La Serpe e il Grifone

di eliseCS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - ovvero introduzione generale ***
Capitolo 2: *** 1. Iniziamo a inquadrare meglio la situazione ***
Capitolo 3: *** 2. Finalmente a casa ***
Capitolo 4: *** 3. Un po' di contegno! ***
Capitolo 5: *** 4. Doccia fredda ***
Capitolo 6: *** 5. La tregua ***
Capitolo 7: *** 6. Punti di vista ***
Capitolo 8: *** 7. Prova del fuoco ***
Capitolo 9: *** 8. Buon compleanno - Parte 1 ***
Capitolo 10: *** 9. Buon compleanno - Parte 2 ***
Capitolo 11: *** 10. La Camera Segreta ***
Capitolo 12: *** 11. Incontri dimenticati ***
Capitolo 13: *** 12. Doccia ghiacciata ***
Capitolo 14: *** 13. Incubi e confessioni ***
Capitolo 15: *** 14. Uno strano trio ***
Capitolo 16: *** 15. Strani comportamenti ***
Capitolo 17: *** 16. Buon sangue non mente mai? ***
Capitolo 18: *** 17. Memorie di un (non troppo) vecchio cappello ***
Capitolo 19: *** 18. Bentornata ***
Capitolo 20: *** 19. La Serpe e il Grifone ***
Capitolo 21: *** 20. Chiacchierate e Scoperte ***
Capitolo 22: *** 21. La fuga del Serpente ***
Capitolo 23: *** 22. Preparativi ***
Capitolo 24: *** 23. La festa ***
Capitolo 25: *** 24. Solo un vero Grifondoro ***
Capitolo 26: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo - ovvero introduzione generale ***


Prologo - ovvero introduzione generale

Una delle cose che spesso contraddistingue una scuola da un’altra è il tipo di divisa che gli alunni che la frequentano devono indossare.
Il regolamento della scuola in questione imponeva che ragazzi e ragazze, durante la loro permanenza, indossassero sempre le loro divise: solo nelle occasioni di festa agli studenti era concesso di indossare abiti di proprio piacimento. Nei giorni restanti, invece, i ragazzi indossavano completi neri con camicia bianca, mentre le ragazze erano costrette nei loro corsetti abbottonati fino al collo abbinati a gonne lunghe fino ai piedi. Per entrambi era inoltre previsto un lungo mantello, anch’esso nero.
L’unico motivo per cui ragazze e ragazzi dagli undici ai diciassette anni accettassero di vestire divise così poco pratiche e comode era dato dal grande onore di poter frequentare quella scuola … e probabilmente anche dal fatto che, all’epoca, correva l’anno 1011.
 
La Scuola per Giovani Maghi e Streghe di Hogwarts era stata fondata quasi vent’anni prima dai quattro stregoni più potenti e influenti dell’epoca: Godric Grifondoro, Tosca Tassorosso, Cosetta Corvonero e Salazar Serpeverde. Il loro proposito era quello di poter insegnare il controllo dell’arte magica a tutti coloro che ne fossero dotati, in modo da restare nascosti a quelli che, invece, ne erano sprovvisti: i Babbani.
Il fatto che poi, a quell’epoca, maghi e streghe (veri o meno) fossero perseguitati spesso e volentieri, aveva convinto ancor di più i quattro stregoni a perseguire nella loro idea.
Dopo aver individuato un enorme castello in Scozia, appollaiato sulla cima di una scogliera che si affacciava su un altrettanto grande lago dalle acque scure, e dopo aver dotato la struttura di tutte le barriere e incantesimi respingi-babbano conosciuti al tempo, i quattro poterono finalmente iniziare a individuare i ragazzi da istruire.
Questi, già all’epoca, erano molti di più di quanto si potesse pensare, e i quattro direttori della neonata scuola facevano a gara per poter raccogliere sotto la loro ala quegli studenti che, secondo loro, sarebbero stati più o meno degni di frequentare la scuola.
Cosetta Corvonero prediligeva infatti le menti pronte e sveglie, portate per lo studio, mentre per la collega Tosca pazienza e attitudine al duro lavoro erano le vere doti. Dal canto suo Grifondoro preferiva coloro che fossero guidati dal coraggio e dall’audacia, mentre Serpeverde premiava i più astuti e ambiziosi.
Fu per questo motivo che i quattro fondatori si trovarono a dover cercare qualcuno che potesse suddividere i novelli allievi secondo i loro criteri, ma restando imparziale. Il nuovo cappello di Godric, un copricapo di lucido cuoio marrone con una tesa molto ampia, sembrò fare al caso loro. Il cappello venne infatti dotato della capacità di parlare, di una mente propria e di poteri di legilmanzia: una volta indossato avrebbe potuto leggere la mente dei ragazzi e smistarli così nella Casa a cui erano realmente più affini.
A questa divisione seguì anche quella di dormitori e sale comuni: Cosetta preferì la Torre Ovest del castello, mentre Godric ne scelse una il cui accesso era situato al settimo piano. Salazar stabilì la sua nei sotterranei del castello, mentre Tosca scelse una sala nel seminterrato, vicino alle cucine.
La Sala Grande predisposta per i pasti fu dotata di quattro grandi tavole in legno, una per ogni Casa, attorno alle quali gli studenti si sarebbero riuniti per mangiare.
Anche le divise furono adeguate a questa nuova suddivisione. Su ognuna sarebbe infatti stato applicato lo stemma con il simbolo e i colori della propria Casa, che ovviamente corrispondevano allo stemma di famiglia dei quattro stregoni.
Infine per favorire il confronto tra gli studenti, nella Sala Grande furono installate quattro grandi clessidre contenenti pietre preziose del colore delle quattro Case. Guadagnando meriti (o punizioni) gli studenti avrebbero potuto far aumentare (o diminuire) il contenuto della clessidra della propria Casa, e alla fine dell’anno, la Casa con più punti (ovvero con più pietre nella clessidra) avrebbe vinto una coppa che avrebbe simboleggiato l’onore di tale vincita.
 
Così pronta, Hogwarts si preparava ad accogliere i maghi e le streghe dell’Inghilterra per gli anni a venire, ma per la nostra storia non dovremmo andare così tanto avanti.



 

Allora... questa è la prima fan fiction che scrivo quindi, vi prego, abbiate pietà di me!
L'idea mi è venuta un po' così, non so quanto possa essere originale e non so nemmeno se la porterò avanti tutta.
Lo so che da quanto ho scritto fin'ora non si capisce ancora niente, ma prometto che caricherò il prossimo capitolo il prima possibile.
Non pretendo recensioni (anche se immagino che ricevere qualche parere sia sempre costruttivo), perciò sentitevi liberi di leggere quanto scrivo senza dover commentare per forza. Alla prossima!


 

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Capitolo 2
*** 1. Iniziamo a inquadrare meglio la situazione ***


1 – iniziamo a inquadrare meglio la situazione …

 
Capelli lisci, biondi, lunghi fino a metà schiena.
Occhi verdi, brillanti, curiosi e critici verso tutto e tutti.
Labbra non troppo carnose che riservavano sorrisi solo a chi sapeva meritarseli.
Altezza nella media e corpo niente male, almeno secondo quanto la stragrande maggioranza della popolazione maschile della scuola affermava di riuscire ad intuire attraverso i vestiti della divisa.
Celaena era bella, ne era consapevole, e lo sfruttava a proprio vantaggio. Qualsiasi cosa avesse voluto le bastava chiedere, anche se non ne aveva bisogno: libri da portare? Compiti già fatti? C’era sempre qualcuno pronto a darle una mano.
Nonostante tutto, però, la ragazza cercava di limitare il più possibile la richiesta di favori: aveva una reputazione da mantenere, e di certo non sarebbe stata lei, nella sua famiglia, quella che avrebbe fatto fare brutte figure, e proprio per questa questione di orgoglio ci teneva a dimostrare a tutti che lei, per essere la migliore, non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno.
Celaena, solo Lena per gli amici più intimi, era nata il terzo giorno d’inverno dell’anno 994, e al momento aveva appena iniziato il suo settimo e ultimo anno a Hogwarts, l’unica scuola di Magia e Stregoneria in tutta l’Inghilterra. E in quegl’anni non era certo passata inosservata: fin da subito di era dimostrata una delle allieve più brillanti della scuola in diverse delle materie che venivano trattate, al quinto anno si era guadagnata la carica di Prefetto e aveva superato con il massimo dei voti gli esami, mentre quell’anno sarebbe stata addirittura una dei quattro Caposcuola. Era molto fiera della Casa in cui era stata smistata, ma certo non disprezzava gli studenti delle altre Case: le piaceva molto conoscere persone nuove, da dovunque esse venissero; studiare insieme ai Corvonero o passare pomeriggi tranquilli con i Tassorosso.
L’unica cosa che proprio non sopportava era Grifondoro o, più precisamente Stefan Grifondoro.
Il che era naturale se la Casa in cui eri stata smistata era Serpeverde, e il tuo nome di battesimo era nientemeno che Celaena Astoria Serpeverde.
Già all’epoca del suo primo anno i rapporti tra il padre di Celaena e Godric Grifondoro avevano iniziato ad incrinarsi, e la ragazza aveva finito per far sua l’inimicizia del padre nei confronti di quello che una volta era suo amico.
Ovviamente, in quanto professore, Celaena non poteva nulla nei confronti di Godric, ma questo non era altrettanto vero per quanto riguardava il figlio, ovvero Stefan .
Evidentemente anche il giovane Grifondoro aveva, come lei, fatto sua la causa del padre, e infatti già dai primi anni i due non potevano stare insieme in una stanza senza arrivare alle mani. Con il passare degli anni, poi, le varie offensive erano passate su un livello più alto: se da undicenni il massimo che riuscivano a fare era scambiarsi qualche pugno procurandosi saltuariamente un paio di occhi neri, crescendo avevano entrambi imparato ad usare quello che era stato loro insegnato. Come quando Celaena aveva accidentalmente fatto cadere degli aculei di porcospino nella pozione di Stefan quando era ancora sul fuoco, facendo saltare in aria il suo calderone; o quando una mattina a Stefan era scivolato del Veritasserum nel succo di zucca di Celaena, e lei era dovuta stare chiusa in Sala Comune finchè l’effetto della pozione non era svanito, per evitare che le venisse posta qualsiasi domanda alla quale le avrebbe dovuto per forza rispondere dicendo la verità.
Andò così a finire che la prima cosa che tutti imparavano arrivando a Hogwarts, invece del regolamento scolastico, era che bisognava stare lontani da Celaena e Stefan quando stavano litigando, a meno che non volevi ritrovarti schiantato e risvegliarti in infermeria con la pelle blu e strane escrescenze simili a tentacoli su tutta la faccia.
Fortunatamente, nel corso dell’ultimo anno, scontri nel genere non si verificavano più di una volta alla settimana, e, la maggior parte delle volte, i due si limitavano a ignorarsi a vicenda, insultandosi reciprocamente se proprio non riuscivano a trattenersi.
Ma quell’anno sarebbe stato diverso …
 
Mentre finiva di riporre accuratamente i suoi effetti personali nel baule che avrebbe portato con sè a scuola, Celaena promise infatti a se stessa che, in occasione del suo ultimo anno a Hogwarts, si sarebbe comportata da persona civile e non si sarebbe lasciata distrarre da Stefan, qualsiasi cosa lui avesse fatto.
Le sue riflessioni furono interrotte dal padre che la chiamava: tutto era pronto per la loro partenza alla volta di Hogwarts. Celaena salutò Winter, l’elfa domestica che si occupava di lei quando era a casa, e, dopo aver stregato il baule in modo che si muovesse da solo, lanciando un ultimo sguardo alla sua camera decorata di verde si chiuse la porta alle spalle e si affrettò a scendere le scale.
Trovò il padre nel grande salone che la aspettava in piedi di fianco al grande camino con lo scrigno della Polvere Volante in mano. A differenza della maggior parte degli altri studenti, ogni anno lei e il padre si recavano alla scuola utilizzando quel metodo: alla fine ti sporcavi un po’ di cenere, ma era molto più veloce (e sicuro) che spostarsi in carrozza o con la scopa.
Prima di entrare nel camino –abbastanza alto da far passare comodamente anche suo padre- Celaena non potè fare a meno di riguardare l’enorme dipinto che vi troneggiava sopra, in cui era ritratta sua madre, Astoria, morta quando lei aveva solo quattro anni. Salutandola col pensiero la ragazza entrò nel camino prendendo una generosa manciata di Polvere dallo scrigno, sorrise al padre e con voce decisa esclamò: “Hogwarts!”
 
 
 
 
 
 
 
Ok, ho aggiornato così presto solo perché avevo il capitolo già pronto … e poi perché in quello precedente non avevo ancora scritto praticamente nulla :)
Chiedo perdono (anche per il futuro) per quelle cose che verranno inserite pur non essendo dell’epoca, come la polvere volante, ma d'altronde non è colpa mia se i libri da cui prendo spunto, ovvero quelli di Harry Potter, sono di un’epoca ben più recente! Se qualcuno volesse lasciare una 'recensioncina' piccola piccola...
Spero comunque che come inizio vi piaccia, alla prossima!

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Capitolo 3
*** 2. Finalmente a casa ***


2 - Finalmente a casa

 
 
“Buongiorno sorellina
L’ultima cosa che Celaena si sarebbe aspettata al suo arrivo era quel saluto da parte di quella persona.
Il viaggio era stato veloce e uguale a quelli degli anni scorsi: la non proprio gradevole sensazione di essere risucchiata in una specie di imbuto, tanta aria in faccia, un po’ di cenere negli occhi e, infine, il brusco impatto con il pavimento. Si ricordava ancora delle prime volte quando, non ancora abituata, si ritrovava immancabilmente a perdere l’equilibrio cadendo per terra.
Più brusco del suo ‘atterraggio’ era però stato il saluto che aveva ricevuto da quella voce fredda e beffarda.
Scorpius Arden Serpeverde, suo fratello, era infatti lì in piedi davanti a lei: alto, biondo come lei, con occhi grigi, duri come il ghiaccio; le mani sui fianchi in posizione di sfida e un ghigno sul volto che Celaena avrebbe volentieri cancellato.
Per qualche oscura ragione che la ragazza non era ancora riuscita ad afferrare, anche se sospettava che lo facesse soltanto per darle fastidio, Scorpius si divertiva sempre a chiamarla con quel fastidioso nomignolo, nonostante in realtà fosse lei la maggiore, e lui frequentasse solo il quinto anno. Il fatto che poi lui fosse più alto di circa una spanna era secondo lei del tutto ininfluente, e detestava con tutto il suo cuore essere chiamata così.
Inizialmente il rapporto tra i due era sempre stato molto stretto: dove andava Celaena c’era sempre anche Scorpius, e soprattutto dopo la morte della madre i due sembravano essere diventati quasi inseparabili.
Quasi.
Le cose erano infatti cambiate radicalmente quando i due fratelli avevano iniziato a frequentare la scuola, più precisamente quando Scorpius era arrivato a Hogwarts e aveva trovato la “scena” occupata dalla sorella maggiore. Trovandosi oscurato, all’ombra della sorella, il ragazzo aveva cercato a sua volta di farsi notare, ma quando finalmente ci era riuscito Celaena non era riuscita a perdonarlo, per il semplice motivo che quello che Scorpius aveva fatto era imperdonabile: si era alleato con il nemico.
Avendo trovato nuovi amici con cui sostituirlo, a scuola Celaena aveva preso a non considerare più il fratello come una volta, e così, l’allora undicenne Scorpius, era arrivato alla conclusione che l’unico modo per farsi di nuovo notare dalla sorella –ma anche da tutti gli altri- fosse andarle contro. E quale modo migliore per farlo se non diventare amico di Stefan Grifondoro?
All’inizio Celaena non riusciva a spiegarsi come Stefan riuscisse sempre a coglierla di sorpresa in tema di ‘scherzi’ e offese, e questo non le piaceva affatto. Quando poi aveva scoperto che il traditore era nientemeno che il suo caro fratellino, aveva dato il meglio di sé in un’epica sfuriata che tutti ancora ricordavano, e da quel momento non gli rivolgeva più la parola, a meno che non potesse proprio evitarlo, e di certo quando lo faceva non c’era più traccia dell’amicizia e complicità fraterna che una volta li legava.
 
Per questo uscì dal camino dell’ufficio del padre senza degnarlo di uno sguardo, sistemandosi la gonna e scuotendo via la cenere dai vestiti, e sempre senza rispondere gli volse le spalle per aspettare l’arrivo del suo baule. Questo, per fortuna, non si fece attendere troppo, e dopo averlo fatto levitare in modo da poterlo spostare facilmente si avviò verso la porta. All’ultimo momento si girò e si rivolse freddamente a Scorpius, guardando però un punto indistinto della parete alle sue spalle: “Visto che, a quanto pare, ormai sei diventato il suo fedele cagnolino, gradirei davvero molto se volessi riferire a quell’idiota del tuo amico che quest’anno non ho intenzione di perdere tempo dietro a lui.”
“Buon anno scolastico” aggiunse infine sbattendosi la porta alle spalle. Com’era sua intenzione era riuscita a cancellare quel sorrisetto dalla faccia del fratello: Celaena 1, Scorpius 0.
Il tragitto dall’aula di Pozioni (che era comunicante con lo studio di suo padre che, ovviamente, insegnava quella materia) alla Sala Comune di Serpeverde non era molto lungo. Ben presto infatti la ragazza si fermò di fronte ad una compatta parete in pietra. In qualità di Caposcuola, era stato affidato a lei il compito di scegliere la nuova parola d’ordine, che avrebbe poi provveduto a far sapere a tutti gli altri ragazzi della Casa … forse si sarebbe potuta dimenticare di dirla a Scorpius …
Durante l’estate aveva pensato a diverse opzioni, come :Stefan è un idiota, Stefan è una mezza cartuccia, e altre varianti sul tema, ma alla fine aveva optato per Mirabilis Incantatio, pensando che fosse più consona e seria.
Proprio mentre stava per pronunciare la parola d’ordine qualcuno le arrivò alle spalle prendendola per la vita, facendole cacciare uno strillo che rimbombò per tutti i sotterranei.
La bacchetta magica in mano, una fattura già sulle labbra: la ragazza riuscì a fermarsi appena in tempo per non colpire il suo aggressore, il quale si era tirato bruscamente indietro alzando le mani in segno di resa e commentando sarcasticamente: “Siamo un po’ nervosette oggi, eh?”
“Be’, Orion, avresti potuto pensarci due volte prima di fare una cosa del genere: lo sai che io prima agisco e poi chiedo le spiegazioni …” disse Celaena con il sorriso sulle labbra. L’attimo seguente aveva già rinfoderato la bacchetta e lo stava abbracciando.
Celaena e Orion Black -figlio di Amycus Black, un caro amico di famiglia- si erano conosciuti al loro arrivo a Hogwarts, dopo essere stati smistati: calma e pacata lei, più irrequieto e turbolento lui, i due si erano subito trovati e da quel momento la loro amicizia non era mai stata scalfita. C’era chi mormorava che i due fossero addirittura fidanzati –in seguito ad un accordo segreto tra Black e Serpeverde- ma la verità era che i due erano semplicemente ottimi amici.
“Come mai già qui?” domandò curiosa Celaena squadrando l’amico da capo a piedi: indossava un completo dall’aspetto costoso color viola molto scuro, che nonostante tutto non stonava con i suoi capelli neri e gli occhi altrettanto scuri.
“Ovviamente volevo riuscire ad arrivare primo per aggiudicarmi il posto migliore in dormitorio … non posso permettere che anche quest’anno qualcuno si accaparri il letto vicino alla stufa al posto mio: lo scorso inverno ho rischiato di congelarmi!” rispose lui sorridendo angelicamente.
“Ma va’!” lo interruppe lei “E quindi vorresti dire che il qui presente Orion Black non sarebbe in grado di trovare il modo per scaldarsi in una fredda notte d’inverno?”
Sorridendo maliziosamente Orion replicò: “Vorrà dire che quest’anno, se mai sentirò freddo, chiederò aiuto a voi, mia cara …” al che Celaena arrossì abbastanza vistosamente e gli diede una pacca sul braccio.
“Comunque” riprese poi cambiando argomento notando l’occhiata che gli aveva lanciato l’amica “Dobbiamo stare qui ad aspettare tutti gli altri? A voi l’onore di pronunciare la parola d’ordine di quest’anno, anche perché io non la so …”
Celaena sospirò alzando gli occhi al cielo, poi, rivolta alla parete, disse in tono serio: “Mirabilis Incantatio!”
Alle sue parole la parete si fratturò nel centro e scorrendo si aprì lasciando trasparire una specie di cunicolo comunque abbastanza alto da poter essere percorso restando dritti.
La ragazza entrò lasciandosi alle spalle il baule che fu debitamente recuperato da Orion (“Ma che cosa c’è qui dentro? Sassi?” “No, Orion, no. Esistono delle cose chiamate libri, sai…”)
Dopo un breve tragitto la Sala Comune si aprì davanti a loro, accogliente come ogni anno: i camini con il fuoco già acceso, i tavoli in lucido legno scuro e divani comodi su cui riposare. Per non parlare dei tappeti, dei quadri e delle decorazioni che ricordavano lo stemma della Casa: un serpente posizionato a formare una ‘S’ su sfondo verde e argento. Ma la cosa che di più piaceva a Celaena era la parete nord, che semplicemente … non c’era. La Sala Comune era infatti allo stesso livello del Lago Nero, le cui acque erano state bloccate da un incantesimo in modo che formassero esse stesse una delle pareti della sala. Celaena amava restare lì ad osservare i movimenti delle creature sottomarine che abitavano il lago, e avrebbe giurato di aver scorto, almeno un paio di volte, una sirena.
Era molto contenta di essere finalmente arrivata. Ormai da diversi anni d’estate faceva il conto alla rovescia aspettando di tornare a scuola: il maniero dove abitava le sembrava troppo grande; e con solo lei, il fratello e il padre (e qualche elfo domestico) come abitanti le sembrava sempre vuoto.
L’ambiente raccolto e accogliente della Sala Comune riusciva invece a farla sentire sempre a proprio agio: finalmente era tornata a casa.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi di nuovo!
All’inizio l’arrivo di Celaena a Hogwarts non doveva essere proprio così, ma alla fine le parole sono venute fuori da sole e il risultato non mi dispiace poi così tanto (lo so che i libri ancora non esistevano…)
Per il prossimo capitolo dovrete aspettare un po’ di più: ho già qualcosa in cantiere, però niente di definito.
Per il resto … lascio ai posteri l’ardua sentenza! Fatemi sapere cosa ne pensate!
 
Un ringraziamento speciale a:
-ninamarauder che ha lasciato un breve commento (ma molto gradito) al capitolo precedente
-Lui_LucyHP che ha inserito la storia tra le ‘ricordate’
-dracomalfoy94 che ha inserito la storia tra le ‘seguite’
Grazie!

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Capitolo 4
*** 3. Un po' di contegno! ***


3 – UN PO’ DI CONTEGNO!

 
 
E così l’anno scolastico era ricominciato, e Celaena si fece assorbire in fretta dal ritrovato ritmo delle lezioni.
Certo, a casa poteva alzarsi quando voleva e fare qualsiasi cosa avesse voglia di fare, ma era anche vero che, a lungo andare, tutto quel far niente la annoiava. Aveva anche invitato Orion un paio di volte, ma non potendo andare in esplorazione nei villaggi vicini come facevano gli anni passati (‘troppo pericoloso’ aveva detto suo padre) avevano presto esaurito i passatempi da svolgere alla magione e avevano finito per annoiarsi come prima.
Adesso invece era sempre occupata: le lezioni, i compiti che le venivano assegnati, lo studio per gli esami finali e i suoi nuovi doveri da Caposcuola. In quanto tale avrebbe infatti dovuto supervisionare il lavoro dei nuovi Prefetti, aiutandoli in caso di bisogno, e con l’inizio del mese di ottobre avrebbe anche iniziato con le ronde notturne, per evitare le passeggiate notturne degli studenti che si credevano più temerari. In realtà quella del coprifuoco era una regola che neanche Celaena aveva mai compreso, e più di qualche volta si era divertita a sgattaiolare di nascosto fuori dal dormitorio insieme a Orion, soprattutto se in programma c’era qualche scherzo da preparare per Stefan.
In più, da qualche anno a quella parte, sembrava che i ragazzini del primo anno avessero bisogno di assistenza per andare da qualsiasi parte. “Per piacere potresti indicarmi la strada per lo studio della professoressa Corvonero?”, “Questa è la strada giusta per arrivare in Sala Grande?”, “Mi sono perso! Non mi ricordo più come arrivare alla Sala Comune, mi puoi aiutare?”. Domande come queste erano tutt’altro che rare, e ogni volta la giovane strega rimaneva perplessa pensando al fatto che lei, il suo primo anno, non aveva mai chiesto indicazioni a nessuno, anche solo per una questione di orgoglio personale …
Questo nuovo ‘fenomeno’ era, secondo lei, facilmente spiegabile con una sola parola: Mezzosangue.
Non ce n’erano mai stati così tanti.
Celaena se ne era resa conto la sera dello Smistamento: un sacco di cognomi nuovi che di certo non rientravano nell’elenco delle famiglie Purosangue che suo padre le aveva fatto imparare ancora prima di andare a scuola. Si chiedeva davvero come maghi e streghe potessero mai ‘unirsi’ di loro spontanea volontà a gente senza poteri che con loro non aveva nulla da spartire. Di certo non di quei tempi, quando bastava il minimo sospetto, anche infondato, per farti condannare per stregoneria, per condannarti a morte.
I Babbani saranno anche stati privi di poteri, ma Celaena aveva constatato in prima persona quello che un non magico poteva fare a uno di loro, soprattutto se quest’ultimo era stato privato della sua bacchetta. Dopo quello che era successo a sua madre non vedeva certo di buon occhi coloro che professavano di dover provare ad andare d’accordo con i Babbani, di provare a parlare con loro … quella gente non sapeva ascoltare. Bastava vedere quanti dei loro simili erano stati condannati per stregoneria pur senza avere un briciolo di magia nel sangue, e Celaena condivideva abbastanza di buon grado l’avversione del padre riguardo il permettere a ragazzi come quelli (ovvero metà non maghi) di frequentare la scuola.
Se non altro il fatto di avere almeno un genitore mago sopperiva alla mancanza di educazione e istruzione dei nuovi arrivati. Non era certo un segreto che i Babbani, soprattutto i più poveri, non sapessero leggere, e sarebbe stato davvero un spreco di tempo, nonché una grande seccatura, dover insegnare loro una cosa così basilare. Per non parlare poi del fatto che, non sapendo leggere né scrivere, non sarebbero neppure riusciti a seguire le lezioni.
La ragazza era comunque rimasta soddisfatta nel notare che nessuno di quei Sanguesporco fosse stato smistato in Serpeverde, ed era esilarata dal fatto che invece la grande maggioranza fosse finita in Grifondoro.
 
Questo stava pensando Celaena mentre si stava alzando dal tavolo della biblioteca dov’era seduta per andare a sgridare un paio di primini (sicuramente Mezzosangue a giudicare dal loro stupore nei confronti dei libri che si rimettevano a posto da soli) che stavano facendo un po’ troppo chiasso per i suoi gusti.
Lo sapeva, sarebbe dovuta rimanere a studiare in Sala Comune, ma poi avrebbe incontrato Orion e addio studio! Non riusciva a capire come facesse, ma quel ragazzo riusciva sempre a trovare una buona scusa per distrarla e fare qualcos’altro.
Infine si lasciò ricadere sulla panca con un sospiro, finalmente era tornato il silenzio: “Allora, dov’eravamo arrivate?”
Helena le sorrise dalla parte opposta del tavolo: “Non sarai stata un po’ troppo dura con loro?” domandò, facendo evidentemente riferimento alla bella strigliata che aveva appena dato a quei due Grifondoro.
“Oh ti prego! Non ti ci metterai anche tu adesso? Ma li hai visti? E pensa che l’altro giorno mi sono imbattuta in una ragazzina che si era messa a strillare solo perché una rampa delle scale si era spostata … ma andiamo!”
“Perché la prima volta che è capitato a te scommetto che non ne eri affatto sorpresa …” commentò sarcasticamente la Corvonero.
“Be’” concluse Celaena “di certo io non ho mai urlato come una femminuccia… questi novellini invece non hanno il minimo contegno!”
Tra le due ci fu un attimo di silenzio: possibile che neanche la sua migliore amica riuscisse a capire quello che provava?
“Dai, ricominciamo” disse infine Helena. “Stavolta tocca a te”.
Celaena impugnò nuovamente la bacchetta che aveva lasciato sul tavolo, concentrandosi sul calice e sulla tabacchiera che aveva davanti.
Pronunciò l’incantesimo: “Proteus!”
I due oggetti vennero avvolti da una nebbiolina che si diradò in pochi secondi.
“Dai, vediamo se stavolta ha funzionato” disse infine. L’incantesimo avrebbe dovuto legare i due oggetti in modo che, incantandone uno, si incantasse anche l’altro. Al che anche Helena impugnò la sua bacchetta e si schiarì la voce: “Reduco!”.
Avevano scelto quell’incantesimo perché era sembrato loro uno dei più facili da revertire, ma fino a quel momento non erano mai riuscite a ottenere l’effetto voluto su entrambi gli oggetti.
Quell’ultimo tentativo sembrò però essere andato meglio. Il calice su cui Helena aveva lanciato l’incantesimo si rimpicciolì all’istante, ma quello che fece esultare e ragazze fu che, dopo qualche secondo, anche la tabacchiera si era rimpicciolita a sua volta.
“Ce l’hai fatta!” esclamò Helena.
“Parrebbe proprio di sì” confermò la Serpeverde, e per essere sicura fece un altro tentativo facendo ritornare il calice di dimensioni normali. La tabacchiera lo seguì a ruota: aveva funzionato.
Celaena sorrise, poi incoraggiò l’amica: “Adesso ce la farai di sicuro anche tu! Aspetta solo che risepariamo i due oggetti … com’era il contro incantesimo?” e iniziò a cercare l’informazione che le serviva nel pesante libro di incantesimi del settimo anno che avevano lasciato aperto lì in parte.
La sua ricerca venne però interrotta da una giovane Tassorosso che si era fermata intimorita di fianco al tavolo dove le due erano sedute.
“Cos’hai da guardare?” sbottò Celaena interrompendo la sua ricerca e facendo squittire dalla sorpresa la ragazzina. “Non mi dire che anche tu non ti ricordi più come si fa ad arrivare in Sala Grande … Guarda che non sono l’unica Caposcuola a cui chiedere, per esempio potresti provare con la cara Helena Corvonero qui presente…” proseguì poi lanciando un’occhiata di fuoco all’amica che si era messa a ridacchiare.
“Ve-veramente stavo ce-cercando lei miss Serpeverde… La… la professoressa Tosca mi ha dato questo da consegnarle…” disse balbettando la ragazzina mentre appoggiava sul tavolo un foglio di pergamena piegato con cura. “Scusate il disturbo” bisbigliò infine, e lasciò in fretta la biblioteca come se fosse inseguita da qualcosa.
“L’hai proprio terrorizzata per bene!” disse Helena canzonando l’amica. “A proposito, che cos’è?”
“Sono i turni delle ronde notturne che inizieranno dalla prossima settimana” incominciò Celaena che nel frattempo aveva aperto il foglio. “A quanto pare ci hanno diviso a coppie e saremo con la stessa persona fino alla fine de…” ma poi il suo sguardo si appoggiò sul nome scritto di fianco al suo e un’espressione di sgomento le attraversò il volto.
Poi arrivò lo strillo.
“No! Non è possibile! Come ha potuto farmi questo!” urlò senza badare al tono della voce e facendo girare più di qualcuno nella sua direzione. “Fammi vedere” disse Helena prendendole il foglio dalle mani. “Probabilmente la professoressa non sapeva che eravamo insieme, altrimenti avrebbe fatto consegnare il messaggio anche a me…” poi anche lei finì di leggere tutto e, al contrario di Celaena, scoppiò a ridere.
“Direi che te l’ha proprio fatta!” commentò quando riuscì a riprendere fiato.
“Non c’è proprio niente da ridere!” sibilò l’altra tra i denti alzandosi in piedi. “Il ripasso per oggi è finito, dammi qua” disse riponendo la bacchetta e riprendendo la pergamena. “Adesso ho cose più importanti a cui pensare, come per esempio costringere la Tosca a modificare questo maledetto turno… come diavolo ha potuto fare una cosa del genere? Di sicuro quando l’ha fatto aveva esagerato con il whisky incendiario…”
E borbottando inviperita uscì dalla biblioteca scoccando occhiatacce a chiunque osasse incrociare il suo sguardo. Non potevano farle questo e, come se non bastasse, aveva appena urlato come una femminuccia…
 
 
 
 
 
Salve a tutti!
E così l’anno è ricominciato da un paio di settimane e tutto sembrerebbe procedere tranquillamente. Almeno fino a quando Celaena vede con chi sarà costretta a fare le ronde notturne fino alla fine dell’anno…
Lo so che prima parte del capitolo è molto descrittiva, ma questi pezzi mi servono per inquadrare la storia volta per volta. So anche che continuo a tirare in causa la madre di Celaena senza dare spiegazioni, ma prometto che più avanti sarà spiegato tutto per bene  :)
Fatemi sapere cosa ne pensate! (Una piccola recensione magari… giusto per sapere se vale la pena andare avanti…)

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Capitolo 5
*** 4. Doccia fredda ***


4 – DOCCIA FREDDA

 
 
 
L’ufficio della professoressa Tassorosso si trovava vicino alle serre, e Celaena non ci mise molto a raggiungerlo. Una volta arrivata trovò la porta chiusa, e nonostante il suo primo impulso fosse quello di entrare comunque mandando via chiunque le stesse occupando il posto, pensò che mostrare un po’ di pazienza avrebbe potuto aiutarla a promuovere la sua causa.
Pazienza… dopotutto un motivo c’era se non era stata smistata in Tassorosso.
Finalmente la porta si aprì lasciando uscire la stessa ragazzina che poco prima le aveva recapitato il messaggio in biblioteca. Quella arrossì vistosamente alla vista della Serpeverde e scappò via in tutta fretta.
Non era neanche arrivata in fondo al corridoio che Celaena era già entrata nello studio chiudendosi la porta alle spalle.
Prese un gran respiro e con la voce più calma che potè disse: “Buongiorno professoressa” in modo da rendere manifesta la sua presenza.
La professoressa alzò lo sguardo dai compiti di Erbologia che stava correggendo e le sorrise facendole segno di avanzare.
Lo studio era immerso nella luce del sole che penetrava da una grande finestra alle spalle della scrivania, dando ai capelli castani della professoressa una sfumatura ramata.
Davanti alla scrivania erano posizionate due poltroncine in pelle, e fu su una di quelle che Celaena si sedette compostamente. Stava pensando a un modo carino e non maleducato per cominciare il discorso (dopotutto solo qualche minuto prima aveva fatto un’insinuazione non molto gentile riguardante l’aver esagerato con il whisky incendiario…) ma la professoressa la precedette.
“Buongiorno a te mia cara” disse infatti Tosca con un sorriso. “Cosa posso fare per te?”
Certo, pensò Celaena. Come se non sapessi come mai sono qui…
“Volevo parlarle a proposito di questo” disse invece appoggiando la pergamena con i turni, ormai tutta stropicciata, sul tavolo.
“Vede, credo che abbia commesso un errore, perché non è possibile che…”
“Oh no, nessun errore mia cara. Ti posso assicurare che questi abbinamenti sono stati fatti dopo una ponderata e attenta riflessione.” La interruppe Tosca sempre sorridendo.
“Be’, allora avrete sicuramente riflettuto sul fatto che io e Stefan riusciamo a malapena a sopportare di essere nella stessa aula durante le lezioni, figuriamoci durante un’intera ronda notturna!”
“E poi è sempre così infantile e arrogante” concluse dopo aver ripreso fiato “Non penso di poterlo sopportare!”
“Infatti questo è esattamente il motivo per cui vi ho messo in coppia insieme” rispose cortesemente la professoressa lasciando Celaena alquanto confusa. “È da sei anni che vi osserviamo litigare anche per il più insignificante dei pretesti: ho ritenuto opportuno costringervi a imparare a collaborare, e questo è l’unico modo che sono riuscita a trovare. Nella vita non potrai sempre sceglierti le persone con cui avrai a che fare: con certe ti troverai bene, con altre non vorresti sprecare neanche un secondo del tuo tempo, ma la maggior parte delle volte l’unica soluzione è fare buon viso a cattivo gioco”.
“Lo accusi di essere infantile… bene. Allora dimostra di essere più matura di lui” concluse infine.
Celaena aveva nel frattempo abbassato lo sguardo, colpevole. Quello che aveva detto di Stefan era senz’altro vero, ma era altrettanto vero che lei non si fosse dimostrata migliore di lui, orgogliosa com’era.
Annuendo seria si alzò dalla poltrona, pronta a congedarsi.
“Va bene, ho capito. Mi scusi per il disturbo” salutò la professoressa guardandola negli occhi: possibile che stesse ancora sorridendo? Che cosa ci trovava di divertente in quella situazione?
Girò sui tacchi e raggiunse la porta dello studio. Aveva appena appoggiato la mano sulla maniglia che la professoressa la richiamò: “Celaena! Questa cosa delle ronde con il signor Grifondoro potrebbe essere meno ‘terribile’ di quanto ti aspetti… se solo tu lo volessi, lo sai?”
“Buona giornata mia cara” la salutò infine tornando a concentrarsi sui compiti da correggere.
Celaena uscì dallo studio continuando a pensare alle parole della professoressa.
Davvero sarebbe stata capace di ‘andare d’accordo’ con Stefan, almeno per qualche ora?
La risposta arrivò prima di quanto potesse immaginare.
Per il resto del pomeriggio non fece altro che vagare per il castello per cercare di schiarirsi le idee, e prima di raggiungere la Sala Grande per la cena pensò di fermarsi un attimo nel cortile d’ingresso che era solitamente il meno affollato. Il suo posto preferito era una panchina solitaria, la più lontana dal portone d’ingresso e la meno visibile a causa dei rami di una pianta rampicante che sporgevano davanti a essa. Spesso andava lì a pensare quando la Sala Comune diventava troppo rumorosa e caotica.
Il cortile in questione aveva al centro anche una fontana, e spesso, quando cominciava a fare caldo e se non c’era nessuno ad osservare, le piaceva sedersi sul bordo e lasciare che qualche schizzo le arrivasse sul viso.
Non trovò per niente piacevole, invece, la grande bolla d’acqua ghiacciata che le si rovesciò in testa bagnandola dalla punta dei capelli alla punta dei piedi togliendole il respiro.
La ‘secchiata’ appena ricevuta fu accompagnata da un improvviso scoppiare di risa, e Celaena non aveva bisogno di alzare lo sguardo per intuire chi fosse il responsabile, anche perché al momento era impegnata a coprirsi con il mantello, visto che la camicetta bagnata lasciava vedere tutto quello che c’era sotto.
E infatti davanti a lei c’era proprio Stefan, accompagnato dai soliti due-tre galoppini che erano sempre al suo seguito. Non le fece affatto piacere notare che tra quelli c’era anche suo fratello.
Evidentemente però ridere di lei non gli bastava, doveva anche infierire sennò non si sarebbe divertito.
“Dovresti ringraziarmi, Serpe” disse infatti Stefan. “Mi sembra di averti appena risparmiato la fatica di farti il bagno stasera!” al che anche gli altri risero di nuovo come se quello che Stefan aveva appena detto fosse molto divertente.
“Mi sembri decisamente di buon umore” ribattè invece Celaena gelida. “Si vede che non hai ancora ricevuto la bella notizia…” disse alludendo al fatto che avrebbero dovuto fare le ronde insieme fino alla fine dell’anno. Il viso perplesso del Grifondoro le fece capire che effettivamente a lui la comunicazione non era ancora arrivata. “Se è così non ti svelo niente… altrimenti non sarebbe più una sorpresa, no?”
Poi continuò tirando fuori la bacchetta e puntandola verso Scorpius: “Penso che non sia affatto carino quello che avete fatto… e penso che tu abbia bisogno di rinfrescarti un po’ le idee…” e così dicendo sollevò Scorpius con un incantesimo e lo fece cadere dritto dritto dentro la vasca della fontana sorridendo allegramente alle proteste del fratello: se non altro si era presa una piccola rivincita.
Dopodiché, senza aggiungere una parola, voltò loro le spalle e si diresse a passo di marcia verso il dormitorio: se non si fosse cambiata si sarebbe di sicuro presa qualcosa, e non si sarebbe certo presentata a cena in quelle condizioni.
Arrivata in Sala Comune, sovrappensiero com’era, andò a sbattere contro Orion: “Santo cielo Celaena, che faccia che hai… è morto qualcuno? E perché sei tutta bagnata?”
Dal canto suo Celaena ignorò completamente le domande e sparì nel dormitorio femminile: non aveva voglia di parlarne, quella era stata una pessima giornata.
Purtroppo per lei, però, quando fu pronta trovò Orion che la stava aspettando seduto su una poltrona, e così non potè fare altro che unirsi a lui e raccontargli tutto controvoglia.
“Dai, adesso andiamo a cena, altrimenti non troviamo più niente” disse infine avviandosi verso l’uscita.
Non era particolarmente arrabbiata per quello che era successo, dopotutto, come aveva detto la professoressa Tosca, erano sei anni che succedevano cose del genere tra lei e Stefan. No, quello che le bruciava era l’aver pensato di poter considerare il ragazzo in modo diverso… ed essersi sbagliata.
Come aveva suggerito la professoressa era pronta a fare buon viso a cattivo gioco, ma aveva fallito miseramente alla prima provocazione.
Però non è colpa mia pensò Celaena con decisione mentre prendeva posto al tavolo di Serpeverde, osservando Stefan che rideva additandola mentre raccontava tutto orgoglioso la sua ultima prodezza.
E non mi importa di dimostrare di essere più matura… non finche posso cancellargli quel sorrisetto dalla faccia…

