you made me fall in love.

di ehikidrauhl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** atlanta. ***
Capitolo 2: *** tradizione di famiglia. ***
Capitolo 3: *** cyrus. ***
Capitolo 4: *** burro sciolto. ***
Capitolo 5: *** bieber fever. ***
Capitolo 6: *** riviste, campioncini, e diamanti. ***
Capitolo 7: *** non avrei dovuto dubitare di te. ***
Capitolo 8: *** Aravis, e le Manolo nuovissime. ***
Capitolo 9: *** ecco lo vedi? ***
Capitolo 10: *** grandi festeggiamenti. ***
Capitolo 11: *** aspettiamo. ***
Capitolo 12: *** Lola e Bugs. ***
Capitolo 13: *** mi diverte. ***



Capitolo 1
*** atlanta. ***


-I fly like paper get high like planes, if you catch me at the border I got visas at my name.- cantai per la novantacinquesima volta. 
-Aravis, stai zitta.- disse Justin seduto al piano. 
-Oh nonono honey, you better sit down and look around.- 
-Uhm, taci.- si girò a guardarmi io ero troppo impegnata a ballare come una cretina. 
-Why don't you love me, tell me baby why don't you love meee? And why don't you need me?- smisi di cantare e iniziai ad andare avanti e indietro per il salotto facendo strane mosse di ballo che nessuno voleva vedere, Justin mi prese per mano e mi fece sedere sulle sue gambe mi tolse le cuffie e mi prese l'indice facendomi suonare. Ah sì se non vi ricordate io sono Aravis Fletcher, quella stupida che per anni si è fatta mille e mille complessi per stare con Justin Bieber, e ora vivono insieme, spero vi ricordiate di me. Insomma in questi pochi mesi, non è successo niente, proprio niente, abbiamo adottato un elefante, ci siamo trasferiti sull'Everest, viviamo con i monaci Buddhisti, mangiamo nutella ogni secondo e no niente, viviamo ad Atlanta così per noia, e a me manca New York. 
-Sei felice ora?- annuii -Mi lasci finire?- scossi la testa. 
-Ti porto a New York per il fine settimana se mi lasci finire.- 
-Puoi portarmi anche per il resto della vita, non mi sposto da qui fino a quando tu non mi caghi un pò. Il piano si chiama Aravis?-
-No, ma sai non puoi mangiare se non finisco questo.- 
-Molla il piano.- 
-Aravis.- 
-Sì? Non l'ho costruito mica io, devi stare con me oggi.- 
-Tu costruisci le dighe.- 
-Come si chiama quello che costruisce le dighe?-
-Digoforo.- lo guardai perplessa. 
-Digoforo? Justin l'animale.-
-Ahh...- 
-Sìììì, i castori!- 
-Giusto i castori!- 
-Che carini aw.- 
-I carini!- 
-No i castori.- dissi ridendo. 
-Eh sì i castori. E' uguale!- 
-Sei dislessico.- 
-Non mi fai pensare.- mi diede un bacio sulla spalla. -Comunque sono più carine le marmotte. I castori hanno la coda troppo...- 
-...Grossa? Ma è una coda grossa, spessa e dolce quindi ho ragione. Finisci in fretta sfaticato.- gli diedi un bacio e mi dileguai con una camminata da granchio, era abbastanza teatrale sì. In preda alla noia iniziai a riempire i croissant di nutella, ci spalmavo dentro la nutella con grazia e eleganza, come se fosse la marmellata della Regina Elisabetta. Magari Queen 'Lizabeth mangia la nutella... umh. Presi il latte e il gelato e feci un milkshake, mangiai come un maiale, la noia fa brutti scherzi, fa sempre brutti scherzi. Tornai da Justin che aveva finito ma era chino sul piano che rileggeva. -Gentile concessione della tua ragazza.- dissi mettendo tutto sopra il piano. 
-Uh. Quanta dolcezza.- 
-I hate you, don't leave me, i feel like i can't breathe just hold me, don't touch me, and i want you to love me, but i need you to trust me, stay with me, set me free.- dissi quasi cantando. 
-Accidenti, come faccio a tenerti senza toccarti?- 
-Farò la brava e farò finta di crederci, vedendo il fallimento del nostro rapporto e della nostra vita.- 
-Più che altro vedrai fallirmi il piede visto che si sta spappolando.- 
-Aw, ti sto facendo male al piede?- 
-Sì.- disse con una strana faccia triste. 
-Ma non è neanche il piede del vescovo.- 
-Ma è il mio piede.- 
-Il tuo piede è brutto.- 
-Deve morire per questo?- 
-No. Ma mi stai in poche parole dicendo che sono grassa, e mi hai offeso.-
-Scusa Aravis, se ti ho fatto credere che di pensare certe cose, non le penso, sei perfetta così, stai benissimo, soprattutto perché hai le tette grandi. Ti amo.- lo baciai e lui mi abbracciò. -Sei felice ora?- annuii e andammo a dormire, abbracciati sotto le coperte, come persone ormai adulte bisognose d'affetto. E io amavo lui, nel bel mezzo della notte ci saremo abbracciati, e nel bel mezzo della notte, mentre dormiva tranquillo e mi sarei indubbiamente fermata a pensare sempre di più a quanto avevamo lottato per esser così felici, lontano da casa, realizzando i sogni, lui era tutto quello che importava per me.
 
------------------
 
salve a tutti, avevo solennemente promesso che il primo capitolo della seconda parte sarebbe arrivato a giorni, esattamente due settimane. vi avevo anche promesso che vi avrebbe stupito, ma a partire dai prossimi capitoli, come sempre ci saranno dei capitoli più interessanti, belli e divertenti di altri. magari questo non vi ha entusiasmato, ma è soltanto l'inizio. spero di non deludervi. 
baci, ehikidrauhl- michela.

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Capitolo 2
*** tradizione di famiglia. ***


Odio il freddo, odio l'umido, e pensare che sono nata nell'umidità di un lurido ospedale di Toronto. Che cosa...umh, nervoso. -Eih piccola dai vieni.- presi la mano di Justin ed entrai in macchina. 
-Ti prego torniamo a casa.- dissi infreddolita, lui chiuse lo sportello e poi salì al volante. 
-Siamo già a casa, i nostri figli cresceranno a Stratford.- 
-Ti prego Justin, non scherziamo, almeno a Toronto.- mi guardò male e sorrise, mise gli occhiali da sole e partì. Cioccolata calda, cioccolata calda, coperte, Justin, film romantico, cioccolata, Justin. Per quanto potessi amare Stratford e il Canada mi mancava casa, casa ad Atlanta, casa a New York, ormai io avevo una vita diversa, seguivo Justin ovunque, non ero tipa da famiglia felice, almeno così credevo, dato che stravedevo per ogni mio parente tranne per mia zia Lauren, che cucinava sempre la zuppa, che mi faceva schifo, a chi non farebbe schifo zuppa di cipolle, sedano e cose così? E' una cosa terribilmente orrida, mi obbligavano a mangiarla, non amavo le zuppe, non amavo quella zuppa, non amavo le cose liquide da mangiare, avevo ancora i denti, ci mancava molto al semolino. -Se bussi ancora al finestrino, torno ad Atlanta a piedi.- dissi a Justin che era felice, mi aprì lo sportello e mi abbracciò. 
-Non ti mancano?- 
-Sì, ma c'è freddo qui ed è quasi primavera, non mi piace il freddo.- 
-A me sì, dico ogni volta che hai freddo sono il tuo termosifone.- 
-Ma come siamo dolci.- 
-Hai il naso congelato.- 
-E siamo a marzo.- presi la borsa, che poi prese Justin. -Ehi non sono incinta...Aspetta cosa sono tutti queste smancerie?- 
-Non posso essere dolce?- sorrideva, era felice, felicissimo. 
-Certo!- dissi in tono ovvio e un pò desideroso -Quanto vuoi.- andò avanti e bussò alla porta. 
-Chi è?- chiese mia madre. 
-Siamo i Testimoni di Geova.- dissi scocciata. 
-Ma noi siamo cattolici.- 
-Mamma apri mi sto congelando.- aprì la porta. 
-Justin!- urlò. 
-Oh grazie della considerazione mamma.- 
-Ciao figlia.- mi abbracciò ed entrammo. 
-Aravis!- disse la nonna di Justin. Corsi da lei e la abbracciai. -Come stai piccola?- chiese dolcemente. 
-Benissimo.- 
-Nonna!- disse Justin. 
-La mia bambina.- disse Bruce. 
-Aww Bruce!- praticamente saltai addosso a Bruce (il nonno di Justin). 
-Nonno vacci piano, sai che sono geloso.-  mi tirò via e abbracciò suo nonno. -Mi sei mancato.- 
-Anche tu Justin.- mia nonna era a fare uno dei suoi soliti viaggi di piacere in Italia e io non la vedevo, e mi mancava. 
-Che dici? Quella è nostra nipote Josh? Sicuro?- mi girai, mia nonna buttò le valige per terra, e pronta per abbracciarmi mio nonno le passò davanti e io le saltai addosso. -Dio come sei grande.- 
-Non dirmi che mi ricordavi quando avevo solo due anni nonna, ti prego non farlo.- 
-Ricordo ancora quando al circo applaudivi continuamente per il primo tempo, poi al secondo ti eri stancata e...- Justin mi abbracciò. 
-Come mai non sapevo questa storia Lidia?- chiese Justin. 
-Perché non te l'ho mai raccontata, ora aiutami con queste borsone.- Justin prese le borse e le portò nella camera degli ospiti, poi tornò giù con mia nonna che mi imitava, mentre io guardavo le foto di mio nonno a Vienna, a Praga e dintorni. 
-Questa è Roma!- esclamai. -Justin andiamo a Roma?- 
-No fatti bastare l'America.- 
-Scoperta da Colombo che era italiano. Dai andiamo a Roma!- 
-Che partì non dall'Italia.- disse mio padre. 
-Oh ciao papà.- 
-Ciao tesoro. Allora? Che combiniamo?- 
-Nel senso?- mi sedetti sulle gambe di mio nonno. 
-Aravis, non sei incinta vero?- 
-Papà!- tutti si misero una mano sul petto. -Certo che no!- presi la mia "valigia" e la portai nella mia vecchia camera, mi buttai sul letto e Justin si mise vicino a me. -Secondo te, sembro incinta?- 
-Aravis, a me non sembra. Oh wo, aspetta, non di nuovo vero?- 
-No tranquillo.- sospirò e mi baciò sulla fronte, mi attaccai a lui come una cozza su uno scoglio e lui mi riempì di baci, lo amavo e solo Dio sapeva quanto. E se fossi stata incinta? Lui sarebbe stato felice? O deluso? Forse non esserlo era sicuramente meglio. Tutti erano così ossessionati da me e dal fatto che potessi essere incinta, come Genesis. Ma non era il mio caso, e tutta questa brutta convinzione di ogni nostro parente, era persistente. I loro occhi manifestavano perplessità e sollievo, evidentemente, non si fidavano abbastanza, o forse volevano che rimanessi incinta per coronare la mania dell'avere un figlio a vent'anni come tradizione di famiglia.

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Capitolo 3
*** cyrus. ***


In New York concrete jungle where dreams are made of, there's nothing you can't do, now you're in New York, these streets will make you feel brand new, the lights will inspire you, let's hear it for New York, New York, New York... -Sei ossessionata da questo posto.- cause your lies are the truth and I... -Aravis mi stai ascoltando?- ...ohohoh fuck you... -Aravis, capisco che ami questa città come nulla sulla terra, dopo me, ma ti prego...- alzai la mano verso la sua faccia. 
-Justin, ti prego, sto ammirando.- 
-Okay, tornerai da sola.- fece per andarsene, gli presi la mano e lui mi abbracciò stringendomi forte. 
-Vedi le persone vengono qui e trovano un nuovo mondo.- 
-Ti amo.- 
-Anche io.- mi baciò. -Torneremo qui presto, te lo prometto. Los Angeles ti piacerà.- 
-Mh, non aspettavo altro che Calabanana.- sorrise, guardai un'ultima volta New York e poi entrai nell'aereo privato di Justin. 
-So che ti manca New York.- 
-Non mi piace sentire la tua, di mancanza.-
-Grazie.- mi accoccolai su di lui e mi ritrovai a L.A. Sistemai le cose in casa, saltai addosso a Scooter che mi diceva quanto Justin parlasse sempre di me, e che addirittura piangeva quando non ero con lui. -Non sono così depresso papino.- 
-Oh Justin ti disperavi.- 
-Aw, ti manco tanto vero?- 
-Sempre.- si avvicinò mi baciò e scappò via. 
-Justiiin, prendi il cesto dei panni sporchi.- disse Ali dal bagno. 
-Sì Ali.- urlò di rimando Justin. -Ryaaan, è pronto?- 
-Sì gente, muovetevi ad apparecchiare.- 
-Va bene zietto.- andai ad apparecchiare con Justin che mi seguiva furtivamente, mi restò appiccicato mentre apparecchiavo, c'era odore di casa, di cibo, bruciato ma cibo, di qualcosa che mi piaceva tanto, del suo profumo, del suo amore, c'era odore di... -Omfg, Ryan le lasagne, io ti amo.- ...lasagne. 
-Mi potrei offendere.- 
-Sì, tesoro sentiti offeso.- abbracciai Ryan, in una posa poco amichevole. 
-Mi sembri la Cyrus se fai così.- disse Pattie. 
-Oh merda devo uscirci dopo e non so cosa mettermi. Al momento questo è il mio più grande problema. Oddio devo uscire con Miley Cyrus. Oddio.- 
-Dove andate?- chiese Justin. 
-Andiamo a prendere un caffè, cosa vuoi che facciamo, facciamo cose da ragazze, andiamo a fare un giro!- mi sedetti. -Ho voglia di gelato fritto.- 
-A te non piace il cibo cinese.- esordì Ali. 
-Appunto...Devo avere qualche problema mentale.- Justin stava per dire qualcosa  come "ma tu hai già qualche problema mentale" -Chiudi quella fottuta fogna.- gli diedi un bacio sulla guancia e presi il bicchiere. 
-Oh santo cielo, sono secoli che non ci vediamo.- 
-Grazie a Dio sei ancora in patria.- risposi abbracciando Miley appena arrivata da Starbucks. 
-Quanto tempo è passato dalla nostra ultima visita?- 
-Mh, due millenni? Forse ero una sedicenne...- 
-Qualcuna cresce bene.- il cameriere si avvicinò. -Jimmy! Sai cosa voglio.- 
-Prendo quello che prende lei.- sorrisi, lui si allontanò -Io cresco bene? Illuminami come fai ad essere così bella?- 
-Come fai tu! Stai sempre dietro questo ragazzino.- 
-Non mi posso fermare.- presi il cappuccino. 
-Davvero davvero simpatica. No seriamente, come fai? Lo segui da quando era un girino.- 
-L'amore fotte.- 
-La convinzione fotte, Aravis, si dice la convinzione.- dopo un pò di chiacchiere pagò e andammo via a fare un giro, verso l'infinito ed oltre. -...No ed ero tipo "oh okay, ma io sono Miley e tu mi porti a quella cazzo di macchina della polizia, mi hai fatto saltare tutto il piano stronzo" ero disperata, poi mi sono come dire calmata, sono scesa e credo tu sappia cosa sia successo dopo.- 
-Sì, e sinceramente mi è piaciuto perché amo quegli orsacchiotti. Ma ho odiato l'abito di Robin Thicke perché era a dir poco orrido, sembra un commesso della Foot Locker.-
-Cazzo è vero!- scoppiammo a ridere. -Viva gli orsacchiotti giganti, so cosa regalarti al compleanno.- 
-Per favore.- dissi ridendo. 
-Compi vent'anni, la mia bambina cresce così velocemente.-
-Aw.- 
-Seriamente sei cresciuta tantissimo.- 
-Anche tu.- risposi sorridente. 
-Ah ma tu lo sai come sono, mi conosci benissimo.- ed era vero, era verissimo, io la conoscevo bene almeno quanto lei conosceva me. Era l'unica persona che mi teneva sotto stretto controllo, mi sentiva ogni giorno, mi chiedeva costantemente come stavo, era come una sorella. Ci conoscevamo da prima del concerto al MSG di Justin, il primo concerto al MSG di Justin. Era un'amicizia unica, e in quel tempo si era rafforzata.  ----- saaalve gente, mi dispiace di aver pubblicato così tardi, ma sono stata un pò impegnata con un'altra storia, comunque, questo capitolo non è il massimo, dimenticavo di averlo scritto, forse qualche mia amica mi aveva pregato lol. non potevo cancellarlo, quindi eccolo. buona lettura♥

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Capitolo 4
*** burro sciolto. ***


