promesse

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** inquietudine ***
Capitolo 2: *** destino ***
Capitolo 3: *** morte ***
Capitolo 4: *** ritorno alla vita ***



Capitolo 1
*** inquietudine ***


Zoro

Vedendola allontanarsi con Brook ed Usopp, i miei pensieri tornarono alle prime ore di quella giornata, quando tutto era stato così diverso e sereno, quasi paradisiaco.

Nella luce incerta dell'alba, l'avevo guardata dormire pacificamente.
Sdraiata su di un fianco, mi dava le spalle, immersa in un sonno profondo e apparentemente senza incubi. Avevo seguito con lo sguardo la scoscesa curva che dalla vita portava al fianco rotondo e sporgente, invitante richiamo sessuale per molti uomini oltre a me, anche se non davo segno di infastidirmi più di tanto: in realtà, anche se a lei piaceva essere ammirata e corteggiata, era profondamente ed esclusivamente legata a me, in apparenza così diverso, per abitudini e carattere.

Era vero che sapeva essere bugiarda ed approfittatrice, mentre io seguivo la strada della sincerità e della lealtà; era allegra e solare, di contro la mia naturale indole era solitaria e taciturna.
Ma sapevo anche di essere bravo a compensare con la forza le sue debolezze, quando necessario, come sapevo riconoscere quanto lei fosse indispensabile quando si trattava di trovare la giusta strada, correggendo ed integrando il mio inesistente senso dell'orientamento.
Tolleravo la sua manesca abitudine di sedare i vivaci componenti della Ciurma perché non credevo nei favoritismi e non volevo che troppi riguardi nei miei confronti sollevassero dubbi, sospetti e scontento con gli altri compagni
Dopotutto, prima che amanti, eravamo parte di uno stesso equipaggio di pirati e non potevamo permetterci trattamenti particolari per mantenerne il delicato equilibrio, specialmente quando in gioco poteva esserci la vita... Così ci concedevamo rare pause tutte per noi nei momenti di tranquillità tra un'avventura e l'altra, dato che, grazie a Rufy, le nostre imprese solitamente somigliavano più a guai mal gestiti che ad altro.

Mentre i suoi fluenti capelli rossi sparivano in lontananza, nell'ombra dei giganteschi alberi che formavano la fitta foresta che ricopriva l'isola, alla quale eravamo approdati dopo pranzo (vale a dire nemmeno due ore prima) per la prima volta dopo tanto tempo, io, l'ex cacciatore di pirati Roronoa Zoro, ebbi una fastidiosa stretta allo stomaco.

Perché non ero andato con lei?
La regola che ci eravamo imposti ci obbligava ad accettare qualsiasi compagno che il Capitano ci avesse affiancato, senza mettere in mezzo il nostro rapporto, e fino a quel momento era andata bene ad entrambi. Ma in quel frangente mi accorsi di odiare profondamente quel compromesso, mentre uno strano ed opprimente presentimento mi dilaniava le viscere, per poi risalire, fino ad appesantire con un ingombrante groppo, la gola.

Cercai di deglutire con un doloroso sforzo e scoprii di avere la bocca asciutta, arida come il deserto di Alabasta e sabbiosa allo stesso modo.
Cosa mi stava accadendo?
Nemmeno prima dello scontro con Mihawk al Baratie mi ero sentito in quella maniera... Forse somigliava più alla sensazione che avevo provato a Thriller Bark, di fronte a Kuma Bartholomew, appena abbandonate le katane tra le macerie, quando, disarmato e solo, avevo accettato di andare incontro ad un destino che poi, per fortuna, non si era avverato.

Mai avevo creduto o dato peso a cose come i presentimenti o le premonizioni, il mio unico credo era fatto di carne e ossa e muscoli, sudore e sangue: cose tangibili, come il legno di quel ponte di nave e il metallo delle mie  spade.
Era vero che ammettevo l'esistenza di cose che non potevo stringere nel pugno, ma ne avevo prova diretta, come i sentimenti verso i compagni e quella ragazzina, ormai donna, che mi ero trovato accanto... legami più che dimostrabili, non cose la cui esistenza poteva essere frutto di uno scherzo della mente, un gioco nato da stupide sensazioni che reprimevano la ragione.

