And Death Shall Have No Dominion

di camoeight
(/viewuser.php?uid=29044)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** And with thee fade away into the forest dim ***
Capitolo 2: *** A mind at peace with all below, a heart whose love is innocent! ***
Capitolo 3: *** This dust was once the man ***
Capitolo 4: *** I love you like certain dark things are to be loved ***
Capitolo 5: *** My Heart to mild frenzy her Beauty inspires ***
Capitolo 6: *** My heart to a mild frenzy her beauty inspires - pt.II ***
Capitolo 7: *** She walks in Beauty like the Night ***
Capitolo 8: *** Yet each man kills the thing he loves ***
Capitolo 9: *** And yet Each man Kills the Thing he Loves pt. II ***



Capitolo 1
*** And with thee fade away into the forest dim ***


And Death Shall Have No Dominion 


 And with thee fade away into the forest dim
(Part.1)
(Keats_Ode to a nightingale)
 
 
Sua madre senza volerlo le aveva aperto gli occhi. L’aveva abbracciata “Sei cresciuta così tanto, amore. Sei cambiata. A volte ti guardo e mi chiedo se sei ancora tu…” ovviamente le sue intenzioni erano state le migliori, ma nella testa della vampira era germogliato qualcosa.
Chi sei?
Un giorno Caroline Forbes si era svegliata, aveva fatto le valigie ed era partita.
Prima tappa: Parigi.
All’inizio era stato difficile per lei. Una città sconosciuta, la solitudine, ma con il tempo aveva imparato ad apprezzare il silenzio, la mancanza di drammi.
Quanto amava Parigi! Era riuscita persino a soggiogare le persone giuste, ritrovandosi in prima fila durante le sfilate migliori dell’anno.
Aveva fatto colazione davanti alla Torre Eiffel e passeggiato per gli Champes Elysee. Si era commossa guardando dal campanile di Notre Dame la città illuminata
Le piaceva Parigi. Fino a quella sera.
Rientrando una mattina nella sua camera, aveva trovato una rosa rossa e un disegno. Rappresentava lei, il giorno prima, seduta in un bistrot intenta ad assaggiare alcune specialità del posto.
Klaus.
Sapeva dov’era, l’aveva seguita.
Istintivamente pensò che avesse rotto la sua promessa, ma in effetti quella non era Mystic Falls.
Non era ancora il momento, si disse agitata, era troppo presto. Era stata solo due anni a Parigi, ma non poteva più rimanere. C’era ancora tanto che doveva scoprire e doveva farlo da sola.
La sera stessa comprò un biglietto per Roma.
 
La città eterna era in un certo senso come se l’aspettava. Le persone erano gentili e tutto sembrava vivace. Era riuscita a permettersi un piccolo appartamento e trovare un lavoro come guida turistica, ovviamente con la sua capacità d’apprendimento imparare l’italiano non era stato difficile.
Aveva anche scoperto di adorare la pizza. La vera pizza, non quella roba americana che spacciavano per tale.
Erano trascorsi otto anni da quando era arrivata a Roma.
Una sera si trovava in un locale, intenta a festeggiare il suo compleanno. Sola, come gli anni precedenti.
“Caroline” la sua voce. Quell’accento l’avrebbe riconosciuto ovunque.
Si voltò alla sua sinistra mascherando la sorpresa “Klaus, ti direi che è una piacevole coincidenza incontrarti qui, ma sappiamo entrambi che non è così…” era più forte di lei. Quell’uomo riusciva a potare a galla il suo lato peggiore.
Klaus sorrise per nulla offeso e Caroline sbuffò “Cosa vuoi?” chiese e l’ibrido fece spallucce “Un ballo?” propose indicando la pista, dove solo un paio di coppie ondeggiavano a ritmo di musica.
La bionda lo seguì con lo sguardo, poi riportò l’attenzione su Klaus, poi di nuovo sulla pista, incerta.
Dopo qualche secondo e una battaglia silenziosa con se stessa, gettò le braccia in aria rassegnata “D’accordo, un solo ballo!” esclamò, poi puntò l’indice contro il suo petto “…ma niente scherzi Klaus…” e l’altro alzò le mani in segno di resa “Promesso”.
Un ballo divennero due, poi tre. Caroline aveva perso la concezione del tempo tra le sue braccia e si chiese se sarebbe stato sempre così.
“Buon compleanno Caroline” si sentì sussurrare all’orecchio e un brivido le attraversò la schiena.
“Mi deludi Klaus, non vedo ancora nessun regalo…” mormorò la vampira cercando di provocarlo e l’ibrido si avvicinò automaticamente al suo viso “Ti sbagli…” fece una piccola pausa, come cercando le parole giuste “…sarebbe un clichè se ti dicessi di averlo nella mia camera d’albergo?” domandò accarezzandole la guancia. La vampira ci pensò un attimo “Lo sarebbe di meno se ti dicessi di sì?” fece di rimando.
Klaus rise prendendola per mano “Niente scherzi. Sono un uomo di parola Caroline” promise guidandola verso casa sua.
Klaus ovviamente alloggiava nell’albergo più sfarzoso della capitale, tutti lo trattavano con il massimo rispetto e Caroline non poté evitare di alzare gli occhi al cielo.
Una volta in camera si sedette su una poltrona e lo guardò curiosa.
“Aspettami qui, vado a prendere una bottiglia di vino. Dopo il brindisi avrai il tuo regalo…” disse l’ibrido senza nascondere l’entusiasmo, sparendo in un’altra ala della suite.
Caroline sorrise. In fondo non era stato il peggior compleanno della sua vita. Tutt’altro.
Si guardò intorno curiosa alzandosi e dando un’occhiata in giro. Vide una scrivania con dei fogli. Ovviamente erano tutti suoi ritratti, pensò divertita sfogliandoli. Fontana di trevi, Colosseo…
La sua attenzione fu catturata da qualcosa. Sotto l’ultimo foglio c’erano due biglietti.
New Orleans. La data era quella del giorno successivo.
Ecco qual’ era il suo regalo, pensò amara rimettendo tutto al suo posto.
Alzando lo sguardo si vide riflessa nel vetro della finestra.
Un giorno, tra un anno o magari un secolo…
Era troppo presto.
 
“Caroline, scusa l’attesa, ma ero indeciso tra questi due vin-” si bloccò non appena vide la poltrona dove poco prima Caroline era seduta, vuota.
La finestra era spalancata e le tende svolazzavano portate dalla brezza primaverile.
Se ne era andata. Di nuovo.
Prese il cellulare “Rebekah, cambio di programma tesoro…torniamo a New Orleans stasera stessa, non c’è più niente qui…” e riattaccò.
Rimase in silenzio per qualche momento, poi senza pensare afferrò la sedia più vicina a lui scagliandola contro la parete. Tavolo, divano e scrivania seguirono la stessa sorte.
Quando sentì di essere più calmo andò in camera e aprì il mobiletto accanto al letto. Si rigirò il braccialetto tra le mani, quello che anni prima lei gli aveva gettato addosso. Era il suo regalo, ma lei era di nuovo sparita.
 
 
Tokyo era stata tutta un’altra storia.
La città l’aveva completamente stordita. Le luci, i colori, gli odori.
Era spaesata, ma la sua capacità di adattamento le aveva ben presto permesso di inserirsi al meglio e abituarsi ai ritmi frenetici.
In dieci anni non aveva più avuto notizie da Klaus, non dopo Roma.
Non è che si sentisse delusa.
Ma doveva ammettere che questa assenza la rendeva nervosa. Stava tramando qualcosa o l’aveva semplicemente dimenticata? Non voleva considerare né l’una ne l’altra ipotesi.
Una sera rientrando nel suo palazzo era stata fermata dal guardiano notturno.
“Signorina, c’è un uomo che dice di conoscerla. Ho provato a fermarlo ma-” iniziò, ma Caroline era già a metà corridoio.
Lo sapeva. Lo sapeva!
Klaus semplicemente non ce la faceva ad ignorarla per troppo tempo, ma questa volta l’avrebbe sentita. Questa volta gli avrebbe detto in faccia-
Entrò come una furia, guardandosi intorno frenetica.
Non c’era nessuno. Improvvisamente si sentì molto stupida. Aveva immediatamente pensato fosse Klaus, senza neppure considerare l’eventualità che qualcun altro si fosse introdotto in casa sua.
Sentì una presenza alle sue spalle e snudò i canini pronta ad affrontare lo sconosciuto.
Si ritrovò schiacciata contro la porta d’ingresso “Ehi! Ritira gli artigli riccioli d’oro…è questo il modo di trattare un amico?” sentì sghignazzare.
Si rilassò immediatamente e la presa scomparve.
“Enzo!” esclamò accendendo le luci “Mi hai fatta morire…” disse portandosi una mano al cuore. Il vampiro senza fare complimenti, dopo aver ispezionato il frigo, si versò una bottiglia di scotch sedendosi sul divano.
“Fa come fossi a casa tua…” mormorò stizzita la bionda e l’altro rise “Oh andiamo! Ti sono mancato e lo sai…” fece ammiccante.
“Cosa vuoi?” chiese Caroline portando le mani ai fianchi, Enzo si stiracchiò “Vedere come te la passi…” rispose semplicemente e la bionda fece un verso incredulo “Sì certo, sto aspettando Enzo!” insistette battendo il piede e il vampiro espirò rassegnato “Tua madre voleva sapere come stavi…e anche io” ammise infine “Sono pur sempre il tuo migliore amico…” aggiunse e Caroline fece una smorfia “Stefan è il mio migliore amico, tu sei una riserva finché lui non è qui!” esclamò scoppiando a ridere davanti all’espressione scandalizzata dell’altro “Ouch! Riccioli d’oro, questa era pesante! Stefan e la sua bionda originale sono ancora in giro per il mondo no? Quindi non hai scelta: me o Damon…” rispose e Caroline si sedette accanto a lui “Passami quella bottiglia e apri bene le orecchie…hai vent’anni da recuperare!” cinguettò felice e lo sentì sospirare “D’accordo, ma avrò bisogno di altro alcol per questo…”.
 
Si era addormentata sul divano e Enzo ne aveva approfittato per chiamare Liz e confortarla. Poi aveva iniziato a curiosare in giro.
Era un bell’appartamento moderno, mobili nuovi e tutto il resto…
Ma non era una casa. Niente foto, niente piante né cd.
Pensò a diverse cose mentre Caroline dormiva, come ad un certo ibrido che l’aveva contattato pochi giorni prima.

 
“Assicurati che stia bene”
“Caroline è un’amica, non ho bisogno che tu mi dica cosa fare”
Enzo si morse la lingua, Klaus non era un tipo da mettersi contro e lui l’aveva appena fatto.
La risposta dell’altro lo colse impreparato.
“Per favore, voglio solo sapere se sta bene. Se…” lo sentì prendere un respiro “…se è felice…”
Enzo sospirò “Sai Klaus…” disse guardando Liz, facendole l’occhiolino “…stavo giusto pensando di fare un salto a Tokyo…”
 
 
I suoi pensieri furono interrotti dal rumore proveniente dalla cucina.
“Non c’è la marmellata sui pancakes! Enzo! Quale amico dimentica la marmellata?!” la sentì strillare e scuotendo la testa divertito la raggiunse “…uno di riserva probabilmente…” mormorò schivando appena in tempo il bicchiere.
Le lasciò fare colazione in pace, ma al momento del caffè non riuscì più a trattenersi “Caroline” la chiamò “Che stai facendo?” le chiese serio.
La bionda lo guardò stranita “Ehm…colazione?” rispose come fosse ovvio, poi lo vide scuotere la testa “No, intendo…che stai facendo? Qui…” fece guardandosi intorno.
Caroline emise una risata nervosa e cominciò a lavare la tazza “Io…ho bisogno di stare sola…ho vissuto per i problemi degli altri per così tanto a Mystic Falls che avevo dimenticato chi fossi. Forse non l’ho mai saputo…” fece una pausa asciugandosi le mani e avvicinandosi all’amico “Devo stare ancora per un po’ per conto mio e capire chi sono, chi voglio essere…” decise guardandolo negli occhi.
Enzo assottigliò lo sguardo “Cazzate” esclamò “Una marea di cazzate” ripeté superandola e facendo per recuperare la giacca.
Caroline rimase qualche secondo lì impalata con gli occhi sgranati, poi come svegliatasi da un trance, si voltò “Come scusa? Mi sono aperta con te ed è tutto quello che hai da dire?” fece sconvolta.
Enzo la guardò dall’ingresso “Capisco che tu voglia trovare te stessa Caroline, ma chi ti dice che tu debba farlo da sola?” domandò “Sai a volte sono proprio le persone a cui teniamo di più a renderci chi siamo...” ribadì con tono più pacato avvicinandosi e, guardandola più dolcemente, le mise una mano sulla spalla “Caroline, tu stai scappando…e proprio da te stessa. Io penso che tu sappia benissimo che persona sei e soprattutto con chi essere  quella persona. E questo ti spaventa da morire…” disse prima di riprendersi la giacca e aprire la porta.
“Dove vai?” chiese la vampira in un fil di voce.
“Ho detto quel che dovevo dire, adesso sta a te riccioli d’oro…” uscì di casa, ma prima di andarsene si affacciò di nuovo “…sappi che mi aspetto un regalo enorme per questo! Ti ho ascoltata per tutta la notte –sei ore!cristo santissimo- Stefan ti avrebbe spezzato il collo dopo venti minuti…” esclamò e chiuse la porta lasciandola sola, con mille pensieri.


 
Ciao a tutti! Eccomi con un nuovo esperimento! Una raccolta di one-shots 0.0'' 
Spero che "l'esordio" vi sia piaciuto e vi dico anche che, sebbene one shot, alcune saranno divise in più parti! Spero di sentire presto qualche responso per sapere che ne pensate!!! Un abbraccio, Cami.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** A mind at peace with all below, a heart whose love is innocent! ***


And Death Shall Have No Dominion

A mind at peace with all below, a heart whose love is innocent!


(She walks in beauty_ Lord Byron)
 



Rebekah non aveva smesso un secondo di piangere, mentre Elijah non si dava pace.
Il maggiore dei Mikaelson aveva rivoltato New Orleans come un calzino per l’ennesima volta, smobilitato Davina, Sophie e tutti gli altri.
Mentre Klaus…Klaus non era più in sé.
Inizialmente aveva provato a mantenere la calma, torturando le persone giuste era riuscito a cavare qualche informazione –oltre al resto- ma tutte portavano a un vicolo cieco.
Di lei non c’era traccia.
Hope Mikaelson sembrava sparita nel nulla.
Erano passati sei giorni dal rapimento e di lei non c’era traccia.
L’ibrido non mangiava, non dormiva. La sua bambina, di soli cinque anni, gli era stata portata via e non c’era stato verso di scoprire dove.
La situazione era rapidamente degenerata e la calma iniziale aveva lasciato il posto alla rabbia e in seguito alla disperazione.
“Le streghe stanno davvero facendo tutto il possibile per localizzarla Elijah…” aveva mormorato Davina rassegnata.
Ed Elijah non se l’era sentita di aggiungere altro. Il viso della ragazza era pallido e gli occhi erano stanchi. Sapeva che si stavano impegnando, ma evidentemente i loro sforzi erano vani.
“Dovete fare di più! Mia nipote è scomparsa da giorni, lei non-” s’interruppe Rebekah coprendosi le labbra tremanti “…lei è così piccola-” singhiozzò e in quel momento Klaus fece il suo ingresso. Era uscito a perlustrare la città per l’ennesima volta, inutilmente “Se fossi stata più attenta non sarebbe successo!” ruggì contro la sorella, che fronteggiandolo rispose “Se tu fossi stato un padre decente, più presente, allora non sarebbe successo!” urlavano a pochi centimetri l’uno dall’altra ed Elijah per la prima volta si sentì stanco di riprenderli, di essere responsabile. La sua adorata nipotina aveva bisogno di loro e quei due si azzannavano come iene!
Bisognava restare lucidi e pensare a Hope.
“Preparate altre squadre di ricerca, smobilitate l’intero Bayou se necessar-”
Il campanello interruppe ogni discussione.
Klaus fu il primo a fiondarsi all’ingresso seguito a ruota dagli altri.
 
Sull’uscio c’era una signora che Elijah riconobbe come la titolare di un emporio nelle vicinanze, un’umana sulla sessantina, dall’aria mite. Aveva in mano una scatola.
Accanto a lei se ne stava la piccola Hope Mikaelson, sorridente e apparentemente in ottime condizioni. I lunghi capelli dorati circondavano il visino rotondo, ma addosso, notò Rebekah, aveva un completo diverso da quello indossato il giorno in cui era stata rapita. Era un semplice vestitino rosa.
I vivaci occhi azzurri studiarono uno per uno i tre vampiri, ancora sconvolti, sulla porta fino a posarsi su Klaus.
L’ibrido era incredulo, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla bambina. Temeva che in un attimo sarebbe sparita di nuovo.
“Papà!” cinguettò allora abbracciandogli le gambe e Klaus Mikaelson, l’ibrido, l’essere più forte al mondo, crollò a terra, in ginocchio e circondò la figlia con le braccia “Hope! Stai bene?” chiese allarmato guardandola ancora per assicurarsi delle sue condizioni. Poi notò la signora alle sue spalle.
Solo allora si accorse che qualcosa non andava. Sembrava innocua, ma strana.
Baciò la fronte della bambina “Hope, entra insieme a zia Rebekah” fece serio e la vide annuire obbediente. Tuttavia non sfuggì a Klaus il modo in cui Hope si guardò introno prima di entrare.
Scrutava il giardino come alla ricerca di qualcuno e sembrò delusa quando tornò a posare gli occhi su di loro “Arrivederci mrs. Grimes” salutò educatamente, ma la signora non ricambiò, e seguì la zia.
Mrs. Grimes vide la bambina sparire nella casa e solo allora puntò gli occhi grigi verso i due vampiri “Chi di voi è Klaus Mikaelson?” chiese con voce meccanica.
È stata soggiogata, intuirono immediatamente.
“Sono io” disse l’ibrido in allerta. La signora sorrise affettuosamente porgendogli la scatola “Consideralo un regalo Klaus, siamo pari adesso…” disse la donna  “Tua figlia è splendida, state facendo un ottimo lavoro. Un po’ insistente e dispotica per avere cinque anni ma, in fondo, è sempre tua figlia no?” continuò con voce divertita “Fai attenzione la prossima volta, gira voce che la piccola sia speciale e che qualcuno voglia impossessarsene…” concluse porgendogli la scatola.
“Chi ti manda?” chiese Elijah ma mrs. Grimes sbatté le palpebre due o tre volte confusa “…dove sono?” chiese guardandosi intorno.
Elijah prontamente si occupò di lei mentre Klaus ancora turbato rientrò in casa con la scatola.
Chi poteva essere stato a salvare sua figlia? Un vampiro di sicuro se poteva soggiogare, si disse.
Si chiuse nel suo studio e aprì lo scatolone. L’odore di sangue invase tutta la stanza. All’interno c’era una mano, ormai grigiastra, e un cuore. Klaus notò che la mano stringeva qualcosa. Non appena la sfiorò si polverizzò mostrando un biglietto.
Corrugando la fronte, dopo averlo letto, si diresse in camera di sua figlia lasciando il foglio sulla scrivania.
 
Un monito ai nemici di Hope Mikaelson: questo sarà il vostro destino
 
Entrò nella camera di Hope. La bambina era pronta per dormire, ma stranamente non era nel suo letto.
Guardava fuori dalla finestra in attesa, come cercando qualcuno.
“Hope, cosa fai?” domandò Klaus avvicinandosi seguendo lo sguardo della figlia. La bambina si aprì in uno splendido sorriso, tutto fossette “La sto aspettando” fece con aria sognante e Klaus inclinò la testa “Chi tesoro?” e Hope rise divertita “Non so come si chiama, ma è bellissima, sai papà? Quando il signore cattivo mi ha spinta per terra, lei è arrivata dal cielo e lo ha punito. Ha detto che sarebbe stata la mia custode. Cosa significa papà?” domandò la bambina e Klaus guardò di nuovo la finestra “Non saprei, ma vorrei ringraziarla…” mormorò e Hope gli prese il viso tra le mani “Ha detto che un giorno sarebbe tornata, non oggi, forse non domani, ma ha detto di aspettarla e lei sarebbe tornata e ci saremo riviste...” farfugliò eccitata e Klaus sorrise “Lo spero Hope, è davvero una brava persona. Adesso però vai a dormire…” sussurrò accompagnandola nel suo lettino.
 
Il tuono lo fece svegliare di soprassalto.
“Papà” fece una vocina sulla soglia della sua camera “…ho paura non riesco a dormire…posso?” chiese la piccola Hope arrampicandosi vicino a lui.
“Dormi, ci sono io con te” mormorò Klaus, ma vide la bambina distratta da qualcosa sul comodino.
“È lei! È lei papà!” gridò la piccola saltellando sul letto agitando qualcosa tra le mani.
“Hope!” la richiamò, ma lei rideva felice. Finalmente dopo essersi calmata si lanciò su di lui sventolandogli il foglio sotto il naso.
Klaus sussultò improvvisamente, sentendosi mancare per un istante, quando i suoi occhi incrociarono quelli divertiti e vivaci di Caroline Forbes.
Hope aveva preso uno dei suoi ritratti e continuava a ripetere che era lei la sua salvatrice.
L’ibrido non riusciva a distogliere lo sguardo dal disegno.
“Hope, tesoro, cosa ti ha detto esattamente?” chiese in un sussurro.
La piccola crollò seduta sul materasso incrociando le gambine e con aria pensierosa corrugò le sopracciglia.
“Ha detto che sarebbe tornata. Magari non oggi o domani ma forse un giorno, tra un anno o un secolo…e poi qualcosa sul mondo…” borbottò incerta, poi ebbe come un’illuminazione “Parigi! Ha detto che Parigi sarà la prima!”.
Klaus era senza parole, a contrario di sua figlia che sembrava aver incontrato l’eroe dei suoi sogni.
Ma era Caroline. Caroline aveva salvato sua figlia. Caroline sapeva di Hope.
Caroline sarebbe tornata da lui.
Con questa nuova consapevolezza l’ibrido prese in braccio la bambina “Allora domani l’aspetteremo insieme, e anche il giorno dopo” le mormorò adagiandola accanto a lui “…ma adesso devi dormire tesoro, altrimenti quando Caroline tornerà sarai così distrutta da addormentarti davanti a lei…” sussurrò accarezzandole i capelli.
La sentì sbuffare –era così testarda- e poté giurare di averla sentita sussurrare un seriamente papà?! appena prima di chiudere gli occhi.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** This dust was once the man ***


This dust was once the man
(Walt Whitman)


 
 
Il cambiamento.
È un pensiero costante per Caroline.  Uno di quelli che ti sveglia la mattina e ti rimbocca le coperte la sera.
Quante cose possono cambiare in cinque anni.
Ad alcuni potrà sembrare sciocco, in fondo lei vivrà per sempre-è condannata a vedere il mondo cambiare.
Ma Caroline ha imparato che per sempre non è così scontato, neppure per creature come loro.
Perché le cose possono cambiare e quel per sempre sparire.
È proprio questo che pensa davanti alla tomba di Damon Salvatore, a solo pochi metri da quella di Bonnie Bennet.
Da cinque anni, una volta all’anno, si reca lì, posa un fiore nuovo, gettando via il precedente e cerca di capire come in così poco tempo, in un attimo, tutto sia cambiato.
Sente una presenza accanto a lei, ma non s’illude.
“Enzo” saluta solamente e percepisce il vampiro avvicinarsi.
“Oggi sono cinque anni” dice l’altro aprendo una bottiglia di Bourbon e bevendone un lungo sorso “…salute amico…” sussurra versandone un po’ sull’erba accanto alla lapide e Caroline non se la sente di protestare, anzi accetta volentieri l’invito del vampiro e beve un sorso anche lei.
“Stefan?” chiede Enzo guardandosi intorno, cercando con gli occhi il fratello di suo fratello.
Caroline continua a fissare la lapide “La sta ancora cercando e nel frattempo sta provando insieme ad Alaric a trovare un modo per riportarli indietro…” mormora scuotendo la testa. Nei suoi occhi Enzo nota una traccia di delusione.
“Ne deduco che Elena non sia migliorata…e come mai non sei anche tu alla sua ricerca?” chiede il vampiro senza molto interesse.
Finalmente Caroline lo guarda dritta negli occhi “È peggiorata” ma non risponde alla sua domanda.
Enzo non può capire. Non era lì, non sa cosa significhi vedere una persona che conosci da tutta la vita, che ammiri al punto da invidiare, una di quelle per cui moriresti…ridotta così.
“Elena non c’è più. È morta con Damon…e quel guscio che è tornato dall’aldilà…non è la mia migliore amica. Tu non puoi saperlo, te ne sei andato…” e non c’è accusa nel suo tono di voce “Semplicemente è cambiato tutto. Io sono cambiata, Elena è cambiata…prima Stefan capirà che non c’è niente da fare per lei e prima potrà andare avanti...” dice la vampira muovendosi verso un’altra zona, con ancora un fiore in mano.
Enzo la segue corrugando la fronte “Quanta rassegnazione riccioli d’oro, non mi sembravi il tipo cinico di ragaz-” ma si blocca non appena vede dove Caroline è diretta. A chi è destinato l’ultimo fiore.
Liz Forbes. 1964-2014. 
Esattamente cinque anni prima, poco dopo la sua partenza.
“Come è successo?” chiede serio. Ma non c’è bisogno di risposte. Adesso le cose sembrano più chiare.
Elena era impazzita dopo la morte di Damon, letteralmente. Liz era stato il danno collaterale.
“Perché l’hai risparmiata?” domanda ancora Enzo genuinamente curioso e Caroline, dopo aver salutato sua madre, lo prende sotto braccio, come un vecchio amico-non ce ne sono molti ultimamente- conducendolo verso l’ingresso del cimitero di Mystic Falls.
“Tutti pensano che l’abbia fatto in onore della nostra amicizia, per quello che Elena è stata per me…” inizia la bionda incerta, soppesando le parole “Caroline Forbes: la buona samaritana, la ragazza dal perdono facile…” imita poi sorridendo amaramente e scuotendo la testa.
“La verità è esattamente l’opposta. Se avessi voluto perdonarla -se avessi ancora provato qualcosa per lei- l’avrei uccisa immediatamente. Ma condannarla a questo…” incalza indicando il cimitero alle loro spalle “…è il peggior destino che potessi augurarle…” conclude accennando un sorriso triste.
Enzo la guarda e per la prima volta, capisce cosa intende Caroline.
Le cose erano davvero cambiate così all’improvviso per tutti, che in un certo senso si ritiene quasi fortunato ad aver perso solo un amico.
Caroline invece aveva perso tutto.
Quasi senza accorgersene arrivano davanti al cancello del cimitero. 
“Riparto oggi stesso, questa città mi dà i brividi” dice Enzo e la risata sincera di Caroline lo mette a disagio “Ti capisco” risponde stringendosi nel lungo cappotto nero.
Ed Enzo vuole chiederle di partire con lui, di essere sua amica magari.
Di cambiare le cose, ancora una volta.
Una macchina che il vampiro non aveva notato richiama la loro attenzione da una decina di metri.
È un SUV scuro e appoggiato alla portiera c’è un uomo. Vampiro, intuisce Enzo e dallo sguardo torvo che gli riserva non è certamente un semplice autista.
Caroline si volta facendogli un piccolo cenno, poi torna a lui “Sai Enzo a volte bisogna avere il coraggio di cambiare e guardare avanti, anche se ci fa paura. Per sempre non significa niente, nemmeno per noi vampiri. Quindi vai e vivi al massimo sempre! Cinque anni fa non sarei mai uscita da questa città, ma adesso…torno solo per loro, nel loro giorno. L’unico giorno dell’anno in cui permetto a me stessa di guardare indietro” sussurra accennando un sorriso malinconico ed Enzo capisce.
“Addio riccioli d’oro, abbi cura di te” mormora togliendole una foglia dalla sciarpa rossa e si volta facendo per andarsene.
“Anche tu Enzo. Ci vediamo qui tra un anno esatto” e non suona come un ordine, o una domanda.
Ma come una promessa.
 