-Ehi, ehi, ehi.- sussurrai all'orecchio di Justin che dormiva beatamente, aprì gli occhi e si girò, presi il bicchiere con l'acqua e molto delicatamente gli buttai l'acqua in faccia, sì alzò di colpo, misi il bicchiere sul comodino -oops.- 
-Aravis.- si asciugò la faccia nella coperta, sorrise e si buttò di nuovo sul letto. -Ti ucciderò, sappilo.-
-Ah tu mi puoi svegliare e io no?- 
-Ma vedi io sono sempre molto dolce quando ti sveglio, e ora fammi dormire fino alle nove.- 
-Che devi fare alle nove?- 
-Devo oh, non ti interessa, fammi dormire.- abbracciò il cuscino e rotolò lontano. 
-Sono le otto e cinquantanove.- dissi. 
-Okay, lascerò che tu riempia questo minuto, e mi faccia morire in agonia.- mi attaccai a lui e aspettai un'esclamazione simile a "mi vuoi sposare" o "buon anniversario", ma finii per addormentarmi di nuovo e risvegliarmi da sola. Mi alzai feci le solite cose ed ignorai Justin che giocava al pc tranquillo, passai un miliardo di volte in cucina aspettando che la colazione si facesse da sola, o che un elfo domestico si materializzasse e se ne occupasse -Justin.- sospirai davanti alla credenza, forse troppo piano perché mi sentisse. -Jussstin.- dissi ancora, un pò più forte. 
-Sì piccola?- aw maccccheccarino.
-Non so che mangiare.- risposi sconsolata. 
-I piedi del tavolo, amore.- 
-Haha, sarcasmo.- 
-Ti ho fatto i pancakes, e tutto quello che ti piace. In più non ho mangiato per fare colazione con te. Ora non sarei un marito perfetto?- 
-Sì lo saresti.- gli saltai addosso e lo baciai. Lo guardai molto molto male.
-E va bene, auguri!- corse via e tornò giù con un peluche enorme di un orsacchiotto, che teneva fra le zampe un cuore enorme con scritto "eu te amo". Volevo quel peluche, dovevo averlo, lo avevo visto mesi prima in Brasile e lo avevo implorato di chiedere quanto costasse, ma lui non lo fece, finalmente era mio. 
-Ma io ti amo proprio.- 
-Non è carino? Ha pure il mio cappellino. Dagli un nome.- 
-Si chiamerà...Justin.- 
-Che cosa lugubre.- 
-Chiamiamolo...- lo girò -Lo stai squartando.- aprì la cerniera e tirò fuori un pezzo di carta, una busta. -Tu mi dai sempre i regali dentro una busta. Devo preoccuparmi?- 
-Sì. Veramente, sono un maniaco delle buste di carta, amo loro più di te, ne sono ossessionato.- 
-Prossimamente a "Io e la mia ossessione, Justin Bieber e le buste di carta".- aprii la busta -Oh ma c'è una lettera.- 
-Se sventri l'orso, trovi Narnia.- mi guardò per un pò aspettando il suo regalo. 
-Pensi che ti abbia fatto un regalo?- chiesi. Si sbiancò. 
-Umh, no.- 
-Stupido certo che te l'ho fatto.- aprii il cassettone delle stoviglie e presi la bustina con gli occhiali Armani che gli avevo comprato con i risparmi di due mesi. 
-Ma...- 
-Sh. Non dirmi che li hai già perché ti spezzo la schiena.- 
-No, non li ho già, è che...- 
-...Non sono povera Justin.- dissi ridendo. -Non dirmi che non dovevo tu mi hai regalato un peluche gigante e una lettera io ti ho...- mi girai per prendere del latte -...oh Madonna. E' viola. Justin!- 
-Non ti piace?- 
-E' un fottuto anello con oro bianco Justin!-
-Beh quando hai compiuto diciotto anni ti ho regalato una carta di credito. Quando ti sei diplomata una casa. Per la laurea ti ho portato fuori a cena, non era un regalo per intenderci.- 
-Hai speso il doppio della cena per il locale, solo per la nostra famiglia, e il giorno dopo mi hai portato a Miami per tre giorni.- 
-Vabbè! E ora hai un anello con cinque diamanti minuscoli e tutto l'anello è in oro bianco!- i diamanti, i migliori amici delle donne -Allora?- 
-Allora cosa?- dissi saltellando -Muoviti!- 
-Dove lo vuoi mettere?- 
-Mano sinistra.- 
-Medio per ora.- 
-Non vuoi chiedermi di sposarti?- 
-Sarebbe un richiesta senza stile.- stile o non stile ho un fottuto anello con dei diamanti, a fanculo, piango. "Ti amo" in grande nella lettera, e io per terra come burro sciolto.

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Capitolo 5
*** bieber fever. ***


-Sì, no mamma, sì ho capito, certo, certo! Ma che dici? Ma certo che sì! Eh va bene ciao, sì anche io, da un bacio a papà.- dissi chiudendo la telefonata con mia madre, non ci mancava altro che mia mi trapanasse il timpano al telefono, in più Justin mi perseguitava dicendo "piccolo Bieber", e mi ricorreva, ovunque cercando di avere magicamente un figlio, ma sapeva benissimo come si facevano i bambini, cosa dovevo fare? Ucciderlo? Voleva un figlio senza fare nulla poi, anzi qualcosa la faceva, ma non aveva alcun risultato, perché non era voluto da entrambe, almeno non per il momento, se fosse arrivato, okay bene fantastico, ma non era totalmente voluto. Non avevamo neanche ventun'anni tutt'e due! Era assurdo. Entrai in camera da letto e Justin ancora dormiva beato. 
-No Fletchi, non andare via.- disse rigirandosi nel letto. -Ti amo, non andare via.- mi avvicinai e lo coprii di nuovo e gli diedi un bacio sulla fronte, scesi in salotto e sistemai la sua giacca, accidentalmente pensai di controllare tutte le tasche e sempre accidentalmente trovai un cofanetto, e altrettanto accidentalmente lo aprii, accidentalmente trovai un anello con un diamante enorme, e accidentalmente mi misi a saltare, sempre accidentalmente vidi che era un anello di Cartier, ed era un anello di fidanzamento e io stavo piangendo, e iniziai a fantasticare. Mi avrebbe chiesto di sposarlo subito? Mi avrebbe chiesto di sposarlo quel giorno? Stavo svenendo. Lo rimisi dentro la tasca e continuai a saltellare, poi però mi fermai e presi a tossire e a starnutire e cinque minuti dopo scoprii di avere la febbre. -No chiamo a Fredo, gli dico che non vado in studio.- 
-Justin.- lo guardai malissimo. 
-Sì amore?- 
-Vai a lavorare.- 
-Ma stai male!- 
-Justin, ho la febbre, non un'...- tossii terribilmente forte e Justin mi porse il thè. -Okay va bene resta, ma ti contagerò.-
-Ho preso un intossicazione alimentare in Argentina, più la febbre, e guarda sono ancora intero, se mi contagi puoi farmi da infermiera.- cercai di parlare ma non riuscii a dire nulla, feci segno a Justin di procurarsi un foglio e una penna, ma non capiva. -Un cane? Una piuma? No una foglia!- scossi la testa poi mi ricordai del telefono e gli mandai un messaggio "stupido, volevo un foglio" -Scusa.- cercò di baciarmi ma io le scrissi su un messaggio "ti contagio" -Ti amo.- gli diedi la tazza del thè, lasciai cadere il telefono sul divano e prima indicai me stessa, feci un cuore con le mani e poi indicai Justin. -Aw.- mi coricai sulle sue gambe e mi addormentai per tutto il giorno risvegliandomi per sentire Justin parlare al telefono con Ryan. -Certo! Ma non posso chiederle "ehi Aravis sposami!", ora sembra tipo uno zombie, ed è in coma, e io voglio fare qualcosa di originale, portarla fuori, scriverle una canzone. Troppo romantico? Cosa? No! Ovvio Ryan, solo perché hai provato qualcosa per lei, oh ma per favore amico! Va bene sì. Sì anche io, ciao.- si sedette piano su uno sgabello davanti al tavolo e lo sentii un sbuffare. -Ciao mamma, no dorme, almeno credo, se avesse sentito le mie ultime due chiamate si sarebbe  messa a piangere e a cercare di urlare di gioia. Sì mi servirebbe il tuo consenso, quando vieni qui? Domani? Va bene, ma non lo deve sapere. Perché sì mamma, no non è incinta e non lo sa, almeno non credo sia incinta, spero non lo sia, siamo troppo giovani per un erede. Vabbè mamma, sì okay, anche io mamma, tanto dormi bene.- lo sentii venire vicino al divano mi avvicinai a prendere il telecomando e quando mi girai lo vidi piegato sul divano aspettando un bacio. -Ti ho svegliato?- chiese, scossi la testa, e provai a parlare. 
-Mi è arrivato un messaggio e la mia testa ha vibrato come il telefono.- 
-Oh parli, sei rauca, chiamo il dottore ora che sei sveglia.- un dottore, sì mi serve, così mi chiederai di sposarti ora, e avremo tanti figli da legittimare e non mi lascerai maiiii. 

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Capitolo 6
*** riviste, campioncini, e diamanti. ***


Era lì davanti a me, con quell'enorme anello in mano, ed era in ginocchio ed eravamo da soli in un grande giardino fiorito. -...E stiamo insieme solo da un anno ma è come se fossi la mia ragazza da sempre, e io ti amo...- mi guardò poi si spostò su Selena che io ancora non avevo notato -...Sel vuoi sposarmi?- un leggerissimo schiaffo fece diventare il suo volto rosso, Justin non lo aveva chiesto a me, si baciarono e io corsi via...
Mi sollevai di scatto -Ehi tesoro va tutto bene?- chiese Pattie sorridendo. 
-Oh mio Dio Pattie.- dissi abbracciandola. 
-Tesoro siamo sole solette, Justin è andato a registrare, mi ha lasciato a farti da baby-sitter.- 
-Ma sono guarita da una settimana.- 
-Ne approfitteremo per fare una lunga discussione da donne.- 
-Okay, mi preoccupi.- 
-Tranquilla.- mi alzai e presi l'acqua Pattie mi seguì e ci sedemmo al tavolo della cucina. -Lo trovi strano?- tossii rumorosamente. -Justin intendo, sì intendo Justin.- 
-Sì, sì, anche io. Sembra un pò stressato, e non so perché...- 
-O forse sì.- 
-O forse no, perché è sempre così, a volte non dorme, e dorme di pomeriggio, a volte è iperattivo tutto il giorno, a volte è normale, a volte è rompi coglioni, a volte è tranquillo, ma è sempre premuroso.- 
-Che caratterino strano che ha.- 
-Sei sua madre dovresti saperlo meglio di me.- 
-Negli ultimi anni ha vissuto in un universo parallelo dove non mi chiamava per preparargli un panino alla nutella.- 
-Negli ultimi due lo chiedeva a me pensa.- 
-A volte mi chiedo se ci riesca o se non ne ha voglia.- 
-Non ha voglia, sicuro. Più che altro non sa fare due spaghetti.- 
-Ecco la star indipendente.-
-Lezioni di cucina per coppie, ci vorrebbe.- 
-Sì, quindi non sai dirmi che problema lo tormenta?- 
-Pattie devi dirmi qualcosa?- 
-Umh...no.- era sospettosa. -Eh...- 
-Non dirmi nulla, mi piace stare nel dubbio.- scoppiammo a ridere -Mh, vediamo, caffè?- 
-Sì grazie.- si mise un attimo a pensare -che sognavi?- 
-Nulla di chè.- sorrisi cercando di non dirle "oh no sai ho sognato che si sposava con quella...donna". Pattie andò a fare una commissione e io restai sola a casa, da sola, a casa, con rumori ambigui incluso uh il telefono un messaggio, ed è da Justin, ed è su whatsapp, aahhh non riesco a sbloccare questo aggeggio, okay con calma. Oh mio Dioo, si è sbloccato il telefono okay va bene, troppa ansia e se l'hanno investito ed è il suo fantasma che mi manda un messaggio, okay sto delirando. Holy shit, questo cos'è? una chiave...umh... "Aravis se mi apri che non ho le chiavi" corsi alla porta e aprii. -Se bussi io ti apro, se...un tubo?- 
-Ti prego, è una gigantografia di Carly, dobbiamo regalargliela, se la apro Scott mi uccide.- disse correndo dentro. -Sta per diluviare, e siamo a L.A.- 
-Che c'è di male? Non è bello come New York?- chiesi ironicamente, scese nel seminterrato ridendo. 
-Amore, sei perspicace.- lo seguii -Smettila di seguirmi.- sorrise e corse da me. 
-Sono molto perspicace.- mi strinse forte e mi baciò. -Uh quanto siamo dolci. Ehi no aspetta.- 
-Oggi è...- starnutii. 
-...Oggi è un bel giorno e anche se è sabato non possiamo uscire perché stai male.- disse ridendo.
-Sta diluviando, potremo uscire col diluvio universale qua fuori?- 
-Se ti riempio di pellicola potremo uscire.- 
-No ti prego.- dissi ridendo stupidamente con un "eheh". 
-Non ridere come un cane asmatico.- lo guardai malissimo e lui scappò, non lo rincorsi. -Non mi segui?- 
-Mh no.- 
-Perché?-
-Già ti seguo su twitter.- dissi facendo una faccia abbastanza dolce. 
-Ow bene addio.- continuò a scendere le scale. 
-Non mangi oggi.- mi sedetti con una rivista in mano. -E sai perché? Perché non mi va di cucinare.- 
-Okay ordinerò una pizza solo per me.- 
-E io la mangerò al posto tuo.- 
-Oh va bene, e io ne ordinerò un'altra.- 
-E io ti scaricherò perché hai messo la faccia nelle tette di Beyoncé, e per la Gomez.-
-Ma io amo solo te Fletchi.- 
-Mh.- misi la rivista sul tavolino. -OH MIO DIO UN CAMPIONCINO GRATIS!- 
-Aravis vivi in una villa, io sono Justin Bieber e tu ti elettrizzi per un camp...- 
-Justin sta zitto.- dissi contemplando un campioncino di "Valentina". -Amo questo profumo.- 
-E non me?- 
-Shh.- per poco non gli beccavo la fronte. -Ringraziami.- 
-Grazie.- 
-Prego.- 
-No Aravis, veramente grazie.- mi prese il campioncino dalle mani e lo posò sul tavolino vicino la rivista. -Ti amo.- mi baciò -Sei...sei...Indescrivibile.-
-Puoi descrivermi con una parola...ah no scusa, quella parola appartiene a te.- 
-Intendi perfezione?- 
-Esatto.- 
-Aggettivo tutto tuo.- 
-Vuoi continuare a baciarmi ancora per molto?- 
-Sì magari arrivo all'altro punto del nostro rapporto.- 
-Il cibo?-
-Non esattamente.- disse ridendo. 
-Non capisco le tue intenzioni.- 

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Capitolo 7
*** non avrei dovuto dubitare di te. ***


