A fist full of sand

di Alexiel Mihawk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Where earth meets water ***
Capitolo 2: *** Cold and afraid ***
Capitolo 3: *** I will not lose you ***
Capitolo 4: *** Slips through our fingers ***



Capitolo 1
*** Where earth meets water ***



Where earth meets water
 
So Here I stand
Where earth meets water
The wind blows smoke
Across the land
Dash Berlin - Earth meets Water


Sokka aveva provato davvero a insegnarle a nuotare. Si era impegnato in ogni modo e aveva insistito più volte affinché la giovane dominatrice della terra affrontasse le sue paure e imparasse per lo meno a galleggiare. Inutile dire che non c’era stato verso, Toph continuava a rifiutarsi ostinatamente anche solo di provare, lei in acqua non ci voleva entrare: era bagnata, fredda e la faceva sentire davvero vulnerabile. Era in acqua che la sua cecità si faceva sentire più forte che mai ed era solo in quel frangente che Toph si sentiva piccola e debole. Ma lei era la bandita cieca, e alla bandita cieca non piaceva sentirsi piccola e debole, di conseguenza aveva deciso che era meglio tenersi lontana da quello stramaledetto elemento. Alla fine Sokka aveva gettato la spugna e se ne era andato oltraggiato, dicendole che un giorno si sarebbe pentita di avere rifiutato i suoi preziosi insegnamenti, Toph aveva annuito senza stare davvero a sentirlo, come se lui potesse realmente avere ragione, ed era tornata a rotolarsi sulla sua adorata, polverosa terra.
Suki l’aveva spesso presa bonariamente in giro sull’argomento ricordandole quella famosa volta in cui, al passo del serpente, era finita in mare e l’aveva scambiata per Sokka: « Non vorrai mica ripetere un’esperienza simile » le diceva sempre « Guarda che la prossima volta ti lascio andare a fondo! »
Toph aveva sempre riso alla battuta, consapevole che Suki non l’avrebbe mai fatto, come non aveva fatto niente quando l’aveva vista uscire una mattina – forse troppo presto – dall’ala maschile dei loro appartamenti a Ba Sing Seh, come aveva mantenuto un religioso silenzio ogni volta che lei e Sokka si erano allontanati per andare alla ricerca di nuovi nemici da sfidare. Toph non aveva mai capito se era una questione di fiducia o se si trattava di rimorso, sapeva che Suki aveva dei segreti, riusciva a percepire ogni lieve tremito della sua voce, ogni nota d’ansia nella sua persona, ma non era mai stata persona da farsi gli affari altrui, così ognuna aveva continuato con la sua vita.
 
Quello che sperava, vista la situazione disperata in cui si trovava in quel frangente, era che l’amica non avesse cambiato idea, sui loro silenziosi accordi di quieto vivere, proprio in quel momento e avesse deciso di lasciarla in balia delle onde.
« Ehi, ragazzi, un aiutino?! » annaspò Toph, agitando convulsamente le braccia nel tentativo di rimanere a galla.
Vieni a visitare la tribù dell’acqua del sud, dicevano; sarà divertente, dicevano; quando mai, poi, si era lasciata convincere: con tutto quel ghiaccio non riusciva a vedere niente, per non parlare della fantastica idea di andare a cavalcare i pinguini. Era fin troppo prevedibile che sarebbe finita a mollo, e non solo non sapeva nuotare, ma l’acqua era pure gelata.
Sentì qualcuno tuffarsi e una risatina sommessa provenire dalla riva, “Grazie tante per il sostegno”, pensò, quello che però le uscì dalla bocca fu più simile al rauco ruggito di un leone marino che aveva ingerito troppa acqua.
Quando finalmente si sentì tirare verso l’alto, l’unica cosa che le riuscì di dire, dopo avere finalmente ispirato una boccata d’aria a pieni polmoni, fu:« Lasciami pure affogare, Suki, è troppo umiliante sapere che Sokka aveva ragione. »
Una risatina sommessa, fin troppo familiare, accompagnata dalla carezza ruvida di una barba appena accennata, le sfiorò l’orecchio.
« Non c’è problema » celiò Sokka lasciandola andare di colpo e allontanandosi di un paio di bracciate.
« Torna qui, torna qui subito! » Toph si sentì prendere da un leggerissimo stato di panico, ma lo scacciò quasi subito sapendo che non l’avrebbe davvero lasciata lì, almeno lo sperava.
« Dimmi di nuovo che avevo ragione, prima ».
« Sokka, quando torniamo sulla terraferma ti ammazzo ».
« Purché mi prometti di imparare a nuotare… »




