Am I strong enough?

di Kerplunk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Let's Go! ***
Capitolo 2: *** God Save me ***
Capitolo 3: *** This is a Green Day, bitch! ***
Capitolo 4: *** Whatsername ***
Capitolo 5: *** And everything will be alright. ***
Capitolo 6: *** She, she screams in silence... ***
Capitolo 7: *** Highway to Hell ***
Capitolo 8: *** Do you think what you need is a crutch? ***
Capitolo 9: *** The cruelest dream, reality ***
Capitolo 10: *** Queen for a day ***
Capitolo 11: *** Here we go again ***
Capitolo 12: *** Good Riddance ***
Capitolo 13: *** Makeout Party ***
Capitolo 14: *** Kiss the demons out of my dreams ***
Capitolo 15: *** In the end ***



Capitolo 1
*** Let's Go! ***


http://www.polyvore.com/punk/set?id=88430306

"Hey, oh! Let's go"

-Cazzo!-  Mi svegliai di soprassalto a causa della voce di Joey Ramone. Maledissi tra me e me l'autista di quel maledetto autubus (se si può chiamare così un catorcio risalente alla prima guerra mondiale) che aveva avuto la brillante idea di sparare i Ramones a volume altissimo proprio quando ero riuscita a prendere sonno. Mi stiracchiai, incurante della donna vestita in smoking vicino a me. Ma poi che diavolo ci faceva lei in un posto come questo? E perchè mai una donna bionda, rossetto perfettamente steso e valigetta 24 ore alla mano doveva andare a Rodeo? Bah, decisi che non mi interessava.Continuai ad ignorarla mentre mi riservava il suo sguardo più disgustato.
Iniziai a canticchiare "Blitzkrieg bop" mentre guardavo il panorama che mi scivolava davanti. "Casa nuova, vita nuova". Queste erano state le esatte parole di mia madre una settimana fa, mentre, con fare sbrigativo e irritato, mi preparava la valigia. Solo dopo essersi degnata di dirmi la destinazione mi ero rilassata. A casa di zia Jenna.  Evidentemente era l'unica casa disponibile dove scaricarmi mentre lei andava in vacanza con l'ennesimo uomo "della sua vita". Mark...o forse era Derek. In ogni caso la gioia che provava nel liberarsi di me doveva aver superato il fastidio che le provocava farmi un favore. O forse per una volta, la prima volta, aveva davvero fatto qualcosa per me, spedendomi a vivere con la persona che più amo al mondo invece che al riformatorio. Risi tra me e me di quell'affermazione. Mia madre, la stronza donna d'affari che ama più gli uomini appena conosciuti che sua figlia, rendermi felice.  Ammettendo anche che riesca a superare il fatto che io sia "un incidente" che le ha rovinato il fisico facendola diventare grassa (Potrei contarle le ossa senza radiografia), non riuscirebbe mai a dimenticare il fatto che io sia stata espulsa per la...uhm...vediamo...settima volta? Mi rabbuiai al ricordo della causa dell'ultima espulsione, mentre gli occhi cominciavano a pizzicare. - Si sceeeendeeeeeeeeeeeeee!- fortunatamente l'urlo del conducente mi aveva riportato alla realtà. L'ennesima sosta in Autogrill. Praticamente per un viaggio che di norma dovrebbe durare un'oretta ne avevamo impiegate due.
Entrai subito in bagno per stabilire quanto grave fossero i danni. Peggio di quanto pensassi: trucco andato a farsi fottere, capelli che avrebbero potuto ospitare un ecosistema a parte e stampa rossa sulla guancia per aver dormito appoggiata al finestrino. Sbuffai e mi diedi una sistemata; anche se non ero mai stata una tipa vanitosa o che amasse mantenere perfetto il suo fisico, ci tenevo a presentarmi a mia zia in modo accettabile. O quantomeno decente. Dopo aver sgranocchiato qualcosa tornai nel pullman e mi accorsi con disgusto che eravamo solo io e l'autista; evidentemente gli altri stavano ancora cenando. Durante il tragitto dalle scalette malridotte al sedile scassato, sentii uno sguardo perforarmi il fondoschiena. Dio, quanto odiavo i fottuti cinquantenni che ci provavano con le ragazzine. Perchè fondamentalmente io ero questo, una ragazzina di soli 16 anni. Ma a giudicare dal sorrisetto malizioso che si era allargato da sotto quei baffoni a lui non facevano schifo le adolescenti.  Schioccò la lingua e poi disse l'ultima cosa che avrei voluto sentire: -Allora, dolcezza, come andiamo?- Tutto, ma non  quella frase. Tutto, ma non quelle fottute parole. Tutto, ma non un uomo di mezz'età. Mi mancava il respiro. Corsi fuori mentre i flash di schifosi ricordi che avrei voluto mantenere nel dimenticatoio tornavano nella mia mente, prepotenti. Vomitai l'anima mentre mi aggrappavo al muro dell'autogrill. La donna in smoking, di fronte a me, arricciò il naso fino a farlo combaciare con le sopracciglia prima di andarsene. E vaffanculo anche a lei.
Mentre tentavo di riprendermi lessi un cartello: "Berkeley, California". Sbuffai: bel modo di iniziare la mia nuova vita.







*spazio dell'autore*
Oooook pensavo ci fosse uno spazio per commentare e quindi l'ho pubblicata per sbaglio. Ok, tralasciando i miei problemi con la tecnologia, devo spiegare un attimo la situazione: Amanda ha avuto un passato difficile e la storia del conducente non è messa lì a caso...spiegherò più avanti. Come primo capitolo è un pò breve...ma i prossimi saranno più lunghi. Anche se probabilmente non se la cagherà nessuno...ma fa nulla. I green day appariranno nel secondo capitolo, per ora volevo introdurre Amanda visto che è lei la vera protagonista. Eh...dovevo dire qualcos'altro...ah sì: il link che vi ho messo sopra è il look di Amanda che ho creato su Polyvore. 

Peace Hello! \M/  
 

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Capitolo 2
*** God Save me ***


http://www.polyvore.com/cgi/set?id=105751879&.locale=it
 
Buttai il resto della sigaretta per terra, senza finirla. Tanto nemmeno un pacchetto intero di fila sarebbe riuscito a calmarmi i nervi: era il "grande giorno", come amava definire mia madre i miei vari primi giorni di scuola. Ancora mi rimbombavano in testa le sue parole, le uniche che mi aveva rivolto in quindici anni di convivenza: "Svegliati, domani è il grande giorno. Conoscerai nuovi compagni! E vedi di non farti espellere un'altra volta!". Tsk. Di grande c'era solo il numero di imprecazioni che sparavo ogni volta a quell'infernale ricorrenza. Odiavo le materie di studio perchè non riuscivo a ricavarne nulla di buono, visto che i miei progetti per il futuro erano altri. Odiavo i fottuti professori, convinti di conoscere tutti i  problemi degli adolescenti, quando invece di noi non sapevano proprio nulla. Odiavo anche i ragazzi, tutti impegnati a portare a termine le tappe della loro vita perfetta: scuola superiore, college, innamorarsi, marito, figli e morire "soddisfatti",  seguendo lo schema fisso del vissero felici e contenti, bollato come "quello giusto". Vite programmate e monotone. Dio, che schifo. E forse era per questo che puntualmente venivo squadrata da tutti per il mio look o per il mio modo di fare: ero "diversa", rompevo gli schemi della loro patetica vita. Non facevo parte né della schiera  dei "popolari" né del gruppo degli "sfigati".  Ero un "nessuno", intrappolata in mezzo a un mare di idioti che si sforzavano di fingersi ribelli perchè "doveva" esser fatto alla loro età. Patetico. Ne avevo passate troppe per sopportare le loro critiche...ero una bomba a orologeria, pronta a scoppiare.
Tornai dentro e accesi la radio perchè tanto Jenna era già partita. Cristo, Jenna. Non potevo ancora crederci. La sorella che non avevo mai avuto, la mia salvezza. Sorrisi al ricordo della sera prima:
 
Mi trascinai esausta fino alla porta della piccola palazzina tenendo in mano il foglietto con scritto l'indirizzo della nuova casa di Jenna, sulla Suisun Ave. Non feci nemmeno in tempo ad alzare lo sguardo che mi ritrovai soffocata in un abbraccio strangolatore.
-Merda zia, mi soffocherai!-
-Zitta e abbracciami! Dio Am, se mi sei mancata!- si scostò e finalmente riuscii a guardarla in faccia: solite guance pienotte, occhi scuri e capelli color cioccolato che le sfioravano le spalle. Eccentrica e allegra, sempre e comunque. L'opposto della sorella.
-Cristo, sei più figa di me!- Il broncio infantile che seguì quell'esclamazione mi fece scoppiare a ridere.
-Spara meno cazzate e entriamo che ho davvero bisogno di una serata tra ragazze!"-
E dopo una cena a base di...non so...credo fosse carne (mia zia ne sapeva tanto di cucina quanto io di filosofia ma, visto che si era impegnata, non avevo avuto il coraggio di dirle che avevo già mangiato), eravamo finite sul divano, birre in mano, a spettegolare dei ragazzi e a raccontarci degli ultimi avvenimenti. Come due adolescenti qualsiasi. Come le migliori delle sorelle.
-Allora com' è l'ultimo compagno di tua madre?-
-Sinceramente non l'ho mai visto. Più che altro ho avuto l'onore di sentirli "divertirsi" insieme una notte che ero rientrata a casa tardi. Nient'altro.-
-Bleah- Arricciò il naso, disgustata. Non le erano mai andati a genio i metodi educativi di mia madre. E per metodi educativi intendo il costante ignorarmi e il portare a casa gli uomini e rinchiudersi in camera con loro come se nulla fosse. -Come mai sei stata espulsa per la sesta volta?- chiese tentando di risultare seria mentre tratteneva a stento le risate.
-Ehm..settima. Comunque niente, per una stronzata. Un professore si è incazzato perchè l'ho chiamato "maiale"- Cambiai subito discorso per evitare la valanga di ricordi che collegavo a quella scuola e in particolar modo a quell'uomo, perchè avrei rischiato di vomitarle in faccia. E dopo una puntata di Baywatch, una nuova serie televisiva con la quale Jenna aveva una sorta di fissazione, eravamo andate a dormire.
 
 
"God Save the Queen", che stavano passando in radio in quel momento, mi riportò alla realtà. Quella canzone mi ricordava i momenti vissuti con l'unica vera amica che io avessi mai avuto, Megan. E, come se non bastasse, mi era stata portata via anche lei. Da un fottuto tumore allo stomaco. La nostra amicizia, i nostri momenti insieme, i discorsi, le cazzate, le feste devastanti, le sbronzate, gli spinelli...tutto finito quando un bel giorno si era piegata in due e aveva vomitato sangue. Le ultime parole che mi aveva rivolto in preda alle convulsioni erano state: "sei forte abbastanza."
"E invece ero crollata" pensai amaramente mentre mi chiudevo la porta alle spalle.
 
 
 
Che palle. Prime due ore trigonometria e inglese. Mi sentivo in trappola. Da una parte il cancello della scuola era aperto e la voglia di fuggire era tanta, ma dall'altra non volevo incasinare la vita di Jenna con una convocazione dal preside. Non il primo giorno, almeno. Una cosa buona c'era stata: i professori, forse disinteressati dal mio arrivo o forse scoraggiati dal mio sguardo omicida, avevano evitato le inutili e odiose presentazioni. Invece gli studenti mi avevano indicato tutto il tempo, senza risparmiarsi i commenti e le risatine. Mi ero imposta di non abbassarmi ai livelli delle cheerleaders sceme e dei palestrati senza un briciolo di cervello, non ne sarebbe valsa la pena.
Controllai il foglietto: terza ora scienze. Traduzione: non avrei fatto un cazzo di niente per tutta l'ora. Dio, grazie!
O forse no: l'ultimo banco libero era vicino a un tipico esemplare di figo-scemo. Ma porca puttana! Tra tutte le persone che c'erano in quella scuola, il palestrato idiota vicino a me!
-Buongiorno dolcezza. Tu devi essere Amanda, la nuova arrivata. Piacere, Tom- Oddio. Sarebbe stata una lunga ora.
-Sì. Primo giorno, wow.-  Risposi apatica. Non avevo nemmeno stretto la mano. Ci mancava solo il cretino che ci provava con tutte giusto per sentirsi apprezzato e ricambiato. Il classico idiota americano. Un ghigno si allargò sul mio viso quando notai che la mia risposta lo aveva spiazzato. Evidentemente non era abituato ad essere rifiutato.
-Professoressa voglio spostarmi. Qui batte il sole-
-Ah, signorina Stonem, la nuova celebrità. La pregherei innanzitutto di rivolgersi ad un insegnante con la mano alzata e di porgere la domanda con più gentilezza. Sa, in questa scuola, a differenza di quelle che ha frequentato, educhiamo studenti di buone maniere ed interessati alle materie di studio. Se non è d'accordo, e visti i suoi precedenti ho ragione di credere che sarà così, quattro giorni di espulsione non le faranno male- Per un attimo fui indecisa se ridere. Perchè quello era un fottuto scherzo, no?  Aveva stampata sul viso una smorfia di piacere. Sarei riuscita ad arrivare fino alla fine di quella maledetta giornata senza commettere un omicidio??
"Ok, stai fottutamente calma. Jenna, fallo per Jenna."
-Va bene, scusi- Sputai con tutto l'odio possibile.   
-Come prego?- Mi aggrappai al banco per evitare di uccidere qualcuno.
-Mi scusi, professoressa. Ora, per piacere, potrei spostarmi?-
-Molto meglio mia cara. Si metta lì- Le imprecazioni che le stavo amorosamente dedicando nella mia testa avrebbero fatto impallidire un satanico.
-Fanculo- mormorai. Sfortunatamente non mi aveva sentita. Mi alzai irritata e presi la mia roba.
 Mi ritrovai vicino ad un altro ragazzo, più silenzioso. Forse troppo: non mi degnò di uno sguardo o di una minima attenzione, preso com'era a segnare con le forbici il banco. Stava disegnando quella che sembrava essere un basso ed era completamente indifferente a quello che era appena successo. Sì, studenti interessati ed educati. Feci spallucce. Tanto meglio, meno attenzioni, meno rotture.

E finalmente arrivò. Quel suono, il dolce rumore della campanella che segnava la fine di quell'inferno. Cazzo, mi meritavo una canna! Feci per andarmene ma una mano mi bloccò.
-Hey Aspetta. Ti piacciono i Ramones?- Il mio adorabile e "logorroico" compagno di banco stava indicando la spilla della band attaccata alla borsa. Imprecai, al limite della sopportazione, prima di guardarlo in volto: i capelli biondo sporco lasciavano scoperto un bel viso dai lineamenti marcati. E a fissarmi erano due occhi di un azzurro intenso. Aveva uno sguardo pacato e tranquillo. Eppure qualcosa, forse il naso rotto in più punti o l'orecchino, mi suggeriva che non era esattamente un pezzo di santo.  
-Tu che dici? Adesso potresti lasciarmi che vorrei andarmene da questa merda di scuola?-
-Hey, calma ok? Era solo una domanda! - Ok che non ero mai stata un tipo socievole, ma qui nessuno mi lasciava un fottuto attimo di pace!
Qualcosa però mi bloccò dal rispondergli di nuovo acidamente. Qualcosa, in quello sguardo, mi suggeriva che non sarebbe stato poi così tanto male farci due chiacchiere.
-Sì, mi piacciono. E pure tanto. Quello che disegni è un basso?-
-Bene Miss nevrotica. Sei cazzuta oltre che carina!- Disse sorridendo.
-Comunque sì, suono in una band. Magari dopo scuola potresti passare a sentirci. Non siamo così male, un giorno sfonderemo!-
Ridacchiai. Il classico sogno irrealizzabile.
-Di solito quando mi presento a casa della gente so il loro nome- 
-Ah, giusto! Mike, Mike Dirnt.-
-Ok, se mi gira faccio un salto più tardi. Andiamo a fumarci una sigaretta prima di pranzo?- Mostrai il pacchetto facendo il possibile per farmi notare dalla professoressa. A metà lezione avevo mandato a farsi benedire i miei progetti da brava ragazza. Avevo urgentemente bisogno di un'espulsione.
-Che tu sia benedetta, ragazza senza nome!- Mi strappò un sorriso. 
-Sono Amanda. A quanto pare la nuova celebrità in questo cesso di posto. Dai andiamo.-
Mh, non era male.
Forse un salto a sentire quello che strimpellavano l'avrei fatto davvero.





*Aaaaangoloooooooo dell'autriceeeeeeee*

Ok, Ta-daaaaaaaaa. 
Alluora figlioli\e. Inizio col ringraziare le due ragazze che hanno recensito. Vi amo. Inoltre invito i lettori silenziosi a farsi sentire perchè mi farebbe molto piacere...tanto non vi mangio eh ;)
Detto questo....il capitolo è dedicato (di nuovo) interamente ad Amanda. E non succede nulla di particolarmente significativo. Solo sul finale appare un esemplare selvatico di Mike. Vi spoilero che nei prossimi capitoli, finalmente, i nostri ragazzuoli entreranno a far parte attivamente nella storia...Yeeeeeeeeaaaahhhh!
Anyway...Tom, il ragazzo scemo, riapparirà più avanti quindi non è messo lì a caso. Il discorso con la professoressa di scienze era un modo per far vedere che Amanda è perennemente incazzata...sempre sul punto di scoppiare. E ha i suoi buoni motivi, tra cui la misteriosa storia del professore (che scoprirete di capitolo in capitolo) e la scomparsa di Megan. L'unica vera amica che Am avesse mai avuto. 
Ho creato un nuovo look, leggermente meno Punk, per il primo giorno di scuola (il link sopra alla storia)
E il titolo è preso dalla canzone God Save the Queen dei Sex Pistols. Perchè a quella ragazza serve proprio un aiutino da qualcuno!
Eh niente. Vi adoro!

Rage&Love bitches!


