Lux Tenebris

di Deademia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Occhi inquietanti e passeggiate notturne ***
Capitolo 3: *** Tanto va la gatta al lardo... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


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“Non provare pietà per i morti Harry, provala per i vivi. E soprattutto per coloro che vivono senza amore.”

-Albus Silente-

 

Dietro ogni grande uomo, si nasconde sempre una grande storia. Che l’uomo in questione abbia plasmato la sua grandezza dall’oscurità e dal sangue non costituisce un ostacolo per tale affermazione. Rimarrà comunque  un grande uomo, malvagio, certo, ma grande.

La storia di Voldemort, però, pochi possono dire di conoscerla. Certo le abbiamo dato un volto ed un nome ben precisi: Tom Orvoloson Riddle. Ed è una storia tetra quanto chi la possiede, è oscura, priva di luce.

E’ la storia di un uomo debole che si è eretto sopra i forti.

E la storia di un mago forte che si è inabissato sotto i deboli.

Ma siamo sicuri che sia solo questo? Un nome, il suo nome?

Harry Potter ne è convinto,  persino i suoi fidati Mangiamorte ne hanno la certezza assoluta: il passato di Voldemort ha un solo nome, il suo, perché nessuno è mai stato abbastanza coraggioso o meritevole da poterlo avvicinare realmente.

Eppure vi stupireste nel sapere che così non fu. Che tutti si sbagliarono e continuano a farlo tutt’ora.

Perché il passato di Voldemort  non si chiama solamente Tom Orvoloson Riddle, un nome carico di disgusto, talmente detestato e disprezzato dal Lord da essere finito nel dimenticatoio , con suo sommo godimento e spietato orgoglio, assieme alle sue sporche origini di Mezzosangue e a quel lato umano frantumato e perduto esattamente come la sua anima.

 No. Il suo passato si chiama anche Daiana Isobel Rosier, ed è il più doloroso incubo del Signore Oscuro.

 

 

 

 

PROLOGO

Albus Silente è seduto alla scrivania del suo ufficio, immobile, mentre flebili candele illuminano la stanza e un vento irascibile percuote ripetutamente i vetri delle finestre, facendole traballare pericolosamente sui cardini arrugginiti. Il freddo umido, tipico di un temporale simile, filtra tra gli anfratti e striscia in ogni dove, combattendo col tiepido calore irradiato dal camino acceso.

Ma il Preside non sembra curarsene più di tanto. La sua attenzione è interamente rivolta ad un grosso libro, un album più precisamente, che funge da annuario scolastico. L’ha ritrovato poco prima tra i vecchi scaffali della biblioteca. Non che lo stesse cercando, ma mentre scorreva con la mano i dorsi polverosi delle copertine, si è imbattuto in quel cimelio non proprio recente, e un sorriso nostalgico gli ha increspato involontariamente le labbra. D’altronde si sa, ha sempre avuto un debole per i sentimentalismi e i vecchi ricordi lui. E’ stato automatico quindi prenderlo e rifugiarsi nella sua torre, immergendosi in memorie perdute e volti conosciuti che avevano calpestato quegli stessi corridoi decine e decine di anni prima. Eppure, mentre lo sfoglia con lentezza, accarezzando con lo sguardo ogni singola foto, per poco non sussulta nel trovarsi di fronte due occhi scuri e gelidi che è certo non potrebbe mai dimenticare: un Tom Riddle undicenne lo fissa dalla foto magica senza realmente vederlo, la posa rigida a renderlo più severo di come già appare e nessun sorriso su quel volto pallido ed incredibilmente bello, mentre attorno a lui i suoi compagni si spintonano per trovare la giusta postazione.

Silente reprime un brivido.

 E’ solo una foto, e lui è solamente un bambino, ma pensare a quanto sangue macchierà quelle mani linde e apparentemente innocenti non può che fargli rizzare i capelli sulla nuca, mentre un senso di nausea e malinconia prende il posto della precedente euforia attanagliandogli le viscere. Con la lentezza esasperante di chi non è certo di star facendo qualcosa di giusto, continua quell’osservazione quasi morbosa, una tortura per lui che si ricorda fin troppo bene di quel ragazzino misterioso e adorato dai molti, che non è altro che la parte più umana e ormai volutamente dimenticata del Signore Oscuro.

Primo anno, secondo, terzo, quarto…

Le sfoglia una ad una, cercando in quei pozzi neri un brandello della sua anima ancora integra, sperando di cogliere da misere foto il cambiamento che stava lentamente avvenendo dentro di lui, una malattia, un morbo senza cura che lo stava portando alla dannazione, consumandolo,  attanagliando il suo stesso essere come un parassita pronto a cibarsi del dolore per trasformarlo in rabbia e odio. In oscurità.

Poi, come folgorato da un ricordo che riteneva perduto, si blocca su un’altra foto. E’ più movimentata, più dinamica.

Non è la classe di Tom, ma fa parte della medesima Casa.

Guarda la data: anno 1943-1944.

Ritorna a osservarla.

C’è una ragazza, Lucretia Black, che ride abbracciata a quello che gli pare il giovane Prewett, il quale continua a farle il solletico nonostante gli schiaffetti ammonitori di lei. C’è un gruppo di ragazzetti, Grifondoro del primo o del secondo anno ad occhio, che proprio in quel momento sfilano veloci davanti all’obbiettivo, schiamazzando sguaiati e attirandosi le ingiurie dei Serpeverde, e ci sono due ragazzi, Travers e Rockwood, che lanciano di nascosto una fattura a dei Tassorosso sullo sfondo, facendoli cadere rovinosamente a terra e provocando l’ilarità di gran parte della classe.
Ma non sono queste bravate da Serpeverde ad attirare la sua attenzione.
E’ una ragazza in piedi, un po’ a margine, che ride guardando la giovane Black, a farlo.
E’ minuta e la divisa della scuola sembra andarle larga su quel corpo snello e sottile. Ha i capelli biondi raccolti in una coda alta e gli occhi, di un verde chiaro che nella foto in bianco e nero non si distingue granché ma che il Preside ricorda bene, brillano allegri.

Poi è un attimo.

Una figura spunta al suo fianco, sorprendendola, e prima ancora che questa possa rendersi conto di chi sia, il ragazzo la afferra sveltamente per mano e la trascina via, dove la foto non può mostrare più nulla.

Ma Silente non ha bisogni di vedere altro.

Ha capito chi era quel ragazzo dagli occhi neri e la pelle lattea, ed ha riconosciuto alla perfezione anche lei, Daiana Rosier, l’unica persona, l’unica donna, ad aver saputo toccare il cuore di Voldemort quando questi era solo Tom, ed un cuore ancora lo possedeva.

Ora ricorda.

In effetti, si era sempre chiesto all’epoca come quella creatura sottile, apparentemente fragile, ma dall’animo schietto e testardo fin tanto da renderla fuori dagli schemi persino per una Serpeverde Purosangue quale era, potesse essersi avvicinata all’ombroso Tom, schivo e diffidente ma bravo a mostrarsi agli altri nel modo esatto in cui lui voleva essere visto. Era come un gioco, per lui, un passatempo a suo favore che gli risultava dannatamente facile compiere. Silente l’aveva intuito da subito e mai si era fatto abbindolare dalle sue doti persuasive e le sue capacità ammaliatrici. E forse, si disse, forse l’aveva compreso anche Daiana. Forse per questo non era semplicemente rimasta nelle file dei suoi ammiratori, seguaci all’ombra di uno studente che si circondava di persone ma non di amici, e aveva allungato una mano verso di lui.

Per salvarlo dall’oscurità che aveva intorno.

Per salvarlo dall’oscurità che albergava nel profondo del suo animo.

Se solo i risvolti di quella storia non fossero stati così tristi…

Silente sospira.

Per quanto Voldemort sia malvagio e indegno del ben che minimo perdono, non può che provare pietà per quell’uomo la cui gioventù è stata costellata di delusioni e dolori.