Nota Autore:
Manca una settimana all'uscita del Book 4 di Korra, quindi un po' l'inizio della fine. Insomma ieri sera è uscito il trailer ed è partito il delirio più profondo. Quindi stamattina ho lanciato una sfida alla mia Avatar personale, Kuma_Cla e al resto del nostro Team Avatar (di cui faccio parte assieme a Kuruccha, Nocturnia e SunlitDays) e ho proposto loro di scrivere una fic su Avatar The Last Airbender o The Legend of Korra al giorno da oggi all'inizio del Book 4, il 03 Ottobre. In pratica una settimana di Avatar. 
LA SETTIMANA DELL'AVATAR *____________*
Comunque questa storia si colloca all'incirca tra gli eventi di The search e The Rift, Topha ha 15/16 anni mentre Sokka ne ha 18/19; decidete pure se tra Sokka e Toph c'è o non c'è stato niente, in ogni caso Suki non dice niente perché per come la vedo io in questo momento della sua vita nutre dei sentimenti particolari anche per Zuko, come si evince dalle graphic novel.






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Capitolo 2
*** Cold and afraid ***



Cold and afraid
 
Hold me tonight
What happened to me
My head in the clouds
Fallen so deep
You came in soft
No shoes on my feet
Cold and afraid
It feels like I could break down
Right here on this shore
Or go astray
Dash Berlin – Earth meets Water
 

Il sorriso di Katara era caldo e rassicurante, ma era servito solo ad aumentare la sua irritazione. Scosse nervosamente il capo, mentre il suo cervello escluse automaticamente le parole di incoraggiamento che l’amica le andava rivolgendo. Razionalmente era consapevole che avrebbe dovuto ascoltarla, Katara stava per dare alla luce il suo terzo figlio, avrebbe saputo darle buoni consigli, sarebbe stata in grado di guidarla sulla giusta strada. Ma Toph non era mai stata tipo da seguire la strada, non era mai stata persona da regole, restrizioni o percorsi prestabiliti; Toph Beifong era uno spirito libero, un’anima inquieta incapace di rimanere ferma troppo a lungo o di legarsi in modo vincolante a qualcuno.
Nei suoi trentadue anni di vita non era mai stata in grado di creare una relazione stabile, di sopportare una presenza costante e influente della sua vita; aveva sempre avuto numerosi partner, compagni occasionali per lo più, spiriti liberi come lei che cercavano solo un po’ di calore e comprensione, rigorosamente per la durata di una notte, mai più a lungo. Una volta sola aveva rischiato di compromettere davvero la sua libertà, ma si era trattato di un pensiero fuggevole durante una notte senza luna; ricordava il sapore di quell’ultimo bacio a fior di labbra, la sensazione della barba ruvida sul suo viso, ma ricordava anche di avere scacciato a forza quel pensiero, di essersi silenziosamente alzata dopo avere aspettato che lui si fosse addormentato, ricordava di avergli passato una mano sul viso, di avere seguito la linea del codino e di avere lasciato a malincuore la presa andandosene silenziosamente. Non si erano rivisti per tre anni, non che lei lo avesse progettato, si era solo trattato della prima di una serie di circostanze impreviste nella sua vita.
La gravidanza, che poco ma sicuro non era stata voluta, era a parere della giovane dominatrice della terra la più seccate di queste circostanze impreviste, ma non sempre le cose nella vita vanno come ci aspettiamo e oramai Toph l’aveva imparato. L’aveva imparato nel momento in cui si era accorta di quel ciclo mancato, l’aveva compreso quando si era resa conto che le nausee mattutine erano ben più di un’allergia alimentare, e ne aveva avuto conferma quando Katara le si era avvicinata e con fare materno le aveva confermato che sì, era incinta, e a giudicare da ciò che poteva percepire doveva trattarsi di una bambina.
Ora che era al terzo mese, a distanza di sessanta giorni dalla sconvolgente scoperta che le aveva cambiato la vita per sempre, Toph si chiedeva se c’era qualcosa che avrebbe potuto fare per prevenire questa situazione. Certo avrebbe potuto comprarsi una cintura di castità e forse avrebbe dovuto tenere ben serrate le gambe e chiudersi in casa a chiave, ma non era troppo sicura che sarebbe stata in grado di resistere, era quel tipo di persona che i piaceri della vita preferiva goderseli piuttosto che fingere non esistessero.
Annuì distrattamente a Katara, guardandola allontanarsi, diretta verso il tavolo a cui Aang e Zuko erano seduti a parlare; quella era stata la serata dei grandi annunci o almeno di sicuro il suo era stato grande, non le era servita la vista per sapere che le mascelle di quelle teste vuote dei suoi amici si erano aperte a mezz’aria. La risata calda e cristallina di Iroh aveva invaso il salone del Jasmine Dragon, quella sera riservato solamente a loro, quindi le si era avvicinato e l’aveva abbracciata in un modo che a Toph aveva ricordato moltissimo sua madre, o meglio come sua madre l’abbracciava quando era solo una bambina. Poi era stato il momento delle congratulazioni, delle strette di mano, delle urla entusiaste di Aang che in quel momento era tornato ad avere dodici anni e si era messo a blaterare qualcosa a proposito del crescere tutti assieme un esercito di mostri domatori degli elementi.
« Che fortuna » era stato il laconico commento di Mai, che senza nemmeno alzarsi dalla sedia si era limitata a farle le sue congratulazioni sventolando una mano mentre con l’altra tentava di tenere ferma la sua irrequieta figlia.
Si era chiesta se avrebbe dovuto dirlo anche ai suoi genitori, ma nonostante fossero passati anni non era sicura di volerli affrontare, incontrare suo padre le causava ancora una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco, una volta Sokka l’aveva definita ansia, ma come al solito lei si era limitata a ignorarlo.
Mentre i festeggiamenti continuavano – più che festeggiamenti si trattava di inseguimenti senza sosta dietro i figli maggiori di Aang e Katara – Toph riuscì silenziosa a sgusciare fuori dalla sala da tè, cominciava a sentirsi soffocare e aveva bisogno d’aria. Con movenze cadenzate, quasi eleganti, si allontanò dall’edificio, dirigendosi verso quella che sapeva essere la residenza dei Beifong a Ba Sing Seh; non vi si sarebbe recata se non avesse avuto l’assoluta certezza di non trovarvi nessuno. Aveva bisogno di restare sola e sebbene il calore e la solidarietà che i suoi amici le avevano dimostrato le avesse scaldato il cuore, tutto quel parlare del futuro non aveva fatto altro che contribuire ad alterare il suo stato d’animo, già da qualche tempo soggetto a sbalzi d’umore.
 
