Why can't we just stay the same?

di ShootinStar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Pilot ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***



Capitolo 1
*** 1. Pilot ***


L'Espresso per Hogwarts era già svanito nella nebbia da più di un'ora e non c'era ombra delle carrozze che solitamente aspettavano gli studenti fuori dalla piccola stazione ferroviaria. Natalee Lane camminava su e giù, visibilmente irritata. “Di questo passo ci perderemo lo Smistamento” continuava a borbottare, mentre una ragazza dalla pelle scura e lunghi boccoli neri la osservava a braccia incrociate, visibilmente più tranquilla. “Andiamo Nat, sono 5 anni che assisti alla cerimonia di iniziazione delle matricole, se anche dovessimo perdercela quest'anno non sarebbe certo la fine del mondo!”. La ragazza si voltò in direzione dell'amica, sforzandosi di non continuare a muoversi. “Ma rimane comunque una delle parti migliori di questa scuola! Ricordi quando toccò a me?” “E come potrei dimenticarmene? Quando ti sedesti al nostro tavolo non riuscivi a smettere di parlare a vanvera, gli altri Grifondoro ti avrebbero fatta rinchiudere nella Stamberga Strillante se avessero potuto!” ridacchiò, sfregandosi le braccia nude. “Ma effettivamente comincia a fare un po' freddo qua fuori” commentò, voltandosi verso il resto del gruppo e cercando con lo sguardo qualcuno che ne sapesse più di loro. “Potter! Per caso sai che fine hanno fatto le carrozze? Stiamo congelando qua fuori!”.
Un ragazzo con i capelli spettinati e vivaci occhi marroni si avvicinò alle due ragazze, allontanandosi (con loro disappunto ed enorme dispiacere) da un gruppetto di ragazzine più giovani. Si sfregò la fronte con la mano, gesto che doveva aver ereditato dal padre, sebbene mancasse sul suo viso quel segno che aveva reso famosa tutta la sua famiglia. “Purtroppo ne so quanto te, Rhonda. Se avessi il mio gufo potrei inviarlo al castello per avere qualche informazione in più, ma è...” “Già al castello, come i nostri bauli e tutte le altre cose” lo interruppe Natalee, stizzita. James le scompigliò i capelli. “Sta' calma ragazzina, vedrai che arriveremo in qualche modo!”. L'altra Grifondoro si scostò immediatamente, lisciandosi nuovamente la frangia. “Evita di fare l'uomo vissuto con me, ho l'età di tuo fratello e sulla scopa sono perfino più brava di te, caposcuola” aggiunse, facendo una smorfia. Il ragazzo rise. “Non è colpa mia se sono così affidabile, affascinante e degno di fiducia. La preside ha deciso spontaneamente di riconfermarmi il ruolo, non che io abbia insistito ovviamente ma c'è da dire che...” “Che il ruolo ti calza a pennello, visto l'impatto che ha sulle ragazze” commentò Rhonda, tirandogli una gomitata. “Chi sta parlando di ragazze?”. Un altro Grifondoro si unì alla conversazione, avvolgendo il collo dell'amico con il braccio destro.
Le due ragazze alzarono gli occhi al cielo, mentre Dorian Baston le osservava con la stessa attenzione di un radiologo intento ad esaminare uno scheletro fuori dal comune. “E dite un po', da quando voi due sareste diventate così sexy?”. Natalee sbuffò, sporgendosi in avanti con la speranza di veder finalmente comparire la schiera di carrozze vuote che li avrebbero condotti al castello. E poté tirare un sospiro di sollievo, perché proprio in quel momento un enorme cavallo alato di corporatura esile, con il manto nero striato di venature bianche, stava avanzando verso di loro, guidato dal professor Paciock e seguito da tanti altri.
L'insegnante di Erbologia agitò la mano in aria e ordinò al thestral di fermarsi, scendendo dalla carrozza con un'agilità che fino a qualche anno prima sarebbe sembrata inadatta a lui. “Scusate per il ritardo, ragazzi. So che siete stanchissimi, ma abbiamo avuto dei problemi tecnici” lanciò un'occhiata irritata alla creatura vicina a lui. “Coraggio, salite! E mi raccomando, non più di 8 persone per carrozza, ce ne sono abbastanza per tutti e avrete tutto l'anno per stare insieme!”.
Rhonda, Dorian e James salirono con il professore, stringendosi per far posto ad altri studenti, mentre Natalee si attardò ad accarezzare il thestral con tocco lieve, come piaceva a lui. Alcune studentesse del secondo anno la indicarono col dito, parlottando tra di loro, ma lei non se ne preoccupò. Vi auguro solo di non riuscire mai a vedere queste sciagurate creature come le ho viste io fin da quando avevo la vostra età pensò tra sé e sé, mentre uno dei ragazzi l'aiutava a salire e a sedersi, mentre il professor Paciock con uno schiocco della lingua faceva ripartire la carrozza, diretta a velocità sostenuta verso Hogwarts.
 
 
“Finalmente a casa!”. Megan si gettò sulle morbide coltri blu notte del letto a baldacchino, il baule abbandonato in qualche angolo della stanza, respirando a pieni polmoni con gli occhi chiusi e un'espressione di pura gioia dipinta sul viso. Rose scosse la testa sorridendo e si sedette sul letto di fianco, osservandola. “Non credevo che le lezioni di Storia della Magia ti fossero mancate così tanto!” borbottò, schivando immediatamente dopo un cuscino tiratole dall'amica all'altezza della testa. “Piantala! Sai a cosa mi riferisco”. La ragazza si tirò su a sedere, lisciando con la mano le coperte che da ormai 5 anni l'avevano riscaldata nelle notti invernali più fredde. “Sì che lo so” continuò l'altra Corvonero, alzandosi e cominciando a tirar fuori i vestiti che si era portata da casa, ripiegandoli ordinatamente sul letto. Indugiò solo un istante su un biglietto attaccato al coperchio del baule, dove una calligrafia ordinata che ben conosceva le augurava un buon anno scolastico, raccomandandosi di non lasciarsi distrarre dai suoi studi e di inviare qualche lettera a casa di tanto in tanto, accompagnata da una foto in cui i suoi genitori le sorridevano e la salutavano con la mano, i capelli rossicci del padre così simili ai suoi che svolazzavano qua e là.
“Soliti auguri di H&R?” chiese Megan, sbilanciandosi in avanti per sbirciare da sopra la sua spalla. Rose annuì, accennando un sorriso. “Come al solito c'è lo zampino di mio padre in quel non lasciarti distrarre. Come se non sapessi a chi si riferisce” sospirò, riponendo il biglietto e la foto in una tasca laterale e riprendendo a svuotare il baule. L'altra ragazza incrociò le braccia ridendo sotto i baffi. “E a chi si riferirebbe, secondo te?” domandò. Rose continuò imperterrita a non guardarla, temendo che dalla sua espressione potesse trasparire più del necessario. “Sai com'è fatto mio padre, è gelosissimo anche se ovviamente non c'è motivo per cui...” “Io direi che un certo Serpeverde alquanto affascinante sia un motivo più che valido” la interruppe l'amica, sghignazzando.
La giovane Corvonero sbuffò, richiudendo il coperchio del baule con un tonfo sordo. “Per l'ennesima volta, Megan, non c'è niente tra me e Scorpius, dovresti smetterla anche tu di...” “E ovviamente hai pensato subito a Malfoy, no? Ci saranno decine di ragazzi affascinanti tra i Serpeverde, ma sei stata capace di pensare solo a lui. Ti dice niente questo?” domandò con un'espressione vittoriosa e soddisfatta, mentre l'amica sospirava di nuovo, l'esasperazione dipinta a chiare lettere sul suo viso. “Pensala come vuoi, Meg. Non ho tempo per queste cose, devo far vedere una relazione di Erbologia al professor Paciock, parlare con i prefetti e vorrei anche assicurarmi che mio fratello non si sia già cacciato nei guai”. Megan alzò le mani in segno di resa e aggiunse: “Come vuole lei, signorina Weasley. Ancora mi chiedo perché tu abbia rifiutato di diventare caposcuola visto che in quanto a stress ed impegni sei fin troppo allenata” e scoppiò in una risata. L'altra sogghignò. “Come avrei potuto privare miss Shauna Corner del privilegio di sculettare in pubblico al fianco di Bradley Samuels e di tutti quei palloni gonfiati che mostrano quella stupida targhetta come se fosse un vero e proprio lavoro?” “Hey, vacci piano sorella! Tuo cugino fa parte dei palloni gonfiati, se non sbaglio!”. Rose ci pensò su e aggiunse: “Esatto, ma perlomeno James nel fare l'arrogante ha stile”. Risero insieme e Megan si portò le ginocchia al petto come una bambina. “Sicura che vuoi uscire proprio adesso? È tardi, dovremmo già andare a dormire e di sicuro non troverai nessuno a quest'ora!”. L'altra ragazza spostò il peso da una gamba all'altra, indecisa. “Vado solo a controllare che Hugo sia nel suo dormitorio e torno, promesso” “Dovresti smetterla di fargli da mammina, a 14 anni tu eri molto più indipendente!” “Solo perché non avevo nessuno disposto a preoccuparsi per me” ridacchiò, uscendo dalla camera in punta di piedi.
 
 
La mattina seguente
 
 
Abigail picchiettò col dito sul vetro dell'enorme finestra che si affacciava sulle profondità del Lago Nero, notando con la coda dell'occhio quella che avrebbe potuto benissimo essere la punta della coda di una sirena che sfrecciava lontana dalla sua visuale. La luce mattutina non riusciva neppure lontanamente a penetrare in quegli abissi oscuri, che come al solito avevano un aspetto piuttosto inquietante ai suoi occhi. Al contrario, la luce verdastra diffusa in tutta la Sala Comune dei Serpeverde non la infastidiva affatto; le piaceva quel colore, così come le piacevano i divanetti in pelle nera così eleganti e il caminetto in marmo (ad eccezione di quegli orribili teschi che lo abbellivano).
L'unica cosa a cui non era riuscita ad abituarsi, sebbene quello fosse ormai il suo settimo anno nella scuola, era la pigrizia senza speranza di alcuni studenti; erano tornati ad Hogwarts soltanto la sera precedente e già non stava più nella pelle per la voglia di ricominciare le lezioni, di fare lunghe passeggiate all'aria aperta, di rivedere le compagne e sì, forse anche qualche compagno che credeva non gli sarebbe mancato affatto, e cosa facevano tutti gli altri? Si alzavano a fatica dal letto, lamentandosi delle sue maniere troppo brusche e biascicando un “non ho voglia” tra uno sbadiglio e l'altro. Queste generazioni di oggi sono fuori di testa pensò tra sé e sé, quando finalmente uno dei ragazzi uscì dal dormitorio. Nonostante la sagoma nella vetrata fosse quasi irriconoscibile, sapeva già di chi si trattava. “Giorno, Al. Dormito bene?” domandò con una punta di affetto quasi materno di cui non poteva proprio fare a meno quando si trattava di lui.
Il ragazzo nel riflesso sorrise, massaggiandosi la fronte e i capelli ancora spettinati. “Così bene che avrei preso volentieri in considerazione l'idea di rimanere sotto le coperte questa mattina” mormorò, facendola voltare di scatto e scoppiando a ridere davanti alla sua espressione seccata. “Ah ah, divertente Potter. Come se tu non sapessi quanto ho bisogno del tuo aiuto con quei bambocci scansafatiche!” “A me sembra che te la stia cavando alla grande, come tuo solito. Anche se Grant deve averti mandato qualche dozzina di accidenti” aggiunse Al, continuando a stropicciarsi gli occhi. “Niente di nuovo, quindi” commentò Abigail, sorridendo. Pochi istanti dopo altri ragazzi e ragazze si unirono a loro, sbadigliando all'unisono e incespicando nelle pieghe dei tappeti argentei che coprivano ogni centimetro dell'enorme stanza nei sotterranei. Quando si furono radunati quasi tutti, la caposcuola si voltò per uscire dall'ingresso celato da una normalissima parete di pietra e si fermò di colpo. Al, che la stava seguendo, le andò a sbattere contro, soffocando un lamento. “Abby, si può sapere che...” si zittì a sua volta, seguendo lo sguardo dell'amica.
Davanti all'entrata della Sala Comune dei Serpeverde c'era un enorme poster apparso dal nulla che impediva agli studenti di uscire. Era grande quasi quanto la parete ed era niente di meno che una foto della stessa Abigail avvinghiata ad un ragazzo poco più alto di lei, le labbra premute sulle sue. Al si avvicinò per osservare meglio e riconobbe in quel ragazzo, seppur a fatica, il fratello James. Si voltò verso la ragazza per chiedere spiegazioni, ma la Serpeverde aveva già alzato la bacchetta e la stava puntando alla gola di uno spaventatissimo Grant. “Dimmi chi ti ha aiutato ad organizzare uno scherzo così pessimo e forse deciderò di risparmiarti la vita”. “Abby, non riesco a toglierlo!” urlò una studentessa, che si stava allungando sulla punta dei piedi, strattonando il gigantesco poster, senza riuscire a spostarlo di un solo millimetro. “Incantesimo di Adesione Permanente, solo chi l'ha eseguito può annullarlo” rispose Abigail, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo interpellato fino ad allora. “Allora, vuoi deciderti a parlare? Non vorrei perdermi la prima colazione dell'anno per colpa di un insulso serpentello come te”. Il ragazzo deglutì a fatica, alzando le mani a mo' di resa. “Ti giuro che non sono stato io! Come avrei potuto avere quella foto? Ti prego, Abby...” Un fievole lampo verde scaturito dalla bacchetta gli solleticò il mento, facendo comparire delle gocce di sudore sulla fronte già corrugata.
Al raggiunse l'amica e appoggiò una mano sulla sua spalla, sembrando quasi più grande della sua età. “Lascia perdere, non ne vale la pena” ma la ragazza non mollava la presa. Ad un tratto una voce proveniente dalla schiera di Serpeverde commentò acidamente: “Vedo che non sei ancora diventata il cagnolino obbediente dei Potter come avevo sentito dire, credevo avessi perso la tua forza di volontà, Abby”. A quelle parole la caposcuola si decise ad abbassare la bacchetta, sorridendo tra sé e sé. “Felix Norton, ti conviene staccare immediatamente quell'orrendo poster, o ti giuro che alla prossima lezione di Difesa Contro Le Arti Oscure farò in modo di essere in coppia con te e ti distruggerò” sibilò tra i denti, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo che si fece largo tra gli altri e con un ghigno insopportabile stampato sul viso agitò la bacchetta e fece scomparire il poster in un secondo. Abigail fece per incamminarsi verso l'uscita, quando quell'odioso ragazzo la superò, mormorandole all'orecchio un avvertimento: “La prossima volta che tu e Potter decidete di appartarvi, cercate di farlo in maniera più discreta. I campi estivi non sono più affidabili come una volta”.
 
 
“Buongiorno Davis! L'anno scolastico è appena iniziato e ce l'hai già a morte con qualcuno?”. James Sirius Potter incrociò la coetanea nonché collega caposcuola del settimo anno proprio all'entrata della Sala Grande, mentre la ragazza agitava i riccioli rossi in preda ad una furia disumana. “Se vuoi posso aggiungerti alla lista di persone che incenerirei volentieri, Potter” sibilò, fulminandolo con lo sguardo. James agitò la bacchetta con indifferenza. “Non obbligarmi ad usare un incantesimo acquatico di prima mattina, sono ancora assonnato e potrei finire per annegarti involontariamente” e le fece l'occhiolino. La ragazza alzò gli occhi al cielo e lo superò urtandolo di proposito con la spalla sinistra e facendo il suo ingresso nell'enorme stanza già gremita di studenti.
“E' proprio pazza di te, eh?”. Dorian, uno dei suoi migliori amici, gli assestò una poderosa pacca sulla spalla, sghignazzando. James sorrise suo malgrado. “Ci sto lavorando” concluse, prima di unirsi al tavolo dei Grifondoro, dove venne accolto da abbracci e saluti amichevoli, nonché dalle occhiate ammiccanti di alcune studentesse del quarto e quinto anno. Il ragazzo si sedette, cercando di ignorarle sebbene tutta quella popolarità gli facesse comunque piacere. Si concentrò piuttosto su un'altra Grifondoro che stava entrando proprio in quel momento, avanzando con la testa china e le mani strette l'una nell'altra. Aveva lunghi capelli castani e degli occhi azzurrissimi e sebbene fosse quasi l'opposto della sorella, alcuni tratti del viso (il naso piccolo e grazioso, la pelle pallida e la bocca sottile) tradivano la loro effettiva parentela.
James agitò il braccio nella sua direzione, sapendo già che la più giovane delle sorelle Davis non l'avrebbe neppure considerato. La ragazza gli lanciò una rapida occhiata prima di tirare dritto e sedersi all'altro capo del tavolo, con le studentesse del quinto anno. Dorian gli sferrò una gomitata in pieno petto. “Hai finito di provarci con chiunque ti passi sotto il naso? Tra l'altro, Becca non sembra proprio il tuo tipo, è fin troppo mansueta”. Il giovane Potter si voltò verso l'amico con un sorrisetto. “Chi ha detto che ci sto provando? Cerco solo di mantenermi fedele agli impegni presi”. L'altro ragazzo sollevò un sopracciglio. “Ah già, dimenticavo. Abigail impedisce alle Serpi di mangiarsi il tuo fratellino in un sol boccone se tu fai da angelo custode a sua sorella nella tana dei Grifoni, giusto?”. James annuì, addentando un pezzo di torta al cioccolato. Dorian tornò ad osservare pensieroso l'altro capo della sala, dove si trovava il tavolo dei Serpeverde. “Che strano scherzo del destino, dividere due famiglie come le vostre tra le due case rivali per eccellenza” commentò. Il ragazzo di fianco a lui alzò le spalle e continuò a concentrarsi sulla propria colazione, fino a quando un tintinnio proveniente dal tavolo dei professori non attirò la sua attenzione.
La preside si alzò dall'enorme sedia centrale, ergendosi in tutta la sua statura (che non era certo poca, nonostante l'età ormai avanzata) ed abbracciò tutta la Sala Grande con i suoi occhi severi temprati da tante, forse troppe battaglie. Poi si schiarì la voce e parlò con una solennità che quasi eguagliava quella del tristemente defunto ex-preside Albus Silente.
“Benvenuti e bentornati. La Cerimonia dello Smistamento tenutasi ieri sera ha permesso ai nuovi arrivati di trovare una collocazione nella Casa più adatta alla loro personalità e alle loro aspirazioni. Spero siano felici della scelta del Cappello Parlante, considerato il fatto che avrà tenuto conto della loro volontà, com'è tradizione ad Hogwarts. Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità”. James conosceva bene quella frase, sapeva che a pronunciarla era stato proprio il vecchio Silente quando suo padre aveva temuto di non essere poi così diverso dal temutissimo Lord Voldemort. Era la frase che era stata ripetuta milioni di volte a suo fratello Al, forse proprio quella che l'aveva spinto ad accettare di appartenere ai Serpeverde. Il ragazzo apprezzò il fatto che quel piccolo particolare fosse stato aggiunto al discorso di inizio anno, in ricordo di uno dei più grandi maghi della storia.
“Purtroppo, come ben sapete, le carrozze che vi hanno condotto al castello ieri sera sono arrivate con quasi due ore di ritardo, ragion per cui questo discorso è stato posticipato a stamattina, con grande disappunto da parte vostra, a quanto vedo” continuò la McGranitt, sorridendo appena nel notare le facce ancora assonnate tanto degli studenti quanto dei professori al suo fianco.
“Ma non voglio indugiare oltre e privarvi della vostra prima colazione ad Hogwarts dopo una lunga assenza estiva, quindi vorrei semplicemente augurare a tutti voi un buon anno scolastico, un grande in bocca al lupo per coloro che dovranno sostenere i G.U.F.O. ed i M.A.G.O. e ovviamente un saluto speciale alle nostre nuove matricole, con la speranza che sappiano adattarsi nel migliore dei modi alla vita un po' frenetica del castello”. Chinò lievemente il capo ed uno scroscio di applausi risuonò per tutta la sala. La preside si sedette di nuovo e cominciò a mangiare con la delicatezza di un canarino, mentre accanto a lei Rubeus Hagrid ingurgitava uova strapazzate e pancetta affumicata come se fosse rimasto a digiuno per tutta l'estate.
 
 
 
 
Salve a tutti/e!
Rieccomi a scrivere dopo ben DUE ANNI (escludendo una piccola parentesi dell'anno scorso a proposito di una ff su Bieber che poi non ha avuto seguito, ahimé). Spiacente di rompervi nuovamente le scatole con i miei capolavori, ma avevo voglia di sfogarmi un po' e scrivere è sempre il modo migliore, no?
Stavolta però ho evitato di tirar fuori l'ennesima storia sui One Direction o altri cantanti perché, detto sinceramente, non ne avevo proprio voglia ahaha
Per una volta ho voluto cimentarmi con qualcosa che comunque mi piace molto aka il mondo di Harry Potter e visto che non si può pretendere di scrivere altro riguardo ai personaggi della “vecchia generazione” già ampiamente trattati (dalla Rowling più di tutti), ho deciso di parlare un po' dei nuovi arrivati, ossia dei fantomatici figli/nipoti dei nostri eroi preferiti che incuriosiscono un po' tutti. Spero che questa fanfiction vi appassioni e, come sempre, sono ben accetti i complimenti ma anche le critiche! Buona lettura, recensite pure che non mordo nessuno ;)
 
Frannie
 

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Capitolo 2
*** 2. ***


La professoressa Prince aprì la porta del suo studio e, dopo aver abbracciato con lo sguardo l'aula piena di studenti, cominciò a scendere lentamente le scalette a chiocciola. Indossava una camicetta verde pastello e dei pantaloni neri così aderenti che buona parte dei ragazzi si scambiò occhiate d'intesa. Abigail scosse la testa in segno di disapprovazione. Avrai anche 29 anni, ma sei pur sempre un'insegnante DIAMINE!
Una volta raggiunta la cattedra ed appoggiato i libri sollevando una nuvola di polvere, la donna li squadrò nuovamente uno ad uno con i suoi occhi grigi così intensi da togliere il fiato e poi incrociò le braccia al petto, sogghignando. “Bene, spero che siate tutti presenti oggi, sarà una lezione piuttosto interessante” commentò con la sua voce da ragazzina.
Cinque minuti più tardi gli studenti erano stati divisi a coppie e si erano sparsi per tutta l'aula, bacchette alla mano. La professoressa Prince camminava sinuosa tra di loro, lanciando occhiate intimidatorie ad alcuni più che ad altri. “Mi raccomando, voglio duelli puliti. Se scopro che qualcuno di voi ha utilizzato incantesimi proibiti o ha ferito l'altro di proposito, farò in modo di togliervi così tanti punti che potrete vedere la Coppa delle Case solo con un binocolo. Avete capito?” domandò, alzando la voce. L'intera classe annuì all'unisono, mormorando qualche “sì” poco convinto. “Questo non vi impedisce di utilizzare ogni strumento a vostra disposizione per battere il vostro avversario, ovviamente. Siete al settimo anno, non siete più dei bambini. Dimostratemi cosa siete in grado di fare” concluse con un sorrisetto di sfida.
E così circa 30 duelli iniziarono quasi contemporaneamente. I rumori degli incantesimi, uniti alle voci concitate degli studenti riempirono la stanza; alcuni caddero subito a terra, altri schivarono il primo attacco per rispondere immediatamente con uno altrettanto efficace. L'insegnante li osservava uno per uno con scrupolosa attenzione, urlando ogni tanto qualche suggerimento a quelli in maggiore difficoltà. “Incantesimi meno complessi, per favore” “E quelli li chiami riflessi? Più veloce con quella bacchetta!” “Baston, che diavolo stai facendo?”. Saltò giù dalla cattedra e si avvicinò a James e Dorian. Quest'ultimo si stava massaggiando una spalla, dove era stato appena colpito da uno Schiantesimo piuttosto potente. “Per quale motivo non hai usato il Sortilegio Scudo, me lo spieghi?” mormorò la donna, spostandogli la mano per constatare lei stessa l'entità dei danni subiti dal ragazzo. “Credo ci sia qualcosa di rotto, professoressa” disse tra i denti il giovane, lanciandole un'occhiata addolorata. James si trattenne a stento dallo scoppiare a ridere. La Prince gli lanciò un'occhiataccia e si rivolse nuovamente a Dorian. “Va bene Baston, ti accompagno in infermeria”. Si voltò verso il resto della classe. “Guai a voi se non vi ritrovo tutti interi e coscienti, mi avete sentito?” sbraitò con la sua vocetta che suonava quasi ridicola, così severa e risoluta. “Davis” aggiunse poi, rivolgendosi ad Abigail. “Ti affido i tuoi compagni per i prossimi 5 minuti, fa' che nessuno si faccia del male, va bene?”. Il suo tono era leggermente più dolce, ma la ragazza non ci fece caso, tanto era l'astio che nutriva per quella donna. “Certo, prof” rispose, prima di voltarsi nuovamente a fronteggiare la sua compagna di esercizio. La professoressa sospirò e s'incamminò verso l'uscita, il ragazzo molto più alto di lei che le si appoggiava addosso come un peso morto, anche se sembrava già miracolosamente stare meglio.
James non ce la fece più e scoppiò in una fragorosa risata, cercando di sostenersi con una mano alla colonna di marmo di fianco a lui, mentre il caposcuola dei Serpeverde lo guardava contrariata. “Credi che questi sotterfugi di Baston per rimanere da solo con quella sgualdrina dureranno ancora per molto?” domandò esasperata. Il ragazzo si rivolse a lei con le lacrime agli occhi ed un sorriso sbilenco stampato sul bel viso. “Che c'è Davis, sei gelosa? Non sapevo ti piacesse Dorian” la provocò. Abigail scosse il capo. “L'unica cosa che mi piacerebbe è imparare nuovi incantesimi per difendermi da eventuali nemici, visto che dovrebbe essere questo il suo lavoro: INSEGNARE. Ma se preferisce perdere il suo tempo a sedurre gli studenti, chi sono io per giudicarla?”. James le si avvicinò, facendo volteggiare la bacchetta come un giocoliere. “Se vuoi, potrei difenderti io dai nemici. Sono o non sono un perfetto aspirante Auror?” e così dicendo fermò la bacchetta e con un gesto fluido e rapido la puntò alla gola della ragazza. Abigail sollevò un sopracciglio, dopodiché estrasse la sua bacchetta e con un forte e chiaro “Expelliarmus!” fece volare la bacchetta del ragazzo molti metri più indietro. Alcune coppie che stavano ancora duellando si fermarono per osservare la scena e ridacchiarono tra loro, mentre il giovane Potter andava a riprendersi la bacchetta, rosso in volto. “La fortuna del principiante, Davis. E comunque mi ero distratto solo per un attimo” borbottò, tornando verso di lei. La ragazza si aprì in una risata che voleva essere di scherno, ma che come suo solito pareva più la risata di una bambina. “E cos'è che ti avrebbe distratto, questa volta?” gli domandò, avvicinandosi di qualche passo. James colmò quella distanza e piegò la testa vicino al suo orecchio, sussurrandole: “Preferirei dirtelo in altre circostanze, Abby ” e si allontanò, lasciandola perplessa, gli occhi chiari socchiusi nel tentativo di capire cosa ci trovasse d'interessante in quell'individuo così pieno di sé.
 