 

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Capitolo 3
*** This is a Green Day, bitch! ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic -Sono sette dollari, grazie-  Eccole che scattarono verso di me le sue dita grassocce e unticce, pronte a fottermi i pochi soldi che mi erano rimasti. Sbuffai. Esistevano in questo posto in culo al mondo dei negozi che non vendessero spazzatura a prezzi da schifo? Almeno a Fremon le birre erano bevibili, Cristo Santo!
-Sette dollari per una merdosa lattina con più acqua che birra?- Sputai con rabbia mentre cercavo di trovare qualche spiccio nelle tasche strapiene di schifezze dei miei jeans logori.
-Prendere o lasciare, ragazzina.-
-Non sono una cazzo di ragazzina. Eccoti i tuoi dollari. Fottetevi tu e questo cesso di baracca.-
Ok. Promemoria per il futuro: non andare al mini-market sulla Lake Ave. Lanciai sul bancone i soldi che rimbalzarono sullo strato di sporco. Dio, che schifo. Probabilmente quella roba mi avrebbe fatto prendere l'HIV. Oh beh, chi se ne fregava. La birra era birra e non andava sprecata.
Sorseggiai quella brodaglia calda mentre cercavo di decifrare l'indirizzo che mi aveva scritto Mike su un foglietto. Sì, alla fine avevo deciso che quello sarebbe stato un modo decente di occupare il pomeriggio. E poi mi piaceva quel ragazzo. Era un cazzone: avevamo parlato tutta la mattina e non avevo sentito una, e dico una, frase sensata. O parlava di porcate assurde oppure di musica; in ogni caso le risate erano assicurate. Durante la pausa pranzo ad esempio mi aveva raccontato nei minimi dettagli la sua prima volta. Nemmeno il mio sguardo assassino l'aveva fatto desistere, anzi, aveva continuato il suo avvincente (e del tutto inventato) racconto, ridendo come uno scemo:
 
-E poi, mentre la bionda continuava a giocare lì sotto, la mora mi si era messa davanti alla faccia con le tet...-
-Per la settima fottuta volta, ti prego, ti imploro, sto per vomitarti l'anima in faccia quindi smettila, ok?- Il mio disperato tentativo di mantenere una faccia incazzata andò a farsi benedire quando incrociai il suo sguardo. E iniziammo a ridere, come fanno i bambini. Senza un preciso motivo, ridevamo e basta. Era dai tempi di Megan che non mi succedeva una cosa simile.
Sì, era decisamente un tipo ok.  
-Dio, mi fai morire. Senti un pò: visto che, non so per quale motivo, non ti interessano i discorsi sulle mie doti sessuali straordinarie, perchè non mi racconti qualcosa di te?-
-Mh, niente di speciale. Padre morto, madre puttana e ricca, espulsa da sette scuole.-
Fischiò.
-Wow, e sei ancora tutta intera?- Mi scappò un sorriso.
-No, davvero, mi dispiace. Non pensavo fosse così incasinata la tua vita.-
-Sì, ok. Vita schifosa e bla, bla, bla. Saltiamo la parte in cui mi dici che mi sarai vicino e stronzate simili, perchè mi sento già abbastanza patetica così, ok?-
-No grazie. Ho già abbastanza casini di mio per preoccuparmi di una piccola stronzetta come te. - Rispose facendo l'occhiolino. Ah, menomale. Era davvero, davvero un tipo OK.
-Del tipo? Hai finito la fantasia per inventarti altre orge immaginarie?-
-Ah-ah. No. Del tipo che ho perso i miei genitori naturali in un incidente d'auto. Mio padre era alcolizzato, mia madre drogata. Genitori adottivi divorziati. Ma non li vedo quasi mai, visto che vado avanti e indietro tra una baracca che ho affittato facendo due lavori part-time, e casa di Billie.- E poi aveva aggiunto, sorridendo:
-Ops, ho vinto.- Scoppiai a ridere.
-Va bene, te lo concedo. Ma chi cazzo è Billie?-
-E' tipo un fratello per me. Lo conoscerai oggi pomeriggio, forse.-
-Forse? E' talmente popolare da non poter garantire due orette agli amici?-
Merda. Una ruga era apparsa in mezzo alle sopracciglia. A quanto pare avevo toccato un nervo scoperto.  Oh, beh. Ormai il danno era fatto.
-Diciamo che ha combinato un macello e sta cercando di riparare.-
-Mh. Insomma siete un gruppo di casinisti?-
-Siamo un gruppo di fattoni con la passione per la musica, fondamentalmente. Ma li conoscerai tutti oggi pomeriggio. Alle quattro fatti trovare qui, ok?- Mi scarabocchiò qualcosa su un foglietto.
-Io vado che devo fare un paio di cosette. A dopo, Am.-
 
Dopo ben cinque tentativi di decifrazione di quel fottuto bigliettino (sembrava aramaico antico), mi ritrovai davanti a una palazzina fatiscente. Ero nei quartieri bassi di Rodeo, che era già di suo una città al limite del degrado. In pratica ero nel centro esatto della merda. Da dentro arrivavano rumori  di musica e voci che si sovrapponevano. Decisi di entrare, tanto anche bussando non mi avrebbero sentito; spalancai la porta coperta di graffiti e mezza staccata dai cardini spostando una montagna di bottiglie vuote e schifezze varie. Cioè Mike doveva fare due lavori per pagare quell' ammasso di macerie coperte da un tetto? Ma non feci in tempo a rispondermi che iniziai a soffocare e lacrimare: l'aria era densa di fumo. Ma quanta cazzo di marijuana si erano fumati? Cristo, mi sarei giocata i polmoni solo entrando lì dentro. Mentre tentavo invano di riprendere lucidità qualcuno mi schiacciò di peso contro il muro.
-Dolcezza, ce l'hai fatta!-  Mike mi stava soffocando. Era strafatto.
-Eh, direi di sì. Ma dove cazzo siamo?-
-Benvenuta a villa Dirnt. Qui il degrado regna sovrano. Loro sono Erica, Maggie, Abbey, Brady, John ma tu chiamalo Al e Tré-  Misi a fuoco le persone che mi aveva indicato. Erano tre ragazze, una bionda e due more che stavano ridendo insieme a due tipi, uno alto e moro e l'altro una specie di armadio con i capelli rossi. E poi c'era un tizio con la cresta verde lime che continuava a saltare sul divano, cantando a squarciagola " Shiftless When Idle"  mentre suonava una batteria invisibile. Sì, "fattoni" era il termine giusto.
-Bene. Non ricordo mezzo nome. Ma fa niente, passami una canna.-
 
 
Circa due ore (e tanto fumo) più tardi avevo dimenticato anche il mio, di nome. Mi aggrappai al divano per alzarmi, visto che la quinta lattina di birra (o forse era la sesta, non ricordavo) aveva mandato in tilt il mio equilibrio. Dovevo salutare Erica, Maggie e Abbey, che stavano andando a casa. Avevo  subito legato con Maggie, c'era un non so che di speciale in lei. Ma al momento non riuscivo a ricordare cosa. Forse erano le sue lentiggini. Boh, in ogni caso dovevo fare pipì.
Mi ritrovai magicamente nel bagno, senza ricordare come ci fossi finita. Mi girava la testa e ci misi un po' per focalizzare le pareti che continuavano a sdoppiarsi. Oddio, delle pareti era rimasto ben poco: nei punti in cui la vernice non era scrostata, erano totalmente, completamente ricoperte di scritte. Ovunque. "Rage and Love", "Welcome to Paradise", "St. Billie" e altre cose senza senso. Che poi questo famoso Billie non si era fatto vedere. Mi pareva di averlo sentito nominare un paio di volte da Erica, ma non ero sicura.
 
Tornai a fatica nel salotto dove c'era Mike.
-He-hey, rock star! Fammi spazio sul divano che non mi reggo più in piedi.- Mi sdraiai di fianco a lui, schiena contro petto. 
-Piaciuto il Green Day, Am?- Iniziò a giocare con i miei capelli.
-Il che?- Sbadigliai e mi sistemai meglio vicino a lui.
-Il giorno passato a fumare erba, ovviamente.-
-Te lo direi se mi ricordassi almeno qualcosa.-
-Mh, ti dico solo che ci siamo divertiti, e anche parecchio.-
-Ah, allora mi fido. Gli altri dove sono?-
Quello che rispose Mike, rimarrà un mistero. Forse era davvero tardi. Forse ero ancora strafatta. Forse era il suo braccio  che mi cingeva comodamente la vita o forse avevo bevuto davvero, davvero troppo, perchè a quanto pare mi addormentai lì, vicino a lui.
Il mio primo amico di Rodeo.
 
 
-Perchè non vedo le due tonnellate di erba che mi avevate promesso, mezze seghe?-
Queste furono le "soavi" parole che qualcuno mi urlò nelle orecchie, pochi minuti dopo. O forse erano passate ore. Neanche Mike doveva averla presa bene, a giudicare dall'oscena imprecazione che seguì. 
Dio, la testa mi scoppiava. Nel tentativo di capire dove fossi rotolai sul fianco, cadendo di faccia su un tappeto lercio. Sentii qualcosa di caldo e umido bagnarmi il viso. 
-Cazzo.- mormorai con la bocca impastata di sangue. Mi voltai, per vedere la faccia di quel coglione che aveva fatto questo macello. 
-A quanto pare ve la siete fumata tutta, egoisti del cazzo.-  
Capelli blu, piercing al naso e occhi di un verde intenso che mi fissavano incazzati. Il tutto incorniciato da una faccia da schiaffi. 
-Tu devi essere Billie-  Mormorai. 
"Che razza di cretino"




Angolo mio

Buonsalve gente. 
Scusate per il leggero ritardo (tipo sono passate due settimane ^-^"). Problemi scolastici. 
In ogni caso...piaciuto? 
Iniziamo dall'inizio. Amanda la vedo come Nina Dobrev, non so perchè. Voi ovviamente immaginatela come volete, visto che non ho foto che la rappresentino.
Pooooi. So che l'HIV non si contrae così ma era solo un'espressione per indicare lo schifo di quel posto. E la situazione iniziale serve a descrivere il caratterino di Am. 
I personaggi snon stati presentati tutti, non manca nessuno. Ovviamente nei prossimi capitoli verrano ben descritti uno ad uno. 
Potrà sembrarvi strano che Am si orienti così bene a Rodeo, ma vi ricordo che lei ha passato molto tempo dalla zia, e la città la conosce piuttosto bene. POi vi faccio una piccola considerazione per il prossimo capitolo: l'anno della storia è l'88 (loro hanno tutti 16 anni) e il loro primo EP, cioè 1,000 hours, esce nell'89. Bene, dimenticatelo. Facciamo finta che l'abbiano pubblicato nell'88. 

Ringrazio al solito tutti i lettori silenzioni e non e invito i primi a farsi avanti.


Alla prossima Gente (che non sarà così tardi, promesso)

R&L


 

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Capitolo 4
*** Whatsername ***


She's in my head,
From so long ago
And in the darkest night,
If my memory serves me right,
I'll never turn back time
Forgetting you, but not the time
 
Stavo fissando la sveglia da cinque minuti buoni, indecisa sul da farsi: alzarmi sembrava un'impresa titanica, a giudicare dal dolore che provavo praticamente ovunque. D'altra parte Mike era avvinghiato così stretto al mio corpo da rendermi difficile respirare, e stavo morendo dal caldo.
Alzarsi o restare a letto.
Tic, toc.
Cazzo, di quel passo mi sarebbe esploso il cervello.  
Spostai con poca delicatezza Mike, che si voltò dall'altra parte, continuando a russare. Sbadigliando mi portai a sedere sul bordo del materasso logoro e pieno di bruciature di sigaretta, accompagnata dal cigolare delle molle arrugginite. Intorno a me c'era una distesa di bottiglie vuote, buste di preservativi, vestiti sparsi e schifezze varie. Guardai le lancette, illuminate dalla luce proveniente dal salotto, segnare le quattro del mattino esatte. In poche ore era successo di tutto. Tentai di ricostruire gli eventi, impresa resa difficile dall'annebbiamento del mio cervello, ancora sotto l'effetto delle canne:
 
-Sì, sono io. Mi spieghi che cazzo hai da guardare?-
Stupido e arrogante. Lo conoscevo solo da due minuti eppure già lo odiavo.
"Mi spieghi che cazzo ci trovi in lui?". Avrei voluto dire a Mike, ma non volevo metterlo in mezzo. Era una questione tra me e quel fottuto nano.
-Dì un po', ti sforzi di essere così scemo o ti viene naturale? Ho un cazzo di labbro rotto perchè tu mi hai urlato come un pazzo nelle orecchie facendomi cadere, ecco cosa ho da guardarti!- Sputai sangue ai suoi piedi, tanto per ribadire il concetto.
Mi sorrise, rivelando una fila di denti distrutti. Doveva averne prese tante, di botte.
-E quindi, dolcezza? Ti aspetti delle scuse?-  Non fu tanto la frase in sé a farmi incazzare, quanto lo sguardo che la accompagnò. Era il tipo di occhiata che mi rivolgevano gli adulti quando credevano di avere a che fare con una ragazzina ingenua e indifesa; Di superiorità, che mi mandava puntualmente in bestia.  
-Testa di cazzo. Tu a fine giornata non ci arrivi.- Non ero certo tipa da farmi mettere i piedi sopra da deficienti come lui.
Ci fulminammo con lo sguardo. Verde contro nero. Ognuno convinto di avere ragione.
 Sfortunatamente Mike mi prese per le spalle, interponendosi tra noi due e togliendomi l'occasione di fargli diventare gli occhi neri, a forza di pugni.
-Calmatevi, ok?- Poi, guardandolo, aggiunse: -E perchè non le chiedi scusa, razza di cretino? Ha la faccia coperta di sangue!-
-Oh, sì, difendi gli altri. Sai che novità. Col cazzo che mi scuso con una stronza che nemmeno conosco. Me ne torno a casa, tanto ero venuto solo per le canne.-
Prima di andarsene mi squadrò con odio. Anzi, no. Odio era riduttivo. Mi stava augurando le peggiori pene.
Sentii la porta sbattere e simultaneamente Mike sbuffò.
-Che cazzo di casino!- Si portò le mani alla testa, sedendosi. Era davvero, davvero distrutto. Cominciai a sentirmi in colpa, probabilmente quei due erano legatissimi e io li avevo appena fatti litigare. Al solito. Rovinavo tutto quello che toccavo.
-Senti, forse è meglio che me ne vada anche io. Ho combinato un macello, avrei dovuto lasciarlo perdere.-
-Non dirlo nemmeno per scherzo. La colpa è tutta sua, il fatto è che sta facendo una cazzata dietro l'altra, nemmeno lo riconosco più.-
Seguì un lungo silenzio, rotto dal suono di un clacson. Feci un respiro profondo.
-Beh, non voglio fare la parte della ficcanaso o cose del genere, ma puoi dirmi che sta succedendo? Almeno potrei tentare di darvi una mano. - Mi sedetti vicino a lui, incrociando il suo sguardo allarmato.
-Sì, ma prima sciacquati la faccia che sei un macello.- Sorrisi, segretamente compiaciuta. Aveva appena litigato con il suo migliore amico e pensava  al labbro rotto di una tizia che a malapena conosceva. Forse a me ci teneva davvero.
-Tranquillo, non serve che tu ti finga preoccupato, tanto a letto con me non ci vieni comunque!- Feci l'occhiolino e scoppiammo a ridere, appoggiandoci l'uno sull'altra. Mi mise un braccio intorno alle spalle e mi stampò un bacio sulla testa.
-Sei la stronza più stronza che esista.-
-E tu il cretino più cretino che io abbia mai conosciuto. Vado a sciacquarmi e torno, tu intanto prepara una canna.-
-E poi verrai a letto con me, vero?-
-Sì, ci verrò- Mi alzai e costatai soddisfatta che lo avevo lasciato interdetto e con uno sguardo interrogativo.
Lo stesso sguardo che pochi minuti più tardi mi fissava divertito, avendo capito che per "andare a letto assieme", intendevo semplicemente il farci una canna sul letto, abbracciati. Beh, eravamo "andati a letto insieme", dopotutto. Poi aveva risposto alla mia domanda:
- Billie sta combinando una stronzata dietro l'altra. A casa non ci vuole stare, perchè la madre ha un nuovo compagno e lui ci litiga di continuo. La scuola...non fa decisamente per lui. Si è immischiato da poco con affari di spacciatori, e forse è stata una delle stronzate più grandi che abbia mai fatto. Ho una fottuta paura di perderlo, Am-
L'aria si era fatta improvvisamente pesante. Che cosa avrei dovuto rispondergli? Io non ero abituata a queste cose, a queste intimità tra amici. Mi sentivo fuori luogo, e come se non bastasse non mi era passato il senso di colpa, anzi.
-Cazzo, mi dispiace per prima. Probabilmente avrei potuto evitarlo. - Mi prese il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi.
-Non-è-colpa-tua! Sono parecchi giorni che la storia va avanti così, da prima che tu arrivassi. Lui viene incazzato e se ne va incazzato. Ogni volta lo sento un po' più...come dire...distante. Si sta chiudendo in un mondo suo. Un mondo davvero, davvero incasinato.- mi sorrise, spostando la mano sulla guancia e raccogliendomi una ciocca di capelli ribelle.
-Anzi, dovrei ringraziarti. Sei la persona perfetta, arrivata al momento perfetto. Oggi pomeriggio ci hai fatto cazzeggiare, e per un attimo tutti abbiamo messo da parte il problema Billie.- Lo guardai, leggermente imbarazzata:
-Fidati, non c'è nulla di perfetto in me. - dissi amareggiata: -Ma se davvero a voi non ci tenesse, non tornerebbe ogni volta, no? C'è qualcosa di profondo che vi tiene uniti.-
-Sì, infondo siamo cresciuti insieme. Puoi odiare un fratello, ma ci sarà sempre qualcosa che ti unirà a lui, inevitabilmente. E poi c'è la band. Noi, insieme. I Green Day. Quando prende in mano una chitarra sembra di nuovo lui. Felice, quasi. Mette da parte tutta quella fottuta rabbia che ha sempre, la voglia di spaccare la faccia al primo che passa. La musica è la colla della nostra amicizia. E questa è una delle poche cose che non cambierà mai.-
-Se riuscite a rendere felice quel piccolo coso nevrotico dovete essere davvero bravi!- Sorrise a trentadue denti
-Sì, in effetti lo siamo. E visto che oggi le prove sono saltate domani sera verrai a sentirci al Gilman. E questa non è una domanda, ma un ordine.-
-Altrimenti che fai?- Mi guardò serio per pochi secondi, poi aggiunse con tono solenne:
-Uso un'arma letale, la tortura più fottutamente brutta del mondo: il solletico!.-
E la serata finì con noi due, abbracciati, circondati dalle piume di un ormai ex cuscino che ci volavano intorno, mentre ridevamo come pazzi.
 
 
Corrugai la fronte: così non andava bene. Presi velocemente le scarpe da terra, mi infilai una sigaretta dietro l'orecchio e uscii di casa, cercando di  fare il meno rumore possibile. Varcata la soglia presi una bella boccata di aria gelida e mi morsi il labbro. La fitta di dolore che seguì mi ricordò che il taglio profondo non era ancora rimarginato. Ma non ci badai.
No, così non andava assolutamente bene.
Un brivido mi percorse tutto il corpo. Cazzo, faceva un freddo cane. Cominciai a camminare velocemente verso l'unico bar che conoscevo aperto tutta la notte, a due isolati di distanza, accendendo la sigaretta. A metà strada mi guardai nervosamente intorno: la via era deserta. Non una luce, né una macchina. Nessun segno di vita. Forse non era stata la migliore delle idee uscire nei quartieri bassi a notte fonda. Se era vero che gli errori insegnavano qualcosa, sarei dovuta tornare immediatamente da Mike, dati i miei precedenti. Rabbrividendo mi fermai e decisi di tornare suoi miei passi, colta da una nausea improvvisa. Magari ci avrei riprovato più tardi. Mancavano solo poche case quando qualcuno mi afferrò improvvisamente per il polso, facendomi voltare bruscamente. Non feci nemmeno in tempo a capire cosa stesse succedendo che mi ritrovai con le mani sul petto di un ragazzo. Mi lasciai sfuggire un gemito di spavento.
-Paura, consumatrice di canne altrui?- Sentire la sua voce, per quanto irritante, mi provocò un involontario sospiro di sollievo. I suoi occhi, di un verde intenso anche alla debole luce del lampione, mi scrutavano divertiti. Che bastardo.
Mi divincolai sbuffando dalla sua presa e appoggiai le mani sulle ginocchia, tentando di rallentare il battito cardiaco e di non vomitargli in faccia, anche se l'idea non era male.
Dovevo avere davvero un aspetto orrendo, perchè all'improvviso me lo ritrovai di fianco, colto da un moto di pietà:
-Hey, stai bene ragazzina? Vedi di non schiattarmi qui che poi Mike mi ammazza-
Mi rialzai incerta, reggendomi al lampione. La nausea non era più così forte, ma la testa continuava a girarmi. Presi un respiro profondo e con un gesto secco tolsi la sua mano dalla mia spalla:
-Primo: non sono una cazzo di ragazzina. Secondo: levati dalle palle. E' la seconda volta che mi fai incazzare, nano. E non sono dell'umore per sopportare un cretino come te. - Si allontanò di un passo, improvvisamente innervosito:
-Lo sai, mi stai proprio sul cazzo. Uno cerca di aiutarti e tu sei pure acida! Proprio non capisco per quale motivo Mike stia con te. - No, non era solo nervoso. Era incazzato. E molto anche. Passava dall'essere gentile all'odiarti a una velocità pazzesca, tanto da lasciarmi interdetta. -E comunque è proprio da puttana scappare in piena notte, lo sai?-
Mi ci vollero alcuni secondi per registrare le sue parole e capirne il significato. In effetti mi aveva visto uscire di casa alle quattro dopo averci beccati abbracciati sul divano. Non riuscii a trattenere un sorriso. Io e Mike, insieme. Che cosa ridicola.
-Non hai capito un emerito cazzo, io e Mike non stiamo assolutamente insieme.- Corrugò la fronte, evidentemente spiazzato. Forse era questo il suo problema con me. Credeva che una perfetta sconosciuta gli stesse portando via il migliore amico.
-Oh. Ma allora che cristo ci fai per strada alle quattro di notte, qualunque sia il tuo nome?-
Già, per quale motivo ero andata via da casa di Mike? Avrei potuto rispondermi per Jenna o per la scuola. Ma avrei mentito a me stessa e a lui. La verità è che io avevo sempre fatto così: quando un'amicizia cominciava a diventare più solida, scappavo. Non mi facevo sentire per alcuni giorni, ed era fatta. Questo semplicemente perchè avevo paura. Avevo una fottuttissima paura di legarmi nuovamente a qualcuno, per poi perderlo all'improvviso.  
-Per paura. Tu piuttosto, che combini a quest'ora?- Non tentò di approfondire il discorso, e per la prima volta provai gratitudine nei suoi confronti. Aveva capito che qualcosa non andava, o forse si stava semplicemente facendo i cazzi suoi.
-Ho avuto dei problemi a casa e sono scappato.- Il tono si era indurito. Sembrava  odiasse persino parlare della sua famiglia. Non immaginava nemmeno lontanamente quanto io potessi capirlo. Un silenzio ci avvolse, ognuno occupato a pensare al propria schifosa situazione familiare.
-Allora, vuoi che ti accompagni a casa? Tanto al momento non ho un cazzo da fare. E magari dimmi anche il tuo nome, eh.-
Eccolo, di nuovo gentile. Mi faceva girare la testa quel ragazzo. In ogni caso valutai bene la sua proposta: con Mike non ci volevo tornare, e avevo abbandonato il progetto di ubriacarmi fino a svenire. Tornare a casa, sì. Sembrava una buona idea.
-Tralasciando il fatto che non arriveremmo a casa senza tentare di picchiarci a sangue, mi faresti un gran piacere. E comunque sono Amanda-
Sorrise divertito e mi strinse la mano.
- Piacere, Billie. Cercherò di comportarmi bene.-




 
Angolo dell'autrice (notare la classe della linea orizzontale qui sopra)
Buon Natale ciente <3 
Considerate questo capitolo il mio regalo.
Allooooora 10 punti a chi indovina la canzone iniziale...no ok...è Whatsername, ovviamente. 
Piaciuto?  E' pure più lungo rispetto agli altri, mi ci sono impegnata! 
Solo un appunto: quella che ha Amanda è un tipico attacco di panico: respiro corto, battito accellerato, giramenti di testa, nausea (grazie Wikipedia). Perchè? Semplicemente per alcuni brutti ricordi che stavano affiorando, ma non voglio spoilerare nulla.
Solo un altro appunto: Mike e Billie (e anche Tré e gli altri) non si odiano, stanno solo attraversando un brutto periodo. Sono comunque migliori amici.

