Friendship never ends

di Wanderlust25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


*Austin pov*

Devo impacchettare tutto per trasferirmi nella nuova casa.
Panico.
Eppure non ho tanta roba… i vestiti, la chitarra, i riconoscimenti degli Of Mice incorniciati, un paio di scatoloni contenenti svariate cianfrusaglie e tutti i regali e le lettere dei fan.

Mi ritrovo in mezzo alla stanza con le mani sui fianchi a guardarmi intorno, completamente spaesato.
Devo solo cambiare casa, sono nella stessa città ma in una posizione più bella e con la vista migliore.

Non capisco dove sia il problema.
Forse perché è l’ennesimo appartamento nel quale lascio dei ricordi indelebili e sono davvero stanco di cambiare; l’ho fatto da piccolo e continuo a farlo, ma forse questa volta è l’ultima.

La vibrazione del cellulare, appoggiato sul tavolo, mi fa sussultare.
Mi giro di scatto e prendo il telefono, leggendo il messaggio.
È Alan che mi ricorda della cena di stasera con i ragazzi, le loro fidanzate e qualche amico.
Rispondo con un rapido “Ok, non preoccuparti, ci vediamo lì” e ritorno nella posizione iniziale.

Bene, da dove comincio?
Dai vestiti… però domani e dopo devo ritirarli fuori, quindi li lascio per ultimi.
Dai regali e dalle lettere… non ci vuole molto, sono già inscatolati e devo solo raggrupparli in un angolo tutti insieme e vicini alla chitarra.
Poi noto la cassettiera sotto il televisore e mi accorgo di non averla ancora aperta.

Mi siedo per terra, apro il cassetto e rimango per un attimo spiazzato.
Come ho fatto a dimenticarmi di questo pozzo di ricordi?
Ci sono delle fotografie in Polaroid, una serie di fogli strappati e pasticciati con riportati i pezzi di canzoni che non sono mai stati conclusi o canzoni intere che sono state registrate e tanti altri oggetti, da chiavette usb a DVD e CD masterizzati buttati lì senza custodia.

Tra le foto ce ne sono alcune davvero vecchie, quando c’erano ancora Shayley e Jaxin, alcune sono state scattate durante la registrazione del primo album, io con il cane e poi ne trovo un paio con me e Gielle.
Diamine se era bella!
Lo sarà anche adesso, solo che non ho il coraggio di cercare su internet le sue foto.

Mi ritornano in mente talmente tanti ricordi… il giorno in cui l’ho conosciuta, il nostro matrimonio, le giornate insieme in spiaggia, le notti in ospedale dopo l’operazione e poi la fine di tutto quel magnifico rapporto che avevamo costruito.
Mi rendo conto che non provo più rancore, rabbia o tristezza ma solo nostalgia.
Mi capita ancora di sognarla a volte ma non l’ho mai detto a nessuno, sarebbe troppo imbarazzante e non vorrei tirare fuori l’argomento con i ragazzi.

Continuo a rovistare fino a che decido di rovesciare completamente il cassetto per terra.
Sistemo alla bell’e meglio i CD da una parte, le foto dall’altra e ripongo i fogli in una cartelletta trasparente, cercando di non strapparli.

Rimangono gli oggetti spaiati.
Un ciondolo che mi avrà regalato qualcuno, un bracciale in corda rotto, il pass di un festival, una medaglietta simile alla mia e infine lui, anzi “lei”.
Non mi sarei mai aspettato di trovarla e non riesco nemmeno a capacitarmi di come sia finita lì dentro.

La mia fede nuziale, quell’anello che portavo orgogliosamente tutti i giorni e me ne prendevo cura, cercando di non rovinarlo o perderlo.
È lei, non c’è dubbio.
Rimango a fissare il palmo della mano qualche minuto, in completo silenzio, rivedendo nella mia mente il film della mia breve vita da sposato.
Quante volte mi chiedo come sarebbe andata…

Quasi d’istinto, senza nemmeno rendermene conto, infilo la fede al dito e rigiro la mano tatuata con la parola “Love” incisa sulle nocche; un sorriso amaro mi esce spontaneo insieme a una timida lacrima.

