please, don't shoot me down

di Princess Leila
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Due giorni prima... ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Rebeka ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO II: uno stratega di troppo ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO III: Una trapunta di stelle ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: solo un'eco lontana... ***



Capitolo 1
*** Prologo: Due giorni prima... ***


PROLOGO: Due giorni prima...

Faceva caldo in quei giorni nel Distretto Sette. Legname.
Tris era stesa su di un letto di aghi di pino a pancia all'aria nella pineta; pensava sempre che non sarebbe potuta sopravvivere lontano da quel posto. Caleb, suo fratello, invece non sopportava gli aghi nelle scarpe e la moltitudine di insetti che vi si potevano trovare. A lui gli insetti piacevano solo morti, su di un vetrino da laboratorio, in attesa di essere esaminati.
Ogni anno, ormai da quando ne aveva dodici, un po' prima della Mietitura Tris andava nella pineta tentando di imprimersi nella mente ogni suo più piccolo particolare per paura di dimenticarla se fosse stata estratta e non avesse avuto la possibilità di rivederla.
Mancavano due giorni a quelli che sarebbero stati i ventinovesimi Hunger Games, ma Tris non era preoccupata... Sua madre e suo padre non le avevano mai permesso di attingere alle tessere anche nei periodi in cui non avevano di che mangiare.
Sua madre gestiva una piccola drogheria, mentre suo padre faceva il taglialegna, così come Caleb, il quale però non era affatto contento del suo lavoro...
Tris camminava mettendo un piede davanti all'altro come fosse su una fune da equilibrista e tenendo le braccia in fuori. Mentre camminava a testa bassa però notò qualcosa... A distanza regolare fra loro c'erano delle scie di un liquido denso e rosso. Sangue. Il suo cuore perse un battito, alzò di scatto la testa per tentare di scorgere un eventuale animale ferito, ma nulla; iniziò a camminare più velocemente, fino a correre.
La scia conduceva al limitare del Distretto e passava proprio attraverso il buco nella recinzione; Tris c'era già stata e sapeva come muoversi, come sapeva anche che non doveva essere vista.
Sentì dei nitriti, così accelerò fino a quando non lo vide: uno splendido cavallo bianco con una zampa ferita. Trotterellava zoppicando così la ragazza decise di avvicinarsi per valutare gli eventuali danni. Era a tre passi dall'animale quando un suono sordo risuonò nell'aria e qualcosa passò con un sibilo ad una spanna dalla sua testa. Lei si girò di scatto in tempo per vedere un Pacificatore che la stava mirando, e scansarsi. Il proiettile prese il cavallo.
Le si poté leggere la disperazione negli occhi quando vide l'animale accasciarsi a terra; lei amava gli animali. Non ebbe il tempo però di soccorrerlo in alcun modo perché il Pacificatore aveva già sparato un altro proiettile nella sua direzione mancandola. Doveva scappare.
Tris zigzagava tra gli alberi correndo a capofitto, l'adrenalina le scorreva nelle vene e si sentì come se non sapesse cosa fosse la stanchezza; corse più veloce che poté, ma anche il suo inseguitore non sembrava affatto affannato.
Non si era mai allontanata così tanto dalla recinzione e tentava di correre trasversalmente a questa sperando di incrociarla.
Non sapeva assolutamente dove stesse andando ma continuava a correre, saltando radici e abbassandosi dove i rami più bassi la sfioravano. Il percorso si stava facendo ripido e Tris non sapeva dove portasse; fece a gomitate in un groviglio di rovi che le lasciarono dei graffi sul viso, ma oltrepassati questi si ritrovò davanti ad un fiume, il fiume che arrivava anche in città. L'altra sponda era irraggiungibile con un salto e la corrente era molto forte in questo punto, ma anche se avesse tentato di attraversarlo il Pacificatore l'avrebbe raggiunta e sarebbe stata la fine.
Se fosse andata verso sinistra sarebbe significato andare verso una morte certa e ora il fiatone si faceva sentire; non sarebbe riuscita a correre ancora per molto, per di più senza sapere dove andare. Così si fermò lì sulla sponda verde del fiume, non pensò di raccomandarsi o di fare le sue ultime preghiere, semplicemente alzò le mani e tutto ciò che riuscì a dire fu «Ti prego fa' veloce»; aveva gli occhi socchiusi quasi per timore di guardare in faccia quello che sarebbe stato il suo carnefice, ma quando non sentì il colpo arrivare li aprì e lentamente fece ridiscendere le braccia lungo il corpo.
Davanti a lei c'era un ragazzo sui diciotto anni, capelli neri e occhi blu, una tonalità così scura di blu da sembrare quasi neri; teneva il braccio con la pistola steso davanti a se, puntato dritto al cuore di Tris.
Erano entrambi immobili e la ragazza aveva paura che anche solo respirando troppo forte avrebbe fatto scattare il grilletto.
Un suono di interferenza provenne dalla ricetrasmittente del Pacificatore.

Agente Quattro, mi ricevi? Passo.”
Roger, lato ovest oltre la recinzione tutto tranquillo. Passo.”
Ricevuto, passo e chiudo”.
Tris aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Il ragazzo aveva abbassato la pistola e senza una parola si girò e ripercorse i suoi passi.
Alla ragazza vollero un paio di minuti per metabolizzare il tutto.
Poi si guardò intorno prima di iniziare a correre verso casa.







NOTE DELL'AUTRICE

Salve a tutti! L'idea di questo crossover è nata durante un ora di greco comparabile ad un'edizione degli Hunger Games, così io ed un mia amica abbiamo iniziato a fantasticare su come complicare la vita a quei poverini di Tris e Quattro (perché giustamente senza di noi non avevano abbastanza guai).
Aspetto con ansia delle vostre recensioni sia belle che brutte, e se vi è piaciuto fatevi sentire e ben presto arriverà il Capitolo I.
Grazie per la vostra attenzione,
Princess Leila.

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Rebeka ***


CAPITOLO I: Rebeka


Tris rimirava la sua immagine nello specchio della sua stanza. Sin da piccola amava quell'oggetto, la ritraeva in tutta la sua figura e prima di ogni Mietitura passava qualche minuto lì davanti con indosso il vestito da cerimonia. Era grigio e molto semplice, lungo fino alle caviglie e con un unico fiocco dietro la schiena.
«Beatrice scendi giù!» era sua madre, la stava aspettando.
Con una quantità di forcine abominevole la donna riuscì a raccogliere i suoi capelli in uno chignon.
«È ora di andare»
«Sì...».
Caleb e Tris si incamminarono verso la piazza del Distretto. Al centro c'era un grande albero, il palco era posizionato ai piedi di questo; dopo la registrazione si separarono.
Come inviata di Capitol City quest'anno c'era un donna di nome Daphne. Indossava i classici vestiti osceni e pomposi così di moda nella capitale. Era completamente vestita di verde mela, un vestito di tulle enorme e un copricapo cilindrico ornato di foglie di edera.
«Felici ventinovesimi Hunger Games! E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!»
Come ogni anno partì il video del discorso del presidente. Ripugnante.
«Emozionante!» gridò Daphne «E adesso passiamo all'estrazione dei Tributi che avranno l'onore di rappresentare il Distretto Sette durante quest'edizione degli Hunger Games! Come sempre, prima le signore...»
Si avvicinò alla boccia di vetro. La tensione era palpabile, i nervi di tutti erano a fior di pelle.
«Il tributo femmina del Distretto Sette è... -Il cuore di Tris perse un battito- Beatrice Prior!».
Ad attendere la ragazza sul palco c'erano svariati Pacificatori tra cui il ragazzo che l'aveva risparmiata nella foresta, la sua mascella ebbe uno spasmo.
Tris era sotto shock e camminava contro la sua volontà tra le due file di persone che si erano separate per crearle un varco. Sentiva tutto in maniera ovattata, non carpì neanche il nome del tributo maschio e non ne memorizzò il volto quando si strinsero la mano. O meglio, quando lui le strinse la mano, lei era completamente persa, sgomenta. Si guardava intorno basita; cercava tra la folla un volto familiare, ma non riusciva a scorgere né suo fratello Caleb, né i suoi genitori.
Un Pacificatore la prese per un braccio e la condusse nel palazzo di Giustizia. Era il ragazzo della foresta.

