Another Pokémon Story

di Akitabiba
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Arrivi e proposte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Partenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Another Pokémon Story
 
PROLOGO


Il laboratorio di ricerca era pressoché deserto. Il pallido chiarore della luna era l'unica fonte di luce per lo scienziato che, dietro a una delle finestre dell'edificio, scriveva assorto degli appunti su un foglio già molto scribacchiato, con una grafia ora ben curata, ora illeggibile.
Era rimasto solo lui a quell'ora tarda della notte nel laboratorio che fino a pochi mesi prima decadeva su se stesso, ma che lui e altri uomini interessati al Progetto Doppia Vocale, così era chiamato, avevano rimesso a nuovo in poco più di tre settimane. Doveva finire di annotare i risultati ai test eseguiti quel giorno.
I minuti proseguivano lenti ed uno uguale all'altro, l'unico rumore percepibile era il flebile stridere della punta della stilografica sullo spesso foglio di carta, ricoperto da tutte quelle parole in codice di cui una persona normale non sarebbe riuscita a cogliere il senso, tanto meno il filo conduttore.
L'uomo si fermò un attimo, gli occhi rivolti allo scorcio di paesaggio che la finestra permetteva di vedere, pensieroso. Poi tornò a posare lo sguardo sul foglio e ricominciò a scrivere. Si interruppe più volte, e la scena si ripeteva, simile a una nenia cantata dalla madre fino a che il bambino fra le sue braccia non cade addormentato. Monotona, piatta, sempre uguale, come se il tempo si fosse fermato e i soliti minuti scorressero all'infinito, identici.

Nel frattempo, a una ventina di metri dal laboratorio, una figura incappucciata si faceva largo nel bosco, recidendo senza pietà le pianticelle che ostacolavano il suo cammino con il coltello che teneva impugnato con la mano destra. Esso era lungo e lucidato da poco. Una parte della lama era affilatissima e umida di linfa, l'altra seghettata. Un'arma a dir poco letale, soprattutto considerando che colui che la teneva ne aveva già fatto uso in passato e la sua abilità con quel genere di armi era rinomata da molti.
Si fece strada per la selva silenziosamente. Il vento freddo notturno non esercitava alcun effetto su di lui, avvolto com'era in quel mantello pesante, scuro.
Tutti i Pokémon che si presentavano alla sua vista erano per la maggior parte tipi Coleottero, profondamente addormentati sulle cime degli alberi, al sicuro. Poté scorgere comunque alcuni Rattata gironzolare nella radura in cerca di cibo, i loro occhi rossi che spiccavano nell'oscurità.
Finalmente alla sua vista si presentò il laboratorio. Non c'era traccia né di uomini né di Pokémon all'esterno.
-Perfetto!- mormorò compiaciuto, anche se non si sarebbe di certo tirato indietro davanti a uno scontro corpo a corpo, facendo valere così il suo coltello. Non a caso l'arma era soprannominata Piccola Falce. Mieteva vittime.
Quando constatò che le porte del laboratorio scorressero automatiche, aveva già in mente un piano.
-Vai Alakazam- le sue mani agili scelsero senza esitazione la Poké Ball del Pokémon Psico.
-Sai già cosa fare- gli intimò, prima di sparire nel folto degli alberi, per poi sbucare a pochi metri dall'entrata del laboratorio. Veloce come il vento, silenzioso come la morte, che colpisce quando meno ce la si aspetta.
Camminò rasente i muri prestando attenzione che dall'interno nessuno lo notasse. Giunto a una finestra si guardò intorno, poi forzò l'apertura e agilmente si infilò dentro.
A quel punto Alakazam, rimasto nascosto nella vegetazione, chiuse gli occhi. Un'aura violetta lo circondò, diventando sempre più intensa, poi con un gesto del Pokémon essa andò a riversarsi attorno all'edificio, uno scudo di energia psichica che bloccò ogni via di fuga dal laboratorio.
Rimase concentrato in quella posizione, perfettamente immobile, in modo che l'energia non si disperdesse. Ora toccava al suo Allenatore fare il resto.

