IL SEGRETO DEL SORRISO di Angel_R (/viewuser.php?uid=56189)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO - CAPITOLO 1: SEMPRE LA SOLITA STORIA... O NO? ***
Capitolo 2: *** CHE TIPO STRANO! ***
Capitolo 3: *** TI ASPETTO IN GIARDINO... DOPO LA SCENATA IN CORRIDOIO ***
Capitolo 4: *** A CHE GIOCO STAI GIOCANDO? ***
Capitolo 5: *** PIGIAMA-PARTY... AL BACIO ***
Capitolo 6: *** A QUANTO PARE HO CONOSCIUTO SUA SORELLA. ***
Capitolo 7: *** PERCHE' MI STAI DICENDO QUESTE COSE? ***
Capitolo 8: *** TUTTI NEL TEMPIO DELL'ARTE!! ***
Capitolo 9: *** LA PARTITA, IL MUSICAL, LA FESTA E... IL KARAOKE. ***
Capitolo 10: *** COSA MI VUOI DIMOSTRARE? ***
Capitolo 11: *** SEMPRE DI DOMENICA?! ***
Capitolo 12: *** DOVREI IMPARARE A PENSARE, PRIMA DI PARLARE ***
Capitolo 13: *** COSA STA SUCEDENDO?! ***
Capitolo 14: *** QUANDO UNA PARTE DELLA PROPRIA VITA FINISCE, NE INIZIA SEMPRE UNA NUOVA ***
Capitolo 15: *** CONFESSIONI ***
Capitolo 16: *** COMUNICAZIONI DI SERVIZIO ***
Capitolo 17: *** C'E' NOIA FRA NOI? ***
Capitolo 18: *** PUNTO DI SVOLTA ***
Capitolo 19: *** STO CERCANDO... COSA? ***
Capitolo 20: *** ASSOLUTAMENTE... NO? ***
Capitolo 21: *** LA 'NOSTRA' DOMENICA ***
Capitolo 22: *** PERCHE' CONTINUI A CONFONDERMI?! ***
Capitolo 23: *** IL PRANZO DEL LUNEDI' ***
Capitolo 24: *** E POI SAREI IO QUELLA LUNATICA?! ***
Capitolo 25: *** FACCIAMO SCINTILLE!! ***
Capitolo 26: *** OLTRE L'AMICIZIA ***
Capitolo 27: *** TAYLOR HA RAGIONE ***
Capitolo 28: *** CHE LA FESTA ABBIA INIZIO! ***
Capitolo 29: *** PERCHE', PERCHE', PERCHE'... ***
Capitolo 30: *** IMPARARE INSIEME ***
Capitolo 31: *** COME IN UN FILM ***
Capitolo 32: *** DI NUOVO LUNEDI' ***
Capitolo 33: *** UN CANESTRO, UN PENSIERO ***
Capitolo 34: *** UN INVITO... SERIO ***
Capitolo 35: *** SENZA PAROLE ***
Capitolo 36: *** CONSIGLI DA UN AMICO ***
Capitolo 37: *** TUTTO GIRA PER IL VERSO GIUSTO ***
Capitolo 38: *** PREPARATIVI ***
Capitolo 39: *** E' TUTTO PERFETTO ***
Capitolo 40: *** NON LO DIMENTICHERO' MAI ***
Capitolo 1 *** PROLOGO - CAPITOLO 1: SEMPRE LA SOLITA STORIA... O NO? ***
Prologo
PRIMA:
Albuquerque, New Mexico.
Non c’ero mai stata. E
dire che ho
vissuto in tanti posti.
Perché? Semplice: la
Compagnia
ordina e mamma obbedisce.
Ormai dovrei esserci
abituata, ma
non è sempre facile trasferirsi in continuazione. Nessuna città da
chiamare
davvero “casa”, nessun vero amico, e nessun fidanzato…
Vorrei
cercare di trovarmi bene qui, sempre che mamma mantenga la promessa di
restare
qui finché non mi diplomo.
Chissà?
Magari riuscirò a farmi dei veri amici e, cosa che sogno da molto
ormai,
partecipare al ballo della scuola.
DOPO:
Ed
io che pensavo che questa volta sarebbe stato diverso…
Beh,
in effetti, in un certo senso lo è stato… ma se per diverso s’intende
conoscere
la persona più sgradevole sulla faccia della Terra, allora preferivo
rimanere
nella mia abitudinaria normalità.
Questa
situazione è insostenibile, non so se riuscirò ad andare avanti così.
Lo
odio! L’ho detto finalmente. Io odio Troy Bolton!!
Eppure
io… No! Questo non riuscirò mai ad
ammetterlo, neanche a me stessa!
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Capitolo 1: Sempre la solita
storia... o no?
Era il mio primo giorno
di scuola,
anzi, il mio decimo primo giorno di scuola. Dovrei aver battuto un
record.
Nonostante tutto ero
molto
agitata. Non sono mai riuscita a socializzare molto con i compagni,
speravo che
quella volta fosse diverso…
La
scuola era immensa. Sulla facciata spiccava
una scritta rossa: “East High School”.
Entrai e cercai di
orientarmi
utilizzando le istruzioni scritte sul foglio di carta ricevuto dal
preside.
Nel frattempo mi
guardavo attorno.
Sembrava una scuola come tante altre.
C’erano persone di
tutti i tipi:
alte, basse, magre, grasse e… “Ahi!”… sbadate come me.
“Scusa, stavo pensando
e non
vedevo dove andavo”, dissi alla persona contro la quale ero andata a
sbattere
facendo cadere il foglio che tenevo in mano.
Era un ragazzo. Lui
s’inginocchiò
e raccolse il foglio che poi mi porse.
Quando tirò su la
testa, riuscii a
vederlo bene in faccia.
Due occhi blu e un
sorriso
smagliante si stagliarono davanti a me.
“Sei nuova? Non ti ho
mai visto”.
“Sì, mi sono trasferita
da poco”.
“Dove devi andare?”
“Eh?”
“La tua classe, qual è?”
“Ah! La 112”, risposi.
“Bene, ci sto andando
anch’io,
vieni”.
Ci incamminammo per un
corridoio
ormai vuoto, poiché la campanella era già suonata da qualche minuto.
“Siamo arrivati. Ci si
vede”.
Eravamo davanti alla
porta
dell’aula 112. Lui entrò ed io rimasi lì impalata.
Presi un respiro
profondo e varcai
la soglia, dopodiché, solita storia... presentazione, assegnazione del
posto
(per fortuna in fondo vicino alla finestra) e sguardi indiscreti o meno
da
parte di tutti.
La lezione cominciò, e
la Signora
Darbus, l’insegnante di teatro, iniziò a parlare di Shakespeare.
Senza farmi notare
studiai
attentamente i miei nuovi compagni di classe. Dopo circa due secondi
già mi ero
fatta un quadro completo della situazione: tutti annoiati e con una
gran voglia
di dormire.
A un certo punto, lo
vidi, il
ragazzo che avevo urtato nel corridoio. Era seduto in prima fila,
vicino alla
porta. Neanche lui sembrava molto interessato alla lezione.
Una volta finita l’ora,
mi recai
di nuovo nel corridoio.
Guardai il foglio. Aula
207,
matematica.
“Stai andando dalla
parte
sbagliata”.
Mi girai e vedi una
ragazza dalla
pelle scura che sbirciava da sopra la mia spalla.
“Vieni, ho anch’io
matematica
adesso. Comunque, ho visto che parlavi con Bolton prima”.
“Chi?”.
“Quel ragazzo col quale
sei
entrata stamattina”.
“Ah! Sì, mi ha aiutata…”
“Stagli alla larga”,
sentenziò la
ragazza con un tono vacuo e risoluto allo stesso tempo.
“Perché?”, ero confusa.
“Quello è Troy Bolton,
il capitano
della squadra di basket, nonché re indiscusso della scuola. Tutte gli
muoiono
dietro e i ragazzi lo seguono come cagnolini.
Pensa solo a se stesso
e
all’immagine che da di sé. Le uniche cose che gli interessano sono
basket,
basket, e basket, in quest’ordine. Ah, dimenticavo! E ha un debole per
le
cheerleader… ne cambia una a settimana.
Comunque io sono Taylor
Mckessie,
piacere di conoscerti”.
Mi sentivo un po’
stordita dal suo
fiume di parole.
“P- piacere, Gabriella
Montez”.
Ormai eravamo entrate
in classe.
Ci sedemmo vicine.
Altro giro di
presentazioni e la
lezione ebbe inizio.
Ripensai a ciò che mi
aveva detto
Taylor. Dalla descrizione che mi aveva fatto, quel Troy non sembrava un
tipo
molto raccomandabile.
Eppure prima mi era
sembrato così
carino…
Le due ore di
matematica passarono
molto lentamente. Mi piaceva quella materia, ma per due ore di fila
avrebbe
fatto impazzire chiunque.
Finalmente l’ora di
pranzo.
In mensa sedetti
assieme a Taylor
e ad altre ragazze: Kelsi Nielsen e Martha Cox.
La mia attenzione fu
catturata da
un gruppo di persone attorno ad un altro tavolo.
Vestivano tutti di
rosso e bianco
e parlavano a voce un po’ troppo alta.
Le ragazze notarono la
mia
espressione incuriosita e sorrisero.
“Il tavolo delle
ragazze pompon e
della squadra di basket, facci l’abitudine, è sempre così”, mi disse
Kelsi in
un tono che sembrava molto rassegnato.
Osservai tutti con
attenzione.
C’era una decina di
ragazzi in
tuta che facevano roteare dei palloni sulle dita o che facevano finte e
passaggi con i compagni.
Attorno a loro alcune
ragazze
dalle sgargianti uniformi rosse chiacchieravano rumorosamente cercando
di
attirare l’attenzione dei ragazzi.
Una coppia fra tutte
catturò la
mia attenzione. Troy Bolton e una bionda con un corpo da favola.
Lei stava seduta sulle
sue
ginocchia, e lui faceva finta di ascoltarla poco convinto e annoiato.
La scena era quasi
comica, mi
scappava da ridere.
“E’ la prescelta di
questa
settimana”, m’informò Taylor seguendo la direzione del mio sguardo. “E’
Sharpay
Evans, la capo cheerleader. Stanno insieme da una decina di giorni, un
vero
record”.
“Ma quale record? “Lui
non la mollerebbe mai, perderebbe troppo. La Evans è ricca e il padre
ha
agganci per il college e per la borsa di studio per il basket”,
intervenne
Martha.
Dopo pranzo tornammo
tutti in
classe e, dopo altre ore di noiosissime lezioni, finalmente tornai a
casa.
Come primo giorno di
scuola era
stato abbastanza interessante.
Avevo conosciuto delle
nuove
potenziali amiche e mi ero fatta un’idea generale dell’aria che si
respirava a
scuola.
Chissà cos’aveva ancora
da
offrirmi l’East High…
**************************************************************************************************************
Prologo
e primo capitolo di questa storia. Questa è una storia che ho in mente
già da
un po’.
Forse
è un po’ noioso, ma ho voluto spiegare un po’ in generale la vicenda,
ma
succederanno tante cose in seguito.
Ditemi
se vi piace, così so se andare avanti oppure no…
Alla
prossima!!!^^
Nella prossima
puntata:
Troy
mi parlò sorridendo.
Da
quando l’avevo visto il primo giorno, o meglio, l’avevo travolto,
osservavo
tutte le sue mosse. Volevo proprio vedere se Taylor avesse ragione o
stesse
ingigantendo tutto.
Angel_R
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Capitolo 2 *** CHE TIPO STRANO! ***
Capitolo
2: Che tipo strano!
“Te lo chiedo come favore
personale, quest’anno è
davvero importante. Non che gli altri anni non lo fossero, ma dobbiamo
dimostrare che anche noi possiamo portare in alto l’onore della scuola
anche
senza avere fra le mani un pallone o un pom-pon”.
Taylor mi stava seguendo
già da qualche giorno
pregandomi di entrare nella squadra di Decathlon. In qualche modo era
venuta a
sapere della mia attitudine verso le materie scientifiche, soprattutto
la
chimica.
“Ti ripeto che mi
piacerebbe, ma non posso. Devo
recuperare il tempo perso durante il trasloco e rimettermi in pari col
programma”.
“Ma
dai!! Ti aiuto io per quello, l’importante è che tu dica ‘sì’”.
“D’accordo,
ci penserò”.
Mi
fece un largo sorriso, mi prese sottobraccio e ci avviammo in classe.
Non
ne avevo per niente voglia. Non volevo
essere considerata una ragazza capace solo a pensare a formule
complicate o ai
numeri… ancora.
Purtroppo,
però, uno dei miei più grandi difetti è che non riesco mai a dire di no.
La
lezione era noiosa, come al solito. La Darbus stava parlando dello
spettacolo scolastico
che si sarebbe tenuto due mesi dopo.
Finita
l’ora, tirammo tutti un sospiro di sollievo e le mie amiche ed io ci
dirigemmo
verso la mensa.
“Sabato sera facciamo un
pigiama party a casa mia,
vieni, vero?”, mi chiese Taylor scartando il suo panino.
“Sarebbe bello, mi
piacerebbe”.
“Bene, allora facciamo per
le 18:00 a casa mia”.
Dopo
pranzo salutai le altre e mi avviai verso il mio armadietto.
Ero
felice dell’invito di Taylor. Non avevo mai avuto molte occasioni per
partecipare a pigiama-party o cose simili.
Sì,
ero andata ad alcune feste, ma a casa di un’amica a dormire era
capitato molto
raramente.
Era
bastato davvero poco tempo per sentirmi parte integrante del gruppo. Mi sentivo davvero bene…
“Oh,
scusa!”.
Alla
lista dei miei pregi l’espressione ‘attenta a dove mette i piedi’, non
è di
certo presente.
Per
l’ennesima volta in vita mia ero andata a sbattere contro qualcuno, e,
quando
alzai lo sguardo e incontrai quello di Quel qualcuno, rimansi
imbambolata.
“Se
continuiamo a incontrarci così per i corridoi, i Wildcats dovranno fare
a meno
del loro capitano”.
Troy
mi parlò sorridendo.
Da
quando l’avevo visto il primo giorno, o meglio, l’avevo travolto,
osservavo
tutte le sue mosse. Volevo proprio vedere se Taylor avesse ragione o
stesse
ingigantendo tutto.
Purtroppo
non aveva torto. Troy aveva tutti ai suoi piedi e lui li comandava come
se
fossero cagnolini.
I
primi fedelissimi erano di sicuro i suoi compagni di squadra, i quali,
non meno
arroganti e attaccabrighe di lui, lo seguivano senza mai contestare.
La
biondina, Sharpay, gli stava sempre appiccicata, neanche avesse la
colla, e lui,
dal canto suo, sembrava sempre aver voglia di scrollarsela di dosso.
Di
certo Bolton, non era il tipo di persona che avrei, neanche in un
milione di anni.
“Già,
scusa di nuovo”, cercai di dire senza sembrare troppo imbarazzata.
“Non
fa niente, stai più attenta la prossima volta”.
“S-
sì”.
“Ah!”,
mi disse dopo essersi allontanato di qualche passo. “e non pensare
troppo,
potresti farti male”.
Che tipo strano! Non mi
sarei mai aspettata che mi
rivolgesse la parola così, davanti a tutti, e poi che fosse così…
gentile.
Certo, il mio primo giorno
di scuola si era
comportato allo stesso modo, ma quella volta il corridoio era deserto.
Poi è un tipo molto
scontroso e maleducato. Eppure ha
un così bel sorriso…
Scossi la testa e cercai
di non pensarci, sarà stato
un caso.
Tra tutti i presenti,
però, una persona in
particolare non aveva gradito per niente ciò che aveva visto…
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Questo
è il secondo capitolo. Non è molto lungo, ma non voglio che risulti
troppo pesante.
Grazie
mille a tutte le persone che hanno recensito il primo capitolo!!! Siete
state
molto carine!!!! Avendo ricevuto giudizi favorevoli, ho deciso di
continuare a
pubblicare questa long.
Mi
raccomando… continuate a dirmi ciò che pensate, è molto importante…
Nella
prossima puntata:
“Tu!!
Si può sapere cos’hai in mente?”
Ci girammo tutte quante, e
lo stesso
fecero le persone presenti nel corridoio.
“Cosa? Dici a me?”, chiesi
alla
ragazza che puntava un dito laccato di rosso dritto come un fuso nella
mia
direzione. Mi guardava con uno sguardo
di pura rabbia.
Arrivederci
alla prossima!!
Angel_R
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Capitolo 3 *** TI ASPETTO IN GIARDINO... DOPO LA SCENATA IN CORRIDOIO ***
Capitolo
3: Ti aspetto in giardino… dopo la
scenata in corridoio.
“Allora
è tutto pronto per sabato, organizzato alla perfezione”, annunciò
Taylor
appoggiando la schiena contro il suo armadietto.
“In
anticipo come sempre, eh?”, disse Kelsi sorridendo.
“Sarà
tutto perfetto”, dichiarò Martha.
“Sperando che quello scimmione di mio fratello
non venga a rompere con quei trogloditi dei suoi amici”. Taylor assunse
una
faccia disgustata.
Non
usava mai parole molto gentili quando parlava del fratello gemello. La
spiegazione era molto semplice: Bryce faceva parte della squadra di
basket.
“Ancora
mi chiedo com’è possibile che voi due siate nati dalla stessa madre e
quasi
allo stesso momento”.
“E’
semplice, siamo in due apposta: dove non arriva uno, arriva l’altra”.
Scoppiammo
tutte a ridere.
“Tu!!
Si può sapere cos’hai in mente?”
Ci
girammo tutte quante, e lo stesso fecero le persone presenti nel
corridoio.
“Cosa?
Dici a me?”, chiesi alla ragazza che puntava un dito laccato di rosso
dritto
come un fuso nella mia direzione. Mi guardava con uno sguardo di pura
rabbia.
“Sì,
proprio a te, non fare la finta tonta, so cosa stai architettando, e ti
conviene smetterla subito!”, urlò Sharpay Evans diventando rossa quasi
quanto
le sue unghie.
“Non
capisco di cosa tu stia parlando”, rispondo a mezza voce con un misto
di
confusione e timore.
“Ti
ho vista ieri, dopo pranzo. Non credere che te la faccia passare
liscia, non è
ancora nata la persona che possa mettermi i bastoni fra le ruote. Sta
attenta,
tu non sei nessuno, ed io non ti permetterò di prenderti le mie cose!”.
“Le
tue cose?! Intanto una persona non è una cosa nel mondo dei normali, e
poi io
non ho cercato di prendere proprio niente!! Non è colpa mia se tu ti
senti
tanto insicura da dover tenere al guinzaglio le persone per fare in
modo che
non ti lascino!”.
Sharpay
s’immobilizzò e assunse un colorito verdognolo. Aprì e richiuse la
bocca un
paio di volte cercando una risposta adatta, ma, non trovandola, girò
sui tacchi
e, seguita da tre o quattro fedeli compagne di squadra, sparì in mezzo
alla
folla ancora immobile.
Dopo
qualche secondo tutti i presenti si ridestarono e ripresero a camminare
avviandosi verso i loro armadietti. Molti di loro avevano gli sguardi
fissi su
di me.
Io
ero ancora sconvolta, ci impiegai qualche istante per capire ciò che
fosse
successo.
Sharpay
aveva assistito al mio incontro/scontro con Troy, e chissà cosa si era
messa in
testa?!
Le
mie amiche mi guardavano perplesse. Ci rifugiammo in bagno e raccontai
loro
tutto.
“Troy
Bolton umano? No, impossibile. Di sicuro il suo pranzo era avariato, e
in quel
momento stava davvero molto male”, asserì prontamente Taylor.
“Non
c’è molto da scherzare. Quando Sharpay dice che la vuole fare pagare a
qualcuno,
non c’è scampo”.
“Già,
Kelsi ha ragione, e poi, con la risposta che le hai dato, sarà di
sicuro
furiosa”, disse Martha preoccupata.
“A
proposito! Complimenti, non so da dove ha tirato fuori quella grinta,
ma sei
stata brava. Nessuno aveva mai risposto così a Miss Sono- La- Prima-
Del- Mondo-
Evans, e, comunque, non ti preoccupare, se dovesse provare a farti
qualcosa, ci
sono io che ti guardo le spalle”.
Taylor
aveva lo strano potere di far sentire bene le persone anche solo con un
sorriso.
Ero
ancora un po’ nervosa, ma cercai di calmarmi e ci avviammo in classe.
Come
inizio giornata non era male…
Le
lezioni sembravano durare un’eternità e, per di più, mi sentivo gli
sguardi di
tutti addosso. Probabilmente all’East High non si vedeva tutti i giorni
una
scena come quella.
Finalmente
l’ultima campanella suonò. Mi avviai verso il mio armadietto e, appena
lo
aprii, un foglietto ripiegato cadde a terra.
Lo
raccolsi e lo lessi.
Non
era la mia calligrafia, e neanche quella delle mie amiche. Sembrava una
scrittura maschile.
‘Ti
aspetto nel giardino dietro alla scuola dopo le lezioni’.
Solo
una riga, e nient’altro, neanche una firma.
Taylor,
Kelsi e Martha mi raggiunsero e feci leggere loro il biglietto.
“Non
è di Sharpay. Lei non fa le cose sottobanco, ma pubblicamente, davanti
a
tutti”.
“Beh,
se è lei o no, lo saprò fra poco”.
Kelsi
spalancò gli occhi da dietro gli occhiali. “Vuoi andarci?!”.
“Certo”,
risposi con una scrollata di spalle. “Io non ho fatto niente, quindi
non ho
niente di cui scusarmi o preoccuparmi. Poi
non devo avere paura di una persona che parla del suo fidanzato come se
fosse
un oggetto”.
“Brava
ragazza. Così si parla!”, disse Taylor dandomi una pacca affettuosa
sulla
spalla. “E poi io sarò dietro di te, quindi non hai niente di cui
preoccuparti”.
“No,
ci vado da sola, non voglio che abbia dei pretesti per prendersela
anche con
te. E poi non sappiamo se è davvero lei”.
“Già,
magari hai fatto colpo e l’autore del biglietto è un ammiratore
segreto”.
“Ma
dai!!”.
Scoppiammo
tutte a ridere.
Dopo
un po’ di tira e molla riuscii a convincere le mie amiche a tornare a
casa.
Arrivata
nel giardinetto perfettamente curato dietro la scuola, non vidi nessuno.
“Sei
venuta, finalmente”.
Mi
voltai e davanti a me vidi l’ultima persona che mai mi sarei aspettata
di vedere.
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Fine
del terzo capitolo.
Grazie
mille a tutte le persone che hanno recensito le prime due parti e a chi
ha
messo questa storia tra i preferiti!!
Spero
continuiate a commentare, mi è molto utile e soprattutto mi fa davvero
molto
piacere!!
Alla
prossima!!
Nella
prossima puntata:
“Non
mi avvicinerei né a te né a
quella smorfiosa viziata neanche se foste le ultime persone rimaste
sulla
faccia della Terra. Io di certo non mi abbasso al vostro livello”.
Non sapevo da dove prendessi tutto quel
coraggio per rispondere. Non sono mai stata un’attaccabrighe,
soprattutto con
qualcuno
che avrebbe
potuto rovinarmi la reputazione scolastica con un solo cenno della
mano, …
Angel_R
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Capitolo 4 *** A CHE GIOCO STAI GIOCANDO? ***
Capitolo 4: A che gioco stai giocando?
Sei
stato tu a lasciarmi il biglietto, allora”, dissi a Troy quando si fu
avvicinato abbastanza.
“Sì,
comunque mi hai fatto aspettare. Voi donne siete tutte uguali: sempre
in
ritardo”.
“Non
dirlo neanche per scherzo, io non sono uguale alle tante ochette che
girano per
questa scuola”, cercai di difendermi incrociando le braccia al petto.
“Ochette?”,
disse lui con un mezzo sorriso. Di nuovo Quel sorriso,
“Sì,
proprio così, e la prima di tutte è la bionda che ti porti dietro ogni
giorno”.
Forse
avevo parlato troppo.
Troy,
infatti, senza smettere di sorridere, fissò i suoi occhi azzurri nei
miei.
Rimasi
come immobilizzata. In quel modo avrebbe potuto affascinare chiunque.
“Ti
volevo parlare proprio di questo”. Si fermò a pochi centimetri da me.
“Ho
saputo di quello che è successo stamattina con Sharpay. Non deve
succedere mai
più”.
“Allora
dille di non dare più spettacolo di fronte a tutta la scuola
attribuendo colpe
a persone che non ne hanno”.
“No,
allora hai capito male. Tu non devi più immischiarti in affari che non
ti
riguardano”.
“Cosa?!
Io non ho fatto proprio niente. Ci siamo solo incontrati per sbaglio in
corridoio! Cos’è? I tuoi amici non crederebbero che tu sia riuscito a
essere
gentile con una persona che non sia una celebrità come voi?”, dissi
cercando di
non far trapelare il timore che la sua vicinanza m’incuteva.
“E
tu credi davvero che io possa dire una cosa del genere? Sei proprio una
sciocca. Tu mi sei venuta addosso solo per vivere i tuoi cinque minuti
di
gloria, ed io non ho fatto altro che accontentarti”.
Sentivo
la rabbia che saliva dal profondo. Avrei voluto tirargli uno schiaffo,
per togliergli
quel sorrisetto beffardo dalla faccia, ma, essendo più alto di me di
circa venti
centimetri e avendo muscoli perfettamente allenati dal basket, preferii
trattenermi.
“Sarebbe
la mia parola contro la tua, e non ci vuole un genio per sapere chi la
spunterebbe,
quindi non provare mai più ad avvicinarti a me o a far qualcosa che
turberebbe
Sharpay, quella ragazza non la ferma nessuno quando è arrabbiata”.
“Non
mi avvicinerei né a te né a quella smorfiosa viziata neanche se foste
le ultime
persone rimaste sulla faccia della Terra. Io di certo non mi abbasso al
vostro
livello”.
Non
sapevo da dove prendessi tutto quel coraggio per rispondere. Non sono
mai stata
un’attaccabrighe,, soprattutto con qualcuno che avrebbe potuto
rovinarmi la
reputazione scolastica con un solo cenno della mano, però quella
sottospecie di
scimmione che al posto del cervello aveva una camera d’aria, mi stava
facendo
ribollire il sangue nelle vene.
“Mi
piacciono i tipi che tirano fuori le unghie per difendersi, ma tu non
hai
speranza. Sei come un gattino in una gabbia di leoni. Ti conviene
acquattarti
in un angolo e stare a guardare. Ti lascio, sono in ritardo per gli
allenamenti”.
Si
girò e s’incamminò per il vialetto che lo avrebbe condotto alla porta
sul retro
della scuola.
Afferrò
la maniglia, aprì la porta e si fermò.
“Segui
i miei consigli e non ti accadrà niente. Ciao, gattina”. Con un ultimo
sorriso
entrò nella scuola e scomparve alla mia vista.
Mossi
qualche passo e mi sedetti su una panchina di ferro battuto.
Sentivo
le gambe molli e il viso in fiamme.
In
vita mia mi ero arrabbiata sul serio ben poche volte, ma nel giro di
dieci
minuti Bolton mi aveva fatto infuriare come mai mi era successo prima.
Quel
ragazzo era la persona più insopportabile, piena di sé e odiosa che
avessi mai
conosciuto.
Non
potevo credere a ciò che mi aveva detto, e non capivo a che gioco
stesse
giocando: un momento prima sembra gentile e disponibile, mentre, appena
volta
l’angolo, si comporta come l’essere più spregevole che si possa
incontrare.
Dopo
qualche minuto mi rimisi in piedi e mi diressi verso casa mia.
Appena
arrivata, entrai in cucina e subito mi accorsi che mia madre ancora non
era
tornata. Salii le scale e mi feci cadere pesantemente sul letto.
Appena
chiusi gli occhi, la scena di poco prima si fece viva. L’immagine di
Troy, dei
suoi occhi e del suo sorriso, di Quel sorriso, non mi abbandonavano.
Mi
tirai su di scatto e accesi la radio. Un po’ di musica mi avrebbe
sicuramente
distratto.
Presi
fuori libri e quaderni dallo zaino e cominciai a fare i compiti.
A
metà di un’equazione di matematica, il mio cellulare squillò.
Abbassai
il volume della musica e risposi. Era Taylor.
“Allora? Com’è andata? Chi
era
l’ammiratore segreto?”.
“Beh, se per ammiratore
intendi una
specie di gorilla con l’intelligenza di un’ameba pronto a far fuori
tutto e
tutti pur di salvaguardare il suo Status Quo di re della scuola… era
Troy
Bolton”.
“Cosa?!”
Le
spiegai tutto e, dopo che Taylor ebbe urlato per telefono tutte le
offese e
ingiurie possibili e aver promesso di dare una lezione a quel parassita
palestrato di Bolton e alla sua ochetta, chiudemmo la conversazione.
Chissà
cosa sarebbe accaduto il giorno dopo? Magari Troy non avrebbe parlato
del
nostro “incontro” a nessuno e tutto sarebbe stato normale, come sempre.
###############################################################################################
Fine
del quarto capitolo.
Ringrazio
ancora una volta chi ha letto e chi ha recensito, anche se,
purtoroppo, i commenti scarseggiano un po’… sono importanti anche le
critiche.
E’ per sapere se andare avanti oppure no.
Grazie
a romanticgirl, che ha commentato ogni capitolo fino ad
adesso.
Arrivederci
alla prossima!!
Nella
prossima puntata:
“Allora
tu proprio i consigli non li
segui, eh?”. Il solito sorriso sulle labbra.
“Non
di certo da uno
come te. Preferirei buttarmi da un aereo senza paracadute”.
“Che
sarcasmo”. Cominciò
ad avanzare verso di me a passi lenti.
Indietreggiai,
fino a
toccare il divano con le gambe. Troy si fermò davanti a me.
Mi
aveva messo nell’angolo. Questa
volta il gatto era lui, ed io ero solo un topolino che cercava una via
di fuga.
Angel_R
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Capitolo 5 *** PIGIAMA-PARTY... AL BACIO ***
Capitolo 5: Pigiama – party… al bacio.
.
.
.
La mattina dopo, appena
arrivata a scuola, fui assalita dalle domande
di Kelsi e Martha, le quali, non sapendo l’accaduto del
pomeriggio precedente, erano curiose di avere notizie.
Sinceramente non mi andava di
dover raccontare quella storia
un’altra volta, ma non potevo fare a meno di confidarmi con loro.
In fondo, anche se non ci
conoscevamo da molto tempo, mi sembrava di essere loro amica da sempre.
Soprattutto con Taylor.
Entrambe rimasero a bocca
aperta e sbottarono quasi allo stesso modo di Taylor la sera prima al
telefono.
Con mia grande sorpresa anche
la timida e tranquilla Kelsi non si risparmiò i complimenti.
“Dai, ragazze, basta
parlarne, ormai è successo, e voglio gettarmi tutto alle spalle”.
Non avevo davvero voglia di
portarmi avanti quella storia, ma ero sicura che non l’avrei
dimenticata tanto facilmente.
“Hai ragione, lasciamo gli
stupidi a vivere nella loro
ignoranza”. Detto ciò Taylor mi prese sottobraccio e ci
recammo in classe.
.
.
Sabato arrivò presto. Tutto
stava andando alla normalità.
Sharpay mi lanciava
occhiatacce cariche di elettricità ogni
volta che ci capitava di incrociarci nei corridoi della scuola, mentre
il suo atletico cagnoli…ehm fidanzato, faceva finta di niente,
come se non fosse successo nulla. Per fortuna.
Erano le 17:50 quando mi
ritrovai davanti alla villetta dei Mckessie.
Suonai il campanello, e,
quando la porta si aprì, sussultai appena.
“C- ciao Bryce”.
“Ah, ci sei anche tu”.
“Sì, c’è anche lei, tu
vattene, non sei
invitato”, gli disse Taylor comparendo all’ingresso e
congedando il fratello. Lui sbuffò e se ne andò.
“Purtroppo esce dopo le
20:00, quindi dobbiamo sopportarlo per un paio d’ore. Vieni”.
Dopo poco arrivarono anche
Martha e Kelsi.
La serata stava procedendo
bene.
Tutte noi indossavamo pigiami
un po’ stravaganti. Ed io che mi vergognavo del mio…
Stavamo guardando un film e
mangiando schifezze quando sentimmo un
rombo di motore seguito da schiamazzi provenire dalla strada e, in
seguito, dall’ingresso di casa.
“Ma che cavolo…”, disse
Taylor alzandosi in piedi e uscendo dalla stanza.
Noi la seguimmo e ci fermammo
tutte in cima alle scale.
La confusione che avevamo
sentito non era nient’altro che l’entrata in scena di mezza squadra dei
Wildcats.
Bryce stava facendo entrare i
suoi amici accogliendoli con pacche sulla schiena.
“Oh- ho, hanno aperto le
gabbie dello zoo”, disse Kelsi un po’ dispiaciuta.
“Eh no, questa non gliela
faccio passare”. Taylor fece
dietrofront e rientrò in camera sua. Ne uscì poco dopo
indossando una tuta.
Senza dire niente scese le
scale e si bloccò con i pugni sui fianchi davanti a suo fratello.
“Che cosa credi di fare? Lo
sai che stasera questa casa è off-limits sia per te sia per questi qui”.
“Ehi! ‘Questi qui’ a chi?!”,
chiese Chad Danforth, il vice- capitano dalla folta capigliatura.
“A voi, e, se non ti
dispiace, non stavo parlando con te”.
“Ehi, amico, tua sorella è
una tosta”, disse Chad rivolto a Bryce.
Taylor afferrò suo fratello
per un braccio e lo spinse nel
salotto. Non si riuscì a sentire niente della loro
conversazione, solo urla indistinte.
“Ragazzi, quella lo concia
per le feste”.
Quella voce. L’avrei
riconosciuta fra mille. Negli ultimi giorni mi era rimbombata in testa
in continuazione.
Ne localizzai il
proprietario. Con la schiena appoggiata alla porta,
Troy Bolton sghignazzava immaginandosi cosa stesse accadendo
all’interno del salotto.
Turbata da quella vista, mi
girai e corsi in camera di Taylor, prontamente seguita da Kelsi e
Martha.
Mi sfilai il pigiama e
m’infilai i vestiti con i quali ero arrivata poche ore prima.
“Dove vai? Che vuoi fare?”,
chiese Martha un po’ stranita e preoccupata.
“Non lo so”, fu la mia
semplice risposta. Ed era vero, ma
non avrei mai permesso a qualcun altro membro della squadra di basket
di rovinarmi la serata.
Scesi le scale e, senza
degnare nessuno di uno sguardo, aprii la porta del salotto.
I fratelli Mckessie si
ammutolirono. Affiancai Taylor e, guardando
Bryce dritto in faccia, dissi: “Allora, se ne vanno o hanno
bisogno dell’invito scritto? Scusa se mi permetto, lo so che non
è casa mia, ma stasera mi stavo divertendo, e ti sarei grata se
non mi rovinaste tutto. Ultimamente sta accadendo spesso,
e…”.
Non riuscii a finire la
frase. Qualcuno era entrato nella stanza.
Accadde tutto in pochi
secondi. Bryce e Taylor furono spinti fuori dal salotto e la porta
venne chiusa con due giri di chiave.
Troy Bolton si girò verso di
me incrociando le braccia al petto.
“Allora tu proprio i consigli
non li segui, eh?”. Il solito sorriso sulle labbra.
“Non di certo da uno come te.
Preferirei buttarmi da un aereo senza paracadute”.
“Che sarcasmo”. Cominciò ad
avanzare verso di me a passi lenti.
Indietreggiai, fino a toccare
il divano con le gambe. Troy si fermò davanti a me. Mi aveva messo
nell’angolo.
Questa volta il gatto era
lui, ed io ero solo un topolino che cercava una via di fuga.
Odiavo sentirmi circondata,
era come se soffocassi.
Continuava a fissarmi. Sempre
sorridendo.
Non riuscivo a staccargli gli
occhi di dosso.
“Vediamo se così lo capisci”.
Con uno scatto mi prese per
le spalle e mi buttò sul
divano, dopodiché si mise a cavalcioni sopra di me in modo da
bloccarmi le gambe con le sue e le braccia con le mani.
Ero impaurita. Che intenzioni
aveva?
Continuando a sorridere
abbassò il viso verso il mio e mi baciò.
All’improvviso tutti i rumori
svanirono. Non sentivo più i
colpi alla porta di Taylor e Bryce che continuavano a urlare di aprire
la porta, e neanche gli schiamazzi degli altri ragazzi
nell’ingresso.
Sentivo le sue labbra sopra
le mie e il suo petto che si alzava e si abbassava sopra di me.
Avrei dovuto divincolarmi e
scacciarlo via, ma il mio corpo non sembrava obbedirmi. Ero come
insensibile.
Dopo qualche secondo Troy si
alzò ed io mi misi in posizione seduta.
