbra, quello che piace tanto ad Ashton, e ha messo un po’ di eyeliner e mascara, giusto per far risaltare il verde acido dei suoi occhi.
Si aggiusta la gonna a vita alta e si ravviva i ricci, poi scende le scale, con la borsa in mano. Sua madre è in cucina che prepara la cena per il resto della famiglia.
«Mamma, sto per uscire,» le ricorda, avvicinandosi e dandole un bacio sulla guancia. La madre si risveglia e la guarda, poi le sorride.
«Sei bellissima, farai sicuramente colpo, con quel Michael,» commenta, felice, perché sua figlia le ha parlato tante di quelle volte, di quel ragazzo, che non le sembra vero di vederla uscire proprio con lui.
Spera sia un bravo ragazzo, uno di quelli che si merita tutta la felicità di sua figlia.
Beatriz sorride e si stringe nelle spalle: «lo spero proprio, mamma,» dice, poi sente dei passi sulle scale e scappa, perché se solo suo padre la vedesse con quella gonnellina, sicuro che la ricaccerebbe in camera per cambiarsi.
Appena si chiude la porta alle spalle nota, sotto un lampione e con il telefono in mano, un ragazzo dai capelli scoloriti.
Sorride e guarda il cellulare, dove le è appena arrivato un messaggio “sono qui fuori” con un sorriso alla fine.
Alza gli occhi” scrive lei, poi rimette il cellulare nella tasca e osserva Michael alzare lo sguardo, posandolo su di lei. Il suo viso si apre in un sorriso e le va incontro.
«Buonasera,» dice, dandole un bacio sulla guancia e soffermandosi ad ammirarla. Michael pensa di avere davanti a sé una dea, perché Beatriz è la cosa più bella che abbia mai visto.
«’Sera,» borbotta lei, imbarazzata da quello sguardo luminoso ed emozionata.
«Sei splendida,» glielo dice naturalmente, senza sforzi o imbarazzo, allungando una mano verso di lei, affinché la possa prendere.
Beatriz arrossisce e allunga le dita, afferrandola. Il complimento, a inizio serata, può dire che le piace, decisamente.
«Beh, per un’occasione speciale dovevo conciarmi in modo decente, no?» borbotta, giusto per cercare di nascondere il rossore e l’emozioni.
Michael scuote la testa e ridacchia: «no, hai capito male - dice, tirandola più a sé con la mano - non sei splendida questa sera, tu lo sei sempre!» aggiunge, deciso, rivolgendole un’occhiata dolce.
Beatriz si sente andare a fuoco e sorride inevitabilmente, che quella è la cosa più bella che qualcuno gli abbia mai detto. Stringe la mano di Michael leggermente di più, come a volersi far sentire.
«Grazie - sussurra, piano e delicata - tu sei meraviglioso,» aggiunge, e si gira a guardarlo, che vuole lasciargli impresso il suo sguardo, uno sguardo di verità, perché se lei è splendida allora lui è meraviglioso, non ci sono dubbi.
Michael scuote la testa e sorride, mentre sulle guance sempre pallide appare un po’ di rosso.
«Dove mi porti?» chiede lei, che inizia a sentire un leggero languorino.
Michael alza le spalle e si gira a guardarla: «dove vuoi che ti porti?» chiede lui, a sua volta, osservandola.
È uno di grandi idee, sì, ma solo a volte.
Beatriz si stringe nelle spalle e guarda di fronte a sé, poi sorride, perché ha proprio voglia di patatine fritte e Michael le ha dato via libera: «al McDonald?» chiede, girandosi verso di lui e allargando il sorriso.
Michael la guarda stupito, che da una come lei si aspettava un ristorantino di tutto punto, poi sorride e annuisce, ‘ché gli piace ancora di più quella tipa.
«Che McDonald sia, allora! - risponde, tirandola a sé dalla mano e passandole un braccio sulle spalle - ne avevo proprio voglia,» aggiunge, ridacchiando e osservando dall’alto il profilo perfetto della ragazza.
Beatriz ride e si gira a guardarlo nuovamente.
Adora il suo viso. Adora lui.
«Poi, dopo, ti va una passeggiata sulla spiaggia?» chiede il ragazzo, che ama il mare di notte, così scuro e tenebroso. Beatriz sembra illuminarsi, mentre annuisce decisa e con un grosso sorriso sul viso. Il vento le smuove i capelli.
«Assolutamente sì! - esclama, ad alta voce, felice di una richiesta del genere, che non c’è cosa più romantica di una passeggiata sulla spiaggia - adoro il mare,» aggiunge, stringendosi un poco nelle spalle, forse per il freddo. Sente il braccio di Michael stringerla di più e, magicamente, il freddo diminuire, perché la vicinanza con il corpo di lui la fa decisamente infuocare.
«Bene, abbiamo organizzato la nostra serata!» commenta Michael, ridacchiando, perché è la sua serata ideale.
Insomma, meglio del McDonald e di una passeggiata al mare con una bella ragazza accanto, che cosa c’è?
 
Kriziana gira su Facebook e si sofferma ad osservare una foto.
È di Ashton, che ha un bicchiere di birra in mano e il sorriso più allegro e contagioso che abbia mai visto. I capelli ricci scompigliati che gli arrivano sulla fronte sebbene la bandana cerca di tenerli all’indietro. La corporatura muscolosa si nota da sotto la maglietta bianca e Kriziana riesce a vedere le vene sporgenti sulle braccia e sulle sue mani.
Mette “mi piace” senza pensarci due volte, che tanto è solo una foto, ma nemmeno un minuto che le arriva un messaggio nella chat.
Ehilà!” è Ashton, che come al solito esprime una tale gioia da farla sorridere persino davanti ad un pc e solo per un saluto.
Ehi!” gli risponde, che non sa se prendersi la confidenza o meno.
Come va????” fa forse un po’ troppi punti interrogativi e Kriziana rimane incantata a contarli per qualche secondo.
Direi bene e tu?” chiede, cercando di mostrarsi meno fredda possibile, che quel ragazzo è tanto gioioso da trascinarla con sé.
Una meraviglia!” risponde, poi aggiunge un “sei decisamente carina!” e a Kriziana viene da ridere, perché si sono visti una volta, per venti minuti circa, e non le ha scritto che due cose, ma già passa ai complimenti e, ci scommette, che le chiederà di uscire prima o poi.
Grazie!” risponde, con uno smile alla fine, “posso dire la stessa cosa di te,” aggiunge, divertita, entrando poi nel profilo di Ashton, giusto per spizzarlo un poco.
Dici che sono carina, mh?” ridacchia davanti al pc e si sente quasi un’idiota, mentre apre le foto del profilo di lui.
Ahah, no, magari carino” scrive, poi si incanta a guardare una sua foto, che mostra gli occhioni verdastri e la barba sul mento spigoloso.
Sorride e lascia intravedere le fossette, che a lei sono sempre piaciute.
Un po’ le ricorda Luke.
Decisamente meglio così!” risponde lui, “quand’è che ripassate a trovarmi, tu e l’amico tuo?” chiede e Kriziana si risveglia da quell’imbambolimento nell’osservare i denti troppo dritti su quella foto.
Se eviti di ballare nel modo tanto imbarazzante dell’altra volta anche domani” scrive, ridendo, che si ricorda come si muoveva a ritmo e le sembrava una specie di bradipo scoordinato.
Ahah, eviterò solo per voi, lo prometto” risponde e a lei viene da sorridere, senza un motivo preciso. Poi, per la testa, le passa il pensiero che sì, potrebbe andarlo a trovare seriamente, quel tipetto.
Scusami, ma vado a dormire, che quel lavoro è talmente faticoso!” la saluta, scherzando, lasciandola con un’emoticon di un bacio.
Kriziana sorride e, per un attimo, vorrebbe vedere il suo, di sorriso.
D’accordo, riposati, che per domani dovrai essere in forze!” scherza anche lei, “’notte” aggiunge, poi si mette offline e chiude il pc, che le è bastata quella chiacchierata.
Solleva le spalle e fa il labbruccio, poi ci pensa, sarebbe divertente andarlo a trovare, magari dirgli che la sua idea è stata presa sul serio e, chissà, magari conosce un batterista.
L’idea di portarsi appresso Luke le passa per la mente, giusto un attimo, magari gli sguardi di quel riccio lo potrebbero infastidire, poi si ricorda che Jamaica, magra come un chiodo e quasi priva di forme, alta quanto a un bonsai e con i tratti particolari, l’ha conquistato di brutto.
Beh, almeno è simpatica.
Un brivido la fa muovere sulla sedia e lei si risveglia dai suoi pensieri, sgranando gli occhi e aggrottando la fronte. Perché vuole far ingelosire Luke? E per quale motivo dovrebbe pensare a lui e Jamaica?
Il telefono le trilla e lei si ritrova a leggere sullo schermo il protagonista dei suoi pensieri.
Hai il numero di Jamaica, Krizi?” chiede Luke, senza faccine. Storce le labbra e sente il solito fastidio che le cresce ogni volta che le scrive o ogni volta che le parla.
No, perché?” chiede, senza pensarci due volte.
Bah, magari vorrei chiederle di uscire” risponde e a Kriziana viene da ridere, non capisce se per l’amaro o il divertimento.
Non te la dà, sappilo” scrive, giusto per farlo rosicare.
Non voglio quello” risponde lui. Kriziana non sa più che dire e lascia il telefono sul letto.
Pensandoci meglio, potrebbe andare davvero a trovare Ashton, il giorno seguente, che un paio di risate non le farebbe male.

***
Ehilà,
come va?
Ecco a voi un altro capitolo, che ne pensate?
Finalmente Michael fa la proposta tanto attesa e, meno male, i due accettano!
C'è l'uscita di Beatriz e Michael, ovviamente non tutta, che sennò il capitolo sarebbe stato interamente loro.
Kriziana è strana, ma ormai penso l'abbiate capito.
Ashton è piuttosto schietto, pure troppo.
Beh, non ho tanto da dire oggi, fatemi sapere se vi è piaciuto o meno.
Bye bye,

Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Diabete, batterista e squilli. ***



Incomprensibile.
 
DIABETE, BATTERISTA E SQUILLI.
 
Alla mia chitarra, che è troppo bella,
Alle sigarette, che mi rilassano ma mi uccidono,
Agli zaini, che mi si rompono un po’ troppo spesso.
 
L’ha baciata.
Ma l’ha baciata per bene, facendole tremare le gambe e ribaltandole lo stomaco.
L’ha fatto a fine serata, forse per tenerla sulle spine, ma l’ha fatto. Erano davanti alla sua porta, l’uno di fronte all’altra, a guardarsi negli occhi e a sorridersi come due ebeti, ‘ché la serata gli era piaciuta da morire e avevano tanta voglia di urlarlo a tutti, ma preferivano non fare brutte figure a mezza notte passata.
E poi si era sbilanciato verso lei e le aveva preso il viso tra le mani grandi, dandole uno di quei baci che non si scordano facilmente, di quelli che li si ha inchiodati nella testa e,nemmeno a volerlo, si riesce a scacciarli via.
Beatriz si era aggrappata alle sue spalle e ha cercato di non perdere l’equilibrio, mentre le gambe sembravano cederle, per la dolcezza e la lentezza con cui le labbra di Michael si muovevano sulle sue.
Si erano staccati dopo un po’, continuando a guardarsi negli occhi, poi Michael aveva sorriso, uno di quei sorrisi che non gli vedeva da un po’, e le aveva risfiorato le labbra con le sue.
«Ci vediamo lunedì, Bea,» aveva sussurrato, poi si era allontanato e l’aveva lasciata sul pianerottolo della sua casa a cercare di realizzare l’avvenimento appena accaduto.
Era entrata in casa, nel buio, e si era coricata sul letto ancora frastornata, poi il sorriso che le era venuto non si era levato neppure nel sonno, in cui era crollata poco dopo, ancora vestita.
Ed è dalla mattina di sabato che si stanno mandando messaggini, alcuni talmente zuccherosi che Beatriz si vergogna di farli leggere ad Ashton, con cui ha sempre condiviso tutto.
«Oh mio Dio, siete diabetici!» urla il riccio in questione, con la faccia schifata e il telefono di Beatriz nelle mani, poi si gira a guardarla, con le sopracciglia piegate, gli occhi socchiusi e la bocca aperta, con la lingua che spunta, giusto per farle notare il suo disgusto per quei cuoricini, per quei nomignoli, per quelle frasi tanto sdolcinate da far venire la nausea.
«Oh, ma smettila, anche te lo saresti!» borbotta Beatriz, prendendogli il cellulare dalle mani e sbuffando, divertita. Ashton scuote la testa e la guarda come se fosse una fuori di testa.
«Ma dico, scherzi?» chiede, ad alta voce, facendo risuonare la sua voce diventata momentaneamente acuta e squillante. Bea ride per la sua smorfia e gli dà una pacca sul petto, scuotendo con l’altra mano l’indice.
«No, no, tu saresti anche peggio, secondo me!» ribatte, con un ghigno sulle labbra e la consapevolezza che Ashton, senza saperlo, è un romanticone raro.
«No, no e poi no - grida Ashton, sconcertato, che quei messaggini gli hanno dato alla nausea - che schifo!» aggiunge, mentre un brivido gli trapassa il corpo ed è costretto a stringersi nelle spalle.
Beatriz ride, che tanto ne è sicura di quel che pensa, poi si siede sul letto e risponde all’ennesimo messaggio di Michael, con un sorriso sulle labbra e gli occhioni luccicanti, infine deposita il cellulare e si gira a guardare il suo migliore amico, che con il cellulare sta controllando il suo profilo Facebook.
«Beh, hai parlato con Kriziana?» chiede lei, facendogli alzare il viso di scatto e sorridere istintivamente.
Annuisce, Ashton, con tale decisione da farsi male al collo.
«Ha detto che verrà a trovarmi al negozio!» dice, ridacchiando, come ogni volta che è particolarmente gioioso. Più del solito, si intende. Bea sorride e annuisce, felice per lui. Kriziana è bella, ma particolare, però Ashton ha quel tipo di carattere che conquista tutti, persino i più strambi.
«Oggi?» chiede Bea, curiosa, guardando l’orologio appeso sopra la porta che segna le 15:30.
Ashton attacca alle 16:15.
Ash alza le spalle e sospira: «non ne ho la più pallida idea - borbotta, stringendo le labbra in una linea fina - magari!» aggiunge, che gli farebbe piacere rivederla il prima possibile.
«Tu spera,» borbotta Bea, con un sorriso sul viso.
 
Hanno fatto le loro prime prove, la mattina, anche se Michael, alla fine di ogni canzone, sprecava cinque e passa minuti per mandare messaggi a Beatriz, e Calum ammette che si è sentito vivo, si è sentito bene, mentre toccava le corde del suo basso dopo tanto, mentre cantava le canzoni scritte da lui.
Hanno fatto qualche base e migliorato le parole di qualche bozza di Calum. Luke si è stupito, che non si aspettava mica che il moro scrivesse tanto bene.
Si sono chinati su un foglio, ad un certo punto, e ne hanno scritte di tutti i colori, tra risate e sospiri.
«Direi che per oggi può bastare,» esclama Michael, riponendo il cellulare e la penna sul tavolo, poi si stravacca sulla sedia e guarda i due ragazzi copiarlo.
Luke sorride, entusiasta, che in un solo giorno hanno scritto quattro canzoni e creato cinque basi, una ancora da migliorare.
Sono uscite fuori Gotta Get Out, Out Of My Limit, Unpredictable e Hearthbreak Girl.
La quinta base non hanno la più pallida idea su cosa usarla, però Calum è pensieroso, che sì, le chitarre e il basso sono fighe, ma manca qualcosa.
«No, non ci siamo - borbotta, passandosi una mano sotto il mento sbarbato - manca qualcosa,» aggiunge, rivolgendo uno sguardo confuso.
Luke annuisce: «qualcosa di casinista,» brontola, guardando fisso davanti a sé. Michael si porta la mano tra i capelli e alza gli occhi.
«Qualcosa di rumoroso - dice - e insopportabile!» aggiunge, guardando fisso i suoi due amici.
«La batteria!» gridano, esaltati, tutti e tre all’unisuono, prima che Kriziana spalanchi la porta del garage e li guardi con il sopracciglio alzato, per poi rivolgersi unicamente a Michael.
«Andiamo a trovare Ashton?» gli chiede, circondandogli le spalle con le braccia e dandogli un bacio sulla tempia. Michael annuisce e si alza, poi si gira verso loro, guardandoli con intensità.
«Volete conoscere l’ideatore della band?» chiede, mentre Kriziana sbuffa perché, in realtà, voleva andarci solo con Mike.
Calum aggrotta la fronte e si alza, per poi prendere la sua roba: «scusa, non eri tu l’ideatore?» chiede, confuso, perché così gli aveva detto quel beota dai capelli scoloriti.
Michael si guarda attorno e sorride sotto i baffi: «non proprio!» poi indossa la felpa e segue l’amica al di fuori del suo garage, con i due alle spalle.
Ci vuole poco per arrivare al centro commerciale dove si trova il negozio di musica. Ashton si sta muovendo decisamente in modo imbarazzante sulle note di Bang Bang di Jessie J, Ariana Grande e Nicki Minaj, prima che Kriziana lo richiami.
«Non avevi detto che non avresti ballato in modo imbarazzante come la scorsa volta?» chiede, mettendosi le mani sui fianchi e aspettando che il riccio si giri.
Ashton, ridacchiando e riconoscendo subito la voce di lei, si gira e la guarda, prima di spostarsi i ricci da davanti agli occhi.
«Non mantengo mai le promesse,» dice, poi si avvicina e la saluta con i soliti baci sulla guancia, prima di girarsi verso Michael e rivolgergli un “Ehi!” piuttosto amichevole.
«Calum,» si presenta il moro, allungando la mano verso quell’individuo tanto buffo e tanto gioioso, che gli fa venire voglia di sorridere. Il riccio l’afferra e la stringe, ferreo, guardandolo con attenzione, come se lo stesse studiando, non levandosi quel sorriso allegro sul viso.
«Io sono Luke,» tocca al biondo, che si avvicina e lo guarda un po’, divertito, perché gli sta già simpatico quel tipo, con gli occhioni verdi, i capelli confusionari e il sorriso contagioso.
«Allora, Michael, l’hai creata questa band?» si gira verso il ragazzo e lo guarda, per poi buttare un’occhiata a Kriziana che sembra studiare lui e, al suo fianco, il ragazzo di nome Luke.
Michael sorride e guarda i due amici: «ce l’hai di fronte!» dice, prendendo dalle braccia i due ragazzi e portandoglieli davanti.
«Ci manca il batterista, però - borbotta Calum, che ormai il pensiero di trovarlo gli gira nella testa da un’ora - senza lui, io non ci definirei proprio una band!» aggiunge, alzando le spalle e guardando Ashton di fronte a sé, che fa una smorfia pensierosa.
«Oh beh - brontola, portandosi una mano sotto il mento e aggrottando la fronte - io conosco qualcuno, se volete,» aggiunge, sorridendo ai ragazzi che si aprono in un sorriso.
Michael annuisce, entusiasta: «allora, organizzi tu?» chiede e Ashton annuisce.
Afferra il biglietto su cui Kriziana scrive l’indirizzo di Michael e il riccio promette che, il giorno dopo, si sarebbero ritrovati il batterista nel garage, probabilmente alle 16:00, che la domenica nessuno ha da fare.
Poi ha finto di sistemare in giro, tenendo gli occhi su Kriziana e sorridendole forse troppo spesso, dando poco conto al trio che li lascia soli per girarsi il negozio e osservare gli strumenti.
«Beh, carina, sinceramente pensavo non venissi, oggi,» commenta Ashton, posando un cd di Ludacris tra la sezione Rap e passando gli occhi per ogni angolo del viso di Kriziana, che sorride divertita.
«E perché mai?» chiede, mentre Ashton si avvicina lentamente a lei e fa notare la differenza di altezza tra loro.
Kriziana storce la bocca, perché non le piace mai ritrovarsi a fronteggiarsi con quelli alti più di lei, pur essendone circondata.
«Non so, forse perché non abbiamo parlato granché l’altro giorno e nemmeno su Facebook - borbotta, passandosi una mano tra i capelli scombinati e portando gli occhi a guardare un punto indefinito del soffitto - insomma, non ne avresti avuto motivo,» aggiunge, riportando gli occhi su di lei e trovandola più bella di qualche secondo prima.
Kriziana si stringe nelle spalle: «beh, mi stai simpatico - dice, incrociando le mani e sorridendo - sei buffo,» aggiunge ridacchiando, facendo ridacchiare a sua volta il riccio.
«Beh, grazie?» non è sicuro che l’ultima frase sia un complimento, ma gli viene da ridere. Kriziana ride di conseguenza, poi è richiamata da Calum che le dice che è ora di andare.
Michael si accerta che Ashton ricordi del batterista, poi lascia che la ragazza lo saluti ed escono tutti fuori, ognuno con i suoi pensieri.
Ashton si rigira tra le mani il biglietto dove c’è l’indirizzo di Michael e allarga il sorriso, prima che Vanessa lo richiami a sistemare il resto dei cd.
 
Luke si rigira tra le mani la collanina di Deborah, quella che le ha fregato dalla camera circa sei mesi prima, perché l’adorava. Stringe le labbra tra di loro e la guarda, sospirando, forse un po’ deluso.
Insomma, le bozze di Calum, che poi hanno trasformato in canzoni, erano belle, davverobelle, ma dentro c’erano così tanti sentimenti e ricordi che, a pensarci bene, Luke non sa come ha fatto a resistere, senza far tremare la voce ogni qual volta cantasse e si chiede come ci sia riuscito anche Calum.
Si mette seduto sul letto e torna ai flashback di quando, pochi mesi prima, si divertiva a passare i pomeriggi a casa di Deborah, con un film da ragazzine, o quando la portava al bowling e ci passavano i pomeriggi interi, perché era una passione di entrambi.
Un’idea gli passa per la testa e acchiappa il cellulare, seppure sa che, tanto, sarebbe inutile. Il numero che compone lo sa a memoria, perché l’ha composto tante di quelle volte che superano le migliaia.
Il telefono squilla e lui aspetta, ansioso, con i denti che sembrano staccare quasi la carne del labbro e gli occhi lucidi.
Gli squilli si bloccano e dall’altra parte sembra fuoriuscire un mormorio.
«Deborah?» Luke è quasi incredulo che, dopo 186 chiamate, finalmente gli risponde, «Deborah? Ti prego, rispondi,» la voce è strozzata e lui è costretto a poggiare la schiena alla sbarra del letto per non crollare. Ha le mani tremanti e la voce che è un misto tra l’incredulo e il disperato.
«Deborah io… - sospira forte e sente, dall’altra parte, un respiro flebile e quasi rotto da quello che immagina sia pianto - io, davvero, non so se ti hanno fatto qualcosa, se è successo qualcosa con Calum, con Kriziana, con Michael ma… - si passa una mano tra i capelli e stringe i denti - ma che cazzo centro io? - sente l’irritazione, la frustrazione e la rabbia crescere e ha voglia di distruggere tutto - cioè, cazzo, io ti avrei appoggiato sempre, qualunque cosa.. che cazzo centro io, con questa fuga di merda? - urla, imbestialito, incurante se Deborah è ancora al telefono o no - perché sei scappata anche da me? Mi hai mollato solo, ‘Ebo, mi hai abbandonato, cazzo!» tira un pugno sul cuscino, al suo fianco, e avrebbe tanta voglia di alzare la voce ancora di più, ma poi chi lo sente Michael che vuole la sua voce perfetta per il provino del batterista?!
Sente un sospiro strozzato e prepotente: «perché l’hai fatto? Perché te ne sei andata? - chiede, questa volta con più calma, strizzando gli occhi e tremando - ci hai fatto male, ‘Ebo, ci stai facendo male! - si stringe nelle spalle - io… io non ti capisco..» Deborah sembra essere morta, dietro il telefono.
«Mi manchi, ‘Ebo, da impazzire - sussurra, dopo minuti di silenzio, in cui nessuno dei due ha il coraggio di attaccare, passandosi una mano sul viso sciupato e stanco - manchi a Kriziana, manchi a Michael e, soprattutto, manchi a Calum,» dice, aprendo gli occhi e osservando il soffitto.
«Ti prego, ‘Ebo, dì qualcosa.. - prega, poi, perché si sente stupido a parlare da solo, perché ha voglia di risentire la voce di lei, perché le manca troppo - ti scongiuro, qualsiasi cosa,» aggiunge, con voce strozzata.
Ciò che sente dopo sono solo gli squilli del telefono, ormai vuoto.
Ha riattaccato.
Scuote la testa deluso e butta con rabbia il telefono sul letto, poi si passa le mani tra i capelli, lasciandole lì in mezzo, e si ripiega su sé stesso, prima di urlare di tutta la frustrazione che prova. Basta, lui non ci vuole più avere a che fare, con lei. Lui non vuole più provare a chiamarla, provare ad averci contatti.
Lui vuole odiarla.

 
***
Ehilà,
come va?
Ecco a voi il capitolo, vi è piaciuto? Spero di sì.
Beatriz e Michael si sono baciati. Io li amo, e non so nemmeno perché.
Sono uscite fuori le prime canzoni e si cerca il batterista... ma chi mai potrà essere?
L'ultima scena l'adoro, 'ché Luke e Deborah, per me, sarebbero l'amicizia per antonomasia.
Luke sbrocca e come dargli torto?
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate, eh!
Bye bye,

Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Consapevolezze, prove e segreti. ***



Incomprensibile.

CONSAPEVOLEZZE, PROVE E SEGRETI.
 
A “Good Girls”, che è geniale e perfetto,
A chi recensisce, che mi fa sempre sorridere,
Alla mia nuova conquista, il settimo capitolo.
 