Vorrei ringraziare greenday_americandidiot che c'è sempre. Sappi che ti adoro. 
E ovviamente invito i lettori silenziosi a farsi sentire. Anche per critiche negative, per qualsiasi cosa insomma, invito a scrivere. Ripeto: non vi mangio!



R&L and an happy new yeaarr (canticchiando se ne va).

 

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Capitolo 5
*** And everything will be alright. ***


Dearly beloved, are you listening?
I can't remember a word that you were saying.
Are we demented? Or am I disturbed?
The space that's in between insane and insecure
 
 
Inspirai avida una boccata di fumo, sorridendo divertita.
Come previsto, avevamo litigato pochi lampioni più avanti. A quanto pare quell'adorabile ragazzo aveva il senso dell'umorismo di un becchino, a giudicare dallo sguardo omicida che aveva seguito le mie battute sulla sua "altezza".
-Senti, ragazzina. Ti faccio notare che sei più bassa di me, quindi tappati quel cesso e sbrigati a camminare. Prima ti porto a casa, meglio è per tutti.-
Guardando la sua espressione irritata mi ritrovai a pensare a uno dei detti preferiti di mia madre: "Non giudicare un libro dalla copertina". Certo, di solito lei lo usava per giustificare l'ennesimo uomo sbronzo che mi ritrovavo in casa. Ma, seppur in una circostanza diversa, si poteva dire lo stesso di Billie: avevo decisamente giudicato male quel ragazzo.  Non era un sociopatico nevrotico.
Peggio.
Era un sociopatico nevrotico con la mentalità di un bambino irritabile.
Ma se stavo ancora sorridendo invece di piantargli un bel dito medio in faccia ed andarmene, c'era un motivo.
Il suo sguardo.
Quando avevo nuovamente nominato la famiglia e Mike, per pochi nanosecondi la sua maschera di rabbia e cinismo si era sgretolata, rivelando un guizzo di paura e insicurezza in quegli occhi verdi. Poi ovviamente aveva cambiato discorso, e io non avevo insistito.
Ma mi era bastato per capire che sotto quella facciata da menefreghista incazzato, era un ragazzo solo. Me ne ero accorta per un semplice, banale motivo: empatia. Ero sola anche io, solo che non mi facevo tanti problemi.
-Come vuoi, gigante. Sappi che nessuno ti obbliga ad accompagnarmi eh. - Mi piantò addosso il più rabbioso dei suoi sguardi, buttando quel che rimaneva della sua sigaretta.
-Non ti lascio da sola alle quattro di notte, anche se sei una stronza. E poi, purtroppo, vivo nella tua stessa fottuta via, poche case più avanti.-
Merda. A quanto pare avrei dovuto vederlo più spesso di quanto desiderassi. E già era difficile stare con lui per più di dieci minuti.
Ma poi perchè ci stavamo mettendo tanto? Casa mia era  a pochi isolati da quella di Mike.
Mi guardai intorno, confusa. Di notte mi era difficile orientarmi.
-Ma dove cazzo siamo?-
-Ho fatto una piccola deviazione per cazzi miei e tu mi hai seguita. In ogni caso siamo sulla Gilman Street, vicino alla Lake Ave. E questo è il Gilman, il locale dove ci esibiamo ogni tanto.-
Quello che avevo davanti non sembrava nemmeno lo stesso ragazzo che fino a pochi minuti prima era sul punto di sputarmi.
Ora riuscivo finalmente a capire perchè Mike ci tenesse tanto a quel piccolo stronzetto: persino al buio potevo vedere un guizzo di emozione illuminargli gli occhi, e aveva un sorrisetto stampato in faccia; questo solo per aver nominato una delle loro tante serate.
Sembrava che la band e la musica fossero il suo ossigeno.
Poi spostai lo sguardo sull'edificio che mi stava indicando. Dall'esterno non sembrava il covo di punk che mi avevano descritto in passato: l'unica cosa che stonava erano i cassonetti pieni di graffiti e buttati a terra. Per il resto, era un normalissimo locale. D'altra parte l'orario era assurdo. Probabilmente quando si esibivano le band l'atmosfera era totalmente diversa.
-A quanto pare dovrò proprio fare un salto a vedere i famosi Green Day all'opera, visto che non si parla d'altro.-
Si voltò e mi sorrise a trentadue denti.
Sarei mai riuscita a stare dietro ai suoi cambiamenti repentini di carattere?
-Fidati, non te ne pentirai. Suoneremo i pezzi del nostro primo Ep, 1,000 Hours, che abbiamo appena finito di registrare. Se piaceranno, ne registreremo altri e poi, finalmente, sfonderemo.-
Lo disse con una sicurezza spaventosa. Come se fosse un'ovvietà. Eppure nemmeno io ero più tanto sicura che fosse un patetico sogno infantile destinato a non realizzarsi. Persino io, la pessimista per eccellenza, dovevo ammettere che di passione quei ragazzi ce ne mettevano tanta.
Non mi restava che sentirli dal vivo per giudicare.
Si accese un'altra sigaretta, tanto per cambiare, e riprese a camminare, facendomi segno di seguirlo.
-Capisco che la mia compagnia sia fantastica, ma era proprio necessario fare questo fottuto giro? Ci abbiamo messo almeno dieci minuti in più e sto congelando, porca puttana!-
-Non avevo voglia di tornare a casa, quindi ho fatto la strada più lunga. Ripeto: nessuno ti ha costretto a venire con me. E comunque siamo arrivati-
-Oh, bene. Mi levo dalle palle e ti lascio alle tue passeggiate notturne.-
Feci per svoltare velocemente a sinistra, intenzionata a bruciare la distanza tra me e il mio letto caldo, ma mi afferrò velocemente il polso, costringendomi a voltarmi.  
Ero a pochi centimetri dal suo viso, gli occhi di quel verde così intenso da confondermi che mi scrutavano, apprensivi.
-Solo un' ultima cosa. Non ho ben capito perchè stasera te ne sei andata da casa di Mike, e non voglio nemmeno saperlo perchè non sono cazzi miei. Da quello che ho potuto vedere però lui ci tiene a te, quindi non lasciarlo, ok? Basto e avanzo io a incasinargli la vita, e lui non se lo merita.-
E, prima che io potessi tentare di replicare, mi scompigliò i capelli e se ne andò.
Che piccolo pezzo di merda.
Lui combinava i casini, lui rovinava tutto e bruciava tutte le amicizie e chi doveva riparare ai suoi errori? Io? Una perfetta sconosciuta che non sapeva niente di quei pazzi?
Ci hai pensato che forse non sei più una sconosciuta? Ormai ci sei dentro, sono tuoi amici.
Sbuffai irritata, costatando che quell'affermazione era più che vera: anche se lo conoscevo da solo un giorno mi sentivo incredibilmente vicina a Mike: era quel tipo di legame che si consolidava, prepotente, nel giro di pochissimo tempo e ti divorava.
Quel tipo di legame che avevo avuto solo con Megan.
Ed era fottutamente pericoloso. Perchè quando ti affezioni in quel modo a una persona e poi la perdi, le cose si mettono male. Molto male. Ed io ne sapevo qualcosa.
D'altra parte avrei solo fatto la parte dell'ipocrita affermando di non voler più rivederlo, perchè la parte più masochista di me voleva solo tornare a dormire tra le sue braccia.
Da troppo tempo non avevo un amico, ed era tardi per mollare tutto.
"A quanto pare non ti libererai presto di me, Dirnt." mormorai scocciata a me stessa.
Avrei corso il rischio.
 
 
 
 
-Si può sapere dove diavolo sei stata, signorina?-
Cazzo.
Un risveglio tranquillo, non chiedevo tanto!
Una luce intensa riempì la stanza, rischiando di bruciarmi le retine. Alzai una mano per coprirmi gli occhi, invano.
-Ma cosa cazz..?-
-Sono le undici del mattino! Hai anche saltato la scuola, lo sai?-
Cominciai a mettere a fuoco la stanza, trovandomi davanti una Jenna piuttosto incazzata.
L'insieme era esilarante: capelli scompigliati, cipiglio da adesso-sei-nei-guai e braccia sui fianchi. L'immagine perfetta della madre che ha appena beccato la figlia a fare qualcosa che non dovrebbe.
Ma c'era un piccolo dettaglio che stonava.
Lei era Jenna, non mia madre.
E io ero Amanda.
-Sono solo andata a dormire a casa di un amico!- Replicai con una voce impastata dal sonno. Non si era mai fatta problemi di questo genere, prima d'ora.
-Hai la più pallida idea di quanto io mi sia preoccupa..?-
Ma non fece in tempo a finire la frase che la voce si incrinò. Si mise a sedere sul letto, con le mani tra i capelli. Una lacrima le solcò il viso, rapida.
-Mi spieghi che cavolo sta succedendo?- Si voltò verso di me, con gli occhi arrossati e gonfi. Aveva pianto, e tanto.
-Io non ce la faccio. Non sono brava in questo genere di cose, rischieresti di non arrivare viva a fine mese. E solo perchè sono un'incapace. Finchè sono due settimane ok, ma adesso...Dio, sono troppe responsabilità e io non mi sento tagliata per fare la parte della mammina premurosa...io....io...- E scoppiò a piangere, singhiozzando. Mi spostai vicino a lei e le tolsi una ciocca di capelli dal viso.
-Jenna nessuno ti costringe. Se vuoi chiedo mia madre di venire qui. O magari di comprarmi un appartamento imbrogliando un po' le carte. Non sarà un problema.-
Si voltò verso di me, con lo sguardo dubbioso.
-Ma come? Non ne sai nulla? Mi ha chiamato stamattina mentre dormivi per dirmi che si sono definitivamente trasferiti in Sud America. Non tornerà a prenderti.-
Dopo tutto quel tempo, dopo tutto quello che avevo passato, mi sarei aspettata un'altra reazione da parte mia, come per esempio un grido di gioia o una corsa nuda per tutta la città.
Invece no.
Ero paralizzata, incapace di muovere un muscolo.
Era uscita la bambina che era in me.
Quella che si rintanava in un angoletto, abbracciata al suo plaid verde, piangendo silenziosamente perchè lei era chiusa in camera con un altro uomo, senza degnarsi della figlia a pochi metri di distanza.  
Era mia madre. La mia fottutissima madre! Non si era mai comportata come tale, ma arrivare ad abbandonarmi (perchè, in definitiva, era quello che aveva fatto)...era...era...
Era una cosa che non mi sarei mai aspettata, persino da lei.
E, contro ogni previsione, contro ogni logica, senza un briciolo di ritegno una schifosa lacrima mi solcò la guancia.
La asciugai rabbiosa.
Non avrei più pianto per quella donna.
Per quanto mi riguardava, ero orfana. 



 
Buon pomeriggio (?)
Lo so, è un capitolo moscio e corto (recupererò con il prossimo ;)).
Comunque io adesso parto quindi vi volevo lasciare qualcosa su cui riflettere. 
Amanda, per quanto sia una ragazza davvero, davvero forte, crolla. E' umana, e ha appena visto sua madre abbandonarla senza pensarci due volte. Sfido chiunque a restare impassibile. 
Rimane sempre e comunque Amanda, la ragazza più tosta che io conosca. (no, non la conosco..ma vabbeh).
Questo capitolo parla praticamente solo di lei, ma vi ricordo che non è una storia solamente sui Green Day (cioè sì...ma no...oddio HAHAHA)
Per quanto riguarda Jenna devo dire un paio di cosette: non è che odia Amanda, semplicemente ha paura di fallire nel suo nuovo ruolo di tutrice improvvisata, visto che non è il suo forte. E di certo Am non aiuta tornando alle quattro di notte con l'odore di canne impregnato addosso :')
Billie. Aaaaah, Billie. 
E' estremamente complicato come personaggio, spero che riusciate a capirlo. Un attimo prima è un cinico bastardo, l'attimo dopo implora Am di non abbandonare il migliore amico. Sì, lo so, fa girare la testa anche a me. 

Un ultimo, piccolo appunto (giuro che è l'ultimo): Gilman Street si trova in realtà a Berkeley, non a Rodeo. Ma fate finta di nulla, ok? *fa gli occhi dolci*

Un grazie di cuore a quelli che mi seguono, che hanno messo la storia tra le preferite e che recensiscono. 
IO.VI.ADORO!

R&L

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Capitolo 6
*** She, she screams in silence... ***


Image and video hosting by TinyPic Image and video hosting by TinyPic She...
She screams in silence
A sullen riot penetrating
through her mind
Waiting for a sign
To smash the silence with
the brick of self-control
 
 
 look polyvore: http://www.polyvore.com/punk_is_not_dead/set?id=94980241
 
Casa vuota, divano, Tv, Simpson e birra gelata.
Era tutto perfetto per godermi un fottuto pomeriggio a riposarmi, finalmente.
Ma a quanto pare il mio cervello non aveva intenzione di contribuire.
C'era qualcosa di troppo che continuava a distrarmi, impedendomi di capire una sola delle stronzate dette da Homer: il telefono, a pochi passi di distanza.
E per quanto io mi imponessi di non pensarci, non c'era niente da fare: l'occhio mi ricadeva comunque su quello schifo di apparecchio.
Dovevo parlare. Con chi? Nessuno in particolare. O almeno questo era quello di cui stavo tentando di convincermi, quando in realtà quel nessuno aveva un nome fottutamente specifico.
L'irritazione cominciò a salirmi. Non ero mai stata tipa da correre dall'amichetto perchè qualcosa non andava. I problemi me li risolvevo da sola, non avevo mai avuto bisogno di qualcuno, io. Persino con Megan non mi sfogavo del tutto.   
E invece no.
A quanto pare ora le cose erano cambiate. Ora c'era lui, Mike. E mi irritai ulteriormente costatando che in soli tre fottuti giorni quel ragazzo mi aveva fatta diventare dipendente da lui, come fosse una droga.
E io, cazzo, non ero mai stata dipendente da nessuno.
Io ero Amanda.
Non una fottuta cacasotto bisognosa di affetto.
Spensi con un gesto secco la Tv e mi alzai imprecando e stiracchiandomi tutta. Erano le otto ed io ero già pronta, pur sapendo che la band avrebbe suonato alle dieci. Doccia, vestiti, borsa, cena...non avevo più scuse per non chiamare, sopratutto dopo averlo mollato senza spiegazioni il giorno prima. Ma poi chiamare per dire cosa?
Niente. Mi basterebbe solo sentire la sua voce.
Risi di me stessa per aver pensato una cosa simile. Patetico.
Buttai la lattina nel cestino, più per allontanarmi dal salotto che per educazione. Jenna non era il massimo nelle faccende domestiche e sicuramente quella birra non avrebbe fatto la differenza nel caos che regnava.
Che poi non la vedevo dall'ora di pranzo. Era uscita per andare non so dove, ancora turbata per la notizia ricevuta. Probabilmente era andata dalla sua amica a sfogarsi, tanto per cambiare.
Doveva essere stato un brutto colpo da ricevere.
Tuttavia prima di andarsene mi aveva ben specificato (senza guardarmi negli occhi) che il problema non ero io, che ero una ragazza fantastica, che le faceva molto piacere avermi con lei; che tutto il casino era suo, che purtroppo era un disastro in questo genere di cose come la scuola, fare il bucato con regolarità (o almeno lavare una maglia giusto per non andare in giro nude), fare quel minimo di pulizie per vivere in un posto decente...insomma, il genere di affari da madre.
Non ci era abituata, tutto qui.
Cazzate.
La conoscevo bene, e non era proprio tipa da farsi questi problemi.
La verità era che in questa nuova situazione io le ricordavo costantemente, fastidiosamente la causa della sua caduta in depressione, parecchi anni prima: era sterile.
E finché passavo due settimanelle in sua compagnia, come sorelle, ci stava. Ma ora mi vedeva come la figlia che non sarebbe mai riuscita ad avere. Ero la rappresentazione in carne ed ossa dei suoi fallimenti.
C'era da meravigliarsi se non mi aveva cacciata a calci dalla porta.
D'altra parte io non potevo far niente per il momento, anche se lei non meritava tutto questo schifo. Forse, più avanti, sarei andata a vivere con Mike.
Eccolo, di nuovo.
Possibile che non potesse togliersi dalla mia testa per due merdosi secondi?
Fanculo, io lo chiamo.
Fissai per qualche secondo il telefono prima di gettarmi a comporre il numero (non ero nemmeno sicura che fosse quello giusto, visto che me lo aveva scritto mentre era completamente strafatto).
Ero quasi giunta al compimento del mio geniale piano (senza inoltre sapere cosa gli avrei detto), quando un rumore fuori dalla finestra socchiusa mi distrasse. Erano sussurri. Ma le voci erano concitatissime, come se i parlanti fossero sul punto di prendersi a botte. Riuscii a captare solamente la frase "i soldi dell'hashish dove sono?".
Sbuffai, sbattendo al suo posto quel coso infernale. 
Ma a Rodeo c'era davvero gente così stupida, ma così stupida, da mettersi a spacciare sotto la finestra in zona abitata?
A quanto pare sì, ma la mia pazienza aveva già raggiunto e superato il limite.
Ora mi avrebbero sentito.
Spalancai improvvisamente la porta, colta da un moto di rabbia.
Ma fui costretta a fermarmi quando misi a fuoco i proprietari delle rispettive voci.
In piedi, a pochi metri da me, c'era una specie di armadio, capelli neri e sparati ovunque, coperto da capo ai piedi da piercing e tatuaggi. Con una mano aveva afferrato per la maglietta quel cretino di Billie, che aveva stampato in faccia il più arrogante dei suoi sorrisi.
Si stavano fulminando.
Ma il particolare più importante era il pugno del ragazzo-armadio proteso, pronto a spiaccicarsi con poca grazia su quegli occhi verdi.
E lui sorrideva.
Dio, che idiota.
Ma prima che io potessi solamente pensare di fare qualcosa, la mano scattò. E in pochi secondi Billie fu scaraventato al suolo, accompagnando la caduta con schizzi di sangue.  
Cazzo. 
-Fermati, stronzo.-
Scattai in avanti, spinta dall'adrenalina e da un insolita sensazione di disagio. Proprio quando stava per colpirlo di nuovo, si voltò. Gli angoli della bocca gli si piegarono in un sorriso.
Anche io avrei riso, al posto suo: quel coso era il doppio di me.
-Sentito, dolcezza? La tua ragazza è venuta a salvarti quel muso da cane. -
Gli passai avanti con finto menefreghismo e provai a spostare le mani che Billie si teneva spasmodicamente sul viso: tra le dita scorreva copiosamente il sangue.
Non sorrideva più.
Provai a fare un veloce calcolo delle possibilità che avevo di prenderlo in braccio e correre con lui in spalla prima che il facocero sarebbe riuscito a prenderci.
Probabilmente sarebbe stato più probabile veder passare il Papa nudo che ballava la samba.
Ma non potevo lasciare lì quel piccolo pezzo di schifo, per quanto lui se lo meritasse.
-Ragazzina togliti, oppure dovrò fare il culo anche a te. Fammi insegnare a quel bambino le buone maniere e torna a giocare con le bambole-
Mi mise una mano sulla spalla, strattonandomi.
Oh, c'era un limite a tutto.
Chi cazzo era quel tizio per darmi della ragazzina?  
Io ero Amanda, Cristo. Ne avevo le palle piene della gente che mi sottovalutava.  
Tolsi la sua mano con un gesto secco e lo strattonai via.
La rabbia gli deformò il viso, ma prima che potesse aprire bocca, cominciai ad urlare.
-Si può sapere che cazzo vuoi tu? Soldi? Eh? Eccoli i tuoi soldi.-
Gli tirai tutti i miei miseri risparmi che, fortunatamente, avevo in tasca e poi aggiunsi, avvicinandomi.
-Facile prendersela con i ragazzini, vero? Sfortunatamente per te però ero una spacciatrice anche io, e conosco le regole. Fatti trovare di nuovo in giro e giuro che passerai il resto dei giorni in una cella.-
Sembrava sul punto di uccidermi, ma io non ero da meno.
Ci fissammo per un tempo interminabile, l'uno a pochi centimetri dall'altra.
Puzzava di alcol e droga.
Alla fine sorrise, apparentemente rilassato, e si voltò verso Billie.
-Sentito, dolcezza? Questa bellezza ha più palle di te. Per questa volta ti salvi il culo, ma la prossima giuro che faccio nero te e le ragazzine che ti porti dietro, capito?-
Mi guardò un'ultima volta e si voltò, scomparendo dietro l'angolo.
Se prima avevo creduto che Billie fosse un idiota, ora ne ero certa. Come diavolo gli era venuto in mente di non restituire i soldi a un fornitore? Era da folli.
Sbuffai e mi avvicinai a lui, che nel frattempo si era messo a sedere e aveva scoperto quella maschera di sangue che aveva al posto della faccia. Spuntavano solo gli occhi verdi. Forse si era rotto qualche altro dente, tanto per cambiare. Gli porsi una mano per aiutarlo ad alzarsi, ma in risposta ricevetti solamente un'occhiataccia:
-Lasciami stare, cazzo. Non ho bisogno del tuo aiuto. Levati dalle palle.-
Forse quel pugno gli aveva mandato in tilt gli ultimi due neuroni rimasti.
-Fottuto cretino. Lo vedo come te la cavi bene senza il mio aiuto. Come ti viene in mente di non restituire i soldi? Poi ti cacci nei casini proprio la sera del Gilman? Ma ci pensi anche a Mike e alla band, o esisti solo tu? Dai, muoviti. Devi sciacquarti quello schifo. -
 -Non sono cazzi tuoi. -
Si alzò barcollando, fregandosene del mio aiuto.
Non credevo esistesse un essere così irritante.
-Facciamo che la prossima volta, visto che non sono cazzi miei, me ne sbatto di salvarti le chiappe e mi godo lo spettacolo del tuo bel faccino ridotto ad un ammasso di sangue, d'accordo?-
Mi investì con il suo sguardo verde incazzato, prima di aprirsi inaspettatamente in un sorriso.
-Lo so che sono bello, grazie tante.-
Alzai gli occhi al cielo e mi limitai ad aprire la porta, con lui al seguito.
Se non altro adesso avevo una distrazione per non pensare a Mike.
 