Per anni è stato convinto che Voldemort non avesse mai conosciuto l’amore, l’avesse anzi rifugiato, odiato, disprezzato in ogni sua forma, ritenendolo una debolezza per sciocchi uomini indegni. E in un certo qual modo è così, si dice, Voldemort non ha mai amato.

Ma Tom…Tom si.

Tom ha amato, e poi ha perduto tutto.

Così, riflette il vecchio Preside, mentre la morte lo attanagliava coi suoi sporchi artigli neri, rendendolo il peggiore ed il più temuto tra i suoi seguaci, cibandosi della più feroce ed incontrollabile rabbia, del sordo dolore meschino che albergava in un singolo corpo, lui stesso ed il mondo intero si dimenticarono in fretta di quella fanciulla follemente ed ingenuamente temeraria, colei che prima ancora dell’incanto degli Horcrux fu in grado di brandire prima e frantumare poi quell’anima oscura. 

Una visione candida che fu inesorabilmente destinata a macchiarsi e perire sotto il nero futuro che la attendeva.

---Angolo dell'autrice---

Salve gente! Bene, finalmente eccoci qua con questo esperimento che tenevo in caldo già da un po'...ebbene si, una ff su Tom Riddle, sono sorpresa io stessa. Eh si perchè per quanto io abbia una tendenza preoccupante ad appassionarmi ai personaggi "malvagi" dei libri che leggo o dei film/telefilm che vedo, mai avrei pensato di poter scrivere qualcosa su Voldemort. Anche se, effettivamente, qui si sta parlando di Tom, ed è cosa ben diversa!
Comunque....fanciulle mie, già vi avverto, mi piace poco cambiare radicalmente i fatti di una storia quindi tenderò ad essere il più coerente possibile con le informazioni note del passato di Tom (anche se qualche modifica necessaria capiterà e vi verrà comunicata nelle note via via che procederemo coi capitoli). A questo proposito voglio spiegarvi una cosa: il futuro Voldemort sarà quello che noi ben conosciamo, compirà le stesse azioni, sarà identico in tutto e per tutto. Non ci sarà nessuna donna al suo fianco a placare le sue pazzie, a cambiarlo o chissà cosa. La mia protagonista fa parte del passato poco conosciuto del Signore Oscuro, e nel passato resterà.
Per quanto riguarda Tom, dato che ho parlato di cambiamenti, sappiamo che aprì la Camera dei Segreti e uccise Mirtilla (indirettamente) nel suo 5 anno e che uccise il padre e i nonni nel 6 anno, ma nella mia storia i fatti avvenuti nel 5 anno (cioe la Camera e l'uccisione di Mirtilla) non sono accaduti. In compenso l'uccisione dei familiariè avvenuta esattamente come la Rowling ha scritto. Ok, detto questo penso di aver concluso (anzi, ho spoilerato anche troppo per essere un semplice prologo!), vi lascio hai commenti (pechè si, anche se Natale è già passato da un mese bisogna comunque essere tutti più buoni e lasciare recensioni alle povere autrici di efp ù.ù)
Alla prossima, Deademia

ATTENZIONE: essendo totalmente negata, non ho neanche provato a creare un banner per questa storia, però mi piacerebbe metterne uno...se c'è qualche anima pia a cui piacerebbe cimentarsi per darmi una mano, basta farmelo sapere nei commenti così da metterci d'accordo, ve ne sarei grata a vita! (vi sponsorizzerei ;) ahaha)

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Capitolo 2
*** Occhi inquietanti e passeggiate notturne ***


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"Ho passato la vita a guardare negli occhi della gente, è l'unico luogo del corpo dove forse esiste ancora un'anima"

José Saramago




1. OCCHI INQUIETANTI E PASSEGGIATE NOTTURNE  

Da quando era nata, Daiana si era sempre sentita ripetere che una Purosangue come lei non poteva permettersi determinati comportamenti ritenuti totalmente inadeguati per la sua  condizione sociale. D'altronde, da una Rosier ci si sarebbe aspettato un miscuglio di raffinatezza e superiorità degne del cognome che portava. Eppure in quell’istante, a vederla acciambellata scompostamente su una poltrona della Sala Comune Serpeverde, infagottata in una coperta di lana ruvida nel tentativo di scaldarsi mentre leggeva il capitolo assegnatole di Pozioni, non si poteva certo dire esprimesse la tanto decantata classe Purosangue. Quasi rise al pensiero dell’indignazione che avrebbe letto sul volto della madre se fosse stata lì accanto a lei, ma grazie al cielo così non era e Daiana era libera di comportarsi come più preferiva, senza le catene invisibili che la sua famiglia le imponeva costantemente.

Uno starnuto la distrasse da quei pensieri, ed un altro ancora la indusse ad allungare svogliatamente una mano per afferrare la bacchetta e ravvivare il fuoco ormai quasi del tutto spento.

Era intenta a pronunciare l’incantesimo, quando un movimento alle sue spalle la fece sussultare.

La ragazza allungò il collo oltre lo schienale, incuriosita di vedere chi tra gli studenti si aggirasse per la scuola nonostante l’ora tarda ed il coprifuoco in atto già da un pezzo, e si stupì non poco di notare, tra la il gruppo di ragazzi scivolati furtivamente all’interno della sala, la figura di suo fratello.

Il ragazzo era voltato di spalle e stava parlando con qualcuno, forse Abraxas Malfoy ipotizzò lei non riuscendo a vederlo bene in volto, ma la chioma bionda identica alla propria era fin troppo riconoscibile ai suoi occhi. Evan, sentendosi osservato, voltò il capo, ed i suoi occhi chiari incontrarono stupiti ed un pizzico sospetti quelli di lei. Daiana lo salutò con un cenno della mano e vedendolo incamminarsi verso di lei, chiuse il libro sulle proprie gambe accomodandosi meglio.

-Si può sapere cosa ci fai ancora alzata? E’ più di mezzanotte, se non te ne fossi accorta-

Lei inarcò un sopracciglio, scettica, squadrandolo male prima di dar sfogo alla sua innata ironia pungente.

-Buonasera anche a te fratello, sto bene, grazie dell’interessamento, e tu?-

Evan fece una smorfia esasperata, avvicinandola  ancora di più.

-Spiritosa. Quindi?-

Quella per tutta risposta sbuffò, prima di riafferrare il libro mostrandoglielo a mo’ di spiegazione.

-Semplice, non riuscivo a dormire, e siccome domani ho un compito di Pozioni, ho pensato bene di dare un’ultima ripassata per impegnare il tempo. Tu piuttosto? Come mai in giro a quest’ora? E con tutti quelli là per giunta…- si informò lei, gettando un’occhiata veloce alle spalle del ragazzo.

-Nulla che ti debba interessare-

-Oh, ora fai il misterioso con me fratello? Tranquillo, non voglio impicciarmi dei fatti tuoi e della tua combriccola, sono solo curiosa-

-Lo sei sempre. Fin troppo-

Lei lo guardò risentita, fissando la sua aria seccata e vagamente agitata con crescente sospetto.

-Ma si può sapere che hai stasera?-

Evan sospirò rumorosamente, abbassando lo sguardo e massaggiandosi il collo con rinnovato senso di colpa.

-Senti, mi dispiace d’accordo? Sono solo un po’ nervoso, ma non volevo risponderti a quel modo…-

Lei lo guardò dubbiosa, allungando una mano per accarezzargli affettuosamente un braccio. Tra loro funzionava sempre così: litigavano per ogni minima cosa, ma l’attimo dopo tornavano a fare pace comportandosi da perfetti fratelli amorevoli.

-C’entra con qualcosa che è successo stasera?-

-Si e no…-

-Vuoi raccontarmi?-

Il ragazzo le sorrise, dandole un buffetto affettuoso sulla guancia prima di gettare un’occhiata all’orologio.

-Un’altra volta magari, adesso direi proprio che è arrivato il momento di andare a letto per le mocciose come te-

-Bada a come parli, altrimenti questa presunta mocciosa di affattura senza tanti problemi- lo minacciò indignata lei, tirandogli una sberla sul braccio prima di alzarsi, rassettandosi la gonna e raccattando le proprie cose, come sottofondo la risata divertita di lui.

