La furia dell'oceano

di The Crazy Writers
(/viewuser.php?uid=419121)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La ragazza della panchina ***
Capitolo 2: *** Un bidello non molto amichevole ***
Capitolo 3: *** Il Campo Mezzosangue ***
Capitolo 4: *** Chi è il nostro genitore divino? ***



Capitolo 1
*** La ragazza della panchina ***


Image and video hosting by TinyPic
 
Harry era elettrizzato all'idea di iniziare il liceo, ma poi capì che la sua vita sarebbe stata completamente stravolta. Ha scoperto la sua vera identità e le sfide che lo attendono. La fine del mondo è vicina, e degli eroi dovranno impedire la distruzione totale. Ma il percorso è pieno di insidie, di nemici e di prove da superare. Che la nuova guerra abbia inizio.



Capitolo 1: La ragazza della panchina

Ho solo 24 ore per salvare il mondo e sono spalla a spalla con uno strano tipo che continua a lamentarsi per la corda troppo stretta. Il momento più bello della mia vita!

Non dovrei ripensare a tutto quello che è successo, ma tanto finché non mi viene un'idea, dovrò rimanere qui. La prima cosa che mi viene in mente è il mio liceo, il posto che odio di più in assoluto. È dominato da eccentrici e vanitosi, ragazzi e ragazze che si credono perfetti quando in realtà valgono meno di me. Sì, di me: un quindicenne iperattivo e timido che ha un talento speciale nel cacciarsi nei guai. Mi chiamo Harry Jackson, nome originale vero? È sopratutto per questo nome che mi conoscono. Nella scuola, in giro per la città, al mercato dove va sempre mia nonna...insomma, un po' ovunque. Parlano di me anche sull'Olimpo, ma non dicono cose molto carine. In ogni caso, la mia vita è stata completamente stravolta il primo giorno di liceo, lo ricordo come se fosse ieri...e no, non era ieri. Ma un po' di mesi fa.

La giornata era iniziata perfettamente: c'era molto traffico, così io, Erik e Maya (i miei migliori amici) abbiamo dovuto scendere dalla macchina di mia madre e correre come matti dietro ad altri ragazzi sperando che andassero al nostro stesso liceo. Dopo un po' di corsa, eravamo arrivati in tempo. C'era un ammasso di persone come ad un concerto, tutte accalcate davanti alla porta. Fummo inglobati nella mischia dopo pochi secondi e credo di essere andato addosso a circa venti persone. Poi, però, la giornata andò decisamente...peggio.
Anche se appena entrati, non era poi così male. Ero molto elettrizzato all'idea di iniziare una nuova scuola, sopratutto perché avevo i miei amici accanto e facevano svanire il tipico terrore da primo giorno.
Camminavo per i corridoi e squadravo ogni persona che catturasse il mio sguardo...sopratutto ragazze. 
-Smettila! Tanto quella non si metterebbe mai con te- ripeteva Maya prendendomi in giro. Ma mi vendicai più volte quando i suoi occhi scuri si posarono su qualche ragazzo. La conosco così bene che ci capiamo con uno sguardo, anche se passiamo la maggior parte del tempo a picchiarci. È una ragazza romantica e sognatrice, ma non lo ammette spesso. E si fa troppi problemi prima di fare qualcosa.
Erik invece è uno che agisce d'impulso e sempre allegro. Non importa in quale situazione ti trovi, lui sa sempre trovare qualcosa per cui farsi una bella risata. Anche quando veniamo inseguiti da strani mostri e Dei furiosi. Ma...questo arriverà dopo.
-Amico- ripeteva ogni secondo -guarda quant'è carina quella-
Devo ammettere che però indicava le migliori. Maya continuava a riderci in faccia, ma la ignoravamo. Chiariamoci, io e il mio migliore amico siamo esperti di ragazze. 
Abbandonai presto le mie fantasie da playboy e fui costretto ad andare a lezione. Io e Erik avevamo Matematica nella stessa ora. Il professore era un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati e ricci, e una barba abbastanza folta. Sembrava simpatico dopotutto e non cercava di essere "giovanile" come spesso fanno altri rendendosi ridicoli.
Io, Erik e Maya avevamo scelto Fotografia come materia aggiuntiva e devo ammettere che non era affatto male. Certo, io e Erik siamo stati tutto il tempo a cercare di impressionare Lily Taylor, ragazza davvero carina del nostro corso, ma...siamo stati abbastanza attenti alla lezione. 

