A fist full of sand di Alexiel Mihawk (/viewuser.php?uid=28142)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Where earth meets water ***
Capitolo 2: *** Cold and afraid ***
Capitolo 3: *** I will not lose you ***
Capitolo 4: *** Slips through our fingers ***
Capitolo 1 *** Where earth meets water ***
Where earth
meets water
So Here I stand
Where earth meets water
The wind blows smoke
Across the land
Dash Berlin - Earth meets Water
Sokka
aveva provato davvero a insegnarle a nuotare. Si era impegnato in ogni
modo e
aveva insistito più volte affinché la giovane
dominatrice della terra
affrontasse le sue paure e imparasse per lo meno a galleggiare. Inutile
dire
che non c’era stato verso, Toph continuava a rifiutarsi
ostinatamente anche
solo di provare, lei in acqua non ci voleva entrare: era bagnata,
fredda e la
faceva sentire davvero vulnerabile. Era in acqua che la sua
cecità si faceva
sentire più forte che mai ed era solo in quel frangente che
Toph si sentiva
piccola e debole. Ma lei era la bandita cieca, e alla bandita cieca non
piaceva
sentirsi piccola e debole, di conseguenza aveva deciso che era meglio
tenersi
lontana da quello stramaledetto elemento. Alla fine Sokka aveva gettato
la
spugna e se ne era andato oltraggiato, dicendole che un giorno si
sarebbe
pentita di avere rifiutato i suoi preziosi insegnamenti, Toph aveva
annuito
senza stare davvero a sentirlo, come se lui potesse realmente avere
ragione, ed
era tornata a rotolarsi sulla sua adorata, polverosa terra.
Suki
l’aveva
spesso presa bonariamente in giro sull’argomento ricordandole
quella famosa
volta in cui, al passo del serpente, era finita in mare e
l’aveva scambiata per
Sokka: « Non
vorrai mica ripetere un’esperienza simile » le
diceva sempre «
Guarda che la prossima volta ti lascio andare a fondo! »
Toph
aveva sempre riso alla battuta, consapevole
che Suki non l’avrebbe mai fatto, come non aveva fatto niente
quando l’aveva
vista uscire una mattina – forse troppo presto –
dall’ala maschile dei loro
appartamenti a Ba Sing Seh, come aveva mantenuto un religioso silenzio
ogni
volta che lei e Sokka si erano allontanati per andare alla ricerca di
nuovi
nemici da sfidare. Toph non aveva mai capito se era una questione di
fiducia o
se si trattava di rimorso, sapeva che Suki aveva dei segreti, riusciva
a
percepire ogni lieve tremito della sua voce, ogni nota
d’ansia nella sua
persona, ma non era mai stata persona da farsi gli affari altrui,
così ognuna
aveva continuato con la sua vita.
Quello
che sperava, vista la situazione disperata
in cui si trovava in quel frangente, era che l’amica non
avesse cambiato idea, sui
loro silenziosi accordi di quieto vivere, proprio in quel momento e
avesse
deciso di lasciarla in balia delle onde.
«
Ehi, ragazzi, un aiutino?! » annaspò Toph,
agitando convulsamente le braccia nel tentativo di rimanere a galla.
Vieni a visitare la tribù
dell’acqua del
sud, dicevano; sarà
divertente,
dicevano; quando mai, poi, si era lasciata convincere: con tutto quel
ghiaccio
non riusciva a vedere niente, per non parlare della fantastica idea di
andare a
cavalcare i pinguini. Era fin troppo prevedibile che sarebbe finita a
mollo, e
non solo non sapeva nuotare, ma l’acqua era pure gelata.
Sentì
qualcuno tuffarsi e una risatina sommessa provenire
dalla riva, “Grazie tante per il sostegno”,
pensò, quello che però le uscì dalla
bocca fu più simile al rauco ruggito di un leone marino che
aveva ingerito
troppa acqua.
Quando
finalmente si sentì tirare verso l’alto,
l’unica
cosa che le riuscì di dire, dopo avere finalmente ispirato
una boccata d’aria a
pieni polmoni, fu:« Lasciami pure affogare, Suki,
è troppo umiliante sapere che
Sokka aveva ragione. »
Una
risatina sommessa, fin troppo familiare, accompagnata dalla carezza
ruvida di
una barba appena accennata, le sfiorò l’orecchio.
«
Non c’è
problema » celiò Sokka lasciandola andare di colpo
e allontanandosi di un paio
di bracciate.
«
Torna
qui, torna qui subito! » Toph si sentì prendere da
un leggerissimo stato di
panico, ma lo scacciò quasi subito sapendo che non
l’avrebbe davvero lasciata
lì, almeno lo sperava.
«
Dimmi
di nuovo che avevo ragione, prima ».
«
Sokka,
quando torniamo sulla terraferma ti ammazzo ».