Si avviò verso l’uscita, ma,
a metà salotto, si bloccò e si girò verso di me.
“Spero di essere stato più
chiaro questa volta”.
Fece scattare la serratura e
aprì la porta. I gemelli Mckessie
smisero di bussare e urlare e fissarono Troy con uno sguardo
interrogativo.
“Dai ragazzi, andiamocene,
qui non c’è niente da
fare”, si limitò a dire il capitano, dopodiché
uscì dall’abitazione.
Il resto del gruppo, anche se
confuso e perplesso, lo seguì.
Taylor si fiondò in salotto e
si sedette di fianco a me.
Ancora non riuscivo a
capacitarmi di ciò che era successo.
“Che cosa ti ha fatto?”,
chiese preoccupata la mia amica.
“L- lui mi ha…”, non riuscii
a finire la frase che
scoppiai in lacrime. Non sapevo perché stessi piangendo, ma le
lacrime continuavano a cadere imperterrite.
Quel… quel… AH! Che cavolo
aveva fatto?! Non lo perdonerò mai per questo!!
Le parole fanno male, è vero,
ma dette da uno come lui possono
anche scivolare addosso, perdere di senso… però un bacio
è diverso, è qualcosa di personale, d’intimo.
Taylor mi abbracciò subito e,
alzando lo sguardo, si accorse che suo fratello era ancora fermo sulla
soglia.
“Tu che ci fai ancora qui?
Segui quegli animali e vattene”.
Lui si riscosse e, presa la
giacca, si chiuse la porta d’ingresso alle spalle.
Dopo un po’ mi calmai e smisi
di piangere.
Sentendo tutto calmo, scesero
anche Kelsi e Martha.
“Cos’è successo?”, chiesero
preoccupate quasi all’unisono.
“Niente”, mi affrettai a dire
asciugandomi le lacrime.
“Già”, torniamo di sopra”,
disse sbrigativa
Taylor. “Voglio vedere come va a finire quel film”.
Prima di seguire le altre due
su per le scale, la mia migliore amica si
girò verso di me con un’espressione interrogativa.
Io feci spallucce e cercai di
stamparmi in viso un sorriso che sembrasse il più sincero possibile.
Probabilmente lei capì che
non avevo voglia di parlarne e non fece altre domande.
Mi sembrava di conoscere
Taylor da una vita, quando in realtà
erano poche settimane. Sapeva capire il mio stato d’animo solo
guardandomi in faccia.
>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Fine del quinto capitolo.
Purtroppo non ho potuto aggiornare prima perchè ho avuto molti problemi
col computer.
Spero che questo capitolo vi piaccia e che recensiate in tanti!!
Grazie a KissMe per la
recensione dello scorso capitolo.
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
“Scusa, ti sei fatta male?”, mi
chiese raccogliendo la palla caduta a terra.
“No, no, tu?”.
“Neanche io”.
La guardai attentamente. C’era
qualcosa in lei che…
“Va tutto bene?”, chiese lei
interrogativa. Forse la stavo fissando un po’ troppo…
“Sì, certo, scusa”. Che figura!! “Sei
sola?”, chiesi guardandomi intorno.
“Sì, ma tra poco arriva mio fratello.
Stamattina
l’ho buttato giù dal letto e l’ho costretto a venire
qui”, disse con la faccia furbetta.
Mi fece sorridere.
Angel_R
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Capitolo 6 *** A QUANTO PARE HO CONOSCIUTO SUA SORELLA. ***
Capitolo 6: A quanto
pare ho conosciuto sua sorella.
.
.
.
Quella notte non dormii.
Ogni volta che chiudevo gli occhi, mi
ritornava in mente il suo sorriso, il suo petto contro il mio, le sue
mani forti che stringevano saldamente le mie braccia, quel bacio…
Di certo non potevo
negare che Troy Bolton baciasse davvero
bene… Ma che cavolo andavo a pensare in un momento del genere?!
Per scacciare quei
pensieri dalla testa mi alzai. La sveglia sul comodino di Taylor
segnava le 2:37.
In punta di piedi
raggiunsi la porta e uscii dalla stanza. Scesi in cucina e mi versai un
bicchiere d’acqua fresca.
Mentre bevevo la
serratura della porta d’ingresso, scattò.
Mi fiondai verso
l’interruttore e spensi la luce, poi afferrai un
mestolo appeso sul lavabo e mi appiattii contro la parete.
A un tratto sentii dei
passi e qualcuno apparve sulla soglia della cucina.
Alzai il braccio e…
“No!”. Mi fermai giusto in tempo.
“Bryce, mi hai fatto
paura”, ansimai appoggiando la mia “arma” sopra al bancone.
“Che cosa credevi di
fare?!”, chiese lui accendendo nuovamente la luce.
“Pensavo fossi un ladro”.
“Un ladro che entra con
le chiavi?”, chiese sarcastico.
“Già, non ci avevo
pensato, scusa”.
“Non è niente, ma che
stavi facendo?”.
“Non riuscivo a dormire
e così sono scesa a bere un po’ d’acqua”.
Piombò un silenzio
assoluto.
“Senti…”, cominciò Bryce.
“Sì?”.
“Non so cosa sia
successo con Troy in salotto, ma… beh,
io… insomma…”, era palesemente imbarazzato.
“Ecco… Io non condivido i metodi che lui usa per fare
tutto ciò che vuole”, disse tutto d’un fiato.
Rimasi un po’ sorpresa.
Non me lo aspettavo proprio.
“So com’è, quando vuole
qualcosa la ottiene. Ti ha fatto del male?”.
Lo guardai in faccia.
Era sincero.
“No, tranquillo, è tutto
a posto”, gli risposi
sorridendo. In fondo Bryce non era un cattivo ragazzo. “Se Taylor
sentisse questa conversazione, cambierebbe idea sul tuo conto”.
“Già, ma quello che ci
siamo detti deve rimanere tra noi due, okay?”.
“Certo, non ti
preoccupare”.
Stava per andarsene.
“Bryce?”, lo chiamai.
“Mh?”.
“Quindi…Troy non ha
detto niente di quello che…”.
“No, solo che ha voluto
“farti capire qual è il tuo posto”, ma nient’altro”.
“Va bene, grazie”.
Si voltò un’altra volta
per uscire.
“Bryce?”.
“Sì?”, chiese con una
nota d’impazienza nella voce. “Tu non sei per niente come Troy”.
Lui stiracchiò le labbra
in un lieve sorriso, dopodiché
si voltò e uscì definitivamente dalla cucina.
Sentii i suoi passi
sulle scale e infine la porta della sua stanza chiudersi.
Quel bastardo!! Farmi
capire qual è il mio posto?!
Calmati
Gabriella… non serve a niente arrabbiarsi adesso.
Giusto, avrei dovuto
pensarci a mente fredda, come mi suggeriva sempre
la mamma. Magari dopo averci dormito un po’ su mi sarebbe
passata, o almeno avrei trovato un modo per farla pagare a quel
verme… se solo fossi riuscita a dormire…
.
.
Come volevasi
dimostrare… non riuscii a chiudere occhio. Non
riuscivo a non pensare a Troy, al bacio, e alle parole di Bryce.
“Forza, ma quanto ci
mettete? Io sono già pronta da un
pezzo”, incalzai le mie amiche ancora mezze addormentate.
“Dove la trovi tutta
questa energia la mattina presto?”, chiese Martha reprimendo uno
sbadiglio.
“Ma che presto?! Sono
già le 10:00”.
“Ma è domenica, non
potevi farci dormire ancora un po’?”.
“Quante storie! Hop,
hop”.
Stranamente mi sentivo
bene. La mamma ha sempre ragione. Questo,
però, non significava di certo che mi fossi dimenticata
dell’accaduto.
Scendemmo in cucina per
fare colazione e trovammo Bryce intento a versarsi del caffè in una
tazza.
“Già in piedi a
quest’ora? Adesso viene a nevicare”, borbottò Taylor sarcastica.
Bryce la fissò per un
secondo poi uscì dalla stanza.
Passandomi accanto mi
lanciò un’occhiata che più o
meno interpretai come: “Stanotte non è successo
assolutamente niente, te lo sei sognato”.
Io gli rilanciai uno
sguardo che avrebbe dovuto significare: “Stanotte? Cos’è successo?”.
Le altre ed io mangiammo
dopodiché ognuna di noi tornò a casa.
“Gabby”, mi fermò Taylor
sulla porta di casa.
“Dimmi”.
“Se non vuoi parlarne
per me va bene, ma se ti vuoi sfogare sai dove trovarmi”.
“Grazie mille, Taylor”.
Dopo esserci
abbracciate, ci salutammo ed io m’incamminai verso casa.
Avevo deciso di non
farmi venire a prendere da mia madre per pensare un po’.
Non so perché, ma non
volevo dire niente a Taylor, almeno per quel momento.
Con lei potevo parlare
liberamente, davvero, però c’era
qualcosa che mi bloccava, e, finché non avessi capito cosa
fosse, volevo tenermi tutto per me.
Ma perché quel mostro
doveva rovinarmi tutto?!? Sentivo la
rabbia che tornava a galla e cercai di reprimerla guardandomi attorno.
Dato che era domenica
mattina, non c’era molta gente in giro: una
donna anziana che portava a passeggio un cagnolino, due ragazzini sullo
skateboard, un uomo seduto su una panchina intento a leggere un libro
e… “Ahi!”, una bambina distratta.
“Scusa, ti sei fatta
male?”, mi chiese.
“No, no, tu?”.
“Neanche io”.
La guardai attentamente.
C’era qualcosa in lei che…
“Va tutto bene?”, chiese
lei interrogativa. Forse la stavo fissando un po’ troppo…
“Sì, certo, scusa. Sei
sola?”, chiesi guardandomi intorno.
“Sì, ma tra poco arriva
mio fratello. Stamattina
l’ho buttato giù dal letto e l’ho costretto a venire
qui”, disse con la faccia furbetta.
Mi fece sorridere.
“Se vuoi aspetto qui con
te. Non vorrei che ti succedesse qualcosa”.
“Davvero? Grazie! Tu sì
che sei carina, non come mio
fratello, che mi fa aspettare da sola in mezzo alla strada”,
disse mettendo su un finto broncio.
Sembrava proprio quello
che facevo comparire io ogni tanto. Quella bambina era davvero forte.
“Io mi chiamo Erika,
tu?”.
“Gabriella”.
“Mi piace il tuo nome, e
poi ti sta benissimo, tu sei così bella!”.
“Grazie, sei gentile”. I
complimenti m’imbarazzavano
sempre, anche se a farmeli era una bambina che di sicuro non superava i
nove anni.
“Tu quanti anni hai?”.
“Diciassette e tu… nove?”
“Otto. Ma sai che hai
l’età di mio fratello? Forse lo conosci”.
“Non saprei, io non vivo
qui da molto”.
“Davvero?”.
“Già, magari se mi dici
il suo nome…”.
“Non ce n’è bisogno, lo
sai già”.
Quella voce... non
poteva essere di nessun altro, tranne che di…
“Troy! Finalmente, ma
quanto ci hai messo? Pensavo ti fossi addormentato nella doccia”,
esclamò Erika.
Rimasi immobile, come se
fossi paralizzata. Non ci potevo credere! Con
tutte le persone che potevo incontrare per strada, mi doveva capitare
proprio la sorella della persona più odiosa dell’intero
pianeta?!
“Gabriella, ma che
hai?”, chiese la bambina fissandomi.
“Forse si aspettava
un’accoglienza più…
calorosa”, suggerì suo fratello passandosi la lingua sulle
labbra.
“Torna a letto e
sognalo, magari un giorno si avvera”, riuscii a rispondere
riprendendomi dallo shock.
“Cos’è, ti sei svegliata
male? O non sei proprio
riuscita a dormire continuando a pensare al mio regalo?”, chiese
malizioso con quel suo sorriso stampato su quella sua faccia da
schiaffi.
Aprii la bocca per
ribattere, ma fui interrotta da Erika. “Ma vi conoscete già?”
“Sì”, rispose Troy.
“Diciamo che… abbiamo chiacchierato un paio di volte”.
Che faccia tosta!! Se
non ci fosse stata una bambina in mezzo gli sarei
saltata addosso e gli avrei fatto sparire quel sorriso a suon di
ceffoni!!
Quanta violenza,
Gabriella, non è da te!! Lo so!! Ma
quell’essere viscido ha la capacità di tirare fuori il
peggio di me.
“Io me ne vado”. Non
sarei riuscita a stare nello stesso spazio di quel mostro un altro
minuto in più.
“No, non andartene, per
favore”, chiese Erika spalancando
gli occhioni blu, lo stesso colore di quelli del fratello…
“Non voglio giocare da
sola con Troy, lui è un maschio, e non capisce niente”.
“Chi è che non capisce
niente?!”, chiese lui piegandosi all’altezza di sua sorella.
“I maschi. Mamma lo
ripete sempre”, disse lei semplicemente.
Troy le arruffò
leggermente i capelli e sorrise. Quello era un
sorriso vero, sincero, non falso e traditore com’è il suo
abituale.
Non pensavo fosse
capace di essere tanto… umano.
“Allora? Rimani?”.
Non volevo restare
insieme a Troy, ma l’espressione di Erika era
quella da cucciola che anche a me riusciva tanto bene quando ne avevo
bisogno, quindi… “D’accordo, sto con te”,
dissi sottolineando la parola ‘te’.
“Sì!!”, urlò contenta la
bimba saltellando.
Mi avviai verso il parco
prendendo Erika per mano.
Poi, mi venne in mente
una cosa… fino a quel momento avevo fatto
la conoscenza dei Bolton scontrandomi letteralmente contro di loro.
A scuola sarei dovuta
stare bene attenta a dove mettevo i piedi se non
volevo avere un frontale anche con il coach, nonchè Signor
Bolton...
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Fine sesto capitolo.
Spero che questa fan fiction vi piaccia, vedo che leggono in tanti e
ringrazio per questo, ma nn posso saperlo se non mi lasciate delle
recensioni...
Non so se andare avanti a pubblicarla o smettere...
Confido in voi!!
Arrivederci alla prossima!! :D
Nella prossima puntata:
“Che tristezza”.
“Dici? Sì, può essere. Comunque non
credere a tutto quello che vedi”.
“Cosa vuoi dire?”.
“Tu credi che tutti quelli che si
definiscono miei ‘amici’, lo siano davvero?”.
“Perché parli così?”.
“Perché è la verità. C’è molta
più possibilità di riuscita ad essere il braccio destro
del capitano”.
“Io credevo che almeno tu e Danforth
foste davvero amici”.
“Beh, forse con lui è un po’ diverso,
ma con gli altri è così di sicuro”.
“Come fai ad esserne certo?”.
“Credi stiano sempre con me perché
sono simpatico e disponibile?”.
“Già, come no”.
Angel_R
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Capitolo 7 *** PERCHE' MI STAI DICENDO QUESTE COSE? ***
Capitolo 7: Perché mi stai dicendo queste
cose?
Di sicuro avevo fatto un
grandissimo sbaglio accettando l’invito di Erika, ma, ormai, non avevo
altra scelta.
Arrivammo al parco e subito la
piccola Bolton corse verso un gruppetto di bambini poco lontano.
Io mi sedetti su uno dei sedili
dell’altalena.
“Non sei l’unica che non riesce
a resistere alla faccia da
cucciolo”, mi disse Troy sedendosi nel sedile vuoto accanto al
mio.
Io lo ignorai e cominciai a
fissare un punto non ben definito davanti a me.
“Che c’è? Fai finta di non
sentirmi? Non è molto maturo”.
Senti chi parla di maturità!!
“No, non faccio finta, lo faccio
davvero”, risposi senza neanche guardarlo in faccia.
“Sei ancora scossa per
l’incidente di ieri sera?”.
“Non è stato un incidente, e tu
lo sai benissimo. Sempre
che non ti capiti spesso di baciare la prima ragazza a portata di
mano”.
“No, non spesso. Solo ogni tanto
”, disse come se fosse la cosa più normale del mondo.
Mi alzai di scatto e mi
avvicinai a Erika, che stava correndo verso di noi.
“Quei bambini sono antipatici,
voglio stare con te”, disse
afferrandomi la mano. Cominciammo a passeggiare per il parco.
“Tu e mio fratello siete amici?”.
“No, ci conosciamo solo di
vista”.
“Allora non siete fidanzati?”.
Fidanzata con quell’animale?!
Non voglio neanche essere una sua
conoscente, figurati essere una cosa importante come la fidanzata!!
Fosse l’ultimo ragazzo sulla faccia della Terra!! Mettermi con
quello sarebbe stato come togliermi il cervello dalla scatola cranica e
buttarlo nel cestino della spazzatura.
“No”, le risposi, invece.
“Lo odi?”.
L’ingenuità e la spontaneità di
quella bambina avevano un effetto disarmante.
“N- no, diciamo solo che se non
stiamo troppo vicini è meglio”.
“Ah… Beh, fai bene. I maschi
sono stupidi. Però
mamma dice che non lo sono tutti, alcuni, anche se pochi, si
salvano”.
“La tua mamma ha ragione”.
“Lei dice anche che Troy è uno
degli stupidi perché
davanti agli altri fa quello duro, che poi non ho capito bene cosa vuol
dire, mentre quando non lo vede nessuno non lo fa. Però io,
anche se è stupido, gli voglio bene lo stesso, perché con
me è gentile, e poi fa tutto quello che voglio… Beh,
quasi”. Sorrise divertita al pensiero.
Avevo capito male o Erika stava
dicendo che in quella macchina
d’allenamento senza cervello di suo fratello c’era un
briciolo di cuore?
Sì, dovevo di certo aver capito
male…
All’improvviso Troy arrivò
correndo e prese di peso sua sorella reggendola per le gambe e dietro
la schiena.
“Stavate sparlando di me?”.
“Credi che tutti parlino sempre
e solo di te? Ho di meglio cui
pensare. Tu non sei al centro del Mondo. Beh, di certo non del mio.
Fattene una ragione”.
“Ci proverò, ma sarà molto
difficile”.
Egocentrico.
Erika ridacchiò e Troy la mise
giù. Lei, appena toccato il suolo, corse nuovamente verso lo scivolo.
“Ma com’è possibile che quella
bambina sia la sorella di uno come… te?”, chiesi.
“Le combinazioni e i misteri
della genetica, suppongo”,
rispose sorridendo, come suo solito. “E poi che abbiamo di
così diverso?”.
Inarcai un sopracciglio. “Devo
farti la lista?”.
“Ci risiamo col sarcasmo. Mamma
mia quanto sei acida! Meglio non
starti troppo vicino, o si rischia di andare a male”.
“Ah- ah! Se non mi vuoi attorno,
tanto meglio, io non ci tengo proprio”.
“Sicura? Eppure ieri sera mi è
sembrato che ti piacesse stare in mia compagnia”.
Non ci credevo!! Avevo davvero
sentito quelle parole uscire dalla sua bocca?!
“Stupido! Cretino!”.
Incominciai a prenderlo a pugni
sul braccio sinistro.
“Ehi! Vacci piano. Se vai avanti
così, mi farai saltare la partita la settimana prossima”.
Con un gesto rapido e preciso mi
bloccò le braccia a mezz’aria stringendomi i polsi.
“Però! Mi hai colpito sempre
nello stesso punto, complimenti. Palestra?”.
“Rabbia”, risposi semplicemente
senza staccargli gli occhi di dosso.
“Una gattina come te che tira
pugni? Sono colpito”.
“Non chiamarmi così”.
“Va bene, va bene”.
Rimanemmo in quella posizione
assurda per qualche secondo, poi Troy
abbassò le braccia, continuando, comunque, a mantenere salda la
presa sui miei polsi.
“Lasciami”.
“Non ci penso proprio. Se mollo
la presa, potresti attaccarmi di nuovo”.
Stava sorridendo. Sempre Quel
sorriso.
“Non dirmi che hai paura,
Wildcat”, cominciai a sorridere anch’io.
“Guarda che lo faccio per te,
non vorrei mai che ti spezzassi un’unghia”.
“A me non importa proprio niente
delle unghie. Mettiti bene in
testa che io non sono come quell’oca che ti porti a
letto!!”.
Troy spalancò gli occhi per un
secondo, per poi far riapparire la solita espressione da schiaffi.
Forse avevo esagerato davvero
troppo.
“Oca. L’hai chiamata così anche
l’altra volta, nel giardino della scuola. Mi piace”.
Quella volta fui io a rimanere
sorpresa.
“Cosa?”, chiesi quasi senza
fiato.
“Mi piace”, ripeté semplicemente
con un'alzata di spalle.
“Ti rendi conto che stai
parlando della tua ragazza?”
“Sì, è vero, è la mia ragazza,
ma chi ti ha detto che ci tenga davvero a lei?”.
“In una relazione normale
sarebbe… beh, normale”.
“Relazione normale? Tu credi che
quest’espressione possa
esistere se di mezzo c’è Sharpay Evans?”.
Beh, in effetti…
“Non è sempre oro quello che
luccica”, disse Troy sospirando.
“Fai anche il filosofo, adesso?”.
“Volevo dire che non è detto che
se sto con Sharpay
significa che provo qualcosa per lei. E’ solo una relazione
d’interesse: io ho la borsa di studio assicurata e lei ha la fama
che cerca. E’ come un rapporto d’affari”, finì
con una scrollata di spalle. “Solo con un po’ di
divertimento in più”, aggiunse sogghignando.
“Che tristezza”.
“Dici? Sì, può essere. Comunque
non credere a tutto quello che vedi”.
“Cosa vuoi dire?”.
“Tu credi che tutti quelli che
si definiscono miei ‘amici’, lo siano davvero?”.
“Perché parli così?”.
“Perché è la verità. C’è molta
più possibilità di riuscita a essere il braccio destro
del capitano”.
“Io credevo che almeno tu e
Danforth foste davvero amici”.
“Beh, forse con lui è un po’
diverso, ma con gli altri è così di sicuro”.
“Come fai a esserne certo?”.
“Credi stiano sempre con me
perché sono simpatico e disponibile?”.
“Già, come no”.
A quel punto mi accorsi di
quanto potesse essere finta e triste la vita
di Troy. Forse era per proteggersi da quello che aveva messo a punto Il
Sorriso.
Ero senza parole. Non avevo mai
pensato a queste cose, e neanche che io potessi assomigliare tanto a
uno come Bolton…
Anch’io avevo sempre avuto delle
amicizie effimere, e il
più delle volte queste relazioni erano una risposta alla
necessità di non sentirmi sola, e non un vero e proprio legame
come quello che lega degli amici veri, il che, era più o meno
l’equivalente dell’espressione che aveva usato Troy:
‘interesse’.
“Non fare quella faccia, per me
è normale”.
“Non stavo pensando a te, ma…”,
non riuscii a finire la frase.
“Ok, adesso basta confessarsi,
non siamo in chiesa”.
“ Perché mi hai detto tutte
queste cose?”.
“Guarda che non sono confidenze
del tipo ‘caro diario’, sono cose che sanno tutti”.
“Ma io…”.
“…tu non le sapevi”.
“Già”.
“Erika!”. Troy chiamò sua
sorella e, sciogliendo la
stretta dai miei polsi, si diresse verso lei. Capii che
l’argomento era chiuso.
Ci avviammo verso l’uscita del
parco.
Erika ed io camminavamo
chiacchierando mano nella mano, mentre Troy ci seguiva pochi passi più
indietro.
“A me la mano non la tieni?”, mi
chiese lui sarcastico affiancandoci.
“Se hai paura di perderti la
prossima volta porto un guinzaglio”.
“Ci sarà una prossima volta?”.
“Non volevo dire quello. Era una
battuta, se non l’hai capita te la spiego”.
“Perché? Non mi vuoi vedere
più?”, chiese Erika dispiaciuta.
“Certo che ci rivedremo! Io non
voglio rivedere lui, tu sei molto più simpatica”.
“Di sicuro!”.
“La smettete di parlare come se
non ci fossi?”.
“Ti senti trascurato?”.
Erika lasciò la presa dalla mia
mano per poi afferrarmi
l’altra, dopodiché allungo la mano rimastale libera e
prese quella di suo fratello.
“Ecco, così nessuno si sente
solo”.
Ero un po’ in imbarazzo, ma per
non ferire i sentimenti della bambina, non dissi niente.
“Noi siamo arrivati”, disse Troy
fermandosi davanti al cancello di una villetta.
“Bene, allora io vado a casa”,
dissi abbassandomi e abbracciando Erika.
“Non si usa salutare tutti dalle
tue parti?”, mi schernì Troy.
“Cosa c’è? Carenze d’affetto
Bolton?”.
“No, no, hai ragione tu. Se mi
tocchi, potresti attaccarmi la tua naturale acidità da vecchia zitella”.
“Grazie per i complimenti, ci si
vede”.
Mi avviai verso casa mia.
In meno di una giornata mi erano
capitate tantissime cose: il pigiama-
party, il bacio, la ‘chiacchierata’ con Bryce,
l’incontro con Erika, la scoperta della sua parentela con Troy e
le ‘confessioni’ di Bolton al parco…
Certo che Albuquerque, seppur
piccola, offriva davvero molte sorprese…
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Fine settimo capitolo.
Grazie mille a romanticgirl e
lovejero per le recensioni
dello scorso capitolo, ma anche a chi legge solo.
Spero commentiate anche questo nuovo!! Ci tengo molto!! Mi raccomando!!
Arrivederci alla prossima!!!^^
Nella prossima puntata:
“Dovresti dirglielo”, gli suggerii
una volta usciti dal teatro.
“Cosa?”.
“A Kelsi. Dovresti confessarle i tuoi
sentimenti, invece di continuare a fissarla in continuazione”.
“Te ne sei accorta?”.
“Sì, e non sono l’unica. Non vorrei
sembrare troppo
indiscreta, ma chiunque lo noterebbe. Beh, tutti tranne Kelsi”.
“Ah… Comunque non credo di farcela,
non ho il coraggio.
Lei mi piace, è vero, ma non è reciproco. Per lei sono
solo un amico”.
“E chi te l’ha detto? Se non ci
provi, non lo saprai mai”.
Angel_R
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Capitolo 8 *** TUTTI NEL TEMPIO DELL'ARTE!! ***
Capitolo 8: Tutti nel tempio dell’arte!!
.
.
Il
giorno dopo, a scuola, non era cambiato niente. Troy si comportava
come se fosse il re del mondo ed io conducevo la mia solita vita.
Del
resto, non è che mi aspettassi di certo chissà quale cambiamento.
“Gabriella, mi stai
ascoltando?”, mi chiese Kelsi sventolandomi una mano davanti al viso.
“Eh? Cosa? No, stavo
pensando ad altro, scusa”.
“Ma che hai in testa?
Comunque, ti stavo chiedendo se oggi
pomeriggio sei libera. In teatro servirebbe aiuto per allestire il
palco”.
Non mi ero accorta che
erano già passati due mesi, e che il
musical scolastico e la festa che ci sarebbe stata subito dopo, erano
alle
porte.
Non avevo voglia di
partecipare a nessuno dei due, ma Taylor, Martha ed
io avevamo promesso a Kelsi di esserci, per sostenerla durante il
musical.
Avevo, infatti, scoperto
che era una pianista eccezionale. Sapeva suonare qualsiasi tipo di
melodia.
“L’ho chiesto anche alle
altre”, continuò
Kelsi, “ma hanno già degli impegni col club di scienze. Se
non ci sbrighiamo la Darbus darà i numeri. Non che non li dia
già normalmente…”.
Ma sì, dai. In fondo, un
po’ di lavoro creativo
all’interno del 'tempio dell’arte’, mi avrebbe
distolto dai pensieri che mi occupavano la mente da qualche tempo.
“D’accordo, conta su di
me”.
“Sei un angelo!”.
“Lo so”.
Il corridoio, inoltre,
era pieno di striscioni raffiguranti la mascotte dei
Wildcats.
Sabato, oltre al musical
e alla festa, si sarebbe disputata
una partita molto importante per la squadra.
Grande giornata per
l’East High!
.
.
Il teatro era enorme: un palco spazioso davanti a file e file di
poltroncine rosse.
Quando Kelsi ed io entrammo, un fascio di luce blu ci colpì in pieno
accecandoci.
“Scusate ragazze, la spengo subito”.
“Grazie, Ryan”, disse Kelsi sorridendo.
Ryan Evans, il gemello di Sharpay. Era il presidente del Drama Club. A
sua sorella non era mai interessata la recitazione. Io, invece, avrei
scommesso che, data la sua bravura d’attrice, avrebbe fatto
furore sul palco, e avrebbe di sicuro spodestato il gemello.
Non mi sarei mai sognata di formulare quei pensieri ad alta voce,
altrimenti mi sarei tirata addosso l’ira dell’intero Club
del teatro.
Proprio come Taylor e Bryce, anche i gemelli Evans erano molto diversi.
Ryan, infatti, a differenza di sua sorella, era una persona alla quale
piaceva stare con gli altri e che non si arrabbiava quasi mai. Aveva
sempre il sorriso sulle labbra, ed era, molto probabilmente,
l’unica persona capace di rispondere a tono a Sharpay.
Raggiungemmo il palco e Kelsi andò direttamente a sedersi al pianoforte.
“Bene Signorina Montez, a cosa dobbiamo la sua visita?”,
chiese la Darbus facendo svolazzare lo scialle variopinto attorno alle
spalle e mettendo ancora più in bilico gli occhiali che
poggiavano instabilmente sulla punta del naso.
“Sono venuta per dare una mano”.
“Bene, bene. Al Drama Club fa sempre comodo della manodopera in più”.
Stavamo già lavorando da mezz’ora accompagnati dal suono del pianoforte
che Kelsi stava accordando.
Quel pomeriggio i sospetti di Taylor, Martha e miei, trovarono
fondamento: a Ryan piaceva Kelsi.
Lo sorpresi più volte a fissarla con uno sguardo da pesce lesso.
Naturalmente, come succede sempre in questi casi, l’unica a non
essersi accorta di niente, era proprio la diretta interessata.
“Ryan, mi aiuti a prendere altri barattoli di vernice nel
magazzino, per favore?”, gli chiesi entrando nel suo campo visivo.
Lui, sorpreso, distolse lo sguardo dalla mia amica e mi seguì.
“Dovresti dirglielo”, gli suggerii una volta usciti dal teatro.
“Cosa?”.
“A Kelsi. Dovresti confessarle i tuoi sentimenti, invece di continuare
a fissarla in continuazione”.
“Te ne sei accorta?”.
“Sì, e non sono l’unica. Non vorrei sembrare troppo
indiscreta, ma chiunque lo noterebbe. Beh, tutti tranne Kelsi,
ovviamente”.
“Ah… Comunque non credo di farcela, non ho il coraggio.
Lei mi piace, è vero, ma non è reciproco. Per lei sono
solo un amico”.
“E chi te l’ha detto? Se non ci provi, non lo saprai mai”.
Di certo non avevo intenzione di dire a Ryan che nutrivo forti sospetti
anche su Kelsi, negli ultimi tempi. Ogni tanto parlava talmente tanto
di lui, che mi sembrava di conoscerlo da tutta la vita…
“Siamo arrivati”, disse Ryan fermandosi davanti alla porta del
magazzino.
Entrammo e cominciammo a cercare i barattoli.
“Allora, canterai anche tu sabato sera?”, chiese il mio accompagnatore
all’improvviso.
“Eh?”
“Sabato sera, alla festa. Ci sarà un karaoke, e chi vuole, potrà
cantare”.
“Ma sei matto?! Cantare di fronte a tutta la scuola? Non se ne
parla nemmeno. Non credo di avere una bella voce, e poi, non riesco a
fare niente davanti ad una folla. Tutti gli occhi puntati su di
me…”, rabbrividii al solo pensiero.
“Paura del palcoscenico, eh? Comunque chi te l’ha detto che
non sei brava a cantare? Se non ci provi, non lo saprai mai”.
Ridemmo entrambi.
“Ho trovato la vernice. Muoviamoci a tornare indietro, altrimenti chi
la sente la Darbus”.
“Hai sentito anche tu?”, chiesi a Ryan tendendo le orecchie.
“Cosa?”
“Mi era sembrato di sentire un rumore. Boh, me lo sarò immaginato”,
dissi alzando le spalle.
Prendemmo i barattoli e tornammo in teatro.
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Fine ottavo capitolo.
E’ corto, è solo un capitolo di passaggio, transitorio.
Purtroppo non ho avuto molto tempo per scrivere ultimamente, ma aspetto
ugualmente qualche recensione!!
E' una specie di introduzione al prossimo capitolo, nel quale si
svolgeranno tutti gli eventi citati e, soprattutto, la festa!!
Grazie mille per le recensioni nello scorso capitolo a romanticgirl e a a crazycotton (anche per il
commento in "Lezioni di ballo").
Anche a me piace molto la coppia Ryan/Kelsi, quindi ho voluto
scrivere qualcosa per loro. Anche in questa fan fiction.
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
Gli occhi di Ryan si fecero enormi,
era davvero arrabbiato.
“Come osi parlare di lei in questo
modo?! Vale di certo molto
più di te e tutte quelle Barbie che tu chiami
‘amiche’, e comunque non ho proprio niente di cui
giustificarmi. Vattene e non farti più vedere per questa sera,
che è meglio”.
Detto ciò, il biondino prese una
mano a Kelsi e cominciò a marciare a grandi passi verso l’ingresso
della
scuola.
Angel_R
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Capitolo 9 *** LA PARTITA, IL MUSICAL, LA FESTA E... IL KARAOKE. ***
Capitolo 9: La partita, il musical, la festa e… il karaoke.
Quel sabato all’East High c’era molta più confusione del solito.
La palestra, addobbata a festa con i colori della squadra, rosso,
bianco e oro, era gremita di gente.
Tutti sventolavano striscioni e cartelloni incitando gli atleti che
correvano da una parte all’altra del campo senza mai fermarsi.
Nonostante non amassi particolarmente lo sport, quella partita
m’interessava.
Era un po’ come quando a un concerto non ti piace la musica, ma
l’allegria e le urla degli altri ti trasportano comunque.
Non avevo mai visto una partita dei Wilcats. Giocavano davvero bene.
Era quasi la fine del quarto periodo, mancavano due minuti alla
conclusione della partita. Il punteggio era 80 a 78 per la squadra
avversaria.
Anche le mie amiche si stavano lievemente eccitando.
“In fondo ne va dell’onore della scuola”, disse
Taylor in sua difesa, poco prima di alzarsi in piedi per vedere meglio.
Non mi sarei mai aspettata un comportamento simile da loro, e,
soprattutto, da lei…
Il tempo era agli sgoccioli, cinquantotto secondi e la partita avrebbe
avuto termine.
La palla era in mano ad un giocatore avversario, ma con un movimento
rapido, Bryce gliela sottrasse, dopodiché la passò a
Chad, il quale,
con una mezza torsione, si liberò di tutti
quelli che lo stavano marcando e si avvicinò pericolosamente al
canestro.
Con una finta spedì il pallone a Troy, il quale, attorniato da
tre difensori, prese bene la mira, spiccò un salto e…
FIUUUUU! ! !
“Il tempo è scaduto! La vittoria è dei Wildcats
dell’East High School! !
Complimenti ragazzi, ma soprattutto al
capitano, Troy Bolton, che con l’ultimo tiro da tre punti ha
portato la sua squadra in vantaggio! !”, tuonò il
commentatore sportivo nel microfono.
Non appena la palla entrò nel canestro, la palestra esplose.
Cominciarono tutti a saltare e strillare.
I Wildcats potevano accedere alla finale.
Le cheerleader, fecero volare per aria i pom-pon e si tuffarono addosso
ai giocatori, i quali, togliendosi le magliette, si accalcarono attorno
al loro capitano.
Troy sembrava davvero felice, però, c’era qualcosa nei suoi occhi che…
“Ehi!! Ma che fai lì imbambolata? Stanno festeggiando tutti, forza!”.
Taylor mi distolse dai miei pensieri.
Dopo che si fu calmato, il pubblico si diresse verso il teatro.
@@@
“Quanto manca?”.
“Kelsi, smettila di agitarti così! Andrà tutto bene”, cercai di
tranquillizzarla.
Eravamo tutte e quattro dietro alle quinte. Il teatro si stava
riempiendo, e la nostra pianista era un fascio di nervi.
Continuava a
torturarsi le mani.
“Se non la pianti dovrai suonare con i gomiti”, le disse Taylor,
facendola sorridere.
“Hanno ragione, farai un ottimo lavoro, come sempre”,
aggiunse Ryan avvicinandosi a noi. “E comunque, se ti trovi nel
panico, ci sono io ad aiutarti, okay?”.
Kelsi sembrò tranquillizzarsi un po’ e sussurrò un “Sì” appena udibile.
Mentre abbassava lo sguardo imbarazzata, le altre ed io ci scambiammo
uno sguardo: ‘questi due sono cotti!’.
La Darbus salì sul palco e cominciò a parlare, presentando ciò che
sarebbe andato in scena.
