Il destino delle ribelli

di Gufo di ebano
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorelle per la libertà ***
Capitolo 2: *** Tre ragazze per una prova ***
Capitolo 3: *** La speranza è l'ultima a morire ***
Capitolo 4: *** La profezia ***
Capitolo 5: *** Due spade ed un cuore ***
Capitolo 6: *** Le terre del ghiaccio ***
Capitolo 7: *** Guerra di fenice ***
Capitolo 8: *** Combattimento contro il Tempo ***



Capitolo 1
*** Sorelle per la libertà ***


Questo è il primo capitolo della mia prima storia ( e ne seguiranno molti ma molti altri). Spero vi piaccia!


Freddo... Terra dura. Erano quelle le prime sensazioni gli mandava il corpo steso per terra. Intorno a Dektera non c'era altro che una luce ambrata. Pian piano si delineava un bosco... Cercava di alzarsi, ma le gambe gli cedevano...  C'erano dei segni rossi sulle sue gambe. 'Prova a toccarli' le disse una voce nella sua testa; all'istante un dolore sordo gli percosse il corpo. Era viva.

Shira si alzò dal suo letto; i tre soli che brillavano nel cielo riscaldavano la cella in pietra... Sorrise. L'ultima gara di tiro con i coltelli era finita male... Quell ubriacone di Nag aveva insinuato che avesse barato, ed i due pugnali a forma di serpente erano finiti a pochi centimetri da piedi dell'uomo. 'Non mi sfidare' aveva detto con un mezzo sorriso, e lui aveva cercato di aggredirla. Come al solito.  La cella era umida e le catene arrugginite; Zara era un paesino di campagna, ed era facile fuggire dalle prigioni malandate. Un tintinnio aveva rivelato quello che qualcuno aveva fatto cadere dalle sbarre che davano sulla piazza del mercato: una lima. 'Tanto hai tempo' pensò lei. Se fosse stata abbastanza silenziosa le guardie non l'avrebbero sentita.

Un momento dopo correva insieme a Gherar,il suo Mutaforma... Non lo aveva mai visto nella sua forma normale ma si divertiva tanto a immaginarlo nelle forme più disparate. Leopardo , scoiattolo, pappagallo... Ma non c'era tempo per pensare adesso, dovevano fuggire... 'Andiamo Gher' pensò lei. Il gatto nero che poco prima saltava tra i rami adesso era la lince che accompagnava una strana ragazza dai capelli neri e blu.

Si sedette sull'erba; chissà che effetto avevano fatto... Lei, una ragazza con tanto di tuta di pelle nera, pugnali da lancio e spadone... Gherar adesso, una lince abbastanza grande da essere cavalcata e con due occhi verde smeraldo, ma aveva già cambiato forma per andare in ricognizione. Erano una coppia strana loro due, due estranei che si erano incontrati in una prigione; 'Vediamo come se la cavano le due Bestie' aveva detto la guardia della prigione di Hetra, uno dei carceri più attrezzati per tipi come loro... Le guardie ridevano quando la vedevano, ma Shira aveva fatto spegnere quelle risatine da quando Gherar aveva cominciato ad accompagnarla nel carcere. Era quasi comico vedere come i prigionieri ( principalmenti uomini collerici e puzzolenti) si ritrevano da quel demonio dagli occhi verdi, e sarebbe stato ancora più strano vedere i mezzi sorrisi dei carcerati quando la guardia aveva avvisato della fuga di Shira.E adesso era lì, una ricercata...

Gli alberi si muovevano intorno a lei... Cadeva per terra e si rialzava, ma la terra le sfuggiva da sotto ai piedi. Si svegliò con un suono improvviso; un insieme di note stonate echeggiarono nell'aria, e Dektera fece appena in tempo a evitare le decine di frecce che si lanciavano fameliche verso di lei; in un momento lanciò i suoi pugnali che disegnarono un arco fino alle gole degli arcieri e un altro luccichio fini gli altri... erano tutti stesi per terra , agonizzanti. Era il terzo agguato che evitava; dopo la fuga dal bosco dove si era ritrovata le sue armi avevano trovato modo di essere usate, e anche Sherar aveva avuto la sua parte. 

Shira si alzò di scatto, e corse verso la fonte del rumore che l'aveva fatta alzare; in un istante il pugnale cercò la gola della vittima, e l'altra lama fu altrettanto lesta...Ma in quella ragazza c'era qualcosa che le assomigliava quasi paradossalmente... Gli stessi occhi viola, gli stessi capelli neri e blu...
'Non può essere lei...' pensò lei... E corse ad abbracciare Dektera, la sorella che credeva morta nella fuga da Hetra.

Avevano ucciso le decine di guardie che sorvegliavano le due prigioni di massima sicurezza, due furie che lanciavano pugnali e portavano morte, e ad accompagnarle erano i due Mutaforma, due tigri che combattevano senza esclusione di colpi contro chiunque osasse ostentare una lama. 'Finalmente libere' avevano detto le due combattenti con una risata dopo essere volate via su Gherar e Sherar verso il Rifugio. Era un labirinto di tunnel che si snodava tra le montagne, e l'unico modo per non perdersi era capire il codice che si nascondeva in un incisione sulla porta di roccia. Lo avevano scavate da piccole. 'Ci servirà' avevano detto... ed era proprio vero; il Rifugio non era mai stato scoperto da nessun viandante o guardia.        

I tre soli splendevano sulle montagne che nascondevano da tempo il Rifugio.                              
'Il prossimo obiettivo è Cira' aveva detto Shira indicando un puntino sulla cartina.                        
'Dovremmo liberare i carcerati di ogni singola prigione di Mannas?' aveva sospirato Dektera                
'Lo sai che il nostro esercito deve essere il più grande possibile'                                                          
 Era quello il loro obiettivo; raggruppare un esercito abbastanza grande da spodestare il tiranno che aveva invaso le Quattro terre: Mannas ( al Nord), Rekta ( ad Est) Tanara ( al Sud) e Glader ( ad Ovest). In ogni prigione in cui entravano i carcerati cominciavano a ribellarsi, a strepitare, a fare di tutto per cercare di aiutarle; una volta un condannato a morte aveva sottratto ad un boia la scure e aveva comiciato a reclutare altri prigionieri, ed erano usciti trionfanti verso il Rifugio. Ed era lì adesso che si ritrovava il loro esercito, tra un viavai di carcerati liberati dagli altri combattenti, messaggeri che li aggiornavano su tutto quello che accadeva all'infuori e persone comuni  che si volevano aggregare alla Comunità.                            

Vivere lì dentro era duro; i contadini potevano coltivare solo quello che cresceva con la poca luce che filtrava da un enorme buco situato sulla cima della montagna, i combattenti dormivano nei letti appena sbozzati che si trovavano piani bassi insieme al tesoro comune, e il resto del tempo lo passavano a cacciare selvaggina per la Comunità o conquistare villaggi e prigioni, mentre i messaggeri dovevano andare in anonimato per tutte le Quattro terre per informarli di tutto.

Cira era facile da prendere; le truppe si schierarono nella zona limitrofa ai boschi , e in breve conquistarono il villaggio. Chi avesse voluto aggregarsi a loro doveva essere degno di fiducia, e gli altri venivano lasciati in pace nel villaggio, liberi di condurre la loro vita come sempre. Con Cira le terre di Mannas erano conquistate, e una parte del loro piano si era compiuto.                   

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Capitolo 2
*** Tre ragazze per una prova ***


Kaira era la figlia dell'Imperatore, ma non era la solita ragazza tutta pizzi e trine; a dire la verità era un maschiaccio. Aveva distrutto uno dei banchetti del padre affermando che 'C'era una mosca sulla torta', passava il tempo esercitandosi nel tiro con l'arco e lanciando pugnali, ed una volta era addirittura salita sul torrione del castello per far smettere gli allevatori di maltrattare gli animali. Tara, la regina, era stata avvelenata, e la ragazza aveva ancora lasciti di quello che era successo, ma la vendetta esigeva ancora il suo prezzo.

Dektera quella mattina si alzò inquieta. Non avrebbe saputo dire il perchè,ma qualcosa aleggiava nell'aria quel giorno . Forse furono l'incessante rumore che l'aveva svegliata o la frenetica attività del Rifugio, ma alla fine quel qualcosa venne  sotto forma di un messaggero dai capelli biondi e gli occhi verdi. 'Mia signora, Shira è stata rapita!' aveva esclamato lui, e Dektera era svenuta sul duro pavimento di roccia. Solo l'incoscienza poteva dargli una ragione per continuare a vivere.

