Narutozzi Ragionier Uzu - Il Ninja e il Ragioniere di ToraStrife (/viewuser.php?uid=44143)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il. primo, tragico Narutozzi ***
Capitolo 2: *** Narutozzi contro la Belva Umana ***
Capitolo 1 *** Il. primo, tragico Narutozzi ***
NArutozzi
NARUTOZZI
Ragionier Uzu
Il ninja e il ragioniere
Era una mattina come tante, in quel di Konoha.
I passeri cinguettavano fuori dalla finestra, mentre il neo-eletto
settimo Hokage stava ammirando il suo riflesso nel vetro.
Lo aveva desiderato da una vita, ma finalmente quella meta tanto ambita
era stata raggiunta.
Si sentì bussare alla porta.
- Avanti. - Disse.
Era Shizune.
- Buongiorno, signor Hokage, e congratulazioni.
Il destinatario del complimento accolse quest'ultimo con un grande
sorriso, ma per un moto di imbarazzo si mise una mano dietro la testa e
arrossì.
- E' buffo, - Commentò con un sorriso. - Ho sempre sognato di poter
essere un giorno
chiamato Hokage, ed ora che me lo dicono tutti, non riesco a farci
l'abitudine!
- In breve tempo non ci farai neppure caso. - Rassicurò la fedele
assistente. - la quinta Hokage, agli inizi, era ancora più spaesata di
te.
- A proposito, come sta la vecchia?
- Si è ritirata da tempo. Con la minaccia dell'Organizzazione Alba
ormai un ricordo e il periodo di pace che stiamo vivendo, ha deciso di
prendersi il meritato riposo. Si
prospetta un radioso futuro per il villaggio. Specialmente sotto la
guida di colui che l'ha salvato.
- Così mi fai arrossire! - Si schernì il ragazzo, sventolando la mano
come a disperdere l'aria che si era fatta improvvisamente calda.
Dopodiché avanzò, esitando, una richiesta. - Ehm, Shizune...?
- Sì, Hokage?
- Ehm, ecco... almeno in privato, mi puoi chiamare semplicemente Naruto?
Shizune ridacchiò. - D'accordo, se ti fa piacere...
Il salvatore del villaggio della Foglia guardò le delicate e
leggermente sensuali labbra della donna pronunciare il suo nome. Studiò
attentamente la forma della bocca mentre pronunciava vocali e
consonanti.
Enne, A, Erre, U, Ti, Di, Erre, Erre, I, Enne, enne, enne, enne,
enne....
- No, non è così che si pronuncia il mio nome... - Commentò Naruto con
la bocca impastata, per poi aprire gli occhi di colpo.
Quello che stava sentendo non era la voce di Shizune, ma un trillo.
Il trillo della sveglia.
Sfortunatamente per Naruto, quello era stato solo uno dei suoi sogni mostruosamente proibiti.
Il fastidioso drinnnnnn gli
rimbombò nella calotta cranica, scuotendogli quel poco di materia
grigia ancora impegnata nella fase Rem.
Guardò le lancette sul quadrante della
fastidiosa seccatrice, e fu un'ondata di panico.
- E' tardi!
Gettò di lato il lenzuolo, e si mise seduto sul letto. Si prese a
ceffoni la faccia, per scrollare via i residui di sonno.
- Ciao, Naru-chan!
Naruto guardò in direzione della voce, e trasalì, mentre l'affettuosa
consorte gli mandava un bacio al volo.
Era sua moglie, la signora Hina,
al secolo Hinata Hyuga, che lo stava fissando da dietro lo stipite
della porta.
- Perché ti stai nascondendo?
- Scusa... - Rispose la moglie, arrossendo. - Ma eri così carino mentre
dormivi, che non ho resistito alla tentazione...
Di spiarmi da dietro qualcosa,
avrebbe voluto aggiungere Naruto, ma sapeva che in quel momento del
mattino tutto era calcolato sul filo dei secondi, e non poteva
permettersi di perdere tempo.
- Hina, hai pronta la colazione?
La signora annuì ed entrò nella camera matrimoniale, con un vassoio e
una tazza fumante.
Naruto la prese e la trangugiò tutta d'un fiato.
Era il temibile té della signora Hina: tremila gradi Fahrenheit,
l'equivalente della Fiamma Nera di Itachi.
Con un urlo animalesco e la bocca in preda ai fumi, Naruto si precipitò
in cucina per stemperare la lingua sotto il rubinetto.
Hinata fece il suo ingresso, con la seconda parte del pasto: Ramen
istantaneo al sapore caffè.
Naruto le fece cenno di avvicinarsi, prese la vaschetta e le bacchette
e cominciò a trangugiarli, mentre Hina si occupava di pettinare il
marito.
L'effetto degli spaghetti aromatizzati si fece subito sentire: un
rumore di stomaco indicò a Naruto il momento di chiudersi in bagno per
espletare le funzioni fisiologiche.
Hina contò fino a dieci, e poi bussò. Il rumore di uno sciacquone
precedette l'uscita del ninja dal locale sanitario.
Nel vestirsi, Naruto creò due copie si sé stesso per aiutarsi.
Il tempo stringeva, ma il biondo si sentì in dovere di muovere
un'obiezione nei confronti della consorte.
- Hina cara, mi fa piacere che mi osservi con tanta devozione, ma
potresti evitare, per favore, il Byakugan? Quelle venature sotto gli
occhi mi fanno una certa impressione...
La signora Hina non riusciva a capire bene la richiesta di Naruto.
- Naru-chan, ma io non sto usando il Byakugan.
Naruto si tappò la bocca, sperando che Hinata non cogliesse la gaffe.
Dopotutto, ormai era passato tanto tempo, e la signora Hina non era più
nel fiore degli anni, qualche ruga ci poteva scappare... anche se ora
la faccia di sua moglie sembrava un crepaccio.
Mentre ebbe finito di vestirsi, Naruto congedò le due copie in uno
sbuffo di fumo, e salutò Hina sulla porta.
Ne approfittò per chiedere una cosa alla moglie, un dubbio che si era
sempre posto fin da quando loro due si erano sposati.
- Hina, ma tu mi am....?
- Io ti ammiro moltissimo! - Confermò Hinata con fervore, sicura, con
quella frase, di infondere la giusta carica al suo partner.
Dall'espressione delusa del marito, però, capì che l'effetto non era
stato quello sperato.
Naruto si congedò, dopo quella ennesima dimostrazione di quanto la vita
gli volesse bene, e si preparò nel consueto salto di albero in albero.
Ma Naruto non poteva sapere che il giorno prima tutta la foresta era
stata abbattuta per fare posto a una super-autostrada, progettata per
agevolare il traffico di automobili tra Konoha e la periferia.