Il primo giorno passò in fretta e uscimmo da scuola. Erik non faceva altro che parlare di una certa Melissa. Cercavo di ascoltarlo ma la tentazione di scoppiare a ridere ogni volta che si passava le dita tra il ciuffo castano sopra la fronte era troppo forte. Maya invece rimase zitta tutto il tempo con un'aria quasi sconvolta. Avrei voluto chiederle cosa aveva, ma probabilmente non voleva parlarne.
-Vi ho già detto di Melissa?- esclamò Erik sorridendo.
-No- risposi.
-Davvero?-
-No!- sbottai, facendolo zittire. -Comunque, che ne pensate della scuola?-
-Secondo me non è male- rispose -per essere un liceo-
-Già, lo penso anch'io-
Ci girammo entrambi verso Maya -E tu che ne pensi?- chiedemmo all'unisono.
-Sì, non è male- mormorò.
Erik prese il cellulare dalla tasca -L'autobus passa tra poco- disse facendo scivolare il pollice sullo schermo.
-Ok, allora sbrighiamoci-
Accelerarono il passo. Stavo per farlo anch'io, ma poi vidi una ragazza che piangeva su una panchina.
-Voi andate ragazzi, torno più tardi- dissi.
Erik inarcò un sopracciglio -Come vuoi-
-Ciao- mormorò Maya facendomi cenno con una mano.
Sentii i loro passi farsi sempre più lontani e corsi verso quella ragazza. Con un balzo, abbastanza imbarazzante, mi sedetti accanto a lei. Si girò di scatto verso di me. 
Rimasi come paralizzato per qualche secondo, era davvero bellissima. Aveva i capelli castani con le punte leggermente più chiare, gli occhi verdi (un po' come i miei, ma più scuri) arrossati dalle lacrime e delle labbra che formavano un sorriso meraviglioso. 
-Ciao- disse.
Rimasi zitto a fissarla con una faccia da idiota, poi mi decisi a parlare. -Ciao- balbettai.
-Come mai sei qui?- chiese.
-Ecco io...volevo parlarti-
-Strano-
-Perché è strano?-
Continuò a scrutarmi con sguardo attento, come se cercasse di prevedere ogni mia mossa.
-Tutti mi odiano- mormorò.
Vidi le lacrime salire ai suoi occhi. Volevo chiederle ancora qualcosa, ma lei si alzò di scatto e corse via. La tentazione di rincorrerla era forte, ma non la conoscevo nemmeno. E poi, se era scappata era perché non voleva parlare. Ho imparato anni fa che le ragazze hanno bisogno, ogni tanto, di stare da sole per riflettere. Sinceramente, io ho sempre preferito avere qualcuno con cui parlare e che mi distragga, ma ognuno ha il suo carattere.
La ragazza era già arrivata dall'altra parte della strada, rischiando quasi di essere investita. Ripensai alle lacrime che le rigavano il volto.

"Come può una ragazza del genere essere odiata da tutti?" pensai. 











Angolo dell'autrice:
Buonasera gente!
Dopo questo piccola introduzione alla storia, vi dirò un paio di cose. Il protagonista è Harry Jackson, come avete potuto leggere all'inizio, un ragazzo che deve affrontare un grande pericolo prima che sia troppo tardi. 
In questa Fan Fiction, ci saranno sia personaggi inventati da noi sia quelli originali...che faranno la loro comparsa nei prossimi capitoli. 
In ogni caso, io e the_choosen_one99 scriveremo un capitolo per uno, con qualche commento come sto facendo io adesso.
Beh, è tutto. Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)

 

Image and video hosting by TinyPic

Ps: questa è la copertina originale della storia, in "versione libro" 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un bidello non molto amichevole ***