L'interno dell'edificio era buio pesto, tanto che l'Allenatore di Alakazam dovette estrarre i suoi occhiali per la visione notturna dal mantello. Se li pose sul viso, nascondendo così i suoi occhi azzurro ghiaccio, poi, dopo essersi guardato attentamente intorno, si avviò furtivamente verso la Stanza degli Esperimenti. Si meravigliò di come pochi uomini avessero potuto rimettere a nuovo un rudere in così poco tempo, fermandosi un attimo ad osservare i muri ancora odoranti di vernice e il pavimento nuovo piastrellato, poi però si intimò di muoversi. Strinse ancora più saldamente l'impugnatura del coltello, come se qualcuno avesse potuto strapparglielo dalle mani, poi si avviò per il corridoio silenzioso. I suoi passi riecheggiavano fra le strette pareti, il mantello frusciava sulla sua schiena.
Giunse ad una sala. Vi entrò senza esitazione, tenendo la lama del coltello dritta davanti a sé. Preferiva di gran lunga le armi “tradizionali” a quelle moderne da fuoco, perché, secondo lui, conferivano una morte più dolorosa ai malcapitati che si frapponevano tra lui e il suo obiettivo. Ed eccolo lì, a pochi metri da lui.
La stanza era ampia e senza finestre, un leggero odore di stantio aleggiava all'interno. Per la maggior parte della sua superficie era occupata da macchinari e apparecchi elettronici. In un angolo c'era una gabbia, adatta a contenere un Pokémon di piccole dimensioni, collegata a dei tubi e ad altri piccoli apparecchi, che a loro volta trasmettevano le informazioni a un monitor, ora spento, appeso al muro.
Si avvicinò lentamente alla gabbia, e finalmente nell'angolo più buio di quella piccola prigione lo vide. Se ne stava raggomitolato su se stesso, le orecchie all'ingiù e le piccole zampe tozze a coprirgli il musetto. Aveva un aspetto così indifeso, ma come dice il proverbio, le apparenze ingannano.
Il ragazzo dalle iridi di ghiaccio, che da vicino non avrebbe dimostrato più di sedici anni, si mosse furtivo verso la porta della gabbietta, situata sul lato opposto a quello in cui si trovava. Poi, con un agile movimento del polso, la lama del suo coltello cozzò contro il già fragile lucchetto della gabbia, e facendo leva lo spezzò. Fin troppo facile...
Stava per aprire la piccola porta, quando d'improvviso le luci si accesero, ronzando.
Il giovane si alzò di scatto, levandosi gli occhiali per la visione notturna e riponendoli con un gesto sotto il mantello. Deglutì silenziosamente, nascondendo la mano munita dell'arma sotto il mantello, poi lentamente si voltò.
-Chi sei?- la voce dello scienziato era tutt'altro che tranquilla. Tremava visibilmente, gli occhiali sul suo naso erano appoggiati storti e il camice spiegazzato.
Per tutta risposta, il ragazzo mostrò lentamente il coltello, la lama lucida puntata verso il petto dell'uomo dall'altro lato della stanza.
-No... No!- ansimò quello, intuendo che colui che aveva davanti fosse un assassino.
Il ragazzo sorrise, beffardo, poi lentamente cominciò ad avvicinarsi al malcapitato. Le luci del neon si riflettevano sul coltello e sui suoi occhi inquietanti, mentre la distanza fra lui e lo scienziato, pallido come la morte e immobile, diminuiva, passo dopo passo.
-Non ho nulla da nascondere- esordì il giovane ghignando. -Ho solo ricevuto l'ordine di uccidere chiunque osasse frapporsi tra me e l'obiettivo della mia missione.
Lo scienziato ci mise qualche secondo a realizzare che il ragazzo si riferiva a lui, e ancora meno a capire che probabilmente presto sarebbe morto. Voleva correre, gridare aiuto, ma la sua voce pareva venire soffocata dalla sua coscienza, la quale pareva avvisarlo che anche se avesse gridato, quella notte la sua vita si sarebbe comunque conclusa. Le gambe, dal canto loro, sembravano paralizzate e a malapena riuscivano a reggere il peso dell'uomo.
-Non... non mi uccidere...- riuscì a sussurrare, quasi con le lacrime agli occhi.
Il ragazzo ormai era a pochi passi da lui, il coltello puntato al cuore dell'uomo che ormai sudava freddo e che sperava solo che la sua morte non fosse così atroce. Inclinò la testa, poi con voce melliflua gli spiegò: -Ho bisogno di informazioni sul progetto Doppia Vocale, e sì, ho l'ordine di portare via con me il soggetto degli esperimenti- sembrava quasi divertito mentre con noncuranza faceva dondolare il coltello a una distanza pericolosamente vicina dalla faccia paonazza dell'uomo.
-T... tutti i documenti sono nel cassetto... della scrivania nella stanza... accanto...- balbettò lo scienziato. -Il... il soggetto è lì dentro...- e accennò alla gabbia, -ma ti pregherei di fare attenzione, il suo p... potere non è ancora totalmente controllabile- concluse, sforzandosi di non svenire.
-Molte grazie, prof. Davvero, sono felice che abbia deciso di collaborare- replicò il ragazzo, voltandosi e dirigendosi verso la gabbia che aveva già adocchiato in precedenza.
L'uomo tirò un sospiro di sollievo, ma non riuscì mai a concluderlo che con un sibilo un coltello gli si conficcò nello stomaco. Gridando di dolore lo estrasse, mentre i suoi vestiti si inzuppavano a velocità allarmante di sangue. La mano che lo teneva tremava in maniera incontrollabile. Alzò lo sguardo che già cominciava ad annebbiarsi verso il ragazzo, fermo al centro della stanza e ancora in posizione di lancio, poi di nuovo sulla sua ferita, e ancora sul ragazzo, che si stava riavvicinando con calma per riprendersi il coltello.
-Davvero grazie per l'aiuto, prof. Ma come avrebbe potuto mai pensare che l'avrei lasciato vivo, mh?- ghignò, riappropriandosi dell'arma e ripulendola dal sangue con un lembo del mantello. -E' giusto imparare fin da subito che è meglio non farsi grandi aspettative, perché nella maggior parte dei casi si rivelano false- aggiunse, le sue iridi cristalline parevano più gelide che mai.
Quelle furono le ultime parole che lo scienziato udì, prima di affogare nel suo stesso sangue.

-Ce l'ho fatta, Alakazam- annunciò il giovane al Pokémon Psico, uscendo dalla finestra attraverso la quale era entrato. -Puoi pure disattivare il campo di forza, l'unica persona che c'era nel laboratorio non ha fatto in tempo a fuggire. Piccola Falce fa sempre il suo dovere- spiegò, ammirando la lama del suo coltello risplendere alla luce della luna, il filo ancora leggermente sporco del sangue dell'uomo.
Alakazam con un gesto fece sparire l'aura violetta, poi osservò curioso l'Allenatore e il piccolo Pokémon che teneva fra le braccia, al caldo dentro il mantello scuro, vicino ai documenti rubati riguardanti il Progetto.
-Sì. È lui.- confermò il ragazzo con un sorriso, facendo rientrare nella Ball il Pokémon Psico.
In pochi attimi sparì nel folto del bosco.