Kriziana si sdraia sul letto e afferra il cellulare, mentre sorridente esplora il profilo di Ashton.
È bello, l’ha notato meglio.
Ha il viso delineato, il corpo muscoloso ed è così gioioso che porta un po’ di allegria nelle giornate così sciape.
Le ha scritto poco dopo l’incontro al negozio e hanno parlato per un bel po’, l’ha fatta ridere, le ha raccontato della sua vita, dei suoi fratelli, dei genitori. Le ha detto che ama la musica ed è per questo che ha faticato per prendere il posto di lavoro al negozio. Le ha detto tante cose e a lei è piaciuto parlare, finalmente, con qualcuno per tanto senza tirare fuori l’argomento “Deborah” nemmeno una volta.
Sospira ed esce da Facebook, poi sente il campanello suonare.
Sbuffa, perché in casa c’è solo lei e le tocca alzarsi.
L’ultima persona che si sarebbe aspettata le è di fronte e lei ha tanta voglia di urlargli “che cazzo ci fai qui?” perché, diciamolo, Luke non è il benvenuto.
Eppure, forse per via dello sguardo basso e sgranato del ragazzo, forse per le mani tremanti, forse per la postura così ricurva da sembrare che porti un enorme peso, lei si ritrova a mordersi l’interno guancia per evitare di urlare e apre di più la porta.
Luke alza lo sguardo e lei, in quel momento, riesce a vedere esattamente tutti i sentimenti che prova: rabbia, delusione, frustrazione, tristezza.
«Scusa.. - borbotta il ragazzo, con la voce soffocata e tremolante - non sapevo dove andare,» ed è strano, perché sarebbe potuto andare da Calum o da Michael, che non è vero che non sapeva dove andare, ma Kriziana fa finta di nulla.
Non sa nemmeno come faccia a prendere la mano di lui e a tirarlo a sé con tutta la naturalezza del mondo, un po’ come se si trattasse di Michael.
Lo sente sospirare pesantemente sulla sua testa, prima di sentire il suo viso nascondersi tra la spalla e il collo e le sue braccia stringerla come se fosse l’unico appiglio per non affondare.
Chiude la porta, con una mano, e stringe il ragazzo a sé, sentendo quello strano benessere che non sapeva nemmeno di poter provare, con Luke.
«Cos’è successo, Luke?» gli chiede, dopo minuti di silenzio in quell’abbraccio tanto frastornante.
Il ragazzo sembra risvegliarsi in quel momento, staccandosi da lei ed evitando il suo sguardo come la peste.
Kriziana nota che gli occhi sono brillanti e tremolanti. Allunga una mano e afferra la sua, poi si incammina verso il divano, ricadendoci sopra e facendosi seguire dal biondo, che la segue a spalle e sguardo basso.
«Luke, cos’è successo?» ripete, con più calma, senza staccare le loro mani.
Il biondo scuote la testa e si passa la mano libera tra i capelli, scompigliandoli, poi digrigna i denti.
«Ho chiamato Deborah - e Kriziana non capisce perché è così frastornato, che Deborah l’ha chiamata tante di quelle volte, prima - ha risposto.. cioè, piuttosto ha risposto alla chiamata ma non ha spiccicato parola.»
Kriziana sente vibrarle il cuore e la bocca le si schiude, che Deborah, finalmente, ha dato un micro segno di vita. Guarda Luke portarsi entrambe le mani tra i capelli e sospirare rumorosamente.
«Sono un coglione, porca troia! - urla, facendola sussultare per quello scatto d’ira improvviso - sono un coglione, capisci? Le ho urlato contro! - aggiunge, accovacciandosi su sé stesso - ho sprecato l’unica possibilità di parlarle,» e Kriziana ha paura che sbotti a piangere, perché la voce è rotta e dolorante.
Lei si sporge verso di lui e, come se fosse normale, lo circonda nuovamente con le braccia, ritrovandosi semi-sdraiata su di lui, dandogli un bacio sulla fronte. Lo sente ricambiare l’abbraccio, sente il respiro caldo sul collo e i brividi pervaderla, sente le sue mani stringere la sua maglietta tra le dita e il cuore battere all’unisono con il suo.
«Calmati, Luke, non lo sei - gli dice tra i capelli, intenerita forse per la prima volta dal biondo - anche io avrei avuto la stessa reazione,» aggiunge, poi lo sente scuotere la testa e lo sente sistemarsi sul divano, portandosi lei appresso. Si ritrova ad essere seduta sulle gambe di lui e, anche se il momento non è il più opportuno, è felice.
Troppo felice.
Sente le guance bollenti e lo stomaco ribaltato.
«Penso che l’avrebbero avuta tutti questa reazione, Luke, è normale, ok?» dice, accarezzandogli i capelli con delicatezza.
Il biondo fa sbucare la testa dal suo collo e incrocia gli occhi tremolanti con i suoi, guardandola con tanta intensità da farla tremare.
«Devo dirlo agli altri?» chiede, dopo un po’, stringendo le braccia attorno al suo busto. Kriziana scuote la testa e sospira.
«No, lascia perdere - borbotta, sviando lo sguardo da lui - non farli stare ancora più in pensiero,» aggiunge. Luke annuisce dopo un po’, forse pensando anche lui che sarebbe inutile. Poi la sposta di lato sul divano e si alza, guardando l’orologio appeso alla parete.
«Beh, io penso di dover andare,» borbotta, passandosi una mano fra i capelli.
Si abbassa su di lei e l’abbraccia nuovamente.
Kriziana sente il cuore batterle all’impazzata e le mani tremare nervosamente, sente il respiro pesante e la voglia matta di sorridere. Risponde all’abbraccio e affonda il viso nel collo di lui, odorando il suo profumo.
Ha voglia di baciarlo.
«Grazie, Krizi,» borbotta lui sui suoi capelli, poi si stacca e la guarda un’ultima volta.
Quando se ne va a Kriziana viene da piangere, non solo per il vuoto che le lascia, ma per la nuova consapevolezza che ha, una consapevolezza che la destabilizza totalmente.
Si sdraia sul letto, che ormai è tardi e le tocca dormire, con la consapevolezza che le vola per la testa e la tiene sveglia più del dovuto.
Lei è innamorata di Luke.
 
La mattina, Calum, si sveglia euforico.
Non sa nemmeno perché, si sveglia all’una, solo perché sua madre gli sta sbattendo sulla porta da mezz’ora, e non vede l’ora che arrivino le 16.00. Ha voglia di conoscere il nuovo batterista e poter definire quel gruppo di musicisti una band vera e propria.
Passa le ore a scrivere qualche bozza e a sistemare quelle vecchie, poi, alle 15.40, esce di casa con il sorriso sulle labbra, diretto verso il luogo ideale per provare: il garage di Michael.
Luke è stranamente già lì e, Calum, nota che l’aspetto non è dei migliori, a dirla tutta. Ha le occhiaie, i capelli spettinati e lo sguardo basso.
«Beh, cos’è successo, Hemmo?» chiede, il moro, tirandogli una sberla sulla spalla e facendolo sussultare.
Luke sbatte un paio di volte le palpebre e si ritrova ad osservare il viso gioioso di Calum e, anche se per un attimo gli passa per la testa di rivelargli della sera prima, non ce la fa proprio a distruggere quel sorriso, dopo settimane che non lo vede.
Si sforza di sorridere: «nulla, ho solo fatto tardi questa notte,» borbotta, accordando la chitarra e guardando Michael entrare dalla porta con biscotti e cioccolata calda, preparata da sua madre per accogliere l’ospite che a breve sarà in casa sua.
Michael ha il sorriso che gli parte da un orecchio e finisce all’altro, perché ha voglia di sentire la batteria risuonare in quel mini garage. L’ha presa in prestito da suo padre che, non si è mai capito perché, l’ha comprata qualche anno prima, incapace di suonarla.
Poggia il vassoio sulla scrivania al lato della porta e si mette le mani sui fianchi, poi lancia un’occhiata all’orologio, che segna le 15.53.
Acchiappa la chitarra ed inizia a strimpellare una canzoncina inutile, giusto per far passare il tempo, mentre osserva Calum e Luke accordare uno il basso e l’altro la chitarra. Vede nel moro uno sguardo tanto gioioso e si sente felice, perché Calum la merita, un po’ di felicità.
Il telefonino gli squilla e lui lo tira fuori, Beatriz gli ha mandato l’ennesimo messaggio, a cui lui risponde con entusiasmo. Si sente strano, quando messaggia con lei.
Felice sì, ma strano, perché ha paura che tutto sia uno scherzo, perché Beatriz è troppo bella per della feccia come a lui.
Luke lo richiama al rapporto: «a che ora hai detto che viene?» chiede il biondo, posando la chitarra e prendendo un biscotto alla panna, di cui è ghiotto.
Michael segue i movimenti e poi alza le spalle: «alle 16.00» borbotta, poi osserva il moro sorridere spensierato, senza un motivo preciso, e si ricorda di quando quel sorriso era perenne, che Calum, prima della fuga di Deborah, era sempre sorridente, senza un motivo, lo era e basta.
Sono le 16.01 e a Michael già viene l’ansia, che ha paura che quel tipo non si presenti e loro si ritroveranno a bocca asciutta.
Sono seduti tutti e tre, non parlano, che i pensieri bastano a far rumore, mentre i ticchettii dell’orologio risuonano nel garage.
Sono le 16.07, quando Michael scatta e si porta le mani tra i capelli: «oh mio Dio! - esclama, a voce alta, osservando il pavimento - non verrà, non verrà..» inizia a borbottare, assiduamente, che probabilmente Ashton non è riuscito a convincerlo perché sono una band di ragazzini imbecilli e poco capaci, che non sfonderanno mai e per quale motivo quel tipo dovrebbe scomodarsi?
Prima che i suoi pensieri possano degenerare ancora di più, il campanello risuona e lui apre la porta del garage per guardare chi sta alla porta. Ha esplicitamente detto a sua madre di non aprire, che basta che si affacci dal garage e il loro futuro batterista entra da lì.
Sono tutti e tre affacciati e con gli occhi sgranati, che davanti a loro c’è Ashton e nessun accompagnatore. Michael sospira, passandosi una mano sul volto, che probabilmente il riccio è venuto a scusarsi, che il suo amico non avrà accettato.
«Ehi, Ashton!» urla Calum, facendo girare il ragazzo, che sorride pimpante. Si avvicina a loro e da qualche pacca sulla schiena, poi guarda la faccia sconsolata dello stinto.
«Ehi, Michael, cos’hai?» chiede, aggrottando la fronte e osservando il ragazzo – forse? – della sua migliore amica. Michael scuote le spalle e la testa, poi lo guarda intensamente.
«Non è voluto venire, vero? - chiede, incrociando le mani tra loro, abbassando lo sguardo - chi vorrebbe mai avere a che fare con un gruppetto di incapaci, d’altronde?» brontola tra sé e sé.
«Non è voluto venire, chi?» Ashton è confuso, che non capisce di cosa parla quel tipo e guarda gli altri due che sembrano averlo capito. Si sente scemo, ma proprio non gli viene in mente nulla.
«Come chi? - Michael allarga le braccia e lo guarda - ma il tuo amico batterista, no?» sospira, dopo la frase, ricurvandosi su sé stesso, prima che la risata di Ashton riempia le orecchie di tutti e tre e faccia uscire un sorrisino divertito, che è troppo coinvolgente e simpatica.
«Ma no, Mike - esclama il riccio, infilando la mano nella casacca dietro la sua schiena - sono io il batterista!» aggiunge, tirando fuori due bacchette di legno e rigirandosele tra le dita.
Non si sa chi è che ha la bocca più larga, tra i tre, che si aspettavano tutto tranne che Ashton fosse un batterista, seppure l’aspetto da rockettaro scalmanato ce l’ha.
Luke sorride e si sporge ad abbracciarlo, entusiasta, che insomma, Ashton gli sta pure simpatico, meglio di così non potrebbe andare.
Michael sente l’ansia e la delusione svanire, mentre la felicità lo stravolge e corre nel garage a sistemare i microfoni.
Calum sorride e si dondola sui talloni, che forse è la volta buona che combinano qualcosa di sensato, tutti e tre.
O forse tutti e quattro.
Ashton impiega pochi minuti a sistemare la batteria sulle basi già fatte e a Michael piace talmente tanto, quella passione sproporzionata che ha il riccio nel suonare il suo strumento. Sono forse più stupiti che mai quando, da quella casacca nera, tira fuori un testo e lo fa leggere agli altri.
Luke si illumina e inizia a suonare la quinta base preparata il giorno prima, sembra perfetta per quella canzone.
Dieci minuti dopo hanno aggiunto Try Hard alla loro “playlist” e non possono che essere euforici, che forse il loro sogno potrebbe avverarsi giusto un poco di più.
 
Beatriz sospira forte, poi si sdraia sul letto. Ashton le aveva detto, ore prima, che si stava dirigendo a casa del suo – forse? – ragazzo, per diventare il batterista della band. Insomma, lei è più che contenta che, Ashton, faccia amicizia con quei tre, soprattutto con Michael, che a lei sembrano così persi nella frustrazione, nella rabbia, nel dolore, e si sa che il riccio riesce sempre a tirare su di morale, che ha quella gioia così trasportante.
Sono le 20.05 e sta aspettando ormai da venti minuti il suo migliore amico, che gli aveva promesso di passare subito dopo le prove per raccontarle tutto, eppure di lui non c’è nemmeno l’ombra.
Lo sa, Beatriz, che Ashton non è mai stato uno puntuale, perché lui si decide a prepararsi sempre cinque minuti prima di uscire, che prende per scontato di metterci poco, ma giusto per infilarsi quei pantaloni troppo stretti finisce per metterci dieci minuti buoni.
Si dirige in cucina, dove un post-it è attaccato al frigo “siamo fuori a cena, ragazzi, c’è della pizza da riscaldare nel forno” ed è firmato dai genitori.
Lei e suo fratello, Misha, hanno casa libera e il tipo ha scelto bene di rinchiudersi in camera per giocare ai videogiochi da quindicenne senza vita sociale.
Il campanello suona nel momento esatto in cui Beatriz sta infilando la mano nel pacco di biscotti al cioccolato e le tocca riposarli nella dispensa e correre ad aprire, ritrovandosi davanti a sé il suo migliore amico con un sorriso esageratamente largo in volto.
«Bea! - urla lui, entrando e circondando la ragazza con le braccia - è stato fantastico!» aggiunge, allegro, che le prove gli sono piaciute da morire.
Beatriz ride e l’allontana, giusto un poco per chiudere la porta, poi si stacca e si dirige in cucina, per mettere in forno la pizza: «che aspetti? Racconta!» esclama, allegra, mentre il riccio si siede su una delle sedie di legno attorno al tavolo ed inizia a raccontare tutto, dal suo arrivo, alla reazione dei ragazzi – a Beatriz scappa una risatina – fino alle prove delle canzoni.
«Nel mentre Calum, quello che sembra asiatico - borbotta, ridacchiando - ha tirato fuori tre bozze da cui sono uscite Wherever You Are, che è meravigliosa e tremendamente commuovente, She Looks So Perfect, che diciamo è un po’ imbarazzante ma è troppo simpatica e The Only Reason, che giuro mi veniva da piangere,» dice, poi, il sorrisone che ha mentre parla si trasforma in una smorfia intristita e, per Beatriz, strana, perché non è abituata a vederlo così.
«Ehm, Ash?» si avvicina a lui, che si è ammutolito troppo in fretta, e lo guarda preoccupata.
Cerca di incastrare i suoi occhi con quelli di lui che, però, sono piuttosto schivi: «Ash, tutto bene?» chiede, portando una mano sulla sua guancia e costringendolo a guardarla negli occhi.
Ashton ha gli occhi tristi, frustrati e tremolanti. Scuote la testa alla sua domanda e sospira, poi gira di nuovo gli occhi, prima di tornare a guardarla nuovamente.
«Se ti dicessi una cosa, tu mi prometti di non dirla a nessuno? - chiede, prendendo le sue mani tra le proprie - di non dirla nemmeno e soprattutto a Michael?» aggiunge, stringendogliele, giusto per farle intendere che deve promettere.
Beatriz annuisce, che lei è sempre stata brava a mantenere i segreti, soprattutto quelli di Ashton, che per lei vale più della sua stessa vita e non ha intenzione di deluderlo.
«Sai che puoi fidarti di me, Ash,» gli dice, sorridendogli rassicurante.
Ashton sospira, gira lo sguardo e poi lo alza nuovamente, nel suo sguardo c’è una grinta spaventosa.
«Io so dove si trova Deborah, Bea - dice, sussurrando, come se avesse paura di venire sentito da una terza persona invisibile, senza bisogno di specificare chi sia, Deborah, che lo sa benissimo che Beatriz la conosce, che Beatriz sa la storia di quel gruppetto - e so anche perché se n’è andata,» aggiunge, mentre Beatriz sente il cuore batterle all’impazzata nel petto e il respiro mozzarsi.
Ashton sa.

 
***
Ehilà, 
come va?
Ecco a voi il settimo capitolo. 
Che ne pensate?
C'è un momento tra Luke e Kriziana, che il nostro biondo è giù di morale e - stranamente - è andato a rifugiarsi tra le braccia dell'azzurra.
Kriziana è innamorata, e chi l'avrebbe mai detto? Oppure, e chi non l'avrebbe mai detto? Insomma, si sa, tra odio e amore c'è un filo sottilissimo, no?
E il nostro Luke? Cosa ne pensa? 
Poi arriviamo all'entrata in scena di Ashton nella band.
E poi c'è un momento Beatriz-Ashton, dove il nostro riccio rivela che lui sa. 
Vabbè, lasciamo perdere il capitolo, ora, ma l'avete visto GOOD GIRLS? E' qualcosa di F E N O M E N A L E!
Il fatto che viene inquadrato un po' più spesso Michael mi fa felice, perché Luke è sempre un po' troppo ripreso - ovviamente non ho niente contro lui, lo sapete, lo amo, ma a volte mi sembra che sia preso in considerazione più degli altri tre.
Poi, io è dalla prima volta che l'ho visto biondo platino, a Mike, che l'ho trovato meraviglioso. Insomma, è il suo colore!
Mi mancava Ashton con le bandane, che stanno spopolando sue foto con i capelli sbarazzini e senza niente.
Calum, con quel cappelletto, è una meraviglia. 
E Luke, quant'è bello, c'è un'inquadratura che è un po' sfocata, ma si vedono benissimo gli occhioni azzurri. 
Basta, li amo esageratamente. L'avrò visto trenta volte in un'ora, minimo.
Vi saluto ora, mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.

Bye bye,
Judith.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Risse, baci e morsi. ***



Incomprensibile.

RISSE, BACI E MORSI.
 
Al mio letto, che a volte è troppo comodo,
Ai ragazzi rissosi, che a me, sinceramente, piacciono da morire,
Alle mie amiche, che ridono un po’ troppo spesso.
 
Jamaica si incammina con decisione verso l’aula di inglese, sbuffa annoiata, che a lei, inglese, non piace proprio. Quando entra in classe si ritrova a guardarsi attorno, cercando un posto dove sedersi, prima di incontrare gli occhioni neri di Kriziana.
La ragazza ha lo sguardo vacuo e il labbro leggermente all’ingiù. Si avvicina e posa la borsa accanto, sorridendole appena Kriziana alza lo sguardo verso di lei.
«Posso mettermi qui?» chiede Jamaica. L’azzurra sorride e le offre la sedia, poi torna con lo sguardo nel vuoto, torturandosi un anello con l’indice.
È strana, Jamaica l’ha notato.
Ha le dita tremolanti, non riesce a stare ferma sulla sedia, gli occhi sono vuoti e persi. La professoressa sembra metterci più del dovuto per arrivare e Jamaica, a vederla così, si stranisce.
«Tutto apposto?» le chiede, allungando di poco il viso e incontrando i suoi occhi.
Kriziana annuisce troppo velocemente, forse, perché Jamaica non ci crede per niente: «sicura?» e non sa come si ritrova ad abbracciarla, che sì, si stanno simpatiche, sono pronte a far amicizia, ma non erano mai arrivate a tanta confidenza.
Sente Kriziana tirare su con il naso e appena si allontanano, l’azzurra si leva le tracce di lacrime, che continuano a scendere imperterrite sul viso, con la manica del maglione.
«Cos’è successo, Krizi?» chiede la mora, appoggiandole una mano sulle spalle. Kriziana scuote la testa, ‘ché non le va proprio di dirglielo. Cerca di sorridere anche se, scommette, le esce una smorfia.
«Non mi sento molto bene - le borbotta, nell’esatto momento in cui entra la professoressa - penso che andrò in infermeria,» aggiunge e l’attimo dopo, prima che Jamaica possa dirle che no, non l’ha convinta per niente, Kriziana è già fuori dalla classe.
Sospira e cerca di tenere l’attenzione sulle parole della professoressa ma sa che è difficile, che a lei, quella, non piace proprio.
L’ora passa velocemente  e lei si affretta ad uscire dalla stanza, poi va dritta in infermeria e la trova vuota.
L’ha capito, Jamaica, che Kriziana non ha nulla.
Si ritrova magicamente in giardino e, lontano, può osservare la figura di Kriziana ripiegata su sé stessa, da sola. Del leggero fumo sembra avvolgerla e la mora capisce che, sicuramente, starà fumando.
Si avvicina cauta e le si siede accanto, mentre Kriziana si porta la sigaretta alla bocca: «non sapevo che fumassi,» borbotta Jamaica, acchiappando le sue sigarette dalla tasca e accendendone una.
«Infatti non fumo,» Kriziana guarda di fronte a sé, ha troppi pensieri in testa e, proprio in quel momento, la mancanza di Deborah è più pesante degli altri giorni.
Si è ritrovata a sostituire con una sigaretta fregata a Calum la figura della sua – ormai ex? – migliore amica.
Jamaica aggrotta la fronte ma lascia perdere, poi si sistema meglio sull’erba: «insomma, cosa succede?» chiede, poi, perché Kriziana versione depressa non le piace per niente. Aspetta paziente, che lo sa che, quella tipa, ci metterà tempo prima di risponderle.
«Sei mai stata innamorata?» chiede, dopo qualche minuto di silenzio.
Jamaica sussulta, in realtà no, non saprebbe proprio cosa significa innamorarsi. Certo, le cotte le ha avute, le relazioni anche, ma mai, mai, si è sentita innamorata. Scuote la testa, quando Kriziana la guarda, e può notare lo sguardo perso.
«Per questo stai così? Ti sei innamorata?» Kriziana annuisce, titubante, che le spaventa ammetterlo ma prima lo fa, meglio è.
Jamaica ci scommette tutto che si tratta di Luke.
L’ha notato dagli sguardi, da quel finto odio. Lo vede negli occhi, che quell’amore, lo prova per Luke e un po’ ci sta male, che ha accettato di uscire con lui giusto un’ora prima, quando le è apparso davanti mentre sistemava dei libri.
«Mi sono innamorata della persona sbagliata - borbotta, spegnendo la sigaretta finita - una persona che non ricambia, che non mi sopporta, che ha la testa per un’altra,» aggiunge, senza guardarla in viso.
«Lui è felice?» chiede Jamaica che sì, il cuore le si stringe a guardarla così per quel biondino, ma a lei interessa troppo, almeno un’uscita la vuole fare, una sola. E lei è sempre stata dell’idea che la propria felicità proviene da quella di chi ti circonda.
Kriziana annuisce piano, poi si alza: «immagino che se è felice lui lo sarò anch’io, vero?» borbotta, aiutando la mora ad alzarsi.
Jamaica scuote le spalle e fa una smorfia: «così dicono,» poi la anticipa e si avvia verso l’entrata. Ha perso i primi dieci minuti di lezione e le tocca trovare una scusa.
 