Shira si svegliò intorpidita, come se qualcuno l'avesse drogata. La testa le faceva male, e faticava persino a parlare. Era in una stanza umida, le braccia legate da ceppi pesantissimi attaccati alle catene. 'Dove sono?' si era chiesta la ragazza... la risposta era venuta dopo qualche ora, a giudicare dalla luce che filtrava nelle finestrelle sbarrate, e si era posta più terribile di quanto avesse immaginato. In quale posto una ragazza armata si sarebbe potuta trovare senza armi? La riposta era semplice. Una prigione. Hetra. E per la prima volta dopo tanto tempo Shira si mise a piangere disperata.

Un affondo colse di sorpresa Kaira, ma la ragazza scartò velocemente il colpo, mirando a una congiunzione malamente nascosta nell'armatura dell'avversario. La lama affondò nella gamba dell'uomo come burro. E in quell'istante il sangue sgorgò dalla ferita, prorompente... C'era troppo sangue! 'Aiuto! Ho bisogno di aiuto!' Aveva gridato Kaira, e le guardie erano accorse velocemente, ma non abbastanza da poter salvare l'uomo che adesso giaceva in modo scomposto in una pozza di sangue. 'Forse è ancora vivo, forse è ancora vivo!' aveva sperato la ragazza. Ma la pelle dell'uomo era diventata pallida e fredda, gli occhi si erano annebbiati. Era stata lei ad ucciderlo, era stata lei ad uccidere l'uomo che amava, l'uomo che adesso la guardava dolcemente dall'Altro mondo.                                                                            
' Addio Harer'


'Dobbiamo liberarla!  Non possiamo lasciare uno dei nostri condottieri più capaci in mano al nemico!' aveva esclamato Dektera nella Sala dei Consigli davanti a un gruppo di anziani che guardavano spauriti quella furia.                                                                                                                  
'Nessuno dovrà sapere di questo' aveva detto la ragazza, con un pò più di controllo                        
'Se il popolo lo saprebbe farebbe troppa pressione sui vertici militari, e potremmo finire la nostra missione in una carica folle contro uno dei carceri più sorvegliati delle Quattro terre'    
'Quanti contro la proposta di Dektera?' aveva declamato  uno degli Anziani.                                    
Nessuno aveva votato contro la condottiera.                                                                                            
'Quanti a favore?' ripetè l'uomo                                                                                                                          
Stavolta tutti gli anziani votarono, con grande soddisfazione di Dektera. Se il suo piano avesse funzionato Shira sarebbe ritornata a casa in poco più di una settimana.

Il boia era un uomo imponente, massiccio, che incuteva timore. Shira sapeva cosa volevano; estrargli con qualsiasi mezzo delle informazione sui ribelli, e se non avesse detto niente nemmeno con la tortura sarebbe stata lasciata morire per fame e sete, chiusa in una prigione asfittica e minuscola, ed il suo corpo esposto sulle mura del carcere insieme a quelli di molti altri come esca per i ribelli, che avrebbero attaccato il carcere sacrificandosi inutilmente. Come da manuale Shira si era rifiutata di dire alcunchè sui ribelli, e il boia aveva estratto un astuccio pieno di coltelli di ogni misura, pinze metalliche, catene, spilloni...          
Aveva acceso un fuoco ( cosa di cui lo avrebbe ringraziato in diverse circostanze) in un treppiede di bronzo dove aveva lasciato alcuni coltelli, e adesso sceglieva degli spilloni, prendendoli in mano uno a uno, come assaporando in modo perverso il potere che esercitava su di lei. Il boia prese gli spilloni e gliene conficcò  sempre di più grandi nella schiena; urlare equivaleva ad arrendersi, ma Shira non potè trattenersi quando sentì i coltelli incadescenti che le cauterizzavano la schiena. Quella era la sua prova. E la doveva superare.

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Capitolo 3
*** La speranza è l'ultima a morire ***


Le due gemelle si svegliarono in un prato. Due neonate senza un'identità, senza un nome. Guardavano ammirate il bosco, un intrico di alberi e fiori selvatici, ma qualcosa
non andava. Due linci dagli occhi verdi venivano verso le neonate; le bambine svenirono, così non poterono vedere che i due animali le portavano in una tana.


Dektera urlò... 'All'attacco!'. La carica partì dalla piccola collinetta che avevano scelto. Dektera saltò giù da Sherar, e falciò i tre soldati che le si paravano davanti. Evitò un affondo da dietro e con una piroetta la spada disegnò un florilegio fino agli spallacci dell'avversario, che finì per terra; saltò di nuovo in groppa al Mutaforma e si diresse verso le prigioni. Con una spallata abbattè la porta di legno marcio e bastarono pochi colpi di spada per tagliare le catene dei prigionieri, che derubarono l'armeria della prigione e uscirono prendendo di sorpresa i soldati. In pochi minuti se ne andarono dal villaggio, reclamando per se una parte di Glader. Ogni singolo villaggio era importante per avvicinarsi a Shira.

Shira non aveva abbandonato la speranza, anche se il boia oramai la torturava più volte al giorno; la sua schiena era deturpata da profonde ferite e croste scure.  Se aveva pouto sopportare le prime torture, ora anche stare da sola le procurava dolore; le croste si rompevano esponendo la pelle viva all'aria congelata del carcere, le mani martoriate dalle pinze erano piene di segni sanguinolenti, e dai polsi e dalle caviglie stillavano gocce di siero e sangue. Provare a liberarsi non era servito a niente... le mani non sarebbero passate nelle manette nemmeno se ci fosse stato solo l' osso, e le cavigliere la stringevano così tanto da formare vescicole dolorosissime che esplodevano lasciando colare il liquido per terra.        
Un rumore l' aveva svegliata; era la sua razione di cibo. Oggi le era capitata mezza pagnotta dura come un sasso e una zuppa stopposa di colore verdastro. Avrebbe dovuto aspettare per mangiare fino a quando il boia non l' avesse torturata. Forse c'era ancora speranza... e quella speranza era nei suoi vestiti. Un insettino. ' Gherar!'

Kaira si agitava nel suo letto, insonne. Era in una battaglia, e in mezzo all'aria fumosa e maleodorante c'era Harer, sorridente. Ma al posto di abbracciarlo Kaira non aveva potuto far altro che vedere la testa dell'uomo cadere a terra, tranciata da un altra persona. Si era girata, e dietro ad Harer c'era lei, con gli occhi cerchiati dalle notti insonni ed un pugnale in mano. La ragazza si svegliò. I suoi incubi tornavano a tormenterla ogni sera; il giorno Kaira non era più una ragazza spensierata e felice... Quello che vedeva allo specchio non era più  lei. Adesso il suo aspetto poteva assomigliare a un fantasma; gli occhi cerchiati di nero, le pupille dilatate, la pelle bianca come alabastro la facevano sembrare un cadavere.                    
Non ce la faceva più. Prese una sacca, i sandali, il mantello e i suoi cari pugnali e la spada... La spada sarebbe stata il ricordo di Harer. E Kaira adesso non era altro che un puntino nel nero della notte.

Dektera rifletteva nella sua stanza; Mannas era in mano loro, ma oltre ad aver liberato i prigionieri delle terre del Nord i ribelli non avevano conquistato nessun pezzo di territorio concreto... Perchè era così  difficile? Se avesse conquistato Hetra lo avrebbe fatto a costi di vite umane, ma la notizia della scomparsa di Shira avrebbe potuto trapelare da un momento all'altro, e i ribelli si sarebbero demoralizzati lasciando terreno facile per il nemico. Poteva fare una sola scelta. Forse avrebbe lasciato allo
sbaraglio i ribelli, ma se la ricompensa era rivedere Shira sarebbe partita... Hetra la aspettava.

Le due neonate erano state allevate da una famiglia vicino al bosco, composta da marito e moglie. Lei passava il tempo a cucire e badare agli animali, e lui coltivava la terra... ma nel tempo libero insegnava alle bambine l'arte della guerra, con spade di legno e lance finte. Se l'avrebbe scoperto sua moglie di sicuro lo avrebbe lasciato, ma le due bambine ( che avevano solo cinque anni) si dimostravano promettenti per difendere la campagna. Il vecchietto rise. non era da lui fare discorsi a lungo termine. Un secondo dopo il suo corpo era riverso a terra in una pozza di sangue. Le bambine urlarono.
  Nda: chiedo scusa a tutte le persone che seguono le storie di Kaira, Dektera e Shira, ma in questi giorni non penso di poter riuscire a pubblicare un altro capitolo...  Ho una specie di blocco ( e chi scrive lo sa bene!)... Spero che passi!

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Capitolo 4
*** La profezia ***


Scusate per il ritardo, in parte ho superato il blocco dello scrittore, ma da adesso in poi farò capitoli più lunghi. Buona lettura!