In macchina, ora, Naruto ci avrebbe impiegato metà del tempo.
Peccato che non sapesse, come nessun ninja di quelle parti, che cosa
fosse in effetti un'automobile.
Non gli rimase che correre a perdifiato, aiutandosi a volte con
un'andatura a quattro zampe che gli procurò diverse abrasioni alle mani.
Arrivò sul filo dei secondi alla sede della Megaditta per la quale
lavorava, la temibile Konoha S.p.A, quasi stroncato da una crisi
cardiorespiratoria.
Steso a terra con il badge ancora in mano, bollando a 0.01 secondi
prima del risuonare della sirena d'inizio, venne calpestato come uno
zerbino da due tacchi a spillo, che nell'equivoco, si sfregarono sulla
devastata schiena di Naruto, per pulirsi dai residui di una cacca di
cane precedentemente calpestata.
La visione delle due scarpette rosse, tuttavia, fu come una visione da
eden agli occhi del Ninja.
Gli occhi figurarono per un momento la Santa Vergine degli Hokage
sorridergli dall'alto della rampa di scale che portava agli uffici.
La Santa Vergine mutò improvvisamente in una signora, anzi, signorina
dai capelli rosa, che gli urlò contrò il suo rimprovero.
- Narutozzi! Cosa ci fa lì per terra?
La voce della fanciulla suonò come la tromba del giudizio dalla tromba
delle scale, da parte di un dea che Naruto aveva cercato disperatamente
di trombar...ehm, corteggiare da ben 326 puntate regolari e 953 filler.
- Signorina Haruni! - Esordì, scattando in piedi come un soldato
sull'attenti. - Un meraviglioso buongiorno a lei!
La signorina Haruni, al
secolo
Sakura Haruno, interesse amoroso di Naruto da ben vent'anni di manga,
per non lasciare il suo ruolo di 'bella e irraggiungibile', aveva
finito con il rimanere 'irraggiungibile' per via dello sfiorire della
bellezza con l'età.
Il fisico gracile e rettilineo in questo non l'aveva mai aiutata nelle
questioni amorose, indirizzandola all'Ufficio Medico, dove cercava
tutti i giorni di dare quell'amore che mai era riuscita a dare.
Naruto per lei era rimasto l'unico giocattolo amoroso sempre fedele,
che usava impunemente per ottenere favori e coprire assenze
ingiustificate, e come comodo capro espiatorio per pene corporali da
parte dei dirigenti,
anche di genere sessuale.
Quella mattina, forse le mestruazioni, che al contrario di tutte le
altre donne la rendevano amorevole come una gatta in calore,
trasformandola in un'arpia per tutto il resto del tempo, non ignorò
come al solito il cordiale buongiorno di Naruto, anzi, ne fu lusingata.
- Oh, - Esordì. - Mi chiami pure Sakura, ormai sono anni che ci
conosciamo...
Questo alle orecchie di Naruto suonò come la Filarmonica di Vienna.
- Va bene... Sakura!
- Ripensandoci, - Ritrattò la donna, con una lieve smorfia di disgusto
per il suo nome pronunciato da quel rifiuto umano. - Mi chiami ancora
signorina Haruni. Ha... ha un così bel suono detto da lei! - Aggiunse
con un tono falsamente mellifluo.
- Come preferisce... signorina Haruni. - Rispose Naruto nella più
totale venerazione.
- Oooh, Puccettesta Quadra!
Naruto si girò in direzione della nuova voce, cercando di nascondere il
suo astio.
Era il geometra Sasukalboni,
al secolo Sasuke Uchiha, della maledetta dinastia degli Uchiha, i cui
componenti erano destinati a morire in giovane età.
Sasuke era ovviamente l'unica eccezione, e dal modo in cui la signorina
Haruhi cinguettava in sua presenza, Naruto si domandò perché ancora non
avesse raggiunto gli antenati, levandosi così dal cuore di Sakura e
facendogli così un favore
Il ninja dell'Ufficio Vendicatori prese sottobraccio la signorina
Haruhi ignorando le proteste di Narutozzi, e la portò via senza neppure
salutare.
Naruto cominciò a caricare una Rasengan di insulti quando qualcuno lo
chiamò alle spalle, spaventandolo e facendogli lanciare la palla
energetica sul soffitto.
- Altri duecentomila ryo trattenuti dalla busta paga. - Constatò
il povero ragioniere con voce strozzata, osservando il buco che faceva
vedere il cielo nuvoloso.
- Oh, cosa vuole che sia, Narutozzi, sono solo tre stipendi!
Naruto si voltò verso la voce colpevole.
- Ragionier Rock-lini, mi ha spaventato!
Il Ragionier Rockl-ini, al
secolo Rock Lee, dell'Ufficio Missioni insieme a Naruto, attualmente
svolgente incarico come portiere presso le otto porte del Chakra, che
altri non è che il nome della palazzina della Megaditta.
Comunque fosse, Naruto volle chiarire una cosa una volta per tutte.
- Ma perché mi chiamate tutti Narutozzi? Il mio nome è Naruto!
- Scusi, sa, ma i cognomi son tutti simili, signor Narutocci.
- Naruto! Ed è un nome!
- Non si perda in futili dettagli,Narutosky!
See, la danza della steppa.
Naruto alla fine si arrese.
- Vada per Narutozzi.
- Molto bene, ragioniere! - Concluse soddisfatto Rock-lini.
- Mi scusi, ragionier Rock-lini. - Domandò Narutozzi. - Ma perché tiene
per mano un travestito?
E indicò un inquietante uomo dai capelli lunghi, forse una parrucca,
con aria stralunata e inquietante, ma soprattutto le stesse atroci
rughe che aveva notato quella mattina in sua moglie Hina.
- Non sarà che lei...? - Insinuò Naruto, portando l'indice sul lobo
dell'orecchio e battendolo ripetutamente, con chiare insinuazioni di
omosessualità.
- Ma che dice, ragionere? - Chiese Rock-lini sconcertato. - Non
riconosce più suo cognato?
Narutozzi arrossì per la gaffe appena detta, ma sulle prime non aveva
riconosciuto l'autistica persona che si faceva trascinare da Rock-lini
come una bambola pettinata come la bambina di The Ring.
Il ninja lo guardò per un attimo ma distolse quasi subito lo sguardo,
incapace di sopportare i dettagli di quella disgustosa faccia.
Era Maria-Neji-la Huga, al
secolo Neji Hyuga, cugino della signora Hina e deceduto durante la
quarta guerra Ninja.