«
Purché
mi prometti di imparare a nuotare… »
Nota Autore:
Manca una settimana all'uscita del Book 4 di Korra, quindi un po'
l'inizio della fine. Insomma ieri sera è uscito il trailer
ed è partito il delirio più profondo. Quindi
stamattina ho lanciato una sfida alla mia Avatar personale, Kuma_Cla e
al resto del nostro Team Avatar (di cui faccio parte assieme a
Kuruccha, Nocturnia e SunlitDays) e ho proposto loro di scrivere una
fic su Avatar The Last Airbender o The Legend of Korra al giorno da
oggi all'inizio del Book 4, il 03 Ottobre. In pratica una settimana di
Avatar. LA SETTIMANA
DELL'AVATAR *____________*
Comunque questa storia si colloca all'incirca tra gli eventi di The
search e The Rift, Topha ha 15/16 anni mentre Sokka ne ha 18/19;
decidete pure se tra Sokka e Toph c'è o non c'è
stato niente, in ogni caso Suki non dice niente perché per
come la vedo io in questo momento della sua vita nutre dei sentimenti
particolari anche per Zuko, come si evince dalle graphic novel.
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Capitolo 2 *** Cold and afraid ***
Cold
and afraid
Hold
me tonight
What
happened to me
My
head in the clouds
Fallen
so deep
You
came in soft
No
shoes on my feet
Cold
and afraid
It
feels like I could break down
Right
here on this shore
Or
go astray
Dash
Berlin –
Earth meets Water
Il
sorriso di Katara era caldo e rassicurante, ma era servito solo ad
aumentare la
sua irritazione. Scosse nervosamente il capo, mentre il suo cervello
escluse
automaticamente le parole di incoraggiamento che l’amica le
andava rivolgendo.
Razionalmente era consapevole che avrebbe dovuto ascoltarla, Katara
stava per
dare alla luce il suo terzo figlio, avrebbe saputo darle buoni
consigli,
sarebbe stata in grado di guidarla sulla giusta strada. Ma Toph non era
mai
stata tipo da seguire la strada, non era mai stata persona da regole,
restrizioni o percorsi prestabiliti; Toph Beifong era uno spirito
libero,
un’anima inquieta incapace di rimanere ferma troppo a lungo o
di legarsi in
modo vincolante a qualcuno.
Nei
suoi trentadue anni di vita non era mai stata in grado di creare una
relazione
stabile, di sopportare una presenza costante e influente della sua
vita; aveva
sempre avuto numerosi partner, compagni occasionali per lo
più, spiriti liberi
come lei che cercavano solo un po’ di calore e comprensione,
rigorosamente per
la durata di una notte, mai più a lungo. Una volta sola
aveva rischiato di
compromettere davvero la sua libertà, ma si era trattato di
un pensiero
fuggevole durante una notte senza luna; ricordava il sapore di
quell’ultimo
bacio a fior di labbra, la sensazione della barba ruvida sul suo viso,
ma
ricordava anche di avere scacciato a forza quel pensiero, di essersi
silenziosamente alzata dopo avere aspettato che lui si fosse
addormentato,
ricordava di avergli passato una mano sul viso, di avere seguito la
linea del
codino e di avere lasciato a malincuore la presa andandosene
silenziosamente.
Non si erano rivisti per tre anni, non che lei lo avesse progettato, si
era
solo trattato della prima di una serie di circostanze impreviste nella
sua vita.
La
gravidanza, che poco ma sicuro non era stata voluta, era a parere della
giovane
dominatrice della terra la più seccate di queste circostanze
impreviste, ma non
sempre le cose nella vita vanno come ci aspettiamo e oramai Toph
l’aveva
imparato. L’aveva imparato nel momento in cui si era accorta
di quel ciclo
mancato, l’aveva compreso quando si era resa conto che le
nausee mattutine
erano ben più di un’allergia alimentare, e ne
aveva avuto conferma quando
Katara le si era avvicinata e con fare materno le aveva confermato che
sì, era
incinta, e a giudicare da ciò che poteva percepire doveva
trattarsi di una
bambina.
Ora
che era al terzo mese, a distanza di sessanta giorni dalla sconvolgente
scoperta
che le aveva cambiato la vita per sempre, Toph si chiedeva se
c’era qualcosa
che avrebbe potuto fare per prevenire questa situazione. Certo avrebbe
potuto
comprarsi una cintura di castità e forse avrebbe dovuto
tenere ben serrate le
gambe e chiudersi in casa a chiave, ma non era troppo sicura che
sarebbe stata
in grado di resistere, era quel tipo di persona che i piaceri della
vita
preferiva goderseli piuttosto che fingere non esistessero.
Annuì
distrattamente a Katara, guardandola allontanarsi, diretta verso il
tavolo a
cui Aang e Zuko erano seduti a parlare; quella era stata la serata dei
grandi
annunci o almeno di sicuro il suo era stato grande,
non le era servita la vista per sapere che le mascelle di quelle teste
vuote
dei suoi amici si erano aperte a mezz’aria. La risata calda e
cristallina di
Iroh aveva invaso il salone del Jasmine Dragon, quella sera riservato
solamente
a loro, quindi le si era avvicinato e l’aveva abbracciata in
un modo che a Toph
aveva ricordato moltissimo sua madre, o meglio come sua madre
l’abbracciava
quando era solo una bambina. Poi era stato il momento delle
congratulazioni,
delle strette di mano, delle urla entusiaste di Aang che in quel
momento era
tornato ad avere dodici anni e si era messo a blaterare qualcosa a
proposito
del crescere tutti assieme un esercito di mostri domatori degli
elementi.