 
 
Poche ore dopo:
 
 
 
Sudore.
Salti.
Urla.
Ero svuotata da tutti i problemi, le emozioni, le preoccupazioni.
La mia vita faceva schifo? Amen.
Non avevo più una madre? Tanto meglio.
Avevo perso Erica, Maggie e Tré in mezzo alla folla? Ciao.
Riuscivo solo a pensare al fatto che dovevo saltare e che potevo, anzi avevo l'obbligo, di fregarmene ulteriormente di tutto, perchè ne valeva la pena di avere la testa svuotata per pochi secondi.
La Musica, quella musica, portava via le sensazioni che non riuscivo a reggere più. Era come un'iniezione di novocaina, anzi, meglio.
Green Day. Avevano appena guadagnato un biglietto di sola entrata tra il gruppo delle mie band preferite.
Gilman. Felicità.
E poco importava che stavo pogando a fianco di punk sconosciuti e  rabbiosi sulle note di "Dry Ice".
Poco importava se avevo Mike a pochi metri di distanza.
C'ero solo io, e i Green Day.
 
Oh I love her
Keep dreaming of her
Will I understand
If she wants to be my friend?
 
Era quel genere di musica che ti entrava sottopelle, quel genere di musica che quando inizi ad ascoltarlo, non puoi smettere. Quel genere di musica che ti fa sentire Dio sceso in terra.
E l'adrenalina che mi scorreva in circolo non era dovuta tanto alla musicalità delle loro canzoni (che era già di sé molto coinvolgente), quanto al loro atteggiamento sul palco: Billie...senza parole; era come se la musica scorresse nelle sue vene. Non avrei saputo spiegare a parole la passione che ci metteva. Trapelava da ogni, singola parola; da ogni, singola nota.
La musica distruggeva la maschera. 
 Saltava, urlava, esortava tutti a fare di più, a scatenarsi di più insieme a Mike. E poi c'era Al, che batteva quelle bacchette con tanta energia da rendere il tutto ancora più coinvolgente.
E sopratutto ci mettevano passione, era la loro forza.
Non era un fottuto sogno, quella band sarebbe diventata qualcosa.
Qualcosa di davvero, davvero grosso.
 
 
 
E' già la terza modifica eh. Forse ce la farò. 
Ho provato con le immagini a inizio capitolo...ma i codici HTML sono da esaurimento quindi fa parecchio schifo.
Comuuunque..ciao bellissime :D
Vi è piaciuto un pochino? C'è azione finalmente ò.ò
Non so se avete notato, ma ci sono alcuni riferimenti alle loro canzoni, Give me Novacaine, Longview (lei sul divano), e altre che al momento non ricordo :')
Volevo solo dirvi che ho intenzione di strutturare così la storia, cioè collegandola con le canzoni. 
Per il resto...boh...niente mi pare.


Lettori silenziosi, se ci siete, recensite!
Per le ragazze che mi hanno recensito, G-R-A-Z-I-E!

R&L

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Capitolo 7
*** Highway to Hell ***


Amanda
 
I walk a lonely road,
The only one that I have ever known,
Don't know where it goes,
But it's home to me and I walk alone,
I walk this empty street,
On the blvd. of broken dreams,
Where the city sleeps,
And I'm the only one and i walk alone.
 
 
 
 
 
Creste colorate.
Confusione.
Borchie.
Piercing.
Odore di pelle e sudore.
Erano almeno cinque minuti che vagavo in mezzo a quell'ammasso di punk esaltati, tentando disperatamente di trovare quegli idioti che erano finiti Dio sa dove dopo l'esibizione.
Oh, l'esibizione.
A giudicare dalla pelle d'oca che ancora avevo sulle braccia quei tre ragazzini iperattivi ci sapevano fare, c'era poco da dire. E quando Billie, dopo sei fottute canzoni (tra pezzi di 1,000 hours e cover), aveva salutato la folla con un sonoro "fuck you all", ero rimasta stranamente delusa.
Ne volevo di più, fottutamente tanto di più.
Erano una droga.
Suonavano con quella leggerezza e passione che possono metterci solo dei ragazzini sedicenni, che se ne sbattono di guadagnare soldi con le canzoni. Di quelli che prendono la chitarra e fanno il culo a tutti. Di quelli che ci mettono l'anima, che se ne fregano dei giudizi degli altri, che fottono il cervello di chi li ascolta con le loro cazzutissime canzoni.
Ecco, era questo il termine esatto: fottere.
I Green Day ti fottevano il cervello.
Entravano, incasinavano tutto e non uscivano più.
 
 
 
Buttai fuori tutto il fumo, e gli occhi cominciarono a bruciarmi e lacrimarmi.
Era la mia seconda canna, e ormai non c'era modo di evitare che i ricordi affiorassero.
Presi un'altra boccata e tentai di nuovo di concentrarmi, tanto ormai il danno era fatto:
la mia mente non aveva freni:
Due settimane.
Erano passate due sole, fottutissime settimane dalla serata al Gilman, eppure, in sole due settimane, quel fragile equilibrio che si era creato nella mia vita era andato a farsi fottere.
Tante, troppe cose erano successe in pochissimo tempo e io non potevo, o forse non volevo, stare dietro a tutti i schifosi cambiamenti.
 
Dopo il Gilman, la vera alba della mia nuova vita, qualcosa era scattato: non so come, né quando, ma ero entrata a far parte ufficialmente del gruppo di bastardi: Maggie, Erica, Tré, Al, Mike, Billie e gli altri.
Io, Amanda Stonem, la stronza per eccellenza che aveva il terrore di affezionarsi, avevo degli amici.
Anche se il termine amici non rendeva esattamente l'idea: eravamo...i persi?
Sì, in parte era esatto: eravamo i persi che si erano ritrovati.
Gli incompresi, i ribelli, i bastardi di periferia, tutti quelli che costituivano la minoranza. Un gruppo unito dagli stessi fottuti problemi e dalla stessa voglia di mandare il mondo a puttane.
Eravamo una famiglia.
E cazzo, se era bella come sensazione! Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentivo qualcuno.
Io ero cambiata.
Rodeo, loro tutti, mi avevano cambiata.
 
E non era durato, come sempre.
Avevo rovinato tutto quella stramaledettissima mattina di soli tre giorni prima, che ora mi sembrava solamente un ricordo sfocato e lontano:
 
 
 
Déjà-vu.
Per la seconda volta da quando ero arrivata a Rodeo mi ritrovai a fissare la sveglia in camera di Mike.
E per la seconda volta avevo un buco di diverse ore della serata precedente.
L'unica, importante differenza era che non avevo vestiti.
Ero nuda.
Nello stesso letto di Mike.
Ero completamente, totalmente nel panico.
Dovevo andarmene immediatamente.
Tolsi il suo braccio intorno alla mia vita con la massima delicatezza, perchè non avevo la minima intenzione di svegliarlo e, di conseguenza, dover parlare con lui.  
Raccolsi i miei vestiti da terra, li infilai in fretta e furia con mano tremanti e mi buttai nel bagno, troppo codarda per guardarlo in volto e assicurarmi che stesse ancora dormendo.
Magari al risveglio non avrebbe ricordato nulla.
La porta di chiuse con uno scatto metallico.
Ero sola, con la mia paura.
Sì, perchè a farmi compagnia c'era solamente un peso all'altezza dello stomaco, la sensazione che si ha prima che tutto crolli.
Strinsi la testa fra le mani e scivolai contro la parete, concentrandomi con tutte le mie forze per non scoppiare in lacrime.
Cosa cazzo era successo?
Cosa cazzo avevo fatto?
Perché?
Cominciai a ricostruire gli eventi, tentando disperatamente di non cedere al panico e vomitare: avevamo passato il pomeriggio a casa di Mike, perchè i ragazzi dovevano provare. Evidentemente però doveva essere entrata in gioco la vodka che aveva portato Al, perchè dopo le canzoni avevo solo ricordi confusi.
Un attimo prima ero sul divano con Tré, Erica e Maggie, mentre Billie cazzeggiava con la chitarra.
Un attimo dopo (probabilmente c'era stato un salto di due ore) in camera di Mike, tutta presa a fissare i muri che stavano smettendo di girare vorticosamente. Lentamente l'effetto dell'alcol stava svanendo. 
E poi lui era entrato barcollando.
Lui, che dopo la serata al Gilman aveva sgretolato il mio muro di insicurezze. Avevo creduto che ne sarebbe valsa la pena, che non lo avrei mai perso.
E mi ero sbagliata.
Si era sdraiato e io mi ero raggomitolata vicino a lui, con la testa sul suo petto, sbiascicando che gli volevo un bene dell'anima e stronzate simili.   
Ma in pochi secondi era successo l'imprevedibile: mi ero voltata per dirgli non so cosa, ma lui era dannatamente più vicino di quanto mi fossi aspettata. Le sue iridi color ghiaccio, illuminate dalla televisione, mi avevano confusa.
Era stato forse il secondo più lungo della mia vita: quell'attimo esatto che precede uno dei più grandi errori della tua vita. Quello in cui devi decidere se seguire il tuo istinto, o se dar ragione alla parte razionale.
E nel mio caso la parte razionale (già in tilt per l'alcol), aveva avuto la peggio.
Perchè mi ero fatta avanti, spinta dal desiderio di bruciare quella piccola distanza.
Ed era stato proprio nell'attimo in cui avevo toccato le sue labbra con le mie che tutto si era spento. Era un errore, persino da ubriaca me ne rendevo conto. Ma ormai avevo scelto di fare quell'errore, e non c'era stato modo di fermarmi.
Le nostre maglie erano finite per terra, seguite subito dopo dai pantaloni.
Lui era ovunque, non c'era spazio per nient'altro.
L'ultimo, fugace ricordo era stato il suo sguardo incrociato nel mio, e una fottutissima frase che aveva reso il tutto ancora più sbagliato "Ti amo".
Poi, buio.
 
E quando ti accorgi di aver fatto la scelta errata in quel secondo, è troppo tardi.
Mi rialzai e mi sciacquai la faccia, senza riuscire a portare via l'espressione di vergogna.
Avevo chiuso, dovevo andarmene e tanti saluti a lui, a tutti.
Ma ero forte abbastanza per fare una cosa simile? No.
Forse mi stavo ponendo la domanda sbagliata.
Ero abbastanza stronza da rimanere e far del male a lui? Non volevo esserlo.
Presi apatica la borsa e aprii la porta, intenzionata ad annegare in un fiume di alcol, anche se erano solo le otto del mattino.
Non volevo restare lucida.
Ero già sul punto di uscire di casa quando la sua voce, la stessa che fino alla sera prima aveva avuto il potere di rendermi felice, mi fece gelare sul posto, la mano ancora sulla maniglia.
-A quanto pare scappare è la cosa che ti riesce meglio.-
Mi voltai lentamente, piena di vergogna.
Nei suoi occhi, che ormai avevo imparato a leggere, c'erano accusa e rabbia per me, per quello che stavo facendo. E io commisi il mio secondo, stupido errore: reagire.
Sfogai tutta la vergogna, la rabbia, la repulsione, il disgusto che provavo per me, su di lui:
-Vaffanculo. Lo capisci che niente di tutto questo doveva succedere? E' stato tutto un fottuto errore, quindi posssiamo dimenticare tutto e fare finta di niente, d'accordo?-
Era un tentativo patetico di sistemare tutto, e sapevo che non avrebbe funzionato.
Il suo sguardo infuriato lo confermò.
In un secondo bruciò la distanza tra di noi e mi prese la testa tra le mani.

-Vuoi lasciarti tutto alle spalle? Bene, sei libera di farlo. Ma non io. Perchè cazzo, ci conosciamo solo da poche settimane eppure mi sei entrata dentro in una maniera che non posso nemmeno descrivere. E non posso, non voglio, far finta che tutto questo non sia successo. Perchè io ti amo, Amanda.-
Sbam.
Mi colpì come uno schiaffo.
Il suo sguardo era concentratissimo, pronto a cogliere ogni mia reazione. E non riuscii a fare a meno di notare una piccola scintilla di speranza in quel ghiaccio.
Mi allontanai per non crollargli tra le braccia e presi un profondo respiro, prima di commettere il mio terzo, più grande errore:
-Forse è proprio questo il problema, Mike.-
E in quel momento tutto crollò.
Nel suo sguardo potevo leggere delusione e un'immensa tristezza, lui nel mio vergogna e rimorso.
Uscii lasciandomi alle spalle quel gelo.
Presi una boccata d'aria: ora ero sola.
 
 
 
 
Non c'era verso che nella mia patetica vita qualcosa andasse per il vesto giusto, ma mi ero sempre rialzata dopo le cadute. Sempre da sola, ovviamente.
Ed era questo il mio problema: essere soli in un certo senso rende le persone più forti.
Avere invece qualcuno su cui appoggiarsi è una cosa talmente bella e rassicurante allo stesso tempo che quando lo perdi, rialzarsi da soli è impossibile, cosa che avevo imparato a mie spese.
Ero forte abbastanza?
Non avevo avuto la forza di fare nulla, di reagire, di tentare anche solo di alzarmi.
E perchè tutto questo mi aveva riportato alla mente il mio passato, Megan, tutto lo schifo della mia vita.
No, non ero stata forte abbastanza.
Avevo passato tre giorni nella più totale apatia, senza aver visto né sentito nessuno dei ragazzi.
Ma tutto quello aveva un senso? Chiudermi in me stessa avrebbe risolto le cose? Probabilmente no.
Io ero tipa da spaccare tutto, non da rannicchiarmi nell'angoletto a piangere. 
E con quell'idea mi ero svegliata quella mattina: distruggere tutto quello che mi sarebbe capitato a tiro.  
E sei sigarette e tanti passi più tardi non mi ero ancora calmata. Era sempre stato questo il mio modo di reagire alle situazioni negative: incazzarmi. 
Probabilmente sarei arrivata all'altra parte della città se due occhi verdi non fossero improvvisamente spuntati da una vecchia macchina. 
Mi aveva detto di salire, senza un ciao né una domanda. E io non avevo esitato a ubbidirgli. 
Una volta arrivati, sempre senza sputare parola, mi avevo fatto segno di seguirlo.

Ed ora ero lì, in mezzo al nulla, a fumare canne con lui al mio fianco. 
Fine. Niente domande assillanti su cosa fosse successo o stupide frasi del tipo "tutto andrà bene, tranquilla".
E sorprendentemente aveva funzionato: la rabbia se ne era andata insieme all'unico treno che era passato su quei binari. 
Dopo quasi un'ora immersi nel più totale silenzio, mi voltai nella sua direzione:
-Bambi, dove cazzo mi hai portata?-
Si rialzò a sedere e buttò la canna, prima di piantarmi addosso due occhi leggermente rossi. 
-Christie Road, ragazzina. La mia casa.- 





 
Note della stupida che è in ritardo con gli aggiornamenti
 
Dio, lo so! Scusatemi davvero tanto.
Potrei dirvi che ho avuto degli impegni, ma mentirei. La colpa è solo di uno schifoso blocco: non mi veniva in mente niente!
Alla fine, dopo due settimane, ho partorito questo capitolo,  e non vi dico che fatica.
Per il look, ho apprezzato tantissimo i consigli di Laurieblarg, e ho tentato di migliorarli con scarsi successi.  Proprio non riesco a imitare il punk degli anni 80/90   t_t
Per quanto riguarda la storia invece ho deciso di fare un salto temporale perchè non potevo continuare a fare capitoli giorno per giorno, era tutto troppo lento e non avrei finito più!
Non odiatemi per averli fatti litigare! Lo so, erano carini. Ma non è una storia tutto amore e cioccolatini, anzi.
"Bambi" l'ho preso dalla serie televisiva Scrubs, una delle mie preferite. 
Ci sono riferimenti a Jesus of Suburbia, Minority, Letterbomb, Christie Road e forse anche altre, ma ora non mi vengono in mente.
Il titolo è preso dalla celeberrima "Highway to Hell" degli AC/DC, una canzone da pelle d'oca...ascoltatela!
"Autostrada per l'inferno" è una bella frase per descrivere la vita di Am in questo momento.
Due ultime cose (giuro che ho finito):  ho inserito il link del mio Tumblr sulla bio, per chi volesse seguirmi basta un click.
E infine un grazie di cuore a tutte le ragazze\i  che  mi stanno seguendo e recensendo! E' grazie a voi che vado avanti, perchè molto spesso (diciamo anche sempre) penso che la storia faccia schifo e  mi faccio assalire dai dubbi.
Quindi grazie, grazie e grazie ancora.
Un ringraziamento speciale a Laurieblarg, che mi ha dato davvero degli ottimi consigli! Grazie, amika.
 
Invito, al solito, i silenziosi a diventare rumorosi, perchè mi farebbe daaavvero molto piacere.
 
R&L




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** Do you think what you need is a crutch? ***


 
"All my life I've seemed to have this need
I think at times it even turns to greed
We all want to join some family
We'll even sacrifice a moral changing."
 