Michael cammina per i corridoi, pronto per l’ora di Fisica, prima di vedere una scena che no, non gli piace per niente.
Kevin sta braccando Beatriz tra il suo corpo muscoloso e il muro mentre, la riccia, cerca di distanziarsi il più possibile divenendo quasi parte della parete. Il ragazzo le alita in faccia, accarezzandole il viso e beccandosi uno schiaffo sulla mano.
«Lasciami, Kevin,» la sente dire, mentre si costringe a non correre verso di quello e spaccargli la faccia per una volta buona. Il tizio non sembra darle ascolto, prima di passare una mano sul fianco.
«Perché, bambola? Non ti fa schifo baciare quello sgorbio di Michael ma il mio corpo sì?» grida tra i denti Kevin.
Michael sente il cuore battergli forte, la parola “sgorbio” gli rimbomba per la testa. Sente lo stomaco contorcersi, con la consapevolezza che lui, uno sgorbio, lo è sul serio. Se lo chiede come ha osato baciare quella bellezza di Beatriz venerdì sera, anche se lei non ha fatto resistenza.
Guarda gli occhi di Beatriz spalancarsi e si immagina che, probabilmente, lei avrebbe preferito che non si sapesse in giro, che baciarlo non è una cosa di cui vantarsi. È pronto a scappare, a dare le spalle a quella scena, perché non ha voglia di sentire qualche frase cattiva. Probabilmente i messaggi sono stati solo uno scherzo, perché lui non è all’altezza di lei e lo sanno tutti.
Fa un passo indietro, le labbra serrate e gli occhi abbassati verso il pavimento.
«Sgorbio ci chiami tuo fratello, Kevin! - urla, Beatriz, attirando più attenzione di quella già avuta - sì da il caso che Michael è mille volte migliore di te e sì, mi fa schifo il tuo corpo, mi fai schifo tu!» aggiunge, la voce che risuona nel corridoio e gli occhi affinati. Michael si blocca, che non crede a quello che ha sentito, poi alza gli occhi su di loro e nota come il labbro di Kevin si storce in una smorfia infastidita.
«Puttanella, ti accontenti di poco, eh?» le alita in faccia, schiacciandola ancora di più e facendole uscire dalle labbra un gemito di dolore. Ed è forse lì che Michael si decide ad avvicinarsi al teatrino, dando uno spintone a Kevin e allontanandolo da Beatriz, che si rifugia alle sue spalle.
«Puttanella ci chiami tua madre, Brown,» esclama, furente, che gli insulti a lui non gli interessano, ma quelli a Beatriz lo fanno decisamente rodere. Kevin ghigna, avvicinandosi e fronteggiando il ragazzo.
«Oh, è arrivato il paladino della giustizia?» borbotta, cercando l’approvazione della massa accalcata attorno a loro, avvicinatasi per la scena. Michael storce il naso, sentendo le dita di Beatriz acchiappare il suo maglione e stringerlo, e si sente stranamente protetto.
«Sei uno sgorbio, non ti è mai passato per la testa che ti stia prendendo in giro?» e non se l’aspettava, questo tipo d’attacco. Si irrigidisce visibilmente, abbassando lo sguardo, prima di sentire le dita di lei stringere di più.
«Non starlo ad ascoltare, Michael, non è vero,» dice Beatriz.
A Michael, però, passa tutto per la testa. Kevin, secondo lui, potrebbe avere ragione, perché, dai, cosa ci dovrebbe trovare in lui?
Stringe i pugni e Beatriz lo nota, mentre sente il panico avvolgerla, che ha paura di perderlo, dopo averlo avuto per così poco: «credimi, Michael, non ascoltarlo,» ripete.
«Pensi davvero che una come lei possa provare qualcosa per te?» aggiunge Kevin, con un tono graffiante e acido. Michael chiude gli occhi con forza, che sente il cuore spezzarsi, perché alla fine è vero. Come potrebbe credere che, Beatriz, lo trovi un minimo accettabile?
Beatriz, ormai al limite della calma, si avvicina a lui, circondandogli i fianchi con le braccia e premendo il petto sulla sua schiena, stringendosi a lui come se fosse un’ancora. Il cuore le batte all’impazzata e non si calma nemmeno quando sente i muscoli di Michael rilassarsi, al suo tocco.
«Ascoltami, Michael, lo sta facendo apposta - gli sussurra all’orecchio, con gli occhi che pizzicano e la voglia di uccidere Kevin, che se la sta ridendo - vuole ferirti, capisci? Ma io no, io non voglio farlo - aggiunge, posandogli una mano sul petto, all’altezza del cuore - non ti sto prendendo in giro, Mike, non lo farei mai,» aggiunge, mentre la gola si secca e ha tanta voglia di baciarlo. Aspira il suo profumo, come se fosse vitale.
«Ma non lo vedi, Clifford? - continua Kevin, indicando con una mano la figura di Beatriz alle sue spalle - è solo una puttana
Poi, Beatriz, non sa bene come, tra le braccia ha solo il vuoto.
 
Luke si precipita per i corridoi, che la voce della rissa sta volando da piano a piano per tutto il liceo. Ha appena chiamato Calum, avvertendolo.
Quando arriva sul posto deve fare a gomitate per superare tutti e la scena davanti a lui quasi lo spaventa.
Kevin Brown è a terra, insanguinato, e Michael, il suo Michael, gli è sopra, con un labbro rotto, un occhio nero, il naso sanguinante e i pugni che sbattono ripetutamente in qualunque punto scoperto di Kevin. Beatriz urla, cercando di fermarlo, ‘ché fa decisamente paura, con quella smorfia infuriata sul viso.
I professori arrivano poco dopo di lui, ma non riescono a separare i litiganti. Alla fine si rimbocca le maniche ed entra nella rissa, acchiappando Michael per le spalle e tirandolo dietro, faticando il doppio di quello che pensava, perché non si aspettava tanta forza. Una gomitata gli centra il labbro, spaccandoglielo, ma quello è l’ultimo dei suoi pensieri.
Finalmente la figura di Calum appare accanto a lui e, il moro, fa scudo davanti a Michael e lo spinge all’indietro, allontanandolo il più possibile dalla figura addolorata di Kevin.
Scappano in giardino, evitando di farsi fermare dagli insegnanti, e si siedono sotto il solito albero ombroso.
Calum si passa una mano fra i capelli e osserva Luke tamponarsi il labbro con le dita, ormai rosse, prima di sistemarsi meglio accanto a Michael, che guarda di fronte a sé con l’espressione più spaventosa che gli abbia mai vista.
«Da dove hai tirato fuori tutta questa rabbia, Mike?» chiede, cauto, passando una mano sulle sue spalle, tentando di calmarlo.
Michael non è incazzato, di più. Si passa violentemente le mani fra i capelli e li stringe fra le dita, scuotendo la testa.
«Non ne ho la più pallida idea,» borbotta.
Luke sorride involontariamente, però, perché finalmente il suo amico si è fatto rispettare. Poi, dall’uscita sul retro, la chioma azzurra di Kriziana appare e, dietro di lei, stranamente non c’è Jamaica, ma Beatriz.
«Che cazzo è successo?» urla Kriziana, inginocchiandosi di fronte a loro, prima che Beatriz si tuffi su Michael e gli circondi il viso con le mani, girandoglielo per cercare ogni tipo di ferita. Poi, dalla borsa, tira fuori una bottiglia d’acqua e dei fazzoletti e inizia una approfondita cura al viso mal ridotto.
«Sei un pazzo!» dice, incastrando i suoi occhi con quelli di lui. È spaventata e le viene da piangere, Michael lo nota, mentre stringe i pugni e indurisce la mascella.
«Ti ha dato della puttana!» esclama, a voce alta.
Beatriz scuote la testa e, delicatamente, si avvicina al suo viso.
«E a te dello sgorbio - dice, storcendo il naso - ne dice di cazzate, Kevin, non pensi? - aggiunge, cercando di incontrare nuovamente gli occhi di Michael, che si sono abbassati -  ma così ti sei messo nei guai, Mike,» gli accarezza una guancia barbuta e sorride fievolmente.
A Michael batte il cuore velocemente, si dimentica degli amici a pochi passi da loro e osserva il viso di Beatriz esageratamente vicino.
«Ne valeva la pena,» borbotta, poi afferra il viso di Beatriz dalle mani e attacca le sue labbra a quelle di lei, smorzando sul nascere una protesta della ragazza.
E i cuori battono all’unisono, le lingue si incontrano e lo stomaco si rigira.
Gli occhi chiusi, che non serve aprirli per ricordarsi il viso dell’altro, e le mani di lei che si vanno ad intrecciare con i suoi capelli, poi: «Oh mio Dio! Che schifo! Prendetevi una camera, cazzo!» è il commento di Calum, mentre si gira schifato verso Kriziana, che cerca – con un risolino sulle labbra – le salviettine umide, quelle che si porta ovunque, per sistemare il labbro sanguinante di Luke.
Si accovaccia di fronte a lui, sentendo distintamente le risatine della coppietta, che si stacca dal bacio.
Beatriz si siede sulle gambe di Michael e l’abbraccia, facendogli sentire tutto il suo ringraziamento, poi gira gli occhi verso Calum, che acchiappa il cellulare, ridacchiando, e gli fa una foto, solo che Bea se ne accorge troppo tardi.
Kriziana, nel mentre, afferra il viso di Luke con decisione, cercando di mascherare il tremolio delle mani e le guance rosse dovuto alla troppa vicinanza con il biondo dando la colpa allo spavento. Avvicina una salviettina, con lentezza innata, al labbro di Luke, eliminando con delicatezza il sangue, spaventata di potergli far male.
Non ha nessuna intenzione di alzare lo sguardo dalle labbra, spaventata di incontrare gli occhioni azzurri del ragazzo. Ha il cuore che le batte all’impazzata, mentre si morde un labbro con furia.
E quando un dito di Luke si poggia su quest’ultimo, salvandolo dai suoi denti, blocca la mano e alza lo sguardo, pentendosi poco dopo.
«Farai la mia fine, se continui così,» borbotta lui, sorridendo appena.
Le accarezza il labbro con il pollice, passando sopra ai segni dei morsi, poi porta l’altra mano sulla sua e le fa continuare il lavoro, stringendo appena quando sente una fitta di dolore.
Non ha la minima intenzione di staccare i suoi occhi da quelli di Kriziana e, forse per la prima volta in anni di amicizia, nota che non sono poi tanto neri, che delle leggere pagliuzze ambra le circondano la pupilla.
Kriziana passa un’ultima volta la salviettina sul labbro, trasportata da Luke, poi sobbalza e si alza, prendendo la borsa e passandosi una mano fra i capelli.
«Finito! Beh, io vado,» borbotta, dando le spalle al quartetto.
Michael aggrotta la fronte: «che le è preso? - brontola, fissando la sua migliore amica dirigersi a passo svelto verso l’entrata - non mi ha nemmeno chiesto come stessi,» aggiunge, sbuffando.
Kriziana si passa un dito sul labbro, fievolmente, sentendo ancora la pressione procurata da Luke.
Sospira, sperando che nessuno si è accorto di nulla.

 
***
Ehilà,
tutto bene?
Ecco a voi un nuovo capitolo.
Beh, abbiamo la conversazione tra Jamaica e Kriziana.
La nostra Jamaica ha tanta voglia di uscire con il biondo, lo farà, alla fine?
Kriziana è disperata, essere innamorati mica è una cosa da niente, eh! 
C'è la rissa tra Michael, che finalmente tira fuori le palle, e Kevin, che finalmente le becca! 
Beatriz si spaventa, e come darle torto? E poi c'è il secondo bacio tra Michael e Beatriz!
Abbiamo Kriziana che cura il nostro povero Luke e quest'ultimo che ha comportamenti ambigui, o è solo una mia impressione?
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate!
Vi lascio,
Bye bye
,

Judith.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Aiuti, alleati e sabotaggi. ***



Incomprensibile.

AIUTI, SOCI E SABOTAGGI.
 
Ad Ashton, spero che si rimetta presto,
Alla poggia, che non mi fa concentrare per niente,
A mia madre, che mi obbliga a spegnere il computer.
 
Jamaica cammina per i corridoi a passo svelto. Nella testa ancora Kriziana versione depressa e i sensi di colpa la iniziano ad invadere.
Apre l’armadietto e ci infila dentro i libri, acchiappando quello di fisica e sorridendo, perché fisica la ha insieme a Calum, con cui si è ritrovata a far una grande amicizia subito dopo le sue scuse.
Sente un impercettibile movimento alla sua destra e chiude l’armadietto, ritrovandosi di fronte Luke, con un sorriso decisamente splendido. In realtà tutto ciò che fa Luke è splendido, secondo Jamaica.
«Allora, è tutto sicuro per questa sera?» borbotta, passandosi una mano fra i capelli biondissimi.
Jamaica sorride e annuisce, contenta, eppure qualcosa le fa incrinare il sorriso, forse la figura vicino ai bagni che osserva la scena, con lo sguardo impassibile e i capelli azzurri legati in una coda.
«Ma, dimmi, dove andiamo?» gli chiede, cercando di sorridere il più possibile al ragazzo di fronte a lei, che non sembra essersi accorto del sorriso incrinato poco prima.
«Al Mama’s Pizza, niente di speciale, ma si mangia da Dio,» dice il ragazzo, alzando le spalle e osservando lo scricciolo di fronte a sé, che sorride e annuisce, facendo illuminare gli occhioni castani.
Si accorge che non hanno nessuna sfumatura o pagliuzza di un colore più chiaro o più scuro, si accorge anche che non sono belli come quelli di Kriziana, sono troppo semplici. E poi si accorge dei pensieri appena fatti e scuote impercettibilmente la testa, per eliminarli, chiedendosi cosa gli sia preso.
«D’accordo, preferisco un ristorantino semplice al lusso, sinceramente,» dice lei, passandosi una mano nel caschetto castano.
Luke annuisce, osservandola da capo a piedi, poi le dà un bacio sulla guancia e la guarda di nuovo: «io devo andare, ci vediamo ‘sta sera, alle otto, mi raccomando!» la raccomanda, incamminandosi verso l’aula di storia e sorridendo.
Jamaica sospira, ma il sorriso le si incrina appena nota che, Kriziana, la sta ancora osservando, con lo sguardo impassibile e la mano chiusa a pugno.
I sensi di colpa la invadono e lei si avvicina all’amica – diciamo – e le sorride tranquilla, cercando di non far intendere che ha capito il problema.
Kriziana, dopo qualche secondo, sorride di rimando, cercando di rilassare i muscoli e di non pensare a quello che ha appena visto.
«Sai, Luke mi ha chiesto di uscire - dice Jamaica, e non sa nemmeno perché continua con un - ‘sta sera, alle otto, andiamo al Mama’s Pizza,» aggiunge, alzando le spalle e osservando lo strano luccichio negli occhi di Kriziana.
È il luccichio di chi ha appena avuto un’idea e a Jamaica un po’ intimorisce, ma fa finta di niente, perché la vede sorridere e la sente dire un “oh, che cosa carina” con voce tanto falsa quanto stridula.
Jamaica sa già di essersi sabotata da sola l’appuntamento.
 
Kriziana è appena uscita da scuola e si ritrova a correre per le strade per arrivare al centro commerciale il prima possibile. Si ferma un attimo, respirando affannosamente e guardandosi intorno, prima di intravedere il negozio che cerca.
Si avvicina ed entra nel negozio di musica dove lavora Ashton, girando gli occhi a destra e sinistra, cercando il ragazzo.
Una ragazza dai capelli biondissima la osserva per un po’ troppo, poi le sorride cortesemente: «se cerchi Ashton, arriverà tra dieci minuti,» le dice e Kriziana, leggermente sorpresa, annuisce e sorride di rimando, iniziando a vagare con gli occhi per il negozio.
Dieci minuti sembrano passare con una lentezza estenuante ma finalmente la figura del ragazzo le entra nel campo visivo. Gli occhi di lui si aprono stupiti e sorpresi, poi le sorride, mettendo in mostra le fossette.
«Ehilà, Kriziana,» la saluta, avvicinandosi e abbracciandola di slancio.
Kriziana ricambia l’abbraccio con un sorriso divertito e lo saluta anche a voce.
«Come va?» le chiede, staccandosi dall’abbraccio e sistemandosi la maglietta rossa tipica del negozio. Lei alza le spalle e porta lo sguardo altrove.
«Va, e a te?» gli chiede, sorridendo.
«Tutto bene - risponde lui, sorridente - e gli altri tre dove li hai lasciati?» chiede, non trovando le figure dei suoi – ormai – tre amici. Si è trovato bene in quella band, dove sono tutti tanto amici e non hanno pregiudizi. Dopo anni a cercare qualcuno che l’accettasse per quello che è, Ashton si è ritrovato tre scalmanati musicisti che l’adorano anche quando le sue battute sono pessime.
«Oh, non lo so, non ho fatto caso a loro - dice, incrociando le braccia e unendo le labbra in una linea fina - sarei qui per chiederti un favore, in realtà,» aggiunge, cauta, osservando il ragazzo farsi attento e curioso. Ashton annuisce e incrocia le braccia, pronto a tutto.
«Devo sabotare un appuntamento e mi servi, assolutamente,» dice, osservando i movimento del ragazzo, che sgrana gli occhi e poi aggrotta la fronte, tirando di poco indietro la fronte.
«Ehm, e perché?» chiede, lui, osservandola attentamente. Un’idea la ha, anche se non gli piace granché, ma aspetta, paziente, una risposta. Kriziana boccheggia, indecisa se dirgli il vero motivo o mentirgli, ma alla fine, una bugia, non avrebbe senso.
«Penso di essermi innamorata, Ashton,» sussurra, mentre il riccio la osserva e, stranamente, sorride, forse con un pizzico d’amarezza, perché ci sperava in qualcosa, fra loro due, ma se c’è la possibilità di fare felice Kriziana, allora è pronto a sabotare un appuntamento e a sabotare anche le sue speranze.
«E di chi si tratta?» dice, pronto a tutto. E Kriziana sorride, perché non è mai stata grata a qualcuno come in quel momento.
«Di Luke,» e Ashton lo sapeva già, perché quelle occhiate mica gli erano passate inosservate, quindi annuisce.
«Mi pentirò, già lo so, ma anch’io mi diverto a fare queste cose,» dice, ridacchiando, poi si gira a guardare l’orologio.
«Allora, loro si vedranno alle otto al Mama’s Pizza, quindi noi ci potremmo vedere per le otto e mezza, così siamo sicuri che hanno preso posto e ci aggiungeremo a loro, perché insomma, siamo amici, no? - inizia Kriziana, ridacchiando, per poi alzare le spalle - vestiti in modo dannatamente figo, dovrai essere un adone, chiaro? Dovrai distogliere lo sguardo di Jamaica da quello di Luke, cerca di essere tanto bello da distrarre persino me, da lui,» aggiunge, poi si chiede se davvero ne ha bisogno, Ashton, di quei consigli, che alla fine lui è davvero bello, bellissimo, semplicemente che lei è una cretina.
Ashton ride e annuisce, incrociando le braccia. Kriziana ride di conseguenza.
«Grazie, Ash,» borbotta, allungandosi di qualche centimetro per dargli un bacio sulla guancia, che lo fa arrossire di poco.
«Figurati, Kriz - dice, alzando le spalle - saremo meglio degli agenti segreti, secondo me,» aggiunge, facendo ridacchiare entrambi.
Kriziana se ne va qualche minuto dopo, fermandosi a parlare giusto un attimo della sua giornata perché non era venuta solo per quello, era venuta perché Ashton è seriamente simpatico e stare in sua compagnia diverte tutti.
Ashton sospira, si passa una mano fra i ricci e spera solo che quella Jamaica sia almeno carina.
 
Luke sta aspettando con ansia fuori dal Mama’s Pizza, ciondolando sui talloni e osservando in giro, guardandosi per l’ennesima volta l’orologio al polso.
Sono le 20.02 e lui già sente un’ansia invaderlo, mentre si chiede se Jamaica arriverà sul serio. Non che sia agitato perché pensa a Jamaica come l’amore della sua vita, assolutamente no, ma non gli piace quando gli viene data buca e, alla fine, Jamaica è carina, è simpatica, è tosta e un po’ gli piace.
Finalmente la vede camminare a passo svelto in un vestitino corto che le lascia scoperte le gambe magre. Ha un po’ di rossetto sulle labbra carnose e gli occhi brillanti, circondati dal nero del trucco.
«Ehi,» borbotta lei appena si avvicina, alzandosi sulle punte dei piedi per dargli due baci sulle guance. Lui sorride e poggia un braccio sulla sua schiena, per salutarla meglio.
«’Sera,» dice lui, prendendole una mano ed entrando, avvistando immediatamente un tavolo appartato. Si avvicina ad esso e sposta una delle cinque sedie, facendo sedere Jamaica, e poi fa il giro del tavolo e si siede di fronte a lei, sorridendole nuovamente.
Non ci fa tanto caso all’agitazione di Jamaica e cerca di non distogliere gli occhi da quelli di lei, senza soffermarsi troppo sulle sue labbra.
Parlano del più e del meno e aspettano con ansia il cameriere, che arriva giusto dieci minuti dopo il loro arrivo.
«Cosa vi porto?» chiede, gentilmente, tirando fuori il blocchetto per appuntare gli ordini.
«Intanto una bottiglia d’acqua, grazie,» inizia Luke, che di ubriacarsi non ne ha proprio voglia, quella sera.
Jamaica osserva con sguardo concentrato il menù, ancora indecisa, poi alza gli occhi sul cameriere: «io prendo una pizza Margherita,» dice, poi porta gli occhioni su Luke e aspetta che anche lui ordini.
«Io una pizza Pepperoni, grazie,» dice Luke, passando i menù al cameriere e sorridendo gentilmente un’ultima volta.
Passano qualche minuto a parlare, a raccontarsi della giornata e Luke parla della band, del batterista troppo simpatico, di Michael e Beatriz, della rissa della mattina stessa, spiegando il perché del suo labbro spaccato.
Jamaica ascolta, interessata, prima che uno spostamento di sedia la faccia voltare in direzione di due persone. Un ragazzo e una ragazza. Un ragazzo estremamente bello e una ragazza conosciuta.
Sospira, che se l’aspettava, ma non dice niente e osserva Kriziana sedersi al suo fianco e sorriderle entusiasta, fintamente entusiasta.
«Cosa ci fate qui?» sbraita Luke, sorpreso, in direzione dell’amica e di Ashton, che si siede al suo fianco e gli tira una pacca sulla spalla.
«A mangiarci una pizza, vi abbiamo visti e beh, spero non vi dispiaccia che ci uniamo a voi, no? - dice il riccio, ridacchiando, evitando di lanciare un’occhiata divertita e colpevole a Kriziana - non sarebbe da idioti vedersi e sedersi a tavoli diversi?» aggiunge, alzando le spalle e facendo sorridere Kriziana, che pensa di aver trovato un alleato spettacolare.
Ashton ha seguito il suo consiglio perfettamente, vestendosi in modo sexy. Appena si leva la felpa pesante si può notare la canotta larga che lascia scoperte le braccia possenti e muscolose. Gli skinny jeans neri avvolgono le gambe e la bandana nera gli circonda la fronte, alzando di poco i ricci in una sorta di ciuffo sbarazzino.
Kriziana deve proprio ammetterlo che, se non ci fosse Luke, si sarebbe lanciata su Ashton ad occhi chiusi. E quando gira gli occhi verso Jamaica è piuttosto contenta di notare che, i suoi occhioni castani, scrutano Ashton come una preda.
«Se è un problema, tranquilli, ce ne andiamo,» dice Kriziana, tenendo gli occhi fissi su Jamaica. Sente un mugolio uscire dalle labbra di Luke, una risatina nascosta da un colpo di tosse di Ashton, poi la voce di Jamaica.
«Oh, ma certo che no, potete rimanere, figuratevi,» dice, perché dai, lei già lo sapeva che Kriziana gli avrebbe fatto quella sorpresina, d’altra parte, non è stata lei stessa a permetterglielo?
E poi, quel riccio, non è niente male.
Luke ringhia leggermente, stringendo i pugni e osservando al suo lato la figura di Ashton, che sorride indisturbato, scambiandosi occhiatine divertite e complici con Kriziana, che gli fa l’occhiolino. Sa, lo sa, che è solo colpa di lei, che si diverte così tanto a infastidirlo, sempre e comunque. Non la capisce proprio, non capisce come faccia ad essere una sorta di suo amico, non capisce come Michael la sopporti, non capisce perché Calum la difenda ogni volta che le sputa veleno addosso, non capisce perché Ashton la trovi tanto carina.
Ok, non è brutta, non lo è mai stata, anche Luke ammette di averci fatto diversi pensieri sopra, poco casti, ma diamine se non la sopporta, a lei, che trova sempre qualcosa con cui contraddirlo o infastidirlo.
E la serata passa così, con Luke che non spiccica una parola e non smuove gli occhi infuriati e infastiditi da quelli di Kriziana, fieri, sfidanti, che non si abbassano se non per vedere dove mette le mani appena prende un trancio di pizza o un sorso dal bicchiere.
E la serata passa così, con soltanto la voce di Ashton, brillante, e quella di Jamaica, gioiosa, perché alla fine il fascino di Ashton, quel fascino simpatico, vitale, divertente, travolge anche la castana, che se la ride ad ogni battuta.
Si trovano in sintonia e se ne potrebbe accorgere tutto il locale, ma gli unici a farci caso sono Kriziana e Luke, una che ne è più che felice, perché alla fine sta distruggendo l’appuntamento a Jamaica che, ci scommette, le ha detto tutto perché le voleva dare una chance, e ha praticamente dato il due di picche ad Ashton; e poi c’è Luke, che vorrebbe solo prendere a schiaffi Ashton, perché l’ha capito che sta facendo il tutto perché organizzatosi con l’azzurra.
Alla fine della serata, alle 23.20, si alzano tutti insieme e si avviano ognuno per la sua strada.
«Ti accompagno a casa, d’accordo?» dice Luke, prendendo Jamaica per un polso, che annuisce lievemente e saluta sia Kriziana che Ashton con un cenno della mano.
Nessuno dei due parla, almeno fino alla porta di casa di Jamaica, che si gira lievemente.
«Ashton è simpatico,» borbotta, tirando su un sorrisino flebile. Luke annuisce lievemente e finge un sorriso, ma in realtà è solo arrabbiato.
«Già,» borbotta, poi infila le mani in tasca e si dondola sui talloni, prima che Jamaica si avvicini e gli lasci un bacio sulla guancia.
«Buonanotte, Luke,» gli sorride, cercando di tirargli un po’ su il morale, che la riesce a percepire tutta la rabbia. Luke annuisce e sorride nuovamente, cortese.
«Buonanotte Jamaica,» le risponde, in un sussurro, di rimando e aspetta che la porta si chiuda alle spalle della ragazza, prima di girarsi e camminare a passo svelto, perché ha davvero tanta voglia di spiegazioni.
Si ritrova in meno di dieci minuti di fronte a casa di Kriziana e, con prepotenza, bussa, cosciente che in casa c’è solo la ragazza, essendo figlia unica e avendo i genitori in viaggio per lavoro.
Ha solo tanta voglia di urlarle contro.

 
***
Ehilà,
come va?
Avete sentito di Ashton in ospedale? Spero si riprenda presto!
Allora, qui abbiamo una Jamaica che, alla fine, da un aiutino a Kriziana. Tanto male mica lo è!
Kriziana e Ashton che si alleano per sabotare un appuntamento e Ashton che sacrifica il suo interesse per renderla felice.
C'è un Luke incavolato ma che, la vera incazzatura, si noterà nel prossimo capitolo.
Cosa ne pensate, di questo capitolo?
Fatemi sapere, eh!
Non ho molto da scrivere e poi vado di fretta, quindi vi lascio.
Bye bye,

Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Dichiarazioni, alcol e messaggi. ***



Incomprensibile.

DICHIARAZIONI, ALCOL E MESSAGGI.
 
A verdazzurro_ che mi ha creato il banner,
A il mio Whatsapp, che è scaduto esattamente il giorno in cui avrei voluto scrivere a tutti,
Al francese, che odio con tutta me stessa.
 