«
Che fortuna » era stato il laconico commento di Mai, che
senza nemmeno alzarsi
dalla sedia si era limitata a farle le sue congratulazioni sventolando
una mano
mentre con l’altra tentava di tenere ferma la sua irrequieta
figlia.
Si
era chiesta se avrebbe dovuto dirlo anche ai suoi genitori, ma
nonostante
fossero passati anni non era sicura di volerli affrontare, incontrare
suo padre
le causava ancora una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco,
una volta
Sokka l’aveva definita ansia, ma come al solito lei si era
limitata a
ignorarlo.
Mentre
i festeggiamenti continuavano – più che
festeggiamenti si trattava di
inseguimenti senza sosta dietro i figli maggiori di Aang e Katara
– Toph riuscì
silenziosa a sgusciare fuori dalla sala da tè, cominciava a
sentirsi soffocare
e aveva bisogno d’aria. Con movenze cadenzate, quasi
eleganti, si allontanò
dall’edificio, dirigendosi verso quella che sapeva essere la
residenza dei
Beifong a Ba Sing Seh; non vi si sarebbe recata se non avesse avuto
l’assoluta
certezza di non trovarvi nessuno. Aveva bisogno di restare sola e
sebbene il
calore e la solidarietà che i suoi amici le avevano
dimostrato le avesse
scaldato il cuore, tutto quel parlare del futuro non aveva fatto altro
che
contribuire ad alterare il suo stato d’animo, già
da qualche tempo soggetto a
sbalzi d’umore.
Lo
aveva sentito arrivare ancora prima che lui provasse, maldestramente,
ad aprire
la porta senza fare rumore; si chiese se davvero pensava che non se ne
sarebbe
accorta, era cieca, non sorda e a dirla tutta non è che ci
vedesse poi così
male, certo a modo suo.
«
Che cosa vuoi, ragazzo boomerang? » lo sentì
ridere sommessamente davanti a
quel nomignolo con cui ancora ogni tanto si divertiva a chiamarlo.
Sokka si
sedette accanto a lei sulla terrazza del cortile, i piedi nel prato, le
braccia
distese dietro di sé.
«
Scappare dalla festa che mia sorella ha organizzato con così
tanto amore solo
per te, tsk » le lanciò un’occhiata in
tralice per vedere la sua reazione e
quasi si morse le labbra nel constatare che qualcosa in Toph non andava
« Cosa
c’è, bandita cieca? Cosa succede? »
domandò poggiandole delicatamente una mano
sul capo.
La
ragazza sorrise mestamente, continuando a mordicchiarsi nervosamente il
labbro
inferiore, mentre batteva ritmicamente un piede a terra.
Il
silenzio durò per svariati secondi.
Anche
quella sera non c’era nessuna luna in cielo a illuminare i
loro volti, se Sokka
poteva vedere l’espressione mesta dell’amica era
solo grazie alla pallida luce
di una candela posta sul muretto del porticato.
«
Non sono sicura di poterlo fare » sussurrò piano
Toph, rompendo il silenzio «
Non sono sicura di essere capace, Sokka ».
L’uomo
– perché dopo tutti quegli anni di viaggi e
progetti era questo che Sokka era
diventato – l’avvicinò dolcemente a
sé, stringendola contro la sua spalla con
fare fraterno e protettivo.
«
Nessuno nasce imparato, Toph, ricordi Katara alle prese con baby Bumi?
Io e
Aang abbiamo rinominato quei primi sei mesi “Il caos
isterico”. Non sapeva
nemmeno da dove partire; oh, e non hai mai visto Aang alle prese con un
pannolino immagino! »
«
Sokka, sono cieca… »
«
Molto divertente, ma non fingere di non capire. So che sei spaventata,
lo
capisco, ma non sei sola. Ci siamo noi. Ci sono io. »
Sentì
Toph rilassarsi contro la sua spalla, ma quando finalmente gli rispose
la sua
voce era poco più di un bisbiglio: « Non sono
spaventata, Sokka, sono
terrorizzata. Non sono la regina dello zucchero io, non sono mai stata
dotata
di istinto materno. E se non dovessi piacerle? E se non fossi in grado
di
crescere un figlio? Tutto quello che ricordo io della mia infanzia sono
precettori, regole, cose che non potevo fare, non so niente di come si
crescono
i bambini ».
Sentì
le mani di Sokka stringerle spalle e costringerla gentilmente a girarsi
–
questa mania di guardarsi in faccia parlando continuava a non capirla,
lei
comunque non poteva vederlo – le sentì scivolare
lungo le sue braccia,
accarezzandole dolcemente, per poi prenderle le mani e sollevarle.
«
Toph, non abbiamo più diciotto anni oramai e il mondo
è tutto diverso da come
lo conoscevamo, anche noi siamo diversi in qualche modo, ma ti prego di
non
pensare, nemmeno per un istante, che ti lasceremo da sola ad affrontare
questa…
questa cosa. Siamo una squadra, tutti insieme, la squadra
dell’Avatar, ricordi?
