Generation Of Miracles

di Ryu Black Dragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo o - Il giorno del diploma ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - L'inizio di una nuova avventura ***
Capitolo 3: *** capitolo II - il mistero della regione di Yolus ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - ritrovare il proprio passato ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - La regina dei cieli ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - La bambina e il dragone prima parte ***



Capitolo 1
*** Capitolo o - Il giorno del diploma ***











Prologo
Il giorno del diploma

 
 
 
“Un vero peccato, non trova Miss Waterflower?”
“Ha ragione preside, erano ragazzi talentuosi”
“Una generazione unica che si mostra una volta ogni dieci anni”
 
 
 

 
 
 

 
 

- A tutti i diplomati, congratulazioni! –
Voci, grida e suoni di ogni genere ruppero la quiete del giardino della Liberty Pokèmon School.
Sul palco, il presidente del Consiglio Studentesco osservò i compagni con un sorriso nostalgico sul volto.
Erano già passati cinque anni dal suo arrivo e, su quei volti, vide maturità e tanta voglia di scoprire il mondo.
 
- Ricordate che questa non è la fine.
Il nostro viaggio è appena iniziato. Sarà dura, dovremmo affrontare pericoli e difficoltà di ogni genere.
Ma non saremo mai soli. Quest’ Accademia non ci ha lasciato solo un’ottima preparazione ma tanti amici su cui, un giorno, potremmo sempre contare. Adesso andate, partite e portate sempre alto il nome della nostra scuola! -
 
Bolle d’acqua iniziarono a colorare il cielo, danzando fra i corpi degli studenti con le guance rigate dalle lacrime.
Con una manica della divisa Kim si asciugò una guancia, cercando di sorridere.
I grandi occhi verdi si alzarono verso l’orizzonte.
 
Il presidente aveva ragione,
quella non era la fine ma solo un modo triste per dare il via ad una nuova avventura.  

 
 
 
 
 
 
 

 




Nota dell’autrice:
Ciao a tutti! So di avere altre storie in corso e prometto di finirle ma ho avuto l’idea per questa ed eccomi a provare. Spero vi piaccia e partecipiate in molti.
La storia si svolge 10 anni dopo l’avventura di Satoshi, durante un torneo di mia invenzione dove la Generazione dei Miracoli (ovvero voi) si ritroverà xD
Dunque ho bisogno di15 OC, la scheda inviatemela per mp con la scritta “OC per Generation of  Miracles”. Spero che apprezziate la mia idea e che parteciperete!


A presto! Ryu_Chan.

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Capitolo 2
*** Capitolo I - L'inizio di una nuova avventura ***








Capitolo 1
L’inizio di una nuova avventura






 

Yolus.
Regione misteriosa situata ad Est rispetto Kanto, meta preferita dai turisti alla ricerca di grandi avventure.
Pokèmon unici la abitavano, creature selvagge e magnifiche che si nascondevano nei suoi mille ambienti in piena libertà.
Era costruita da cinque isole diverse, ognuna con un particolare habitat. Al centro di queste sorgeva l’isola madre.
Una zona ampia, con pianure e catene montuose abitate da centinaia di Pokèmon differenti.
Proprio su questa, chiamata dagli abitanti Aen, sorgeva l’arena per il prestigioso torneo dell’isola.
Come ogni Regione aveva una Lega ma, a differenza di quanto si potesse credere, il Campione non era originario di Yolus.
Pochi lo conoscevano, quasi nessuno sapeva il suo nome. Era una figura avvolta dal mistero che aveva un qualche legame con la prestigiosa Liberty Accademy.
 


 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

 
 
Città principale, Yupilopoli.
Ore 12,30.

 
 
Il Blue Sky era un edificio vasto e molto famoso, con le pareti in legno tinte di bianco e il tetto coperto da tegole rosse.
Al piano superiore c’erano delle stanze da letto, a quello inferiore la sala da pranzo e le cucine. Si trovava nella zona est della città a pochi passi dal mare.
Due lunghe settimane di nave ed era possibile raggiungere da quella posizione la Regione di Kanto.

Alla luce del giorno Yupilopoli appariva come un insieme di candidi edifici, un labirinto di case e palazzi in perfetta simbiosi con la natura.
Le strade in pietra erano piene di vita. Uomini, donne, bambini e Pokèmon selvatici. Tutti che vivevano assieme, in armonia.
 
Eirlys Blackeyes respirò profondamente l’aria intrisa di dolci profumi. La brezza primaverile che soffiava sulla città sapeva di zucchero, pane appena sfornato e cioccolato. Le accarezzava il viso con dolcezza, solleticando gli zigomi chiari e giocando ad intrecciare i capelli color pece.

Ai piedi della ragazza il suo Glaceon dormiva. La pelliccia azzurra, in apparenza morbida e lucida, sembrava risplendere sotto i raggi del sole.
Se ne stava distesa, con il muso appoggiato sulle zampe chiare in attesa di qualche carezza e magari un premio per il suo comportamento.
 
Un gruppo di bambini attraversò correndo la strada davanti al locale. Ridevano, scherzavano e ogni tanto lasciavano qualche carezza al Vulpix che li inseguiva. Eirlys li osservò con un sorriso, persa nei ricordi della sua infanzia a Jotho finchè uno di loro non cadde per terra.
 
Era una bimba di circa sei anni, con buffi codini biondi e un lungo vestito candido.
L’allenatrice le si affiancò preoccupata, lasciando al suo Pokèmon il compito di badare alle borse.
 
-Ti sei fatta male?-
-No! Lumy è una bimba forte, il papà lo ripete sempre-
 
Così dicendo Lumy si alzò in piedi, sorridendo nonostante i graffi sulle ginocchia e il viso sporco di polvere.
Eirlys si lasciò sfuggire un sorriso, che si allargò quando vide gli occhioni color cioccolato della piccola brillare davanti alla sua Glaceon.
 
-Nee-chan, posso accarezzarlo?-
-Fai pure-
 
Senza bisogno di altre conferme da parte della maggiore Lumy corse verso il Pokèmon, iniziando a coccolarlo come un pupazzo.
Glaceon, felice di tutte quelle attenzioni si lasciò viziare, emettendo ogni tanto un verso soddisfatto.


 
-Sei cresciuta a quanto vedo Erys-chan-
 
La ragazza si voltò sorpresa.
A pochi passi da lei, avvolto in un pesante giaccone color mattone, stava Himuto Socho l'ex Presidente del Consiglio studentesco ai tempi della Liberty Accademy. Per i primi secondi Eirlys non disse nulla, troppo sconvolta. Si limitò a studiarlo, analizzando quei particolari che erano cambiati nel corso degli anni.

I capelli si erano fatti più lunghi. Dello stesso colore del ghiaccio d’inverno ricadevano sul suo viso, incorniciando un paio di splendidi occhi color ossidiana.
Era sempre di corporatura magra, non troppo alto o muscoloso e con un discutibile senso estetico.

Ai suoi piedi stava un Fraxure. pokèmon bipede con lunghe zanne grigie dalla punta rossa.
Le iridi color sangue studiavano l’allenatrice, con un misto di curiosità e superbia. Insomma, l’esatta copia del suo allenatore.
 
-Sempai?-
-Proprio io, che dici? Ti va di pranzare assieme ad un vecchio amico?-
-Certamente!-
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Città principale, Yupilopoli.
Ore 12,30.

 
 
All’interno del bar intanto una giovane diciassettenne dai capelli biondi si godeva un dolce alla frutta.
Nikki Inuzuki era alta 1.73, aveva splendidi occhi azzurri e un fisico da far invidio a chiunque. La pelle abbronzata metteva in risalto il colore degli occhi che, allegri, passavano da una parte all’altra del piccolo locale. Doveva ammettere che quel luogo le piaceva. Era arredato in maniera molto sobria, con carta da parati color panna e tavoli in legno. Il proprietario poi era un uomo fantastico. Il signor Junjichi era stato talmente gentile da indicarle la strada più veloce per il porto, regalarle una cartina della zona e offrirgli il pranzo. Nikki gli ricordava sua nipote. Una dolce bambina di appena otto anni partita con i suoi genitori per una vita migliore.
 
-Cucinano bene in questa regione, vero Evee?-
-Eve!- 

Dalla sua destra spuntò il muso sporco di panna del suo compagno di viaggio.
 
-ATTENZIONE!-

Nikki fece appena in tempo a voltarsi che un uragano dai capelli scuri le finì addosso.
Dolorante la bionda si rialzò, lanciando un occhiata triste al dolce ormai distrutto.
 
-O mamma! Ti prego perdonami!-
Kimber si mise seduta davanti alla ragazza che aveva investito.
Con le gambe incrociate osservava l’altra ragazza, stringendo fra le braccia il suo Pokèmon.
 
-Tranquilla, non mi sono fatta niente. Piuttosto grazie per…-
Quando Nikki alzò lo sguardo e vide l’altra ragazza non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere. Kimber, per gli amici solo Kim, aveva i capelli sporchi di dolce con alcuni residui di panna sul naso all’insù. Persino i vestiti, una t-shirt lilla e un paio di shorts era ridotti malissimo.
 
-Non ci trovo nulla di divertente- rispose gonfiando le guance e assumendo un espressione tipica dei bambini arrabbiati.

-Dai scusami, io sono Nikki-
-Uff, ti perdono io mi chiamo Kimber-
 
Kim appoggiò con cura l’Evee dell’altra ragazza per terra ma, dopo pochi passi il suo piede finì sul piattino contenente i residui del dolce di Nikki.
Nemmeno due minuti e finì per terra, questa volta addosso ad un ragazzo molto più grande di lei.
Aveva un fisico muscoloso, un viso gentile e un paio di occhi veramente splendidi a detta della minore.

A quella vista la bionda tornò a ridere, seguita dal suo Pokèmon.
 
-Ma sei una frana!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Centro Città, Yupilopoli.
Ore 13,00.

 
Shiroyasha Natsumi non era mai stata una ragazza socievole. Amava la solitudine e la sola compagnia che accettava era quella dei Pokèmon.
Per questa ragione si nascondeva sotto un salice. Preferiva osservare la vita altrui. Analizzare ed imparare, conoscere rimanendo nell’ombra.
Erano queste le sue qualità migliori. Ogni tanto la brezza proveniente dal mare le solleticava il naso, portando con se il polline dei fiori.

Vedeva gli abitanti della città passarle davanti e ogni tanto tentava di indovinarne i pensieri. Una giovane donna dai capelli turchini precedeva un uomo dallo sguardo preoccupato. Sembrava sicura, forte, in quell’abito color del cielo ma gli occhi verdi leggermente arrossati la tradivano.
Le passarono davanti come molta altra gente prima ma nessuno si era mai accorto di lei.

Una diciannovenne dalla pelle candida come la neve, corti capelli color carbone e zaffiri come occhi. Vestiva con una felpa color lavanda di almeno tre taglie superiore al normale che nascondeva le sue forme e le dava un aria buffa e infantile. Un paio di shorts scuri le fasciavano e gambe e il soffio del vento faceva tintinnare il campanellino che aveva legato alla cintura.
 
-Che cosa abbiamo qui?-
-Perché ti nascondi?-
 
Delle figure oscurarono la luce del sole, costringendo in questo modo Natsumi ad alzare gli occhi. Erano tre ragazzi sui vent’anni, robusti con una semplice canottiera aderente che metteva in risalto i muscoli scolpiti. Sorridevano. Un espressione maliziosa che faceva ben comprendere le loro intenzioni. Per un attimo Natsumi  guardò la strada. Nessuno. Nemmeno un passante accennava a volersi fermare. La paura però non era dovuta alla situazione, in se già difficile. No, il suo terrore era dovuto ai due esemplari di Houndoom ai loro piedi che la osservavano con aria minacciosa. Adulti muscolosi, dal manto lucido tipico degli esemplari ben nutriti e curati.
 
-Allora? Ti hanno mangiato la lingua?-
 
Terrorizzata Natsumi teneva lo sguardo fisso sui Pokèmon. Il ragazzo, vedendo che non accennava a muoversi, si avvicinò soffermando lo sguardo affamato sulle gambe scoperte della giovane. I suoi occhi verdi finirono sull’album grigio della più piccola.
 
-Un artista! Su fammi vedere i tuoi lavori!-
 
 
 
 
-Adesso basta, lasciate in pace la ragazza e cercate qualcuno della vostra taglia!-
 
Un ragazzo le si parò davanti. Era molto alto, dalla carnagione abbronzata e i muscoli accentuati.
I capelli rossi parevano fiamme, e il tono della sua voce era forte e deciso. Al suo fianco c’era un Grovyle che, senza alcun timore, sfidava con lo sguardo i Pokèmon avversari. Natsumi osservò curiosa quelle figure sconosciute. Erano passati quasi dieci anni dall’ultima volta che qualcuno l’aveva difesa.
 
-Che cosa abbiamo qui? Come desideri ragazzo, ce ne andremo ma prima un regalo: Houndoom Lanciafiamme!-
 
Merric non poté fare molto.
Vide l’allenatore lanciare in aria l’oggetto e una vampata di fuoco andare a distruggere il prezioso album della ragazzina che stava difendendo.
Con una risata il gruppo si allontanò.

 
-Julius, ricordati il mio nome eroe delle mocciose! –

 
Merric si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, ignorando le ultime parole del ragazzo.
Con un espressione di rammarico sul viso si voltò verso la mora.
 
-Tutto bene? Mi spiace per l’album-
-Non importa, è per questa ragione che odio la compagnia umana-
 
Lentamente Natsumi si alzò da terra, sotto lo sguardo dispiaciuto di Merric e del suo Pokèmon.
Con cura la mora raccolse quei pochi disegni ancora integri sul prato, premunendosi di gettare gli altri per non sporcare quel luogo tanto bello.
 
-Tieni, per ringraziarti- disse, porgendo al ragazzo un foglio dai bordi bruciati.
Era il ritratto di un Treeko che, due giorni prima, aveva incontrato nel bosco di quella stessa regione.
Accarezzò la testa del Grovyle del ragazzo, ringraziando anche lui con un poffin.
 
-Non dovevi, comunque io sono Merric Hawkins tu?-
-Natsumi Shiroyasha-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Foresta Nera, nei pressi di Yolus
Ore 14,30.

 
 
La Foresta Nera si estendeva ad ovest rispetto la città.
Un labirinto di piante che, nel corso degli anni, solo pochi allenatori era riusciti ad attraversare incolumi.
A fatica i raggi del sole filtravano attraverso le foglie, creando giochi di luci ed ombre spesso inquietanti.
 
Akane Suzuki era una ragazza testarda ed orgogliosa. A passo deciso percorreva i sentieri, seguita dal suo fedele Arcanine che la difendeva dai pericoli.
Certo, quel luogo era un paradiso ma dopo due ore di cammino si stava trasformando in un vero incubo.
 
-Arc!-
-So benissimo dove stiamo andando! Fidati, troverò l’uscita!-
 
Il Pokèmon scosse il muso.
Poteva giurarlo. Erano ben due ore che stavano camminando in cerchio.
 
 

Con uno sbadiglio un ragazzo dai capelli color pece aprì finalmente gli occhi.
Seduto sul ramo di un grande albero si godeva la brezza tipica della primavera e il silenzio della foresta.

Aveva una corporatura magra e una carnagione chiara.
Indossava solo una maglia nera, che risaltava il colore della sua pelle.
Alla sua destra, sistemata su un altro ramo, stava una giacca viola e nera. I pantaloni erano scuri, coperti in parte dalle foglie che erano cadute durante il suo pisolino.
 
-Maledizione! Perché sembrano tutte uguali queste strade?!-
 
Un urlo lo svegliò del tutto. Era una voce femminile, squillante e terribilmente familiare.
Abbassò lo sguardo, incrociando la figura di Akane e del suo Pokèmon. A quella vista sulle sue labbra si formò un sorriso.
 
-Non dirmi che ti sei persa, Bakane-
 
La giovane dai lunghi capelli castani si fermò. Da ben due anni non sentiva quell’odioso soprannome. C’erano due persone al mondo che la chiamavano in quel modo e, considerando che una era una ragazza, quella voce poteva appartenere solo ad una persona.
 