Kriziana si alza svogliatamente dal divano, su cui si era sdraiata, e si avvicina con estrema calma alla porta. Non guarda nemmeno dallo spioncino, seppure sia mezza notte e le toccherebbe farlo, per sicurezza. Apre e basta, ritrovandosi la persona, che, in realtà, aspettava con tutta sé stessa.
Luke ha le mani chiuse a pugni, la mascella serrata e gli occhi infiammati, che sono puntati al pavimento.
Kriziana sussulta leggermente, perché alla fine Luke arrabbiato fa paura a tutti, poi, senza nemmeno dover aprire la porta, si ritrova a doversi reggere al pomello di quest’ultima quando il biondo si fionda in casa, violentemente, arrivandole alle spalle.
Cerca di mantenere la calma, che spaventarsi non l’aiuterebbe mica, e quindi si chiude la porta alle spalle e si gira verso il ragazzo, sorridendo sghemba e incrociando le braccia al petto.
Luke ha gli occhi già puntati nei suoi, quando si gira, e un brivido le passa prepotentemente per la schiena. Poi, ritrovando un coraggio che non aveva mai avuto, si incammina tranquillamente verso il salotto, seguita dal ragazzo che le osserva la schiena sperando di vederla bruciare.
È un attimo e si ritrova ancorata al muro, gli occhi azzurri di Luke che sembrano più neri nei suoi e le braccia incollate alla parete, strette nella morsa decisa delle mani del biondo. Luke respira forte, tanto che i capelli caduti sul viso di Kriziana si smuovono lievemente, poi le ringhia contro.
«Che cazzo hai che non va, tu?» urla, facendo socchiudere gli occhi all’azzurra, che un po’ di timore, quando Luke alza la voce, lo ha. Poi, appena riacquisisce la spavalderia, sorride nuovamente e gli osserva ogni lineamento.
«Io niente, e tu?» chiede, tranquillamente, reclinando di poco la testa verso di sinistra. Poi Luke ringhia di nuovo, infuriandosi ancora di più, e si stacca da lei, portandosi le mani in tasca perché ci scommette che, se non lo fa, le mani si attaccherebbero al collo di Kriziana e poi chi lo sente Michael, al funerale di quest’ultima?
«Seriamente, Kriziana? Mi hai sabotato l’appuntamento! - grida, abbassando il viso e digrignando i denti - cosa cazzo c’è? Perché mi vuoi sempre rovinare? - aggiunge, portandosi le mani fra i capelli e scuotendo la testa - non posso essere felice anch’io?» chiede, infine, alzando il viso e scontrando gli occhi tormentati con quelli di lei.
Kriziana sente il cuore incrinarsi e la voglia di fare la spavalda scomparire, perché la frase che ha detto Luke ha centrato il segno e lei si sente morire.
Lei vorrebbe che lui fosse felice, ovviamente. Solo che non con Jamaica, non con Jessica, non con qualunque altra ragazza a parte lei, e le viene un po’ da piangere se pensa che, alla fine, solo Deborah riusciva a farlo sorridere sul serio.
Si stringe nelle spalle e incrocia le braccia, abbassando lo sguardo, ‘ché non riesce a reggerlo quello inferocito di Luke. Si ritrova a mordersi il labbro per evitare di piangere quando inizia a pensare che, in realtà, avrebbe fatto meglio a lasciarlo uscire con Jamaica, perché Jamaica poteva renderlo di nuovo felice e lei, certamente, non è comparabile con quella nanetta che l’ha conquistato, perché Jamaica è bella, simpatica, tosta. Perché con Jamaica non ci litiga mai e invece con lei ci si scanna per ogni minima cosa.
«Cazzo, mi odi tanto?» aggiunge lui, avvicinandosi di un passo al suo corpo, prima che Kriziana alzi gli occhi di scatto e lo osservi, scuotendo la testa voracemente.
«No, assolutamente no!» si ritrova a dire, pentendosi di ogni minimo gesto fatto in serata. Luke la guarda e scuote la testa, lievemente, alzando le braccia al cielo e aprendo le mani.
«Allora dimmelo, dimmi cosa cazzo c’è che non va in te, cosa cazzo hai contro di me! - grida lui, con voce esausta e roca - per quale motivo mi vuoi rovinare tanto?»
Kriziana affina gli occhi e sente le lacrime premerle con prepotenza: «vuoi sapere cosa c’è che non va in me? - mormora, con voce strozzata, ché la gola le brucia terribilmente - te, ecco cosa c’è che non va in me, sei te!» e Luke si ritrova a aggrottare la fronte e ad osservarla come se fosse una pazza, mentre Kriziana allarga le braccia e alza gli occhi, decisamente lucidi, al cielo.
«Te, che tutt’a un tratto mi entri dentro, mi riempi il vuoto e mi fai star bene - una lacrima le solca il viso perché, lei, a parlare dei suoi sentimenti, non è abituata - te che sei dannatamente perfetto e mi entri nella testa, senza darmi un minimo di pace, te e la tua fottuta voce che mi ha totalmente rapita, te e ogni tuoi incomprensibile gesto, che prima fai capire una cosa e poi ne fai capire un'altra,» aggiunge e le lacrime hanno iniziato a scendere copiose sul viso, sporcandolo di trucco.
«Vuoi sapere quale cazzo è il problema, Luke? - chiede, con voce alta, avvicinandosi di qualche passo verso di lui - il problema è che ti interessa Jamaica, che hai sempre da ribattere su di me, che mi fai venire i brividi per ogni tocco e che ora sei qui davanti a me, incazzato come una bestia con la sottoscritta, e io non faccio altro che pensare che sei dannatamente bello lo stesso -  e la voce si spezza ogni tanto, perché sono cose che non si sarebbe mai immaginata di dire, mentre non ha il coraggio di alzare gli occhi dal pavimento marrone - vuoi sapere cosa cazzo è il problema? È che sono fottutamente innamorata di te, ecco qual è.»
Il silenzio che ne deriva dopo, alla confessione più particolare che Luke abbia mai sentito, sembra durare un’eternità. Si guardano negli occhi, due affinati e inferociti, offuscati dalle lacrime, gli altri sgranati, confusi, straniti.
E poi non lo sa Kriziana, sinceramente, come si ritrova incastrata tra il muro e il corpo atletico di lui.
Non lo sa proprio come si ritrova le braccia sopra la sua testa, trattenute dalle mani che si intrecciano con quelle sue.
Non lo sa come si ritrova a sollevare il bacino verso quello di Luke.
Non sa nemmeno come si ritrova le labbra di lui sulle sue, le lingue che giocano alla rincorsa e il fiato corto, che si mischia per la vicinanza.
Sente solo i brividi pervaderla, le gambe tremare e le lacrime smettere di botto, perché Luke la sta baciando, e la sta baciando per bene, come ci si bacia nei film che la costringeva a vedere Deborah ogni fottuto sabato sera.
Sente il cuore scoppiarle nel petto e scioglie una mano dalla sua stretta, portando un braccio attorno al collo di lui e accarezzandogli i capelli, morbidi, tirando leggermente qualche ciocca perché, diavolo, Luke le fa l’effetto più strano al mondo.
Si staccano dopo un tempo troppo lungo per essere descritto, rimanendo, comunque, a qualche millimetro di distanza, mentre Luke la spinge ancora di più al muro e scioglie anche l’altra mano, circondandole la schiena e stringendosela addosso. Passa gli occhi azzurri, socchiusi, dagli occhi alle labbra, leggermente gonfie e arrossate dal bacio appena avvenuto.
«Da quanto?» le chiede, con un mormorio, poggiando la fronte su quella di lei, che sente ancora le gambe in procinto di cedere e si aggrappa alle spalle di lui. Alza le spalle, sorridendo, ‘ché quella situazione le piace da impazzire.
«Non so dirtelo precisamente - sussurra lei, con la stessa tonalità di voce del biondo, che di rovinare quel momento tanto perfetto non ne ha voglia - posso solo dirti che me ne sono accorta quando sei venuto qui, qualche giorno fa,» aggiunge, mentre Luke non le stacca gli occhi di dosso e lei si sente andare a fuoco.
«E tu?» chiede lei, poi, perché, diciamolo, si aspettava davvero tutto, ma non un bacio. Ha quasi timore della risposta, perché Luke potrebbe sbottare a ridere e dirle che, questo, era solo la sua vendetta, ma poi scuote la testa lievemente, perché Luke non è mai stato stronzo, cioè, uno stronzo vero, s’intende.
E poi se la sarebbe dovuta vedere con Michael e, Michael, non è uno con cui scherzare.
«Probabilmente quando ti ho visto la prima volta - borbotta, passandole una mano sul fianco - o forse quando un anno fa ti ho abbracciata per la prima volta e mi sono sentito bene veramente - e Kriziana sente il cuore tremare un pochino - o quando mi sono accorto di essere venuto da te, l’altro giorno, al posto di scappare da Michael, al mio solito - aggiunge, ridacchiando - oppure quando ti ho ritrovata a pochi centimetri dal mio viso e mi sono sentito andare a fuoco -  e una mano le circonda la guancia - ah! E tipo oggi quando ho paragonato gli occhi di Jamaica ai tuoi e mi sono accorto che preferisco vivamente gli ultimi - la guarda nell’oggetto dell’ultima frase, intensamente, cercando di farle capire ogni tipo di pensiero - oppure quando mi hai detto di essere innamorata di me e io mi sono sentito davvero felice.»
E Kriziana, sinceramente, non ha voglia di sentire altro.
Si sbilancia verso di lui e lo bacia di nuovo, sorridendo.
Ha voglia di renderlo ancora più felice.
 
Calum passeggia lentamente sulla spiaggia, da solo, avvolgendosi meglio nel giaccone. Seppure sia pesante, quest’ultimo, lui sta decisamente tremando di freddo.
Ma chi gliel’ha fatto fare di venire in spiaggia di notte? Persino da solo.
Sì, non è la prima volta che lo fa, certo, ma prima aveva sempre qualcuno che, con un solo tocco, lo faceva ardere di brutto, facendogli patire realmente di meno quel gelo delle notti al mare.
Sente le dita intorpidite e gli occhi lacrimare per il vento che gli soffia nel viso ma, Calum, ha davvero voglia di gelare. Non sa perché, è come una sorta di autolesionismo. Gli è sempre piaciuto patire freddo, caldo, fame, sete, nei suoi periodi “oscuri”, come se lo distraessero leggermente dai suoi pensieri.
Guarda l’orologio al polso che segna mezzanotte e un quarto, ma lui, di tornare a casa non ha voglia, seppure il cellulare, messo in silenzioso per non disturbarlo, suona da tipo mezz’ora buona, che sua madre è leggermente paranoica.
Si guarda attorno, sperando magari di vedere qualche lupo solitario come lui, eppure nota che l’unico coglione è solo lui e sbuffa, annoiato.
Poi, più vicino alla strada, nota un pub di quelli squallidi e utili per sbronzarsi come pochi.
Si lancia lì perché, di ragionare, non ne ha granché voglia.
Appena entra sospira, felice, perché sente il caldo avvolgerlo, poi si avvicina al bancone e, appena arriva di fronte ad un uomo piuttosto grosso con decisamente troppa barba, un po’ trema, perché l’uomo gli mostra un’occhiataccia arcigna, nascosta da un sorriso benevolo, che per i soldi si dà persino ai ragazzini.
E Calum non lo sa bene, ma, dopo tre birre, tre bicchierini di vodka liscia e quattro di una bevanda che gli ha dato il barista, non avvertendolo nemmeno di quanto fosse forte, barcolla un po’ nel locale alla ricerca di un bagno e si inceppa in una stanza ripiena di ragazze dai vent’anni in su, che lo squadrano come una preda.
Calum sorride, risultando un poco ebete, e, a guardarle tutte, non riesce a trovare nemmeno un minimo tratto simile a Deborah, perché la sua Deborah era dolce, delicata, con i lineamenti morbidi e un sorriso luminoso che riusciva a far innamorare persino il più asessuale e apatico al mondo.
Le ragazze, invece, hanno vestiti sconci, i tratti ritoccati da troppo trucco e le labbra ricoperte di un rossetto scuro e, appena si aprono in un sorriso, Calum le associa a delle lupe predatrici. Una si avvicina a passo lento e calcolato, sensuale, appoggiando una mano sulla sua spalla e accarezzandogli il petto con l’altra.
«Ehi, bambolotto, noi attacchiamo tra un quarto d’ora, sei in anticipo,» dice, suadente, girandogli di poco il viso arrossato verso di lei.
Calum aggrotta la fronte, che non capisce nemmeno di cosa parla, ma annuisce lo stesso, confuso, e la sua faccia è tanto strana da far ridacchiare la decina di ragazze. Poi, un’altra si avvicina a lui, prendendo il posto della sua compagnia.
«Per te, però, io attaccherei anche prima,» mormora, rilasciando un bacio sul collo, a cui Calum si scosta, come scottato, perché quelle labbra non sono di Deborah e no, lui non vuole baci che non siano suoi.
Scuote la testa, in un momento di lucidità, capendo che, probabilmente, ha a che fare con delle stripper e lui non vuole farci nulla, cercava solo un bagno.
«Mi dispiace, ma io cercavo il bagno,» brontola, di fatti, lui, sorridendo gentilmente e scostandosi dalla presa della ragazza, chiudendosi la porta alle spalle e decidendosi che, in un locare del genere, non vuole continuare a starci.
Si ritrova a camminare di nuovo nella strada, barcollando, con l’alcol nelle vene che un po’ lo riscalda dal vento gelido di l’una inoltrata e che gli offusca i pensieri, rendendoli a volte persino più potenti e tetri.
In momenti come quelli, vorrebbe Deborah, che lo tiene a sé e ride di chissà quali parole senza senso, che lo bacia divertita e lo abbraccia, perché Calum diventa magicamente più affettuoso da ubriaco, che, quando rimette l’anima, gli accarezza la schiena e lo accudisce, rimproverandolo, sotto un sorriso, di non dover bere sempre tanto.
In momenti così solitari e tristi come quelli, lui vorrebbe Deborah con tutto sé stesso.
 
Ashton sente il campanello trillare e, aggrottando la fronte, si avvicina alla porta. Ha diciannove anni e si è potuto prendere un appartamentino a qualche palazzina accanto a quella della sua famiglia perché, sinceramente, voleva un po’ più di libertà.
E si deve pentire, perché gli tocca mangiare spesso cibo in scatola o sotto ordinazione, che lui, a cucinare, non è buono affatto.
Guarda dallo spioncino e sgrana gli occhi e appena apre, un Calum Hood ubriaco marcio gli piomba tra le braccia, con il viso gelido per il freddo e rosso per l’alcol, con dei residui di lacrime a solcargli le guance e i singhiozzi che gli scuotono il petto.
Gli sorride, in modo buffo e impacciato, che dovrebbe far sbottare a ridere uno come Ashton ma, a lui, un ubriaco marcio, non ha mai fatto ridere, perché chi arriva ad ubriacarsi a quel punto non lo fa per divertimento, lo fa per farsi male.
«Cos’è successo, Cal?» gli chiede, sorreggendolo con un braccio e chiudendo la porta con l’altro, trasportandolo verso il bagno. Non è molto sicuro di volerlo nella sua stanza o nel suo salotto, che magari vomita e gli sporca tutto.
«Oh, niente di che - brontola il moro, ridendo - ero sulla spiaggia, da solo e poi ho visto un pub e, uhm, avevo sete,» aggiunge, ridendo nuovamente, osservando il biondo sospirare, che lo fa appoggiare al lavandino e apre l’acqua gelida.
«Davvero, Cal, cos’è successo?» e, forse, è lì che Calum capisce che non si riferisce al suo stato dopo-sbronza, ma al perché lo è.
Si stringe nelle spalle e rabbrividisce quando una mano ripiena d’acqua di Ashton gli bagna la faccia.
«Quando i pensieri ti sovrastano non sai bene che fare,» mormora, prima di ricevere la seconda manata d’acqua. Poi, di colpo, sente lo stomaco ribaltarsi e si butta sulla tazza, dando tutto l’alcol in corpo e, probabilmente, ributtando persino l’anima.
Ashton è dietro di lui, ad accarezzargli la schiena e a sorreggerlo con l’altro braccio, allacciato al corpo, mentre sente il corpo del moro tremare violentemente ad ogni rigetto e, dopo minuti interminabili, schiaccia il tasto per lo sciacquone e poggia Calum accanto al lavandino, dandogli la possibilità di ripulirsi e sciacquarsi.
«Che tipo di pensieri, Cal?» chiede, cauto, fissando dallo specchio il viso sciupato e pallido dell’amico, che scuote la testa e sorride amaramente, mentre sente le forze ridurre.
«Mi manca da far male, Ashton - dice, passandosi una mano bagnata tra i capelli scuri - Deborah, dico, la mia.. ragazza, mi manca da far male,» ripete, prima di ritrovarsi le mani di Ashton sulle spalle e i piedi che camminano da soli verso una camera.
Ashton lo butta su un letto sfatto, in una camera che, Calum, presume sia la sua.
«Lo so, Cal, ma non puoi ridurti così,» dice il riccio, togliendogli le scarpe. Calum si sdraia e si accoccola sul letto, chiudendo gli occhi.
«Solo lei riesce a farmi star bene,» mormora, tanto piano che Ashton fa fatica  a comprendere. Poi, inavvertitamente, crolla nel mondo dei sogni, che tutto l’alcol l’ha stordito.
Ashton si avvia velocemente in salotto, afferrando il cellulare.
Scusa, ho avuto un contrattempo” scrive con mani tremanti.
Tranquillo, Ashy, che tipo di contrattempo hai avuto all’una di notte?” la risposta non si fa attendere molto, facendo ridacchiare il riccio per quel soprannome tanto orribile. Poi diventa serio, che non è sicuro di volerglielo dire.
Non vuoi saperlo davvero.” nessuna faccina, giusto il punto, che così capirà che non è uno scherzo, non è un doppio senso o chissà che cretinata.
Lo sai che sono una curiosona” e sospira, forte, passandosi una mano tra i capelli ricci e scombinati, cercando di decidersi. Alla fine, dovrebbe saperlo cosa succede a Sydney.
Il tuo ragazzo ubriaco marcio, ecco che contrattempo ho avuto” e poi spegne il cellulare, perché sa che, Deborah, non risponderà.
Non prima di un giorno, almeno.

 
***
Ehilà,
come va?
Allora, iniziano con il ringraziamento a 
verdazzurro_  per avermi creato un banner meraviglioso! GRAZIE!
Allora, vi è piaciuta la scena di Luke e Kriziana? Un po' particolare, l'ammetto, ma dai, mica male.
E poi un Hood solitario, che si ubriaca in uno squallido locale, il classico.
E sempre quest'ultimo che va da Ashton, poi chissà perché da Ashton e non dagli altri due, che sono suoi amici... però vabbé, almeno Ashton l'ha curato un pochino.
Ashton che si scrive con Deborah, uhm, ditelo che lo sospettavate eh!
Vi lascio, che non ho la forza di scrivere altro, spero solo che vi sia piaciuto.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Bye bye,

Judith.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Ringraziamenti, illuminazioni e piani. ***



Incomprensibile.

RINGRANZIAMENTI, ILLUMINAZIONI E PIANI.
 
Al mio adorato amico, a cui voglio un bene dell’anima e che meriterebbe tutto il bene di questo mondo,
Ai miei, che si accollano pure troppo,
Al mio migliore amico, che dovrebbe abbracciare me, quando fa freddo, e non le altre.
 
Sono passate tre settimane da quel bacio da film in casa di Kriziana e quest’ultima fa ciondolare le proprie mani, intrecciate con quelle del biondo, avanti e indietro. Stanno camminando fianco a fianco, entrambi con un enorme sorriso sul viso e gli occhi luccicanti, mentre si raccontano la giornata a scuola.
«Giuro che questo voto in chimica mi farà stare apposto per tutto il resto dell’anno!» dice la ragazza, inarcando le sopracciglia scure e osservando il ragazzo con un sorrisetto beffardo, che lo fa sbuffare, seppure divertito.
«Vedi di studiare lo stesso, pigra,» le dice, tirandola verso di sé e abbracciandola di slancio, rintanando il viso tra i capelli che profumano di arancia.
A lui l’arancia è sempre piaciuta.
Si stanno avviando a casa di Michael dove, ad aspettarli, ci sono ben cinque persone. Ovviamente c’è Ashton, che è stato contento di sapere del buon risultato del sabotaggio, anche se, Luke ci scommette, si poteva notare un lieve calamento nella voce sempre gioiosa e il sorriso esageratamente allegro nascondeva una nota di amarezza.
Alla fine però anche lui è stato ripagato.
Poi c’è Michael, che, a dir la verità, non l’aveva presa molto bene, quella notizia, ‘ché la sua Kriziana è intoccabile e Luke è troppo idiota per una come lei.
Lo guarda ancora male, quando li vede insieme, perché Kriziana è la sua migliore amica e Michael, seppure Luke è suo amico e sa che è un bravo ragazzo, deve comunque intimargli di stare attento, che sennò non se le trova più le mani.. e le braccia, e le gambe, e la testa, e probabilmente anche qualche altra cosa che non si può assolutamente dire.
C’è anche Calum, che si è svegliato, giusto tre settimane fra, in un letto diverso dal solito con un enorme vuoto di memoria e non si ricorda ancora cosa diamine sia successo quella sera. Lui, alla fine, non l’ha presa mica male, ‘ché Luke è il suo migliore amico e, anche se non gliel’aveva mai detto esplicitamente, l’aveva intuito, quella specie di interesse.
Deborah, poi, glielo diceva sempre che ce li avrebbe visti bene insieme, a quei due.
A casa di Michael ci sono anche Beatriz, che ormai fa parte della band a modo suo, come una sorta di supporto morale o pubblico perenne, e Jamaica, che si è ritrovata a fare amicizia con tutti quanti e, alla fine, ha chiesto un appuntamento ad Ashton.
Sì, esatto, lei ha chiesto l’appuntamento, che Ashton non si era mica accorto che, quello scricciolo, lo faceva sorridere più del solito, gli dava un’enorme energia giusto con un bacio sulla guancia e lo faceva arrossire sempre un poco con quei suoi soliti complimenti sfacciati.
Non ci aveva fatto tanto caso, le prime volte, di quanto fosse bella, ma poi era bastato un sorriso in più, un sorriso dedicato completamente a lui, poi era bastato un abbraccio, in cui lui l’aveva totalmente invasa e nascosta nelle sue enorme braccia, che Jamaica è così minuscola, era bastato un’uscita, richiesta da lei, che lui ancora non capiva perché si sentiva le guance in escandescenza quando gli stava accanto, e, alla fine, era caduto ai suoi piedi.
Quando Luke e Kriziana arrivano, si avviano direttamente alla porta del garage, che si apre velocemente al loro bussare. Michael si slancia verso Kriziana, abbracciandola, poi da una pacca sulla schiena di Luke, rivolgendogli la solita occhiataccia.
«Finalmente siete arrivati, piccioncini, non ci sperava più nessuno!» dice Calum, alzando le braccia e portando gli occhi al cielo, esasperato.
Kriziana ridacchia e si avvicina a lui per dargli un rumoroso bacio sulla guancia, poi saluta Ashton con un abbraccio e si butta tra le braccia di Beatriz, con cui si è ritrovata a passarci tanti di quei pomeriggi insieme da esserci diventata grande amica.
Certo, si è dovuta subire, e le subisce ancora, le occhiatacce di Jessica, che ancora non l’ha capito che, Beatriz, non se la fila di pezza, ma per Beatriz questo e altro.
E poi si siede accanto a Jamaica, baciandole la guancia e chiedendole come sta.
Non hanno la possibilità di parlare troppo, le tre, perché appena Luke collega la chitarra all’amplificatore, i ragazzi iniziano a suonare e, la loro musica, non è di certo tanto tranquilla.
Hanno scritto, in due settimane, circa dieci canzoni in più, buttando su un foglio bianco le loro più grandi emozioni. Calum ha consumato fino all’ultimo goccio l’inchiostro di due penne, componendo tante di quelle canzoni che alcune ancora non hanno mai provato.
Ogni tanto, Luke, scommette di aver visto gli occhioni a mandorla del moro diventare lucidi, appena Michael iniziava a leggere le parole di alcune sue canzoni, come con Beside You e The Only Reason. Gli è venuto l’impulso di abbracciarlo stretto stretto, come non aveva mai fatto, ma sapeva che, probabilmente, il moro sarebbe crollato e a lui, crollare, non è mai piaciuto.
Adesso stanno intonando le note di She Looks So Perfect e, fomentandosi, per poco Ashton non distrugge uno dei tamburi.
Alla fine, decidono di andare a prendersi un sorso d’acqua. Michael si avvia verso la cucina, portandosi appresso Luke, mentre Ashton e Calum rimangono ai propri posti bisticciando probabilmente su chissà quale accordo di chitarra che, con la batteria, non sembra starci troppo bene.
«Sai, Kriziana, ti devo proprio ringraziare,» dice Jamaica, senza rivolgerle uno sguardo, con un sorriso dolce sul viso.
Kriziana aggrotta la fronte e si gira a guardarla, seguita da Beatriz: «per quale motivo?» chiede, confusa.
«Per avermi fatto conoscere Ashton - inizia, tenendo gli occhioni scuri sul ragazzo appena nominato, che alza il viso verso di lei e le sorride di sua volta - sai, ha portato nella mia vita esattamente ciò di cui avevo bisogno,» aggiunge, arrossendo un poco.
Beatriz sorride intenerita e Kriziana osserva lo scambio di sguardi tra Jamaica e Ashton con allegria: «e cosa ha portato nella tua vita?» chiede, curiosa.
Jamaica aspetta qualche secondo prima di parlare, osservando colui con cui, ormai da una settimana e cinque giorni, esce praticamente tutti i giorni.
«Gioia
 