»
Si
sentì abbracciare e suo malgrado sorrise.
«
Sono gravida, Sokka, non arteriosclerotica ».
«
Che novità » mormorò lui posandole un
bacio leggero sul capo « Una variazione
sul tema ».
Erano
passati anni da quella notte senza luna in cui le certezze di Toph
erano
vacillate per la prima volta; adesso, in una notte molto simile, solo
un po’
più fredda, una giovane donna sentiva le stesse certezze
vacillare di nuovo, ma
ora non a causa di uomo – o forse non solo a causa di un uomo
– bensì a causa
di una nuova piccola vita che sentiva prendere forma dentro di
sé e che per la
prima volta sentiva di accettare.
Quello
che Toph Beifong scoprì quella sera, stretta tra le braccia
del suo migliore
amico, fu una nuova forma di coraggio e, in qualche modo, un nuovo
inizio.
Note:
Questo è il secondo di quelli che credo saranno quattro
capitoli.
Diciamo che è venuto più Tokka di quanto avrei
voluto, ma va bene così;
questa storia è sempre parte della sfida una fic al giorno
per sette
giorni prima dell'uscita del Book 4.
Ho voluto rimarcare in più
punti la cecità di Toph per evidenziare come lei non l'abbia
mai
vissuta come un handicap, mentre considera tale la condizione in cui si
trova ora. Nel mio headcanon Toph e Sokka prima ancora di essere amanti
sono migliori amici, poi da cosa nasce cosa, ma è tutto a
libera
interpretazione.
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Capitolo 3 *** I will not lose you ***
I
will not
lose you
Lay down tonight
The stars as our spine
Summer will fade
And it feels like I will lose you
With each of the turning tides
Till the first snow arrives
Dash Berlin – Earth meets water
Lin
– 3
mesi.
Da
quando Lin era nata casa Beifong a Republic City era diventata un porto
di
mare; la prima ad arrivare era stata Katara, aveva piazzato il piccolo
Tenzin
in un box e aveva iniziato ad aiutare Toph coi compiti più
semplici, in modo
tale che si potesse poi abituare a svolgerli da sola. Non era semplice
per una
donna maldestra, per di più cieca, capire come cambiare un
pannolino, a che
temperatura scaldare il latte, perché non puoi stordire tua
figlia con una
badilata in testa ogni volta che piange. Quindi era stato il turno di
Aang,
ogni pomeriggio, una volta finito di svolgere le sue mansioni da
Avatar, di
venire a cucinare per lei e Lin, mentre Toph riusciva in quelle poche
ore a
recuperare il sonno perduto. Le volte in cui si presentava Suki era
quasi un
lusso, la – non più così giovane
– guerriera Kyoshi aveva una dote innata con i
bambini e sebbene avesse deciso che non ne avrebbe mai avuti per conto
suo era
davvero brava a gestire quelli degli altri; ma Suki era spesso in
viaggio, Aang
era impegnato col lavoro e Katara aveva già tre figli a cui
badare. Così dopo
qualche mese di rodaggio divenne chiaro chi sarebbe stato ad aiutarla
con
quella grana urlante.
Si
presentò a casa sua un giovedì mattina
spalancando la porta con la chiave di
riserva, si precipitò dentro come un tornado e le si
piazzò di fronte con
cipiglio severo.
«
Ho calcolato ogni cosa e mi sono premunito di ogni possibile oggetto
che
potrebbe salvarci la vita » esclamò Sokka aprendo
di colpo l’enorme sacca di
pelle marrone che aveva portato con sé « Prima di
tutto un peluche di un tasso-talpa,
non deve dimenticarsi le sue origini; poi ho portato un sonaglio della
tribù
dell’acqua, era mio di quando ero bambino; una miniatura di
un boomerang, l’ho
inciso io nel legno, meraviglioso non trovi? »
continuò a parlare per cinque
minuti senza lasciare a Toph il tempo di replicare, continuando a
tirare
oggetti fuori dalla borsa e lanciandoseli subitamente alle spalle.
L’amica
gli lanciò uno sguardo di sufficienza quindi con un colpo di
frusta gli strappò
la sacca dalle mani.
«
Per l’amor del cielo, Sokka, stai zitto. Puoi fare quello che
vuoi, basta che
tieni Lin e che mi lasciate dormire, per quanto tempo puoi rimanere?
»
«
Tutto il tempo che sarà necessario ».
Sokka
rimase per un anno.
Lin –
4 anni.
«
Eravamo oramai senza via d’uscita e l’uomo
combustione avanzava minaccioso
verso di noi, avevamo quasi perso le speranze, nessuno aveva abbastanza
spazio
di manovra per utilizzare il suo dominio, fu in quel momento che,
tirato fuori
il mio fidato amico boomerang, risolsi la situazione e con un lancio
magistrale…
»
«
Zio Sokka, conosco già questa storia, me l’hai
già raccontata. La racconti
sempre. »
«
Ah, non dirlo a me, io ero lì! »
esclamò esasperata Toph, quindi sollevando la
figlia per la collottola la riportò al centro della stanza
« Sokka piantala di
distrarre Lin durante l’allenamento, deve imparare a leggere
le vibrazioni del
terreno, deve imparare a vedere senza usare la vista. »
borbottò la dominatrice
avvolgendo un pezzo di stoffa verde attorno agli occhi della bambina.
