Una storia ancora da decidere

di Cest97
(/viewuser.php?uid=237419)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un irriverente protagonista ***
Capitolo 2: *** Degli irriverenti personaggi ***
Capitolo 3: *** Idee improbabili per scene irrealizzabili ***
Capitolo 4: *** Per il ciclo Fantastiche Avventure ***
Capitolo 5: *** Itersia, Isola Palla di Pelo ***
Capitolo 6: *** Ma perchè? ***



Capitolo 1
*** Un irriverente protagonista ***


Antony si guardava attorno, da alcune ore non faceva che vagare nell’oscurità, senza capire dove si trovasse, nel buio erano appena visibili delle figure che si muovevano, ignorandolo, come si trattasse di ombre che poteva trapassare senza sforzo, nuvole di fumo che coi suoi movimenti si scostavano.
Il terrore, la follia, lo attanagliavano, ormai non capiva più nemmeno quale fosse l’alto e quale il basso.
D’un tratto, mentre il sudore gli imperlava la fronte, mentre si trascinava nel buio come una preda ferita con i cani alle calcagna, la gamba malandata, ricoperto di sangue…
“E che è, e insomma, e dai. Non ti pare di star esagerando?”
Si… no… scusa, qui qualcosa non funziona.
“E direi, ti pare di poter iniziare una storia così?”
Non saprei, forse sto sbagliando qualcosa…
“Gli inizi in medias res, le storie che partono da metà, sono una palla, tutte le storie iniziano così ormai. È un cliché. E poi non puoi partire così, dopo neanche dieci righe, ci vuole una preparazione, ci vuole qualche descrizione, qualche approfondimento su ciò che sto pensando in questo momento”
Si ma non sapevo come partire.
Senti, lascia fare a me, ho qualcosa in mente che risolleverà tutto. Che poi che cazzo ti metti a parlare in mezzo alla narrazione?
“Ehi, modera il linguaggio, stai parlando al tuo protagonista”
Questa è una storiella da niente, vali molto poco come protagonista.
“No, dai, non dire idiozie: sappiamo entrambi che sono il tuo unico protagonista. Mi usi in tutte le storie, per quanto tu mi possa cambiare il passato resto sempre io. Dovresti usare un po’ più di fantasia”
Si beh, intanto la storia sta andando avanti, quindi se non ti dispiace…
“Ah fa pure, sarà divertente vederti sbagliare”
Certo… comunque, in mezzo al buio, degli strani suoni si facevano…
“Scrivila al presente”
Perché?
“Trovo che sia più immersivo”
…degli strani suoni si fanno sempre più forti, come un serpente che striscia tra le foglie, un essere si fa strada diretto alle sue gambe. Arrancando, zoppicando, Antony prosegue come in cerca di qualcosa, non ricorda nemmeno perché fosse venuto fin qui, non ricorda cosa lo abbia spinto fin dentro questa palude, sa solo che non vede dove sta andando, che ciò che ha alle spalle è identico a ciò che gli sta davanti, che la destra e la sinistra non sono direzioni, che il colore delle piante e del fango qui sono lo stesso identico colore.
Un albero spunta dall’acqua e dalla melma, sembra essere morto.
“Perché è morto?”
Non lo so, lo trovi così e basta.
“Non vorrei essere in una palude velenosa. Che poi come sono fatto? Che vestiti indosso? In che epoca sono? Non ti andrebbe di descrivere qualcosa? Sai, significherebbe scrivere”
Anno 1350, in un universo parallelo al nostro, in cui non devo conoscere la storia o la geografia per azzeccare la posizione delle città o gli anni delle guerre perché me le posso inventare di sana pianta, un ragazzo coi capelli neri, statura media, occhi blu elettrico fuori dal comune, indossando…
“Un impermeabile stile poliziesco anni 80?”
…un impermeabile stile poliziesco anni ottanta che non centra assolutamente con il personaggio e con la data, e sotto di esso un paio di pantaloni di tessuto grezzo neri e una maglia di pelle che ormai del colore originale non hanno che un’ombra, completamente ricoperto di fango e sangue, arranca con le gambe immerse nella melma fino al ginocchio, al suo passaggio disegna sulla superficie della palude lunghe scie e linee, spostando le piante e la polvere che incontra.
“Ecco, ora va già meglio. Ok, dai, prosegui”
…l’albero morto…
“Che poi come fa quell’animale a strisciare verso di me se siamo in una palude?”
Nuota sul fondale e si avvicina senza essere visto, spostando appena l’acqua quando si muove.
“È un serpente?”
Lo scoprirai a tempo debito.
“Io dico che è un serpente”
Un gigantesco leone marino che si era perso mentre nuotava, facendosi gli affari suoi e senza dare fastidio a nessuno, sbuca dal nulla alzando una colonna di fango e ruggendo.
“Che fai sul serio? Non fai ridere nessuno”
Tanto vale che io provi a farti capire chi è lo scrittore e chi è il personaggio inventato.
Il leone marino, come già detto, ruggisce sprigionando un suono tanto forte da far fuggire tutti i piccoli animali che lo circondano, tranne Antony, un ragazzo troppo stupido per capire cosa fare in una situazione del genere.
“Grazie mille, chi diavolo saprebbe che fare? E da quando i leoni marini ruggiscono? È una specie di tricheco, ma è più brutto e non ha neanche le zanne”
E qui ti sbagli, perché in questo universo, parallelo al nostro, i leoni marini sono dei giganteschi leoni con delle pinne e con le branchie e delle zanne grandi quanto delle sciabole.
“Grandi quanto?”
Alti quanto un edificio di tre piani.
“Alla faccia dello strisciare sul fondale”
Spalancando la bocca, il gigantesco animale si scaglia sullo stupido ragazzo, i suoi denti lo circondano e se poteva dire di trovarsi immerso nell’oscurità prima, ora può affermare di trovarsi in un luogo totalmente buio, umido, e con un odore ancora peggiore di quello che lo circondava poco prima. Con un colpo secco, la mascella…
“Stop”
Che c’è?
“Ma che mi vuoi uccidere?”
No, perché dopo ti faccio uscire da dentro il bestione, gli squarci la pancia.
“Lasciando stare quanto sia ridicola una cosa del genere, con cosa dovrei farlo? Non ho una spada”
Il ragazzo ha una spada.
“Che genere di spada? Una spada laser?”
Una spada adatta all’epoca in cui si trova.
“Ne voglio una precisa”
Se cerco in internet sei più contento?
“Beh, si”
Allora aspetta qui
“Ma…”
 