“Pronto? Pronto? Rosso, mi senti?!” anche per telefono si riusciva a percepire la voce del Professor Oak piuttosto agitata.
Rosso ci mise un po' a rispondere, provando a indovinare che problema gli avrebbe incaricato di risolvere quella volta il Professore.
-Sì?- rispose con calma, limitando i giri di parole come al solito, desideroso di arrivare subito al sodo.
“Rosso... tu... noi... oh, insomma!” il Professore pareva davvero agitato, tanto da non riuscire a formulare un discorso di senso compiuto.
-Sì?- ripeté Rosso visibilmente scocciato, rivolgendo un'occhiata eloquente a Pikachu, il quale, dal divano della casetta in cui si trovavano, sbadigliò grattandosi un orecchio, annoiato.
“Vedi ragazzo, non so come dirtelo, ma... abbiamo un problema. Un grosso problema.”

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Arrivi e proposte ***


CAPITOLO 1 – Arrivi e proposte


Biancavilla d'estate si riempiva ancora di più che nelle altre stagioni del profumo intenso e pungente del mare, mescolato a quello dei fiori e dell'erba appena tagliata. Foglia adorava quell'aroma, ogni volta che le ricapitava di tornare a casa inspirava a pieni polmoni quell'aria che sapeva di giornate tranquille, dolci pensieri e vecchie amicizie. Percorse le stradine sgombre del suo paesino natale osservando la quiete attorno a lei, rimasta intatta nel corso degli anni, grazie alla quale la cittadina conservava sempre quel certo fascino “naturale”. Scorse la casa del suo vecchio amico Blu fare capolino a pochi metri da lei, poi il Laboratorio del Professor Oak, casa sua nel piccolo quartiere accanto e poi quella di Rosso, abitata solo da sua madre da più di sei anni.
Prima di rientrare a casa sua si concesse una passeggiata fino allo strettissimo lembo di sabbia e ciottoli che separava il centro abitato dal mare, chiamarlo spiaggia era un eufemismo, dove poté ammirare un suggestivo tramonto sull'immensa distesa d'acqua che colorava l'atmosfera di un arancio acceso.
-Anche tu trovi che qui il panorama sia meraviglioso?- una voce familiare la fece voltare di scatto.
-Ehi, Blu- salutò, riconoscendo l'amico. -Anche tu qui?
Il castano annuì, facendo vagare lo sguardo lontano, verso l'orizzonte.
-Ti trovo pensieroso- gli fece notare Foglia.
-Lo sono, infatti- replicò Blu, guardando l'amica negli occhi. -Mio nonno ha accennato a un problema, io gli ho chiesto spiegazioni ma lui non mi ha fornito risposte... Pare solo che sia così grave da averlo spinto a rintracciare Rosso...
Foglia annuì, con sguardo però assente. Mi domando se c'entri con...
-Ehi!- Blu richiamò l'attenzione della ragazza. -Mi sembri un po' strana. Ti senti bene?
-S...sì, certo!- balbettò lei, colta alla sprovvista.
-Sei sicura? Cosa c'è che non va? Puoi dirmelo, sai!- insistette il ragazzo, indugiando sui suoi occhi color nocciola.
-Ho detto di sì!- rispose Foglia, seccata, allontanandosi dall'amico. -È tardi, meglio che torni a casa- si giustificò.
Blu osservò l'amica allontanarsi velocemente dalla spiaggia, per poi sparire alla sua vista confondendosi fra la gente che passeggiava nel centro abitato.
Le ragazze... cambiano umore così facilmente, anzi: troppo facilmente. E per cosa, poi? Bah, meglio lasciar perdere...
Dal canto suo, la castana tornò velocemente a casa, senza salutare nemmeno la gente per strada. La sera prima era accaduto qualcosa che l'aveva molto turbata, non aveva voglia di pensarci, tanto meno di parlarne con Blu.
Certo che anche lui non potrebbe farsi una buona volta gli affari suoi? Stupido ficcanaso!

