An Angel In Disguise

di Nanek
(/viewuser.php?uid=221385)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogni. ***
Capitolo 2: *** Amore. ***
Capitolo 3: *** Desideri. ***
Capitolo 4: *** Errori. ***
Capitolo 5: *** Novità. ***
Capitolo 6: *** Fraintendimenti. ***
Capitolo 7: *** Soluzioni. ***
Capitolo 8: *** Pioggia. ***
Capitolo 9: *** Ali. ***
Capitolo 10: *** Iris. ***
Capitolo 11: *** Natale. ***
Capitolo 12: *** Capodanno. ***
Capitolo 13: *** Forse. ***
Capitolo 14: *** #FattiAvantiAmore ***
Capitolo 15: *** Ricominciare. ***
Capitolo 16: *** Amnesia. ***
Capitolo 17: *** Ritorno. ***
Capitolo 18: *** Cinque. ***
Capitolo 19: *** Giuro. ***
Capitolo 20: *** An angel in disguise. ***



Capitolo 1
*** Sogni. ***


Capitolo 1

Sogni.
 
Image and video hosting by TinyPic
 
Stay for tonight
If you want to
I can show you
What my dreams are made of,
as I'm dreaming of your face.


 
Il bello di quell’appartamento al terzo, ed ultimo, piano è il fatto che il sole riesce ad entrare dalle finestre in modo perfetto già dalle sette di mattina, illuminando la stanza delicatamente, illuminando un buon giorno che si nota già così presto, illuminando una nuova giornata da vivere insieme.
Lui guarda fuori, lui non conosce il sonno vero e profondo, lui siede su una piccola poltrona vicino alla finestra, i soliti jeans scuri attillati, le scarpe nere allacciate, la camicia a quadri rossa abbottonata fino all’ultimo bottone, il viso concentrato sulle macchine che sfrecciano già sotto di lui, sotto i suoi occhi azzurri come il cielo che le seguono come se fossero cose mai viste prima d’ora: quanto lo stupisce la vita sulla terra, quante cose meravigliose possono vivere quelli diversi da lui, non sanno quanto li invidia, non sanno cosa darebbe per poter essere uno di loro.
Si passa una mano tra i capelli biondi alzati in una cresta, sospira appena e lascia scivolare i suoi occhi dal traffico di Sydney alla figura di lei che ancora dorme su quel letto così grande, lei che dorme sul fianco, le coperte a coprirla dai raggi del mattino, lei che dorme tranquilla in quella casa piccina e adatta a lei, la casa che lei ha scelto insieme a lui prima di decidere di andare ad abitarci da sola, lontana dalla sua famiglia, iniziando un nuovo cammino, un cammino solitario e strano agli occhi di molti, una ragazza così giovane, di appena ventun anni, che decide di vivere da sola, che combatte contro mille paure pur di restare in solitudine… una ragazza che, in realtà, vive con un angelo, vive con lui, il suo angelo.
Lui sorride, mancano esattamente trenta minuti al suono della sveglia, il suo turno inizia alle otto e mezza, la solita biblioteca a pochi isolati di distanza, la biblioteca dove lei lavora per mantenersi, la biblioteca che le ha rubato il cuore in un’estate di circa tre anni prima: quello era il suo lavoro, lei ne era più che sicura.
Lui sorride e si mette vicino a lei, a dovuta distanza dal suo corpo e la fissa, sa benissimo che lei odia essere fissata mentre dorme, sa benissimo che se si sveglia prenderà un colpo, ma a lui non importa, a lui piace guardarla, a lui piace vedere le sue palpebre chiuse che si muovono appena, segno che sta ancora sognando o che sta per svegliarsi, ama fissarle le labbra socchiuse, quelle labbra fine e screpolate che non ha mai toccato, ma che gli piacerebbe provare a sentire sotto i polpastrelli, sentire quella pelle ruvida, screpolata dal freddo, lo vorrebbe davvero, se solo potesse.
Le fissa i capelli biondi, disordinati, cadono sulle spalle e sul viso, è rannicchiata sotto le lenzuola, la mani sotto il cuscino, il respiro regolare, profondo, gli viene d’istinto avvicinare la mano a quella figura così pacifica che ha davanti agli occhi ma, il ricordo di essere solo un angelo, lo blocca.
Lui non è umano, lui non ha mai toccato un umano, non ci ha mai provato e la paura di non riuscire a sentire nulla, la paura della delusione è tale da farlo sempre indietreggiare, non osa sfidare la sorte, non l’ha mai fatto in tutti questi anni che la conosce, non lo farà di certo questa mattina solo per provare l’ebrezza di accarezzarle il viso.
Chissà che sensazione si prova ad accarezzare il viso di una persona così bella.
Scuote la testa, scaccia via quel pensiero, si allontana da lei velocemente, come se temesse di cadere in tentazione, va verso lo stereo nella piccola cucina, l’unico oggetto che riesce a far funzionare, o meglio, l’unico oggetto che ha imparato a far funzionare senza toccarlo, usando qualche potere strano da angelo, il potere del pensiero, in grado di far partire il tasto “play” di quell’aggeggio così strano.
È assurdo, pensa sempre lei, nel film Ghost, il protagonista è in grado di prendere gli oggetti, di toccarli, di sollevarli, mentre colui che vive con lei da anni non ci riesce, riesce solo a far funzionare qualcosa con la forza della mente e non sempre con un risultato positivo.
Ma lui è un angelo, non un fantasma, la corregge sempre, come se tra le due cose ci fosse un autentico abisso, come se fosse quasi un insulto essere paragonato ad un fantasma, i fantasmi non hanno le ali, i fantasmi non sanno leggere nella mente, i fantasmi fanno paura, gli angeli no.
E lui sorride a questo pensiero perché, lei, all’inizio, lo temeva come non mai, tremava davanti alla sua figura timida, abbassava lo sguardo per timore che le facesse qualcosa, lui si ricorda bene questi piccoli dettagli.
Ora le cose sono cambiate, al punto che lei osa offenderlo paragonandolo ad un misero fantasma, il rapporto tra loro due è perfetto ed unico, non scorre più paura, non più timore, ma solo una profonda e sincera amicizia, anche se non si può parlare davvero di un sentimento così superficiale tra loro due, ed entrambi lo sanno.
Lui si concentra, svuota la mente di tutti quei pensieri, si concentra su quel pulsante nero davanti alle sue iridi azzurre, vuole far partire la musica, vuole sentire quella gioia nell’animo nel riuscire a far funzionare qualcosa che appartiene a quel mondo troppo lontano dal suo essere.
Si concentra e il pulsante si abbassa, come se qualcuno lo avesse appena toccato, sorride il biondo, ancora una volta ci è riuscito ma… la musica che parte dalle casse non è leggera e armoniosa: si è completamente dimenticato che ieri sera hanno ascoltato insieme il cd degli Sleeping With Sirens a tutto volume, si è completamente dimenticato che Kellin Quinn ama urlare all’inizio delle sue canzoni e il rimbombo che rimbalza da una parete all’altra lo fa sobbalzare dallo spavento, un colpo al cuore che non spaventa solo lui, ma pure la ragazza che stava ancora dormendo sul suo letto.
«Luke! Che cazzo!» sbraita una voce di chi si è appena svegliato in malo modo, mentre il ragazzo tenta in tutti i modi di concentrarsi su quel dannato pulsante, cercando di bloccare quella musica che lo sta assordando: tra la voce di Kellin che pulsa nella sua testa e le proteste della ragazza che non riesce a capire bene, il suo tentativo di rimediare sta miseramente fallendo, tanto che si morde il labbro inferiore violentemente e sente le gambe un po’ molli per la figura di merda appena fatta.
Si allontana, arrendendosi a quella macchina infernale, si allontana e si nasconde dietro la poltrona sulla quale sedeva quella stessa mattina, si rannicchia con le ginocchia al petto e si porta le mani sulle orecchie.
Mi uccide, anche se è improbabile riuscirci, ma mi uccide.
La musica si spegne.
Luke si toglie le mani dalle orecchie, non osa alzarsi, lei lo uccide, ne è convinto, l’ha svegliata nel più brusco dei modi, lei odia alzarsi così presto, lei è un essere umano molto lunatico di prima mattina, non parla quasi mai alle prime luci del sole, Luke teme di essere sgridato, non gli piacciono per niente i suoi rimproveri, si sente come un bambino piccolo punito dalla mamma, mentre lui ha ormai ventidue anni e a riempirlo di parole urlate al cielo non è una mamma oltre la quarantina, ma una ragazza di ventun anni per la quale prova un sentimento che neanche lui sa spiegare: la situazione è imbarazzante, davvero tanto imbarazzante.
La poltrona che lo protegge viene spostata appena.
Luke chiude gli occhi, pronto a ricevere la sua ramanzina.
«Buongiorno, angelo mio» una voce dolce entra nelle sue orecchie, una voce che gli fa spalancare gli occhi e li fa puntare contro quelli di lei: due iridi blu che lo stanno fissando dalle lenti degli occhiali neri, un sorriso dolce ad accoglierlo, capelli color dell’oro in disordine, il segno del cuscino ancora sulle guance, lei si è svegliata ed è inginocchiata davanti a lui.
«Buongiorno, Vane» sorride lui, convinto di averla scampata liscia.
«Dimmi, angelo mio, vuoi morire di nuovo? Perché se il tuo scopo era farmi incazzare per essere ammazzato da un umano, beh, ci sei riuscito, idiota» ed ecco che il sorriso di lui scompare, gli occhi terrorizzati, mentre nell’aria si sente la risata di lei, lei che ride di lui e del suo viso spaventato, il viso di un bambino un po’ cresciuto, lei che ride di lui e si sposta un ciuffo di capelli dagli occhi, portandolo dietro l’orecchio.
«Sto scherzando, Luke. Solo… non fare più esperimenti di prima mattina, ti prego» e lui annuisce, sorridendole di rimando, facendola morire dentro per la bellezza del suo sorriso perfetto, il sorriso di un angelo.
«Dai, vieni. Faccio colazione e parliamo un po’.» lo incita, alzandosi in piedi e dirigendosi verso i fornelli, seguita dal suo angelo che la guarda da dietro, le fissa il pigiama grigio che lei definisce “morbido e caldo”, lasciandolo con una curiosità addosso che quasi lo soffoca, perché lui non sa che vuole dire “morbido e caldo”, lui non ha mai provato quelle sensazioni sulla sua pelle.
«Vane…» la richiama, facendola voltare.
«Sì?»
«Come sono i sogni?» e queste sue domande sono così complicate da spiegare, perché lui è curioso, lui vuole capire, almeno con le parole, cosa si prova ad essere vivo, cosa si prova ad avere la possibilità di vivere ogni cosa della vita, cosa si prova a sognare, ad avere caldo o freddo, tutte piccole cose che agli umani sfuggono, lei compresa, perché date per scontate, perché difficili da spiegare davvero.
«I sogni sono… strani, a volte sembrano reali, a volte sono solo un casino assurdo, quello che vedi appare dal nulla, vieni buttato da una scena all’altra e ti senti… vivo, come se fosse tutto vero, i sogni ti ingannano» cerca di spiegare, mentre prende posto sulla sedia a capotavola.
«Ma sono belli i sogni?»
«Dipende, a volte sì, lo sono davvero» e lui può giurare di vederla arrossire.
«Cos’hai sognato la notte scorsa?» e lei fa scivolare dalle mani la fetta biscottata, il rossore sulle sue guance si accentua, gli occhi blu che non osano voltarsi verso quelli di lui.
Non pensare al sogno, non pensare al sogno.
Si ripete lei dentro la sua testa, perché lui sa leggerle la mente, lui può sentire i suoi pensieri.
Luke ride.
«Dai, dimmi cos’hai sognato, tanto lo posso scoprire quando voglio» annuncia beffardo, mentre lei continua a spalmare la marmellata con fare nervoso.
«Fatti gli affari tuoi.» svia il discorso, lasciando che un’immagine tradisca la sua poca buona volontà, l’immagine di quel sogno che sembrava così reale da renderla felice, l’immagine di loro due in una spiaggia, l’immagine dei loro corpi vicini, il petto di lui che si univa alla sua schiena, le loro mani calde ed intrecciate, i loro visi così vicini, la voce di lui che sussurrava “Sei bellissima, Vane” e quelle labbra che stavano per toccarsi.
«Ho sentito la mia voce!» esclama lui, perché ha sentito quel pensiero, ha sentito quella frase detta da lui, ne è sicuro, non si sbaglia mai e il rossore ancora più evidente sulle guance di lei è la prova lampante.
«Soddisfatto ora? Bene, parliamo d’altro.» risponde lei scocciata perché odia, davvero tanto, quando lui fruga nella sua mente, facendola sentire controllata, facendole salire la vergogna per i suoi pensieri che sono, quasi sempre, solo su di lui.
Luke sorride, annuisce appena e comincia a chiederle come passerà la giornata, anche se conosce già la risposta: lavora tutto il giorno, torna a casa, si fa una doccia e poi si guarderanno un film insieme, la solita routine che si modifica solo nel week end, quando lei esce con le sue amiche.
 
Vanessa si prepara per uscire, sempre sotto lo sguardo vigile e curioso di Luke che studia ogni suo movimento, ogni singolo dettaglio che lei non considera importante, ma che per lui è come oro colato: lui non sa come sono i suoi capelli lunghi e biondi appena pettinati, lui non sa come la sua pelle è morbida e liscia grazie a quelle creme che lui sa solo vedere, lui non sa di cosa odora quel profumo che si spruzza ogni mattina sotto il collo, lui non sa come sarebbe baciarla su quel collo, baciarla lentamente, come vede nei film, lasciare che le sue labbra scorrano leggere, lasciare che il suo respiro, sulla sua pelle, la faccia rabbrividire, le faccia mancare il fiato.
«Luke, io vado, ci vediamo più tardi?» lo distoglie dai suoi pensieri, cogliendolo di sorpresa, spaventandolo un po’, tanto che si limita ad annuire e ad accennare un piccolo sorriso.
«Buon lavoro, Vane» la saluta, mentre lei chiude la porta alle sue spalle, lasciandolo solo a fissare quell’appartamento vuoto, lasciandolo solo a contemplare ogni singolo oggetto che lo circonda per pochi secondi.
Si affaccia, poi, alla finestra per guardarla andare via con la sua macchina grigia: lei non alzerà la testa per salutarlo, non lo può fare, perché nessuno, tranne lei, è in grado di vederlo.
La macchina grigia si allontana fino a diventare un puntino ai suoi occhi.
«Sei bellissima, Vane. Lo penso davvero.»
 
 




Note di Nanek
Proprio non ce la facevo ad aspettare, cioè, sarò sincera, ho scritto solo 4 capitoli, sono già sicura che tarderò ad aggiornare MA NON IMPORTA DIAMINE!
Questa storia del Luke Angelo mi intriga sempre di più e io voglio sapere se intriga pure qualcun altro oltre alla sottoscritta, perché, io, basta nominare quel pinguino e vado nel pallone, magari questa idea dell’angelo non vi piace neanche quindi… boh, io sono qui, con il primo capitolo di questa nuova long *-* che durerà 15 capitoli (non uccidetemi) e che spero davvero vi possa piacere tanto quanto piace a me scriverla e immaginarla <3
Che dire? Beh, parlo con tutte coloro che hanno aperto a random e che magari è la prima volta che leggono di Luke angelo: vi consiglio la lettura della mia OS dalla quale è ispirata questa Long, la OS è 
City Of Angels  e consiglio la lettura perché sennò non capite mica come si sono conosciuti sti due qua ;) il mio è solo un consiglio, poi, vedete voi.
Inoltre, vi lascio il link del trailer di questa storia, ci ho messo anima e cuore per farlo, ha come colonna sonora la mia amata “Iris”, cover del mio amato Kellin Quinn ed è piena zeppa di gifs del mio amato pinguino: in conclusione, sono deceduta molte volte solo per fare il trailer XD
Questo è il link : http://youtu.be/YDBB-Te7Dbo
Un’ultima cosa… parliamo del capitolo: in pratica questa long è basata sulla vita di Vanessa in compagnia dell’angelo Luke, vita che nella OS non è stata approfondita molto e che io, con il cervellino che mi ritrovo, ho deciso di sviluppare nella speranza che vi possa incuriosire almeno un pochino =)
Poi poi poi… oddio non so cosa dire, solo… grazie se siete passate a leggere, grazie sin d’ora se decidete di seguire questa storia… spero di non deludervi e di trovare qualche vostro commento <3
Direi che posso lasciarvi… ah sì, piccolo dettaglio: Calum, Mike e Ash faranno qualche comparsa ma niente di più, spero che questo non vi dispiaccia troppo =(
E con questo chiudo davvero, vi lascio con il nostro angelo qui e… beh, vi aspetto al prossimo aggiornamento =)
Grazie ancora <3
Nanek
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Amore. ***


Capitolo 2

Amore.

Image and video hosting by TinyPic
 
I know I'm far from perfect 
nothing like your entourage 
I can't grant you any wishes 
I can't promise you the stars 
but don't ever question that my heart beats only for you. 

 

Tutti, nella propria vita, si innamorano almeno una volta.
È tecnicamente impossibile sfuggire a questo sentimento così forte che è l’amore, tutti abbiamo avuto, almeno una volta, una cotta per qualcuno, una cotta che poi è diventata quasi ossessione, fino ad arrivare all’apice di tutto e giungere quindi a un possibile innamoramento.
L’amore è per tutti, nessuno escluso, neanche al più povero al mondo è negato questo sentimento puro e forte, l’amore c’è in questa vita, scorre nelle anime di tutti quelli che incontriamo, dalla mamma che stringe un bambino ad una coppia che si tiene la mano, alla ragazzina che accarezza il suo cagnolino, l’amore è in tante sfaccettature, ognuna con le sue particolarità ma l’amore c’è, sempre e comunque.
Ma l’amore che invade la mente e i pensieri della ragazza che sta sistemando gli scaffali, in quella piccola biblioteca comunale, è un amore particolare, il solito amore che si prova verso qualcuno che piace ai nostri occhi e al nostro cuore, l’amore che cantano i cantanti e che i poeti amano scrivere, l’amore che tutti conoscono ma che è così difficile da spiegare, l’amore che si vede nei film, l’amore che si legge nelle favole e nei romanzi.
Si dice che “gli opposti si attraggono”, in amore.
Si dice che “l’amore è cieco”.
Si dice che “in amore non ci sono regole”.
L’amore sembra un gioco dove tutto è possibile, dove non ci sono regole da seguire per saperlo giocare bene, in amore non ci sono mosse speciali o intuibili, l’amore è come un cammino luminoso che, tuttavia, dalla troppa luce non permette di capire quando si sta per toccare il fondo, l’amore è strano, in moltissimi casi e, la stessa ragazza che ora si porta dietro l’orecchio un ciuffo di capelli biondi, ne è la prova lampante.
Perché… cosa succede quando ti innamori dell’impossibile?
Romeo e Giulietta ne sanno qualcosa, famiglie rivali, conflitti interni, il loro amore era davvero qualcosa che poteva sembrare impossibile.
La Bella e la Bestia, lei bella di nome e di fatto che si innamora di un bestia che racchiude un principe: l’amore non ha limiti.
Principesse che sposano il più plebeo del popolo.
Cantanti famosi che si innamorano proprio di una fan.
Uomini d’affari che si “accontentano” –a parere degli altri- di comuni mortali che non appartengono al loro mondo.
L’amore non guarda in faccia a nessuno, l’amore colpisce gli occhi e il cuore e da lì non si ha scampo, neanche con l’impossibile, per quanto una situazione possa sembrare strana, catastrofica, persino pericolosa, l’amore può tutto, sempre e comunque.
La stessa ragazza che ora raccoglie un libro, che le è caduto dalle mani, ne sa qualcosa riguardo a questo tipo di amore, sa benissimo che vuol dire innamorarsi dell’impossibile.
Perché Vanessa ha scelto di innamorarsi proprio di lui, lui che è così diverso da tutti gli altri, lui che è così speciale ai suoi occhi, lui che non è umano... lui che è un angelo.
Luke è un angelo che ha deciso di entrare nella sua vita quando lei era alle elementari, quel bambino seduto sotto un albero se lo ricorda molto bene, quel bambino che fissava gli altri giocare, quel bambino che spariva durante le lezioni, quel bambino che le ha fatto prendere pure una nota… perché lei era l’unica in grado di vederlo.
Un angelo che ha visto crescere giorno dopo giorno, che ha visto cambiare sempre di più, che ha visto diventare sempre più bello ai suoi occhi, quell’angelo dai capelli biondi e gli occhi color del cielo che, finalmente, dopo anni, si è reso conto che lei lo ha sempre osservato.
Se la ricorda ancora la loro prima conversazione, erano al liceo, appena finita l’ultima lezione, lui la stava aspettando vicino ad un lampione, voleva conoscerla, voleva parlare con l’unica persona in grado di sentirlo parlare, in grado di vederlo, in grado di non farlo sentire davvero così invisibile.
L’angelo che le è stato accanto per così tanto tempo, l’angelo con cui condivide il suo piccolo appartamento da quando ha lasciato casa sua, in cerca della sua libertà, un angelo del quale continua ad innamorarsi giorno dopo giorno.
Luke è un angelo che solo lei può vedere.
Luke è un angelo che lei non ha mai sfiorato, perché lui non ha mai toccato un umano, perché lui non sa se questa cosa sia possibile, perché entrambi temono di non sentire niente sotto i propri polpastrelli a quel contatto.
Eppure, quell’angelo riesce ad amarla anche senza bisogno di carezze o di baci sulla guancia, a Luke bastano le parole, bastano i suoi occhi azzurri puntati su quelli di lei, bastano quei piccoli, e possibili, gesti che riesce a fare, come accendere lo stereo e svegliarla con una canzone soave –al contrario di quella stessa mattina- , come addormentarla cantandole qualcosa che la rilassa e la fa sentire bene e in pace, un angelo che a volte la fa incazzare davvero, perché deve smetterla di leggerle la mente, pure quando si lascia andare a qualche pensiero privato su di lui, un angelo che lei ama ogni giorno di più, vergognandosi, a volte, di quel sentimento così vero e sciocco.
Sciocco perché ama un angelo, sciocco perché l’unica persona in grado di capirla ha le ali –anche se non gliele ha ancora mostrate- e un viso troppo perfetto per essere umano, sciocco perché ama qualcuno che non può neanche toccare, sciocco perché si lascia travolgere dalle cose più semplici e stupide che anche un bambino può fare, sciocco perché dentro di sé spera pure che lui ricambi quel sentimento così forte.
Cosa ne può sapere lui di amore?
Lui che non sa neanche che vuol dire mettersi della crema sul viso, lui che sembra essere innamorato solo della vita terrena e di tutto quello che offre, cose che lui non potrà mai toccare, che non potrà sentire sulla sua pelle, cose che lo affascinano come un bambino alle prime armi, cose che sono lontane anni luce dall’amore.
Sospira, Vanessa, rimuginando su quei pensieri, lasciandosi cullare dalle immagini del sogno della notte precedente, mescolate al fatto che lui non potrà mai capire quello che lei prova nei suoi confronti.
Si lascia cullare da quelle immagini e da quelle parole che ha sentito nella sua mente: “Sei bellissima, Vane” parole che sembravano così vere, parole che avrebbe tanto voluto godersi qualche minuto in più, se lui non avesse acceso la musica a così alto volume –idiota di un angelo.

«Non sono un idiota, cattiva!» una voce dietro di lei la fa sobbalzare dallo spavento, i libri che teneva in mano cadono senza pietà, facendo un rumore che rimbomba in tutta la sala silenziosa, alcuni studenti la guardano per un secondo, fulminandola e tornando a studiare, mentre lei arrossisce, imbarazzata come non mai.
Si volta lentamente, scoprendo la figura di lui: le braccia incrociate sul petto, il viso corrucciato, gli occhi azzurri che puntano quelli di lei, la classica espressione di un bambino offeso, Luke ha nuovamente letto nei suoi pensieri, ritrovandosi ferito da quello che ha sentito provenire dalla sua testa.
«Sei impazzito?! Che ci fai qui?» bisbiglia lei, iniziando a raccogliere i libri, facendo attenzione a non essere scoperta a parlare da sola, la prenderebbero per fuori di testa.
«Sei cattiva, non sapevo che quel sogno ti piacesse così tanto, non ti avrei svegliata, non l’ho fatto apposta!» brontola lui facendole mancare il respiro: è fregata, lui sa cos’ha sognato, c’è poco da nascondere ora e, per di più, ora lui è offeso!
«Devi smetterla di leggermi la mente! Devi farti gli affari tuoi» cerca di mantenere un tono basso.
«Devi chiedermi scusa, mi hai offeso!» ribatte ancora lui, lei alza gli occhi al cielo: quando vuole sa comportarsi da autentico bambino capriccioso.
«Aspetto anche io delle scuse, io non leggo nei tuoi pensieri, tu lo fai sempre, lo sai che mi dà fastidio» e un utente della libreria l’ha appena sentita bisbigliare contro uno scaffale, Vanessa si morde il labbro inferiore, torna sopra il suo sgabello, sistema i libri che ha in mano.
«Non è colpa mia! Lo sai che non posso ignorare certe voci, le sento e basta! Tu, piuttosto, smettila di pensare a me e al tuo sogno» e lei si tiene forte per non cadere mentre lui sorride «Mi fai sentire…» ma lei non gli dà modo di continuare.
«Luke, stai zitto! Diamine! Scusa, va bene? Scusa per averti dato dell’idiota» e sta volta non è proprio riuscita a tenere la voce bassa e, la sfiga, vuole proprio girare contro di lei dato che una sua collega è passata proprio in quel momento, trovandola a parlare con il vuoto.
«Vanessa?» la chiama infatti, facendola irrigidire.
«Sì?»
«Tutto bene?» inarca il sopracciglio, avvicinandosi a lei, mentre la figura di Luke si sposta un po’, appoggiandosi allo scaffale, godendosi la scena: la donna dai capelli neri si guarda intorno, come se cercasse di trovarlo, lui non può trattenere una risatina, risatina che arriva solo alle orecchie di Vanessa.
«Sì, Monique, sto solo…» balbetta, Luke ride ancora.
«Con chi… parlavi?» Luke si porta le mani sulla pancia.
«Io… Io… pensavo… a voce alta» si giustifica, mentre l’altra continua a cercare un possibile ragazzo nascosto da qualche parte: non è la prima volta che la becca a parlare con un certo “Luke” invece di lavorare.
Se non mi dai una mano, lo giuro, Luke, non ti parlo più. Cazzo, aiutami!
I pensieri di Vanessa arrivano chiari alle orecchie del ragazzo, il quale si lascia andare ad un ultima risata prima di sparire dalla sua vista.
Dove cazzo sei finito ora?!
Ma non riesce a finire di formulare quel pensiero che l’allarme della biblioteca inizia a suonare, facendo rimbombare quel rumore assordante per tutto l’edificio, facendo portare le mani alle orecchie a tutti, compresi gli utenti che stavano studiando o leggendo un libro: Luke deve aver provato a far funzionare qualche pulsante a caso, ed ecco il risultato.
Monique si affretta a correre lontana, verso la fonte di tutto quel trambusto, gli utenti hanno espressioni scocciate e spaventate, c’è chi si alza e si dirige verso il bancone delle informazioni per lamentarsi, c’è chi continua a tenersi le mani sulle orecchie ed impreca contro il responsabile mentre, Vanessa, resta allibita davanti a tutta quella scena, tanto che, nonostante le mani sulle orecchie, comincia a lasciarsi andare ad una risata che non viene, fortunatamente, sentita da nessuno; ride e sente le lacrime agli occhi, ride e pensa a quanto sia stupido quell’angelo, ride e sa di doverla smettere, deve apparire seria e posata o potrebbero anche vagamente sospettare che sia lei la causa di tutto quel trambusto.
L’allarme, finalmente, si zittisce e un sospiro generale riempie quelle mura, seguito poi dal brusio delle varie lamentele.
«Cosa cazzo è successo??»
«Possibile che neanche in biblioteca si possa stare in pace??»
«Io non ho parole!» e le voci aumentano sempre di più, creando ancora più baccano dell’allarme stesso.

«Voi umani siete degli autentici rompi coglioni, è solo un allarme!» una voce si fa sentire di nuovo alle spalle di lei, lei che si volta e lo trova di nuovo lì, appoggiato allo scaffale, le braccia conserte sul petto e un sorrisino tenero a segnargli il viso.
«Hai iniziato tu, ora loro sentono il bisogno di lamentarsi e di informarsi sull’accaduto» li giustifica lei, dato che, indirettamente, ha dato pure a lei della rompi coglioni.
«Non intendevo tutti gli umani, Vane, pensavo fosse chiaro» la corregge immediatamente, facendole alzare gli occhi al cielo.
«Scusa, non dovevo leggere i tuoi pensieri, ma sono così rumorosi! Peggio di un allarme» la deride lui, mentre lei sorride di rimando davanti a quelle fossette che compaiono sulle sue guance troppo spesso.
«Tu… senti anche gli altri pensieri?» gli chiede in seguito, cogliendolo un po’ di sorpresa.
«Io…» esita: confessarle che non dà troppo peso ai pensieri degli altri perché è concentrato solo su di lei sarebbe davvero spingersi troppo oltre  «Sì, li sento… ma non sono interessanti» svia il discorso, si passa una mano tra i capelli biondi con fare nervoso «Perché me lo chiedi?».
«Vorrei sapere cosa pensa Monique, non è la prima volta che… mi trova a parlare da sola, temo possa prendermi per matta» le iridi blu vanno a fissare il pavimento.
«Tu sei matta, non serve un genio per capirlo» la deride, mentre lei fa spallucce e si rimette a riordinare i libri che ha con sé.
«Pensa che io sia nascosto da qualche parte, comunque, pensa che…» deglutisce, lei si volta a guardarlo, in attesa, «Pensa che sia un amico che viene a disturbarti durante il lavoro.» mente, perché nei pensieri di Monique la parola “amico” non è mai stata formulata, lei cerca un fidanzato, un corteggiatore, non un amico, ma lui può mentirle, lei mica legge la mente.
«Okay.» risponde, sorridendo divertita, perché quella menzogna sarebbe chiara pure ad uno scemo, ma non vuole imbarazzarlo troppo, lui non è abituato a questo genere di cose, sono troppo lontane dal suo mondo, non vuole turbarlo o addirittura offenderlo, lascia scorrere, lascia solo che un sorriso si formi sul suo viso.
Un sorriso semplice, spontaneo, dura poco più di un istante, ma per lui è la cosa più bella che abbia mai visto; la osserva mentre sistema quegli ammassi di pagine, la osserva mentre controlla che siano messi nell’esatto ordine da seguire, la osserva e le dice che l’aspetta a casa, in modo da non farla finire in altri guai.
Vanessa annuisce, lo saluta solo con il pensiero, non vuole più essere scoperta a parlare da sola, due volte in una mattina sono più che sufficienti.
Luke esita ad andarsene, esita a volare via da quella figura, si passa nervosamente la mano tra i capelli, si morde il labbro inferiore per poi sospirare a fondo.
«Sei bellissima, Vane» lascia che quel pensiero scivoli dalle sue labbra, lascia che quel pensiero diventi un suono che arriva diretto alle orecchie di lei.
Lei che irrigidisce e si volta di scatto per guardarlo.
Ma lui non è più lì, non è più in quella biblioteca.
Il cuore batte forte, perché l’ha sentito davvero, ne è quasi convinta, ne è quasi certa, ma lui non c’è, lui non è lì vicino a lei.
Sospira.
Forse, era solo il rumore dei miei pensieri, sono così rumorosi, peggio di un allarme.

 


 
Note di Nanek
Ci tengo a dire che sono in ritardo, quindi, mi do una mossa XD
Ciao a tutte, in primis, tutto bene?
Che ne pensate allora? Di questo amore così triste e malinconico? Diciamo che questo capitolo a me piace molto, per il semplice motivo che ho lavorato in biblioteca e mi son immaginata una scena del genere un po’ di volte XD cari loro, caro il mio Luke angelo che fa scattare l’allarme!
Voi che ne pensate? Ho notato che siamo a quota 9 recensioni al primo capitolo! Beh direi che è MERAVIGLIOSO!! Vi ringrazio davvero, ringrazio voi e quelle che hanno già inserito la storia nelle preferite/ricordate/seguite <3
Io vi lascio, sperando di trovare qualche commentino ino ino <3 e, vi lascio il mio Ask: Nanek , se avete voglia di farmi qualche domanda magari!! Non esitiate a chiedere, potrei fare anche spoiler gratuito XD
Inoltre, avevo pensato ad una cosa, sempre se vi va: che ne dite se su Twitter diamo “inizio” a una specie di hashtag per dire quello che vi piace di più/quello che vi aspettate da questo Luke/dalla nostra Vanessa? Potete scrivere quello che volete e casomai potrei anche rispondere a quello che scrivete ;) l’hashtag è, semplicemente, #anAngelinDisguise io controllo se scrivete qualcosa sappiatelo ;)
Grazie davvero di cuore per tutto <3
Ci sentiamo presto <3
Nanek
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Desideri. ***


Capitolo 3

Desideri.
 
Image and video hosting by TinyPic

 
Lately, I've been, I've been losing sleep
Dreaming about the things that we could be.

 
Se deve essere sincera, Vanessa, a lei i matrimoni piacciono.
Le piace prepararsi per bene, le piacciono gli abiti da sposa, le piacciono i giochi e gli scherzi che i due innamorati devono subirsi, l’atmosfera di festa e di gioia, di condivisione di un giorno così importante ed unico nella vita.
Sì, i matrimoni le piacciono davvero molto, se non fosse per due miseri dettagli: il primo è di poca importanza, anche se lei non ammetterà mai quanto le rode averlo come “pecca”, e consiste nel non andare mai accompagnata da un ragazzo, sempre da sola, con i suoi genitori, certo, ma da sola, con la sua macchina, con il suo invito per un’unica persona.
Il secondo, invece, la fa proprio incazzare a morte, perché la gente deve sempre farla sentire sola e così indietro con il corso della vita, quando in realtà non è vero, dato che ha solo vent’un anni e tanti giorni ancora da vivere, ma si sa come ragiona le gente: una ragazza così bella, intelligente, con un lavoro, una vita perfetta ma… che vive da sola… ma...
«Quando ti sposi tu?» questo è il dettaglio che la fa arrabbiare, questa semplicissima domanda alla quale deve rispondere sempre a pappagallo «Appena trovo la materia prima, mi sposo!» accennando un sorriso che sembra una smorfia, un sorriso così falso che la fa sentire di pessimo umore, tanto che decide di buttarsi sul vino rosso, alla ricerca della felicità vera.
In questo momento Vanessa siede su una sedia, al tavolo riservato per lei, i suoi genitori, i nonni e un paio di vecchiette che lei non ha mai visto, siede con il calice pieno di liquido rosso in mano, sorseggia piano ma frequentemente, lo stomaco che implora pietà dato che, si sa, lei l’alcool non lo regge così bene, il vestito blu che indossa lo considera troppo corto, non riesce neanche ad accavallare le gambe, il colpo di grazia è dato dai tacchi che indossa, armi letali che rischiano di farla scivolare da un momento all’altro, dato che il vino mette a dura prova il suo nuovo equilibrio; ha le guance rossicce, i capelli biondi che cadono lisci e perfetti, gli occhi che sorridono e la voglia di sparare tante cazzate quante il vino le permette, non male, insomma.
A questo matrimonio c’è gente principalmente sulla trentina, neanche uno straccio di ventenne per lei, lei non vive in un film, non troverà mai l’amore ad un matrimonio, se lo deve segnare da qualche parte; sono tutti più o meno accoppiati, tranne le nonnine e tranne lei, sono tutti molto felici e soddisfatti della propria vita matrimoniale o di coppia, c’è amore infinito e puro in quella sala, Vanessa lo sente sulla propria pelle, lo respira nella speranza di potersene tenere un po’, giusto per non pensare di essere così sola a questo mondo.
Sola, ma con un angelo.
Un angelo che, tuttavia, non si è fatto trovare quella mattina nel suo appartamento, come se fosse sparito nel nulla, senza lasciare una minima traccia; ma lei non aveva tempo di preoccuparsi, doveva vestirsi e rendersi presentabile, con Luke avrebbe fatto i conti non appena tornata.

«Hey, fanciulla!» la richiama una voce dietro di lei, una mano morbida sulla sua spalla, gli occhi di Vanessa che lentamente si proiettano verso la proprietaria di quella voce così calda: la sposa, in tutta la sua bellezza, gli occhi quasi a cuoricino, il vestito bianco che cade a pennello in quel fisico slanciato, un sorriso da far invidia a chiunque, più felice di lei, in questa sala, non c’è nessuno, forse, solo lo sposo.
«Devi venire con me!» la incita, mentre Vanessa trova un modo per alzarsi, abbassarsi il vestito e cercare di non inciampare sul vestito dell’altra.
«Cosa devo fare?» chiede, cercando di apparire più sobria possibile, quando invece la testa le gira un poco e gli occhi si chiuderebbero piacevolmente, giusto per riposare cinque minuti.
«Devo lanciare il bouquet!» esclama l’altra entusiasta, mentre la bionda fa spallucce: quante possibilità ci sono che riesca a prenderlo? Una su mille? Tempo perso e, comunque, lei non ha la materia prima.
«Siete solo tu e una mia amica, hai un cinquanta percento delle possibilità di farcela!» e la sposa non poteva dare notizia più sconvolgente: solo due persone? Così poche?
«Qui sono tutti sposati ormai…» sembra leggerle la mente meglio di Luke, Vanessa deglutisce e annuisce poco convinta, mentre raggiungono insieme un salone da ballo deserto, dove ci sono solo le casse con la musica che va da sola.
«Tutti di qua! La sposa lancia il bouquet!» intervengono i pochi bambini presenti, mentre il brusio degli invitati si fa sentire un poco, brusio di voci e rumori di scarpe con il tacco che accorrono per il grande evento, tutti curiosi di sapere chi sarà la fortunata.
Vanessa guarda la ragazza accanto a lei, sorride ubriaca.
«E tu ce l’hai il ragazzo?» le chiede, mentre la moretta si limita a voltare lo sguardo verso un ragazzo poco distante da loro; Vanessa segue la direzione dei suoi occhi fino ad arrivare alla figura di un ragazzo dai capelli ramati e lo smoking perfetto, lui sorride dolce alla sua amata, mentre Vanessa si sente nuovamente in più.
«Prendilo tu allora il bouquet, a me manca qualcuno da sposare» la incita, mentre l’altra perde il contatto visivo con il suo lui per rivolgersi ai suoi occhi blu.
«Ma sono troppo giovane per sposarmi, ho solo ventiquattro anni» e Vanessa ridacchia.
«Beh, io ne ho solo ventuno! Meglio te che me»
«Facciamo così, lo prendiamo solo se ci cade in testa»
«Affare fatto» stringono così il loro accordo, mentre la sposa si posiziona a dovuta distanza davanti ai loro occhi: sorride alle due contendenti, per poi voltarsi di spalle e urlare un felice «Conto fino a tre!» che cattura l’attenzione di tutti i presenti.
Il Dj decide finalmente di abbassare la musica, la sostituisce con un bel rullo di tamburi, incoraggiando gli ospiti ad emettere quel “ooooh” di suspance necessaria.
«Uno!» e Vanessa ha già visto che la tipa accanto a lei ha fatto un passo avanti.
«Due!» le mani dell’altra ragazza sono già in alto.
Per fortuna che doveva caderti in testa.
Si ritrova a pensare.
«Tutti lo vogliono quel bouquet, tu compresa» e quella voce la distrae dal mondo che la circonda.
«Tre!» e il mazzo di fiori è già in alto, neanche mezzo secondo e cade tra le mani della ragazza davanti a lei, sorride felice di essere riuscita nel suo intento, l’applauso generale l’avvolge, la sposa la sta già abbracciando e le bacia la guancia mentre Vanessa si guarda intorno stranita.
È quasi sicura di aver sentito la voce di Luke, anzi, è sicurissima di averlo sentito, eppure, non lo vede.
Guarda tra gli invitati, nessun biondo a catturare la sua attenzione; guarda dietro di sé, guarda pure il soffitto, ma di Luke non c’è traccia, sparito di nuovo nel nulla, la cosa inizia ad inquietarla un po’, non capisce il motivo di tutto quel silenzio, non capisce perché sia sparito senza nemmeno avvisarla.
Che si sia offeso per qualcosa che ha fatto?
Che sia ancora arrabbiato per l’episodio della biblioteca di ieri? Impossibile, la scorsa notte sembrava felice e in pace, lui è assente solo da questa mattina.
«Vane, spostati! Gli sposi devono ballare» la richiama la voce di sua madre, facendole notare di essere l’unica in mezzo alla pista da ballo, imbambolata e con lo sguardo perso.
«Scusa, sono ubriaca» ammette senza problemi, facendo sorridere la donna che la sta conducendo verso una sedia, allontanandola dalla coppia che si sta già abbracciando sotto gli occhi di tutti.
Una melodia lenta avvolge l’atmosfera, una canzone che pure Vanessa conosce si fa sentire, quelle note musicali leggere e calde, lo sfondo perfetto per i due innamorati che si tengono stretti in mezzo alla pista da ballo.
Vanessa li osserva e non può negare a se stessa di provare un pizzico d’invidia.
Lui tiene le mani intrecciate dietro la schiena della sposa.
Lei gli cinge il collo, gli occhi che si perdono in quelli del suo sposo.
Si sorridono, canticchiano alcune frasi di quella canzone, come se stessero facendo delle promesse, arrossiscono quando un applauso generale si fa ancora sentire, o quando qualcuno si mette a fischiare, i loro visi si avvicinano ancora un po’, le loro labbra che si uniscono sotto gli occhi degli invitati, labbra che si uniscono timide, labbra che si cercano con delicatezza come per paura di rompersi, un bacio tenero e meraviglioso che porta Vanessa a mordersi il labbro inferiore.
Lo deve ammettere almeno a se stessa, è invidiosa da far schifo.

*

«Dove cazzo sei, idiota di un angelo?!» urla con tutto il fiato che ha dentro, lasciandosi poi andare ad una risata divertita, la classica risata da ubriaca.
«Avanti, Luke! Dove cazzo ti nascondi? Non farmi girare le palle» e ride ancora, lanciando la borsetta sul piccolo divano e cominciando a sbottonarsi il giubbotto.
«Sei ubriaca» finalmente quella voce si fa sentire nelle sue orecchie.
Vanessa continua a ridacchiare, si toglie le scarpe alte e per poco non cade per terra, barcolla fino al suo letto, lasciandosi poi cadere di peso.
Davanti a quella scena c’è un Luke ancora vicino alla finestra del salotto, le braccia conserte e il viso di chi sembra quasi deluso: una cosa che non sopporta è vederla ubriaca, per il semplice motivo che non può aiutarla, non può toccarla, non può avvolgerla tra le sue braccia mentre comincia a parlare di cose che capisce solo lei; quando lei è ubriaca lui può stare solo a guardare e la cosa è peggio di qualsiasi punizione divina.
Sospira, Luke, mentre si avvicina al letto di lei, trovandola distesa a pancia in su, ancora vestita e la gamba destra che ciondola dal letto, facendo così salire un po’ quel vestito già troppo corto.
Arrossisce, le si avvicina ancora.
«Quanto hai bevuto?» le sussurra, mentre tenta di non fissare quelle gambe nude.
«Così tanto che mi ha riportata a casa mio padre» ride lei «Così tanto che non ho neanche sentito la tua fottuta mancanza» ammette ancora, mentre Luke abbassa lo sguardo.
«Non sono sparito» dice velocemente, perché i pensieri di lei, nonostante sia ubriaca, li sente forte e chiaro, stanno urlando imprecazioni di tutti i tipi perché lui se n’è andato per un’intera giornata, perché l’ha lasciata sola di proposito, perché aveva bisogno di lui.
«Non sono venuto perché… che senso avrebbe avuto? Se fossi stato lì… io…» esita, perché confessarle quello che vuole dire gli costa parecchio, ma lei è ubriaca, magai se lo dimentica, o almeno lo spera, ma se così non fosse?
«Se fossi venuto avrei sentito la voglia di parlarti, ti avrebbero vista parlare con il muro, non sarebbe stato carino farti passare per la pazza della famiglia, ti hanno già preso di mira perché sei single…» mente e si sente l’amaro in bocca, una cazzata del genere non sa neanche lui dove l’ha trovata ma… cosa poteva dirle?
Non se la sente proprio di confessarle che se fosse andato… avrebbe provato a toccarla, a stringerla, a portarle lontano quel bicchiere di vino, a invitarla a ballare con lui: lo avrebbe fatto davvero, quell’atmosfera era troppo magica e speciale per non provarci, eppure, la paura ha nuovamente preso il controllo, la paura di non riuscirci, la paura di essere solo un’immagine che trapassa il corpo di lei, no, non sarebbe riuscito a sopportare tale delusione.
«Mi sei mancato, angelo mio, da morire» ammette lei con gli occhi chiusi e gli occhiali che cadono appena sul naso, Luke sorride a quella confessione così pura e spontanea, sorride e cerca di tenerla sveglia.
«Mi sei mancata anche tu, umana mia» e lei ride per quel nome così assurdo.
«Vane, non dormire, devi cambiarti» cerca di farle aprire gli occhi ma lei, in risposta, si rannicchia ancora di più sul letto facendolo sospirare.
Luke si concentra sugli occhiali di lei, è tutto il giorno che si annoia e cerca di spostare gli oggetti con la forza del pensiero, la cosa gli viene bene, o quasi, è soddisfatto del suo risultato, quindi, perché non provare a toglierle gli occhiali?
E magari pure il vestito. Sorride compiaciuto, arrossendo come non mai per quello che ha appena pensato: no, non può osare così tanto, non è così bravo.
Scaccia via quei pensieri inutili per poi tornare a fissare gli occhiali neri, li vede muoversi e togliersi dal viso di lei, li fa fluttuare per poco, il tempo di appoggiarli sul comodino, ci è riuscito ancora una volta, è fiero dei suoi poteri.
«Vane?» la chiama ancora.
«Mmm» risponde lei, a metà tra il sogno e la realtà.
«Perché voi umani vi sposate?» e mentre formula questa domanda alza la coperta, sempre con la forza del pensiero, la solleva e tenta di spostarla sopra il corpo di lei.
«Perché è bello sposarsi» la risposta di lei lo fa sorridere, perde un po’ di concentrazione e la coperta sta per caderle in faccia, riesce per miracolo a riprendere il controllo e a terminare il suo intento.
«Ma che senso ha sposarsi?» chiede ancora.
«Luke… ho sonno» si dimena lei.
«Ultima cosa, poi ti lascio dormire, lo prometto» e si dirige verso l’interruttore della luce «Mi stai ascoltando?» chiede ancora, prendendo tempo, perché quella domanda è così stupida che non meriterebbe neanche di essere pronunciata.
Ma Vanessa non dà risposta.
Vanessa è già scomparsa in un altro mondo, non ha aspettato quella domanda, forse, anche per paura di sentirla.
Lascia Luke solo, in quell’appartamento buio, anche l’ultima luce è riuscito a spegnerla, è vicino alla finestra che dà alla terrazza, guarda fuori, le luci della città che entrano un po’, sposta i suoi occhi azzurri verso il cielo, verso le stelle, verso l’infinito, sospira a fondo e ripensa a quella giornata in piena solitudine.
Pensa a come si è sentito a stare senza di lei, pensa a come si è sentito nel vederla per pochi istanti a quel matrimonio, con quei pensieri tristi a tormentarla, con quella voglia di averlo lì vicino, con quella voglia di sentirlo, per davvero, parte del suo mondo.
Pensa a come sarebbe essere un umano, pensa a quanto ha desiderato in tutta la giornata di essere come lei, pensa a quanto darebbe solo per poterla toccare, solo per poter essere visto da tutti, solo per capire cosa si prova a sentire la pelle candida di lei sotto i polpastrelli mentre le sfiora il viso, solo per poter soddisfare quella curiosità che lo sta lacerando dentro da anni, da quando la conosce, solo per potersi sentire vivo per una volta.
Guarda il cielo, Luke, come in attesa di una risposta che non c’è mai.
Guarda il cielo e sospira: lui vorrebbe essere visto da tutti, lui vorrebbe toccarla e sentirsi vivo, lui vorrebbe tante cose, ma sa bene che a tutto c’è un prezzo, niente è dato a caso, c’è sempre qualcosa da sacrificare per avere quello che si desidera.
E, forse, è proprio la paura di perdere qualcosa a costringerlo ad essere codardo, a costringerlo a logorarsi nei suoi desideri più vivi.