Antony stringe nella mano destra una spada gotica ad una mano, con la guardia a croce e il pomello piatto, l’elsa è rossa e la lama dell’arma è formata da due materiali diversi, la differenza di colore dei due metalli è ben visibile anche in mancanza di luce (questo è un dettaglio che mi sono inventato io).
Sei contento adesso.
“Lo sarei stato di più se non ci avessi messo un quarto d’ora, che non capisco dove tu abbia passato per una stupidaggine come cercare una descrizione di una spada…”
Non usavo le parole corrette per la ricerca.
“Spada quattordicesimo secolo”
Ah ecco. Si forse avrei fatto più in fretta…
“In ogni caso, durante tutto questo tempo mi hai lasciato dentro la bocca di un leone marino di tre piani di altezza, un animale che per quanto poco tu abbia descritto…”
Blu scuro, manto monocolore formato da peli lucidi e unti di un olio che gli permette di nuotare più velocemente facendo meno attrito con l’acqua, con una criniera nera ricoperta da alghe, ed una lunga coda anch’essa nera; per il resto, un aspetto del tutto simile ad un comunissimo leone.
“Si, ma resta il fatto che hai dimenticato un fattore molto importante”
Cosa?
“Beh, oltre al fatto che avrà le branchie piene di fango, non essendo questo il suo habitat, dopo un quarto d’ora all’aria aperta…”
Non dirmi che…
“Non credo sia morto, ma da un po’ respira in modo molto tenue, quasi non si sente”
“anhanhannnnahnnnnahhann”
Che diavolo ha detto?
“Non saprei”
Il leone marino è libero di muoversi e di parlare con lo scrittore.
“aaaahanahanananhnanah” Ma che diavolo di verso sarebbe?
“Idiota, è un leone marino, non può parlare”
Il leone marino sa parlare italiano perché si tratta di una specie intelligentissima che comprende diverse lingue e sa utilizzarle senza difficoltà, questo leone in  particolare viveva con una famigliola che gli ha insegnato la lingua finché non si è mangiato i propri padroni, così, per fame.
Il leone marino spiega, semplicemente, all’autore, cosa lo turba.
“Non respiro”
TUFFATI.
“Non posso farlo da solo”
Il leone marino si getta in una zona della palude dall’acqua limpida e profonda, sparendo.
“Ehi, che ti stai innervosendo?”
Non ne posso più di te.
“Oh, andiamo, io mi sto divertendo così tanto, se escludiamo il quarto d’ora peggiore della mia vita, anche se per il momento non ho ancora una storia alle spalle, quindi non ho una vita”
Ci penserò.
Avrei voglia di staccare, magari faccio qualcosa di diverso oggi, lascio perdere te per un po’.
Ci vediamo domani.
“E mi lasci così”
Antony si ritrova appeso a testa all’ingiù, con le gambe legate ai rami dell’unico albero di tutta la palude, mentre sotto di lui una tartaruga coi denti affilati nuota circolarmente.
“Se resto così morirò entro poco più di un’ora per l’afflusso di sangue al cervello”
Antony non morirà, ma soffrirà parecchio. Ci vediamo domani.
“Spero per te che questa storia ridicola finisca per parare da qualche parte, altrimenti giuro su dio che non mi userai più come protagonista”
Sai che perdita.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Degli irriverenti personaggi ***


Antony non riusciva a pensare con lucidità.
Guardava il proprio bicchiere vuoto, la testa china sopra di esso, ondeggiando a destra e a sinistra sopra allo sgabello.
Era appoggiato ad un bancone di legno scuro, appiccicoso e segnato da punte di coltelli e bruciature di sigari e pieno della cenere delle pipe delle centinaia di clienti che susseguendosi avevano lasciato la loro personale firma e dedica a questo ammasso di sporcizia.
La stanza è illuminata dalla sola luce di candele, a decine, accese sopra i resti di cera di quelle che le hanno precedute, la cera cola dal bancone, cola dai tavolini, cola dalle colonne alte un metro e spesse una trentina di centimetri, colonne di cera, colonne create col tempo, non più bianche ma annerite dal calore e dalla polvere.
Il soffitto in legno era nero, il fumo lo aveva colorato quasi a ricordare un cielo notturno, privo di stelle e di luna.
Non ci sono molti clienti.
Qualcosa dentro di lui lo ha portato fino a questa locanda, forse uno degli angoli più oscuri che esistano su questo stramaledetto pianeta.
Ma la figura che più lo inquietava era sicuramente il barista, un uomo che a vederlo ricorda…
“Il tempo” Porca miseria “Vuoi deciderti a scegliere a che tempo scrivere questa storia? L’avrai cambiato una decina di volte”
Se fosse così semplice lo avrei già fatto, è che alcune scene vengono meglio al passato; e poi tranquillo, quando lo rileggerò lo correggerò.
“A me basta che ti decidi, non hai idea di cosa significhi andare avanti e indietro in questo modo.
Già che ci siamo, ti andrebbe di discutere di una piccola questione? Perché mi sembra che tu stia sorvolando su un fatto importante di tua spontanea volontà”
Credo di sapere cosa intendi.
È mica per l’albero?
“Si, è per l’albero”
E per il tempo…
“Nove mesi”
Forse anche per come ti ho lasciato…
“Nove mesi, a testa all’ingiù, appeso ad un albero, con una dannata tartaruga che cercava di mordermi la testa. Se ti stai chiedendo cosa mi abbia portato in un posto del genere forse dovresti ripensare alle tue azioni: cosa ti ci voleva a scrivere due righe ogni tanto?”
Non credevo ne valesse la pena.
“Sai cosa? Lasciamo stare, andiamo avanti e basta. Almeno mi sono fatto un nuovo amico”
“Come va?” Chi ha parlato? “Sono la tartaruga”
Fammi capire un attimo: stai bevendo alcolici assieme ad una tartaruga in una locanda sperduta nel nulla?
“E il suo bicchiere è vuoto, e anche il mio lo è. Barista!”
“Buongiorno Signore!”
“Riempi pure, a entrambi, paga l’Autore”
“Quale liquore preferisce? Abbiamo un’ampia scelta”
Non ho intenzione di pagarvi da bere, non finanzierò i vostri vizi, e non ho intenzione di lasciarmi usurpare dal mio ruolo.
Sono un maledetto scrittore.
Merito Rispetto.
E voi dovete fare quello che dico io.
Chiaro?
“Ce l’hai una bella bottiglia di Jack Daniels?”
“Non è stato ancora creato ma guarda caso ne ho una che ho messo da parte alcuni anni fa”
“Deliziosamente privo di senso. Riempi”
La locanda si dissolve, lasciando Antony da solo, sotto la pioggia, al buio, ancora seduto sul proprio sgabello e con il bicchiere proteso in avanti, ancora convinto che qualcuno gli servirà da bere.
“Ti odio” La storia. Andiamo avanti. Ora. “Non sono io quello che si è preso una pausa di mesi. Non puoi arrivare dal nulla e pretendere” Lampi. “Che mi minacci?” Tuoni e fulmini. “Non hai le palle per farlo, e poi quante possibilità hai di colpirmi con un fulmine?”
Antony è un ragazzo particolare, uno di quei ragazzi che reggono un antenna metallica mentre stanno sotto un albero spoglio quando infuria la tempesta. Facendo la danza della pioggia. Scalzo.
Sfidando Dio a colpirlo.
Si potrebbe dire un ragazzo di dubbia intelligenza.
Continuo?
“Ho capito, va bene, andiamo avanti”
Non sei tu quello che decide quando scrivere. E ora preparati, ho qualche idea per un combattimento.
“Tutto ciò manca di trama!” Lampi! “Va bene! Iniziamo”
 