Capitolo 7: Justin prese le chiavi della macchina e la aprì. Entrai e lui aprì il garage, poi il cancello, e poi tornò in macchina. -Ciao.- disse sorridendo -Ti amo.- era un pò di tempo che non uscivamo insieme, ne aprofittammo un pò per scendere in spiaggia, quella pausa per lui era sacra, e oltre ad avermi vietato di entrare in studio, mi aveva vietato anche di dirgli "rilassati". Non capivo perché era in pausa mistica, poteva fare quello che voleva, dormire quanto voleva, e andava a lavorare, quando in casa sua c'erano almeno i soldi per vivere tre vite. Andava tutto alla grande, a parte i piccoli incidenti di percorso, come la prigione. Ma lui non si era mai divertito come gli altri e certe cose voleva solo provarle, io non riuscii ad impedirglielo, alla fine però si beccò la grande sgridata. Per poco non gli tiravo un piatto in mezzo alla fronte. Era andato fuori di testa anche perché l'avevo tradito, c'eravamo mollati, prima che lo tradissi, insomma era un momento di casini e oltre ai nostri, c'erano i suoi quindi era tutto amplificato in quanto lui era Justin Bieber. Quella sera andammo in spiaggia, non che ci fosse talmente tanto caldo da farsi il bagno, ma era tardo pomeriggio, e ricordando le Hawaii, andammo in spiaggia. Venice Beach era strana, tanta gente, tutta strana, diversa, e nessuno bloccava Justin, sgattaiolammo dietro una roccia e ci sedemmo sulla sabbia -Mi vuoi ignorare ancora per molto?- lo guardai perplessa. -Mi stai ignorando oggi. Prima di partire di casa ti ho detto "ti amo" e non mi hai risposto.-
-Scusa, sicuramente sono rimasta a fissarti mentre guidavi e non ho detto nulla, ma ti ho risposto nella mia mente. Scusami.-
-Fa nulla..- disse deluso dalla mia disattenzione.
-Justin. Non offenderti.-
-Non mi sto offendendo.-
-Oh sì, perché sei sulla difensiva. Smettila e guardami.- mi guardò con gli occhi lucidissimi, forse per quella mancata risposta, gli mancò qualche battito.
-Che c'è?- rispose. -Sei spenta da quando viviamo qui.-
-Sono preoccupata, perché non ho un lavoro, sono preoccupata perché sei finito in prigione e perché sei vulnerabile come un fiorellino in primavera, in pratica sei un ragazzo con problemi sentimentali. Smettila di piangere. Smettila ho detto!- non stavo realmente capendo perché piangesse, perché avesse avuto questo crollo emotivo da bambina piccola.
-Tu non mi lasci vero?-
-Certo che no!- si alzò in piedi e camminò un pochino lontano da me. Lo seguii. -Ti ho mai lasciato in dieci anni?- scosse la testa -Non lo farò ora, e non lo farò mai. Come potrei?-
-E se non funziona?- mi si rivoltò il cervello, diventai bianca come un cadavere, lo guardai allibita, mi stava per mollare, me lo sentivo nelle vene avrebbe detto "Aravis, non funziona più" -Aravis...io ho paura.- mi aspettavo una frase tragica come non so cosa, ma un solo "ho paura" mi basto a tranquillizzarmi come il latte prima di dormire, nei giorni stressanti (sappiate che gli adulti non bevono acido citrico, ma latte anche loro). Lo abbracciai.
-Sono con te, sarò sempre con te, non dovrai mai aver paura.- si calmò un attimo -Ti amo, come non ho mai amato, e come nessuno ti ha mai amato.- non rispose -Vedi anche tu a volte non rispondi.- sorrise.
-Questa era la tua risposta a prima?-
-Era la mia risposta ufficiale ad ogni volta che mi dirai che mi ami.-
-Non avrei dovuto dubitare di te.- lo baciai come per dire "sei perdonato", ma no non era perdonato, per nulla. Mi aveva fatto venire un infarto bello e buono. Ma non potevo non perdonarlo, solo che aveva dubitato di me e mi aveva fatto perdere dieci anni di vita. Però, io non potevo dirgli "ehi Justin, non ti perdono, mi hai fatto spaventare, non ti amo più per questo". Era una cosa totalmente inaccettabile, e quindi mi sforzai di perdonarlo. Ci sedemmo sulla sabbia, e mi tenni stretta a lui. Mi sentii protetta, e lasciai stare tutti i suoi dubbi. Per un attimo lui non fu Justin Bieber, la persona famosa, ma fu solo il mio ragazzo. -E' bello qui vero?- scossi la testa -Stupida New Yorkese.- disse pizzicandomi un fianco.
-Scusa? Puoi ripetere?-
-Stupida, New, Yorkese.- non volevo magari involontariamente ferirlo, solo che iniziò a correre da solo, mi limitai a rincorrerlo, dopo pochi metri ci ritrovammo per terra a ridere. -So che non ti abituerai a Calabasas, a Los Angeles, forse neanche ai miei complessi, ma devi sopportare tutto ciò.-
-Mi sono abituata a cinque fotografi nel mio giardino appena è uscito Under The Mistletoe, secondo te non posso abituarmi ad una città?-
-Puoi abituarti a me?-
-Tu sei la mia abitudine, a cosa dovrei abituarmi?-
-Credo di non aver capito.-
-Meglio così.- risposi ridendo. -Sono solo una stupida canadese.-
-Di Toronto, ma si può sapere che facevi a Toronto? Tipo giocavi con le macchinine.-
-Ascoltavo R'n'B come una bambina del ghetto ed avevo sempre le treccine o le codette fatte, giuro non sto scherzando.-
-Che amore. Avrei voluto vederti.- mi prese la mano non feci a meno di avvicinarmi di più a lui. Quando tornammo alla macchina era davvero tranquillo, non feci altro che giocherellare con i suoi capelli ed accarezzarlo, durante il ritorno a casa. E quando si sedette sul divano si rilassò talmente tanto che anche la sua voce divenne rilassata. Era davvero bello vederlo tranquillo, e lui era davvero bello, perché era bello, in ogni sua singola parte. -Ho un brufolo sul naso.- non lo seguivo minimamente ero assente, lo guardavo incantata, e pensavo a quanto fossi fortunata ad averlo tutto per me. -Aravis un brufolo sta per uccidermi.- non riuscivo a tornare alla realtà, ero troppo presa a fantasticare. -Mi presti la tua crema?- annuii -E me la metti tu vero?- alzai gli occhi al cielo -Dai Fletchiiiii.- sorrise in modo talmente adorabile sbattendo le ciglia, non potevo dirgli "no". Annuii, si alzò e corse a prendere la mia crema. Era la cremina più piccola del mondo, della nivea, la aprì e se ne mise un pò sul dito, poi me la spalmo sulla guancia, lo lasciai divertire. -Sei bellissima.- sollevai la sua maglietta e mi asciugai nella sua pancia. Finimmo per farci il solletico, non capivo esattamente che volesse fare, ma io ero sopra di lui a dimenarmi ridendo, e lui era sotto di me a ridere perché io ridevo, ma non gli facevo io il solletico lui lo faceva a me, ed era del tutto insensato. -Il gatto ti ha mangiato la lingua?- scossi la testa. -E invece sì.- scossi ancora la testa. -E se te la rubo io?-
-Non provarci neanche.- mi spostai, mi accarezzò e mi strinse il naso con una pinza per i capelli e si mise a ridere la tolsi e la misi nel suo naso. -Ora cantami una canzone.- ma rideva troppo, non riusciva neanche a stare fermo per quanto rideva. -Okay stai fermo la tolgo.- si bloccò e restò a guardarmi gonfiando la guance per non ridere, tolsi la pinza e lui scoppiò di nuovo a ridere -Justin, Justin, riprenditi.- volevo solo riempirlo di coccole per quanto fosse dolce quando rideva. -Mi arrabbio se non la smetti.- dissi allontanandomi.
-No Fletchi smettila.- smise di colpo. -Non puoi arrabbiarti con me perché rido, so che ti piaccio quando rido. Quindi non fare la finta offesa, mi fai sentire in colpa.-
-Mh.- misi il broncio.
-Aravis.- mi girai, e lui mi baciò, continuai a fingere per avercelo attaccato -Ho capito la tua tattica.-
-Non ho una tattica sono davvero arrabbiata.- mi costava dirglielo. Mi morse la guancia e mi baciò per tante volte, quante...non contai i baci, che sfaticata. -Mi devo arrabbiare più spesso.- lo punzecchiai per un pò. -Dai baciami.- accontentò la mia richiesta. Sembrava tutto così normale, ma non era tutto normale perché almeno cinque ore prima mi aveva praticamente esplicitato che nei minuti precedenti aveva dubitato di me. Di ME. Che lo amavo da praticamente quando l'avevo visto la prima volta, da quando...oh comunque lui aveva dubitato di me, e non doveva avere dei dubbi su di me. Ma non potevo fare a meno di amarlo con i suoi dubbi, i suoi attimi di dolcezza, i suoi momenti di pazzia, i suoi crolli emotivi, i suoi pianti, i suoi infiniti sorrisi, i suoi baci, le sue dediche sul frigo prima di andare in studio e i messaggi ogni dieci secondi per sapere se stavo bene. Lo amavo per quello che era, l'avevo sempre amato per quello che era.

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Capitolo 8
*** Aravis, e le Manolo nuovissime. ***


Era forse l'ennesima volta che ripetevo il mio curriculum a Los Angeles, ma tutti si focalizzavano sul
-Oh ma lei è la ragazza di Justin Bieber! Mia figlia la segue tanto!- e a me sinceramente poco importava perché nonostante i miliardi che avesse Justin io volevo i miei di soldi, non dovevo sempre fare credito a lui come se fosse la mia banca personale. Mi girai ogni posto possibile ed inimmaginabile finii perfino in un fish and chips a Venice Beach, e io odiavo i fish and chips almeno poco meno del formaggio. Accidentalmente mi scontrai contro una donna che iniziò ad urlare -OH MIO DIO MA TU SEI ARAVIS FLETCHER! OH MIO DIO! OH MIO DIOOO! E QUESTE SONO DELLE MANOLO NUOVISSIME!- sicuramente avrei voluto evitare quel momento, ma mi limitai a sorriderle un pò perplessa. -Okay scusa ma sono giorni che cerco di contattarti e per la prima volta che ti vedo, wow, sei così bella, e...- parlava in modo fin troppo veloce.
-Scusa non ti seguo, potrei sapere chi sei?- -Non importa chi sono io! Ma per cosa ti cerco! Per favore lascia che ti offra un caffè cara ragazza.- ero sicuramente più perplessa di prima, era talmente tanto strana che iniziai a pensare che il cane di una mia amica che aveva i comportamenti da gatto e saltellava nell'erba fosse totalmente normale! Avevo bisogno di una tisana, o meglio di una splendida tisana fatta dal mio ragazzo. Ci sedemmo ad un tavolino poco lontano.
-Okay, perfetto. Bene Aravis, scusa se ci diamo del tu, ma tu sei talmente giovane che non mi viene da darti del lei, quindi, io sono Sarah Faison, presumo tu non abbia la più pallida idea di chi io sia, di cosa io faccia. Ma stai tranquilla non sono una serial killer, nè una rapinatrice, nè una ladra, anche se a dir la verità ti ruberei il guardaroba!- disse con una risata talmente isterica che s'addiceva al suo outfit colorato e ai suoi occhiali...come dire...a mezza luna ecco. Un pò Rita Skeeter. -Ma passando a noi, stavo cercando di rintracciarti da almeno un mese...-
-...Okay okay Sarah, ma tranquilla vai piano, io sono normale non farmi passare come la ragazza di Justin Bieber per l'ennesima volta, ormai sono solo la sua fidanzata, non riesco a trovare un lavoro perché per tutti sono troppo mondana.-
-Per noi no dolcezza. Ecco vedi se tu mi dai il tuo curriculum che vedo spuntare dalla borsa, potrò eccellentemente dirti perché ti cerco.- ci pensai per almeno dieci secondi, guardando quei dieci pezzi di carta con scritta la mia vita lavorativa, e se mi avesse offerto un buon lavoro? Sarei stata felicissima, e in più avrei avuto un lavoro, erano solo dei pezzi di carta, ed io ero adulta e non avevo più nulla da perdere. Presi il curriculum e lo passai nelle sue mani, le sue unghie laccate di rosso fuoco quasi mi abbagliavano insieme ai bracciali e agli anelli d'oro. -Bene bene. Vediamo...Attestati per la cura del corpo, attestati per il make-up, diploma in lingue, laurea in economia, tu sei davvero confusa scommetto che vorresti fare la scrittrice! O la dottoressa, mente confusa, scrittura confusa o no?- scossi la testa.
-Sono abbastanza chiara di mente e di scrittura, e anche se volessi fare la scrittrice non avrei mai successo.-
-Avresti successo se ti proponessi un'intera gamma di prodotti per il trucco, e gioielli e tu saresti la nostra modella principale, la collezione dei gioielli avrebbe il tuo nome, e anche quella per i trucchi, sarebbe tutto firmato dalla tua dolce mano con la tua firma confusa. E faresti palate di soldi, avresti successo per conto tuo, andresti alle sfilate e avresti amiche come Kim Kardaqualcosa, Jennifer Lopez, Beyoncé, insomma saresti amica di mezzo mondo della moda, del make-up. Magari potremmo fare un profumo col tuo nome.- tutto sembrava così fantastico, ma le parole sono parole e basta.
-Questa è solo una gentile chiacchierata, ma io non vedo dove sta il concreto, non hai un capo un qualcosa con la quale io possa parlare magari?-
-Sì, presentati domani a questo indirizzo alle nove. Non mi interessa se Justin Bieber deve andare dal dottore o chiederti di sposarlo, tu vieni e avrai una catena tutta tua. Pensaci Aravis.- scrisse un indirizzo in un foglietto e me lo diede.
-Mi prenderò del tempo.- mi dava l'impressione di essere tutto una grande montatura una grande stupidaggine, non mi era garantito un lavoro, non mi era garantito nulla, il mio curriculum era sul tavolo e Sarah se ne stava andando via. Tornai a casa, e non dissi nulla, dissi solo -Ciao Justin.- -Ciao Tuts.- -Oh questo cosa diavolo è?- dissi vedendo un enorme rettile, mi spaventai alla grande.
-E' finto tranquilla.- disse Justin -E indovina di chi è?-
-Tuo?- chiesi ancora spaventata.
-Oh no è di Jaxon!- mi risposi da sola.
-Oddio dov'è?-
-Sono in giro per Los Angeles, con papà.- mi sentii sollevata per un minuto. Abbracciai Justin, e mi sentii sollevata per un altro pò di tempo. -Che hai? Sembri preoccupata, qualcosa non va?-
-Emh no è tutto okay, sono solo un pò stanca, ti dispiace se mi corico un pò?-
-Ti hanno detto ancora no?-
-...Sì.-
-Oh amore mi dispiace.-
-E' tutto okay.- no non era tutto okay, niente era okay. Per prima cosa tutti mi dicevano no principalmente perché avevo troppa pubblicità per la mia vita sentimentale, seconda cosa mi avevano offerto due linee di prodotti, con il mio nome e la mia faccia, e tutto mi sembrava una grossa truffa, terza cosa era il terzo giorno in cui mi trovavo un bigliettino con scritta tutta "Fall" nella scarpiera e la cosa iniziava ad irritarmi per quanto potesse essere dolce, mi irritava. Arrivai in camera e mi buttai sul letto, ma come se non ci mancasse nulla mi chiamò Caitlin, mi feci forza e risposi.
-Ehi.-
-Ehi straniera, come stai?-
-Sdraiata, distrutta, annoiata e irritata, tu?-
-Per ora bene. Da dove viene la tua instancabile irritazione per tutto?-
-Sono giorni che cerco un lavoro in questo posto e tutti mi dicono di no, perché la mia relazione con Justin potrebbe mettermi in cattiva luce, in quanto lui è un bad boy nell'ultimo periodo, quindi sono irritata, annoiata e distrutta anche per questo.-
-Il resto?-
-E' forse il quarto bigliettino che trovo con il testo di Fall, e non trovo la cosa più dolce.- la sentii ridere.
-Lo sai che vuole fare il dolce ad ogni costo.-
-Caitlin, questi foglietti domineranno il mondo capisci? Li sogno la notte ormai, sogno che mi uccidono. Non vorrei sembrare cattiva ma lo so che mi ama e non c'è bisogno.-
-E' fragile non pretendere troppo da lui.-
-L'altro giorno, mi ha detto "ti amo" io non ho risposto perché era scontato il mio "anche io" e lui si è addirittura fatto dei complessi assurdi chiudendo con un "ho dubitato di te per pochi istanti". Ne uscirò pazza, voglio la cura, è stressato come un pantalone lavato e stirato per dieci anni di seguito.-
-Magari è dietro la porta che origlia. E comunque devi provare a lasciar andare tutto, perché sennò è finita.-
-Finita? Dici che è finita? So dove tiene un anello di fidanzamento, non può finire.-
-OH MADONNA.-
-Ogni tanto quando esce lo cerco nel posto dove lo nasconde, ma ci trovo solo la scatoletta vuota, perché se lo tiene lui.-
-E' ancora così stupido da telefonare con te davanti, credendo che dormi?-
-Sì!- dissi ridendo.
-Non cambierà mai. Oh ti spiace se ti chiamo domani? Ora devo proprio andare.-
-No che non mi spiace, anzi, scusa se ti ho annoiato, ci sentiamo domani dolcezza.- e io il giorno dopo fui abbastanza felice, mi garantirono una linea di prodotti per il make-up con il nome "Aravis" avrei deciso i colori e avrei posato per ogni singolo prodotto, mi avrebbero pagato bene, e se la linea fosse andata in porto, avrei avuto anche la linea di gioielli e borse. Iniziai subito a vedere i colori. Ero aggiornatissima su cosa le adolescenti, le giovani donne e le donne volessero nel loro beauty case. Quasi tutte noi donne vogliamo sempre la stessa cosa, un trucco veloce e leggero. Ovviamente si avvicinava la primavera e decisi per i colori più chiari e sgargianti. Ero così elettrizzata che dimenticai di avere l'ultima generazione Bieber-Malette a casa, e quando tornai super felice, mi ritrovai su un divano a piangere dalla felicità di vedere i tre cuccioli di Bieber che mi correvano incontro (partendo dal più grande Justin, Jazmyn e Jaxon). Ovviamente abbracciai prima i piccolini perché il grande avrebbe aspettato. Eccome se avrebbe aspettato, e aspettò molto. Talmente tanto che lo baciai dopo cena. Ero troppo felice la nuova linea, la mia seconda famiglia in casa, era tutto così bello quel giorno, e per finire in bellezza Justin mi mise un fogliettino con PYD, ero felice perché aveva cambiato la canzone, ma sinceramente ero abbastanza spaventata, quella canzone è abbastanza...impegnativa con le sue espressioni di...kamasutra canterino, e non volevo cogliere il secondo fine del bigliettino. Speravo solo di non dover fare qualche viaggio negli ultimi giorni, non avevamo un tavolino di caffè, ma il resto sì, e il tutto mi preoccupava. Mentre giocava con Jazzy e Jaxon a Twister io giravo l'orologio per dire i colori e le direzioni, Justin si mosse fin troppo in modo terroristico e dalla tasca scivolò giù qualcosa di scintillante, per poco restai imbambolata, poi lui riprese quello che gli era caduto e si sistemò. ERA IL MIO ANELLO. Quando finirono di giocare Justin si sedette vicino a me con una tazzina di ginseng, e tirò fuori il portafoglio, stavamo parlando di carte d'identità e lui non mancò di tirar fuori la sua immacolata carta, solo che io vidi l'anello e mi andò di traverso il ginseng. Lui mi guardò e si sistemò la cuffia
-Tutto okay?- chiese, annuii e continuai a bere estasiata da ciò che avevo appena visto. Era così immacolato. Mi sentii importante e sistemata. Forse mi sentii più tranquilla quando una volta a letto gli dissi del lavoro.
-Justin dobbiamo parlare.- lui annuì e io mi coricai sul suo petto. -Ieri ho incontrato una tipa di un'azienda estetica, insomma una di quelle cose lì. E mi hanno offerto una linea di trucchi, ho accettato, ed ho già deciso nei particolari, perdonami se non ti ho detto nulla.-
-Wow è fantastico, congratulazioni!- disse baciandomi. Presi un respiro profondo -Perché non me l'hai detto subito?-
-Non volevo influissi sul lavoro, mi hanno praticamente detto tutti no, solo perché sei il mio ragazzo. Non volevo farti imbestialire o preoccupare.-
-Oh...beh ormai non mi arrabbio.- disse perplesso -Voglio dire, sono un pò stranito ma...okay. L'altro giorno ti ho sentito parlare con Cait.-
-Umh, dovevo immaginarlo.-
-Almeno solo una parte...-
-Scusami.-
-Scusami tu, vedi sono un peso.-
-No non lo sei! Solo che devo capire come prenderti perché sei fragile come il cristallo e io non voglio perderti per una parola buttata con il peso sbagliato.-
-Non lasciarmi e tutto passerà.- esattamente non capii perché rispose in quel modo. Mi limitai a dargli l'ennesima certezza. Quella che aveva da anni. -Io non ti lascio Justin.-