Tocco il collo e la rosa impressa sulla mia pelle a destra, con la quale ho coperto il tatuaggio delle sue labbra.
Poi sposto la mano e raggiungo la gola: sotto le mie dita c'è stampata in bella vista la data del giorno del mio, del nostro, matrimonio.

Questo tatuaggio lo vedo tutti i giorni, è diventato un simbolo distintivo e unico, e credo che non lo coprirò mai; nonostante quello che è successo lui è lì per ricordarmi i bei momenti e i brutti momenti, mi insegna ogni giorno a non ripetere gli errori.


Bruciano ancora, i tatuaggi e le ferite, e le lacrime cominciano a moltiplicarsi.

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Capitolo 2
*** 2 ***


La sera al ristorante.

Sono seduto tra Alan e Phil.
Cerco di mangiare, nonostante mi sia passato l’appetito, e gioco con gli avanzi nel piatto mentre intorno a me sento solo una serie di voci che ridono e scherzano.

«Mi raccomando, non parlare troppo stasera che ti si asciuga la gola» mi bisbiglia Alan all'orecchio, seduto accanto a me.
Io mi limito ad alzare lo sguardo.

«Cosa c’è che non va?» continua «Non dirmi che vuoi tornare a casa prima per passare la notte con una delle tue “fiamme”» scherza, bevendo un sorso di vino e lanciandomi un’occhiata d’intesa.
Non fa per niente ridere.
«No, tranquillo» replico passivo «stasera dormirò da solo come ho fatto ieri e come farò domani, non fare troppo il geloso» continuo, cercando di scherzare così da non farlo insospettire.
«Chi? Io, geloso?» ride , mostrandomi il suo bel sorriso.
Io ricambio e finisco di bere il sorso d’acqua nel bicchiere.
«Vieni da me stasera» mi propone subito dopo.
«Che?»
«Ma sì, tanto spazio per dormire ce n’è! Così vedi il nuovo studio e domani mattina non mi sveglio da solo, è una cosa che non mi piace proprio… sono così abituato con voi, in tour» commenta.
Ecco che ogni tanto rispunta il caro e tenero Alan, bisognoso di affetto.
«Va bene, dopo ne riparliamo» lo accontento.

Poi mi volto verso Phil e cerco di intromettermi nella conversazione, mettendo da parte i pensieri e le tristezze e facendo di questa sera un bel ricordo.
Conclusa la cena saluto tutti con abbracci e baci, anche se la maggior parte di loro di rivedo settimana prossima.

Mi avvicino ad Alan e appoggio una mano sulla sua spalla, lui si volta e mi guarda.
«Allora, vieni da me?» mi domanda.
«Sì, dammi il tempo di tornare a casa a cambiarmi e vengo»
Lui acconsente, così ci dirigiamo verso le nostre auto.
 

Parcheggio la macchina dall’altra parte della strada della casa di Alan.
È da tanto che non vengo qui.
Busso e attendo che il rosso venga ad aprirmi.
Mi accoglie con indosso solo dei pantaloni larghi neri della linea degli Of Mice & Men, lunghi fino al ginocchio, e un paio di infradito.
«Wooo! Apri la porta sempre così?» scherzo, entrando «Pensa se un giorno ti capita una fan sfegata, potrebbe saltarti addosso o svenire dal tuo splendore» continuo divertito.
Lui, a quanto pare, lo è un po’ meno e fa una smorfia dandomi le spalle.

Mi guardo intorno e noto che non è cambiato molto dall’ultima volta che sono stato qui.
Alan si dirige subito verso lo studio e io lo seguo.
Non si è ancora accorto che ho in mano una scatola.
Si siede sulla sedia da ufficio con le rotelle, spostandosi di lato per mostrarmi la scrivania con gli strumenti necessari per registrare la musica.