Antony si trova in una pianura, la pioggia incessante martella il suono, l’acqua sembra non finire mai e l’oscurità gli da quasi l’impressione di trovarsi sul fondo di un oscuro, terribile lago.
“…terribile lago…”
Sta zitto, e smettila di ridacchiare.
“Come diavolo fa un lago ad essere terribile?”
Non hai mai avuto quella sensazione di enormità guardando l’oceano? La paura dell’infinito? Non ti sei mai chiesto se la fine sia un bene o un male? Non hai mai provato una sensazione di TERRIBILE inferiorità guardando il mare stagliarsi…
“Meno canne la mattina”
Sei privo di sentimento.
“Comunque hai detto lago, non mare”
Nell’oscurità di questo spazio privo di profondità, quasi non percepisse più la dimensione del proprio corpo e di ciò che lo circonda, perdendo ogni forma di orientamento che gli era possibile usare, lui resta immobile. Quasi fluttuasse nel vuoto, l’unica cosa che sente è il terreno sotto i propri piedi.
Provando a respirare l’acqua gli entra nella bocca, tra sé e sé riesce solo a pensare…
“Grazie a Dio ho con me la mia fedele bombola d’ossigeno”
Stop.
Togliti quella maschera da sub.
“…”
Ti chiedo serietà
“Va bene boss”
L’unico pensiero che attraversa la sua mente è il costante desiderio di vendetta, come un cieco…
Ceco… era cieco o ceco?
“Ceco, ignorante”
…come un ceco che senza l’uso degli occhi…
“Ah no, scusa, pensavo intendessi uno proveniente dalla repubblica ceca. Devi scrivere cieco se intendi un non vedente”
Sono curioso, cosa credevi che stessi per scrivere?
“Beh non hai ancora specificato le mie origini quindi…”
Senza nemmeno l’uso dei propri occhi si fa strada nel buio, attratto in avanti, attirato come gli insetti vengono attirati dalla luce dei fuochi, un moderno Icaro che si spinge verso il proprio sole.
E questo sole è lì, davanti a lui, lo sa, lo sente.
Gridando si getto in una disperata corsa, tutta la forza concentrata nelle gambe, spingendo lontano il terreno e cercando di staccarsene.
Lo vede, il suo sole.
Un uomo fermo sotto la pioggia lo osserva, un ghigno stampato sul volto, sembra non temerlo affatto.
Pochi metri. Due. Uno. Pochi centimetri li separano, estrae la spada e prima di infilzargliela nel petto il ragazzo ha il tempo di sussurrargli poche semplici parole.
“Ma che hai da ridere?”
“Stavo pensando ad una barzelletta che mi ha raccontato un mio amico ieri”
“Ah, dai, racconta”
“No, no, è stupida”
“Se ti fa ridere in un momento simile non deve essere tanto male”
Ci vediamo fra altri nove mesi.
“Oh, dai, non puoi prendertela così facilmente”
Leone Marino.
“SONO TORNATO!” il grido scuote l’intera pianura.
Strisciando come un serpente… “visto che era un serpente” Non puoi fare citazioni al capitolo precedente, non le capisce nessuno.
Strisciando come un serpente l’animale si è fatto strada fino a questo luogo, l’odio per il ragazzo in lui è così grande che a stento riesce a contenersi dall’azzannarlo e divorarlo in pochi attimi.
“Antony!”
“Leo!”
Ho detto ODIO.
“Ciao bello come stai?”
“Ah beh sai com’è, si tira avanti”
“Bella, batti il cinque”
“Bella lì”
“Bella”
Credo che questa storia stia raggiungendo un livello di degrado che raramente viene raggiunto in così poche righe.
“Eh dai, fatti una risata boss, io sono un leone marino che ha perso la propria famiglia e non potrei essere più felice di così” Escludendo che l’hai divorata, non credo proprio che lo farò.
 Ho scritto due pagine e mezzo e nulla di tutto ciò ha un minimo senso, mi ritiro, ci riprovo domani.
“…è quello che ha detto l’altra volta…”
Ma crepa.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Idee improbabili per scene irrealizzabili ***