Gherar aveva sorvegliato Shira dalla sua cattura; anche se la ragazza era incosciente il  Mutaforma aveva memorizzato tutto la strada che avevano percorso. Erano partiti dal Rifugio, avevano attraversato tutte le terre di Tanara e si erano diretti verso Glader. Gherar era riuscito a non farsi notare solo quando le guardie si furono fermate in una taverna; i due uomini erano ritornati ubriachi fradici. Da insettino innocuo il Mutaforma si era trasformato in un boa enorme, che aveva stretto le guardie fino a farle svenire... ucciderle sarebbe stato troppo faticoso e sporco. I due erano volati verso Tanara, ma una carovana di commercianti li aveva trovati... gli uomini si erano offerti di curare Shira ( ancora incosciente), e avevano parlato con Gherar ( che si era trasformato in una umana). Solo dopo aver curato Shira dalle lievi ferite che i soldati le avevano inferto per tramortirla, i commercianti si accorsero che la ragazza appariva su ogni manifesto delle Quattro terre con una taglia di 400.000 monete d'oro, e, a patto di non chiamare nessun soldato una volta arrivati, gli uomini li avrebbero accompagnati in un villaggio vicino al Rifugio. Gherar, sotto forma di umano, era stato drogato con il fumo che i commercianti producevano dalle loro pipe, e giaceva inerte nel carro, nascosto da balle di fieno e cassoni. Quelli li condussero a Nord, verso Hetra, ma tra Glader e Mannas si trovava la Terra dei Draghi. Gli uomini sembravano armati contro  tutti i pericoli, ma niente poterono contro le fiamme che le bestie lanciarono. I due scapparono, ma Gherar non si accorse di andare verso la fredda Mannas... la fine del loro viaggio fu una caduta davanti ai cancelli di Hetra. Fortunatamente il Mutaforma sembrava morto, quindi riuscì a infilarsi nei vestiti di Shira, e ad entrare nel carcere senza farsi scoprire... l'unico problema adesso era come uscire.

Shira non era più stata torturata; i carcerieri volevano estorcergli le informazioni lasciandola senza acqua e senza cibo, ma la ragazza riusciva a sopportarlo grazie a Gherar. Il Mutaforma era riuscito a catturare un Neshito, un piccolo e veloce insettino che veniva usato sia come chiave ( grazie alle sue zampette flessibili) sia come messaggero ( per le sue 7 ali che gli permettevano di volare come una libellula). Ogni Neshito era in grado di aprire tutte le serrature di Hetra, ma ogni serratura aperta corrispondeva a una zampa rotta e non più funzionante; Gherar doveva catturarne tre  ( uno per ogni quattro ceppi) né facendosi notare  né facendo notare i furti. Ogni tre o quattro ore una guardia controllava di sfuggita Shira, ma la ragazza se ne era accorta; aveva quindi un intervallo di tre ore per liberarsi e fuggire dalla sua cella, senza farsi notare e considerando che la sorveglianza strettissima. L' unico problema era Ertas, l' uomo che era stato imprigionato nella sua cella; la sezione di sicurezza massima era l'unico posto per un traditore dell'Impero. Ertas veniva torturato come lei, e adesso erano tutti e due a digiuno, ma, con il permesso di Shira, Gherar avrebbe potuto liberare anche lui; ma c'era qualcosa tra i due carcerati... le guardie lo leggevano nei loro occhi. C'era la stessa furia cieca, lo stesso odio... ma anche la stessa dolcezza. Quando quei due si guardavano i loro occhi scintillavano, come accesi da un sentimento che ad Hetra non si conosceva. Forse era impossibile, maltrattato e non riconosciuto, ma tra quei due era nato amore.

Dektera quella notte non aveva perso tempo; era partita di sottecchi con Sherar, diretta verso Hetra, con una missione da compiere. L'unico peso che portava addosso erano le armi; l'arco,  i pugnali gemelli  e la spada. Li aveva fatti forgiare da Kraet, un fabbro  famoso per le sue meravigliose opere di morte. I quattro pugnali erano usciti dalla forgia affilati come rasoi, con i serpenti di freddo acciaio che si avvinghiavano sull'elsa leggermene piatta; le lame erano leggermente curve, di un metallo duro e tagliente, dal colore grigio scuro striato di rosso. Le spade , invece, erano impreziosite da due draghi che parevano vivi; incisi squama per squama, con gli occhi che sembravano lanciare fuoco e la bocca piena di denti irti e aguzzi, le due bestie impietrivano chiunque le guardasse. La lama delle due spade era sottile ma resistente, fatta per essere maneggevole e allo stesso tempo letale, pronta ad infilarsi in ogni minuscolo buco nell'armatura di un nemico e affamata di sangue. Le erano costate moltissimo, più della taglia che gravava sulla testa di Shira e sulla sua messe insieme, ma a quell'epoca non era stata lei a pagare; quelle armi erano il regalo di una persona che ben conosceva. Un rumore la riscosse dai suoi pensieri; il volo verso Hetra era pieno di fastidiosi nemici. Alcune volte semplici carovane di commercianti o soldati, altre cuccioli di drago che provavano le loro piccole ali nel cielo. La maggior parte delle volte erano innocui, ( rispetto al grandi draghi che i Mutaforma diventavano per spostarsi) ma con alcuni adulti si era scontrata finendo per combattere per la vita. Una freccia le passò vicino fischiando, e Sherar scese in picchiata; un centinaio di soldati puntava il drago. Se fosse stata sola i soldati averebbero avuto una trentina di perdite, ma il Mutaforma li avrebbe sterminati tutti. Sherar lanci una fiammata contro il plotone, facendo andare a fuoco archi e soldati, mentre Dektera lanciava frecce ad una velocità impressionante; le punte di metallo trapassavano metallo e carne come se fossero burro, e dalla folla si levavano urli di dolore. In un tentativo disperato alcuni soldati lanciarono le loro picche contro il drago, ma le armi ( troppo pesanti e imprecise per andare a segno ) non sortirono alcun effetto sulla bestia. Dektera fece un agile balzo fino a terra, e uccise l'ultima decina di soldati lanciando pugnali e mulinando la spada; risalì in groppa a Sherar, volando più velocemente che poteva verso Hetra. Per tutto il tempo che avrebbe impiegato per liberare Shira, il Rifugio non avrebbe avuto nessuna guida, ma ne valeva la pena.

Kaira si era diretta lontano dalle fredde terre di Mannas. Era riuscita ad imboscarsi come clandestina in una carovana diretta verso Tanara. Il sole impietoso del Sud già si faceva sentire nella parte centrale di Rekta, ma la carovana avanzava inarrestabile. Gli uomini viaggiavano sui Gyor, enormi leopardi alati che venivano usati per spostamenti veloci. Ogni  animale era dotato di sei zampe, un paio di zanne e una pelle piena di cellule pigmentanti che gli permettevano di cambiare colore. Le ali erano completamente mimetizzate sulla pelle, abbstanza grandi da poter sollevare il corpo del Gyor in volo, ma abbastanza elastiche da compiere brusche virate o manovre improvvise. I Gyor venivano catturati nelle terre che si trovavano al centro di Glader, nascosti in enormi tane scavate nella sabbia o nel ghiaccio, copletamente inacessibili per qualunque uomo.                                                                                                                              
Nessun carovaniere l'aveva riconosciuta, e questa andava a sua vantaggio. Se Lagar avesse saputa che sua figlia se ne era andata avrebbe sguinzagliato pattuglie di soldati, spie e assassini per riportarla alla noiosa vita di palazzo; la vita che per Kaira era completamente priva di un qualsiasi divertimento. I nobili estorcevano ( in modo cortese...) i soldi a suo padre con lusinghe untuose, e lei era stata presa di mira da subito. 'Oh ma che bella che sei','Di chi potrà essere una figlia tanto talentuosa?'... tutto mirati a ottenere i favori di Lagar. Nelle terre a nord di Tanara tutto era tranquillo, ma ad un certo punto un grido squarcio l'aria. E un altro. Soldati. L'incubo era ricominciato, e le armi della principessa voleano riassaggiare il sangue.