Senza sapere bene perché, mi guardai la mano e notai che non era ferma: un tremore leggero, quasi impercettibile, ne aveva preso il controllo, mentre una fastidiosa umidità si diffondeva su essa. Strofinai i palmi l'uno contro l'altro, poi li passai lungo i fianchi coperti dallo yukata, per cercare di asciugarli alla meno peggio, ma quel sollievo non ebbe lunga durata.

Nemmeno mi accorsi subito che il piccolo Chopper si era fatto vicino. Gli avevo promesso che lo avrei accompagnato in giro alla ricerca di erbe medicinali, nulla di impegnativo, e a noi si sarebbe affiancata Robin, sempre alla ricerca di indizi provenienti dal passato.
In definitiva me la sarei tranquillamente dormita ad ogni sosta, impiego ideale per la mia letargica indole che si destava soltanto nel pericolo...
-Zoro, cos'hai?- mi chiese la piccola renna con un tono preoccupato nella voce.
La sua forte empatia e il suo istinto animale, capace di leggere il più impercettibile segnale lanciato dal corpo, gli avevano sicuramente dato la chiara percezione del mio stato d'animo.
Col muso rivolto verso l'alto a guardarmi dalla bassa statura della sua consueta forma, attendeva una risposta che non arrivò, tanto ero perso nei miei pensieri.

-Oggi Bushido-san sembra distratto, Chopper- intervenne Robin, già pronta con il suo zainetto sulle spalle.
Soltanto quando la donna mi sfiorò sulla spalla, mi riebbi, sorpreso da quel contatto.
Abbassai lo sguardo verso il piccolo medico ancora in attesa e proposi di avviarci e presto la giungla inghiottì anche noi, con le sue chiazze di luci ed ombre e il chiasso degli uccelli che si zittiva al nostro passaggio.

Dopo un paio d'ore di cammino mediamente difficoltoso, giungemmo ad una radura che  sormontava, grazie ad una ripida scarpata alta circa quattro metri, un placido specchio d'acqua limpida e profonda, attraversata da una corrente leggera che ne increspava la superficie.
Ne approfittai per dissetarmi e fare una sosta, che decidemmo di prolungare non appena Chopper si accorse che, al margine incerto tra lo spiazzo erboso ed il fitto degli alberi, cresceva una ricercata radice dalle proprietà coagulanti, utilissima in caso di ferite.

Mentre Robin, seduta su di un masso, leggeva uno dei suoi libri che aveva tirato fuori dallo zaino, decisi di fare una dormita, così mi sdraiai ai piedi di un possente albero, feci dei miei stessi avambracci un cuscino col quale sorreggere il capo e chiusi gli occhi, assaporando quel raro momento di quiete.

D'improvviso, una voce sottile, come quella di un bambino o di una fanciulla, mi destò da quel momento di relax e mi parve che provenisse dall'acqua, ma guardando i due compagni poco distante, vidi che proseguivano le loro attività, come se non avessero percepito nulla.
Che l'avessi sognato?
No, rieccolo quel sussurro insistente che sembrava deridermi, col suo tono cantilenante, di cui non riuscivo a comprendere le parole esatte, perché forse troppo lontano.

Decisi di avvicinarmi al luogo da cui pareva provenisse quel suono e mi affacciai dalla scarpata per sbirciare lo specchio d'acqua.
La vista mi gelò il sangue nelle vene.

Nel debole movimento che increspava appena la superficie liquida, un corpo veniva trascinato verso me, galleggiando mollemente, assecondando la corrente nei più piccoli movimenti.
Giaceva supino, gli arti scostati dal corpo snello e leggiadro, le gambe snelle ma ben formate e lunghi capelli, rossi come le onde illuminate da un tramonto infuocato.

Sulla spalla sinistra un tatuaggio bluastro spiccava sulla pelle livida, in un disegno che ben conoscevo...stava affondando lentamente, gli occhi chiusi e il viso contratto in una espressione di dolore.    

