Un rifugio nel tuo cuore.

di CixRed_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo. ***



Capitolo Primo.

Stiamo camminando da giorni. Giorni passati a sperare e a discutere.

All’improvviso mi sono ritrovata completamente sola con Daryl. Non è esattamente il massimo della compagnia, è scontroso e non ama particolarmente le mie chiacchiere.

Quel giorno faceva molto caldo, il sole splendeva in alto nel cielo sgombro dalle nuvole.

Ogni tanto mi capita di far vagare il mio sguardo annoiato su di lui, e ho notato alcune cose sul suo aspetto che prima ignoravo totalmente. Mi ritrovo incantata a guardare i suoi capelli che con i raggi del sole assumono delle sfumate rossicce.

Fa talmente caldo che decido di togliermi la felpa leggera e di rimanere solamente con la canotta. Noto che Daryl mi lancia delle strane occhiate. All’improvviso sento la necessità di riposarmi un momento, così mi fermo.

<< E ora perché ti sei fermata? >> chiede scocciato. Torna indietro e si sistema la balestra sulla spalla sinistra.

<< Perché sono stanca. >> rispondo con aria di sfida mentre lui sbuffa sonoramente.

Si guarda intorno e poi posa di nuovo i suoi occhi blu su di me. << Senti ragazzina non possiamo fermarci qui, è poco sicuro. >>

Gli lancio un’occhiata furente prima di rispondere. << Non chiamarmi ragazzina! >>

<< E come dovrei chiamarti allora? Tu sei una ragazzina. >> incrocia le braccia con aria annoiata mentre prende a calci un sasso.

<< Sai, ho un nome. A te piacerebbe se ti chiamassi per tutto il tempo ‘’vecchio decrepito’’? >> mi avvicino a lui sempre più arrabbiata.

Daryl alza un sopracciglio e mi studia. Finalmente inizia a tirare un po’ di vento e si sta decisamente meglio.

<< Non ne avresti mai il coraggio. >>

<< Tu dici? >> ribatto con un tono di voce acido continuando ad avanzare verso lui. Non lo sopporto. Mi tratta come se fossi una bambina estremamente noiosa.

Mi accorgo che i nostri visi sono pericolosamente vicini e avvampo senza neanche sapere il motivo. So solo che averlo così vicino mi imbarazza.

Daryl ghigna e si allontana leggermente da me. << Visto? Sei una bimba. E ora andiamo che tutta questa storia sta iniziando a stancarmi, o la piccola Beth deve ancora riposarsi? >>

Roteo gli occhi e mi metto in marcia. Tempo due secondi e Daryl compare al mio fianco.

Ormai è quasi buio, e noi stiamo ancora camminando nel silenzio più assoluto fino a quando il simpaticone mi strattona il braccio sinistro.

Mi giro verso lui e gli dedico uno sguardo pieno d’odio. << Cosa c’è ora? Ti da fastidio che io respiri? >>

<< C’è una casa laggiù. >> indica un punto nella radura dove se si aguzza la vista si intravede una casetta.

Eccitata come non lo ero da giorni mi introduco nella radura ma Daryl mi ferma. << Reprimi tutto questo entusiasmo e stai dietro di me. >>

<< Che vorresti insinuare? Guarda che sono capace di difendermi benissimo da sola! >> ribatto mentre lui continua a guardare con intensità la casa.

<< Oh ma ti vuoi stare zitta un attimo? Sei insopportabile. >> inizia a camminare verso la casa con la balestra pronta.

Ingoio quel boccone amaro e lo seguo. Inutile fingere, ci sono rimasta male. La casa non era così tanto distante ma Daryl procedeva lento, osservando ogni punto con attenzione e fermandosi appena udiva un rumore sospetto. Io mi limitai a seguirlo come un cagnolino, a rimurginare sulle sue parole e a guardarmi intorno.

<< Il gatto si è mangiato la tua lingua? E’ strano non sentire continuamente le tue chiacchiere. >> Daryl si gira verso me e mi guarda.

<< E ora che hai? >> mi chiede con un sospiro mentre mi guarda con quegli occhi chiari.

