Just Like The Wind

di fedetojen
(/viewuser.php?uid=753852)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** AVVISO! ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


NOTA: Ciao a tuttiiii benvenuti a questa nuova storia. Qui ci sarà presente solo Suga. Spero la storia vi piaccia e attendo vostre recensioni. Buona Letturaaaaa

Quella mattina, il pullman fece ritardo. Ma fortunatamente arrivai a scuola alle 7.40.
La scuola non era lontana, per arrivare con il pullman ci mettevo solo 10 minuti.
Preferivo alzarmi presto e prenderlo prima, perché bastava ritardare di poco e ritrovarsi il pullman strapieno, e preferivo mille volte la tranquillità.
Siamo agli inizi di novembre, e la scuola è iniziata più di un mese fa, ma sono preoccupata.

Da quattro giorni, ho la sensazione di essere osservata.
Quando prendo il pullman, quando vado a scuola, all’uscita. Sempre. Perfino quando sono a casa.
Nella mia stanza ho una finestra e da fuori ad essa c’erano le tegole che coprivano il parcheggio delle macchine dei miei.
Quindi se volevo stare un po’ all’aria mi bastava uscire dalla finestra e sedermi sulle tegole.

Ma ritorniamo a noi. Quella mattina era davvero fredda, gelida a dir poco.
Mi misi la mia solita uniforme, che non mi bastava a sconfiggere il gelo: gonna blu che arrivava al di sopra del ginocchio, corta insomma, maglietta bianca a maniche lunghe, troppo leggera a parer mio.

Così presi dall’armadio un giubbottino color pesca, una sciarpa color arcobaleno e mi diressi alla fermata senza svegliare i miei genitori.
Quella mattina appena arrivai alla fermata, stranamente, arrivò subito il pullman. Coincidenze? Boh.

Arrivai a scuola e decisi di fare una passeggiata.
Il mio cuore iniziò a battere più veloce, e inizio a sentire la sensazione che qualcuno mi stia osservando.

Mi giro e mi volto, ma non c’è nessuno che mi segue, così dalla cartella prendo le cuffie e le attacco al telefono cercando di scacciare via quella sensazione che mi scombussola.

Finalmente l’orario delle lezioni arriva ed entro in classe notando vicino al mio banco, un altro banco vuoto.
Cosa ci sono nuovi arrivi? Aprii la finestra vicino al mio banco, l’aria consumata mi stava opprimendo.
Così mi sedetti e aspettai che entrò il professore.

Nella mia classe dominavano gli orientali: noi americani in classe eravamo solo 5 e gli altri 20 erano un misto di cinesi e giapponesi.
Così decisi di rimanere da sola essendo dispari vicino alla finestra, ma quel giorno saremmo diventati pari e quindi avrei avuto anche io un compagno di banco.

Passarono le prime 3 ore e ancora nessuna notizia del nuovo alunno.
Quando finalmente non entrò il nostro coordinatore di classe con un ragazzo affianco.

Era alto, aveva un cappello nero, una giacca nera con le braccia bianche, un pantalone stretto e capelli rossi liscissimi.

“Buongiorno ragazzi” disse facendo una pausa il professore.

“Questo sarà il vostro nuovo compagno. Presentati ” disse indicando noi con la mano. Il ragazzo con sguardo duro alzò la testa e iniziò a parlare.

“Salve a tutti, sono Min Yoongi, ma potete chiamarmi anche Suga. Spero possiate prendervi cura di me” disse inchinandosi.

Quando alzò di nuovo lo sguardo lo vidi meglio. Occhi a mandorla, labbra rosa, naso a patatina e sguardo da vero duro.

Quando iniziò a guardare quelli della classe, si soffermò su di me, e appena i nostri sguardi si incontrarono, provai la stessa sensazione di quando stamattina ero sola per andare a scuola.

Il cuore iniziò a battere velocemente e fu davvero difficile mantenere i miei occhi incollati ai suoi, ma fortunatamente dopo spostò il mio sguardo verso gli altri.

“Puoi metterti al banco vuoto” disse il professore andando via.

Non staccava lo sguardo da me, e si sedette al banco affianco a me.

Sarà un lungo anno.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


NOTE: Ciao a tutte/i ecco il secondo capitolo, spero vi piaccia e possa ricevere le vostre recensioni per il resto buona letturaaa!! *manda baci*

Capitolo 2

Quella mattina fui ripresa più volte perché ero distratta…guardare fuori dalla finestra non vuol dire essere distratti.
Avevo lo sguardo puntato su di me del mio ‘compagno’ di banco, e mi stava davvero opprimendo.

Così quando finì la giornata scolastica me ne andai più veloce della luce e quasi corsi per uscire e allontanarmi da lui.
Il suo sguardo riusciva a scombussolarmi. Appena lo distanziai, ripresi a camminare e a riprendere fiato, così rallentai il passo.

“Come mai sei corsa via così?” una voce dolce, che quasi mi sussurra, affianco a me. Con calma giro la testa. Ma come ha fatto a seguirmi??

“Come?” chiesi io cercando di nascondere il mio volto e non incontrare il suo sguardo.

“Te ne vai sempre così di corsa all’uscita?” chiese curioso.

“Io non stavo correndo, è il mio passo normale…” dissi io senza accorgermi che praticamente mi stava seguendo.

“Si vedeva lontano un miglio che stavi correndo” mi dice quasi ridendo.

“Ma che sei uno stalker?!?” chiesi io guardandolo.

Ah-ah mossa sbagliata, non dovevo guardarlo. Anche se stava camminando, il suo sguardo era fisso su di me e lo ritrovai a guardarmi.
Ma cosa aveva da guardare? Non gli era bastata tutta la mattinata?
Appena sentì così scoppiò a ridere ulteriormente e sfoderò il suo sorriso mentre i suoi occhi si chiudevano come piccole fessure.

“Mi hanno chiamato in vari modi, ma mai stalker” disse lui tra una risata e l’altra.

“E come ti hanno chiamato?” chiesi io cercando di cambiare discorso.

“Vediamo…rubacuori, playboy, STALKER” disse scandendo bene le parole. Senza accorgermene sorrisi.

“AH! Hai sorriso finalmente” disse lui toccandomi il braccio. Come finalmente?

“Ci vediamo domani” dissi io entrando nel cancello di casa mia.

“Io abito a due isolati ci si vede domani” mi disse facendomi l’occhiolino e sorridendomi.

Forse avevano fatto bene a chiamarlo playboy.
Appena entrai in casa mi buttai sul letto, quella giornata era stata davvero strana.
Ma la sensazione di essere osservata non passò per tutto il giorno.

La sera mi affaccia alla finestra e vicino al lampione del cancello, vidi una sagoma.
Sgranai gli occhi per cercare di capire chi fosse, ma il buio e la scarsa illuminazione, non mi permettevano di riconoscere il famigerato Stalker.
Così di scatto chiusi la finestra e la tapparella.

La mattina seguente lo incontrai alla fermata del pullman, aveva la divisa: camicia bianca con la cravatta nera, pantalone nero in pelle aderente (ma quello non era nella
divisa o sbaglio?) cappello al contrario con la visiera dietro e mani nelle tasche del pantalone.
Era davvero sexy, ma forse mi sbagliavo. Notai alle orecchie dei piccoli orecchini a forma di stelle. A molti ragazzi stavano male ma a lui donavano parecchio.

“Ehi” mi dice sorridendomi e facendomi l’occhiolino. Ma era un tic?

“’Giorno. Ma per caso hai qualche tic?” gli chiedo seria guardandolo. Lui sorride e mi guarda a sua volta e io mi perdo in quegli occhi color cioccolato.

“No, perché?” chiese lui inclinando la testa curioso.

“No perché è da ieri che continui a farmi l’occhiolino.” Dissi io sporgendomi e guardando se l’autobus stava arrivando.
Mi sento prendere il braccio e tirarmi indietro, lo guardo con aria contrariata.

“Non sporgerti così è pericoloso” a quell’ora non passava una mosca ma vabbè.

“Comunque lo faccio alle ragazze che reputo belle” mi dice sorridendomi. Faceva l’occhiolino ad ogni ragazza che riteneva bella? Bah. Era proprio un playboy.

“Sei proprio un playboy” gli dico mentre finalmente il pullman arriva.

Entriamo e ci sediamo, lui si mette di fronte a me e come al solito mi fissa.

“Sai cosa mi piace delle persone?” gli faccio di no con la testa.

“La sincerità” disse sorridendomi. Allora presi le cuffie e spostai il mio sguardo dal suo.

Notai per tutto il tragitto che mi guardò senza battere ciglio.
La sua resistenza non aveva limiti, la mia si però.
Rimanemmo in silenzio fino a quando non arrivammo in aula, mi levai le cuffie e la mia barriera si era abbassata.

Si siede a gambe aperte come se stesse in un pub.

“Vedi che non sei in un pub. Chiudi le gambe” gli dissi acida. Mi guardò incredulo poi si aggiustò e si levò il cappello.

Si aggiustò con una passata i capelli rossi e si mise a braccia conserte sul banco a fissarmi, ancora.

“Ho qualcosa sul volto?” chiesi io non guardandolo.

“Hai degli occhi bellissimi”. Sgrano gli occhi e lo fisso. Come ha detto? Era passato alla modalità flirt?

“Non iniziare, playboy” dissi io prendendo i libri dalla cartella.

“Di fare cosa?” mi chiese sorridendomi. Devo dire che non mi dispiaceva vederlo sorridere, era davvero un bel ragazzo, ma in classe mia non ero l’unica femmina.
C’era una ragazza davvero carina e aveva una fila di ragazzi che non finiva mai.