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Capitolo 6
*** 5. La tregua ***


5 – LA TREGUA

 
 
 
Ma quando, il giorno dopo, Celaena rivide Stefan a colazione, il sorriso aveva già abbandonato il viso del ragazzo, e lei era piuttosto certa che non fosse stato merito suo.
Poi si ricordò: ma certo! Molto probabilmente a quell’ora anche lui aveva ricevuto la comunicazione riguardante i suoi doveri notturni, e non ci voleva molto per capire che anche lui non ne era per niente entusiasta.
In quel momento, quasi percependo che qualcuno lo stava osservando, Stefan si girò nella sua direzione e Celaena distolse in fretta lo sguardo, mostrandosi all’improvviso molto interessata al piatto di porridge che era la sua colazione. Finì tutto in quattro cucchiaiate, raccolse la borsa con i libri e si alzò dal tavolo scusandosi e dicendo che si era dimenticata di prendere qualcosa e che quindi sarebbe dovuta passare in dormitorio prima dell’inizio delle lezioni.
In realtà si diresse dritta verso il cortile d’ingresso, a quell’ora completamente deserto, e si sedette sulla sua panchina preferita. Quella mattina si era svegliata con uno sgradevole mal di testa, dopo aver passato una notte di sonno agitato, e il chiacchiericcio degli studenti riuniti per la colazione non faceva che peggiorarlo.
Nel silenzio di quella solitudine, invece, il mal di testa sembrava già andare meglio.
Come se non bastasse, però, sentiva ancora le parole della professoressa Tosca rimbombarle nella mente e si era resa conto con non molto piacere che, nonostante tutto, neanche l’episodio del pomeriggio precedente era riuscito a cancellarle del tutto.
In più aver visto Stefan così serio e all’apparenza preoccupato non aveva migliorato le cose.
Certo, si aspettava una reazione negativa da parte sua, ma era altrettanto certa che Stefan non sarebbe rimasto a rimuginarci sopra più di tanto, e il fatto che evidentemente non si fosse ancora ripreso dallo ‘shock’ della notizia non era un buon segno. Possibile che l’avesse presa peggio di lei?
“Sapevo che ti avrei trovata qui”
Una voce interruppe i suoi pensieri facendola scattare in piedi all’istante, bacchetta alla mano.
Nonostante la sorpresa iniziale di trovarsi davanti proprio lui, Celaena non fece una piega e replicò gelida: “Voglio avvisarti che per oggi con il bagno sono a posto… ma forse tu volevi darti una rinfrescata…”
Stefan fece un mezzo sorriso e replicò: “No, grazie. Direi che anch’io sono a posto. Comunque sono qui per parlarti” “Sul serio!” aggiunse poi, notando l’occhiata scettica della Serpeverde.
“Niente bacchetta, niente scherzi. Promesso.”
Celaena rinfoderò la bacchetta e si risedette: “Parla, ti ascolto”.
Ci fu un attimo di silenzio e poi: “Ho ricevuto la comunicazione riguardante le ronde notturne”
“Immaginavo. Anch’io l’ho ricevuta, ieri pomeriggio”.
“Ho intenzione di chiedere alla professoressa Tosca di fare un cambio…”
“Be’, buona fortuna allora!”
“Perché dici così?” domandò lui perplesso.
“Perché non più tardi di ieri sera, proprio prima del nostro piacevole incontro, sono stata dalla Tassorosso a chiedere esattamente la stessa cosa… e mi ha detto di no” rispose lei funerea.
“Ah…”
“Già”
Tra i due ci fu un altro momento di silenzio, e a Celaena pareva di vedere i pensieri che si muovevano dentro la testa del ragazzo: sembrava si stesse preparando a dire qualcosa di difficile…
“Senti Celaena, voglio che questa cosa funzioni…” cominciò infine lui lasciando la ragazza a bocca aperta: si sarebbe aspettata tutto, ma di certo non quello.
“Lo so che non cambierà nulla, che non riusciremo ad andare d’accordo e che non saremo mai amici, ma io penso che per qualche ora potrei riuscire a comportarmi… bene. Fare buon viso a cattivo gioco, insomma”.
Celaena annuì accennando un sorriso: “Sai? È esattamente quello che mi ha detto la professoressa ieri: fare buon viso a cattivo gioco. In poche parole mi ha detto che dovrei darti una chance, e per una frazione di secondo penso di aver addirittura considerato seriamente la cosa, ma poi è successo quel che è successo e ho lasciato da parte ogni buon proposito”. Wow, da dove veniva tutta quella sincerità?
“…Allora sappi che mi dispiace”
CosaCosaCosa?
Stefan Grifondoro si stava scusando con lei?
Oh, se pensava quanto aveva aspettato quel momento! Glielo avrebbe rinfacciato per tutta la vita, avrebbe… Il suo entusiasmo si spense così come si era acceso.
Lo accusi di essere infantile… allora dimostra di essere più matura di lui…
Probabilmente, se avesse seguito il suo orgoglio, avrebbe dimostrato esattamente il contrario.
Maledì mentalmente la professoressa per la piega che stava prendendo la situazione: non sapeva come, ma aveva l’impressione che fosse tutta colpa sua.
“Quindi che cosa stai proponendo?” disse piano, come se avesse paura di quello che la sua stessa domanda avrebbe portato.
“Potremo… fare ‘pace’. Durante le ronde intendo. Certo, non mi dispiacerebbe poter fare a meno di guardarmi le spalle ogni momento, ma non voglio forzare troppo la mano” rispose lui cautamente, però riacquistando il sorriso.
“In questo caso il termine ‘tregua’ mi sembra più opportuno” precisò lei sorridendo a sua volta e alzandosi nuovamente in piedi. “E inoltre –non credo a quello che sto per dire- anche a me non dispiacerebbe poter fare a meno di preoccuparmi dei tuoi… ehm… scherzi. Quindi suppongo che per il momento potrei cercare di trattenermi… sempre se tu ti impegni a fare altrettanto”.
“Affare fatto, vada per la tregua” concordò lui tendendole la mano.
La ragazza la guardò un attimo con aria sospettosa e alla fine la strinse.
“Vada per la tregua” ripetè a sua volta.
I due rimasero così a guardarsi negli occhi finchè Celaena non mollò la presa per recuperare la sua borsa: “Faremo meglio ad andare, tra poco iniziano le lezioni, e tu devi ancora prenderti i libri” commentò mentre cominciava ad allontanarsi.
Era quasi arrivata al portone d’ingresso quando Stefan la raggiunse: “Celaena!”
Lei si fermò guardandolo curiosa.
“Solo perché tu lo sappia: in tutti questi anni… non mi è mai piaciuto davvero litigare con te…”
La ragazza sgranò gli occhi, ma prima di avere il tempo di dire qualcosa Stefan le aveva già aperto la porta facendola entrare, e due secondi dopo stava già correndo su per le scale diretto alla Sala Comune di Grifondoro, probabilmente per recuperare i libri.
Celaena sorrise tra sé e sé mentre scendeva nei sotterranei verso l’aula di Pozioni, la prima lezione della giornata.
Dopotutto la professoressa Tosca poteva aver ragione.
Dopotutto avrebbe potuto provare a dare una chance a Stefan Grifondoro.





Rieccomi!!
Non sarà un capitolo molto lungo o movimentato, ma immagino sia necessario per quello che verrà dopo :)
Ormai ci ho rinunciato a chiedere recensioni.... quindi buona lettura e alla prossima (per chi ancora non si è stufato)
Ciao a tutti!

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Capitolo 7
*** 6. Punti di vista ***


6 – PUNTI DI VISTA

 
 
 
Stefan non riusciva a credere a quello che era successo.
Quella che era sembrata fin da subito una circostanza particolarmente spinosa a cui avrebbe rinunciato volentieri si era appena trasformata, sbocciando in una situazione a cui non avrebbe mai rinunciato, se non altro per vedere come sarebbe andata a finire.
Era contento e perplesso riguardo al fatto che Celaena avesse accolto di buon grado l’idea della tregua, ma non sapeva come interpretare il fatto che la ragazza avesse accettato la proposta così in fretta.
Che stesse per giocargli un altro brutto tiro?
L’inimicizia tra lui e la Serpeverde era una cosa che ancora non riusciva a spiegarsi fino in fondo.
Tutto era cominciato al primo anno: tra gli avvertimenti del padre riguardo la famiglia Serpeverde e i comportamenti da ‘superiore’ che Celaena era solita adottare, aveva trovato fin troppo semplice prenderla in antipatia, e le idee della ragazza riguardo la ‘purezza’ del sangue e della razza dei maghi non avevano fatto altro che renderla ancora più ridicola davanti ai suoi occhi. Per lui quelle ‘teorie’ semplicemente non avevano senso.
Ma questo era quando avevano ancora undici anni e non sapevano ancora come andava il mondo.
Stefan aveva infatti sperato che, con il passare degli anni, Celaena si sarebbe lasciata alle spalle quei pregiudizi, a suo parere infondati. E invece non era stato affatto così, semmai il contrario.
Però, in verità, lui dopo un po’ aveva cominciato a stancarsi: finchè Celaena era solo una ragazzina scorbutica tutto andava bene, ma poi era cresciuta –tutti e due erano cresciuti- e Stefan aveva notato che il suo punto di vista su di lei era inevitabilmente cambiato.
Sarebbe stato cieco per non notare che Celaena era diventata proprio una bella ragazza, e come quasi ogni ragazzo della scuola aveva finito per prendersi una cotta per lei. Renderlo pubblico era però fuori discussione, e fortunatamente le ‘battaglie’ che frequentemente ingaggiava con lei erano senza dubbio una buona distrazione. Non poteva comunque evitare di sentirsi male (o comunque non bene) per ogni cosa cattiva che le diceva, per ogni tiro mancino che le sottoponeva, e non di rado ormai si chiedeva come sarebbero andate le cose se invece fossero stati amici.
 
Questi pensieri, uniti al fatto che effettivamente quella mattina, scendendo a colazione, si era dimenticato i libri in dormitorio, lo fecero arrivare tutto trafelato e in ritardo alla lezione di Trasfigurazione che Grifondoro avrebbe seguito insieme a Tassorosso. Fortunatamente la professoressa Corvonero non si arrabbiò più di tanto e non ritenne opportuno togliere punti a Grifondoro.
Sollevato e ancora con il fiatone Stefan si lasciò cadere sulla sua sedia, vicino a uno dei suoi migliori amici, Nicholas, che gli aveva tenuto il posto.
“Si può sapere che fine avevi fatto?” gli chiede Nick dopo che ebbe tirato fuori il materiale per la lezione.
“Non hai neanche finito la colazione e sei scappato via come se avessi avuto un troll alle calcagna! E ti consiglio di far sparire quel sorriso ebete dalla faccia: ti stanno guardando tutti…”
Effettivamente era vero, più di qualche sguardo curioso si era rivolto verso di lui, soprattutto quando la professoressa aveva voltato loro le spalle per scrivere alla lavagna.
Si affrettò ad assumere un’espressione più seria e consona e rispose vagamente all’amico: “Lascia stare, ok? Sono solo felice”.
E diceva sul serio: nonostante Celaena avesse sottolineato che la loro era solo una tregua, lui era comunque deciso a trasformarla in qualcosa di più duraturo, così che finalmente avrebbe potuto provare a conoscere la vera ragazza che si nascondeva dietro quegli occhi verdissimi e l’espressione fredda.
L’occasione che gli si era presentata era ottima, e lui non se la sarebbe lasciata scappare.
 
 
*******
 
 
Celaena non riusciva a credere a quello che era successo.
La spiacevole situazione in cui si era trovata suo malgrado aveva preso una piega sicuramente inaspettata, e nonostante tutto era curiosa di vedere come sarebbe andata a finire.
Era contenta e perplessa riguardo la proposta di pace di Stefan, ma non sapeva come interpretare quella strana iniziativa.
Che stesse per giocarle un altro brutto tiro?
L’inimicizia tra lei e il Grifondoro era una cosa che ormai dava per scontata.
Tutto era cominciato al primo anno: tra gli avvertimenti del padre riguardo la babbanofila famiglia Grifondoro e i comportamenti da ‘io sono il migliore’ che Stefan era solito adottare, aveva trovato fin troppo semplice prenderlo in antipatia, e le idee del ragazzo riguardo il dover accettare anche i Mezzosangue non avevano fatto altro che renderlo ancora più ridicolo davanti ai suoi occhi. Per lei quello che il ragazzo andava dicendo era semplicemente inconcepibile.
Ma questo era quando avevano ancora undici anni e non sapevano ancora come andava il mondo.
Celaena aveva infatti sperato che, con il passare degli anni, Stefan avrebbe capito l’assurdità delle sue affermazioni e avrebbe trovato un po’ di buon senso. E invece non era stato affatto così, semmai il contrario.
Però, in verità, lei dopo un po’ aveva cominciato a stancarsi: finche Stefan era solo un ragazzino arrogante e pieno di sé tutto andava bene, ma poi era cresciuto –tutti e due erano cresciuti- e Celaena aveva notato che il suo punto di vista su di lui era inevitabilmente cambiato.
Sarebbe stata cieca per non notare che Stefan era diventato un bel ragazzo, e come quasi la maggior parte delle ragazze della scuola non aveva potuto impedirsi di prendersi una cotta, per quanto piccola, per lui. Renderlo pubblico era però fuori discussione, e fortunatamente le ‘battaglie’ che frequentemente ingaggiava con lei erano senza dubbio una buona distrazione. Non poteva comunque evitare di pensare che ormai, per ogni cosa cattiva che gli diceva, per ogni tiro mancino che gli sottoponeva, non provava più la stessa soddisfazione di qualche anno prima, e non di rado le capitava di chiedersi come sarebbero andate le cose se invece fossero stati amici.
 
Arrivò in aula in anticipo come al solito, pronta per la lezione di Pozioni che quella mattina i Serpeverde avrebbero seguito insieme ai Corvonero.
Anche Helena era già arrivata, e Celaena si affrettò a sedersi vicino all’amica prima che qualcuno potesse rubarle il posto.
Non aveva ancora finito di tirare fuori tutto il materiale che Helena la investì con una parlantina ininterrotta: “Si può sapere che fine avevi fatto? Ti ho vista scappare via come se avessi avuto un troll alle calcagna, e poi non sei neanche tornata indietro” le domandò con fare inquisitore. “E poi non credere che non mi sia accorta che Stefan Grifondoro ti ha seguita a ruota neanche trenta secondi dopo che ti eri alzata!”
Celaena sorrise rassegnata: avere come migliore amica una Corvonero che non si lasciava sfuggire il minimo dettaglio non era di certo consigliato se avevi qualcosa da nascondere.
“Allora? Dai racconta! Siete riusciti a parlare o l’hai di nuovo spedito in infermeria?”
“Be’…” cominciò Celaena, ma l’arrivo di Orion la interruppe.
“Buon giorno ragazze!” le salutò allegramente. Poi aggiunse rivolto alla compagna di Casa: “Ti senti bene?”
“Sì, perché?” rispose Celaena perplessa.
“Be’, perché sembri felice, e dopo quello che è successo ieri mi sembra davvero molto strano…”
Per fortuna le venne risparmiata l’incombenza di rispondere perché in quel momento suo padre entrò nell’aula, e automaticamente tutti presero il loro posto smettendo di parlare dei fatti loro: se c’era una cosa che Salazar Serpeverde deplorava erano gli studenti che non stavano attenti durante le sue lezioni.
“Ha ragione sai?” le bisbigliò Helena prima che la lezione iniziasse ufficialmente.
“Ti consiglio di far sparire quel sorrisetto compiaciuto… non so perché ma non credo che a tuo padre farebbe molto piacere”.
Celaena annuì e si affrettò ad assumere un’espressione più seria e consona.
Non potè però fare a meno di pensare che Orion ci avesse visto giusto: lei era felice.
Non le sarebbe dispiaciuto far trasformare quella tregua tra lei e Stefan in qualcosa di più duraturo, dopotutto anche lui era Purosangue come lei e avrebbero potuto avere in comune molto più di quanto pensassero.
L’occasione che le si era presentata era ottima, e lei non se la sarebbe lasciata scappare.





Ciao!! Come promesso eccomi con un nuovo capitolo. All'inizio avevo pensato di far vedere le cose dal punto di vista di Stefan in modo da farlo 'partecipare' un po' di più, poi però ho iniziato a fare la stessa cosa dal punto di vista di Celaena e non mi sembra che il risultato sia tanto male (almeno secondo me, fatemi sapere cosa ne pensate!!)

Un ringrziamento speciale a:
summer_time che ha inserito la storia tra le seguite
AlexisVictorie che ha recensito la storia e l'ha messa tra le preferite
Siria_Ilias che ha recensito la storia e l'ha inserita tra le seguite
grazie ragazze e alla prossima!! :)

 

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Capitolo 8
*** 7. Prova del fuoco ***


7 – PROVA DEL FUOCO

 
 
 
“Davvero non riesco a capire come mai la Tassorosso non abbia accettato la tua proposta di fare cambio turno!”
Era lunedì sera, le nove e un quarto passate da poco, e in Sala Comune Celaena stava finendo di prepararsi per in contrare Stefan per la loro prima ronda notturna insieme, che sarebbe dovuta cominciare di lì a un quarto d’ora. Orion le faceva intanto compagnia cercando di tirarla su di morale: “Puoi sempre proporre di dividervi, così che tu controlli una zona del Castello e lui un’altra”.
Celaena annuì senza dire nulla. Dopo quello che lei e Stefan avevano concordato l’idea delle ronde non sembrava più così terribile, ma naturalmente non aveva avuto il coraggio di dirlo a Orion: aveva ancora una reputazione da difendere!
“Molto probabilmente farò tutto da sola facendo finta che lui non esista” disse per dargli un po’ di soddisfazione. “Anzi, ti dirò che non so neanche se avrà il coraggio di presentarsi… nel buio dei corridoi sarebbe fin troppo facile farlo inciampare… magari in prossimità di una rampa di scale…” concluse.
Orion si mise a ridere e Celaena fece altrettanto per non insospettirlo: in realtà in cuor suo non poteva fare a meno di pensare che quella era la prima volta che pianificava qualcosa ai danni di Stefan senza avere la minima intenzione di metterla in atto. Dopotutto aveva anche un patto da rispettare.
Finì di aggiustarsi il mantello, controllò di avere con sé la bacchetta e si congedò dall’amico: “Adesso devo proprio andare, è quasi ora. Ci vediamo domani, buonanotte!” disse incamminandosi verso l’uscita della sala.
“Fagli vedere chi comanda!” fu l’augurio che le arrivò da dietro.
 
Si erano dati appuntamento alla scalinata principale e Celaena arrivò esattamente nel momento in cui Stefan finì di scendere l’ultima rampa di scale.
“Buona sera” la salutò educatamente.
“Buona sera anche a te” contraccambiò lei
“Allora, da dove cominciamo?” iniziò lui rompendo il silenzio.
“Potremo dividerci le zone…” propose Celaena. “Tu inizi dall’alto, io dal basso e poi ci incontriamo a metà”.
“L’idea di fare la ronda insieme ti atterrisce così tanto?” scherzò lui di rimando.
Celaena scosse la testa, ma in realtà Stefan aveva appena dato voce a un dubbio che la rodeva come un tarlo ormai da giorni. Quella prima ronda poteva essere considerata come una vera e propria ‘prova del fuoco’ che avrebbe dimostrato se esisteva almeno una vaga possibilità che loro due potessero andare d’accordo. E dopo che si erano in qualche modo ‘chiariti’, la grande paura di Celaena era scoprire che quella possibilità non esistesse. Pensava quindi che svolgere la ronda separatamente avrebbe potuto troncare sul nascere qualsiasi possibile litigio.
Ma evidentemente Stefan non la pensava come lei: “Dai, su! Abbiamo fatto una tregua, no? Dammi almeno la possibilità di dimostrarti che sono in grado di rispettarla!” le disse con tono vagamente supplichevole.
“E va bene” cedette la Serpeverde alla fine “però diamoci una mossa, sennò domani mattina siamo ancora qui”. E così dicendo cominciò a incamminarsi su per la rampa di scale.
Rendendosi poi conto che aveva deciso senza chiedere il parere del compagno, si fermò dopo qualche gradino e domandò: “Scusa… ti va bene se iniziamo dai piani più alti?” al che Stefan sembrò alquanto colpito da quell’atto di inaspettata gentilezza nei suoi confronti e si limitò a seguirla rispondendo: “No, figurati. A me va benissimo”.
E così i due iniziarono a pattugliare corridoio dopo corridoio, piano dopo piano, alla luce dei Lumos proveniente dalle loro bacchette e con il solo rumore dei loro passi che rimbombavano nel silenzio.
L’atmosfera che di notte regnava nel Castello era quasi surreale, soprattutto se si pensava che, solo fino a poche ore prima, quegli stessi corridoi erano gremiti di studenti rumorosi. Ma evidentemente quella notte nessuno aveva deciso di fare il temerario violando il coprifuoco, e i due procedettero per un bel po’ senza incontrare anima viva. Rimase tutto tranquillo finchè non arrivarono al secondo piano, e sentirono dei rumori provenire dall’aula di Aritmanzia.
“Sarà meglio andare a controllare, non trovi?” commentò Stefan, entusiasta che qualcosa avesse finalmente rotto la monotonia di quella ronda.
“Direi proprio di sì” fu la risposta di Celaena, che già stava sorridendo all’idea di togliere punti a qualcuno. Speriamo sia un Grifondoro… pensò sorvolando sul fatto che anche Stefan faceva parte di quella Casa.
Ma quando aprirono la porta dell’aula quello che si trovarono di fronte non era uno studente.
Era Pix.
Pix era un Poltergeist, ovvero uno spiritello del caos, che era giunto per caso a Hogwarts durante uno dei suoi vagabondaggi; e alla fine si era trovato talmente bene che aveva deciso di non andarsene più via. Il che non sarebbe stato un problema se non fosse stato che il suo passatempo preferito era quello di fare ‘scherzi’ a tutti, e il più delle volte non finivano affatto bene. C’erano stati studenti spinti giù dalle scale, altri rinchiusi in sgabuzzini bui e polverosi per giorni, prima che qualcuno riuscisse a trovarli, e qualcuno era persino riuscito a farsi appendere a un lampadario. L’unico che riusciva a tenere Pix sotto controllo, per lo meno in sua presenza, era Salazar.
E fu forse per questo che Celaena, sicura dell’autorità che il padre riusciva a esercitare su quell’odioso spiritello infestante, pensò di poter riuscire a risolvere la situazione.
“Smettila subito Pix!” lo richiamò infatti con voce autoritaria entrando nella stanza. “Non vorrai mica che vada a svegliare mio padre…”
La minaccia sembrò sortire un certo effetto, e infatti Pix fece fermare i banchi e le sedie che fino a quel momento stava facendo roteare in aria facendoli cozzare tra loro: ecco spiegato il fracasso che avevano sentito.
“Ooooh, alla Piccola Serpe non va bene quello che il povero Pix stava facendo? Ma il povero Pix voleva solo passare il tempo…”
“Allora vedi di farlo in altro modo!” rispose Celaena, per niente lieta di essere stata chiamata ‘Piccola Serpe’.
“E adesso rimetti giù tutto, in modo che ogni cosa torni al suo posto!” gli ordinò alla fine.
“…Come la Piccola Serpe comanda” disse il Poltergeist in tono remissivo, ma la ragazza avrebbe dovuto capire che le cose stavano andando troppo bene e che Pix non avrebbe mai ceduto così facilmente senza prendersi qualcosa in cambio. E infatti i mobili ricominciarono effettivamente a tornare ai loro posti, però passandole pericolosamente vicino.
Troppo vicino.
Talmente vicino che la gamba di un banco la colpì forte in fronte, e l’ultima cosa che vide fu Stefan che le si avvicinava in fretta per evitarle una brusca caduta sul pavimento.
 
 
Si risvegliò che era distesa su qualcosa di rigido… un tavolo… con qualcosa di freddo appoggiato in fronte… probabilmente del ghiaccio.
Aprì gli occhi e si rese conto che effettivamente era distesa su un tavolo di legno e che, seduto su una sedia lì di fianco, c’era Stefan che la guardava: come si accorse che Celaena aveva riaperto gli occhi distolse lo sguardo, imbarazzato.
Intanto la ragazza si era tirata su a sedere e si stava guardando intorno per riconoscere il luogo dove si trovava: erano le cucine, inconfondibili se non altro per il gran numero di elfi domestici che vi abitavano e che, da quando si era svegliata, le ronzavano intorno chiedendo se la ‘Padroncina’ desiderasse qualcosa.
“Perché non l’infermeria?” domandò infine rivolta a Stefan, ignorando gli elfi che le si affaccendavano intorno.
“Be’, ho pensato che non fosse necessario svegliare Madam Keitha solo per un po’ di ghiaccio, visto che qui ce n’è in abbondanza” incominciò. “E poi avevo fame… per l’agitazione stasera non ho mangiato praticamente niente…” concluse con aria colpevole.
“Ah… e poi vieni a dire a me se l’idea della ronda insieme mi atterrisce… interessante! E meno male che da Grifondoro quale sei dovresti essere coraggioso…” disse Celaena, però non con cattiveria.
“Comunque grazie. Dopotutto sei stato tu a portarmi qui, no?” concluse tornando più seria.
“Non c’è di che. Da Grifondoro qualche sono non avrei mai abbandonato una madamigella in difficoltà…”
Si guardarono un attimo e poi scoppiarono a ridere. Celaena era davvero stupita: fino all’altro giorno considerava Stefan alla stregua di un nemico, e adesso ci stava addirittura ridendo insieme, dopo che lui l’aveva indiscutibilmente aiutata. Se qualcuno glielo avesse detto qualche settimana prima lo avrebbe preso per pazzo.
“Credo che a questo punto potremo anche andarcene a dormire” disse il Grifondoro quando finalmente ebbero smesso di ridere.
“Ma non abbiamo neanche finito il giro!” provò a protestare Celaena, ma il ragazzo fu inflessibile: “L’unico giro che farai sarà quello che ti porterà dritta al tuo dormitorio. E poi chi vuoi che ci sia in giro a quest’ora!”
“Forza, ti accompagno. Non vorrei mai che la botta che hai preso ti giocasse qualche brutto scherzo lungo la strada”
 
“Allora buonanotte” salutò Celaena una volta che furono arrivati di fronte alla parete in pietra che segnava l’ingresso della Sala Comune di Serpeverde.
“Buonanotte” contraccambiò Stefan a sua volta. “Sai, non mi era mai divertito così tanto durante una ronda… avrebbero dovuto metterci in coppia insieme molto prima…”
“Se questa è la tua idea di divertimento…” ribattè Celaena indicando il bernoccolo che si era formato sulla sua fronte. Per fortuna in dormitorio avrebbe dovuto avere della Pozione Ricostituente che avrebbe sicuramente fatto al caso suo.
“A domani!”
Celaena aspettò che Stefan sparisse dalla sua vista prima di pronunciare la parola d’ordine ed entrare.
La Sala Comune era deserta, e in dormitorio tutti stavano dormendo.
Esausta Celaena indossò velocemente la camicia da notte e si mise sotto le coperte.
Qualche minuto dopo si era già addormentata, con un bel sorriso sulle labbra: la ‘prova’ era stata superata.






Rieccomi!
Oggi sono un po' di fretta, perciò vi auguro solo buona lettura! :)
Grazie a AlexisVictorie per il commento al capitolo precedente e a  martussa91 per aver messo la storia tra le seguite
Alla prossima! <3

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Capitolo 9
*** 8. Buon compleanno - Parte 1 ***


8 – BUON COMPLEANNO (parte 1)

 
 
 
Hogwarts non era mai stata così tranquilla.
Ci avevano messo un po’ a rendersene conto, ma alla fine tutti avevano capito che il grande cambiamento era dovuto alla fine dei litigi e delle discussioni tra Celaena e Stefan, e non potevano fare a meno di chiedersi come fosse potuto accadere un miracolo del genere.
Se infatti i due erano soliti squadrarsi in cagnesco ogni volta che si incrociavano, adesso stupivano tutti scambiandosi il buon giorno con un tono addirittura gentile. Certo non si comportavano come se fossero grandi amici davanti al resto della scuola, ma per quello c’erano pur sempre le ronde notturne...
I due ragazzi avevano infatti scoperto di avere diversi interessi in comune, uno fra tanti, ad esempio, quello per la guarigione e le pozioni curative, e durante le ore che trascorrevano insieme di notte a pattugliare i corridoi del castello avevano avuto modo di approfondire diversi argomenti.
Qualsiasi cosa andava bene come spunto di conversazione, l’unico tabù era mettersi a parlare dello status di sangue delle persone.
Quando infatti Stefan ebbe l’ardire di chiedere a Celaena come mai ce l’avesse così tanto con i Babbani, la ragazza si era improvvisamente rabbuiata e non aveva più pronunciato una parola finchè lui non ebbe giurato che non avrebbe neanche più accennato a quell’argomento. Così tutto era tornato come prima, anche se il Grifondoro si era ripromesso di scoprire ugualmente come mai quell’argomento turbasse così tanto l’amica… amica?
Era incredibile come in poche settimane entrambi fossero riusciti a cambiare opinione l’uno dell’altra nonostante tutti quegl’anni passati a considerarsi come ‘nemici’, e tutti e due non riuscivano a capacitarsi di essersi comportati in modo così puerile per tutto quel tempo.
Celaena si era perfino ritrovata a pensare che forse, in fondo in fondo, sarebbe dovuta andare a ringraziare la professoressa Tosca: in fin dei conti era merito suo se adesso lei e Stefan andavano finalmente d’accordo. Suo, o della botta in testa che aveva preso la notte della loro prima ronda… Ma quale che fosse realmente la causa, entrambi erano molto felici del cambiamento.
Celaena aveva trovato in Stefan un ragazzo molto garbato, gentile e sempre disponibile in caso di bisogno (come tra l’altro aveva già avuto occasione di dimostrare…)
Da parte sua Stefan aveva piacevolmente scoperto che, dietro la facciata da regina di ghiaccio costantemente ostentata dalla Serpeverde, si nascondeva in realtà un cuore altruista e generoso, difficile da individuare se ci si limitava a un’occhiata superficiale come aveva fatto lui per tutti gli anni precedenti.
Mai era rimasto più stupito di quando Celaena, con inaspettata naturalezza, si era offerta di spiegargli un argomento di Trasfigurazione particolarmente difficile che lui non era riuscito a capire del tutto.
Sempre più spesso poi, si ritrovava a guardarla come incantato: ormai quei capelli biondi e quegli occhi color smeraldo gli si erano impressi a fuoco nella mente, e forse neanche un getto d’acqua particolarmente potente sarebbe riuscito a spegnere quell'immagine… forse…
 
 
Il piacevole clima autunnale lasciò presto il posto a quello invernale: già con novembre iniziò a fare molto freddo, le cime delle montagne divennero bianche e persino la superficie del lago venne coperta da una solida lastra di ghiaccio. Con dicembre, poi, arrivò anche la neve, e gli spifferi gelati che ti coglievano a tradimento nei corridoi erano diventati quasi più temuti dei compiti di Pozioni.
Se faceva così freddo durante il giorno, figurarsi la notte.
Ormai Celaena non lasciava più il dormitorio se non dopo aver indossato i suoi vestiti più pesanti e il mantello rivestito di pelliccia.
Quella sera del 22 dicembre non fece eccezione: coperta al meglio la Serpeverde si presentò puntuale alla scalinata principale per iniziare la ronda con Stefan.
“Ehi!” la salutò lui appena arrivato. “Certo che oggi fa più freddo del solito, non trovi?”
“Eh, già! Sarà meglio muoverci, così almeno ci scaldiamo un po’.”
E cominciarono così a risalire le scale per iniziare il giro dall’ultimo piano, come ormai erano soliti fare. Con quel freddo entrambi desideravano finire il prima possibile per poter tornare al caldo sotto le coperte, ma era più facile a dirsi che a farsi: le ronde richiedevano infatti molto più tempo di quanto i due avessero pensato ancora all’inizio dell’anno, e i ragazzi tornavano sempre ai propri dormitori che la mezzanotte era già bella che passata, e da parecchio.
Pattugliarono chiacchierando il settimo e il sesto piano, il loro fiato che formava delle nuvolette di vapore ad ogni parola.
Avevano appena messo piede al quinto piano quando l’espressione di Stefan si fece più seria e pensierosa. Celaena non disse niente, facendogli però capire che avrebbe ascoltato quello che aveva da dire, se avesse voluto condividerlo con lei.
“Ok…” cominciò lui prendendo un gran respiro “Lo so che ti avevo promesso di non tornare su questo argomento, però non posso farne a meno…”
Al che Celaena capì dove l’amico voleva andare a parare e fece per protestare, ma lui fu più veloce: “No, ascolta. Non è per giudicarti o altro, penso solo che conoscendo le ragioni che ti motivano potrei capire meglio quello che pensi al riguardo… Perché odi così tanto i Babbani?”
Celaena rimase zitta e continuò a camminare senza guardare Stefan. Ad un certo punto bofonchiò qualcosa che suonò come : “Sono esseri crudeli…”
“E perché pensi che lo siano?” chiese il ragazzo cercando di approfondire.
Continuarono a procedere finchè la Serpeverde non si fermò di colpo in corrispondenza di una finestra che lasciava penetrare i raggi della luna. Guardò Stefan negli occhi e dopo un lungo sospiro si preparò a parlare: “Promettimi che non ripeterai a nessuno quello che sto per dirti, ok?”
“Promesso” rispose lui più serio che mai, cercando di non farsi distrarre dalla luce della luna che si rifletteva sui suoi capelli dorati.
“Io… io odio i Babbani perché hanno ucciso mi madre” cominciò lei lasciando Stefan a bocca aperta.
“Era a casa da sola, senza la bacchetta a portata di mano… l’hanno colta di sorpresa e non ha potuto fare nulla per difendersi. Io avevo quattro anni, Scorpius due, eravamo a casa di zia Agatha a giocare con i nostri cugini e mio padre era qui a scuola. Appena l’ha saputo e corso da lei, ma non ha fatto in tempo, è arrivato troppo tardi: l’avevano messa al rogo…” e mentre raccontava una lacrima le scese silenziosa rigandole una guancia.
“Sapevo che tua madre era morta, ma non sapevo che… mi dispiace, davvero” disse Stefan sottovoce. “Però i Babbani non sono tutti così, non…”
“Lo so” lo interruppe Celaena “Ho provato a pensarla così, ma ogni volta mi torna in mente mia madre e tutto torna come prima” concluse tristemente asciugandosi le lacrime con il dorso della mano.
“Seguimi!” esclamò ad un certo punto Stefan prendendo Celaena per un polso e cominciando a correre trascinandosela dietro.
Si precipitarono giù per le scale cercando di non inciampare nei loro stessi piedi e raggiunsero il corridoio principale del quarto piano.
“Ma dove stiamo andando?” provò a domandare Celaena, ma in risposta ottenne solo un sorriso enigmatico.
Si fermarono davanti al grande specchio posizionato a un angolo del corridoio: nessuno sapeva chi l’avesse posizionato e perché, ma più di qualche ragazza lo trovava estremamente utile per darsi una sistematina tra una lezione e l’altra, quando passava da quelle parti.
Celaena guardò Stefan con un punto interrogativo stampato in faccia mentre quello impugnava saldamente la bacchetta, la puntava verso lo specchio, e diceva: “Dissendium!”.
Il bordo dello specchio ebbe uno scatto e il ragazzo lo tirò verso di sé rivelando un cunicolo immerso nel buio da cui usciva una corrente d’aria piuttosto fredda.
“Andiamo!” ripetè il Grifondoro riprendendo per mano la ragazza. Accese la sua bacchetta con il Lumos, invitando Celaena a fare lo stesso, e dopo che entrambi furono entrati nel passaggio si chiuse lo specchio alle spalle. Immersi nel buio i due cominciarono a seguire il tunnel che presentava una lunga serie di scalini che scendevano rapidamente. Quando finalmente il percorso iniziò ad essere pianeggiante Celaena si decise a chiedere di nuovo: “Dove mi stai portando?”
Stefan rispose misterioso: “Voglio dimostrarti che i Babbani non sono tutti uguali, se ci riesco” e poi voleva anche trovare un modo per farla sorridere: vederla con le lacrime agli occhi gli aveva fatto venire voglia di piangere anche lui.
“Aspetta un attimo… stiamo lasciando il castello?! Non possiamo, è proibito! Non oso neanche pensare a cosa potrebbe farmi mio padre se lo venisse a sapere…”
“Tuo padre non saprà niente. Non è la prima volta che lo faccio: di solito siamo io, Nick, e qualche altro Grifondoro. Una volta è venuto perfino tuo fratello. Nessuno ci ha mai scoperto, e non vedo perché dovrebbe succedere proprio questa volta”.
Celaena continuò a tenere un’espressione piuttosto contrariata –dopotutto loro erano Caposcuola, ci si aspettava un po’ di responsabilità- ma continuò lo stesso a camminare.
Dopo quasi un quarto d’ora il percorso tornò ad essere leggermente in salita, e dopo qualche minuto ancora, dopo aver superato una botola che segnava la fine del tunnel, si trovarono nel salotto di una casa abbandonata.
“Nel caso te lo stessi chiedendo, qui siamo a Hogsmeade” cominciò a spiegare Stefan “è un paesino non molto lontano da Hogwarts –in fondo ci siamo arrivati a piedi- e la cosa particolare è che la popolazione è praticamente tutta composta da Babbani. Ci sono anche maghi, però, e tutti convivono pacificamente nonostante siano diversi… ed è quello che faremo anche noi per questa sera. Sanno che siamo della scuola, non avranno niente da ridire (te l’ho detto che non è la prima volta, no?) e non andranno a denunciarci, stai tranquilla” concluse togliendosi il mantello dalle spalle e togliendolo anche a Celaena.
“Ma cosa fai? Congeleremo così!” protestò la ragazza sfregandosi le braccia.
“Non ti preoccupare” rispose lui “Con quello che faremo non ne avrai bisogno, ti sarebbe solo d’intralcio”
Uscirono dalla costruzione rabbrividendo per la temperatura ancora più rigida. L’edificio non era troppo lontano dalla piazza del paese che era visibile anche da lì: la neve era stata spalata via in modo da lasciare libero il selciato e al centro spiccava un bel falò. Intorno diverse persone e bambini ballavano al suono di strumenti a corda. Sembravano divertirsi parecchio, e sarebbe stato impossibile dire chi fosse mago e chi no.
“Lo fanno ogni volta che c’è luna piena” precisò il ragazzo indicando le persone danzanti e poi la luna, bianca e splendente nel cielo nero della notte.
“E adesso che cosa dovremo fare?” domandò la Serpeverde
“Ci uniamo a loro, ovviamente!” rispose Stefan tirando la ragazza per un braccio. “Tu pensa solo a divertirti” e così dicendo la trascinò all’interno del cerchio cominciando a ballare insieme a lei.
Dopo un po’ Celaena smise di pensare: non era più una ragazza di buona famiglia con i suoi pregiudizi, Caposcuola di Hogwarts che in quel momento stava infrangendo almeno un centinaio di regole.
Era una ragazza qualunque che ballava come tutti gli atri intorno al fuoco, e per di più con un ragazzo che già da un po' aveva cominciato a considerare come più di un semplice amico...
Non sapeva dire quando si fosse divertita di più: forse quando Stefan, senza fiato, l’aveva lasciata per andarsi a sedere, oppure quando della bambine le avevano acconciato i lunghi capelli biondi guarnendoli con una coroncina di paglia e fiorellini. Una signora molto gentile le offrì qualcosa di caldo da bere e un simpatico vecchietto la invitò a ballare con lui.
“Dai torna a ballare un po’!” incoraggiò Stefan dopo averlo raggiunto alla panchina dove si era seduto. Doveva ammettere che il ragazzo aveva ragione: muovendosi non sentiva più il freddo e il mantello sarebbe stato sicuramente superfluo.
“Cosa ne pensi allora?” le domandò invece il ragazzo.
“Penso che avevi ragione. Sono stati tutti molto gentili con me, e non saprei nemmeno dire quali tra queste persone siano i maghi. Effettivamente sono proprio come noi, bacchetta magica a parte, ma non credo che questo sia un argomento sufficiente per discriminarli. E sono anche simpatici” rispose Celaena ripensando al vecchietto che le aveva fatto il baciamano quando il ballo era finito.
“Grazie” aggiunse poi guardandolo negli occhi.
“Di nulla” rispose lui sorridendole.
Ad un certo punto un orologio cominciò a battere la mezzanotte: tutti si fermarono e la musica si interruppe.
“Il nuovo giorno è arrivato” sentenziò a quel punto Stefan, il sorriso che si allargava sempre di più. “Il che vuol dire che qualcuno non ha più sedici anni…”
La Serpeverde rimase a bocca aperta: “Come fai a sapere che è il mio compleanno? Io… io non so neanche quando è il tuo!”
“Non preoccuparti, non importa” la rassicurò lui avvicinandosi di più. “Ho un regalo per te, lo vuoi?”
“Un… io… grazie” rispose lei arrossendo.
“Allora buon compleanno Celaena” le sussurrò lui a un orecchio.
Le prese il viso tra le mani e la baciò.