Le due ragazze erano fuggite dal massacro, due ombre scure che si confondevano nella fitta foresta. La notte le accoglieva materna, coprendo il rumore dei loro passi con il frinire delle cicale e dei grilli. L'unico riparo erano gli alberi; le due presero una coperta e si rannicchiarono tra i rami e le foglie delle grandi querce. La mattina dopo cercarono un riparo più sicuro; gli alberi erano un rifugio , ma solo quando non ci fossero tempeste o semplice pioggia. Nel raggio di chilometri e chilometri un posto aveva attratto le due ragazze ; una caverna. Da qualsiasi punto di vista era impossibile da notare, e lo avevano individuato grazie a una bandana messsa a mo' di bandiera. Quando le due entrarono, si trovarono in un antro di pietra, il soffitto basso e sofocante, e svariati tunnell che si snodavano per chissà quanto nelle montagne. Nei cunicoli non vi erano altro che pipistrelli, insetti e muffa, ma qualcosa aleggiava nell'aria. Sembrava un ronzio, uno di quelli che producevano i grandi insetti delle paludi quando volavano. Dal buio emerse un'enorme mantide, gli occhi rossi e sferici che mandavano lampi, e le zampe seghettate che si protendevano fameliche. Le ragazze si separarono in due direzioni diverse, sfoderarono i pugnali e mirarono alla testa dell'insetto; il sangue sprizzava dalle ferite dell'animale, scuro e denso come un buco nella pietra. La mantide si girava in continuazione verso le due, cercando di colpirle e di far finire quell'assalto. Una delle due scivolò sotto la pancia dell'animale estraendo il pugnale, mentre l'altra spiccò un salto e mirò alla testa dell'insetto. Un istante dopo la bestia si ritrovò con i visceri stesi sulla nuda roccia e la testa recisa.   'Complimenti ragazze, non avevo mai visto degli umani battersi con così tanta abilità!' a parlare era stato un vecchio. La pelle azzurrina, in quel buio, luminesceva come albastro; la figura piegata del torso gli conferiva una posizione tesa, quasi volesse scagliarsi contro di loro da un momento all'altro. Tra le mani allungate  teneva una sciabola (ricavata quasi sicuramente da uno degli animali che viveva nelle grotte); l'elsa era zigrinata, ricoperta di una pelle rosso scuro, e assomigliava vagamente ad un teschio umano. La lama era sicuramente in osso, ma riluceva stranamente nella penombra. Dentro la lama, infatti, ondeggiavo un liquido argenteo, e la spada emanava un calore leggero.                                                                                                                                                                                               'Trecento anni solo per due ragazze?  Vedremo se sarete all'altezza...' aveva sussurrato il vecchio. Un momento dopo le due erano stese a terra, addormentate.             Finalmente le Prescelte erano arrivate.

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Capitolo 5
*** Due spade ed un cuore ***


Dektera continuava il lungo, estenuante ( e purtroppo segreto) viaggio verso il carcere. L'unico problema, fino a adesso, era superare la Terra dei Draghi, una striscia di terreno che univa Glader e Mannas; le bestie attaccavano chiunque ( e qualunque) persona o animale che attraversasse l'abisso. I Draghi abitavano in profonde tane scavate sui costoni del canalone, dove crescevano i piccoli; le uova ( maculate o di un solo colore) si schiudevano dopo pochi mesi, e i piccoli diventavano adulti entro quattro anni. In quel periodo i Draghi cercavano una compagna, e forse Dektera sarebbe passata inosservata tra le guerre a cui i le bestie davano inizio. Se Sherar fosse stato troppo grande lo avrebbero potuto attaccare, mentre se fosse stato troppo piccolo sarebbe stato attaccato comunque. La ragazza si schiacciò contro il dorso del Drago, e Sherar entrò nel canalone; sulle pareti del canyon erano appollaiati Draghi di ogni genere. A scaglie verdi, rosse, viola, gialle... la maggior parte aveva corna sulla testa o sulla spina dorsale, ma alcuni presentavano anche creste o spine. Uno in particolare preoccupava Dektera, un grande Drago rosso, striato di nero ed oro... lo chiamavano Tauren; davanti alla sua tana erano ammucchiate carcasse mezze putrefatte, e l'interno era pieno di uova multicolori. Sherar era diventato un Drago completamente nero, sia per nascondersi nell'ombra del canalone sia per non farsi vedere nella luce crepuscolare che ammantava il nord di Glader. Fino alla metà del canalone andò bene, ma quando passarono davanti alla tana del Drago quello uscì immediatamente, parandosi davanti ai due. Sherar non perse tempo, e si lanciò contro Tauren; gli artigli d'acciaio lacerarono il petto della bestia, ed uscirono scuri ed insanguinati. L'atro Drago ribatté lanciando fiamme contro Sherar, che virò portandosi sopra di lui; il Mutaforma cercò di andare avanti, ma la bestia li inseguiva. Sherar chiuse le ali e si lasciò cadere verso il basso, e Dektera tirò fuori l'arco; le frecce volavano verso le testa del Drago, e la ragazza mirava agli occhi della bestia, due abissi verdi pieni di collera. Sherar riprese quota, lanciando fiamme verso la bestia che urlava e sputava fiamme a sua volta; gli altri draghi si tenevano in disparte, ansiosi di vedere se Tauren sarebbe stato sconfitto, e così fu. Il Drago era sconfitto; aveva la pelle corazzata piena di ferite sanguinolente e le ali bruciate e bucate dalle frecce di Dektera; Sherar si dirigeva verso le fredde terre del Nord, e Dektera cercava vendetta.

Il vecchio non aveva un nome, non sapeva chi fosse, ma conosceva alla perfezione le gallerie che si snodavano nelle montagne ( e fortunatamente tutte le creature che vi vivevano).Le due ragazze non avrebbero saputo dire niente del suo aspetto, né a quale razza appartenesse; sorprendentemente , quel vecchio aveva trecento anni. 'Ma è impossibile!' aveva esclamato una delle due ,'Chi, in questa terre potrebbe vivere tanto?' Il vecchietto non risopondeva; stava consultando una pergamena antica, ingiallita dal tempo e piena di simboli che non si erano mai visti nelle Quattro terre, pieni di fregi e guglie come una cattedrale gotica. Poi si alzò, la pelle azzurrina che luminesceva nelle caverne buie, gli occhi verde foresta che lanciavano lampi cupi. 'Nelle storie delle Quattro terre si alternano da sempre Bene e Male, come in un gioco maligno del Destino... il Male di solito sceglie persone dotate di straordinarie abilità, ma che non sanno darsi né un'identità né uno scopo. Seguendo le mie teorie, il Male avrebbe scelto Lagar, l'imperatore delle Quattro terre attualmente in carica. Il Bene, invece, è attratto dalle persone che conoscono l'amore, l'amicizia, la fratellanza e hanno uno strordinario osservamento dei dettagli. Secondo me, vista la situazione, voi due siete le uniche che hanno visto la bandana, e quindi...' Il discorso pareva liscio, ma quel 'e quindi' non lasciava supporre niente di buono. 'Quindi noi due saremme le Prescelte?!' avevano esclamato in contemporanea le due ragazze. 'Be.... si' aveva esclamato il vecchietto, pronto a difendersi dalle ondate di collera delle due ragazze. 'E quale sarebbe il nostro compito, vecchio?' 'Sconfiggere Lagar riportare la pace nelle Quattro terre' aveva sentenziato 'Ma noi due non sappiamo chi siamo, non abbiamo nemmeno un nome...' sussurrava una delle due. 'Bene, allora vi darò io un nome. Nell'antica lingua della mia razza significano il primo 'Spada' e il secondo 'Serpente'. Così vi consacro al vostro incarico. Lo accettate?' 'Si' dissero le due, lasciando cadere la parola pesante come una barra di piombo. 'Allora benvenute Prescelte. Dektera e Shira.'  
Adesso avevano un nome da portare, una missione da compiere, e le Quattro terre da liberare.

Due ombre correvano furtive per i corridoi di Hetra, quella notte. Le uniche note di colore erano le lame dei pugnali e della spada che lanciavano bagliori argentati, i 'lasciapassare' per fuggire dal carcere; i Neshiti avevano fatto il loro lavoro... Shira ed Ertas presero in mano le lame. Le guardie controllavano solo di sfuggita le celle della sezione di massima sicurezza, e per un primo tratto sembrava filare tutto liscio, ma più avanti la sorveglianza si faceva più stretta; davanti ad ogni cella c'era una guardia che controllava continuamente i prigionieri ( che potevano sempre spostare o rompere i mattoni, mentre più in profondità c'erano meno probabilità di poter fuggire) e questo non andava certo a vantaggio dei fuggitivi. Ertas, però era pieno di risorse; in un attimo tirò fuori una cerbottana e delle sfere di metallo divise in due comparti; l'uomo ne inserì una nella cerbottana, e la sferetta finì in mezzo alle guardie, aprendosi in due. Le guardie caddero a terra, narcotizzate, e i due passarono avanti tenendosi i vestiti davanti alla bocca e cercando di prendere i vestiti dei sorveglianti. Vestiti da guardie sarebbero stati meno notati che con la divisa grigia dei carcerati di massima sicurezza , e adesso l'unico problema erano eventuali ordini o domande. A meno che... ' Shira, togliti i vestiti da guardia!'. Forse i soldati si sarebbero insospettiti di meno se avrebbero visto solo due guardie ( al posto di una guardia e una carcerata), ma l'armatura di Ertas era quella di un generale, quindi non avrebbero rischiato molto... aveva sempre la scusa di un controllo speciale della carcerata. Dopo i corridoi asfissianti della sezioni di massima sicurezza c'erano meno celle ( e fortunatamente meno guardie), ma ogni tanto si trovavano ampi atri pieni di guardie, messaggeri e controlli di sicurezza; i controlli erano soltanto per vasti gruppi, e le guardie controllavano solo alcuni elementi dei gruppi. Ertas e Shira erano vicini all'uscita; il viavai di guardie e prigionieri aumentava, ed era più facile confondersi nella massa e nel rumore assordante. I due evasi dovevano scegliere da quale porta uscire; quella principale era troppo esposta, mentre scegliere un cunicolo noto a pochi sarebbe stato troppo sospetto; per i due fuggitivi c'era una sola soluzione. Alcuni carcerati, nella loro prigionia, avevano scavati condotti noti solo ai prigionieri ( non molto usati, se non dai pochi evasi) ma ancora abbastanza solidi,grandi e ben nascosti da lasciar passare altre persone. Quel particolare cunicolo era pieno di muschio, utilissimo per non farsi sentire nella fuga, e sbucava all'esterno proseguendo sotto il fossato per diversi chilometri. Shira ed Ertas uscirono dal cunicolo; ci sarebbe voluto poco prima di sentire le sirene di Hetra, ma i due si allontanavano già a dorso di drago. Finalmente sarebbero stati insieme; insieme nel loro amore, insieme contro l’Impero.
 