Resuscitato tramite il Dottor Kabuki, pagato con onorario in nero per
il quale Narutozzi avrebbe pagato cambiali fino al 2018, l'esperimento
tuttavia era rimasto in parte fallito, lasciando Neji con un forte
autismo e gravi problemi di identità sessuale, tale che si credeva una
donna, amava truccarsi da tale, e usava il Byakugan per ventiquattrore
al giorno per spiare nelle docce maschili, abitudine che gli avrebbe
causato presto una cecità permanente, ulteriore bocca da sfamare per la
già mendicante famiglia Narutozzi.
Narutozzi cercò disperatamente di rimediare alla gaffe ringraziando il
ragioniere.
- La ringrazio, Rock-lini, per aver tenuto al guinz..in custodia il mio
caro cognato durante la mia assenza, era che stanotte non avevo
sgabuzz...ehr, camere da letto disponibili per accoglierlo.
- Oh, non si preoccupi. - Rispose il collega. - Non ha disturbato
affatto. Salvo alle tre di notte che ha cercato di infilarsi nel mio
letto. - Puntualizzò.
- Avevo freddo, - Spiegò Neji,
strizzando un occhio a Narutozzi, che rabbrividì. - Volevo riscaldarmi con un bel corpo umano!
- Sì, sì... - Liquidò Rock-lini. - Ma adesso credo sia giunto il
momento di riconsegnargliela. Tra un po' c'è il mega-allenamento
aziendale tenuto in programma dal Direttore Maito. Cinquecento giri
intorno alla palazzina. - A meno che non sia disposto a prendere il mio
posto...
- Ma...- ma saranno in tutto centottanta chilometri ! - Protestò
sbalordito in Ninja in arancione.
- E quattrocento metri! - Precisò Rock-lini.
- Ah, beh! - Ridacchiò con malcelato sarcasmo Narutozzi. - Allora è
differente!
La voce di un citofono tuonò come l'apocalisse per l'androne,
congelando i tre personaggi.
- Il ragionier Narutozzi Uzu è desiderato, anzi, preteso nell'Ufficio
del Mega-Hokage. Marsch!
Il cicalino si spense con un gracchio insopportabile, come il verso dei
corvi dell'Ade venuti a mangiare le viscere di Narutozzi.
Una trita espressione di terrore congelò il volto di Narutozzi, pallido
come quello di un condannato a morte.
- Ma...ma ero sicuro di aver bollato in tempo! - Fu la pallida protesta
detta a mezzavoce dal ragioniere.
Rock-lini preferì sgusciare via dalla situazione imbarazzate. - Guardi,
credo che porterò con me Maria-Neji-la al mega-allenamento. Si
divertirà sicuramente un mondo.
- Uhmmm... - Pregustò Neji. - Chissà quanti maschi che correranno!
Si defilarono con Narutozzi implorante e la mano tesa.
- Ragionier Rock-lini. Per quel cambio... sarebbe ancora
disponibile?... - Chiese all'androne vuoto, la voce che gli morì in
gola.
Salendo le scale come un condannato lungo il miglio verde, Narutozzo
ponderò tutte le scuse possibili e immaginabili da presentare al
Mega-Hokage, come un attentato terroristico in cui un kamikaze si era
fatto esplodere proprio all'entrata prima che entrasse, o di un
terremoto che lo aveva inghiottito nelle viscere della terra.
E in quel momento avrebbe voluto sprofondare, tanto era il terrore e
l'imbarazzo di essere, lui putrido insetto, stato richiamato all'irata
attenzione di Sua Divinità.
Chissà se, in preda al ribrezzo e la pietà, gli avrebbero almeno
mitigato la pena.
E si chiese, tra l'altro, quale sarebbe stata la punizione.
Dieci vergate? In ginocchio sui ceci? Crocifisso nell'aula degli esami
dei chujin? O addirittura licenziato?
Forse era ancora in tempo per fuggire! Fuggire, sì, ma dove? Nel paese
della sabbia? Nel villaggio del tè? Nella villaggio della pioggia
perenne?
Quando si riprese dall'enorme angoscia, si accorse che le gambe lo
avevano ormai condotto sulla porta del patibolo.
Troppo tardi.
La segretaria, Shizune, era lì a fianco, seduta dietro una scrivania, a
battere freneticamente su una macchina da scrivere.
La porta dell'ufficio malefico era adornata da una targa in oro
zecchino sulla quale era inciso il titolo di studio del capo supremo.
Shin.
Ninj. Leggend. Vendic. Mega Hokage Siderale
Raccogliendo tutto il suo coraggio, Narutozzi bussò impercettibilmente
alla porta e bisbigliò con un filo di voce.
- E'...è permesso?
Un ruggito di immane potenza, tale da sembrare un misto tra l'urlo di
Godzilla e il meteorite che si schiantò sulla Terra estinguendo i
dinosauri, pietrificò sul posto il povero ninja.
- N-non credo di aver capito. - Spiegò atterrito, cercando conforto
dalla segretaria.
Questa, imperterrita non lo degnò di uno sguardo, continuando a
redigere il documento. Solo la bocca si mosse, con tono infastidito.
- Vadi, scemo. Ha detto 'sì'.
La porta si spalancò con un diabolico cigolare mentre Narutozzi
entrava, cercando di combattere un attacco di panico.
Dietro l'enorme scrivania, la grande figura dell'Hokage squadrava la
figura di Narutozzi, che si faceva sempre più piccola.
- Narutozzi, - Grugnì l'Hokage. - Si accomodi.
- Sì, signora Mega-Hokage.
La Mega-Hokage Siderale Tsunade Senjiu, comandante incontrastata della
Konoha S.p.A.
- Narutozzi, - Ripeté Tsunade. - Lei sa perché è stato convocato?
- L-le giuro. - Cominciò a balbettare il ragioniere, che stava per
soccombere al panico. - E-ero convinto di aver bollato in
t-tempo...io...
- Ma di che blatera? - Lo interruppe Tsunade con un'occhiataccia. - Che
scempiaggini farfuglia?
- Io...lei...io... - Cominciò a cantilenare Narutozzi, nel pallone più
totale.
- L'ho convocata qui, - Tagliò corto Tsunade. - Per affidarle una
missione.
- Una missione? - Chiese incredulo Naruto, uscendo di netto dal suo
stato confusionale.
Le missioni erano sempre sinonimo di possibilità di avanzamento di
carriera.
Una possibilità più unica che rara, ambita indistintamente da tutti i
ninja dipendenti dell'azienda.
Ma c'era il lato oscuro della medaglia...
- Lei sa che tipi di missioni noi trattiamo, non è vero, Narutozzi?