Lo guardo per un secondo e continuo a camminare. << Non ho assolutamente nulla. >>

<< Sei una pessima bugiarda, lo sai? Si vede lontano un miglio che hai qualcosa. >>

Continuo imperterrita a camminare con Daryl alle costole. << Solo solamente stanca, tutto qui. >>

Mi tira per un braccio e mi costringe a fermarmi. Ci guardiamo negli occhi per un’infinità di tempo fino a quando non interrompe il contatto per continuare a camminare. Lo seguo e mi accorgo che siamo proprio di fronte alla casa. E’ di due piani, bianca. Il mio compagno di viaggio mi fa cenno di avvicinarmi a lui.

Mi avvicino lentamente e lui mi si piazza davanti. << Ascoltami bene ragazzina, lì dentro potrebbe essere molto pericoloso, quindi stammi sempre vicina e non fare mai di testa tua, capito? >>

<< D’accordo… >>

Daryl mi scruta, come se non si fidasse, e dopo svariati secondi di osservazione annuisce.

Apre piano la porta facendo attenzione a non farla cigolare, io al suo fianco tengo nervosamente in mano la pistola carica. Procediamo piano, controllando con cura ogni stanza. Prima la cucina, il tavolo con uno strato spesso di polvere e due sedie spaiate, poi toccò al soggiorno, con il suo pianoforte a coda a cui mancano alcuni tasti e il bagno.

Dopo aver controllato per una seconda volta tutte le stanze si ferma davanti alla tromba delle scale e si rivolge a me. << Qui sotto sembra tutto apposto. >>

Annuisco debolmente.

<< Andiamo a vedere di sopra, forza. >> mi prende per mano e saliamo le scale. Ci troviamo su un corridoio stretto e lungo, i muri gialli pieni zeppi di ritratti polverosi. Daryl apre la prima porta, e si scopre essere un secondo bagno, decisamente più piccolino del primo. Continuando a procedere entriamo dentro l’ultima stanza, completamente spoglia se non fosse per un enorme letto matrimoniale con una coperta bianca. Una volta appurato che la casa è completamente vuota, Daryl decide di scendere per andare a sistemare le armi e il cibo, mentre io continuo a girare per la stanza. Accanto ai due lati del letto ci sono due comodini di legno. Mi ci fiondo e inizio a svuotare i cassetti. Mi metto seduta sul letto e comincio a rovistare. Trovo un anello, una confezione di pasticche che riconosco essere degli antibiotici, una cartina di una città che purtroppo non riesco a riconoscere e per finire delle sigarette. Rimetto al suo posto l’anello e invece tengo tutto il resto.

Mi alzo con il mio bottino e raggiungo Daryl al piano di sotto. Appena mi sente arrivare mi si avvicina, incuriosito.

<< Che hai trovato? >>

Poso sul tavolo della cucina tutte le cose e lui se le passa tra le mani. << Chissà di che città si tratti. Non c’è scritto il nome, strano. >> dice posando la cartina e prendendo al suo posto la confezione di pasticche.

<< Sono antibiotici, e sono ancora buoni. >> affermo mentre Daryl annuisce.

<< Beh fanno sempre comodo… non mi dire che quelle sono sigarette! >> si alza di scatto dalla sedia con gli occhi che luccicano.

Sorrido, sembra un bambino che ha appena visto un pacco pieno delle sue caramelle preferite. << L’ho portate qui apposta, so che tu fumi. >>

Lui mi rivolge una specie di smorfia, che assomiglia quasi ad un sorriso tirato. Si porta alla bocca una sigaretta, l’accende e chiude gli occhi. Lo guardo affascinata, desiderando all’improvviso di essere quella sigaretta.

<< Ragazzina se continui a guardarmi mi consumi. >> Daryl aveva aperto gli occhi, e mi stava guardando con uno sguardo divertito.

Divento rossa come un peperone e balbetto un per niente convincente ‘’Non stavo guardando te!’’

Lui si alza e si dirige verso la dispensa dove prima aveva disposto in maniera ordinata il poco cibo che possediamo.

<< Che vuoi per cena? >> mi chiede mentre prende in mano una bottiglia d’acqua.

Noto che ci sono scatole di tonno in gran quantità, mentre la carne scarseggia. << Il tonno va benissimo, grazie. >>

Con un grugnito afferra due scatolette di tonno e le dispone sul tavolo. Ci sediamo uno di fronte all’altra e mangiamo in silenzio. Una volta terminata la nostra lussuosa cena andiamo verso i borsoni e li trasciniamo al secondo piano, dove c’è la camera da letto. Entriamo, io butto con poca grazia il mio per terra e mi sdraio sul letto, sospirando.