 
 
 
"Buonanotte e vaffanculo a tutti!"
Ecco, signori e signore, Billie Joe Armstrong in tutta la sua finezza.
Avevano finito. Due cover, tre pezzi di 1,000 Hours e alcune nuove canzoni (non potevo allontanarmi tre fottuti giorni che quelli sfornavano altri capolavori), e ancora l'atmosfera era piena di elettricità.
E quel branco di punk strafatti e casinisti sotto al palco aveva apprezzato, a giudicare dal modo in cui stavano urlando.
Anche a me erano piaciuti. O almeno così mi era sembrato: ero totalmente sbronza.
Spalle al muro, non avevo fatto altro che scolare alcolici dall'esatto istante in cui avevo messo piede in quel merdoso 'locale', che non era altro che una specie di enorme rimessa davanti al 7-11, piena di punk, droga e alcol.
Per cosa? Beh, all'inizio era stato un tentativo di sbollire la tensione, visto che ancora non mi ero decisa ad andare a scusarmi con Mike. Poi, quando avevo notato che lui non sembrava proprio entusiasta all'idea, visto il modo in cui mi aveva evitato, due sorsi si erano trasformati in mezza bottiglia e...ora non capivo più un cazzo.
Solo due volte avevo incrociato quei fottutissimi occhi blu, e due volte avevo ricevuto di rimando uno sguardo d'odio e disprezzo.
Quel che restava della mia speranza andò a farsi fottere, dopo che il mio ormai ex migliore amico sparì in mezzo a quell'ammasso di gente, senza nemmeno degnarsi di guardarmi. 
Ero diventata invisibile, e lo meritavo.
Portai di nuovo la bottiglia alla bocca, incurante della testa che continuava a girarmi vorticosamente e del mio precario equilibrio. Dovevo vomitare, ma nonostante tutto continuai a ingurgitare quella schifezza che spacciavano per vodka. Poco importava se stavo esagerando, avevo bisogno di svenire. Una specie di time-out.
Tanto, perché no? Peggio di così non poteva andare. 
Però ero ancora troppo lucida, mi serviva qualcosa di più forte.
Canne, ecco di cosa avevo bisogno.
Alzai faticosamente la testa per vedere dov'era finito Billie, anche se le pareti che giravano vorticosamente e quelle creste colorate che non mi facevano vedere niente  mi stavano rendendo difficile l'impresa.
Finalmente lo misi a fuoco, ma si stava 'divertendo' con una ragazza molto poco vestita, mentre Al vomitava a pochi centimetri di distanza. Non aveva fatto in tempo a scendere dal palco che già aveva rimorchiato, quella mezza sega. Proprio lui, che mi aveva costretto a venire a quella stupida festa, non mi aveva degnata di un fottutissimo sguardo. Ero stanca di star dietro ai suoi scatti di bipolarità, visto che  il Billie con cui avevo parlato poche ore prima sembrava un'altra persona:
 
 
 

14.00- Christie Road
 
Canne e silenzio.
Quello era un fottuto paradiso, c'era poco da dire. 
Semplicemente eravamo rimasti lì a fissare la ferrovia e a fumare, ognuno preso dai suoi pensieri.  
Fosse stato per me, saremmo potuti rimanere in quel posto per sempre, e fanculo al resto. 
Fu Billie a interrompere quella pace:
-Tutto ok?-
Mi voltai, trovandolo disteso di fianco a me sul cofano di quel bidone di macchina con cui, miracolosamente, eravamo arrivati lì. Non mi ero nemmeno accorta che si era avvicinato. 
Quasi non lo riconoscevo, con quello sguardo verde rilassato e tutta quella gentilezza. Nemmeno quando l'avevo portato di peso a casa per pulirgli quella maschera di sangue che aveva al posto della faccia era stato tanto gentile. 
-Ma tu sei un fottutissimo bipolare, Cristo Santo! Perché ora ti interessa come sto?-
Mi portai a sedere, subito seguita da lui che, ovviamente, nel giro di due secondi aveva ritrovato la sua solita aria irritata.  
-Scusami tanto se ho fatto una domanda. Dio, che rompipalle che sei.- 
Avevo già progettato di mandarlo a quel paese e poi andare via (cosa abbastanza patetica, visto che non sapevo nemmeno in che direzione fosse casa mia), ma non so per quale motivo non lo feci. Forse ero semplicemente troppo fatta per connettere il cervello alla lingua, o forse quel ragazzino nevrotico era davvero riuscito a combinare qualcosa di buono, portandomi lì. 
-Sto sicuramente meglio di prima...grazie, credo.- 
Abbozzai un sorriso nella sua direzione. 
Perché avrei dovuto rispondergli male? Era tanto solo e incazzato con tutti quanto me, quindi tanto valeva leccarci le ferite a vicenda, senza litigare come al solito. 
Non disse niente, si limitò a passarmi quel che restava della sua canna, mormorando un "tieni". 
La presi (tanto ormai ero fatta) e distolsi lo sguardo, mentre dentro di me valutavo l'idea di fargli quella fottuta domanda che stavo trattenendo da quando mi aveva trovato in strada in preda alla rabbia, poche ore prima. 
Inutile specificare chi fosse il soggetto dei miei pensieri in quel momento.  
Oh, fanculo. 
-Senti, coso...come sta Mike?-
E, contro ogni aspettativa, cominciò a ridacchiare. 
Beata la sensazione di intontimento e sonnolenza donatami dalla marijuana, altrimenti un bel pugno sul quel muso non gliel'avrebbe tolto nessuno. 
-Frigna di meno e non darti tanta importanza, ragazzina, perché Mike sta benissimo. E' per questo che non ti sei fatta più vedere? Ti vergognavi di quello che avete fatto? Devi proprio essere uno schifo a letto, eh...- 
Ovvio, sapeva tutto. 
Ma non mi incazzai: quei due erano come marito e moglie e sapevo che Mike si sarebbe sfogato con lui, prima o poi. 
Ignorai la sua frecciatina e sorrisi di rimando:
-Hai sentito la mia mancanza, eh, nano isterico?-
Probabilmente mi stavo sbagliando, ma ero sicura di aver visto una scintilla di insicurezza in quegli occhi verdi.
O forse stavo semplicemente delirando. Chissenefregava. 
-Sicuro, mi mancava la stronza bisbetica con cui litigare.- 
Ridacchiai, e lui con me. 
Era dura da ammettere, ma con lui si stava davvero bene quando non aveva quei suoi scatti di nervosismo. 
Ed io ero talmente fatta da non accorgermi che era sceso dalla macchina e che era in piedi di fronte a me. Mi riportarono alla realtà quei due strafottuti occhi verdi che mi fissavano, concentrati. 
Per un folle momento pensai che stesse per baciarmi e, istintivamente, mi tirai indietro. 
Forse avevo fumato troppo.
-Senti, mi sei stata sulle palle fin dall'inizio. Insomma...chi cazzo eri tu per venire qui e fottermi tutto il mio gruppo di amici?-
Oh, beh, viva la sincerità. 
Prese un respiro profondo e mi inchiodò con lo sguardo. Altro che baci, non lo avevo mai visto così serio. 
-Però ho detto una cazzata, Mike non sta bene. Insomma, beve e fuma come se non ci fosse un domani e...sai...per dirlo io è grave la situazione. Insomma...non posso vederlo in queste condizioni e...sì, beh...credo che dovreste chiarire.- 
Wow. Sembrava stesse partorendo. 
Doveva essere stato davvero uno sforzo enorme per lui ammettere che Mike avesse bisogno di me. 
E fu uno sforzo altrettanto grande per me riconoscere che...forse aveva ragione. Insomma, valeva davvero la pena rovinare un'amicizia come la nostra e ridurci in questo stato per un fottutissimo errore da ragazzini ubriachi?
No, questo era fuori discussione. 
Il piccolo problema restava come risolvere la situazione. Perché era inutile nasconderlo, mi mancava come l'aria quel fottuto ragazzo. Ma sarei stata capace di fargli questo? Insomma, lui credeva di essersi innamorato e puttanate varie, e non sarebbe stato facile tornare amici.
-E cosa dovrei fare? Andare lì e dirgli "non me ne fotte nulla di quello che provi, saremo amici per sempre"! Per piacere, lui mi odia. E ha tutte le ragioni per farlo.-
-Oh, quanto siete difficili, cazzo. Stasera vieni alla nostra fottuta festa davanti al 7-11, lo prendi da parte, ci parli e tornate migliori amici per la vita, con tanto di unicorni e arcobaleni. Fine della storia.- 
Tutto facile per lui, eppure ero sicura che sotto quella superficialità stava soffrendo, per tutta quella storia. 
-Tu ci tieni a Mike.- 
Mi guardò, le iridi verdi circondate dal rosso. 
-E' una delle poche cose belle che mi siano rimaste.- 
Uno sguardo ci bastò per capire: tutto quello che ci eravamo detti, sarebbe rimasto lì, a Christie Road. 
E senza dire più nulla salimmo in macchina e tornammo a casa. 
 
 
Provai comunque ad avvicinarmi, ma di fronte al suo educatissimo dito medio e all'occhiata omicida della bionda, mi avviai verso l'uscita.
Tanto valeva tornare a casa, a quanto pare ormai avevo rovinato tutto.
Era più facile a dirsi che a farsi, però: fu un'impresa arrivare al parcheggio senza cedere alla tentazione di vomitare, ma miracolosamente ce la feci.
Ero tutta presa a cercare di ricordare in che direzione fosse casa mia, quando settanta kili di stupidità mi piombarono addosso, coprendomi la visuale.
-Macche..cazfai-
Barcollai e finii a terra, complice tutto quell'alcol che mi ero scolata.
C'era una sola fottutissima persona che avrebbe fatto una cosa del genere.
Cresta verde, birra in mano e due occhi incredibilmente grandi e azzurri che mi stavano fissando divertiti.
Tré.
-Sii onorata, le ragazze pagherebbero per avermi sopra di loro.-
Dio, quanto era scemo.
Scossi la testa (Cristo, girava) mentre lui mi aiutava a rialzarmi, e poi fu il mio turno di fiondarmi tra le sue braccia. Ero stata talmente impegnata a scolare alcol da scordarmi di salutare Tré e Erika, che in quel momento era dietro di lui e mi stava facendo un cenno di saluto.  
-Piccoletta si può sapere dove cazzo eri finita?-
-Meh, un po' qui, un po' lì...sai, le soli..solite cose che fanno le put...puttanelle.-
Quasi caddi a terra inciampando con i miei stessi piedi, ed Erika si slanciò in avanti per afferrarmi,  puntandomi addosso uno sguardo da ora-l'hai-combinata-grossa.
-Am, quanto cazzo hai bevuto?-
Cazzo, non riuscivo nemmeno a fingermi sobria.
Ci volle tutta la poca lucidità restante per formulare una risposta al limite del comprensibile:
-Shhh, ma...mamma. Non ti devi preo..c..preoccupa..a...quella roba lì, insomma.-
Dovevo essere davvero in condizioni imbarazzanti, perché Tré scoppiò a ridere.
-Smettila, cretino. Portiamola a casa.-




Fu una delle cose più patetiche della mia vita: vomitai più di una volta, feci proposte imbarazzanti a Tré, e tentai di baciare Erika, e tutto questo nel giro di due isolati.
Ma ovviamente mancava la cazzata stile Amanda: quella merda che mi ero scolata aveva cominciato a farsi sentire, e avevo costretto quei due poveri cristi a farmi una sosta bagno.
Ma non era abbastanza, no.
In preda al mio delirio avevo cominciato ad allontanarmi verso una zona che non conoscevo, senza curarmi della voce preoccupata di Erika e Tré che urlavano il mio nome da qualche parte alle mie spalle.  
E così in quell'esatto momento mi trovavo in una lurida via in mezzo al nulla, ubriaca da far schifo, completamente disorientata e lontana da tutti.
-Cazzo-
Vomitai di nuovo, e la gola cominciò a bruciarmi. 

Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.
Solo a me sarebbe potuta accadere una merdata del genere.
Presi una boccata d'aria e asciugai la fronte imperlata di sudore. Il mio cervello era in tilt, tutto era fottutamente lento e distante, e non riuscivo a capire dove cazzo fossi finita.
E all'improvviso mi sentivo così fottutamente stanca. Rinunciai al tentativo di trovarli e mi appoggiai al muro di un'abitazione dall'aspetto fatiscente, mentre lacrime calde cominciarono a rigarmi il viso: avevo uno schifoso saporaccio in bocca, mi faceva male tutto, Mike mi odiava e avevo una paura del cazzo. Anche conciata in quel modo, non potevo fare a meno infatti di sentire quella sensazione di vulnerabilità. 
Quella sensazione così terribilmente familiare.
Mancava solo una cosa, quel piccolo dettaglio, per ripete di nuovo l'esperienza più agghiacciante della mia vita.
-Hey, dolcezza. Fa parecchio freddo qui, perché non mi aiuti a riscaldarmi?.-
Alto, viso spaventosamente familiare, sorriso bastardo e sguardo pericoloso.  
Eccolo, il mio piccolo dettaglio.  







 
Indovinate chi è tornata piena di vergogna e implorando pietà?
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Meriterei di essere picchiata, lo so. 
Inutile dire che mi sento uno schifo, scusate davvero tanto. 
Sono stati due mesi d'inferno, non avevo mai tempo di dedicarmi alla storia. 
Vi ringrazio (se ci siete ancora) per la pazienza, siete fantastici/e. Soprattutto Laurieblarg, a cui dedico il capitolo. E' la ragazza più paziente che io abbia mai conosciuto, ed è stata tanto carina da non sbroccare mai per il mio temporeggiare. 
Grazie anche a quelli che hanno ancora la mia storia tra le seguite, siete davvero pazienti! 
Scusate ancora.
Detto ciò, il capitolo non è un granché, perdonatemi anche questo. 
Ricapitolando: Amanda è andata a letto con Mike, è sparita per tre giorni in preda ai sensi di colpa, Billie l'ha portata a Christie Road e le ha chiesto di venire ad una festa per sistemare le cose. Amanda alla festa fa tutto tranne che, appunto, sistemare le cose. Finisce nella cacca. 
Tenterò di farmi perdonare con il prossimo, che arriverà prima, spero. 
Non picchiatemi :C

Ciaè!

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Capitolo 9
*** The cruelest dream, reality ***


City of the dead,
at the end of another lost highway,
signs misleading to nowhere.

​City of the damned,
lost children with dirty faces today,
No one really seems to care.




Solo due volte nella mia vita ero stata tanto terrorizzata.
La prima volta in uno squallido corridoio scolastico, dove avevo avuto il dispiacere di conoscere l'uomo che era poi diventato la causa dei miei incubi peggiori. Quell'avanzo di schifo aveva rovinato, pezzo per pezzo, la mia vita. A soli quattordici strafottutissimi anni.
Ma non era bastato, no. A pochi mesi di distanza da quello shock, proprio quando avevo avuto bisogno di qualcuno vicino, Megan era morta.
O meglio, prima era entrata in coma. Avevo passato ogni attimo, ogni secondo a sperare che aprisse gli occhi, che dicesse una delle sue stronzate, che tutto per una volta andasse bene.
Ma a quanto pare avevo chiesto troppo.
Il momento in cui quella maledetta linea verde del monitor che segnava i battiti cardiaci si era fermata, il terrore, quello vero, aveva preso il sopravvento.  E quella era stata la seconda volta.
Avevo avuto paura di provare emozioni, perché quelle mi avevano distrutto; avevo avuto paura di legarmi a qualcuno, perché l'ultima amicizia mi aveva lasciato un vuoto incontenibile dentro. E allora avevo smesso di vivere.  Sopravvivevo, tutto qui.
E a due anni di distanza da quel vortice di orrore, tutto sembrava sul punto di ripetersi: io, su quel lurido marciapiede in mezzo al nulla, intontita dall'alcol, la guancia rigata di lacrime; e poi c'era lui, quel tizio tanto familiare quanto minaccioso, che a passi lenti e calcolati si stava avvicinando.
Destra, sinistra, destra, sinistra.
Con uno sforzo estremo lottai contro il mio stordimento e socchiusi gli occhi, notando con orrore che le sue fottute scarpe erano sempre più vicine, troppo vicine.
E poi quel rumore disgustosamente familiare, quella stramaledetta zip che veniva abbassata, mi fece desiderare la morte.
E improvvisamente mi sentivo così stanca, stanca che accadesse tutto a me, stanca di dover affrontare tutta quella merda da sola.
Non potevo urlare, non potevo fuggire, non potevo far nulla se non guardarlo venire a prendermi, perché quelle schifezze che avevo bevuto mi impedivano di esprimermi: ero come intrappolata nel mio stesso corpo. A tenermi sveglia c'era solo quel terrore.
Destra, sinistra, destra...stop, capolinea.
Vidi le sue ginocchia piegarsi, e poi la sua faccia. E prima ancora di riconoscerlo fu il suo sguardo a farmi accendere un campanello di allarme: io avevo già visto quegli occhi penetranti, da qualche parte.
-Hey, chi si rivede. Tu sei la stronzetta che difendeva Two Dollars Bill l'altro giorno. Sei qui a parargli il culo? Dovrai proprio mettercela tutta, perché sto aspettando quella stramaledetta mezza sega da almeno un'ora per riavere i miei soldi. Ma a quanto pare non si farà vedere nemmeno stavolta, il ragazzino.-
Sputò al lato, irritato. Indietreggiai con una smorfia, ma lui mi riafferrò la faccia, ridendo.
-Beh, non che a me dispiaccia aver trovato te, chiariamoci. E poi, com'è che si dice? Cogli il momento...o qualcosa del genere.-
Sorrise e spostò la mano sotto il mio mento, alzandomi il viso. Un crampo di nausea mi colpì lo stomaco, quando l'odore disgustoso del suo alito mi arrivò in faccia.
-Dio, sei proprio messa uno schifo e stai tremando. Ma non preoccuparti, ora ci penso io.-
Rise. Una di quelle risate sporche, che mettevano i brividi.
Non aspettò una risposta, come se ci fosse bisogno. Trasalii quando la sua mano si spostò sotto la mia maglia, gelata contro la mia pelle bollente.
Ecco, ci siamo.
-Non...non di nuovo. La..lasciami!.-
Ovviamente non lo fermò dal suo trafficare con la mia giacca.
E proprio quando stavo per tuffarmi nella più totale incoscienza, proprio quando la vista cominciava a svanire, vidi qualcosa apparire alle sue spalle, sfocato.
-Hey, levale immediatamente le mani di dosso.-
E la voce di Mike fu l'ultima cosa che sentii, prima di perdere coscienza con un sorriso.
Era finita, ero al sicuro.
 
 
 
 
Billie's P.O.V

Cazzo.
Mi ritrassi, sperando che quella merda di Sid non mi avrebbe visto, e mi lasciai scivolare contro il muro.
Da dove diavolo era apparsa quella fottuta ragazzina? Perché cazzo nessuno era con lei?
L'ultima volta che l'avevo vista era alla festa, e probabilmente era ubriaca. Ma come cazzo era finita lì?
Improvvisamente ero furioso. Mike e Tré non avrebbero dovuto lasciarla sola, e se fossero arrivati solo un minuto più tardi...Dio, non potevo nemmeno pensarci.
Tentai  di calmarmi, avevo il respiro accelerato.
Quella ragazzina, al solo pensiero di quello che era appena successo, lei che piangeva, lui che le prendeva il viso.
Tremavo.
Non capivo nemmeno da dove spuntasse fuori tanta rabbia.
Insomma, alla fine perché mi importava tanto di lei?
Probabilmente stavo così per quel fastidioso e prepotente senso di colpa. Al solito avevo combinato un mezzo macello, perché infondo quel verme aveva trovato Amanda a causa mia.
Sì però che cazzo, non le avevo mica detto io vagare ubriaca in quella zona, a quell'ora per giunta.
Però era anche vero che non avevo mosso un muscolo per aiutarla. 
Era inutile girarci intorno, era tutta colpa mia.
Ero uno stramaledetto coglione.
Di nuovo mi ritrovai a chiedermi perché quella ragazzina mi stava riducendo in quel modo. Mi alzai, irritato, e mi accesi una sigaretta.
Più mi sforzavo di non pensarci, e più mi sentivo stupido e patetico per come stavo reagendo.
E senza accorgermene i miei piedi mi stavano portando a casa di Mike.
Dovevo assicurarmi che stesse meglio, così non mi sarei più sentito una merda, e poi magari avrei anche dormito un po', visto che ero distrutto. 
E poi, improvvisamente, qualcosa mi colpì alla testa. 
Nemmeno il tempo di imprecare che ero steso a terra, svenuto. 