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Capitolo 9
*** ecco lo vedi? ***


-Okay ferma così, sorridi.- abbozzai un sorriso sul mio volto leggermente truccato da mani più esperte in materia, che dalle mie. -Ora voglio vederti sicura di te.- mi fermai in una posa seria con le mani sui miei fianchi, forse era la posa più montata del mondo, perché quando mi sentivo sicura di me fantasticavo su un mio concerto, con la voce di Christina Aguilera, ed era tutto un pò raccapricciante. Dico cantare Your Body, con il mio body, che non era dei più sensuali, non sarebbe risultato stupendo, ma la voce di Xtina è la voce degli angeli, quindi nei miei sogni ero la donna perfetta. Posai per almeno più venti foto, con dieci trucchi diversi e mi divertii tantissimo. Sicuramente non tanto, fino a quando Justin non si fece vivo sul set -Ohoh, Justin Bieber!- disse il fotografo, era Michael Thompson quindi mi sentii in dovere di essere professionale, seguendo le orme di Emma Watson nel suo ultimo servizio per Vanity Fair.
-Ehi Michael! Come va?- si strinsero la mano, e non mi calcolarono più per almeno cinque minuti buoni dove chiamai per noia a Genesis, erano le nostre conversazioni lampo, per qualche saluto dal Canada agli Stati Uniti e dagli Stati Uniti al Canada. Sentii Gwen russare per tutto il tempo, e mi divertii più nel sentire lei che nel vedere il mio ragazzo ignorarmi spudoratamente. Mi sorse il dubbio era lì per me o per i suoi amici fotografi? O per un'ipotetica amante? Rabbrividii ai miei stessi pensieri e mi passai da sola il mascara. Justin si girò improvvisamente e mi vide -Aravis!- MA COME ARAVIS? SONO LA DONNA A CUI HAI COMPRATO UN DIAMANTE, MI VEDI E TI LIMITI AD UN "ARAVIS"? MA IO TI SQUARTO!
-Bieber.- risposi con poco entusiasmo e uno sguardo deluso. -Che ci fai qui?-
-Volevo farti una sorpresa! Non sapevo che Michael ti scattasse le foto.-
-A quanto pare lui è il mio nuovo fotografo.- dissi in tono di sfida.
-Fletcher mi stai sfidando vero?-
-Sì ti sto sfidando.- risposi, ero felicissima di vederlo, ma forse lui era veramente lì per caso.
-Sei bellissima.- diventai rossa, e sorrisi piena di felicità.
-Oh sì lo è. Vuoi fare degli scatti con lei?- chiese Michael. Justin si guardò in giro.
-Davvero posso?- -Certo che sì!- dissi.
-Lia, un pò di fondotinta per Bieber.- la truccatrice si fece avanti e truccò anche Justin che sembrava terrorizzato, dal non avere un abbigliamento sobrio, e i capelli poco curati, era davvero un cattivo ragazzo con quel look. Anche se la mattina stessa aveva parlato con Tuts dicendo "piccolina di papà, vuoi giocare vero? Eh? Ma siamo dolcissime oggi!" e lei gli aveva leccato una guancia, dopo essersi lavata lei stessa "fai schifo eh, fai schiiiifooo" la trattava come una bambina, e iniziavo ad aver paura che lui potesse essere indemoniato. Lo lasciarono così sbarazzino, e io per l'ennesima volta restai incantata dalla sua dolcezza e bellezza. Mi prese la mano e la guardò.
-Prima o poi, dovremo aggiungerci un anello più luccicante.- sussurrò al mio orecchio. Nella mia mente partirono i ricordi di tutte le volte che avevo visto l'anello, il mio anello di fidanzamento. Mi limitai ad annuire e sorridergli felice. Si mise vicino a me, e non facemmo degli scatti noiosi da copertina, ma degli scatti più simpatici. Inizialmente, restammo seri, poi tornammo noi stessi (non che non fossimo delle persone serie eh). Iniziammo a fare delle foto mentre gli tiravo i capelli, mentre lui faceva lo stupido dietro di me, una foto dove lui indossava i miei tacchi e io le sue scarpe, ma Michael riuscì a fare una bellissima foto dove ci guardavamo ridendo ed eravamo all'oscuro di quella foto, non ci accorgemmo del rumore del flash, della luce. Stavamo semplicemente ridendo, ed era una risata sincera, lui disse -Con questi tacchi sei alta quanto me, ma ti amo comunque.- e poi iniziammo a ridere perché si mise in punta di piedi con la testa sopra la mia, e quando si spostò lo guardai come se fosse l'unica persona che dalla mia nascita amavo incondizionatamente. Per il resto degli scatti restò dietro una lampada a guardarmi sorridendo. Cercai di ignorarlo, ma ogni due secondi mi sistemava i vestiti e i capelli, cercando di baciarmi senza togliere il rossetto. Era importante la sua opinione, era importante che lui mi sistemasse perché mi fidavo di lui come se le persone si fidarono di Superman decenni prima. E non mi fidavo solo di lui, ma anche del suo giudizio, eravamo dipendenti l'uno dall'altra. Mi avvicinai a Michael per vedere le foto più belle, solo io, Justin stava parlando con Scooter al telefono. Le mie foto erano mooolto belle, ero soddisfattissima del mio lavoro da modella e dalla mia scelta nelle texture. Decisi quali mettere, in ogni pagina del volantino, per ultima quella bellissima foto con Justin. Alla fine le presi tutte e le misi in un raccoglitore. Sentivo la felicità ovunque. Un bel momento con il mio fidanzato. Non potevo chiedere di meglio. Una volta arrivati al parcheggio, che era deserto, ci sedemmo in macchina appoggiai la testa al finestrino guardando e riguardando ogni singola foto. Poi pensai è il 13 febbraio, e io non ho un regalo per lui. Così chiusi il raccoglitore e mi girai verso di lui notai il suo fissarmi sognante, gli toccai i capelli e poi lo baciai. -Controlla se ho preso la carta di credito.- disse passandomi il suo portafoglio, lo aprii e certai la carta di credito, inutile dire che rividi l'anello e feci finta di nulla.
-Justin, Justin...un preservativo!- dissi ridendo.
-Può sempre servire, non credi?-
-A meno che tu non vada a puttane quando esci, non saprei.-
-Metti di fare una vacanza in un'isola passionale...-
-...Se dici Panama ti uccido, inizio ad odiarla.-
-...Come Panama, ma hanno finito i preservativi e tu hai un'emergenza...usi la pellicola?-
-Uff sei così tragico a volte. E non voglio più andare a Panama, voglio andare in Indo-Cina a mangiare tartarughe.- risposi. -Promettimi che per San Valentino non andiamo a Panama.- si guardò intorno come se avesse commesso un crimine.
-No, non andiamo a Panama, andiamo a mangiare le tartarughe.- sorrisi felice. -Sai che in Indo-Cina non vendono preservativi?-
-Oh tienitelo questo.- La mattina dopo era tutto tranquillo come non lo era mai stato, mi svegliai senza di lui, ma con l'odore del caffè. Pensai già che dentro la tazza del caffè avesse messo il mio anello. Ero felice, felicissima. E per quella troppa felicità, scivolai entrando in doccia, Justin non si accorse di nulla, neanche della mia risata isterica, nè del botto, di niente. Iniziai a pensare che in casa ci fosse un serial killer, o uno chef e Justin fosse con lo chef a scattarsi tante foto. Mi tirai su ed entrai in doccia, leggermente dolorante, ma a chi importava ero viva! Scesi al piano di sotto e trovai Justin attaccato al telefono, mi avvicinai a salutarlo ma...mi fece cenno di allontanarmi. Ma si allontanò lui -E' impossibile! Capisco, ma non posso portare Aravis lì! Ma ti sembra Scooter? E' San Valentino! Per un giorno dove posso stare con lei tutto il giorno tu mi vuoi trascinare in studio? Per favore, sì, è un no categorico. Guarda pure Dan oggi esce con la sua ragazza. Pochi anni fa Ryan andò a cena con Ashley, e la sera stessa Aravis si fece raccontare tutto da lei, perché io non l'avevo portata a cena, non era la mia ragazza. Abbiamo bruciato troppe volte questo giorno. Ci tiene! Certo!- cambiò stanza, non lo seguii subito. Andai in cucina a versarmi del caffè, scesi in cantina e mi presi un piattino con dei biscotti. -Sì, Scooter, ci andrò un altro giorno. No vedi oggi si sarebbe un giorno di lavoro normalissimo se la mia migliore amica, cioè la mia ragazza, non si aspettasse una bella cenetta nel locale più in di Los Angeles, solo io e lei, con un bel regalo, che neanche lei si aspetta, dopo i due penosi regali che le ho fatto a Natale e all'anniversario...Sì.- disse passandomi davanti, lo guardai con gli occhi spalancati, lui mi sorrise vagamente. Sììì, finalmente mi avrebbe chiesto di sposarlo, finalmente, finalmente, MI SAREI SISTEMATA. No non era solo un "mi sarei sistemata" era un "mi sarei sistemata con l'uomo che amo follemente", sistemata meglio di Genesis, che in un certo senso già era sistemata, dai miei ma era sistemata, con il bar, Gwen e Martin, era sistematissima, ma non aveva il diamante bello come il mio. -Certo, certo Scooter.- sospirai sorridente e tornai in cucina, presi il telefono e chiamai Genesis, che non rispose, chiamai la mamma e non rispose, chiamai Martin e non rispose, chiamai a casa e mi rispose mio padre.
-Oh papà ciao!- dissi felice di sentirlo.
-Ehi c'è tua figlia al telefono! Come stai zuccherino?- perché si ostinava a chiamarmi "zuccherino".
-Bene, tu vecchio?-
-Bene, ora ti passo a tua madre. Ciao gambero.- evidentemente stava cucinando per qualche aperitivo del bar.
-Ciao papà. Ehi mamma.-
-Ehi tesoro, come si festeggia il San Valentino da Justin?-
-Ancora non si festeggia, anche se Scooter voleva mandarlo in studio anche oggi.-
-Vabbè, Genesis dice di chiamarla più tardi.-
-Dille a Genesis di controllare il suo telefono, quello di Martin, e il vostro personale, che squilla a vuoto.-
-Oh okay..Va bene zuccherino ora ti lascio ai tuoi affari col tuo uomo, ciao ciao divertitevi.- mi chiuse il telefono in faccia. AH vecchietti che credono che noi giovincelli ce la spassiamo ogni giorno tra le lenzuola, soprattutto appena svegli. Beh mia madre mica aveva sbagliato in parte! Era più che ovvio che a San Valentino, gli anniversari, e queste feste così ci si da da fare di più, ma non come credeva lei. Forse lei quando era in tenera età se la spassava con i giovini di Toronto più di quanto io potessi credere...speravo vivamente che quel "se la spassava" nei miei pensieri si riferisse alle feste e al bere, e non al tentativo di riproduzione mal riuscito, anzi non riuscito. Ma basta parlare di lenzuola, ormai gli alternativi si ritrovano sugli alberi, e io mi ritrovavo con "Hugo Boss" e una coppia di gemelli impacchettati in mano e Justin in camicia dietro, erano le sette e mezza, dovevo ancora scegliere come vestirmi, in accappatoio davanti ai miei vestiti rimisi il regalo di Justin sullo scaffale. Mi abbracciò e mi travolse l'odore del suo dopobarba, terribilmente buono, dolce e irritante allo stesso momento, c'era sempre quello splendido profumo in bagno dopo che lui ne usciva. -Metti questo.- tirò fuori i miei pantaloni neri e una camicetta bianca. -Solo per me, sarai comunque bellissima.- Lo accontentai, poi tirò fuori anche la biancheria e dissi sì anche al reggiseno nero in stoffa e pizzo, e alla brasiliana, se lo faceva felice. -Stiamo andando in un posto tranquillo.- finalmente pronti, andammo nel posto tranquillo, un ristorante, troppo tranquillo per esserci appena entrato Justin Bieber. Tutti tremendamente silenti e rilassati. Ci sedemmo il più lontano possibile. Io nel divanetto lui davanti nella sedia, terribile non poterlo accarezzare ogni tre secondi. Si sedette vicino a me su mia richiesta. Non che iniziammo a limonare tragicamente ma poco ci mancava. Venti minuti dopo ci ritrovammo a mangiare una pizza in modo smisuratamente elegante, niente aragosta o bistecca, oppure penne all'arrabbiata, solo una bella pizza. E poi un profiteroles nei parcheggi, un profiteroles del supermercato. -Okay Aravis è ora.-
-Torniamo a casa? Devo fare pipì.-
-Jaaack, conduci la mia signora al bagno.- urlò verso la sua destra, ma nessuno arrivò da dietro il lampione, quindi lui si mosse da cameriere e mi porse il suo braccio, lo presi a braccetto e poi iniziò a ballare -Ti piace la musica donna?- annuii ridendo -Bene balliamooo.- dovetti seguirlo a forza, sembrava Ricky Martin, da Ricky Martin passò a Jimmy Fallon -No perché tesoro sei seriamente una forza quando arrivi in cucina dopo che parlo col mio manager e mi urli "SONO CADUTA PRIMA DI FARE LA DOCCIA TU NON MI HAI SOCCORSO", tu non hai urlato cara, tu non hai urlato! Eppure, io ti soccorrerò se stasera cadrai in doccia, e in doccia ci entreremo insieme.-
-Smettila di prendermi in giro.-
-No.-
-Justin.-
-Devo ricordarti di tutte le volte che...-
-Mi hai detto "sono cotto di te" da ubriaco, o quando ti sei rotto un piede da solo, le porte di vetro? Oh...quando canti sotto la doccia le canzoni di Peppa Pig!-
-Io non canto le canzoni di Peppa.-
-Chiami per nome un maiale?-
-Si chiama così.- si sedette vicino a me su un gradino. -E poi canto solo la sigla...- mi prese in braccio e iniziò a correre, mi prese sulla schiena e fece finta di essere una zebra, e iniziò a nitrire. Eravamo così spensierati, non pensai a nulla, proprio a nulla, neanche alle canzoni di sottofondo nel parcheggio, passavano le macchine e noi che facevamo di tutto, alla fine ci riducemmo a limonare attaccati ad un muretto. -Dio questa si che è una bella parte della serata. Mi basterebbe averti così attenta a me ogni volta che c'è un muro.- lo guardai perplessa.
-Ti attraggono i muri?-
-Mi attrai tu, che non puoi scappare perché dietro hai un muro.-
-Contorto.- dopo un pò tornammo a giocare e a dire cavolate.
-Mi chiedevo sempre se tu mi piacessi, e cavolo se mi piacevi. Ora mi chiedo una cosa, se tu mi voglia sposare.- stavo ridendo fino al "se tu" mi pietrificai in un secondo. -E ho anche un anello, con un diamante enorme, proprio qui.- mi si riempì l'anima di felicità, sorrisi con la massima sincerità, gioia e con troppo amore. Mi sentii emozionatissima, me l'aveva chiesto. -Ecco, lo vedi?- il famoso cofanetto di Cartier rosso e oro uscì dalla sua tasca, e da dentro il cofanetto uscì l'anello. -Quindi ora dimmi di sì. Aravis Lauren Fletcher sono mesi che voglio chiedertelo. Sono anni che lo sogno. Vuoi sposarmi?- iniziai a piangere. Annuii e lo abbracciai tremando come una foglia. Finalmente me l'aveva chiesto, finalmente ero certa che nulla ci avrebbe più divisi.

