Un giorno in più dell'eternità

di Blanche Hope
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino ***
Capitolo 3: *** Il sogno ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


“Oggi è il grande giorno” continuava a pensare, “Me ne andrò finalmente da qui”, eppure non sembrava felice. Arrivato il giorno che aspettava da mesi iniziò a guardarsi attorno e a capire che tutto ciò che la circondava le sarebbe mancato, almeno un po’; non avrebbe più rivisto i suoi genitori, Felix, il suo migliore amico che le faceva la corte da un po’, e non avrebbe potuto insegnare di nascosto a suo fratello come maneggiare l’arco o la spada. In fondo era solo un piccolo paesino incastonato nella campagna inglese, non le sarebbe potuto mancare più di tanto. Lei voleva vivere, vivere veramente.

Mentre era immersa nei suoi pensieri sentì quel suono, quella melodia che aspettava da tempo, se la  immaginava soave e leggera invece era più una cantilena inquietante e dai toni cupi ma non le importava, finalmente era pronta, la melodia si fece sempre più forte e incalzante fino a riempirle la mente e  non pensare più a niente, così si lasciò andare seguendo le note aspre e amare della melodia.

“Lilith!” sentì la ragazza in lontananza, ma era così presa dalla melodia che non ci fece quasi caso. “Lilith!!” questa volta la voce che chiamava così insistentemente il suo nome si susseguì a un forte strattone all’indietro che la riportò alla realtà.

 “Ma ci senti? È da tre ore che ti chiamo,dove sei stata? ti stanno cercando tutti, ero preoccupatissimo. Cosa ci fai nella foresta? E che hai fatto ai tuoi capelli? Li hai tagliati…così sembri proprio un maschiaccio”

Era Felix, erano migliori amici dall'infanzia e lui è sempre stato gentile e apprensivo verso di lei anche grazie a un sentimento più grande dell'amicizia che provava ma che non aveva mai avuto il coraggio di dirle, pur essendo amici avevano due caratteri completamente diversi, lei coraggiosa e lui fifone. Felix continuò con altre frasi apprensive che Lilith non stette neanche ad ascoltare, “Merda. Merda. Merda. Questo non ci voleva” riusciva solo a pensare e distrattamente rispose:

“Ero stanca, volevo stare un po' da sola, lasciatemi in pace”

Lui, rabbrividendo per la paura, esclamò: “Quanto sei sciocca! Girare da sola nella foresta è da pazzi! Sai benissimo cosa si dice al riguardo...E ora che sembri proprio un maschio...Questo posto è da brividi...Vuoi essere portata via come è successo a  quei poveri ragazzi di Deyton? "

SI! Avrebbe voluto urlargli in faccia, Si! Diamine, quanto avrebbe voluto andare via da lì, quel paesino perso nel nulla, odiava tutto e tutti e non sopportava più che ogni persona le dicesse cosa fare, sempre e comunque, solo perché era una ragazza. Cos’hanno i ragazzi in più delle ragazze?  Perché loro possono combattere mentre le femmine devono rimanere chiuse in casa a fare le faccende domestiche? Non aveva mai capito il perché, sapeva solo che a lei tutto questo non andava bene e come se non bastasse odiava le faccende di casa. Iniziò a pensare che sarebbe stato meglio dirgli la verità ma anche se lui era il suo migliore amico non l’avrebbe mai lasciata andare quindi optò per un’altra soluzione:

“è solo una leggenda, non mi accadrà nulla, stai tranquillo…Voglio rimanere ancora un po’ qua…Per favore torna a casa e dì a tutti che mi hai vista andare a Deyton a fare compere” disse cercando di essere più convincente che poteva, sapeva che Felix non avrebbe mai resisto quando gli faceva gli occhi dolci, lui amava i suoi occhi tanto grandi quanto scuri, e infatti rispose:

“Ok… ma stai attenta” e se ne andò di fretta, quasi correndo, verso l’uscita della foresta.

Lilith scocciata riprese a seguire l’inquietante melodia che giungeva dai meandri della foresta, ormai era buio e la nebbia le impediva di vedere a un palmo dalla sua mano, solo l'incessante melodia la guidava, diventava sempre più forte e incalzante ma rimaneva irraggiungibile, alcuni attimi sembravano non passassero mai. Fino a quando non scorse una luce fioca in lontananza e si decise a seguirla, capì di essere vicina al ritrovo, ne aveva sentito parlare ma per tutti erano solo leggende.

Era da un anno che andava avanti questa storia, in ogni paesino dell'Inghilterra un'entità che veniva comunemente chiamata "demone", arrivava, suonava una tiritera con il suo flauto magico e solamente chi voleva scappare dalla triste realtà in cui viveva sentiva la melodia e ne veniva ammaliato. Così il 17 di ogni mese si presentava in un paese diverso e ogni volta qualche ragazzo scompariva. Ci sono molte leggende su questo "demone", molti pensarono fosse una setta satanica o addirittura il diavolo ma Lilith sapeva che non era così, come invece sapeva che questo "demone" sceglieva solo maschi, per questo aveva deciso di tagliarsi i capelli e vestirsi come un ragazzo della sua età, ora come ora sperava che il suo piano funzionasse come non mai.