Quattro tentava in tutti i modi di contenersi, ma doveva dirle addio. Doveva farlo. Lei non lo conosceva, o quanto meno non se ne ricordava, ma lui sì... L'aveva sempre guardata mentre andava a scuola e quando il pomeriggio andava alla drogheria per aiutare sua madre; l'aveva anche seguita spesso nella pineta facendo bene attenzione a non farsi vedere. Nella foresta, prima che lei si fermasse, non l'aveva riconosciuta, in quel caso l'idea di inseguirla non gli sarebbe passata nemmeno per l'anticamera del cervello. Per di più lei era stata amica di sua sorella Rebeka un tempo, anche se per molto poco...

Era una fredda giornata d'inverno e Rebeka correva veloce come una scheggia sulla neve, saltando le pozzanghere ghiacciate per non scivolare. Dietro di lei correva un'altra ragazza: Tris.
Rebeka scappava dalla drogheria; aveva appena trafugato un sacchetto di spezie.
«Fermati! Ti prego! Puoi tenerlo! Ti supplico fermati!» gridava Tris.
La ragazza continuò la sua corsa sfrenata ancora per qualche metro, poi si fermò e si girò, mentre la bionda la raggiungeva.
Erano arrivate in una piazza, la piazza del pozzo. Quando furono l'una di fronte all'altra Rebeka si accasciò per terra e scoppiò in un pianto disperato. I capelli le ricadevano sul viso che si teneva tra le mani in preda ai singhiozzi, erano corvini come quelli del fratello, ma i suoi occhi erano verdi.
«Hey, va tutto bene... Puoi tenerlo sai? Non c'è bisogno che tu pianga. Come ti chiami?»
Rebeka era più piccola di Tris, forse non di molto, ma avevano la stessa stazza.
Il suo pianto però non si fermava, così Tris si tolse la sciarpa e gliela avvolse intorno alle spalle; lei indossava un insulso maglioncino verde con dei pantaloni e tremava. Non rispose
«Vuoi che ti riaccompagni a casa?» la ragazza le fece cenno di no con la testa, beh in effetti non l'avrebbe potuta accompagnare da nessuna parte... Suo padre, Marcus Eaton, l'aveva abbandonata e ora era il capo Pacificatore del Distretto Due e viveva lì con sua moglie; sua madre, Evangeline Kenòbi, era morta tempo prima. Lei si procurava il cibo rubacchiando qui e là, oppure grazie a quei pochi che ogni tanto la aiutavano con piccoli gesti di carità.
«Okay... Emmm... Se vuoi puoi tornare con me al negozio, mia madre non si arrabbierà non preoccuparti» La ragazza aveva smesso di piangere e annuiva timidamente, si alzò in piedi e fece per seguire Tris.
«Io s-sono Rebeka»
«Eccola è lei! La ladra che ha trafugato il mio negozio la scorsa notte!» era un uomo che gridava additando Rebeka; dietro di lui c'erano tre Pacificatori. Quando la ragazza li vide sgranò gli occhi e iniziò a correre.
«No!» gridò Tris vedendo il Pacificatore caricare il colpo, ma era troppo tardi. Il suono sordo del proiettile rimbombò nell'aria fredda.
Era rimasta paralizzata, non avrebbe mai pensato di assistere ad un omicidio così brutale. L'aveva freddata senza pietà.
L'uomo e i Pacificatori si erano dileguati e Tris corse verso Rebeka.
Una macchia rosso scuro si stava espandendo lentamente sul suo maglioncino all'altezza dello stomaco.
«No... No... Rebeka... Io...» fece un respiro profondo e gli occhi le si riempirono di lacrime.
«Va tutto bene... È tutto a posto... Rilassati... Riposati...»
Tris si guardava intorno in cerca d'aiuto ma non c'era nessuno.
Rebeka gemette
«Shhh... Dormi...» Iniziò a cantare:

Là in fondo al prato, all'ombra del pino
c'è un letto d'erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui è il luogo in cui ti voglio amare.

Là in fondo al prato, nel folto celato
c'è un manto di foglie di luna illuminato.

Scorda le angustie, le pene abbandona.
Quando verrà mattina, spariranno a una a una.
Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggono da ogni cruccio.

Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui è il luogo in cui ti voglio amare.

La ragazza le cantò tutta la canzone che sua madre sempre le ripeteva quando era bambina. Rebeka aveva chiuso gli occhi. Per sempre.
Tris cominciò a piangere con la testa della ragazza sulle gambe. Ora le sembrava così piccola... Piangeva, anche se non la conosceva affatto, piangeva come se fosse stata la sua migliore amica.
Tris sentì scalpiccio di passi che venivano nella sua direzione. Si girò e vide un Pacificatore. La rabbia montò dentro di lei e stava per sbraitargli contro senza curarsi del fatto che probabilmente dopo l'avrebbe ammazzata, ma il ragazzo non la degnò neanche di un misero sguardo. Si accasciò accanto al corpo di Rebeka e iniziò a piangere. Singhiozzi sommessi
«Non ce l'ho fatta... Non ce l'ho fatta... Perdonami... Non sono arrivato in tempo».
Tris si era alzata in piedi e il Pacificatore solo ora l'aveva guardata
«Va via. Torna a casa, e in fretta»
Lei riluttante lo ascoltò, e dopo aver dato un ultimo sguardo alla triste scena tornò al negozio.

«Va lì e vinci» disse Quattro a Tris mentre la scortava lungo i corridoi del palazzo di Giustizia. Lei lo guardò con sguardo interdetto
«C-cosa? Tu dovresti essere dalla parte di Capitol City!» erano arrivati nella stanza dove tra poco Tris avrebbe avuto l'ultima possibilità di dire addio alla sua famiglia
«Fallo per Beka» la ragazza sgranò gli occhi. Ora lo riconosceva... Lui era il fratello di Rebeka. Finalmente capiva... Nella foresta il suo gesto di pietà era stato dettato dal ricordo di sua sorella che era stata uccisa da un pacificatore, completamente indifesa. Probabilmente si ricordava di lei perché l'aveva trovata a cantare vicino al corpo di sua sorella, che ormai era in un posto migliore...
«...E per me» Tris era ogni secondo più confusa. Le si avvicinò e le stampò un bacio sulle labbra.
Quattro uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.

NOTE DELL'AUTRICE

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Eccomi qui con il nuovo capitolo. La storia è appena cominciata e vi attendono numerose sorprese... Ho voluto dedicare questo capitolo (oltre che alla Mietitura e al bacio *^*) a Rebeka, la sorella di Tobias, perché avrà e ha avuto un importanza notevole nella storia.
Colgo l'occasione per ringraziare di nuovo tutti coloro che hanno recensito questa storia e possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!

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Capitolo 3
*** CAPITOLO II: uno stratega di troppo ***