Rieccomiiii!!!!
Salve a tutti! Mi ero ripromessa di aggiornare ieri, ma alla fine non ce l'ho proprio fatta. Però adesso eccomi qui :)
Credo che -per ora- questo sia il capitolo che ho fatto più fatica a scrivere, quindi spero che non sia venuto fuori un completo disastro.
Un saluto a  Siria_Ilias e AlexisVictorie (anche se non vuole essere ringraziata :P) per il commento al capitolo precedente.
Alla prossima!

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Capitolo 10
*** 9. Buon compleanno - Parte 2 ***


9 – BUON COMPLEANNO (parte 2)

 
 
 
Le finestre dei dormitori della Casa di Serpeverde, essendo le stanze nei sotterranei, erano incantate in modo da mostrare il tempo che realmente c’era all’esterno.
Quella mattina dei bei raggi di sole penetravano attraverso le tende semichiuse del letto a baldacchino di Celaena, illuminandole il viso sereno e sorridente.
Si era svegliata tardi, ma essendo domenica poteva permetterselo, e stava fissando il soffitto ripensando a quello che era successo la sera prima, o volendo, quella stessa mattina molto presto.
 
 
Stefan aveva cominciato ad avvicinarsi  sempre di più, e lei era semplicemente andata in tilt: il cervello aveva smesso di funzionare e non si sentiva più salda sulle gambe. Fortunatamente c’era il ragazzo a sorreggerla.
Quel primo bacio era stato breve e innocente, dolce e delicato.
Quello era stato il primo bacio che Celaena avesse mai dato, e nessuno più di lei poteva essere stupito del fatto che l’avesse condiviso proprio con Stefan Grifondoro.
Si era ritrovata impreparata: non sapeva come ‘rispondere’.
Prima di avere il tempo di pensare a qualsiasi cosa se non: già finito?, Stefan si separò da lei guardandola preoccupato, come a chiedersi se con quel gesto così inaspettato non avesse firmato la sua condanna.
In quel momento Celaena non potè fare altro che osservarlo silenziosa restituendo lo sguardo, come se però quella fosse la prima volta che lo vedeva veramente: i capelli castani ramati spettinati, gli occhi scuri ma profondi e pieni di vita, le guance arrossate dal freddo e il suo bellissimo sorriso, sempre pronto a rallegrare le sue labbra.
In quegli ultimi mesi il loro rapporto era migliorato in maniera eccezionale, quasi miracolosa, e il Grifondoro era sempre stato più che gentile con lei. Tutti gli anni di litigi erano stati presto dimenticati, rimpiazzati da quella che prometteva di diventare un’amicizia duratura, o forse qualcosa di più: anche se non l’avrebbero mai ammesso, entrambi avevano finito per affezionarsi l’uno all’altra.
Finalmente riuscì a ricollegare il cervello: in quell’unico, bellissimo istante, con Stefan che stava ancora aspettando una reazione da parte sua, contraccambiare il bacio le era sembrata l’unica cosa sensata da fare, o comunque l’unica cosa che avrebbe voluto fare. Non era certo una grande esperta in materia, ma quel primo bacio era durato un po’ troppo poco per i suoi gusti… e le era piaciuto da morire.
Fu quindi con grande sorpresa e gioia del ragazzo che Celaena riappoggiò le sue labbra esattamente dov’erano fino a qualche istante prima, prendendo l’iniziativa.
E il bacio che ne seguì fu decisamente più lungo rispetto al precedente e più intenso, come se ognuno avesse donato un pezzo di se stesso all’altro.
Avevano fatto tutta la strada di ritorno al castello tenendosi per mano: Celaena aveva come paura che se avesse mollato la presa Stefan fosse sparito e lei si sarebbe svegliata, come se tutto quello che era successo fosse stato solo un sogno.
Da vero galantuomo il Grifondoro l’aveva accompagnata fino all’ingrasso della Sala Comune, e solo dopo averla salutata con un altro bacio le aveva augurato la buona notte.
Senza dubbio quello era stato il regalo di compleanno più bello e unico che avesse mai ricevuto.

 
 
 
Celaena saltò giù dal letto per vestirsi per andare a fare colazione prima che diventasse troppo tardi.
Il muro di pietra si era appena richiuso alle sue spalle quando un “Buongiorno” la raggiunse. Ormai avrebbe riconosciuto quella voce ad occhi chiusi, e di sicuro non avrebbe più sentito il bisogno di tirare fuori la bacchetta. Stefan la stava aspettando nel corridoio. Dopo essersi scambiati un altro buongiorno, questo decisamente senza bisogno di parole, i due cominciarono a salire le scale sorridendosi a vicenda.
Chiunque li avesse visti in quel momento avrebbe pensato a un’allucinazione: Celaena Serpeverde e Stefan Grifondoro che si tenevano per mano sorridendosi dolcemente era di certo una cosa mai vista prima.
“Ho già fatto colazione, ma volevo riuscire a salutarti prima di andare via” le disse Stefan appena prima di raggiungere la scalinata principale. “Avevo promesso a mia madre che avrei trascorso le vacanze di Natale a casa con lei, per quanto in questo momento andarmene sia l’ultima cosa che vorrei fare…” spiegò.
Se fosse stato qualcun altro a dirglielo, Celaena avrebbe sicuramente pensato a una banale scusa tirata fuori su due piedi. Ma non in quel caso, non con quegli occhi scuri che la guardavano così…
“Non importa” lo rassicurò infatti lei “Vai e divertiti… ci rivediamo a gennaio per l’inizio delle lezioni”
“Mi mancherai. Io…”
“Anche tu. Adesso vai, fai buon viaggio”
E dopo un ultimo bacio si separarono.
Celaena entrò in Sala Grande continuando a sorridere: non si era mai sentita così felice, che fosse… che fosse innamorata?
Raggiunse il tavolo dei Serpeverde sedendosi vicino a Orion che si stava ancora abbuffando di torta.
“Siamo di buon umore stamattina” osservò lui. “E io so anche perché…”
Celaena si immobilizzò quasi trattenendo il respiro: non voleva neanche pensare cosa sarebbe successo se Orion avesse saputo di lei e Stefan. Come minimo sarebbe corso subito a riferirlo a suo padre…
“Buon compleanno!” esclamò però alla fine facendola sospirare di sollievo. Orion era il suo più caro amico, e sicuramente prima o poi glielo avrebbe detto, ma al momento non se la sentiva ancora.
“Da oggi sei maggiorenne! Non sei contenta?”
“Oh sì” rispose lei riprendendo a respirare e sorridendo.
“Tieni, ho pensato che un pensierino ti avrebbe fatto piacere” continuò poi porgendole una scatolina chiusa con un fiocco di velluto verde. Celaena la aprì ringraziandolo: erano un paio di orecchini con delle pietre verdi incastonate che erano dello stesso colore dei suoi occhi.
“Grazie, sono bellissimi!” però Stefan che la baciava…
“Sono felice che ti piacciano, appena li ho visti ho pensato subito a te” spiegò lui mentre la ragazza si affrettava a provare gli orecchini.
In quel momento arrivò anche Helena dal tavolo dei Corvonero: “Buon giorno festeggiata! Ce la siamo presa comoda, eh?” “Questo è per te” aggiunse poi mettendole in mano un pacchetto di carta argentata. Racchiudeva un braccialetto in pandan con gli orecchini che Orion le aveva appena dato.
“Grazie, è tutto bellissimo, ma non dovevate disturbarvi!”
“Come no?” replicò Helena “Diciassette anni mica si compiono tutti i giorni!”
La ciliegina sulla torta fu l’arrivo di Scorpius: “Tanti auguri sorellina” le disse con tono distaccato andandosi a sedere il più distante possibile dai tre.
“Grazie, fratellino” gli rispose lei colpita dal fatto che il fratello si fosse ricordato di farle gli auguri: era troppo di buon umore e neanche lui sarebbe riuscito a rovinarglielo.
“Ah, quasi dimenticavo!” disse ad un certo punto Orion mettendosi a frugare nelle tasche del mantello. Dopo qualche istante ne tirò fuori una lettera sigillata con della ceralacca verde scuro. Sopra c’era impresso lo stemma della famiglia Serpeverde.
“Me l’ha data tuo padre stamattina, visto che tu non eri ancora arrivata”
Celaena aprì la busta incuriosita. Dentro c’era un biglietto con poche righe vergate nell’elegante calligrafia del padre:
 
Ti aspetto al secondo piano
presso il bagno delle ragazze
                                       SS
 
“Sarà meglio che vada” disse quando ebbe finito di leggere rimettendo il biglietto nella busta. “Credo che mi stia aspettando già da un po’… grazie ancora per i regali, ci vediamo più tardi!” prese un paio di biscotti da sgranocchiare strada facendo e si diresse spedita al luogo indicato nel messaggio.
Non potè impedirsi di provare un briciolo di ansia: che suo padre fosse già riuscito a venire a sapere di lei e Stefan? Be’, quello sarebbe stato di sicuro il modo migliore per rovinarle la giornata.
Salazar la stava aspettando appena fuori dalla porta e appena la vide entrò nel bagno facendole segno di seguirlo. Non sembrava arrabbiato.
Una volta entrati sigillò la porta sibilando qualche parola in serpentese.
Quello del parlare con i serpenti era un dono che Celaena condivideva con il padre: lo aveva scoperto per caso quando era più piccola: giocando in giardino aveva per sbaglio aizzato un serpentello contro suo fratello che le aveva appena fatto un dispetto. Inutile dire quanto era rimasta sorpresa quando il padre, anziché sgridarla, era diventato euforico dicendole che ‘brava bambina’ fosse.
“Orion mi ha dato il tuo messaggio” cominciò lei non sapendo bene cosa dire. “Come mai siamo qui?”
“Oggi è un giorno molto importante Celaena” rispose lui con voce profonda “Oggi compi diciassette anni, diventi adulta. Sei la mia primogenita, e in quanto tale sono convinto che tu sia la più idonea per portare avanti la tradizione di Serpeverde. Ho pensato quindi di poter unire questa responsabilità ai tuoi regali di compleanno”.
Celaena ascoltava in silenzio sentendosi vagamente in colpa per gli avvenimenti della sera prima e dei mesi precedenti: il padre non ne sapeva niente, e di sicuro non si era comportata da ‘Serpeverde modello’.
Il punto era: prima o poi avrebbe avuto il coraggio di dire al padre quello che pensava ormai da un po’? Quello che finalmente Stefan era riuscito a farle capire?
Di una cosa era purtroppo certa: sarebbe stato più poi che prima.
“Guarda bene i lavandini… noti qualcosa?”
Celaena si avvicinò cautamente ai lavandini disposti in cerchio al centro del bagno. Stava giusto per dire che non ci trovava niente di strano quando lo sguardo le cadde sul lato di un rubinetto: in rilievo sul metallo era inciso un serpente che formava una ‘S’.
“Aprilo” disse a quel punto Salazar, lo sguardo puntato sulla figlia.
E cosa diavolo vorrebbe dire?  Si chiese lei. Non aveva mai notato il serpente, ma si ricordava distintamente che quel rubinetto non aveva mai funzionato. Poi però ripensò a quando il padre aveva chiuso la porta e le venne un’idea.
Apriti” sibilò in serpentese.
Si sentì un forte scatto, come di una grossa serratura che veniva aperta, e i lavandini cominciarono a muoversi. Si allontanarono gli uni dagli altri rimanendo sempre in cerchio e disponendosi come delle colonnine intorno al buco che nel frattempo avevano lasciato scoperto. Il lavandino con il serpente inciso affondò invece nel pavimento lasciando libero il passaggio.
Celaena ammirò il tutto restando a bocca aperta, e quando il padre si lasciò scivolare nel buco senza dire una parola lo seguì all’istante: la curiosità aveva vinto su tutto il resto.
Lo scivolo li portò molto in basso, sotto il livello della scuola e sotto il livello del Lago. La loro corsa si interruppe in una specie di atrio in pietra dal soffitto abbastanza alto da consentire loro di stare in piedi.
Curiosa di scoprire dove fosse, Celaena precedette il padre, una curva dopo l’altra, fino a raggiungere una specie di porta blindata di forma rotonda. Incastonati nella porta erano attorcigliati due serpenti con occhi di smeraldo: sembravano quasi vivi. Avendo ormai capito come funzionava, Celaena non ci pensò due volte e ripetè il comando di apertura in serpentese.
I serpenti si sciolsero dal loro groviglio prendendo momentaneamente vita facendo in modo che la porta potesse aprirsi.
Arrivandole da dietro il padre le mise una mano sulla spalla e insieme entrarono.












Eccomi di nuovo... di nuovo in ritardo...
Seconda parte del capitolo 'Buon Compleanno'. Vi toccherà sorbirvi questo capitolo, più il prossimo, che saranno più di passaggio, ma poi prometto che succederà qualcosa di interessante (almeno spero che lo reputerete tale).
Ringrazio sempre chi segue la storia e chi trova il tempo di lasciarmi un suo parere :)
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** 10. La Camera Segreta ***


10 – LA CAMERA SEGRETA

 
 
 
Era una sala molto lunga, non troppo illuminata da alcune torce appese a dei sostegni di pietra sulle pareti. Ai lati torreggiavano dei pilastri di pietra formati da dei serpenti avvinghiati che si levavano alti fino al soffitto a volta. Infine, sulla parete di fondo, c’era una statua alta fino al soffitto, che era senz’ombra di dubbio la riproduzione gigante di Salazar.
Per il resto la sala era completamente vuota, eccetto per una specie di piccolo pilastro posizionato accanto all’enorme statua del padre, con sopra un cuscino su cui era adagiato quello che sembrava una pietra stranamente e perfettamente sferica.
“Cosa ne pensi?” la voce di Salazar ruppe il silenzio rimbombando tra le pareti spoglie.
“Penso che questa sala sia grandiosa” rispose Celaena entusiasta. “Ma anche un po’ spoglia. Non si potrebbe aggiungere qualcosa?”
“Allora dimmi “ replicò lui sorridendo, era strano vederlo sorridere dopo tutto quel tempo.“Dopotutto questo è uno dei tuoi regali, puoi sistemarla come più ti piace”.
Celaena squadrò un attimo la camera come a prenderne le misure.
“Allora… tanto per cominciare aggiungerei ancora qualche torcia per rendere l’ambiente più luminoso e poi… un lungo tappeto che vada dall’ingresso fino a laggiù in fondo, e poi…” e continuò con un lungo elenco di cose mentre suo padre faceva mano a mano apparire tutto dal nulla con un movimento della bacchetta. Alla fine la sala aveva acquistato un aspetto molto più accogliente: le nere pareti, inizialmente nude, erano state coperte con degli arazzi con lo stemma di famiglia; davanti all’enorme statua era apparsa un’ampia scrivania di legno intagliato con tanto di sedia imbottita, e a tre quarti del locale erano stati posizionati due divanetti e una poltrona in pelle con al centro un tavolinetto. Era un misto tra uno studio e un salotto, stranamente familiare e simile alla Sala Comune.
“Direi che così è a posto” commentò Celaena soddisfatta. “Comunque… cos’è questo posto?” aggiunse poi.
“Questa Camera sarà un rifugio sicuro per tutti i miei eredi, anche in futuro” cominciò a spiegare suo padre. “Solo chi ne sarà degno potrà accedervi, in modo da poter continuare a portare avanti il nostro nobile scopo…” continuò poi alludendo alla sua idea di epurare la razza dei maghi dai Mezzosangue, un’ambizione che Celaena conosceva fin troppo bene.
Questa implicazione non piacque molto alla ragazza.
“Per il momento tu la puoi usare a tua discrezione e piacimento. Ti è consentito portarci i tuoi amici, se lo ritieni opportuno, purchè siano assolutamente meritevoli. Non c’è bisogno di dirti che questa camera dovrà restare un segreto, vero?”
“Certo che no” si affrettò a rispondere Celaena. “Cos’è quello?” domandò poi indicando la pietra appoggiata sul pilastrino di pietra. Aveva la strana sensazione di aver già visto una cosa del genere da qualche parte, forse in un libro…
“Ogni cosa a suo tempo” le rispose il padre. “Sappi solo che è molto delicato e sarebbe meglio se non lo toccassi.”
“Va bene…”
“Adesso che la sala è di tuo gradimento posso darti l’altro regalo” continuò poi Salazar tirando fuori dal mantello una scatolina di legno intagliato e offrendola alla figlia. Celaena la prese e l’aprì con mani tremanti.
All’interno c’era un medaglione in oro massiccio con una ‘S’ serpentina incastonata di smeraldi.
Celaena si ricordava bene quel medaglione, eccome se se lo ricordava.
Con le lacrime agli occhi lo tirò fuori dalla scatola e avvicinandoselo alle labbra gli sussurrò qualcosa in serpentese.
Con un piccolo scatto il medaglione si aprì rivelando un piccolo scompartimento.
Al suo interno, piegato in quattro, c’era un piccolo foglio di pergamena con una miniatura che ritraeva la famiglia Serpeverde al completo, com’era tredici anni prima.
“Diedi questo medaglione a tua madre come dono di nozze, per sancire definitivamente il suo ingresso nella famiglia Serpeverde. Credo che ormai ti spetti di diritto” disse Salazar asciugando le lacrime che scendevano sul viso della figlia.
“Indossalo sempre con orgoglio, e non dimenticare mai il motivo per cui tua madre non è potuta essere qui per festeggiare insieme a noi” continuò con tono dolce ma deciso.
“Perché Scorpius non capisce?” domandò lei tristemente.
Perché stava piangendo? Lei non piangeva mai…
Il viso di Salazar si indurì impercettibilmente: “Non badare a tuo fratello, evidentemente l’influenza di quel traditore del suo sangue l’ha irrimediabilmente contagiato.” Rispose abbracciandola, cogliendola di sorpresa. Gli abbracci del padre erano diventati ogni anno più rari, da quando la moglie era morta.
Poi sciolse l’abbraccio e si chinò leggermente in modo da poterla guardare negli occhi alla stessa altezza: “Celaena Astoria Serpeverde, tu sei la mia primogenita, la mia erede, e conto su di te per portare avanti la nostra tradizione” disse solennemente.
Celaena annuì senza dire una parola.
“Ma adesso basta con i discorsi seri” disse lui in tono allegro cambiando discorso. “Dopotutto oggi è il tuo compleanno e dobbiamo esserne felici. Torniamo indietro, così puoi andare a festeggiare con i tuoi amici”.
Fecero la strada a ritroso risigillando la porta d’ingresso. Per risalire dal tunnel fu sufficiente un “Ascendio” lanciato in modo appropriato e dopo aver sibilato un “Chiuditi” ai lavandini il bagno tornò come prima.
Celaena ringraziò ancora il padre per i regali e poi si congedò: aveva decisamente bisogno di trovare un posto tranquillo per riflettere.
 
 
Si percepiva già l’effetto che le vacanze di Natale stavano avendo sulla scuola: passando per i vari corridoi si incontrava molta meno gente, visto che molti tornavano a casa per passare le feste con la famiglia.
Il cortile d’ingesso era però troppo affollato dagli studenti in partenza, perciò la Serpeverde decise di optare per un altro posto in cui nessuno l’avrebbe disturbata.
Attraversò il castello fino a raggiungere la torre di Astronomia, che di solito era chiusa a chiave quando non utilizzata per le lezioni. Aprì la porta senza difficoltà con un semplice incantesimo, richiudendosela poi alle spalle e sigillandola con un comando in serpentese: in quel modo di sicuro nessuno sarebbe riuscito a entrare finchè lei non l’avesse sbloccata.
Salì la lunga scala a chiocciola e raggiunse la sommità della torre, dove erano soliti fare lezione.
I banchi erano al loro posto come al solito e il tetto, costituito da soli vetri (che all’occorrenza venivano anche aperti per permettere loro di osservare meglio il cielo) lasciavano passare i raggi del sole, molto graditi in quel clima dicembrino.
 
Lasciò la torre che era ormai sera, rabbrividendo leggermente per il freddo, senza aver preso una decisione definitiva.
Aveva saltato il pranzo, e anche se un po’ di fame in realtà ce l’aveva, non se la sentiva molto di andare a cena, insieme a tutti gli altri studenti, sotto lo sguardo fiero di suo padre. Non ce l’avrebbe fatta a sostenerlo.
Ovviamente però avrebbe dovuto aspettarselo: non appena mise piede in Sala Comune venne stordita da un sonoro “Tanti auguri!” e alzando gli occhi dal pavimento potè notare che la Sala era stata tutta addobbata a festa in suo onore.
C’erano praticamente tutti i Serpeverde che erano rimasti a Hogwarts per le vacanze, e per l’occasione perfino Helena era stata fatta entrare.
“Non avrai mica pensato di passarla liscia così facilmente” le disse la Corvonero abbracciandola.
“Dopo il biglietto di tuo padre sei scomparsa, non riuscivamo a trovarti da nessuna parte: dov’eri?”
“Ehm, lascia perdere” rispose lei evasiva.
“Ragazze! Venite a mangiare qualcosa?” le interruppe Orion arrivando con aria festosa. “Non mi avrete mica fatto saccheggiare le cucine per niente…” disse conducendole verso dei tavoli stracolmi di cibo: c’erano tutti i dolci preferiti di Celaena.
La sua pancia tornò a brontolare e la ragazza si apprestò a darle retta prendendo e addentando un enorme dolce alla crema. Che diamine! Era il suo compleanno, aveva tutto il diritto di divertirsi!
Cercò quindi di lasciar perdere i pensieri poco allegri che la turbavano da quella mattina e pensò solo alla festa.
Aveva tutte le vacanze per trovare una soluzione.





Buonasera a tutti!
Visto che ultimamente sono un po' in ritardo con la pubblicazione dei capitoli ho deciso di prendermi avanti.
Questo capitolo è più breve del solito, e lo so che non succede niente di particolare ma mi serviva come completamento del precedente.
Prometto che nel prossimo succederà qualcosa. Promesso! :)
Ringrazio tribute_potterhead che ha messo la storia tra le seguite e tutti gli alti che continuano a leggere.
Se tutto va bene per giovedì-venerdì ci riesntiamo!
Alla prossima!

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Capitolo 12
*** 11. Incontri dimenticati ***


11 – INCONTRI DIMENTICATI

 
 
 
 
I giorni passavano quasi tutti uguali: si svegliava, faceva colazione, provava a studiare e alla fine seguiva Orion e altri Serpeverde a giocare a palle di neve nel parco, o a fare qualsiasi altra cosa che non fossero compiti.
Helena era rimasta solo per festeggiare il suo compleanno e poi era tornata a casa per le vacanze, così Celaena trascorreva praticamente tutto il tempo con Orion. O meglio, con lui trascorreva il tempo che non passava a rimuginare da sola giù nella Camera Segreta (come l’aveva battezzata lei) o su alla torre di Astronomia quando la Camera era già occupata da suo padre.
Era già arrivato gennaio, di lì a una settimana sarebbero ricominciate le lezioni, e lei non sapeva ancora cosa fare: doveva tagliare definitivamente i ponti con Stefan o poteva continuare ad essergli amica nonostante quello che il padre si aspettava da lei.
Avrebbe tanto voluto parlarne con Helena: era sicura che l’amica avrebbe saputo consigliarle bene e che avrebbe capito la sua situazione.
C’era stato un momento in cui aveva anche pensato di confessare tutto a Orion, ma poi aveva subito cambiato idea pensando che non sarebbe stato affatto opportuno.
Peccato che alla fine si ritrovò lo stesso a dover affrontare l’argomento, e di certo non nel modo in cui avrebbe voluto.
 
Quella sera si era addormentata su uno dei divanetti della Camera, e non era quindi tornata in dormitorio.
La mattina seguente, quando ritornò in Sala Comune, la trovò deserta, a parte Orion che stava camminando su e giù con aria spiritata: sembrava che non avesse chiuso occhio per tutta la notte.
Quando la vide le andò incontro prendendola per le braccia e scuotendola: “Si può sapere dove sei stata? È tutta la notte che ti aspetto, ho provato anche a cercarti e non ti ho trovata… dov’eri finita?”
Celaena rimase abbastanza stupita dal comportamento dell’amico e cercò di tranquillizzarlo: “Cosa mai mi sarebbe potuto succedere?” chiese sorridendogli, cercando di sdrammatizzare.
“Perché non me lo dici tu!?” ribattè lui con un tono che alla ragazza non piacque: aggrottò le sopracciglia facendogli capire che non sapeva di cosa stesse parlando.
Orion alzò allora gli occhi al cielo e continuò: “Davvero pensavi che fossi così stupido da non accorgermene? È da un bel pezzo ormai che non sembri più tu… sei stranamente gentile con tutti –Grifondoro compresi-, non proponi più di andare a fare qualche giretto notturno solo per il gusto di violare il coprifuoco… e vogliamo parlare dell’ultima volta che ti ho proposto di organizzare qualcosa ai danni di  Stefan? Mi hai detto di lasciar perdere!” adesso sembrava arrabbiato e Celaena preferì continuare a non dire niente.
Ci pensò lui a riempire il silenzio: “Che cosa ti ha fatto? Sei così da quando hai iniziato le ronde insieme a lui, e adesso sembri perfino dispiaciuta che lui non sia rimasto a scuola per le vacanze. Se ti ha fatto qualcosa, se ti ricatta in qualsiasi modo… gliela facciamo pagare, insieme, come ai vecchi tempi…”
“No, Orion, non è così, davvero!” si affrettò ad interromperlo. L’idea che Stefan la stesse ricattando la fece sorridere, ma si affrettò a tornare seria visto lo sguardo che Orion le aveva scoccato.
“Adesso siediti, ok?” disse quindi prendendo posto su un divano e facendogli segno di sedersi accanto.
Ormai non aveva via d’uscita, avrebbe dovuto raccontargli tutto, magari evitando alcuni particolari…
“Non è successo niente del genere, va bene? Adesso vedi di calmarti. La verità è che io… ecco, io non odio più Stefan come una volta. Lo so che può sembrarti strano, ma durante le ronde abbiamo avuto occasione di parlare e… non è poi così male come pensavo. E non te l’ho detto non perché penso che tu sia stupido” continuò facendo riferimento a quello che il ragazzo aveva detto poco prima “ma perche non sapevo come avresti reagito”. Prese respiro e lo guardò cercando di capire quale sarebbe stata la sua reazione.
All’inizio fu impassibile, poi il suo sguardo diventò ancora più preoccupato: “Cavolo, allora ti ha davvero fatto qualcosa!” esclamò alzandosi in piedi e mettendosi le mani tra i capelli.
“Ma cosa stai…” cominciò lei, ma lui la interruppe: “Oh andiamo Celaena! Tu e Grifondoro amici? È la cosa più assurda che io abbia mai sentito! Che chiunque abbia mai sentito! Ti deve aver fatto un incantesimo o qualcosa del genere, è l’unica spiegazione”
“L’unica spiegazione è che le persone cambiano!” ribattè lei alzandosi a sua volta e cominciando a perdere la pazienza. “Stefan non è la persona terribile che pensavamo, tutto qui”.
“Stefan non è… Oh, e scommetto che il tuo Stefan sia stato ben contento di non doversi più preoccupare di te, vero? Non capisci Celaena? Ti sta usando!”
“E per cosa esattamente?”
“Non lo so, ma è evidente che sta cercando di allontanarti dai tuoi amici, dalla tua famiglia… come prima cosa quando ricominciano le lezioni andiamo dalla Tassorosso e ti facciamo cambiare di coppia per le ronde”
“Noi non andiamo proprio da nessuna parte! Vedi? Ecco perché non volevo dirti niente, perché in fondo me lo sentivo che avresti fatto una scenata del genere, evidentemente sei troppo ottuso per capire che due persone possono andare d’accordo anche se non la pensano esattamente allo stesso modo…”
“Ah, e quindi io sarei ottuso?”
Celaena lo guardò a bocca aperta: che cosa gli era preso?
Sentendo che se fosse rimasta lì ancora un po’ avrebbe tirato fuori la bacchetta lo scansò in malo modo e si affrettò a lasciare la Sala Comune.
Tornare nella Camera Segreta non era il caso: quella mattina era stata svegliata da suo padre che era sceso lì per poter svolgere in santa pace alcuni suoi ‘affari’, e probabilmente era ancora lì.
 
 
 
Arrivò alla torre di Astronomia in pochi minuti e le parve di fare i gradini volando.
Il litigio con Orion l’aveva colta impreparata e l’aveva lasciata scioccata: dopotutto erano amici praticamente da sempre, si aspettava un po’ più di comprensione da parte sua.
L’unica spiegazione poteva essere che Orion fosse geloso, ma Celaena aveva sempre messo in chiaro che loro due erano solo amici, nulla di più.
Il suo comportamento era semplicemente ridicolo.
Aveva bisogno di trovare un modo per riappacificarsi con lui e fargli capire il suo punto di vista, e la torre silenziosa e solitaria era ormai diventata il suo posto preferito per pensare.
Peccato che ci fosse già qualcuno.
Vedendo il profilo del fratello stagliarsi contro una delle vetrate Celaena non potè fare a meno di pensare un Oh no!
Avendo fatto le scale di corsa e alquanto rumorosamente non avrebbe neanche potuto passare inosservata.
Scorpius si girò infatti subito, ma non sembrò troppo stupito di trovarsi di fronte la sorella.
“Ti prego, oggi non ho proprio voglia di litigare!” esclamò lei prima che il ragazzo potesse dire qualcosa.
“Be’, sei fortunata, neanche io ne ho voglia” disse lui alzando un sopracciglio e sedendosi appoggiando la schiena a una colonna.
Celaena rimase abbastanza colpita dalla riposta: era già pronta a ribattere.
Si sedette anche lei appoggiandosi a una colonna di fronte a lui.
“Mi vuoi dire cosa è successo? Sembri piuttosto turbata” domandò Scorpius ad un certo punto.
Gli occhi verdi incrociarono quelli grigi: “Ti interessa davvero saperlo?” domandò lei a sua volta.
“Non lo so, dipende. È che non è usuale vederti così, quindi qualcuno deve aver fatto le cose proprio per bene, forse forse varrebbe la pena ringraziarlo…” rispose lui con un’alzata di spalle e il suo solito tono di scherno.
“È stato Orion…” cominciò, fermandosi subito. Raccontare tutto a suo fratello sarebbe stato proprio la ciliegina sulla torta, cosa le saltava in mente?
“Non eravate amici?”
“A quanto pare… hai detto bene: eravamo…” la frase cadde nel vuoto: non avrebbe più detto una parola.
Il silenzio era palpabile, sentiva i battiti del suo cuore.
“Allora…” ricominciò lui rompendo la quiete della torre e cambiando argomento. “Come va tra te e Stefan? Adesso siete amici, no?”
“C-cosa?” balbettò lei. Come faceva suo fratello a sapere? Di sicuro aveva sentito male.
“Hai capito benissimo sorellina” la riprese lui sogghignando, quasi le avesse letto nel pensiero. “E non provare a negare… non credo che a Hogwarts ci siano molte altre Celaena con i capelli biondi e gli occhi verdi…”
La ragazza richiuse la bocca che fino a quel momento aveva lasciato aperta dallo stupore, cercando di ricomporsi.
“Davvero parla di me?” ebbe infine il coraggio di chiedere.
“Non così direttamente, ma ci è voluto poco per capire chi fosse la ragazza a cui faceva riferimento. Se poi uniamo il fatto che sarebbe stato impossibile non notare che avete smesso di litigare…”
“Diciamo che ci siamo chiariti, ecco tutto” disse lei. “Comunque è per questo che io e Orion abbiamo litigato” aggiunse poi. Perché non era stata zitta?
Scorpius annuì: “Non gli piace l’idea che te la fai con l’amico dei Mezzosangue, eh? In realtà sono colpito anch’io: non me lo sarei mai aspettato da una come te. E papà cosa ha detto?” disse poi indicando il medaglione con la ‘S’ di smeraldi al collo della sorella.
“Ma sei impazzito?” saltò su lei. “È ovvio che a papà non ho detto niente. Se Orion non riesce a capire, figuriamoci lui! In realtà è proprio per questo che sono venuta quassù: non so cosa fare. Nonostante Stefan mi abbia effettivamente mostrato le cose sotto una nuova luce… papà mi ha ricordato quello che i Babbani hanno fatto a nostra madre…” evviva la sincerità…
“E tu davvero credi a tutto quello che ti ha raccontato? In tutto questo tempo non ti è mai venuto un briciolo di dubbio?” disse in tono acceso: sembrava che fossero anni che aspettava di discutere di quell’argomento con lei.
La domanda la colse di sorpresa: “Cosa vorresti dire?”
“Santo cielo, Celaena! E si che pensavo che fossi tu quella intelligente… sono Babbani, ma non per questo vuol dire che siano stupidi! A quale persona sana di mente verrebbe mai l’idea di attaccare un mago adulto nel pieno dei suoi poteri?”
“Ma l’hanno colta di sorpresa…”
“Sì, come no, la verità è che papà ti ha sempre raccontato un mucchio di bugie solo per tenerti buona, per avere qualcuno che accettasse quello che lui diceva senza discutere”
“Io non…” provò a protestare lei, ma poi si fermò. Quello che aveva appena detto Scorpius non era poi così inverosimile, ed effettivamente lei non aveva mai fatto domande: aveva sempre accettato quello che il padre le diceva con incrollabile fiducia. Ma ormai il fratello le aveva messo la pulce nell’orecchio, e lei era una Serpeverde, era orgogliosa e curiosa, avrebbe scoperto qual era la verità.
Si alzò in piedi di scatto.
“Dove vai?” chiese lui allarmandosi. In quel momento sembrò rendersi conto che forse aveva parlato troppo.
“Vado a chiederglielo. Sono maggiorenne ormai, direi che sono abbastanza grande per sapere come sono andate veramente le cose, no? Voglio sapere la verità”.
“Tu vorresti andare a chiedere a nostro padre se in questi anni ti ha mentito? Lo sai che così gli daresti praticamente del bugiardo, vero?”
“Sì” rispose lei tranquilla.
“Tu sei pazza”
“Tutti i migliori lo sono” replicò lei, ricordandosi di un detto babbano che Stefan le aveva recitato qualche tempo fa.
“Fammi capire: tu saresti disposta a ‘tradire’ nostro padre per continuare ad essere amica di Stefan? Perché è questo il problema, giusto?”
La ragazza strinse le labbra. “Non è quello che hai fatto tu per tutto questo tempo?” disse poi riferendosi al fatto che lui, per tutti quegli anni, era stato il fedele galoppino di Stefan ed evitava il padre il più possibile.
“NO” rispose lui diventando freddo all’istante. “Io sono stato dalla parte di Grifondoro solo per fare dispetto a te, niente di più. Per il resto, a prescindere da quello che è veramente successo a nostra madre, è pur sempre stato un Babbano a ucciderla, e per questo sono d’accordo rispetto a quello che nostro padre pensa di Babbani e Mezzosangue, solo che al momento il mio ruolo è quello di  restare in disparte, senza sbandierarlo ai quattro venti: non mi sembra che le persone accolgano di buon grado quello che Salazar propone” sembrava più vecchio dei suoi quindici anni, e negli occhi gli brillava una luce sinistra: il cambiamento sarebbe stato impossibile da non notare.
“È molto più comodo avere te: ormai tutti si sono rassegnati all’idea che tu sia la degna erede di nostro padre, perché deluderli?”
Mentre parlava si era alzato in piedi a sua volta e si era spostato in modo da mettersi tra la sorella e la porta d’ingresso della torre.
“Scorpius. Lasciami passare” ordinò Celaena iniziando a preoccuparsi: non aveva mai visto il fratello così. Iniziò a sentire una punta di paura (paura lei?) quando Scorpius tirò fuori la bacchetta magica.
Non ebbe neanche il tempo di reagire che il fratello, con un semplice incantesimo di appello, le aveva tolto la sua bacchetta, prendendola al volo con l’altra mano.
Si sentiva come paralizzata, disarmata.
“Non posso lasciartelo fare, mi dispiace” disse lui con tono tutt’altro che spiacente. Giocherellò con la bacchetta, poi la puntò verso la sorella.
“È stata colpa mia, non so cosa avevo in mente quando mi sono messo a parlare. Se fossi stato zitto non sarebbe successo niente, ma sai cosa? Ero abbastanza stufo di vederti comportare come se tutto ti fosse dovuto, solo perché sei la primogenita del grande Salazar Serpeverde. Magari adesso papà non mi considera nemmeno lontanamente alla tua altezza, ma solo come una seconda scelta, ma quando non potrà più contare sulla sua preziosa Celaena, sarà ben contento di non avere solo te come figlia. Soprattutto quando scoprirà che tu non condividi affatto le sue idee… ma non preoccuparti, non è questo il giorno.”
“Ora… mi sembra ovvio che non posso lasciarti andare così”
 “E quindi cosa vorresti farmi?” domandò lei cercando di recuperare il suo tono sicuro e deciso. Non fu molto convincente.
“Credo che dimenticare tutto l’accaduto dovrebbe essere la soluzione migliore, non credi?” rispose lui con tono fintamente innocente.
Celaena si sentì sollevata: le avrebbe solo fatto dimenticare la loro conversazione. Il suo sollievo però sparì come Scorpius finì la frase specificando: “Il che vuol dire che le cose tra te e Stefan torneranno esattamente come prima: non vogliamo mica che ti faccia tornare in mente strane idee, non ancora…” concluse osservando soddisfatto la faccia sconvolta della sorella.
“Dovresti ringraziarmi” aggiunse poi. “Così non dovrai preoccuparti di aver litigato con Orion, sarete di nuovo amici”
“Oblivion!” disse infine con la bacchetta puntata alla fronte di Celaena.
La ragazza lo fissò per un istante con sguardo vacuo, poi scivolò per terra con la schiena appoggiata al muro. Una lacrima le rigava la guancia.
Scorpius osservò soddisfatto il suo lavoro, le lanciò la bacchetta in grembo e lasciò la torre chiudendosi la porta alle spalle.