“Noi andiamo a sederci, siamo in seconda fila, e non ti
preoccupare”, disse il più rassicurante possibile Martha a
Kelsi,
la quale, una volta rimasta sola, inspirò quanta
più aria possibile, per poi rilasciarla molto lentamente.
In teatro c’erano davvero tutti, come poco prima in palestra. Gli
atleti erano, molto probabilmente, a fare la doccia. Chissà se
sarebbero venuti…?
Ma chi se ne frega?! Tu sei qui per sostenere Kelsi, non per vedere
quegli animali.
Appena la Darbus finì il suo lungo e noiosissimo discorso, il sipario
si alzò e lo spettacolo ebbe inizio.
@@@
“E’ stato fantastico, davvero. Siete stati tutti
bravissimi”, dissi a Kelsi e Ryan una volta finita la
rappresentazione.
“Grazie”, esclamarono all’unisono.
Entrambi abbassarono lo sguardo imbarazzati.
“Ragazze, mi sa che ci conviene andare a prepararci per la festa.
Mancano solo due ore”, ci informò Martha guardando
l’orologio.
“Certo, andiamo”.
“Allora ci vediamo più tardi, a dopo ragazze”, disse Ryan fissando
Kelsi.
@@@
“Pronta!”, annunciò Martha
uscendo dal bagno.
Erano le 20 : 50 e noi avevamo appena finito di prepararci.
Eravamo a
casa di Kelsi e la sua camera, nella quale sembrava fosse scoppiata una
bomba, era stata trasformata in un vero e proprio salone di bellezza.
Tutte avevamo optato per un vestitino semplice sopra il ginocchio e
delle scarpe con il tacco basso.
Taylor era vestita di rosso, Martha di nero, Kelsi di bianco, ed io di
blu.
@@@
L’East High era davvero strana vista di notte. Faceva un certo effetto.
La festa si teneva nella mensa.
Tutti i tavoli erano stati uniti per
crearne uno unico per il buffet ed era stato allestito una specie di
palchetto sul quale suonava la band ingaggiata per l’occasione.
“Andiamo a ballare”, disse Martha appena entrata.
“Sei tu quella con la passione per il ballo, non noi”.
“Dai Taylor, non fare la guastafeste. Si stanno divertendo tutti,
ed io non ho intenzione di fare da tappezzeria tutta la sera”.
“Martha ha ragione, e poi io non ho partecipato a molte feste
scolastiche, prima d’ora, quindi questa voglio proprio
godermela”.
“Grazie Gabby, tu sì che mi capisci”.
Trascinammo le riluttanti Taylor e Kelsi con noi e cominciammo a
ballare.
Mi sentivo osservata. Mi voltai in tutte le direzioni e notai che Troy
mi fissava dall’altra parte della mensa. Distolsi lo sguardo.
Ma
che cavolo voleva?!
“Ehi, siete qui allora! E’ da un po’ che vi
cerco!”, urlò Ryan per farsi sentire spuntando dalla
folla.
Kelsi s’immobilizzò all’istante e cominciò a
guardarsi la punta delle scarpe.
Notai che lui la guardava a bocca
aperta. Non l’aveva mai vista con un vestito e il trucco.
“Noi andiamo a prendere da bere. Ryan, stai qui con Kelsi,
noi torniamo subito”.
Presi Taylor e Martha per mano e ci
allontanammo prima che uno dei due ‘piccioncini’ potesse
replicare.
Lo so, era una scusa banale quella della sete improvvisa, ma la
situazione non permetteva di meglio.
“Ce la faranno a dirselo finalmente?”, chiese Martha sorridendo.
“Non ne ho idea. Se non ci riescono neanche stasera, prendo da parte
entrambi e glielo dico io”.
“Ma dai Taylor! Sono così carini”.
“Sì, Gabby, sono carini, ma non si danno mai una mossa! Se
ti piace qualcuno, diglielo e basta! Se ti rifiuta ne trovi un altro,
che problema c’è?”.
Sempre la solita, pratica Taylor.
“Perché lo avete fatto?!”, chiese indispettita Kelsi raggiungendoci.
“Che cosa ci fai qui?”.
“Non voglio rimanere da sola con lui!”.
“Kelsi sei sempre la solita. Lo vuoi capire che voi due…”.
Taylor non riuscì a finire la frase. La musica fu interrotta e il
Preside Matsui salì sul palco.
“Cari studenti, è bello vedervi così numerosi
stasera.
Non ho intenzione di annoiarvi con un discorso o cose simili,
volevo solo congratularmi con voi per la perfetta riuscita di questa
festa, ma soprattutto con il Drama Club e con la squadra dei Wilcats,
che stanno portando in alto l’onore dell’East High”.
A queste parole scoppiò uno scroscio di applausi e di grida,
che, piano, piano, persero d’intensità.
“Bene, adesso vi lascio continuare la festa”,
proseguì il Preside, “spero vi divertiate”. Altri
applausi e la musica riprese.
Dopo qualche minuto, fu acceso anche il karaoke, e, i più temerari, si
azzardarono a cantare qualcosa.
Dopo quattro o cinque canzoni, Sharpay salì sul palchetto
impadronendosi del microfono.
Tutti la guardavano come se fosse una dea
scesa dall’Olimpo.
Aveva un sorrisetto che non prometteva niente di buono. Proprio come
quel buono a nulla del fidanzato.
“Scusate se v’interrompo”, cominciò con quella
sua vocetta stridula e fastidiosa, “ma ho saputo che
c’è una persona tra di noi che ha una voce
stupenda, e che
vuole condividere questo suo dono con tutti. Vorrei tanto invitarla a
venire sul palco".
Tutti si guardavano intorno per cercare di capire chi fosse la persona
misteriosa.
“Su, avanti, non vorrai mica farti pregare Gabriella”.
Gli sguardi di tutti furono puntati su di me, proprio come il fascio di
luce gialla che m’investì in pieno.
Ero confusa, non riuscivo a capire cosa stesse succedendo.
A un tratto sentii delle mani che mi afferravano e mi portavano sopra
il palco. Erano le altre cheerleader.
Nel giro di pochi secondi mi ritrovai accanto a Sharpay, la quale,
dopo
avermi guardata dall’alto al basso, mi sussurrò: ”Io
mantengo sempre le mie promesse”.
Mi diede in mano il microfono e disse: ”Musica!”.
Partì una base e tutti mi fissarono, aspettando che cominciassi.
Ero paralizzata, non riuscivo a muovere neanche un muscolo.
Sentii dei passi dietro di me e Sharpay mi strappò il microfono
di mano.
“Certe persone vorrebbero fare cose che non sono in
grado di fare. Dovresti capire prima quali sono i tuoi limiti, tesoro.
Se continui così, non arriverai mai da nessuna parte”.
Tutti i presenti cominciarono a ridacchiare.
Sentii qualcuno prendermi per mano. La musica si fermò si cominciarono
a sentire i primi borbottii.
Taylor, Kelsi e Martha mi stavano portando fuori dalla mensa. Io mi
lasciavo trasportare senza opporre resistenza.
Appena raggiungemmo il corridoio, le luci mi riscossero un po’.
“Ma che intenzioni aveva quella?!”, sbottò Taylor.
“Volve fargliela pagare, e l’ha fatto”, sentenziò Martha
abbracciandomi. “Stai bene?”.
Scossi la testa.
“Vorrei sapere come ha fatto a sapere che Gabriella ha paura del
pubblico”.
“L’avrà sentito mentre eravamo in magazzino”,
rispose Ryan, comparendo davanti a noi.
“Ti ricordi quando hai
sentito quel rumore? Può essere che lei fosse lì dietro
e…”, abbassò lo sguardo come se si sentisse
colpevole. “Mi dispiace”.
“Non è colpa tua, non ti preoccupare”, gli dissi cercando di sorridere.
“Sì, Ryan, in fondo non è colpa nostra se ci sono
capitati i gemelli sbagliati… potremmo fondare un club”,
intervenne Taylor.
La porta della mensa si aprì, e Sharpay, sempre seguita da due
fedelissime, ci si presentò davanti.
“Allora? Perché sei fuggita così? Tutti noi non
vedevamo l’ora di sentire la tua splendida voce. Non è
vero ragazze?”.
Le due cheerleader annuirono. Le fissavo senza sapere cosa dire.
“Sharpay, finiscila”.
“Scusa, Ryan, ma non stavo parlando con te”.
“No, scusa niente, lasciala stare e torna alla festa”.
“Io faccio quello che mi pare, e poi non prendo ordini da uno che sta
con una secchiona che non vale niente”.
Gli occhi di Ryan si fecero enormi, era davvero arrabbiato.
“Come osi parlare di lei in questo modo?! Vale di certo molto
più di te e tutte quelle Barbie che tu chiami
‘amiche’, e comunque non ho proprio
niente di cui
giustificarmi. Vattene e non farti più vedere per questa sera,
che è meglio”.
Detto ciò, il biondino prese una
mano a Kelsi e cominciò a marciare a grandi passi verso l’ingresso
della
scuola.
Arrivato a metà strada, urlò: “Ah, a proposito, vai
a vedere come sta il tuo Lui, dovrebbe aver finito di controllare le
tonsille a Beverly Hudson”.
Rimanemmo tutte a bocca aperta. Ryan era riuscito a far rimanere senza
parole Sharpay, la quale, assolutamente interdetta, facendo
un cenno con mano, si voltò e scomparve all’interno della mensa
seguita sempre dalle altre due.
Taylor, Martha ed io, raggiungemmo Ryan e Kelsi fuori scuola.
“Non avrei saputo esprimermi meglio”, disse Taylor al gemello Evans,
facendolo sorridere.
“Aveva esagerato questa volta”, disse guardando Kelsi, la quale, già
rossa, divenne porpora.
“Adesso che siamo qui fuori, che si fa?”
“Direi di fare un giretto in auto, si sta così bene stasera”, suggerì
Martha.
“D’accordo, ma vi dispiace se noi… ecco…”, Ryan era in evidente
imbarazzo.
“Certo, perché credevi che avessi l’intenzione di
fare la candela tra voi due?”, disse Taylor fingendo una faccia
disgustata e indicando
il biondino e Kelsi. “Andatevene pure per
la vostra strada, non sarò di certo io a impedire
all’amore di fare il suo corso”.
I due sorrisero e si avviarono verso la macchina di Ryan.
“Io non me la sento di venire”, dissi a Taylor e Martha.
“Ma come? E resti qui da sola?”.
“No, adesso chiamo mia madre e mi faccio venire a prendere, non vi
preoccupate”.
“Sicura? Se vuoi, aspettiamo qui con te finché non arriva”.
“Non dovete, davvero. Abito vicino, ci metterà poco ad arrivare”.
“Okay, allora andiamo”, disse Martha salutandomi ed entrando in
macchina.
“Non ti preoccupare, vedrai che presto si dimenticheranno tutti
di quello che è successo stasera, sempre che Sharpay non decida
di appendere
degli striscioni in giro per la scuola…”.
“Grazie Taylor, questo mi tira su il morale, davvero”.
Sorrise e mi abbracciò.
“Fai la brava mentre aspetti”.
“Certo, come sempre”.
Dopo che fui sicura che se n’erano andate, cominciai a camminare.
Non volevo mentire, ma avevo bisogno di stare un po’ da sola.
Senza accorgermene, avevo fatto il giro della scuola e mi ero ritrovata
nel giardino sul retro. Mi sedetti su una panchina.
Tirai su la testa e ammirai le stelle. Quella sera erano tantissime, e
rischiaravano tutto il cielo.
Quella vista mi tranquillizzava. Mi sentivo già meglio, anche se
l’aria si stava rinfrescando ed
io avevo addosso solo un
vestitino leggero.
A un tratto sentii dei passi dietro di me. Mi alzai di scatto e mi
girai.
Rabbrividii, non per il freddo, ma per cosa, o meglio, chi, vidi dietro
di me…
+++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++
Questo capitolo è abbastanza lungo. Non so com’è
venuto perché l’ho scritto di fretta, infatti non
credo sia molto bello, ma spero che gradiate lo stesso e che
recensiate comunque.
Grazie tante a chi ha letto gli altri capitoli, e, soprattutto, a chi
ha recensito:
romanticgirl: avevi visto giusto, Ryan ne ha dette quattro a
sua sorella, (finalmente).
a crazycotton: non potevo fare altro che mettere assieme quei
due... sono carinissimi^^
lovejero:
a dire il vero questo titolo mi è venuto in mente
mentre
scrivevo la storia (prima di pubblicare questa ff
avevo già
scritto una
decina di capitoli). Volevo calcare su questo aspetto di Troy, sul
fatto che quel sorriso in realtà nascondesse molto
più di quanto lui
stesso potesse vedere e rendersi conto.
E Gabriella sembra accorgersene, piano,piano...
Nel
corso della storia il Sorriso sarà importante, perchè scoprirà vari
lati nascosti del personaggio (già un po' si vede nel
capitolo 6). Ma non dico nien'altro.
Spero di averti chiarito tutto... fammi sapere!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
“Scommetto che sei molto dispiaciuto”.
“Qualcuno si deve pur sacrificare”.
“Ma sentilo! Sei sempre il solito”.
“Cosa ne sai di come sono di solito?”.
Angel_R
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Capitolo 10 *** COSA MI VUOI DIMOSTRARE? ***
Capitolo 10:
Cosa mi vuoi dimostrare?
“Che cosa vuoi?”.
“Io? Tu piuttosto. Ero qui prima di te”.
“Ti avverto: non ho voglia né di parlare, né di discutere”.
“E chi te l’ha chiesto”.
“Vattene”.
“No, non posso. Se me ne andassi e ti succedesse qualcosa e poi
si venisse a sapere che io ero
con te ma che ti ho lasciato da sola a
quest’ora della notte, passerei grossi guai”.
Troy rimaneva immobile fissando il vuoto davanti a se. Mi voltai
dall’altra parte e ricominciai a osservare le stelle.
“A quanto pare, alla fine, Sharpay ha mantenuto fede a ciò
che aveva detto.
Devi ritenerti fortunata, quello di stasera non è
che un minimo di ciò che potrebbe fare se solo volesse”.
“Quindi dovrei ringraziarla per avermi messa in ridicolo solo
davanti a tutta la scuola, invece che a tutta Albuquerque?
Siete proprio fatti l’uno per l’altra”.
“Ti ho già detto che, anche se sto con lei, non significa che Sharpay
mi piaccia”.
“Allora vuol dire che la tua vera anima gemella è Beverly Hudson?”.
L’espressione di Troy mutò: da impassibile, divenne
sorpresa, poi indifferente, e, infine, spuntò Lui, il Sorriso.
Ryan aveva visto giusto.
“Questo mi fa credere che tu mi abbia osservato per tutta la sera”.
“Io? Tu semmai. Ti ho visto quando mi fissavi mentre ballavo”.
“Solo lì? Allora non sei così brava come credi”.
“Che cosa vuoi dire, Bolton?”, chiesi rabbrividendo a causa
del freddo, questa volta.
Si era
alzato un leggero venticello che faceva muovere le foglie degli alberi.
All’improvviso sentii dei passi leggeri dietro di me e delle
braccia forti
che mi voltavano su me stessa e mi stringevano dietro la
schiena.
“Che cosa stai facendo?”.
“Te l’ho già detto: non deve succederti niente, e,
poiché non ho la giacca, devo fare così”.
Solo allora notai che indossava una leggera camicia bianca.
“Scommetto che sei molto dispiaciuto”.
“Qualcuno si deve pur sacrificare”.
“Ma sentilo! Sei sempre il solito”.
“Cosa ne sai di come sono di solito?”.
“Sei pieno di te e ottieni sempre tutto quello che vuoi con un
solo gesto della mano.
Sei arrogante e se qualcosa non ti sta bene, la
cambi a tuo piacimento senza preoccuparti che qualcuno possa starci
male”.
“Wow, è questo che pensi di me, allora. Non me l’aveva mai detto
nessuno”.
“Sì, invece, solo che tu non hai mai sentito”.
“Ah, sì, forse…”.
“Non t’importa?”.
“No, anche perché quest’immagine me la sono costruita io”.
“E ti sta bene così?”.
“Sì, perché no? Nessuno ostacola la mia strada verso la borsa di
studio, e a me basta”.
“Certo, soprattutto se la Evans ti da una mano”.
“Già… Ma non la chiami più ochetta? Mi piaceva”.
“Sei uno stupido. Ti sto dicendo cose che ferirebbero chiunque.
Tu dovresti essere offeso, invece di dirmi che
è tutto normale, e chi ti piace pure”.
“Che ci posso fare? Sono fatto così”.
“Sei fatto male”.
“Senti chi parla, miss-battuta-acida. Non ti stanchi mai di rispondere
così?”.
“No, anche perché lo faccio solo con te”.
“Bene, allora vuol dire che questa sarà una cosa solo nostra”.
“Non ci provare, io non
sono come tutte quelle che conosci tu. Non mi faccio abbindolare
dai
muscoli o da un bel sorriso, ho almeno
un po’ di orgoglio e rispetto verso me stessa, io”.
“Muscoli e bel sorriso, eh? Non cercare di corteggiarmi, non attacca”.
“Tu ascolti sempre solo quello che vuoi sentire, vero?”.
“Mm… Sì”.
“Ti rendi conto che stiamo litigando abbracciati?”.
“Sì, e mi piace”.
Calò il silenzio.
“Fragola”, disse Troy.
“Eh?”.
“I tuoi capelli. Profumano di fragola, mi piace”.
“Non sapevo ti piacessero tante cose”.
“Già, ed io non sapevo che fossero tutte legate a te”.
Non riuscii a replicare.
Tutto intorno a noi era silenzioso, non si sentiva neanche più
la musica provenire dalla mensa. Probabilmente era iniziato un lento.
Avevo la testa contro il petto di Troy, e l’unico suono che udivo era
il battito del suo cuore.
Mi sentii strana. Il freddo era come sparito, e la mia mente era vuota.
Sgombra da ogni pensiero.
“Devo andare a casa”, dissi dopo un po’.
“Proprio adesso? Cominciavo a sentire più caldo”.
“E’ tardi”, mi limitai a ribattere.
Troy aprì le braccia ed io sgusciai via all’istante.
Troppo in fretta forse. Il freddo mi colse di sorpresa. Tremai.
“Dai, muoviamoci, o ci beccheremo un bel raffreddore qua
fuori”, disse lui incamminandosi verso il parcheggio della scuola.
“Cosa? No, hai capito male. Io non vengo in macchina con te,
neanche se dovessi farmi a piedi tutto il New Mexico.
Ci tengo alla
mia vita, e voglio cercare di arrivare sana e salva almeno ai
settant’anni”.
“No, hai capito male tu. Ho detto che non deve succederti niente
per questa sera.
Ti prometto che guiderò prudentemente, parola
di lupetto”.
“Tu sei stato un boy-scout?”.
“Ci sono ancora tante cose che non sai di me…”.
Lo guardai mentre apriva la portiera di una sportiva nera e ci
s’infilava dentro.
“D’accordo”, cominciai appena mi sedetti al posto del
passeggero, “vengo con te, ma se
provi a fare anche un solo passo
falso…”.
“Okay, okay, tranquilla”.
Durante il tragitto, le uniche parole che ci scambiammo furono le
indicazioni stradali per raggiungere casa mia.
Troy guidava davvero bene. Teneva entrambe le mani sul volante e
fissava dritto davanti a se la
strada con uno sguardo concentrato.
Probabilmente lo faceva solo per atteggiarsi, ma con me non non
attaccava.
“E’ qui”.
Non appena frenò, mi affrettai ad aprire la portiera.
“Perché tutta questa fretta? Hai paura che i tuoi ci vedano insieme?”.
“No. E' tardi, sono stanca, e non voglio passare troppo tempo accanto a
te”.
“Eppure prima non sembrava ti desse tanto fastidio”.
Inspiegabilmente, non riuscii a replicare.
“Io posso essere gentile ed affidabile”, disse Troy di punto in bianco.
“Cosa?”, sbottai sarcastica. “Tu gentile e affidabile? Non ci credo”.
“Se te lo dimostrassi?”.
“Provaci”.
“Dammi il tuo cellulare”.
“Perché?”.
“Tu dammelo”, incalzò sventolandomi una mano davanti col palmo aperto.
Aprii la borsetta e glielo passai. Lui estrasse il suo dalla tasca dei
pantaloni e, dopo aver
digitato qualcosa su entrambi, me lo
restituì.
“Cos’hai fatto e perché”.
“Ho salvato il mio numero nel tuo cellulare e il tuo nel mio. Non
so come funzioni dalle tue parti,
ma qui si fa così, quando vuoi
contattare qualcuno al telefono”.
“Ma…”
“Ti devo dimostrare qualcosa, no?”.
Rimasi in silenzio. Dopo qualche secondo, scesi dall’auto.
“Comunque, un gentil’uomo mi avrebbe aperto la portiera”.
“Ehi, ho detto che ti avrei provato le mie qualità, ma non quando”.
Sfoderò Il Sorriso.
Non risposi. Mi limitai a voltarmi e a entrare in casa.
Mi richiusi la porta d’ingresso alle spalle e, dopo aver sentito
l’auto che si allontanava, sospirai rumorosamente.
Per fortuna
mia madre stava già dormendo.
Salii le scale in punta di piedi e m’infilai subito sotto le coperte.
Che serata!
Iniziata bene, continuata male e finita… Com’era finita? Non sapevo
trovare una risposta.
Forse non esisteva.
Forse ero rimasta tra le braccia di Troy, e avevo
provato una piacevole sensazione di calore, che non centrava niente con
l’abbraccio fisico, solo perché mi andava. Senza un
perché…
####################################################################################
Fine decimo capitolo.
Grazie mille per le recensioni dello scorso capitolo a:
Angels4ever: una
nuova lettrice!! Mi fa piacere^^
Mi è piaciuto scrivere la scena nella quale Ryan
risponde a Sharpay,
è bello che abbia t apprezzato :D
Romanticgirl:
mmm... avevi visto giusto!! E' proprio Troy la persona che Gabby
incontra nel giardino.
a crazycotton: vedo
che Ryan ribelle è piaciuto un po' a tutti. Quella scena volevo
metterla a tutti i costi.
Grazie ancora e, mi raccomando, recensite in tanti!!!!^^
Non so quando riuscirò ad aggiornare la prossima volta.
Purtroppo,
oltre ad avere pochissimo tempo per colpa delle mille verifiche ed
interrogazioni varie, ho anche un calo d'ispirazione.
Più o meno ho tutta la storia in testa, ma nn riesco ad andare avanti a
scrivere, assolutamente!
Quindi sto andando un po' a
rilento, anche se ho già altri capitoli pronti.
Spero di poter pubblicare il prossimo capitolo al più presto.
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
“Che vuoi?”, gli chiesi di nuovo
prendendo una seconda tazza.
“Te l’ho detto, devi aiutarmi”,
ripeté
indicando alcuni libri che
teneva sottobraccio. “Mercoledì
c’è il test di chimica, ed io devo superarlo a tutti i
costi. So che tu sei un piccolo genietto, quindi…”.
“Quindi mi stai chiedendo delle
ripetizioni”.
“Chiamale come vuoi”.
Ci sedemmo al tavolo e gli porsi la
sua tazza.
“Qual è l’imbroglio?”.
“Nessun imbroglio, solo studio”.
Angel_R
|
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Capitolo 11 *** SEMPRE DI DOMENICA?! ***
Capitolo 11: Sempre di domenica?!
La prima cosa che vidi la
mattina dopo fu l’orario segnato dalla sveglia digitale sul comodino:
11:43.
Mi sedetti sul letto e tutti
gli avvenimenti del giorno prima mi scorsero davanti agli occhi.
Decisi che un caffè sarebbe
stato proprio l’ideale per connettere il cervello nel modo migliore .
Scesi in cucina, dove trovai
mia madre intenta a leggere il giornale.
“Buongiorno”.
“Ben svegliata. Ti sei
divertita ieri sera?”.
“Sì, certo”, risposi
distrattamente versandomi una tazza di caffè fumante.
Non appena mi sedetti al
tavolo, il telefono squillò.
“Gabby, è Taylor”, m’informò
mia madre dopo aver alzato la cornetta.
"Arrivo".
“Ehi! Buongiorno! Senti, io e
le altre ci siamo messe d’accordo per pranzare fuori oggi, sei dei
nostri?”.
“Ah… Okay, lasciatemi il
tempo di fare una doccia”.
“Certo. Ti passo a prendere
fra mezz’ora”.
“Va bene, ciao”.
Riappesi e salii le scale.
Il getto d’acqua della doccia
mi svegliò del tutto. In venti minuti ero pronta.
Taylor arrivò puntuale, come
al solito. L’appuntamento era in una piccola tavola calda molto
accogliente.
Kelsi e Martha erano già
arrivate.
“Allora?”.
“Allora, cosa?”.
“Cos’è successo dopo che ve
ne siete andati? O parli
tu o te lo faccio fare con la forza”.
Stavamo aspettando le nostre
ordinazioni, e Taylor stava facendo il terzo grado a Kelsi.
“Siamo andati a fare un giro
in macchina, e ci siamo fermati in un posto”.
“Quale posto?”.
“Una specie di parco, poco
fuori Albuquerque”.
“Romantico. E cos’è successo?
Dai, ma devo chiederti tutto io?”.
“D’accordo… cisiamobaciati”,
disse tutto d’un fiato.
“Finalmente, ce l’avete
fatta!”, esclamò Taylor battendo le mani sul tavolo.
“Che cosa vuol dire?”.
“Che lo sapevamo già che vi
piacevate a vicenda, ma
nessuno di voi due faceva il primo passo”, la informò
Martha con disinvoltura.
“Davvero?”. Era sorpresa.
“Potevate dirmelo prima? Almeno non avrei perso tutto questo tempo!”.
Scoppiammo a ridere.
“Ma sentitela!”.
“E tu? Hai dovuto aspettare
molto dopo che ce ne siamo andate?”, mi chiese Taylor.
“Cosa? Ah, no”.
Non volevo mentire di nuovo,
ma di certo non potevo dir loro cos’era successo davvero…
Le nostre ordinazioni
arrivarono e, per fortuna, non mi furono fatte altre domande.
“Ci rivediamo domani, ciao”.
Avevamo finito di mangiare, e
ognuna stava tornando a casa.
Quando arrivai nella mia,
trovai mia madre all’ingresso che afferrava la borsa, pronta a uscire.
“Devo uscire, è per…”
“… lavoro”, finii io. “Ma è
domenica”.
“Lo so, mi dispiace, ma sarò
a casa prima di cena. Ciao tesoro”.
'Sempre la solita storia',
pensai.
Presi i libri di scuola e li
appoggiai sul tavolo della cucina e misi a bollire dell’acqua per
prepararmi un po' di tè.
Il mio cellulare squillò, e,
senza neanche guardare chi fosse, risposi.
“Sì?”. Il mio bruttissimo vizio di
non chiedere mai 'Pronto?'.
“Suono o mi apri tu?”.
“Bolton? Ma che…?”.
Il campanello suonò.
“Adesso va meglio? Apri”.
Andai all’ingresso e mi
trovai a faccia a faccia con Troy.
“Finalmente”.
“Che vuoi?”.
“Devi aiutarmi”.
“Io non ti devo proprio
niente, e poi mi stavo mettendo a studiare e… oh no, il tè!”.
L’acqua ormai bolliva, e la
versai in una tazza.
“Non me lo offri? Non sei una
brava padrona di casa”.
“Che vuoi?”, gli chiesi di
nuovo prendendo una seconda tazza.
“Te l’ho detto, devi
aiutarmi”, ripeté
indicando alcuni libri che teneva sottobraccio. “Mercoledì
c’è il test di chimica, e io devo superarlo a tutti i
costi. So che tu sei un piccolo genietto, quindi…”.
“Quindi mi stai chiedendo
delle ripetizioni”.
“Chiamale come vuoi”.
Ci sedemmo al tavolo e gli
porsi la sua tazza.
“Qual è l’imbroglio?”.
“Nessun imbroglio, solo
studio”.
Lo fissai per qualche
secondo, sembrava serio, ma, ormai, avevo imparato che non ci si deve
mai fidare molto di lui.
“E poi”, riprese, “ti devi
ancora sdebitare per ieri
sera. Sia per averti scaldata, sia per il passaggio. Io non faccio mai
niente per niente”.
“Non avevo dubbi. Dovevo
immaginarmelo”, sbuffai.
“D’accordo, ti aiuto. Ma solo perché odio avere
debiti”.
Studiammo tutto il
pomeriggio.
Mi faceva uno strano effetto
vedere Troy Bolton nella cucina di casa mia mentre mi ascoltava attento.
Quella domenica, scoprii che,
se davvero lo voleva, il capitano dei Wildcats, sapeva essere serio e
capace di concentrazione.
Erano quasi le 17:00, e mia
madre ancora non era tornata.
Per fortuna,
altrimenti le avrei dovuto spiegare chi fosse Troy, e non ne avevo di
certo voglia.
“Sei brava a spiegare queste
cose”.
“E tu sei bravo a fare finta
di capirle”.
“No, dico sul serio, e poi,
mi sto cominciando ad abituare a passare le domeniche insieme a te”.
All’improvviso si sentì la
musichetta di una suoneria.
“E’ il mio. Dimmi”. A quanto
pare non ero l’unica che si dimenticava il classico 'Pronto?'.
La conversazione durò pochi
secondi.
“Devo andare. Erika è da
un’amica e mi hanno chiesto di passarla a prendere”.
“Posso venire?”, chiesi senza
riflettere.
Perché
l’avevo fatto?!?
“Mi piacerebbe rivedere tua
sorella”, aggiunsi in fretta.
Lui mi guardò un po’ sorpreso
e poi sorrise. “Non riesci a starmi lontano, eh?”.
“Guarda che ho detto che
voglio vedere tua sorella, ma se ti dà fastidio, non vengo”.
Cominciai a raccogliere i
libri sparsi sul tavolo. Troy mi afferrò una mano e mi tirò leggermente
verso di lui.
“Sia chiara una cosa: se
metti della musica sdolcinata alla radio, ti lascio in mezzo alla
strada”.
In auto nessuno dei due parlò.
It's
amazing how you can speak right to my heart
without
saying a word
you can light up the dark.
Try as I
may I could never explain what I
hear when you don't say a thing.
La radio accesa era l’unico
suono che spezzava il silenzio.
“Questa fa al caso nostro.
Non ti ho mai sentito così buona e tranquilla”, disse Troy.
“Non avevi detto che non
volevi canzoni… aspetta, com’era? Ah, sdolcinate?”.
“Ho detto che non volevo che
le mettessi tu”.
Sbuffai e cambiai stazione.
Non sapevo spiegarmi il perché, ma
il mio umore era un po’ nero, in quel momento. Mi stavo ancora
chiedendo perché avevo deciso di andare con Bolton.
Ero talmente assorta nei miei
pensieri, che quasi non notai che Troy aveva accostato.
“Siamo arrivati?”.
“No, ma io non guido se non
ho una buona compagnia di fianco a me”.
“Che cosa dovrei fare?
Comportarmi come le tante che ti sei fatto
qua dentro?! Se è così, io posso tornare a casa a
piedi”.
Scesi dall’auto e cominciai a
camminare. Non sapevo neanche dove fossi. Mi sentii afferrare per un
braccio.
“Si può sapere che cavolo
hai? So che voi donne avete dei
cambi d’umore frequenti, ma tu le batti tutte”.
“Lasciami stare!”. Cercai di
divincolarmi, ma la sua stretta era salda.
“Non ci muoviamo di qua
finché non mi dici cos’hai”.
“Io non ho fretta”.
“Bene”.
Fissò i suoi occhi nei miei.
Non volevo dargli nessuna soddisfazione distogliendo lo sguardo, quindi
sostenni il suo.
Rimanemmo così per qualche secondo, che per me erano ore, poi,
all’improvviso, Troy mollò la presa dal braccio per mezzo
secondo, per poi afferrarmi la mano.
“Muoviamoci, Erika sta
aspettando”.
Arrivato all’auto, aprì la
portiera dalla parte del
conducente, staccò le chiavi dal quadro, e richiuse lo sportello.
“Che fai?”.
“Ho detto che non guido con
qualcuno lunatico come te al mio fianco”.
C’incamminammo lungo il
marciapiede.
Troy era davanti ed io
qualche passo dietro di lui. Lo affiancai. Non volevo fargli venire la
malsana idea che avesse potuto portarmi ovunque volesse.
“Perché hai accettato che
venissi?”, chiesi.
“Perché me lo hai chiesto?”.
“Per Erika”, dicemmo
all’unisono.
“E’ da domenica scorsa che mi
chiede di te”.
“Sei diverso con lei”.
“Dici? Credo di essere solo
me stesso”.
“Appunto”.
Mi fissò per qualche secondo,
poi, apparve… Il Sorriso.
“Ancora con questa storia?”.
“Che ci vuoi fare? Sono
testarda”.
“Bene, allora siamo in due”.
Si fermò di scatto e mi tirò
di lato, piazzandosi davanti a me.
“Che cosa credi di fare?
Guarda che io…”.
“Bolton, cosa ti porta da
queste parti?”, sentii dire da qualcuno.
Mi sporsi oltre la spalla di
Troy, e mi trovai di fronte ad un ragazzo alto e ben piazzato.
“Non penso siano affari tuoi,
Roberts”.
“Ah, affari di cuore a quanto
pare. Di certo una cosa che non ti
manca è il gusto per le belle signorine”, ghignò
allungando una mano e appoggiandola sotto il mio mento.
Mi fece alzare
il viso per vedermi meglio.
Gli scostai la mano. “Guarda
che non sono una bambola in vetrina, tieni giù le mani”.
“Fossi in te, non le
permetterei di parlare così. Dovresti farglielo capire”.
“Io non devo avere il
permesso di nessuno per parlare, soprattutto da Troy o da uno come te”.
Una grossa vena comparve sul
collo taurino di Roberts. Si stava facendo sempre più grosso.
Troy si spostò di lato in
modo da essere esattamente tra me e l'altro ragazzo.
“Non vorrai mica sprecare le
forze per una ragazzina. Aspetta di
trovarti di fronte a me sul campo. In fondo sono io che
t’interesso, no?”.
Roberts sembrò calmarsi. “Hai
ragione, e, una volta lì, ti farò vedere di cosa sono capace”.
Mi lanciò uno sguardo carico
di rabbia e se ne andò.
“E’ mai possibile che tu non
riesca a tenere a freno quella lingua?!”, sbottò Troy.
“Cosa?! Ma hai sentito quello
che mi ha detto?! Di certo non potevo starmene zitta e lasciarlo
continuare!”.
“Tu non sai cos’è capace di
fare quello se solo
volesse. Si chiama Dave Roberts, ed è il playmaker della squadra
di basket che affronteremo alla finale. La sua squadra e i Wildcats si
odiano da sempre”.
“Non m’importa, per me può
far parte di
qualsiasi squadra e odiare chi vuole, ma certe cose non le tollero,
soprattutto se sono dette a me. Ah, a proposito, chi sarebbe la
‘ragazzina?’ ”.
Troy scoppiò a ridere. “Certo
che con te non ci si annoia
mai, eh? Solo tu puoi essere in grado di rispondere in quel modo a
Roberts”.
“Te l’ho detto che io non
sono come quelle che sei abituato a frequentare tu”.
“E’ proprio per questo che mi
piaci”.
Il suo viso era a pochi
centimetri dal mio.
Non credevo a quello che
avevo sentito.
Rimasi immobile per qualche
secondo, poi, come se niente fosse, mi guardai intorno.
“Dove siamo? Non conosco
questo quartiere”.
“La casa dell’amica di Erika
è proprio qui dietro”.
“Finalmente sei arrivato,
pensavo che ti fossi perso. Gabby, ci sei
anche tu, che bello”, esclamò la sorellina di Troy
vedendomi.
“Lo sapevo”, disse indicando
le nostre mani
ancora unite.
“Tu non sai niente,
andiamocene”, le rispose il fratello incamminandosi.
“Non sei venuto in macchina?”.
“Sì, ma l’ho lasciata per
strada. Gabby aveva voglia di fare quattro passi”.
Era la prima volta che mi
chiamava per nome. Lo fulminai con lo sguardo.
“Non ti allargare, io per te
sono Gabriella”.
“Acida”.
“Cinico”.
“Basta voi due! Siete peggio
dei bambini”, esclamò Erika.
Raggiungemmo l’auto.
“Adesso devi lascarmi la
mano”, dissi a Troy.
“Posso guidare con l’altra”.
Mi divincolai dalla sua presa
e mi sedetti nel sedile di dietro con Erika.
“Ehi, non sono un taxi”.
“Taci e guida”, gli ordinò
sua sorella.
Troy accese la radio.
“Sono contenta che adesso sta
con te. Tu sei gentile e simpatica,
invece quella Sharpay è antipatica e mi tratta sempre male
quando viene a casa”.
“Erika, io e tuo fratello non
stiamo insieme”.
“Davvero?”, chiese lei triste
e delusa.
“Già, ma questo non vuol dire
che tu ed io non possiamo vederci”.