CAPITOLO II: Uno stratega di troppo


Tris aveva gli occhi sgranati e fissava ancora la porta di mogano dalla quale era appena uscito il Pacificatore. Incondizionatamente si portò le dita alla bocca. Non aveva mai baciato un ragazzo prima d'ora.
Sentì rumore di passi sulle assi di legno scricchiolante in corridoio e poi delle voci che discutevano animatamente; la porta si aprì ed entrò sua madre con un espressione sconvolta impressa in volto, la seguivano suo padre e suo fratello.
Con sua grande sorpresa fu Caleb il primo a prenderla tra le braccia
«Io...Io sono un idiota! Un idiota codardo! Dovevo offrirmi volontario al posto di quel ragazzo! Io dovevo venire nell'arena con te!» disse in preda ai singhiozzi
«Non lo dire nemmeno per scherzo Caleb» rispose Tris. Non aveva intenzione di piangere; e neanche loro dovevano, ne avrebbero avuto tutto il tempo dopo.
Sua madre Nathalie la strinse forte al petto e la baciò sulla testa
«Beatrice... Beatrice guardami -le prese il viso tra le mani e si abbassò leggermente per mettere gli occhi alla stessa altezza di quelli di lei- sii forte perché so che lo sei. Quando sarai lì dentro non perdere mai la dignità, capito? Non diventare una pedina dei loro giochi, io so che tu puoi farcela»
«Sai benissimo che non è così, io non ce la posso fare mamma!»
«E invece no. Se ti troverai in una foresta saprai come muoverti! Tu sei veloce! Corri più veloce che puoi e trova un riparo» gli occhi di Tris si riempirono di lacrime ed iniziò a muovere la testa a destra e a sinistra
«Ti supplico, non mentire a te stessa»
«Promettici che non ti lascerai andare, che tenterai di combattere» era suo padre che le faceva questa richiesta
«Io...Io...Ve lo prometto...» un sorriso troppo forzato apparve sul volto di suo padre che la prese e la tenne stretta al petto
«Tu ce la farai, io scommetto su di te»
«Tu non puoi scommettere e sai benissimo che perderesti» Tris non lo diceva per falsa modestia, lei sapeva di non avere speranze contro i favoriti del Distretto Uno e Due.
«No invece. Vinci per noi Beatrice»
«Tempo scaduto» disse un Pacificatore entrando nella stanza
«Ti vogliamo bene Tris» disse Caleb. Sua madre stava per scoppiare in uno dei suoi pianti irrefrenabili e non riuscì a dire nulla
«Ci vediamo a casa» disse suo padre. Poi la porta si chiuse.
Nella stanzetta c'era un divanetto, Tris vi si sedé sopra e si premette i palmi delle mani sugli occhi; non aveva dei veri amici lì al Distretto Sette, nessuno sarebbe venuto a salutarla, per di più non aveva ancora idea di chi fosse il Tributo maschio del suo Distretto.
Proprio in quel momento Quattro sbucò soltanto con la testa da dietro alla porta
«Tra cinque minuti si va alla stazione, preparati»
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedergli spiegazioni per prima che lui aveva chiuso la porta.

Quattro guidava l'auto dei Pacificatori sul terreno sconnesso della strada che portava alla stazione. L'aveva baciata, l'aveva fatto; le aveva detto addio, ma non poteva concepire che Tris dovesse andare nell'arena. L'aveva sempre vista come una ragazza fragile e facile da ferire, pur sapendo bene che non era affatto così.
Ora era lui a scortarla a Capitol City insieme a Josh, l'altro ragazzo sorteggiato. Era alto e aveva capelli ed occhi castani, aveva una muscolatura notevole; se fosse stato anche abile nella lotta sarebbe stato un avversario temibile anche per i favoriti.
Erano arrivati. Scese e aprì lo sportello posteriore per far scendere Tris; lei mise un piede sul gradino dell'auto e fece per scendere, ma slittò, Quattro la sostenne per la vita e rimasero così per qualche secondo più del normale; poi lui si schiarì la voce e la lasciò dopo averla aiutata a scendere.

Tris non era mai stata alla stazione, era utilizzata solo dai Pacificatori e per i trasporti di merci ed era smorta e buia.
Al binario il treno era già arrivato, così Tris salì a bordo e venne scortata da Quattro nella sua stanza.
«Questa è la tua camera. Spero sia di tuo gradimento» era una stanza dal design moderno: letto futon in metallo, come i comodini sui quali c'erano dei vasi con delle rose bianche all'interno; un unico oblò era posizionato sulla parete difronte e appeso al soffitto c'era un lampadario in ferro battuto.
«È molto bella. Grazie»
«Hai bisogno di qualcosa?»
«No, nulla» in realtà avrebbe tanto voluto rispondere “un altro bacio” ma sarebbe stato alquanto fuori luogo
«Okay, comunque io sono Tobias, ma puoi chiamarmi Quattro» per la prima volta da quella mattina a Tris scappò un sorriso e anche Tobias sollevò un angolo della bocca.
«Quattro? Come il numero?»
«Sì, come il numero» disse sorridendo
«Ah. Beh è... carino»
«Sei molto gentile»
«Anche tu. Mi hai salvato la vita già due volte»
«Una sola»
«No, se non mi avessi presa mentre scendevo dal Suv sarei caduta e avrei potuto battere la testa»
Questa volta Quattro fece una sonora risata «Io... Penso spesso a Rebeka, e mi spiace molto di non essere riuscita ad aiutarla»
Lui si rabbuiò immediatamente
«Non devi scusarti. Tu non dovevi fare nulla... Non era compito tuo, ma mio e sono io a dovermi sentire in debito, lei era mia sorella» rimase qualche secondo a fissarsi le punte delle scarpe, poi posò i suoi occhi blu su di Tris «Devo andare»
«Sì...»
Il ragazzo fece un passo e le accarezzò una guancia con le dita ruvide; il battito di Tris accelerò, ma la scena che la ragazza aveva già visto svariate volte si ripeté ancora, infatti Quattro si girò e uscì dalla stanza senza una parola, chiudendosi la porta alle spalle.

«Agente Quattro?» era uno dei Pacificatori che erano sul palco
«Sì?»
«C'è qualcuno di molto speciale che vuole immediatamente un colloquio con lei»
«Chi?»
«La presidentessa Jeanine Matthews. La sta aspettando in video conferenza nella stanza numero diciassette».
Quattro percorse a passo spedito il corridoio della carrozza fino alla cabina diciassette. Dentro c'era una scrivania con sopra un telecomando, una sedia e uno schermo montato al muro. Si sedette, prese il telecomando e premette il tasto d'accensione. Comparve la presidentessa sullo schermo e una voce fuori campo le comunicò che era in diretta
«Buongiorno Agente Quattro, ho richiesto con urgenza questo colloquio con lei in quanto c'è sopraggiunta la notizia che uno degli strateghi inizialmente selezionati è morto. Quindi vorremmo proporle di rimpiazzarlo per questa edizione degli Hunger Games» Tobias era attonito, non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere
«Perché io?»
«Beh diciamo solo che la fama vi precede...»
«Ci precede?»
«La famiglia Eaton ovviamente»
«Com'è morto? L'altro stratega intendo, com'è morto?»
«Prima o poi tutti dobbiamo morire signor Eaton» Tobias sapeva bene che c'era qualcosa in più che la presidentessa stava omettendo.
«Allora? È intenzionato ad accettare?»
«Ho bisogno di tempo per valutare la cosa»
«Le do due giorni. Il tempo di arrivare a Capitol City»
«D'accordo»
«A presto» lo schermo si spense e Tobaias poggiò la fronte sulle mani. Cosa stava succedendo? Perché? Come poteva essere stratega proprio in questa edizione degli Hunger Games?! Beh avrebbe potuto anche reclinare l'offerta... Ma se fosse andato lui, Tris avrebbe avuto più possibilità di sopravvivere; vero anche che non poteva favorirla così esplicitamente e soprattutto lei non doveva sapere, perché non glielo avrebbe mai permesso; non avrebbe mai voluto che lui facesse parte di un team che tentava di ucciderla, anche se sapeva che avrebbe tentato di salvarla; in quel caso sarebbe stato lui in pericolo, l'avrebbero preso come un gesto di ribellione e sarebbe diventato un senza-voce o peggio... L'avrebbero ucciso.
Tris non doveva sapere. Doveva diventare una pedina del suo gioco; un gioco che forse le avrebbe salvato la vita.






NOTE DELL'AUTRICE

La storia è ufficialmente cominciata. Quale modo migliore di iniziare se non con un colpo di scena? E bene sì, Tobias farà parte degli strateghi. Entrambi giocheranno col fuoco e proveranno sulla loro pelle la sensazione di bruciature dovute a decisioni ardue da prendere e negligenze che potevano essere risparmiate.
Recensioni belle e brutte sono sempre gradite, e possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!
Princess Leila.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO III: Una trapunta di stelle ***


CAPITOLO III: Una trapunta di stelle.