Entrando noto due chitarre elettriche e una acustica, degli amplificatori, un microfono, la pianola e una tastiera che devono ancora essere sistemate insieme ad altri scatoloni.
«Bello, mi piace!» commento «Penso che passerò più tempo a casa tua»
«Come se non ci vedessimo già abbastanza durante l’anno» scherza Alan ridendo.
Io lo guardo divertito e scuoto la testa.
Ha ragione, passiamo la maggior parte del tempo in tour a stretto contatto e almeno quando siamo a casa nostra è bello avere i propri spazi e non vedersi per qualche giorno.

«Cos’hai lì?» mi domanda poi, indicando la scatola che tengo in mano.
«Oh, è per te…» e gliela porgo, per poi appoggiarmi alla scrivania e guardarlo mentre la apre con gli occhi di un bambino che non sta più nella pelle di scartare i regali il giorno di Natale.
Noto che sgrana gli occhi e rimane stupito, senza parole, mentre tira fuori le Polaroid e la medaglietta.
La rigira tra le mani e sorride imbarazzato, alzando lo sguardo verso di me.
«Ma dove le hai trovate?» mi domanda, riferendosi alle foto.
«In un cassetto che non aprivo da tempo»
«Oh mamma! Non mi ricordavo più dell’esistenza di queste!» esclama e le guarda tutte una ad una, commentandole e ricordandomi di quei momenti passati insieme, solo un paio di anni fa, quando lui non era ancora nella band, io ero felicemente sposato e giocavamo a Star Wars per metà delle nostre giornate come due bambini dell’asilo.
Adoro vederlo sorridere, adoro di più quando sono io che rendo felici le persone perché rende felice anche me, sento di aver fatto qualcosa di buono e bello.

Alan appoggia la scatola sulla scrivania e si alza, guardandomi con i suoi grandi occhi castani e abbracciandomi.
Io lo stringo forte a me. È come se fosse il mio fratellino che non ho mai avuto.
«Grazie Austin, davvero»
«Di niente, ci tenevo che le avessi te»
«E la medaglietta?»
«Quella doveva essere un tuo regalo di compleanno che poi non ti ho più dato, non mi ricordo per quale motivo, però quando l’ho ritrovata oggi mi sono detto che ti sarebbe piaciuta averla e non mi andava di aspettare il compleanno o Natale» gli spiego.
«Grazie, grazie» mi ripete, stringendomi nuovamente.

Sciogliamo l’abbraccio e ritorniamo i soliti due amici che si divertono.
Ci mettiamo al computer, io con la chitarra e lui con la pianola, e cominciamo a strimpellare note a caso ridendo e scherzando.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Un momento di pausa viene interrotto da un sonoro sbadiglio di Alan, che spalanca la bocca e si strofina gli occhi, influenzando anche me.
Guardo l’ora è mi accorgo che è la una e mezza del mattino.
«Che dici, andiamo a dormire?» gli propongo alzandomi dalla sedia e stirandomi le braccia, allungandole verso l’alto.
«Sì, direi di sì» bofonchia il mio amico.

Si dirige verso la sua camera e si lancia a pancia in giù sul letto, con braccia e gambe aperte, occupando l’intero spazio del materasso matrimoniale.
«Ma la camera degli ospiti…» gli dico perplesso, notando che non ci sono le lenzuola, appoggiandomi allo stipite della porta.
«Che? Vieni qui, va… tanto non è la prima volta che dormiamo insieme, o sbaglio?» risponde con tono decisamente assonnato «E poi quella, più che degli ospiti, è la camera che usano i miei quando vengono a trovarmi» aggiunge.
Non ho altre scelte, se non dormire sul divano.

Faccio spallucce e mi avvicino al letto, tolgo le scarpe e mi lancio anch’io sul materasso, prendendo dentro Alan che si lamenta e mi tira una manata di rimando.
Bisticciamo per un po’, fino a che ci stanchiamo e ci troviamo sdraiati su un fianco, dandoci le spalle, con la luce spenta e il lenzuolo che ci copre.
Lui è ancora senza maglietta, io ce l’ho ancora indosso.