-NAMI!- gridai, lasciandomi scivolare lungo la terra friabile per gettarmi in acqua e raggiungerla.












trafiletto autore: poco tempo, tanti progetti (tra cui un concorso letterario a cui spero di partecipare)... le mie apparizioni sono diventate rare per questo, ma non dimentico chi mi ha seguito nei mesi passati e quando posso scrivo qualcosa. Di leggere non ho avuto molto tempo, ma sbirciando qua e là ho notato con dispiacere che non sono stata l'unica assente. Spero soltanto che lo siano per motivi positivi e che fioriscano nuove storie con la mia coppia preferita! Baci baci

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Capitolo 2
*** destino ***


Nami


Quando tornai a bordo ero agitata ed il mio nervosismo si concretizzò quando gli altri mi dissero che Zoro era scomparso improvvisamente.
Cercammo il disperso in lungo e in largo, senza ottenere il minimo risultato: era come se fosse stato inghiottito nel nulla.
Sempre più ansiosa, non volli allontanarmi dalla zona e con me rimasero Franky ed Usopp. Gli altri tornarono alla nave, per non procurare eventuali altri guai (Rufy), per preparare qualcosa da mettere sotto i denti (Sanji) e nel caso in cui Zoro fosse tornato a bordo (Chopper, Robin e Brook).

La sera calò impietosa sull'isola e sulla radura in cui ci eravamo accampati.
Demoralizzata, sentivo la mancanza di Zoro, sparito così misteriosamente... il pensiero di poterlo perdere mi dilaniava.
Tutte le persone che avevo amato le avevo perse, in un modo o nell'altro.
A Cocoyashi mi restavano solo Nojiko e Genzo.
E quando finalmente ero riuscita ad appoggiarmi nuovamente a qualcuno, a quella sgangherata Ciurma, era soltanto perché li sapevo forti e capaci di fronteggiare il peggio nel modo migliore.

Non avrei mai creduto di poter perdere proprio lui.

Con quei pensieri tetri nella mente, guardavo le fiamme del piccolo bivacco scoppiettare con le sue guizzanti lingue arancioni, veloci e calde. Cosa singolare, mi venne in mente il fratello di Rufy, solare ed allegro proprio come quel fuoco con cui amava tanto giocare.
Non l'avevo frequentato molto, però mi era piaciuto quel ragazzo dal viso sottolineato da lentiggini che gli regalavano un aspetto quasi infantile... Forse, se non ci fosse stato Zoro ad occuparmi il cuore e la mente, avrei cercato di approfondire la sua conoscenza...
Poi mi dissi che era stato meglio così... La perdita di Ace, così ingiusta e violenta, mi avrebbe fatto ancora più male, a pensarci bene, e la cosa non sarebbe stata d'aiuto nemmeno a Rufy, se le cose fossero andate a quel modo... mi riscossi da quei pensieri, all'improvvisa idea che anche se avessi cambiato l'identità della persona amata, lo svolgersi della mia vita conduceva sempre allo stesso punto: amare qualcuno e poi perderlo.
Avrebbe potuto essere Ace, invece era Zoro, ma il finale non mutava.
Che fosse il mio destino, quello di restare sola?
Poteva essere la mia più grande paura, il futuro che mi aspettava?
Avrei dato tutti i tesori dell'universo perché non fosse così... Perché non riuscivo ad essere felice se non per periodi così limitati di tempo?
Cosa avevo fatto di così tremendo, per meritare una vita affettiva così difficile?
Sospirai profondamente, mi avvolsi nel plaid augurando la buonanotte agli altri e mi sdraiai vicino al calore del fuoco, nascondendo gli occhi gonfi di lacrime che premevano per venirne fuori.

Non dormii molto, preoccupata e nervosa a quel modo. L'alba arrivò, grigia e livida, illuminata da un sole dall'aria spenta ed innaturale, ma in tono col mio umore. 
Sanji ci divise una sostanziosa colazione, ma la consumai di mala voglia e solo sotto minaccia, poi parlammo e ci scontrammo sul da farsi: ognuno di noi aveva una propria idea sulla sorte del nostro compagno che sembrava essersi volatilizzato, e sulle soluzioni da adottare per ritrovarlo.
Decidemmo di esplorare l'intera isola a coppie, dividendola in settori dall'estensione simile, grazie alla mappa che avevo abbozzato il giorno precedente.
Franky mi affiancò, anch'esso preoccupato per il mio stato d'animo grazie alla sua spiccata sensibilità. Pensai che in questo superava molti uomini in carne ed ossa, il nostro Cyborg, monito vivente su come non ci si dovrebbe fermare alle apparenze.