<< Sei stanca? >>

Mi giro verso Daryl e annuisco. Lui si avvicina al letto e si mette seduto accanto a me. Rimaniamo così a lungo, ognuno perso nei propri pensieri.

Di tanto in tanto mi rivolge qualche sguardo penetrante che mi fa venire la pelle d’oca. Non capisco cosa voglia comunicarmi con queste occhiate.

Mi piace questa tranquillità, è piuttosto rara dato che di solito noi due passiamo le giornate a discutere. Mi scappa uno sbadiglio che non passa inosservato da Daryl, che infatti mi ordina subito di mettermi sotto le coperte.

<< Se non vuoi vedere una ragazzina nuda mentre si cambia ti conviene girarti. >> lo avverto con un tono minaccioso. Noto con piacere che arrossisce e si volta immediatamente. Mi alzo e mi spoglio velocemente.

<< Ecco, ho fatto. >> mi sistemo meglio la coperta e lui si gira piano, con gli occhi chiusi.

<< Secondo me sei nuda e vuoi farmi morire di crepacuore. >> afferma coprendosi con decisione gli occhi con le mani.

Lo guardo per un attimo e scoppio a ridere. Lui sbuffa << Cosa cazzo hai da ridere? Sei per caso impazzita? >>

<< Sei così buffo! Comunque tranquillo, ho la coperta fino al mento. >> rispondo con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.

Daryl apre gli occhi e mi rivolge uno sguardo omicida. Sussurra un ‘’cretina’’ e scuote la testa.

<< Che fai, hai deciso di passare la notte impalato in mezzo alla stanza? >> gli chiedo sorridendo mentre lui sbuffa nuovamente.

<< Ma quanto siamo spiritose stasera. Sto per spogliarmi ragazzina, quindi girati. >>

Mi giro di scatto verso il muro e sento Daryl che ridacchia soddisfatto. Stronzo.

Continuo a guardare imperterrita il muro anche quando sento che si è sdraiato.

<< Ora puoi anche girarti eh. >>

Mi volto piano, e me lo ritrovo vicinissimo. Non indossa una maglietta. Deglutisco a fatica, ignorando le sue occhiate divertite e mi sistemo meglio.

<< Buonanotte Daryl. >> sussurro piano, con la speranza che non mi abbia sentita.

Dopo circa cinque secondi mi sussurra di rimando un ‘’Buonanotte Beth’’. Con il cuore leggero mi addormento, cullata dal respiro regolare di Daryl.


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Capitolo 2
*** Capitolo Secondo. ***



Capitolo Secondo.

A giudicare dalla posizione del sole deduco che sia appena l’alba. Mi giro verso la persona che mi dorme accanto. Una ragazza dai lunghi capelli biondi che corrisponde al nome di Beth Greene detta anche ‘’ragazzina’’ sta russando alla grande. Nonostante il rumore infernale che sta facendo la trovo comunque adorabile. Non ho dormito. Ho passato tutta la notte a pensare a lei, e a guardarla. Qualcosa è cambiato, ma non riesco ancora a capire precisamente cosa. Per esempio, perché amo così tanto stuzzicarla? Non mi era mai successo con nessun’altra, di solito con le altre esisteva solamente un desiderio carnale. Per carità, Beth è una bellissima ragazza, e in certi momenti ho dovuto ricorrere in tutto l’autocontrollo che per mia fortuna possiedo per non saltarle addosso, ma con lei c’è qualcosa in più che per il momento non riesco ancora a riconoscere. Avrei voluto tanto dormire, chiudere gli occhi e non pensare più, ma non ci riesco con lei nel mio stesso letto. Ho anche provato ad andare a dormire nel divano, ma appena provavo ad alzarmi lei mi si stringeva ancora di più addosso, forse alla ricerca del calore.

Le dedico un ultimo sguardo, carico di una dolcezza che non so neanche da dove possa provenire, e mi alzo.