Image and video hosting by TinyPic

Il mattino seguente mi alzai di soprassalto con il suono irritante della mia sveglia che segnava le 6.50, solo una volta fuori dal letto realizzai che ero in ritardo per l’appuntamento con Maya e Erik, che mi aspettavano alla fermata dell’autobus. Dopo essermi preparato feci una colazione veloce, mi strofinai gli occhi eliminando gli ultimi residui di sonno e scesi di corsa. Attraversai la strada e vidi Erik in piedi con lo zaino in spalla e l’iphone in mano, accanto a lui c’era Maya seduta sulla panchina, pensierosa come sempre.  
-Ce l’hai fatta!- sbottò Erik senza nemmeno salutarmi – Forza, l’autobus sta arrivando!-
Il tragitto fu piuttosto silenzioso, cercai di chiedere alla mia migliore amica che cosa avesse, ma fui interrotto più volte da Erik che si lamentava dei professori.
-Quella di scienze mi ha preso di mira, mi richiama sempre!-
-Come fai a dirlo se siamo soltanto al secondo giorno?!- ribattei io.
E continuò ad inventare scuse per tutto il resto del tempo. 
Arrivati a scuola ci preparammo per l’ora di ginnastica, scendemmo al piano terra e raggiungemmo la palestra; amavo quell’ora se non fosse invasa ogni volta dai ‘’bulletti’’ ed ‘’eccentrici’’ più grandi, ma stavo imparando a non dargli attenzioni. Ero immerso nei miei pensieri adolescenziali quando qualcuno mi urtò bruscamente, alzai lo sguardo e rimasi per un secondo a bocca aperta: era la ragazza che avevo incontrato il giorno precedente sulla panchina. A qualche passo dietro di lei intravidi il volto di Maya.
-C-ciao- balbettai.
-Oh...ehm, ciao- rispose lei, la sua voce era graffiata come se avesse appena finito di piangere. Mi fissò per qualche secondo, poi si allontanò a testa bassa.
-Ma guarda un po’ il nostro Harry come rimorchia! E dire che siamo appena arrivati! Qual’è il tuo trucco, amico?!- la voce di Erik mi riportò alla realtà. 
-I-io ehm, nessun trucco, quella ragazza l’ho incontrata ieri fuori scuola, stava piangendo,  e sembra che anche oggi non sia di buon umore-
-Sono ragazze, amico! Cosa ti aspetti? Sono strane…-
-Forse siete voi ragazzi che non capite quello che proviamo!- sbottò Maya allontanandosi.
-Ma che cavolo le è preso?!?- mi chiese preoccupato Erik. 
-Non lo so, ma lo scoprirò-
Maya non ci rivolse la parola per tutta la giornata, non parlava con nessuno, ero sicuro che c’era qualcosa che non andava ed ero deciso a scoprirlo.

Io e Erik andammo a mangiare qualcosa da McDonald’s, non distante da scuola.Il fast-food era strapieno di gente, soprattutto ragazzi del nostro liceo. Arrivammo al bancone e una ragazza bionda sulla trentina prese i nostri ordini: due McChicken menù grandi, come sempre d’altronde. I tavoli erano quasi tutti pieni e dopo cinque minuti ci stavamo per arrendere. 
-Sediamoci lì!- mi suggerì Erik. Corremmo nell’intento di prendere il tavolo quando due ragazze si sederono al nostro posto.
-Hey!!!- urlammo in coro io ed il mio migliore amico. Davanti a noi c'erano Maya e la ragazza della panchina, che ci fissavano torve.
-Maya?! Cosa ci fai qui con lei?- 
–Bè , lei è Alex Stewart- rispose -l’ho conosciuta oggi a ginnastica-
-Oh c-ciao Alex, ehm...noi ci siamo già incontrati ieri, ricordi?- dissi imbarazzato, la sua bellezza mi incantava.
 -Sì, mi ricordo- disse sorridendo- in ogni caso, Maya mi ha parlato molto di te e del tuo amico…Derek?- 
-Erik, dolcezza- esclamò il mio migliore amico cercando di assumere un'aria da playboy.
-Scusalo, fa così con tutte!- lo prese in giro Maya. 
Ci sedemmo al tavolo tutti e quattro e cominciammo a parlare di scuola. Rimanemmo lì per un’oretta e mezzo, discutendo su compagni, genitori e docenti.
-Ehi Erik, Harry, ehm...scusatemi se sono stata sgarbata oggi…- mormorò Maya fissando il suo cheeseburger -ma il fatto è che...credo di essere impazzita-
-Cosa?!- la interruppe Erik.
-Sono seria!!!- rispose nervosa Maya.
-Ieri stavo andando in bagno quando ho notato il bidello...come si chiama?-
-Il signor Roberts- le suggerii io.
-Esatto! Proprio lui! Giuro di averlo visto cambiare in qualcosa di strano…però vi prego di non ridere di me!-
-Tranquilla, Maya! Non rideremo di te- la rassicurò Alex.
-Okay- disse prendendo fiato -in un...un...-
-Forza, Maya!!!- ribatté Erik impaziente.
-Eh va bene!- gridò lei- In un mostro-
Cadde il silenzio, nessuno sapeva se prenderla sul serio. L'espressione della mia migliore amica era indecifrabile: sembrava spaventata, imbarazzata e confusa allo stesso tempo. Alex si era girata dall'altra parte, come se all'improvviso la porta del bagno fosse diventata interessante. Erik picchiettava con le dita sul tavolo, non riuscivo davvero a capire se stesse per ridere oppure no.
Quel momento imbarazzante fu interrotto dalla voce di Alex, che si era di nuovo voltata verso di noi. -Parli del diavolo e…-
Tutti ci voltammo nella direzione in cui Alex stava guardando: Il signor Roberts  stava venendo verso il nostro tavolo.
 - Scusate ragazzi potete seguirmi? Credo che abbiate dimenticato di pagare!- L'uomo indossava la divisa del McDonald’s. 
-Signor Roberts, da quando lavora qui?- chiese Erik- Comunque si sbaglia, noi abbiamo pagato eccome!- ribatté Erik.
-Vi prego di seguirmi o sarò costretto a chiamare la vigilanza-