Tris si stese supina sul letto a fissare gli intricati nodi del lampadario di metallo.
Tentava in tutti modi di non pensare al destino che l'attendeva; prima ci sarebbe stata la parata dei carri, il centro di addestramento, l'intervista.
Magari poteva uccidersi mentre era a Capitol City... No, non poteva, aveva promesso.
Il treno sobbalzava leggermente, ma le ci volle molto poco per addormentarsi; voleva riposare prima di cena per prepararsi psicologicamente all'incontro con il Tributo maschio e la loro mentore. Il suo nome era Bethany e aveva vinto anni prima offrendosi volontaria al posto di una ragazza disabile; Tris l'aveva sempre ammirata e vista come una specie di eroina.
Poco più tardi si svegliò e andò in bagno, il quale era completamente domotizzato e affatto semplice da utilizzare. Verso ora di cena uscì dalla stanza e andò nel vagone ristorante dove seduti a tavola c'erano già il Tributo maschio, Daphne e Bethany.
«Piacere di conoscerti, tu devi essere Beatrice?» la accolse quest'ultima alzandosi in piedi
«Sì, ma mi chiami Tris»
«Va bene Tris, però dammi del tu ti prego» disse ancora Bethany sorridendo.
Tris si sedette al tavolo e notò subito che l'altro Tributo non l'aveva degnata neanche di uno sguardo il che stava a significare “stammi alla larga e aspetterò l'arena per ucciderti”; la ragazza non era affatto affamata ma si costrinse a mandar giù qualche boccone di roastbeef e purè di patate.
«Come procediamo?» chiese il ragazzo
«Intendi da ora fino all'arena? Beh per prima cosa c'è la sfilata dei carri, poi si inizia subito con l'addestramento durante la cui ultima parte potrete lavorare con me. Preferite lavorare insieme o...»
«Singolarmente» rispose il Tributo; aveva una voce profonda e i muscoli delle braccia erano perfettamente scolpiti, notò Tris, sarebbe stato un avversario da tenere a debita distanza
«Okay Josh... Tris per te va bene no?» la ragazza annuì «Perfetto. Vi dicevo... Alla fine dell'addestramento ci sarà la prova di valutazione. Stupiteli, è quello che cercano, semplicemente spettacolo. Dopo l'intervista finale inizia la gara. Dovete farvi desiderare da i Capitolini, fatevi amare e guadagnerete sponsor cioè sinonimo di cibo, acqua o medicinali»
Tris guardava Bethany con aria incuriosita; era minuta e portava i capelli color mogano tagliati corti in un ordinato carré, aveva un viso armonioso, rassicurante, e soprattutto lei aveva vinto... Ma come?
«Come hai fatto a vincere? Cosa hai fatto per battere gli altri Tributi?»
«Ho trovato sponsor. Il fatto di essermi offerta volontaria al posto di quella ragazza mi ha reso per così dire “famosa”, quindi gli sponsor hanno iniziato a mandarmi ciò di cui avevo bisogno»
«Ma non puoi non aver ucciso nessuno»
A quell'osservazione la ragazza si rabbuiò; aveva intorno ai trent'anni, ma aveva passato cose che in una vita intera non si riesce a smaltire.
«Io uccisi una ragazza... La sogno ancora a volte... La uccisi nel modo peggiore che potessi trovare. La tradii. Ci eravamo alleate, o almeno così le avevo fatto credere, poi una notte durante il mio turno di guardia la uccisi e presi il suo zaino. Il colpo di cannone arrivò subito quindi almeno credo di non averla fatta soffrire troppo...» Tris non se lo sarebbe mai aspettato... Tradire così spudoratamente la fiducia di qualcuno era da vigliacchi, probabilmente Bethany era ancor più diversa da quello che sembrava rispetto a tutti quei Capitolini ipertruccati e con una seconda pelle di silicone.
«Io torno in camera» aveva detto Tris alzandosi e raccogliendo il tovagliolo cadutole dalle gambe.
Nessuno la salutò, così si avviò verso la porta della carrozza cinque dove era ubicata la sua stanza; quando premette il bottone di apertura porte si trovò davanti Quattro; il ragazzo aveva un espressione pensierosa ma quando la vide sorrise e le chiese a bassa voce:«Vai a letto?»
«Sì»
«Ti raggiungo tra poco, dobbiamo parlare» Tris era contentissima di questa notizia, anche se non aveva idea di che cosa lui le dovesse dire, era euforica all'idea di passare del tempo con lui; e magari avrebbero parlato anche del bacio...
«A dopo allora».

Mentre lo aspettava, Tris iniziò a pensare a Josh... Sarebbe potuto tranquillamente essere un assassino spietato, oppure una volta nell'arena si sarebbe tenuto in disparte e poi solo alla fine avrebbe ammazzato se necessario. Fatto stava che se si fossero affrontati in un corpo a corpo sarebbe stata spacciata. Tris sperava che l'assortimento di Tributi di quest'anno non comprendesse troppi volontari dal Primo e dal Secondo Distretto o comunque persone abili nel combattimento. Tuttavia quando ci sono i favoriti la maggior parte dei Tributi viene uccisa da loro ed inoltre, nell'eventualità in cui non ci fossero, ci sarebbe stata maggiore probabilità di trovare ragazzini di dodici o tredici anni il che avrebbe reso tutto più complicato perché uccidere dei bambini era una cosa così deplorevole che chiunque avesse anche solo un briciolo di cuore, non sarebbe riuscito a fare.
Più tardi, come annunciato, Quattro entrò furtivamente nella camera di Tris; lei lo stava aspettando seduta con le gambe incrociate sul letto, si avvicinò e le si sedette a fianco.
«Sono qui per darti dei consigli»
«Aspetta fammi indovinare... Trovare degli sposor?»
«Vedo che sei già entrata nell'ottica»
«Sì, ma non vedo come io possa trovare degli sponsor»
«Dagli una bella storia. Quando ci sarà l'intervista sfrutta quei pochi minuti per dare loro una buona ragione per farti tornare a casa»
«Tipo cosa? Sono una come tanti che ha soltanto la famiglia che l'aspetta a casa. Io non ho una storia da raccontare!»
«Hai una storia d'amore»
«Io? Non ho nessuna storia d'amore...»
«Beh grazie per la tua considerazione!» Tris lo guardò con sguardo sconcertato
«Io...Io e te...Non possiamo stare insieme» lui era bello, intelligente, scaltro e anche famoso e l'attrazione che Tris provava per lui era notevole; ma non potevano mettersi insieme proprio ora! Sarebbe significato dover dire addio anche a lui e poi non poteva spiattellare al mondo che stava con un Pacificatore.
«Perché no?»
«Perché io... Io non posso...»
«Non capisco... Cos'è che non puoi?»
Nessuno capiva che lei non ce l'avrebbe mai fatta, tutti le parlavano come se lei avesse già vinto! Così stanca di tutto sbraitò:«IO NON POSSO STARE CON TE! SIGNIFICHEREBBE DOVERTI LASCIARE TRA MENO DI DUE SETTIMANE E NON VOGLIO!»
«Tu sottovaluti le tue capacità»
«No...No... Io non mi sottovaluto, sei tu che riponi in me troppe aspettative che io non potrò mai soddisfare, siamo ventiquattro e solo uno sopravvive, le mie possibilità sono sotto zero. Per di più non posso andare in giro dicendo che sto con un Pacificatore!»
«Finora non mi hai mai deluso, e poi non voglio che tu parli di noi due, almeno non direttamente; inventa che sei innamorata di un ragazzo e che devi sopravvivere per tornare da lui. Il che non è del tutto una fandonia»
Tris aveva sempre immaginato che quando si fosse fidanzata ci sarebbe stata una lunga fase preliminare prima di affrontare l'argomento “fidanzamento” vero e proprio, per questo l'idea di stare con Quattro, per quanto allettante, le sembrava inverosimile. C'era da ammettere però che ogni secondo che passava, l'avrebbe voluto trascorrere al suo fianco, quando stava con lui si sentiva a casa anche se era distante chilometri e chilometri dal suo Distretto; questo la riportava però sempre ad affrontare la realtà che tra poco lei non ci sarebbe stata più e lo avrebbe lasciato ancor prima quasi di esserci stata insieme davvero.
«Quattro io...» lui non le lasciò terminare la frase, le prese il viso tra le mani e la baciò. Un bacio caldo ed intenso, le fece correre le dita tra i capelli ormai sciolti dallo chignon e poi scese con le mani fino alla vita dove la mantenne per poggiarla al materasso; si chinò sopra di lei e iniziò a baciarle il collo. Dei brividi di piacere la percorrevano ogni volta che le succhiava la sua pelle delicatamente; poi tornò sulle labbra, lui sapeva di caffè e di colonia.
Rimasero poi qualche secondo fronte contro fronte respirando affannosamente; Quattro si raddrizzò e Tris fece lo stesso; si guardavano ancora negli occhi quando Tris alzò lo sguardo e vide una telecamera. Ovviamente la stanza era videosorvegliata.
«Oh mio Dio! La telecamera!»
«Calma, calma, ci ho pensato io, l'ho spenta dal centralino prima di venire qui»
Tris fece un respiro di sollievo.
«Ora devo andare» disse Quattro «Inizia a pensare ad un discorso convincente riguardo il tuo innamorato che hai lasciato al Distretto» si alzò e andò verso la porta
«Vedrò di inventarmi qualcosa».
Con quel bacio Tris si era completamente sciolta, avevano oltrepassato il punto di non ritorno; in quel modo Quattro aveva suggellato l'inizio della loro relazione e ora stava a lei decidere. Tris sapeva bene che quando non ci sarebbe stata più sarebbe stato lui a soffrire, ma tanto valeva stare insieme il poco tempo che era loro concesso.
Ora aveva qualcosa in più per cui lottare: Tobias.