Antony è seduto sullo sgabello del bar, guarda dritto negli occhi della sua preda.
“Ancora un bar?” in ogni mia storia ci devono essere scene dentro bar, hanno stile e ti fanno sembrare più interessante “Diventerò un alcolizzato di questo passo”
Per il momento stai solo corteggiando una persona di tuo interesse.
“Ah si? Allora ok.”
I suoi occhi si perdono in quelli che sta osservando, così scuri, profondi, sembra debbano portare nel vuoto più totale.
Tra sé e sé pensa:
-Quanti bicchieri ci vorranno perché si ubriachi?-
Pensavo a qualcosa di più romantico.
“Io non sono romantico”
Cerca di collaborare “Va bene”
Fa ondeggiare il calice che tiene in mano, l’oliva al suo interno ruota nel liquido chiaro in un vortice alcolico; quasi ipnotizza il suo interlocutore con questo gesto, dicendo poi:
“Era da tempo che non vedevo una ragazza così bella, c’è da perdere la testa solo guardandoti”
Un po’ inefficace ma stiamo facendo progressi.
“Ho sedotto decine di ragazze con queste parole”
Si, e chi è che le ha create?
“…la mia vita è una bugia!” Non fare così.
“Secondo me ti stai solo dando delle arie, ho tutte le capacità necessarie per sedurre; e poi tu non sei in grado di far fare ai tuoi personaggi quello che vuoi”
Lo hai voluto tu.
Fissando la persona che tanto gli interessa, chiede con tono… accattivante?
“Non hai mai rimorchiato vero?” Fatti gli affari tuoi.
Chiede:
“Posso sapere come ti chiami, tesoro?”
“Marco”
“Fermo, basta, scorri”
Scorri? Che significa scorri?
“Hai capito male, a me piacciono le ragazze”
Scommetti?
Antony è gay.
“Hai tralasciato una cosa”
Cosa?
“Essere gay non è una scelta, nemmeno tua”

Quindi scorro? Cosa vorrebbe dire?
“Scorri con le idee, con le scene che vuoi fare, facciamo qualcos’altro”
Ok.
 
 
Antony corre nel campo di battaglia, la sabbia si alza ad ogni suo passo, sotto braccio tiene stretto un pallone in cuoio, grezzo, molto pesante dat il contenuto metallico.
Deve solo arrivare in fondo all’arena, lanciarlo, e spedirlo nella rete.
“Cosa sarebbe, pallamano?”
Diciamo, ma puoi usare sia piedi che mani, devi solo fare goal in un modo o nell’altro.
Compaiono due uomini davanti a lui, sbucano fuori da delle botole: sono gladiatori.
Alti, ricoperti di armature di differenti paesi, combattenti provenienti da chissà quale angolo del mondo.
Uno di essi tiene stretto in mano un gladio, l’altro una lancia.
“Arricchisci”
Sono armi argentate, strani bagliori di luce rimbalzano su di esse quando il sole le colpisce.
“Arricchisci”
Sono armi magiche.
“Arricchisci!!”
Una saetta fuoriesce dalla punta della lancia, disegna un arco sopra le teste dei presenti, e si schianta al suolo, ai piedi del ragazzo, bruciando la sabbia e lasciando una piccola conca piena di vetro fuso. “…così è troppo”
Un altro fulmine, il ragazzo si sposta appena in tempo per schivarlo, in un lampo di luce si salva ma il suo impermeabile viene irrimediabilmente danneggiato, ora è segnato da un foro annerito coi bordi bruciati.
Il ragazzo alza lo sguardo.
“Il mio impermeabile…”
Il ragazzo non ha tempo da perdere con un capo di abbigliamento.
“Mi hai rovinato il vestito!”
Come dicevo…
“Ti ammazzo!”
Lascia andare la palla in cuoio, con un balzo in avanti estrae la propria spada ed assesta un colpo dall’alto, colpisce in pieno l’elmo dell’uomo armato di lancia. Troppo veloce per essere schivato, il colpo frantuma il metallo e fa collassare al suolo il guerriero.
Girandosi verso l’altro nemico, il ragazzo esclama fissando l’uomo dritto negli occhi:
“Fila”
“Ok” mi aspettavo che da guerriero quale sei opponessi più resistenza “Chi me lo fa fare, hai visto come lo ha fatto fuori? Io ho un piccolo gladio fatto con scarti di metallo. Ci si vede”
Antony riafferra la sfera di cuoio e si dirige verso la porta, una corsa sfrenata verso il suo obbiettivo. Sta per lanciarlo quando dall’alto atterra un essere di dimensioni gigantesche.
“Leo!” il Leone Marino ha uno sguardo stranamente serio.
“Non posso parlare, sono concentrato”
“Ah, ok, scusa”
“Ho sempre voluto fare il portiere, ma non mi facevano giocare perché mangiavo i giocatori avversari”
“Devo preoccuparmi?”
“Ma no, io e te siamo amici”
“Potresti evitare di leccarti i baffi quando lo dici”
“Scusa, vecchie abitudini”
L’animale osserva il ragazzo, Antony alza la palla sopra la testa e la tira con tutta la forza che ha.
La palla si schianta sulla fronte dell’animale, che sembra ignorarla completamente.
Potresti provare a partecipare?
“Sono grande quanto un edificio di tre piani, finché la tira in alto non devo preoccuparmi. Inoltre sono in parte leone, quindi in parte felino: io non seguo le palle, è roba da cani”
Allora… la palla in seguito al colpo sembra squarciarsi, al suo interno rivela un insieme di fili metallici, sembra quasi…
“Un gomitolo di filo?” forse per il ragazzo è privo di senso, ma per l’animale no.
Per lui l’oggetto ha un qualche significato mistico, un segreto, un messaggio nascosto al suo interno.
“Mio”
“Leo, sta calmo…”
“MIO!”
Con un balzo l’animale cerca di afferrare l’oggetto sferico, Antony è più veloce e se ne appropria per primo. Riesce ad allontanarsi dalla bestia, i cui occhi sembrano non voler smettere di seguirlo, di colpo attenti ad ogni suo minimo movimento.
Il ragazzo si getta in una corsa disperata, l’animale si abbassa pronto ad intercettare qualunque lancio, è quasi con la pancia schiacciata a terra e si prepara a saltare se necessario; Antony individua un passaggio tra le zampe della bestia, e dietro di esso la rete.
Mentre sta correndo, lascia andare il gomitolo di filo di ferro, e senza fermarsi gli tira un calcio, lo colpisce perfettamente col collo del piede e lo fa volare rasoterra, dritto verso la sua meta.
Il suono secco della palla che incontra la rete alle spalle della bestia blocca tutto, il pubblico che fino a questo preciso istante non avevo descritto si ammutolisce.
Il ragazzo se ne resta immobile, osserva l’animale cadere a terra, quasi come se lo avesse abbattuto, sconfitto. In un silenzio tombale, si gira e se ne va lontano, ignorando ciò che è appena stato costretto a…
“Booooooom! Ho vinto!”
Questo non è sportivo
“Perdente! Ti ho battuto!”
“Cartellino rosso”
“… cosa?”
Antony è stupefatto… e anche l’autore. Che succede ragazzi?
“Cartellino rosso”
“…ma chi diavolo sei?”
“L’arbitro?”
Ma siamo in un’arena!
“Tralasciando quello, perché mi ammonisci? Ho solo fatto goal!”
“Non penso proprio”
…forse abbiamo dimenticato una cosa.
“Cioè?”
Leo è un maschio, e lo spazio che pensavo esistesse tra le sue gambe era occupato da…
“Non respiro”
Il Leone Marino non era caduto causa la consapevolezza di aver perso, di fatto aveva parato il colpo vincendo, a discapito dei propri testicoli.
Ahia.
“Non credo avrò figli” Ops, scusa “Scorri”
Scorro.
 