Calum è appena uscito da casa di Michael e, non avendo una chissà quale voglia di andare a casa sua, si dirige verso il Kimical, che dal giorno alla sera si trasforma terribilmente.
Ci mette circa dieci minuti e, finalmente, apre la porta del Kimical ed entra, ritrovandosi di fronte una scena decisamente buffa.
Paul, il proprietario, sta discutendo animatamente con dei tizi dall’aspetto strano. Colui che gli urla dietro, un tipo dai lunghi capelli neri, vestiti di pelle e una custodia da chitarra elettrica alle spalle, è affiancato da due che sono decisamente uguali a lui, tranne per la custodia.
«Tu pensi sul serio che 500 miseri dollari ci possano bastare?» urla il rockettaro, gesticolando all’impazzata, mentre Paul si mette le mani sui fianchi e affina gli occhi.
«Senti, non so cosa tu abbia pensato di questo posto, ma di certo non è un luogo di lusso, cosa pretendi?» dice, esasperato, alzando gli occhi al cielo e schiudendo le labbra.
«Che tu non venissi a chiamarci, noi siamo troppo per un pub da quattro soldi! - dice, con aria infuriata, mentre Paul scuote le spalle, per niente scalfito da quella specie di insulto - quindi, sai che ti dico? Ciao, ciao, trovati qualcun altro per la tua magica serata!» aggiunge, avviandosi velocemente verso la porta, da cui Calum si scosta di fretta, osservando i tre sbattersi la porta alle spalle. Scuote la testa e alza le spalle, avvicinandosi all’uomo, sconsolato.
«Tutto apposto, Paul?» gli chiede, rivolgendogli un enorme sorriso. Paul sbuffa e scuote la testa.
«Chi erano quelli?» chiede, quindi, il moro, seguendo l’uomo al bancone e sedendosi su uno sgabello. Paul gli tira subito una birra, che tanto lo sa qual è il suo gusto. E, se anche Calum ha solo diciassette anni e lui lo sa bene, non è un rompi palle che non dà nemmeno un goccio ai minorenni.
«La band che avrebbe dovuto suonare qui tra una settimana, per i dieci anni del Kimical - dice, passandosi una mano sul viso - e ora si è rifiutata e io non so proprio come fare,» aggiunge, sospirando, con faccia sconfitta.
E Calum, in un attimo, si illumina, osservando l’uomo con occhi brillanti e un sorriso che parte da un orecchio all’altro, che forse è la loro occasione per farsi notare, per farsi vedere da un pubblico vero.
«Oh, Paul! - esclama, euforico, beccandosi un’occhiata confusa dal nominato - io e i ragazzi abbiamo una band, possiamo aiutarti noi!» aggiunge, tirando una sberla amichevole sul braccio dell’uomo.
«Che cosa? - grida il proprietario, con gli occhi sgranati e il braccio bloccato sul bancone - scherzi, Calum?» aggiunge, assottigliando gli occhi. Spera vivamente che il ragazzo non stia scherzando, che non gli sono mai piaciute le prese in giro.
Calum scuote la testa deciso e sorride ancora di più: «te lo giuro, Paul,» ribatte lui, pensando già alle reazioni dei ragazzi appena glielo dirà.
Michael, probabilmente, urlerebbe come un pazzo, agitando le braccia al cielo e correndo per tutto il garage, Ashton lo abbraccerebbe e lo stritolerebbe, ridendo come un pazzo e poi Luke, beh, Luke entrerebbe in paranoia, inizierebbe a tremare e a guardarlo ad occhi sgranati, che ha sempre avuto un enorme terrore del pubblico e del palco.
Paul sorride entusiasta, girando il bancone e abbracciando di slancio quel tipetto: «sia ringraziato Dio, Calum - grida, facendo girare verso di loro quei pochi clienti - venite ‘stasera e ci mettiamo d’accordo!» aggiunge, staccandosi dall’abbraccio e allungando una mano in segno di accordo.
Calum la stringe subito e, poi, finita la birra, si catapulta verso l’uscita, con già il cellulare all’orecchio.
«Pronto?» la voce di Michael gli arriva leggermente più meccanica del normale.
«Tra dieci minuti da te, chiama anche gli altri.» dice subito Calum, entusiasta.
«Ma abbiamo appena finito le prove!» risponde l’amico, confuso e stranito.
«Fidati di me!» aggiunge Calum, sorridente, correndo verso la casa dell’amico.
 
Calum gli ha spiegato tutto, con un enorme sorriso sulle labbra e la parlantina veloce. Alla fine, le reazioni, sono state esattamente come il moro si era immaginato.
Michael ha iniziato a correre per tutto il garage, poi aveva preso il cellulare e aveva subito chiamato Beatriz.
Ashton l’aveva stritolato tra le braccia da batterista e poi era corso a chiamare Jamaica, gridandole la sua euforia.
E infine Luke ha avuto una sorta di attacco di panico, che solo Kriziana è riuscita a calmare, stringendolo tra le braccia e nascondendo le risate con una mano, mentre gli diceva che, sicuramente, avrebbero spaccato.
E ora, Ashton, sdraiato sul divano con Jamaica tra le braccia, non la smette di parlare e di immaginarsi ad occhi aperti come sarà la serata.
Jamaica lo ascolta, ‘ché la voce di Ashton è talmente bella, e ogni tanto le scappa una risatina, perché a volte quel ragazzo dice tante di quelle cretinate che non capisce nemmeno come gli passano per la testa.
«Ma ci pensi, Ja’? - dice, incrociando i loro occhi, entrambi illuminati da luci ben diverse - suoneremo davanti a qualcuno, capisci? Ci faremo conoscere da qualcuno e, chissà, magari un giorno..» continua a immaginare chissà quale futuro, sorridendo esageratamente, mentre Jamaica gli passa una mano tra i capelli ricci e scompigliati.
Lei, sinceramente, ci crede con tutta sé stessa che, magari un giorno, quei quattro potrebbero arrivare da qualche parte, perché dai, sono qualcosa di meraviglioso, insieme, quando suonano.
«Perché no? Alla fine siete bravini, dai,» dice, infatti, lei, ricevendo un’occhiata arcigna dal biondastro.
«Bravini? Dolcezza, i Linkin Park sono bravini, i Green Day sono bravini, i Blink 182 sono bravini.. ma noi non siamo bravini, siamo molto di più! - grida, facendo sbottare a ridere la ragazza, che nasconde il viso tra la spalla e il collo di lui - noi siamo eccezionali!» aggiunge, ridendo lui stesso.
Poi, vengono avvolti in un silenzio anormale, cioè, per Jamaica è normale, non è una che parla, ma da quando si ritrova con Ashton, è tutto tranne che normale, il silenzio.
Lui le passa una mano fra i capelli a caschetto e ispira forte il profumo di tabacco, che a lui, stranamente, un po’ piace.
«C’è una cosa che vorrei fare, sai? Per quella serata,» ammette Ashton, facendole alzare il viso per incontrare i suoi occhi. Jamaica affina l’orecchio ed è pronta a tutto, quindi annuisce un poco, facendogli capire che lo sta ascoltando.
«Vorrei invitare una persona - dice, sorridendo appena, beffardo - ma gli altri non dovranno sapere assolutamente nulla, nessuno, capito?» aggiunge, poi, con un tono deciso. J
amaica aggrotta la fronte e affina le labbra carnose.
«E chi sarebbe?» chiede, incuriosita, mentre il biondo si mette seduto, trasportandosi la ragazza appresso e facendola sedere accanto a lui.
«Mai sentito parlare di Deborah Walker?» e Jamaica sgrana gli occhi, che ne ha sentito parlare tante di quelle volte che ormai ha perso il conto. Si porta una mano alle labbra schiuse e osserva il ragazzo di fronte a sé sorridere sotto i baffi.
«Tu ti ci senti?» chiede, sorpresa, guardando annuire Ashton con convinzione.
«Ma non dirlo agli altri,» dice lui, allungando un dito verso di lei, come in segno di ammonizione. Jamaica annuisce, ancora con gli occhi sgranati e la fronte aggrottata.
«E cosa vuoi fare?» gli chiede, curiosa. Ashton alza le spalle e posa gli occhi sul tavolino di fronte a loro.
«Qualunque cosa sia capace di farla venire, ma lei non dovrà sapere chi sono gli altri componenti della band -  dice - per fortuna gli ho soltanto detto di averli conosciuti, non di essere il loro batterista,» aggiunge, sorridendo. Jamaica annuisce, capendo, poi alza le spalle.
«Tu intanto invitala, poi non dirle niente sulla possibile presenza dei tre,» dice, tranquillamente, portandosi una mano fra i capelli castani. Ashton annuisce, poi però sospira.
«Il fatto è che il Kimical è sempre stato il loro locale, è ovvio che non verrà perché, per un’occasione del genere, i tre sarebbero venuti lo stesso,» aggiunge, sconfitto, sbuffando. Jamaica gli si avvicina e pensa per qualche secondo.
«Non dirle che è per quell’occasione, dille che, uhm… che ne so, in quel giorno bisognerà avere una prenotazione e, boh, che ci sarà solo un certo tipo di gente più gli invitati dalla band - inventa, non sapendo proprio che dire - alla fine sono quasi due mesi che non c’è più, che ne sa se il Kimical è cambiato o meno?» aggiunge, alzando le spalle e affinando le labbra.
Ashton sembra illuminarsi, annuendo con decisione, anche se, secondo Jamaica, come piano fa anche abbastanza schifo, ma il ragazzo è così convinto.
«Sei un genio, Jamaica!» le dice, poi afferra il suo viso tra le mani e le schiocca un bacio rumoroso e casto sulle labbra, che la lascia basita. Si alza velocemente dal divano e corre in camera.
«Dai, muoviti, che tra un ora dobbiamo essere lì!» aggiunge, euforico, saltellando qua e là per cercare chissà che cosa.
Jamaica è ancora sul divano, con gli occhi sgranati e il viso sorpreso e basito. Poi, le sue labbra, si allargano in un sorriso.
Il suo primo bacio con Ashton.

 
***
Ehilà,
come va?
Scusate del ritardo, anche se solo di un giorno, ma ieri non era giornata e ho scritto al volo tutto questa mattina, infatti non sono chissà quanto convinta di questo capitolo, ma non vorrei farvi aspettare troppo.
Allora, Kriziana e Luke sono ormai due piccioncini, eh? 
E poi ci sono Jamaica e Ashton, scusate ma li avevo già pensati insieme, a loro due, da un bel po'. 
A me piacciono tanto, insomma, uno scricciolo insieme a un ragazzo, se non alto, bello massiccio.
Che ne dite della loro possibilità? Io non vedo l'ora!
Insomma, non è che ho molto da dirvi, solo che vorrei sapere cosa ne pensate.
Vi lascio, comunque.
Bye bye,

Judith.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Felicità, evidenze e telefonate. ***



Incomprensibile.

FELICITÀ, EVIDENZE E TELEFONATE.
 
A S, che a volte gli spaccherei la faccia, eppure continuo a volergli bene,
Alle persone che non mi calcolano più, perché ovviamente io faccio lo stesso,
Ai cracker, perché sono buoni.
 
Sono tutti al Kimical, seduti in un tavolo con delle birre di fronte. Paul ha appena parlato con loro, sono arrivati alla conclusione che essendo minorenni non potrebbero prendere nulla, ma essendo dei clienti abituali magari, qualche spicciolo, glielo passa e, ovviamente, a fine spettacolo, offre la casa.
Beatriz si porta la coca-cola alle labbra, perché la birra non l’è mai piaciuta e anche perché non beve a prescindere, mentre ridacchia all’ennesima battuta di Ashton, che è più euforico del solito e non la smette di sparare cretinate ogni tre secondi.
Michael la osserva senza pudore, mentre incrocia le loro mani insieme e, se solo non ci fossero gli amici, la bacerebbe come se non ci fosse un domani. Però, stranamente, si sa contenere, a differenza di Kriziana e Luke che sembrano due piovre e si mangiano a vicenda le labbra, non interessandosi minimamente ai loro discorsi.
Non è che a Michael non piaccia vedere Luke e Kriziana insieme, assolutamente no, sono due amici, sono entrambi bravi, è che è proprio Kriziana che non gli piace vedere fidanzata.
Insomma, è la sua migliore amica, lui deve essere protettivo e, quel pizzico di gelosia in amicizia, ci deve essere.
È felice che lei sia felice a sua volta, ma un po’ ci era rimasto male che lei non gli aveva mai detto della sua cotta stratosferica per Luke. Ok, forse non un po’, forse un bel po’. Diciamo che non ha rivolto parola a Kriziana per due giorni, offeso della poca fiducia data da lei.
Alla fine la sua ragazza, che sembra un angioletto, gli ha creato un imboscata chiudendolo nella stessa stanza con Kriziana, che si è messa ad urlargli contro che, se non avesse smesso di comportarsi come un bambino, l’avrebbe preso a pizze.
E, beh, le pizze di Kriziana non sono mica delicate.
Beatriz si gira un attimo per rivolgergli un sorriso, uno di quelli che solo lei sa fare, poi si china velocemente per far combaciare le loro labbra in un casto e delicato bacio, che somiglia più ad uno sfioramento.
Si sente talmente felice, lei, da almeno un mese, ‘ché Michael è un ragazzo meraviglioso. Quasi si dispiace di averci messo tanto a fargli capire che, lei, rispetto a quelle troiette senza un minimo di cervello, era, e lo è ancora, interessata a lui.
Non si sarebbe mai fatto avanti lui, perché la sua autostima non è mai stata delle migliori, si sa.
Si sente felice anche perché, dopo anni appresso alle galline, o meglio, dopo anni con appresso delle galline, finalmente ha delle amiche serie.
Certo, con Kriziana ha decisamente un altro rapporto, molto più stretto rispetto a quello di Jamaica, nemmeno sa com’è nato precisamente. Sa solo che, a furia di guardare le esibizioni dei ragazzi, nel garage di Michael, si sono ritrovate a vicenda. Si trova così bene con l’azzurra, che è tanto intelligente, gentile, simpatica ed è così forte. È arrivata a conoscere persino la storia di Deborah, anche se lei lo sapeva già, ma mica poteva dirglielo che Ashton conosce ogni cosa.
Non ha niente da togliere a Jamaica, per carità, è solo che quest’ultima è sempre stata un po’ più sulle sue, ma dopo un po’, forse perché Ashton le ha portato seriamente quel pizzico di gioia in più, ha iniziato a relazionarsi con tutti.
Stringe le dita di Michael e si gira nuovamente verso di lui, sorprendendolo a guardarla. Incastra i loro occhi e sorride nuovamente, avvicinando la mano libera al volto di lui per accarezzargli una guancia ispida per via del filo di barba, poi accarezza i capelli stinti, prima che Michael sbuffa.
«Fanno schifo, questi capelli,» borbotta, passandosi una mano fra quest’ultimi e sfiorando quella di lei. Beatriz affina le labbra e scuote la testa.
«Non è vero, hanno solo un colore.. particolare,» borbotta, osservando il biondastro tendente al verde fluo. Michael ridacchia, scuotendo le spalle.
«Penso di dover andare a fare una tinta!» esclama, con espressione dubbiosa.
«Ti ci accompagno io, se vuoi,» dice Beatriz, avvicinandosi di poco al viso e depositando piccoli baci sulla guancia.
«Uhm, si potrebbe fare - mormora lui, passandole la mano libera sulla schiena - qual è il tuo colore preferito, Bea?» chiede, poi, avvicinandola a sé e godendosi quei micro baci tanto gentili e delicati. Sente la ragazza soffermarsi di più sulla mascella, mordendo appena e facendogli salire un brivido sulle schiena.
«Il rosso,» dice lei, e come darle torto. Il rossetto, lo smalto, gli orecchini e la maglietta, alla fine, sono di un rosso acceso che, su di lei, sta di incanto.
«E rosso sia, allora,» borbotta lui, prima di spostarsi un minimo e far combaciare le loro labbra.
 
Calum si alza lentamente dal tavolo e si dirige all’uscita, perché ha tanta voglia di una sigaretta. Se l’accende appena mette piede al di fuori del locale e aspira, provando piacere nell’esatto momento in cui il fumo gli entra nei polmoni.
Sono tre settimane che non si ubriaca, che non ha crisi isteriche di rabbia, che sta bene. Non sa se è per la band che, alla fine, lo rende felice. Probabilmente, cantando, si libera di ogni tipo di peso, iniziando da quello dell’abbandono.
Perché è inutile che lui continua a stare male, d’altronde.
Michael l’ha superato, ovviamente anche con l’aiuto di Beatriz, che gli ha iniziato a togliere qualche parola di bocca in più e persino qualche sorriso. Ora, Michael, sorride sempre.
Poi c’è Luke, anche lui a modo suo l’ha superato, con l’aiuto di Kriziana. Calum ci scommette che, però, solo nella sua stanza, Luke ci pensa spesso a Deborah, perché come fa a non pensarci? Alla fine ha mollato anche lui.
Lei ha mollato tutti.
Calum stringe la mano senza la sigaretta e affina gli occhi, perché, pian piano, ha iniziato a sostituire al dolore la rabbia.
Se l’avesse tra le mani, probabilmente le urlerebbe contro, la insulterebbe come se non ci fosse un domani, probabilmente la manderebbe via a calci, la ucciderebbe.
Ma chi vuole prendere in giro? Se l’avesse tra le mani la bacerebbe come se non ci fosse un domani, le accarezzerebbe ogni lembo di pelle coperta o scoperta, la terrebbe stretta tra le braccia per paura di farsela scappare nuovamente.
Calum sbuffa il fumo innervosito, passandosi una mano fra i capelli neri e sospirando subito dopo. Non gli va più di pensare a lei, deve andare avanti, deve guardare qualche altra ragazza e, magari, provarci. Insomma, Deborah se n’è andata da quasi due mesi, cosa mai deve aspettare?
Lei l’ha lasciato, perché come può definirsi ancora il suo ragazzo se non si vedono, parlano e sentono da due mesi? Certo, nel suo cuore la sente ancora sua, la sente ancora parte di lui. Quando gli chiedono se è fidanzato, Calum annuisce senza pensarci, perché lui, nella sua testa, lo è ancora.
Però Deborah non c’è più, se n’è andata, e lui cosa aspetta a liberarsi dei pensieri strani che lei gli da?
«A che pensi?» la voce di Michael gli arriva alle orecchie e lui si gira di scatto.
Non si era accorto mica della porta che si era aperta: «o dovrei dire a chi,» aggiunge Michael, che lo capisce così tanto, a volte.
Calum rimane in silenzio, aspirando l’ultimo tiro della sigaretta e osservando il marciapiede scuro e ruvido. Michael sospira, passandosi una mano fra i capelli, perché lo sa bene a chi pensa, non c’è bisogno di dirlo.
Deborah è sempre stata il centro fisso dei pensieri di Calum. E, seppure non c’è più, lo è rimasta.
«Calum, se n’è and..»
«Lo so, cazzo, lo so! - sbraita Calum, innervosito, alzando gli occhi verso quelli dell’amico - non c’è bisogno di dirmelo, ok? - aggiunge, passandosi una mano fra i capelli neri e sbuffando - se voi l’avete superato e vi siete arresi all’evidenza, buon per voi, ma io… io -  sospira stancamente e abbassa il tono della voce, portando gli occhi al cielo - io come faccio? - Michael, sinceramente, non sa se si rivolge a sé stesso o a lui - voi avete qualcuno che vi distrae, no? Tu hai Beatriz, Luke ha Kriziana e viceversa, ma io? Io chi ho?» chiede, stancamente.
«Hai tutti noi, Cal, lo sai,» borbotta Michael, comunque poco convinto della sua frase da film squallido.
«Lo sai che non è la stessa cosa, Mike,» mormora Calum, sorridendo amaramente. Ha voglia di una birra, una bella birra fresca. Non lascia il tempo di ribattere a Michael che entra nel locale, stanco di quel discorso che gli ha portato solo più pensieri.
Deborah se n’è andata e, alla fine, anche lui deve arrendersi all’evidenza, come i suoi amici.
Eppure, lui ci spera ancora in un ritorno.
 
Ashton è appena tornato a casa. Jamaica è con lui, ‘ché si ferma a dormire a casa sua. Anche se i ragazzi hanno pensato male, loro non hanno intenzione di fare niente, se non spararsi cinque film di seguito con tanto gelato al cioccolato, comprato per l’occasione, e magari anche un po’ di muffin, quelli che ha fregato a casa di sua madre giusto due giorni prima.
Jamaica si sdraia sul divano, stanca, e osserva i movimenti del ragazzo con attenzione. Ashton si toglie le scarpe, il giacchetto e infine la bandana, rivelando i capelli ancora più ribelli e ricci di quanto sembrano con la bandana.
Le sorride e si siede ad un angolo del divano, passandosi le mani sul viso, perché sono appena le dieci eppure a lui sembra notte fonda.
Poi, tira fuori il cellulare e compone un numero. Si gira a guardarla e le fa un cenno con gli occhi, come se le stesse dicendo di qualcosa.
Sente il telefono squillare prima che una voce femminile arrivi al telefono.
«Pronto?»
«’Ebo!» esclama Ashton con euforia. Jamaica si mette in ascolto, alzandosi e avvicinando il viso a quello del ragazzo. D’un tratto, la serata sempre interessante.
«Ehilà, Ashy, per quale motivo questa chiamata a quest’ora?»
«Tanto lo so che non dormi a quest’ora, ‘Ebo, e poi volevo dirti una cosa che per me è importantissima,» continua a mandare segnali con gli sguardi a Jamaica, che all’ennesimo sorrisino sghembo si copre la bocca con la mano per evitare di ridere.
«Del tipo?»
«Sai, ho una band!»
«Una band? Oh, fantastico!»
«E indovina un po’?»
«Cosa?»
«La prossima settimana abbiamo il nostro primo concerto!»
«Ma che cosa figa! Davvero? Oh mio Dio, Ash, potreste sfondare!» urla euforica.
«Non esagerare, ‘Ebo, è in un pub da quattro soldi.»
«Oh, sempre a sminuire le situazioni, tu!»
«Vabbè, non è per questo che ti ho chiamato - dice, afferrando la mano di Jamaica, come in cerca di supporto - cioè, in realtà sì, ti ho chiamato per questo - aggiunge, sistemandosi meglio sul divano - vorresti venire?»
Per qualche secondo, il silenzio li avvolge e Jamaica ha paura che Deborah, dall’altra parte, sia totalmente morta.
«Io… Ash, io non lo so.»
«Oh, ti prego Deborah, si tratta di una seratina innocente!»
«Sì, ma… a Sydney, in un pub, cioè, non lo so, davvero.»
«E dai, la useresti come scusa per salutare i tuoi genitori, da quant’è che non li vedi?»
«Ash, io… oh, insomma, non penso sia il caso.»
Ashton sospira e stringe la mano di Jamaica, che si sta mordendo il labbro inferiore, ansiosa: «Deborah, è molto importante per me..» borbotta, sperando di risultare penoso.
Deborah non sa resistere a queste cose.
«Io… io… qual è il pub?»
«Il Kimical.»
«Assolutamente no! Scordatelo! Non ci vengo lì!»
«Oh, ti prego! Cosa vuoi che succeda?»
«Cosa vuoi che succeda? Cioè, la tua band fa un concerto al Kimical e pensi che non vengano?»
«Ma chi?» chiede Ashton, cercando di fare il vago.
«Come chi? Lo sai bene, Calum, Luke, Michael e Kriziana, ecco chi!»
«Oh, loro? Ma no! - guarda a destra e sinistra per inventarsi qualcosa, - loro, uhm… non piacciono molto al resto della band, sai..» borbotta, mentre Jamaica lo guarda spaventata.
Insomma, ora cosa si inventano?
«Beh, potrebbero venire lo stesso, sai, magari per sabotarvi!»
«Non penso siano così crudeli, ‘Ebo - dice piccato e divertito allo stesso tempo - e..e poi tu sono due mesi che non vedi il Kimical, nemmeno ti immagini quant’è cambiato! Ora è un pub di un certo livello, una sorta di discoteca con entrata prenotata!»
«Ma se prima mi avevi detti che è da quattro soldi?» e Ashton deglutisce, sgranando gli occhi.
«Ma no, era un modo di dire!»
«Uhm, quindi in pratica dici che o non vengono? Insomma, se non prenotano, dico.»
«Ma è ovvio, e poi se prenotassero chiederemo al buttafuori di tenerli alla larga, perché sì, magari a me stanno anche simpatici, ma tu devi vedere gli altri, li odiano proprio, chissà perché..» le facce di Ashton sono stupende, secondo Jamaica, che si soffoca dalle risate silenziose. Ashton evita di guardarla, che non si può permettere di ridere.
«Io… non lo so, Ash.»
«Va bene, sai che c’è? Pensaci, dormici sopra, ma dimmelo se vieni o no almeno un giorno prima eh, sai.. per la lista.»
«D’accordo, Ash, buonanotte!»

«’Notte, ‘Ebo!» esclama, euforico.
Sa di averla in pugno.
Spegne la telefonata e si gira a guardare Jamaica, che si sta asciugando una lacrima sfuggita alle risate, perché Ashton è decisamente epico.
Le sorride, poi la stritola tra le braccia e le bacia la fronte.

***
Ehilà,
come va?
Allora, ecco a voi un capitolo nuovo di zecca, cosa ne pensate?
Spero che vi piaccia.
Ho voluto dare un po' di spazio a Mike e Bea, che è da qualche capitolo che non li faccio vedere insieme. 
E poi c'è il solito monologo di Calum.
E infine abbiamo la telefonata di Ashton, che adoro, forse perché mi sono immaginata la scena esattamente come la farebbe lui.
Insomma, inventarsi le cose sul momento mica è facile, eh!
Comunque, ora vi lascio,
Bye bye
,
Judith.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Agitazione, aspettative e ritorni. ***




Incomprensibile.