 
“Questo sì che è un colpo di fortuna!”. Megan saltellava al fianco di Rose, mentre i due gruppi del quinto e sesto anno si addentravano nella foresta, con Fiorenzo come guida. La ragazza roteò gli occhi. “Odi così tanto la Cooman?” chiese all'amica, che fin da quando avevano ricevuto quella stessa mattina la notizia che, essendo la loro insegnante di Divinazione terribilmente malata, avrebbero seguito le lezioni con il professore destinato al terzo, quarto e quinto anno, non aveva fatto altro che battere le mani e lodare le doti del centauro, così superiori (secondo lei) rispetto a quelle della stravagante Sibilla Cooman. Megan storse il naso. “Sai che non la odio, semplicemente mi mancano le lezioni di Fiorenzo! Ricordi quando ci faceva bruciare le foglie di salvia al quarto anno per insegnarci a scorgere nel fumo segni del nostro imminente futuro?”. Rose annuì, esasperata. La Corvonero continuò imperterrita a ricordare all'amica quanto le lezioni del loro ex-insegnante fossero brillanti e coinvolgenti, fino a quando il gruppo si arrestò in una radura circondata da quattro pini.
Il centauro si passò una mano tra i capelli biondissimi, scoprendosi gli occhi per poter osservare meglio gli studenti (gesto per il quale molte ragazze sospirarono senza controllo). “Buon pomeriggio, ragazzi. Sono più che lieto di riavere con me anche il gruppo del sesto anno, seppur per poco tempo, visto che sono certo che la nostra Sibilla si riprenderà molto presto”. “Ma anche no!” borbottò Megan con un tono di voce troppo alto, tanto che perfino Fiorenzo la sentì e sorrise per un attimo. “Purtroppo dovrò chiedervi di adeguarvi alla lezione che avevo già previsto per il quinto anno, so che vi ricorderete di quando...” “Un unicorno!”.
Tutti si voltarono verso colui che aveva parlato: un ragazzino con i capelli scurissimi e il viso pallido stava indicando un punto alle spalle del centauro. Tutti allora guardarono in quella direzione e si ritrovarono davanti una creatura equina che avanzava verso di loro, quasi incespicando. Aveva il manto argenteo, gli zoccoli neri ben lucidi e un corno posizionato esattamente in mezzo alla fronte. Nonostante l'unicorno fosse già di per sé straordinario, la cosa fuori dal comune era la facilità con cui si stava avvicinando ad un gruppo di maghi e streghe, essendo nota a tutti la riluttanza della sua specie ad avere contatti con l'uomo.
Quando si accasciò a terra, apparentemente privo di sensi, Fiorenzo si gettò verso di lui, seguito da pochi altri studenti (essendo la maggior parte rimasta quasi pietrificata alla vista della creatura). Rebecca Davis fu la prima, dopo di lui, ad inginocchiarsi accanto al corpo dell'unicorno, che tentava disperatamente di rialzarsi per poi cedere nuovamente. “Che cosa gli prende?” chiese con apprensione, potendo quasi sentire la sofferenza dell'animale come sua. Il centauro lo osservò, accarezzandogli piano il muso e cercando di capire se fosse stato ferito, avvelenato o chissà cos'altro. Ma l'unicorno sembrava non avere nulla di anomalo: il colore del manto tradiva la sua giovane età, aveva gli occhi di un blu profondo e le zampe sembravano abbastanza forti da poterlo sorreggere, eppure continuava a nitrire spaventato, come in preda ad un dolore lancinante. Ad un tratto Al (che si era avvicinato a sua volta) chiese: “Perché il suo corno non sta brillando?”, ricordandosi delle lezioni di Hagrid sull'aspetto degli unicorni in piena forma. Effettivamente, il corno dell'animale era di un grigio spento, quasi fosse di pietra. E lo era.
Fiorenzo allungò una mano, sfiorando con cautela la parte più sensibile della creatura e rabbrividì. “E' stato pietrificato” sentenziò, gli occhi spalancati per la sorpresa. Non gli era mai capitata una situazione simile; certo, erano frequenti i casi di maltrattamenti degli unicorni atti a prelevarne il sangue o il corno stesso, ma non vi erano mai stati casi (non che lui ricordasse) in cui qualcuno si era azzardato a pietrificare una creatura considerata dal mondo magico sacra. Inoltre si trattava di una sola parte del suo corpo, il che era ancora più strano.
Il resto del gruppo cominciava a rumoreggiare, sporgendosi per vedere meglio la scena ed il centauro, quasi risvegliandosi da un sonno prolungato, si drizzò sulle zampe. “Credo che la lezione di oggi debba essere sospesa, ragazzi. Mi rincresce, ma dobbiamo far luce su questa faccenda e la preside deve essere avvertita immediatamente”. Gli studenti sospirarono all'unisono, alcuni di sollievo, altri di delusione. Poi, chiacchierando tra loro e voltandosi spesso indietro verso l'insegnante (rimasto accanto alla creatura), tornarono al castello.
 
 
“Bradley, vuoi piantarla di ficcanasare tra le carte della preside?”. Abigail stava rimproverando per l'ennesima volta il caposcuola più anziano dei Corvonero, intento a sfogliare alcuni documenti sulla grande scrivania in mogano. James, dal canto suo, stava facendo scorrere il dito sul dorso dei libri ordinatamente accatastati sugli scaffali dell'altissima libreria, mentre il caposcuola dei Tassorosso, Jodi Rickett, se ne stava in un angolo a mani giunte, osservando di sottecchi i suoi coetanei. Tutti e quattro erano stati convocati d'urgenza dalla McGranitt per discutere di “una questione di fondamentale importanza” riguardante gli affari di Hogwarts. I ragazzi aspettavano trepidanti l'arrivo della preside, che proprio in quel momento fece il suo ingresso nella stanza, chiudendosi alle spalle la porta con un sonoro colpo.
“Buon pomeriggio a tutti. Sono desolata di avervi fatti chiamare con così tanta premura, ma circa due ore fa il professor Fiorenzo ha scoperto una cosa che ha lasciato tutto il corpo insegnanti perplesso e vorrei mettervi a conoscenza del fatto in questione prima di annunciarlo a tutta la scuola, anche se dubito che i ragazzi del quinto e sesto anno siano riusciti a tenerlo per sé”. I capiscuola si scambiarono occhiate confuse. La preside continuò: “Durante la lezione odierna di Divinazione alla quale, a causa della malattia della professoressa Cooman, gli studenti del quinto e sesto anno hanno partecipato contemporaneamente, il gruppo si è recato ai margini della Foresta Proibita per osservare alcune piante particolari. Ciò che al contrario hanno trovato è un unicorno, che si è avvicinato a loro senza alcuna esitazione”. Abigail aveva già aperto la bocca per commentare, ma la donna la fermò con un gesto della mano. “La cosa ancora più sconvolgente dell'accaduto è che l'unicorno in questione era debole e incapace di reggersi in piedi. E dopo una rapida analisi, il professor Fiorenzo ed i ragazzi si sono accorti che il corno della creatura era pietrificato”. L'ultima parola li lasciò tutti interdetti, quasi si fossero a loro volta trasformati in massi incapaci di muoversi volontariamente. Poi fu James a rompere il silenzio. “Chi o cosa crede possa aver compiuto un'azione tanto crudele?” chiese rivolto all'anziana preside, il volto contratto dalla rabbia.
La McGranitt guardò verso la finestra, gli occhi velati da una tristezza infinita. “Vorrei poter conoscere la risposta, signor Potter. Ma al momento non riusciamo neppure ad immaginare un ipotetico colpevole dell'accaduto. E ciò che ci spaventa ancora di più è che l'unicorno, al momento in mano alle cure del nostro guardiacaccia Hagrid, non accenna a migliorare”. “E' mai capitata una cosa simile in passato?” domandò Jodi, il tono della voce fastidiosamente basso (come suo solito). La preside scosse la testa. Un silenzio carico di tensione scese sulla stanza, fino a quando fu Bradley Samuels a domandare: “Che cosa vuole che facciamo, preside? Non ci ha convocati solo per informarci della notizia, non è vero?”.
La donna annuì seria. “Infatti, signor Samuels. Come capiscuola più anziani di Hogwarts pretendo da voi un'ulteriore aiuto: voglio che controlliate i vostri compagni più giovani e facciate in modo che nessuno di loro si avvicini di nuovo alla Foresta Proibita” “Ma signora, le lezioni di Divinazione e di Cura Delle Creature Magiche...” “Dovranno svolgersi al chiuso, signorina Davis. Almeno finché non saremo stati in grado di inquadrare meglio la faccenda e di assicurarci che non vi è alcun pericolo dietro l'angolo. Fino ad allora, dovrete impedire a chiunque di inoltrarsi nella foresta, nessuna eccezione. Sono stata chiara?”. I quattro ragazzi annuirono all'unisono e James chiese: “Che cosa si aspetta da noi, quindi? Appelli e contrappelli mattina e sera? Interrogatori?” “Tutto ciò che riterrete necessario, Potter” risposte risolutamente la McGranitt, incrociando le braccia sul petto. “Non ho altro da aggiungere, potete tornare in classe. E mi raccomando, conto su di voi”.
 
 
La piccola Lily se ne stava seduta a gambe incrociate sull'enorme poltrona di velluto rosso davanti al fuoco della Sala Comune dei Grifondoro, ascoltando con il suo MP3 regalatole dal padre alcune canzoni babbane. Suo fratello James aveva solo poche ore prima messo in guardia tutti riguardo alla faccenda dell'unicorno pietrificato e del divieto di entrare nella Foresta Proibita e la ragazzina non riusciva a smettere di rimuginare sui fatti accaduti quel giorno; chi poteva aver anche solo pensato di fare una cosa simile? Che profitto poteva avere dal pietrificare il corno di una creatura tanto magica e leggendaria? E perché, poi, soltanto il corno? Voleva forse impedire che venisse utilizzato per scopi curativi (come i maghi e le streghe di tutti i tempi avevano sempre fatto)? O si trattava solo di un avvertimento? Si trattava di un caso isolato o c'erano già altri unicorni a cui era toccata la stessa sorte?
Non riusciva a darsi pace e perfino i commenti civettuoli di alcune sue compagne del quarto anno sulla figaggine di suo fratello maggiore sembravano, per una volta, non sfiorarla nemmeno. Patetiche. Là fuori sta succedendo qualcosa di grande e loro riescono solo a pensare a quanto i capelli di James fossero adorabilmente spettinati. Ma Lily era diversa, lei non si perdeva in sciocchezze simili. Sì, passava buona parte del suo tempo a correre qua e là col cugino Hugo, lasciando pacchetti esplosivi a Gazza, scompigliando le piume nell'aula del professor Vitious e tentando di staccare del tutto il capo al fantasma di Nick-Quasi-Senza-Testa, scatenandone la furia più nera; ma quando si trattava degli affari di Hogwarts e del mondo magico, improvvisamente si trasformava in una ragazza seria e responsabile, senza abbandonare quell'indole vivace e curiosa che spesso la faceva cacciare in un sacco di guai. I suoi fratelli, già al sesto e settimo anno, venivano sempre coinvolti in missioni di salvataggio ed indagine, i professori si affidavano a loro e li mettevano a conoscenza di affari spesso top-secret. Ma lei era soltanto una ragazzina di 14 anni di cui nessuno si fidava e che nessuno riusciva a prendere sul serio e questo era assai seccante. Avrebbe voluto essere d'aiuto, soprattutto per la faccenda degli unicorni, creature che l'avevano affascinata fin dall'età di 7 anni, quando ne vide uno per la prima volta con suo fratello Al a Godric's Hollow.
I tizzoni nel camino della Sala Comune si stavano spegnendo uno ad uno e la giovane Grifondoro si strinse nella coperta patchwork, ormai sola nell'enorme stanza. Era così immersa nelle proprie riflessioni che non si accorse di un'ombra apparsa dietro di lei. “Troppo a cui pensare per dormire, Lilu?”. La ragazzina si voltò, trovandosi davanti una Rhonda sorridente, che indossava già il pigiama e si stropicciava un occhio. Sospirò e tornò a guardare le fiamme ormai inesistenti. “Tu hai qualche idea, Rhonda?”. La ragazza dietro di lei scosse il capo. “No, ma sono sicura che ne verranno a capo in qualche modo. O perlomeno tuo fratello farà anche l'impossibile per trovare il colpevole e prenderlo a calci in culo!”. Lily sorrise, avvicinando le ginocchia al petto. “Cerca solo di non passare la nottata qua al freddo a rimuginare, va bene? James mi ucciderebbe se sapesse che ti ho lasciata qui!” mormorò, le scompigliò i capelli giocosamente e salì nuovamente al dormitorio, lasciando la più piccola dei Potter ad escogitare un piano per raggiungere la Foresta Proibita senza farsi beccare.
 
 
 
 
Rieccomi qua!
Quasi mi sorprendo di aver impiegato SOLO 5 giorni per scrivere il secondo capitolo di questa ff, non è da me essere così veloce ahahah
Spero che pian piano altre persone si interessino a questa storia, dato che finora non c'è stata molta partecipazione :/ ci sto mettendo parecchio impegno e io stessa mi sto facendo coinvolgere dalla trama che ho in mente, quindi spero di poterla continuare a condividere con voi!
So che con tutti questi personaggi potrebbe venirvi un mal di testa incredibile, ma non ci posso far nulla, mi appassionano le storie complicate ahaha se mai aveste bisogno di una lista dei nomi (giusto per ricordarveli meglio) fatemelo sapere che è già pronta per voi ;) Come potete vedere, in questo capitolo si comincia a delineare anche quella parte di “avventura” e non soltanto quella “romantica” come poteva sembrare leggendo il Pilot! :)
Come al solito vi invito calorosamente a lasciarmi una recensione, un commento breve anche, accetto tutto senza discriminazioni! Spero di potervi rivedere (magari più numerosi) al più presto, un bacio a tutti ;)
 
Frannie
 

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Capitolo 3
*** 3. ***


Rose rovesciò i 3 misurini di lavanda tritata nel calderone, agitando poi la bacchetta per amalgamare il tutto e chiuse il coperchio, lasciando la pozione a fermentare. Al suo fianco Megan stava ancora tentando di aggiungere le 2 gocce di muco di vermicoli al miscuglio, che al posto del consueto colore violaceo aveva assunto una tonalità nerastra. L'altra ragazza si fece più vicina, osservando con sguardo scettico le manovre maldestre dell'amica. “Sicura di aver usato le dosi giuste, Meg? Quel colore non mi convince molto”. La Corvonero si voltò verso di lei infuriata, i capelli neri gonfi e crespi a causa del fitto vapore nella stanza. “Beh scusa tanto se non siamo tutti alchimisti come te, Weasley. Questo è il meglio che riesco a fare” ed incrociò le braccia al petto come una bambina.
Rose scosse la testa divertita ed annusò il calderone bollente. “Credo tu abbia aggiunto dei rametti extra di lavanda, ecco perché è così scura” borbottò, afferrando una manciata di ingrediente base e lanciandola nel liquido, che subito si schiarì, passando da un nero cupo ad un viola brillante. Megan strabuzzò gli occhi per lo stupore. “Come diavolo hai fatto?” “Ho bilanciato le dosi. Diciamo che invece che per una persona, adesso la pozione è per due” concluse la rossa, sorridendo. L'amica le saltò al collo, stringendola a sé in segno di gratitudine ed entrambe cominciarono a ridacchiare.
“Hey, avete finito di sbaciucchiarvi come due lesbiche? Siete patetiche”. La voce acida di Shauna le raggiunse dall'altro capo del tavolo. La bionda scosse i lunghi capelli e si voltò platealmente verso un ragazzo nella fila dietro alla sua. “Eliot, fossi in te terrei d'occhio la tua ragazza, o la Weasley te la porterà via”. Il ragazzo abbassò lo sguardo impacciato e fece per aprire bocca, ma Megan fu più veloce.
“Primo: la mia vita sentimentale non è affar tuo. E secondo: quella di poco fa era una semplice dimostrazione di affetto tra due amiche. Credi che questa parola riuscirà mai a far parte del tuo vocabolario, Corner?”
“Non saprei, ma il tuo ragazzo potrebbe iniziare a far parte della mia famosa “lista”, se continui a perdere tempo con la tua amica e ad ignorarlo”
“Ascoltami bene, stronzetta...”
Basta così!”
A porre fine alla discussione era stato il professor Greengrass, docente di Pozioni e responsabile della casa dei Tassorosso. Era un uomo cordiale e mite, ma che all'occorrenza sapeva far valere la propria autorità sugli studenti più vivaci. Si avvicinò al loro tavolo facendo sventolare la lunga veste marrone di stoffa pesante e si piantò con aria truce proprio davanti a Megan. “Signorina Light, come lei ben sa, non tollero certi termini offensivi nella mia classe. Inoltre, sta disturbando i suoi compagni durante la preparazione di un miscuglio alquanto complesso”. Rose bofonchiò contrariata. Complesso? Da quando un Distillato Soporifero è un miscuglio complesso? Avremmo dovuto impararlo tre anni fa! Dall'altro lato della stanza uno scintillio attirò la sua attenzione. Scorpius Malfoy sembrava aver smesso proprio in quel momento di mescolare il liquido nel proprio calderone e la stava fissando, le maniche della divisa dei Serpeverde arrotolate fino ai gomiti ed i capelli appiccicati alla fronte per il sudore. Non pareva neppure lontanamente interessato al dibattito appena scoppiato, al contrario del resto della classe che ascoltava con molta attenzione. Rose accennò un sorriso e lui lo ricambiò immediatamente, per poi tornare serio quando il professor Greengrass si avvicinò alla ragazza. “Signorina Weasley, è vero ciò che afferma la signorina Corner?”. La ragazza lo guardò spaesata. Si era appena persa una parte della discussione! “Mi scusi, professore. Credo di non aver capito”.
L'insegnante sospirò spazientito e la osservò da dietro i suoi occhiali rettangolari. “La signorina Corner l'ha appena accusata di aver modificato la pozione della signorina Light. Ora, io conosco bene le sue capacità in fatto di intrugli magici, mia cara, ma vorrei che anche i suoi compagni potessero mettersi alla prova e chissà, magari imparare qualcosa ogni tanto”. Rose abbassò la testa, sconsolata. “Cercavo solo di darle una mano. Credo che il suo sia stato solo un errore di distrazione, niente di più...” “Sta a me giudicare gli errori degli studenti, signorina Weasley. Per questa volta lascerò correre, ma veda di non farsi trovare nuovamente a svolgere il lavoro altrui, o dovrò punirla e mi creda, non ne sarei affatto felice”.
Sapeva che era sincero. Rose era stata da sempre l'alunna prediletta di Greengrass: col suo spiccato talento per pozioni e miscugli, aveva dimostrato doti da brillante alchimista fin dal primo anno e nessuno in quella classe era mai riuscito a collezionare così tanti Eccezionale nei compiti dell'anziano insegnante quanto lei. Figuriamoci se l'aveva mai messa in punizione!
Sentì la risatina insopportabile di Shauna, ma decise di non darle peso. “Certo, professor Greengrass. Non ricapiterà”. Megan al suo fianco era desolata e sembrava aver già dimenticato che l'avevano tirata in ballo ancor prima dell'amica. La lezione si concluse in religioso silenzio, con il rituale controllo di tutte le pozioni nella stanza e l'assegnazione dell'opportuno voto a ciascuno studente. Rose ricevette il suo solito Eccezionale nonostante quel piccolo sgarro e Megan prese un Accettabile per non essere riuscita a completare il miscuglio, che comunque possedeva tutti i requisiti richiesti. Essendo già sopra la sua media abituale, la ragazza non si lamentò affatto e sorrise timidamente all'amica, che ricambiò nonostante fosse ancora seccata dalla ramanzina ricevuta.
Una volta riposti i libri nell'armadietto, gli studenti uscirono alla spicciolata dal sotterraneo polveroso e pieno di odori, mentre Rose si attardava (come suo solito) ad osservare i composti lasciati a fermentare dal professor Greengrass. Non sentì i passi leggeri dietro di sé, fino a quando una voce tranquilla non commentò: “Scommetto che sapresti riconoscerli tutti solo dal colore, non è vero?”. La giovane Corvonero incrociò per la seconda volta gli occhi grigi e stupefacenti di Scorpius Malfoy, che la osservava. Si strinse nelle spalle, non sapendo esattamente come interpretare quel complimento. “Dal colore sarebbe un po' difficile, ma dall'odore ne sarei sicuramente in grado” mormorò alla fine, maledicendosi un attimo dopo. Ma brava Weasley, ci tieni proprio a passare per la so-tutto-io di turno? Ora penserà che ti dai pure delle arie.
Il ragazzo sogghignò. “Ci avrei giurato. Sei la migliore alchimista che io abbia mai visto”. Un altro complimento. Questa volta non poté fare a meno di arrossire e di voltarsi nuovamente verso i piccoli calderoni in peltro allineati sul banco. Scorpius aggiunse subito dopo: “Non voglio metterti in imbarazzo, sia chiaro! Vorrei solo sapere se saresti disposta a darmi qualche ripetizione. Sai, credo sia l'unica materia in cui proprio non riesco a combinare nulla di buono!”. Rose lo guardò di sottecchi, dubbiosa. “Sicuro di volere il mio aiuto? Non ho mai dato ripetizioni a nessuno e non credo di essere molto paziente...” “Perfetto allora, gli insegnanti intransigenti sono quelli che preferisco” ribatté il giovane, annuendo col capo. “Facciamo domani pomeriggio nella Sala Grande? Alle 17?”. La rossa gli lanciò l'ennesima occhiata scettica, poi si arrese. “Come vuoi, Malfoy. Porta il libro di testo, piuma e pergamena e ricordati che...” “Che sarai spietata come un drago lasciato a digiuno per 3 mesi consecutivi” concluse al suo posto, regalandogli un sorriso da manuale ed allontanandosi verso la porta, non senza averle prima sfiorato delicatamente la spalla con la mano.
 
 
Il coprifuoco era già scaduto da più di un'ora quando due ombre furtive fecero capolino nel dormitorio maschile dei Grifondoro. Una delle due protestò sottovoce: “E' una pessima idea. Tuo fratello ci ucciderà non appena lo verrà a sapere” “Sempre che non ci scopra stasera stessa” ribatté l'altra, che non era altro che Lily Potter, intenta a strattonare il cugino Hugo per la manica del pigiama. “Andiamo, dobbiamo muoverci o finiremo per svegliare tutti!” “Certo che sei sempre molto d'aiuto, Lilu” borbottò il ragazzino, sospirando ed avanzando di qualche passo all'interno della stanza. Un ragazzo lì vicino si mosse bruscamente nel letto ed i due sobbalzarono per lo spavento. Ma nessuno parve svegliarsi dal sonno.
Lily tirò un sospiro di sollievo e si guardò intorno alla ricerca del letto del fratello maggiore. Ricordava di aver passato molte notti in quel dormitorio durante il suo primo anno, quando le ombre che si muovevano furtive nei quadri ed i rumori fuori dalla finestra la facevano rimanere sveglia per ore; saliva a piedi scalzi verso la stanza che James le aveva indicato il primo giorno, cercava a tentoni la sagoma del ragazzo e si accoccolava vicino a lui, che un po' sorpreso e ancora mezzo addormentato le passava un braccio dietro la schiena e ricadeva subito dopo in un sonno profondo, calmandola col suo respiro caldo e regolare.
Finalmente riuscì ad individuarlo nell'angolo più lontano dalla finestra, tutto rannicchiato nelle coperte rosse. Si avvicinò lentamente, facendo cenno al cugino di seguirla. Hugo scosse la testa contrariato e le andò dietro in punta di piedi, terrorizzato. “Puoi descrivermela di nuovo? Credo di essermi dimenticato...” “Accidenti, James te l'avrà fatta vedere un centinaio di volte quest'estate! È una mappa vecchia ed ingiallita di pergamena, ripiegata in 6 parti ed è completamente vuota”. Il ragazzino annuì e cominciò a rovistare sotto al letto, mentre Lily controllava i cassetti del comodino. Suo fratello mugolò alcune parole incomprensibili, voltandosi verso di lei. La ragazza si fermò all'istante, ma il giovane Grifondoro aveva ancora gli occhi chiusi e sorrideva misteriosamente. Chissà quale delle tante ammiratrici starà sognando penso tra sé e sé, tornando ai cassetti. Un piccolo tonfo proveniente dal baule ai piedi del letto attirò subito la sua attenzione. Hugo stava sventolando in aria un foglio spesso e giallastro, un'espressione vittoriosa dipinta sul viso cosparso di lentiggini. Lily gli sorrise ed indicò la porta. Filiamocela subito! Ma prima diede un'ultima occhiata sotto al letto e sfilò un involucro a fantasia floreale, sapendo già che cosa contenesse.
Era quasi arrivata dall'altro capo della stanza quando sentì James borbottare qualcos'altro a voce alta. “Ti prego Abby, non andare da Norton... è uno stronzo... lo sono anch'io, sì... ti prego, resta...”. Lily fece un sorrisetto e raggiunse il cugino nella Sala Comune.
Il ragazzino sembrava essere appena risalito dagli inferi. “Adesso vuoi spiegarmi per quale motivo abbiamo rubato la Mappa Del Malandrino ed il Mantello dell'Invisibilità a tuo fratello? Se Gazza dovesse trovarli in mano nostra ci farebbe espellere e James...beh, non oso pensare a cosa potrebbe farci lui”. Lily si sistemò una ciocca di capelli rossi dietro all'orecchio ed osservò compiaciuta il vecchio pezzo di pergamena ed il fagotto nelle sue mani. “Dobbiamo fare alcune indagini e credo che queste cose ci saranno molto utili per passare inosservati”.
 