Lo aveva sentito arrivare ancora prima che lui provasse, maldestramente, ad aprire la porta senza fare rumore; si chiese se davvero pensava che non se ne sarebbe accorta, era cieca, non sorda e a dirla tutta non è che ci vedesse poi così male, certo a modo suo.
« Che cosa vuoi, ragazzo boomerang? » lo sentì ridere sommessamente davanti a quel nomignolo con cui ancora ogni tanto si divertiva a chiamarlo. Sokka si sedette accanto a lei sulla terrazza del cortile, i piedi nel prato, le braccia distese dietro di sé.
« Scappare dalla festa che mia sorella ha organizzato con così tanto amore solo per te, tsk » le lanciò un’occhiata in tralice per vedere la sua reazione e quasi si morse le labbra nel constatare che qualcosa in Toph non andava « Cosa c’è, bandita cieca? Cosa succede? » domandò poggiandole delicatamente una mano sul capo.
La ragazza sorrise mestamente, continuando a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore, mentre batteva ritmicamente un piede a terra.
Il silenzio durò per svariati secondi.
Anche quella sera non c’era nessuna luna in cielo a illuminare i loro volti, se Sokka poteva vedere l’espressione mesta dell’amica era solo grazie alla pallida luce di una candela posta sul muretto del porticato.
« Non sono sicura di poterlo fare » sussurrò piano Toph, rompendo il silenzio « Non sono sicura di essere capace, Sokka ».
L’uomo – perché dopo tutti quegli anni di viaggi e progetti era questo che Sokka era diventato – l’avvicinò dolcemente a sé, stringendola contro la sua spalla con fare fraterno e protettivo.
« Nessuno nasce imparato, Toph, ricordi Katara alle prese con baby Bumi? Io e Aang abbiamo rinominato quei primi sei mesi “Il caos isterico”. Non sapeva nemmeno da dove partire; oh, e non hai mai visto Aang alle prese con un pannolino immagino! »
« Sokka, sono cieca… »
« Molto divertente, ma non fingere di non capire. So che sei spaventata, lo capisco, ma non sei sola. Ci siamo noi. Ci sono io. »
Sentì Toph rilassarsi contro la sua spalla, ma quando finalmente gli rispose la sua voce era poco più di un bisbiglio: « Non sono spaventata, Sokka, sono terrorizzata. Non sono la regina dello zucchero io, non sono mai stata dotata di istinto materno. E se non dovessi piacerle? E se non fossi in grado di crescere un figlio? Tutto quello che ricordo io della mia infanzia sono precettori, regole, cose che non potevo fare, non so niente di come si crescono i bambini ».
Sentì le mani di Sokka stringerle spalle e costringerla gentilmente a girarsi – questa mania di guardarsi in faccia parlando continuava a non capirla, lei comunque non poteva vederlo – le sentì scivolare lungo le sue braccia, accarezzandole dolcemente, per poi prenderle le mani e sollevarle.
« Toph, non abbiamo più diciotto anni oramai e il mondo è tutto diverso da come lo conoscevamo, anche noi siamo diversi in qualche modo, ma ti prego di non pensare, nemmeno per un istante, che ti lasceremo da sola ad affrontare questa… questa cosa. Siamo una squadra, tutti insieme, la squadra dell’Avatar, ricordi? »
Si sentì abbracciare e suo malgrado sorrise.
« Sono gravida, Sokka, non arteriosclerotica ».
« Che novità » mormorò lui posandole un bacio leggero sul capo « Una variazione sul tema ».
Erano passati anni da quella notte senza luna in cui le certezze di Toph erano vacillate per la prima volta; adesso, in una notte molto simile, solo un po’ più fredda, una giovane donna sentiva le stesse certezze vacillare di nuovo, ma ora non a causa di uomo – o forse non solo a causa di un uomo – bensì a causa di una nuova piccola vita che sentiva prendere forma dentro di sé e che per la prima volta sentiva di accettare.
Quello che Toph Beifong scoprì quella sera, stretta tra le braccia del suo migliore amico, fu una nuova forma di coraggio e, in qualche modo, un nuovo inizio.