AGITAZIONE, ASPETTATIVE E RITORNI.
 
A Carlos Ruiz Zafón, il mio scrittore preferito,
A Storia dell’arte, che è bella ma pesante,
Ai piedi rigorosamente freddi.
 
È la loro serata.
Hanno provato tutti i giorni dopo scuola, hanno scritto un’altra canzone – Calum ha scritto un'altra canzone – e ora si ritrovano nelle quinte del palchetto minimo del Kimical, quello che, nel resto dei giorni, viene usato come postazione per il dj.
Hanno persino scelto il nome, i 5 Seconds of Summer. Un nome allegro e orecchiabile. È stata Beatriz a tirare fuori l’idea, dicendo che, la loro musica, portava quella brezza estiva e felice che si ha in estate.
Michael si stritola le mani tra loro, guarda un punto fisso sulla parete e si morde le labbra a sangue. Si è fatto la tinta giusto il giorno prima e ora, i capelli scoloriti, brillano di un rosso acceso, ovviamente scelto da Beatriz, che l’ha accompagnato, approfittando della situazione per spuntarseli un minimo.
Sente il cuore esplodere e l’ansia salire. “E se sbagliamo?” si chiede da minuti interminabili, “e se gli faremo schifo?”.
Beatriz ha passato un intero pomeriggio a tranquillizzarlo, perché secondo lei, loro, sono spettacolari. Ma Michael, paura, ne ha lo stesso, anche se la sua ragazza, che crede profondamente in lui, è sotto il palco insieme alle altre due.
Luke è ad un angolo, le mani che tremano visibilmente e gli occhi lucidi. Per un attimo, i ragazzi, avevano avuto paura che non si presentasse, invece è lì, accanto alla sua chitarra, mentre osserva il vuoto, terrorizzato.
Non sa perché il pubblico gli fa quest’effetto, sa solo che si sente svenire, che ha paura di sbagliare, di stonare, di dimenticarsi le parole. Ha paura di essere giudicato, perché lui odia i giudizi.
Osserva con occhi tremolanti il piccolo spazio alle quinte, mentre sente il cellulare vibrare in tasca, probabilmente perché Kriziana lo sta riempiendo di messaggi per calmarlo.
Il fatto è che proprio non ci riesce a calmarsi.
Ashton è euforico, è sicuro di sé, sa che spaccheranno, ma non fa altro che guarda il telefono, perché Deborah non l’ha più chiamato.
Immagina che non si presenterà, perché lei sa bene di rischiare, e non vuole permetterselo.
Sospira, deluso. Quei ragazzi hanno terribilmente bisogno di lei.
E quindi non viene?” recita il messaggio che gli è appena arrivato da Jamaica, sua perfetta complice. Ashton sorride, solo perché quel nome sullo schermo glielo fa fare sempre, poi risponde.
Non credo, non ha più scritto nulla…” e sospira nuovamente, prima di passarsi una mano fra i capelli ricci, stretti in una fascia rossa.
Mi dispiace, Ash” e il nominato sorride, forse un po’ amaro, prima di farle un enorme cuore con le emoticon di WhatsApp, che lui adora. Sono così espressive e colorate.
Dispiace anche a lui, comunque.
Calum ha il cuore che batte a mille e la bocca schiusa. Osserva con attenzione la loro scaletta e si accorge che, l’ultima canzone che ha scritto, la sua preferita, è esattamente l’ultima della serata.
Ha paura. Ne ha tanta, ma non per il pubblico, non di sbagliare, di stonare, di scordarsi le cose. No, non è per quello.
Lui ha solo paura di sbottare in lacrime di fronte a tutti, di lasciar uscire tutte le emozioni che lo avvolgono da due mesi, ormai.
Ne ha tanta, troppa paura. Ha voglia di scollegare la mente, non di collegarla ulteriormente.
Si affaccia quel minimo per osservare la folla sotto al palco, una folla minima, non esagerata. C’è qualcuno della loro scuola, qualche amico del quartiere, qualche sconosciuto, qualche amico di Paul e Kriziana con Jamaica e Beatriz.
Però lei no.
 
Kriziana sorride allegramente, mentre saluta con le mani qualche compagno di scuola che è venuto a supportare quella band di deficienti.
È stata un pomeriggio intero appresso a Luke, spaventato da morire, e ora si sta godendo una birra in compagnia di Jamaica e Beatriz, ognuna con il sorriso più largo che gli abbia mai visto.
Beatriz è felice, perché stanno facendo un gran passo, i suoi quattro idioti. Sta facendo un gran passo, il suo idiota per eccellenza. Passa gli occhi luminosi dal palco al bicchiere di coca-cola, e ogni tanto ridacchia da sola o fa svolazzare una mano per salutare qualche amico.
È felice, perché il suo Michael sta facendo qualcosa di enorme, si sta facendo notare, sta facendo vedere ciò che lui sa fare. E forse lo è anche perché, a fine esibizione, passerà una notte intera tra le braccia del suo ragazzo, per la prima volta…
Al pensiero, le guance le si colorano di un rosato e lei si lascia sfuggire un risolino, prima di mandare un bacio volante a Zoe Michigan, compagnia di classe a Letteratura.
«Non mi sembra vero!» dice Kriziana, portando le mani sulle guance. Beatriz ridacchia ancora e Jamaica, per giusto un attimo, porta gli occhi su di lei e sorride.
«I nostri adorati maschioni che fanno un concerto!» aggiunge Beatriz, battendo le mani euforicamente. Jamaica ride e prende un altro goccio di birra, poi torna a fissare intensamente la porta, sperando che si apra e che, da lì, entri qualcuno che, in un certo senso, tutti aspettano.
«Aspetti qualcuno, Ja’?» chiede innocentemente Kriziana, facendola sussultare sul posto e facendola voltare di scatto.
«Chi, io?» chiede, indicandosi e sgranando gli occhioni già grandi, «oh, no, no, sto solo… osservando.» aggiunge, sorridendo appena e passandosi una mano tra il caschetto castano.
«Dai, Jamaica, si vede che aspetti qualcuno.» aggiunge Beatriz, guardandola sospetta. Jamaica deglutisce e le osserva, scuotendo la testa.
«No, no, avete capito male, io…» schiude le labbra e sta zitta per qualche secondo, «ok, sì, aspetto una mia… amica di Melbourne, l’unica che avevo… sai, è una cosa carina, ma non so se viene o meno.» dice, alzando le spalle e sorridendo falsamente.
Le due ragazze sembrano crederci e tornano, quindi, ognuna per i suoi pensieri.
Jamaica osserva la porta da venti minuti, ormai, ma la figura di Deborah non si vede nemmeno per sogno. Sospira, sconsolata, appena Paul, il proprietario, si avvicina al palco.
Prende un altro sorso della propria birra e porta gli occhioni al palco.
Si concentrerà solo su loro, d’ora in poi.
 
Il cappuccio della felpa le copre il capo e il gioco d’ombre fa intravedere a mala pena il naso. Tiene la testa bassa e guarda di sfuggita dove va e dove posizionarsi per non farsi riconoscere.
Nessun buttafuori era alla porta e il Kimical le si presenta esattamente com’era prima, ma lei non sembra farci caso, o forse non vuole farci caso.
L’ha chiamata una settimana prima, Ashton, pregandola e costringendola a venire a quello che è il suo primo concerto, in onore della loro amicizia. Ci è andata perché, Ashton, le ha assicurato la loro assenza, e lei si fida di lui.
Sale sul palco, probabilmente Paul, il proprietario del locale, allegro come una pasqua, dando il benvenuto a tutti i clienti e presentando il gruppo della sera, i 5 Seconds of Summer.
Nome a dir poco squallido, pensa.
Al buio, quattro elementi si incamminano sul palco, riconosce Ashton perché è quello dietro la batteria, mentre tre ragazzi si posizionano di fronte ai microfoni, con delle chitarre in mano e, immagina, un basso, perché senza basso che razza di band è?
Ashton batte più volte le bacchette sui tamburi e grida qualcosa di incomprensibile, perché le chitarre iniziano a emettere suoni assolutamente troppo alti.
La luce si accende di scatto e, a Deborah, la bocca si apre quasi fino a toccar terra, mentre osserva le altre tre figure che muovono le dita sulle corde dei propri strumenti.
Ashton l’ha fregata.
Ashton l’ha dannatamente fregata.
Vorrebbe prenderlo a schiaffi, e lei che si è pure fidata, di quel balordo. Ashton si è inventato del pub di un certo livello, dei buttafuori, di una lista, della band che odia i suoi amici. Ashton si è inventato tutto e l’ha fregata.
E lei si è fatta fregare.
Lo odia!
Come ha potuto farlo? È suo amico, sa il perché lei è scappata, sa perché non vuole avere a che fare con i quattro.
Doveva seguire il suo istinto e non venire, invece ha voluto fare l’amica, che stupida!
Il primo, a sinistra, ha dei capelli rossi accesi, e anche se li ricorda verdi, li riconoscerebbe di qualunque colore per il taglio che assomiglia leggermente a quella di Billie Joe dei Green Day, è vestito con una di quelle canotte insensate, un po’ mal ridotte e i soliti pantaloni tremendamente stretti e neri.
Al centro c’è un biondino dall’aspetto tanto agitato quanto emozionato, gli occhi che, anche a quella distanza, si capisce che sono azzurro del cielo. Il piercing è come una riga nera sulle labbra rosate e porta una camicia a quadri che si accorge di avergliela consigliata lei stessa mesi prima, quando erano andati a fare shopping.
A destra, alla fine, c’è forse l’ultima persona che si sarebbe mai aspettata sul palco, con i soliti capelli sbarazzini e scuri che ricadono morbidi sulla fronte, il maglione grigio che gli ha regalato al suo ultimo compleanno e la bocca leggermente schiusa.
È bello esattamente come l’ultima volta che l’ha visto, forse anche di più, perché quella luce emozionata che splende nei suoi occhi lo fa sembrare un angelo. Un angelo un po’ tormentato.
Le dita si muovono sicure sulle corde del suo basso e, appena attacca a cantare, Deborah sente il cuore scoppiarle nel petto come le capitava quasi sempre in sua presenza.
La voce di Calum è esattamente come la ricorda, calda e leggermente roca, ed è dannatamente bella.
Le mani le tremano vistosamente e vuole scappare da lì, perché la paura che lo sguardo di uno di quei tre possa ricadere su di lei, anche solo per un secondo, la spaventa a morte, eppure le voci di quei tre, che non vede, ormai, da due mesi, non le permettono di muovere nemmeno un muscolo.
Canzone dopo canzone, sente il corpo vibrare e il cuore battere con furia nella gabbia toracica, quasi a romperle tutte le ossa.
Probabilmente è l’ultima canzone che la prende più alla sprovvista, che le fa lacrimare gli occhi e che le fa mordere le labbra dall’agitazione.
« …‘Cause I’m not fine at all…» pronuncia, come frase, Calum, mentre le lacrime solcano il suo viso più di prima, perché tutte quelle parole dette la stanno destabilizzando, perché la voce di Calum a volte si spezza, perché lo vede guardare il soffitto, come se stesse cercando di trattenere le lacrime, che invece lei ha lasciato fuoriuscire.
La voce di Luke parte, forte, potente, mentre lei sente il respiro mancarle, perché quella canzone parla di lei, lo capisce.
Esce, velocemente, perché il cuore le fa male e gli occhi le bruciano come se ci avesse appena passato sopra del peperoncino in polvere.
Dà le spalle alla porta, ancora troppo scossa per riuscire a incamminarsi.
La porta si apre alle sue spalle e parecchie persone di incamminano verso le proprie macchine, commentando positivamente quella serata e ridacchiando tra di loro, e lei rimane immobile, le spalle strette, le mani tremanti e il petto squarciato, la consapevolezza che quel mini concerto è finito.
La porta si apre nuovamente, eppure sente solo dei passi alle sue spalle e nessun gruppo chiacchierare, immaginandosi fosse solo una persona, intenta a rimanere anche per il continuo della serata. Il rumore dello scatto di un accendino le arriva all’orecchio, «cazzo!» così come l’imprecazione di chi ne sta facendo uso.
E si gela, completamente.
Perché dietro di lei c’è Calum e lei non sa che fare, se scappare o fare finta di niente.
«Ehi, ehi tu,» la voce le arriva più vicina e più forte, mentre lei sgrana gli occhi, terrorizzata, «ehi, tu, hai un accendino?»
È ora, si dice, tra sé e sé, mentre sospira determinata e si gira piano, lentamente.
Alza gli occhi e incontra quelli scuri di Calum, indifferenti, poi si leva il cappuccio.  Scruta i lineamenti di lui, che a quella distanza sono decisamente più visibili, guarda le mascelle ben delineate, per cui è sempre impazzita, guarda le labbra piene e leggermente schiuse, che lei ha assaporato troppe volte.
Gli occhi del ragazzo mutano, sgranandosi all’inverosimile e li guarda chiudersi e aprirsi più volte, giusto per essere certi di non vederci male.
«Ciao, Calum.» sussurra, accorgendosi che, il suo ragazzo, se ancora così può definirlo, è a meno di un metro da lei.
Sente il suo respiro diventare più affannoso ogni secondo che passa, la sigaretta gli cade dalle dita e quella stessa mano corre al petto, come a controllare che il cuore è ancora lì, nel viso una smorfia di dolore e gli occhi sembrano inumidirsi a mano a mano che il tempo passa.
Il ragazzo, di fronte a lei, trema visibilmente, fa un passo indietro come per riprendere l’equilibrio. Le labbra vibrano e si schiudono, sorprese.
«Deborah.» la voce è talmente strozzata che, per un primo momento, la ragazza non ha capito che ha detto il suo nome.
 
***
Ehilà,
come va?
Allora, scusate per il ritardo - sempre di un giorno - ma la scuola mi ha rapita, troppi compiti e troppe verifiche.
Ecco a voi un nuovo capitolo, che mi 'spiace ma è leggermente più corto degli altri... 
Vi dico che, tutta la storia, si basa sulla parte di Deborah, che in realtà ha anche un continuo.
Siamo arrivati a un momento cruciale, eh?
La loro serata, il bel concerto, si fanno notare, magari piacciono anche.
Sono agitati, e come biasimarli?
E le tre che sono euforiche.
Il ritorno di Deborah (di cui vi lascio la foto sotto!)
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate, va!
E vi lascio.
Bye bye,

Judith.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Rivelazioni, abbracci e racconti. ***



Incomprensibile.

RIVELAZIONI, ABBRACCI E RACCONTI.
 
A Luke, perché è lo amo e amo la sua risata,
A Deborah, che è tornata da chissà dove ed è pronta a tutto,
Agli autobus la domenica che ti fanno fare tardi.
 
Fa un passo avanti, cercando di avvicinarsi a lui, perché ha bisogno di toccarlo, di accarezzarlo, di sentirlo accanto a lei, ma Calum fa due passi indietro, mentre il viso si contorce in una smorfia di puro dolore e le ciglia iniziano a bagnarsi leggermente con quelle lacrime che oscillano sulla cornea.
«No, no - sussurra, portandosi le mani tra i capelli e tirandoseli leggermente - no, ti prego,» aggiunge, con la voce flebile, prima di girarsi e scappare dentro il locale, lasciando sola con le sue lacrime Deborah.
Nel locale c’è, ormai, poca gente e i ragazzi sono ancora dietro le quinte, dove Calum si sta dirigendo a passo svelto, perché quello che ha visto non è una visione, perché Deborah è lì fuori, dopo due mesi, esattamente come se la ricorda, perché probabilmente ha sentito la canzone che gli ha dedicato.
Calum le sente, quelle dannate e fottute lacrime che premono per uscire, ma no, lui non vuole piangere, non vuole risultare un bambino.
Si siede su una cassa, posizionata nelle quinte del palco, e fa sprofondare il viso nelle mani, mentre le lacrime iniziano ad uscire, senza volerlo, mentre i singhiozzi sembrano squartarlo, mentre il corpo trema come se avesse freddo.
«Calum?» la voce di Luke, preoccupata, gli arriva all’orecchio più lontana di quel che in realtà è e, il moro, non riesce proprio ad alzare lo sguardo verso di lui, continuando a piangere come, secondo lui, farebbe solo una checca.
«Calum, cosa cazzo succede?» la mano di Luke si posa sulla sua spalla e la sua voce gli arriva, questa volta, anche troppo forte e vicina per i suoi gusti.
Scuote la testa, tra le sue mani, perché non ha affatto la forza di parlare, perché non ha la forza di guardare il suo migliore amico e rivelargli che, fuori da lì, c’è Deborah.
«Calum, dimmi che cazzo hai!» il ringhio innervosito di Luke e la scossa alla sua spalla gli fa alzare il viso, mentre incontra gli occhi azzurri del biondo, vedendo i suoi lineamenti sfocati per via delle lacrime.
Apre la bocca per parlare, richiudendola più volte, perché sente la gola bruciare e le parole sembrano bruciare con essa, poi, prendendo un profondo respiro, la apre nuovamente.
«Deborah,» sussurra, accorgendosi di quella nota di malinconia negl’occhi di Luke, che lo scuote nuovamente.
«Cantare quella canzone ti ha fatto venire in mente troppi ricordi,» borbotta, probabilmente fraintendendo cosa intende il moro, che scuote la testa con vigore e lo guarda.
«Deborah è qui fuori,» aggiunge, ritornando a singhiozzare furiosamente, mentre il tempo sembra fermarsi e lo sguardo di Luke infuocarsi.
Non gli dà il tempo di fare nulla, perché scatta in piedi, arrabbiato come solo poche volte gli è capitato, e correndo fuori dalle quinte, fuori dal locale, pronto a tirare fuori due mesi di sofferenza.
Deborah gli appare esattamente come l’ha lasciata Calum, davanti alla porta, con lo sguardo basso e le lacrime a caderle sul viso, poi la vede far scattare gli occhi in su e osservarlo, intimorita, perché il viso di Luke è qualcosa di pauroso.
«Luke,» sussurra, intrecciando le braccia, come per difendersi dall’attacco futuro, che non tarda ad arrivare.
«Tu, sei una fottuta stronza! - urla talmente forte, il biondo, che probabilmente ha risvegliato qualcuno nelle case accanto - come osi tornare dopo due mesi, eh? - aggiunge, alzando la voce e facendo tre passi nella sua direzione, con il viso rosso e gli occhi sgranati - ma hai almeno la minima idea di quel che cazzo ci hai fatto passare?» allarga le braccia e la osserva con disgusto, con rabbia, con dolore.
«Luke, posso spiegare,» risponde lei, inutilmente, perché il biondo non ha la minima voglia di farla parlare.
«Col cazzo che ti faccio spiegare, potevi farlo prima di sparire - urla, mentre Deborah continua, invano, a ripetere il suo nome, cercando di farlo calmare - ma tu lo sai quanto dolore hai procurato?» grida, stringendo i pugni.
«Luke, ti prego…» ripete per l’ennesima volta, indietreggiando ogni qual volta il biondo avanza.
«Del dolore che hai procurato a Calum?» aggiunge, ringhiando.
«Fammi spiegare, diamine,» dice, Deborah, con voce leggermente più alta.
«Del dolore che hai procurato a Kriziana? Del dolore che hai procurato a Michael?» si porta le mani ai capelli, ricordando cosa hanno passato tutti quanti per colpa di quell’egoista, che continua a cercare di proferire parola.
«Del dolore che hai procurato a me?» e lì, Luke, sente bene gli occhi inumidirsi, perché sì, Deborah era la sua migliore e, a parere suo, lo è ancora, perché nessuna può prendere il suo posto, e sì, anche lui si è sentito morire ogni giorno di quei due mesi, senza la sua costante presenza attorno a lui.
Si porta una mano al viso, soffermandola sulla bocca, per evitare che qualunque tipo di suono scappi da lì, e porta lo sguardo al cemento sotto i suoi piedi, stringendo l’altra mano in un pugno, per evitare che Deborah veda il leggero tremolio.
«Luke -  sussurra, con voce decisa e tremendamente dolce, avvicinandosi a lui di poco, e il biondo si accorge quanto la sua voce, così rassicurante, gli sia mancata - sono incinta
E se il suo ritorno gli è sembrata la cosa più scombussolante della serata, la notizia appena data dalla mora, di fronte a lui, è ancora più destabilizzante.
Alza il viso verso di lei e la guarda, esterrefatto, notando che si morde le labbra per evitare di piangere, come fa spesso.
Tutto, si aspettava, tutto, meno che quello.
Con due falcate la raggiunge e la circonda con le sue braccia, stringendola più stretta possibile, capendo perché se ne è andata, capendo perché non ha detto niente.
Perché aveva, e ha, paura, come può averne ogni ragazzina di diciassette anni di fronte a una gravidanza e la notizia che avrebbe sconvolto più vite, perché pensava di fare del bene a Calum, liberandolo da un peso enorme.
«Sei una stupida,» le sussurra, tra i capelli che, come si ricorda bene, profumano di cocco, e accarezzandole la schiena con delicatezza, cercando di calmarla mentre i primi singhiozzi giungono alle sue orecchie.
 
Kriziana continua a leggere il messaggio sul telefono con gli occhi sgrananti e una smorfia di incredulità, mentre Jamaica e Beatriz la osservano preoccupate.
«Kriziana? - chiede la castana, avvicinandosi di poco e posandole la mano sulla spalla - Kriziana, è tutto ok?» aggiunge, cercando di capire cos’è successo.
Kriziana non risponde, continua a tenere gli occhi, che si stanno inumidendo a mano a mano, sullo schermo del telefono.
«Kriziana, cos’è successo?» chiede Beatriz, incrociando le braccia al petto.
Kriziana sente il cuore squarciarsi, le mani tremare e le prime lacrime sgorgare con velocità sul viso, sporcandolo di trucco.
Sono due mesi che l’aspetta.
Due mesi.
Deborah è qui.” recita il messaggio di Luke, che gli ha mandato già cinque minuti fa. Lei non ci crede, che Deborah è davvero lì, dopo due mesi.
Ma perché mai Luke dovrebbe farle uno scherzo del genere?
Alza gli occhi neri sulle amiche, che la guardano spaventate.
«È tornata,» mormora, poi si infila il telefono in tasca e si fionda alla porta.
Jamaica sorride soddisfatta e tira fuori il telefono.
Ashton ne sarà contento.
Kriziana apre la porta del pub e, di fronte a lei, Luke sta stringendo Deborah come se fosse un’ancora. Il viso di lui è sconvolto e quello di lei è rigato dalle lacrime.
È lì, è tornata.
Ha gli stessi capelli mori e mossi, ha gli stessi occhi azzurri, ha lo stesso viso dolce.
Ha lo stesso braccialetto nero che si intravede sul polso sinistro, ha gli stessi orecchini a cerchi d’argento che le piacciono da impazzire, ha le stesse Nike bianche comprate un anno fa.
Deborah si stacca piano dall’abbraccio e si gira a guardare l’amica. Ha il labbro tremolante e ha paura della reazione.
«Kriziana,» mormora, con voce tremolante.
La nominata sente il cuore scoppiarle nel petto e le lacrime che le scorrono più velocemente di prima, perché anche la voce non è cambiata un minimo.
Fa un passo avanti, poi un altro e, infine si ritrova a correrle contro, saltandole praticamente addosso.
«Oh, Deborah!» esclama, finendo per piangerle sulla spalla, mentre i singhiozzi sembrano squartarle il petto.
Luke le guarda entrambe e sorride, emozionato, commosso, felice.
«Mi sei mancata da morire,» aggiunge l’azzurra, staccandosi dall’abbraccio e guardandola negli occhi.
«Anche tu, Krizi,» risponde Deborah, sorridendo tra le lacrime e osservandola.
La porta si apre alle loro spalle e: «Deborah!» urla la voce euforica di Ashton, che scosta Kriziana e Luke con le mani e abbraccia la ragazza con forza, sbatacchiandola a destra e manca.
«Staccati immediatamente, traditore!» sbraita lei, spintonando Ashton che scoppia a ridere, osservando la ragazza mettersi le mani sui fianchi e affinare gli occhi azzurri.
«Aspetta, voi due vi conoscete?» chiede Kriziana, sgranando gli occhi e indicando con l’indice prima uno e poi l’altra, che annuiscono all’unisono.
«È solo per colpa sua che sono qui, ‘sta sera, si è scordato di dirmi chi fossero gli altri componenti della band!» ringhia, imbestialita con il riccio che, invece, ride sguaiatamente.
Kriziana e Luke sgranano gli occhi, sorpresi, poi sorridono entrambi e il biondo si fionda tra le braccia dell’amico.
«Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie.. - cantilena, stringendo forte il batterista, che ridacchia divertito e gli passa una mano sulla schiena - ti devo un favore, davvero!» aggiunge, staccandosi dall’abbraccio e incrociando gli occhi di quest’ultimo con i propri.
Ashton sorride, si sente soddisfatto.
Li sta rendendo di nuovo felici, esattamente come voleva.
Kriziana gli lascia un bacio sulla guancia, poi si gira verso Deborah.
«Devi solo che ringraziarlo, senza di lui non saresti qui,» la rimprovera, ridacchiando, prima di circondarle le spalle con un braccio. Deborah fa un verso stizzito ma poi sorride al riccio, che, alla fine, è stato un genio.
Ashton la guarda con premura e con dolcezza, prima di passarle una mano sulla pancia in un gesto quasi impercettibile.
«Come sta?» chiede con un mormorio, osservando con attenzione lo stomaco ricoperto dalla felpa enorme. Deborah sorride e si passa una mano sulla pancia, che ora ha un rigonfiamento tanto minuscolo da farla sembrare solo ingrassata di un chiletto.
«Benone, direi!» gli risponde, prima che Kriziana scorga le mosse strane degli amici.
Si porta una mano alle labbra e fa uscire un gemito rumoroso.
«Tu, ‘sta notte, vieni a dormire da me e niente storie! - esclama, mettendosi le mani sui fianchi - che penso che tu mi debba raccontare un po’ di cose!» aggiunge, facendola ridacchiare imbarazzata.
Deborah annuisce e la guarda.
«Prima andiamo, più cose saprai,» le dice.
 