-Non è possibile! Kage-kun, e io che pensavo di essermi liberata di te con la fine della scuola-
-Lo stesso vale per me, Bakane-
-PIANTALA! Odio quel nomignolo-
 
Kage Black saltò dall’albero, mettendo in bella mostra la sua grande agilità.
Arcanine si lasciò sfuggire un ringhio mentre la sua allenatrice lottava contro il desiderio di far arrostire quel maledetto antipatico.
 
-Allora ti sei persa Bakane?-
-No! So benissimo dove siamo-
-Ma se sono due ore che mi passi davanti-
 
A quelle parole Akane arrossì.
Che razza di figura! Tutta colpa di quell’Ursaring che durante la lotta li aveva spinti nella foresta.
 
-Okay hai vinto, ma se ti trovi anche tu in questo luogo significa che non sai come uscire-
- Sbagli, io conosco l’uscita-
 
Così dicendo il ragazzo si avvicinò di più al corpo della ex compagna di classe. Doveva ammettere che gli anni le avevano giovato. Era rimasta ancora molto bassa ma il fisico stava iniziando a farsi più femminile. Indossava una maglietta bianca, un buffo cappellino dello stesso colore e i lunghi capelli castani erano stati legati in due pratici codini alti. Infine, un paio di pantaloncini scuri, completavano il look.
 
-Allora da bravo ci farai da guida-
-E perché mai dovrei farlo?-
-Semplice. O ci aiuti o ti arrostiamo, vero Arcanine?-
 
Akane sorrise sadica, accarezzando il muso del suo Pokèmon.
Con le buone maniere si ottiene tutto...
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Note dell’autrice ritardataria u.u
Ebbene gente eccomi! Finalmente sono riuscita ad aggiornare il primo capitolo di questa storia.
Ringrazio subito tutti i partecipanti, tranquillizzando quelli degli OC non ancora apparsi. Spero capiate le mie motivazioni, con una regione nuova da descrivere, zone a voi sconosciute e una serie infinita di nuovi personaggi ho dovuto dimezzare il capitolo originale. Comunque nel prossimo appariranno anche gli altri, oltre a notizie sul misterioso torneo. Noterete che ho cambiato la grafica. Non sono impazzita, semplicemente stò facendo alcuni "esperimenti" per trovare quella che mi ispira meglio. A questo proposito vorrei un parere. Che ne pensate di questa? Chiedo scusa per eventuali errori e vi do appuntamento al prossimo capitolo! Non mancate mi raccomando! Un abbraccio, Ryu_Chan <3
 

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Capitolo 3
*** capitolo II - il mistero della regione di Yolus ***








Capitolo 2
Il mistero della Regione di Yolus

 


 






 
 
 

Juelopoli, Isola Antice.
Ore 13:30



Juelopoli era la meta turistica preferita dell’Isola Antice.
Imbarcazioni di ogni genere arrivavano e partivano in continuazione, trasportando merci e persone verso le altre isole minori della Regione. Magazzini, Negozi, Centri Pokèmon e molto altro. Si poteva trovare di tutto nella città dei diamanti.

Questa sorgeva nella zona Ovest dell’Isola, vicina ad una spiaggia e un promontorio su cui si svolgeva una festa popolare.
Gli edifici avevano tutti un color crema ed erano stati costruiti secondo un cerchio ideale attorno alla piazza principale.
Avvicinandosi alla zona portuale la situazione cambiava. Le case si facevano più semplici, mentre aumentavano gli alberghi costosi e i locali di tendenza per attirare i turisti. Gli abitanti di questa zona erano diversi. Il loro comportamento era educato e gentile e nessuno rifiutava di ospitare qualche viandante. Essendo una città famosa ad Ovest sorgeva anche una Palestra.
“Il Giglio nero” così recitava l’insegna. La Capopalestra, Elisa, era una giovane donna molto bella.
I suoi capelli erano lunghi, color pesca e gli occhi invece erano di una tonalità particolare d’azzurro.
Accettava solo allenatori esperti e, col passare degli anni, aveva finito col specializzarsi nel tipo Volante.
I suoi scontri erano aperti al pubblico e, nelle calde giornate di Agosto, combatteva in piazza per la gioia di grandi e piccini.

Vicino alla sua palestra sorgeva anche un luna park.
Giostre diverse, bancarelle dalle mille delizie lo animavano. Seduto su una panchina accanto alle montagne russe un giovane allenatore ascoltava con pazienza i problemi di una donna. L’aveva incontrata per caso davanti ad un chiosco di gelati assieme a quello che pareva il fidanzato. Mark William li osservò litigare, separarsi e davanti alle lacrime della donna non resistette. Era un ragazzino e, avendo solo quindici anni, non capiva molto d’amore ma sapeva ascoltare. Capitava poi che, per un qualche colpo di fortuna azzeccava il consiglio adatto risultando persino più maturo di ciò che era.
 
-Per questa ragione mi ha lasciata, insomma ti sembra un motivo valido?!-
-Capisco signora, l’unico consiglio che posso darle è correre da lui e chiedere una spiegazione vera. Con la forza o meno lei merita di sapere tutta la verità-
 
La donna, che rispondeva al nome di Marie, sorrise stringendogli una mano.
In un primo momento credeva che quel ragazzino fosse solo un moccioso che voleva prenderla in giro.
Ma in quell’ora e mezza passata assieme si era ricreduta.
 
-Grazie per il conforto, ti prego accetta questi dolci- disse lasciandogli fra le mani un pacchetto avvolto con una carta color del cielo. Li aveva preparati per il fidanzato ma lui non li meritava.

Mark sorrise furbo. Era un ragazzino certo, ma non faceva mai nulla gratuitamente.
 
 
 
…………………………….

 
 
Partendo dall’uscita Ovest del luna park si poteva raggiungere, in soli dieci minuti a piedi, un laghetto immerso nel verde.
I rumori della città sembravano un ricordo lontano e, dopo diversi anni, il lago diventò la meta preferita di giovani coppie.
 
Seduta su una pietra Bree Archer si godeva il lieve venticello che accarezzava il suo viso.
I lunghi ricci castani si muovevano alle sue spalle, ondeggiando come l’acqua davanti ai suoi occhi.
Poteva sentire il suo Emolga giocare con gli altri compagni, persino le voci dei Pokèmon portate dal vento.
Fu un esplosione improvvisa a rompere la quiete che la circondava. Il suo primo pensiero andò ai suoi Pokèmon.
Una paura infondata considerando che erano tutti alla sua destra, al sicuro e lontano dalla zona dell’urto.
 
Con rapidità si alzò in piedi, facendo saettare i grandi occhi grigi da una parte all’altra del parco. Passarono solo pochi minuti e il suo Emolga individuò il problema. Dall’altra parte del lago un ragazzo stava lottando contro uno stormo di Spearow selvatici.
Bree lo osservò per un attimo con aria curiosa. Non sembrava spaventato, quasi divertito dalla situazione.
La ragazza non riusciva a distinguere bene i lineamenti del suo viso da quella distanza così, ordinato ai compagni di vegliare sulle proprie cose, lo raggiunse accompagnata dal fedele Emolga. Finalmente, dopo pochi passi, riuscì a scorgere il campo di battaglia al completo.
 
Lo sconosciuto stava usando un Growlithe che, a giudicare dalla stazza, doveva essere un cucciolo. Il Pokèmon cagnolino, sotto l’ordine dell’allenatore colpì gli avversari con una fiammata, ferendo alcuni membri dello stormo. Bree ammirò l’abilità del piccolo nell’evitare gli attacchi nemici e la freddezza con cui il suo allenatore riusciva a gestire la situazione. Nonostante la giovane età il Pokèmon non sembrava intimorito. Al contrario pareva abituato a situazioni del genere. La castana però non era mai stata una ragazza paziente e, invece di limitarsi ad osservare, decise di agire.
 
 
-Emolga usa Fulmine!-
 
 Il Pokèmon ubbidì al comando e, in pochi secondi, il numero di avversari per il giovane era diminuito. Bree affiancò il ragazzo, notando oltre ai particolari del suo viso la differenza d’altezza che li separava.
 
-Ma guarda, non immaginavo che le ragazze di Yolus fossero tanto graziose- sussurrò il giovane con un tono malizioso all’orecchio della ragazza. In meno di un secondo il viso di Bree diventò dello stesso colore della sciarpa di lui.
 
-Ma..-
-Non distrarti, nanetta- rispose lui mettendole una mano sul capo per costringerla ad abbassarsi, evitando in questo modo l’attacco di uno Spearow infuriato.
 
-Growlithe mettiamo fine allo scontro, vai con Lanciafiamme!-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Himelopoli, Isola di Gilve
Ore 14:30

 
Himelopoli era un’antica città portuale, la più famosa dell’Isola di Gilve. Situata vicino al porto era protetta ad Ovest da una catena montuosa il cui monte più alto raggiungeva gli 8027 m. Gli abitanti lo consideravano luogo di sventura. Molti avevano tentato la scalata ma quasi nessuno era tornato per raccontare la propria avventura. Le leggende a riguardo erano tante, antiche quanto la storia della città. Una di queste narrava di una coppia di Absol che, per difendere il proprio paradiso, causava sventure ai passanti.
 
La struttura urbana era costituita da una rete stradale ortogonale, fatta di strade principali e vie minori che si snodavano fra le bianche mura delle abitazioni. Dal porto una strada maestra conduceva direttamente alla piazza. Era una zona luminosa, aperta con mercatini e giardini dai mille colori.
 
Fra la folla che passeggiava era possibile distinguere un ragazzo diciannovenne.
Greg Petrelli era sbarcato da poco e, come tutti i nuovi arrivati, stava affrontando il caos del mercato. Una tortura per un ragazzo dal carattere riservato e schivo come il suo.
 
Quel giorno indossava una tuta larga, di colore blu con una riga bianca in mezzo. Un paio di cuffie nelle orecchie a sventola lo difendevano dai rumori cittadini. Le risate dei bambini, le urla dei mercanti e le chiacchiere degli uomini a lungo andare lo avrebbero fatto impazzire. Non era proprio abituato ad un simile frastuono.
 
Camminava a testa bassa, ignorando i commenti delle persone che incontrava. Sapeva di non essere una bellezza, pesava ben 104 Kg ed era più basso dei coetanei ma non gli importava. Aveva ben altro in mente.
 
Ogni volta che alzava gli occhi color cioccolato poteva distinguere il profilo dell’edificio più importante della città farsi sempre più vicino. La biblioteca di Gilve con l’Archivio Storico di tutta la Regione.
 
Questa si estendeva al centro della città e a Sud rispetto al porto. Raggiungerla non era difficile. Pochi minuti di cammino ed era già possibile vederla all’orizzonte. Uno splendido edificio color perla, risalente al periodo in cui le isole minori erano in lotta per il dominio di tutta la Regione. Alle sue spalle c’era ancora un pezzo di muro in pietra. Un cimelio storico che gli abitanti decisero di conservare per non dimenticare quel periodo oscuro.
 
La biblioteca comprendeva circa un milione di testi ed un importante collezione di antichi manoscritti. Era un luogo di ricerca. Meta preferita dagli studiosi e aperto solo da pochi anni al pubblico. Fra le sue mura si nascondeva il libro che racchiude la storia dell’isola di Rym. La quinta del gruppo e la più misteriosa. Completamente disabitata raccchiude Pokèmon di ogni tipo, compreso quello che secondo le leggende diede origine alla Regione di Yolus.
 
L’obbiettivo di Greg, divoratore ed amante del genere letterario, era di scovare quel testo. Un racconto misterioso, che trattava anche delle sparizioni avvenute nel corso degli ultimi quattordici anni su quell’isola.
 
Attraversata la piazza arrivò finalmente davanti all’ingresso dell’edificio. Un portone di diversi metri, finemente decorato, gli dava il benvenuto. C’era poca gente, la maggior parte turisti intenti a fotografare quel capolavoro architettonico. Una ragazzina dai capelli biondi era intenta ad ammirare la statua di un Pokèmon Drago che, con le sue zampe anteriori, sembrava voler invitare i viaggiatori ad entrare. Era una creatura magnifica e, per un attimo, anche Greg si fermò ad osservarla.
 
Nel corso del suo viaggio non aveva mai visto un Pokèmon simile. Il muso era schiacciato ed allungato, gli occhi piccoli e nonostante le ali fossero chiuse poteva immaginarne l’apertura spaventosa. Dopo un ultima occhiata si voltò, entrando finalmente nell’edificio.
 
Anche Giorgia Uzumaki decise di allontanarsi dalla statua. Provava una strana in quietudine a stargli accanto, come se quel Pokèmon nella realtà non sopportasse gli estranei. Un lieve venticello mosse i suoi lunghi capelli, mostrando quelle meches azzurre di cui andava tanto fiera. Questi sembravano danzare alle sue spalle, intrecciandosi spesso e ondulando ad ogni suo passo. Ai suoi piedi il compagno, un giovane Luxray, si godeva quella bella giornata. Gli occhi rossi vagavano da una parte all’altra della strada, facendosi attenti ad ogni minimo pericolo per la sua allenatrice. Il pelo scuro sembrava brillare sotto i caldi raggi del sole. Segno che veniva allevato con tanto amore e cura.
 
La ragazza passeggiava lungo il profilo della biblioteca, ammirando i dettagli della struttura. Ogni tanto qualche bambino si fermava, attirato dal suo Pokèmon che sembrava contento per tutte quelle attenzioni. In pochi minuti arrivò vicino al muro. Una serie di pietre incastonate alla perfezione. Un lavoro eseguito con cura e dedizione da umani e Pokèmon.
 
Trent’anni prima fu creato un giardino alle sue spalle. Un’immensa zona verde di numerosi ettari, con un albero sempreverde per ogni caduto della guerra. I grandi occhi azzurri di Giorgia brillarono davanti a quello spettacolo. Ai suoi piedi anche Luxray sembrava felice, riuscendo comunque a mantenere una certa freddezza ed eleganza.
 
-Vai pure a fare un giro amico-
 
Così dicendo Giorgia si abbassò all’altezza del suo compagno, lasciandogli una lieve carezza sul muso. Dopo un attimo di perplessità e smarrimento il Pokèmon si allontanò, pronto per esplorare quella zona tanto bella. Fu nel momento in cui sparì fra la vegetazione che una voce risalente al passato della sua allenatrice attirò l’attenzione della ragazza. La bionda si voltò, riconoscendo in quella figura femminile la sua compagna di stanza alla Liberty Accademy.
 
-Candy-Chan! Quanto tempo!- urlò, saltandole letteralmente al collo.
 
Intanto Luxray avanzava nella vegetazione. Il suo naso percepiva il dolce profumo dei fiori, sentiva il miele e la presenza di alcune bacche. Man mano che avanzava, alternando sentieri a zone erbose, incontrava altri Pokèmon. Alcuni, come lui, erano stati lasciati liberi di esplorare dai propri allenatori mentre altri erano abitanti del parco. Un Oddish gli passò accanto, seguito da un paio di simili allegri e sorridenti.
 
Un rumore di foglie attirò la sua attenzione. Il Pokèmon Occhiluce si fece attento. Ogni suo muscolo diventò teso, pronto a scattare contro un eventuale aggressore. Ancora lo stesso rumore, questa volta proveniente da destra. Quando Luxray si voltò vide una giovane umana. Aveva uno sguardo gentile. I capelli erano ricci, di una tonalità particolare di castano dai riflessi dorati. Un paio di occhi azzurri risaltavano sulla carnagione chiara, mentre buffe lentiggini le davano un aria infantile. Fra le braccia stringeva un piccolo Togepi. I due Pokèmon per un attimo si scambiarono uno sguardo poi, il più grande, appurato che la giovane non fosse una minaccia, tornò alla sua esplorazione. Hannah Williams seguì con lo sguardo la direzione dove quel Pokèmon era scomparso. Un vero peccato, pensò. Un esemplare tanto bello apparteneva certamente a qualcuno.
 
-Mi spiace Togepi, sembra che non volesse fare amicizia- il Pokèmon folletto abbassò il muso. Chissà come mai quel suo simile era tanto scontroso, pensò.
 
Ma un Butterfly che gli passò accanto attirò la sua attenzione, divenendo il nuvo oggetto dei suoi pensieri. Magari lui voleva giocare.
 
La farfalla volò fra gli alberi, colorando con la sua presenza le bianche mura della biblioteca. All’interno di questa Greg non poteva credere ai suoi occhi. Per un amante dei libri come lui quello era un vero paradiso.
 