Note: Questo è il secondo di quelli che credo saranno quattro capitoli. Diciamo che è venuto più Tokka di quanto avrei voluto, ma va bene così; questa storia è sempre parte della sfida una fic al giorno per sette giorni prima dell'uscita del Book 4.
Ho voluto rimarcare in più punti la cecità di Toph per evidenziare come lei non l'abbia mai vissuta come un handicap, mentre considera tale la condizione in cui si trova ora. Nel mio headcanon Toph e Sokka prima ancora di essere amanti sono migliori amici, poi da cosa nasce cosa, ma è tutto a libera interpretazione.

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Capitolo 3
*** I will not lose you ***



I will not lose you
 
Lay down tonight
The stars as our spine
Summer will fade
And it feels like I will lose you
With each of the turning tides
Till the first snow arrives
Dash Berlin – Earth meets water

 
Lin – 3 mesi.
Da quando Lin era nata casa Beifong a Republic City era diventata un porto di mare; la prima ad arrivare era stata Katara, aveva piazzato il piccolo Tenzin in un box e aveva iniziato ad aiutare Toph coi compiti più semplici, in modo tale che si potesse poi abituare a svolgerli da sola. Non era semplice per una donna maldestra, per di più cieca, capire come cambiare un pannolino, a che temperatura scaldare il latte, perché non puoi stordire tua figlia con una badilata in testa ogni volta che piange. Quindi era stato il turno di Aang, ogni pomeriggio, una volta finito di svolgere le sue mansioni da Avatar, di venire a cucinare per lei e Lin, mentre Toph riusciva in quelle poche ore a recuperare il sonno perduto. Le volte in cui si presentava Suki era quasi un lusso, la – non più così giovane – guerriera Kyoshi aveva una dote innata con i bambini e sebbene avesse deciso che non ne avrebbe mai avuti per conto suo era davvero brava a gestire quelli degli altri; ma Suki era spesso in viaggio, Aang era impegnato col lavoro e Katara aveva già tre figli a cui badare. Così dopo qualche mese di rodaggio divenne chiaro chi sarebbe stato ad aiutarla con quella grana urlante.
Si presentò a casa sua un giovedì mattina spalancando la porta con la chiave di riserva, si precipitò dentro come un tornado e le si piazzò di fronte con cipiglio severo.
« Ho calcolato ogni cosa e mi sono premunito di ogni possibile oggetto che potrebbe salvarci la vita » esclamò Sokka aprendo di colpo l’enorme sacca di pelle marrone che aveva portato con sé « Prima di tutto un peluche di un tasso-talpa, non deve dimenticarsi le sue origini; poi ho portato un sonaglio della tribù dell’acqua, era mio di quando ero bambino; una miniatura di un boomerang, l’ho inciso io nel legno, meraviglioso non trovi? » continuò a parlare per cinque minuti senza lasciare a Toph il tempo di replicare, continuando a tirare oggetti fuori dalla borsa e lanciandoseli subitamente alle spalle.
L’amica gli lanciò uno sguardo di sufficienza quindi con un colpo di frusta gli strappò la sacca dalle mani.
« Per l’amor del cielo, Sokka, stai zitto. Puoi fare quello che vuoi, basta che tieni Lin e che mi lasciate dormire, per quanto tempo puoi rimanere? »
« Tutto il tempo che sarà necessario ».
Sokka rimase per un anno.
 
Lin – 4 anni.
« Eravamo oramai senza via d’uscita e l’uomo combustione avanzava minaccioso verso di noi, avevamo quasi perso le speranze, nessuno aveva abbastanza spazio di manovra per utilizzare il suo dominio, fu in quel momento che, tirato fuori il mio fidato amico boomerang, risolsi la situazione e con un lancio magistrale… »
« Zio Sokka, conosco già questa storia, me l’hai già raccontata. La racconti sempre. »
« Ah, non dirlo a me, io ero lì! » esclamò esasperata Toph, quindi sollevando la figlia per la collottola la riportò al centro della stanza « Sokka piantala di distrarre Lin durante l’allenamento, deve imparare a leggere le vibrazioni del terreno, deve imparare a vedere senza usare la vista. » borbottò la dominatrice avvolgendo un pezzo di stoffa verde attorno agli occhi della bambina.
Sokka sospirò.
« Vado a prendere i cerotti ».
 