Restiamo in silenzio, cercando di addormentarci, ma nessuno dei due ci riesce a quanto pare.
Lo sento sospirare profondamente e muoversi con le gambe.
«Che c’è?» gli domando con gli occhi chiusi.
Lui non risponde subito e io non insisto.
«Io e Ashley ci siamo lasciati» ammette infine.
«Cosa?!» esclamo sorpreso, girandomi di scatto verso di lui, che però continua a darmi le spalle.
«È già da un paio di giorni» continua.
«E perché non me l’hai detto?»
«Non l’ho detto a nessuno, tu sei il primo a saperlo… non mi andava di parlarne e nemmeno adesso, se è per questo, però sei il mio migliore amico ed è giusto che lo sappia» conclude, facendo spallucce.

Dovrei sentirmi onorato per essere il primo a sapere un suo segreto, eppure preferirei non trovarmi in questa situazione perché sono l’ultima persona capace a consolare le persone in fatto di amore e relazioni.
«Mi dispiace» mi limito a dire.
«Non importa, magari domani ne riparliamo»
Chiude la conversazione e io mi rigiro sull’altro lato.
Come sempre il solito Alan che cerca di essere forte e passarci sopra, tanto che sarebbe inutile chiedergli il perché della rottura, troverebbe un altro argomento di cui parlare.

Chiudo gli occhi e tento nuovamente di dormire ma non ci riesco.
«Oggi ho ritrovato la mia fede» confesso tutto d’un fiato, stringendo a me l’anello che ho stupidamente attaccato alla catenella insieme alla medaglietta al collo.
«Cosa vuol dire che hai ritrovato la fede?» ride Alan «Sei andato in chiesa?» continua.
«No, ho ritrovato la fede nuziale, l’anello» mi spiego meglio.
Segue un momento di silenzio.

Sento Alan girarsi lentamente nel letto e appoggiarmi una mano sulla spalla, mentre questa volta sono io a dargli le spalle.
«Per questo che stasera ero così strano» osserva.
Io mi limito ad annuire con la testa e chiudo gli occhi, mandando giù il groppo, cercando di non piangere ancora.

«Non pensavo l’avessi tenuta» aggiunge poco dopo.
«Nemmeno io, non ricordavo di averla però sono contento che ci sia ancora… potrei rivenderla e farci un po’ di soldi» cerco di ironizzare, forse perché è più semplice che parlarne seriamente.
«Austin!» esclama Alan divertito.
Io non riesco a ridere.

Mi giro verso di lui sospirando profondamente e ci guardiamo per un attimo nel buio della stanza, illuminata debolmente dal lampione in strada.
Afferro la catenina che ho al collo e tiro fuori da sotto la maglietta la medaglietta, mostrandogli la fede attaccata insieme.
Il mio amico la guarda e rimane per un po’ in silenzio.
Vorrei sapere a cosa sta pensando.

«Ti manca?» mi chiede infine.
«A volte sì» ammetto «ma credo che in realtà mi manchi proprio una persona con cui stare, una persona che ti ama, con la quale svegliarsi al mattino e sapere che entrambi abbiamo bisogno l’uno dell’altra» gli spiego.
«Già, ti capisco» sospira il rosso «ed è per questo che ci sono gli amici» aggiunge poco dopo.
Ha pienamente ragione.
«Giusto, insieme supereremo questo periodo» gli dico.

Ci sorridiamo.
Gli passo una mano tra i capelli spettinandoglieli, come facevo un paio di anni fa.
Lui non si ritrae e non obietta, nonostante gli dia fastidio.
«Buonanotte Anthony»
«Buonanotte Robert»
Ognuno si rigira sul proprio lato del letto e poco dopo cadiamo in un sonno profondo e tranquillo, consapevoli che al nostro risveglio saremo ancora lì, l’uno per l’altro, come due migliori amici, come due fratelli che lottano e affrontano la vita insieme.

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