 
Note di Nanek
Sono in ritardoooo yuppi!
Ci tenevo a scusarmi, sono sempre meno puntuale ma… l’ho fatto per un motivo: ho detto, aggiorno tardi così vado avanti con altri capitoli, il problema è che non sono neanche andata avanti e sono in ritardo, la cosa non può andare peggio di così ma… capitemi vi prego T.T sono leggermente piena di impegni, Università, impegni, un bel gattino in arrivo awwwww *-* amore mio! E quindi non ho un solo attimo di tregua per scrivere un pochino sul mio angelo preferito <3
Beh, che dire, chi vuole tirare ad indovinare che domanda voleva farle Luke? ;) non è difficile, sono certa che potete indovinare ;) se volete scrivermi la vostra idea in una recensione, io vi darò risposta ;)
Inoltre, ci tenevo a precisare, perché mi sembra di non essere stata chiara: questa FF è la Long della mia OS “City of angels”, ossia, come leggete nella OS, viene tralasciata la storia della convivenza di Vanessa con l’angelo, perché ovviamente è una OS e non poteva essere un papiro, quindi questa Long è lo sviluppo di quella parte che manca, ovviamente con variazioni e con qualche sorpresa in più, sennò non viene mica lunga 15 capitoli XD e… bene questo era il cruccio che volevo spiegare.
Inoltre, io scorro sempre l’hashtag  #anAngelinDisguise in Twitter, se volete scrivere qualsiasi cosa di questa storia, potete farlo =) io andrò a leggere con molto piacere, potete anche commentare capitolo dopo capitolo, a voi la scelta, è solo per interagire un po’ e capire se questa storia vi sta piacendo oppure no :D
Inoltre, dai, io mi annoio su Ask, se volete venite a farmi qualche domanda XD anche la più insensata, io risponderò sempre XD questo è il mio Ask: Nanek .
Bene, credo di aver detto tutto ;) vi ringrazio ancora per ogni cosa che fate per questa FF, spero davvero di non deludervi e spero che altre persone trovino questa Long, più siamo meglio è dicono XD
Grazie davvero di cuore <3
Nanek
Image and video hosting by TinyPic
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Errori. ***


Capitolo 4

Errori.

Image and video hosting by TinyPic
 
I thought I had you in the palm of my hand that night
Screaming at the top of my lungs til my chest felt tight
I told myself that I'm never gonna be alright.


 
A Luke la vita umana piace davvero tanto: non la cambierebbe per nessuna ragione al mondo, è un bel mondo quello degli umani, composto di tante piccole e interessanti cose che lui può solo vedere, ma che apprezza.
Ama le città, lui non ne ha viste troppe ma, grazie alle sue ali, può volare da Sydney a Melbourne in meno di un quarto d’ora, può volare anche fino a Perth e ci impiega meno persino dell’aereo, ha girato l’Australia, nonostante fosse da solo, ma quello che ha visto è sempre stato spettacolare, in ogni singolo dettaglio.
Chiaramente ha delle preferenze, a lui piacciono di più le città piccole, quei quartieri in periferia fatti di quel poco che serve: una farmacia, una scuola, un supermercato, una biblioteca… ama la pace di questi posti, nonostante non possano offrire le attrazioni delle grandi città come la metropolitana, milioni di negozi di prestigio e la vita affollata del centro.
Lui, come Vanessa, è un tipo abitudinario, forse è stato influenzato da lei su questo, ma entrambi non rinuncerebbero mai a quel piccolo angolo di paradiso un po’ distante dalla caotica città di Sydney, un angolo di paradiso fatto per loro due: non eccessivamente minuscolo, dato che il traffico non è risparmiato nemmeno qui, ma nemmeno troppo grande e dispersivo, semplicemente perfetto, per loro.
Tuttavia, Luke, se deve essere sincero, ha trovato una pecca nella vita, un qualcosa che lui odia, senza neanche sapere che vuol dire questo sentimento, e che gli dà fastidio: la discoteca.
Vanessa ci va molto spesso, in discoteca, accompagnata dalle sue solite amiche che frequenta solo durante il week end, lasciandolo solo in quell’appartamento; lei lo invita spesso ad andare, che male c’è? Nessuno può vederlo, lui potrebbe ballarle accanto e nessuno ne se renderebbe conto che sta ballando da sola, perché c’è sempre davvero una calca di gente, si divertirebbero insieme e lui non si sentirebbe così escluso dal suo mondo.
Ma Luke, dopo solo una volta in quel posto, ha deciso di chiudere il capitolo “discoteca” per sempre.
Non che l’atmosfera non gli piacesse, luci colorate ovunque, quel semi buio che rende il tutto più eclatante, la musica che la sente –per modo di dire- rimbombare dentro la propria testa, persone di tutti i tipi che sorridono, ballano, si scatenano e lasciano lontani i problemi del giorno che verrà ed, infine, cosa c’è di più bello di vedere Vanessa in un vestito corto, il trucco più marcato ma mai troppo volgare, i fianchi di lei che si muovono lentamente e sensualmente solo per essere visti dagli occhi azzurri di lui e un sorriso beffardo che l’alcool le fa assumere?
Vanessa in discoteca è una specie di bomba per il suo autocontrollo, sprizza energia in ogni suo gesto, in ogni suo sorriso, in ogni sua occhiata, lui si chiede davvero perché non ha mai provato a toccarla, non si può davvero resistere a tale immagine, ha una forza di volontà degna di nota, lo deve ammettere.
Ma… se Vanessa è un buon motivo per andare in discoteca, è diventato anche il motivo per non andarci.
Il perché è stato dato sempre l’unica volta che lui ha deciso di provare questa nuova avventura: lui che guarda Vanessa ballare, i loro occhi che sembrano stabilire un contatto intenso e speciale, lui che sorride e le si avvicina e due mani –non sue- che vede comparire sul bacino della bionda, un ragazzo che si è messo a ballarle da dietro, strusciandosi con fare fin troppo indecente sulla sua schiena, impossessandosi di lei e facendo salire a Luke un qualcosa che non sa spiegare.
Naturalmente, Vanessa non ha dato troppo peso alla cosa: si è voltata, ha fulminato appena il ragazzo –fin troppo alticcio- e con passo veloce si è riavvicinata alle sue amiche, lasciando che quell’episodio non intralciasse lo scorrere della serata, sono cose che capitano, la discoteca è ambiente di flirt e avances, non è mica la fine del mondo –per come la vede lei.
Diversamente, Luke non l’ha presa così bene.
Se avesse potuto, quello lì, lo avrebbe allontanato con forza, gli avrebbe fatto capire chiaro e tondo che quelle luride mani se le doveva mettere in testa e ballare la Macarena, lo avrebbe incenerito con lo sguardo e, giusto per fare come nei film, gli avrebbe fatto capire che lei è sua, che non deve più permettersi, sentendosi così un vero cavaliere che salva la sua dama.
Di conseguenza, se avesse potuto toccare lui… avrebbe potuto toccare anche lei, esattamente come aveva fatto quell’idiota, magari usando atteggiamenti più gentili, magari abbracciandola e stringendola sul suo petto, magari lasciandole qualche bacio sul collo scoperto…
Questi pensieri lo hanno portato alla conclusione che lui odia la discoteca, perché fonte di tristezza, di delusione e di qualcos’altro che non riesce ancora a definire.

Sbuffa, in questo preciso istante, mentre fissa la ragazza davanti a lui, intenta a truccarsi davanti allo specchio, i jeans stretti e un top nero indossati per la serata, i tacchi alti vicino alla porta, capelli sciolti e dritti: a volte si chiede se lo fa di proposito ad essere così bella, lo farà morire, ne è certo.
«Perché vai in discoteca? Non vuoi restare qui a… guardare un film?» cerca di lamentarsi, cerca di convincerla a restare «Le tue amiche puoi vederle un’altra volta» e lei sorride.
«Luke… sono due settimane che non le vedo, lo sai anche tu» lui alza gli occhi al cielo.
«Ma… io sono qui da solo.» la sua voce sembra quella di un bambino piccolo che teme la solitudine.
«Perché non vuoi venire con noi? Mi sembrava ti fossi divertito l’unica volta che ti sei degnato di aggregarti» e come glielo spiega che gli dà fastidio vedere che tutti possono ballarle contro tranne lui? Lui che è l’unico degno di tale gesto?
«Ti stanno tutti… incollati come le cozze, mentre io posso solo guardare» ammette, cercando di non essere esageratamente coinvolto nella situazione.
«Mi dispiace» confessa lei, appoggiando il rossetto sul lavandino «Okay, questo è un punto a tuo favore ma… io… cosa posso farci? Poi, alle mie amiche piace andare a ballare…» e Luke la ucciderebbe –metaforicamente parlando- perché ora lo fa sembrare il cattivo di turno.
«Non sono le tue amiche il problema ma… cazzo, perché tutti i maschi devono venire a strusciarsi come assatanati sul tuo didietro? Non hanno una ragazza?» sbotta e si morde il labbro, ormai l’ha detto.
Vanessa lo guarda con occhi sorpresi, per poi lasciarsi andare ad una risatina compiaciuta.
«Sei geloso?» chiede e lui non capisce.
«Non so neanche cosa significa.» ammette, mentre lei riprende a mettersi il mascara.
«Quando un ragazzo “si struscia come un assatanato” su di me, cosa provi?» lo interroga, intenta a sentirselo dire davvero.
«Mi dà fastidio.»
«In che senso ti dà fastidio?» insiste lei.
«Vorrei lanciarlo fuori dalla discoteca, in poche parole» ridono insieme ma Luke torna serio, si fissa i piedi «Ho paura che ti possa portare via da me» e Vanessa è sicura di avere il cuore in gola, batte fortissimo e ha un brivido che le percorre la schiena, arrossisce.
«S-sai come si chiama tutto questo?» Luke scuote la testa «Si chiama gelosia».
«Ed è un male? È una brutta cosa?» gli occhi azzurri di lui si scontrano, attraverso lo specchio, con quelli di lei.
«Ci sono umani che arrivano ad uccidere per gelosia» lo prende in giro, vedendolo spalancare la bocca dallo stupore.
«Io… io non voglio uccidere nessuno! Io… io…» e Vanessa si volta nella sua direzione, meglio calmarlo prima che impazzisca.
«Stavo scherzando, Luke, lo so che non vuoi uccidere qualcuno» e lui si sente un po’ sollevato «La gelosia è… positiva, se si sa mantenere un livello accettabile, se invece si diventa gelosi e soffocanti, allora non lo è più» Luke sembra pensarci un po’.
«Ma… e come fa ad essere positiva?»
«Se non c’è un pizzico di gelosia… vuol dire che non c’è interesse. Alle ragazze, ma deduco anche ai ragazzi, piace sentirsi desiderati cioè… tu, dicendomi che sei geloso di chi balla dietro di me, mi fai sentire… importante, vuol dire che ci tieni» e si sente le guance andare in fiamme: ha appena confessato di sentirsi bene grazie alla sua gelosia, ha appena confessato di sentirsi importante per lui.
«Quindi la mia gelosia non fa male, vero?» lei sorride.
«No, Luke, è la gelosia più innocua al mondo, la gelosia di un angelo» e lui abbassa lo sguardo, è in imbarazzo e neanche se ne rende conto; Vanessa si avvia verso la porta d’ingresso, si siede sul divano per indossare le scarpe.
«Non vieni, quindi?» chiede un’ultima volta, ma non riceve risposta: segno che lui non ha cambiato idea, segno che la gelosia è troppo forte da tenere lontana, segno che lo fa star male, nonostante lui non sappia cosa significhi la parola “dolore”.
«Sei importante per me, Luke, sarei gelosa anche io se ci fosse un altro angelo tra noi» confessa senza pensarci troppo, come se quello fosse un tentativo per rassicurarlo anche se in quelle parole c’è ben altro rispetto alla semplice preoccupazione per lui: il suo amore per quell’angelo sta diventando più profondo di quanto non lo sia già.
Il cappotto indossato, le chiavi di casa in mano, chiude la porta dietro di sé, non ricevendo nessuna risposta da parte di lui.
È sparito di nuovo, ne è certa, lo fa spesso quando lei esce di casa, neanche  a lui piace restare chiuso dentro una gabbia, vola lontano, vola di città in città, ma non glielo dice mai, perché sa benissimo quanto lei vorrebbe seguirlo, se solo potesse.

*

Una cosa che Vanessa adora è la capacità dell’alcool di trasportarla in un mondo completamente diverso, in un mondo dove lei riesce, per poco, a isolarsi dalla sua vita di sempre, fatta di lavoro, di libri e di un angelo che l’aspetta a casa, un angelo che le occupa i pensieri da quando si sveglia a quando sogna, quell’angelo è una parte della sua vita che non si scollerà mai.
Ed è per questo che, non appena mette piede in quella discoteca, la prima cosa che fa è bere qualcosa di forte, qualcosa che le dà il coraggio necessario ad osare, a ballare sopra un cubo, senza pensieri rivolti alle altre persone, solo lei, il suo corpo che si muove a ritmo, il cuore che batte forte e la musica che rimbomba dentro la testa, non lasciando spazio ai rumori delle sue mille preoccupazioni.
Lei, poi, non ha bisogno di grandi quantità di alcool per essere più a suo agio, basta un bicchiere pieno, basta scegliere la bevanda giusta ed il gioco è fatto, quella sensazione di leggerezza la invade calda e piacevole, un sorriso ebete le marca il viso, le gambe che si lasciano andare a passi semplici ma efficaci che seguono il ritmo giusto, le mani che si alzano un poco e la festa ha inizio.
Le piace stare in mezzo a tanta gente, le piace sentire tutti quei corpi appiccicati tra di loro, le piace essere in un posto dove l’unica cosa di cui preoccuparsi è il divertimento, le piace saltare, le piace ridere e urlare per riuscire a farsi sentire da qualcuno ma, soprattutto, ama tutto quel contatto umano.
Se deve essere sincera, non ama il contatto umano con tutti quelli presenti –logicamente- ma deve ammettere che il contatto che ha con le sue amiche, l’essere in grado di abbracciarle, di prenderle e ballare con loro, la fa stare bene anche se tutto questo sembra una grande stronzata, ma è così.
Anche solo un abbraccio, da quando conosce Luke, è diventato importante per lei, perché con lui, un abbraccio, ma anche solo uno scontro di mani, se lo può solo sognare.
Non è mai stata così frustrata in vita sua, non è mai stata così desiderosa di una carezza da parte di lui, il suo livello di sopportazione ha raggiunto la linea massima, non ce la può fare e l’alcool che ha in circolo la fa correre anche troppo.
Se inizialmente i suoi pensieri erano sul canale “divertimento”, ora sono sintonizzati sulle sue voglie, una in particolare: la voglia di stringerlo, la voglia di sentirlo come tutti gli altri, quella voglia asfissiante che le toglie il fiato, quella voglia di gettarsi in quel petto, inspirare il suo profumo; la voglia di sentire le mani di lui che le toccano la schiena, mentre appoggia il mento sui suoi capelli, quella voglia insaziabile che non avrà mai fine, che la porterà solo alla distruzione del suo animo debole e desideroso, l’animo di un essere umano che respira e prova emozioni forti.
È talmente confusa e piena di pensieri che non si rende neanche conto di aver messo male il piede, perde l’equilibrio e sta per cadere ma, due braccia, dietro di lei, sembrano giocare d’anticipo e si ritrova addosso al petto di qualcuno.

«Luke…» bisbiglia speranzosa, ma davanti a lei non ci sono gli occhi azzurro cielo del suo angelo.
Un ragazzo moro, più alto di lei, gli occhi marroni, profondi, che sorridono insieme alle sue labbra carnose che mettono in risalto la bellezza del suo sorriso, non crede di averlo mai visto prima, si sente imbarazzata come non mai per essere appena caduta in braccio ad uno sconosciuto.
«S-scusami» si rimette in piedi frettolosamente, mentre il tipo si passa una mano tra i capelli.
La figura di una sua amica, Clary, si fa vedere accanto a lei, si avvicina al suo orecchio e urla quello che deve dirle, cercando di sovrastare la musica di quel posto.
«Lui è Calum! Gioca a calcio con mio fratello! Hanno voluto aggregarsi» spiega, mentre Vanessa si rende conto di non aver ancora lasciato lo sguardo del moro che ha davanti, il quale, dopo aver ricevuto informazioni dalla stessa Clary, tende la mano verso la bionda per presentarsi.
«Sono Calum» le si avvicina all’orecchio, mentre lei stringe appena la presa sulla sua mano grande.
«Vanessa» si limita a bisbigliare ed è certa che lui non l’abbia sentita, ma Clary deve aver già dato tutte le indicazioni possibili.
«N-non volevo venirti addosso, scusa» cerca di farsi sentire ancora, mentre lui scuote la testa.
«Tranquilla, non è nulla» la rassicura, avvicinandosi ancora una volta al suo orecchio, sta volta, sfiorandolo, facendola rabbrividire un po’: l’alcool raddoppia il peso delle sue emozioni.
«Balli con me?» chiede ancora e lei deglutisce a vuoto, annuendo appena: non c’è niente di sbagliato a ballare con un ragazzo, vero?
Ma se così fosse, perché se lo sta pure chiedendo?
Il corpo di Calum si muove bene, deve ammettere, davanti a lei, ha un modo tutto suo di ballare, accompagnato dal suo sorriso divertito che lo fa sembrare un mix tra un ballo da idiota e un ballo sensuale, l’ha notato pure lei che ci sa fare con quei fianchi e, giusto per dire, li ha notati anche lei quei bicipiti scolpiti, mica male il moretto.
Il colpo di grazia, poi, lo danno le sue mani che, da sventolate in aria a ritmo di musica, si abbassano di livello e, casualmente, vanno a posizionarsi sulla vita di Vanessa che, neanche farlo apposta, vola con la mente al discorso della gelosia di Luke e deve ammettere che ha ragione a non voler seguirla in discoteca: morirebbe di gelosia, ne è convinta.
Tuttavia il pensiero di Luke arriva un po’ troppo tardi, causa anche l’alcool che non la fa ragionare troppo velocemente, infatti, il viso di Calum è davvero troppo vicino a quello di lei, il suo sorriso è davvero troppo vicino alle sue labbra serrate, i suoi occhi marroni sono incastrati in quelli blu, le mani grandi di lui la stanno tenendo stretta e l’avvicinano sempre di più, tanto che può sentire benissimo i loro petti toccarsi, mentre il bacino di lui sfiora quello di lei così lentamente da farla rabbrividire, il moro sa bene dove andare a parare a quanto pare.
E Vanessa… Vanessa non oppone resistenza.
Vanessa è solo un’anima confusa e piena di perché, un’anima che non capisce il motivo per cui, l’unica persona che riesce a capirla, debba avere le ali e un viso troppo perfetto per essere umano. Non capisce perché il destino voglia punirla in questo modo, vietandole di poter toccare l’unica persona che ama davvero, l’unica persona che vorrebbe stringere quando il mondo le crolla addosso, l’unica persona che ne vale la pena e che è solo un desiderio impossibile.
Sarà per disperazione, sarà perché è brilla, sarà per necessità, ma non si tira indietro quando sente le labbra di Calum appoggiarsi alle sue.
Labbra che si sfiorano appena, ma che cominciano a cercarsi con esigenza e velocità; le loro lingue che sanno di Vodka e di qualche altro liquore, lui che, forse, agisce così per colpa dell’alcool o, forse, è solo uno che vuole divertirsi mentre, lei, è solo una preda debole e facile, una preda che non ha voglia di ribellarsi, una preda che ha bisogno di quel tipo di contatto che Luke le “nega”, una preda che… nonostante stia baciando Calum, nei suoi pensieri più vivi, sta pensando al suo angelo, gli occhi chiusi in modo da disegnare il suo viso, al posto di colui che c’è davvero, gli occhi chiusi e il cuore che batte forte, gli occhi chiusi e può giurare che una lacrima è pronta a scendere per tale bugia.
Ma non appena Calum si allontana, tutto svanisce e ritorna ad essere reale: davanti a lei non ci sono i suoi occhi color del cielo, davanti a lei non ci sono i suoi capelli color dell’oro e il suo sorriso dolce, davanti a lei c’è solo uno sconosciuto.
Poi, l’intera scena va quasi a rallentatore.
Il sorriso di Calum che si forma davanti a lei, gli occhi blu di lei che si spostano oltre la sua figura, il cuore che perde un battito nel trovare quegli occhi a fissarla da lontano, quegli occhi che la osservano con aria di delusione e di tristezza, occhi che scappano dai suoi perché lui si è voltato e cammina lontano.
Le gambe di lei cominciano a muoversi, lascia Calum da solo, non si degna neanche di dargli una motivazione per quella fuga, sa solo che deve seguirlo, sa solo che deve trovarlo, sa solo che deve chiedergli scusa.
«Luke! Luke!» urla così forte che si sente il petto stretto.
«Luke! Ti prego, aspetta!» e le lacrime le rigano il viso, corre ancora ed arriva fuori dalla discoteca, fa freddo e lei indossa solo quel vestito troppo corto, la sua pelle calda a contatto con l’aria rabbrividisce, ma sembra immune pure al gelo.
«Mi dispiace, Luke! Ti prego, mi dispiace» e un singhiozzo spezza quelle urla «Pensavo a te! Lo giuro, pensavo a te!» urla contro il vento, mentre altre persone la guardano e le danno dell’ubriaca.
«Vane! Cazzo, vuoi prenderti una polmonite?!» una voce dietro di lei, la voce di Clary che l’ha seguita non appena l’ha vista scappare.
«Calum è un cretino, è ubriaco da far schifo, scusalo, Vane, non voleva…» ma a Vanessa non importa nulla di quello lì.
«Devo andare a casa, io… io…» balbetta, mentre l’amica la trascina dentro al caldo.
«Adesso andiamo, te lo prometto. Prendiamo le giacche» la rassicura, mentre la bionda continua a guardarsi indietro, continua a cercare con lo sguardo quell’angelo ferito, invano.
Se riesci a sentirmi, mi dispiace davvero, lo giuro, Luke, mi dispiace davvero.



 

Note di Nanek
Va bene, vi do il permesso di uccidermi: già questa storia è triste, in più vi sgancio una scena come questa…. Allegria insomma!
Però, ci voleva una svolta, eh già.
La svolta è… questa XD odiatemi perché Calum è lo stronzo che mette nei guai Vanessa ma… eddai, ci sta troppo questo esserino malefico XD quanto amore <3
Che dire… ve l’aspettavate? E cosa credete che succederà ora? Se volete lasciarmi qualche risposta nelle recensioni, io aspetto ;)
Per quanto riguarda la domanda dello scorso capitolo, non c’è esattamente una risposta precisa ma, siccome stavano parlando di matrimoni, Luke voleva chiederle chi avrebbe sposato lei/ se lui fosse umano, se lei lo avrebbe mai sposato/ se lo avesse desiderato :D questa cosa del matrimonio vedrò di riprenderla, forse :D
Bene… che dire ancora? Che vi ringrazio per tutto quello che fate per questa storia <3 grazie per le recensioni ma grazie anche per le preferite/ricordate/seguite <3
Se volete scrivere qualcosa su Twitter, per interagire con me, usate il solito hashtag: #anAngelinDisguise.
Se volete farmi qualche domanda, questo è il mio ask:  Nanek .
Inoltre, dato che Satellites è SOSPESA, come già avrete intuito, ci tenevo ad avvisarvi che sto collaborando per una nuova ff a 4 mani con la nostra Letizia25 <33333333 che però arriverà tra un po’ :D ma intanto vi ho avvisate.
Bene, non ho altro da aggiungere, aspetto le vostre adorate recensioni e… beh, spero di non perdere nessuna di voi… siete diventate così poche dopo che So out of reach è finita T.T io piango.
A presto!
Nanek
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Novità. ***


Capitolo 5

Novità.

Image and video hosting by TinyPic
 
I'm waiting for the moonlight
So I can find you
In this perfect dream
Don't think that you can
Hide there in the shadows
you're not invisible
Your all that I can see

 
Un’altra cosa che Luke odia, più dell’essere angelo, più di non poter toccare Vanessa, più di quel cretino che l’ha baciata sotto i suo occhi, più della discoteca, più della gelosia immensa provata in quell’istante, più di quella sensazione di dolore dell’animo che lo tormenta da quando ha visto le loro labbra incollate, è il fatto di riuscire a leggere nella mente di Vanessa quando lei è triste.
Ama, davvero, riuscire a frugare nella sua mente, lei è una persona così complicata da capire a volte, ma quando è immersa nella tristezza e nel dolore non sopporta questo suo potere, soprattutto se si deve sentire milioni e milioni di scuse rivolte a lui.
Mi dispiace.
Non volevo.
Sono una stupida.
Ero, sono, ubriaca.
Non volevo baciare lui per davvero.
Poi lui è un cretino, ha capito subito che ero debole.
Non lo volevo davvero.
Non volevo ferirti.
Pensavo a te.
Cazzo, l’ho appena ammesso davvero?
Tanto vale andare avanti, pensavo a te.
Pensavo a quanto sarebbe bello baciarti.
Pensavo che le sue labbra fossero le tue.
Vedevo te nella mia testa.
Ti prego, perdonami, sono solo… sono solo un’umana desiderosa del tuo affetto.
Sono solo… triste, perché il desiderio di poterti toccare è al limite.
Non sai quanto fa male non poter realizzare quello che si desidera.
Pensavo mi bastasse vederti e sentirti mio a parole, in piccoli gesti, nella nostra quotidianità, ma mi sbagliavo.
Ho paura, perché temo di averti ferito a tal punto di non poter godere nemmeno della tua presenza.
Perdonami, ti prego, sono solo umana, provo emozioni che neanche le parole saprebbero esprimere.
Quello che sento, quando penso a te, è indescrivibile.
Se li ricorda tutti quei pensieri, i pensieri di un’ubriaca, un’ubriaca con le lacrime a rigarle il viso da quando ha lasciato la discoteca, un’ubriaca che ha varcato la porta di casa urlando il suo nome ma, lui, da quel tetto, non ha voluto muoversi, non ha voluto guardarla in faccia, il ricordo di quell’immagine gli faceva male anche se lui, angelo, non è in grado di provare dolore.
Lei ha preso sonno con quei pensieri, lo ha tormentato per circa dieci minuti prima di addormentarsi definitivamente; a momenti scoppiava, Luke, perché quei pensieri li sentiva fin troppo bene, ma la voglia di andarsene lontano, per evitarli, non c’era.
Lei lo ha ammesso: a lui ci tiene troppo.
Lei lo ha confessato: non ce la fa più ad andare avanti così, a parlare con qualcuno che nessuno può vedere, a parlare con qualcuno che non può neanche toccare e, forse, pure lui è arrivato al limite di quella sofferenza, perché di questo si tratta, di sofferenza, di frustrazione, di dolore che si provocano a vicenda stando insieme ogni giorno da quando si conoscono.
Ma il solo pensiero di andarsene è ancora peggio, ne è certo.
Con un salto, raggiunge la terrazza di casa sua, la finestra l’ha lasciata aperta, quella stupida umana, perché vuole che lui ritorni ma, così facendo, invita pure persone indesiderate ad entrare, mettendosi in pericolo, mettendo a rischio la sua vita per lui.
Luke avanza in camera sua, il buio di quella stanza è sporcato dalla poca luce che entra dalle tapparelle, ma l’immagine di lei è chiara ai suoi occhi, i suoi occhi azzurri che gli permettono pure di vedere con il buio.
“Occhi di gatto” lo aveva deriso lei una volta scoperto questo potere, lasciandolo un po’ interdetto.
“Si dice che i gatti vedono pure con le tenebre” aveva spiegato lei, dando ancora una volta una spiegazione alle sue mille curiosità.
Luke si avvicina al letto, si inginocchia vicino alla figura di lei, dorme a pancia in su, ha le guance che racchiudono le lacrime secche sulla pelle, gli occhi gonfi che si muovono un poco, un altro sogno che si è impossessato di lei, le labbra serrate e ancora un po’ sporche di rossetto, quelle labbra che, quella sera, hanno toccato labbra non sue.
Sospira, pensando ancora a quella scena, sospira e giura a se stesso di cancellare quelle immagini: che colpa ne ha, lei? Che colpa può avere dato che desidera solo poterlo sentire? Perché accusarla quando, pure lui, darebbe l’anima per poter sentire la sua pelle sotto le dita?
Forse ha sbagliato a non parlarle quando è rincasata.
Forse l’ha solo fatta soffrire ancora di più, lasciandola addormentare con la paura di non rivederlo più.
Forse lui sa essere ancora più cattivo di un umano, e per fortuna che è un angelo.
Forse lei lo sta un po’ influenzando, la vita terrena lo sta contagiando, dato che un angelo non dovrebbe far soffrire qualcuno.
«Scusami, piccola, scusami» sussurra, sapendo benissimo di non poter essere sentito.
La guarda fisso, lei continua a respirare a fondo, non si muove di un solo millimetro, lui si perde in quell’immagine di lei che ha davanti agli occhi, l'immagine che ama fissare senza mai stancarsi, senza mai stancarsi di quel profilo, quel naso non perfetto perché, come dice lei, “C'è una piccola gobba, il tuo invece è un naso bellissimo”; il profilo di quelle labbra fine, quegli occhi grandi da dove sporgono le ciglia ancora un po' sporche di mascara nero, quella pelle candida che, in questo momento, vuole provare a toccare.
Perché ormai non ce la fa più ad avere paura.
Perché ormai, questa situazione, è solo una tortura che vivono entrambi, tanto vale farla finita: se non riuscirà a toccarla, sparirà dalla sua vita, non ha senso continuare a starle accanto quando non possono avere un contatto, non ha senso continuare a torturarla così quando lei può trovare qualcuno che le voglia bene davvero, qualcuno che possa darle ciò di cui ha bisogno.
Avvicina le dita, lentamente, perché un po' di timore c'è ancora, perché il pensiero di dover andarsene lo ferisce, perché lei è l'unica persona che ha a questo mondo, perché sono cresciuti insieme, perché la ama così tanto che darebbe qualsiasi cosa pur di poterla toccare.
«Non ti sei stancato di studiare gli umani?» una voce interrompe quel momento, una voce lo blocca dal sfiorarle la guancia, una voce che lo spaventa e gli fa diventare le gambe molli.
La voce di un altro angelo.
«Che ci fai qui?» gli chiede infatti, alzandosi e facendo segno di cambiare stanza, lei potrebbe sentirli.
«Non eri partito per... Los Angeles?» gli chiede ancora, mentre l'angelo davanti a lui si fa strada fuori nella terrazza, aprendo la porta con le sue stesse mani, senza bisogno di usare la forza del pensiero.
«Come diamine ci sei riuscito?!» chiede ancora incredulo, mentre l'altro sorride, si passa una mano tra i capelli ricci.
«Dopo tutti questi anni, pensavo lo sapessi fare pure tu, Luke» le sue iridi marroni, quelle sfumature di verde che riconoscerebbe sempre.
«Io...» abbassa lo sguardo, quasi si vergogna.
«Lo so, lo so: tu vuoi toccare e sentire quello che le tue dita sfiorano» gli legge nella mente.
«Come mai sei tornato, Ashton?» e il diretto interessato fa spallucce.
«Se devo essere sincero, Los Angeles mi ha stancato» ride «Tuttavia, per ordini superiori sono dovuto tornare, non che la cosa mi dispiaccia, anzi, è sempre bello tornare a casa» e Luke inarca il sopracciglio.
«Ordini superiori?»
«Già, a quanto pare i tuoi lamenti arrivano in alto» e Luke non può evitare di alzare gli occhi al cielo, verso la luna.
«D-devo andarmene?» balbetta, la paura comincia a pervaderlo: Ashton è venuto a sostituirlo? Il messaggio che deve dargli è quello di andarsene? Che si sia comportato da egoista? Dove ha sbagliato?
«Ma cosa vai a pensare» comincia a ridere il ricciolino «Sono un portatore di belle notizie, io. Dovresti essere felice di avermi qui» lo rassicura, il corpo di Luke è meno teso.
«Volevo solo avvisarti di una cosa, dato che in tutti questi anni non sei riuscito a scoprirla da solo: gli umani possono vederti, se tu lo vuoi» spiega come se fosse la cosa più semplice al mondo: gli umani possono vederlo, che novità è? Una sciocchezza, agli occhi di Ashton.
Un miracolo, agli occhi di Luke.
«C-cosa? Io... io posso essere visto?» è incredulo.
«Certo che puoi! Mica ti uccidono se ti fai vedere, anzi, qualcuno ti ha pure già visto senza che tu te ne accorgessi» alza gli occhi al cielo, come se il suo amico fosse un autentico idiota, amico che non sa da che parte guardare: lo hanno già visto? Quando? Come? Perché non se n'è reso conto?
«Io... non capisco» sa dire soltanto.
«La tipa che lavora con la tua ragazza, quella che la becca sempre a parlare con te: una volta ti ha visto, per questo continua a cercarti» e l'ansia sale, batte dentro di lui, batte per gioia e imbarazzo, sente nuovamente quella sensazione di gambe molli, sente di nuovo di essere più umano che angelo.
«Lei... non è la mia ragazza» si ritrova a sussurrare prima di cambiare argomento «Monique mi ha visto? Ma... come si fa? Come ho fatto? Dio, Ashton, parla, ti imploro» gli si avvicina, mentre l'altro alza ancora gli occhi al cielo.
«Novellino» lo deride, prima di far comparire due ali bianche e grandi dalla sua schiena, ali grandi che si aprono davanti gli occhi di Luke, ali bianche che quasi danno un senso di luminosità in quella notte scura.
«Vieni, andiamo a fare pratica» lo incita, alzandosi in volo sopra di lui, Luke lo guarda sospeso nell'aria, lo segue con gli occhi e si sente come bloccato, quella notizia è la più sconvolgente del mondo, quella notizia potrebbe essere la svolta per tutto.
«Che ti prende ora? Non sai neanche volare?» lo richiama il riccio, distogliendolo dal suo stato di imbambolamento, agitandolo e facendolo scattare.
Ed eccole quelle ali, le ali che Vanessa non ha mai visto, le ali che lui usa poche volte, dato che rompono troppe magliette a suo parere, le ali bianche e grandi che si formano dietro di lui, quelle ali che gli danno un che di magnifico e unico, quelle ali che, prima o poi, deve mostrare a lei, dato che è un suo pensiero fisso, quelle ali che lo fanno sollevare da terra fino a fargli raggiungere l'altro angelo.
«Ti sei rovinato la maglietta, ma non ti hanno insegnato nulla? Quanto sei umano!» lo rimprovera Ashton, sospirando e scuotendo appena il capo, in segno di rassegnazione: Luke è un autentico ebete, un impedito, non un angelo; la prima cosa che si impara è non rovinare ogni tipo di indumento quando si vola, stare così tanto tempo con un'umana l'ha proprio mandato fuori strada, più umano che angelo.
«Insegnami!» lo incita il biondo.
«Non c'è niente da spiegare, Luke, sta tutto in quello che vuoi tu» dice velocemente, per poi volare lontano da lui, un solo battito d'ali lo porta così lontano: Ashton sì che è un angelo a tutti gli effetti, lui vola sempre, non si ferma mai, avrà fatto il giro del mondo un milione di volte, mentre Luke ha solamente girato l'Australia: ma Ashton non ha lei.
Lo insegue cercando di mantenere il passo, lo insegue e la velocità si mescola all'aria, tanto che gli occhi azzurri quasi bruciano, i capelli biondi e la sua maglietta si muovono non appena il vento li sfiora, è una corsa con le ali, una corsa che gli umani fanno solo con le gambe.
Ed ecco che poi Ashton si blocca di colpo, si ferma e precipita a terra, scende velocemente e le sue ali scompaiono a pochi centimetri prima che i suoi piedi tocchino il terreno: è strabiliante come riesca a controllare i suoi poteri, le sue capacità, al contrario di Luke che, non appena scende, ci impiega un po' a far sparire quell'ammasso di piume bianche che stanno sulla schiena.
«Dovresti seriamente imparare a controllarti, amico, sei incredibilmente imbranato, sia come umano, sia come angelo» lo rimprovera ancora.
«Io so far partire la musica da uno stereo con il pensiero!» la prima cosa che gli viene in mente.
«Io so cambiare Cd ad uno stereo, con le mani, io so raccogliere una moneta, con le mani» e gli occhi di Luke si riempiono di stupore «Ma soprattutto: io so toccare gli umani, so anche baciarli» e la sua risata beffarda fa diventare rosse le guance di Luke.
«Però non senti nulla» gli fa notare il biondo.
«Cosa te ne importa di sentire qualcosa? L'importante è saperlo fare, poco importa se quello che tocchi è caldo o freddo o ruvido o liscio...» e Ashton, tuttavia, non riesce a nascondere un po' di incertezza in quelle parole.
«A me importa, lo vedo nei film, lo vedo nelle reazioni di Vanessa, riuscire anche solo ad accarezzare qualcuno è... è magnifico» ammette, non lasciando lo sguardo dal pavimento.
«Lei ti... ti ha mai detto cosa si prova? Cosa si prova a baciare qualcuno?» domanda ancora il ricciolino, come se quel pensiero lo stesse tormentando.
Luke scuote la testa «No, ma... l'ho letto in un libro» ammette.
«Sai che roba, fammi il piacere» e sta volta a sospirare è Luke.
«Cosa vuoi saperne tu, che leggi solo cartelli stradali, tu che vivi solo per essere l'angelo perfetto, tu che... non sei mai riuscito ad affezionarti a una persona in tutta la Terra» e queste parole fanno male, forse un po' troppo.
«Cosa diceva quel libro?» si morde il labbro inferiore, Luke trattiene un sorriso.
«È come volare, senza bisogno di ali, i piedi non sentono più nulla sotto di loro, sei solo tu, lei e i tuoi sentimenti, hai il cuore che batte così forte che neanche te ne accorgi, hai le guance rosse ma non senti caldo, sei solo tu, lei e le labbra che si toccano piano, è magico, è surreale, è indescrivibile a parole, è inimmaginabile con i soli pensieri; bisogna provarlo, un bacio, per poterlo capire, per poterlo vivere» e Luke è sicuro di aver scordato qualche frase di quel libro, tanto che ha dovuto metterci del suo, tanto che, con la sua inesperienza, è riuscito a far salire il magone all'amico, il quale, non ha fiato per rispondere, non ha parole da lasciar scivolare: forse, anche a lui importa qualcosa della vita umana, forse, Luke ha torto nel dire che non ha mai provato affetto per qualcuno, forse, quelle parole servivano solo a colmare quella curiosità che lo logora ogni volta che ripensa a quel bacio.
«Ashton?» lo richiama il biondo, distruggendo quelle immagini che guardava dentro di sé.
«Prova a farti vedere da lui» risponde sgarbatamente, indicando un vecchio che si sta avvicinando ad una panchina con tanti pezzi di cartone in mano.
«Un barbone?»
«Sempre umano è, cosa ti importa?? Quanto sei paranoico»
«Beh, scusa se la prima persona che mi vedrà su questo pianeta è un senza tetto!» Ashton alza gli occhi al cielo.
«Se non ti dai una mossa, giuro, ti saluto e me ne vado, io avrei altro da fare» e le ali di lui si stanno già facendo vedere.
«Okay, okay. Dimmi che devo fare» se solo potesse fargliela pagare: una prima volta così importante, ridotta ad essere qualcosa di così banale.
«Devi volerlo» sentenzia Ashton «Devi desiderarlo, devi sentirlo dentro, se c'è volontà, allora ci sei anche tu, su questo pianeta»
«Facile a parole» e Luke si avvicina al vecchio, disteso sulla sua panchina.
«Luke...» viene richiamato, si volta un poco «Ti farò avere novità, riguardo al tuo “voglio sentire ciò che tocco”, presto» e un sorriso si forma sui visi di entrambi.
«Concentrati ora» lo incita l'altro, mentre Luke si posiziona in ginocchio vicino al vecchio che dorme, i loro visi alla stessa altezza, riesce a sentire il suo respiro.
Svuota la testa dai pensieri riguardanti il resto della sua esistenza.
Lascia che la sua mente si riempi della voglia necessaria ad essere visto.
Ma, il suo flusso di pensieri, lo fa scivolare solo su quello che accadrà se porterà a termine questo primo livello: pensa a come sarà felice di allontanare chiunque osi avvicinarsi a lei, sarà felice di poter essere visto in sua compagnia, sarà felice e libero di parlarle senza farla sembrare una pazza, sarà libero di poter essere visto in ogni momento e non solo da lei.
«Si svegli! È già mattina, sfaticato!» urla ad altissima voce, buttando fuori tutto il fiato che ha dentro, facendo sobbalzare dallo spavento colui che dormiva fino a pochi istanti fa.
«Brutto figlio di puttana!» risponde l'altro con tono pieno d'ira.
«Lei... lei mi vede??» chiede con gli occhi spalancati.
«Certo che ti vedo! Pezzo di merda!»
Pezzo di merda.
Certo che ti vedo.
«Dice sul serio? Come ho i capelli? Come sono vestito?» insiste, non rendendosi conto che l'altro lo sta per prendere a mazzate.
«Hai la faccia da stronzo! Brutto idiota! Stavo dormendo e non davo fastidio a nessuno! Coglione!»
Ho la faccia da stronzo.
Mi ha dato dell'idiota.
Questo vuol dire solo una cosa...
«Cazzo, lei mi vede!! Lei può vedere la mia faccia da stronzo!» annuncia felice come un bambino che ha appena imparato qualcosa di importante, annuncia con entusiasmo lasciando basito l'uomo che ha davanti agli occhi.
«Lei mi vede! Lei non può capire quanto io sia felice di essere lo stronzo che lei vede!» e il vecchio crede di avere un po' di paura: ma è matto? Ma è normale? Ma che cazzo succede?
«Ragazzo... ti senti bene?» quasi si preoccupa per lui, lui che continua a sorridere come un ebete, lui che ha gli occhi che brillano più del cielo stellato.
«Sto benissimo! Grazie, grazie davvero, lei è il mio miracolo!» strilla come un pazzo per poi cominciare a correre, corre veloce e poi lascia che le sue ali bianche si mostrino ancora, nonostante gli occhi di un umano a fissarle: quelle ali bianche si mostrano e lo fanno volare via, in cielo, facendogli dimenticare ogni cosa, facendogli dimenticare Ashton e il fatto che sia andato via da un po', facendogli dimenticare di essere guardato, facendogli solo pensare alla sorpresa che le farà il giorno dopo quando, non appena lei arriverà in biblioteca, lo vedrà comparire in mezzo agli umani, lo vedrà e lo saluterà e tutti potranno sentire la voce di lui mentre si rivolge a lei.
Già, è proprio questo che vuole fare, quella sorpresa verrà benissimo, quella sorpresa sarà l'inizio di qualcosa di nuovo.
E mentre Luke vola lontano, verso le stelle, verso l'alba del giorno dopo, il vecchio barbone è ancora seduto su quella panchina, intendo a fissare il blu della notte, gli occhi spalancati e le idee confuse: quel ragazzo aveva le ali, quel ragazzo è letteralmente volato via, quel ragazzo è così strano.
«Dio, lo prometto, non berrò un solo goccio di vino, ma non farmi più vedere gli angeli volare»




 
Note di Nanek
In ritardo, lo so.
Mi scuso, mi dispiace da morire, ma sono stata parecchio impegnata: l’Università mi porta via tempo e quando sono a casa sono presa da registrazioni da ascoltare, libri da studiare e il mio gattino adorabile (Charlieeeeee <333333) che ha bisogno di attenzioni, ha solo 2 mesi porello!! <3333
Io… che dire? Questo capitolo spero vi dia un po’ di speranza MA, state attente ;) il prossimo capitolo sarà molto…. Beh non ve lo dico XD ma spero di mettervelo presto ;)
Se volete scrivere qualcosa su Twitter, per interagire con me, usate il solito hashtag: #anAngelinDisguise.
Se volete farmi qualche domanda, questo è il mio ask:  Nanek .
E… beh direi che ho detto tutto =) ci vediamo presto care <3
Aspetto le vostre recensioni e grazie per tutto quello che fate, grazie davvero di cuore <3
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fraintendimenti. ***


Capitolo 6

Fraintendimenti.


Image and video hosting by TinyPic
 
True friends lie underneath,
These witty words I don't believe
I can't believe a damn thing they say, anymore
Liar you'll pay for your sins.
 