Lin – 5 anni e mezzo.
Toph entrò in camera sua con i capelli bagnati sciolti lungo le spalle.
« Non dovresti entrare qui, Sokka » mormorò dirigendosi verso il grande armadio a muro.
« C’è qualcosa di cui devo parlarti » rispose l’amico, per niente intimidito dal fatto che Toph indossasse solo un accappatoio.
« Beh, direi che può aspettare, forza, fuori dalle balle non vedi che devo vestirmi?! » borbottò la mora senza girarsi « Fingere di dovermi parlare per sbirciare mentre mi cambio, cos’è hai di nuovo sedici anni, ragazzo boomerang? »
« Toph, devo tornare al polo sud ».
La dominatrice della terra non rispose, ma si bloccò di colpo, la sua mano strinse più forte l’anta dell’armadio; dentro di sé sperò di non spezzarla.
« Si tratta di mio padre, oramai è anziano, più che anziano. È malato, Toph, ha bisogno di me. Katara non può lasciare Aang, non può lasciare i bambini. »
« Ma tu sì » rispose piano lei.
Non lo aveva detto apertamente, ma un’accusa silenziosa gravava su entrambi, qualcosa a cui entrambi stavano pensando, ma che nessuno dei due avrebbe mai detto ad alta voce.
Puoi lasciare noi, puoi lasciare me.
Sokka strinse i pugni e abbassò lo sguardo, sapeva – razionalmente certo – che stava facendo la cosa giusta, che quello era il suo dovere, ma vedere le spalle di Toph incurvarsi in quel modo in qualche modo gli spezzò il cuore. Sapeva che sia lei che Lin lo consideravano come un membro della famiglia, non era un marito, né un padre, ma era la cosa più simile ad entrambe che avessero conosciuto; c’erano stati momenti in cui il calore che gli avevano trasmesso era stato paragonabile solo a quello che era riuscita a trasmettergli sua madre da piccolo. C’erano state risate e grandi piani, come quella volta, qualche mese prima, in cui aveva risfoderato la sua vecchia barba finta per presentarsi, senza farsi riconoscere, al colloquio al quale erano stati chiamati i genitori di Lin all’asilo dopo che la bambina aveva distrutto una parete. C’era stata la volta in cui Toph aveva cercato di cucinare una torta per il terzo compleanno di Lin mentre lui e la bambina erano fuori e quando erano tornati avevano trovato la casa invasa di farina. Scosse il capo, cercando di scacciare tutti quei ricordi, in quel momento troppo dolorosi, troppo intensi.
Le si avvicinò piano e le posò una mano sulla spalla con delicatezza.
« Mi dispiace, mi dispiace davvero »
Toph si girò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi – o almeno rivolse il viso nella direzione in cui sperava ci fossero i suoi occhi, cosa piuttosto insolita visto che lei odiava guardare in faccia la gente, parlando – fece un sorriso mesto e gli accarezzò il viso con una mano.
« Lo so, dispiace anche a me ».
Sokka non seppe mai cosa gli prese in quell’istante, forse fu l’impulso del momento, la volontà di creare un ultimo ricordo prima di partire – il più vivo di tutti – la volontà di sentirla di nuovo sua come quella notte diciannove anni prima o forse, semplicemente, seguì il suo istinto e lasciò perdere, per una volta, le possibili conseguenze.
Prese la mano di Toph, che era rimasta appoggiata alla sua guancia, e con delicatezza se la portò oltre la spalla, quindi si piegò su di lei e le depose un bacio gentile sulle labbra. Fu solo questione di un attimo prima che Toph rispondesse al suo bacio, concedendogli di approfondirlo. Quella notte Sokka non tornò a casa.
Una settimana dopo era in partenza, diretto verso la tribù dell’acqua del sud.
Nove mesi dopo nacque Suyin.
Sokka non lo seppe mai.
 
Due anni dopo suo padre morì, e lui ereditò il titolo di Capo tribù.
Non tornò mai più a Repubblic City.







Note:
Prima di tutto mi dispiace se sono andata OOC, ho questa spiacevole sensazione, in particolare con Toph. Quello di cui vorrei però tenessimo tutti conto è che questi personag
gi sono adulti e quindi non possono avere lo stesso modo di relazionarsi al prossimo che avevano a quindici anni. Nel primo flash Toph ha 32 anni, nel secondo ne ha 36 e nel terzo 37; Sokka invece, che canonicamente ha qualche anno in più, ne ha rispettivamente 36, 40 e 41. Insomma i miei bimbi sono grandi ora, Toph è a capo della polizia e Sokka è membro del concilio e inseguito capo della tribù dell'acqua del sud. 
Sento Toph vagamente OOC nell'ultima parte, perché mi rendo conto di avere descritto una donna in qualche modo tenera, niente di eccezionale, non è quel genere di persona che rinuncia ai suoi sogni per gli altri o che chiede aiuto o si lamenta, Toph, non direbbe mai a Sokka "Non partire", però io un po' la immagino a guardarlo andare via e pensare che dopotutto non sia così giusto.
Quindi mi scuso ancora se sono andata OOC, ma non sono proprio riuscita a farne a meno.