-Vieni qui, Pikachu- il Topo con un balzo salì sulla spalla del suo Allenatore. -Charizard!- Rosso chiamò fuori dalla Poké Ball il suo Pokémon Fuoco-Volante. -Torniamo a Biancavilla- disse, per poi salire sul robusto dorso del drago arancione.
Charizard ruggì, per poi spalancare le ampie ali e alzarsi in volo, con il proprio Allenatore sulla groppa. Sorvolò la piccola baita ai piedi del Monte Argento che aveva affittato un mese prima, poi tutta la catena montuosa che separava la regione di Johto da quella di Kanto, infine all'orizzonte apparve Smeraldopoli, avvolta nella luce arancione del tramonto. Charizard virò verso Biancavilla, oltrepassando uno stormo di Pidgey che volava verso est. Ora si trovava proprio in corrispondenza del Percorso 1, ma molti metri più in alto. A un muto ordine del suo Allenatore cominciò a scendere, le chiome degli alberi del percorso si fecero sempre più vicine, finché non si riuscirono a distinguere totalmente le singole piante.
Il tempo parve fermarsi.
-Giù!- gridò all'improvviso Rosso, la sua voce venne dispersa dal vento.
Charizard si lanciò in picchiata come ordinatogli dall'Allenatore, evitando per un soffio un Dragopulsar proveniente dal folto della vegetazione.
-Iper Raggio!- gridò ancora, aggrappandosi più forte al dorso del Pokémon.
Charizard caricò l'attacco, rivolto verso il punto da cui era partito il Dragopulsar.
-Ora!- esclamò.
Il Pokémon Fiamma fece partire l'attacco, un raggio di energia multicolore che sembrò lacerare l'aria, distrusse gli alberi e colpì l'obiettivo, a giudicare dal ringhio di frustrazione che giunse alle orecchie di Rosso. Subito dopo, infatti, dalla radura creatasi dall'impatto con l'Iper Raggio apparve un Pokémon che il ragazzo non aveva mai visto di persona, ma che aveva spesso trovato raffigurato sui libri trattanti i Pokémon della nuova regione di Kalos.
-Un Noivern- sibilò a denti stretti.
Aveva sentito parlare dell'incredibile velocità e degli attacchi micidiali del Pokémon Ondasonora, quando notò che sulla sua groppa si stagliava un ragazzo, probabilmente suo coetaneo, dagli occhi azzurro ghiaccio, che si notavano incredibilmente anche a quella distanza, e i capelli corvini, scarmigliati. Indossava un lungo mantello nero che fluttuava dietro di lui, e attaccato alla cintura, oltre a sei Poké Ball, un coltello dalla lama che brillava, riflettendo l'arancio del cielo.
Non ci fu bisogno che Rosso gridasse a Charizard di volare più veloce e di schivare il Tifone appena lanciato dal nemico, l'intesa fra lui e i suoi Pokémon era già perfetta. Si limitò a osservare l'Allenatore che ora, in groppa al Noivern, li inseguiva determinato, e rabbrividì notando che stavano acquistando velocità. In poco tempo li avrebbe raggiunti. Doveva mantenere il sangue freddo - più del solito - se voleva uscire vivo da quella situazione.
-Pikachu!- si rivolse al Pokémon sulla sua spalla.
Il topo elettrico capì al volo, lanciando un Fulmine in direzione degli inseguitori. Questi con un'abile virata lo schivarono, poi il ragazzo dagli occhi color ghiaccio gridò al suo Pokémon: -Ondaboato!
Il Noivern nemico spalancò la bocca, rivelando i suoi canini aguzzi, e lanciò un urlo, talmente potente che dal basso degli alberi stormi di Spearow volarono via, spaventati. L'onda sonora sembrò esplodere quando colpì Charizard, che aveva subito cercato di riprendere quota, alzandosi di una mezza dozzina di metri. Rosso gridò di dolore tentando inutilmente di tapparsi le orecchie, mentre il Pokémon Fiamma, incassato il colpo, perdeva quota, disorientato. Pikachu per il contraccolpo scivolò dalla spalla del suo Allenatore, rimanendo aggrappato alla giacca di Rosso solo con una zampa. Più indietro il giovane sul Noivern rideva, pregustando la vittoria ormai vicina.
-Tifone!- esclamò ancora, mentre vedeva già il più potente Allenatore del mondo schiantarsi al suolo, morto. Anche quella missione si sarebbe conclusa con successo, e molto presto.
Noivern sbatté le ali sempre più velocemente, tanto che alla fine non si riuscì più a distinguerle, sostituite da un'immagine confusa, tanta la rapidità con cui il Pokémon le muoveva. Un tornado cominciò a formarsi davanti a lui, sembrava quasi risucchiare l'aria intorno ad esso. Poi, quando l'attacco si fu caricato, l'Allenatore ordinò al Noivern di rilasciarlo.
Il Tifone colpì in pieno Charizard, che già molto affaticato, non riuscì a rimanere stabile nell'aria. Si inclinò pericolosamente mentre Rosso scivolava dalla sua schiena verso terra, a troppi metri di distanza da lui. Rimase ancorato con una sola mano all'attaccatura dell'ala dell'amico, mentre Pikachu, già in posizione critica, non riuscì a mantenere la presa e scivolò verso il vuoto, verso la sua morte.
-NO!- il grido di Rosso raggiunse le orecchie dell'Allenatore sul Noivern, il quale sorrise, un sorriso inquietante che sarebbe stato bene sul volto di un pazzo. Poi però strabuzzò gli occhi visibilmente sorpreso, quando vide che l'Allenatore si era gettato dal suo Charizard sfinito, e stava seguendo la traiettoria esatta del Pokémon Topo.
-Più facile del previsto- gongolò, non fermandosi nemmeno a controllare che Rosso toccasse terra, o meglio, che ci si schiantasse sopra, imbrattandola del suo sangue di Campione. Il suo Charizard era troppo in alto e ancora confuso dall'attacco, era finita.
Fece fare dietrofront a Noivern, poi in pochi battiti d'ali sparì verso un cielo ormai scuro, senza stelle.
Rosso stava precipitando. Verso terra, verso il suo fidato compagno, ma non verso la sua morte. L'aria gli fischiava nelle orecchie e gli sferzava il corpo mente il terreno del Percorso 1 si faceva sempre più vicino, ma riuscì ugualmente a far rientrare un Charizard ormai esausto nella propria Poké Ball e a scaraventarne un'altra a terra, a meno di una quindicina di metri da lui, e chiuse gli occhi. L'ultima cosa che vide fu Pikachu che, pochi metri più in basso, si dibatteva in un duello immaginario contro il vento, cercando di evitare la caduta fatale, e la Poké Ball da lui lanciata che si apriva a terra in un luccichio rossastro, come il sangue che sperò di non versare proprio quella sera.