Appena entrato venne accolto dal profumo della carta e dell’inchiostro. Il silenzio faceva da sovrano e, gli unici rumori udibili, erano quelli dei fogli che venivano sfogliati. Avanzò lentamente, quasi temesse di rompere la quiete di quel luogo con la sua presenza.
 
Il pavimento dell’ingresso era costituito da mattonelle colorate a mano. Gli arazzi appesi alle pareti narravano la storia della città. Dalla fondazione alla guerra. Una lunga ed estenuante battaglia, fatta di grandi speranze ed eroi coraggiosi. Tanti erano stati i caduti.
Civili, Pokèmon, soldati e persino bambini. La guerra non portava mai beneficio, solo tanta ed inutile sofferenza.
 
Lasciato l’ingresso Greg avanzò verso il centro dell’edificio, dove si trovava la zona lettura. Comode panche in legno, tavoli scuri dello stesso materiale e luci lievi per non disturbare gli occhi.
 
L’edificio era costruito su tre piani, raggiungibili grazie una serie di scale a chiocciola.
Volumi di ogni genere occupavano gli scaffali, catalogati con cura e dedizione dai proprietari di quel luogo. Senza fretta Greg si inoltrò in uno dei corridoi, scorrendo con lo sguardo i titoli dei volumi presenti.
 
Come allevare i Pokèmon.
Attacco o difesa, la migliore strategia.
Alla scoperta del mondo dei Pokèmon.
I misteri di Kanto.
 
Con un sorriso soddisfatto l moro constatò che la maggior parte dei volumi visti fin ora li aveva già letti. Un vero divoratore di libri insomma. Arrivato alla fine del corridoio si trovò davanti una delle tante finestre che davano sul giardino. I raggi del sole illuminavano la grande biblioteca, perdendosi poi fra il gran numero dei corridoi.
 
Una donna dalla pelle candida passò al suo fianco, con un passo tanto leggero da sembrare impossibile. I lunghi capelli color pesca ondulavano alle sue spalle, mentre con le braccia esili stringeva un paio di pesanti volumi rilegati.
 
Con una mano Greg si tolse una cuffia dalle orecchie.
 
-Mi scusi?- sussurrò.
 
In un primo momento lei sembrò ignorarlo poi, all’ombra di uno scaffale, si voltò.
 
-Hai bisogno di qualcosa ragazzo?-
 
Greg rimase incantato dal colore dei suoi occhi.
Alcune persone dicevano che questi erano lo specchio dell’anima e, osservando quelli della donna, l’allenatore pensò che mai parole simili risultarono più vere. Erano color lavanda, dalle mille sfumature diverse. Una luce particolare li animava, qualcosa di oscuro e allo stesso tempo splendido che rifletteva l’immagine della proprietaria.
 
-Cerco l’Archivio della città, può indicarmi dove si trova?-
-Continua per questa strada, devi superare altre tre sezioni e lo vedrai alla tua sinistra. Se ti perdi segui la direzione di costruzione degli scaffali, portano tutti al centro della biblioteca-
 
-La ringrazio- rispose educatamente il moro, voltandosi per andarsene.
 
-Di niente, Gregorio-
 
A quelle parole il ragazzo si voltò ma la donna sembrava ormai scomparsa nel nulla. Un brivido gelido percorse la sua spina dorsale mentre una strana consapevolezza si faceva largo nel suo animo.
 
“Come faceva a conoscere il mio nome?”
 
 
 
 
 
 
 
 





Vulcanopoli, Isola di Fyn
Ore 15:30

 
 
L’Isola di Fyn era situata ad Ovest rispetto quella madre.
Famosa per il suo vulcano offriva un ambiente unico e particolare, oltre a tanti nascondigli per i Pokèmon.
 
Vulcanopoli era il nome della città più grande, situata ai piedi del vulcano Odense e terza per grandezza nella regione. Protetta ad Est da una fitta foresta era conosciuta e rinomata per le sue sorgenti termali. Vasche col fango, piscine bollenti e centri benessere per umani e Pokèmon. Si poteva trovare veramente di tutto al suo interno.
 
Proseguendo verso Sud-Est si raggiungeva “Vulcan”, un centro specializzato per gli allenamenti Pokèmon ad alte temperature. Persino il Capopalestra della città, Ryko lo sfruttava per migliorarsi.
 
In una delle loro vasche stava Kaith Sawamura, un giovane allenatore di Unima con il suo partner Emboar. I capelli color pece del ragazzo ricadevano sul suo viso, attraversato da piccole gocce di sudore. Teneva gli occhi chiusi, come il suo Pokèmon, intento a portare al massimo la loro resistenza alle avversità.
 
Era sbarcato a Duripoli, il villaggio vicino, due giorni prima. Il viaggio verso il centro dell’isola per raggiungere la capitale fu ricco di pericoli e nemici da affrontare. Ricordava con un sorriso il combattimento contro quell’Onix sulle montagne. Esemplare splendido ma troppo debole per unirsi alla sua squadra.
 
La città si estendeva verso il mare, avvicinandosi pericolosamente ai piedi del vulcano.
C’erano pochi alberi e, nella piazza, viveva uno splendido esemplare secolare. Offriva riparo dal sole, accogliendo sotto le sue fronde grandi e piccini.
 
Elise Flaubert era una giovane allenatrice di 17 anni, dai capelli rossi come la lava che alimentava il vulcano. Visto il clima mite della città indossava una maglietta a maniche corte bianca, un paio di pantaloncini scuri e delle scarpe rosse. Se ne stava seduta su di una panchina, a riparo dai raggi del sole. Con un paio di cuffie nelle orecchie leggeva isolata dal resto del mondo, completamente presa da una leggenda sul Pokèmon della quinta Isola di Yolus.
 
“…Il suo odio per gli uomini lo portò a nascondersi su di un isola remota, in attesa di qualcuno tanto folle o coraggioso da inoltrarsi nella sua tana…”
 
“...fu la sua paura di essere ripudiato a cambiarlo…”
 
Quelle parole la colpirono. Poteva capire i sentimenti del Pokèmon perché erano gli stessi che provava anche lei. Una voce attirò la sua attenzione. Per un attimo chiuse gli occhi, accorgendosi solo in quell’istante di quanto fossero stanchi per la troppa lettura.
 
A pochi passi da lei stavano due ragazzi, di qualche anno più grandi di lei immaginò.
Il ragazzo si trovava alla destra della compagna e, dagli sguardi dolci che ogni tanto le lanciava, pensò fossero fidanzati. Un sorriso malinconico si dipinse sulle sue labbra.
Chissà se anche lei, un giorno, avrebbe trovato qualcuno che l’amasse per quello che era. D’istinto la sua mano si posò sull’avambraccio destro che, per una ragione conosciuta solo da lei, era fasciato.
 
-Dai Barry sei lento, voglio vedere il centro termale!-
-Arrivo Elena-
 




 
 
 
 
 
 
 
 




Città principale, Yupilopoli.
Ore 12,35



Christopher Ivan Fortescue era entrato in un bar alla ricerca di un posto tranquillo dove risposare. Mai si sarebbe aspettato di finire con una ragazzina fra le braccia. Kim si limitava ad osservarlo con un sorriso, mentre la sua mente viaggiava lontano immaginando prodi cavalieri che salvavano donzelle in pericolo. Lei era fatta così. Dolce, amichevole e una gran sognatrice. Suo padre diceva che era quello il motivo del suo essere maldestra. Tendeva a vivere troppo di fantasia, dimenticandosi di fare attenzione alla realtà che la circondava.

-Ehm, scusa?-

Davanti a loro Nikki rischiava di morire per asfissia.
Accompagnata dal suo Pokèmon rideva come non mai mentre il viso della sua nuova amica assumeva un colore simile a quello delle fragole mature. Le faceva pena. Isomma, non aveva mai incontrato nessuno così sbadato nel corso di tutta la sua vita.
Finalmente tranquilla decise di andare ad aiutare i due ma, quando allungò una mano, Kim preferì stare fra le braccia del suo "cuscino".



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


Note dell'autrice.
Salve gente, ecco il nuovo capitolo spero di non aver fatto troppi errori.
Ringrazio ancora tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, grazie mille! Spero che anche questo lungo (molto lungo) nuovo capitolo vi sia piaciuto. So di aver solo accennato un paio di OC ma dal prossimo capitolo li vedrete nel dettaglio. Ammetto che ero tentata di tagliare anche questo in due parti comunque vabbè. Riguardo al torneo ho deciso di dare tutte le informazioni assieme nel prossimo capitolo. Vi dò appuntamento al prossimo aggiornamento allora. Ma prima chiunque volesse mandarmi un eventuale passato del proprio OC vedrò di inserirlo, per caratterizzare meglio i vostri personaggi. A questo proposito ricordate che siete ex studenti di una scuola xD A presto!

Ryu <3

 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo III - ritrovare il proprio passato ***


GENERATION OF MIRACLES
-III-
Ritrovare il proprio passato
 
 






 





Isola Aen – nei pressi della capitale.
Ore 16:00


La Liberty Accademy venne fondata nel lontano 1850, quando il termine libertà era sconosciuto alla maggior parte dei cittadini della Regione.
 
Era un tempo di guerra, carestia e fame che ancora oggi rivive nei racconti dei più anziani.
Che siano Pokèmon o persone nessuno ancora riesce a dimenticare quel periodo oscuro.
 
Fra le diverse località dove costruirla venne scelta una zona tranquilla a Nord di Outropoli, la capitale dell’ Isola di Aen.
Ci vollero quasi due anni per completare l’edificio centrale, altrettanto tempo per allestire l’arena e i dormitori. Uomini e Pokèmon lavorarono per giorni, sotto la pioggia o fra la neve.
Fu un lavoro faticoso, che richiese l’aiuto di tutte le Isole che componevano la Regione.
Si può solo immaginare la gioia che provarono il giorno in cui anche l’ultima pietra venne posata al suolo.
 
Fra le proprietà dell’ Istituto facevano parte anche una spiaggia, usata a scopo ricreativo e una villa situata sull’isola prima.
 
Costruita nel centro della Foresta Nera era di proprietà della famiglia Liberty.
Col passare dei secoli il luogo venne dimenticato e l’edificio, un tempo casa di cultura per scienziati famosi, abbandonato.
 
Tante sono le storie che narrano del giorno in cui venne inaugurata l’Accademia.
Una di queste racconta che, il giorno dell’apertura, il Pokèmon leggendario della Regione apparve come un ombra che solo per un istante oscurò il sole.
 
Per commemorare la sua figura venne costruita una statua all’ingresso principale.
Chili di marmo e pietre preziose vennero utilizzate per rendere omaggio ad una creatura unica e misteriosa. Ali color cremisi le sue, occhi della tonalità dell’oro. Un corpo nero, come il carbone e sfumature rosse che ne esaltavano i dettagli. Artigli affilati come rasoi, le mascelle tanto possenti da frantumarti le ossa dopo un solo morso.
 
Nel corso dei secoli solo la Fondatrice della scuola e il Campione della Regione riuscirono a vederlo ma entrambi, in un tacito e sconosciuto accordo, decisero di non parlarne. I dati sul suo aspetto derivano da avvistamenti casuali, misti a leggende.
 
Ormai non si riusciva più a distinguere realtà da fantasia, tanto che quella splendida creatura era divenuta protagonista delle storielle per bambini.
 
 
La Liberty sorgeva vicino al mare dove, durante le giornate di cielo sereno era possibile scorgere il territorio della quinta isola. Era costituita da una zona centrale, che si diramava in mille corridoi diversi che portavano alle varie classi. Ognuno di questi, a seconda della specializzazione, veniva chiamato in un modo particolare.
 
Nel corridoio Marine un gruppo di studenti passeggiava.
Alcuni diretti a nuove lezioni, altri verso un meritato riposo.
Fra questi camminavano gli insegnanti. Uomini e donne dall’aria severa, buffa o molto gentile.
 
Una giovane dai capelli arancioni spiccava fra loro, con una serie di documenti stretti al petto avanzava sicura fra i colleghi. Al suo passaggio veniva salutata con sorrisi amichevoli.
Il minimo per l’insegnante migliore del corso acquatico.
 
- Konnichiwa Sensei -
- Konnichiwa Kurie-Kun –
 
Il ragazzo sorrise, portando un braccio dietro al collo della fidanzata alla sua destra. Questa arrossì, accennando un lieve inchino verso la sua insegnante che li osservò divertita.
 
- Non fate tardi alla lezione -
- Certo Sensei –
 
Misty salutò i due ragazzi e si avviò verso la sala insegnanti.
Camminava a passo svelto, osservando ogni tanto i ritratti di donne e uomini rimasti nella storia dell’isola. Uno di questi in particolare l’affascinava. Era situato accanto all’ingresso e raffigurava una giovane donna sulla sua età intenta ad accarezzare un esemplare adulto di Lucario.
 
L’espressione del viso era serena ma nel suo sorriso c’era qualcosa di malinconico.
Ricordò di aver chiesto informazioni riguardo alla sua identità ma ogni risposta pareva diversa.
Un solo punto li accomunava. Il suo nome era Liberty Rose ed la fondatrice dell’Istituto in cui lavorava da ormai cinque anni.
 
- Waterflower-san? -
- Sono io, qualche problema? -
- No ma c’è una lettera urgente per lei, viene dalla Capitale -
 
Curiosa la donna prese la busta candida e, dopo aver ringraziato il suo collega, l’aprì. 
Ad ogni parola il suo cuore perdeva un battito mentre inconsciamente sul suo viso si disegnò un dolcissimo sorriso.
 
“Quello stupido bambino”
Con le guance arrossate cambiò strada, salendo le scale verso l’ufficio del Preside per richiedere una settimana di ferie anticipate. Si sentiva proprio una stupida. Erano bastate quattro parole per farle battere forte il cuore.
 
 
 
 
Ti aspetto al Torneo.
Tuo, Satoshi.
 
 
 
 
 
 
 
Isola Aen – Ourepoli
Ore 15:00
 
 
 
Ourepoli era la capitale della regione di Yolus.
Centro di ricerca, meta di turisti e allenatori era sicuramente la città più grande di tutte.
Sorgeva nel centro dell’isola, ad una giornata di cammino dal porto del villaggio più vicino.
 
Riconosciuta grazie alle sue torri queste erano visibili anche da lontano, situate in un punto cardinale preciso come fari per i viaggiatori. Erano edifici unici, costruiti con un abilità ormai perduta. Mura di pietra le collegavano, recintando la città situata su di un altopiano.
 
Quattro ingressi permettevano l’accesso, ognuno chiamato come un Pokèmon raro e tutti collegati attraverso una serie di vie labirintiche passanti fra le case.
Punto in comune era la piazza dell’Arena che, maestosa, si alzava verso il cielo infinito.
 
Gli abitanti della città avevano già iniziato i preparativi per la cerimonia d’apertura.
Un evento importante, sentito fin dal giorno del suo inizio.
 
Da ogni parte spuntavano mille bancarelle diverse. Dolciumi tipici, magliette e persino spille con i nomi dei partecipanti. Uomini e Pokèmon lavoravano uniti senza sosta. Montavano sotto lo sguardo di donne e bambini le impalcature in legno, appendevano i palloncini e spesso ne lasciavano qualcuno ai più piccoli.
 
Fra le persone presenti camminava un uomo sulla quarantina, capelli neri e grandi occhi color cioccolato. Ad un certo punto il suo sguardo venne attirato dalla figura di un bel ragazzo affiancato da uno splendido esemplare di Umbreon.
 
 
- Professor Oak! -
- Thomas-san, è un piacere conoscerla -
- Anche per me, andato bene il viaggio? -
- Benissimo, ti prego chiamami solo Gary -
- Come desideri Gary-kun, vieni che ti mostro il mio laboratorio -
 
 
 
 
 
 
Foresta Nera, nei pressi di Yolus
Ore 14,30.
 
 
 
- Come siamo nervosi Bakane, comunque accetto di farti da guida contenta? -
- Molto! Ma adesso muoviti o perdo la nave! -
 
 
 
Dopo aver recuperato la tracolla scura del ragazzo i due iniziarono ad incamminarsi.
C’erano tante storie sulla Foresta Nera. Gli abitanti di Yupilopoli non vi entravano mai da soli, poiché rimanerci intrappolati la notte risultava pericoloso.
 