 

CiaoCiao gente,
Scuola, e non dico altro. 
Scusate e perdonatemi, ora l'estate mi permetterà di concentrarmi di più sulla storia che, come avrete notato, si sta facendo un po' più cruenta. 
Il titolo è parte del testo della canzone "The kids aren't alright", degli Offspring. Magari fate un salto a sentirla che non è male. 
Detto ciò, ho finito- 
Al solito, vi ricordo di non essere timidi e di commentare. Anche per segnalarmi eventuali errori o per dirmi che la storia vi schifa, no problem ;)

Rage&Love

PS: Laurie prima o poi risponderò al romanzo che mi hai inviato (tvb) ♥
 

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Capitolo 10
*** Queen for a day ***


Amanda



-Vuoi aprire questa cazzo di porta?!-
Grugnii, esasperata.
-Un..un attimo, Cristo!-
Mi guardai intorno, ancora assonnata, e notai che Jenna non c'era. Non che fosse una novità, ormai era sempre fuori casa, e le poche volte che ci incrociavamo era dannatamente scontrosa.
Mi buttai giù dal divano e mi trascinai a fatica verso la porta, mentre quello schifo continuava imperterrito a riempirla di pugni. Non c'era nemmeno bisogno che controllassi, sapevo che era lui.
E infatti una volta aperto non mi sorpresi di trovarmi puntato addosso lo sguardo truce e divertito allo stesso tempo di Billie.
-Hai per caso deciso di demolirmi la casa, schifoso nano?-
Per tutta risposta alzò le spalle.
-Spostati, stanno per cominciare i Simpson.-
Ovviamente.
Ormai mi ero abituata alla nostra nuova, bizzarra routine: quando lui passava una giornata da schifo o non aveva voglia di tornare a casa veniva alla mia porta, faceva un casino della miseria finché non uscivo e poi mi portava con quel bidone della sua macchina a Christie Road, oppure si piazzava nel mio salotto come se niente fosse.
Se qualcuno me lo avesse detto appena un mese prima nemmeno ci avrei creduto.
I miei pomeriggi con Billie non erano l'unica novità: paradossalmente, quella schifosa serata era riuscita a cambiare la mia vita a Rodeo in meglio. Tutto il gruppo si era unito di più, come se tutti cercassero sicurezza negli amici; io e Mike, che quella sera avevamo perso dieci anni di vita per la paura, eravamo tornati più uniti di prima. Le sue testuali parole al mio risveglio erano state "sono stato un cazzone, non dovevo comportarmi come un bambino. Non me ne andrò più".  Fortunatamente la cotta sembrava essere sparita, oppure si era semplicemente arreso. Io, dal canto mio, facevo finta di nulla. Mi era mancato troppo, e non avrei sopportato di perderlo a causa di un'altra stupida discussione su noi due come coppia.
Poi c'era il fatto di Billie.
La stessa sera quello stronzo di Sid lo aveva pestato, perché il nano aveva tirato troppo la corda. A parte due occhi neri, una distorsione della spalla e la perdita del suo amato piercing (si era quasi messo a piangere per quel fottuto coso), anche questo aveva avuto delle conseguenze positive: insomma, Billie ci stava dando un taglio con lo spacciare, o almeno così diceva lui. Poi sembrava meno cupo, come se si fosse reso conto che avere un gruppo di amici a sostenerlo (perché a trovarlo e portarlo all'ospedale erano stati proprio Tré ed Erika) non era poi così male.
E poi Sid non si faceva vedere da un bel pezzo, per fortuna.
Per quanto riguardava me, non sapevo nemmeno come definire la mia situazione.
Ora stavo meglio, sì. Infondo quella sera erano riusciti a salvarmi prima che il peggio accadesse.
Ogni tanto però un'ondata di tristezza improvvisa mi portava a chiudermi in me stessa o avere improvvise e patetiche crisi di pianto. Il motivo era semplice: tutta quella storia aveva riportato alla luce ricordi dolorosi, e spesso mi incupivo e restavo silenziosa per parecchi minuti, presa dai miei pensieri.
Non so come, ma il nano se ne era accorto e, o perché gli facevo pena o perché voleva compagnia, passava interi pomeriggi a rompermi le palle.
Gliene ero grata, infondo.
Il tempo di chiudere la porta e voltarmi che già quel cretino si era tolto le scarpe e buttato sul divano, con in mano le mie patatine.
-Hey Am, non è che mi passeresti il telecomando?-
Per tutta risposta gli diedi una cuscinata, guadagnandomi un raffinato "fanculo" di rimando.
Ridacchiando presi una birra e mi feci spazio sul divano, con le sue gambe sulle mie. Di nuovo mi meravigliai di quanto ormai fossimo legati, quasi come se ci conoscessimo da una vita. Mi stava entrando dentro, quel maledetto nano. 
-Mh, vediamo. Scommetto che hai litigato con tuo fratello.-
-Naah, troppo scontato, riprova.-
Tentava di scherzare, ma si era irrigidito. Se c'era una cosa che odiava più di Sid era passare del tempo a casa sua, principalmente per il fatto che ormai vi si era stabilito il compagno della madre. Lo capivo.
Sospirai.
-Dai, dimmi che è successo.-
-Non ero a scuola oggi...-
-Me ne sono accorta.- Lo interruppi, già andare in quell'edificio era schifosamente deprimente, poi se non potevo cazzeggiare con lui e Mike era ancora peggio, e quel giorno si erano assentati tutti e due.
-Ragazzina, lo so che senza di me non riesci a resistere nemmeno un giorno, ma fammi finire, grazie.-
Feci una smorfia e non ribadii, altrimenti non avrebbe più finito di raccontarmi.
-A quanto pare lui non ha apprezzato, e quindi ha avuto la "geniale" idea di mettermi in punizione. Ovviamente mi sono rifiutato di dare retta a un vecchio bastardo, e quindi ci ho anche guadagnato uno schiaffo da mia madre.-
Di nuovo, tentava di coprire con disinvoltura il suo dispiacere. Non sopportava davvero che il nuovo compagno della madre, Phil, stesse prendendo il posto di suo padre, morto diversi anni prima.
Non ero brava con le parole, e quindi mi limitai a passargli una birra. Sapeva che era il mio modo di dire "mi dispiace", e quindi la accettò senza altri commenti.
-E allora dove sei stato oggi?-
-Eh, in giro. Ho anche composto una canzone per il prossimo EP. Vuoi leggere il testo?-
Ed ecco che aveva cambiato umore nel giro di due secondi. Ah, a quello non mi sarei mai abituata.  
-E me lo chiedi?-
Gli si illuminarono gli occhi, come sempre quando si accennava ai Green Day, e si alzò a sedere. Non appena incrociò il mio sguardo però, un ghigno divertito si distese su quella faccia da schiaffi.
-Anzi no, ho cambiato idea. Tanto la sentirai presto comunque.-
Stavo per chiedergli che diavolo intendesse, quando il campanello suonò, di nuovo.
Mi voltai verso Billie, che continuava ad avere stampato sul viso quell'odioso sorrisetto. Quell'idiota aveva fatto qualcosa, ne ero sicura. Non prometteva nulla di buono.
-Smettila di ridere, scemo. Aspetti qualcuno?-
Per tutta risposta cominciò a sghignazzare, evidentemente divertito dalla situazione.
Mormorai un "fottiti" prima di andare ad aprire la porta.
Erano Tré (che mi saltò addosso, al solito) e dietro Maggie.
Cominciai a nutrire seri dubbi sulla situazione, che aumentarono ulteriormente quando la pacata e dolce Maggie mi trascinò, completamente impazzita, al piano di sopra.
La guardai dubbiosa buttare due buste sul mio letto e chiudere la porta, mentre una strana idea si stava facendo largo nella mia mente. Billie e Mike quella mattina si erano assentati, gente che si presentava a casa mia proprio quel giorno, il ventitre ottobre...no, non poteva essere, l'unico a sapere che giorno fosse quello era Mike, e lui non mi avrebbe mai tradito. Forse.
Ma i miei timori presero forma quando la ragazza tirò fuori da una delle due buste qualcosa di tremendamente simile ad una gonna, uno di quegli stracci adatti alle feste.
Merda.
-No!- mi alzai in piedi, urlando.
Sentii vagamente le risate di Billie e Tré al piano di  sotto, ma non ci feci caso.
Incendiai con lo sguardo Maggie, che per tutta risposta si limitò a sorridere con aria colpevole.
-Am, non fare l'idiota. Sapevi che Mike avrebbe ceduto. Preparati per la festa di compleanno più cazzuta che si sia mai vista a Rodeo!-
Mi accasciai sulla sedia, disperata.
-Mag, dimmi che non è vero.-
-Zitta e alza il culo, non sarà così terribile. Ci sarà anche un tizio di una casa discografica venuto per ascoltare i ragazzi, non sarai completamente al centro dell'attenzione.-
Per tutta risposta grugnii, arrendendomi.
-Io ti odio, sappilo. Passami quella roba, dai.-
Sorrise a trentadue denti e cominciò a mettermi addosso chili di schifezze, mentre io non facevo altro che commentare con gemiti e imprecazioni.
Oh, Mike l'avrebbe pagata.
 
 
Quel pensiero mi tenne la mente parzialmente occupata e mi impedì di uccidere qualcuno. Fortunatamente il tempo passò in fretta, e alle otto eravamo già al 7-11, una specie di magazzino davanti al parcheggio del supermercato dove andava sempre Jenna. Non ero nemmeno sicura che fosse legale fare feste lì, ma a giudicare dal macello che proveniva dall'interno ormai era troppo tardi per fermare tutto. 
Fortunatamente dovevamo aspettare che Billie e Tré portassero dentro la roba, e quindi sfruttai il poco tempo che mi restava prima di quella tortura per cazzeggiare con Maggie e Erica, che nel frattempo ci aveva raggiunti e stava urlando a squarciagola "tanti auguri" in mezzo al parcheggio, tanto per rendermi più patetica di quanto già non fossi conciata in quel modo.
Soddisfatta dell'opera compiuta, mi abbracciò e poi mi squadrò per bene, sorridendo meravigliata:
-Cristo Am, sei una stracazzo di figa!-
La fulminai con lo sguardo, prima di prendere una bella boccata di fumo.
Rise, divertita dal mio disagio per tutte quelle schifose attenzioni.
Erica era qualcosa di unico, e non finiva mai di sorprendermi. Era scappata di casa due volte, e la seconda non si era fatta vedere per due settimane. Ogni occasione era buona per bere fino alla nausea, e una volta, fatta da far schifo, si era imbarcata su un aereo ed era partita per New York. Probabilmente molte delle sue storie erano cazzate, ma il solo fatto che si inventasse cose del genere la rendeva fottutamente stravagante.
Era l'unica in grado di tenere sotto controllo Billie, ed era anche riuscita ad averci una storia, non so come. Erano rimasti ottimi amici, comunque, il che non mi sorprendeva: con Erica era impossibile sentirsi a disagio, e le risate erano sempre assicurate.
Stavo per risponderle, quando qualcuno mi abbracciò da dietro.
-Chi è la festeggiata più figa del mondo?-
Prima ancora di sentire la voce avevo riconosciuto Mike, e non riuscii a trattenere un sorriso. Poi mi ricordai che tutto quello era opera sua, e mi voltai con uno sguardo truce.
-Tu, sporco traditore! Io ti odio, idiota.-
Scoppiarono tutti a ridere, e non potei fare a meno di sorridere anch'io.
Fanculo, gli volevo troppo bene per incazzarmi con lui.
-Sei adorabile anche quando fai la cretina, Am. E auguri, comunque.-
Mi baciò teneramente sulla guancia, e mi abbracciò. Solo in quel momento mi accorsi che Billie era dietro di lui, e mi stava fissando, ammutolito. 
Probabilmente si era fumato la solita canna pre-show, perché aveva uno sguardo piuttosto ebete. 
-Nano, datti una svegliata. Voglio sentire quella fottuta canzone, me lo avevi promesso.- 
Scosse la testa come per riprendersi, poi, con la solita faccia da schiaffi, sorrise.
-Agli ordini, festeggiata. Al è dentro che ci aspetta per cominciare, manchi solo tu-
Il sorriso che gli illuminò gli occhi mi fece sentire meglio, ero contenta di sapere che si era ripreso dal litigio. Benedetta musica. 
Prima che potessi aggiungere altro, quel pazzo di Tré, senza lasciarmi il tempo di fare nulla, mi prese di peso sulla spalla e cominciò a trasportarmi verso l'entrata, ignorando le mie lamentele.
-Merda mettimi giù, ora!-
-Cristo Santo Am, ma una dieta no eh? Meno chiacchiere e più collaborazione, su.- 
Né i miei pugni né le grida riuscirono a farlo fermare, ovviamente, mentre il resto del gruppo stava letteralmente piangendo dalle risate.
Senza dubbio quello sarebbe stato il miglior compleanno della mia vita. 

 
Ma buonasera popolo di EFP!
Woah, finalmente è cominciata l'estate e riesco a dedicare più tempo alla storia. 
Allora, vediamo...lo sentite il romanticismo? Sì, stanno per arrivare le prime coppie (era ora, eh). Ma non aspettatevi subito cuori, amore e cioccolatini, proprio no. 
Volevo usare il capitolo per presentare meglio Maggie e sopratutto Erica, a cui mi sto affezionando molto.
Amanda ha superato la brutta esperienza? No, non del tutto. Però non è sola questa volta. 
E niente, spero vi sia piaciuto. 
Al solito vi ricordo che potete e dovete recensire, anche solo per dirmi che la storia vi schifa. 

Vi voglio bene, gnawh.
R&L



 

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Capitolo 11
*** Here we go again ***


So when are all my problems
Going to end?
I'm understanding now that
We are only friends
To this day I'm asking why
I still think about you
 
 
 
Beh, non era poi così male.
La metà delle persone che stavano lì dentro non riuscivano nemmeno a camminare per quanto alcool si erano scolate, e davvero poche erano in condizioni decenti per riconoscermi, figurarsi poi per farmi gli auguri.  Era pieno di gente, la metà nemmeno la conoscevo, e per lo più erano tutti punk del Gilman.
Avevo pogato, fumato, cazzeggiato e mi era anche scappato un sorriso quando Billie aveva urlato gli auguri al microfono e aveva fatto cantare a tutti "Tanti Auguri",  anche se poi era stata una cosa pietosa.
Poi,  come al solito, dopo l'esibizione avevo perso gli altri, ma in compenso Maggie aveva avuto la geniale idea di  appiopparmi un tizio che non si era scollato da inizio serata. Si chiamava Tim o qualcosa del genere, e dovevo liberarmene, anche perché, visto la precedente esperienza,  non avevo più voglia di bere e da sobria non riuscivo a sopportarlo.
-Senti, coso, perché non vai a prendermi una birra?- Gli si illuminò il viso quando gli parlai, ignorando il fatto che lo stavo praticamente trattando da schifo.  Non riusciva proprio a capire che non mi interessava, l'idiota. Avevo esaurito tutta la scorta di pazienza ormai.
-Subito, dolcezza.-
Resistetti all'impulso di sputargli  e alzai gli occhi al cielo. Non appena si allontanò mi tuffai in mezzo alle persone, passando tra borchie e creste. Era un fottuto inferno, ma almeno mi stavo lasciando alle spalle Mr. colla.  Pregai che in mezzo a quel casino non riuscisse a trovarmi.
Tra un abbraccio e qualche "auguri" urlato a caso, notai con la coda dell'occhio Mike che sorprendentemente stava sorridendo, forse un po' brillo, ad una ragazza molto carina, con un braccio intorno alle sue spalle.
Sorrisi, era un buon segno, considerando tutto il macello che era successo tra noi due. Mi appoggiai ad un muro,  guardandomi intorno  e ascoltando distrattamente il gruppo mezzo sconosciuto che nel frattempo era salito. Stavano suonando spazzatura, ma nessuno sembrava farci caso, bastava che fosse rumore. Mi accesi una sigaretta, tanto lì dentro c'era più fumo che ossigeno, quindi non avrebbe fatto nessuna differenza. Nemmeno il tempo di tirare un fottuto sospiro di sollievo che Tim-qualcosa-del-genere, chissà come, mi aveva già trovata e si stava avvicinando con un sorriso trionfante e due birre in mano.
-Hey dolcezza, la prossima volta dimmelo se ti sposti che stavo per perderti!-
Quella era l'idea, Cristo.
Mi limitai a sorridergli, ma  mi uscii solamente una smorfia.  Presi bruscamente la birra e pregai che se ne andasse, perché volevo trovare gli altri e godermi la mia strafottuta festa.  
No, a quanto pare non riusciva a capirlo visto che si avvicinò e mi mise maldestramente un braccio intorno alle spalle. Quel ragazzo voleva morire, ne ero certa.
-Senti, bambina, che ne dici di appartarci?-
Quasi mi strozzai con la birra. Davvero, non poteva essere così imbecille.  
Mandai tutta la mia gentilezza a farsi fottere e mi voltai, con uno sguardo assassino.  Lui però per la centesima volta  fraintese e mi baciò. Fu così veloce, ed io ero talmente stravolta, che non riuscii a realizzare quello che stava accadendo, con il risultato che lo stavo fissando, imbambolata, mentre mi baciava.
Fu il nano a salvarmi (e a salvare lui da un immediato strangolamento), visto che proprio in quel momento sbucò dal nulla.
-Hey Am!-
Il tizio, irritato, si staccò per vedere chi  aveva rovinato quel momento così "romantico".
Billie sembrò accorgersi di quello che stava accadendo solo in quel momento e si rabbuiò, imbarazzato.
-Oh, beh, scusate l'interruzione.-
Fissò torvo prima lui, poi me. Chissà poi cosa aveva da incazzarsi lui, visto che quella che era appena stata baciata contro volontà ero io.
Decisi però di cogliere l'occasione e con uno strattone mi allontanai da quell'idiota.
-Vengo con te, tanto qui avevamo finito. Che dovevi dirmi?-
Si limitò a prendermi per il braccio e trascinarmi via.
-Ma dove caz..-
La nostra destinazione era un divano lercio vicino all'entrata. Stavo per chiedere a Billie che diavolo volesse fare quando notai, vicino ad una coppia che si stava dando da fare, una ragazza mezza svenuta con la testa appoggiata al bracciolo. Braccio sulla faccia, occhi semiaperti e lentiggini. Era Maggie. La santa, tranquilla Maggie era ubriaca.
Guardai interrogativa il nano, che per tutta risposta alzò le spalle.
-L'ho trovata in mezzo a quel macello attaccata ad un tizio tutto borchie e piercing. Stavo per prenderle ma sono riuscito a mollarla qui. Che cazzo ci faccio ora? Erica è sparita, non so proprio dove portarla.-
Mi guardai intorno, ma trovai nessun posto tranquillo per farla riprendere. Eravamo dentro un capanno pieno di gente lercia e casinista. Lì sicuramente non poteva rimanere, viste le sue condizioni.
-Portiamola a casa mia che è la più vicina. Tanto ormai è mezzanotte e qui ho finito, andiamocene.-
Mi avvicinai a Maggie per farla alzare, ma per tutta risposta si sporse in avanti e vomitò.
-Merda.-
Lei sorrise, beata, e poi si alzò e si lasciò aiutare da me e Billie ad uscire da quel posto.
Chissà poi perché si era ridotta così.
 