Quattro stava tentando in tutti i modi di convincerla a non lasciarsi andare, a combattere; lui da stratega avrebbe potuto aiutarla, ma anche lei non doveva partire già sventolando bandiera bianca. Doveva essere reattiva e pronta all'azione; scaltra nell'afferrare al volo le occasioni quando le si presentavano; intelligente a non sprecare risorse ed energie inutilmente; e benvoluta per tentare di accaparrarsi sponsors. Insieme potevano farcela, la speranza li avrebbe aiutati a superare la paura.

I due giorni successivi furono alquanto monotoni, se non fosse stato per i continui sguardi proibiti che Tris e Quattro si scambiavano ogni volta che si trovavano nella stessa stanza.
Daphne parlò della stilista che avrebbe disegnato i loro abiti come si parla di una Dea, a quanto pareva si chiamava Regina e faceva onore al suo nome per quanto riguardava il campo della moda.
Bethany si faceva vedere poco e niente; solo quando si riunivano nel vagone ristorante per i pasti Tris e Josh avevano la possibilità di parlare con lei.
Quella sera però sembrava particolarmente predisposta alla conversazione
«Non si accende il fuoco se non in casi di stretta necessità e quando si è certi di essere lontani dagli altri Tributi» disse
«In quale ambiente è più probabile che ci si trovi?» chiese Josh
«Potrebbe essere qualsiasi cosa: da un paesaggio di montagna ad un deserto sterminato, oppure una foresta, una distesa d'acqua... Sono capaci di inventarsi qualsiasi cosa pur di complicarvi la vita»
«Bene...» disse Tris ironica
«Quest'anno il capo stratega è cambiato... Da quello che ho capito si chiama Ezra Powell ed è perennemente al fianco della presidentessa, c'è chi dice che tra loro ci sia addirittura qualcosa...» disse con un sorriso malizioso
«Non sapevo che lei avesse un cuore, wow...» intervenne Josh, ammonito subito da Daphne, mentre Tris e Bethany ridevano sotto i baffi.
«Tra poco ci fermeremo per fare rifornimento» annunciò quest'ultima.
Erano ormai arrivati al Distretto Quattro. Mancava poco.
Tris portava una collana molto semplice: un cuoricino dorato attaccato ad una catenina d'oro. Era stato il suo regalo per i dodici anni e non se ne separava mai, e ora ci stava giocherellando avvolgendola attorno all'indice e poi srotolandola.

Tris passò praticamente tutto il resto della giornata in camera a non fare assolutamente nulla; beh una volta arrivata a Capitol City non avrebbe più avuto tempo di rilassarsi anzi, non lo avrebbe avuto mai più, quindi meglio approfittare.
Non vide Quattro fino a quella sera dopo cena. Il ragazzo busso delicatamente alla porta per poi entrare
«Voglio farti vedere una cosa, vieni» Tris si alzò e infilò le scarpe, poi corse dietro Tobias. Camminavano furtivamente per i corridoi del treno andando verso la locomotiva. Le luci erano soffuse, erano le undici e non avevano incontrato Pacificatori lungo il tragitto; arrivarono davanti ad una porta di ferro oltre la quale si potevano sentire rumori di macchinari in funzione. Quattro inserì un codice sulla tastiera posizionata sulla porta e questa si aprì rivelando il suo interno: l'aveva portata nella carrozza pilota.
Anche qui non c'era nessuno
«Ma chi sta guidando?!»
«Ho inserito il pilota automatico, il tempo di venirti a chiamare. Stasera sono io il macchinista! E ora guarda...»
La stanza era bene illuminata ed era difficile vedere oltre il vetro in quanto i riflessi delle luci alteravano la visuale; così Quattro le spense e tutto quello che Tris riuscì a dire fu “Wow”. Era uno spettacolo meraviglioso: erano su di una monorotaia che attraversava una distesa d'acqua immensa, sia a destra che a sinistra non si riusciva a vedere dove la terra ferma ricominciasse e soltanto difronte si poteva scorgere l'altra sponda. Le stelle puntellavano il cielo riempiendone ogni angolo con il loro bagliore che si rifletteva sull'acqua sottostante, come su di una trapunta immensa che dall'alto sembrava volerli proteggere, sebbene in quel momento nulla fosse a loro favore; la luna era uno spicchio sottile paragonabile ad un sorriso. Era una vista così confortante e nostalgica allo stesso tempo . Tris non aveva mai visto così tante stelle, se non nella pineta, la sera tardi quando litigava con Caleb e andava lì per schiarirsi le idee... Litigi che ora tanto rimpiangeva...
Mentre era ancora attaccata col naso al vetro freddo del parabrezza esclamò:«Guarda! Guarda! Una stella cadente!»
Tobias le sorrise, ma il suo sguardo era triste. Anche a lui quel cielo riportava alla mente dei ricordi... Uno dei pochi regali che Marcus aveva mai fatto a Tobias era stato un modellino della sfera celeste sulla quale erano segnate le costellazioni dello zodiaco, i paralleli e i meridiani celesti, la stella polare... Tobias aveva sempre custodito e conservato quell'oggetto come un piccolo tesoro, come a sindacare che in fondo suo padre un cuore ce l'aveva. Un giorno però, in preda all'ira dovuta ad un richiamo ricevuto da Quattro da parte di uno dei suoi allenatori, Marcus prese il modellino e lo scagliò contro il muro facendolo andare in frantumi davanti agli occhi di suo figlio che tanto premurosamente l'aveva preservato.
«Sai le stelle cadenti non sono vere stelle... Sono dei meteoroidi che entrando in collisione con l'atmosfera terrestre, si incendiano e noi possiamo vederli come una scia luminosa prima che si consumino del tutto spegnendosi»
«Wow... Io esprimo sempre un desiderio quando ne vedo una»
«E che desiderio hai espresso ora?»
Tris abbassò lo sguardo e la sua voce s'intristì «Di tornare a casa»
Quattro inserì di nuovo il pilota automatico e si avvicinò alla ragazza. Un lacrima silenziosa, calda e salata le solcava una guancia, così lui la prese tra le braccia e la strinse forte a sé
«Tu tornerai a casa, Tris. Fosse l'ultima cosa che faccio».







NOTE DELL'AUTRICE

Salve a tutti! Spero sia valsa la pena aspettare per questo capitolo.
Pensavo (sotto consiglio anche di una mia cara amica) di allungare, a partire da ora, i capitoli; così da poter includere tutto senza però spezzettarlo e rendendo a voi lettori la lettura un po' meno frammentaria, sperando però di non andare a finire nel noioso o nel prolisso. Fatemi sapere che cosa ne pensate.
Recensioni belle e brutte sono sempre gradite! E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!
Princess Leila.

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: solo un'eco lontana... ***


CAPITOLO IV: Solo un'eco lontana...