Notò solo in quel momento che la stanza era tornata ad essere quasi del tutto deserta. Quasi, perché oltre a loro, in un angolo più appartato tre ragazzi si erano fermati a discutere a bassa voce.

Fu solo dopo aver dato la buona notte ad Evan ed essersi incamminata verso il proprio dormitorio, passando loro accanto, che li riconobbe. Il primo lo conosceva bene, era Antonin Dolohov, e la sua famiglia vantava una lunga amicizia con quella di lei, tato che spesso da piccoli si erano ritrovati a condividere lo stesso salotto. Il secondo, che stava animatamente discutendo con lui, era Edward Lestrange. Mentre il terzo, appoggiato con le spalle al muro e apparentemente indifferente al chiacchiericcio dei due, l’aveva visto innumerevoli volte senza mai averci scambiato più di qualche saluto. Era certa, comunque, che a nessuno in quella scuola fosse sconosciuto il suo nome, in quanto tra l’essere il più brillante tra gli studenti e il più ammaliatore tra i Serpeverde, era diventato pressoché una leggenda. A lei però, con quel suo alone di mistero e quell’aria fin troppo sicura di sé, non era mai particolarmente piaciuto. Non che certi atteggiamenti la infastidissero, d’altronde Daiana c’era cresciuta in mezzo a simili qualità e in parte risiedevano persino in lei, eppure lui, con quegli occhi terribilmente  neri e la capacità di piegare tutti sotto il suo volere, facendoli letteralmente pendere dalle sue labbra, professori compresi, non l’aveva mai visto di buon occhio. Quasi la inquietava. In un modo che lei stessa non sapeva spiegarsi.

Anche in quel momento, mentre gli passava accanto attirando la sua attenzione, non poté che reprimere un brivido sotto quello sguardo profondo ricambiando velocemente il suo saluto e quello degli altri due per poi sparire oltre la porta del dormitorio.

D’altronde, si disse, Tom Riddle era la persona più enigmatica che avesse mai incontrato.

 

 

***

 

Quella notte sembrava che incubi terribili avessero deciso di disturbare il sonno della strega.

Le tende verde scuro del baldacchino erano tirate, lei, supina, era infagottata sotto due strati di pesanti coperte, ed i capelli lunghi sparsi disordinatamente sul cuscino lindo parevano già madidi di sudore. Il letto cigolava ad ogni suo nervoso spostamento, mentre le lenzuola iniziarono ad attorcigliarsi attorno alle gambe nude senza pietà. Quando infine dopo l’ennesimo mugolio si svegliò, gli occhi sbarrati, un baluginio chiaro nell’oscurità, si ritrovarono a fissare il soffitto senza realmente vederlo, una mano posata sul petto ansante e l’altra ad artigliare la stoffa scura della coperta nel vago tentativo di attaccarsi a un qualcosa di reale per evitare di essere nuovamente inghiottita dalle immagini di morte che avevano popolato il suo sonno.

Rimase ferma in quella posizione fin quando il respiro non le si fu calmato e dell’incubo non rimase che un ricordo sbiadito. Infine, facendo attenzione e fare il minimo rumore, scostò il drappo pesante che racchiudeva il letto e sfilò via dalle coperte, rabbrividendo per l’improvviso cambio di temperatura.

Era una tipa molto freddolosa, lei.

Una veloce occhiata alla stanza le assicurò che fosse l’unica sveglia lì dentro, così, sempre il più silenziosamente possibile, agguantò la vestaglia posata in fondo al letto e infilandosela in un turbinio di svolazzante seta smeraldina si avviò alla porta del dormitorio, e poi fuori dalla Sala Comune, là dove il coprifuoco imponeva di non aggirarsi.

Ma da brava Serpe quale era, si era sempre curata poco di simili futili dettagli.

Con un sospiro liberatorio attraversò a passi lenti i sotterranei, per nulla intimidita dal buio tetro scandito da ombre tremolanti, frutto delle fiaccole sparse qua e là lungo la strada. In sei anni si era abituata a quella vista poco accogliente, inoltre non poteva che notare ogni volta con un pizzico di ironia quanto tutto quello assomigliasse in maniera stupefacente a casa sua. Fu solo quando salì velocemente i gradini fino a raggiungere il porticato che dava sulla corte interna, che si concesse di fermarsi, appollaiandosi in uno degli archi di pietra, la testa appoggiata alla colonna fredda e le ginocchia strette al petto. Fissò le stelle, quella notte particolarmente visibili e luminose in un manto blu per nulla deturpato dalla benché minima nube, e respirò a pieni polmoni l’aria frizzante che le arrossò la punta del nasino ormai congelato.

Le capitava spesso, da anni ormai, di ritrovarsi a vagare nella desolazione notturna della scuola, incurante dei possibili pericoli o rimproveri e della stranezza stessa della cosa, trovando conforto in quella pace totale e in quell’oscurità naturale che era la notte. Lo faceva ogni volta che un incubo le impediva di rimanere a letto, angosciandola con ricordi fin troppo nitidi e dolorosi ed impedendole di proseguire il sonno. Allora si alzava e fuggiva lontano, dove poteva distrarsi e concentrarsi su altro, che fosse il freddo pungente in grado di gelarla fin nelle ossa o un cielo burrascoso preannunciatore di temporali aveva poca importanza per lei. Bastava distrarsi.

Una volta, a quattordici anni, aveva fregato il pacchetto di sigarette del fratello e se ne era fumato metà in uno di quei momenti, storcendo la bocca ad ogni boccata ma continuando lo stesso, imperterrita. Non seppe se fu quel saporaccio a impedirle di rifarlo una seconda vola, o la strigliata di Evan la mattina dopo, accortosi del furto e insospettito dall’insolito odore di fumo che emanavano i capelli della sorella.

Un’altra volta, l’ultimo mese di scuola prima delle vacanze estive del quinto anno, era stata raggiunta da Lucretia Black, sua compagna di stanza e migliore amica da ancora prima che entrassero ad Hogwarts, e in uno slancio dettato dal momento avevano deciso di fare un bagno di mezzanotte nel Lago Nero. Inutile dire che dieci minuti dopo erano corse fuori terrorizzate, convinte che qualcosa di viscido e vivo le avesse afferrate per la caviglia .

Con un sorriso mesto si disse che tutte quelle notti passate ad infrangere il coprifuoco avevano dato i loro frutti, o perlomeno le avevano regalato un paio di aneddoti divertenti da divulgare solo con una buona dose di alcol nel sangue.

Quando però gli incubi si facevano frequenti e le notti in bianco insostenibili, si rivolgeva a Poppy per chiederle un distillato soporifero, certa che la donna, conoscendo fin troppo bene le cause scatenanti di tali notti turbolente, non gliel’avrebbe di certo negato.

Pensava a tutto questo, appagata dal rinnovato senso di tranquillità che le aveva invaso mente e membra, fin quando un rumore lontano non la distolse dalle sue elucubrazioni.

Insospettita, ma soprattutto curiosa, si tirò su affinando lo sguardo per volgerlo tutt’intorno a lei.

Niente.

Con uno sbuffò torno nella posizione originaria. Probabilmente si era trattato di uno spostamento d’aria, o di un qualche animale che si aggirava nel giardino.

Non fece in tempo a finire di pensarlo che una voce alle sue spalle la fece letteralmente saltare in aria. Per lo spavento dovette aggrapparsi con una mano ad una colonna, portando l’altra all’altezza del cuore il cui battito le rimbombava assordante nelle orecchie. Voltò la testa di scatto, trovandosi di fronte ad una figura che conosceva bene e che in quel momento la stava fissando dalla penombra del porticato, le braccia incrociate sul petto e la schiena poggiata al muro.

Dovette deglutire un paio di volte prima di poter emettere alcun suono, anche perché quegli occhi inquietanti e impenetrabili non la aiutavano di certo nella ricerca della giusta tranquillità e concentrazione.