Quante volte, nei film, ci capita di assistere ad un vero e proprio fraintendimento?
Mille e mille volte.
Un fraintendimento è la causa scatenante di un cambiamento, è quel qualcosa che manca alla vita di tutti i giorni e la modifica in modo anche radicale; un fraintendimento può sconvolgere tutti i tuoi sogni, le tue convinzioni, i tuoi sentimenti, e tu non sei neanche pronto a reagire.
Perché un fraintendimento non si può neanche percepire, non si può neanche prevedere ed è per questo che ha un potere distruttivo, perché siamo umani, perché siamo travolti dalle passioni, perché l’ansia, lo stupore, la rabbia del momento non ci lasciano nemmeno un secondo per ragionare, non ci lasciano chiarire nulla, facendoci finire in errore.
E Vanessa, oggi che la biblioteca è stata chiusa per un guasto e ha passato l’intera giornata a sistemare casa, da sola, dato che quell’angelo, dopo lo stupido bacio della sera precedente, ha deciso di non farsi trovare di nuovo, Vanessa non può davvero prevedere che la sua vita, in pochi minuti, subirà un cambiamento piuttosto brusco.
In questo preciso istante si trova ad una festa, una cosa tranquilla, in un locale vicino casa, una festa dell’ultimo minuto che Clary ha organizzato per distrarla un po’, dato che l’ha sentita particolarmente giù di morale quella mattina, una specie di aperitivo tardivo a base di alcool –tanto per cambiare- e patatine fin troppo salate.
Tuttavia, Vanessa non ha per niente voglia di toccare un solo goccio di vino, dati i pessimi risultati a cui porta e si ritrova, quindi, a sgranocchiare svogliatamente la stessa patatina da circa dieci minuti, mentre i suoi pensieri vanno a scontrarsi sempre e solo sulla figura del suo angelo assente.
D’altronde, come dargli torto?
Gli aveva “assicurato” che non c’era motivo di essere gelosi delle persone che sono in discoteca e che ha fatto? Niente meno che limonarsi il primo sconosciuto che le è passato a tiro e proprio sotto lo sguardo di Luke: tombola, non c’è che dire.
Il senso di colpa la sta logorando, ha preso sonno ripetendo le sue scuse come se fossero preghiere, l’ha supplicato di farsi vedere e di sistemare le cose ma lui non si è degnato neanche di essere intravisto, semplicemente sparito nel nulla, invisibile pure ai suoi occhi e non solo a quelli del mondo, sparito da ieri notte e più visto, neanche nel corso di questa giornata.
Che sia partito in qualche posto lontano perché preso dalla rabbia?
Il che è possibile, dato che lui ha ali grandi e forti in grado di farlo arrivare a Perth in pochi minuti.
E quando torna?
Questo è il dilemma.
Tornerà? Oppure la lascerà sola?
E se tornerà… quando? Tra un mese? Un anno? Quando lei se lo sarà dimenticato?
Che, poi, lei è davvero in grado di dimenticare una persona come lui? L’unica persona che è sempre stata in grado di capirla e di ascoltarla pure nei momenti più difficili, crede davvero di poter dimenticare quei giorni? Crede davvero di potersi dimenticare quegli occhi azzurri che si specchiano nei suoi? O quei capelli color dell’oro? E quelle labbra che ha sempre sognato di sfiorare e che, al solo pensiero, le facevano comparire un sorriso ebete in viso?
Come può dimenticare un ragazzo, angelo, come lui? Come può dimenticare qualcuno che non ha mai avuto neanche la possibilità di toccare, di abbracciare, di baciare?
Perché Vanessa è fermamente convinta che ci deve essere una via di scampo da quella tortura, non è possibile che l’unica persona importante per lei non possa essere sfiorata, non c’è logica in questo, ci deve essere per forza una soluzione, tutti hanno avuto la loro occasione, perché loro due non possono avere la stessa fortuna?
Cos’hanno di diverso da tutti gli altri? Cos’ha di diverso la sua vita da non poterle garantire un qualcosa di positivo in grado di cambiare il corso degli eventi?
«Ciao» interrompe il flusso dei suoi nervosi pensieri una voce, non la sua voce.
Le iridi blu distolgono lo sguardo dal nulla, si alzano appena e si scontrano con iridi marroni a lei familiari, iridi marroni che l’hanno messo in quel casino: i capelli mori che, solo ora alla luce del locale, riesce a notare caratterizzati da qualche ciuffo biondo, gli occhi stranamente a mandorla e di un marrone intenso, quelle labbra carnose che se le ricorda piuttosto bene, soprattutto come hanno provato soddisfazione a giocare con le sue.
Nessun sorriso rivolto a lei, solo un grande senso di imbarazzo cade tra loro.
«Ciao, Calum» se lo ricorderà a vita quel fottuto nome, il nome di colui che l’ha inconsapevolmente aiutata a far scappare Luke, il nome bastardo che si ricorderà sempre, ogni volta che troverà la casa vuota.
«Come va?» chiede lui, giocherellando nervoso con le dita, le fa scrocchiare e il rumore rompe il loro silenzio, Vanessa non sa cosa rispondere a quella semplice domanda: dire la verità o usare la solita risposta di routine? Che poi… perché dovrebbe a raccontare a lui il motivo per cui sta uno schifo?
«Bene, tu?» e Calum sorride, lasciandole pensare che, obiettivamente, il suo sorriso è davvero tanto bello, è semplice e tenero, i suoi denti bianchi sono a dir poco perfetti, allineati quasi nel dettaglio, i suoi occhi diventano quasi più piccini quando sorride, sembra un orsetto, sembra tenero… ma è solo un bastardo che l’ha fatta finire nei guai.
«Ieri sera sei scappata via» ed ecco che lui deve tirare in ballo quel discorso: non può semplicemente dimenticarsi di quel bacio? Non è stato niente di che, almeno per lei.
I pensieri di Vanessa cominciano a imprecare contro ogni persona: contro Calum perché la vuole mettere in difficoltà; contro Clary che non capisce perché abbia chiamato pure lui per quella stupida festa, dato che lui con loro non c’entra nulla; contro Luke perché se fosse stato a casa avrebbero chiarito, avrebbero risolto e lei non si troverebbe faccia a faccia con un problema da risolvere; contro se stessa perché, porca puttana, non poteva usare la lingua per parlare invece che pomiciare con il primo che le è passato sotto il naso?
«Mi dispiace» abbassa lo sguardo, come se fosse l’unica soluzione: errore madornale non guardare negli occhi chi si deve letteralmente scaricare perché, lui, infatti, coglie questo suo gesto come pura timidezza e, senza pensarci due volte, prende la mano di lei tra le sue, gliela accarezza con fare così dannatamente gentile che Vanessa vorrebbe urlargli di smetterla, perché la sta solo mettendo più in difficoltà.
«Non ti devi dispiacere…» la sua voce calda non migliora la situazione «Io… ci tenevo a chiederti scusa, sono stato… beh, diciamo che non è troppo galante quello che ho fatto, mi ero appena presentato e… ho agito senza pensare. Ti chiedo scusa.» e perché Dio ha voluto farlo così bello e gentile? Perché la situazione continua a peggiorare ad ogni secondo che passa e lei trova sempre meno coraggio per dirgli che di lui non gliene frega nulla? Che quel bacio è stato solo un errore? Che era l’alcool a farla agire e non la sua volontà? Che lei è innamorata di un angelo che nessuno può vedere?
«Calum…» la voce non esce per niente, il suo volume è così basso che lui riesce a sentirla appena, il pollice di lui continua ad accarezzarle la pelle, quella sensazione che non prova da così tanto tempo, quella sensazione che vorrebbe provare con la mano candida di Luke intrecciata alla sua.
«Io… cioè, tu sei una bella ragazza, io… non voglio che ora tu mi veda solo come un coglione, ho sbagliato, mi pento di quel gesto, ma a me…» e lei non vorrebbe sentire la continuazione di quella frase «A me piacerebbe uscire con te, qualche volta, se ti va, ovviamente» e come si può, ora, con questo visino così gentile, sorridente e tenero, rispondere che no, non le interessa per niente uscire con lui in quel senso?
«Calum io… cioè, uscire… come amici, vero?» e al ragazzo è appena crollato un masso in testa perché ovviamente non intendeva uscire con lei come amico: se non fosse chiaro l’ha baciata la notte passata, l’ha baciata in bocca e con tanto di lingua, il suo fine non era per nessuna ragione al mondo trovare un’amicizia.
La mano di Calum si ritrae da quella di Vanessa, la ragazza trova il coraggio necessario a guardarlo negli occhi delusi, deve dirgli qualcosa di sensato, non se la può cavare con un “Non sei il mio tipo” o “Non mi piaci così tanto” perché, ne è sicura, quel ragazzo che ha di fronte è un tesoro che lei sta decidendo di lasciar perdere.
«Io… mi dispiace, Calum. Ieri sera ero senza controllo e… tentavo di… dimenticare» deglutisce «Io… sono innamorata di un altro e… ieri sera ero… arrabbiata con lui» bugia.
E Calum è letteralmente spiazzato, senza parole, dire che non se l’aspettava è usare un eufemismo, Vanessa è quasi sicura di vederlo sbiancare un po’.
Ma la loro conversazione non riesce ad avere un seguito dato che, Vanessa, ha davanti agli occhi l’immagine più inimmaginabile al mondo.
E, come per magia, il tempo sembra nuovamente andare a rallentatore.
Dietro di Calum, ci sono due figure, ma solo una le è familiare.
Quella fottuta camicia a quadri rossa, tirata su fino al gomito.
Quei fottuti jeans neri e stretti.
Quei fottuti capelli biondi alzati in una cresta.
Quei fottuti occhi azzurri che non stanno guardando verso di lei.
Quel nasino all’insù, che ha sempre desiderato sfiorare.
La figura di Luke, del suo angelo, vicino al bancone di quel locale, l’aria di chi non sa da che parte buttare gli occhi, l’aria di chi è nuovo a questo mondo.
Eppure, quella figura a lei tanto cara, la sta solo facendo imbestialire come non mai, perché Luke è appoggiato con la schiena al bancone, perché i suoi occhi non sono rivolti a lei che lo ha aspettato per tutta la giornata, gli occhi di Luke sono rivolti ad una ragazza che gli è davanti.
Una ragazza mora, i capelli corti e lisci, gli occhi che sembrano mangiarsi il suo angelo, un corpicino piccolo ma ben messo in due punti in particolare, un sorriso beffardo al quale lui risponde con tanto di fossette marcate sulle guance: parla con lui sotto lo sguardo di tutti, parla con lui e Vanessa non capisce più niente.
Che lei sia un angelo?
È il primo pensiero che le balza in testa, pensiero che, però, viene subito bruciato quando, il ragazzo ancora seduto davanti a lei, chiede «È lui il fortunato? Quel biondo?» e il mondo le cade addosso.
«Calum… tu… lo vedi?» chiede senza pensare a quanto sia stupida quella domanda.
«Sì? Quello che sta parlando con la moretta… No?» e Vanessa è sicura di non capirci più un cazzo.
Come fa a vederlo Calum?
Come fa a vederlo pure quella moretta?
Scuote la testa, deglutisce a vuoto, non ci capisce davvero niente, tanto che si alza di scatto, dimenticando la giacca sulla sedia e si dirige verso di loro, con passo deciso a chiarire i suoi pensieri.
Ma, ad appena pochi passi dall’angelo della sua vita, il colpo di grazia le fa balzare il cuore in gola, si sente raggelare il sangue e le gambe pronte a cedere: tutto avrebbe creduto possibile, ma non quello che le sue iridi blu stanno fissando.
Lei lo sta toccando.
Quella moretta lì, quella stronza micidiale, lo sta toccando, sta tenendo le mani del suo angelo, sta toccando la sua pelle candida davanti ai suoi occhi, lo tiene stretto e Vanessa è sicura di aver perso un battito.
E poi eccola, una lacrima, scende piano dal suo occhio e scivola sulla guancia rosea, scende silenziosa e calda, scende e Vanessa non la può controllare, una lacrima piena di tristezza e di delusione, una lacrima piena di dolore e di rabbia perché lui le ha mentito, perché lui sta toccando un’altra, perché lui può essere visto da tutti ma non gliel’ha mai detto, gliel’ha tenuto nascosto e lei non capisce il perché, non capisce perché le stia facendo questo, non capisce perché un angelo voglia solo la sua sofferenza.
Luke!
Si ritrova ad urlare dentro la sua testa, si ritrova ad urlare più di quanto i suoi polmoni permetterebbero, ma questo sembra l’unico modo per farlo voltare nella sua direzione.
E occhi azzurri si scontrano con occhi blu, occhi blu pieni di lacrime.
Ma ora è troppo tardi per spiegare: Luke nota solo adesso le mani della ragazza mora che tengono ben salde le sue, nota solo adesso che la persona che stava cercando lo sta fissando e sta piangendo davanti a lui, è tutto troppo tardi per poter risolvere la situazione perché, Vanessa, corre fuori dal locale, corre lontana e Luke non ha neanche il tempo di mettere in moto le gambe.
«Vane! Vane, ti prego! Fermati!» urla più forte che può, se solo potesse usare le sue ali, lei sarebbe già tra le sue braccia, ma tutti lo stanno fissando, tutti lo hanno sentito urlare, lui non è più solo un angelo invisibile, lui è un ragazzo qualunque, un umano tra tanti, che sta urlando ed infastidendo i clienti del locale.
E Vanessa è ormai già lontana per poter essere raggiunta, Vanessa scappa e non si guarda indietro, ma lui sa bene dove trovarla, lui sa bene che deve rimediare a questo grande casino.
 

 


Note di Nanek
Il motivo per cui oggi mi stavo completamente dimenticando di aggiornare è il contenuto di questo capitolo.
Cioè, la tristezza, perdonatemi, non so davvero cosa dire: quando tutto sembra andare per il meglio, BAM, tutto crolla.
Però, c’è da dire che questa storia non sarà eternamente triste, vi chiedo di aspettare, di essere speranzose: per Luke e Vanessa non sarà tutto buio ;)
Ma…. Tipo che nessuna di voi prova simpatia per Calum? :D non so, qualcuno che dica “Luke, sei un angelo, fatti da parte e lascia che un umano la renda felice”? :D nessuno nessuno? Io chiedo :D
Bene, direi che chiudo.
Vi ringrazio come sempre per tutto quello che fate per questa storia <3
La trovate anche in wattpad se volete :D
Se volete scrivere qualcosa su Twitter, per interagire con me, usate il solito hashtag: #anAngelinDisguise.
Se volete farmi qualche domanda, questo è il mio ask:  Nanek .
Ci vediamo presto care <3
Aspetto le vostre recensioni e grazie per tutto quello che fate, grazie davvero di cuore <3
Nanek
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Soluzioni. ***


Capitolo 7

Soluzioni.

Image and video hosting by TinyPic


If we could only have this life for one more day
If we could only turn back time, you know I'll be
Your life, your voice, your reason to be
My love, my heart is breathing for this
Moment, in time I'll find the words to say
Before you leave me today
 
«Non osare avvicinarti!» urla non appena si rende conto di aver dimenticato la finestra aperta, dimenticandosi che quella è l’unica porta che gli dà accesso, infuriandosi con se stessa per essere sempre così sbadata.
«Vane, ti prego…» dice lui con fare nervoso: è in difficoltà, ha paura, le ali bianche spariscono dalla sua schiena velocemente, non ha neanche rotto la maglia, si sorprende sempre di più di quanto la paura e l’agitazione che lei prova lo aiutino a migliorare con i suoi poteri.
«Ti prego un cazzo! Sparisci, Luke! Non ti voglio più vedere!» e la voce di lei è spezzata da un singhiozzo: si sente già le lacrime agli occhi, si sente quel bruciore, quel battito del cuore accelerato, il petto che esplode, le guance rosse e le labbra rivolte verso il basso.
«Lasciami almeno spiegare, cazzo!» si irrita lui, colpendo con prepotenza il tavolo della cucina con un pugno, un pugno che fa rumore, che attira l’attenzione di lei, ma che sulla pelle di lui non lascia neanche un segno.
«Cosa c’è da spiegare?! Che sei un fottuto bugiardo? Che ti lasci toccare dalla prima troia che vedi e ti diverti a tenere me sulle spine? Che magicamente ora ti possono vedere tutti e io sono la cogliona che non lo deve sapere? Vaffanculo, Luke.» parole dette di getto, parole che scivolano con prepotenza, parole che Luke prende e cerca di non lasciarsi abbattere perché questo è solo un grandissimo casino.
Lui e lei hanno solo il tavolo a dividerli, gli occhi blu di lei sono fissi su quelli azzurri di lui, occhi blu pieni di lacrime pronte a scendere, occhi azzurri carichi di paura pronta a renderlo debole; le mani di Luke sono chiuse a pugno, le nocche sono bianche e incutono timore, perché mai è stato così in difficoltà, mai si è trovato in una situazione del genere; le mani di lei, invece, tentano in tutti i modi di asciugare le prime goccioline che rigano le guance, quanto odia piangere, quanto odia essere così legata a uno come lui, quanto odia non avere il controllo delle sue emozioni in questi casi.
E lui si sente morire.
Si sente morire nel vederla così: gli occhi rossi e già un po’ gonfi, le labbra che non si aprono in un sorriso, le guance rosse e il respiro corto, spezzato, quelle dita lunghe che si bagnano di lacrime amare, lacrime che lui le sta provocando, perché colpa sua e lo sa bene, ma se solo potesse spiegare.
Si sente morire e si sposta nella sua direzione, vuole abbracciarla, vuole toccarla, poco gli importa se riuscirà a sentirla o meno, ma se quella ragazza del bar è riuscita a toccarlo senza trapassare la sua immagine, se quel tavolo lui l’ha colpito e non attraversato, allora lui può abbracciarla, può tenerla tra le sue braccia, può farle appoggiare il viso sul suo petto, pur di riuscire a consolarla.
Ma non appena lui si sposta lei, automaticamente, fa lo stesso: non vuole neanche essere sfiorata.
«Non osare avvicinarti.» cerca di far uscire quel poco di voce che ha.
«Voglio toccarti, voglio abbracciarti, perché ti rifiuti di darmi ascolto? Lasciami spiegare!» e lui è quasi esasperato, questi umani non li capirà mai davvero.
«E io non voglio essere sfiorata da un bugiardo. Devi andartene via, Luke! Non ti voglio più vedere, non ti voglio più in casa mia. Sei un… sei un fottuto bugiardo, mi hai mentito, mi hai presa in giro e hai ancora il coraggio di presentarti qui!» le mani di lei non riescono più ad asciugare quelle guance rigate da troppe lacrime.
«Stavo cercando te, dannazione! Stavo venendo da te per dirti che ora posso essere visto! Cazzo, Vane, come puoi davvero pensare che sia un bugiardo? Come puoi mettere ancora in dubbio i miei sentimenti per te?» un altro passo avanti da parte di lui, altri due passi più lontani da parte di lei, lei che si allontana sempre di più, lei che si lascia cadere sul divano, toglie gli occhiali e le mani vanno a coprirle il viso, non riesce più a trattenersi.
Si sente stanca, si sente la testa esplodere, proprio non ci riesce ad ascoltarlo perché quelle immagini sono pugnalate alle spalle: perché lui si è fatto toccare da una persona diversa da lei, perché lui ora può essere visto e ha deciso di farsi toccare da una persona che non è lei. Lei che lo ha sempre cercato, pure nella sua invisibilità, lei che ha messo in disparte la sua vita, quella vera, quella reale, per potersi concedere ad un angelo che nessuno poteva sentire; lei che ha rinunciato ad una persona vera, perché sopraffatta dall'amore per lui, lei che ha pregato così tanto in un cambiamento, lei che, ora, si sente solo presa in giro, presa in giro dalla persona che ama più di se stessa.
«Vane... lei mi toccava, ma non sentivo niente, te lo giuro.» la voce di lui è così vicina al corpo di lei, quelle parole che quasi la spaventano, perché le sembra così impossibile, quelle parole a cui lei non vuole credere, non vuole più dargli ascolto, non lo vuole più nella sua vita.
«Vattene, Luke. Vattene e non farti più vedere» dice a denti stretti.
«Vane... ti prego...» tenta di toccarla, mentre lei si scosta, si allontana da lui, occhi blu che si puntano in quelli di lui, occhi blu che non lo guardano con lo stesso sentimento di sempre.
«Ti ho detto di andartene, cazzo! Io... io ti odio, ti odio e non ti voglio più vedere!» e a lei balza il cuore in gola per quello che sta per dire «E se te lo stai chiedendo: l'odio è il peggiore dei sentimenti, è quando una persona non la puoi neanche sentire nominare che ti sale la rabbia e la voglia di farla sparire, la voglia di vederla soffrire perché la odi, perché non la sopporti, l'odio è il contrario dell'amore, è il suo polo opposto. E se l'amore è il sentimento più puro, in grado di renderti dannatamente felice, l'odio... è come cadere nel buio, è la cosa peggiore che possa capitarti perché se qualcuno ti odia, tu non hai nessuna possibilità di rimediare al tuo errore.»
E Luke è sicuro di sentirsi umano.
Luke è sicuro di sentire il peso del mondo sulle sue spalle, è sicuro di sentire il suo cuore fermarsi e le gambe non in grado di reggerlo in piedi: quella parole feriscono più di qualsiasi arma letale, quelle parole, dette da lei, sono peggio di qualsiasi male al mondo e lui si sente morire.
Non può essere vero quello che ha appena sentito, non può essere vero che lei lo odi, non può essere vero tutto quello che sta succedendo: non è così che lo ha immaginato quel momento, non è così che le cose devono andare, è tutto così sbagliato, è tutto così... surreale.
Ma Luke non ha neanche il tempo di rispondere a quelle parole perché la voce di lei urla più forte.
«Cazzo, vattene via! Lo vuoi capire o no? Sparisci dalla mia vita!» e quelle lacrime le rigano il viso con violenza, mentre lui sente una strana sensazione all'altezza del petto.
Corre via, Luke, corre alla portafinestra, la apre e corre in quel terrazzo, corre fino al limite, per poi alzarsi in piedi in quel muretto e lasciarsi cadere, lasciando che quelle ali bianche si formino non appena i suoi piedi lasciano il terreno, quelle ali bianche che lo fanno volare in alto, si muovono così velocemente, tagliano l'aria, lo fanno volare lontano, verso le nuvole grigie, nuvole dello stesso colore del suo animo.
Vola via senza girarsi, vola lontano e non vede Vanessa, intenta a chiudere a chiave quella portafinestra, le lacrime ad annebbiarle la vista, i singhiozzi che battono sul petto, un nodo in gola che non vuole proprio scendere, le mani che tremano e i denti stretti sul suo labbro inferiore.
Chiude quella portafinestra come se fosse un simbolo.
Simbolo che lei gli ha chiuso le porte della sua vita.

*

«Se devo essere sincero, Ashton mi aveva dato un quadro diverso della tua situazione» una voce gli fa alzare lo sguardo.
Luke siede sul tetto di un grattacielo, le ginocchia che toccano il petto, le ali bianche che proprio non vuole far sparire, si sente protetto da quelle ali, troppo preziose per nasconderle, tanto, tranne lei, nessuno è in grado di vederle, non ora, almeno, perché nei suo pensieri lui vuole solo essere invisibile al mondo.
Gli occhi azzurri si proiettano in avanti, si distolgono dalle luci della città di notte per poter essere catturati dall'immagine che ha davanti a sé: una figura che fluttua nell'aria, due ali bianche come le sue che si muovono appena, sa benissimo con chi sta parlando.
I capelli assurdamente verdi, che vengono illuminati dal chiarore della luna e delle sue stesse ali, quegli occhi grandi e smeraldini, quelle labbra aperte in un sorriso divertito ma che nasconde un briciolo di dolore nei suoi confronti, le braccia intrecciate sul petto, nascondendo le scritte di quella vecchia canottiera nera, i pantaloni scuri, le solite scarpe alte, lui non cambia mai.
«Michael» dice il suo nome con incredulità: da quanto tempo lo ha perso di vista? Decisamente da troppo tempo ma, ognuno di loro, l'ultima volta che si sono visti tutti e tre insieme, l'ultimo giorno di liceo, ha fatto la propria scelta: Ashton voleva girare il mondo e scorgere ogni tipo di meraviglia, Luke voleva semplicemente vivere accanto all'unica persona in grado di vederlo e sentirlo, voleva credere che ci fosse una possibilità per lui e Vanessa mentre, Michael, non aveva piani.
Non aveva piani, è semplicemente sparito nel nulla, senza dare notizie a nessuno e, Luke, qualche volta si è chiesto dove si fosse andato a cacciare.
«Luke» lo saluta lui, ritrovandosi entrambi in piedi, l'uno di fronte all'altro, si abbracciano stretti, Luke in particolare sembra aggrapparsi il più possibile a quel corpo, perché è l'unico che riesce a sentire davvero, tra angeli funziona così, nonostante quel corpo non trasmetta quel calore che appartiene solo agli umani.
E trova conforto in quell'abbraccio, trova conforto nel sentire la mano di Michael dargli qualche colpetto sulla schiena, trova un po' di conforto, ma trova anche molta tristezza, dato che si sente debole e non in grado di poter sentire lo stesso con Vanessa.
«Luke, stai abbracciando me e pensi a lei? Non per gelosia, ma... insomma, sono anni che non ci vediamo!» lo rimprovera, allontanandosi appena da quella presa per poterlo guardare negli occhi.
«Diamine, amico, hai un aspetto schifoso» e Luke ride.
«Sempre così delicato, Mike.» sorridono entrambi.
«Ho combinato un casino, Mike...» sta per cominciare a spiegare, ma l'altro fa segno di fermarsi.
«Ho visto e sentito abbastanza, ha un bel caratterino la ragazza» e si lascia sfuggire un sorrisetto, facendo abbassare lo sguardo a Luke, il quale, non riesce proprio a sorridere pensando a quella discussione.
«Non volevo spiarvi solo che… ero venuto a cercarti e… beh, non eravate esattamente come mi aspettavo» continua a scusarsi, mentre il biondo scuote la testa: non è arrabbiato con lui, ma solo con se stesso.
«Luke… non mi piace trovarti in questo stato, dai, fammi un sorriso. Non sei il Luke che ho conosciuto» lo incita.
«Dove sei stato tutto questo tempo, Mike?» chiede senza pensarci, perché effettivamente quella domanda è più che lecita.
Michael sorride, si siede per terra, i piedi che penzolano da quel grattacielo, la mano destra che incita Luke a mettersi accanto a lui.
«Sono diventato come loro» dice, volgendo lo sguardo alle luci della città, mentre Luke inarca il sopracciglio.
«Non sei l’unico ad aver trovato una ragazza a cui volere bene, Luke, siamo pur sempre ragazzi, angeli, ma ragazzi.» e questo discorso non ha senso, lo sanno entrambi.
«Intendo dire che… è normale affezionarsi, è normale provare qualcosa all’altezza del petto quando si sta insieme a questi individui. Gli essere umani sono fatali, Luke, sono creature troppo belle e piene di misteri da scoprire, per restare indifferenti. Pure Ashton è caduto nella loro “trappola”, anche se non lo ammetterà mai.» e il biondo ci capisce sempre meno.
Perché questi discorsi?
«Lei come si chiama?» pone la domanda sbagliata.
Michael sorride.
«Jade. Lei è… australiana, viviamo nella sua casa a pochi chilometri da Melbourne.»
«E… com’è?» Michael sorride a quelle domande un po’ stupide.
«Ha i capelli biondi, lisci, occhi color dello smeraldo. La pelle chiara, le labbra sottili. Lavora con suo padre, il suo stipendio le permette molti lussi»
«Ti sei trovato la milionaria, Mikey» gli dà un colpetto sulla spalla.
Michael si ritrova ad annuire.
«Già.» dice flebile, sentendosi un nodo in gola, portandosi una mano sulla guancia: una lacrima che scende a tradimento.
«Hey… Mike, perché piangi?» lo stringe un po’, cingendogli le spalle con il braccio.
«Perché… neanche i suoi soldi potranno farmi restare con lei.» e gli occhi verdi di lui si scontrano con quelli di Luke: è giunto il momento di svelargli il motivo della sua visita.
«Ashton ed io ci siamo visti, dopo che lui è venuto a farti visita, svelandoti il fatto di poter essere visto dagli umani senza, ovviamente, avere la possibilità di sentirli al tuo tocco. Lui mi ha detto che… tu faresti qualsiasi cosa, pur di avere la possibilità di toccare Vanessa, vero?» e quella domanda non può essere più insensata.
«Darei qualsiasi cosa solo per poterla accarezzare, solo per poter sentire la sua pelle sotto le dita. Non lo vedi come sono preso? Odio essere quello che sono, odio procurarle solo dolore e sofferenza, odio vedere cosa nasconde nei suoi pensieri: io… io la amo, io voglio renderla felice, io sono l’unico in grado di metterla in pace con se stessa e con tutto quello che la circonda.» stringe i pugni.
Michael sospira a fondo.
«Come fai a… dire che la ami? Non sai neanche cosa voglia dire, non l’hai mai provato sulla tua pelle.» e Luke vorrebbe solo spingerlo giù da quel grattacielo.
«Se avessi una cazzo di possibilità per farlo, lo dimostrerei! Invece sono costretto a vivere così! Senza una via di fuga! Sono anni che sto insieme a lei, sono anni che vivo nella sua stessa casa ma sono come isolato da una bolla che non esploderà mai!» e Luke si sente l’animo a pezzi ma, quando tutto sembra essere perduto, Michael volge un sorriso benevolo, accompagnato da una pacca sulla spalla.
«Luke, la via di fuga c’è. È per questo motivo che sono venuto qui» e Luke è incredulo.
«Ho scelto di diventare metà angelo e metà umano, per amore di Jade. Ero arrivato al tuo stesso limite di sopportazione e, un altro angelo, è venuto a darmi la mia via di fuga: possiamo diventare umani, senza correre il rischio di perdere i nostri poteri, metà uomo, metà angelo. Possiamo toccare una superficie fredda e sulla pelle compare uno strano rossore. Possiamo bere dell’acqua troppo calda e sentiremo dolore alla lingua. Possiamo uscire in mutande mentre nevica e il nostro corpo comincerà a tremare. Possiamo volare fino alle stelle, possiamo leggere nella mente di chi vogliamo, possiamo renderci invisibili agli occhi di chi non vogliamo. Ci sono solo due condizioni.» e su queste parole Michael sospira, deglutisce a fatica, quello che sta per dire gli costa davvero tanto.
«La prima condizione è abbastanza semplice: non potrai amare nessuno, se non Vanessa; l’unica persona che potrai sentire sotto la pelle è lei, potrai sentire il sapore di un bacio solo sulle sue labbra, potrai stringere le sue mani e sentirle calde o fredde al contatto, ma solo le sue mani, tutte le altre non avranno nessun effetto su di te. E così sarà per molte altre cose che non sto ad elencare» e Luke è incredulo, non sa davvero cosa pensare, nella sua testa si materializzano pensieri di tutti i tipi.
«Questa condizione va benissimo. Non mi importa degli altri, solo di lei, di Vanessa. A me importa sentire il suo corpo, a me importa solo di poterla sentire tra le mie braccia…» ma il monologo di Luke viene interrotto da Michael che «Sì, sì, va bene piccolo innamorato» e gesticola con le mani, non vuole sentire tutte quelle smancerie, le sa a memoria, dato che lui ha reagito allo stesso modo quando quell’angelo gli ha dato quella notizia.
Luke si fa serio, capendo che c’è qualcosa che manca e «Avanti, spara, qual è la fregatura?» e Michael si sente il respiro mancare.
«Sarò diretto, amico mio» gli occhi verdi che non osano sfidare quelli azzurri «Hai a disposizione un anno, Luke, per poter essere felice con lei: poterla toccare, abbracciare, amare, hai un anno per godere di questa possibilità…» e Luke sente che il peggio sta per arrivare, ma le sue labbra lasciano uscire quel «E dopo un anno? Devo rinunciare ai miei poteri? Lo farò, se è questo, lo farò» interviene, rinunciando davvero a tutto pur di restare con lei.
Michael scuote la testa «Magari fosse così semplice, Luke.» un sospiro pesante «Una volta terminato l’anno… devi sparire dalla sua vita… per sempre.» e Luke è sicuro di essere già diventato umano, perché sente un male atroce all’altezza del petto, sul lato sinistro, dove negli umani batte un cuore che condiziona troppo i loro animi.
Luke deglutisce, non ci può credere a quello che ha sentito.
«Michael… tu… tu hai accettato queste condizioni?» e l’altro annuisce.
«Me ne andrò il giorno del suo compleanno, tra quattro mesi e sei giorni» un singhiozzo che fa rimbalzare il petto, due lacrime che solcano le guance chiare.
«E dove vai? Cosa succede? Qual è l’alternativa? Tutto questo è l’inferno! Pensavo fossimo delle creature buone, meritevoli di gioie immense!» alza la voce il biondo, avvicinandosi al suo amico, stringendolo in un abbraccio disperato.
«L’alternativa è… vivere in eterno accanto a lei, ma con la curiosità ad ucciderti: continuare a chiedersi come sarebbe toccare quei capelli, averli tra le dita, sentire il loro profumo; chiedersi come sarebbe abbracciarla, baciarla, darle un po’ di quell’amore che nessun umano può darle meglio di te» e Luke si sente in ogni singola parola.
«Non lo so dove andrò, Luke, ma non potrò più vederla, non so niente di quello che succederà, so solo che… Carpe Diem è la nostra frase preferita, perché il tempo stringe e ogni secondo perso mi porta sempre più vicino a quell’addio.»
«Cosa ti ha detto lei, quando le hai detto tutto questo?» e quella risposta lo spaventa.
«Mi ha chiesto un figlio. Un figlio che io non vedrò mai nascere, un figlio che non potrà mai sapere davvero chi è suo padre.» e Michael peggiora, le lacrime che scendono più velocemente, Luke non deve chiedere niente altro, quella situazione fa male persino a lui.
«Cosa… cosa devo fare per dare inizio a tutto questo?» chiede insicuro, mentre l’altro si asciuga con il palmo della mano le lacrime calde, si allontana un po’ e si avvicina al bordo di quel tetto, il vuoto ad un passo in più.
«Devi lasciarti cadere, buttarti in questo vuoto, volerlo più di ogni altra cosa al mondo. Quando ti sveglierai, avrai una cicatrice da qualche parte, come questa» gli porge la mano destra: Luke la scruta, una cicatrice a forma di otto, una cicatrice leggermente più scura della sua pelle.
«La cicatrice indica quanti mesi hai passato, ricordandoti quindi dello scadere del tempo. Cambia ogni mese che passa» spiega velocemente, per poi far comparire le sue ali bianche «Quanto ti sveglierai, sarai come me.» e Luke lo vede alzarsi in volo «Non posso più stare qui, Jade ed io abbiamo troppo poco tempo da passare insieme, mi dispiace, Luke, ma questa è l’unica scelta che hai. Questa, o il restare nel dubbio… oppure, la scelta più ovvia» e quelle parole fanno irrigidire il biondo, perché sa bene a cosa si sta riferendo: si riferisce alla morte, alla morte di Vanessa, perché con la morte c’è la possibilità di diventare un angelo, ma non sempre tutto va secondo le proprie aspettative, ma, soprattutto, Luke non le farebbe mai rinunciare alla sua vita, per nessuna ragione al mondo.
«Addio, Michael.»
«Addio, Luke. E… se te ne ricorderai, mio figlio nascerà quando tu sarai ancora qui.» e quelle parole Luke le capisce al volo, mentre l’angelo davanti a lui si allontana sempre di più, fino a sparire.
E Luke si posiziona al bordo di quel tetto.
Mille domande che riempiono i suoi pensieri, mille domande riguardo alla scelta più di giusta da fare: un anno, solo 365 giorni, solo un anno per essere felice davvero, o l’eterna mancanza? Un anno di gioie immense, o l’eternità dei dubbi?
Un anno che lui si porterà sempre nel cuore, anche se non sa che succederà allo scadere del tempo, o l’eternità nella tristezza?
Guarda verso il basso, Luke, guarda le macchine sfrecciare sotto di lui, guarda le luci della città che si riflettono sulle sue iridi azzurre.
Le macchine perdono la loro forma e sembrano sfocarsi, perché al loro posto, lui vede l’immagine di Vanessa: vede i suoi occhi blu, vede il suo sorriso, vede la possibilità di toccarla, di abbracciarla, di amarla come lei ha sempre desiderato, vede la possibilità di renderla felice davvero, anche se solo per un anno, vede le tante cose che possono fare in un anno, cose che per l’eternità non potrebbe nemmeno immaginare.
Che senso ha un bacio, se non lo si può sentire?
Che senso ha asciugare delle lacrime, se non le si può sentire sulle dita?
Che senso ha un abbraccio, se non si sente quello che si stringe?
Che senso ha una carezza, se non la si può neanche immaginare?
Che senso hanno le piccole cose della vita, se non le si può vivere?
I libri, le parole, non potranno mai eguagliare la sensazione di sentirle sulla propria pelle.
La vita, neanche un libro o un film la potrebbero descrivere al meglio: la vita si vive, non si descrive, non si riprende, ma si sente, si sente sul petto, ti scontri con la vita, la senti scorrere dentro di te, ed è questo il bello della vita, avere questo tipo di possibilità.
E lui, avrebbe un anno per viverla a pieno.
Luke fa un passo avanti.
Luke si lascia cadere in quel vuoto.
Luke lo vuole davvero.
L’aria gli taglia le guance, ma lui si sente già vivo.
Luke cade, in quel vuoto, cade e non riesce davvero a pentirsi di quella scelta.
Un anno da vivere davvero, un anno per essere felice, un anno che sta per iniziare.
Ti amo, Vane, ti darò il meglio di me.



 
Note di Nanek          
Mi sono scordata di consigliarvi almeno 3 pacchetti di fazzoletti per questo capitolo, scusate =(
Non ho neanche voglia di commentarlo, è la tristezza: finalmente entra in gioco pure Mike!!! Anche se è portatore di ulteriore tristezza. Mi dispiace  =((
Davvero non so cosa dire.
Lascio a voi le parole, aspetto i vostri commenti e i vostri eventuali insulti lol
Solo una domanda, se volete rispondere: ma dove andranno a finire questi angeli dopo un anno? Avete idee? Io vi ascolto.
Se volete scrivere qualcosa su Twitter, per interagire con me, usate il solito hashtag: #anAngelinDisguise.
Se volete farmi qualche domanda, questo è il mio ask:  Nanek .
A presto <3 e grazie di tutto <3
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Pioggia. ***


Capitolo 8

Pioggia.

Image and video hosting by TinyPic
 
Your hand fits in mine
like it's made just for me.

 
 
Dire che la giornata non poteva essere più triste di così, è usare un eufemismo.
Inutile dire che, Vanessa, ha provato a scorgere la sua testa bionda tra gli scaffali quella mattina, in biblioteca, inutile dire che il suo nome l’ha sussurrato qualche volta, nella possibilità di vederlo apparire al suo fianco, inutile dire che la nostalgia la sta già logorando, nonostante siano passate neanche dodici ore da quel litigio che mai avrebbe voluto davvero.
Si sente in colpa, è naturale.
Gli ha chiesto di sparire dalla sua vita e lui l’ha fatto: lui è un angelo, non un umano, lui farebbe qualsiasi cosa che la porti ad essere felice, per quanto possa ferirlo.
Che poi lei non è nemmeno felice di quelle parole.
Era piena di rabbia e frustrazione: vederlo con quella moretta, che era in grado di vederlo e toccarlo, l’ha solo buttata in un buco nero pieno di ira e gelosia, sentimenti così forti che l’hanno portata ad allontanarlo, forse per sempre.
E il solo pensiero le fa male all’altezza del petto.
Come ha potuto dirgli quelle cose? Come ha potuto davvero rinunciare in quel modo a lui?
Stupida, imbecille, sciocca, cretina.
Ecco cos’è, ecco quali aggettivi rivolti a se stessa rimbombano in quella mente fragile.
Non lo voleva davvero, lo giura, non lo voleva, e si sente una merda.
Finito di lavorare è corsa a casa per una doccia, si è vestita lentamente, nonostante avesse una cena con le sue amiche, sempre nella speranza di scorgerlo da qualche parte, lasciando quella portafinestra sempre aperta, sempre nella speranza di vederlo comparire.
Ma Luke non si è presentato.
Nessuna traccia di lui, nessun segno da parte sua e Vanessa si è trattenuta dallo scoppiare a piangere al pensiero che non tornerà mai più.
Si è trattenuta perché le sue amiche avrebbero subito notato la sua angoscia, avrebbero notato subito gli occhi rossi e gonfi, l’avrebbero riempita di domande di mille tipi alle quali lei non può davvero rispondere.
Ha fatto indietreggiare le lacrime, ha chiuso tutto, pure quella portafinestra ed è uscita, senza guardarsi le spalle.
Ed ora è lì, seduta sul divano di casa York, accanto a lei c’è Clary, intenta a parlare del suo ultimo incontro con Brad, un tipo che gioca sempre in squadra con suo fratello, il quale, sembra aver puntato gli occhi su di lei, riempiendola di attenzioni che non sono sfuggite nemmeno al fratello, geloso da morire al pensiero che la sua sorellina possa uscire con un suo compagno di squadra.
«È davvero un rompi coglioni, mio fratello, quando si impunta su qualcosa.» dice esasperata, senza preoccuparsi del fatto che suo fratello Mark possa rincasare da un momento all’altro.
«Ma… quindi vi vedete lo stesso?» le chiede Anastasia, negli occhi un luccichio pieno di curiosità.
«Ci tocca. Ma la cosa non mi dispiace per niente» fa l’occhiolino, facendo scoppiare in risatine d’intesa sia Anastasia che Hilary, le quali la guardano maliziosa e le lanciano i cuscini addosso.
«Pervertita che sei diventata!» la ammonisce Hilary, la rossa.
«Da quando sei così sfacciata?» interviene la mora al suo fianco, facendo sorridere Clary che, abbassando il tono di voce, lascia quella frase sfuggirle dalle labbra «Voi non potete neanche immaginare le scintille» e ripartono tutte a ridere mentre Vanessa sembra imbambolata in un punto fisso.
Anastasia se ne rende conto, in particolar modo quando il cuscino arriva giusto in faccia a lei, spaventandola e facendole un po’ male, dato che ha gli occhiali da vista indossati.
«Cazzo, Anastasia! Peggio delle poppanti» impreca la bionda, catturando l’attenzione di tutte le presenti che la guardano confuse.
«Qualcuna di noi è mestruata, per caso?» ridacchia Hilary.
«Accidenti, ciclo significa niente sesso con un certo Calum Hood che continua a chiedere di te!» ammicca Clary, facendo diventare Vanessa del color dei capelli di Hilary, forse ancora più rossa.
«Ma che cazzo…» cerca di replicare, ma le sua amiche cominciano con le frecciatine.
«Ieri, al bar, con le mani intrecciate tra loro…» fa l’occhiolino una.
«Lui così dipendente da quello che gli dicevi…» occhi sognanti da parte dell’altra.
«La nuova coppia dell’anno!» conclude l’ultima, facendo alzare gli occhi al cielo a Vanessa.
«Spiacente per voi, signorine, ma tra me e Calum non c’è nulla.» dice decisa.
«Non ancora» risatina generale.
«Brad mi ha detto che ci sa fare sotto le coperte, sai? Un po’ di movimento non ti farà male, Vane» dice Clary, suscitando lo stupore generale, mentre Vanessa si alza in piedi e si affretta a prendere il giubbotto.
«Voi siete ubriache, di ossigeno» le ammonisce.
«Dai, permalosa, stavamo scherzando! Non andare via! Sono appena le dieci e mezza» la richiamano in coro, ma Vanessa è già alla porta, le chiavi della macchina in mano e la mano sinistra che sventola appena un saluto infastidito da quelle conversazioni.