Akane camminava al fianco di Kage cercando di non pensare ai racconti su quel luogo.
Sparizioni, voci e figure che ti chiamavano avvolte da una strana nebbia. Si raccontava di una donna che, dopo essere entrata nella foresta alla ricerca di erbe medicinali non vi uscì mai più.
La castana rabbrividì e i suoi pensieri andarono ad una telefonata fatta due mesi prima della sua partenza da Kanto.
 
 
 
 
 
_FLASHBACK_
 
 
- Il Torneo si svolge sull’Isola di Aen, nella Regione di Yolus. Si tratta di un evento annuale, indirizzato agli ex studenti dell’Accademia dove al termine si potrà conoscere e sfidare il misterioso Campione –
- Sembra interessante, tu partecipi? -
- Certo, ho ricevuto ieri l’invito e poi abbiamo un conto in sospeso ricordi?- -
 
Akane sorrise all’amica ripensando allo scontro avventuro durante la cerimonia del diploma.
Era stata sconfitta dopo una dura battaglia e, nonostante tentasse di nasconderlo, bruciava ancora.
 
- Ci sarò anch’io allora, chiamerò mia madre per sapere se è arrivato l’invito anche a me -
- Ne sono contenta, ah dimenticavo! Ci saranno anche Himuto-kun e Kage-kun -
 
Sentendo quei nomi  Akane arrossì intuendo subito dove la mora voleva andare a parare.
Guai a lei e al giorno in cui aveva scelto di confidare le sue pene d’amore a quella stupida.
Questa volta però non si sarebbe fatta fregare.
 
- Allora sarai felice di rivedere Kage-kun, infondo avete un conto in sospeso anche voi se non ricordo male -
- Ancora con questa storia? Bè non sarò mai felice quanto te Bakane –
- NON CHIAMARMI IN QUEL MODO! –
 
 
Sentendo l’urlo l’infermiera del Centro Pokemon e i presenti si preoccuparono, voltandosi tutti verso la ragazza. Akane non poté fare a meno di maledire l’amica. L’ennesima figuraccia.
 
- Comunque Aki-chan devi fare attenzione, pare che nella foresta vicina a Yolus ci siano state sparizioni di ragazze negli ultimi anni. Le ultime avevano un tratto in comune, erano tutte terribilmente nane -
 
Natsumi  calcò bene l’ultima parola, con un tono tra il misterioso e il divertito.
Prima che l’amica potesse anche solo rispondere la salutò chiudendo la conversazione.
 
Akane rimase sconvolta dalla notizia.
Per i primi minuti passati a dare da mangiare ai suoi Pokèmon e giocare con questi rimuginò sulle parole dell’amica finchè una in particolare non la fece alzare con aria furiosa.
 
- IO NON SONO BASSA! –
 
 
_fine flashback_
 
 
 
 
 
- Prima o poi uccido lei e quelle dannate storie dell’orrore -
Pensò, lanciando un’occhiata al moro. Lui non sembrava affatto turbato dall’atmosfera, anzi pareva quasi eccitato dalla possibilità di fare nuovi incontri. A quel pensiero Akane rabbrividì.
Lei di certo non aveva alcuna intenzione di incontrare gli abitanti di quel bosco.
 
 
- Che hai fatto di bello dopo la Lega di Kanto? - Domandò la giovane per rompere il silenzio e scacciare almeno in parte i cattivi pensieri.
 
- Viaggiato, vinto medaglie, le solite cose insomma –
 
 
Akane si lasciò sfuggire un sorriso.
Poteva essere cambiato il suo aspetto ma di carattere rimaneva sempre il solito Kage.
La castana alzò lo sguardo verso il pezzo di cielo che si intravedeva tra le fronde.
 
Era limpido, con qualche nuvola candida che pareva fatta di cotone. Per un attimo le sembrò di essere ritornata indietro nel tempo, a quando lei e il moro si sfidavano nel parco dell’Accademia per poi riposare esausti sotto qualche albero.
 
 
 
 
 
……………………………….
 
 
 
 
 
Ormai si erano allontanati di qualche kilometro dalla zona del loro incontro.
Arcanine sembrava tranquillo. Camminava a testa alta accanto alla sua allenatrice, osservando con curiosità ogni dettaglio su quel luogo.
 
Più si inoltravano verso il centro della foresta più la vegetazione si faceva fitta.
Gli alberi e gli arbusti rendevano il sentiero pieno di pericoli ma entrambi i giovani, abituati a quelle zone difficili, si limitavano ad evitare gli ostacoli danneggiando il meno possibile l’ambiente naturale. Ad un certo punto la strada si fece in salita, fino a raggiungere una collinetta.
 
 
 
- Ehi! Quella non ti sembra una casa? -
Il verso di Arcanine sembrò confermare i dubbi dell’allenatrice.
 
- Sembra di si, muoviti nanetta -
- Non darmi ordini, chiaro?! -
- Si si, cammina nanetta o farà buio -
 
Kage schivò un bastone appena in tempo, ringraziando Arceus per i suoi ottimi riflessi e per quella sensazione che l’aveva avvertito del pericolo. Quella matta voleva forse ucciderlo?
 
- NON SONO BASSA! -
- Basta crederci, ora andiamo –
 
 
 
 
……………………………………….
 
 
 
Arrivarono dopo circa dieci minuti di cammino davanti ad un cancello di ferro coperto dai rovi.
Con cautela Kage appoggiò la mano sul freddo metallo per entrare ma fece una scoperta interessante.
 
- Non siamo soli - sussurrò alla compagna che, terrorizzata, continuava ad accarezzare il morbido pelo del suo Pokèmon.
 
- A…Ammetti che ti sei perso e stai cercando qualcuno a cui chiedere indicazioni -
- Mi spiace deluderti Bakane ma ho solo letto di questo posto e sono curioso di visitarlo -
- Dobbiamo proprio entrare? - pigolò la ragazza, alzando i grandi occhi verdi verso l’abitazione.
 
Lei non ci trovava nulla di affascinante, era solo spaventosa.
Quello stupido poi sapeva benissimo che gli facevano paura certi luoghi.
 
- Non temere, se hai paura puoi stringerti a me - sussurrò malizioso il ragazzo, avvicinandosi all’orecchio dell’amica. Arcanine rispose per la padrona. Con un ringhio minacciò il ragazzo che, conoscendo il senso di protezione del Pokèmon verso la sua allenatrice, arretrò con un sorriso.
 
- Scherzavo tranquillo, comunque se non vuoi venire puoi sempre aspettarmi qua fuori al freddo – un espressione crudele si dipinse sul viso del moro che, con studiata lentezza, si allontanava sempre di più dalla ragazza- tutta sola, magari assieme a chi ha aperto questo cancello -
 
- V…vengo con te aspetta! Ma non farti strane idee, ti seguo solo per assicurarmi che manterrai la promessa di accompagnarci in città! - rispose Akane seguendo il compagno. Non avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, che quel posto le faceva paura.
 
Dal cancello si apriva un giardino immenso, rovinato a causa delle mancate cure.
Versi e piccoli scricchiolii indicavano che c’era qualcuno, forse dei Pokèmon che vivevano in quel luogo. Il verde continuava anche nel retro dell’abitazione, circondato da una recinsione coperta dalle piante.
 
La strada che portava alla villa era costruita in pietra, con diverse diramazioni verso i luoghi più nascosti di quel giardino. Siepi, alberi, cespugli di rose e persino fontane. Il proprietario di quel luogo doveva essere una persona ricca ma, a giudicare dallo stato del paesaggio circostante, morto molti anni prima del loro arrivo.
 
Una panchina situata sotto ad un salice attirò l’attenzione di Akane. Il legno di cui era costruita era rovinato, a causa dello scorrere lento e inesorabile del tempo eppure aveva qualcosa di speciale. Foglie verdi ne ricoprivano alcuni punti, lasciando libera solo una lastra di metallo.
 
 
 
- Alla memoria di Rose Liberty – La libertà è il nostro dono più prezioso, per questo non va sprecato -
 
 
 
-Rose-
Era un nome veramente splendido e in quel modo la ragazza poté sapere a chi apparteneva quella dimora.
 
- Ehi Bakane hai notato? La donna della targa ha lo stesso cognome del preside dell’Accademia -
Per poco la ragazza non rischiò un infarto quando Kage apparve alla sua destra, con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto e lo sguardo rivolto verso la panchina di legno.
 
- L’avevo notato Baka e non chiamarmi in quel modo! -
 
Un improvviso brivido attraversò la sua schiena. Era una sensazione orribile, come se la morte la stesse chiamando a sè. Senza nemmeno accorgersene iniziò a tremare per il freddo.
 
- C…che succede? - balbettò, sfregandosi le braccia con le mani per riscaldarsi.
Al suo fianco anche Arcanine sembrava irrequieto.
 
Accadde tutto in un attimo.
La sensazione di un respiro gelido sulle spalle, un paio di grandi occhi scuri spuntare dalla panchina.
 
- Un fan…un fan…UN FANTASMA!!- urlò la castana saltando, senza volerlo, fra le braccia muscolose del compagno di viaggio.
 
Intanto la creatura della panchina diveniva sempre più nitida.
Apparvero prima un paio di mani con tre dita, di un colore violaceo e un corpo separato dal resto.
 
- Oh Haunter! Ecco dove ti eri cacciato!  -  disse Kage, rompendo il silenzio che si era creato. Il Pokèmon spettro andò a salutare Arcanine, un rivale che non vedeva dai tempi di Kanto. Akane invece sembrava come bloccata.
 
- Per quanto mi faccia piacere dovresti staccarti -  fece con un tono malizioso il ragazzo, abbassandosi verso l’orecchio della compagna. Questa, ancora immobile iniziò a tremare.
Non certo per la paura questa volta.
 
 
 
- Questa volta lo giuro – iniziò con un sussurro, allontanandosi sempre di più dal ragazzo – SEI UN ALLENATORE MORTO KAGE BLACK!! -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vulcanopoli – Isola di Fyn
ORE 15:30
 
 
 
 
“Dai Barry sei lento, voglio vedere il centro termale!”
“Arrivo Elena”
 
 
 
 
 
Elena era impaziente.
Nel dépliant dell’isola un’intera sezione era dedicata alle terme “Vulcanos”. Le più grandi della Regione di Yolus. Comprendevano vasche riscaldate, piscine al coperto e la possibilità di usufruire dei trattamenti di bellezza più costosi.
 
Arrivati nella zona termale i due ragazzi rimasero di stucco.
Quel luogo sembrava un vero e proprio paradiso tropicale. Camminando fianco a fianco i due iniziarono a percorrere la via pedonale. Una strada completamente lastricata di mattonelle colorate, circondata da piante e fiori che liberavano dolci fragranze. Era forse questo il lato di Yolus che maggiormente attirava i due. La presenza di tanta natura che, in completa armonia, conviveva con gli uomini da generazioni. Sotto lo sguardo curioso della ragazza si affacciavano alcuni dei principali alberghi, i negozi più esclusivi e vari ristoranti alla moda. Barry a quella vista sospirò.
Il suo portafoglio avrebbe pagato caro per quella visita.
 
 
- Da che cosa iniziamo? Da quanto ricordo la nave parte alle 18:00 – disse il ragazzo, sorridendo davanti all’espressione infantile della sua fidanzata. Quel sorriso valeva ogni soldo che sarebbe stato speso durante la giornata.
 
-Iniziamo dai negozi, poi voglio conoscere il Capopalestra – rispose la ragazza, prendendo una via alla sua destra dove si affacciava la zona coperta dedicata allo shopping.
 
Seduti su di un muretto un gruppo di ragazzi mangiava e beveva, ridendo tanto rumorosamente da rovinare l’atmosfera di quel luogo. Quando Barry e la ragazza gli passarono davanti questi iniziarono a lanciare occhiate maliziose alla giovane.
 
Elena Von Chavalier era una giovane allenatrice di 19 anni, proveniente dalla splendida Regione di Sinnoh. Aveva i capelli castani, lunghi fino alle spalle e un paio di occhi marroni contornati da una pelle chiara. Ciò che attirava l’attenzione però non era la sua altezza ridotta che la faceva sembrava una bambina ma le sue forme, fin troppo evidenti. La gonnellina blu che indossava ondeggiava ad ogni suo movimento, mentre una canottiera a righe fasciava la parte superiore del busto lasciando all’immaginazione dei presenti che cosa si celava sotto di essa.
 
- Ehi bambolina! Vieni a divertirti dai! -
- Sì, molla il piccoletto! -
 
Una vena iniziò a pulsare sulla fronte della ragazza che si fermò in mezzo alla stradina. Alle sue spalle Barry si lasciò sfuggire un sorriso, prevedendo quello che sarebbe accaduto da li a poco.
 
- Brava tesoro, avvicinati e ... –
 
Ma il ragazzo non riuscì nemmeno a finire la frase che venne picchiato a sangue, assieme ai suoi compagni scioccati, da una furiosa Elena. Questa, appena finito di torturarli, si allontanò con passo rapido sussurrando frasi che era meglio non sentire. Barry la seguì, non prima di aver multato il gruppo per aver osato infastidire la sua fidanzata.
 
Quegli stupidi avevano rovinato tutto ma, per loro fortuna, lui sapeva benissimo come rimediare.
Lasciata la castana al tavolo di un bar, con una generosa porzione di gelato per consolarla, si era allontanato verso il centro diretto in un luogo che sapeva trovarsi nelle vicinanze.
 
 
 
 
 
………………………
 
 
 
 
 
 
Seduta al tavolo Elena aspettava il ritorno del suo ragazzo da ormai dieci minuti.
Nervosa distruggeva con il cucchiaino i resti del povero gelato innocente. Un' aria cupa l’avvolgeva, tanto che persino i giovani più maliziosi preferivano starle alla larga.
 
 
- Elena –
 
Sentendo la voce del suo ragazzo la giovane si voltò, trovando un peluche di un Piplup e quello di un Togepi a pochi centimetri dal suo viso. Il primo poi, oltre ad avere un aria terribilmente morbida, aveva sulla testa una buffa coroncina come quelle che lei era solita indossare.
Con le guance in fiamme alzò lo sguardo, incrociando il viso di un imbarazzatissimo Barry.
 
- Questi forse ti rallegreranno la giornata – riuscì a dire prima di venire stritolato dall’abbraccio della ragazza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Juelopoli, Isola Antice.
Ore 13:50
 
 
 
Le fiamme del cucciolo si dimostrarono troppo deboli per finire lo scontro ma qualcosa, o meglio qualcuno, decise che era il momento di aiutarli.
 
Dalle loro spalle uscì una seconda fiammata, questa volta più potente, che disperse definitivamente lo stormo dei Pokèmon selvatici.
 
 
- Questa è la volta buona che ti facevi ammazzare, Baka! –
 
 
Bree seguì la direzione da dove aveva sentito quella voce. I suoi grandi occhi grigi incrociarono quelli neri di un ragazzo sicuramente più grande di lei. Il giovane se ne stava nascosto nella vegetazione, con una mano appoggiata sul ruvido tronco di un vecchio albero. I lineamenti appuntiti del viso erano contratti in un’espressione annoiata, simile a quella del Pokèmon che stava alla sua destra. Curiosa di saperne di più Bree prese il Pokèdex dalla tasca, puntandolo verso quella creatura dall’aria elegante e misteriosa.
 
 
 
“Narra la leggenda che Ninetales sia nato dalla fusione di nove maghi dai sacri poteri in un’unica creatura. Questo Pokèmon estremamente intelligente riesce a capire il linguaggio umano”
 
 
 
Appena il Pokedex finì di illustrarne le caratteristiche la ragazza rialzò lo sguardo. Il giovane che stava combattendo con lei era impegnato a controllare i danni subiti dal suo Pokèmon. Con cura e delicatezza gli toccava il pelo, facendo attenzione ai graffi presenti sul muso e sulle zampe.
 
Bree si ritrovò a pensare che forse non era poi tanto male.
I capelli neri ricadevano sul collo, spettinati e ribelli come se avesse combattuto contro dei Pokèmon di tipo elettrico. A quel pensiero sorrise. Lei dei simpatici scherzi di quelle creature ne sapeva molto. Intanto, dalla boscaglia, uscì l’allenatore che li aveva aiutati. Era altissimo, con i capelli biondi e un fisico forte e muscoloso. L’esatto contrario di quello che sembrava il suo compagno insomma.
 