Ho troppi pensieri, e la caccia mi aiuta tantissimo a rilassarmi. Lentamente scendo dal letto e cerco i pantaloni per la stanza, facendo attenzione a non svegliarla. Una volta vestito e che ho svuotato la vescica sono pronto per andare a caccia. Esco dalla casa e respiro a pieni polmoni l’aria mattutina. Inizio con una passeggiata, poi mi addentro sempre di più nel bosco posizionato proprio dietro la casa.

Dopo circa due ore mi incammino sulla strada del ritorno, sono riuscito a cacciare due conigli incredibilmente grassi. Sono fiero di me stesso, ma non del tutto. Mentre cacciavo non riuscivo a togliermi dalla testa Beth. Continuavo a pensare a cose assurde. Mi sono chiesto svariate volte se le piaccio. Le donne solitamente le capisco sempre al volo, ma Beth no. Per me è totalmente un mistero. Mi spiazza ogni volta. Sospiro e continuo a camminare. Il sole ormai è sorto da un pezzo. Il vento delicato mi soffia contro, ma è una sensazione piacevole. Arrivo nella casa e inizio a pulire i conigli obesi. Mentre cerco disperatamente un modo per togliermi definitivamente dalla testa la ragazzina, l’oggetto dei miei desideri mi appare magicamente davanti.

Beth mi si avvicina, e si mette seduta di fronte a me. << Buongiorno. >>

La prima cosa che ho notato è che aveva solamente una camicia lunga a coprire parzialmente le sue gambe pallide. Cerco di comportarmi come al solito. << Non mi hai fatto chiudere occhio, russi in una maniera spaventosa. Penso che ti abbiano sentita tutti i zombie della Georgia. >>

Lei mi guarda malissimo e arrossisce. << Se ti davo così tanto fastidio perché allora non te ne sei andato? >> mi chiede lei mentre cerca di soffocare uno sbadiglio.

<< Ci ho provato ragazzina, ma tu ad un certo punto ti sei appiccicata a me in stile piovra gigante. >> ghigno soddisfatto. Sto tornando ad essere me stesso, ora sì che mi riconosco.

<< Non è che magari in fondo ti piaceva quella situazione? >> chiede lei velenosa incrociando le braccia e guardandomi.

<< Ti sei per caso bevuta il cervello ragazzina? Ho di meglio da fare che da farti da balia mentre sbavi a tutto spiano. >>

Lei si avvicina sempre di più al mio viso. Le punte dei nostri nasi quasi si sfiorano. << Sei sempre il solito barbaro. >>

Beth si alza, irritata e ancora assonnata, e si dirige verso il bagno. La seguo con lo sguardo e vedo che prima di chiudere la porta mi rivolge uno sguardo strano.

Cosa si è messa in testa quella scema? Solo io posso fare questo giochetto delle occhiate eloquenti, non di certo lei. Vuole giocare? Bene, l’accontenterò. Continuo a pulire i conigli, con il rumore costante del getto della doccia che mi tiene compagnia. Ad un certo punto mi balena in mente l’immagine di Beth in questo preciso istante, sotto alla doccia, bagnata. Inizio a muovermi a disagio sulla sedia. Perché ora sto pensando di nuovo in questo modo alla ragazzina? Cosa mi ha fatto, un incantesimo? E’ una strega? Beh è probabile, considerando la sua vena odiosa e acida che la contraddistingue.

La porta si apre ed esce una Beth tutta imbacuccata per non prendere troppo freddo. << Daryl vado di sopra a vestirmi, non salire per nessuna ragione al mondo. >>

Alzo un sopracciglio. << Detto fra noi, ma chi ti vuole vedere? Va a vestirti e muoviti che dobbiamo uscire. >>

<< Uscire dove? >> mi chiede lei con sguardo interrogativo.

<< Un ristorante a cinque stelle può andarti bene? O preferisci andare al cinema? Che razza di domanda è? Ti porto in un posto dove posso insegnarti in tutta tranquillità come si maneggia la balestra, non si sa mai. >> ribatto ironico guardandola con intensità.

Mentre parlavo mi si era avvicinata, ma ora sta indietreggiando lentamente. Forse non se lo aspettava, questo giochetto mi diverte già da matti.

<< Ragazzina che hai? >> chiedo guardandomi con falso interesse le unghie.