*

Vanessa, però, non guida verso casa.
Se deve essere sincera non sa neanche lei dove stia andando, ma va, finché c’è benzina a sua disposizione, finché la radio continua a trasmettere belle canzoni, degne di essere ascoltate, mentre lei guida per la città, guida in quelle strade di Sydney abbastanza distanti da casa sua.
Luci, semafori, fari, tutto si specchia nelle sue iridi blu, il caos della città la prende d’impatto e lei si lascia travolgere, nella speranza di non cadere in pensieri troppo tristi.
Ma Luke appare come un razzo nella sua mente, appare in ogni incrocio che attraversa: lo vede nei pedoni dai capelli biondi, lo vede nelle macchine che sfrecciano più veloci di lei, lo vede ovunque come se fosse un’ossessione e gli occhi sono annebbiati, le orecchie non sentono più quelle note musicali, è tutto un andare avanti per inerzia, è tutto un percorso fatto senza rendersene minimamente conto, non sente che le macchine dietro suonano il clacson perché lei corre troppo piano, non sente i rumori provenienti da fuori, i rumori di discoteche o di altre vite che vanno avanti come se lei non esistesse per loro, è sotto ipnosi, davanti a lei, solo l’immagine che non vede da ventiquattro ore, l’immagine di Luke.
«Ti prego, non imbambolarti così. Non mentre guidi.» e quella voce la fa sobbalzare, tanto che frena bruscamente, quel semaforo rosso non l’aveva quasi visto.
Si gira di scatto, il cuore che pulsa in gola, quella figura al suo fianco: i capelli biondi sollevati come sempre, il viso del suo angelo che guarda in avanti, quelle iridi azzurre che non riesce a vedere chiaramente a causa del buio della notte, i soliti jeans strappati, il giubbotto in pelle scuro, Luke è lì.
Eppure, le sembra che ci sia qualcosa di diverso in lui.
«Vane, è verde, guida!» la ammonisce, facendola spaventare di nuovo.
«Andiamo a casa.» le dice ancora, mentre lei si limita ad annuire un po’.
E guidare con lui accanto non è mai stato così difficile, in più ci si mette pure la pioggia a peggiorare la situazione: gocce d’acqua che scendono così velocemente, le fanno paura, la fanno rallentare, è buio, non si vede nulla, la pioggia la mette in difficoltà, ha paura.
«Se giri qui, a destra, ti puoi accostare, aspetteremo che smetta.» interviene lui ancora una volta, e lei fa quello che gli dice.
Siedono l’uno accanto all’altra, la macchina spenta, la pioggia che batte sopra le loro teste, ma c’è silenzio tra di loro, nessuno dei due sa cosa dire, fino a quando lei non prende coraggio e «Mi dispiace» dice di getto, non trovando, però, il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Com’è accarezzare la tua mano?» risponde lui, facendole inarcare il sopracciglio: perché queste domande così complicate? Perché non possono semplicemente parlare di quello che è successo?
«Luke…»
«Sto aspettando, Vane. Voglio sapere cosa si prova.» insiste, lei sospira a fondo, cominciando a pensare a come spiegare una semplice carezza.
«Io…» balbetta un po’ «Se tu mi accarezzassi la mano sentiresti freddo, perché io ho sempre le mani fredde, anche se fuori ci sono quaranta gradi. Sentiresti freddo, ti verrebbe voglia di avvolgere le mie dita. Ho le dita magre, lunghe, ma non come le tue: le sentiresti piccine, le faresti stare in una mano, come se tu potessi proteggerle; sentiresti la mia pelle, ma non aspettarti la pelle morbidissima, io non uso creme per le mani, lo sai bene che odio quelle cose. Io proverei brividi se tu mi tenessi la mano, ma non posso dire quello che proveresti tu.» e Vanessa si ritrova a deglutire a vuoto.
La mano di lei è sulla gamba, l’ha appena chiusa a pugno a quelle parole, la fissa e vede un’altra mano che la sta per raggiungere.
La mano di Luke è vicina alla sua: è esitante, quasi trema, quella mano così grande teme a toccarla, tanto che Vanessa ha paura di quello che potrà succedere.
«Luke… non…» e gli direbbe di non farlo, ma quella mano così grande si è appena appoggiata a quella di lei.
E Vanessa sente il contrasto delle loro pelli.
Sente la mano di Luke così calda, sente le sue dita scivolare tra le sue, sente come si intrecciano le loro mani, sente come quella mano così grande avvolge la sua e resta senza parole, tanto che guarda Luke con gli occhi spalancati, lo stupore nel riuscire a sentirlo che batte in testa e pulsa come non mai.
«Quindi questa sensazione che sento diversa dalla mia pelle è il freddo? Le tue mani sono fredde?» e Vanessa annuisce, incredula.
«Sono fredde. Le tue dita sono magre, la tua pelle… è la cosa più bella che io abbia mai sentito in vita mia. Credo che la tua mano sia stata fatta per stare intrecciata alla mia.» e quella mano stringe quella di lei come a non volerla lasciar andare.
«Tu… tu mi… tu mi senti? Come ti sento io?» la voce di lei viene spezzata da un singhiozzo, una lacrima va a solcarle la guancia, lacrima che cade sulla mano di Luke, il quale, alza lo sguardo verso di lei, allontana quella mano grande dalla sua e la porta all’altezza del suo viso.
L’accarezza piano, le dita sul collo di lei, il pollice a cancellare quelle gocce bagnate sul viso: lui sente tutto ciò che tocca, sente la sua pelle bagnata, sente il viso freddo di Vanessa, sente il cuore che pulsa sul collo fin troppo velocemente, sente che quasi trema e lui potrebbe esplodere dalla troppa felicità che ha in corpo.
Vanessa continua a lasciar scorrere quelle lacrime, lasciando che Luke le prenda una ad una con le sue dita, lui resta serio, lei non capisce cosa deve fare, non capisce perché ora tutto è possibile, non capisce perché proprio ora.
«Io…» balbetta Luke «Sì, Vane, ti sento sotto la mia pelle» ammette lui, sorridendo come non ha mai sorriso prima.
«E cosa senti, Luke? Dimmi quello che provi» lo mette alla prova, vuole vedere di cosa è capace, dato che in questi anni è sempre stata lei quella che doveva descrivere ogni tipo di sensazione.
Lui sorride, capisce di essere sotto esame, ma nel petto, ora, ha anche lui un cuore che batte forte come il suo, anche lui, adesso, è in grado di descrivere quello che sente.
«Sento di non essere mai stato più felice in vita mia. Sento la tua pelle bagnata da lacrime di gioia, o almeno lo spero, sento le tue guance così fredde rispetto alle mie mani, sento che tremi e non capisco il perché» le sorride ancora, prima di porgerle quella domanda «Puoi avvicinarti?» domanda che la coglie di sorpresa, mentre le braccia di Luke le toccano il corpo e la incitano ad andare a sedersi sulle sue gambe.
La sente esitante, Luke, la sente che quasi vorrebbe dire di no, ma quell’attesa li ha resi entrambi così impazienti che lei non osa opporre resistenza, anzi, si affretta ad andargli sempre più vicino, ritrovandosi così, seduta in braccio a lui, le mani di Luke dietro la schiena, la mani di lei non possono più aspettare, tanto che si posizionano sul viso di Luke.
Quelle guance, da quanto tempo desiderava toccarle, così morbide, così sue, quella fossetta che non si fa attendere quando lui sorride, quelle labbra carnose che può sentire sotto il polpastrello, quel nasino all’insù che tanto gli invidia lo potrebbe sfiorare con il suo, ma si limita ad ammirarlo così vicino, quei capelli biondi che al suo tocco sono morbidi ed emanano un profumo buono che si adatta alla sua persona.
«Sono io, Vane, sono come te, o meglio, sono metà angelo e metà umano» la sua voce così vicina.
«Com’è possibile tutto questo?» ma lui non è pronto a svelarle tutta la verità.
«Dimmi che non mi odi, ti prego. Ho fatto tutto questo per te, solo per te. Lo giuro. Sei l’unica persona in questo pianeta che sarà in grado di toccarmi, di abbracciarmi, di sfiorarmi i capelli. Il resto del mondo potrà solo vedermi, nulla in più» e lei si sente il cuore in gola.
«Non ti odio, Luke. Non ti ho mai odiato, perdonami per quello che ti ho detto. Sono solo una sciocca, non merito tutto questo.» e lui porta un indice sulle sue labbra, quel semplice gesto li fa arrossire entrambi.
«Sono qui, adesso. E possiamo vivere insieme tutto quello non abbiamo mai vissuto sin d’ora.»
E Vanessa non sa davvero cosa dire, tanto che si getta su quel petto caldo, avvolge, con tutto l’amore che ha, quell’angelo che ha voluto renderla felice per davvero, trasformandosi per metà in un essere umano, dando una possibilità a loro due insieme.
Ti amo, Luke.
Si lascia scappare nei suoi pensieri, dimenticandosi dei suoi poteri, sentendo solo come risposta le braccia di Luke più strette al suo corpo.
 
 

 
Note di Nanek
Bene, oggi è sabato mi sembra, non sono in ritardo yeeee!
Siete felici? Beh, io spero proprio di sì perché questo momento lo aspettavamo da MILLENNI, finalmente si sono toccati, finalmente comincia questa nuova vita per i nostri piccionciniiii <333 io sono davvero molto felice per loro <3
Bene, come scritto su ask (se qualcuna di voi ha notato) ho parlato di un trailer nuovo, di una storia nuova e, beh, credo sia il momento di svelarvi questo piccolo segreto che molte di voi apprezzeranno mentre altre mi prenderanno a sprangate in testa lol
Allora, premetto che questa cosa mi porta via il poco tempo che ho, premetto che questa nuova ff porterà via tempo anche alla scrittura di An Angel in disguise MA questo NON significa che la abbandonerò, solo che, per avvisarvi, se notate ritardi è per colpa dell’Università, dello studio e per questa nuova ff che mi emoziona come non mai.
Avete letto Divergent? Avete visto il film? Beh, se non lo avete fatto vi suggerisco almeno di guardarlo perché la prossima ff che posterò (non so ancora quando ma presto dato che abbiamo già pronti 4 capitoli) sarà un CROSSOVER tra Divergent e i 5SOS!!!!!!!!!!! Il titolo è “Tomorrow Never Dies”, è una ff a 4 MANI, in collaborazione speciale con la AndySmile (la conoscete vero? Seconda tra le popolari con Disobey, in corso con Talk Dirty) che scrive davvero da Dio e mi fa sentire una briciolina in confronto, una nuova storia che ci sta prendendo entrambe, siamo coinvolte fino al midollo, quel film è una droga!!!!
Bene, dopo questo sclero, io vi lascio il banner di questa storia, solo per incuriosirvi un po’ ;) ma presto arriverà anche il trailer e il fatidico capitolo 1!!
Image and video hosting by TinyPic
Oltre a questo io spero vivamente di sorprendervi in positivo, spero che la ff nuova vi incuriosisca ma spero anche che An Angel in Disguise non vi stia deludendo.
Spero di trovare le vostre recensioni e vi ringrazio sin d’ora per ogni cosa che fate <3
Ci sentiamo presto ;)
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Ali. ***


Capitolo 9

Ali.

Image and video hosting by TinyPic


 
*Qui è Nanek che vi parla lol, per favore leggete le note autrice, ho da dirvi un po' di cose ;)*


We're chasing stars to lose our shadow
Peter Pan and Wendy turned out fine
So won't you fly with me?
 
 
Dire che non hanno chiuso occhio è usare un eufemismo.
Tra i due, tuttavia, Vanessa è colei che ha ceduto, prendendo sonno verso le quattro del mattino, perdendosi la magnifica alba che Luke ha osservato stringendola con tutto l’amore possibile.
Non riuscivano a calmare i loro cuori, quella notte, il che è comprensibile.
Sono tornati a casa quasi velocemente, tanto che Luke ha provato paura mentre lei guidava: prendeva le curve troppo strette, passava con l’arancione troppo spesso, superava il limite di velocità consentito… pur di arrivare in casa, pur di poter stare ancora un po’ vicina a quel viso che tanto ama, solo per poterlo toccare ancora e ancora, prima che le palpebre cedessero del tutto.
Si sono distesi sul letto di lei, le coperte sopra i loro corpi inizialmente un po’ distanti perché l’imbarazzo c’è stato un po’, ma le loro mani non si sono mai divise, le tenevano intrecciate, mentre i loro occhi esploravano ogni singolo dettaglio di quella situazione, come se fosse tutto così strano, così surreale, così impossibile.
Ma, poi, Luke non ce l’ha più fatta ad aspettare e «Ti prego, posso avvicinarmi di più?» una supplica che ha fatto arrossire brutalmente Vanessa, rossore che lui ha notato, a tradirla la luce del comodino ancora accesa, rossore contagioso, tanto che pure lui ha cominciato a sentire qualcosa di strano all’altezza del viso, qualcosa che l’ha portato pure ad abbassare lo sguardo, senza sapere perché.
«Imbarazzo» è intervenuta lei, sorridendogli dolce, avvicinandosi un poco a quel corpo, coperto solo da una canottiera bianca e un paio di boxer neri che lui si è procurato con i suoi poteri, non sapendo bene che forma potesse avere un “pigiama da uomo”, facendola ridere un po’ a questa bugia innocente.
«Quello che provi, è imbarazzo» si è spiegata meglio, a un soffio dalle sue labbra, mentre le gambe lunghe di Luke andavano ad intrecciarsi a quelle di lei, mentre i loro bacini si scontravano appena da sopra quei tessuti, facendolo sussultare un po’, mentre il petto di lei lo sentiva così vicino al suo.
«L’imbarazzo è una forma di vergogna… cioè… quasi ti penti di quello che fai, o quello che chiedi» ha continuato lei, accarezzandogli i capelli biondi, mentre gli occhi azzurri di lui sono andati a specchiarsi in quelli di lei.
«Effettivamente mi pento di quello che ho detto. Forse, certe cose non si chiedono» si è lasciato sfuggire lui, portando il braccio sulla schiena di lei, spingendola ancora più vicina al suo corpo, sentendo i piedi di lei giocare sui suoi polpacci, sentendoli freddi, quasi congelati, rabbrividendo non poco a quella sensazione.
La mano di Luke che l’accarezzava piano, mentre lei prendeva tra le mani il suo viso, sfiorando lentamente quella pelle così perfetta, beandosi di quella bellezza poco terrena, tracciando il contorno di ogni suo singolo dettaglio: labbra carnose, naso piccolino e all’insù, occhi azzurri e carichi di felicità, guance interrotte da due fossette, qualche cenno di barba che a lei non dava fastidio.
E lei ha sentito tutto, ogni singolo dettaglio.
La mano di Luke, poi, è passata sulla sua guancia, quasi ad imitare le mani di lei, giocando al suo stesso gioco, sentendo sotto il suo dito ogni contorno tracciato, sentendo nel petto la gioia immensa per quel patto con il cielo, un patto che l’ha portato a sentirsi così bene.
«Ti prego, dimmi che non è un sogno» ha sussurrato lei, prima di chiudere gli occhi.
«Sono qui, te lo giuro» ha bisbigliato lui, sorridendole ancora, continuando ad accarezzarle il viso, assicurandosi che prendesse sonno sotto il suo tocco, facendola addormentare felice davvero.
Ed ora è mattino, sono le otto in punto e la sveglia di Vanessa non è suonata: oggi non si lavora.
Ora è mattino e Luke non è riuscito a chiudere occhio, troppo preso a guardarla dormire, troppo preso a pensare ad ogni cosa: le cose che faranno, come la loro vita sta per cambiare, la gioia immensa per quella possibilità… sporcata, però, da quel pensiero nero, nero come la cicatrice che brucia appena sulla sua scapola destra.
Si alza piano, Luke, intento a voler fissare quel segno maledetto che non ha avuto il tempo di guardare.
Si alza piano, perché vuole provare a prepararle qualcosa per colazione.
Tira fuori le solite cose che piacciono a lei: la Nutella quasi finita, le fette biscottate, quattro come sempre, i cereali che lui ha sempre guardato con un pizzico di curiosità, ora può finalmente provarli, il latte versato freddo in una tazza e, per finire, la preparazione del caffè.
Lascia la moca sopra al fuoco, in attesa.
Le tazzine hanno già lo zucchero pronto, tre cucchiaini come fa sempre lei, deve solo armarsi di un po’ di pazienza ed il gioco è fatto.
Ma non fa in tempo a sedersi, Luke, perché il campanello di quell’appartamento suona, facendolo spaventare a morte, facendolo quasi imprecare perché, cazzo, lei sta dormendo!
Chi può essere alle otto del mattino?
Un idiota, ne è certo, nessun umano si sveglia così presto, non per andare a casa di altri almeno.
Corre velocemente verso l’ingresso e senza indugio apre la porta, dimenticandosi di essere in mutande e canottiera, dimenticandosi ogni cosa, lasciando che due occhi marroni lo scrutino dall’alto al basso.
E niente meno che Calum Hood è davanti a lui: le cuffiette bianche che pendono dal collo, una felpa grigia con il cappuccio sopra i capelli neri, i pantaloncini dal ginocchio, un paio di scarpe da ginnastica ai piedi, lo sguardo di chi non ci può credere.
«E tu sei?» chiede Luke, capendo al volo chi è quell’idiota.
«Potrei farti la stessa domanda» inarca il sopracciglio il moro, continuando a fissarlo, disgustato da quello che vede, una morsa nello stomaco.
«Voi umani rispondete sempre con una domanda ad una domanda?» ridacchia il biondo, divertendosi a leggere senza pietà nei pensieri del ragazzo che ha davanti.
«Calum Hood» pezzo di merda. E Luke si sente offeso da quelle frasi non dette.
«Luke Hemmings, pezzo di coglione» porge la mano, mentre Calum sta per perdere le staffe.
So chi sei, coglione.
Ma Luke non ha tempo di ribattere a quel pensiero.
«Pensavo che questo fosse l’appartamento di Vanessa, forse ho sbagliato porta» accenna un sorriso falso.
«Oh, non sbagli. Lei abita qui, sta dormendo» sorride Luke di rimando, facendo diventare le guance di Calum rosse quanto un pomodoro.
Vaffanculo, stronzo.
E Luke ride un po’ troppo, quanto gli piace questo suo potere.
«Cosa vuoi da lei?»
«Vivete entrambi qui?»
Domandano all’unisono, inarcano il sopracciglio entrambi, la situazione è imbarazzante e poco piacevole.
«Sì, vivo con lei. C’è qualche problema?»
Il problema sei tu, coglione.
«No, Hemmings, nessun problema» la mano di Calum si avvicina al viso di Luke «Questa è di Vanessa, l’altro giorno al bar è scappata senza prenderla. Clary mi ha dato il suo indirizzo» e il biondo si ritrova con la giacca di lei tra le mani, il profumo che lo invade piacevolmente, mentre gli occhi del moro infondono rabbia e delusione.
«Gentile da parte tua, Calum. Le dirò che sei passato. Buona giornata!» esclama Luke, sbattendogli la porta in faccia, come preso da una scarica di gelosia: che vuole ancora da lei? Perché ora compare pure fuori dal suo appartamento? Non ha capito che deve sparire dalla circolazione?
Quanto gli fa saltare i nervi quel coglione lì, che non ha esitato un solo secondo ad offenderlo con la mente.
Luke lancia la giacca sul divano e, nel farlo, finalmente scorge quel segno nero vicino alla sua spalla riflesso sullo specchio.
Si avvicina al suo riflesso, si gira un po’ per poter vedere meglio, sposta un po’ il tessuto bianco della canottiera, ed eccolo lì, quel numero: un dodici perfetto che gli solca la pelle, un dodici che ora non brucia più di tanto, un dodici che lui sfiora con il polpastrello, sentendo come una lama sullo stomaco.
Ma non ha il tempo di cominciare a pensare al peggio perché, dalla cucina, il rumore della moca lo richiama, il caffè è pronto e non può più aspettare.
«Cazzo!» impreca, mentre corre a spegnere il fuoco, correndo con passi così pesanti da far aprire gli occhi a chi si è appena svegliato tra le lenzuola bianche del suo letto.
Vanessa, infatti, non è proprio riuscita a non sentirlo, non dopo esser stata pure svegliata dal campanello, ma non ha osato muoversi dalla sua posizione: il letto è troppo caldo e accogliente per abbandonarlo e, comunque, lo ha sentito mentre apriva qualcosa dalla credenza, vuole vedere dove vuole arrivare.
Ma la sua risposta arriva nel giro di pochi minuti quando lo sente camminare verso la sua stanza.
Vanessa cerca gli occhiali dal comodino, ritrovandoseli fluttuanti davanti al naso, prendendo uno spavento che fa sorridere Luke.
«Non mi avevi detto che sapevi pure far volare gli oggetti» dice lei con voce un po' roca, mentre si mette a sedere sul letto, stiracchiandosi per bene.
«Buongiorno a te, addormentata» la saluta lui, facendola arrossire un po': Luke con un vassoio pieno di cose da mangiare, due tazzine fumanti, il profumo del caffè che invade la stanza... e Luke in mutande e canottiera.
Questo piccolo dettaglio non sfugge ai suoi occhi blu e neppure ai suoi pensieri che cominciano a balzare da una parte all'altra, non ricordandosi che lui li può sentire benissimo.
«Vanessa!» la richiama infatti, mentre lei scoppia a ridere, cercando di deviare il discorso, incitandolo a sedersi vicino a lei, battendo il palmo della mano sul materasso.
«Dai, ho fame!» si lamenta, mentre lui avanza con passo incerto, fino ad arrivare intatto vicino al comodino.
«Ma che bravo che è questo angelo! Mi commuovo, nessuno mi ha mai portato la colazione a letto, tranne mia nonna» e lui si sente arrossire un po', mentre si volta verso di lei che è già troppo vicina al suo corpo, con le braccia aperte e un sorriso sincero, sorriso che però quasi scompare nel vedere Luke così preso alla sprovvista.
«S-scusa. Noi, io... beh, se qualcuno fa il gentile lo abbraccio... scusa» balbetta lei, mentre lui si sente sul petto qualcosa che batte più forte del dovuto, il respiro quasi gli manca e un desiderio più forte di lui lo fa agire.
Luke allunga a sua volta le braccia verso il corpo di lei, avvolge le braccia sulla sua figura esile, andando a nascondere il viso nell'incavo del suo collo.
Vanessa viene avvolta dal suo profumo, sente le mani diventare fredde tutto d'un tratto, il cuore esplode, il cervello in tilt, i pensieri bloccati e le sue braccia che agiscono da sole, cingendo il collo di Luke, mentre le mani vanno tra quei capelli biondi, mentre il suo viso lascia libero sfogo ad un sorriso incredulo.
Si abbracciano silenziosamente e, Luke, non sa neanche come ha fatto a farla tornare distesa sul letto, sotto di lui, con i loro visi così vicini.
Sente il respiro di lei sulla spalla, sente quelle dita magre sulla sua pelle o tra i capelli, sente il profumo dei suoi capelli, sente i suoi piedi che cercano i suoi.
Luke volge lo sguardo verso la sua guancia, il desiderio di avvicinarsi e baciarla è all'estremo, eppure, non sembra sicuro di volerlo, non sembra sicuro che sia il momento giusto: forse, è troppo presto, forse, sta correndo troppo e lei lo sa.
Lei non pensa, lei non gli lascia neanche un suggerimento su quello che deve fare, spetta a lui decidere, spetta a lui prendere una decisione importante.
«Prima è passato Calum, ti ha riportato la giacca» è quello che dice, infine, facendole inarcare il sopracciglio.
«Oh... okay» sussurra, notando il corpo di Luke alzarsi dal suo: si siede accanto a lei, il viso quasi turbato.
«Perché viene qui?» chiede diretto.
«Ha solo riportato una giacca»
«Non voglio che venga qui, sono geloso di lui. Ho paura che ti possa portare via da me» confessa di getto, senza pensare che quelle parole siano davvero tanto forti da sentire.
«Non può farlo» e lei va ad intrecciare la sua mano a quella di lui «Io...» e sta per confessargli di nuovo i suoi sentimenti ad alta voce ma, lui, si volta nella sua direzione, perdendosi nel blu delle sue iridi.
La mano di Luke le sfiora la guancia, le sfiora le labbra e sorridono insieme, come se avessero già capito.
«Avanti, facciamo colazione. Il caffè diventa freddo» cambia argomento lui, lasciandola ancora una volta senza parole e con il cuore in gola.
*
«Dove mi stai portando, Luke?» chiede Vanessa, le mani in avanti e il passo incerto, mentre dietro di lei cammina un Luke intento a spintonarla, le mani sugli occhi di lei, non vuole farle vedere dove la sta portando, un sorriso felice in volto e la notte ad avvolgerli.
È notte, circa le undici di sera, l'aria primaverile di Sydney a scompigliare i capelli biondi di lei, raccolti in una treccia, che cade perfettamente sulla sua schiena un poco scoperta: un vestito verde e lungo fino ai piedi che cade perfettamente sul suo corpo, un paio di sandali che Luke teme di calpestare se non segue le sue indicazioni, le mani che toccano il vuoto davanti a lei, mentre lui la guida verso quel posto.
L'illuminazione gli è venuta quello stesso giorno, dopo aver finito la colazione a letto: l'avrebbe portata nel posto in cui si è svegliato dopo la caduta, un posto così magico e spettacolare che voleva condividere con lei ad ogni costo.
Lui indossa una canottiera nera, una scritta in bianco all'altezza del petto, i jeans stretti che fasciano le gambe magre, le sue immancabili scarpe nere, il suo petto che sussulta quando lei fa un passo indietro e lo tocca, la voglia di baciarle quelle spalle nude che lo sta logorando da quella stessa mattina, la buona volontà a fermarlo.
«Fidati, ti piacerà» le sussurra all'orecchio, prima di alzare un solo secondo lo sguardo e «Siamo arrivati» annuncia, fermandosi davanti a quel cancello.
«Ora... scegli: vuoi scavalcare da sola o... preferisci una mano?» lei apre gli occhi e alla vista di quelle sbarre più alte di lei corruga la fronte, voltandosi verso di lui.
«Con questo vestito? Come faccio ad arrampicarmi, angelo saputello?» le mani a pugno sui fianchi, lui che scoppia a ridere.
«Era tutto calcolato, signorinella» si avvicina a lei di un passo, le cinge la vita con una mano, mentre l'altra si fa spazio sulla schiena, spingendola più vicina a lui, al suo petto.
«Devi tenerti a me e... chiudi gli occhi» sussurra lui, lei deglutisce a vuoto, cingendogli il collo, si morde il labbro, insicura e forse un po' spaventata, ma chiude gli occhi, lasciando a Luke un sorriso in volto.
E Vanessa crede di sognare, ma un sogno non è.
Ma lei non sente più la terra sotto i piedi.
Non c'è più la terra a reggerla e lei si costringe a tenersi di più a Luke, sforzandosi di non aprire gli occhi, sentendo la presa di lui ferma sul suo corpo.
L'aria le sfiora il viso delicatamente, dura tutto così poco, eppure sembra eterno, la voce di Luke cerca di calmarla ed è un momento, prima di sentire nuovamente qualcosa sotto la suola dei sandali.
«Puoi aprire gli occhi» dice lui, accarezzandole le spalle, voltandola nella direzione esatta.
E quello che vede lei, davanti ai suoi occhi, ha dell'incredibile.
Un giardino immenso, dove il verde è padrone, un giardino pieno di alberi dalle foglie vive, mentre quelli in fiore nascondono i loro colori, qualche lampione a lasciare una strana luce bianca come illuminazione a tutto, un sentiero da percorrere che lo fa sembrare ancora più magico.
La mano di Luke si intreccia a quella di lei, lei che crede di non aver mai visto qualcosa di così bello in una città così grande come Sydney, piena di macchine e di grandi palazzi, lei che ha gli occhi che brillano, le mani fredde che Luke sente sulla pelle calda, iniziano a camminare lentamente, beandosi della bellezza di quel posto.
C'è pure un piccolo lago che sembra fatto di acqua argentata, attraversato da un ponticello in legno, dove Luke la vuole portare ad ogni costo, perché su quel ponte sono sbocciate delle rose rosse, sembrano quasi disegnate apposta, così intrecciate sul legno.
«Quello che sto per fare è orribile ma...» e le mani di Luke vanno a togliere una rosa, che porge a lei, lei che arrossisce sempre di più «Ma... si dice che in questo lago siano raccolti i desideri di tante persone. Una rosa da donare in cambio di un sogno» e lei sorride.
«Io non ho desideri» ammette, intrecciando nuovamente la mano alla sua «Tu sei qui» confessa, facendogli sentire un leggero bruciore sulla scapola, come se quelle parole andassero sempre a solcare quel numero dodici, quel numero maledetto che gli ricorda in ogni istante che lui, presto, se ne andrà.
«Potresti sempre chiedere qualcosa di meglio. Tipo Calum, che sembra accecato dalla tua bellezza» e lei stringe la presa sulle sue dita.
«Voglio averti al mio fianco, solo te, Luke Hemmings» e la mano destra lascia cadere in quell'acqua la rosa rossa che lui le ha dato, lascia cadere una rosa rossa in cambio di quel desiderio.
«Sei pazza, umana» le sorride lui, cingendole nuovamente la vita, portandola ancora più vicina, mentre lei gli cinge nuovamente il collo, nella speranza che lui capisca, perché la sta facendo penare da quella stessa mattina: vuole baciarlo, vuole farlo adesso, è un desiderio troppo forte da fermare.
«Non ti chiedi neanche perché ti ho portata qui?» le sussurra lui, così vicino alle sue labbra.
«Sorprendimi, angelo» e lui sorride, mentre una strana luce, quasi d'oro, si fa vedere dietro di lui, luce che cattura l'attenzione di Vanessa, gli occhi blu che si spalancano non appena tutto si fa un po' più chiaro.
Le ali bianche di Luke si mostrano un po' alla volta, lasciandola senza parole.
Sono grandi, sono bianche come la neve, emanano una luce strana, insolita, le piume che sono perfettamente poste l'una accanto all'altra, non si muovono molto, per paura di distruggere quel piccolo ponte e Vanessa non riesce a crederci.
«Credevo che volessi vederle» le sussurra lui, sorridendo quasi beffardo per essere riuscito farla rimanere senza parole.
«Vieni» la incita, portandola lontana da lì, verso il centro di quel giardino, tenendole la mano, mentre lei non riesce a togliere gli occhi da quelle ali che sbucano dalla sua canottiera.
Ma a quegli occhi blu, non sfugge quello strano segno che la canottiera lascia intravedere.
«Cos'hai lì?» lo sfiora non appena si fermano, sfiora la pelle solcata da quel numero nero, facendo irrigidire Luke.
«Nulla» dice secco, trascinandola davanti a lui, imprecando contro quel marchio che doveva essere invisibile ai suoi occhi «Tieniti a me» le sussurra, portandole le braccia intrecciate al suo collo, stringendole ancora una volta la vita, leggermente più forte di prima, come se temesse di perderla.
«Luke, Luke. Aspetta. Cosa stai...»
«Hai mai volato in vita tua?» e lei è certa di non sentirsi più tanto bene: le manca il fiato, il cuore batte troppo forte, sente le gambe tremare.
«Ovvio che no, scemo» risponde velocemente, aggrappandosi il più possibile a lui, appoggiando il viso al suo petto, sussurrando quel «Ho paura, però» che lo fa sorridere.
«Non ti lascio andare. Ti tengo, te lo giuro, non solo con le mani, i miei poteri sanno che devono fare» e la sente deglutire a vuoto, mentre annuisce appena.
Luke le accarezza la schiena prima di stringere un po' la presa, sente la mani di lei chiudersi a pugno dietro il suo collo, il petto di lei che si unisce perfettamente al suo e poi tutto prende forma.
Quelle ali si muovono appena ma basta a farli sollevare da terra, l'aria fresca scompiglia un po' i capelli di lei, sfiora le loro pelli delicatamente, le mani di Luke non sono mai state così sicure in vita sua, mentre Vanessa continua a tenere gli occhi chiusi dal terrore.
Ma la curiosità la porta a sbirciare e solo quando riesce ad intravedere le luci della città sotto i suoi piedi, si lascia scappare un gridolino di stupore che fa sorridere Luke.
«Oh mio Dio» dice Vanessa, ritrovandosi sospesa in aria, i piedi a penzoloni, il vestito lungo mosso un po' dal vento, la mani sigillate e non intente a staccarsi, gli occhi blu che osservano quel paesaggio così magico, così reale, che lei non ha mai visto da lassù.
Vede Sydney, vede le sue luci nel cuore della notte, vede i fari delle macchine che si spostano in velocità sotto di lei; si sente così vicina alle stelle, si sente il cielo appoggiato sulle spalle e la vita sotto i piedi, si sente così strana che non sa come definire quelle sensazioni, sente le mani di Luke che non la lasciano andare, sente il suo sguardo su di lei.
«Che c'è, Luke?» si volta.
«Pensavo» risponde brevemente, gli occhi di lei ad incitarlo a continuare «Pensavo di aver visto la cosa più bella del mondo da quassù ma...» e Vanessa lo interrompe.
«Questa vista è la cosa più bella al mondo, ti giuro, Luke, io... grazie. È tutto così bello» ma lui alza gli occhi al cielo.
«Credo tu sia più bella di quello che stiamo guardando. Volevo dire questo» conclude, facendo arrossire Vanessa, facendole abbassare lo sguardo sul suo petto.
E cala il silenzio tra di loro, un silenzio troppo imbarazzante da sostenere, interrotto soltanto dalle ali di lui che si muovono leggere.
Luke si morde il labbro, mentre Vanessa si sente le gambe più molli che mai, non riescono a guardarsi negli occhi, non riescono a dire niente, sarebbe il momento perfetto per qualcosa di speciale, qualcosa che stanno aspettando entrambi da tanto -troppo- tempo, qualcosa che potrebbe dare quella svolta necessaria alle loro vite, quella svolta che, però, Luke decide di tardare ancora.
«Ti va di... volare fino a casa?» e Vanessa annuisce, regalandogli un sorriso appena accennato.
«Grazie, Luke» sussurra ancora, prima di appoggiare nuovamente il viso sul suo petto, lasciando che lui la riporti a casa, stringendola a sé, proteggendola dal freddo del vento, facendola sospirare in quel breve tragitto, facendole capire che, forse, lui sta solo cercando il momento adatto per lei, facendola sorridere ancora, ricordando che lui è pur sempre metà angelo.
 
 


Note di Nanek
Ed ecco che alla vigilia di Natale mi faccio viva lol
So benissimo di essere in ritardo e chiedo scusa ma… la batosta ve la devo ancora dare.
In primis, spero che questo capitolo vi piaccia <3 ho preso spunto da Notting Hill e devo dire che con Luke angelo sono morta sulla tastiera moltissime volte.
Spero vi piaccia insomma <3
Poi: parliamo di cose serie.
Natale e vacanze varie per me non sono esattamente tali ^^ per il semplice fatto che ho gli esami di gennaio e… non riuscirò a pubblicare, sono piena di studio e spero che possiate capirmi.
In compenso, tornerò il 10 GENNAIO , ma non con questa storia, bensì con la ff a 4 mani con la mitica Andysmile , con Tomorrow Never Dies.
Vi lascio il trailer se volete vederlo e vedere se incuriosisce ;) https://www.youtube.com/watch?v=mTpJ3oWoX5E
Detto questo, ci sentiamo presto, scappo che ho pochissimo tempo a disposizione !!
Buon Natale a tutte voi <3 vi adoro <3
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Iris. ***


Capitolo 10

Iris.

Image and video hosting by TinyPic
 
You're the closest to heaven
that I'll ever be.

 
«Lo sai cosa sono questi?» domanda a voce un po’ troppo alta Vanessa, entrando in camera sua alla velocità della luce, senza bussare, senza pensare che, forse, Luke era ancora in mutande e tentava di infilarsi i jeans.
Il suo sorriso emozionato passa immediatamente ad un’espressione sorpresa, la bocca spalancata che viene subito coperta dai due pezzi di carta che tiene tra le dita, le guance che diventano rosse d’un fiato, gli occhi blu che, tuttavia, non vogliono proprio chiudersi davanti a quel che vede ossia il suo angelo a torso nudo con soli i jeans indossati, la cerniera ancora abbassata.
«Biglietti?» domanda lui, cercando di non dar peso a quel rossore, come se volesse metterla ancora più in imbarazzo, allacciandosi con lentezza il bottone, non intento a procurarsi una maglia per coprirsi: gioca con lei, gioca con le sue emozioni, lo fa da più di due settimane, da quella sera in quel giardino, la sera che l’ha fatta volare con lui, più di due settimane da umano e loro due, ancora, non si sono sfiorati come “dovrebbero”.
«Non semplici biglietti!» ribatte lei, facendolo ridacchiare.
«Vane, sembri una pubblicità» la prende in giro avvicinandosi, mentre lei porge in avanti quel tesoro che tiene ben saldo.
«Concerto degli Sleeping With Sirens! Solo tu, io e Kellin. Sta sera» spiega velocemente, mentre lui alza un sopracciglio: lei, lui e Kellin? Tenta di fargli capire che, per tutta la durata di quel concerto, avrà occhi solo per il cantante troppo tatuato?
Scuote la testa, Luke, ma non perde tempo a prenderla in braccio, stringendola forte e facendole fare una giravolta «Che bello! Un concerto degli Sleeping With Sirens!» esclama fingendosi un po’ emozionato, perché un po’ lo è davvero, non è mai stato ad un concerto, non ha mai vissuto davvero quelle emozioni forti in mezzo a tante persone con la musica che entra nelle orecchie e batte dentro al petto però… per la serata aveva in mente qualcos’altro, ad essere del tutto sincero.
Si era già immaginato loro due sul divano, come ogni sera, ma con un intento un po’ diverso: vuole baciarla.
È un desiderio che pesa, lo tormenta da più di due settimane, è stufo di aspettare e di cercare il momento giusto, vuole baciarla e sentire quello che si prova, vuole baciarla e farle ben capire che in quel poco tempo che hanno insieme la vuole vivere fino in fondo.
Sospira in quella stretta, la lascia andare perché lei gli ricorda che deve scappare in biblioteca, ma già sente un vuoto sul petto, sente che c’è davvero qualcosa che non va.
È solo in quell’appartamento.
È solo e il rumore dei suoi pensieri gli fa quasi male, rimbombano impazienti, lo torturano senza un motivo preciso.
Si può davvero stare così male per l’attesa di un bacio?
Forse un essere umano qualunque no, ma lui non è uno dei tanti, lui è un angelo, lui ha poco tempo, lui… lui è curioso.
Siede sul divano, Luke, mentre lascia che il Dvd appena inserito parta sotto il suo sguardo, ha scelto il loro film preferito, ha scelto il film che più rispecchia la loro storia: City Of Angels.
Lui un angelo, lei un medico.
Lui diventa umano per l’eternità, lei morirà il giorno seguente, lasciandolo solo in quella nuova vita che non conosce e che teme come non mai.
Lui che si è buttato per essere un umano, esattamente come ha fatto Luke.
Lui che ha dato se stesso per lei, esattamente come ha fatto Luke.
Tuttavia, il finale è completamente diverso.
Perché Luke, a differenza dell’angelo del film, dopo un anno deve sparire.
Teme quel momento, teme il cosa succederà davvero a lui, a Vanessa, a tutto.
Dove vanno a finire gli angeli come lui?
La sua sparizione è da paragonare alla morte: ignota, triste, sempre troppo vicina, sempre troppo misteriosa.
Si passa una mano sulla spalla, passa quel punto ancora a forma di dodici, sospira ancora una volta prima che quella scena catturi completamente la sua attenzione.
Sa benissimo di essere lui a controllare l’andamento di quel film, sa benissimo che sono i suoi pensieri ad aver fatto apparire sullo schermo quelle immagini.
La stanza viene riempita dalle note musicali di quella canzone, la colonna sonora del film, la canzone “Iris” riempie il tutto con facilità, riempiendo pure il suo petto che sussulta, emozionandosi per la prima volta da vero umano, sentendo una strana pelle d’oca farsi viva sulla pelle, sentendo il cuore battere più forte e la voglia di mordersi il labbro in modo più nervoso.
L’angelo sullo schermo non è più un angelo, ora è solo un uomo che cammina sotto la pioggia.
Lei è sul divano, il caminetto acceso sullo sfondo, l’aria di chi è perso in un mondo tutto suo, l’aria di chi verrà riportato alla realtà perché il suo cane ha appena abbaiato.
C’è qualcuno alla porta.
C’è lui dietro la porta, sotto la pioggia.
Lei lo fa distendere, si prende cura di lui e solo dopo avergli sfiorato le labbra si rende conto che da quel graffio esce del sangue, sangue che lei può toccare, sangue che prima lui non faceva fuoriuscire dalle ferite.
Lui è umano, non più un angelo.
Lui apre gli occhi, sono così vicini, le loro parole sono sussurrate, i loro respiri si fondono insieme, le loro labbra sono così vicine.
Basta un momento e quel bacio diventa reale.
Lui le tiene il viso, lei avvolge le labbra alle sue con delicatezza, si cercano perché è da troppo tempo che aspettano, si cercano e tutto si fa troppo veloce: nella scene successiva, lei è già senza vestiti, tanto che Luke si arrabbia, facendo spegnere il tutto con aggressività.
«Idioti! Perché dovete affrettare tutto? Io voglio un bacio!» urla esasperato, alzandosi dal divano con fare nervoso: lui è in ansia.
Non sa cosa sia un bacio, non sa cosa bisogna fare, non sa quand’è il momento adatto e, sinceramente, sperava di imparare qualcosa da quel film.
«Sono fottuto.»
*

Inutile dire che Vanessa è davvero felice di essere lì, in quel posto.
La canottiera che indossa forse è un po’ troppo scollata, dato che in quella folla la gente troppo vicina a lei gliela fa scendere un poco, ma ha davvero troppo caldo in quel momento.
Sono al chiuso, fuori si superano i venti gradi, a Sydney sta arrivando il grande caldo e lei, consapevole di non riuscire a trattenere l’emozione, sa benissimo che quella canotta è più che azzeccata.
La folla attorno a lei è scatenata, si muove a ritmo delle canzoni, la musica entra nel suo petto e batte quasi violentemente; Kellin, poi, sembra averla fatta passare all’altro mondo: quella voce, abituata a sentirla solo alla radio, è così vicina a lei, è così reale, è così speciale.
E il tutto, non poteva essere più perfetto di così, soprattutto al pensiero di chi è attaccato alla sua schiena: niente meno che Luke, in canottiera a sua volta, che tenta in tutti modi di non andarle ripetutamente contro, chiedendole scusa ogni volta che il suo petto tocca la sua schiena, facendola sussultare, facendola illudere di qualcosa non più accidentale.
Ma, Luke, ovviamente, sembra essere fuori dal mondo.
È da quando è tornata a casa che lo sente strano, ha gli occhi persi nel vuoto, un sorriso tirato che cerca di non farle mancare, ma che non riesce a nascondere quella smorfia, quel ghigno che non la fa stare tranquilla.
È impacciato, meno sicuro delle altre volte, teme a toccarla, teme a guardarla negli occhi, quasi trema quando le parla e Vanessa non ne capisce il motivo.
Ha fatto qualcosa di male?
Forse, non voleva essere lì?
Forse, si annoia?
Mille domande le riempiono la testa, ma la voce di Kellin Quinn la fa distrarre, proprio non ci riesce a rimanere concentrata, come se quelle canzoni fossero in grado di mandarle il cervello in tilt per davvero.
Poi, quell’urlo che inizia quella canzone: Satellites.
Una delle canzoni che ama con tutta se stessa, come se fosse fatta per lei.
Parla di speranza, parla di un’attesa che verrà ripagata in qualche modo, parla di una chiamata che non tarderà ad arrivare, quella canzone, Vanessa, la abbina ad ogni singolo istante della sua vita, da quando quell’angelo ho deciso di farne parte.
Ed è proprio questa canzone a darle il coraggio necessario a far sparire l’imbarazzo.
La sua mano, infatti, trova la forza necessaria a indietreggiare, andando a toccare la gamba del ragazzo che sta dietro di lei.
Luke non si rende nemmeno conto di quel contatto, dato che la musica lo assorda un po’ e con tutti quei corpi non distingue bene cosa stia succedendo, ma sussulta non appena la mano di lei va a cercare la sua.
Deglutisce a vuoto dalla sorpresa, la guarda, ma lei non si volta, come se quelle iridi blu fossero catturate solo dall’immagine di quel cantante troppo tatuato ma dalla voce melodiosa.
Eppure, la sua mano non sembra volersi fermare.
La mano di Vanessa prende la sua, lui si lascia guidare come se fosse l’unica persona di cui fidarsi: le loro mani si intrecciano e poi, sorprendendolo nuovamente, Vanessa lo tira più a sé.
Con l’altra mano prende la sua mano libera, lo porta più vicino a lei, fa intrecciare e loro mani unite sulla sua pancia, fa aderire il suo petto con la sua schiena come se fosse la cosa più normale al mondo: sono abbracciati in mezzo a quella folla, avvolti a loro volta dalle note musicali di quella canzone, avvolti da emozioni vere e vive che Luke pensava di non poter conoscere mai.
E l’ansia è alle stelle, nel corpo di Luke.
E la voglia di compiere quel gesto è all’estremo dentro la sua testa, dentro il suo cuore.
E gli Sleeping With Sirens sembrano averlo capito pure loro, tanto che Kellin, non appena finita quella canzone, annuncia il titolo della seguente.
Annuncia “Iris” e Luke si sente il cuore in gola: la colonna sonora di City Of Angels.
Quella è davvero la loro canzone.

And I'd give up forever to touch you.
'Cause I know that you feel me somehow.

E Luke non può non ricordare quei momenti, quegli attimi in cui voleva toccarla, quei momenti in cui la sopportazione era al limite: voleva provare a sentirla, voleva capire se le sue dita fossero in grado di sentire quella pelle candida, lo desiderava davvero, eppure, non aveva mai avuto il coraggio di provarci.
Aveva rinunciato a toccarla ma le sue parole, i suoi tentativi di apparire così vivo, parlavano per lui, facevano in modo che lei lo sentisse lo stesso, attraverso la sua voce che le sussurrava parole sincere, attraverso piccoli gesti che lo rendevano un po’ più vicino a lei.

You're the closest to heaven that I'll ever be.
And I don't want to go home right now.

E Vanessa sa benissimo che quelle parole sono per lui.
Lui che è un angelo, un angelo che, per un bel po’ di tempo, solo lei poteva vedere, sentire, il suo angelo, che era davvero più vicino al Paradiso di lei ma che, con poco, la rendeva così felice da essere in grado di toccare quel punto di felicità anche solo con un suo sorriso.
Vanessa non vuole davvero che questo momento finisca, non vuole andare a casa, non ora.

And all I can taste is this moment.
And all I can breathe is your life.
'Cause sooner or later it's over.
I just don't want to miss you tonight.

Perché entrambi stanno assaporando questo momento, entrambi i loro cuori battono l’uno per l’altra, i loro pensieri sono fermi su un unico pensiero.
Luke.
Vanessa.
Solo loro due e nessun altro, solo loro due e al diavolo tutto quello che potrebbe rovinare questo momento.
Respirano la loro vita, la respirano come se fosse l’aria più preziosa in questo momento.
Solo loro due, il resto deve aspettare.
Luke sa che presto o tardi sarà tutto finito, ma non vuole che questo pensiero lo tormenti, non ora, supplica il cielo, non in questo istante in cui si sente così vivo ed eterno.

And I don't want the world to see me 
'Cause I don't think that they'd understand 
When everything's made to be broken 
I just want you to know who I am.


Luke stringe un po’ di più il corpo della ragazza che ha davanti a sé.
Lascia che loro due spariscano da quel posto, finge che siano invisibili agli occhi degli altri, abbassa il capo per poter appoggiare il viso vicino a quello di Vanessa che, sorpresa, lascia che le sue labbra si aprano in un sorriso pieno di felicità: pensava davvero che fosse impossibile averlo così vicino, lo credeva davvero, e quasi non ci crede che sia tutto così reale.

And you can't fight the tears that ain't coming 
Or the moment of truth in your lies.

Bugie.
Lacrime.
Due parole che insieme feriranno qualcuno, feriranno lei, lei che ancora non sa tutta la verità, lei che è all’oscuro di quel numero che gli segna la scapola, lei che… non vuole davvero pensare a come reagirà non appena le svelerà tutto.
Ma non è tempo di dirglielo.
Non è tempo di confessioni, lui non si sente ancora pronto a rinunciare a lei.

When everything feels like the movies 
Yeah you bleed just to know you're alive.

Perché lei si sente davvero dentro ad un film.
Si sente davvero la protagonista della storia d’amore più surreale al mondo, come se fosse tutta finzione, come se nulla fosse davvero reale.
Ma lo sente, sente il suo cuore che batte forte nel petto, sente che il dolore provato settimane prima era vero, era umano, sente di essere nella realtà e non in qualche sogno strano.
È viva, lui è reale.
Come sono reali le sue mani che, d’improvviso, la fanno voltare verso di lui.

And I don't want the world to see me 
'Cause I don't think that they'd understand 
When everything's made to be broken 
I just want you to know who I am. 