Per la gioia di Billie, Maggie vomitò nella sua macchina due volte. Poi, ormai K.O., si era lasciata trascinare dentro casa mia, con il sottofondo delle imprecazioni di quel pazzo.
Alla fine riuscimmo a metterla sul divano, e lei crollò immediatamente. Io mi tolsi quei trampoli, e  mi accasciai a terra. Poco dopo mi raggiunse Mr educazione, che nel frattempo mi aveva ripulito la cucina.
-Birra?-
Sorvolai il fatto che mi stava offrendo la mia birra, e rifiutai. Lui alzò le spalle e in pochi sorsi le finì tutte e due. Quel ragazzo era uno schifo.
Poi mise a sedere di fianco  a me, con la stessa delicatezza di un rinoceronte incinto.
-Ma alla fine è venuto quel produttore?-
-Sì, e si parla di roba seria. Ha detto che gli siamo piaciuti, e quindi prenderà i nostri EP e ci farà un album. Un album, capisci? Roba da non crederci. E' un fottuto miracolo, potrebbe addirittura scapparci qualcosa tipo un tour, Cristo..-
Eccolo, era partito in modalità "sogno".
-Non contarci, avete fatto schifo.-
Ghignai, amavo irritarlo. Lui  però si limitò a sorridermi di rimando, con quell'odiosa faccia da schiaffi.
-Talmente tanto schifo che tu stavi urlando e pogando come una pazza-
Mi arresi, non riuscivo a fingere che non mi piacessero.  Tanto valeva mandargli a mille l'autostima.
-Eh, che ci vuoi fare, siete troppo bravi. La canzone era spettacolare, comunque. Chi è la sfortunata?-
Mi riferivo alla cotta a cui accennava nel testo di Paper Lanterns, che era evidentemente dedicata alla ragazza che aveva attirato l'attenzione di Billie.
-L'avevo scritta quando ancora andavo dietro ad Erica, un sacco di tempo fa. Poi pochi giorni fa non so come mi è rivenuta in  mente e ho creato un capolavoro insieme a Mike-
Modesto, come sempre. Mi voltai per replicare, ma lui con un sorrisetto bastardo mi precedette.
-E a proposito di coppie, a quanto pare sei riuscita anche a prendere Timmy. Che colpaccio ragazzina-
Oh, era quello il nome.
Forse voleva essere ironico, ma il tono di accusa con cui l'aveva detto mi portò  a replicare con acidità. Lo stesso tono che aveva usato quando ci aveva beccato a baciarci. Per che cosa poi se la prendeva tanto? Non ero fidanzata, quindi non vedevo cosa ci vedesse di tanto sbagliato in un fottuto bacio.
- Timmy è solo un coglione, non mi interessa e non volevo baciarlo. Non capisco che cazzo hai da incazzarti comunque, non sei mica mio padre eh.-
Abbassò lo sguardo, torvo, e cominciò a giocherellare con la lattina.
-Vorrei tanto saperlo anch'io perché cazzo mi importa così tanto...-
Non ero sicura che stesse parlando di me o se si stesse riferendo a qualcos'altro. Seguire i pensieri di Billie mi faceva diventare pazza.
Si voltò a fissarmi, e il suo viso, per metà illuminato dalla TV, era contratto per la concentrazione.  
Incatenai il mio sguardo a quegli occhi verdi, e la risposta che avevo pronta mi si bloccò in gola.
Eravamo vicini, talmente vicini che per un attimo dimenticai la band, Maggie ubriaca dietro di noi, tutti i miei problemi.  Tentai di giustificare il brivido lungo la schiena con il freddo, ma non riuscii a trovare una scusa per quella specie di black-out nella mia mente.
Sembrava una di quelle patetiche situazioni schifosamente romantiche, eppure non riuscii ad evitare di portare lo sguardo su quelle labbra così dannatamente invitanti. Senza davvero rendermene conto portai le mie mani sul suo viso, stringendolo e avvicinandolo a me. Ormai era fottutamente tardi per dare ascolto a quella voce che mi stava ricordando quanto sbagliato fosse tutto quello, ormai contavano solo le sue mani sulla mia vita, i nostri sguardi, le sue labbra sempre più vicine...
Poi qualcuno bussò alla porta con tanta violenza da farmi sussultare.
Imprecazioni, pugni e ancora imprecazioni.
Mi alzai di scatto, lasciando Billie imbambolato con le mani nel vuoto e mi diressi svelta verso la porta, intenzionata a sprofondare nel pavimento alla prima occasione. Cosa cazzo mi era preso?
Fortunatamente avevo la distrazione per non ripensare a quello che era quasi successo: era Tré, con una faccia da funerale.
-Fuori dal Gilman ho incrociato Al che saliva sulla macchina dei suoi. Molla tutto.-
Non poteva essere vero, davvero. Sarebbe stata la fine di tutti i sogni di Billie e Mike, e già mi sentivo in pena per loro.
Billie, che nel frattempo si era alzato, mi lanciò velocemente uno sguardo e poi voltò verso Tré. Lo stava guardando con un'espressione dubbiosa, ma alla fine sorrise, compiaciuto.
-Molla gli studi? Oh, beh, prima o poi doveva decidersi e...-
Tré lo fermò, tetro.
-Molla la band, i Green Day. Abbandona la musica per studiare.-
Billie impallidì, mentre la consapevolezza di quello che aveva appena sentito si stava facendo avanti nella sua mente.
Era come se qualcuno gli avesse rifilato un pugno dritto sulla faccia, era immobile e sconvolto.
E poi una rabbia cieca gli riempì gli occhi.

 
Ciae fanzi.
Il titolo ovviamente è preso da Going to Pasalacqua,  mentre la canzone iniziale è Paper Lanterns. Non so perché ma ho sempre pensato che si riferissero ad Amanda, e quindi le ho messe in questo capitolo.  Billie è andato, cotto da far schifo ma ancora non se ne rende pienamente conto. Amanda non sa ancora cosa pensare, è stata presa alla sprovvista e ha reagito in quel modo, quindi è giustamente confusa. Vi ricordo che i due, anche se non li ho raccontati tutti, hanno passato tantissimi pomeriggi insieme, e alla fine si solo legati molto.
Mike rimorchia e Maggie è ubriaca, Al lascia la band proprio quando questa stava per avere successo.
E niente, se vi va di dire la vostra recensite, anche solo per insultarmi, no problema.
 
Rage&Love 
 

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Capitolo 12
*** Good Riddance ***


It's something unpredictable,

but in the end is right

I hope you had the time of your life



-Io lo ammazzo-
-Io ti aiuto-
-Che coglione-
-Imbecille-
-Faceva anche cagare come batterista-
Billie era impazzito, non lo avevo mai visto così imbestialito. Lui e Mike andavano avanti a insulti da venti minuti buoni, tremando tutti e due per la rabbia.  
Maggie ancora in coma sul mio divano, Erica che finiva l'ultima birra e Tré che mangiava, tanto per cambiare.
Fu Erika a fermare Mike, che di quel passo di sarebbe consumato le scarpe a forza di andare avanti e indietro nevroticamente.
-Basta, cazzo.  Mi state facendo venire il mal di testa. Non potreste semplicemente andare a cercare un fottuto batterista nuovo?-
Billie alzò la testa, puntando Erica con uno sguardo torvo, e le rispose acidamente.
-E grazie tante, genio. Avevamo appena ottenuto il permesso dalla Lookout per fare l'album, ma se manca un membro della band annulleranno tutto. Dove lo trovo un batterista decente che conosca le nostre canzoni e che sia disponibile a fare un tour? E' la fine dei Green Day.-
Erica non trovò nemmeno il coraggio per offendersi: sembravano distrutti, come se tutti i loro sogni si fossero infranti davanti ai loro occhi, sul più bello.
Mike sospirò e si gettò di peso sul divano, vicino a Tré.
Tré.
Tré che aveva ancora le bacchette infilate in tasca e che guardava distrattamente la TV, con i resti delle mie patatine sparsi ovunque.
-Il batterista ce lo avete davanti agli occhi, idioti...-
La reazione fu istantanea. Tutti si volarono a fissarlo, sorpresi.
Tré si guardò intorno dubbioso, non realizzando che tutta l'attenzione era rivolta a lui.
Il primo a riprendersi fu Mike, e un sorriso gli illuminò il viso.
-Ma io ti amo, cazzo!-
Billie sembrò accorgersi di Tré per la prima volta. Si alzò, lo fissò a bocca aperta, sorrise e poi cominciò con una scarica di imprecazioni da far paura.
Sembravano due pazzi.
-Io? Batterista dei Green Day?-
- Cazzo, sì! Ma come ho fatto a non pensarci prima...sei sempre stato con noi alle prove, conosci le canzoni meglio di quel coglione, l'hai pure sostituito a due feste. -
Mike e Billie lo stavano fissando, impazienti. Tré impallidì, mentre la consapevolezza di quello che stava succedendo si faceva avanti sul suo viso.
-Merda...cioè...ma ovvio che sì!-
Ora erano in due ad abbracciarlo, mentre urlavano e imprecavano come cretini. Di quel passo avrebbero finito per fare fuori anche il loro secondo batterista.
Billie, Mike e Tré. Così sembrava funzionare anche meglio.
Sembrava che adesso non ci fosse nulla ad ostacolare i Green Day, e ne ero felice.
Però ero anche esausta.
Li buttai fuori di casa, ignorando le loro lamentele, e mi trascinai fino al salotto, giusto per accertarmi che Maggie non fosse morta. 
Mi pentii subito della mia idea di merda, visto che la trovai completamente sveglia, con le lacrime che le bagnavano le lentiggini.
-Oh, cazzo-
Mi maledissi per la mia incapacità di mostrare un minimo di tatto.
Lei però si voltò  e mi sorrise, come per scusarsi. Gli occhi chiari, ancora leggermente arrossati per la sbronza e per il pianto, erano un pozzo di tristezza.
Mi feci posto sul divano e lasciai singhiozzare tra le mie braccia, sconvolta.
-Se...se ne è andato, non è vero? Mi aveva detto che sarebbe partito-
Al.
Quindi a qualcuno lo aveva detto.
E come un flash mi tornarono in mente tutte le volte che li avevo beccati abbracciati o mano nella mano, anche se non li avevo mai considerati come una coppia. E a giudicare dal pianto isterico di Maggie mi ero sbagliata.
Ora era chiaro il motivo di tanto alcol.  
-Sì. Dio, non posso vederti ridotta così-
Era vero, non avevo la forza per vederla così depressa. Mi sentivo impotente, e il massimo che potevo fare era lasciarla piangere sulla mia spalla.
-Era l'unico che lo aveva capito, a cui potevo dire tutto, e ora mi molla così. Non ho mai contato nulla nemmeno per lui-
-Capito cosa?-
Lei alzò il viso, i capelli neri tutti arruffati, le guance ancora bagnate di lacrime.
E mi baciò.
Così, all'improvviso.
Una parte della mia mente pensò che era la seconda volta che venivo baciata senza preavviso, il resto era concentrato sulle sue labbra umide sulle mie.
Stavolta però durò pochi secondi, poi si tirò indietro e mi fissò, desolata.
-Questo-
Mi ci vollero alcuni istanti per realizzare il tutto, perché davvero non poteva essere vero.
-Cristo Santo Mag. Mi stai dicendo che...sei..oddio sei innamorata di me?-
Sorrise dolcemente di fronte alla mia faccia sconvolta, come se mi sfuggisse qualcosa di ovvio.
-No Am, per quanto tu sia carina  e dolce. Però ci sei vicina...sono bisessuale e sono innamorata di Erica da più di un anno ormai. Solo che non le posso dire nulla perché siamo amiche, capisci? Sono nella merda più totale-
Abbassò la testa, imbarazzata, asciugandosi con una mano tutti il mascara colato.
La cosa mi colse alla sprovvista, ma tirai un sospiro di sollievo.  Non avrei sopportato di perderla, come era successo con Mike.
-E perché stavi con quel cretino allora?-
-Perché non so come lo sapeva, e mi aveva consolata e...beh, una cosa tira l'altra e siamo finiti insieme. La cosa andava avanti da più di due mesi, anche se non credo a lui importasse granché di me.-
Ecco, ora odiavo Al.
Non che prima mi andasse tanto a genio, ma l'idea che avesse abbandonato Maggie, la dolce, fragile Maggie, in mezzo a questo macello mi faceva imbestialire.
Lei non lo meritava.
-Dovresti dirlo ad Erica, male che va saprai che non ricambia. E' molto meglio fare errori che non fare nulla, come dice Billie tra una canna e l'altra-
Lei tirò su la testa, e per un attimo sembrò quasi dimenticarsi di Al.
Ghignò, asciugandosi le ultime lacrime.
-Lo stesso Billie che stavi per baciare poco fa? Se è vero quello che dici, vai da lui e digli che gli sbavi dietro-
Mi prese alla sprovvista, e all'improvviso ricordai quello che era successo, che stava per succedere, poche ore prima.
E lei non stava dormendo.
Le diedi un pugno giocoso sulla spalla, guadagnandomi un suo sorriso.
-Fottuta spiona-
-Siete voi che vi mettete a fare porcate davanti a me. Non hai risposto alla domanda, comunque-
-Perché non c'è nessuna risposta. Non c'entro nulla con quel nevrotico pazzo, ecco tutto-
Maggie mi scostò una ciocca dal viso, e mi sorrise dolcemente.
-Am, fidati che c'entri parecchio. Siete come due pezzi di un puzzle che combaciano perfettamente, c'è empatia tra voi due. E poi dai, credi che non abbia notato il modo il cui ti guarda? E' andato, ti dico-
-Il modo il cui mi guarda tra una ragazza e l'altra che si fa? Oh, dai, non diciamo stronzate. Siamo amici, tutto qui-
-E come tutti gli amici normali non vedete l'ora di saltarvi addosso, certo. Secondo me non sai nemmeno tu quello che vuoi -
Era vero, non ci stavo capendo più niente.
L'unica cosa certa era che io e Billie nelle ultime settimane avevamo passata davvero tanto tempo insieme.
E che forse mi ero affezionata.
Forse.
Il bello di Maggie è che non era tipa da insistere, e quindi si limitò ad alzare le spalle e a sorridermi.
-Fa niente. Sono così stanca di piangere-
-E allora basta, Al non merita tutta questa importanza. Ma poi perché cazzo se ne è andato? La scuola c'è anche qui, e almeno sarebbe potuto rimanere con te-
Pessima scelta di parole.
Cominciò a tremare, mentre gli occhi si spalancarono per il terrore.
Si abbandonò completamente tra le mie braccia, in preda ai singhiozzi e ad un pianto improvviso.
Ma c'era qualcosa di strano, non era il dolore di una ragazza che veniva lasciata, quello.
No.
Era un pianto dannatamente straziante, il pianto di una persona disperata.
-Se ne è andato perché  è un fottuto coniglio-
Rialzò la testa, puntandomi addosso due occhi che erano il riflesso della disperazione.
-Sono incinta- 


 
'Sera lettori!
Questa volta sono stata abbastanza puntuale dai, e probabilmente riuscirò a continuare con questo ritmo C:
Comunque taan-taaaan, colpo di scena!
Beh, non credo che ci sia molto da commentare, lascio a voi la parola.
Al solito vi invito a recensire (anche a voi lettori silenziosi), perché davvero mi interessa molto il vostro parere visto che questa è la mia primissima fanfiction e non so bene se io stia facendo un casino oppure se ne valga la pena, però vabbeh. 
E niente, vi ringrazio per la pazienza che avete avuto questi mesi, perché sono stata davvero scostante!
Bien, detto ciò me ne vado

Al prossimo  capitolo!

Kay ♥
 

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Capitolo 13
*** Makeout Party ***


Oh, you're so precious, you're a fucking delinquent
Well I got myself jonesin' and I need some fixin'
It's a makeout party on another dimension
And it's gonna get crowded with some bad intensions

 
 
 
 
 
Dovevano far santo quel genio che aveva inventato i sabati e la scuola chiusa, perché in quel momento erano le due del pomeriggio e io ero nudo nel letto.
Mi voltai, e non mi sorpresi di ritrovarmi solo. Alice, la rossa che avevo incrociato la sera prima, non era tipa da restare e fare quelle stronzate romantiche del mattino dopo. Santa donna, Alice.
Era stato un ottimo modo per festeggiare il mio nuovo lavoro.
Sorrisi al ricordo. Green Day, cazzo. Non sembrava nemmeno vero.
Eppure nemmeno quella fottuta scopata era riuscita a togliermi per un dannato secondo quegli occhi nocciola dalla testa.
Dio, Erica.
Quando cazzo era successo? Ci ero stato insieme tutta una vita, però nell'ultimo periodo non riuscivo a scrollarmi di dosso il pensiero di baciarla.
Baciarla, cazzo. Ero davvero messo male.
Fanculo, io ero Frank Edwin Wright III, non una fottuta mezzasega -faticai anche a pensarla, quella parola- innamorata.
Sbruffai, controllai l'orologio e scattai in piedi, deciso a non pensarci più.
Il tempo di mettermi due stracci e di spararmi in aria i capelli che già ero in strada, fischiettando distrattamente. Casa di Mike era in culo al mondo, di quel passo non sarei arrivato mai, così scroccai
un passaggio ad un tizio che aveva la faccia da criminale. Il genere di cosa che avrebbe fatto rabbrividire mia madre, ma almeno arrivai prima.
Calciai con forza quello schifo che usavano come porta, che non fece resistenza e si spalancò. Non che servisse poi chissà quale serratura, tanto nessun ladro con il cervello a posto sarebbe mai entrato lì.
Erano sui divani, in mezzo a una montagna di cicche e bottiglie, tutti e due in coma. Era accesa pure la TV, e probabilmente il canale Spike tv era andato avanti per tutta la notte.
Cazzo, quella sì che era bella vita.
-Buongiorno principesse-
Il biondo sussultò e aprì gli occhi, imprecando.
Testa di alghe invece sbiascicò un "fanculo" e si girò dall'altra parte.
-Colazione?-
Mike mi sorrise a annuì, prendendo la birra al volo. Billie ancora era morto, e aveva pure cominciato a russare.
Ghignai.
-Mi sento gentile, oggi al puffo porterò anche la colazione a letto-
-Tré...-
Ovviamente Mike non riuscì a fermarmi, e cinque secondi dopo Billie era  in piedi, fradicio di birra e mezzo accecato. La pioggia di imprecazioni che seguì fu qualcosa di spettacolare.
 -Vieni qui, fottuto pazzo, vieni qui che ti faccio fuori anche l'altra palla-
Risi di gusto, mentre continuavo a saltare in giro per evitare i pugni tirati a caso da quella furia con la testa blu.
-Ti amo anch'io, gnomo-
-Detesto interrompere le vostre cazzate, ma ricordatevi che oggi dobbiamo suonare a quella pallosa festa a casa di Betty-
Betty, la terza abbondante e  figlia del giudice.
Tutte e due ci voltammo a fissare Billie, che si bloccò a bocca aperta. Le aveva dedicato qualcosa tipo venti canzoni. Gli occhi verdi brillarono, eccitati, prima che riuscisse a darsi di nuovo un contegno.
-Magari è la volta buona che dici ciao alla verginità, testa blu-
La sua risposta fu un dito medio.
- Ma lo sa che non suoneremo roba adatta a lei e a quelle sceme delle sue amiche, vero?-
Mike ghignò e ci puntò addosso uno sguardo furbo che prometteva bene.
-Credo di essermi dimenticato di specificare che suoniamo punk. Comunque il pubblico ce lo avremo, perché lei mi ha chiesto di portarmi dietro qualche amico...-
-E...?-
-E ho invitato mezzo Gillman. Porteranno anche alcol e fumo, garantito-
-Tu sei pazzo, il padre ci ucciderà-
Alzò le spalle, incurante, e scoppiammo tutti a ridere.
-A che ora è?-
-Fra un'ora fatevi trovare lì, io devo passare a prendere una tipa, quindi ci vediamo direttamente là-
Mi lanciò le chiavi della Bookmobile e uscì, non lasciandoci il tempo per le domande. Oh, beh, cazzi suoi. Billie sembrò pensarla allo stesso modo, perché mi  fece spallucce e bevve altra birra.
Qualcuno bussò, e per qualche assurdo motivo mi ritrovai a sperare che alla porta ci fosse una certa bionda...scossi la testa, irritato.
-Vai tu, io mi devo togliere questo schifo di dosso-
Billie scomparve nel bagno, sbiascicando imprecazioni e insulti, e io mi trovai davanti Amanda. Perché ero deluso?
-Uh, birra. Levati che devo parlare con Mike-
-Buongiorno anche a te, dolcezza. Il biondo è andato a rimorchiare qualche pollastra e..-
Nemmeno mi fece finire la frase. Entrò, buttò disgustata le bottiglie e le riviste porno per terra e si gettò di peso sul divano. Sembrava distrutta.
-No ma fai come se fosse casa tua, eh. Tutto ok?-
Quella ragazza era un mistero per me, perché non capivo mai cosa le passasse per la testa.
Sembrava che se fregasse alla grande di tutto e di tutti.
-Ne ho le palle piene della gente che mi bacia-
Non capivo a cosa si riferisse, ma nel dubbio mi avvicinai e le baciai la guancia.
Wow, mi ero svegliato da mezz'ora e quello era già il secondo dito medio.
-Sai l'ultima novità?-
-Spara-
-Maggie e Erica, insieme. Stamattina le ho lasciate che piangevano abbracciate. Assurdo, non ti pare?-
Porca troia.
Dovevo vomitare.
-Sche..scherzi, vero?-
-No, perché?-
Non risposi. Mi sentivo come sul punto di soffocare, e deglutii a fatica.
-Tré, se diventi ancora più rosso sono sicura che imploderai. Che cazzo hai?-
-Oh..ehm, prima volta da batterista, sai..-
Come bugiardo facevo cagare.
Prima che riuscisse a capire i miei veri pensieri Billie sbucò dal bagno.
-Hey mi sono cambiato, andia...oh!-
-'Giorno, Billie-
Lui fece una smorfia irritata nella sua direzione, e si limitò ad uscire, mormorando qualcosa di molto simile ad un 'fanculo'. Amanda era rimasta con la mano alzata, immobile in quella posizione per la sorpresa.
-Che cazzo gli è preso?-
Alzai le spalle, tentando di fingere che me ne importasse qualcosa.
 