Beth fa una smorfia e se ne va, senza dire nulla. Cosa cazzo le è preso? Non le permetto di andarsene così, se proprio sente la necessità di andare da un’altra parte deve prima rispondermi, e poi è libera di fare ciò che vuole. Non mi piace quando la gente non mi risponde, soprattutto se lo fa lei. Così sistemo questi maledetti conigli, mi lavo le mani e la seguo al piano superiore. Lei è in camera, intenta a pettinarsi i capelli. Mi accuccio in modo tale che lei non possa vedermi. Passo dieci minuti a fissarla. Non mi ero mai reso veramente conto di quanto potesse essere bella. Ora si è alzata dal letto e si sta per togliere l’asciugamano. Questo è il momento giusto per ritornare giù di sotto. Mi alzo con cautela e scendo le scale. Ancora non capisco per quale strana motivazione io l’abbia seguita fino in camera.

<< Sono pronta.>> Beth mi guarda incuriosita mentre io sono ancora assorto nei miei pensieri contorti.

Si avvicina e mi sventola una mano davanti agli occhi. << Sei vivo? >> mi chiede scherzosamente.

<< Certo ragazzina, smettila con queste cazzate e andiamo che abbiamo molto da fare. >> mi alzo e prendo la mia amata balestra. Vedo con la coda dell’occhio che lei continua a guardarmi, così mi giro di scatto e ghigno.

<< Fammi capire, ma tu passi la tua vita a fissarmi con aria sognante? >> lei diventa immediatamente paonazza e mi supera di corsa, ma non prima di averti urlato contro un sonoro ‘’vaffanculo’’. Adoro tutto questo.

Beth mi sta aspettando nel giardino ormai abbandonato della casa, mentre io prendo le ultime armi.

Ogni tanto le lancio qualche occhiata dalla finestra, ma lei continua a darmi le spalle, immobile come una statua, con i capelli che le svolazzano da tutte le parti.

<< Eccomi ragazzina. >> lei mi squadra e poi annuisce.

E’ stata incredibilmente zitta per tutta la durata del viaggio, cosa anomala. Eravamo quasi giunti a destinazione quando mi decido e parlo. << Allora nanetta, si può sapere che ti prende? >>

Beth mi guarda con uno sguardo che secondo lei dovrebbe essere minaccioso << Non sono una nanetta. >>

<< Si certo come no. >> faccio una smorfia. E’ impossibile, deve sempre ribattere qualsiasi cosa.

<< Ti ho detto che non sono una nanetta!>>

<< Ma se vicino a me sembri uno gnomo. >> ribatto io, sempre più divertito.

Sbuffando si mette accanto a me, e con mia somma gioia mi da ragione. << D’accordo, sono lievemente più bassa di te ma questo perché tu sei semplicemente troppo cresciuto e vecchio >> ha pronunciato l’ultima parola con un tono di voce carico di sfida.

Decido di stare al suo gioco e di non prendermela troppo.

<< Se io sono vecchio allora tu sei una neonata.>> mi ringhia contro e si mette a camminare, ma dalla direzione opposta.

<< Dove stai andando genio, bisogna prendere il sentiero a sinistra. >> le indico il sentiero proprio davanti a noi.

Lei mi supera senza dire una parola e imbocca il sentiero sbuffando. Con un sospiro la seguo e osservo i suoi lunghi capelli ondeggiare a ogni suo passo. Tempo due minuti e ci ritroviamo in una radura.

La supero e le deposito in mano con infinita delicatezza la mia balestra. << Mi raccomando trattamela bene Greene. >>

Lei mi guarda come se fossi un pazzo. << Tratti la balestra come se fosse la tua fidanzata, stai messo bene con il cervello eh? >>

Mi avvicino a lei e mentre lei mi guarda io ne approfitto per accarezzarle una guancia. Beth sbarra gli occhi dalla sorpresa e io, da bravo bastardo, mi sposto da lei come se niente fosse.

Cammino fino al centro della radura e faccio un cenno a Beth di raggiungermi. << Ascolta bene nanetta, è fondamentale che tu impari ad usare la balestra. So che sei abile con la pistola e con i coltelli ma putacaso mi succedesse qualcosa, devi sapere dove mettere le mani. >>

<< D’accordo. >>

Ci stiamo esercitando da ore, ma lei sbaglia ogni volta. Mentre tiene la balestra ha le braccia che le tremano, e di conseguenza sbaglia la mira.