Quasi a fine giornata, ci ritrovammo tutti al punto di ritrovo convenuto, stanchi, demoralizzati ed a mani vuote, nonostante avessimo setacciato quel misterioso lembo di terra palmo a palmo.
Sconfortata,  non riuscii più a trattenermi, scoppiai in lacrime e gli altri non riuscirono a dire altro che poche parole di circostanza, non sapendo che pesci prendere, di fronte a quella situazione così assurda. 

Sanji sbottò: -Non può mica essere scomparso nel nulla quell'idiota!

Quella sera chiusi gli occhi e dormii profondamente, più per la stanchezza che per effettiva voglia di farlo: la sua mancanza al mio fianco, mi provocava un malessere ed un disagio che altrimenti non mi avrebbero fatto chiudere occhio.

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Capitolo 3
*** morte ***


Mi svegliai chiedendomi come fossi finita in quella situazione...

Voglio dire, ci cacciavamo sempre nei guai, ma stavolta la cosa si era fatta davvero critica...
E non ricordavo nemmeno le modalità che mi avevano portato a quel punto!
Sapevo soltanto che ero quasi certa della nostra fine, perché il vento che mi fischiava nelle orecchie, il buio ed un freddo solo parzialmente mitigato dal corpo di Zoro a cui mi aggrappavo, assieme all'impossibilità di scorgere un termine a quel precipitare senza fine, erano le sensazioni predominanti. 

Il tutto era permeato da una disperazione che mi faceva lacrimare gli occhi, la più forte mai provata in vita mia: non sapevo nemmeno se lui fosse ancora vivo, con le membra abbandonate a quel modo nella caduta; non potevo controllare se avesse ancora battito, non riuscivo a capire se il suo torace si dilatasse nel respiro... 

L'unica cosa che mi restava da fare era sperare. 
Sperare e non lasciarlo andare.
Sperare che quella caduta non si arrestasse su di una superficie solida.
Sperare che anche l'eventuale impatto col mare non ci facesse troppo male.
Sperare di rammentare che in quel caso non dovevo offrire troppa superficie corporea all'acqua.
Sperare che fosse solo un brutto sogno e che mi sarei presto svegliata nella mia cabina per il russare improvviso di Zoro, per poterlo zittire con un pugno e poi fare pace nel solito irruente e piacevole modo...

Ma nulla mi destava, in quella caduta che pareva infinita, mentre le mani mi dolevano e cercavo di concentrarmi per non perdere la sensibilità alle dita e mollare la già precaria presa. Dovevo farcela, anche se era difficile, tremendamente difficile.
Non dovevo lasciarlo nemmeno se fosse stato già morto, perché avrei preferito morire anche io, ed ancora attaccata a lui, in quel caso.

Iniziai a gridare, quando un'oscura superficie piatta iniziò ad intravedersi, nel primo chiarore dell'alba che si apprestava a sostituire quell'irreale aurora: non capii se fosse solida terra o mare calmo e la mia paura aumentò in proporzione al suo avvicinarsi. Nascosi il viso  contro la schiena di Zoro e cercai di muovermi per variare il nostro assetto: stavamo cadendo a testa in giù e pregai chiunque fosse in ascolto sul canale delle divinità affinché arrivasse un aiuto.
Una sbirciata involontaria mi fece vedere un pallido riflesso di luce sotto di noi ed un accenno di sorriso sottolineò la mia gratitudine a chiunque mi avesse ascoltato: era il mare!
Certo, non sarebbe stato divertente, ma almeno avevamo una chance...

L'impatto con l'acqua gelida non fu piacevole, anzi piuttosto dolorosa, tanto che la presa su di lui mi sfuggì completamente ed annaspai per tornare in superficie più in fretta che potei. Mi imposi, letteralmente, di prendere quanta più aria possibile, per tornare ad immergermi alla cieca e cercare di recuperare Zoro, che, se svenuto, rischiava seriamente l'annegamento.
Ripetei l'operazione per ben tre volte, prima di afferrare un lembo di stoffa dello yukata che cercava di trascinarmi con sé verso gli abissi marini.
Lottai fino allo stremo, non so con quali forze, prima di vincere la mia battaglia contro le leggi della fisica che ci avrebbero portato verso le profondità di quel tratto di mare. Respirai avidamente, prima di rivolgere la mia attenzione a Zoro e diventare totalmente preda della disperazione: a differenza di quando lo avevo ripescato ad Arlong Park, infatti, non aveva battito e non respirava.