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Capitolo 4
*** Slips through our fingers ***


Colonna sonora consigliata: Earth meets water, Dash Berlin




Slips through our fingers


 
Here I stand
Where earth meets water
The wind blows smoke
Across the land
So hear me out
Our lives get harder
It slips through our fingers
Like this fist full of sand
Like a fist full of sand
Dash Berlin – Earth meets water
 
 

L’ultima volta che si erano visti era stato nel 153, al funerale di Aang.
Ricordava le lacrime, ricordava il dolore accompagnato dalla consapevolezza che il futuro di piedi rapidi non era l’oblio e che ben presto l’avrebbero rivisto. Ricordava come si fossero stretti tutti assieme, uno vicino all’altro: lei, Sokka, Ty-Lee, Zuko, perfino Mai. Tutti assemblati attorno a Katara a sorreggerla, a farle da scudo. Ancora una volta insieme ad assistere al ciclo dell’avatar che ricominciava di nuovo. Ricordava che la mano di Sokka non aveva mai lasciato la sua per tutto il tempo in cui erano rimasti lì.
Ancora prima ricordava di essere andata a trovarlo nel 142, dopo essersi dimessa dalla sua posizione di capo della polizia di Republic City. Erano anni che non tornava al polo sud – ricordava di esserci andata con Lin un paio di volte, quando era più piccola, quando lei e Su erano troppo giovani per darsi addosso – camminare sul ghiaccio le trasmetteva ogni volta la stessa spiacevole sensazione di cecità, ma non aveva nemmeno fatto due passi fuori dalla nave che già lui era lì a guidarla, come ai vecchi tempi. Aveva riso di lei quando gli aveva raccontato delle sue figlie ribelli e della sua dimissione; Sokka le aveva servito da bere e poi era lasciato andare a una filippica sulle difficoltà di crescere gli adolescenti e su quanto fosse sicuro che entrambe le sue ragazze sarebbero diventate splendide donne. Lei aveva riso: « I figli sono proprio una benedizione » gli aveva detto, nemmeno lei sapeva se fosse seria o sarcastica, ma la risposta dell’amico di sempre l’aveva messa a tacere per una decina di minuti.
« Le tue figlie sono sempre state la benedizione più grande per entrambi, Toph ».
Ora Toph fissava quell’enorme statua di Sokka posta di fronte al centro culturale della tribù dell’acqua del sud a Republic City, o meglio, i suoi occhi bianchi continuavano a puntarla, ma era grazie a quella mano tesa, le cui dita sfioravano il basamento, che riusciva davvero a sentirla.
A lui sarebbe piaciuta. Era alta, imponente e riusciva a percepire la sua espressione seria e paterna, riusciva a vedere persino quel maledetto boomerang.
Era stata eretta il giorno stesso del funerale, ad memoriam, dicevano; come se lei avesse mai potuto dimenticarlo, come se Katara avesse mai potuto dimenticarlo, o Zuko, o i ragazzi.