Salve a tutti!
Vedete: questo è quello che succede quando uno non riesce a dormire e si mette a scrivere tra le due e le tre di notte... non fatelo a casa! Dopo aver scritto questa  parte sono stata bloccata per un bel po' perchè neanche io sapevo come andare avanti...
Comunque...  vi avevo promesso che in questo capitolo sarebbe successo 'qualcosa': credo (spero) di essere riuscita a mantenere la parola e spero anche che il risultato sia quantomeno accettabile.
Già mi sembra di sentire AlexisVictoire: "Ecco! Io te l'avevo detto che Orion non mi era mai piaciuto...!" :p  ma lui era solo preoccupato per la sua amica... e aspettate di vedere nei prossimi capitoli...
Grazie a lyny che ha aggiunto la storia alle preferite!

Alla prossima!
 

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Capitolo 13
*** 12. Doccia ghiacciata ***


12 - DOCCIA GHIACCIATA

 
 
 
 
Era piuttosto buio, aveva freddo, un gran mal di testa e non sapeva dov’era.
Celaena aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre, abituandosi pian piano alla scarsa luminosità.
Un’occhiata le bastò per riconoscere il luogo in cui si trovava, un’altra per ricordarsi che in quei giorni ci andava spesso, ma quello era tutto. Per quanto ne sapeva era arrivata lì quella mattina e aveva dormito fino a quel momento.
Tutta intirizzita si tirò su e lasciò la torre.
I corridoi erano deserti e silenziosi: era ora di cena, e tutti gli studenti rimasti a scuola erano andati a mangiare. Si avviò a sua volta verso la Sala Grande, avendo come l’impressione di essersi dimenticata di qualcosa, qualcosa di importante.
Nessuno fece particolarmente caso a lei quando entrò nella Sala, e si diresse indisturbata verso la tavola dei Serpeverde, con lo stomaco che brontolava.
Dall’altra estremità del tavolo suo fratello stava sorridendo in modo poco rassicurante: chissà cosa aveva combinato. Decise che in quel momento non era un suo problema.
Si lasciò cadere sulla panca, proprio di fianco a Orion, commentando la montagna di cibo che il ragazzo aveva nel piatto con un “Fame, eh?”. Dopodiché prese un piatto a sua volta e si apprestò a riempirlo:anche lei era davvero affamata.
Quando Celaena gli aveva parlato in modo così allegro e spensierato a Orion andò il boccone di traverso. Quando finalmente smise di tossire le disse: “Sei seria?”
“In che senso?” domandò lei con la bocca piena, guardandolo curiosa.
“Pensavo che dopo stamattina non mi avresti più rivolto la parola… io certo ho esagerato, ma anche tu non ci sei andata leggera. È solo che pensavo che avresti potuto dirmi prima di te e Stefan…” ci aveva pensato tutto il pomeriggio, ed era arrivato alla conclusione che, per la sua migliore amica, avrebbe anche potuto sopportare di avere un Grifondoro tra i piedi.
Questa volta fu il turno di Celaena a farsi andare di traverso il succo di zucca che stava bevendo in quel momento.
“Io e Grifondoro cosa, esattamente?”
Orion la guardò come se gli fosse sfuggito qualcosa: “Non eravate diventati amici…?” azzardò cautamente.
A quel punto un ricordo si affacciò nebuloso e sfocato alla mente della Serpeverde: lei e Orion, in Sala Comune, che litigavano animatamente. Era successo quella mattina, ma a lei sembravano secoli. Inoltre l’idea che il litigio fosse insorto per una presunta amicizia tra lei e Grifondoro le sembrava ridicola.
“Mi sa che hai capito male… forse mi sarò costretta a sopportarlo per le ronde di notte, ma definirci amici mi pare oltremodo esagerato. Anzi, sai cosa? Appena ricominciano le lezioni andiamo dalla Tassorosso e mi faccio cambiare di coppia. Non ne posso davvero più! Magari se vieni anche tu sarà più convincente…” e chiuse così il discorso tornando a concentrarsi sul piatto.
Dopo qualche secondo Orion seguì il suo esempio smettendo di farsi domante: la sua amica sembrava essere tornata quella di un tempo, e al momento a lui andava bene così. Di certo non le avrebbe mai capite, le ragazze.
 


 

Con la ripresa delle lezioni Celaena poteva dirsi soddisfatta: aveva fatto tutti i compiti e costretto Orion a farli anche lui, per la prima volta in sette anni. Aveva portato l’amico nella Camera Segreta –dietro garanzia che non l’avrebbe rivelato ad anima viva, o morta- e insieme avevano elaborato un bello scherzetto per Stefan come regalo di ‘bentornato’: prevedeva soltanto un po’ di ghiaccio e l’acqua del Lago Nero.
Non restava che metterlo in atto.
Era una cosa piuttosto semplice: avevano pensato di attirare in qualche modo Stefan in riva al lago, per poi farlo scivolare sul ghiaccio in modo da farlo finire in acqua.
La prima parte del piano fu più facile del previsto, per il semplice motivo che non ebbero bisogno di attirare Stefan in nessun modo: venne da solo.
  
Quando il Grifondoro era tornato dalle vacanze la prima cosa che aveva fatto era stato cercare Celaena. Era stato sul punto di dirle “ti amo” prima di partire, ma non l’aveva fatto: prima doveva esserne sicuro, anche se qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto dirglielo finchè era in tempo.
Comunque il periodo trascorso a casa, lontano da lei, gli aveva dato quella sicurezza.
Inutile dire che era rimasto alquanto sconcertato quando aveva infine capito che la ragazza lo stava evitando. Di proposito.
Quel pomeriggio aveva visto i due Serpeverde (Celaena e Orion) lasciare il castello diretti verso le rive del Lago Nero. Vicino alle rive avevano poi ingaggiato una battaglia a palle di neve insieme ad altri studenti che, come loro, approfittavano del fatto che i professori non avessero ancora avuto il tempo di riempirli di roba da studiare. Con Nick al seguito si avviò a sua volta, facendosi strada attraverso la neve ancora alta fino al ginocchio.
Arrivò facendo fermare il gioco, dirigendosi verso la ragazza che lo guardava con aria incuriosita e di sfida allo stesso tempo. Non potè trattenersi dal pensare che fosse bellissima, con le guance e il naso arrossati dal freddo e i capelli biondi tutti scompigliati. In quel momento rimpianse di non essere stato abbastanza coraggioso da dirle subito quello che provava.
“Allora?” le domandò fermandosi di fronte a lei.
“Allora cosa?” ripetè lei facendogli il verso.
Qualcuno ridacchiò, ma si fermò prontamente per non perdersi la continuazione del discorso.
“Nel caso non l’avessi notato, Grifone, ci stai interrompendo, e la cosa mi dà abbastanza fastidio”
“Un semplice ‘bentornato’ sarebbe andato bene uguale, non trovi?” ribattè lui mentre pensava a cosa dire dopo: perché Celaena si stava comportando così?
“E perché mai dovrei essere contenta che tu sia tornato?” domandò lei cogliendo l’occasione al volo. Fece un segno a Orion facendogli capire di tenersi pronto per godersi lo spettacolo, e iniziò a spostarsi avvicinandosi di più alla riva del Lago.
Ovviamente Stefan la seguì.
“Si può sapere cosa ti prende? Cosa ti è successo?”
“Io sto benissimo, mai stata meglio… anzi no, mi devo correggere. Prima che arrivassi tu stavo benissimo…”
Altre risatine seguirono all’affermazione.
“Le parole ‘mi mancherai, torna presto’ ti dicono nulla?”
L’espressione divertita sul viso di Celaena di congelò: “Come no, nei tuoi sogni Grifondoro! Sono piuttosto, anzi, assolutamente sicura di non aver mai detto niente del genere. Credo che mi ricorderei di una cavolata del genere!” disse indignata.
L’idea dello scherzo stava iniziando a passare in secondo piano: come si permetteva di parlarle così?
“Davvero non ricordi?” Stefan sembrava affranto. Aveva pensato, all’inizio, che Celaena avesse voluto fargli uno scherzo, ma ormai era andata oltre: la ragazza sembrava davvero non sapere di cosa stesse parlando. Com’era possibile? Dopo tutto il tempo che avevano passato insieme… due settimane erano bastate per cancellare tutto? Di sicuro doveva esserci una spiegazione.
Raccogliendo tutto il coraggio che aveva, perché mai aveva fatto un gesto più azzardato, esaurì la breve distanza che c’era tra lui e la Serpeverde e, accarezzandole la guancia con una mano provò la sua ultima carta: “Almeno questo te lo ricordi?”.
E la baciò.
Commenti, risatine e sussurri cessarono all’istante.
Avevano tutti un’aria sbalordita. Orion in particolare aveva occhi e bocca spalancati, quasi non riuscisse a capacitarsi di quello a cui stava assistendo.
Helena sorrideva.
La reazione di Celaena fu diversa da quella che tutti si aspettavano: pensavano che come minimo l’avrebbe ucciso, e invece…
“Hai finito?” domandò lei quando finalmente si staccarono, con tono stranamente calmo.
“Sì…”
“Tu! Brutto. Porco. Non. Provare. Più. A. Mettermi. Le. Mani. Addosso!” la ragazza cominciò a inveire urlando contro Stefan colpendolo in testa e sulle braccia con le mani avvolte negli spessi guanti di lana. Ripensandoci a posteriori avrebbe avuto maggiore effetto se li avesse tolti.
Stefan indietreggiava basito cercando di schermarsi con le braccia.
Gli occhi gli bruciavano, ma non si sarebbe mai permesso di piangere davanti a tutti. Davanti a lei.
“Tu. Devi. Starmi. Alla. Larga. Hai. Capito?” Celaena concluse la sua serie di imprecazioni assestandogli una spinta più forte delle altre, e il Grifondoro cadde esattamente come e dove era previsto.
Inciampando sui sassi resi ancora più scivolosi dallo strato di ghiaccio che li ricopriva, Stefan cadde di peso sulla non più tanto spessa lastra di ghiaccio che ricopriva l’acqua della riva del Lago Nero , rompendola senza troppe difficoltà.
Nel giro di pochi secondi si ritrovò bagnato fradicio, congelato fino al midollo, a mollo nell’acqua grigia, mentre osservava Celaena che si incamminava soddisfatta verso il castello dopo averlo schernito con uno sdegnoso “Bentornato”, come lui aveva chiesto.
Il ricordo di quando lui aveva rovesciato un secchio d’acqua in testa a Celaena gli attraversò veloce la mente: quella volta però l’acqua era molto più fredda di quella della fontana, era letteralmente ghiacciata, e sembrava avesse raggiunto anche il suo cuore, congelandolo.
Nick si affrettò a raggiungerlo per dargli una mano a tornare all’asciutto, ma lui rifiutò bruscamente uscendo da solo dall’acqua.
La tristezza e lo sconcerto provati fino a quel momento lasciarono il posto alla rabbia. Rabbia verso quella ragazza che lo aveva ingannato, illudendolo di potersi fidare di lei, di poterle essere amico, di poterla amare.
Al diavolo la pace e i buoni propositi, una cosa era certa: non le avrebbe più dato tregua.










Eccomi! Lo so che avrei dovuto aggiornare ieri, ma proprio non ce l'ho fatta.
Vi auguro buona lettura e buon sabato, e giuro solennemente che la prossima settimana cercherò di aggiornerò puntuale!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 14
*** 13. Incubi e confessioni ***


13 – INCUBI E CONFESSIONI

 
 
 
 
Il parco era illuminato dai chiari raggi della luna, l’erba un mare argentato.
La luce delle stelle si rifletteva sull’acqua calma del Lago Nero rendendola scintillante.
Una figura uscì silenziosa dal portone d’ingresso della scuola dirigendosi verso la riva del Lago dove un’altra figura, seduta di spalle su una roccia un po’ più grande delle altre, la stava aspettando.
Aveva un magnifico ed elegante vestito rosso arricchito da ricami dorati: il corsetto aderente, senza spalline, lasciava intravedere le spalle esili coperte da uno scialle di seta, anch’esso scarlatto, e dai lunghi capelli biondi lasciati sciolti. La gonna ampia ma leggera frusciava mentre la ragazza camminava a passo svelto sull’erba umida della notte.
La luce lunare era sufficiente per illuminarla e rendere distinguibili i lineamenti del viso: gli occhi, verdi come smeraldi, brillavano; le labbra incurvate in un sorriso dolce e impaziente.
Mettendo piede sul terreno più ghiaioso della riva l’altra figura si accorse del suo arrivo.
Si alzò in piedi girandosi verso di lei, raggiante.
Gli occhi scuri sembravano fremere dalla gioia, i capelli quasi ramati spettinati dalla lieve brezza che soffiava piacevole.
E le sue labbra. La ragazza sapeva molto bene cosa avrebbe voluto fare con quelle labbra…
Il suo sorriso si accentuò ulteriormente al pensiero.
“Sei arrivata! Pensavo non saresti più venuta” disse lui senza smettere di sorridere.
“Te l’avevo promesso, e io mantengo sempre le mie promesse” rispose lei avvicinandosi e lasciando che il ragazzo la abbracciasse.
Si sentiva sicura, protetta. Tra quelle braccia si sentiva a casa.
“Ti amo” sentì la necessità di dire, alzando lo sguardo e fissando i suoi occhi.
“Ti amo anch’io” disse lui ricambiando quello sguardo profondo.
“Con tutto il mio cuore, per sempre”
Le loro labbra si avvicinarono fino a toccarsi, e a quel punto sarebbero potuti rimanere così per l’eternità, niente avrebbe potuto separali…
 
 
“Aaahh, nooo!”
Celaena si svegliò di scatto tirandosi su a sedere ansimando, ricadendo sul cuscino esattamente tre secondi dopo per essersi alzata troppo bruscamente. I capelli arruffati disposti a mo’ di aureola sul guanciale, le mani che si tenevano saldamente la testa per cercare di far smettere di girare quello che le stava intorno.
Ma la Serpeverde sapeva che non sarebbe servito a molto.
Con gli occhi sbarrati, cercando di riprendere a respirare normalmente, giaceva distesa rigidamente sul letto, provando a cancellare quell’immagine dalla sua mente… senza successo.
Ma cosa diavolo le era preso?
Il tutto era iniziato qualche settimana prima: all’inizio la ragazza aveva dato la colpa al gesto totalmente stupido, insensato e traumatico del Grifondoro, ma col passare delle notti il sogno si era inesorabilmente presentato, ogni volta più vivido e reale della precedente.
Sogno? Sarebbe stato meglio chiamarlo incubo, perché lei che baciava Stefan Grifondoro, per di più dopo avergli detto che lo amava, altro non poteva essere che un orribile, terrificante incubo.
La prima volta che era successo aveva aperto gli occhi trovandosi intorno le sue compagne di stanza, svegliate e preoccupate dalle sue grida. Per fortuna aveva poi trovato un modo per incantare le pesanti tende del letto a baldacchino in modo che dall’esterno non si potesse sentire quello che veniva da dentro. E così adesso si svegliava sempre agitata, con il cuore che le batteva forte, ma almeno al riparo da sguardi curiosi.
Di sicuro c’era qualcosa che non andava in lei.
Si era infatti accorta, dopo un po’ di volte, che riusciva a rendersi conto che quello che stava accadendo nel sogno incubo non era reale, ma non riusciva in alcun modo a svegliarsi. Anzi, inconsciamente le sembrava che lei volesse veramente arrivare alle rive del Lago, solo per…
No! Doveva smettere di pensarci. Forse se avesse trovato qualcosa con cui distrarsi quei brutti sogni se ne sarebbero andati.
Ma nonostante i suoi sforzi i suoi pensieri ritornavano inesorabilmente a lui.
Dopo l’episodio del Lago era stata all’erta per giorni: si aspettava un ‘agguato’, una ripicca da un momento all’altro, o come minimo un’accesa discussione. Che però non era mai arrivata.
Stefan la stava evitando e Celaena non poteva fare a meno di chiedersi perché: non era da lui tirarsi indietro a quel modo, si sentiva quasi offesa.
E poi ovviamente c’erano gli incubi… avrebbe sognato volentieri chiunque, chiunque, tranne lui.
 
 
“Ma hai dormito stanotte? Hai certe occhiaie…”
“Sempre molto gentile tu, eh?” rispose stancamente Celaena, lanciando a Orion un’occhiata di sbieco.
In realtà aveva dormito eccome, ma ogni volta che si svegliava da quel maledetto sogno si sentiva stanca come se fosse stata sveglia per giorni.
“Lo so che abbiamo gli esami, che sono importanti e tutto il resto, ma mettersi a studiare anche di notte mi sembra un po’ esagerato, non trovi?” proseguì lui imperterrito guardando preoccupato l’amica. Dal canto suo Celaena di fece scivolare il cucchiaio dalle mani, rischiando di sporcarsi la divisa di porridge.
“Io non studio di notte” disse imbronciata. “Non è per questo che sono così stanca”.
“No? Allora perché?”
Accidenti, adesso avrebbe dovuto inventarsi qualcosa: si vergognava troppo solo a pensare al fatto che sognava Stefan, figuriamoci raccontarlo ad alta voce.
“È che non riesco a dormire per l’ansia. Sai, l’agitazione…”
“Non sei credibile Lena. Mancano ancora due mesi pieni all’inizio degli esami, non puoi essere già preoccupata. E di cosa poi? Mi sembra che tra i due, qui, sei tu quella che ha Eccezionale in tutte le materie…”
“Lascia perdere e basta, ok? Adesso non ho voglia di parlarne…”
Orion sospirò e lasciò cadere il discorso: insistere non sarebbe servito a nulla, non c’era modo di convincere Celaena a dire qualcosa contro la sua volontà.
 
 
Ovviamente Orion non era l’unico a fare domande, Celaena avrebbe dovuto aspettarselo.
Era reduce da una lezione particolarmente noiosa di Storia della Magia che i Serpeverde avevano seguito con i Grifondoro, durante la quale Stefan l’aveva palesemente ignorata: aveva giusto messo un piede fuori dalla porta dell’aula che Helena l’aveva afferrata saldamente per un braccio e l’aveva trascinata via portandola su alla torre di Astronomia, rigorosamente chiusa a quell’ora del giorno.
Non sapeva perché, ma quel posto non le piaceva più così tanto.
Dopo aver debitamente bloccato la porta e aver percorso i numerosi gradini, la Corvonero le si piazzò davanti con le mani sui fianchi, guardandola negli occhi con un cipiglio da mamma apprensiva: “Allora?”
“Allora cosa?”
“Oh andiamo, Celaena! È evidente che c’è qualcosa che non va! Sembra che tu non dorma da giorni e ormai assomigli più a un Infero che a una ragazza. Mangi poco o niente e sei sempre con la testa altrove… devo continuare?”
“Ma vi siete messi d’accordo o oggi è la giornata ‘fai i migliori complimenti alla tua migliore amica’? Ci ha già pensato Orion, stamattina, a mettermi al corrente delle mie ottime condizioni estetiche…” replicò lei con una punta di sarcasmo nella voce.
“Non scherzare, è preoccupato per te. Tutti e due lo siamo. E mi ha anche detto che non vuoi dirgli niente…”
Celaena la interruppe guardandola perplessa: una punta di curiosità si accese negli occhi spenti da giorni: “E quindi voi sareste preoccupati per me… certo… Da quando tu e Orion andate così d’accordo?”
Di certo non si aspettava che la sua domanda l’avrebbe fatta arrossire.
“Helena Priscilla Corvonero…!” la richiamò con tono leggermente canzonatorio. “Voglio dettegli!” ordinò facendola arrossire ancora di più.
“Non c’è proprio nessun dettaglio! Potrebbe solo darsi che io abbia trovato Orion più simpatico e carino del solito… da qualche mese a questa parte…”
“Da qualche mese a… Helena! E di preciso quando pensavate di dirmelo? Sono la vostra migliore amica…!”
“Appunto” rispose lei, le guance ancora leggermente arrossate “e infatti siamo qui per parlare di te, non di me e Orion”
“Ma…”
“Niente ma. Di certo se non fossi stata in stato catatonico per due mesi te ne saresti accorta da sola. Il che ci riporta al motivo per cui siamo qui”. Rimase in piedi facendo sedere Celaena, manco le stesse facendo un interrogatorio: “Non mi interessa se non vuoi dire a Orion cosa sta succedendo. Io sono la tua migliore amica, siamo tra ragazze: prometto che lui non saprà niente finchè non lo vorrai tu. Ma adesso, Celaena Astoria Serpeverde, tu mi dici cosa ti è preso in questo periodo!”. Il tono era serio, ma la frase fu accompagnata da un caloroso sorriso di incoraggiamento. Uno di quei sorrisi che solo le migliori amiche sanno dispensare. E forse fu proprio quel sorriso che spinse Celaena a raccontare tutto: l’ultimo disastroso litigio a cui anche la Corvonero aveva tra l’altro assistito, la completa assenza di rappresaglie, il non essere considerata e infine gli incubi.
Si sentiva una stupida a parlarne, si rendeva conto quanto fosse stupido da parte sua essersela presa perche Stefan non aveva reagito in alcun modo: perché le bruciava così tanto che il Grifondoro non la degnasse neanche di uno sguardo? Perché, perché, perché?
Quando ebbe finito Helena sembrava ancora più preoccupata di prima, ma Celaena invece si sentiva finalmente libera: confessare tutto sembrava averle tolto un enorme peso, e non si risparmiò nei ringraziamenti verso l’amica per averla costretta a farlo.
Ora si sentiva davvero molto più serena.
 
 
La Corvonero era felice di vedere di nuovo Celaena più tranquilla e rilassata, ma quello che la ragazza le aveva confessato l’aveva colpita non poco: lei si era accorta degli sguardi sempre più complici tra Celaena e Stefan mano a mano che le ronde notturne proseguivano. Lei si era accorta di come la Serpeverde parlava di lui non più come di una seccatura, ma come di una persona amica. Lei aveva notato il diverso atteggiamento dell’amica nei confronti dei ragazzi Mezzosangue che c’erano a scuola. E sempre lei era rimasta più che stupita quando, al ritorno dalle vacanze, aveva ritrovato Celaena come se niente di tutto ciò fosse accaduto. All’inizio aveva pensato che la ragazza stesse scherzando, per quanto quello fosse un scherzo decisamente di pessimo gusto, soprattutto nei confronti di Stefan. Ma l’incidente del Lago non lasciava spazio a dubbi: Celaena sembrava davvero essere ritornata quella di un tempo.
Quello che era stato lentamente costruito nell’arco di mesi era stato cancellato in pochi giorni, e lei non riusciva a capire come e perché.
Ringraziò Celaena per la sincerità e insieme si avviarono alla lezione di Incantesimi.
Quella sera riuscì fortunatamente ad intercettare Orion da solo, prima che entrasse in Sala Grande per la cena. Lo tirò in disparte, dietro a una colonna, senza lasciargli il tempo di protestare: “Abbiamo un problema. Io ho una mezza idea su come risolverlo e tu mi aiuterai”.









Salve a tutti!
Lo so, sono in super ritardo, ma vi assicuro che c'è un motivo: la prossima settimana ho due esami non proprio leggeri e quindi, ahimè, ho trascurato un po' la storia.  :(
Vi avverto direttamente che infatti non pubblicherò il prossimo capitolo prima di sabato 20 (proprio per questo motivo).
Bene, detto questo, buona lettura!
Grazie a Lucinda Five che ha aggiunto la storia alle seguite.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** 14. Uno strano trio ***


14 – UNO STRANO TRIO

 
 
 
Stefan ci aveva provato a rimanere arrabbiato e indifferente.
Ci aveva provato con tutto se stesso… e aveva miseramente fallito.
Per quanto il comportamento di Celaena l’avesse profondamente ferito, non riusciva a smettere di provare qualcosa per lei: forse quella che si era preso era più di una semplice cotta, forse si era innamorato sul serio.
All’inizio aveva pensato di poter ricambiare la figuraccia come aveva sempre fatto nei sei anni precedenti, ma alla fine aveva deciso che non fare niente sarebbe stata per la Serpeverde l’offesa maggiore, e così era stato.
Ma se un tempo infastidire Celaena era fonte di divertimento e distrazione, adesso il Grifondoro pensava fermamente che avrebbe voluto volentieri farne a meno.
Cos’era successo di tanto sconvolgente durante le vacanze da aver provocato un cambiamento così brusco in lei? Era stata colpa sua? Poteva fare qualcosa per cambiare le cose e porre rimedio?
 
 
“Non fare lo scemo, è l’unica possibilità che abbiamo”
“Io non ne sarei così sicuro… e poi non ho mai detto di essere d’accordo!”
Dei bisbigli in corridoio attirarono la sua attenzione: si girò di scatto e si accorse che un Serpeverde e una Corvonero lo stavano seguendo.
“Ehm… beccati!” disse lei nervosa.
L’altro incrociò le braccia con aria contrariata: “L’idea è tua quindi prego, accomodati”
Helena gli fece una linguaccia e finalmente si rivolse a Stefan: “Lo so che ti sembrerà inopportuno, ma dobbiamo parlare, è importante”
Il Grifondoro alzò un sopracciglio spostando dubbioso lo sguardo su Orion: “Ah sì? Dovremo parlare? E di cosa esattamente?”
“Celaena”
Quel nome bastò ad attirare definitivamente la sua attenzione: “Cos’ha? Le è successo qualcosa?” chiese con tono palesemente preoccupato, dimenticandosi che in teoria lui sarebbe dovuto essere arrabbiato con la Serpeverde per quello che gli aveva fatto.
Helena guardò soddisfatta Orion sorridendo sotto i baffi: “Visto? Te l’avevo detto che erano davvero diventati amici…”. Poi continuò rivolta anche verso Stefan: “È che non sta bene. Non dorme, mangia poco, è sempre ‘assente’…” cercò di spiegare riassumendo, ritenendo opportuno sorvolare sulla parte dei sogni, almeno per il momento.
“E io in tutto questo cosa centro?” domandò il Grifondoro recuperando un tono più distaccato.
“Oh andiamo Stefan! Non essere così infantile: l’hai baciata davanti a tutti chiedendole se ‘si ricordava’ e adesso vorresti venire a dirmi che per te non era più di un’amica?”
“E non potrei averlo fatto solo per umiliarla davanti a…”
“Chiudi il becco e ascolta” lo interruppe Orion che stava iniziando a stufarsi. “Celaena è mia… nostra amica. Sta male, non sappiamo perché e siamo preoccupati per lei. E tu centri sicuramente in questa storia: giusto all’inizio di gennaio, spariva sempre, continuava a comportarsi in modo strano –non come adesso, ovviamente- e le ho chiesto il perché. Abbiamo fatto una litigata pazzesca e indovina? È venuto fuori il tuo nome. Ti rendi conto? Ho litigato con la mia migliore amica per un Grifondoro… poi lei è sparita di nuovo, e quando è ricomparsa si comportava come se nono fosse successo niente… e ha ricominciato a parlare male di te…”
“Non mi avevi detto che avevate litigato!” esclamò Helena.
“È importante? Quando alla fine Celaena ha smesso di comportarsi in quel modo ero addirittura contento” spiegò tranquillamente lui.
“E io in tutto questo cosa dovrei fare? Nel caso non l’aveste notato lei non vuole più avere niente a che fare con me” si intromise Stefan stizzito. Non poteva certo dire che stare lì, nel bel mezzo di un corridoio a parlare apertamente con una Corvonero, ma soprattutto, con un Serpeverde gli facesse piacere. Chiunque fosse passato in quel momento avrebbe avuto tutte le ragioni per chiedersi cosa mai stesse tramando quello strano trio così assortito.
“Non lo so” ammise la Corvonero tormentandosi le mani. “Non ti viene in mente niente che Celaena ti abbia detto? Qualcosa su cui magari era combattuta e che potrebbe aver causato questo cambiamento?”
L’espressione del Grifondoro si intristì: “Mi ha parlato di sua madre…”
Silenzio.
“La cosa è più seria di quanto pensassi…”
Due paia di occhi guardarono in modo interrogativo la ragazza.
“Se ti ha parlato di sua madre allora vuol dire che si fidava veramente di te: pensa che a me l’ha detto solo dopo cinque anni che ci conoscevamo. Il che a sua volta significa che qualcuno deve per forza averle fatto qualcosa, non può essersi semplicemente dimenticata di averti detto una cosa del genere”.
Orion guardò da un’altra parte, sembrava che l’argomento non gli piacesse troppo.
“In effetti non hai tutti i torti…”
“Ma chi potrebbe averle fatto una cosa del genere? Insomma, per costringerla a tagliare i ponti in modo così drastico con te devono aver trovato un argomento più che convincente…” riflettè il Serpeverde rivolto a Stefan.
“Non ne ho idea” ripetè Helena. Si sentiva molto frustrata: era la figlia di Cosetta Corvonero, avrebbe dovuto ereditare un po’ del suo intuito e della sua intelligenza. Pian piano un’idea iniziò ad affacciarsi nella sua mente: “Potresti parlare con Scorpius…” azzardò rivolta a Stefan. “A te dà abbastanza confidenza, no? Magari ha visto qualcosa, dopotutto Celaena è pur sempre sua sorella…”
“Purtroppo penso che potrebbe essere meno utile di quanto pensi: non è che abbiamo poi tutta questa ‘confidenza’” disse lui scuotendo leggermente il capo. “Mi seguiva solo se c’era la possibilità di incontrare sua sorella, per farla arrabbiare. È da quando abbiamo iniziato ad andare d’accordo –prima- e adesso da quando la evito che non ci parlo più”.
“Mmm…”
“E tu prova lo stesso, no?”
“E perché non ci provi tu Black? Potete pensare quello che volete, ma la verità è che Scorpius non mi è mai piaciuto. Mi veniva dietro solo se poteva guadagnarci qualcosa”.
“Be’, con noi non parlerà mai, non l’ha mai fatto, ovviamente…”
“Va bene, d’accordo. Proverò a parlarci ma non vi prometto niente. Ora, se non vi dispiace, devo andare: avevo promesso a Nick che l’avrei aiutato con i compiti di pozioni questo pomeriggio… Il professor Salazar ha detto che se combina un disastro come l’ultima volta non lo ammette agli esami di fine anno…” cominciò ad allontanarsi, ma fatto qualche passo si fermò, rivoltandosi verso i due che erano ancora lì a confabulare tra loro. Era un dubbio che gli frullava per la testa da quando Celaena si era aperta con lui: “A voi non sembra strano che dei babbani siano riusciti a cogliere di sorpresa una strega come Astoria Serpeverde?”
La domanda rimase come sospesa sopra le loro teste.
La Corvonero fece spallucce, ma Orion chinò lo sguardo, colpevole.
“Tu sai qualcosa!?” lo accusò Helena notando il suo atteggiamento e  puntandogli un dito contro. “Celaena ti ha detto qualcosa che noi non sappiamo?”
“Si… no… Celaena non centra niente. È stato qualche anno fa: ho origliato per sbaglio una conversazione tra mio padre e Salazar. Ma in realtà non ho sentito niente di così importante, visto che non ha ritenuto di dovermi punire per averlo fatto. E dubito che adesso, andando a chiedere spiegazioni, mio padre mi direbbe mai la verità”
“Ma quindi cosa avresti sentito esattamente? Perché da come l’hai detto mi sembra che questa cosa potrebbe esserci d’aiuto eccome!”
“Ecco… potrebbe essere che dopotutto la madre di Celaena non sia stata colta di sorpresa, e che non fosse sola come noi sappiamo. Parrebbe che mio padre, Salazar, e forse anche qualcun altro, fossero insieme a lei. E che non siano stati i babbani ad andare da loro, ma il contrario…”
L’espressione di Helena da perplessa e concentrata diventò sconvolta: “E questo sarebbe niente di importante!?” strillò. “Non ci posso credere! E per tutto questo tempo Celaena non l’ha mai saputo. Perché non glielo hai mai detto?” domandò poi provvedendo ad abbassare il tono.
“Pensi davvero che mi avrebbe creduto? Farebbe qualsiasi cosa per suo padre, avrebbe pensato che avessi voluto farle uno scherzo… e poi si sarebbe arrabbiata tremendamente per aver anche solo pensato una cosa del genere: sai che per lei questo è un argomento delicato”.
“Be’, dobbiamo assolutamente saperne di più”
“Ma sei sorda? Mio padre non mi dirà mai niente. Quindi, a meno che tu non voglia andare a chiedere a Salazar Serpeverde in persona…”
“Forse tuo padre non ti dirà niente, ma il mio forse sì…” disse lentamente Stefan. “Non mi ha mai tenuto nascosto nulla, non vedo perché non dovrebbe dirmi la verità anche in questa occasione. Lui e Salazar non sono mai andati d’accordo: se esiste un’informazione come questa, che potrebbe comprometterlo, lui la sa di sicuro”.
“Davvero proverai a chiederglielo?” domandò la ragazza con voce speranzosa.
“Certo” rispose semplicemente lui. “Vi farò sapere” salutò i due ragazzi con un cenno e si allontanò, ma non diretto verso la biblioteca: per una volta Nick avrebbe fatto i compiti di pozioni da solo, c’era ancora tempo prima del prossimo compito. E dopotutto all’esame non avrebbe potuto fare anche la sua pozione.
Al momento la sua mente era concentrata su ben altre preoccupazioni: lui e suo padre avrebbero fatto proprio una bella chiacchierata.
Avrebbe riavuto indietro la sua Celaena.












Salve a tutti!
Visto che un esame è andato (e parrebbe anche bene) ho deciso che oggi pomeriggio potevo prendermi una pausa dallo studio per l'altro esame (di venerdì) e pubblicare il nuovo capitolo.
Allora... lo so che i capitoli di passaggio non piacciono a nessuno -neanche a me :p- però sono necessari, quindi sorbitevi questo capitolo senza fare storie!
...Ok, stavo scherzando :)
Il capitolo è un po' più corto del solito ma proprio perchè non volevo fosse eccessivamente noioso, visto che fra l'altro Celaena non c'è nemmeno.
Purtroppo anche il prossimo sarà un po' "così" , ma prometto che dal n°16 le cose cominceranno finalmente a sbloccarsi.
Spero che nonostante tutto sia di vostro gradimento,
alla prossima!

 

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Capitolo 16
*** 15. Strani comportamenti ***


15 – STRANI COMPORTAMENTI

 
 
 
 
“Silenzio!” la professoressa battè forte la mano sulla cattedra richiamando l’attenzione. “Si può sapere cosa avete oggi? Helena, mi meraviglio di te!” disse facendo arrossire la ragazza chiamata in causa e facendo ridacchiare la sua compagna di banco.
Non era la prima volta che, durante quella lezione, la professoressa Corvonero richiamava il silenzio, riprendendo ogni volta la figlia.
Le scoccò un’ultima occhiata di disapprovazione e riprese a spiegare da dove si era interrotta.
In effetti però non aveva tutti i torti: era da quando la lezione era iniziata che Helena cercava di convincere Celaena a parlare. Essendo lei la sua migliore amica era stato deciso che sarebbe stato suo il compito di scoprire come mai la Serpeverde faceva finta di non ricordarsi niente dei mesi precedenti, o per lo meno di capire chi la stesse costringendo a farlo.
“E dai Lena!” bisbigliò sottovoce, approfittando del fatto che sua madre fosse al momento impegnata a scrivere alla lavagna dando loro le spalle.
Celaena scosse la testa e scrisse su un angolino della pergamena che avrebbe dovuto usare per prendere appunti:
 
ti ho già detto che non so di cosa stai parlando.
E adesso vedi di smetterla: non vorrai che
tua madre ci richiami di nuovo? È imbarazzante!