 
- Allora come stà? – chiese il biondo, avvicinandosi all’amico.
Nonostante l’aspetto che poteva intimorire era un ragazzo di buon cuore e, davanti ad un cucciolo ferito e tanto coraggioso, non poteva comportarsi in modo brusco.
 
 
- Bene, tranne alcuni graffi e un leggero spavento è in ottima forma. Grazie per l’aiuto Jack-kun –
- Di niente Ryko-kun –
 
Bree rimase da parte ad osservarli chiacchierare, mentre fra le braccia stringeva il suo Emolga. Il suo sguardo continuava a cadere sul moro e, ripensando al complimento fattole non potè fare a meno di arrossire. La situazione non migliorò quando l’oggetto dei suoi pensieri, lasciato il cagnolino all’amico, si avvicinò.
 
- Come sta il tuo Pokèmon? Non ti ho ancora ringraziato per l’aiuto – disse accarezzando la pelliccia di Emolga. Con un espressione seria ne studiava i dettagli, osservando come l’esemplare rispondeva a semplici stimoli.
 
- Di nulla, ti abbiamo aiutato volentieri – rispose lei, sorridendo imbarazzata.
 
 
- Ma guarda, carina e anche coraggiosa –
- Che fai mi prendi in giro?! – chiese lei, alzando lo sguardo per incrociare i suoi occhi.
Ryko si limitò a sorridere, un ghigno che la povera Bree non potè fare a meno di considerare affascinante.
 
-Carina, coraggiosa e pure intelligente- continuò, evitando all’ultimo secondo un fulmine di Emolga.
 
-NON PERMETTO A NESSUNO DI PRENDERMI IN GIRO, CHIARO?! –
 
 
 
Alla vista dei due che litigavano come bambini Jack scosse la testa, imitato dalla sua Ninetales.
Quel ragazzo era veramente un idiota senza speranze. Pensare che, due settimane prima, poteva giurare di avere almeno un briciolo di rispetto per lui. Si erano scontrati nel bosco per caso e solo dopo essere stato sconfitto con grande facilità aveva accettato di viaggiare assieme a lui. Infondo, anche se per motivi diversi, avevano la stessa meta.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dall’ennesimo fulmine di Emolga che, questa volta, colpì in pieno il bersaglio.
 
 
- Così impari a prendermi in giro –
 
 
Jack si lasciò sfuggire un sorriso.
Con lo sguardo seguì la ragazzina andarsene e solo quando questa sparì dalla sua vista si avvicinò al compagno. Ryko si alzò in piedi, cercando di sistemare quel cespuglio bruciacchiato che ormai erano i suoi capelli. I vestiti rovinati non era un problema invece. Era abituato a simili situazioni.
 
- Te la sei cercata, anche se credo che non ti dispiaccia aver discusso con lei o sbaglio? –
- Nah, mi sono divertito. Hai notato che portava appeso alla cintura? –
- L’invito elettronico al Torneo, a quanto pare la rivedremo presto –
 
Rispose il biondo, sfiorando con una mano il suo invito. Sulla lettera allegata ad esso c’era scritto chiaramente che erano ammessi solo ex studenti della Liberty. Quindi quella ragazzina non era una ragazza qualunque.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Himelopoli, Isola di Gilve
Ore 14:50
 
 
 
 
Dopo un attimo di perplessità e smarrimento il Pokèmon si allontanò, pronto per esplorare quella zona tanto bella. Fu nel momento in cui sparì fra la vegetazione che una voce risalente al passato della sua allenatrice attirò l’attenzione della ragazza. La bionda si voltò, riconoscendo in quella figura femminile la sua compagna di stanza alla Liberty Accademy.
 
-Candy-Chan! Quanto tempo!- urlò, saltandole letteralmente al collo.
 
-Giorgi-chan! Mi sei mancata anche tu ma potresti staccarti? Mi stai soffocando –
-Gomen-
 
La bionda si allontanò di pochi passi dall’amica, iniziando a studiare quei dettagli che erano cambiati nel corso degli anni.
 
Candice Shelley era una giovane allenatrice dal portamento elegante, con lunghi capelli biondi dai toni ramati e splendidi occhi verde-azzurro. Caratteristica che Giorgia le aveva sempre invidiato erano proprio questi ultimi. Unici, capaci di assumere svariare sfumature a seconda del tempo atmosferico. Quel giorno, ad esempio, parevano azzurri come il cielo sopra le loro teste.
 
-Ti va di fare due chiacchiere?-
-Volentieri, ho visto Luxray e mi sembra in ottima forma. Hai fatto proprio un bel lavoro nel crescerlo-
 
I grandi occhi chiari di Giorgia parvero brillare davanti a quel complimento inaspettato. Era raro che la sua compagna si lasciasse andare a simili affermazioni in pubblico.
 
-Grazie!-
 
Candice si lasciò sfuggire un sorriso. Certe volte sapeva essere proprio infantile.
Ma forse erano proprio quei lati unici del suo carattere che avevano attirato la sua attenzione. Dopo quasi 5 anni passati nella stessa stanza la considerava quasi come una sorella. Si conoscevano e si accettavano, in un amicizia capace di far dimenticare ad ognuna i fantasmi del proprio passato.
 
Camminando vicine le due ragazze iniziarono ad inoltrarsi nel parco, venendo accolte da un dolcissimo profumo di fiori e bacche. Il sentiero che stavano percorrendo era circondato da alberi e, ogni tanto, era possibile scorgere anche qualche Pokèmon selvatico che le osservava curioso.
 
Giorgia non riusciva a rimanere in silenzio e, con un sorriso, tempestava l’amica di domande.
 
-Guarda che meraviglia! – urlò l’Uzumaki indicando la fontana a pochi passi da loro.
 
 
 
Erano finite in una sorta di piazza, adornata da alberi che allungavano i propri rami verso il cielo e da fiori profumati dai mille colori. Poche persone passeggiavano in essa. C’erano due donne sedute su di una panchina e un gruppo di bambini che giocavano a nascondino. A quella vista Giorgia sorrise, lanciando un’occhiata alla compagna che ebbe il suo stesso pensiero.
 
Il divertente nascondino del Professor Rufus, una simpatica nottata passata in un cimitero a farsi rincorrere da Pokèmon di tipo Spettro. Quel posto era un vero incubo. Un labirinto dalla quale solo i più abili potevano sfuggire.
 
-Non.Voglio.Parlarne- sibilò Candice, rabbrividendo al pensiero di quel Haunter che l’aveva scelta come bersaglio per i suoi scherzi. Almeno poteva vantarsi di far parte del ristretto gruppo che era uscito vincitore da quell’assurda sfida.
 
-Ahahah! Come vuoi Candy-chan – rispose l’amica alzando le spalle in segno di resa. Dopotutto nemmeno lei voleva ricordare quella spaventosa nottata.
 
-Ti va una granita? Offro io –
 
 
Senza aspettare una risposta la ragazza si avvicinò alla bancarella, seguita dall’amica.
 
-Toglimi una curiosità, partecipi al Torneo vero?-
-Certo, tu no?-
 
Candice si limitò ad alzare un lembo della t-shirt bianca che indossava, mostrando all’amica l’invito sistemato sulla cintura.
 
-Ci sarà da divertirsi allora, chissà se verranno gli altri- domandò la bionda, porgendo alla compagna il bicchiere di granita. Questa ringraziò con un cenno del capo, alzando poi lo sguardo verso la grande biblioteca che si vedeva fra le fronde degli alberi.
 
-Ho intravisto Greg-kun al porto, probabilmente ci saranno anche gli altri della Generazione dei Miracoli-
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE RITARDATARIA
 
Salve a tutti!! *lancia coriandoli*
 
Scusate la lunga attesa ma finalmente posso dire di essere tornata! ^-^
Dunque, spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto. Mi sa di aver esagerato con la lunghezza ed anche per questa ragione l’ho tagliato in due parti. Ci saranno due nuovi OC infatti, il prossimo capitolo li vedrà quasi totalmente protagonisti assieme alla mia prima lotta Pokèmon.
 
Ringrazio con tutto il cuore voi lettori che continuate a seguirmi.
 
Spero di non essere caduta nell’OOC con Misty e Barry, sinceramente non conosco bene quest’ultimo quindi mi affido al vostro giudizio. Chiedo scusa per eventuali errori e ringrazio coloro che me li segnaleranno.
 
Alla prossima.
Ryu
 
 
 
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - La regina dei cieli ***


GENERATION OF MIRACLES
-IV-
La regina dei cieli
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Foresta Nera, Yolus.
Anno 1850
 
 
Uomini e donne vestivano di nero quel freddo giorno d’autunno.
Lacrime miste a pioggia accarezzavano i loro visi stanchi.
 
I bambini presenti non fiatavano.
Nonostante molti non comprendessero la ragione di tutta quella tristezza se ne stavano in silenzio, attaccati alle gonne delle madri in attesa che queste ritornassero a sorridere.
Ma, nonostante le disposizioni di colei che quel giorno li aveva lasciati, nessuno pareva felice.
 
Fra le ombre degli alberi una creatura enorme li osservava.
Gli occhi rossi rimasero per tutta la cerimonia puntati su quel pezzo di legno coperto da mille fiori colorati. Ricordava bene la sua passione per la botanica. Ricordava ogni cosa di lei e di quegli anni passati a lottare assieme per un mondo migliore in cui vivere.
 
Si erano scambiati mille promesse e altrettanti sorrisi. Litigi, parole di conforto e lacrime.
Tutto sembrava ormai solo un lontano ricordo.
 
Molto presto il legno scomparve. La creatura riuscì solo a vederlo scomparire sotto terra, ricoperto da centinaia di strati scuri come il cielo carico di pioggia che li sovrastava.
Una lacrima. Una sola goccia amara lasciò i suoi occhi.
Poi la creatura scomparve, divenendo in seguito solo una leggenda.
 
 
- Non mi dimenticherai vero? –
- E come potrei scordarti, umana petulante e chiacchierona? –
- Grazie -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Città principale, Yupilopoli.
Ore 13.00
 
 
Il luogo migliore da visitare nella città di Yupilopoli era sicuramente il centro.
Diversi negozi, bancarelle e ristoranti tipici attiravano ogni giorno moltissimi turisti.
Ogni prodotto era naturale, creato con un arte antica tramandata di generazioni.
 
Il parco centrale dava un tocco di colore all’ambiente, mescolandosi perfettamente con il lavoro dell’uomo. I bambini correvano ovunque, ridendo e giocando assieme ai Pokèmon che vivevano liberi in quel luogo.
 
Seduta su di una panchina una giovane allenatrice li osservava con un sorriso.
Se ne stava semidistesa sul pezzo di legno decorato, circondata da varie borse contenenti le specialità del luogo. Vestiti, accessori e alcuni dolcetti. Aveva preso proprio di tutto.
 
Invidiava la loro spensieratezza.
Non c’erano veri problemi in quei sorrisi, solo tanta voglia di scoprire il mondo.
 
I caldi raggi del sole accarezzavano il suo viso dai tratti dolci, inducendo nel suo corpo un principio di sonnolenza. Era un parco splendido. Il baccano provocato dai giochi dei bambini non rovinava l’atmosfera. Ne faceva parte assieme allo scrosciare dell’acqua nella fontana e ai versi allegri dei Pokèmon. Non sarebbe stato lo stesso senza di loro.
 
Per un istante la giovane chiuse i grandi occhi verdi lasciandosi cullare dalla brezza che sapeva di mare e fiori.
 
 
- Ciao! –
 
 
Il suo momento di quiete venne interrotto all’improvviso da una voce allegra.
Per lo spavento la castana saltò giù dalla panchina, con il cuore che batteva all’impazzata.
Alle sue spalle una bambina sui 10 anni se ne stava tranquillamente appesa al ramo di un albero. Ricci color ghiaccio coprivano in parte il suo viso, mettendo comunque in risalto un paio di grandi occhi verdi. Le due si osservarono per diversi secondi. La prima ancora scossa per lo spavento mentre l’altra semplicemente non aveva alcuna intenzione di muoversi da quel comodissimo ramo.
 
 
- Ehm, ciao piccola -
- Aipo! –
 
 
Una scimmia di colore viola scese da un ramo più alto al fianco della bimba.
Aveva due grandi orecchie e un ciuffo di pelo sul capo. Aspetto che lo contraddistingueva dagli altri esemplari della sua specie era una bandana rosso fuoco al collo, identica a quella che la sua padroncina stringeva fra le dita sottili.
 
 
- Ciao anche a te Aipom –
 
 
Con un salto entrambi scesero dal ramo, arrivando nello stesso istante sulla panchina dove la ragazza si era fermata a riposare. La bimba iniziò a curiosare fra gli acquisti della castana dagli occhi verdi, imitata dal suo Pokèmon che rendeva la scena molto buffa. Sembravano due scimmiette curiose alla ricerca di qualcosa con cui giocare.
 
 
- Hai bisogno di qualcosa? –
- Trovato! –
 
 
Ignorando la domanda la piccola prese un sacchetto bianco, nella quale erano stati impacchettati con cura dei cioccolatini assortiti.
 
 
- Signorina? Possiamo avere un dolcetto? –
 
 
I due assunsero un espressione a detta della ragazza adorabile. Occhi spalancati e mani al petto con il labbro leggermente tremante. Clara a quella vista riuscì a resistere pochi secondi prima di dare il suo assenso alla richiesta. Sorrise intenerita nel vedere la bimba dividere a metà il cioccolatino con il suo compagno. Lei faceva parte delle vecchie generazioni e sapere che c’erano ancora giovani così legati ai propri Pokèmon la tranquillizzava.
 
 
- Posso sapere i vostri nomi? –
- Certo! Gome per il disturbo, io sono Himeko Socho e lui è Aipo –
- Aipo! –
 
 
Socho. La castana spalancò gli occhi nel sentire il cognome di quella bambina.
L’ultima volta che le era parso di udirlo era stata durante la cerimonia del diploma alla Liberty Accademy ma non ne era molto certa. Mentre lei era intenta a pensare la bimba si era avvicinata, portandosi a pochi passi dal suo corpo. A quella vista rischiò seriamente di scoppiarle a ridere in faccia. Era veramente dolcissima con il viso in parte sporco dalla cioccolata e un espressione confusa.
 
Indossava un vestitino color panna, che si intonava benissimo con il colore dei suoi capelli.
Anche Aipom si avvicinò, imitando il più possibile l’espressione della sua padroncina.
 
 
- Signorina, lei è un allenatrice? –
- Ti prego non chiamarmi signorina, mi sento vecchia. Sono Clara Walker –
- Allora Clara-Nee, hai dei Pokèmon? –
 
 
Clara annuì con un sorriso, lanciando verso il cielo una Pokeball da cui uscì un esemplare in ottima forma di Ambipom. Gli occhi della piccola Hime brillarono per l’emozione e sul viso di Clara si formò un sorriso ancora più ampio.
 
 
- Ti piace? –
- Bellissimo! Ne hai altri? –
- Certo, posso mostrarteli ma prima devo andare al porto –
 
 
Hime annuì intenta a giocare con le code del Pokèmon della ragazza. Sembrava pensierosa e per un attimo la castana pensò di averla in qualche modo offesa. Fu proprio la piccola ad allontanare quel pensiero. Correndo verso la panchina dove la ragazza aveva lasciato i suoi acquisti si sedette, facendo dondolare le gambe pallide.
 
 
- Ti faremo noi da guida, anche il mio Nii-san si trova da quelle parti –
- Sul serio? Grazie mille ma non vorrei disturbarti –
- Nessun problema, arrivate mi mostrerai tutti i tuoi Pokèmon vero Aipo? –
- Aipo! –
 
 
Clara sorrise annuendo. Furba proprio come una scimmietta quella piccola.
Inoltre, doveva anche ammettere che il suo cognome la incuriosiva.
Ogni qual volta ci ripensava venivano alla luce vecchi ricordi di un passato lontano e di un ragazzo che con la sua gentilezza era riuscito a scacciare ogni crudeltà nei suoi confronti.
Perché la scuola non era un paradiso. Nonostante la Liberty fosse un luogo destinato ai migliori il fatto che vi entrassero persone di ranghi sociali diversi rendeva l’ambiente ostile per chi come lei non proveniva da una famiglia benestante.
 