Seguimmo il signor Roberts fino ad uno sgabuzzino che conteneva le merci.
-Allora cosa vuole?- chiesi io, lui si girò di scatto, i suoi occhi erano illuminati di rosso sangue e la sua voce fredda rimbombò per tutta la stanza
-Voi luridi semidei, dovete soccombere insieme a tutto l’Olimpo!- 
-Come scusi?!- gridai io. Ma non ottenni nessuna risposta.
L’uomo si contorse su se stesso e cominciò a cambiare forma, alla fine ci ritrovammo davanti una creatura inquietante con il corpo di leone e la coda simile a quelle di uno scorpione ’’Maya non è impazzita allora’’ pensai. Avevo come l’impressione che quella  ‘’cosa’’ ci stesse per attaccare, non feci in tempo a pensarlo che il mostro si scaraventò su di noi. Ci dividemmo per la stanza, il mostro ansimava, io ero talmente sconvolto che non riuscivo neanche a pensare. La creatura puntò la coda prima su Erik e poi su di me, come se ci stesse per scagliare qualcosa in pieno petto, e come previsto delle specie di coltelli cominciarono a volare verso di noi. In quell’istante la porta si spalancò ed entrò un ragazzo in tuta con un berretto di cotone in testa 
–State indietro!- urlò il ragazzo parando i colpi con uno scudo. A quel punto ero davvero confuso. Il tizio estrasse un pugnale dallo zaino, il mostro ringhiò, ma il ragazzo colpì la coda e la spaccò a metà prima che la creatura potesse scaraventarcela addosso. Il mostro incredibilmente si pietrificò e cadde in mille pezzi…
- Ma che diavolo era quella cosa?!- urlò Erik ancora sconvolto.
-Ma la vera domanda è...chi sei tu?!- esclamai.








NOTE DELL’AUTORE:
Hi! What’s up??
Questo è il secondo capitolo della Fan Fiction ‘’La furia dell’oceano’’, storia a quattro mani scritta in collaborazione con Romantic Girl e me the_choosen_one99! Spero che vi piaccia! Mi scuso per eventuali errori grammaticali, inoltre vi invito a lasciare una bella recensione positiva o negativa che sia, saranno ben accette da me e la mia collega u.u
Un saluto! 
 
 the_choosen_one99

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il Campo Mezzosangue ***


Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 3: Il Campo Mezzosangue

Ero a casa. 
Mia madre stava preparando il pranzo in cucina quando qualcuno bussò alla porta. Posò la pentola e corse ad aprire. Non riuscii a vedere bene la sua espressione, ma notai che stava indietreggiando lentamente mentre la figura di un uomo faceva il suo ingresso. Era alto e robusto, con la barba appena accennata e uno sguardo torvo, come se stesse per scatenare una tempesta. Riuscivo a sentire il suo immenso potere sulla mia pelle. 
-Dov'è?- chiese cupo.
Mia madre rimase in silenzio, come se stesse realizzando lentamente cosa stava succedendo. 
-È troppo tardi, Zeus- disse con un'insolita calma e fermezza.
Aveva detto "Zeus", lo avevo sentito perfettamente. 
Avanzai senza fare rumore e vidi un'espressione trionfante sul volto di mia madre. Il padre degli dei, invece, sembrava sul punto di folgorarla. Frugai nelle mie tasche e mi guardai intorno, ma non c'era niente che potessi usare per difendere mia madre.
-Lo troverò, e lo ucciderò- disse Zeus con un luccichio quasi malvagio negli occhi. 
-Non ce la farai- 
Il padre degli dei fece una smorfia e schioccò le dita. Scomparve in un piccolo vortice d'aria, che fece sbattere la porta contro il muro. Mia madre si girò di scatto verso di me e mi venne incontro, o almeno così credevo. Mi passò accanto come se non ci fossi e afferrò il suo cellulare.
-Eleonor?- disse. -Zeus vuole uccidere Harry, ma per fortuna un satiro lo ha portato al sicuro al Campo. Sì, anche Maya e Erik stanno bene...Scott è passato qui- 
A quel punto capii tutto. Mia madre fece una pausa e iniziò a picchiettare sul tavolino
 -Ok- continuò. -Ci vediamo-
Chiuse la chiamata e appoggiò il cellulare dov'era prima. Mi passò di nuovo accanto e si chiuse in camera. Mi affacciai dalla finestra. Dei rumorosi tuoni lampeggiavano attraverso le scure nubi, facendomi rabbrividire. 