 
Helena lesse scuotendo impercettibilmente la testa, poi si affrettò a rispondere scrivendo subito sotto:
 
No, smettila tu. Questo è più importante
dei tuoi voti in Trasfigurazione. Davvero
non capisco perché______________

 
Smise bruscamente facendo un segnaccio perché la professoressa si era fermata di nuovo a guardarle alzando le sopracciglia: “C’è qualcosa che desiderereste condividere con il resto della classe?”
“I nostri appunti…?”rispose pronta Celaena alzando un foglio di pergamena che però non era quello dove stavano scrivendo fino a un momento prima.
La professoressa sospirò sorridendo: “Bene. Allora viso che siete state così attente da prendere addirittura appunti non vi dispiacerà provare a mettere in atto l’incantesimo su cui è incentrata la lezione. Signorina Serpeverde: inizia lei?”
Colta di sorpresa la ragazza si affrettò a leggere gli scarabocchi che aveva preso all’inizio della lezione: stavano ripassando gli incantesimi di scambio di caratteri fisici da una persona a un'altra.
Impugnò forte la bacchetta e si voltò verso Helena osservandola: scambiarsi i capelli sarebbe dovuto essere sufficiente come dimostrazione.
Prese un bel respiro e pronunciò l’incantesimo scandendo bene la formula.
Le due ragazze furono avvolte in una nube di vapore per qualche secondo, e quando quella si fu dissipata Celaena sfoggiava una bella chioma color mogano, mentre Helena era diventata bionda. Faceva un certo effetto.
Aveva funzionato.
“Helena, prego tocca a te”.
La ragazza prese a sua volta l bacchetta in mano, nervosa.
Non era rimasta stupita di vedere Celaena avere successo al primo tentativo: non era un segreto il fatto che lei riuscisse a fare praticamente tutto al primo colpo.
Altrettanto non si poteva però dire di lei, e pertanto sperò di poter riuscire subito come l’amica, almeno per quella volta. E poi non poteva scegliere qualcos’altro di più facile al posto dei capelli? Magari le sopracciglia…
Cercando di concentrarsi al massimo ripetè la formula.
Un’altra nube le avvolse, e una volta dissipata le ragazze poterono constatare che per fortuna i loro capelli erano tornati quelli di sempre.
La professoressa Corvonero sembrò quasi delusa che entrambe le ragazza fossero riuscite a eseguire l’incantesimo al primo tentativo, e per di più in maniera abbastanza brillante.
“Va bene, dieci punti a Serpeverde e dieci punti a Corvonero” disse facendole sorridere entrambe, soddisfatte.
“Però è l’ultima volta che vi avverto: la prossima volta che interrompo la lezione a causa vostra potete accomodarvi fuori dall’aula” aggiunse poi, e le due ragazze tornarono di colpo serie: non ci furono bisbigli né bigliettini fino alla fine dell’ora.
 
Non si era mai sentita così imbarazzata in vita sua.
Lei, che aveva sempre tenuto un comportamento irreprensibile per fare bella figura, per dimostrare di essere la più brava, la migliore, era riuscita a farsi richiamare ben cinque volte durante la stessa lezione, finendo poi per essere minacciata di dover addirittura lasciare l’aula.
E tutto perché quel genio della sua migliore amica aveva deciso che la lezione di Trasfigurazione sarebbe stata l’ideale per parlare indisturbate.
Celaena aveva passato buona parte della lezione a rispondere cose del tipo: “Non so di cosa tu stia parlando” alla insistenti domande che Helena le proponeva. Sembrava che la Corvonero fosse convinta che lei facesse apposta a comportarsi ‘male’ con Stefan, il che era vero, ma la Serpeverde non riusciva a capire cosa ci fosse di strano: si era comportata così per ben sei anni!
Erano giorni ormai che, ogni volta che non sapevano di cosa parlare, Helena tirava fuori quel discorso: probabilmente gli esami sempre più imminenti cominciavano a giocarle qualche brutto scherzo.
“Scusami davvero!” disse Helena raggiungendo la Serpeverde che l’aspettava fuori dalla classe: la lezione era finita da un pezzo, ma prima che fossero usciti tutti la professoressa aveva richiamato la figlia e l’aveva trattenuta per dieci minuti buoni.
“Non era mia intenzione farci richiamare a quel modo…” si scusò con l’amica mentre si incamminavano lungo il corridoio.
“Bene. Allora vedi di non replicare durante Pozioni: di certo mio padre non si accontenterebbe di farmi una predica di soli dieci minuti…” rispose Celaena con tono serio. Non resistette però a lungo: Helena era sua amica ormai da tanto tempo, e non era mai riuscita a tenerle il muso per molto.
Dopo neanche un minuto stavano già chiacchierando allegramente come se nulla fosse successo.
“Tu cos’hai adesso?”
“Mmm… Incantesimi con i Grifondoro. Tu?”
“Difesa con i Tassorosso. Ci vediamo dopo a pranzo?”
“Certo, così possiamo iniziare a ripassare per la prova di Pozioni della prossima settimana… a proposito: hai visto dov’è andato Orion per caso?” disse Celaena.
Il ragazzo era uscito dall’ultima lezione insieme a lei, ma evidentemente non si era accorta che non si era fermato ad aspettarla.
“Sarà andato avanti a prendere il posto” ipotizzò Helena. “E faresti meglio ad andare anche tu: non vorrai mica arrivare in ritardo a una lezione tenuta da tuo padre!”
“Hai ragione. A dopo!”
“A dopo”
 
La Serpeverde si affrettò a seguire il consiglio dell’amica e si incamminò a passo svelto verso l’aula di Incantesimi. Ovviamente la lezione non era ancora cominciata e così Celaena iniziò a scrutare le file di banchi per cercare di individuare dove si fosse messo Orion.
Non si sarebbe mai aspettata quello che si trovò davanti: il ragazzo aveva abbandonato la borsa con i libri sopra uno dei banchi della prima fila, e al momento era in piedi a parlare nientemeno che con Stefan Grifondoro.
La cosa che la lasciò incredula fu notare che non sembrava che i due stessero litigando, anzi, esattamente il contrario.
Scuotendo la testa scioccata si avvicinò a loro: non fece in tempo a sentire di cosa stessero parlando perché come l’avevano vista entrambi si erano ammutoliti. Stefan aveva recuperato l’espressione dura e impassibile che indossava sempre quando Celaena era nei paraggi, mentre Orion alzò una mano in segno di saluto ed esclamò allegramente cercando di dissimulare il suo nervosismo: “Ehi, Celaena! Finalmente sei arrivata. Il posto lì in primo banco è di tuo gradimento?”
La ragazza ignorò completamente il Grifondoro, la domanda del compagno di Casa e ribattè: “Mi spieghi cosa stai facendo?”
“Io? Niente, stavo solo parlando con… non preoccuparti…”
“Continua pure allora. Sono proprio curiosa di sentire cosa avete da dirvi” lo sfidò lei.
“Eh… no. Non importa, davvero. Lascia perdere…”
“… per caso è qualcosa che mi riguarda? Come il fatto che io stia fingendo di essermi dimenticata…” lasciò apposta la frase in sospeso e cercò di addolcire lo sguardo: entrambi i ragazzi ci cascarono in pieno.
“Allora Helena è riuscita a convincerti! Lo sapevo!” esclamò Orion, e con suo grande orrore Stefan la strinse addirittura la mano sorridendo.
Si concesse di guardarlo in faccia per un istante: aveva la stessa espressione felice che aveva quando lo sognava…
Era durato abbastanza: “Ehi!” esclamò scrollandosi di dosso la mano di Stefan e recuperando l’espressione di quando era arrivata.
“Allora lo state facendo apposta, siete tutti d’accordo!”
“Non hai appena detto che…” balbettò il Serpeverde confuso. Stefan aveva l’aria ferita.
“Come no! Sono giorni che Helena non mi dà tregua con questa ridicola storia: oggi ha perfino rischiato di farci buttare fuori da Trasfigurazione. Evidentemente non mi sono spiegata bene…” riprese fiato e concluse scandendo bene le parole: “Non ho idea di cosa voi stiate farneticando, e non ho più intenzione di darvi retta. Quindi se adesso hai deciso di trovarti nuovi amici sei liberissimo di starmi alla larga!”
E con aria sdegnata andò a prendere posto, ma rigorosamente non nello stesso banco dove Orion aveva lasciato i libri.
Avrebbe dovuto capirlo subito che dietro gli strani comportamenti dei suoi amici c’era Stefan, anche adesso non ne era sorpresa più di tanto.
Quello che non riusciva a capire era il perché, e ovviamente come il ragazzo fosse riuscito a convincerli a fare qualsiasi cosa stessero cercando di fare.
Tirò fuori il materiale e aprì il libro all’argomento dove si erano fermati l’ultima volta, e ci rimase concentrata fino alla fine della lezione.
Uscendo non degnò Orion di uno sguardo: si sentiva tradita.
Sulla scalinata principale Helena la stava già aspettando, ma siccome anche lei aveva deciso di passare dalla parte del nemico la Serpeverde la superò stringendo le labbra e senza dire nulla.
“Ehi! Aspettami!” fu l’esclamazione che le arrivò da dietro, mentre la Corvonero si affrettava a raggiungerla.
“Tutto bene? Sembri arrabbiata. Qualcosa è andato male durante la lezione?”
“Sì” rispose lei seccamente. “Però non riesco a capire perché ti interessi” le disse fermandosi a squadrarla.
“Cosa vuoi dire…?”
“Come sono arrivata in classe ho trovato Orion e Stefan che chiacchieravano come fossero vecchi amici, e ho scoperto che ci sei dentro anche tu… non ci capisco più niente: è da quando sono riprese le lezioni che vi comportate tutti in modo strano. Cosa sta succedendo Helena? Io sono stata sincera con te, ma adesso anch’io voglio la verità”. La sua espressione era cambiata, adesso sembrava davvero confusa e stanca.
“Hai fame?” domandò la Corvonero.
“Direi che mi è passata…”
“Bene, anche a me. Vieni” e al posto di entrare in Sala Grande per il pranzo uscirono nel cortile.
L’aria ancora piuttosto fredda le fece rabbrividire leggermente, ma ebbe l’effetto di togliere loro quel caratteristico torpore che coglie gli studenti dopo un’intera mattinata di lezioni. A Celaena sembrò proprio di sentirsi più sveglia.
“Siediti” disse Helena indicando all’amica una panchina. Celaena obbedì.
“Ti racconterò tutto” continuò lei “ti racconterò tutto perché mi sembra assurdo che tu non possa ricordare… …potresti dirmi cosa hai fatto la notte del ventidue dicembre durante la ronda con Stefan?” domandò cambiando momentaneamente discorso.
“E questo che centra?” ribattè Celaena confusa.
“Tu rispondi e basta…”
“Ecco… non lo so… abbiamo pattugliato i corridoi come al solito…”
“Non lo so vorrebbe dire non mi ricordo? Come fai a non ricordarti una cosa del genere?”
“Probabilmente l’ho rimosso perche non era importante, ecco tutto” disse la Serpeverde scrollando le spalle. “Non eri tu quella che doveva raccontare qualcosa?” chiese poi.
“Va bene, lasciamo perdere. Allora: molto probabilmente quello che sto per dirti non ti piacerà neanche un po’ ma ti prego, ti prego, promettimi che mi farai finire prima di dire qualsiasi cosa. D’accordo?”
“Va bene. Prometto che non ti interromperò” concordò l’altra apparendo ancora più confusa.
“E ora si può sapere qual è questa cosa così terribile che devi dirmi?” disse con tono ironico.
“Oh… non so mica se avrai ancora molta voglia di scherzare quando avrò finito…” commentò mestamente Helena.
Ormai era evidente, l’aveva capito. Celaena non stava facendo finta, davvero non si ricordava niente.
Chi mai avrebbe potuto cancellarle la memoria? E perché? Fu il suo pensiero.
Prese un profondo respiro e cominciò a parlare.











Salve!
Come promesso ecco il nuovo capitolo, spero sia di vostro gradimento :)
Vorrei ringraziare SamanthaLaStrega che ha messo la storia tra le seguite e recensito lo scorso capitolo, e l'immancabile AlexisVictorie che trova sempre il tempo per lasciarmi i suoi commenti (anche se lei non vuole essere ringraziata :P)
Buona domenica e buona lettura!
 

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Capitolo 17
*** 16. Buon sangue non mente mai? ***


16 - BUON SANGUE NON MENTE MAI?

 
 
 
Sentita la premessa le avrebbe detto di essere più confusa che altro.
Dopo essersi sorbita la prima parte avrebbe voluto intimarle di smetterla di dire tali assurdità perché si stava solo mettendo in ridicolo da sola, e perchè lei, Celaena Serpeverde, mai avrebbe potuto fare cose del genere.
Arrivata al ‘gran finale’ aveva esaurito le proteste che mentalmente aveva continuato a urlarle contro.
Era troppo sconvolta per dire o pensare qualsiasi cosa.
Aveva promesso a Helena che avrebbe aspettato che lei avesse finito di parlare prima di manifestare una qualsiasi reazione, e aveva mantenuto la parola.
D’altronde non c’era niente di più facile visto che nel momento in cui la Corvonero aveva finito di pronunciare una frase che suonava tanto come “E poi tu e Stefan vi siete baciati” la sua mente si era improvvisamente svuotata da ogni pensiero e da ogni sensazione eccetto un indignato: io ho baciato Stefan Grifondoro??
Era lì seduta sulla panchina, le mani in grembo e la schiena dritta, lo sguardo fisso e vacuo davanti a se ad osservare il vuoto.
Helena le fece passare più volte una mano davanti al viso inespressivo: “Ehm… Lena? Ti – ti senti bene?”.
Alla ragazza la sua voce arrivò come ovattata, le orecchie avevano cominciato a ronzarle. Vedendola dall’esterno sarebbe potuta sembrare pietrificata.
“Celaena, ti prego, mi stai facendo preoccupare!” ribadì l’altra, questa volta scuotendola vigorosamente.
Il contatto fisico sembrò avere più successo, e la Serpeverde cercò di scrollarsi di dosso quella strana sensazione di impotenza che si era impossessata di lei.
Doveva restare lucida. Doveva mostrarsi forte e sicura come aveva sempre fatto in momenti del genere.
“Perché non mi ricordo nulla?” domandò con voce rotta, di certo non il tono deciso che si era imposta di usare. “Se quello che dici è vero, perché non mi ricordo nulla?”
Aveva cominciato a tremare.
Helena la abbracciò cercando di rassicurarla come meglio poteva: “Non lo so Lena, non lo so. Ma stiamo cercando di scoprirlo. Io, Orion, Stefan…”
“Davvero io e Stefan siamo diventati amici?” la interruppe lei guardandola negli occhi, incapace di pronunciare una frase che contenesse le parole io, Stefan e bacio.
“Lui ci tiene davvero a te. Per lui sei più di un’amica” rispose la Corvonero sorridendo.
“E adesso cosa faccio?”
 
 
***
 
 
Spesso la Sala Grande era stata palcoscenico di scenate di gelosia, litigi, amicizie che si rompevano e si riformavano e similari, ma quello a cui avrebbe assistito quel giorno le avrebbe superate tutte, dalla prima all’ultima.
Dopo aver finito di pranzare Orion si era alzato, dirigendosi inequivocabilmente verso il tavolo dei Grifondoro. Si era avvicinato a Stefan e gli aveva battuto una mano sulla spalla per ottenere la sua attenzione.
Tutta la sala trattenne il fiato mentre il Grifondoro si girava e… lo invitava ad accomodarsi vicino a lui.
Orion scosse la testa: “Volevo soltanto riferire che Celaena sta bene, ma che ancora non se la sente di venire scendere in Sala Grande in mezzo a tutti” disse tenendo bassa la voce.
Era ormai più di una settimana che la ragazza, all’ora dei pasti, non si faceva più vedere nella Sala, preferendo l’ambiente più riparato e isolato delle cucine.
Non l’avrebbe mai ammesso ma, superato lo stordimento iniziale, la verità era che proprio non riusciva a pensare di potersi trovare davanti Stefan dopo tutto quello che avevano passato insieme, e che lei ancora non si ricordava.
Solitamente era Helena che portava le ‘notizie’ –visto che era stata sua l’idea di comunicare indirettamente con Stefan in modo da fargli sapere che, perlomeno, Celaena non era arrabbiata con lui- ma quella mattina non si sentiva tanto bene e aveva preferito restare in dormitorio. Così il compito di riferire il solito messaggio, uguale e puntuale ogni giorno dopo pranzo, era ricaduto su Orion, che ovviamente non era troppo contento dell’incombenza: lì in piedi davanti a tutti, fermo al tavolo rosso-oro, non vedeva l’ora di andarsene.
“Aspetta!” lo richiamò Stefan.
Sbuffando il Serpeverde riportò l’attenzione sul Grifondoro, notando solo in quel momento che aveva un’aria più seria e preoccupata del solito.
“Cosa avete da guardare?” sbottò sgarbatamente al resto della sala che seguiva interessato lo svolgersi degli eventi, prima di lasciarsi cadere pesantemente sulla panca. Il fatto che avesse accettato di ‘collaborare’ con lui per cercare di aiutare Celaena non voleva dire che fossero diventati grandi amici.
“Dimmi” disse poi rivolto solamente a Stefan.
“Sono finalmente riuscito a parlare con mio padre di quella cosa” lo informò lui. Era da tanto che cercava di farlo, ma per un motivo o per un altro il padre non era mai libero. La sera precedente, però, aveva avuto fortuna, e non si era lasciato sfuggire l’occasione.
Gli occhi del Serpeverde si accesero all’istante per l’interesse: “E quindi?” domandò. “Sei riuscito a scoprire qualcosa?”
“Molto più di qualcosa” rispose l’altro. “Mio padre mi ha raccontato tutto. A quanto pare sono diventato ‘abbastanza grande’ per sapere. Comunque, parrebbe che quello che hai sentito tu anni fa sia vero” cominciò abbassando sempre di più la voce e girandosi meglio verso il suo interlocutore.
Non voleva offendere nessuno, ma arrivato alla conclusione del discorso non aveva potuto fare a meno di commentare abbastanza duramente quello che aveva appena finito di riferire: “Non posso crederci che l’abbiano fatto veramente! Questo non vuol dire essere un po’ fissati, questo vuol dire essere crudeli! Crudeli ma anche stupidi. Insomma, partire con l’intento di fare una ‘strage’ e poi finire uccisi perché non si era previsto che qualcuno avrebbe potuto opporre resistenza? Pensavo che Astoria Serpeverde fosse un po’ più…” si interruppe bruscamente non appena si rese conto di chi si era fermato lì accanto a loro ad ascoltare, e Orion inorridì con lui.
“Come prego?” domandò Celaena con aria minacciosa. “Pensavi che mi madre fosse un po’ più… cosa, di preciso?” continuò incombendo sui due ragazzi, senza curarsi di tenere la voce bassa.
A quel punto lo spettacolo era assicurato, fortuna che i professori avevano già lasciato la Sala da un bel pezzo.
“E io che pensavo che fosse davvero cambiato qualcosa…” non sapeva se essere più delusa o arrabbiata.
“Celaena aspetta, non è come pensi” cercò di farla ragionare Orion alzandosi in piedi, seguito a ruota anche dal Grifondoro, fermando la ragazza che stava già per andarsene.
“Oh perfetto!” esclamò lei fermandosi. “Quindi anche tu sei dalla sua parte adesso?”
“Sì!... No. Celaena, ascolta: ti ricordi di quando l’altro giorno, con Helena, abbiamo parlato di quello che era successo a tua madre? Stefan ha parlato con suo padre, ed è riuscito a scoprire cos’è accaduto veramente…”
“Ma certo! E secondo te la sua parola vale di più di quella di mio padre? Hai ragione: fare una cosa del genere è proprio da stupidi, e infatti non è così che è andata!” lo interruppe lei alzando ancora di più la voce, sfoderando la bacchetta e puntandogliela contro.
Sembrava si fosse tornati ai vecchi tempi…
“Hai sentito tutto?”
“Certo, sarebbe stato difficile non farlo: voi due che confabulate non passate proprio inosservati… erano tutti che vi fissavano. E adesso rimangiati quello che hai detto” rispose lei, sempre ad alta voce, ma con un tono stranamente calmo rivolta al Grifondoro.
“No”
La risposta di Stefan lasciò tutti sbalorditi: stava per caso cercando di farsi uccidere?
“No? Tu non ti devi permettere di parlare così della mia famiglia, di mia madre… di me!” replicò lei.
“Nessuno sta parlando di te Celaena, non mi permetterei mai di dire che tu sei come i tuoi perché non lo sei, ti conosco” rispose semplicemente il Grifondoro.
“Però non posso rimangiarmi quello che ho detto” proseguì avendo l’accortezza di abbassare il tono della voce per non farsi sentire da tutti i presenti “semplicemente perché è la verità, e secondo me, in fondo in fondo, lo senti anche tu. Quella notte non sono stati i babbani ad andare da tua madre, ma il contrario. E se vogliamo essere precisi non era neanche da sola: era stato organizzato una specie di attacco a quel villaggio, che però ovviamente non è andato a finire come era stato pianificato. I babbani si sono dimostrati più ‘combattivi’ del previsto e per qualcuno è finita male… come nel caso di tua madre, purtroppo.”
“Non è vero” sussurrò lei. “Non può essere vero”
“Mi dispiace Celaena, ma ti assicuro che questa è la pura verità”
Un istante di silenzio e poi…
“Tu menti!”
L’esclamazione, accompagnate da un sonoro schiaffo, aveva lasciato tutti i presenti a bocca aperta. Cioè, ancora più a bocca aperta di quanto già non fossero, stupiti per quello strano e improvviso litigio di cui, nonostante tutto, non avevano capito la causa.
Ansimando, la bacchetta inerte lungo il fianco, Celaena si fermò ad osservare la mano con cui aveva appena colpito Stefan il quale, dal canto suo, si stava cautamente massaggiando la guancia, sulla quale era già possibile intravedere l’impronta rossa delle dita di una mano.
Non riusciva a credere a quello che aveva appena fatto.
In quello schiaffo ci aveva messo tutto l’odio che provava, tutto l’odio che in quei pochi secondi si era accumulato in lei nei confronti di quel pallone gonfiato che se ne andava in giro raccontando tremende falsità sul conto della sua famiglia.
Era da un po’ di giorni che Helena cercava di convincerla a tornare a parlare con il Grifondoro, e quel giorno era scesa in Sala Grande con l’intenzione di dire a Stefan che, seppure continuando a non ricordare, avrebbe volentieri provato ad essergli amica, anche solo per vedere se farlo avesse potuto aiutare a chiarire un po’ la situazione.
Ma quello che aveva appena sentito cambiava totalmente le cose: come avrebbe potuto anche solo fidarsi di una persona che pensava così male della sua famiglia. Sapeva che suo padre ci teneva molto a mantenere la tradizione dell’essere Purosangue e che spesso poteva sembrare molto radicale e quasi senza scrupoli, ma decidere di eliminare addirittura un intero villaggio babbano le sembrava troppo, anche per lui.
Nonostante tutto però, le parole di Stefan, per quanto insopportabili, erano riuscite a scalfire quella cieca ostinazione che Celaena aveva sempre dimostrato nel difendere il padre, lasciando una breccia aperta al dubbio.
E se… No, non poteva essere!
Ma lei doveva assolutamente sapere, e l’unica persona che al momento avrebbe potuto rispondere alle sue domande era proprio suo padre.
Incurante di tutto e tutti, senza neanche degnarsi di chiedere scusa (anche perché non si sarebbe mai abbassata a chiedere scusa a un Grifondoro, non quel Grifondoro), la ragazza girò sui tacchi e corse fuori dalla sala diretta verso l’ufficio dell’insegnante di pozioni.
Era vuoto.
Se non era lì c’era un unico posto in cui il padre sarebbe potuto essere.
Sempre correndo risalì le scale fino ad arrivare al bagno delle ragazze del secondo piano. La porta era bloccata, ma le bastò sibilare qualche parola in serpentese e quella subito si spalancò. Una volta entrata Celaena risigillò la porta alla stessa maniera, in modo che nessun altro potesse entrare.
Nessuno l’avrebbe interrotta.
Come si aspettava i lavandini in pietra al centro del bagno, di solito uniti tra loro, erano distaccati lasciando libero lo scivolo che portava alla Camera Segreta.
Dopo la discesa e dopo aver superato l’ultimo sigillo, Celaena entrò finalmente nella vera e propria Camera: suo padre era proprio lì in fondo, seduto alla scrivania che lui stesso aveva fatto apparire su richiesta della figlia qualche tempo prima, insieme agli altri elementi di arredo.
Con i passi che rimbombavano mano a mano che andava avanti, Celaena si avvicinò senza proferire parola con il cuore che le batteva forte, ma non per la corsa.
Quando arrivò proprio di fronte alla scrivania rimase ancora un attimo in silenzio, e quando parlò la sua voce non tradiva alcuna emozione: “Com’è morta la mamma?”
La domanda colse Salazar impreparato: di certo non era quello che si aspettava di sentirsi domandare quando l’aveva vista piombare lì all’improvviso. Riprese però subito il suo contegno e rispose con voce decisa, senza sollevare lo sguardo dalle pergamene su cui stava lavorando: “Ne abbiamo parlato già altre volte. E questo non mi sembra il momento più adatto per discutere di questo argomento” sembrava quasi seccato.
“Ti ho chiesto come è morta la mamma!” ripetè allora Celaena aumentando il tono della voce e sbattendo una mano sul tavolo, in modo da costringere suo padre a guardarla in faccia.
Notando lo sguardo sconvolto della figlia, Serpeverde rispose nuovamente, stavolta addolcendo i toni: “Lo sai, tesoro. È stato durante quell’imboscata da parte di quel gruppo di Babbani. Tu e tuo fratello eravate a casa da zia Agatha e io ero via per lavoro. Non potevamo sapere…” e mentre parlava cercò di accarezzare la mano che la figlia aveva lasciato appoggiata sul tavolo. Celaena però la ritrasse bruscamente, e voltandosi di scatto cominciando a camminare su e giù continuò: “Ah si? Perché in Sala Grande c’è qualcuno che va dicendo che non è vero… che non è quella la situazione in cui l’hanno uccisa… che…” ma la voce le si strozzò a metà frase, e lei si girò nuovamente a fronteggiare il padre aspettandosi una giustificazione che fosse quantomeno accettabile.
Lo sguardo di nuovo indurito del padre non era di certo quello che si sarebbe aspettata.
“Immagino che prima o poi lo avresti scoperto comunque… Scorpius mi aveva avvertito…” cominciò lui freddo, ma la figlia non gli permise di andare avanti, non lo ascoltava più: era venuta a cercarlo in modo da poter smentire una volta per tutte le voci che giravano ormai da un po’ di tempo –perché quella non era di certo la prima volta che l’argomento della morte di sua madre veniva tirato in ballo- ma le parole che aveva ricevuto in risposta erano quelle sbagliate. In un istante sembrò che tutto le stesse crollando addosso: il suo mondo, le sue certezze. I suoi ideali…
Tutto quello che aveva detto o fatto per difendere suo padre e il suo nome dalle malelingue… era stato tutto inutile, perche quello che gli altri avevano sempre detto era la verità.
Era una stupida.
Una fitta alla testa si stava facendo sentire sempre più acuta.
Si accorse che gli occhi le bruciavano. Voleva piangere, ma ricacciò indietro le lacrime: la rabbia che era appena affiorata in lei le diede la forza per resistere senza crollare.
“PERCHÉ NON ME L’HAI MAI DETTO!” si sentì urlare con tutto il fiato che le era rimasto in corpo.
“Tutti questi anni ho sempre cercato di giustificare le tue idee, i tuoi principi, e adesso mi rendo conto di aver fatto la figura della stupida perché ero l’unica a non sapere la verità!”
“Invece no! Hai fatto bene! Lo hai fatto perché lo ritenevi giusto e…”
“NON VENIRMI A PARLARE DI GIUSTIZIA! Tu! Tu e … quella donna eravate pronti a uccidere degli innocenti che non sarebbero mai stati all’altezza dello scontro!” urlò di nuovo lei.
“E tutto per degli stupidi ideali sul sangue puro… … Tu, che mi hai mentito per tutti questi anni vieni a parlarmi di cosa è giusto e cosa non lo è?”
“Mi fidavo di te, te l’ho dimostrato. Sei mio padre! Avrei potuto decidere di appoggiarti lo stesso, anche sapendo la verità fin dall’inizio … tu sei un bugiardo!”
Sentendo poi che stavolta stava davvero per superare il limite corse via lasciandosi alle spalle Salazar che cercava, invano, di richiamarla per farla ragionare. Ma lei non si sarebbe fermata, non lo avrebbe più ascoltato, sapendo che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe stata solo un’altra bugia.
Si lasciò alle spalle i sigilli e il bagno delle ragazze, senza preoccuparsi di chiuderseli dietro: non le importava. L’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era trovare un posto in cui stare da sola per sfogarsi: era riuscita a trattenersi davanti ai suoi compagni, e anche davanti al padre, ma adesso aveva bisogno di lasciarsi andare.
Il mal di testa stava peggiorando.
Non sapeva neanche lei dove stava andando, con la vista leggermente annebbiata vagava senza meta per il castello, troppo distratta per apprezzare il fatto di non aver incontrato nessuno durante il tragitto. Alla fine andò a sbattere contro la scultura di bronzo di un’aquila che sembrava ostruire un passaggio. Stringendosi riuscì a passare tra la parete e una delle ali spiegate del volatile, e si ritrovò a salire una scala a chiocciola scavata nella pietra. Fece i gradini di corsa, cominciando a singhiozzare, e alla fine della scala superò senza tanti complimenti l’austera porta di legno intagliato che si era trovata davanti.
I singhiozzi cessarono solo l’istante che le consentì di riconoscere il luogo in cui si trovava.
Era in uno studio, ma non in uno studio qualsiasi: era la saletta dove i quattro fondatori di Hogwarts si riunivano per prendere le decisioni riguardanti la scuola. L’ambiente era immerso in una silenziosa penombra, e il tutto sembrava quasi innaturale. Tutto quell’ordine e quella tranquillità erano nettamente in contrasto con quello che Celaena provava in quel momento.
Troppo in contrasto.
Ricominciando a piangere per la delusione e la rabbia di essere stata presa in giro per tutto quel tempo, la ragazza cominciò a muoversi per lo studio senza risparmiare niente: la scrivania dalle esili gambe al centro del locale venne ribaltata, come pure qualche scaffale e una vetrinetta. Le mensole furono ‘liberate’ da ciò che vi era appoggiato sopra e vari oggetti furono scagliati con violenza contro una parete finchè… si fermò.
Sola in mezzo a quel disastro Celaena non potè fare a meno di vergognarsi di se stessa, e l’unica cosa che riuscì a fare fu accasciarsi sul pavimento con la schiena appoggiata sulla porta affondando la testa tra le braccia senza smettere di piangere.
Per troppo tempo si era mostrata più forte di quanto non fosse in realtà. Per troppo tempo aveva fatto finta che quello che gli altri dicevano di lei non le importasse.
Aveva sempre pensato che sarebbe andata contro il mondo, se necessario, pur di difendere ciò in cui credeva, e adesso non sapeva neanche più chi era.
La presunta amicizia con Stefan, gli strani comportamenti dei suoi amici, il non ricordare parecchi particolari dei mesi precedenti…
Il mal di testa era ormai diventato insopportabile, un dolore sordo e pulsante.
Con un ultimo sonoro sospiro, continuando a singhiozzare sommessamente, Celaena si addormentò, un’unica frase rimbombava nei suoi pensieri: Scorpius mi aveva avvertito…
 


 
 
 
 
 
 





 
 
Allora, per questo capitolo mi sento di spendere qualche parola in più rispetto alle solite tre righe…
Innanzitutto ho deciso di pubblicare adesso perché causa esami credo che non riuscirò ad aggiornare fino alla prima settimana di gennaio, e quindi volevo lasciarvi un capitolo in cui succedesse perlomeno qualcosa.
Secondo ho pubblicato oggi perché oggi, 23 dicembre, sarebbe il compleanno di Celaena –ma anche il mio! :P (quanto sono egocentrica, eh?)- e quindi mi sembrava carina l’idea di pubblicare un capitolo nel giorno del suo fantomatico compleanno (ok, oltre che egocentrica non ho neanche tutte le rotelle a posto…)
Punto terzo: questo è stato il primo capitolo che ho scritto di questa storia, il primo in assoluto. Certo, non è rimasto proprio uguale-uguale alla prima stesura e ho dovuto riadattare alcuni punti per farli incastrare con lo sviluppo della storia che, ovviamente, ancora non avevo previsto; ma è da questo capitolo che è nata l’idea di tutta la fic. Anzi, a voler essere precisi, la prima immagine che mi era venuta in mente (e infatti originariamente il capitolo iniziava proprio con quella scena) era quella dello schiaffo che Celaena rifila a Stefan… e pensare che all’epoca non avevo ancora scelto neanche i loro nomi ^.^
Quindi, quando più avanti vi troverete a leggere un tale capitolo intitolato “La Serpe e il Grifone” (che in pratica sarebbe anche il titolo della fic), sappiate che in realtà è da qui che è partito tutto.
Spero di non avervi annoiato troppo con questo papiro di nota da “autrice un po’ persa nel suo mondo” e spero anche che il capitolo vi sia piaciuto… un paio di commenti in più ce la facciamo a farli? Solo per questo capitolo? Giusto per sapere se la storia non piace solo alle due anime pie che ancora non si sono stufate di commentare… :)
Va be’, detto questo auguro a tutti buone vacanze e buon Natale, e spero nonostante tutto di riuscire ad aggiornare prima di quanto pronosticato all’inizio di questo mio delirio…
Ciao a tutti e alla prossima!
E.

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Capitolo 18
*** 17. Memorie di un (non troppo) vecchio cappello ***


17 - MEMORIE DI UN (NON TROPPO) VECCHIO CAPPELLO

 
 
 
 
Il rumore di passi frettolosi e il cigolare della porta che si apriva si erano infiltrati nel suo stato di torpore.
Lo sbattere della porta che si richiudeva e i singhiozzi che ne erano seguiti lo avevano svegliato del tutto: qualcuno era entrato nella stanza, e molto probabilmente ci sarebbe rimasto per abbastanza a lungo.
 
C’erano giorni in cui il Cappello Parlante avrebbe dato qualsiasi cosa pur di aver qualcuno con cui intavolare una sana conversazione che lo distogliesse dalla monotonia di quelle giornate sempre uguali.
Gli era stata data una mente tutta sua e la facoltà di parlare, ma in compenso passava la maggior parte del tempo (anzi, tutto il tempo) chiuso in quello studio polveroso, senza un’anima viva –o morta- che gli facesse compagnia.
L’unico modo che aveva per passare il tempo era ripensare a tutti quei ragazzi che, negli ultimi dieci anni, lo avevano indossato impazienti di conoscere la loro ‘sorte’.
I parametri secondo cui avrebbe dovuto smistare i suddetti fanciulli erano chiari e non fraintendibili eppure, in qualche raro caso, il copricapo non poteva fare a meno di porsi qualche dubbio: aveva fatto la scelta giusta? Aveva fatto bene a scegliere proprio quella Casa piuttosto che un’altra?
Perché in effetti non ci aveva messo molto a capirlo: decifrare la personalità di un ragazzo, soprattutto così giovane, sbirciandogli nella mente per qualche secondo, non era poi così facile.
Oh si, c’erano anche quei ragazzi in cui determinati caratteri erano talmente ben definiti e radicati che sbagliare giudizio sarebbe stato davvero impossibile, ma non erano così tanti quanto avrebbe potuto pensare, e anche in quei casi non era sempre detto che la prima impressione fosse quella giusta.
E infatti come poteva un semplice cappello sapere se quei caratteri non sarebbero cambiati con l’avanzare degli anni, o al mutare delle convinzioni del ragazzo in questione, o alla scoperta di una tremenda verità…
Si ricordava molto bene del caso più curioso che gli fosse mai capitato, se lo ricordava bene eccome! Ci aveva messo ben più di qualche misero secondo a decidere in quell’occasione, addirittura minuti.
Era curioso come la ragazza in lacrime che aveva fatto irruzione nello studio qualche istante prima, devastandone buona parte, fosse esattamente la protagonista di quell’episodio.
Però sembrava cambiata. Molto.
La ragazza che ora il Cappello Parlante si trovava davanti non era più una bambina, era quasi una donna. E sul suo viso, al momento affondato tra le braccia, il Cappello non era riuscito a cogliere lo stesso entusiasmo e la stessa spensieratezza che l’avevano colpito quando l’aveva vista per la prima volta.
 
 
Era il primo settembre di sette anni prima, e quello sarebbe stato il quarto anno in cui lo Smistamento dei nuovi allievi nelle varie Case gli era stato affidato. Smistamento a dir poco interessante, visto che proprio quell’anno avrebbe avuto la responsabilità di smistare, tra i vari ragazzi presenti, addirittura tre dei figli dei quattro fondatori della scuola.
La prima a conoscere la sua destinazione fu Helena Corvonero, figlia della buona e saggia Cosetta. Non fu una scelta difficile: la ragazza aveva una mente sveglia e brillante come poche, e la Casa omonima era senza dubbio la scelta migliore per lei.
Anche per il giovane Stefan accadde lo stesso: sorridente e sicuro di sé, venne confermato “Grifondoro” in breve tempo.
Arrivato il turno della giovane figlia di Salazar il Cappello aveva pensato che sarebbe stato come per tutti gli altri, e che la ragazzina sarebbe andata di diritto a far parte della Casa di cui portava il cognome.
Dopotutto bastava guardarla: era l’unica, tra tutti i coetanei, a non dare neanche un minimo segno di irrequietezza o agitazione. Era calma e posata, e con lo sguardo squadrava attentamente ogni volto che la circondava, cercando probabilmente di intuire chi, tra tanti, avrebbe potuto essere degno di chiamarla ‘amica’. Nonostante tutto i suoi occhi verdi come smeraldi brillavano indiscutibilmente: era possibile leggervi l’enorme entusiasmo che provava per quell’occasione così unica e importante, pur non manifestandolo esternamente.
Mentre Tosca lo appoggiava gentilmente sui suoi capelli dorati, il Cappello era già pronto a esclamare “Serpeverde!” a gran voce, ma per fortuna riuscì a fermarsi in tempo.
Dovette farlo.
Non aveva mai visto una testa come quella: emozioni contrastanti si scontravano con la forza di battaglie, timori e dubbi la percorrevano e, sullo sfondo, la paura di deludere suo padre, la propria famiglia.
Scavando più a fondo si poteva però trovare molto altro: la sicurezza in se stessa, la decisione e l’astuzia. L’essere fiera del nome che portava e l’ambizione che sicuramente le avrebbe permesso di esserne all’altezza.
Fu però qualcos’altro che colpì veramente il Cappello.
Fu il coraggio, l’audacia di quella ragazzina, che le avrebbero permesso di sovvertire qualsiasi cosa pur di farla riuscire in quello in cui credeva, di farla arrivare dovunque fosse voluta andare; il desiderio di mettersi alla prova e di dimostrare il proprio valore.
Si trovava di fronte proprio un bel dilemma: Celaena sarebbe stata benissimo tra i Serpeverde, ne aveva tutte le qualità, eppure il Cappello Parlante non poteva fare a meno di pensare che anche un’altra casa sarebbe potuta essere la prescelta.
E poi li vide.
L’amore e la bontà che quella ragazzina aveva in sé, la sua gentilezza e l’essere leale e disponibile per chi avesse avuto bisogno non lasciavano adito a nessun tipo di dubbio. Sentimenti così genuini come quelli sarebbero potuti sbocciare e fiorire al meglio solo in una delle quattro Case.
“Allora è deciso” incominciò il Cappello parlando a Celaena attraverso la sua mente.
“La tua Casa è …”
“NO!”
Quell’unica parola, così piccola e breve, era suonata come una supplica e lui non poteva certo ignorarla.
“Ho sentito quello che pensi di me” continuò la ragazzina, sempre parlando attraverso i suoi pensieri. “Ma non posso farlo, capisci? Ha già perso la mamma, non può perdere anche me, non posso tradirlo … non puoi mandarmi , ti prego!”
Al che il Cappello non potè fare altro che replicare “Se ne sei proprio sicura…” urlando poi ad alta voce il verdetto, in modo che tutta la Sala potesse udirlo.
Venne sollevato dalla testa della ragazzina e la osservò prendere posto entusiasta vicino ai suoi nuovi compagni della Casa verde-argento, mentre Salazar sorrideva fiero e compiaciuto.
 