- Ma certamente! - Rispose il ninja, - i tipi di missioni sono, in
ordine crescente di importanza, D, C, B, A ed S! - Recitò.
Erano le basi del manuale di milleduecento pagine imparato a
memoria all'inizio della sua carriera, e letto come una bibbia almeno
una volta al giorno, tre paragrafi recitati prima della pausa pranzo.
- Bravo, Narutozzi.
Naruto si illuminò. Un elogio dal Mega-Hokage. Una missione. Quello
doveva per forza essere il primo momento fortunato della sua carriera.
- Eh... - Riprese Tsunade. - Mi sa dire in cosa consistono?
- Signorasì! - Rispose
prontamente il sottoposto. - D come
Dilettante, come fare da baby-sitter, C per Consegne, come pacchi
regalo o pacchi bomba, B come Bodyguard per importanti ufficiali e
dirigenti della ditta, A come Attentati dinamitardi contro la
concorrenza, e.... - Si fermò, esitante.
- Ha dimenticato la S. - Incalzò l'Hogage. - Lo dica! - Ordinò.
- Missioni S...s...suicida.
Le missioni suicida, quel tipo di missioni che garantivano il massimo
avanzamento in carriera nella ditta: eroe buonanima. A Narutozzi venne
un brivido freddo lungo la schiena.
- ... E indovini per quale missione è stato scelto lei. - Domandò
l'Hokage, con un sorriso compiaciuto.
- D...dilettante? - Provò Narutozzi, sperando di non sbagliarsi.
- No! - Rispose perentorio l'Hokage. - Il tipo S.
Quella parola, anzi, quella lettera fu una martellata all'animo di
Narutozzi.
- Ma... ma... - Protestò debolmente l'impiegato. - Io questo week-end
volevo, cioè, con rispetto, eh, avrei almeno voluto, per la prima
volta, dopo anni, riposarmi. Avevo anche chiesto un permesso domenicale
sei mesi fa...
- Non si preoccupi, - Lo tranquillizzò l'Hokage. - Avrà tempo di farlo
dopo la missione, eternamente!
- Com'é umana lei! - Concluse Narutozzi con un filo di voce. - Posso
sapere almeno di cosa tratta la missione?...
- E' molto semplice,Narutozzi. - Spiegò l'Hokage. - Lei deve scovare e
uccidere... o farsi uccidere... - Specificò con una nota gelida.
- Il criminale rinnegato noto come... la Belva Umana!
Proseguimento e conclusione al
prossimo capitolo.
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Capitolo 2 *** Narutozzi contro la Belva Umana ***
Narutozzi 2
Narutozzi
contro La Belva Umana
Il malcapitato ragioniere era ancora sottoshock, all'uscita del Chakra,
la famosa palazzina della Hokage S.p.a.
- La mia prima missione. - Balbettava in preda a shock. - E anche la
mia ultima.
Il dialogo di poco prima nell'ufficio del MegaHokage gli ripulsavano
nelle
orecchie giocando a carambola tra le pareti interne del cranio.
- L-la Belva Umana.
- Cosa c'è, Narutozzi, non si è
lavato bene le orecchie stamattina? La Belva Umana, il ninja criminale
rinnegato, che sta compiendo massacri indicibili. Ricercato sia da noi
che dalla Concorrenza.
Quella che veniva definita come 'concorrenza' era in realtà la temibile
ditta Rivale, l'Alba S.n.c., dove l'acronimo sta per Società Ninja
Crudeli.
Specializzata nella ricerca e nell'arruolamento di 'colonne portanti',
ovverosia essersi umani simbiotici con cercoteri giganti.
Camminando con passo malfermo lungo la strada, si guardò un'ultima
volta verso la sede.
Lì poté vedere il Direttore Maito nello svolgimento del footing
aziendale, seguito da uno stuolo di impiegati sistemati in improvvisate
tute da ginnastica.
In mezzo a loro vi erano il ragionier Rock-Lini e Maria-Neji-la.
Il primo lo salutò con un cenno della mano, il secondo gli mandò un
bacio al volo che provocò in Narutozzi una smorfia di disgusto.
- Ragioniere! - Urlò Rock-lini. - Si unisce a noi?
- Non posso! - Urlò Narutozzi di rimando. - Sono in missione.
- Una missione? - Rispose Rock-lini. - Congratulazioni, ragioniere! E'
il suo giorno fortunato!
Narutozzi girò la mano aperta con il palmo verso il basso,
alternativamente di novanta gradi, ad indicare un 'più o meno'.
E salutò di nuovo i due corridori, mentre questi sparivano dietro
l'angolo dell'edificio.
Sconsolato col suo dolore, Narutozzi iniziò a camminare mestamente
verso... non sapeva neppure lui dove.
Dove scovare il criminale noto come la Belva Umana.
Ma chi era davvero questa Belva?
L'Hokage glielo aveva spiegato.
- Si sospetta sia anche lui una
colonna portante. Questo spiegherebbe l'attrattiva che la Concorrenza
nutre verso di lui. Ma costui è un individuo potente, pericoloso.
Chiunque abbia avuto a che fare con
lui, Concorrente, Ninja della Foglia o civile, è finito....
- E'.... è finito?
- Crrrrr!
L'Hokage aveva passato un pollice lungo la gola, con un verso secco che
era più eloquente di mille parole.
Sgozzati, morti, massacrati, kaputt.
E lui era il prossimo.
- Ma... ma sua eminenza, perché
proprio io? Ci sono persone ben più capaci! C'è l'ingegner
Hatake, o l'avvocato Yuhi!
- Perché, mi duole ammetterlo, pur
con tutta la imbranatatiggine, inettitudine e goffaggine che da sempre
sono la vergogna della nostra ditta....
- C-com'è buona lei... - Ripeté ancora a vuoto, incerto se definirsi
lusingato o umiliato da quegli aggettivi.
- ... Lei ha qualcosa che nessuno di
loro ha.
Ma cosa? Questo, l'Hokage, non aveva voluto dirglielo. Lo aveva
letteralmente cacciato dall'Ufficio, intimandogli di terminare la
missione, o di venire terminato nel tentativo.
Forse era riferito alla turbolenza che sentiva dentro, un vortice
oscuro che gli premeva nelle viscere, un qualcosa di malvagio che ogni
tanto lo spiava.
Un qualcosa che fuoriuscì, fumante, direttamente dal deretano, quando
si rese conto di essere circondato da circa venti individui, tutti con
lunghi soprabiti neri con strane fantasie ricamate.
La Concorrenza.
E sembravano avercela con lui.
- H-ho la penosa sensazione di essermi appena...
- Abbiamo trovato l'obiettivo. - Bofonchiò uno dei presenti, con due
dita premute su una ricetrasmittente.