“Ques-” fui interrotta.

“Buongiorno Suga” disse interrompendomi, la ragazza di cui vi parlavo prima.

“Buongiorno a te” disse Suga sfoderando il suo sorriso che fece quasi sciogliere la ragazza di fronte a lui.

“Sono Deborah” disse lei sedendosi sul banco e sfoderando le sue gambe.

Lo sguardo di Suga passò immediatamente sulle sue gambe, e io stavo iniziando a vomitare. Lei aveva questi modi di ‘conquistare i ragazzi’.
Così mi alzai di scatto facendo quasi cadere la sedia e me ne andai.

Non guardai nemmeno Suga e Deborah. Mancavano quasi 5 minuti al suono della campanella così decisi di andare in aula.
Mentre entravo vidi che Deborah aveva appena lasciato il mio posto e si sedette al suo in prima fila.
Mi sedetti e senza guardare Suga aprii il mio quaderno di diritto.

“Hai fatto conquiste…” dico in tono quasi sarcastico.

“Faccio sempre conquiste…ma per caso sei gelosa?” disse avvicinandosi al mio volto.

“Neanche per sogno.” Dissi giocherellando con il mio anello al dito. Vidi che si stava avvicinando con la mano alla mia e di scatto allontanai la mia mano.

“Che vuoi?!?” dissi io guardandolo storto. Era stupito dalla mia reazione.

“Niente, volevo solo vedere il tuo anello” mi disse appoggiando la schiena alla sua sedia.

Appena disse così mi levai l’anello e lo misi in tasca.
Quella mattina non ci parlammo, di solito scambiavamo qualche parola, ma lui era più occupato a stare con Deborah e a fare conquiste.

Finalmente la giornata finisce ed io mi metto le cuffie e m’incammino per andare a casa.
La musica superava per fortuna il rumore dei miei pensieri e quasi sbando quando mi accorgo che Suga è al mio fianco e guarda avanti.

Appena arrivo al cancello di casa mia mi sento tirare. Mi levo le cuffie e lo guardo. Mi fissava con aria interrogativa.

“Tutto bene?” mi chiese senza staccare la presa dal mio braccio.

Il mio sguardo passò dal suo viso al mio braccio e quando se ne accorse, lasciò subito la presa dal mio braccio.

“Tutto okay” dissi io chiudendo il cancello.

“Ci vediamo domani?” chiese lui mentre aprivo la porta di casa.

“Non lo so” risposi io chiudendo la porta alle mie spalle.

Decisi di prendermi un giorno di pausa e così la notte la passai quasi in bianco.

Era notte fonda e sento dei rumori fuori dalla finestra.
Vedo una sagoma con un cappello che entra nella mia stanza.
Di scatto chiudo gli occhi e rimango immobile.

Sento i passi che si avvicinano e una mano mi sposta i capelli davanti alla faccia.

La sua mano era calda e morbida al tocco sul mio viso, quasi come se fossi di cristallo.

Appena si voltò aprii gli occhi e vidi il cappello. Lo riconobbi era lo stesso che indossava la mattina Suga.
Il giorno dopo non andai a scuola, ma dovevo avere delle spiegazioni.
Chiamai una mia compagna di classe per chiederle i compiti così impaziente aspettai il giorno dopo per andare a scuola.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


NOTA: Scusate se carico solo ora il terzo capitolo ma ho avuto la febbre >.< però ora sto meglio ecco e buona letturaa!! Aspetto sempre vostre recensioni ;)

Capitolo 3
 
La mattina seguente mi alzai e mi preparai per andare a scuola. Mi diressi verso la fermata del pullman e lo vidi appoggiato al palo.
Woow. Aveva il solito cappello della stessa sera che entrò in camera mia, occhiali da sole, mani in tasca e sguardo rivolto verso di me.
Quella mattina non faceva particolarmente freddo così non misi il giubbotto e appena arrivai di fianco a lui, abbassò gli occhiali e mi fece un cenno con il capo.
Feci lo stesso anch’io e sbirciai se il pullman stava arrivando. Mi sarei aspettata un gesto da parte sua per non farmi sporgere così tanto, ma non fece nulla.

“Pronto? Ciao bellezza!” disse rispondendo al telefono, lo guardai e vidi che aveva un sorriso stampato in faccia. Chi poteva mai essere?

“Dove sono? Alla fermata arriverò tra poco piccola. Ok. Ciao.” Piccola? Iniziamo bene la giornata.

Appena finisce la chiamata, si avvicina a me salendo sul pullman e si siede come al solito di fronte a me levandosi gli occhiali.
Io lo fisso, volevo sapere chi fosse la ‘piccola’, anche se qualche idea, l’avevo, e volevo sapere cosa ci facesse in camera mia due sere prima.

“Stamattina sei più coraggiosa del solito” mi disse mordendosi il labbro. Io rimasi a fissarlo con sguardo duro e braccia incrociate.

“Se posso, chi è questa ‘piccola’?” chiesi non smettendo di guardarlo. Mi sorrise.

“Deborah”

“Tsk lo immaginavo. Ti ha già aperto le gambe eh?” dissi io in tono ironico e seccato. Lui mi guardò e rise.

“E’ quel tipo di ragazza?” mi chiede inclinando la testa e in tono provocatorio.

“Sei un playboy, dovresti conoscerle quelle come lei no?” il pullman finalmente era arrivato a scuola e con rabbia scendo dall’autobus. Vengo bruscamente strattonata.

“Calmati!” mi dice strattonandomi e aumentando la presa sul braccio.

“Sei un playboy, uno stalker e un maniaco!” gli dico gridando con rabbia quelle parole. Mi guarda come se non avesse afferrato il concetto.

“Hai capito bene! T’intrufoli nella mia stanza e poi ti comporti come se niente fosse!” dalla faccia aveva capito che quella sera l’avevo riconosciuto in camera mia.

Lasciò la presa al braccio e corsi via chiudendomi nel primo bagno libero della scuola deserta.
Appena entrai nel bagno, mi guardai allo specchio: avevo i capelli scompigliati, le guance rosse e avevo l’affanno.

“Maledizione!” gridai buttando un pugno contro il muro.

“AH!” mi ero fatta male colpendo il muro. Misi subito la mano sotto l’acqua e vidi il lavandino diventare rosso scuro.

Presi dalla cassetta del pronto soccorso del disinfettante e mi bendai la mano.
Da quando quel ragazzo è apparso, non riesco più a controllarmi, sembro una bomba a tempo.
La campanella fra cinque minuti doveva suonare, così presi il mio zaino uscii dal bagno cercando di nascondere la mano e mi avviai verso la classe.
Suga stava aspettando di fronte al muro della porta della classe. Appena mi avvicinai alla porta mi afferrò per il polso della mano dove mi ero fatta male.

“Che è successo?” mi chiese quasi aggredendomi.

“E’ tutto apposto!” dissi io liberando il mio polso dalla sua presa.

Avevo gli occhi puntati grazie alla scenata fatta da Suga davanti alla porta.
Mi sedetti e cercai di non badarci molto tenendo bassa la mano e lo sguardo rivolto fuori la finestra.

Suga mi raggiunse poco dopo sedendosi affianco a me e sbattendo i pugni sul banco.
Io feci finta di niente e continuai a guardare fuori la finestra.

Dopo le prime tre ore di lezione, alla pausa mi alzai e Suga mi prese per il braccio e mi obbligò a seguirlo.
Entrammo in un’aula d’arte deserta. Lui si mise davanti a me e mi fissò. Il mio sguardo era da tutt’altra parte.

“Mi puoi almeno guardare??” mi disse cercando un contatto visivo. Così chiusi gli occhi e lo guardai.

Rimasi ad aspettare una sua parola ma niente.

“Devi dirmi qualcosa?” gli chiesi con tono arrogante. Mi guardava come se volesse capire come avrei reagito dopo aver sentito una sua risposta.

“Ho sbagliato ok?!?” mi dice gridando.

“SUGA! Ti sei intrufolato in camera mia! Di notte per giunta!” gli dico gridando con rabbia.

“LO SO! E per questo ti chiedo scusa! Scusa se ti sei sentita sempre osservata e se ti sono sembrato uno stalker! Ma quando ti vidi la prima volta alla fermata catturasti la mia attenzione.”

Mi disse avvicinandosi a me, ma subito indietreggiai. Era ferito dal fatto che io indietreggiai, così mi girai e mi avvicinai alla porta.
Ma mi abbracciò fermandomi dall’aprirla.

“Ti prego, perdonami…” mi dice mentre mi abbraccia.

Ho il cuore che va all’impazzata, le lacrime che sono sul punto di rigare il mio viso.
Così spostai le sue mani e aprii la porta e me ne andai, lasciandolo lì da solo.
Non riuscii a trattenere le lacrime così me ne andai prima da scuola e me ne andai a casa.

Fortunatamente i miei genitori erano ancora a lavoro così mangiai qualcosa e mi misi a letto.

Ci rimasi fino a notte fonda, fino a quando non sentii dei rumori provenire da fuori alla finestra.
Chiusi gli occhi e aspettai che entrasse, anche senza guardare avevo capito che era Suga.
Si sedette sul letto e mi accarezzò la guancia. Rimase così per poco tempo e poi si alzò di nuovo.

“Aspetta…” gli dissi scoprendomi e alzandomi dal letto. Lui si girò e mi guardò.