Erano ormai giunti alla stazione di Capitol City; Tobias guardava attraverso i vetri la moltitudine di persone che si affollavano sulla banchina in loro attesa. Erano tutti così stravaganti e ridicoli, ma la naturalezza con la quale indossavano quei vestiti era disarmante, per loro quella era la normalità; per loro vedere ventitré ragazzi morire durante uno show televisivo era la normalità, per loro mangiare fino allo sfinimento e poi vomitare per ripetere quest'operazione ancora era la normalità. Non avevano la più pallida idea della situazione del resto del paese, di coloro che non avevano avuto la fortuna di nascere in una famiglia Capitolina e che ogni anno avevano paura di dover abbandonare tutto, anche se il loro tutto corrispondeva a molto poco, e di essere catapultati nell'arena; non avevano idea di come dovesse essere non mangiare o dover sopravvivere con poco e niente, il giudizio critico di tutta quella gente era scemato fino ad affievolirsi a tal punto che era diventato inudibile, perché col tempo il progresso e la scoperta erano state capaci di soddisfare qualunque loro capriccio, facendo si che i Capitolini si disinteressassero ancor più di prima a quelli che erano i problemi veri che la gente nei Distretti doveva affrontare ogni giorno. I paraocchi da loro indossati si erano estesi a tal punto da renderli ciechi difronte a tutto ciò, trasformando delle atrocità nella loro vita quotidiana.
Tobias si morse l'interno della guancia per incanalare in quel gesto la sua rabbia... Quelle atrocità presto sarebbero ricadute su Tris e lui doveva salvarla. Doveva farlo anche per Rebeka, con la quale non c'era riuscito.
Aveva sempre odiato Marcus, suo padre, per averla abbandonata e aveva odiato ancor di più se stesso per non essere riuscito a cambiare le cose.
Sin da piccolissimo suo padre l'aveva educato come un soldatino: non aveva diritto di replica e il rispetto era alla base del suo addestramento, perché solo così si poteva chiamare; doveva eccellere in qualunque cosa facesse, ubbidire a qualsiasi ordine gli venisse impartito, acconsentire a qualunque decisione di un suo superiore (primo tra tutti, Marcus); la punizione preferita di suo padre in caso di trasgressione era la sua cara cintura nera. Mai Tobias aveva superato la paura per quell'oggetto ai suoi occhi macabro

È per il tuo bene” gli ripeteva suo padre... Fortunatamente col tempo Quattro aveva conservato solo il bene degli insegnamenti ricevuti: la disciplina, il senso del dovere, la strategia e la furbizia. La sua capacità di oratore però lasciava un tantino a desiderare; in compenso era capace, con un semplice sguardo, di far trapelare quello che voleva.
Due Pacificatori stavano già scortando Josh giù dal treno; lui raggiunse Tris per condurla, una volta scesi, alla macchina che li attendeva.
Le urla della folla rimbombavano nelle loro orecchie e Quattro teneva la ragazza ben stretta per un braccio come se avesse paura di poterla perdere in quella bolgia disumana.
Il viaggio in macchina non durò molto, Tris e Bethany erano nella stessa auto, guidata da Quattro che ogni tanto lanciava uno sguardo fugace a Beatrice dallo specchietto retrovisore.
Erano arrivati al centro di addestramento. Mancava poco.

L'edifico che avevano difronte era alto più di dieci piani, dal design moderno, mai Tris aveva visto tanti grattacieli; in realtà non ne aveva mai visto nemmeno uno. Lo stupore per quella colossale opera architettonica però faceva spazio un passo per volta, all'ansia. Ormai erano a Capitol City e la realtà non poteva essere evitata ancora per molto. Automaticamente Tris si portò le dita alla bocca e iniziò a mangiucchiarsi le unghie: lo faceva sempre quando era nervosa.
Il loro piano era il settimo, come il numero del loro Distretto, e il loro appartamento era immenso. Ad ogni angolo dell'enorme open-space che comprendeva salone e sala da pranzo, c'erano dei Senza-Voce, immobili come statue pronti a soddisfare qualunque loro desiderio. Il bianco era il colore predominante, ma gran parte dei tappeti e dei quadri era verde bosco; il tavolo in marmo bianco era lunghissimo ed era quasi invisibile sotto una quantità abominevole di pietanze di qualsiasi genere. Mai Tris aveva visto tanto cibo tutto insieme e, a quanto pareva dal suo sguardo, neanche Josh. Due sedie ricoperte di velluto verde erano disposte a ognuno dei due lati lunghi del tavolo, un grande schermo era posto dall'altro lato della stanza e davanti a questo c'era un enorme divano ad elle bianco; sul tavolino da caffè di cristallo vi era un vaso del medesimo materiale con all'interno svariate rose bianche. I quattro si separarono e scortati dai rispettivi Pacificatori entrarono nella propria stanza. Quella di Tris era molto simile alla sua cabina sul treno ma questa volta in blu, un blu scurissimo quasi come gli occhi di Tobias, era solo più grande e con un armadio più grande e delle cassettiere. Tris si chiese il perché di quegli oggetti, in quanto chi alloggiava lì ci rimaneva per molto poco tempo e tutti i vestiti erano forniti da Capitol City, non avevano senso quei mobili; era quasi come se la capitale volesse indurli a pensare di essere dei privilegiati a pernottare lì, a poter usufruire di tutti quegli aggeggi di alta tecnologia di cui la capitale disponeva.
«Io devo andare, a domani Tris» la ragazza si era quasi dimenticata che ci fosse anche Quattro nella stanza. Quasi.
«Va bene... A domani allora...»
Lui la guardò con sguardo dolce e girando un po' la testa a destra, poi si avvicinò a Tris e la abbracciò con fare protettivo. Lei nascose il viso nell'incavo del suo collo e lo strinse forte a sé.
«Manca poco, Tris... Sii coraggiosa»
Lei in risposta lo strinse ancor più forte; rimasero così per un'altra manciata di secondi, poi Tobias uscì dalla stanza senza guardarsi indietro.

La mattina dopo Tris venne buttata giù dal letto da Daphne
«Su, sveglia! Oggi c'è la sfilata dei carri! Devi prepararti e poi incontrerai Regina per le prove dell'abito!»
Tris mugugnò e si premette il guanciale sull'orecchio per non udire i lamenti della donna. Quando però divennero insopportabili la ragazza si alzò
«Okay, okay... Due minuti e sono pronta».
Si trovarono fuori all'appartamento poco dopo; non c'era traccia né di Josh né di Bethany «Dove sono gli altri?»
«Per prepararsi un uomo impiega molto meno tempo rispetto a noi donne; lui scenderà più tardi»
Una volta scese giù, Tris incontrò il suo team di preparatori. Gente troppo stravagante per i suoi standard.
La lunga e noiosa preparazione che precedeva la sfilata era estenuante.
Finalmente, dopo quelle che sembrarono centinaia di maschere rigeneranti per il viso, era arrivato il momento di incontrare Regina.
Tris venne scortata in una piccola stanza quadrata nella quale aspettò per pochi minuti l'arrivo della stilista.
«Piacere di conoscerti, io sono Regina»
«Piacere io sono Tris»
Regina era una donna alta e dai lunghi capelli rossi, lunghi fin sotto il fondoschiena; occhi leggermente a mandorla e verdi, ciglia lunghissime e un trucco molto pesante. Indossava un lungo abito beige con dei disegni dorati visibili solo in controluce.
«Io sono una persona molto pratica, quindi ti spiego subito cosa pensavo di progettare: vedo che non sei particolarmente alta, quindi bocciamo immediatamente l'idea di scarpe col cinturino, contribuirebbero solo a far risaltare la tua bassa statura. Delle open-toe! Sì, perfette! Per quanto riguarda il vestito... Ovviamente dovremo evidenziare in qualche modo il fatto che vieni dal Distretto Sette; ma non preoccuparti, non ti vestirò da taglialegna. Avrei un'altra idea... Non appena ho visto il cappello della vostra inviata di Capitol City mi sono illuminata: un vestito di foglie di edera! Non sarebbe fantastico?!»
Regina era una persona molto espansiva ed enfatica e Tris sapeva che se avesse contestato la sua idea probabilmente sarebbe stata la causa del suo broncio per tutto il pomeriggio
«Beh sì... Ma, cioè... Non dovrò indossare foglie vere, giusto?»
Lei scoppiò a ridere
«Ma certo che no, sciocchina! Però dovranno sembrarlo...»
prese così un grosso blocco per gli schizzi dal tavolino alla sua destra e afferrò al volo la matita che ne stava cadendo fuori ed iniziò con una rapidità spaventosa a disegnare qualcosa; Tris si sporse per guardare: come in un filmato accelerato prendeva forma sul foglio un manichino che portava indosso un tubino lungo fin sopra il ginocchio completamente rivestito di foglie di edera; delle scarpe, come preannunciato, delle open-toe spaventosamente alte ed in testa un frontino sul quale era posizionata una piccola tiara. Regina prese i colori ed iniziò a colorare con varie sfumature di verde il vestito, dal verde chiaro fino al verde bosco. Ogni tanto buttava un'occhiata a Tris e poi tornava al disegno. Alla fine le scarpe erano state colorate di un color bianco panna e la tiara era argentata; direttamente con il pastello disegnò un bracciale di perle al polso sinistro e degli orecchini.
Una volta terminato, Regina guardò Tris in cerca di un suo commento
«Wow... È davvero bello» disse la ragazza
«E tu sarai bellissima».