La risposta fu una voce gracchiante di cui non si capiva il timbro, ma
Narutozzi afferrò al volo la parola.
"Catturatelo".
Il Ninja chiuse gli occhi, sentendosi addosso tutti, ma li riaprì quasi
subito. Nessuno si era mosso.
Il tizio con la trasmittente, ancora incerto, volle comunicare il suo
dubbio.
- Vivo o morto?
"Non importa."
Quello fu il segnale autentico del via all'assalto.
Il primo ninja si avventò contro Narutozzi, ma si arrestò e fece un
balzo indietro.
- Dannato! - Imprecò. - Ha usato una bomba puzza!
- Che fetore pestilenziale! - Lamentò un altro. - Che tecnica micidiale.
- Ma no. - Disse il tizio con l'auricolare. - Semplicemente puzza
perché è una merdaccia!
Scoppiarono tutti a ridere.
- Scusate. - Balbettò Narutozzi, mentre due copie si materializzarono,
indossando mascherine, e cambiarono schifati i calzoni dell'originale,
impiantandogli un pannolone pulito.
Le risate da parte della Concorrenza continuavano.
Era il massimo dell'umiliazione. Narutozzi avrebbe voluto morire. Oh, beh, si consolò, tra poco lo farò.
Ma qualcosa si ribellò in lui. Non
posso morire ora. Si disse, Devo
trovare la Belva Umana.
Sarebbe morto lo stesso, lo sapeva, ma forse l'avanzamento di carriera
ci sarebbe stato. Con una pensione decorosa, almeno per mantenere la
sua fedele moglie e l'ambiguo cognato.
L'incoraggiamento della signora Hina gli risuonò nelle orecchie. "Io ti
ammiro moltissimo". Ebbe un attimo di sconforto per via che quella
parola non fosse 'amo', ma se la fece bastare.
Almeno una cosa la sapeva fare bene.
- Tecnica della moltiplicazione del corpo!
Ne apparvero dieci, venti, trenta, cinquanta!
Cinquanta copie di Narutozzi si erigevano come un esercito a fronte
agli aggressori.
- E adesso vediamo, chi son le merdacce! - Apostrofò, con tono di
trionfo.
Il ninja con l'auricolare non batté ciglio. Con un gesto distratto
lanciò un kunai, che si andò a soppiantare nella giugulare di un
Narutozzi, che cadde a terra in una nuvola di fumo.
Fu un attimo. Le altre quarantanove figure si diedero impietosamente
alla fuga, lasciando l'originale solo come un povero cretino.
Il gruppo dei Concorrenti si scrocchiò le dita, con sorrisetti sadici,
circondando il povero Narutozzi.
Il cerchio si stringeva sempre di più, mentre la patetica figura di
Narutozzi cercava di farsi più piccola che poteva.
Uno degli assalitori lo prese per un orecchio, torcendoglielo in modo
tale che Fantozzi cominciò a mugolare come un cane bastonato.
- Non credo di aver sentito bene. - Apostrofò il malvivente. - Chi è la
merdaccia?
- I-io! Io! Sono io! - Biascicò Narutozzi, indicandosi ripetutamente.
Con una smorfia di sprezzo, lo sgherro della Concorrenza lasciò andare
la presa.
Il ragioniere della Foglia sbatté il fondoschiena per terra come un
sacco di patate.
Iniziò la prima pioggia di calci e pugni.
Il povero Narutozzi neanche si rendeva conto di quanto stesse
succedendo. Si stava solo maledicendo per la sua sfortuna.
E nel mentre una sola domanda sorgeva: perché proprio a lui?
Perché venti sgherri della Concorrenza erano qui, per picchiarlo
ferocemente?
Cosa aveva lui che gli altri non hanno?
- L...la sfortun... - Balbettò come risposta, prima che un ninja
irritato lo calciasse in bocca.
- Silenzio, merdaccia!
La parola scurrile riportò Narutozzi alla figuraccia precendente.
Divampò in volto, rosso di vergogna, e coperto del rosso del sangue che
gli scorgava dalla ferite sulla fronte e sulla nuca.
In quel momento avrebbe voluto davvero morire. Vivere così una vita
infelice, svegliarsi, correre per fare un lavoro ingrato, disprezzato
ed usato da tutti, e neppure amato da sua moglie.
Qualcosa stonava nella sua vita, come se quell'esistenza non gli
appartenesse.
Lui era colui che sarebbe dovuto diventare Hokage, e non uno stupido
sogno ricorrente che lo accarezzava nel sonno, prima di gettarlo
nell'acqua gelida della realtà.
Sperava che presto un colpo di grazia lo avrebbe strappato
definitivamente a quell'incubo chiamato vita, per poter finalmente
tornare in quel sogno mai finito di Settimo Hokage, lo spazioso ufficio
con i ficus e la poltrona in pelle di Sasukalboni.
- In piedi!
La voce sprezzante lo riportò alla dolorosa realtà, mentre veniva
sollevato per le braccia.
Il ninja con l'auricolare guardò in faccia Narutozzi, livido e
gonfiato come un pallone da rugby, e sputò per terra, per resistere
alla tentazione di farglielo in faccia.
No, lo volevano vivo, nonostante tutto. Perché?
- Ma dai questa non può essere... E' una merdaccia!
Possibile che l'avessero scambiato per la Belva Umana?
Il dubbio suonò così buffo che abbozzò una risata. Nel farlo sputò un
dente.
Poi, un colpo secco.
Il ninja con l'auricolare cadde come una bambola, gli occhi persi nel
vuoto.
Un altro colpo secco. Un ninja cadde a terra, con un urlo. Uno zampillo
di sangue accompagnò il suo viaggio verso il terreno, e verso l'al di
là.
Risuonarono altri colpi, ed altrettanti membri della Concorrenza
caddero, decimati come mosche.
Con una dozzina di perdite subite prima ancora di rendersi conto di
cosa fosse successo, il gruppo si strinse attorno a Narutozzi, in cerca
dell'aggressore.
Costui si stava preoccupando di nascondersi, anzi, era lì, minaccioso,
temibile.
Narutozzi nel guardarlo non credeva ai suoi occhi.
Un uomo dall'aria matura, capelli bianchi brizzolati, con in mano un
ferro mai visto, che terminava in una canna fumante. L'abbigliamento
era inconsueto, adatto forse più a un civile. Una giacca a doppiopetto
color grigio fumo, pantaloni della stessa tinta e scarpe assolutamente
inadatte ad un ambiente selvaggio nel quale erano adesso.