“Sì, però quando Troy è con
te, è
più gentile, invece, quando sta con quella, è
stupido”. Ed ecco che il musetto da cucciolo fece la sua comparsa.
Eravamo arrivati sotto casa
mia, e, dopo aver salutato Erika, scesi dall’auto.
Stavo per aprire la porta di
casa, quando mi sentii afferrare per un braccio. Per l'ennesima volta.
“A me non saluti?”.
“Ciao Troy”.
“Mi piace come pronunci il
mio nome, dovresti farlo più spesso”.
Non risposi e distolsi lo
sguardo.
“Sei ancora arrabbiata? Sei
proprio strana”.
“No, non lo sono. Solo che…
stavo pensando… Oggi
hai cominciato a mantenere la tua promessa. Hai cominciato a
dimostrarmi di essere gentile e affidabile, quando vuoi”.
“Beh, non potevo mica farti
mettere le mani addosso da quel maiale di Roberts”.
“Non è per quello, ma perché
siamo stati insieme
tutto il giorno, e non hai mai tentato di approfittarti della
situazione”.
Sembrava sorpreso, e lo ero
anch’io, sinceramente.
Troy sorrise e si avvicinò di
più a me.
“Te l’avevo detto, eri tu che
non mi credevi”.
“E chi me lo dice che se non
avessi dovuto dimostrarmi qualcosa non ci avresti provato?”.
“Beh, questo non lo saprai
mai”.
“Tu dici? In fondo sabato
scorso non ti sei fatto molti scrupoli”.
“Quel bacio non significava
niente”.
I nostri visi erano a poca
distanza l’uno dall’altro. Troy
si avvicinava sempre di più, finché non posò le
sue labbra sulle mie.
Quel contatto divenne un vero
e proprio
bacio, diverso da quello a casa di Taylor.
Non sapevo definirlo.
“E questo ha un
significato?”, chiesi.
“Questo lo dovrai scoprire da
sola”, disse sorridendo.
Lo vidi allontanarsi ed
entrare in auto.
Perché non mi ero ribellata?
Perché l’ho lasciato
fare? E, soprattutto, perché ho ricambiato quel bacio??
///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
Fine undicesimo capitolo.
Finalmente riesco a pubblicare questo capitolo!
Come ho già detto nello scorso, sto andando un po' a rilento nello
scrivere questa storia.
Ho già qualche capitolo pronto, ma non sono molto avanti, quindi mi
devo dare una mossa...
Il problema è che quando vengo colpita da quella brutta malattia
chiamata 'calo d'ispirazione', faccio fatica a guarirne...
Qualche suggerimento per la cura??
Comunque, passiamo ai ringraziamenti:
lovejero: mi fa piacere che tu preferisca quel pezzo di
conversazione!! Mi sembrava il più adatto per Troy e Gabriella.
A dire il vero mi diverto molto a scrivere i loro dialoghi. Voglio
farli apparire sempre divertenti ma ricchi di significato... spero
davvero che questo mi stia riuscendo...
E comunque hai ragione... Troy ha un Sorriso bellissimo... ma mai
quanto gli occhi XD!!^^
a crazycotton: sono contenta
che un Ryan un po' diverso dal solito piaccia!!
Penso che la tua mezza idea fosse proprio quella giusta, vero? In
effetti
sono diventata un po' prevedibile... ma tra poco le cose cambieranno un
pochino.
Non dico nient'altro U.U
romanticgirl:
grazie mille!! I complimenti fanno sempre piacere!! Spero che ti
piacciano così anche i prossimi capitoli e di non deludere le
persone che seguono questa storia^^
Mi fanno molto piacere le vostre recensioni. Mi sono anche utili per
proseguire^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Ah, dimenticavo, la canzone che ascoltano alla radio Troy e Gabriella,
è la prima strofa di “When you say
nothing at all”,
di Ronan Keating.
Nella prossima puntata:
“Ciao. Non mandarmi via, volevo solo
scusarmi per oggi, non sono
stata molto gentile, lo so, ma non volevo, davvero. E’ che spesso
parlo troppo e non mi rendo conto di ciò che dico. Me lo dicono
tutti che dovrei imparare a pensare prima di parlare, ma è
più forte di me”, dissi tutto d’un fiato.
“Già, anzi, scusami tu, non dovevo
aggredirti in quel modo”.
“Allora non sei più arrabbiato con
me?”.
“No, non lo ero neanche prima”.
“Bene!”, esclamai sorridendo.
Angel_R
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Capitolo 12 *** DOVREI IMPARARE A PENSARE, PRIMA DI PARLARE ***
Capitolo 12: Dovrei imparare a
pensare, prima di parlare.
“Gabby, mi stai
ascoltando?”.
“Sì Taylor, certo”.
“Come no. Che cos’hai?”.
“Niente, sai com’è, è
lunedì mattina”.
Non riuscivo a smettere
di pensare alla giornata precedente. Che cosa stava succedendo?
Dentro di me era in
corso una specie di lotta di sentimenti in
contrasto fra loro.
Da una parte c’era la rabbia dovuta al fatto
che Troy si comportasse come un vero e proprio idiota e mi facesse in
un certo senso soffrire, ma, dall’altra, c’era la
consapevolezza che ciò che mi dava rabbia, era solo una maschera
costruita alla perfezione.
“A quanto pare, la
vendetta della streghetta dell’East High
non ha dato molti frutti”, considerò Martha. “Senza offesa, Ryan”,
aggiunse rivolta al ragazzo.
“Figurati”, sorrise
stringendo timidamente la mano a Kelsi.
Erano così carini
insieme…
Comunque, in effetti,
nessuno sembrava ricordarsi dello scherzetto che Sharpay mi aveva
giocato. O almeno così sembrava.
Arrivati davanti
all’ingresso della scuola, Ryan e Kelsi,
sparirono chissà dove, mentre Martha si diresse subito in classe
per ripassare prima della lezione.
“Oh no!”, esclamò Taylor
chiudendo il suo
armadietto. “Per sbaglio ho preso il libro di chimica di Bryce.
Devo riportarglielo e riprendermi il mio. Vieni con me, vero?”.
Più che una domanda, era un ordine.
Bryce era davanti al suo
armadietto. Non era solo, c’erano anche Chad, Jason Cross, Zeke Baylor,
e Troy.
“Se non passo neanche
questo test, temo che dovrò dire
addio ai Wildcats”, stava dicendo proprio in quel momento Chad.
“Allora farai meglio a
posare quel pallone ed incollare il naso
ai libri”, lo interruppe Taylor avvicinandosi.
“E tu che vuoi? Non mi
sembra di averti chiesto niente”.
“Infatti, non sono qui
per te. Hai preso il mio libro, questo è il tuo”, disse lei rivolta al
fratello.
Io, intanto, mi sentivo
osservata. Alzai lo sguardo e incrociai quello
di Troy. Sorrideva. Come sempre. Ma non nel modo in cui lo aveva fatto
la sera precedente, dopo che mi aveva…
“Andiamocene, non ho
voglia di stare vicino a questi”. Taylor mi distolse dai miei pensieri.
“Questi a chi? Ma è mai
possibile che tu non riesca a chiamare le persone col loro nome?”.
“Io tratto le persone
nel modo in cui vengo trattata, caro Danforth”.
Detto ciò, se ne andò.
Io rimasi qualche
secondo immobile. Perché Taylor si era arrabbiata così?
“Che tipo. Io me ne
vado. Vieni amico”, disse Chad trascinandosi dietro Troy. Jason e Zeke
li seguirono.
“Fanno sempre così.
S’insultano in continuazione”.
Bryce era ancora lì.
“Già, me ne sono
accorta”.
“Ehm… va tutto bene? Con
Troy, intendo. Ti ha fatto qualcos’altro?”.
“Che vuoi dire?”.
“Beh, ecco… Ho visto che
l’hai guardato in modo
strano, e poi lui non ti ha detto niente… non è normale. Di
solito fa lo scemo in… questi casi”.
“Non lo so, comunque non
mi ha fatto niente, tranquillo. Magari… è cambiato”.
Bryce sorrise. “Troy
Bolton cambiato? Non t’illudere,
così è e così sarà, per sempre”.
“Non è bello parlare
così degli amici”.
“Amici? La nostra non è
amicizia, ma convenzione”.
Le stesse parole dette
da Troy… Allora era davvero così! Che squallore.
“Io vado. Non vorrei che
i tuoi compagni ti vedessero con me”.
“Allora non credi
davvero che io sia diverso da Bolton, se dici così”.
Scrollai le spalle. “No,
è solo che…”.
“E’ solo che non dovevo
parlare con te. Ciao”. Si allontanò battendo un pugno sul suo
armadietto.
Mi ero comportata come
una stupida. Come avevo potuto parlare così a Bryce? Lui era stato
carino nei miei confronti.
Raggiunsi Taylor.
“Scusa se ti ho lasciata
lì da sola, ma quel Danforth mi fa
venire i nervi. Stai bene?”, chiese lei, vedendomi triste.
“Sì, non è niente. Non
preoccuparti. Andiamo in classe, altrimenti arriviamo tardi”.
Mi sentii male tutta la mattina.
Una volta finite le
lezioni, cercai Bryce nei corridoi, lo trovai davanti al suo
armadietto. Era solo.
“Ciao. Non mandarmi via,
volevo solo scusarmi per oggi, non sono
stata molto gentile, lo so, ma non volevo, davvero. E’ che spesso
parlo troppo e non mi rendo conto di ciò che dico. Me lo dicono
tutti che dovrei imparare a pensare prima di parlare, ma è
più forte di me”, dissi tutto d’un fiato.
“Già, anzi, scusami tu,
non dovevo aggredirti in quel modo”.
“Allora non sei più
arrabbiato con me?”.
“No, non lo ero neanche
prima”.
“Bene!”, esclamai
sorridendo.
“Hai bisogno di un
passaggio?”.
“No, grazie, vado con
Taylor e le altre. Ci vediamo domani”.
“Sì, ciao”.
Ero contenta di aver
fatto pace con Bryce.
Non sapevo il
perché, ma ci tenevo a quella che sarebbe potuta diventare
un’amicizia.
Se Taylor l’avesse
saputo, mi avrebbe di certo considerata matta.
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Fine dodicesimo capitolo.
Piccolo capitolo di transizione.
Questo l'ho scritto come introduzione
del tredicesimo in un ritaglio di tempo tra lo studio di una materia e
un'altra, quindi non è bellissimo e neanche lungo... non vedo l'ora
finisca questo periodo di verifiche ed
interrogazioni... altrimenti impazzisco!!!!
Comunque spero di trovare qualche recensione lo stesso, e anche di
poter aggiornare il più presto possibile col tredicesimo
capitolo.
Ringraziamenti:
Angels4ever:
ho voluto dare un tono diverso alla Gabriella del film. Infatti, in
questa mia storia, lei ha un carattere più forte ed è
più distaccata, ma comunque l'infatuazione per Troy, anche se
diversa da quella del film, c'è ugualmente.
Adesso bisogna solo vedere se Gabriella sarà attratta definitivamente
dal suo sorriso e dagli occhi
azzurri (adoro i suoi occhi XD)
DreamE:
è bello avere nuove lettrici!!! Sono contenta ti piaccia questa
storia, e, comunque, sì, tra Troy e Gabriella accadranno altre
cose...
romanticgirl: grazie
per recensire sempre ogni capitolo e per i complimenti!!^^
lovejero:
grazie anche a te, mi lasci sempre un commento^^ Se i dialoghi tra
Troy e Gabriella ti appaiono davvero così, allora vuol dire che
sono riuscita a dar loro il tono che desideravo, e sono davvero
contenta
per questo.^^
Sì, so cosa devo fare, e adesso mi ci sto mettendo d'impegno,
contrattempi (fra i quali la scuola) permettendo... Grazie anche per il
suggerimento, cercherò di seguirlo... e comunque non hai
tutti i torti, i primi piani sono sempre di grossa ispirazione U.U
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
Alzò la testa dicendo le ultime tre
parole, e ci accorgemmo di
essere a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra.
Dopo qualche secondo d’imbarazzo,
distogliemmo lo sguardo.
Ma che stava succedendo?!
“Devo andare, si è fatto tardi”.
“Sì, anch’io”.
P.S.
Qualcuno può spiegarmi come si fanno a mettere le immagini nella pagina
personale?
E' da un po' che ci provo, ma non ci riesco...
Grazie in anticipo.^_^
Angel_R
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Capitolo 13 *** COSA STA SUCEDENDO?! ***
Capitolo 13: Cosa sta succedendo?!
I giorni passavano più o meno
tranquilli.
Ryan e Kelsi continuavano a
vedersi regolarmente, mentre Taylor, Martha
ed io, c’incontravamo sempre più spesso col gruppo di
scienze.
Alla fine mi ero arresa alle
continue richieste delle mie
amiche, e avevo deciso di entrare a far parte della squadra di
Decathlon.
In quei giorni avevo notato
anche una cosa, davvero molto strana. Ogni
volta che s’incontravano a scuola, Taylor e Danforth, si lanciavano
occhiatacce, ma non battibeccavano più.
“Ho finalmente capito che non
vale la pena sprecare fiato con
quello lì. Nella testa ha il vuoto più assoluto. Le cose
che gli dico, da una parte entrano, e dall’altra escono”,
si era giustificata lei quando le avevo chiesto spiegazioni.
Troy ed io non avevamo più
avuto nessun tipo di contatto, se non
qualche occhiata distratta in classe o per i corridoi della scuola.
Più la finale si avvicinava,
più lui si teneva stretto
quella streghetta di Sharpay.
Erano sempre assieme, vederli
così
faceva venire il voltastomaco. Così finti, con quei sorrisi da
copione, quei baci studiati e dati nel momento e nel luogo
giusto…
Ma perché ci pensavo tanto?
In fondo erano liberi di fare ciò che più volevano.
Avevo deciso che non avrei
più retto il gioco di Troy. Lui non
doveva dimostrarmi assolutamente niente.
“Io ho bisogno di una pausa”,
dichiarai chiudendo il libro di chimica con un colpo secco.
“Ecco, brava, allora vai a
prendere qualcosa da bere”.
Quel pomeriggio il club di
scienze si era ritrovato a casa di Taylor.
Andai in cucina e aprii il
frigorifero.
“Ti sei già stancata?”.
Mi girai e vidi Bryce seduto
al tavolo.
“Sì, non ne posso più. Tu
cosa stai facendo?”.
“Compiti. Algebra. La odio. E
pensare che il salotto è pieno di cervelloni”.
“Se ti accontenti di un
solo cervello normale, ti posso aiutare”.
Mi sedetti su una sedia
accanto a lui e controllai l’esercizio.
“Qui non risulta, perché X
deve essere uguale a 2, non a 4”.
“Sì, certo”.
Risi e gli spiegai tutti i
procedimenti e le regole.
“Sei brava a spiegare, con te
le capisco queste cose”.
Quelle parole le aveva dette
anche Troy la domenica in cui avevamo studiato insieme…
“Non è che dai ripetizioni,
vero?”.
“No, mi dispiace. Ma se hai
dei problemi non devi fare altro che
chiedere. Adesso è meglio che ritorno dagli altri, o crederanno
che mi sia persa”.
“Sì, grazie".
Presi alcune lattine, e andai
in salotto.
Da quando avevamo discusso,
Bryce ed io, avevamo instaurato un rapporto
simile all’amicizia. Certo, non uscivamo insieme la sera e non
passavamo ore al telefono, ma ogni tanto stavamo un po’ di
tempo assieme prima e dopo le lezioni a scuola.
Avevo imparato a conoscerlo
meglio,
“Anche per oggi abbiamo
finito”, disse Taylor verso le 17:30.
“Finalmente”.
Uscii da casa Mckessie e
sentii dei tonfi provenire dal retro. Quei
rumori non erano altro che i rimbalzi che faceva il pallone da basket
di Bryce mentre si allenava.
Stetti qualche secondo a
guardarlo prima che lui mi notasse.
“Avete finito?”.
“Sì, anche tu?”.
“Ci ho rinunciato. A me non
servono ripetizioni ma miracoli”.
“Ma dai. Non devi dire così.
Facciamo una cosa: domani
pomeriggio sono libera, se lo sei anche tu, ti darò una
mano”.
“Lo faresti davvero?”.
“Certo, allora?”.
“D’accordo. Facciamo in
biblioteca dopo scuola?”.
“Va bene. A domani”.
Il giorno dopo, finite le
lezioni, salutai le mie amiche e mi diressi verso la biblioteca.
Qualche minuto dopo arrivò
anche Bryce.
“Ma tu come cavolo fai a
capire queste cose?! Io sento già
la testa che mi scoppia, ed è passata solo mezz’ora”.
“Non è così complicato, si
tratta solo di capire il procedimento”.
“La fai facile tu! Non hai
una di quelle spiegazioni da film?
Tipo: cerca di pensare all’equazione come ad una partita di
basket… o cose così?”.
“No, non credo, ma se vuoi
posso farti degli esempi con mele e ciliegie, come con i bambini”.
“Non prendermi in giro”.
“Ma dai!”.
La bibliotecaria ci lanciò
un’occhiataccia e noi smettemmo di parlare.
Dopo quasi due ore di
spiegazioni, fumava il cervello a tutti e due, così decidemmo di uscire.
“Ti va un gelato? Mi devo
sdebitare”, chiese Bryce.
“Mm… D’accordo”.
Mentre mangiavamo i due coni,
passeggiavamo.
“Perché l’hai fatto?”.
“Non c’è un perché, gli amici
si aiutano a vicenda”.
“Amici? Lo siamo?”.
“Se vuoi”.
“Okay”.
Sorrisi. Quella conversazione
non aveva senso.
Ci sedemmo su una panchina al
parco.
“No, cavolo!”, un po’ di
gelato mi era caduto sporcandomi i pantaloni. “Sono sempre la solita”.
“Fa vedere. Non è niente, va
via con un po’ d’acqua”, disse Bryce sporgendosi verso di me.
Alzò la testa dicendo le
ultime parole, e ci accorgemmo di
essere a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra.
Restammo immobili per qualche
secondo. Sentivo il suo respiro caldo. Distogliemmo lo sguardo.
Ma che stava succedendo?!
“Devo andare, si è fatto
tardi”.
“Sì, anch’io”.
“Allora ci vediamo domani a
scuola”.
“Va bene, a domani”.
Mentre camminavo, ripensavo a
ciò che era accaduto pochi minuti prima.
Perché mi ero imbarazzata in
quel modo? Sarà stato di
sicuro l’essere vicino ad un ragazzo che mi ha fatto
quell’effetto, ma non aveva senso in quel momento, Bryce era solo
una amico…
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Fine tredicesimo capitolo.
Anche questo capitolo non è molto lungo, non sono riuscita a
scrivere di più, ma spero piaccia lo stesso e che lasciate
qualche recensione...
Non so quando potrò aggiornare la prossima volta, perchè se prima avevo
poco tempo, adesso non ne ho proprio per niente, quindi spero davvero
di poterlo fare il prima possibile...
Ringraziamenti:
Angels4ever:
non posso ancora rispondere alla tua domanda, ma se aspetti il prossimo
capitolo, troverai la risposta U.U e comunque grazie mille per il
complimento^^
lovejero:
ecco il tredicesimo capitolo... non va molto avanti la storia, ma nel
quattordicesimo prometto che metto tutto ciò che volevo scrivere
in questo... è solo che non ho avuto molto tempo ultimamente...
per rispondere al tuo P.S.... vedrai sempre nel prossimo :P
a crazycotton: spero
di non averti fatto aspettare troppo. L'anticipazione del prossimo
capitolo come ti sembra? :P
romanticgirl: mi
spiace, ma in questo capitolo non ci sono scene tra Troy e Gabriella...
spero ti sia piaciuto lo stesso...
Grazie mille ancora a tutte, i vostri commenti mi fanno davvero molto
piacere!!!!!! :D
Arrivederci alla prossima!!^^
Nel prossimo capitolo:
… si avvicinò di più e mi baciò
dolcemente.
“Può bastare come risposta?”.
“Credo di sì”.
Angel_R
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Capitolo 14 *** QUANDO UNA PARTE DELLA PROPRIA VITA FINISCE, NE INIZIA SEMPRE UNA NUOVA ***
Capitolo 14: Quando una parte della propria vita finisce, ne inizia
sempre una nuova.
La mattina dopo, a scuola, non vidi
Bryce. Neanche sapevo perché lo stessi cercando…
Alla prima ora avevamo lezione con
la Darbus. Come al solito eravamo tutti mezzi addormentati e non
ascoltavamo niente.
Mi guardai attorno. Troy fissava un
punto imprecisato del muro dietro
alla professoressa, Chad aveva la testa appoggiata sul banco e cercava
di stare sveglio, Zeke e Jason si lanciavano palline di carta, Taylor
guardava dritto davanti a sé facendo finta di essere interessata
alla lezione, Kelsi e Ryan si scambiavano sguardi dolci di tanto in
tanto, Martha leggeva una rivista di danza moderna, Sharpay si fissava
indisturbata nello specchietto che teneva in bilico sopra al quaderno,
e Bryce… mi fissava.
Gli sorrisi, ma lui distolse lo
sguardo.
Cominciai a pensare che fosse
arrabbiato per qualcosa che gli avevo fatto o detto… Ma cosa?
Finita l’ora, schizzammo tutti
fuori dall’aula.
Volevo parlare con Bryce, ma lui
corse verso il corridoio e sparì inghiottito dalla folla di studenti.
Mi avviai verso il mio armadietto e
riposi i libri.
“Wow! Interessante la lezione”.
“Che vuoi Bolton?”, chiesi senza
neanche voltarmi.
“Mm… Mettermi a ballare un valzer
qui, in mezzo a tutti”.
“Vattene”.
“Oggi sei più nervosa del solito”.
“Non sono nervosa. Comunque è
meglio che la smetti di
parlare con me, ti potrebbe vedere qualcuno, e poi la tua bella sta
arrivando, non farla aspettare”.
Sharpay camminava al centro del
corridoio perfettamente in equilibrio
sulle sua scarpe col tacco col solito seguito di cheerleader. Troy non
la guardò.
Sorrise.
“Oggi ho l’allenamento. Finisco
alle 18:00, ci vediamo”.
Lo osservai allontanarsi e
affiancarsi alla reginetta dell’East
High. La prese per i fianchi e la attirò a se baciandola.
Disgustoso.
Chiusi lo sportello dell’armadietto
e mi diressi verso l’aula di letteratura.
“Finalmente è finita! Sembrava che
questa giornata non
passasse più”, sbuffò Martha mentre uscivamo da scuola.
“Io vado a casa, ci vediamo domani”.
“D’accordo Gabby, ma ricordati
dell’incontro di domani”, mi ripeté come al solito Taylor.
Camminavo tenendo lo sguardo basso.
Dovevo proprio togliermi quella cattiva abitudine.
“Se non stai attenta, rischi di
sbattere contro qualcosa... o qualcuno”.
Alzai la testa. Era Bryce.
“Ah… già. Non dovresti avere
l’allenamento adesso?”.
“Sì, ma è saltato. Credo che il
coach avesse degli
impegni improrogabili”, spiegò scrollando le spalle.
“Davvero?”.
Ci fu un momento di assoluto
silenzio.
“Perché oggi mi hai evitata? Ho
fatto qualcosa di male?”.
“Cosa? No, no!! E’ solo
che…vedi…ieri…ecco, non so cos’è
successo, ma non vorrei che equivocassi, e non vorrei farlo neanche io,
quindi…”.
“Beh, nemmeno io so cos’è accaduto,
però… ti sarebbe dispiaciuto?”.
Bryce si avvicinò di più e mi baciò
dolcemente.
“Può bastare come risposta?”.
“Credo di sì”.
“Sai, avrei voluto farlo dalla sera
del vostro pigiama- party,
quando hai sceso le scale e mi hai chiesto di portare via tutti, eri
buffa”.
Quella sera…
“Buffa? Ma sentilo. Io ero
arrabbiata con voi, e tu mi dici che ero buffa?”.
“Sì, ma in un senso buono”.
“Dovrò allenarmi a essere più
credibile, allora. Perché hai aspettato tanto a dirmelo?”.
“So cosa pensi di noi atleti, e
poi, sai, essendo amica di Taylor, non volevo…”.
Già, Taylor, come avremmo fatto a
dirle qualunque cosa stesse accadendo tra suo fratello e me?!
Bryce intuì la domanda che mi
girava in testa.
“Se aspettassimo? In fondo anche
noi dobbiamo ancora capire cosa stia succedendo… giusto?”.
“Sì, hai ragione…”.
Passammo il pomeriggio insieme,
poi, ci salutammo e ognuno raggiunse casa propria.
Mi stesi sul letto e chiusi gli
occhi. Non potevo credere a ciò che stava accadendo.
Non avevo mai pensato a Bryce in
quel modo, ma, in fondo, avevamo
scoperto di avere varie cose in comune.
Mi trovavo davvero bene con
lui, e poi, almeno, era un Wildcat con un minimo di cervello, non come
qualcun altro di mia conoscenza… No!! Non dovevo pensare a lui!
Accesi la radio alzando il volume
al massimo.
Vidi il mio cellulare illuminarsi
da sopra la scrivania. Era arrivato un messaggio. Lo presi e lessi il
mittente. Troy.
Fui tentata di cancellarlo senza
leggerlo, ma non lo feci.
‘La canzone che
stai ascoltando è davvero bella, ma i tuoi vicini non sembrano molto
contenti…’.
Abbassai il volume e sentii il
campanello suonare.
Scesi ad aprire e mi ritrovai
davanti Troy, con il solito sorriso beffardo stampato su quella sua
faccia da schiaffi.
“Certo che ti fai sempre aspettare.
Sono almeno cinque minuti che
suono, eppure te lo avevo detto che ci saremmo visti. Sono un po’
in anticipo, lo so”.
“Che vuoi? Se è per quella stupida
promessa, lascia stare, non mi devi dimostrare proprio niente”.
“Non credo proprio. Io mantengo
sempre le mie promesse”.
“Ti credo, ma fai finta di non
avermi mai detto niente. Non
voglio più né parlare, né stare in qualsiasi posto
sola con te.
Vattene”.
Troy mi fissò per un po’ stupito,
poi, con uno scatto
improvviso, mi mise con le spalle al muro e allungò le braccia
poggiando i palmi delle mani vicino alle mie spalle.
“Che ti prende? Ti ha morso
l’insetto dell’antipatia oggi?”.
“Chi cavolo credi di essere?
Pretendi che tutte stiano ai tuoi
piedi, e se non lo fanno, lo ottieni con la forza. Credi di essere il
migliore, ma in realtà non sei altro che un arrogante.
Non capisco proprio come ho fatto a
pensare che tu potessi essere
diverso. Hanno ragione tutti gli altri: sei un arrivista, tutto quello
che fai e le persone che conosci, sono solo strumenti per ottenere
ciò che non riesci a conquistare da solo.
Io non voglio aver niente a che
fare con uno come te, quindi vattene e
lasciami in pace, torna da Sharpay, vi meritate a vicenda, e poi,
adesso, ho una persona a cui pensare”.
Troy continuava a guardarmi
intensamente.
“Stai con qualcuno?”, chiese come
se non avesse sentito niente di ciò che avevo detto prima.
“Sì. Hai qualche problema con
questo?”.
“Certo che no, perché dovrei?”.
Il suo viso era inespressivo, ma la
sua voce suonava lievemente roca. Certamente era una mia impressione.
Era molto vicino a me. I suoi occhi
azzurri erano fissi nei miei.
Cercai di non guardarli, ma sembrava fossero calamite, non riuscivo a
distogliere lo sguardo.
“Lasciami andare”.
“Dovrei?”.
“Troy…”.
Le sue labbra s’incresparono quasi
impercettibilmente,
dopodiché, fece cadere le braccia lungo i fianchi e si
allontanò di qualche passo.
Io mi affrettai a raggiungere la
porta, e a richiudermela alle spalle.
Troy restò immobile. Dopo qualche
secondo si girò e raggiunse la sua auto.
Dalla finestra dell’ingresso
osservai mentre dava gas e partiva.
Il cuore mi batteva forte. Non
aveva fatto altro negli ultimi minuti.
Ero ancora scossa e assolutamente
stupita di ciò che era uscito
dalla mia bocca. Non credevo di essere riuscita a dire a Troy tutte
quelle cose brutte, e, soprattutto di avergli detto di stare con
qualcuno…
Dovevo ancora capire ciò che era
successo. In pochi minuti avevo
distrutto qualsiasi sorta di rapporto che si era venuto a creare fra
Troy e me.
Non devo pensarci. Bolton aveva
avuto ciò che si meritava. Mi stava
prendendo in giro, ed io non sono il tipo da farmi abbindolare
così.
Stava solo giocando con me, e
voleva farmi credere di essere
un’altra persona, ma, in realtà, non era così.
Stava attaccato a quella bionda
senza cervello per i suoi scopi, e io non
potevo accettare di stare vicino ad una persona del genere.
Avevo Bryce. Lui non mi avrebbe mai
trattata come faceva Troy con tutte le ragazze.
Sì, dovevo guardare avanti e
lasciarmi alle spalle tutto ciò che era successo fino ad allora.
Succede sempre così: quando una
parte della propria vita finisce, ne inizia una nuova.
Ma allora, perché mi sentivo male…?
&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&&
Fine quattordicesimo capitolo.
Ho voluto pubblicare subito questo capitolo perchè il 13 in
realtà non dice niente... ho provato a fare del mio meglio con
questo, anche se l'ho scritto di fretta... quindi aspetto qualche
recensione...
Spero che nessuno cominci a volermi male dopo questo capitolo... Siate
buoni, please!!^^
Gabriella adesso si è legata ad un'altra persona, e non a Troy, ma la
storia non finisce qui :P
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
Taylor raccolse i libri sparsi sul
tavolo e si diresse verso le scale.
La seguii e la raggiunsi in camera
sua.
“Che cos’hai? Sei arrabbiata con noi? Scusa se non te
l’abbiamo detto subito, ma prima di farlo sapere in giro volevamo
essere davvero sicuri di ciò che stavamo facendo, e
allora…”.
“Gabby, calmati, anzi, scusami. Non ce l’ho con voi, anche
se devo ammettere che sono rimasta sorpresa”.
“Allora non credi che mi sia bevuta
il cervello mettendomi con un Wildcat?”.
Angel_R
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Capitolo 15 *** CONFESSIONI ***
Capitolo 15: Confessioni.
I giorni passavano, ed io
continuavo a uscire con Bryce, anche se le
nostre non erano proprio uscite, ma più che altro un modo per
stare insieme senza che nessuno ci notasse troppo.
“Non capisco perché continuiamo
a vederci così! A
me non importa niente se qualcuno sparla o dice chissà che, e
poi, se lo fanno, sarà per poco, poi ci faranno
l’abitudine. Persino mia sorella”, disse Bryce mentre
guidava diretto verso casa sua.
“Sì, hai ragione. Non è giusto
continuare a
nasconderci, né per noi, né per i nostri amici”,
gli risposi sorridendo.
Appoggiai la fronte al
finestrino e osservai le case e i giardini che sfilavano rapidi.
Bryce non aveva tutti i torti.
Io non avevo proprio niente di
cui vergognarmi, e se qualcuno avesse
avuto problemi riguardo al nostro rapporto, non m’importava, e
poi, avevo già tenuto troppe cose per me senza dire niente a nessuno, e
mi pesava tantissimo sulla coscienza.
“Sì, giusto! Hai proprio
ragione!”, esclamai all’improvviso tirando un pugno nell’aria.
Lui mi guardò un po’ sorpreso,
poi sorrise.
Il suo era un sorriso gentile e
sincero, non come… NO!!
Da quando Bryce ed io stavamo
assieme, non avevo più avuto alcun tipo di contatto con Troy.
Se ci capitava di vederci per i
corridoi della scuola, ci passavamo accanto senza neanche guardarci in
faccia.
Ero ancora arrabbiata con lui.
Arrivammo davanti a casa
Mckessie. Quando entrammo, sentimmo una voce
che proveniva dal salotto. Taylor stava discutendo con qualcuno al
telefono.
Bryce ed io ci guardammo negli
occhi, e, solo con un cenno della testa,
capimmo che era venuto il momento di ‘rivelarci’.
“Ehi! Tutto a posto?”, chiesi
entrando in salotto.
Taylor sussultò e si girò.
“Mi hai fatto paura. No, non
dicevo a te", sussurrò
rivolta al ricevitore. "Adesso devo andare. Ciao".
Depose il cordless. “Ah,
ci sei anche tu”.
“A quanto pare”, sbuffò Bryce.
Gli tirai una gomitata sul
braccio. “Non fare così”, gli sussurrai.
“Sì, scusa”.
“Che avete voi due? Se volete
stare da soli ditemelo subito che
me ne vado. Non ho di certo intenzione di stare qui mentre vi scambiate
occhiatine da voltastomaco”.
Bryce ed io spalancammo gli
occhi e rimanemmo a bocca aperta.
“Non fate quella faccia!
Pensavate davvero che nessuno se ne accorgesse? Io ho occhi dovunque,
ricordatevelo”.
“Quando l’hai capito?”, le
chiesi un po’ più sollevata.
“Due, tre settimane fa, più o
meno”.
“Allora da subito. Chad ha
ragione, sei tosta, sorella”.
“Non mi nominare
quell’animale”, sbottò stizzita.
Bryce mi fece spallucce in
risposta alla domanda inespressa che vedeva dipinta sulla mia faccia.
Taylor raccolse i libri sparsi
sul tavolo e si diresse verso le scale.
La seguii e la raggiunsi in
camera sua.
“Che cos’hai? Sei arrabbiata
con noi? Scusa se non te
l’abbiamo detto subito, ma prima di farlo sapere in giro volevamo
essere davvero sicuri di ciò che stavamo facendo, e
allora…”.
“Gabby, calmati, anzi, scusami.
Non ce l’ho con voi, anche
se devo ammettere che sono rimasta sorpresa”.
“Allora non credi che mi sia
bevuta il cervello mettendomi con un Wildcat?”.
“No, anche perché mi darei
della stupida da sola, e non ho proprio intenzione di farlo”.
“Eh?”.
"Prima stavo litigando al
telefono con Chad".
“Chad?!”, era la prima volta
che le sentivo pronunciare
quel nome nome. L'aveva sempre chiamato per cognome. "Che ci facevi al
telefono con lui?!".
"Se la pianti di fare così, ti
spiego tutto".
"Okay".
“Ti ricordi quella mattina in
cui per sbaglio ho preso il libro
di chimica di Bryce, e quando gliel’ho riportato ho litigato con
Chad? Beh, quella stessa mattina, è venuto
nel laboratorio di chimica”.
“Danforth nel laboratorio di
chimica?!”.
“Allora, mi fai finire o devo
tapparti la bocca?!”.
“Sì, scusa, vai avanti”.
“E’ venuto in laboratorio e,
con quella faccia da schiaffi
che si ritrova, mi ha chiesto se gli davo delle ripetizioni di chimica
e
matematica”.
“E tu, con la tua solita
delicatezza, gli hai detto che avresti preferito mangiare chiodi”.
“Certo che sì… ma poi ho
accettato”.
“Cosa?!”.
“ Mi ha accusata di non essere
in grado di farlo, ed io di certo
non potevo fargli credere che fosse vero. Lo sai che non mi tiro mai
indietro nelle sfide io, quindi abbiamo fatto una scommessa”.
Sotto questo aspetto eravamo
proprio uguali noi due.
"Quale?".
"Se lui riuscirà ad avere
almeno una B alla fine dell'anno
scolastico, mi offrirà una cena nel ristorante più
lussuoso della città, ma se non la ottiene, io dovrò
seguire tutto il prossimo campionato di basket".
"E come pensi che finirà?".
“Vincerò io, che domande.
Comunque, qualche giorno dopo già ero stanca. Era stressante. Fare
entrare qualcosa nella testa di quello è davvero difficile. Ma
ho scoperto che, nonostante faccia parte del gruppo di quegli animali
degli atleti, Chad
non è tutto muscoli, in fondo... molto in fondo…”.
“Non mi starai dicendo che ti
piace?”.
“No, ti sto dicendo che stiamo
insieme”.
A quel punto avevo gli occhi
somiglianti a due palline da tennis. Non potevo credere a ciò che stavo
sentendo.
“Non mi guardare in quel modo.
In fondo tu non ti sei comportata molto diversamente da me”.
“Sì, ma tu e Danf…, cioè, Chad,
avete sempre
discusso, e quindi non avrei mai pensato che…”.
“Sì, è vero, ma la vita è
strana molte volte”.
“Già... Tay, mi dispiace non
averti detto niente della relazione con tuo fratello, davvero”.
“Non ti preoccupare, neanche io
sono stata sincera nei tuoi
confronti. Diciamo che nessuna delle due è stata una grande
amica per l’altra. Che dici, ricominciamo?”.
“Certo!”.
Ci abbracciammo felici. Non
avrei mai creduto di sentirmi così bene con quel peso in meno da
portarmi dietro.