Occhi blu si specchiano in quelli azzurri di lui.
Quelle mani così grandi stringono la vita di lei, la portano più vicina, fa combaciare i loro bacini.
Vanessa deglutisce appena, non riesce a trattenere quell’unica lacrima che le solca la guancia, lacrima che lui nota, lacrima che accarezza piano, fino a prenderle delicatamente il volto, fino a prendere quel coraggio sufficiente ad avvicinarsi un altro po’, fino a far mescolare i loro respiri.
Ed è un attimo, proprio come mostrava quel film, e i loro sorrisi si uniscono, lasciando che quelle labbra si appoggino piano, delicate, come se temessero di rompersi mentre i loro occhi vanno a chiudersi.
Luke la bacia tremando un poco, la bacia lasciando ogni pensiero diverso da lei fuori dalla sua mente, solo per quel momento.
Vanessa quasi si scorda di essere ad un concerto, dimentica la musica che li sta avvolgendo, non sente nulla se non il sapore della labbra di Luke, porta le mani intrecciate dietro il suo collo, accarezza quei capelli biondi e morbidi, schiude le labbra guidando quelle di Luke, lasciando che la sua lingua sfiori quella di lui delicatamente, lasciando che quel primo bacio per lui resti il ricordo più bello da conservare dentro di sé.
Luke le accarezza la guancia un’ultima volta, prima di portare nuovamente entrambe le mani sulla vita di lei, fino a farla sollevare, senza staccarsi da quel bacio, prendendola in braccio e stringendola ancora più vicina, sentendola sorridere nelle sue labbra.
Non sente i suoi pensieri, non riesce proprio a cogliergli, nonostante lui li stia cercando per capire se quel momento è perfetto, non ci riesce perché la voce di Kellin Quinn è più forte, perché quella canzone sembra fatta per spazzar via ogni suo dubbio o timore.
Ed è tutto così veloce, è tutto così maledettamente veloce, il tempo scorre come sabbia tra le dita e la canzone è finita e, con lei, finisce il loro primo bacio.
Si guardano, sono senza parole.
Vanessa si avvicina ancora una volta al suo viso, fa sfiorare le punte dei loro nasi, gli lascia ancora un bacio, a stampo, un bacio che lo fa arrossire un poco, mentre le labbra di lei si aprono in un sorriso meraviglioso, quasi diverso da quello a cui è abituato.
Un sorriso vero.
Un bacio perfetto.





 
Note di Nanek
*voce tipo Mushu il “drago” di Mulan* SONO VIIIIIIIIIIIIIIIVA.
Sì, lo sono, sono sopravvissuta alla bellezza di due esami e oggi ho detto: via che si aggiorna.
Lo so, sono stata cattiva con voi, perché ho scritto una mini long su Niall invece di aggiornare, lo so, odiatemi.
Ma ora sono qui, no?
E guardate cosa vi porto!!!
Si sono baciatiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.
Non sapete quanto ho pianto.
Cioè: Iris + Luke + Bacio + Luke che non sa dare un bacio = Non si respira più.
Bene, insomma.
Io… non so cosa dire se non sempre il solito e monotono GRAZIE <3 che ve lo ripeterò in eterno <3
Grazie se leggerete, grazie se lascerete qualche parolina, grazie se mi avete aspettato <3
Vi lascio con un po’ di pubblicità sulle nuove FF che ho messo in EFP:
Tomorrow Never Dies la tanto attesa FF a 4 mani con la super famosa AndySmile!! Se vi piace Divergent, andate a darci un’occhiata ;)
'Cause You Were Mine mini long su Niall, sono 3 capitoli, è stra corta, ma se avete voglia di perdere qualche minuto è lì ;)
I miei contatti se volete scrivermi o anche insultarmi (ma dopo non offendetevi se non vi calcolo di striscio :D) sono:
Ask: Nanek 
Twitter: @Vanek5SOS
E con questo, vi do appuntamento a sabato per un nuovo aggiornamento di Tomorrow never dies <3
Nanek
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Natale. ***


Capitolo 11

Natale.

Image and video hosting by TinyPic
 
Voglio farti un regalo
Qualcosa di dolce
Qualcosa di raro
Non un comune regalo
Di quelli che hai perso
O mai aperto
O lasciato in treno
O mai accettato
Di quelli che apri e poi piangi
Che sei contenta e non fingi
In questo giorno di metà settembre
Ti dedicherò
Il regalo mio più grande



Molte volte ci si chiede spesso cosa voglia dire Natale, o meglio, cosa significhi davvero provare quello spirito natalizio che molto spesso manca.
Beh, è comprensibile che Luke Hemmings, per la prima volta in vita sua, si sia sentito davvero parte di questa festa, di questa gioia collettiva -o quasi- che lo circonda, questa felicità che Vanessa gli ha sempre descritto a parole ma che mai è riuscito a sentire dentro il suo petto, mai fino a questo momento.
Vanessa a differenza di, forse, molte persone, ha sempre avuto un amore immenso per il Natale, per tutto quello che suscita, per tutte le emozioni e i sorrisi che porta quell’atmosfera che non ha mai voluto dimenticare sin da quando era piccola.
E, forse, il fatto di non essere a Sydney contribuisce molto a rendere il tutto ancora più speciale perché Vanessa e Luke, ora, sono in Italia da circa una settimana, per la precisione per le vie del centro del piccolo paese dove hanno abitato i genitori di lei: sono ospiti dei nonni, loro due e l’intera famiglia della ragazza, sono ospiti desiderati, in particolar modo il biodo che nessuno aveva mai visto prima ma che, vicino alla “solitaria” di casa, sta proprio bene, perché quel sorriso che Vanessa ha stampato in faccia è la cosa più bella al mondo, un sorriso diverso dal solito, un sorriso sincero che non è passato per niente in osservato.
Sono ospiti dai parenti di lei, pochi giorni –forse troppo pochi, dato che a Capodanno saranno già di ritorno- di puro relax nell’inverno freddo della penisola e, Luke, non può davvero essere più felice di così.
Camminano vicini in quelle vie innevate appena, i giubbotti pesanti accompagnati da sciarpa di lana e cappello, le labbra tremano un po’, ma quel freddo è sopportabile, tanto che Luke si lascia avvolgere, come se non volesse dimenticarsi quella sensazione per nessuna ragione al mondo, mentre i suoi occhi azzurri, anche se lacrimano un po’, si guardano in giro come se fosse appena stato catapultato in Paradiso.
Vede tanta, tanta gente, vede bambini correre e genitori impegnati con troppi regali da portare, vede luci, tante luci, di mille colori che addobbano la città, rendendola calda, rendendola quasi magica, mentre accompagna lo spettacolo delle vetrine allestite con cura, rendendo il tutto ancora più meraviglioso ai suoi occhi, facendogli sentire sul petto la positività che quella festa vuole trasmettere in qualche modo, nonostante qualcuno se lo sia dimenticato.
Camminano vicini e il culmine della bellezza lo dà la piazza principale: un albero altissimo che si fa vedere, le luci, gli addobbi, tutto calza a pennello nel buio del tardo pomeriggio che caratterizza le giornate troppo corte dell’inverno italiano, mentre la giostra con i cavalli gira lentamente, lasciando che alcune canzoni per bambini riempiano l’atmosfera, dando il tocco finale a quel quadretto che Luke ammira con gli occhi di chi ha sempre e solo potuto immaginare certe sensazioni, non capendone a pieno il calore.
Poi è un momento e qualcosa riesce a scuotere ancora di più il suo animo, un semplice tocco che gli ricorda di essere così vivo, solo una mano che si intreccia alla sua e il sangue gli va sulle guance, facendolo sorridere felice.
Si volta un poco, per scorgere la figura di lei al suo fianco, lei che gli tiene la mano e lo fissa con un sorriso ad accoglierlo, sorriso che lui si affretta a baciare, lasciando che le loro labbra si tocchino leggere, sentendo il cuore che batte forte a quel contatto, sentendosi ancora incredulo davanti a quello che il suo corpo, ora, può sentire e provare.
Si baciano appena in quella piazza, mentre i primi fiocchi di neve si lasciano cadere dal cielo, cadendo sulle loro pelli, sciogliendosi al contatto, sorprendendo gli occhi di lui che comincia a fissare in alto, mentre lei si attacca al suo petto, stringendolo forte, facendogli provare quel calore di cui non riuscirebbe davvero a fare a meno.
*
«Luke, parlaci un po’ di te» la voce del padre di Vanessa attira la sua attenzione, facendogli alzare lo sguardo nella sua direzione.
Siedono nel salotto dei nonni, tutta la famiglia riunita dopo così tanto tempo separati, l’atmosfera che c’è nell’aria è calda, sa di affetto e di nostalgia, sa di miglia e miglia lontani che ora non vogliono ricordare, è la cena della vigilia di Natale, la cena che Vanessa, per la prima volta, teme perché Luke è nuovo in quell’ambiente, Luke è nuovo dentro la sua famiglia, gli occhi di tutti lo fissano e quasi lo consumano, teme che possa cadere nell’imbarazzo, teme che lui possa odiarla per averlo portato in quel posto che magari non gli piace nemmeno, nonostante la sua famiglia sia accogliente e meno invadente possibile.
Teme ogni cosa, compresa la lingua madre della sua famiglia, lingua che, sinceramente, non credeva che Luke conoscesse così bene ma, a parole del biondo, i suoi poteri gli permettono di conoscere anche l’arabo se lei lo desidera.
«Beh… cosa posso raccontare?» domanda con un mezzo sorriso in volto, mentre cerca in tutti i modi di restare calmo, cercando di non guardarsi troppo attorno per non apparire disinteressato, cercando in tutti i modi di placare la sua curiosità da bambino perché, lui, quella casa la adora, è perfetta in ogni piccolo dettaglio, è deliziosa, è confortevole e gli ricorda tanto qualcosa, un lontano ricordo che, però, non riesce a mettere a fuoco nella sua mente.
«Sarò diretto: mia figlia non mi ha mai parlato di te e, io, sono un papà molto curioso e protettivo, soprattutto» marca quelle parole l’uomo dall’altra parte del tavolo, gli occhi dello stesso colore della figlia, quel blu che non riesce a mettergli ansia ma che, anzi, lo fa sorridere di fronte a tale affetto.
«Poi, dai, Vanessa non porta a casa un fidanzato da anni, l’intera famiglia si era preoccupata!» interviene la cugina di lei, quindicenne dai capelli castani, corti, due occhi da cerbiatto che non hanno smesso un secondo di fissarlo da quando è entrato, un sorriso beffardo che fa arrossire la bionda al suo fianco e che non esita a difendersi «Preoccupati di cosa? Io sto bene!»
«Stai bene adesso, prima eri uno zombie» replica l’altra, facendo ridere Luke.
«Stai zitta, o Babbo Natale non credo ti porterà qualcosa quest’anno» le mostra la lingua Vanessa, facendo inarcare il sopracciglio al ragazzo: Babbo Natale non crede di conoscerlo bene, ma non osa fare domande.
«Ad ogni modo… Luke, avanti, perché non ci racconti di te e la nostra bionda?» lo incita la ragazzina, mentre Luke deglutisce a vuoto in cerca delle parole giuste.
Come spiegare che la conosce dal liceo? Come spiegare che per tutto questo tempo le è stato accanto ma nessuno poteva vederlo? Come raccontare una bugia degna di essere creduta? Lui che, tra l’altro, è un angelo e le bugie proprio non sa dirle?
«Beh… io, noi… beh, andavamo nello stesso liceo, classi diverse… ma non mi sono mai avvicinato» dice cercando di suonare convincente, mentre sente gli occhi del padre di Vanessa seguirlo in ogni singola parola.
«Poi, beh… io… io studiavo all’Università e andavo a studiare in biblioteca dove lei lavora…» e si crede davvero tanto bravo a inventare storie su storie anche se, in fondo, un po’ di verità c’è, dato che ha passato molti pomeriggi chiuso lì dentro per guardarla.
«Università, interessante, che facoltà?» insiste il padre di lei.
«Lingue, signore» e sorride, dato che sta dimostrando di cavarsela molto bene con l’italiano.
«I tuoi genitori devono essere molto fieri di te» interviene la madre, sorridendogli solare, mentre Luke abbozza un sorriso, non sapendo cosa rispondere dato che, lui, i suo genitori non li vede da tanto tempo.
«Bene, l’interrogatorio credo sia finito, Luke sei libero!» esclama Vanessa, fulminando con gli occhi tutti i presenti: non devono osare rivolgergli una sola domanda, Luke ha gli occhi bassi e persi nel vuoto, lei lo nota, lo sente, qualcosa è andato per il verso sbagliato e non ne capisce il motivo.
«Io propongo una partita a Tombola! Così aspettiamo la mezza notte per i regali di Natale!» interviene la cugina, spostando l’attenzione di tutti su altro, sospendendo quel discorso per un po’, perché Vanessa, non appena le sarà possibile, deve trovare il coraggio di parlare con lui.
*
E sono le tre e mezza, adesso, quando Vanessa apre gli occhi di colpo, ritrovandosi in quella stanza per gli ospiti che condivide con Luke, i letti logicamente separati, ma non troppo distanti, stanza che i suoi nonni le hanno preparato per quella vacanza, stanza piuttosto piccolina ma perfetta, stanza che, ora, è riempita solo da lei.
Sono andati a dormire circa un’ora e mezza fa, quando tutti i regali sono stati scartati e gli occhi di tutti hanno cominciato a chiudersi dalla stanchezza, un’ora e mezza fa Luke si è addormentato in quella stanza con lei, senza darle il tempo di parlare un po’.
Luke che, ora, non è presente.
Vanessa si alza lentamente, cercando i suoi occhiali, facendo piano e sentendo i piedi rabbrividire un poco perché, in quella stanza, l’aria fredda proveniente dalla finestra si fa sentire: finestra che lei aveva chiuso ma che, ora, è socchiusa e lei sa bene perché.
Si mette velocemente la felpa, raggiunge la finestra che dà alla terrazza ed è questione di un secondo che lo vede.
Seduto con i piedi a penzoloni su quella terrazza, posizione piuttosto pericolosa per un umano, le braccia molli e il viso che fissa il vuoto, l’aria di chi non sembra sentire il freddo, nonostante fuori la neve sia protagonista.
Luke è sulla sua bolla, i suoi poteri possono proteggerlo in qualsiasi momento, i suoi poteri lo fanno voltare di scatto non appena sente la sua presenza e «Che ci fai sveglia?» le chiede in un sorriso, porgendole la mano verso di lui.
Lei la prende, si lascia trasportare senza esitazione, non ha paura di lui, non ha paura di cadere da quella terrazza, si mette seduta sulle sue gambe e, d’improvviso, non sente più il freddo.
«Poteri d’angelo» ridacchia lui «Così mi stai vicina» la stringe forte.
«Il maglione che ti ho regalato è nulla in confronto ai tuoi poteri: loro ti scaldano di più» dice lei, notando che lui lo sta indossando in quel momento.
«Il tuo maglione è bellissimo, l’ho apprezzato davvero, lo giuro» le accarezza il viso, la bacia piano sulla guancia.
«So che forse è un po’ banale, però… volevo comprarti qualcosa, non mi andava di presentarmi a mani vuote, io…» e lui sorride, la interrompe.
«Siamo banali in due, allora» allude al suo regalo, regalo che lei ha già indossato e che non trova per niente banale, dato che gliel’ha regalato lui.
«Un anello è speciale. Un anello d’oro è ancora più speciale. Tutta la mia famiglia ti ha preso per un milionario che non bada a spese» lo prende in giro.
«I miei poteri possono tutto…» e non è vero.
«Beh, sappi che l’ho apprezzato, ma credo che il regalo più grande tu me l’abbia già fatto» lo abbraccia, lo stringe forte, alludendo al fatto di aver dato una svolta a quella storia di loro due insieme, quella storia che, lei non sa, non durerà in eterno.
«Sai quando ti dicevo che molta gente non crede nel Natale? Che lo crede solo un modo per comprare regali e tutte quelle cose lì?» domanda lei, mentre lui annuisce appena.
«Tu per me sei l’esempio di cosa voglia dire sentire la magia del Natale. Mi rendi felice, mi fai sentire amata, mi dai gioia e speranza, dai un senso anche alle cose più piccole. E io… beh, ce la sto mettendo tutta per darti la stessa cosa, per farti provare davvero tutto questo, per farti amare ogni singolo istante questa vita che tu hai voluto vivere a causa mia» deglutisce, mentre lui si avvicina al suo viso, le bacia le labbra piano, sorridendo a quelle parole.
«Beh, ci stai riuscendo, piccola umana, non avere mai dubbi. Lo sento, ogni secondo, sento quello che mi dai, lo giuro» eppure qualcosa non va, e lei lo sente dentro.
«Perché ti tieni dentro quello che non posso sentire?» sussurra lei, prendendogli il viso tra le mani, accarezzandolo piano, aspettando che lui abbia il coraggio di aprirsi un po’.
«Io…» sospira «pensavo solo ai miei genitori» ammette, cercando le parole da dire «Beh, lo sai, no? Sono morto molti anni fa. Non ricordo davvero nulla della mia vita terrena e, a cena, avevo come dei ricordi offuscati nella mente, qualcosa che mi diceva di aver già vissuto certe cose, lo sentivo dentro, ma non riuscivo a mettere a fuoco»
«Non hai mai pensato di andare a vedere i tuoi genitori?» interviene Vanessa, domanda più che logica dato che quelle ali lo portano in qualunque parte del mondo.
«Sì. Ma… qualcosa me lo impedisce, non so dove devo andare, non ricordo neanche i loro nomi, se provo a cercarli con i miei poteri non riesco a sentirli, come se… dovessi sparire dalle loro vite, definitivamente» e al dire queste parole si sente morire, sente una lama sul petto, sente di aver capito qualcosa.
Dove vanno gli angeli dopo un anno?
Quale destino spetta loro?
E se fosse questa la risposta?
Se fosse il dimenticare, il non essere in grado di ritrovare le persone a loro care, l’avere i propri poteri contro, ad essere il destino che lo aspetta tra un anno?
Le labbra di Vanessa si uniscono nuovamente alle sue, richiamando la sua attenzione.
«Mi dispiace» sussurra lei «vorrei davvero poter fare di più per te»
E lui sorride, cercando di dimenticare quei pensieri neri che lo invadono, cercando di dimenticare che, a breve, il numero sulla sua scapola cambierà, dimenticando cosa lo aspetta, dimenticando quell’idea che, però, lo torturerà in eterno, sussurrando quelle parole sincere che, lei, si porterà dentro per sempre.
«Tu sei tutto l’amore di cui ho bisogno» .

 



 
Note di Nanek
Ma quanto bella non è quella canzone di Tiziano Ferro.
Io non so, piango solo a leggere quelle parole, non sono una grande fan ma… sono belle.
Beh, capitolo Natalizio anche se siamo già a Gennaio :D
Ma spero lo abbiate apprezzate.
Inoltre, ringraziate questo capitolo ragazze!
Perché? Beh, sapete quando vi ho chiesto dove vanno gli angeli dopo un anno? Beh, non avevo una risposta, non lo sapevo neanche io ma… grazie a sto capitolo ora la soluzione c’è e spero di averla descritta un po’ :D
Ma non temete, questo discorso verrà ripreso a breve ;)
Ricordiamoci che c’è pure un altro angelo in gioco ;)
Bene.
Insomma.
Non ho altro da aggiungere se non: grazie <3
Spero che il capitolo vi piaccia e che vi porti a lasciarmi un piccolo commentino per farmi felice <3
Noi ci vediamo sabato con Tomorrow Never Dies ;)
Vi lascio i miei contatti se avete voglia di contattarmi :D
Ask: Nanek 
Twitter: @Vanek5SOS
Ci sentiamo presto ;)
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capodanno. ***


Capitolo 12

 
Capodanno.

Image and video hosting by TinyPic
 
 
Take me back to the middle of nowhere
Back to the place only you and I share
Remember all the memories?
 

I ricordi di quel week end passato a Venezia, i due giorni seguenti alla cena di Natale a casa dei genitori di Vanessa, non se li scorderà mai.
*
Venezia è ancora più bella di come la descrivevano i libri di scuola, ha un fascino che agli occhi di Luke sembra puro incantesimo, una città sull'acqua dove macchine e biciclette non possono stare, solo piedi umani, piedi provenienti da tutto il mondo solo per lasciarsi incantare.
Non scorderà facilmente, Luke, la sua mano intrecciata a quella di Vanessa mentre camminano per le calli ormai buie, dopo un'intera giornata passata a scattare e scattarsi foto con alle spalle quel paesaggio spettacolare.
Le calli buie, i lampioni accesi e quasi magici, i canali con l'acqua alta che, con quella oscurità sporcata da poca luce, sembra quasi argentata, sembra qualcosa di incredibile ed impossibile in questo mondo.
Ricorda i mille scalini.
Quanti ponti da passare, quanta fatica per poter passeggiare in quel posto, ma niente sembra turbarlo, neanche quel fiatone mai provato, perché lei è al suo fianco, gli stringe la mano, lo conduce in posti segreti che solo lei conosce, come se Venezia fosse una seconda casa, come se la conoscesse in ogni singolo dettaglio, nonostante lei viva dall'altra parte del mondo.
Le loro mani strette, l'aria gelida ad arrossire i visi scoperti, i sorrisi timidi quando si baciano, gli occhi di entrambi che lacrimano a causa del vento.
Un vicolo più scuro spaventa Vanessa, certe zone sarebbero da evitare, lei lo sa bene, tanto che si stringe più forte al braccio di Luke.
Lui sorride e, giusto per divertirsi un po', si scosta da lei con una scusa banale, fino a sfuggire ai suoi occhi, nascondendosi dietro ad un angolo.
E Vanessa lo chiama, intimorita da quel posto, lo chiama più forte e si sente il cuore a mille, lo sente in gola, ha paura e lui è dietro un muro a ridere di lei.
Le va dietro, la solleva da terra, ride quando lei lascia scappare un gridolino, ride quando lei comincia ad insultarlo e a colpirgli il braccio debolmente.
Ma le prende il viso tra le mani, la bacia impaziente e lei ha già perso di nuovo, abbandonandosi al sapore di quelle labbra che, ora, sanno di cioccolata calda, bevuta poco prima in un piccolo bar, dopo la cena.
Poi, lo sente.
Sente che lui trema più del dovuto, ha le labbra troppo rosse, le pelle ghiacciata.
Anche lei sente quei brividi sulla pelle, dovuti al clima gelido che sta invadendo la città, quasi con prepotenza.
L'acqua non è più così calma.
Il vento non sembra aver trovato pace.
Gli occhi di Vanessa lacrimano a causa dell'aria mentre il corpo di Luke si stringe di più al suo.
Camminano veloci, vicini, per paura di perdersi, si tengono stretti mentre percorrono stradine di ogni tipo per arrivare a destinazione.
L'ostello che Vanessa ha prenotato è un piccolo Paradiso, semplicemente perfetto nella sua semplicità, tanto da far innamorare gli occhi di Luke.
La loro stanza è al terzo e ultimo piano, la 316, è piccola, lo spazio necessario al letto e al bagno, arredamento un po' vecchio stile, dove il legno prevale su tutto, dai mobili al pavimento; le tende color panna, le lenzuola che sanno di pulito, un letto matrimoniale che condivideranno -e il pensiero un po' li imbarazza- niente televisione, niente radio, solo il rumore delle loro parole.
«Beh, direi che ci vuole un bagno caldo» dice Vanessa, aprendo la porta, beandosi della vista di quella vasca piuttosto grande, pronta ad essere riempita fino al bordo con schiuma a non finire.
«Vai prima tu? Io ci impiego un po', sono anni che non faccio un bagno... Nel senso... la doccia domina in casa mia e questa vasca mi tenta!» continua lei, ridendo appena, mentre Luke annuisce, avanzando dentro, sorridendole beffardo nel vederla non intenzionata a chiudere la porta.
«Se vuoi goderti lo spettacolo fai pure» la prende in giro, facendola arrossire e chiudere la porta velocemente.
«Sei un pervertito non un angelo» lo rimprovera lei da fuori, sentendolo ridere e andandosi a sedere sul letto, mandando un messaggio ai suoi, rassicurandoli che stanno bene e che è tutto perfetto.
~
Luke siede sul letto, adesso, mentre Vanessa si è appena chiusa in bagno da circa dieci minuti.
Se la prende comoda, lei, senza curarsi del fatto che lui sia lì, sotto le coperte, con tanto di pigiama pesante, in attesa.
Quel bagno caldo ci voleva, aveva brividi di freddo, voleva rilassare i muscoli ed il risultato è stato perfetto.
Ma lui ci ha impiegato cinque minuti lei invece ci impiega un’eternità, facendolo sbuffare a fondo, facendolo sbuffare impaziente, lasciandolo solo con i suoi pensieri.
Pensieri che passano da un argomento all'altro, mentre sfoglia la galleria del suo cellulare, guardando le foto che si sono fatti insieme, ridendo alle loro espressioni buffe, sorridendo alle loro labbra unite con San Marco alle spalle, arrossendo a quegli occhi che guardano l'obiettivo.
Quella foto gliel'ha fatta con il suo consenso, il sole uscito apposta per far diventare quegli occhi blu più chiari, azzurri, talmente belli da farlo arrossire; quegli occhi che accompagnano quel sorriso dolce, mentre i capelli biondi le danno ancora più luce, gli piace quella foto, gli piace sapere che l'ha scattata lui, gli piace sapere che potrà conservarla e tenerla all'oscuro da altri occhi indiscreti  ma, quello che più lo fa sorridere, è il fatto che lei sia lì, in quell'ostello, con lui.
Come se fosse qualcosa di incredibile, ma reale, possibile, meraviglioso.
Lei è lì e lui può godere di ogni cosa.
Ma i suoi pensieri si bloccano, vengono fermati dal cigolio della porta del bagno: lei è uscita, i capelli sciolti che cadono sul petto, il pigiama indossato, una corsetta veloce fino a raggiungerlo, accoccolandosi al suo petto, coprendo i loro corpi.
«Sono qua!» esclama lei, allungando quella "a", facendolo sorridere, mentre con la mano le accarezza i capelli, lasciando il cellulare sul comodino, dedicandosi completamente a lei.
«Pensavo fossi annegata» la prende in giro.  
«Sciocchezze, lo sai che ho fatto nuoto per nove anni»  
«Sì, lo so, pesciolina. Me l'hai detto trecento volte» e lei risponde mordendogli piano la guancia, gesto che lo coglie di sorpresa, tanto che la guarda con occhi confusi.
«Non sapevo fossi una vampira» le dice, trascinandola e facendola distendere sul materasso, sotto di lui.
«Se lo fossi non ti morderei la guancia...» sussurra lei, avvicinandosi al suo collo, mordicchiando piano e procurandogli brividi sulla schiena.
Si guardano con intensità per interminabili minuti, si guardano e lui sorride, sfiorandole la guancia con le dita, prima di avvicinarsi e baciarla.
Ma questo bacio non è come i soliti.
Questo bacio brucia, è passionale, è profondo.
Le loro labbra si cercano quasi impazientemente, i loro respiri sono corti, spezzati.
Le mani di Vanessa tra i capelli di Luke.
La mano di Luke che le accarezza il fianco da sotto il pigiama, facendola sussultare.
Riprendono fiato ed entrambi capiscono che non è quello il momento.
«Scusa» dice lui velocemente, abbassando lo sguardo, sentendo le mani di lei sulle guance.
«Luke... Non ti devi scusare... Sono cose... Che... Beh, insomma, gli umani fanno... Se si vogliono bene» deglutisce, quasi insicura di quelle parole, mentre lui si mette al suo fianco, prendendola tra le sue braccia, baciandole ancora una volta le guance, il naso e poi le labbra.
Le accarezza le guance, le sorride tenero, la guarda come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
«Quando sarà il momento lo capiremo» continua lei, appoggiando il viso al suo petto, sentendo il suo cuore battere quasi più forte.
«Non ti forzerò se non lo vuoi, ci tengo troppo a te» la rassicura, mentre lei gli lascia un bacio sul mento.
«Ti voglio bene, Luke, ci tengo a te, tanto» lui sorride, stringendola al suo petto.
«Anche io, Vane... Sei importante».
*
Da quella confessione sono passati pochi giorni, Luke e Vanessa sono rientrati a Sydney giusto in tempo per Capodanno.
Sospira Luke, ora seduto sul divano di casa di Clary, amica di Vanessa: sono andati lì per festeggiare l’ultimo dell’anno in compagnia, la sua presenza ha suscitato molti dubbi e sguardi curiosi tra i presenti, non se l’aspettavano proprio che Vanessa avesse un ragazzo, non si aspettavano che fosse così assurdamente bello.
Solo Clary, Anastasia e Hilary ne sapevano qualcosa ma, non avendolo mai visto prima, avevano pure pensato che Vanessa avesse mentito sul presunto Luke Hemmings, dato che non lo aveva ancora presentato.
E quale occasione migliore se non questa?
Una serata tra amici, alcool, botti a mezza notte e cibo in quantità… e ovviamente la presenza di Calum Hood che, sinceramente, a Luke sta sempre più antipatico –sto stronzo.
Lo ha visto subito, appena messo piede lì dentro, i suoi occhi marroni lo hanno fulminato all’istante, incenerito sul posto, mentre con un sorriso tirato si è avvicinato a loro, scoccando due baci rumorosi sulle guance di Vanessa, quasi di proposito –senza quasi.
E, per tutta la serata, Luke non si è mai sentito così isolato dal mondo.
Vanessa parla un po’ con tutti, beve –forse troppo, come sempre- ride, fa la pagliaccia, racconta della sua piccola vacanza in Italia, nomina Luke qualche volta ma non sembra un argomento che interessa, poi passa vicino a lui, gli chiede sempre «Tutto okay?» lui annuisce falsamente e lei riprende il suo giro, senza curarsi nemmeno del suo vero stato d’animo.
Adesso Luke la sta fissando con più attenzione, dato che sta parlando proprio con colui che gli sta troppo simpatico: il vestito di Vanessa è blu con dei fiori non troppo appariscenti, senza spalline, busto stretto e si apre un po’ a palloncino, le arriva a un palmo dal ginocchio, abbinato a degli stivaletti beige, l’unica ragazza senza tacco ma che resta comunque la più alta tra le sue amiche.
I capelli sciolti, biondi, il trucco leggero, i soliti occhiali neri indossati –perché le lenti a contatto le ha nuovamente rotte- e quel rossetto troppo acceso che cattura l’attenzione di tutti.
Tiene in mano un bicchiere pieno di ghiaccio, mezzo pieno di un superalcolico che, a suo parere, è buonissimo: Pesca Lemon come sempre, quel che basta a farle diventare la testa più calda e la risata più facile.
Parla con Calum, ma non lo sfiora neanche per sbaglio, tiene una certa distanza, non lo guarda neanche negli occhi mentre gli rivolge la parola, sembra disinteressata dalle sue stesse parole, come se fosse una macchinetta programmata a intrattenere gli ospiti.
Mentre Calum se la mangia con gli occhi, Luke lo nota.
Ma non riesce neanche ad infastidirlo troppo –quello stronzo- nonostante Calum indossi una camicia a quadri, senza maniche, aperta per bene fino al punto giusto, i pantaloni stretti, neri, la bottiglia di birra che penzola dalle sue dita, i capelli castani più mossi del solito, gli stessi occhi da pervertito che non cambieranno mai –o almeno così vede Luke.
Ma la cosa non lo turba.
Non sente quella gelosia necessaria a fare una scenata, non sente il bisogno di aggravare ancora di più la situazione, Luke è… decisamente in un altro mondo.
Abbassa lo sguardo, passa la punta del pollice sul bordo del suo bicchiere di plastica ancora pieno di Piña Colada, sospira mentre quel ricordo si fa ancora una volta vivo.
Lui e lei nel terrazzo di casa sua, in Italia.
Lei che gli chiede cosa c’è che non va, come mai è sveglio in piena notte, come mai non si apre con lei.
Lui che nomina i suoi genitori.
Lui che dice di non ricordare i loro nomi, i loro volti, come se fossero un ricordo troppo lontano, come se più si sforzasse di ricordare, più quel pensiero andasse lontano, fino a perdersi nel buio.
Sospira ancora Luke prima di alzarsi, appoggia la bibita sul tavolino e si sposta da quel divano, senza essere notato da troppe persone: si rende invisibile, fa in modo che nessuno possa vederlo scappare verso il piano superiore di quella casa, senza che neanche l’unica persona in grado di vederlo se ne accorga.
Sale sul tetto, perché le camere sono tutte diventate un centro di ritrovo per una botta e via, sale sul tetto e porta le gambe al petto.
«Perché non riesco a ricordare?» dice parlando a se stesso.
«Sempre a farti duemila filmini mentali, Hemmings» risponde una voce, proveniente dal terrazzo sotto di lui, una voce a lui familiare, la voce di un ragazzo che, con un salto, lo raggiunge con facilità.
«Ashton?» chiede incredulo di vederlo «Cosa diamine ci fai tu, qui? Ancora a Sydney? Ma…»
«Sei diventato un poliziotto? L’interrogatorio risparmiamelo l’ultimo dell’anno» lo zittisce, ridendo allegro, sedendosi vicino a lui.
«Ma… non ti ho mica visto, prima» dice Luke, dandogli un colpetto sulla spalla.
«Lo so, eri troppo preso a spogliare la tua umana con lo sguardo. A proposito, attento al moretto, lo fa anche lui» e Luke alza gli occhi al cielo: come se non lo sapesse.
«Purtroppo va così» conclude il biondo, tornando a parlare di Ashton, come se fosse stufo di parlare solo di lui e Vanessa «Che ci fai qui? Io… credevo fossi andato via» e il ricciolino fa spallucce.
Si sistema meglio la bandana che ha tra i capelli, la canottiera nera con i buchi fatti da lui, i pantaloni attillati, il solito Ashton.
«Conosco Anastasia, è la mia nuova preda» dice soddisfatto, mentre Luke sorride appena: sempre il solito che non prova sentimenti per nessuno.
«Sei ancora un angelo puro?» Ashton ride.
«Dipende cosa intendi per puro, perché tra me e te… Credo sia tu quello “puro”, anche se sei mezzo umano» lo deride e Luke arrossisce.
«Rigiro la frase: sei ancora un angelo al cento per cento?»
«Sì, io non sono come te e Michael, preferisco non cadere in curiosità» e si fa serio, come se Luke avesse toccato un punto dolente.
«Ti va di parlarne? Magari ti fa bene sfogarti» dice cauto.
«Non c’è molto da dire, Luke: la amavo, lei amava me, ma… mi ha lasciato. Sai come sono le donne, no? Pretendono troppo e lei… beh, voleva che diventassi umano e io… beh, le ho detto che non era possibile e… lei mi ha lasciato, è andata con un altro, un umano puro» alza gli occhi al cielo, usando un tono strano, nel tentativo di far ridere Luke, ma il biondo coglie la sua tristezza.
«Mi dispiace, Ashton» sussurra, ma l’altro gli dà pacche sulla spalla.
«Ma meglio così, invece! Pensa se facevo come te e Michael, mi ritrovavo ad avere solo un misero anno a disposizione per poi non sapere a cosa vado incontro!» e quelle parole, però, suonano male dette ad alta voce, tanto che Ashton si morde il labbro e «Scusa» dice, mentre Luke scrolla le spalle.
«Non ti devi scusare, è la verità. Piuttosto, sai se Michael è ancora… qui?»
«Sì. Ma non so quanto tempo gli resta…» e Luke annuisce appena, facendo sospirare l’altro «Dai, Luke, non pensiamoci, hai ancora così tanto da fare. Tipo: scoprire il sesso!» e lo dice con una voce talmente perversa che Luke si sente una morsa allo stomaco.
«Dai, Lukey, spiegami cosa ti turba…»
«Io… è troppo presto. E, comunque, ora sono preso da altri pensieri, tipo il perché non riesco a ricordare i miei genitori»
«Che palloso che sei» commenta con gli occhi al cielo e, proprio in quell’istante, un’altra voce si fa sentire, attirando l’attenzione di entrambi: Vanessa, che si è appena sporta in avanti dal terrazzo, il collo piegato il più possibile per vederli.
«Luke! Ti stavo cercando… è quasi mezza notte! Ma…» nota qualcun altro vicino a lui.
I due ragazzi si muovono all’unisono, un salto che li porta entrambi su quel terrazzo, più vicini a Vanessa, confusa e pure un po’ brilla.
«Lui è Ashton, Vane, lui è un angelo, come me» glielo presenta, mentre Ashton le porge la mano, sorridendole e facendo in seguito l’occhiolino a Luke.
«Finalmente ti conosco, Vanessa» dice infatti ma si affretta a lasciarli soli «A mezza notte devo anche io baciare qualcuno» lancia quell’ultima frecciatina, prima di incamminarsi al piano di sotto.
Luke sorride, si avvicina a lei, le porta le mani in vita mentre lei continua a non saper che cosa dire.
«Ti… beh, non ti vedevo, mi sono preoccupata… sai… mezza notte è tra neanche cinque minuti e… beh…» balbetta infatti, mentre Luke conclude per lei quella frase.
«Quello che fai a Capodanno, lo fai tutto l’anno, lo so» dice in un sorriso, facendole abbassare gli occhi.
«Io… beh, di che parlavate te e Ashton? Vi sentivo discutere» e Luke arrossisce: davvero ha sentito ogni cosa? Spera davvero di no.
«Cioè… ho sentito che hai detto che… pensi ai tuoi genitori» riprende lei, facendolo rilassare leggermente «Ti mancano?»
«Non può mancarmi ciò che non conosco» le bacia la fronte.
«Ma… io… Luke, se tu vuoi, possiamo cercarli, lo sai?» alza lo sguardo verso i suoi occhi azzurri.
«Non abbiamo informazioni a sufficienza… e, poi, non voglio perdere tempo, voglio stare con te»
«Non è una perdita di tempo se ti rende felice» lo corregge lei, portando le braccia attorno al suo collo, mentre dal piano di sotto comincia il conto alla rovescia per gli ultimi trenta secondi.
«Lo faresti davvero?» e il suo viso si avvicina al suo.
«Farei di tutto pur di renderti felice. Tu sei diventato umano per me, io voglio farti ritrovare i tuoi genitori, la tua famiglia, costi quel che costi» afferma decisa.
Venti secondi.
Luke sorride.
«Sono convinto di essere innamorato di te»
Vanessa sorride.
Quindici secondi.
«Mi sa che sono innamorata anche io di te, di un angelo, che amore assurdo»
Una risatina silenziosa.
«E io di un’umana, siamo una coppia strana»
Le mani di lei accarezzano i capelli biondi.
Le mani di lui la stringono più a sé.
«Già. Ma… è bello così, no? Se no… sai che monotonia»
Dieci secondi.
Nasi che si sfiorano.
«Sì, Vane»
«Farei qualsiasi cosa per te, Luke»
Cinque secondi.
«Idem.»
Labbra che si sfiorano.
Respiri che si mescolano.
Botti da fuori che arrivano alle loro orecchie.
Colori che sporcano quel cielo buio, privando alle stelle di splendere.
Sorrisi in quei baci.
Mani che passano leggere.
Che questo nuovo anno abbia inizio.

 




Note di Nanek
Sono ancora viva, sì.
Ho passato tutti i miei esami, sono ultra fiera di me!!
Però, vi chiedo scusa per l’attesa, davvero.
Sono estremamente in ritardo e sarei da prendere a sprangate ma abbiate pietà di me!!
Vi chiedo scusa, davvero, sono realmente dispiaciuta.
Vi chiedo scusa un po’ per tutto, se la storia vi annoia, se sono troppo lenta, se a volte sembro stronza e non lo faccio apposta… perché sto dicendo tutte ste cose non lo so, ma forse do troppo ascolto alle care persone che vengono ad intasarmi di insulti su ask e… boh, volevo solo dirvi che, qualunque cosa io abbia fatto, sono dispiaciuta, soprattutto se ho dato un’immagine di me stronza e che non mi appartiene.
Detto questo, dal prossimo capitolo si capiranno più cose riguardo a “dove vanno gli angeli dopo un anno”, spero di mettervi chiarezza ma, per qualsiasi cosa, potete chiedermi!
Bene, io vi ringrazio davvero di cuore anche per la pazienza, vi ringrazio perché leggete le mie storie e perdete tempo a farlo, vi ringrazio e… basta.
Vi lascio il link di una cosetta che io e la AndySmile abbiamo scritto, è una long di 2 capitoli, se avete voglia di leggerla, è qui: Miss Independent
Nanek

 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Forse. ***


Capitolo 13

Forse.

Image and video hosting by TinyPic
 
Now I'm searching every lonely place
Every corner calling out your name
Tryna find you but I just don't know
Where do broken hearts go?
Are you sleeping, baby by yourself?
Or are you giving it to someone else?
Try to find you but I just don't know
Where do broken hearts go?
 