 
Sfruttando al meglio i movimenti limitati che gli era concesso compiere, il Cappello Parlante riuscì a scivolare dal bordo del ripiano della libreria dove era stato appoggiato, e planando riuscì ad atterrare giusto giusto sulla testa della ragazza.
Ne approfittò per dare un’altra sbirciatina nella testa di Celaena constatando che, a differenza dell’ultima volta, adesso la ‘situazione’ era molto più chiara: rimanevano ancora i tratti tipici del buon Serpeverde, ma quelli che invece avevano spinto il Cappello a pronunciarsi verso un altro verdetto erano diventati ancora più marcati ed evidenti, di sicuro dominanti.
Non riuscì a trattenersi dal sentenziare ad alta voce “Grifondoro!”, come per confermare quello che, da sempre, sarebbe dovuto essere il destino della giovane strega e allo stesso tempo scusarsi per non essere stato in grado di capirlo subito.
Se c’era infatti una cosa di cui il Cappello era ormai assolutamente sicuro era che, per il coraggio della sua scelta, Celaena Serpeverde fosse l’unica che quella sera di sette anni prima sarebbe stata veramente degna di essere smistata in Grifondoro.
Fece appena in tempo a rotolare giù finendo rovesciato sul pavimento che Celaena riprese conoscenza.










Eccomi!
Sì, non sono dispersa, sto bene... L'ultima volta però avevo avvertito che non sarei riuscita a pubblicare puntualmente il nuovo capitolo :P
Comunque... 
Questa parte è raccontata da un punto di vista d'eccezione... nientemeno che il Cappello Parlante!
Ancora quando ho scritto il capitolo mi era piaciuta l'idea che Celaena non fosse destinata ad andare per forza nella Casa di Serpeverde, e spero piaccia anche a voi :)
Fatemi sapere!
Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo: SamanthaLaStrega e TributePotterhead (e anche “colei che non vuole essere nominata”)



P.S: ovviamente, nonostante avessi da studiare, siccome mi voglio male, non sono riuscita a non scrivere niente per tutto questo tempo... quindi per chi volesse, c'è una one-shot fresca di stesura (qui) che non centra assolutamente nulla con questa storia, ma mi sembrava potesse essere simpatica e quindi ho deciso di pubblicarla (comunque è sempre ispirata a HP...)
Diciamo che l'ho fatto anche per farmi perdonare di non aver aggiornato per così tanto tempo...
Ciao!

 
 
 

 
 
 

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Capitolo 19
*** 18. Bentornata ***


18 – “BENTORNATA”

 
 
 
 
Il sonno in cui Celaena era lentamente scivolata non avrebbe potuto definirsi tranquillo.
Stava sognando il giorno del suo Smistamento, quel giorno di sette anni prima quando, per la prima volta, aveva messo in dubbio se stessa.

All’epoca era, se possibile, ancora più legata al padre rispetto agli anni che sarebbero seguiti: avrebbe fatto davvero qualsiasi cosa per lui. Era quindi rimasta molto più che stupita quando il Cappello Parlante aveva deciso che la Casa più adatta per lei non sarebbe dovuta essere quella che tutti si aspettavano.
Nel sogno, però, non aveva fermato il verdetto del copricapo, ed era stata dichiarata ‘Grifondoro’.
Mentre si avviava al tavolo della sua nuova Casa si trovò davanti Scorpius –cosa alquanto strana visto che lui avrebbe cominciato a frequentare la scuola solo due anni dopo- che le sbarrava la strada.
“Sei una codarda. Una codarda e una traditrice!” la accusò.
Alle sue spalle anche il padre l’aveva raggiunta: “Ha ragione, sei una traditrice. Non sei più degna di far parte di questa famiglia, non sei degna di portare il nome di Serpeverde!” e così dicendo le strappò dal collo il medaglione con la ‘S’ incisa sopra.
Non si era neanche accorta di averlo addosso.
Lasciò di corsa la Sala Grande spalancando il portone di quercia: ora si trovava all’esterno della scuola, nel parco subito fuori dal portone d’ingresso.
Aveva di nuovo diciassette anni.
Indossava il solito vestito scarlatto e i suoi piedi cominciarono a muoversi da soli come succedeva sempre, ma quella volta non avrebbe cercato di opporre resistenza. Quella volta lei voleva arrivare fino in fondo, alle sponde del Lago.
La scena però era cambiata: Stefan non sorrideva come al solito e non sembrava particolarmente contento di vederla.
“Sono arrivata” disse lei timidamente
“E tu cosa ci fai qui?” domandò lui in modo sgarbato
“Sono arrivata” ripetè lei. “Non sei contento?”
“Dovrei?”
“Io…”
“Sono stato sincero con te, ho provato a capirti, non ti ho mai giudicata. Mi sono innamorato di te e tu mi hai spezzato il cuore. Adesso basta” e appena finì si incamminò vero il castello lasciandola sola.
“No! Aspetta, mi dispiace…” ma il Grifondoro era già sparito.
Si sentiva tremendamente in colpa ma non sapeva perché: di cosa stava parlando?
Si stropicciò gli occhi per non piangere. Quando li riaprì era in un luogo ancora diverso: la torre di Astronomia. Però vedeva il posto da un’angolazione strana, come dall’alto.
Nell’aula due ragazzi sembrava stessero discutendo, con un grido soffocato Celaena li riconobbe: erano lei e Scorpius.
Ad un certo punto vide il ragazzo puntarle contro la bacchetta e pronunciare un incantesimo: Oblivion…
Nel momento stesso in cui finì di pronunciarlo una fitta le perforò la testa facendola lacrimare e tutto divenne nero.
Una serie di immagini cominciarono a scorrerle velocemente davanti agli occhi: lei che sorrideva distesa sopra un tavolo delle cucine mentre Stefan la guardava preoccupato; lei e Stefan che venivano rimproverati da un ritratto per aver riso troppo forte e averlo svegliato durante una ronda notturna; lei che piangeva davanti al ragazzo dopo avergli parlato di sua madre; Stefan che la teneva stretta ballando insieme a lei a Hogsmeade in una notte di luna piena; Stefan che le augurava buon compleanno e la baciava…
Il mal di testa sparì improvvisamente così come le era venuto: non aveva mai avuto la mente così libera e limpida, vedeva finalmente tutto in modo chiaro.
Sentì lacrime scenderle lungo le guance, ma quelle erano lacrime di gioia perché finalmente aveva capito, finalmente aveva ricordato.
 
 
 
Celaena aprì di scatto gli occhi sbattendo più volte le palpebre: le immagini del sogno, unite al peso di quello che aveva finalmente ricordato, le provocarono un leggero giramento, ma per fortuna era seduta.
Deboli raggi di sole penetravano da una finestra decorata a vetri colorati, che non aveva notato quando era arrivata, proiettando sul pavimento i colori dell’arcobaleno.
Chissà da quanto tempo era lì.
Osservò la stanza, un vago senso di colpa cominciava a farsi sentire: buona parte dello studio era stato fatto a pezzi, sembrava che una tempesta fosse passata mandando tutto all’aria.
Sospirò: come minimo avrebbe dovuto provare a riordinare almeno un pochino.
Fece per alzarsi, appoggiando una mano sul pavimento per aiutarsi, e nel farlo sfiorò qualcosa: il Cappello Parlante giaceva rovesciato lì per terra accanto a lei, immobile e inerte.
La ragazza lo raccolse raddrizzandolo, guardandolo con curiosità.
Quando era arrivata non si era resa conto che fosse nella stanza e non riusciva a capire come potesse essere finito vicino a lei: si ricordava distintamente che non era stato tra quelle cose che le erano capitate sotto mano durante il suo ‘sfogo’.
Si guardò intorno per qualche istante finchè non individuò un ripiano abbastanza alto della libreria che non era riuscita a raggiungere.
Prima di appoggiarlo azzardò un “Grazie” a mezza voce. Poi aggiunse: “Avrei dovuto darti ascolto…”
Il Cappello ascoltò in silenzio.
Iniziò a raccogliere le cose sparse sul pavimento, riparando con un colpo di bacchetta quelle che aveva rotto.
Quando ebbe finito osservò soddisfatta il suo lavoro: magari non tutto era esattamente dove si trovava all’inizio, ma almeno non c’era più nulla fuori posto.
Aveva finito, non aveva più motivo di continuare a stare rintanata lì dentro: era arrivato il momento di uscire e affrontare le conseguenze degli avvenimenti dell’ultimo periodo.
Per la prima volta nella sua vita Celaena Serpeverde aveva paura.
Paura di quello che le avrebbe fatto il padre per il suo comportamento, paura di quello che lei avrebbe potuto fare –specialmente a suo fratello- per essersi fatta raccontare un mucchio di bugie per tutti quegli anni.
E poi c’era Stefan… che cosa gli avrebbe detto? Che cosa avrebbe fatto?
Ma soprattutto: come avrebbe reagito?
La scena del sogno le tornò prepotentemente davanti agli occhi e inorridì al solo pensiero: non sapeva cosa avrebbe fatto se lui l’avesse davvero rifiutata a quel modo.
Rabbrividì.
Adesso basta, doveva reagire. Avrebbe affrontato ogni cosa a suo tempo: continuare a rimuginarci sopra non sarebbe servito a niente e sarebbe stato più controproducente che altro.
Guardando lo studio un’ultima volta aprì la porta e uscì.
Mentre l’uscio si richiudeva alle sue spalle avrebbe giurato di sentire qualcuno –o qualcosa- che diceva: “Di niente, bambina mia. Sii forte!”
Sorridendo cominciò a ridiscendere lungo la scala a chiocciola.
 
 
 
Doveva trovare Orion ed Helena: una volta chiarita la faccenda con loro avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa.
Aggirandosi indisturbata per il castello suppose che dovesse essere ora di pranzo, il che voleva dire che era rimasta chiusa nello studio per un giorno intero.
La sua pancia le dette ragione provvedendo a brontolare sonoramente, reclamando il cibo negatole per un’intera giornata.
Si recò quindi alle cucine dove le sue supposizioni vennero confermate: elfi domestici sgambettavano su e giù, portando e togliendo piatti e cibo da quattro grandi tavoli che corrispondevano ai gemelli posizionati in Sala Grande: il cibo veniva appoggiato sui tavoli in cucina e magicamente veniva trasportato su quelli al piano di sopra.
Era decisamente ora di pranzo.
Ripensandoci, forse non era stata una buona idea disturbare durante un orario così ‘critico’, ma evidentemente gli elfi non la pensavano come lei.
Salutarono la ‘padroncina’ con profondi inchini, facendo quasi strusciare sul pavimento le grandi orecchie, e la trascinarono verso uno dei pochi tavoli rimasi liberi nel locale che in pochi istanti fu a sua volta riempito di ogni ben di Dio.
Assaporò godendosi ogni boccone, recuperando non solo quello che non aveva mangiato il giorno prima, ma anche in quelli precedenti. Evidentemente insieme alla memoria le era tornato anche l’appetito.
Quando fu sazia si alzò dal tavolo, e dopo aver ringraziato gli elfi per il loro servizio lasciò le cucine.
Aveva notato che le creature erano ancora impegnate a liberare i tavoli dai secondi per fare spazio ai dolci, quindi avrebbe potuto approfittarne per dare una sbirciatina in Sala Grande per vedere com’era la situazione.
Una volta arrivata si affacciò da un lato della soglia, stando però ben attenta a non farsi vedere.
Al tavolo degli insegnanti suo padre sembrava più serio e corrucciato che mai.
Solitamente le dispiaceva vederlo cosi, ma al momento saperlo arrabbiato e preoccupato le suscitava solo una grande soddisfazione (e forse anche un pizzico di timore).
Anche suo fratello sembrava teso, e di tanto in tanto volgeva lo sguardo verso Salazar.
Più giù lungo il tavolo Celaena riuscì ad individuare Orion, il piatto ancora pieno mentre si rigirava la forchetta tra le mani senza portarsi neanche un boccone alle labbra.
Seduta di fronte a lui, però al tavolo dei Corvonero, Helena sembrava la sua fotocopia: anche lei con le labbra strette e l’aria preoccupata non aveva toccato cibo.
Lo sguardo della Serpeverde abbandonò quel tavolo per concentrarsi su quello della Casa rosso-oro. Lo esaminò due, tre volte: niente, di Stefan non c’era traccia.
Riportò l’attenzione sugli altri due: si erano scambiati uno sguardo d’intesa, si erano alzati e si stavano dirigendo verso l’uscita parlando a bassa voce tra loro. Avendoli più vicino Celaena potè notare che l’amica aveva gli occhi un po’ arrossati: che avesse pianto?
Si appiattì contro il muro per non farsi notare, non ancora.
“Sto iniziando a preoccuparmi Orion!” la voce di Helena la raggiunse. “Ormai è un giorno che è sparita, ho paura che possa esserle successo qualcosa…”
“Andiamo, è di Celaena che stiamo parlando: se l’è sempre cavata, riuscirà a venire fuori anche da questa storia” cercò di rassicurarla lui, ma la sua voce non sembrava troppo convincente.
“Sono preoccupato anch’io” aggiunse infatti quasi subito.
Ormai erano usciti dalla Sala e le davano le spalle. Se solo si fossero voltati se la sarebbero trovata di fronte.
Celaena sorrise: le erano mancati un sacco tutti e due.
“Se solo sapessi che è al sicuro… ho provato a cercarla dappertutto! Sembra svanita nel nulla!”
Bene, aveva sentito abbastanza.
“Ehm, ehm…” tossicchiò per attirare la loro attenzione. “Direi che ‘svanita nel nulla’ mi sembra un po’ eccessivo…”
Non finì la frase che Helena le era già saltata al collo abbracciandola.
“Helena! Così la strozzi!” esclamò Orion.
“Helena! Così mi strozzi!” ripetè la Serpeverde districandosi dalle braccia dell’amica: le sembrava di essere finita tra i tralci di un Tranello del Diavolo.
Quando finalmente Helena si fu staccata anche Orion riuscì ad abbracciarla: “Mi sei mancata, Lena!”
“Mi sei mancato anche tu… mi siete mancati tutti e due” disse lei guardandoli entrambi.
“E non ci sono scuse per come mi sono comportata, ieri come nelle settimane appena trascorse…” aggiunse poi con tono enigmatico.
Poteva vedere la perplessità negli occhi dei due ragazzi. Poi, lentamente, Helena sbarrò gli occhi in un’improvvisa espressione di comprensione: “Oddio, oddio, oddio… AlloraVuolDireCheAdessoTiRicordiTutto?” strillò tutto d’un fiato.
“Shhh!” le fece Celaena di rimando. “Non qui”.
Uscirono nel cortile d’ingresso e l’aria primaverile li accolse.
“Sì, adesso ricordo tutto” confermò dopo essersi assicurata che nessuno fosse nei paraggi.
“E adesso so anche qual è la verità riguardo…” il suo viso si adombrò: si sentiva ancora piuttosto stupida per non aver sospettato niente in tutti quegli anni.
Gli altri due capirono al volo di cosa stesse parlando.
“Non è colpa tua” disse Helena.
“Ha ragione” rincarò Orion. “Senza offesa, ma credo che se tuo padre avesse voluto sarebbe riuscito a ingannarti lo stesso”
“Nessuna offesa” rispose Celaena annuendo. Gliel’avrebbe fatta pagare, doveva solo capire come.
“E così… quindi era vero che tu e Stefan stavate insieme” continuò Orion dopo qualche istante, facendola arrossire.
“Be’, ‘stare insieme’ mi sembra un po’ esagerato. E poi dopo tutto quello che gli ho fatto, dopo come l’ho trattato, dubito fortemente che voglia ancora avere qualcosa a che fare con me…” ribattè lei tristemente.
“Io invece credo proprio di sì” la contraddisse la Corvonero. “Dopo quello schiaffo –a proposito: bel colpo!- non era neanche arrabbiato. Anzi, sembrava più preoccupato di noi due messi assieme. Ci ha dato una mano a cercarti ma non abbiamo avuto molto successo”.
“E adesso sapete dov’è?” “Già, si può sapere dove ti eri nascosta?” I due Serpeverde domandarono nello stesso istante.
Celaena sorrise: “Ve lo dirò in un altro momento, promesso. Adesso vorrei davvero parlare con Stefan”
Helena annuì pensierosa: “Certo… in realtà non sappiamo dove sia: è da stamattina che è sparito anche lui, non ci ha detto niente e non è neanche venuto a lezione”
“Mmm… io forse so dove potrebbe essere…” un’idea, o meglio, un ricordo cominciò a farsi strada nella mente di Celaena.
Il ricordo di un sogno.
“Sentite ragazzi, io vedo se riesco a trovarlo… ci vediamo più tardi?”
“Perfetto, a più tardi allora”
“Grazie di tutto. Siete davvero degli amici” sorrise lei mentre di incamminava verso il parco.
“Figurati… però vedi di non sparire di nuovo, eravamo davvero preoccupati” le gridò dietro Orion facendole l’occhiolino.
“Lo terrò a mente!” ripose lei di rimando, e dopo averli salutati scuotendo una mano in aria si voltò e lasciò il cortile.
“Celaena… Bentornata!!”











Salve a tutti!
Dopo lo strano capitolo della volta scorsa siamo finalmente tornati alla normalità.
Inizialmente in questo capitolo c'era anche il momento in cui Celaena si incontrava con Stefan, ma alla fine, siccome veniva troppo lungo, ho deciso di fare due capitoli distinti... così vi tocca aspettare... :P
Come al solito grazie a chi lascia un commento a quello che scrivo e grazie a Marty Evans che ha messo la storia nelle seguite.
Alla prossima!

 

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Capitolo 20
*** 19. La Serpe e il Grifone ***


Dal capitolo 18:
" [...] Adesso vorrei davvero parlare con Stefan”
Helena annuì pensierosa: “Certo… in realtà non sappiamo dove sia: è da stamattina che è sparito anche lui, non ci ha detto niente e non è neanche venuto a lezione”
“Mmm… io forse so dove potrebbe essere…”  Un’idea, o meglio, un ricordo, cominciò a farsi strada nella mente di Celaena.
Il ricordo di un sogno.






 

19 – LA SERPE E IL GRIFONE

 
 
 
 
I suoi piedi camminavano veloci sull’erba rinvenuta da poco dopo il periodo invernale.
Non c’era la luna: quella volta il timido sole primaverile inondava tutto con la sua luce dorata.
Non indossava il bel vestito rosso, ma solo la sua uniforme scolastica, a dirla tutta alquanto stropicciata.
Raggiunse le sponde del lago e il suo cuore fece una capriola quando constatò che qualcuno era già lì.
Seduto su una roccia, il mento appoggiato al palmo della mano: Celaena avrebbe riconosciuto quel profilo tra mille, le era rimasto dentro, marchiato a fuoco.
Fece un paio di passi sulla riva sassosa e si fermò. Il rumore che aveva fatto era stato sufficiente per attirare la sua attenzione.
Ma questa volta non era un sogno, stava succedendo per davvero.
Il Grifondoro si alzò in piedi e si fermò di fronte a lei, mantenendo le distanze.
“Finalmente sei saltata fuori, i tuoi amici ti stavano cercando… cosa ci fai qui?” chiese con un tono che voleva essere distaccato. I suoi occhi esprimevano però tutt’altro, Celaena era riuscita a capirlo anche se lui non l’aveva neanche guardata in faccia.
“Sono venuta a chiederti scusa” rispose nello stesso momento in cui Stefan diceva “Se ti aspetti delle scuse per quello che ho detto l’altra mattina…”
Si interruppe di scatto, sicuro di aver capito male.
“Come prego?” le domandò poi più basito che mai. Possibile che… avesse finalmente ricordato?
Celaena respirò profondamente: era il momento della verità. Sarebbe riuscito a perdonarla dopo tutto quello che era successo?
“Sono venuta a scusarmi, anche se sono pienamente consapevole che quello che ho fatto è imperdonabile. Sei stato mio amico, alla fine anche qualcosa di più, e io ti ho ferito. Per quanto non sapessi quello che effettivamente stavo facendo sono pur sempre stata io a comportarmi in modo così tremendo, e tu non te lo meritavi. Tu ti meriti di meglio…” si interruppe abbassando lo sguardo.
Ultimamente stava piangendo un po’ troppo per i suoi gusti…
Ricacciò indietro le lacrime, ma una, ribelle, riuscì a sfuggire rigandole una guancia.
Una mano sorprendentemente gentile e delicata gliela asciugò, facendole rialzare il viso.
Gli occhi verdi incontrarono così quelli scuri: sembrava che il ragazzo la stesse soppesando, incerto su come risponderle.
“Ti meriti di meglio…” provò a ribadire la ragazza, ma il Grifondoro la fermò appoggiandole un dito sulle labbra.
“Può darsi…” incominciò lui. C’era un solo modo per scoprirlo…
Celaena si sentì mancare: alla fine era come aveva sognato, lui non la voleva più. Però quello non era un incubo, era la realtà.
“Ma non è quello che voglio” continuò dopo aver colto lo sguardo rassegnato della ragazza. “Io non voglio nessun’altra, io voglio te!”
Qualsiasi cosa Celaena avrebbe voluto dire venne dimenticata nell’istante in cui le loro labbra si toccarono.
Finalmente, dopo mesi, si sentiva di nuovo felice.
Le sembrava di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo, ma adesso, baciando il ragazzo che amava e stringendolo a sè come se ne andasse della sua stessa vita, finalmente aveva ricominciato a respirare – e di certo non sarebbe stata lei a chiedere di fermarsi.
 
 
Non avrebbe saputo dire quanto fossero rimasti così, seduti sulla riva del Lago l’una nelle braccia dell’altro.
Celaena aveva chiuso gli occhi appoggiando la testa sul petto di Stefan godendosi gli ultimi raggi di sole della giornata e, ovviamente, il fatto di essere di nuovo insieme a lui.
Lì riaprì di scatto voltandosi all’improvviso a guardare il Grifondoro negli occhi: si era dimenticata di dirgli una cosa molto importante, che avrebbe voluto –e dovuto- dirgli già molto tempo prima.
“Tutto bene?” domandò nel frattempo il ragazzo, con un’aria vagamente allarmata sul viso.
“Mai stata meglio!” si affrettò a rassicurarlo lei: dopotutto era la pura verità.
“È che mi sono dimenticata di dirti una cosa davvero molto importante, e non vorrei mai che succedesse qualcosa per cui non riuscirei più a farlo…” spiegò, il sorriso sempre più grande.
“… Ti amo, Stefan Grifondoro!” sentenziò infine.
L’espressione preoccupata del ragazzo si aprì all’istante in un sorriso a trentadue denti.
“Ti amo anch’io, Celaena Serpeverde!” disse a sua volta abbracciando forte la ragazza. “Non sai da quanto avrei voluto dirtelo… già da prima delle vacanze di Natale, ma poi ho pensato che magari non avresti ricambiato e… non volevo metterti fretta, ecco”.
“Forse avresti dovuto. Forse se l’avessi fatto non sarebbe successo tutto questo casino… La mia memoria… Io non voglio dimenticarmi di te, mai più!” rispose godendosi l’abbraccio.
“E forse io ho qualcosa che ti farà sempre ricordare di me” disse Stefan scostandosi momentaneamente dalla ragazza per frugare nelle tasche del mantello.
Dopo qualche secondo di ricerca la sua mano riemerse da una tasca tenendo qualcosa di piccolo tra due dita.
Celaena osservò curiosa: era un anello d’argento molto particolare. La montatura aveva una forma romboidale e alcune striscioline di metallo erano state piegate in modo da dare forma a volute e spirali. Al cento spiccava arrotondata una pietra rossa, più chiara e delicata di un rubino.
“Era di mia nonna” spiegò Stefan osservando attento la reazione della Serpeverde.
“Eravamo molto legati, e questo anello valeva molto per lei: glielo diede mio nonno come regalo di fidanzamento. Se non ricordo male è stato fatto dai folletti, con il loro argento, e la pietra in centro invece è corallo… avresti dovuto sentire il nonno che raccontava quanta fatica aveva fatto ad ottenerlo da un Sirenide particolarmente testardo…” disse sorridendo, lo sguardo lontano perso momentaneamente nei ricordi.
“Comunque, me lo diede qualche mese prima di morire, qualche anno fa. Disse che forse ero ancora troppo giovane per capire appieno, ma mi fece promettere che avrei donato questo anello ad una ragazza che avrebbe suscitato in me gli stessi sentimenti che avevano animato il nonno quando lo diede a lei”.
Celaena seguiva ogni sua parola senza smettere di fissarlo, sembrava ipnotizzata.
“… e io lo voglio dare a te, Celaena” concluse il ragazzo porgendo la mano libera verso la Serpeverde.
Celaena appoggiò la sua mano sinistra su quella che il Grifondoro le aveva teso.
“Stefan…”
“Sai Celaena, credo che questa sia la cosa più giusta che io abbia mai fatto in tutta la mia vita… non guardarmi così: sono assolutamente sicuro di quello che sto facendo, non c’è verso che io possa cambiare idea” la interruppe capendo i dubbi che probabilmente stavano nascendo nella ragazza.
“Non dico che sia una proposta di matrimonio vera e propria, ma… Celaena Astoria Serpeverde, mi faresti l’onore di diventare ufficialmente la mia fidanzata?” domandò con occhi speranzosi.
La ragazza aveva gli occhi lucidi, deglutì un singhiozzo prima di rispondere: “Sì certo! Certo che lo voglio!” e con uno slancio di gettò al collo del ragazzo facendolo sbilanciare all’indietro.
Sarebbe stato difficile dire chi dei due fosse il più felice in quel momento.
Ritornarono seduti l’uno di fronte all’altra, Celaena porse nuovamente la sua mano a Stefan.
Il ragazzo, anche lui emozionato e con gli occhi lucidi di gioia, quasi trattenendo il respiro le infilò l’anello al dito.
La ragazza stese il braccio osservando l’effetto che faceva avere quel nuovo gioiello.
“Mmm… Celaena Grifondoro… non suona mica male!” commentò con aria pensierosa facendo trasalire Stefan.
“Che…?”
“Sei stato serio e sincero con me, Stefan. E io di certo non mi tiro indietro: ho intenzione di andare fino in fondo perché… be’, perché ti amo, e da questo momento in poi non permetterò che niente e nessuno mi impedisca di stare con te” sorrise protendendosi verso di lui per baciarlo di nuovo.
Sorrise al pensiero di come avrebbero reagito suo padre e suo fratello sapendo che aveva intenzione, non prima di qualche anno ovviamente, di sposare un Grifondoro… quel Grifondoro. Gli sarebbe venuto un colpo.
A proposito di suo fratello…
A malincuore si staccò da Stefan, che protestò.
“Lo so” disse lei “Se fosse per me resterei volentieri qui per sempre, ma Orion ed Helena ci stanno aspettando, e io devo dire cose molto importanti a tutti” spiegò cominciando ad alzarsi.
“E sarebbero?” domandò Stefan alzandosi a sua volta.
“Be’, per esempio che ci siamo fidanzati, tanto per cominciare. Non ti sembra una cosa importante?” rispose semplicemente lei strappandogli un sorriso.
“E va bene, hai vinto. Furba serpe che non sei altro… riesci sempre a convincermi” ribattè lui con tenerezza.
“Questo perché i grifoni, anche se sono grandi e grossi, non sanno difendersi dall’astuzia e dalla rapidità dei serpenti…” replicò lei.
“Come no. Vorrei ricordarti giusto di recente una certa Serpe di mia conoscenza ha proprio avuto bisogno di Grifone che la salvasse…”
E tenendosi mano nella mano si avviarono verso il Castello, alle loro spalle la luce rosata del tramonto che si specchiava sulla superficie calma del Lago.











Buona sera a tutti!
Come promesso ecco il capitolo che completa la 'fase del ritorno' di Celaena, spero sia stato di vostro gradimento :)
Non credo ci sia molto da dire, penso che il tutto sia abbastanza chiaro.
Non so con precisione quando pubblicherò il prossimo capitolo, anche perchè, devo ammetterlo, mi sono un tantino bloccata con la storia, e siccome di solito mi tengo sempre un paio di capitoli pronti, volevo vedere di riuscire a scrivere qualcosa di nuovo prima di andare avanti con la pubblicazione.
Posso comunque affermare con sicurezza che i tempi (almeno per il capitolo 20) non saranno esageratamente lunghi, anche perchè so per certo che Alexis_Victoire non vede l'ora di poter finalmente leggere quello che succederà prossimamente... ;P
Nel caso qualcuno avesse dubbi, perplessità o altro, questa è la mia pagina su Ask.fm 
Ringrazio infine Courtney_ravenclawdracomalfoy94 e valepassion95 per aver messo la storia tra le seguite: grazie!!
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate
A presto (spero)
E.

 

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Capitolo 21
*** 20. Chiacchierate e Scoperte ***


Capitolo dedicato ad Alexis_Victoire





20 – CHIACCHIERATE E SCOPERTE

 
 
 
“Quel brutto bastardo… …”
Era sera, e i quattro ragazzi sedevano intorno a un tavolo delle cucine servendosi dei piatti che gli elfi domestici servivano loro.
Tra una portata e l’altra Celaena ne aveva approfittato per raccontare agli amici come erano andate veramente le cose e chi era quindi il responsabile di tutto.
La reazione di Orion non aveva tardato ad arrivare.
“Se mi capita sotto tiro giuro che…”
“Sì, e io ti aiuto” concluse Stefan lugubre.
“Non avrei mai pensato che Scorpius potesse essere coinvolto in questa faccenda” sentenziò Helena.
L’attimo di silenzio che ne seguì fu interrotto da un debole *pop* e un’elfa domestica si materializzò vicino a loro.
“Padroncina! Padron Salazar e padroncino Scorpius sono ancora a cena” riferì a Celaena.
“Grazie mille Winter”
Aveva chiamato l’elfa qualche minuto prima chiedendole di andare a controllare se suo padre fosse ancora in Sala Grande.
“Allora ho un compito da affidarti: dovrai tenere d’occhio mio padre. Se per qualsiasi motivo dovesse avvicinarsi al bagno delle ragazze del secondo piano devi correre ad avvertirmi, capito?”
“Certo padroncina, come desidera!” rispose l’elfa, e con un altro *pop* sparì.
“E a noi cosa interessa il bagno delle ragazze del secondo piano?” domandò Stefan, un’espressione perplessa sul volto.
“Dobbiamo andarci… e non voglio che mio padre ci interrompa: non sono ancora pronta per affrontarlo” spiegò misteriosamente la Serpeverde scambiando uno sguardo d’intesa con Orion, che già aveva capito.
 
 
Meno di cinque minuti dopo erano tutti e quattro nella Camera Segreta, Stefan ed Helena si guardavano intorno leggermente spaesati.
Quando Celaena finì di spiegare le circostanze in cui suo padre le aveva mostrato la Camera il Grifondoro tirò un fischio di ammirazione: “Di certo l’arredamento e le decorazioni non sono esattamente di mio gradimento, ma non posso negare che sia utile avere un posto tutto per sé, dove nessun altro può entrare”
“Immagino di sì” rispose Celaena “Ma in realtà vi ho portato qui per un motivo ben preciso: mio padre ha lasciato intendere che questa camera rientra nel suo piano per epurare la razza dei maghi dai Mezzosangue, ma io non saprei dire come” mentre parlava aveva cominciato a camminare verso il fondo della sala.
“L’unica cosa che potrebbe centrare in qualche modo è questo” continuò indicando la strana pietra sferica sempre appoggiata sulla colonnina di pietra.
“Avete qualche idea su cosa possa essere?” domandò infine.
Ma le facce dei tre ragazzi mentre guardavano incuriositi quello strano oggetto sembravano rispecchiare in pieno il suo stesso stato d’animo: spaesamento totale.
“Va be’, non importa. Se non altro adesso l’avete visto anche voi, qualsiasi cosa esso sia… Forse è meglio andare”.
 

Non ebbero più occasione di ritornare sull’argomento: gli esami erano ormai alle porte e tutti avevano da recuperare lo studio arretrato che avevano trascurato in quelle settimane.
In quel periodo Celaena era stata ben attenta a evitare qualsiasi contatto con il padre: durante le lezioni si sedeva sempre in fondo all’aula e all’ora dei pasti si imponeva di non guardare mai verso il tavolo degli insegnanti.
Fortunatamente –ma anche alquanto stranamente- nemmeno Salazar cercava mai il contatto con la figlia, e Celaena non sapeva se esserne più sollevata o preoccupata: sicuramente il padre non poteva essere rimasto indifferente a quello che lei gli aveva detto.
Naturalmente riservava gli stessi atteggiamenti anche a Scorpius: era più che sicura che se gli fosse capitato sotto tiro, magari da solo, non sarebbe riuscita a rispondere delle sue azioni. Dopo quello che le aveva fatto non lo considerava neanche più come un fratello.
Per il momento si era accontentata di incantare i suoi vestiti in modo che si tingessero di rosa acceso una volta che il ragazzo avesse lasciato la Sala Comune… la prima volta che era successo, in Sala Grande a colazione, la scena era stata a dir poco esilarante.
 
 
 
 
Quel pomeriggio lei e Stefan avevano deciso di trovarsi per ripassare insieme la parte pratica di Trasfigurazione: il ragazzo le aveva detto che suo padre gli aveva dato il permesso di sfruttare l’aula di Storia della Magia in modo da potersi esercitare tranquillamente.
Mancavano ancora dieci minuti buoni all’orario stabilito per l’incontro, ma Celaena aveva deciso di arrivare un po’ in anticipo per preparare il materiale: aveva infatti passato buona parte della mattinata a racimolare più oggetti possibile tra quelli che, da programma, avrebbero dovuto saper trasfigurare, e che al momento erano tutti ammucchiati all’interno di una voluminosa borsa di tela.
Entrò quindi nell’aula appoggiando il pesante carico su un banco.
Aveva appena tirato fuori il primo oggetto, un grande calice d’argento, quando, con la coda dell’occhio, si accorse che nell’aula, in piedi dietro la cattedra, c’era qualcuno.
Si voltò di scatto facendo un passo indietro.
L’uomo sorrise scendendo dalla pedana sulla quale era posizionata la scrivania, muovendo qualche passo verso di lei: “Perdonami mia cara, non era mia intenzione spaventarti. Stefan mi ha chiesto se poteva usare l’aula per ripassare con un’ amica e ho pensato che sarebbe potuta essere una buona occasione per scambiare due parole con te”.
Ormai le era di fronte.
Godric Grifondoro sembrava la fotocopia di Stefan, o meglio, sarebbe stato più corretto dire che Stefan era la copia esatta del padre.
I capelli castani ramati, il viso gentile, l’atteggiamento deciso e sicuro di sè. L’unica differenza erano gli occhi: Stefan li aveva scuri, mentre quelli di Godric erano azzurri e limpidi come acqua.
Il  professore era lì, in piedi di fronte a lei, con il suo solito portamento dritto e fiero che l’aveva sempre contraddistinto. Al fianco sinistro, da una lunga fodera, spuntava l’elsa decorata da grandi rubini della spada d’argento che il fondatore portava sempre con sé: Celaena si era chiesta più volte a cosa gli servisse visto che, essendo un mago, aveva già la bacchetta.
Celaena abbassò lo sguardo in difficoltà e non poco impaurita: era stato bello finchè era durato, adesso, come minimo, il professore le avrebbe ordinato di stare lontana da suo figlio perchè lei era una Serpeverde –in tutti i sensi- e non andava bene per un Grifondoro come lui.
“Sai Celaena, non ho mai visto Stefan così felice come in quest’ultimo periodo” cominciò lui lasciando la ragazza un po’ perplessa: non era quello che si aspettava di sentire.
“In effetti credo che prima dovrei scusarmi con te… vedi, temo che all’inizio dell’anno possa essere stato io a suggerire inconsapevolmente alla professoressa Tosca di mettere insieme te e mio figlio per le ronde notturne” disse sedendosi su un banco.
“Lei… lei ha…”
“Sì. Ero curioso. Dopo avervi visto litigare ininterrottamente per sei anni volevo vedere come avreste reagito a un’imposizione del genere, ed è andata molto meglio di quanto sperassi. Volevo anche costringere Stefan a cambiare il suo comportamento: solo perché io non sono in… buoni rapporti con Salazar non voleva dire che lui si dovesse comportare nello stesso modo con te, era ingiusto”
Celaena continuò a tacere, non aveva ancora capito dove il professore –nonché padre del suo ragazzo- volesse andare a parare.
Dov’era finito Stefan? Perché non arrivava?
“Bell’anello” commentò di punto in bianco Godric indicando il gioiello che la ragazza portava al dito. “Sembra quasi quello che mio padre diede a mia madre il giorno delle loro nozze…”
Celaena arrossì fino alla radice dei capelli: “Ehm… temo che sia proprio quello…” balbettò, incapace di guardarlo negli occhi. Possibile che Stefan non glielo avesse ancora detto?
“Mmm, certo che è quello. In effetti era da un po’ che mi chiedevo quanto ci avrebbe messo a dartelo”
“C-cosa?”
“Be’, dopo aver passato le vacanze di Natale a sentir parlare di te tutto il tempo io e mia moglie ci stavamo chiedendo se avessimo dovuto cominciare a stilare la lista degli invitati per il matrimonio… Mio figlio ci tiene davvero molto a te e da quello che racconta ho capito che anche tu tieni molto a lui. Qualora deciderete di farlo… sappi Celaena che sarai la benvenuta in famiglia” concluse sempre sorridendo.
Quello che Godric aveva appena finito di dire investì improvvisamente Celaena come un’ondata: aveva… appena dato la benedizione al loro matrimonio?
“Non le dà fastidio che io sia una Serpeverde?” domandò la ragazza confusa.
“E perché mai dovrebbe?” chiese lui di rimando scendendo dal banco.
“Be’, ecco, mio padre… voi… non siete mai andati d’accordo, pensavo…”
“Il fatto che non mi piaccia tuo padre non vuole necessariamente dire che sia lo stesso con te, non trovi?” ribattè lui.
Finalmente Celaena riuscì a ricambiare il sorriso: “Grazie”
“Grazie a te Celaena. Mi ha fatto davvero piacere riuscire a parlare con te, sei una brava ragazza” disse appoggiandole una mano sulla spalla.
Poi si diresse verso la porta: “Bene, ti lascio al ripasso con Stefan, dovrebbe arrivare ormai… spero non ti faccia aspettare troppo”
Aprì la porta e qualcuno gli andò addosso.
“Padre?” Stefan aveva fatto due passi indietro e aveva riconosciuto la persona contro cui era andato a sbattere.
“Che cosa ci fai qui? Celaena…?” domandò facendo capolino dall’uscio.
“Non ti preoccupare, è ancora tutta intera” scherzò Godric. “Abbiamo solo fatto una bella chiacchierata…”
Celaena annuì sorridendo, anche se in realtà avrebbe reputato il termine ‘monologo’ più preciso: lei non aveva praticamente detto niente.
“Ah…” Stefan non sembrava particolarmente convinto
“Ma sì, tranquillo, va tutto bene…” lo rassicurò lei. “Cos’hai lì?”
Solo in quel momento aveva notato che il ragazzo teneva tra le mani qualcosa.
 