 
“Mi stai disegnando come una delle tue ragazze francesi?”
“Ehm?”
“Antony, come sto venendo?” mentre Antony regge la matita e il blocco da disegno, un dubbio prende spazio nella sua mente: che l’autore abbia un insano desiderio di farlo sentire in imbarazzo?
“Puoi ridirmi come ti chiami?”
“Marco”
“Ok, Marco, perché sei disteso lì?”
“Mi hai promesso un ritratto”
“Ma io non so disegnare, quindi mi spiace…”
“Oh, tranquillo, era solo un pretesto il tuo”
“Scorri”
Non ho più idee.
“SCORRI”
Mi sa che ci risentiamo fra un po’.
“AUTORE”
Che bello il mio lavoro.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Per il ciclo Fantastiche Avventure ***


Iniziamo il primo capitolo della saga Vecchia Fantasia!
“Che dovrebbe significare?”
Che ho voglia di scrivere una storia di orchi, folletti, elfi, e di un viaggio tra terre incantate.
Tipo quei filmetti di serie B che facevano la domenica pomeriggio anni fa, con orribili effetti speciali ma che parlavano di storie fantasiose e del bene che vince sul male… cose così.
“Li guardavi solo tu”
E li adoravo.
Comunque hai capito, un viaggio fantastico stile Signore degli…
“NO”
Che c’è?
“Non puoi nominare altre opere in questo modo”
E perché? “Perché poi ti dicono che plagi”
Ma che senso ha? “Te non farlo”
Ok, scusa.
 
PREMESSA
“PERCHÈ PREMESSA? E PERCHÉ STO URLANDO?”
Mi ero dimenticato il blocco maiuscolo.
Premessa perché voglio solo mettere le basi della storia, molto rapidamente, senza concentrarmi troppo sul tuo passato. È sostanzialmente un capitolo inutile.
“Ok, dovremmo evitare di perdere troppo tempo. Rifai da capo”
 
PREMESSA
La storia inizia in un piccolo villaggio tra le montagne, un insieme di umili abitazioni di legno abitate da contadini e allevatori. Le persone sono poche, e si conoscono tutte tra di loro.
L’evento più atteso qui consiste in una semplice fiera che ogni mese viene fatta in corrispondenza della luna piena, ed esclusi i gruppi rock degli anni ottanta che si esibiscono nei loro pezzi più famosi, tra grida di approvazione, cori, pugni alzati al cielo che battono al ritmo della gran cassa, e qualche torcia tenuta in alto durante lo spettacolo, le persone non provano nessuna particolare emozione.
“Gruppi rock degli anni 80?”
Dire Straits tutta la notte.
“Non dovresti essere tu quello serio?”
Stavo scherzando…
“Stai ridendo”
Non posso farci a meno, immaginati questi contadinotti… “Stop” Scusa.
Comunque ci saresti stato anche tu ai concerti.
In ogni caso...
… Un tranquillo villaggio all’ombra di alberi centenari con grandi chiome.
Gli alberi per appunto rappresentano una fonte di sostentamento per tutti gli abitanti, i loro frutti dopo essere caduti in gran quantità vengono periodicamente raccolti e rappresentano la maggiore sorgente di cibo, e tralasciando gli innumerevoli morti per trauma cranico o sfondamento della testa causa caduta…
“Che diavolo hai stasera?”
Sono stanco, ho voglia di svagarmi. Pensa che quello che provi tu ora è ciò che…
“Chi se ne frega”
Tutti vivevano felici escluso un povero, “No” insignificante, “Esagerato” stupido bambino senza genitori.
“Morti?” Ti hanno abbandonato appena sei nato.
Ma da allora vivi su una casa di legno costruita sui rami più alti dell’albero che cresce esattamente al centro del villaggio.
“…Tarzan”
Cosa?? No, non è Tarzan.
“Si invece, e non ho ancora visto gli elementi fantastici che tanto volevi mettere”
Un giorno, mentre il ragazzo veniva ricoperto di immondizia lanciata da manifestanti, partecipanti ad una protesta che voleva portare alla sua cacciata dalla città…
“Che gli ho fatto?”
Quando hai costruito casa tua, non hai pensato a dove finissero le fognature.
“Oh” Già. “Allora hanno un ottimo motivo. Anche perché mangio parecchio”
Comunque sia, mentre venivi ricoperto di pomodori marci, fango, carne andata a male, libri osé per adulti nel cui titolo è presente sia un numero che un colore… insomma, mentre ti gettavano addosso la peggiore spazzatura, qualcuno ha fermato la folla e ti ha salvato dal linciaggio.
Da allora siete migliori amici.
“Si, e combattiamo il male a colpi di karate. Sembra l’inizio di un cartone animato giapponese”
…si dice Anime.
“Non cambia nulla! È un cartone!”
Ti retrocedo a personaggio secondario.
“Eddai”
Anzi, ad aiutante.
“Non osare, è il ruolo peggiore di tutti: ehi guardate, c’è l’eroe! E assieme a lui il tizio che gli porta la spada, che si mette nei casini e alla fine viene salvato. Non voglio neanche sapere come si chiama”
Allora taci.
Il tuo migliore amico è un elfo.
“Ed è un arciere?” No, è un contabile.
Si chiama Regolas.
“Dio mio” Regola i conti con tutti “Voglio morire.
Potevo finire in qualunque libro o storia, e mi tocchi te”
Un giorno, il villaggio venne attaccato.
Un esercito di non morti distrusse le case, uccise le donne e i bambini, e prostituì gli uomini.
Dall’alto di casa tua, un nuovo sentimento ti colse mentre guardavi l’orrido spettacolo, e osservando i terribili avvenimenti che accadevano sotto i tuoi occhi, gridasti. Gridasti perché il mondo ti sentisse, perché tutti sapessero ciò che avresti fatto.
E le tue parole furono…
“Bruciate!”
Dovevano essere ‘Io vi vendicherò’.
“Puzzo ancora di pomodoro marcio e di inchiostro sprecato su storie scadenti”
Si ma in quel momento capisti quanto dolore fosse presente nel mondo e così decidesti di porvi fine.
“Regolas, tu che dici?”
“Il tempo necessario a ripulire il mondo da un male così grande è stimato di circa 22 anni, periodo nel quale potremmo vivere una vita molto agiate semplicemente allontanandoci. Facendo qualche stima, ritengo che cambiando continente potremmo arrivare alla morte senza più sentir parlare di questo pericolo, e una volta nella tomba non dovremmo più preoccuparcene”
“Mi piace”
Ma questa deve essere la storia di due eroi.
“Già viste, preferisco la storia di due codardi”
…Va bene, ma la gestisco io.
“Si parte per l’avventura!”
Da quel momento i due vigliacchi sono in cammino.
Chissà dove li porterà il destino.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Itersia, Isola Palla di Pelo ***