Senza un punto d'appoggio era difficile praticargli la respirazione artificiale ed il massaggio cardiaco, data anche la sua mole rispetto alla mia. E da come tendeva ad affondare, non doveva avere più molta aria nei polmoni... Se, come sospettavo, erano pieni d'acqua, per lui non potevo fare molto.

Invocai il suo nome, prima sussurrandoglielo, poi sempre più forte, fino a gridare con quanto fiato avevo in gola e a scuoterlo, ma non ebbi risposta. Col capo mollemente reclinato, non reagiva.

Senza più forze, mi arresi e lo lasciai andare, per guardarlo affondare lentamente, ma inesorabilmente, con la morte nel cuore e la bandana nera stretta in mano.
Poi sparì per sempre dalla mia vista, ed ero cosciente del fatto che non avrei più rivisto il suo ghigno strafottente e il sorriso dolce, raro e sensuale che riservava soltanto a me, e mi sentii vuota dentro, come quando un pugno colpisce allo stomaco, lasciando senza fiato.  

Mi lasciai galleggiare, perdendo lo sguardo nel cielo che si faceva sempre più chiaro, nella tarda mattinata che avanzava verso il pomeriggio.
Ancora una volta ero sola.
In tutti i sensi, stavolta.

Si era fatto quasi mezzogiorno ed il sole impietoso allo zenit si specchiava in ogni onda, moltiplicandosi all'infinito in miliardi di piccole repliche di sé; ma non mi faceva comunque compagnia e nemmeno era capace di scaldarmi, nel corpo o nel cuore. Il freddo era diventato parte di me, io stessa ero gelo, non sentivo quasi più nemmeno il mio corpo; allora mi tornò alla mente Zoro che si lasciava cadere verso il buio degli abissi e mi chiesi perché non fare lo stesso.
Di solito le strade che prendeva erano sbagliate, ma stavolta sembrava anche a me la soluzione migliore, così mi lasciai affondare e l'acqua si richiuse su di me, avvolgendomi con il suo mondo liquido dai suoni ovattati e gentili; il sole di mezzogiorno divenne un accecante mondo di luce, diffusa da raggi che tagliavano il buio come katane affilate, guardai il quadrato nero, che avevo liberato dal pugno, dispiegarsi per galleggiare sulle onde e pensai che era tutto ciò che rimaneva di noi.

Poi l'oscurità mi accolse, misericordiosa, nel suo abbraccio senza fine.



Autore a piè di pagina:
Non sono matta (almeno credo)... so che sembrano storie sconclusionate e scollegate, ma abbiate fiducia, alla fine vi sarà tutto chiaro. Come al solito, la storia è terminata da un bel po', quindi avrà sicuramente, presto, la sua conclusione. Grazie a chi mi segue e in particolar modo a chi ha recensito sin qui, mi siete davvero di sostegno! ;*

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Capitolo 4
*** ritorno alla vita ***


Nami

Ero cullata dolcemente, ma non ne avevo molto giovamento: avevo i polmoni in fiamme, il freddo mi scuoteva con brividi dolorosi gli arti che parevano anchilosati. Mi dolevano anche gli occhi e le orecchie ed era difficile vedere, ma riuscivo, un po' a sentire.
Mi giungevano voci concitate, preoccupate, affrante...
Una, che sembrava più forte e disperata delle altre, mi chiamava con tono strano, non capivo bene se imperioso o semplicemente avvilito.
Era familiare, ma sicuramente mi sbagliavo, dato che avevo visto il suo possessore, morto, mentre affondava verso le profondità marine. Ed io non ero arrivata di certo all'altro mondo, altrimenti non avrei sentito tutto quel dolore ...

O almeno così credetti, dato che non ero mai morta sino a quel giorno.

Sembrava essere davvero Zoro, colui che mi chiamava senza dar segno di volersi arrendere, così socchiusi gli occhi, forse vinta più da una malsana curiosità che dall'effettiva necessità di farlo.
Ma colsi proprio il suo viso sfregiato, i capelli di quel colore  impossibile ed il suo occhio di ghiaccio, così simile a quello di un lupo artico.
Come poteva essere lui?
Proprio non capivo e la mia mente intorpidita non era certo d'aiuto in quel frangente.