-Ma', sono a casa!- Foglia entrò nella modesta abitazione sbattendo la porta.
-Si è sentito, tesoro!- la rimproverò divertita sua madre, indaffarata a preparare la cena.
Foglia si buttò sul divano con un tonfo.
-Giornata stressante?- le domandò la donna, sarcastica.
-No, anzi! Fin troppo tranquilla- si lamentò la sedicenne, scegliendo una rivista a caso dal tavolino accanto al divano e sfogliandola senza leggere realmente le parole, piuttosto disinteressata.
-Beh, allora vieni a preparare la tavola, così eviterai di annoiarti ancora- la donna sorrise.
Era una signora di mezza età dai capelli dello stesso colore della figlia, un morbido marrone nocciola, che teneva spesso raccolti in uno chignon. Con il passare degli anni fra i capelli castani se n'erano aggiunti prepotentemente alcuni bianchi, per fortuna ancora facilmente nascondibili, ma il viso giovane della donna e i suoi grandi sorrisi solari davano l'idea a chiunque la conoscesse, compresa sua figlia, che non dimostrasse più di trentacinque anni. Sì, era molto bella, ma purtroppo era anche una vedova. Aveva perso il marito quando Foglia, la sua unica figlia, aveva da poco undici anni, in un incidente di lavoro, ma non si era mai persa d'animo. Anzi, si era rimboccata le maniche e aveva trovato un'occupazione come commessa nel Pokémon Market di Smeraldopoli. Anche se il profitto non era molto era sempre andata avanti, vivendo una vita semplice ma non facendo mai mancare nulla alla figlia. Tutti la conoscevano come Mrs Green, una donna amichevole ed altruista che sapeva donare un sorriso a tutti, in ogni occasione. Una donna dal cuore d'oro, che anziché piangere rideva. Foglia ammirava moltissimo sua madre. Mrs Green, un nome davvero azzeccato. Verde. Il colore della speranza.
-Allora? Dai, Foglia, oggi abbiamo anche un ospite a cena!- la donna osservò spazientita la figlia venirle incontro, poi le porse delle posate e dei piatti finemente decorati e la spedì in sala da pranzo ad apparecchiare.
-Tanto per cominciare- disse Foglia allineando una forchetta con il coltello, -chi viene a cenare da noi?-
-Il Professor Oak, tesoro- rispose prontamente Mrs Green dalla cucina, mescolando la zuppa dentro un'alta pentola che bolliva.
-Oh!- si lasciò sfuggire la ragazza, sorpresa. -Non me l'aspettavo!- Finì di apparecchiare la tavola e tornò in cucina, si sedette su una sedia e osservò la madre intenta a cucinare.
L'aveva sempre divertita l'espressione della donna mentre era assorta. Gli occhi apparivano concentrati e immobili, le mani agivano automaticamente, come un robot, con la bocca socchiusa la mente chissà dove.
-Mamma?- chiamò Foglia.
-S... sì?- Mrs Green rivolse il suo sguardo alla figlia per un attimo, prima di tornare a concentrarsi sul cibo che doveva preparare.
-Perché viene il Professor Oak a cena?-
-Deve parlare con me di alcune cose- rispose lei, vaga.
Foglia borbottò qualcosa sottovoce a proposito del Professore, poi salì le scale e si precipitò in camera sua.
Si stese sul letto senza badare alle scarpe che non aveva nemmeno tolto prima di entrare in casa e rimase a osservare il soffitto, pensierosa. I fatti della sera prima l'avevano piuttosto sconvolta, aveva bisogno di tempo per riordinare le idee. C'era qualcosa di strano in quella faccenda, ma non riusciva a capire cosa. Probabilmente era un'altra delle sue fisse mentali temporanee, quindi alla fine non fece troppo caso a quella sensazione che le diceva che non stava andando tutto bene. Decise di alzarsi e si affacciò alla finestra della sua camera, scostando le tendine di pizzo.
Rosso di sera buon tempo si spera pensò, osservando il cielo arancio-rosato all'orizzonte, che andava scemando in un blu più scuro, fino a diventare quasi nero. Abbassando lo sguardo poté notare una figura nella penombra dirigersi verso la porta di casa sua. Per un secondo si irrigidì, poi però rilassò i muscoli constatando che si trattava soltanto del Professor Oak che veniva a cenare. Scese le scale e gli aprì la porta ancora prima che suonasse, con gran disappunto da parte dell'ospite, poi lo invitò a entrare, mentre la madre annunciava che era pronta la cena.

Rosso aprì gli occhi. Ci mise qualche minuto per riuscire a mettere a fuoco l'essere sopra di sé, e quando capì che si trattava soltanto di Pikachu sorrise, accarezzandogli la testa.
-Tutto a posto?- gli sussurrò, mettendosi a sedere.
Pikachu annuì, sembrava più preoccupato per il suo Allenatore che per la violenta caduta che aveva fatto, da cui si era ripreso solo pochi minuti prima.
-Molto bene- disse Rosso. -E grazie anche a te, Snorlax!-
Il Pokémon Sonno non lo udì, come al solito dormiva beato, ignaro di ciò che accadeva attorno a lui. Rosso scese dalla sua enorme pancia, dopodiché lo fece rientrare. Era stata un'idea vitale - nel vero senso della parola - utilizzare il suo pancione come un cuscino per attutire, e di molto, la caduta. Snorlax non ne aveva risentito, impegnato com'era a ronfare, e Rosso e Pikachu avevano potuto evitare di finire sfracellati al suolo, cavandosela solo con qualche botta superficiale.
-Siamo rimasti svenuti per più di un'ora- constatò poi l'Allenatore, osservando il cielo ormai scuro.
-Andiamo- Pikachu saltò in spalla al ragazzo, che si diresse senza ulteriori indugi verso Biancavilla.
Durante il cammino Rosso si chiese chi mai avesse potuto essere quel giovane dalle iridi color cristallo, perché avesse voluto la sua morte e come mai proprio allora avesse deciso di ucciderlo. Probabilmente lavorava per qualcuno, fu il primo pensiero del ragazzo. Decise di non pensarci per il momento, troppe emozioni quel giorno per un Allenatore che si era auto-esiliato sul Monte Argento per rimanere un po' in pace. Accarezzò invece Pikachu, lo tenne in braccio per tutto il tragitto parlandogli con affetto, non dimostrava i suoi sentimenti in maniera così esplicita da tanto, troppo tempo.
-Ci siamo- mormorò al compagno quando da lontano riuscì a scorgere Biancavilla. -Di nuovo a casa.