"Sai, da un lato sono contenta
che tu stia con Bryce. Non potevo vederti attorno a quel pallone
gonfiato di Bolton".
Taylor aveva il potere speciale
di stupirti ogni volta aprisse bocca.
"Ma io... non...".
"E' inutile che provi a negare.
Non mi si può nascondere niente, lo sai".
"Non sto negando. La verità è
che non c'è assolutamente niente tra me e Troy. Lo detesto".
"D'accordo, se lo dici tu".
Dal tono che aveva usato, capii
che Taylor non era convinta delle mie parole.
"Allora, hai intenzione di
dirlo subito a tuo fratello di te e Chad, o vuoi aspettare che lo
scopra da solo?"
"Aspettare che lo scopra? Non
voglio mica nascondermi per tutta la vita".
Scendemmo in soggiorno. Bryce
era seduto sul divano e guardava la televisione.
"State sorridendo, buon segno".
"Non fare lo spiritoso, e
trattala bene, o te la vedrai con me... fratello".
"Se stai cercando di farmi
paura... ci sei riuscita".
"Non cominciate voi due, vi
prego", li interruppi.
"Va bene, come vuoi".
Il cellulare di Taylor squillò.
Lo prese e lesse il nome sul display.
"Vado a rispondere in cucina.
Se prova a cercare di convincermi
un'altra volta ad assistere ad una di quelle sue stupidissime partite,
gli faccio mangiare il pallone da basket tutto intero".
"Di chi parlava?", mi chiese
Bryce una volta rimasti soli.
"Del suo ragazzo", risposi
tranquillamente.
"Cosa?! E chi è quel pazzo che
ha il coraggio di uscire con lei?".
"Hey! Ricordati che stai
parlando della mia migliore amica, e poi te lo deve dire lei, non io".
"Eh no, adesso me lo dici".
"No, e non riuscirai a
strapparmelo in alcun modo".
"Tu dici?".
Bryce mi prese per i fianchi e,
facendomi il solletico, mi fece cadere sdraiata sul divano.
"Fermo. Fammi alzare", dissi
seria all'improvviso.
Lui si fermò e mi guardò in
modo strano. Sembrava deluso.
"Scusa".
"No, non è colpa tua, è solo
che adesso devo tornare a casa, è quasi ora di cena".
"Okay, ti accompagno".
Mi odiavo. In fondo Bryce non
stava
facendo niente di male.
Ma essere sdraiata sul quel
divano mi dava una
sensazione strana. E non era per niente piacevole.
*****
***********************************************************************************
Fine quindicesimo capitolo.
Finalmente sono riuscita ad aggiornare.
Questo capitolo l'ho scritto di fretta, quindi magari non è il massimo,
ma conto di trovare lo stesso qualche recensione... ok??
Non so quando riuscirò a pubblicare il prossimo... spero presto.
Ringraziamenti:
Angels4ever:
a quanto pare la confusione non è solo tua, ma anche di
Gabriella, e, anche se Troy è Troy, adesso lei preferisce stare
con Bryce...
lovejero: grazie per
il... ehm... complimento? xD Non potevo fare andare avanti la storia
senza un piccolo colpo di scena U.U
Sì, i tuoi presentimenti erano veri, ma spero che la fiction continui a
piacerti lo stesso^^
romanticgirl:
tifate tutte per Troy, e non vi biasimo, ma almeno tu apprezzi un
pochino anche la nuova coppia^^ (grazie anche per la recensione del
cap.14)
Grazie mille a tutte!! Anche a chi ha solo letto!!
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Si può sapere cosa succede?", chiese
Kelsi raggiungendoci con Ryan.
"Una storia lunga", risposi.
"Ho tempo", replicò stupita dalla
visione di quello stranissimo gruppetto che era venuto a formarsi.
"Vieni, allora".
Angel_R
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Capitolo 16 *** COMUNICAZIONI DI SERVIZIO ***
Capitolo
16: Comunicazioni di servizio.
La mattina dopo Taylor ed io ci sedemmo su un muretto di fronte alla
scuola.
Poco dopo Bryce ci raggiunse.
"Buongiorno".
"Ciao!".
"Non cominciate voi due!", esclamò Taylor.
Dopo qualche secondo arrivò anche Chad. Ancora non mi
capacitavo di tutto ciò, ma dovevo pur farci l'abitudine.
"Amico, se hai bisogno di una spalla su cui piangere, o di qualcuno con
cui sfogarti... ci sono io", disse Bryce mettendo un braccio attorno
alle spalle dell'amico.
Mi avvicinai a Taylor. "Gliel'hai detto, eh?".
"Già, e a quanto pare l'ha presa abbastanza bene".
"Si può sapere cosa succede?", chiese Kelsi raggiungendoci
con Ryan.
"Una storia lunga", risposi.
"Ho tempo", replicò stupita dalla visione di quello
stranissimo gruppetto che era venuto a formarsi.
"Vieni, allora".
Taylor, Kelsi ed io entrammo dentro la scuola.
Una volta trovata Martha, ci chiudemmo nel bagno delle ragazze e
raccontammo tutto.
Ebbero la stessa reazione avuta da me il giorno prima: rimasero a bocca
aperta.
"Non avete niente da dire?", chiesi.
"Una cosa l'avrei", rispose Martha. "Adesso tocca a me".
"Eh?".
"Mi avete lasciata sola. L'unica single. Quindi devo muovermi a cercare
qualcuno, altrimenti faccio la muffa in casa. Sapete se qualcun'altro
dei Wildcats o del gruppo del teatro è libero?".
Incredibile, e io che mi aspettavo una sfuriata.
"No, ma se sentiamo qualcosa, te lo riferiamo", disse Taylor quasi
stupita quanto me.
"Bene".
"Allora, non siete arrabbiate?".
"No Gabby, in fondo è normale avere segreti, ma non di
questa portata! La prossima volta ditelo prima", asserì
Kelsi sorridendo.
"Promesso", rispondemmoTaylor ed io in coro.
"Adesso andiamo, o facciamo tardi".
Le lezioni passavano lente. Sembrava che il tempo ed i professori si
fossero alleati contro tutti noi.
Il suono della campanella dell'ora di pranzo, fu accolto con un sospiro
di sollievo da parte dell'intera scuola.
In mensa, noi quattro, ci sedemmo al solito tavolo, e poco dopo fummo
raggiunte da Ryan.
Era più allegro e sorridente del solito.
"Cos'hai? Ti hanno offerto un posto a Brodway?", chiese Taylor vedendo
la faccia sognante del ragazzo.
"Meglio, molto meglio... cioè, per adesso".
"Cosa?", chiesi curiosa.
"Ho trovato l'idea per il prossimo musical scolastico".
"Davvero? E cosa? Dai, parla!", esclamò Kelsi agitandosi.
"Mi dispiace, ma non posso dirlo a nessuno, neanche a te".
"Perchè? Hai intenzione di mettere in scena 'Jack lo squartatore'
senza manichini? Avrei da proporti un paio di persone...".
"No, Taylor, non vorrei rovinare i tuoi sogni vendicativi, ma non ha
niente a che fare con quello".
"Perchè tanti segreti, allora?".
"Hey, che si dice?".
Bryce e Chad si erano staccati dal tavolo della squadra per aggregarsi
a noi.
Eravamo troppo curiose per essere sorprese dal loro gesto.
"Il nostro grande artista fa il misterioso", rispose Taylor minacciando
Ryan con una forchetta di plastica tenuta a mezz'aria.
"Lo saprete quando andrà in scena. Ma se siete tanto
curiose, potete fare i provini o venire a dare una mano per allestire
il palco".
"Sì, perchè al Drama Club fa sempre comodo della
manodopera in più", disse Martha imitando perfettamente la
Darbus.
"Certo che sei impossibile! Noi non possiamo partecipare a nessuna
attività. Abbiamo già il Decathlon che ci riempie
tutti i pomeriggi. Vabbè, vorrà dire che la tua
piccola metà ci dirà tutto in esclusiva",
sentenziò Taylor indicando Kelsi.
"Eh no. Lei manterrà il segreto professionale che viene
richiesto ad ogni artista serio".
"Segreto professionale?", chiese Kelsi cadendo dalle nuvole. "Ah,
sì, certo", disse infine capendo l'oggetto del discorso.
"Come mai tanto interesse per il teatro?", chiese all'improvviso Chad a
Taylor.
"Non m'interessa, ma dato che sarò costretta a guardarlo,
vorrei che fosse qualcosa di buono".
"Allora dovrai anche cominciare ad interessarti degli orari delle
partite di basket. Il test di chimica non è andato bene".
"Non t'illudere, questo è l'ultimo voto insufficiente che
prendi, Quindi, comincia a risparmiare un po' di soldi, ho voglia di
bistecca e aragosta".
"Hai sempre la risposta pronta, eh?".
"Certo, fa parte del pacchetto, prendere o lasciare".
Incredibile, quei due riuscivano a discutere nonostante stassero
assieme.
@@@@
"Allora, ripetiamo per l'ultima volta questo esperimento,
dopodichè possiamo andare a casa", disse Taylor rivolta al
nostro gruppo di scienze.
Erano le 16:30, e c'eravamo trattenuti nel laboratorio di chimica della
scuola.
Dopo aver portato a termine il compito, tutti recuperarono le proprie
cose e si affrettarono verso l'uscita.
Taylor ed io, invece,restammo per rimettere tutto in ordine.
"Chissà qual'è la brillante idea di Ryan.",
chiesi pensierosa.
Erano passate già due settimane da quando il ragazzo aveva
comunicato di aver avuto la grande idea.
Come promesso, non aveva detto niente a nessuno, e, proprio in quel
momento, era in teatro assieme al cast, finalmente formato dopo vari
provini, e stava raccontando loro la trama della sua nuova
sceneggiatura.
"Io dico che sarà la solita storia: lui ama lei, lei ama
lui, ma c'è il terzo incomodo che arriva a mettere i bastoni
tra le ruote,ma, alla fine, l'amore riuscirà a trionfare".
"Non essere così drastica, Taylor. Secondo me, invece,
sarà uno spettacolo molto bello. Ryan ha sempre idee
fantastiche", dissi.
"Speriamo. Non vorrei mi venisse il diabete prima della fine del primo
atto".
La porta del laboratorio si aprì. Era Chad.
"Sei pronta?", chiese a Taylor. "Ciao, Gabriella".
"Ciao".
Le cose stavano proprio cambiando. Non mi sarei mai immaginata che un
giorno Chad Danforth mi salutasse civilmente e venisse a prendere la
mia migliore amica nel laboratorio di chimica.
"Se devi andare, vai. Ci penso io qui", dissi a Taylor.
"Sicura? Non ti dispiace?".
"No, e poi è rimasto poco da fare".
"Allora vado. Grazie".
Era passato circa un minuto quando la porta venne riaperta.
Mi aspettavo di vedere comparire Taylor, magari aveva dimenticato
qualcosa, invece, davanti a me si presentò Troy.
%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%%
Fine sedicesimo capitolo.
In reltà questo capitolo non doveva fermarsi qui, ma mi sono
accorta che era davvero troppo lungo, e allora ho dovuto dividerlo in
due parti, quindi la scena principale, è contenuta nel
prossimo capitolo, che cercherò di pubblicare il
più presto possibile.
Oggi sono riuscita a pubblicare perchè ieri ho avuto un po'
d'ispirazione dovuta alla gioia della nascita del mio cuginetto
Lorenzo!!!!^^ Che, modestamente, è un bimbo bellissimo!! E questo,
naturalmente, è detto da una persona totalmente di parte U.U
RINGRAZIAMENTI:
armony_93 :
figurati, non mi dispiace affatto avere nuove lettrici, anzi, mi fa
molto piacere!!^^ Vuol dire che la mia storia piace!!
Gabriella è strana, è vero, ma ancora, a quanto pare, non ha ancora
deciso che le piaccia veramente... Per adesso sta con una persona, ma
bisogna vedere se continuerà così oppure no... ma non dico più
niente... : P
Anche se Chad e Taylor non sono tra le mie coppie preferite, ho voluto
inserire nella storia anche loro per renderli più partecipi agli
eventi, e comunque, nei prosimi capitoli ci saranno altre piccole parti
anche con loro.
Grazie mille per i complimenti!! Mi rendono davvero felice^^ Mi
raccomando, continua a seguirmi...
Faboulos95 : mi fa piacere
che ti cominci a piacere la coppia Troy/Gabriella anche grazie a me^^
Il momento delle vere confessioni... avevo già deciso di metterlo verso
la fine della stroria, quindi dovrai aspettare un po' e continuare a
leggere questa storia...
Grazie anche a te per i complimenti^^
lovejero : so che tu tifi
per Troy (e, sinceramente, un pochino anch'io :P) , ma per adesso
Gabriella ha preso le sue decisioni... e adesso sto decidendo come far
andare avanti la storia tra quei due... mmm.... XD
Veramente anch'io faccio fatica ad immaginarmi loro due con altre
persone, ma spero che i piaccia lo stesso^^
romanticgirl : come ti
sembra questo capitolo? Fammi sapere, eh!!
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Pessimista".
"No, realista".
"Pessimista",
ripetè lui. "Proviamoci, almeno".
"Come faccio ad essere
amica di uno che non sopporto?".
Angel_R
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Capitolo 17 *** C'E' NOIA FRA NOI? ***
Capitolo
17: C'è noia fra noi?
"Stavo cercando Chad, sapevo che doveva venire qui".
"E' andato via poco fa, ma non credo sia ancora nei dintorni".
Mentre gli parlavo continuavo a mettere in ordine. Non riuscivo neanche
a guardarlo in faccia.
Lui si diresse verso il bancone più vicino e ci si
appoggiò. Incrociò le braccia al petto, e cominciò
a fissarmi.
"A quanto pare voi cervellone state manipolando parte della mia
squadra".
"Sì, certo. Con lavaggio del cervello compreso. Adesso vattene, ho da
fare".
"Non eri tu quella che diceva che gli atleti sono stupidi e non degni
di considerazione?", insistette lui imperterrito.
"Ne sono ancora convinta. Ma sappi che esiste sempre un'eccezione".
"E guarda caso quell'eccezione l'hai trovata proprio tu. Che fortuna".
Stava sorridendo, come suo solito.
Avevo voglia di togliergli quel sorrisetto dalla faccia.
"Non credo siano affari tuoi".
"Tu dici? Io invece penso proprio di sì".
Si staccò dal bancone e si avvicinò pericolosamente a me.
Mi afferò per un braccio e mi costrinse a voltarmi per
guardarlo
in faccia.
"Non credo tu abbia capito, sai? Nessuno può dire di no a me. Io
ottengo sempre ciò che voglio. L'hai detto tu
stessa, ricordi?".
Sentivo la rabbia che saliva piano, piano.
"In questo momento quello che voglio sei tu, quindi, farò di
tutto per averti. E poi, ho ancora una promessa da mantenere".
"Cosa credi di fare? Ma ti rendi conto di quanto sei ridicolo? Vuoi far
sembrare di essere quello
forte ed irraggiungibile, ma in realtà
sei solo un povero illuso che dalla vita non avrà mai niente di
buono":
A quel punto la rabbia era diventata quasi collera, e mi pulsava nelle
orecchie.
Troy continuava a fissarmi.
I suoi occhi erano penetranti, e sembrava che mi perforassero il cranio.
"Senti, mi stai annoiando. Ogni volta ripeti sempre le stesse cose, non
credi sia ora di cambiare musica?".
"Sei tu che mi annoi. Ogni volta ripeti sempre le solite cose, non
credi sia ora di cambiare musica?".
Con uno scatto improvviso mi mise con le spalle contro ad uno dei
banconi e mi si parò davanti.
"Anche i tuoi gesti sono sempre i soliti", dissi con finta faccia
annoiata.
Si avvicinò col viso al mio e, mentre stavo per replicare che
anche la carta del bacio era stata già usata, mi
posò le
labbra sulla fronte.
"Questo è diverso, no? Non voglio che ci sia noia tra noi. Mi stavo
divertendo".
Sentivo il fiato caldo e le sue labbra contro la mia pelle. L'ira di
poco prima era in parte svanita.
"Lo sai che adesso sto assieme a...".
"Sì, e allora? Non possiamo neanche parlare come due normali amici?".
"Noi non siamo amici, e tu non sei normale".
"Allora, ti chiedo formalmente: vuoi diventare mia amica? Così va
bene?".
"L'amicizia non è una cosa che si richiede, ma una cosa che nasce pian
piano, senza costrizioni".
"D'accordo, allora la faremo nascere e crescere, ma è meglio che
una volta venuta al mondo la custodisca tu.
Sai, credo che tutti i pesciolini
rossi di questo mondo abbiano una mia foto segnaletica, e non avrebbero
tutti i torti.
Nel corso della mia vita ne ho decimato la popolazione".
Non riuscii a reprimere un sorriso.
Per fortuna lui aveva ancora le labbra sulla mia fronte e non lo vide.
"Non credo potrà mai accadere", gli risposi tornando seria.
"Anche tu hai molti cadaveri sulla coscienza?".
"Non penso che potremmo mai essere amici, noi due".
"Pessimista".
"No, realista".
"Pessimista", ripetè lui. "Proviamoci, almeno".
"Come faccio ad essere amica di uno che non sopporto?".
"Nello stesso modo in cui riesci a stare assieme ad una persona che non
ti piace veramente. E comunque non è vero
che non mi sopporti.
Io ti piccio".
"Come ti permetti di dire certe cose?! Tu non sai niente di me!".
La rabbia stava tornando.
"Non scaldarti tanto. Non sapevo ti facesse così male la verità".
Gli diedi uno spintone e riuscii ad allontanarlo. Cominciai a fissarlo
negli occhi.
Lui sorrise e mi mise una mano su una guancia. "Apri gli occhi,
Gabriella".
Avrei voluto prenderlo a schiaffi, se non fosse stato che la porta del
laboratorio venne aperta nuovamente.
Troy si affrettò a ritirare la mano e a metterla in tasca.
Quella volta a fare il suo ingresso fu Bryce, il quale rimase piuttosto
sorpreso alla vista di quella scena.
"Hey, capitano, che ci fai qui? Non sapevo che la chimica
t'interessasse così tanto", disse parlando con un tono vagamente
ostile.
"Infatti. Stavo cercando Chad, ma a quanto pare non è qui. Me ne vado.
Ciao".
Dopo che se ne fu andato, io ricominciai a respirare, cosa che non
avevo fatto negli ultimi minuti.
"Cosa voleva?" mi chiese Bryce.
"Non lo so", risposi finendo di riporre le ultime provette dentro un
cassetto.
"Gabriella...".
"Non lo so", ripetei senza riuscire a guardarlo. "Scusa, ma lo sai
com'è quello. Parla solo per dare aria ai denti. Non mi metto di
certo al suo livello dandogli corda e ascoltando quel che dice".
Lui mi guardò qualche secondo, poi disse:"Ho capito. Hai finito qui?".
"Sì, certo. Andiamo", risposi prendendolo per mano.
Mi dispiaceva davvero aver risposto in quel modo a Bryce, ma Bolton mi
aveva fatta innervosire.
Mi chiedevo
cos'avesse voluto dire con le ultime frasi.
"Non sapevo ti
facesse così male la verità. Apri gli occhi, Gabriella".
Arrivati davanti a casa mia, Bryce ed io ci salutammo. Lui mi sembrò
un po' distaccato rispetto alle altre volte,
ma pensai fosse solo una
mia sensazione.
$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$
Fine diciassettesimo capitolo.
Ecco il continuo dello scorso capitolo.
Non so com'è venuto, l'ho scritto di getto in un
attimo d'ispirazione e di tempo quindi spero che
me lo diciate voi...^^
Per leggere il diciottesimo capitolo dovrete aspettare un po' di più,
credo... Per il momento è scritto
solo a metà, spero proprio di riuscirlo a finire presto.
RINGRAZIAMENTI:
Angels4ever :
grazie mille per il complimento. Mmm... più o meno la tua predizione
era vera, adesso bisogna solo
vedere come va a finire!! kiss!!^^
Faboulos95 : ecco a te il
nuovo capitolo, spero ti piaccia anche questo.
No, la coppia Troy/Gabriella non piace mai troppo, quindi continua a
seguire :D
Grazie mille anche a te per i complimenti^^
armony_93 : mi dispiace, ma
la coppia Ryan/Gabriella non è prevista... lui è così carino assieme a
Kelsi!! :D
Per quanto riguarda Troy e Gabriella... non so!! Per adesso rimane un
punto interrogativo... poi vedremo...
Grazie a tutte voi che recensite, a chi legge solamente, e a chi ha
messo questa storia fra i loro preferiti!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
Non sapevo per quanto
avessimo potuto andare avanti in quel modo.
Da
una parte volevo che finisse tutto, ma dall'altra, avevo paura. Paura
che mi cadesse tutto addosso.
Temevo di rimanere imprigionata e schiacciata sotto le mie stesse
bugie.
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Capitolo 18 *** PUNTO DI SVOLTA ***
Capitolo
18: Punto di svolta.
Dopo l'episodio nel laboratorio di chimica, cercai di evitare Troy in
tutti i modi.
Non lo capivo.
Ogni volta che riuscivo ad
instaurare con lui una sorta di rapporto civile o che si dimostrava in
qualche modo umano e comprensivo, mischiava sempre le carte in tavola e
tornava ad essere il solito gradasso menefreghista pieno di sè.
Dovevo tagliare
definitivamente i ponti con lui. Ma, a quanto pareva, neanche quello mi
riusciva bene.
Quando ci avevo provato non
ero riuscita a raggiungere lo scopo...
In quei giorni Bryce
si comportava in modo strano.
Quando eravamo insieme, mi
sembrava freddo e pensieroso, come se stare
con me gli fosse difficile.
Non avevo il coraggio di
chiedergli spiegazioni.
Forse era perchè conoscevo già la risposta ed ero troppo
vigliacca per sentirla, o perchè non volevo ammettere niente
neanche a me stessa.
Sapevo di star vivendo in una
bugia. Anzi, sapevo che stavamo entrambi
vivendo in una bugia.
Anche se sentivamo che
qualcosa non andava, continuavamo a mentire a
noi stessi e a far finta di niente davanti agli altri.
Dopo un po', divenne tutto
una routine, e fingere era quasi naturale.
Non sapevo per quanto
avessimo potuto andare avanti in quel modo.
Da
una parte volevo che finisse tutto, ma dall'altra, avevo paura. Paura
che mi cadesse tutto addosso.
Temevo di rimanere imprigionata e schiacciata sotto le mie stesse
bugie.
Quel pomeriggio, Taylor,
Martha ed io ci fermammo di nuovo a scuola, ma
quella volta per aiutare in teatro.
Anche se eravamo impegnate
col Decathlon, decidemmo che un piccolo
svago non ci avrebbe sicuramente fatto male.
A quanto pareva la
realizzazione dello spettacolo stava procedendo
abbastanza bene e Ryan ne era contento, anche perchè Kelsi era
sempre al suo fianco e componeva canzoni stupende una dopo l'altra.
I nostri due amici avevano
costretto gli attori al silenzio, quindi
nessuno, oltre a loro e alla Darbus, era a conoscenza del tema trattato
nella
rappresentazione.
La motivazione di tanto
mistero era sconosciuta, quindi speravamo di
scoprire qualcosa aiutandoli.
Quando entrammo la Darbus ci
fissò per un lunghissimo minuto.
Probabilmente era stupita dal fatto che fossimo lì di nostra
iniziativa, senza che ci mettesse in punizione o ci minacciasse con
qualche canto di Shakespeare.
Dopo circa un'ora, Ryan ci
fece lasciare pennelli e lattine di pittura per poter cominciare le
prove dello spettacolo.
Ci sedemmo sulle poltroncine
rosse e gli attori salirono sul palco.
Il Drama Club aveva fatto un
ottimo lavoro, davvero.
"Allora, com'è?", chiese Ryan
saltellando giù dal palco con un sorriso sgargiante stampato in faccia.
"Niente male, ma avrei
preferito qualcosa di più... attivo", rispose Taylor.
"Quante storie!! A me è
piaciuta molto".
"Grazie Martha. Gabby?",
chiese il ragazzo rivolto a me.
"Ah... Sì, è piaciuto anche a
me".
"Qui abbiamo finito tutti.
Andiamo a mangiare qualcosa?", chiese Kelsi spuntando da dietro le
spalle di Ryan all'improvviso.
"Certo. I ragazzi sono ancora
all'allenamento, quindi abbiamo tempo", rispose Taylor.
"Voi andate pure. Io vado a
casa", dissi.
"Perchè? Non stai bene?".
"No, tranquilla, E' solo che
devo finire una relazione di biologia, e
se non la consegno sono nei guai. Ci vediamo domani. Ciao".
"Ciao".
Mi salutarono un po'
straniti, ma, per fortuna, non mi fecero altre domande.
Ricerca di biologia... niente
male! E l'hanno anche bevuta. Non che fosse
una scusa stupida... credo, ma io non sono mai stata capace a mentire.
Probabilmente la gavetta di
quel periodo stava dando i suoi frutti. Frutti acerbi e amari, ma
sempre frutti.
I corridoi dell'East High
erano deserti e silenziosi. Non si sentivano
neanche gli schiamazzi che sarebbero dovuti provenire dalla palestra
per via
dell'allenamento dei Wildcats.
Già, i Wildcats... Meglio
andarsene alla svelta. Non avevo voglia di vedere nessuno.
A quanto pareva, però, le mie
speranze, erano sempre destinate ad essere vane.
"Guarda, guarda chi gira
tutta sola. Che ci fai qui?".
"Siamo a scuola, non è tanto
difficile trovarmi qui, a differenza tua".
"Non cominciare, il tuo
sarcasmo mi annoia".
"E tu taci, Sharpay. La tua
voce mi irrita".
Indossava ancora la divisa
rossa e bianca delle cheerleader. Probabilmente l'allenamento era
appena finito.
Stranamente lei era sola.
Mi guardai attorno certa che
prima o poi sarebbe spuntata qualche Barbie al suo fianco.
"Non c'è nessuno. Sono tutti
negli spogliatoi, io stavo andando
a cercare mio fratello", disse Sharpay interpretando il mio gesto. Mi
stupì.
"Ah. Comunque Ryan non c'è, è
uscito con le altre dopo le prove in teatro".
"Oh, ancora con quella storia
dello spettacolo", sbuffò
accentuando le parole con una scrollata di spalle. "Non pensa ad altro.
E poi se la fa con quella nana e tutte voi... patetico".
"Sono d'accordo. Ryan non
capisce proprio quanto starebbe meglio se
stesse in mezzo a tutti voi. Non so davvero come faccia ad andare
avanti senza il vostro aiuto".
"Mi stai prendendo in giro?".
"Mmm... non so, tu che dici?".
Mi fulminò con lo sguardo.
L'ultima cosa di cui avevo
bisogno era una discussione con Sharpay, quindi mi rimisi in marcia e
la sorpassai.
"Scappa pure, ma non
riuscirai a farlo per molto. Quando ti stancherai,
ti prenderò, e allora vedremo chi l'avrà vinta".
Possibile che fosse ancora
arrabbiata con me per via della "litigata"
avuta poco dopo il mio arrivo? Eppure me l'aveva già fatta
pagare abbastanza, no?
A quanto pareva...no.
Decisi di ignorarla. Non
avevo voglia di subirmi un altro attacco isterico da parte sua.
"Hey!", urlò inseguendomi.
Mi raggiunse e mi bloccò.
"Cosa credi di fare?".
"Mia nonna dice sempre che se
non si ha nulla di carino da dire,
conviene tacere o cambiare discorso. Dato che a te dà fastidio
il silenzio... fa abbastanza caldo oggi, vero?".
Sharpay serrò le labbra
finchè non diventarono un filo sottile,
socchiuse gli occhi e avvicinò il
viso al mio.
"Non ti azzardare", sibilò a
denti stretti.
"A far cosa? Cercare in tutti
i modi di non odiarti?!".
Avevo cominciato ad alzare la
voce.
Sapevo perfettamente che
mettermi ad urlare non avrebbe migliorato la
situazione e che, per di più, sarei passata dalla parte del
torto, ma avevo i nervi a fior di pelle, e quell'oca bionda stava
scatenando il peggio di me.
Lei era diventata paonazza,
ed era tanto vicina a me che potevo udire
gli ingranaggi del suo cervello lavorare quanto più velocemente
possibile per elaborare un qualsiasi piano di vendetta.
"Fai come ti pare, ma ti do
un consiglio: non intrometterti in ciò che non ti riguarda".
Ancora altri consigli
indesiderati dati da un'altra persona sbagliata.
"A quanto pare tu e
quell'animale che ti ostini a chiamare fidanzato
non fate altro che elargire consigli a chiunque incontriate. Che
carini! Non pensavo davvero possedeste tutta questa bontà
d'animo".
"Ecco brava, anche questo.
Stai lontana da Troy. Ultimamente girano
delle voci che riguardano voi due, e, quindi, anche la sottoscritta.
Non mi piace
quando si parla di me", disse assumendo un'espressione di
superiorità. "Tranne quando vengo lodata, ovviamente", aggiunse con un
sorrisetto compiaciuto.
Ma come si fa ad essere così
vanitosi e pieni di sè?!
"Proprio uguali", mormorai a
me stessa.
"Cosa?", chiese Sharpay
sporgendosi verso di me.
"Niente. Posso andare adesso
o hai qualche altra perla di saggezza da regalarmi per
darmi la possibilità di emergere dalla mia ingoranza?".
La bionda cheerleader non
rispose. Continuò a fissarmi con uno sguardo di sfida.
"Bene. Chi tace acconsente.
Ciao".
"Non hai possibilità".
"Eh?".
"Non hai nessuna possibilità
di uscire in piedi da tutto questo".
"Non mi fai paura".
Sharpay aprì la bocca per
ribattere, ma si bloccò
sentendo un coretto di voci provenire da dietro l'angolo del corridoio.
Era una parte della squadra
di basket: Chad, Bryce, Zeke, Jason e Troy.
Appena ci videro smisero di
chiacchierare e cominciarono a fissarci.
"Cosa c'è? Non avete mai
visto due ragazze chiacchierare prima d'ora?", chiese Sharpay.
Chiacchierare? Quella ragazza
aveva uno strano concetto di 'fare conversazione'.
"Due ragazze sì, ma non voi
due", le rispose prontamente Chad con una smorfia.
"Beh, stavamo solo chiarendo
qualche punto discordante. Adesso puoi
andare, abbiamo finiti. Saluti!", esclamò stampandosi in faccia
un sorriso falso almeno quanto il colore dei suoi capelli.
Si avvicinò a Troy e gli
passò n braccio intorno alla
vita. Come al solito lui non mostrò alcuna emozione. Rimase
impassibile.
Mi fissava. Odiavo quando
faceva così.
Li soprassai e Bryce mi seguì
salutando tutti con un 'ciao' poco convinto.
"Chiacchierata, eh?", mi
chiese con tono sarcastico.
"Già, da non perdersela per
nulla al mondo".
"Allora? Come mai ancora nei
dintorni?".
"Stavamo dando una mano in
teatro. Gli altri sono andati a mangiare qualcosa, ma io non ne avevo
voglia".
"Ah. Andiamo noi due? Ti
va?", chiese titubante.
Arrivammo al mio armadietto e
riposi i libri che avevo in mano.
"Veramente dovrei andare a
casa...", cominciai senza riuscire a guardarlo.
Sospirò. "Okay, ho capito. Ti
accompagno".
Chiusi l'armadietto e ci
avviammo verso l'uscita.
Perchè non ne ero capace?
Perchè non riuscivo a lasciarmi
andare con lui? Eppure all'inizio era stato così facile...
Mentre camminavamo sentimmo
delle voci provenire poco distante.
"Cosa cavolo le hai detto?".
"Perchè t'interessa così
tanto?".
"Rispondimi".
"Beh, le ho detto di non
mettermi i bastoni tra le ruote e di lasciarti
in pace, quindi, d'ora in poi, non dovrai più preoccuparti di
quella piccola rompiscatole".
Sharpay, esibendo un
sorrisetto soddisfatto, si avvicinò a Troy pronta a baciarlo.
Il ragazzo, invece, si scostò
e l'allontanò.
"Che cosa c'è?", chiese lei
con aria offesa.
"E me lo chiedi? Sei sempre
la solita ficcanaso. Fatti gli affari tuoi per una volta".
"Cosa?! Non ti permetto di
parlarmi così!".
"Piantala! Non ho più voglia
nè di sentirti nè di vederti", sbottò lui.
"Tu
preferisci quella stupida, non è vero?! Da quando è arrivata qui non
hai fatto altro che trascurarmi e starle attaccato. Se è questo che
vuoi, bene, ma scordati la borsa di studio e il successo".
"Sai che
ti dico? Tu e la borsa di studio potete anche andare a qual paese. Se
devo
continuare su questa strada per essere poi attorniato da persone come
te, preferisco essere nessuno".
"Bene Bolton, perchè è quello
che sarai: un fallito".
Detto ciò, Sharpay, si
diresse verso l'uscita e si dileguò.
Io ero ancora paralizzata e
stentavo a credere alla scena alla quale avevo appena assistito.
Bryce era ancora accanto a me
e fissava un punto imprecisato del pavimento.
Dopo
qualche secondo in cui rimase immobile, Troy si mosse e, invece di
uscire, si diresse verso le aule. Aprì una porta e scomparve.
"E' meglio se andiamo", mi
disse Bryce prendendomi un braccio.
"Sì, ma io vado a piedi. Ho
voglia di camminare un po'. Ti dispiace?".
"No, certo".
Fece qalche passo, poi si
bloccò.
"Gabby".
"Sì?".
"Neanch'io voglio continuare
con questa farsa. Non è giusto, per nessuno dei due".
Era
da qualche tempo che pensavo le stesse cose, è vero, ma sentirle
pronunciare da Bryce, suonavano diversamente. Però aveva ragione,
continuare ad illudere noi stessi, sarebbe stato solo un modo per farci
del male a vicenda.
In un certo senso ero
contenta che la pensasse così anche lui.
"Vale lo stesso per me. E'
solo che mi dispiace".
"Perchè?
Non è colpa tua, Diciamo che ci abbiamo provato, ma non ha funzionato.
Credo che tu ed io siamo destinati ad essere solo amici... sempre che
tu lo voglia".
"Certo che lo voglio", dissi
sorridendo.
Mi avvicinai e lo abbracciai.
Dopo qualche secondo, ricambiò la stretta.
"Pensavo mi odiassi",
sussurrai staccandomi da lui.
"No, non potrei mai. E poi so
che al cuore non si comanda". Ammiccò e fece l'occhiolino.
"Cosa vuoi dire?".
"Eh... Non posso dirti tutto
io. Sono tuo amico, non il tuo angelo custode. Ciao".
Sorrise un'ultima volta e se
ne andò.
Erano successe troppe cose in
una volta.
Ero ancora frastornata, ma
una cosa l'avevo capita, finalmente, e dovevo a tutti i costi
affrontarla.
Presi un respiro profondo e
m'incamminai per i corridoi della scuola, decisa a porre fine a quella
storia una volta per tutte.
Non
avrei più lasciato che le mie emozioni e i miei sentimenti venissero
offuscati dalla logica e dal controllo ossessivo che imponevo a me
stessa. Sarei arrivata in fondo a quella storia, e nessuno me l'avrebbe
impedito.
Dovevo trovare una risposta alla domanda che mi ronzava in testa, e, in
quel momento, stavo proprio andando nel luogo dove l'avrei trovata...
ççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççççç
Fine diciottesimo capitolo.
Sono un po' in ritardo, ma ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia e
che mi lasciate qualche commentino!!
So che non è il massimo, ma adesso che ho più tempo cercherò di
applicarmici di più :P
RINGRAZIAMENTI:
Angels4ever
: Sono contenta che questa storia sia fra le tue preferite, vuol dire
che tanto male non è... Grazie ancora per le belle recensioni
che mi lasci!!^^
romanticgirl :
eccoti il nuovo
capitolo, spero di non averci messo troppo.
francesca_22
: ecco un'altra lettrice!!^^ che tifa sempre per Troy... Credo proprio
che questo capitolo, essendo tutte fan del capitano dei Wildcats,
piacerà un po' a tutti (io che spero in un sì corale U.U)
XD anche se mi dipiace un pochino... mi ero affezionata a Bryce :P
Baci anche a te!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Prima, quando sei entrata in
palestra, mi hai detto che stavi cercando qualcosa".
"Ah... Sai, credo di non star cercando più niente. Non più, ormai".
"Bene, meglio così. Allora... ciao".
"Ciao".
Risalì in auto e ripartì.
Sì, finalmente avevo trovato la
risposta che cercavo, ma accettarla era molto più difficile di quanto
pensassi...
P.S. Grazie
tante anche per le recensioni di "Xmas'
gift" a Tay_ e
a Angels4ever e
comunque...
BUON NATALE A TUTTI!!!!!^^
Angel_R
|
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Capitolo 19 *** STO CERCANDO... COSA? ***
Capitolo
19: Sto cercando... cosa?