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Capitolo 10
*** grandi festeggiamenti. ***


Passarono esattamente dieci giorni da quando lui mi chiese di sposarlo ed io accettai felicemente. Non fissammo una data, era presto, volevamo aspettare almeno un pò, almeno un anno per poi avere la certezza di poterci sposare. Non volevamo il divorzio dopo tre giorni dal matrimonio. Era totalmente surreale come da fidanzatini carucci e al centro del gossip quotidiano, diventammo i futuri sposi di Hollywood, in classifica dopo Kate e William. Alcuni facevano figli mischiando i nostri lineamenti e il nostro viso, sapendo che non avevo alcun feto nel mio ventre. Non sapevamo come si diffuse la notizia, troppe foto di noi in giro, del mio anello, del fatto che Justin l'avesse detto a tutti i suoi amici fidati, e del fatto che io comprai un giornale di abiti da sposa e lo sfogliai in un bar con Caitlin. Ma era la mia vita privata io non potevo non prendere un caffè lungo con una mia amica sfogliando un banalissimo giornale pagato cinque dollari. Per scatenare la folla di mezzo mondo tolsi il mio anello e lo misi nel borsellino mentre andavo a fare l'ennesima intervista sulla mia collezione e sul fatto che mi avevano chiamato per posare per tanti stilisti nonostante non fossi una taglia zero, e il mio sogno non fosse diventarlo. Almeno dieci paparazzi mi fotografarono, io in stile it girl, li sorpassai salutando nonostante chiedessero "vi siete lasciati?" "Aravis dov'è il tuo anello?" e domande molto simili, salutai un pò a tutti senza rispondere. Entrai nell'enorme edificio, e boom Justin mi chiamò lo liquidai in cinque secondi dicendogli che "dovevo chiedere a Patricia se andasse bene tenerlo per Cosmopolitan" e in due secondi chiusi la chiamata. Mi avvicinai al banco della reception -Ehi, ho un appuntamento con Patricia di Cosmo.- dissi elettrizzata. La ragazza sorrise e rispose:
-Sono sicura che ti sta aspettando. Liv, accompagna la signorina da Pat.- sorrisi a mia volta, quando arrivò una giovane ragazza con l'aria da stagista in tailleur nero e i capelli rossi, iniziai a realizzare che ero da Cosmopolitan. La ragazza sudava, ero leggermente più alta di lei, vidi due goccioline scendere sulla sua fronte.
-Fa caldo vero?- chiesi mentre camminavamo. La ragazza dal carnagione caramello mi guardò disperata.
-Lia è mezzo messicana, mezzo vipera. Mi sta col fiato sul collo venticinque ore su ventiquattro, mi sta ossessionando.-
-Mh ti capisco, anche io sono stata una stagista, più che altro un'esordiente make-up artist, e mi trattavano come una schiava. Ora va in bagno, fissa un pò di lacca, ripeti dieci volte "mi assumeranno presto" e poi ci vedremo tra due mesi con te al posto di Lia.- sorrisi, lei si rassicurò e bussò alla grande porta scorrevole di vetro dell'ufficio di Patricia. Lei sorrise e mi fece cenno di entrare.
-Ehi Aravis! Sei pronta? Andiamo dove c'è il telo per gli scatti. Ti va? Ci sono anche parrucchiere, stilista e truccatore.- annuii felicissima. Aveva un bellissimo tubino bianco gesso, con delle Louboutin nere alte venti centimetri. Mi guardai riflessa nel vetro, il mio povero vestitino di Pimkie con una deliziosa stampa a fiori e le Jeffrey Campbell nere con il tacco non rivestito in pelle, il mio blazer nero e i capelli naturalmente mossi, qualche bracciale e qualche anello. -Sembri una giovane ragazza fresca di richiesta di matrimonio vestita così.- mentre camminavamo per il corridoio tirai fuori il borsellino e l'anello. Glielo feci vedere, lei sgranò gli occhi e lo guardò fermandosi. Sibilò un -Oh mio Dio.-
-E' bellissimo vero?-
-Tesoro, congratulazioni!- mi abbracciò.
-Volevo chiederti se potevo tenerlo per il servizio fotografico o devo indossare solo le cose che mi fornite voi per gli scatti?- chiesi timidamente. Io e Patricia c'eravamo conosciute prima che Justin mi chiedesse di sposarlo. Era una persona veramente distinta e pacata. E dato che io ero una libera professionista dei miei impegni, persi un appuntamento per incontrarla, e quando si presentò davanti a casa mia in limo io uscii e la guardai sconvolta, lei sorrise e disse "è solo una limo, ci porterà da Saks, okay?". Mi trovai leggermente a disagio a chiederle se il mio solitario potesse restare sul mio anulare per cinque foto.
-Certo che puoi tenerlo!- disse svoltando tutto d'un tratto. Ci ritrovammo in una sala più piccola di quella che avevamo usato per il servizio dei trucchi. -Cindy, Matrix, Jay, lei è Aravis, vi avevo avvertito del suo arrivo oggi. Ecco lei è Cindy la parrucchiera. Matrix, che in teoria è Michael ma usa il suo nome d'arte è il truccatore, e Jay il super tatuato Jay è il fotografo. Mentre la stilista Marie non c'è, dov'è?-
-Sono qui Pat, sono qui!- disse arrivando con tanti abiti. -Io sono Marie, costumista. Carino il vestito! Pimkie?- annuii. -Bene ora che ci conosci tutti mi dici se Bieber te l'ha chiesto in ginocchio.- tutti si fermarono a guardare il mio anello, persino Matrix che mi struccava.
 
-Sì...- dissi sorridente.
-Ora devi raccontare però.- disse Jay posando il cavalletto per la macchina fotografica.
-Eravamo a cena fuori e stavamo giocando, come è nostro solito fare, nel parcheggio. Poi è diventato tutto serio mi ha detto che mi amava, che fantasticava di chiedermelo da troppo tempo si è inginocchiato e me l'ha chiesto.- tutti mi guardavano con fare sognante. Li avevo ipnotizzati TUTTI. Oh potevo vantarmi di qualcosa ora, oltre del fatto che Justin Bieber fosse il mio futuro marito. Passammo una buona mezz'ora tra acconciature e trucco a chiacchierare, in due ore feci almeno dieci scatti in pose tutte simili, poi le modificammo i miei ipotetici brufoli, e qualche ambiguo insulso neo sul braccio. Non modificarono altro. Poco dopo venne il momento dell'intervista. Ero terrorizzata. Mi chiese tantissime cose -Beh, vorrei intraprendere una carriera solida, da poco ho stretto un contratto per una mia collezione di cosmetici con una nota casa, e ora non so se potrei mai tornare a fare la make-up artist, perché voglio dedicarmi alla mia vita privata.-
-Quindi anche alla tua vita sentimentale, con Justin?-
-Certamente. Ora stiamo cercando di recuperare un pò di tempo perso negli ultimi anni, nonostante fossimo sempre stati migliori amici, abbiamo perso numerose cose di noi. Io mi ero persa il suo primo award, e lui si era perso il mio primo diploma all'accademia di Stratford. Ora non vogliamo perdere nessuna tappa della nostra vita insieme.- Justin si era raccomandato di parlare vagamente del matrimonio.
-E del solitario che ci dici?-
-Emh...è di Cartier.- scoppiai a ridere insieme a Patricia che era divertita dal mio riservato sarcasmo.
-Penso che i lettori di Cosmopolitan vogliano sapere di più!-
-Okay, basta sarcasmo.- sorrisi un'ultima volta -Umh vediamo, non c'è molto da dire, abbiamo deciso di sposarci sì, ma non di avere una data, né un abito da sposa, né una location, né un dj, né una chiesa, né un ristorane, né un catering. Abbiamo deciso solo di sposarci, di aspettare qualche anno per le pratiche e la cerimonia. Non vogliamo fare tutto frettolosamente, per ora è solo una proposta.- risposi con estrema tranquillità.
-Sei laureata alla Columbia, in cosa sei laureata?-
-In economia fondamentalmente, ma era una laurea breve, a dire il vero mi sentivo portata più per qualcosa come le lingue, ma il mio professore del liceo insistette tanto per farmi prendere quella via, dicendo "Aravis, è una garanzia per te" e io mi fidai, e non me ne sono veramente pentita.- passavamo velocemente da un argomento all'altro.
-Che ci dici delle tue amicizie?-
-Io e Justin abbiamo la stessa cerchia di amici, come i fratelli Beadles, Ryan Good, Ryan Butler, Chad Somers, mi sento spesso con Mitch e Nolan che sono gli unici che sono restati nell'ombra, haha, e non saprei. Conosco molte star del cinema, molte cantanti, in rubrica ho perfino il numero di Ellen DeGeneres, ciò non dimostra che siamo effettivamente amiche, ma per le amicizie mi sono sempre ritenuta socievole, quindi ho veramente tanti amici.-
-E i compagni dell'università?-
-Beh ho stretto tante amicizie a New York, la mia amica più cara e fidata è sicuramente Elena, poi c'è William e altri.-
-E la tua migliore amica?-
-Caitlin e mia sorella.-
-Come si chiama tua sorella?-
-Genesis.-
-E come fai ad essere la migliore amica di una ex di Justin?-
-Ci conosciamo da anni, so per certo che si guarderanno sempre in quello strano modo malinconico, ma Caitlin mi vuole un bene dell'anima e ogni sera quando lei sta a casa nostra insieme a Christian ci prendiamo a cuscinate, mangiamo gelato e lasciamo gli uomini in disparte, creandoci un gineceo personale.- dopo almeno un caffè e cinque biscotti tornai a casa. Fui sorpresa da cinque macchine tutte diverse, una era di Caitlin, le altre non le riconoscevo. Entrai in casa, tutti festeggiavano, cosa? Non ne avevo la più pallida idea, ma c'erano Ryan Good, Ryan Butler divisi da Christian che aveva vicino Justin ed erano tutti senza maglietta. Ashley Benson ci girava intorno con una sciarpa maculata. Caitlin era così presa dal mangiare del gelato con Genesis che non si rese conto che Christian si stava togliendo pure i pantaloni. Dalla cucina uscì Martin con Scooter. Arrivò Lil Za in pantaloncini, insomma c'era un mega party. Mi tolse la borsa e mi invitò a ballare mentre nel salotto echeggiava "Diva" di Beyoncé. C'era talmente tanto casino che dovetti iniziare a ballare insieme a Za, solo perché non capivo. Ashley lasciò la sciarpa addosso a Ryan e venne a guardare il mio fantastico anello. 'Shley, era la seconda persona alla quale avevo detto del mio fidanzamento con Justin, e forse la più entusiasta. La foto che le avevo mandato su Viber, non le era bastata, e avevamo dovuto fare una piccola videochat su FaceTime, mentre lei era in pausa sul set di Pretty Little Liars e beveva caffè insieme a Troian Bellissario, Shay Mitchell e Lucy Hale che suonava "You Sound Good To Me" la sua canzone. Solo che loro non erano lì a festeggiare con me. Volevo la mia festa di fidanzamento, solo con loro. Ovviamente prima di Cannes. E festa al femminile fu. Con un biliardo di donne meravigliose. C'era praticamente mezzo cast di PLL, quindi 'Shley, Shay, Lucy, Sasha, Troian. Poi non potevano mancare Caitlin, Genesis, e ovviamente Ariana Grande che mi aveva pregato di farle vedere l'anello, stranamente sua nonna non era tra le invitate. Kim Kardashian si era auto-invitata, ma non arrivò mai. C'era Carly, Elena, l'imponente regalo di Kesha, Selena e Miley. In pratica l'ABC Family, la Disney e tutte le artiste che avevano lo stesso manager di Justin, cioè solo Ari e Carly. Selena era lì per scusarsi di aver commesso degli screzi a me e a Justin, ma non mi importava, la conoscevo, non l'aveva sicuramente fatto con cattiveria, era solo orgogliosamente donna. Insomma, poche ma buone, sedute sui divani della veranda di casa di Justin, o la così detta "casa nostra". -Okay, no apri il regalo voglio vedere cosa c'è!- disse Selena. 
-Siete così tanto amiche?- chiese Caitlin. 
-No, davvero, da quanto vi conoscete?- sospirò Lucy. 
-E se fosse un enorme uomo barbuto?- chiese Sasha. Tutte la guardammo perplesse -Okay scherzavo. In fondo è solo un cofanetto incartato con tanti occhi, magari dentro ci sarà un portachiavi.- da perplesse diventammo più che perplesse. -Shh.- disse portandosi l'indice alle labbra, e poi ridendo. La guardai con così tanta tenerezza che quasi mi dimenticavo di essere solo poco più grande di lei, anche se era lei la più grande e realizzata. 
-Io direi di aprirlo prima che si faccia notte.- rispose Ariana. Presi il telefono e la chiamai. Kesh era impegnata per Rising Star, stava pianificando un pò tutto, con gli altri giudici. 
-Okay, se non mi piace ti spacco il culo Rose.- dissi appena rispose. 
-Sì che ti piace.- rispose. -Salutate Kesha.- dissi mettendo il viva voce. 
Tutte in coro dissero un sonoro -Ciao Kesha!- 
-Ow ciao a tutte, chiunque voi siate.- rispose. Iniziai a togliere la carta. "Kesha Rose" scritto con una calligrafia fine, e sotto "Supernatural", aprii il grande cofanetto di pelle con la scritta bianca. Sapevo cos'era. Era della sua collezione di gioielli. -So che ti piace.- guardai la collana con gli enormi fiori neri, il bracciale con i teschi, e l'anello con i denti. Totalmente nel suo stile. 
-Oh mio Dio.- dissi. 
-Sì, ti piace.- 
-E' bellissimo, grazie, ti voglio bene.- tolsi il viva voce. 
-Anche io, ora però devo andare divertitevi, fammele salutare.- rimisi il viva voce -Ciaoo a tutte divertitevi.- loro inconsciamente fecero cenno con la mano. -Presumo stiano mangiando.- 
-No stanno muovendo la mano.- risposi -Vabbè, ci sentiamo quando tu la smetti di lavorare. Ciao bae.- tornai al regalo. L'anello a tre dita, bagnato in oro, con quei molari era wow. E la collana era veramente... -Sì ci conosciamo da quando lei e Justin si sono incontrati la prima volta. Ci sentiamo spesso.- il pomeriggio andò avanti con i nostri pettegolezzi su Hollywood, e quando Miley, Selena, Ariana, Carly se ne andarono per conto loro, e Elena, Caitlin e Genesis andarono a cena fuori io restai con le mie Liars. E non a parlare di manicure, parrucchieri e stilisti, ma a parlare della loro serie TV. -No, allora voglio sapere chi è A.- tutte si zittirono, chi mettendosi una mano, un dito sulle labbra o chi guardando altrove. -Benzo non puoi mentirmi.- 
-Sono una bugiarda. Mento tutto il tempo.- 
-Anche noi.- disse Lucy. 
-Beh io mi nascondo tutto il tempo. Posso passare un'intera puntata dietro una poltrona, ma comunque tutti pensano che io sia morta.- Sasha si nascose dietro il bicchiere. -Ecco vedi sono morta.- iniziai a ridere. Amavo stare con loro. Mi dava quel senso di famiglia, quella calma che c'era tra amiche che si conoscono da anni, e sono abbastanza contente di esserlo che non si vergognano mai di ammetterlo. Erano quelle che facevano FaceTime prima delle riprese, solo per farti vedere dove si trovavano, quelle che durante il trucco, ti mandavano foto con un occhio truccato e l'altro no. E anche se anni prima, desideravo soltanto essere parte di quella grande cerchia di amiche, e in quel momento c'ero dentro, non riuscivo ancora a realizzarlo. Forse dovevo benedire Ryan. O forse Ashley, che ci aveva tenuto a conoscermi dopo che avevo raccomandato Justin di parlarle di me, e lui le aveva detto "penso che Hanna sia il suo personaggio preferito, si è fatta bionda, perché Hanna è bionda." e da lì lei mi aveva chiamato ed invitato a prendere un thé a NY. E poi mi aveva portato sul set e mi aveva detto "ecco questa è Rosewood, e lei è Troian, lei Lucy, e lei è Shay, Sasha ora è in giro nelle quinte, quindi, resta pure a vedere, Marlene ne sarà felice". Quell'innata tranquillità fra donne, era veramente sovrannaturale. Adoravo il modo nella quale mi facevano sentire, cioè parte di una cosa, più grande di loro, o forse di noi. Il matrimonio era una tappa lontana, ma loro, avevano festeggiato il solitario, con me, come se il matrimonio fosse il giorno dopo.