Sono passati cinque anni, si ripete salendo in macchina, e le cose sono cambiate. Anche lei è cambiata.
Sa che ha ancora molto da vedere, anni da vivere e lasciarsi alle spalle.
E proprio cinque anni fa, al funerale di sua madre, aveva deciso che non si sarebbe più lasciata coinvolgere dalle vite di Elena e gli altri, dai drammi di Mystic Falls, ma avrebbe pensato soltanto a se stessa, a ciò che desidera e merita.
Si era sentita bene –nuova- camminando per le strade di New Orleans, come se le appartenessero. E si era sentita ancora meglio quando Klaus aveva aperto la porta guardandola come se fosse tutto il suo mondo.
“Sono pronta” aveva detto. E lo era.
Tuttavia c’è questo giorno in cui Caroline lascia che il passato le piombi addosso, che i ricordi e i rimpianti la stritolino.
“Odio questo giorno dell’anno” sente dire dall’uomo accanto a lei “…odio vederti così e capita solo oggi…” mormora serrando la mascella. Con sicurezza Caroline gli sfiora la mano e lo vede rilassarsi.
“Chi era quel vampiro comunque?” domanda Klaus tenendo lo sguardo fisso sulla strada, ostentando noncuranza.
“Oggi non lo so, ma l’anno prossimo o quello dopo ancora le cose potrebbero cambiare. Potrebbe persino essere un amico…” risponde Caroline togliendosi la sciarpa e rilassandosi nel sedile.
Il sole stava tramontando, quel giorno dell’anno era finito.
“Domani voglio andare a Praga con te, Rebekah ed Elijah. Dicono che è stupenda in questo periodo dell’anno” esclama improvvisamente la bionda e Klaus annuisce riacquistando il buon umore. Il giorno era finito e la sua Caroline era tornata.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I love you like certain dark things are to be loved ***


Ecco a voi :Caroline as the original vamp!


I love you as certain dark things are to be loved
(poem XVII Pablo Neruda)
 
Mystic Falls era esattamente come la ricordava. Un’insulsa cittadina di provincia priva di stimoli e divertimento.
Sfortunatamente quell’insulsa cittadina di provincia era la culla del sovrannaturale nonché il luogo dove finalmente avrebbe potuto raggiungere la sua più grande vittoria. Mancava solo una cosa.
La doppleganger.
“Elena ha detto che l’avremo trovata qui” mormorò annoiato il vampiro aprendole educatamente la portiera.
“Elena direbbe di tutto per aver salva la vita…” rispose neutra la vampira guardandosi intorno, poi qualcosa attirò la sua attenzione “…ma pare che stavolta la nostra piccola traditrice abbia detto la verità” terminò sorridendo compiaciuta.
Poco lontano da loro una ragazza in tenuta da cheerleader stava raccogliendo le sue cose parlando amichevolmente con una compagna.
“Si chiama Katerina Gilbert” spiegò l’altro “…ma è senza dubbio una Petrova” fece con aria sorniona.
“Conosciamo il tuo debole per le Petrova, Stefan…” disse la vampira lasciando trasparire l’irritazione “…ricorda che siamo qui per riparare al tuo danno…” esclamò prima di girare i tacchi e avviarsi di nuovo alla macchina.
Sentì immediatamente la presenza del vampiro accanto a lei “Lo so. Questa volta non ti deluderò Carolina” promise con reverenza prima di raggiungerla nell’auto lussuosa.
“Spero per te che la casa sia di mio gusto…” sospirò drammaticamente la bionda guadagnandosi un ghigno da Stefan “Ho provveduto personalmente” fece avviando la macchina “Come hai intenzione di agire?” chiese poi tornando serio.
La vampira accavallò le gambe. Era un gesto che, col tempo, Stefan aveva imparato a interpretare come cattivo segno.
Che i giochi abbiano inizio.
“Credo che mi piacerà tornare al liceo” cinguettò Carolina aprendosi in uno di quei sorrisi che rendevano Stefan nervoso.
E anche questa volta lo squartatore fu percorso da un brivido.
 
La casa era di suo gradimento, decise.
“Troppo presto per cenare?” chiese Stefan e senza aspettare risposta si fiondò con violenza su una ragazza in attesa “Corri” le sussurrò e dopo un breve vantaggio cominciò ad inseguirla. Le urla riecheggiarono per qualche secondo nell’enorme villa. Poi ci fu silenzio.
Carolina guardò gli umani restanti.
“Magari un aperitivo veloce” mormorò snudando i canini.
 
“È la nuova arrivata”
“Sembra timida”
“Credo sia una modella o qualcosa del genere”
La vampira sorrise sorseggiando la bibita. Se solo avessero saputo…
Per millenni il suo viso angelico aveva ammaliato donne e uomini prima di terrorizzarli.
L’avevano definita angelo, dea, regina.
Ma era un incubo. Nel mondo sovrannaturale il suo nome era sussurrato con paura e reverenza.
Lei era un originale, una mostruosità, un errore che la natura aveva fatto e a cui non avrebbe potuto porre rimedio.
E tra poco avrebbe rotto la maledizione. Tra poco sarebbe diventata ciò che sua madre e suo padre avevano combattuto e rinnegato.
L’ibrido originale.
“Ciao! Sei nuova? Il mio nome è Katerina, ma puoi chiamarmi Katherine. Benvenuta a Mystic Falls…Questi sono Klaus e Rebekah Mikealson”.
E la chiave della vittoria si era appena seduta accanto a lei.
“Ti ringrazio! Il mio nome è Caroline” rispose con il suo sorriso migliore. La sua attenzione fu catturata dal ragazzo di fronte a lei.
Klaus Mikaelson aveva detto?
Interessante, pensò accavallando le gambe.
 
 
Era un ibrido. Ce l’aveva fatta.
Sentiva il potere scorrerle nelle vene, la luna la chiamava e la sete di sangue l’avvolgeva. Adesso niente l’avrebbe fermata. Con la morte della doppelganger sarebbe sorta una nuova stirpe di creature pronte a servirla. Ibridi.
E non sarebbe più stata sola.
“E non hai pensato di svegliarmi prima?” la voce la riscosse dai suoi pensieri “Suvvia Bonnie, volevo risparmiarti la fatica. Non c’è bisogno di offendersi” fece sorridendo e porgendo il drink alla ragazza comodamente seduta sul suo divano.
Bonnie sbuffò “D’accordo, ma sai quanto detesti le doppelganger…avrei voluto vedere…” si lamentò come una bambina “Inoltre…non mi spiego come mai tu abbia lasciato andare il giovane vampiro, Stefan mi ha detto che c’è stato un cambio di programma…” la vampira si aprì in un ghigno “Ho dei progetti per Niklaus…” mormorò e Bonnie alzò un sopracciglio divertita “Uhm sembra che qualcuno si sia preso una cotta…” ridacchiò.
“Come ti senti?” domandò sinceramente interessata la bionda e Bonnie fece spallucce “Mi sento viva, stavolta credo di poter resistere per qualche decennio…”disse entusiasta.
Carolina guardò il fuoco “Troverò un modo per rompere anche la tua maledizione, te lo prometto…” poi si alzò riempendo nuovamente il bicchiere “…siamo ancora io e te, giusto?” volle accertarsi. Bonnie era stata rinnegata dalla sua maestra, nonché madre di Carolina, per averla tradita schierandosi dalla parte della vampira. La maledizione di Elizabeh era crudele. Bonnie avrebbe potuto assaporare pochi anni di vita ogni secolo prima di ripiombare nel sonno eterno.
La strega sorrise alzando il calice “Sempre e per sempre” giurò brindando alla loro vittoria.
 
Klaus vagava per le strade di Mystic Falls. Non poteva tornare a casa. Rebekah gli aveva detto che Mikael era lì e questo significava solo una cosa: guai.
Il fatto che ora fosse un vampiro lo rendeva ancor più suscettibile alle minacce del padre.
“Mostro” sentiva ripetere nella sua mente. Senza rendersene conto si trovò al Grill e dopo aver soggiogato il barista fece per sedersi con il suo drink.
“Ciao amore” fece una voce a lui ben nota “posso?” chiese indicando il posto libero accanto a lui.
Annuì ditrattamente e sentì la sedia spostarsi “Cosa ci fai qui tutto solo Niklaus?” domandò Carolina togliendosi il cappotto con eleganza e Klaus cercò di non badare alla scollatura pronunciata, o al profumo avvolgente della vampira.
“Non hai nessuno da torturare stasera?” ribatté annoiato e la bionda schioccò la lingua con disappunto “Sempre così scontroso…” mormorò, ma non si perse d’animo “Sabato sera darò un ballo, sai…per presentare la famiglia, e vorrei vederti lì…” propose. Klaus emise un verso di scherno “Ascolta, sei molto bella e affascinante, ma davvero credi possa accettare l’invito di un’assassina? Dopo tutto quello che ci hai fatto, hai davvero una faccia tosta-” s’interruppe sentendo distintamete il bicchiere infrangersi nella mano delicata della vampira “Ti consiglio di misurare le parole, la mia pazienza ha un limite e tu l’hai superato due minuti fa…” fece minacciosa. I loro sguardi si incrociarono e Klaus scosse la testa “Sei impossibile! Ti siedi qui, mi disturbi, mi minacci e mi inviti ad un ballo, davvero non capisco cosa stai cercando di fare…inoltre sono impegnato” disse il vampiro irritato. Carolina rise con disprezzo “Certo…La mia cara Hayley, come dimenticarlo…spero vada tutto bene dopo l’asservimento, sai potrebbe quasi sembrare un conflitto di interessi…” fece ghignando, ma l’altro ribatté immediatamente “Quello che c’è tra me ed Hayley non ti riguarda, trova qualcun altro da importunare” fece ormai più frustrato che arrabbiato.
Carolina lo guardò intensamente “Mi incuriosisci, mi interessi. Mi piaci. È davvero così strano?” chiese avvicinandosì pericolosamente a lui.
Rimasero così per qualche secondo.
Klaus non l’avrebbe ammesso neppure sotto tortura, ma la vicinanza della bionda stava risvegliando certi istinti.
Si allontanò bruscamente afferrando il giubbotto “Smettila di persguitarmi e lascia in pace Hayley” le intimò prima di uscire dal locale. Carolina digrignò i denti. Come si permetteva quell’insignificante moccioso…
“Non è andata molto bene…” sentì dire alle sue spalle. Tyler la guardava con desiderio. Avevano avuto i loro alti e bassi durante i secoli ma il vampiro le era sempre rimasto accanto. Quando la tensione sessuale esplodeva Tyler era l’unico capace di soddisfarla. Adesso però…
“Non una parola di più Tyler, o ti strappo la lingua come l’ultima volta” sibilò ordinando un nuovo drink.
Il vampiro la vide accavallare le gambe.
Niente di buono.
 
“Signor Mikaelson, sono qui per suo figlio. Ho sentito dell’incidente” fece Carolina sfoderando il suo sorriso migliore.
“Non mi interessa, quel bastardo se l’è cercat-” ma venne interrotto bruscamente da un’altra figura “Entra” disse la donna. Carolina annuì cordiale facendo un passo avanti “Sceriffo Mikaelson” salutò e la donna scosse la testa “Chiamami Esther, puoi guarire mio figlio?” domandò preoccupata. La vampira si aprì nuovamente in un ghigno.
 
Klaus si svegliò confuso. Era stato un sogno? L’angelo biondo sul suo letto, quelle promesse di un mondo al di fuori di Mystic Falls.
Quel sangue.
Si passò una mano sul viso ancora assonnato e si accorse di un foglietto accanto al comodino.
A domani sera, buon compleanno amore diceva, poi notò la scatola vicino all’armadio.
“Non è possibile” esclamò, ma non riuscì a sopprimere completamente l’ombra di un sorriso. Una collana in cuoio con un ciondolo a forma di lupo.
 
 
“Vi ho visti ballare ieri sera, è carino…” fece Bonnie cospiratoria sedendosi accanto alla vampira che sorrise di rimando “Ha un carattere molto forte, mi ha tirato contro la collana che gli ho regalato” fece scuotendo la testa e la strega scoppiò a ridere “Devi essere veramente interessata, altrimenti il ragazzo non potrebbe più camminare...”
“Bonnie, la stanza è sicura?” chiese improvvisamente seria Carolina e l’altra annuì “Credo che Elizabeth stia tramando qualcosa…” sussurrò e Bonnie annuì “Provvedo subito” disse alzandosi e posandole una mano sulla spalla “Mi dispiace Care” sussurrò.
Mi dispiace che anche questa volta tu le abbia creduto, avrebbe voluto dire.
 
 
“Dov’è Bonnie?!” gridò la vampira disperata, bloccata nella presa ferrea di Stefan e Damon.
“Bonnie sta riposando Care” fece Damon ghignando, Carolina snudò i canini “Schifoso traditore! Eri mio fratello! Vi ho protetti entrambi, vi ho salvato la vita ed è così che mi ripagate?” urlava istericamente, sapeva che stavolta erano preparati o non avrebbero rischiato tanto.
Sentì un dolore lancinante al petto. La mano di Damon era avvinghiata attorno al suo cuore “Elena potrà tornare a casa e tu farai un bel riposino sorellina” sghignazzò e Carolina emise un verso strozzato “Stef…” sussurrò guardandolo e notò il dolore riflesso negli occhi dell’altro. Non erano fratelli di sangue, ma Stefan Salvatore era suo fratello. E la stava uccidendo.
“Stefan cosa stai-” sentirono alle loro spalle.
Carolina alzò lo sguardo e incrociò quello stupito e spaventato di Klaus.
La fissava attonito senza sapere cosa fare. Avrebbe potuto pregarlo di salvarla, forse l’avrebbe fatto.
Ma sarebbe stato in pericolo.
“Ni..klaus…vattene” cercò di articolare, ma sentì le forze abbandonarla.
Riuscì ad appoggiare una mano sulla spalla di Stefan. L’avrebbe rimpianto.
 
 
“Lo sentite?” mormorò Katherine “…è il suono di una vita senza Carolina!” esclamò e tutti brindarono felici.
“Klaus tutto bene?” chiese Elijah preoccupato. Suo fratello si comportava in modo strano “Dov’è Hayley?” ma Klaus sembrava non curarsene particolarmente. Lo vide giocare pensieroso con una collanina che non aveva mai visto prima.
 
 
“Tu non capisci! Sto crescendo e ho appena cominciato a vivere veramente! Ho dei progetti, voglio studiare e diventare un artista. In nessuno dei miei piani rientri tu!” eslcamò Klaus frustrato e notò un lampo di delusione negli occhi della vampira.
Con estrema delicatezza Carolina accarezzò il viso del giovane vampiro che in così poco tempo l’aveva cambiata “New Orleans ha bisogno di una regina tesoro, non tornerò tanto presto…ma un giorno ti ho promesso che sarei stata il tuo ultimo amore e intendo mantenere quella promessa. Tu però devi dirmi la verità, voglio la tua confessione…” mormorò avvicinando il viso al suo.
Klaus la guardò confuso “Non ho fatto nulla…confessione su cosa?” chiese e Carolina sorrise sincera “Su quello che provi…per me” sussurrò e Klaus prese un respiro profondo “Non tornerai tanto presto giusto?” si assicurò e la vampira alzò un sopracciglio “Giusto” confermò.
“Bene” disse soltanto il vampiro prima di afferrare il viso della bionda baciandola con passione. Carolina sospirò sulle sue labbra e rispose con vigore al bacio prima di spingere il ragazzo contro l’enorme pino e strappargli la maglietta senza tante cerimonie.
Si amarono fino al tramonto.
 
“Pronto?” sentì la sua voce melodiosa rispondere. Non era sicuro di cosa le avrebbe detto…
“Caroline” mormorò languido. Dio quanto gli era mancata! Solo lui poteva chiamarla così.
“Niklaus, è bello sentirti…” disse la vampira e Klaus la immaginò sorridere compiaciuta “Stai bene?” gli chiese.
“Qui va tutto bene, l’università è bellissima. Casualmente ho avuto la camera migliore del campus…mi chiedo come sia stato possibile…” disse divertito. Non le aveva detto che stava bene perché dalla loro sera nel bosco niente l’aveva più fatto stare bene.
La vampira rise “Te la meritavi amore…” fece soddisfatta.
“Caroline mi man-” era sul punto di dirle ma sentì, dall’altro capo del telefono, qualcuno entrare.
“Scusa tesoro ma devo andare” disse lei dispiaciuta “Certo” fece lui, ma la delusione era evidente nel suo tono di voce.
“Spero di sentirti presto Niklaus e…” fece una pausa come accertarsi di essere sola “…mi manchi anche tu amore” sussurrò prima di riattaccare.
 
Klaus rientrò in camera dopo la festa del campus. Non risuciva a lasciarsi completamente andare. Ogni chioma bionda gli ricordava lei e questo lo stava facendo impazzire. Si buttò sul letto stancamente e notò solo in quel momento la busta sul cuscino.
Col cuore in gola l’aprì. Un biglietto per New Orleans.
La sua risata echeggiò per la camera.
Domani avrebbe fatto i bagagli.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** My Heart to mild frenzy her Beauty inspires ***


Ok non uccidetemi ma ultimamente con la mancanza di vero Klaroline mi è venuta in mente questa one-shot, è una Carenzo, ma vi prego di darle una possibilità. Buona lettura.
(Ci sarà una seconda parte).

 
And Death Shall Have No Dominion
 
My heart to mild frenzy her beauty inspires
(The Valse by Paul Laurence Dunbar )
 



Enzo perché continui a spostare le mie cose?!” strillò Caroline dal corridoio.
“Le sposto quando le tue cose stanno in mezzo alle mie…” rispose il vampiro annoiato cambiando canale per l’ennesima volta.
“Non cambiare! Adoro questo film!” esclamò la bionda saltando letteralmente sul divano accanto a lui, sembrava entusiasta mentre alla protagonista venivano svelate le sue origini  regali.
“Cosa ci trovate voi donne nelle fiabe di tanto speciale?” chiese improvvisamente Enzo con tono fin troppo serio. Caroline lo guardò incuriosita prima di ingurgitare un altro cucchiaio di Ben & Jerry “Perché me lo chiedi?” domandò e lo vide cambiare atteggiamento “Non saprei…le trovo sopravvalutate…” fece incerto accennando con un gesto della mano alla protagonista e al principe.
Anche Caroline cambiò espressione “…forse non hai ancora trovato la tua principessa…” propose ed Enzo scoppiò a ridere “Oh riccioli d’oro, fidati, negli anni ho avuto davvero tante principesse e persino sorellastre…” fece aprendosi in un ghigno. La bionda continuò a fissarlo intensamente, come alla ricerca di qualcosa “Ma nessuna era quella giusta” mormorò e vide il sorriso sparire dal volto di lui “No, non è mai quella giusta” lo sentì sussurrare prima di tornare al film come se nulla fosse.
 
 “Ancora non capisco perché abitiate insieme, Care…” mormorò Elena preoccupata dall’altro capo del telefono e la bionda alzò gli occhi al cielo.
“Elena, te l’ho già detto! Da quando Mystic Falls è off limits e siamo rimasti entrambi soli, abbiamo deciso di dividerci la casa…” fece come se la storia fosse stata ripetuta migliaia di volte. Elena sembrava non voler capire. E non era la sola, a dire la verità.
Sua madre aveva fatto un po’ di resistenza ma era bastato un caffé con Enzo per farle cambiare idea –Caroline ancora non sapeva cosa avesse detto il vampire per conquistare lo sceriffo- Damon invece aveva fatto qualche stupido commento sul fascino di accenti e manie omicide, mentre Stefan non le parlava.
“D’accordo allora salutami il tuo fidanzato!” aveva esclamato Elena ancora incerta “Coinquilino! Siamo solo coinquilini!” aveva precisato frustrata la bionda prima di riattaccare.
Possibile che nessuno volesse capire che non c’era nessuna implicazione romantica?! Le tornò automaticamente in mente il giorno in cui avevano stabilito la strana situazione.
 