Sokka
sospirò.
«
Vado a prendere i cerotti ».
Lin –
5
anni e mezzo.
Toph
entrò in camera sua con i capelli bagnati
sciolti lungo le spalle.
«
Non dovresti entrare qui, Sokka » mormorò
dirigendosi verso il grande armadio a muro.
«
C’è qualcosa di cui devo parlarti »
rispose
l’amico, per niente intimidito dal fatto che Toph indossasse
solo un
accappatoio.
«
Beh, direi che può aspettare, forza, fuori dalle
balle non vedi che devo vestirmi?! » borbottò la
mora senza girarsi « Fingere
di dovermi parlare per sbirciare mentre mi cambio,
cos’è hai di nuovo sedici
anni, ragazzo boomerang? »
«
Toph, devo tornare al polo sud ».
La
dominatrice della terra non rispose, ma si
bloccò di colpo, la sua mano strinse più forte
l’anta dell’armadio; dentro di
sé sperò di non spezzarla.
«
Si tratta di mio padre, oramai è anziano, più che
anziano. È malato, Toph, ha bisogno di me. Katara non
può lasciare Aang, non
può lasciare i bambini. »
«
Ma tu sì » rispose piano lei.
Non lo
aveva detto apertamente, ma un’accusa
silenziosa gravava su entrambi, qualcosa a cui entrambi stavano
pensando, ma
che nessuno dei due avrebbe mai detto ad alta voce.
Puoi lasciare
noi, puoi lasciare me.
Sokka
strinse i pugni e abbassò lo sguardo, sapeva
– razionalmente certo – che stava facendo la cosa
giusta, che quello era il suo
dovere, ma vedere le spalle di Toph incurvarsi in quel modo in qualche
modo gli
spezzò il cuore. Sapeva che sia lei che Lin lo consideravano
come un membro
della famiglia, non era un marito, né un padre, ma era la
cosa più simile ad
entrambe che avessero conosciuto; c’erano stati momenti in
cui il calore che
gli avevano trasmesso era stato paragonabile solo a quello che era
riuscita a
trasmettergli sua madre da piccolo. C’erano state risate e
grandi piani, come
quella volta, qualche mese prima, in cui aveva risfoderato la sua
vecchia barba
finta per presentarsi, senza farsi riconoscere, al colloquio al quale
erano
stati chiamati i genitori di Lin all’asilo dopo che la
bambina aveva distrutto
una parete. C’era stata la volta in cui Toph aveva cercato di
cucinare una
torta per il terzo compleanno di Lin mentre lui e la bambina erano
fuori e
quando erano tornati avevano trovato la casa invasa di farina. Scosse
il capo,
cercando di scacciare tutti quei ricordi, in quel momento troppo
dolorosi,
troppo intensi.
Le si
avvicinò piano e le posò una mano sulla
spalla con delicatezza.
«
Mi dispiace, mi dispiace davvero »
Toph si
girò verso di lui e lo guardò dritto negli
occhi – o almeno rivolse il viso nella direzione in cui
sperava ci fossero i
suoi occhi, cosa piuttosto insolita visto che lei odiava guardare in
faccia la
gente, parlando – fece un sorriso mesto e gli
accarezzò il viso con una mano.
«
Lo so, dispiace anche a me ».
Sokka
non seppe mai cosa gli prese in quell’istante,
forse fu l’impulso del momento, la volontà di
creare un ultimo ricordo prima di
partire – il più vivo di tutti – la
volontà di sentirla di nuovo sua come
quella notte diciannove anni prima o forse, semplicemente,
seguì il suo istinto
e lasciò perdere, per una volta, le possibili conseguenze.
Prese
la mano di Toph, che era rimasta appoggiata
alla sua guancia, e con delicatezza se la portò oltre la
spalla, quindi si
piegò su di lei e le depose un bacio gentile sulle labbra.
Fu solo questione di
un attimo prima che Toph rispondesse al suo bacio, concedendogli di
approfondirlo. Quella notte Sokka non tornò a casa.
Una
settimana dopo era in partenza, diretto verso
la tribù dell’acqua del sud.
Nove
mesi dopo nacque Suyin.
Sokka
non lo seppe mai.
Due
anni dopo suo padre morì, e lui ereditò il
titolo di Capo tribù.
Non
tornò mai più a Repubblic City.
Note:
Prima di tutto mi dispiace se sono andata OOC, ho questa spiacevole
sensazione, in particolare con Toph. Quello di cui vorrei
però tenessimo tutti conto è che questi personaggi sono adulti
e quindi non possono avere lo stesso modo di relazionarsi al prossimo
che avevano a quindici anni. Nel primo flash Toph ha 32 anni, nel
secondo ne ha 36 e nel terzo 37; Sokka invece, che canonicamente ha
qualche anno in più, ne ha rispettivamente 36, 40 e 41.