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Capitolo 11
*** aspettiamo. ***


-Aravis! Aravis!- disse un paparazzo vicino a me. Non mi fermai per almeno dieci metri, il sole batteva, io avevo caldo, e dovevo arrivare a lavoro, perché finalmente ero riuscita a trovare un lavoro, e un bel lavoro. Patricia alla fine dell'intervista mi aveva bloccato, in nell'enorme "stanza dei caffè" e mi aveva chiesto se poteva interessarmi lavorare per Cosmopolitan, cose come truccare, sistemare i capelli, dare una mano alle stagiste, fare un pò di tutto. E io avevo accettato. Era il sogno di un'intera vita. Dopo quei famosi dieci metri mi fermai davanti al "Benny's" uno dei tanti bar con il nome del proprietario. -Ti preeego, mi devi una foto, o mi licenziano.-
-Sto solo per prendere un caffè prima di andare a lavoro, vuoi fotografarmi davanti all'entrata?- lui mi guardò sconsolato ed annuì. -Quante?-
-Almeno tre per una pagina di giornale.- sbuffai. Era veramente sudato, e sembrava disperato, il mio animo da persona gentile ed educata mi consigliò di offrirgli qualcosa. Quel poverino mi aveva seguito per un isolato, solo per una foto, e io ero stata crudele. Mi dispiaceva, in fondo stava soltanto facendo il suo lavoro.
-Solo perché sei pelato, fa caldo, sei sudato come un non so cosa e mi stai rincorrendo da quando ho passato le strisce. Vuoi dell'acqua?- chiesi un pò preoccupata per il suo colorito paonazzo. -Prima fammi fare il mio lavoro.- disse sorridendo. -Fammi sembrare favolosa.- doveva fare una "paparazzata", salii lentamente le scale per arrivare al bar e lui mi fotografò, fino a quando non entrai dentro. -Dai entra.- passò il cameriere -emh, un caffè freddo da portare via, e...- -Acqua, per favore.- lasciai cinque dollari, e lasciai che il cameriere lo servisse e poi me ne andai via col mio caffè freddo. -Grazie.- lo sentii dire mentre uscivo. Mi girai a sorridere e continuai la mia marcia verso l'ufficio. Mi chiesero di scegliere degli abiti per Ariana Grande, non persi tempo, e tornai nella sala dove ero stata una settimana prima, lei non si accorse di me, mentre chiedeva a Cindy, di farle solo sembrare i capelli morbidi ed impeccabili, con qualche ricciolino. -Cindy, dov'è Matrix?- chiesi.
-Ah, Liv non ti ha detto che è malato?- scossi la testa -Se vuoi me ne occupo io.-
-Nessun problema. Ci penso io.- presi la sedia e mi sistemai davanti a lei. -Allora Butera, come va oggi?-
-Abbastanza bene, anche se ho solo poche ore per voi. Che sorpresa vederti lavorare qui, Fletcher.- sorrisi, e le spalmai un pò di crema colorata sul viso.
-Finalmente un pò di lavoro.- mi venne in mente di farla posare in pigiama -Quanto ti piacerebbe indossare un pigiama per un servizio fotografico da uno a dieci?- mi guardò male, ma la feci fotografare comunque in pigiama da Jay. Per la copertina in top e gonna, per il resto un vestito, e il pigiama con i pantaloncini rossi, e la maglia con le stelline bianche sopra il tessuto blu. Ne rimasi piacevolmente colpita, e anche Pat mi fece i complimenti. Passai in redazione, e vidi che tutti cercavano l'argomento sexy del giornale, mi chiesero se avessi qualche consiglio, ma rifiutai l'offerta, non avrei mandato su Cosmo la mia vita sessuale, anche se l'idea non era male. Ma ero una persona abbastanza riservata, mi limitai a dire un leggerissimo -Approvo questi articoli, e la teoria, di questa certa Miranda è...assurda ma divertente.- poi scappai ridendo con un bicchiere pieno di caramelle dentro. Pat mi stava cercando ovunque. Arrivai nel suo ufficio, e lei mi disse solamente di cercare il numero dell'agente di Rita Ora, voleva una sua piccola esclusiva, da mettere a fine pagina. Pat sapeva dei miei innumerevoli contatti, grazie a Justin. Infatti Rita Ora era quasi sicuramente sull'agenda di Scooter, dovevo soltanto chiamarlo. Dopo dieci minuti di contrattazioni con Scoot, sul seguire Justin e non farlo urlare come un bambino, e sul fatto che avrei fatto risultare la vera Ariana nelle interviste. Mi diede il numero dell'agente di Rita, e riuscii a parlarci soltanto quaranta minuti dopo. Per convincerlo, dovetti dirgli -Ci basterebbe anche una conversazione breve su Skype, ma abbiamo veramente bisogno di una breve intervista a Rita. Capisco, non si può muovere da Londra...Va bene, la richiamerò.- e subito dopo, lo richiamai avvertendolo che sarei personalmente andata a Londra, per fare a Rita quelle famose domande sulla Rimmel. E la sera stessa partii, con una delle tante stagiste, anche se in un certo senso lo ero pure io. Incontrammo Rita in un ristorante. E per poco non riuscii a stapparle qualche risposta, sul perché aveva chiamato uno smalto "Let's Get Nude", ma si limitò a dire "usa l'immaginazione". Sapevamo benissimo di essere le attuali rivali, in campo cosmetico. Ma sicuramente non volle affrontare l'argomento per non peggiorare la sua situazione in campo di vendite. Era bella, alta e anche se bionda tinta i suoi capelli erano stupendi. Non le mancava il rossetto rosso. E si abbinava perfettamente al ristorante, che era raffinato con lunghe tende color cipria, e il pavimento in parquet lucente. Lei aveva un bel vestito a tubino bianco con delle scarpe alte almeno quindici centimetri. Insomma, in confronto a me sembrava una modella. Io col blazer blu, una camicia bianca a pois sempre blu, dei jeans skinny e un paio di tronchetti (le scarpe ovviamente) neri. Mi sentivo abbastanza sportiva. In ogni caso, la conversazione fu molto interessante, nonostante quello che non riportai sul giornale, Rita sembrava una donna davvero mentalmente aperta, e molto simpatica. Non mi dispiacque fare una bella chiacchierata con la mia rivale, sconfitta. Londra come si vedeva da un aereo, in piena notte, forse non era paragonabile a come si vedeva di pomeriggio, sembrava spoglia, mentre di notte, si poteva paragonare a New York, solo molto più elegante e raffinata. Piena di luci, e di magia, quella grande ruota panoramica che da metri e metri d'altitudine, sembrava una ruota di bicicletta, con tutti i ganci che sembravano i raggi. E sotto il Tamigi, che di sera sembrava limpido, mentre di mattina, beh era arancione terra. Come nella pubblicità Terra D'Hermes, il profumo da uomo, alla quale avevo portato i campioncini a Justin. Che l'aveva comprato il giorno dopo. Sull'aereo, mentre Tanja (la stagista) dormiva, mi gingillai a pensare di quanto fosse meraviglioso lavorare, e di quanto lo fosse lavorare da Cosmopolitan, e avere inoltre una copertina tutta mia, e una linea di cosmetici. Ripensai alle foto che avevo nel tablet, raggiante nel servizio di Cosmo, davvero felice in quella copertina, e le foto che uscirono nelle altre edizioni estere erano leggermente diverse. Ne avevamo scattate di ogni, quindi non mi sorpresi a vedere la mia faccia fare una smorfia sulla rivista Canadese, o una dove sospiravo in quella Brasiliana, e quella in copertina dove di profilo ridevo felice, con le scarpe in mano nell'edizione Spagnola. Era davvero divertente. Justin mi mandò un'email, mentre mi trovavo sull'aereo. "Tutto bene? Riposati in aereo, sono ancora in studio, spero ti sia divertita. Chiama Shley e Shay appena arrivi all'aeroporto, si sono offerte di passare a prenderti. Ciao, ti amo. Justin" come se non sapessi che quella era la sua e-mail. Appena scesi dall'aereo chiamai Shay, mi rispose dicendomi "sìsì, siamo già qui, fatti vedere al bar" presi il mio borsone bianco Louis Vuitton e lasciai Tanja all'uscita, mi aveva portato lei all'aeroporto. Quando arrivai al bar mi sedetti rumorosamente su una delle poltroncine. -Ciao.- dissi sorridendo.
-Ciao!- dissero all'unisono. Erano molto più in forma e tranquille di me, io ero preda e vittima del jet lag, cosa abbastanza terrificante. -Sei molto stanca?- chiese Shay. Feci spallucce e scossi la testa. -Bene allora accompagnaci dallo stilista. Stiamo registrando l'ultima puntata e dobbiamo avere un abito, per sai, la festa. Io volevo andare da Cusine et Ochs, hai presente?- annuii -Mentre Ashley ha già chiamato Camilla and Mark. Contiamo sul tuo aiuto.-
-A che ora?-
-Alle quattro.- disse Ashley.
-Ci saranno caffè e biscotti?- chiesi mettendomi una mano sulla fronte.
-Sì credo. Mal di testa?- rispose Shay toccandomi la spalla con fare preoccupato.
-Lacerante. Questo mese, i servizi fotografici per Elle arrivano insieme al nemico.- risero sonoramente, tanto che il barista si girò e ci guardò male. Sorrisi non curante degli sguardi altrui e finii il succo di Ashley, che per poco non mi malediva. Si limitò a farmi sedere nel sedile posteriore della sua bella macchina con i sedili rossi. Stranamente iniziammo a cantare con le canzoni della radio e quando arrivai a casa, stremata, dovetti parlare con Pat per almeno mezz'ora, per raccontarle ulteriori cose di Rita. E come se Pat non mi fosse bastata dovetti subirmi pure Sarah che mi chiamò per dirmi che il giorno dopo la mia paga, raddoppiata per le grandi vendite, sarebbe stata pronta e dovevo andare a ritirarla in mattinata. Ma appena coricata sul divano, con Justin che dava ordini a quelli della piscina per le luci, mi ritrovai un messaggio lasciato da Pat "domani mattina sei libera, ti vogliamo sveglia, Tanja mi ha detto che sei stanca. Vieni a lavoro alle cinque, devi solo decidere le foto per gli argomenti piccanti" girai gli occhi e risposi con un "Va bene grazie, a domani" spensi il telefono e mi addormentai. Tra le torte glassate, e gli smalti, dei miei sogni, arrivò Justin con in mano una tisana.
-Sei letteralmente bianca.- erano solo le due avevo dormito praticamente tre ore, non poteva svegliarmi a quell'ora. -Tieni.- tirò fuori le pastiglie, anche se non erano giuste.
-Potrei letteralmente romperti il culo.- risposi con una voce talmente tanto assonnata che risultai un ragazzino vicino alla pubertà. -Sto bene.-
-Fletch.-
-I.-
-Fletchi, andiamo, sembri un lenzuolo.-
-Ho fatto praticamente otto ore di volo, ho il ciclo, e non ho pranzato.-
-Infatti ho dovuto preparare una misera frittata.-
-Ah, uomini.- dissi tirandomi su, prese subito il posto della mia testa, e mi porse la tisana. Puzzava di salvia -Ew, la miracolosa tisana di Allison.-
-Già. Comunque stasera andiamo a cena fuori?-
-Passami il telefono.- controllai l'agenda. Finalmente ne avevo una, e già tutta pianificata per due settimane di fila. -Certo.-
-Ora hai un'agenda. Oh il sogno di Aravis si è realizzato.- lo guardai e scossi la testa sorridendo. -Tra non molto dobbiamo andare in Francia, e poi al matrimonio di Kim e Kanye.- annuii bevendo un pò di tisana, che era veramente pessima, ma sapevo perfettamente che funzionava per calmarmi, quindi non potevo fare altro. -E poi boh...cerchiamo una data.- woho. cosa? data per chi? la tisana mi andò di traverso, ed iniziai a tossire. -Aravis ci vuole tempo per preparare un matrimonio.-
-Non chiamarmi Aravis.- dissi prima di continuare a bere 
-Non ci siamo dati una data, per ora, almeno io non pensavo che tu volessi.-
-Penso di volerlo.-
-Voglio che tu sia sicuro, non che lo faccia solo per quasi dire, di essere sposato con me. Cosa abbastanza lusinghiera.-
-Io ti amo, ci sono un miliardo di cose che farei.-
-Sì anche io, ma tu sei sicuro? Non voglio il divorzio dopo cinquantacinque ore, come Britney Spears.-
-Ti amo dalla prima volta nella quale mi hai disprezzato, e da allora non ho mai smesso di farlo.- era tutto così giusto, ma suonava così sbagliato. Era affrettato. Lo vedevo dal suo sguardo, occhi poco sicuri, i sorrisi svanivano subito, il suo tono era teso.
-Piccola scatoletta di tonno, lo so che tu mi ami da quando ci disprezzavamo, ma io credo che qualcuno stia attualmente premendo sulla data.-
-Se non lo facciamo ora, non lo faremo mai.- disse spostando lo sguardo.
-Non ci impedisce nessuno di sposarci tra, anche dieci anni.- non rispose -A cosa stai pensando?- chiesi vedendo i suoi occhi spenti. Si poggiò sulla mia spalla. 
-Ero sicura che tu sapessi parlare, il gatto ti ha mangiato la lingua?- pensai un attimo, forse pensava che io non ne fossi sicura. Presi la sua testa e la sollevai, lo baciai e restai a guardarlo, cercava di spostare lo sguardo, continuavo a girargli la testa verso di me -Ehi. Guardami. Quando avevo undici anni tu sei stato la mia salvezza. Quando ne avevo tredici ti ho odiato, tu non eri con me. Quando ne avevo sedici, mi hai portato con te. Quando ne avevo diciassette mi hai dichiarato il tuo amore, in una dolcissima dichiarazione, mentre ti facevo credere di essere addormentata. Quando ne avevo diciotto, mi hai esplicitato il tuo amore. Mi hai comprato una casa. Quando abbiamo fatto due anni insieme, mi hai chiesto di sposarti. Per te ho perso gli amici, ho perso le amiche, ho perso i migliori anni della mia vita, ho buttato al cesso l'adolescenza, ho quasi avuto un rapporto con il tuo migliore amico, ho pianto, giorno e notte, ti ho sopportato nel mio soggiorno quando mi hai tradita, mi sono distrutta per quasi otto interi anni. E tu arrivi quando mia sorella è nel bel mezzo di partorire mia nipote, e mi dici che mi hai sempre amata. Quando abbiamo passato anni a baciarci, dietro le tende, appena svegli, durante la notte, dopo mesi di chiamate Skype e FaceTime. Pensi veramente che dopo tutto il lavoro che ho fatto, tutto ciò che ho perso, la vita che non ho vissuto, non ti sposerei, subito? Lo farei anche ora. Ma ci siamo promessi di aspettare, verrà il giorno nella quale tu sarai veramente pronto, e mi dirai "okay, ci sposiamo questo giorno, invita le tue amiche, e i tuoi parenti, partiamo per Malibù". Non aspetto altro da anni, capelli rossi, capelli biondi, capelli castani o neri. I miei sentimenti sono invariati da quasi dieci anni. Non ti lascio.- posai la tisana sul tavolino e lo abbracciai, mi abbandonai tra le sue braccia, tra le lacrime che per volontà di Dio, non scesero. Sentivo il suo cuore, e lo sentivo per davvero. Era tutto ciò della quale avevo sempre avuto bisogno.
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mi sono leggermente fatta aspettare, ma non ho avuto internet per un pochino di tempo lol. mi scuso, e prometto che da oggi mi farò perdonare. il 21 (un anno dal primo capitolo della fan fiction) ne metterò almeno più di due. bisous♥ -michela

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Capitolo 12
*** Lola e Bugs. ***