Enzo era nel locale da tempo. Ed era terribilmente a corto di un compagno di bevute. Nonostante Damon avesse ucciso la sua ragazza, Enzo sapeva anche che era pentito e dispiaciuto per l’accaduto. Per questo aveva pensato che, una volta tornato dall’aldilà, sarebbe bastata una semplice resa dei conti -magari un gancio vecchio stile dritto alla mascella- per poi concludere la faida davanti a un buon bicchiere di rum.
Aveva pensato di perdonarlo, non certo di piangere la sua morte.
La porta del locale si aprì e il vampiro fu inebriato da un profumo familiare. La sentì sedersi proprio accanto a lui, ma Enzo ignorò il suo sguardo insistente.
Avrebbe voluto piangere. Invece continuò a bere.
Improvvisamente vide la sua piccola mano rubargli l’ennesimo bicchiere e ingurgitarlo in un solo sorso. La sentì tossire e sopprimere un verso di disgusto.
“…rum scadente tesoro, non è fatto per piacere…” le disse ironico e notò lo sguardo di mal celata irritazione che la bionda gli riservò “Senti dolcezza, lasciami soffrire in pace e tornatene a quel gruppo di disadattati a cui tieni tanto…” fece velenoso e vide lo sguardo di lei indurirsi. Un fuoco bruciava in quegli occhi ed Enzo ne fu spaventato, poco più in la e si sarebbe scottato.
“Non sei il solo ad essere ferito, tutti abbiamo perso qualcuno…” fece poi con tono spezzato ed Enzo avrebbe voluto prendersi a schiaffi per averle parlato così “La strega Bennet…” disse e la vide annuire “Era una brava persona, lo so…” mormorò dispiaciuto. Non sapendo bene cosa fare le porse di nuovo la bottiglia che lei accettò di buon grado.
Qualche ora dopo erano entrambi totalmente ubriachi con Enzo che cercava di portare Caroline a casa “Dove abiti tesoro?” chiese biascicando e la sentì ridere “In fondo a questa strada sulla destra…o era sinistra? Pfff…” continuarono così per un po’ ma alla fine raggiunsero il vialetto di ingresso della piccola villetta.
“Notte riccioli d’oro, dovremmo farlo più spesso…” mormorò il vampiro sull’uscio vedendola cercare le chiavi nella borsetta e fece per andarsene “Enzo!” lo chiamò “Tu dove abiti?” chiese Caroline curiosa. Dopo il dramma di Mystic Falls erano stati tutti costretti a trovare nuove abitazioni.
Il vampiro sembrò a disagio “..un po’ qui, un po’ la…sai com’è la vita nomade tesoro…” disse con un sorriso tirato.
La vide riflettere per qualche secondo “Proposta: vieni a stare da me, ci dividiamo l’affitto e nel frattempo cerchiamo un modo di riportarli indietro…so che lo stai già facendo per conto tuo, come io lo sto facendo per conto mio…facciamolo insieme!” esclamò ancora ebbra lanciando le mani in aria.
Enzo avrebbe voluto dirle di no. Era assolutamente la peggiore idea che potesse venirle in men-
“Accetto”.
 
 
Gli erano serviti esattamente due giorni per creare una routine. Fare colazione insieme e parlare dei programmi dell’altro per la giornata, come cercare una strega capace di riportare indietro i morti.
Nel frattempo avevano trovato Stefan, ma sarebbe stato meglio per lei non averlo fatto. Era distrutto e amareggiato e il viaggio era stato un completo disastro. Caroline ne era uscita devastata, ma nessuno dei due parlò mai del perché Caroline piangesse né tanto meno di cosa avesse fatto Enzo nei minuti successivi.
Alla fine anche Damon era tornato e le cose sembravano migliorate.
Fu riportata alla realtà dal suono insistente del suo cellulare, guardò il nome lampeggiare. A questa telefonata non avrebbe risposto e con passo sicuro tornò in salotto “Ehi pelandrone! L’affitto non si paga da solo, muovi il sedere dal divano e fa’ qualcosa!” gridò prima salutarlo “Mi vedo con mia madre, sarò a casa per cena e mi raccomando…” fece minacciosa puntandogli il dito contro “Niente casini!” lo avvertì prima di uscire.
Niente casini, imitò mentalmente il vampiro storcendo il naso prima di alzarsi. Glielo diceva ogni maledetta volta, come se le sue parole potessero condizionarlo in qualche modo!
Quella sera avrebbero mangiato sushi, decise andando in cucina. Gli serviva solo sapere se in casa avevano le bacchette. Non appena mise piede nella stanza sentì qualcosa vibrare dall’isola al centro. Caroline aveva lasciato il cellulare a casa. Fantastico, si disse, adesso avrebbe anche dovuto farle da segretario.
Poi il nome sullo schermo attirò la sua attenzione. Klaus-non rispondere!.
Sapeva benissimo chi fosse, Damon l’aveva aggiornato su tutto ciò che era accaduto e aveva indugiato in particolare su una liason tra l’ibrido e una certa bionda di sua conoscenza.
Caroline non aveva mai parlato di lui ed Enzo non aveva mai fatto domande, ma evidentemente le cose non erano finite nel migliore dei modi dato che questo era il tredicesimo tentativo –amico! Fatti qualche domanda- di contattare Caroline non andato a buon fine.
Non seppe il perché ma l’idea che qualcuno potesse dar fastidio o far soffrire Caroline lo irritò. Guardò di nuovo il telefono, ma decise di non rispondere. Cuoci nel tuo brodo, bastardo!
 
“Ottima idea il sushi!” sorrise Caroline intenta a ripulire dopo aver finito la cena.
Enzo la guardava intensamente appoggiato al bancone -l’aveva fatto da quando era tornata- e la cosa cominciava a non esserle indifferente.
Dopo un altro minuto sbatté con vigore il piatto che si infranse miseramente nel lavandino e voltandosi imitò la posizione del vampiro incrociando le braccia “Allora, si può sapere cos’hai? Sei strano stasera…” fece avvicinandosi ed Enzo alzò un sopracciglio “Perché Klaus continua a chiamarti?” domandò fissandola dritta negli occhi e la bionda deglutì a disagio “E tu com-” “Hai lasciato il cellulare a casa oggi pomeriggio, ho visto che squillava” spiegò lui.
Caroline aprì la bocca due o tre volte ma le parole non uscivano. Aveva provato a concentrarsi su altro dopo la partenza di Klaus e fortunatamente Mystic Falls le aveva dato non poco a cui pensare, ma l’ibrido sembrava non essere altrettanto clemente. Poi c’era stata l’altra faccenda
“Caroline” venne riportata alla realtà dall’insistenza del vampiro.
Non poteva parlarne, se l’avesse fatto sarebbe cambiato tutto. Lei e Klaus…lei e Enzo…
Così agì d’istinto “Ma a te cosa importa eh? Non sei il mio ragazzo! Non hai nulla da pretendere da me se non la mia metà d’affitto, quindi smettila di fare domande e lasciamo stare questa stupida storia…” disse tutto d’un fiato e seppe di aver sbagliato quando vide un lampo di tristezza attraversare lo sguardo dell’altro, sostituito immediatamente da un sorriso tirato “Come vuoi, sto uscendo –mormorò prendendo la giacca- non aspettarmi…” e senza darle il tempo di rispondere -di scusarsi diamine!- sparì nel buio lasciandola in mezzo alla cucina sommersa dai sensi di colpa.
 
 “Ehi amico vacci piano! È il terzo di fila…” balbettò il barista incerto vedendo l’uomo scolarsi il terzo bicchiere di rum, avendo tutta l’aria di volerne un altro.
Enzo si sporse verso di lui e bastò un impercettibile movimento degli occhi e delle labbra perché in pochi secondi arrivasse l’intera bottiglia.
“Ciao” sentì mormorare al suo fianco e voltandosi si maledisse per aver pensato -sperato- di vedere altri occhi, altri capelli. Un'altra donna.
“Sembri un po’ giù, ti va un po’ di compagnia?” chiese la ragazza con fare provocante. Enzo la guardò per qualche secondo, prima di scuotere amaramente la testa “No, sera sbagliata” mormorò tornando al suo rum e la sentì sospirare “…forse ragazza sbagliata” prima di andarsene.
Fu come se le parole l’avessero attraversato da parte a parte. Era stato un idiota.
La verità era che l’aveva desiderata fin dall’inizio.
Era bella, intelligente e con uno spirito battagliero. E sapeva tenerlo a bada. All’inizio si era detto che era solo per il gusto della conquista. Se lo ripeteva ogni volta che lei, con un gesto secco della mano spostava i lunghi capelli dorati, passandogli davanti senza degnarlo di uno sguardo.
Ma poi era subentrato il rispetto. C’era stato di più delle semplici frecciatine durante il viaggio ad Atlanta, dove aveva visto quanto ancora brillasse dentro di lei la sua umanità. E come una falena vicino alla luce, lentamente e inconsapevolmente, ne era stato attratto.
Da quando poi avevano iniziato la loro strana convivenza aveva imparato a conoscerla ancora meglio. Le sue abitudini, i suoi ritmi e i suoi gusti. Erano diventati una sorta di amici senza neppure accorgersene. Ricordò una conversazione avuta con Damon pochi giorni prima –non ti ho mai visto così di buon umore!
Non poteva durare molto, avrebbe dovuto immaginarlo.
Rise amaramente passandosi una mano davanti al viso. Un’altra donna che non avrebbe potuto avere.
Complimenti Lorenzo, si disse mentalmente buttando giù un altro sorso.
Nessuna è quella giusta, le aveva detto pochi giorni prima.
Forse era lui ad essere quello sbagliato.
 
 
Stupido! Stupido! Stupido! Continuava a ripetere la vampira guardandosi intorno.
La voce riecheggiò all’interno del veicolo “Ancora non capisco perché tu lo stia facendo Care, non potete essere amici…ha ucciso delle persone!” esclamò Stefan irritato all’altro capo del telefono e la bionda assottigliò lo sguardo “Già…esattamente come te, Damon, Elena e me. Cosa dovremmo fare mh? Impalarci a vicenda? Toglierci gli anelli e vedere che succede? Oppure questa tua etica vale solo per le persone che non sono legate a te? Ciao Stefan, non dovevo chiam-” “Pensavo fossi migliore di così, andiamo Caroline…Enzo! Ormai dovresti aver imparato la lezione…” esclamò enfatizzando il nome e per un secondo Caroline sentì le orecchie fischiare “Oh ma l’ho fatto Stefan. Ho imparato a scegliere degli amici leali, persone che non mi faranno sentire la ruota di scorta solo perché hanno bisogno di andare avanti. Eccome se ho imparato la lezione, Stefan, sei stato proprio tu a insegnarmela…” mormorò delusa la vampira prima di riattaccare.
La pioggia mista alla scarsa illuminazione giocava dei brutti tiri alla sua vista sovra sviluppata e per  l’ennesima volta credette di vederlo. Immediatamente abbassò il finestrino “Enzo!” esclamò, ma ancora una volta si accorse imbarazzata di averlo confuso con qualcun altro.
Frustrata sbatté un paio di volte la testa sul volante. Dove sei? si continuava a chiedere. Ormai era un’ora che lo cercava. Poi qualcosa attirò la sua attenzione. Era stato un gioco di luce tra la pioggia, il lampione e la bottiglia che un uomo teneva in mano. Lo studiò meglio e quando fu certa fosse lui accostò la macchina e scese.
“Enzo! Si può sapere che cavolo stai facendo?!” gridò e lo vide bloccarsi a qualche metro da lei. Poi ricominciò a camminare e non le sfuggì l’andatura incerta. “Sei ubriaco?! Ugh! Incredibile!” esclamò andandogli incontro e con un gesto rapido fece scivolare il braccio del vampiro sulle sue spalle “Come mi hai trovato, riccioli d’oro?” chiese con tono neutro il vampiro appoggiando la fronte sulla spalla di lei. La bionda sbuffò prima di grugnire “Ho scaricato una app GPS sul tuo telefono…ma NON farti strane idee, d’accordo?” fece trascinandolo verso la macchina.
“Dove stiamo andando?” chiese il moro sottovoce dopo qualche minuto di guida e Caroline, guardandolo dallo specchietto, accennò un sorriso “Andiamo a casa” mormorò.
 
Aprì gli occhi e avrebbe voluto non averlo fatto. Una fitta lancinante gli trapassò il capo.
Decisamente aveva bevuto troppo la sera prima. E in un istante gli tornarono alla mente gli avvenimenti che l’avevano spinto a uscire.
“Non ne ero innamorata” sentì dire e si alzò a sedere, portandosi automaticamente la mano alla testa. Caroline era seduta ai piedi del letto, ma non lo guardava. Sembrava persa in un ricordo. Enzo fece silenzio e la ascoltò.
“Non ne ero innamorata ancora, ma sarei potuta esserlo. Non tra un anno, ma forse dopo un decennio avrei percepito le cose diversamente. Avrei percepito lui diversamente e gli avrei dato una possibilità. Per questo l’avevo spinto a promettermi di non tornare…una volta pronta, sarei andata io. Abbiamo continuato a sentirci per telefono, sciocchezze su come era andata la giornata, solo per sentire l’uno la voce dell’altro…fino a quel giorno-” fece una pausa e il vampiro notò la mano pallida formare un pugno.
“…ho ricevuto una telefonata dal suo numero. Ma quando ho risposto al telefono mi sono accorta che non era lui. Hayley- Damon ti avrà parlato di lei no?” si bloccò guardandolo e lui annuì semplicemente. Hayley era la piccola traditrice che aveva sacrificato dodici persone –amici- per i suoi interessi. Cosa aveva a che fare con l’ibrido?
“-beh mi ha detto di essere a New Orleans, con lui. Mi ha pregata di smetterla, di sparire dalle loro vite e lasciar stare la sua famiglia…evidentemente non avevo ben compreso il senso delle sue parole al momento perché prima che potessi ribattere- non so come sia potuto accadere ma…” la vide scuotere la testa e deglutire “…hanno una bambina-” “Chi?” domandò Enzo non sicuro di aver capito gattonando verso di lei e Caroline sorrise triste “Klaus ed Hayley hanno una bambina. Hope. Non ho voluto sentire altro, per me era già abbastanza sapere di essere l’ultima scelta ancora una volta…Ovviamente da quel giorno non l’ho più sentito…” la bionda percepì la mano tiepida di Enzo accarezzarle la testa “Mi dispiace, non volevo litigare con te” le mormorò e Caroline represse a malapena un singhiozzo “Dopo le cose terribili che ti ho detto non dovresti essere tu a scusarti…” e le venne spontaneo abbracciarlo, così come fu istintivo per lui stringerla a sé.
“Se può farti star meglio, sappi che per qualcuno sarai sempre al primo posto…” sussurrò il vampiro tra i suoi capelli, ma non seppe mai se la bionda lo sentì.
Al piano inferiore il cellulare di Caroline smise di squillare.
 
 
“Allora, riccioli d’oro, le vacanze sono iniziate…dove ti piacerebbe andare?” domandò Enzo durante la colazione. La vampira lo guardò alzando un sopracciglio “Il solito arrogante! Cosa ti fa pensare che io voglia trascorrere le vacanza estive con te?” chiese sporgendosi con le braccia incrociate. Enzo si aprì in un ghigno “Andiamo dolcezza…mi hai visto?” fece malizioso guadagnandosi una risata da parte della bionda. Sentirla ridere era come una ventata di aria fresca.
Caroline finì il succo d’arancia e ci pensò un attimo “Barcellona!” esclamò e vedendolo sorridere non poté fare a meno di chiedere “Ci sei mai stato? Com’è il clima? Conosci qualche museo da visitare?Hai già in mente un tour della città?” domandò come una mitragliatrice e il vampiro alzò una mano per bloccarla “Rallenta Caroline…non ci sono mai stato. Ho perso qualche decennio alla Augustine, ricordi? Sarà bello visitarla insieme…ma ti prego, niente musei! Troveremo qualcos’altro da fare…” disse muovendo le sopracciglia sornione e la risata di lei lo contagiò.
Non sapevano come definirsi. Non erano insieme, non in quel senso, ma avevano sicuramente superato il livello “amici”.
Per ora sarebbero stati compagni di viaggio.
“Oh no! Ho bisogno di un cappello! Devo uscire a prendere le ultime cose, finisci la tua valigia! A dopo…e niente casini!” disse la bionda baciandolo velocemente sulla guancia prima di uscire emozionata come non mai.
 
Mentre chiudeva il suo borsone Enzo sentì squillare il telefono di casa e si fiondò in salotto.
Non fece in tempo ad alzare la cornetta che-
“Caroline” sospirò una voce dal forte accento inglese.
Il vampiro era impietrito.
Era lui e conosceva il numero di casa loro. Venne colto da una rabbia irrazionale. Dopo tutto quello che le aveva fatto continuava a tormentarla? Cercò di calmarsi e si chiese se l’ibrido sapesse proprio tutto di loro.
“Caroline è occupata al momento, amico” rispose sicuro senza nascondere la soddisfazione nel tono di voce.
Ci fu silenzio dall’altra parte.
“…e lo sarà per parecchio tempo, quindi ti consiglio di non richiamare più -anzi di cancellare- il numero di casa nostra…” terminò sibilando l’ultima parte e poté giurare di sentire un ringhio all’altro capo del telefono “Non credo tu sappia con chi hai a che fare…” mormorò l’altro con tono cordiale, ma Enzo sapeva bene che era tutta una farsa “In ogni caso ti prego di salutare Caroline da parte mia, se durante le vacanze le andasse un po’ di svago sa dove trovarmi…” fece a mo’ di saluto, ma il vampiro non gli avrebbe permesso di cavarsela così “Le nostre vacanze sono già state programmate, ma grazie lo stesso…inoltre credo che Caroline non si sentirebbe a suo agio a New Orleans, sai…Hayley, la bambina e tutto il resto…ma le dirò che hai chiamato, addio!” esclamò soddisfatto. Fece appena in tempo a sentire un come fai a-
Ops si disse guardando la cornetta frantumata nella sua mano.
Oh beh, non è che avessero altro da dirsi comunque.
 
Erano atterrati a El-Prat e Caroline si sentì al settimo cielo. Continuava a guardarsi intorno ed emettere gridolini di eccitazione.
Ce l’aveva fatta. Era fuori da Mystic Falls, in Europa per giunta!
Guardò l’uomo a pochi passi da lei al ritiro bagagli e sorrise tra sé. Enzo era entrato nella sua vita nel peggiore dei modi e adesso non poteva immaginare un mondo senza di lui. Enzo sapeva che Caroline era triste, una ragazza la cui vita era stata segnata da una serie di catastrofi. Sapeva che aveva bisogno di un cambiamento, aveva bisogno di divertirsi, ubriacarsi, ridere e ballare. Aveva bisogno di andare via da lì. E la bionda sapeva che anche Enzo ne aveva bisogno.
Gli era profondamente grata.
Barcellona sarebbe stata un ottimo inizio, un posto in cui avrebbero potuto lasciarsi andare e dimenticarsi per un po’della vita lasciata lontana chilometri e chilometri.
Caroline sapeva anche che Enzo la desiderava. Lo poteva intuire dal modo in cui lui la guardava, lo sentiva dal calore della sua mano mentre gentilmente la guidava verso l’uscita dei taxi.
Avrebbe solo dovuto farle strada e lei avrebbe seguito.
Non era amore per ora. Ma questa nuova possibilità la rendeva euforica, le faceva pensare ad una vita nuova priva di dolore o rimpianti. Avrebbe vissuto questi giorni al massimo. Con lui.
Doveva solo farle strada.
“Da questa parte riccioli d’oro…” disse il vampiro aprendole la portiera e porgendole la mano.
Caroline l’afferrò.
Lei avrebbe seguito.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** My heart to a mild frenzy her beauty inspires - pt.II ***


My heart to a mild frenzy her beauty inspires
-Part II-
 

“Enzo è magnifico!” squittì Caroline sporgendosi pericolosamente per ammirare il panorama mozzafiato. Si trovavano nel coloratissimo Park Guell e la vampira si era sentita subito a suo agio. Era tutto così pieno di vita, l’energia si poteva respirare e-
“Te l’avevo detto riccioli d’oro…molto meglio di un semplice museo!” fece Enzo guardandola compiaciuto.
La vacanza procedeva perfettamente e i due avevano legato ancora di più. Di giorno visitavano ogni attrazione, mangiavano nei locali meno conosciuti, la sera si divertivano in qualche discoteca o semplicemente passeggiando insieme, come la sera in cui Caroline aveva ballato per un’ora con dei musicisti di strada. Non l’aveva mai vista divertirsi tanto. Di notte ognuno aveva la sua stanza seppur comunicante e per il vampiro era una tortura sentirla muoversi nel sonno e non poterla abbracciare, stringere a sé. Ma sapeva che entrambi avevano bisogno di tempo.
I giorni a Barcellona passavano troppo velocemente per i suoi gusti.
Caroline lo rendeva sereno.
Il volto di Maggie non lo perseguitava più nei suoi incubi, così come i ricordi del dolore e della prigionia. L’angoscia era stata sostituita dalla pace, le grida dalla vibrante risata della ragazza.
Enzo si sentiva sopraffatto da questo sentimento di totale adorazione nei confronti della giovane vampira. Ma che fosse addirittura amore? Non ne era sicuro.
Questo fino al giorno prima della partenza.
Caroline era stata strana per tutta la giornata, come un bambino che vorrebbe a tutti i costi vuotare il sacco, ma tenta comunque di mantenere il segreto.
Il sole stava tramontando “Tutto bene riccioli d’oro?” le chiese sotto la guglia di Santa Eulalia. Erano nel Barrio Gotico e dopo un aperitivo avevano deciso di fare una passeggiata.
Caroline lo superò piazzandosi di fronte a lui aprendosi in un enorme sorriso. Dalla borsa estrasse un piccolo sacchetto decorato e senza dire nulla glielo porse.
Enzo corrugò la fronte e aprì il pacchetto. Tirò fuori un semplice braccialetto di cuoio intrecciato “Ho visto che lo fissavi in quella bancarella al Mercat Del Encants” la voce di lei lo riscosse dai suoi pensieri “…e siccome non guardi nulla per più di un minuto ho capito che era la scelta giusta...” esclamò la bionda dondolando sui talloni e scrutandolo curiosa.
Enzo sapeva di dover reagire, almeno ringraziare, ma era come paralizzato. Era davvero un bel braccialetto, ma c’era di più. Lei aveva pensato a lui. Aveva notato il suo interesse per quel braccialetto e senza farsi scoprire era tornata a prenderlo. Per lui.
Nessuno gli aveva mai regalato nulla.
“Uhm…ti piace, vero?” la sicurezza di prima sembrava svanita, Enzo alzò lo sguardo sulla vampira incerta, e si affrettò a rassicurarla “Grazie Caroline, è bellissimo” sussurrò e il suo cuore fece una capriola davanti al sorriso disarmante di lei “Posso?” fece indicandolo e senza aspettare risposta la bionda gli prese il polso e, soddisfatta di non vedervi intorno altri braccialetti, allacciò i piccoli gancetti “Perfetto!” dichiarò, poi come se avesse dimenticato qualcosa tirò fuori il telefono.
“Vieni qui Enzo!” lo chiamò dopo essersi spostata in una zona migliore. Il vampiro si avvicinò e sentì il braccio di Caroline circondargli la vita “Sarà un bellissimo ricordo” disse lei scattando la foto.
Quando più tardi, nella sua stanza, Enzo la osservò con più attenzione capì di essere fregato.
Nella foto, mentre Caroline guardava l’obiettivo, Enzo guardava Caroline.
 
 
“Si prega i gentili passeggeri del volo 273 diretto a Londra di recarsi al gate 4” gracchiò la voce metallica ed Enzo sbuffò guardando l’orologio. Ancora venti minuti.
L’aeroporto lo rendeva nervoso. Non sapeva come sarebbe stato una volta tornati a casa. Si era chiesto per tutta la notte cosa sarebbe successo. Tutto sarebbe rimasto uguale? Sicuramente Mystic Falls non era cambiata: Elena e i suoi drammi, un nuovo cattivo da sconfiggere…le solite cose insomma!
Non era giusto. Odiava il fatto che Caroline si sentisse in dovere di sacrificare i suo tempo, di mettere a rischio la sua vita, per persone –amici!- che si erano dimostrate perfettamente ingrate.
Non era giusto.
Si guardò intorno. Caroline era andata a vedere la boutique con quegli stupidi souvenir e lui se ne stava buono a fare la guardia ai bagagli.
Cinque minuti dopo la vide tornare con una strana faccia. Alzò un sopracciglio curioso. Niente ciarpame, ma nascondeva qualcosa dietro la schiena.
“Ok, diciamo che ho fatto una follia…” balbettò ed Enzo sorrise “Non sarebbe la prima volta riccioli d’oro” Caroline alzò gli occhi al cielo ma continuò “…Mystic Falls è molto noiosa in questo periodo e tutti sono in vacanza, così mi sono detta ehi! Perché tornare così presto? Ho ancora un mese prima del college! Così ho pensato beh- arrossì- che visto che eravamo in giro…” “Cosa nascondi lì dietro?” chiese Enzo sorridendo sghembo e Caroline ridacchiò “Non c’era nessun cappello che mi piacesse così ho preso questi…” gli lanciò un paio di guanti “Andiamo ad Aspen!” gridò saltellando e sventolando i nuovi biglietti prima di cominciare a elencare l’occorrente –ci serviranno scii, snowboard, maglioni e giacche calde- e Enzo sentì un peso sparire dal cuore.
Caroline voleva stare con lui. Non era stufa, non voleva tornare a casa. Voleva stare con lui.
Istintivamente l’abbracciò e lei si interruppe ricambiando il gesto divertita “Partiamo tra mezz’ora” mormorò e lui annuì tra i suoi capelli. Poi si irrigidì “Caroline” sussurrò e lei si scostò preoccupata “Qualcosa non va?” fece “Non so sciare” ammise il vampiro imbarazzato. Caroline lo fissò dritto negli occhi “Neanche io” disse con estrema serietà. Poi entrambi scoppiarono a ridere.
 
A qualche metro di distanza una coppia guardava la scena, uno di loro scattò una foto prima di fare una telefonata “Dite a Klaus che li abbiamo trovati.”
 