Ma la cosa più sconcertante era l'espressione del viso: un concentrato
di ferocia e crudeltà che non sembravano neppure umani, uno sguardo
assassino e odiatore, un sorriso pienamente compiaciuto del massacro
che stava distribuendo agli avversari.
No, non poteva essere umano, concluse Narutozzi, non aveva mai visto
una simile mostruosità neppure nella temibile Mega-Hokage-Siderale.
Somigliava più ad un animale, a una....
- La Belva Umana! - Rispose atterrito un membro della Concorrenza di
fianco a lui, prima di venire freddato in piena fronte da un qualcosa.
Narutozzi guardò la Belva.
Il ferro che teneva in mano era puntato di volta in volta verso i
malcapitati. Ogni volta che la canna di quell'arnese si infiammava, un
secondo dopo un uomo cadeva, privo di vita.
A sentire le urla dei martiri, si poteva intuire la gioia del temibile
assassino, e anche capire il motivo di quel eloquente soprannome.
Gli ultimi quattro o cinque rimasti alla carneficina preferirono
abbandonare il campo e scappare per la loro vita.
La Belva ne raggiunse a distanza altri tre alle spalle.
- Qualcuno è scappato. - Si lamentò con disappunto.
Narutozzi era basito. Tutti quei cadaveri non erano già abbastanza?
La Belva si accorse della sua presenza, e sorrise.
- Ciao, merdaccia!
- Ma... ma come? Anche lei? - Domandò basito il ragioniere. Quel
soprannome era diventato persino più popolare dello stesso Narutozzi. -
Ma perché mi chiamate tutti mer....
Le parola si spensero in un 'Ah' di angoscia quando la Belva Umana gli
puntò contro la strana arma.
- Tu eri quell'imbecille dentro cui una volta abitavo...
Narutozzi non capiva, ma avvertì che non fosse la Belva Umana a
parlargli, quanto piuttosto qualcosa dentro di lui. Glielo poteva
leggere negli occhi: grandi, innaturali, carichi d'odio.
- Mi domando perché non ti ho ancora ucciso come un cane! - Tuonò la
Belva.
La minaccia spaventò Narutozzi, che si urinò addosso.
L'imbarazzante spettacolo donò una inaspettata nota di ilarità alla
Belva, che ridacchiò.
- Patetico, - Commentò, sputando per terra con disprezzo. - Come ti sei
ridotto, Naruto!
- Ah, bene! - Si rallegrò il Ninja. - Finalmente qualcuno che non
sbaglia il mio nom...
Il ferro puntato e un'occhiata assassina della Belva riammutilirono
Narutozzi, che si mise a tremare come un malato di Parkinson.
- P-per favore. - Implorò il ragioniere incontinente. - Metta via quel
cos... f...ferr...aggegg..
- Si chiama Calibro 45, imbecille! - Spiegò la Belva.
- M-ma non ho mai sentito parlare di questa tecnica! - Commentò il
povero Narutozzi.
- Puah, più ti guardo e più mi passa la voglia di spararti. - Sbottò la
Belva Umana, e con un gesto inatteso... gli lanciò la pistola.
Narutozzi se la ritrovò in mano, facendola balzellare tra le mani
impacciate, e infine l'afferrò.
- Ma... che significa? - Domandò incredulo Narutozzi.
- Ti sto offrendo la possibilità di affrontarmi con un po' di dignità.
- Spiegò la Belva. - Diciamo... in nome dei vecchi tempi.
Vecchi tempi? Ma Naruto costui non lo aveva mai visto in vita sua! Poi
capì.
Era palese che si stesse burlando di lui, come tutti gli altri, del
resto.
Sentiva ancora alle spalle le risate della Concorrenza. L'infame
soprannome, ripetuto più volte, anche dalla stessa Belva.
Tutto questo lo irritava.
- See, - Commentò Narutozzi. - Non creda di prendermi per il cu... -
Disse maneggiando l'arma. - Questa pistola è sicuramente sca...
Lo sparo risuonò nei timpani del Ragioniere, gli occhi spalancati e le
pupille ridotti a due moscerini impazziti, l'espressione irrigidita,
mentre la canna dell'arma ancora fumante era puntata sul solco che era
stato appena scavato tra i capelli di Narutozzi, miracolosamente, senza
penetrare nel cranio.
L'arma cadde per terra con un tonfo secco.
Pur in uno stato di shock, una consapevolezza lo colse. La Belva era
disarmata!
- Sono pur sempre Naruto Uzumaki! - Esclamò. - Farò la Tecnica della
Rasenkidama!
Era una tecnica ultra-temibile, richiedeva 437 kata con le mani da
svolgersi entro due minuti, si narrava che il fallimento di uno solo di
questi gesti avrebbe causato la fine del mondo.
Ma al tredicesimo kata Narutozzi fu impossibilitato a proseguire a
causa dell'informe ammasso di polpastrelli che si era aggrovigliato,
immobilizzandolo.
- Mi si sono intrecciati i diti! - Si lamentò.
La fine del mondo non era arrivata, ma forse in serbo vi era qualcosa
di peggio.
La Belva Umana aveva nel frattempo preparato una tecnica ninja che al
momento gli stava sfrigolando dalla mano destra.
- Il... il Mille Falqui! - Balbettò il ragioniere, atterrito. Avrebbe
voluto dire Mille Falchi, ma l'effetto che gli stava facendo era per
l'appunto paragonabile a mille dosi del potente lassativo.
Il Chidori andò a segno, e Narutozzi avvertì nella sua interezza la
scarica da diecimila volts.
La Belva Umana rise a squarciagola, accompagnato dalle urla di dolore
di Narutozzi.
Dopo alcuni drammatici minuti, finalmente la Belva Umana tolse la mano,
per godersi appieno lo spettacolo del moncherino annerito e fumante.
La gioia mutò in disappunto, quando si accorse che la sagoma
abbrustolita respirava ancora.
- Tutto qui? - Chiese Narutozzi. O meglio, la sua bocca si era
mossa, ma non era la sua solita voce. Era un tono disilluso,
rassegnato, ma anche insofferente. - Il mio primo incarico è stato
quello di parafulmine. Ho preso scosse peggiori di questa.
La Belva Umana tremò di rabbia. - Tu non sei il bamboccio! - Ruggì, con
un tono inumano. - Chi diavolo sei?
- Neppure tu sei ciò che sembri. - Continuò Narutozzi. -
Tu, che ti nascondi dentro il mio corpo.
- Questo è il mio nuovo ospite! - Ruggì la Belva Umana. - Sparisci
insieme a Naruto!
Detto questo, la Belva spalancò la bocca e soffiò una fiammata in
direzione di Narutozzi.
Davanti a lui, tuttavia, si materializzò una figura antropomorfa, che
fece da scudo al ragazzo.