Si accorse finalmente che avevo ripreso conoscenza, dall'inarrestabile tossire che mi prese, grazie ai polmoni che cercavano di espellere l'acqua rimasta, e mi fissò ammutolendosi improvvisamente, quindi un ghigno sostituì l'urgenza che mostravano fino a poco prima i suoi lineamenti.

-Nami!- esclamò in un sospiro, abbracciandomi forte.
Era davvero lui, potevo riconoscerne il profumo ed ogni singolo muscolo che mi stringeva quasi a farmi male.
Come potesse accadere non lo capivo ancora, ma ad essere sincera non mi importava... Tutto ciò che volevo era lì, rappresentato da quell'uomo che avevo conosciuto quando era ancora ragazzo e dalla strampalata Ciurma che sapevo essere val di là di quelle grandi spalle e che rappresentava la nostra famiglia.

Gemetti e lui allentò un poco il suo abbraccio, quindi mi sentii sollevare ed una voce più sottile ordinare che fossi portata in infermeria, sulla nave.
Chopper, il nostro piccolo, grande Chopper era già in azione e Zoro obbedì.
Il lettino mi accolse con lenzuola candide e pulite, sul materasso morbido che sostituì indegnamente la protezione di quelle braccia forti, ma sapevo che le avrei ritrovate presto.
Non potei fare altro che affidarmi alle cure del miglior medico che conoscessi e pazientare: ormai ero al sicuro e tutto sarebbe andato bene.
Sentii che lo Spadaccino veniva sbattuto fuori e che dietro l'ordine del Capitano si iniziava ad organizzare una festa, accompagnata dalla musica vivace del violino di Brook.

Ero tornata.
Non ero più sola.



La spiegazione più plausibile, quando ricostruimmo gli incastri che ci avevano portato a quella situazione quasi irreale, venne niente di meno che da Usopp.
Alla luce dei due anni trascorsi su una specie di isola colma di ogni ben di Dio, che si era rivelata poi un'immensa pianta carnivora che si nutriva periodicamente di qualche occupante più sprovveduto, ci spiegò che, molto probabilmente, in questa in cui eravamo capitati tutti insieme, la dinamica era leggermente diversa, ma la sostanza la stessa.
-Non è difficile che agisca sulla psiche, anziché sulla naturale attrazione per il cibo: Zoro ci ha detto di sentirsi stranamente ansioso ieri mattina, forse ha percepito, in qualche modo, questa strana influenza.
E quando Nami si è allontanata da noi, cadendo nello specchio d'acqua dove si era fermata a bere e dove è stata ripescata dallo stesso Zoro, ci ha descritto  un'esperienza molto reale, in cui però si realizzavano quelle che lei stessa ha definito le sue peggiori paure... In pratica, come succede in alcune piante carnivore, sarebbe affondata e poi digerita: sono sicuro che, ad una certa profondità l'acqua sarebbe stata sostituita da succhi gastrici o qualcosa di simile.
E il fatto che entrambi avessero bevuto da quel lago, non ha fatto che aumentare il legame psichico con l'isola: per questo si sarà concentrata su loro due, noi che non abbiamo toccato quell'acqua non abbiamo avuto alcun problema.

Annuii con un cenno del capo, un po' nervosa per essere stata paragonata ad un insetto, ma preferii lasciar correre.
Con gli altri non ero scesa nel dettaglio in merito ai miei timori, ma ne avevo fatto partecipe Zoro... Ero stata spinta a lasciarmi morire, dopo che mi era stato fatto credere di essere precipitata da chissà dove con Zoro che alla fine perdeva la vita. Mi ero lasciata affondare spontaneamente, infatti, spinta da una disperazione così reale che ancora mi faceva male il cuore....
Per fortuna lui era giunto in tempo, anche se ormai avevo perso i sensi.

-E perché Zoro ha percepito quel disagio ancora prima di bere e poi ha sentito quella musica attirarlo verso il lago dove Nami stava per annegare?- chiese perplesso il Cyborg, grattandosi la nuca.

Ce lo aveva raccontato per spiegare come mi avesse ritrovata. 