 
Questa volta avevano optato per uno chalet. Non era grande, non avevano bisogno di molto spazio, ma c’era il necessario e ovviamente: camere separate.
Era quasi l’una di notte quando arrivarono, il tempo di sistemarsi e farsi una doccia prima di mangiare qualcosa davanti al caminetto “Pensi mai a come sarebbe stata…” fece Caroline guardando il suo calice di vino rosso “…se non fossi stato trasformato intendo…” domandò ed Enzo deglutì prima di rispondere “Sì, ma non importa, non sarei durato molto in ogni caso…sai, la guerra…” disse agitando una mano e Caroline sorrise “Scommetto che eri un bravo soldato” ed Enzo scosse la testa “Nessuno lo è davvero, ti convinci di aver visto tutto, di non avere più paura di niente, ma non è così…” mormorò perso in un ricordo, sentì Caroline farsi più vicina a lui sul divano “Cosa è successo?” chiese ed il vampiro appoggiò la nuca sullo schienale del divano “Era il 1940 ed ero stato incaricato dalla RAF inglese di rispondere ai bombardamenti tedeschi contro Londra. Con il mio spitfire sono riuscito a distruggere un paio dei loro bimotori, ma qualcosa andò storto e venni colpito da qualche parte vicino al Sussex…” fece e Caroline notò la punto d’orgoglio nel suo tono “…miracolosamente riuscii ad uscire e ad atterrare illeso su questa distesa, avevo seguito il protocollo, i nemici erano eliminati ed io ero vivo. Poi però sentii qualcosa sfiorarmi la tempia. Un soldato tedesco si era salvato e stava sparando contro di me. Riuscii a disarmarlo, ricordo che il cuore mi batteva all’impazzata. Eravamo io e lui capisci? A mani nude, l’uno contro l’altro. Sapevo che solo uno sarebbe tornato a casa e non avevo intenzione di morire lì…” fece una pausa e sentì la mano della vampira afferrare con delicatezza la sua “Gli strinsi le mani intorno al collo, lui graffiava e scalciava, ma io non mollavo. Poi mi guardò negli occhi e non si mosse più…” concluse e scosse la testa come a voler scacciare l’immagine.
Caroline si sentì in colpa, non voleva turbarlo in questo modo “La morte? È questo che ti ha spaventato?” chiese ma Enzo la guardò negli occhi “No tesoro. È stato il mio riflesso negli occhi di quel cadavere a terrorizzarmi” fecero silenzio per qualche minuto.
Caroline sentiva di dover dire qualcosa “Ti sembrerà infantile dopo quello che hai detto, ma la mia paura più grande è quella di non essere abbastanza –aspetta!-” fece alzando una mano per bloccare le sue proteste “…da quando ero piccola ho sempre cercato di essere la migliore in tutto, di avere il controllo su tutto e tutti. Se tengo tutto sotto controllo non può capitare niente di brutto no?” domandò retorica “…all’inizio funzionava, ottimi voti, capo cheerleader…ma poi i miei genitori divorziarono, mio padre se ne andò di casa. Immagino che quello fu il primo colpo. Cominciai a diventare invidiosa della mia migliore amica. Elena aveva tutto quello che volevo io e non sembrava fare il minimo sforzo per ottenerlo. Mi vergogno tanto adesso…” mormorò portandosi le mani davanti al viso “…poi sono arrivati i fratelli Salvatore, Stefan era così gentile ed io ovviamente non potevo lasciarmi scappare l’affascinante nuovo arrivato. Beh neppure Elena suppongo. Un altro colpo. Poi…” si fece incerta, Damon ed Enzo erano amici, non voleva creare problemi “…beh diciamo che il tentativo di ripiego sul fratello maggiore non andò a buon fine…” lo vide fermarsi di scatto, il bicchiere a mezz’aria “Tu e…Damon?” chiese e la vide annuire “Non me ne aveva parlato” si disse lui e notò qualcosa attraversare lo sguardo della bionda “Elena aveva vinto di nuovo. Poi c’è stato Matt, il ragazzo più dolce che abbia mai conosciuto. Non ha preso bene la mia trasformazione, ma in fondo credo che non avesse davvero dimenticato Elena. Per fartela breve sul resto: Tyler ha scelto la vendetta, Klaus il potere. Nessuno ha mai scelto me. La mia paura è di non meritarlo…” sospirò, poi cercò di alleviare la tensione con una spinta “Ehi! Guarda che non l’ho mai detto a nessuno, quindi sentiti onorato…” esclamò accennando un sorriso a cui lui non rispose costringendola ad abbassare lo sguardo e sussurrare “Ho paura di questo rancore, temo di diventare una persona cattiva, quel mostro che mio padre ha passato tanto tempo ad odiare…” Caroline lo sentì muoversi e sentì le sue mani circondarle il viso spingendola a guardarlo “Hai presente chi dice siamo quello che facciamo? Cazzate. Noi siamo chi desideriamo essere. Vuoi essere cattivo? Sei cattivo. Buono? Buono. È veramente molto semplice” disse memorizzando ogni lineamento del suo viso “Sei la persona migliore che conosca Caroline, chiunque non l’abbia ancora capito non merita nemmeno un minuto del tuo tempo…” sussurrò intensamente e la vampira trattenne il respiro. Inaspettatamente Enzo le diede un bacio proprio sulla punta del naso prima di alzarsi “Domani ci aspetta una bella giornata, splendore…meglio riposare…” disse avviandosi verso la sua stanza, Caroline lo seguì. La conversazione l’aveva stremata, ma le parole di Enzo le fecero tornare in mente qualcuno.
“E che mi dici di una persona che desidera essere amata, desidera immensamente non rimanere sola, ma continua inevitabilmente a ferire gli altri?” domandò sull’uscio della camera da letto.
Di fronte a lei Enzo si voltò facendo per entrare nella sua “Vuol dire che non lo desidera abbastanza” sussurrò “Buonanotte riccioli d’oro” disse chiudendosi la porta alle spalle.
Caroline si sentì immensamente triste pensando a quella persona.
 
 
“Lanciamoci in pista Enzo!” aveva esclamato Caroline prima di fiondarsi giù a spazzaneve. Sembrava divertente, pensò il vampiro seguendola.
Ed era bello lasciarsi andare, la velocità, l’adrenalina. I suoi sensi sviluppati gli permettevano di schivare gli ostacoli senza problemi. Poi sentì un gridolino e spostò lo sguardo alla sua destra, dove poco prima c’era Caroline.
Dove diavolo era?
Si fermò bruscamente e finalmente la vide. Sgranò gli occhi e si fiondò da lei.
 
Ottima idea Forbes, si disse la vampira a terra. Aveva finito col prendere troppo velocità…e una roccia.
L’impatto era stato violento e l’aveva scagliata a qualche metro di distanza. Cercò di rialzarsi ma soppresse un grido di dolore. Costola e caviglia rotta. Sarebbero guarite nel giro di qualche minuto, ma facevano un male schifoso!
“Caroline!” sentì gridare e si ritrovò un Enzo dall’aria atterrita in ginocchio di fronte a lei “Stai bene?! Cosa è successo?” chiese allarmato togliendosi gli occhiali e i guanti e, sentendola lamentarsi, guardò con attenzione cercando qualche ferita  “La caviglia è rotta…forse una costola, qualche minuto e passerà” disse lei in un misto tra dolore e divertimento. Insomma era una scena tragicomica. L’unico a non capirlo era Enzo “Ti serve del sangue, guariresti più in fretta. Aspettami vado a-” ma la mano di lei lo riportò esattamente dov’era “Guarda che sto bene…immortale ricordi?” fece indicandosi e accennando un sorriso, ma il vampiro continuava a guardare la caviglia con espressione preoccupata “Ehi” fece prendendogli il viso tra le mani “Va tutto bene”  sussurrò cercando il suo sguardo nel tentativo di rassicurarlo. Quando Enzo alzò gli occhi improvvisamente l’atmosfera cambiò. I loro visi erano vicini.  Caroline fece la prima mossa e chiuse la distanza.
All’inizio fu dolce, la vampira sentì le labbra di Enzo tremare contro le sue e fu pervasa da una sensazione di euforia che la spinse ad approfondire il bacio.
 
Fu come una scarica elettrica. Enzo le portò una mano tra i capelli sulla la nuca spingendola più vicino a lui e Caroline lo afferrò per il bavero della giacca trascinandolo sopra di lei.
Erano entrambi sdraiati in mezzo alla neve, ma i brividi non erano certo a causa del freddo.
Si separarono e il vampiro appoggiò la fronte su quella della ragazza “Sei stupenda Caroline” mormorò adorante e lei sorrise accarezzandogli la guancia “Meglio alzarci prima che qualcuno ci veda” fece lui spostandosi e porgendole la mano, Caroline ne approfittò per tirarlo di nuovo a terra, questa volta salendo su di lui a cavalcioni.
Enzo si aprì in un ghigno “Caroline Forbes questo non mi sembra affatto un comportamento controllato” la prese in giro e la vide mordersi il labbro inferiore “Al diavolo il controllo!” la sentì esclamare prima di essere di nuovo avvolto dal suo profumo e stregato dai suoi baci.
 
Tornati a Mystic Falls -in realtà fuori dai suoi confini- Caroline decise di trasformare la loro casa. Due camere da letto sono inutili a questo punto, aveva detto.
Così oltre al povero Enzo anche Matt e Damon erano stati incaricati di collaborare mentre Caroline ed Elena davano disposizioni. Si era trasformata in una vera e propria ristrutturazione.
“Non sono la tua scimmietta addestrata biondina! Non ho uno stupido cappellino e non mangio banane!” aveva esclamato Damon esasperato ma Caroline non aveva neppure alzato lo sguardo dal suo block notes “Per il cappellino posso rimediare subito. E quando dico salta, a meno che la risposta non sia quanto in alto madame?, tu salti…” fece pacata prima di andare a controllare il piano di sopra.
“Complimenti per la scelta amico…” sussurrò velenoso Damon guardando Enzo spostare la libreria per la quarta volta.
Quando finalmente ebbero finito si riunirono nel nuovo salotto per un brindisi “Grazie a tutti ragazzi!” esclamò Caroline sorridente “Damon questo è per te prendi!” esclamò lanciandogli qualcosa. Il vampiro l’afferrò al volo.
Una banana.
“Non è magnifica?” domando Enzo sorridendo sghembo, guadagnandosi una serie d’insulti dall’amico.
 
Enzo e Caroline erano felici insieme. Non erano solo un coppia. Erano amanti, complici, amici. Sapevano esattamente di cosa l’altro avesse bisogno, cosa lo rendesse felice.
Fu esattamente un anno dopo Aspen che successe l’impensabile.
Enzo l’aveva portata a Londra, so che hai un debole per l’accento, le aveva detto facendole l’occhiolino e la vampira aveva rettificato imitandolo, per uno in particolare, splendore!
Così le aveva regalato un cottage poco fuori città.
Per i primi giorni tutto sembrò tranquillo. Poi era iniziata quella sensazione.
Erano un paio di sere che Enzo si sentiva osservato. Non aveva detto nulla alla sua compagna per non spaventarla ma il sospetto che qualcuno li seguisse non lo abbandonava.
Erano appena usciti dal teatro e Caroline era ancora eccitata dal musical “L’hai sentita la vecchia accanto a me? Non faceva che lamentarsi!…insomma non si può non amare Il Re Leone! Voglio dire, che razza di infanzia hai avuto?!” esclamò strattonandolo giocosamente, ma si accorse dello strano atteggiamento dell’altro “Tutto bene?” chiese e lui le strinse la mano “Qualcuno ci segue” sussurrò impercettibilmente e solo allora Caroline sentì la stessa presenza a qualche passo da loro.
“Siamo in due possiamo neutralizzarlo” fece lei accelerando il passo e, prima che Enzo potesse reagire, svoltò in una strada deserta. Sembrava il retro di qualche locale.
“Ti abbiamo sentito…Vieni fuori” chiamò la bionda e per qualche secondo ci fu silenzio.
Poi un ragazzo uscì dall’oscurità. Era alto, non particolarmente muscoloso, ma i lineamenti erano molto duri, sembrava venire dall’est.
“Cosa vuoi?” chiese Enzo facendo un passo avanti e parandosi davanti a Caroline.
Il ragazzo li guardò attentamente “Datemi borsa, cellulare…quello che avete” fece semplicemente, ma Enzo lo interruppe “Ci stai seguendo da almeno due giorni amico, non penso tu sia un semplice delinquente” esclamò assottigliando lo sguardo e le venature scure sotto gli occhi cominciarono a manifestarsi.
Caroline continuava a guadare quel tipo, c’era qualcosa di strano in lui. Nessuno sfiderebbe con tanta sicurezza due vampiri, pensò mentre teneva una mano sulla schiena del compagno e sentì distintamente i muscoli tendersi. Enzo si stava preparando ad attaccare.
Il giovane fece spallucce “Se non volete collaborare…” sorrise e qualcosa gli attraversò lo sguardo prima che si lanciasse verso di loro.
Enzo si mosse velocissimo e Caroline capì in un attimo perché quel tipo fosse così strano.
Vide Enzo scaraventato contro il muro di mattoni. L’avversario era davvero troppo forte.
“Attento! È un ibrido!” gli gridò terrorizzata la vampira, ma il ragazzo aveva già snudato i canini e con uno scatto letale si era lanciato su Enzo.
A Caroline sembrò di volare, i suoi piedi non toccavano terra e per un attimo fu sicura di essersi teletrasportata per la velocità con cui si scagliò contro quella creatura, esattamente un attimo prima che i denti affondassero nel collo del suo compagno.
Tyler l’avrebbe definito un placcaggio perfetto.
Rotolarono per alcuni metri. Era tutto troppo confuso.
La paura e l’adrenalina rendevano i suoni ovattati. C’era sangue, annusò, sentiva gridare.
Riuscì ad aprire gli occhi –quando li aveva chiusi?- e incrociò lo sguardo terrorizzato di Enzo “Cosa hai fatto?!” le gridava cercando di farla sedere, ma non c’era rabbia solo paura e le sembrò di vedere qualcosa luccicare agli angoli dei suoi occhi.
“Dov’è andato?” chiese Caroline muovendo la testa, ma un’ondata di nausea la pervase.
“…è fuggito…” sussurrò il vampiro non distogliendo lo sguardo da lei.
“Mi ha morsa” non era una domanda.
Vide Enzo serrare la mascella, lo sguardo folle. Il vampiro si alzò calciando con rabbia il primo bidone che gli capitò a tiro, gridando la sua frustrazione. Poi tornò ad inginocchiarsi davanti a lei, passandosi le mani sul viso stravolto “Perché ti sei messa in mezzo? Potevo bloccarlo! Potevo-” e Caroline, esattamente come quando era caduta ad Aspen, gli incorniciò il viso con le mani “Ehi” sussurrò e lo vide chiudere gli occhi addolorato “Portami a casa” lo pregò e in un attimo si sentì abbracciare.
 
“Non possiamo tornare in Virginia, rischieresti di morire durante il viaggio” esclamò Enzo facendo avanti e indietro nella piccola camera  “Devo chiamarlo…è l’unico modo” si disse stringendo i pugni e Caroline sentì un ondata di panico avvolgerla “No!” esclamò guadagnandosi un’occhiata furiosa dal vampiro “Che significa no Caroline?! Non morirai qui!” esclamò avvicinandosi al letto.
“Enzo” fece lei, ma l’altro non voleva sentire storie.
“Non morirai stasera!” gridò fuori di sé spalancando le braccia.
“Enzo” cercò di farlo ragionare.
“Scommetto che tutto questo facesse parte del suo piano, quale altro modo per vederti?! Schifoso bastar-”
“Enzo!” gridò Caroline prima di tossire “So che l’ha fatto apposta…ma non ero io il bersaglio, eri tu. L’ha fatto di proposito e non posso perdonarlo. Non. devi. chiamarlo.” lo supplicò ed Enzo si lasciò cadere in ginocchio accanto al letto, la testa appoggiata sul petto di lei “Sei la mia famiglia Caroline, cosa dovrei fare senza di te?” chiese con voce spezzata. Caroline gli accarezzò il capo per qualche minuto prima di addormentarsi.
 
Stava riposando. Era il momento buono.
Uscì in corridoio con il cellulare di lei, sicuramente aveva il suo numero.
Qualcuno potrebbe essere morso, aveva detto una sera quando lui aveva preteso una spiegazione, non ascolterebbe nessun altro.
Lo trovò e dopo aver inviato la chiamata aspettò esattamente tre squilli.
“Caroline, mia cara, a cosa devo il piacere dopo tanto tempo?” il bastardo non sapeva niente e credeva che fosse lei a chiamare. Caroline aveva ragione: doveva essere lui l’obiettivo.
“Tu” sibilò tra i denti “…è tutta colpa tua…” fece in un ringhio e percepì la sorpresa dall’altro capo “Dov’è Caroline?” sentì chiedere poi. Era preoccupazione quella che sentiva? Bene.
“Non so cosa pensassi di fare con quel tuo stupido ibrido, ma se il bersaglio ero io sappi che hai sbagliato!” tuonò “Cosa è successo Lorenzo?” domandò l’altro agitato.
“Si è messa in mezzo! Ecco cosa è successo! E adesso sta morendo per colpa tua…” le ultime parole gli uscirono quasi in un singhiozzo. Prese un respiro “Devi curarla e in fretta! Siamo a-” fece per dire ma Klaus lo interruppe “So dove siete, dammi dieci minuti” esclamò e la linea si interruppe.
Era già a Londra, realizzò respirando affannosamente, con gli occhi ancora sgranati in un misto di rabbia e sconcerto.
Un piccolo lamento lo ridestò e immediatamente fu accanto a Caroline “Sono qui” sussurrò prendendole la mano baciandone il palmo.
“Non so quanto ci vorrà prima che inizino le allucinazioni quindi meglio dirlo ora. L’ultimo anno è stato qualcosa d’indescrivibile Enzo, quello che ho provato con te-” sentì le labbra del vampiro premere contro le sue “Andrà tutto bene splendore” sussurrò l’altro contro la sua bocca.
Sentì la porta d’ingresso sbattere e dei passi farsi più vicini.
Era arrivato.
 
“Cosa hai fatto?” chiese Caroline guardandolo con occhi sgranati.
Non poteva aver-
Enzo le accarezzò la testa “Non sono disposto a lasciarti andare. L’ho chiamato…” ammise andando verso la porta “Per quanto io lo detesti…amo te di più” lo sentì dire subito prima di una fitta fortissima al petto.
Poi più niente.
 
Ad Enzo tremavano ancora le mani. C’era mancato così poco. Era stato così vicino a perderla.
“Non era così che doveva andare” sentì l’ibrido ammettere accanto a lui.
Caroline dormiva profondamente e loro erano usciti dalla camera da letto per non fare rumore.
Nella sua testa Enzo riviveva i minuti precedenti come un film dell’orrore. L’ibrido era entrato come una furia dirigendosi verso il letto e solo allora Enzo l’aveva vista priva di conoscenza, la pelle tendente al grigio e aveva gridato con tutto se stesso, aveva pregato Klaus di non lasciarla morire. Ovviamente Caroline era già tra le braccia dell’ibrido che subito l’aveva curata.
“Tu dovevi essere morso…e saresti dovuto morire” disse l’originario scuotendo la testa ed Enzo rise amaro “Lei ti avrebbe odiato” gli assicurò e Klaus fece spallucce “All’inizio forse, ma avrebbe finito col perdonarmi prima o poi. L’eternità è davvero troppo tempo per serbare rancore” disse il pazzo omicida che ha inseguito una donna per cinquecento anni, pensò Enzo con sguardo incredulo. Che faccia tosta.
Passò un minuto di totale silenzio. Il vampiro si sentiva strano. Era una situazione grottesca in cui non avrebbe mai pensato di trovarsi.
Bel modo per incontrare l’ex, sospirò. Poi scrutò meglio il volto dell’uomo alla sua destra. Il suo sguardo lasciava trasparire poco, forse un velo di preoccupazione e rimorso ed Enzo riuscì a scorgere della stanchezza nella sua espressione. Mille anni di oscurità avrebbero fatto questo effetto a chiunque. Enzo realizzò in quel momento che l’ossessione di Klaus per Caroline non era ossessione. Quella ragazza era il fottuto sole per l’ibrido. Lo capiva.
Era così anche per lui.
Fu attraversato da un brivido pensando a un domani senza il sorriso della vampira, i suoi abbracci, i suoi baci.
 
“Devi andartene amico” disse Enzo mostrando una tranquillità che in quel momento non provava “Sarà meglio per tutti noi che tu non sia qui quando si sveglierà. È un consiglio…”.
Quasi non vide lo scatto repentino con cui l’ibrido voltò il capo. La postura ancora rilassata, la schiena appoggiata al muro con la gamba destra leggermente piegata e le braccia incrociate. Klaus alzò un sopracciglio e si aprì in un sorriso derisorio “Forse intendi dire che sarebbe meglio per te. Sembra quasi che tu ti senta minacciato dalla mia presenza…” lo provocò, ma il vampiro non cedette. Enzo corrugò le sopracciglia in un misto di rabbia e disperazione “Non è abbastanza per te sapere che è felice?” domandò tra i denti e vide qualcosa attraversare lo sguardo di Klaus.
Una piccola crepa nella sua armatura.
“Siamo stati insieme per un anno e lei- lei è luminosa, vivace- lo so ok?! Io capisco…io ti capisco Klaus! Ma non posso perderla…” esclamò perdendo compostezza per un attimo e fronteggiando l’uomo, poi fu come se la forza fosse prosciugata e lasciasse spazio solo all’angoscia “Mi ha raccontato cos’è successo tra voi. Ha sofferto tanto-” si prese un secondo per vedere la stessa tristezza sul volto dell’altro alle sue parole “-ma ha voltato pagina, ed è tempo che lo faccia anche tu. Hai la tua famiglia –hai una figlia per l’amor del cielo!- non sei solo…” le ultime parole uscirono in un sussurro tremante “Caroline è tutto ciò che ho…” fece con occhi sgranati. Lo stava implorando con lo sguardo di capire, di andare avanti.
Ma in fondo Klaus aveva ragione. La verità? Era fottutamente terrorizzato. Temeva che Caroline cambiasse idea. Era lo scenario perfetto: il suo cavaliere oscuro che per l’ennesima volta la salva sul letto di morte. Da qualcosa che lui stesso ha provocato però, ricordò a se stesso.
Non l’avrebbe sopportato.
Caroline per lui era tutto, ma aveva rivisto quel suo stesso sentimento nell’espressione di Klaus mentre la teneva tra le braccia qualche minuto prima. E lo rivedeva anche adesso mentre l’ibrido guardava intensamente la stanza accanto.
“La amo” dichiarò di nuovo Enzo e gli occhi dell’originario furono di nuovo su di lui “…e lei sta con me” Non con te.
Klaus si scostò dal muro, fece un passo avanti fermandosi a un centimetro da lui, lo studiò attentamente senza far trasparire alcuna emozione.
Poi finalmente –Enzo lasciò andare il respiro che stava trattenendo- fece per andarsene.
“Questo oggi” mormorò dopo aver fatto qualche passo verso le scale. Enzo sgranò gli occhi “Cosa?!” sibilò e cercò di sopprimere l’istinto di ringhiare. Si morse una guancia prima di parlare “Mi stai minacciando?” chiese deglutendo e portando frenetico lo sguardo verso la camera dove Caroline riposava. L’ultima cosa che voleva era iniziare una lotta, che sapeva benissimo avrebbe perso, senza poterla rivedere.
Klaus si voltò sorridendo amichevole –come un lupo con una pecora- e tornando verso di lui gli diede una giocosa pacca sulla spalla “Certo che no amico. Ti sto solo dicendo che ho un’eternità per aspettarla…e lo farò” il sorriso di prima sparì e il vampiro vide una scintilla dorata nell’iride dell’altro, la voce divenne profonda e minacciosa “Ti sto solo dicendo, Lorenzo, che lei. sarà. mia” sibilò ad un palmo di naso prima di fare un passo indietro, l’aria di nuovo divertita “Le ho fatto una promessa che intendo mantenere. Caroline sarà il mio ultimo amore e tu sei solo una parentesi, non dimenticarlo amico…” disse prima di girare l’angolo.
 
Enzo non seppe per quanto tempo rimase fermo a guardare il punto in cui Klaus era sparito.
“Enzo” sentì una voce sussurrare e immediatamente si fiondò da lei.
“Come ti senti?” le chiese ansioso vedendola accennare un sorriso “Adesso va tutto bene” disse con voce rotta la vampira “Vieni qui” mormorò e Enzo l’abbracciò sdraiandosi accanto a lei.
Sei solo una parentesi, gli ricordò la voce dell’ibrido.
“Pensavo che non abbiamo ancora visto Cuba” lo ridestò Caroline accoccolandosi sul suo petto e sorridendogli adorante.
Il vampiro chiuse gli occhi sospirando.
Al diavolo Klaus! Forse aveva ragione, forse non sarebbe stata per l’eternità.
Ma Enzo si promise che almeno sarebbe stata una lunghissima e felicissima parentesi.
 