La sera era ormai arrivata e i Tributi erano agli ultimi preparativi; il trucco di Tris non era stato appesantito troppo e i capelli erano stati arricciati e disposti in modo ad incorniciare il suo viso. Aveva praticato parecchio sui tacchi, ma ancora aveva qualche problemino... Tuttavia sarebbe dovuta soltanto rimanere ferma sul carro, non ci voleva molto.
I vestiti degli altri Tributi erano splendidi, eccezion fatta per alcuni, come quelli del Dodici, che come al solito erano vestiti da minatori; Tris però continuava a rimirarsi allo specchio con quel vestito indosso innamorandosene sempre di più.
«La sfilata sta per cominciare! Tutti ai carri!» l'annuncio arrivò chiaro alle orecchie di tutti che si diressero ai rispettivi carri.
Il vestito di Josh non era molto particolare: indossava una specie di camicia abbottonata di lato marrone, sulla quale c'erano le classiche venature della corteccia dei pini, e poi indossava un mantello di foglie di edera come il vestito di Tris.
Lui la aiutò a salire sul carro, ma solo per galanteria. Si sentiva già il rimbombare della voce del presentatore attraverso le pareti. Il primo carro era partito. L'improvviso movimento dei cavalli che scalavano di una posizione fece barcollare Tris, e Josh la afferrò appena in tempo
«Non abbiamo neanche ancora iniziato. Stai attenta» il suo tono non era di rimprovero però, ma quasi di raccomandazione.
Ben presto si ritrovarono all'imboccatura dell'uscita e quando la varcarono Tris fu investita dalle urla delle migliaia di persone che lì sugli spalti li acclamavano.
Si guardava intorno intontita per il rumore assordante, della loro breve presentazione, la ragazza carpì solo le parole “Beatrice Prior, Distretto Sette”. Il mantello di Josh svolazzava e questo li distingueva dagli altri carri tutti molto statici; rose e altri fiori piombavano loro addosso e la traversata del lungo viale che li avrebbe portati poi davanti alla presidentessa sembrava non finire più.
Tris non poteva credere che tutta quella gente fosse lì per loro e per un attimo si sentì speciale, speciale come mai aveva avuto la possibilità di sentirsi quando era a casa, anche se sapeva che quella sua gioia momentanea non aveva ragion d'essere, dato che ben presto sarebbe stata catapultata nell'arena.
I carri, trainati dai cavalli, si disposero davanti al padiglione dal quale la presidentessa avrebbe a breve iniziato il suo discorso; ed eccola lì, nel suo tailleur blu che si alzava per avvicinarsi al microfono con un sorriso tirato stampato sul volto
«Benvenuti! Benvenuti Tributi! Felici ventinovesimi Hunger Games! E possa la buona sorte sempre essere a vostro favore! Voi siete i prescelti che avranno l'onore di rappresentare il proprio Distretto in quest'edizione dei Giochi. Auguro a tutti voi una piacevole permanenza, per quanto breve, qui a Capitol City. Voi siete qui in funzione di rappresentanti della vostra gente, di modello di ispirazione, siate quindi valorosi e portate la gloria, la pace e la maestosità, che Capitol City vi offre la possibilità di ottenere, nelle vostre famiglie. A voi ventiquattro giovani uomini e giovani donne auguro ancora felici Hunger Games e che la buona sorte possa sempre essere a vostro favore»
La falsità e l'ipocrisia del suo discorso era palpabile e la difficoltà con la quale si sforzava a denti stretti di continuare a sorridere era visibile a sei anni luce, ma comunque un boato generale seguì le parole della presidentessa Jeanine Matthews.
I carri ripresero a muoversi in fila indiana per ritornare all'interno del centro di addestramento e un passo per volta le voci che pochi minuti prima li stavano acclamando divennero delle eco lontane, come le voci che Tris poteva ancora udire dei suoi parenti, oltre la porta di mogano del palazzo di Giustizia al Distretto, che anche se in un muto silenzio sembravano gridare come trucidate, perché trucidate erano, dentro, nell'anima.