Insomma i miei bimbi sono grandi ora, Toph è a capo della
polizia e Sokka è membro del concilio e inseguito capo della
tribù dell'acqua del sud.
Sento
Toph vagamente OOC nell'ultima parte, perché mi rendo conto
di avere descritto una donna in qualche modo tenera, niente di
eccezionale, non è quel genere di persona che rinuncia ai
suoi sogni per gli altri o che chiede aiuto o si lamenta, Toph, non
direbbe mai a Sokka "Non partire", però io un po' la
immagino a guardarlo andare via e pensare che dopotutto non sia
così giusto.
Quindi mi scuso ancora se sono andata OOC, ma non sono proprio riuscita
a farne a meno.
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Capitolo 4 *** Slips through our fingers ***
Slips
through our fingers
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L’ultima
volta che si erano visti era stato nel 153,
al funerale di Aang.
Ricordava
le lacrime, ricordava il dolore accompagnato
dalla consapevolezza che il futuro di piedi rapidi non era
l’oblio e che ben
presto l’avrebbero rivisto. Ricordava come si fossero stretti
tutti assieme,
uno vicino all’altro: lei, Sokka, Ty-Lee, Zuko, perfino Mai.
Tutti assemblati
attorno a Katara a sorreggerla, a farle da scudo. Ancora una volta
insieme ad
assistere al ciclo dell’avatar che ricominciava di nuovo.
Ricordava che la mano
di Sokka non aveva mai lasciato la sua per tutto il tempo in cui erano
rimasti
lì.
Ancora
prima ricordava di essere andata a trovarlo nel
142, dopo essersi dimessa dalla sua posizione di capo della polizia di
Republic
City. Erano anni che non tornava al polo sud – ricordava di
esserci andata con
Lin un paio di volte, quando era più piccola, quando lei e
Su erano troppo
giovani per darsi addosso – camminare sul ghiaccio le
trasmetteva ogni volta la
stessa spiacevole sensazione di cecità, ma non aveva nemmeno
fatto due passi
fuori dalla nave che già lui era lì a guidarla,
come ai vecchi tempi. Aveva
riso di lei quando gli aveva raccontato delle sue figlie ribelli e
della sua
dimissione; Sokka le aveva servito da bere e poi era lasciato andare a
una
filippica sulle difficoltà di crescere gli adolescenti e su
quanto fosse sicuro
che entrambe le sue ragazze sarebbero diventate splendide donne. Lei
aveva
riso: « I figli sono proprio una benedizione » gli
aveva detto, nemmeno lei
sapeva se fosse seria o sarcastica, ma la risposta dell’amico
di sempre l’aveva
messa a tacere per una decina di minuti.
«
Le tue figlie sono sempre state la benedizione più
grande per entrambi, Toph ».
Ora
Toph fissava quell’enorme statua di Sokka posta di
fronte al centro culturale della tribù dell’acqua
del sud a Republic City, o
meglio, i suoi occhi bianchi continuavano a puntarla, ma era grazie a
quella
mano tesa, le cui dita sfioravano il basamento, che riusciva davvero a
sentirla.
A lui
sarebbe piaciuta. Era alta, imponente e riusciva
a percepire la sua espressione seria e paterna, riusciva a vedere
persino quel
maledetto boomerang.
Era
stata eretta il giorno stesso del funerale, ad
memoriam, dicevano; come se lei
avesse mai potuto dimenticarlo, come se Katara avesse mai potuto
dimenticarlo,
o Zuko, o i ragazzi.
Quando
il falco messaggero era arrivato lei si trovava
a meditare in uno dei giardini in pietra di Zaofu, Suyin e suo
marito
dormivano da qualche parte nei loro appartamenti e quando si erano
svegliati la
mattina successiva lei era già partita. Aveva trovato Katara
accanto al
capezzale del fratello; con fare gentile la regina dello zucchero
l’aveva
abbracciata e Toph aveva sentito le lacrime calde della sua amica di
sempre
bagnarle le guance.
O forse
erano le sue.
Non
avrebbe saputo dire quando aveva iniziato a
piangere.
Zuko
era arrivato subito dopo di lei e loro tre,
insieme, si erano improvvisamente ritrovati ultimi sopravvissuti di
un’altra
epoca, oramai passata, oramai in declino. Con gentilezza
l’avevano aiutata ad
avvicinarsi e avevano diretto la sua mano verso il viso di Sokka,
entrambi
sapevano, forse tutti loro avevano sempre saputo, ma c’era
sempre stato un
tacito patto di non interferenza e nessuno aveva mai osato o voluto
spingerli
ad avvicinarsi più di quanto non avessero effettivamente
fatto.
Zuko e
Katara l’avevano lasciata sola e per un tempo
che le era sembrato infinito Toph non era riuscita a fare altro che
rimanere
ferma, fissa, immobile nella posizione in cui l’avevano
guidata i suoi amici.
Riusciva a sentire nella stanza a fianco il pianto silenzioso della
dominatrice
dell’acqua e percepiva il mutismo ostinato avvolto di dolore
del dominatore del
fuoco; avrebbe dovuto saperlo che anche lui, prima o poi, sarebbe
morto. Ma
forse, dentro di sé, pensava che se ne sarebbe andata prima
lei.