 
- Andiamo Clara-Nee! –
- Arrivo Hime – Chan! –
 
 
 
 
----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
 
 
 
 
 
 
-Sempai?-
-Proprio io, che dici? Ti va di pranzare assieme ad un vecchio amico?-
-Certamente!-
 
 
 
 
Eirlys sorrise osservando il ragazzo intento ad accarezzare il suo Pokèmon.
Era passata quasi un ora dal loro incontro e in tutto quel tempo si era ritrovata a chiacchierare come mai fatto prima.
Non era mai stata una ragazza molto socievole ma quel ragazzo riusciva sempre a farla aprire.
Gli occhi neri si posarono sulla coppa di gelato ormai vuota che il giovane gli aveva offerto. 
Fin dai tempi della scuola, ogni qual volta aveva un problema lui era sempre stato disposto ad aiutarla. Anche adesso a distanza di anni le aveva regalato la sua mappa dell’isola, assieme alle indicazioni per raggiungere il porto e la nave che li avrebbe portati al Torneo.
 
 
- Elys-chan, ti sei incantata forse?-
 
 
Imbarazzata la ragazza allontanò tutti i ricordi, per riportare la sua attenzione al giovane che aveva smesso di giocare con il suo Pokèmon. Le guance pallide si dipinsero di un tenue rossore che il ragazzo non poté fare a meno di trovare molto buffo e dolce.
 
 
 
- Nii-san!!! –
 
 
Una voce infantile interruppe quel piccolo momento fra loro.
 
La ragazza fece appena in tempo a vedere una chioma color ghiaccio prima di finire investita da una sorta di tornado in miniatura e da quello che sembrava un Pokèmon.
 
Confusa voltò lo sguardo verso Himuto, trovandolo disteso a terra con una bambina sul torace e un Aipom sulle gambe. La piccola aveva gli occhi lucidi e un gran sorriso, che Eirlys trovò molto simile a quello del suo Sempai.
 
In un primo momento Himuto osservò dolorante quel viso tanto simile al suo.
Furono solo pochi secondi poi davanti alla ragazza dai lunghi capelli neri si svolse una scena che mai avrebbe immaginato.
 
Il ragazzo che ammirava da anni alzò il busto, stringendo il corpo di quella bambina che sembrava comparsa dal nulla. Eirlys potè giurare che sul suo viso era scesa una lacrima e per un attimo si sentì di troppo. Come se quella scena, dove persino l’Aipom e il Fraxure del ragazzo parevano festeggiare, fosse qualcosa di intimo che lei non doveva vedere.
 
La sua attenzione si spostò quindi sulla strada, dove una donna passeggiava affiancata dai figli e alcuni uomini si recavano a lavoro. Fra i passanti vide una ragazza dai capelli castani. Era alta, dalla corporatura magra e due grandi occhi color smeraldo parevano brillare sul suo viso. In un primo momento non la riconobbe poi un nome si formò nella sua mente e con un sorriso salutò una delle ragazze più dolci di tutta l’accademia.
 
 
- Clara-chan! Che cosa ci fai qui! –
- Elys-chan ci sei anche tu! –
 
 
Con un salto Clara strinse a se l’amica. Mille domande si formarono nella mente di entrambe ma tutto ciò a cui la castana riuscì a pensare fu di ritrovare la piccola Hime. Si staccò dall’amica ancora sorridente, guardandosi attorno alla ricerca di quel piccolo tornado matto per i dolci.
 
In quei minuti passati assieme aveva perso il conto di quante pasticcerie avevano visitato.
Quella piccoletta sembrava un vero e proprio pozzo senza fondo.
 
Quando i suoi occhi incrociarono la figura di Himuto seduto per terra con la bambina ancora stretta a se non potè fare altro che sorridere. Quindi era lui il suo amato fratellone? Una lacrima lasciò i suoi occhi. Hime gli aveva raccontato che non vedeva suo fratello da quando aveva lasciato l’Accademia e adesso, sotto il cielo della città che aveva visto la loro separazione, si erano finalmente ritrovati.
 
 
- Mi sei mancato tanto Nii-san –
- Anche tu Hime-Nee –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Juelopoli, Isola Antice.
Ore 14:00



Il Luna Park di Juelopoli attirava ogni anno centinaia di turisti da tutte le regioni.
I giorni festivi poi erano i più redditizi.
 
Anche il giovane Mark William potè confermare questa ipotesi osservando con aria annoiata il gran numero di passanti. Donne dall’aria triste, uomini vestiti fin troppo eleganti e belle fanciulle che con un sorriso riuscivano ad ottenere di tutto dall’amato.
 
Con uno sbadiglio si stiracchiò sulla panchina, i grandi occhi marroni si fermarono sulla ruota panoramica che da anni era l’attrazione più visitata del parco.
Non gli sarebbe dispiaciuto visitarla ma la fila per salire era lunghissima e poteva durare anche ore. Troppo per una persona dal carattere pigro come lui.
Sapeva che da questa era possibile ammirare tutta la città in totale sicurezza grazie alle 42 cabine chiuse e trasparenti.
 
Il paesaggio doveva essere mozzafiato e in particolari giornate in cui il cielo era perfettamente limpido si potevano persino scorgere le coste delle altre isole. La sera poi, poco dopo il tramonto del sole e la chiusura del parco permetteva di ammirare i fuochi d’artificio sul mare.
Risultato di un complesso lavoro di coordinazione di uomini e Pokèmon che ormai da anni lavoravano allo spettacolo.
 
Ricordava che sua cugina gli aveva parlato anche di uno spettacolo acquatico e di alcune lotte aeree che ogni tanto si svolgevano in un arena apposita situata poco lontano da dove si trovava.
 
Fra la folla che passeggiava allegra alle sue spalle il suo sguardo si posò su di una coppia familiare.
Non potè fare a meno di sorridere nel vedere il suo vecchio rivale girare confuso e imbarazzato con una giovane che riconobbe come Shana. La ragazza stringeva al petto un enorme peluche, vinto a qualche attrazione, indicando ogni giostra con un espressione degna di una bambina.
 
La coppia si fermò davanti un manifesto e il ragazzo dai capelli castani si voltò curioso.
A causa della gran quantità di persone presenti non riusciva bene a scorgere quello che aveva attirato l’attenzione dei due. Pareva il disegno di un Pokèmon, forse un esemplare volante ma gran parte del suo corpo era coperto da quello del suo rivale dai capelli castani.
 
Mark gonfiò le guance arrabbiato, allungandosi meglio.
La coppia dopo quella che sembrò una veloce discussione iniziò a correre verso Ovest, lasciando finalmente libera la visuale al giovane allenatore. Riconobbe il disegno di un Dragonite, affiancato da una scritta che diceva “incontro all’aperto per la medaglia del Giglio ore 14:05”. Con un salto Mark scese dalla panchina, lanciando nel cestino la carta ormai vuota dei dolci che quella donna gli aveva regalato. Quello doveva essere il famoso spettacolo aereo, era proprio curioso di assistere.
 
 
 
Dopo una breve corsa Shana e il suo compagno di viaggio raggiunsero finalmente la grande Arena del Luna Park. Questa era stata costruita in tempi recenti, sotto le precise disposizioni del padre della giovane Capopalestra della città. L’uomo, famoso per i suoi lavori come Architetto aveva lavorato giorno e notte per rendere l’ambiente perfetto per la figlia e le sue lotte.
 
Centinaia di spettatori si erano radunati per assistere allo scontro.
Elisa era la nipote del proprietario del parco e, con l’arrivo della bella stagione i suoi scontri portavano grandi fortune all’uomo. Al centro dell’arena i due sfidanti attendevano in silenzio.
 
L’aria era carica di energia e Riccardo potè percepire la tensione del più piccolo.
Non importava l’esperienza o il numero di vittorie ottenute.
In uno scontro con un Capopalestra il fattore psicologico non era certo da trascurare.
Mentre prendeva posto con l’amica Shana osservò lo sfidante. Doveva avere all’incirca un paio di anni in meno di lui. Il viso teso tradiva il sorriso che mostrava al pubblico.
 
I ricci rossi coprivano in parte la fronte attraversata da alcune gocce di sudore.
Riccardo scosse la testa. Se quel ragazzino continuava ad agitarsi non avrebbe mai combinato nulla.
La sua sfidante pareva persino annoiata. Elisa non ricordava nemmeno il nome di quel ragazzo.
Un allenatore come tanti con il cuore ricco di sogni e speranze per il futuro.
Poco lontano dalla coppia anche Mark era riuscito ad arrivare in tempo per lo scontro.
 
 
-Appena siete pronti date inizio alla sfida- disse l’arbitro.
 
 
La Capopalestra lo ringraziò con un sorriso dolce e, dal pubblico arrivarono numerosi apprezzamenti sulla sua dolcezza. Elena, sentendoli, per poco non scoppiò a ridere. Era proprio quello che ingannava. Il suo sorriso la rendeva delicata come un giglio. Solo durante gli scontri usciva la sua vera natura. L’animo oscuro desideroso di vincere per rendere il padre fiero della sua bambina.
 
 
- Unfezant ho bisogno di te! –
 
 
Il ragazzo dai capelli rossi lanciò la sua Pokèboll verso il cielo, dove apparve un esemplare femminile di Unfezant. Elena la osservò con un sorriso. Oltre ad essere molto giovane pareva in ottime condizioni. Il piumaggio scuro sembrava morbido e ben tenuto, brillante sotto il caldo sole che ne illuminava la figura elegante. Buffo come lo sguardo del Pokèmon riuscisse ad esprimere gli stessi sentimenti del suo allenatore. Dovevano avere un legame molto forte.
 
 
- Dragonite vieni! –
 
Dalla Pokèball della ragazza uscì il suo compagno.
Ali dall’interno verde, piccole rispetto al corpo massiccio. Espressione decisa e un colore arancione brillante sotto il sole. Un boato seguì la sua comparsa in campo. Grida di giovani, bambini e bambini acclamavano la creatura che da quasi due anni regalava prestigio alla loro città. Curioso Riccardo estrasse il Pokèdex, alla ricerca di altre informazioni su quell’esemplare.
 
 
“Dragonite, Pokèmon drago.
Questo esemplare è estremamente raro e, dotato di grande intelligenza, è in grado di volare ad una velocità sconosciuta agli altri Pokèmon”
 
 
La voce dell’arbitro, un vecchietto sul 1.70 con un paio di enormi baffi grigi, attirò l’attenzione.
 
 
- Lo scontro per la medaglia Ginco vedrà la nostra amata Capopalestra contro il giovane Damian da Sinnoh. Sarà un incontro 1 vs 1. Che vinca il migliore –finì, alzando le braccia per dare inizio allo scontro.
 
 
Visto il segnale Unfezant si alzò in voco, raggiungendo la stessa quota dell’avversario che non sembrava affatto turbato.
 
 
- Dai pure tu il via alle danze Damian-kun –
- Come desidera, unfezant usa Aerasoio! –
 
 
Elisa si lasciò sfuggire un sorriso mentre lame d’aria si facevano sempre più vicine al suo compagno.
 
 
- Evita Dragonite –
 
 
Riccardo osservò il Pokèmon Drago muoversi rapido evitando senza troppi sforzi l’attacco nemico. I suoi occhi parevano incollati sulla creatura. Nel corso della sua breve vita aveva viaggiato molto e mai gli era capitato di vedere un esemplare simile in azione. Nonostante il corpo era velocissimo, quasi di più dell’avversaria. I suoi pensieri furono interrotti dalla lieve voce della Capopalestra. Come riuscisse a mantenere un tono tanto calmo era un mistero per lui.
 
 
- Ottimo, adesso usa Iper Raggio! –
- Non farti colpire, evita e poi attacca con Raffica! –
 
 
L’uccello dal piumaggio scuso ubbidì. Compiuta un’improvvisa capriola verso destra per evitare il colpo iniziò a battere rapidamente le grandi ali. Il vento scatenato dal movimento fu tanto forte da far volare lontano il palloncino di una bambina ma pareva non bastare contro il suo avversario.
 
 
- Troppo avventato –
- Un giovane in gamba –
- Elisa Sama sembra divertita –
 
 
Riccardo lanciò un occhiataccia ai due uomini alla sua destra sotto lo sguardo divertito di Shana. Non riuscivano a fare silenzio per cinque maledetti secondi? Dalla sua posizione anche Max era tentato di lanciargli addosso la bibita che stava gustando. Per una volta doveva dare ragione a sua cugina.
Lo spettacolo aereo del parco era veramente entusiasmante.
 
La Capopalestra poi pareva giocare con l’avversario. Si divertiva a studiarlo, rispondere le sue mosse senza lasciarsi troppo andare. Max conosceva quello sguardo. La ragazza non si stava divertendo, sembrava come costretta a combattere.
 
 
Il ritmo del combattimento intanto si stava facendo sempre più serrato. Nonostante la forza del Pokèmon Drago la sua avversaria non voleva mollare.
 
Dei due allenatori Damian era quello più preoccupato. Continuava a lanciare occhiate alla sua compagna. I danni subiti erano veramente molti, pochi secondi prima di quella sorta di pausa improvvisata era riuscita ad evitare un Geloraggio per un soffio.
 
Dragonite volava nel cielo apparentemente tranquillo mentre Unfezant se ne stava vicina al suolo, in attesa di ordini.
 
“La calma prima della tempesta” pensò Riccardo dagli spalti.
 
 
- Mettiamo fine allo scontro, Dragonite blocca Unfezant –
 
 
Il Pokèmon ubbidì.
Con una rapidità incredibile vista la sua stazza iniziò a precipitare verso il suolo.
Da terra le sue ali parvero all’improvviso più grandi e l’espressione mite tipica della sua specie era divenuta seria e decisa. Dopo un primo attimo di smarrimento Unfezant si librò in volo. Elegante cavalcava le correnti, cercando di evitare gli attacchi improvvisi del drago arancione che si faceva sempre più vicino. Destra, poi sinistra e infine sempre più in alto. Il pubblico non sapeva se urlare o rimanere in silenzio. Riccardo stesso, ogni qual volta Unfezant riusciva ad evitare le zampe nemiche, sentiva salire l’eccitazione.
 
 
-Attenta alle spalle!- l’urlo di Damian arrivò alla compagna che, con una rapida mossa verso sinistra riuscì ad evitare l’avversario alzandosi di qualche metro in aria.
 
 
-Attacca avanti! Aereoassalto! –
 
 
Sfruttando un attimo di smarrimento del grande drago Unfezant precipitò ad alta velocità su di lui. La forza di gravità ne aumentava sempre di più la rapidità e il pubblico trattenne per un attimo il fiato.
 
Poi una voce.
Max abbassò lo sguardo verso Elisa, appena in tempo per vedere l’ombra di un sorriso svanire sul suo viso dai tratti delicati.
 
 
- Rimani dove sei Dragonite! –
 
 
Il Pokèmon ubbidì e, sotto lo sguardo shokkato dei presenti si lasciò colpire dall’avversaria.
Quando il fumo dovuto all’impatto si diradò i presenti spalancarono gli occhi per la sorpresa.
 
Dragonite aveva il respiro pesante.
Il corpo coperto di tagli e graffi mostrava i segni dello scontro appena avvenuto ma, fra le forti zampe anteriori stringeva un incredula Unfezant.
 
Damian comprese troppo tardi che la sua avversaria aveva previsto la mossa, decidendo quindi di usarla a suo vantaggio.
 
 
- Concludi lo scontro, Dragonite usa Fulmine! –
 
 
 
 
 
 
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Un esplosione attirò l’attenzione di due figure accampate nel bosco fuori al parco.
Jack lasciò andare lo zaino, avvicinandosi al compagno di viaggio che dormiva utilizzando la sua roba come un cuscino.
 