Mi venne spontaneo avvicinarmi e abbracciarlo. Sentivo i suoi battiti del cuore a contrasto con il mio orecchio.
Quando portai le mie mani dietro la sua schiena, lui fece lo stesso e mi strinse a se.

“Sei proprio una scema…ti sei fatta male per niente” mi dice vicino all’orecchio.

“Perché mi sono fatta male per niente?” dissi io mettendo il broncio, ma lui non poteva vedermi fortunatamente.

“Lascia perdere” mi disse sciogliendo l’abbraccio.

“E’ meglio se vado” dice uscendo dalla finestra e sparendo.

Rimasi a guardarlo andare via e mi rimisi poi nel letto sotto le coperte.

Quella sera riuscii a dormire tranquillamente, forse perché avevo scoperto che il mio stalker era Suga e non un estraneo.
La mattina mi svegliai più presto del solito e arrivai prima di Suga alla fermata.
Così mi appoggiai al palo e aspettai l’arrivo di Suga.

Quella mattina indossava oltre la camicia e il pantalone in pelle, una giacca nera e dei guanti da motociclisti in pelle.

“Buongiorno” mi disse scompigliandomi i capelli e sorridendomi.

“Uff” sbuffai mentre mi sistemavo i capelli. Ma il suo sguardo si fiondò sulla mano ferita.

“Come va?” disse sfiorandomi la mano con il dito.

“Meglio” gli dico sorridendo. Appena prendiamo il pullman, lui si siede affianco a me. Almeno non dovevo avere il suo sguardo fulminio su di me.

“Senti per il fatto che ti seguivo…” mi dice appoggiando la sua mano sulla mia. Il mio cuore iniziò a scappare come una lepre in fuga.

“Non ti preoccupare, se so che eri tu, sono serena. Se invece fosse stato uno sconosciuto mi sarei agitata ancora di più. Quindi stai tranquillo…” gli dico guardandolo e sorridendo.

Mi guarda preoccupato, come se ha capito che sto mentendo.
Anche se sapevo che era lui lo stalker, qualche dubbio ancora lo avevo.
Non sapevo nulla di lui, ma potevo contare su di lui?

Appena scendemmo dall’autobus la giornata si guastò. Trovammo Deborah ad aspettare Suga con un sorrisone.

“Ehi bellissimaaa” disse Suga abbracciando Deborah. Appena si staccò da lei mi guardò come se mi volesse dire qualcosa.

“Senti…Cosa” cosa??

“Come?” dissi io sgranando gli occhi. In questi giorni non aveva avuto nemmeno la decenza di chiedermi come mi chiamavo.

“Mi chiamo Mya. M-Y-A” gli feci anche lo spelling, guardandolo male.

“Quindi, MYA, ci vediamo in classe.” Disse facendomi l’occhiolino.

“Si come no. Cià!” dissi andandomene via.
Appena suonò la campanella della prima ora, Suga e Deborah non si fecero vedere. Arrivarono insieme allo scoccare della seconda ora.
Vidi Suga con un braccio intorno alla vita di Deborah e appena entrarono lui si staccò da lei e si venne a sedere affianco a me. Si sedette e fece un sospiro.

“Sa baciare davvero bene” disse toccandosi le labbra.

“Ripugnante. Ora vomito” dissi io staccando gli occhi da lui e guardando Deborah.

“Mi piacciono le ragazze gelose” mi dice appoggiando una mano sulla mia spalla.

Lo fulmino con lo sguardo e capisce subito che doveva levare quella mano dalla mia spalla.

“Ho capito, quando sei gelosa non ti si può toccare.” Disse lui levando la mano dalla mia spalla e facendo spallucce.

“Te lo ripeto: NON SONO GELOSA” gli dissi scandendo bene quelle tre parole.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


NOTA: Ecco come promesso il capitolo quattro il cinque è ancora in fase di elaborazione xD
Per il resto spero vi piaccia aspetto vostre recensioni e buonaaaa letturaaaaa :D

Capitolo 4
 
Quella notte mi svegliai e la gola mi faceva male quando deglutivo così mi alzai e andai in cucina, vidi l'orario: 23.23 coincidenza?

Presi la pillola e mi rimisi a letto.
Appena suonò la sveglia mi alzai ed ero tutt'altro che fresca: avete presente la sensazione di quando ti prende in pieno un camion ad alta velocità? Quella mattina ero in quello stato: avevo alla spalla, un dolore che appena respiravo le fitte s’iniziavano a farsi sentire e non respiravo bene, le gambe mi facevano male, avevo lo stomaco sottosopra che fra un momento all'altro dovevo vomitare, la testa mi scoppiava e per non finire avevo il pianto facile quella mattina.

Riuscii solo a fare colazione dopo di che mi ributtai a letto.

“Pronto?” dissi con un fiato di voce al telefono.

“Ehi dormigliona buongiorno!” mi disse Suga.

“Ti prego non gridare” gli dissi al telefono. Ma non rispose.

“Ma che ore sono?” chiesi con voce flebile.

“Le 10. Tutto bene?” mi chiese preoccupato.

“Non proprio” dissi io.

“Sto arrivando”

“Su-Suga!” aveva già riattaccato.

Così misi apposto il telefono sul comodino e mi coprii. Sentii un tocco familiare così aprii gli occhi.
All'inizio era tutto sfocato e dopo qualche minuto misi a fuoco. Suga era seduto sul letto affianco a me.

“Stai andando a fuoco!” mi disse toccandomi la fronte.

Io non stavo capendo niente, forse per colpa della febbre. Così vidi sparire Suga e dopo poco arrivò con una bacinella a farmi i bagnoli.
Era davvero bello quella mattina, vestito con la solita camicia e lo stesso pantalone senza cappello, ma a sostituirlo una bandana bianca.

Quella mattina aveva degli occhiali da vista squadrati neri. Gli stavano davvero bene o forse era l'effetto della febbre.

“Come va?” mi chiese preoccupato avvicinandosi al mio volto per sentire una risposta.

“Meglio grazie” gli dissi con un filo di voce cercando di fargli un sorriso.

Passò tutta la giornata a casa mia come se fosse un angelo custode.
I miei non tornarono proprio, ma mandarono un messaggio dicendo che non sarebbero ritornati, così Suga mi preparò una zuppa e mi aiutò a mangiare.

Questo suo lato molto premuroso e attento, non lo avevo mai notato.
A scuola era tutt’altro: faceva sempre la parte del ‘playboy’ e del ‘bad-boy’ quando poi in realtà era dolce come un pasticcino.
Non smetteva di guardarmi così si avvicinò e appoggiò le sue labbra sulla mia tempia.

Ero imbarazzata perché di solito passava la mano e vedeva se ero calda o meno, quel gesto fu proprio inaspettato.
La febbre era ballerina e io ero in preda ad un pianto isterico, ero troppo emotiva e tutto ciò scatenava dolori allo stomaco e sogni allucinogeni.

“Vuoi stare calma?” mi disse Suga corrugando la fronte.

Quel bellissimo volto arrabbiato non faceva una piega in confronto ad altri. Mi alzò con delicatezza e mi abbracciò forte. Le lacrime continuavano senza fermarsi.

“Devi riprenderti e io starò qui affianco a te finché non riuscirai ad alzarti con le tue sole forze.” Mi disse all’orecchio.

Io in confronto a lui ero una stufa e stavo letteralmente impazzendo. Appena mi rimise sdraiata al letto allungai un mano verso la sua faccia e gli accarezzai la guancia.
Lui sgranò gli occhi come se non si aspettasse una mossa del genere, ma io ero completamente fuori gioco, il mio corpo non mi ubbidiva e faceva ciò che voleva.
Lui appoggiò la sua mano sulla mia e mi sorrise, un sorriso angelico, sembrava che io fossi in paradiso.

Chiusi gli occhi e cercai di dormire.
La mattina mi svegliai e accanto a me non c’era nessuno, trovai solo un mucchio di medicine da dover prendere per colpa della febbre, della gola e dello stomaco.
Così mi girai da un lato e presi l’acqua ed una ad una ingoiai le pillole.
Il dolore alla testa non passò del tutto ma rispetto al giorno prima, stavo meglio, molto meglio.
Avevo solo dei piccoli ricordi del giorno precedente ma nulla di nitido.

“Buongiorno stellina” sentii una voce e subito aprii gli occhi.
Era Suga che mi guardava sorridendo e mettendo una mano sulla mia fronte per vedere se avevo ancora la febbre.

“Ciao, grazie per tutto…” gli dissi guardandolo.

“E di che” disse facendomi l’occhiolino. Mi era mancato il suo lato da playboy. Gli sorrisi e lui mi coprì quasi soffocandomi.

Passò anche quella giornata in mia compagnia e fortunatamente la febbre passò il giorno dopo.
La mattina mi feci una doccia, e appena rientrai in camera con l’accappatoio trovai lui.

“S-suga?!?” gli dissi quasi urlando.

“Scusa!!” mi disse diventando rosso come un peperone e voltandosi di scatto per non guardarmi.

“Aspettami qui che mi cambio in bagno” gli dissi mentre prendevo le robe da mettermi. Appena mi cambiai lo vidi seduto al letto.

“Senti ma in questi giorni è successo qualcosa?” gli chiesi. Avevo solo dei piccoli ricordi di ciò che era successo in quei giorni.

“No” mi disse aggiustandosi il cappello e facendo un mezzo sorriso. Mi nascondeva qualcosa, lo sentivo.

“Va bene, ma se mi nascondi qualcosa peggio per te.” Gli dissi facendogli il gesto che gli avrei tagliato la gola.
Scoppiò in una risata fragorosa. Mi era mancata la sua risata.