<< Beth rilassati, è tutto un fattore psicologico. >> cerco di incoraggiarla ma a ogni sbaglio lei si abbatte sempre di più.

<< Basta è inutile! Non sono capace Daryl, mi dispiace. >> mi guarda con quegli occhioni colmi di dispiacere. Mi sento strano davanti a quella vista.

<< Esattamente, perché ti dispiace? Non è successo nulla. >>

<< Perché non sono capace di fare nulla. Sono una stupida e una debole che pensa in continuazione al suicidio. >> si accascia per terra e io di istinto l’abbraccio. Si aggrappa a me, e io la stringo con forza. Rimaniamo così per ore, fino a quando non inizia a fare buio. E proprio nella penombra, pronuncio delle parole che mai e poi mai avrei mai pensato di dire.

<< Tu sei importante per me, e non sei una debole. >>

Beth sbatte più volte gli occhi incredula, e in effetti lo sono anch’io. Non mi ero mai così tanto lasciato andare con nessuna, e la cosa inizia a spaventarmi.

<< Daryl… grazie. >> si mette in punta di piedi e mi deposita con leggerezza un bacio sulla guancia.

Ci incamminiamo verso la casa poco dopo. Passo tutto il tempo a ripensare a quell’innocente bacio, fino a quando i miei pensieri furono interrotti bruscamente da un rumore fin troppo familiare.

<< Beth, tira fuori i coltelli, stanno arrivan…>> e mi interrompo perché vedo che lei è già armata e mi sorride complice.

<< Si, li ho sentiti. Non hanno esattamente un passo felpato. >> le sorrido e insieme iniziamo a scappare facendo il meno rumore possibile. Eravamo quasi alla fine del sentiero, quando Beth inciampa e cade. Allarmato torno indietro e me la carico sulle spalle, nonostante lei continui a protestare dicendo che è in grado di camminare da sola. Convinto di averli seminati, smetto di correre per riprendere fiato. Faccio appena in tempo a spostare Beth che uno zombie mi si fionda addosso, pronto a mordermi. Perdo l’equilibrio e cadiamo insieme sui sassi appuntiti. Non trovando la balestra nei paraggi vado nel panico più assoluto e cerco di trovare un modo per sbarazzarmi di lui. Mentre provo in tutti i modi di non diventare il prossimo pranzo di Natale dello zombie vedo una freccia conficcarsi con precisione nel suo cranio. Giro la testa stupito e vedo Beth con in mano la mia balestra e un senso di orgoglio mi pervade. Mi raggiunge con un aria preoccupata.

<< Daryl stai bene? Ti ha morso? Hai visto che ci sono riuscita? Scusa se ci ho messo tanto ma avevo paura di sbagliare e di colpirti… >> sembrava un fiume in piena, e per calmarla ho fatto l’unica cosa che mi sembrava giusta. L’ho abbracciata brevemente, per la seconda volta.

<< Grazie Beth, mi hai salvato. >> le rivolgo un sorriso vago e mi riprendo la balestra.

Ricambia il sorriso. << L’ho fatto solo perché sennò non mi sarebbe rimasto più nessun’altro con cui discutere.>>

Per tutto il resto del viaggio non abbiamo più parlato. Non conosco le sue motivazioni, magari è semplicemente stanca oppure sta pensando.

<< Daryl, ogni tanto ti capita di pensare a qualcuno del nostro gruppo? >> mi chiede lei a bruciapelo, continuando a camminarmi accanto.

<< Beh sì. >> decido di risponderle con la verità. Beth ha una strana espressione, sembra essere triste.

<< E a chi pensi? >> continua a chiedermi mentre si raccoglie i capelli e si fa una coda.

Prima di rispondere mi incanto per un momento a guardare la ragazzina armeggiare con quei capelli ribelli. << Penso a tutti, ma a maggior modo a Carol. >>

Lei si blocca, sbarrando gli occhi. Si allontana leggermente da me e continua a camminare. << Ah, capisco. >> dice fredda.

La guardo senza capire. Cosa sta insinuando quella piccoletta? Dopo svariati minuti dove ho passato in rassegna ogni motivo valido che mi passasse per la testa per quel suo repentino cambiamento d’umore, decido di rinunciarci. Magari ha il ciclo.