-La zuppa era de-li-zio-sa!- commentò il Professore, pulendosi gli angoli della bocca con un tovagliolo.
-Suvvia, Prof!- Mrs Green arrossì per il complimento, nascondendo il viso con una mano. Decise che era meglio cambiare discorso. -Foglia, per favore, porta via i piatti sporchi, poi prendine di nuovi per il secondo-
La ragazza sbuffò, alzandosi rumorosamente dalla sedia ed eseguendo ciò che le aveva ordinato la madre. Quando fu in cucina depositò i piatti nel lavello e ne prese di nuovi dalla credenza sopra il piano cottura, stavolta non più fondi ma piani. Tornò in sala da pranzo reggendoli su un braccio e si riaccomodò al suo posto, dopo aver appoggiato i piatti puliti in corrispondenza dei posti che occupavano Oak, sua madre e lei. Si stava annoiando da morire. Fino a quel momento il vecchio Professore non aveva fatto altro che parlare di lavoro, ricerche, ancora lavoro e ancora ricerche. Avrebbe voluto salire in camera sua a guardare la TV piuttosto che stare ad ascoltare degli inutili discorsi di un vecchio, ma temeva di fare la figura della maleducata. In realtà ciò che la stava realmente trattenendo a tavola era l'arrivo del dolce, ma non lo avrebbe confessato nemmeno a se stessa. Io non sono golosa. Sono solo educata! si ripeté nella mente, immaginando però allo stesso tempo quali leccornie avesse preparato la madre, ritenuta una delle migliori cuoche di Biancavilla. Ad un tratto un discorso del Professore attirò la sua attenzione, distogliendola da Pokémelle e Pokébignè vari.
-...E avrei bisogno di un Allenatore che sbrigasse alcune commissioni per me, per il momento a Kanto, ma prossimamente anche per altre regioni...- stava spiegando Oak a sua madre.
Foglia sapeva già che quell'Allenatore doveva essere lei. D'un tratto sentì di nuovo quella sensazione distinta di quando, cinque anni prima, si era messa in viaggio per la prima volta, e le venne improvvisamente voglia di ripetere l'esperienza. Ovviamente sotto c'era anche un'altra motivazione. La ragazza voleva indagare su un fatto accaduto la sera prima.
-Ha già deciso chi sarà questa persona?- si intromise sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
-Beh, inizialmente avevo pensato a Rosso, ma per una serie di motivi ho un altro incarico da affidargli. Rimarrebbe mio nipote Blu, ma so che è molto impegnato con la Palestra di Smeraldopoli...- Oak fece una pausa, probabilmente per valutare la possibilità di incaricare Foglia. Dopotutto era un'ottima Allenatrice, aveva completato il Pokédex di Kanto e aveva quasi sconfitto la Lega cinque anni prima, aiutata da Blu... Certo, non era sicuramente al livello di Rosso, ma sì, in fondo era una ragazza in gamba.
-Foglia...-cominciò.
-ACCETTO!- esclamò lei balzando sulla sedia, sotto gli sguardi sbigottiti di Oak e di sua madre.
-...Non ti sembra una decisione troppo affrettata?- la rimproverò la donna. Foglia non l'ascoltò. Aveva la sua nuova occasione per farsi valere, di vivere una nuova avventura. E di svelare quel mistero.
-Beh, allora è fatta!- esclamò raggiante Oak, felice di avere un peso in meno a cui badare. -Ti aspetto domani al Laboratorio per discutere dei dettagli!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Partenze ***