Un soldato le si parò davanti, e Kaira, gli scivolò sotto tranciandolo in due; evitò il colpo d’ascia che stava per abbattersi su di lei. L’omone vibrò un altro colpo d’ascia, e la ragazza cercava il suo pugnale, nel fango. Mise la lama intorno alla gola del soldato, e quello si accasciò a terra come un sacco. Le truppe nemiche sembravano avanzare inarrestabili, ma i carovanieri erano ben armati; lance, picche, spade, pugnali… Lo scontro si svolgeva da qualche minuto, e i Gyor davano il loro contributo; gli enormi animali venivano usati dai mercenari per lanciare fuoco liquido sui soldati ( anche se alcuni giacevano a terra, insanguinati), o lasciati, liberi di uccidere. Kaira montò in sella ad uno dei leopardi alati e prese a sorvolare la zona;i soldati avevano scelto una piana polverosa e desertica, ottima per uno scontro (in netta superiorità numerica), ma fortunatamente  tra le file nemiche non vi erano arcieri che potessero fare danni. La principessa incoccò una freccia, tese al massimo la corda e una saetta partì contro le armate; Kaira continuava a scoccare frecce, portando morte tra le file nemiche, e dalla folla si levavano lamenti di agonia. I soldati si erano enormemente ridotti, ma questo non impedì a un soldato nemico di rapire la ragazza; nella loro base era appesa una bandiera, ma non una bandiera qualsiasi. Una bandiera viola, con quattro pugnali a forma di serpente e due spade a forma di drago… era stata rapita dai Ribelli. 

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Capitolo 6
*** Le terre del ghiaccio ***


La principessa si dibatteva inerme tra le merci dei ribelli, infuriata; i soldati l'avevano catturata quando meno se lo aspettavano.  Per renderla inoffensiva era bastato un colpo ben assestato, e adeso la testa le doleva, mandando fitte che partivano dalla nuca fino al collo. Perchè avevano catturato proprio lei!? 'Ovvio, sei la figlia dell'imperarore delle Quattro terre...' non c'era bisogno di rispondersi... Sbattè contro le pareti lignee del carro; i sentieri erano spesso impraticabili, e le poche strade vicino alle città si presentavano piene di buche, frane e predoni. Non che fossero una novità... sotto l'impero di Lagar la popolazione era ridotta in miseria, e le tasse pesanti ed ingiuste non facevano altro che derubare i cittadini; un altro dei mille buchi nell'organizzazione imperiale. 
Kaira sentì dei rumori soffocati, urli di terrore e dolore 'Che diavolo stanno combinando?' Si sporse; i ribelli prendevano di mira una carovanna di soldati, l'effige di un aquila sulla loro corazza era insozzata dalla polvere del caldo Sud e da giorni di marcia. Spinse la testa nel profondo della sua tunica, cercando di soffocare quei suoni che le ricordavano la morte di Harer; lo stesso odore, le urla disperate dei combattenti, il freddo acciaio che trapassava le membra, il sangue che scorreva per terra... Era troppo! 'Basta!!! Basta!!! Smettetela!!!' La sua testa si ribellava. I ricordi erano troppi, troppo cruenti... Kaira non ce la faceva più. Gli occhi gli si riempirono di lacrime, e l'aria accoglieva dolce e comprensiva il dolore della giovane principessa; quanti anni aveva? Forse quattordici, o quindici... Cosa importava il suo compleanno quando aveva ucciso l'unico uomo che aveva amato e sua madre era stata avvelenata?                                                                                                                

Kaira si tirò indietro quando una mano le sfiorò gentilmente i capelli; a toccarla era stato un uomo dalla pelle olivastra, il naso aquilino e gli occhi di un azzurro pallidissimo, quasi bianco... C'era qualcosa che la inquietava in quegli occhi. Forse il modo in cui si spostavano ,nervosi, sul suo corpo, quasi volessero stamparsi ogni minimo dettaglio del suo aspetto. Qualcosa si ridestò nella sua mente, vecchi annedotti di quando Tara era ancora viva; le raccontava delle Sirene, splendide donne metà umane e metà pesce, esseri che raramente si mostravano all'uomo e che abitavano nel profondo dei mari del Sud. Alcune di loro avevano salvati naufraghi dispersi in mare, uomini che non avrebbero avuto possibilità di sopravvivenza; da queste unioni erano nati dei mezzosangue, i Sirenidi. Questi avevano ereditato l'aspetto umano dai loro padri, e possedevano qualità che appartenevano alle Sirene; nessun uomo comune avrebbe potuto parlare con i pesci o restare in apnea per più di uno o due minuti.                                                                                                                                                                                                                 'Kashar, muoviti e vieni qua!'. Ad urlare era un generale dei Ribelli, un uomo alto e robusto che pareva abbattere i nemici come formiche... probabilmente Kashar era stato arruolato dai Ribelli per le sue abilità di Sirenide, e non poteva essere usato con un normale milite. L'uomo le lanciò un ultima occhiata, come se volesse assicurarsi di non vederla sparire. Alla principessa ricordava una persona, e lei sapeva esattamente chi... un uomo...                                                                         Forse il cuore della principessa aveva smesso di vagare come un'anima in pena.


Dektera era si svegliò; le lunghe ore volando con Sherar erano la miglior medicina per la preoccupazione che la attanagliava, ma non per le sue gambe. La poveretta si ritrovava con le gambe piagate e piene di escorazioni per il continuo strascichio contro la pelle del Drago. Sarebbe stata una delle cose che l'avrebbero rallentata di più a Hetra, ma fortunatamente al Rifugio era stata istruita su tutto quello che gli sarebbe stato utile; nelle fredde terre del Nord, infatti, cresceva la coagulatea, una pianta dalla forma vagamente assomigliante ad una testa umana, che (come diceva il nome) faceva coagulare ferite ed emorragie. Inoltre era utile per qualsiasi problema della pelle; si andava da semplici imperfezioni a piaghe da decubito e ferite da taglio. Sherar si diresse verso una delle poche zone collinari di Mannas, un groviglio di erbe selvatiche, tra cui la coagulatea. La si riconosceva facilmente dal sua doppione ( la Morte nera ) grazie ai numerosi rami rosso sangue e le foglie a forma di dito; lì vicino anche la nemica teneva fiero il suo nome. Le foglie nero carbone, i rami blu scuro e la radice a forma d'occhio la rendevano facilmente riconoscibile anche al più inetto degli erboristi.                                                                                                                                                                                                            Dektera era balzata giù dal Drago, e si accostava alla coagulatea come prevedeva il rituale; bisognava offrire un dono alla pianta ( il più efficace era una goccia del proprio sangue, visto che la pianta dona una parte di sè ), e se questa lo coagulava significava che era stata ben accettata. In caso contrario Dektera  non avrebbe avuto altro che un potente acido dalla pianta che, irritata dal suo comportamento scorretto, l'avrebbe consumata fino a ridurla alla consistenza del terreno circostante, lasciando un chiaro avvertimento a chiunque altro. Si diceva che le coagulatee, come tutte le altre piante, fossero nate quando i Draghi strinsero amicizia con gli umani nelle Terre desolate di secoli fa, per permettere agli uomini di evolversi dalla loro condizione primitiva; i Draghi, tranne alcuni, non avevano avuto più contatti con l'uomo, e l'unico posto in cui si era certi di trovarli era quella striscia di terreno tra Glader e Mannas che veniva chiamata, appunta, Terra dei Draghi. Sherar era un'eccezione per la sua natura di Mutaforma, ma questo non rendeva differente il legame tra umano Mutaforma da quello con un Drago.                                                                         Dektera stava incidendo lo stelo della grande coagulatea che si trovava al centro delle colline, e ne usciva fuori un liquido verdastro, simile per densità al muco; per confermare che la pianta fosse giusta, la ragazza immerse una fogliolina verde nella sostanza gelatinosa. Quando la ragazza la tirò sù era integra, per cui il succo di coagulatea poteva dargli abbastanza sollievo per molto tempo; sulle ferite la gelatina staccava croste e fermava il sangue che usciva dalle paghe, dando un fresco sollievo dal dolore, ma il suo compito non era finito. Il succo di Morte nera, infatti, era molto comune nelle prigioni per alcuni dei suoi usi primari; ustionare la pelle con ferite che faticavano a guarire, uccidere chimicamente le cellule esclusivamente umane e, in ultimo, agire da anticoagulante. Dektera tirò fuori dalla sua sacca diverse fialette a forma di spina e le riempì di succo di Morte nera; nessun modo di morire era così orribile come sentirsi quel potente veleno nel corpo, e i carcerieri di Hetra non meritavano altro. La guerriera si alzò da terra e volò via con il suo Drago; terribili e potenti, i due si dirigevano verso la meta ultima, dove il nemico sarebbe stato sterminato, e nessuno avrebbe più sentito parlare di Hetra.