Lentamente
la sua mano si mosse ad accarezzare quel
volto, ne percepiva i lineamenti, la linea degli zigomi, la curva delle
labbra,
ogni più piccola ruga; fu in quel momento che qualcosa
dentro di lei si ruppe
ed emozioni che non provava da anni le si riversarono addosso come un
fiume.
Aveva
nascosto alle sue figlie le identità dei loro
padri; non era stata una buona madre, Sokka avrebbe detto di
sì, ma come poteva
dargli retta quando era a lui che aveva fatto il torto più
grande: gli aveva
nascosto di avere una figlia. Aveva negato ad entrambi la
possibilità di essere
felici insieme, per lo meno di provare ad esserlo. E ora quella
possibilità era
sfumata del tutto, perché Sokka era morto, non esisteva
più, non respirava più.
Il
ragazzo boomerang, il ragazzo del sarcasmo, il fan
della carne, testa vuota non c’era più e con lui
se n’era andato anche il
membro del concilio di Republic City, il capo della tribù
dell’acqua del sud.
Il suo
Sokka.
Toph
sentì le ginocchia cederle e sentì il bisogno di
uscire da quella stanza il più in fretta possibile; a
tentoni attraversò la
camera fredda, trovò la porta e raggiunse Katara al tavolo
dove Zuko stava
versando del tè.
Si
sedette, lasciò che l’amica le stringesse la mano
e
solo dopo un po’ ricambiò la stretta.
«
Era felice, sapete » mormorò Katara piano
« Abbiamo
scalato montagne insieme e attraversato deserti, abbiamo vinto una
guerra e
riportato la pace del mondo e siamo andati avanti, ognuno di noi ha
avuto dei
figli, una famiglia. Sokka è stato l’unico a
rinunciare consapevolmente a tutto
questo, e nonostante ciò era felice »
Toph si
morse un labbro.
«
Continuava a dire che noi eravamo la sua famiglia,
ognuno di noi, e che lui era il più fortunato di tutti
perché lui aveva figli e
nipoti sparsi in tutto il mondo; perché ogni volta che uno
dei nostri figli lo
chiamava “zio” sentiva di avere raggiunto un
traguardo. Girava per il
villaggio, tutto tronfio, abbracciando ogni bambino e raccontando
sempre le
stesse storie. » Katara rise « Ultimamente veniva
spesso a trovarmi, mi ha
lasciato delle cose, per voi. Credo che sapesse che stava arrivando la
fine e
il suo rimpianto più grande credo fosse di non poter
più viaggiare per venire a
trovarvi » si interruppe di nuovo e spostò lo
sguardo su Toph « Avrebbe tanto
voluto vederti un’ultima volta ».
Ora la
dominatrice della terra sentiva le lacrime
pungerle le guance, scendevano copiose, senza vergogna; non si era mai
vergognata di mostrarsi debole con loro, soprattutto con lui, e non
c’era
motivo di farlo ora.
Katara
si alzò e Toph la sentì armeggiare con un
armadio, tornò poco dopo appoggiando una cesta piuttosto
grande sul tavolo.
«
Sokka è sempre stato un sentimentale » riprese la
voce calda dell’amica «
Guardate qui quante cose ha messo da parte: una
pedina del loto di Pai Sho per Iroh II; una mappa della nazione del
fuoco
com’era prima della guerra per tua figlia, Zuko, questa la
ricordo, la prese
nella biblioteca del deserto Si Wong, o meglio, la rubò allo
spirito custode
della biblioteca; questo, invece, è un meteorite, non ha mai
abbandonato la
passione per i sassi, ogni volta che ne trovava uno doveva
assolutamente
venirmelo a dire. Toph, ha deciso di lasciare la sua collezione a Suyin
»
Al
cuore della dominatrice della terra mancò un
battito, erano così simili e nemmeno lo sapevano.
«
Poi ci sono degli oggetti per Tenzin, Kya e Bumi…
Bumi non la prenderà bene, Sokka era il suo eroe.
È stato capace di dargli
coraggio nei momenti di maggior sconforto, ogni volta che si sentiva
diverso,
escluso, inferiore al resto di noi per via dell’assenza di un
dominio, Sokka
era lì a consolarlo, a incoraggiarlo, a guidarlo verso la
strada più giusta »
Katara tirò su col naso « Questo credo sia per te,
cara » mormorò poi porgendo
a Toph un involto e una pergamena.
«
Anche da morto, si dimentica che sono cieca » non
riuscì a trattenere un sorriso, mentre porgeva
all’amica il foglio, in modo che
potesse leggerlo per lei.
«
Toph, io… sei sicura di volere che legga ad alta
voce? » la dominatrice lanciò un occhiata a Zuko,
ma Toph annuì, fece anzi
segno all’amico di venire a sedersi più vicino,
gli porse una mano, l’altra la
porse a Katara e quando entrambi le strinsero sentì la voce
rassicurante della
regina dello zucchero che cominciava a leggere.