“Andiamo?” disse lui indicando la finestra.

“Perché non usciamo dalla porta come le persone normali?” gli chiesi rimanendo un po’ scioccata da quella richiesta.

“Come vuoi” disse sparendo e uscendo dalla finestra.
Non sentii nessun rumore, nemmeno un tonfo così correndo mi diressi verso la finestra e uscii camminando sulle tegole.

“Suga?Suga?!?” dissi io agitandomi e guardando da una parte all’altra.

“Sono qui, dai buttati” mi dice sbucando da sotto il riparo.

“Buttarmi? Sei impazzito?” gli dissi quasi gridando e lo guardai in preda al panico.

“Ti prendo io, non ti fidi?” mi disse facendomi un sorriso malizioso.

“Ok, però prendimi” dissi buttandomi e chiudendo gli occhi. Sentii le braccia di qualcuno sostenermi.

Appena aprii gli occhi, mi ritrovai vicinissima al suo viso, i nostri respiri erano affannati e ci guardavamo con insistenza. Così distolsi lo sguardo dal suo ipnotico.

“Ora puoi lasciarmi” gli dissi. Delicatamente mi fece appoggiare le gambe al suolo e lasciò la sua presa d’acciaio dal mio corpo.

“A-andiamo dai” dissi io incamminandomi.
Vidi che Suga non era di fianco a me e appena mi girai per guardarlo lo vidi prendere la sua bandana e metterla al collo e mi raggiunge.
Appena arriviamo a scuola Suga mi lascia per stare in compagnia di Deborah. Come al solito ritornano insieme alla seconda ora.

“Ti stancherai mai di stare con lei?” cosa ho appena detto?
Dopo essermi resa conto di ciò che avevo detto, non lo guardai e continuai a scrivere frasi senza senso sul foglio.

“Non credo mi stancherò” mi disse lui con un accenno di ironia.

“Non volevo dire quello” dissi io cercando di riparare al danno fatto senza pensare.

“Non me la predo non preoccuparti” mi disse dandomi una pacca sulla spalla.

Così si alzò e se ne andò di nuovo.
Ma questa volta decisi di seguirlo senza farmi scoprire.
Vidi che uscì da scuola da un passaggio di cui io non sapevo l’esistenza e appena si avvicinò ad una panchina non lontana da scuola, vidi la biondona di Deborah avvicinarsi a Suga e abbracciarlo.
Io mi misi dietro ad un muretto non troppo basso e sbirciai. La bionda era a cavalcioni su Suga e lo toccava e lo baciava.
A quella scena provai ribrezzo, Suga aveva le sue mani sui fianchi di Deborah e assecondava i suoi baci.
Provai una rabbia inspiegabile e istintivamente chiusi i pugni delle mani.
La ragazza smise di baciarlo e si dedicò al collo di Suga, io mi sporsi un po’ di più è vidi Suga guardarmi.
Divenni di ghiaccio, lui mi vide ma fece finta di niente, mi ritrassi e mi misi una mano davanti alla bocca per non farmi sentire, così corsi subito via da lì e ritornai a scuola.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


NOTE: Eccomi con un altro capitoloooo spero vi piaccia aspetto sempre vostre recensioni e buona letturaaa :D

Capitolo 5
 
*Nel capitolo precedente:
Così si alzò e se ne andò di nuovo.
Ma questa volta decisi di seguirlo senza farmi scoprire.
Vidi che uscì da scuola da un passaggio di cui io non sapevo l’esistenza e appena si avvicinò ad una panchina non lontana da scuola, vidi la biondona di Deborah avvicinarsi a Suga e abbracciarlo.
Io mi misi dietro ad un muretto non troppo basso e sbirciai. La bionda era a cavalcioni su Suga e lo toccava e lo baciava.
A quella scena provai ribrezzo, Suga aveva le sue mani sui fianchi di Deborah e assecondava i suoi baci.
Provai una rabbia inspiegabile e istintivamente chiusi i pugni delle mani.
La ragazza smise di baciarlo e si dedicò al collo di Suga, io mi sporsi un po’ di più è vidi Suga guardarmi.
Divenni di ghiaccio, lui mi vide ma fece finta di niente, mi ritrassi e mi misi una mano davanti alla bocca per non farmi sentire, così corsi subito via da lì e ritornai a scuola.*

Appena arrivai a scuola di corsa, mi fiondai al mio banco e ferma e muta come una statua, seguii la lezione.

Lui arrivò insieme alla bionda sorridendo e sedendosi.
Non disse una parola e continuò a ‘recitare’ la parte del playboy avvicinandosi di tanto in tanto a Deborah e accarezzando il suo volto e i suoi capelli.
Avevo una rabbia che davvero non capivo da cosa era scaturita, non credo avessi una cotta per Suga, no? No no ma che dici Mya, ritorna in te.

In classe tutto d’un tratto entra un ragazzo. LUI, quello che l’anno precedente mi aveva fatto letteralmente impazzire.
Americano, alto, capelli castani, sorriso bianco più splendente di una stella e occhi celesti quasi blu.

“Mya!” mi dice avvicinandosi sorridendomi e sedendosi al posto libero di Suga.

“Ehi” gli dico sorridendogli. Era un anno che non lo vedevo e le emozioni riaffiorarono come una tempesta in un giorno sereno.
Mi guardava come se non mi avesse visto da più di dieci anni, ma era passato solo un anno.

“Scusa ma questo è il mio posto” disse con tono arrogante Suga verso il ragazzo.

“Scusami amico” disse lui alzandosi. Avrei voluto picchiare Suga in quel momento.

“Brian puoi rimanere, Suga stava dalla sua amica Deborah no?” dissi verso Suga. Mi guardò come se volesse azzittirmi.

“Ehi ragazzi non vi preoccupate. Mya mi ha fatto piacere vederti” mi dice abbracciandomi.

“Aspetta Brian” dissi dando un ultimo sguardo fulminio a Suga e seguendo Brian.

“Quel ragazzo ti ha guardato come se fossi sua” mi dice camminando.

“Brian, stai scherzando vero? Comunque se l’è presa per la battuta su Deborah.” Dissi seguendo Brian nei corridoi.

“Davvero non sto scherzando” mi dice sfoderando quel suo sorriso ipnotico e illuminante.
Rispondo solo con un sorriso perché ormai ero imbambolata come una scema, dal suo sorriso.

“Io devo proprio andare” mi dice dirigendosi verso la sua Audi R8 grigia metallizzata.

“Ci rivedremo tra un anno?” dico scherzando. Ma mi guarda seriamente.

“Spero proprio di no” risponde con sguardo basso e toccandomi una ciocca di capelli.
Per fortuna non mi vede arrossire ed entra in macchina e sfreccia via come un pazzo.
Ritorno in classe con un mega sorriso e con ancora il cuore che mi batte all’impazzata.

“Perché non sorridi a me in quella maniera?” mi dice Suga appoggiato al banco. Mi fermo davanti a lui e lo fisso.

“In quale maniera? Non credo cambi molto” dico io incrociando le braccia. Mi guarda e si gratta il naso.

“Di certo anche tu non mi sorridi come fai con Deborah” uno a zero per Mya.

Mi siedo e aspetto una sua risposta. Ma sbuffa e si siede.
Colpito e affondato.
Il ritorno a casa non è in sua compagnia, è troppo impegnato a camminare affianco alla gatta morta e a stringere la sua mano sul suo fianco.
Non fiatammo per quasi 3 giorni e io volevo sapere perché ancora non mi aveva chiesto perché quel giorno lo seguii fuori dalla scuola e lo beccai con Deborah.

Quella mattina non lo trovai alla fermata. Appena arrivai a scuola vidi una macchina un po’ troppo vistosa: una Lotus Evora GTE bianca nuova di zecca.
E indovinate chi uscì da quella macchina con una biondona? Suga.
La domanda al momento non era cosa ci faceva lei in macchina con Suga, ma piuttosto, come diavolo ha fatto ad avere una macchina del genere?
Quella macchina costa di più di casa mia! Rimasi a bocca aperta vedendoli uscire da quella macchina, ma cercai di rimanere il più naturale possibile, mentre si avvicinavano a me.

“Be cosa ne pensi della mia bambolina?” mi chiede Suga indicando la Lotus. La guardo inclinando a destra e a sinistra la testa.

“Può andare” era stupenda quella macchina, cerchi in lega, alettone in carbonio, superlativa!!

Suga fece una smorfia e prese per mano Deborah e ne se andò. Appena furono lontani abbastanza ritornai a respirare normalmente e a fare un gran respiro.
Entriamo in classe e appena abbiamo la pausa mi prendo in disparte Suga e lo porto in una stanza vuota.

“Senti Suga, sono tre giorni che ancora non mia hai chiesto perché ti ho seguito quella volta fuori dalla scuola.”
Gli dissi appoggiandomi al muro e aspettando una sua risposta. Mi guardò e fece spallucce.

“Sicuramente lo hai fatto perché eri curiosa” mi dice mettendosi una mano in tasca.

“Si certo. Come se una ragazza viene da te, ti bacia, e come scusa ti dice: ‘Scusa se ti ho baciato, ma volevo vedere cosa si provava’ ” gli dico innervosendomi.

Allora di colpo sbatte la mano sul muro a pochi centimetri dal mio volto e si avvicina.

“Se volevi che ti baciassi bastava dirmelo” mi dice avvicinandosi sempre di più. Ma cosa stai facendo Suga? Ma cosa sto facendo io?!?! Perché non lo respingo!!
Mi riprendo e lo spingo via.