'Shira, svegliati, bisogna ripartire' Ertas sussurrava nel suo orecchio, dalla grotta in cui si erano trovati dopo la tempesta che imperversava a Mannas. Appena partiti si era annunciata con piccoli dettagli; l'aria era più fredda, i fiocchi di neve erano diventati più grandi e un vento gelido percuoteva le lande nordiche, spazzando tutto in una tempesta di candore congelato. Shira uscì dalla grotta, e fece un fischio; in pochi istanti una foca completamente nera emerse da uno dei numerosi buchi nel ghiaccio,  finendo scompostamente con il muso tra la neve. Il Mutaforma, imbarazzato, si trasformò in una fenice di ghiaccio, uno dei tanti(strani) animali che abitavano le terre di Mannas , fissando la ragazza uno sguardo ripiccato. 'Va bene, andiamo' disse Shira un po' scocciata.... 'Ertas, vuoi venire anche tu?'                                       Inaspettatamente Gherar emise un lungo fischio, uno dei segnali che mandava solo quando c'era una minaccia nelle vicinanza; un ombra scura si prospettava sul tramonto artico, scompigliando il monotono candore del ghiaccio.                                                                           Gherar si allontanò velocemente, diretto dietro una montagnola di pietre ricoperta di neve che avevano usato spesso come torretta; le piume della fenice di ghiaccio erano davvero fatte di ghiaccio, ma stranamente scaldavano come fossero brace. Le fenici di ghiaccio avevano un becco aguzzo e tagliente, ottimo per cacciare le veloci prede del Nord, e i loro artigli affilatissimi erano fatti di ghiaccio pressato e diamante, due cose che sembrerebbero troppo fragili per essere usate, ma che avevano gioco facile su qualsiasi superfice, metallo compreso. Dalla figura in volo se ne buttò una più piccola, e all'ultimo momento un paracadute la salvò da un impatto mortale; la figura, ancora lontana e indistinta, aveva lanciato in aria una freccia, che esplose in una salva di schegge dorate. Una sola persona possiede quella freccia.
Shira.

  L'html non ne vuole sapere di andare a posto -.- T_T

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Capitolo 7
*** Guerra di fenice ***


Cari lettori, da adesso in poi farò anche capitoli su un solo personaggio, due personaggi,,  ma meno spesso quelli a tre punti di vista; lasciate una recensione o un parere se volete ^_^

Dektera prese l'arco e balzò sul ghiaccio scivoloso. Dall'arco partì una delle frecce segnalatrici che lei e e la sua compagna d'armi avevano progettato, e questa esplose mandando bagliori dorati nell'aria; in un istante sul viso di Dektera si dipinsero emozioni contrastanti. Speranza, felicità, e uno sorta di fredda gelosia quando vide Ertas; cosa avrebbe pensato di lei Dektera? Che si fosse lasciata andare e avesse dimenticato la loro missione? Erano ipotesi, ma Shira voleva ricucire subito lo strappo che si era creato; sospingendo Ertas verso la guerriera cercò di farli riappacificare, ma i due erano freddi come il vento che li sferzava... gelidi come statue.  
-Dektera, lui è Ertas... mi ha aiutato a fuggire da Hetra, e adesso cercavamo di ritornare al Rifugio, ma...- Shira non fece in tempo a finire la frase, perchè Dektera, infuriata, aveva assestato un pugno in faccia a Ertas, e il malcapitato era finito a terra.                                                            
-Pensi che non abbia capito cosa c'è fra voi!? Mi hai tradito!!!-aveva esclamato la guerriera-Ti ricordi quel patto che avevamo fatto da piccole, Shira? Eravamo obbligate a non distrarci dalla nostra missione, a liberare le Quattro terre! Io piangevo per te e tu ti appartavi in una caverna con un ricercato dall'Impero? Tu non sei mia sorella!-. Con queste parole Dektera corse via, rossa di rabbia, lasciando la sorella attonita. Davvero Dektera pensava che si fosse lasciata distrarre? Forse Ertas l'aveva un pò distratta, ma soltanto per le sue conoscenze sui territori dell'Impero! Non era giusto che la accusasse di qualcosa che non aveva minimamente fatto! La sorella aveva lasciato il Rifugio allo sbaraglio per venire a salvarla (anche se questo la rendeva fiera di lei), e poi rimproverava lei per essersi attardata in una grotta per sfuggire a una tormenta!                                                                                              
Shira uscì fuori dalla caverna, piccata dal comportamento della sorella; forse con il tempo sarebbe stata in grado di perdonarla per quella sfuriata, ma adesso vedeva Dektera solo come una serpe che aveva scombussolato il suo ritorno a casa, e anche Ertas (ne era sicurissima) la pensava così.                                                       Le sue riflessioni furono interrotte da uno stridio prolungato, come di acciaio contro acciaio; si precipitò immediatamente dentro la grotta, ma Dektera ed Ertas (fortunatamente) non stavano combattendo... cosa poteva essere stato? Uscì di nuovo e, mentre guardava interrogativa Sherar, si accorse che una parte di cielo si era riempito di ombre, come se fosse calata tutta ad un tratto la notte; aguzzò la vista. In mezzo al cielo uno stormo di fenici di ghiaccio lanciava il tipico richiamo della specie (uno stridio metallico) e sembrava dirigersi verso di loro.
-Shira, vieni... SUBITO!!- la voce di Dektera era disperata, e quando la ragazza entrò vide sul suo viso una disperazione e una preoccupazione tale da non lasciar intendere nulla di buono. Shira si avvicinò; la guerriera indicava dei piccoli massi color bianco avorio che, stranamente, si agittavano... massi che si agitavano?! La mente di Shira prese a muoversi a una velocità enorme... Massi che si agitavano? Uno stormo di fenici di ghiaccio che li aveva localizzati perfettamente?        
-Shira, questi non sono massi, sono...-Dektera pronunciò le ultime sillabe con una delicatezza tale da far sembrare la sorella una bomba pronta ad esplodere. 
-Sono uova, e le loro mamme stanno venendo a liberare il nido.- Pronunciò le ultime parole come se fossero un verdetto dalle conseguenze enormi, e così fu. Shira si accasciò a terra, inerte, mentre Dektera ed Ertas si lanciavano occhiate decise; avevano una sola possibilità, e se avrebbero fallito nessuno sarebbe sopravvissuto.

Dektera guardava inferocita Ertas; se lui e sua sorella non fossero fuggiti insieme niente di questo sarebbe successo, ma dovevano proteggere il nido delle fenici di ghiaccio.                                 
-Andiamo Dektera, dobbiamo andare a combattere per non finire a pezzetti- Perfetto. Ci voleva proprio la battutina sarcastica...                                                            I due guerrieri si slanciarono fuori dalla caverna, lanciando urla di guerra; le fenici li individuarono, e scesero in picchiata cercando di ucciderli. Una di quelle bestie aveva gli artigli a mezzo metro dal corpo di Dektera, ma una freccia reclamò la vita della fenice; Shira era rinvenuta, e scagliava stormi infuriati di frecce.                       I tre continuavano la loro difesa disperata, ma le fenici sembravano prevalere sui tre umani; per ognuna che veniva trafitta da una freccia o trapassata da una spada, altre tre ne prendevano il posto lanciando urla inferocite e cercando di ghermire i nemici. Ad un certo punto lo stormo (ridotto a qualche decina di bestie) si allontanò lanciando urla di dolore e rabbia, tagliando l'aria con stridii acuti...ma non erano solo i suoni delle fenici a violare il silenzio delle lande gelate; le bestie se ne erano andate, portando qualcosa con sè. Dektera piangeva lacrime amare... aveva di nuovo perso Shira.