La Belva guardò incredula, insieme a Narutozzi, il nuovo arrivato, ma
soprattutto, le sue strane sembianze.
- Un topo gigante? - Ringhiò la Belva. - Sei un cercoterio?
- Ma quale cercoterio e cercoterio. - Sbuffò il roditore. - Io sono il
proprietario di quel corpo che stai possedendo!
Nell'incredulità generale, il topo prese a raccontare la sua storia.
Era nato come un semplice, inetto, perdente essere umano, e come tale
era vissuto, insieme alla moglie Pina, la figlia Mariangela, la Nipote
Uga, il cognato Bongo, i colleghi Filini, Silvani e Calboni, e persino
il Mega Direttore Duca Conte Balabam.
Aveva lavorato tutta la vita, era andato in pensione, e alla fine era
morto, come succede a tutti.
Ma neppure in paradiso la cosa andava bene e, a causa di agitazioni
sindacali da parte degli angeli, era stato momentaneamente rispedito
sulla Terra.
Era stato chiamato di nuovo per andare in Paradiso, ma un altro
disguido burocratico lo spedì per errore in un altro mondo, quello di
Naruto.
- Il nome di quello sfortunato è il mio. - Concluse il topo. -
Permettemi di presentarmi. Fantozzi Ex-ragioniere Ugo. O meglio, la sua
anima provvisoria, prima che quell'impostore prendesse possesso del mio
corpo!
- E' stato un incidente. - Si giustificò la Belva Umana. -
Probabilmente nel venire in questo mondo ci siamo scontrati, con il
risultato di esserci scambiati di posto. Io sono cresciuto nel corpo di
questo vecchio, e non è stato piacevole, ti assicuro.
Non volle mai ammetterlo, ma la prima volta che l'impostore entrò nel
corpo dell'ospite, il pancione di quest'ultimo si era gonfiato a
dismisura, tale da credere di essere incinto.
Lo ospitò la Clinica ginecologica delle Suore Ninja Orsoline.
La prima volta che la bestia si manifestò, fu un massacro. L'intero
corpo ospedaliero fu fatto a pezzi, e l'edificio distrutto.
Da allora, colui che divenne famoso come la "Belva Umana", divenne il
criminale che oggi tutti conoscevano.
- Scusate se mi permetto. - Si intromise Naruto. - Ma cosa intendete
con 'scambiati'? Io...?
- Tu hai vissuto tutta la tua vita con quella pantegana dentro. -
Canzonò la Belva Umana. - Ed è anche colui che è la causa della
sfortuna che ti accompagnato per tutta la vita.
- E' impossibile! - Esclamò il ninja, esterrefatto.
Tutti quei guai, la scarsa autostima, l'amore impossibile per la
signorina Haruni, il mai realizzato sogno di diventare Hokage, le
disgrazie...era tutta colpa di quel topo?
- Ma poi perché proprio le sembianze di un topo? - Chiese ad un tratto
Naruto.
- Sono il segno zodiacale di Fantozzi. - Confessò Ugo. - Cioè, quel
vecchio signore che vedi davanti.
- Ma ancora non mi è chiara una cosa! - Affermò Naruto. - 'Scambio', io
quindi in origine avevo in corpo quello lì... - Indicò la Belva Umana.
- Quello lì, chi?
- Questo incidente ha creato una realtà alternativa. - Spiegò Ugo. -
Dove tu in effetti non lo hai ancora incontrato...
La Belva Umana sorrise, mentre a fianco a lui si materializzò una
figura gigantesca che Naruto riconobbe all'istante. Anche se era sicuro
di non averlo mai visto.
- Kurama, la volpe a Nove Code!
- In persona, bamboccio! - Ghignò il cercoterio. - E non ho nessuna
intenzione di tornare prigioniero nel tuo corpo!
- Questo lo vedremo! - Urlò Naruto, con uno strano coraggio che non
aveva mai provato prima.
In effetti, ora che si era staccato da Ugo, si sentiva totalmente
diverso rispetto a prima.
Fece apparire due copie di sé stesso, per preparare il....
- Rasengan!
Il ninja si lanciò contro la bestia.
I risultati, però, con gran stupore di Naruto, furono decisamente al di
sotto delle aspettative.
La palla di energia, dalle ridicole dimensioni, venne spazzata via da
un soffio della volpe, lasciando Naruto di sasso.
Kurama rise di gusto.
- Una volta ero io, la tua inesauribile fonte di chakra. Ma da solo sei
meno che mediocre.
La volpe sferrò una zampata contro Naruto, mandandolo a sbattere contro
uno degli alberi.
- Signor Uzumaki! - Urlò Ugo, preoccupato.
Kurama si limitò a soffiargli dalle narici uno sbuffo di fiamme, che si
appiccò alla pelliccia del topo.
Lo spettacolo patetico del ragionere ratto intento a scappare qua e là
con il fondoschiena fumante donò una nota di ilarità alla volpe.
Il topo, nella corsa, inciampò e andò a finire contro il suo involucro
originale. Entrambi caddero ruzzoloni.
La volpe si sentì tirare come un cane al guinzaglio.
- No! - Esclamò Kurama. - Stupido impiastro! Quello è il mio corpo!
Ugo sorrise. - Ah, sì? - E caricò in braccio la Belva, per portarlo
via, un po' barcollante.
- Accidenti, quanto pesa!
- Maledetto! - Sibilò la volpe. -Ti polverizzo! - Disse, preparandosi a
sputare fuoco.
- Tsk! Tsk! - Proclamò Ugo. - Se ci carbonizzi entrambi, puoi dire
addio all'involucro!
- Non prenderti gioco di me, merdaccia!
- Pronunciò Kyubi, cercando di afferrare il fuggitivo con i suoi
artigli.
Nonostante l'andatura goffa, Fantozzi era stato abituato ad anni di
fughe da creditori, capiufficio violenti, forze dell'ordine col
manganello.
- Vediamo se mi prendi! - Canzonò Ugo, quando gli arrivò un pugno in
faccia.
Era il suo corpo, ancora manovrato dalla Volpe, che si stava ribellando.
Arrivò anche la zampata del cercoterio, che immobilizzò il fuggitivo.
- E adesso, come si dice nel tuo mondo: sei fot-tu-to! - Urlò Kurama.
- Aspetta a dirlo.
La volpe si voltò, per trovare un Naruto sorridente e sicuro di sé.
Provò un moto di odio indescrivibile.
Era il Naruto di sempre, quello che in questa realtà non aveva mai
visto.
Ed aveva il sorriso di chi aveva un asso nella manica.