Mentre era assorta nei suoi pensieri non si era accorta di essere arrivata in una piccola radura rischiarata dalla luce della luna e da quel piccolo lumino che si trovava al centro del campo. Lilith si sentiva eccitata ed euforica all'idea di incontrare la figura misteriosa su cui fantasticava da mesi, ma non sapeva che colui che sarebbe stato il suo salvatore si sarebbe rivelato la sua disgrazia.

---------------------------------------------------------------- Questo è il primo capitolo di questa nuova storia, ne seguiranno altri e spero che vi appassionate ai personaggi e alle loro avventure. È la prima storia che scrivo, sono alle prime armi e so di non essere molto brava ma ho un'idea precisa di questa storia quindi quando inizio a buttare giù un capitolo mi perdo a pensare cosa succederà in quelli dopo e non vedo l'ora di continuare a raccontare le tante idee che ho. Magari cado nel cliché ma non mi interessa, a me piace la storia come me la immagino e spero piaccia anche a voi :)

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Capitolo 2
*** Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino ***


La melodia si interruppe. Fra l'oscurità degli alberi che circondavano la radura emerse una figura, Lilith riusciva a vederne solo i contorni. La figura iniziò lentamente a muoversi e si avvicinò al limite della radura, ancora un passo e Lilith avrebbe potuto vedere le sembianze del “demone”, intanto stava lì immobile dall’altra parte del campo, affiorò la paura, non riusciva ne a parlare ne a muoversi e aspettava che l’ospite interrompesse il silenzio, e così fu: "Finalmente, ti stavo aspettando". La sua voce non era come se l'era sempre immaginata, pensava a tuoni e saette che uscivano dalla sua bocca e invece la sua voce da ragazzino immaturo la rincuorò ma le aumentò la curiosità di vedere finalmente la sua faccia, così prendendo coraggio parlò imitando una voce maschile: “T...tu chi sei?” Si sentì stupida ed impaurita. Era sicura che lui avrebbe riconosciuto l’inganno, dopotutto come poteva una ragazzina ingannare un demone? “Hai ragione, non mi sono presentato. Io sono Peter, Peter Pan”. “Come? Peter pan? Che nome buffo per un demone che rapisce ragazzi e li porta chissà dove, veramente strano” Pensò la ragazza stupita e confusa ma sempre più curiosa di vederlo in faccia. “ Tu che hai terrorizzato mezza Inghilterra hai paura a farti vedere da un ragazzetto qualsiasi?” Aggiunse con tono di sfida Lilith, le era sempre piaciuto andare subito al sodo. Dopo una risata l’ormai smentito demone fece un passo in avanti e la luce innondò il suo giovane viso, dai lineamenti docili come un bambino, la sua espressione invece era furba con due grandi occhi verdi che la studiavano e un mezzo sorriso simile a un sogghigno. “Altro che demone” pensò ancora più stupita, “E’ solamente un ragazzino, perfino Felix farebbe più paura di lui” se ne stava lì immobile a fissarlo senza proferire parole fino a quando lui interruppe il silenzio: “Fatti avanti, non aver paura” Lilith si accorse che non ce l’aveva con lei, stava fissando un punto più indietro, ma quando si girò a guardare chi fosse non riconobbe la figura che si avvicinava fino a quando non entrò nella radura, Felix. Prontamente gli bisbigliò “Cosa ci fai qui? Se rovini tutto ti uccido.” Ma lui era troppo occupato a guardare lo sconosciuto con occhi sbarrati per risponderle. “Suvvia non guardatemi così, mi presento di nuovo. Io sono Peter, Peter Pan. Sto cercando dei volontari che mi seguano all’Isola che non c’è, io e la mia combricola viviamo là. Io ho bisogno di voi, ma se siete venuti fin qui vuol dire che anche voi avete bisogno di me. Come vi chiamate?” Lilith e Felix si guardarono esterrefatti e impauriti, dopo che Felix pronunciò il suo nome tremando come una foglia, toccò a Lilith “Sono Li…” Si bloccò. Fino a quel momento non ci aveva pensato, le serviva un nome maschile e ora non sapeva cosa dire, balbettò qualche “Li” per un po’ e poi l’Illuminazione “Leroi, si mi chiamo Leroi” Sotto lo sguardo indagatore di Felix, quest’ultimo e Lilith seguirono le indicazioni di Peter Pan che ripeteva “Seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino” Era quello che dovevano dire loro una volta indicatagli la stella da seguire. Presero la mano dello straniero e salirono fluttuando verso il cielo mentre il mondo in cui vivevano si allontanava sempre di più. Entrarono in un banco di nubi e oltrepassato scorsero l’alba e sotto di loro una piccola isola in mezzo al mare. Fra lo stupore dei due ragazzi Felix domandò “In che razza di posto siamo finiti? Sono le indie o cosa?”, Peter scosse il capo e rise “Sciocco! Questa è l’isola che non c’è, è un luogo incantato molto più lontano delle tue indie” E dal paesaggio mozzafiato pareva davvero che la magia esistesse.