-Kaira non muoverti da qui, intesi?- Erano quelle le parole che Kashar le aveva rivolto prima di partire per il viaggio che lo avrebbe portato dall'altra parte della Quattro terre, con poche probabilità di sopravvivere e molte di morire. SI era innamorato di lei da subito; erano bastati pochi sguardi per capire che erano fatti l'uno per l'altra...allora perchè con Harer era stato così difficile? C'erano voluti anni e anni per consolidare il loro rapporto, e ancora Kaira non era riuscita a dare una definizione precisa ai sentimenti che provava per il suo defunto amato. Ma i sentimenti che provava per Kashar erano diversi; quando lo guardava sentiva il cuore battere velocemente come se si fosse trasformato in un uccellino, e ogni volta che se ne andava aveva paura di non poterlo rivedere. Il campo di battaglia era un tritacarne da cui pochi uscivano indenni, e da quel territorio in particolare; i ribelli si trovavano in una palude salmastra che forniva la maggior parte delle erbe medicinali all'Impero, grazie alla particolare temperatura e umidità che caraterizzava la striscia di terra che si affacciava sull'Oceano di Sangue, uno dei numerosi oceani che circondava le Quattro terra. Ma non vi crescevano solo piante medicinali; secoli e secoli di evoluzione avevano dotato piante e animali di veleni, trappole letali e  radici abbastanza reattive da stritolare un uomo. Una squadra di dieci soldati si era inoltrata nel tardo pomeriggio per raccogliere alcuni piante velenose, era ritornata ridotta a poco più di tre elementi, ma gli uomini, carichi di numerose piante velenose, si erano messi volentieri al lavoro; c'era chi sminuzzava foglie, chi pestava bacche, chi cuoceva radici, chi appendeva fiori... nella palude tutto era utile per costruire un'arma. La principessa si sedette sull'erba della palude, un'erba nera, grassa e lucida che pareva velluto; si sentì un sibilo, e Kaira si alzò di scatto. In mezzo all'erba si agitava un fiore biaco e spinoso, e dalla corolla uscivano tentacoli che si protendevano amelici, esalando miasmi marcescenti. Tra l'erba si annidavano, infatti, decine e decine di Acidee, ma la principessa prese la spada e tranciò le piante, raccogliendo gli schizzi di acido che partivano al posto del polline e della linfa; Kaira fuggì, ritornando al campo base. Doveva subito avvisare lo stregone-erborista dei ribelli che aveva trovato quello che gli serviva per sbaragliare i nemici.
Lo stregone si chiamava Jhrante, e si diceva provenisse dall'estremo Nord, al confine tra Mannas e le Terre sconosciute; per il suo aspetto era facilmente riconoscibile in tutto l'accampamento. Pelle color ghiaccio. Occhi così verdi da sembrare pezzi di foresta. Un viso affilato come una lama di pugnale. Pizzetto e capelli così neri da parere notte liquida.
La principessa entrò nella tenda assegnata all'uomo, e una pesante zaffata di profumi la investì; l'aria era pregna di note dolci, piccanti, delicate o forti. Alcuni odori provenivano dalle numerose erbe essicate appese nella parte più alta della tenda, ma la maggior parte si esalavano da un calderone pieno di un denso liquido color rosso sangue.                                  
-Un litro di sangue, trenta grammi di squame di drago dell'acqua, due cucchiai di polvere di carbone e quattro provette di succo di Acidea- Jhrante sussurrava in un angolo della tenda, tenendo in mano una piuma di fenice di ghiaccio e una pergamena.
-Grazie per il succo di Acidea, Kaira- disse con un sorriso stentato lo stregone.
-Non mi piace che tu posso leggere nella mia mente, Jhrante-rispose piccata la principessa-Comunque tieni-concluse porgendo le fialette piene di succo verde acido.     Lo stregone stappò il tappo e rovesciò il succo di Acidea nell'intruglio, che divenne di un blu cupo.
-Adesso bisogna aumentare la temperatura e lasciar ridurre la pozione, ed infine aggiungeremo la linfa di Morte nera-borbottò, aggiungendo ciocchi di legno scuro.           Quando la caverna si riempì di fumo nero Jhrante le passò una foglia larga e palmata e se la mise davanti alla bocca per filtrare l'aria; lo stregone prese una boccetta che riproduceva perfettamente una testa umana e rovesciò il succo di Morte nera nella pozione. Questa bolliva e pareva esplodere da un momento all'altro, ma l'uomo restò vicino al calderone, sussurrando parole arcane nell'aria fumosa.
-Kaira, questa pozione si chiama Ecate; unisce le proprietà acide del succo di Morte nera e della linfa di Acidea con la polvere di carbone che,  unita alle squame di drago, attacca il sistema nervoso della vittima e paralizza completamente i suoi muscoli. Consuma completamente qualsiasi tessuto umano, e può essere usata sulle frecce o nel processo di forgiatura di spade e pugnali; a questo il nemico è completamente impreparato-.                              
La guerra aspettava la principessa ribelle.


Angolo dello scrittore:
Cari lettori, quanto tempo è passato dall'inizio de 'Il destino delle ribelli' ^_^ !!!                                             Questo è già il settimo capitolo e (anche se penso di arrivare fino a 20 capitoli) la storia non finisce mica qui ;-).
Visto che nemmeno io ci sto capendo niente per geografia entro i prossimi due capitoli arriverà una cartina delle Quattro terre (non molto dettagliata, non mi chiedete troppo!!!)

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Capitolo 8
*** Combattimento contro il Tempo ***


Cari lettori, sono sicuro che mi vorrete ammazzare ^_^ Non ho pubblicato per qualche settimana, ma adesso ricomincerò subito ;) 
Per il capitolo consiglio ' http://www.youtube.com/watch?v=jvipPYFebWc&list=RDjvipPYFebWc&index=1 ' e ' http://www.youtube.com/watch?v=Qg7L0OQiN78&index=4&list=RDjvipPYFebWc '

-Ertas muoviti! Dobbiamo fare in fretta se vogliamo raggiungere i nidi delle fenici!-
Dektera, Ertas e i due Mutaforma correvano nelle lande gelate animati ognuno da uno scopo; Dektera, quello di riportare sua sorella in salvo, Ertas di salvare la sua amata...                                                                            
Il pallido sole primaverile non riusciva a trapassare la coltra di nevischio che turbinava nell'aria, e i due umani stentavano a camminare, figuriamoci a correre...l'unico problema era entro quanto avrebbero raggiunto Shira. Morire in una battaglia contro le fenici di ghiaccio o assiiderati ed indeboliti dalla tormenta? Forse era controproducente, ma i due si misero subito a correre, e il tempo non era il solo motivo per cui si dovevano sbrigare. Dalla loro partenza avevano avuto un presentimento entrambi; quello di una presenza che li spiasse.    
-Muoviti Dektera, non c'è tempo per pensare!-si disse infuriata; ogni secondo era prezioso, e non sarebbe certo stata lei a permettere ad una Shira indebolita e ferita di contrastare le fenici...Allora perchè si guardava continuamente intorno?                                    
-Ertas, non muoverti! C'è qualcuno o qualcosa qui, e non penso che sia solo una spia dell'Impero-la sola idea che le venne in mente era spaventosa.                                                                                      
Poteva essere un Wendigo quello che li seguiva? Si diceva spesso che provenissero dalle Terre sconosciute e che fossero dei demoni semi-umani, risultati delle possessioni mal riuscite di un animale, e questi preferivano in particolare i cervi.                                                                              
La guerriera si voltò; a circa un chilometro da lei si stagliava una creatura enorme, alta non meno di tre metri. Il muso aveva una parvenza di cervo, ma gli occhi iniettati di sangue e la bocca da cui anch'esso colava non lasciavano presoppurre che si trattasse dell'innocuo erbivoro; la pelle, al posto di essere una pelliccia mordida e soffice, era sanguinolenta,marcescente e caduca, tanto che questa cadeva per terra lasciando esposte costole ed organi interni, che si rivoltavano all'esterno. La ragazza notò immediatamente le gambe grandi e muscolose, che lasciavano presupporre che non si potesse seminare facilmente, ma si concentrò sulle braccia; lunghe fino a terra e provviste di lunghissimi artigli, con zampe large e piatte che usava per agguantare le prede nella macchia montana. Sfuggirgli era quasi impossibile, e non avevano nemmeno i due Draghi-Mutaforma ad aiutarli; se ci fossero stati tutto si sarebbe risolto in poco tempo, o avrebbero potuto addirittura ignorare il demone...                                                                                                                                                                        