Capitolo 2 -  Partenze

Foglia quella mattina si diresse emozionatissima dal Professore. Trovò il Laboratorio praticamente deserto, soltanto Oak lavorava al suo interno, armeggiando con degli speciali apparecchi di sua invenzione che secondo lui avrebbero rivoluzionato il mondo.
-Buongiorno, Prof!- esclamò radiosa correndogli incontro.
-Ah, benvenuta Foglia, benvenuta! Mi sembra soltanto ieri il giorno in cui venivi qui a scegliere il tuo primo Pokémon! Bulbasaur, vero?
-Già!- confermò la ragazza, ricordandosi dell'inizio del suo lungo viaggio che l'aveva portata a completare il Pokédex e a girare tutta la meravigliosa regione di Kanto assieme all'amico Blu, trasformatosi presto in un degno rivale. Il ragazzo quindi aveva intrapreso due viaggi nella regione, il primo con il leggendario Rosso, sventando insieme a lui i piani del Team Rocket, il secondo, che si trattava di più di una “riscoperta di se stesso” assieme a Foglia, un'avventura che li aveva portati alla Lega Pokémon, dove la ragazza per poco non riuscì a primeggiare sul Campione, poi fino al Settipelago. Foglia aveva così completato il Pokédex ed era diventata una sorta di aiutante del Professor Oak, mentre Blu aveva preso il posto del Capopalestra di Smeraldopoli. Il Campione della Lega rimaneva sempre Rosso, il quale però si era già isolato sul Monte Argento dopo aver ceduto l'incarico a Lance. La ragazza conosceva solo di vista la cosiddetta “Leggenda Vivente” di Biancavilla. Essendo sua coetanea lo aveva incrociato molto spesso a scuola prima che partisse per il viaggio. Lo ricordava come un tipo taciturno e chiuso in se stesso, rammentava i suoi profondi occhi penetranti e i suoi capelli scuri spettinati. Blu lo chiamava ironicamente “chiacchierone” e, dopo la sconfitta alla Lega, lo menzionava sempre con una nota di invidia, ma lo rispettava molto. A parte quello però non aveva mai avuto modo di conoscerlo meglio. Ora che ci pensava non le sembrava nemmeno di aver scambiato qualche parola anni addietro, con il “chiacchierone”. Le dispiaceva, avrebbe dovuto rimediare quando era ancora in tempo, ma ormai perfino Blu aveva perso i contatti con il Campione.
C'è un tempo per ogni cosa, ma non ora.
La ragazza sorrise ricordando la frase che caratterizzava il Professore. Lui invece non sembrava affatto cambiato. Forse per qualche capello bianco in più e alcune rughe che gli solcavano la fronte, ma Oak rimaneva sempre l'energico, unico e inimitabile Professor Pokémon.
-Foglia! Seguimi!- chiamò la ragazza accanto a lui, mostrandole con orgoglio una scatoletta vellutata sopra alla scrivania, ingombra di materiale d'ogni tipo.
-È per te- esclamò fiero, porgendogliela. -Ho fatto una fatica enorme a procurarla!
Per un terribile istante Foglia pensò che dentro la scatoletta ci fosse un anello di fidanzamento, magari da parte di Blu. Si trattava di una logica completamente priva di senso, ma in quel momento i pensieri della giovane non parevano essere coordinati. Non era mai riuscita a padroneggiare le proprie emozioni, perdeva la testa facilmente, anche senza motivo. Si irrigidì e sbarrò gli occhi.
Per fortuna però Oak passò subito alle spiegazioni.
-Questo cofanetto racchiude dentro una Pietrachiave con una Megapietra. È stato importato direttamente da Kalos, non lo trovi meraviglioso?!- l'emozione di Oak non si trasferì però sulla ragazza. Aveva appena temuto di dover rifiutare una proposta di fidanzamento per poi scoprire che dentro la scatolina c'erano due sassi da un'altra regione? Il mondo non girava nel modo giusto, o forse era solo la mente di Foglia a interpretare male?
-Come, scusi?- domandò prendendo in mano il cofanetto con delicatezza.
-Ma come, non conosci la Megaevoluzione? ...Oh, che sbadato! Sono io che non te ne ho mai parlato!- il Professore esplose in una risatina forzata. Foglia lo osservò interrogativamente. Aprì la scatolina e vi trovo dentro due pietre molto simili a biglie, lucide e lisce. La prima sembrava racchiudere in sé le sfumature dell'arcobaleno, tenui ma vivaci allo stesso tempo.
Che storie! pensò la ragazza. La seconda pietra era diversa. All'interno delle scie di colore verde, una scura e una più chiara, si mescolavano, non si capiva esattamente dove iniziava il colore della prima o dell'altra, forse anche per il fatto che l'interno di quella “biglia” sembrasse pulsare energia.
-Wow...- mormorò la giovane. Esitò, poi si decise a prendere in mano la pietra arcobaleno. Al contatto con la sua superficie, che si aspettava di trovare fredda, sussultò rendendosi conto che era piacevolmente tiepida. Nonostante questo però dei brividi leggeri le percorsero la schiena. La sensazione sparì in pochi secondi. La pietra sembrò tornare fredda, quella strana energia che le aveva pervaso il corpo la abbandonò.
-Sapevo che saresti stata pronta per ricevere una Megapietra. Dopotutto solo Allenatori particolarmente potenti possono farne uso. Pare che tu sia degna di possedere una Pietrachiave!- esclamò Oak, stringendo la mano alla ragazza. Lei però non capì. Di Megapietre e Allenatori degni non ne sapeva niente! Prese in mano anche l'altra pietra, ma questa volta nessuna sensazione si impadronì del suo corpo. Sentì invece chiaramente un tremolio provenire dalla prima Poké Ball che portava attaccata alla cintura.
-E quella è la Venusaurite- aggiunse Oak sorridendo.