La mattina seguente i Tributi di tutti e dodici i Distretti si trovarono fuori alle grandi porte di ingresso della sala di addestramento.
«Benvenuti Tributi, il tempo è già abbastanza poco quindi vi introdurrò le modalità di addestramento senza troppi preamboli e daremo inizio all'allenamento subito» a parlare era una ragazza alta con scuri capelli da un taglio alquanto alternativo. Sulle sue braccia si intravedevano oltre i bordi della manica della maglia dei tatuaggi e sull'orecchio sinistro aveva una miriade di piercing «Io sono Tori e regolamenterò la vostra permanenza qui al centro e le attività di preparazione.
L'addestramento consiste in tre giorni di esercizio seguiti da un esame condotto dagli strateghi su ogni tributo. Durante i tre giorni d'addestramento, i Tributi possono passare per i vari stand ed allenarsi in qualunque cosa possa rivelarsi loro utile, assistiti da vari maestri. Sono presenti un gran numero di stand: corso sui nodi, sulla costruzione di trappole, sull'uso delle armi. Durante l'esame ognuno dei Tributi mostrerà agli strateghi cosa è capace di fare. Gli esami sono riservati, e gli Strateghi non possono rivelare cosa succeda durante gli stessi. In base a ciò che il tributo ha fatto veder loro, gli strateghi gli assegneranno un punteggio, che va da uno a dodici. Il punteggio, a differenza del resto, è pubblico.
Vi consiglio di non sottovalutare le attività di sopravvivenza perché la maggior parte di voi morirà per cause naturali.
È vietato scontrarsi con gli altri Tributi e ogni trasgressore sarà severamente punito; avrete tutto il tempo di farlo nell'arena. Ci sono domande?»
Tutti tacquero
«Benissimo, possiamo iniziare» a quelle parole i due grandi battenti di ferro si aprirono e rivelarono il loro interno: un'enorme sala era suddivisa in zone da carrelli e stand sui quali erano sistemate armi, pesi, corde e arnesi vari; gli strateghi alloggiavano in una zona rialzata dalla quale potevano supervisionare ogni cosa, anche se tutti sapevano che loro poco importava assistere all'addestramento di quelle ventitré bestie da macello delle quali loro stessi sarebbero stati i carnefici.
Con un ampio gesto della mano Tori li invitò ad entrare. Ad ogni postazione, come annunciato, c'erano dei maestri; tutti si sparpagliarono dirigendosi in direzioni diverse mentre Tris era ancora lì a decidere con quale attività iniziare.
«Muoviti ragazzina! Se sarai così lenta anche nell'arena non durerai neanche dieci secondi!» era Tori che le rivolgeva queste parole, alle quale la maggior parte degli altri Tributi rise.
Tris abbassò la testa e subito si diresse verso la prima piattaforma alla sua destra. Lì in fila c'erano Josh e un altro ragazzo altrettanto alto e con i capelli castano scuro, che sul volto aveva impresso un ghigno orrendo e, quando la vide arrivare, scoppiò in una fragorosa risata, facendo girare così anche Josh
«Una
bambina che viene a fare un corso di lotta corpo a corpo? Coraggiosa come scelta...» disse il nuovo ragazzo alzando le sopracciglia in aria di sfida; la mascella di Josh invece ebbe uno spasmo, ma la sua espressione rimase impassibile.
Tris non sarebbe mai andata lì se non fosse stato per il commento di Tori, che l'aveva indotta a muoversi verso una qualsiasi delle postazioni; non sarebbe potuto essere il corso di nodi?! Ora però era lì e non aveva alcuna intenzione di andarsene e dargliela vinta.
L'espressione del ragazzo era passata da “ti sfido” a “ma fai sul serio?” appena compreso che Tris non aveva alcuna intenzione di cambiare stand.
«Bene bene... Beh, prima le
signore» disse lui facendosi da parte con un ampio gesto della mano e pronunciando l'ultima parola quasi fosse una barzelletta. Beatrice strinse i denti e salì sulla pedana e subito un maestro la raggiunse, il suo sguardo meravigliato le fece montare la rabbia; era diventata una questione di principio: doveva dimostrare a quell'idiota che non aveva nessun diritto di chiamarla bambina.
«Va bene, iniziamo con qualcosa di semplice» disse il suo nuovo maestro «Prova a colpirmi e io parerò i tuoi colpi, dopo invertiremo i ruoli. Sta' tranquilla, ci andrò piano»
Tris poté sentire gli occhi del ragazzo dai capelli castani puntati su di se come due calamite. Fece un respiro profondo e sferrò un pugnò all'altezza dello stomaco al suo maestro che ovviamente lo parò con disinvoltura «Prova ancora»
Beatrice si concentrò, fece un passo e slanciandosi in avanti tirò un pugno alla gola, lui lo parò di nuovo. La ragazza si mosse di lato e poi colpì con un calcio lo stinco del maestro che sembrò quasi non accorgersene
«Dai, sono sicuro che sai fare di meglio»
Tris incanalò tutta la sua rabbia in un gancio che però non andò a segno; veloce come una scheggia, balzò dietro al ragazzo e con il vantaggio dell'effetto sorpresa riuscì a a trargli un calcio dietro la schiena che lo fece barcollare leggermente. Lui si girò soddisfatto e trovò la ragazza già in posizione di difesa; era tutta sudata, nonostante stessero combattendo da meno di due minuti
«Come inizio è più o meno mediocre, ora ti darò una dimostrazione di com'è che si combatte; non preoccuparti non ti colpirò forte, voglio che tu faccia caso e memorizzi i miei movimenti»
Tris ancora con le braccia alte davanti alla faccia annuì
«Okay allora, cominciamo»
Il ragazzo le fu dietro immediatamente e non appena lei si girò le sferrò un pugno che si fermò appena sfiorata la sua maglietta. Tris spostò lo sguardo dalle sue dita fin su agli occhi per poi vederlo muovere di nuovo repentinamente e non avere il tempo di elaborare neanche un pensiero che con un calcio, anche se molto leggero, la fece barcollare e poi cadere carponi. A quel punto il ragazzo dai capelli castani scoppiò in una fragorosa risata. Tris si girò per guardare di nuovo il suo avversario che ormai però la guardava con le braccia incrociate al petto «In questi casi con un semplice calcio di potenza sufficiente alla testa ti avrei uccisa. Alzati, torna quando avrai riempito un po' quei muscoli, ti consiglio di provare con i pesi. Ah, un'altra cosa: sii meno
rigida, i tuoi movimenti sono quasi meccanici, e tremendamente prevedibili» Tris lo guardò con un espressione seria e scendendo dalla pedana non poté fare a meno di lanciare uno sguardo al ragazzo dai capelli castani. «Rigida» le sibilò mentre passava.
Grande, già fatto amicizia... Pensò Tris mentre si dirigeva verso la postazione dei pesi.

Quattro era arrivato dopo l'apertura del centro e aveva assistito allo scontro tra Tris e il maestro di lotta corpo a corpo e non aveva potuto fare a meno di chiedersi perché lei fosse andata proprio lì. Forse stava utilizzando la tecnica di apparire debole ed indifesa per non essere considerata una minaccia iniziata la gara? Troppo orgogliosa per farlo...
Aveva anche notato che Peter, il ragazzo dell'Uno, l'aveva già presa di mira.
Tobias tendeva a rimanere nella parte più interna e meno visibile del salottino degli Strateghi e ogni volta che poteva, con una scusa o con un'altra, usciva fuori. Non poteva assolutamente rischiare di essere visto da Tris, ma non poteva neanche essere perennemente assente. Lei avrebbe saputo che lui faceva parte degli Strateghi solo il giorno dell'esame, quando cioè sarebbe stato inevitabile il contrario...
«Signor Eaton! Ben trovato, che piacere averla qui...» era stato il Capo-Stratega a rivolgergli quelle parole, Eric.
«Il piacere è tutto mio» aveva risposto lui senza alcuna nota di gioia nella voce. Non gliela contava giusta quel tipo, aveva una scintilla macabra che gli illuminava gli occhi, dalla quale si poteva chiaramente vedere come riflessa la sua spietatezza e la sua crudeltà, quelle che solo un Capo-Stratega poteva avere.
Con un sorriso tanto freddo quanto falso gli chiese:«Cose gliene pare dei Tributi di quest'anno?» diciamo che Quattro non era esattamente preparato su questo argomento, con l'eccezione di Tris e Josh, così si limitò a rispondere:«Un bell'assortimento...»
«Beh, quest'anno solo un paio di bambini, il che renderà i giochi ancor più interessanti; non vedo l'ora di vedere quei ragazzi all'opera nell'arena» disse indicando con un cenno da dietro la colonna, dove Tobias si era appartato per non essere notato, Josh e Peter, il quale stava combattendo con il maestro sulla pedana.
Quattro mugugnò in segno di risposta.
«Suo padre deve essere molto fiero di questo suo incarico temporaneo di Stratega»
«Sì, infatti» rispose secco
«Mi fa' piacere, sono stato io stesso a proporre alla presidentessa di scegliere lei sa'? Ero molto curioso di tastare io stesso le sue capacità, magari potremmo tenerci in contatto anche per ipotetici progetti futuri...»
Tobias avrebbe tanto voluto sputargli in faccia una miriade di parole di ribrezzo: come poteva definire quello che era omicidio “capacità”?! E come poteva solo immaginare di poter intraprendere ipotetici progetti futuri con lui?! Non avrebbe mai accettato, nemmeno sotto tortura; Eric era solo uno spietato assassino senza alcuno scrupolo.
«Ora devo proprio andare, a presto» lo liquidò in fretta Quattro, e senza attendere una risposta o un cenno di saluto si diresse verso la porta.

Dopo una lunga ora di sollevamento pesi ed esercizi vari con la sua nuova trainer, Tris si diresse verso la postazione di progettazione di trappole. Lì, intento ad intricare del fil di ferro, c'era un ragazzo dalla pelle scura come i capelli tagliati corti. Beatrice con un piede trascinò vicino a sé uno sgabello e iniziò a guardare i precisi e calcolati movimenti che il ragazzo compiva per annodare la sua trappola
«Emmm... Ciao, io sono Tris»
Lui alzò lo sguardo puntandolo negli occhi della ragazza; la fissò per una manciata di secondi e poi tornò a guardare la sua trappola per poi risponderle:«Piacere, io sono Uriah»
Tris quasi sospirò di sollievo, per un attimo aveva creduto che Uriah non l'avrebbe degnata neanche di un semplice saluto e, in tal caso, i nemici che si era fatta già al primo giorno di addestramento sarebbero saliti a quota due.


NOTE DELL'AUTRICE

Salve a tutti! So che mi odierete a morte per avervi fatto aspettare così tanto per questo capitolo, solo che tra una scappatella a Londra e il liceo classico il tempo diciamo che non abbonda... Comunque, spero davvero tanto che l'attesa ne sia valsa la pena e colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che recensiscono le mie storie e in particolare la mia carissimissima amica Lucrezia per accettare di betare le mie storie anche a mezzanotte passata e per sopportarmi con i miei scleri come compagna di banco.
Ricordo che recensioni belle e brutte sono sempre gradite e possa la buona sorte sempre essere a vostro favore!
Princess Leila.

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