Raggiunta la mia meta aprii la
porta, sicura di trovarci qualcuno dall'altra parte, e così fu.
"Sapevo di trovarti qui".
"Beh, non ci vuole un genio".
A quell'ora la palestra sembrava diversa, ma, molto probabilmente, era
solo una mia impressione.
Troy continuava a tirare il pallone cercando di farlo entrare nel
canestro, ma ogni tiro fu un buco nell'acqua.
Il rimbombo amplificato sul pavimento m'innervosiva e di certo non
aiutava.
Ad un tratto Troy prese il pallone e lo infilò sotto il braccio
voltandosi verso di me.
"Cosa ci fai qui? A quest'ora le brave bambine come te dovrebbero
essere a casa a fare i compiti", disse avvicinandosi.
Mi sedetti sul secondo gradone degli spalti. "Sto cercando qualcosa",
mi limitai a rispondere.
"Non credo che la potrai trovare qui. Sempre che non sia un pallone da
basket".
"Non puoi sapere cosa cerco se neanch'io lo so".
"Okay, fammi capire: tu sei venuta in palestra a quest'ora per cercare
qualcosa che non sai neanche cosa sia?".
"Già".
"Chi ti capisce è bravo".
Buttò la palla a terra e afferrò un asciugamano
appoggiato al gradone più basso per asciugare il sudore dal viso.
"Allora? Hai intenzione di rimanere qui tutta la notte a cercare
non-so-bene-cosa, o di andare a casa?".
"Che t'importa? Non devo di certo rendere conto a te di quello che
faccio io".
"Per me puoi fare quello che vuoi. Io vado a farmi la doccia. Ci si
vede".
"Ci siamo lasciati", dissi d'un tratto.
"Eh?".
"Bryce ed io, ci siamo lasciati".
"Perchè lo dici a me?".
"Perchè so che non t'importa, quindi è più facile parlarne".
"Scusa, ma non era con gli sconosciuti la storia del poter parlare
liberamente?".
"Beh, tu sei come uno sconosciuto, quindi è la stessa cosa".
"Bene, ma se stai cercando qualcuno che ti faccia sfogare e che poi ti
dica: 'non preoccuparti, va tutto bene, vedrai che
ti passerà',
sei sulla strada sbagliata".
"Se avessi voluto questo non sarei venuta qui".
Rimanemmo in silenzio per qualche minuto, finché Troy non si sedette di
fianco a me e parlò.
"Ho mollato Sharpay".
"Ah... Mi dispiace", dissi con voce monocorde.
"Non è vero".
Scrollai le spalle.
"Allora adesso la farà pagare anche a te, giusto?".
"Siamo sulla stessa barca: lei crede che l'abbia mollata per te".
"Che stupida", dissi con un sorriso sarcastico.
"No, Sharpay è tutto ma non stupida".
La palestra cadde nuovamente nel silenzio. Di certo non era in quel
modo che avrei trovato ciò che cercavo.
"Adesso dovrai cavartela da solo per la borsa di studio, buona fortuna".
"E se non la volessi?".
Quelle parole mi sorpresero. Mi girai verso di lui. Dovevo avere
un'espressione piuttosto buffa, visto che si mise a ridere.
"Non fare quella faccia. Non ho mica detto di voler scalare l'Everest a
mani nude".
"E' solo che non credevo tu potessi rinunciare al tuo sogno così
facilmente".
"Il mio sogno...", soppesò le parole come se stesse cercando di
capirne il significato. "Tu credi che quello sia il mio vero sogno?".
"E' quello che pensano tutti".
"Mi dispiace deludervi, ma non è così".
"E allora qual'è la tua vera aspirazione?".
Mi guardò dritto negli occhi. Non riuscivo a decifrare la sua
espressione.
"Essere me stesso", disse con una voce talmente bassa che se fossi
stata più lontana non avrei di sicuro sentito.
"Bel proposito", replicai spiazzata.
Sorrise e distolse lo sguardo puntandolo dritto davanti a sè.
"E' bello parlare con te", mi disse all'improvviso.
"Lo devo prendere come un complimento?".
"Come vuoi".
"Beh, allora grazie. Non avrei mai pensato che tu potessi dirmi...
tutto questo".
"Non costringermi a farti altri complimenti".
"Ti sei già spremuto troppo".
"Adesso vado a lavarmi, aspetta qui, ti accompagno a casa".
"No, non preoccuparti, vado a piedi".
"Neanche per sogno. Mi sembra do averti già detto che quando sei
con me non deve succederti niente. Non voglio finire nei guai
per
averti lasciata sola".
Si alzò e scomparve dietro la porta degli spogliatoi maschili.
Dopo qualche minuto mi rimisi in piedi e, arrivata al centro della
palestra, raccolsi il pallone che Troy aveva
abbandonato qualche minuto
prima.
Non ero mai stata una grande sportiva, ma magari, per allentare la
tensione, un paio di tiri avrebbero funzionato.
Afferrai la palla con entrambe le mani, presi la mira e lanciai.
Incredibile, ma entrò perfettamente all'interno del canestro.
Ci riprovai più volte. Dovevo ammettere che quel metodo era piuttosto
efficace per scraricare i nervi.
"Vedo che lo sport degli scimmioni non ti dispiace poi così tanto".
La voce di Troy mi colse di sorpresa. Sobbalzai e lasciai cadere a
terra il pallone, che arrivò vicino a lui. Lo raccolse e
cominciò a fissarmi.
"Era solo un esperimento: cosa prova uno come voi a fare entrare una
sfera all'interno di un cesto forato?".
"Sì, come no. Dai andiamo, o il custode ci chiude qua dentro.
Certo, non che mi dispiaccia passare una notte in tua compagnia".
Un sorriso malizioso fece la sua comparsa.
"Nei tuoi sogni".
Raccolsi la borsa che avevo lasciato sulla gradinata e uscimmo dalla
palestra.
Arrivata davanti a casa, non scesi immediatamente dall'auto.
"Non preoccuparti, non dirò a nessuno della nostra chiacchierata".
"E chi te l'ha chiesto?".
"Sì, certo, scommetto che tu non veda l'ora di far sapere a
tutti che hai mollato Sharpay e che vuoi mandare al diavolo il basket".
"Giusto. Hai ragione, deve rimanere tutto fra noi due. E comunque non
ho detto che non voglio più giocare, solo che per il
momento
sento la necessità di avere altre priorità nella vita".
"E quali sarebbero?".
"Mmm... non te lo dico, lo capirai... spero".
"Chi ti capisce è bravo".
"Eh no, questa l'ho già usata io".
"Giusto. Io vado. Ciao".
Aprii la portiera e scesi.
"Aspetta", mi sentii chiamare. Troy scese dall'auto e mi venne
incontro. "Cosa stavi cercando?".
"Eh?".
"Prima, quando sei entrata in palestra, mi hai detto che stavi cercando
qualcosa".
"Ah... Sai, credo di non star cercando più niente. Non più, ormai".
"Bene, meglio così".
Si avvicinò ulteriormente. Non avrei potuto giurarlo, ma sembrava che
Troy fosse... nervoso.
Era di sicuro una mia impressione. Il ragazzo dai nervi d'acciaio e dal
cuore di pietra non poteva essere teso.
"Tu hai visto tutto, vero?".
"Cosa?".
"Quando ho litigato con Sharpay, hai visto tutto".
"Sì, ti da fastidio?".
"No, volevo solo saperlo".
Si sporse verso di me e mi diede un bacio sulla guancia. Se quella
serata era stata strana, quello lo fu di più.
"Ciao".
"Ciao".
Risalì in auto e ripartì.
Sì, finalmente avevo trovato la
risposta che cercavo, ma accettarla era molto più difficile di quanto
pensassi...
///////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////
Fine diciannovesimo capitolo.
Allora, finalmente la storia va un pochino avanti.
Da come ho capito dalle precedenti recensioni tutte state tifando per
Troy, quindi credo che questi capitoli vi siano molto graditi, ma per
arrivare alla fine e quindi alla decisione definitiva, ci vorrà
ancora un po'...XD
Ho già pronto anche il capitolo 20, quindi credo di riuscire ad
aggiornare abbastanza presto.
RINGRAZIAMENTI :
Angels4ever : anche a me
dispiace un po' per Bryce, a dire il vero. Infatti ho voluto fare in
modo che non soffrisse troppo.
Per quanto riguarda Gabriella... ha le idee confuse, non sa
ancora bene neanche lei cosa prova, ma prima o poi lo capirà :P
Spero di essere stata abbastanza veloce ad aggiornare... Un bacione
anche a te!!^^
romanticgirl : spero che
anche questo capitolo ti piaccia come gli altri!!
Ah! Grazie anche per la recensione di Xmas'
gift!!^^
lovejero
: bentornata!! Allora... Troy si pone a Gabriella in quel modo
perchè... beh, perchè è fatto così. So che
non è una
risposta soddisfacente, ma se lo dicessi rovinerei la
particolarità del personaggio. ma piano piano si capirà... e mi sa che
il
tuo sospetto vago sospetto sia abbastanza giusto... che dici?
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"E tutti i giorni ti dò la stessa risposta".
"Acida".
"Egoista".
"Cosa centra adesso?".
Scrollai le spalle. "Niente, ma lo sei. Allora, perchè mi hai
chiamata?".
"Niente di particolare. Non avevo voglia di andare a lezione".
Angel_R
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Capitolo 20 *** ASSOLUTAMENTE... NO? ***
Capitolo
20: Assolutamente... no?
"Dobbiamo
vincere a tutti i costi. Non possiamo permettere che tutti i nostri
sforzi vadano sprecati".
"Sì,
Taylor, è da due settimane che continui a ripetere le stesse
cose, ho capito".
"Vedi
Gabby, noi della squadra di Decathlon siamo sempre i più
sottovalutati, surclassati dal basket. Ormai quello che
interessa è
solo quello stupido sport. Ma noi dobbiamo far vedere a tutti
quanto valiamo ".
"Ehi,
chi è che sta denigrando il basket in questo modo?",
disse Chad comparendo dal nulla assieme a Bryce.
"Finalmente.
Se non foste arrivati entro dieci secondi mi sarei dovuta sorbire
un'altra ramanzina", dissi ai due ragazzi.
"Non ti
preoccupare, ti proteggeremo sempre dal male", disse Bryce
mettendomi un braccio attorno al collo facendo
la buffa imitazione di
un supereroe.
"Oh, mio cavaliere".
"Piantatela
voi due", disse Taylor facendo finta di essere offesa.
Da
quando ci eravamo lasciati, Bryce ed io eravamo davvero rimasti
amici.
Tutti gli altri si erano sorpresi molto sia della rottura,
che del rapporto che avevamo comunque continuato ad avere.
Poco
dopo arrivarono anche Ryan, Kelsi e Martha.
Eravamo diventati
tutti parte di un gruppo un po' strano, a dire la verità,
costituito da persone che fino a qualche mese prima
non si sarebbero
mai sognate di passare gli intervalli tra una lezione e l'altra
chiacchierando spensieratamente.
Tutto ciò, infatti,
incuriosiva non poco chiunque ci vedesse assieme, ma non c'importava
affatto del giudizio degli altri.
"Sarà meglio andare,
si sta facendo tardi", disse Kelsi controllando l'orario.
La
campanella dell'inizio delle lezioni sarebbe suonata di li a qualche
minuto.
"Voi andate, vi raggiungo", dissi.
Aprii il
mio armadietto e presi alcuni libri. Mentre frugavo alla ricerca di
un quaderno, qualcuno mi strinse leggermente la spalla.
Non mi girai,
avevo ricevuto il messaggio.
Afferrai il quaderno finalmente
trovato e andai verso la porta del magazzino della scuola, nel quale
entrai cercando di non
farmi vedere da nessuno.
"Sono stanca
di questa storia".
"Io no".
"Troy, è
due settimane che va avanti così, e per di più faccio
sempre ritardo a lezione. Mi stai distruggendo".
"Quante
storie. Come stai?".
"Bene, ma da quando in qua
t'interessa?".
"Te lo chiedo tutti i giorni".
"E
tutti i giorni ti do la stessa risposta".
"Acida".
"Egoista".
"Cosa
centra adesso?".
Scrollai le spalle. "Niente, ma lo sei.
Allora, perché mi hai chiamata?".
"Niente di
particolare. Non avevo voglia di andare a lezione".
"Come
pretendi di far qualcos'altro nella
vita oltre
al basket se non frequenti
regolarmente
le lezioni?".
"Sì,
okay, mi arrendo. Hai ragione tu, come al solito", disse alzando
le mani in segno di resa.
Proprio in quel momento suonò la
campanella.
"Muoviamoci, allora", dissi spingendolo
fuori dal magazzino nel corridoio quasi deserto.
"Ci
vediamo", mi disse dandomi un bacio leggero vicino all'angolo
delle labbra.
Cominciai quasi a correre. Per l'ennesima volta mi
aveva fatto ritardare.
Dopo la nostra conversazione in palestra,
il rapporto tra me e Troy era diventato ancora più insolito di
quanto non lo fosse già prima.
Ormai eravamo diventati uno
il confidente dell'altra. Insomma, il tempo che passavamo assieme era
una pausa da tutto e da
tutti che ci prendevamo, il più delle
volte, in un angolo buio e appartato della scuola, in modo che
nessuno ci vedesse.
Troy era ancora visto come il re della scuola,
nonostante Sharpay andasse ad urlare ai quattro venti che era stata
lei a
lasciarlo, e non il contrario. A quanto pareva il ruolo da
capitano lo rendeva immune a qualsiasi tipo di ripicca da parte della
bionda.
Questo faceva alterare non poco la ragazza, e, per me, a
dire il vero, era un po' una soddisfazione.
Proprio per la
considerazione che tutto il corpo studentesco e gli insegnanti
avevano di lui, Troy non poteva, o non
riusciva, a mio avviso, farsi
vedere in giro con me.
Veramente quella situazione non
m'infastidiva per niente. Anche se credevo che Sharpay fosse un'oca a
tutti gli
effetti, sapevo che possedeva una scaltrezza e una furbizia
fuori dal comune, quindi era meglio far morire le voci che giravano
sul conto mio e di Troy, almeno sarei stata in parte risparmiata
dalla sua vendetta.
Per di più c'era il problema dei miei
amici: non sapevo come avrebbero preso il rapporto tra me e Troy,
qualunque fosse stato.
Taylor mi aveva già fatto capire che
non le andava a genio il giorno in cui le dissi che stavo assieme a
suo fratello, mentre
tutti gli altri... beh, nessuno degli altri lo
vedeva decisamente di buon occhio.
Anche se ci vedevamo, non avevo
ancora capito fino in fondo Troy. Per me restava ancora un'incognita.
Ma forse era
meglio così. Se l'avessi conosciuto davvero, non
sarei riuscita a parlare con lui come facevo in quel periodo.
Una
cosa la sapevo: era l'unica persona di mia conoscenza che riusciva ad
essere gentile, insopportabile, disponibile,
egocentrico,
comprensivo, egoista, tutto allo stesso tempo. Non lo capivo, e non
capivo neanche quale tipo di
rapporto avessimo instaurato...
Se
qualcuno mi avesse chiesto: "Siete amici?", avrei risposto:
"Più o meno, forse... sì". Ma se quel
qualcuno mi
avesse chiesto: "State assieme?", la risposta
sarebbe stata: "Assolutamente... no?".
Che confusione
avevo in testa!!
La giornata passò
rapidamente.
Finalmente ero a casa. Buttai la borsa a tracolla in
un angolo e mi stesi sul letto con gli occhi chiusi. Mi
addormentai.
Dormii fino a che non sentii suonare il
campanello dal piano di sotto.
Mi
misi a sedere e mi stiracchiai. Scesi le scale e aprii la porta. Troy
sgusciò in casa come se stesse scappando dalla polizia.
"Mi
hai svegliata".
"Si
vede. Appena sveglia sei orribile".
"Grazie
del complimento", dissi avvicinandomi allo specchio più
vicino. Lui ridacchiò. "A cosa devo l'onore della tua
visita?".
"Compiti".
Di
tutta risposta mi lasciai sfuggire una risatina sarcastica.
"L'hai
detto tu che devo applicarmi di più", disse con un tono
misto di sfida e scusa.
"Cos'ho
fatto di male per meritarmi tutta questa tua attenzione?".
"Mmm...
Hai resistito al mio fascino".
Non
risposi e risalii le scale verso la mia stanza. Troy mi seguì
dopo pochi secondi.
"Me
l'immaginavo diversa", disse mentre osservava la camera
appoggiandosi allo stipite della porta.
"Mi
dispiace aver deluso le tue aspettative. Andiamo, o si fa
notte".
Scendemmo
in soggiorno. Era la seconda volta che ci ritrovavamo in quella
situazione.
"Mi
mancano le nostre domeniche", disse Troy all'improvviso.
"
'Le nostre domeniche'? Non credevo fossi un sentimentale".
Scrollò
le spalle. "Adesso lo sai".
"Avrei
vissuto anche senza".
Il
pomeriggio passò tranquillo, nonostante fosse difficile
definire pacifico un pomeriggio passato assieme a Bolton.
"Beh,
grazie per l'aiuto".
"Allora
la parola 'grazie' esiste nel tuo dizionario".
"Simpatica.
Adesso vado. Ci vediamo domani". Mosse qualche passo e tornò
indietro. "Ah, e non dimenticarti
l'appuntamento di domenica.
Alle 14:00".
"Quale
appuntamento?".
"Quello
che ti ho dato prima. La tua memoria comincia a far cilecca,
Montez".
Avrei
voluto replicare, ma sarebbe stato inutile, quindi dissi: "Il
posto, però, lo decido io".
"D'accordo,
come vuoi".
"Promettilo".
"Promesso".
Si
avvicinò, mi diede un veloce bacio sulla guancia e se ne
andò.
Ormai
avevo capito che Troy manteneva sempre le sue promesse, quindi,
volente o nolente, la domenica pomeriggio
l'avrei dovuta passare
assieme a lui, ma, almeno, avrei potuto scegliere io il
luogo...
((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((((
Fine
ventesimo capitolo.
Allora, forse questo
capitolo può
risultare un po' strano e senza significato... ma vi assicuro che non
lo è!! ;D A dire il vero quando ho
pensato a come scriverlo
l'avevo immaginato in modo diverso, ma poi è venuto fuori
questo, spero non sia orribile!! Fatemelo
sapere, e, mi raccomando
fatelo in tanti!!^^
Non so quando
riuscirò a postare il capitolo 21, prima vorrei scrivere almeno
il 22, ma spero di non metterci troppo tempo...
RINGRAZIAMENTI
:
Angels4ever
: ecco a te il nuovo capitolo. Come vedi sorge qualcosa di più
tra i due, ma i battibecchi continuano... spero ti
piaccia lo
stesso... Per quanto riguarda il lieto fine, non dico ancora niente,
ma hai ragione, questa fiction continuerà ancora
per un po',
diciamo che andrò avanti finché le idee non inizieranno
a scarseggiare... quindi dovrete sopportarmi ancora per qualche tempo
:P
lovejero:
eheh!! Accidenti a me!! Le dichiarazioni velate fanno parte di questi
personaggi, in effetti... non sarebbero più loro se dicessero
tutto apertamente e poi la storia finirebbe subito... non credi? Il
finale, come già detto, dev'essere ancora
un punto
interrogativo, quindi non dico niente... u.u
romanticgirl
: grazie mille!! Spero ti piaccia anche questo capitolo!!
Grazie
mille a voi che recensite ogni capitolo!!^^
Arrivederci
alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
La
telefonata durò qualche minuto.
"Cosa le hai detto?",
chiese Troy quando la conversazione finì.
"Hai
sentito, no?".
"Intendevo, dove le hai detto che saresti
andata oggi?".
"In giro con amici, e non è una
bugia".
"Già".
Angel_R
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Capitolo 21 *** LA 'NOSTRA' DOMENICA ***
Capitolo 21: La 'nostra'
domenica.
Il venerdì dopo le
lezioni, i miei amici ed io
ci ritrovammo riuniti attorno al tavolino di un bar.
"Allora,
che si fa questo fine settimana?", chiese Chad appoggiandosi
allo schienale della sedia di plastica con le mani dietro la
testa.
"Che ne dite se andiamo a pattinare?", chiese
Kelsi.
I ragazzi strabuzzarono gli occhi.
"Neanche se
sulla pista ci trovassi Jennifer Lopez, io quei cosi infernali ai
piedi non li metterò mai", disse Chad beccandosi
un'occhiataccia da Taylor.
"Beh, amico, se ci fosse davvero
J. Lo, non me lo farei ripetere due volte, fidati", lo riprese
Bryce.
"Okay, come non detto, però era una bella idea",
disse Martha un po' delusa.
"Allora andiamo al cinema",
propose Ryan.
Tutti erano d'accordo, ma, naturalmente, nacquero
delle discussioni sul film da vedere.
Sarebbe piaciuto anche a me
andare assieme a tutti loro, però, purtroppo, si stavano
organizzando per domenica pomeriggio.
"Mi dispiace, ma ho già
preso degli impegni per quel giorno".
"Ma come? Non puoi
mancare".
"Lo so, Tay, ma ho promesso a mia mamma di
accompagnarla a fare spese, quindi non posso proprio venire".
Odiavo mentire.
"Non c'è proprio modo di rimandare o di
darle buca?".
"No, mi dispiace. Sarà per un'altra
volta".
"Va bene".
Mi spiaceva veramente non
poter passare il pomeriggio assieme ai miei amici, ma, in compenso,
Kelsi mi aveva fatto venire una bella idea...
Alle 14:03 di
domenica il campanello di casa mia suonò.
"Vado io",
precedetti mia madre. "Sei in ritardo".
"Di due
minuti", protestò Troy.
"Di tre. Il tuo orologio è
indietro. Mamma, io vado". Non aspettai neanche la sua risposta
e mi chiusi la porta dell'ingresso alle spalle.
"Allora? Dove
hai deciso di andare?".
Sul mio viso comparve un largo
sorriso e gli comunicai la destinazione.
"Cosa?! No!",
disse deciso".
"La mia scelta non è discutibile".
"Ci
vedranno tutti", disse per dissuadermi.
"Infatti andremo a Santa Fe, ci vuole
poco più di un'ora. Non dirmi che hai paura".
Di tutta
risposta mise in moto l'auto e sfrecciò verso la nostra
destinazione.
Erano circa le 15:30 quando arrivammo davanti al
palazzetto del ghiaccio della capitale.
Prendemmo un paio di
pattini ciascuno e ci avvicinammo verso pista.
"Ancora non
capisco come tu abbia potuto convincermi a venire qui".
"Perché
tu, al contrario di me, non resisti al mio fascino".
"No,
è perché io mantengo troppo spesso le mie promesse".
Entrai
all'interno della pista ghiacciata e mi feci un paio di giri prima di
ritornare al punto di partenza. "Che cosa fai? Pensi di rimanere
lì impalato tutta la giornata?".
"No, ho deciso di far
compagnia a queste bambine", disse indicando un gruppo di
ragazzine sedute al bordo della pista.
"Non hanno bisogno di
sapere come diventeranno parte dei loro coetanei tra qualche anno.
Sono troppo piccole".
"Spiritosa".
"Non
dirmi che non sai muoverti sui pattini?!", gli chiesi facendo
finta di stupirmi.
"Era tutto calcolato, eh?".
"Ma
che dici? Come potevo saperlo?".
Si avvicinò a me
barcollando e mi mise le mani sulle spalle per trovare l'equilibrio.
"Allora dovrai aiutarmi tu".
"Tu che chiedi aiuto
per queste cose?".
"Beh, se non vuoi farlo, peggio per
te. Avremmo potuto imparare l'uno dall'altra".
Detto ciò si
staccò dalle mie spalle e attraversò tutta la pista. Fece un giro
completo e tornò indietro, fermandosi a pochi centimetri da me.
"Sei
uno stupido! Potevi dirmelo prima che sapevi pattinare".
"Non
me l'hai chiesto", mi rispose con una scrollata di spalle. "E
sei saltata troppo in fretta alle conclusioni".
Lo fissai per
qualche secondo senza riuscire a dire niente, poi mi mossi e ripresi
a pattinare.
Uffa! E io che credevo di metterlo in difficoltà per
una volta. Quello ne sapeva sempre una più del diavolo.
Mi fermai sul
bordo della pista cercando di sbollire un po' la rabbia che avevo,
quando mi si avvicinò qualcuno. Era un ragazzo alto dai capelli
neri.
"Tutto bene?", mi chiese.
"Certo,
perché?".
"Mi sembri un po' giù. Una carina come te
non dovrebbe essere triste in una giornata come questa".
"Non
ho niente, tranquillo".
"Davvero? Meglio così. Allora
ti va di venire a pattinare?".
Quel tipo non mi piaceva per
niente. Sembrava viscido.
"No, grazie, non mi va".
"Dai,
non fare la difficile, vieni".
"Ho detto che non mi
va".
Mi mise una mano sul braccio e si avvicinò
prepotentemente. Cominciavo ad avere paura.
"Non farti
pregare, avanti".
"Ho detto di no! E comunque non ti
conviene continuare così. Il mio ragazzo è un tipo piuttosto
geloso, e se ti vede potrebbe prendersela molto a male".
Indicai
Troy dall'altra parte della pista.
"Sei venuta accompagnata,
allora. Beh, vorrà dire che mi toccherà stare da solo. Ciao".
Quasi
mi venne da ridere nel vedere la sua espressione avvilita mentre si
allontanava. Feci un sospiro di sollievo.
"Li allontani
proprio tutti, eh?".
Non mi ero neanche accorta che nel
frattempo Troy si era avvicinato a me. Vedendo la mia espressione
seria perse subito il sorriso. "Cosa ti ha
fatto?".
"Niente".
"Dimmi la verità".
"Ci
ha provato, okay? E l'ha fatto perché ero qui da sola, tu dove
cavolo eri?! Quello avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa mentre tu eri
per i fatti tuoi a rimorchiare chissà chi!". Dovevo aver alzato
un po' troppo la voce, infatti gran parte delle persone presenti
sulla pista ci stava guardando.
Sapevo di essere diventata
isterica, che quella era una reazione esagerata e di star accusando
Troy di colpe che non aveva, ma odiavo trovarmi nella situazione che
avevo vissuto poco prima.
"Okay, okay, calmati adesso.
Vieni", mi disse Troy nel tono più tranquillo possibile
prendendomi per mano e portandomi al bordo dell'arena.
Ci
togliemmo i pattini e uscimmo. L'aria fresca mi fece riprendere un
po' del mio autocontrollo.
Stavamo camminando da qualche minuto,
quando riuscii a parlare con voce calma e sobria. "Scusa, non è
stata colpa tua".
"Sì, invece".
"Cosa?
Perché?".
"Tu eri con me e avrei dovuto accorgermi di
quello che stava accadendo. Anzi, non avrei proprio dovuto permettere
che succedesse".
Nella sua voce percepii una nota di
amarezza. Allungai il passo e mi fermai davanti a lui fermandolo.
"Se
non la pianti di dire cavolate ti mollo qui e torno a casa in
autostop. Purtroppo esistono cafoni che pensano di poter fare
qualsiasi cosa vogliano solo perché si credono in grado di
farlo".
"Io sono uno di quelli, no?".
"No".
"Allora
hai cambiato idea".
"Può essere".
"Stai
bene?", mi chiese sfiorandomi la guancia con le dita della
mano.
"Sì. Allora, dove andiamo? Io ho fame".
"Non
vuoi tornare a casa?".
"No. Io non mi muovo di qui se
prima non mangio".
"D'accordo", disse sorridendo di
nuovo.
Camminammo qualche minuto prima di comprare un paio di hot
dog.
"Vedo che non tieni molto alla linea", mi disse
Troy poco dopo aver finito di mangiare.
"Non mi piacciono le
diete, troppe privazioni".
"Beh, non ne hai
bisogno".
"Un complimento? Ultimamente mi
stupisci".
"Sono un ragazzo dalle mille sorprese".
"Dai,
andiamo, mio eroe". Lo presi per mano e cominciai a camminare
senza neanche sapere dove mi stessi dirigendo. Per fortuna Troy aveva
una specie di navigatore satellitare in testa, perché, se avessimo
seguito il mio scarso senso dell'orientamento, saremmo finiti come
minimo in un altro Stato, in Colorado o che so io.
Facemmo un giro
per la città visitando anche la Plaza, la piazza
principale.
Nonostante tutto, la giornata trascorse piuttosto
tranquilla, e dovetti ammettere a me stessa di essermi divertita
parecchio.
Verso le 18:00 ci avviammo verso casa. Mi faceva male la testa e mi
sentivo davvero stanca. Mi addormentai svegliandomi appena venti minuti
dopo.
"Perché siamo fermi?", chiesi notando che non ci
stavamo muovendo.
"Un ingorgo. A quanto pare c'è stato un
incidente", mi spiegò Troy.
"Non ci voleva",
sbuffai.
"Sei carina mentre dormi".
"E tu
mentre guidi". Afferrai la mia borsa e pescai il cellulare.
"Devo chiamare mia madre, non penso che riusciremmo ad arrivare
a casa tanto presto".
La telefonata durò qualche
minuto.
"Cosa le hai detto?", chiese Troy quando la
conversazione finì.
"Hai sentito, no?".
"Intendevo,
dove le hai detto che saresti andata oggi?".
"In giro
con amici, e non è una bugia".
"Già".
La fila
di auto si mosse, ma si procedeva a passo d'uomo. Troy accese la
radio.
"Odio il silenzio", disse.
"Scusa, dovrei
essere più di compagnia".
"Nah, tu sei di compagnia",
disse allungando la mano e afferrando la mia.
"Come no",
dissi sarcastica.
"Non ti sottovalutare".
"Beh,
almeno pareggio il tuo smisurato ego".
Sorrise, e io non
potei fare a meno di imitarlo.
"Così mi piaci di più",
disse guardandomi.
"Uffa! Non si va avanti", sbuffai
guardando attraverso il finestrino.
Senza dire una parola Troy
mise la freccia e girò il volante imboccando una strada laterale.
"Cosa stai facendo?", gli chiesi.
"Questa
strada è più lunga, ma almeno si procede".
"A quanto
pare non sei stato l'unico che ha avuto questo colpo di genio",
dissi notando altre auto davanti a noi.
"Non ti accontenti
mai".
Proseguimmo abbastanza velocemente per un po' di
tempo.
"Mi piace andare in auto quando fuori è buio",
dissi tenendo lo sguardo fisso sulla strada. "E'
rilassante".
"Certo, per te che non guidi".
"Vuoi
che prenda il tuo posto?".
"No, ci tengo alla mia
auto".
"Non sarai uno di quelli che crede al mito della
donna al volante?".
"Dipende dalla donna", disse
guardandomi sarcastico.
"Che tipo".
Erano già le
19:20, probabilmente saremmo riusciti ad arrivare a casa entro
un'ora. In quel momento, però, mi sorpresi di pensare che non avrei
voluto che quella giornata finisse tanto presto. Scrollai la testa
per non pensarci.
"Cosa c'è?", mi chiese Troy notando
il mio gesto.
"Niente, stavo pensando".
Ad un tratto
si sentì il suono di una musichetta.
"Dimmi". Rispose
Troy al suo cellulare accostando sul lato destro della corsia. "No,
stasera non posso venire, ho un impegno con degli amici. Facciamo
un'altra volta, okay? Ciao".
"Un impegno con degli
amici, eh?".
"Sì, gli stessi tuoi", mi rispose
riponendo il cellulare nella tasca della giacca.
"Ti ho
offeso?".
"No, capisco che tu non voglia dire a tua
madre di me, nessuno lo fa, ed è meglio così".
Mi sentivo
in colpa. Anche se non lo dava a vedere, sospettavo che se la fosse
presa.
"Mi spiace, davvero".
"A me no. Il
segreto rende tutto più eccitante".
"Scemo. Comunque,
perché non riparti? Stare fermi qui per strada non è il massimo",
dissi per cambiare discorso.
"Non ti piaceva andare in auto
di notte?".
"Sì, ma fermarsi in mezzo al niente dove
potrebbe succedere qualsiasi cosa, non è di certo una delle cose che
preferisco".
"Queste strade hanno fascino".
"Anche
nei peggiori film horror ce l'hanno, poco prima che i protagonisti
vengano sventrati o decapitati".
"Sempre positiva tu,
eh?".
"Bisogna sempre pensare al peggio se si vuole
apprezzare pienamente il meglio".
"Questa non
la sapevo".
"C'è sempre qualcosa da
imparare".
"Già. Se dovesse succederti qualcosa, non
sei sola".
"Il mio salvatore".
"Te l'ho già
detto che quando sei con me...".
"Non deve accadermi
niente", conclusi la sua frase.
"Esatto", disse
sporgendosi verso di me. "Hai qualcosa in
contrario?".
"No".
"Bene". Rimase
qualche secondo in quella posizione guardandomi fisso. In
quell'istante avrei voluto avvicinarmi a lui, ma non lo feci. Non ne
avevo il coraggio. Ma che cavolo mi stava prendendo?! "Meglio
andare, se non vogliamo passare la notte a sfuggire ad assassini
violenti".
"Non prendermi in giro".
Rimise in
moto.
Arrivammo ad Albuquerque verso le 20:30.
"Non ci
avrei mai creduto, ma mi sono divertita".
"Wow, io invece non
credo di aver sentito queste parole uscire dalla tua bocca".
"Eppure
l'hai sentito. Adesso vado, ci vediamo domani".
"Sì, a
domani".
D'impulso mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio
sulla guancia. Il perché di quel gesto era sconosciuto anche a
me.
Lui si girò e mi sfiorò le labbra con le sue, in attesa di
una risposta da parte mia, che non tardò ad arrivare.
"E
questo?", chiese lui.
"Beh, credo sia un 'grazie' ",
risposi con una scrollata di spalle. "E il tuo?".
"Un
'prego' ", disse sorridendo.
In quel momento mi resi conto
che Troy aveva abbandonato il sorriso sarcastico e traditore per fare
posto ad uno caldo e sincero. Certo che le cose erano davvero
cambiate da quando l'avevo conosciuto...
"Allora...
Ciao".
"Ciao".
Aprii la portiera e la richiusi
col cuore che batteva forte.
Sì, le cose erano davvero
cambiate...
$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$
Fine
ventunesimo capitolo.
Spero vi sia piaciuto e che non vi
abbia annoiato troppo. In effetti è un pochino lungo, ma non ho
voluto dividerlo a metà, quindi ho incluso tutto ciò che volevo
scrivere. Ditemi come vi sembra, e fatelo in tanti!! Ultimamente le
recensioni scarseggiano un po'!!
RINGRAZIAMENTI :
romanticgirl:
beh, il fatto che ti ritrovi in Gabriella, mi fa piacere, significa che
i miei personaggi sono verosimili e si adattano ad una realtà
contemporanea!!^^
Ecco soddisfatta la tua curiosità... spero non ti abbia deluso la loro
domenica... fammi sapere!!^^
Angels4ever
: arrivata a questo punto non potevo non farli avvicinare, non credi?
In effetti non hai tutti i torti, questo Troy è complicato da
capire, ma prometto che piano, piano Gabriella riuscirà a
scoprire qual'è la sua vera personalità e a portarla a
galla ;P
Per miracolo sono riuscita davvero ad aggiornare prima dell'inizio
della scuola, ma purtroppo non so quando riuscirò a pubblicare
il capitolo 22... appena torno a scuola sono piena di verifiche e
interrogazioni... aiuto!! eheh!! Baci!!^^
Grazie mille, le vostre
recensioni mi fanno molto piacere!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella
prossima puntata:
"Cosa significa che non le conosci?", chiesi.
"Non voglio che tu sappia troppo di quelle cose".
"Perchè?".
"Non ne voglio parlare. Non con te".
"Pensi che non capirei?".
"Penso che mi odieresti".
"Tu dici?".
"Sì".
Angel_R
|
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Capitolo 22 *** PERCHE' CONTINUI A CONFONDERMI?! ***
Capitolo 22: Perché continui a confondermi?!
Quella
notte dormii male, e il mattino dopo mi svegliai con
un leggero mal di testa e il naso tappato. Perfetto, la mia giornata
a Santa Fe mi aveva procurato un bel raffreddore.
Scesi le scale e
mi avviai verso la cucina.
"Buongiorno", mi salutò mia
madre finendo di bere il suo caffè. "Cos'hai? Stai male?".
"E'
solo raffreddore, tranquilla".
"Non hai una bella cera",
disse appoggiandomi le labbra sulla fronte. Faceva sempre così per
sentire se ero calda o meno, diceva che lo sentiva meglio. "Non
hai la febbre, ma sei pallida".
"Te l'ho detto, sto
bene. Mi ci vuole solo un po' di tè caldo e sarò in piena
forma".
"D'accordo, ma se ti senti male
chiamami".