Eppure Luke cerca in tutti i modi di ricordare.
Prima di lasciarsi andare al sonno, quando è certo che Vanessa stia dormendo, dopo averle lasciato un ultimo bacio sulla guancia... Lui si ritrova a pensare, si ritrova a dover affrontare le mille immagini sfocate che non riesce a mettere a fuoco.
Ha le mani dietro la testa, è disteso a pancia in su, Vanessa dorme al suo fianco, messa di lato, già persa in un sogno mentre, lui, si perde nel suo flusso di pensieri, sospira a fondo quando non riesce ad arrivare ad un punto preciso.
Pensa sempre a loro, Luke, pensa ai suoi genitori, alla sua famiglia.
Si sforza di ricordare, si sforza di associare l'immagine della cena di Natale, con la famiglia di Vanessa, con qualcosa che lui ha vissuto davvero, tanto tempo fa.
Ma più ci pensa, più tenta di usare i suoi stessi poteri per capirci qualcosa, più si sente affaticato, nervoso, sempre al punto di partenza.
Non riesce a ricordare.
Non può usare i suoi poteri a suo favore, non può usarli per conoscere il suo passato, per ricordare com'era la vita prima di morire.
Sono passati quasi tre mesi dalla sua scelta, sulla sua scapola il numero dieci sta sbiadendo, sta diventando un nove, sta segnando il tempo che passa troppo velocemente, come a volerlo distrarre, come a volerlo allontanare dal suo tentativo di ricordare le sue origini.
Ma Luke non riesce a togliersi quell'interrogativo, non riesce proprio a smettere di chiedersi: se io non li posso ricordare, loro che si siano scordati di me?
*
Ed è per questo che, a distanza di tre settimane di ricerche, tre settimane passate a logorarsi prima di prendere sonno, Luke ha deciso di dare una risposta a quell'interrogativo.
Ed è per questo che, ora, cammina mano nella mano con Vanessa, per la periferia di Melbourne.
Sono arrivati da poco, dopo un bel viaggio in treno passato nel silenzio più totale, sguardi sfuggenti e sorrisi tirati, la mano di Vanessa che ha preso la sua e l'ha stretta appena, come a rassicurarlo, come a dargli coraggio.
Lei sa perché sono a Melbourne, più o meno.
Ma lei non sa perché a Luke importi così tanto ritrovare la sua famiglia.
Perché a Luke sì, importa ritrovare i suoi cari, importa sapere se loro si ricordano di lui, ma... Lui è sicuro che, una volta passato l'anno con Vanessa, la storia si ripeterà.
Tra un anno lui tornerà ad essere un angelo.
Ma non si ricorderà di lei, non si ricorderà di Vanessa, delle cose fatte insieme, delle emozioni provate con lei.
Forse, avrà delle immagini sfocate che lo perseguiteranno, forse, avrà flashback che gli faranno perdere ore e ore a pensare... Ma i suoi poteri gli impediranno di ricordare, i suoi ricordi verranno placati, i suoi poteri lo terranno lontano da lei.
Forse c'è una via di scampo a quella tortura: se Vanessa si ricorderà di lui, lui potrà tornare da lei, in un modo o nell'altro. Ma Vanessa ancora è all'oscuro di tutto questo: lei crede che lui voglia soltanto colmare la mancanza della sua famiglia e, lei, è felice di aiutarlo, nonostante non capisca il vero motivo per cui, ora, siano a Melbourne, sono quasi le nove di sera, davanti ad una casa vicino alla costa e distante dal centro, davanti alla porta in legno bianca.
Luke ha appena bussato, pochi secondi e la porta si è aperta, lasciando che la luce da dentro illumini il portico: una ragazza dai capelli rossi, corti, gli occhiali da vista che nascondono la grandezza di quegli occhi smeraldini, la tuta da ginnastica blu scuro, le infradito indossate, lo sguardo confuso nel vederli lì.
«Jade?» chiede Luke, mentre la ragazza si limita a fissarlo.
«E voi siete?»
«Luke Hemmings, ero un amico di Michael Clifford» e Vanessa può giurare di vederla sbiancare.
*
Casa di Jade Collins è piena di giocattoli per bambini, piena di disinfettanti per ciucci e biberon, profuma di bambino, quella casa, un profumo delicato ed inconfondibile, una casa piuttosto grande per una neo mamma, ma che condivide con i suoi genitori.
Alle pareti non sono appesi quadri ma fotografie, fotografie che Luke ha fissato subito, nella speranza di trovare la figura di Michael.
Un sospiro di sollievo lo ha calmato, nel notare che Michael è ovunque.
Tiene le mani sul pancione di Jade.
Ha i capelli rossi, verdi, blu, cambiano da foto in foto.
Le bacia l'ombelico.
Le tiene la mano mentre sono seduti su uno scoglio.
Michael, sì, Michael proprio lui, l'angelo che è diventato mezzo umano, l'angelo che ha passato un anno tra gli umani, ha amato, ha sentito la vita nelle vene, per poi andarsene puntuale.
Jade fa accomodare Vanessa in salotto, le chiede se vuole da bere, da mangiare, ma lei scuote la testa, sorridendole un po' imbarazzata, ringraziandola per l'accoglienza.
«Per gli amici di Michael questo e altro» dice sincera, cercando di non farsi sopraffare dalle lacrime, cercando lo sguardo di Luke.
Si è fidata di lui, lui quasi non coglie il perché, ma lei sembra leggergli la mente velocemente «Michael mi ha parlato di voi, di te Vanessa, che hai fatto perdere la testa a Luke» dice quasi ironica, facendo arrossire la diretta interessata, mentre tutto si fa un po' più chiaro «E mi ha parlato di te, Luke. Mi ha detto che saresti venuto a vedere suo figlio mentre lui non c’è» e il biondo annuisce, ricordando quel momento.
«Beh, Nathan purtroppo sta dormendo di sopra. Ma capita che si svegli quindi... Beh, siete miei ospiti!» esclama entusiasta, continuando a fissare Luke, come se stesse intuendo che c'è qualcosa da confessare, ma non davanti a Vanessa.
«Grazie, Jade, ti sono grato» interviene Luke, mentre la rossa incita i suoi genitori a offrire a Vanessa un pezzo di torta e un po' di caffè «Non voglio farti tornare a Sydney con fame!» insiste, mentre la bionda sorride, alzandosi dal divano e raggiungendo i due coniugi in cucina.
Jade e Luke si scambiano un'ultima occhiata «Dobbiamo parlare. È importante» le sussurra, mentre cercano una scusa per uscire da quella casa, lasciando Vanessa con un altro interrogativo da aggiungere ai suoi pensieri.
*
«Michael mi aveva detto che eri bionda» i passi di Jade e Luke si mescolano alla sabbia della spiaggia.
Sono vicini al mare, le onde rompono il silenzio di quel posto.
La luna si specchia sull'acqua, è bianca e piena sta notte, è bellissima ed attira gli occhi di entrambi.
«Li ho tinti dopo la nascita di Nathan, circa un mese fa» spiega lei, indicando a Luke degli scogli «Andiamo lì» sussurra, respingendo i ricordi.
Si siedono sulla roccia grigia che l'acqua ama bagnare, sono scogli piuttosto pericolosi per una chiacchierata, ma Jade sembra felice di stare lì, si siede su una roccia, non una a caso, sposta lo sguardo verso il mare.
«Qui Michael ed io ci siamo detti tante cose: mi ha detto di essere un angelo, mi ha detto che dopo un anno da umano se ne sarebbe andato... Gli ho detto che l’avrei detto ai miei genitori… Gli ho chiesto un figlio... Mi ha detto addio» lo sguardo si abbassa, mentre Luke le si mette accanto, avvolgendole il braccio sulle spalle «Mi dispiace» sussurra, mentre lei lascia scappare una lacrima silenziosa «Era il giorno del mio compleanno, eravamo qui e... E... Non aveva più il numero sulla mano. Mi ha baciata un'ultima volta. Ha baciato me e la mia pancia e poi... Poi è sparito» racconta, sentendo la presa di Luke un po' più stretta. «Se ti fa male non devi dirlo, Jade. Io ti capisco, davvero» la consola, asciugandole le guance con il pollice, facendola andare più vicina a lui per darle calore.
«Tu non l'hai detto a Vanessa che te ne devi andare, vero?» e lei lo guarda scuotere la testa, lei alza gli occhi al cielo «Ci potevo scommettere. Che numero hai adesso?» e Luke mostra la scapola, mostra quel nove che gli marca la pelle: non è più nero come all'inizio, è diventato un segno più leggero che difficilmente si legge, tanto che Jade fa fatica a riconoscerlo.
«È un nove, scusa, sono abituato a vederlo più scuro, non so perché sia sbiadito» spiega.
«Più passa il tempo, più perde colore... Come a ricordare che stai per andartene»
«Mancano ancora nove mesi, però» le fa notare, mentre lei ridacchia.
«Una gravidanza. Potresti sempre lasciarle una parte di te» e anche lui ride appena, scuotendo la testa «Non posso farle questo, lei è... Lei non è così forte, per questo tardo a dirle la verità»
«Ma a lungo andare la farai soffrire di più» un sospiro da parte di entrambi.
«Lo so... Ma... Io... Jade, io credo di sapere dove vanno gli angeli dopo un anno» e quella confessione fa balzare il cuore in gola a Jade.
«C-cosa?»
«Io... Non voglio illuderti. Ma se quello che penso è possibile, allora abbiamo la possibilità di far tornare Michael da te» Jade è seria mentre ascolta quelle parole, lo incita a continuare, dato che l'ansia la sta assalendo, lo guarda con attenzione, non ha intenzione di perdersi neanche un dettaglio.
«Quando ero a casa dei genitori di Vanessa ho... Avuto la sensazione di aver già vissuto una cosa simile: stare in una famiglia, sentirne il calore, l'affetto... Quella stessa sera, Vanessa mi ha chiesto perché non torno dai miei genitori; ho poteri straordinari in grado di darmi qualunque cosa: soldi, vestiti, anelli, capacità insuperabili... Perché non sfruttarli per andare dalla mia famiglia?» prende una pausa «La verità è che... Non riesco a ricordare, non riesco a trovare i miei genitori, non mi ricordo neanche i loro nomi. È come se i miei poteri non volessero aiutarmi a cercarli... È come se io fossi destinato a sparire dalle loro vite per sempre, perché il mio tempo con loro è scaduto» e Jade apre la bocca sorpresa, quelle parole hanno un senso, quelle parole forse stanno dando la soluzione giusta.
«Io credo che dopo un anno, noi angeli, torniamo ad essere angeli completi solo che... Ci dimentichiamo dell'anno passato con voi, ci dimentichiamo i vostri nomi, i vostri volti e, se ci capita di rivivere qualcosa di simile che ci suona familiare, i nostri poteri non ci aiuteranno a ricordare, ci ostacoleranno, non riusciremo mai a tornare indietro per questo: non abbiamo ricordi precisi, solo immagini sfocate e lontane. Oggi sono venuto a cercarti per verificare una cosa: volevo sapere se anche tu hai dimenticato Michael o no» conclude Luke, mentre Jade tenta di dire qualcosa, cerca conferme, cerca sicurezza.
«Dici che sia possibile?» Luke scrolla le spalle, sospira a fondo.
«Diciamo che non ne sono del tutto sicuro... Ma... Non può essere una coincidenza, Jade»
«E cosa possiamo fare?» chiede ancora, mentre Luke distoglie lo sguardo dal suo, in cerca di parole adatte.
«Io ti aiuterò a cercare Michael, Jade. Ti aiuterò a riportarlo a casa, da suo figlio» ma nella sua voce c’è dell’altro, c’è una richiesta nascosta, richiesta che Jade sarà pronta a soddisfare pur di riavere il suo ragazzo con lei.
«Ti chiedo solo di… quando me ne andrò… ti prego, Jade, aiuta anche me, aiuta me e Vanessa» e la voce si ferma in gola, un singhiozzo soffocato, le lacrime che non vuole per nessuna ragione al mondo lasciar libere, si concentra verso il mare, verso il chiarore del riflesso della luna.
«Luke, ma era anche da chiedere? Tu mi stai dicendo che puoi riportarmi Michael! Non so se ti rendi conto di quanto felice tu mi stia rendendo» e lo abbraccia stretto, grata davvero per quelle parole, parole non del tutto sicure, parole che non dovrebbero illuderla così tanto ma che le hanno fatto ritrovare quella briciola di speranza che credeva perduta per sempre.
«Ci metterò me stesso per trovarlo, Jade, te lo prometto» le sussurra, ricambiando quel gesto, portandole le braccia attorno al suo corpo, mentre la ragazza si lascia scappare un’altra ovvia domanda.
«E… a Vanessa che diciamo? Lei sa che Michael era come te?» ma ancora una volta Luke scuote la testa: Vanessa… si stava proprio dimenticando di quella bugia, una bugia così piccola che stava per far saltare tutto.
«Le hai detto perché sei qui?»
«Le ho detto che voglio trovare i miei genitori e che Michael è un mio amico… un angelo anche lui» e Jade sospira, si siede al suo fianco, cala in un silenzio strano, come se si stesse concentrando, come se stesse cercando una soluzione al tutto.
«Non dirle che Michael se n’è andato, tu cercalo ma non dirle che lo avevi dato per disperso. E dille che sei qui perché… perché io conoscevo degli Hemmings ma non avevano figli» dice incerta, mentre Luke annuisce anche se poco convinto.
Non hanno altra scelta, non c’è altra soluzione, non ci ha proprio pensato di dover mentire di nuovo, non a quegli occhi blu, non a lei che sta cercando in tutti i modi di capirlo.
«Luke… l’alternativa è dirle tutta la verità»
Ma lui scuote la testa nervosamente.
«Non posso, Jade, non ora. Mi odierebbe, farebbe in modo di  non vedermi per alleviare il dolore e io non voglio questo. Io e lei abbiamo questa possibilità e io… io voglio renderla felice» ma nemmeno queste parole sono così efficaci come sembrano: odia mentire, odia avere dei segreti con lei ma non ha scelta, se vuole la felicità, dovrà ricorrere pure a questo.
Jade sospira.
«Torniamo a casa» dice con un fil di voce, alzandosi da quello scoglio seguita da Luke, camminando in silenzio l’uno accanto all’altra.
 
Quando aprono la porta, sentono dei rumori dalla cucina, sentono i genitori di Jade parlare in modo strano, sentono che fanno complimenti, sentono che mandano baci volanti.
In cucina, infatti, il piccolo Nathan Andrea Clifford è sveglio, i capelli castano chiari, gli occhi grandi che guardano quelle figure che riconosce appena, la tutina azzurra, mentre è tra le braccia di un’impacciata Vanessa che, tentando di non sembrare così goffa, sorride al piccolo di casa, chiamandolo con voce dolce, fissandolo in ogni suo particolare, fino a quando non scorge la presenza di Luke a fissarla.
Arrossisce, mentre tenta di non distogliere lo sguardo da quel corpicino, sorride ancora, prima di rivolgersi a Jade, incitandola a prendere il piccolo.
Jade sorride, lo avvolge tra le sue braccia sicura, gli bacia la fronte «Bello di mamma, ti piace quando viene tanta gente, eh? Peggio del papà sei!» e con lo sguardo mira ai suoi genitori: quello che sta per dire li confonderà parecchio, quell’occhiolino è un tentativo per non mandare tutto a monte, mentre le sue labbra lasciano scappare quel «Papà Michael torna presto, ci dispiace che non l’abbiate visto ma… sai come sono gli angeli, no? Volano un po’ ovunque, soprattutto Michael, è un’anima inquieta, deve sempre fare qualcosa per guadagnare soldi, lui non usa i suoi poteri per questo, a differenza di qualcuno, eh?» e lancia un occhiolino a Luke «Ma comunque poi torna, vi verremo a trovare!» chiarisce, guardando Vanessa che, al sentire quelle parole, risolve il primo quesito che non intendeva rivolgere a nessuno di loro, se non a Luke, una volta soli.
«Mi dispiace che abbiate fatto tutto questo viaggio per niente…» continua a recitare la sua parte Jade, rivolgendosi sempre a Vanessa, non perdendo il suo sguardo un solo secondo «Sai, Vane, io conoscevo degli Hemmings, erano i nostri vicini di casa! Vero, papi?» e l’uomo si ritrova interpellato dal nulla ma, non appena Jade gli rivolge un ulteriore sguardo, annuisce, cercando di apparire più convincente possibile «Certo! Come ci si può scordare di loro…» frase interrotta dall’intervento di Vanessa.
«Sono i tuoi genitori?» si rivolge a Luke che, mettendoci l’anima, cerca di trattenere il senso di colpa: scuote la testa.
«Jade dice che la signora era Hemmings, ma il cognome del marito era… era…»
«Era Flynn!» lo aiuta Jade, ancora una volta «Solo che non avevano figli… sono morti molti anni fa… vero, papi?» e l’uomo annuisce ancora.
«E la signora Hemmings era figlia unica, quindi non credo che Luke c’entri con loro. In Australia ci sono tanti Hemmings: un’invasione!» fa dell’ironia Jade, facendo perdere il sorriso a Vanessa che, in cuor suo, sperava che quel viaggio portasse a qualcosa di buono ed utile.
«Mi dispiace, Luke» gli prende la mano, mentre lui le accarezza la guancia «Non è niente, davvero. Vedrai che… se sono ancora vivi e se è destino… li troviamo, ne sono sicuro» e non la lascia ribattere perché appoggia le labbra alle sue.
E Vanessa lascia che quel bacio sia la cura a tutte le domande che si è posta per tutto il giorno.
Ora tutto ha più senso, nella sua mente, ora è sicura che Luke aveva un motivo ben preciso per essere lì: Jade era la prima risorsa che aveva, poteva dargli un indizio per cominciare la sua ricerca, Jade che è la ragazza di un suo amico, un altro angelo che ha rinunciato al suo stato di angelo totale per amore di un’umana, un angelo che ha un figlio, un angelo che si comporta da essere umano e lavora per il bene della sua famiglia.
Un viaggio lungo ma che non ha dato un risultato, ma solo la forza di rimettersi a cercare.
Sorride in quel bacio, Vanessa, non ha alcun motivo per sospettare altro, è in pace con se stessa, è in pace con tutto.
Da domani, la ricerca può cominciare e lei e Luke saranno più uniti di prima.

 
 
 
 
Note di Nanek
Sempre più in ritardo! Yuppi!
Vi chiedo scusa, per l’ennesima volta.
Purtroppo questo semestre sono all’Università tutti i cazzuti giorni, non sapete che nervi e che rabbia.
Passiamo direttamente alla storia perché questo capitolo è la chiave di tutto!!
Spero di essere stata chiara, ma in ogni caso, vi spiego in sintesi.
Allora, l’ipotesi di Luke è questa: lui ha dei ricordi sfocati in testa, riguardanti la sua famiglia, okay? Bene, solo che, semplicemente, non ricorda nulla, né nomi, né volti, né voci, non ricorda nulla.
Lui dice: beh, ho poteri ultra potenti, li uso per ricordare, ma i suoi poteri gli vanno contro: come se NON volessero farlo tornare dalla sua famiglia.
Luke allora pensa questo: i miei poteri mi ostacolano perché io ho finito il tempo da trascorrere con la mia famiglia, sono morto e non posso tornare indietro. Da questa frase, deduce che il tempo che ha con Vanessa è un anno e dopo questo lui deve andarsene, giusto?
E lui dice: e se io non me ne andassi davvero?
Ed è questa la chiave di tutto, questa è la soluzione alla domanda “dove vanno gli angeli dopo un anno?”: gli angeli dopo un anno tornano ad essere angeli con solo un problema, NON ricordano nulla.
Quindi Luke dice, ma se io non ricordo i miei genitori, loro si ricordano di me?
Per darsi una risposta, va da Jade, l’unica che può darle una risposta dato che Michael se n’è andato: e la risposta è che Jade si ricorda perfettamente di Michael.
Quindi, in conclusione, dopo un anno, Luke si scorderà di Vanessa, ma lei invece si ricorderà di lui.
Quindi, Luke ha bisogno di Jade e viceversa: Luke aiuta Jade a trovare Michael, e lei dovrà (allo scadere dell’anno) aiutare Vanessa a trovare Luke.
Ricordiamoci che, però, per ora, Vanessa non sa ancora nulla.
Bene, dite che ho fatto un po’ di chiarezza? Lo spero davvero!!
Commenti riguardo questa Jade? È una burlona dai :D la adoro, e somiglia casualmente alla AndySmile <3 :D
Bene, detto questo, vi ringrazio per ogni cosa, spero di trovare qualche recensione <3
Spero di non deludervi <3
Se avete domande, io ci sono sia su ask sia su twitter, non fatevi problemi a chiedere!!
Ask: purtroppo solo domande NON anonime, dai fatevi ask che è divertente ;) Nanek 
Twitter: @Vanek5SOS
Ci sentiamo presto ;)
Grazie ancora <3
ps: NEK SECONDO A SANREMO. Indovinate chi sclera. Io.
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** #FattiAvantiAmore ***


Capitolo 14

#FattiAvantiAmore

Image and video hosting by TinyPic
 
Abbiamo mani per afferrarci
Girare insieme come ingranaggi e poi
Abbiamo occhi con cui vediamo
Ma se li chiudi ci riconosciamo
Perfetti come macchine
Miracolo di nervi ed anime
Io non ti chiederò perché
Ti stringo e credo a te
Siamo fatti per amare
Nonostante noi
Siamo due braccia con un cuore
Solo questo avrai da me
Fatti avanti amore
 

E sono passate quattro settimane da quell'incontro con Jade.
E Luke ci sta provando davvero.
Ci sta mettendo anima e cuore per trovare Michael, per riportarlo alla sua famiglia, per farlo risvegliare da quella amnesia che lo tiene lontano da Jade e da suo figlio.
Ma Michael sembra scomparso.
Lo ha cercato tutte le notti, quando Vanessa si abbandonava al sonno profondo, lo ha cercato in ogni via, in ogni vicolo, in cima ad ogni palazzo.
Lo ha cercato di giorno, mentre Vanessa lavora, o anche in sua presenza: i suoi occhi azzurri non hanno mai smesso di cercare quella figura, facendolo sospirare amaro di fronte alla delusione.
Ha chiesto pure ad Ashton di aiutarlo, gli ha spiegato la situazione, lo ha supplicato di non dargli le spalle, ma neanche gli occhi dell'amico sono serviti a molto.
Sydney è grande, è immensa e Michael è un angelo con ali grandi in grado di portarlo anche più lontano.
Vanessa, dal suo canto, continua a credere che la delusione di Luke sia dovuta al fatto di non riuscire a ricordare nulla riguardo i suoi genitori.
Gli chiede spesso se gli è venuto in mente un dettaglio, per esempio, quando lui si incanta a guardare qualcosa o qualcuno. Gli chiede spesso se si ricorda almeno se la sua casa è sempre stata Sydney o no. Gli chiede spesso di controllare l'elenco telefonico, facendolo ridere.
Come può davvero credere di riuscire a trovarli chiamando ogni singolo numero? Considerando poi che, forse, molti Hemmings non usano il telefono fisso? Considerando che, forse, i suoi genitori potrebbero essere morti?
Vanessa rabbrividisce sempre a questa possibilità, scuote la testa, non vuole crederlo davvero: vuole dargli speranza, vuole dargli un motivo per continuare a cercare, non si vuole arrendere, vuole renderlo felice, lui ha fatto così tanto per lei.
E lei ora lo fissa, Luke, mentre lo guarda entrare nel bagno al posto di lei, appena uscita con l'asciugamano legato al petto e che arriva al ginocchio, i capelli biondi e ancora un po' umidi che scendono lunghi, gli occhi blu che, ora, guardano verso il letto ancora da fare, privando la curiosità di farsi sentire.
Si siede sul letto, la pelle ancora un po' accaldata.
Sono stati al mare questa mattina.
Nonostante l'estate sia ormai quasi finita, hanno voluto tornarci ancora una volta, l'ha voluto lei, in particolare, per far diventare realtà quel sogno di molto tempo fa.

Loro due in riva al mare, seduti su un telo, sotto il sole non troppo aggressivo.
Le pelli che profumano di crema, perché quella serve sempre, soprattutto a lei che è così chiara.
La brezza del mare che muove appena i capelli.
Capelli biondi e umidi.
Perché Luke ha voluto farle fare un ultimo bagno al mare, prendendola in braccio di peso e correndo tra le onde, lanciandola in acqua, ricevendo insulti di tutti i tipi da parte di lei che, sempre troppo freddolosa, ha cominciato a tremare un po'.
Si sono avvicinati, o meglio, Luke si è avvicinato.
Il corpo perfetto, bagnato da quell'acqua cristallina, gli occhi azzurri e divertiti, le labbra aperte in un sorriso bellissimo, le braccia che prendono il corpo di lei, facendo combaciare i loro bacini.
Facendo sfiorare i loro corpi fin troppo scoperti, divisi solo dal tessuto dei loro costumi, procurando ad entrambi un lieve rossore sulle guance, rossore che lei si è affrettata a far indietreggiare, spintonandolo via, dicendogli di essere cattivo.
Ma le parole non combaciano con i gesti perché, Vanessa, lo ha abbracciato, si è stretta al suo corpo in cerca di calore, lasciando cadere tra di loro un silenzio timido, fino al momento in cui sono tornati in riva.
Si sono seduti.
Lei tra le gambe di lui.
Lui dietro di lei, le mani avvolte sulla sua pancia, i polpastrelli che accidentalmente sfiorano parti di pelle troppo sensibili.
E lei ha sentito il cuore battere più forte.
Anche perché lui ha toccato la sua spalla con le labbra, fino ad arrivare al collo, lentamente, facendole venire i brividi.
«Hai una strana cicatrice, sulla scapola» ha voluto deviare il discorso, sentendo quelle labbra allontanarsi, sentendo il mento di Luke appoggiarsi alla sua spalla destra, sentendo la sua presa un po' più stretta.
«Sono le ali» ha detto sicuro, ha mentito bene, senza che a lei venisse qualche dubbio: sicuro e deciso, mentre dentro sentiva il senso di colpa.
Quando dirle la verità?
Questa domanda è la peggiore delle torture, inoltre, la voce di Jade rimbomba prepotente nei suoi pensieri.
Quando glielo dirà, soffrirà.
Quando glielo dirà, lei non vorrà ascoltarlo.
Quando glielo dirà, troverà mille ostacoli che si metteranno in mezzo, impedendo la ricerca, quando sparirà.
Un brivido gli prende la schiena.
Un brivido di paura e timore.
E se lui sparisse davvero?
Se la sua tesi fosse completamente sbagliata e diventasse aria?
Cerca di mantenere la calma, cerca di bloccare quei pensieri così catastrofici.
Ma da solo non ci riesce.
Sarà lei, inconsapevolmente, a distoglierlo dal buio delle sue riflessioni.
Vanessa si è voltata a guardarlo.
Occhi blu specchiati in occhi azzurri.
E Luke crede di non aver mai visto un viso più bello.
Le ha sorriso, avvicinandosi un po’ di più.
Le loro labbra si sono unite piano, leggere, come se temessero la passione, come se non fosse ancora il momento, insicuri di quello che potrebbe succedere, insicuri di sbagliare ogni cosa.

 
Ma, Vanessa, ora seduta sul suo letto, sente che stanno cercando solo scuse per rimandare.
Si sente quasi stanca della sua insicurezza, si sente troppo impaziente di aspettare.
Luke.
Luke lo conosce da quando aveva sei anni.
Lo ha visto crescere con lei, lo ha visto cambiare, farsi adolescente, farsi più uomo, ha visto sparire i brufoli dalle sue guance, ha visto le spalle diventargli più larghe e muscolose, ha visto quegli stessi occhi azzurri rimanere sempre uguali, soprattutto quando si rivolgono a lei.
Conosce Luke in ogni cosa, in ogni sfumatura, sa che è disposto a tutto per lei, sa che come lui non ci sarà nessun altro.
Lo ama.
Di questo è più che certa.
Ha confessato questo sentimento a se stessa milioni di volte.
Lo ama, ed è la cosa più sincera che sente.
Lo ha amato a parole, quando era ancora un angelo puro.
Lo ha amato pure quando le lacrime le rigavano le guance.
Lo ha amato in ogni possibile gesto, da quando lui ha dato una svolta alle loro vite, diventando, solo per lei, mezzo uomo.
Ma sa benissimo di volere di più.
Sa benissimo che lo vuole pure lui.
È il momento di amarlo del tutto, di amarlo con il corpo e non solo con le parole.
Concedersi a lui.
Concedersi a lui, un angelo, per la prima volta.
Deglutisce a vuoto.
Scuote la testa.
E se lui… non amasse il suo corpo?
E le mille domande nascono dentro di lei.
Dalle più banali, alle più insensate, alle più improbabili.
Ma sono le tipiche domande di chi ama davvero, di chi si preoccupa per l'altro, di chi si preoccupa di essere quello che l'altro desidera.
E lei vuole essere davvero quello che lui sogna, desidera, immagina.
Lo vorrebbe davvero, ma ammette le sue imperfezioni, le riconosce, non si possono cambiare con uno scocco di dita, mica ha i poteri di Luke, lei.
Sospira, quasi si ritrova a sorridere di se stessa per quei pensieri infantili, ma che proprio non riesce a scacciare via.
Quando aveva diciotto anni, è stata Clary la prima ad averlo fatto, del loro gruppo.
Poi Hilary.
Poi Anastasia.
Solo lei non ha mai sentito il bisogno di concedersi a qualcuno.
Perché nessuno era Luke, nessuno era paragonabile al suo angelo.
Le parole delle sue amiche se le ricorda a memoria, ma le loro preoccupazioni erano davvero inutili, almeno così pensa lei.
Hilary si lamentava delle sue cosce muscolose, le cosce di una ginnasta, sode, perfette, non così eccessivamente grandi come pensava lei.
Ma Hilary ha occhi profondi e bellissimi, le ciglia lunghe che catturano l’attenzione, che mettono ancora più in risalto il colore dei suoi occhi: quel verde mescolato al marrone, quel colore che incanta e fa arrossire.
Anastasia, invece, ogni scusa era buona per lamentarsi dei suoi fianchi larghi, non notando però, che la sua bocca carnosa racchiude un sorriso spettacolare; quelle labbra sono davvero un invito gratuito a baciarle, sono perfette, quasi a forma di cuore e, Vanessa, glielo ripeterà sempre quanto gliele invidia.
E poi c’è Clary, la piccola York, che pur di nascondere la sua bassa statura, indossa sempre tacchi da vertigine: era questa la sua paura, la prima volta che l’ha fatto, l’essere troppo minuta, troppo piccina, l’essere vista come una bambina.
Ma, tutte le sue amiche, le hanno fatto notare che di grande ha ben due cose: il cuore e le tette, e queste ultime, sono sempre andate a suo favore in fatto di ragazzi.
E, poi, Clary è una bomba, è una fonte di energia, ha la simpatia che scorre ovunque, si fa bene volere pure dal peggior nemico.
E lei, invece?
Vanessa che cos’ha di speciale?
Proprio non lo sa, dato che crede ancora di essere l’ultima scelta di quel gruppo di ragazze.
Non si ritiene l’emarginata socialmente, solo che… non ha ancora capito che punto del suo corpo sfruttare al meglio, non sa quale sia il suo punto migliore.
Lei, seno non ne ha, anzi, dato che “ama” farsi soprannominare “tavola”.
È alta, ma non si ritrova le gambe così lunghe.
Ha le spalle più larghe delle sue amiche.
È bionda, ma mica naturale.
Ha un bel sorriso, ma non come quello di Anastasia.
Ha gli occhi blu, ma gli occhiali coprono sempre un po’ troppo.
Sa essere simpatica, ma sa anche essere molto timida e silenziosa, pure scontrosa.
Sospira ancora dandosi della stupida.
Credendo di essere davvero all’apice della pazzia: da quando si fa tutti questi problemi con se stessa? Da quando ha cominciato a fare un elenco di cose belle e brutte del suo corpo o della sua personalità?
Forse, innamorarsi di un angelo così perfetto comporta pure a questo.
Comporta al domandarsi se si è davvero abbastanza.
Si stringe nelle spalle.
Sente i brividi del freddo.
L'asciugamano non la tiene sufficientemente al caldo.
Ma non ha il tempo di alzarsi, dato che Luke esce dal bagno, l'asciugamano bianco stretto in vita, i capelli biondi ancora leggermente bagnati, gli occhi azzurri che si rivolgono ai suoi, mentre sorride appena, avvicinandosi.
«Hey» le dice piano, mentre si siede dal suo lato del letto, guardandola, incitandola con la mano a stendersi vicino a lui.
«Dovrei vestirmi» risponde lei, arrossendo leggermente, volgendo lo sguardo al pavimento.
Sente, però, le braccia di lui avvolgersi al suo corpo.
Lo sente trascinarla su quel letto, facendole appena il solletico, comprendo i loro corpi con il lenzuolo, mentre si posiziona sopra di lei, beandosi di quella risata speciale.
I capelli di lei sono lunghi sul cuscino, gli occhi blu tentano di nascondere un po' di vergogna, si morde il labbro e arrossisce, quando si rende conto che l'asciugamano si è abbassato un po', lasciando scoperto il suo seno, tanto che si affretta a coprirsi con le mani, sotto lo sguardo serio di lui.
Luke non esita ad avvicinarsi al suo viso, racchiudendo le sue labbra in un bacio, dando vita, nuovamente, a quella passione che a Venezia hanno controllato.
Passione che brucia.
Passione che, adesso, non vogliono fermare.
Come se fossero curiosi, forse.
Come se volessero sapere cosa si prova.
Come se fosse il momento, questo e basta.
E la mano di Luke esita un poco, prima di scostare quella di Vanessa dal suo petto, andando ad accarezzarle il seno scoperto, facendola rabbrividire, facendola irrigidire, perché mai nessuno l'ha mai toccata così.
Le mani di lei passano sulla pelle della schiena di Luke, mentre quelle labbra gli baciano le guance, la mascella, le spalle, in modo lento, perfetto, facendogli sentire quelle emozioni così forti.
E lui, sotto quel tocco, quasi si dimentica quanto brucia il ricordo di quel numero che gli segna la scapola.
Quel nove che sta sbiadendo sempre più verso un otto, ma che ora non ha importanza.
Troppo presi l'uno dall'altra, da quel momento tanto atteso, da quel momento che stanno condividendo insieme.
La prima volta per entrambi, la timidezza e l'esitazione a renderli impacciati e disarmati.
Come si impara ad amare qualcuno?
Come si capisce qual'è la cosa giusta da fare?
E neanche qui non ci sono regole.
«Vane...»
«Luke...»
Si chiamano quasi all'unisono, dando voce alle loro paure.
«Io non l'ho...»
«Neanche io»
E quasi sorridono.
«Non voglio farti male»
«Mi fido di te»
Una carezza sul fianco di lei.
«Sei sicuro, Luke?» e lui inarca il sopracciglio.
«Dovrei farti io questa domanda...»
«Chi non vorrebbe un angelo come te?»
Lei arrossisce.
Lui sorride, intuendo subito le sue paure, sentendo quei pensieri che rimbombano nella sua testa, sentendo tutte quelle paure che sono troppo difficili da confessare.
Le si avvicina.
Le lascia un bacio.
«Sei bellissima, Vane» e lei sente il cuore in gola: come nel suo sogno.
«Non desidero nessuno se non te. Credimi» tenta di rassicurarla ancora, lasciando una scia di baci sul suo collo, per poi scendere sulle spalle, sul petto, lasciandole sentire a pieno quei brividi mentre, con la mano, cerca nel comodino quella bustina argentata che ha tenuto nascosto ai suoi occhi.
Si guardano ancora una volta.
Lui in cerca di consenso.
Lei in cerca di sicurezza.
Le loro bocche tornano ad unirsi ancora, mentre diventano una cosa sola.
Lasciano che la stanza si riempia dei loro gemiti, dei loro respiri più profondi, del rumore dei loro baci, mentre le loro mani toccano e sfiorano leggere.
Avviene tutto così velocemente.
Veloce ma intenso.
Le loro guance sono rosse, così come le loro labbra.
Il corpo di lei quasi trema, ma trova rifugio presto, perché lui l'avvolge tra le sue braccia, baciandole la fronte.
E lei non si è mai sentita così protetta.
E lui crede di non aver mai amato così a pieno.
Lei gli carezza la guancia.
Lui bacia quelle dita magre.
Si sorridono.
E le parole non servono.
Occhi blu che si perdono in occhi azzurri.
 



 

Note di Nanek
FATTI AVANTI AMOREEEEEEEEE
Questa canzone è la mia nuova droga: Nek è un genio e questa canzone è asdfghkl
Dovete ascoltarla, vi costringo u.u
Bene bene bene, i nostri cuccioliniiiiiiiiiiiiii <3
Ce l’abbiamo fatta ad arrivare a sto punto,  neh?
Perdonatemi i pochi dettagli ma… è pur sempre una ff gialla e… Luke è pur sempre un angelo XD
Il mio angelo preferito <3
Dolceeee <3
Bene basta, sono scoppiata.
Spero che il capitolo vi piaccia =)
Spero di trovare qualche recensione piccina piccina ;)
Il prossimo capitolo sarà tostissimo, vi avviso ;) nuovi personaggi in arrivooo!
Per chi aveva chiesto: la storia finisce al capitolo 20 ;) manca poco dai, poi non mi vedete più con sto Luke angelo XD
Grazie come sempre per qualsiasi cosa <3
Se avete bisogno di me:
Ask: Nanek 
Twitter: @Vanek5SOS
Ci sentiamo presto ;)
Grazie ancora <3
Nanek
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Ricominciare. ***


Capitolo 15

Ricominciare.

Image and video hosting by TinyPic
 
 
Voglio entrarti dentro l'anima,
e che sia con questa musica,
per lasciarti l'impronta di un segno che non va più via,
e sapere,
di restare
indelebile come nessuno ha mai fatto con te



«Buongiorno» saluta Vanessa, seduta alla sua postazione in biblioteca, quel lunedì mattina alle dieci e mezza, il sole già alto nel cielo di Sydney, il traffico chiassoso che invade l’aria ma che non trova spazio in quell’edificio un po’ isolato.
Ha i capelli raccolti in una treccia lunga, sta mattina, gli occhi stanchi, truccati leggermente, coperti dalla montatura nera dei suoi occhiali; le labbra screpolate, perché solo lei riesce a ridursele in quello stato per un po’ di vento fresco, le guance arrossate per il gran caldo che c’è lì dentro; ha una camicia bianca, abbinata ad un maglioncino bordeaux e un paio di jeans stretti, ha le gambe accavallate e un segno un po’ troppo violaceo sul collo, segno che ha tentato in malo modo di nascondere: Luke non doveva proprio scoprire quanto fosse bello farle dei succhiotti, pensa, alzando gli occhi blu sulla figura del ragazzo davanti a lei.
Ragazzo con un foglietto bianco in mano, ragazzo che in realtà ha i lineamenti di un uomo, i capelli biondi, gli occhi azzurri, un po’ di barba rossastra che nasconde le fossette appena marcate: le sorride con imbarazzo, le rivolge un’occhiata quasi disperata, come se non avesse mai messo piede in una biblioteca e si trovasse spaesato.
«Salve… Ciao» la saluta, abbassando lo sguardo sul pezzo di carta che tiene in mano, toccandosi nervosamente i capelli.
Vanessa lo scruta divertita, questo tipo, la sua camicia attira la sua attenzione per la strana fantasia che si ritrova: è una camicia arancione, ghirigori blu a caratterizzarla, colori piuttosto in contrasto tra di loro a suo parere, sembra una camicia Hawaiana, forse fin troppo leggera per l’autunno ormai alle porte.
«Mi servirebbero questi libri e questi film» si arrende, lasciandole leggere i vari titoli riportati.
Scritti in ordine, uno sotto l’altro, con tanto di regista o autore, penna blu, una calligrafia che, se deve essere sincera, le ricorda tanto qualcosa: così disordinata, striminzita, le “a” e le “o” che si riconoscono appena… come la calligrafia di Luke.
Il pensiero viene allontanato, non appena comincia a cercare dal suo computer le posizioni del materiale richiesto, si segna tutto velocemente a matita, per poi alzarsi per andare a recuperare il tutto.
Ci impiega davvero poco e, quando torna, quello strano ragazzo ha il portafoglio in mano.
«Quanto le devo?» chiede, mentre lei abbozza un sorriso.
«In biblioteca non si paga il noleggio, tranquillo» lo rassicura, mentre lui resta basito dalla risposta.
«Mi puoi dare la tua tessera?» lo interroga, ma lui inarca il sopracciglio.
«Quale tessera?»
«Quella per la biblioteca… per effettuare i prestiti…» si spiega meglio lei, ricevendo occhi ancora più confusi: doveva aspettarselo.
Sospira, mentre cerca velocemente una penna e il modulo da compilare.
«Inserisci nome, cognome, data di nascita, indirizzo di casa, mail. Ci servono i tuoi dati, così poi puoi noleggiare tutto quello che vuoi. Ovviamente, i tuoi dati non verranno sbandierati ai quattro venti, saranno usati solo per necessità» sorride, mentre lo vede afferrare la penna, annuisce appena, mentre comincia a compilare il tutto.
«Quando hai finito vado a plastificarti la tessera, poi ti do tutto quello che hai richiesto» lo rassicura ancora, ricevendo solo un leggero rumore come risposta.
Ma quando il ragazzo le consegna il modulo, il cuore di Vanessa perde un battito.
Jack Hemmings.
Il nome scritto su quel foglio la fa impallidire.
Jack Hemmings.
Non sbaglia, non è un errore, quel cognome è davvero come quello di Luke.
Non si rende conto di non essersi ancora alzata, non si rende conto che sta fissando troppo attentamente quel pezzo di carta, tanto che il ragazzo ancora davanti a lei, prova a riportarla alla realtà.
«Ho sbagliato qualcosa?» chiede infatti, facendole voltare lo sguardo verso di lui.
Scuote la testa incerta, si schiarisce la voce, prima di trovare quel poco di coraggio.
«Hemmings? È il tuo cognome?» domande che le fanno accelerare il battito cardiaco.
«Sì, mi chiamo Jack Hemmings. È… un problema?» e lei ride nervosa.
«Certo che no! Cosa vai a pensare. È che… devo scriverlo sulla tessera e… beh, non vorrei sbagliare» mente, mentre lui annuisce appena, chissà che sta pensando di lei in questo momento.
«T-torno subito» balbetta, alzandosi e andando a preparare l’occorrente, facendo qualcosa che non sarebbe troppo corretta a lavoro ma che serve a Luke, serve a quella ricerca, serve ad aiutarlo a trovare la sua famiglia.
Fa una fotocopia del modulo d’iscrizione, lo nasconde nella sua borsa, prima di tornare da Jack.
«Ecco qui» gli porge la tesserina, mettendogli sotto gli occhi i due libri disponibili e tre dvd.
Lui la ringrazia con un sorriso, mette via il tutto, lascia scivolare un’ultima domanda.
«C’è altro?» domanda che Vanessa non riesce ad ignorare.
«Per caso… conosci Luke Robert Hemmings?»
E quelle parole fanno cadere l’ultimo dvd dalla mano di Jack.
Il ragazzo si affretta a chinarsi, cominciando una serie di imprecazioni e scuse, il dvd non è uscito dalla custodia, fortunatamente, ma il rossore sulle sue guance hanno la meglio, quel velo d’imbarazzo cade nei suoi occhi: e mai come in questo momento, Vanessa riconosce nel suo sguardo, nei suoi lineamenti, gli stessi di Luke.
«C-cosa?» chiede Jack, volgendole lo sguardo, lasciando che quell’azzurro risulti ancora più familiare a quelle iridi blu.
«I-io…» deglutisce «Il mio… il mio ragazzo si chiama Luke Robert Hemmings» spiega, abbassando lo sguardo, sentendo il rossore invaderla, il cuore che pulsa troppo forte, le mani congelate dall’imbarazzo.
«I-io…» e sta volta a balbettare è Jack «Mio… mio fratello…» e quelle parole fanno alzare gli occhi a Vanessa: Jack potrebbe essere la strada da seguire.
«Lui…» e la voce gli muore in gola, un colpo di tosse gliela schiarisce, gli occhi azzurri un po’ lucidi, ma che tornano ad essere calmi «Niente, lascia stare. Ne conoscevo uno, sì, ma… è morto» dice semplicemente, sorridendo appena, affrettandosi a salutarla, come se non volesse più sostenere il suo sguardo.
«Ci vediamo tra una settimana, che ti riporto i dvd» si congeda, lasciando Vanessa impietrita, lasciandola annuire appena, mentre accelera il passo verso l’uscita.
Lei non fa in tempo a sedersi, catturata da una figura che si fa vedere alle sue spalle.
«Luke…» dice con voce fioca, mentre lui ha uno sguardo indecifrabile, un mix tra tristezza e voglia di lasciarsi andare alle lacrime, uno sguardo vuoto e buio che la porta ad abbracciarlo stretto, come a dargli calore.
«Hai sentito tutto?» lo interroga, mentre lui le accarezza la schiena, le spalle.
«Lui… è lui, Vane» riesce a dire appena, facendole alzare lo sguardo «Lui è mio fratello. Ho letto nella sua mente, pensava a me, pensava a noi mentre giocavamo in un cortile immenso, mi sono visto da piccolo…» e il fiato gli manca a confessare quelle ultime parole «L’ho visto piangere sulla mia tomba
E Vanessa stringe più forte il corpo del ragazzo.
Sente le sue mani che la stringono a sua volta, sente il cuore che gli batte dentro al petto all'impazzata, nella mente di Luke ci sono solo i pensieri di quel ragazzo che se n'è appena andato.
Vede Jack da bambino.
Vede che prende in braccio un bambino appena nato.
Vede che gli tocca il naso mentre piange.
Si riconosce in quei lineamenti così infantili e delicati.
Vede che Jack lo prende in braccio, lo porta a giocare, lo fa ridere, lo fa volare in alto.
Vede e sente le loro risate.
Vede e sente il rumore delle loro voci.
Vede Jack vestito di nero davanti ad una tomba bianca, dove è riportato il suo nome.
Vede le lacrime.
Sente il dolore.
Si stringe più forte a Vanessa nella speranza che quei pensieri passino più velocemente di così.
«Cosa vuoi fare, Luke?» la sente sussurrare, sente nei suoi pensieri ogni cosa: ha una fotocopia dei dati di quel ragazzo, ha fatto qualcosa di proibito, violando la privacy di quel ragazzo, solo per aiutarlo, solo per dargli la possibilità di essere felice.
Dentro di lui, vorrebbe davvero prendere quell’indirizzo e catapultarsi in quella casa.
Vuole vedere i suoi genitori, vuole stringerli e dire loro che sta bene, che gli dispiace di essersi scordato di loro, che vorrebbe davvero poter cambiare quella strana situazione.
Vorrebbe stare con loro, almeno per un po’, vorrebbe consolarli per le troppe lacrime versate per lui.
Ma, il suo lato d’angelo, lo ferma, lo fa riflettere.
Non può davvero farlo.
Non può comparire dal nulla, non può spiegare di essere un angelo, è surreale, è impossibile, è sciocco e suonerebbe come una presa in giro.
Come può pensare che gli crederanno? Come possono capire l’assurdità di questa situazione?
Non vuole farli soffrire ancora di più.
«Aspetteremo» dice in un sussurro incerto, mentre Vanessa alza gli occhi verso di lui.
«Ma… Luke…» lui scuote la testa.
«No, Vane. Non… non posso, io… cosa dovrei dirgli? Ciao mamma, ciao papà, sono vostro figlio, sono un angelo, ero morto ma… ecco, ora sono mezzo vivo» recita con voce tremante, mentre lei annuisce appena, sconsolata dalla sua decisione così triste ma così ragionevole.
«Mi dispiace, Luke» lui le bacia le labbra gentile, cerca il minimo conforto.
«Vane… aspetteremo. Se è destino… lui tornerà» e nella testa di entrambi va a crearsi quella speranza non ancora svanita.
La speranza che Jack faccia ritorno in quella biblioteca il prima possibile.
*
«C-ciao» balbetta una voce davanti a lei, il giorno seguente a quell’incontro tanto importante.
Una voce per niente nuova.
Una voce che lei riconosce subito e che la fa irrigidire sul posto.
Alza gli occhi dalle scartoffie che stava compilando, le sue iridi blu vanno a scontrarsi su quelle azzurre di lui.
Jack Hemmings è nuovamente davanti a lei, l’aria di chi non deve aver chiuso occhio, i capelli un po’ arruffati, il volto stanco, le mani che tremano, o almeno così sembra.
Si fissano entrambi per interminabili secondi, nessuno dei due sa bene cosa dire, nessuno dei due ha il coraggio di spezzare quel silenzio.
Ma, poi, Vanessa si ricorda di essere a lavoro, si ricorda che il suo lavoro non è stare in silenzio con gli utenti della biblioteca.
«Posso… posso aiutarti in qualche modo?» chiede banalmente, facendogli spalancare gli occhi, cogliendolo impreparato, lui non mirava ad avere una conversazione di questo tipo, è già stato lì il giorno precedente a noleggiare libri, possibile che si sia già scordata di lui?
«Veramente io…» comincia a bofonchiare, schiarendosi la voce «Hai una foto del tuo ragazzo?» chiede diretto, facendola arrossire, il cuore che perde un battito.
«S-scusa?»
«Senti io…» comincia con voce alta, per poi avvicinarsi di più a lei, abbassando i toni, cercando di non sembrare così disperato «Ho bisogno di vedere il tuo ragazzo. Non… non fraintendermi ma, è da ieri che ci sto perdendo la testa. Mio fratello… mio fratello si chiamava Luke Robert Hemmings, non può essere una coincidenza… lui è… lui è morto ma… io… io sento che…» e dicendo quelle parole a voce alta si rende conto dell’assurdità di quel discorso: suo fratello è morto, perché credere all’assurdo?
«Io… devi scusarmi» si allontana «Non so che mi è preso, sono… sono pazzo» ridacchia nervoso «Sono completamente andato. Ti chiedo scusa. Mio fratello è morto anni fa e… io… al sentire quel nome… sono andato a casa dicendo ai miei genitori che Luke è… che Luke è ancora vivo!» esclama, ridendo più forte, non rendendosi conto che le lacrime gli stanno rigando il viso, lacrime che fanno stringere il petto a Vanessa, lacrime di disperazione, lacrime di chi non si è ancora perdonato del tutto un errore.
«Lui era così piccolo, aveva solo tre anni» e i singhiozzi lo affaticano «Noi stavamo giocando a palla. Luke era innamorato di quel gioco, perché era blu, lui amava il blu» e le mani vanno a trascinare via quelle lacrime «Avevo quattordici anni, ero… ero un coglione che si lasciava prendere dalla rabbia così facilmente. Avevo discusso con i miei genitori, ero incazzato con loro e lui… lui voleva solo giocare a palla con me, voleva solo giocare con me!» e il tono della sua voce cattura l’attenzione di troppe persone «E io non ho saputo proteggerlo. Io non l’ho protetto e… lui è finito in strada, una macchina l’ha preso in pieno, sotto i miei occhi» e Vanessa è sicura di non riuscire a parlare, è sicura di sentire il dolore dentro di lei, mentre la invade e la distrugge.
Luke non le ha mai parlato della sua morte.
Lei non ha mai voluto davvero conoscerla.
E, ora che sa tutto, fa male la verità.
Fa male vedere Jack piangere davanti a lei, Jack che si è rannicchiato a terra con le ginocchia al petto, Jack che non riesce ad interrompere i singhiozzi.
Ma, poi, dietro di lui, quella figura compare.
Compare quel ragazzo dagli occhi azzurri e i capelli color dell’oro.
Compare con viso triste e labbra che non osano emettere un suono.
Luke compare dietro a Jack e si china verso di lui.
«Non è stata colpa tua» gli sussurra, portando un braccio attorno alle sue spalle «Non è stata colpa tua, io non ti odio, io non ti do nessuna colpa» continua sincero, mentre l’altro alza gli occhi verso i suoi.
Si fissano per qualche secondo.
Jack lo scruta in ogni dettaglio, come se stesse cercando di capire, come se ci fosse qualcosa di familiare in quel ragazzo che lo sta confortando.
«Sono Luke Robert Hemmings, sono tuo fratello, devi credermi
*
Quando Jack apre la porta di casa Hemmings, Luke non riesce proprio a stare tranquillo.
Stringe la mano di Vanessa, al suo fianco, in quel tardo pomeriggio, la guarda, ha gli occhi pieni di incertezza e paura: e se sua madre non lo riconoscesse? Se lo cacciassero di casa? Se non gli credessero?
Mille domande più che logiche.
Domande alle quali deve rispondere con sincerità: lui è un angelo, mezzo umano, lui ha dei poteri sovrannaturali… come può pretendere di essere creduto?
La stretta da parte di lei tenta di infondergli un po’ di fiducia, fiducia nei sentimenti puri delle persone, fiducia in chi gli ha voluto tanto bene, fiducia in chi non l’ha mai dimenticato.
Fanno il loro ingresso, trovando l’intera famiglia Hemmings riunita tra la cucina e il salotto: c’è una bambina piccola, che corre subito tra le gambe di Jack, c’è una ragazza che sta seduta su una sedia e gli sorride, inarcando il sopracciglio nel notare i due ospiti; un ragazzo e un uomo sono seduti sul divano, intenti a guardare la televisione, mentre, vicino ai fornelli, c’è una donna, di spalle, i capelli corti, biondi e boccolosi.
«Famiglia, volevo presentarvi i miei due amici, saranno nostri ospiti per sta sera» alza la voce Jack, mentre la televisione viene spenta e gli occhi di tutti si concentrano sui nuovi arrivati.
«Questa bella bimba è mia figlia, Asia» la prende in braccio, lasciandole un bacio rumoroso sulla guancia «Lei è Celeste, mia moglie» indica la ragazza prima seduta sulla sedia: i capelli castani raccolti in una coda, occhi da cerbiatta e un sorriso gentile, stringe la mano ad entrambi.
«I due pigroni sul divano sono mio fratello Ben e mio padre Andrew» gli occhi di Jack si fermano in particolar modo sugli occhi di Luke, il quale, fissa intensamente ogni persona che gli viene presentata, stringe mani ma non osa emettere un suono.
«La super cuoca, invece, è mia madre, Liz» le va vicino, prendendola sotto braccio, facendola voltare verso i nuovi arrivati, facendo quasi sbiancare Vanessa per la troppa somiglianza con Luke.
«E voi siete?» li interroga con sguardo quasi glaciale.
«Vanessa, è un piacere» si presenta velocemente, mentre Luke resta imbambolato davanti a quella figura.
Legge nei suoi occhi il dolore provato anni prima.
Legge chiaramente la sofferenza che la sua morte ha provocato.
Difficili sono da contare le lacrime che hanno rigato quelle guance.
Deglutisce, avvicina la mano lentamente.
Lancia uno sguardo a Jack, prima di lasciare che quella bugia esca dalle sue labbra «Mi chiamo Calum, Calum Hood» facendo voltare pure Vanessa verso di lui, stupita, incredula.
Jack non osa fare domande, sente appena quella confessione da parte di Luke quando gli passa accanto «È meglio così», confessione che Jack capisce, senza ribattere.
Come può davvero pensare che sua madre creda alla storia che Luke gli ha raccontato?
Luke, un angelo, un angelo che ora è mezzo uomo, un angelo che ha poteri straordinari, in grado di volare, di sentire i pensieri della gente.
Potrebbe dimostraglielo, potrebbe convincerla con delle prove concrete, esattamente come ha fatto quel pomeriggio con lui.
Perché non tentare pure con la propria madre?
«Perché continua a soffrire più di tutti voi» sussurra ancora Luke, captando quelle numerose domande nella testa di Jack, facendolo annuire, mentre tutti prendono posto a tavola.
Si siedono tutti insieme, ordinano pizza per cena, Jack si inventa balle su balle sul perché li ha invitati a cena, bugie alle quali tutti sembrano credere, nonostante Vanessa non sia una buona attrice.
Durante la cena, ognuno parla della propria giornata, del lavoro, della spesa, del tempo, dei troppi compiti che danno le maestre, Vanessa parla della biblioteca, di scene imbarazzanti ma divertenti con alcuni utenti.
Prende confidenza minuto dopo minuto, si rilassa, si trova a suo agio, arriva a parlare persino dell’Italia, dei suoi genitori, dei nonni lontani, del quanto sia difficile ricordarsi una lingua come l’italiano, ma che suona sempre così sua, come se le appartenesse davvero.
Cattura l’attenzione di tutti i presenti, ma non sembra particolarmente interessante alla donna seduta davanti a Luke.
Liz Hemmings, infatti, continua a fissarlo, come se ci fosse qualcosa che non torna.
Lo fissa da quando si è presentato, lo fissa perché quel nome sembra una menzogna, dato che quando Vanessa lo chiama non sembra neanche sentirla.
Lo fissa e, è certa, quel ragazzo è sicura di averlo già visto da qualche parte.
«Parlaci di te, Calum» interviene in un momento di silenzio, catturando l’attenzione di tutti, tranne quella del diretto interessato che, infatti, volta lo sguardo verso di lei solo quando Vanessa gli tira una gomitata.
«C-come?» balbetta, facendo innervosire Liz.
«Ti ho chiesto di parlarci di te, non hai aperto bocca un secondo, sembri a disagio» e lei suona fin troppo irritata.
«Oh, beh, ecco… io non saprei. Ho… studiato lingue, sono laureato, vivo con Vanessa, noi… beh, ci conosciamo da molto» sorride, guardando la diretta interessata, trovandola rossa in viso ma con un sorriso stupendo.
«Laureato quindi. Beh, i tuoi genitori devono essere molto fieri di te. I miei figli non hanno mai avuto questa gran voglia» fa dell’ironia Liz, guardando i due biondi a tavola che ridono nervosi.
«Già… i miei genitori» abbassa lo sguardo Luke, mentre un velo di tristezza si impossessa dei suoi occhi, occhi che vanno da Liz ad Andrew, occhi che vorrebbero tanto far scorrere le lacrime, occhi che vorrebbero far capire le mille cose che sta urlando nella sua testa: perché non lo riconoscono? Perché non notano una vaga somiglianza con quel bambino che credono morto? Perché loro, suoi genitori, non riescono a… a vedere nei suoi occhi azzurri quelli di quando era bambino?
Sospira a fondo, Luke, mentre fissa il cartone della pizza, cominciando a giocarci con fare nervoso mentre, d’improvviso, qualcosa nell’aria stuzzica il suo naso, facendogli chiudere gli occhi appena mentre starnutisce lievemente, non troppo rumoroso.
E chi avrebbe mai pensato che, un semplice starnuto, avrebbe fatto balzare il cuore in gola a Liz?
Uno starnuto.
Un’idiozia.
Una cosa così banale.
Ma il suo bambino, il suo Luke, a tre anni, se l’era preso il raffreddore, perché l’aria fredda non l’aveva risparmiato, starnutiva spesso, odiava vederlo ammalato e sempre in cerca di un fazzolettino.
Eppure, in questo momento, quel rumore è riuscita a irrigidirla.
Quel Calum ha starnutito, ha il naso rosso, e le ricorda troppo il suo bambino.
Vanessa sospira, butta distrattamente l’occhio verso l’orologio: è ora di andare, non possono stare ancora a lungo, dato che Luke non sembra neanche intenzionato a dire la verità.
Tossisce appena, mentre appoggia la mano a quella di Luke delicatamente, catturando la sua attenzione, permettendogli di leggere nella sua mente quel “Credo sia ora di andare”, pensiero che sente forte e chiaro, a differenza dei pensieri di Liz.
I pensieri di quella donna non vuole sentirli, si sente troppo debole per farlo, si sente impreparato al dolore che pervade quella mente: la mente di una mamma che ha perso il suo bambino di soli tre anni.
Si alzano insieme, sotto lo sguardo di tutti, si alza anche Jack, confuso come non mai per lo strano comportamento di suo fratello, chiede loro di restare un altro po’, li invita a mangiare almeno la torta, ma Vanessa prende parola per entrambi, come se avesse già capito il turbamento di Luke.
«Abbiamo un bel pezzo di strada da fare. Ma vi ringraziamo di cuore per l’ospitalità, davvero» sorride grata «La prossima volta venite voi a cena a casa nostra, sarete nostri ospiti» li invita, facendo annuire felice Jack, dandogli la possibilità di rivedere ancora suo fratello.
Si alzano tutti, pronti a salutarli, Vanessa si sta mettendo il giubbotto quando succede qualcosa di strano che cattura l’attenzione di Liz, in particolare.
Luke si è incantato davanti ad uno scaffale.
Ci sono libri, ci sono piccole statuine, ci sono fiori e un’unica foto: la foto di un bambino biondo, i capelli a caschetto che cadono lisci, le guance segnate da due fossette, gli occhi grandi, azzurri come il cielo, mentre sorride all’obiettivo.
Ha una maglia verde, i pantaloni in jeans chiaro, tiene in un abbraccio un cane nero, intento quasi a scappare dalla sua presa.
Luke fissa quella foto senza toccarla e gli viene da sorridere.
Sorride, perché quell’immagine suona di nuovo familiare, suona come un flashback ancora sfocato, confuso, ma che emette suoni che riesce a ricordare.
Sente l’abbaiare di quel cane.
Sente la sua risata da bambino.
Sente il rumore dei suoi passi mentre lo rincorre.
«Avevo anche io una cagnolina nera» dice ad alta voce, fidandosi di quei leggeri residui che la mente fa sentire «Si chiamava Molly» e quel nome fa spalancare gli occhi a tutti: Molly è la cagnolina della foto, Molly è la cagnolina che loro hanno chiuso nel retro per evitare che desse fastidio ai nuovi ospiti.
Ed è Molly che, riportata verso di loro da Jack, si precipita vicina a quel ragazzo, andando a fargli le feste e leccandogli la mano, non abbaia, scuote la coda, sembra felice, sembra rinata, come se quel ragazzo fosse il suo padroncino.
Il che è strano, dato che Molly ha paura pure del postino, non si fida di nessuno se non dei suoi padroni.
Luke le sorride, le accarezza le orecchie, come se la conoscesse da sempre.
«Come si chiama?» chiede verso il gruppo.
«Molly» dice Liz, gli occhi spalancati, il cuore che batte a mille: quel ragazzo le ricorda troppo il suo bambino, quel ragazzo accarezza Molly come il suo bambino, quel ragazzo… no, non può essere il suo bambino; lei, Luke, il suo Luke, lo ha seppellito, è in una tomba, non può essere davvero lì.
Luke, poi, continua a restare incantato ancora da quello scaffale.
Nota dei giochi, nota dei peluches, ma solo uno cattura la sua attenzione: un pinguino.
Sorride di nuovo.
Si meraviglia del fatto che riesca a ricordare qualcosa riguardo a quel semplice giocattolo.
Lo scruta, lo accarezza, si lascia scappare ancora quelle parole.
«Avevo pure questo pinguino! Si chiamava Pengey» e Liz sente una lacrima solcarle il viso.
Il suo bambino aveva scelto quel nome…
«L’ho chiamato così perché me l’aveva consigliato mia madre» conclude Luke, facendole salire un singhiozzo pieno di commozione.
Luke lo ripone al proprio posto.
Accarezza un’ultima volta l’orecchio di Molly.
Vanessa gli si avvicina, la prende per le spalle con fare tenero, si voltano insieme a salutare un’ultima volta.
Eppure, non fanno in tempo ad aprire la porta per andarsene.
Quella voce si fa sentire.
Quella voce li fa voltare di scatto.
Quella voce gli fa salire il cuore in gola.
Quella voce gli dà speranza.
Quella voce fa capire che lei ha voluto credere al cuore e non alla razionalità.
«Luke!» esclama Liz, le lacrime a solcarle il viso, il passo veloce verso il corpo di lui, braccia che lo stringono forte, mentre l’avvolge e le fa appoggiare il viso al suo petto.
«Mamma…» si lascia scappare, ricambiando quella stretta, sentendo le lacrime farsi avanti, lacrime silenziose che scendono leggere sulle sue guance, lacrime di felicità e di sorpresa, lacrime che fanno sorridere Vanessa, felice nel vedere madre e figlio di nuovo insieme.
Si stringono per minuti interminabili, sotto gli occhi confusi della maggior parte dei presenti.
Hanno bisogno di risposte, di chiarimenti, di qualcosa di concreto: Luke era morto, eppure è lì, e sta abbracciando Liz.
Ma tutto verrà chiarito nei minimi dettagli.
Luke non ha bisogno di preoccuparsi, la verità è a suo favore e renderà il tutto più chiaro.
Tutto verrà spiegato.
Non è ancora ora di tornare a casa.
 