Aprii gli occhi. Ero sdraiato su un letto, con un comodo cuscino sotto la testa e una calda coperta. Accanto a me c'erano altri letti, su cui erano sdraiati Maya e Erik. Il ragazzo che ci aveva salvati dal nostro, non molto gentile, bidello apparve e si avvicinò a me. Non era molto alto, ma la sua corporatura robusta diceva chiaramente "ti potrei battere a duello anche dormendo". Aveva i capelli neri abbastanza lunghi e ricci, dove distinsi a fatica due protuberanze molto strane...poi capii. La parte inferiore del corpo del ragazzo era quella di una capra e le due protuberanze erano due piccole corna. Mi sorrise e sollevò il cheeseburger che aveva in mano. 
-Buongiorno!- esclamò. 
Maya si svegliò di scatto, quasi cadendo dal letto. Erik farfugliava nel sonno, ma sembrava sul punto di svegliarsi. 
-Cosa è successo?- chiesi. 
Il ragazzo-capra si finì il cheeseburger in due secondi, nonostante l'urlo di Maya a causa delle sue...ehm, zampe. Erik aprì gli occhi e si stiracchiò con tutta la calma possibile. Anche lui notò le zampe del ragazzo, ma si stropicciò solamente gli occhi. 
-Siete svenuti- spiegò. -E vi ho portati qui-
-Il nostro bidello-mostro?- chiese Erik realizzando lentamente che non aveva davanti un essere umano.
-L'ho ucciso, più o meno-
-Non mi piace quel "più o meno"- commentò Maya cercando di liberarsi dalla coperta che le avvolgeva le caviglie. 
-I mostri non muoiono mai, si rigenerano dopo un po'-
-Fantastico- sbuffò il mio migliore amico. -E perché ci hai portati qui?-
Mi guardai intorno. C'era un prato che circondava il portico e in lontananza riuscii a vedere di ragazzi in armatura che combattevano. 
-Q-questo è il campo di cui parlava mia madre- dissi. 
Tutti si girarono verso di me e mi pentii di averlo detto ad alta voce. 
-Mia madre mi ha detto di non avertene parlato- replicò il ragazzo.
-Ho sentito che lo diceva in sogno, era come se fossi lì davvero ma potessi solo osservare la scena-
Il ragazzo mi scrutò attentamente -Sogni dei semidei, dovrai farci l'abitudine- disse. -Comunque, benvenuti al Campo Mezzosangue!-
-Mezzosangue?- ripeté Erik scandendo le sillabe. 
-Figli di dei e mortali- rispose il ragazzo-capra. -O semidei, in generale-
Maya rischiò di strozzarsi con il bicchiere d'acqua che stava bevendo. Io riuscivo solo a balbettare e ovviamente non usciva nulla di sensato dalla mia bocca. Erik fu il primo a parlare.
-Figlio di un dio, che forza!-
Il ragazzo-capra annuì sorridendo, ma tornò subito serio.
-Dovete sapere che, però, la vita di un semidio è molto dura e pericolosa...questo è l'unico posto al mondo dove siete al sicuro. Beh, non proprio l'unico ma...credo che abbiate afferrato il concetto-
Cercai di ignorare le sue ultime parole, anche se mi avevano fatto venire la pelle d'oca. -Tu chi sei?-
-Io? Mi chiamo Scott e sono un...-
-Satiro- dissi. Non ero riuscito a controllarmi.
Scott inarcò un sopracciglio, aveva un'aria piacevolmente sorpresa. -Sono colpito, conosci la mitologia Greca-
Beh, forse avrei dovuto dire che lo sapevo perché lo aveva detto mia madre ma...almeno per una volta volevo fare una bella figura.
-Quindi un "satiro" è un tizio con le corna e la parte inferiore del corpo di una capra?- chiese Erik in modo molto delicato. Sopratutto alla parola "tizio".
Scott si girò dall'altra parte, sembrava imbarazzato. -Beh sì, ma siamo in grado di...-
-Erik, ci ha salvati- dissi io. Il mio migliore amico aprì la bocca, ma poi la richiuse. Scott iniziò a giocherellare con i suoi ricci. 
-I vostri genitori vi avrebbero già dovuti riconoscere, ma non c'è problema- disse. -Lo faranno presto-
Tutta quella faccenda mi aveva sconvolto, ma volevo davvero sapere chi era mio padre. Mia madre mi aveva sempre detto che lui mi voleva bene, ma non poteva vivere con noi. Che un giorno avrei capito tutto. Beh, quel giorno era arrivato...finalmente avrei scoperto tutto. 
-Quando lo scopriremo, esattamente?- chiesi, senza smettere di sorridere.
Scott mi guardò preoccupato e abbassò lo sguardo. -Presto- mormorò. -Te lo assicuro-
Dal tono della sua voce sembrava che pronunciasse quelle parole con un enorme peso sulla schiena, ma non mi fece perdere l'entusiasmo. 