-Riddle, che diamine ci fai qui?! Mi hai fatto prendere un colpo…-

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, accennando un piccolo sorrisetto.

-La domanda giusta è cosa ci fai tu a quest’ora fuori dal tuo dormitorio. Io sono di ronda-

Daiana si rizzò meglio, drizzando la schiena in una profusione di superiorità e calma che certo non provava di fronte a quel ragazzo, ma che doveva ostentare per non dargli alcuna soddisfazione. Non era certa che il suo obbiettivo reale fosse intimorirla, ma in qualche modo, dopo anni di sbieca osservazione, era arrivata alla conclusione che godesse nel vedere gli altri assoggettati alla sua sola presenza.

-Pensavo che la ronda fosse terminata ore fa-

Si morse un labbro, gioendo nel vedere una traccia di nervosismo adombrare le sue iridi già nere. Era piuttosto brava nel mettere con le spalle al muro la gente, lei.

-Ho tardato più del dovuto, ma sinceramente non vedo come io debba dare delle spiegazioni a te, visto che tra i due non sono io quello non autorizzato a girovagare per il castello a proprio piacimento a notte fonda-

-Allora perché me le stai dando?- a quel punto osò un sorrisetto ironico, inarcando le sopracciglia in un’espressione loquente.

-Solo perché sei la sorella di un mio amico, non significa che non possa punirti per il tuo comportamento. Fossi in te inizierei a portare rispetto per il tuo Caposcuola-

Nel pronunciare quelle parole, Tom si era scostato dal muro, avvicinandola e sovrastandola con la sua figura quasi a voler sottolineare il senso di quelle parole.

Daiana invece percepì la chiara e fastidiosa sensazione della puntura di uno spillo.

-Tu non sei un amico di Evan. Io non so cosa fate in quella…quella sette o cosa diavolo è, ma da quando mio fratello frequenta te e il tuo gruppetto d’elite è cambiato. E se pensi che io me ne starò buona mentre tu lo plasmi a tuo piacimento come un burattino ti sbagli di grosso-

-E’ una minaccia, Rosier?-

-Potrebbe, si-

Con sua meraviglia il ragazzo scoppiò a ridere. Una risata bassa e roca, non esattamente divertita.

-Quanto sei ingenua..- scosse la testa, fissandola negli occhi con rinnovata serietà –Questa setta, come la definisci tu, non è altro che un gruppo di amici che si ritrovano per studiare e stare assieme. Non ne hai uno anche tu? E’ piuttosto comune tra gli adolescenti se ci pensi…E per quanto riguarda tuo fratello, forse è semplicemente maturato, non credi? La gente cresce, succederà anche a te prima o poi-

-Non fare lo sbruffone con me, Riddle. Quel bel visetto e quel tono saccente potrà anche abbindolare la scuola intera, ma non me. C’è qualcosa di sbagliato in te…qualcosa che non sono mai riuscita a capire e che mette i brividi…è per questo che non ho la minima intenzione di avere a che fare con te, e me che meno voglio che mio fratello ti giri attorno-

-Tuo fratello è grande abbastanza da poter decidere da solo cosa fare. Mentre tu puoi stare tranquilla, non ho nessuna intenzione di circondarmi della tua presenza-

Fece un eloquente passo indietro senza una singola espressione a deturpare quei lineamenti perfettamente inquietanti, poi con un lieve gesto del capo la salutò.

-Buona notte Rosier-

Daiana non si prese neanche il disturbo di rispondere, ancora scossa da quel breve ma intenso scambio di battute, ma quando ormai pensava di averlo visto scomparire nell’ombra la sua voce bassa e fluida la fece sussultare per l’ennesima volta.

-Quasi dimenticavo…venti punti in meno a Serpeverde, la nostra casa ti sarà grata-

Voltò la testa infastidita, ma non vide più nessuno. Poi un brivido la costrinse a stringersi nella leggera vestaglia ed incamminarsi lenta verso i sotterranei. Faceva improvvisamente troppo freddo là fuori.

 

***

-Sei uscita anche stanotte, vero?-

Una voce ancora insonnolita la ridestò dalla sua lettura mattutina. Il sole era sorto da poco ma lei, reduce da una notte insonne, si era immersa senza troppo sforzo nel ripasso di Incantesimi, raggomitolata in cima al letto con la bacchetta come unica fonte di luce. Un modo come un altro per passare il tempo.

Sorridendo si voltò verso l’amica ancora infilata sotto le coperte e con gli occhi che faticavano a restare aperti. Era una visione piuttosto buffa, visto e considerato che si trattava della fredda e cinica Black.

-Buongiorno anche a te-

-Non tergiversare, non sei brava in queste cose-

-Mi permetto di dissentire, è solo che a lungo andare sei diventata brava a non farti fregare da me- acconsentì con dissipata presunzione, sorridendo sfrontata.

-Lo stai facendo di nuovo-

-Appunto-

-Allora?-

Alzò gli occhi al cielo, lasciandosi cadere suoi cuscini dietro alle sue spalle con enfasi.

-Si…e so cosa stai per dire-

-Ah davvero?- Lucretia, ormai del tutto sveglia, puntò il gomito nel materasso e poggiò una guancia sul dorso della mano, guardandola col sopracciglio alzato.

-Si, ma voglio aspettare ancora qualche giorno prima di andarci…-

-E’ una settimana che non dormi decentemente, se tuo fratello lo sapesse ti trascinerebbe di peso da Madama Chip-

-Ma mio fratello non lo sa, e io so gestire benissimo la cosa-

-Oh lo vedo…-

Daiana le lanciò un’occhiataccia, alzandosi di scatto per dirigersi infastidita verso il bagno, incurante delle altre ragazze anche ancora dormivano placidamente.

-La smetti?!-

-Mi sto solo preoccupando per te, se non l’avessi notato…non ti fa bene non dormire per così tanto tempo...insomma anche un bambino lo capirebbe! Quanto ancora pensi di andare avanti prima di farti aiutare?-

-Voglio solo aspettare un altro paio di giorni. Prometto che se mi risuccederà andrò in infermeria. D’accordo? Ma se posso evitare di farmi dare sonniferi anche questa volta lo preferirei-

Lucretia sospirò pesantemente ma alla fine si arrese, annuendo incerta. In fondo la capiva, erano anni che la vedeva succube di pozioni ed intrugli da ingurgitare ogni sera, era normale voler provare a combattere la cosa con le proprie forze. Anche se era certa che non sarebbe di certo bastata una dose in più di determinazione per superare ciò che le logorava l’esistenza da tutta una vita, però questo non glielo avrebbe mai detto…

-Almeno è stata interessante la tua passeggiata notturna?-

Daiana si bloccò nell’azione di afferrare la divisa, facendo una strana smorfia con la bocca.

-Oh direi proprio…di si-

Lucretia la guardò stupita, incitandola a continuare. Che mai poteva essere accaduto di così strano in piena notte per farle assumere quell’espressione?

-Ho incontrato Riddle-

Lucretia sgranò gli occhi.

-Tom Riddle?-

-Si, lui-

-Quel Tom Riddle?-

La ragazza sembrava sconcertata, una cosa per nulla da lei, così Daiana si voltò per osservarla stranita.

-Ne conosci forse altri? Si, quel Tom Riddle. Ma che ti prende?-

L’amica si riscosse, scrollando le spalle con ritrovata noncuranza.

-Nulla, è solo…strano-

-“Strano” è una delle tante parole che vorrei dire in questo momento-

-E com’è?-

-Esattamente come lo vedi da sei anni a questa parte, Lucretia. C’è qualcosa che devi dirmi per caso?-

La giovane Black scosse il capo, minimizzando la cosa, ma quel rossore sulle sue guance non le passò inosservato. Spalancò la bocca, avvicinandola per poterla guardare bene in faccia. Quegli occhi sviatori la dicevano lunga.