 
 



Note di Nanek
E pensare che sono appena tornata a casa dall’Università e ho detto: “Adesso mi guardo Dr. House” ma Charlie, il gatto intelligente, ha miagolato verso il computer ricordandomi che sono UN’EMERITA CRETINA IN SUPER RITARDO.
Ringraziamo Charlie, un applauso, perché lui ha più memoria di me.
Sono in ritardo, mi dispiace da morire, ma con la Andysmile abbiamo mille collaborazioni + Università tutti i giorni + avanti e indietro dal tatuatore (sì, avete letto bene ahah) + NEEEEEEK , sì, insomma, sono stata un po’ impegnata.
Vi chiedo scusa, ma almeno vi porto un capitolo dolce e speranzoso no???
Spero vi piaccia, insomma, io ho pianto mentre lo scrivevo, il mio Lukeyyyy <333          
Comunque, volevo solo dirvi una cosa :D
Siccome ho notato che alcune di voi chiedono alla Andysmile (sul suo Ask) cose riguardanti me… beh, io volevo dirvi che se avete domande potete farle direttamente a me!
Lei ovviamente è buona e non le dispiace rispondervi, io la ringrazio per questo, ma… insomma, non mi sembra giusto, dato che è il suo ask e non il mio.
Quindi, non avete ask per farmi domande?
Scrivetemi in twitter!
Non siate timide, non vi mangio mica! Vi sbrano solo nel caso vogliate insultarmi, ma quella è legittima difesa U.U
Il mio twitter è sempre questo: @Vanek5SOS
Bene, spero di non avervi deluso con questo capitolo, spero di trovare qualche recensione e… grazie, come sempre, per ogni cosa <3
Se siete Ashton’s girl e avete tempo per una OS, ne ho scritta una ;) La persona sbagliata
A presto <3
Nanek

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Amnesia. ***


Capitolo 16

Amnesia.

Image and video hosting by TinyPic
 
Another day and I'm somewhere new
I made a promise that I'll come home soon
Bring me back, bring me back to you.

 

«Mi spieghi perché lo fai?» chiede Vanessa, finendo di sistemarsi il rossetto, guardandosi allo specchietto della macchina.
«Perché faccio cosa?» chiede Luke, seduto al posto del guidatore, fermi al parcheggio mentre aspettano l'arrivo di Clary e tutti gli altri.
«Perché hai accettato di venire in discoteca? Insomma, mi pareva di aver capito che non ti piacesse per niente» spiega lei senza togliere lo sguardo dalle sue labbra: quel rosso scuro le sta benissimo, ha fatto l'acquisto dell'anno.
«Se devo essere sincero: perché finalmente posso ballarti addosso» ride «Ma... Anche perché tu stai rendendo la mia vita fantastica» ammette, facendole sentire il rossore salire bruscamente.
Lui porta una mano sulla gamba di lei, coperta dalle calze scure, il solo tocco la fa quasi sussultare, mentre lui comincia ad accarezzarla piano.
«Ho trovato i miei genitori, loro mi hanno riconosciuto. Tu non sai quanto io... Io ti sia grato e riconoscente. Non credevo fosse possibile» continua quel discorso, mentre lei non può trattenere un sorriso di gioia, al pensiero di quei pochi giorni passati da quella cena, giorni in cui Liz si è fatta trovare spesso per poter stare con Luke, per potergli parlare, per potergli dire quanto gli sia mancato; non sono stati da meno Jack, Ben e Andrew, dato che li hanno invitati già tre volte a casa loro per cena e per guardare la partita insieme.
Sembra quasi incredibile, Luke non l'avrebbe mai ritenuto possibile: loro gli hanno dato una possibilità, loro gli hanno creduto, hanno creduto a lui e ai suoi poteri, hanno lasciato la decisione al cuore e non alla razionalità.
Vanessa, dal canto suo, non sa davvero trattenere la gioia per aver reso così felice Luke.
«Quindi questo è un premio per me?» gli chiede, voltando lo sguardo verso di lui, illuminato appena dalla luce interna: la camicia bianca, i jeans neri e stretti, i capelli perfettamente messi in ordine, il solito sorriso gentile, l'aria di chi è in pace con se stesso.
«Consideralo un'occasione per potermi insegnare a ballare» risponde Luke, osservando la figura di lei: le calze scure, un paio di shorts a vita alta con fantasia scozzese, un top nero che le lascia spalle e parte di schiena scoperte, i capelli che cadono perfetti, il trucco leggero accennato un po' di più solo sulle labbra, quel rossetto nuovo che non passa inosservato.
«Io non ballo bene, infatti, non so muovermi»
«So perfettamente come balli» si avvicina lui «e so perfettamente come muovi bene il didietro, piccola finta innocente» le lascia un bacio sulla guancia, mentre lei ride divertita «Non lo farò più allora, non voglio essere imbarazzante» e sente la mano di lui scendere lungo la schiena, lentamente, provocandole mille brividi.
Le bacia il collo, piano, sentendo il profumo di lei invaderlo.
«Sei tutt'altro che imbarazzante, amore» sussurra, e quel nomignolo le fa andare il cuore a mille.
Ma non ha il tempo di rispondere perché, al finestrino, qualcuno batte con le nocche, catturando la loro attenzione.
Sussultano entrambi dallo spavento e, Luke, se potesse ucciderlo lo farebbe volentieri, dato che Ashton li sta fissando con un ghigno divertito.
«Dai, sporcaccioni! Abbiamo capito che vi piace il sesso ma fatelo a fine serata!» e la sua risata da adolescente rimbomba nelle orecchie di entrambi.
*
Luke può ritenersi più che soddisfatto della serata appena cominciata.
Sono in discoteca da due orette scarse ma ha ballato così tanto che si sente accaldato e assetato.
Ha ballato con Vanessa e dire che si è divertito è usare un eufemismo.
Le ha tenuto i fianchi, le ha baciato il collo da dietro, l'ha sentita muoversi così lentamente e sensualmente davanti a lui che solo in quel momento ha capito il bello della discoteca.
I loro corpi attaccati, la musica nelle orecchie e nel petto, i loro baci rubati, le mani che si sono cercate e intrecciate, il sorriso di Vanessa che, diamine, non ne esiste uno come il suo.
Sì, Luke deve proprio ammetterlo, deve cambiare opinione, la discoteca lo fa impazzire.
Ed ora, lui, siede su un divanetto con Ashton, la solita Piña Colada in mano, la voce di Ashton che, grazie ai loro poteri, arriva tranquillamente alle sue orecchie senza bisogno di urlare, mentre con gli occhi guarda Vanessa ballare con le altre, balla con Clary, in particolare: le parla, volge lo sguardo verso di lui in sorrisi timidi; Luke sa bene di che stanno parlando: parlano di lui, di lei, del fatto di averla chiamata "amore", dei suoi baci... Pure di come fa l'amore.
Il che lo imbarazza a tal punto da dedicarsi solo a quello che dice Ashton.
«Non ti interessa sapere se sei una frana a letto?» gli chiede divertito, mentre Luke fa spallucce.
«Mi amerà lo stesso, spero» e beve un sorso dalla cannuccia.
«Come sei sdolcinato, santo cielo»
«Non credo che una relazione si basi sul quanto resisti prima di arrivare al limite, Ashton. Noi... Beh, ci accettiamo. Pregi e difetti...»
«Sì, sì, non cominciare, ti prego. Anastasia mi rompe le palle a sufficienza» si lamenta il riccio, mentre Luke sposta lo sguardo sulla ragazza in questione, intenta a ballare piano, ondeggiando appena, vicino a Hilary.
«Cosa c'è che non va? Mi sembrate in armonia» e Ashton sbuffa.
«Ero stato chiaro, sin dall'inizio: sesso, niente altro. Ma, lei, cazzo, queste femmine buttano tutto sul sentimentale» e intreccia le braccia al petto, infastidito.
«Toglimi un dubbio, angelo: ma... Tu non senti niente quando fai sesso, quindi, perché sei così ossessionato? Non sai neanche cosa si prova, cosa si sente. Che senso ha tutto questo? » e Ashton non risponde.
Cala il silenzio, come se lui stesse cercando le parole più giuste da dire.
«Io…» deglutisce «Io... Credo di aver fatto una cazzata, Luke» e non osa alzare lo sguardo «Forse... Sai com'è... Capodanno dà alla testa... Fa fare cose folli, a volte» e agita le mani con fare troppo nervoso «Ho agito senza pensare eh... Beh... Io mi sono lasciato cadere, okay? Sono come te, cazzo» e porge verso di Luke il braccio, gli mostra il polso, dove un numero ancora nero gli segna la pelle, un numero che Luke riconosce perfettamente.
«Ashton...»
«No, zitto. Non chiedere perché cazzo l'ho fatto. Perché non lo so. Non lo so e, porca puttana, io le ho detto di non innamorarsi di me! Non può, non deve, io me ne andrò e lei si ricorderà tutto» e stringe i pugni.
Luke sospira, legge chiaramente i pensieri di Ashton.
Senso di colpa.
Angoscia.
Rabbia.
Timore.
Tristezza.
«Sei innamorato di lei» conclude, senza che l'amico alzi lo sguardo verso di lui, lui guarda distante, ha l'aria che sembra assente «Ashton... Ti prego, parla. Non è la fine del mondo, non è brutto provare qualcosa di così bello...» e il riccio si alza in piedi di scatto.
«Michael!» esclama, mentre Luke cerca di tirarlo verso il divanetto.
«Non cambiare discorso, Ash...»
«Coglione, alza il culo! Quello è Michael!» e punta il dito contro un ragazzo al bancone: canottiera nera, jeans scuri, capelli blu, intento a fissare gli umani con fare quasi spaesato, prima di camminare in mezzo a loro.
«Porca puttana» impreca Luke, alzandosi di scatto e, seguito da Ashton, comincia a correre verso quella figura, senza dare spiegazioni a nessuno.
Michael si rende invisibile, loro fanno lo stesso, corrono a passo spedito, cercano di non perderlo tra la gente, non devono perdere questa occasione per nessuna ragione al mondo.
Michael sembra spaesato, sembra sotto ipnosi, non sa bene dove andare tanto che, i suoi occhi, non appena Luke gli tocca la spalla, si riempiono di gioia.
Quegli occhi verdi incontrano finalmente quelli di un amico.
«Luke! Cazzo, ne è passato di tempo!» lo abbraccia, battendo una mano sulla sua schiena, incrociando lo sguardo di Ashton, facendolo sorridere ancora di più «Ash!» lo saluta infatti, mentre il riccio si lascia scappare solo un leggero gesto con la mano. «Michael, finalmente ti abbiamo trovato» gli dice Luke, ricevendo uno sguardo confuso da parte del ragazzo con i capelli blu.
«Che succede?» domanda, ma Luke scuote la testa, sorridendogli benevolo.
«Tu non hai idea di quello che hai combinato»
«Effettivamente mi sento un po'... Strano»
Ashton e Luke sorridono.
«Facciamo così, Michael, per sta sera stai con noi. In un altro momento ti spieghiamo tutto, promesso. Lascia che Luke ti presenti la sua ragazza» fa l'occhiolino il riccio, ricevendo un sorriso d'intesa con il nuovo arrivato, il quale, lancia una gomitata sul braccio di Luke.
«Chi è la fortunata?» ammicca, ma a rispondere non è il diretto interessato.
«Michael, dai, la solita umana che fissa da una vita» e quelle parole fanno sbiancare il ragazzo dai capelli blu.
«Come cazzo hai fatto? Bravo, Hemmo!» e un'altra pacca va a finire sulla spalla di Luke.
«Parleremo anche di questo, te lo prometto Mike» gli dice, incitandolo a tornare verso gli altri, suggerendogli di rendersi visibile, mentre l'altro annuisce.
Ma quando tutto sembra andare per il meglio, nell'aria c'è già qualcosa di diverso.
Perché quando raggiungono il gruppetto, all'appello manca lei.
Michael viene presentato da Ashton, Anastasia prende la mano del riccio con gesto veloce.
Hilary e Clary salutano quasi timide.
Ma lei non c'è.
«Hey, Clary. Ma... Vane?» chiede timidamente Luke.
Lei inarca il sopracciglio.
«Ma... Non l'hai trovata? Ti ha visto scappare e ti è venuta dietro»
E quelle parole lo fanno sentire male.
Il cuore comincia a battere più forte.
Gli occhi spalancati e l'istinto che lo porta a voltarsi di scatto, cominciando a camminare con passo fin troppo veloce tra le gente.
La musica che rimbomba nel petto e nella mente.
Ragazze bionde, ma che non sono lei.
Paura.
Ansia.
Agitazione.
Si sente tremare, sente che c'è qualcosa che non va.
Prova ad usare i suoi poteri.
Prova a sentire i suoi pensieri.
Ma c'è troppo casino.
Ha bisogno di isolarsi, ha bisogno di silenzio. Crea una barriera attorno a lui.
Entra come in una bolla.
Respira.
Si prende un momento per calmarsi.
Si concentra.
Chiude gli occhi.
Passano secondi.
Poi sente quella voce.
La voce di Vanessa.
Quasi percepisce il battito del suo cuore.
Sente che è nervosa.
Sente che i suoi pensieri sono confusi.
È spaventata.
Si concentra ancora.
Riesce a vederla.
È appoggiata al muro vicino ai bagni.
Non è sola.
E Luke crede di provare rabbia allo stato puro.
Comincia a correre.
Spintona la gente che incontra, non capisce nulla, sa solo che deve andare da lei, alla svelta.
Quando arriva, è sicuro di entrare come in ipnosi.
Vanessa contro al muro, l'aria spaventata, le mani che tentano di spintonare via quel corpo che la schiaccia.
Lui, ancora quello stronzo, ubriaco da fare schifo, le mani che la tengono bloccata, le labbra sul collo di lei, mentre bisbiglia qualcosa.
Luke non riesce davvero a trattenere l'ira che sente dentro.
Prende Calum per le spalle, lo sposta dal corpo di lei, quel maledetto ghigno che lo provoca ancora una volta, tanto che Luke non resiste un secondo in più.
Gli tira un pugno, facendo portare una mano sulla bocca a Vanessa.
Gli tira un pugno e deve dire che, sì, finalmente si sente meglio.
Calum barcolla, non l'ha colpito così violentemente, ma l'alcool e il casino che c'è lì dentro lo stordiscono ancora.
Luke non crede a quello che ha fatto.
Ma, quelle parole, escono dalla sua bocca velocemente.
«Possibile che tu sia ancora qui a rompere? Porca puttana, Hood, fatti ancora vivo e giuro che non sai che ti faccio a forza di colpirti!»
I suoi occhi, poi, si volgono verso di lei.
Si guardano, lei si avvicina velocemente, si lascia trascinare verso l'uscita, avvolta dalle sue braccia e protetta dai suoi poteri.
Non appena hanno un attimo di pace, si abbracciano forte, mentre lui le bacia i capelli.
«Stai bene, vero?»
«Sì, sto bene, Luke, davvero»
«Dio. Perché mi hai seguito? Sarei tornato subito!»
«Scusa, Luke, scusa. Io... Beh, non credevo che lui...»
«Quello lì è un coglione, non gli conviene farsi rivedere»
Lei sorride, prende la mano di Luke: nonostante il pugno, la sua pelle è intatta, non un segno rosso.
«Ho avuto paura. Ma sapevo che saresti arrivato» confessa, mentre si stringe ancora un po' al suo petto.
Lo sente sospirare a fondo, Calum l'ha combinata grossa sta volta, gli ha fatto provare emozioni così forti da devastarlo.
«Te lo prometto, Luke, non succederà più» lo rassicura, sentendolo ricambiare la stretta in quell'abbraccio.
«Andiamo a casa, Vane. Dico io agli altri che ce ne andiamo» sussurra, mentre lei annuisce appena, incamminandosi verso la macchina, le cinge le spalle.
Lei sale velocemente, mentre lui esita ancora: deve avvisare gli altri, deve scrivere ad Ashton che se ne stanno andando.
Un pensiero si fa vivo, che lo porta assurdamente a ringraziare quel coglione di Calum.
Lo ha salvato da un piccolo dettaglio che avrebbe mandato in fumo ogni cosa.

"Ash, stiamo andando a casa.
È successa una cosa, ma ne parliamo domani.
Fammi un favore, tieni Michael con te, non dirgli di venire a trovarmi.
Vanessa conosce Jade, gli potrebbe chiedere qualcosa che lui non ricorda.
Aspettiamo domani, chiamerò Jade, le dirò di venire qui lunedì.
Vanessa sarà a lavoro, avremo la giornata a nostra disposizione per chiarire le idee a Michael.
Speriamo che questa amnesia svanisca"





 
Note di Nanek
Eccomi qui insomma.
Reduce da una serie di eventi da urlo, ma sono qui, sono qui e pure MICHAEL è QUI!!
Il piccolo Clifford, l'hanno trovato finalmente! E non si ricorda un accidenti :D
Neanche male, poverello.
Mentre Calum... beh, lui è semplicemente un po' scemo, ma mi serviva un modo per far arrabbiare Luke :D susu, Calum ti voglio bene, quel pugnetto non ti rovinerà troppo.
E non per dire ma… ASHTON SI è LASCIATO CADERE PER ANASTASIA. Cioè. Non ho parole.
Bene, ho ben poco da dire, posso solo dirvi che siamo quasi alla fine ormai, siamo al 16, ne mancano solo 4... il finale l'ho pensato e ripensato e credo di mantenere la mia idea.
Vi chiedo solo, quando posterò l'ultimo capitolo, di leggere le note, perché potreste trovarlo un finale troppo strano e ambiguo ahahah
Ma non pensiamoci adesso dai, c'è tempo!
E nel frattempo, vi lascio i titoli delle OS che ho pubblicato di recente/le ff che ho in corso e che magari potrebbero incuriosirvi!!
I don’t wanna love, If it's not you : os su Ashton
Can I help you? : os su Mikey
Tomorrow Never Dies : Ff a 4 mani con Andysmile =)
E con questo, vi do appuntamento al prossimo aggiornamento <3
Grazie per ogni cosa <3
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Ritorno. ***


Capitolo 17

Ritorno.

Image and video hosting by TinyPic

A Giada, o Jade, o Jadey, o Reddie
A te, insomma, perché ti auguro davvero ogni cosa bella possibile.
 
I would fly to the moon and back if you'll be
If you'll be my baby
I've got a ticket for a world where we belong
So would you be my baby?


«Ben arrivata, Jade.»
Esordisce così Luke, alle tre e mezza del pomeriggio appena scoccate, mentre apre la porta dell’appartamento suo e di Vanessa.
«Ciao, Luke» lo saluta la ragazza dai capelli rossi, una camicia a quadri e un paio di jeans scuri, un sorriso tirato, gli occhi verdi ancora lucidi, occhi di chi ha pianto, per felicità, per speranza, per timore, un mix di emozioni che Luke sente nei suoi pensieri, sente il battito del cuore di Jade andare a mille per quella chiamata tanto inattesa del giorno prima.
Michael, lo abbiamo trovato.
Le ha detto, facendole perdere il fiato.
Devi venire qui, lunedì pomeriggio, al più presto.
Quella voce rimbomba nella sua testa pure in questo momento, la voce di Luke che la incita a svegliarsi, a muoversi: Michael è lì, lo hanno trovato e ha bisogno di ricordare.
Si guardano, lei e Luke, ma una vocina li distrae, la voce del piccolo Nathan che si sveglia bruscamente: è nel passeggino, ha perso il ciuccio, si lamenta appena, ma Jade è pronta a calmarlo subito: l'ansia che lei sente nelle vene è più che sufficiente per entrambi.
«Vieni, entra» la fa accomodare, mentre lei comincia già a guardarsi attorno, come se stesse cercando quella persona con impazienza.
«Arriverà presto» dice Luke, dando subito una risposta «Ti va... qualcosa da bere?» cambia argomento, come se anche lui non riuscisse a trattenere tutta quell'ansia: lui, un giorno non troppo lontano, sarà in quella situazione, si dimenticherà tutto, si dimenticherà di Vanessa, del loro anno insieme. Michael sarà la prova, Michael gli chiarirà quel dubbio: sparirà l'amnesia? O è davvero tutto perso per sempre?
Con i suoi genitori, Luke, non ha avuto problemi a ricordare: quei flashback sono comparsi nel momento più opportuno, quei ricordi sufficienti a legare il tutto, aiutato poi dalle mille fotografie che Liz gli ha mostrato, le poche videocassette dei suoi tre anni di vita, tutto ha contribuito a inserirlo nuovamente in quella famiglia, come se non se ne fosse mai andato davvero.
Ma con Vanessa... è più pericoloso dimenticare.
Lei non è solo parte della sua famiglia, lei è parte della sua vita, della sua esistenza, del suo cambiamento: lei c'è stata in ogni attimo, in ogni occasione, perdere la memoria comporta a perdere una parte di lui che l'ha segnato nel profondo, lui lo sa bene.
Ed è per questo che teme l'amnesia, teme di perdere lei, prima di se stesso.
«Sono a posto così, Luke, grazie» sorride appena la rossa, seduta sul divano, mentre prende tra le braccia Nathan, facendo sorridere anche il biondo che si mette vicino a loro.
«Quanto è cresciuto questo marmocchio? Guarda che ometto!» gli tocca il naso, mentre il piccolo continua a stare tranquillo, gli occhioni grandi che fissano quel ragazzo che non riconosce, occhi verdi che ricordano tanto quelli di Michael, che si guardano attorno spaesati, fino a captare la figura di Jade, trovando sicurezza e protezione.
Lei lo accarezza piano, mentre sospira a fondo.
«Vanessa?» chiede cortese, anche se le domande che le frullano in testa sono altre.
«A lavoro, fortunatamente» e lei alza gli occhi al cielo.
«Ancora tutto segreto?» lui annuisce.
«Mancano ancora diversi mesi, non siamo ancora alla fine» dice frettolosamente, lasciando ben intendere le sue intenzioni.
«Hai intenzione di dirglielo quando mancheranno pochi giorni? Pensi davvero che ti perdonerà una cosa del genere? Luke, le dirai che sparirai dalla sua vita, che vivrà momenti di sconforto, di solitudine a causa della tua assenza e della tua perdita di memoria!» e la voce di Jade è un po' troppo alta, tanto che il piccolo che tiene tra le braccia si spaventa un poco.
«Non posso farlo ora, Jade. Noi... noi stiamo bene, io ho di nuovo la mia famiglia, una rivelazione del genere potrebbe rovinare il tempo che ci resta!» gesticola con le mani, sentendo solo ora il peso dell'egoismo sulle spalle.
«Soffrirà, Luke. Soffrirà perché lei non è così stupida: sa benissimo cosa può comportare la tua scomparsa, sa benissimo che passeranno mesi e mesi prima di poterti ritrovare e, poi, se non ti ricorderai di lei? Che facciamo, eh? Le dobbiamo dire “Non devi piangere, dai! Non è così grave, hai solo perso l'amore della tua vita”» e lui non ha più il coraggio di guardarla in faccia, lasciando che quelle parole lo feriscano e lo logorino da dentro.
«Sarò sincera, Luke. La capirò se deciderà di non rivolgerti la parola, la capirò se deciderà di arrendersi alla tua amnesia» e quelle ultime parole vengono interrotte dal campanello di casa.
Luke non osa alzarsi dal divano.
I suoi poteri aprono la porta d'ingresso, i suoi poteri rispondono per lui, dato che quello Jade ha appena detto gli ha spezzato il cuore in mille pezzi.
Lui lo fa per Vanessa.
Lui vuole solo renderla felice.
Lui vuole sfruttare al massimo quei mesi insieme, senza il pensiero di quando tutto finirà.
Lui la ama, anche se non gliel'ha ancora detto.
La ama, e farebbe di tutto per renderla felice con lui.
Possibile che Jade non capisca le sue buone intenzioni?
Ma i suoi pensieri non hanno la precedenza, in questo momento.
Adesso è il turno di Michael e Jade e la loro storia.
«Hemmo!» lo saluta l'amico, i capelli scompigliati e pure un po' sbiaditi, una camicia a quadri viola e nera che Luke conosce, dietro c'è la scritta “Idiot” in bianco, i pantaloni neri attillati, la faccia felice di chi non ha pensieri per la testa.
Jade si porta la mano alla bocca al vederlo davanti a lei.
Quasi cede la presa sul piccolo Nathan che tiene in braccio, ma i poteri di Luke lo reggono per lei, proteggendolo in quel momento di debolezza da parte della ragazza.
Gli occhi di Michael incrociano quelli di Jade.
La scruta per un momento, notando che sono vestiti uguali, solo che la camicia di lei richiama colori più tendenti al blu scuro e un po' di grigio, notando inoltre il suo colore di capelli: gli sembra di averlo già visto su una persona, anche su se stesso, forse, ma non è del tutto convinto.
Ma sa che quella ragazza non l'ha mai vista.
Gli sorge pure un dubbio.
«Ma... quindi, lei è Vanessa?» la indica, facendo fermare il cuore a Jade e pure a Luke per tale supposizione.
«Ma... e quel bambino? Ma, Luke, avete pure un figlio?» e neanche per sbaglio il piccolo Nathan si lascia sfuggire un urletto offeso, come se avesse capito pure lui la situazione.
«Strano, però, mi pareva che Vanessa fosse... credo più bionda... e...» i suoi occhi cadono involontariamente all'altezza del petto della ragazza, facendogli inarcare il sopracciglio «Me la ricordavo meno... tettona, sì, direi!» e Jade, in quel momento di ilarità, non riesce proprio a trattenere una risata: un mix tra nervosismo e divertimento che la porta ad alzarsi in piedi, lasciando il piccolo Nathan sul passeggino, avanzando verso di Michael con le braccia intrecciate al petto, lasciando che quelle parole escano velocemente dalle sue labbra.
«Beh, non ricordi male: Vanessa è bionda e decisamente piatta. Io sono Jade, Michael» porge la mano, facendo sbiancare il ragazzo davanti a lei che, con mano tremante, avvicina la sua lasciandosi stringere ma senza provare nulla sulla pelle: è pur sempre tornato ad essere un angelo, così pensa Luke, almeno.
Ma Jade stringe un po' troppo forte e «Ahia! Sei tosta, ho capito, non serve ridurmi la mano in poltiglia» reazione che lascia basiti i due ragazzi lì presenti.
«Senti il dolore?» chiede Luke, avvicinandosi, ricevendo un'occhiata confusa da parte di Michael.
«Non dovrei?»
«Beh, no. Dato che sei un angelo: gli angeli non sentono nulla sulla propria pelle» e quelle parole hanno un certo senso per Michael, dato che, quel sabato sera in discoteca, una ragazza aveva pure tentato di toccarlo...
«Effettivamente, è strano. Io... sai quando ci siamo visti l'altro giorno, no? In discoteca» Luke annuisce «Una ragazza mi ha preso la mano per chiedermi una cosa ma... non la sentivo. Mi sono reso conto della sua presenza perché sentivo i suoi pensieri ma la mano non la... non la percepivo sulla mia pelle» e si guarda il polso, poi guarda Jade, la guarda fissa negli occhi per qualche secondo.
«Puoi provare a tirarmi un pizzicotto?» la incita, mentre lei non sa esattamente come riesce a non svenire sotto i suoi occhi.
Pizzica la sua pelle e Michael lascia scivolare quel lamento «Ahia! Cazzo, ti sento eccome» e la pelle di Michael diventa rossa dove è stata appena toccata dalle dita di Jade.
Com'è possibile tutto questo?
Michael è tornato ad essere un angelo, Michael non dovrebbe sentire niente, eppure Jade la sente eccome, sente lei e i suoi pizzicotti.
Si siedono sul divano.
Luke incita Michael a fare un'ultima prova, prima di rivelargli il vero motivo per cui l'ha fatto andare lì.
«Tocca il bambino, accarezzagli la guancia» richiesta che lascia Michael ancora più confuso, eppure, quando le sue dita sfiorano le guance di Nathan, lui sente qualcosa.
«Ha le guance calde, sono lisce e morbide» esordisce, facendo tremare le mani a Jade.
«Il giuramento di poter sentire, toccare, percepire solo la persona scelta per il salto, la persona che è l'amore della tua vita e tutto quello che la riguarda» sussurra la rossa, catturando l'attenzione di entrambi.
Ed è questa la soluzione.
Michael non è un angelo puro, Michael è ancora un mezzo uomo in grado di poter toccare Jade e suo figlio, ma la memoria è stata cancellata, facendogli scordare chi è la persona destinata a tale giuramento.
«Sentite, ragazzi...» dice Michael «Potete dirmi che cosa sta succedendo? Vi giuro, ho... ho mal di testa a forza di pensare, io... non capisco più nulla. Che ci facciamo qui?»
Il silenzio cala tra i tre ragazzi.
Michael continua a fissare Luke, che si morde nervosamente il labbro inferiore e, con la coda dell'occhio, guarda Jade e la sua aria triste, spaesata, confusa.
Nessuno sa come iniziare quel discorso.
«Michael... Posso chiederti una cosa?» interviene il biondo, facendo annuire l'amico.
«Tu... Non ti ricordi nulla di Jade?» e quella domanda fa raggelare il sangue alla ragazza.
Jade sbianca, mentre gli occhi di Michael la scrutano curiosi, un sorriso che sparisce, mentre scuote la testa.
«No, me l'hai presentata cinque minuti fa, cosa dovrei sapere?» e quelle parole, dette con semplicità, bastano a far perdere il fiato a lei.
Lei che sospira rumorosamente, lei che sta per crollare, lei che tira fuori dalla borsa quelle foto che ha portato con sé.
Le porge verso Michael, comincia a formulare quello che la sua testa elabora velocemente, spera con tutto il cuore di riuscire a fargli ricordare qualcosa.
Hanno un bambino.
Hanno una casa.
Non può una stupida amnesia avere la meglio.
«Ci siamo conosciuti a Melbourne, per la precisione in coda per il bagno, al concerto degli AC/DC. Che poi, com'è possibile trovare coda ad un concerto? Non lo so, però... Eri lì» comincia a raccontare, mentre Michael non si perde una sola parola, ritrovandosi sorpreso, sorpreso da quelle immagini che nella sua testa non compaiono.
«Mi hai fissata per tutta l'attesa, io che continuavo a imprecare contro tutti. "Possibile che per andare al cesso ci impieghiate anni?"» imita la sua voce, facendo inarcare il sopracciglio a Michael, facendola sorridere «Esatto. Mi hai guardata proprio così: il sopracciglio inarcato, lo sguardo confuso. Ti ho visto, sai? E ti ho chiesto con molta finezza "Che cazzo hai da guardare?"» ride, facendo sorridere anche lui.
Michael sposta lo sguardo verso una foto che ha in mano, è un autoscatto, per la precisione, lui sta mangiando un panino del Mc Donald mentre lei lo guarda con espressione triste.
«Ho fatto un periodo che… beh, ero costantemente a dieta» riprende la voce di Jade «E tu eri uno stronzo. Mi portavi al fast food, ti lasciavi ammirare mentre ti ingozzavi come un folle. Mentre io morivo di fame» e Michael sorride ancora, guardandola.
«A fine serata mi hai comprato un Kebab. L'ho mangiato con mille pentimenti in testa, dato l'immane sforzo che stavo facendo per stare a dieta. Ma... Tu... Tu mi ripetevi che mi amavi così e basta» lei arrossisce «La prima volta che hai detto di amarmi, stavo mangiando un Kebab. Sei sempre stato un idiota» e ridacchia appena, mentre le dita di Michael trovano un'altra foto, fatta sugli scogli, dove Jade e lui si stanno baciando, il mare australiano alle loro spalle, il sole a mettere in risalto le loro pelli chiare.
«L'abbiamo scattata prima di andare al cinema. Abbiamo visto "Colpa delle stelle", sei scoppiato a piangere come una ragazzina. Ti passavo i fazzoletti tra un popcorn e un altro» e sta volta a ridere è Luke per l'assurdità della cosa.
Ma Michael non sembra ricordare a pieno quei momenti.
Ha immagini offuscate, ha suoni lontani, flashback troppo difficili da mettere in chiaro, tanto che sospira, non riuscendo a rendere felice quella ragazza che siede vicino a lui.
Jade gli porge il braccio sinistro.
«Fammi vedere il tuo» lo incita, dicendogli di togliere la camicia, facendogli notare quel tatuaggio che gli marca la pelle del bicipite.
«To the moon...» legge Michael.
«And back» legge Jade, mettendogli sotto gli occhi il tatuaggio che marca la pelle di lei.
E qualcosa di familiare c'è.
«Lo abbiamo fatto insieme» e gli occhi verdi di lei diventano un po' lucidi, un singhiozzo a bloccarla, la disperazione che inizia a farsi sentire dentro.
In quel momento, il piccolo Nathan si fa sentire di nuovo, un pianto più forte che richiama l'attenzione di tutti, tanto da far scattare Jade in piedi.
Lo prende in braccio, lo stringe a sé, lo incita a stare calmo, a non piangere, nonostante lacrime calde le stiano rigando il viso.
Ma Nathan piange, piange e Jade si sente morire.
Michael non ricorda nulla.
Michael non sa chi è lei.
Lei non ha saputo abbattere il muro dell'amnesia.
E poi, dal nulla, una voce si fa sentire.
Un canticchiare lieve, dolce, una voce che fa voltare Jade di scatto.
Michael sta cantando quelle parole, parole che Nathan riconosce, per quanto possa essere impossibile.
«And now she's waiting for the right kind of pilot to come. And she'll say to him. She's saying. 
I would fly to the moon and back if you'll be... If you'll be my baby. Got a ticket for a world where we belong. So would you be my baby?»