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Capitolo 3
*** Il sogno ***


Passarono mesi, forse anni dal loro incontro con lo strano ragazzo e da quel momento vivevano sull’Isola. Era difficile capire quanto tempo era passato, laggiù era tutto diverso, le stagioni si confondevano tra di loro, il tempo sembrava immobile, fermo, nessuno su quell’isola cresceva e Lilith non sapeva nemmeno più l’anno corrente, ormai si ricordava appena l’anno “1242”, ci teneva a ricordarlo, non voleva dimenticare l’unica cosa che la legava ancora al passato, il tempo. Realtà e finzione si mescolavano inesorabilmente tra di loro. L’isola era divisa in quattro parti; la laguna era il luogo più tranquillo dove infatti era situato il rifugio, la foresta proibita, lugubre e pericolosa per la quale Peter aveva imposto il divieto assoluto di acesso, il lago incantato sormontato da un’imponente cascata e infine il vulcano che si ergeva imponente sovrastando ogni cosa. Lilith aveva fatto un sacco di domande e ne aveva molte altre ma le risposte di Peter erano sempre molto vaghe e confuse. Era diventato come un mentore per loro, gli aveva insegnato a cacciare, a nuotare con le sirene, ad arrampicarsi e a vivere in quell’ambiente così diverso da come erano sempre abituati . Conobbero il resto della strana combricola, erano una dozzina di ragazzi che si facevano chiamare i “bimbi sperduti” ma il capo indiscusso era proprio Peter Pan, aveva l’aria da ragazzino, era gentile con tutti e amava scherzare e divertirsi ogni giorno ma Lilith sentiva che c’era qualcosa di più, c’era qualcosa di strano in lui che non riusciva a capire, la sua espressione vispa era enigmatica; non aveva ancora capito cosa si celasse dietro quel sorriso mozzafiato, ma era sicura che prima o poi l’avrebbe scoperto. Felix non le aveva più rivolto la parola da quando erano giunti sull’Isola, ogni volta che Lilith tentava di parlargli lui la schivava, quanto avrebbe voluto chiarire tutto “In fondo è colpa sua se è qui, non mi avrebbe dovuta seguire sino alla foresta, se l’è cercata” pensava continuamente cercando di autoconvincersi inutilmente. “Leroy! Leroy!” chiamarono tutti all’unisono il suo nome interrompendo le sue riflessioni “I ragazzi vogliono fare un salto al lago ci fai l’onore di venire anche tu o pensi di stare tutto il giorno sotto un albero a dormire?” proseguì Peter sghignazzando insieme agli altri. Se fosse stato un giorno come gli altri gli avrebbe risposto a tono come faceva sempre ma quel giorno era diverso, aveva cose più importanti di cui occuparsi. Per tre notti di fila aveva fatto lo stesso sogno, il primo da quando era giunta sull’Isola, e più che un sogno era un vero e proprio incubo che la perseguitava ogni notte. Iniziava sempre allo stesso modo, lei che si ritrovava sola di notte nella foresta proibita e seguiva un piccolo viottolo tra i rami secchi e i cespugli che le si impigliavano tra la stoffa dei vestiti; ad un tratto la strada si ramificava in tre diverse vie, la prima notte scelse la via a sinistra che la condusse in un covo di lupi dove venne sbranata, la seconda notte scelse la via a destra che la porto a un dirupo a strapiombo dove venne spinta giù proprio da Peter Pan, e la terza notte scelse la via centrale, quella più macabra e buia, iniziò a camminare nel buio fino a quando vide una luce in lontananza, iniziò a correre ma la luce sembrava allontanarsi, non curante dei rami impigliati tra la stoffa e dei tagli che le provocavano, sentiva il dolore pungente ma era troppo ansiosa e l’inquietudine l’assalì, ormai era stremata, le gambe erano a pezzi e non sapeva più dove si trovava, ovunque si girasse c’era il buio tranne quella lucina che lentamente scompariva alla visuale. Così stremata caddè al suolo, stanca e senza più forze. A quel punto si svegliava singhiozzante e intorno a lei la brandina bagnata di lacrime salate. “Non posso andare avanti così, diventerò pazza” pensò. Così decise di affrontare il problema andandoci incontro. Rifiutò la proposta di Peter e dei ragazzi e appena fu sicura che se ne fossero andati uscì dal rifugio e si incamminò verso la foresta proibita. Tutto era come nel sogno, il piccolo viottolo, le fronde e gli alberi che nascondevano la luce e i rami che si impigliavano dappertutto. Quando pensava di essersi persa veramente raggiunse le tre vie e senza pensarci un secondo intraprese quella di mezzo. La luce scomparve del tutto, non sapeva dove stava andando ma quel punto luminoso che aspettava non tardò a presentarsi, così inziò a seguirlo come nel sogno ma quando stava per scomparire si prese forza. Non caddè a terra come nel sogno, la forza di volontà prese il sopravvento e anche senza fiato continuò a correre combattendo contro i rami che sembravano braccia che la tiravano indietro verso l’oscurità. La luce divenne sempre più grande e luminosa e quando si accorse di cosa fosse non credette ai suoi occhi.

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