Brook, esperto musicista, ebbe voce in capitolo: -Probabilmente l'isola sperava di ricavare due piccioni con una fava: ha letto nelle loro menti il legame che li unisce ed ha pensato bene di sfruttarlo per ricavarne due prede...

Rufy rise: -Più che due piccioni direi due piccioncini!- non perdeva occasione per sottolineare il fatto di averci fatti conoscere lui...
Mi spalmai una mano sul viso, scuotendo leggermente la testa.

Mentre l'ancora geloso Sanji lo schiantava sul pavimento con un calcio ben assestato, Robin intervenne con saggezza: -Non poteva sapere che il nostro Zoro è forte, e non solo con le spade. Non è difficile che grazie alle sue meditazioni e alle sue capacità sia riuscito a percepire l'influenza psichica ancor prima di bere e a tenerle testa... Buon per noi, altrimenti li avremmo persi entrambi.

Alzai lo sguardo al mio compagno, che aveva passato la festicciola d'ordinanza per il mio ritrovamento e salvataggio, in un angolo del ponte, seduto a gambe incrociate e con la sottoscritta in grembo. Solitamente non dimostrava molto affetto e non era molto espansivo davanti agli altri, cosa che mandava in bestia il Cuoco, il cui credo era la corte spietata ed esagerata all'intero genere femminile, ma io sapevo che mi amava, concretamente e solidamente. 
Col boccale di birra ormai calda in mano, senza più alcuna traccia di schiuma, teneva lo sguardo fisso all'orizzonte ormai quasi buio del crepuscolo, serio come sempre.
L'altro braccio continuava ad essere saldo sulla mia vita e non sembrava avere intenzione a lasciarmi allontanare.

Non che volessi, naturalmente.
Ero un tipo alquanto indipendente, ma in quel momento sentivo il bisogno della sua solida e protettiva presenza, nonché del suo calore, dato che ero entrata in ipotermia, dopo tutte quelle ore a mollo nell'acqua fredda.

Dovette accorgersi della mia attenzione su di lui, perché, senza abbassare lo sguardo, disse: -Nami, in base a quanto accaduto, voglio chiariti una cosa.- il suo tono mortalmente serio, quasi minaccioso,  mi diede i brividi, e non per il freddo.

-Qualsiasi cosa debba accadermi lungo la rotta, tu non farai mai ciò che hai fatto oggi. Giuramelo, Nami. Promettimi che non rinuncerai mai alla tua vita. Promettimi che realizzerai il tuo sogno, comunque vada.

Solo allora mi guardò, fissando il suo unico occhi color ghiaccio nei miei. Con tono analogo mi incitò, scuotendomi leggermente, dato che lo fissa o in silenzio: -Giuramelo, Nami! Adesso!

 
Zoro
Mi guardò con gli occhi sbarrati, quasi con paura.
Mi fece male vederla così, ma mi aveva fatto più male crederla annegata, come morta tra le mie braccia.
Da ragazzino avevo perso una cara amica, non avrei tollerato che la mia compagna rinunciasse alla sua vita per me. Poi vidi che riprendeva il controllo di sé, assottigliare lo sguardo e mormorare: -Va bene. Però solo se prometti anche tu la stessa cosa.- la sua voce aveva il tono tagliente ed irritante che usava assumere prima di ricattare o minacciare qualcuno, sottoscritto compreso.

Ghignai, quindi le tesi la mano: -Hai la mia parola. Sai cosa significa.

Annuì, seria.
Sapeva che mantenevo le mie promesse.

Non vide mai le dita che incrociavo dietro al boccale ancora colmo di birra, ormai calda e senza schiuma, e mi baciò.





Autore a piè di pagina: preferisco pubblicare tutto d'un botto quelli che sarebbero stati gli ultimi due capitoli della storia, perchè non so quando potrò collegarmi di nuovo e rischiavate di attendere anche settimane, prima di vedere la conclusione di questa storia un po' sconclusionata.
E poi non dite che non vi voglio bene!
Avrete ormai capito che i precedenti punti di vista di Nami erano solo sognati, dopo che è caduta in acqua mentre beveva.... fortuna volle che la corrente la trascinasse verso il punto in cui stava il mitico Zoro: cara pianta-carnivora-isola, ricorda che chi troppo vuole, nulla stringe... Se ti fossi accontentata di Nami, forse, l'avresti passata liscia!

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