Scott ci portò a fare un giro del Campo, era fantastico. C'erano tantissime cabine per semidei, ognuna dedicata ad un dio. Vidi i ragazzi della casa di Apollo che giocavano a basket per impressionare le figlie di Afrodite, che Erik non smise di guardare nemmeno per un secondo. Poi c'erano i figli di Atena, che scribacchiavano su fogli di carta e ci scrutavano con i loro occhi grigi. I figli di Ipno se ne stavano tranquilli a dormire, mentre quelli di Ares si allenavano e facevano casino con la musica a volume altissimo. Erik e Maya accelerarono il passo, lamentandosi e tappandosi le orecchie. Scott salutava chiunque gli passasse accanto con la mano e sorrideva alle ragazze, come se lo facesse tutti i giorni. Tutti sembravano gentili con Erik e Maya, mentre guardavano me in modo strano. Ero convinto di avere i capelli in disordine o uno strappo nei pantaloni, ma niente. Ogni volta che qualcuno mi squadrava, mi giravo verso Scott per chiedergli spiegazioni ma lui cambiava subito argomento. 
Dopo aver girato tutto il Campo, il nostro satiro-guida ci portò in una casetta di legno. Davanti alla porta c'era un uomo, beh...non era esattamente un uomo. La parte inferiore del suo corpo era quella di un cavallo. 
-È un centauro- disse Scott come leggendomi nel pensiero. 
Il centauro si girò verso di me. Aveva i capelli brizzolati e la barba abbastanza folta, ma riuscivo a intravedere il suo sorriso...che però scomparve appena mi vide. Aveva uno sguardo indecifrabile, come se stesse pensando a come uccidermi. Un'idea esagerata forse, ma dopo aver vissuto l'esperienza del bidello-mostro ero diventato abbastanza negativo. 
-Mi chiamo Chirone-
Ero talmente distratto dallo sguardo del centauro che non mi resi conto che si era presentato. 
-Ehm- balbettai. -Io mi chiamo Harry, e loro sono Erik e Maya-
Lo sguardo di Chirone si spostò sui miei migliori amici, e vidi di nuovo il suo sorriso. Mi sentivo un po' offeso, ma la cosa più importante in quel momento era sapere la vera identità di mio padre. 
-Verrete riconosciuti presto- disse. -Probabilmente stasera al falò, o anche prima- 
-Non vedo l'ora di saperlo!- esclamò Erik. 
Il suo entusiasmo mi tirò su di morale.
-Anche se ho il sospetto di essere figlio di Ipno-
Scoppiammo a ridere. Chirone gli mise una mano sulla spalla.
-È probabile, ragazzo-