 
La mattina seguente
 
 
Abigail si stava lamentando con alcune compagne di quanto il compito del professor Vitious fosse stato stranamente difficile, quando una ragazzina con i capelli rosso fuoco come i suoi le andò praticamente addosso. Dopo aver barcollato per alcuni istanti, la Serpeverde fece un passo indietro per poter vedere meglio chi fosse quella piccola furia e si ritrovò davanti la più giovane dei fratelli Potter, intenta a stringersi la divisa intorno al corpo. “Tutto bene, Lily?” domandò la ragazza. L'altra fece cenno di sì con la testa, guardandola di sottecchi. Abigail decise di non dargli peso. “Pronta per la partita di questo pomeriggio? Un bel derby come inizio anno non è affatto male” ridacchiò, alludendo all'imminente match di Quidditch che si sarebbe disputato poche ore dopo tra Grifondoro e Serpeverde.
Lily annuì di nuovo, sorridendo timidamente. “Mio fratello non parla d'altro”. Abigail appoggiò le mani sui fianchi, esasperata. “Quei ragazzi sanno pensare solo al Quidditch, mi chiedo cosa farebbero se...” “Scusa Abby, ma adesso devo proprio scappare” la interruppe l'altra, la voce mortificata ma ferma. “Ah, non voglio trattenerti oltre allora...” mormorò la ragazza, sorpresa. Lily le rispose con un sorriso di scuse e la superò a passo svelto, quasi incespicando e continuando a reggersi l'orlo del mantello. All'ultimo minuto però si voltò di nuovo verso di lei e aggiunse: “Sai, credo che mio fratello abbia fatto un sogno piuttosto interessante questa notte, dovresti fartelo raccontare!” e corse via.
Abigail rivolse un'occhiata interrogativa alle amiche, che alzarono le spalle come a dire “ne sappiamo quanto te” e proprio in quel momento un'altra sagoma si avvicinò al gruppetto. “Hey Davis, non è che hai visto mia sorella?”. Eccolo qua. Parli del diavolo e subito salta fuori. James la osservava con la testa piegata di lato ed il suo solito sorriso scintillante stampato sul viso. Le altre ragazze cominciarono subito a parlottare tra di loro, ma lui parve non averle nemmeno notate. Abigail annuì lentamente e si voltò verso il corridoio opposto. “E' corsa via proprio adesso, sembrava avere molta fretta” commentò pensierosa. Il ragazzo si grattò la fronte perplesso per qualche istante e poi sembrò riscuotersi dai suoi pensieri. “Ah, perfetto! Come minimo si sarà dimenticata della partita ed arriverà tardi al campo...” “Oh, per quello non devi preoccuparti! Gliel'ho appena ricordato io e ha detto che ci sarà”. La ragazza ci pensò su qualche secondo, poi aggiunse timorosa: “Mi ha pure consigliato di chiederti qualcosa a proposito... si, insomma... ha detto che dovresti aver fatto un sogno interessante stanotte e che forse avrei dovuto chiederti di raccontarmelo, anche se non so proprio...” “Perché ti avrebbe detto una cosa del genere?” sbottò lui, il viso improvvisamente colorato di chiazze rosse.
Abigail inarcò un sopracciglio e mormorò: “Non ne ho idea, Potter. Chi può sapere cosa passa per la testa a tua sorella?” ridacchiò per alleviare una tensione che neppure sapeva di poter creare con quella semplice richiesta. Il giovane si passò una mano tra i capelli, visibilmente imbarazzato. “Lasciala perdere, ogni tanto dice cose senza senso solo per il gusto di farmi ammattire” borbottò senza troppa convinzione. La ragazza annuì. Trascorsero alcuni minuti in silenzio, le ragazze dietro di loro che improvvisamente si accorsero di essere di troppo. “Noi andiamo nella Sala Comune, Abby. Ci raggiungi là o...?” chiese una di loro sorridendo. “Sì, arrivo subito!” rispose di getto la rossa, voltandosi poi di nuovo verso il suo interlocutore. “Sicuro di non avere nient'altro da dirmi, James?”. Si illuse che chiamarlo per nome invece che per cognome come faceva sempre potesse sortire qualche effetto. Il ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore, mentre il suo sguardo da impacciato si trasformò in un'occhiata penetrante.
“Beh, se proprio ci tieni a sapere di cosa si trattasse... diciamo che quel sogno era una specie di replica della nostra performance al campo estivo... ricordi, Abby?” “In bocca al lupo per la partita Potter, ci vediamo!” disse lei tutta d'un fiato prima di allontanarsi a grandi passi, maledicendosi per aver anche solo insistito. Non si può proprio ragionare con te.
Dal canto suo, il giovane Grifondoro la osservò mentre svoltava l'angolo, scomparendo. In fondo ti ho detto la verità. Omettendo la parte del sogno in cui tu mi lasciavi per quel pezzo di merda di Norton ed io ti pregavo come un pezzente di tornare da me, ovviamente.
 
 
 
“Professoressa, vorrei parlarle. Ha presente quel nuovo incantesimo...” Dorian non fece in tempo a finire la frase che l'insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure l'aveva già trascinato nel proprio ufficio, chiudendosi la porta alle spalle. “Ti ha visto qualcuno?” chiese trafelata. Il ragazzo scosse la testa e fece per parlare di nuovo, ma la donna si aggrappò a lui, tappandogli la bocca con la propria. Il ragazzo, seppur con sorpresa, ricambiò il bacio con passione, spingendola verso l'enorme tavolo di legno d'acero e costringendola a sedercisi sopra, stretta tra le sue braccia come un uccello in gabbia. La donna gli tirava i capelli con le dita affusolate, senza mai staccarsi dalle sue labbra, sempre più vorace ed impaziente.
“Non ti basta mai, eh Cecilia?” mormorò il ragazzo tra un bacio e l'altro. La donna sussultò, non ancora abituata a sentirsi chiamare per nome da quello che dopotutto rimaneva un suo studente. Poi riprese a baciarlo, allentandogli la cravatta rossa-oro e cominciando a sbottonargli la camicia. Dorian le fermò la mano, esitante. “Ho la partita di Quidditch tra mezz'ora, non posso...” “Oh, sì che puoi” ribatté lei, mordicchiandogli il labbro inferiore. “Sono certa che i tuoi compagni sapranno aspettare qualche minuto in più” “Ma è la prima partita della stagione e si tratta di Serpeverde! Come faccio a...” “Vorrà dire che se sarà la mia Casa a vincere, troverò una scusa per togliere loro 20 punti. Va bene così?” e fece scendere la mano sul cavallo dei pantaloni del Grifondoro, premendo con decisione. Il ragazzo trasalì.
La professoressa Prince rise e cominciò a tracciare una scia umida di baci sul suo collo, mormorandogli parole di incoraggiamento. “Coraggio, Dorian. Potresti non averne più l'occasione...” e al giovane pareva di scendere sempre più vorticosamente verso il più piacevole degli inferni. Sapeva di avere delle responsabilità in quanto capitano della squadra, ma quelle labbra, quelle labbra. “Magari solo qualche minuto in più, potrebbero non accorgersene neanche...” mormorò, affondando la testa nell'incavo del collo di lei, facendola gemere di piacere.

 

 

 

 

Buonaseeera!
O forse dovrei già dire “buonanotte”? Ma no, sono sicura che con questa estate appena iniziata sarete già tutti/e a fare le ore piccole ;)
Sono un po' delusa in realtà, siete ancora così poco a leggere questa ff, non sapete il dolore profondo che mi provocate AHIME' che ingrati che siete, io che mi impegno e voi ignorate il mio operato! (ovviamente sto melodrammatizzando un po', capitemi, sono le 11 passate)
Spero, come al solito, che questo capitolo vi sia piaciuto, che la storia vi intrighi e che i personaggi siano abbastanza interessanti e ben congegnati (anche se forse è ancora presto per dirlo ahaha). Io sto entrando nel delicato periodo degli esami, quindi non so se potrò continuare a postare così “velocemente” (non so a quali ritmi siete abituati con le altre fanfiction, ma per me questo è decisamente ESSERE VELOCI ahaha)
Comunque spero di poter continuare a scrivere e di trovare pian piano sempre più gente disposta a starmi a sentire e a perdere qualche minuto dietro alle mie “storielle”
Un bacio a tutti, dormite bene e recensite che male non vi/mi fa ;)
 
Frannie
 

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Capitolo 4
*** 4. ***


“Sicura di non voler venire alla partita? E dai, fammi compagnia!”. Megan la stava implorando per la centesima volta, ma Rose scosse la testa, radunando piuma e pergamene. “Ti ho già detto che ho un impegno, Meg. E poi hai Eliot, credo che basti ed avanzi per farti compagnia, o sbaglio?”. L'altra ragazza sbuffò. “E poi perché dovrebbe interessarmi la partita? Come minimo i Grifoni vinceranno 350 a 0 contro i Tassi e...” “I Tassi? Che stai dicendo, Rose?!” la interruppe l'altra Corvonero, spalancando gli occhi. Rose si alzò a la guardò con un'espressione curiosa, mentre l'altra scuoteva il capo. “Che diavolo hai nella testa? La partita di oggi sarà Grifondoro contro Serpeverde!” esclamò, mettendosi le mani sui fianchi con disappunto, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Rose sbiancò di colpo, impietrita come il corno dell'unicorno che avevano visto nella foresta durante la lezione di Divinazione. Scorpius è il cercatore dei Serpeverde. E se la partita è alle 16:30... “A cosa stai pensando?” le chiese l'amica, scuotendola per un braccio. “Sembra che questa notizia ti abbia sconvolta!”. La rossa si strinse nelle spalle, storcendo il naso. “Non è niente, anzi, credo che verrò con te alla partita dopo tutto” concluse, sorridendo. Megan le saltò al collo, baciandola sulle guance. “Ti adoro, Weasley! Vedrai che urleremo così forte da farci sentire anche dal tuo principe azz...ehm, verde. Magari ti dedicherà il boccino d'oro, chissà?” cominciò a fantasticare, facendo giravolte per tutta la stanza.
Nel frattempo Rose aveva acchiappato un pezzo di carta dalla scrivania ed aveva scritto velocemente un messaggio da dare al suo gufo, che apparve non appena ebbe aperto la finestra e fischiato con due dita. L'esemplare di gufo reale marrone e bianco arruffò le penne e sfregò la testa contro la sua mano, mentre la ragazza lo accarezzava con affetto. “Arthur, ho bisogno che consegni questo messaggio prima delle 16:30 di questo pomeriggio, ti prego”. L'animale parve annuire leggermente e decollò non appena il messaggio fu fissato alla sua zampa sinistra.
Megan si avvicinò alla finestra, pensierosa. “A chi hai spedito quel messaggio?” chiese, sporgendosi per cercare di individuare la direzione presa dal gufo. Rose alzò le spalle ed afferrò la sciarpa blu e grigia dallo schienale della sedia, avvolgendosela intorno al collo. “Non preoccuparti, era per il professor Paciock. Non avevamo una partita da vedere, noi?” aggiunse poi, prendendo sottobraccio l'amica e trascinandola verso la porta, mentre un velo di tristezza continuava ad oscurarle i grandi occhi verdi.
 
 
Non disturbarti a chiedermelo nuovamente, si vede che non ci tenevi poi così tanto a quelle ripetizioni. - R.W.
Scorpius aveva riconosciuto quel gufo reale, apparteneva alla famiglia Weasley da anni ormai ma l'unica che se ne serviva veramente era Rose. Nel momento in cui l'aveva visto posarsi sulla propria finestra, il suo cuore aveva perso un battito e ricordarsi dell'appuntamento a cui non sarebbe potuto andare fu un tutt'uno. Merda! Le avevo detto di trovarci alle 17. Stupida partita, me ne ero completamente dimenticato. Si odiava. Si odiava a tal punto che avrebbe voluto consegnare personalmente il boccino al cercatore avversario (niente meno che James Potter) per poter finire in fretta e correre da lei a spiegarle che non l'aveva fatto di proposito, che non avrebbe mai voluto prenderla in giro, né farle perdere tempo. Ma forse era già troppo tardi.
Il suo compagno di stanza lo prese per una spalla, riportandolo alla realtà. “Hey Malfoy, di chi è quel biglietto? Un'altra ammiratrice?” domandò, assetato di pettegolezzi. Il giovane scosse la testa, infilando il biglietto stropicciato in tasca. “Si, del terzo stavolta” rispose senza pensarci troppo. Era molto meglio continuare ad alimentare certe dicerie piuttosto che rivelare a quel branco di idioti che l'unica persona che avesse mai destato un minimo interesse in lui era quella da cui avrebbe dovuto stare alla larga, vista la rivalità tra le loro famiglie. L'altro ragazzo gli assestò una pacca sulla spalla, poi, ritenutosi soddisfatto, tornò a riordinare i propri libri, mentre Scorpius cominciava a svestirsi per poter indossare la divisa del Quidditch. Ma la sua mente era altrove. Che gran coglione.
 
 
“DOVE CAZZO È FINITO DORIAN?!”. Il suo tono di voce era così alto che perfino tra le urla del pubblico là fuori qualcuno era riuscito senza dubbio a sentirla. Rhonda alzò le mani, pronta a cercare di calmarla, ma Natalee la fulminò con un'occhiata. Poi ricominciò: “Qualcuno sa dirmi dove si è cacciato il nostro caro capitano? Colui che dovrebbe dimostrarsi sempre presente, puntuale, responsabile? Che fine avrebbe fatto, visto che tra 5 minuti dovrebbe iniziare la prima partita dell'anno, visto che tra pochi istanti Eliza Marshall e tutta la sua squadra di Serpi farà di tutto per soffiarci la prima vittoria del campionato? QUALCUNO SA RISPONDERMI?!”. Poi si voltò verso il cercatore rosso-oro. “James, dimmi che almeno tu...” “Ne sono quanto te” rispose seccamente il ragazzo, abbassando lo sguardo. Natalee sospirò spazientita e sbirciò ancora una volta tra le assi di legno del portone d'ingresso; il campo era circondato da gradinate altissime, già gremite di studenti con sciarpe e nastri di tutti i colori, la tifoseria dei Grifondoro che spiccava tra le altre per la potenza dei cori.
Tornò a guardare i suoi compagni di squadra, visibilmente scoraggiati. Poi si rivolse di nuovo a James. “Bene, ormai c'è poco da discutere: sei il vicecapitano, quindi tocca a te guidarci oggi. Vorrà dire che al posto di Dorian giocherà Oscar”. Lanciò un'occhiata ad uno dei ragazzi più giovani: 14 anni, aveva gli occhi chiari ed i capelli biondissimi, una spruzzata di lentiggini sulla punta del naso e la divisa sembrava stargli troppo larga, sebbene fosse la taglia minima. Annuì tremante verso di lei, mentre Natalee raccoglieva la scopa da terra e la posizionava verticalmente accanto a sé, seguita pian piano da tutti gli altri. James le si affiancò, spazzolandosi via la polvere dalle protezioni. “Mantieni la calma Nat, non è una partita dove perdere la testa può far comodo” “Nemmeno dare buca alla tua squadra pur essendo il capitano è un bel gesto in questi casi” ribatté la ragazza, scostandosi un ciuffo ribelle dagli occhi mentre le porte davanti a loro si aprivano lentamente, lasciando che la luce del sole li scaldasse pian piano. Ed ecco che con un unico movimento fluido salirono a cavallo delle scope e spiccarono il volo tutti contemporaneamente, uscendo fuori tra le urla dei tifosi ed il vento che faceva muovere le bandierine all'impazzata e scompigliava loro i capelli.
Natalee si posizionò vicino agli altri due cacciatori nella propria parte di campo, mentre i 7 Serpeverde della squadra avversaria prendevano posto vicino a Madama Bump, che si avvicinò alla cassa contenente la pluffa, i due bolidi ed il boccino d'oro e si mise le mani sui fianchi come faceva prima di ogni partita. “Gioco pulito, ragazzi. Capisco che abbiate tutti una gran voglia di vincere, ma vorrei evitare di espellere qualcuno alla prima partita dell'anno, ci siamo intesi?”. Il suo sguardo sembrò soffermarsi qualche istante in più sulla squadra verde-argento, ormai famosa per i propri imbrogli e per l'abilità nel compiere falli di nascosto. Il loro capitano, una ragazzina del sesto anno con lunghi capelli così biondi da sembrare bianchi e gli occhi di un verde/giallo simile alle iridi di un serpente, le rivolse un sorriso angelico prima di posizionarsi proprio di fronte a Natalee. “Che fine ha fatto Baston? Credete veramente di poter vincere senza di lui?” domandò stridula cercando di farsi sentire sopra gli urli delle tifoserie. La Grifondoro inarcò un sopracciglio e strinse forte le mani attorno al manico della propria Scopalinda Sette, sforzandosi di non iniziare ad offenderla pesantemente. Rhonda, poco più indietro dell'amica, rivolse un sorrisetto affettato all'avversaria. “Tu non preoccuparti, Eliza, pensa piuttosto ad evitare i bolidi che potrei lanciarti”. L'altra aggrottò la fronte, ma tornò subito a concentrarsi sul punto da cui sarebbe stata lanciata la pluffa, proprio al centro del campo. E pochi istanti dopo, un breve fischio annunciò l'inizio della partita.
I Serpeverde partirono a tutta velocità, la pluffa nelle mani del loro capitano che, agile come un furetto, schivò un bolide e puntò i tre anelli della squadra avversaria. Il piccolo Oscar svolazzava con le mani rigidamente attaccate al manico della scopa, osservando con attenzione i movimenti della ragazza. Ed ecco che quest'ultima lanciò la pluffa verso l'anello destro, venendo però intercettata dal portiere dei Grifondoro. La curva rosso-oro gridò di vittoria, mentre Oscar rilanciava la pluffa a Natalee, che gli fece l'occhiolino e ripartì all'attacco.
La partita continuò in modo perfettamente equo per una buona mezz'ora, con abili lanci ed altrettanto abili parate da entrambi i lati. James stava cercando di avvistare la minuscola pallina volante di cui doveva occuparsi, tenendo allo stesso tempo d'occhio il cercatore avversario, Scorpius Malfoy. L'odio che provava nei suoi confronti l'aveva più volte reso spietato ed insensibile, soprattutto durante le partite di Quidditch; voci di corridoio gli avevano parlato di una certa simpatia tra il giovane Serpeverde e Rose, la sua adorata cuginetta. Come poteva tollerare una cosa simile? Dopo tutto quello che la famiglia Malfoy aveva fatto in passato, con tutta la cattiveria che si nascondeva dietro le mura della loro scintillante tenuta, come poteva permettere che quel moccioso viziato si approfittasse di Rose, che la illudesse solo per spezzarle il cuore per puro divertimento? No, non poteva.
Si preparò a raggiungere l'altro lato del campo alla ricerca del boccino, quando notò che Eliza si era avvicinata ad uno dei suoi battitori, mormorandogli delle indicazioni sotto voce. James si insospettì e, indeciso sul da farsi, osservò il battitore in questione dirigersi verso l'area di tiro dei Grifondoro, preparandosi a colpire un bolide in arrivo. Quando il ragazzo ebbe realizzato che cosa avesse in mente, era già troppo tardi: il battitore diede una mazzata al bolide, che filò dritto verso l'anello centrale, dove Oscar stava aspettando con impazienza l'attacco successivo. Si voltò in quella direzione solo pochi secondi prima che il bolide lo raggiungesse, ma qualcosa si interpose tra loro. No, qualcuno.
James sgranò gli occhi ed un attimo dopo stava già volando in picchiata verso la buca ai piedi degli anelli, dove il corpo immobile di Natalee giaceva, per metà coperto dalla sabbia.
 
 
Dorian si precipitò in infermeria, spalancando le porte ed entrando nella lunga stanza con un'espressione sconvolta. “Dov'è?!” domandò fuori di sé. Madama Chips gli andò incontro e gli toccò la spalla con delicatezza. “Figliolo, dovresti parlare a bassa voce qua dentro, ci sono persone che stanno male e...” “Dov'è Natalee Lane? Che cosa le è successo? È il suo sangue quello che ha sulle mani?” domandò tutto d'un fiato. La donna chiuse gli occhi e sospirò senza troppa pazienza. “No, non è della signorina Lane, per sua fortuna. Ma ha preso una bella botta in testa, io l'ho sempre detto che il Quidditch è un sport troppo violento, non vedo perché non si possa fare a meno di quei bolidi...” “Posso vederla?” la interruppe ancora. Madama Chips inclinò la testa di lato e cominciò: “In realtà non è consigliabile, dovrebbe riposare...” ma Dorian stava già avanzando in mezzo ai lettini dell'infermeria, cercando quello occupato dalla ragazza. E alla fine lo trovò quasi in fondo alla stanza, illuminato dalla luce di una delle grandi vetrate ad arco.
Si sedette sulla sedia lasciata lì vicino e le prese una mano tra le sue. Scottava come se avesse la febbre a 40 ed aveva la testa fasciata da una morbida garza bianca, gli occhi dalle lunghe ciglia erano chiusi. Dorian le accarezzò il dorso della mano con il polpastrello, non riuscendo neppure a guardarla in faccia. Razza di idiota, lo sai che tutto questo è colpa tua, no? Tu e le tue stupide storielle con le insegnanti, a che stavi pensando? si disse tra sé e sé. “Ah, eccolo qua! Lo sai che è tutta colpa tua, non è vero?”. Il ragazzo si voltò per vedere chi avesse dato voce ai suoi pensieri e si trovò davanti Rhonda e James, la prima con le braccia incrociate sul petto ed un'espressione arcigna, il secondo sembrava più tranquillo ma aveva uno sguardo duro.
Dorian si alzò e fece per parlare, ma la ragazza non gli diede il tempo di farlo. “Dove cazzo eri finito, me lo spieghi? Che diavolo ci può essere di più importante della partita per cui ci siamo preparati tutta l'estate? Tu sei il capitano, non puoi permetterti di mancare, non puoi permettertelo! Sai perché Nat è finita qui?” domandò trattenendo a stento la rabbia. Il ragazzo scosse la testa. “Perché quelle Serpi stavano per colpire Oscar con un bolide. E lei si è messa in mezzo per proteggerlo, perché sapeva che non sarebbe stato abbastanza veloce da evitarlo. Ci saresti dovuto essere tu al suo posto! L'avresti scansato facilmente e avresti evitato che una delle nostre migliori giocatrici finisse in un letto dell'infermeria con la testa fasciata!”. James le appoggiò una mano sul braccio, ma Rhonda si era già voltata per uscire dall'infermeria a grandi passi. Una volta raggiunta la porta d'ingresso, si girò nuovamente verso di loro ed inchiodò Dorian con i suoi occhi neri come il carbone. “Non ti perdonerò per questo. E non lo farà nemmeno lei” e uscì, facendo sbattere le porte e causando un urlo isterico da parte di Madama Chips.
 
 
Rose stava già quasi correndo sul sentiero che portava dal campo di Quidditch al castello quando si sentì chiamare da una voce familiare. Accelerò il passo, ma pochi secondi dopo, giusto un attimo prima che iniziasse a salire la grande scalinata di marmo, si sentì afferrare il polso. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con l'ultima persona che avrebbe voluto vedere. “Lasciami” gli intimò, cercando di ritrarre il braccio, ma Scorpius continuò a tenerla senza battere ciglio. “Non l'ho fatto di proposito, devi credermi. Mi ero dimenticato della partita...” “Dimenticato? Ah certo, come se non sapessi quanto conta il Quidditch per te! Senti, il gioco è bello finché dura poco. Mi hai fatto un bello scherzo, non ne capisco il senso, ma complimenti, sei stato in gamba e ti ho creduto davvero. Ora però lasciami in pace” e strattonò ulteriormente, liberandosi. Lo fissò ancora per qualche istante, ma se ne pentì subito: quegli occhi erano di un grigio così intenso da lasciare senza parole e Rose pensò che fosse davvero un campione di recitazione, perché in quegli occhi non riusciva a scorgere nulla che non fosse pura sincerità. Quanto vorrei crederti.
Scorpius sospirò e si passò una mano tra i capelli con aria disperata. “Non credo che riuscirei a farti cambiare idea in ogni caso, dico bene?”. La ragazza scosse la testa, dispiaciuta suo malgrado. Tra di loro calò uno sgradevole silenzio, così denso da poterlo quasi toccare. Poi, per qualche strana ragione, lei non riuscì a trattenersi: “Eliza è proprio una stronza”. Così. Come se non stesse parlando male del capitano della sua squadra, come se fosse un'antipatia che avevano in comune. Sorprendentemente Scorpius commentò: “E' stato squallido ed ingiusto. Certi comportamenti non li sopporto, ecco perché più di una volta sono stato sul punto di ritirarmi dalla squadra”. Rose spalancò gli occhi. “Cosa?! Ma se sei uno dei migliori cercatori che Serpeverde abbia mai avuto!” poi tossicchiò, vergognandosi per quel complimento troppo esplicito. Si affrettò ad aggiungere: “Forse dovresti parlare con lei...” “Con Eliza? Ma figurati! Non ascolta nessuno, fa sempre di testa sua e tutti le danno retta solo perché suo padre ha fornito alla squadra un intero set di Nimbus 2006. E' una ragazzina viziata e...” ma la risatina di Rose lo lasciò interdetto. Un istante dopo capì. E sorrise suo malgrado. “Va bene, va bene. Ammetto di non essere il più indicato a criticare certi individui, visto che teoricamente anch'io farei parte dei mocciosi-ricchi-e-viziati che stanno sulle palle a tutti”. Un'altra risata. Adorava quel suono. Perché non riusciva a farla ridere più spesso? O meglio, perché non parlavano più spesso?
Senza neanche accorgersene, Rose si era di nuovo avvicinata a lui e adesso c'erano solo pochi passi a dividerli. Passato quel momento allegro non sapeva più che dire. Tentò qualcosa di alquanto patetico: “Non stavi giocando così male, però. Era una bella partita, se non prendiamo in considerazione l'incidente di Nat ovviamente...”. Il ragazzo parve sorpreso di quel secondo complimento e si sfregò la fronte un po' imbarazzato. “Non una delle migliori, però. Tuo cugino è una scheggia sulla scopa, credo che non sarei comunque riuscito ad acchiappare il boccino prima di lui” “Chi può dirlo? Siete entrambi due ottimi cercatori, quasi alla pari direi!”. Scorpius ridacchiò. “Ti ringrazio, ma non farti sentire da James. Non credo ci tenga molto ad essere comparato a me” “E perché no?” chiese molto ingenuamente Rose, inclinando la testa da un lato, e una ciocca di capelli rossi le ricadde sull'occhio destro. Il ragazzo avrebbe voluto rimetterla a posto, ma si trattenne. “Credo di non essergli molto simpatico” si limitò a dire, poi aggrottò la fronte. “Sei ancora arrabbiata con me?” chiese un po' incerto. La Corvonero riportò la ciocca dietro all'orecchio, stringendosi poi nelle spalle. “Ci devo pensare” rispose alla fine, ma si lasciò scappare un mezzo sorriso che sparì un attimo dopo. “Devo proprio andare adesso, voglio passare in infermeria prima di andare a cena. Dunque... ci vediamo in giro, Malfoy” concluse. Scorpius annuì, sorridendo. “Si, ci vediamo in giro, Weasley”. E la superò, salendo per primo i gradini marmorei.
 