Parole che fanno mordere a Jade il labbro, parole che fanno calmare Nathan.
La canzone che Michael le cantava quando era incinta, parole che cantava a quella pancia che cresceva ogni giorno di più.
Michael si ricorda di quella ragazza.
Si ricorda la sua passione per il mare, per gli horror, per i tatuaggi, per le sue mille tinte per capelli.
Si ricorda quando hanno fatto quel tatuaggio, si ricorda i loro capelli rossi, si ricorda di aver appoggiato la mano sul suo ventre, quando gli ha detto di aspettare un figlio da lui.
Ricorda cose che la memoria tentava di cancellare, ricorda quel patto, quei numeri che segnavano la sua pelle mese dopo mese, ricorda il dolore provato gli ultimi giorni, ricorda ogni cosa e sembra quasi impossibile.
«Jadey» sussurra lui.
«Michael» e lei non può davvero trattenere quelle lacrime di gioia, mentre le si avvicina piano.
Accarezza le guance di suo figlio, gli bacia la fronte, per poi far incontrare il verde dei suoi occhi con quello di Jade.
Le prende il viso con le mani, i pollici accarezzano la pelle bagnata, si china su di lei baciandola piano, gentile, sentendola quasi tremare sotto il suo tocco.
Michel è tornato.
Michael ha abbattuto quel muro.
L'amnesia ha perso.
La speranza si fa più viva che mai in quella stanza.
Si fa viva, in particolare, dentro il petto di Luke che guarda la scena con un sorriso enorme.
Michael ce l'ha fatta.
Jade ce l'ha fatta.
E se ce l'hanno fatta loro, lui e Vanessa hanno la possibilità di non perdersi mai.

 
 
 

Note di Nanek
E MICHAEL C’è.
Cioè, non c’è storia, ce l’hanno fatta T.T
Spero sia chiaro quello che è successo quindi… abbiamo un quadro definitivo della situazione degli angeli che “se ne vanno”: ritornano angeli, non ricordano nulla MA il patto stretto con la persona che amano RESTA! Michael sente Jade, sente suo figlio e basta il ricordo giusto a farlo tornare indietro, facendogli tornare la memoria.
Ora quindi vi chiedo: vi va di dirmi che ricordo, secondo voi, Vanessa dovrebbe dire a Luke per aiutarlo quando in futuro perderà la memoria? Sono curiosa di sapere che idee avete ;) quindi se volete rispondere a questa domanda nelle recensioni o in twitter, siete libere di farlo =)
Ricordatevi che l’hashtag su Twitter #AnAngelInDisguise lo controllo sempre e potete scriverci ciò che volete <3
Per chi avesse bisogno di me, sono su Twitter: @Vanek5SOS e pure su Ask: Nanek 
Dai che siamo già al 17 e manca stra pocoooooooo
Vi giuro, non vedo l’ora di arrivare al finale, perché secondo me non vi aspettate proprio quello che voglio far succedere ahah :D
Speriamo sia una bella sorpresa!
Un mega grazie alla Mary <3 (marmelade) per il super banner che ha fatto <3 è una meraviglia <3 passate alle sue storie, è una Ashton’s girl piena di talento <3
Per chi volesse leggere una cosa un po’ rossa: After Midnight collaborazione a 6 mani con Andysmile e Letizia25 <3
Vi ringrazio per ogni cosa <3 ci sentiamo presto!
Nanek
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Cinque. ***


Capitolo 18

Cinque.
 
Image and video hosting by TinyPic
 
I won't give up
even though it hurts so much
Every night I'm losing you in a thousand faces
Now it feels we're as close as strangers
 

Chi l'avrebbe mai detto che, da quel giorno, il tempo avrebbe deciso di velocizzare il tutto?
Il tempo va contro Luke, va contro la sua storia con Vanessa, va contro il loro amore, va contro tutte le cose che stanno creando insieme, cose che si perderanno presto, senza che lei nemmeno lo sappia.
La famiglia di Luke è loro ospite ogni domenica, pranzano con loro, o sono i due giovani ad andare lì.
Parlano, discutono, cercando di recuperare il tempo perso, cercando di dimenticare quella sofferenza che ha riempito per anni i loro occhi, i loro cuori, i loro pensieri.
La famiglia di Luke sa bene del suo patto, sa bene che se ne andrà presto, sa bene che quel numero sulla scapola sbiadisce sempre più.
Ogni mese.
Ogni giorno.
Ogni ora.
Ogni secondo.
Lo sa, ma tenta di restare in pace.
Luke ha già spiegato la possibilità di poter essere ritrovato, ha già rassicurato i loro animi dal timore di un altro addio, ha già asciugato le lacrime a sua madre cercando di calmarla, bisbigliandole quel segreto che pesa più di ogni dolore «Vanessa non lo sa.»
Parole che hanno sorpreso tutti.
Parole che hanno provocato critiche, commenti poco carini, nuove paure e timori che si sono formati dentro Luke.
Lui lo sa, è sbagliato.
Lui lo sa, lei non se lo merita.
Lui lo sa, soffrirà.
Lui lo sa, ma non ha cambiato idea.
Ci ha provato a dirglielo, il giorno del compleanno di lei, una volta spente le ventidue candele.
Ci ha provato davvero, ma... Il cuore gli è andato in gola.
La voce si è bloccata.
«Vane io...» frase che non ha avuto la fine giusta «Ti ho comprato questo» e dentro quella scatola troppo grande c'era un batuffolo di pelo, piccolo quanto una mano di lei, pelo color dello champagne, gli occhi grandi e verdi, quel miagolio che ora riempie il loro appartamento.
Le ha comprato un gatto, un micio che lei ha chiamato Charlie, un micio che lei ha amato dal primo momento, mentre Jade si avvicinava a Luke, e in un sussurro non ha trattenuto quella battuta troppo crudele.
«Non volevi lasciarle un figlio, le lasci un gatto? Carino, Luke, davvero» parole che l'hanno ferito a morte.
Parole che sono costate a Jade un pizzicotto da Michael, mentre Vanessa accarezzava Charlie, ignara di ogni singola cosa.
Dal suo compleanno sono passati mesi, giorni, ore.
E Luke... Ha paura a guardare il suo riflesso allo specchio.
Sono appena tornati da un week end a casa Clifford, in compagnia anche di Ashton e Anastasia, i tre amici angeli riuniti, con le rispettive ragazze.
Un weekend passato tra risate e battute, un weekend che non doveva finire così velocemente, come sabbia tra le dita.
Luke si guarda allo specchio, il petto nudo, i pantaloni del pigiama indossati.
Teme a voltarsi, teme di non reggere il colpo, teme di svenire dall'emozione troppo forte.
Si guarda.
Si volta.
Sulla scapola... Il numero uno sbiadisce sempre più.
Manca poco, manca troppo poco.
Mancano solo cinque giorni a quell'addio, mancano solo cinque giorni alla fine.
E le lacrime gli riempiono il viso, mentre indossa una maglia scura, mentre cerca lei con lo sguardo, notando solo la porta finestra aperta: lei è in terrazza.
È di schiena, davanti ai suoi occhi, Charlie vicino, intento a fare le fusa, accoccolandosi sui piedi di lei, mentre la ragazza continua a guardare il cielo, armata di giubbotto leggero per proteggersi dalla brezza ancora un po' fredda di un'estate timida che sta nuovamente avvolgendo Sydney.
I capelli sciolti, il naso all'insù, guarda le stelle, quasi le conta, e i suoi pensieri sono lame sul petto.
È felice.
È in pace.
In vita sua non è mai stata così bene.
Ha Charlie.
Ha Luke.
Ha la felicità in mano.
Lo ama.
Deve dirglielo.
Deve ringraziarlo per ogni cosa.
E lui vorrebbe solo non essere mai entrato nella sua vita.
Sospira Luke, avanzando verso di lei, lasciando che i suoi poteri l'avvolgano, dandole calore, proteggendola dal vento.
L'attenzione di lei si sposta su di lui.
L'ha già sentito arrivare, ancora prima che lui l'abbracciasse da dietro.
«Sempre a proteggermi» sussurra Vanessa, intrecciando le dita alle sue, sentendo la sua pelle così fredda.
«Che stavi facendo?» le bacia il collo, provocandole un brivido.
«Nulla, stavo... Boh, guardando in cielo» e lei mente, perché stava cercando un modo per confessargli i suoi sentimenti.
Si volta, incontrando quello sguardo perso, quegli occhi azzurri che le tenebre nascondono un poco, quella strana espressione che le fa inarcare il sopracciglio.
«Ti amo» la voce di lui esce così velocemente che quasi lei si sente inerme.
L'ha confessato così, di getto, di fretta, con una strana espressione addosso, con gli occhi lucidi che bruciano, con una lacrima che ora gli solca le guance.
«L-Luke» lei balbetta, e lui stringe la presa sulla sua vita, l'avvicina a lui, al suo corpo, le lascia un bacio che teme possa essere l'ultimo, bacia quelle labbra e si sente così colpevole.
Colpevole di troppa felicità.
«Ti amo e farei qualsiasi cosa pur di renderti felice» sussurra ad un respiro da lei, per poi allontanarsi un poco, perdendo il contatto con la sua pelle.
«E so benissimo che dopo quello che sto per dirti mi odierai, mi odio pure io per quel che ti ho fatto» e stringe i pugni.
«Ti amo così tanto che ho deciso di rinunciare alla mia vita di angelo, pur di restarti accanto, pur di stare con te. Ho deciso di farlo, a due condizioni» e Charlie distrae quel discorso, andando a miagolare vicino ai suoi piedi, ma senza interromperlo davvero.
«La prima: avrei amato e desiderato solo te e nessun'altra. Oserei dire scontata come condizione, non ho occhi per nessuna umana al mondo se non te, e non mi pento assolutamente di questo» e lei si sente arrossire.
«Tuttavia, potevo essere metà angelo e metà umano… solo per un anno. Un anno in cui avrei potuto toccarti, baciarti, sentirti sotto la mia pelle, essere visto da tutti, essere considerato reale agli occhi degli altri, ma soprattutto ai tuoi. Un anno per poi sparire» e lei ha smesso di respirare al sentire quelle uniche parole “un anno per poi sparire”.
«Mi dispiace, Vane. Mi dispiace per ogni cosa, mi dispiace, ma… questa era l’unica occasione per poterti dimostrare tutto quello che provavo per te» e un’altra lacrima gli solca la guancia, una lacrima che, però, non sembra impietosire la ragazza davanti a lei.
Vanessa prende quelle parole, le sente entrare dentro di lei con violenza, brutalmente, lasciando che solo alcune rimbombino più delle altre.
Un anno.
365 giorni.
Non un solo secondo di più.
Stringe i pugni anche lei.
Indietreggia al vederlo avanzare verso di lei.
Lui si ferma, conscio di non poter più far nulla.
Sapeva che sarebbe finito così.
Sapeva che lei non avrebbe mai accettato una cosa simile.
Gliel’hanno detto tutti, gliel’hanno ripetuto tutti: sua madre, Jade, suo padre, i suoi fratelli, Ashton, Michael.
Più il tempo passa, più il tutto precipita.
Più il tempo passa, più lei si affezionerà a te.
Più soffrirà.
Più soffrirai.
Più sarà difficile accettare tutto.
«Quanti giorni mancano?»
La voce di lei arriva lieve, quasi inudibile.
«Cinque
«Come fai ad esserne così sicuro?»
«Ho un numero sulla scapola che sbiadisce di mese in mese. Quando è diventato un uno, ho iniziato il conto alla rovescia»
Silenzio.
Un silenzio che logora.
Un silenzio che si riempie di tensione.
Una tensione così forte da non rendergli possibile la lettura dei pensieri di lei.
«E dove vai tra cinque giorni?»
«Sparirò, perderò la memoria, mi dimenticherò di te, di noi, di questo anno. Tornerò ad essere un angelo ma… ma c’è una soluzione!» cerca di spiegare velocemente, ma lei non sembra proprio intenzionata ad ascoltarlo.
«Goditi questi ultimi cinque giorni, allora, senza di me» e la cattiveria messa in queste parole è falsa.
Sta soffrendo.
Ha il cuore spezzato.
La sola idea di perderlo la fa soffrire, le fa provare un male che neanche una lama provocherebbe.
Si sente a pezzi, distrutta, sorpresa da quella notizia così brutta.
Ma non riesce a stare calma.
Si lascia sopraffare dai ricordi, dai momenti passati insieme, in tutti questi anni, in questo anno in particolare.
Era tutto così perfetto, era tutto così falso.
«Vane, ti prego, lasciami spiegare, lasciami finire, ti prego» le si avvicina ancora, mentre lei arriva al muretto di quella terrazza, in trappola tra il marmo e il corpo di Luke.
Il cuore in gola e gli occhi che fissano per terra, nel tentativo di nascondere quelle lacrime che stanno per scendere senza timore.
«Michael era nella mia stessa situazione: lui era un angelo, è diventato mezzo uomo per amore di Jade, è sparito, ha perso la memoria ma… ma l’abbiamo ritrovato! L’abbiamo ritrovato e ora sta con Jade! Si ricorda di lei, si ricorda di suo figlio, sono felici ora» ma la voce trema.
«E quindi?» la domanda di lei è così dura.
«Quindi anche se sparirò tornerò da te, in un modo o nell’altro»
Silenzio.
L’ennesimo silenzio tra di loro.
Lei non osa alzare lo sguardo.
«Dopo quanto tempo avete ritrovato Michael?»
E lei sa fare le domande giuste.
Luke balbetta, esita.
«Qualche mese» sussurra, mentre lei si lascia scappare una risatina soffocata, nervosa, risatina che non promette nulla di buono, lui lo sa bene.
«E io dovrei sopportare questo? Essere in grado di cercarti, di non perdere la speranza, di ritrovarti e poi trovare un modo per farti ricordare chi sono?!» alza la voce, mentre lui tenta di avvolgerla tra le sue braccia, tenta di darle conforto, tenta… non sa neanche lui perché tenta.
«Non toccarmi» singhiozza Vanessa «Perché l’hai fatto? Perché hai deciso per entrambi?» e le lacrime cominciano a bagnarle la pelle, veloci, avare, e lui non può neanche fermarle.
«Stavamo arrivando al limite, tu eri al limite. Non potevamo continuare a guardarci, avevamo bisogno di qualcosa di più» lei sorride.
«E non ti sei chiesto se a me andasse bene il fatto di poterti avere solo per un ultimo anno, prima di vederti sparire per sempre?!»
«Lo volevi anche tu, volevi toccarmi, volevi che fossi reale! Non più invisibile, lo volevi, lo leggevo nei tuoi occhi, nei tuoi pensieri, nei tuoi pianti! Non eri felice, Vane, non eravamo felici»
«Perché ora lo siamo? Tra cinque giorni sparirai, dovrei essere felice di questo?!»
«Io non sparirò davvero, io sarò qui, da qualche parte, tu mi troverai»
«E se non ti trovassi?»
«Jade, Michael e Ashton ti daranno una mano, tu mi troverai»
«E se non ti ricordassi una sola cosa di me?»
«Perché non dovrei? Sei la persona più importante della mia vita»
«E se io mi stancassi di cercarti? Se mi stancassi di tentare l’impossibile per farmi ricordare da te?»
Il cuore perde un battito.
Luke indietreggia.
Vanessa si porta la mano alla bocca, nel tentativo di zittire i singhiozzi.
Lo ha detto davvero.
Lo ha detto a voce alta.
Nei suoi pensieri non faceva così male.
Non si può più cancellare nulla.
Luke non riesce a formulare una singola parola in più.
È… confuso.
La confusione regna nella sua mente, perché da lei non si sarebbe mai aspettato una cosa simile.
Lei che ipotizza di stancarsi.
Lei che preferirebbe rinunciare piuttosto che tentare ogni giorno.
Lei che schiva il dolore della delusione, per inoltrarsi nel dolore del dimenticare.
Vuole scordarsi di lui.
Vuole anche lei avere un’amnesia nel suoi confronti.
È pronta a crearsela, perché fa meno male.
Fa meno male cercare di scordarsi di lui, di loro, dei loro momenti insieme che tentare di riportarlo indietro.
Fa meno male questo, e lui non ci crede.
Jade non l’avrebbe mai fatto.
Avrebbe preferito urlare il nome di Michael fino al farsi sentire, piuttosto che dimenticare.
Dimenticare è come non dare importanza a quella persona.
E, Luke, in questo momento, si chiede se quella volta ha fatto la scelta migliore, buttandosi, lasciandosi cadere per una persona del genere.
Una persona che non vuole lottare per lui.
Una persona che preferisce il buio, preferisce oscurare ogni suo ricordo.
È senza parole, Luke, mentre lei continua a singhiozzare, cercando di fare un passo verso di lui.
«Luke… Luke io…» ma sta volta è lui ad indietreggiare, è lui a non voler essere più toccato da lei, tanto che prende la distanza necessaria a far uscire le sue ali, ali che rompono la maglia che indossa, ali che lo portano in alto, velocemente, prima che lei possa toccarlo.
Vola via da quella terrazza, con le lacrime che rigano il viso.
Vola via e finge di non sentire la voce di lei che urla il suo nome.
Vola via e vorrebbe davvero non essere mai esistito.
E Vanessa si odia, adesso, si odia come non mai.
Si odia per averlo ferito.
Si odia per aver mentito.
Si odia per aver lasciato che l’ansia e il panico parlassero per lei.
Come potrebbe arrendersi?
Come potrebbe rinunciare a lui?
Lui che ha fatto così tanto per lei.
Lui che ha rinunciato al suo essere angelo, ha rinunciato a quella situazione così insopportabile, pur di avere una svolta per loro due.
Lui che ha sempre tentato di renderla felice.
Lui che la ama, e tra i due è l’unico che è riuscito a dirlo a voce alta.
Lui che non merita una come lei, perché lei è solo una stupida.
Una stupida umana che non si preoccupa di quel che dice, pur sapendo di quanto male possano fare le parole.
Lei che ora piange, con Charlie che si accoccola vicino, distesa sul letto, la portafinestra aperta, gli occhi rossi che aspettano il suo ritorno, per ore e ore.
Ma di Luke non c’è traccia.
Luke se n’è andato.
E lei teme che questo sarà per sempre.

 

 
 
Note di Nanek
Che palle essere in ritardo.
Vi posso giurare che non uso il computer per scrivere qualcosa da troppo tempo.
Ho deciso di postare anche se il capitolo 19 non l’ho ancora finito.
Ho trecento impegni, trecento progetti universitari e zero tempo libero.
Chiedo un immenso perdono, soprattutto visto che siamo alla fine!!
Manca poco, pochissimo alla fine e… boh, io sto combattendo contro me stessa per non dar vita ad un sequel di questa storia.
Non posso farlo, ho davvero troppo poco tempo e sta storia di Luke angelo mi sta stressando :D
Insomma… io… boh, che mi dite? Con chi vi schierate tra i due amorini qui?
Fatemelo sapere se volete <3 se volete lasciare qualche recensione io vi aspetto <3
E… beh, direi che la domanda sul finale ve la faccio nelle note del 19 ;)
Grazie ancora per tutto, io scappo! Ma tornerò, si spera presto!
Grazie di cuore <3
Nanek

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Giuro. ***


Capitolo 19

Giuro.
 
Image and video hosting by TinyPic
 
You were mine for a night
I was out of my mind
You were mine for a night
I don't know how to say goodbye

 
 
«A volte mi chiedo com’è essere un angelo» sospira Vanessa, seduta sul divano.
Charlie in braccio a lei che dorme, fa le fusa, si lascia accarezzare piano, mentre la sua padrona fissa un punto indefinito della sala, mentre lascia che quelle parole riempiano il silenzio tombale che avvolge quella stanza.
Lei sa che lui è lì, sul tetto, ad essere precisi.
Non sa neanche lei perché ne è così sicura, ma è come se un po’ dei suoi poteri fossero passati anche a lei.
O, semplicemente, ormai lo conosce così tanto bene da capire quando lui c’è o no.
Questa è l’ultima notte che hanno a disposizione, l’ultima notte per dirsi addio, o arrivederci, l’ultima notte prima che lui sparisca, prima che quella ricerca dolorosa abbia inizio, quella ricerca che lei teme come non mai.
Non sa se le fa più paura questo, o il fatto che lui non ricorderà nulla, neanche un singolo ricordo, niente di tutto quello che hanno vissuto in tutti quegli anni insieme.
Cosa dirgli? Cosa raccontargli per abbattere l’amnesia?
L’ha pensato a lungo, in questi giorni senza di lui, giorni passati tra lacrime e singhiozzi, tra attese e non ritorni.
Notti passate da sola, senza rendersi conto che lui tornava non appena lei si abbandonava ai sogni.
Giorni passati a pensare al tempo passato insieme.
L’incontro, quando erano piccoli, alle elementari, quella nota sul registro per aver raccontato una bugia non così falsa.
L’incontro vero e proprio a liceo, quando lui si era finalmente reso conto di quegli occhi blu che lo spiavano di nascosto, tra masse di studenti, quegli occhi blu che finalmente aveva notato pure lui.
L’aveva aspettata, aveva trovato il coraggio di farsi avanti e parlare con lei, trasformando ogni cosa, cambiando la sua vita in modo radicale, non rendendosi conto di quanto importante quel rapporto diventasse ogni giorno.
E poi lei, lei che se n’è andata di casa, il lavoro, la nuova vita da sola.
Sola, agli occhi degli altri.
Insieme a lui, un angelo, solo ai loro occhi.
Una vita fatta di scoperte, di momenti di sconforto, di bisogno, di necessità, di quel sentimento che cresceva con loro, fino a riempirli del tutto.
I primi passi, verso il cambiamento.
I suoi poteri, che diventavano più concreti, più dettagliati, più comprensibili.
La capacità di manipolare gli oggetti con la forza del pensiero.
Il suo essere ancora così goffo da accendere uno stereo a tutto volume mentre lei dormiva.
E poi… è successo tutto così velocemente.
Dal nulla, è tornato con una novità.
«Posso decidere se farmi vedere o meno» una novità comparsa dal nulla, all’improvviso, ma non vissuta a pieno, perché quella volta lei non ha neanche voluto dargli ascolto: se la ricorda benissimo la sgualdrina che l’ha toccato prima di lei, se lo ricorda benissimo quel momento, quella rabbia, quella voglia di vederlo sparire, quella sensazione di essere soltanto una tra tante.
E, forse, se lei gli avesse dato ascolto, lui non avrebbe preso la decisione di buttarsi.
Perché Jade l’ha contattata subito, il giorno dopo quella litigata, cinque giorni prima, l’ha contattata e le domande sono uscite a raffica in quella conversazione.
«Perché se ne va? Dove va? Cosa ha fatto un anno fa? Cosa succederà? Tornerà?»
Domande alle quali Jade ha spiegato in ogni singolo dettaglio.
Luke si è lasciato cadere.
Un semplice salto.
Un semplice giuramento di amare una sola persona al mondo.
Un salto e la trasformazione avviene.
Mezzo uomo e mezzo angelo.
Un anno intero da godersi a pieno, libero di fare qualunque cosa, dalla più semplice alla più estrema.
Solo una condizione: un solo anno, non un secondo di più, né uno di meno.
Un anno, contrassegnato da un numero, un marchio nero, inizialmente, che perde colore man mano che il tempo passa.
Luke ce l’ha sulla scapola.
Un solo anno per poi sparire.
Ma sparire dove?
Non si sa, bisogna avere fortuna per trovarlo, può essere ovunque, può essere a Sydney, come in Europa, come in America… come nell’angolo più sperduto del globo.
E l’amnesia? Quando passa?
Solo con il ricordo giusto, il ricordo che gli scatena emozioni così forti da iniziare a mettere in chiaro le idee confuse che ha in testa.
Perché Luke avrà sempre dei flashback, immagini sfocate, suoni confusi, che gli suoneranno sempre familiari: proprio come è successo a casa degli Hemmings.
E io cosa faccio? E io come posso resistere?
Lei deve avere fiducia.
Deve avere speranza.
Deve pensare che il giuramento non si perderà, che Luke potrà riconoscerla e continuare a sentirla sotto la sua pelle, lei resterà sempre e comunque la sua persona, amnesia o meno.
Un sospiro più profondo.
Vanessa sente la porta finestra aprirsi piano.
Alza lo sguardo, Luke è lì, davanti a lei, gli occhi azzurri che non li ha mai visti così tristi in vita sua.
«Essere un angelo fa schifo» le dice, grattandosi la nuca, abbassando lo sguardo, incamminandosi verso la loro camera, mentre lei lo raggiunge esitante.
Lo vede distendersi sul suo lato del letto, lo vede che la sta aspettando, fissando il suo cuscino, lo vede che sta male, sta soffrendo, per essere stati separati nel momento più sbagliato.
Non la biasima, però.
Non le dà colpe, perché sa benissimo chi è colpevole tra di loro.
Avrebbe dovuto dirglielo prima, gliel’hanno ripetuto in coro tutti, pure Ashton l’ha già detto ad Anastasia, pure lui è stato più coraggioso, più onesto.
Ma Luke, al solo pensiero, gli si stringeva il cuore.
Sentiva le mani fredde, una strana sensazione al petto, la tristezza che lo prendeva e toglieva il fiato: no, non poteva permettersi di confessare quel segreto tanto grande, non poteva, non voleva perdere quella felicità così immensa che quella ragazza gli ha dato, e continua a dargli.
Vanessa si distende vicino, si rifugia sul suo petto, lasciando che le braccia di lui l’avvolgano stretta, mentre le mani le accarezzano la schiena, mentre le sue labbra cercano le sue con insistenza, con impazienza, con necessità estrema.
Hanno bisogno l’un l’altra, e non sanno come affrontare quello che può essere la loro ultima conversazione.
«Come faccio a trovarti?» sussurra lei, mentre una lacrima le solca già il viso, una lacrima che lui va a baciare piano, nel tentativo di non cedere, non proprio ora, non davanti a quegli occhi blu che hanno bisogno di sentirsi dire che andrà tutto bene.
«Tu cercami, mi troverai, mi riconoscerai» le sposta un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
«Ma dove ti cerco, Luke? Ho paura di sbagliare, ho paura di non conoscerti così tanto»
«Nessuno mi conosce meglio di te. Mi cercherai tra i volti che incroci, mi cercherai tra gli scaffali della biblioteca, mi cercherai vicino a chi sta leggendo, mi cercherai in giardini con alberi grandi dove la quiete domina. Mi cercherai in posti alti, dove io posso osservare il mondo che vive senza di me, dove posso osservare creature a me così sconosciute, ma che mi ricordano te» e nei loro petti il cuore batte forte, i brividi percorrono le loro schiene, mentre le loro mani si accarezzano timide.
«E cosa devo dirti, Luke? Cosa devo dirti per portarti indietro da me?» e la voce di lei è spezzata da un singhiozzo, mentre le labbra di lui le baciano la fronte.
«Ricordami quanto amo e quanto vorrei sempre esserti vicino» e quelle parole suonano come una canzone, una canzone mai cantata.
«Ricordami quante volte avrei dato l’anima per poterti solo accarezzare» e la mano di Luke passa sotto la maglia di lei, provocandole brividi lungo il fianco.
«Ricordami quanto eravamo così vicini, ma in realtà eravamo lontani, ostacolati a causa mia, a causa dei miei poteri» e lei si morde il labbro, lei lo stringe a sé, baciandogli il collo.
«Non è colpa tua, Luke» un bisbiglio.
«Ricordami quante volte sono riuscito a sentirti anche senza bisogno di baci, di carezze, di abbracci, ricordami quanto le parole bastavano, parole difficili da dire, parole che però vedevo nei tuoi pensieri» ed ora le mani di lei vanno sotto la maglia di lui.
Lo spoglia lentamente, lasciando che anche lui faccia la stessa cosa.
Lasciando che i loro occhi non si separino mai, lasciando che le loro labbra si cerchino di continuo.
«Non lasciarmi» una richiesta, un urlo di tristezza, soffocato dai singhiozzi sempre più forti, singhiozzi che lo fanno immobilizzare, mentre i loro corpi si abbracciano, si uniscono, mentre la mente di lui cerca davvero il modo per calmarla, per farle capire che non è davvero tutto finito.
«Domani sarà un altro giorno e sarò in un posto a me nuovo. Ma ti prometto che tornerò presto» e cerca di non tremare a quelle parole, si avvicina alle sue labbra, la bacia con foga, la bacia con insicurezza che non riesce a nascondere, perché quelle parole di sicuro non hanno nulla «Tornerò da te, tornerò da te» e quella promessa sembra incisa nell’aria, mentre lei cerca di dimenticare le lacrime.
«Ci sveglieremo sotto lo stesso cielo, sotto lo stesso sole, tu riuscirai a sentirmi» e i denti di Luke mordono appena la pelle di lei, lascia che nella sua mente rimbombi solo il suono di quel gemito leggero.
«Vorrei che il tempo si fermasse, vorrei tornare al giorno in cui ho deciso di darti tutto. Lo rifarei mille e mille volte» le guance di entrambi sono rosse, i loro respiri si fanno sempre più corti.
«Sarò sola, dormirò sola, resterò sveglia fino a tardi per pensare a te»
«Il mio cuore vorrà tornare a casa, io vorrò tornare da te»
«Sto cercando le parole giuste da dire»
E un solo momento passa, prima che i loro corpi si uniscano del tutto.
Diventano una cosa sola, lasciando che quei momenti tolgano il respiro, lasciando che tutto sia sempre come amano, perfetto a modo loro, perfetti l’uno per l’altra, senza pensare ad altro se non loro due.
E fuori la notte è ancora sovrana.
Le stelle nel cielo sono ancora vive, luminose.
Il sole resta timido, nascosto, come per poter dar loro ancora tempo, ancora quella notte.
Il tempo sembra rallentare, il tempo è strano, questa notte.
Sembra tutto diverso, sembra tutto così surreale, ma il tempo va piano, il tempo non è loro nemico.
È notte fonda.
Sulla scapola di Luke, quel numero è quasi sbiadito del tutto.
Si sono amati un’ultima volta, prima della fine.
Si sono amati tanto, più volte, fino a lasciarsi cadere tra le lenzuola, l’uno abbracciato all’altra, il silenzio tra di loro per qualche minuto, silenzio interrotto dai loro baci, dai loro respiri.
Luke la guarda, mentre le accarezza il viso dolcemente.
Vanessa sospira, mentre gli ruba ancora qualche bacio che lui aspetta.
Charlie è rimasto in sala, come se avesse capito che è tempo di lasciarli soli, ancora per un po’.
«Ti amo, Luke» quel bisbiglio, quelle parole che lui ha già sentito molte volte solo nei suoi pensieri.
«Volevo dirtelo ancora… molto tempo fa, quando eri un angelo, quando dovevi ancora fare il pazzo» e lui sorride a quelle parole, le bacia la fronte.
«Ti amo anche io, pazza di un’umana» e un abbraccio racchiude quel momento.
«Prima ero seria, comunque, quando mi sono chiesta com’è essere un angelo» e quella domanda lo terrorizza, perché lei, in quei giorni in sua assenza, le ha pensate tutte pur di farlo rimanere, pur di non perderlo mai.
«Non è bello quanto la vita umana. Fidati di me, fidati di quel che dico: soffrivo ad averti così vicina ma sentendoti così lontana» lei annuisce, lei cerca di scacciare quel pensiero: Luke è diventato un angelo dopo esser morto… lei potrebbe…
«Non ci provare nemmeno a pensarlo. Tu non rinuncerai alla tua vita per me»
«Ma tu hai dato molto per me, per noi»
«E tu hai dato troppo per me. Hai seguito un angelo, hai gestito la tua vita secondo le mie necessità, e… e ora…» lui deglutisce, incerto, bloccandosi, ripensando a quelle parole dolorose, parole che lei ha detto inconsciamente, senza pensare, solo perché troppo ferita all’idea di perderlo, di lasciarlo.
Hanno affrontato così tanti ostacoli, hanno lottato così tanto per un po’ di felicità, il tempo ha mangiato quei trecentosessantacinque giorni, li ha fatti scivolare dalle loro dita come sabbia.
E lei è solo un’umana, schiava delle sue emozioni, innamorata di lui, dell’unica persona che è riuscita a capirla, ad accettarla, ad amarla.
Vanessa non era arrabbiata con lui, ma con il destino crudele che è stato riservato loro.
E Luke lo sa bene questo, tanto che, al sentirla dire quelle parole, sorride, stringendola al suo petto, giurando a se stesso che quella non sarà la fine, non sarà la fine di loro due insieme, perché un amore così grande, così puro, così vero, merita solo di brillare più di prima.
«Sì, Luke. Ti cercherò, dovessi setacciare il mondo intero, dovessi passare il resto della mia via a cercare il tuo nome. Lo giuro.»

 
 



 
Note di Nanek
Bene, insomma.
Siamo davvero alla fine, o quasi.
Penultimo capitolo bella gente! E beh… insomma, hanno fatto pace, l’ultima notte che Luke può starle accanto.
Già, l’ultima.
Devo ancora scrivere il capitolo finale, anche se ce l’ho bello pronto in testa, ma abbiate pazienza perché ho una marea di cose da fare ossia: studiare (lol) aggiornare le collaborazioni, e *rullo di tamburi* RAGAZZE HO COMINCIATO UNA NUOVA LONG SU LUKE.
Altro che sequel di sta storia noiosa che vi annoia e vi stufa, una nuova long, nata grazie a Hemmo e le sue foto fatte di recente! Una nuova long, di cui ho già scritto 4 capitoli *-* e vi giuro spero che vi piaccia perché ci sto perdendo l’anima, cuore e cervello!!
Vi lascio il banner per chi è curioso ;)
Image and video hosting by TinyPic
Ma parliamo di questi due, dai, che sennò mi sento cattiva.
Siamo ormai alla fine, e la domanda mi suscita più che spontanea: cosa vi aspettate dal prossimo capitolo? Come finisce sta storia dell’angelo? Ovvio, molte di voi li vogliono insieme, ma come? Come sarà possibile? Io vorrei davvero sapere cosa pensate nelle vostre testoline :D
Quindi, le recensioni sono sempre ben accette <3 e aspetto risposte di ogni tipo!
Vi do appuntamento a quando avrò finito l’ultimo capitolo!
Per chi volesse leggere una os su Calum, ne ho scritta una: Losing control
Grazie ancora di tutto <3
A presto!
Nanek

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** An angel in disguise. ***


Capitolo 20

 
An angel in disguise.

Image and video hosting by TinyPic
 
In the moonlight you looked just like an angel in disguise
My whole life seemed like a postcard
.
 
 
Il sole comincia lentamente ad illuminare la città.
Sono le prime luci del mattino, Sydney si sta svegliando le talmente, in modo più che gradevole, con gli uccellini felici di farsi sentire, con le macchine che trafficano le strade un po' alla volta, i rumori dei motori che invadono quel silenzio in modo quasi armonioso.
I bambini, gli adolescenti, gli universitari sono già svegli, sono già in cammino verso quel banco, verso quella sedia dove saranno seduti per tutta la mattina, prendendo appunti, ascoltando quel maestro o professore, divertendosi ad apprendere, o annoiandosi come non mai in quella mattina di fine novembre.
Sembra una giornata come tante altre.
Sembra una bella giornata di sole, tranquilla, normale.
La Terra gira attorno al sole, l'Australia che si sta inoltrando nell'estate, il riscaldamento globale che esiste davvero... Tutto nella norma, o almeno così sembra.
Ma in quell'appartamento appena fuori dal caos della città, qualcosa è cambiato, qualcosa è... Strano, diverso, inquietante.
Non è una giornata qualsiasi.
Non è solo una mattina di sole di novembre.
E, Vanessa, lo sa bene.
Vanessa ha gli occhi aperti da appena cinque secondi.
Ha il cuore in gola.
Le mani che tremano.
Il suo corpo trema tutto.
Sente i piedi freddi.
Sente l'aria che le manca.
Sente il bisogno di urlare quel nome.
Perché lui, non c'è più.
Si alza di scatto, rimanendo seduta sul letto.
«Luke!»
Urla, mentre le lacrime le rigano il viso.
Lacrime calde che scendono velocemente, le dita che tentano di sposare i capelli da quelle gocce salate, le mani che si portano davanti alla bocca, per evitare che quei singhiozzi vengano sentiti dal mondo intero.
Il cuore che batte forte.
Le ginocchia sul petto.
Una scena devastante, dove una ragazza piange, dopo aver urlato il nome della persona che ha amato con anima e corpo.
Una scena triste, troppo fredda per poterla descrivere a pieno.
Eppure, non è veramente tutto come sembra.
Perché Vanessa sente una mano, sente una mano toccarle la schiena, sente una carezza, per poi essere avvolta da un abbraccio.
Si spaventa al sentire quel tocco.
Si gira di scatto, ma quel profumo l’ha già riconosciuto.
«Vane, Vane, sono qui» sussurra quella voce, prima che lei possa finalmente guardarlo negli occhi.
E quell’azzurro è ancora lì.
È ancora vicino a lei.
Quei capelli color dell’oro, quegli occhi ancora un po’ chiusi a causa del sonno, le guance arrossate, le braccia attorno alla sua figura, mentre la rassicurano, mentre quelle mani grandi si avvolgono alle sue gentilmente, preoccupate come non mai.
«L-Luke?» domanda lei, sentendo le lacrime fermarmi di colpo, come se quella scoperta fosse troppo scioccante.
«Sì, Vane, sono io» sorride lui «Era solo un sogno, sono qui» e quelle parole la fanno nuovamente irrigidire.
«Luke… Luke…» balbetta, cerca di riprendere fiato, cerca di ragionare su quello che ha appena detto, cerca di esprimersi trattenendo i singhiozzi, ma l’unica cosa che riesce a fare è avvicinarsi di più a lui.
Lo bacia, velocemente, esigente, come se temesse di vederlo sparire da un momento all’altro.
Lo bacia, gli morde il labbro, lo sente quasi sorridere, lo sente che ricambia con la stessa foga, sentendo la sua lingua sfiorare la sua, sentendo la passione nascere ad ogni secondo.
Lo sente, mentre la porta di nuovo distesa.
Lo sente che si mette sopra di lei, senza perdere il contatto con la sua bocca.
Ma lei ha troppi dubbi in testa per andare avanti.
«Lo senti?» domanda, cogliendolo alla sprovvista, facendogli inarcare il sopracciglio.
«Scusa?»
«Tu li senti i miei baci? Le mie carezze? Mi senti sotto la pelle?» e il ragazzo appare sempre più confuso: si distende accanto a lei, sul fianco, la guarda con aria spaventata e persa, quelle parole suonano più strane dell’arabo.
«Non dovrei?»
«Luke, ti ricordi di me?» e il ragazzo appoggia una mano sulla fronte di lei.
«Sei fredda, la febbre non ce l’hai. Sei proprio strana di tuo» la prende in giro, mentre lei si rialza, incrociando le gambe, lo sguardo fisso su quel ragazzo.
Con gesto fulmineo gli mette le mani sulla spalla, nel tentativo di guardargli la scapola, abbassando la maglietta: la pelle del ragazzo è intatta, non un solo segno, neanche un misero graffio, nessuna traccia di quel numero maledetto.
«Vane, ma stai bene? Sta mattina sei preoccupante» le prende il polso, costringendola a guardarlo di nuovo.
«Chi sono i tuoi genitori? Quanti gatti abbiamo? Come si chiama il figlio di Jade?» domande che le scivolano fuori senza pensarci, domande che lasciano Luke senza parole, con la bocca semi aperta, mentre risponde quasi incerto, come se temesse di essere preso a schiaffi.
«Andrew e Liz Hemmings? Un gatto solo? Jade e Michael non hanno figli?» un sospiro da parte di lei.
«Sono confusa» afferma lei.
«A chi lo dici» ride lui «Si può sapere che ti prende?» si alza anche lui, accarezzandole piano la guancia.
«Tu eri un angelo» comincia così quel breve discorso, che già spaventa il ragazzo davanti a lei «Eri un angelo, potevo vederti solo io… poi sei caduto, hai fatto una scelta, sei diventato mezzo umano e avevi un tatuaggio e potevi amare solo me e… e… mi hai comprato Charlie, e… Michael era un angelo, e Jade ha un figlio con lui e… lui dopo l’anno non ricordava nulla ma poi ha ricordato tutto e… Ashton era un angelo! Ma ha saltato per Anastasia… E Calum mi veniva dietro e… e tu dovevi sparire la notte scorsa!» e quelle parole, dette a voce alta, suonano come idiozie pure, suonano davvero insulse e sciocche.
Luke non sa cosa dire, resta imbambolato a fissarla, ci pensa qualche secondo, prima di avere l’illuminazione, battendo le mani e spaventandola un po’.
«Ho capito! Ieri sera abbiamo guardato City of Angels, amore, ti sei lasciata un po’ influenzare. Prometto che non lo guarderemo più» la rassicura, baciandole il naso, ricevendo uno spintone da parte di lei, irritata come non mai.
«Non abbiamo guardato City of Angels! Ieri sera io e te abbiamo fatto l’amore! Me lo ricordo!» e arrossisce, mentre l’espressione del ragazzo passa da felice a felicemente maliziosa.
«Beh, se vuoi possiamo recuperare anche ora, piccola vogliosa» le bacia il collo, cercando di non farsi allontanare dalle sue resistenze, ma Vanessa lotta con forza, gli urla nell’orecchio che deve smetterla, perché lei non ci sta capendo più nulla.
«Vane, era solo un incubo. Perché sei così insistente?»
«E se invece tu ti fossi solo scordato tutta la nostra storia? Perché… tu dovevi dimenticarti di tutto!»
Lui alza gli occhi al cielo.
«Ti illumino, se vuoi. Così vediamo chi ha torto e chi ragione» l’aria di sfida si impossessa dei suoi occhi chiari «Punto primo: Jade e Michael non hanno figli, dato che stanno insieme solo da un mese e Michael deve ancora trovare il modo di portarsela a letto, visto che tra ciclo, impegni e tutto non sono ancora arrivati al dunque.»
E Vanessa resta senza parole, perché, effettivamente, ricorda qualcosa, ricorda che Jade l’ha conosciuta solo… poco tempo fa. Solo… due sere fa.
«Ashton e Anastasia si sono lasciati la bellezza di un anno fa, perché lui era partito per l’America e lei si è fatta il suo professore, con il quale ora convive, non so se hai presente, ma siamo andati a trovarli tre giorni fa» e un altro flashback si fa vivo nella mente di Vanessa.
«Ashton ora sta con Clary» sussurra piano lei, rivedendo nella sua testa la sua amica in braccio al ragazzo riccio.
«Calum, invece, mi dispiace deluderti ma… va dietro da tre mesi ad una ragazza che, proprio ieri, ci ha detto essere lesbica. E tu, amore mio, hai commentato con “Povero Calum, se venisse dietro a me non ci penserei due volte” e ti sei meritata un cuscino in faccia dal sottoscritto» un bacio rubato sulle labbra.
«Charlie è di là, dorme come sempre. I miei genitori sono sempre i soliti, e… beh, tra i due, l’unica con il tatuaggio sei tu, gattina» e le dita di lui toccano dietro il collo di Vanessa, ripassando a memoria il bordo di quel disegno nero, facendola rabbrividire un po’.
Tutto un sogno.
Tutto quel dolore, tutta quella sofferenza, tutto quel casino…
Solo un sogno.
Perché Luke non è mai stato un angelo.
Perché quello che ha vissuto era solo frutto della sua mente.
E le immagini reali si fanno spazio, dentro di lei.
Vede come stanno davvero le cose.
Vede che solo pochi dettagli sono ancora veri, come il bacio al concerto degli Sleeping With Sirens.
Vede che Jade non la conosce nemmeno.
Vede il viso di Calum nell’aggiornarli sulle ultime news riguardanti quella ragazza.
Vede Ashton partire per l’America.
Vede Anastasia e il suo nuovo compagno.
Vede Luke, poi, sempre presente, sempre il solito Luke, con la differenza che non è mai stato qualcosa di impossibile.
Lo sente baciarla, distraendola dai suoi pensieri.
Lo sente che con la mano va ad accarezzarla da sotto la maglia del pigiama.
Lo sente, lo vede sorridere.
Lo sente sussurrare quel «Ti amo» che lei contraccambia un po’ sorpresa, beandosi di quella voce calda che rimbomba leggera nella sua mente.
Il cuore le batte ancora un po’ forte.
Le mani si perdono con quelle di Luke.
Mentre riprendono a baciarsi e a distendersi l’uno attaccato all’altra.
Assapora le sue labbra.
Intreccia le mani tra i suoi capelli biondi, sente le sue sfiorarla con la solita delicatezza che riconosce, che non la spaventa, che la rilassa, la calma, la fa sentire al sicuro, protetta, come se lui fosse davvero come nel suo sogno.
Perché Luke, forse, è davvero il suo angelo.
Perché, forse, lui, per quanto umano possa essere, è davvero come nel suo sogno.
Luke è un angelo in incognito, è un angelo che tutti vedono come semplice umano, come un ragazzo qualunque, tra tanti, un viso tra milioni.
Ma non è così ai suoi occhi.
Gli occhi di Luke li riconoscerebbe tra milioni e milioni.
Quell’azzurro che si mescola alla perfezione con il suo blu.
Quel ragazzo che è solo il suo angelo, l’angelo che solo lei può vedere, sentire, baciare, amare.
L’angelo che la fa sentire così bene, anche solo con una carezza, anche solo con un sorriso, anche solo con una parola sussurrata, un angelo per lei, un angelo che ha bisogno solo del suo amore per essere felice davvero.
An angel in disguise.


 
The End.
 



Note di Nanek
Di ritorno da un week end di fuoco, eccomi qui!
Sono abbastanza puntuale direi, no?
E… beh, molte di voi l’avevano capito che avrei ripreso l’idea del sogno :D
Era tutto finto!! Nessuno è un angelo, era tutto un sogno, purtroppo.
Questa decisione è stata un po’… difficile da prendere in modo definitivo, perché fino a qualche tempo fa avevo in mente un possibile sequel: Vanessa che cerca Luke, Luke angelo perso nel nulla, Luke che trova un’altra persona, ma… in ogni caso, sarebbe sempre finito come un sogno, anche se avessi scritto il sequel.
Il sequel purtroppo, come già accennato, non lo farò, in quanto ho una nuova long che sto scrivendo e che non vedo l’ora di proporvi!! <3
Vi lascio il banner e il link del trailer della nuova long, giusto per incuriosirvi :D
Image and video hosting by TinyPic

TRAILER:  https://www.youtube.com/watch?v=kLzoGYhAfeE
Bene, e per chi volesse essere avvisato quando pubblico il primo capitolo, scrivetemelo pure nelle recensioni, oppure, questi sono i miei contatti, dove annuncerò il “lieto evento” ahah:
Twitter: @Vanek5SOS
Ask: Nanek 
Facebook:  Andysmile Nanek Efp DliffordBemmings (che condivido con la Andysmile <3)
Per il resto, spero che questo finale non vi deluda, anche perché dispiacerebbe anche a me deludervi, visto che siamo alla fine!
Un mega grazie a tutte voi che ci siete state <3
Grazie a chi ha letto, grazie per le 184 recensioni, per le 65 preferite, le 8 ricordate e le 54 seguite <3
Grazie per ogni cosa <3
A presto!
Nanek

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2850742