Passammo il pomeriggio con Chirone. Ci raccontò i miti Greci e tutto quello che dovevamo sapere sul Campo Mezzosangue. Ogni tanto nominava i sette semidei che avevano salvato il mondo, ma il suo viso si rabbuiava e faceva fatica a parlare. Sembrava preoccupato. Spesso mi guardava con la stessa espressione, e stavo iniziando a farmi prendere dal panico. 
Quando si fece sera, decisi di lasciare i miei amici con Scott e gli altri semidei e andai a fare una passeggiata. Mi sedetti sulla spiaggia e incrociai le gambe. L'aria marina mi rilassava, fin da quando ero piccolo. Mia madre mi portava spesso in spiaggia a pescare, anche in compagnia di Paul, il mio patrigno. Era un tipo davvero forte, e mi piaceva stare con lui. Ma volevo conoscere il mio vero padre, visto che la mamma ne parlava così bene. 
Il rumore delle onde era così rilassante che stava avendo lo stesso effetto delle ninna nanne che mi facevano addormentare da piccolo. La voce di una ragazza spezzò il silenzio.
-Jackson?!- esclamò.
Mi girai e vidi che era in piedi accanto a me. Era alta e robusta, con i capelli lisci e castani e gli occhi marroni. Aveva l'aria di una che poteva farti a pezzi in tre secondi. Appena mi girai spalancò gli occhi.
-Tu...tu sei...-
-Ehm, Harry Jackson- dissi. -Come sapevi il mio cognome?-
Aggrottò le sopracciglia e poi annuì, come se si fosse mentalmente risposta ad una domanda. Si sedette accanto a me. 
-Ti piace stare qui, eh?- chiese.
Io mi girai verso il mare. -Sì, parecchio-
-Lo immaginavo-
Tirò un mucchietto di sabbia nell'acqua.
Forse mi sarei pentito di quella domanda, ma la tentazione era troppo forte. -Chi sei?-
Lei sorrise, evidenziando le cicatrici che aveva sul viso. -Mi chiamo Clarisse, sono la capogruppo della casa di Ares-
-Ares? Forte-
Si strinse nelle spalle. -Sei arrivato oggi?-
-Sì, Chirone ha detto che stasera verrò riconosciuto dal mio genitore divino-
Clarisse sorrise di nuovo. -Beh, buon per te...Jackson-
-G-grazie-
Avevo tantissime domande che avrei voluto farle, ma ogni volta aprivo la bocca e la richiudevo. Quella ragazza mi inquietava un po', ma non sembrava tanto male. 
Quando finalmente mi decisi a dirle qualcosa, Maya e Erik si precipitarono da me. Il mio migliore amico aveva un cheeseburger in mano.
-Dobbiamo andare, è l'ora del falò- disse Maya. 







Angolo dell'autrice:
Ma salve!
In questo capitolo c'è uno dei miei personaggi preferiti *-*
Comunque, il mio "collega" sta già scrivendo il quarto capitolo...ma non sa quando lo pubblicherà.
In ogni caso, tutti sembrano avere un comportamento strano con Harry...e il re degli dei vuole ucciderlo. Finalmente i nostri tre protagonisti scopriranno chi sono i loro genitori divini, anche se quello di Harry lo hanno già capito tutti.
Beh, spero che vi sia piaciuto :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Chi è il nostro genitore divino? ***


Image and video hosting by TinyPic

Capitolo 4: Chi è il nostro genitore divino?

Mi alzai spazzando via la sabbia dai jeans e seguii Erik e Maya.
La cena si teneva in un ampio spazio aperto, formato da numerosi tavoli uno per ogni dio dell’Olimpo. Al tavolo più vicino all'entrata c’erano i figli di Atena che ci guardavano torvi con i loro occhi di un grigio penetrante. A quello accanto invece, erano seduti i figli di Ares. Molti avevano un coltello in mano e ci fissavano con disprezzo. Tutti tranne Clarisse, che mi fece l’occhiolino.
-Sedetevi qui ragazzi- sospirò Chirone interrompendo quel silenzio imbarazzante. -I ragazzi della casa di Ermes saranno felici di ospitarvi al loro tavolo-
Io, Erik e Maya sedemmo accanto a due ragazzi, che ci guardavano come se non avessero mai visto dei quindicenni. Erano chiaramente fratelli, se non addirittura gemelli. Avevano entrambi con i capelli castani e ricci e gli occhi azzurri.
-Piacere di conoscervi!- disse quello a destra. -Io sono Travis e questo è mio fratello Connor-
-Piacere, io sono Harry e questi sono Erik e Ma…-la mia voce fu interrotta da quella di Chirone.
-Semidei!- esclamò. -Prima di iniziare il banchetto, come da  rituale, ognuno deve portare in offerta una parte della propria cena agli Dei-
-Cosa dobbiamo fare?- chiesi a Travis.
-Devi prendere un po’ della cena e bruciarla nel fuoco, così la offrirai alle divinità dell’Olimpo, ma ricordati di  pronunciare il nome di una di esse-
Presi un po’ di peperoni e qualche chicco d’uva e li lanciai nel fuoco, pronunciando il nome del dio del mare "Poseidone" che mi era sempre piaciuto, forse per il fatto che amavo l’acqua. Un bagliore illuminò tutta l’ala rilasciando un profumino che mi faceva pensare alla cucina di mamma.