 
“Eri con la Prince, non è vero?”. Dorian, intento ad infilarsi i pantaloni del pigiama, si voltò verso l'amico. “Si, hai capito” continuò James, abbassando la voce nonostante fossero da soli nella stanza. “Eri con la prof, per questo hai fatto tardi alla partita. Mi sbaglio?” domandò. Il ragazzo si passo una mano tra i capelli scuri, lasciandosi sfuggire un sospiro. “Sì, ero con lei” ammise. L'altro Grifondoro si mise a sedere sul proprio letto, le coperte ammucchiate in un angolo perché faceva ancora troppo caldo. “E' davvero così importante per te? Insomma, è solo una storiella, no? Nulla di serio, così mi avevi detto” “Infatti, è così! O almeno credevo. Ma dopo quello che abbiamo fatto oggi...”. James sgranò gli occhi, la bocca aperta per la sorpresa. “Oddio, non dirmi che...”. L'altro annuì, sorridendo lievemente. “E com'è stato? Dove l'avete fatto? È stata lei ad iniziare?” “Inaspettatamente sì” ridacchiò Dorian, felice di poter parlare di qualcosa di piacevole col suo amico d'infanzia, sebbene il pensiero di Natalee lo stesse ancora tormentando. In fondo, James aveva ragione: con la professoressa Prince non sarebbe mai durata, quella storia non aveva futuro, ma i suoi amici erano molto più importanti, così come lo era il suo ruolo di capitano della squadra.
“Sì, è stato fantastico, anche se abbiamo fatto tutto in fretta e la sua scrivania non è comoda quanto un letto vero e proprio! Ma non voglio che si ripeta, perlomeno non quando ho impegni così importanti come quello di oggi” mormorò, lasciandosi cadere su quel materasso che gli apparteneva da ormai 7 anni. James annuì, compiaciuto del ritrovato buonsenso dell'amico e spense la luce sul comodino, preparandosi a dormire. Quando ormai sentiva di essere sul punto di cadere in un sonno profondo, gli parve di udirlo parlare di nuovo, piano, come se non volesse farsi sentire davvero. “E se Natalee non dovesse veramente perdonarmi?”
 
 
 
 
 
Buonasera gente!
Rieccomi qua (un po' in ritardo stavolta, ma è da apprezzare il fatto che abbia scritto questo capitolo tra la seconda e la terza prova di maturità, ci vuol coraggio). Mi state deludendo, ancora pochissima gente che legge/segue/recensisce, che fine avete fatto? Fa davvero così schifo questa storia? Ahahah
Andiamo dai, animo! Vedrete che pian piano diventerà ancora meglio, basta aver pazienza! Sto morendo di sonno e domani dovrò studiare fin troppo, quindi vi saluto, vi auguro la buonanotte e vi invito ancora una volta a leggere questa ff, ci tengo davvero tanto :')
 
Frannie
 

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Capitolo 5
*** 5. ***


“No, io non ti credo”. Il ragazzino scosse la testa, mentre James sogghignava divertito. “Ti sto dicendo la verità. Quando mio padre era al primo anno, un troll di montagna entrò nel castello la sera di Halloween e quando ebbe raggiunto il bagno delle ragazze...” “Piantala, Potter. Lo stai spaventando a morte”. Rhonda si sedette accanto a lui, mentre l'altro Grifondoro (ancora tremante) si alzò e corse dai compagni del secondo anno, ansioso di raccontare loro quel piccolo aneddoto. James riprese a mangiare le uova strapazzate ancora nel piatto, lanciando un'occhiataccia all'amica. “Perché devi sempre rovinare tutto?”. Rhonda sospirò ed afferrò una fetta di torta al limone. “Perché fare scherzi agli studenti più giovani è un passatempo da idioti e tu sei al settimo anno, ormai” “Ma il mio non era esattamente uno scherzo, la storia del troll è vera e tu lo sai...” “Certo che lo so, chi non conosce le imprese di tuo padre?” mormorò la ragazza, alzando gli occhi al cielo. James si passò una mano tra i capelli e le assestò una gomitata al fianco, ridacchiando. “Dai, smettila di essere così rigida! Stasera c'è la notte più spaventosa di tutto l'anno e vuoi veramente negarmi il piacere di terrorizzare qualche ragazzino?”. L'altra sospirò, poi sorrise suo malgrado.
Ma quel sorriso svanì non appena ebbe lanciato un'occhiata alla porta d'ingresso della Sala Grande. “Scusa, mi è passata la fame” mugugnò, prima di alzarsi ed allontanarsi dal tavolo, proprio mentre Dorian si stava per sedere di fronte a lei. Il ragazzo la guardò andarsene a passo svelto e si lasciò cadere con un sospiro sulla panca di legno. James lo scrutò con attenzione. “Hai una brutta cera, amico” commentò alla fine, allungandogli il vassoio della pancetta affumicata. Dorian ne prese una fetta controvoglia e cominciò a strofinarsi le tempie ad occhi chiusi. “Non sono riuscito a dormire” si limitò a dire. L'amico continuò a guardarlo con compassione, poi sospirò. “Devi smetterla di tormentarti per Natalee. Ormai è successo, il fatto che tu continui a pensarci non la fa stare certo meglio. Devi solo aspettare che le acque si calmino e vale anche per Rhonda” aggiunse, indicando con un cenno della testa la porta. “Vedrai che tornerà a parlarti”. “Ne dubito” replicò l'altro, mordendosi il labbro inferiore. Qualche attimo di silenzio. “Sei passato di nuovo in infermeria?” domandò James. “Ma certo, sono andato a trovarla quasi ogni giorno” “Vuoi dire quasi ogni notte, no?” aggiunse l'altro Grifondoro, sorridendo. Dorian li lanciò un'occhiataccia, poi sospirò. “Preferisco guardarla mentre dorme, perlomeno non può insultarmi come dovrebbe” “Dorian, ti ho già detto...” “Che tutto si sistemerà, lo so. Dico solo che non appena sarà in grado di alzarsi verrà a cercarmi per riempirmi di schiaffi. E non sarò certo io ad impedirglielo” borbottò, continuando a tormentare la pancetta con la forchetta.
 
 
Scorpius stava ancora accarezzando Alisecco quando Hagrid gli si affiancò, osservandolo, suo malgrado, con ammirazione. “Sembrerebbe che tu gli piaccia almeno quanto me” borbottò, notando i mugolii di piacere che l'ippogrifo stava emettendo. Il ragazzo sorrise e continuò a lisciare il muso dell'animale. “Dopo tutti i furetti morti che gli ho procurato, sarebbe assurdo il contrario” commentò. Hagrid annuì. “In effetti hai ragione. Ma perché venire così presto a trovarlo? Sono solo le 7 di mattina ed oggi è il 31 ottobre, vuoi ragazzi non dovreste preparare qualcosa per stasera?”. Scorpius storse il naso. “Niente di particolare, ci sarà la solita cena di Halloween ed ogni studente dovrà indossare il proprio cappello a punta. Ah, credo che il coro abbia preparato qualche nuovo pezzo. Ma credo che i festeggiamenti si fermino qui” concluse. Il mezzogigante non insistette sul fatto che il giovane Serpeverde avesse evitato di rispondere alla prima domanda, ma rimase dubbioso. Sembra così diverso da suo padre. Draco era costantemente circondato dai suoi tirapiedi, mentre questo ragazzo passa un sacco di tempo da solo. Ed è uno dei pochi a cui Alisecco permetta di farsi accarezzare!
Scorpius smise improvvisamente di coccolare l'ippogrifo, voltandosi verso il sentiero di pietre che conduceva al castello. “Cosa c'è?” domandò subito Hagrid, seguendo il suo sguardo. Ma il ragazzo si era di nuovo girato verso la creatura di fianco a sé. “Oh, nulla. Credevo di aver sentito un rumore ma devo essermi sbagliato. Ci vediamo presto, Hagrid. Anzi, credo che tornerò domani con qualche preda gustosa per questo bel giovanotto” ridacchiò, stuzzicando Alisecco sotto il becco con la punta delle dita. Poi si rimise la borsa di pelle nera sulla spalla e cominciò a salire su per il sentiero. Hagrid scrollò le spalle con un'espressione confusa e tornò alla capanna. Quando sentì la porta sbattere, Scorpius si nascose subito dietro una delle gigantesche lastre di pietra che costeggiavano il sentiero. Si sporse un po' per cercare di vedere. E poco dopo sentì di nuovo quel rumore, come lo scalpiccio di un paio di scarpe sull'erba. No, due paia di scarpe. Poi udì qualcuno sussurrare: “Non così veloce, Lilu! Non riesco a starti dietro!” ed una voce femminile in risposta: “Shhh, stai zitto Hugo! Solo perché siamo sotto al Mantello dell'Invisibilità non significa che qualcuno non possa sentirci! E poi non vedo più Malfoy, sembra sia sparito nel nulla...”.
Scorpius aspettò che le voci si avvicinassero ancora di più al suo nascondiglio e con un movimento svelto cercò di afferrare qualcosa in aria. Li sentì sussultare ed al secondo tentativo riuscì finalmente ad acchiappare l'orlo dell'oggetto magico. Con uno strattone sfilò il mantello da sopra le teste di Lily Potter e Hugo Weasley, incrociando poi le braccia sul petto. “Eccomi qua, mi cercavate?” domandò con un ghigno. “O forse stavate sgattaiolando fuori dal castello per un'altra ragione? Magari qualcosa di proibito, vista l'attrezzatura” e sollevò il mantello con sguardo eloquente. Hugo fece per aprire bocca ma la cugina lo zittì con una gomitata. Allora il giovane Serpeverde si rivolse a lei. “Non ve lo sto chiedendo con l'intenzione di fare la spia, Lily. Voglio soltanto capire per quale motivo avete rubato il Mantello dell'Invisibilità a tuo fratello, magari potrei esservi d'aiuto...” “Non l'abbiamo rubato!” ribatté Hugo, beccandosi l'ennesimo colpo al fianco. La ragazza al suo fianco sospirò. “In realtà l'abbiamo preso in prestito, ecco. Noi volevamo...ehm...” si voltò leggermente verso la Foresta Proibita, tornando poi a guardare Scorpius. Il ragazzo finalmente capì. E sorrise.
“Il vostro coraggio è ammirevole, così come la voglia di rendervi utili, ma credo che uscire di nascosto dal castello per andare nella foresta da soli alla ricerca di non so cosa dopo gli eventi che tutti noi ben conosciamo sia una stupidaggine piuttosto che un atto eroico” commentò, scrutandoli con sguardo improvvisamente serio. “Fareste meglio a tornarvene a scuola, magari troverete ancora qualcosa della colazione di questa mattina”. I due ragazzini abbassarono lo sguardo e, mentre Hugo si era già incamminato su per il sentiero, Lily allungò una mano verso il ragazzo di fronte a lei. “Potrei riaverlo, per favore?” domandò, indicando con un cenno il mantello ancora stretto nella sua mano. Scorpius sembrò pensarci su, ma alla fine glielo passò. “Vedi di farlo riavere a tuo fratello. Se provassi a riportarglielo io, mi accuserebbe sicuramente di averglielo rubato, quindi è più saggio che lo faccia tu”. La ragazza annuì, stringendo il tessuto magico al petto. “Quindi non farai la spia o si trattava solo di un modo per farci sputare il rospo?” chiese scettica. Scorpius alzò un sopracciglio e sorrise. “Io mantengo sempre la parola data, piccola Potter. Ma condivido la tua preoccupazione per la faccenda dell'unicorno. Se avessi voglia di parlarne un po', potresti farmi compagnia la prossima volta che verrò a far visita ad Alisecco. Che ne dici?” le domandò, facendole l'occhiolino. Lily si sentiva ancora dubbiosa, ma per qualche strana ragione decise di fidarsi. “Affare fatto, Malfoy. Ma non dirlo a mio fratello” “E perché dovrei? Per farmi uccidere seduta stante?” rise lui. “Neppure a mio cugino” aggiunse la ragazza, mordicchiandosi il labbro inferiore. “Perché? A lui non piace imboccare gli ippogrifi con dei piccioni stecchiti?” domandò Scorpius, facendola ridacchiare suo malgrado. “Non si tratta solo di questo. È che lui non è molto...coraggioso. L'ho coinvolto io in questo piano, quindi vorrei lasciarlo fuori d'ora in avanti, soprattutto ora che...” “Hai un nuovo collaboratore, giusto?” la completò lui. E visto che ti senti in dovere di proteggerlo da ogni minaccia esistente. Tipico dei Potter.
Il ragazzo le scompigliò i capelli con la mano, facendola sbuffare sonoramente. “Piantala, Malfoy. E non farti strane idee, io non sono come mia cugina” “In che senso?” chiese lui, sorpreso. Lily incrociò le braccia, sogghignando. “Io non ho una cotta per te. Quindi parleremo solo ed esclusivamente della faccenda dell'unicorno, nessun flirt o cose simili, sono stata chiara?”. Ah, questa poi! La piccoletta ha del carattere. “Chiarissima. Ora, se vuoi scusarmi, vado a cercare qualche pezzo di torta avanzato. Ci vediamo in giro, Lily” concluse, agitando la mano mentre si allontanava di corsa verso il castello. Una cotta per me, eh? Chissà se è ancora valida adesso che è convinta che io le abbia dato buca.
 
 
Abigail fu quasi sul punto di cadere quando Al corse in suo soccorso. Aveva passato l'intero pomeriggio ad aiutare gli insegnanti con gli addobbi di Halloween e cominciava a sentire dolore in qualunque parte del corpo. Le ultime ore trascorse su quella maledetta scala di legno pericolante l'avevano spossata e nel tentativo di raddrizzare l'ennesima ghirlanda di zucche, aveva quasi perso l'equilibrio ed Al era apparso dal nulla per sorreggerla. La fece scendere delicatamente dai pioli e quando ebbe toccato terra, la guardò con aria interrogativa. “Si può sapere perché sei sempre impegnata in qualche lavoro stressante e noioso che nessun altro vuol fare?” le domandò. Lei si portò una mano alla schiena e si stiracchiò come un gatto appena sveglio. “Perché nessun altro vuole farli, appunto. E visto che sono uno dei capiscuola più anziani, vengo sempre reclutata per prima e non posso tirarmi indietro, come qualcuno di mia conoscenza!” aggiunse, indicando con un cenno del capo una ragazza che se ne stava seduta su uno dei lunghi tavoli della Sala Grande, impegnatissima a leggere alcuni fogli che a prima vista sembravano spartiti musicali.
“Che c'è, tua sorella non è una maniaca dell'ordine faccio-tutto-io come te?” chiese il ragazzo, ridendo. Abigail si voltò dall'altra parte con una smorfia. “Non sono una maniaca dell'ordine, ma lei è una menefreghista che pensa solo a quelle stupide canzoncine del coro...” “Ma no dai, lo sai che non è così” cercò di calmarla, dirigendosi poi verso Rebecca. “Hey Becca!” la salutò, sforzandosi di suonare disinvolto. In realtà loro due non si parlavano molto, essendo simili nella loro timidezza e difficoltà nell'aprirsi con gli altri. La ragazza alzò la testa di scatto, facendo svolazzare i lunghi capelli castani. “Ah, ciao Albus” lo salutò. “Puoi chiamarmi Al” rispose lui automaticamente. Nessuno lo chiamava col suo numero di battesimo. Lei annuì, arrossendo leggermente. Lui fece finta di non notarlo. “Spartiti nuovi?” chiese, sedendosi vicino a lei. La ragazza glieli passò facendo segno di sì con la testa. “Devo impararli alla perfezione per stasera, per lo spettacolo di Halloween sai...” “Si si, mi ricordo! Lo fate ogni anno, no?”. Un altro cenno del capo. “Ma sono certo che tu li conosca già tutti a memoria!” aggiunse, passandoglieli di nuovo. Lei sorrise un po' scettica e scosse la testa. “Meglio non rischiare” si limitò a dire, riprendendo a leggere. Al si passò una mano tra i capelli, indeciso sul da farsi. “Credo che tua sorella gradirebbe una mano con gli addobbi” azzardò, indicando una traballante Abigail intenta ad appendere una catenella di pipistrelli di carta su una delle grandi colonne di granito. Rebecca la squadrò per qualche istante e poi si rivolse nuovamente al ragazzo. “Ti ha mandato lei, per caso?” domandò alzando un sopracciglio. Al alzò le mani in segno di innocenza. “Giuro che vengo in pace! Ma l'ho vista in difficoltà e visto che eri qui ho pensato che avresti potuto darle una mano insieme a me. Sai com'è fatta, no? Le piace fare le cose lei stessa, ma non ammetterebbe mai di aver bisogno d'aiuto...” “Già, l'orgoglio non glielo permette” commentò lei, appoggiando i fogli sul tavolo. “Va bene, dai. Andiamo a dare una mano alla nostra caposcuola” concluse, aprendosi in un sorriso.
Quando vide la sorella afferrare uno degli striscioni, Abigail rischiò di cadere nuovamente dalla scala. “Cosa stai tentando di fare, sabotarmi?” domandò, stringendo le ghirlande arancioni al petto con aria drammatica. Rebecca ed Al si guardarono e scoppiarono a ridere, mentre la Serpeverde li scrutava con la fronte aggrottata. Poi si rivolse al ragazzo e gli parlò sottovoce: “Qualunque incantesimo tu abbia usato su di lei, ti prego, insegnamelo!” e ricominciarono a ridere più di prima, finendo per innervosire il signor Gazza che stava camminando dietro di loro in quel momento.
 
 
“Si può sapere che ti succede stasera? Sei più pallido del solito!”. Megan osservava il fidanzato con occhio clinico da quando erano entrati nella Sala Grande per la famosa cena di Halloween e Rose, seduta di fronte a loro, sospirò. “Smettila, Meg. Se continui a stressarlo così il povero Eliot finirà per mandarti a quel paese!”. Il ragazzo le sorrise in segno di gratitudine, ma la Corvonero vicina a lui sbuffò irritata. “Mi preoccupo per lui, tutto qui. Ma posso farne anche a meno, se non gli interessa...” “E dai Meg, sai che non è questo quello che intendevo...” Rose smise nuovamente di seguire la loro conversazione. Quei battibecchi di coppia la disturbavano e non poco. Sempre meglio i battibecchi del silenzio assoluto però si ritrovò a pensare, vagando con lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde accanto al loro. Il ragazzo biondo che stava inconsapevolmente cercando aveva la testa piegata verso il basso, impegnato a gustarsi il porridge. Dopo quella breve discussione vicino al campo di Quidditch e la conseguente riappacificazione (sempre se così si poteva intendere), non si erano più parlati e questo la rendeva triste, nonostante i suoi sforzi di fregarsene e pensare ad altro. Si accorse troppo tardi che Scorpius la stava guardando dritto negli occhi e distolse lo sguardo con imbarazzo. Stupida.
Stava per riprendere a mangiare le frittelle nel suo piatto, quando le porte della Sala Grande si spalancarono e Gazza entrò tutto trafelato, seguito a ruota dalla gatta che non lo abbandonava mai. “Preside! Preside McGranitt!” urlò con la voce roca. La donna si alzò dal suo seggio, aggrottando la fronte. “Signor Gazza, si può sapere cosa...” “Deve venire a vedere! Ho trovato una cosa all'ingresso, presto!” ed uscì di nuovo dalla sala zoppicando, con Mrs Purr alle calcagna. Quella scena ricordò a Rose una storia che suo zio Harry le raccontava quando era piccola, un aneddoto che riguardava la sera di Halloween del suo primo anno, quando un troll di montagna si era introdotto ad Hogwarts per mano del professor Raptor ed indirettamente, di Voldemort.
La preside scambiò un'occhiata preoccupata con il resto degli insegnanti, mentre gli studenti cominciarono ad alzarsi e parlottare tra loro. La McGranitt agitò la bacchetta ed una folata di vento li fece risedere tutti di botto sulle panche. “Che nessuno si muova da qui, saremo io e gli altri insegnanti ad andare a controllare. Mi raccomando, rimanete nella Sala Grande o le conseguenze saranno alquanto spiacevoli”. Detto ciò, si allontanò dal tavolo di castagno in uno sventolio della veste verde, seguita dagli altri. Rose notò il cugino più grande alzarsi di nuovo e muoversi verso il gruppetto di maghi e streghe, ma la preside gli indicò di sedersi nuovamente. “Vale anche per te, Potter. Resta con i tuoi compagni” lo ammonì ed uscì in tutta fretta. James fece solo finta di sedersi, ma non appena gli insegnanti furono scomparsi al di là delle porte, saltò su, seguito da Dorian, Rhonda e qualche altro Grifondoro. Anche al tavolo dei Corvonero e dei Serpeverde i ragazzi ripresero ad agitarsi, mentre gli unici che sembravano impegnati a continuare il pasto erano i docili Tassorosso. Rose si alzò a sua volta e scavalcò la panca con entrambe le gambe. “Rose, dove stai andando? Hai sentito la McGranitt?” la rimproverò subito Megan. Ma la ragazza scosse la testa. “Sto solo andando in bagno, non preoccuparti. Non mi farò neppure vedere” e si strinse nelle spalle con sguardo angelico.
Non appena ebbe varcato la soglia della Sala Grande, si trovò circondata da un gruppetto di altri studenti. Riconobbe suo cugino James ed i due capiscuola del settimo anno Abigail e Bradley, poi si aggiunsero Rhonda, Dorian ed inaspettatamente Scorpius. I nuovi arrivati le lanciarono uno sguardo d'intesa e cominciarono tutti insieme a correre verso l'enorme portone d'ingresso del castello. Erano in 7, così Abigail mormorò un incantesimo Muffliato sui loro piedi per non farsi udire dagli insegnanti distanti solo pochi metri. Si fermarono vicino alla scalinata centrale, nascondendosi dietro alle colonne. Rose si ritrovò qualcuno dietro di sé che premeva con il proprio corpo contro il suo per riuscire a sbirciare qualcosa. Dal leggero odore di felce sapeva che si trattava proprio di Scorpius, solo lui utilizzava quel profumo. Una mano pallida si posò sul suo braccio a confermare la sua ipotesi e lo sentì sussurrarle: “So che non siamo in una posizione propria comoda e forse non è il momento, ma volevo dirti che...” “Shhh!” lo zittì Rhonda dalla colonna più avanti, voltandosi di nuovo a guardare. Rose si voltò giusto in tempo per vedere Bradley Samuels, il caposcuola più grande della sua casa, che la osservava con sguardo cupo. In quel momento sperò con tutta se stessa che le dicerie sulla cotta che il ragazzo aveva per lei fossero false. Gli insegnanti, la preside ed il signor Gazza erano ammassati di fronte al portone d'ingresso, i nasi all'insù nel tentativo di leggere l'enorme scritta che campeggiava sul legno di quercia. James pronunciò in silenzio le parole scritte in rosso a caratteri cubitali. Voi sarete i prossimi dopo gli unicorni. Preparatevi a soccombere.”
Rose rabbrividì e la stretta di Scorpius sul suo braccio la rassicurò. “Non credo sia sangue vero comunque” mormorò dietro di lei. “Avrà scelto quel colore per rendere la cosa più melodrammatica” “E c'è riuscito, direi” gli rispose lei, sporgendosi ulteriormente in avanti. La professoressa Prince stava scuotendo i ricci biondi con energia. “Non riesco a capire come possano essere entrati all'interno del castello per scriverlo” stavo dicendo rivolto alla McGranitt, che pareva non curarsi di lei e che si avvicinò ancora di più al portone, allungando una mano fino a sfiorare una delle lettere più in basso. “Chi può aver fatto una cosa del genere, preside?” le domandò il professor Paciock, grattandosi il mento. La donna ribatté: “Non ne ho idea, Neville. Sicuramente qualcuno che vuole intimorirci, ma non dobbiamo permettere che accada” e così dicendo si voltò per fronteggiare il resto dei docenti. “Fate in modo che quella scritta sparisca, non voglio che i nostri studenti sappiano di tutto questo prima che sia io a decidere di renderlo pubblico. Mi avete sentito?”. Annuirono all'unisono e mentre si incamminavano nuovamente verso la Sala Grande, Rose vide James girarsi nella sua direzione, gli occhi solitamente spensierati erano gravi, come offuscati da un velo scuro ed opprimente. Il suo sguardo parlava chiaro: dovevano fare qualcosa.
 