“Te lo sogni!” gli dico uscendo dalla stanza e sbattendo la porta. Avevo il cuore a mille, aveva sorpassato la linea del confine questa volta.
Ero incavolata e confusa. Perché non avevo respinto già da prima Suga, quando si era già avvicinato?
Il mio corpo sta perdendo colpi e non risponde ai miei comandi in tempo.
Arrivai in classe e tutti mi guardavano…avevo fatto qualcosa che non sapevo? Mi sedetti e ascoltai per caso le ragazze davanti a me.

“Avete sentito?? Mya ha baciato Suga davanti a Deborah” cosa???

Arrivò Suga e sedendosi sorrise. Mi girai e mi alzai.

“Come hai osato mettere in giro questa voce? Non è affatto vero!” Gli dico gridando e attirando l’attenzione dei nostri compagni di classe.

Lui si alza e mi guarda.

“Capita” mi dice facendomi spallucce.

Gli vado per tirare uno schiaffo ma mi blocca il polso della mano destra. Lo guardo malissimo, avrei voluto ucciderlo.

“Sei un bugiardo e un manipolatore!” gli grido contro ma in un batter d’occhio ritrovo le sue labbra sulle mie. Lo spingo subito via e lo guardo sgranando gli occhi.

“Be ora è vero” mi dice inclinando la testa.

Gli tiro lo schiaffo con la mano libera ma non lo evita. Mi lascia la presa sul polso e butto velocemente le mie cose nella cartella e me ne vado.

Mi scordo di prendere l’autobus e mi faccio tutto a piedi. Primo ha messo in giro quell’assurda voce, secondo mi ha baciata, terzo è proprio uno stronzo!
Ci sarà qualcosa che posso fare per vendicarmi. Aspetta. Aspetta un momento un’idea l’avrei.
Mi fermo di colpo e ritorno a scuola. La mattina avevo visto una bellissima macchina appena scesa dalla fermata.
Sarà ancora li giusto? E certo che è ancora lì.
Per caso, e anche per fortuna, trovo un pezzo di vetro a terra e aprendo il pacco di fazzoletti e prendendone alcuni, afferro il pezzo di vetro e mi dirigo verso la macchina furtiva e controllando che non ci sia nessuno. Inizio a bucare le gomme e mi sento realizzata.
Così dopo aver sgonfiato anche l’ultima ruota mi metto davanti alla macchina fiera di me e contemplo il mio lavoro.

“Ecco, questo è solo l’inizio” dico mettendo una mano sul fianco.

“E’ solo l’inizio eh?” una voce dietro di me spunta all’improvviso e mi vengono i brividi.

Appena mi giro vedo Suga con un sorrisino in faccia e senza accorgermene mi cade il vetro dalla mano e mi pietrifico. Lui si avvicina lentamente.

“Questo è il tuo lato ‘bad-girl’? Perché io amo le ragazze cattive. I’m a bad boy so i like bad girl” mi dice avvicinandosi e io indietreggio appoggiandomi alla macchina.

Non avevo vie di fuga. Uno pari per me e Suga.

“Sai, ti ritenevo un po’ più furba.” Mi dice aggiustandosi il cappello.

“P-perché?” dico io quasi balbettando.

“Perché al posto tuo non avrei mai ferito la mia bambolina” mi dice toccando la macchina. Forse ho sbagliato. Si direi proprio che ho sbagliato.

“Ok…quindi?” chiesi io cercando di chiudere il più velocemente possibile il discorso e correre via.

“Quindi dovrai venire a cena con me visto ciò che hai fatto alla mia bambolina”

“Cosa??!?!” gli dico urlando. No non sarei andata con lui da sola a cena.

“Se non vuoi la cena allora ti dovrò baciare” mi dice avvicinandosi sempre di più al mio volto.

“OK.OK. Vengo a cena con te!” gli dico prima che sia troppo tardi. Si stacca dal mio volto e mi sorride contento della vittoria. Due a uno per Suga.

“Allora ci vediamo stasera alle otto davanti a casa tua. Sii puntuale” mi dice facendomi l’occhiolino e si sposta per farmi passare.
Io cammino ma lo guardo non si sa mai fa qualcosa. Appena sono abbastanza lontana, inizio ad aumentare il passo.
Ora dovevo anche andare a cena con lui. Meglio che ricevere un suo bacio dopo tutte quelle effusioni che ha avuto per giorni con Deborah.

Mancava solo un’ora alle otto e io dovevo ancora decidere cosa mettermi.
Optai per un vestitino che arrivava al ginocchio color perla, tacchi un po’ di trucco e mi preparai.
Il vestito non era molto scollato, ma speravo proprio non ci badasse. Arrivarono le otto e corsi subito fuori.
Appena uscii vidi un ragazzo completamente diverso vicino alla sua Lotus: completo nero cravatta bianca, capelli alzati e sguardo fisso su di me.
Se avesse potuto spogliarmi con lo sguardo, sarei rimasta davanti a lui in intimo. Mi avvicinai a lui aspettando una frase o qualsiasi cosa all’infuori di un bacio.

“Lo sai se ti vesti sempre così mi sarà difficile tenere a freno il mio corpo. Sali.” appena mi disse quella frase mi venne la pelle d’oca e mi avvicinai allo sportello e mi sedetti, aspettando che anche lui si mise in macchina e iniziasse a guidare.
Forse avrei dovuto mettere un vestito un po’ più coperto, ma ormai è andata.
Dopo venti minuti di strada e un silenzio alquanto strano mi girai a guardarlo. Aveva le mani sul volante e sguardo fisso sulla strada buia e senza illuminazioni.

“Senti un po’ ma stiamo andando in America??” dissi io quasi in preda a una crisi isterica. Non rispose e la cosa mi diede ancora più fastidio.

“Pronto?? Terra chiama Suga! Anzi Mya chiama Suga!!” gli dico gridando. Eravamo solo a trenta centimetri di distanza ma era come se non mi sentisse.

“Puoi evitare di ripetere tante volte il mio nome?” disse lui serio, fissando la strada.

“Perché?” chiesi io mettendo le braccia conserte e inclinando la testa in una smorfia.

“Perché se continui così non arriverai vestita al ristorante.” Si gira e mi guarda dal basso all’alto. Mi metto subito le mani incrociate sulle spalle.

“Non ti permettere nemmeno” gli dico sgranando gli occhi.

“E allora stai zitta e guardati il panorama” cosa dovevo ammirare se era tutto buio?? Mi azzittii e aspettai che arrivammo a questo benedetto ristorante.

Quella sua aria da bad-boy non gli si addiceva proprio, preferivo più quel ragazzo premuroso e attento di alcuni giorni fa.
Appena vidi un luccichio in lontananza pensai che forse eravamo arrivati. Forse.

“Eccoci arrivati.” Dice parcheggiando dentro all’enorme reggia illuminata.
Era enorme tutta in pietra e dei balconi sporgevano dal primo piano.
Rimasi incantata da quella vista e intravidi un tavolino a lume di candele.
Uscii dalla macchina senza l’aiuto del ‘gentlemen’ che avevo appresso e mi addentrai dando un’occhiata in giro ma non potevo.

“Ehi, dove credi di andare stellina?” mi dice prendendomi per il braccio e spingendomi verso il tavolino.

“Non chiamarmi stellina” quei nomignoli mi davano fastidio tipo piccola o bambolina eccetera.

“Mi dispiace ma non posso, STELLINA” disse sussurrandomelo all’orecchio mentre mi faceva sedere al tavolo.
Avrei voluto levarmi una scarpa e lanciargli il tacco in testa, ma cercai di essere il più seria possibile e affrontare al meglio quella cena.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


NOTE: Ciaooo ecco un nuovo capitolo con Mya e Suga. Spero vi piaccia e di ricevere delle vostre recensioni :D buona letturaaaa :)

Capitolo 6
 
Quella sera mi guardai intorno più volte, chiedendomi come mai c’eravamo solo noi e lo staff della cucina.

“Siamo solo noi se è questo che ti stai chiedendo” mi dice prima di afferrare un boccone della sua carne.

Mentre mi guarda e mi fa uno sguardo in cui l’unica cosa che vorresti fare è scappare: era un misto fra appena finisco di mangiare ti bacio e ora mi alzo e ti porto via.
Così presi la forchetta e iniziai a mangiare la mia carne prima che si freddasse.

“Come mai hai deciso di vendicarti sgonfiando le gomme della mia bambolina?” dice lui interrompendo quella calma che poco prima aveva interrotto.

“Ho deciso di sgonfiarti le ruote della tua MACCHINA, perché era una cosa a te cara, siccome reputo anche il mio orgoglio qualcosa d’importante, avevo deciso di punirti così. Io, invece di saltare lezioni andando dietro a scambiare effusioni con una qualsiasi, mi dedico alla scuola e ad avere una media alta.”

Booom due pari bello mio. Non lo guardo ma sento il suo sguardo pesante su di me.
Bevo l’acqua e accidentalmente alzo lo sguardo: era appoggiato con un gomito e si sosteneva la testa con la mano.
Per poco non mi affogavo.
Mi guardava con quello sguardo così sexy che appena si morse le labbra, dovetti prendere il fazzoletto e fare finta di asciugarmi per nascondere l’imbarazzo.
Mi scombussolava troppo. Devo dire che quella sera oltre ad essere vestito bene era davvero…wow!

“Per punirmi eh? E io secondo te cosa dovrei fare per PUNIRTI?” disse lui scandendo l’ultima parola in modo troppo evidente.