Stefan appoggiò sul banco un libro, anzi, sembrava più un fascicoletto. Era piccolo e consunto, la copertina scrostata in alcuni punti di colore verde muschio.
Al centro, alcune rune dorate sbiadite da tempo, formavano il titolo:
Creature oscure dell’Epoca Buia
Anche Godric era tornato sui suoi passi per vedere quello strano libricino.
Alzò un sopracciglio: “Stefan! Dove l’hai preso?”
“Ehm… ecco…”
“Quel libro dovrebbe stare nel Reparto Proibito della biblioteca, e dubito che tu abbia chiesto il permesso ad un insegnante per prenderlo. Forza, dammelo che lo rimetto a posto”
“Ma ci serve!” protestò il ragazzo riprendendolo velocemente in mano e passandolo a Celaena che era fuori dalla portata del padre.
CI?” ripetè Godric spostando la sua attenzione sulla Serpeverde.
“Le posso assicurare che non ho idea di cosa stia succedendo” si affrettò a dire la ragazza rigirandosi il libro tra le mani con aria perplessa.
“Pagina trentasette” mimò Stefan con le labbra.
Dubbiosa Celaena aprì il libro alla pagina che le era stata detta.
Lesse il titolo aggrottando le sopracciglia.
Diede una scorsa veloce alle pagine successive: mano a mano che andava avanti sul suo viso apparve un’espressione sconvolta. Arrivata in fondo al piccolo capitolo quasi il libro le scivolò dalle mani.
Distogliendo lo sguardo dal figlio il professore notò la strana reazione della Serpeverde: “Celaena? Non avresti dovuto leggere, chissà cosa c’è scritto. Non è un libro per voi, dammelo.”
Ma la ragazza lo ignorò completamente: “Hai letto anche tu?” domandò rivolta a Stefan.
Il Grifondoro annuì.
“Dobbiamo fare qualcosa, non possiamo lasciare che…” sussurrò lei interrompendosi quando qualcuno cercò di strapparle il libro dalle mani.
Godric aveva infatti superato il figlio cercando di prendere il fascicolo dalla mani della ragazza.
Celaena cercò di chiudere il libro per non far vedere quello che aveva appena letto, ma il risultato fu che il fascicoletto cadde per terra, aprendosi esattamente all’inizio del capitolo.
In cima alla pagina, scritto con lettere arzigogolate, spiccava il titolo:
 
‘Basilisco, il Re dei Serpenti’
 









Rieccomi!
Uno spiraglio di tempo libero si è finalmente aperto (anche se da domani tornerà a richiudersi) e ne ho subito approfittato per pubblicare :)
Parlando del capitolo... magari qualcuno si sarebbe aspettato che Godric non fosse d'accordo sulla storia tra Celaena e Stefan, ma visto quello che deve ancora succedere ho pensato che un po' di tregua (e di approvazione) potessero meritarsela.
Ebbene sì: parrebbe che l'ispirazione si sia decisa a tornare, e così posso darvi due notizie, una buona e una cattiva.
La buona è che, ovviamente, sono finalmente riuscita ad andare avanti con la storia (piccolo spoiler: potrebbe darsi che ad Hogwarst, alla fine dell'anno, si tenga una sorta di 'ballo'...)
Quella cattiva è che il capitolo n° 25 avrà come titolo 'EPILOGO' (a meno che per ragioni sconosciute non accada diversamente).
***
Mi sono 'evoluta'! Ho fatto l'account Twitter! Ho messo il link del profilo nella mia pagina d'autore, se può interessarvi.
Se anche qualcuno di voi è su Twitter me lo dica, così vi vengo a cercare! (potrebbe sembrare una minaccia, ma vi assicuro che non lo è!)
***
Bene, ho scritto delle note che ancora un po' superano in lunghezza il capitolo...
Vi saluto, e come al solito fatemi sapere cosa ne pensate!
E.

 

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Capitolo 22
*** 21. La fuga del Serpente ***


21 – LA FUGA DEL SERPENTE

 
 
 
Godric si chinò raccogliendo il libretto da terra.
Sollevò lo sguardo sui due ragazzi: “Potrei sapere come mai siete interessati ad un argomento del genere? I Basilischi sono creature mortalmente pericolose, ma fortunatamente anche estremamente rare”.
Celaena e Stefan continuavano a tacere scambiandosi sguardi preoccupati.
“Allora? Non fate quelle facce, dubito molto che avrete occasione di imbattervi in un Basilisco, soprattutto qui a scuola… Vorrei ugualmente sapere come mai siete tanto interessati, al punto da prendere addirittura un libro dal reparto proibito.” “Stefan?”
Il ragazzo scosse la testa: non avrebbe detto niente. Celaena aveva chiesto a lui e agli altri di mantenere il segreto a qualsiasi costo. Rimase quindi a bocca aperta quando la Serpeverde parlò.
“Ecco… invece io credo che ci sia un Basilisco proprio qui dentro la scuola… L’uovo non si è ancora schiuso, certo, ma è senza dubbio un Basilisco” disse infatti Celaena come se rivelare la presenza di una creatura così pericolosa fosse la cosa più naturale del mondo, nonostante avesse ancora l’espressione preoccupata dipinta sul viso.
“Come prego?” domandò il professore guardandola con tanto d’occhi. “Quello che dici è impossibile: procurarsi un Basilisco è estremamente complicato, chi mai avrebbe potuto…”
“Non le viene in mente davvero nessuno?” domandò la ragazza con tono ironico. “Come ben sa mio padre è un po’ fissato con l’idea di epurare la razza dei maghi da Mezzosangue e Nati Babbani: evidentemente il Basilisco gli è sembrato il mezzo più efficiente per metterla in atto. Ci pensi: uccide solo con lo sguardo, e nella migliore delle ipotesi ti pietrifica; ha zanne velenose e può essere controllato solo da un rettilofono…” continuò Celaena citando quello che aveva letto poco prima.
“Da quanto tempo ne sei a conoscenza?” domandò il professore che sembrava aver finalmente colto la gravità della situazione.
“Da Natale, più o meno. Però non sapevo che fosse un Basilisco: l’ho fatto vedere anche a Stefan, a Orion e a Helena, ma neanche loro sapevano cosa fosse…”
“Perché non mi hai detto niente?” domandò Godric al figlio.
“Celaena mi aveva chiesto di mantenere il segreto” rispose semplicemente lui.
“Mmm… hai detto che l’uovo non si è ancora schiuso… bisogna distruggerlo il prima possibile…” disse Godric ragionando ad alta voce. “Il Basilisco è una creatura alquanto difficile da uccidere, ma è anche vero che è estremamente vulnerabile finchè non esce dal guscio… immagino che per risolvere la cosa basterebbe anche solo buttare l’uovo per terra”
“Stai dicendo che per distruggere una delle creature più letali e pericolose del mondo magico basterebbe far cadere l’uovo? Tutto qui?” domandò Stefan sgranando gli occhi.
Il padre annuì: “È il suo unico punto debole, oltre al canto del gallo… non avevi detto di aver letto anche tu dal libro?”
“Sì, certo… dov’è Celaena?”
 
 
 
Come Celaena aveva sentito che sarebbe bastato far cadere l’uovo per liberarsi del ‘problema’ si era avvicinata sempre di più verso la porta. Sfruttando poi il fatto che padre e figlio avevano cominciato a discutere tra loro era silenziosamente uscita dall’aula passando inosservata.
E poi aveva cominciato a correre.
Non aveva mai corso così in tutta la sua vita.
“Ehi, ehi, ehi! Frena! Dove stai andando così di fretta?” la voce di Helena le arrivò squillante all’orecchio facendola fermare bruscamente.
“Abbiamo scoperto cos’è quella cosa giù nella Camera” rispose Celaena con il fiatone. “E un Basilisco”
“Un che??”
“Aula di Storia della Magia, Stefan e il professor Grifondoro dovrebbero essere ancora lì, ti spiegheranno tutto. Porta anche Orion!” disse velocemente la Serpeverde cominciando a incamminarsi.
“Ma dove stai andando?”
“A risolvere definitivamente il problema”
 
 
 
La Camera era deserta e silenziosa.
L’unico rumore era il rimbombare dei passi di Celaena mentre si dirigeva verso il fondo della sala… o erano i battiti del suo cuore?
Si fermò davanti al piedistallo dov’era posato l’uovo –finalmente sapeva cos’era- guardando l’oggetto con rabbia, disgusto e anche un po’ di paura.
Era semplice: tutto quello che doveva fare era farlo cadere, come se fosse scivolato per sbaglio.
Allungò la mano ma si bloccò a metà strada: proprio non riusciva a toccare quella cosa.
Ritirò la mano e preso un profondo respiro.
Deglutì.
Chissà cosa le avrebbe fatto il padre dopo aver scoperto quello che aveva combinato: di sicuro sarebbe corso subito da lei, dopotutto era l’unica oltre a lui a poter accedere liberamente alla Camera.
Alla fine si decise e prese velocemente l’uovo dalla sua postazione, cercando poi di infagottarlo un po’ nel mantello: non l’avrebbe rotto, non subito. Prima l’avrebbe portato dal professor Grifondoro come prova della colpevolezza del padre. Non che ce ne fosse bisogno, ma preferiva che anche qualcun altro vedesse l’uovo prima che andasse distrutto.
Risalì così fino al bagno delle ragazze, ma avrebbe dovuto capirlo subito che era stato tutto fin troppo facile.
“E così sei tornata… non pensavo l’avresti fatto” una voce dura e fredda alle sue spalle la fece sobbalzare. Era ancora rivolta verso i lavandini, controllando che il passaggio per la Camera si fosse chiuso bene, quindi si girò lentamente.
Salazar era in piedi all’ingresso del bagno con aria minacciosa.
Aveva appena chiuso la porta.
“Come puoi fare una cosa del genere?” ribattè lei ignorando la considerazione del padre. “Uccidere gente innocente come se niente fosse…”
“Sono Sanguesporco, non si meritano la nostra pietà né la nostra clemenza” disse lui.
Aveva cominciato ad avanzare.
“E quindi hai pensato di riuscire a eliminare tutte queste persone con un serpente troppo cresciuto?”
“Non tutti, pensavo di cominciare dagli studenti della scuola…”
Un’espressione di terrore apparve sul volto di Celaena.
Poi Salazar sembrò rendersi conto di quello che la figlia aveva appena detto.
“Ah… quindi l’hai scoperto… è stata la tua amica Corvonero ad aiutarti?”
“In realtà è stato Stefan, Stefan Grifondoro” specificò lei godendosi l’espressione di disapprovazione del padre. “E nel caso ti interessasse, anche Godric ne è a conoscenza”
Lo sguardo di Salazar si indurì ulteriormente: “E quindi anche tu sei diventata una traditrice del tuo sangue, pensavo che fosse un punto d’onore anche per te…”
“Lo era” assicurò lei. “Ma non lo è più da quando Scorpius ha provato a cancellarmi la memoria e da quando ho scoperto che tu sei un bugiardo. Siete voi i traditori, non io!”
Non sapeva da dove veniva tutto quel coraggio che le stava permettendo di parlare a quel modo al padre: le conveniva sbrigarsi a farsi venire in mente un modo per uscire da quel bagno prima che la situazione diventasse ingestibile.
“Quelle persone che tanto disprezzi sono migliori di te!” continuò per prendere tempo, cominciando a indietreggiare procedendo intorno ai lavandini visto che suo padre si era ulteriormente avvicinato.
Si passò una mano tra i capelli spostandosi un ciuffo dagli occhi.
“Cos’è quello?”
Accidenti! Che si fosse finalmente accorto che stava nascondendo il suo prezioso uovo sotto il mantello? Ma lo sguardo del padre non era rivolto al suo braccio nascosto dietro la schiena, bensì all’altra mano ancora tra in capelli… In un istante capì: quella era la mano che portava l’anello che le aveva dato Stefan.
“Questo?” ripetè Celaena guardando il gioiello come se anche lei si fosse accorta solo in quel momento di averlo addosso. “Un regalo da parte di Stefan, molto gradito per altro” disse sorridendo.
Gli occhi di Salazar erano due fessure: “Non oseresti…”
“E invece sì…”
“Se è così allora non sei più degna di portare il nome di Serpeverde, non sei più degna di essere mia figlia” sentenziò con disprezzo.
Celaena respirò profondamente: sapeva che prima o poi si sarebbe arrivati a quel punto, ma non pensava in quel momento e in quel modo. Dopotutto suo padre e suo fratello erano la sua unica famiglia…
No, non è vero. Non più. Le disse una vocina nella sua testa. Il viso di Stefan le apparve nella mente, seguito da quello di Godric, che solo poco prima le aveva a tutti gli effetti dato il benvenuto nella famiglia Grifondoro.
Sorrise.
“Sono d’accordo: non mi sono mai sentita meno Serpeverde in tutta la mia vita” disse.
Non senza difficoltà si scostò i capelli dal collo con una mano sola sganciando poi dopo qualche tentativo il medaglione dorato appartenuto a sua madre: nonostante tutto in quei giorni aveva comunque continuato a portarlo.
Lo guardò un attimo e poi lo lanciò al padre che lo prese al volo guardandola sconcertato: di sicuro aveva pensato che alla sua ultima provocazione la figlia avrebbe reagito in modo totalmente diverso.
Osservandola però si rese finalmente conto che la ragazza stava nascondendo qualcosa, e riflettendo su quello che si erano detti poco prima non ci mise molto a intuire che quel qualcosa dovesse essere il suo uovo di Basilisco.
“Pensi davvero che non riuscirei a procurarmene un altro?” disse alludendo all’uovo, cercando di mantenere la voce fredda e piatta.
Ma per quanto impercettibile Celaena si accorse del cambiamento: suo padre aveva… paura?
“A quanto mi risulta è un processo abbastanza lungo, non meno di nove anni, mi sembra. Per quel tempo tutti sapranno cos’hai in mente di fare e te lo impediranno a tutti i costi” ribattè lei tirando finalmente fuori l’uovo da dietro la schiena. Stava incominciando a non sentire più il braccio a forza di tenerlo in quella posizione.
“Non oseresti!”
Era la seconda volta nel giro di pochi minuti che veniva minacciata, era più che sufficiente.
“Pensavo che ormai avessi capito: non ho più intenzione di ascoltarti, e men che meno di prendere ordini da te!” sentenziò duramente. “E poi l’hai detto anche tu che non sono più tua figlia…”
Fece per andarsene ma il padre la bloccò strattonandola per un braccio, facendo accadere quello che invece stava cercando di evitare: la ragazza perse la presa sull’uovo che le scivolò dalle mani rovinando per terra, facendo esattamente lo stesso rumore di un uovo che si rompe.
Solo che ovviamente quello non era un uovo normale.
Rompendosi il guscio aveva lasciato fuoriuscire una sostanza grigiastra, densa e viscosa, che aveva presto formato una pozza sul pavimento. Al centro qualcosa si stava contorcendo sinistramente con un leggero crepitio, dissolvendosi lentamente e lasciando una gran puzza come di carne bruciata nell’aria.
Celaena represse un conato di vomito distogliendo lo sguardo.
Però ce l’aveva fatta: non avrebbe più potuto mostrare l’uovo ma era riuscita a uccidere quella cosa prima che potesse far del male a qualcuno.
Ma ovviamente aveva cantato vittoria troppo presto.
Non seppe come, ma riuscì a estrarre la bacchetta abbastanza velocemente per deviare il primo incantesimo –accompagnato dall’urlo di rabbia del padre- che andò ad infrangersi su una tubatura dell’acqua che, rompendosi, iniziò a perdere cominciando ad allagare il pavimento.
Riuscì a parare anche un secondo incantesimo, ma al terzo di sentì sollevare in aria: l’istante successivo veniva scagliata con forza dalla parte opposta del bagno.
Cadendo sbattè la testa su uno spigolo, probabilmente quello di una porta di uno dei gabinetti.
Qualcosa di caldo le colò sul visto e un sapore metallico le invase la bocca.
L’ultima cosa che vide fu suo padre che andava verso di lei a grandi falcate, il volto deformato dall’ira.
Poi tutto diventò nero e lei smise di sentire qualsiasi cosa.
 
 
***
 
 
Una ragazza era distesa al centro del bagno in modo scomposto in un lago di acqua mista a sangue.
La botta in testa le aveva provocato un taglio piuttosto profondo che sanguinava copiosamente tingendole i capelli e l’acqua in cui erano immersi di rosso.
Colore decisamente in contrasto con il tono estremamente pallido, quasi da cadavere, che aveva invece assunto il suo incarnato.
Sembrava davvero che la vita l’avesse ormai abbandonata.
Sullo sfondo, sulla parete bianca del bagno, una frase spiccava scritta in lettere scarlatte con quello che sembrava essere sangue:

Questo sarà solo l’inizio
Nemici di Serpeverde temete

 
Qualcuno si avvicinò di corsa alla ragazza schizzando acqua ad ogni passo.
La prese tra le braccia sollevandola dal pavimento bagnato e portandola via, al riparo dal brusio e dagli sguardi curiosi degli studenti e dei professori che, sentendo il rumore di uno scontro, erano subito accorsi al bagno del secondo piano.
Sperava solo di non essere arrivato troppo tardi.
 
Nel giro di neanche un’ora la notizia che Salazar Serpeverde aveva lasciato la scuola era già sulla bocca di tutti.









Salve a tutti!
Stavolta sono stata brava, ho aggiornato puntuale :)
Questo capitolo è praticamente la conclusione di quello precedente, spero vi sia piaciuto.
Non credo ci sia bisogno di dire che per la frase che Salazar lascia scritta sul muro del bagno ho palesemente preso spunto da HP e la Camera dei Segreti, mi dispiace ma mi sembrava particolarmente calzante per la scena.
Vi posso tranquillizzare sul fatto che Celaena non fa una brutta fine -dopotutto ci sono ancora quattro capitoli, no? C'è tempo...- dovrete sopportarla ancora per un po'  u.u
Bene, non mi sembra di avere altro da aggiungere, per qualsiasi dubbio, chiarimento, ecc, sono a vostra disposizione.
Alla prossima!
E.


 

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Capitolo 23
*** 22. Preparativi ***


22 – PREPARATIVI

 
 
 
 
Riaprì gli occhi di scatto, momentaneamente stordita e stupita di trovarsi distesa su una superficie asciutta e soffice: di certo non il freddo pavimento inondato di acqua del bagno del secondo piano, dove era più che sicura di essere stata lasciata.
Ricordare gli avvenimenti di quel pomeriggio la fece rabbrividire, ma anche sospirare di sollievo: ora tutti avrebbero saputo che razza di persona fosse veramente suo padre, e gli sarebbe stato impedito a tutti i costi di portare a termine il suo piano malato.
Dopotutto il primo passo l’aveva fatto proprio lei: anche se le cose non erano andate esattamente come avrebbe voluto, alla fine era comunque riuscita a distruggere quell’uovo di Basilisco, e ne era molto soddisfatta.
Quando finalmente i suoi occhi si abituarono all’oscurità, potè confermare quello che aveva supposto quando si era svegliata: ovviamente era notte, e lei si trovava in Infermeria, distesa su un letto verso il fondo della stanza.
Su una sedia di fianco al letto, addormentato seduto con la testa che gli ricadeva leggermente di lato, c’era Stefan.
Celaena lo osservò sentendo il sorriso spuntarle sulle labbra, per poi smorzarsi subito dopo.
Anche nel sonno il viso del Grifondoro appariva corrucciato e preoccupato: la fossetta tra le due sopracciglia che appariva ogni volta che era in pensiero per qualcosa era ben visibile nonostante la scarsa luminosità.
La ragazza si rattristò pensando che, sicuramente, era lei stessa la causa di tutta quella preoccupazione, e non potè impedirsi di sporgere un braccio fuori dal letto per accarezzare il dorso della mano che il ragazzo aveva appoggiata in grembo.
Al primo tocco il ragazzo si riscosse, sembrava quasi arrabbiato con se stesso per essersi addormentato, ma non appena si accorse che Celaena era sveglia e lo stava guardando un’espressione di sollievo e felicità gli invase gli occhi. L’attimo successivo si era già chinato su di lei abbracciandola con tenerezza, dando quasi l’impressione di non volerla più lasciare.
“Non sai quanto ero preoccupato! Ti prego non farmi spaventare così mai più!” le sussurrò con la voce che tremava dopo averla baciata con dolcezza, stringendola nuovamente a sé.
La preoccupazione del ragazzo le sembrò un po’ esagerata in relazione al fatto che lei fosse rimasta priva di coscienza per qualche ora, ma promise ugualmente e ricambiò l’abbraccio.
Quello che –ancora- non sapeva era che in realtà lo stato d’animo del ragazzo era più che giustificato: non aveva dormito solo qualche ora, ma più di tre giorni. Lo stato in cui Stefan l’aveva trovata, e successivamente portata in Infermeria, aveva fatto dubitare persino Madam Keitha che sarebbe riuscita a salvarla. Aveva perso una quantità incredibile di sangue e in mancanza del professore di Pozioni –per ovvi motivi- la professoressa Corvonero si era personalmente occupata di preparare della nuova Pozione Rimpolpante, visto che nel giro di poco, data la situazione, la guaritrice aveva finito tutte le scorte che aveva per darle alla ragazza.
Inizialmente le avevano dato anche una Pozione del Sonno che le avrebbe permesso di dormire senza avere sogni –né incubi- in modo da potersi riposare e rimettersi al meglio.
 Avevano smesso di dargliela il giorno prima, visto che sembrava che la sua condizione fosse tornata stabile, ma altre preoccupazioni si erano aggiunte quando la ragazza, pur non avendo preso la pozione, aveva continuato a dormire.
Stefan scacciò via dalla mente i brutti ricordi di quei giorni passati ad aspettare senza poter far nulla: l’importante era che adesso Celaena si fosse ripresa, nient’altro contava.
Ad un certo punto al Grifondoro sfuggì uno sbadiglio e la ragazza sorrise. In realtà anche lei , nonostante si fosse svegliata da poco, si sentiva ancora un po’ stanca.
“Come mai non ti sei messo anche tu su uno dei letti?” domandò a Stefan sottovoce.
Lui scrollò le spalle: “Volevo semplicemente starti il più vicino possibile”
Celaena ringraziò mentalmente l’oscurità dell’Infermeria: di sicuro non era mai arrossita così tanto in vita sua. Sorridendo si spostò leggermente verso il bordo del letto, lasciandone libera buona parte e riportando poi il suo sguardo sul ragazzo.
Lui non capì subito, e quando finalmente comprese cosa voleva la ragazza le domandò: “Sei sicura?”
“Certo, non essere sciocco!” rispose lei. “Non riuscirei mai a riprendere sonno sapendo che tu sei lì, scomodo, su quella sedia. Non fare lo stupido e vieni”.
E così, seppur inizialmente riluttante, Stefan si ritrovò disteso sotto le coperte accanto a Celaena, scoprendo alla fine che quella strana situazione non gli dispiaceva affatto.
Si addormentarono così, abbracciati l’una all’altro, con il sorriso sulle labbra e il viso finalmente disteso e sereno, e fu così che la mattina dopo li trovò un leggermente contrariato, ma allo stesso tempo sollevato, Godric.
 
 
***
 
 
La vita al castello tornò pian piano alla normalità.
Certo, all’inizio Celaena dovette abituarsi ai bisbigli che la seguivano ovunque andasse, ma sapere che suo padre non era più a scuola le aveva tolto un gran peso dal petto.
Ci avevano invece messo un po’ di più a scoprire che anche Scorpius se n’era andato: evidentemente si era reso conto che dopo tutto quello che era successo la sorella non avrebbe esitato ad additarlo come complice del padre –visto che dopotutto lo era sul serio- e aveva reputato più prudente sparire dalla circolazione.
Fu così che in un clima sorprendentemente tranquillo e rilassato gli esami arrivarono e passarono.
Ormai solo una cosa occupava le menti di ogni studente della scuola: il ballo di fine anno.
Ogni anno, una settimana prima della fine della scuola, veniva allestito un gran ballo in onore degli studenti che erano giunti al termine dei sette anni di studio e che avrebbero quindi lasciato Hogwarts.
Non c’era corridoio, aula o cortile che fosse risparmiato dal chiacchiericcio di ragazze eccitate (soprattutto quelle del primo anno che non erano mai state ad un ballo) che discutevano animatamente descrivendo nei minimi dettagli come sarebbe dovuta andare la serata, cosa avrebbero indossato, con chi avrebbero ballato…
D’altra parte anche i ragazzi pensavano all’evento, seppur con uno stato d’animo leggermente diverso, soprattutto per quanto riguardava la parte del ballare.
Celaena aveva pensato di essere ormai al di sopra di certi comportamenti così immaturi, ma evidentemente Helena era di tutt’altro avviso.
Ovviamente un po’ se lo aspettava, ma di certo non avrebbe mai pensato di finire per essere sequestrata all’interno del suo stesso Dormitorio.
 
 
Quella mattina le lezioni erano finite prima come succedeva ogni anno per permettere agli studenti (be’, in realtà solo alle ragazze) di prepararsi per il ballo che si sarebbe tenuto in serata.
La Serpeverde era giusto rientrata in Sala Comune quando qualcuno, arrivandole da dietro, la afferrò per il mantello trascinandola verso i dormitori commentando contrariata: “Ti sembra questa l’ora di arrivare? Forza! Siamo in super ritardo sulla tabella di marcia!”
Sorvolando sul fatto che una Corvonero si trovasse nella Sala Comune di Serpeverde (sospettava ci fosse sotto lo zampino di Orion…) Celaena si rassegnò a seguire Helena senza protestare: ormai aveva imparato che non serviva a nulla; poteva brontolare quanto voleva, ma niente avrebbe impedito alla Corvonero di saltare neanche uno dei punti di quella che lei chiamava ‘tabella di marcia’.
Questa prevedeva infatti tutta una serie di procedure che la sua rapitrice riteneva assolutamente indispensabili per potersi preparare al meglio per la gran sera. Dopotutto quello era il loro ultimo anno, avevano l’obbligo di essere le più belle della serata.
All’inizio a Celaena era sfuggito l’importante funzione dello spettegolare per almeno un’ora sulle altre ragazze che avrebbero partecipato, ma quando Helena era riuscita a giustificarle anche quello in maniera abbastanza convincente –dicendo che ‘spettegolare’ avrebbe aiutato la loro autostima e aumentato la loro sicurezza- si era arresa dando carta bianca all’amica.
Così, dopo aver smesso di ridere al ricordo del vestito che una ragazza di Tassorosso aveva indossato l’anno prima (“Sembrava proprio una zucca tanto era arancione e vaporoso!”) passarono alla preparazione vera e propria.
Un bel bagno caldo con tanto di sali profumati sciolti nell’acqua era un altro di quei passaggi indispensabili, e Celaena si godette quel momento di relax dal primo all’ultimo minuto.
Quando uscirono dal bagno, lasciando peraltro il ‘campo’ libero alle altre ragazze di Serpeverde che erano arrivate nel frattempo, l’ora di pranzo era già passata da un bel pezzo, ma le due non se ne curarono: la fame era decisamente passata in secondo piano e il loro unico pensiero era quello di prepararsi in modo assolutamente perfetto per quella sera.
Alla fine dei conti quell’anno avevano entrambe un motivo in più per apparire più belle e affascinanti che mai… (motivo che per entrambe portava il nome di un ragazzo…)
 
Poi arrivò il momento dei vestiti.
Helena aveva portato il suo, e dopo averlo indossato si esibì in una piroetta davanti all’amica dandole modo di vederlo da ogni angolazione.
L’abito era di color blu notte, e faceva risaltare incredibilmente la sua carnagione chiara.
Dal corpetto aderente partivano delle maniche di velo leggero e semitrasparente che le arrivavano un po’ più sotto rispetto al gomito.
La gonna, invece, era composta da diversi strati di tessuto più leggero che scivolavano in modo invidiabile lungo i suoi fianchi scendendo fino a coprirle completamente i piedi.
Già con solo il vestito indosso era stupenda, Celaena non osò pensare come sarebbe stata quando avrebbe aggiunto anche i gioielli e si fosse sistemata i capelli: di sicuro Orion non avrebbe avuto occhi che per lei.
Quasi leggendole nel pensiero Helena la rassicurò con un sorriso: “Vedrai, sono sicura che Stefan sarà non poco geloso questa sera… scommetto che il tuo vestito sarà persino meglio del mio, come ogni anno, d’altronde…”
“Ma va’, guarda che sei uno schianto anche tu Helena, e dobbiamo ancora finire di prepararci…”
“Vero! Quindi sbrigati a tirare fuori il tuo vestito, che sennò finiamo in ritardo”
Ridacchiando Celaena si diresse verso il suo armadio tirando fuori l’abito e successivamente appoggiandolo sul letto fermandosi ad osservarlo.
In uno dei ritratti di famiglia aveva visto sua madre indossare un vestito che l’aveva conquistata fin da subito, e così, per il suo ultimo anno, aveva deciso di farsene fare uno il più simile possibile da Winter, pur prevedendo alcune modifiche in modo da renderlo più personale e adatto a lei.
Fece scorrere la mano sul tessuto verde scuro compatto e leggermente arricciato del corpetto con lo scollo a cuore, accarezzando poi il fitto ricamo di fili argentati che formavano una sorta di cintura subito sotto il seno. Accarezzò delicatamente la gonna composta, come quella di Helena, da più veli di tessuto, che risultava però più ampia e vaporosa grazie anche all’aiuto del corposo strato di tulle che vi era sotto.
Nonostante tutto quel vestito riusciva ancora a lasciarla senza fiato, c’era solo un’unica nota stonata, ma non riusciva a capire a cosa fosse dovuta.
“Hai intenzione di metterlo o vuoi presentarti in sottoveste?” le domandò scherzosamente la Corvonero distogliendola dai suoi dubbi riguardo l’abito.
Senza rispondere Celaena finì di vestirsi e sospirò: era arrivato il momento più arduo della preparazione… i capelli.
Con un colpo di bacchetta e parecchie forcine Helena riuscì a tempo di record a raccogliere la sua chioma color mogano in un elegante chignon alto, lasciando sciolta una ciocca al lato del viso a cui aveva dato la forma di un boccolo facendo arroventare la punta della bacchetta.
Il tocco finale fu un diadema d’argento la cui forma ricordava le fattezze di un volatile –probabilmente il corvo simbolo della famiglia di Helena – impreziosito da tre zaffiri: uno centrale, il più grande, e due più piccoli, agganciati al gioiello in modo da finire appoggiati sulla fronte di chi lo indossava.
Dopo che ebbe finito di sistemarsi, ancora con la bacchetta in mano, la Corvonero si voltò verso la Serpeverde scrutandola con espressione seria.
Celaena avvertì lo strano impulso di scappare a gambe levate per mettersi in salvo, ma prima di riuscire a muovere un solo passo Helena l’aveva già raggiunta, cominciando poi ad armeggiare con i suoi capelli.
Dopo un tempo che alla Serpeverde sembrò infinito, e dopo altrettante proteste, Helena sembrò soddisfatta del proprio lavoro e fece un passo indietro per ammirare la sua opera.
Inizialmente aveva provato a fare un raccolto anche per lei, ma dopo aver constatato che i capelli dell’amica erano semplicemente troppi per lei da gestire, si era limitata a tirare indietro due ciocche di capelli a partire dalle tempie bloccandole con un fermaglio argentato, lasciando sciolta la restate chioma. Aveva poi arroventato nuovamente la bacchetta, e con molta pazienza aveva arricciato i capelli solitamente dritti di Celaena. Alla fine la ragazza potè apprezzare una bella cascata di boccoli biondi che ricadevano perfetti sulla schiena lasciata nuda dal vestito.
Guardandosi allo specchio Celaena non potè che pensare che l’amica aveva fatto davvero un ottimo lavoro.
Erano pronte.
L’unica cosa che la rattristò momentaneamente fu notare la mancanza di qualcosa attorno al collo. Il medaglione di sua madre sarebbe stato perfetto, ma ovviamente lei non lo aveva più.
“Direi che adesso possiamo andare. Penso che i nostri cavalieri abbiano aspettato già abbastanza” sentenziò Helena.
In effetti aveva ragione: le altre ragazze avevano lasciato il dormitorio già da un po’ mentre loro ancora finivano di prepararsi.
Celaena annuì: “Vai pure avanti, io ti raggiungo subito” “Devo ancora trovare le scarpe” mentì poi allo sguardo interrogativo della ragazza.
Helena non sembrò accorgersi del tono incerto della Serpeverde e la salutò con un “Ci vediamo dopo allora!” per poi sparire fuori dalla stanza.
La ragazza tornò a guardarsi allo specchio, le scarpe che avrebbe dovuto cercare abbandonate in bella vista ai piedi del suo letto.
Per quanto lo reputasse stupendo, c’era ancora qualcosa, di quel vestito, che non la convinceva.
 
Fu una coincidenza, o forse solo fortuna, ma di certo se fosse salita con Helena non si sarebbe mai accorta che all’improvviso nel camino del dormitorio si era acceso un fuoco di fiamme smeraldine, e il pacchetto che era rimasto depositato una volta che la fiammata si fu spenta sarebbe rimasto inosservato fino alla fine della festa.
Insieme al pacco c’era anche un biglietto con il suo nome scritto sopra.
Perplessa lo aprì.
 
Cara Celaena,
Stefan mi aveva parlato di un certo medaglione a cui eri molto legata ma che,a causa
dei recenti avvenimenti, non hai più. So che un oggetto di tale valore non potrà mai essere
sostituito, ma ti prego di accettare questo dono a nome di tutta la famiglia Grifondoro
G.
 
Celaena aprì il pacchetto e rimase a bocca aperta: all’interno c’era un medaglione dorato sulla cui montatura era incastonato un rubino grande almeno quanto una noce.
Prima l’anello e adesso quello: a quanto pareva stava diventando una Grifondoro a tutti gli effetti…
Guardando il gioiello appena ricevuto e l’anello di Stefan che portava sempre al dito si rese conto di colpo cosa c’era che non andava nel vestito.
Recuperò la sua bacchetta magica ripassando mentalmente uno degli incantesimi che aveva imparato a Trasfigurazione: l’ultima volta l’aveva eseguito suoi capelli suoi e di Helena, di certo avrebbe funzionato anche sul vestito…
Dopo un paio di minuti finì di allacciarsi il medaglione al collo e si guardò l’ultima volta allo specchio sorridendo: adesso era pronta.











Salve a tutti e buon San Valentino!
Non credo che il capitolo in generale sia molto romantico, ma penso che la prima parte sia abbastanza diabetica, quindi ci sta benissimo in un giorno come questo  u.u
Mi sono divertita abbastanza a scrivere questo capitolo, soprattutto la parte della 'preparazione' di Celaena ed Helena.
Avevo anche fatto gli schizzi dei vestiti in modo da aiutarmi nella descrizione, ma siccome è risaputo che sono alquanto negata in disegno alla fine ho deciso di non caricarli e di lasciarvi solo la parte scritta... (fidatevi che è meglio così)
Detto questo ringrazio Bertile_bossuet_enjolras che ha messo la storia tra le preferite e vi auguro buona serata!
Un bacio e alla prossima!
E.

 

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Capitolo 24
*** 23. La festa ***


23 – LA FESTA

 
 
 
 
“Forse dovrei tornare indietro a vedere se sta bene”
“Ma no, tranquilla. Guarda che sei arrivata solo da un paio di minuti”
“Lo so, ma tu non l’hai vista: mi ha detto che trovava le scarpe e poi mi raggiungeva… le scarpe le aveva già tirate fuori da un pezzo!”
“Conosco Celaena, vorrà solo far stare sulle spine il nostro Grifone ancora per un po’…”
“Ehi!” protestò il Grifondoro chiamato in causa.
I tre erano in Sala Grande mentre aspettavano l’ultima componente del gruppo.
La Sala era già gremita di studenti: ragazze che ridacchiavano eccitate nei loro vestiti da festa, a braccetto di ragazzi che eccitati lo sembravano molto meno.
Il soffitto, come sempre incantato in modo da lasciar vedere l’esterno, mostrava un cielo blu scuro, limpido e senza nuvole, nel quale le stelle brillavano numerose facendo da accompagnatrici alla luna che quella notte era piena.
Dei quattro tavoli delle case ne erano rimasti solo due, a loro volta addossati alle pareti in modo da lasciare libero il centro del salone, ed entrambi erano imbanditi con un ricco buffet.
Il tavolo degli insegnanti sembrava essere l’unica cosa rimasta al suo posto.
Verso il fondo della Sala, su una pedana rialzata, alcuni musicisti stavano finendo di accordare i loro strumenti, preparandosi a suonare.
Quando anche i professori cominciarono a fare la loro comparsa Helena sentenziò: “Eh no! Adesso mi sente! Ragazzi: io vado a prenderla!”
Capirono tutti a chi si stava riferendo, ma la Corvonero non andò molto lontano: dopo due passi si fermò come la maggior parte degli studenti della sala, incantata di fronte alla bellezza della ragazza che stava entrando in quel momento.
Portamento dritto e fiero, un medaglione con una grande pietra rossa a decorare il decolté lasciato generosamente scoperto dallo scollo a cuore del vestito color rosso scuro. Il corpetto attillato separato dalla gonna ampia e vaporosa da ricami dorati che costituivano una decorazione a mo’ di cintura.
Sicuramente una Grifondoro, pensò lei, chiedendo subito dopo a Stefan: “La conosci?”
Il ragazzo scosse distrattamente la testa in segno di diniego, più impegnato a guardare a bocca aperta quella che a lui –e agli altri ragazzi presenti- sembrava più una visione piuttosto che una persona in carne ed ossa.
Intanto la ragazza misteriosa aveva cominciato ad avanzare guardandosi intorno: probabilmente stava cercando il suo accompagnatore.
Più di qualche ragazzo provò a farsi avanti, ma venne gentilmente respinto mentre la ragazza continuava a farsi strada tra la gente.
La Corvonero stava giusto considerando che i capelli della ragazza in rosso erano acconciati allo stesso modo in cui li aveva sistemati all’amica –non prima di aver intimato a Orion di smettere di guardarla con quell’espressione da pesce lesso- quando capì il suo errore: quella ragazza era Celaena!
Rendendosene conto la guardò ancora più sbalordita, sembrava completamente diversa: oltre al fatto che il vestito non era più verde scuro come l’aveva visto lei solo pochi minuti prima quando l’aveva lasciata, il suo viso sembrava molto più sereno e rilassato, completamente dimentico delle preoccupazioni che l’offuscavano solo fino a poco prima nei dormitori.
Nel frattempo la Serpeverde (anche se nessuno l'avrebbe sicuramente definita tale) li aveva finalmente raggiunti: i ragazzi la guardarono con tanto d’occhi ed Helena fece per dire qualcosa, ma alla fine sorrise scuotendo la testa, impressionata dal colpo di scena che l’amica era riuscita a compiere anche quella volta.
Celaena ricambiò il sorriso della Corvonero, gli occhi che le brillavano: “Te l’avevo detto che c’era qualcosa che non mi convinceva del vestito, dovevo solo capire cosa”
“Sei bellissima” disse Stefan tutto d’un fiato facendola arrossire di piacere.
 