Pikachu si sollevò sulle due zampe posteriori e annusò circospetto l'aria. Niente di strano. Biancavilla non aveva nulla di sospetto. Non sembrava nemmeno molto cambiata, anche a distanza di tutti quegli anni passati dalla loro ultima visita.
Rosso dopo molto tempo era tornato finalmente a casa. Non che lo avesse desiderato lui, si trattava di cause di forza maggiore. Non avrebbe mai preso da solo l'iniziativa di abbandonare il Monte Argento e di ritornare nel luogo natale. Odiava gli addii, ma detestava ancora di più i saluti di bentornato. La reazione di sua madre era stata quella che avrebbe avuto ogni genitore che non vedeva di persona il figlio da anni. Lo aveva riconosciuto subito e accolto con stupore, aveva quasi pianto di gioia, ma per Rosso questo non significava nulla. Ormai era diventato completamente apatico, freddo come il luogo in cui si era auto-esiliato. Se il legame con i suoi Pokémon aveva raggiunto il livello massimo, quello con le persone era lentamente scomparso. Rimanere in solitudine limitando i contatti lo aveva reso distaccato e ancora più silenzioso di quanto non lo fosse già stato prima. In fondo era stata una sua scelta, non se ne dispiaceva affatto.
Aveva replicato alla calda accoglienza della madre con un rapido abbraccio e qualche “io sto bene, mi sei mancata” giusto per accontentarla, anche se in realtà la nostalgia della figura materna, della sua casa e di Biancavilla in generale era stata molto forte all'inizio, ma con il tempo era via via scemata, sostituita dal vuoto silenzio che aleggiava da sempre sul Monte.
Ora Rosso era cambiato, non poteva farci niente. Non provava emozioni forti da moltissimo tempo, sostituite da un vuoto incolmabile. Nella sua vita mancava il vero amore. Le uniche soddisfazioni che riceveva erano da parte dei suoi Pokémon, loro davano sempre il massimo per l'Allenatore. Era rimasto isolato, in attesa di qualcosa che nemmeno lui stesso conosceva, ma finalmente l'occasione pareva essere arrivata.
Si tirò su dal letto nella sua stanza. Non dormiva lì da anni, eppure era tutto in perfetto ordine, senza un velo di polvere in nessun angolo. Come se anche il tempo lì dentro si fosse fermato dopo la sua partenza. Si notava la cura della madre che evidentemente non si era mai arresa al fatto che il figlio probabilmente non avrebbe mai fatto ritorno. Almeno aveva visto giusto. Ora Rosso era di nuovo a Biancavilla. Non per molto ancora.
Scese dal letto, imitato da Pikachu che con un balzo gli fu in spalla. Decise di farsi una doccia prima di scendere per la colazione, sia per rilassarsi che per pensare all'accaduto della sera prima. Era tornato a casa molto provato, ma si era giustificato con la madre inventando come scusa che il viaggio fosse stato lungo e faticoso. In un certo senso era vero.
Dopo dieci minuti era già pronto, scese le scale che conducevano alla cucina e con grande sorpresa la trovò deserta. Della madre nessuna traccia. Pikachu si osservò intorno circospetto, ma la casa era vuota. Rosso si avvicinò lentamente al tavolo, dove scoprì un biglietto piegato frettolosamente al centro. Lo prese in mano e lo lesse in silenzio.
“Tesoro, stamattina presto il Professore è venuto a cercarti. Tu stavi ancora dormendo e ho preferito dirgli che saresti stato pronto più tardi. Mi ha detto di riferirti che ti attende al Laboratorio appena ti sarai preparato, dato che la situazione è urgente.
Io sarò fuori casa per tutto il giorno, se hai bisogno mi troverai a Zafferanopoli. Prenditi un po' di tempo per te e rilassati. Voglio solo il tuo bene, tesoro.
Non andartene ancora, non subito.
Mamma.”
Rosso ripiegò il foglio e lo ripose in tasca. Non sarebbe potuto rimanere in ogni caso.
Dopo aver fatto colazione decise che era giunto il momento di andare da Oak. Quando giunse al Laboratorio trovò il Professore già all'esterno ad attenderlo.
-Rosso! Che piacere! Sono sollevato che tu abbia deciso di offrirmi il tuo aiuto per il mio piccolo lavoretto!- Il ragazzo non rispose, si limitò a seguire il Professore all'interno dell'edificio.
-Sai, proprio mezz'ora fa anche Foglia è partita per delle commissioni per me. Brava ragazza, quella. Affidabile e un'ottima Allenatrice!- spiegò Oak sorridendo e invitandolo a sedersi davanti alla sua scrivania.
Rosso tentò di fare mente locale. Foglia... aveva già sentito quel nome, apparteneva sicuramente alla sua infanzia. Una bambina dai lunghi capelli castani e dall'espressione dolce, molto gentile. Sì, se la ricordava, ma a lei non aveva mai prestato attenzione. Sapeva che dopo la sua partenza aveva stretto dei legami con Blu, il suo vecchio migliore amico. Chissà com'era ora. Probabilmente non l'avrebbe nemmeno riconosciuta se l'avesse incrociata per strada.
-Bene, Rosso- disse Oak, richiamando l'attenzione dell'Allenatore. Si era fatto improvvisamente serio. -Come già accennato, ho bisogno del tuo aiuto per una questione... importante- Rosso annuì: -Sì, lo so. Come desidera che agisca?- non vedeva l'ora di concludere anche quel lavoro. Aveva accettato solo per fare un piacere al Professore.
-Ho bisogno che tu indaghi per me...- spiegò Oak. Rosso lo guardò perplesso. -E la polizia? Non poteva rivolgersi a lei?- domandò diffidente. Oak si grattò la testa in evidente imbarazzo.
-No, Rosso. Vedi, è una faccenda top-secret. La polizia non sa niente, e non deve sapere. Sei l'unico a cui possa affidarmi. Blu è troppo impegnato con la Palestra, tu e Foglia dovete darmi una mano- Rosso ripensò alla ragazzina dei suoi ricordi. Avrebbe dovuto collaborare con lei? L'idea gli piaceva sempre meno. La sua solitudine sarebbe stata spazzata via, ma non sapeva se si sarebbe trattato di un fattore negativo o positivo. Stava per chiedere più spiegazioni al Professore, ma questo lo bloccò: -Tranquillo, so che tu sei indipendente e che ti piace lavorare solo. Avete dei compiti separati. Tu dovrai dirigerti nel luogo che ti indicherò e svolgere alcune indagini senza dare nell'occhio, d'accordo?- Rosso annuì, rilassandosi. -Mi raccomando, fai attenzione- sottolineò Oak. -Potrebbero esserci delle persone che intralceranno il tuo lavoro. Tu vedi di non farti scoprire e di non correre rischi inutili. Chiaro?
-Cristallino- replicò l'Allenatore. Non poté fare a meno di pensare ai fatti accaduti la sera precedente. Il ragazzo con il Noivern era una di quelle persone? Probabilmente sì. Lentamente il puzzle si stava componendo, ma mancavano ancora troppi pezzi per completarlo. Doveva recuperarli. Si alzò dalla sedia e si diresse verso l'uscita del Laboratorio.
-Ah, un'ultima cosa, ragazzo!- lo fermò Oak. Gli porse un foglio e una scatoletta di velluto. Nel primo era scribacchiato il numero di un Percorso, probabilmente la meta che doveva raggiungere. Nella seconda erano racchiuse due pietre lisce e variopinte.
-Megaevoluzione...- mormorò Oak. -Capirai tutto quando sarà il momento. Ti saranno utili se avrai bisogno di combattere contro degli avversari potenti.
-Grazie, Professore- replicò Rosso senza emozione. Si sentiva offeso. Sapeva già cosa fosse la Megaevoluzione, si teneva aggiornato meglio che poteva, ma ignorava il motivo per il quale Oak avesse voluto donargli una Charizardite. Non lo considerava forse già abbastanza potente?
Ripose entrambi gli oggetti nello zaino, poi, dopo essersi congedato, uscì dal Laboratorio e partì di nuovo. Sperò che sua madre prendesse la notizia bene, al massimo ci avrebbe pensato Oak a tranquillizzarla. Pikachu emise debolmente il suo verso prima di saltargli di nuovo in spalla, probabilmente era ancora assonnato. Era rimasto fuori dal Laboratorio approfittando del caldo sole estivo e beandosi della brezza che spirava dal mare, ma ora bisognava partire. E molto in fretta.

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