“Lo hai già fatto. Sono a cena con te, è sufficiente” dissi io stizzita.

“Mmm. Mi sa che aggiungerò qualcosa” disse riprendendo a mangiare. Cosa voleva aggiungere? Mi alzai di scatto e mi diressi verso la cucina.

“Scusate, potete dirmi dov’è il bagno?” chiesi a un ragazzo molto giovane con un grembiule bianco. Mi guardò come se avesse visto una dea.

“D-deve girare a destra e la porta infondo è il bagno” mi dice incantato.

“Grazie!” gli dico affrettandomi verso il bagno.

“Devo escogitare qualcosa. Non c’è nessuna porta in questo bagno?? Nemmeno una di emergenza??” dissi girando a vuoto nel bagno.
La porta si aprì e si rischiuse. Rimasi ferma di fronte al muro.

“Dove credevi di scappare?” Maledetto. Mi giro di scatto appoggiando la spalla al muro.

“Lo sai che è maleducazione entrare nel bagno delle donne? Sempre che tu non sia dell’altra sponda” stavo quasi per ridere, ma mi trattengo vedendo che lui si avvicina pericolosamente.

“Bella battuta, ma per tua fortuna non sono dell’altra sponda, anzi, ti ho già detto che le ragazze come te mi piacciono parecchio” mi sa che questo tipo di gioco con lui non funziona, anzi, lo istigo soltanto.

Maledizione! Mette la sua mano all’altezza della mia testa sul gelido muro in pietra. Si avvicina inclinando la testa e io rimango impassibile.
Poggia le sue labbra sulle mie, ma io non faccio nulla, ero diventata come una statua. Riapre gli occhi e si allontana giusto per guardarmi per bene.

“Ti conviene collaborare” quella richiesta sembrava più una minaccia, così decisi per una volta di seguire il suo ‘consiglio’. Appena si avvicinò di nuovo ricambiai il bacio.

Da un semplice bacio si trasformò in qualcosa di più: il mio cuore iniziò ad andare a mille, i brividi percorrevano la mia schiena e di colpo, chiusi gli occhi e sentii la mano libera di Suga dietro al mio collo, pronta a tirarmi a se e a intensificare il bacio.
Quel bacio mi travolse, era un misto di passione e punizione, ma divenne qualcosa di più quando anch’io misi le mie mani fra i suoi capelli e lui spostò la mano dal muro al mio fianco facendo aderire i nostri corpi. Mi morse un labbro e iniziò a giocare con le lingue.
Devo dire che ciò mi piaceva parecchio e che lui ci sapeva proprio fare.
Ci fermammo guardandoci, io ero stupita da quello che era appena successo, lui era soddisfatto. Avevo il fiatone in confronto a lui che chissà quante volte lo aveva fatto.
Staccò le mani dal mio corpo e così feci anch’io. Si allontanò di qualche passo e si diresse verso la porta.

“Ti aspetto al tavolo” mi dice andandosene.

Appena uscì mi misi una mano sulle labbra: c’eravamo appena baciati ed io lo avevo anche seguito in tutto ciò?
Che cosa mi sta succedendo? Cosa mi sta facendo quel ragazzo?

Ero in preda alla tachicardia al solo pensiero di quel bacio che da semplice divenne passionale. Avevo ancora i brividi ma mi affrettai e ritornai al tavolo.
Mi sedetti e appena mi guardò sentì una vampata percorrermi le guance. Lui rise e continuò a mangiare.
Cosa c’era da ridere? Era un gioco per lui? Arrivò il dessert e ci portarono il gelato. Io uscivo pazza per il gelato.
Appena vidi arrivare una montagnetta di gelato al cioccolato mi leccai i baffi e presi il cucchiaino pronta a mangiare.
Il cameriere lo mise al centro e appena se ne andò presi un bel cucchiaino di gelato.

“Mmm buonissimo” dissi io mangiando il gelato. Suga scoppiò in una risata.

“Perché ridi senza motivo?” dissi io mangiando un altro po’ di gelato.

“Non è senza motivo è perché sei sporca proprio qui”

“Qui dove?” dissi mentre cercavo il punto sul volto che era sporco, ma non mi accorsi che Suga si chinò da sopra al tavolo e mi prese il mento e mi baciò.
Rimasi ferma a guardarlo con aria perplessa.

“E’ proprio buono questo gelato” mi dice leccandosi le labbra. C’era bisogno di darmi un bacio per assaggiare il gelato? Ora lo ammazzo.

“Allora, fammi capire bene. Ogni scusa è buona per baciarmi?” chiesi io lasciando il cucchiaino e pulendomi la bocca.

“Be se sei tu, si allora” come? Voleva essere davvero picchiato.

“Senti se l’hai preso come un gioco allo-”

“Non l’ho preso come un gioco” mi disse guardandomi con sguardo serio.

“Non gioco con le persone!” disse quasi con un tono di rabbia.

“A me sembra proprio di si” dissi io guardandolo fisso negli occhi.

“Andiamo, ti riaccompagno a casa” mi dice alzandosi e andando alla macchina a pochi passi da noi.

Era arrabbiato o forse irritato da ciò che avevo appena detto.
Il viaggio verso casa fu più silenzioso di quello all’andata.
Appena scesi dalla macchina e raggiunsi il cancello Suga mi fermò.
Mi guardava e iniziò ad avvicinarsi sempre di più. Era a pochi centimetri dalla mia bocca. MYA svegliati!!

“Vuoi ritrovarti con una costola rotta?” gli chiedo fissandolo con insistenza.

“Volevo darti solo la buonanotte” mi dice sorridendo.

“No grazie” dissi facendo un sorrisetto e aprendo il cancello ma mi blocca di nuovo tirandomi a se e baciandomi contro la mia volontà.

Appena mi stacco gli tiro uno schiaffo e me ne vado senza nemmeno guardarlo.
Avrei anche lasciato correre il bacio nel bagno, ma quello fuori casa mi aveva dato davvero fastidio, come se lo avesse preteso.
La mattina seguente lo vidi arrivare a scuola con la macchina e appena entrò in classe si avvicinò ad un gruppetto di ragazzi, amici suoi.
Io mi sedetti e le due oche davanti si girarono.

“Alla fine Suga ha vinto la scommessa” dicono ridendo in coro le due papere.

“Come prego?” dico alzando un sopracciglio.

“Alla fine si è portato a letto anche te” dissero ridendo.

“Cosa?!?”come come? Questa volta si è proprio scavato la fossa.

Lo vedo già scritto sul giornale: “Giovane ragazzo ucciso dalla sua compagnia di banco per una scommessa”. Si! Il suo giorno è arrivato.
Mi alzo di scatto dalla sedia imbestialita come un toro, vado verso Suga e lo tiro per un braccio senza preoccuparmi degli altri.
Andiamo in una stanza e chiudo la porta a chiave così che nessuno possa disturbarci. Lo guardo con sguardo assassino e lui con faccia scioccata mi fissa.

“Come sarebbe che hai vinto la scommessa??” dissi io gridando. Mi guardò spaesato e non rispose.

“Hai fatto una scommessa dicendo che mi avresti portata a letto, imbecille!!!” gli dissi trattenendo la rabbia che avevo in corpo.

“Ma cosa stai dicendo? Stai parlando seriamente o stai dando di testa?” la cosa che odio di più è quando fingono di essere innocenti.

“Non fare il finto tonto! Sono stata, ancora una volta, fregata da te! Uno stupido egocentrico, uno stalker, un maniaco, un playboy, un Casanova che se la fa con tutte e poi va a fare scommesse con altri imbecilli come te!” dissi spingendolo con le mani.

“Ehi furia, calmati! Prima di tutto non ho fatto nessuna scommessa su di te! Secondo se faccio scommesse, lo faccio su ragazze che vedo solo una notte e poi basta! E terzo, ma non meno importante, non avrei MAI potuto farlo con te, perché tu mi piaci! Quindi sarebbe stato solo un controsenso!” mi dice scagliandomi contro quelle parole che mi fanno rimanere allibita.
Uccidetemi ora. Mi ha appena detto che gli piaccio? Cioè ha fatto tutte queste scenate perché gli piacevo? Non capirò mai i ragazzi! Mi misi una mano sulla fronte, non ci capivo più nulla.

“Senti…io me ne vado” dico uscendo dalla stanza.

Suga mi sorpassa e vedo che appena entra in classe afferra per un braccio Deborah e spariscono insieme.
Io ritornai a sedermi al mio banco in balia dei sentimenti che quelle parole, dette da Suga poco prima nella stanza, mi avevano scaturito.
Ero confusa, arrabbiata, frustrata, indifesa. Mi stavo facendo mettere i piedi in testa da un ragazzo come lui? Ma niente proprio.
Vidi ritornare dopo un po’ Deborah che si diresse verso il mio banco. La guardai e dagli occhi aveva pianto.

“Sono stata io a mettere quella voce su te e Suga.” Mi dice con voce frustrata e incerta. Mi alzo così da guardarla bene.

“Tu…TU” dissi indicandola con il dito.

“Perché mai hai messo in giro una voce del genere??? Me lo spieghi cortesemente?!?” dissi irritata verso la bionda.
Mi guardò con uno sguardo tipo ora piango e ti butto addosso una sedia.

“Perché me lo hai portato via!” mi dice gridando. Come?

“Prego?!? Io-” uno schiaffo mi arriva senza preavviso dalla bionda facendomi girare la testa verso la finestra. Ora si che l’avrei riempita di botte.