 
 
Pezzi di torta stavano volando ovunque.
Il giardino, una volta tutto curato e pieno di schifezze tipo palloncini colorati e altre merdate simili, era diventato una discarica.
Dappertutto c'era puzza di alcol, fumo, canne e altre cose probabilmente illegali.
Cheerleader ubriache e completamente impazzite e punk che ci provavano e facevano un casino della Madonna.
Avevamo finito con Knowledge degli Operation Ivy, e una delle bacchette che Tré aveva lanciato in aria era finita in testa al giudice, che da due ore buone stava sbraitando in mezzo a quel macello. Mike era sparito con la misteriosa bionda e Erica, mano nella mano con Maggie, si stava fottendo alcuni dei trecento regali della festeggiata.
Era assurdo.
E io e Betty (bella da far schifo e idiota come la ricordavo) eravamo in un angolo, appartati, a pomiciare.
E, non so per quale stupido motivo, io mi sentivo in colpa. Cioè, sapevo che il motivo era Amanda, ma mi dava fastidio ammetterlo.
Stavamo insieme? No.
Era successo qualcosa tra noi? Non proprio.
Non mi importava niente di lei, punto.
E allora perché pensavo a lei invece di godermi quel momento che aspettavo da una vita?
Fanculo.
Presi per i fianchi Betty e la strinsi di più a me, e finalmente cominciai a distrarmi. Peccato per quei due idioti che avevano un giardino intero e si erano piazzati lì, vicino a noi, e si stavano mangiando la faccia.
Mi staccai da Betty per riprendere fiato e azzardai un'occhiata.
Sorrisi, riconoscendo Timmy,  che aveva praticamente schiacciato una tizia al muro e...che gran testa di cazzo.
Era con Amanda.
Il sangue mi salì al cervello, ero furioso.
Strattonai via Betty e mi gettai senza riflettere addosso a quel lurido bastardo, prendendolo alla sprovvista. Inciampò e cadde, confuso.
-Levati, stronzo-
-Hey Billie che cazzo ti prende?!-
-Ti ho detto di toglierti, lasciala in pace-
Amanda mi si parò davanti, chiaramente incazzata.
-Non fare il cretino e vattene, grazie-
-Vaffanculo. Lo sai cosa? Sei una troia-
Ecco, ora mi sentivo una merda.
Ci mise tutto il suo odio nello schiaffo che mi diede.
-Fottiti, ipocrita bastardo-
La certezza di averla fatta imbestialire bruciava più della mia guancia.
Mi ero sbagliato.
Cazzo se mi importava di quella ragazzina.
 
 
 
 
'Sera notturni (?)
Parla la tizia in ritardo con gli aggiornamenti e che mette il capitolo nuovo all'una e mezza di notte. Non prendetemi per pazza, l'alternativa era aggiornare fra altri tre giorni visto che non ci sarò al pc :C
Deeetto questo, Billie è cotto, Tré fregato, Mike nasconde una misteriosa bionda, Amanda incazzata, Maggie e Erica...insomma, non credo che sia molto da aggiungere, piuttosto ditemi voi.
Piaciuto? No? Vi ha schifato? Sparate, accetto critiche e sopratutto consigli.
Non vi mangio, idiots!
 
Ciaeeeèèè
 
R&L

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Capitolo 14
*** Kiss the demons out of my dreams ***


Can you hear the silence? 
Can you see the dark? 
Can you fix the broken? 
Can you feel my heart? 


13.00
 
Mi appoggiai al muro, esausta dopo gli allenamenti delle cheerleaders, godendomi  gli sguardi di tutti puntati addosso.
Ovvio, ero Elizabeth Williams, figlia del giudice, bella da far schifo, ricca e reginetta del ballo da più di tre anni. Attiravo sempre l'attenzione.
Ma a quanto pare a Billie Joe non fregava nulla di chi ero, perché mi passò davanti senza degnarmi di uno sguardo. Mi fece solo un cenno distratto con la mano.
Bastò a farmi riempire lo stomaco di rimorsi e tristezza. Quanto mi mancava quel ragazzo.
Insomma, ci avevo passato troppo tempo insieme per dimenticarlo così facilmente: io, la ragazza che tutti volevano e lui, il perdente mezzo punk.
Assurdo, vero? Eppure avevo perso il conto di quante  volte quel "perdente" mi aveva consolata o fatta ridere, di quanti pomeriggi ci avevo passato insieme a dire stupidaggini e a sentirlo dedicarmi canzoni.
Sembrava un secolo prima.
Tutto era finito quando un bel giorno io ero diventata quella che ero. Lo avevo allontanato, ridendogli in faccia e sputando sopra ogni suo tentativo di tornare amici.
Motivo? Ovvio, io non meritavo uno sfigato simile. Ora ero la più popolare, e sarebbe stato imbarazzante continuare a frequentare quel gruppo di buoni a nulla. Andava bene solo come giocattolo per pomiciare ogni tanto; per divertirmi un po', insomma.
Io meritavo il più figo della scuola, campione di football, adorato dalle ragazze e invidiato dai ragazzi.
Tom, proprio quello che stava venendo verso di me in quel momento. Il mio ragazzo da ben due giorni.
Sorrisi maliziosa, scacciando quel misto di tristezza e sensi di colpa dalla testa.
Ciao ciao Billie, benvenuto Tom-perfezione.
-'Giorno dolcezza-
-'Gior..-
Non mi fece finire la frase che già mi aveva inchiodato al muro e mi stava baciando.
Mi prese per i fianchi e mi attirò a sé, mentre io intrecciai le mie mani in mezzo a quei capelli perfetti.
Quando si allontanò io mi morsi il labbro, tesa.
Dovevo dirglielo o no?
Presi coraggio, fissando quegli occhi così azzurri da farmi girare la testa.
-Tom..ti amo, lo sai?-
-Sì, bello. Ma ora ascolta, devi farmi un grosso favore, dolcezza-
Avvampai, offesa dalla sua risposta, e quasi non mi accorsi delle sue mani che stringevano le mie, lasciandoci dentro qualcosa.
-Nascondi questa roba-
-Ma cos...-
-Niente domande. Svegliati e nascondila-
Abbassai lo sguardo, aprendo il palmo della mano.
C'era una busta, piena di roba bianca.
Polvere bianca.
Sbiancai.
-Ma sei pazzo? Riprenditi immediatamente questo schifo, non voglio sfiorarla mai più...pazzo!-
-Zitta e prendi questa cazzo di roba, cretina. Sono nella merda, la polizia mi sta dietro, quindi se non vuoi finire al fresco alzi il culo e la nascondi, intesi?-
Deglutii, incapace di dir nulla.
Mi accorsi con terrore che eravamo rimasti soli nel corridoio, tutti gli altri erano andati a casa.
Alla fine riuscii a connettere il mio cervello e tentai di scappare, ma non me lo permise, riprendendomi per il polso e sbattendomi al muro.
Mi afferrò con forza il viso, costringendomi a fissarlo.
-Betty,dolcezza, non stai collaborando. La polizia potrebbe arrivare da un momento all'altro-
Nemmeno mi ero accorta che stavo singhiozzando, spaventata com'ero.
-Tu sei un pazzo...pazzo. Ti denuncio e poi finirai dentro, posso giurart...-
Non riuscii a finire la frase, tanto forte fu lo schiaffo che mi stampò in faccia.
Qualcosa di caldo cominciò a uscirmi dalla bocca, mentre i singhiozzi si trasformavano in colpi di tosse.
Ero terrorizzata.
-Tappati quella cazzo di bocca e nascondilo, non mi importa dove. Addio e buon divertimento-
Quel mostro mi lasciò lì, mezza svenuta sul pavimento, con il sangue che stava continuando a gocciare per terra.
Piansi. Piansi perché mi faceva male tutto, piansi perché il ragazzo che amavo era un cocainomane pazzo, piansi per Billie, piansi per quella cosa che avevo in mano.
Perché a me?
Non so quanto tempo dopo riuscii a rialzarmi, e vomitai.
Un terrore puro mi stava bloccando lo stomaco. Cosa mi sarebbe successo se la polizia mi avesse trovato con della cocaina?
-Cristo, devo nascondere questa roba-
Tremai, e cominciai a pensare a qualche posto, nel panico più totale.
E poi lo vidi, lì, davanti a me.
Anonimo come tutti gli altri.
L'armadietto di Billie, di cui io conoscevo la combinazione.
 
 
 
 3.00
 
Continuavo a cambiare canale da un'ora o due, ritrovandomi davanti sempre la solita merda. Il pezzo di carta dove avevo scritto quella roba era lì, che mi fissava, mezzo distrutto tanto lo avevo stropicciato.
 
I heard it all before
so don't knock down my door
I'm a loser and a user so I don't need no accuser
To try and slag me down because I know you're right
 
 
-Billie, Gesù Santissimo, sono le tre del mattino. Davvero non hai un cazzo di meglio da fare alle tre del mattino?-
Mi alzai, trascinandomi fino alla camera di Mike e ficcandomi quella roba in tasca. Magari un giorno ci avrei fatto una canzone o qualcosa del genere, chissà.
-Billie...che cazzo vuoi fare adesso?-
Mi buttai sul letto, in mezzo a una montagna di sigarette, lattine e roba decisamente disgustosa.
Un attimo dopo ero sopra di lui, ignorando i suoi auguri di morte dolorosa.
-Oh merda, o ti levi o ti lev...cazzo, Billie mi fai male!-
-Ti voglio bene, biondo-
Sospirai, portandomi  a sedere vicino a quell'ammasso di lenzuola che era diventato Mike.
-Che cazzo, mi manca. Patetico-
-Il cervello ti manca  a te. Chiudi quella cazzo di televisione e vieni a dormire, Cristo Santo-
Sbruffai, non accennando a muovermi. Alla fine lui scoprì la faccia, fulminandomi.
-Fanculo, ormai chi dorme più. Che cazzo hai?-
-Sono un imbecille-
-Dimmi che non mi hai svegliato per dirmi qualcosa che sapevo già-
Stavolta fui io a fulminarlo.
-Amanda, ecco cosa c'è. Mi sta facendo perdere la testa e non ci capisco più un cazzo quando lei è intorno. Faccio stronzate su stronzate, Dio...ormai non ci parliamo da tre merdosi giorni-
-Sì, mi ha raccontato tutto. Certo che chiamarla troia non è stata una genialata, eh...-
Lo guardai, frustrato.
-Il bello è che l'ultima cosa che penso di lei è che sia una troia. Lei è...fottutamente imprevedibile, ribelle e dannatamente bella. E non mi va che ogni volta che la vedo mi faccia perdere la testa, e quindi la tratto male-
-Momento, momento, momento...ultimamente la stai evitando e le rispondi male perché ti piace?-
-Mh, immagino di sì. E tanto anche-
-Mi inchino al tuo romanticismo, imbecille-
Prese il cuscino e me lo tirò in faccia, ridendo.
-Ma tu come te la sei tolta dalla testa?-
-Non lo so, è arrivata la bionda e ciao Amanda. Ma poi a volte penso ancora a lei, è come se fosse impossibile da dimenticare completamente-
Mi presi la testa tra le mani, prima di ricordarmi che quel cretino era il mio migliore amico e non mi aveva detto nulla.
-Il nome, svelto-
-Cosa?-
-La bionda. Chi é e come l'hai conosciuta?-
-Vuoi anche il codice fiscale per caso?-
-Mike-
-Oh, va bene. Si chiama...Cristo, ma esiste davvero qualcuno così scemo da chiamare alle tre di notte?-
Era vero, il telefono stava facendo un casino della Madonna.
-Rispondo io, così lo mando a fanculo come si deve-
Non aspettai nemmeno di sentire chi fosse.
-Hey genio, ti sembra il caso di chiamare a questa cazzo di or...-
-Billie, sono io-
Erica.
Stava singhiozzando.
-Oh-
-In ospedale, subito-
-Che cazzo è successo?-
Nel frattempo Mike mi aveva raggiunto, allarmato dal mio tono di voce.
Sbiancai e riagganciai, con un senso di nausea su per lo stomaco.
-Billie..-
-Maggie è svenuta mentre era con Erica. Non si è ancora svegliata-
-Porca troia. Prendi la roba e vieni fuori-
Merda. 
 

Buondì
Aaaaaaaah, non avete idea di quanto sia stato difficile partorire questa cosa.
Che poi non sono molto soddisfatta di quello che è uscito fuori, cercherò di rifarmi col prossimo :C
Vi ricordate di Tom? Il ragazzo che Am aveva conosciuto in classe? Ecco, non è anonimo come sembra.
Credo sia inutile dirvi che quello che ha fatto Betty (sì, la figlia del giudice) avrà delle conseguenze.
Ehm...credo di aver finito.
Quindi niente, ditemi voi piuttosto cosa ne pensate.
Ciaaaèèè idiots
R&Laaaavhhh 

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Capitolo 15
*** In the end ***


 
I'm not playing with your mind
Unless you think I am
'Cause you were crushing my heart
Like a battering ram
 
Is this a kind of love
That only hate would understand?
 
 
 
 
Appoggiai la testa al muro, tentando di ignorare i bip-bip di quegli aggeggi che ascoltavano i cuori e il puzzo di medicinali che mi circondava.
Cazzo, ero stanco da far schifo.  
Billie, Mike e Amanda erano andati via da un pezzo, appena Maggie si era risvegliata.
Io invece ero rimasto lì, come un coglione, a farmi del male fissando Erica e la mora che si baciavano e facevano  tutte quelle altre stronzate da coppia felice.
Fanculo, altri due minuti e poi mi sarei fiondato a casa di Mike a bere.
-Scusa, coso, ti sei seduto sulla mia giacca. Levati, grazie-
-Uh? Sì, cer...hey, ma sei la bionda!-
-Sì, e tu sei il verde. Cos'è, un nuovo gioco?-
-No, cioè...sei Betty-
-Hai intenzioni di dirmi il tuo nome o andrai avanti col dire cose ovvie? Ho di meglio di fare-
-Heey, calma-
Mi alzai, lasciandola prendere quell'affare tutto schiacciato che doveva essere la sua giacca.
Ghignai di fronte alla sua faccia disgustata. 
-E comunque sono Tré, il batterista...hai presente? Quello che ha suonato alla tua festa-
-Ah, già. Quell'idiota che ha colpito mio padre con le bacchette-
Mi inchinai, orgoglioso della mia impresa, e le strappai un mezzo sorriso.
Ormai era caduta ai miei piedi.
-Che fai qui?-
-Ehm...ho i punti. Ieri sono caduta da, uhm...dalla bici, sì...e mi sono fatta male, molto male...ecco. Quindi son rimasta qui una notte e ora esco -
-Beata te, l'ultima volta che son caduto da una bici ci ho rimesso una pall...-
Proprio in quel momento la porta di fronte a me si spalancò, ed Erica uscì in lacrime.
-Betty mi dispiace ma dovrò raccontarti un'altra volta quest'interessante storia. Ci si vede, bionda-
-Ciao, tizio strano-
La raggiunsi fuori, trovandola con la fronte appoggiata al muro e in preda a singhiozzi.
-Incinta-
-Oh, merda. Sono ingrassato tanto?-
Si voltò, senza sorridere.
Oddio, ammesso che fosse ancora capace di ridere, visto che sembrava un fottuto zombie: occhiaie, occhi rossi e trucco ovunque.
Ed era ancora schifosamente carina.
E io ero uno scemo.
Sospirai.
-Scusa. Che significa?-
-E' entrato un tizio, un dottore..e ha detto che è svenuta perchè è morto il coso...il feto o come cazzo si chiama. Ha avuto un cazzo di aborto, Cristo!-
Si buttò tra le mie braccia, inzuppandomi la maglia di lacrime.
Poco me ne fregava della maglia in quel momento.
-Portami via di qui, ti prego-
-Cosa? Ma Maggie...-  
-Non me ne fotte nulla di quella. Andiamocene e basta-
La guardai, confuso.
-Non guardarmi così. Era incinta, cazzo! Aveva un fottuto bambino nella pancia-
-Mh...okay, fin qui ci sono. Qual è il problema?-
-Il problema è, genio, che l'ultima cazzo di volta che ho controllato avevo una vagina, comprendi?-
-Oh-
-Già, oh-
Non poteva essere, Cristo.
Oh, andiamo, Maggie non era quel tipo di ragazza.
Che macello, ragazzi.
 -Diceva di amarmi...stronzate! Per tutto  questo tempo è rimasta zitta e non mi ha detto nulla. Un bambino....Dio, portami solo via da qui, ti prego-
Sospirai.
-Erica, davvero. Credo che sarà sotto shock o roba del genere...insomma, cazzo, non possiamo mollarla lì dentro!-
-Oh, bene. Ora la stronza sono io-
Cazzo.
-Cristo, no! Però non è giusto, ha abor...-
-Lascia stare, sono stanca-
Se ne andò senza voltarsi, lasciandomi lì come uno scemo.
- Oh, grande!-
Sì, lei era la stronza della situazione, perché tradimento o no Maggie non meritava tutta quella merda.
Eppure avevo una voglia matta di correrle dietro e abbracciarla.
Bah, mi serviva una distrazione, una come Alice.
- Hey, che ne dici di raccontarmi la tua stupida storia? Mi annoio a morte qui, e non mi pare che tu abbia di meglio da fare-
Betty.
-Ah, quella della mia palla. Guarda se vuoi ti concedo anche l'onore di vederla, basta chiedere-
-La tua finezza è irresistibile, davvero-
Sorrisi, dimenticandomi per cinque secondi di tutto quel macello. Come distrazione non era male..
-Ti porto a fare un giro, dai-
 
 
 
 

-Hey, tesoro, la tua amica ha lasciato le sue cose qui. Vuoi che le porti all'ospedale?-
Jenna teneva in mano lo zaino di Maggie, con tutte le cose che si era portata per restare da me.
Fu come una doccia gelata.
Rividi quello stesso fottuto zaino cadere dalle sue mani, poco prima di guardarmi con occhi terrorizzati e cadermi tra le braccia.
-Am, tutto ok? Sei pallida-
-Mh? Sì...sì,  certo. Fai quello che vuoi con quella roba, io ho bisogno di un po' d'aria-
-Ma sono le sei...-
Mi gettai fuori prima che potesse dire altro, e cominciai ad incamminarmi verso...non lo sapevo.
Avevo un macello in testa: vedevo Maggie svenire, poi Megan che sputava sangue, e poi le vedevo tutte e due all'ospedale e...Dio, mi sentivo male solo a pensarci.
Quanto  mi mancava Megan. E quanto mi aveva spaventata Maggie.
Perché tutte quelle a cui mi affezionavo finivano per svenirmi tra le braccia?
Non avevo voglia di vedere Mike, gli avrei solo rovinato la giornata.
Mi accesi una sigaretta e mi sedetti lì, sul marciapiede, in mezzo al nulla. Mi ero stufata pure di camminare.
-Ma io e te ci incontriamo sempre di notte per le strade?-
Quasi rischiai cadere da seduta, tanto mi aveva spaventato quel cretino.
Billie, ovvio.
-Ma che cazzo fai? Mi segui?-
-No genio, sei tu che ti sei piazzata davanti casa mia-
Indicò con un cenno qualcosa alle sue spalle ma non ci feci caso, già mi ero alzata.
Quell'idiota era l'ultima persona che volevo vedere.
-Cazzo, interessante. Ciao-
-Am, andiamo...!-
-Am un cazzo. E' meglio che non ti fai vedere in giro con una troia come me, no?-
Mi aspettavo una sua reazione, una delle sue crisi da pazzo isterico o quella roba lì, invece disse solo due semplici, stupide parole.
-Mi dispiace-
-Billie...-
-Zitta, non lo pensavo veramente e mi dispiace un sacco. Sono un coglione-
-Lo so-
Non avevo proprio la forza di incazzarmi ancora con quel ragazzo.
Feci l'ultimo tiro della sigaretta, prima di buttarla per terra e porgergli la mano.
-Faccio la stronzata del secolo, lo so, ma ci provo lo stesso...amici come prima?-
Mi puntò un sguardo divertito addosso.
-Non dire cazzate...-
Fu tutto veloce: mi prese la mano, mi tirò a sé e un attimo dopo avevo le mie labbra premute sulle sue.
Dolce. Quel bacio fu fottutamente, stupidamente dolce.
E non mi passò nemmeno per l'anticamera del cervello di fermarlo, tanto inutile dire cazzate: lo volevo dal momento esatto in cui l'avevo incontrato. 
A fermarsi fu lui, invece, ma non mi lasciò andare. E io mi ritrovai a fissare (quanto tempo era passato dall'ultima volta?) quegli occhi così fottutamente verdi da vicino, tanto vicino da non capirci più un cazzo.
-Anche tu mi sei mancata, ragazzina-
 

 
TA-DAAAAAAAAAAAAA
Ce l'hanno fatta, yeeeeehhhhhh 
E comunque 'giorno fanzi, e scusate il ritardo. Poca ispirazione+scuola=macello. 
Dunque: Erica cattiva, Tré cretino, Maggie fortunata come al solito e occhi verdi romantikkkko. Credo che non ci sia altro da aggiungere, yo!
Vabeh, se magari ci siete ancora scrivetele due righe per farmi capire se la storia vi schifa oppure se è decente C:
E comunque dedico lo capitoloh alla fighissima whatsername_xx che è, come ho detto, fighissima. 

Adios, vi voglio bene ♥
 
 
 
 

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