-Oh per Merlino…Non ti sarai fatta anche tu abbagliare da quel suo falso fascino?!-

-No, certo che no! Per chi mi hai presa? Però non puoi negare che sia particolare…-

-Se con particolare intendi inquietante, allora sì, è particolare-

-Non è inquietante- di fronte alla sua espressione scettica sbuffò –D’accordo, forse un po’. Nel senso buono del termine però-

-Nel senso buono?-

-Dai, lo sai cosa intendo-

-Veramente no…insomma è assurdo. Cos’ha quel ragazzo per far capitolare ai suoi piedi tutti? E’ strano, inquietante, ambiguo, calcolatore…è oscuro-

Lucretia scoppiò a ridere.

-Oscuro? Non ti sembra di esagerare? E’ solo un ragazzo-

-Non mi piace-

-Non ti deve piacere. In effetti a te non piace un sacco di gente Daiana, quindi la cosa non mi stupisce più di tanto-

-Ma è diverso…credimi Riddle ha qualcosa di insolito, fa venire i brividi-

-Te lo ripeto, per me stai esagerando. Forse è lo stress, vedi gli effetti del non dormire? E non alzare gli occhi al cielo, è molto più sensato questo discorso dei tuoi deliri su di un ragazzo che neanche conosci. Comunque cos’è accaduto? Dubito tu sia rimasta semplicemente a fissarlo-

-Niente, gli ho fatto capire che non mi va particolarmente a genio e lui mi ha tolto venti punti per essere fuori dal mio dormitorio dopo il coprifuoco. Non capisco come quello possa essere un Caposcuola…-

-E’ il più bravo studente di Hogwarts-

-E’ presuntuoso-

-Anche tu lo sei-

-Io non sono…oh senti, mi sono stancata. Tanto ormai sei stata inglobata nel suo esteso fan club, non posso più tentare di salvarti-

-Molto divertente-

-Sarei curiosa di sapere cosa ne pensa Darren..- continuò imperterrita, ripiegando con noncuranza la camicia da notte senza aver dato il benché minimo segno di averla ascoltata.

-La pianti? Ma non sei in ritardo o cosa? Potresti aspettarmi giù in Sala Grande, mh?-

-E’ un tentativo di liberarti di me?- domandò lei con espressione fintamente sconvolta.

-Velato- asserì la mora con un sorrisetto perfido, prima di defilarsi in bagno zampettando svelta sulla pietra fredda.

Daiana sorrise, portando le mani al collo e massaggiandoselo sovrappensiero. Un sospiro di piacere le uscì dalle labbra, e pensò che stare in quella posizione scomoda, china sul libro, per tutta la notte non aveva dato grandi benefici.

Ancora indolenzita finì di vestirsi, allacciandosi impeccabilmente la camicetta bianca sotto il maglione grigio senza neanche l’ombra di una spiegazzatura.

Quando fu pronta si accorse di essere ancora in largo anticipo, così perse tempo nel preparare la borsa coi libri e, sedutasi a gambe incrociate sul letto, buttò giù un paio di righe in risposta alla lettera che il padre le aveva inviato il giorno prima. Più che uno scambio di missive tra genitore e figlia, sembrava un rito pro forma carico di impersonalità e luoghi comuni, ma Daiana ci era così abituata che neanche ci faceva caso.

Nell’esatto istante in cui la piuma segnò con decisione il punto, la porta del bagno si spalancò mostrando la figura di Lucretia avvolta da una nuvola di vapore profumato. La giovane Serpeverde ancora in accappatoio blu scuro si gettò sul letto accanto a lei, stendendo le snelle gambe nude sul copriletto smeraldino e spargendo incurante i lunghi capelli umidi sul cuscino.

-Mi stai bagnando tutto il letto- protestò lei laconica, senza neanche un vero interesse, rileggendo velocemente la lettera prima di infilarla nella busta.

-Gli elfi domestici esistono per qualcosa-

Daiana sorrise, alzandosi per riporre la busta nel proprio baule. L’avrebbe spedita quel pomeriggio dopo le lezioni, d’altronde non era nulla d’urgente.

-Molto snob da parte tua-

-Ma io sono snob- affermò serafica quella, poggiando il mento sul palmo della mano per guardarla con superiorità, prima di concedersi una leggera risata.

-E a tal proposito…questo fine settimana pensavo di aggiornare il mio guardaroba in vista del ballo di Halloween, mi farai compagnia?-

-Ovviamente. Indovina chi mi ha invitata?-

-Malfoy?- Lucretia sorrise sorniona, ravvivandosi le ciocche bagnate.

-Già. Come ogni anno. Non capisco se la sua sia semplice stupidità o testardaggine…-

-Penso entrambe. Ma d’altronde come si fa a non innamorarsi di questi occhioni verdi da cerbiatta?- risero entrambe, e tra una battuta e l’altra l’intero dormitorio si svegliò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- - - Angolo dell’autrice - - -

Buonasera fanciulle :) Eccoci qua col primo vero capitolo di questa storia. Qui finalmente si fa la conoscenza della protagonista e di altri vari personaggi, e a tal proposito ho un po’ di chiarimenti da fare: della famiglia Rosier, grazie ai libri, noi conosciamo solamente Evan Rosier, che non è l’Evan Rosier di questa storia e fratello di Daiana, ma è suo figlio (infatti frequentò Hogwarts circa durante gli anni ’70). Il perché io abbia messo lo stesso nome al padre lo scoprirete più avanti ;)

Daiana è un personaggio totalmente inventato dalla sottoscritta, si è ipotizzato che esista una sorella di Rosier senior (lo chiamo così perché non se ne conosce il nome e qui non voglio confonderlo col mangiamorte suo figlio che tutti conoscono, ma appunto per questo ho deciso di dargliene io uno a mio piacimento), che si chiama Drusilla, ma ho preferito inventarmene una io.

Per quanto riguarda gli altri personaggi, sto cercando di mettere tutti quelli che fanno davvero parte del passato ai tempi di Tom, ma per alcuni ho dovuto modificare di qualche anno le date di nascita per farli rientrare negli anni scolastici che preferivo, non me ne vogliate troppo :)

Bene, credo di avervi chiarito tutto quello che c’era da chiarire e per il resto…aspetto vostri commenti/critiche/chessòio con ansia :)

Ringrazio inoltre:

Maya_Potter (per aver commentato il prologo e messo la storia tra ricordate)

darkmagic31 (per aver inserito la storia tra le seguite)

Lidja (per aver inserito la storia tra le seguite)

 

Un bacione a tutte, ci vediamo al prossimo capitolo!
Deademia

Ps: la proposta del banner è ancora aperta, se ci fosse qualcuno così gentile e disponibile ne sarei felicissima :)

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Capitolo 3
*** Tanto va la gatta al lardo... ***


Image and video hosting by TinyPic cap 2


2. TANTO VA LA GATTA AL LARDO…

Erano in ritardo.
Ovviamente.
Si erano svegliate, o per meglio dire, Lucretia si era svegliata alle 6.30 del mattino ma, nonostante tutto, ciò non aveva impedito che adesso stessero poco elegantemente planando su per la scalinata, dirette in Sala Grande per una a questo punto sbrigativa colazione prima di andare a lezione.

-Spiegami un’altra volta come abbiamo fatto, perché mi è ancora difficile capire come sia possibile metterci un’ora e mezza per infilarsi una stupida divisa- sputò vagamente ironica Daiana, sistemandosi un ciuffo ribelle che era sfuggito dalla sua non molto ordinata crocchia mentre cercava di trattenere il lieve fiatone che le rendeva pesante il respiro.

-Sembra quasi tu mi stia dando la colpa- asserì sdegnata l’altra, inarcando il sopracciglio perfettamente curato mentre si sistemava meglio la tracolla sulla spalla.

-Ottimo spirito di osservazione. Sai, non mi pare sia stata io quella che ha impiegato un’ora nel sistemarsi i capelli, e per Morgana siamo streghe, usiamo la magia! Poi non contenta ha deciso di farsi le unghie, non sia mai che ciò influisse negativamente sul compito di Pozioni, perdendo un’altra abbondante mezz’ora ed infine ha impiegato venti minuti per decidere quale tra le quattro identiche divise che possiede le stesse meglio. Complimenti, hai superato ogni tuo record penso-

-Vedi che non c’era bisogno che me lo chiedessi? Lo sai già benissimo da te come abbiamo fatto- Lucretia sorrise innocente, ignorando con maestria l’occhiataccia di risposta.