“Mia
cara Toph, so che queste parole arrivano in ritardo di almeno
trent’anni e
so che avrei dovuto dirtele tempo fa, di persona. Mi capita spesso di
ritornare
col pensiero a quella sera, quando me ne andai da Republic City per
tornare a
casa: so che eri lì, non venisti a salutarmi, sarebbe stato
troppo doloroso per
entrambi, ma so che c’eri. Ti vidi uscire
dall’ombra quando la nave salpò e
rimasi a guardarti, sotto la luna che per una volta ci aveva graziato
con la
sua presenza, fino a che il porto non scomparve del tutto dalla mia
vista.
Sarei dovuto tornare indietro allora. Forse avrei dovuto chiederti di
venire
con me, avrei dovuto rinunciare alla posizione di capo e rimanere a
Republic
City con te, con Lin, con Su. So che mi hai tenuto nascoste delle cose,
non ti
biasimo per questo, io ho fatto lo stesso con te e non ho avuto il
coraggio di
fare domande né di ritornare quando avrei potuto. Ho
sbagliato. Ma in fondo non
sono pentito, la mia famiglia è sparsa per un mondo che noi,
insieme, abbiamo
contribuito a ripristinare, i figli di Katara e Zuko sono grandi e
anche Lin e
Su, e sebbene Lin si rifiuti di vedermi sono andato spesso a Zaofu,
quando tu
non c’eri; è diventata una donna meravigliosa la
nostra Suyin, Toph. Sii fiera
di lei. Sii fiera anche di Lin, ha seguito le tue orme ed è
diventata il
migliore capo che la polizia di Republic City potesse desiderare.
Toph
Beifong, se potessi esprimere a parole quello che
provo per te non sarei arrivato ai settantacinque anni senza dirtelo;
ma
infondo è così necessario che io lo dica? Non
l’abbiamo sempre saputo entrambi?
Dì
alle tue figlie che voglio loro bene almeno quanto
ne voglio alla loro madre.
Ci
vediamo presto Toph, io vado avanti per primo.
Tuo,
Sokka”
Toph
aprì l’involto con mani tremanti, ne
uscì la miniatura di un boomerang, da
uno dei buchi sul manico pendeva un nastro di corda: era una collana.
Il
giorno dopo nel villaggio della tribù dell’acqua
del sud si tennero i funerali del capotribù, arrivarono
emissari da tutto il
mondo, giunsero amici da ogni nazione.
Lin
Beifong non venne.
A
distanza di una settimana Toph osservava la statua
di Sokka nel mezzo di Republic City.
Le sue
mani stringevano una scatola, nella scatola
c’era un bracciale.
Il
mattino seguente Lin trovò sulla sua scrivania un
pacchetto, era vagamente impolverato e la carta era stropicciata e
logora, lo
aprì e riconobbe quasi istantaneamente il braccialetto di
pietra meteoritica
che era appartenuto a sua madre. Esitò qualche istante, si
accertò che in
ufficio non ci fosse nessuno, quindi lo indossò.
In
seguito Toph Beifong scomparve, si diceva che fosse
partita, che fosse in viaggio, che stesse ancora una volta
attraversando il
mondo in cerca dell’illuminazione.
Per
lungo tempo nessuno la vide più.
Note:
per prima cosa mi dispiace per l'angst - non è vero, ma
fingiamo di sì. Come i tre capitoli precenti questa storia
rientra nella sfida che ho lanciato al mio Team Avatar (Kuruccha,
SunlitDays, Nocturnia e Kuma_Cla), una fic di Avatar al giorno per 7
giorni, fino all'uscita del Book 4.
Passiamo al capitolo, con questa one shot si conclude questa raccolta a
tema Tokka, che non è una storia vera e propria, ma un
insieme di missing moments che posti uno dietro l'altro vanno a rendere
l'idea delle vicende intercorse tra Sokka e Toph durante le loro vite.
Come avrete capito la storia è divisa in due
momenti temporali diversi: presente - flashback - di nuovo presente,
nel caso non fosse chiaro lo specifico lo stesso. La cosa che
consiglio è una lettura di tutti e quattro i capitoli uno
dietro l'altro, con in sottofondo la canzone "Earth meets Water" dal cui testo sono tratti i titoli della storia e dei capitoli, e le citazioni a inizio di ogni one shot. Nel
capitolo precedente ero preoccupata dell'OOC, qui lo sono meno
perché questi personaggi sono davvero anziani, Sokka quando
muore nel mio headcanon ha 75 anni, Toph ne ha 71. Sappiamo che Sokka
è ancora vivo quando Korra ha 5 anni e sappiamo in un
periodo che intercorre tra il 158/9 e il 170 AG; per dare maggior
rilievo alle parole di Awei, quando riferisce che sono molti anni che
nessuno vedere più Toph, ho preferito anticipare di qualche
anno la morte di Sokka rispetto a quando penso che sia effettivamente
avvenuta. Ma ho un paio di headcanon diversi su questa coppia e ogni
tanto si mescolano. Detto ciò, la raccolta si conclude qui,
ma ci aspettano ancora tre storie su Avatar nei prossimi tre giorni e,
oramai ne sono sicura, ne arriveranno anche altre in futuro.
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