La guardo davvero incazzata e vedo che la sua espressione cambia: era davvero spaventata, chissà che faccia avevo.

“Senti raperonzolo, io non te lo rubo mica! Scendi da sopra al piedistallo e renditi conto di come ti comporti! Te la fai con tutti i ragazzi e poi te la prendi con me?? Ma vai a giocare con le bambole!” dissi andandomene via dalla classe ma a bloccarmi davanti alla porta c’era la figura di Suga con la sua bandana bianca al collo e con le braccia conserte mi guardava. Mi fissava con insistenza, come se avessi fatto qualcosa di male.

“Mi fai passare?” dissi acida. Si spostò sul lato e mi fece passare. Credevo mi avesse fermato. Ma invece di fermarmi continuò a seguirmi.

“Sei diventato un cane da guardia?” dissi io continuando a camminare.

“Ti sto solo seguendo non si sa mai combini casini” mi fermai di colpo sentendo le scarpe di Suga che con la gomma strillano per terra. Mi giro e lo fisso.

“Io casini? Sei tu quello che combina casini deficiente!” gli dico distogliendo lo sguardo.

“Ma tutti questi complimenti sono gratis?” mi dice sorridendo.

“Non c’è nulla da ridere!” gli dico ritornando sui miei passi.

“Ti sei calmata?” mi chiede continuando a seguirmi.

“Per niente, sono più arrabbiata di prima quindi ti conviene sparire proprio!” non mi ero accorta di essere in mezzo alla strada e all’improvviso Suga mi tira indietro e vedo sfrecciare davanti a me una macchina ad alta velocità.

“Ma vuoi morire?!?” mi dice Suga arrabbiato e stringendo la presa sul mio polso.

“Mi fai male” gli dico serrando i denti.
Con sguardo ancora arrabbiato mi lascia il polso e si abbassa per stare con il suo volto all’altezza del mio.
Ero in imbarazzo poiché l’ultima volta che siamo stati così vicini è stata la sera precedente quando mi ha baciato.
Mi mise la mano in testa e mi fissa.
Mi persi in quei suoi occhi a mandorla color cioccolato e in quel suo volto perfetto, bianco come il latte e la sua voce dolce come il miele.

“Vuoi farmi venire un infarto?” mi dice sussurrando senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.
Era davvero bello ma per quanto fossi arrabbiata questo non mi condizionava più di tanto.
Così misi un dito sulla sua fronte e spinsi via il suo volto troppo vicino al mio.
Mi sorrise e io non cambiai espressione ,anzi ,forse divenne più dura.

“Dai non fare così! Fammi un sorriso” mi dice quasi pregandomi e mettendo il broncio. Mio dio quanto è cucciolo. Basta, BASTA!

“NO” gli dico attraversando la strada controllando che nessuno passasse.

Non ritornai a scuola e nel pomeriggio ritornai solo per riprendere le mie cose e vidi Suga sul banco che stava dormendo.
Feci tutto il possibile per farlo svegliare ma dormiva come un ghiro.
Non so se faceva finta o meno.
Comunque me ne andai facendo perfino cadere una sedia ma niente. Era morto e non se né era accorto.
Gli do un’ultima occhiata e in un batter d’occhio si alza e mettendomi una mano dietro la spalla mi porta vicino a lui facendo aderire i nostri corpi e scambiandoci i nostri respiri.
Ho la sua bandana al collo a contatto con la mia bocca e abbiamo entrambi l’affanno come se avessimo appena finito di correre una maratona, i suoi occhi legati ai miei, ho la mano libera per spingerlo via, ma non lo faccio. Lui aspetta qualcosa, forse una mia mossa o una mia frase.
Così mi alzo piano sulle punte per avvicinarmi al suo magnifico volto, ma lui con un sorriso annulla le distanze.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


NOTE: Scusate il ritardo >-< eccovi il capitolo spero vi piaccia :D Buona Lettura

Capitolo 7
 
Quel bacio fu bello, intenso e lungo. Sentii delle voci provenire dal corridoio e entrarono in classe. Io e Suga ci guardammo.

“Che vi avevo detto! Alla fine se l’è scopata quella puttanella!!” disse un ragazzo ridendo con gli altri.

Suga non aveva ancora lasciato la presa e non guardava più me, ma il suo sguardo era rivolto ai ragazzi: il suo sguardo cambiò, divenne pericoloso in pochi attimi e se con lo sguardo avesse potuto ucciderli, sarebbero crollati tutti a terra.
Di colpo Suga mi lascia e mi passa di fianco. Mi giro di scatto e vedo quella scena: Suga prende per il collettino il ragazzo che ha appena detto quella frase su di me.
Non riesco a vedere che sguardo ha Suga ma il ragazzo di fronte a lui ha un sorriso strafottente.

“Ripeti ciò che hai detto se ne hai il coraggio” dice Suga con rabbia.

“Putta-” Suga lo sbatte a terra e inizia a dargli pugni in faccia. Ad ogni pugno alza di più il gomito dando sempre più forza.

“Suga! Smettila!” gli grido, ma niente. I ragazzi che poco prima ridevano sono terrorizzati da quella scena: Suga a terra che dava pugni al ragazzo che prima aveva un sorriso strafottente e ora la faccia ridotta a uno schifo. Mi avvicinai a Suga e lo presi per il braccio.

“BASTA!”gli dico tirandolo via da vicino al ragazzo. Suga si stacca e mi guarda soddisfatto di ciò che ha appena fatto. Aveva un sorrisetto sulle labbra, e mi spaventava.

Lo guardai terrorizzata da ciò che aveva appena fatto.
Mi guardò e si rese conto di quanto fossi spaventata da ciò che aveva appena fatto.
Il suo sguardo divenne preoccupato e mentre diede un ultimo sguardo al ragazzo a terra ansimante, mi prese per la mano e mi portò fuori dalla scuola.
Prendemmo la macchina e mi portò a casa.

“Vieni dentro” gli dico mentre mi segue fedelmente. Era sporco di sangue, così come la sua camicia bianca.

“Aspettami in bagno, è la prima porta a destra al piano di sopra.”

Gli dissi mentre cercai nella stanza di mio padre una camicia bianca come cambio.
Arrivai in bagno e lo trovai già senza maglia e che si lavava le mani e la faccia sporche anch’esse di sangue.
Aumentarono i battiti alla vista di Suga senza maglia. Bianco come il latto, magro e con i giusti muscoli, capelli rossi e faccia bagnata.
Era proprio bello, ma ero ancora sconvolta dalla reazione precedente di lui. Mi guardava ancora preoccupato.

“Sputa il rospo” mi dice mentre si asciuga la faccia e s’infila la camicia.

Mi giro e me ne vado in camera e mi siedo sul letto.
Mi raggiunge e si mette appoggiato alla soglia della porta con le braccia conserte.
Il suo sguardo era sexy, accattivante e provocatorio.

“Suga…perché hai reagito così?” gli chiesi guardandolo e aggiustandomi una ciocca di capelli dietro all’orecchio.

“Secondo te perché ho cambiato scuola per 4 volte di seguito?”

“Hai cambiato la scuola per 4 volte di seguito!?!?” gridai e sgranai gli occhi.
Chiuse gli occhi, respirò e si diresse verso di me. Mi prese una mano e la appoggiò sul suo petto.

“Vedi come batte quando sono con te?” mi dice ascoltando il battito accelerato di Suga, come il mio. I nostri occhi si scontrano e s’inseguono.

“Secondo te, potevo stare fermo dopo che ti avevano detto una cosa del genere?” divenne di colpo serio e intrecciò le nostre mani, che prime erano una sopra all’altra sul suo petto.

“Nessuno può offendere la MIA/MYA ragazza” disse giocando con il mio nome e sorridendomi. Sorrisi anche io e mi sentii un po’ meglio dopo quello che mi aveva detto.

“Amore siamo a casa” sgranai gli occhi. Sono arrivati i miei genitori.

“Suga! Muoviti mettiti nell’armadio!” gli dico prendendolo per il braccio e sbattendolo dentro l’armadio.

“Ma perché?” mi dice quasi gridando. Gli chiudo la porta dell’armadio in faccia e si azzittisce.

“Amore tutto ok?” mi chiede mia madre entrando in camera.

“Si stavo sistemando le robe. A voi a lavoro come va?” chiesi mentre mi avvicinai a mia madre e chiusi la camera così da farla allontanare da li.

“Il solito” mi dice mentre scendiamo le scale. Pericolo scampato.

“La mia bambina!” mi dice mio padre mentre mi stringe nel suo abbraccio.

“Papà mi soffochi!” gli dico mentre cerco di staccarmi da quel suo abbraccio stritolante.

“Vado a riposarmi ok?” dico verso i miei avendo come risposta dei cenni con il capo.

Mi fiondo in camera e chiudo silenziosamente la porta. Mi dirigo vero l’armadio e lo apro. Era vuoto. Dov’è finito Suga? Mi guardo intorno.

“Ehi sono qui” mi giro e lo vedo rientrare dalla finestra.

“Mi hai fatto spaventare” gli dico mentre mi siedo sul letto.

Lui entra in camera si mette sulla sedia con le ruote e si spaparanza su di essa a gambe aperte. Incrocia le braccia e mi fissa.
Mi fissa con quel suo sguardo che ti fa sciogliere e ti ricompone in pochi secondi, che ti imbambola, ti viene voglia di andare da lui e baciarlo fino a morire di fame e di sete, solo per il gusto di non staccare le tue labbra dalle sue.

“Smettila” gli dico.