-Ragazze, che espressioni cruente già di prima mattina-

Un ragazzo alto, dai biondi capelli folti e la divisa verde-argento spuntò al loro fianco, facendo un cenno di saluto prima di posare un braccio attorno alla vita della mora e baciarle dolcemente la tempia. Un gesto semplice ma carico di sentimento per quei due che, tra ferrea educazione purosangue e spirito Serpeverde, non erano abituati a simili debolezze in pubblico.

-Chiedilo alla tua ragazza- sbuffò Daiana, che avendoli superati a passo di marcia non notò gli occhi al cielo dell’amica e la risata trattenuta del biondo.

Varcò per prima il portone della Sala Grande ma non si prese neanche la briga di guardarsi attorno. Dopo sei anni tutto diventava fin troppo familiare tra le mura di Hogwarts. Spesso di domandava cosa avrebbe fatto dopo, che futuro l’attendeva. Avrebbe intrapreso una carriera o avrebbe seguito le orme di quasi tutte le nobili Purosangue, diventando una moglie perfetti per un marito prestabilito in partenza dagli sciocchi accordi matrimoniali che tanto andavano di moda? Quella domanda le faceva quasi paura, si sentiva soffocare dalle responsabilità che il suo nome comportava, ma ancor più dal fatto che non avrebbe mai potuto dire apertamente una cosa simile, né coi suoi amici né con la sua famiglia. Si vergognava di quei pensieri, ma era inevitabile che il più delle volte si sentisse in gabbia.

Scacciando per l’ennesima volta quelle sciocche idee dalla testa camminò a testa alta verso il proprio tavolo, esattamente come le avevano insegnato fin da quando era nata.

Una nobile Purosangue come te non deve mai piegare la testa di fronte a niente o nessuna, Daiana, mi hai capita? Sei una Rosier, mostralo a tutti.

Poggiò la borsa ai piedi della panca e sotto gli sguardi di metà tavolata prese posto accanto al fratello, accavallando le gambe senza salutare nessuno in generale.

-Come mai così in ritardo?- domandò Evan continuando a sfogliare la Gazzetta.

Ovviamente sulle pagine riguardanti il Quidditch. Figuriamoci.

-Non me lo chiedere- soffiò lei seccata, versandosi del caffè ancora bollente in una tazza.

-Tua sorella è un po’ arrabbiata perché abbiamo perso tempo giù nei dormitori. Glielo hai mai detto che dovrebbe fare qualcosa per questo suo nervosismo?- Lucretia, sedutasi accanto a Darren, chiarì pe lein indecisa se essere più esasperata o divertita.

-Abbiamo?-  rispose lei con una punta di palpabile irritazione nella voce, gettandole l’ennesima occhiataccia.

-Non ti sembra di esagerare un po’?- Evan rise, abituato agli sbalzi d’umore della sorella.

-Si piccola Rosier, sei un  po’ troppo acida oggi. Cos’è, hai le tue cose per caso?- un ragazzo dai capelli talmente biondi da sembrare finti e la carnagione lattea si sporse oltre la figura di suo fratello per osservarla con ironia e sfacciataggine, provocando vari risolini.

Daiana si leccò le labbra sorridendo melliflua, mentre portava la tazza fumante  alla bocca.

-Malfoy, sei sempre il solito gentiluomo vedo. La tua innata classe mi stupisce ogni volta, è sconcertante-

-Eppure non mi pare che fai tante storie nell’andarci al ballo, con questo gentiluomo- continuò imperterrito facendola ridere.

-Si dice che sia predisposta alla carità…- ammiccò in sua direzione causando l’ilarità generale e finalmente godette del tepore di quel caffè, unica fonte di salvezza in una mattina partita male.

-Oltre che acida anche perfidamente subdola, complimenti Daiana stai tenendo alto il nome di famiglia- Alphard, poco distante da lei, le dedicò un sorriso divertito, allungandosi per afferrare una brioche.

Prima che potesse ribattere però una voce bassa e sinuosa rispose al posto suo.

-Saranno gli effetti collaterali del fare le ore piccole…-

Sentì distintamente Lucretia quasi strozzarsi col suo tè.

A lei invece il sorriso le morì sulle labbra nello stesso istante in cui un silenzio spiacevole cadde tutto intorno, e si chiese se fossero state quelle parole a causarlo o la persona che le aveva pronunciate. Non sapeva dirlo con certezza.

Tom Riddle, seduto a qualche posto di distanza da lei, continuò a bere tranquillo il suo caffè con gli occhi fissi sulla Gazzetta, apparentemente incurante della strana situazione che aveva creato.

A rompere quel silenzio fu Evan, che guardò prima lui e poi lei non avendo ben capito il senso di quell’affermazione. Né cosa c’entrasse Tom con la sua Daiana.

-Come?-

-Oh non farmi la predica!- sbottò lei riavutasi dal colpo, cerando di glissare l’attenzione lontana dal fatto per evitare di dovergli dire la verità –Anche tu ed i tuoi amici ve ne scorrazzate in giro per la scuola in piena notte a fare chissà cosa, un sacco di volte, ma nessuno vi viene a scocciare. Sono sempre io quella che deve dare spiegazioni su tutto, per una buona volta mi piacerebbe sentirle da te, caro fratello-

In verità, quel suo tergiversare deviatore le fruttò anche l’occasione per capire cosa Evan combinasse, e quale fosse il motivo di quella tensione che percepiva fin troppo spesso ormai in lui.

Peccato che questi non sembrasse propenso allo sbottonarsi di una virgola, con lei, e preferisse piuttosto prendere le difensive ogni volta che lei provava a tastare il terreno.

-Non sono affari che ti riguardano- borbottò sbrigativo –E comunque non tentare di cambiare discorso signorina, che non attacca. Eri davvero fuori dal dormitorio stanotte?-

Lei sbuffò, delusa dal fallito tentativo, ma prima che potesse dire alcunché creando una qualche scusa di quelle che era bravissima a inventare, fu interrotta.

Di nuovo.

Da lui.

Di nuovo.

La cosa iniziava a infastidirla.

-Non te l’ha detto? Questa notte, durante la ronda, ho trovato tua sorella che se ne stava tutta sola nel cortile. Dovresti controllarla meglio Evan, chissà quanti pericoli celano le ombre di Hogwarts- alzò gli occhi neri in direzione del giovane ed un lieve sorriso mellifluo gli increspò le labbra.

Fu una visione quasi macabra.

Entrambi i fratelli Rosier rabbrividirono, chi per un motivo chi per un altro, ma Daiana non poté comunque impedirsi di continuare a guardare quei due che immobili non smettevano di fissarsi, neanche potessero leggere tacite e segrete parole l’uno negli occhi dell’altro. Nella sua testa mille domande vorticavano inesorabili: cosa voleva dire Riddle con quelle parole? E perché Evan continuava a guardarlo a quel modo? Cosa nascondevano quei due?

Fu Alphard il primo a rompere quell’inquietante incantesimo, battendo le mani in un colpo secco che fece sobbalzare più o meno tutti e afferrando con enfasi la cartella.

-Ragazzi, noi abbiamo un compito di Incantesimi la prima ora se non sbaglio, ed è già tardi. Che ne dite di muoverci?-

Alcuni cenni di assenso accompagnarono i movimenti dei Serpeverde del settimo anno, e varie teste si piegarono per salutare lei e gli altri: Malfoy, Lestrange, Dolohov, Avery...tutti amici di suo fratello. E di Tom.

Daiana ricambiò appena, ancora confusa ed immobile, ma sentì distintamente il calcio che Lucretia le tirò da sotto il tavolo. Decise di ignorarla gettandole un’occhiata veloce e negando appena col capo. Non era il momento per parlare. Evan era al suo fianco, ma soprattutto Riddle ancora non aveva lasciato la sala. E per quanto lei si fosse sempre vantata di prestare davvero poca attenzione e poco riguardo a chi le stava attorno, commentare quella pantomima ambigua appena avvenuta col moro a pochi passi da lei non le sembrava una grande idea. Per niente.