Il tintinnio di una posata battuta delicatamente su un bicchiere di vetro attirò l’attenzione degli studenti, facendo cadere il silenzio nella Sala: era il momento del discorso dei presidi.
La professoressa Tassorosso fu la prima a prendere parola schiarendosi la voce prima di cominciare: “Benvenuti a tutti a questa festa di fine anno! Prego facciamo un applauso agli studenti del settimo anno, che con la loro bravura e costanza hanno dimostrato di essere all’altezza superando questi anni di studio, e che sono ormai pronti a continuare il loro cammino al di fuori di questa scuola!”
Uno scroscio di applausi invase la Sala. I vari studenti dell’ultimo anno si guardavano tra loro sorridenti, fieri di loro stessi e inorgogliti dalle parole appena pronunciate da Tosca.
Quando gli applausi si esaurirono fu la professoressa Cosetta a parlare: “Nonostante l’arduo periodo che stiamo attraversando” cominciò, e tutti capirono che si stava riferendo agli scontri tra maghi e babbani sempre più frequenti e, non da ultimo, a quello che era successo con Salazar Serpeverde “Sappiate che Hogwarts sarà sempre qui per voi se mai avreste bisogno di un posto sicuro o semplicemente di un viso amico. Questa scuola sarà, per chi ne ha bisogno e lo desidera, la vostra casa e la vostra famiglia, adesso come in futuro. Non dimenticatelo!”
Altri applausi riempirono il salone, Celaena non potè fare a meno di pensare che quello che la professoressa aveva detto era vero: per lei Hogwarts era più di una semplice scuola, lì aveva trovato nuovi amici e una nuova famiglia che l’aveva accettata per quello che era.
Per ultimo intervenne Godric, smorzando con il suo sorriso i toni seri dei discorsi delle colleghe che l’avevano preceduto: “Mi sembra che i discorsi seri e responsabili siano già stati fatti, quindi non mi prolungo oltre. Ricordo solo che la Coppa delle Casa sarà assegnata, come ogni anno, l’ultimo giorno di scuola, a cena, quindi tra meno di una settimana. Per il resto ho solo una cosa da dirvi: divertitevi!”
Gli studenti esplosero in un vero e proprio boato e la festa ebbe ufficialmente inizio.
Celaena si trattenne a dare un’ ultima occhiata al professore: al fianco aveva sempre la sua fidata spada.
Qualche settimana prima si era fatta spiegare da Stefan come mai se la portava sempre dietro. A quanto pareva quell’arma era stata forgiata dai folletti ed era magica, e tra le sue varie ‘caratteristiche’ c’era quella peculiare che solo un vero Grifondoro avrebbe potuto impugnarla. Per questo Godric la teneva sempre appresso: anche nella peggiore delle situazioni avrebbe avuto a disposizione un’arma che solo lui poteva brandire e utilizzare.
Stefan le aveva anche confessato che il padre aveva fatto provare alla Corvonero e alla Tassorosso a prendere semplicemente in mano la spada, ma nessuna delle due ci era riuscita.
La Serpeverde mise da parte quei pensieri portando la sua attenzione sul suo accompagnatore che la stava invitando a ballare.
Accettò con piacere e dopo qualche istante si trovarono nella mischia di studenti che –più o meno volontariamente- erano già in pista.
Bisbigliò all’orecchio del ragazzo ricordandogli della prima volta che avevano ballato insieme a Hogsmeade ed entrambi sorrisero, scambiandosi poi un bacio veloce.
Celaena non poteva essere più felice: stava ballando con il ragazzo che amava e nessuno l’avrebbe giudicata o criticata, suo padre e suo fratello erano spariti e il loro sembrava solo un ricordo lontano che la ragazza avrebbe volentieri dimenticato del tutto.
Era incredibile come fosse cambiata, come fosse diventata una persona completamente diversa da quella che era da sempre; e tutto in pochi mesi. Se qualcuno glielo avesse detto all’inizio dell’anno scolastico non solo l’avrebbe preso per pazzo, ma probabilmente gliel’avrebbe anche fatta pagare per aver solo osato pensare una cosa simile.
 
Dopo un buon numero di balli i due lasciarono la pista per riprendere fiato.
“Vado a prendere da bere, mi aspetti qui?” domandò Stefan a Celaena.
La ragazza annuì: in effetti c’era talmente tanta gente che arrivare a uno dei due tavoli sarebbe stata un’impresa, andare in due sarebbe stato a dir poco impossibile.
Celaena osservò il Grifondoro allontanarsi per poi perderlo di vista quasi subito tra la folla.
Lei al momento si trovava vicino al tavolo degli insegnanti, e ne approfittò per far scorrere lo sguardo lungo tutta la Sala Grande.
Dubitava di riuscire ad individuare Orion ed Helena, anche perché si ricordava distintamente di averi visti sgattaiolare via mano nella mano, almeno una mezz’ora prima.
Quei due insieme… chi l’avrebbe mai detto?
Continuò a guardare distrattamente le persone: c’era chi sembrava non avere alcuna intenzione di lasciare il tavolo del buffet, ragazzi che imploravano pietà a ragazze agguerrite che tentavano di ritrascinarli in pista a ballare e altrettante coppiette che abbandonavano la sala cercando di non dare nell’occhio probabilmente per andare ad appartarsi in un posto più intimo.
Magari anche lei e Stefan avrebbero potuto… Stefan!
Di colpo di rese conto che in effetti il ragazzo non era ancora tornato e che di sicuro la sua assenza non poteva essere dovuta alla fila per prendere da bere. Per quanta gente ci fosse ci stava mettendo davvero troppo tempo.
Una sgradevole sensazione cominciò a farsi sentire e il suo cuore mancò un battito quando la vide: una testa di capelli biondi come i suoi appartenente al corpo di un ragazzo in un completo scuro e sicuramente non da festa spiccava in modo inequivocabile tra la folla di studenti, dirigendosi spedita verso l’uscita della Sala Grande. Quel colore di capelli, come pure il profilo del viso del ragazzo a cui appartenevano, erano inconfondibili, e sapeva benissimo di chi fossero: cosa ci faceva Scorpius a scuola?
Erano mesi che non si faceva vedere, mesi che di lui non si avevano notizie. Che motivo aveva per tornare?
La sensazione sgradevole si trasformò in un brutto presentimento che le diede un’unica certezza: qualsiasi cosa fosse venuto a fare, di sicuro non era niente di buono.
Il fatto che poi Stefan non fosse ancora tornato non poteva essere una semplice coincidenza.
Doveva essere successo qualcosa.
Muovendosi il più velocemente possibile, facendosi largo a gomitate tra la folla, riuscì a sua volta a uscire dalla Sala.
La scalinata principale era occupata da alcune ragazze che, sedute, stavano spettegolando indisturbate: se Scorpius fosse passato di lì l’avrebbero sicuramente notato, no?
Uscì quindi dal portone d’ingresso ritrovandosi all’aperto nel cortile di pietra.
Il suo vestito era senza maniche e nonostante la stagione stesse ormai volgendo verso climi più caldi era pur sempre notte; si trovò a rabbrividire sfregandosi le mani sulle braccia nude: ma era proprio sicura che fosse solo per la temperatura?
Nel cortile regnava un silenzio quasi innaturale, i rumori della festa completamente tagliati fuori: aveva pensato di poter sentire i passi del fratello sul selciato, ma niente.
Dov’era finito?
Alla fine si decise a rientrare: i professori avrebbero sicuramente saputo cosa fare.
Fece per voltarsi ma qualcuno la bloccò facendole passare un braccio intorno alla vita e mettendole una mano sulla bocca, impedendole di urlare.
Riuscì solo a sentire una voce maschile esclamare soddisfatta : “Presa!” dopodiché l’istante successivo avvertì come uno strappo all’altezza dell’ombelico sentendosi come risucchiare nel vuoto.
Si stava smaterializzando!
Aveva sentito parlare di quella pratica, ma non l’aveva mai provata: la tecnica per smaterializzarsi e materializzarsi era ancora imperfetta e in corso di messa a punto. Era tutto tranne che sicura visto l’alto rischio di spaccarsi –ovvero lasciare ‘indietro’ un pezzo di sé- e non osava pensare cosa sarebbe potuto succedere se a farlo erano non una, ma ben due persone insieme.
 
 
Finalmente il viaggiò finì, Scorpius la mollò in malo modo facendola cadere pesantemente su quello che sembrava un prato già coperto di rugiada, la testa che le girava discretamente dopo il viaggio inaspettato.
Rialzandosi in piedi Celaena potè constatare con sollievo che era ancora tutta intera, ma qualcosa le diceva che quello sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.
“Dove mi hai portata?” urlò al fratello che la stava osservando a due passi di distanza, divertito dalla sua caduta.
Il ragazzo ghignò allargando le braccia come a invitarla a guardarsi intorno, e lei lo fece.
A bocca aperta capì dove si trovava: avrebbe riconosciuto quel giardino tra mille, e anche il profilo della costruzione che si stagliava severa contro il cielo notturno. Scorpius l’aveva portata al castello dove abitavano, di tutti i posti in cui avrebbe potuto nascondersi, suo padre aveva scelto proprio la loro casa.
“Non penserai davvero che ti seguirò lì dentro!” sbuffò dopo che si fu ripresa dalla sorpresa iniziale. “Perché fidati, non ho nessuna intenzione di farlo!” aggiunse sfoderando la bacchetta da una tasca nascosta della gonna.
Il fratello non sembrò molto stupido dal suo comportamento, anzi, sembrava quasi che se lo aspettasse.
“Sei sicura di non voler venire a dare neanche un’occhiatina? Nemmeno per vedere come si trova il tuo caro Stefan…?”
A quelle parole Celaena si bloccò di nuovo: se osavano toccarlo lei…
Lei cosa?
Scorpius aveva approfittato della sua distrazione e l’aveva disarmata: si era fatta fregare come una principiante, e magari sarebbe anche saltato fuori che Stefan non era neppure lì.
Quasi rispondendo alla sua domanda Scorpius parlò puntandole contro la bacchetta: “Forza, muoviti. Non abbiamo tutta la notte. E vedi di non farti venire strane idee… il tuo Grifondoro ha provato a fare il coraggioso, ma direi che non gli è andata molto bene…” concluse con una risata godendosi la faccia sconcertata della sorella.
Celaena non potè fare altro che cominciare a camminare al suo fianco sentendosi la bacchetta puntata tra le scapole.
Entrarono nel maniero, tutto le sembrava così familiare ed estraneo al tempo stesso: eppure una volta chiamava davvero ‘casa’ quel posto.
Suo fratello la condusse al salone principale.
La sala era illuminata da delle torce appese ai muri che lanciavano ombre poco rassicuranti nell’ambiente circostante. Sembrava un’altra stanza se paragonata al salone ampio e pieno di luce che aveva lasciato a settembre prima di tornare a scuola.
Seduto con espressione soddisfatta su una grande poltrona, volgendo le spalle al camino anch’esso acceso, posizionato al centro del lato più lungo della stanza, c’era suo padre.
I suoi occhi fremettero nel vederla entrare e la sua bocca di deformò in un sorriso agghiacciante. Se lui era contento di vederla lei non avrebbe di certo potuto dire lo stesso.
Scorpius la spinse avanti rimanendo indietro ma con la bacchetta sempre puntata alla sua schiena.
Avanzando potè così notare che di fianco alla poltrona, inginocchiato per terra con le mani legate dietro la schiena, c’era Stefan.
Celaena lo guardò sentendo le lacrime salirgli agli occhi: la giacca che indossava quella sera era sparita, lasciandolo solo con indosso la camicia bianca che però era macchiata di rosso in più punti. Sulla parte destra della fronte, tra i ciuffi di capelli, un lungo taglio gocciolava sangue.
Era la prima volta che lo vedeva in condizioni del genere, e dalla sua espressione si capiva che era spaventato tanto quanto lei.
“Lascialo andare, lui non ti ha fatto niente, è me che vuoi!” Celaena sfidò il padre cercando di mantenere ferma la voce.
“È vero” confermò lui freddo. “Ma è altrettanto vero che il modo più efficace per ferire qualcuno è colpire le persone che ama: Orion no, sarebbe stato un inutile spreco di sangue puro ed Helena… non ne valeva la pena. Ma lui…” e con una mano indicò stancamente il ragazzo inginocchiato al suo fianco “… lui non ho alcun motivo per risparmiarlo”.
E come ebbe finito di parlare rivolse la sua bacchetta verso il Grifondoro, quasi a voler dar prova che pensava veramente quello che aveva appena detto: il ragazzo fu colpito da un raggio di luce rossa in risposta al quale cominciò a urlare dal dolore, il volto contratto in una smorfia di sofferenza. Quando finalmente Salazar sciolse l’incantesimo Stefan si accasciò su se stesso respirando affannosamente.
“Perché sono qui?” domandò Celaena rompendo il silenzio che si era creato, sperando che così il padre avrebbe distolto l’attenzione dal ragazzo.
“Dopo quello che hai fatto non avrai pensato che ti avrei lasciata andare così, come se niente fosse” cominciò lui, protendendosi in avanti sulla poltrona. “Era tutto perfetto, tutto pianificato nei minimi dettagli… e poi tu hai avuto la bella idea di farti venire una coscienza! Hai rovinato tutto!”
“Be’, sì, era proprio quella la mia intenzione…” ribattè lei con più coraggio di quanto avesse pensato.
“Silenzio!” la zittì subito Salazar. “Come avevo già detto qualche mese fa: tu non sei più mia figlia, non ti permettere di parlarmi così!” esclamò poi alzandosi in piedi e cominciando a camminare su e giù.
“Avresti potuto far parte di tutto questo, avresti ottenuto grande gloria e fama, se solo avessi continuato ad appoggiarmi come avevi sempre fatto! Grazie a te sarei riuscito a compiere il mio progetto ancora più facilmente, ma poi sei diventata nulla più che un ostacolo… e gli ostacoli vanno eliminati…”
 
 










Salve a tutti e buona domencia!
Scusate l'ennesimo ritardo, ma in questi giorni non sono stata bene, e mettermi davanti al computer sarebbe stato paragonabile a una tortura. Venerdì non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto...
Però adesso sono qui, fresca e pronta -più o meno- con il capitolo numero 23... attenzione che ormai l'epilogo è alle porte! (vi confesso però che è ancora in corso di stesura).
Sono stata contenta di leggere nelle ultime recensioni che Salazar non è ritenuto un personaggio molto popolare (peraltro giudizio pienamente condiviso dalla sottoscritta), quindi spero non dovrebbe dispiacere a nessuno se nel prossimo capitolo io decidessi di applicare la sua stessa filosofia su di lui, vero? (Parlo del pezzo finale in cui dice che gli ostacoli vanno eliminati... a buon intenditor poche parole)
Come sempre grazie a chi trova il tempo di lasciarmi un commento per dirmi cosa ne pensa della storia: forse non ve ne rendete conto, ma fa davvero molto piacere sapere che qualcuno apprezza quello che scrivo (e riesce anche a trovarci un senso, cosa che non è affatto scontata!)
Direi anche anche per stasera ho finito di delirare
un bacio a tutti e alla prossima!
E.

 

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Capitolo 25
*** 24. Solo un vero Grifondoro ***


Nel capitolo precedente...
[***]
“Avresti potuto far parte di tutto questo, avresti ottenuto grande gloria e fama, se solo avessi continuato ad appoggiarmi come avevi sempre fatto! Grazie a te sarei riuscito a compiere il mio progetto ancora più facilmente, ma poi sei diventata nulla più che un ostacolo… e gli ostacoli vanno eliminati…”

 





 

24 – SOLO UN VERO GRIFONDORO

 
 
 
 
“E quindi è per questo… vuoi uccidermi”disse Celaena senza quasi rendersi conto di aver parlato a voce alta. Si sentiva stranamente calma, ma era sicura che non sarebbe durato ancora molto.
“Oh, non così in fretta. Prima ovviamente toglieremo di mezzo il tuo caro amichetto e poi sì, ucciderò anche te; come farò con tutti quelli che saranno abbastanza stolti da non appoggiarmi! Nel frattempo il nuovo Basilisco che ho lasciato nella Camera sarà pronto, e allora nessuno potrà fermarmi!” spiegò Serpeverde.
Celaena era più che consapevole della gravità della situazione: se non fosse riuscita a pensare in fretta a qualcosa –qualsiasi cosa- sarebbero morti tutti e due, senza contare tutte le altre persone che sarebbero venute dopo.
Stupita dal suo ardimento si trovò a dire, come se fosse la cosa più naturale del mondo: “Certo che tu sei proprio pazzo!”
Salazar si fermò a guardarla incenerendola con lo sguardo, e anche Scorpius la fissò allibito: non pensava che la sorella avesse così fretta di farla finita.
“Cos’hai detto?” sibilò nel frattempo Serpeverde, avvicinandosi con grandi falcate alla ragazza, fino ad arrivarle tanto vicino da sovrastarla.
Ma Celaena non abbassò lo sguardo, anzi, alzò il capo ancora di più: “Ho detto che sei un pazzo, soprattutto se credi di riuscire a fare quello che hai detto senza che nessuno provi a fermarti: non puoi ucciderci tutti!”
“Di certo non sarà una sciocca ragazzina a dirmi quello che posso e non posso fare! Forse il messaggio non era abbastanza chiaro? Toglierò di mezzo chiunque oserà sfidarmi!”
Parlando aveva afferrato Celaena per le braccia strattonandola bruscamente, spingendola poi via alla conclusione del discorso.
Presa alla sprovvista la ragazza si era così ritrovata per terra guardando il padre dal basso verso l’alto: aveva gli occhi spiritati e sembrava sul serio aver perso il lume della ragione.
Ma Salazar non aveva ancora finito con lei.
“Alla fine dei conti sei stata smistata in Serpeverde… dovresti essere furba, dovresti capire qual è la parte dei vincenti, quella da cui conviene stare…”
La ragazza non capiva dove il padre volesse andare a parare, poi però lo vide avvicinarsi a uno sgabello di legno, posizionato poco più indietro rispetto a Stefan, che prima non aveva notato.
Sopra lo sgabello c’era il Cappello Parlante.
 
Salazar lo afferrò in malo modo per la punta, guardandolo con disprezzo.
“Vedi Celaena, le cose cambieranno, anche nella tua cara scuola…” cominciò dirigendosi nuovamente verso di lei. “Non ci saranno più Mezzosangue o Nati Babbani, motivo per cui non ci sarà più bisogno di questo ridicolo copricapo” annuì tra sé e sé approvando quello che lui stesso aveva appena detto.
“Prima però di fargli fare la fine che merita volevo chiarire una cosa… per smistarvi abbiamo dato a questo straccio dei parametri ben precisi, e io mi stavo chiedendo com’è stato possibile che tu fossi stata smistata in Serpeverde, visto che ormai è chiaro che saresti invece stata una perfetta Grifondoro…” e sputò quell’ultima parola con disgusto, quasi che pronunciarla gli avesse lasciato un cattivo sapore in bocca.
Dopodiché le lanciò il Cappello in grembo commentando: “Questo inutile scalda-testa non me l’ha voluto dire –e sappiamo benissimo che quando vuole può parlare eccome-. Perciò, illuminami mia cara!”
Celaena deglutì: non sarebbe mai riuscita a inventarsi qualcosa di convincente in così poco tempo, ma cosa sarebbe successo se avesse detto la verità?
“Hai ragione, il Cappello Parlante mi avrebbe smistata in Grifondoro” cominciò cautamente scegliendo con cura le parole.
Salazar sgranò gli occhi: evidentemente aveva pensato che la figlia avrebbe smentito, non confermato la cosa.
Anche Stefan guardò stupito la ragazza, quella per lui era proprio una novità.
“Però io gli ho chiesto di non farlo” continuò Celaena nel frattempo, vista la mancata reazione del padre.
“Gli ho chiesto di mettermi in Serpeverde perché volevo che tu fossi fiero di me, perché da quando la mamma è morta tu non sei stato più lo stesso e se io fossi finita in Grifondoro sarebbe stato come se avessi perso anche me…” alla fine non era più riuscita a trattenersi e aveva cominciato a parlare velocemente, senza quasi riprendere fiato tra una parola e l’altra.
Ci fu un momento in cui lo sguardo di Salazar sembrò addolcirsi, i lineamenti di nuovo distesi e gli occhi che non sembravano più persi in un mondo lontano.
Ma quel momento finì presto perché lei non aveva ancora finito di dire la sua: quella volta avrebbe detto quello che pensava veramente, senza freni, senza la preoccupazione di dover per forza compiacere il padre come aveva fatto per tutti quegli anni.
Questa volta avrebbe avuto il coraggio di scegliere per se stessa e non per qualcun altro.
“… e non mi sono mai pentita così tanto in tutta la mia vita!” continuò infatti alzando la voce tra lo stupore generale di tutti i presenti, acquisendo mano a mano una sicurezza che non avrebbe mai pensato di avere e rialzandosi in piedi.
“Tutti questi anni passati a cercare di renderti felice e fiero di me per poi scoprire che ero nient’altro che una pedina del tuo folle piano! Avrei dovuto dar retta al Cappello quando ne ho avuta l’occasione, avrei dovuto ascoltare Orion quando mi consigliava di rilassarmi ed Helena quando mi diceva di dare una possibilità a tutti senza giudicare dallo stato di sangue! Perché la verità è che l’unico motivo per cui mi comportavo così eri tu, e solo adesso mi rendo conto che non avrei potuto trovare una motivazione più stupida…!”
“Adesso basta!”
L’esclamazione traboccante d’ira era stata accompagnata da un incantesimo che aveva rispedito la ragazza lunga distesa sul pavimento, per fortuna senza farle perdere conoscenza. Persino Scorpius si ritrovò a fare un paio di passi indietro di fronte alla rabbia del genitore.
“Direi che hai parlato abbastanza, e io non ho più intenzione di ascoltare le tue patetiche lamentele” Salazar si rivolse con un’espressione agghiacciante al Grifondoro che per tutto quel tempo era rimasto in silenzio sul freddo pavimento di marmo del salone, colpendolo nuovamente con lo stesso incantesimo che aveva utilizzato su di lui all’inizio.
Questa volta però non diede segno di voler smettere e le urla di Stefan aumentavano sempre di più.
“Smettila! Così lo uccidi!” la voce di Celaena si fece sentire alta, ma Salazar non fece niente se non sorridere ancora di più: uccidere il ragazzo era, dopotutto, il suo scopo.
 
Quello che avvenne subito dopo accadde alquanto velocemente.
Celaena aveva disperatamente cercato di fermare il padre aggrappandosi al braccio con cui stava impugnando la bacchetta, ma lui, più forte della ragazza, l’aveva scrollata via facilmente.
La Serpeverde si era così ritrovata di nuovo sul pavimento, il Cappello Parlante tra le mani.
“Ti prego aiutami!” lo supplicò quasi piangendo, i lamenti di Stefan stavano cominciando ad affievolirsi.
E a quel punto accadde una cosa stranissima: nel Cappello, in qualche secondo, prese forma una spada, l’elsa argentata e ricoperta di rubini che spuntava dall’interno.
Quella non era una spada qualsiasi: era la spada di Godric Grifondoro.
Senza pensarci un attimo la impugnò saldamente con entrambe le mani rimettendosi in piedi, senza pensare che lei, teoricamente, non sarebbe neanche dovuta riuscire a toccarla.
Scorpius cercò di fermarla lanciandole un incantesimo, ma quello sorprendentemente le rimbalzò addosso finendo per disarmare il ragazzo stesso: la spada doveva averla protetta.
“Ti ho detto di lasciarlo stare!” urlò nuovamente Celaena andando incontro al padre con la spada ben brandita davanti a sé.
Salazar, senza accennare a fermare l’incantesimo, si girò verso la figlia andandole a sua volta incontro, deciso ad eliminare una volta per tutte anche quella seccatura.
Non aveva però calcolato la spada argentea che la ragazza teneva in mano, finendoci addosso senza neanche rendersene conto, preso in pieno, trapassato da parte a parte all’altezza dell’addome.
Il colpo gli fece perdere la presa sulla bacchetta che gli scivolò dalle mani, mentre Celaena guardava inorridita e con gli occhi sbarrati quello che aveva fatto.
In pochi istanti sul pavimento raccolse una quantità impressionante di sangue e dopo pochi secondi Salazar ricadde all’indietro disimpegnando la lama e lasciandola macchiata di rosso nelle mani tremanti della ragazza.
Un’espressione di sorpresa e stupore gli attraversò il viso prima che i suoi occhi si spegnessero definitivamente.
 
In quel momento la realtà colpì Celaena come un macigno: aveva ucciso suo padre.
 
Era tutto finito.
 
Però si era dimenticata di Scorpius.
 
“Cos’hai fatto!”
Il ragazzo sembrava sinceramente in preda al panico, preso in contropiede dalla piega assolutamente inaspettata che avevano assunto gli eventi.
Nel frattempo aveva recuperato la bacchetta e senza aspettare una qualsiasi risposta dalla sorella cominciò a scagliare incantesimi uno dopo l’altro, senza neanche preoccuparsi di prendere la mira.
Fortunatamente la ragazza aveva avuto la prontezza di non mollare la spada, e grazie a quella riuscì a deviarli tutti, avvicinandosi nel contempo a Stefan per coprire anche lui in modo da evitare che venisse colpito per sbaglio.
Cominciò però ad avere davvero paura quando, con un boato, il fratello evocò un’imponente lingua di fuoco che crepitando cominciò ad espandersi.
Il fuoco fece ben presto presa su tendaggi pesanti che adornavano le ampie finestre del salone, cominciando a propagarsi voracemente fino al soffitto in legno e sulle pareti del salone. Se avesse mantenuto quel ritmo nel giro di poco si sarebbe di sicuro diffuso nelle stanze adiacenti, e da lì al resto del maniero il passo sarebbe stato breve: se non se ne fossero andati in fretta avrebbero bruciato anche loro.
“Continuerò quello che nostro padre aveva pianificato, Celaena, è una promessa! Magari non subito, ma prima o poi arriverà qualcuno degno di riaprire la Camera e liberare il nuovo Basilisco per finire quello che Salazar aveva cominciato… non lo sapevi? Nostro padre ha sigillato la Camera in modo che solo il vero erede di Serpeverde sia in grado di sbloccarla, nemmeno tu riusciresti ad aprirla… ma tanto non importa, visto che ormai sei finita…” urlò girando poi sui tacchi e sparendo tra le fiamme che stavano diventando sempre più alte.
 
 
Celaena pensò velocemente a cosa avrebbe potuto fare guardandosi intorno alla ricerca di qualsiasi cosa avrebbe potuto aiutarla a tirarsi fuori di lì.
Recuperò con uno scatto la bacchetta sua e di Stefan e il Cappello Parlante che erano rimasti abbandonati sul pavimento, miracolosamente intoccati dalle fiamme.
Il fumo la fece tossire e lacrimare gli occhi.
Stefan era svenuto, respirava ancora, ma era più che sicura che dopo quello che aveva subito non sarebbe mai riuscita a svegliarlo.
 
E così dopotutto sarebbero morti lo stesso, proprio come Salazar avrebbe voluto.
Ormai non c’erano più vie d’uscita e non sarebbe mai riuscita a spegnere il fuoco con la bacchetta o a schermarsi in qualche modo: quello che il fratello aveva usato era un incantesimo oscuro, lei non conosceva la formula per fermarlo e l’aria cominciava ad essere irrespirabile.
Piangendo –ma non per il fumo- Celaena si strinse a Stefan: sembravano passati secoli dall’ultima volta che gli aveva detto ‘ti amo’, e adesso non avrebbe potuto farlo mai più.
Non avrebbe più ballato con lui, non avrebbe più visto il suo sorriso illuminare i suoi occhi.
 
Lo sguardo le cadde quasi per caso sulla mensola del camino e uno scrigno di pelle scura le apparve come un miraggio: possibile che…?
Trascinò Stefan, Cappello e spada più vicino al camino e prese in mano il contenitore come se avesse avuto paura di vederlo svanire da un istante all’altro.
Quando appurò che all’interno c’era ancora Polvere Volante lacrime di gioia le rigarono le guance lasciando una scia nella fuliggine che si era depositata sul viso.
Sparse un po’ di Polvere nel camino rendendo smeraldine e innocue le fiamme prima scarlatte e ustionanti.
Fece in modo di far stare tutto e tutti all’interno del focolare e poi lanciò un’altra manciata di Polvere dicendo un’unica parola, la voce tremante e disperata: “HOGWARTS!”
 
Non le importava in quale camino fossero sbucati, voleva solo tornare a casa.
 
 
***
 
 
Nel frattempo a scuola i tre presidi si erano riuniti in via eccezionale nel loro studio: Godric si era accorto della mancanza del figlio, e di conseguenza di Celaena, e aveva allertato i colleghi.
Quelli dapprima l’avevano anche canzonato dicendogli che di sicuro i due non volevano farsi trovare per ottimi motivi, ma poi, una volta entrati nello studio, avevano notato la mancanza del Cappello Parlante e anche Tosca e Cosetta avevano cominciato a nutrire qualche sospetto.
Quando poi la spada di Godric si era improvvisamente dissolta dal suo fianco avevano capito che c’era decisamente qualcosa che non andava, e grande era stata la loro preoccupazione.
 
Ancora più grande era stata però la loro sorpresa quando, senza alcun preavviso, il caminetto dello studio si era riempito di fiamme color smeraldo sputando fuori, dopo qualche istante, i due ragazzi in questione: entrambi ricoperti di fuliggine, con i vestiti bruciacchiati e, nel caso di Stefan, insanguinati.
Il Cappello Parlante giaceva inanimato in grembo al Grifondoro mentre la Serpeverde, seppur anche lei priva di coscienza, stringeva ancora saldamente l’elsa della spada nella mano, suscitando grande stupore e ammirazione soprattutto in Godric.
 
 
 
L’arma tornò al suo posto, appesa al fianco del suo legittimo proprietario e il Cappello Parlante venne riposizionato sulla sua mensola nella libreria.
Rimase ad osservare in silenzio tutta la scena, e quando i due ragazzi vennero portati fuori per essere condotti in Infermeria non potè fare a meno di pensare che quella volta ci aveva davvero visto giusto: Celaena sarebbe stata più che degna di essere smistata nella casa rossa e oro, talmente degna da riuscire addirittura ad impugnare la spada di Godric senza alcun problema, senza contare che solo un vero Grifondoro sarebbe riuscito a far comparire la spada nel Cappello.
 
E poi… pensò, piegando in un sorriso la piega di stoffa che aveva per bocca … Celaena Grifondoro suona molto meglio di Celaena Serpeverde…
 










Buonasera!
Non so se vi siete accorti ma siamo arrivati alla fine: adesso manca solo l'epilogo! (per il quale dovrete aspettare un po' perchè tra una cosa e l'altra non l'ho ancora terminato...)
Giusto un paio di parole da spendere sul capitolo di oggi: come avevo velatamente anticipato Salazar si è finalmente tolto di mezzo... lo so che la sua non è stata una morte poi così epocale (dopotutto si è infilzato da solo perchè non aveva visto la spada), ma quando l'ho scritta ho ripensato al fatto che nella saga Voldemort è morto perchè il suo stesso incantesimo è rimbalzato su di lui, quindi alla fine ho deciso che andava benissimo così.
Inutile negare che per la scena in cui Celaena estrae la spada dal Cappello mi sono ispirata di nuovo al libro :)
Spero che questo passaggio sia anche servito a chiarire i dubbi di chi si chiedeva il perchè del capitolo narrato dal punto di vista del Cappello Parlante.
Per il resto che dire? Inizio già ad essere triste se penso che la prossima settimana il capitolo terminerà con la parola 'fine'.
Spero che questo capitolo sia piaciuto a voi come a me (le recensioni sono sempre ben gradite!!)
Un saluto a tutti 
E.

 

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Capitolo 26
*** Epilogo ***


Mi scuso in ginocchio per l'enorme ritardo con cui ho postato il capitolo.
Vuoi il tirocinio, vuoi gli esami che si avvicianano, vuoi Word che ha deciso di fare cilecca (perchè ovviamente sarebbe stato troppo bello riuscire a pubblicare tutta la storia senza che il computer mi desse qualche problema!) ho davvero accumulato un Ritardo con la R maiuscola.
e se devo essere sincera il capitolo non mi convince neanche così tanto...
Bando alle ciance, vi lascio alla lettura :)








EPILOGO
 
 
 
 
La primavera si era preannunciata tiepida e serena, le leggere brezze dispettose che scendevano dal cielo limpido e azzurro a giocare con le chiome degli alberi facendoli frusciare dolcemente.
Quel giorno di metà maggio non sarebbe stato da meno, anzi, aveva tutte le carte in regola per superare tutti i giorni passati e chissà, forse anche quelli futuri.
 
Celaena non aveva mai amato particolarmente vestirsi di bianco: la sua carnagione già molto chiara e i suoi capelli biondi sembravano schiarirsi e sbiadire ulteriormente quando accostati a quel colore.
Il vestito bianco che indossava quel giorno sembrava invece dare una luminosità tutta particolare ai suoi occhi frementi di felicità e al suo sorriso radioso.
Tutto era pronto, tutto era perfetto.
Mancava solo lei.
 
Il giardino interno del castello dei Grifondoro era stato addobbato a festa per l’occasione, e ormai tutti gli invitati si erano riuniti in attesa che la cerimonia avesse inizio, entusiasti e onorati di potervi assistere.
Perché quel giorno non si sarebbe celebrato il matrimonio di due persone qualsiasi, quel giorno si sarebbe sancita l’unione definitiva tra due delle famiglie più potenti e importanti dell’epoca.
Quel giorno Stefan Grifondoro e Celaena Serpeverde avrebbero pronunciato le loro promesse e sarebbero diventati marito e moglie.
 

***
DODICI ANNI DOPO…
***


Era stata una bella estate, calda e luminosa.
In quella giornata di fine agosto i raggi del sole splendevano su Godric’s Hollow illuminando la grande magione e penetrando all’interno dalle ampie finestre.
“Madre! Fred non mi vuole ridare la bacchetta!” un’esclamazione, accompagnata dal rumore di passi che salivano frettolosamente una rampa di scale, ruppe la quiete pomeridiana.
A quella una figura minuta entrò di corsa nel salotto del secondo piano dell’abitazione stringendo tra le mani un bastoncino di legno lungo e sottile, che non gli apparteneva.
Nove anni compiuti a fine luglio, capelli biondissimi e grandi occhi scuri; il bambino protestò con aria imbronciata: “Non è giusto! Ne voglio una anch’io!”
“Non puoi: sei troppo piccolo!” ribattè una ragazzina che era entrata subito dopo, cominciando a rincorrere il fratello intorno ai mobili della stanza.
Capelli lunghi castano-ramati e occhi verdi come smeraldi: avrebbe compiuto undici anni a novembre, e quell’anno avrebbe cominciato a frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.
“Su Frederich, da bravo. Restituisci la bacchetta a tua sorella. Tu avrai la tua tra un paio d’anni” intervenne una donna che fino a quel momento era rimasta seduta su una poltrona, appoggiando in parte il libro che stava leggendo e andando in contro ai figli.
“Ma io la voglio subito!” brontolò il bambino, Fred, andando a nascondersi dietro la madre.
“Due anni passano velocissimi tesoro, non ci pensare. E adesso restituisci la bacchetta ad Andromeda”
Controvoglia il bambino allungò la mano, e fulminea la sorella si riprese il magico oggetto, trionfante.
“Uffa…”
“Che ne dici se andiamo giù in cucina a vedere cosa stanno preparando gli elfi domestici per cena? Così se vuoi puoi chiedere se per dolce riescono a prepararti quella torta che ti piace tanto…”
“Sì!!”
La donna sorrise: per fortuna basava poco per distrarlo.
Lo prese per mano, e stavano giusto per lasciare la stanza quando un’improvvisa fiamma verde si accese nel camino attirando l’attenzione di tutti.
“Padre!”
I due bambini esultarono all’unisono catapultandosi verso il grande camino della sala dal quale stava uscendo un uomo scrollandosi la cenere di dosso.
“Oh, ecco qua i miei maghetti! Com’è andata oggi?” esclamò prendendo in braccio il più piccolo e accarezzando affettuosamente i capelli alla maggiore.
“Andromeda ha una bacchetta nuova!” spiattellò Fred indicando la sorella, togliendole la soddisfazione di raccontare lei stessa la novità.
“Zitto tu! Dovevo dirglielo io!” esclamò infatti lei tirandogli un pugno sul braccio –se pugno poteva essere considerato-
“Ehi!” protestò l’offeso divincolandosi dalla presa del padre e cominciando a rincorrere la sorella che aveva già iniziato a scappare.
Nel giro di pochi istanti i due erano già usciti dalla stanza riprendendo il gioco interrotto poco prima, lasciando soli i genitori.
 
 
I due si sorrisero approfittando di quell’attimo di pace offerto dall’assenza dei figli.
Lei chiuse gli occhi appoggiando la testa sulla spalla del marito godendosi l’abbraccio che seguì subito dopo.
“Come crescono in fretta…” sospirò ad un certo punto. “Andromeda comincia la scuola quest’anno, e tra due anni toccherà anche a Frederich…”
“Diventeranno due maghi fantastici, come i loro genitori” assicurò lui.
“E di sicuro anche modesti, proprio come il padre…” replicò lei facendolo sorridere.
Affacciandosi alla finestra potevano vedere i bambini che, in giardino, si stavano ancora rincorrendo ridendo allegri.
A Celaena sembrava di rivedere lei Scorpius prima che tutto avesse inizio, prima che le idee e l’odio di una singola persona riuscissero a rovinare il loro rapporto.
Si promise che non sarebbe successa la stessa cosa, qualsiasi cosa il futuro avrebbe riservato loro: suo padre non era più un problema, ed era da quella notte che non aveva più notizie di suo fratello.
Stefan le strinse una spalla come a rassicurarla, manco le avesse letto nel pensiero.
“Vedrai che non avranno problemi…”
“Ne sono sicura” convenne lei annuendo con il capo.
Non c’era motivo di preoccuparsi inutilmente, pensò mentre il suo sguardo si perdeva nel sole che lentamente cominciava il suo declino per lasciare il posto alla sera, accompagnato dalle voci ridenti di Andromeda e Frederich.
 
Andava tutto bene.









Ehm, ehm...     *si schiarisce la voce e richiama timidamente l'attenzione*
E così siamo davvero arrivati alla fine, mettere la crocetta su "completa" è stato davvero strano, soprattutto perchè quando ho iniziato a scirvere la storia non sapevo neanche se sarei riuscita a portarla a termine.
Spero che anche questo ultimo capitolo vi sia piaciuto, e ringrazio tutti coloro che hanno seguito Celaena: chi ha preferito, seguito, ricordato la storia, chi ha letto in silenzio e chi ha speso un po' del suo tempo per lasciare una recensione e dire cosa ne pensava.
Davvero grazie a tutti!

Potrebbe esserci un seguito, ma non esultate troppo perchè per il momento è solo un'idea così...
Attualmente ho infatti per la testa un altro paio di idee a cui ho deciso di dare la precedenza. A questo proposito... già qualche tempo fa avevo pubblicato una one-shot su Draco e Astoria, e pensavo che forse avrei potuto aggiungere un piccolo seguito: qualcuno sarebbe interessato?

Un ultimo grazie e un saluto a tutti voi!
A presto (spero)

Elise

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