Sono sul letto di Kriziana con un enorme vaschetta di gelato al cioccolato e panna.
«Ho saputo di essere rimasta incinta una settimana prima di scappare - le dice, prendendo un’altra cucchiaiata di gelato e evitando lo sguardo dell’amica - ero incinta già da un mese e mi sono spaventata a morte, perché insomma, a diciassette anni un bimbo non è la migliore delle cose - aggiunge alzando gli occhi di sfuggita, mentre Kriziana ascolta con calma - voi tutti sapete che sono contro l’aborto in una maniera disumana, però, per un attimo ci avevo persino pensato - le dice e sorride amaramente -subito dopo, mi sono fatta schifo per aver potuto pensare ad una così orribile!» la voce è affilata e disgustata.
Kriziana non sa bene che dire, mentre ascolta e osserva l’amica ricordarsi delle emozioni provate prima di scappare. Un po’ le verrebbe da urlarle contro, perché loro non l’avrebbero mai giudicata, mai.
«E i tuoi genitori? Lo sanno?» le chiede, portandosi alle labbra il gelato.
«Sì, avevo un fifa rara a dirglielo, ma poi l’ho dovuto fare per forza, avevano trovato dei test di gravidanza, non usati, nel cassetto, sotto i calzini - borbotta, ridacchiando - sono sempre stati dei ficcanaso - commenta - ma comunque non hanno fatto troppe storie, certo, all’inizio erano arrabbiati, e come dargli torto? Ma mia madre stessa ha avuto mio fratello a diciassette anni, più di tanto cosa poteva dirmi?» alza le spalle e posa il cucchiaio nella vaschetta.
Ne ha mangiato pure troppo.
«Ora toccava dirlo a voi, ma ero ancora più spaventata di dirlo ai miei - la guarda e sorride, come per scusarsi - così sono scappata, perché sono una fifona,» aggiunge.
«Insomma, come avrebbe reagito Luke? Sarebbe stato felice di diventare una sorta di mini zio? E tu? Cosa avresti potuto dire di me? Insomma, la propria migliore amica incinta.. che vergogna - alza una mano per bloccare il ribattere dell’amica - E Michael? No, forse lui sarebbe stato l’unico a cui l’avrei detto, perché Michael è Michael, e lui è sempre pronto a tirare su di morale la persona più distrutta della terra, è sempre pronto a ribaltare la situazione facendola diventare bella,» dice, e ridacchia. Kriziana annuisce, perché è vero, Michael è Michael, è la persona più meravigliosa dell’universo ed è pronto a vedere del positivo in tutto.
«E poi.. Calum? Calum ha diciassette anni come me, Krizi, cosa avrebbe detto? Diventare padre a questa età.. io… io avevo paura, capisci? E se mi avesse lasciata da sola? Se avesse realizzato che, beh, alla fine non ne vale la pena? Insomma, io non l’avrei mica costretto a rimanere, io non lo costringerò a rimanere, quindi per quale motivo dovrebbe perdersi il periodo migliore dell’adolescenza per stare appresso ad una come me?» delle piccole lacrime le scorgano dagli occhi e Kriziana si sente in dovere di catapultarsi ad abbracciare la propria migliore amica.
Ora la capisce.
«Smettila di dire cazzate, ‘Ebo, Calum non l’avrebbe mai fatto, e sai perché? Perché ti ama e perché si è sempre preso la responsabilità delle proprie azioni! Calum non ti avrebbe mai lasciata sola, perché non è da lui e perché si tratta di te e lui ti ama troppo per lasciarti andare per una cosa del genere, seppure non è da prendere alla leggera, capito?» e Deborah annuisce un minimo, perché forse è vero.
Poi, a rompere il loro abbraccio è il suono del campanello.
Si scambiano una lunga occhiata e lo sanno entrambe che oltre la porta qualcuno vuole rivedere Deborah.
L’azzurra si catapulta per le scale e apre la porta senza nemmeno guardare. Si ritrova ad essere spostata con furia di lato e: «dov’è? Dove cazzo è?» urla Calum, osservando a destra e a sinistra per la casa, entrando in ogni stanza al piano di sotto.
Luke entra di seguito e prende tra le braccia Kriziana, accertandosi che non si sia fatta male, poi osserva l’amico.
«Calmati, Cal, così non risolvi niente!» gli dice, innervosito dal comportamento dell’amico, che si gira di scatto e lo osserva con gli occhi infuocati.
«E come risolvi le cose, uhm? Sentiamo un po’! Come cazzo si risolvono cose del genere?» le urla si potrebbero sentire persino alla fine dell’isolato.
Michael osserva il tutto con occhi sgranati e sorpresi, perché la rabbia dell’amico non la capisce mica. Beatriz gli poggia una mano sulle braccia, leggermente spaventata, mentre osserva il moro sbraitare contro Luke con rabbia, che non dice niente per non peggiorare la situazione, ma porta dietro di sé Kriziana.
Ashton è preoccupato, stringe la mano di Jamaica e vorrebbe trovare il modo di calmare l’amico, ma proprio non saprebbe come fare.
«Te lo richiedo, Kriziana, dimmi dov’è!» più che una richiesta sembrerebbe un ordine, ma Kriziana non ci fa molto caso, anche se non capisce la rabbia estrema dell’amico.
«Calmati, Calum, sono qui!» la voce di Deborah arriva da sopra le scale con tanta potenza e fermezza da riuscire a zittirlo d’improvviso.
Non si sentono nemmeno i respiri.
Deborah ha gli occhi infuocati ed è arrabbiata, perché Calum non si può presentare a fare quel casino per lei.
Scende le scale con tranquillità e gli fa segno di seguirla in cucina.
Calum le osserva la schiena e, senza titubanze, la segue.
La porta si chiude alle loro spalle.

 
***
Ehilà,
come va?
Ecco a voi un nuovo capitolo!
Cosa ne pensate? Spero vi piaccia, perché a me piace!
E si vede il continuo tra Deborah e Calum.
C'è la sbroccata di Luke, che amo.
C'è Kriziana, che me l'abbraccia tutta e Ashton, che è così contento.
Ho voluto descrivere un po' cos'è successo a Deborah, anche se ancora non si sa dov'era andata.
Insomma, ho voluto far capire quali sono stati i suoi sentimenti, perché essere incinta a 'st'età non è mica facile.
E poi ho voluto la rabbia di Calum, si saprà dopo.
E ora, porca zozza! Io vi odio, a voi che avevate capito tutto! Insomma, volevo fare effetto sorpresa ahah!
Ora vi lascio, mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate.
Bye bye
,
Judith.

 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Fraintendimenti, sguardi e buonanotte. ***



Incomprensibile.

FRAINTENDIMENTI, SGUARDI E “BUONANOTTE”
 
A tutte le scuole di Roma chiuse, perché ho potuto dormire di più,
A R, che alla fine adoro con tutta me stessa,
Ai gigli, perché sono i miei fiori preferiti.
 
Deborah chiude la porta con calma, cercando di rilassare i muscoli e di nascondere il tremolio alle mani infilandole nelle tasche dell’enorme felpa.
Sospira pesantemente, prima di girarsi a guardare Calum.
Il suo Calum.
Bello da far schifo.
Calum ha gli occhi arrossati, le labbra mordicchiate e la schiena rivolta verso il basso, come se tenesse un enorme masso su di essa e pesasse troppo.
Deborah incrocia quegl’occhi a mandorla che, alla fine, l’hanno fatta innamorare, e sente immediatamente quell’enorme brivido che parte dalla fine della schiena e le arriva fino al collo.
Ci legge dentro la distruzione, l’abbandono, la rabbia, l’odio, la tristezza.. e le viene da piangere, perché è colpa sua.
È solo colpa sua.
Si avvicina lentamente al tavolo di marmo in cucina e, con un piccolo balzo, ci sale sopra, lasciando ciondolare stancamente le gambe fasciate in dei jeans stretti. Non ha il coraggio di alzare nuovamente gli occhi e di guardarlo. Non ha il coraggio di parlare, di spiegare, di scusarsi.
Non ha il coraggio di fare un bel niente, anche se dovrebbe.
Non capisce se sono passati dieci secondi, dieci minuti o persino dieci ore, prima che Calum parli.
«E quindi sei tornata,» la voce è più roca per solito e c’è un leggero tremolio nel tono.
«Già.»
«E sei incinta.»
«Già,» la voce diventa più flebile, Deborah ha lo sguardo sui suoi piedi scalzi.
Calum, invece, ha il cuore che batte a mille. Si passa tutte e due le mani sul viso in un gesto disperato.
È furioso.
«Porca troia, Deborah - urla, lo voce strozzata e disperata - porca troia!» ripete.
La rabbia è inumana e Deborah, sinceramente, si aspettava disperazione, sorpresa, confusione, ma non una reazione del genere.
Calum è furioso, ma cosa può fare? Perché lo è? Alla fine è stata anche colpa sua.
«Mi dici perché cazzo sei così imbestialito?» urla lei, stanca, allargando le braccia e alzando gli occhi sulla sua figura.
Calum si gira a guardarla e affina gli occhi, irrigidendo i muscoli della schiena e la mascella. Si avvicina a lei con furia e le punta un dito contro, mentre gli occhi si inumidiscono.
«Perché sono così incazzato, dici? - apre le braccia e le richiude subito, sorridendo amaro - davvero osi chiedermelo? Scherziamo, Deborah?»
«Certo che oso chiedertelo, cazzo! Perché tutta questa rabbia? Nessuno ti obbliga a starmi accanto, sai! E poi è anche colpa tua, è inutile che sbrocchi così!» urla lei di rimando, scendendo dal tavolo e mettendosi di fronte a lui.
«Ma colpa mia di cosa? Ti ho dato tutto, Deborah, tutto! E tu mi torni incinta e chissà di chi, io cosa dovrei pensare? Sei scappata perché hai avuto una scappatella con qualcuno? Dimmelo!» e Deborah si sente ferita, perché lui ha pensato a lei come una facile.
No che non ci è andata con qualcuno, non l’avrebbe mai fatto.
Ama Calum e nessuno è comparabile a lui.
Si porta una mano alle labbra e sospira, cercando di prendere un po’ d’aria, mentre osserva il ragazzo di fronte a lei.
È arrabbiato perché la crede incinta di qualcun altro. Ma cazzo, non gli è nemmeno minimamente passato per l’anticamera del cervello che è suo, il figlio?
«Sei una testa di cazzo, Calum.» mormora.
«Io sarei co..»
«Sei tu il padre!» urla, sovrastando il ribattere di lui.
E poi c’è solo un silenzio assordante.
Quel tipo di silenzio che sembra irreale, per quanto fitto. Quel silenzio che ti spacca i  timpani e si è obbligati a stringere i denti per non perdere l’udito.
Un silenzio che dice tante cose.
Oppure un silenzio che urla.
Calum, in quel momento, sta urlando. Esattamente come Deborah.
Stanno urlando entrambi, l’uno con gli occhi nell’altro.
«Dio mio..» borbotta il ragazzo, portandosi le mani tra i capelli corvini e vagando con gli occhi per la cucina, senza osservare niente di preciso.
Padre.
Lui padre.
A diciassette anni.
E ha anche osato giudicarla, pensando che fosse andata con qualcun altro, troppo imbecille per capire. Ma cosa gli passa per la testa? Gli viene da piangere e, infatti, si porta le mani al viso e si copre, lasciando che un verso strozzato esca dalle labbra, anche se di lacrime non ce ne sono.
«Mi dispiace, Cal - mormora Deborah, dispiaciuta precisamente di qualcosa di indefinito - io, io, penso che la pillola non abbia funzionato, forse nemmeno l’ho presa, il giorno dopo e… e… oh mio Dio, mi dispiace tanto, io ti ho rovinato la vita.»
«Non dirlo nemmeno per sogno! - la rimprovera Calum di getto, allungando una mano per afferrarle la guancia, senza realmente toccarla, perché non è sicuro di poterlo fare - saremmo dovuti stare più attenti entrambi, ma non è colpa tua, ‘Ebo - aggiunge, avvicinandosi di qualche centimetro al corpo di lei - e… e tu… tu non mi hai affatto rovinato la vita.»
E forse è con quella frase che ha capito che, lui, vuole toccarla di nuovo. La mano scivola sulla guancia di lei accarezzando la pelle accaldata, probabilmente dalla rabbia esplosa poco prima. Si avvicina, facendo scontrare i petti e poi, porta l’altra mano sul fianco di lei.
Oh, quanto le è mancata.
Trema, perché accanto a Deborah potrebbe fare solo questo.
Lei è come il vento gelido di inverno, che ti avvolge e ti costringe a battere i denti per il freddo.
«Mi sei mancata da impazzire,» mormora a pochi centimetri dal viso.
Deborah ha le labbra tremolanti e gli occhi azzurri incastrati in quelli neri del ragazzo, cinge con titubanza il collo di Calum e, dopo due mesi, si sente di nuovo bene
Sente le lacrime premere per uscire e, senza accorgersene, si ritrova a piangere.
«Anche tu, Cal, mi sei mancato da impazzire anche tu!» e si stringe nelle braccia di lui, piangendo sul suo petto e aspirando il profumo che lei ha sempre adorato.
Il profumo di casa.
 
Quando entrambi escono dalla cucina con il viso stravolto ma decisamente più tranquillo, Michael pensa che sia l’occasione giusta per correre incontro  a Deborah e stringerla a sé come mai aveva fatto.
«’Ebo, cazzo! Ti voglio bene, lo sai sì? Non puoi capire quanto mi sei mancata - inizia, parlando a raffica, circondandole il viso con le mani e guardandola negli occhi, dopo due fottuti mesi - non puoi capire quante cose devo dirti, e poi ti devo far sentire una canzone che sto scrivendo, è troppo figa! Ah, aggiungiamo che mi sono picchiato con Kevin, sai? Quello antipatico che odiavi tanto.. E ti piacciono i miei nuovi capelli? Belli eh, tutto merito di Beatriz, sai, la mia ragazza.. no, seriamente, devi venire a casa mia e ti dev..»
«Cacchio, Michael, è appena tornata, la stai rimbambendo!» esclama Jamaica, acchiappandolo da una spalla e staccandolo dalla ragazza che, sinceramente, non ha assimilato un bel niente.
Deborah ridacchia, scontrando gli occhioni azzurri con quelli emozionati e piccati di Michael.
«Abbiamo tutto il tempo che vuoi, Michael, ma magari domani, penso che ora debba delle spiegazioni a tutti,» annuncia, avviandosi verso il salotto e sedendosi su una delle due poltroncine beige che lei ha sempre adorato.
È talmente comoda.
Per quanto si sente agitata, nemmeno si accorge della presenza di due persone che, due mesi prima, non c’erano affatto.
I ragazzi la seguono, Luke si accomoda sul divano e fa sedere sulle proprie gambe Kriziana, che gli da un leggero bacio sulle labbra, a cui Deborah risponde con un occhiata confusa e un “mi racconti dopo” che, alla fine, vale benissimo per entrambi. Ashton si butta di peso sul divano e fa sedere accanto a lui Jamaica, che gli sorride melensa.
Michael cede il posto a Beatriz – semplicemente perché il divano è a quattro posti – e si siede per terra, tra le sue gambe. Alla fine, nella poltroncina accanto a quella di Deborah, ci si accomoda Calum, abbastanza vicino per poter sentire il suo profumo.
«Penso che tutti voi dobbiate ringraziare Ashton, perché è solo grazie a lui che sono qui,» borbotta, osservando il riccio che, di conseguenza al “grazie Ashton” generale, arrossisce.
«Da dove volete che inizi?» chiede, incrociando le dita sul grembo e osservando ognuno dei presenti.
«Uhm, racconta come hai detto a me, io alla fine qualcosa ho capito,» esclama Kriziana, stringendosi nelle spalle.
Deborah prende un bel respiro, «ho scoperto di essere incinta una settimana prima della fuga e sono morta di paura, non troppo per i miei genitori, che alla fine tanto non hanno potuto dirmi, ma per voi,» tutti ascoltano attentamente cosa ha da dire.
«Beh, cosa avreste potuto dire di me? Cosa avreste fatto? Avevo paura che sareste scappati, che mi avreste giudicata, che vi sareste vergognati di me e io… io non potevo sopportarlo,» Luke stringe gli occhi addolorato che, la sua migliore amica, pensi di loro questo.
Perché avrebbero dovuto giudicarla? La conoscono così bene, non c’è niente da giudicare in lei.
Vergognarsi? C’è solo da vantarsi di essere amici di lei, niente da dire in contrario.
«E poi.. - prende un respiro e si gira verso Calum, incrociando i loro occhi - avevo paura.. che tu non volessi averne a che fare, con il bimbo, che tu mi avresti abbandonata,» aggiunge.
Calum sente il cuore stringersi in una morsa. Come può solo pensarlo? Lui non l’avrebbe mai fatto, mai!
Lei è la ragazza di cui si è innamorato davvero, per la prima volta, e forse è anche troppo giovane per dirlo ma sì, sì, lui sarebbe pronto a passarci la vita insieme, con o senza bimbo in arrivo.
Non potrebbe mai, mai, abbandonarla, non solo perché la ama e cose così, ma perché non ci riuscirebbe nemmeno volendolo. Non può farlo perché non ci riesce, semplice.
«Alla fine non eri, e non sei, obbligato a prenderti cura di questo bimbo solo perché sono contro l’aborto, non sei costretto a starmi accanto, io, di certo, non ho intenzione di braccarti,» continua lei, abbassando lo sguardo perché ha paura che lui prenda sul serio le sue parole e scappi da lei.
Non riuscirebbe a sopravvivere.
«Sono scappata anche per questo, capisci? Un bimbo è una responsabilità enorme e, per quanta gioia possa portare, a quest’età potrebbe definirsi quasi un peso e io non volevo dartelo, non lo meriti, Calum.»
«Non lo meriti nemmeno te, Deborah - la blocca lui, prendendole di slancio una mano poggiata distrattamente sul bracciolo della poltroncina - e come hai potuto pensare cose del genere? Nessuno di loro si sarebbe vergognato di te, nessuno di loro ti avrebbe giudicato o abbandonato, perché sono pronti a starti vicino, sempre e comunque, capisci? Sono i tuoi amici, intendo amici veri, perché dovrebbero farlo? Non c’è da vergognarsi di te, ‘Ebo, e abbandonarti creerebbe un danno principalmente a loro,» i ragazzi annuiscono vagamente, osservando gli occhi lucidi di Deborah incantati in quelli di Calum.
«E poi.. come potrei io abbandonarti? Nemmeno se volessi riuscirei a farlo, chiaro? Io dipendo da te perché ti amo, va bene? Non… non devi nemmeno pensarlo che io voglia lasciarti sola alle prese con questo bimbo, che alla fine è mio e mi dovrò prendere le mie responsabilità, non ti lascerei da sola per nessun fottuto motivo, tanto meno per qualcosa che deriva anche da me! E… e ti prego ‘Ebo - dice, senza staccare i loro occhi, accarezzando con il pollice il palmo pallido di lei - ti prego… non… non andartene mai più!» aggiunge, alzando l’altra mano per metterla sulla guancia rosea di lei.
«Mai più,» ripete in un mormorio, cercando di infonderle con uno sguardo tutta il suo amore.
Quello sguardo così intimo e puro, così naturale e passionale, riesce persino a far girare gli occhi alle tre coppie di fronte a loro perché, beh, un po’ di privacy.
 
È tardi.
È mezzanotte passata e hanno finito di parlarsi degli ultimi due mesi, raccontando di ogni singolo giorno.
Michael ha parlato tanto, troppo. Ha parlato della rissa, di Beatriz – che, lì presente, è arrossita più volte – dell’incontro con Ashton, della sua estrema voglia di creare una band, della paura che non sarebbe venuto il batterista, e chi più ne ha più ne metta.
Luke e Kriziana le hanno detto al volo due cosine sulla loro relazione, affascinando Deborah con la loro storia, perché prima non si sopportavano e subito dopo si baciavano.
Ashton ha raccontato di come ha capito di loro, di come ha incontrato Michael e Kriziana, le ha presentato Jamaica con un grosso sorriso e l’ha stretta in un abbraccio nuovamente, dicendole che aveva fatto bene a fidarsi di lui, in un modo o nell’altro.
Beatriz la conosceva già, Deborah, forse per la nomina e, ammette, si era stupita quando aveva capito che, la ragazza, stesse con Michael.
Hanno avuto modo di dirsi tutto, ma tutto proprio.
E lei ha riabbracciato tutti, uno a uno, soffermandosi un pochino di più tra le braccia di Luke perché, diamine, le era mancato come l’aria.
Si è sentita avvolta da quelle braccia enormi e ha aspirato il profumo di lui, chiudendo gli occhi e beandosi della sensazione di pace che, solitamente, trovava tra le sue braccia.
Eppure, con Calum ancora nessun bacio.
E ora, dopo che quest’ultimo si è inginocchiato davanti a Kriziana per chiederle di lasciarle Deborah, la ragazza si trova in camera del moro, indecisa sul da farsi.
Calum è comodamente sdraiato sul letto e ci mette un po’ per accorgersi che, Deborah, è ancora in piedi di fronte alla porta. Sorride perché, la scena, gli ricorda la prima volta che lei era venuta a casa sua.
«Deborah, vieni,» mormora, passando una mano sul letto al suo fianco.
Deborah sorride e si sdraia accanto a lui, togliendosi le scarpe, e si accoccola al suo petto, stringendosi nell’abbraccio di Calum, che si ritrova a passarle la mano su e giù per la schiena.
«Quanto sei bella - le sussurra a pochi millimetri dal viso - non mi sembra quasi vero che tu sia qui, non è che è un sogno, vero?» chiede, quasi quasi è davvero incredulo.
Deborah ridacchia e gli passa una mano sulla guancia sbarbata.
«No, Cal, non lo è, sono qui,» sussurra, avvicinandosi di un altro po’.
Ha voglia di baciarlo.
E Calum lo capisce, perché sorride a dismisura.
Poi, improvvisamente, la bacia, perché non poteva aspettare più di tanto.
Ed è un bacio tanto passionale che Deborah freme, spingendosi verso di lui, aggrappandosi alla sua spalla. È un bacio che risucchia l’anima e fa esplodere i cuori.
E si sentono così bene, l’uno accanto all’altra.
Calum si sporge su di lei e la sovrasta, reggendosi sulle braccia per non caderle addosso.
Muove le labbra su di lei e fa danzare la sua lingua con quella della ragazza.
Ha voglia di lei, vuole lei, vorrebbe.
Ma forse è un po’ presto, e non vuole rischiare.
Blocca il bacio e si sdraia di nuovo al suo fianco, afferrandola e stringendola in modo possessivo a sé, dandole un ultimo bacio sulle labbra rosee. Poi si alza e si avvia all’armadio, tirando fuori la maglietta che, una volta, usava sempre Deborah quando rimaneva a dormire da lui. La maglietta dei Nirvana, che a lei piace tanto.
Gliela lancia ridendo e poi la osserva spogliarsi con calma, senza vergogna, perché ormai l’ha fatto troppe volte. Infine si sfila i pantaloni e la maglietta e poi, con lentezza, si avvicina al letto e si sdraia nuovamente accanto a lei, stringendola a sé con forza.
«Buonanotte, Deborah,» mormora sulle labbra di lei, dandole piccoli, innocui e veloci baci a stampo.
«Buonanotte, Calum,» sussurra lei tra un bacio e l’altro, circondando il fianco di lui con un braccio.
Ah, come si sente bene.

 
***
Ehilà, 
come va?
Io una meraviglia, che oggi sono rimasta a casa perché tutte le scuole di Roma erano chiuse e spero vivamente che rimarranno chiuse anche domani.
Allora, cosa abbiamo qui?
Capiamo la rabbia estrema di Calum, che fraintende, povero idiota.
C'è Michael che parla a vanvera e Deborah che rispiega dall'inizio.
E sempre Calum con le sue frasi sdolcinate e poi si ritrovano entrambi a casa di quest'ultimo e, finalmente, un bel bacio.
Insomma, due mesi sono tanti, un bacio ci stava tutto.
Vado di fretta, quindi scusatemi ma vi lascio.
Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate,
Bye bye,

Judith.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Risvegli, imbarazzo e mascolinità ***



Incomprensibile.

RISVEGLI, IMBARAZZO E MASCOLINITÀ.
 
Agli ottimini al cioccolato, che sono troppo buoni e rischiano di farmi ingrassare tre chili al giorno,
Al mio migliore amico, con cui non riesco mai ad arrabbiarmi e questo mi fa imbestialire,
A Lui, che mi vuole un gran bene e lo dimostra con tutto sé stesso, anche se, nei miei sogni, vorrei qualcosa in più.
 