In tutti i casi ci pensò il fratello a distrarla, afferrandole saldamente una spalla e costringendola a voltarsi nella sua direzione. I suoi occhi dorati, gli stessi di suo padre, la fissavano con un accenno di preoccupazione e Daiana si chiese quale fosse il motivo. La sfiorò l’idea che fossero state le parole di Riddle ad averla scatenata, ma le sembrava una reazione eccessiva. Alla fine non aveva detto nulla di che. No? Poi comprese che molto probabilmente lui aveva capito che gli incubi erano tornati, e come ogni volta si preoccupava per lei. Anche questa era una reazione esagerata a suo dire, ma perlomeno la capiva.

-Dopo dobbiamo parlare, io e te-

Lei sospirò, facendo l’indifferente.

-Non è necessario Evan, io…-

-Dopo. Parliamo.- la interruppe serio, sottolineando la sua testardaggine con una presa ancora più ferrea. Le fece un po’ male, ma non disse nulla.

-Sai, nostro padre sarebbe felice di vedere che hai ereditato tutta la sua prepotenza-

Lui sorrise, riacquistando la sua solita faccia da schiaffi, e lasciò scivolare via la mano dalla sua spalla.

-E io che pensavo te la fossi presa tutta te…- ribatté lui, camminando all’indietro con le mani in tasca ed un sorrisetto furbo a piegargli le labbra fini.

Lei rise facendogli un gestaccio davvero poco fine che se la sua famiglia avesse sciaguratamente visto avrebbe causato la sua istantanea diseredazione, infine, vedendolo sparire assieme agli altri fuori dalla sala tirò un sospiro di sollievo e tornò alla sua ormai ben fredda colazione.

 

-Sai, credo di aver capito quel non-so-che che ti inquieta tanto di Riddle…- iniziò vaga Lucretia, fissando un punto indistinto sul tavolo mentre le dita disegnavano leggere il bordo della tazza –Si chiama stronzaggine, una dote molto comune e venerata tra noi Serpeverde devo dire, anche se lui poteva farne un uso decisamente migliore-

Sia il suo ragazzo che Daiana risero, ma poi quest’ultima assunse un cipiglio pensoso e corrucciato.

-Sai, non credo si tratti solo di questo…hai sentito le sue parole, no? Non ti sembrava strano?-

-Riddle è sempre strano- commentò senza tanti preamboli Darren, versandosi la terza tazza di caffè.

 Daiana pensò che quel ragazzo aveva una seria dipendenza dalla caffeina.

-D’accordo, ma sembrava volesse far intendere altro con quel tono. E poi avete visto come ha reagito mio fratello. E tutti quanti gli altri loro amici-

-Secondo me ti stai facendo prendere un po’ troppo la mano. Ok ok, ammetto che non c’ho capito molto di tutto quello scambio di battute/sguardi un po’ inquietante, ma alla fine era solo una battuta Daiana. Saranno cose loro, sicuramente. E poi Darry ha ragione, lui è strano- la mora si strinse nelle spalle, arrivando alla conclusione che pareva la più logica tra tutte.

Daiana si morse un labbro ma alla fine cedette. Probabilmente avevano ragione e lei si stava solamente facendo prendere troppo la mano dall’antipatia che sentiva naturale verso Riddle.

Poi un’idea birichina, che non c’entrava nulla col resto, le si insinuò tra i pensieri dandole un ottimo suggerimento su come vendicarsi di quel ritardo mattutino.

Molto Serpeverde, da parte sua. Sorrise.

-Non eri tu che stamattina dicevi che aveva fascino?-

-Prego?- Darren piegò un sopracciglio, guardando attentamente la fidanzata che minimizzò con un gesto vago della mano, riportando subito l’attenzione su Daiana, incenerendola.

-Nessuno ha detto che una cosa esclude l’altra-

-Sarà, ma resta il fatto che…-

-Che Riddle non ti piace. Non l’avevo capito sai? L’hai solo ripetuto una trentina di volte da stamattina. Comincio a pensare che ci sia qualcosa sotto, mia piccola Rosier- la guardò maliziosa da sotto le folte ciglia, mimando un occhiolino col solo risultato di attirare l’attenzione degli altri studenti del tavolo. La giovane Black era in fondo tra le più belle ragazze di Hogwarts.

La bionda alzò gli occhi al cielo, sospirando un mugolio esasperato.

-Vorrei tanto sapere perché ogni discorso con te finisce sempre allo stesso modo-

-Perché sei zitella da troppo tempo-

-Io sto benissimo anche così, ma grazie per la preoccupazione-

-Oh lo vedo, tu e la tua acidità state una meraviglia- ironizzò quella.

-Tu e tuo cugino vi assomigliate in maniera terrificante, ne sei consapevole?- borbottò lei, ricordando le parole di Alphard di poco prima –E ora muoviti, o vuoi contribuire ancora un altro po’ al nostro ritardo?- sbottò infine, afferrando la borsa e iniziando a dirigersi verso l’immenso portone.

-Visto? Io ho sempre ragione- sussurrò piano Lucretia a Darren, un paio di metri dietro di lei. Piano si, ma non abbastanza.

-Ti ho sentita!- non si voltò neanche ad incenerirla, era sicura che il suo tono stridulo fosse stato sufficiente, ma le risatine soffocate alle sue spalle non sembrarono confermare la sua tesi.

 

 

***

 

Intanto, dall’altra parte di Hogwarts…

 

Il corridoio, in quell’ala, era così scarsamente illuminato che chiunque avrebbe pensato che la densa oscurità avrebbe potuto tranquillamente inghiottire persino un incantesimo Lumos.

Nessuno sano di mente quindi ci si sarebbe volutamente avventurato, se non per stupire gli amici in qualche sciocca prova di coraggio che i più piccoli indicevano a beneficio di una ancora da chiarire gerarchia scolastica annuale.

Per cui quando Mrs Purr, la giovane gatta dal lucido pelo fulvo di Gazza, scivolò furtiva strusciando contro le pareti fredde e nude in ricognizione, non si lasciò certo scappare i rumori che parevano provenire poco distanti da lei. A coda ritta e orecchie allargate trotterellò silenziosa sino a che i suoi occhi gialli non individuarono due figure schiacciate contro la parete. Non c’erano bacchette luminose a rischiarare l’ombra, solamente una candela appesa al muro e accesa da poco, che bastava a malapena a illuminare una piccola porzione di spazio tutt’attorno.

Mrs Purr soffiò minacciosa, inarcando la schiena e puntando il musetto incattivito in direzione dei due studenti, ma quando uno di questi si girò a fissarla, senza dire o fare niente, l’istinto naturale di sopravvivenza stranamente prevalse sulla famosa aggressività della gatta, e questa si ritrovò ad abbassare le orecchie appuntite e scappare via, con la coda tra le zampe.

-Hai intenzione di levarmi le mani di dosso prima della fine della giornata, Evan?- il ragazzo, i cui occhi si confondevano col buio che lo attorniava, si voltò nuovamente verso colui che lo teneva schiacciato con una mano al muro, apparentemente indifferente alla sua condizione di evidente svantaggio.

-Non finché non mi avrai spiegato che intendevi dire prima- il biondo ansimava appena, agitato.

Conosceva abbastanza bene Tom da sapere che non era un bene metterglisi contro, eppure non poteva ignorare la cosa, proprio perché erano sette anni che respiravano la stessa aria e condividevano idee e progetti, e proprio adesso che le cose stavano prendendo una piega fin troppo strana, non aveva intenzione che frasette ambigue venissero indirizzate verso i suoi familiari.

-Era solo una battuta, dovresti rilassarti. Sei fin troppo agitato di questi tempi- soffiò serafico, guardandolo da sotto le lunghe ciglia scure.

Evan ingoiò a vuoto. Lo guardò in quei pozzi neri dai mille misteri e seppe che aveva intuito tutto.