 
Dorian le si avvicinò cercando di essere il più silenzioso possibile, per non svegliarla. Eccola lì, ancora addormentata sotto le lenzuola candide, bianche come la benda che le circondava ancora la testa. Erano passati 4 giorni da quando si era presa quello stupido bolide in testa, ma Madama Chips aveva insistito per farla rimanere ancora un po' in infermeria, “per prevedere eventuali traumi successivi” aveva detto. A Dorian non dispiaceva poi così tanto, visto che non appena uscita da quella stanza, avrebbe cominciato ad evitarlo, come era giusto che facesse. Ma finché si trovava lì, ancora debole e perennemente in uno stato di dormiveglia, poteva parlarle senza che lei gli rinfacciasse quello che era successo. Poteva fingere che fossero ancora amici, che non fosse cambiato niente.
Così avvicinò una sedia e si mise a sedere, osservandola per qualche istante. Madama Chips doveva averle lavato i capelli quel pomeriggio, perché sembravano insolitamente morbidi e brillanti al chiaro di luna. Forse aveva intuito che Natalee non sopportava farsi vedere con i capelli sporchi, neppure in situazioni come quella? Chissà. Dorian si sporse ancora un po' verso di lei e cominciò a parlare: “Hey Nat, eccomi qui anche stasera. In realtà ero indeciso se venire di nuovo oppure no, non che mi dispiaccia la tua compagnia, ovviamente! Sei sempre stata una delle mie migliori amiche e lo sei pure adesso con la testa sfasciata e la pelle cadaverica” le sorrise pur sapendo che non poteva vederlo. “In realtà è successo un casino assurdo stasera e James mi aveva detto che sarebbe stato rischioso uscire nei corridoi dopo il coprifuoco, ma ormai mi conosci, le regole non fanno per me”. Le accarezzò il viso con delicatezza, scostandole una ciocca di capelli di lato. “La preside e gli altri professori hanno trovato una scritta inquietante sul portone d'ingresso, sai? Qualcosa riguardante gli unicorni ed il fatto che i prossimi a fare la stessa fine saremo noi. Ma non preoccuparti, sono sicuro che la McGranitt e gli altri riusciranno a capire chi è l'idiota che ci ha fatto uno scherzo così malato e lo faranno rinchiudere da qualche parte”. Attese qualche istante, come se la ragazza potesse rispondergli. Poi continuò: “Non vedo l'ora che tu torni nella squadra, una delle riserve del terzo anno ti sta sostituendo ma non è certo la stessa cosa. Anche se sicuramente ce l'avrai a morte con me quando sarai fuori da qui e non vorrai più parlarmi né vedermi. Spero che quella fase duri un mese o due al massimo, ti conosco e so che non porti rancore troppo a lungo, dico bene?”. Ancora silenzio. “Beh, spero che sia così anche stavolta. Tornerò domani notte a vedere come stai, tu però cerca di stare sveglia una volta ogni tanto” ridacchiò, alzandosi lentamente dalla sedia.
Natalee sembrò riscuotersi leggermente, gli occhi si mossero sotto le palpebre, ma poi tornò a rilassarsi, il respiro regolare come fino ad un attimo prima. Dorian le rivolse un ultimo sguardo pensieroso, sollevò una mano per sfiorarle nuovamente il viso, le guance, il contorno delle labbra, ma poi si fermò come se una scarica elettrica avesse colpito le sue dita e sorrise malinconico. “A domani Nat” mormorò, andandosene in punta di piedi.



Buonasera :)
Chiedo umilmente scusa per non aver postato per più di 2 settimane, ma ora che ho finito con quei maledetti esami di maturità posso scrivere quando e quanto voglio :D

Quindi, rieccomi qua. Perlomeno il capitolo è piuttosto lungo, così magari riuscirete a perdonarmi per la lunga attesa (ovviamente mi riferisco a quelle poche persone che stanno seguendo questa storia, mi state deludendo molto ragazzi/e ahaha)
Come al solito, spero che i personaggi vi piacciano e che la storia sia interessante, come avete visto già in questo capitolo le cose si fanno sempre più misteriose e io stessa sono curiosa di vedere che cosa mi verrà in mente (?) ahahaha
A questo punto vi do' la buonanotte e scusate per gli eventuali errori/imprecisioni ma è tardi, capitemi lol recensite che vi regalo dei cioccolatini al latte come premio ;)

Frannie

 
 

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Capitolo 6
*** 6. ***


Per quanto solitamente trovasse le lezioni del professor Robins piuttosto interessanti, quel giorno Lily non riusciva proprio a rimanere concentrata. Il giovane insegnante stava cercando di riportare la classe all'ordine e contemporaneamente di acchiappare i colibrì sparsi qua e là per la stanza, pentendosi di aver scelto degli animali tanto piccoli per la sua lezione di “trasfigurazione di uccelli in tazze per il tè”. Alcuni studenti di Serpeverde lanciavano palline di carta ai minuscoli uccelli sghignazzando, mentre le sfortunate creature scappavano all'impazzata, seminando piume gialle su tutto il pavimento. Lily stava giocherellando distrattamente con la tazzina a fiori arancioni appena creata, ripensando a tutta la faccenda dell'unicorno ed alle varie ipotesi che lei e Malfoy avevano elaborato nei giorni precedenti. “E se fosse qualcuno all'interno della scuola”. Il giovane Serpeverde aveva scosso la testa con convinzione. “La preside ha radunato un corpo docenti di cui si fida ciecamente, nessuno tradirebbe mai la sua fiducia”. “E se invece si trattasse di uno studente?” aveva domandato di nuovo, fremendo. Ancora un cenno della testa bionda. “Chi farebbe mai una cosa simile?” “Non lo so, ma non può trattarsi di una persona esterna. Nessuno è mai riuscito a varcare le porte del castello senza l'autorizzazione della preside in persona, la scuola è circondata da incantesimi di protezione in grado di resistere a qualunque cosa” “Già, ma ti sbagli: qualcuno è riuscito ad entrare una volta”. Lily lo aveva guardato senza capire, poi si era ricordata. “Stiamo parlando della Grande Battaglia, un episodio unico ed irripetibile. Nessuno riuscirebbe mai ad accumulare un tale potere, non di nuovo”. Ma quell'idea le stava ancora vorticando nella mente, acquistando una forma sempre più definita. Possibile che qualche antico seguace del più grande mago oscuro di tutti i tempi si fosse nuovamente fatto vivo? E se così fosse, che cosa stava tentando di fare?
Quando finalmente il professor Robins si sedette sulla propria scrivania, senza fiato e con i capelli tutti spettinati, la Grifondoro alzò una mano con decisione. “Parla pure, Lily” sbuffò l'insegnante, sistemandosi gli enormi occhiali rotondi sulla punta del naso. Lei si schiarì la voce. “Mi chiedevo, professor Robins...lei ha partecipato alla Seconda Battaglia di Hogwarts, dico bene?”. L'uomo sussultò ed annuì lentamente. “Già, ero solo al quarto anno, proprio come voi” aggiunse. “Giusto. Mi chiedevo se saprebbe spiegarci in qualche modo come è stato possibile che gli incantesimi protettivi di Hogwarts fossero spezzati. Insomma, come hanno fatto Voldemort e gli altri a superare le barriere? E crede che potrebbe succedere nuovamente?”. Un inquietante silenzio era sceso su tutta la classe. Perfino suo cugino Hugo, impegnato fino a pochi attimi prima a sonnecchiare con la testa sul banco, si era voltato verso di lei con circospezione. L'uomo tossicchiò per schiarirsi la voce, poi guardò uno ad uno ogni studente presente nella stanza. E sospirò. “Purtroppo non è così semplice da spiegare. La notte del 2 Maggio 1998 successero molte cose terribili ed il mago oscuro di cui oggi non temiamo più il nome possedeva un potere senza confini, la magia oscura che era riuscito ad accumulare avrebbe fatto impallidire chiunque. Gli insegnanti e gli studenti, me compreso, fecero tutto il possibile per rafforzare la barriera magica che ci separava dal suo esercito di Mangiamorte, ma fu tutto inutile. Si erano già insediati all'interno della scuola, erano diventati i nostri insegnanti, coloro che ci mostravano le Maledizioni Senza Perdono al posto dei comuni incantesimi ed avevano conquistato perfino il Ministero della Magia. Quindi non fu così difficile per loro spianare la strada a Voldemort e tutti i suoi seguaci”. Lily sentì un brivido scenderle lungo la schiena, ma cercò di non farci troppo caso. “Quindi ci fu anche un sabotaggio interno, per così dire?” chiese lentamente. Il professor Robins ci pensò su ed annuì. “Definitivamente, si. Tutti facemmo del nostro meglio, ma come già saprete, Voldemort aveva messo alcuni Mangiamorte quali i fratelli Carrow a capo della scuola ancora prima dello scoppio della cosiddetta Seconda Battaglia” “Quindi crede che...” “Che una cosa del genere possa ripetersi? Spiacente deluderti, Lily, ma dubito che qualcuno riesca nuovamente ad infiltrarsi all'interno del castello con tanta facilità e soprattutto sono certo che là fuori non ci sia nessuno neppure lontanamente paragonabile a Voldemort o ai suoi tirapiedi”. La ragazza annuì senza troppa convinzione. L'uomo si rivolse nuovamente a lei. “Perché tanto interesse per questo argomento, comunque? Credevo che tuo padre te ne avesse parlato a sufficienza, considerato che fu uno dei protagonisti in assoluto...” “Si beh, diciamo che non è molto ferrato sulle questioni tecniche riguardanti gli incantesimi di protezione eccetera, la mia era semplice curiosità” si affrettò a chiarire, abbassando lo sguardo e riprendendo a riflettere, mentre il resto della classe le lanciava occhiate ambigue che lasciavano ben poco all'immaginazione.
 
 
“Hey Rhonda, sta' più attenta con quei bolidi!” aveva urlato Dorian, dopo averne schivato un altro che sembrava proprio diretto alla sua testa. La ragazza si era voltata dall'altra parte scuotendo i lunghi ricci neri e si era allontanata sulla sua scopa come se niente fosse. Dorian sbuffò. Che situazione. Speriamo che prima o poi la smetta di fare la sostenuta. Un movimento alla sua destra lo riportò al suo ruolo di portiere, giusto in tempo per impedire che uno dei propri cacciatori insaccasse la pluffa nell'anello centrale. Dopo quella prima partita dell'anno così disastrosa aveva iniziato ad allenarsi con tutto se stesso, diventando perfino più abile di quanto già non fosse. Come se diventare il miglior portiere della storia del Quidditch possa riparare ai danni che ho fatto. Se solo Nat potesse uscire dall'infermeria... Un rumore proveniente dal centrocampo attirò la sua attenzione; sembrava un battito di mani, come se qualcuno stesse applaudendo e in quel momento vide una figura agitarsi per farsi vedere da tutta la squadra. Strizzò gli occhi per metterla bene a fuoco, ma nonostante tutto non riusciva a crederci. James gli sfrecciò accanto, scendendo in picchiata con il resto dei Grifondoro e fermandosi a poche spanne da terra; Dorian lo vide saltare giù dalla scopa e contemporaneamente sollevare la ragazza in un abbraccio. Anche a quell'altezza riuscì a sentire la sua voce che urlava: “Mettimi giù Potter, sei tutto sudato!” accompagnata da una risata. Quando finalmente si decise a scendere a terra, Natalee stava ancora salutando i compagni di squadra: sorrise all'altra cacciatrice del suo stesso anno, abbracciò ancora una volta Rhonda ed allungò una mano per scompigliare i capelli ad Oscar, il portiere che lo aveva sostituito contro i Serpeverde e che per una volta si limitò a ridacchiare senza lamentarsi per i capelli tutti in disordine. “Allora? Dov'è la tua divisa da Quidditch?” chiese subito James, gli occhi che brillavano per l'eccitazione. Natalee ridacchiò e si schiarì la voce. “Madama Chips mi ha lasciata uscire, ma mi ha ordinato di aspettare ancora una settimana prima di salire nuovamente sulla scopa. Sì, proprio ordinato” ripeté, sorridendo tristemente. Un'espressione delusa si fece strada sulla faccia di tutti i presenti, poi fu Rhonda a parlare di nuovo: “Non preoccuparti dai, l'anno è lungo e avrai modo di farla pagare a quella serpe di Eliza. L'importante è che tu sia di nuovo sveglia e perfettamente cosciente” e le diede una leggera pacca sulla spalla. Natalee annuì, tornando serena. Poi fece un gesto impaziente con le mani. “Che fate ancora qui? Tornate ad allenarvi o la prossima volta persino i Tassorosso ci faranno il culo!” ed il resto della squadra scoppiò a ridere, prima di salire nuovamente in groppa alle scope e tornare alle proprie postazioni.
Dorian era rimasto in disparte, aspettando che gli altri si allontanassero. Le si avvicinò con passò incerto ed allungò una mano con atteggiamento meccanico. “Bentornata, allora” farfugliò, improvvisamente a corto di parole. Natalee osservò quella mano tesa verso di lei, poi alzò lo sguardo per incontrare i grandi occhi verdi che in quel momento la stavano fissando con terrore e gli si buttò al collo, stringendolo più forte che mai. Dopo un attimo di confusione, Dorian le circondò la schiena con le braccia e rispose all'abbraccio, chiudendo gli occhi. Grazie a Dio. Mentre i capelli di lei gli solleticavano la guancia, la sentì sussurrargli all'orecchio: “Non credere che non sia ancora arrabbiata con te, sono a dir poco furibonda. Hai abbandonato la squadra in un momento critico e non so neppure perché tu l'abbia fatto” “Hai ragione, sono stato un idiota e...” “Non ho finito!” lo interruppe lei, continuando a stringerlo. “Si, sei stato un'idiota irresponsabile ed egoista, ma so che sei venuto a trovarmi ogni notte. Ti ho sentito”. Quell'ultima frase lo fece sussultare. Le aveva parlato con tranquillità, convinto che dormisse troppo profondamente per poter udire le sue parole, ma non era così. “E ti ringrazio, per esserti preoccupato così tanto e per aver violato tutti i coprifuoco ed aver eluso la sorveglianza di Gazza. È stato dolce da parte tua e sinceramente non me l'aspettavo”. La sentì ridacchiare e ringraziò ancora una volta di poterla riavere lì, sana e salva. “In ogni caso, dovrai farti perdonare per non essere venuto a quella partita, quindi torna subito ad allenarti con gli altri se non vuoi che ti spedisca subito in infermeria ad occupare il letto che ho appena liberato!” esclamò, allontanandosi da lui con un sorrisetto. Dorian annuì, felice come non mai. Quando fu sul punto di staccare i piedi da terra, però, Natalee lo trattenne per la manica. “Ho sentito anche la parte riguardante la scritta sulle porte della scuola e sappi che non ho intenzione di starmene con le mani in mano, anche a costo di andare io stessa a cercare quel bastardo”. Tipico. Esce da un trauma cranico e vuole già tornare a fare l'eroina. Dorian sorrise e volò via, riappropriandosi dei suoi amati anelli e sentendosi il cuore più leggero.
 
 
Quella notte
 
 
Rose scivolò fuori dall'entrata della Sala Comune dei Corvonero, richiudendo la porta dietro di sé. Aveva percorso a malapena metà del primo corridoio quando si sentì afferrare per un braccio e spingere contro il muro. Per un attimo temette che si trattasse di Gazza che l'aveva beccata in pieno mentre trasgrediva alle regole, uscendo dopo il coprifuoco, ma una voce soffocata pronunciò la parola “Lumos!” e un lampo di luce illuminò il viso molto più giovane e affascinante di Scorpius Malfoy. Per poco la ragazza non gli tirò uno schiaffo. “Mi hai spaventata a morte!” mormorò innervosita, rendendosi conto solo in quel momento che il ragazzo stava ancora premendo con tutto il corpo contro il suo, la mano destra ferma sulla sua spalla. Il Serpreverde ridacchiò. “Credevi fossi Gazza?”. Rose annuì, la fronte aggrottata. “Che ci fai qui?” “E tu perché sgattaioli fuori dopo il coprifuoco?” chiese a sua volta lui, senza allontanarsi neanche di un centimetro. L'aria tra i due cominciava a farsi calda e tesa come una corda di violino. La ragazza sospirò e a malincuore staccò la mano di lui da dove sembrava ormai incollata e la lasciò cadere. “Non ho sonno e Megan mi aveva avvertita che stasera sarebbe stata visibile una costellazione molto bella di cui non ricordo il nome. Stavo andando alla torre di Astronomia” confessò, abbassando lo sguardo.
Scorpius annuì, senza distogliere gli occhi da quella massa di capelli rossi che sembravano risplendere nonostante la scarsa luce. “D'accordo, andiamo” disse alla fine, avviandosi verso la fine del corridoio. Rose strabuzzò gli occhi, sebbene il buio celasse la sua espressione. “Come sarebbe a dire andiamo?” domandò, seguendolo con passo incerto. Il ragazzo piegò la testa verso di lei, continuando a camminare con passo leggero. “Conoscendoti non mi avresti mai chiesto di venire con te di tua spontanea volontà, quindi ho deciso di fare io il primo passo”. Le rivolse un sorriso sghembo e si voltò di nuovo. La ragazza avrebbe voluto parlare di nuovo, ma per qualche strana ragione rimase in silenzio mentre attraversavano il castello.
 
 
Al si rigirò per l'ennesima volta sotto alle morbide coperte verdi. Pochi istanti prima gli era parso di intravedere Malfoy uscire dal dormitorio, ma non gli aveva dato troppo peso. Ormai non si sorprendeva più di sentirlo sgattaiolare via durante la notte, quel ragazzo sembrava passare molto tempo da solo e non esserne affatto dispiaciuto. Non è certo un mio problema pensava ogni volta, ma le parole che suo padre gli diceva quando era ancora un bambino gli tornavano alla mente: “Ricorda, Al, le persone che sembrano non volere l'aiuto di nessuno sono quelle che ne hanno più bisogno. E non lasciarti mai condizionare dai pregiudizi altrui, neppure dai nostri”. Erano parole più che vere e sapeva bene che la rivalità tra la propria famiglia e quella di Scorpius non era priva di fondamento, ma quel ragazzo non sembrava assomigliare affatto a suo padre o suo nonno, il che lo rendeva già più simpatico ai suoi occhi. Inoltre, voci di corridoio (presenti nella stessa casa dei Serpeverde) affermavano l'esistenza di un interesse da parte del giovane nei confronti di Rose e questo non aveva allarmato Al come previsto.
Pensare a suo padre gli aveva fatto ricordare la lettera ricevuta tre giorni prima a cui non aveva ancora avuto il tempo di rispondere. Se sua madre l'avesse saputo, si sarebbe sicuramente infuriata per bene ed il ragazzo temeva le scenate di Ginevra Potter Weasley più di qualunque altra cosa. Visto che non riusciva a prendere sonno, scostò le coperte con un movimento brusco e si alzò, dirigendosi verso il piccolo scrittoio vicino alla finestra della camerata. Grant e gli altri due Serpeverde stavano ancora russando ed il ragazzo non si preoccupò neppure di sollevare la sedia dal pavimento di legno, producendo un leggero scricchiolio che, come si era aspettato, non turbò minimamente il loro sonno. Si sedette ed aprì il foglio di pergamena che aveva lasciato là sopra insieme ad alcuni libri. La calligrafia di suo padre era obliqua e un po' allungata, ma facilmente comprensibile.
 
Caro Albus,
ti scrivo per la prima volta dall'inizio del nuovo anno scolastico su esplicita richiesta di tua madre, che come potrai immaginare non fa altro che preoccuparsi di quanto tu sembri magro, delle lezioni di Difesa Contro Le Arti Oscure a suo avviso “troppo pratiche” e della possibilità che le Serpi possano ucciderti nel sonno. Ovviamente i suoi timori sono del tutto infondati, ma ci tenevo a salutarti e a chiederti un po' come state tu ed i tuoi fratelli. Come va la squadra di Quidditch? James ha già giocato la prima partita? Come al solito mi affido a te, cerca di tenerlo lontano dai guai (e dalle ragazze, soprattutto).
A proposito, che mi dici di quella graziosa Serpeverde che ti ha prestato gli appunti di Storia della Magia quest'estate? Si chiamava Abigail, se non sbaglio. Non hai nulla da dirmi a riguardo? Anche se sembrava un po' più grande di te, nulla vieta che possa nascere qualcosa! Ricordati che uscivo con una ragazza del sesto anno quando io ero ancora al quinto (cerca di non far sapere a tua madre che te ne ho parlato, odia risentire quella storia).
Eviterò di domandarti come vanno le lezioni, i tuoi voti non hanno certo bisogno del mio controllo (a differenza di tuo fratello, che sembra ancora convinto che saper fare qualche incantesimo sia sufficiente per diventare un ottimo auror. Che razza di sfaticato!) e già che ci sei, saluteresti il professor Paciock da parte mia? Anche tua madre gli manda un bacio.
Qualche novità a scuola? Oscure presenze? Nuove minacce? Per qualsiasi problema non esitare a parlare con me e farò tutto il possibile per darti un consiglio, vista la mia (tristemente) considerevole esperienza in merito.
Hagrid invece, sta bene? Alisecco è in ottima forma come quando sono venuto a trovarlo l'anno scorso? Insomma, raccontami qualcosa di questa Hogwarts che mi manca terribilmente ogni giorno di più! Ah, tua madre mi sta chiedendo di ricordarti che da dicembre inizieranno le gite ad Hogsmeade, perciò avvertimi se dovesse servirti il nostro permesso scritto. E da' un'occhiata anche a Lilu di tanto in tanto, con discrezione, come sai fare tu.
Cerca di rispondere presto, un abbraccio da entrambi
 
Mamma e Papà
 
Adorava quando era suo padre a scrivere le lettere; riusciva a rassicurarlo ed allo stesso tempo farlo sentire amato, senza per questo assillarlo con preoccupazioni superflue (cosa che invece rimaneva più difficile per sua madre, diventata improvvisamente troppo ansiosa da quando anche lui aveva iniziato il proprio percorso ad Hogwarts). Afferrò una piuma dal calamaio e cominciò a scribacchiare su un altro pezzo di pergamena la risposta alla lettera.
 
Cari mamma e papà,
vi ringrazio per la lettera e mi scuso se la risposta vi arriverà in ritardo, ma a scuola sono successe alcune cose e non ho avuto molto tempo per scrivere. Innanzitutto, vi informo che è ufficialmente iniziato il campionato di Quidditch (per quanto poco mi interessi, ma so che per te è molto importante, papà, così come lo è per James), ma purtroppo i Grifondoro hanno perso contro Serpeverde, a quanto pare per colpa dell'assenza ingiustificata di Baston.
So che sei alla ricerca di pettegolezzi almeno quanto la mamma, ma devo deluderti: Abigail è soltanto un'amica, una sorta di tutrice all'interno del “covo delle serpi”, come piace dire a Lily, nulla di più! Ed inoltre, credo sia interessata ad un altro Potter, non so se mi spiego.
Per quanto riguarda la scuola, va tutto alla grande (anche se di questi tempi non siamo ancora troppo carichi di verifiche, quindi è facile dirlo) e sono sicuro che il professor Paciock gradirà i vostri saluti, quell'uomo parla costantemente di te, papà! Per quanto riguarda le “oscure presenze”, direi che hai proprio scelto le parole adatte, visto che è stato trovato un unicorno con il corno pietrificato e successivamente una scritta fatta col sangue (o perlomeno così sembrava) sulla porta d'ingresso della scuola. Piuttosto inquietante, no? La preside ha cercato di mettere tutto a tacere, ma James era già riuscito a scoprirlo (tipico di vostro figlio, se l'avessero beccato Dio solo sa che guai gli avrebbero fatto passare!). Nessuno ha la minima idea di chi possa essere stato e suppongo che neanche tu ce l'abbia, papà. Dico bene?
Vi terrò informati in ogni caso, sperando di potervi dare notizie migliori nei prossimi mesi. Per quanto riguarda il permesso per Hogsmeade, direi che abbiamo ancora un po' di tempo, mi basterebbe averlo per la fine del mese, se per voi non è un disturbo. E non preoccupatevi, ci penserò io a Lily (non vorrei che James fosse troppo impegnato con il Quidditch e le sue assidue ammiratrici!).
Un abbraccio ad entrambi
 