“Antony, dove siamo?”
“Non ne ho idea, l’ambiente non è ancora stato descritto. Credo che questo sia il nulla cosmico che riempie per la maggior parte del tempo la mente del nostro scrittore. Mi sembra di vedere qualche nudo femminile qua e  là, che si aggrappa alla vita e all’esistenza con una certa determinazione… sembrano ben intenzionati a restare dove sono. Tuttavia, escluse queste poche eccezioni non c’è niente”
“Ah… cosa potremmo fare mentre l’Autore pensa allo sfondo di questo capitolo?”
“Sai giocare a Machiavelli? È un gioco di carte”
“No”
“Nessuno sa mai giocare a Machiavelli…”
“Sono più un tipo da videogiochi”
“Non dovresti dire certe cose, siamo nel bel mezzo di un periodo medievale, non esistevano ancora videogiochi”
“Neanche Pac-man?”
“Quello solo nelle taverne più povere e pericolose.
È risaputo che Pac-man esiste da ben mille anni, e che nacque quando un uomo fece la pessima scelta di fidanzarsi con ben quattro donne contemporaneamente, donne che vivevano nella stessa città e che gli diedero la caccia per ben novantanove giorni consecutivi. Curiosità: il fatto che il colore dei loro vestiti sia lo stesso di quello dei fantasmini è una pura coincidenza, e gli schemi che utilizzavano per muoversi nelle strade cercando di catturarlo vengono visti tuttora come tra gli esempi più eclatanti di imprevedibilità femminile”
“Sei così colto”
“Lo so”
“…”
“…”
“…”
“Sai giocare a Scala quaranta?”
Una città portuale.
 
Itersia fino a un secolo fa era vista come uno dei porti più ricchi esistenti, il transito di navi cargo e spedizioni commerciali, che attraversando l’oceano passavano per questa piccola isola situata nel nulla in mezzo ad una superficie interminabile d’acqua, era di livelli talmente alti da costarle il nome di “Isola d’oro”.
Fu in seguito all’arrivo dei non morti che la città collassò su se stessa, l’embargo delle varie terre e nazioni portò all’isolamento della piccola ma ricca comunità, in seguito all’isolamento nacque l’anarchia e seguirono razzie e la nascita di numerose gang e partiti politici, che sono più o meno la stessa cosa ma i componenti delle gang non rubavano, uccidevano soltanto (cosa molto apprezzata di quei tempi, perché in generale le persone si stavano parecchio antipatiche tra di loro); tralasciando un breve periodo che durò circa ventitre anni, durante il quale in seguito ad una rivolta fu messo a capo della città un piccolo gatto nero dagli occhi gialli, gatto che tuttora viene considerato come imperatore indiscusso e che alla veneranda età di ottant’anni svolge il ruolo di consigliere, la città si è sempre amministrata in maniera monarchica.
In seguito alla proclamazione dell’Impero Zombie le frontiere vennero riaperte, ma Itersia che oramai era diventata totalmente autonoma e centro indiscusso del commercio criminale di armi, droga, donne, guidatori patentati che mettono la freccia e poi non girano, e giocatori di Call of Duty e Fifa che un attimo prima che la partita finisca si disconnettono per non darla vinta all’avversario, non accettò di commerciare con una nazione tanto pericolosa e imprevedibile, e chiuse i contatti.
Itersia, un tempo Isola d’oro, oggi giorno è considerata la casa di tagliagole, ladri, mafiosi e in generale di ogni sorta di persona e non che abbia in mente di fare del male al prossimo.
Itersia divenne così ‘L’isola del sangue e del fuoco’; caratteristici infatti sono il cielo perennemente oscurato dalle colonne di fumo e cenere che fuoriescono dalle gigantesche fornaci e dai forni dei fabbri, e il caldo insopportabile.
Il nome originale doveva essere ‘Isola palla di pelo’, ma i consiglieri esortarono il re a rinunciare e a scegliere qualcosa di più caratteristico.
La domanda più spontanea a questo punto è una.
“Come ci siamo arrivati in un’isola simile”
Esattamente.
Regolas, spiega.
“Beh… un’isola in cui l’impero non può arrivare ma che permette comunque di guadagnare e vivere in uno stato di decadenza e simil-lusso… adatta a noi due, direi”
Esatto.
“Va bene…” esclama Antony “Ma come ci sono arrivato?”
Vi siete infiltrati in una ciurma pirata e dopo alcuni mesi di abbordaggi siete arrivai fin qui dopo esservi fatti una reputazione in mare.
“Ommioddio, sarebbe una storia fantastica, perché non ti metti a raccontare QUELLA storia, invece che questa?”
Beh…