 

Mortificata per l'assenza.
Qualche recensione per curarmi dalla depressione post Plec??
Un bacio e spero vi piaccia!
Cami.
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** She walks in Beauty like the Night ***


Ciao a tutti! Ecco la mia nuova one-shot.  Potremmo considerarla prequel di A mind at peace with all below... spero vi piaccia e se vi va lasciate un commento che è sempre apprezzato ;)


She walks in Beauty like the Night
Lord Byron
 


Le strade di New Orleans erano praticamente deserte, notò Caroline muovendosi furtiva nella notte. I lunghi capelli dorati venivano illuminati dalla luna, mentre il completo nero la faceva passare inosservata. C’era qualcosa di strano, si disse affilando lo sguardo. Le notti a New Orleans non erano mai così silenziose.
Con scatto repentino si guardò indietro.
Qualcosa si stava avvicinando e non era solo. Afferrò con agilità l’estremità della scala anti incendio sopra di lei e senza fatica si issò scomparendo dal vicolo.
I passi si fecero sempre più vicini, fino sentire distintamente lo splash di un piede in una pozzanghera a qualche metro da lei.
Erano un gruppo di vampiri. Ed erano stati creati da poco, notò la bionda riconoscendo chiaramente i movimenti scomposti, l’iniziale disagio nel gestire sensi così amplificati. La sete.
“L’abbiamo cercata ovunque, ma è come scomparsa nel nulla” fece uno di loro con aria scocciata “…dovrà farsene una ragione” continuò, ma improvvisamente un altro –molto più anziano degli altri- si mosse veloce come una saetta.
Il primo vampiro cadde a terra senza vita nel giro di un secondo.
“Come avrete capito siete stati creati per una ragione ben precisa. Non avete alternative: trovatela o avrà le nostre teste per colazione!” aveva esclamato infine, i compagni avevano annuito e si erano dileguati.
 
La bionda a quel punto vide confermati i suoi dubbi, c’era una strana atmosfera in città, una tensione palpabile. Qualcuno era scomparso e a giudicare dal terrore nei loro occhi doveva essere qualcuno di molto importante.
Si costrinse a rimanere lucida. Era lì per un motivo ben preciso, si ricordò arrampicandosi in modo innaturale sul palazzo fino a raggiungere il tetto.
Matt.
Sentì un nodo alla gola al solo pensare il suo nome. Con una serie di salti si mosse sicura tra gli edifici –solo il tic tic dei tacchi risuonava nel silenzio- molti dei quali ormai disabitati o occupati abusivamente da drogati e senza tetto. Buon territorio di caccia per vampiri, le suggerì l’istinto e con la guardia alta cercò di acuire i suoi sensi al massimo.
Il suo obiettivo era vicino, avvertì fermandosi e rannicchiandosi per poter sentire meglio i movimenti sotto di lei.
Riconobbe immediatamente l’odore del vampiro che aveva- chiuse gli occhi come fisicamente colpita- ucciso Matt Donovan.
Era qualcosa di inconcepibile per lei, se solo qualcuno le avesse detto che sarebbe successo gli avrebbe staccato la testa a morsi prima di scoppiare a ridere incredula.
Matt era l’unico di loro che avrebbe dovuto avere una famiglia, dei nipotini, una vita.  E invece Matt -dolce, umano Matt- se ne era andato per sempre.
A nulla erano valse le suppliche di Elena –Non lo riporterà indietro Care!
A nulla erano serviti i consigli di Stefan –Hai bisogno di qualche giorno per calmarti
Era successo qualche settimana prima. Ancora una volta Caroline era arrivata troppo tardi.
Avevano avuto una discussione particolarmente accesa. Era uscito il nome di Rebekah e la vampira non aveva potuto evitare qualche commento spiacevole. Matt l’aveva ripresa e il battibecco era sfociato in una vera e propria lite.
Lo sai Caroline…sei davvero un’ipocrita! Sesso illegale col nemico nei boschi e io non posso nemmeno parlare di Bekah?
Ipocrita io? Ma se hai passato l’intera estate col nemico e nessuno ha mai aperto bocca! Io e Klaus nei boschi e -boom!- diventa il giorno del giudizio!
Erano volate accuse ed erano stati rinfacciati eventi di diversi anni prima. Non si erano parlati pe runa settimana, poi Caroline aveva iniziato a evitarlo. Non era per la lite. Ma per la verità dietro le parole del suo amico. Come poteva lei permettersi ancora di giudicare?
Un giorno Matt l’aveva messa in scacco.
Ti aspetto a casa tua Care, non trovare scuse. Mi manchi.
Aveva aperto la porta sbuffando pronta a scusarsi “Eccomi! Matt mi dis-” entrando in salotto aveva visto il corpo di Matt riverso a terra in un lago di sangue. Le ci volle un attimo per collegare e si fiondò sull’amico, premendo il polso contro la sua bocca.
Non c’era nulla da fare. Una parte razionale di lei continuava a ripeterle che non c’era stato alcun battito dal momento in cui era arrivata.
“Errore mio dolcezza”
Caroline si era violentemente sforzata di distogliere lo sguardo da Matt. C’era un uomo, un vampiro, che la guardava divertito “...ho aspettato che arrivassi per un po’ e sinceramente cominciavo ad avere fame, fortunatamente il ragazzo era nei paraggi e senza verbena… è stato così facile…” fece scuotendo la testa quasi incredulo, poi però puntò lo sguardò dritto nel suo “Saresti dovuta essere tu piccola vampira, ma puoi ritenerti fortunata, loro hanno scelto qualcun altro” grugnì prima di sparire.
Caroline boccheggiava con il corpo di Matt tra le braccia. Era come se quei secondi non fossero esistiti.
Matt Donovan morto, un danno collaterale.
Poi però, quando la realtà si schiantò prepotente su di lei, nei giorni successivi le parole dell’uomo tornarono a galla nella sua mente.
L’accento.
Quel viso, prima sfocato, era adesso perfettamente delineato  – c’era quel tatuaggio intorno all’occhio destro- insieme a un altro pensiero.
Vendetta.
Era tutto ciò a cui Caroline si era aggrappata pur di non ricordare il volto sconvolto di Matt.
Katherine l’aveva segnata più di quanto pensasse. Era bastato chiedere un po’ in giro –qualche soggiogamento di qua un po’ di pressione di la- ed era venuto fuori un nome e una destinazione.
Egor, il vampiro tatuato era a New Orleans.
Caroline la giudicò una fastidiosa simmetria, ma scacciò il pensiero e si disse che lui non si sarebbe neppure accorto della sua presenza.
Un lavoretto pulito l’avrebbe definito Damon. Vai, uccidi e torna.
 
I ricordi vennero interrotti bruscamente “Ci sono notizie?” sentì chiedere da una donna dal forte accento russo e riportò la sua attenzione ai vampiri nella bettola sotto di lei. Così ignari della sua presenza.
“La stanno cercando ovunque…” era la voce di Egor “…sarà il caso di controllare la bestiolina” sghignazzò.
Caroline sgranò leggermente gli occhi, quindi dietro al rapimento di quella persona c’era sempre Egor?
La vampira si alzò e lo seguì lentamente dall’alto, l’udito le permetteva di localizzare i suoi movimenti all’interno dell’edificio senza fatica.
Lo sentì entrare in una piccola stanza e si aprì in un ghigno alla vista di un lucernario. Avrebbe reso il lavoro più facile. Sporgendosi per vedere meglio corrugò la fronte alla vista di una piccola figura appallottolata in un angolo della stanza.
Egor nascondeva qualcosa dietro la schiena e fece un passo avanti “Allora bestiolina, il tuo papà ti sta cercando, ma non è ancora così disperato come vorrei, quindi… qui la mano! Gli manderemo un souvenir…” disse avvicinandosi con una piccola mannaia.
Sentì un gridolino e poi un pianto terrorizzato e Caroline capì con orrore che si trattava di una bambina.
Lentamente sentì emergere il vero volto del mostro. Tornando in posizione eretta caricò la gamba destra e sferrò un calcio dritto contro il vetro del lucernario, sfondandolo e saltando subito dopo.
Non avrebbe permesso ad un altro innocente di soffrire.
 
 
 
Casa. Voglio tornare a casa.
Era il pensiero fisso di Hope Mikaelson mentre spaventata e in preda ai singhiozzi si faceva sempre più piccola contro l’angolo della stanza.
Papà dove sei? Zia Bekah? Chiamava disperatamente dentro di sé vedendo quell’uomo orribile con la faccia pitturata avvicinarsi.
Si premette le manine contro il viso. Non voleva che la vedessero piangere. Lei era una bambina forte.
Qualcuno mi aiuti, pregò.
Improvvisamente sentì un rumore fortissimo e si fece ancora più piccola. La paura la paralizzava.
Se tengo gli occhi chiusi non mi potrà succedere niente, pensò.
 
 
 
 
Caroline snudò i canini. Erano faccia a faccia. Non gli diede neppure il tempo di pensare e si fiondò su di lui.
La mano sinistra si mosse fulminea schiantandosi contro la sua faccia. Con violenza lo spinse contro il muro.
Non ti senti più così forte con un tuo pari mh? pensò esaltata.
Il palmo della vampira era sufficientemente aperto e tra le dita poté vedere chiaramente l’occhio tatuato del vampiro. Spalancato e terrorizzato.
Sentì l’adrenalina scorrere in lei e capì cosa significasse essere un vampiro. Un predatore.
“Cosa sei venuto a fare a casa mia?” chiese perentoria e non ottenendo risposta schiantò la testa dell’uomo contro la parete alle sue spalle.
Lo sguardo del vampiro si spostò frenetico verso la bambina e Caroline assottigliò gli occhi “Lei?!” ringhiò distogliendo l’attenzione solo un attimo per poi riportarla su Egor “Cosa la lega a me? Non l’ho mai vista!” l’altro cercò di articolare una frase “Avevano pensato a te, ma poi hanno scoperto lei” le sembrò di capire.
“Chi sono queste altre persone?” sibilò mostrando i canini, ma l’altro scosse la testa rifiutandosi di rispondere, probabilmente temendo più l’ira di questi altri, piuttosto che la sua. Idiota.
Avvicinandosi a Egor si beò dei singulti, dei respiri frenetici, e dopo avergli sussurrato un “Era questo lo sguardo di Matt quando l’hai afferrato?” non gli diede tempo di rispondere –non c’era niente da dire comunque, il suo destino era già stato deciso- cominciò a fracassargli il cranio contro la parete “Era questo il colore del suo sangue mh? Ha supplicato?” era come ipnotizzata, continuò a colpire e colpire fino a quando ormai la sua mano si ritrovò a stringere il nulla e soltanto il piccolo singhiozzo alle sue spalle spezzò l’incantesimo.
Lasciò cadere a terra quello che rimaneva di Egor e fece un passo indietro passandosi la manica della maglia sul viso.
Soppresse un ringhio quando si accorse che l’altra vampira si era dileguata. L’avrebbe trovata e finita, avrebbe cercato chiunque muovesse i fili, chiunque avesse fatto questo, giurò stringendo i pugni lungo i fianchi.
Poi però si voltò verso la bambina. Le mani che le coprivano gli occhi avevano iniziato a tremare spasmodiche.
Per un secondo Caroline si rivide in lei. Più e più volte si era sentita così. Debole e impotente.
E ora guarda cosa sei diventata! Sembrava gridare qualcuno nella sua testa. Deglutì e fece un passo, poi un altro.
 
 
 
 
I due stavano parlando ma Hope non sentiva bene, era come se la paura avesse bloccato i suoi sensi. Poi ci furono una serie di colpi secchi e la bambina pensò che mancasse poco, che forse ora sarebbe toccato a lei.
“È finita tesoro” sussurrò una voce melodiosa e la piccola spalancò gli occhioni blu ancora lucidi.
Un angelo, pensò immediatamente vedendo la figura davanti a sé sorriderle leggermente.
Incerta Hope allungò una manina sul viso sporco della ragazza “Sei ferita?” chiese con il labbro inferiore tremante.
Caroline la guardò curiosa prima di ricordare lo stato in cui era e scosse la testa “Non ti faranno più del male” affermò sicura prima di prendere in braccio la bambina “Ti porto via di qui” disse prima di premerle delicatamente la testolina contro la spalla “Ora però chiudi gli occhi”.
Aveva già visto troppo sangue.
 
 
“Ti piace?” chiese Caroline guardando la bambina mangiare voracemente tutto il latte con i cereali.
“Bwuonissimu” rispose felice ancora con la bocca piena e la bionda ridacchiò divertita. Aveva preso una piccola camera in un albergo fuori città. Voleva fare in modo che la bimba si calmasse e riposasse prima di chiederle informazioni. Anche il completino logoro era stato sostituito da un semplice vestitino rosa pallido.
Improvvisamente la piccola alzò lo sguardo sull’orologio “Non so leggere l’ora, ma il papà mi starà cercando!” esclamò agitata come se solo in quel momento avesse realizzato la situazione in cui si trovava.
Caroline dopo essersi ripulita aveva passato qualche ora con Hope ed era rimasta affascinata dalla bambina. C’era qualcosa che la incuriosiva, si era accorta dall’inizio di non essere di fronte a un’umana normale, ma non era ancora il momento di chiedere nulla di troppo personale.
“Ti riporto a casa…dove abiti Hope?” domandò e la piccola rispose automaticamente senza alzare lo sguardo dalla tazza “Villa Mikealson” disse con una nota d’orgoglio.
Il rumore della sedia fece sobbalzare Hope “Che ti prende signorina?” chiese preoccupata vedendo Caroline impallidire.
“Mikealson? Tuo padre è-” balbettò la bionda cercando di mantenere la compostezza e la piccola si aprì in un sorriso.
Come aveva potuto non notare le fossette? E gli occhi! Quell’azzurro può essere solo di-
“Niklaus Mikaelson” confermò ghignando quasi sapesse quanto l’ibrido fosse rispettato a New Orleans.
Si guardarono per un minuto in silenzio poi Caroline afferrò la tazza di caffè e bevve avidamente, quasi nascondendovi il viso dentro.
 
Era passato un quarto d’ora da quando Caroline era uscita, aveva bisogno di schiarirsi le idee.
Seduta nel corridoio dell’hotel teneva le ginocchia al petto la testa appoggiata sulle braccia.
Klaus aveva una figlia.
Una parte di lei era felice per lui, era una svolta che gli avrebbe permesso di conoscere cosa fosse l’amore incondizionato di un figlio. Klaus ne avrebbe sicuramente imparato qualcosa.
Eppure c’era una sensazione dolce e amara allo stesso tempo.
Era come se tutti fossero andati avanti, persino Klaus, e lei fosse rimasta indietro. La sua vita era legata a Mystic Falls e Caroline sentì per la prima volta di non avere uno scopo, un obiettivo.
Si passò una mano tra i capelli. Si sentiva persa.
Quando rientrò nella camera un’ora dopo, trovando Hope addormentata sul divano con la sua giacca stretta tra le mani, capì cosa avrebbe dovuto fare.
 
“Questa signora è strana” disse Hope storcendo il nasino contrariata e Caroline alzò gli occhi al cielo “Si chiama compulsione tesoro, sicuramente tuo padre ti spiegherà di che si tratta” la rassicurò.
Mrs. Grimes era una dolce signora e la vampira pensò che potesse fare da tramite fino a casa Mikaelson. Non si sentiva ancora pronta ad affrontarlo direttamente.
“Allora Hope hai capito cosa ho detto?” chiese per l’ennesima volta assicurandosi che la piccola ricordasse e la bambina alzò gli occhi al cielo –questa era bella! Aveva alzato gli occhi al cielo- annuendo esasperata “Mai lasciare la mano a mrs. Grimes, comportarmi bene e mangiare le verdure” elencò aprendosi poi in un sorriso soddisfatto, molto simile a quello di qualcun altro.
Caroline deglutì annuendo incerta, si era affezionata e adesso avrebbe dovuto lasciarla andare.
Hope in un attimo parve capire e con occhi lucidi le si avvicinò “Tu…non vieni?” domandò piano e la bionda si inginocchiò alla sua altezza “Ascolta Hope, ci sono delle cose che…è complicato adesso…” balbettò e prima che la piccola potesse replicare continuò “Però ti prometto che sarò sempre nei paraggi tesoro anche se non riuscirai a vedermi. E poi forse, tra un anno o un secolo potrei-…aspettami, ok?” e Hope annuì asciugandosi un lacrimuccia “Grazie” esclamò abbracciando improvvisamente la vampira, poi prese per mano mrs. Grimes e fece per andare.
“Hope” la chiamò la bionda “Parigi…dì a tuo padre che Parigi sarà la prima. Lui capirà…” mormorò e prima che la bambina potesse chiederle altro scomparve.
 
 
 
Era vicina. Non così vicina da essere vista, ma comunque abbastanza perché Hope sentisse la sua presenza. Aveva notato il modo in cui Klaus l’aveva abbracciata e il modo in cui le parlava.
Poteva pensare di essere il re di New Orleans, ma era sua figlia a tenere in pugno il suo cuore.
Sarebbe tornata, si disse mettendo in moto, ma prima doveva capire chi voleva colpire Klaus. Chi avesse osato rapire Hope.
In mezzo a tutti quei singhiozzi, in mezzo al rumore di ossa frantumate e singulti, Egor aveva fatto un nome ed era da lì che avrebbe cominciato.
Marcel.
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Yet each man kills the thing he loves ***


Yet each man kills the thing he loves
 

[The Ballad of Reading Gaol_ Oscar Wilde]
 
 
“Posso portarle altro signora?” chiese il ragazzo posando garbatamente il cocktail sul tavolino in cocco e incrociando timido un paio di acuti occhi azzurri leggermente coperti dagli occhiali da sole.
La donna si aprì in un sorriso zuccherino e abbassando la rivista scrutò il giovane languida “Ti ringrazio, ma per ora non ho bisogno d’altro” mormorò appoggiando la cannuccia alle labbra senza distogliere gli occhi dai suoi.
Il ragazzo schiarendosi la gola annuì e si affrettò a lasciarla sola.
Caroline rise tra sé, con il tempo aveva scoperto di apprezzare questo aspetto del suo carattere, adorava vedere quel misto di fascino e timore che riusciva a suscitare negli altri.
Riprese la rivista e sospirò felice, Capo Verde le piaceva davvero, pensò stiracchiandosi sul lettino lasciando che il sole la scaldasse.
Il suo momento di pace venne interrotto dal ronzio del telefono nella sua borsa. Normalmente non avrebbe risposto, ma quella suoneria era speciale e avrebbe dovuto fare una piccola eccezione.
“A cosa devo questa piacevole telefonata Rebekah?” fece sinceramente felice mentre dall’altro capo del telefono sentì una debole risata “Credimi Caroline, dopo vent’anni che non ci sentiamo vorrei fosse per qualcosa di meglio, ma purtroppo si tratta di mio fratello” la sentì dire e schioccò piccata la lingua “Spero si tratti di Elijah, Kol non può essere perché fino a ieri era ubriaco marcio sul mio tappeto” mormorò la vampira attorcigliandosi nervosamente una ciocca di capelli biondi e sentì l’originaria sospirare “Temo si tratti del fratello meno affascinante Caroline” disse Rebekah titubante.
La bionda si prese qualche secondo per reprimere quella strana sensazione allo stomaco che la coglieva ogni volta in cui si parlava di lui.
“E cosa avrebbe combinato questa volta il mio dolce maritino?” sibilò velenosa, ogni traccia di scherzo scomparsa sia nel tono che nella postura.
Dopo i drammi di Mystic Falls, Caroline aveva deciso di dare all’ibrido una possibilità ritrovandosi così nel mezzo di una guerra per il potere a New Orleans. Niente di nuovo per lei comunque. Anche grazie al suo aiuto avevano messo quel traditore di Marcel al suo posto, rispedendo all’inferno i cari genitori di Klaus e chiunque si fosse messo sulla loro strada.  Aveva persino accettato di crescere la piccola Hope come fosse sua figlia e Klaus inaspettatamente le chiese di sposarlo e passare l’eternità con lui. Un legame trascendente le convenzioni umane, un legame suggellato dal sangue.
Per circa sei secoli erano stati la famiglia che Klaus aveva cercato per così tanto tempo e finalmente tutto sembrava andare per il verso giusto salvo qualche nemico da combattere.
Le cose cambiarono il giorno in cui Hope si innamorò di quell’umano, Timothy, e i Salvatore scelsero quel periodo per renderli partecipi di aver trovato una seconda Cura. Da lì in poi tutto crollò in perfetta sequenza, esattamente come un domino. Hope voleva diventare umana, vivere la sua vita, avere dei figli e lasciarli per sempre. Per anni Klaus sbraitò, minacciò e imprecò, ma alla fine cedette, sacrificando la sua felicità per quella della sua bambina.
Il giorno in cui, all’età di novantadue anni, Hope Mikaelson se ne andò, segnò l’inizio della fine per Klaus e Caroline. Ognuno di loro soffrì a suo modo. Sebbene dall’esterno le cose sembrassero quasi come prima, nella casa la tensione era palpabile. Kol fu il primo ad andarsene dopo una pesante discussione con Klaus 
 
Lo capisco fratello, le volevo bene anch’io, ma dobbiamo andare avanti! Abbiamo bisogno di andare avanti!  
 Un’altra parola Kol e sarà l’ultima
 
Elijah e Rebekah seguirono poco tempo dopo, sebbene la bionda originaria tornasse spesso a far loro visita, soprattutto per Caroline.
Klaus tornò quello che la vampira aveva conosciuto a Mystic Falls, calcolatore, spietato, freddo.
E più Klaus diventava distante, più Caroline aveva bisogno di lui. Il loro rapporto divenne quasi malato. Iniziarono a ferirsi pur di sentire la presenza dell’altro, piccole cose all’inizio, qualche frecciatina, per poi degenerare. Fino al giorno in cui Caroline lo trovò nel loro letto con un’altra donna.
La prima di molte negli anni a venire.
La uccise immediatamente spargendo parti di lei per tutta la casa. I sensi di colpa non arrivarono.

Guarda cosa mi hai fatto fare? 
Oh no Caroline, questa è solo opera tua!
 
Litigavano spesso, lei lo colpiva, lui la feriva, lei se ne andava, ma alla fine l’uno tornava sempre dall’altra.
Trascorse altro tempo e lentamente Caroline, stanca di questo circolo vizioso, cominciò ad allontanarsi sempre di più.
 
Dieci anni questa volta? Un nuovo record sembra. Spero almeno tu ti sia data da fare con quel francese love…     
Era belga Klaus! E non c’era bisogno di soggiogarlo a sventrarsi davanti a me!
 
La ragazza che una volta era stata miss Mystic Falls e poi regina di New Orleans era diventata una creatura indurita dalla vita e dagli infiniti secoli che le si prospettavano. Ogni tanto Rebekah la chiamava per aggiornarla sulla situazione a New Orleans ma una parte di Caroline –quella che ancora sperava- sospettava che dietro ci fosse Klaus.
Lo amava ancora. Di questo ne era sicura. Soltanto non capiva se l’amore potesse presentarsi in modi così diversi. Adorazione incondizionata, rabbia, passione, dolore. Non c’era più niente di innocente tra loro, niente di puro.
Era passato mezzo secolo da quando l’aveva visto l’ultima volta, valigia in mano, un mezzo saluto e lui si era voltato dall’altra parte, le sue tele più interessanti di lei.
 
La voce di Rebekah la riportò bruscamente nel presente “C’è questa nuova ragazza, Camille, è già da un po’ che si vedono, sembra essere particolarmente affascinato da lei…” Rebekah le raccontò per i quarantacinque minuti successivi di questa ragazzina e di come avesse messo gli occhi su Klaus, ma soprattutto di come Klaus non respingesse affatto le sue attenzioni. Tutt’altro.
Finita la telefonata Caroline si alzò dal lettino diretta all’hotel. Entrata in camera cominciò a fare i bagagli.
Dopo cinquant’anni era ora di tornare a casa.
 