 
Quando il falco messaggero era arrivato lei si trovava a meditare in uno dei giardini in pietra di Zaofu, Suyin e suo marito dormivano da qualche parte nei loro appartamenti e quando si erano svegliati la mattina successiva lei era già partita. Aveva trovato Katara accanto al capezzale del fratello; con fare gentile la regina dello zucchero l’aveva abbracciata e Toph aveva sentito le lacrime calde della sua amica di sempre bagnarle le guance.
O forse erano le sue.
Non avrebbe saputo dire quando aveva iniziato a piangere.
Zuko era arrivato subito dopo di lei e loro tre, insieme, si erano improvvisamente ritrovati ultimi sopravvissuti di un’altra epoca, oramai passata, oramai in declino. Con gentilezza l’avevano aiutata ad avvicinarsi e avevano diretto la sua mano verso il viso di Sokka, entrambi sapevano, forse tutti loro avevano sempre saputo, ma c’era sempre stato un tacito patto di non interferenza e nessuno aveva mai osato o voluto spingerli ad avvicinarsi più di quanto non avessero effettivamente fatto.
Zuko e Katara l’avevano lasciata sola e per un tempo che le era sembrato infinito Toph non era riuscita a fare altro che rimanere ferma, fissa, immobile nella posizione in cui l’avevano guidata i suoi amici. Riusciva a sentire nella stanza a fianco il pianto silenzioso della dominatrice dell’acqua e percepiva il mutismo ostinato avvolto di dolore del dominatore del fuoco; avrebbe dovuto saperlo che anche lui, prima o poi, sarebbe morto. Ma forse, dentro di sé, pensava che se ne sarebbe andata prima lei.
Lentamente la sua mano si mosse ad accarezzare quel volto, ne percepiva i lineamenti, la linea degli zigomi, la curva delle labbra, ogni più piccola ruga; fu in quel momento che qualcosa dentro di lei si ruppe ed emozioni che non provava da anni le si riversarono addosso come un fiume.
Aveva nascosto alle sue figlie le identità dei loro padri; non era stata una buona madre, Sokka avrebbe detto di sì, ma come poteva dargli retta quando era a lui che aveva fatto il torto più grande: gli aveva nascosto di avere una figlia. Aveva negato ad entrambi la possibilità di essere felici insieme, per lo meno di provare ad esserlo. E ora quella possibilità era sfumata del tutto, perché Sokka era morto, non esisteva più, non respirava più.
Il ragazzo boomerang, il ragazzo del sarcasmo, il fan della carne, testa vuota non c’era più e con lui se n’era andato anche il membro del concilio di Republic City, il capo della tribù dell’acqua del sud.
Il suo Sokka.
Toph sentì le ginocchia cederle e sentì il bisogno di uscire da quella stanza il più in fretta possibile; a tentoni attraversò la camera fredda, trovò la porta e raggiunse Katara al tavolo dove Zuko stava versando del tè.
Si sedette, lasciò che l’amica le stringesse la mano e solo dopo un po’ ricambiò la stretta.
« Era felice, sapete » mormorò Katara piano « Abbiamo scalato montagne insieme e attraversato deserti, abbiamo vinto una guerra e riportato la pace del mondo e siamo andati avanti, ognuno di noi ha avuto dei figli, una famiglia. Sokka è stato l’unico a rinunciare consapevolmente a tutto questo, e nonostante ciò era felice »
Toph si morse un labbro.
« Continuava a dire che noi eravamo la sua famiglia, ognuno di noi, e che lui era il più fortunato di tutti perché lui aveva figli e nipoti sparsi in tutto il mondo; perché ogni volta che uno dei nostri figli lo chiamava “zio” sentiva di avere raggiunto un traguardo. Girava per il villaggio, tutto tronfio, abbracciando ogni bambino e raccontando sempre le stesse storie. » Katara rise « Ultimamente veniva spesso a trovarmi, mi ha lasciato delle cose, per voi. Credo che sapesse che stava arrivando la fine e il suo rimpianto più grande credo fosse di non poter più viaggiare per venire a trovarvi » si interruppe di nuovo e spostò lo sguardo su Toph « Avrebbe tanto voluto vederti un’ultima volta ».
Ora la dominatrice della terra sentiva le lacrime pungerle le guance, scendevano copiose, senza vergogna; non si era mai vergognata di mostrarsi debole con loro, soprattutto con lui, e non c’era motivo di farlo ora.
Katara si alzò e Toph la sentì armeggiare con un armadio, tornò poco dopo appoggiando una cesta piuttosto grande sul tavolo.
« Sokka è sempre stato un sentimentale » riprese la voce calda dell’amica « Guardate qui quante cose ha messo da parte: una pedina del loto di Pai Sho per Iroh II; una mappa della nazione del fuoco com’era prima della guerra per tua figlia, Zuko, questa la ricordo, la prese nella biblioteca del deserto Si Wong, o meglio, la rubò allo spirito custode della biblioteca; questo, invece, è un meteorite, non ha mai abbandonato la passione per i sassi, ogni volta che ne trovava uno doveva assolutamente venirmelo a dire. Toph, ha deciso di lasciare la sua collezione a Suyin »
Al cuore della dominatrice della terra mancò un battito, erano così simili e nemmeno lo sapevano.
« Poi ci sono degli oggetti per Tenzin, Kya e Bumi… Bumi non la prenderà bene, Sokka era il suo eroe. È stato capace di dargli coraggio nei momenti di maggior sconforto, ogni volta che si sentiva diverso, escluso, inferiore al resto di noi per via dell’assenza di un dominio, Sokka era lì a consolarlo, a incoraggiarlo, a guidarlo verso la strada più giusta » Katara tirò su col naso « Questo credo sia per te, cara » mormorò poi porgendo a Toph un involto e una pergamena.
« Anche da morto, si dimentica che sono cieca » non riuscì a trattenere un sorriso, mentre porgeva all’amica il foglio, in modo che potesse leggerlo per lei.
« Toph, io… sei sicura di volere che legga ad alta voce? » la dominatrice lanciò un occhiata a Zuko, ma Toph annuì, fece anzi segno all’amico di venire a sedersi più vicino, gli porse una mano, l’altra la porse a Katara e quando entrambi le strinsero sentì la voce rassicurante della regina dello zucchero che cominciava a leggere.