Finita la cena andammo al falò. Era organizzato in una specie di anfiteatro molto grande e con tanti gradini per sedersi.
-Bene ragazzi, oggi abbiamo accolto tre nuovi semidei, ovviamente il loro genitore divino è ancora indeterminato…-
-Non per tutti- lo interruppe Clarisse.
Chirone esitò. Solo  allora mi accorsi che tutti i presenti mi stavano fissando.
-Sì...Clarisse hai ragione, ma credo che stasera non sia il momento giusto- 
In quel momento salì l’istinto omicida che era in me nei confronti di Chirone, non capivo perché fossero tutti così misteriosi, come se cercassero di tenermi nascosto qualcosa, sicuramente avevo ragione.
-Ad ogni modo volevo annunciarvi che a breve organizzeremo una caccia alla bandiera- 
Le voci eccitate dei semidei si sparsero per tutto l’anfiteatro.
-Ora tutti a dormire, domani sarà una dura giornata di addestramento!- concluse Chirone guardando me e i miei migliori amici.
Io, Erik e Maya ci avviammo verso la cabina di Ermes per passare la notte.

Il giorno seguente ci svegliammo molto presto, dopo qualche ora  l’addestramento fu più duro di quanto pensassi; per di più dovevamo indossare delle armature pesantissime. Erik fu subito affascinato dall'arco e mi abbandonò per fare qualche tiro, sembrava molto bravo, Maya invece, si rivelò più brava a preparasi e a pettinarsi che a usare una spada.
-Che ne dici di fare un duello contro di me, Jackson?- 
La voce di Clarisse risuonò alle mie spalle, mi passò una spada. Ci trovavamo in un ampio prato che sembrava perfetto per un duello.
-Sarebbe un onore per me sfidare la figlia del dio della guerra-
Cercai di sembrare sicuro di me, ma l'idea di affrontare Clarisse in duello mi spaventava.
-Bene allora...-
-Figlia di Afrodite!?- esclamò qualcuno dietro di noi. Non so il perché, ma vedere Maya con un vestito elegante e truccata mi faceva ridere.
-Eppure non sei mai stata tanto fortunata in amore!- la prese in giro Erik che era appena arrivato.
-Ah-ah-ah! Non sei divertente! E tu piuttosto, ti sei già ritirato dal tiro con l’arco??-
-In realtà no, ma ho una notizia fantastica! Figlio di Apollo! Ecco perché sono un genio in fatto di archi e di ragazze!-
-C-cosa?! E ce lo dici così?!-
Erik alzò le spalle. -Sì, non è fantastico?-
Maya sbuffò. -Sempre il solito-
Il fatto che i miei amici avessero avuto già la "risposta" mi faceva piacere ma allo stesso tempo ero arrabbiato. Nessuno sapeva dirmi nulla su chi fosse mio padre, e questo mi rattristava. 
-Bene ed ora a noi Jackson, in guardia!- esclamò Clarisse. 
Bloccai la sua spada che era diretta al mio petto, ma lei era davvero troppo forte e la lasciai andare. Il contraccolpo mi fece quasi cadere all'indietro. Schivai il suo fendente alla testa e ne sferrai uno io verso il suo braccio ma lei lo parò e, senza che me ne accorgessi, mi fece un taglio su entrambe le gambe. Dal dolore cascai a terra. La polvere del terreno mi faceva pizzicare le ferite. Cercai di rialzarmi e con rabbia sferrai altri due colpi che Clarisse schivò ed infine mi diede una forte gomitata alla schiena mettendomi al tappeto, il dolore fu il più forte di tutto il combattimento. Cascai a terra, di nuovo, questa volta in ginocchio. Ero distrutto, provavo rabbia e umiliazione davanti ai miei migliori amici. Guardai il lago che era dietro di me, in quel momento avevo solo bisogno che una massa d’acqua si schiantasse contro Clarisse per farmi sentire meno idiota.
-Harry, fermo!- esclamò la mia avversaria. Anche se non sapevo a cosa si riferisse mi alzai di scatto e un’onda alta cinque metri ci travolse.

Riaprii gli occhi. Credevo di aver perso i sensi, ero ancora a terra ma accanto a me c’erano Maya e Erik. Avevo il corpo completamente bagnato e la testa che mi pulsava.
-Ma come diavolo hai fatto?!- esclamò Erik.
-A fare cosa?- chiesi io, non ricordando ciò che era accaduto poco prima.
-A schiantare uno tsunami sopra il Campo!-
Solo allora ricordai il combattimento contro Clarisse e il forte desiderio di schiantarle un'onda addosso. Ma come ci ero riuscito?
-Ehm...Harry?-  balbettò il mio migliore amico.
-Cosa?-
Stava indicando un punto preciso sopra la mia testa. La alzai leggermente e vidi un luce verde che roteava, a forma di tridente. 
-Ma che...- esclamò Maya. 
La voce di Chirone risuonò alle nostre spalle. 
-Ave, Harry Jackson. Figlio di Poseidone, dio del mare- disse. 
Aveva davvero detto Poseidone? 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2847847