- Mentre tu giocavi ad acchiapparello con Fantozzi. - Spiegò Naruto. -
Ho avuto il tempo di finire i 437 kata in due minuti, senza
sbagliarne uno.
Una sfera azzurra, simile ad una supernova, si era materializzata nel
palmo della mano destra del ninja.
La Rasenkidama era finalmente pronta.
- Sei pronto per la tua sconfitta? - Urlò Naruto.
- Ma dimmi, - Domandò divertita la volpe. - Quale chakra userai, per
alimentare quella sfera?
Il dettaglio trascurato gelò sul posto Naruto. Kurama gli vomitò
addosso una valanga di fuoco, che lasciò un cratere nella zona
circostante.
Al centro del terreno abbrustolito, vi era Naruto, in fin di vita, con
la sfera che si faceva sempre più piccola e debole.
Kyubi rise ancora. - Rincuorati, comunque. Neanche con il mio chakra
avresti potuto lanciarla, e sai perché? - La volpe non attese risposta.
- Perché richiede un sacrificio. Il chakra di chiunque la usi viene
usato tutto per quella sfera, fino alla morte. Nessuna eccezione!
Naruto si maledì. Avrebbe dovuto aspettarselo da quella tecnica,
insegnatagli da Mega-Hokage siderale in persona.
Dopotutto, per una missione di tipo S, doveva per forza trattarsi di
una tecnica Suicida.
- Allora è così? - Commentò una voce strozzata.
Una figura goffa e imbranata aveva preso il coraggio a due mani e si
era alzata in piedi, poi era corsa annaspando contro la volpe, e gli si
era stretta a una zampa.
- Signor Uzumaki. - Disse Ugo. - Mi facci la cortesia di usare il mio
di chakra.
Naruto non credeva alle sue orecchie. Neppure Kyubi, a dire il vero.
- Ma cosa vuoi da me, moscerino? - Urlò il cercoterio, agitando il
braccio per levarsi di dosso quella piattola.
Anche Naruto, messosi in ginocchio, non voleva credere alle sue
orecchie.
- Sei stupido o cosa? Moriresti!
- Ma io sono già morto. -
Rispose Fantozzi.
Quelle parole colpirono Naruto come un pugno. E' vero, lui era solo
l'anima di Fantozzi, ma...
- Io vorrei solo andare in paradiso, ma.. - Spiegò Fantozzi, aggrappato
come un koala al braccio del cercoterio. Fece una pausa, perché gli
stava venendo da vomitare. - Come posso andarci, sapendo che il mio
corpo, quaggiù, ha ucciso, ha fatto tante vittime innocenti?
- Ma non sei stato tu, è stata la Volpe! - Protestò il ninja.
- Io desidero solo che tutto questo non sia mai accaduto! -
Continuò Ugo. - Non è quello che desidera anche lei?
Naruto si vergognò per aver maledetto così la sua vita. Non seppe
neppure il perché, quando alcune lacrime cominciarono a cadergli.
- Ma io e te siamo stati assieme da... da sempre. Anche se non lo
sapevo, io...
Naruto non sapeva neppure cosa stava balbettando. Sapeva però che con
la Rasenkidama, avrebbe perso un amico, e ciò gli straziava il cuore.
- Non puoi chiedermi questo, io...
- Neppure se glielo chiedo come amico?
Le parole di Ugo lo trapassarono come una freccia. Era la sua ultima
richiesta?
Sia Naruto che Fantozzi sapevano che con quel colpo tutto avrebbe
smesso di esistere.
Anni di vita, sia pur infelice, avrebbe cessato in un colpo.
No, non è così. Gli disse
l'immagine del topo.
Non sarebbe scomparso nulla. Avrebbe solo reiniziato da capo.
Loro in origine non avrebbero mai dovuto incontrarsi, eppure era
successo.
Chissa se, un giorno, magari.
Se è destino, sicuramente così sarà.
Non importa quali realtà o quante realtà si sovrapporranno tra noi.
Il ninja non esitò oltre.
Bastò uno sgambio di sguardi, mentre urlando, come a sfogare tutto il
suo dolore, la vista annebbiata da ingombranti lacrime, Naruto partì
all'attacco, la sfera gialla coloratasi di un vistoso grigio topo, ma non spenta, anzi.
Stava diventando sempre più potente.
Kurama guardò scioccato quella sfera. Sapeva che non sarebbe morta. Ma
sapeva anche che, tecnicamente, non sarebbe mai stata libera.
Che noia, si disse. Si ritorna tra buio e catene.
Ugo rilassò l'espressione, chiuse gli occhi e fece un grande sorriso.
Grazie, amico mio.
Naruto si svegliò, e si guardò attorno.
- Hina? - Ma era solo. Si alzò di scatto, e guardò fuori dalla
finestra. La foresta c'era.
Qualcuno, dalla strada, lo salutò. - Hey, Naruto! Bella giornata, eh?
Vieni a fare una corsetta?
Rock Lee. E non lo aveva chiamato Narutozzi!
Ma... Narutozzi chi?
Si grattò la testa, ebbe l'impressione di star dimenticando un sogno. -
Sicuramente quello in cui sono Hokage! - Si disse, anche se non con
troppa convinzione. Ma risoluto proseguì. - E un giorno lo realizzerò!
Vero, Ugo?
Ugo chi? Si chiese. Poi
fece spalluce e si avviò verso la porta.
Era l'inizio di un'altra giornata di avventure.
---
- Dove diavolo sono finito?
- Si chiese il Ragioniere, alzando la testa dalla scrivania.
Si guardò intorno.
L'Ufficio, il familiare reparto Sinistri della Megaditta.
La solita, banale, noiosa giornata di lavoro.
Ma si scoprì di buon umore e con una strana energia. Forse il sogno che
aveva fatto era stato particolarmente avventuroso.
Si sentiva quasi un eroe.
Posò gli occhi sulla scrivania, e fece un'espressione stupida.
- Che razza di pratica è? - Commentò, guardando il fascicolo nero,
macabramente rilegato con una copertina che sembrava pelle umana. Che
fosse una pratica recapitata direttamente dal Mega-direttore in persona?
Lesse la scritta sulla facciata una scritta in caratteri antichi e
gotici.
Death Note.
- Lascia che ti spieghi ogni cosa.
Fantozzi alzò lo sguardò e trasalì. Era di certo il collega più brutto
che avesse mai visto, dalla risatina inquietante e gli occhi a palla,
nonché la carnagione fin troppo chiara... quasi un vampiro.
Forse era dell'Ufficio Prelievi e Versamenti, concluse.
Ed ascoltò, con la spiacevole sensazione che quello non sarebbe stato
un giorno come gli altri.
FINE
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