 
Klaus se ne stava nel suo studio, i piedi comodamente distesi sulla scrivania e le braccia incrociate dietro la testa. Stava valutando la sua ultima creazione.
La tela a qualche metro da lui lo rendeva inquieto. Aveva sempre apprezzato l’arte neoclassica, il modo in cui le linee si intrecciavano, mantenendo comunque il fine ultimo di creare qualcosa di perfetto. Ultimamente però, proprio come lui, i suoi quadri erano caratterizzati da un’assenza di linee. Quest’ultimo gli dava particolare noia.
Tra l’ammasso di colori scuri, uno sopra l’altro a creare un cumulo di caos, spiccavano due punti rossi. E una pennellata di giallo. Non sapeva perché nel trance che la pittura gli procurava avesse scelto quel rosso e quel giallo. E questo non sapere lo infastidiva e lo affascinava allo stesso tempo. Si alzò e proprio mentre era sul punto di appendere la sua ultima creazione, sentì la porta aprirsi.
“Love” disse a mo’ di saluto vedendo la testa della ragazza fare capolino timidamente “entra pure” la invitò.
Camille era diventata speciale. C’era qualcosa in lei che lo incuriosiva, ma ancor di più lo spingeva a non allontanarla sebbene fosse passato qualche mese dalla loro conoscenza.
Istintivamente la ragazza lo abbracciò e l’ibrido non si ritrasse ma non ricambiò neppure.
“Ti piacciono?” chiese indicando i capelli e solo allora Klaus si accorse di quanto avesse scurito il biondo naturale rendendolo quasi nocciola. La cosa sembrò migliorare il suo umore “Ti donano particolarmente Cami” mormorò avvicinandosi e baciandola. Nell’ora successiva, nonostante gli sforzi di Camille, l’ibrido rimase mentalmente assente per tutto l’amplesso, quel quadro lo stava facendo impazzire.
 
“Sta cambiando il tempo” disse Camille rivestendosi e avvicinandosi alla finestra. Klaus annuì assente. Un temporale era in arrivo.
Qualcosa sembrò attirare l’attenzione della ragazza “Quel quadro è nuovo?” fece indicando la sua ultima creazione e l’ibrido sorrise “Ti piace?” domandò, ma Camille scosse la testa avvicinandosi ad esso “C’è qualcosa in quegli occhi che mi dà i brividi” sussurrò e Klaus alzò un sopracciglio “Occhi?” chiese interessato raggiungendola.
La giovane annuì “Sì, sembra quasi il viso sfigurato di una donna, un mostro” fece accigliata, poi indicò un punto “Vedi quel giallo, sembrano proprio capelli? Per fortuna non sono più bionda!” esclamò ridendo “Vado al lavoro! Ci vediamo stasera Klaus, fossi in te toglierei quella donna-mostro dalla parete” cinguettò prima di dirigersi al bar.
L’ibrido era completamente rapito dal quadro. Camille lo riteneva un mostro.
Per Klaus invece era un incubo.
 
 
Camille aveva finito il turno al bar ed era esausta. Sul punto di chiudere però vide una ragazza correre verso di lei sotto la pioggia agitando una mano “Aspetta!Oh no!” esclamò col fiatone spostando il cappuccio e stringendosi nella giacca blu “Arrivo tardi per uno scotch?” chiese facendo una smorfia speranzosa e Camille ridacchiò facendole cenno di entrare “Sembri averne bisogno” disse tornando dietro il bancone e girandosi per cercare un bicchiere.
“Non immagini neppure quanto” rispose l’altra cupa. Camille aggrottò la fronte percependo il cambiamento di voce e si voltò guardando la nuova arrivata negli occhi incrociando invece un sorriso zuccherino che le diede i brividi.
Si schiarì la gola sorridendo tirata, una strana sensazione fece capolino “Non ti ho mai vista in giro, come ti chiami?” domandò sentendo il primo tuono in lontananza.
“Mi chiamo Caroline” disse la bionda facendo cenno di riempire un altro bicchiere.
“Molto piacere Caroline io sono-” fece, ma la bionda alzò gli occhi dal bicchiere verso di lei inchiodandola con lo sguardo “Lo so chi sei” sibilò la vampira alzandosi dallo sgabello e cominciando a guardarsi intorno, storcendo il naso ogni tanto davanti alla tappezzeria o ad alcune foto appese.
Camille incrociò le braccia irritata cercando di nascondere quella morsa gelata alla bocca dello stomaco “Adesso dovrei davvero chiudere, mi vedo con il mio ragazzo e sono già in ritardo” esclamò facendo per prendere la borsa.
Dandole le spalle Caroline si chinò sul jukebox sorridendo tra sé, la tecnologia era cambiata ma lo stile rimaneva lo stesso “Oh non preoccuparti sono sicura che Klaus non se la prenderà” esclamò annoiata e Camille sussultò “Chi diavolo sei? Come fai a sap-” chiese ma ci fu un improvviso blackout e in quell’attimo un fulmine illuminò il locale. Camille notò nella penombra la sagoma di Caroline e le gelò il sangue nelle vene. Due occhi rosso sangue la fissavano spietati, mentre il riflesso dorato dei suoi capelli la illuminava.
Il quadro! Era lei!
Durò pochi secondi, poi la luce tornò e la ragazza vide Caroline vicino alla porta “È stato un piacere conoscerti Camille” e il suo tono pacato sembrò accarezzare la barista “…e quando più tardi vedrai Klaus sentiti pure libera di dirgli che sua moglie è in città” finì aprendosi in un sorriso sadico, prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
 
Caroline guardò i due capi di abbigliamento sul letto, indecisa.
Cos’è più appropriato per affrontare un marito ibrido, psicotico e sanguinario?
Sentì la porta d’ingresso della suite spalancarsi in un boato, seguito da una serie di grida.
“Caroline! Dove sei maledizione?!” sentì ruggire dalla stanza accanto.
Sorrise tra sé, improvvisamente un’idea la stava stuzzicando, e togliendosi la vestaglia rimase soltanto con la sottoveste in raso bianca. Aveva avuto la sua risposta.
 
“Caro-” gridò di nuovo ma la voce gli morì in gola vedendola entrare.
Un angelo, pensò immediatamente vedendo come il bianco e il colore dei capelli le dessero un’aura ultraterrena. Ma vedendo il ghigno stampato sul suo viso si ricredette. Quella donna era il diavolo in persona.
“Ciao tesoro” fece lei andandogli incontro con movenze feline e quasi d’istinto Klaus fece un passo indietro, odiando lo sguardo vittorioso che lei gli riservò cambiando improvvisamente traiettoria e dirigendosi verso l’armadietto dei liquori.
“Tre dita di bourbon senza ghiaccio” fece e non era una domanda, né un invito. Klaus annuì sovrappensiero accettando il drink, poi ricordandosi il motivo per cui era lì digrignò i denti stritolando il bicchiere fino a farlo scoppiare in tanti pezzettini “Che diavolo. ci fai. qui?” sibilò infuriato e Caroline, appoggiandosi sul piano in marmo rosa della cucina e incrociando le gambe, non riuscì a togliersi quel sorrisetto dalla faccia “Sapevo quanto ti mancasse la tua adorata mogliettina e ho deciso di fare un salto, non sei felice di vedermi?” mormorò intensamente e Klaus non riuscendo a sostenere lo sguardo cominciò a camminare nella stanza come un animale in gabbia “E immagino che questo non abbia nulla a che vedere con Camille?” chiese sarcasticamente e Caroline roteò gli occhi annoiata “La ragazzina umana laureata in psicologia? Come sei banale Klaus, basta che qualcuna blateri un sacco di sciocchezze sul buono che c’è in te, sulla tua redenzione e sul perdono ed eccoti diventare un bambolotto d’argilla senza spina dorsale!” sputò le ultime parole quasi disgustata e stavolta fu Klaus a sorridere “Attenzione tesoro, potrebbe quasi sembrare che ti importi” la canzonò e Caroline scoppiò in una fragorosa risata “La ragazzina umana in cerca di attenzioni e di una figura protettiva e l’ibrido millenario all’apparenza così invincibile, ma in realtà spaventato persino dalla sua stessa ombra, patetico!” sussurrò con un sorriso tirato e Klaus ringhiò minaccioso “Ti consiglio di non superare il limite Caroline oppure-” qualcosa cambiò nello sguardo della vampira, un lampo di rabbia le accese gli occhi rendendoli di un rosso intenso “Oppure cosa Klaus?” tuonò facendo vibrare le pareti “Devo ricordarti che l’ultimo paletto di quercia bianca è nelle mie mani?” domandò, ma vedendolo al limite della sopportazione decise di cambiare discorso.
“Nessuna bionda” mormorò ricomponendosi, il tono di nuovo pacato.
Klaus alzò lo sguardo di scatto “Come?” chiese ancora sulla difensiva. Caroline girò la testa verso sinistra volendo mettere della distanza tra loro “Tutte loro, tutte quelle donne, anche Camille ha cambiato colore ed è castana. Perché nessuna bionda?” domandò scendendo dal piano e avvicinandosi a lui, fino a trovarsi a pochi centimetri dall’ibrido. Non erano stati così vicini da oltre cinquant’anni e Klaus si sorprese nel vedere per la prima volta dopo secoli uno spiraglio dell’altra Caroline. Non ce la faceva a guardarla, c’era troppo dolore dietro a quegli occhi.
La bionda inclinò la testa, sorpresa nel trovare questa reticenza e istintivamente gli incorniciò il viso con le mani costringendolo a guardarla “Klaus” sussurrò avvicinandosi. L’ibrido deglutì “Immagino mi ricordassero troppo l’errore più grande della mia vita” mormorò e vide Caroline sussultare e allontanarsi come scottata.
La vampira gli diede le spalle e l’ibrido si perse nell’ammirare quanto il tempo l’avesse resa impossibilmente bella.
“La ami?” si sentì chiedere e non percepì traccia di scherno nella sua voce, fu lui a ridere “Amare” ripeté divertito e Caroline si girò nuovamente verso di lui “…non essere ridicola” fece prima di avviarsi all’uscita.
Caroline cercò di analizzare la sua espressione e il suo tono di voce. No, non amava quell’umana e sembrava che il solo pensiero lo divertisse.
“Sta’ lontana da Camille, capito?” fece alzando un sopracciglio, ma sembrava un padre che benevolmente rimprovera un figlio.
Caroline sorrise amabile “Volevo solo fare amicizia” si giustificò, poi qualcosa appeso al collo dell’ibrido attirò la sua attenzione, Klaus seguì lo sguardo di lei.
“L’hai tenuta” sussurrò la vampira. La loro fede nuziale.
 
È solo metallo Caroline! Ciò che ci unisce è molto più forte
È un simbolo Klaus! La terrò con me per sempre…
 
Dopo i loro litigi più pesanti era sparita dal suo dito e lei aveva pensato che se ne fosse liberato.
In un attimo Klaus si ritrovò contro il muro, la bocca di Caroline sulla sua. Per un secondo non seppe cosa fare, ma non appena lei gli morse il labbro inferiore tutto diventò rosso. E nero. E giallo.
Nella frenesia del bacio l’afferrò per le cosce nude alzandola e immediatamente Caroline gli circondò la vita con le gambe. L’ibrido soppresse a malapena un ringhio animalesco sentendola tracciare una serie di baci lungo la mascella, fino al collo.
“Klaus” la sentì gemere subito prima di percepire un dolore pungente proprio vicino all’arteria principale. Era qualcosa di inevitabile, di inarrestabile. Si amavano, si odiavano, si ferivano, ma il legame che li univa era sangue e sempre li avrebbe riportati l’uno tra le braccia dell’altra.
“Caroline” grugnì lui prima di lasciare che le sue vere fattezze prendessero il sopravvento, unendosi a lei per l’ennesima volta.
 
“Partirai di nuovo?” sentì Klaus chiederle mentre si rivestivano e Caroline ghignò “Dipende, vuoi che me ne vada?” chiese e lo sentì sospirare “Non credo che funzionerebbe adesso Caroline” mormorò serio e la vampira continuò a sorridere tirata, i denti quasi a stridere “Non deve funzionare per forza sai? Comunque non importa, non ho ancora deciso cosa farò ma posso assicurarti che tu e la tua piccola amichetta non rientrate nei miei interessi per ora. Andrò a salutare Bekah” disse con tono neutro, poi continuò in un sussurro “E Hope” lo vide saltare come una molla prima di dirigersi veloce alla porta “Non parlare di mia figlia” sibilò e Caroline per un attimo sentì tutti quei secoli scivolarle addosso lasciandola nuda di fronte alle sue emozioni “Era anche mia figlia!” gridò alzandosi, il volto segnato dal dolore “E non parlarne ci ha portati a questo” disse stancamente indicando lo spazio tra loro. Fece un passo verso di lui “Klaus, ti prego, parliamone. Possiamo ancora stare bene” e in quelle parole c’era tanto di più, una speranza per loro, la possibilità di lasciarsi alle spalle la rabbia.
Klaus la guardò e per un attimo Caroline ci credette, con tutta se stessa.
“Hope se ne è andata e con lei la speranza” fece lui scuotendo la testa e vide i lineamenti di lei indurirsi, la postura inflessibile.
Lo sguardo di fredda delusione che gli riservò fu come un paletto di quercia bianca dritto nel cuore “Ma guardati” disse disgustata “l’invincibile Niklaus Mikaelson” scosse la testa “…sei solo un patetico piccolo uomo” esclamò prima di voltarsi e chiudersi nella sua stanza.
Quando sentì la porta d’ingresso sbattere si permise di piangere.
 
 
Nei giorni successivi Caroline si tenne alla larga da Klaus e di conseguenza anche da Camille.
Era intenta a fare i bagagli per l’ennesima volta, scappare come l’accusava di fare Rebekah, quando sentì l’ascensore avvisarla dell’arrivo di qualcuno.
Chiudendosi la porta della camera alle spalle si diresse nella sala principale dove si trovò di fronte una Camille dall’aria battagliera e sicura di sé.
A tradirla però era il battito frenetico del suo cuoricino umano che lasciava trasparire la giustificata paura di trovarsi di fronte a una creatura come lei.
“A cosa devo il piacere?” chiese Caroline e un gesto della mano dell’altra le fece alzare un sopracciglio “Risparmia i convenevoli Caroline” esclamò imprudente l’umana.
La vampira fece un mezzo sorriso “Immagino che Klaus ti abbia parlato di me” mormorò e la sentì grugnire qualcosa “Senti, ho capito che tu e Klaus avete questo legame morboso che vi ha uniti per tanto tempo, ma non è forse il caso di lasciar andare? Sarebbe meglio per tutti se te ne andassi, sarebbe meglio per lui se te ne andassi! L’altra sera è tornato a casa e sembrava distrutto, non l’ho mai visto così-” Caroline fece schioccare la lingua, segno che si stava irritando “Certo che non l’hai mai visto così tesoro, perché tu non lo conosci affatto. Pensi che le cose siano diverse ora che ci sei tu nella sua vita?” disse con aria di sfida alla quale l’altra non si sottrasse “Le cose erano diverse quando tu non eri nelle nostre vite!” ribadì l’altra.
Ouch, pensò la vampira.
“Perché sei così convinta di essere migliore di me? Che differenza c’è tra noi? Perché credi che io non possa renderlo felice?” gridò l’umana e Caroline avrebbe voluto prenderla a schiaffi perché, seriamente!, non c’era motivo di essere maleducati e sentirla urlare in quel modo le stava facendo perdere la pazienza.
“La differenza tra me e te?” chiese quasi fosse una bestemmia “Tesoro, ci sono secoli di differenza. Insieme abbiamo superato rotture, incomprensioni, interferenze. La passione che c’è tra me e Klaus- beh non scenderò nel dettaglio- ma è qualcosa che va oltre la tua comprensione e forse hai ragione, forse il suo cuore è altrove adesso, lo riconosco” fece lasciando una piccola parte di sé uscire “…ma è già successo in passato, ho visto centinaia di passatempi come te entrare e uscire dal suo letto nel tempo in cui il mio smalto impiega ad asciugarsi…” disse concedendole un piccolo sguardo di pietà vedendola impallidire “ e finché non sarò convinta del suo amore per te ti considererò soltanto un altro incidente di percorso, niente di più” terminò pacata.
Camille assottigliò lo sguardo e Caroline sentì l’odore pungente delle lacrime “Così cercherai di riprenderti Klaus? Anche se ti ha respinta?” chiese sconcertata dalla tenacia di quella donna.
Caroline rise “Respinta? È questo che ti ha detto?” le chiese e non fu difficile per Camille leggere tra le righe, strinse i pugni e Caroline le diede le spalle. La conversazione era finita. O quasi.
“Come ti ho detto, Camille, è un libro che ho letto almeno cento volte e lascia che ti dica che il finale resta lo stesso, io e Klaus ci apparteniamo…quindi goditi il tempo che lui ti concede e non preoccuparti di me” le consigliò andando verso la camera. Non si aspettava una risposta. “Lo farò sicuramente, nel frattempo tu stai lontana da lui” la sentì ribattere.
Si fermò. La mano immobile a mezz’aria sul punto di afferrare la maniglia “Mi stai dicendo cosa devo o non devo fare?” chiese con un tono così innaturalmente calmo che Camille fece automaticamente un passo verso l’uscita “Sto dicendo che combatterò per quello che è mio e tu dovrai rispettarlo, o te ne pentirai” rispose con voce tremante, sapeva di essersi spinta oltre, ma Klaus non avrebbe permesso che la vampira le torcesse un singolo capello.
“Buona fortuna allora” disse soltanto Caroline e fu come se il tempo avesse ricominciato a scorrere.
Camille sospirò sollevata e si affrettò ad andarsene mentre la vampira entrò nella camera da letto.
Canticchiando una vecchia canzoncina, aprì la valigia e cominciò a rimettere in ordine i suoi vestiti. Prese il telefono e sentì rispondere “Allora? Dove sei? Indonesia? Tibet? Russia?” fece Rebekah e Caroline sorrise divertita “Sono a casa. E intendo rimanerci” rispose la bionda versandosi del vino e godendosi la sorpresa dell’altra “Per quanto tempo?” chiese estasiata l’originaria e portandosi il calice alle labbra Caroline mormorò “Il tempo necessario”.
 
 


Ciao a tutti! In attesa del nuovo capitolo di In All Your Shades Of Blue, vi lascio con questa piccola idea che mi è balenata stamattina davanti al libro di penale…fatemi sapere che ne pensate ma soprattutto se volete una Part II! Un bacio, Cami.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** And yet Each man Kills the Thing he Loves pt. II ***




So che è passato un secolo dall'ultimo aggiornamento, ma l'ispirazione funziona così purtroppo :(
però questo capitolo è praticamente infinito quindi spero di essermi fatta perdonare almeno un po'...Buona lettura e se vi va lasciatemi qualche recensione per farmi sapere che ne pensate :*

 


And yet each man kills the thing he loves
-pt. II-
 



“Sei sicura di star parlando di Kol?!” chiese Rebekah sconcertata quasi strozzandosi con il suo beignet. Caroline sorrise nel bicchiere e annuì “Dovevi vedere la sua faccia quando al posto delle gemelle olandesi si è trovato nella camera di quella vecchietta, l’ha cacciato via colpendolo con un bastone, Bekah…non capita tutti i giorni di assistere a una scena come quella!” esclamò la bionda ripensando alle sue avventure col minore dei Mikaelson.  Si erano trovati casualmente durante uno dei suoi tanti viaggi in Messico, inutile dire che poche ore dopo erano completamente ubriachi. Per un secondo l’idea di ferire veramente Klaus attraversò le menti di entrambi, sarebbe stato facile. Solo che non lo era stato. Erano finiti a parlare di Hope invece e dopo altri pianti, altro dolore erano riusciti a guarirsi a vicenda, almeno un po’. Da allora era nata una fortissima amicizia che andava oltre la semplice complicità da sempre avuta col piccolo Mikealson.
Caroline avrebbe voluto portarlo con lei ogni volta che faceva ritorno in Louisiana, ma il vampiro aveva sempre rifiutato categoricamente. C’erano ancora questioni irrisolte con Klaus.
E aveva paura per Caroline.
 
“Ti farai uccidere” le aveva detto aiutandola a caricare i bagagli “e se mai dovesse accadere Nik metterebbe il mondo a ferro e fuoco”
Caroline lo guardò sorridendo amara. Una volta forse.
Ora non ne era più molto sicura.
 