Al
 
 
“Se non sbaglio, dovrebbe trattarsi di Pegaso”. Rose si era voltata verso di lui di scatto non appena ebbe aperto bocca. Scorpius si strinse nelle spalle. “La costellazione di stanotte, intendo. Dovrebbero essere le quattro stelle della costellazione di Pegaso ad essere visibili di questi tempi” aggiunse, tornando a rivolgere lo sguardo verso il cielo notturno. La Corvonero si strinse a sua volta nelle spalle, ma quel gesto fu interpretato dal ragazzo in altro modo. “Hai freddo?” le chiese subito e senza aspettare una risposta, si tolse il giubbotto azzurro e glielo pose delicatamente sulle spalle. Rose sorrise riconoscente e dopo un lungo silenzio imbarazzante, cominciò: “Allora...come fai a sapere tutte queste cose di Astronomia?” “Mai provato a seguire veramente le lezioni della Sinistra?” domandò, alzando un sopracciglio. La ragazza scosse la testa, sorridendo con aria di scuse. “Beh, io sì. E ti assicuro che in questi anni ci ha insegnato solo circa il 60% delle cose che so attualmente a proposito delle stelle” e le rivolse uno sguardo fiero, ma non arrogante come ci si poteva aspettare dopo un'affermazione del genere. Era solo uno sguardo soddisfatto, quasi volesse sottolineare uno sforzo personale, un traguardo che aveva raggiunto da solo. A Rose piaceva quello sguardo. “Ah, davvero?” chiese, non sapendo bene cosa dire. Lui continuò: “Certo! Immaginavo che ci fosse molto altro dietro e così ho fatto alcune ricerche da solo ed ho scoperto molte cose interessanti sul moto delle galassie, informazioni che la scuola non ritiene necessarie, presumo, ma che io considero terribilmente affascinanti”. Sarebbe rimasta ad ascoltarlo per ore, se avesse potuto. Scorpius rivolse nuovamente il naso all'insù, godendosi quella distesa infinita di puntini luminosi, per fortuna senza neppure l'ombra di una nuvola che li privasse di quello spettacolo. “Mi piace cercare di svelare i segreti del cielo, tutti i meccanismi che stanno al di là di ciò che vediamo. È incredibile quanto possiamo apparire piccoli se paragonati all'immensità dell'universo!”. Quel pensiero sembrava attrarlo, mentre al contrario, per lei era fonte di angoscia e sconforto. Era vero, i loro problemi e le loro preoccupazioni erano quasi inesistenti se comparati a quella grandezza oltremisura, ma come potevano loro, così piccoli ed insignificanti, pensare di poter conoscere i segreti del cielo, come lui li aveva chiamati? E perché tutto quell'interesse per cose che sembravano irraggiungibili ed incomprensibili, a suo parere?
Scorpius si voltò nuovamente verso di lei, la fronte corrugata. “Qualcosa non va?”. Una pausa. “La mia incontenibile passione per gli astri ti ha impressionata così tanto che non riesci più a parlare?” provò a scherzare, storcendo la bocca in un sorrisetto sghembo. Rose sorrise a sua volte e fece segno di “no” con la testa. Aveva ragione, era la sua passione e non voleva rovinargliela solo perché non riusciva a capirla o a condividerla. Così cambiò argomento. “Cosa intendevi dire poco fa, in corridoio?” chiese a fior di labbra. Il ragazzo aprì ancora di più gli occhi, confuso. “Ma sì, quando mi hai detto che, conoscendomi, non ti avrei mai chiesto di venire con me e quindi hai deciso di fare tu il primo passo”. Scorpius si passò una mano tra i capelli biondo platino, mordendosi il labbro inferiore. “Mi sbagliavo, forse?” domandò a sua volta, guardandola dritta negli occhi. “No, però perché vorresti mai...” “Mi sembra chiaro a questo punto” rise lui. “Sono un appassionato di astronomia e stasera c'è una bellissima costellazione proprio sopra le nostre teste” “Ma perché venire quassù con me? Sapevi già della costellazione, no? Perché venire a cercarmi?” insistette la ragazza. Scorpius aprì la bocca per protestare, ma la richiuse. Aspettò qualche secondo e poi respirò profondamente. “Speravo di trovarti a girovagare per i corridoi, so che ogni tanto lo fai, quando non riesci a prendere sonno. Ti avevo già vista farlo altre volte, visto che anch'io preferisco andarmene in giro a notte fonda a rimuginare sui miei pensieri, piuttosto che rigirarmi nel letto...” “Okey, ma perché? Perché speravi di trovarmi in corridoio?” chiese ancora Rose, avvicinandosi al suo viso involontariamente. Il giovane Serpeverde la osservò, l'indecisione evidente negli occhi grigi.
Poi qualcosa sembrò addolcirsi nel suo sguardo ed allungò una mano per accarezzarle la guancia. La ragazza sussultò e fece per scostarsi, ma lui la trattenne per la spalla. “Smettila di fare così”. La voce di lui suonava come una supplica e Rose lo guardò senza capire. “Ti prego, smettila di avvicinarti a me per poi allontanarti un attimo dopo. Mi stai facendo diventare pazzo” sussurrò, il mento che gli tremava leggermente. La giovane Corvonero stentava a crederci. “Quindi sarei io quella che si avvicina e si allontana costantemente? Dico, ma tu invece cosa credi che...”. Ma qualunque cosa volesse dirgli, dovette tenerla per sé, visto che Scorpius aveva già coperto le sue labbra con le proprie. La baciò senza delicatezza, senza esitazione, senza preoccuparsi della sua reazione, perché forse già sapeva. Sapeva che da ormai troppo tempo entrambi avevano aspettato segretamente quel momento, riponendo quel pensiero nell'angolo più buio del proprio animo, fingendo che non esistesse, che non ci fosse la benché minima possibilità. Ma c'era, c'era eccome ed il fatto che in quel momento si trovasse stretta tra le sue braccia faceva sentire Rose persa e disorientata, ma allo stesso tempo serena, come se quello fosse il suo posto. Scorpius le aveva preso una mano e stava intrecciando le dita con le sue, mentre continuava ad accarezzarle le guance, il mento, i capelli ormai tutti scompigliati. Sembrava non stancarsi mai di quel bacio, di seguire i lineamenti del suo viso, le leggere venature del collo. Rose, d'altro canto, lo stringeva a sé, aggrappandosi al tessuto della maglietta, troppo leggera per quelle notti di novembre già così fredde, così lieve perché destinata ad essere portata sotto ad un giubbotto, il giubbotto che lei stava indossando.
Se lo tolse con uno strattone, mentre il ragazzo faceva scendere una mano sul suo fianco, ora fasciato dalla stoffa leggera della camicia di flanella blu. Un attimo dopo dovettero separarsi (seppur a malincuore) per riprendere fiato ed in quel momento Rose notò un leggero rossore sulle guance di lui. Lo sentì stringere di nuovo la sua mano, ricominciando a disegnare linee contorte sul palmo con il polpastrello. Sembrava essere a corto di parole, forse per paura di rovinare quel momento diventato inaspettatamente carico di tensione. La ragazza si allungò verso di lui, scostandogli una ciocca bionda da sopra l'occhio. Quando il giovane Serpeverde tornò finalmente a guardarla, gli sorrise dolcemente. “Credo che dovremmo venire più spesso quassù, sto cominciando ad appassionarmi anch'io a stelle ed astri” commentò, aspettando una sua reazione. Scorpius attese qualche secondo, poi scoppiò a ridere e colmò quella piccola distanza, ricominciando a baciarla.




Buongiorno :)
mi scuso per l'attesa di questo nuovo capitolo (e per la lunghezza un po' esagerata anche, credo sia il più lungo fino ad ora ahaha ma ormai mi ero lasciata trasportare)
Spero che la storia vi continui a piacere, anche se un po' più di partecipazione da parte vostra sarebbe gradita ;)
Un saluto a tutti/e, stay tuned

Frannie

 

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Capitolo 7
*** 7. ***


Rebecca stava sfogliando le pagine dell'enorme Gli animali fantastici: dove trovarli così freneticamente da attirare involontariamente l'attenzione di alcuni ragazzi intenti a rovistare tra gli scaffali della biblioteca. Scrutava pensierosa i sottili fogli di pergamena prima di passare oltre con uno sbuffo di frustrazione, i lunghi capelli castani che volteggiavano senza tregua intorno al suo viso. Non si accorse neppure di Al che si era appena seduto vicino a lei fino a quando lui non le sfiorò la spalla con la mano. Allora la ragazza sussultò e finalmente sembrò distogliersi dai propri pensieri. “Ciao Al” disse sottovoce, sorridendo debolmente. Il ragazzo le sorrise di rimando. “Ciao! Non sapevo che il libro di Cura delle Creature Magiche fosse così interessante” commentò, accennando al grosso tomo aperto sul tavolo di fronte a lei. Rebecca abbassò lo sguardo. “Infatti non lo è, ma stavo cercando...” e poi si zittì, indecisa sul da farsi. Scrutò il viso del giovane Serpeverde, tentanto di capire se valesse la pena fidarsi di lui o meno. Ma sì, forse potrebbe aiutarmi più di quanto immagini. “Cercavo delle informazioni sugli unicorni” concluse. Al aggrottò la fronte e lei si affrettò ad aggiungere: “Informazioni extra. Qualcosa che non ci abbiano detto a lezione, per intenderci” “Ed il motivo?” chiese lui, anche se già conosceva la risposta. La ragazza si strinse nelle spalle. “Sto solo cercando di capire tutta questa faccenda della scritta di sangue e del corno pietrificato e credevo di poter trovare qualcosa di utile nel libro...”. Dalla sua espressione imbronciata Al intuì che non avesse ottenuto alcun risultato da quella ricerca. E sentì l'impulso di aiutarla.
“Magari dovremmo cercare altri libri, qualcosa di un po' più specifico...” ipotizzò, fissandola intensamente. Rebecca si morse il labbro inferiore, poi sospirò. “Ho già controllato tutti i volumi della biblioteca in cui ci fosse anche solo un minimo accenno agli unicorni. Non saprei dove...” poi il suo sguardo s'illuminò e tornò di nuovo cupo. “Non starai seriamente pensando di fare quello che credo tu voglia fare, vero?” domandò alzando un sopracciglio. Al ridacchiò. “Non so a cosa tu stia pensando, ma ci sarebbe una sezione particolare della biblioteca che non viene consultata spesso, credo che una sbirciatina potrebbe esserci utile...” “Non ho intenzione di finire nei guai solo per dare una sbirciatina ai libri proibiti!” sbottò Rebecca, lanciandogli un'occhiataccia. Al si portò un dito alle labbra. “Forse potremmo pure evitarli, se tu smettessi di strillare” sussurrò, poi tornò serio. “Staremo attenti a non farci scoprire e ti prometto che ne sarà valsa la pena, davvero. Mio padre mi ha parlato spesso di quei libri e, per quanto alcuni siano estremamente pericolosi, altri sono decisamente istruttivi” “Istruttivi? Questa poi!” esclamò la ragazza ridacchiando. Quando vide che il giovane Serpeverde la stava ancora fissando in silenzio, deglutì a fatica. E se avesse ragione? Non abbiamo altra scelta. “Va bene Potter, proviamoci” concluse e già seppe che si trattava di una pessima idea.
 
 
“Dove vai così di fretta?”. La voce di Megan la fece sussultare nel silenzio della stanza. Rose si voltò verso di lei, la sciarpa ancora stretta nella mano destra, mentre con la sinistra era intenta ad allacciarsi freneticamente i bottoni della giacca. “Io...avevo voglia di prendere una boccata d'aria” mormorò, guardandola di sottecchi. L'amica la squadrò pensierosa, poi si strinse nelle spalle. “Meglio così, negli ultimi tempi io ed Eliot non abbiamo passato molto tempo da soli e visto che abbiamo il pomeriggio libero, volevamo approfittarne per...insomma...”. Rose storse il naso. “Va bene, ricevuto! Ma assicuratevi di chiudere a chiave la porta e vi prego, non usate il mio letto!” supplicò, intrecciando le mani come se stesse pregando. Megan scoppiò a ridere. “Tranquilla Weasley, non invaderemo il tuo spazio” la rassicurò facendole l'occhiolino. La ragazza annuì, avvolgendosi la sciarpa nerazzurra intorno al collo e sciogliendosi i lunghi capelli rossi sulle spalle. “Allora, io vado” informò l'amica. Quando fu sul punto di aprire la porta del dormitorio, ormai sicura di averla fatta franca, la voce di Megan la fermò di nuovo. “Sicura che sia solo per prendere una boccata d'aria? Non mi starai nascondendo qualcosa, vero?”. Rose si girò verso di lei sforzandosi di mostrare un'espressione sinceramente stupita. “E cosa ti starei nascondendo, secondo te?” le domandò, temendo la risposta. Megan incrociò le braccia sul petto ed inclinò la testa di lato. “Oh, non saprei. Magari ti stai vedendo segretamente con qualcuno. Qualcuno che non vuole che si sappia in giro...o magari sei tu che vuoi tenerlo segreto, cosicché io non posso dirti te l'avevo detto ?” ipotizzò, sorridendo. Allora fu il turno di Rose di incrociare le braccia. “Non ti seguo” “Certo che mi segui, Weasley, ma sei troppo ostinata per ammetterlo. Vabbé, non voglio insistere. Devo sistemare delle cose prima che arrivi Eliot, quindi tu faresti meglio a sparire”. Le ultime parole di Megan la raggiunsero in corridoio, mentre stava per richiudere la porta della torre dei Corvonero: “Io te l'avevo detto 4 anni fa che sarebbe finita così”.
Un ricordo la folgorò come un fulmine a ciel sereno. Lei che camminava un po' titubante per i corridoi della scuola, i libri stretti tra le braccia, le scarpe lucide di pioggia che scivolavano sul pavimento in pietra. Era il suo secondo anno ad Hogwarts ma ancora si sentiva un po' intimorita da quegli enormi corridoi e dalle scale a cui “piaceva cambiare”, per non parlare di Gazza e di quel suo gatto pestifero. Ma non aveva mai chiesto aiuto a nessuno della sua famiglia: James era al terzo anno e già si era fatto un sacco di amici (e amiche, soprattutto), probabilmente era stato caposcuola dei Grifondoro quasi ogni anno e non avrebbe certo gradito avere tra i piedi una cuginetta di 12 anni spaventata dalla sua stessa ombra. Albus dal canto suo era stato assegnato ai Serpeverde e probabilmente aveva già troppi problemi da risolvere. Lei si sentiva sola nella torre dei Corvonero e sebbene la compagnia dei suoi adorati libri insieme alle visite nascoste alla capanna di Hagrid (che le permetteva eccezionalmente di dar da mangiare all'ippogrifo) le rendessero le giornate un po' più piacevoli, aggirarsi tra i corridoi del castello tutta sola dopo cena non era certo il suo passatempo preferito.
Ad un tratto udì delle voci dietro di sé e vide alcuni Serpeverde del terzo o quarto anno avvicinarsi sghignazzando. Quando la videro si scambiarono un'occhiata d'intesa, poi uno di loro si rivolse direttamente a lei. “Tu devi essere la Weasley, non è vero?” Rose non ricordò se avesse risposto con un “sì” tremante o semplicemente annuito, agitando i capelli tinti di un rosso più scuro dalla pioggia. Il ragazzo alzò un sopracciglio, squadrandola da capo a piedi. “E dove te ne vai così fradicia a quest'ora? Sembri una piccola zingara” i suoi degni compari scoppiarono a ridere. “A quanto pare le vecchie abitudini di famiglia non muoiono mai. Sei proprio la degna erede di tuo padre”. Altre risate. Rose sentì le lacrime salire pian piano, facendosi strada inesorabilmente verso i suoi occhi. “Mi chiedo come una Mezzosangue simile possa essere riuscita ad entrare nei Corvonero. Non so neanche come tu abbia fatto a farti smistare, in realtà. Sicura di avere almeno un po' di magia nelle vene?” chiese, una punta di crudeltà tangibile nella voce roca.
La ragazzina stava per aprir bocca, ma prima ancora che potesse replicare (in qualche modo a lei ancora sconosciuto) un'ombra sgusciò fuori dal corridoio successivo e le si affiancò. Si trattava di un ragazzo con i capelli così biondi da sembrare bianchi e i suoi occhi grigi come il granito erano puntati sul gruppetto davanti a lui, che sembrò riconoscerlo all'istante. “M-Malfoy! Che ci fai da queste parti?” chiese con fare incerto il ragazzo che aveva parlato fino ad allora. Il nuovo arrivato si passò una mano tra i capelli, un guizzo verde della manica che fece intuire a Rose che si trattava di un altro Serpeverde. “Passavo di qua e ho casualmente ascoltato una conversazione piuttosto interessante che includeva la parola “Mezzosangue”. Che strano, vero? Ero sicuro che la preside avesse proibito l'uso di simili termini”. La sua voce candida e sensuale (proprio come il sibilo di un serpente) sembrò risvegliare in loro il più profondo dei terrori. “Devi esserti sbagliato, amico” mormorò un altro, indietreggiando subito dopo che il ragazzo gli ebbe lanciato un'occhiata tagliente. “Conosciamo bene le regole” continuò il ragazzo di prima. “Stavamo solo parlando con la nostra amica di...alberi genealogici” concluse, accennando un sorriso in direzione di Rose, che era ancora paralizzata ma non abbastanza da reggergli il gioco. “Oh sì, alberi genealogici. Bel modo di rigirare la questione a tuo favore!” le parole le uscirono come un singulto dalle labbra. Malfoy si voltò verso di lei, quasi sorpreso di sentirla parlare, poi fronteggiò nuovamente il gruppetto di Serpi, sollevando un sopracciglio. “A quanto ho capito, la signorina non ha gradito molto parlare con voi. Inoltre è piuttosto tardi ragazzi, che cosa direbbe la Prince se vi trovasse a girovagare per i corridoi, facendo i gradassi con gli studenti più giovani?” “Ci toglierebbe una marea di punti” rispose un altro, zittendosi subito dopo. Il ragazzo biondo annuì sorridendo. “E quindi? Non credete sia l'ora di andare?”. I ragazzi annuirono a loro volta e pian piano, se ne andarono alla spicciolata, senza osare voltarsi indietro.
Rose finalmente riuscì a dire tutto quello che aveva taciuto fino ad allora. “Non so come ringraziarti, davvero! Sei stato strabiliante e non so neppure come tu abbia fatto a spaventarli così, visto che hai la mia stessa età...o sbaglio? Perché sono quasi sicura di averti visto a Pozioni ieri, anche perché un viso come il tuo si nota facilmente e anche il cognome è tutto un programma e...” ma vedendo l'espressione del ragazzo si zittì. Quest'ultimo la fissò per alcuni istanti e scoppiò a ridere. “Certo che sei strana, Weasley. Dove l'avevi nascosta questa parlantina poco fa?”. Rose rimase zitta, imbarazzata da morire. Ma il giovane Serpeverde allungò la mano verso di lei, sorridendo. “Io sono Scorpius, lieto di essere corso in suo aiuto, madame” e fece un breve inchino con la grazia di un principe. Un principe con gli occhi di granito.
 
 
“Togliti dai piedi, Felix”. James riconobbe quella voce nonostante fosse sovrappensiero e si voltò verso il corridoio alla propria destra. Era quasi l'ora di cena e c'erano pochissimi ragazzi in giro, ma lui ne notò subito due semi-nascosti da una colonna. Fece qualche passo in avanti e udì nuovamente la sua voce. “Ti ho chiesto di starmi lontano. Oltre che stupido sei pure sordo adesso?”. Una folta chioma rossiccia si muoveva a scatti, mentre una figura più imponente si stagliava di fronte a lei, coprendola alla vista di chi passava. James avanzò ancora un poco e riuscì a distinguere i lineamenti delicati del viso di Abigail, contratto in una smorfia di rabbia. Felix Norton se ne stava appoggiato al muro, le braccia distese accanto al viso di lei, come una prigione di ossa che le impediva di muoversi. “Fino all'anno scorso non facevi tante storie. Anzi, se non ricordo male non ho mai sentito lamentarti quando eravamo così vicini”. James strinse le mani a pugno quando lo vide accostarsi ancora di più a lei, le rispettive fronti che si sfioravano. Abigail digrignò i denti e gli sputò sulla guancia, sorprendendo perfino il giovane Grifondoro. Vide Felix farsi rosso in viso prima di alzare una mano in aria. Ma James fu più veloce. “Stupeficium!” urlò, puntandogli contro la bacchetta. Il ragazzo biondo volò per una decina di metri lontano da Abigail, per poi atterrare sul fondo schiena con un rumore sordo ed un sonoro ululato.
La ragazza si girò verso di lui ed a quel punto James perse tutta la propria sicurezza. Lei lo stava fissando con i grandi occhi verdi (perfino più indecifrabili del solito) e così si schiarì la voce, facendosi coraggio. Abigail, però, fu più veloce. Gli passò accanto quasi senza guardarlo e all'ultimo secondo borbottò un “grazie” a fior di labbra. Il ragazzo era sul punto di risponderle, quando un lampo rosso attraversò il corridoio e per poco non lo prese in pieno petto. Dopo essersi buttato da un lato, trascinando Abby con sé, James alzò lo sguardo verso la fonte dell'incantesimo e si ritrovò davanti un Felix molto più infuriato di pochi istanti prima. Stava avanzando verso di loro, la bacchetta sollevata davanti a sé. Il Grifondoro si rimise in piedi, mentre al suo fianco la giovane Serpeverde sguainava la propria bacchetta, l'espressione calma che contrastava fortemente con la posizione di difesa appena presa. “Metti via la bacchetta, Felix” intimò al ragazzo di fronte a loro, che non accennò minimamente a seguire le sue istruzioni. James sbuffò e gli puntò contro anche la propria bacchetta. “Andiamo Norton, piantala di comportarti come un idiota” esordì, schivando un secondo dopo un altro lampo, questa volta di colore verde. L'altro sorrise cinico. “Sei solo un codardo, Potter. Colpirmi alle spalle...ma non ti vergogni?” domandò, prima di gridare “Everte statim!” e costringerlo a gettarsi nuovamente di lato, seguito da Abby. “Il codardo sei tu che per poco non alzavi le mani contro una ragazza. Vigliacco!” lo apostrofò James, lanciando a sua volta un lampo rosso contro l'avversario.
Abigail, che fino a quel momento era rimasta fuori dal duello, avanzò di qualche passo e si piazzò in mezzo ai due, che la guardarono sconcertati. “Direi che avete bisogno entrambi di darvi una calmata. Se qualcuno degli insegnanti dovesse scoprirci a combattere in questo modo, le conseguenze sarebbero...”. Una cascata di scintille azzurre rischiò di colpirla, ma prima ancora che James potesse agire, la ragazza aveva già sollevato la bacchetta, creando uno scudo trasparente per proteggersi. Poi la sentì parlare di nuovo. “Devo forse ricordarti i tuoi voti in Difesa Contro Le Arti Oscure, Felix? Non hai la minima possibilità di battermi e ti consiglierei di andartene prima che mi metta a giocare al tiro al bersaglio con la tua testa”. James avrebbe potuto giurare di averlo visto sussultare, anche se soltanto per un attimo. Poi il ragazzo aggrottò la fronte e ripose la bacchetta. Ma prima di andarsene, si avvicinò di qualche passo ad Abby ed il Grifondoro lo sentì mormorare: “Illuditi pure che Potter sia il tuo bel principe azzurro e che non mi somigli affatto, ma non appena riuscirà a portarti a letto, ti abbandonerà come fa con tutte le altre. Attenta a quale squadra scegli, Abby, i grifoni sono pericolosi almeno quanto le serpi” e poi si allontanò.
James le si avvicinò a passi lenti, allungò una mano e le sfiorò delicatamente la spalla, facendola suo malgrado sussultare. “Lascialo perdere, è solo un coglione” borbottò, maledicendosi per non essere in grado di trovare parole migliori. La ragazza di voltò verso di lui, l'espressione severa dipinta sul bel viso. “Lui sarà anche un coglione, ma tu non avresti dovuto attaccarlo in quel modo. Qualcuno avrebbe potuto farsi male!”. Il Grifondoro non poteva credere alle proprie orecchie. “E' stato lui a provocarmi, ricordi? E mi era parso che ti stesse infastidendo, così sono intervenuto. Ma se preferisci, la prossima volta lascerò perdere e me ne andrò per la mia strada” commentò, stringendosi nelle spalle. Non era ciò che avrebbe voluto dirle, ma non poteva farne a meno. Abby lo affascinava e gli dava sui nervi al tempo stesso. Aveva un talento innato nel tirar fuori la parte più odiosa di lui e quella più gentile e dopo tutti quegli anni ancora non riusciva a spiegarsi come ne fosse capace.
Fece per andarsene a sua volta, ma lei lo bloccò afferrandolo per il polso. A testa bassa e a volume quasi inudibile, la sentì sussurrare: “Hai ragione, ti chiedo scusa”. Wow, questa sì che è una novità. “Non è che potresti ripeterlo, per caso? Certe cose non sono abituato a sentirle spesso, specialmente da parte tua” giocò lui, con il suo perfetto sorriso sghembo che gli illuminava il viso. Abby lo guardò di sottecchi, poi sospirò e disse un po' più forte: “Lo ammetto, ti sono grata per aver fatto quello che hai fatto. Soddisfatto, adesso?”. James ci pensò su, fissandola mentre si mordicchiava il labbro inferiore. Poi si sporse in avanti, piegando la testa di lato a causa della differenza di altezza tra loro ed un attimo dopo le sue labbra erano su quelle di lei. L'aveva colta talmente di sorpresa che non fu difficile per lui schiuderle ed approfondire il bacio, stringendola a sé con una mano sulla schiena ed accarezzandole i capelli con l'altra. Ed in quel momento tutto gli tornò alla mente. Quella sera d'estate. La luce della luna. Le lucciole. Le spighe di grano e l'odore dei papaveri. Il cicalio sugli alberi lì vicino. Il suo sapore di vaniglia. Il caldo. I vestiti leggeri che frusciavano mentre si stringevano l'uno all'altra. Poi Abby si allontanò bruscamente da lui ed i suoi pensieri si smorzarono. Si passò una mano sulla bocca e sorrise alla sua espressione imbronciata da bambina. “Si, adesso lo sono”.
 
 
Quando le prese la mano nel buio, Al sentì la ragazza sussultare di sorpresa, ma quasi non ci fece caso. “Forza, andiamo!” le sussurrò, il fiato che si condensava in tante nuvolette che si dispersero in fretta nell'aria gelida del corridoio del primo piano. Rebecca annuì incerta e percorsero insieme gli ultimi metri che li separavano dall'entrata della biblioteca. Aprirono le pesanti porte di legno cercando di fare meno rumore possibile e se le richiusero alle spalle. Al illuminò con la bacchetta decine di file di scaffali, puntando dritto verso quelli al di là dello spesso cancello in ferro battuto che campeggiava dall'altra parte della stanza. Rebecca lo raggiunse e puntando la bacchetta verso la pesante serratura nera mormorò “Alohomora” sottovoce. Il cancello si aprì con un cigolio che parve assordante nel silenzio della notte. Al pregò con tutto se stesso che Gazza non si trovasse nei paraggi in quel momento. Camminarono in punta, osservando quei pochi ripiani da cui ciondolavano spesse catene scure. C'erano sì e no una decina di scaffali in quella sezione ed il ragazzo si chiese che cosa potessero contenere i libri più inaccessibili, quelli che si trovavano intrappolati dietro griglie di ferro chiuse a chiave da un incantesimo che solo la preside o un insegnante potevano sciogliere. Lanciò uno sguardo d'incoraggiamento a Rebecca (che stava tremando leggermente), poi fece scorrere il dito sulle coste di vecchi volumi sul ripiano più vicino. Si soffermò su alcuni titoli stampati a lettere dorate, ma nessuno faceva al caso loro. Dove saranno i libri sulle Creature Magiche?
“Al, vieni a vedere!” lo chiamò la ragazza dallo scaffale alla sua sinistra. Il giovane la raggiunse e vide che aveva tra le mani un volume dalla copertina color porpora con inciso in inchiostro argentato il titolo. Il ragazzo lesse a bassa voce: L'antico culto delle Creature Magiche. Apparentemente non sembrava molto diverso dai libri che già conosceva sull'argomento, ma sapeva che doveva esserci una ragione ben precisa per la quale quel volume si trovasse proprio nella sezione dei libri proibiti. Deglutì a fatica e girò la prima pagina. Una nota in baso a destra recava le parole “Raccolta di leggende oscure ed arcane in cui figurano esseri sovrannaturali e creature fantastiche” scritte con un inchiostro nero ormai sbiadito. Rebecca gli strinse il polso con le dita sottili ed Al sentì un brivido corrergli lungo la schiena. Aveva a malapena iniziato a sfogliare le pesanti pagine di pergamena alla ricerca della sezione dedicata agli unicorni, quando una risata sguaiata squarciò il silenzio della biblioteca ed una mano calò con forza sulla sua spalla. Ancor prima di voltarsi, Al sapeva chi avrebbe visto dietro di sé. Ed un attimo dopo, la voce del signor Gazza gracchiò compiaciuta: “Tu e la tua amica siete in grossi guai, signor Potter”.
 