 
- Viene dal luna park, ci saranno problemi? –
- Nah, Ely-chan ha appena finito il suo show –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE
Ebbene gente sono tornata in orario per una volta *fa partire il coro di –Miracolo-“
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e di non aver fatto troppi errori di grammatica.
Tenete a mente il pezzo in corsivo iniziale mi raccomando, è importante per comprendere molto compreso il finale di questa storia. Per il resto vi chiedo pareri sinceri sul combattimento. Mi sono divertita a scriverlo ma ho paura di averlo reso noioso. A voi lettori il giudizio. Grazie a tutti coloro che continuano a seguirmi.Il prossimo capitolo vedrà come protagonisti Akane, Kage gli OC comparsi nella biblioteca e tanti altri.
Buon Halloween, saluti Ryu
 
 
 
MESSAGGIO per i proprietari di Max e Riccardo.
Uno dei due avrà la possibilità di sfidare Elisa nei prossimi capitoli.
Detto questo avete la possibilità di mandarmi un Pokèmon per lo scontro, eventuali strategie e mosse. L'avversario è sempre Dragonite. Buona fortuna ^^

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Capitolo 6
*** Capitolo V - La bambina e il dragone prima parte ***


GENERATION OF MIRACLES
- V -


La bambina e il dragone
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Foresta Nera.
Ore 14,40
 
 
  • Sei un allenatore morto Kage Black! -
 
Dopo aver inutilmente tentato di arrostire il compagno Akane si calmò, appoggiandosi contro una fontana ormai senz’acqua. I suoi occhi verdi finirono sulla struttura della villa. Era un edificio veramente bellissimo, forse solo lievemente inquietante. Ma in quell’abitazione c’era dell’altro però. La castana poteva sentire una sorta di tristezza provenire da quel luogo. Ogni qual volta alzava lo sguardo verso una finestra scura percepiva una gran malinconia.
 
Decise di non parlare di questa sua sensazione con quello stupido dai capelli scuri. Conoscendolo le avrebbe riso dietro, dicendo che le case non potevano essere malinconiche. Accompagnata dal fedele Arcanine lo raggiunse.
 
Salì i tre scalini che portavano all’ingresso, ammirando gli splendidi disegni intagliati sul legno del portone. Sembravano draghi ma nel corso del suo viaggio non aveva mai visto Pokèmon simili.
Il suo pensiero andò a Natsumi.  L’amica avrebbe sicuramente apprezzato un simile capolavoro architettonico. Ricordava bene le giornate passate ad osservarla disegnare. Erano veramente tempi felici quelli dell’Accademia. Giorni in cui il tuo unico pensiero era quello di avere un buon voto.
Il mondo esterno invece era diverso. Certamente più duro da affrontare.
 
  • Entriamo? –
  • E che me lo chiedi a fare? Tanto hai già deciso no? –
  • Mi conosci proprio bene Bakane –
 
Sussurrò Kage, avvicinandosi all’orecchio della ragazza che rabbrividì.
Dannazione ai suoi sentimenti, alla sua debolezza e a quella stupida della sua compagna che aveva scelto di raggiungere la regione da sola. Ma un giorno gli e le avrebbe fatte pagare tutte per Arceus! Sotto lo sguardo preoccupato della castana Kage spinse la porta, causando un sinistro cigolio per tutta l’abitazione silenziosa. Mettendo da parte la paura Akane decise di entrare per prima.
 
  • Arredamento niente male –
 
La giovane si limitò ad annuire.
In casa c’era poca luce, a causa delle tende chiuse, ma poteva tranquillamente vedere il lampadario in apparenza molto costoso e vari oggetti antichi. Accompagnata dal suo Pokèmon iniziò ad avanzare in un corridoio alla sua destra. Ogni qual volta che incrociava una figura dipinta su qualche arazzo si ritrovava a pregare perché questo rimanesse dove fosse. Nella sua mente anche il più innocente fiorellino poteva prendere vita da un momento all’altro.
Per questa ragione, anche a costo di sembrare debole agli occhi del moro, aveva deciso di lasciare Arcanine fuori dalla Pokèbool.
 
  • Che hai intenzione di fare adesso? –
 
Domandò voltandosi. Nel punto in cui doveva esserci il suo compagno però c’era solo una strana tenda. Lei ed Arcanine rimasero per un attimo in silenzio ad osservare confusi l’oggetto.
Era certamente una tenda. Non c’erano dubbi a riguardo.
Peccato che sembrasse fluttuare nell’aria.
 
Arrabbiata si avvicinò all’oggetto.
Se prima aveva risparmiato il compagno adesso lo avrebbe ucciso nel peggiore dei modi.
Gli sembravano scherzi da fare? Allungò una mano, stringendo con le dita sottili il tessuto della tenda. Lo tirò con rabbia alla sue spalle, pronta ad urlare contro quello stupido.
 
Peccato che non c’era nessuno.
 
Nessun Pokèmon.
Nessuno stupido allenatore dai capelli mori.
Nessuno. Solo l’aria e il pezzo di corridoio che aveva appena attraversato.
 
 
 
 
 
In un’altra ala della villa Kage sentì all’improvviso un urlo famigliare.
Aveva perso di vista la castana, attirato da un ombra misteriosa. Senza pensarci due volte aveva deciso di seguirla, attraversando così quella che pareva la cucina e alcune sale che sembravano stanze da letto. Non riusciva bene a ricordare il numero di stanze o il totale dei passi fatti.
Sapeva solo di essere finito nella camera di qualcuno e che l’ombra misteriosa era scomparsa all’improvviso, proprio com’era venuta.
 
Lentamente avanzò nella stanza in cui si trovava.
Ad ogni suo passo poteva sentire il pavimento scricchiolare sotto i suoi piedi, segno che il legno di cui era fatto ormai era stato rovinato dallo scorrere del tempo. L’oscurità lo avvolgeva quasi del tutto. Solo un piccolo spiraglio di luce riusciva ad entrare, illuminando almeno in parte l’arredamento del luogo. Il primo oggetto che il ragazzo notò fu un grande letto a baldacchino.
Era disfatto ma in buone condizioni rispetto al resto. Come se il proprietario stesse per tornare da un momento all’altro. A quel pensiero si ritrovò a rabbrividire. Tutta colpa di quella stupida Bakane e delle sue teorie sulla casa infestata. Era riuscita ad influenzare anche lui.
 
Kage continuò ad esplorare nel più completo silenzio.
Man mano che scopriva nuovi dettagli si convinceva che quel luogo dovesse appartenere ad una ragazza. C’era uno specchio enorme, in parte distrutto e una scrivania ancora coperta di fogli e diversi disegni. Fra questi il ragazzo riconobbe uno schizzo del dormitorio dell’accademia e quella che doveva essere l’arena dove avevano lottato l’ultimo giorno. Perso nei suoi pensieri non si accorse del comodino alle sue spalle finchè non lo colpì.
 
  • Ma che diamine? – sussurrò, raccogliendo da terra una scatolina finemente decorata. Questa si aprì all’improvviso, rivelando una musica dolce come la ninna nanna di un Jiglipuff
 
Con cura il moro la richiuse, appoggiandola nella stessa posizione in cui doveva trovarsi dopo l’urto. In quell’istante sentì un nuovo urlo, questa volta seguito dal rumore di oggetti che dovevano essere stati rotti con una certa foga.
 
Senza pensarci troppo lasciò la stanza, precipitandosi nella direzione da cui sentiva i rumori.
Attraversò un paio di corridoi, rischiando spesso di perdersi e sbagliare strada finchè non giunse in quella che doveva essere la sala da pranzo. Quando arrivò trovò davanti a se una scena inverosimile. Piatti, tovaglioli e sedie volanti che si scagliavano contro Akane e il suo Pokèmon.
Terrorizzata la ragazza tentava di difendersi, aiutata dalle fiamme del suo fedele compagno.
 
Gli occhi di Kage finirono sul lato della stanza, dove una forchetta sembrava pronta a scagliarsi alle spalle della giovane. Akane non si accorse del pericolo fino all’istante in cui si trovò il corpo di Kage a pochi centimetri dal suo e non vide il sangue uscire lentamente da un taglio sul braccio.
 
  • Stai bene! –
  • Sei ferito! Come ti senti, ti fa male? –
  • Adesso calmati è solo un graffio, Arcanine riesci ad aiutarci a fuggire verso la porta? –
 
Il Pokèmon per risposta lasciò andare un potente lanciafiamme verso un gruppo di sedie.
Kage approfittò di quell’istante per stringere la mano della compagna e correre il più lontano possibile da quella sala infernale. Alle loro spalle Arcanine li seguiva, tentando di proteggerli da qualsiasi pericolo. Furono i minuti peggiori della loro vita. Sembrava un tempo interminabile finchè Akane non scorse la porta ancora aperta e la luce del sole. I due compagni di viaggio non si voltarono. Corsero con tutte le loro forze verso l’uscita, ignari che gli oggetti impazziti avevano ormai smesso di seguirli.
 
Una volta al sicuro e chiusa la porta alle loro spalle poterono riprendere fiato.
Akane era rossa d’imbarazzo mentre l’attenzione di Kage sembrava rivolta verso il giardino.
 
Seduta sul bordo della fontana c’era una donna.
Aveva degli splendidi capelli color pesca, un viso dolce e un vestito candido come la neve.
Si limitava a sorridere senza parlare, facendo dondolare le gambe come una bambina.
 
  • Aki? La vedi? –
  • Cosa?   -
  • Nulla, non preoccuparti. Su andiamo in città –
  • Per la prima volta mi trovi d… -
 
Akane iniziò a balbettare all’improvviso. Il volto divenuto bianco, e una mano rivolta verso il cancello. Kage confuso seguì il suo sguardo, fino ad intravedere quella che sembrava una tenda svolazzare tranquilla davanti a loro come se danzasse.
 
  • Kage le tende non ballano vero? –
  • Ma che domande fai?! –
  • Lasciamo questo posto! Non ce la faccio più!! -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Zona sconosciuta, Isola della Leggenda
 
Nella fitta foresta i Pokèmon selvatici vivono tranquilli la loro vita.
Non ci sono umani e quindi possono proliferare senza alcun pericolo, protetti e guidati dal grande drago signore della Regione che li ospita. Diverse sono le zone sull’Isola. La lava si alterna alla neve, la foresta all’acqua. Un ciclo infinito, regolato da quattro Pokèmon misteriosi. Antichi guardiani che, molti secoli prima sotto ordine del Divino Arceus aiutarono a creare quella che per gli umani sarebbe diventata la Regione di Yolus.
 
La dove nessuno mai ha osato avventurarsi due voci rompono improvvisamente il silenzio.
 
  • Questa volta hai rischiato grosso mocciosa –
  • Ma io mi annoio e poi lui è tanto carino –
  • Se lo dici tu –
  • Geloso forse? -
 
Un raggio di sole riuscì a penetrare nell’oscurità di quel luogo misterioso. Per un istante il suo calore illuminò la figura di un essere alato. Un possente drago dalle scaglie scure come la notte.
L’eco di una risata cristallina arrivò fino all’esterno. Poi il silenzio tornò sovrano e il buio avvolse quel luogo che mai doveva essere trovato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Juelopoli, Isola Antice.
 
Damian comprese troppo tardi che la sua avversaria aveva previsto la mossa, decidendo quindi di usarla a suo vantaggio.
 
  • Concludi lo scontro, Dragonite usa Fulmine! –
 
In un istante l’arena si riempì di uno spesso strato di fumo grigio, impedendo ai presenti di controllare le condizioni dei due Pokèmon. Mark e Riccardo si spinsero verso la recinsione che li separava dal campo, nel tentativo di scorgere almeno uno dei due sfidanti.
 
Man mano che il fumo andava diradandosi la tensione saliva.
C’erano i più giovani che scommettevano sull’esito dello scontro, gli anziani sicuri della vittoria di Dragonite e semplici passanti accorsi per vedere le gesta della famosa “Regina dei Cieli”.
 
All’improvviso tutti i presenti, compresi i più piccoli, smisero di parlare lasciando l’aria avvolta da un silenzio carico di tensione. Furono i secondi più lunghi delle loro vite. Un paio di movimenti delle lancette dell’orologio prima che dall’arena esplosero grida di gioia.
 
Gli occhi scuri di Riccardo erano puntati sul campo lotta, dove Unfezant era al suolo priva di conoscenza. Poco lontano Dragonite respirava a fatica. Il corpo ricoperto da lievi tagli, i movimenti impacciati. Era messo male ma la sua resistenza gli aveva permesso di vincere lo scontro.
Una forza rara, ben visibile nei suoi grandi occhi scuri.
 
  • Unfezant non è più in grado di combattere, il vincitore è Dragonite! –
 
L’allenatore dai capelli scuri sorrise, non nascondendo l’ammirazione che provava verso quella splendida creatura. Accortosi di essersi allontanato molto dalla compagna di viaggio si voltò per raggiungerla, andando a sbattere contro una qualcuno. Entrambi finirono per terra, doloranti a causa dell’inaspettata testata che li aveva visti protagonisti.
 
Con una mano sulla parte lesa Riccardo iniziò a maledire la scarsa attenzione dello sventurato che gli era venuto addosso, lanciando un occhiataccia ad un paio di ragazze che ridevano dopo aver assistito alla scena.
 
Una voce fin troppo familiare attirò la sua attenzione. Era cresciuto di qualche centimetro dall’ultima volta che l’aveva visto. I capelli castani sembravano più lunghi e, sotto i caldi raggi del sole, mostravano particolari riflessi rossi.
 
  • Ma chi diamine non guarda dove cammina? –
 
Borbottò il castano massaggiandosi la fronte dolorante. Quando riaprì gli occhi l’espressione sul suo viso mutò rapidamente in una divertita.
 
  • Riky _Kun! Wow, ne è passato di tempo –
  • Che ci fai qui?! –
  • Mi godo l’incontro ovvio –
 
Riccardo sbuffò provando ad alzarsi. Aveva la giacca rovinata e i pantaloni sporchi di polvere.
Tutta colpa di quello stupido. Sentendosi ignorato invece Mark iniziò a cercare qualcosa con cui infastidirlo. L’occasione si presentò quando i suoi occhi scuri incrociarono la figura di Shana che, preoccupata, era accorsa a controllare le condizioni del suo compagno di viaggio.
 
Dopo pochi scalini la ragazza si ritrovò davanti un sorridente Mark.
Lo stesso ragazzo che qualche mese prima l’aveva battuta durante il torneo di diploma della Liberty Accademy.
 
  • Shana _Chan! Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta –
  • Hai ragione, come stai Mark _Kun? –
  • Bene se non fosse per un certo allenatore che non guarda mai dove cammina –
 
Il castano iniziò a contare nella sua mente, sorridendo davanti l’espressione sempre più arrabbiata del rivale. Mancava veramente poco perché scoppiasse. Considerando quanto amava farlo arrabbiare il giovane decise di giocare d’astuzia. Con un’espressione innocente dipinta sul volto si avvicinò maggiormente alla ragazza davanti a lui, passandole un braccio dietro il collo.
 
  • Staccati da lei! –
  • Geloso? –
 
Riccardo arrossì incrociando lo sguardo confuso della compagna.
Ignorando l’altro ragazzo si alzò, prendendo un paio di borse che l’amica si era preoccupata di recuperare dopo la sua scomparsa.
 
Un urlo maschile interruppe la conversazione fra i due ragazzi che era destinata a degenerare.
Finalmente si accorsero che l’arena era ormai vuota. Le ultime persone ad abbandonarla erano i bambini, seguiti dalla madre che avevano preferito lasciare il luogo per ultime per evitare la folla.
C’era anche un uomo vestito di bianco che aveva iniziato a pulire. Camminava lentamente, seguito da un paio di allegri Minccino.
 
La voce proveniva quindi dal campo lotta.
I tre videro un uomo anziano avanzare furioso verso il centro.
Elisa era impegnata ad incoraggiare Damian e Unfezant, non avrebbe mai voluto che si arrendessero dopo quella sconfitta. Anche Dragonite nonostante le ferite cercava di rendersi utile.
Dava qualche colpo alla schiena dell’avversaria, aiutandola ad alzarsi e sorridendo allegro davanti alla sua espressione confusa.
 
Sotto lo sguardo dei presenti l’uomo aveva ormai raggiunto i due sfidanti.
Nonostante fossero rivali in quel momento Mark e Riccardo concordarono sul fatto che aveva un aria odiosa. Alto e muscoloso pareva un colosso, fasciato in un abito candido molto elegante. Portava persino un bastone da passeggio e, ai suoi piedi, avanzava con aria arrogante un Persian.
Attorno al collo del Pokèmon scintillava un enorme diamante, mentre la punta del bastone del suo allenatore era di puro oro.
 
Videro Elisa lasciare indietro il ragazzo più piccolo e Mark riuscì a sentire un “vattene” molto lieve.
Sorrideva. Eppure nei suoi occhi si poteva leggere il timore provocato dalla presenza di quelle figure.
 