Tornò in sé vedendo Rebekah irrigidirsi e fissare un punto alle sue spalle “Da non credere! Sapeva che eravamo qui e l’ha portata comunque” sibilò e Caroline dopo essersi voltata leggermente sorrise pacatamente “Rilassati, o ti verranno le rughe” scherzò facendola sbuffare.
“Signore” sentirono salutare ed entrambe si voltarono incrociando il ghigno di Klaus e una Camille piuttosto irritata.
“Klaus, Camille…che piacevole coincidenza trovarvi qui” fece Caroline fulminando Rebekah con lo sguardo a un suo commento sgarbato.
“Stiamo aspettando che si liberi un tavolo” intervenne Camille a mo’ di giustificazione.
In un attimo sentì la voce tagliente di sua cognata bionda “Sciocchezze, questo tavolo è abbastanza grande per tutti, prego- li invitò con un cenno secco della mano- unitevi a noi”  disse amabile.
Caroline la guardava con un sorriso tirato, l’avrebbe incenerita con uno sguardo se avesse potuto. Sentì gli occhi di Klaus su di sé e tornando a guardarlo notò che stava aspettando qualcosa, probabilmente il suo permesso.
SI sarebbe dovuta sorbire un brunch con la nuova fidanzatina? Perché Rebekah avrebbe dovuto-
Poi scattò l’illuminazione. Bekah, sei terribile! pensò ammorbidendo i lineamenti e annuendo sinceramente ospitale “Ci farebbe davvero piacere” aggiunse.
Se Camille sembrava indecisa su come comportarsi, lo stesso non poté dirsi di Klaus, che senza farselo ripetere scivolò con fluida eleganza nel posto accanto alla sorella.
Caroline ne approfittò per scambiare un’occhiata di intesa con Rebekah. Che i giochi abbiano inizio.
Camille rimase in piedi ancora titubante, ma Klaus mormorò qualcosa  di incoraggiante indicandole il posto vuoto accanto a Caroline. Totalmente delusa dalla piega della giornata la ragazza cedette e si accomodò accanto alla vampira.
“Ti trovo raggiante oggi mia cara” disse quest’ultima con tono estremamente affabile guadagnandosi  un grazie grugnito.
Klaus la studiava dall’altra parte del tavolo, espressione scettica e sopracciglio inarcato. 
“Allora Klaus, come vanno le cose nel tuo regno?” domandò Caroline facendogli l’occhiolino e mescolando lentamente il suo cappuccino. L’ibridò si appoggiò allo schienale della sedia sorridendo tronfio “Puoi vedere tu stessa love” fece aprendo teatralmente le braccia “I licantropi sono rispettati, i vampiri obbediscono e le streghe –beh sono streghe- ma diciamo che apprezzano i nuovi equilibri” spiegò soddisfatto e Caroline non riuscì a sopprimere una smorfia.
“Qualcosa da ridire love?” le domandò mantenendo l’espressione arrogante, ma c’era una traccia di irritazione nel suo sguardo e la bionda fece spallucce “Non avrai mai l’obbedienza delle streghe Klaus, per il semplice fatto che non puoi comandarle. Se provassi a chiedere il loro aiuto invece di estorcerlo le cose sarebbero diverse…ma è un discorso che abbiamo già affrontato diverse volte” si voltò verso Camille “Che ci vuoi fare? È testardo! Oh ma lo saprai sicuramente” sorrise complice.
Vide la ragazza muoversi nervosamente sulla sedia.
Era forse a disagio? Meglio rimediare.
“E tu Camille, di cosa ti occupi?” domandò allora interessata focalizzando la sua totale attenzione sulla giovane.
“Beh, c’è il mio bar-il Rousseau” iniziò incerta-    “Posto incantevole Caroline, dovremmo andare ogni tanto” intervenne Rebekah con tono eccessivamente entusiasta.
Camille guardò Klaus in cerca d’aiuto e l’ibrido si schiarì la voce “Camille vorrebbe diventare psicologa, sta finendo in questi giorni la specializzazione” disse prendendole una mano e ricevendo uno sguardo pieno di gratitudine.
“Oh beh con Klaus il materiale di certo non ti manca giusto?” ridacchiò Caroline venendo immediatamente fulminata da un’occhiata dell’ibrido. Lo guardò innocente, come a dire che c’è?
Rebekah decise di intervenire “Sai Camille, Caroline ha preso diverse lauree nel corso del tempo…Psicologia era la quarta giusto? O la quinta?” chiese arricciando le labbra e Caroline scosse la testa “No Becks quella era psichiatria, psicologia è stata la nona” precisò prima di voltarsi “Non che tenga il conto” aggiunse facendole l’occhiolino. L’originaria sbuffò prima di continuare “Quello che intendevo era che Camille potrebbe imparare molto da t-”
“Sai, love, non ricordo quanto hai detto che ti tratterrai in città…” chiese Klaus a bruciapelo, l’atmosfera cominciava a scaldarsi e Caroline non poteva che esultare dentro di sé. Aveva notato l’atteggiamento completamente diverso dell’ibrido, era piuttosto arrabbiato, anche se cercava di mantenere un tono pacato e cordiale.
Caroline sorrise raggiante “Oh questo perché effettivamente non l’ho detto” rispose vaga e sorseggiò il suo cappuccino senza distogliere lo sguardo vittorioso da quello furente dell’ibrido. Volavano scariche di tensione. Non si capiva se si sarebbero saltati addosso per sbranarsi o per-
Il tintinnio di un cucchiaino caduto ruppe lo scambio di sguardi “Scusate” esclamò Camille che non sembrava per niente dispiaciuta.
“Prima che arrivaste Caroline mi stava raccontando delle sue avventure in giro per il mondo, certe storie sono così divertenti Nik!” cinguettò Rebekah “Sai che in India ha conosciuto il tris-bis-qualcosa-nipote dell’inventore del Kamasutra, non è affascinante? Vero Care?” stava provocando entrambi spudoratamente e, se da una parte Caroline avrebbe voluto strozzare l’originaria, il lampo di fastidio negli occhi di Klaus la fece ricredere. Così annuì assumendo un’innocente espressione imbarazzata “Becks, non serve dirlo a tutto il mondo!” finse di riprenderla e l’altra fece spallucce.
Camille aveva l’aria di chi avrebbe voluto trovarsi in ogni posto tranne che lì, i suoi occhi sembravano quelli di un topolino intrappolato nella colla.
Klaus invece voleva la battaglia, gli si leggeva chiaro in faccia. Alzò un sopracciglio scettico “Non capisco l’eccitazione. Non è una novità che tutti si vantino di aver inventato il Kamasutra in India. Un impostore come tanti altri…” fece accompagnando la sua espressione annoiata con un gesto della mano.
Caroline guardò i suoi pancakes “Oh non saprei…” fece allungando l’indice nel cioccolato “…il ragazzo sembrava sapere il fatto suo” insinuò sorniona portandoselo alle labbra con un sonoro pop e gustandosi lo sguardo letale dell’ibrido “Ma basta parlare di me” fece voltandosi verso Camille “…dimmi un po’…da quanto vi frequentate?” chiese e notò che probabilmente la ragazza avrebbe iniziato volentieri un monologo sulla loro avvincente storia d’amore. Si preparò psicologicamente alla tortura.
“Io e Camille ci siamo conosciuti un anno fa” tagliò corto lui inaspettatamente senza curarsi particolarmente della sua compagna.
Aveva uno sguardo di sfida, notò Caroline. Era uno di quegli sguardi, accompagnato da sorriso, che preannunciavano uno scontro. Il bastardo voleva litigare.
Oh no, non ti darò la soddisfazione!
“Un anno!” esclamò la bionda ignorandolo palesemente e continuando a rivolgersi a Camille, sgranò gli occhi fingendo ammirazione “Finalmente una ragazza che è riuscita a metterlo in riga!” rise complimentandosi e la vide accennare un sorriso tirato che però non raggiunse gli occhi. Era completamente a disagio.
L’atmosfera si fece tesissima.
“E che dire di te love? Il tema amore è sempre stato un po’ delicato in passato giusto?” chiese Klaus meschino guadagnandosi un’espressione di puro sdegno di Rebekah –Nik!-  “Ho sentito parlare di qualche amante passeggero, ma nulla di serio a giudicare dai tuoi tempi di consolazione…davvero sweetheart, sei proprio una ragazzaccia!” esclamò con tono velenosamente scherzoso, ma Caroline fece spallucce “Mi conosci Klaus. Sono incontentabile” mormorò con tono malizioso “In questi anni ho provato ogni genere di esperienza, ho vissuto di bellezza genuina, ho ispirato i migliori artisti del mondo, ho ballato con l’astro nascente dell’Opéra, ho scalato vette finora sconosciute, mi sono scontrata con licantropi, ho vissuto con le più antiche congreghe del mondo…e magari hai ragione tu, love, sono volubile e le mie liason sono state brevi- incatenò lo sguardo buio con quello di Klaus- ma posso garantirti che ogni singolo uomo nella mia vita mi ha amata, anche se a modo suo…” concluse leggermente più emotiva di quanto avrebbe desiderato essere.
Rebekah sorrise “Chi potrebbe non amarti Care? Sei adorabile” fece e l’altra ricambiò grata.
“Mi scusi signora” mormorò la giovane cameriera riferendosi a Caroline “Questo è per lei” disse porgendole un fiore.
Caroline lo prese incuriosita. Aveva il gambo lungo ma sembrava chiuso.
Alzò lo sguardo sulla donna che le indicò un punto alle sue spalle “Lo manda il ragazzo seduto al bancone” spiegò prima di allontanarsi.
Caroline incrociò il sorriso del giovane. Sembrava uscito dalla copertina di un giornale. I riccioli scuri incorniciavano un viso spigoloso e facevano risaltare i bellissimi occhi verdi che la scrutavano divertiti. Sorridendo di rimando alzò il fiore come a volerlo ringraziare nonostante la stranezza, ma l’uomo le fece cenno di guardare meglio.
“Caroline guarda” esclamò Rebekah estasiata.
Il fiore che inizialmente era chiuso su se stesso stava cominciando ad aprirsi, fino a sbocciare in uno straordinario girasole dai colori brillanti.
“Davvero molto bello” sussurrò Camille sinceramente colpita.
“Maghi” sentirono Klaus borbottare infastidito. La vampira sentì un colpetto alla gamba e Rebekah le fece cenno con la testa “Dovresti andare a ringraziarlo” la esortò divertita.
Caroline sorrise timidamente e si alzò avvicinandosi al giovane che la guardava cercando di mostrare una sicurezza che non aveva.
“È stato davvero un bel pensiero, grazie” disse accennando al fiore ancora tra le sue mani “-…io sono Caroline”. Ora poteva vedere da vicino il suo volto, la pelle ambrata, le labbra piene e l’aria esotica che lo rendeva davvero molto interessante.
“Djogo” rispose semplicemente lui continuando a guardarla adorante. Era così giovane, pensò la vampira.
“Dovresti stare più attento Djogo” fece poi con una scintilla maliziosa nello sguardo “…è pericoloso praticare la magia fuori dal Quartiere” sussurrò come fosse un segreto guadagnandosi una risata “Per un sorriso come il tuo ne è valsa la pena” mormorò poi e qualcosa nei suoi occhi rispecchiò quelli di Caroline.
La vampira si voltò verso il tavolo. Rebekah cercava di intrattenere un discorso con Camille, che tuttavia guardava l’uomo di fronte a lei con aria preoccupata.
Non le servì spostare lo sguardo su di lui per capire che la stava fissando. Poteva sentire il suo sguardo bucarle la nuca. Sorrise di nuovo.
“Dammi un momento”
 
Klaus la vide sorridere al ragazzo e sussurrargli qualcosa. Si impose di restare immobile, ripetendosi che era solo una provocazione diretta a lui.
Ma non poteva fare a meno di fissare quei due, di ascoltare. Il vampiro diceva di lasciar perdere, ma il lupo dentro di lui si stava agitando.
Sapeva che Caroline aveva avuto altri uomini e il solo pensiero lo faceva stare male, ma averla lì, civettuola davanti ai suoi occhi.
Era troppo.
La vide avvicinarsi, un leggero rossore ad ingraziarle il viso “Vogliate scusarmi, ma devo lasciarvi” disse recuperando con eleganza la pochette intrecciata e indossando gli occhiali da sole “Dovremmo rifarlo qualche volta” e senza dire altro fece per uscire seguita a ruota dal ragazzo del bancone.
Rebekah scosse la testa divertita “Non si può dire che se ne stia con le mani in mano!” esclamò subito prima di sentire il pugno scagliarsi sul tavolo distruggendolo “Nik! Che diavolo-” gridò alzandosi e controllando che la sua nuova Gucci fosse asciutta.
Lo sguardo di Klaus la bloccò. Aveva il fiatone e con tutte le forze stava cercando di controllarsi, ma l’originaria notò lo scintillio dorato andare e venire un paio di volte. Subito dopo sentì il rumore di una sedia “Mi è passato l’appetito” disse Camille marciando verso l’uscita. Klaus si alzò poco dopo, ma andò nella direzione opposta a lei.
Come se nulla fosse accaduto Rebekah si sedette di nuovo, scansando con un piede ciò che restava del tavolino e fece cenno al cameriere di portarle un altro bicchiere.
 
 
“Sei splendida” le sussurrò l’uomo baciandole il collo e lei roteò gli occhi. Una signora della sua età desidera un po’ più di fantasia.
Lo afferrò per la nuca e accarezzò la sua mascella con la punta del naso inspirando “Mmm” mormorò chiudendo gli occhi e accarezzandogli il petto, prima di tirarlo a sé per un bacio. Lo spinse contro il muro, ma lui invertì le posizioni e Caroline sentì la schiena sfregare contro la parete.
Sentì i passi in lontananza e sorrise nell’intimo abbraccio del suo partner scostandosi leggermente e guardandolo negli occhi “Mi dispiace” sussurrò accarezzandogli dolcemente il viso. Notò lo sguardo confuso dell’altro e aggiunse “Niente di personale, sei quel che si dice un danno collaterale” il ragazzo non ebbe tempo di rispondere e la vampira lo vide sgranare gli occhi, la bocca semiaperta in un grido muto, e stramazzare al suolo.
Dietro di lui Klaus la guardava con gli occhi iniettati di sangue, il cuore del giovane stregone stretto nella mano destra.
Caroline schioccò la lingua incrociando le braccia irritata “Era necessario?” chiese facendo cenno con la testa al corpo riverso a terra.
L’ibrido come ridestatosi dalla furia gettò a terra l’organo e in un batter d’occhio afferrò la bionda per il collo spingendola di nuovo contro il muro alle sue spalle. Caroline notò che la stretta non era così ferma.
“Cosa credi di fare?” sibilò Klaus a pochi millimetri da lei. La vampira sorrise “Non era ovvio?” fece derisoria e sentì la pressione aumentare “Levami le mani di dosso Klaus, ora” aggiunse glaciale “Non ti permetterò di umiliarmi Caroline!” le ringhiò in faccia lasciandola tuttavia libera. La bionda lo scansò superandolo “Non darmi tutti i meriti tesoro, stai facendo un buon lavoro anche senza di me” ribatté velenosa “Sfoggiare il tuo animaletto a pranzo -banale!- col tempo stai diventando prevedibile” lo vide fare un passo verso di lei “Si tratta di Camille? È per lei che stai facendo tutto questo?” domandò più pacato, quasi ghignando arrogante, facendole perdere le staffe “Oh andiamo Klaus! È una ragazzina! Di cosa parlate quando siete insieme? Di arte? Letteratura forse? O di com’era la vita prima degli smartphone?!” sbuffò “Vuoi sapere come andranno le cose? Arriverai al punto in cui ti renderai conto che questa è solo una banale crisi di mezza età -o peggio una ripicca!- e la lascerai…la poveretta non si renderà neppure conto di quanto è fortunata…” aggiunse piano “Perché amarti è una maledizione Klaus” neanche il tempo di finire la frase e si ritrovò a schivare un cassonetto. Lui era lì, il fiato corto, le labbra arricciate che mostravano i canini pronunciati.
Caroline si aspettava quel tipo di reazione, era quel che voleva. Portarlo al limite. Con Klaus era il modo più veloce per capire cosa gli passasse per la testa.
“Che significa questo per te?” chiese la donna indicando il corpo dell’uomo e l’ibrido distolse lo sguardo.
“Klaus guardami! Perché l’hai fatto?” ma all’ennesimo silenzio gli afferrò il viso con la mano costringendolo a guardarla “Dimmi perché l’hai fatto?” gli ordinò.
Klaus sembrava un animale selvatico messo alle strette, il respiro era irregolare, gli occhi frenetici “Cosa vuoi sentirti dire Caroline?” ringhiò tra i denti “Che mi fa impazzire vederti con qualcuno? È così!” esclamò scostandola bruscamente, marciando verso l’uscita del vicolo.
Non voltarmi le spalle Klaus!” tuonò la vampira e lo vide fermarsi. Il silenzio era interrotto solo dai loro respiri irregolari.
“Ero lì” sussurrò soltanto e Caroline corrugò la fronte “Come?” chiese e lo sentì sospirare “Città del Messico, la terza volta che te ne sei andata. Quella sera eri bellissima. Ti ho vista ballare con Kol e quel gruppo di ragazzi, ridere con loro e ho capito” la bionda cambiò completamente espressione “Kla-” ma lui la interruppe “Non eri così con me, non più, e ho capito che non sarei stato mai capace di renderti felice. È stato quando ho capito che era finita” lo vide rigido, teso e fece un passo verso di lui “Non hai mai capito nulla di me” mormorò triste e lo sentì ridere stancamente “Forse no” poi però si voltò “Ma tu conosci me, sai che sono un uomo egoista e senza cuore. Sappi che, finché sarai nella mia città, questo è quello che accade” fece indicando il cadavere “se qualcuno decide di usare i miei giocattoli” sorrise in modo inquietante “Chiaro?” domandò.
Caroline non poteva crederci. Quell’uomo e la sua arroganza!
In meno di un secondo si trovò di fianco a lui. Le posizioni invertite rispetto a poco prima, era lei che se ne sarebbe andata pensò serrando la mascella “Non sai quanto vorrei conficcarti quel paletto dritto nel cuore Klaus. Lo vorrei così tanto…” disse a denti stretti di fronte al sorriso forzato di lui. Lo odiava. Odiava quel sorriso, quell’espressione che conosceva fin troppo bene. Sapeva che Klaus aveva incassato il colpo e che tuttavia non sarebbe andato al tappeto facilmente. “Allora sweetheart non capisco davvero cosa tu stia facendo qui” fece lui scuotendo la testa “Cosa ti ha spinta a tornare dopo tanto tempo?” la fissò per qualche secondo e la vampira sentì un brivido lungo la schiena “Scommetto che ti fa impazzire…” sussurrò ancora lui facendo un passo avanti e oltrepassando pericolosamente quello che Caroline definiva il suo spazio “…l’idea che qualcuna possa prendere il tuo posto, che un’altra persona possa farmi provare quello che ho provato con te…” Caroline sentì gli occhi pizzicare “…che ancora una volta tu possa essere seconda a qualc-” il suono secco dello schiaffo durò un attimo, ma fu sufficiente a fermare il tempo.
 
Caroline respirava affannosamente, la mano era ancora a mezz’aria e il viso era rigato dalle lacrime. Come poteva quell’uomo –quel mostro!- essere suo marito?
Sapeva che con quelle parole avrebbe colpito il bersaglio.
Le aveva davvero spezzato il cuore.
Klaus non si era mosso, non aveva parlato.
“Che me ne vada, che ti lasci per sempre…è questo che vuoi?” chiese Caroline con un filo di voce, ma non ricevendo risposta sentì di nuovo la rabbia montare “RISPONDIMI DANNAZIONE! È QUESTO CHE VUOI?” ruggì spintonandolo.
Silenzio.
Klaus era rimasto immobile con lo sguardo puntato verso il basso.
La vampira si morse il labbro tremante e annuì a se stessa “Hai vinto” le uscì come un singhiozzo, poi prese un respiro profondo e con postura più ferma “Non ci saranno discorsi romantici, né regali costosi, non guarderò più indietro Klaus, una volta andata mi perderai per sempre” lo avvisò e le sembrò di vedere qualcosa attraversare lo sguardo dell’ibrido. Sperò che Klaus realizzasse quanto fosse seria. Quello che avevano non era sano, era un gioco crudele e qualcuno ci sarebbe presto andato di mezzo. E non sarebbe stata lei.
“Sono tornata qui per ritrovare mio marito” precisò addolcendo il tono di voce rispondendo alla sua domanda e finalmente i loro sguardi si incrociarono di nuovo “…ma se questa è l’unica parte di lui che mi resta, credo che non ci sia altro da fare” concluse scacciando l’ennesima lacrima col dorso della mano.
Ora stava a lui, era il suo turno.
 
 
 
Klaus conosceva ottocentoquarantasette lingue, ancor più dialetti, ma per la prima volta nella sua lunga esistenza non c’era nulla che potesse descrivere ciò che provava.
Potevano riavere tutto? Sarebbe stato capace di dimenticare? Non ne aveva idea. E Caroline era lì, davanti a lui, con il cuore in mano. E voleva una risposta che neppure lui conosceva.
Gli anni trascorsi insieme come una vera famiglia erano stati un’illusione. Persino la sua adorata bambina alla fine aveva preferito la morte a un’eternità con lui. Perché Caroline avrebbe dovuto fare altrimenti?
Era solo questione di tempo si era detto, prima che anche lei lo abbandonasse. E così era stato.
O almeno così aveva creduto. E la sofferenza era stata indicibile.
Ora la sola idea di ricominciare e rischiare di perdere tutto, di nuovo, lo paralizzava.
Forse sapere che Caroline lo odiava in qualche modo rendeva tutto più sicuro. Non c’erano speranze, non c’era illusione.
Chiuse gli occhi, come fisicamente colpito, prima di parlare.
“Quello che cerchi non c’è più Caroline” avrebbe voluto che la sua voce fosse più ferma, arida, non così soffocata, agonizzante.
C’era solo un’ultima cosa da fare.
 
Caroline sussultò quando lo vide porgerle qualcosa che riconobbe immediatamente.
La sua fede.
Si sentiva male. Senza pensarci colpì il palmo aperto della sua mano facendo volare l’anello a metri di distanza.
“Secoli fa ho scelto di stare con te, di amare te, la creatura più forte del pianeta. Credevo che nulla mi avrebbe più ferita…” si lasciò sfuggire una risata amara pensando ai primi tempi insieme. Si era sentita invincibile, intoccabile. La piccola Caroline Forbes, torturata, abusata, manipolata.
La sciocca reginetta dal bel visino e nient’altro, la maniaca del controllo.
E guardatela adesso, al fianco dell’essere più spietato, capace non solo di tenergli testa ma di lasciarlo senza parole. Aveva pensato di essere forte, forse era stata così arrogante da credere di esserlo più di lui in questi secoli.
“Povera sciocca! Chi l’avrebbe mai detto che alla fine saresti stato proprio tu a distruggermi?” lo guardò un’ultima volta senza trovare i suoi occhi, troppo codardo perfino per questo.
“Addio Klaus…Mi chiedo solo se il tuo inferno sarà peggiore del mio…” sibilò prima di sparire lasciandolo solo.
A nessuno importa più niente di te, ragazzo.
 
 
Camille si guardò allo specchio. Gli occhi rossi e il tremolio del labbro inferiore lasciavano trasparire la sua sofferenza. Si era sentita umiliata, derisa e offesa. Il modo in cui Caroline e Rebekah si erano comportate non l’avrebbe ferita a tal punto se Klaus non avesse reagito in quella maniera. Non c’era solo gelosia nei suoi occhi, c’era dolore, rabbia, angoscia.
C’era amore.
Sbattè con violenza le mani sul lavandino respirando profondamente. Aveva fatto un errore di calcolo. Aveva scioccamente creduto che ciò che Caroline provava fosse a senso unico e se così fosse stato non sarebbe stato impossibile cancellarla dalle loro vite. Ma se Klaus si sentiva ancora legato- se ancora quella passione lo divorava…allora le cose erano completamente diverse.
No, si disse prendendo la borsa, non poteva permetterlo.
Mentre era diretta a casa dell’ibrido pensò a tutte le speranze di un’eternità insieme. Non che Klaus le avesse promesso nulla, ma Camille era intenzionata a diventare vampiro ad ogni costo.
Arrivata alla porta d’ingresso entrò con la chiave di scorta che sapeva essere tra lo scanso di due mattoni. Sentì le voci concitate di Rebekah e Klaus al piano di sopra e pensò fosse una discussione molto seria se nessuno dei due aveva avvertito la sua presenza.
 
“Che significa finita Nik?!” chiese Rebekah incredula guardando suo fratello accasciato sulla poltrona, l’aria devastata.
“Esattamente quello che vuol dire” mormorò chiudendo gli occhi e cercando di mascherare lo sguardo lucido. Rebekah non avrebbe lasciato correre, si preparò mentalmente per la sfuriata.
“Non può essere. Voi due vi amate! Lo sappiamo tutti, Caroline lo sa!” esclamò spalancando le braccia cercando di entrare nel campo visivo dell’ibrido.
Klaus sorrise ma non c’era traccia di divertimento nei suoi occhi “Caroline è stata piuttosto chiara sui suoi sentimenti per me. Non mi stupirebbe se adesso stesse pensando di mettere in pratica le sue minacce-”
“…minacciarti?! Caroline? Andiamo Nik non dire sciocchezze, quella donna ti ama con tutta se stessa! Non ti farebbe mai del male…” disse l’originaria scuotendo la testa e guardandolo come fosse impazzito.
Klaus fissava un punto indistinto ai suoi piedi “L’ha detto Bekah, te lo posso assicurare e dopo tutto quello che è accaduto…non credo la potrei biasimare se lo facesse” mormorò, l’emozione evidente nel tono di voce.
Rebekah fece qualche passo verso di lui “Anche fosse non ne avrebbe la possibilità” obiettò ragionevole e l’ibrido rise amaro “Ti sbagli” e ad uno sguardo sconcertato dell’altra continuò “Dopo la morte di Hope…ho chiesto a una congrega di ricreare un unico paletto. Uno solo, per me. Nessun altro sarebbe stato capace di farlo, ma quello sciamano mi doveva la vita di suo fratello e ha sacrificato l’intera congrega per quel debito” spiegò riluttante.
Rebekah lo guardava atterrita “Ma…Nik…come hai potuto?” chiese sull’orlo delle lacrime e l’ibrido sorrise triste “Avevo perso Hope, volevo una via di fuga nel caso avessi perso anche voi…” rispose.
L’originaria non sapeva cosa dire. Si chiese come avesse potuto, soffocata nel suo stesso dolore, non accorgersi di nulla “E Caroline?” domandò, già immaginandosi la reazione di sua cognata. Avrebbe fatto una bella chiacchierata con la sua “migliore amica”.
Klaus sospirò passandosi una mano tra i capelli “Inutile dire che non appena ha scoperto dell’esistenza del paletto è andata su tutte le furie. L’ha considerato come una mancanza di fiducia, come se avessi rotto le promesse che ci siamo fatti quel giorno…non ha fatto altro che allontanarla di più” spiegò Klaus finendo il suo bourbon “Appena ne ha avuto la possibilità me l’ha sottratto e ancora oggi non ho mai saputo dove lo nasconda” sospirò, poi sentendo la mano minuta di Rebekah sulla spalla sorrise impercettibilmente.
“Nik, ma tu la ami?” chiese la vampira in un sussurro e Klaus rise “…è cambiato tutto Bekah” ma l’altra insistette “Amare qualcuno va bene Nik, soffrire va bene…” lui si voltò, non volendo sentire oltre.
Il singhiozzo di sua sorella lo scosse “Hope ha lasciato un vuoto immenso, fratello, incolmabile…ma non è giusto perdere anche te con lei, non è giusto” pianse finalmente sfogando tutto quello che aveva cercato di nascondere per il bene dell’ibrido.
Klaus aveva sempre odiato sentirla piangere. Anche quando erano piccoli e Mikael lo picchiava alla fine era sempre lei a piangere. La strinse forte tra le braccia e sentendola calmarsi le posò le mani su entrambe le spalle “Certo che la amo, Rebekah…Non potrei fare altrimenti” mormorò prima di sentire la stretta familiare e accogliente dell’originaria.
“Devi parlarle” disse Rebekah dopo qualche secondo “Prima che le cose diventino irreparabili” vide Klaus allontanarsi e appoggiare le mani contro la scrivania “L’ho lasciata andare Bekah, credo di essere irrimediabilmente rotto e non è giusto che lei provi invano a ripararmi” le ultime parole uscirono tremanti e sentì sua sorella fare un verso spazientito “Nik! Cosa ti fa pensare che lei ti voglia aggiustare?” chiese sbattendo un piede con fare infantile.
Non ricevendo risposta continuò più pacata “Forse anche lei è rotta...” e vide qualcosa cambiare nella postura di suo fratello. Che cominciasse a capire?
“Forse Caroline vuole solo che voi siate rotti insieme
 
 
 