 
La preside McGranitt tamburellava con le dita lunghe ed affusolate sulla scrivania in mogano, la fronte solcata da profonde rughe dovute in parte all'ormai veneranda età, in parte alla preoccupazione. Davanti a lei due dei suoi studenti più promettenti se ne stavano in piedi con aria sofferente, certi che li avrebbe puniti in un modo o nell'altro. Ma l'anziana strega non era quel tipo di persona e ormai aveva avuto fin troppo a che fare con la famiglia Potter per non essere in grado di distinguere un ficcanaso combina-guai da un ragazzo testardo e desideroso di aiutare gli altri. Il giovane Albus era cresciuto sotto i suoi occhi e, per quanto il verde-argento della sua divisa le facesse ancora un certo effetto, assomigliava sempre di più a suo padre. Neppure James glielo ricordava quanto lui. E forse fu proprio quel guizzo negli occhi verdi del ragazzo che la convinse del tutto. “Non ho intenzione di punirvi, né di togliere punti alle vostre rispettive case. Ma voglio la verità” esordì, la voce calma e posata. Vide la Grifondoro sussultare e pensò con una punta di divertimento che non doveva essere molto abituata a finire nei guai. “Stia tranquilla, signorina Davis. Non ho intenzione di torturarvi per avere delle risposte, ci terrei che foste voi a concedermele spontaneamente. Lei cosa ne dice, signor Potter?”. Il ragazzo la scrutò con gli occhi trasparenti ed annuì lentamente. La donna intrecciò le mani davanti a sé e vi appoggiò il mento sopra, in attesa. Albus cominciò: “Io e Rebecca siamo rimasti scossi dai recenti eventi, come il resto della scuola presumo” e lanciò un'occhiata alla ragazza al suo fianco, che gli fece segno di andare avanti. “Avevamo così tante domande e nessuno a cui poter chiedere, visto che gli insegnanti stanno facendo di tutto per non pensare a quanto è successo, o a quello che potrebbe succedere. Perciò abbiamo deciso di consultare alcuni volumi sulle creature magiche, per saperne di più su unicorni e...” “Era l'unica traccia che avevamo” lo interruppe la giovane Grifondoro, facendo un passo avanti con uno slancio che sorpresa la preside. “E volevamo soltanto aiutare” aggiunse di nuovo il ragazzo, guardando la donna con sguardo deciso. “Ma come lei ben sa, signora preside, i volumi scolastici sono assai limitati nel dare informazioni, così...” “... avete deciso di cercarne altre per conto vostro” finì la donna al suo posto. Albus annuì.
La McGranitt sospirò. “Capisco il vostro interesse e la voglia di aiutare, ragazzi, e l'apprezzo molto. Ma credo che non sia compito vostro cercare una soluzione a questo problema. Il corpo docenti e la sottoscritta stanno già facendo tutto il possibile per scoprire chi si trovi dietro a minacce tanto evidenti e svelare il significato di tali intimidazioni. Quindi, per quanto possa essere difficile per voi, devo chiedervi di non preoccuparvi, né di intromettervi nuovamente in una questione tanto delicata”. Ricongiunse le mani davanti a sé, aspettandosi delle obiezioni dai due ragazzi. Ma al contrario, quest'ultimi stettero in silenzio, scambiandosi occhiate a suo avviso indecifrabili. Poi il ragazzo alzò di nuovo lo sguardo verso di lei e la calma che vi lesse la lasciò basita. “Capiamo perfettamente, preside. E le prometto che non accadrà di nuovo”. A quel punto la donna si convinse che se ne sarebbero andati così, senza protestare neppure per un attimo. Ma come ogni Potter che si rispetti, il giovane Serpeverde la stupì, voltandosi ancora una volta verso di lei, mentre l'altra ragazza si era già avviata in corridoio. “Un'ultima cosa...” lo sentì mormorare e Minerva McGranitt sorrise tra sé e sé. Albus si avvicinò nuovamente alla sua scrivania e vi appoggiò sopra le mani pallide. “So che non è affar mio e che dovrei già esserle grato per non aver punito né me, né Rebecca, ma vorrei chiederle il permesso di dare un'occhiata al libro che abbiamo trovato in biblioteca. Giuro di rimetterlo a posto nel giro di un paio di giorni e di non parlarne con nessuno e...”. La donna scosse la testa, seppur a malincuore. “Purtroppo non posso lasciarglielo fare, signor Potter. Mi rincresce molto, ma agli studenti non è permesso consultare quei volumi. Nessuna eccezione” concluse. E agitò la mano sinistra in direzione della porta. Il ragazzo storse la bocca, perdendo per un attimo il suo contegno abituale, poi fece dietrofront ed uscì dalla stanza.
“Avrebbe potuto lasciarglielo fare” commentò una voce da dietro l'enorme armadio alle sue spalle. L'anziana strega sospirò. “E' proprio come suo padre” e lei stessa udì una punta di nostalgia nella propria voce. Un giovane uomo sgusciò fuori dall'ombra e si fermò a braccia conserte proprio al suo fianco, scrutandola attentamente. “E questo non la preoccupa nemmeno un po', preside?” domandò, accennando un sorriso. La McGranitt si voltò a guardarlo, mentre il professor Paciock sollevava un sopracciglio. “Oh Neville, ci sono ben altre cose di cui dovrei preoccuparmi. Inoltre, tu conosci i Potter almeno quanto me” aggiunse, sorridendo debolmente. Il giovane uomo annuì, storcendo il naso. “Eccome se li conosco ed a mio avviso era James quello da tenere d'occhio, non il fratello più giovane. Senza contare il fatto che non fa neppure parte della mia casa, come posso...” “Puoi eccome, Neville, e so che lo farai. Quel ragazzo è talmente promettente e così simile ad Harry che temo si caccerà in qualche guaio prima ancora di rendersene conto” “Ed io che cosa dovrei fare? A parte origliare le sue conversazioni con lui, ovviamente” domandò l'insegnante di Erbologia con una punta di esasperazione. La preside gli sfiorò delicatamente il gomito con la mano. “So che saprai cavartela da solo, caro. Ed adesso va', avrai sicuramente una lezione da preparare per domattina, dico bene?”. Neville annuì con poca convinzione e se ne andò con le spalle incassate, lasciando distrattamente la porta dell'ufficio semi-aperta. La McGranitt si alzò in un fruscio di vesti e andò a richiuderla con uno sbuffo. Certe cose non cambiano proprio mai.





Buonasera a tutti/e!
Lo so, meriterei una Maledizione Cruciatus per essere stata così tanto tempo senza aggiornare (più di un mese, lo so, io stessa stento a crederci)
e vi chiedo immensamente SCUSA ma non avevo tempo né idee perlomeno decenti per questo capitolo (tutt'ora non sono del tutto convinta)
ma in ogni caso, io ve lo propongo così, sperando che possa piacervi almeno un po'!
Chiedo ancora umilmente PERDONO e spero non ce l'abbiate troppo con me, lasciate qualche recensione che non guastano mai e io non mordo nessuno ;)

Frannie

 
 
 

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Capitolo 8
*** 8. ***


“Piantala di ridere, Weasley. Non c'è niente di divertente!” esclamò Megan, l'esasperazione più che evidente nella sua voce. Rose si stava letteralmente rotolando con le lacrime agli occhi sul tappeto a frange blu notte della sala comune dei Corvonero. L'amica se ne stava seduta sulla poltrona più vicina, le braccia incrociate sul petto e l'espressione imbronciata. Quando finalmente riuscì a calmarsi, la ragazza si passò una mano tra i lunghi capelli rossi, sorridendo alla compagna, che sbuffò infastidita. “Tu non capisci, tuo fratello è già al quarto anno” “Ma anche lui è stato una matricola” rispose l'altra con calma. “Sì, ma tu in quel momento eri al terzo, non avevi una vita sociale molto vivace” tossicchiò quando l'altra ragazza le lanciò un'occhiataccia, poi riprese a lamentarsi: “Io adesso sto con Eliot, passo la maggior parte del mio tempo con te e le altre e non mi va di avere quel moccioso tra i piedi. E come se non bastasse, è stato smistato tra i Tassorosso. I Tassorosso. Ti rendi conto di cosa può significare?” chiese, chiudendo gli occhi con aria drammatica. Rose scosse la testa. “In realtà non saprei. E ti ricordo che anche mio fratello si trova in una casa diversa dalla mia, così come tutti i miei cugini”. Megan la guardò al culmine della disperazione. “Sì, ma si tratta di Grifondoro, la casa a cui tutti aspirano. E anche Serpeverde non è così male. Ma Tassorosso! Sono così insulsi, così docili. Per una famiglia che si tramanda il nome dei Corvonero da generazioni è una vergogna!”. L'altra sospirò. “Te l'ho già detto, a me non sembra una cosa così grave. Cameron è così dolce e tranquillo, credo sia il posto più giusto per lui. Non sai quanto ti invidio! Hugo è sempre in giro a fare danni con Lilu” mormorò, sentendosi improvvisamente più grande di quanto non fosse in realtà.
Megan era sul punto di ribattere nuovamente, quando qualcuno si avvicinò a loro con passo svelto. Un turbinio di capelli biondi mise Rose in allerta, inducendola ad alzarsi. L'amica invece rimase seduta in poltrona e rivolse alla nuova arrivata uno sguardo glaciale. “Hai bisogno di qualcosa, Shauna?” domandò fredda. L'altra sorrise con aria arcigna. “Oh, da parte tua proprio nulla, Light. Sono qui per parlare con la Weasley” aggiunse poi, rivolgendosi a Rose, che aveva assunto a sua volta una postura più rigida. La bionda continuò con noncuranza: “Credevo di averti avvertito, ma a quanto pare non sono stata abbastanza chiara, viste le voci che mi sono arrivate stamattina. La devi smettere di stargli dietro, hai capito?”. Rose sgranò gli occhi, senza capire. L'altra sbuffò. “Non fare la santarellina con me, so che ti riesce piuttosto bene ma non è proprio il caso” “Guarda che non sto fingendo, non ho proprio la minima idea di cosa tu stia parlando, Shauna” ribatté la giovane Corvonero, incrociando le braccia. Shauna la squadrò con i gelidi occhi azzurri, poi sogghignò. “Mi chiedo che cosa ci trovi Bradley in te, sei così provinciale. E scommetto che dovrebbe faticare un bel po' prima di riuscire a concludere qualcosa”. Rose a quel punto scoppiò a ridere. “Si tratta di questo, allora? Beh, puoi stare tranquilla mia cara, Samuels non m'interessa minimamente e...” “Smettila! Mi hanno detto di avervi visti insieme questa mattina!” replicò l'altra inalberandosi. “E non cercare di inventarti scuse del tipo “stavamo parlando del Quidditch” perché non sei affatto credibile, ok?”. Rose alzò gli occhi al cielo. “Forse non sarebbe credibile nel tuo caso, dato che non sai neppure quanti punti vale il boccino d'oro. Ma è così, stavamo facendo una semplice chiacchierata e comunque...” “Oh, ma fammi il piacere! La verità è che tu preghi che s'interessi a te ed invece per lui quelle come te contano meno di zero. E come potrebbe essere altrimenti? Sai solo preparare qualche intruglio magico, hai dei capelli inguardabili e sotto sotto hai pure il sangue sporco...”
A quel punto Megan si alzò a sua volta, premendole una mano sulla clavicola con fermezza. “Dovresti darti una calmata, tesoro” “Tu non impicciarti e non osare dirmi cosa devo fare. Anzi, fossi in te mi preoccuperei di più del tuo ragazzo e di dove passa il suo tempo quando non è con te” commentò acida. Megan sussultò, ma a quel punto fu Rose ad intervenire in sua difesa. “Che cosa pensi di ottenere con queste false insinuazioni, Shauna?” “E chi ha detto che sono false? Non ho bisogno di inventarmi nulla e sicuramente non è colpa mia se la tua amica non riesce a vedere un paio di corna neppure quando...”. La frase s'interruppe con un forte schiocco e Shauna si portò una mano alla guancia, dove Rose l'aveva appena schiaffeggiata, la bocca aperta per la sorpresa. Dopo un attimo di stupore, le rivolse uno sguardo furioso. “Continua pure a fare l'eroina, Weasley, ma giocando con il fuoco ci si può fare molto male” le intimò, mentre la ragazza scuoteva i capelli rossi con decisione. “Sono più che sicura di riuscire a tenere a bada un fuocherello tanto insulso” borbottò, stringendo il braccio di Megan, che rivolse l'ennesima occhiataccia alla bionda. Quest'ultima aggrottò la fronte e girò sui tacchi, raggiungendo la propria stanza quasi di corsa.
Rose si lasciò sfuggire un sospiro e si lasciò cadere sul divanetto lì vicino, coprendosi gli occhi con una mano. “La detesto” sentenziò, mentre l'amica continuava a rimanere in piedi, l'espressione perplessa che le induriva i lineamenti del viso. L'altra si sporse in avanti e le strinse una mano per darle sicurezza, poi sussurrò: “Non ascoltarla, Meg. È solo una stronzetta invidiosa e dopo tutto questo tempo non sa più cosa dire per farci innervosire” “Ti sbagli” ribatté l'amica. “Lo sa eccome”. Rose le sorrise. “E dai, non vorrai davvero credere alle cazzate che escono dalla bocca di Shauna Corner? Sai com'è fatta, ha la mania di inventarsi storielle assurde per far star male le persone” borbottò, pizzicandole il gomito fino a quando l'altra non le sferrò una gomitata. “Piantala!” strillò, non riuscendo ad impedirsi di sorridere. Poi ripresero a parlare come se nulla fosse accaduto, anche se Rose avrebbe potuto giurare che le parole taglienti della loro odiosa compagna avrebbero tormentato Megan ancora per un po'.
 
 
Dorian stava camminando a passo sostenuto verso la biblioteca, quando una mano lo afferrò per la camicia e lo spinse di lato, dietro ad una delle grandi colonne di marmo del primo piano. Prima ancora di essersi reso conto di chi si trattava, due labbra carnose si impadronirono delle sue, mozzandogli il respiro. Una cascata di riccioli biondi gli solleticò il mento e dovette metterci ogni briciolo di forza di volontà che aveva in corpo per allontanarsi dalla giovane donna. “Professoressa” mormorò con un filo di voce, mentre l'altra si stringeva nuovamente a lui. “Oh andiamo, Dorian. Che cos'è tutta questa formalità?” domandò a fior di labbra, giocherellando con i bottoni della sua camicia. Il ragazzo respirò a fondo e si concentrò sui suoi occhi verdi da gatta. “Sono un po' di fretta, quindi se non ti dispiace...” e le allontanò le mani dal proprio petto, già semi-scoperto, riallacciandosi i bottoni con meticolosità. La donna incrociò le braccia, l'espressione frustrata. “Si può sapere che cosa ti sta succedendo?” domandò sollevando un sopracciglio. Dorian si morse il labbro, non sapendo ancora bene come gestire quella conversazione. “Non mi sta succedendo proprio nulla, ma ho altri programmi per oggi e non mi va di fare tardi” concluse, cercando di mostrarsi il più risoluto possibile. L'altra sospirò. “Sai che cosa voglio dire. Non si tratta solo di oggi, sei strano da un paio di settimane e non riesco a spiegarmi...” “Ascolta” la interruppe lui “In questo periodo sono piuttosto incasinato con la scuola, il Quidditch e tutto il resto. Non vorrei farti sentire trascurata, ma cerca di metterti nei miei panni...” “Ah, io dovrei mettermi nei tuoi panni? Dorian, io sono la tua insegnante. Portiamo avanti questa relazione da circa 6 mesi e sebbene tu sia così dolce ed adorabile, sto rischiando molto per stare con te”. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. “Stare con me? Noi non stiamo insieme! Ci baciamo di nascosto dietro alle colonne, ci rinchiudiamo a chiave nel tuo ufficio con il timore costante che qualcuno ci scopra e non possiamo neppure guardarci negli occhi per tutto il resto del tempo” sbottò, pentendosi subito di quell'eccesso di franchezza. La professoressa di Difesa Contro Le Arti Oscure allungò una mano per accarezzargli la guancia. “Una volta ti eccitava fare qualcosa di proibito” mormorò, sorridendogli magnetica. L'altro fece un ultimo, faticoso sforzo per allontanarla nuovamente da sé e sussurrò: “Scusami, ma ora devo proprio andare”.
Mentre raggiungeva finalmente le porte della biblioteca, Dorian si chiese se con quelle parole la loro relazione si fosse appena conclusa o se ci fosse ancora una speranza per loro due. Avrei dovuto immaginare che sarebbe andata a finire così pensò con una punta di tristezza. La sua delusione sembrò stemperarsi rapidamente mentre si avvicinava al tavolo dove Natalee lo stava aspettando. La ragazza stava muovendo pigramente la bacchetta, mentre uno sciame di uccellini di carta svolazzava a pochi centimetri dalla sua testa. Dorian sorrise e con un movimento fluido del polso, fece partire una scintilla che ridusse i malcapitati in tanti piccoli pezzettini anneriti. La ragazza sussultò, poi lo video avvicinarsi e mise su l'espressione più imbronciata di cui fosse capace. “Sei un guastafeste” borbottò “E sei pure in ritardo”. Lui annuì con aria colpevole. “Lo so, scusami Nat”. La Grifondoro storse il naso, poi continuò come se niente fosse: “Bene, adesso voglio che tu mi racconti per filo e per segno tutta la faccenda della scritta all'ingresso”. Dorian sbuffò. “Di nuovo? Andiamo Nat, ti ho già detto tutto quello che so a riguardo!” esclamò esasperato. La ragazza incrociò le braccia. “Racconta” si limitò a dire inflessibile.
L'altro alzò gli occhi al cielo e le descrisse per l'ennesima volta la sera di Halloween in cui lui, James e pochi altri avevano assistito di nascosto a quello spettacolo raccapricciante e le riferì le esatte parole della McGranitt e di tutti gli altri insegnanti. Natalee aggrottò la fronte, accarezzandosi il mento con la mano destra. “Quindi la Prince è convinta che sia stato qualcuno all'interno della scuola” commentò. Dorian annuì, sentendosi un po' a disagio. “Sì, ma credo che tutti siano d'accordo con lei e per quanto sia difficile credere che si tratti di uno studente o di un insegnante, è l'unica soluzione plausibile. Nessuno riuscirebbe a violare le misure di sicurezza della scuola dall'esterno”. La ragazza annuì a sua volta, lo sguardo pensieroso. “Già, ma chi può essere stato? Di chi non dovremmo fidarci?” domandò, più a se stessa che non all'altro Grifondoro. Quest'ultimo si spostò una ciocca di capelli dalla fronte con un gesto d'irritazione. “Piacerebbe saperlo anche a me” borbottò, poi il suo viso s'illuminò di colpo, tanto che Natalee sollevò un sopracciglio, confusa. “So che cosa potremmo fare per avere qualche risposta!” esclamò, non riuscendo a contenere la propria eccitazione. “Parla, forza!” lo spronò l'altra con impazienza. Dorian le sorrise, poi aggiunse: “Prima dobbiamo trovare qualcuno che se la cavi bene con le pozioni. Credi che la tua amica Weasley accetterebbe di aiutarci?”.
 
 
“Quindi anche il professor Robins è convinto che si tratti di qualcuno all'interno della scuola” concluse Lily, incrociando le braccia al petto con aria soddisfatta. Scorpius continuò a spazzolare Alisecco imperterrito, scuotendo la testa. “In realtà, se non ho capito male, lui ti ha solo detto com'è andata l'ultima volta. Ma era tutt'altro che convinto che si potesse ripetere di nuovo, giusto?” le chiese sollevando un sopracciglio. La Grifondoro sbuffò. Se ne stava appollaiata su una delle enormi zucche dell'orto di Hagrid, le ginocchia strette al petto e di tanto in tanto lanciava una mela all'ippogrifo, che l'acchiappava al volo con il becco. “Si, okay. Ma sai come sono gli insegnanti, soprattutto quelli che hanno preso parte alla Grande Battaglia: cercano sempre di convincere noi e allo stesso tempo se stessi che una simile catastrofe non potrebbe mai accadere di nuovo” obiettò lei, poi aggiunse: “Ciò che conta è che mi ha confermato quello che già sapevo: l'unico modo per poter penetrare le difese di Hogwarts consiste in un sabotaggio interno. Sia che si tratti di un professore, sia di uno studente”. Scorpius si fermò per un attimo, fissandola con i suoi intensi occhi grigi. “Va bene Potter, sentiamo un po'. Chi mai potrebbe tradire la fiducia della preside ed agire da spia, secondo te?”.
Lily si picchiettò col dito sul mento, lanciando distrattamente l'ennesima mela in direzione di Alisecco. “Sicuramente non può trattarsi di coloro che hanno preso parte alla Grande Battaglia” rifletté, mentre l'altro ridacchiava. “Perfetto, hai già escluso il 90% del corpo insegnanti” commentò, accarezzando la testa piumata dell'ippogrifo al suo fianco. Lily gli lanciò un'occhiataccia, poi continuò: “Quindi gli unici rimasti sarebbero il professor Greengrass di Pozioni, la Prince di Difesa Contro Le Arti Oscure e l'insegnante di Babbanologia, anche se quest'ultima dovremmo escluderla per principio, vista la materia in questione”. Scorpius annuì. “Quindi hai intenzione di indagare sugli altri due?” le domandò con una punta di divertimento. La giovane Grifondoro incrociò le braccia. “Potrebbe essere un buon inizio” mormorò. Il ragazzo la osservò serio. “E come pensi di riuscirci?” chiese ancora, evitando all'ultimo secondo che Alisecco gli leccasse la guancia con la lunga lingua violacea. “Non ne ho idea, ma potrei prendere di nuovo in prestito il mantello di mio fratello...” rifletté, mentre l'altro ricominciava a ridere. “Cosa c'è di così divertente, Malfoy?” domandò seccata. Scorpius allungò una mano per scompigliarle i capelli, ma questa volta la Grifondoro fu pronta a scansare il suo tocco. “Piantala!” borbottò aggrottando le sopracciglia. “Sei identica a tuo padre” sorrise lui, cogliendola di sorpresa. “E tu cosa ne sai?” chiese fin troppo aggressiva. Il ragazzo sospirò. “Mio padre mi ha parlato spesso di ciò che Harry, Hermione e Ron combinavano ad Hogwarts, del modo in cui tuo padre si buttava a capofitto nei guai senza pensarci due volte e di come i suoi amici lo seguissero praticamente ovunque. Gli sembravano così irresponsabili...” quando vide l'espressione di lei si affrettò ad aggiungere: “Ma allo stesso tempo un po' li invidiava. Invidiava il legame che li univa e sì, anche il loro coraggio. E questo lo so non perché me l'abbia detto lui, ma perché l'ho capito dal modo in cui descriveva la battaglia tra tuo padre e Voldemort” “Cioè?” domandò Lily. “Cioè come qualcosa di strabiliante ed inverosimile. Qualcosa verso cui mio padre si era sentito estraneo e partecipe allo stesso tempo. Una delle poche occasioni in cui ha desiderato poter fare di più, poter essere qualcosa in più rispetto al solito Draco Malfoy” concluse il Serpeverde, sedendosi a sua volta su una zucca gigante.
La ragazzina lo guardava con rispetto. Nelle ultime settimane avevano parlato più degli ultimi 3 anni messi insieme e cominciava a capire meglio quel ragazzo ombroso dagli occhi di granito ed i capelli biondissimi, iniziava finalmente a scorgere qualcosa sotto l'apparenza da “figlio di papà” che, si rese conto, gli era stata attribuita erroneamente dagli altri, più che da se stesso. Scorpius si sfregò la fronte un po' a disagio. “Perché mi stai fissando in quel modo?” le chiese. Ma neppure lei conosceva la risposta a quella domanda, così gliene fece una a sua volta: “Hai intenzione di invitare mia cugina al ballo di Natale?”. Il ragazzo fu preso un po' alla sprovvista. “Non saprei, manca ancora più di un mese...credo di sì” mormorò. Lily scosse la testa, i capelli rossi che le volteggiavano intorno alle guance paffute. “Ti avverto: mia cugina sarà anche una piccola Einstein tutta pozioni ed intrugli magici, ma è una tosta. Se vuoi stare con lei, devi farti vedere deciso”. Scorpius piegò la testa da un lato sorridendo. “Da quando sei diventata così gentile da darmi consigli su come conquistare Rose?”. La Grifondoro aprì la bocca per protestare, poi la richiuse. L'altro continuò a ridacchiare, poi chiese a sua volta: “Tu invece? Hai già ricevuto qualche invito?”. Lily scosse la testa, poi aggiunse: “Non è molto nel mio genere, il ballo”. “Ah, certo. Cercare indizi di nascosto e scoprire complotti all'interno della scuola invece è il tuo hobby preferito, dico bene?”. La ragazza alzò gli occhi al cielo esasperata, poi saltò giù dalla sua zucca e si spazzolò via la polvere arancione dalla gonna. Stava per andarsene, quando Scorpius le afferrò il polso e, prima che lei potesse protestare, le mise in mano una decina di fogli scritti con una calligrafia elegante. “E questi cosa sarebbero?” domandò confusa. “Appunti di astronomia. So che te la cavi bene in quasi tutte le materie, ma ho sentito dire che con le stelle non hai un buon rapporto. Così ho pensato che ti servisse una mano” concluse il Serpeverde con un sorrisetto. “Chi diavolo ti ha detto che non sono brava in astronomia?” sbottò lei con forza, poi un'idea le balenò nella mente. “Oh, è stata l'intrugliatrice, non è vero?” “Non so di chi tu stia parlando” fece l'altro, continuando a sorridere. Lily sbuffò irritata, poi si infilò in fretta gli appunti in tasca. “Rose me la pagherà. Ci vediamo in giro, Malfoy” aggiunse poi, dandogli le spalle e cominciando a camminare in direzione del castello, mentre Scorpius riprendeva ad accarezzare Alisecco con un'espressione soddisfatta dipinta sul bel viso.
 