  • Elisa! –
  • N…nonno? –
 
Quando sentirono le sue ultime parole i tre spalancarono gli occhi sorpresi. Quel tizio orrendo era veramente imparentato con lei?
 
  • Come hai trovato l’incontro? –
  • Terribile! Come ti è saltato in mente di far durare lo spettacolo così poco? –
  • Gomen –
  • Per colpa della tua bravata avrò perso sicuramente dei potenziali clienti! –
 
Elisa abbassò il capo, cercando di reprimere l’impulso di scoppiare a piangere.
Con le mani tremanti stringeva l’orlo del vestito, mordendosi le labbra con i denti per non singhiozzare. Quando il vecchio padrone del Luna Park smise di urlare pensò che la tortura fosse finita. Poteva tornare a casa, essere libera fino al suo prossimo dannato incontro.
 
L’uomo però non aveva ancora finito.
Ignaro di essere osservato colpì con tutta la sua forza la guancia della nipote con uno schiaffo.
Dragonite, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad osservare ruggì minaccioso.
 
Sugli spalti anche Riccardo era furioso.
Non conosceva i due, non sapeva nulla della loro famiglia.
Ma era certo che quella ragazza aveva messo tutta se stessa in quella lotta, cercando di valorizzare il suo compagno e allo stesso tempo dare qualche utile insegnamento al suo avversario. Se in quell’arena c’era qualcuno di patetico quello era quell’uomo. Stava per saltare in campo per dirglielo in faccia quando qualcosa lo trattenne. La sua espressione mutò all’improvviso, divenendo imbarazzata per il contatto con la morbida pelle di Shana che cercava di fermarlo stringendogli la mano. Non ebbe bisogno di parole per calmarlo. Bastava la sua vicinanza.
 
Nell’arena Elisa rimase in silenzio, con la testa bassa e una mano stretta alla zampa del suo compagno d’avventure.
 
  • Insegna l’educazione al tuo Pokèmon, sono io che comando –
  • Si nonno, ti chiediamo scusa –
 
Quando l’uomo e il suo Pokèmon se ne andarono la ragazza abbandonò il campo.
Veloce attraversò quei pochi metri che la separavano dall’uscita accompagnata dal suo Dragonite ancora furioso. Mark la vide sparire e, senza dire nulla ai due compagni, decise di raggiungerla.
Fu Shana a vederlo andarsene. Avvertito il moro iniziarono a seguirlo, raggiungendo dopo diversi metri una zona verde che non avevano mai notato.
 
Era un parco di modeste dimensioni.
Ideato dal padre di Elisa per far riposare la figlia dopo gli scontri più duri.
Dopo la morte dell’uomo passò nelle mani del nonno che, senza alcun rispetto per la sua memoria, decise di trasformarla in una zona relax per i clienti fra una giostra e l’altra. All’ombra di un salice Riccardo riconobbe la chioma color pesca della Capopalestra e, poco lontano, vide anche il compagno d’Accademia. Cercando di nascondere la rabbia per essere stato abbandonato nel bel mezzo di una discussione lo raggiunse seguito dall’amica. Mark però li ignorò e, dopo aver pensato attentamente a come iniziare il discorso si avvicinò alla ragazza e al suo Pokèmon.
 
  • Elisa _San? –
  • Sono io, hai bisogno di qualcosa? –
  • Non mi riconosci? Sono Mark William, eri ospite della palestra delle mie cugine qualche anno fa –
 
Incuriosita la ragazza alzò lo sguardo. In effetti ricordava il volto di quel ragazzino.
Riccardo lanciò un occhiata all’ex compagno di stanza. Perché mai non gli aveva detto di conoscere una Capopalestra?
 
  • Ora ricordo, come stanno le tue cugine? –
  • Molto bene, sai dopo che te ne sei andata hanno cominciato a vantare la tua palestra con ogni possibile sfidante. Comunque ho visto lo scontro, complimenti per la vittoria-
  • Ti ringrazio –
L’espressione sul viso della ragazza mutò, divenendo all’improvviso più triste.
 
  • Loro sono Riccardo e Shana, miei ex compagni d’Accademia sai? –
 
Continuò il castano, indicando i due ragazzi che li osservano curiosi.
Lo sguardo di Elisa si fermò sulla figura del moro. Non era poi tanto alto. Indossava una giacca azzurra, con qualche striscia blu e semplici pantaloni scuri. Sorrise maliziosa quando vide l’occhiata gentile di lui nei confronti della compagna.
 
  • Ma guarda due fidanzatini –
 
Shana sentendo quelle parole divenne rossa come i fiori che spuntavano nel prato. Anche il colorito di Riccardo era simile, peccato che l’imbarazzo fu ben presto sostituito dalla rabbia quando anche il castano iniziò a prenderli in giro.
 
  • Non stiamo insieme! –
  • Dicono tutti così, su non essere timido –
  • Io non sono timido –
 
Mark si lasciò sfuggire un sorriso mentre un’idea si faceva largo nella sua mente.
Perché non approfittare di tutta quell’energia per vedere le strategie del suo vecchio rivale?
Cercando di sembrare il più naturale possibile si avvicinò al moro.
 
  • Che ne dite di un incontro per risolvere i vostri problemi? –
 
Disse, attirando su di sé l’attenzione dei due litiganti.
Per un primo momento rimasero tutti in silenzio, ascoltando il fruscio delle foglie dovuto al vento.
Sembravano essere passati minuti interi, quando la lieve voce di Elisa non ruppe quell’istante.
 
  • Per me non ci sono problemi –
 
Riccardo lanciò un occhiataccia al rivale ma l’idea di combattere contro una Capopalestra lo stuzzicava. Erano passate due settimane dal suo ultimo incontro serio, i suoi Pokèmon fremevano per combattere e lui desiderava vedere che cosa sapeva fare la sua avversaria.
 
  • Accetto! –
 
La ragazza si alzò dalla panchina e, dopo aver fatto rientrare il compagno nella Pokèbool, si avvicinò al più giovane. Dalla borsa che aveva con se estrasse tre biglietti plastificati e quella che aveva tutta l’aria di una mappa.
 
  • Ci vediamo fra 2 ore alla mia palestra allora, intanto ecco dei pass per usare gratis le varie attrazioni. Metteranno tutto sul mio conto personale, consideratelo un regalo –
  • Ti ringrazio ma non dovevi –
  • Nessun problema, ci vediamo fra poco! –
 
Così dicendo la Capopalestra si allontanò verso una delle uscite.
I tre ragazzi rimasero ad osservarla finché non scomparve fra la folla poi, con un sorriso Mark iniziò a trascinare Shana verso la zona delle montagne russe.
 
  • Andiamo a divertirci allora! –
  • Che ti salta in mente, lasciale il braccio! –
 
La povera giovane dai capelli scuri si ritrovò a sbuffare. Le aspettavano due lunghissime, pesanti ore di attesa in mezzo a due uragani viventi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Jack e il suo compagno di viaggio avevano deciso di lasciare il bosco dopo il duro incontro di quest’ultimo. Raccolte le proprie cose si erano avviati verso la città seguendo il profilo del parco ma, dopo l’improvvisa esplosione proveniente dall’interno, Ryko si era fermato davanti una delle uscite senza dare alcuna spiegazione.
 
Nonostante tentasse di sembrare allegro come suo solito, Jack notò un ombra nei suoi occhi chiari. In quei minuti passati avvolti dal silenzio si rese conto di non sapere nulla sul maggiore.
Che cosa si nascondeva in quel luogo da preoccuparlo tanto?
 
Il suo sguardo passò dal viso abbronzato del compagno alla folla.
Semplici passanti. Uomini, donne e tanti bambini carichi di borse sicuramente piene di inutili souvenir che avrebbero gettato col passare dei giorni. C’era persino qualche coppietta.
 
Vide una signora agitarsi in direzione di una bambina dai capelli neri e uno Snivy raggiungerla.
I suoi occhi si posarono quindi sulla figura esile di una ragazza che, a testa bassa, cercava di non farsi notare troppo.
 
Stufo di aspettare si voltò verso il suo compagno di viaggio, scoprendolo intento ad osservare quella stessa giovane.
 
Aveva un’espressione strana in volto.
Un misto di gioia e malinconia, che mutarono all’improvviso in rabbia.
 
  • Era lei che aspettavi? –
 
Ma Ryko ignorò la domanda.
Senza aspettare il compagno iniziò a correre verso la folla che usciva dal Luna Park.
Curioso Jack si limitò a seguirlo in silenzio, dimenticando il fatto di essere stato ignorato per quasi due volte in una giornata.
 
  • Ely _Chan!  –
  • Ryko _Kun? –
 
Il moro si fermò a pochi centimetri da lei, appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
Elisa lo osservò confusa. Erano passati quasi tre anni dall’ultima volta che l’aveva incontrato.
Ricordava bene quel giorno.
 
La pioggia che accarezzava il suo viso nascondendo le amare lacrime di una dura sconfitta.
Il suo sguardo perso, carico di odio e quel sogno che era stato infranto da un ragazzo apparso dal nulla. Lo stesso che poteva vantare il titolo di Campione della Regione.
 
  • Che ci fai qui? –
  • Quel segno –
 
La giovane Capopalestra rabbrividì davanti allo sguardo furioso del ragazzo.
Questo si limitava a fissare il segno rosso sulla sua guancia, in attesa di una risposta che già conosceva.
 
  • Non è nulla, ti prego non arrabbiarti –
  • Non è nulla? Sei seria?! –
  •  
Jack rimase fermo a pochi passi dal moro.
Da quando lo conosceva non lo aveva mai visto in quello stato.
All’improvviso Ryko alzò il braccio destro e il biondo pensò subito al peggio. Stava giusto per intervenire quando il gesto mutò in una lieve carezza sulla guancia lesa.
 
  • Dovresti smetterla di farti sfruttare da lui –
  • È mio nonno, come faccio a dirgli di no? –
  • Aprendo la bocca e parlando? –
 
Un sorriso carico di dolcezza si dipinse sulle labbra della giovane che, abbandonando ogni timore, strinse l’amico in un abbraccio. Mille domande si formarono nella mente di Jack. Quel ragazzo era un continuo mistero, proprio come gli abitanti di quell’Isola che l’aveva visto crescere.
 
  • Non sparire più Baka, mi sei mancato –
  • Anche tu, Regina dei Cieli –
 
A malincuore Ryko si staccò dall’abbraccio, sorridendo davanti l’espressione finalmente serena della sua amica. Come un bambino iniziò a saltellare verso Jack.
 
  • Jakie vieni, voglio presentarti una persona –
  • C…come mi hai chiamato? –
  • Va meglio Jukie? –
 
Quell’assurda discussione venne interrotta dal suono di una risata.
Entrambi i ragazzi si voltarono verso Elisa che a furia di ridere aveva ormai le lacrime agli occhi. Quel biondino le faceva quasi pena, sapeva bene che cosa significasse avere a che fare con quel folle di Ryko.
 
  • Sei peggio di un bambino – iniziò, avvicinandosi alla coppia – Io sono Elisa, la Capopalestra di questa città –
  • Il mio nome è Jack Zakun, piacere di conoscerti –
 
I due si strinsero la mano e Jack si ritrovò a ringraziare Arceus per aver incontrato almeno una persona sana di mente in quella città.
 
Il suo sguardo finì sul moro che aveva trovato in un Oddish un oggetto migliore per il suo interesse.
 
  • Posso chiederti come vi conoscete? –
 
A quella domanda Elisa scoppiò a ridere di nuovo. Aveva promesso di non parlare con nessuno di quel giorno di tanti anni prima, considerata anche la figuraccia del moro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
15 anni prima – Isola Madre
Una bambina dai corti capelli color pesca correva nel bosco.
Il vestito azzurro che indossava era sporco di terra, così come il suo viso segnato da vari graffi. Era caduta numerose volte durante la sua fuga. Piccoli rami, radici e foglie bagnate che al suo arrivo parevano splendidi oggetti erano divenute pericolose trappole.
Avanzava veloce senza una vera meta, terrorizzata da quel luogo che suo padre le aveva proibito di visitare più volte. Alle sue spalle i pesanti passi dei Bouffalant si facevano sempre più vicini.
D’istinto si voltò, gesto che non le permise di vedere una radice che sbucava ai suoi piedi.
In un istante il mondo ai suoi occhi iniziò a girare.
Cadde per alcuni centimetri, rotolando su una discesa piena di sassi e foglie morte fino a trovarsi con la schiena dolorante appoggiata ad una roccia enorme.
Cercò di alzarsi velocemente ma la gamba destra le faceva male.
Quando ci riuscì dalla sua bocca uscì un urlo. I Pokèmon selvatici l’avevano ormai circondata.
Chiuse gli occhi terrorizzata, aspettando un attacco che pareva non arrivare mai.
Attese per diversi minuti, che parvero ore finché non udì una voce maschile.
 
  • Ehi bestioni! Perché non ve la prendete con qualcuno della vostra taglia? –
 
La piccola Elisa alzò lo sguardo tremante. Sul ramo di uno dei tanti alberi davanti a lei c’era un ragazzo di qualche anno più grande. Capelli neri, occhi chiari e pelle abbronzata. Se ne stava in piedi senza alcun timore verso quelle creature, accompagnato da un Cyndaquil che mostrava le fiamme sulla sua schiena in modo minaccioso.
Sembravano due vulcani pronti ad eruttare tanta era la grinta che si poteva leggere nei loro sguardi.
 
  • Avanti amico, Lanciafiamme! –
 
Il Pokèmon ubbidì e dalla sua bocca uscì una colonna di fuoco che attirò l’attenzione degli avversari. Il ragazzino sorrise, avanzando verso il bordo del ramo. Un passo, due ma il piede del giovane finì con lo scivolare facendo finire i due in un cespuglio.
 
Quando si rialzarono doloranti trovarono due Bouffalant arrabbiati ad attenderli.
 
  • Il grande Ryko ordina … una fuga strategica! –
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  • Un giorno te ne parlerò, accontentati di sapere che siamo amici d’infanzia –
  • Come vuoi –
 
Un brutto presentimento si fece largo nella mente di Jack.
Una sensazione familiare, come il senso di una minaccia incombente.
D’istinto si abbassò portando con se la ragazza.
Giusto in tempo per evitare un Solaraggio diretto al moro.
 
  • Non sei mai stato simpatico ai tipi Erba –
  • Sono cattivi, non è colpa mia –
 
Piagnucolò il ragazzo, abbracciando l’amica che non aveva mai smesso di sorridere dal suo arrivo.
 
  • Toglimi una curiosità, non dovresti essere nella tua p…- la ragazza però non riuscì a finire la frase che una mano del moro si posò sulla sua bocca.
 
Jack gli lanciò un occhiata confusa, sperando che almeno Elisa potesse risolvere qualche mistero sul compagno.
 
  • Non sa nulla? –
  • Ehm, mi sono scordato? –
  • Se lo dici tu, allora permettimi l’onore –
 
Così dicendo la ragazza si allontanò di qualche passo dall’amico d’infanzia e, dopo aver alzato le braccia verso il moro in un gesto molto teatrale rispose finalmente ad uno dei quesiti del biondo.
 
  • Jack _Kun, hai l’onore di parlare con Richard Gilmore. Capopalestra e Re del fuoco di Yolus -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice.
*Si nasconde dietro Ryko*
Ehm, salve? Chiedo scusa per l’immenso ritardo ma ho dovuto abbandonare EFP per motivi scolastici. Comunque finalmente sono tornata e riprenderò la storia, sfruttando le vacanze per scrivere almeno un altro paio di capitoli così da rispettare le date di uscita. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto come gli altri, grazie tante per le continue recensioni mi spingete a continuare la storia. Il prossimo capitolo sarà l’ultimo che vedrete ambientato sulle Isole, finalmente infatti ci sarà la tanto attesa partenza. Vi chiedo scusa per eventuali errori di grammatica, grazie mille a coloro che mi aiuteranno a trovarli ^^
Non ho idea di quando aggiornerò, visitate ogni tanto la mia pagina autrice per avere notizie. Comunque sicuramente dopo Natale. Vi auguro buone vacanze allora, ci risentiamo al mio rientro sul sito xD Grazie ancora a tutti e alla prossima puntata! Non mancate.
Saluti, Ryu.
 
P.s. Tanti auguri ad Akane, buon compleanno!
 
 
 
 

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