Camille aveva sentito ogni cosa. Capì che era solo questione di tempo prima che le parole di Caroline si avverassero.
Sei solo uno dei suoi passatempi.
Goditi il tempo che ti concede.
Il finale è sempre lo stesso.
Lui l’amava ancora.
Quasi senza accorgersene si ritrovò nel suo bar, forse concentrarsi sui clienti l’avrebbe aiutata. Per tutto il pomeriggio sentì la terra inghiottirla mentre continuando a lavorare si comportava come se nulla fosse.
Prima di chiudere andò, come tutti i giorni, a buttare la spazzatura sul retro. Non avrebbe saputo dire cosa la spinse a sedersi lì fuori per qualche minuto, ma fu proprio allora che li sentì.
“L’ibrido. L’ha ucciso lui, ne sono certa! Era solo un ragazzo per l’amor del cielo!” una donna a qualche metro di distanza sembrava distrutta, accasciata sulla spalla di un uomo più anziano che tentava di consolarla “Troveremo il modo di punirlo Gracìela, te lo prometto” ripeteva.
Un colpo di vento improvviso fece sfuggire di mano un foglio che la donna stringeva al petto.
Automaticamente Camille si alzò per raccoglierlo e avvicinandosi alla proprietaria per restituirlo si accorse che era una fotografia. Riconobbe immediatamente il ragazzo che sorrideva all’obiettivo. Era il ragazzo del ristorante! Quello con cui Caroline se ne era andata.
Studiò la donna che accennando un sorriso allungò la mano per recuperare il prezioso oggetto e notò l’incisione su uno dei suoi anelli. Era il simbolo di un’antica famiglia di streghe di New Orleans.
Un piano cominciò a formarsi nella sua testa.
“Scusate, non ho potuto fare a meno di sentire…” iniziò e vedendo gli sguardi sorpresi dei due prese coraggio “Ma se è vendetta quella che cercate, credo di potervi aiutare”
 
 
Davvero Caroline?! Possiedi l’unica arma in grado di ucciderci e hai pensato bene di ometterlo per più di un secolo?!” la voce stridente di Rebekah la costrinse ad allontanare il cellulare. Sarebbe diventata sorda.
“Bekah, ascoltami, le cose non stanno così…tuo fratello era in un periodo terribile e sono sicura che avrebbe potuto commettere qualche sciocchezza se non gliel’avessi portato via al più presto!” si giustificò poi i ricordi la sommersero e con essi le emozioni “Quando ho scoperto cosa aveva fatto…qualcosa si è spezzato Becks! Sempre e per sempre, mi ha promesso il giorno del nostro matrimonio e io gli ho creduto!” si interruppe portandosi un pugno alla bocca e chiudendo gli occhi, il dolore era ancora lì, anche dopo tutti quegli anni. Si sedette sul letto “Klaus voleva abbandonarmi…avevamo perso nostra figlia. Maledizione, anch’io avevo bisogno di lui! Ma Klaus voleva abbandonarmi…” ripeté le ultime parole quasi a se stessa. La stanza d’albergo improvvisamente le sembrò troppo grande.
“Me ne vado Becks” sussurrò “Non tornerò” disse più forte guardando il soffitto. Basta piangere, Forbes!
Tump.
La vampira si voltò di scatto verso la porta chiusa che portava alla sala.
Siete due idioti” sentì Rebekah esclamare “Se soltanto aveste-” ma Caroline si irrigidì “Bekah sssh!” le intimò acuendo i sensi al massimo “C’è qualcuno” sussurrò e percepì distintamente l’agitazione dell’originaria dall’altro capo del telefono “Resta in linea, capito?” le disse prima di infilarsi il cellulare in tasca e appoggiarsi contro la porta della camera da letto.
Era strano. Non c’era più nessun rumore, nessun movimento, ma Caroline sentiva chiaramente di non essere sola. Era come una presenza.
Il fatto di avere Rebekah in linea le diede la sicurezza di aprire la porta e accendere la luce in soggiorno.
C’era una donna, dall’aria elegante e ogni singola parte di lei trasudava magia. Era immobile al centro della sala, la stava aspettando.
“Una strega nella mia umile dimora” fece Caroline dopo la sorpresa iniziale incrociando le braccia al petto “E non una qualsiasi – aggiunse notando l’anello della casata  -…a cosa devo l’onore?” domandò con tono fermo e l’altra rispose “Dimmi dove si trova l’ultimo paletto di quercia bianca” fece con forte accento ispanico.
Caroline sgranò leggermente gli occhi, colta alla sprovvista. Lei e Klaus –ora anche Bekah- erano gli unici a sapere dell’esistenza del paletto. Sbuffò cercando di non dare a vedere la sua preoccupazione “E poi voi streghe vi lamentate sempre di essere le vittime della situazione…lo sai che Klaus è immortale giusto? Ti consiglio di lasciar perdere qualsiasi intento omicida nei suoi confronti. Parlo per esperienza, se è ancora qui dopo tutto questo tempo è perché sa il fatto suo” improvvisamente si sentì bruciare, era come se le avessero tolto l’anello e gettata nel deserto. Gridò accasciandosi al suolo.
“Voi vampiri e la vostra arroganza, sempre a pensare di essere i più forti…” esclamò la donna prendendosi gioco di lei. Caroline si dimenava continuando a gridare. Il dolore le parve insopportabile. Doveva fare qualcosa!
Pensa Caroline, pensa.
E pensò ai giorni trascorsi in Ungheria, a quei piccoli villaggi e a quel gruppo di zingari, si facevano chiamare nomàdok ed erano degli esuli, banditi dalle congreghe di tutto il mondo per la loro natura ribelle. Caroline era affascinata dal loro modo di vedere la magia –non avevano alcun senso del limite, non c’era niente che non potessero fare- e decise di unirsi a loro per qualche mese.
C’era quel trucchetto che le avevano insegnato! Pajzs ,lo chiamavano.
Lo scudo.  
Cercò di ricordare come fare, ma solo pensare le procurava un dolore immenso. Tentò di convogliare tutte le sue energie creando una sorta di muro immaginario nella sua mente. Visualizzò l’energia e la dispose come uno schermo intorno a lei. Attenuò un poco quella tortura e le fu sufficiente per scattare, scagliandosi contro la strega, la afferrò per il collo snudando i canini.
“Non ho paura di te” le ringhiò in faccia e la vide sorridere “Speravo lo dicessi, renderà tutto più divertente” la vide aprire la bocca e recitare uno strano incantesimo. Caroline lasciò la presa facendo qualche passo indietro e si guardò intorno. C’erano diverse voci nella stanza come se decine di persone fossero dentro la donna e la usassero come tramite. Lentamente la vampira sentì le forze venire meno, tutto si fece sfocato e confuso. Era come se stesse girando velocemente su se stessa, in un vortice.
Il tempo parve dilatarsi. Cadde a terra sbattendo violentemente contro il marmo freddo del pavimento, ma non provò alcun dolore.
Si sentiva svuotata. Cercò di tenere gli occhi aperti, ma inutilmente.
L’ultima cosa che vide fu il suo telefono a qualche centimetro da lei e le sembrò di sentire in lontananza le grida di Rebekah.
 
 
Aveva provato a rilassarsi, aveva provato a dipingere, ma non c’era verso di tranquillizzarsi, come un magnete i suoi pensieri non potevano che portarlo a Caroline.
Aveva cercato di dormire, ma si era svegliato gridando il suo nome. In ogni suo momento di veglia cercava di distruggere qualsiasi ricordo, ogni legame che lo riportasse a lei.
E quasi gli veniva da ridere davanti al caminetto, blocco da disegno alla mano, quando le prime luci dell’alba avevano illuminato il profilo delicato di sua moglie.
Caroline che rideva.
Caroline imbronciata.
Caroline addormentata.
Caroline, Caroline, Caroline.
Forse sarebbe impazzito. Desiderava tornare da lei, implorarla di riprenderlo e dimenticare ogni cosa. Ma sapeva che c’erano tante cose di cui avrebbero dovuto parlare e lui non era pronto.
La perdita di Hope bruciava ancora in gola e dietro gli occhi.
Sospirando reclinò la testa contro la poltrona rimanendo qualche secondo in quella posizione.
Sentì la vibrazione del telefono sulla scrivania. Probabilmente era Camille. Sapeva che ce l’aveva con lui e onestamente la ragazza stava iniziando a dargli su i nervi.
Ma chi voleva prendere in giro? Non era colpa di Camille.
Sorridendo alzò il bicchiere a mo’ di brindisi verso il telefono a qualche metro da lui “Per te love, senza offesa ma nessuna può competere con lei…devo dartene atto però, sei durata più del previsto” ridacchiò tra sé.
Il telefono nel frattempo aveva smesso di vibrare.
Bevve un lungo sorso e sospirò di nuovo. Il silenzio venne interrotto da un boato al piano di sotto “NIK!” sentì gridare e alzò gli occhi al cielo.
Un attimo dopo si trovò di fronte una Rebekah completamente sconvolta e più pallida del solito.
“Perché diavolo non rispondi al dannato telefono?!” gli abbaiò contro quasi sull’orlo delle lacrime e solo a quel punto l’ibrido si alzò “Che succede Rebekah?” chiese con tono autoritario, ma la sorella vi lesse una nota di panico.
“Caroline” sussurrò con gli occhi sgranati e bastò un nome per far cambiare completamente atteggiamento a Klaus. La afferrò per le spalle “Parla dannazione! Cosa è successo?” esclamò perdendo compostezza e la bionda sembrò uscire dallo choc “L’hanno presa Nik, una strega. Cercava il paletto!” balbettò e l’ibrido imprecò tra i denti “Con chi hai parlato?!” le chiese brusco guadagnandosi un’espressione di sdegno “Solo con Caroline! Ero al telefono con lei quando è successo…è stato straziante Nik, sentirla gridare così” singhiozzò coprendosi il viso.
Klaus voleva urlare dalla frustrazione. Caroline era- Caroline poteva essere-
Scosse la testa, doveva restare lucido.
“Hai detto che eri al telefono con lei, hai sentito qualcosa?” domandò impaziente e la bionda corrugò la fronte “Deve aver recitato un incantesimo, mi sembrava parlasse spagnolo” cercò di sforzarsi “Anzi portoghese! Ne sono sicura” ribadì più convinta e Klaus si fiondò verso la libreria afferrando un vecchio libro impolverato.
Lo aprì frettolosamente scorrendo le pagine “New Orleans è una colonia francese, conosco diverse congreghe ispaniche, alcune haitiane, ma portoghesi…Ecco!” esclamò fermandosi “Dos Santos” sussurrò e la bionda fece qualche passo verso di lui “Chi sono?” chiese e Klaus richiuse il libro con un colpo secco, lo sguardo tetro e bramoso di sangue “Un’antica congrega arrivata anni fa da Fortaleza…ma non appena li troverò di loro resterà soltanto quella pagina” dichiarò prima di sparire a velocità sovrumana.
Rebekah afferrò il bicchiere del fratello finendolo in un colpo solo. Sperò che andasse tutto bene.
 
 
“Dov’è?!” gridò per l’ennesima volta un altro membro della congrega, Caroline gettò la testa all’indietro ridendo sonoramente guadagnandosi un potente schiaffo. Era bloccata da ore, schiacciata da una forza invisibile contro una parete di quella che sembrava una cripta ed era circondata da individui incappucciati. Roteò mentalmente gli occhi, quanta fantasia.
Una nuova ondata di dolore le attraversò come una scarica ogni osso, ogni tendine, ogni muscolo del corpo. Strinse i denti grugnendo, scossa da spasmi. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirla urlare.
“Caroline, il mio nome è Gracìela” si fece avanti la stessa donna del suo appartamento “Sono la madre di Djogo” spiegò, ma vedendo solo disinteresse negli occhi della vampira specificò “Il ragazzo che l’ibrido ha ucciso ieri” e finalmente qualcosa scattò nello sguardo di Caroline. D’accordo, si disse mentalmente, è di questo che si tratta quindi, di vendetta.
Gracìela sospirò “Senti, non sei tu il bersaglio. Dimmi solo dove si trova il paletto e ti lasceremo andare” cercò di ragionare avvicinandosi, ma improvvisamente Caroline si dimenò nella stretta invisibile cercando di morderla. La strega, colta alla sprovvista, fece un salto indietro.
Con occhi iniettati di sangue la vampira arricciò il naso in un ringhio gutturale “Tu prova solo a liberarmi e la prima cosa che farò sarà piantare ognuna delle vostre teste su una picca, così tutti sapranno cosa significa mettersi contro la mia famiglia” poi puntò lo sguardo su una figura rimasta nascosta, ma di cui era conscia fin dall’inizio “E tu” fece assottigliando gli occhi “Tu non hai idea di cosa hai fatto” sibilò.
Camille fece qualche passo avanti “Lo so benissimo invece” sorrise mostrando i lunghi canini “In un’unica mossa ho ottenuto tutto ciò che desideravo, immortalità, la tua dipartita e forse, col tempo, consolerò anche il tuo amato maritino” insinuò, sorpresa dentro di sé dalla forza con cui Caroline si agitava nella presa. Nascose bene i suoi timori “O forse non ce ne sarà bisogno, forse potresti dirmi dove hai nascosto il paletto. Klaus capirà, è abituato alle delusioni…un tradimento in più non gli peserà giusto?” propose alzando un sopracciglio.
Caroline si rilassò inaspettatamente aprendosi in un allarmante sorriso “In questo momento non so davvero cosa ti convenga fare Camille, uccidermi e subire la vendetta di Klaus oppure lasciarmi vivere e vedere cosa ho in serbo per te…” sussurrò sinistra e vide la ragazza corrugare la fronte, poi girarsi stizzita verso Gracìela “Forse è il caso di usare modi più convincenti, mi sembra ancora troppo spavalda” suggerì. Caroline si sentì staccare dalla parete, ma la presa invisibile su di lei non mollava, fluttuò verso il gruppo riunito della congrega seguita da Camille che camminava accanto a lei quasi fosse una passeggiata “Sai cosa sta per succedere?” le chiese e in quel momento alcune persone si spostarono. C’era una vasca piena d’acqua.
Poi, una volta vicina al bordo capì. Alzò un sopracciglio, scrutando quei fiorellini viola galleggianti sulla superficie piatta dell’acqua.
Era terribilmente affascinante che qualcosa all’apparenza così fragile potesse trasformarsi in arma contro creature come loro.
La sua espressione rimase perfettamente composta nonostante il suo cuore battesse all’impazzata. Doveva prendere tempo.
Voltò il capo verso Camille che, accanto a lei, la stava studiando e “Quasi mi dispiace per te ragazzina. Eppure ti avevo detto che non avevi nessuna speranza con lui. La dolce, innocente barista con la sua laurea in psicologia e i suoi consigli sulla vita…” Camille ringhiò calciandole le gambe facendola crollare in ginocchio e soltanto inspirando Caroline sentì il bruciore familiare della verbena insinuarsi nelle narici, scendere fino a raggiungere i polmoni. Scosse la testa “Chiediti quanto ti abbia cambiata, quanto ti abbia contagiata. Qualcuno tempo fa disse che Quando guardi a lungo nell’abisso, anche l’abisso guarda dentro di te, stare con lui fa quest’effetto, non è così?” mormorò sopprimendo tra i denti un lamento sentendosi afferrare violentemente per i capelli e trovandosi a pochi centimetri dalla sua aguzzina “Non hai ottenuto proprio niente Camille” concluse quasi compatendola con lo sguardo e questo non fece che inferocirla ancora di più. Caroline si sentì tirare indietro e chiuse gli occhi preparandosi all’impatto.
Non posso morire, si disse, i vampiri non possono annegare.
 
 
“Dov’è il paletto?! Diglielo Caroline!” ruggì  Camille ormai allo stremo. Qualcuno doveva averle dato il cambio ad un certo punto.
Caroline non la ascoltava. Quattro ore, trentasei minuti, otto secondi.
Quando era stata immersa la prima volta, il tempo sott’acqua le era sembrato infinito, così per restare lucida aveva cominciato a contare.
Questo esattamente quattro ore, trentasei minuti, dodici secondi fa.
Non posso morire, i vampiri non possono annegare.
Venne tirata indietro bruscamente, e d’istinto inspirò, fu come inghiottire decine di rasoi.
“A-andate al diavolo” sussurrò perché ormai non aveva più voce.
All’inizio c’erano state urla, li aveva insultati, maledetti, ma loro avevano allungato il tempo di immersione.
Non parlerà più con la testa sott’acqua l’avevano schernita.
“Caroline” sentì la voce di Gracìela farsi più vicina “Perché patire queste sofferenze per un mostro?” chiese pacata e solo allora la vampira si accorse che la presa intorno a lei era sparita. Si chiese da quanto.
Agì d’istinto graffiando il volto della strega, ma fu prontamente trattenuta “Vi ucciderà tutti!” gridò ormai sull’orlo dell’isteria.
Gracìela scosse la testa quasi dispiaciuta “Tenetela sotto più tempo” disse lapidaria.
Caroline non ebbe neppure il tempo di prendere il respiro o di chiudere gli occhi.
Inoltre aveva perso il conto, pensò disperata mentre il resto del corpo era scosso da spasmi.
Non posso morire, i vampiri non possono annegare.
Vorrei tanto che potessero.
 
 
Caroline non sapeva quanto tempo fosse passato, alternava dei momenti di veglia a momenti di incoscienza.
Sentiva dei deboli sussurri tra i membri della congrega “Perché non parla?” “Ce l’avrà davvero?” “Nessuno può sopportare tanto dolore” “Sono passate sette ore!”
Stranamente quella terribile tortura stava avendo su di lei l’effetto opposto. Ad ogni nuova spinta sentiva la rabbia crescere e ci si aggrappò con tutta se stessa.
Pensò a tutto quello che aveva passato e tutto quello che l’aveva portata fin lì.
No, Caroline Forbes non sarebbe morta in una dannata vasca da bagno, Caroline Forbes sarebbe sopravvissuta anche stavolta.
 
Non appena ebbe formulato il pensiero si sentì tirare violentemente indietro, ma questa volta con una forza tale da scagliarla lontano dalla vasca, facendola rotolare su un fianco.
Ogni movimento le procurava dolore, i capelli erano pregni di verbena e la pelle era così ustionata da aver trasformato il bruciore in freddo. Non smetteva di tremare.
Sentì delle grida e cercò di mettere a fuoco, ma gli occhi erano ancora danneggiati e servì qualche secondo prima di poter distinguere i contorni.
I membri della congrega erano a terra, immobili.
Tra di loro, macchiato di sangue e con sguardo omicida, si ergeva una figura familiare.
“Klaus” sussurrò la vampira aprendosi in un sorriso stanco “Perché diamine ci hai messo tanto?” chiese.
 
L’ibrido non rispose al sorriso, la sua attenzione era focalizzata dietro di lei, su Gracìela e sulla mano che teneva pericolosamente vicina a Caroline.
Non era stato facile trovarli. Erano riusciti a nascondere la cripta dietro un incantesimo, rendendo inefficace persino la localizzazione. Fortunatamente la sua strega aveva percepito una straordinaria e inusuale quantità di magia concentrata subito fuori New Orleans.
Appena entrato nella cripta Klaus aveva sentito distintamente l’odore del suo sangue, di carne bruciata. E di verbena.
Avendoli colti di sorpresa era stato facile, erano caduti come tasselli di un domino. Era bastato qualche morso qua, qualche colpo la.
Eppure la dannata gli era sfuggita.
Klaus vide la strega stringere la mano in un pugno e contemporaneamente Caroline sussultò spalancando la bocca in un grido muto.
“Lasciala andare! Ho ucciso io tuo figlio!” ruggì l’ibrido cercando di fare un passo verso di loro, ma qualcosa non andava, le sue gambe non ripondevano. Era bloccato. Dannate streghe!
“Dimmi dov’è il paletto Caroline” ordinò Gracìela “Dimmelo o ti uccido” ripeté e la stretta si fece soffocante.
La vampira strinse i denti portandosi una mano al petto. Le stava spappolando il cuore! Camille nel frattempo era scomparsa.
“Diglielo” sentì la voce spezzata di Klaus “Ti prego diglielo Caroline!” la pregò, ma la vampira scosse il capo testarda “No” mugugnò. Il viso di Gracìela era sudato, non avrebbe resistito a lungo. Si voltò verso l’ibrido “Se non posso ucciderti, vendicherò comunque mio figlio” minacciò spostando lo sguardo su Caroline.
Klaus sgranò gli occhi “No, non farlo” balbettò angosciato, ma la strega non lo ascoltava “Uma vida por uma vida” sibilò.
Caroline guardò Klaus. Era finita, questa volta era finita davvero. Pensò a tutto il tempo perso, a tutti i momenti sprecati negli ultimi secoli, al dolore, alla vendetta. Improvvisamente fu come se tutto scivolasse via e rimanessero soltanto loro due. E il loro amore.
E lo vide, lo vide nei suoi occhi che anche per lui era così.
La vampira sorrise tra le lacrime. L’aveva rivisto, dopo tutto quel tempo suo marito era proprio lì, davanti a lei.
“Caroline” sentì il suo nome uscire strozzato dalle labbra di Klaus come un singhiozzo, una preghiera.
“Sempre e per sempre” rispose lei senza distogliere lo sguardo, preparandosi alla fine.  
I suoi occhi non registrarono nulla, ma percepì uno spostamento d’aria che le scompigliò i capelli.
Ripresasi dalla sorpresa notò che Klaus non si era mosso, anche se non sembrava più bloccato.
La stretta al cuore era scomparsa.
Voltandosi si ritrovò di fronte il corpo di Gracìela, gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta.
Si sentì abbracciare “Te l’avevo detto che ti saresti fatta uccidere, meno male che tuo cognato era nelle vicinanze” disse una voce che la vampira conosceva fin troppo bene.
“Kol” sussurrò accettando l’aiuto e alzandosi “Che ci fai qui?” chiese ancora sotto choc mentre lui controllava che non fosse ferita gravemente. Si aprì nel suo famoso ghigno “Ho sentito che la famiglia aveva bisogno d’aiuto” rispose semplicemente “E se c’è una cosa che so fare dannatamente bene è un’entrata in scena!” esclamò spalancando le braccia.
Caroline lo guardò ancora interdetta per qualche secondo.
Kol l’aveva salvata. Kol era lì dopo secoli e l’aveva salvata. Klaus, anche lui era lì, suo marito era lì.
Era quasi morta.
Poi scoppiò in un pianto incontrollato, singhiozzando si portò le mani davanti al viso. Non capiva perché questo crollo improvviso, ma sentiva che non voleva smettere. Sentì qualcosa di caldo posarsi sulle sue spalle e spostando le mani si trovò di fronte lo sguardo sereno di Elijah mentre la copriva con una delle sue preziose giacche, alle sue spalle Rebekah lo superò fiondandosi su di lei e abbracciandola forte.
Sentì le voci concitate di Klaus e Kol, la mano tiepida di Elijah accarezzarle la testa, mentre era ancora stretta nell’abbraccio dell’originaria.
“Siete tutti qui” mormorò a fatica ancora tremante e quattro paia di occhi la fissarono.
“Secoli insieme e ancora non l’hai capito biondina?” fece Kol con quello sguardo bonariamente canzonatorio.
“Caroline, potremo litigare, arrivare persino allo scontro e alle minacce talvolta, ma siamo comunque una famiglia” continuò Elijah e Rebekah sorrise con sguardo lucido “Sempre e per sempre” confermò.
Caroline sentì un giramento di testa. Non seppe se per la felicità di vederli finalmente tutti insieme dopo così tanto tempo o per la spossatezza.
Incrociò lo sguardo con l’unico Mikaelson rimasto in disparte.
Poteva vedere la sorpresa nei suoi occhi lucidi mentre guardava tutti loro. Caroline sapeva a cosa stava pensando.
Non sei solo.
Lentamente si scostò da Rebekah e stringendosi nella giacca –non riusciva a smettere di tremare- fece un passo verso di lui.
“Klaus” sospirò quando lui la guardò. Sembrava perso.
Siamo qui, avrebbe voluto dirgli, per te.
Ma in un secondo vide tutto intorno a lei muoversi velocemente, sentì le gambe cedere.
“Caroline!” riuscì a distinguere la sua voce, così vicina e sentire il suo corpo. Come poteva una creatura di migliaia di anni emanare tutto questo calore, si chiese confusamente.
Un unico pensiero le attraversò la mente prima di chiudere gli occhi.
Era a casa.
 

 

So cosa state pensando...Camille avrà quello che si merita, promesso.
Come avrete immaginato ci sarà un pt. III; inoltre ho intenzione di fare un ff di quattro capitoli per spiegare cosa è successo nel passato tra di loro una sorta di prequel, ma prima finirò questa.
Mi piacerebbe molto per le prossime one-shot\drabbles se qualcuna di voi provasse a darmi un argomento che le piace (tutto tranne smut perchè non saprei proprio da dove iniziare) o una scena che vorrebbe vedere possibilmente legata a Caroline e Klaus anche in ambiti diversi per esempio una scena tra Klaus e Rebekah\Elijah oppure Caroline e la sua amicizia con Elena\Bonnie.
Sarebbe davvero bello secondo me, mi dareste la possibilità di mettermi alla prova e nel frattempo cercherei di accontentar le vostre richieste!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
A presto (Spero!!!)
Cami.
 
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2856227