-Sfortunatamente la tua intervista a Rita andrà sulla prossima edizione, ma non preoccuparti perché c'è comunque del lavoro per te. Devi scegliere le pubblicità più valide, e passare poi tutto a me, capito Aravis?- chiese Pat, mentre io sedevo davanti alla sua scrivania, cercando di far uscire quello stupidissimo starnuto, che mi premeva il cervello. Feci cenno di aspettare un attimo con la mano, lei fece una strana smorfia di approvazione, mi girai e riuscii a starnutire.
-Scusami.- lei sorrise -Comunque sì, ho capito. A chi devo chiedere? Liv? Sheila?-
-Solo, siediti vicino a Tammin e fatti dare la chiavetta, mettila nel tuo portatile e seleziona le migliori, poi le stampi e le mandi a me, oppure me le carichi su un'altra pen-drive.- niente di più facile. -Tutto apposto? Sei un po' pallida.- -Ancora un po' di jet lag, era da un paio di mesi che non viaggiavo, per due continenti diversi e sono stanca. In più ho il raffreddore quindi...meglio se vado a scegliere quelle foto. Scadenza?-
-Anche domani.-
-Ho tutto un pomeriggio, farò in modo di fartele avere prima.- lei annuì, io presi il mio MacBook Air e andai da Tammin, era una delle ragazze addette alla stampa, da lei c'era sempre una ciambella, o una tazza di cioccolata, anche se eravamo marzo e l'ambiente iniziava a riscaldarsi. La sua scrivania era ampia, e ci si poteva lavorare almeno in tre. Tutto era sempre perfettamente posizionato, posto per il suo computer poco più spostato a sinistra dal centro, il posto per una collega alla sua destra, davanti un recipiente con dei dolci (sempre diversi), un telefono fisso rosa cipria, con scritto sopra "You're H&M, I'm Chanel", le solite scartoffie accantonate sul lato destro, quasi al bordo, la tazza del caffé affianco al pc, e tante foto di famiglia intorno. -Ehi Tammin, Pat, mi ha detto delle pubblicità. Mi serve asilo politico.- senza distrarsi, spostò una sedia vicino a lei, misi il Mac sulla scrivania e presi la pen-drive. C'erano almeno duecento pubblicità. Dalla borsa presi gli occhiali e iniziai dividendo tutto per vestiti, profumi, scarpe, cosmetici. Ulteriormente per marche, creai un'altra cartella e misi le foto scartate. Mi risultarono alla fine trenta foto. Tre ore di duro lavoro, occhi stanchi e gonfi. -Tam, quante foto di pubblicità ci sono di solito sul giornale?-
-Esattamente quarantacinque.- dovevo solo aggiungerne quindici. Iniziai ancora e selezionai le ultime, un po' a caso, un po' secondo criterio. Portai tutto a Pat, che le guardò velocemente e approvò il duro lavoro. Erano ormai le otto. Non avevo la minima voglia di tornare a piedi nonostante non fosse lontanissimo, era buio e la mia macchina non esisteva ancora. 
-Sì, sto arrivando.- disse Justin al telefono. E nel giro di cinque minuti arrivò a salvarmi. -Ehi.- chiusi lo sportello e affondai nel sedile. -Che ci facevi qui tutta sola?-
-Sheila doveva darmi un passaggio, ma la figlia si è rotta la caviglia ed è andata via due ore prima, non ho una macchina, è buio, avevo paura a tornare a piedi, perché in America ci sono più stupratori che pellerossa.- sospirai mentre lui metteva in moto, la sua auto cromata.
-Aravis, potevi prendere la mia.-
-Io con una Ferrari?-
-Non sarebbe la prima volta.-
-L'ho guidata a diciotto anni solo perché mia sorella stava partorendo, senza di me.-
-Hai la patente, puoi guidarla.- avrei potuto, ma volevo la mia macchina, non la sua. E possibilmente una macchina per una donna, non una Ferrari. Magari una 500. O una Mini. Di certo non potevo andarmene in giro con una Ferrari bianca, o con un auto cromata fino ai finestrini. Ero talmente tanto distrutta che finii in pigiama dopo solo dieci minuti a casa, e subito dopo aver bevuto latte e guardato Adventure Time, iniziai a cercare il collirio. Quando lo trovai, chiesi a Justin di mettermelo. -Non sono sicuro esattamente di quello che sto per fare, se perdessi la vista, mi suiciderei.-
-Justin è collirio, devi mettere una goccia nell'occhio destro, una nel sinistro.- risposi aprendo la fialetta. -Vedi "uso esterno" questo non lo puoi bere in caso ti venga la diarrea. Ora prova a mettere due gocce nei miei piccoli e dolcissimi occhi.- l'ultima cosa che vidi prima del soffitto bianco fu, la mano di Justin, la fialetta e poi sentii il rumore di Justin che si grattava la testa. Quella folta capigliatura era rumorosissima avvolte.
-Penso di avercela fatta.- presi la maglietta e mi asciugai gli occhi, fortunatamente l'uso della vista, era ancora con me, e altrettanto fortunatamente Justin non bevette il collirio. Dopo due ore di uno stranissimo film, che ci fece venire voglia di sbatterci la testa al muro, tornammo in noi mangiando Yogurt e Coco-Pops. Era un giorno normale, uno dei soliti, ma il successivo fu leggermente differente. Con il nostro stipendio, e la nostra notorietà riuscimmo ad entrare a Hollywood per fare un giro, un po' turistico, un po' per non restare a casa a giocare a Just Dance. E dopo Hollywood, si passò alle macchine, per il secondo giorno ci ossessionammo con le macchine. -Devi dirmi quale vuoi.-
-Voglio una macchina piccola, non una Lamborghini, queste macchine costano un occhio della testa, non mi faccio comprare una Lamborghini!- risposi ridendo. Era pura verità, non volevo assolutamente una macchina così costosa, ne volevo una piccola, una per me al massimo me e le mie poche amiche. -Neanche un suv, mi va bene...- guardai dritta, ed in lontananza vidi una Land Rover, non mi sprecai neanche a leggere il modello, ma non era troppo grande, era media, era nera, somigliava ad un suv, ed era lucida, mi ci potevo riflettere sopra. Justin felice iniziò a correrci intorno dicendo "finalmente". Non capivo perché voleva comprarmi una macchina, o perché voleva a tutti i costi che io l'avessi. Aveva una guardia del corpo ogni dieci metri, gente che lo trasportava ovunque e io ero sempre con lui, dovevo avere una macchina solo per il lavoro? Forse sì, ma in caso per me era un piccolo spreco. Ma cosa non avrebbe fatto per me, quel piccolo uomo baffuto. Si sarebbe ostinato a comprarmela, e sicuramente l'avrebbe impacchettata, sarebbe riuscito a fare tutto quello che poteva per farla trovare familiare. Avrei dovuto combatterlo. Lui e Kiki nella mia macchina, proprio no, i cani nella Land Rover, non sarebbero entrati. Anche se Kiki era un optional a casa nostra. Però avere lui come ragazzo dalla parte superficiale del rapporto, era abbastanza conveniente. Di più quando ci metteva tutto se stesso, nel vederti sorridere con anche un bracciale di plastica. Quando tornammo a casa si dimostrò più felice del solito, e mi portò addirittura fuori a cena, da Mc Donald's ma eravamo fuori a cena. La nostra caratteristica nell'essere cresciuti insieme era, che i nostri "io" piccoli si trattenevano sempre in noi. Ricorderò per sempre, quando seduti sul divano di casa mia, ci dilettammo a guardare Doraemon, nel bel mezzo di una delle tante nevicate di Natale, solo dodicenni, ma ancora bambini. Mentre il cartone continuava, noi ci guardavamo teneramente e ci abbracciavamo come due piccoli fratellini, che fratellini non erano, e non volevano esserlo. Ci consideravamo migliori amici, ma eravamo di più. Se un migliore amico, cerca di baciarti giocando al gioco della bottiglia, sicuramente non vuole solo dei consigli, una spalla su cui piangere, vuole amore, e non in modo tanto amichevole. Nel mentre che gli mangiavo le patatine, lui mi fissava, aveva già finito tutto, io che mi accontentavo di poco, ero a metà del mio toast. Sì avevo preso l'happy meal, e c'era anche la sorpresa. Ero veramente una bambina dentro. Mi venne in mente una cosa stupida. Noi amanti dei tatuaggi. Non ne avevamo mai fatto uno insieme. Alzai lo sguardo, e lo vidi arricciandosi una ciocca di capelli, nell'indice, come faceva con i miei quando non erano al naturale, ma terribilmente piastrati, e come quando li lasciavo mossi, e lui cercava di creare il boccolo perfetto. -Justin...- tornò sulla terra, per un attimo, buttando il braccio sul tavolo. -Perché non facciamo un tatuaggio insieme?- i suoi occhi si illuminarono, più di quanto lo facessero mentre guardava la sua cabina armadio.
-E cosa vuoi tatuarti? Qualcosa come quel braccialetto di fiori?- lo avevo fatto, ed era la mia più grande conquista. Era molto hippie, ed era da spirito libero, come me. -Dobbiamo farlo abbinato.-
-Io mi faccio tatuare Lola Bunny, e tu Bugs.- mi guardò perplesso. Forse non si ricordava del grandissimo viaggio mentale, che avevamo fatto pochi giorni prima, guardando Bugs Bunny, e Lola, in un cartone. Lui la corteggiava tutto il tempo e lei ne era lusingata. Ma nella nostra versione, dove i personaggi eravamo noi, ovviamente con le loro sembianze, facevamo case di carote, e allestivamo i divani con marshmallows, guardavamo la tv ore e ore, e finivamo col sposarci in una chiesa fatta di carote. Era la cosa più stupida sulla quale avessimo mai fantasticato, ma fu talmente tanto divertente che quasi ci prendemmo gusto, ed iniziammo a farci viaggi su ogni cartone.
-Va bene.- disse ridendo -A patto che cambieremo la tappezzerie con tante carote.- a quel punto mi misi io a ridere, era la parte migliore del nostro viaggio mentale, la tappezzeria con le carote. -Vuoi andare ora?- chiese bevendo la mia Sprite. -Sono solo le otto e mezza, Dave, chiude alle undici.-
-Umh, se ha posto per noi, sì.- risposi.
-Ha sempre posto per noi.- dopo aver sistemato il tavolo dove avevamo mangiato, andammo da Dave, uno dei tanti tatuatori di Justin. -Ehi Dave.- disse Justin entrando.
-Ehii.- rispose lui, dandogli il cinque. -Ciao Aravis!- mi prese la mano e la baciò. Dave, il ragazzo che sembra sempre il duro della situazione, ma se si toglie il suo fantastico cappellino, torna ad essere il tenerone pelato, con il nome di sua figlia sul cuore. Feci un breve inchino. Le sue braccia erano ricoperte di tatuaggi, ne aveva ovunque, i suoi occhi azzurri come il mare, spuntavano tra il suo colorito olivastro, i suoi occhi, dello stesso colore degli occhi a forma di diamante, che aveva il teschio sul suo braccio. -Come posso aiutarvi?-
-La signorina vuole un tatuaggio d'effetto.- rispose Justin, lo guardai male. -Okay, ne vuole uno romantico. Cioè lei vuole Lola Bunny, e io Bugs.-
-Quelli dei cartoni?- da dietro il bancone spunto una testolina bionda.
-Papà, papà, ho finito il succo.- mi affacciai al bancone, c'era una bambina bellissima, si riconosceva lontano un miglio che era sua figlia, Denise, erano praticamente uguali.
-Ciao.- dissi.
-Tu chi sei?-
-Una cliente di tuo papà.- risposi. I suoi capelli biondi e lisci erano raccolti in due carinissime codette, i suoi occhi risplendevano ancora una volta, come quei diamanti, la sua pelle era esattamente come quella del padre, il nasino alla francese e l'aria da piccola artista, disegnava fiori e unicorni. -Che bei disegni, posso vederli?- lei annuì -Vuoi altro succo?- mi porse il bicchiere e io gliene versai un po'. Sfogliai i suoi disegni, forse un po' deformi, era solo una piccola bambina di quattro anni. -Ora piccola pittrice, devo andare, tu stai qui, okay?- annuì ancora una volta, mi diede un bacio sulla guancia. Io andai via, e lasciai la borsa lì, prendendo solo il telefono. Mi sedetti su una poltroncina, e scelsi la foto di Lola. Dave, proseguì con tutte quelle noiose procedure, poi iniziò a tatuarmi nel braccio, più su del polso. Stessa cosa fece per Justin. Forse era il tatuaggio più stupido mai fatto, ma aveva il suo significato. I piccoli Aravis e Justin che da soli si facevano maratone di Looney Tunes, e poi polizieschi, per sembrare grandi. Vent'anni non erano il limite d'età per vedere i cartoni. Anche se lo fossero stati, noi avremmo sicuramente infranto le regole. Bieber e Fletcher, erano una coppia cattiva, tanto da avere la collezione dei cartoni in garage.

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Capitolo 13
*** mi diverte. ***