Inspirò. Espirò.

-Io…penso che stiamo esagerando, Tom-

Mollò la presa sul suo colletto e fece un passo indietro, guardando a terra. Non voleva scoprire il suo destino nei tratti illeggibili del suo presunto amico, preferiva bearsi della santa ignoranza.

-Esagerando?- il moro inarcò un sopracciglio, rassettandosi la divisa –Eppure mi sembrava ti stessi divertendo come tutti gli altri, l’altra sera. Se avevi qualcosa da obiettare, bastava dirlo. Non è una dittatura la nostra, amico mio-

Evan non rispose, non aveva nessuna intenzione di dirgli che non l’aveva fatto perché aveva paura, perché Tom stava cambiando e la persona che stava prendendo il suo posto gli metteva i brividi. Sarebbe stata la sua condanna.

Lui intanto continuò.

-Sono solo degli scherzi. Non ti ricordi che li abbiamo dovuti subire anche noi, al primo anno? E’ quasi una legge non scritta della scuola, una gavetta, chiamala come ti pare. Non vedo il perché di tutta questa sciocca preoccupazione-

-Non è solo questo, e lo sai…-

-No?-

Il giovane Rosier alzò la testa con frustrazione, fissandolo. Tom aveva la solita espressione di sempre, indifferente, come se il mondo gli scivolasse addosso senza lasciargli nessuna cicatrice, nessun segno.

-No. Quella bambina di Tassorosso, l’altra volta, è quasi affogata. Se Dolohov non la ripescava dal lago, sarebbe morta. E quel ragazzetto Serpeverde che si è perso nella Foresta, si è rotto un braccio, eppure noi lo abbiamo lasciato lì, a piangere dal dolore e dalla paura per tutta la notte da solo. Ha undici anni, Tom. E tu..tu non hai mai fatto niente. Te ne sei sempre rimasto lì, a guardare- scosse la testa, come se la cosa fosse inconcepibile per lui –Questi non sono scherzi, questa è tortura-

Riddle rise senza gusto, una risata fredda quanto i suoi tratti pallidi e perfetti. Una risata che faceva rabbrividire e sapeva rintuzzare chiunque provasse a giocargliela. Evan gliel’aveva sentita tante volte sputare in faccia a studenti a cui il primato del Serpeverde dava fastidio, la conosceva bene.

-Serve solo a renderli forti, a fargli capire che Hogwarts ed il mondo magico non sono solo bei incantesimi e piume svolazzanti. Non tutto è una favola che si concretizza, e là fuori il mondo vero prima o poi chiederà loro il conto. Prima lo imparano meglio è, non trovi?-

-Non spetta a noi questo compito-

Tom si strinse nelle spalle, come se la cosa non gli importasse davvero.

-Forse. O forse no. Qualcuno deve pure farlo-

-Ma non noi, non per forza-

Lui assottigliò improvvisamente lo sguardo, sorridendo mellifluo e chinando il capo da un lato.

-La coscienza bussa alle porte del tuo cuore, Evan? Da te non me lo sarei mai aspettato-

Il  biondo tacque, fissandolo. Dei suoi amici, lui era uno dei pochi che vantava di riuscire a guardarlo fisso senza abbassare mai la testa, come un qualsiasi suo pari quale era.

Neanche i professori, incredibilmente, a volte ci riuscivano.

-Sono tutti Sanguesporco- sputò infine in tono secco, come se quello fosse stato l’ultimo sassolino da levar via dalla scarpa per potersi sentire meglio.

Il moro dal canto suo non si scompose. Era assurdo come riuscisse a mantenere quel portamento rigido e quell’espressione  neutra in qualsiasi circostanza. Che stesse leggendo la Gazzetta o affrontando un discorso che, Rosier lo sapeva bene, lui riteneva fin troppo spinoso, pareva non fare differenza alle sue orecchie.

-Coincidenza-

-Davvero?-

-Stai forse insinuando qualcosa?-

-Nulla a cui la tua mente brillante non possa arrivare da sola-

Tom sorrise.

-Volevo risparmiarti la penosità del discorso, ma a quanto pare non mi dai altra scelta…I Purosange, o Mezzosangue che siano, conoscono bene le ombre che si nascondono dietro i lustri della magia. Tu mio caro amico meglio di tutti dovresti saperlo. I poveri, innocenti Sanguesporco pensano invece di essere stati catapultati in un meraviglioso mondo fatato in cui il male non esiste. A rigor di logica quindi, loro più di tutti devono essere istruiti sulle spine che persino la più bella delle rose può possedere- improvvisamente si staccò dalla parete, cominciando a camminargli attorno. Nel farlo cominciò a sistemarsi con noncuranza uno dei polsini della camicia –A volte basta poco, a volte il pugno si deve fare più duro-

Evan strinse la mascella, non replicando alla poco velata frecciatina del ragazzo. Tom sapeva sempre come colpire con precisione millimetrica i punti deboli degli altri, poco importava se questi fossero stati amici o nemici. Lui veniva sempre prima di tutti.

-Poetico. Ma ancora non mi capacito di come questo c’entri con te. Perché fai questo?-

Lui stette in silenzio, ed Evan pensò quasi che non gli volesse rispondere.

-Perché è la vita- disse infine laconicamente.

-Magnanimo da parte tua- ribatté con ironia.

Tom sorrise enigmatico.

Poi gli voltò le spalle e si incamminò verso le scale, con le mani in tasca e la solita aria rilassata ma severa.

Strano, lui aveva sempre una risposta a tutto.

Quando lo vide poggiare il piede sul primo gradino però, si ricordò del motivo per il quale l’aveva trascinato lì ed indurì lo sguardo, richiamandolo.

-Mia sorella non è del primo anno, ed io non sono stupido. Non minacciarla più, neanche con una battuta, sono stato chiaro?-

Tom non si voltò neanche, ma Evan seppe lo stesso di aver azzardato tanto, forse troppo, con quell’avvertimento esplicito. Nessuno mai si era arrischiato a rivolgerglisi così negli ultimi anni, nessuno.

-Allora fai in modo che lei faccia meno domande, e non ficchi il suo bel nasino in affari che non la riguardano. Neanche io sono stupido- e detto questo sparì definitivamente, inghiottito dalle tenebre.

 

 

 

--- Angolo dell’Autrice - - -

Se ve lo state chiedendo no, non sono un miraggio. Avevo abbandonato questa storia per così tanto tempo che ormai mi ero rassegnata a non prenderla più in mano, poi l’altro giorno sono entrata su EFP e mi sono accorta che una ragazza, neanche due mesi fa, aveva commentato entrambi i capitoli e non so, saranno state le sue parole meravigliose e gentilissime, sarà che mi era tornata la voglia di scrivere qualcosa riguardo Tom, fatto sta che ho deciso di ricominciare a scrivere Lux Tenebris. Non prometto niente, sono fin troppo incostante nelle consegne e nei progetti ed è una cosa di me che odio e che viene accentuata quando vedo che ciò che faccio, ciò che scrivo, non da frutti (in questo caso non riceve recensioni o comunque non piace), però voglio tentare. Voglio tentare per me stessa, per dimostrarmi che ce la posso fare, e voglio tentare per quelle poche lettrici/lettori a cui invece Daiana è piaciuta, si sono presi la briga di lasciare un commento e mi hanno spinta a fregarmene del resto.

Un grazie a loro, che per fortuna ci sono e a volte riescono a risollevarmi dai mie momenti di stallo. Grazie.

Mi rendo conto che questo capitolo è un po' povero di passi avanti sul fronte Daiana-Tom, ma è solo il terzo, ed io odio accorciare i tempi rendendo i rapporti innaturali. Per adesso preferisco inquadrare i personaggi e le vicende che hanno avuto e stanno avendo luogo, in una cornice generale, altrimenti o non si capisce nulla o, per farci entrare ambedue le cose, mi ritrovo a scrivere poemi  :)

Nella speranza che il capitolo vi sia piaciuto, vi mando un bacione e ci rivediamo al prossimo!

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