“Mia cara Toph, so che queste parole arrivano in ritardo di almeno trent’anni e so che avrei dovuto dirtele tempo fa, di persona. Mi capita spesso di ritornare col pensiero a quella sera, quando me ne andai da Republic City per tornare a casa: so che eri lì, non venisti a salutarmi, sarebbe stato troppo doloroso per entrambi, ma so che c’eri. Ti vidi uscire dall’ombra quando la nave salpò e rimasi a guardarti, sotto la luna che per una volta ci aveva graziato con la sua presenza, fino a che il porto non scomparve del tutto dalla mia vista. Sarei dovuto tornare indietro allora. Forse avrei dovuto chiederti di venire con me, avrei dovuto rinunciare alla posizione di capo e rimanere a Republic City con te, con Lin, con Su. So che mi hai tenuto nascoste delle cose, non ti biasimo per questo, io ho fatto lo stesso con te e non ho avuto il coraggio di fare domande né di ritornare quando avrei potuto. Ho sbagliato. Ma in fondo non sono pentito, la mia famiglia è sparsa per un mondo che noi, insieme, abbiamo contribuito a ripristinare, i figli di Katara e Zuko sono grandi e anche Lin e Su, e sebbene Lin si rifiuti di vedermi sono andato spesso a Zaofu, quando tu non c’eri; è diventata una donna meravigliosa la nostra Suyin, Toph. Sii fiera di lei. Sii fiera anche di Lin, ha seguito le tue orme ed è diventata il migliore capo che la polizia di Republic City potesse desiderare.
 
Toph Beifong, se potessi esprimere a parole quello che provo per te non sarei arrivato ai settantacinque anni senza dirtelo; ma infondo è così necessario che io lo dica? Non l’abbiamo sempre saputo entrambi?
Dì alle tue figlie che voglio loro bene almeno quanto ne voglio alla loro madre.
Ci vediamo presto Toph, io vado avanti per primo.
Tuo, Sokka”


Toph aprì l’involto con mani tremanti, ne uscì la miniatura di un boomerang, da uno dei buchi sul manico pendeva un nastro di corda: era una collana.
Il giorno dopo nel villaggio della tribù dell’acqua del sud si tennero i funerali del capotribù, arrivarono emissari da tutto il mondo, giunsero amici da ogni nazione.
Lin Beifong non venne.
 
A distanza di una settimana Toph osservava la statua di Sokka nel mezzo di Republic City.
Le sue mani stringevano una scatola, nella scatola c’era un bracciale.
Il mattino seguente Lin trovò sulla sua scrivania un pacchetto, era vagamente impolverato e la carta era stropicciata e logora, lo aprì e riconobbe quasi istantaneamente il braccialetto di pietra meteoritica che era appartenuto a sua madre. Esitò qualche istante, si accertò che in ufficio non ci fosse nessuno, quindi lo indossò.
In seguito Toph Beifong scomparve, si diceva che fosse partita, che fosse in viaggio, che stesse ancora una volta attraversando il mondo in cerca dell’illuminazione.
Per lungo tempo nessuno la vide più.






Note: per prima cosa mi dispiace per l'angst - non è vero, ma fingiamo di sì. Come i tre capitoli precenti questa storia rientra nella sfida che ho lanciato al mio Team Avatar (Kuruccha, SunlitDays, Nocturnia e Kuma_Cla), una fic di Avatar al giorno per 7 giorni, fino all'uscita del Book 4.
Passiamo al capitolo, con questa one shot si conclude questa raccolta a tema Tokka, che non è una storia vera e propria, ma un insieme di missing moments che posti uno dietro l'altro vanno a rendere l'idea delle vicende intercorse tra Sokka e Toph durante le loro vite.  Come avrete capito la storia è divisa in due momenti temporali diversi: presente - flashback - di nuovo presente, nel caso non fosse chiaro lo specifico lo stesso.  La cosa che consiglio è una lettura di tutti e quattro i capitoli uno dietro l'altro, con in sottofondo la canzone "Earth meets Water" dal cui testo sono tratti i titoli della storia e dei capitoli, e le citazioni a inizio di ogni one shot. Nel capitolo precedente ero preoccupata dell'OOC, qui lo sono meno perché questi personaggi sono davvero anziani, Sokka quando muore nel mio headcanon ha 75 anni, Toph ne ha 71. Sappiamo che Sokka è ancora vivo quando Korra ha 5 anni e sappiamo in un periodo che intercorre tra il 158/9 e il 170 AG; per dare maggior rilievo alle parole di Awei, quando riferisce che sono molti anni che nessuno vedere più Toph, ho preferito anticipare di qualche anno la morte di Sokka rispetto a quando penso che sia effettivamente avvenuta. Ma ho un paio di headcanon diversi su questa coppia e ogni tanto si mescolano. Detto ciò, la raccolta si conclude qui, ma ci aspettano ancora tre storie su Avatar nei prossimi tre giorni e, oramai ne sono sicura, ne arriveranno anche altre in futuro. 



















 
 
 
 

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