 
Risvegliarsi tra le braccia di Calum è stata la cosa più bella negli ultimi due mesi.
Il viso a poca distanza, le labbra schiuse e il respiro caldo a sbatterle delicatamente sul naso.
Deborah alza una mano e, con delicatezza, passa un dito sul profilo delineato di Calum, accarezzando la pelle liscia e ambrata. Lo sente smuoversi di poco sotto il suo tocco e, poco dopo, gli occhi neri di lui guardarla con gioia.
Aveva avuto paura, per un attimo, di non trovarla accanto a lui, la mattina seguente, Calum. E invece è tra le sue braccia, con lo sguardo più amorevole al mondo e una mano sul suo viso.
«Scusami, non volevo svegliarti,» mormora sulle sue labbra, facendolo sorridere istintivamente. Calum la stringe più a sé e ispira il profumo sbiadito di cocco misto al suo.
«Tranquilla,» borbotta lui, allungando di poco il mento per sfiorarle le labbra. Le è mancata da morire e ora, riaverla lì, lo rende così felice. Ha il cuore che gli scoppia nel petto e le mani che tremano ancora.
Giusto la mattina prima, lei non c’era.
Si china a baciarla per bene, delicatamente, fregandosene che, al mattino, nessuno dei due dovrebbe avere l’alito migliore al mondo. La stringe a sé, possessivo, e porta una mano a circondarle il viso, accarezzando la pelle e intrecciando le dita con i capelli mori di lei che sfiorano la guancia.
Quando si staccano, Deborah sente che è il momento di chiarire seriamente.
«Cosa vogliamo fare, Calum?» gli chiede, portando la mano libera alla mano di lui e intrecciando le loro dita. Lo vede alzare gli occhi verso il soffitto e sospirare profondamente.
«Non lo so per niente, insomma, è una cosa così strana..» dice, stringendo le loro dita.
Insomma, Calum ha paura, che un bimbo a diciotto anni mica è una passeggiata.
Deborah sospira a sua volta e poggia il viso tra la spalla e il collo di lui.
«Lo so, Cal, non è facile - borbotta lei, accarezzando con il pollice il dorso della mano e dando un flebile bacio sul collo di lui, che ha un enorme brivido - ma dobbiamo decidere, dobbiamo capire cosa fare,» e Calum annuisce lievemente, perché sì, devono farlo.
Ha diciassette anni e una ragazza incinta, tempo che partorisce e lui ne avrà diciotto. Insomma, non sarà una passeggiata, lo sa, ma non scapperà assolutamente, perché alla fine se lo sente che, anche se è una situazione con cui non si scherza, porterà gioia.
Un bimbo è una gioia enorme, almeno secondo lui.
Non ha avuto il tempo di parlarne con i suoi genitori e di tenere conto del pensiero di Mali, sua sorella, che dà ottimi consigli, forse perché non ha avuto il tempo di riflettere da solo.
Sa che, qualunque cosa, non vuole lasciar perdere Deborah, nemmeno per sogno.
Apre la bocca e la chiude più volte, indeciso su cosa dire.
Cosa vuole fare? Bah, probabilmente preferirebbe vivere la fine della sua adolescenza tra discoteche e ubriacature, tra sigarette e rincasate alle cinque del mattino, tra le coperte insieme a Deborah e le docce più sensuali del solito, tra il prendere un brutto voto a scuola e imbastirgliela ai professori per riuscire a superare l’anno, tra la consapevolezza di poter poltrire sul divano per qualche anno, prima di cercare lavoro, e il suono del suo basso.
Ma non può, non potrà più. E, sinceramente, preferisce questo o lo stare perennemente al fianco di Deborah e, anche se presto, crearsi una mini famiglia?
Gli mancheranno davvero le sbadataggini adolescenziali? Perché, a pensarci, potrebbe mancargli di più Deborah e la presenza di un possibile pargolo scorrazzante per casa.
Cosa se ne fa del fumo, delle discoteche, dell’alcol, delle notti in bianco, dei brutti voti e del poltrire?
Nulla, assolutamente nulla.
Potrebbe cercare qualche spicciolo con la musica per iniziare, poi, magari più in là, trovarsi un lavoro vero, di quelli che fanno tutti gli uomini di famiglia. L’amore con Deborah può farlo lo stesso, no?!
E sembra pulsare nella sua testa solo una frase.
Si abbassa a baciare Deborah dolcemente, accarezzandole un fianco e sorridendo sulle sue labbra, poi si stacca piano e la osserva, passandole una mano sulla guancia e socchiudendo gli occhi.
«Diventiamo una famiglia, che dici?»
 
Luke e Kriziana stanno abbracciati sul divano di quest’ultima, che sta piangendo disperatamente e sta singhiozzando rumorosamente.
Kriziana chiude gli occhi e altre lacrime, per la pressione dovuta alle palpebre chiuse tra loro, scendono velocemente.
«Mi era mancata così tanto!» sospira, asciugandosi con la manica del pigiama e poggiando una guancia sul petto, ormai bagnato, del ragazzo, che le accarezza i capelli con delicatezza.
«E ora è qui, di nuovo con noi, Krizi,» dice lui, sorridendo appena, perché è stato bello ritrovarsi la sua migliore amica tra le braccia, giusto la sera prima.
«E se dovesse riandarsene?» chiede fievolmente, alzando gli occhi neri e incrociandoli con quelli azzurri e limpidi di Luke, che aggrotta la fronte e scuote la testa con veemenza.
«Non si deve nemmeno azzardare, Krizi, non lo deve fare! - brontola, infastidito dal solo pensiero - e non credo che abbia l’intenzione di farlo, ha chiarito con ognuno di noi e Calum non è scappato di fronte alla sua confessione, perché mai dovrebbe andarsene e farci soffrire ancora? Perché mai dovrebbe privarsi da sola del nostro bene? E perché dovrebbe privare un bimbo di una famiglia? Io so cosa Calum sceglierà e non sarà l’aborto, ne il lasciarla sola, probabilmente immagina che sia una figata la storia del bimbo, anche se hanno solo diciassette fottuti anni,» dice, rassicurandola, anche se a Kriziana sembra che stia parlando più con sé stesso che con lei.
Cerca di calmarsi notando che, le parole di Luke, non fanno una piega. Si ricompone e si mette a sedere, osservandolo e accarezzando con lo sguardo i lineamenti precisi e delineati.
«Se dovessi mettermi incinta, tu cosa faresti?» chiede a brucia pelo, curiosa di sapere se rimanesse con lei o scappasse di fronte ad una responsabilità tanto grossa. Luke sgrana gli occhi e la osserva, timoroso e sorpreso.
«Io… io, non lo so.. insomma, avrei paura, tanta, ma non penso che scapperei, almeno non da te, piuttosto da mia madre - e Kriziana ridacchia, perché conosce bene Liz - beh, io… penso che rimarrei, seppure un bimbo è una certa responsabilità, ovvio,» e   Kriziana si slancia per baciarlo, anche se, alla fine, non ha detto granché, ma il fatto che rimarrebbe accanto a lei la tranquillizza.
«Perché questa domanda?» chiede, poi, Luke, curioso. E a Kriziana si smorza il sorriso, mentre svaga con lo sguardo e si torce le mani.
«Beh..» e Luke sobbalza sul posto e sente lo stomaco contorcersi, mentre dimena la testa a destra e sinistra, spaventato.
«Ti prego, dimmi di no..» borbotta, sentendo già il terrore sovrastarlo e osservando come il viso di Kriziana si contorce in una smorfia timorosa e triste.
«Io…» e Luke sente il respiro mozzarsi e la voglia di urlare, di piangere, mentre osserva la sua ragazza incrociare i suoi occhi.
Gli occhi neri di Kriziana mostrano solo una cosa: derisione.
Un ghigno beffardo si apre sul viso di lei, che inizia a ridere sguaiatamente dell’espressione di terrore del ragazzo. Luke la osserva a bocca aperta, incredulo che lei abbia osato fargli uno scherzo del genere, poi affina gli occhi e incrocia le braccia, offeso.
«Vattene a quel paese!» borbotta, girando gli occhi dall’altra parte, mentre Kriziana si slancia su di lui e l’abbraccia.
«Oh, dai, volevo farti uno scherzo!» dice, dandogli minuscoli baci sul collo delicato, mentre Luke sente brividi salirgli sulla schiena e arrivargli al cervello.
«Ti odio,» brontola, girandosi verso di lei e osservandola piccato. Kriziana si avvicina alle sue labbra e sorride, divertita, prima di sfiorarle leggermente.
«Ti amo anch’io, suscettibile,» e poi lo bacia, ancorando le sue braccia dietro il collo di lui e avvicinandosi.
 
Michael stringe Beatriz al petto, mentre quest’ultima prepara la colazione
Hanno passato la loro prima notte insieme, l’uno nelle braccia dell’altra, assaporandosi e sfiorandosi per ore e ore. Beatriz si è alzata per prima, poi, dopo aver passato la notte più bella della sua vita, con un enorme sorriso, si è ritrovata a scorrazzare per la cucina del ragazzo, pronta a preparargli la sua colazione preferita.
Frittelle e cioccolata calda.
«Buongiorno, amore,» sospira lei, buttando l’ultima frittella sul piatto e spegnendo il fuoco sotto la padellina.
Michael poggia il viso nell’incavo del collo di lei e ispira l’odore di Beatriz: c’è un retrogusto di rose, il profumo da lei utilizzato la sera prima, di letto e, per finire, Michael riesce a scorgere il suo stesso profumo, su di lei, sentendosi improvvisamente contento di aver segnato Beatriz come sua.
Non  che ritenga la ragazza come un oggetto, ma l’idea di averle lasciato un segno come segnale di possessione, a livello sentimentale, ovviamente, lo rende così orgoglioso di sé stesso.
«Buongiorno a te, micia,» scherza lui, mollandole un tenero bacio sulla spalla e acchiappando il piatto con le frittelle per portarlo a tavola. Beatriz si lascia scappare un risolino, prima di seguire il proprio ragazzo al tavolo e sedersi accanto a lui, afferrando la tazza con la cioccolata, ormai tiepida, e incrociando le dita con quelle di Michael della mano libera.
Un silenzio, per niente imbarazzante, si alza tra di loro e Beatriz pensa che, lei, vorrebbe ogni mattina in questo modo. Risvegliarsi accanto a Michael, scendere giù a preparare una colazione speciale per il suo uomo e poi consumarla insieme, in un silenzio che, a lei, potrebbe persino sembrare romantico.
«Beh..uhm… come è stato, sì, insomma, come ti è sembrato?» brontola Michael, portandosi una mano fra i capelli rosso acceso e girandosi a guardarla. Beatriz arrossisce e sorride a denti scoperti, grattandosi la punta del naso con l’indice.
«Oh, ecco.. io… io credo che sia stato bellissimo - sospira, alzando gli occhi e incrociandoli con quelli del ragazzo - sì, insomma, mi è piaciuto davvero, sei stato molto dolce,» aggiunge, alzando le spalle e mordendosi un labbro carnoso.
Michael sorride soddisfatto, poi, a furia di guardarla mordersi il labbro con forza, non riesce proprio a resistere e si butta sulle sue labbra, baciandola con passione e dolcezza. Forse, però, la passione offusca il rumore della porta che si apre e che sbatte.
«Oh, Michael?» e i due ragazzi si staccano di botto, imbarazzati, mentre alla porta spunta una donna che tutto voleva che Michael fosse, tranne sua madre.
«Ma-mamma?» balbetta Michael, alzandosi in piedi e sistemandosi la maglietta, prima di guardare al volo in direzione di una Beatriz imbarazzata e sorpresa.
«Cosa ci fai qui? Credevo tornassi ‘sta sera,» brontola, avvicinandosi a lei e abbassando la voce. La madre, che si ritrova a sorridere divertita, osserva la ragazza dagli occhi bassi e le guance rosse.
Secondo lei è decisamente bella.
«Cambio di programma, tesoro, mi hanno richiamato dal lavoro dicendo che servo più qui che lì - poi lo sposta di lato con una spinta e si avvicina alla ragazza - e io credevo che ti fossi fidanzato con una tipa tutta tatuaggi e piercing - scherza, facendo alzare di scatto il viso della ragazza, che sorride lievemente -sei tu Beatriz, quindi, tesoro?» chiede dolcemente, allungando una mano verso Beatriz, che la stringe delicatamente e allarga di poco il sorriso, felice che Michael abbia parlato di lei a sua madre.
Si benedice per aver avuto il buon senso di vestirsi prima di scendere a fare colazione.
«Sì, piacere di conoscerla,» dice, timidamente, prima che Michael si avvicini e, circondando con un braccio le spalle della madre, la porti brontolando verso la camera dei genitori.
«Sarai stanca, mamma, vatti a riposare, Beatriz la conoscerai più in là,» grugnisce, prima che sua madre si chiuda la porta alle spalle con una grossa risata divertita come sottofondo.
 
Ad Ashton non è mai piaciuto camminare, soprattutto se per tanto. Però, quando tocca incamminarsi fino a casa di Jamaica, che sono ben venti minuti a piedi, sorride rigorosamente per tutto il tragitto.
Sa che Jamaica l’aspetta a casa e benedice il fatto che non c’è nessuno da lei. Il loro rapporto è nato da poco e non ha il coraggio di presentarsi come il suo ragazzo.
Quando arriva di fronte alla porta di legno bianco, non fa in tempo a bussare che si apre di scatto e Jamaica lo accoglie con un sorriso.
«Ti ho visto dalla finestra,» dice, prendendolo per mano e avvicinandoselo a sé di botto. Ashton le cade quasi addosso, ma riesce a tenersi in equilibro e, ridacchiando, la stringe a sé con possessione e divertimento.
Poi si chiude la porta alle spalle e le circonda un fianco con un braccio, portandosela verso il divanetto nel salotto.
Si siede con calma e tranquillità, come se fosse casa sua, portandosi appresso la castana, che si stringe al suo corpo. Jamaica sospira e accarezza con una mano il petto di lui, perché a lei piacciono i petti ben fatti, quelli con i pettorali e qualche pelo per conferire mascolinità, e Ashton è proprio così.
Ashton è così.. maschio. Ed è forse per questo che le piace talmente tanto anche fisicamente, perché esprime mascolinità in tutto. Nel modo di camminare, nel modo di vestire, nel modo di guardarla, nel modo di toccarla.
E poi è così gioioso che riesce a rendere felice persino la depressione in persona. È estremamente sorridente e ridacchiante, sempre pronto a tirare su di morale e a stare accanto a chiunque ne abbia bisogno.
Jamaica, in più, si sente protetta, tra le braccia di lui, perché sono grosse e muscolose, sembrano minacciare qualunque pericolo quando si avvolgono con prepotenza e possessività attorno a lei.
E ha voglia di sentire le sue labbra, perché quelle l’ha sentite una sola volta e per troppo, troppo poco. Ha voglia di saltargli addosso e baciarlo come se non ci fosse un domani, a dirla tutta.
Perché Ashton le piace di carattere come le piace d’aspetto, che ha trovato il suo ragazzo perfetto.
E forse non ci pensa granché, non sta nemmeno ascoltando cosa sta dicendo, persa nei suoi pensieri, che si ritrova a slanciarsi e a poggiare le labbra su quelle di lui, preso alla sprovvista.
Ashton sgrana gli occhi e li sbatte più volte, sorpreso, dopo un po’ si ritrova a ricambiare il bacio con un sorriso sul volto. Le circonda il viso con una mano e spinge ancora di più le labbra su quelle di lei, chiedendo accesso con la lingua.
Jamaica non aspetta altro. Incrocia le dita tra i capelli ricci e si sposta direttamente sopra di lui, schiudendo le labbra e lasciando che il ragazzo faccia incontrare le loro lingue.
Si sente bene e le farfalle allo stomaco sembrano svolazzare con potenza, creando enormi uragani con tanto di tempeste ed eruzioni vulcaniche.
Si sente bene tra le braccia di Ashton.
Si sente bene tra le labbra di Ashton.

 
***
Ehilà,
come va?
Scusatemi tantissimo per il mega ritardo, ma non ho avuto il computer per un po' e non ho potuto né scrivere né postare.
Comunque, cosa ne pensate di questo capitolo? Ho voluto scrivere di tutte e quattro le coppie perché, a dire il vero, credo che sia l'ultimo prima dell'epilogo.
Ci sono Calum e Deborah, a cui tocca prendere una decisione bella grande, però sembrano convinti, o almeno Calum lo è.
C'è Kriziana che si diverte a fare gli scherzi a Luke, che porello, già è paranoioco di suo.
Poi Beatriz e Michael, la loro prima notte insieme e una visita inaspettata.
E infine Jamaica che trova Ashton così... maschio. Ebbeh! Ma l'avete visto?
Insomma, non ho molto da dire, ora.
Non so quando riusciràò ad aggiornare, perché il computer sono riuscita ad averlo oggi e non so quando riuscirò a riaverlo.
Speriamo bene!
Bye bye,
Judith.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Epilogo. ***



Incomprensibile.

EPILOGO.
 
A tutti voi, che avete seguito la mia storia, mi avete sostenuta e siete riusciti a farmi completare una FF,
A Jamaica, Kriziana, Deborah e Beatriz, mie creazioni, che hanno ognuna qualcosa di me,
Ai 5SOS, che amo con tutta me stessa, che mi hanno fatto scoprire la bellezza di amare in modo insensato qualcuno che, in realtà, non conosco granché.
 
 
I cambiamenti, con il passare degli anni, ci sono stati.
Deborah e Calum hanno superato ogni tipo di problema che si ha quando a diciassette anni si diventa genitori.
Calum ha lasciato perdere la sua passione per i brutti voti e si è diplomato con successo, sotto lo sguardo stupito dei professori e quello orgoglioso di Deborah e i genitori.
Poi è corso all’università, prendendo giurisprudenza, che a lui ha sempre affascinato un pochino, alternando il suo tempo tra l’università, la band e la famiglia.
Con i 5 Seconds Of Summer è riuscito a raccogliere abbastanza soldi per procurarsi un appartamentino a due isolati da casa di Deborah, con due stanze, un bagno e la cucina collegata al salotto.
Niente di eccezionale, ma sicuramente accogliente ed adatto a loro.
Deborah, invece, ha preferito lasciare la scuola, sicura che più avanti avrebbe avuto la possibilità di prendere quella serale, troppo impegnata a passare il suo tempo con Samuel Hood, il suo piccolo ometto.
Samuel ha preso il colorito, le labbra e i capelli di Calum, mentre da Deborah ha preso gli occhi e il naso.
Un bel bimbo, a parere di tutti.
Samuel è la gioia e la dolcezza in persona e tutti ne sono sempre stati ammaliati, fin dalla prima volta.
Appena Calum è riuscito a laurearsi e a trovare lavoro come avvocato, oltre che come bassista in quella band di scalmanati, e i primi soldi sono arrivati, hanno preso una casa decisamente più grande e bellina, sulla stessa via di quella di Ashton, loro ospite abituale.
E, a ventidue anni, quando hanno avuto certezze e nessun problema, accorgendosi che il loro amore non era un amore adolescente, pronto a finire da un momento all’altro, si sono sposati e Samuel ha portato le fedi.
Poi, tredici mesi dopo, hanno dovuto aggiungere un letto in più in casa.
Sophie, rispetto al fratello, ha preso la pelle, i capelli e il naso da Deborah, mentre gli occhioni a mandorla e le labbra formose da Calum.
Deborah, quando ci pensa, a come è andata la loro vita, non può che sorridere, stringendosi di più tra le braccia di suo marito.
 
Luke e Kriziana non si sono sposati, perché l’azzurra, tornata magicamente mora dopo anni, ne ha sempre avuto il terrore, del matrimonio.
Insomma, nessuno le ha mai assicurato che il divorzio non esiste per tutte le coppie.
Ma a Luke è andato bene così, perché a lui è sempre bastato stare semplicemente al suo fianco.
Si sono ritrovati un appartamento in periferia, più lontano dagli altri, circa un’oretta di macchina ogni volta, ma a loro va bene così, perché hanno tutta la privacy del mondo.
Kriziana è diventata commessa di un negozio decisamente costoso, tanto che la paga non è per niente male, e Luke ha continuato con la band e ha un albergo da dirigere.
Si sono sempre ritrovati, quasi ogni sera, al Kimical con gli altri, perché gli fa bene vedersi, perché era una promessa, la loro, di continuare l’amicizia.
A ventitré anni, dopo aver assistito al favoloso matrimonio di Calum e Deborah come testimoni, alla fine Luke è riuscito a farsi sposare, promettendole che ogni piccolo problema di coppia l’avrebbero superato insieme, e Kriziana ha accettato.
Si sono sposati due mesi dopo e, subito, Kriziana è rimasta incinta, assistendo alla felicità spaventosa di Luke, che ha pianto come una bambinella alla prima ecografia.
È nata Rebecca, la furbizia in persona. Ha preso gli occhi di Kriziana, nerissimi, ma, oltre quelli, è tutta suo padre. Poi, un anno dopo, sono arrivati i gemelli Richard e Daniel, che sono uno il contrario dell’altro.
Richard ha preso tutto da Luke, tranne i capelli scurissimi, mentre Daniel ha preso tutto da Kriziana, tranne le labbra del padre.
Kriziana si sente felice, quando guarda i suoi bimbi scorrazzare per casa e Sophie in braccio al padre.
Si sente felice, quando osserva Luke sorridere e guardarla con amore.
Si sente felice, perché sa che non finirà presto, forse non finirà affatto.
 
Beatriz, a diciannove anni, si è trasferita, tra le lacrime di lei e di tutti quanti, comprese quelle di Michael, ad Adelaide, e sì, va bene che lei e Michael si sono amati, ma nessuno dei due ha mai creduto nelle relazioni a distanza.
Michael ha passato quei tre anni con qualche ragazza che, però, non gli ha mai fatto sentire le stesse emozioni.
Ha sofferto, ogni tanto ha anche pianto, ha cercato di scordarla, ma lei era sempre nella sua testa.
Poi, al matrimonio di Calum e Deborah, è spuntata dal nulla, Beatriz, dopo tre anni, fasciata in un vestito rosso e con i soliti capelli leonini a circondarle il viso perfetto.
I loro occhi si sono scontrati con violenza e le emozioni, che Michael non ha sentito per tre anni, sono arrivate di botto, facendolo sussultare sul posto.
C’è stato un corrersi in contro e un abbraccio lungo dieci minuti, delle lacrime a scorrere sul viso di Beatriz e un sorriso pacifico su quello di Michael.
Poi, una volta staccati, c’è stato un bacio leggero, che ha giusto iniziato tutti gli altri.
Beatriz  non se n’è più andata, accettando la proposta di Michael di tornare con lui, di tornare da lui, e i genitori non hanno fatto che accettare la sua scelta, perché Beatriz era grande e vaccinata, perché non ha mai smesso di amare quello strano ragazzo dai capelli colorati.
Beatriz ha trovato lavoro come stilista al centro di Sydney e Michael, seppure, quando glielo chiedevano lui diceva di essere il chitarrista dei 5 Seconds Of Summer, ha trovato lavoro come muratore.
Non si sono sposati, loro, non ancora almeno, e di figli ancora non si ha notizia, ma stanno insieme, sono felici, e Michael ha smesso di tingersi i capelli, tornando al suo biondo.
 
Jamaica, invece, è scappata, esattamente come Deborah anni prima.
Ashton si è svegliato, una mattina, e accanto a sé ha trovato solo un biglietto scarso, con scritto “mi mancherai” e niente più.
Ha pianto, quella mattina, tra le braccia di Deborah, perché Beatriz era già ad Adelaide, e ha pianto anche tra le braccia di Calum, che lo ha capito meglio di tutti.
Poi ha urlato e ha finito per distruggere ogni schifosa cosa di ceramica in casa sua.
Alla fine si è arreso agli insulti e ha passato gli anni successivi a guardare una sua foto. E non con nostalgia, ma con rabbia.
Perché Ashton non è mai stato nostalgico.
Se l’è spassata con qualcuna e forse, con quella Jennifer, ha ricominciato ad aprirsi, a tornare come prima, ha ricominciato a provare sentimenti.
E, poi, lei è tornata.
Jamaica, quando gli è apparsa davanti, aveva i capelli più corti del solito, la pelle più lattea e gli occhi circondanti da occhiaie. Sulle labbra l’ombra di un sorriso delicato e le sopracciglia tatuate.
L’ha trovata lo stesso bella, lui, anche se l’aspetto non era dei migliori.
Ha pensato, per un momento, di urlarle contro, ma invece è rimasto zitto, guardandola impassibile e un po’ sorpreso, poi ha aperto la porta un poco di più.
E Jamaica non ha aspettato altro, fiondandosi in quella che, una volta, era anche casa sua.
Ashton l’ha accompagnata in salotto e si è seduto sul divano, lasciandole la poltrona che lei stessa aveva comprato anni prima, poi Jamaica ha cominciato a raccontare.
E Ashton ha pianto di nuovo, perché si è permesso di giudicarla, perché non c’è stato nei suoi momenti peggiori.
L’ha abbracciata di slancio, stringendosela addosso e notando che era dimagrita parecchio.
Poi l’ha baciata come se non ci fosse un domani, dopo due anni, promettendosi, e promettendole, che non l’avrebbe lasciata scappare nuovamente, qualunque cosa potesse succedere.
Ha fatto una festicciola, la sera, chiamando tutti, perché Jamaica era tornata e perché non c’era traccia della leucemia che l’aveva sconvolta, costringendola a scappare per non far soffrire Ashton, ignaro di tutto.
Non ha aspettato altro, Ashton, poi, perché aveva paura, e l’ha resa sua quella notte stessa, perché ne ha sentito il bisogno, perché ha voluto sentire lei.
Jamaica, finalmente, ha sorriso davvero, tra le braccia di lui e senza quel mostro a sconvolgerle la vita.

 
***
Ehilà,
siamo arrivati alla fine, eh!?!
Mi 'spiace che non è lungo, l'epilogo, ma sinceramente non avrei potuto scrivere di più, perché avevo questo in testa.
Allora, vi ringrazio sinceramente, a chi c'è stato dall'inizio e a chi è arrivato alla fine.
Ringrazio chi ha messo questo storia tra le preferite, chi tra le seguite, chi tra le ricordate, chi tra nessuna di queste categorie.
Ringrazio chi ha recensito, dandomi una spinta in più, e chi l'ha seguita silenziosamente.
Sono contenta di essere arrivata alla fine, da una parte, perché l'immaginazione iniziava a scarseggiare, ma lasciare questa storia è strano, per me, perché è la prima che riesco a finire.
Non so che dire, sinceramente... mi mancherà dovermi spremere le meningi per far uscire qualcosa.
Vi lascio, perché non sono mai stata una da addii.
Forse ci becchiamo alla prossima storia, eh!?!
Bye bye,

Judith.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2836458