La creatura si mosse, spostando la testa poderosa verso di loro, cancellando le probabilità di non essere stati notati; a quel punto non ci sarebbe stata differenza, ma una piccola probabilità era pur sempre meglio di niente...                                                                                            
Ertas mosse un piede all'indietro, cosa inappropriata quindi si stà per rischiare la morte; negli occhi del Wendigo passò un lampo assassino, e i muscoli dell'animale si tesero improvvisamente. Dektera conosceva bene quelli della sua specie; bastava un nulla per aizzarli e farti uccidere, ma alcuni preferivano prede facili, anche se un cervo era molto più impegnativo (ma grasso) di un umano. Il demone lanciò un ultimo segnale agli umani, e si lanciò contro di loro; pochi balzi bastarono per percorrere il tratto che li distanziava.                
Se ci fosse stato un combattimento corpo a corpo nessuno dei due sarebbe sopravvissuto, ma una freccia si piantò nella spalla del demone; Dektera ne aveva scagliato prontamente una, e, dal fumo che si levava dalla carne marcia della bestia, Ertas capì che la freccia era intrisa di Ecate, una pozione emotossica e neurotossica che si ricavava da polvere di carbone, succo di Acidea e Morte nera, squame di drago e sangue. Come faceva la guerriera ad averne a disposizione? Gli ingredienti erano abbastanza difficili da reperire...                                                       
Ertas sfoderò il suo arco e prese a scagliare frecce contro il demone, che si contorceva spasmodico sul ghiaccio; questo si era riempito del sangue del Wendigo, un liquido maleodorante e acido che conferiva all'atmosfera un carattere tetro. I vapori mefitici che salivano dal ghiaccio presero a vorticare nell'aria, e i due guerrieri si coprirono naso e bocca; in una landa desolata e spoglia il Wendigo aveva reso pericolosa ogni parte del suo corpo, passando da enormi artigli al sangue velenoso.                                                                                                      
La bestia, ricoperta di frecce, guardò Dektera con quello che pareva un folle sorriso se il demone fosse stato umano, e si strappò con uno schianto ed un urlo di dolore il braccio colpito dalla freccia tossica; era un messaggio chiaro. Poteva ucciderli quando voleva, e niente glielo avrebbe impedito. Il Wendigo fece un balzo in avanti, ed Ertas gli passò sotto; la mossa fece effetto, ma una delle lunge zampe del demone gli squarciarono la gamba. Il guerriero tirò fuorì il pugnale e azzoppò la bestia, e mentre continuava ad allontanarsi Dektera lanciò uno dei suoi pugnali, che si piantò in mezzo alle costole esposte, cercando di colpire il cuore; se tutto fosse finito Shira non sarebbe morta, ma il demone non mollava. Continuava ad aggirarsi intorno ad Ertas, e i due si scontrarono  artigli contro spade, Dektera intinse la sua ultima freccia nell'Ecate e mirò al cuore semi-mutilato del Wendigo; l'arco suonò le note di morte della bestia, e il cuore del Wendigo venne perforato dalla freccia avvelenata. Lanciò uno sguardo folle alla guerriera, e un sibilo sinistro si levò dal corpo martoriato del demone; i due guerrieri si allontanarono dal nemico cercando un riparo da quello che stava per succedere. I Wendigo, quando terminavano la loro vita, avevano un'ultima disperata difesa, ma Dektera ed Ertas non volevano trovarsi lì in quel momento. Si ripararono dietro uno dei tanti alberi che si stagliavano nella foresta dietro di loro; uno boato li avvisò che il demone era esploso, spargendo il sangue velenoso nell'area circostante ed uccidendo qualunque forma di vita vi abitasse.                                                                                      
Dektera emise un lungo e acuto fischio, e due ombre scesero dal cielo; lei ed Ertas salirono in groppa alle fenici di ghiaccio, diretti verso il luogo in cui le nemiche si erano allontanate. Shira era ancora viva, ma l'incontro con il demone era costato un pò di tempo (e fortunatamente non la vita) ai guerrieri, ma con i Mutaforma tutto sarebbe andato meglio.
Ertas guardava la ragazza che si stagliava nell'aria turbolenta, davanti a lui; Dektera aveva un fisico asciutto e muscoloso, e la sua abilità con le armi era nota anche ad Hetra. Il suo carattere chiuso e scontroso era comprensibile visto che il loro rapporti non erano stati molto rosei, e fidarsi di un'estraneo non era facile quando si era il capo dei Ribelli...ma la ragazza sapeva esprimere (e nascondere) molte emozioni; la rabbia per lui sembrava soppressa, ma sapeva che ancora covava rancore. L'amore che aveva visto per la sorella,invece, non sembrava falso come la simpatia che aveva instaurato; le Guerriere Drago, venivano chiamate, sia per l'affetto che provavano come i draghi per le loro uova, sia per l'aggressività e la combattività che mostravano quando si dovevano scontrare contro un nemico per liberare una parte di Impero.                               
-Basta di guardarmi, Ertas. Il posto in cui troveremo Shira è là-esclamò stizzita, spostandogli la testa verso l'estremo Nord-, e vedo che non sai molto delle creature che popolano Mannas, quindi devi stare molto più attento di quanto pensi.- Ah...ecco dove era finita Dektera...                          
Il paesaggio cominciava a cambiare; le piatte distese di ghiaccio e neve venivano regolarmente sostituite da montagne rocciose che punteggiavano il terreno come una scacchiera. Proprio qui le fenici di ghiaccio avevano i loro nidi, e una preda rara come un umano non poteva essere dato in pasto a una normale fenici, nella loro gerachia; di sicuro la Guerriera Drago si trovava in uno dei nidi più grandi (e protetti).                                                                    
I due guerrieri trovarono i nidi solo nel tardo pomeriggio, e il loro arrivo fu preannunciato dagli ormai noti stridii, e il cielo si riempì di ombre scure; le fenici stavano accerchiando gli intrusi, impazienti di attaccare, ma qualcosa le tratteneva.                                                                              
Uno stridio diverso dagli altri, meno acuto e lamentoso, si levava dalla moltitudine;  a produrlo era una fenice enorme, un'esemplare dalle magnifiche piume color ametista che mandavano riflessi violacei sulle rocce. Gli occhi fieri si spostarono sui nuovi arrivati, e un fremito percorse i volatili; Dektera aveva visto la sorella, ma il capo delle fenici la teneva sotto scacco. Se si fosse avvicinata troppo gli altri volatili l'avrebbero attaccata sicuramente, ma non provarci voleva dire morte sicura per la Guerriera Drago. Un pigolio sommesso attirò l'attenzione dei guerrieri; dei piccoli di fenice, ricoperti di un piumaggio ghiacciato, protendevano i loro becchi famelici, cercando di reclamare la carne di Shira.                                              
Mentre Ertas incoccava una freccia avvelenata nell'arco, Dektera era passata all'azione, e partita all'attacco incurante dei nemici, scagliava frecce avvelenate contro gli altri volatili, che cadevano a terra lanciando gride spaccatimpani. Anche Sherar contribuiva, combattendo con le altre fenici e usando becco e artigli per aprirsi un varco tra i nemici; la Guerriera Drago sguainava spade, pugnali e frecce in quel combattimento disperato. Una freccia si diresse verso il corpo del capo delle fenici, ma questo la prese tra le zampe e la lanciò verso Ertas; Dektera non vide dove era finita, ma doveva continuare nel suo intento.                                                      
La distrazione aveva permesso alla Guerriera Drago di avvicinarsi al nido centrale, e la ragazza si trascinava dietro Shira, mentre Sherar scendeva dando l'impressione di voler attaccare il capo delle fenici; il nemico si accanì contro il Drago, e i due continuavano a scambiarsi artigliate e fiume di fiamme. Di questo passo  lo scontro sarebbe andato per le lunghe, e le altre fenici non facevano altro che peggiorare la situazione; Dektera saltò in groppa al Drago e, lanciandosi in aria, si aggrappò al collo della fenice, tagliandogli il collo.                                                
Il corpo della bestia cadde a terra, ma qualcosa andò storto; Ertas guardò in alto, il corpo del volatile che incombeva sopra di lui. Non cercò nè di correre via nè di reagire; l'unica cosa che il guerriero fece fu guardare Dektera, e mimare poche parole. 'Prenditi cura di lei'.
La Guerriera Drago non vide l'animale schiantarsi su Ertas, ma si diresse verso il nido dove Shira si trovava; la ragazza era pallida e magra, e quando gli occhi gli si aprirono sembravano aver perso la solita luce violetta che li animava solitamente. Shira sussurrò alcune parole stentate:
-Dektera...dobbiamo sbrigarci! Gli artigli delle fenici erano velenosi e io sono...-La guerriera svenne, ma Dektera fece in tempo a vedere un taglio profondo sulla caviglia della sorella.                  
Gherar scese sul nido e, guardando Dektera come se solo lei potesse salvare la sua compagna, prese in groppa le Guerriere Drago.
La corsa contro il tempo era iniziata, e il veleno reclamava la vita di Shira...e nulla avrebbe potuto salvare la Guerriera se non la velocità di un Drago e di un'altra Guerriera.

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