“Di fare cosa?” mi dice sorridendomi.

“Quello sguardo” gli dico indicandolo. Si alza e si avvicina a me. Mi prende il volto con le mani e si avvicina.

“Quale? Questo?” mi dice vicino al mio volto. I nostri nasi si toccano, i nostri occhi si scontrano e si fissano.

“Si” gli dico soffiando sulle sue labbra. Si avvicina baciandomi dolcemente. Assaporo quel bacio dolce che mi da con gentilezza e delicatezza.

“Non posso stare lontano dalle tue labbra” mi sussurra guardandomi negli occhi.
Mi accarezza le guance e mi da un piccolo bacio sul naso. Sorrido e lo fa anche lui, risedendosi sulla sedia e fissandomi di nuovo.

“E ora?” gli chiedo. Mi guarda stupito.

“Ora cosa?” chiede curioso mentre si aggiusta la bandana al collo.

“Come la mettiamo la situazione di oggi? Ti sei incavolato e hai picchiato a sangue quel ragazzo. Domani lo farai con tutti quelli della nostra classe incluso le ragazze?” gli chiedo guardandolo inclinando la testa e incrociando le braccia e le gambe.

“Be se è proprio necessario si” mi dice serio. Lo guardo con sguardo contraddittorio. Scoppia a ridere.

“Scherzo! O forse no. Cercherò di limitare le perdite” mi dice sorridendo.
Avrei voluto picchiarlo, ma quello che aveva fatto a scuola, mi aveva fatto capire quanto ci tenesse a me.

“Devi controllare la tua rabbia” gli dico mentre mi alzo e mi sistemo la maglia. Mi guarda con sguardo malizioso.

“Sei tu che mi fai impazzire” mi dice facendomi l’occhiolino.
Scoppio a ridere e cerco di limitare i rumori mettendomi una mano davanti alla bocca, avevo detto ai miei che stavo andando a dormire e poi stavo ridendo.
Un controsenso insomma.

“Be ci vediamo domani” mi dice dandomi un piccolo bacio e scappando via come un ladro dalla finestra.

Lo guardo mentre se ne va e rido appena sento il rombo della sua ‘bambolina’ che va via di corsa.
Quella sera mi addormentai con il sorriso sulle labbra. Sapere che qualcuno ci tiene a te, fa molto, credetemi.
Lui è un bellissimo ragazzo, forse troppo playboy e anche troppo geloso, ma mi piace così com’è.
Amo quando mi guarda con quei suoi sguardi che sono solo per me, quei suoi dolci baci e quelle battute squallide che ogni tanto fa.
La mattina seguente mi svegliai e trovai al telefono un messaggio.

“Fatti trovare pronta alle otto meno un quarto sotto casa.”

Vidi l’orario ed erano solo le sette. Avevo tutto il tempo necessario per fare colazione e prepararmi.
Sentii il rombo distinto della macchina di Suga e mi affrettai a mettermi la maglia e ad uscire di casa.
Lo vidi nell’auto con le mani sul volante che mi guardava dal finestrino. Appena entrai, mi accolse con bacio.

“Buongiorno bellezza” mi dice mentre parte come un pazzo.

“Guidi sempre così?” gli dico mentre cerco di mettermi la cintura, ma non faccio in tempo che siamo già arrivati a scuola. Scendiamo e Suga mi prende per mano ed entriamo a scuola. Nei corridoi abbiamo gli occhi di tutti puntati addosso.

“Guardatela quella puttanella!” dice qualche ragazzo.

Sento che Suga inizia ad allentare la presa dalla mia mano. Di scatto metto anche l’altra mano sulle nostre e lo guardo impaurita.

“Limita le perdite” gli dico sottovoce.

Mi guarda e fortunatamente si calma. Chiude gli occhi e fa un grande respiro.
Riusciamo così a recarci nella nostra classe e tutti iniziano a guardarci e a chiamarmi in quella maniera.
Suga di scatto si alza e si avvicina davanti al gruppetto di ragazzi che continuava ad insultarmi.

“Allora ascoltate bene tutti!” dice mentre si gira anche verso gli altri della classe.

“Vedete quel ragazzo?” indicò il ragazzo della nostra classe che il pomeriggio prima aveva picchiato.

“Lui ha detto le stesse cose che ora voi state dicendo. Ve lo dico ora e non lo ripeterò mai più: IO e Mya stiamo insieme, se oserete chiamarla ancora ‘puttana’, sarete ridotti come quel ragazzo e anche peggio” dice prima di sedersi affianco a me e prendermi per mano e tranquillizzarsi.

Nessuno fiatò e si sedettero tutti al loro posto appena videro il professore entrare. Stranamente nessuno parlò anche nelle ore di classe.
Si limitavano a parlare fra loro a bassa voce ogni tanto. Io lo fisso, lui se ne accorge e mi guarda accarezzandomi una guancia e facendomi ritornare alla realtà e facendomi voltare la faccia per l’imbarazzo.

“Oh-oh t’imbarazzi anche? Quante volte ti ho accarezzato?” mi dice vicino all’orecchio. Lo guardo stupita.

“Ora è diverso, abbiamo gli occhi di tutti addosso e mi da un certo fastidio e imbarazzo.” Gli dico abbassando lo sguardo.

“Vedo che siete una coppia felice” di scatto alzo lo sguardo e vedo la biondona di Deborah con le mani incrociate e lo sguardo dritto verso di me.

“Si problemi?” dice Suga alla bionda.

“Non sto parlando con te” gli dice irritata Deborah.

“Ehi! Abbassa i toni barbie!” gli dico rispondendo a tono e guardandola con sguardo serio. Mi fa una piccola smorfia e ritorna a parlare.

“Non sei diversa da me infondo” mi dice facendomi un sorrisetto. Mi alzo di scatto ma subito Suga mi blocca non facendomi avvicinare più di tanto a lei.
Non guardo Suga ma continuo a guardare storta la bionda.

“Ritieniti fortunata che mi ha bloccato Suga, se no saresti già in infermeria.” Gli dico mentre mi risiedo con calma.
La bionda mi continua a sorridere, avrei voluto togliergli quel sorrisetto falso dal volto una volta per tutte.

“Va via Deborah” dice Suga. Ma la bionda ha davvero coraggio nel restare ancora li davanti a noi.

“Non sono più la tua puttana” dice Deborah a Suga. E no, ora basta. Mollo la presa di Suga e butto uno schiatto a Deborah.

“Ora ti conviene davvero sparire prima che ti pesto a sangue e non ti riconoscerai nemmeno più allo specchio” gli dico infuriata come una bestia.

Suga mi mette una mano sul polso cercando di calmarmi ma ormai la giornata era stata rovinata.
La bionda con ancora i segni visibili delle mie cinque dita e con il suo solito sorrisino sul volto, se ne va con la coda fra le gambe senza fiatare.

“A me hai detto di contenere le perdite” dice ironico Suga.

“Non puoi capire Suga” gli dico mentre guardo fuori la finestra.

“Certo che capisco” mi dice stringendomi la mano nella sua.

La giornata a scuola dopo quel piccolo disguido con Deborah passò tranquillamente.
La mattina seguente mi svegliai ma non guardai la sveglia.
Mi vestii e mi diressi verso la fermata. Poco prima di arrivare alla fermata, il pullman era appena arrivato e così com'era arrivato se né andò.
Non feci in tempo a prenderlo, anche se avevo corso, così decisi di aspettare il prossimo.
Alla fermata tirava parecchio vento e la maglietta leggera della divisa era come uno strato della mia pelle: troppo sottile contro il vento gelido di fine ottobre.
Finalmente dopo non so quanto arriva il pullman e mi ci fiondo dentro, in cerca di un po’ di calore.
Arrivo a scuola e prendo il telefono dalla tasca e controllo l'orario: erano appena le sette e dieci.
Guardai sconvolta il telefono e mi chiedevo come mai scesi di casa con tanta foga e poi ritrovarmi lì ad aspettare per più di mezz'ora, finché la scuola aprisse.
Rimasi imbambolata a guardare l'orario e mi accorsi che qualcuno mi stava chiamando.

“Pronto?” dissi con voce tremante a causa del gelo e del freddo che avevo.

“Buongiorno” lo riconosco da subito.

“Suga ma per caso sei già pronto?” gli chiedo con voce flebile.

“No perché?” mi chiede con un accenno di curiosità.

“Perché non ho visto l'orario e sono già davanti a scuola” gli dico cercando di riscaldarmi camminando. Lui scoppia in una risata dall'altra parte.

“Non ridere che sto congelato!” gli urlo al telefono. Sento che si ammutolisce.

“Ho capito dammi dieci minuti e sono li da te” mi dice serio chiudendo infine la chiamata.

Appena chiudo la chiamata sento un rombo troppo familiare e mi volto. La macchina si ferma vicina a me e si abbassa il finestrino.

“Brian!” esclamo sorridendo. Lui mi sorride illuminando la giornata. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** AVVISO! ***


AVVISO


Questo è un'avviso per tutti coloro che seguono le mie fan fiction. Ieri sera è successo che mi hanno comunicato che la storia Sono pazzo di te l'hanno cancellata per una questione di denuncia eccetera. Quella fan fiction era qualcosa che faceva parte di me, era importantissima e mi piaceva molto, per questo ho deciso che fermerò a tempo indeterminato lo svolgimento e la pubblicazione delle fanfiction in corso e non. Mi dispiace ma efp mi è davvero scaduto. Spero possiate aspettare affinchè io ritorni a pubblicare e a recensire.

Saluti Fedetojen

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2856031