 
Abigail stava scendendo le scale verso il terzo piano, cercando di fare ordine tra una dozzina di fogli di appunti che a malapena riusciva a tenere in mano. Le lezioni di Incantesimi del professor Vitious le erano sempre risultate interessanti, ma faticose allo stesso tempo ed essendo quello l'anno dei suoi M.A.G.O., non poteva rischiare di perdersi neanche una parola dell'anziano professore; così quella sera si era recata nel suo ufficio al settimo piano per recuperare alcune parti dell'ultima spiegazione che le erano sfuggite. Proprio mentre si avvicinava all'ennesima rampa di scala, con la pila di pergamene in equilibrio precario sopra alla sua copia del Manuale degli Incantesimi: volume settimo, la ragazza udì un cigolio provenire dalla galleria delle armature alla sua destra. Si voltò sorpresa e fece un passo avanti, sporgendosi per guardare nel corridoio buio. Dovrebbero aggiungere qualche torcia magica qui, è spaventosamente tetro pensò tra sé e sé, socchiudendo gli occhi. Stava per andarsene, ormai sicura che quel rumore fosse semplicemente frutto della sua immaginazione, quando sentì qualcos'altro provenire dal fondo del corridoio, come un bisbiglio.
Abigail sospirò cercando di mantenere la calma ed estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans, addentrandosi silenziosamente nell'oscurità rischiarata dalle finestre laterali. Il bisbiglio ricominciò, questa volta con un volume leggermente più alto. “Sicuro che non ti abbia visto nessuno?” sentì sussurrare da una voce femminile. L'altro, sicuramente un uomo, rispose con un altro sussurro: “Mi conosci Cecilia, so come passare inosservato”. La ragazza sussultò. Conosceva un paio di studentesse con quel nome, ma proprio in quel momento una figura minuta si spostò nel cono di luce dell'ultima finestra e si rivelò essere la professoressa Prince. Di fronte a lei, a pochi centimetri dal vetro, un individuo incappucciato galleggiava sopra una scopa nera come la notte, il braccio teso in avanti verso la donna. “Ecco ciò che mi avevi chiesto” mormorò lui con tono solenne. L'insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure prese il pacchetto viola dalla sua mano, soppesandolo con espressione scettica. “Sicuro che sia ciò di cui ho bisogno?” chiese incerta. L'altro ridacchiò. “Non ti fidi più di me, mia cara? Una volta non ti ponevi così tante domande...” sussurrò, allungando di nuovo una mano per accarezzarle i morbidi capelli biondi. Abigail la vide sobbalzare debolmente e parve trattenersi a stento dall'allontanarsi da quella figura inquietante. “Hai ragione” la sentì dire con una punta di dolcezza “In fondo, sei uno dei pochi uomini a non avermi mai deluso” aggiunse, sorridendo languida.
La Serpeverde si sentiva estremamente confusa ed angosciata allo stesso tempo, ma si costrinse a rimanere in silenzio, mentre i due si scambiavano gli ultimi convenevoli, prima che l'uomo ripartisse sulla propria scopa e la giovane professoressa richiudesse la grande vetrata e si allontanasse dalle spesse armature di metallo, dirigendosi verso le scale principali. Abigail si appiattì contro il muro, pregando perché la donna non notasse né lei, né il battito impazzito del suo cuore. Quando fu finalmente sicura che se ne fosse andata, la ragazza sospirò di sollievo, ma quel momento di conforto si concluse fin troppo in fretta. Chi diavolo era quell'uomo? E che cosa ci sarà in quel pacchetto? Qui c'è qualcosa di MOLTO strano.




Buon pomeriggio a tutti/e voi ;)
io che aggiorno di pomeriggio invece che di mattina/sera tardi è una novità!
Ammetto di non aver proprio mantenuto la promessa di postare il prima possibile, sono passate comunque 2 settimane D: ma ormai ci avrete fatto l'abitudine (spero)
Adesso che l'estate è quasi finita (ahimé) e non inizierò l'università fino ad ottobre spero di poter essere un po' più presente :)
Leggete e recensite che non fa mai male, love u all (anche se siete pochi e silenziosi)

Frannie


 
 

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Capitolo 9
*** 9. ***


“Sicuri che funzioni?” domandò Natalee scettica. Dorian e Rose si voltarono quasi contemporaneamente nella sua direzione, il primo con lo sguardo eccitato di un bambino che sta per combinarne una delle sue, la seconda con un'espressione seccata. “Dubiti delle mie capacità, Nat?” le chiese sollevando un sopracciglio. Non le piaceva darsi delle arie, ma per quanto riguardava pozioni ed intrugli era veramente un fenomeno e non sopportava che il suo talento venisse messo in discussione. L'altra ragazza scosse in fretta la testa, ma continuò ad osservarla con sospetto mentre tirava fuori dalla borsa alcune provette. Rose non ci fece caso e, dopo essersi guardata intorno ed assicurata che non ci fosse nessun insegnante in vista, mischiò i due composti in un terzo recipiente, creando una miscela bluastra che emetteva un fumo leggero. A quel punto si avvicinò all'ingresso della scuola, la mano che tremava un po' per l'ansia. Coraggio Rose, è il momento di vedere quanto sei brava. Si fermò per un attimo ad osservare le venature che correvano lungo l'enorme portone di Hogwarts, chiedendosi se il suo filtro ne avrebbe potuto danneggiare il materiale. Oh andiamo, è per una buona causa. Quasi sentì i due amici dietro di lei trattenere il respiro mentre gettava con un colpo secco la pozione appena creata sul legno di quercia, tingendolo di un rosso sangue, proprio come il colore della scritta che vi avevano trovato alcune settimane prima. Prima che il liquido scomparisse (già si stava stemperando), la Corvonero appoggiò un fazzoletto di stoffa sulla macchia appena formatasi e ne catturò alcune gocce, ritirando prontamente la mano ed avvolgendo il fazzoletto su se stesso, per poi riporlo con cura nella borsa. Pochi istanti dopo, il legno di quercia era tornato asciutto e non c'era traccia della pozione di poco prima, tanto che Natalee emise un fischio di approvazione. Rose emise un sospiro di sollievo. “Wow!” commentò a sua volta Dorian, rivolgendosi poi direttamente a lei. “E adesso?” chiese.
La ragazza si strinse nelle spalle e replicò: “Adesso dovete solo aspettare un paio di giorni, in modo che io possa analizzare il liquido e capire da dove proviene” “Puoi davvero riuscirci?!” domandò Natalee sorpresa. Rose ridacchiò. “Lo spero. La pozione che ho creato funziona un po' come un incantesimo di localizzazione e di recupero allo stesso tempo. Fortunatamente la scritta è stata tolta solo un paio di settimane fa, non è stato poi così difficile ritrovarne qualche traccia all'interno del legno, ma la parte peggiore sarà capire da dove arriva quel liquido” concluse, sentendosi improvvisamente stanchissima. Dorian parve accorgersene e le diede una pacca maldestra sulla spalla. “Beh, ti siamo grati per il tuo aiuto. Non so davvero come...” ma l'altra lo interruppe. “Ehi, guarda che anch'io voglio essere d'aiuto! Anzi, dovrei essere io a ringraziare te, non avrei mai pensato che quella pozione potesse servire in una situazione simile. Come sapevi della sua esistenza?” chiese con curiosità. L'altro si passò una mano tra i capelli un po' imbarazzato. “Beh, avevo letto qualcosa di simile quest'estate, mentre girovagavo per casa. Credo si trattasse di un vecchio libro di pozioni di mia madre...” borbottò. Rose annuì, pur sapendo che doveva trattarsi di un libro piuttosto particolare, ricordando gli scaffali di casa propria così traboccanti di libri su intrugli e filtri rarissimi.
“Odio dover aspettare” fece Natalee, incrociando le braccia sul petto con aria imbronciata. Rose le rivolse un sorriso di scuse. L'arte del creare pozioni è complessa e richiede impegno e pazienza, oltre che precisione ed intuito. Quelle erano le parole che le aveva sempre ripetuto il professor Greengrass quando la vedeva spazientirsi durante la preparazione di un filtro particolarmente complesso. E fortunatamente, tu non manchi di nessuna di queste qualità, Rose. In quel momento, la ragazza pregò con tutta se stessa che fosse vero e che il suo intuito non si fosse sbagliato. “Vi farò sapere non appena avrò scoperto qualcosa” disse loro, curvando le labbra in un sorriso appena accennato. Dorian le fece un cenno, prima di voltarsi per tornare al proprio dormitorio, mentre Natalee si fermò qualche attimo in più. La osservò con i grandi occhi color miele, poi mormorò: “Mi dispiace di averti coinvolta in questa operazione investigativa, Rose, davvero”. L'altra fece per parlare, ma la Grifondoro continuò: “Ci tengo davvero troppo a scoprire chi sia quel pazzo che sta cercando di intimidirci, non sopporto l'idea che qualcuno tenti di fare del male alle persone a cui voglio bene o di minacciare questo posto, non dopo che è stato la mia seconda casa per così tanto tempo”. Rose sapeva che Natalee aveva perso suo padre circa 4 anni prima ed aveva trovato in Hogwarts e soprattutto nel Quidditch un rifugio sicuro, dove era riuscita a rimettere insieme i cocci ed aveva imparato ad andare avanti con determinazione e coraggio. “Farò tutto il possibile, Nat. Te l'assicuro” affermò la Corvonero e lo voleva davvero, con tutta se stessa.
 
 
Rhonda osservava il cielo plumbeo mentre si infilava il maglione di lana azzurro chiaro. L'allenamento di Quidditch si era appena concluso e si sentiva piuttosto soddisfatta, oltre ad essere entusiasta del ritorno in squadra di Natalee. Si era sempre sentita attratta da quella ragazzina tutta spigoli ed agilità che aveva dimostrato doti elevatissime fin dal suo primo provino per entrare nel team dei Grifondoro. Se la ricordava, 12 anni appena ma uno sguardo che avrebbe intimorito perfino un gigante; si era fatta strada tra gli studenti più grandi e li aveva sbaragliati uno ad uno, come se fosse nata per cavalcare una scopa e per lanciare la pluffa in uno dei 3 anelli. Ricordava di aver pensato: “Questa entrerà sicuramente in squadra” e poco dopo le si era avvicinata, porgendole una mano per congratularsi. Natalee l'aveva osservata per qualche istante, poi aveva borbottato: “Ringrazia che sei qua per il posto da battitore, o avresti dovuto vedertela con me anche tu” ed era tornata ad allenarsi, lasciando Rhonda a bocca aperta. A quei tempi non sapeva che Natalee aveva perso suo padre da poche settimane, che quello sguardo assassino non le apparteneva, come non le apparteneva quel suo essere arrogante e sfacciata. Fortunatamente il loro rapporto era migliorato una volta entrate insieme nella squadra e adesso, a distanza di 4 anni, Rhonda la considerava la sua migliore amica. Lei, Natalee, James e Dorian avevano formato un quartetto indistruttibile e tutti li consideravano i fantastici 4 dei Grifondoro.
Proprio in quel momento la ragazza intravide un ammasso di capelli spettinati saettare fuori dallo spogliatoio e si accorse troppo tardi di stare già correndo nella sua direzione. Lo chiamò per nome prima di riuscire a fermarsi e quando l'altro si voltò verso di lei, si ritrovò a corto di parole. “Tutto bene, Rhonda?” domandò Dorian con espressione curiosa. La Grifondoro si guardò la punta degli stivali, senza sapere bene da dove iniziare. Poi si decise, fece un respiro profondò ed esordì con un “Ti chiedo scusa” quasi sussurrato, tanto che l'altro fece qualche passo verso di lei per sentire meglio. “Ho detto che ti chiedo scusa” ripeté un po' più forte. Dorian cambiò espressione, come se tutti i muscoli del suo viso si fossero improvvisamente rilassati dopo essere stati in tensione a lungo, poi le sorrise. Lei continuò: “Oggi ti ho visto con Nat e la Weasley, non ho idea di cosa abbiate in mente, ma ti avviso: non ho intenzione di tirarvi fuori dai guai, quindi cercate di stare attenti e di non farvi beccare da Gazza o da qualche insegnante, ok?”. Il giovane Grifondoro continuava a sogghignare, così Rhonda sbuffò. “Non montarti troppo la testa adesso, penso ancora che sia stata colpa tua se Nat è finita in infermeria, visto che sei solo un irresponsabile ed un idiota, oltre al fatto che...” “E' bello poter di nuovo parlare con te” la interruppe lui senza smettere di sorridere. La ragazza rimase per un attimo interdetta, poi annuì. “Sì è vero, almeno in allenamento potrò di nuovo avvertirti nel caso in cui un bolide fellone punti dritto alla tua testa” e prima che Dorian potesse aggiungere qualcos'altro, si allontanò facendo dondolare il borsone sulla spalla destra, un sorriso lieve che le increspava il viso.
 
 
James era fermo di fronte alla bacheca dei trofei di Quidditch, la mano premuta contro il vetro. La foto di suo padre risaltava in mezzo alle altre, la Coppa delle Case stretta nella mano destra e sollevata verso il cielo azzurro, il sorriso radioso mentre i compagni tutti attorno lo riempivano di pacche amichevoli e gli scompigliavano i capelli; poco più indietro vide anche la massa di capelli fiammeggianti di sua madre, che sorrideva nella sua divisa da cacciatrice, stretta in un abbraccio con l'amica Hermione Granger. Sembrano tutti così giovani si ritrovò a pensare, scrutando con attenzione la cicatrice a forma di saetta che segnava la fronte di quello che era diventato uno dei maghi più famosi di tutti i tempi. Se solo riuscissi ad essere un po' più come te, papà. Quando finalmente si decise ad allontanarsi dall'urna trasparente, il Grifondoro vide un cespuglio di capelli rossi uscire dal bagno delle ragazze e saettargli davanti. Abigail aveva la faccia stravolta, come se non avesse dormito per giorni, ed il viso ancora gocciolante dopo essersi probabilmente data una rinfrescata, approfittando dell'ora di buco. James la raggiunse ad una delle panchine nell'enorme parco che circondava il castello e si sedette accanto a lei, facendola sobbalzare. “Ehi, sta' tranquilla! Sono solo io” disse in fretta, rivolgendole poi un'occhiata ansiosa. “Va tutto bene?” chiese, sentendosi un perfetto idiota perché ovviamente non poteva andare affatto bene. La giovane Serpeverde tornò a guardare verso il basso, torturandosi le mani. “Guarda che a me puoi dirlo, puoi parlare di qualunque cosa con me” insistette lui. “Ah, ne dubito, Potter” borbottò Abby, ma non era riuscita a mantenere il suo solito tono acido. Sembrava sfinita, come quando si rimugina per troppo tempo sugli stessi problemi.
Poi, all'improvviso, straripò come un fiume ingrossato dalla pioggia che non può più essere contenuto. “Secondo te perché la Prince dovrebbe incontrarsi ad una finestra del terzo piano con un uomo incappucciato a tarda notte? E perché dovrebbe farsi consegnare da lui un pacchetto viola con un enorme fiocco, comportandosi come una criminale? E perché dovrebbe preoccuparsi tanto di non essere vista? Insomma, non esiste più la posta via gufo? E cosa ci sarà mai in quel dannatissimo pacchetto?!”. James spalancò gli occhi, poi le prese una mano tra le sue e la strinse forte. “Adesso calmati e riparti dall'inizio”. L'altra sospirò e gli raccontò che cosa aveva visto poche sere prima, sforzandosi di mantenere un tono di voce relativamente basso e pacato. Alla fine il ragazzo si passò una mano tra i capelli con un'espressione pensierosa. “Certo che è tutto molto sospetto. Insomma, bisogna ammettere che la Prince è proprio una bella donna...”. Passò oltre all'occhiata fulminante della compagna. “MA ci sono modi più semplici per incontrare qualche amante e poi c'è la faccenda del pacchetto”. Abigail annuì, osservandolo con i grandi occhi verdi, pregandolo in silenzio che riuscisse a trovare la soluzione a quel mistero. James odiava sentirsi tanto inutile ed all'oscuro.
Proprio in quel momento una mano rugosa con lunghe dita affusolate calò sulla sua spalla. “Buon pomeriggio, signor Potter. Signorina Davis” salutò la preside con un leggero cenno del capo. “Buon pomeriggio a lei, preside” le risposero in coro i due giovani, poi James notò che la strega teneva qualcosa nelle pieghe del vestito e gli parve di intravedere un lampo viola scomparire un attimo dopo. “Qualcosa non va, signor Potter?” domandò la donna, osservandolo perplessa. Abigail, al suo fianco, sembrò non aver notato nulla. Il giovane Grifondoro le rivolse uno sguardo combattuto, poi prese fiato. “Assolutamente no, preside McGranitt” concluse, maledicendosi un attimo dopo. L'anziana strega lo fissò ancora per qualche istante, poi posò nuovamente la mano sulla sua spalla. “Cerchi di non mettersi nei guai, signor Potter. Ho talmente tante cose a cui pensare che penso proprio di non avere tempo per qualche sua birbonata. E per qualunque cosa la prego di consultarmi, dato che sa dove trovarmi”. E così fece per andarsene, ma proprio quando James allungò la mano nella sua direzione per richiamarla indietro, un fascio di luce apparentemente generatosi dal nulla colpì la donna in pieno petto, gettandola al suolo. Il ragazzo sbiancò e pochi attimi dopo l'accecante bagliore bluastro era sparito, lasciando la McGranitt riversa a terra, la mano premuta all'altezza del cuore. Subito una schiera di studenti formò un cerchio intorno al corpo della preside, accalcandosi sempre di più. Una volta superato lo shock iniziale, James si fece largo a spintonate tra braccia, mantelli e cespugli di capelli e s'inginocchiò al fianco della strega ormai 97enne. “Preside McGranitt, che cos'è successo?” domandò cercando di dissimulare il panico nella propria voce. La donna si tirò su a fatica, il viso contratto in una smorfia di dolore, poi allungò una mano e dopo aver frugato un po' all'interno della tasca anteriore del mantello, tirò fuori un mucchietto di cenere luccicante. Il giovane Grifondoro adocchiò anche qualche scaglia di vetro ed alcuni pezzi di carta viola nel mucchietto annerito e la fissò con sguardo interrogativo. “Di cosa si tratta?”. A quella domanda la preside aggrottò le sopracciglia, la mano destra che stringeva ancora convulsamente il tessuto del vestito. “Un'altra intimidazione, signor Potter” rispose a fior di labbra e dopodiché crollo di nuovo a terra, le ultime manciate di cenere che le scivolavano via dalle dita.
 
 
Al aveva sempre trovato le gradinate del campo di Quidditch della scuola estremamente interessanti quando non erano piene di fanatici muniti di striscioni, sciarpe colorate e megafoni, intenti a perforargli le orecchie con i loro cori a squarciagola. Il fatto che non trovasse quello sport così avvincente e degno di tanta attenzione aveva rischiato più volte di allontanarlo dal fratello maggiore, ma fortunatamente suo padre era sempre stato più comprensivo ed aveva colmato la mancanza di interesse nei confronti del Quidditch con montagne di libri sulla storia del mondo magico e sulle creature che lo popolavano, facendo sì che Al non si sentisse mai escluso dalla famiglia e allo stesso tempo si appassionasse alla magia ed alla lettura (con immensa gioia della madre che, una volta finita la propria carriera di cacciatrice, non sopportava di avere in casa solo uomini fissati con lo sport). Quel giorno il sole era fermo lungo la linea dell'orizzonte, tingendo di mille tonalità di arancione le guglie del castello; l'aria di dicembre cominciava ad insinuarsi sotto ai vestiti, ma il giovane Serpeverde si era avvolto la sciarpa verde-argento stretta attorno al collo e sfogliava le pagine con le mani al caldo dentro i guanti di lana. Aveva quasi terminato il capitolo 18 di Grandi Speranze quando notò che qualcun'altro aveva raggiunto la tribuna superiore e si era seduto poco distante da lui. I capelli le sferzavano il viso mentre cercava una posizione comoda per poter leggere l'enorme volume che aveva sulle ginocchia. Al non riusciva a vederne il titolo, ma sapeva che doveva trattarsi di un manuale sulle creature magiche.
Rebecca. Nelle ultime settimane si era fermato ad osservarla, notando dei particolari che mai avrebbe pensato potessero affascinarlo: la minuscola fossetta che le si formava all'angolo della guancia quando sorrideva, una soltanto, dalla parte sinistra; alcuni fili rossi che si intrecciavano quasi impercettibilmente ai morbidi capelli castani e che potevano essere notati solo grazie ad una particolare angolazione della luce, unico dettaglio che agli occhi di lui l'accomunava ad Abigail; la cura quasi maniacale con cui si rifaceva il nodo alla cravatta rossa-oro quando si accorgeva di essere in disordine. Per qualche strana ragione a lui ignota il giovane Serpeverde trovava tutte quelle piccolezze incredibilmente attraenti. Proprio in quel momento la vide corrugare la fronte, i grandi occhi azzurri concentratissimi mentre seguivano le parole sul foglio di pergamena, senza stancarsi mai, voltando le pagine una dopo l'altra con foga, con avidità. Non aveva mai visto nessuno così preso da un libro e dovette ammettere che era bellissima, sebbene lei non riuscisse neanche lontanamente a rendersene conto. In quel momento gli tornarono in mente le parole che Abby gli aveva gridato quella mattina poco prima di uscire dalla sala comune: Tra 3 settimane c'è il ballo di Natale e voglio vederti con qualche bella ragazza in un vestito elegante, hai capito?
Si voltò di nuovo ad osservare Rebecca e proprio quando fu sul punto di alzarsi per andare a parlarle, un'ombra gli si parò davanti, nascondendola alla sua vista. Al alzò lo sguardo ed incontrò due occhi di un verde acido, tendente al giallo, ed una vocetta stridula esordì con un: “Buonaseeera Potter” che lo irritò. “Ciao Eliza” mormorò cercando di mantenere un livello perlomeno accettabile di educazione. Il capitano della squadra di Quidditch dei Serpeverde si sedette accanto a lui e senza troppe cerimonie allungò un braccio per sfiorare il suo. “Allora, che ci fai tutto solo quassù?” gli domandò, socchiudendo gli occhi e sbattendo le ciglia in quello che al ragazzo parve un maldestro tentativo di sembrare più sexy. Lui alzò in risposta il libro che teneva ancora in mano. Eliza piegò la testa per leggere il titolo e storse il naso. “Grandi Speranze? Suona tanto come uno di quei libri babbani che hanno iniziato a vendere al Ghirigoro l'anno scorso...” “Infatti” rispose Al, inarcando un sopracciglio. L'altra cambiò espressione e commentò civettuola: “Ah, molto interessante”, prima di passare oltre. “Allora, hai intenzione di chiedermi di venire al ballo di Natale con te oppure no?”. Il ragazzo tossicchiò, preso alla sprovvista. Dritta al punto, eh? “Sinceramente non ho ancora pensato a chi vorrei invitare...” cominciò con voce incerta, notando con la coda dell'occhio che Rebecca aveva sollevato gli occhi dal libro e li stava osservando. La Serpeverde si sporse nuovamente verso di lui. “Perfetto, ti ho appena offerto un'ottima opportunità, non ti pare?” continuò, avvicinandosi il più possibile. Al si sentiva talmente a disagio che le mani cominciarono a sudargli come mai prima di allora; se le strofinò sui jeans scuri e cercò di elaborare una risposta adeguata, ma i suoi pensieri vennero interrotti da un tonfo sordo. Si sporse e vide che Rebecca stava raccogliendo l'enorme tomo da terra dopo che le era evidentemente caduto per sbaglio, mentre Eliza la stava fulminando con lo sguardo. “Quella ragazza è così maldestra” commentò acida ed il ragazzo le avrebbe inferto una Fattura Flipendo molto volentieri.
Rebecca stava scendendo i gradini delle tribune in tutta fretta, quasi avesse un Dissennatore alle calcagna, così Al si alzò senza tanti preamboli e raccolse le sue cose, facendo un cenno in direzione della Serpeverde. “Scusa Eliza ma devo proprio scappare adesso, ci vediamo a lezione” e mentre lei chiamava ancora il suo nome, il ragazzo aveva raggiunto gli ultimi scalini e stava praticamente correndo dietro alla Grifondoro. Poco prima che svoltasse l'angolo riuscì finalmente ad afferrarle un braccio e farla voltare verso di sé. Rebecca lo fissava interdetta. “Hey, ciao” provò a dire, ma la voce le uscì fuori spezzata. “Oh avanti, mi avevi già visto poco fa, non è vero?” sbottò lui, sorprendendo perfino se stesso. La ragazza si morse il labbro inferiore, poi annuì lentamente e ribatté: “Si, certo che ti avevo visto” “E perché stai scappando così?” domandò il Serpeverde. “Beh, avevo pensato di venire a salutarti, ma poi ho notato che eri piuttosto impegnato e così...” “Non ti starai riferendo ad Eliza, vero?!” la interruppe Al stupefatto. Rebecca rivolse lo sguardo altrove ed un leggero rossore si fece strada sulle sue guance. Il ragazzo si addolcì. “Senti, capisco che può sembrare tutt'altro, ma a me lei non interessa minimamente...” “Non devi darmi spiegazioni, Al” rispose l'altra in fretta, troppo in fretta. “Infatti non sono qui per questo. Volevo parlarti del ballo di Natale, hai presente?”. Quell'improvviso cambio di argomento sembrò confondere la ragazza ancora di più, tanto che gli rivolse uno sguardo accigliato. “Si, certo”. Al sospirò. “Ecco, mi chiedevo se...in caso tu non avessi impegni...cioè, se per caso non sapessi ancora con chi andarci...”. Un idiota. Ecco cosa starà pensando: Albus Potter è un completo idiota. Ma come diavolo mi è venuto in mente di chiederglielo? Che razza di...
“Mi hai sentito, Al?”. Il ragazzo si voltò di nuovo verso di lei, interdetto. Rebecca lo stava scuotendo per la manica del cappotto, le guance di una tonalità ancora troppo scura. “Insomma, mi chiedi di venire al ballo con te, io ti dico di sì e tu non mi ascolti neanche?”.



Buonasera a todos :))
Rieccomi qua con un nuovo sssssspumeggiante capitolo (ormai non mi scuso neanche più per non aver postato prima, dovreste aver imparato a conoscermi ahimé)
Se devo esser sincera ho dovuto modificare questo 9° capitolo leggermente e togliere una quinta parte che, vi anticipo, riguarda Scorpius ed alcuni personaggi "minori" per così dire. Il problema è che rischiavo di  "mettere troppa carne al fuoco" e di appesantire inutilmente questo capitolo, spero che possiate perdonarmi nel caso in cui mi sia sbagliata ;)
ERGO vi lascio con il fatidico SI di Rebecca e la McGranitt alquanto malconcia (credetemi, ho sofferto come non mai ma era giusto così) per rivederci la prossima volta (che ovviamente non ho idea di quando sarà, ormai si vive alla giornata e basta direi ahaha)
Un saluto/bacio/abbraccio a tutti/e, sperando in qualche bella recensione, visto che ne siete assolutamente capaci ;)

Frannie





 
 
 
 
 

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