La supero in silenzio, guardando intorno alla fitta vegetazione. Siamo quasi arrivati alla casa, e infatti ce la ritroviamo di fronte dopo neanche cinque minuti.

Apro la porta, facendo sempre attenzione a non farla cigolare, e Beth si precipita al secondo piano. Prima di vederla scomparire dalle scale mi è sembrato di udire un piccolo singhiozzo.

Decido di lasciarla per i fatti suoi e intanto vado a farmi la doccia. Stranamente funziona, cosa che mi ha particolarmente colpito. Sotto il getto d’acqua calda mi rilasso completamente, mentre penso alla giornata. Pensavo che insegnarle ad usare la mia balestra, che tra parentesi non l’ha mai usata nessun’altro eccetto me, mi avrebbe fatto apparire diverso ai suoi occhi, o che perlomeno avrebbe gradito il gesto. E invece no, ha messo il broncio. Dopo che ripenso continuamente alla scena, noto un piccolo particolare che prima dev’essermi sfuggito. Lei ha messo il broncio subito dopo che le ho detto di Carol. All’improvviso capisco. Mi vesto di corsa e mi precipito da lei.

Arrivo davanti alla camera, la porta è aperta. Beth è sdraiata e fa finta di dormire. Mi avvicino sorridendo e mi siedo accanto a lei.

<< Con Carol non è mai successo nulla. E’ l’unica persona che sento essere quasi una mia amica. E ti assicuro che non me ne sono mai innamorato. >>

Beth si volta verso me con il viso rigato dalle lacrime. Senza dire una parola mi abbraccia fino ad addormentarsi. Rimango un po’ sul letto ad accarezzarle i capelli e a sistemarle di tanto in tanto la coperta fino a quando decido di andare a preparare la cena. Una volta in cucina decido che per stasera possiamo anche fare uno strappo alla regola, quindi afferro l’ultima confezione di carne essiccata. Rovistando in cucina ho trovato un vassoio, così mi viene in mente un’idea. Pochi minuti dopo sono fuori dalla camera da letto, con il vassoio pieno. Apro la porta, mi dirigo verso il comodino e poso il vassoio. Mi ritrovo a fissarla nuovamente, incapace di distogliere lo sguardo. Ancora non capisco perché ogni tanto mi incanto. Cosa diavolo mi sta succedendo?

Le scrollo una spalla con delicatezza. << Forza svegliati ragazzina. >>

Apre i suoi occhi verdi e sbadiglia.

<< Che c’è Daryl? >>

Le rispondo semplicemente prendendo il vassoio e posizionandolo tra noi due. Beth mi guarda e mi regala un sorriso meraviglioso.

<< Mi hai portato la cena al letto! >> prende il suo piatto e inizia a mangiare, dev’essere affamata a giudicare dal modo in cui sta sbranando la carne.

<< Però, tu sì che sei perspicace. >> le rispondo con una punta di ironia mentre inizio anch’io a mangiare.

Ceniamo in silenzio, come ieri, ognuno perso tra i propri pensieri. Una volta che anche Beth ha finito di mangiare mi alzo per riportare tutto in cucina. Ritorno in camera ma lei si è addormentata di nuovo. Mi spoglio velocemente e mi butto sul letto, facendo particolare attenzione a non sfiorarla neanche col pensiero. Così mi giro verso il muro e chiudo gli occhi, ma Beth mi chiama.

<< Daryl. >>

Apro di scatto gli occhi ma non mi giro. << Che vuoi adesso? >>

<< Posso dormire abbracciata a te? Per favore. >> mi chiede con voce implorante.

Per un momento mi paralizzo dalla sua strana richiesta, ma subito dopo mi volto verso lei e alzo le braccia, pronta ad accoglierla. Felice come una bimba lei si fionda letteralmente tra le mie braccia. E’ strano sentirla così vicina, con i suoi capelli che mi solleticano il collo. La sua testa è appoggiata sul mio petto e penso che mi stia ascoltando i battiti del cuore. Sono teso come una corda di un violino, ma piano piano inizio sempre di più a rilassarmi, fino a quando non chiudo lentamente gli occhi, con la consapevolezza di non essere più solo.


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