Pioveva, per l'ennesima volta, avevo la nausea, cosa che tirava avanti ormai da giorni. Erano le undici, e mi ero appena sentita con Pat, per sentire come stavo. E stavo male. Tutti dal Canada mi chiamavano, Justin era uscito con Fredo, per fare un po' di spesa, e io ero seduta, su uno sgabello, portato da me in bagno. Era tutto così terribilmente familiare, tutto così, ripetitivo...Mi ricordava qualcosa, era come un deejavù. Ma ero sicura che nulla di quel tipo, fosse mai stato nei miei sogni. O comunque nella mia coscienza. Mi sforzai di ricordare. Cosa, cosa c'era di tanto familiare in quei momenti di dolore? Subito venni chiamata da Genesis. -Sorellina.-
-Ehiii.- risposi cercando di sembrare pimpante, nonostante la voce spezzata.
-Che hai?-
-Nausea, tanta.-
-Prendi subito qualcosa.-
-Sì ora, ora chiamo 'Shley, e le chiedo se può velocemente passare a casa.- ci salutammo, e subito cercai il numero di Ashley, non lo trovavo, controllai nelle ultime chiamate. Justin, Mamma, Casa Canada, Casa Biebs, Pattie, Zia Lauren, Shay (4), Sasha (3), LucyLù (2). Chiamai subito Shay, e in fretta le dissi -Shay, per favore, vieni subito a casa, e venendo qui compra un test di gravidanza...Penso di essere incinta.- in dieci minuti, arrivò a casa, mia e mi abbracciò. Presi il test entrai in bagno, e cercai di seguire alla lettera la procedura. Nel frattempo mi sedetti sul divano con lei, mi guardò con occhi dolci -Come faccio ora?-
-Aspettiamo il risultato.- dopo tre minuti, suono il timer del telefono. -Vado io, okay?- annuii. Sentivo di non avere più voce, non riuscivo a dire nulla, ero spaventata. Probabilmente, ero terrorizzata. -Aravis.- il sottile suono della sua voce, richiamò la mia attenzione. Presi il test. -E' positivo.- mi cadde dalle mani, sentii i miei occhi spalancarsi sempre di più, mi misi le mani tra i capelli e poco dopo iniziai a piangere. La stessa fine di Genesis. Ecco il deejavù. Era successo tutto così...velocemente. Non sapevo spiegarmi neanche come fosse successo, eravamo tranquillissimi da soli, sicuramente non l'avevamo voluto. Mi affidai alla leggenda "i test di gravidanza, sbagliano sempre". Shay si avvicinò a me, praticamente, mi buttai su di lei, per avere un po' di conforto. Ero distrutta. Avrei potuto ammettere, di esser stata stupida, e di aver lasciato che accadesse. Non ero infelice, anzi. Ero solo negativamente sconvolta. Non è mai una bella notizia, per una ventenne, sapere di essere incinta. E non lo era neanche per me. -Prenoto una visita?- annuii. -Aravis, non piangere, non siamo sicure.- dopo aver parlato per pochi minuti col mio ginecologo, prese la sua giacca, -Andiamo, ha posto per te, subito.- mi tirai su, e presi una bustina dove nascondere il test, il telefono e andai con Shay da Mr. Hamilton. Iniziò a farmi domande, su quando potevo pensare che l'avessimo concepito, io gli risposi forse qualche settimana fa. E continuò con le domande. Tante, troppe. Risposi a tutte senza esitazione, poi mi fece l'esame delle urine, con i risultati, che arrivarono subito, e confermò tutti i sospetti. Mi ritrovai a guardarlo a bocca aperta, mentre stringevo forte la mano di Shay. Alla fine mi ritrovai a sorridere e a commuovermi mentre lui, diceva:
-Signorina, congratulazioni lei è incinta.- guardai Shay, che sorrise e mi abbracciò. -Mi chiami se poi ci sono problemi, vedrò di prendere un giorno per la prima ecografia.- quando andammo via, sembravamo molto più felici e singolarmente pimpanti del solito.
-Direi che dovremmo festeggiare, ma non posso bere.- dissi ridendo.
-Sei passata dal pianto disperato, al pianto di gioia.-
-Perché...pure mia sorella è rimasta incinta sui venti, e mi son vista, nella sua tristezza e nelle sue lacrime. Nella sua gioventù bruciata, quasi. Ma è bello. E' una bella sensazione. A parte i vomiti, e gli odori.- risposi -Hai Salvatore Ferragamo?-
-Sì, perché?-
-Si sente tantissimo...- ci guardammo e iniziammo a ridere. Quando mi riportò a casa, c'era una quiete tale, che l'unico rumore erano i nostri piedi sull'asfalto bagnato, e il cinguettio di qualche uccellino, il sole era tornato, ed era tutto felice. Mi aspettavo una reazione esagerata da Justin, una delle sue. Come quando una volta, insieme a Ryan lo raggiunsi ad Atlanta, per due giorni:
-No, non dirmelo! Ha vinto lei!- disse Ryan.
-Ma vince sempre!- rispose Caitlin.
-Ti stiamo odiando, sei fortunata a scarabeo.- aggiunse Justin.
-Ehi! Vengo qui dal culo del Canada, con uno che non fa altro che provare a toccarmi la cervice, e voi vi arrabbiate per una misera sconfitta.-
-Questo linguaggio scurrile, ragazzina.- disse Ryan puntandomi un dito contro. Gli feci la linguaccia. Mi girai verso Caitlin, che faceva una smorfia disgustata davanti al telefono "ehi cara vuoi uscire con me?" lessi dal suo telefono. Ci guardammo e ci mettemmo a ridere divertite. Le sussurrai "presentamelo se è carino" lei annuì e continuammo a ridere.
-Linguaggio scurrile, accompagnami qui davanti a prendere dei tacos.- disse lei prendendo la giacca. -Muoviti.- ripetè a Ryan, che come un cagnolino la seguì. Cait, bella, alta, mora, occhi chiari, magrissima, gentile, carismatica. Uscirono lasciando soli me e Justin. Pattie si affacciò dalla porta.
-Oh Aravis sono così contenta di vederti qui.- disse mentre io mi alzavo per abbracciarla. Le sue tenere braccia calde mi accolsero e mi diedero uno di quegli abbracci che solo Pattie sapeva dare. Cioè, sentiti. -Meglio che vada prima che mi metta a piangere, vedendo i miei bambini riuniti. Sono di sotto a vedere Una Mamma Per Amica.- la salutammo sorridendo, e restammo ancora una volta soli.
-Devo dirti una cosa. Che Cait mi ha detto. Lei pensa che se mai la nostra storia finisse, dovrei stare con te. Perché tu, mi conosci, sei sua amica, e non potresti mai spezzarmi il cuore.- lo guardai, presi il pigiama e andai a cambiarmi dietro una porta. Era solo il mio migliore amico, ma quel pensiero mi lusingò, in modo tale, da farmi sentire veramente interessata a quella quasi proposta.
-Ow, che pensiero carino.- risposi, cambiandomi.
-Perché eviti la discussione?- chiese leggermente preoccupato -E perché ti nascondi?- uscii fuori in pigiama.
-Mi nascondo perché sono ingrassata.- tornai vicino a lui. -Non evito la discussione, per me è impensabile vedervi lontani. Non lo desidero, quindi non ne discuto, perché è fuori discussione. Ma se dovessi mai innamorarmi di te, e tu di me, non credo che ci potrebbero essere problemi.- dissi con assoluta tranquillità.
-Non è questo il punto, è più il fatto che tra magari un anno, potrei essere in Cina a fare un concerto, e il nostro rapporto si potrebbe terribilmente, rovinare. E non desidero che accada. Quindi se Cait dovesse mollarmi, e lo facessi anche tu, io probabilmente mi suiciderei.-
-Siamo praticamente sposati per essere migliori amici.-
-Aravis, il giuramento, come lo facciamo noi, come sempre.-
-Uff non ti fidi proprio?- scosse la testa -Solo per te. I cross my heart...-
-And I hope to die.-
-Giuro, di non lasciarti mai solo. Croce sul cuore, potessi morire.-
-Oh grazie a Dio. Pensavo di ricattarti chiamando Usher, e dicendogli che lo ami..-
-Justin!- dissi ridendo.
-Scherzo, adoro vederti preoccupata, mi diverte.-.
Uno dei ricordi più impressi nella mia mente, dopo la pomiciata al MSG. Quella fu epica. Le sue labbra erano così, calde e soffici, come le sue mani sui miei fianchi, quel momento mi fece girare la testa. Forse non era il nostro primissimo bacio. Forse c'era qualcosa di più remoto, che io avevo stupidamente rimosso. Ogni cosa rimossa, era stupida. Ma ogni ricordo con lui, era prezioso. Era tutto ciò che avevo, e che mi faceva svegliare la mattina. Quando rientrò a casa, ormai io ero sola, seduta con il succo d'ananas davanti, si fece avanti con Fredo e tre buste. -Aravis!- disse Fredo felice. Ero sempre felice di vederlo, aveva quel sorriso contagioso e furbo che c'era sempre bisogno di vedere. -Okay, vi saluto, ho da fare.- disse notando il test tra le mie mani. Mi fece l'occhiolino. Posai il test tra le buste sul tavolo. Iniziai a ritirare, con Justin, che non si accorgeva ancora di quel rettangolo allungato fucsia, con una faccina sorridente. Ritirai una busta dal tavolo, e Justin fece lo stesso, scoprendo il test. 
-Tesoro, cos'è questo?- chiese sorridendo. -Aravis rispondimi.-
-Adoro vederti preoccupato, mi diverte.- sorrisi a mia volta, appoggiandomi al bordo del lavello. -E' un test.- sollevò lo sguardo. -Di gravidanza.- aggiunsi. -Ed è mio.- sospirai. -E sembra molto positivo.- per la seconda volta, quel test, cadde per terra. Lo vidi con gli occhi sgranati, bianco come un telo, stava persino sudando. Gli andai vicino, gli tolsi il cappellino nero, ancora un pò bagnato, gli passai una mano tra i capelli, e lo abbracciai. -Tuts, ti ha mangiato la lingua?- chiesi, mentre, le sua braccia mi stringevano al suo petto, come non avevano mai fatto. Scioccato, e ancora pallido si sedette sul divano, mentre io continuavo ad accarezzarlo.
-E' tutto vero quindi?- chiese.
-Non potrebbe essere più reale.-
-E' uno dei regali più belli, che potessi mai farmi.-
-Hai contribuito.-
-Lo terrai tu, per mesi, e...- si stava per commuovere. -...ti amo. Quando l'hai scoperto?-
-Un paio d'ore fa, ero con Shay, e mi è passato per la testa, di fare un test. Ho fatto il test, ho pianto, siamo andate dal ginecologo.-
-Aspetta, lui ti ha controllato là sotto?-
-E' il suo lavoro, ti aspettavi mi controllasse le tonsille?- sorrise passandosi una mano sul viso -E ha confermato. Veramente mi ha controllato la pipì, ma sono dettagli.-
-Ci vuole la riunione di famiglia. Presto manda una mail a Genesis, dille che domani, saremo a Stratford. Io chiamo i miei, e gli dico di venire lì. E oddio i nonni.- si armò dei nostri tablet, e iniziammo a mandare mail a tutti, tra chiamate e messaggi, riuscimmo ad organizzare una riunione, a casa dei miei. Poco dopo dovetti costringere Shay a non dire nulla alle altre. E il giorno dopo, eravamo a Stratford, per due giorni interi, faceva ancora freddo. Ma la nostra abituale tenuta da per sempre adolescenti, in Supra, felpe e jeans, funzionava sempre per combattere il freddo. Freddo gelido, col sole splendente. Con gli occhiali da sole, arrivammo dall'aeroporto, fino a casa dei miei, tutti erano già lì. Ci accolsero con grande affetto, come facevano sempre. Bruce, Gwen, Pattie, Jazmyn, Jaxon, Mamma, Papà, tutti c'erano tutti. Perfino zia Lauren. Ci sedemmo nel divano, davanti a tutti, eravamo messi in cerchio, più di dieci persone in un salottino minuscolo. -Ieri mattina è successa una cosa strana.- disse Justin.
-Forse non troppo.-
-Ecco c'era Aravis che si sentiva veramente male.-
-Continuo io, non sai quanto veramente male mi sentivo.-
-Okay, vai avanti tu.- si arrese, mentre tutti risero.
-E così, ricordandomi di un qualcosa, di quasi cinque anni fa, chiamata Gwen. A mia volta chiamai Shay Mitchell, un'attrice, e mia cara amica, per portarmi una cosa, durante il tragico temporale Hollywoodiano.- Mi guardavano tutti col fiato sospeso. -E diciamo che quella cosa, che Shay mi ha portato, aveva una faccina sorridente sopra. In preda alla disperazione e ai ricordi, di quei cinque anni fa, Shay mi ha portato dall'uomo, che mi ha detto con un altro sorriso, che la faccina aveva ragione.-
-Poi sono arrivato io, che ho trovato la cosa, tra le buste della spesa. Fatta da me.- Pattie si portò una mano al cuore, e fece la finta commossa. -All'inizio ho pensato "ma che cavolo è!" poi "oh" e sono impallidito, ho lasciato cadere la cosa, e lei mi ha prima detto "adoro vederti preoccupato, mi diverte" anche se rende di più quando lo dice, con il suo splendido sorriso, e le lacrime agli occhi.- aggiunse guardandomi, gli sorrisi, con le stesse lacrime che in quel preciso istante, mi invadevano gli occhi. -Continua tu.-
-Quella cosa, era un test di gravidanza, l'uomo un ginecologo, la faccina sorridente, è il segno che risulta, quando è positivo.- ci fu un attimo di silenzio rotto dal mio -Aspettiamo un piccolo Bieber.- tutti applaudirono felici, ci abbracciarono, si congratularono con noi. Aprirono persino lo spumante.
-Che succede zia?- chiese Gwen, con Jaxon e Jazmyn a suo seguito.
-Zia ti ha fatto il cuginetto.- risposi baciandola mentre lei festeggiava con gli altri due piccolini. Mi avvicinai a Justin che era seduto con mio nonno, e suo nonno.
-Era ora!- disse mio nonno. -Sono così felice.- mi abbracciò -La mia bambina.- tutti ci dicevano così "i nostri piccolini" "la mia bambina" "il mio piccolo" io e Justin, ci guardavamo sempre perplessi, ma facevamo finta di nulla e continuavamo ad abbracciare tutti. I miei genitori, erano felici. Forse ormai erano abituati. Ma mi dissero di essere fieri di me, e si raccomandarono anche con Justin di essere sempre presenti nella vita del nostro bambino. Il soggiorno in Canada, fu abbastanza breve, ma bello, e mi diede la forza per tornare a Los Angeles e dire a Pat, e a tutti i collaboratori, della bella notizia. Anche in ufficio, festeggiarono, e subito dopo, tornammo tutti al nostro lavoro. Sarah Faison, la donna strana che mi aveva fatto fare la linea di cosmetici, ci offrì la cena. E poi finalmente, riunimmo Scooter, tutti i nostri amici. Dal primo all'ultimo. Ripetemmo la nostra storiella, per la quarta volta. E subito tutti iniziarono a fare baldoria. Mentre io vomitavo, con le mie amiche, chiuse fuori dal bagno. -Oh, cresce.- dissi, vedendo un filino di pancia.
-Tutto bene?- chiese Ariana mettendomi una mano dietro la schiena. Annuì. Era la terza volta che vomitavo.
-Chiamala Hanna.- propose Ashley.
-No! Emily.- si fece avanti Shay.
-Spencer.- disse secca Troian.
-Che ne dici di Aria?- chiese Lucy.
-Viva Alisooon!- sbraitò Sasha alzando le mani al cielo.
-No! Assolutamente, chiamala Cat.- disse Ari. Scossi la testa ridendo, e tornai in salotto. La situazione era abbastanza festosa. C'era gente ovunque. E io volevo solo un po' di pace, ero stanca. Uscii fuori in veranda, mentre tutti mangiavano e bevevano. Io avevo bisogno di silenzio e di una bustina per il mal di testa. Ma tutti ridevano, e urlavano. Forse mi sarebbe stato utile, anche un abbraccio. Volevo stare sola, a pensare a tutte quelle strane cose, che stavano accadendo nel mio basso ventre, stare ferma a capire, se qualcuno la sotto si muoveva, e cresceva bene. Sentire qualcosa. Ci fu una breve volata di vento, che mi spostò i capelli in faccia, i miei lunghi capelli castani. Che per anni avevano subito le mille tinte. Per anni, avevano soddisfatto le mie richieste. E finalmente erano lunghi e naturali. Un po' ricci, un po' lisci. Se fosse stata femmina, sicuramente avrebbe avuto i miei capelli. O forse no, perché di me avrebbe preso l'intelligenza. E si sarebbe accontentata della chioma del padre. Dato che sotto quella folta chioma, giaceva un piccolo cervello, abbastanza stupido. Erano passati mesi dall'ultima volta che aveva fatto dei tentativi in cucina.
-Vuoi un frullato?- chiese.
-No.-
-Andiamo!-
-Ti ricordo che l'ultima volta, hai messo tre limoni dentro il frullatore, e lo stavi per distruggere.- risposi con lo schermo del computer davanti.
-E quindi? Ora mi farò un bel frullato, di banana.- prese delle banane, le sbucciò e le mise nel frullatore.
-O forse un omogeneizzato.- risposi. -Se non metti il latte, ti uscirà, cibo per neonati.- mi guardò male e prese il latte. -Ecco bravo.-
-Dove lo metto?- chiese.
-In una forchetta?- risposi. -Dove lo bevi un frullato? In un bicchiere!- prese un bicchiere, ma non riuscì ad aprire il frullatore. -Spostati.- girai lentamente fino a farlo scattare, e poi toglierlo. -diciannove anni, buttati al cesso.- mi baciò e si sedette vicino a me, per bere il suo frullato, mentre io cercavo il centro Wella più vicino. Mi misi a cercare ancora, con una mano sulla tastiera e l'altra fra i suoi capelli.
Era uno dei tanti ricordi della sua stupidità, che erano sempre nella mia mente. Ma io l'amavo troppo per pretendere che fosse in grado di fare un frullato. Infatti, evitavamo di berli. Come evitavamo di mangiare il kebab nella piadina, perché una volta avevamo riempito di carne i nostri pigiami preferiti, e per poco non avevamo macchiato anche il divano. Mi sorpresi a ridere da sola di quel fatto, seduta nel modo sbagliato su una sdraio. C'era un bel tramonto a Calabasas. Ci voleva solo un bel cocktail, che io non potevo bere. Dovevo consolarmi in qualche modo, no? Quindi feci qualche foto dal telefono, da mandare a Genesis. In modo che mi chiamasse. Avevo bisogno di sentire Gwen più di tutti. Solo che non riuscì a chiamarmi, perché era a lavoro, e Gwen già dormiva a casa con i genitori di Martin. Avrei riprovato il giorno dopo. Quando mi sistemai per l'ennesima volta i capelli, sentii il rumore di tutte le cianfrusaglie che avevo nei polsi. Bracciali di ogni tipo. E poi l'anello di fidanzamento, che brillava, e brillava. Come se fosse illuminato all'interno. -Ehi.- sentii la porta scorrevole della veranda aprirsi, e i soliti passi un pò pesanti, arrivare verso di me. -Come mai sei qui?- Justin si sedette vicino a me. E si accorse di come guardavo l'anello. -Brilla vero?- annuii, e poi gli rivolsi un tenero sorriso, a rappresentanza della mia innata felicità, di avere quel bellissimo diamante al dito, e di avere lui. -So che effetto ti fa. Quando sorridi, balli, ti diverti e canti, anche se in modo pessimo, brilli esattamente come fa lui.-
-Grazie bear.- risposi abbracciandolo. Ah il suo profumo. Sapeva di Armani. Quello che gli avevo regalato con il mio primo stipendio. -Togli questo stupido cappello, non c'è tanto sole per tenerlo. Sembri Pharrell. Bruciali tutti, non sei pelato, ma lo diventerai se lo tieni sempre addosso.- dissi togliendogli il cappello e buttandolo sopra il tavolo. -Dai torniamo dentro.-
-Baciami mammina.-
-Non chiamarmi così!- risposi ridendo mentre mi abbracciava.
-Okay, dai boo, baciamiii.- lo baciai lasciandogli un po' di rossetto sulle labbra, tanto per farlo arrabbiare. Tornammo dentro abbracciati, con i miei tacchi che battevano sul pavimento e lui che da dietro mi teneva, come se fosse un bambino voglioso di abbracci.

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