Antony e Regolas si trovavano davanti alla nave in cui si infiltreranno…
“Eh no, caro, troppo tardi”
Allora procediamo.
I due vigliacchi si trovano ora nel porto, la loro nave nera e rossa alle loro spalle mostra le cicatrici dei combattimenti subiti per arrivare fin qui.
“Regolas, lupo di mare…” No “Ma sono un pirata!” No “…Regolas, amico mio, elfo d’acqua salata, dimmi, in che stato è la nostra nave?”
“Avremmo dovuto fermarci ad aggiustarla due mesi fa, capitano”
“Non essere sciocco, è fatta di un ottimo compensato, sono sicuro che i colpi di cannone che hanno perforato lo scafo non l’hanno danneggiata eccessivamente, guardala! Guarda come ondeggia fiera, guarda come la Jolly Roger, la bandiera pirata, sventola al vento! Guarda come l’azzurro e il nero brillano…”
“Capitano…”
“Si Regolas, è la nave sbagliata. La domanda è: dove si trova la nostra nave?”
“Non è quella che sta affondando vero?”
“No, sono quasi sicuro di non aver inserito le frecce d’emergenza prima di scendere”
“Allora è decisamente quella che si sta allontanando in tutta fretta, credo ci stiano salutando…”
“INGRATI!”
Antony si gira, il suo impermeabile nero, ancora ricoperto degli schizzi di sangue delle sue vittime, con segni di bruciature causati dai cannoni e i segni degli artigli degli animali che hanno fronteggiato, sferza l’aria rivelando la cintura del ragazzo, le sei pistole a ricarica frontale appese alla vita, la spada al fianco destro, il moschetto appeso alla schiena, la gamba di legno…
“NO. Sono affezionato alle mie membra”
Allora, la cicatrice che gli percorre il volto… “Sono affezionato anche al mio viso” Ti va se te la metto sul lato della testa? Una specie di segno causato da un proiettile vagante che ti ha quasi ucciso…
“Sul serio, perché non hai scritto questa storia?”
“Ottimo appunto Regolas”
Regolas mostra spavaldo la gamba di legno.
E l’uncino.
E la benda sull’occhio sinistro.
“Tanto meglio, così non devo chiuderlo per prendere la mira quando tiro con l’arco. Solo una cosa: se ti piace l’idea di farmi a pezzi, puoi rendermi un po’ più figo? Antony ha l’aspetto del pirata senza cuore che arriva e ammazza tutti, io do più l’impressione di essere il mozzo sfigato che si è preso una cannonata sulla gamba”
Allora ti mancano un dito, e hai una gamba in acciaio che funziona a vapore.
“…”
“…”
“…è fantastico” Bene “Se qualcuno scrivesse il come sia successo tutto ciò…”
PROCEDIAMO.
I due ragazzi osservano la città, un insieme di antichi edifici, un tempo lussuosi che ora si trovano nel loro stato peggiore, bandiere di gilde e associazioni criminali sono appese in strada, sulle pareti delle case, sulle locande e alle finestre, il legno marcio usato per tenere in piedi gli edifici fatiscenti sembra dover crollare da un momento all’altro.
Piove, il fango della strada è ricoperto di rifiuti, bottiglie quasi del tutto sprofondate nella melma, corpi, e armi.
“Questo è il nuovo capitolo della nostra vita Regolas: facciamo in modo che inizi bene”
“Siete in arresto”
“Dio …

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Ma perchè? ***


Antony muoviti che abbiamo da fare.
“Eh? Cosa?”
Ho detto muoviti, che voglio concludere questo ciclo del racconto.
“… e tu chi cazzo sei?”
… Antony stai scherzando? Sono il tuo Autore.
“Sei ancora vivo? Credevo ti fosse successo qualcosa di orribile, pensavo fossi caduto dalle scale e fossi finito in coma”
Antony.
“Ti abbiamo dato per morto”
Antony basta.
“Cioè, c’è una lapide nel mio giardino, una LAPIDE! C’è stato un funerale, e un rinfresco, Regolas ha cantato le canzoni della sua terra, ho fatto sparare i colpi di fucile dall’esercito della città”
Ho capito il concetto.
“No non credo. Senti, onestamente non so come dirtelo ma… ho chiuso”
Scusa ma cosa vorrebbe dire che hai chiuso?
“Beh, nel tempo in cui te ne sei andato ho messo su famiglia, ho un figlio… ho provato a scappare e a mollarlo qui, ma è veloce e non riesco a seminarlo. Immaginatelo, lì, che mi corre dietro chiamandomi papà. Cosa dovrei fare scusa? Non ho neanche idea di come lo abbia messo al mondo, perché la scena  NON L’HAI MAI DESCRITTA. Ti piacerebbe se ti dicessero ‘ehi, sei andato a letto con la ragazza più figa della prigione…”
Prigione?
“Beh, mi hai lasciato che mi avevano catturato, per tua fortuna qui le prigioni sono piccole città sotterranee. Non è male, è un insieme di grotte, piante fosforescenti, muschi multicolore. Ci sono delle meravigliose sorgenti termali e le case sembrano uscite da una di quelle favole di elfi e gnomi (l’hai capita? No? fa niente).
Mi piacerebbe godermi tutto questo ma HO UN DANNATO FIGLIO CHE MI STA APPRESSO”
OK, ok, sistemiamo tutto.
Prima di tutto dov’è Regolas?
“Ha instaurato un piccolo regime dittatoriale da qualche parte nelle grotte più in profondità, lo chiamano l’Alchimista d’Acciaio”
Oh Gesù.
“Che faccio, vado a prenderlo?”
Si, per favore.
 