"Certo". Mi diede un bacio frettoloso
sulla guancia e uscì. A dire la verità non mi sentivo granché
bene, ma non mi andava di perdere un giorno di scuola, quindi dieci
minuti più tardi uscii di casa per aspettare l'autobus alla fermata.
"Ehi, tutto
bene?", mi salutò Taylor davanti all'ingresso dell'East High.
Si notava davvero così tanto il mio malessere?
"Sì,
benissimo, solo raffreddore".
La prima ora avevo letteratura e trovavo davvero molto difficile
rimanere sveglia mentre la
voce del professore ronzava incessantemente. La campanella mi salvò.
Uscii dall'aula e appoggiai la
schiena contro il mio armadietto.
Avevo un cerchio alla testa e la sentivo pesante. Sentii una mano sulla
fronte.
"Sei un po' calda". Era Troy.
"Che fai? Mi parli davanti a tutti?".
"Ho deciso di correre qualche rischio. Comunque ti consiglio di
tornartene a casa".
"No, sto bene. Sono solo stanca".
"Se uscire con me ti fa questo effetto, non facciamolo più, o a lungo
andare ti avrò sulla coscienza".
"L'ho detto io che il tuo ego non ha confini".
"Per una volta ascoltami: vai a casa e riposati, se continui a stare
qui ti viene la febbre e infetterai tutti noi. Non voglio ammalarmi
proprio adesso".
Non aveva tutti i torti, mi sentivo davvero male. Per me era sempre
stato così: bastava solo una linea di febbre per rendermi uno
straccio. Decisi di andare in infermeria e chiedere il permesso di
telefonare a casa.
Mia madre arrivò circa venti minuti dopo, ma, appena arrivate a casa,
uscì nuovamente per ritornare al lavoro.
Mi misi immediatamente a letto e, per mia fortuna, mi addormentai
facilmente.
Mi svegliò un rumore indistinto proveniente da chissà
dove. Probabilmente uno dei vicini che curava il giardino o portava
fuori la spazzatura.
Avevo assolutamente
bisogno di un'aspirina, quindi scesi in cucina. Proprio in quel momento
il campanello suonò. Chi poteva essere a quell'ora? In casa non
ci dovrebbe essere stato nessuno.
Aprii la porta e, in tutta onestà, non mi stupii di trovarmi faccia a
faccia con Troy.
"Non dovresti essere qui".
"E perché no? Adesso c'è la pausa pranzo, posso mangiare dove voglio".
Entrò e si recò in cucina. "Non avevi detto che non volevi che
t'infettassi?".
"Voglio correre qualche rischio".
"Oggi è una giornata avventurosa per il nostro eroe".
"Ma come, non hai preparato niente?", chiese guardandosi attorno.
"Non ho fame".
"Male, hai bisogno di forze. Siediti".
Mi sedetti e lo guardai mentre apriva il frigorifero e cominciava ad
accendere i fornelli.
"Non dirmi che sai cucinare", dissi incredula.
"Ci sono molte cose che non sai di me".
"Chi te l'ha insegnato?".
Si strinse nelle spalle. "Nessuno. Ma, sai, quando i tuoi genitori
lavorano e devi occuparti di te stesso e una sorella più
piccola, le cose le impari".
"Fai anche il baby-sitter?".
"Lo so, ti stupisco sempre più".
"Modesto".
Sapevo che Troy era diverso dal ragazzo che mostrava di essere a
scuola, soprattutto con Erika e, a dire il vero, in quel periodo, anche
con me.
Mi mise davanti un piatto pieno di cibo.
"Non mi va", dissi con una smorfia. Solo l'odore mi faceva stare peggio.
"Se non l'assaggi non saprai mai quanto valgo come cuoco", disse
mangiando voracemente la sua parte.
"Mi fido", replicai spostando il piatto di qualche centimetro. Lui
lo prese e lo depose nel forno, dopodiché ripulì la
cucina. "Vieni", gli dissi prendendolo per mano dirigendomi verso il
salotto.
Mi sedetti sul divano e Troy fece altrettanto. Posai la testa su un
cuscino e chiusi gli occhi.
"Perché stai con me?", mi chiese lui a bruciapelo.
La domanda mi stupì, ma cercai di non darlo a vedere. Mi misi seduta e lo guardai negli
occhi. Era serio. "In che senso?".
"Quando ci siamo conosciuti mi hai espressamente fatto capire, più di
una volta, che non
avresti voluto avere alcun tipo di rapporto con me, neanche sotto
tortura. Ma adesso, a quanto
pare,stiamo passando molto tempo assieme, quindi mi piacerebbe sapere
il perché".
"Ah, beh, sto con te perché... perché sei egoista,
egocentrico, presuntuoso, freddo, altero, ambiguo, indifferente,
aggressivo, e particolarmente stronzo, ma anche perché ho scoperto che
sei
il contrario di tutto questo". La sua espressione non cambiò.
"Quindi secondo te non sono davvero così?".
"No".
"E se ti dicessi che ti sbagli?".
"Alla lista aggiungerei 'bugiardo'. Adesso, però, devi rispondere tu a
una domanda: che rapporto abbiamo noi due?".
"Che razza di domanda è? E' ovvio, no? Cioè... Okay, mi arrendo, non lo
so".
"Neanch'io, ma credo mi piaccia di più così".
"Credo ti sia salita la febbre, stai vaneggiando". Si avvicinò a
me e mi sfiorò la guancia col dorso della mano. Chiusi gli occhi
e poggiai la testa sulla spalliera del divano. Credo mi sarei
addormentata se non fosse che proprio in quel momento la serratura
della porta d'ingresso scattò e qualcuno entrò in casa.
"Mia madre", sussurrai. Chissà quale poteva essere la sua
reazione nel vedere Troy a casa. Beh, di sicuro l'avrei scoperto entro
pochi secondi.
"Gabby", mi chiamò lei richiudendo la porta principale.
"Sono in salotto", risposi. Ci alzammo entrambi in piedi. Sorrisi nel
constatare che Troy non aveva la minima idea di cosa fare.
Probabilmente non si era mai trovato in situazioni simili.
Mia madre entrò in salotto e, appena ci vide, rimase un po' perplessa.
"Oh, non sapevo avessi visite".
"Sì, mamma lui è Troy Bolton, un compagno di classe. E'
venuto per... prendere alcuni libri, durante la pausa pranzo. Sai,
glieli avevo promessi, ma stamattina sono tornata a casa prima, quindi
non ho fatto in tempo e adesso gli servono", mentii. Certo che potevo
inventare qualcosa di meglio! Ma, d'altronde, non si può
chiedere troppo ad una ragazza in imbarazzo e per di più con la
febbre.
"Capisco", disse mia madre guardandolo attentamente.
"Vieni, i libri sono di sopra".
Uscimmo dal salotto e salimmo nella mia stanza. Non riuscii a
trattenere una risata.
"Che c'è da ridere?", chiese Troy.
"Non ci posso credere. Non avrei mai pensato di vederti talmente
nervoso da non riuscire a dire neanche una parola".
"Divertente, sì".
"Dai, non prendertela. Mi piace, sei così carino quando sei in
difficoltà".
"Carino lo accetto, ma in difficoltà no".
"Ammettilo".
"Sì, hai ragione tu. Ammetto di essere un po'... teso. Insomma,
non mi è mai capitato di conoscere la madre di una ragazza".
"Non mangiano mica, sai?".
"La maggior parte delle volte non conosco neanche le ragazze". A
quell'affermazione smisi di ridere. "Non volevo, scusa", disse lui
notando la mia espressione.
"Cosa significa che non le conosci?", chiesi.
"Non voglio che tu sappia troppo di quelle cose".
"Perché?".
"Non ne voglio parlare. Non con te".
"Pensi che non capirei?".
"Penso che mi odieresti".
"Tu dici?".
"Sì".
"Come fai a saperlo se non ci provi".
"Gabby, lo so. Ma sono sicuro di una cosa: non sei come loro".
"Sicuro?".
"Sì. Non ci sono molte persone che riescono a farmi sentire in
imbarazzo, sai?". Si avvicinò sfiorandomi i capelli con la mano.
"Sarà meglio far saltare fuori questi famosi libri se non vuoi
che tua madre venga qui e mi bandisca per sempre da questa casa".
Gli diedi i primi due volumi che trovai in giro per la stanza. "Fai in
modo di farmeli riavere, mi servono", gli dissi.
"Sarà fatto".
Scendemmo le scale e davanti all'ingresso incontrammo mia madre.
"Beh, adesso si è fatto tardi, devo andare all'allenamento. Ci
vediamo a scuola. E' stato un piacere signora Montez", disse
dirigendosi verso l'uscita.
"Anche per me", rispose mia madre.
Dopo che se ne fu andato, si girò verso di me e mi fissò qualche
secondo. "Era davvero qui per i libri?".
"Certo".
"Come ti senti?".
"Insomma... Potrei stare meglio".
"Allora sdraiati, vado a prenderti qualcosa per far scendere la
febbre".
Non credo avesse pienamente bevuto la storia dei libri in prestito, ma
non mi fece altre domande. Se qualcosa non andava lo capiva
all'istante, ma non chiedeva mai, aspettava sempre che chi aveva un
problema decidesse di parlarne con lei. Adoravo mia madre per quello.
Ripensai alle parole di Troy. 'Non voglio che
tu sappia troppo di quelle cose. Penso che mi
odieresti. Ma sono sicuro
di una cosa: non sei come loro'
Per l'ennesima volta era
riuscito a confondermi. Proprio quando
pensavo di averlo capito, se ne usciva con frasi di quel tipo e
rivoluzionava completamente l'idea che mi ero fatta di lui.
L'avrei odiato davvero se lo avessi conosciuto veramente per ciò che
era?
Sapevo che avrei potuto scottarmi col fuoco, ma volevo a tutti i costi
conoscere Troy, in tutte le sue personalità. Probabilmente avrei
scoperto cose che non mi avrebbero fatto piacere, ma in quel momento
non m'importava affatto.
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- - - - - - - - -
Fine ventiduesimo capitolo.
Finalmente sono riuscita ad aggiornare. Ultimamente non ho molto tempo,
infatti non ho ancora scritto il 23 per intero, ma spero di riuscirlo a
finire presto.
Questo capitolo non mi convince molto, ho provato a riscriverlo
più volte, ma alla fine ne è uscito questo.... che vi
pare? Ditemelo!!^^
RINGRAZIAMENTI :
Angels4ever : Mi piace prendere i personaggi delle storie
e cambiarli, dare loro nuove personalità, è divertente e
spero che lo strano effetto che ti fanno questi protagonisti sia
positivo... ;P
Hai ragione, questo periodo scolastico è critico... comunque...
CREPIIII!! (e in bocca al lupo anche a te) eheh!! Ciao!!!^^
romanticgirl
: soddisfatta per l'anticipazione? Sono contenta che ti sia piaciuto
anche lo scorso capitolo, e spero che questo faccia altrettanto!!^^
lovejero
: alloooora... Ti dico subito che se stili la lista di chi vuole
passare la domenica con Troy Bolton, ci saranno molte adesioni...
giusto? U.U
Cosa vuoi mai... non riesco a farne a meno, devo mettere per forza
delle conversazioni a botta e risposta, è più forte di
me, e poi i "miei" Troy e Gabriella non sarebbero loro se non si
esprimessero in questo modo.
Chi riuscirà a tenere testa all'altro? Mmm... credo che il round
finale ci sarà alla fine della storia per la vittoria definitiva.
Non so se si può già parlare d'amore, ma qualcosa di sicuro c'è!!^^
E' di dovere un ringraziamento speciale alla mia best, che da quando sa
che pubblico questa fiction legge i capitoli in anteprima, mi da
preziosi consigli e mi ha fatto anche notare che caratterialmente sono
identica a Gabriella e che ho plasmato il personaggio secondo la mia
personalità senza neanche rendermene conto XD... Grazie mille Charlie!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Dovresti ridere più spesso".
"Io rido spesso".
"Non è vero".
"Beh, neanche tu lo fai. Sorridi sempre, ma non ridi mai".
"Già, lo so".
"E perché?".
Angel_R
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Capitolo 23 *** IL PRANZO DEL LUNEDI' ***
Capitolo 23:
Il pranzo del lunedì.
Il lunedì dopo ero completamente guarita e, grazie alle mie amiche, non
ero rimasta troppo indietro con le lezioni.
"Bentornata", mi salutarono Ryan e Kelsi appena mi videro. Dopo qualche
secondo tutto il gruppo si era riunito.
Proprio mentre ci stavamo lasciando per entrare in classe, vidi Troy.
Era assieme a qualche compagno di squadra, che Chad e Bryce salutarono.
Da quando si erano uniti al nostro gruppo i due ragazzi passavano molto
meno tempo assieme agli altri componenti dei Wildcats, ma comunque si
riunivano spesso, anche se Troy non sembrava mai troppo trasportato
dall'ilarità dei compagni.
"La malattia ti ha fatto bene", mi sussurrò all'orecchio Troy
facendo attenzione che nessuno lo notasse, poco prima di dileguarsi
all'interno di una delle aule del corridoio. Rimasi qualche secondo
immobile a fissare il punto nel quale era sparito prima di ricordarmi
che anch'io avevo lezione, e che dovevo affrettarmi per non arrivare in
ritardo.
All'ora di pranzo ci ritrovammo nuovamente tutti assieme attorno ad un
tavolo.
"Non ti sei persa granchè questa settimana", m'informo Martha
infilzando
con la forchetta i
maccheroni che aveva nel piatto . "Tranne,
forse, lo spettacolino messo in piedi da quei due sabato", finì
indicando Taylor e Chad, che, sentendosi chiamati in causa, alzarono la
testa dal piatto.
"Avete litigato? Di nuovo?", chiesi divertita.
"Ehi, non è stata colpa mia. E' lei che non è voluta venire alla
partita", si difese immediatamente il ragazzo.
"Quindi la colpa sarebbe mia, non è vero?", lo fulminò Taylor.
"Certo, saresti dovuta venire, volevo festeggiare".
"Vuoi dire per quella misera C del test di chimica? Più che festeggiare
avresti dovuto rimetterti sui libri".
"Era il primo voto sufficiente".
"Sai, credo proprio che se continui di questo passo la cena gliela devi
pagare davvero", disse Ryan rivolto a Chad.
"Già, penso proprio di sì", rispose con un misto di arresa e felicità
che fece ridere tutti quanti.
Sempre i soliti, pensai.
Mi sporsi per osservare meglio il tavolo dei
Wildcats. Sharpay stava civettando con un ragazzo della squadra, Dereck Williams. Altra vittima
delle sue
pretese, molto probabilmente.
Vidi Troy dirigersi verso l'uscita. Mi alzai in piedi, e, con la scusa
di dover andare in bagno, lo seguii.
Vagai qualche minuto per i corridoi senza incontrare anima viva, fino a
che, passando davanti ad una finestra, non notai qualcuno seduto sul
prato in giardino. Uscii anch'io.
"Non dovresti stare qui da solo".
"Perché dovrei rimanere dentro se posso stare qui fuori con
te?", disse Troy guardandomi con un sorrisetto stupido. "Oggi non avevo
voglia di stare con nessuno", riprese rispondendo ad una mia domanda
inespressa.
"Allora me ne vado, magari ti disturbo".
"No, rimani. Ho detto nessuno, non te".
Mi sedetti accanto a lui sul prato.
"Ti dava fastidio vedere Sharpay girare attorno a Dereck in quel
modo?", gli chiesi guardandolo dritto in faccia. Lui assunse un'aria un
po' confusa.
"No, per niente. Ma che domande fai?".
Mi strinsi nelle spalle. "Era per saperlo".
"Tranquilla, non sono uscito dalla mensa per quello. Sharpay può
fare quello che vuole. Non m'importava prima, figurati adesso". Era
sincero. Per lui Sharpay non era davvero stata importante, ma, a quanto
mi risultava, neanche le altre ragazze con cui passava il tempo. Forse
era proprio questo il motivo per cui riusciva a passare da una
all'altra con tanta facilità.
In quel momento mi accorsi di qualcosa che fino ad allora non avevo
notato: da qualche tempo a quella parte non avevo visto nessuna
cheerleader o
qualsiasi altra Barbie della scuola attaccata a Troy.
Le ragazze ancora continuavano ronzargli attorno come api col miele,
soprattutto dopo che lui e Sharpay si erano lasciati, ma lui non le
degnava di uno sguardo. Sembrava non accorgersene neanche.
Perché?
Le parole che mi aveva detto la settimana prima in camera mia, ancora
mi
risuonavano in testa, ed ero decisa più che mai ad arrivare fino
in fondo.
"Di chi t'importa, allora?", chiesi sovrappensiero.
"Cos'è oggi? La giornata delle domande a bruciapelo?".
"Sono in vena, e tu non hai risposto".
"Beh, ci devo pensare".
"Come sarebbe a dire che ci devi pensare? Basta dire dei nomi, insomma,
non è difficile".
"Invece lo è". Lo disse con tono serio, non più scherzoso come quello
che aveva usato fino a quel momento.
"Scusa, non volevo farti arrabbiare".
"No, scusa tu, non avrei dovuto. E' solo che per me è difficile
parlare di certe cose". Abbassò lo sguardo e mi fissò.
"Vuoi che te lo dica davvero?".
"Se non vuoi, è lo stesso. Non sei obbligato".
"D'accordo, ma ti prometto che prima o poi te lo dirò".
"Allora ci conto". Calò il silenzio per qualche minuto. "Si sta bene
qui. E' un peccato dover tornare in classe", dissi.
"Si, è vero... Senti, facciamo così, ci troviamo qui tutti i lunedì".
"Eh?".
"Beh, dopo la 'nostra' domenica, avremo anche 'il pranzo del lunedì' ".
"Okay, ci sto".
"Adesso dobbiamo stringerci la mano?".
"Non lo so. Credo sarebbe troppo formale, non trovi?".
"Già".
"Sta per suonare la campanella, è meglio che andiamo".
"No! Mi stavo rilassando", sbuffò. Non riuscii a non ridere.
Aveva una faccia talmente buffa! Aveva assunto una specie di broncio da
cucciolo, molto simile a quello di Erika. Non avrei mai immaginato che
anche lui potesse farlo, doveva
essere un gene di
famiglia.
"Che c'è?", era stupito.
"Niente", sospirai cercando di calmarmi.
"Dovresti ridere più spesso".
"Io rido spesso".
"Non è vero".
"Beh, neanche tu lo fai. Sorridi sempre, ma non ridi mai".
"Già, lo so".
"E perché?".
"Ma tu chiedi sempre 'Perché?' ".
"Sono curiosa".
"Non lo so il perché. Forse ho poche cose per qui ridere".
"Perché?".
"Chiedi un'altra volta il perché e ti faccio fare un bagno nella
fontana della scuola".
"Non fare l'antipatico. Rispondi".
"Non lo so il motivo. Cercherò di trovarlo".
"Un'altra promessa?".
"Sì".
"Okay, adesso andiamo".
Ci alzammo e ci dirigemmo verso i nostri armadietti. Appena arrivati in
corridoio ci separammo.
Un'altra giornata e un'altra conversazione strampalata. Eravamo
destinati ad andare avanti in quel modo per sempre?
Per sempre?! E' moltissimo tempo! Magari non ci saremmo visti per
sempre, ma per molto tempo e basta. Ma anche molto tempo è molto
tempo... AH! Ma che razza di ragionamenti andavo a fare?!
Qualsiasi cosa ci fosse tra me e Troy, sarebbe durata finchè sarebbe
durata.
Ma prima, però, dovevo scoprire cosa fosse quel 'qualcosa'...
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@
Fine ventitreesimo capitolo.
Oggi sono riuscita ad aggiornare la storia, finalmente!! Del resto me
lo sono concessa visto il giorno speciale del mio compleanno!!^^ Anche
se ho dovuto sorbirmi un luuuungo pomeriggio a scuola all'insegna
dell'economia T_T
Questo capitolo è corto e sostanzialmente non dice molto,
è solo uno dei tanti momenti che i due protagonisti passano
insieme. Ultimamente mi mancano sia ispirazione
che tempo, quindi è
venuto fuori solo questo. Comunque spero che qualcuno mi lasci un
commentino lo stesso^^
Prometto che dal prossimo capitolo le cose si movimenteranno un pochino
e ci sarà un piccolo punto di svolta, un cambiamento di uno dei
personaggi che sarà importante per l'esito della storia, ma non voglio
dire nient'altro.... :P
RINGRAZIAMENTI :
Angels4ever
: sono contenta che i miei personaggi piacciano!! Troy e Gabriella si
stanno avvicinando, è vero, ma il loro è un legame molto
strano e, a dire tutta la verità , sono un po' strani
anche loro due (mi piacciono proprio
per questo),
quindi magari il pensiero di poter provare dei sentimenti l'uno per
l'altra o stare assieme passa per le loro menti, ma in un modo un po'
diverso da come viene inteso da chiunque altro... E comunque in questa
storia vengono espressi solo i pensieri di Gabriella, che sta
cominciando a farsi un po' di domande, ma non quelli di Troy, quindi
non si sa come lui veda questo loro rapporto... ;P Per quanto riguarda
come andrà a finire, non dico niente, ma ci sono ancora un po'
di capitoli prima del giudizio finale, quindi potrebbe succedere
qualsiasi cosa... Spero di aver risposto alla tua domanda... Fammelo
sapere!!^^
romanticgirl:
ecco a te il nuovo capitolo, non è granchè, dice poco,
ma ultimamente non riesco a scrivere molto. Mi fa piacere che ti prenda
così tanto la storia!!^^ Continua a seguirla e a dirmi
cosa ne pensi!!
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"A quanto pare hai le idee chiare".
"Già. Adesso possiamo andare, quello che avevo da dirti l'ho detto".
"Non scappare, non mordo mica, sai?".
Lo guardai dritto negli occhi, aveva qualcosa di... insolito.
Angel_R
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Capitolo 24 *** E POI SAREI IO QUELLA LUNATICA?! ***
Capitolo 24: E poi sarei io quella lunatica?!
Scoprire i segreti e i misteri mi ha sempre affascinata. E' bello
mettersi in gioco e ragionare sulle possibili soluzioni di un quesito o
cercare di scoprire qualcosa di ignoto.
Come quando si guarda un film giallo o si legge un libro poliziesco e
si cerca di capire prima degli investigatori l'identità
dell'assassino.
E' vero, mi è sempre piaciuto tutto ciò, ma non nel periodo in cui la
domanda: "Quale strano tipo di rapporto abbiamo Troy ed io", mi girava
in testa in continuazione.
Era frustrante sapere di dover cercare la risposta in me stessa e non
riuscire a trovarla.
Dovevo smetterla con questi viaggi alla scoperta di un mio interiore
più profondo, mi stancavano solo, e per cosa poi? Tornare al
punto di partenza.
Quella settimana la giornaliera tranquillità dell'East High era
movimentata da un evento che, il più delle persone, considerava
eccezionale, magnifico, strabiliante... insomma, da non perdere,
cioè la mega-festa di sabato sera organizzata da Brooke Anderson, una
cheerleader dai lunghi capelli corvini.
Distribuiva inviti ad ogni intervallo e durante il pranzo, sembrava
inarrestabile e incontentabile, come un ubriacone con in mano una
bottiglia di vino.
Aveva invitato tutti, l'intera scuola.
Io non avevo assolutamente intenzione di andarci, ma Taylor implorava
tutti noi, prima con le buone, e poi, ovviamente, con le cattive.
Chad l'aveva invitata, e lei non se l'era sentita di rifiutare, ma,
dato che le uniche persone che conosceva sarebbero state suo fratello e
il suo ragazzo, ci voleva accanto.
"E poi ci divertiremo", sosteneva.
Per un qualche strano motivo, Chad non si faceva alcun tipo di problema
nell'ammettere pubblicamente di frequentare la presidentessa del Club
di chimica, anzi, faceva di tutto per mostrarlo a chiunque.
Il suo motto era: "Non deve piacere a loro, ma a me, e se a loro non
piace... fatti loro".
'Bella filosofia. Taylor è fortunata', pensavo io. 'Peccato che
non la adotti anche...' Ma che mi passava per la testa?!
Alla fine accettammo, volenti o nolenti, tutti quanti di aggregarci a
quell'insieme di ipocrisia e falsità che ci sarebbero stati alla
festa.
Un pensiero cominciò a
frullarmi in testa: dato che alla festa ci sarebbero stati tutti,
allora, sicuramente, Troy non avrebbe perso
l'occasione, ma come ci saremmo dovuti
comportare? Beh, ormai l'avevo promesso a Taylor, e non potevo tirarmi
indietro, quindi, decisi il da farsi.
Mi aggirai per un po' tra i corridoi della scuola e, una volta trovato,
feci segno a Troy di raggiungermi nel magazzino.
"Allora? Sentivi la mia mancanza?", mi chiese piazzandosi davanti a me
col solito sorrisetto sarcastico e impertinente.
"Morivo dalla voglia. Tu vai alla festa sabato sera, vero?".
Mi guardò qualche secondo con fare circospetto. "Sì".
"Bene. Non un'occhiata, non una parola, non un sorriso... Niente! Io
non esisto per te e tu non esisti per me".
"A quanto pare hai le idee chiare".
"Già. Adesso possiamo andare, quello che avevo da dirti l'ho detto".
"Non scappare, non mordo mica, sai?".
Lo guardai dritto negli occhi, aveva qualcosa di... insolito. A quel
punto della situazione avrebbe dovuto dire qualcosa di
stupido e senza senso, invece in quel momento rimaneva impalato nella
stessa posizione con
lo sguardo fisso, perso chissà dove. "Cos'hai?", gli chiesi.
"Che vuoi dire?".
"Beh, sei strano. Non parli e lasci che io ti dia ordini senza
protestare o replicare".
"Forse mi sto indebolendo", disse cercando di costruire un sorrisetto
divertito, che non gli riuscì molto bene.
"Che scoop! La stella d'oro dell' East High che ammette di essere
surclassato da una ragazza. Non vedo l'ora di vedere la faccia che
faranno tutti nel venirlo a scoprire". Anche stuzzicarlo in quel modo
non servì a nulla. Non cambiò espressione.
Mi avvicinai a lui cercando di guardalo dritto negli occhi, ma
distoglieva lo sguardo continuamente, come se volesse evitarmi. Mi
sentii triste e anche un po' arrabbiata, non sopportavo quell'
atteggiamento schivo e di mutismo.
"Perché mi hai chiesto di restare se poi fai finta che neanche sia
qui?".
"Non lo so", disse risvegliandosi dallo stato catatonico nel quale era
caduto per qualche secondo.
"Risposta concisa ma molto chiara. Io me ne vado". Mi girai recuperando
la tracolla che avevo lasciato a terra poco prima.
Troy si mosse appena alle mie spalle, come se volesse fermarmi in
qualche modo o dire qualcosa, ma non fece niente.
Uscii dal magazzino e, per fortuna, il corridoio era quasi deserto. Mi
avviai in classe ripensando all'espressione assente che aveva Troy. Non
l'avevo mai visto così.
Di sicuro aveva qualcosa per la testa, ma, conoscendolo, non me
l'avrebbe detto tanto facilmente.
Conoscendolo... Ma lo conoscevo davvero? Probabilmente se fosse stato
così, avrei saputo cosa gli stesse passando per la testa.
Magari lo avevo offeso o deluso dicendogli di far finta di non
conoscermi alla festa.
Ma se non lo avessi fatto io prima, mi avrebbe trattata lui così
sabato sera... o no? Ma a cosa pensavo? Certo che lo avrebbe fatto! E
allora, come si dice, meglio prevenire che curare.
Io ci sarei andata coi miei amici, e lui con i suoi.
"Dobbiamo pensare a cosa indossare sabato", disse Martha mentre
uscivamo dalla scuola alla fine delle lezioni.
"Ma è solo giovedì", replicò Kelsi.
Ci sedemmo ad un tavolino di legno del giardino.
"Cosa centra? Dobbiamo essere perfette".
"Da quando in qua t'importa tanto di una delle feste organizzate dalle
Barbie?", le chiese Taylor.
"Hai ragione, non dovrei essere io ad essere preoccupata per certe
cose", le rispose Martha guardandola in modo allusivo.
"Che vuoi dire?".
"Sabato sarà la tua grande serata, no? Andrai per la prima volta ad una
festa con Chad".
"No, sbagliato. Io alla festa ci vado con voi, lui lo vedrò li".
"E lui è d'accordo?".
"Quando glielo dirò, lo sarà".
"Non sei gelosa?", le chiesi. "Insomma, ci saranno un sacco di ragazze,
soprattutto cheerleader, e sai come sono e che mire hanno sugli atleti".
"No, non sono gelosa. Anche perché se ci prova con quelle, sa cosa
gli aspetta. No, a parte gli scherzi, spero che usi il briciolo di
cervello che non è occupato dal basket".
Sembrava sicura di sé, anzi, di loro...
"Ehi! Di chi sparlate?", chiese Chad arrivando, come al solito, assieme
a Bryce. Si sedettero anche loro.
"Niente", fu la risposta pronta di Taylor.
Tutte noi la guardammo, ma lei ci fece cenno di non dire niente.
"Allora, pronte per sabato?", chiese Chad.
"Certo", rispose allegra Martha.
Non capivo da dove le venisse tutto quell'entusiasmo.
Dal canto mio, se non fosse stato per la promessa fatta a Taylor, avrei
volentieri evitato la serata.
Per un qualche strano motivo, mi sentivo a disagio al solo pensiero.
Tutti gli altri continuavano a parlare, ma non prestai molta attenzione
a ciò che dicevano.
Dopo un tempo indefinito, ci alzammo dal tavolo e ognuno, chi in
autobus, chi in auto, si recò a casa propria, mentre Bryce e
Chad si diressero verso la palestra per l'allenamento di basket.
Io mi fermai nella biblioteca della scuola per finire una ricerca di
storia che stavo già rimandando da un po' di tempo.
Ero talmente concentrata sull'enorme volume aperto davanti a me, che
quasi non mi accorsi del tempo che passava. Erano già le 17:45
quando alzai lo sguardo sull'orologio appeso al muro.
Chiusi in fretta libri e quaderni d'appunti ed uscii.
Il cielo cominciava a scurirsi e all'interno della scuola non c'era
nessuno. Aprii il mio armadietto riponendo alcuni libri,
dopodiché mi affrettai a raggiungere l'uscita.
Ero arrivata sulle scale dell'ingresso, quando notai qualcuno che stava
già scendendo i gradini. E chi poteva essere quel qualcuno se non
Troy?
Lo raggiunsi affiancandolo.
"Ehi! Finito l'allenamento?".
"Cosa? Ah, sì".
Sembrava lo avessi appena distratto da un pensiero profondo. Per
l'ennesima volta in quella giornata mi chiesi cosa cavolo gli stesse
passando per la testa.
"Stavo prendendo in seria considerazione la possibilità di farmi
un piercing proprio qui, sul sopracciglio", dissi indicando un punto
poco sopra il mio occhio.
"Cosa?".
"No, sbagliato, avresti dovuto rispondere: 'brava, sono d'accordo', o
qualcosa del genere".
"Non capisco".
"Oggi hai la testa fra le nuvole. Sembri una ragazza nel suo periodo
più nero... non hai il ciclo, vero?".
Continuava a tenere lo sguardo fisso in un punto imprecisato.
"Ti prego, smettila di pensare in quel modo, non bruciare l'ultimo
neurone che ti rimane!", gli dissi in modo scherzoso aggrappandomi al
suo braccio.
Le sue labbra si stesero in un vago sorriso, che, però, svanì così
rapidamente com'era comparso.
Gli lasciai il braccio di colpo, come se scottasse, e mi allontanai di
qualche passo. Non lo capivo, proprio non lo capivo.
"Adesso devo andare", dissi senza guardarlo in faccia. Mi girai e
cominciai a camminare.
Non capivo cosa stesse succedendo.
Sapevo che Troy non era la persona più aperta e spontanea che
conoscevo, ma credevo che in me avesse trovato qualcuno con cui
parlare, con cui sfogarsi, in un certo senso.
"Aspetta!", sentii chiamarmi. Non mi fermai. Non mi andava di assistere
ad un'altra scena di mutismo o di sguardi vitrei. "Gabby". Troy mi
raggiunse e mi bloccò.
"Cosa vuoi?", gli chiesi nel tono più duro che riuscii ad usare.
"Ecco... io...avevi ragione".
"Eh?".
"Avevi ragione", ripeté. Non capivo cosa volesse dire. Mi
guardò qualche secondo prima di girarsi e raggiungere la sua
auto. Lo osservai mentre metteva in moto e partiva.
Rimasi qualche minuto immobile pensando a quelle parole. Non avevano
senso!
'
Avevi ragione'
Ragione per
cosa?!
Era sempre il solito! Riusciva a confondermi ogni volta.
Quel suo cambiamento repentino mi aveva in qualche modo distrutta. Ogni
mia certezza era svanita.
Molto probabilmente stavo ingigantendo tutto. Forse quella era
semplicemente stata
una giornata pesante e Troy non aveva voglia di parlare con nessuno.
In fondo un giorno no lo passiamo tutti, ma avevo la stranissima
sensazione che da quel momento in avanti le cose sarebbero cambiate fra
noi due e, purtroppo, non in meglio.
Se essere amici di Troy Bolton voleva dire ritrovarsi tutti i giorni
con una strana sensazione e un mal di testa permanente, ne valeva
davvero la pena?
Probabilmente avrei fatto meglio a togliermi da quella situazione. Di
sicuro la mia salute ne avrebbe trovato beneficio... ma tutto il resto
di me stessa sarebbe stato della stessa idea?
)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
Fine ventiquattresimo capitolo.
Allora, ecco qui il cambiamento al quale accennavo nello scorso
capitolo. Questo sarà il punto di svolta della storia, da qui in
poi verranno a galla un po' tutti i sentimenti e i pensieri tenuti
nascosti fino ad adesso.
Non accadrà tutto subito, ma gradualmente, poco per volta. Spero
continuiate a seguirmi e che mi lasciate qualche commentino in
più questa volta... ultimamente scarseggiano un po' :P
RINGRAZIAMENTI :
Angels4ever
: non c'è di che!! Comunque, sì, anche 'il pranzo del
lunedì'... adesso questi due personaggi condividono un altro
segreto, un altro momento che passano insieme in un modo tutto loro...
Sono contenta che la mia storia ti piaccia così tanto!! Baci!!^^
romanticgirl : spero di
avere soddisfatto la tua curiosità e che il cambiamento di Troy non ti
abbia deluso...
Grazie mille per gli auguri!!^^
Grazie tante a tutte e due che mi seguite in ogni capitolo!! Per me
è molto importante sapere cosa ne pensano le lettrici della
storia... per sapere come continuare e cosa piace di più a chi
legge.
Un altro ringraziamento speciale va, senza dubbio, ancora una volta a
Charlie, la mia consigliera e critica ufficiale!! Thanks!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Beh, non solo per quello".
Non riuscivo a guardarlo in faccia, ma la sua voce mi suonava distante,
distaccata.
"E per cosa allora?".
"Delle cose", rispose con una scrollata di spalle.
"Meglio se te ne vai".
"Eh?", chiese voltandosi verso di me.
Angel_R
|
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Capitolo 25 *** FACCIAMO SCINTILLE!! ***
Capitolo 25:
Facciamo scintille!!
Il giorno dopo andai a scuola
di malavoglia.
Non mi andava per niente. Ero di pessimo umore e non volevo vedere
nessuno.
Cosa mi stava succedendo?! Possibile che quel semplicissimo cambiamento
da parte di un ragazzo, che fino a qualche tempo prima odiavo,
influisse
tanto su di me?
A quanto pareva, sì. Ma la domanda sorgeva spontanea:
perché? Certo che se neanche io lo sapevo, avrei fatto fatica a
riprendermi da quello stato.
"Qualcuno si è svegliato con la luna storta, a quanto vedo".
"Già", mi limitai a rispondere a Taylor che aveva notato il mio stato
d'animo.
"Capisco che adesso tu
non abbia voglia di parlare di questo, qualunque
cosa sia, ma sappi che ci sarò sempre, se vorrai sfogarti un
po'".
"Grazie, Tay", le dissi cercando di sorridere.
Ci avviammo in classe, dove ci attendeva una lunghissima lezione con la
Darbus. Le ore di teatro erano le uniche che Troy ed io avevamo in
comune.
Mi sentivo soffocare in quella stanza. Avrei voluto alzarmi ed uscire.
Mi guardai attorno e vidi Troy intento a fissare la professoressa senza
distogliere mai lo sguardo. La sua mano destra era serrata sul bordo
del banco e dalla sua espressione intuii che stesse pensando a qualcosa
che lo innervosiva parecchio.
Si voltò e incontrò il mio sguardo. Una scintilla
attraversò i suoi occhi e mi fissò per qualche secondo,
finché non si rigirò con uno scatto improvviso.
Sembrava in qualche modo frustrato e sofferente. Cos'aveva?
Oh, no, altre domande!! E altre domande significavano altre risposte da
trovare!!
La campanella suonò e uscimmo tutti dall'aula.