Regolas muoviti che abbiamo da fare.
“…e tu chi cazzo…”
No, Regolas, non ripetermi le gag.
“Ok, scusa. Allora come stai? Hai passato bene gli ultimi mesi?”
Non c’è male.
“Sei andato avanti col tuo romanzo? Sai, quello che scrivi da anni, hai presente? Quello di cui parli sempre? Eh? Il romanzo che scrivevi per…”
Mi stai facendo una battuta dei Griffin? Sul serio? È bastato così poco a trasformarvi in due idioti?
“Veramente credo che l’idiota qui sia Regolas, io sono più una di quelle persone intelligenti a cui piace infastidire il prossimo”
I due giovani vennero istantaneamente accerchiati.
“Eh ridaje col passato”
Si beh ho cambiato idea, ora il passato mi piace, è estremamente fluido, facile da usare, e rappresenta a pieno la decadenza di una società moderna che … ok hai ragione, torniamo al presente.
Nella semioscurità della grotta, tra i bagliori provocati dalle increspature dell’acqua stagnante e i piccoli raggi luminosi sprigionati dalle piante grasse tutte attorno a loro, in un rapido susseguirsi di movimenti inattesi i due ragazzi si ritrovano legati e schiacciati al suolo.
 Mentre i loro denti raschiano i licheni dalla pietra e tra i presenti partono le scommesse su chi debba approfittare di loro per primo ecco che, dal fondo della caverna, un tetro e macabro ticchettio si sprigiona.
I passi pesanti di un uomo monumentale anticipano l’arrivo del vero re della prigione.
Alto circa due metri, un completo rosso sangue appoggiato alle spalle a mo’ di mantello, un cappello da capitano addobbato dalle piume di uccelli oramai estinti a coprirgli un volto sfigurato, un orologio da taschino nella mano destra e una spada nella sinistra.
“Allora, ragazzi, ancora qui a giocare a fare gli avventurieri? È arrivata l’ora di sparire non credete?”
“E tu chi sei?” chiede Antony con uno sguardo truce.
“Sono Taroth, il re dei Morti”
“…”
“…”
“Come scusa?”
“Ho detto che sono…”
“Sei il re dei morti? Sai fare tipo i trucchi di magia?”
“Io vorrei vederlo un trucco di magia”
“Anche io Regolas. Ehi Taroth sai mica evocare un cadavere che balla il tip tap?  Sarebbe uno spettacolo degno di nota”
Mentre tra i presenti comincia a spargersi  interesse per l’idea proposta dal prigioniero nella mente di Taroth balena la consapevolezza che la presenza dei due giovani potrebbe mettere a rischio il suo regno. Finora un’idea simile non era venuta in mente a nessuno, e non era mai stato contestato il suo titolo fittizio di re dei Morti.
Mai ha dovuto ammettere che da giovane facesse il becchino e che l’impresa di famiglia si chiamasse “Dai re dei morti”, chiusa per fallimento causato dal cattivo gusto dell’insegna.
“… sono un po’ stanco, magari più tardi”
“No dai, più tardi mi sarà passata la voglia, c’è un momento per guardare un cadavere che danza e uno per  fare tutt’altro”
Con uno scatto Taroth saetta verso Antony, afferrandolo per i capelli lo solleva dal suolo e gli punta la propria lama alla gola.
“Cosa dovrei farne di te? Dammi una mano a scegliere, ogni volta che uccido qualcuno sento come di averlo già fatto altre mille volte, manco un po’ di fantasia. Allora, come vuoi morire?”
“Eh se…” la voce di Regolas rompe il silenzio appena creatosi “…tanto per cambiare… ci lasciassi andare?”
Uno sguardo illuminato compare sul volto del Re dei Morti.
 
Antony e Regolas si incamminano verso i boschi, un ultimo saluto a coloro che li hanno lasciati andare e che da lontano mandano loro i migliori auguri possibili.
“Sono dei bravi ragazzi alla fine, sono solo un po’ confusi”
Ora che ci siamo tolti di torno quella seccatura pensavo di mettere in pratica quello che ho imparato nell’ultimo anno.
“Credevo avessi passato il tempo a girarti i pollici”

Volevo darvi un minimo di caratterizzazione psicologica.
“E in cosa consisterebbe?”
Beh pensavo in un evento traumatico che vi segnerà per il resto della vita determinando in voi un cambiamento …
“Tipo uccidere la famiglia di un povero pastorello e poi portarlo con me in un viaggio che lo vedrà soffrire e poi morire atrocemente riempiendomi di sensi di colpa?”
… beh è un’idea niente male.
“Potrebbe essere quel pastorello lì?”
Quello che sta venendo verso di te col carro dei buoi?
“Si.
La famiglia da uccidere potrebbe essere quella dietro di lui?”
Io parlavo in via teorica …
“Regolas, pistola”
“Tieni”
Aspetta non vorrai mica …
“Oh mio Dio cosa hai fatto?”
“Mi sono caratterizzato psicologicamente. Sembro diverso?”
Dovresti uscirne scosso.
“Sono scosso”
A me non sembra.
“Ma si, guardami bene, sto tremando”
“Non stai tremando!”
“Forse ho solo un po’ di freddo”
Comunque non funziona così.
“Vai a dirlo a quel povero orfanello …
Ah, al diavolo, ora mi tocca uccidere anche lui. Ehi tu, smettila di piangere e vieni qui che devo spararti in testa … perché scappa?”
Siete decisamente due idioti.
Improvvisamente la terra comincia a tremare, il cielo si incupisce e delle nubi rosse come il sangue coprono l’intera isola.
Un fulmine colpisce il suolo davanti a loro aprendo una tremenda voragine da cui spirano come vapore pressurizzato mille e mille anime di non morti che li circondano e sommergono come acqua, per poi dissolversi nel nulla.
In un completo nero, elegante, con un bastone da passeggio ben stretto nella mano e due scarpe tirate a lucido, ecco che salendo una scala di pietra appena formatasi fa il suo ingresso un nobile scheletro di alto borgo.
“Buon giorno a voi”
“… ma cosa …”
Lo scheletro comincia improvvisamente a ballare il tip tap, con un passo rapido e attento e un’abilità che nessun essere vivente dotato di carne e del peso della vita riuscirebbe a raggiungere allenandosi fino a morire.
“Devo ricredermi, la voglia non mi è passata affatto”
In due giovani se ne restano così ad ammirare il cupo spettacolo che gli viene proposto da qualche divinità col senso dell’umorismo.
Puntualizzo: quella divinità non sono io.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2839057