Stavo camminando in direzione del mio armadietto, quando qualcuno mi si
affiancò.
"Ci ho pensato. Il piercing ti starebbe meglio sul labbro inferiore",
disse Troy.
Lo guardai con la coda dell'occhio. Procedeva guardando dritto davanti
a sé. Feci lo stesso.
"Non dirmi che hai davvero usato quel povero neurone per una cosa del
genere".
"Beh, non solo per quello".
Non riuscivo a guardarlo in faccia, ma la sua voce mi suonava distante,
distaccata.
"E per cosa allora?".
"Delle cose", rispose con una scrollata di spalle.
"Meglio se te ne vai".
"Eh?", chiese voltandosi verso di me.
"Vattene", dissi bruscamente svoltando l'angolo del corridoio. Mi stavo
irritando. Quel suo comportamento altalenante mi dava davvero fastidio
e
non sarei riuscita a sopportarlo. Prima era odioso, poi gentile, poi
scontroso, poi indifferente, poi... basta! Non ce la facevo più.
"Si può sapere cosa ti prende adesso?".
Non risposi e continuai a camminare. Mi sentii afferrare per un braccio
e spingere verso un altro corridoio. Troy mi trascinò fino alla
porta del teatro e si richiuse la porta alle spalle.
"Non è intimo come il magazzino, ma almeno siamo soli. O almeno
credo. Vado a fare un giro di ricognizione". Si allontanò di
qualche passo, ma ritornò indietro e mi prese una mano.
"Potresti scappare".
Salì sul palco e si diresse dietro le quinte, guardò per
bene, poi si convinse che eravamo le uniche due persone all'interno.
"Bene, allora?".
"Allora cosa?".
"Che ti prende? Perché sei così acida oggi?".
"Senti chi parla!", sbottai. "Sei tu che ieri mi hai ignorata in tutti
i
modi e sei stato maleducato, e oggi ti presenti
sorridente e noncurante di come ti sei comportato. E poi cosa significa
quel 'avevi ragione' detto a caso?".
Sembrava essere stato colto in fallo. La sua espressione assunse una
nota di allarme e sorpresa. "Io non dico le cose a caso".
"Allora spiegati. Cosa significa?".
"Non è facile". Abbassò lo sguardo sulle nostre mani ancora unite.
"Come al solito, no? E allora dimmi perché ti comporti così".
"Non è facile neanche questo". Sentii le dita della sua mano che
sfregavano sul dorso della mia. Un gesto di nervosismo, supposi.
Non sapevo se essere arrabbiata o provare tenerezza per quel suo
visibile disagio. Decisi di non mostrare nessuno dei due sentimenti.
"Non riesci a dirlo neanche a me?".
Alzò impercettibilmente la testa, ma non rispose.
"Senti, fai finta che non sia successo niente. Adesso andiamo, faremo
tardi a lezione".
Mi lasciò la mano e cominciò a dirigersi verso l'uscita.
Mi mossi velocemente e lo bloccai afferrandolo da dietro per la
maglietta. "Aspetta", dissi mettendomi di fronte a lui.
Evitava il mio sguardo.
"Non è giusto che tu mi liquidi così, senza spiegazioni".
Lo vidi abbassarsi verso di me e sentii le sue labbra sulle mie.
Quel bacio lo sentivo incerto ma, allo stesso tempo, anche dolce e
rassicurante. Si staccò lentamente rivolgendo lo sguardo in un
punto lontano della sala.
"Non dovevo neanche provarci", disse più rivolto a sé stesso, che a me.
"Troy...".
Fissò i suoi occhi nei miei. Rimasi interdetta qualche secondo: mi
stava rivolgendo uno sguardo freddo e incolore.
"Non mi cercare o parlare più. Non ho bisogno di qualcuno che mi
assilli tutti i giorni, in continuazione".
Detto ciò si avviò a grandi passi verso l'uscita e io rimasi sola
all'interno del teatro, immobile.
Non sapevo a cosa pensare. Avevo la testa completamente vuota, priva di
pensieri. Non avevo ancora capito cosa fosse realmente successo. Non
aveva
senso.
Perché Troy si stava comportando in quel modo? Perché mi aveva detto
tutte quelle parole così cattive?
Perché... Non riuscii formulare altre domande. Il mio
cervello, il mio cuore e tutto il resto del mio corpo vennero sommersi
e travolti dal fiume delle mie lacrime.
""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""""
Fine venticinquesimo capitolo.
Ecco a voi, come ogni lunedì, l'aggiornamento!!
Allora... questo capitolo è un po' corto, ma è (almeno
spero) significativo... che ne dite? Fatemelo sapere!!^^ Troy si sta
comportando in un modo un po' strano, cioè, in modo inconsueto
rispetto alla sua normale stranezza.
Spero che nessuno rimanga deluso da questo suo cambiamento. Mi
raccomando, ditemi cosa ne pensate, sia nel bene che nel male.
RINGRAZIAMENTI :
francesca_22
: grazie mille per tutti i tuoi complimenti!! Mi fa davvero molto
piacere che questa storia ti piaccia così tanto, soprattutto
visto che, a quanto ho capito, non leggi molte fan fiction di questo
settore. Devo ammettere che questo Troy piace abbastanza (per fortuna).
Quando ho iniziato a scrivere questa storia non pensavo potesse essere
gradito da molti, ma mi sbagliavo... tanto meglio!! Spero di aver
aggiornato abbastanza in fretta... spero di trovare altre tue
recensioni!! Baci!!^^
Angels4ever
: beh, ancora per la festa credo che si dovranno aspettare almeno un
paio di capitoli... per adesso voglio focalizzare l'attenzione sul
cambiamento dei personaggi... Ma quella scena ci sarà di
sicuro, e, come hai detto tu, succederà qualcosa... ma non dico
niente... altrimenti che sorpresa è?! U.U Baci!!^^
romanticgirl
: mi fa piacere che la storia ti prenda così tanto!! Per quanto
riguarda la tua previsione su Troy... non posso dirti assolutamente
niente... XD Continua a seguirmi e lo saprai!!^^ : P
Grazie ancora una volta per le vostre recensioni, ma aiutano davvero
tantissimo!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Scusa", le dissi.
"Per cosa?".
"Vedi, io... non sono stata sincera con te, nonostante la promessa di
raccontarci tutto", recitai tutto d'un fiato.
"Mi sento in colpa, e
adesso ho davvero bisogno di qualcuno con cui parlare".
Mi guardò con un sorriso rassicurante.
Angel_R
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Capitolo 26 *** OLTRE L'AMICIZIA ***
Capitolo
26: Oltre l'amicizia.
Non sapevo da quanto tempo ero in teatro.
Ad un tratto sentii la porta principale aprirsi e un coretto di voci
avvicinarsi al palco.
Mi alzai dall'angolino dietro le quinte nel quale mi ero nascosta.
Sbirciai attraverso i pesanti tendoni e vidi la Darbus che si
apprestava a cominciare la lezione con una classe del primo anno.
Cercai di uscire da quel pasticcio il più silenziosamente
possibile, senza farmi notare e, fortunatamente, riuscii nel mio
intento.
Una volta arrivata nel corridoio, tirai un forte sospiro di sollievo
ed estrassi il mio cellulare dalla tasca interna della mia borsa. Con
mia grande sorpresa scoprii che in teatro ci avevo passata circa due
ore.
Non me la sentivo proprio di entrare in classe. La testa mi faceva male
e dovevo sicuramente avere una pessima cera.
Mi diressi verso la segreteria e chiesi di telefonare a casa.
Mia madre si presentò davanti la porta dell'infermeria circa mezz'ora
dopo.
"Come stai?", mi chiese apprensiva.
"Non ti preoccupare, non è niente di grave", risposi cercando di
distendere le mie labbra in un sorriso rassicurante.
Per tutta risposta mi appoggiò le labbra sulla fronte. "No, la febbre
non ce l'hai".
Mi portò a casa e io salii direttamente in camera mia, senza proferire
parola.
Mi sdraiai sul letto chiudendo gli occhi. Cercai di non pensare a
niente, ma non fu affatto facile, anzi, direi proprio impossibile.
Sentii qualcuno bussare alla porta, dalla quale sbucò mia madre.
"Gabby, di sotto c'è Taylor, è venuta a vedere come stai".
"Sì, falla salire".
Dopo qualche secondo la mia migliore amica entrò in camera mia
richiudendosi la porta alle spalle.
"Ho saputo che sei uscita prima. Come stai?", mi chiese sedendosi sul
bordo del letto accanto a me.
"Non lo so", dissi con voce piatta.
"L'invito di stamattina è ancora valido, sai? Se vuoi sfogarti... sono
qui".
La fissai per qualche istante prima di avvicinarmi ed abbracciarla. La
sentii ricambiare.
"Scusa", le dissi.
"Per cosa?".
"Vedi, io... non sono stata sincera con te, nonostante la promessa di
raccontarci tutto", recitai tutto d'un fiato. "Mi sento in colpa, e
adesso ho davvero bisogno di qualcuno con cui parlare".
Mi guardò con un sorriso rassicurante.
Sentivo di potermi davvero fidare di lei, quindi le raccontai tutto,
tutto ciò che era accaduto fra Troy e me da quando ci eravamo
conosciuti il mio primo giorno di scuola: del bacio che Troy mi aveva
dato a casa Mckassie, di quando, la sera della festa a scuola, avevamo
passato il tempo abbracciati nel giardino, di quando avevo conosciuto
Erika e avevamo passato la domenica assieme, e anche della domenica
dopo, di quando lui era entrato nel laboratorio di chimica, della
litigata con Sharpay dopo la quale si erano lasciati e della nostra
chiacchierata in palestra, dei nostri incontri nel magazzino, del
pomeriggio a Santa Fe, di quando mi venne a trovare a casa quando
avevo la febbre, e anche degli episodi degli ultimi giorni, dei suoi
cambiamenti d'umore... tutto insomma.
Taylor rimase qualche secondo in silenzio, dopodiché scattò in piedi e
fece qualche passo all'indietro.
"Wow", disse infine.
"Senti, lo so che ho sbagliato e che avrei dovuto confidarmi con te, ma
non sapevo come fare. non ero sicura di niente e...".
"Sospettavo già che ci fosse qualcosa tra voi due", disse come
se non mi avesse sentito. "Ma non immaginavo arrivasse fino a questo
punto".
"Cosa? Taylor, ma che...?".
"Dai, Gabby! Secondo te io, che per certe cose ho un radar incorporato,
non mi ero
accorta di niente? E' solo che non credevo vi innamoraste così".
COSA?! "COSA?! No, io e Troy non... cioè, noi non... Taylor!!".
"No, scusa", disse risedendosi di fianco a me e afferrandomi entrambe
le mani con le sue. "Forse la parola 'innamorato' è troppo
forte, ma sono sicura al cento per cento che tra voi due ci sia
qualcosa che va oltre l'amicizia. Sai, ho osservato entrambi
ultimamente, e devo ammettere che all'inizio avrei voluto prenderti a
schiaffi e dirti di tornare in te stessa, ma non l'ho fatto
perché credevo che sarebbe finito tutto in una bolla di sapone.
Ma a quanto vedo...", non finì la frase.
Taylor assunse un'aria pensierosa.
Cercai di elaborare ciò che aveva detto. Fino a quel momento mi
ero sempre chiesta quale tipo di legame avessimo instaurato Troy ed io.
Ero arrivata a concludere che eravamo amici, confidenti, ma Taylor mi
aveva aperto la strada su una nuova possibilità... l'amore... o,
meglio, quell'affetto che andava oltre una normale amicizia.
Rimasi a rimuginare per un po' di tempo, fino a che non sentii dei
movimenti all'interno della stanza. Piano, piano, ritornai al mondo
reale e mi ricordai che la mia migliore amica era ancora lì con
me.
"Secondo te cosa dovrei fare?", le chiesi con un filo di voce. "E poi
non capisco questo suo cambiamento così veloce. Insomma,
dall'oggi al domani... non ha senso. Sono così confusa! Non so
davvero a cosa pensare. E se avessi sbagliato qualcosa? Non avrei
dovuto parlargli così riguardo alla festa. E se davvero se
l'è presa per questo... perché?!".
"Gabby, calmati", in quel momento mi accorsi di aver alzato di qualche
tono la voce.
"Scusa", balbettai.
"Senti, questa storia è molto complicata, e in ballo ci sono dei
sentimenti, quindi bisogna essere cauti. Tutto quello che ti posso
dire, è: segui il tuo cuore".
Odiavo le frasi fatte, ma capii che in quel momento Taylor non avrebbe potuto aiutarmi
in nessun altro modo.
"Ci proverò".
"Bene, e io sarò sempre pronta a darti una mano, tranquilla".
"Grazie", le dissi abbracciandola nuovamente.
In quel momento mi sentii molto più leggera. Finalmente il peso
di tutta quella storia era diventato un pochino meno pesante.
Quando Taylor se ne andò, rimasi sola nella mia stanza.
Amore. Era quella la parola fissa nella
mia testa.
Chissà se era vero, se Troy ed io... Ma che cavolo!! Se non lo
sapevo io, chi altro poteva?!? E' solo che avevo le idee così
confuse che facevo davvero fatica a capirlo...
$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$$
Fine ventiseiesimo capitolo.
Non so a voi ma a me questa settimana sembra volata in un lampo!! Forse
è perchè sono stata piuttosto impegnata, e quindi non mi
sono accorta del tempo che passava. Sono riuscita a finire questo
capitolo giusto in tempo per aggiornare, come al solito, di
lunedì, anche se, in tutta sincerità, non mi convince un granché...
ditemi voi com'è venuto fuori!!
Altro capitolo piuttosto corto... mi dispiace ma ultimamente non riesco
a scrivere più di tanto, un po' per mancanza di tempo e un po'
per mancanza d'ispirazione...
Spero vi piaccia lo stesso e che recensiate!! In fondo farlo non porta
via molto tempo, no? XD
RINGRAZIAMENTI :
Angels4ever : è vero, forse Troy ha esagerato un pochino
e Gabby c'è restata molto male, ma non credo
si lascerà abbattere per questo, tu no? ;P
Vedremo se anche la tua teoria è giusta... per saperlo basta solo
continuare a seguirmi!! XD Ciaoo!!^^
romanticgirl : anche tu sei
convinta del fatto che Troy abbia paura... mmm... staremo a vedere...
Spero di aver aggiornato abbastanza in fretta!! Ciaoo!!^^
francesca_22
: non hai tutti i torti... in effetti le storie che fai fatica a capire
e che hanno qualche segreto sono più interessanti di quelle
che hanno la trama un po' troppo piatta e nessun colpo di scena... beh,
poi
dipende dai gusti... io la penso come te!!
Per quanto riguarda gli oscuri segreti del "bad boy" (mi piace
questa definizione XD)... mi sa che dovrai aspettare ancora un po'...
:P
Baci!!^^
Ancora una volta grazie mille a tutte e tre e anche alla best Charlie
che continua a sopportarmi nonostante le mie crisi di blocco creativo e
nonostante le faccia leggere i capitoli
decine di volte per far si che non manchi nulla e che vengano fuori dei
lavori decenti da essere pubblicati!!^^
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"No, mi ha fatto bene parlare con te, è solo che...".
"Neanche tu sai cosa provi".
"Già. Sono confusa e poi lui adesso si comporta in un modo cosi
strano...".
"Tesoro, è un ragazzo, è normale".
Angel_R
|
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Capitolo 27 *** TAYLOR HA RAGIONE ***
Capitolo 27:
Taylor ha ragione.
La sveglia trillava già da qualche
minuto quando allungai un braccio per spegnerla.
Quella mattina non riuscivo proprio a tirarmi su, ma imposi a me stessa
di farlo.
Mi misi in piedi e passai davanti allo specchio. "Wow", commentai
osservando i miei capelli arruffati.
Andai in bagno e cercai di districare tutti i nodi, e alla fine optai
per una semplice coda di cavallo.
"Stai meglio?", mi chiese mia madre una volta che scesi in cucina.
"Sì, certo".
"Sei un po' pallida, se non te la senti di andare a scuola oggi, puoi
restare a casa".
Avrei voluto davvero poter non vedere nessuno e stare da sola, coi miei
mille pensieri, ma decisi che non era proprio
il caso far preoccupare
inutilmente sia mia madre che Taylor.
"No, vado a scuola, non ti preoccupare".
"D'accordo. Oggi ti porto io, ho tempo stamattina".
Dopo circa un quarto d'ora l'imponente facciata dell'East High School
risplendeva davanti ai miei occhi.
Appena entrai vidi tutti i miei amici raggruppati in un angolo del
corridoio che chiacchieravano allegramente.
"Ciao!", li salutai.
"Ehi! Dì alla tua amica che non c'è niente di male nel
portare un paio di scarpe da ginnastica ad una festa", mi disse Chad
mettendomi un braccio attorno al collo indicandomi Taylor.
"Non c'è niente di male nel portare un paio di scarpe da ginnastica ad
una festa", ripetei. "Ma... perché?".
"Vuole andare alla festa di sabato in tuta! Ti sembra il caso?!",
sbottò Taylor guardando il suo ragazzo.
"E' comoda, e poi non sarà una festa di gala, ma tra ragazzi, non ci
vuole lo smoking".
"Mi piacerebbe vederti in smoking", disse Kelsi divertita.
"Non accadrà mai", le rispose Chad con un'espressione
orripilata, come se l'avessero costretto a mangiare cavolini di Bruxelles.
"Non fare lo spiritoso, è una cosa seria".
"Tay, noi ragazzi non siamo come voi ragazze, non dobbiamo essere
sempre eleganti qualsiasi cosa facciamo e ovunque andiamo".
La discussione andò avanti in quel modo fino al suono della campanella.
All'ora di pranzo Kelsi, Ryan, Martha ed io eravamo seduti al nostro
tavolo in mensa, quando una Taylor trionfante arrivò col suo
vassoio.
"Alla fine abbiamo pattuito per jeans e camicia".
"Certo che a quel ragazzo puoi far fare tutto ciò che vuoi", disse
Martha.
"Puoi dirlo forte".
La mia attenzione si spostò sul tavolo degli atleti. Come al solito
erano il gruppo più confusionario.
Tra loro, però, non vidi Troy.
"Non c'è oggi", mi sussurrò Taylor all'orecchio. "Prima
Chad mi ha detto che oggi all'allenamento sarà il capitano, dato
che Bolton ha avvisato che non si sarebbe presentato".
Abbassai lo sguardo sul mio pranzo e sentii il braccio della mia amica
cingermi le spalle.
Quando la campanella della fine delle lezioni suonò, mi sentii
sollevata.
Non ce la facevo più a sopportare professori barbosi e compiti.
"Allora, andiamo?", chiese allegra Martha trascinandoci fuori dalla
scuola.
Quel pomeriggio noi ragazze saremmo andate a fare un po' di
shopping.
A dire il vero non mi andava molto, ma avevo bisogno di distrarmi un
po'.
"Pensare troppo fa male alla salute, attenta", disse Taylor
affiancandomi e lasciando Kelsi e Martha camminare davanti a noi immerse in una conversazione.
"Già, non sei la prima persona che me lo dice".
"Ehi, guarda che ieri non volevo sconvolgerti la vita, ho solo detto
quello che pensavo, tutto qui. Posso anche sbagliarmi, sai?".
"No, mi ha fatto bene parlare con te, è solo che...".
"Neanche tu sai cosa provi".
"Già. Sono confusa e poi lui adesso si comporta in un modo cosi
strano...".
"Tesoro, è un ragazzo, è normale".
"Sai, lui è diverso da come appare. All'inizio anch'io credevo
fosse un arrogante arrivista, ma in realtà non lo è.
Insomma, può sembrare strano, ma quando non è in mezzo
agli altri, si toglie la maschera e mostra la sua vera
personalità".
"Ti credo", disse Taylor dopo averci pensato qualche istante.
"Davvero?".
"Certo! Come potrei fare il contrario? Io mi fido di te, e poi conosco
il genere... non dimenticarti che in casa ho uno di loro, e adesso esco
con un altro esemplare della stessa specie.
Penso solo che per Troy sia più difficile emergere dall'idea che ha dato fino ad adesso. Ha solo bisogno di più tempo rispetto agli altri e di qualche aiuto in più".
"Aiuto?".
"Già, e non glielo posso dare di certo io", mi disse guardandomi
dritta negli occhi. Con un piccolo scatto in avanti raggiunse Kelsi e
Martha. "Allora? Che si dice dalle vostre parti?".
Rimasi indietro di qualche passo. Avevo capito ciò che intendeva
Taylor, e aveva ragione... forse.
Gli servivano tempo e aiuto... Beh, magari avrei potuto...
Entrammo in vari negozi e provammo alcuni vestiti.
Mi divertii molto quel pomeriggio e, per un po', dimenticai i pensieri
tristi che mi occupavano la mente.
"Si sta facendo tardi, meglio andare", disse Kelsi guardando l'orologio
legato al suo polso.
"Sì, sarà meglio".
Ci avviammo verso casa chiacchierando.
"A quanto vedo il gallo ha fatto conquiste", disse tutt'un tratto
Martha guardando dall'altra parte della strada.
Seguimmo il suo sguardo e vedemmo una coppietta che, seduta intorno al
tavolino di un bar si baciava intensamente.
Non ci sarebbe stato nulla di strano se l'elemento maschile del duetto
non fosse stato Troy Bolton.
"Certo che è proprio vero che i muscoli e un bel faccino attirano.
Quella è la seconda".
"La seconda?", chiese Taylor.
"Sì, non lo sai? Ieri se la faceva con una bionda del primo
anno, mentre oggi, a quanto pare, è il turno di quella
laggiù", disse indicando la ragazza dai capelli rossi che in quel momento stava finendo di bere la sua bibita.
Rimasi qualche secondo impalata a fissare la scena. Non sapevo il perché ma mi dava molto fastidio. Vederli così... vicini, mentre si baciavano... non riuscivo a sopportarlo.
Eppure non avrei dovuto sentirmi in quel modo... Insomma, Troy ed io non stavamo assieme, quindi...
"... adesso è meglio che andiamo davvero, è quasi ora di
cena", sentii dire a Taylor. La sua voce mi riportò coi piedi
per terra, ma non riuscii a muovere un passo. "Gabby...".
Stavo fissando ancora quei due intenti a chiacchierare (o meglio, lei
non continuava a parlare mentre lui le fissava il seno).
All'improvviso
Troy alzò lo sguardo e incontrò il mio.
Mi guardò dritto negli occhi per qualche secondo
dopodiché girò di scatto la testa e ritornò a far
finta di prestare attenzione alle parole della ragazza.
Il suo sguardo era freddo e distaccato.
"Gabby, stai bene?", mi chiese Kelsi. "Sembra che tu abbia visto un
fantasma".
"Cosa? No, va tutto bene, andiamo".
Alla fine ero riuscita nel mio intento, avevo scoperto qual'era la
vera natura di Troy Bolton.
Avevo capito che era un bugiardo, falso ed
egoista, una persona pronta a voltarti le spalle non appena si era
stancata di averti attorno.
In qualche modo mi sentivo tradita, e avrei dovuto odiarlo in quel
momento, ma non ci riuscivo.
Venti minuti dopo ero seduta sul divano nel salotto silenzioso di casa
mia. Ero sola, e mi andava bene così.
Sentii una musichetta provenire dal mio cellulare.
"Ciao Tay", risposi cercando di essere il più disinvolta possibile.
"Ehi, spero tu non ti stia deprimendo
ripensando a quel verme. Perché se la risposta è
'sì' ti tormenterò finché non la pianti".
"Tranquilla, va tutto bene. Solo...".
"Cosa?".
"Sei occupata adesso? Avrei bisogno di parlarti".
"Tranquilla, sono libera come l'aria".
"D'accordo, allora vengo li, va bene?".
"Certo".
Arrivai a casa di Taylor e mi aprì Bryce.
"Ciao, che ci fai qui?".
"Devo parlare con tua sorella".
"Ah! Cose fra donne. Io non voglio entrarci", disse alzando le mani in
aria. "Tay!", chiamò.
Sua sorella scese le scale non appena si sentì chiamare. "Vieni di
sopra".
Salimmo nella sua stanza.
"Senti, io...", cominciai tormentandomi le mani. Lei continuava a
fissarmi aspettando che io continuassi. "Ecco... ieri avevi ragione! Io
credo... che Troy mi piaccia davvero".
Cominciò a ridere come se le avessero
raccontato qualcosa di buffo. Rimasi un po' stupita.
"Scusa, Gabby, ma hai una faccia!
Dovresti vederti. Sembra che tu stia confessando un omicidio".
"Ma... Tu non sai quanto mi è costato
dirlo!", dissi fingendomi offesa.
"D'accordo". Si ricompose e assunse
un'espressione seria.
"Allora finalmente te ne sei resa
conto".
"Sì, ma non so se è proprio così.
Insomma... non lo so".
"Sei confusa, ed è comprensibile.
Sai, mi sentivo anch'io
così quando ho cominciato a frequentare Chad, ma credo che con
lui sia più facile. Non conosco Troy, non tanto quanto te. Io ho
sempre visto solo la facciata di superficie".
"Già, ma credo di non conoscerlo
davvero neanch'io, sai?
Altrimenti saprei cosa gli sta passando in mente in questo momento. E il perchè sta ricominciando ad uscire con tutte quelle ragazze
diverse".
"Non è facile, soprattutto con una
persona che fa di tutto per mascherare i suoi sentimenti".
"Hai qualche consiglio?".
"Mmm... le cose sono due: o lo
dimentichi definitivamente, o cerchi di capire la sua vera personalità".
"Io non voglio dimenticarlo!".
"Beh, allora ti sei risposta da sola".
Sempre la solita, pensai.
In fondo, però, non aveva tutti i
torti. Dovevo cercare di
reagire e trovare un perché allo strano comportamento di Troy, e ce l'avrei fatta!
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Fine ventisettesimo capitolo.
Rieccomi come ogni lunedì dopo una settimana pesante... per
non pensare a questa!! Venerdì hanno dato le pagelle,
quindi da
adesso cominciano tutti i recuperi e i ripassi con le
relative verifiche, e se ci aggiungete che adesso sono a casa
con la febbre... qualcuno preghi per me... :P
In questo capitolo anche Gabriella (finalmente) scopre e capisce i suoi veri sentimenti.
A quanto pare le ci voleva un colpo duro per arrivare alla conclusione...
Comunque la storia ancora non finisce... Dal prossimo capiolo comincerà la scena della festa, che ho intenzione di far durare
un po'... per sapere cosa accadrà, basta solo continuare a seguirmi!! XD
RINGRAZIAMENTI :
Angels4ever:
hai ragione, era ora che qualcuno se ne accorgesse e facesse
sì che Gabriella se ne rendesse conto. Per il ruolo
di confidente ho scelto una Taylor intelligente e che non si fa
molti
problemi a dire come stanno le cose, che sa ascoltare e sa dare sempre
ottimi consigli, una vera amica, insomma. Baci!!^^
romanticgirl
: intanto grazie per i complimenti!! Sono contenta che la mia storia ti
piaccia così tanto, e il fatto che rispecchia un
aspetto di vita
vera, significa, forse, che i miei personaggi e la mia ambientazione
sono adatti anche alla realtà, e non solo alla fantasia della
fiction... :P
Spero ti piaccia anche questo capitolo... Baci!!^^
francesca_22
: credo anch'io che sarebbe impazzita... troppi mal di testa per una
persona sola XD... Non ti preoccupare, il nostro "bad boy" ritorna!!
Vedremo in che veste: se vorrà riallacciare i ponti con Gabby
o no...
A me piace moltissimo esprimere i pensieri e i sentimenti dei
personaggi, è un modo per esternare anche un po' di me stessa...
Grazie mille per le recensioni!! Ciao!!^^
Le vostre recensioni mi fanno davvero sempre molto piacere!!^^
Continuate così!!
Arrivederci alla prossima!!^^
Nella prossima puntata:
"Sì, certo".
"Nessun invito? Insomma, ci vai con qualcuno?".
"No, ma forse è meglio così".
"Facciamo una cosa: tu vieni con Taylor, ma alla festa stai con me.
Almeno non saremo soli".
Angel_R |
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Capitolo 28 *** CHE LA FESTA ABBIA INIZIO! ***
Capitolo 28: Che la festa abbia inizio!
Dire ad alta voce che per me
Troy Bolton non era un semplice amico come
tutti gli altri, significava ammetterlo a me stessa, capirlo veramente
per la prima volta..
C'era solo una cosa che non andava: era troppo tardi. Ormai Troy se
n'era andato. Non mi parlava più e stava proseguendo per la sua strada senza guardarsi indietro.
"Te la sei andata a cercare", dissi a me stessa. "Hai passato
moltissimo tempo in sua compagnia. possibile che tu non te ne sia mai
accorta?".
"Possibilissimo", mi risposi. "Non posso farci niente, io capisco le
cose coi miei tempi, e non mi accorgo che tutto il resto, però,
non può sincronizzarsi alla mia stessa velocità, che non
tutti si adattano.
E' proprio vero che apprezzi ciò che hai
quando non ce l'hai più. E per fortuna ero io quella che odiava le
frasi fatte...
Il sabato mattina, fu la suoneria del mio cellulare a svegliarmi.
"Sì?", chiesi ancora mezza addormentata.
"Ehi!
Sveglia! Ci incontriamo tutti per pranzare insieme, quindi ti voglio
pronta e bellissima come sempre entro un'ora", mi rintronò la voce squillante di
Taylor.
"Ma è sabato".
"E
allora? Dai pigrona! Avrai tempo per dormire domani. Passo a prenderti
verso le 11:30. Ciao!".
Riattaccò.
Quell'alzataccia non ci voleva proprio. Volevo bene a Taylor, ma, da
sempre, odiavo chiunque mi svegliasse in quel modo.
A quel punto non sarei sicuramente riuscita a riprendere sonno, quindi
scesi in cucina e mi versai un po' di caffè in una tazza,
dopodiché salii in bagno e mi preparai.
Alle 11:00 ero già pronta, quindi ne approfittai per guardare un
po' di televisione. Come al solito c'erano solo notiziari e video
musicali.
"Buongiorno. Già sveglia?", chiese mia madre comparendo sulla porta del
salotto.
"Sì, vado a pranzo con gli amici. Tu non vai a lavorare?".
"Oggi pomeriggio".
Alle 11:30 precise sentii un clacson suonare dalla strada.
"Io vado!".
Uscii e vidi l'auto di Bryce.
"Ciao".
"Ciao, come mai ci sei tu?".
"A mia sorella piace comandarmi", mi rispose sorridendo.
Sorrisi a mia volta.
"Allora? Anche tu in fibrillazione per questa straordinaria festa?", mi
chiese Bryce rimettendo in moto.
"Certo! Quanto lo ei tu, direi", dissi notando la sua espressione poco
convinta.
"Ma che dici? Io non vedo l'ora!".
"Sì, certo".
"Nessun invito? Insomma, ci vai con qualcuno?".
"No, ma forse è meglio così".
"Facciamo una cosa: tu vieni con Taylor, ma alla festa stai con me.
Almeno non saremo soli".
"Tu non lo saresti se avessi accettato l'invito delle tre ragazze che
te lo hanno chiesto".
"Lo so, ma nessuna era quella giusta".
"E chi sarebbe quella giusta?".
"Non so se è il caso parlarne proprio con te", disse un po' imbarazzato.
"Dai, siamo amici, puoi parlare di qualsiasi cosa".
"D'accordo... E' già da un po' di tempo che ho notato una ragazza".
"Chi è? La conosco?".
"Forse di vista. Si chiama Allison
Campbell", a quel nome mi si raffigurò davanti agli occhi una
ragazza mora dai lineamenti dolci e morbidi.
"So di chi parli, E' carina. Perché non la inviti?".
"Sei pazza?! Non potrei mai!".
Bryce era, e sarà, sempre timido con le ragazze. Basti solo pensare a
quanto tempo ci aveva messo a dichiararsi con me.
"Sei impossibile".
"Allora? Vieni con me?".
"Certo. Ma solo se mi prometti che se Allison sarà alla festa proverai
almeno a parlare con lei".
"Non puoi minacciarmi, non è leale".
"Prendere o lasciare".
"Ma così ti lascerei sola...".
"Prendere o lasciare".
"Okay, come vuoi tu".
"Bene", sorrisi soddisfatta.
Arrivammo nel locale dell'appuntamento qualche minuto dopo. Erano già
arrivati tutti, anzi, tutti più uno.
Tra il gruppo notai un ragazzo dall'aria intelligente e dai folti
capelli castani.
La misteriosa nuova comparsa si chiamava Luke, e sarebbe stato
l'accompagnatore di Martha alla festa.
Era già da un po' che ci parlava di lui, ma non avevamo mai avuto
l'onore di conoscerlo.
Ci fu un breve giro di presentazioni e le chiacchiere cominciarono come
al solito.
Luke si mostrò da subito una persona molto socievole
e aperta, ma anche intelligente e acuta. Ero contenta per Martha.
"Adesso mancate solo voi due", disse Taylor indicando prima me e poi
suo fratello.
"Non è vero", si difese Bryce. "Abbiamo trovato chi ci
accompagnerà: noi", disse mettendomi un braccio attorno al collo.
"Cosa? Non dirmi che...", cominciò Kelsi sorpresa.
"No, non ci siamo rimessi insieme, ci andiamo solo come amici", dissi.
"E poi io ho una missione", aggiunsi guardando Bryce divertita.
Lui si voltò osservando un punto imprecisato del muro davanti a sé,
mentre io risi.
"Che succede?", chiese Ryan.
"Niente", rispondemmo all'unisono.
Dopo aver pranzato, i ragazzi tornarono a casa loro, mentre noi ragazze
ci raggruppammo nella mia stanza.
Per quella volta, la folle corsa
della preparazione, si sarebbe tenuta lì.
Verso le 20:00 eravamo pronte e stavamo aspettando i nostri 'cavalieri'.
"Sei sicura di stare bene?", mi chiese Taylor notando il mio leggero
nervosismo.
"Certo, tranquilla".
"Non avete più parlato?".
"No, Tay. Sai, credo sia finita ancora prima di cominciare".
"Dai, non ti abbattere. Quello non ti merita. Tu devi mirare a qualcosa
di più".
"Già", dissi cercando di sembrare convincente.
I ragazzi arrivarono un quarto d'ora dopo e, saliti in auto, ci
avviammo verso la casa di Brooke.
Man mano che ci avvicinavamo,
cresceva in me uno strano presentimento, sentivo che sarebbe dovuto
succedere qualcosa.
Decisi di non pensarci e di godermi la festa.
Arrivammo verso le 20:30, la musica si sentiva da tre isolati di
distanza e la casa era già affollata.
Come prima cosa cercammo la padrona di casa, ma, non trovandola, ci
rifugiammo nella
cucina ingombra di snack e bibite varie.
"Promette bene", disse Bryce guardandosi intorno. "Allora, andiamo a
fare un giro?", mi disse prendendomi sotto braccio.
"Certo".
Lasciammo tutte le coppiette in cucina e ci addentrammo nell'enorme
salotto, già pieno di persone che ballavano.
"Guarda là", dissi in un orecchio a Bryce, il quale, dopo aver seguito
la direzione del mio sguardo, s'irrigidì.
Allison era dall'altra parte della stanza e parlava con qualche sua
amica.
"Nessuna traccia di cavaliere, a quanto pare", dissi.
"Cosa ne sai? Magari sta prendendo da bere, o la raggiunge più tardi".
"Staremo a vedere".
Ci fermammo al tavolo del buffet e bevemmo qualcosa. Mentre
chiacchieravamo, la porta d'ingresso fu aperta nuovamente e Troy fece
il suo ingresso.
Quasi tutte le ragazze, anche quelle accompagnate, si voltarono a
guardare la trionfante entrata del capitano dei Wildcats.
"Si fa sempre aspettare, e quando arriva è un delirio",
commentò Bryce sorridendo. Poi si girò e mi
guardò. "Tutto bene?".
"Certo", risposi cercando di sorridere a mia volta.
Vidi Troy parlare con qualche ragazzo della squadra mentre una
biondina tutta gambe gli si aggrappava al braccio quasi avesse paura di
perderlo.
"Meglio tornare in cucina, qui l'atmosfera si sta riscaldando", disse
Bryce prendendomi per un braccio.
"No, è tutto a posto. Tu sai? Vero? Cioè, quando ci siamo
lasciato hai detto che al cuore non si comanda. Voleva dire che tu
già sapevi che...".
Sorrise. "Diciamo che il mo era più un sospetto, che, purtroppo,
si è rivelato fondato. Si, in quel momento l'ho odiato, ma poi ho capito che a te piaceva davvero, allora ho preferito così".
"Wow, voi Mckessie avete poteri speciali".
"Dev'essere nei nostri geni".
"Grazie", dissi sinceramente abbracciandolo.
"Figurati. Senti", mi disse staccandosi. "Cerca di stare attenta. Troy può distruggere qualsiasi cosa o persona con un solo gesto della mano. Non voglio che tu stia male per uno così".
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